CENACOLO
DEI COGITANTI |
Il russo Mechov ha vinto
la tappa e indossa la rosa ( da "Quotidiano.it,
Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: un rapporto dettagliato sui motivi
della crisi finanziaria che attanaglia le economie del mondo, a causa di
economie finanziarie folli, fondate su giri inestricabili e sulla sabbia di
debiti senza controllo, ha prodotto la migliore analisi del fatto, a dispetto
di tanti esperti, con una sintetica analisi di 5 parole "Ma nessuno se ne
era accorto ?
L'Europa alla prova della
Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader
( da "Corriere.it" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ingranaggio nuovo dell'Europa 2009
la crisi finanziaria internazionale è il primo vero «crash test», come la
caduta del Muro lo fu per l'Europa di Andreotti, Mitterrand e Kohl. Come allora
in gioco sono la credibilità degli uomini e delle istituzioni, la loro capacità
di capire in fretta, concertarsi e reagire rilanciando.
Montecarlo si ribella alla
F1 in svendita "A noi piace il lusso"
( da "Stampa, La" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I simboli dell'opulenza resistono,
malgrado la crisi finanziaria. Ma il sistema scricchiola per altri motivi. Liti
personali, scontri di potere e questioni di denaro si mescolano e trovano qui
il loro palcoscenico ideale. Quello del 2009 potrebbe essere l'ultimo Gp di
Montecarlo come lo intende il mondo.
Crisi finanziaria
( da "Cittadino, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: apocalisse finanziaria», è dovuto
al fatto che gli stati «sono scesi in campo e la mano pubblica ha sostenuto la
mano privata». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti lo spiega davanti alla
platea della Cisl ma più tardi in un convegno racconterà che «qualche criticità
agli sportelli» delle banche si è manifestata proprio nel giorno in cui
Berlusconi è intervenuto,
Elezioni comunali 2009 -
Casalmaiocco Il sindaco uscente punta ad aprire un asilo nido a servizio delle
famiglie ( da "Cittadino,
Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria ha colpito le
imprese casaline?«Le ditte hanno ridotto gli straordinari e alcune l'orario di
lavoro. Il comune ha istituito un fondo di solidarietà, versando i primi 5.000
euro. Tutti possono partecipare destinando il 5 per mille al comune.
ALESSANDRIA Viguzzolo
FESTIVAL ECHOS Tre gli appuntamenti con il Festival di musica Echos, ...
( da "Stampa, La" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi finanziaria e vita
quotidiana» con Franco Becchis. Conduce Roberto Fiori. Margarita QUESTO E'
GROTTROCK Al Condorito, venerdì 22 maggio (ore 22) gli
Eildentroeilfuorieilbox84 presentano il nuovo disco «Ananab». La band romana
propone un mix tra un sound, che definiscono, grottrock e frutta, con assaggi per
tutti sotto il palco.
crisi e paura di
licenziamenti due suicidi shock in azienda - paolo g. brera
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: doveva convincerli ad accettare la
cassa integrazione per tanti suoi colleghi ai quali la fabbrica non riusciva
più a pagare lo stipendio. Non lontano da lì, a Fontanelle, mercoledì si era
suicidato il titolare di una piccola azienda del legno in grave crisi
finanziaria. Aveva 58 anni, si è impiccato all´interno della sua ditta prima di
dover licenziare i dipendenti.
la tentazione degli usa: -
vittorio zucconi ( da "Repubblica,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: come un mantra nei giorni
elettorali del febbraio 2008 la bomba del neo protezionismo sganciata dal
candidato Barack Obama contro Hillary "la Globalizzatrice" Clinton
ebbe l´effetto desiderato negli stati del nord deindustrializzati e in quelli
del sud, già devastati dalla morte dell´industria tessile americana. L´America
comperò Obama e il resto del mondo, dalla Cina all´Europa,
trasporti, poste e
telecomunicazioni in italia concorrenza ferma al palo - marco patucchi
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria globale - partita
dallo scandalo dei mutui subprime per approdare al crac delle maggiori banche
mondiali e alle ripercussioni sull´intera economia reale - ha di fatto messo alla
sbarra lo stesso concetto di deregulation. «Ma raramente - si sottolinea
nell´analisi dei risultati dell´Indice - la regolazione è riuscita a correggere
i presunti fallimenti del mercato
"buy american",
il protezionismo resta uno slogan - vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo», garantendo che gli
Stati Uniti «sarebbero rimasti la forza trainante nella globalizzazione del
commercio». Quella del protezionismo esplicito è rimasta una tentazione senza
il peccato. E più ancora delle reazioni spesso isteriche e ideologiche
dell´Europa, hanno pesato le minacce (forse il bluff) del governo cinese di
scaricare il dollaro come moneta di riserva
l'intervento la fiducia
nel ciarlatano - george akerlof ( da "Repubblica,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: quale le persone agiscono GEORGE
AKERLOF Igoverni di tutto il mondo stanno cercando di risolvere l´attuale crisi
finanziaria con l´aiuto degli economisti. Questi si basano su una propria
visione della macroeconomia, che deve molto agli scritti di Keynes. Per fare
previsioni corrette occorre una chiara comprensione dei meccanismi che regolano
i fenomeni economici e Spiriti animali.
Qualche dubbio di troppo
sugli accordi tra Fiat, Chrysler e Opel
( da "Italia Oggi" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Non ha potuto portare a termine
questo programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le
carte in tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della GMAC, la
fortezza finanziaria della GM con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari
a 1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della
Chrysler.
Più sostegno alle pmi
nella crisi ( da "Italia
Oggi" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In pochi mesi la crisi del mercato
finanziario ha praticamente coinvolto tutte le economie e già oggi sono palesi
anche le conseguenze sociali. Le banche continuano a operare una forte
selezione nella valutazione del merito creditizio, mantenendo alto il costo del
denaro, nonostante gli interventi al ribasso decisi dalla Banca centrale
europea.
Non si fermano le
erogazioni di Biis ( da "Milano
Finanza (MF)" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: si fermano le erogazioni di Biis La
crisi finanziaria non ferma le erogazioni di Biis, la Banca Infrastrutture
Innovazione e Sviluppo del gruppo Intesa Sanpaolo. Nei dodici mesi da marzo
Ma la fiera del tol adesso
coinvolge anche promotori e gestori
( da "Milano Finanza (MF)"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: insegna della prudenza sono poi i
consigli di Alberto Mancuso, responsabile retail e private banking investment
sales di Banca Imi, che reputa «necessario un ritorno alle basi, ai derivati
meno complessi e a un loro utilizzo più ragionevole». Insomma, la crisi
finanziaria ha quindi riportato una forte dose di sano realismo nel mondo del
risparmio gestito.
crescita, fiducia, debito
ecco le sfide di domani - michael spence
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi attuale è stata definita
una "crisi dei libri contabili" di portata mondiale, di terribile
gravità e di potenza distruttiva a causa della sua origine nei bilanci
patrimoniali del settore finanziario e di quello relativo alle famiglie. La
distruzione dei bilanci è ciò che ha reso questa crisi diversa e straordinaria.
Napolitano: Sostenere le
imprese ( da "Finanza
e Mercati" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: imprese italiane affrontano oggi un
compito di gravissima difficoltà» che è appunto quello di «superare la crisi».
«Occorre fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed
economica internazionale - ha spiegato il Capo dello Stato - che determina
anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette
alla prova la coesione sociale del Paese.
APPUNTAMENTO d'eccezione
oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi ...
( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria internazionale :
economisti e politici a confronto». E a discutere di questi temi ci sarà un
relatore di grande prestigio. Sarà infatti il professor Piero Tedeschi, docente
associato di politica economica alla Bocconi, ordinario di economia politica
alla Cattolica di Milano e membro del «nucleo di valutazione degli investimenti
pubblici al Ministero del bilancio»
La crisi colpisce i fondi
sovrani: persi 55 miliardi di dollari
( da "Unita, L'" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi colpisce i fondi sovrani:
persi 55 miliardi di dollari Nel
Poste Italiane, dopo una
lunga trattativa accordo con i sindacati
( da "Tempo, Il" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria mondiale,
che sta investendo il nostro Paese, coinvolga anche Poste Italiane. In tale
prospettiva, l'Azienda ha proposto più volte di decurtare il premio anche in
caso di assenze garantite da norme di legge sul welfare (legge 104) e ha
richiesto oltretutto la possibilità di non pagare le assenze dovute agli
infortuni in itinere,
in bagno col permesso, la
marelli frena ( da "Centro,
Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria internazionale
e poi la recessione che ha colpito anche il mercato dell'auto non hanno
risparmiato la più grande realtà produttiva della Valle Peligna, che conta più
di 700 dipendenti e dove da mesi le tute blu reclamano una maggiore rotazione
nell'estensione della cassa integrazione.
C'è crisi, la Rurale con
le imprese ( da "Adige,
L'" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attenzione che stiamo riservando ai
nostri soci in questo momento di crisi finanziaria». L'unico dato in
controtendenza è relativo all'utile di esercizio che rispetto allo scorso anno
è diminuito di ben 695.171 euro. «Lo scorso anno abbiamo avuto la plusvalenza -
precisa Segnana - dell'operazione con la Germania di 528.
Il gringo Obama in America
Latina ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: o la principale vittima di tutte le
crisi finanziarie internazionali che si sono succedute dal 1982, con il default
del Messico, in poi. In questa crisi, se il brusco calo dei flussi privati di
capitale dall'estero (del 57% a 34 miliardi di dollari, secondo l'Institute of
International Finance, l'associazione delle grandi banche) è evidente in tutte
le sue componenti,
Chi ha paura della
Vigilanza Ue? ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: comprese le ultime vicende legate
alla crisi finanziaria – ci hanno insegnato che occorre ridurre il più
possibile il numero dei controllori. Se i mercati tendono a essere privi di
barriere, più sono i vigilanti più si rischia di avere informazioni frammentate
(non si sa chi sa) e responsabilità opache (non si sa di chi è la colpa).
Euronext, voglia di
grandeur ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sembra avere già le idee chiare:
togliere il primato finanziario alla City. E in effetti la Francia potrebbe
avere le carte in regola per farlo. Innanzitutto è il paese che meno ha subìto
la crisi finanziaria: le perdite del sistema bancario francese ammontano a 20
miliardi, quelle in Germania sono doppie e quelle inglesi nove volte maggiori.
La crisi è uno shock ma
non certo l'Apocalisse del nostro mondo
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: instabilità dei mercati senza che
ciò porti al bando delle innovazioni finanziarie di prodotto ». Eppure, con la
crisi è apparso chiaro che le innovazioni segmentano il mercato, rendendo in
molti casi illiquide le varie nicchie. Per questo studiosi ed esperti hanno
sollecitato una maggiore standardizzazione dei prodotti,
Parigi scopre la grandeur
finanziaria ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: urto della crisi finanziaria ed
economica: «Le svalutazioni e le perdite delle nostre banche ammontano a circa
20 miliardi di dollari. Non è poco, ma ricordiamo che questa cifra rappresenta
le perdite della sola Merrill Lynch », osserva Arnaud de Bresson, direttore
generale di Europlace, un'organizzazione nata nel 1993 per promuovere Parigi
come piazza finanziaria internazionale.
Corporate America.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: momento è arrivato in conseguenza
della crisi dei mercati finanziari che ha mostrato – ha sottolineato ancora
Shapiro – «un'ampia verietà di discutibili e illegali pratiche societarie»
poste in essere dai Ceo non adeguatamente vigilati da chi siedeva nei board. Ma
difficilmente potevano comportarsi diversamente quanti dipendevano dai
"boss" aziendali per la loro nomina.
Napolitano: aziende e
famiglie da difendere ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: fronte e superare le conseguenze di
una crisi finanziaria ed economica internazionale «che determina anche in
Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla
prova la coesione sociale del Paese». L'invito del Capo dello Stato è perché si
comminci finalmente a valorizzare «le grandi risorse e potenzialità » presenti
in particolare nelle regioni meridionali.
Nuove regole, ma non
soffocare i mercati ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria I danni
prodotti dalla crisi sono enormi: quest'anno l'attività economica mondiale
diminuirà dell'1,3%, la contrazione più forte dalla seconda guerra mondiale. In
alcuni grandi paesi industriali il calo del Pil potrebbe raggiungere il 6 per
cento.
Senza riforme coesione
sociale a rischio ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: come è necessario dire no al
protezionismo e aprire le porte del Wto ai Paesi emergenti. «Serve un'Europa
più forte», ha detto, sferrando un rimprovero alla po-litica: «La campagna
elettorale parla d'altro». Contro la crisi, la reazione di Confindustria, ha
sottolineato la Marcegaglia, è stata immediata, concentrandosi su pochi
interventi: più soldi per gli ammortizzatori sociali,
Scajola: Il governo sta
facendo la sua parte ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: scivolare nella deriva del
protezionismo. Il ministro ricorda i principali interventi messi in campo:
«L'accelerazione del rimborso dei crediti fiscali e dei pagamenti della
Pubblica amministrazione, la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, il
sostegno al reddito dei lavoratori con il fondo ammortizzatori sociali, gli
aiuti alle famiglie numerose e disagiate con la carta acquisti,
Consulto da Draghi per
Trichet e Volcker alla cena dei
Argomenti:
Crisi
Abstract: il governatore di Banca d'Italia
Mario Draghi, affronteranno gli interrogativi posti dalla crisi finanziaria ed
economica in atto. Stasera poi, la cena di lavoro di conclusione della prima
giornata di lavori sarà anche l'occasione per affrontare temi più specifici con
un ospite speciale, l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne.
KHABAROVSK - Navigano in
battello sul romantico Amur, dopo una cena informale, il leader del Cremlin...
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo, Caucaso e Moldovia.
Tanto che, per l'autorevole quotidiano Kommersant, quello di oggi, a oltre 10
mila km da Bruxelles, sarà «Il summit più freddo per l'Ue». «Non sono sicura
che le famiglie europee rimaste al freddo in inverno abbiano dimenticato
tutto», ha dichiarato al giornale la commissaria Ue alle relazioni esterne
Benita Ferrero-
ROMA Riforme subito o la
coesione sociale è a rischio , chiede Emma Marcega...
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo è in atto, sotto
forme diverse, in molti Paesi». «Gli imprenditori sono pronti a fare la loro
parte come hanno fatto in passato», garantisce la Marcegaglia che rivendica
l'orgoglio confindustriale. Apre ai sindacati, alla Cisl in particolare, sul
versante della democrazia economica per una non solo possibile ma auspicabile
partecipazione dei lavoratori alla vita delle
ROMA Le riforme chieste da
Emma Marcegaglia il governo intende farle, ma non subito. C’...
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: aveva ripercorso le tappe che
avevano portato alla crisi finanziaria e poi a quella dell'economia reale. Una
crisi a suo parere originata dalla globalizzazione e poi divenuta acuta
nell'ottobre dello scorso anno. Il punto più drammatico, nel racconto del
ministro, è stato toccato nella prima settimana di ottobre, quando il mondo fu
sul punto di precipitare in una situazione di «
Trimestre in rosso per
Socotherm ( da "Corriere
della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano
Trimestre in rosso per Socotherm (m.sid.) - I conti trimestrali di Socotherm
sono arrivati alla fine di una giornata pesante un po' per tutti. Il gruppo
guidato da Zeno Soave ha perso il 3,4% a 1,59 euro.
Lloyds taglia ancora e il
titolo cala ( da "Corriere
della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il caso a Londra Lloyds
taglia ancora e il titolo cala (g.fer.) Dopo il calo della vigilia, ieri il
gruppo bancario Lloyds è sceso alla Borsa di Londra di un ulteriore 5,39%
chiudendo a quota 66,7 pence.
Giù i mercati, Piazza
Affari cede il 3,1% ( da "Corriere
della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
22/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Giù i mercati, Piazza Affari cede il
3,1% di Giacomo Ferrari Editoriali in altalena Cresce ancora Rcs MediaGroup,
scendono Mondadori e l'Espresso Dopo quattro sedute di rialzo, Piazza Affari si
è concessa una tregua, in linea con le altre Borse europee,
L'invito è perentorio. Da
imprenditori - dice la Marcegaglia - pretendiamo che i ban...
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria deve essere
una occasione per definire nuove regole, un nuovo quadro per dare trasparenza
senza però penalizzare il mondo produttivo sano. E se il Financial Stability
Board. presieduto da Mario Draghi, si muove nella giusta direzione, anche le
banche hanno il compito di sostenere chi produce in una fase così difficile:
Coop artigiana di
garanzia: in 5 mesi boom di richieste di finanziamento
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a sostegno delle imprese artigiane
nel quadro di difficoltà complessiva condizionata dalla crisi finanziaria
mondiale in atto. In particolare il boom di questo avvio del 2009 (+332%
rispetto allo stesso periodo all'anno scorso) dimostra il ruolo fondamentale
dei consorzi fidi in un momento in cui si avvertono ancora con maggiore
intensità le restrizioni del credito bancario.
La salvezza del clima
globale dipende dall'Asia ( da "Secolo
XIX, Il" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Asia Chandran Nair Sin dalle prime
avvisaglie della crisi finanziaria, le economie asiatiche emergenti si sono
sentite ripetere lo stesso mantra dagli economisti dei Paesi sviluppati:
incrementate i consumi per far ripartire il motore dell'economia mondiale.
Seguire questo consiglio avrebbe preparato il terreno per una crisi molto più
profonda di quella attuale,
Finanziari, la cura dà
tono ( da "Morningstar
IT" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: George Pauget ha affermato davanti
ai soci del suo istituto che la crisi finanziaria globale "è arrivata a un
punto di svolta", anche se gli effetti sull'economia si faranno sentire
ancora per alcuni mesi. La banca transalpina settimana scorsa ha annunciato di
aver avuto, nel primo trimestre, un utile netto di 202 milioni di euro, in calo
del 77% rispetto allo stesso periodo del 2008.
Napolitano: aiutare
famiglie e imprese ( da "Avvenire"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le nostre aziende si tro- È vano a
dovere «fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed
economica internazionale che determina anche in Italia gravi effetti sul
sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale
del Paese». Da sole, secondo il Quirinale, le aziende non ce la possono fare.
Argomenti:
Crisi
Abstract: il ministro assicura che stiamo
reagendo alla crisi «meglio di altri» e ora «ci sono germogli di ripresa che
dobbiamo far crescere». Il governo, ha spiegato, sta facendo la sua parte
contro la crisi senza cedere «a tre insidiose tentazioni»: non abbiamo sfondato
i conti pubblici, non abbiamo ceduto a tentazioni stataliste né al
protezionismo ».
Finanziari, la cura dà
tono ( da "Trend-online"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ottimismo pure in Europa, anche se
i risultati trimestrali non sono riusciti a strappare l?applauso degli
investitori. L?amministratore delegato di Crédit Agricole George Pauget ha
affermato davanti ai soci del suo istituto che la crisi finanziaria globale ?è
arrivata a un punto di segue pagina >>
Materie prime, uno scudo
per il portafoglio ( da "Trend-online"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: e non solo in tempi di crisi. Le
commodity, infatti, stanno guadagnando un crescente appeal tra gli investitori,
che vedono in alcune di esse, metalli preziosi in primis, beni meno volatili e
perciò più sicuri. La crisi finanziaria ha messo in discussione molti assiomi
che si davano per scontati e ha portato un?
IL SUO NON è STATO UN
DISCORSO D'ATTACCO, ANZI. INTANTO PERCHé MANCAVA UN BERSAGLIO T...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La seconda osservazione riguarda lo
scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non solo
finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai stata usata la parola
recessione, quello che si nota è il mancato riferimento alla spaventosa caduta
della produzione, del fatturato e degli ordinativi dell'industria italiana.
Eppure non si tratta di roba da poco.
BCC PORDENONESE
( da "Gazzettino, Il (Pordenone)"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E rispetto ai temi della crisi
finanziaria, il Cda per dare ulteriore personalizzazione al servizio verso la
clientela ha deliberato l'assunzione di un codice etico comportamentale che
diventa la linea guida dell'atteggiamento del personale, dei fornitori e degli
amministraotri».
Con l'operazione Saeco, la
De Longhi si muove sulla scia del Lingotto
( da "Gazzettino, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Un gruppo importante con un
prodotto di successo operante in molti paesi del mondo, ma in grave crisi
finanziaria. Una preda ambita da tanti concorrenti, multinazionali in testa.
L'unico vincolo è la gran massa di debiti sui quali sta lavorando con le banche
l'advisor per ricercare dei write-off che rendano meno pesante l'onere per un
eventuale acquirente.
babelick ha detto: ognuno
pensa ai propri interessi nazionali (e ovviamente di lobby e partiti)e noi
siamo solitamente molto disuniti e disorganizzati.visto che mi piace lo sport t
( da "KataWeb News" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Salvare tutti e subitonon
solo è impossibilesarebbe antieconomico
( da "Sicilia, La" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La seconda osservazione riguarda lo
scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non solo
finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai stata usata la parola
"recessione", quello che si nota è il mancato riferimento alla
spaventosa caduta della produzione, del fatturato e degli ordinativi
dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco.
Siamo arrivati all'inizio
di un primo vero trend per l'Eur/Usd? pag.1
( da "Trend-online" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ennesima banca vittima della crisi
finanziaria che costituisce il 34esimo default del 2009 e sicuramente il più
grave dell?anno con 4,9 miliardi che dovranno essere pagati dalla Federal
Deposit Insurance Corporation. La causa della pessima performance del dollaro
di quest?
Siamo arrivati all'inizio
di un primo vero trend per l'Eur/Usd?
( da "Trend-online" del
22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi: Alan Greenspan, ex
presidente della Fed, in una recente intervista ha avvertito che la crisi
finanziaria non si è per nulla conclusa nonostante i forte calo del costo del
denaro; l?ex presidente ha inoltre sottolineato la crisi del settore
immobiliare, notando che, finchè il prezzo delle case continuerà a diminuire il
Paese correrà il rischio di assistere ad una crisi immobiliare
Michele Andreana (PD
Emilia - Romagna) "La crisi a Modena rischia di diventare drammatica"
( da "Sestopotere.com"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Mentre ovunque si abbandona il
modello neoliberista responsabile della crisi finanziaria globale noi lo
riproponiamo. Tutti chiedono più regole, noi le cancelliamo. E mentre Obama
promette di introdurre anche negli Stati Uniti il sistema europeo di tutele sociali,
il governo italiano vuole uscirne offrendo meno tutele, meno scuola e sanità
pubblica, meno sicurezza sul lavoro".
diciamolochiaro ha detto:
Babe, hai ragione. Quando in questo paese capiremo CHE ANCHE le manifestazioni
sportive sono "turismo", cioè gente che arriva, alloggia, si nutre,
acquist ( da "KataWeb
News" del 22-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna,
che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura
il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo
fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo
ministro Berlusconi» e «in realtà,
RIFORME IMPOPOLARI MA
GIUSTE ( da "Stampa,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: andamento dei mercati finanziari e
della produzione industriale, le preoccupazioni dei cittadini e delle famiglie
italiane sono legate ai consumi e al posto di lavoro. È giusto ed è inevitabile
che sia così. Nonostante i timidi segnali di ripresa, che devono comunque
essere letti come una riduzione della velocità di caduta,
Lo scudo fiscale spingerà
il settore Arriva Greco come direttore generale
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: affari abbiamo la disponibilità
mentale e ovviamente anche finanziaria per diventare un soggetto aggregante nel
settore». Guido Giubergia, amministratore delegato di Ersel vede - ora che la
grande crisi dei mercati finanziari pare essersi placata - un'occasione di
crescita: «In Italia ci sono pochi gruppi di medie dimensioni e indipendenti
come noi.
La Germania e lo spettro
dei nuovi poveri ( da "Giornale
di Brescia" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma ogni strategia di assistenza
deve fare i conti con la cruda realtà della crisi finanziaria e con i dati
assai negativi del Prodotto interno lordo, calato del 3,8% nel primo trimestre
del 2009, con un peggioramento del 6,7% rispetto a un anno fa: nessun Paese dell'Unione
Europea è andato così male nei primi mesi dell'anno.
BRITISH AIRWAYS Bilancio
in rosso, nessun dividendo British Airways, nell'esercizio 2008-...
( da "Giornale di Brescia"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nel 2008 La crisi finanziaria nel
2008 si è riflessa pesantemente sui bilanci delle banche dei maggiori Paesi
europei. Secondo un'analisi dell'Abi, nei cinque Paesi, Italia esclusa, con i
sistemi bancari più sviluppati (Gran Bretagna, Olanda, Francia, Spagna e
Germania) si è registrata una contrazione media degli utili netti del 123%
Graziano Menegazzo, la
prima vittima ( da "Tribuna
di Treviso, La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: lo scorso 23 dicembre, quando la
crisi finanziaria mondiale mieteva la sua prima vittima: Graziano Menegazzo, 62
anni, di Cavaso. Dopo le tante campagne in prima linea in difesa degli
imprenditori tartassati, si è tolto la vita nella sua azienda. Lo ha trovato il
figlio, una fetuccia di plastica stretta attorno al collo.
Ingegneria, mercato in
calo ( da "Italia
Oggi" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 2008 che formula alcune ipotesi
circa l'impatto della crisi finanziaria sulla categoria stimando una
diminuzione del volume d'affari di circa il 7%. La proiezione fatta dalla
ricerca prevede, infatti, che la crisi determinerà l'espulsione dal sistema
produttivo di almeno 2-3 mila ingegneri attualmente occupati come dipendenti
che, in mancanza di alternative,
Argomenti:
Crisi
Abstract: del tessuto economico provate prima
da una crisi che data dal 2001 e dall'ottobre scorso dalla crisi finanziaria.
78.740 le imprese cessate nel solo comparto artigiano, e anche se il saldo tra
iscritte/cessate rimane positivo, è evidente una forte contrazione. Riduzione
degli ordini, mancati pagamenti, crisi di liquidità, difficoltà di accesso al
credito.
La consulenza e i
conflitti di interesse ( da "Milano
Finanza" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: esercizio della loro professione é
ritornato prepotentemente d'attualità, non solo per gli effetti delle crisi
finanziaria, ma anche per le sollecitazioni di alcuni esponenti delle
associazioni di rappresentanza degli operatori, a cui la stampa specializzata
ha fornito attenzione e disponibilità, poiché il tema è quanto mai avvertito ed
attrattivo.
Alternativi più forti dopo
la crisi ( da "Borsa
e Finanza" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: investimento di ridurre drasticamente
la leva in seguito alle perdite in cui sono incorse a causa dei subprime ha
provocato una crisi nell'industria degli hedge fund legata all'esaurimento dei
finanziamenti delle loro strategie. Gli hedge fund sono stati molto più le
vittime che la causa della crisi finanziaria. Nonostante tutto, il futuro
dell'alternativo rimane molto promettente».
British vola in rosso CsC
meno pessimista Fallisce BankUnited
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La conferma che la crisi
finanziaria è tutt'altro che chiusa arriva dagli Usa:L'Agenzia federale di
garanzia sui depositi (Fdic) ha annunciato il fallimento della BankUnited Fsb,
istituto con sede a Coral Gables in Florida con depositi per 8,6 miliardi. E'
la 34^ insolvenza di un istituto garantito dalla Fdic quest'anno e il più
grande nel settore bancario Usa nel 2009.
Occupazione? No, offerta
di pubblico affi tto ( da "Manifesto,
Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dipendono esclusivamente dalle
disponibilità del Gruppo Coppola e dalle sue prospettive che, dopo la tempesta
finanziaria e giudiziaria che l'ha investito recentemente, non sembrano
eccessivamente floride». Fuor di metafora, Action propone che i circa 100 mila
appartamenti sfitti e le 40 mila case invendute causa crisi finanziaria siano
messe a disposizione di chi può pagare un affitto.
Crescita
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi attuale è crisi
dell'accumulazione. L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per
natura illimitata. Di fatto, una logica impossibile, quindi illogica,
dissennata. Che è la causa prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali.
La Bers blinda le banche
straniere a Est ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: preoccupazioni che ha sollevato sui
mercati finanziari e fra le autorità, l'Europa dell'Est è stata l'unica area
dell'economia mondiale a meritare ieri un'esame specifico alla riunione del G-
Intesa Sanpaolo, il
mediatore Bazoli e il duello tra soci
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la crisi drammatica dei mercati
finanziari, non è un buon momento per vendere titoli azionari. E anche la
cessione di titoli Intesa Sanpaolo avrebbe l'effetto di registrare minusvalenze
pesanti. Per questo conviene evitarla, ma per evitarla il management del Crédit
Agricole deve dare agli azionisti un significato alla presenza nel capitale
della banca e prospettive per il futuro.
Ctcu: più sostegno ai
consumatori ( da "Corriere
Alto Adige" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria si farà
sentire ancora e perciò dovranno essere valutati eventuali correttivi sul piano
economico a favore dei consumatori. Sappiamo però che la politica economica in
Alto Adige può contare su un vantaggio importante e cioè quello di poggiare non
su un unico settore ma su diversi cardini come il turismo,
Deutsche Bank avvia
inchiesta su irregolarità ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I fatti di cui disponiamo al
momento lasciano pensare che si tratti di un piccolo numero di violazioni e che
i dati bancari o altre informazioni sui clienti non siano stati toccati» si
legge in una nota della società. Deutsche Bank ha informato l'autorità tedesca
di supervisione sui mercati finanziari (BaFin) di aver ordinato «un'indagine
speciale».
Banche, utili giù del 56%
ma il sistema resta solido ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: europee dalla crisi finanziaria,
sì. Completamente immuni no, perché non era possibile. Le banche italiane nel
loro insieme hanno chiuso i bilanci del 2008 con una flessione dell'utile netto
pari al 56 per cento (dai 20 miliardi del
Gestione di patrimoni.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi delle banche rilancia le
società che seguono gli interessi finanziari dei più ricchi La Svizzera
riscopre i family office Lino Terlizzi LUGANO D a Citigroup a Gwm Sa, family
office di Ginevra. Shawn Mofidi, 49 anni, già responsabile della clientela
abbiente in Medio Oriente per il Private Banking di Citigroup,
Fondi sovrani, pirati e
regole ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il protezionismo è oggi la cifra
caratterizzante delle politiche economiche di paesi con cui ci dobbiamo
confrontare. Può piacere o non piacere. Ma questo è il mondo in cui viviamo.
Dobbiamo prenderne atto. E affrontare il mondo di oggi andando a frugare nella
cassetta degli attrezzi di ieri potrebbe rivelarsi penalizzante per chi non sa
adeguarsi ai segni del proprio tempo.
Greenspan e Bernanke
bocciati in teoria ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: bocciati in teoria di Pietro
Reichlin Q uesta crisi finanziaria non è certo la prima dal dopoguerra, ma si
distingue dalle altre per la dimensione, il grado di propagazione e per essere
avvenuta nel momento di massima fiducia nelle virtù dell'innovazione finanziaria.
Gli ultimi governatori della Federal Reserve, Alan Greenspan e Ben Bernanke,
sono stati fautori di questo processo d'
Palazzo Forti e crisi La
strategia di Cariverona ( da "Corriere
del Veneto" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In che modo la crisi inciderà sul
vostro impegno nei prossimi anni? «Certamente la profonda crisi finanziaria in
atto da tempo ha interessato da vicino anche le Fondazioni bancarie, proprio
nella composizione del loro patrimonio. La riduzione delle risorse complessive
ha necessariamente portato a considerare come prioritari certi settori:
Tremonti e Prodi Faccia a
faccia tra due cari nemici ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protetta fino ai limiti del
protezionismo. Certamente anche oggi troveranno modo di convenire: da una parte
ci sarà l'uomo dell'Iri, dall'altra l'inventore dei Tremonti-bond che ha da
poco finito di leggere l'ultima biografia di Alberto Beneduce, fondatore del
«sistema » che evitò il fallimento delle banche italiane dopo la crisi del '29.
Aig cambia ancora
Argomenti:
Crisi
Abstract: incredibile storia della crisi
finanziaria che, partita due anni fa da Wall Street, ha travolto l'economia del
mondo intero, trabocca di gente che ha combinato disastri (banchieri come Fuld
e Prince), «pentiti» (l'ex capo della Fed, Alan Greenspan), camaleonti (Larry
Summers che oggi alla Casa Bianca fa una politica pressoché opposta rispetto a
quella seguita 10 anni fa,
Rimbalzo guidato
dall'editoria ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di
Giacomo Ferrari Rimbalzo guidato dall'editoria MILANO - Editoriali sotto i
riflettori ieri a Piazza Affari, dove gli indici S&P-Mib e Mibtel sono rimbalzati
rispetto a giovedì con una crescita analoga (+0,62% e +0,59% rispettivamente),
British Airways, primo
rosso dal 2002 ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
23/05/2009 - pag: 37 Il caso a Londra British Airways, primo rosso dal 2002
(g.fer.) «Il prolungarsi della recessione globale ci ha messi di fronte alla
più difficile situazione che mai abbiamo dovuto affrontare». Così Willie Walsh,
ceo di British Airways, spiega la prima perdita dal 2002 per la compagnia.
Pininfarina, via libera
all'aumento ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 Il caso a Milano
Pininfarina, via libera all'aumento (g.fer.) C'è il via libera del consiglio di
amministrazione alla ricapitalizzazione di Pininfarina, che servirà a riequilibrare
la situazione finanziaria del gruppo.
Contratti (meno cari) per
il paese ( da "Sole
24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: svalutazioni a causa della grande
crisi finanziaria (anche se in misura minore rispetto a quanto accaduto a
compagnie straniere), mentre la vendita di altre coperture è frenata dalla
scarsa propensione degli italiani ad assicurarsi. I l tema è ritornato in
occasione del terremoto di Abruzzo, che ha riaperto il dibattito sulla
obbligatorietà dell'assicurazione di certi rischi catastrofali.
Contemporanea sottotono
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: propria fragilità di fronte alla
crisi finanziaria. La vendita serale di Arte Contemporanea tenutasi il 20
maggio a Milano da Sotheby's ha totalizzato 6.331.650 euro (buyer's premium
inclusi) contro un'aspettativa di 8,5 milioni, cui si sommano 2.157.875 à del
21 maggio. Stime prudenti, un catalogo composto da lotti selezionati non sono
stati sufficienti ad invogliare i compratori:
Il rebus dei dipinti di It
Holding ( da "Sole
24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il binomio tra finanza in crisi e
arte non è nuovo alle cronache. Basta guardare al passato. All'inizio degli
anni 90 nel dissesto finanziario del gruppo Ferruzzi-Montedison entrarono in
scena arredi e dipinti di grande pregio. Tante opere d'arte molte delle quali
non vennero recuperate, perché finite in residenze private di alcuni
ex-amministratori.
Promotori in cerca di
suggerimenti ( da "Sole
24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La grave crisi finanziaria che
ancora imperversa e che continua ad avere effetti sui risparmi delle famiglie
ha il merito di aver fatto emergere le reali necessità di risparmiatori. Vale a
dire, avere un controllo totale sui propri investimenti. Per questa ragione la
relazione con gli intermediari è sempre più focalizzata sul rapporto
consulenziale.
Gestori convinti, fondi
meno ( da "Sole
24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: proprio i gestori sono i più
convinti delle opportunità di extra rendimento (90%) soprattutto in questa fase
di crisi finanziaria. Sul come (vedi grafico) pare evidente la convinzione che
gli investimenti socialmente responsabili debbano essere affrontati con
prodotti specifici e preconfezionati, piuttosto che su scelte dirette dei
fondi, come invece avviene da tempo all'estero.
conroe ha detto: Eccoti il
link dell'Economist, diciamolo: http://www.economist Qualche "simpaticone"
con manie di primadonnismo deve avermi fatto cancellare il post... Ed ecco un'
( da "KataWeb News" del
23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Un Piano Marshall per i
Paesi poveri ( da "Avvenire"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in un mondo dove sono tornati in
auge il protezionismo e la logica del «si salvi chi può»? «No, non è
ottimistica, è realistica. Tant'è che è stata subito appoggiata da un alto
manager della Banca Mondiale e da Gordon Brown. Il problema è che è troppo
'altruistica', impegnativa (ossia costosa) e con risultati a lungo termine.
Banche, Bazoli: crisi è
nata in America, stress su tempi bilanci
( da "Reuters Italia"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Bazoli si è soffermato sulla crisi
finanziaria globale. "Le basi della crisi del '29 sono completamente
diverse da quelle della crisi attuale. La crisi è nata in ambito finanziario
americano [...]. Quello che è succesos in America in ambito finanziario è inaccettabile.
Occorrono modifiche importanti che ci facciano uscire dalla crisi.
Albenga: Ortofrutticola,
vendita sede obiettivo raggiunto ( da "Savona
news" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: soprattutto quella finanziaria.
Tutto ciò, nel momento in cui è esplosa la crisi finanziaria internazionale ha
significato un aumento esponenziale degli oneri finanziari (+92%) che ha
contribuito al pessimo risultato del 2008. Considerato l'andamento della
gestione e dell'economia internazionale sono state effettuate svalutazioni ed
accantonamenti prudenziali per oltre 600 mila euro?
babelick ha detto: infatti
diciamolo,però bisogna darsi una mossa!un pò di mentalità spagnola o disciplina
tedesca non guasterebbe.qui non si fa mai niente e gli egoismi sono forti
( da "KataWeb News" del
23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Un processo di sabato?
Scoppia l'epidemia ( da "Gazzettino,
Il" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria compiute anche
avvalendosi di prestanome». Si tratta di un processo complesso, come spesso
accade per quelli che riguardano la ricostruzione di vicende societarie.
Inoltre ha avuto un iter particolarmente tormentato: inizialmente, per circa
due anni, non è stato possibile aprire il dibattimento per l'impossibilità di
trovare tre giudici che non avessero motivi di
Crescita all'inverso
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi attuale è crisi
dell'accumulazione. L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per
natura illimitata. Di fatto, una logica impossibile, quindi illogica,
dissennata. Che è la causa prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli
ambientali.
Vardanega: Serve una rete
di protezione ( da "Gazzettino,
Il (Treviso)" del 23-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: rarefazione delle presenze dei
funzionari come conseguenza della crisi finanziaria. Ed è auspicabile una forma
flessibile di Basilea 2, con un allentamento della rigidità del credito quando
la situazione lo richiede». «Le istituzioni - ha poi richiamato Vardanega -
debbono fare la loro parte. E debbono farla subito, dimostrando di saper agire,
ma anche di saper concretizzare in fretta.
Cardia difende le norme
antiscalata ( da "Stampa,
La" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: consente all'Italia di non fare «il
vaso di coccio tra i vasi di ferro» di un mondo che ha aumentato il proprio
tasso di protezionismo. Così il presidente della Consob Lamberto Cardia, in un
intervento su Il Sole 24 Ore, nel quale ricostruisce gli effetti della crisi e
le norme adottate dall'Italia. \
Fiat e crisi dell'auto.
Tra disoccupazione e riconversione
( da "AmericaOggi Online"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Non ha potuto portare a termine questo
programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le carte in
tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della Gmac, la fortezza
finanziaria della Gm con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari a 1.400
miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della Chrysler.
DZ Bank conferma: CCB
partner strategico ( da "Trentino"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: DZ Bank è impegnata a curarsi le
ferite della crisi finanziaria che ha colpito le banche tedesche molto più
duramente di quelle italiane. Inevitabile il rallentamento dei suoi progetti
d'espansione, perciò per ora non aprirà la filiale di Milano. Ma Thomas
Duhnkrack, consigliere DZB, ha confermato che Cassa Centrale resta l'alleato
strategico in Italia,
Troppo fisco pesa sul
mattone Le proposte per il rilancio degli investimenti immobiliari nella
relazione del presidente del Collegio, Campana
( da "Giornale di Brescia"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Giuliano Campana BRESCIALa crisi
finanziaria internazionale ha inesorabilmente contagiato l'economia reale e ha
determinato anche un irrigidimento della politica creditizia da parte del
sistema bancario. Non è un mistero che molti istituti di credito abbiano scelto
la strada della rinegoziazione del credito ai propri clienti.
Cibo, vestiti e vacanze
con un occhio ai poveri ( da "Arena,
L'" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: parleranno di «Crisi finanziaria,
le soluzioni di finanza etica e del microcredito». Per il resto, si può fare il
giro del mondo in una decina di stand: Asia, Africa e America Latina. I
prodotti esposti vanno dall'artigianato originale in terracotta, legno e paglia
con vasi, statuine e sedie, alla sartoria con abiti,
bcc sant'elena, la festa
dei 110 anni - nicola stievano ( da "Mattino
di Padova, Il" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nonostante la crisi finanziaria si
stia facendo sentire anche fra bilanci degli istituti di credito. Il bilancio
2008 che oggi viene presentato ai soci durante l'assemblea ordinaria e
straordinaria al Papa Luciani di Padova a partire dalle 9, presenta molti segni
positivi e un solo, ma significativo, negativo.
Le retribuzioni dei
manager devono stare sotto controllo
( da "Unita, L'" del
24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: caratterizzati da un forte
indebitamento e che riescono a condizionare sempre più il sistema dei mercati
finanziari. Il gruppo dei 30 (esperti di finanza e economia) si è riunito ieri
in Banca d'Italia. Secondo Trichet il 2009 sarà ancora tutto negativo. Con il
2010 si risalirà la china. Ma il mondo dovrà abituarsi a una crescita lenta.
Bazoli: Agricole stressato
dai conti ( da "Giornale.it,
Il" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: complice la crisi finanziaria, ne è
ancora un grande socio e per evitare pesanti svalutazioni nella trimestrale, ha
stretto un patto con le Generali spostando il pacchetto di Intesa tra le
participazioni «strategiche». Bazoli ha però precisato di non aver espresso
giudizi ma solo fatto constatazioni.
I PERDENTI CHE VIVONO DI
SCONFITTE ( da "Stampa,
La" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il caso è emblematico perché rivela
tre pericoli al tempo stesso: lo stacco dalla realtà, il
nazional-protezionismo, e il nuovo potere dello Stato in questa crisi (uno
Stato intrusivo più che spendaccione, scrive Martin Wolf sul Financial Times).
Occultare la realtà vuol dire aspettare che «tutto torni come prima, meglio di
prima» (Berlusconi, 17-5).
La sede
dell'Ortofrutticolavenduta per ventun milioni
( da "Secolo XIX, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Inoltre la crisi finanziaria
internazionale ha portato un aumento enorme degli oneri finanziari». Ma anche
sul compromesso di vendita c'era qualche timore, visto che alcuni soci
avrebbero rinviato tutto a dopo l'insediamento del nuovo presidente che sarà
eletto venerdì.
troppi ordinari, pochi
ricercatori primo nodo per i candidati-rettore - roberto d'alimonte
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Università di Firenze avrà superato
la fase più acuta della sua crisi finanziaria oppure i rettori cederanno alle
pressioni degli ordinari che non vogliono andare in pensione a 70 anni?
Questione tanto più rilevante dal punto di vista della liberazione di nuove
risorse perché il pensionamento anticipato non riguarda solo gli ordinari ma
tutto il personale docente.
Argomenti:
Crisi
Abstract: Abbiamo solo posto all'attenzione
dell'opinione pubblica la crisi finanziaria che sta colpendo il nostro Comune
cagionata dal debito fuori bilancio di 450mila euro derivante dalla gestione
Graziani. Per chiarezza e perché a questo punto, obbligato a farlo, riporto la
vicenda già resa nota, non da me, ma dalle autorità competenti.
Fiorani guarda ai lumbard,
Savoldelli si smarca ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: aiuto concreto a quelle famiglie
che stanno particolarmente subendo la crisi finanziaria. «Lavoreremo alla
possibilità - continua Fiorani - di ottenere finanziamenti per rilanciare la
Valle Seriana. Il piano "Valle Seriana" ha trovato ampi consensi e la
possibilità di reperire finanziamenti europei. Quando tutto sarà pronto a
Bruxelles ci sarà un secondo passaggio politico.
d'alema in piazza del
duomo ( da "Tirreno,
Il" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Oltre ai temi di politica nazionale
ed europea e della crisi finanziaria, D'Alema si soffermerà sulla situazione
pratese. D'Alema è in Toscana già da qualche giorno. Prima del comizio in
piazza del Duomo, parteciperà a un incontro pubblico nella vicina Firenze, sempre
per appoggiare le proposte e i candidati del centrosinistra in questo delicato
passaggio elettorale.
Argomenti:
Crisi
Abstract: il presidente della Bocconi Mario
Monti è preoccupato «per i rischi di ritorno del protezionismo». Conta però
anche la cautela delle banche. Ieri Alessandro Profumo non ha cercato di
abbellire il quadro: «Quasi un'impresa su quattro a cui forniamo credito è in
perdita», ha detto. Quanto a questo l'Italia di oggi è davvero pienamente
europea.
Draghi e le banche: tetto
ai superbonus per tutti i manager
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: aggravarsi dei rischi di
protezionismo ha affermato che «è troppo presto per dire che la ripresa sta
arrivando: per qualche anno sia i Paesi sviluppati sia quelli emergenti
dovranno abituarsi a ritmi di crescita più bassi». Stefania Tamburello Palazzo
Koch Mario Draghi, 61 anni, è governatore della Banca d'Italia dal 2006
Tremonti-Prodi: sigari,
chiacchiere e anti-mercatismo ( da "Corriere
della Sera" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: figlio della crisi finanziaria. Ma
vederli chiacchierare amabilmente sul ponte del ferry che li porta a San Marco,
seguirli mentre fumano il sigaro con il banchiere «comune», ascoltarli mentre
dirigono il dibattito su Stato e mercato fra abbracci sul metodo e solo qualche
lieve puntura accademica, ha reso la ventisettesima edizione degli Aspen
seminars for leaders un'
Processo ai liberisti
( da "Foglio, Il" del
24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi del mercato ipotecario
americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria
generalizzata. Nel mondo l?economia continua a crescere rapidamente. La
crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il
contagio si diffonda”
Energia, Scajola: crisi
peserà su investimenti in energia
( da "Reuters Italia"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ROMA (Reuters) - La crisi
finanziaria creerà problemi sugli investimenti nel settore energetico ed in
particolare nelle produzioni da nucleare e fonti rinnovabili che sono a maggior
intensità di capitale. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico,
Claudio Scajola, aprendo i lavori del G8 energia a Roma.
Argomenti:
Crisi
Abstract: La stessa crisi finanziaria attesta
che la dimensione morale è troppo trascurata. Il tendenziale confinamento della
morale nel privato lascia uno spazio incontrollato alla mentalità tecnica: è
forte e urgente, invece, l'esigenza di una morale pubblica che sappia
affrontare con responsabilità le questioni complesse che stanno davanti a tutti
noi.
I Costruttori in pressing
Ma la politica è evasiva ( da "Brescia
Oggi" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «La crisi finanziaria ha
determinato anche un irrigidimento della politica creditizia da parte del
sistema bancario - ha aggiunto Campana - ma le banche dovrebbero considerare
con maggiore attenzione le operazioni di investimento proposte dalle nostre imprese
e dagli acquirenti.
Köhler, un trionfo:
secondo mandato per il presidente
( da "Avvenire" del
24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Pochi mesi fa nel pieno della crisi
finanziaria non aveva esitato a bacchettare i manager «colpevoli di aver
pensato soprattutto ai loro interessi e non a quelli dei risparmiatori» e a
sottolineare che «la crisi è una grande occasione per la Germania per cambiare
il sistema economico ma anche sociale».
Berlino Horst Köhler,
nella foto, è stato rieletto ieri presidente della Repu...
( da "Gazzettino, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le distorsioni del sistema
economico mondiale che ha causato la grave crisi finanziaria, paragonando i
mercati internazionali a un «mostro» da disciplinare ed dicendo di aspettarsi
un «mea culpa» dalle banche tedesche. Nel maggio 2007 fu molto discussa la
decisione di Köhler di negare la grazia chiesta da Christian Klar, l'ex
terrorista della Raf, poi rilasciato nel dicembre 2008,
babelick ha detto: come
volevasi dimostrare:cina eliminata!erano rimaste italia e spagna,la prima
strafavorita poiché non ne ha mai ospitato uno...strano ma vero le cene del re
e l ( da "KataWeb
News" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
G8 energia: nel mondo uno
su 4 senza luce ( da "Trend-online"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma la crisi finanziaria rischia di
avere un ulteriore effetto negativo per i poveri che non hanno ancora accesso
all'energia oppure che non possono piu' permettersi di pagarla. La recessione
potrebbe portare nel 2009 al primo calo dei consumi elettrici dalla 2/a guerra
mondiale,-3,5%stima Iea,a causa del crollo della produzione industriale.
diciamolochiaro ha detto:
abbiamo perso per 8 voti a 11. Ma è risaputo che per "vincere"
l'assegnazione di qualunque cosa bisogna pagare profumatamente (vedi America's
cup che un c ( da "KataWeb
News" del 24-05-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
( da "Quotidiano.it, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il russo Mechov ha
vinto la tappa e indossa la rosa Riomaggiore | Per il Giro che comincia dietro
le colline liguri, Di Luca ha 34" di distacco dalla nuova maglia rosa
dell'Europa orientale. Leppheimer a 40" .Poi c'è Pellizzotti a 2' minuti,
mentre Basso a 3'. Sastre a 2'52". Cunego naviga a remi ad 8 minuti e
18". di Renato Novelli La tappa del dodicesimo giorno di corsa e
tredicesimo dall'inizio del Giro, detta il trappolone, ha funzionato da
trappola mo meglio da nuovo inizio. Le strade nervose della Liguria, i vigneti
scoscesi, da Sestri Levante a Riomaggiore nelle Cinque Terre, hanno dato cinque
verdetti. Il russo Mechov ha vinto la tappa. E' andato forte là dove la potenza
e la regolarità della pedalata dovevano essere misurate con le curve, i
saliscendi, gli strappi. Dietro di lui va bene l'americano dell'Astana, giunto
a 20" non male per il vice Armstrong, dallo stesso promosso capitano, in
attesa di quello che succederà in questa squadra , quando al Tour arriverà
Contador. Bene anche Garzelli ad 1'03". Conferma non solo la sua
determinazione, ma una forma invidiabile. Peccato la cotta (nel ciclismo del
tempo che fu, privo di termini scientifici, si chiamava così anche per
giustificare quelle storiche e sonore di Coppi). Di Luca arriva ad 1'36".
Per una crono di 60 chilometroni, non è neppure tanto. Pellizzotti taglia il
traguardo con un ritardo di 1'27". Decisamente meglio di Basso che perde
2'17", quanto Bruseghin che diventa l'uomo classifica della Lampre con
Cunego a 4'15". Sastre ultima maglia gialla di Parigi scivola a
2'18". Con dolore dirò che anche il giovane Lovkist fino a due giorni fa
secondo in classifica a pochi secondi da Di Luca, perde 5' netti ed 1".
Anche Rogers. Partito suo capitano lascia a Menchov 2'56" Armstrong, il
vero "strong" del Giro sindacale, aveva detto che il suo giro sarebbe
iniziato oggi. Ha perso 2'28". Forse non male per un trentanovenne, ma
lontano dalle prestazioni di un tempo. Forse pensa al Tour o forse pensa ad
"esserci qui ed ora", secondo la definizione di Heidegger, formulata
su un paino più impegnativo di quanto non sia una corsa. O forse no. Anche
Simoni 3 minuti rotondi, ma era scontato, per me, per lo meno. Per il Giro che
comincia dietro le colline liguri, Di Luca ha 34" di distacco dalla nuova
maglia rosa dell'Europa orientale. Leppheimer a 40" Poi c'è Pellizzotti a
2' minuti, mentre Basso a 3'. Sastre a 2'52". Cunego naviga a remi ad 8
minuti e 18". Forse il Giro 2004, con il trionfo che fece credere alla
nascita di un nuovo campione di lungo corso, fu, invece, la sua dannazione,
come la vittoria su Ettore lo fu per Achille.. In questo sport, che assomiglia
ai poemi omerici, il segno delle Parche è un destino incomprensibile. Giro
aperto, ora più di prima. Ora comincia il bello. E Di Luca che finora il bello
ha rappresentato, con tanto di declinazione umanitaria per i terremotati
d'Abruzzo, è in grado di riprendere la bellezza degli scatti e della sicurezza
sulle montagne di casa sua, dove il Giro deciderà chi avrà ragione all'ombra
delle rovine della Domus aurea di Lucio Enobarbo Nerone. Menchov ha trentuno
anni, Ha vinto due Vuelta spagnole. Nel 2005 arrivò secondo dietro Heras,
perdendo le tracce di lui lungo una salita. Ma Heras fu, poi, squalificato per
doping e lui, secondo, si ritrovò vincitore. Nel 2007 vinse di suo. Nell 2008,
abbandonò il Tour, dove aveva sempre ben figurato. Il suo capitano Rasmussen,
in maglia gialla a tre tappe dalla fine, fu trovato positivo all'antidoping ed
anche lui figurò fra gli indagati. La sostanza trovata a Rasmussen si chiama
Deynepo. Trattasi di eritropeina (Epo per noi) prodotta in coltura con cellule
umane (al contrario di altre prodotte con cellule animali) e perciò non
rilevabile ai controlli comuni del tempo. Rsmussen fu licenziato in maglia
gialla dalla sua squadra. Sia lui che Menchov erano clienti di una banca del
sangue di Vienna, la Humanplasma. Elisabetta II, quando le fecero, solo qualche
mese fa, un rapporto dettagliato sui motivi della crisi finanziaria che attanaglia le
economie del mondo, a causa di economie finanziarie folli, fondate su giri
inestricabili e sulla sabbia di debiti senza controllo, ha prodotto la migliore
analisi del fatto, a dispetto di tanti esperti, con una sintetica analisi di 5
parole "Ma nessuno se ne era accorto ?" Vale anche per l'Epo ?
Oggi Menchov è pulito ai controlli e forse lo era anche allora. Nota finale. La
cronometro è transitata per Monterosso. Lì, passò i suoi ultimi anni, Arthur
Grimble, governatore inglese delle isole Kiribas, traduzione polinesiana del
nome Gilbert dato all'arcipelago dalla corona britannica. Aveva scritto libri
di memorie del suo vivere colà dal 1913 fino algi anni trenta, che sono ancora
oggi una lettura obbligata per gli antropologi e i sociologi che si occupano di
queste piccole isole nelle quali noi siamo remoti e sconosciuti. Monterosso fu
l'unico luogo in Europa dove un vecchio signore benestante con dentro gli occhi
i reef immensi e colorati del Pacifico, nelle orecchie i canti della partenza e
del ritorno di quelle centrali strisce di terra riusciva a vivere nella vecchia
Europa. D'altronde il canto della partenza a Kiribas dice "come farai
nella pioggia senza di noi, senza i colori delle piccole terre di Sua maestà
Oceano Pacifico, dove il reef vive, la palma cresce e l'uomo parte ? 21/05/2009
( da "Corriere.it"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Verso il voto Le
Europee / I protagonisti L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre
promossi, in difficoltà i leader Bene Strauss-Kahn, Draghi e Trichet. Male
Barroso. Insufficienti Merkel e Brown Per paradossale che suoni dopo due guerre
e sei decenni d'integrazione, l'Europa che va alle urne il 6 e 7 giugno è un
ingranaggio nuovo. Non avevano mai votato insieme per lo stesso parlamento gli
elettori di 27 Paesi. Non lo avevano mai fatto alla vigilia (salvo altre
sorprese) di una svolta costituzionale inseguita per quindici anni.
Soprattutto, non lo avevano mai fatto al punto più basso di una recessione che
impone a tutti priorità identiche allo stesso momento. Dell'ingranaggio nuovo dell'Europa 2009 la crisi
finanziaria internazionale è il primo vero «crash
test», come la caduta del Muro lo fu per l'Europa di Andreotti, Mitterrand e
Kohl. Come allora in gioco sono la credibilità degli uomini e delle
istituzioni, la loro capacità di capire in fretta, concertarsi e reagire
rilanciando. È anche per questo che il Corriere ha cercato di cogliere
in un sondaggio le percezioni che circondano un ristretto numero di
personalità europee di fronte alla recessione. L'obiettivo non è decretare un
giudizio obiettivo, ma appunto far emergere una valutazione sulla risposta
degli europei alla crisi da parte di osservatori che
li conoscono bene (e spesso, personalmente). I criteri, questi sì, cercano di
essere quanto possibile obiettivi: sottoposti a una pagella sono i
responsabili delle tre istituzioni comunitarie coinvolte (Banca centrale europea,
Commissione e Eurogruppo, che riunisce i ministri economici dell'area-euro); i
commissari più impegnati (quelli agli Affari monetari e alla Concorrenza); i
leader delle prime tre economie dell'Unione (Germania, Francia e Gran
Bretagna); e i due europei che guidano organismi internazionali in prima linea
nella crisi (Fondo monetario internazionale e
Financial Stability Board). Insomma, gli uomini e le donne dell'Ue le cui
decisioni hanno maggiori ripercussioni internazionali. Rimangono fuori vari
esponenti di governo in Italia, quarta economia europea, anche perché i risultati
del G8 che Roma presiede quest'anno non sono ancora maturati. La giuria invece
è composta da 12 esperti nati e attivi in varie capitali, da Dubai a
Washington, con esperienze di governo, all'università e sui mercati: hanno
dato tutti voti «segreti», di cui presentiamo la media esatta. Piuttosto che a
un numero, il risultato somiglia però a un discorso politico coerente e anche
molto critico. Dal sondaggio risultano infatti vincenti per l'appunto i due
europei che non guidano istituzioni europee, ma internazionali: il francese
Dominique Strauss-Kahn, che dirige l'Fmi, e il presidente del Fsb Mario Draghi
(quest'ultimo, valutato solo in questa veste e non per l'operato alla Banca
d'Italia). Ne escono invece bocciatissimi i due uomini che dovrebbero guidare
le istituzioni più politiche dell'Unione, José Manuel Barroso della
Commissione e Jean-Paul Juncker all'Eurogruppo. La cultura europea nel mondo
sembra avere una sua qualità capace di imporsi, eppure le istituzioni
politiche dell'Ue azzoppano chi le incarna o sono affidate a anatre già zoppe
in partenza. Se la cava, fra gli uomini con il cappello azzurro a dodici
stelle, solo il francese Jean-Claude Trichet: da presidente della Bce, è quello
che dispone delle leve più dirette per agire. Il 9 agosto 2007, dalle vacanze
in Bretagna, in due ore decise di rivoluzionare le mosse della sua banca in
un modo che tutto il mondo, da allora, seguirà. È qui il paradosso della
distribuzione dei poteri nell'Unione. In teoria la capitale e la sede dei
vertici è Bruxelles, ma dalla domenica di ottobre in cui Nicolas Sarkozy
convocò d'urgenza all'Eliseo i leader dei Paesi dell'euro, sotto lo choc
Lehman, sembra più credibile l'Europa dei governi. Questi ultimi contano di
poter supplire alle carenze delle istituzioni comuni, benché dal sondaggio del
Corriere emerga su questo punto un giudizio molto più guardingo. Lo spagnolo
Angel Ubide, economista del Ceps e opinionista del País, riconosce che solo
Sarkozy e Gordon Brown «hanno saputo agire quando era assolutamente
necessario». Ma lo stesso premier britannico viene bocciato da molti: paga la
sua debolezza a Londra e soprattutto il gioco di squadra troppo intermittente
che ha praticato in Europa. Peggio ancora fa la tedesca Angela Merkel: «È
triste vedere come chi rappresenta il Paese più grande rifiuti sistematicamente
un ruolo di leadership», commenta l'economista belga Paul De Grauwe. Magari è
quella sindrome europea che l'ex capoeconomista dell'Fmi, l'americano Simon
Johnson, definisce «arroganza e rimozione della realtà». Di certo però il
senso del «crash test» è quello indicato da Maurizio Ferrera: «Non si tratta
solo di trovare soluzioni alla crisi corrette, ma di coordinarsi:
un'operazione politica». Se l'ingranaggio ne uscirà ancora vivo o a pezzi, lo
si vedrà non molto dopo le europee di giugno. Federico Fubini stampa |
( da "Stampa, La" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Reportage Il
circuito più chic difende le sue tradizioni Montecarlo si ribella alla F1 in
svendita "A noi piace il lusso" STEFANO MANCINI INVIATO A MONTECARLO
Il circuito che non c'è si monta in due mesi e si smonta in tre settimane. «Il
15 giugno non ci sarà una sola vite fuori posto», promette Patrick Mannoury,
ufficio stampa dell'Automobile club monegasco. E' così ogni anno a Montecarlo:
uno Stato si trasforma in autodromo e ospita il Gp più glamour, affascinante e
assurdo della F1. Alla base del successo ci sono 60 anni di storia e miliardi
di euro esibiti senza falsi pudori. Tutto deve brillare. E costare molto: come
i diamanti che disegnano il n°1 sul casco di Lewis Hamilton, i
( da "Cittadino, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Tremonti: «A ottobre
si è rischiata la catastrofe» ROMA Il mondo occidentale ha sfiorato «la
catastrofe» grazie all'intervento dei governi. «Abbiamo rischiato gli effetti
disastrosi di una guerra senza averla combattuta» e se non c'é stata «la
bancarotta del mondo occidentale», «l'apocalisse finanziaria», è dovuto al fatto che gli
stati «sono scesi in campo e la mano pubblica ha sostenuto la mano privata». Il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti lo spiega davanti alla platea della Cisl
ma più tardi in un convegno racconterà che «qualche criticità agli sportelli»
delle banche si è manifestata proprio nel giorno in cui Berlusconi è
intervenuto, rassicurando sulla tenuta del sistema creditizio.Ma il tema
sul tappeto non è solo quello della crisi. Tremonti
alla Cisl sostiene che dopo ci sarà il tempo delle riforme. Il governo le vuole
fare e le vuole condividere «con le persone giuste». «C'é un tempo per gestire
la crisi - ha detto Tremonti - e c'é un tempo per
gestire le riforme. Fare le riforme è una cosa in più e noi siamo convinti che
si debbano fare. Le faremo al tempo giusto, nel modo giusto e soprattutto con
le persone giuste. Le riforme le faremo - ha ribadito il ministro - ma le
discuteremo con voi». Un «voi» che vuol dire parti sociali ma anche proprio
Cisl e infatti il ministro strappa alla platea dei sindacalisti un caloroso
applauso. Il ministro parla di riforme in generale ma questa volta fa anche un
passaggio sulle pensioni: «Fare le riforme è una cosa dura e complessa. Non
basta dire: facciamo un patto tra le generazioni. Devi fare un disegno di legge
in cui scrivi un numero. Questo numero dice: con quali diritti e a quale età
vai in pensione». Un nodo delicato che andrà affrontato, come ogni riforma, «al
tempo giusto».
( da "Cittadino, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Un solo centro per
anziani e giovani Segalini: «Nel vecchio municipio spazi anche per le
associazioni» «Siamo un gruppo compatto e unito. In questi anni abbiamo
lavorato tutti insieme, e i risultati sono sotto gli occhi dei cittadini. Non
abbiamo preso in giro nessuno. Di perfetto non c'è niente, ma si lavora sempre
per migliorare. Quest'anno il gruppo si è rinnovato. Su 12 componenti 7 sono
nuovi. La nostra è una buona lista perché c'è integrazione tra giovani e
anziani. Solo così si può maturare e crescere, nel rispetto di tutti. Insomma,
siamo una grande famiglia».Così parla Pietro Segalini, candidato sindaco della
lista civica Con noi per Casalmaiocco.«Il nostro simbolo - dice - è stato
creato nel 1995. Il comune rappresenta l'intera cittadinanza; la torre campanaria,
invece, simboleggia tutti i casalini credenti. Il simbolo, quindi, intende
rappresentare l'intera comunità casalina.Perché ha deciso di ricandidarsi?«È
stata la volontà del gruppo a propormi come sindaco, viste anche le mie
precedenti esperienze amministrative».A Casalmaiocco manca un asilo nido
comunale.«Abbiamo già inserito nel programma triennale la costruzione di un
nido. Tale intento, ovviamente, è stato riportato nella campagna elettorale. Si
tratterà di un asilo nido comunale, magari gestito da privato». Dove verrà
realizzato?«Abbiamo già dato incarico di redigere per fine anno il Piano di
governo del territorio. Sarà questo strumento che ci dirà dove potremo
realizzare l'asilo».Con che soldi?«Con gli oneri o eventuali contributi
sovracomunali, magari dalla regione. Quando andiamo ad approvare un'opera
dobbiamo avere la copertura finanziaria altrimenti non
possiamo realizzarla».Continuerete a collaborare con la materna
parrocchiale?«Siamo consapevoli dell'importanza della scuola materna
parrocchiale. Già da anni, infatti, abbiamo una convenzione con essa, che viene
rinnovata alla scadenza». La scuola elementare?«Con l'ampliamento appena
concluso, in vista dei prossimi anni, gli spazi ci sono».Non esiste una scuola
media.«Per le scuole medie abbiamo una convenzione con Mulazzano».In cosa
consiste la convenzione?«Il comune di Casalmaiocco riconosce una cifra per ogni
alunno, per contribuire alle spese di gestione».Avete istituito borse di
studio?«Come comune non abbiamo istituito borse di studio, però abbiamo una
convenzione con la scuola media di Mulazzano. L'istituto ci segnala gli alunni
che hanno ottenuto un buon risultato e noi riconosciamo loro la borsa di
studio». Ci sono immigrati a Casalmaiocco?«Abbiamo un buon numero di immigrati.
Si sono integrati bene, grazie anche all'istituzione di corsi di lingua
italiana per adulti».La crisi
finanziaria ha colpito le imprese casaline?«Le ditte
hanno ridotto gli straordinari e alcune l'orario di lavoro. Il comune ha
istituito un fondo di solidarietà, versando i primi 5.000 euro. Tutti possono
partecipare destinando il 5 per mille al comune. Il prossimo consiglio
comunale detterà le regole e i criteri per la gestione di questo fondo». Cosa
pensate concretamente di fare per le famiglie in difficoltà?«Il comune ha
aderito al Consorzio servizi alla persona del Lodigiano, di cui è stato uno dei
promotori. Tutti i servizi sociali sono in convenzione con tale ente:
dall'assistenza domiciliare al telesoccorso. Tramite l'intervento di un
assistente sociale abbiamo un certo numero di famiglie che sosteniamo, facendo
anche la spesa, ma sempre dove ci sia una reciproca collaborazione».Gli
anziani?«Abbiamo già approvato il progetto di ristrutturazione e la copertura finanziaria del vecchio municipio. Dopo l'intervento diventerà
un punto di ritrovo per gli anziani, per i giovani e per le associazioni».Per
la sicurezza dei cittadini che cosa intendete fare?«Casalmaiocco, insieme ad
altri 5 comuni, ha aderito al Consorzio del corpo di polizia intercomunale Nord
Lodigiano. Tramite il Consorzio, e in coordinazione con le Forze dell'Ordine,
amplieremo il numero di telecamere di videosorveglianza. A breve, inoltre,
verranno installate 3 telecamere alla Madonnina in piazza Siena.Pensate di
realizzare nuovi centri sportivi?«È stato inaugurato da pochi anni il nuovo
centro sportivo polifunzionale. Magari in futuro realizzeremo nuovi centri
sportivi in collaborazione con i comuni limitrofi».Pensate allora di ampliare
quelli già esistenti?«L'idea c'è sempre, per far fronte alle esigenze dei
giovani. Di proposte ne abbiamo tante, ma dipende dalla disponibilità finanziaria». Quali le opere pubbliche in programma?Alla
frazione Madonnina amplieremo l'ambulatorio medico e realizzeremo una sala di
ritrovo per anziani. A Casalmaiocco, invece, oltre alla realizzazione di un
asilo nido comunale e alla ristrutturazione del vecchio municipio, intendiamo
ampliare la piazzuola ecologica. Poi ovviamente c'è la tangenziale».Ha
accennato alla Tem, la Tangenziale est esterna di Milano.«Nella Tem ci sono
delle opere compensative, tra cui la rotonda in uscita dal paese sulla
provinciale Sordio-Bettola. Noi abbiamo già messo in bilancio 100.000 euro per
la realizzazione della rotonda. Essendo una strada provinciale, la spesa viene
fatta insieme alla provincia di Lodi. L'approvazione c'è, manca solo l'inizio
dell'appalto dei lavori. Sarà nostra premura chiedere l'anticipazione di
quest'opera perché, nell'accordo di programma sottoscritto in Regione, la
realizzazione di alcuni lavori si possono chiedere in anticipo».Quando verrà
presentato lo studio svolto dal Politecnico di Milano sulla viabilità interna
ed esterna al comune?«Lo studio è stato presentato il 12 maggio ai consiglieri
dei sei comuni che hanno aderito al progetto. Lo studio ha fornito delle
proposte belle e interessanti. Questo sarà uno strumento fondamentale per le
amministrazioni future, che dovrà poi essere inserito nel Pgt. Ognuno ha fatto
redigere il piano del proprio paese, ma è stato anche fatto uno studio generale
in vista della futura linea metropolitana leggera. Sarà nostro impegno verso la
provincia e gli altri comuni di coordinare il servizio trasporti che collegherà
i paesi alle stazioni della metropolitana mediante un passaggio di pullman.
Questa è una grossa opportunità di sviluppo per il nostro trasporto».La
lottizzazione in via Malpensata?«Il piano integrato è già stato approvato dal
consiglio ed è già stata sottoscritta la convenzione con i lottizzanti».Proseguirete
il vostro impegno a favore dell'ambiente?«Certamente. In questi anni abbiamo
dotato gli operatori ecologici di mezzi elettrici, dotato il centro sportivo di
un impianto di riscaldamento e installato il fotovoltaico sul tetto della scuola
elementare. Abbiamo in programma anche la realizzazione di un grande parco per
la produzione di energia elettrica pulita».Qual è il vostro rapporto con le
Associazioni cittadine?«A tutte le associazioni diamo un contributo, in base al
loro programma e alla nostra disponibilità finanziaria.
Io ringrazio tutte le associazioni e spero di continuare a collaborare con
loro».Lara Banfi
( da "Stampa, La" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
ALESSANDRIA
Viguzzolo FESTIVAL ECHOS Tre gli appuntamenti con il Festival di musica Echos,
sempre alle 21,15. Venerdì 22, nell'Oratorio dell'Annunziata di Ovada, il
violinista Gernot Winischhofer con la pianista Anna Ferrer: arie gitane di
Sarasate e Kreisler. Sabato 23, al castello di Tassarolo, il Duo +2 Quartet con
un repertorio da Gershwin a Piazzolla. Domenica 24, nella chiesa di San Pietro
a Cassano Spinola, l'Orchestra sinfonica di Bacau con i pianisti Vincenzo
Balzani, Ippazio Ponzetta e Scipione Sangiovanni. Cassine SUONI BALCANICI
Roberto Durkovic e l'Orchestra Balcanica sono protagonisti del concerto di
sabato
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 21 - Cronaca
A Roma dipendente giù dal tetto. A Treviso dirigente sotto un treno Crisi e
paura di licenziamenti due suicidi shock in azienda PAOLO G. BRERA ROMA -
Claudio s´è lanciato dal sesto piano dei laboratori Ericsson di Roma in cui
lavorava da trent´anni, e dove non serviva più. Alberto, che doveva spedire a
casa in cassa integrazione una bella fetta dell´azienda del Triveneto in cui
era dirigente, ha aspettato il treno a Castello di Godego, vicino a Treviso, e
s´è buttato sotto. Non hanno lasciato un solo messaggio, nemmeno una parola per
scrivere un perché. Ma non ci sono misteri: la crisi
non fa più solo paura, uccide. Antonio è andato lassù dove si va a fumare una
sigaretta, e s´è lasciato cadere nel vuoto. «Tragedia familiare», dicono
inquirenti e l´azienda ricordando la separazione e la morte del padre. I
colleghi e i sindacati però raccontano un´altra verità, parlano di «reparti
confino» in cui confluivano i predestinati a lasciare l´azienda, in continua
ristrutturazione; e denunciano piccole vessazioni e minacce di «trasferimenti e
licenziamenti» per chi non aderisse alle dimissioni incentivate. «Gli era stata
prospettata la mobilità, e gli avevano fatto capire che per lui non c´era più
posto», racconta una collega. Ed è triste e drammatica anche la fine di
Alberto, come abbiamo chiamato il dirigente d´azienda di 43 anni di Villorba,
in provincia di Treviso, suicidatosi sui binari. Lui aveva il compito di
mantenere le relazioni coi sindacati, doveva convincerli ad
accettare la cassa integrazione per tanti suoi colleghi ai quali la fabbrica
non riusciva più a pagare lo stipendio. Non lontano da lì, a Fontanelle,
mercoledì si era suicidato il titolare di una piccola azienda del legno in
grave crisi finanziaria.
Aveva 58 anni, si è impiccato all´interno della sua ditta prima di dover
licenziare i dipendenti.
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 29 - Cronaca
effetti Rischio neoprotezionismo La tentazione degli
Usa: VITTORIO ZUCCONI La promessa era entusiasmante e terrorizzante, lanciata
da migliaia di spot e cartelloni: "Buy American. Vote Obama".
Ripetuta come un mantra nei giorni elettorali del febbraio
2008 la bomba del neo protezionismo sganciata dal candidato Barack Obama contro Hillary "la
Globalizzatrice" Clinton ebbe l´effetto desiderato negli stati del nord
deindustrializzati e in quelli del sud, già devastati dalla morte
dell´industria tessile americana. L´America comperò Obama e il resto del mondo,
dalla Cina all´Europa, dall´India al Canada, che sull´immenso deficit
commerciale degli Stati Uniti prosperano - 700 miliardi di dollari all´anno in
media dal 2000 - rabbrividì di orrore e di paura. Il motore internazionale del
"free trade" stava per innestare la marcia indietro e ripetere
l´errore catastrofico commesso nel 1930 con la legge che trasformò un crac di
Borsa nella reazione a catena di autarchie e rappresaglie che condusse diritti
alla Seconda guerra mondiale. (segue a pagina 32)
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9 - Economia
Trasporti, poste e telecomunicazioni in Italia concorrenza ferma al palo Indice
delle liberalizzazioni 2009: il Paese così non batte la crisi
Il dossier Il Rapporto annuale dell´Istituto Bruno Leoni che misura il grado di
apertura dei nostri mercati rispetto al resto d´Europa MARCO PATUCCHI ROMA - Un
Paese a metà del guado, che procede solo per forza di inerzia e che rischia, in
assenza di un´esplicita volontà politica, di tornare addirittura sui propri
passi. La fotografia della concorrenza italiana, scattata come ogni anno
dall´Istituto Bruno Leoni nel suo Indice delle Liberalizzazioni, conferma i
ritardi del nostro Paese lungo la strada del libero mercato. E l´edizione 2009
del rapporto, che Repubblica è in grado di anticipare, arriva in una fase
delicatissima per questo processo. La crisi finanziaria globale - partita dallo scandalo dei mutui subprime per
approdare al crac delle maggiori banche mondiali e alle ripercussioni
sull´intera economia reale - ha di fatto messo alla sbarra lo stesso concetto
di deregulation. «Ma raramente - si sottolinea nell´analisi dei risultati
dell´Indice - la regolazione è riuscita a correggere i presunti fallimenti del
mercato senza determinare inconvenienti ancora peggiori, per esempio in
termini di redistribuzione della ricchezza e di efficienza nella sua
allocazione». Riflessione di carattere generale che sembra calzare a pennello
anche nell´attualità politica italiana, dopo la serie di interventi di
maggioranza e governo che, dalla class action alle assicurazioni, stanno
praticamente smontando il disegno di riforma della precedente legislatura. «In
un momento storico come quello che stiamo vivendo - sottolineano i ricercatori
coordinati da Carlo Stagnaro - è difficile non chiedersi in quali condizioni l´Italia
affronti la crisi. Se assumiamo che sulla
competitività del nostro Paese abbia una ripercussione significativa il grado
di apertura dei mercati, la situazione non è buona». I settori censiti
nell´Indice sono 15 e per ognuno, attraverso l´elaborazione di criteri
quantitativi e qualitativi, è stato individuato un Paese benchmark, cioè quello
più liberalizzato all´interno dell´Unione europea: a questo benchmark è stato
assegnato un valore cento rispetto al quale, poi, è stato calcolato in termini
percentuali il livello di liberalizzazione dell´Italia. In Italia, i settori
«liberalizzati», che cioè hanno un indice superiore al 60%, sono quattro nel
2009 contro i tre del 2008 e del 2007. Quelli «abbastanza liberalizzati» (tra
50 e 60%) salgono da tre a quattro, tornando allo stesso numero del 2007.
Infine, i settori «non liberalizzati» (meno di 40%) scendono da sei a quattro,
stesso valore del 2007. Nella maggior parte dei settori, non si sono registrati
miglioramenti (o peggioramenti). Tre le eccezioni: il mercato del lavoro, i
servizi idrici e il fisco. E se in quest´ultimo caso, il miglioramento è
determinato dal peggioramento del benchmark Gran Bretagna, per quanto riguarda
il mercato del lavoro - spiega il rapporto - incidono sostanzialmente gli interventi
di riforma del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «A livello generale - si
legge nell´Indice - il grado di liberalizzazione dell´economia italiana resta
grossomodo costante: il valore registrato nel 2009, pari al 51%, è in linea con
quelli osservati negli anni precedenti che, tenendo conto dell´inserimento di
tre nuovi settori (autostrade, televisione, Borse) e dei miglioramenti di altri
due (fisco e ordini professionali), sono stati rivalutati, arrivando in
entrambi i casi al livello del 49%». Di fatto, è la conclusione del rapporto,
l´Italia si trova nel limbo, «con un piede nel mercato e uno nell´interventismo
statale». E i miglioramenti registrati sembrano effetto di un «andamento
inerziale» che indica «un´assenza di volontà politica e, laddove c´è stata, di
assenza di incisività dell´azione politica». Continua a mancare, fra chi è
chiamato a decidere, «quella diffusa consapevolezza dei benefici della
concorrenza (in termini di aumento dell´offerta per i consumatori, di
contenimento dei prezzi, ma anche di "efficientamento dei processi
produttivi"), che può produrre un percorso di riforma dalla direzione
sicura». Insomma, l´immagine delle liberalizzazioni italiane è quella di un
Paese dove le «riforme effettuate "sotto costrizione" siano state lasciate
a metà non appena il vincolo esterno, di natura europea o meno, è diventato più
lasco».
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 32 - Cronaca
2.GLIEFFETTI "Buy american", il protezionismo
resta uno slogan festivaleconomia leguidedirepubblica L´ordine di
"comprare americano" si è ammorbidito nel consiglio di preferire il
made in Usa VITTORIO ZUCCONI (segue dalla prima dell´inserto) Un anno e mezzo
più tardi, la promessa appare per quello che probabilmente era sempre stata, un
efficace slogan elettorale che non ha resistito al confronto con la realtà di
governare. A ennesima riconferma del famoso assioma di Kennedy, secondo il
quale «il mondo appare molto diverso quando è visto attraverso le finestre
dello Studio Ovale», l´ordine di "comperare americano" è divenuto il
suggerimento di preferire il "made in America" nei contratti pubblici
e un annacquatissimo meccanismo di incentivi fiscali, come lo ha riassunto
l´"Economist", inserito nel pacco di finanziamenti federali, più per
non imbestialire i sindacati, che tanto si erano spesi per Obama, che per
cacciare veramente fuori d´America il "prodotto straniero". Non ci
sono nuovi "Smoot Haley Tariff Act" all´orizzonte dei lavori
parlamentari, come quella legge protezionistica che invano Henry Ford tentò di
convincere il presidente Hoover a bloccare e che il capo della banca d´affari
J.P. Morgan implorò di vietare, «buttandomi in ginocchio, per impedire una
simile asineria». Non si leggono editoriali o manifesti che invochino tariffe o
altre forme di protezionismo non tariffario e se il
volume delle importazioni scende da mesi, è effetto della anoressia del
consumatore, ancora in pieno svolgimento. E la "conversione" del
candidato Obama divenuto il presidente Obama è venuta dalla sua stessa bocca,
quando, nel suo esordio internazionale per incontrare il premier canadese
Stephen Harper, invitò, proprio lui, il primo partner commerciale degli Usa «a
guardarsi dai segnali di protezionismo», garantendo che gli Stati Uniti «sarebbero rimasti la forza
trainante nella globalizzazione del commercio». Quella del protezionismo esplicito è rimasta una
tentazione senza il peccato. E più ancora delle reazioni spesso isteriche e
ideologiche dell´Europa, hanno pesato le minacce (forse il bluff) del governo
cinese di scaricare il dollaro come moneta di riserva e di smettere la
scorpacciata di carta che ha riempito le casse della Repubblica Popolare con
oltre mille miliardi di Bot americani e la scoperta che non tutte le industrie
americane sognano il "buy american". Mentre le superstiti aziende di
siderurgia, come la US Steel e la Nucor, si inginocchiano per chiedere tariffe,
la giacca del presidente è tirata da colossi come la Caterpillar, prima
produtttrice al mondo di macchinari per il movimento terra, che ha ricordato a
Obama come il 60 per cento del proprio lavoro venga dai mercati non americani e
dunque sarebbe lei a ridursi in ginocchio se le nazioni clienti rispondessero
con rappresaglie. «Non possiamo permetterci una guerra commerciale in questo
momento» disse giudizioso durante una visita allo stabilimento della
Caterpillar, a Peoria, Illinois. Gli articoli più violenti inseriti da deputati
e senatori del Mid West per farsi belli con gli elettori nel "pacco"
da 789 miliardi di dollari, sono stati sostituiti con indicazioni che obbligano
soltanto a utilizzare materiali e mezzi «che non contraddicano gli impegni
internazionali degli Stati Uniti», un modo per dire agli altri che anche loro
devono rispettarli, ma senza obblighi di "buy american". E se la
tentazione protezionistica riaffiorasse, nel caso il venticello di ottimismo
alzatosi in primavera dovesse rivelarsi effimero, la sua manifestazione più
evidente sarà nella collaudata tecnica della "svalutazione
competitiva", lasciando che il dollaro, oscillante sull´orlo del precipizio,
scenda ancora. Ma se questa dovesse essere la strada scelta per fare un po´ di protezionismo senza dichiararlo, sarebbe comunque una via
breve, di fronte al vero pericolo che incombe sul futuro dell´economia
americana, l´inflazione generata dallo tsunami di liquidità, oggi rovesciato
dai rubinetti spannati della Fed. Per ora, il segnale che l´Obama presidente ha
appeso alla bottega Usa, sostituendo quello innalzato durante la campagna dal
candidato Obama è, come ha detto lui stesso: "Open for business".
L´ipermercato America è aperto.
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 33 - Cronaca l´intervento
La fiducia nel ciarlatano Il capitalismo sfrutta l´eccesso di creduloneria in
base alla quale le persone agiscono GEORGE AKERLOF Igoverni
di tutto il mondo stanno cercando di risolvere l´attuale crisi finanziaria con l´aiuto degli
economisti. Questi si basano su una propria visione della macroeconomia, che
deve molto agli scritti di Keynes. Per fare previsioni corrette occorre una
chiara comprensione dei meccanismi che regolano i fenomeni economici e Spiriti
animali. Come la natura umana può salvare l´economia, il libro che ho
recentemente scritto con Robert Shiller, si prefigge di spiegarne il
funzionamento. Gli attuali modelli macroeconomici tendono a sminuire il ruolo
della psicologia nell´ambito della macroeconomia. Ma esistono almeno otto fondamentali
quesiti di macroeconomia la cui risposta dipende per lo più dalla psicologia.
Il libro identifica cinque "spiriti animali" (come diceva Keynes),
che corrispondono a fiducia, equanimità, corruzione e malafede, illusioni
legate al denaro e "racconti", e spiega il ruolo che questi occupano
nella risposta agli otto quesiti - fondamentali per comprendere le fluttuazioni
dell´economia nonché il motivo e le modalità con cui le politiche monetarie e
fiscali influiscono sull´economia - oltre a spiegare le cause della
disoccupazione forzata. Sono concetti che aiutano a capire come sia stato
possibile giungere all´attuale crisi. Il primo di
questi spiriti animali è la fiducia. Per formare il proprio giudizio, le
persone non si affidano solo all´elaborazione razionale delle informazioni a
loro disposizione. è proprio questo che accadeva nel periodo di boom da poco
conclusosi, in cui ci si lanciava in investimenti di ogni tipo (in particolare
acquistando e vendendo strumenti finanziari complessi)
basandosi su ciò di cui si riteneva ci si potesse fidare. Lo abbiamo visto con
i mutui e nell´ambito immobiliare, e in modo anche in ambito finanziario.
Se le persone avessero analizzato razionalmente i presupposti che li spingevano
a compiere tali investimenti, si sarebbero astenute dal farli. Agivano sulla
base di una sensazione di fiducia. Anzi di un eccesso di fiducia. Passiamo al
ruolo occupato da corruzione e malafede. Sono pochissimi gli economisti che
hanno saputo prevedere i problemi che si stavano profilando. Era convinzione
comune che i mercati si sarebbero autoregolamentati.
Una convinzione che si basa sul presupposto che gli investitori siano in grado
di agire con competenza, e accettino di assumersi rischi maggiori a fronte di
guadagni maggiori. Per questo la mancanza di regolamentazione del mercato dei
titoli e immobiliare non suscitava grande preoccupazione. Secondo un principio
dell´economia, il capitalismo tende a sfruttare l´eccesso di fiducia. Il
capitalismo non si limita a produrre ciò che i consumatori realmente
desiderano, ma produce piuttosto ciò che i consumatori credono di desiderare.
In assenza di regole, il capitalismo sarebbe in grado di produrre medicinali
validi, capaci di curare i mali che ci affliggono. In mancanza di regole però,
il capitalismo produce anche rimedi ciarlataneschi che non ci curano affatto.
Questo principio assume un interesse particolare se applicato al mercato degli
assets. Per la maggioranza degli individui gli assets sono semplici pezzi di
carta. La maggioranza degli investitori desume il valore degli assets finanziari da ciò che sente dire da consulenti finanziari e agenzie di rating, che hanno un tornaconto che
non coincide interamente con quello degli investitori. Quando le persone sono
eccessivamente fiduciose i mercati finanziari tendono
a produrre assets che sfruttino il loro eccesso di fiducia. Se privati di
misure di salvaguardia, gli investitori lasciano che qualcuno gli venda assets
ciarlataneschi. è ciò che è accaduto a Wall Street. Esiste poi un altro spirito
animale, che sostiene gli altri due: che si tratti di prendere decisioni
economiche o personali, gli individui agiscono in base a dei
"racconti". L´andamento dell´economia in ogni momento può essere
spiegato con qualche "racconto": dieci anni fa emerse la storia delle
dot-com; più di recente quella secondo cui l´ingegneria finanziaria
sarebbe stata in grado di rendere gli assets finanziari
più sicuri dei beni su cui si fondavano, grazie a un "packaging finanziario" che riduceva i rischi. Sono racconti che
contengono qualche verità, ma spesso peccano di eccesso di ottimismo o di
pessimismo; sono storie a cui gli investitori hanno creduto, peccando di
eccesso di fiducia, e i mercati hanno approfittato
della loro creduloneria per vendere loro degli assets in seguito rivelatisi
ciarlataneschi. Questi tre spiriti animali spiegano il ruolo che la psicologia
ha nelle fluttuazioni dell´economia. Riteniamo che questa sia la spiegazione
delle fluttuazioni cicliche dell´economia. La fiducia va e viene. è in questo
andare e venire che va cercata la spiegazione dell´attuale crisi
finanziaria. (Traduzione di Marzia Porta)
( da "Italia Oggi"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
I commenti data: 22/05/2009 - pag: 2 autore: di Mario Lettieri* Paolo
Raimondi** IL PUNTO Qualche dubbio di troppo sugli accordi tra Fiat, Chrysler e
Opel Cerberus Capital Management è uno dei più agguerriti e spregiudicati
equity fund, specializzato nel «metodo spezzatino», cioè quello di acquisire il
controllo di un'impresa, eventualmente in difficoltà, spolparla, prendere il
filetto e lasciare pelle e ossa (e debiti) agli altri, in particolare allo
stato. Non ha potuto portare a termine questo programma in
quanto la crisi globale ha
drammaticamente cambiato le carte in tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva
preso il 51% della GMAC, la fortezza finanziaria della GM con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari a
1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della Chrysler.
Cerberus, nome appropriato che si riferisce al mostro canino a tre teste che fa
da guardiano all'inferno ricordato nella Divina Commedia, è anche un colosso
internazionale immobiliare e dei mutui sub prime, delle ipoteche e dei crediti
facili e quindi è stato un attore primario nella crisi
finanziaria globale. Lo scorso dicembre nel mezzo della bancarotta, il
governo americano aveva dato 13 miliardi di dollari alla GM e 4,3 alla
Chrysler, poi a febbraio, dopo drastici tagli nell'occupazione e nella
produzione e un inevitabile aggravamento della crisi
finanziaria, GM e Chrysler avevano chiesto rispettivamente altri 17 e 5,3
miliardi di dollari in aiuti. A quel punto il New York Times aveva sfidato
Cerberus a venire allo scoperto. Come si sa la dimensione dell'intreccio è
complicata dal fatto che GM, che è in procinto di chiedere il Chapter 11, cioè
di dichiarare bancarotta, controlla la tedesca Opel, anch'essa alla vigilia di
una «amministrazione fiduciaria temporanea» da parte del governo di Berlino.
Abbiamo riportato questi fatti perché prima di procedere con il petto gonfio di
un certo «orgoglio nazionale» a buon prezzo, è doveroso farsi questa domanda:
quale è l'accordo finanziario vero sottostante la possibile acquisizione della
Chrysler da parte della Fiat e la joint venture con la Opel? Fino ad ora si
sono sentite solo garanzie verbali secondo cui l'acquisizione non costerà
niente, anzi la Fiat ci guadagnerebbe in mercato e in riduzione di costi di
scala. È altrettanto vero che, anche con una stabilizzazione della crisi, il mercato automobilistico occidentale vedrà un
ridimensionamento almeno del 20%. Perciò la seconda domanda che dobbiamo
consapevolmente porci è: cosa succederà con gli «esuberi» di mano d'opera e di
macchinari? * sottosegretario all'Economia nel governo Prodi ** economista
( da "Italia Oggi"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
Economia e Politica data: 22/05/2009 - pag: 9 autore: di Elena Galli La ricetta
del segretario generale della Cna, Sergio Silvestrini. Con un occhio
all'ambiente Più sostegno alle pmi nella crisi Le
banche facilitino il credito e il governo sostenga la domanda Un appello alle
banche affinché aumentino il credito alle piccole e medie imprese. Ma anche un
invito al governo a varare misure che stimolino la domanda. Sergio Silvestrini,
segretario generale della Cna, all'indomani della pubblicazione del Barometro
della crisi, l'indagine congiunturale della
confederazione (si veda ItaliaOggi del 21 maggio), fa il punto della situazione
e parla delle prospettive per i prossimi mesi. Domanda. Nonostante gli
innumerevoli appelli e le convenzioni con importanti gruppi bancari, l'accesso
al credito continua a essere il tallone di Achille delle pmi italiane:
cos'altro si può fare per cambiare la situazione?Risposta. In
pochi mesi la crisi del
mercato finanziario ha praticamente coinvolto tutte le economie e già oggi sono
palesi anche le conseguenze sociali. Le banche continuano a operare una forte
selezione nella valutazione del merito creditizio, mantenendo alto il costo del
denaro, nonostante gli interventi al ribasso decisi dalla Banca centrale
europea. In questo scenario l'artigianato e le pmi si trovano in
particolare difficoltà anche alla luce dell'allungamento dei tempi di incasso
dei crediti commerciali. Il mio auspicio è che gli interventi ideati per favorire
la capitalizzazione delle banche e l'utilizzo delle risorse della Cassa
depositi e prestiti possano aumentare il credito a favore delle piccole imprese
e migliorare le condizioni di accesso al finanziamento bancario. È inoltre
indispensabile un ripensamento della modalità di relazione con le banche anche
attraverso un ruolo più attivo delle organizzazioni di rappresentanza, che
dispongono di una mole di informazioni utili a valutare la solidità e le
necessità finanziarie delle imprese.D. Malgrado la crisi,
le pmi italiane sembrano siano riuscite a difendere strenuamente l'occupazione.
Cosa prevede la Cna per i prossimi mesi?R. Effettivamente, dal nostro
osservatorio congiunturale (il Barometro della crisi,
l'indagine trimestrale realizzata dalla Cna nazionale) emerge che nei primi tre
mesi dell'anno l'occupazione nelle piccole e medie imprese ha risentito solo in
parte della caduta dell'attività produttiva e che, nel secondo trimestre, la
caduta occupazionale potrebbe rallentare. Bisogna poi aggiungere che le perdite
occupazionali rappresentano una circostanza grave in considerazione del valore
rappresentato dal fattore lavoro, spesso altamente specializzato, per le
imprese più piccole. Se però l'inversione del ciclo economico non dovesse
arrivare nei tempi sperati, le imprese più piccole potrebbero esaurire la loro
capacità di tenuta. D. Quali provvedimenti dovrebbe prendere il governo per
stimolare la domanda e migliorare il clima di fiducia?R. Voglio dare
innanzitutto atto al governo di avere favorito la stabilizzazione del mercato
finanziario, evitando eventuali fallimenti di istituti bancari e che la crisi potesse diventare sistemica. In questo momento noto
però con preoccupazione l'assenza di interventi efficaci di sostegno della
domanda. Posso comprendere le ansie del governo a mantenere l'equilibrio del
bilancio pubblico e delle politiche di sostegno all'economia. Ma il deficit è
destinato comunque a crescere, data la dinamica declinante delle entrate
tributarie, senza che si siano prodotti effetti espansivi. Ciò detto, sarebbe
auspicabile provvedere a rilanciare un piano di opere pubbliche per
riqualificare e completare la dotazione infrastrutturale del paese.D. La Cna ha
organizzato a Roma un importante convegno sullo sviluppo sostenibile, al quale è
stato invitato anche il Premio Nobel Amartya Sen. Quali sono le misure concrete
che il governo dovrebbe adottare per tracciare un percorso di sostenibilità
anche per le pmi?R. La via per uscire dalle secche della crisi
finanziaria ed economica risiede in una strategia che inneschi processi
di cambiamento strutturale e culturale, atti a realizzare modelli di sviluppo
sostenibile che prevedano un riequilibrio energetico e ambientale attraverso
una forte razionalizzazione dei consumi e un utilizzo sensato delle risorse del
territorio. L'artigianato e le piccole imprese sono le candidate naturali per
sviluppare e dare consistenza a processi produttivi e culturali che consentano
al paese il potenziamento del sistema di risparmio energetico industriale e
civile e la diffusione di produzione di energie da fonti rinnovabili. Le
piccole imprese possono contare sulla capillarità, sulla presenza di competenze
elevate su tutto il territorio nazionale. La Cna, per parte sua, sostiene le
imprese che operano nei settori della compatibilità ambientale, del risparmio
energetico e della produzione di energia da fonti rinnovabili. Ricordo, solo a
titolo di esempio, la costituzione dei club dell'energia a Bologna, i progetti
di casa passiva, gli orti fotovoltaici in Toscana e lo sviluppo della
bioedilizia a Treviso.D. Investire in ricerca e innovazione potrebbe consentire
alle imprese di uscire a testa alta dalla recessione: quali sono le misure da
intraprendere per favorire questi aspetti?R. L'innovazione ha sempre rappresentato
il vero motore della crescita e un efficace strumento di competitività. E se
negli ultimi duecento anni l'innovazione ha riguardato la possibilità di
affrancarci dai lavori più disagevoli, oggi non può che favorire la creazione
di tecnologie pulite, infrastrutture ecologiche, offrendo la soluzione delle
contraddizioni che rischiano di mettere in discussione il proseguimento stesso
dello sviluppo. Deve dunque essere riconosciuto il valore dell'attività di
innovazione, svolta quotidianamente dalle piccole imprese, e occorre provvedere
a incentivarla prontamente mediante misure di defiscalizzazione.
( da "Milano Finanza (MF)"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
MF sezione: Mercati
Globali data: 22/05/2009 - pag: 13 autore: Non si fermano
le erogazioni di Biis La crisi finanziaria non ferma le erogazioni di Biis, la Banca Infrastrutture
Innovazione e Sviluppo del gruppo Intesa Sanpaolo. Nei dodici mesi da marzo
( da "Milano Finanza (MF)"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
MF sezione: Mercati
Globali data: 22/05/2009 - pag: 19 autore: Ma la fiera del tol adesso coinvolge
anche promotori e gestori Dieci anni fa l'IT Forum di Rimini era nato per i
trader ondine, ma col tempo ha coinvolto anche i promotori finanziari. E
quest'anno, dice il direttore generale Mauro Pratelli, «metà dei 6mila
visitatori è costituita da consulenti finanziari, che vengono ad ascoltare i seminari
per capire come andranno i mercati». Perché i clienti sono diventati molto più
esigenti e richiedono rapporti continui coi loro consulenti, visto che negli
ultimi tempi le delusioni sono state molte sul fronte dei rendimenti dei loro
portafogli. E cosi tra i 93 espositori figurano molte società che non vengono a
proporre le loro attività di trading online, come per esempio Banca Generali.
«Il nostro fiore all'occhiello», spiega il direttore generale Piermario Motta,
«è una piattaforma intranet creata insieme a Morningstar e in dotazione ai
private banker di Bsi e ai nostri promotori finanziari che consente di
raccogliere informazioni sul patrimonio complessivo dei nostri 300 mila clienti
ed elaborare profili di rischio e asset allocation su misura per loro. Per
farlo ci basiamo quindi anche sugli asset che hanno in altre banche, così
abbiamo una visione completa della loro situazione». Motta è ottimista sui
movimenti futuri dei mercati, tanto che i clienti di Banca Generali hanno in
media aumentato l'esposizione sull'azionario dal 10% dell'anno scorso
all'attuale 30%. Sono soddisfatti anche a Pictet Funds, una delle maggiori
banche di gestione patrimoniale indipendenti d'Europa. «L'anno scorso molti
investitori spaventati dal crollo dei mercati sono venuti da noi perché non
siamo quotati in borsa e siamo molto conservativi», dice Marco Demicheli del
settore sviluppo e consulenza. Mentre Diego Caprioli, direttore generale di Ubi
Pramerica Sgr, sottolinea come «l'etica, nel senso più generale del termine,
sia un prerequisito del business. Senza etica non si fa molta strada». All'insegna della prudenza sono poi i consigli di Alberto Mancuso,
responsabile retail e private banking investment sales di Banca Imi, che reputa
«necessario un ritorno alle basi, ai derivati meno complessi e a un loro
utilizzo più ragionevole». Insomma, la crisi
finanziaria ha quindi riportato una forte dose di
sano realismo nel mondo del risparmio gestito.
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 34 - Cronaca
3.LEPREVISIONI Crescita, fiducia, debito ecco le sfide di domani
festivaleconomia leguidedirepubblica Fede e stima nel sistema hanno avuto un
duro colpo e ci vorrà del tempo per ricostruirle MICHAEL SPENCE Cosa possiamo
aspettarci in futuro, quando l´economia globale emergerà da quella che è forse
la crisi più grave dell´ultimo secolo? La secca
risposta è una "nuova normalità", con una crescita più lenta, un
sistema finanziario primario più stabile e una serie di sfide (energia, clima,
squilibrio demografico, per citarne solo alcune) dagli orizzonti temporali
variabili che metteranno alla prova la nostra capacità collettiva di migliorare
progressivamente la gestione e la supervisione dell´economia globale. La crisi finanziaria, trasformatasi in una pericolosa flessione
economica globale, nasce non solo dalla mancata reazione di fronte a una
instabilità, un rischio e uno squilibrio sempre maggiori, ma dall´incapacità di
prevederli. La nuova regolamentazione dei settori finanziari dovrà porre
l´accento sul capitale, sulle riserve e sulla copertura necessaria, attraverso
una riduzione del rischio sistemico, l´annullamento del rapporto di
indebitamento, l´eliminazione di una regolamentazione incompleta e frammentaria
e dell´arbitrato normativo concentrando l´attenzione sulla trasparenza.
Probabilmente, ciò avverrà anche mediante l´isolamento e l´ulteriore
ridimensionamento di una parte del sistema bancario, in modo che i canali di
intermediazione del credito siano meno inclini a interrompersi completamente e
contemporaneamente. Rispetto al passato recente, il costo del capitale
aumenterà, il debito sarà più costoso e meno onnipresente e il rischio di
spread non tornerà ai livelli contenuti del periodo precedente alla crisi. Le asset bubble non spariranno dall´orizzonte, ma
avranno meno probabilità di essere sovralimentate dal rapporto di
indebitamento. Il testimone per la supervisione dell´economia globale sta
passando rapidamente dal G7/8 al G20. Quest´ultimo rappresenta il 90 per cento
del Pil e due terzi della popolazione mondiale. Ma c´è il rischio che, quando
l´architettura internazionale della gestione dell´economia globale evolverà,
gli interessi del rimanente terzo della popolazione mondiale (e della
maggioranza dei piccoli Paesi) non saranno rappresentati in modo adeguato.
Nella crisi attuale, una parte sostanziale dei Paesi
che non fanno parte del G20, e i loro cittadini, sono essenzialmente privi di
difese. All´interno dei Paesi del G20, vi sono meccanismi che si prendono cura
degli interessi dei cittadini più deboli. Nell´economia globale, i più deboli
sono Paesi interi. La disattenzione verso i loro interessi costituirà non
soltanto un problema di ordine morale ma uno spartiacque sociale ed economico
potenzialmente esplosivo. La crisi attuale è stata definita una "crisi dei libri contabili" di portata mondiale, di terribile
gravità e di potenza distruttiva a causa della sua origine nei bilanci
patrimoniali del settore finanziario e di quello relativo alle famiglie. La
distruzione dei bilanci è ciò che ha reso questa crisi diversa e straordinaria. Andando avanti, non sarà più
accettabile da parte delle banche centrali e del legislatore un´attenzione
limitata all´inflazione, allo sviluppo e all´occupazione (economia reale),
lasciando che i bilanci provvedano a se stessi. A qualche livello del sistema,
sarà necessario assegnare, e assumersi con serietà, la responsabilità per la
stabilità e la sostenibilità in termini di valutazione delle risorse, rapporto
di indebitamento e bilanci. Le istituzioni internazionali dovranno essere
potenziate in termini di governance e di risorse, in modo da poter agire come
interruttori automatici nel caso di future turbolenze finanziarie ed economiche
a livello globale. All´inizio della crisi, il Fmi era
sottofinanziato e, in alcune zone del mondo importanti dal punto di vista
sistemico, esso continua a mancare di credibilità e fiducia. Ora è in fase di
rifinanziamento, ma siamo a 8 mesi dall´inizio di una crisi
in cui i flussi di capitale internazionale sono diventati incostanti, guidati
per lo più da una reazione all´emergenza. Rimane il problema fondamentale della
fiducia e della fede nel sistema. Fiducia e stima hanno ricevuto un duro colpo
e ci vorrà del tempo per ricostruirle. Al momento, l´opinione più diffusa in
gran parte dei Paesi è che il sistema finanziario ha fallito rovinosamente, ma
gli incentivi e le dinamiche del più ampio sistema fondato sui mercati, in
un´architettura relativamente aperta, resta la miglior strada che si conosca
verso la creazione della ricchezza, la riduzione della povertà e l´ampliamento
delle opportunità. Naturalmente, c´è chi dissente e l´equilibrio potrebbe
mutare rapidamente. Non esiste una bacchetta magica. La via migliore da seguire
è quella di procedere in modo pragmatico e costante, sia a livello nazionale
che internazionale, verso il perfezionamento dell´architettura normativa e il
miglioramento della nostra capacità collettiva di evitare i comportamenti non
collaborativi e gli equilibri men che ottimali. è questa la direzione in cui ci
stiamo muovendo. Ma è un viaggio che non ha un punto d´arrivo chiaramente
definito e largamente accettato. (Traduzione di Antonella Cesarini)
( da "Finanza e Mercati"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Napolitano:
«Sostenere le imprese» da Finanza&Mercati del 22-05-2009 Contro la crisi «occorre sostenere le famiglie e le imprese»: è questo
il messaggio di saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
all'apertura dell'assemblea di Confindustria. Per il Capo dello Stato, in
particolare, «le imprese italiane affrontano oggi un
compito di gravissima difficoltà» che è appunto quello di «superare la crisi». «Occorre fronteggiare e superare
le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale - ha spiegato il Capo dello Stato -
che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e
sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese.
Compito primario delle istituzioni, con il concorso di tutte le parti sociali,
è operare a sostegno delle imprese e delle famiglie maggiormente esposte ai
contraccolpi della crisi, nella prospettiva dell'avvio
di una nuova fase di sviluppo che veda congiungersi l'apertura dei mercati alla
concorrenza e alla competizione, nel rifiuto di ogni tentazione protezionistica
e la ridefinizione di regole corrispondenti all'interesse comune. All'Europa e
alle sue istituzioni spetta in questo senso una funzione essenziale al fine di
contribuire a una nuova governance globale. Il nostro Paese ha grandi risorse e
potenzialità non sufficientemente valorizzate - aggiunge il presidente della
Repubblica - in particolar modo nelle regioni meridionali. L'intervento
pubblico deve mirare a stimolarne il pieno dispiegamento, rispettando i limiti
imposti dal pesante indebitamento dello Stato. La cultura dell'impresa di cui
la Confindustria è portatrice saprà mostrarsi attenta anche alla valorizzazione
del capitale umano di cui l'Italia è così riccamente dotata e alla tutela del
lavoro e della sua sicurezza».
( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
FANO pag. 13
APPUNTAMENTO d'eccezione oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi ...
APPUNTAMENTO d'eccezione oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi sarà
teatro della 18° edizione del Convegno bocconiano, manifestazione annuale di
economia organizzata da Arnaldo Gai, presidente dei laureati bocconiani della
provincia di Pesaro e Urbino. La tematica della conferenza quest'anno sarà «La crisi finanziaria internazionale :
economisti e politici a confronto». E a discutere di questi temi ci sarà un
relatore di grande prestigio. Sarà infatti il professor Piero Tedeschi, docente
associato di politica economica alla Bocconi, ordinario di economia politica
alla Cattolica di Milano e membro del «nucleo di valutazione degli investimenti
pubblici al Ministero del bilancio», ad illustrare tre differenti
ipotesi proposte da illustri economisti internazionali ed altrettante strategie
politiche che i governi andrebbero ad attuare per uscire dalla morsa della crisi mondiale che sta attanagliando i sistemi economici più
evoluti. «Sarà molto interesante ascoltare strategie e soluzioni a farci uscire
dal tunnel della crisi dice Arnaldo gay e verificare
la loro attuabilità nel nostro sistema italiano».
( da "Unita, L'" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
La
crisi colpisce i
fondi sovrani: persi 55 miliardi di dollari Nel
( da "Tempo, Il" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
stampa A giugno i
dipendenti riscuoteranno il premio di produttività Poste Italiane, dopo una
lunga trattativa accordo con i sindacati CAMPOBASSO Poste Italiane: la
determinazione di Slp e Failp ha finalmente prevalso nella lunga trattativa sul
rinnovo del salario legato alla produttività. Incrementi economici
significativi e risposte mirate ai lavoratori dello staff. Si è conclusa una
lunga ed estenuante trattativa, è stato infine raggiunto un accordo sul Premio
di Risultato per il triennio 2008-2010. «L'intesa è stata sottoscritta solo da
Slp Cisl e Failp Cisal - dichiara Antonio D'Alessandro Segretario della CISL di
Campobasso - a causa dell'abbandono del tavolo del confronto da parte delle
altre Organizzazioni Sindacali. Da sottolineare il fatto che, durante la
trattativa, l'Azienda ha continuato a tenere una posizione di forte chiusura
nei confronti delle richieste del Sindacato, adducendo al fatto che l'attuale crisi finanziaria mondiale, che sta investendo il nostro Paese, coinvolga anche
Poste Italiane. In tale prospettiva, l'Azienda ha proposto più volte di
decurtare il premio anche in caso di assenze garantite da norme di legge sul
welfare (legge 104) e ha richiesto oltretutto la possibilità di non pagare le
assenze dovute agli infortuni in itinere, al congedo matrimoniale, per
lutto e per donazione di sangue. Sul piano economico, l'Azienda ha persino
avanzato l'ipotesi secondo cui, a fronte dell'anticipazione già erogata nel
mese di settembre 2008 pari al 65% del premio, il saldo del Premio di Risultato
2008 avvenisse con il pagamento del restante 35% senza alcun reale aumento
salariale. La netta opposizione di Slp e Failp a tali richieste - continua
Antonio D'Alessandro della CISL Poste - estremamente penalizzanti per i
lavoratori, ha permesso alla fine di arrivare a un accordo molto diverso, che
prevede: la durata triennale del premio (2008-2010), in linea con le norme
sulla riforma degli assetti contrattuali e necessaria per accedere alla
decontribuzione; la revisione e l'individuazione delle figure professionali da
far transitare dallo staff alla produzione; una soglia di accesso al premio di
risultato più favorevole; la conferma della normativa oggi esistente sui
criteri di attribuzione del premio: nessuna penalizzazione per assenze (legge
104), infortunio, congedo per matrimonio, lutto o donazione sangue; la
riduzione del divario economico fra staff e produzione; un aumento salariale
complessivo strutturale del Premio di Risultato di 290 euro (in media) pro
capite».
( da "Centro, Il" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 15 -
Attualità In bagno col permesso, la Marelli frena La casa madre Fiat
«bacchetta» l'iniziativa dell'azienda di Sulmona SULMONA. La Fiat annulla il
provvedimento che prevedeva la richiesta, da parte dei dipendenti della Magneti
Marelli di Sulmona, di un permesso scritto per andare in bagno. La casa madre
torinese parla di «spiacevole equivoco» e di «interpretazione non corretta ed
estrema di una disposizione mirata a gestire meglio le pause dal lavoro».
«Purtroppo nel caso specifico - si legge in una nota della Fiat - è stata
interpretata in maniera non corretta una disposizione della direzione di
stabilimento mirata a gestire gli allontanamenti dal posto di lavoro senza
pregiudicare la qualità e la continuità dei processi. Questo comportamento non
rispettava le regole e lo spirito gestionale in vigore negli stabilimenti della
nostra società e quindi abbiamo provveduto a correggerlo». Sulla vicenda c'era
stata la protesta dei lavoratori dello stabilimento di Sulmona ed era
intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali, che aveva
annunciato l'avvio di accertamenti. «Con riferimento all'adozione da parte
dello stabilimento della Magneti Marelli di Sulmona di modalità organizzative
che prevederebbero la compilazione da parte dei dipendenti di permessi scritti
anche per l'accesso alle toilettes durante l'orario di lavoro, - si leggeva nella
nota del Garante per la privacy - l'Autorità garante ha chiesto all'azienda di
fornire ogni elemento utile per una piena valutazione dei profili in materia di
protezione dei dati personali». Anche Mauro Paissan, componente del Garante
della privacy, aveva aspramente criticato il provvedimento: «E' un'offesa alla
dignità dei lavoratori e una raccolta illegittima di dati sanitari - aveva
dichiarato - «L'obbligo della richiesta scritta per andare in bagno durante
l'orario di lavoro e la necessità della conferma da parte del capo officina,
configura un'inaccettabile lesione alla dignità dei lavoratori. Inoltre, con
questo strumento si costringe il dipendente a rilevare eventuali sue patologie
o stati di malessere». L'iniziativa era stata denunciata nei giorni scorsi
dagli stessi operai e dalle segreterie provinciali di Fiom, Fim, Uilm e Ugl,
non disposte a restare indifferenti di fronte «ad un provvedimento che non
rispetta la dignità della persona, soprattutto delle donne che devono chiedere
il permesso per andare in bagno anche per i bisogni legati al ciclo». Sugli
operai della Magneti Marelli, azienda sulmonese dell'indotto Fiat, pesano otto
mesi di lunghi periodi di cassa integrazione, con stipendio ridotto e assenza
dal posto di lavoro. La crisi
finanziaria internazionale e poi la recessione che
ha colpito anche il mercato dell'auto non hanno risparmiato la più grande
realtà produttiva della Valle Peligna, che conta più di 700 dipendenti e dove
da mesi le tute blu reclamano una maggiore rotazione nell'estensione della
cassa integrazione. Federica Pantano
( da "Adige, L'" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Mezzolombardo Questa
sera il bilancio 2008 illustrato ai soci: impieghi aumentati a 153 milioni di
euro C'è crisi, la Rurale con le imprese MEZZOLOMBARDO
- «Portiamo avanti una banca sana ed efficiente» sono le parole del presidente
della Cassa Rurale di Mezzolombardo e San Michele all'Adige, Mauro Mendini ,
che questa sera alle ore 20, al Teatro San Pietro, presenterà ai soci il
bilancio 2008. Durante la serata, poi, verrà eletto il nuovo consiglio
d'amministrazione. Il quadro economico . Il bilancio 2008 conferma, grosso
modo, i numeri dell'esercizio precedente, a dimostrazione che la crisi, i cui effetti si sono avvertiti, nel secondo semestre
non hanno intaccato l'andamento della banca. La raccolta diretta è salita a
182,87 milioni di euro (165,83 milioni nel 2007). Gli impieghi sono aumentati a
153,29 milioni di euro (141,92 milioni nel 2007). «Il rapporto fra la raccolta
e gli impieghi - precisa il presidente con il supporto del direttore Paolo
Segnana - è all'80% a dimostrazione dell'attenzione che stiamo
riservando ai nostri soci in questo momento di crisi
finanziaria». L'unico dato in controtendenza è
relativo all'utile di esercizio che rispetto allo scorso anno è diminuito di
ben 695.171 euro. «Lo scorso anno abbiamo avuto la plusvalenza - precisa Segnana
- dell'operazione con la Germania di 528.853 euro. In più quest'anno
abbiamo avuto anche un incremento di circa 90.000 di tasse. I numeri
confermano, quindi, il buon risultato ottenuto nel 2007. La crisi
potrebbe mostrarsi più nel bilancio dell'esercizio successivo. Ma noi siamo
fiduciosi perché abbiamo sempre agito con oculatezza, senza fare operazioni
folli, nell'interesse solo ed unicamente dei soci e dei nostri clienti. Il
nostro ruolo di banca di credito cooperativo ci impone un doppio ruolo: essere
una buona banca, e i numeri lo dimostrano ed essere una buona cooperativa a
servizio solo dei soci». Effetti della crisi . La crisi economica ha colpito la Piana Rotaliana con forza.
Nonostante tutto la cassa rurale non ha allentato la propria disponibilità
verso l'erogazione del credito alle aziende. «Fino ad oggi abbiamo soddisfatto
- precisa Mendini - quasi tutte le richieste che abbiamo ricevuto e in più
siamo stati sempre attenti, come ogni anno, al mondo delle associazioni,
stanziando 338.824 euro. Soldi che restano sul nostro territorio al servizio
dell'intera comunità». Secondo Mendini, le piccole banche di credito
cooperativo riescono proprio in questo frangenti ad incrementare la propria
raccolta, grazie al rapporto diretto con la comunità. E nel momento in cui il
ciclo economico ripartirà gli effetti saranno positivi per tutti. Numeri .
Compagine sociale: 1.704 al 31 dicembre 2008 Raccolta diretta: 182,87 milioni
di euro Impieghi: 153,29 milioni di euro Stato patrimoniale: 208.099.264
22/05/2009
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 17 autore: Il gringo
Obama in America Latina Il presidente cerca di ricucire le relazioni ma l'Asia
sembra per ora più intraprendente di Alessandro Merli C' era una volta il
cortile di casa. Era un cortile disordinato e turbolento, ma sul quale alla
fine si riusciva, a volte con le buone, a volte con le cattive, a esercitare un
controllo abbastanza stretto. Quel cortile, oggi, ha trovato (quasi) un suo
ordine, ma è sempre meno attento alle voci che arrivano da casa e sempre di più
a quelle di nuovi, ricchi visitatori. Il cortile di casa, per gli Stati Uniti,
è l'America Latina, che per la prima volta negli ultimi tre decenni dovrebbe
uscire da una crisi finanziaria internazionale con
danni relativamente contenuti, ma nella quale, dopo anni di presidenza Bush
completamente distratta dalla guerra in Irak, anche le ouvertures di Barack
Obama rischiano per ora di suonare meno allettanti delle offerte in denaro
sonante della Cina, nuovo partner commerciale e geopolitico di elezione. «Anche
se l'America Latina non è immune agli effetti della crisi
economica globale ha detto Nicolas Eyzaguirre, l'ex ministro delle Finanze del
miracolo economico cileno, oggi capo del dipartimento Emisfero occidentale del
Fondo monetario - la regione probabilmente soffrirà un minor declino
dell'economia e si riprenderà prima dei paesi avanzati, perché i governi
latinoamericani hanno adottato per lo più politiche fiscali e finanziarie
corrette». Le previsioni dell'Fmi, in linea e forse leggermente più pessimiste
di quelle della maggior parte degli economisti indipendenti, sono di una
contrazione del Prodotto interno lordo regionale dell'1,5% quest'anno e di una
crescita analoga l'anno prossimo. Si fanno sentire, naturalmente, il crollo
della domanda dei paesi industriali per le esportazioni della regione, quello
delle rimesse degli emigrati, l'inversione dei flussi di capitali privati che
negli anni scorsi avevano inondato l'America Latina, in particolare le sue
economie meglio gestite, come Brasile, Messico e Cile. Ma in passato le cose
andavano assai peggio: in ogni episodio di recessione, la performance
dell'America Latina era del 2% al di sotto di quella del resto del mondo,
ricorda Eyzaguirre. E, soprattutto, la regione è stata l'origine, o
l'epicentro, o la principale vittima di tutte le crisi finanziarie internazionali che si
sono succedute dal 1982, con il default del Messico, in poi. In questa crisi, se il brusco calo dei flussi
privati di capitale dall'estero (del 57% a 34 miliardi di dollari, secondo
l'Institute of International Finance, l'associazione delle grandi banche) è
evidente in tutte le sue componenti, dai prestiti bancari, agli
investimenti di portafoglio, agli investimenti di-retti, non ci sono state crisi valutarie e i sistemi bancari nazionali della maggior
parte dei paesi si sono rivelati più solidi di quelli di Stati Uniti ed Europa
e dovrebbero essere in grado di assicurare il credito alla ripresa. Inoltre, la
prudenza degli ultimi anni, consentirà, e in parte questo è già avvenuto,
l'adozione di politiche monetarie e di bilancio anticicliche. Restano diverse
incognite: la principale è l'evoluzione della crisi
globale,soprattutto attraverso il canale dei prezzi delle materie prime, che
restano la principale voce dell'export regionale, e quello finanziario, che
potrebbe significare un'ulteriore restrizione del credito esterno. Inoltre, il
quadro della regione è variegato: ai paesi con le politiche più appropriate
(tanto che il Messico è stato il primo destinatario di una nuova forma di
prestito precauzionale dell'Fmi, che non richiede neppure l'approvazione di un
programma economico) si contrappongono quelli, come Venezuela, Ecaudor e
Argentina, dove il percorso della politica economica e dei rapporti con la
comunità finanziaria internazionale è a dir poco
incerto. Una delle preoccupazioni maggiori di policy makers ed economisti della
regione viene dagli Stati Uniti, e dalle loro prospettive di ripresa e di
stabilizzazione finanziaria. è anche questa una
delleragioni per cui l'America Latina, anche in paesi tradizionalmente più
vicini a Washington, guarda con crescente interesse a un altro partner
privilegiato: Pechino. Due segnali importanti, uno concreto e uno simbolico,
sono venuti nelle ultime settimane dal Brasile, che sta finalmente cominciando
a imporre il peso delle sue dimensioni e della sua stabilità per cercare di
assumere una leadership regionale che non gli è mai stata riconosciuta.
Soprattutto ora che la stella del caudillo venezuelano Hugo ChÁvez brilla di
meno per le incertezze legate al prezzo del petrolio e quindi alla capacità di
continuare a sostenere finanziarmente gli altri adepti della "rivoluzione
bolivariana", come Bolivia, Ecuador e Nicaragua. Il segnale concreto viene
dalle cifre del commercio dei primi quattro mesi del 2009: la quota dell'export
destinata alla Cina sfiora il 13% e ha superato per la prima volta quella
rivolta al mercato Usa, scesa all'11 per cento. Non solo, ma mentre nel mese di
aprile, l'import complessivo cinese è sceso del 22% quello proveniente dal
Brasile è cresciuto del 68%, trainato soprattutto da soia e minerali di ferro.
«è chiaro - sostiene Octavio de Barros, capo economista della banca brasiliana
Bradesco - che il Brasile ha beneficiato della ripresa della Cina,
caratterizzata da crescita guidatadal mercato interno e investimenti in
infrastrutture che richiedono grandi quantità di materie prime». La Cina ha
inoltre investito 10 miliardi di dollari per finanziare esplorazioni
petrolifere della Petrobras, secondo uno schema già adottato, su più piccola
scala, in altri paesi del continente per assicurarsi l'approvvigionamento di
commodities. Il gesto simbolico è venuto dalla visita di questa settimana del
presidente Luiz InÁcio Lula da Silva a Pechino, dove è stato annunciato che i
due paesi regoleranno il commercio bilaterale nelle rispettive valute nazionali
e non più in dollari. In pratica, questo cambierà poco: gli esportatori
brasiliani convertiranno in dollari gli yuan ricevuti e gli operatori cinesi faranno
lo stesso con i reais. Ma è un'indicazione di volersi affrancare dalla
dipendenza dagli Stati Uniti che è già emersa nella governance internazionale,
dove spesso, come nella Wto e ora nel G-20, Brasilia e Pechino si sono
allineati (a volte insieme agli altri due Bric, India e Russia). Un'indicazione
che comporta che Obama, se vorrà rimetter piede nel cortile di casa senza
risultare un intruso, dovrà far seguire fatti concreti alla parole giuste
scelte all'ultimo summit delle Americhe. alessandro.merli@ilsole24ore.com ©
RIPRODUZIONE RISERVATA GRANDI INVESTIMENTI Dalla Cina dieci miliardi di dollari
per finanziare le esplorazioni petrolifere di Petrobras. Brasilia e Pechino
negozieranno nelle valute locali
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 16 autore: Chi ha paura
della Vigilanza Ue? di Donato Masciandaro I l progetto di riforma dell'assetto
di vigilanza nell'Unione Europea è stato salutato come un decisivo passo in
avanti nella costruzione di un'architettura più robusta a presidio della
stabilità finanziaria. Ma è proprio così? Per
formulare un giudizio sulla proposta – che nella sostanza ricalca il recente
Rapporto de Larosière - occorre definire quale dev'essere il punto d'arrivo
della costruzione di una vigilanza europea. Se l'obiettivo finale è quello di
proseguire nella costruzione di un mercato europeo dei capitali e delle banche,
occorre allora riconoscere che l'obiettivo della stabilità finanziaria
deve avere la stessa rilevanza e dignità che finora è stata attribuita alla
stabilità monetaria. L'Unione monetaria europea e poi la Banca centrale europea
nacquero dalla consapevolezza che la stabilità monetaria era un bene pubblico
che andava offerto a tutti i cittadini europei, a prescindere dalla loro
nazionalità. Occorreva sviluppare in ogni europeo la fiducia nella moneta
utilizzata ogni giorno. Per avere un mercato finanziario
europeo, occorre che ogni europeo abbia fiducia nell'affidabilità dei mercati bancari e finanziari. La
fiducia nei mercati dipende molto dalla credibilità di
chi li governa. Per avere una governance credibile per la vigilanza in Europa,
almeno tre sono le condizioni necessarie: arrivare a un'Autorità finanziaria europea (Afe), indipendente sia dai governi che
dagli intermediari controllati, separata dalla Bce. Rispetto a ciascuna di
queste tre condizioni, il progetto di riforma non appare convincente. In primo
luogo, chi governa i mercati finanziari li deve
conoscere: se voglio costruire il mercato unico finanziario
europeo, devo avere in prospettiva un'unica autorità che tutela la stabilità finanziaria europea. Tutte le più recenti esperienze –
comprese le ultime vicende legate alla crisi finanziaria
– ci hanno insegnato che occorre ridurre il più possibile il numero dei
controllori. Se i mercati tendono a essere privi di
barriere, più sono i vigilanti più si rischia di avere informazioni frammentate
(non si sa chi sa) e responsabilità opache (non si sa di chi è la colpa). In
prospettiva, dunque, l'Afe deve essere unica. Il progetto di riforma non crea
alcun incentivo a muoversi in questa direzione. La supervisione europea vera e
propria - la cosiddetta vigilanza micro- viene suddivisa fra tre Authority –
bancaria, mobiliare, assicurativa – seguendo il principio obsoleto della
vigilanza per mercati. Tale principio ha però un
vantaggio: può piacere molto alle autorità di vigilanza dei paesi nazionali,
perché aiuta a mantenere le posizioni di potere sia in campo nazionale che in
quello europeo. In secondo luogo, la futura Afe dovrà essere indifferente ai
desideri chei governi e gli intermediari controllati avranno d'influenzare le
sue scelte. Il controllore è credibile se i cittadini contano sul fatto che le
sue scelte, nella gestione ordinaria come nell'emergenza, non saranno
influenzate da interessi particolari. I concetti d'indipendenza e
accountability (render conto), che l'Europa ha già declinato nel caso della
Bce, dovranno essere ripensati per assicurare autonomia all'azione di vigilanza
sulle banche e sui mercati. Il tema dell'indipendenza
e dell'accountability è però quasi assente nei documenti di riforma; il che
rende tale documenti molto graditi a quei politici e a quelle banche che
gradirebbero una vigilanza dipendente e condizionabile. Infine, sarà opportuno
che l'Afe e la Bce siano due istituzioni distinte: la stabilità monetaria e la
stabilità finanziaria sono due obiettivi sicuramente
connessi, ma non uguali, per cui è meglio che ciascuno venga presidiato da una
autorità diversa, disegnando forme di cooperazione, anche forti, tra due
Authority con pari dignità. Il progetto di riforma appare invece più funzionale
a un'architettura in cui è la Bce ad avere in prospettiva una funzione
gerarchicamente dominante, finendo per assommare in sé le piene responsabilità
sia della politica monetaria che della vigilanza. Questo monopolio rischierebbe
di far male sia al governo della moneta che a quello della stabilità finanziaria. Insomma, il primo passo della riforma della
vigilanza rischia di assomigliare troppo a una bicicletta in surplace: grande
esercizio di equilibrio, che però non ti fa andare avanti. Per dissipare i
dubbi occorrerebbe una sorta di road map, che individui l'obiettivo
istituzionale finale e i conseguenti passaggi intermedi, comprendendo anche le
indispensabili riforme delle regole europee. è necessario una volta per tutte
smettere di considerare come insormontabile tabù il tema della riforma dei
Trattati. Altrimenti si finisce per pensare che possa essere una scusa, più o
meno nobile, per non cambiare nulla. © RIPRODUZIONE RISERVATA DISEGNO POCO
LUNGIMIRANTE Se i mercati tendono a essere privi di
barriere, più sono i vigilanti e più si rischiano informazioni frammentate e
responsabilità opache POTERI SOVRAPPOSTI Il progetto attribuisce alla Bce un
ruolo dominante e rischia di assomigliare a una bicicletta in surplace che non
va avanti
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 16 autore: ... PARIGI
INSIDIA LA CITY Euronext, voglia di grandeur L a sorte, a volte, è veramente
ironica. Mentre un francese prende in mano le redini del London Stock Exchange,
è proprio dalla Francia che arriva l'insidia maggiore per il primato
finanziario della City londinese. Se la Super-Borsa di Londra e Milano, con il
neo amministratore delegato Xavier Rolet, sta ancora elaborando le strategie, Euronext
(la federazione di Borse che ha l'epicento a Parigi e che si è fusa con Wall
Street) sembra avere già le idee chiare: togliere il
primato finanziario alla City. E in effetti la Francia potrebbe avere le carte
in regola per farlo. Innanzitutto è il paese che meno ha subìto la crisi finanziaria: le perdite del
sistema bancario francese ammontano a 20 miliardi, quelle in Germania sono
doppie e quelle inglesi nove volte maggiori. Inoltre in Francia l'asse
tra il governo e il sistema finanziario sta dimostrando di funzionare, molto
più che in Gran Bretagna. Insomma: la battaglia è iniziata. E le due Borse,
cioè Euronext-Nyse da un lato e il gruppo London Stock Exchange dall'altro,
giocheranno la loro partita. In palio c'è il futuro del "business" in
Europa.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 16 autore:
Regolamentazioni La crisi è uno shock ma non certo l'Apocalisse del nostro
mondo di Orazio Carabini L a crisi, finanziaria e
reale, è molto seria ma non segna né la fine del mondo né il crollo del
capitalismo. Tuttavia segna una discontinuità che impone al sistema finanziario di cambiare. è questo il messaggio del libro,
curato dagli economisti Emilio Barucci e Marcello Messori, Oltre lo shock.
Quale stabilità per i mercati finanziari. Già, ma il
problema è "come" cambiare. Perché le ricette proposte da governi,
istituzioni nazionali e internazionali, operatori del settore sono tutt'altro
che univoche. Barucci e Messori individuano tre linee-guida cui dovrebbe
ispirarsil'attesa riforma. La prima è «l'eliminazione di ogni arbitraggio
regolamentare di medio periodo». Ovvero, non dovrebbe essere più conveniente,
sotto il profilo dei vincoliall'operatività, preferire un paese a un altro o un
settore a un altro. Un obiettivo non facile da raggiungere dato che, almeno
finora, «le risposte di policy e di regolamentazione sono state per lo più
elaborate e realizzate da governi nazionali». La seconda regola aurea di
Barucci e Messori è «l'introduzione di limiti all'instabilità
dei mercati senza che ciò
porti al bando delle innovazioni finanziarie di prodotto ». Eppure, con la crisi è apparso chiaro che le
innovazioni segmentano il mercato, rendendo in molti casi illiquide le varie
nicchie. Per questo studiosi ed esperti hanno sollecitato una maggiore
standardizzazione dei prodotti, proprio al fine d'evitarequesto rischio
in futuro. L'alternativa, secondo i due economisti, è «trovare un giusto punto
d'equilibrio fra esigenze delle innovazioni e liquidità dei mercati,
imponendo livelli minimi di standardizzazione». Un problema da affrontare,
ancora una volta, a livello internazionale, nell'ambito della definizione del
legal standard. Infine va abbandonata «la massimizzazione dei profitti di breve
periodo come unica guida strategica, così da ricollocare gli obiettivi di breve
periodo come una tappa intermedia (e correggibile) di obiettivi di lungo
periodo». A questo proposito i meccanismi di remunerazione del management
rivestono una particolare importanza. «La componente variabile delle
retribuzioni dei responsabili di una data società – scrivono gli autori – va
commisurata agli effettivi guadagni generati nel lungo periodo, ossia va
scaglionata nel tempo fino alla chiusura di una fase di vita della stessa società;
inoltre, essa non può prevedere solo una partecipazione agli eventuali profitti
(come avviene oggi) ma deve anche assumere valori negativi nel caso di
perdite». è possibile che dei manager sottoscrivano contratti in cui accettano
di condividere le perdite della società? Sembra un'utopia, ma sarebbe bene
arrivarci. Nei saggi raccolti in questo volume sono sviscerate la questioni più
importanti che hanno portato alla crisi. Ampio spazio è dedicato ai
"fallimenti" della regolamentazione, attribuiti sia all'incapacità
delle autorità di cogliere le innovazioni nel funzionamento dei mercati sia alla "cattura" delle autorità da parte
degli operatori. Il problema è tutt'altro che risolto. Soprattutto in Europa,
dove la vigilanza su intermediari di dimensione continentale è ancora affidata
a istituzioni nazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-22 - pag: 42 autore: INCHIESTA I nuovi
assetti globali Parigi scopre la grandeur finanziaria Banche
forti, economia ok: e con l'asse Euronext-Wall Street, la Francia sfida la City
Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente «Il sogno della Grande Parigi
è come una matrioska. Dentro c'è la madre di tutte le ambizioni che a sua volta
ne contiene molte altre, sempre più piccole. Non le nascondo che una delle
ambizioni più importanti è il rafforzamento della nostra piazza finanziaria su scala planetaria, magari a spese della City
londinese». A parlare, in un caffè di avenue Kléber, è un banchiere di casa
nelle stanze del potere politico, da Bercy, sede del ministero dell'Economia, a
Matignon, quartier generale del governo, all'Eliseo. Il ritornello della
Francia che resiste meglio di altri alla crisi si
sente da tempo, ma i dati sul Pil del primo trimestre nella zona euro hanno
dato sostanza al mantra di Nicolas Sarkozy, FranÇois Fillon e Christine
Lagarde. Il colbertismo in salsa vagamente liberale condito dal presidente
francese ha strappato persino il plauso della stampa anglosassone. Newsweek, Time
e infine l'Economist non si sono risparmiati nel celebrare un modello di
protezione sociale che è stato capace di creare un circolo virtuoso tra la
domanda interna e un tasso di fecondità tra i più alti al mondo. Ciliegina
sulla torta: la politica di Barack Obama sarebbe influenzata, e pesantemente,
da questo modello, inclusa l'enfasi su alcune infrastrutture, come l'alta
velocità ferroviaria. Il messaggio è piaciuto alle élites francesi, che l'hanno
raccolto e si sono inorgoglite al punto tale da trarne le dovute conseguenze
sul destino di una Parigi nuovamente capitale mondiale.Già è pronto
l'immaginario catalogo di beni immateriali sui quali possono essere impartite
lezioni globali: un modello di sviluppo sostenibile, il pensiero
politico-economico, certo, la cultura, ma anche un sapere finanziario più
responsabile e un mercato saldamente ancorato all'economia reale. Nonostante
qualche clamoroso incidente di percorso (caso Kérviel) e qualche istituto di
credito in condizioni pietose ( Natixis) il sistema bancario francese
nell'insieme ha finora resistito alla doppia onda d'urto
della crisi finanziaria ed
economica: «Le svalutazioni e le perdite delle nostre banche ammontano a circa
20 miliardi di dollari. Non è poco, ma ricordiamo che questa cifra rappresenta
le perdite della sola Merrill Lynch », osserva Arnaud de Bresson, direttore
generale di Europlace, un'organizzazione nata nel 1993 per promuovere Parigi
come piazza finanziaria
internazionale. Le perdite del sistema bancario tedesco sono state doppie,
fa notare, e quelle dei colossi del credito inglesi hanno toccato i 180
miliardi di dollari. La crisi è dunque vista come
un'opportunità formidabile per proporre un modello alternativo. Ovviamente
alternativo alla City. Con una finanza che torna alle origini, quelle del
servizio all'impresa e alla clientela in generale, dagli investitori
istituzionali ai privati, mentre la struttura della piazza londinese ruota
prevalentemente attorno agliattori dell'intermediazione finanziaria.
Qualcuno potrebbe vedere il solito volontarismo à la franÇaise o una forma
autarchica della riaffermazione di se stessi in una simile ambizione. Ma
trattandosi di finanza, dove per definizione i confini sono permeabili se non
virtuali, nessuno può correre in solitario. Da oltre due anni Euronext, il
consorzio di Borse europee il cui epicentro è a Parigi, si è fusa con il New
York Stock Exchange dando vita alla più grande piattaforma borsistica mondiale
nei titoli azionari. La sponda atlantica è la garanzia di crescita, scambio continuo
di know-how e innovazione e un freno a tentazioni eccessive di
regolamentazione, sempre presenti nelle autorità francesi ma oggi, forse, più
benvenute che in passato visti gli effetti devastanti della crisi
economico- finanziaria sulla fiducia degli investitori.
Se Nyse-Euronext può rappresentare l'alibi liberista di Parigi, la politica non
rinuncia a giocare il proprio ruolo di forza demiurgica. Nicolas Sarkozy, con
l'eccezione di Dexia, nonè stato il nazionalizzatore di banche che molti
temevano, ma le ha comunque messe - anche le meno afflitte dalla crisi - sotto stretto controllo. Un controllo anche morale.
In aprile le ha riunite all'Eliseo esigendo da loro la massima trasparenza
nelle transazioni e attività con i centri offshore. Un passo in più è quello
che la Francia sta compiendo, di concerto con la Germania, sulla
regolamentazione degli hedge fund. La prima proposta di direttiva della
Commissione Ue, con la quale si apriva la possibilità di trading sui mercati
europei ai fondi provenienti dai territori che avevano firmato accordi
bilaterali, non è piaciuta per nulla al ministro dell'Economia Christine
Lagarde: «Allo stato attuale non siamo sicuri che questi accordi siano
sufficientemente inquadrati e precisi da permettere i controlli necessari sulle
attività dei fondi offshore», dice un alto funzionario di Bercy. Il ritrovato
asse franco-tedesco, che marcia compatto dall'inizio dell'anno, ha però
profonde implicazioni anche nella ridefinizione degli equilibri tra le diverse
piazze finanziarie europee. Le indiscrezioni di un avvicinamento possibile tra
Nyse-Euronext e Deutsche Boerse sono troppo ricorrenti per essere, appunto,
solo indiscrezioni. Un tempo non lontano la Borsa di Francoforte, iniziatrice
in tempi non sospetti del consolidamento del settore, guardava soltanto a
Londra e soltanto Londra corteggiava: il burbero Werner Seifert si faceva in
quattro per andare contro natura ed essere gentile con l'allora numero uno
dell'Lse,Clara Furse, sostituita proprio in questi giorni, ironia della sorte,
da un francese. Oltre alla sponda atlantica, Parigi ne ha bisogno di una
oltre-Reno per federare i suoi sogni di gloria e, forse un giorno, presentarsi
al mondo con un modello di piazza finanziaria
integrata in grado di insidiare la primazia di una City oggi mortificata dalla crisi e dal ripensamento dell'economia di mercato. La
visione strategica non manca e non mancano neppure i mezzi. Nel cerchio della
Grande Parigi non ci sta soltanto il ripensamento architettonico e urbanistico
di una città oggi troppo chiusa in se stessa e troppo poco contemporanea per
potersi fregiare del titolo di metropoli, quale è invece Londra. C'è il
progetto di creare,tra i tanti poli d'eccellenza economica, un polo finanziario
e soprattutto un centro di ricerca internazionale nella gestione dei rischi. I
francesi hanno in sostanza inventato i derivati azionari e i matematici e i
fisici che escono dal Politecnico, ma anche dalle università Parigi IV e
Dauphine, le cosiddette «fabbriche dei quants», erano richiesti in tutto il
mondo. Erano, perché la crisi ha per ora annichilito
il mercato. Ma è una competenza la cui missione originaria - la protezione dai
rischi - , persa negli eccessi della finanza creativa come ha dimostrato il
caso Kérviel, potrebbe tornare invece di grande utilità. Oggi i quants
francesi, gli analisti quantitativi che nelle sale di trading elaborano sia i
modelli di valutazione dei deri-vati sia, attraverso calcoli stocastici,
statistici ed econometrici, gli schemi di gestione del rischio, vengono espulsi
da una City che licenzia a getto continuato. Tornano a casa, dove trovano
indennità di disoccupazione (oltre 6mila euro) che in Gran Bretagna si
sognerebbero e probabilmente presto andranno a costituire il nucleo di questo
centro di ricerca. Ricorda, oggi divertito, Arnaud de Bresson: «E dire che nel
1993, quando creammo Europlace, i suoi colleghi anglosassoni erano ironici e
scettici. Erano convinti che nel giro di dieci-quindici anni non sarebbe
rimasta in piedi che una sola piazza finanziaria
globale: chiaramente Londra». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA SPINTA DELL'ELISEO Il
colbertismo in salsa liberale di Nicolas Sarkozy, Fillon e Christine Lagarde ha
strappato il plauso della stampa anglosassone DIALOGO CON BERLINO Da tempo
circolano voci sulla nascita di una nuova intesa con Deutsche Boerse: per il
listino euro-americano sarebbe un asse formidabile
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-22 - pag: 43 autore: Corporate
America. L'Authority riduce la supremazia dei manager sui nuovi ingressi in cda
La Sec apre i consigli agli investitori Riccardo Sabbatini G li azionisti
conteranno maggiormente nello scegliere i board delle società Usa. Con una
decisione presa a maggioranza (3 commissari a favore e 2, repubblicani,
contrari) la Sec ha posto in consultazione una proposta che mette in
discussione la tradizionale supremazia esercitata dai manager nel decidere,
attraverso il meccanismo delle deleghe, i nuovi ingressi nei consigli di
amministrazione.D'ora in avanti nelle proposte di deleghe di voto
obbligatoriamente inviate a tutti gli azionisti in occasione dei meeting
annuali, potranno essere contenute anche candidature avanzate dagli azionisti,
e non soltanto quelle degli amministratori esecutivi. In pratica fino al 25%
dei posti da rinnovare dei consigli saranno a disposizione dei nomi proposti da
singoli azionisti, veicolati a spese della società a tutti i soci. Per poter
accedere a questa corsia preferenziale - stabilisce la proposta – occorre
dimostrare di aver mantenuto per almeno un anno la quota di almeno l'1% del
capitale sociale nelle società con capitalizzazione superiore a 700 milioni di
dollari. Una soglia che sale al 5% per le società più piccole (meno di 75
milioni). In pratica, pertanto, la proposta si rivolge alla grande platea degli
investitori istituzionali e, tra questi, soprattutto a quelli (fondi pensioni,
assicuratori) che hanno strategie d'investimento di lungo periodo. Per alcuni
aspetti la novità in arrivo nella corporate governance statunitense ricorda il
voto per lista recentemente introdotto in Italia per favorire la presenza delle
minoranze (anche in questo caso investitori istituzionali) nei Cda. Con una
significativa differenza. Mentre in Italia alcuni posti dei board, attraverso
le liste, sono riservati alle minoranze, in Usa l'elezione non è garantiva.
D'altraparte, per la presenza di un azionariato vasto e non coalizzato in
maggioranze di blocco- è la caratteristica delle pubblic company statunitensi -
sarà più facile che quelle candidature possano affermarsi. «Non meno di tre
volte nella storia recente della commissione- ha sottolineato il suo presidente
Mary Shapiro – la Sec ha considerato di emendare le norme esistenti sulle
deleghe di voto, per giungere al cosiddetto "accesso alla delega". è
venuto il tempo di concludere questo dibattito». E il momento è arrivato in
conseguenza della crisi dei mercati finanziari che ha
mostrato – ha sottolineato ancora Shapiro – «un'ampia verietà di discutibili e
illegali pratiche societarie» poste in essere dai Ceo non adeguatamente
vigilati da chi siedeva nei board. Ma difficilmente potevano comportarsi
diversamente quanti dipendevano dai "boss" aziendali per la loro
nomina. Agli azionisti, attualmente, non è formalmente precluso di candidare e
nominare amministratori alternativi ma, quando si presentano in assemblea, i
giochi sono fatti per la presenza delle deleghe raccolte nel frattempo dai
manager. Anche singoli soci potrebbero utilizzare il meccanismo delle proxy, ma
a proprie spese. Ora non sarà più così. Mentre la corporate governance Usa sta
virando verso le prassi in vigore in Europa, dove da sempre gli azionisti sono
più forti dei manager, proprio nel vecchio continente è in corso un cammino per
certi aspetti opposto. Una direttiva comunitaria approvata nel 2007- il
Parlamento italiano ne sta decidendo proprio in queste settimane il recepimento
– introdurrà nel diritto nazionale alcuni degli istituti in vigore sull'altra
sponda sull'Atlantico, tra cui anche la possibilità per i manager di
raccogliere le deleghe (che attualmente è vietata). Una novità che, tuttavia,
intende rappresentare un'opportunità in più per gli azionisti e che sarà
introdotta assieme ad una penetrante disciplina sui conflitti d'interesse. Il
maggiore cambiamento è atteso con la data di registrazione (record date), cioè
stabilendo prima dell'assemblea un giorno valido per la partecipazione ai meeting
e l'esercizio del diritto di voto. è un sistema pragmatico che mira a favorire
la partecipazione degli azionisti, soprattutto esteri (in difficoltà con i
tempi stretti attuali), ed al quale si oppongono tuttora molti giuristi perchè,
formalmente, consente il voto anche a chi, nel giorno dell'assemblea, non è più
azionista. Anche su questo, comunque, gli Usa stanno facendo marcia indietro.
Le proposte della Sec sulle candidature degli azionisti stabiliscono infatti
che quest'ultimi, per poter utilizzare il sistema di deleghe societario,
dovranno mantenere il possesso dei titoli almeno fino al giorno del meeting. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA IN ITALIA Il Parlamento sta per recepire la direttiva
sui diritti degli azionisti che introduce, temperandoli, alcuni degli istituti
in discussione in Usa
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 3 autore: Napolitano: aziende e
famiglie da difendere ROMA Compito primario delle istituzioni, con il concorso
di tutte le parti sociali, è «operare a sostegno delle imprese e delle famiglie
maggiormente esposte ai contraccolpi della crisi».
Azione da compiere –osserva il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
in un messaggio inviato al presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia –
nella prospettiva dell'avviodi una nuova fase di sviluppo «che veda
congiungersi l'apertura dei mercati alla concorrenza e alla competizione, nel
rifiuto di ogni tentazione protezionistica, e la ridefinizione di regole
corrispondenti all'interesse comune». La premessa della lettera inviata per
l'assemblea annuale della confederazione degli industriali è che le imprese
italiane, in questa fase di grave recessione mondiale, affrontano un compito
«di grandissima difficoltà ». Il sostegno al sistema produttivo appare dunque
prioritario. Occorre far fronte e superare le conseguenze
di una crisi finanziaria ed
economica internazionale «che determina anche in Italia gravi effetti sul
sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale
del Paese». L'invito del Capo dello Stato è perché si comminci finalmente a
valorizzare «le grandi risorse e potenzialità » presenti in particolare nelle
regioni meridionali. Risorse che al contrario non sono «sufficientemente
valorizzate ».L'intervento pubblico deve mirare – aggiunge Napolitano – a
stimolarne «il pieno dispiegamento, rispettando i limiti imposti dal pesante
indebitamento dello Stato». In questo senso «la cultura dell'impresa di cui la
Confindustria è portatrice saprà mostrarsi attenta anche alla valorizzazione
del capitale umano di cui l'Italia è così riccamente dotata e alla tutela del lavoro
e della sua sicurezza». Dall'Italia all'Europa: alle istituzioni comunitarie –
conclude la lettera di Napolitano – «spetta in questo senso una funzione
essenziale al fine di contribuire a una nuova governance globale». I temi
relativi al ruolo delle imprese e al sostegno all'intero sistema produttivo
sono stati anche al centro dell'incontro che Napolitano ha avuto nel pomeriggio
con il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 2 autore: Nuove regole, ma non
soffocare i mercati Va rivista Basilea2, non serve una
Bretton Woods - Bene la riforma dei contratti, la Cgil ci ripensi Pubblichiamo
ampi stralci della relazione della presidente, Emma Marcegaglia, all'assemblea
annuale di Confindustria C i troviamo nel mezzo di una crisi
violentissima che sta mettendo e metterà a dura prova le capacità di tenuta
delle imprese e delle istituzioni. La reazione all'emergenza è stata vigorosa.
Si nota qualche segno di lieve miglioramento, ma sarebbe un errore abbassare la
guardia. La crisi finanziaria I danni prodotti dalla crisi sono enormi: quest'anno l'attività economica mondiale diminuirà
dell'1,3%, la contrazione più forte dalla seconda guerra mondiale. In alcuni
grandi paesi industriali il calo del Pil potrebbe raggiungere il 6 per cento.
Governi e Banche centrali hanno però risposto con determinazione, dimostrando
di aver imparato la lezione della Grande Depressione. Qualche segno di ritorno
di fiducia è apparso nei mercati finanziari e
nell'economia reale. Negli Stati Uniti perfino nel settore immobiliare. Qua e
là si intravede un rimbalzo della produzione. La ripresa è cominciata in Cina.
Si può sperare di vedere entro la fine di quest'anno qualche segnale di
miglioramento, ma non illudiamoci: il recupero sarà difficile e richiederà
tempo. Dunque, il compito della politica economica non è esaurito. Il sostegno
alla domanda aggregata dovrà proseguire fino al radicamento della crescita dei
consumi e degli investimenti privati. Bisogna inoltre saper impostare, fin da
oggi, le necessarie misure di riequilibrio dei conti pubblici a medio termine.
La finanza e le regole è importante ripensare le regole per la finanza. Nel
ridisegnarle, occorre modificare le norme procicliche come Basilea 2 e nel
contempo evitare la moltiplicazione inutile di norme e controlli che
finirebbero per azzoppare i mercati finanziari. Le
nuove regole devono riguardare tutto il sistema finanziario
ed essere attivate attraverso la piena cooperazione tra le autorità finanziarie delle principali aree del mondo. Il Financial
Stability Board, presieduto dal Governatore Draghi, ha questa importante
funzione. Non serve un'autorità finanziaria mondiale,
non serve una nuova Bretton Woods. Bastano principi condivisi di regolazione,
applicati in modo uniforme, e un'efficace sorveglianza che ne assicuri il
rispetto. Il futuro del mercato L'economia di mercato e ilcapitalismo sono
anzitutto un meccanismo straordinariamente efficace di creazione e competizione
di nuove idee alla ricerca di sbocchi commerciali. L'affermazione del modello
capitalistico ha moltiplicato il benessere della popolazione, anche delle fasce
meno agiate. I protagonisti sono gli imprenditori, che rischiano il proprio
denaro o il proprio destino per dimostrare la validità delle proprie idee.
Quando hanno successo, vincono per sé e per la comunità nella quale operano. Il
capitalismo e l'economia di mercato non sono anarchia. Funzionano solo con
regole buone e ben applicate. Oggi lo Stato deve rimettere in carreggiata le
economie e ridefinire le regole. Ma poi dovrà rientrare nei suoi confini,
lasciando all'impresa e al mercato il compito di guidare l'investimento,
l'innovazione, la creazione di ricchezza. Sarebbe un tragico errore pensare che
la crisi apra una nuova epoca, nella quale sia la
politica, per riaffermare la propria supremazia, ad indicare le priorità
nell'allocazione delle risorse, a condurre lo sviluppo, a scegliere le nuove
tecnologie e i vincitori della competizione. I nuovi motori della crescita La spinta
potrà venire dall'innovazione tecnologica, in particolare da quella dei
prodotti per l'energia e per l'ambiente, e dalla maggiore integrazione
nell'economia mondiale dei paesi emergenti. Nei prossimi due decenni il numero
globale delle persone ad alto reddito salirà di 500 milioni, di cui i quattro
quinti nei paesi emergenti.L'Italia è ben posizionata per offrire loro le cose
nuove che piacciono al mondo. Lo scenario di nuovo sviluppo può realizzarsi
solo in un sistema internazionale aperto agli scambi di beni e di capitali. In
campo ambientale, ci attendiamo che il vertice di Copenhagen indichi la strada
per orientare investimenti e tecnologie. L'ambiente è un patrimonio collettivo.
Elevare le ambizioni europee Di fronte alla crisi
l'Unione europea ha nel complesso tenuto. Ciò nonostante, uno strisciante protezionismo è in atto, sotto formediverse, in molti paesi.
L'Europa deve tornare a coltivare un progetto ambizioso ed esprimere una
propria visione per il mondo globale. Tra poche settimane eleggeremo i nostri
rappresentanti al Parlamento europeo. In questa campagna elettorale di tutto si
parla, tranne che di Europa. Un'Europa forte sulla scena mondiale riuscirà a
portare avanti con successo la politica fondata sul libero commercio e sulla
concorrenza non falsata da "dumping" o da impegni sproporzionati in
materia ambientale. Troppo a lungo si è pensato che l'Europa potesse fare a
meno dell'industria, che il suo futuro dovesse fondarsi sui servizi, quelli finanziari in particolare. Un'Europa forte, invece che
limitarlo e ingabbiarlo, potrà riscoprire il valore del suo tessuto produttivo.
La gestione dell'emergenza Dopo il fallimento di Lehmann Brothers la crisi è esplosa in tutta la sua intensità. La mobilitazione
di Confindustria è stata immediata. Ci siamo concentrati su pochi interventi di
massima efficacia. Le imprese sono schiacciate tra la riduzione degli ordini e
la difficoltà di incasso dei pagamenti. Non bisogna far venir meno l'ossigeno
del credito bancario. Questa è stata, è e sarà la nostra priorità assoluta. Per
sostenere l'economia in questo difficile momento bisogna che si proceda, si
stanzino e si rendano disponibili subito le risorse necessarie e, soprattutto,
si aprano i cantieri. Abbiamo chiesto con forza il rifinanziamento del Fondo di
garanzia per le Pmi e l'introduzione della garanzia di ultima istanza dello
Stato su quei crediti. Il Governo ha riconosciuto la validità delle nostre
proposte. Ha assunto un preciso impegno politico: la dotazione finanziaria del Fondo sarà sufficiente a soddisfare tutte le
richieste delle imprese nel 2009. Adesso ci attendiamo che tutti i
provvedimenti per la liquidità diventino operativi ed efficaci e che si
traducano in maggior credito alle imprese e alle famiglie. La montagna di
crediti delle imprese verso le pubbliche amministrazioni è una patologia
insopportabile. Resto convinta che questa sia una vergogna e chiedo perciò
quando e come saremo pagati. Ma bisogna fare di più. Occorre detassare gli
utili reinvestiti e gli apporti di nuovo capitale e supportare chi, nonostante
la crisi, effettua investimenti. Vanno superate tutte
le criticità che ancora ostacolano la possibilità di utilizzare effettivamente
i fondi per la ricerca. Il piano casa darebbe un contributo importante al
rilancio della domanda privata senza oneri per le finanze pubbliche. Il nuovo
modello contrattuale Un anno fa ho indicato la necessità di riformare il
modello contrattuale che è stato varato con l'accordo del gennaio
scorso,firmato da 34 organizzazioni d'impresa e sindacali. Questo non accadeva
dal 1993. Cisl e Uil sin dall'inizio hanno condiviso l'importanza di questo
percorso. Ma la Cgil non ha creduto in questo cambiamento e lei sola non ha
firmato l'accordo. Auspico che torni presto a operare insieme a noi per il bene
del paese, per il bene dei lavoratori. Senza le riforme,al passo corto che
l'economia italiana ha mostrato negli ultimi dieci anni, il ritorno sui livelli
produttivi precrisi non avverrebbe prima del 2013. Un
arco di tempo troppo lungo per non avere conseguenze negative sulla vita dei
lavoratori e delle imprese e sulla stessa coesione sociale. Gli impegni delle
imprese La principale responsabilità sociale di noi imprenditori in questa fase
difficile è preparare la ripresa rafforzando le aziende nel patrimonio,nella gestione,
nell'innovazione.La crisi non solo ci obbliga a
ridurre i costi e migliorare l'efficienza, ma ci impone anche di rafforzare il
patrimonio delle nostre imprese che sono, nel confronto internazionale, poco
capitalizzate. Oggi il credito è diventato scarso e costoso. Dunque tocca a noi
fornire il capitale per ristrutturare e alzare la posta, mostrando che siamo i
primi a credere nel nostro progetto imprenditoriale. Ma chiediamo alle banche
di incoraggiare e premiare chi intraprende questa strada. Le imprese italiane
dovranno crescere dimensionalmente. Dobbiamo continuare a puntare
sull'internazionalizzazione. L'innovazione è l'arma vincente per rimanere
competitivi, crescere, cogliere le opportunità offerte dall'allargamento dei mercati mondiali, attraverso il miglioramento dei prodotti,
l'incremento della loro qualità, il servizio alla clientela. La sicurezza sul
lavoro Non ho certo dimenticato gli impegni assunti per la sicurezza sul
lavoro. Siamo convinti che le sanzioni e i formalismi non siano lo strumento
principale d'intervento e che bisogna puntare invece sulla cultura della
sicurezza anche tra gli imprenditori. Legalità, fattore competitivo Le imprese
sono in prima linea nella lotta per la difesa della legalità. Perciò ho posto
tra le priorità del mio programma l'impegno totale per promuovere a tutti i
livelli il rispetto delle regolee ho affidato, per la prima volta, una delega
specifica su questo tema ad Antonello Montante. Ribadisco la volontà di
Confindustria di stroncare ogni forma di contiguità tra le imprese e le
organizzazioni mafiose. Le riforme per il Paese Lo sforzo di trasformazione che
le imprese stanno realizzando, sferzate dalla concorrenza globale, non basta da
solo a riportare l'Italia su un sentiero di rapida crescita. La crisi non può essere l'alibi per non fare le riforme di cui
abbiamo bisogno, ma anzi in questo momento dobbiamo mobilitare tutte le nostre
energie, chiamare a raccolta tutte le forze per una grande azione di
ammodernamento delle nostre istituzioni. La politica ha già portato avanti un
inizio di autoriforma. è diventata meno frammentata nella sua rappresentanza
istituzionale. Sta anche provando a diventare meno litigiosa. Mi rivolgo allora
a Lei, Presidente Berlusconi. Il consenso che Lei ha saputo conquistarsi è un
patrimonio politico straordinario. Lo metta a frutto. Usi quel patrimonio per
le riforme che sono necessarie. Lo faccia adesso. Perché questa è l'ora di fare
le riforme. Apprezziamo le azioni che sono state avviate. Ma occorrono maggiori
incisività, rapidità, verifica dei risultati. Il ministro Gelmini ha adottato
alcuni coraggiosi interventi di razionalizzazione delle risorse, di selettività
nella loro distribuzione e di valutazione dei docenti, per premiare i più
meritevoli. Ma una vera svolta arriverà solo con il cambiamento radicale delle
modalità di finanziamento e della governance delle università. La giustizia
permane drammaticamente inefficiente. Il ministro Alfano ha presentato un
provvedimento puntuale e ambizioso, che chiediamo possa diventare operativo in
tempi brevi. Al ministro Brunetta va riconosciuto il coraggio e la
determinazione di aver avviato un processo di miglioramento della Pubblica
amministrazione. Le imprese si devono districare in una giungla di leggi,
regolamenti, circolari che non ha eguali negli altri paesi europei. Il ministro
Calderoli sta adottando iniziative per la semplificazione e per l'eliminazione
degli enti inutili. Se non sradichiamo adesso, in piena crisi,
questa vergogna, quando mai lo faremo? Il federalismo fiscale Un buon
federalismo fiscale può migliorare l'efficienza e l'efficacia della pubblica
amministrazione e aumentare la responsabilità di chi governa. Quando, come e se
saremo in presenza dei decreti attuativi, potremo esprimere un giudizio e
valuteremo se sarà un federalismo buono o cattivo. Il federalismo non deve
essere in alcun modo una giustificazione per aumentare la spesa pubblica e di
conseguenza la pressione fiscale. è fondamentale che le decisioni sulle opere
infrastrutturali e le reti di interesse nazionale non siano sottoposte ai veti
locali. Politica e liberalizzazioni Dalla sanità alle infrastrutture, dalle
forniture alle autorizzazioni, le imprese non devono più assistere ad
atteggiamenti discriminatori dettati da logiche politiche, che favoriscono i
sodali a scapito degli altri. è urgente riprendere il cammino interrotto delle
liberalizzazioni nei trasporti, nelle comunicazioni, nell'energia, nelle
professioni e soprattutto nelle società pubbliche a livello locale, dove stiamo
assistendo all'avanzata impressionante del neostatalismo. Mezzogiorno,
questione civile Non può esserci crescita duratura se non si rimette in moto il
Mezzogiorno. La distanza tra Mezzogiorno e resto d'Italia in termini di Pil pro
capite supera oggi i 42 punti percentuali. Solo un impegno comune di tutte le
forze politiche e sociali farà uscire il Sud dal ristagno economico ed eleverà
stabilmente il tasso di crescita dell'intera economia italiana. L'Italia nel
mondo nuovo Nel mondo nuovo l'Italia e il suo sistema produttivo potranno avere
un ruolo più forte di prima. Ciò avverrà se la politica saprà svecchiare il
paese ed eliminare le incrostazioni corporative che penalizzano il rischio, il
merito e il futuro dei giovani. Presidente Berlusconi, sta innanzitutto a Lei e
al suo Governo non deludere questa aspettativa. Nella crisi,
la politica si è data il compito di rassicurare gli italiani e ha assunto
l'impegno di non lasciare nessuno indietro. Il nostro compito è un altro. Noi
porteremo tutti più avanti. Questo è il nostro impegno. www.ilsole24ore.com Il
testo integrale della relazione, interventi e reazioni e la photogallery
dell'assemblea CAPITALISMO L'economia di mercato è anzitutto un meccanismo
straordinariamente efficace di creazione e competizione di nuove idee CRIMINALITà
Siamo in prima linea nella lotta per la difesa della legalità. Vogliamo
stroncare ogni forma di contiguità tra aziende e mafie «Tutti più avanti».
L'impegno della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, per lo sviluppo
del Paese STUDIO FRANCESCHIN
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 3 autore: Senza riforme coesione
sociale a rischio Marcegaglia: il governo usi l'ampio consenso politico - E le
banche sostengano le imprese Nicoletta Picchio ROMA. «Mi rivolgo a lei,
presidente Berlusconi. Il Governo gode di un ampio consenso, un patrimonio
straordinario, lo usi per le riforme necessarie». Emma Marcegaglia ha di fronte
il presidente del Consiglio. E scandisce: «La crisi non può essere un alibi».
Sono i numeri a dimostrare che senza interventi «immediati e incisivi» l'uscita
dalla crisi sarà troppo lenta e metterà a rischio non solo le imprese, ma la
coesione sociale. Berlusconi annuisce, mentre gli applausi dei quasi 3mila
imprenditori presenti all'assemblea di Confindustria sono la prova che il mondo
imprenditoriale è stanco di un «Paese bloccato », dove, dice la Marcegaglia, «è
sparita dal dibattito una parola: liberalizzazioni». Se il Governo deve fare le
riforme, c'è un altro protagonista che deve fare la propria parte: le banche.
«Da imprenditori pretendiamo che tornino a fare il proprio mestiere: sostenere
l'economia che investe e crea posti di lavoro», l'opposto di quell'«economia di
carta» che ha dimostrato tutta la sua fragilità. «Il credito è una «priorità
assoluta, sono troppi i casi di aziende alle quali vengono applicati tassi
esorbitanti e vengono ritirati i fidi». E sul tema della liquidità, non è
mancata una sferzata anche all'esecutivo: «è una vergogna nazionale» che le
aziende abbiano una «montagna di crediti » nei confronti della pubblica
amministrazione. Tutti elementi che frenano la crescita. Ed è stato questo il
filo conduttore delle 38 pagine di relazione, aperta con un ricordo delle
vittime del terremoto: come riprendere al più presto lo sviluppo, tenento conto
che, senza riforme, il ritorno ai livelli produttivi pre crisi non avverrebbe
prima del 2013. Ma gli «errori gravi» non devono mettere in discussione i
«vantaggi dell'economia di mercato », vero motore della crescita. Sì
all'intervento dello Stato oggi, ma poi dovrà «rientrare nei confini», né dovrà
essere la politica a «condurre lo sviluppo ». Servono però nuove regole: non
una nuova Bretton Woods, ma principi condivisi ed una «efficace sorveglianza».
è necessario rivedere Basilea 2. Così come è necessario
dire no al protezionismo e
aprire le porte del Wto ai Paesi emergenti. «Serve un'Europa più forte», ha
detto, sferrando un rimprovero alla po-litica: «La campagna elettorale parla
d'altro». Contro la crisi, la reazione di Confindustria, ha sottolineato la
Marcegaglia, è stata immediata, concentrandosi su pochi interventi: più soldi
per gli ammortizzatori sociali, più garanzie per i prestiti alle
imprese, sostegno alla patrimonializzazione delle aziende, pagamenti dalla Pa.
La presidente ha dato atto al Governo che alcune risposte sono arrivate. Bene
ha fatto Tremonti «a tenere dritta la barra del risanamento», bene i bond alle
banche. Ha elogiato le mosse del ministro della Funzione Pubblica, Renato
Brunetta, le riforme avviate dal ministro dell'Istruzione,Mariastella Gelmini e
dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Facendo un richiamo alla
politica: serve il dialogo, ha detto, dando atto all'opposizione di aver avuto
un atteggiamento misurato, non incoraggiando «forme di protesta estrema».
Servono però più risorse, serve la detassazione degli utili reinvestiti. Far
ripartire gli investimenti in infrastrutture: «i soldi non sono stati spesi».
Tenendo presente che non ci può essere vera crescita senza «rimettere in moto
il Sud». E poi, bisogna fare le riforme strutturali, per tagliare la spesa
pubblica. A partire dalle pensioni. Una scelta, ammette la Marcegaglia, che
comporterà «radicali cambiamenti per le imprese». «Porteremo tutti più avanti»,
è la frase finale della presidente, rivendicando l'orgoglio imprenditoriale.
Tifa per il successo della Fiat, cita le tante piccole imprese che sono
vincenti. E il loro impegno contro la mafia. Ma ciò avverrà se «la politica
saprà svecchiare il Paese ed eliminare le incrostazioni corporative ». Basta
con «la cultura del no» e la platea applaude quando la Marcegaglia chiede il
taglio degli enti inutili. Pensando, a differenza del ministro, anche alle
province. Il federalismo non dovrà essere una giustificazione per aumentare la
spesa pubblica e le tasse, mentre bisogna liberalizzare i trasporti, le
professioni, abbandonare lo statalismo municipale. Anche le aziende devono
rimboccarsi le maniche: crescere, capitalizzarsi. E smetterla con il
«malcostume» dei ritardati pagamenti. Infine, il sindacato: si è rammaricata la
Marcegaglia per la mancata firma della Cgil «un grande sindacato» sulla riforma
dei contratti,ma l'applauso è stato scrosciante quando ha affermato che «i veti
non possono fermare la modernizzazione». Si può discutere, invece sulla
partecipazione dei lavoratori all'azionariato aziendale: una scelta volontaria,
che una legge può solo aiutare. La condizione: «Non si può realizzare in un
livello così alto di conflittualità». LE PRIORITà Alzare l'età pensionabile e
rilanciare le liberalizzazioni Spendere i soldi già stanziati per le
infrastrutture Detassare gli utili reinvestiti Emma Marcegaglia. La presidente
di Confindustria durante il suo intervento all'Assemblea STUDIOFRANCESCHIN
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 8 autore: Il ministro Scajola: «Il
governo sta facendo la sua parte» ROMA L'anno scorso,in occasione
dell'assemblea di Confindustria, Scajola sancì il ritorno dell'Italia al
nucleare promettendo la prima pietra della prima centrale entro la legislatura.
Quest'anno il ministro dello Sviluppo economico non riserva colpi di scena alla
platea degli industriali, ma lancia un messaggio di fiducia sulla ripresa e
pone l'accento sull'impegno del governo, «che sta facendo la sua parte per
arginare la crisi, senza cedere a tre insidiose tentazioni »: sfondare i conti
pubblici, inseguire suggestioni stataliste o scivolare
nella deriva del protezionismo. Il ministro ricorda i principali interventi messi in campo:
«L'accelerazione del rimborso dei crediti fiscali e dei pagamenti della
Pubblica amministrazione, la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, il
sostegno al reddito dei lavoratori con il fondo ammortizzatori sociali, gli
aiuti alle famiglie numerose e disagiate con la carta acquisti, il bonus
fiscale, il bonus luce e gas; gli incentivi per auto, elettrodomestici,
arredamento». Una lunga lista, alla quale si aggiunge ancora una volta il tema
dell'energia nucleare: «Nel 2010 le imprese interessate – dice Scajola –
presenteranno le domande per le nuove centrali, entro il 2013 – conferma – ci
sarà la prima pietra della prima centrale, ed entro il 2018 avremo i primi
chilowattora prodotti nel nostro paese con il nucleare». E spunta per la prima
volta con decisione anche il tema della banda larga, che in queste settimane si
intreccia con lo sviluppo industriale di una Telecom Italia che fatica a ritrovare
lo slancio. «Stiamo accelerando la digitalizzazione del paese: una rete a banda
larga, e se ne parla troppo poco, efficiente e accessibile a tutti è oggi
necessaria allo sviluppo come lo fu l'Autostrada del Sole negli anni 60.
Puntiamo – aggiunge Scajola – a diventare il paese leader europeo nella
digitalizzazione, con reti internet a 20 megabit per coprire gran parte del
nostro territorio». Ma il discorso davanti agli industriali punta a essere
soprattutto un messaggio di ottimismo. «Sono certo che dalla crisi uscirà
un'Italia più giusta e più forte» si sbilancia il mini-stro, citando «germogli
di ripresa », espressione già utilizzata dal presidente della Banca centrale
europea Trichet. «Rialzo della Borsa, sostanziale tenuta dei consumi, iniziale
timido recupero dei settori dei beni durevoli, utilizzo della cassa
integrazione inferiore alle prenotazioni delle imprese »: questi gli elementi
su cui alimentare la fiducia. Nei prossimi mesi lo sguardo del ministero dello
Sviluppo dovrà essere rivolto a nuovi provvedimenti. Ai tavoli tecnici condotti
per recepire lo "Small business act" europeo dovranno seguire
interventi. «Porteremo presto in Consiglio dei ministri i primi risultati
operativi» assicura Scajola a una platea che forse attende ancora prima di
poter credere che il peggio sia davvero passato. C.Fo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
INFOPHOTO Claudio Scajola
( da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 22/05/2009 - pag: 9 Il vertice dei banchieri
Presente anche Marchionne Consulto da Draghi per Trichet e Volcker alla cena
dei «Trenta» Tremonti: trattato Ocse per gli standard ROMA È stata una cena
informale, ieri sera, al Grand Hotel St.Regis, ad aprire i lavori della
riunione del Gruppo dei trenta che si svolgerà oggi e domani a Roma con la
regia della Banca d'Italia. Non si tratta di un summit istituzionale, come
quello degli altri Gruppi, il G8 o il G20, che si incontrano periodicamente. Il
Gruppo dei trenta è un organisnmo privato, al quale aderiscono governatori di
banche centrali, rappresentanti di governi, economisti e manager di banche di
investimenti internazionali, che si riunisce due volte l'anno per discutere
sulle questioni più rilevanti del momento. Così nella due giorni romana
personaggi di spicco, quali fra gli altri il presidente della Bce, Jean-Claude
Trichet, l'ex direttore generale del Fmi, Jacques de Larosière, il direttore
generale della Bri Jaime Caruana, il presidente della Bers Thomas Mirow e
ovviamente il padrone di casa, il governatore di Banca
d'Italia Mario Draghi, affronteranno gli interrogativi posti dalla crisi finanziaria ed economica in atto.
Stasera poi, la cena di lavoro di conclusione della prima giornata di lavori
sarà anche l'occasione per affrontare temi più specifici con un ospite
speciale, l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. I temi
saranno in sostanza quelli dei vertici che si sono susseguiti da quando la crisi si è aggravata. Anche per questo il ministro
dell'Economia Giulio Tremonti ieri ha precisato che è allo studio un vero e
proprio trattato a livello Ocse per applicare gli standard finanziari globali
proposti dall'Italia. Al G30 intanto domani esamineranno le prospettive
dell'economia mondiale e sin dalla prima sessione aperta dal presidente del
Gruppo Jacob Frenkel, alla quale interverrà Draghi si parlerà della recessione
e dei modi per uscirne. I rappresentanti delle banche d'affari come il
direttore generale della Goldman Sachs, Gerald Corrigan o il consigliere della
Morgan Stanley David Walker diranno la loro nel dibattito sulla
ristrutturazione del sistema finanziario e sulle forme di intervento dello
Stato utilizzate per evitare crac come quelli della Lehman. Si parlerà di
governance, di rischi e regole per stabilizzare i mercati. Sarà un confronto
serrato che non tralascerà temi delicati per l'Europa, come la fragilità della
situazione dei Paesi dell'Est, o più generali come il commercio internazionale
e la liberalizzazione, al quale interverranno anche altri esponenti del mondo
economico internazionale come l'ex presidente della Fed Paul Volcker, il
vicepresidente della Swiss National Bank Philipp Hildebrand, il presidente
della FSA (Financial Service Authority) Adair Turner, l'ex ministro Tommaso
Padoa- Schioppa. La presenza di Jacques de Larosière e di Trichet sarà anche
l'occasione per parlare della riforma della supervisione europea che la
Commissione di Bruxelles ha predisposto sulla base proprio del rapporto del
consigliere del Bnp Paribas, ex direttore generale del Fmi. Il confronto in
sede Ue ha fatto infatti emergere alcuni interrogativi sul ruolo del presidente
della Bce nella guida della supervisione macroprudenziale. L'incontro Emma
Marcegaglia e Raffaele Bonanni Stefania Tamburello
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 22 Maggio
2009 Chiudi KHABAROVSK - Navigano in battello sul romantico Amur, dopo una cena
informale, il leader del Cremlino Dmitri Medvedev e la troika europea, ma non è
luna di miele. Le acque della politica non sono così placide come quelle del grande
fiume siberiano che divide Russia e Cina: il vertice Russia-Ue di oggi si
preannuncia freddino, nonostante i sorrisi senza cravatta della vigilia, il
caldo sole estivo e l'ospitalità di Khabarovsk, città dell'Estremo Oriente
Russo che si è illuminata a festa per l'occasione con luminarie quasi natalizie
e fuochi d'artificio. In agenda si sono accumulati troppi dossier spinosi dopo
la guerra russo-georgiana dello scorso agosto e la crisi del gas tra Mosca e
Kiev che lo scorso inverno ha lasciato al gelo mezza Europa: energia,
sicurezza, protezionismo, Caucaso
e Moldovia. Tanto che, per l'autorevole quotidiano Kommersant, quello di oggi,
a oltre 10 mila km da Bruxelles, sarà «Il summit più freddo per l'Ue». «Non
sono sicura che le famiglie europee rimaste al freddo in inverno abbiano
dimenticato tutto», ha dichiarato al giornale la commissaria Ue alle relazioni
esterne Benita Ferrero-Waldner. Anche l'alto rappresentante Ue per la
politica estera e la sicurezza Javier Solana - nella troika insieme al presidente
della Commissione Ue Josè Manuel Barroso e al presidente ceco e capo di turno
della Ue Vaclav Klaus - ha sollevato la questione energetica alla vigilia del
summit: «la crisi del gas ha avuto serie conseguenze per i consumatori europei.
Quindi c'è la necessità di una cornice più forte e più elaborata per la nostre
relazioni in questo campo, in modo da evitare una ripetizione di tali incidenti
in futuro». Il Cremlino rilancerà l'idea di una nuova carta energetica, ma la
Ue non sembra disposta a gettare quella vecchia: il compromesso potrebbe essere
il rafforzamento del meccanismo di pre-allarme Ue-Russia per evitare nuove
crisi del gas. Mosca è irritata anche dagli sconfinamenti europei in quello che
considera il suo cortile di casa: dall'accordo con Kiev per la ristrutturazione
dei suoi gasdotti al sostegno del progetto per il gasdotto Nabucco in aperta
concorrenza con quello italo-russo South Stream, fino alla partnership
orientale con sei ex repubbliche Urss, tra cui Georgia e Ucraina. Quanto alla
Moldova, il Cremlino non ha digerito le presunte interferenze della Romania
nelle recenti proteste elettorali. Sul fronte sicurezza, la Ue sembra
interessata alla proposta di un nuovo patto europeo lanciata dal presidente
russo Dmitri Medvedev, ma attende i dettagli. Pare invece per ora senza via
d'uscita il dossier georgiano: Bruxelles vorrebbe che i suoi osservatori
entrassero anche nelle regioni separatiste dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia
ma Mosca, che le ha riconosciute, si oppone e rafforza la propria presenza
militare sullo sfondo delle manovre Nato. Rovente anche il tasto commerciale:
la Ue chiede a Mosca di ridimensionare la sua politica protezionistica, che
contrasta con gli impegni del G20 e che danneggia molte voci dell'export
europeo (auto, acciaio, legno, prodotti agricoli e hi-fi), per un valore di
circa 150 miliardi di euro: al braccio di ferro è legato anche il sostegno
europeo per l'ingresso della Russia al Wto e il rinnovo della partnership tra
Mosca e Bruxelles.
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 22 Maggio
2009 Chiudi di LUCIANO COSTANTINI ROMA «Riforme subito o la coesione sociale è
a rischio», chiede Emma Marcegaglia dalla tribuna dell'Auditorium della musica.
«Riforme subito», aveva chiesto neppure ventiquattro ore prima, Raffaele
Bonanni, dal palco del palazzo dei Congressi dell'Eur. Assemblea di
Confindustria e congresso della Cisl. Abbinamento solo temporalmente casuale,
invece sicuramente ineludibile per le cosiddette "priorità" che il
numero uno degli industriali e il segretario generale della seconda
organizzazione sindacale stanno perseguendo da anni. Non è certo un caso che la
"lady d'acciaio" intervenga, nel pomeriggio all'assise cislina (non
era mai accaduto) per benedire il recente accordo sulla riforma dei contratti,
aprire sulla democrazia economica e, soprattutto, per mettere la basi per
intese future: «Il sindacato di via Po è un amico con cui lavoreremo». E'
l'imprimatur all'asse tra Confindustria e Cisl. Ma è chiaro che in assemblea,
in mattinata, Emma Marcegaglia punti soprattutto al cuore dell'imprenditoria
che rappresenta ed al governo che rappresenta la controparte pubblica (in prima
fila ci sono Berlusconi, i ministri Scajola, Sacconi, Brunetta). L'intervento
ruota sulla urgenza delle riforme senza le quali è a rischio la stessa coesione
sociale. Perchè la crisi morde ancora: «E' violentissima e metterà a dura prova
le capacità di tenuta delle imprese. Sarebbe un errore abbassare la guardia in
quanto le difficoltà non sono finite. Ci attende un lungo cammino per imboccare
la via della crescita». Ricorda, il presidente degli industriali, che il Pil
nel 2009 cadrà ben oltre il 4%, dopo aver lasciato sul terreno l'% nel 2008.
Senza riforme e «al passo corto» che l'economia italiana ha mostrato negli
ultimi 10 anni, il ritorno sui livelli produttivi pre-crisi non avverrebbe
prima del 2013. «Presidente Berlusconi, il consenso che ha conquistato è un
patrimonio politico straordinario. Lo metta a frutto, lo usi per le riforme che
sono necessarie e lo faccia adesso». Il premier, in platea, sorride a annuisce.
Emma Marcegaglia riconosce all'esecutivo di «aver tenuto la barra verso il
risanamento», ma dovrebbe fare di più, mettendo a disposizione risorse da
spendere subito, soprattutto sul versante delle infrastrutture. Semmai le
imprese, soprattutto quelle medio-piccole, rischiano lo strangolamento, strette
come sono tra produzione e ordini in calo e la necessità di far fronte ai
pagamenti. «Chiedo a tutte le banche di non abbandonarci in questi momenti così
difficili. Ci stiamo giocando il futuro del Paese. Troppi i casi di aziende cui
vengono ritirati i fidi, che si vedono rifiutare anticipazioni sulle fatture
emesse e a cui vengono applicati tassi esorbitanti ». Richiesta espressa in
toni sommessi. Toni che cambiano e si innalzano quando si tratta di esigere i
crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione: «I ritardi nei
pagamenti, già gravissimi, si sono allungati. E' una patologia insopportabile,
una vergogna». Ed Emma incassa uno dei più calorosi tra i 49 applausi che
salgono dalle 2.700 persone assiepate in platea. Il governo, lo Stato, facciano
dunque la loro parte: «Non serve una nuova Bretton Woods. Lo Stato deve solo
ridefinire le regole lasciando alle imprese e al mercato il compito di guidare
investimenti, innovazione, creazione di ricchezza. Il pendolo tra Stato e mercato
deve tornare a oscillare verso il mercato». E comunque serve un'Europa forte
perchè in un'Europa debole prevalgono le spinte nazionalistiche: «Uno
strisciante protezionismo è in
atto, sotto forme diverse, in molti Paesi». «Gli imprenditori sono pronti a
fare la loro parte come hanno fatto in passato», garantisce la Marcegaglia che
rivendica l'orgoglio confindustriale. Apre ai sindacati, alla Cisl in
particolare, sul versante della democrazia economica per una non solo possibile
ma auspicabile partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese
(dalla governance all'azionariato). Può aiutare, in questa direzione, la
riforma del sistema contrattuale: «Abbiamo fatto di tutto per convincere anche
la Cgil ed allora abbiamo deciso di andare avanti da soli perchè la
modernizzazione del Paese non può arrestarsi di fronte ai veti». Spinge, il
presidente degli industriali, per un innalzamento dell'età pensionabile: «Siamo
il Paese con la spesa sociale più squilibrata. Per le pensioni spendiamo quasi
il 16% del contro il 9,5% dei Paesi avanzati. L'unica via sostenibile è
ritardare il ritiro dal lavoro». Perchè la spesa pubblica va contenuta. «In
questo senso il federalismo non deve essere in alcun modo una giustificazione
per aumentare la spesa e di conseguenza la pressione fiscale».
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 22 Maggio
2009 Chiudi di LUCA CIFONI ROMA Le riforme chieste da Emma Marcegaglia il
governo intende farle, ma non subito. C'è un tempo per gestire la crisi e uno per fare le riforme, ha detto Giulio Tremonti al
riecheggiando il Vecchio Testamento. E quando quel tempo arriverà, i
cambiamenti saranno messi a punto insieme alle parti sociali, a partire proprio
dalla Cisl. Questo il messaggio principale del ministro dell'Economia, che in
sintonia con Berlusconi ha voluto sottolineare gli aspetti "psicologici"
della crisi in atto, ricordando che nell'ottobre dello
scorso anno è stata «sfiorata la catastrofe». La valutazione sullo stato
dell'economia non coincide con quella esposta dalla Marcegaglia. La numero uno
degli imprenditori ritiene che in assenza di riforme il nostro Pil continuerà a
marciare anche dopo la fine della crisi al passo
stentato di questo decennio. Per il ministro invece l'esecutivo ha fatto il
proprio dovere, e comunque al calo dell'economia reale misurata in termini di
prodotto interno lordo non corrisponde una riduzione del tenore di vita. Il
nemico da combattere semmai è la paura, quella «tristezza» che Tremonti
classifica come «ottavo vizio capitale». Tremonti ha ricordato Roosevelt, e pur
avvertendo che non intende certo minimizzare la situazione, ha spiegato che
«l'eccesso di messaggi negativi produce risultati negativi». Questo non
esclude, dal suo punto di vista, la necessità di riforme di quelle indicate
dalle Marcegaglia e ipotizzate anche dal padrone di casa Bonanni, ad esempio in
materia di pensioni. Però si tratta di «una cosa complessa». Per cui «non basta
dire facciamo un patto tra generazioni ma servono anche dei progetti di leggi
con dei numeri». E per ora, secondo il ministro, non è ancora arrivato il
momento di andare così a fondo nella questione. Le riforme andranno fatte «nel
tempo giusto, con le persone giuste». «Le faremo discutendo con voi» ha detto
Tremonti rivolgendosi alla platea. In precedenza aveva
ripercorso le tappe che avevano portato alla crisi
finanziaria e poi a quella dell'economia reale. Una crisi a suo parere originata dalla
globalizzazione e poi divenuta acuta nell'ottobre dello scorso anno. Il punto
più drammatico, nel racconto del ministro, è stato toccato nella prima
settimana di ottobre, quando il mondo fu sul punto di precipitare in una
situazione di «bancarotta dell'Occidente», i cui effetti sarebbero stati
simili a quelli di una guerra. L'Islanda stava per saltare quando i ministri
europei si riunirono, e il crack avrebbe avuto conseguenze impensabili su tutto
il Vecchio Continente. Quello fu il punto di svolta perché «fino ad allora
sostenere le banche era vietato», mentre poi vari Stati adottarono interventi
di salvataggio dei propri istituti in difficoltà. L'altro grande cambiamento,
che investe lo stesso governo delle istituzioni europee, è stato il fatto che
al ruolo di guida della Commissione si è sostituito, a partire da quel momento,
quello dei governi. In serata, intervenendo ad un'altro convegno, Tremonti ha
spiegato che il nuovo "global legal standard" che il governo proporrà
al prossimo vertice G8 dovrebbe prendere la forma di un trattato dell'Ocse,
l'organizzazione internazionale con sede a Parigi.
( da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il
caso a Milano Trimestre in rosso per Socotherm (m.sid.) - I conti trimestrali
di Socotherm sono arrivati alla fine di una giornata pesante un po' per tutti.
Il gruppo guidato da Zeno Soave ha perso il 3,4% a 1,59 euro. Si capirà oggi se la perdita di
1,27 milioni di euro dei primi tre mesi che si confronta con l'utile da 6,22
milioni di un anno prima, con perimetro di consolidamento cambiato, era già
stato scontato dal mercato. In ogni caso, il gruppo sta continuando a navigare
(solo un mese fa era ampiamente sotto un euro) nonostante le indubbie difficoltà
ricordate anche ieri da Soave: in primis una complessa ristrutturazione del
debito con le banche che rimane il perno centrale. Zeno Soave presidente
Socotherm
( da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il
caso a Londra Lloyds taglia ancora e il titolo cala (g.fer.) Dopo il calo della
vigilia, ieri il gruppo bancario Lloyds è sceso alla Borsa di Londra di un
ulteriore 5,39% chiudendo a quota 66,7 pence. Nella norma i volumi scambiati
(51,4 milioni le azioni passate di mano nel corso della seduta). Dietro
l'andamento cedente del titolo c'è l'annuncio di un nuovo taglio dell'organico.
Sono 210 i posti di lavoro che l'istituto britannico si appresta a eliminare,
in aggiunta a quelli già annunciati, portando così a 2.100 il totale dei
dipendenti. Le aree geografiche maggiormente colpite dai tagli sarebbero la
Scozia, l'Inghilterra e il Galles. Eric Daniels ceo di Lloyds
( da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 -
pag: 39 La Giornata in Borsa Giù i mercati, Piazza Affari cede il 3,1% di Giacomo Ferrari Editoriali in
altalena Cresce ancora Rcs MediaGroup, scendono Mondadori e l'Espresso Dopo
quattro sedute di rialzo, Piazza Affari si è concessa una tregua, in linea con
le altre Borse europee, spinte al ribasso dai dati congiunturali Usa.
Ma, mentre i due indici principali si sono sostanzialmente adeguati all'andamento
generale (-3,13% l'S&P-Mib, -2,65% il Mibtel), il Midex (medie aziende) ha
limitato il calo all'1,66% e l'All Stars (titoli minori ma con alti requisiti)
ha addirittura registrato un piccolo progresso (+0,34%). Nel paniere dei titoli
principali non c'è stato ieri nemmeno un rialzo. A perdere di più è stata
StMicroelectronics (-6,72%) nel giorno dell'assemblea dei soci che ha dato il
via libera alla distribuzione di un dividendo di 0,12 dollari per azione. In
forte calo anche Bulgari (-5,2%), dopo aver incassato il giudizio negativo di
Credit Suisse, che ha ridotto il target-price a 2,7 euro. Nel comparto del
lusso va poi rilevato l'arretramento di Luxottica (-4,86%), mentre a poco oltre
i cinque punti percentuali si sono collocate le perdite di Finmeccanica e
Unicredit (-5,01% in entrambi i casi). Flessioni significative, inoltre, per
Telecom Italia Ubi Banca (-3,85%), Prysmian (-3,69%) e Alleanza (-3,54%).
Infine, gli editoriali hanno proseguito la corsa del giorno precedente in
apertura di seduta, ma nel finale si sono adeguati al ribasso generale,
chiudendo tuttavia con flessioni contrastate: Mondadori ha ceduto lo 0,65% e
l'Espresso il 5,53%, mentre si sono mantenute nettamente positive le variazioni
di Seat Pagine Gialle (+2,6%) e Rcs MediaGroup (+2,37%).
( da "Messaggero, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 22 Maggio
2009 Chiudi L'invito è perentorio. «Da imprenditori - dice la Marcegaglia -
pretendiamo che i banchieri tornino a fare il loro mestiere: sostenere
l'economia che investe, crea posti di lavoro veri e non castelli di carta». La crisi finanziaria deve essere una occasione per definire nuove regole, un nuovo
quadro per dare trasparenza senza però penalizzare il mondo produttivo sano. E
se il Financial Stability Board. presieduto da Mario Draghi, si muove nella
giusta direzione, anche le banche hanno il compito di sostenere chi produce in
una fase così difficile: non bisogna far venir meno l'ossigeno del
credito bancario. Soprattutto alle piccole e medie imprese. «Chiedo a tutte le
banche, che vivono al contatto con il territorio, di non abbandonare le aziende».
Perchè «ci staimo giocando il futuro del Paese ed è nel loro stesso interesse
che l'Italia conservi un vasto tessuto produttivo». Ha dunque ragione Tremonti.
Serve quindi uno sforzo per eliminare le difficoltà ad ottenere prestiti e
tagliare i tassi. «Troppe sono i casi in cui vengono ritirati i fidi, rifiutate
le anticipazioni sulle fatture emesse, applicando tassi esorbitanti».
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Coop artigiana di
garanzia: in 5 mesi boom di richieste di finanziamento --> Venerdì 22 Maggio
2009 ECONOMIA, pagina 47 e-mail print Italo Calegari Quasi 6,5 milioni di
finanziamenti garantiti (per 484 pratiche) nel 2008 (che spingono a oltre 358,6
milioni di euro l'insieme dei finanziamenti garantiti dalla sua costituzione,
nel 1966): quasi 8,9 milioni allo stesso modo garantiti nei primi 4 mesi e
mezzo del 2009. Sono questi i numeri che attestano l'impegno della Cooperativa
artigiana di garanzia di Bergamo che, ancora una volta, si attesta quale «arma
efficace» a sostegno delle imprese artigiane nel quadro di
difficoltà complessiva condizionata dalla crisi
finanziaria mondiale in atto. In particolare il boom
di questo avvio del 2009 (+332% rispetto allo stesso periodo all'anno scorso)
dimostra il ruolo fondamentale dei consorzi fidi in un momento in cui si
avvertono ancora con maggiore intensità le restrizioni del credito bancario.
La Cooperativa artigiana di garanzia, nei giorni scorsi ha tenuto anche la sua
assemblea annuale, nel corso della quale sono stati rinnovati anche gli organi
amministrativi. In particolare, l'assemblea degli associati ha eletto i
componenti del consiglio di amministrazione confermando il presidente Italo
Calegari, il vice presidente Salvatore Rota e il consigliere Luigi Rota. Sono
stati nominati poi Leonardo Colombo (che nel precedente mandato era già
consigliere, ma di nomina camerale) e Luigi Moro in sostituzione degli uscenti
Camillo Mazzola e Gianfranco Gottini. Completano il consiglio i consiglieri di
nomina camerale Franco Torri (confermato) e Bruno Galezzi (neonominato).
22/05/2009 nascosto-->
( da "Secolo XIX, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
La salvezza del
clima globale dipende dall'Asia Chandran Nair Sin dalle
prime avvisaglie della crisi finanziaria, le economie asiatiche emergenti si sono sentite ripetere lo
stesso mantra dagli economisti dei Paesi sviluppati: incrementate i consumi per
far ripartire il motore dell'economia mondiale. Seguire questo consiglio
avrebbe preparato il terreno per una crisi molto più profonda di quella attuale, che nessun tipo di
stimolo economico avrebbe potuto risolvere. Questo sarebbe invece, per i leader
asiatici, il momento adatto per abbandonare i modelli economici spinti dai
consumi e imboccare il sentiero che ci allontana dalle catastrofi climatiche in
serbo per noi se continueremo ad adottare quei modelli. Se gli appelli degli
economisti occidentali verranno accolti e se l'Asia si avvicinerà anche solo
alla metà del tasso di consumi dei Paesi occidentali, tutti gli sforzi per
contrastare il cambiamento climatico e affrontare le altre urgenti
problematiche ambientali si riveleranno futili. Semplicemente, in un mondo
sempre più a corto di risorse, non ci sono mezzi sufficienti per mantenere
determinati livelli di benessere, ricchezza e consumo per l'intera popolazione
mondiale. Se anche solo metà dei cinesi diventasse sufficientemente benestante
per iniziare a consumare frutti di mare (un desiderio tutt'altro che
stravagante) gli oceani sarebbero presto completamente svuotati. Questo è un
problema che non può essere affrontato né con mezzi tecnologici, né grazie al
denaro, anche se esistono quelli che ci vogliono persuadere che è persino
possibile allevare il tonno pinna blu al fine di soddisfare il nostro desiderio
di sashimi e poi, chi potrebbe arrogarsi il diritto di negare ai cinesi tonno e
pesce spada? Se, allo stesso modo, la popolazione indiana volesse possedere
automobili nella medesima misura degli abitanti dei Paesi occidentali (al
momento 1 indiano su 100 la possiede contro il 70% della popolazione
occidentale) le conseguenze sulle riserve di petrolio e sui suoi costi, per non
parlare di quelle sull'ambiente, sarebbero molto serie. Se cinesi e indiani nei
prossimi 20-30 anni raggiungessero, per possesso di automobili, i livelli
occidentali in questi Paesi potrebbero circolare da
( da "Morningstar IT"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Continua il momento
tonico del comparto finanziario mondiale. Almeno in Borsa. L'indice Msci del
settore nell'ultimo mese (fino al 22 maggio e calcolato in euro) ha guadagnato
circa il 9%. La maggior parte dei rialzi che hanno trainato il paniere,
tuttavia, sono legati più alle speranze di una prossima guarigione delle banche
internazionali (le più colpite dalla crisi scatenata
più di due anni fa dalla crisi dei mutui subprime e
dallo scoppio della bolla immobiliare) che non all'entusiasmo per i conti. Il
segretario americano del Tesoro Timothy Garthner, in questo senso, nelle scorse
settimane è stato decisamente ottimista dicendo che il comparto sta ritrovando
la sua stabilità. Le sue parole hanno riportato un po' di calma fra quegli
operatori che stanno guardando con preoccupazione al risultato degli stress
test commissionati dalla Federal Reserve per capire quale sia il reale stato
dei bilanci bancari e come reagirebbero a un'ipotesi di altri due anni di crisi. Almeno 10 dei 19 istituti esaminati dovranno
raccogliere sul mercato un totale di 74,6 miliardi di dollari. Per avere gli
standard di solidità richiesti dalle authority Usa, ad esempio, Bank of America
dovrà fare un aumento di capitale da 34 miliardi di dollari, Wells Fargo da
11,5 miliardi e Citigroup da 11,5 miliardi. Il presidente della Federal Reserve
Ben Bernanke ha comunque definito la situazione "incoraggiante", ma
ha aggiunto che le banche dovranno continuare a fare controlli interni per
identificare fattori di rischio che non sono emersi. L'umore è improntato
all'ottimismo pure in Europa, anche se i risultati trimestrali non sono
riusciti a strappare l'applauso degli investitori. L'amministratore delegato di
Crédit Agricole George Pauget ha affermato davanti ai soci
del suo istituto che la crisi finanziaria globale "è arrivata a un punto di svolta", anche se
gli effetti sull'economia si faranno sentire ancora per alcuni mesi. La banca
transalpina settimana scorsa ha annunciato di aver avuto, nel primo trimestre,
un utile netto di 202 milioni di euro, in calo del 77% rispetto allo stesso
periodo del 2008. Colpa, ha precisato degli accantonamenti effettuati
per far fronte ad eventuali rischi futuri. Dal punto di vista dei bilanci, non
ci sono performance brillanti nemmeno nel resto d'Europa. Il gruppo finanziario
olandese Ing, per esempio, ha annunciato la terza perdita trimestrale
consecutiva: 793 milioni (più alta, peraltro, delle attese degli operatori),
mentre l'inglese Land Securities, ha registrato il rosso peggiore della sua
storia. Gli occhi sono stati puntati sui finanziari anche a Milano. Mediobanca
ha avuto risultati che, seppur negativi, sono migliori delle attese. Piazzetta
Cuccia ha chiuso i primi nove mesi dell'esercizio 2008-2009 con un utile netto
sceso a 39 milioni rispetto ai 783 milioni dello stesso periodo 2007-2008.
Colpa delle svalutazioni su titoli per 355 milioni e di minori utili dalle
partecipazioni per 367 milioni (solo Generali pesa per 330 milioni). Nel
periodo tra gennaio e marzo 2009 i conti sono però andati migliorando: la
perdita, infatti, si è ridotta a 61 milioni. Trimestrale sotto le attese,
invece, per Ubi Banca: l'utile, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno,
è sceso dell'89% a 24,3 milioni. Intesa-Sanpaolo, intanto, ha registrato
profitti per 1,1 miliardi, in calo del 38,5% rispetto allo stesso periodo del
2008, ma in deciso recupero rispetto alla perdita di 1,2 miliardi segnata nel
quarto trimestre dell'anno scorso. Marco Caprotti è Redattore di Morningstar in
Italia. Attenzione: Morningstar e i suoi dipendenti non forniscono alcun tipo
di consulenza, né su investimenti in generale né su specifici fondi. Puoi
mandare un commento all'Autore cliccando qui. Utimi Articoli I finanziari
cercano la rivincita I finanziari si misurano lo stress Finanziari alla prova
di Obama I finanziari si aggrappano ai governi Banche, in Europa prestiti più
difficili Articoli correlati Commodity in tandem con le azioni Real estate,
ancora pochi acquisti Link Correlati Azionari Settore Servizi Finanziari
( da "Avvenire" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 22-05-2009
Napolitano: aiutare famiglie e imprese DA ROMA necessario aiutare le famiglie e
le imprese, perché la crisi rischia di compromettere
la coesione sociale dell'Italia. Il messaggio che Giorgio Napolitano ha inviato
a Emma Marcegaglia in occasione dell'apertura dell'assemblea 2009 di
Confindustria è un misto di speranza e di preoccupazione. Alle imprese, scrive
il presidente della Repubblica, spetta in questo momento «un compito di
grandissima difficoltà». Le nostre aziende si tro- È vano a
dovere «fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi
finanziaria ed economica internazionale che
determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e
sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese». Da sole,
secondo il Quirinale, le aziende non ce la possono fare. Per questo chi
governa deve intervenire, in collaborazione con tutti gli altri soggetti
coinvolti. «Il compito primario delle istituzioni spiega il messaggio rivolto
alla presidente di Confindustria con il concorso di tutte le parti sociali è
operare a sostegno delle imprese e delle famiglie maggiormente eil sposte
aicontraccolpi della crisi, nella prospettiva
dell'avvio di una nuova fase di sviluppo che veda congiungersi l'apertura dei
mercati alla concorrenza e alla competizione, nel rifiuto di ogni tentazione
protezionistica e la ridefinizione di regole corrispondenti all'interesse
comune ». Cita il rischio protezionismo da evitare e
la necessità di nuove regole per la finanza mondiale, Napolitano, facendo
proprie le istanze che i grandi riuniti a Londra per il G20 di inizio aprile
hanno indicato come basi da cui fare ripartire l'economia globale. Difatti lo
sguardo del Quirinale supera la singola Italia. Il presidente si rivolge anche
«all'Europa e alle sue istituzioni» a cui «spetta in questo senso una funzione
essenziale al fine di contribuire a una nuova governance globale». Non c'è solo
pessimismo, comunque, nelle parole del presidente. «Il nostro Paese ha grandi
risorse e potenzialità non sufficientemente valorizzate in particolar modo
nelle regioni meridionali. L'intervento pubblico deve mirare a stimolarne il
pieno dispiegamento, rispettando i limiti imposti dal pesante indebitamento
dello Stato» conclude il Presidente, augurandosi che «la cultura dell'impresa,
di cui la Confindustria è portatrice, saprà mostrarsi attenta anche alla
valorizzazione del capitale umano di cui l'Italia è così riccamente dotata e
alla tutela del lavoro e della sua sicurezza ».
( da "Avvenire" del
22-05-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 22-05-2009
governo Il ministro frena sulle richieste di Cisl e Confindustria: «Gli
interventi strutturali possono aspettare, ma saranno concertati. A ottobre 2008
abbiamo temuto l'Apocalisse, le misure degli Stati l'hanno però scongiurata»
Scajola: «L'Italia uscirà dalla bufera meglio di come ci è entrata» SCENARI
FUTURI «Abbiamo evitato la catastrofe» Tremonti: «Merito dei governi. Le
riforme? A tempo debito» DA ROMA NICOLA PINI L e riforme? Si faranno e saranno
concertate ma a tempo debito. Per adesso c'è ancora da fronteggiare la crisi
dopo che nell'ottobre scorso «abbiano visto da vicino l'apocalisse finanziaria
» e oggi «molte navi galleggiano senza carico». Giulio Tremonti frena sulle
richieste arrivate di Cisl e Confindustria, che sollecitano interventi
strutturali per favorire l'uscita dalla recessione. Parlando al congresso del
sindacato in corso a Roma il ministro dell'Economia ha detto infatti che «c'è
un tempo per gestire la crisi e uno per gestire le riforme». E comunque, ha
assicurato da un altro palco, quello dell'assemblea degli industriali, il
ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, l'Italia uscirà dalla bufera
globale «meglio di come ci è entrata» perché ha dimostrato in questi mesi «u-
na forte solidità, morale ancor prima che economica». In una ricostruzione
degli eventi degli ultimi mesi Tremonti ha sottolineato che «nell'ottobre del
2008 abbiamo sfiorato la catastrofe». Il crac, ha raccontato, è stato evitato
grazie all'intervento diretto dei governi sul sistema bancario, «la mano
pubblica ha sostituito la mano privata », deciso in un vertice Ue convocato
d'urgenza a Parigi nel week end quando si temeva che il lunedì successivo la
Borsa di Londra sarebbe rimasta chiusa, con conseguenze incalcolabili. «Eravamo
a un passo dall'apocalisse finanziaria, stava saltando il sistema economico
dell'Occidente. Poi la crisi si è spostata dalla dimensione finanziaria
all'economia reale», colpendo con maggior violenza «i Paesi che hanno una
maggiore esposizione sul commercio mondiale». Una condizione in cui si trova
anche l'Italia. E qui l'operato del governo, ha spiegato il ministro, si è
svolto su tre direttrici: dare stabilità ai conti pubblici, proteggere i
lavoratori con gli ammortizzatori sociali, cercare di tenere aperti i canali di
finanziamento delle banche alle imprese. Dopo una nuova sollecitazione al
sistema bancario perché «faccia il proprio dovere dopo che lo ha fatto il
governo», Tremonti ha assicurato che i fondi per gli ammortizzatori saranno
incrementati, se necessario, e che «nessuno sarà lasciato solo». Su altri
impegni il ministro glissa: resta difficile fare previsioni sulla crisi, dice,
siamo ancora in una «terra incognita ». Di certo «la crisi c'è, basta vedere le
centinaia di navi che sono fuori dai porti a galleggiare senza carico». Ma dopo
l'apocalisse evitata, fa capire, si può guardare al futuro «con speranza: la
nostra forza è non avere paura». Così alla Cisl che chiede riforma fiscale,
sostegno dei salari e democrazia economica, a Confindustria che ammonisce a non
trasformare «la crisi in un alibi per non fare le riforme», Tremonti assicura
per ora soltanto che «le riforme si faranno, nei tempi giusti e con le persone
giuste, le riforme le faremo con voi». Più tardi al convegno Iai-Ipalmo
Tremonti ha ribadito che «il nostro sistema di pensioni è il più stabile
d'Europa», ma «oggi abbiamo deciso che lo riformeremo. E anche il sindacato è
d'accordo». Parole che fanno infuriare il leader Cgil Guglielmo Epifani: «Il
ministro Tremonti chiarisca che cosa avrebbe concordato a proposito della
riforma delle pensioni e con chi». Ma in serata il ministro ha smentito di
avere parlato al convegno Iai-Ipalmo (a porte chiuse) altro che di G8. Un
messaggio di fiducia arriva da Scajola: agli «amici imprenditori » il ministro assicura che stiamo reagendo alla crisi «meglio di
altri» e ora «ci sono germogli di ripresa che dobbiamo far crescere». Il
governo, ha spiegato, sta facendo la sua parte contro la crisi senza cedere «a
tre insidiose tentazioni»: non abbiamo sfondato i conti pubblici, non abbiamo
ceduto a tentazioni stataliste né al protezionismo ».
( da "Trend-online"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Finanziari, la cura
dà tono PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Morningstar ,
22.05.2009 12:14 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!!
Continua il momento tonico del comparto finanziario mondiale. Almeno in Borsa.
Lindice
Msci del settore nellultimo mese (fino al 22 maggio e calcolato
in euro) ha guadagnato circa il 9%. La maggior parte dei rialzi che hanno
trainato il paniere, tuttavia, sono legati più alle speranze di una prossima
guarigione delle banche internazionali (le più colpite dalla crisi
scatenata più di due anni fa dalla crisi dei mutui
subprime e dallo scoppio della bolla immobiliare) che non allentusiasmo
per i conti. Il segretario americano del Tesoro Timothy Garthner, in questo
senso, nelle scorse settimane
è stato decisamente ottimista dicendo che il comparto sta ritrovando la sua
stabilità. Le sue parole hanno riportato un po di calma fra
quegli operatori che stanno guardando con preoccupazione al risultato degli
stress test commissionati dalla Federal Reserve per capire quale sia il reale stato dei bilanci
bancari e come reagirebbero a unipotesi di altri due anni di crisi.
Almeno 10 dei 19 istituti esaminati dovranno raccogliere sul mercato un totale
di 74,6 miliardi di dollari. Per avere gli standard di solidità richiesti dalle
authority Usa, ad esempio, Bank of America dovrà fare un aumento di capitale da
34 miliardi di dollari, Wells Fargo da 11,5 miliardi e Citigroup da 11,5
miliardi. Il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha comunque definito
la situazione incoraggiante, ma ha aggiunto che le
banche dovranno continuare a fare controlli interni per identificare fattori di
rischio che non sono emersi. Lumore è improntato allottimismo pure
in Europa, anche se i risultati trimestrali non sono riusciti a strappare lapplauso
degli investitori. Lamministratore delegato di Crédit Agricole George
Pauget ha affermato davanti ai soci del suo istituto che la crisi
finanziaria globale è arrivata a un punto di segue
pagina >>
( da "Trend-online"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Materie prime, uno
scudo per il portafoglio PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di
Morningstar , 22.05.2009 12:12 Scopri le migliori azioni per fare trading
questa settimana!! Lasset allocation strategica è il cuore di
un piano dinvestimento. Lobiettivo di un processo di asset
allocation consiste nel decidere il peso dei propri investimenti (in termini di
azioni, obbligazioni e liquidità) in portafoglio, in base al proprio profilo di
rischio. Le materie prime stanno divenendo sempre più delle risorse importanti
nel soddisfare il bisogno di diversificazione, e non solo in tempi di crisi. Le commodity, infatti, stanno guadagnando un
crescente appeal tra gli investitori, che vedono in alcune di esse, metalli
preziosi in primis, beni meno volatili e perciò più sicuri. La crisi finanziaria ha messo in discussione molti assiomi che
si davano per scontati e ha portato unondata di sfiducia
verso tutti quei prodotti che il risparmiatore medio vede come eccessivamente
complicati e in qualche modo slegati dalleconomia reale. In
questottica, le commodity
danno la possibilità di investire in un bene che può essere toccato con mano,
al contrario delle attività finanziarie che sono immateriali. Linserimento
in portafoglio di materie prime si può basare su diverse motivazioni.
Innanzitutto incrementa
il livello di diversificazione, data la bassa correlazione con azioni ed
obbligazioni; questo permette di controbilanciare i rendimenti negativi delle
asset class tradizionali nelle fasi ribassiste del ciclo economico. È stato
inoltre dimostrato che le commodity offrono rendimenti elevati in periodi di
alta inflazione, essendo il loro valore legato allandamento
dei prezzi. Un ulteriore vantaggio delle commodity è quello di ottenere buone
performance in diversi scenari macroeconomici. Infatti, secondo uno studio di Ibbotson le commodities
hanno avuto un rendimento medio annualizzato del 10% dal 1970 ad oggi;
attraversando quindi diverse fasi di mercato. Scendendo nel dettaglio, unanalisi
Morningstar segue pagina
>>
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il suo non è stato
un discorso d'attacco, anzi. Intanto perché mancava un bersaglio tradizionale
di Confindustria: il sindacato, verso cui sono stato spese parole benevole
(Cgil a parte, ma anche qui mano tesa) tanto che qualche ora dopo alla stessa
Marcegaglia veniva riservata un'accoglienza più che calorosa al congresso della
Cisl. Poi perché al giusto richiamo al premier Berlusconi perché sfrutti la sua
popolarità ai massimi e la forza parlamentare di cui dispone per fare - ora e
subito - le riforme strutturali che da anni non facciamo e che la crisi rende ancora più cogenti, non si è accompagnata la
critica per aver tardato un anno e soprattutto per aver teorizzato l'idea che
in tempi di crisi meglio non toccare nodi sensibili
come le pensioni. Intendiamoci, nel suo documento Marcegaglia ha toccato tutti i
problemi che sono di fronte al Paese: non solo l'economia e la crisi, ma anche la pubblica amministrazione (giusto il
caloroso applauso tributato al ministro Brunetta), la criminalità, la
giustizia, l'università, il Mezzogiorno. E le richieste, le denunce,
l'avvertimento sull'esistenza di pericoli, sono risultate tutte cose
convincenti. Ma, viceversa, non c'è una parola sui limiti di questo sistema
politico, sull'inesistenza dell'opposizione, sulla scadente qualità della
classe dirigente. Non basta dire «abolite le Province», come pur giustamente ha
chiesto al ministro Calderoli seduto in prima fila, o elencare i pericoli
nascosti in un certo di tipo di federalismo, se poi non si affronta il tema di
quali processi politici hanno portato a certe situazioni o impedito di toccarne
altre. Ma è sulla portata e le conseguenze della crisi
che la relazione merita le maggiori puntualizzazioni. La prima e più importante
l'ha fatta - indirettamente, parlando al congresso della Cisl - il ministro
Tremonti, che nel ricordare come ad ottobre 2008 si sia «sfiorata la
catastrofe» ha giustamente rivendicato agli Stati il merito di aver evitato il
tracollo dell'intera economia mondiale. Un richiamo al binomio politica-denaro
pubblico che è suonato in contrasto con la rivendicazione di «più mercato» -
francamente un po' retrò - avanzata dalla presidente di Confindustria. La seconda osservazione riguarda lo scarso approfondimento
riservato alla dimensione produttiva e non solo finanziaria della crisi stessa.
A parte che non è mai stata usata la parola recessione, quello che si nota è il
mancato riferimento alla spaventosa caduta della produzione, del fatturato e
degli ordinativi dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco.
La produzione, per esempio, dopo alcuni anni piuttosto piatti, aveva cominciato
a perdere colpi già nel dicembre 2007 (-5,6%), e poi giù per tutto il 2008
(tranne gennaio, febbraio e aprile), con un crescendo che culmina nel -10,2%
dell'ultimo trimestre e prosegue nei primi tre mesi del 2009 con cadute
rispettivamente del 17,6%, del 21,2% e del 23,8%. Questo significa che la
capacità produttiva nazionale ha perso 6,75 punti percentuali negli ultimi
sedici mesi (dicembre 2007-marzo 2009), 15,6 punti negli ultimi sei mesi e ben
21 punti nel primo trimestre di quest'anno. Non molto diverso si presenta lo
scenario se si guardano i dati Istat sia del fatturato industriale - sceso
dell'8,3% nel quarto trimestre 2008 e del 22,4% nel primo di quest'anno - sia
degli ordinativi, che rispettivamente con -20,3% e -30,6% negli stessi due
trimestri, si presentano ancora peggiori e soprattutto presaghi di difficoltà
anche nel corso di tutto il 2009. Si tratta, come si vede, di numeri che
dovrebbero spingere Confindustria su un terreno impervio ma ineludibile:
ragionare su cosa si può e si deve salvare e su ciò che invece sarebbe non solo
inutile, ma anche dannoso (perché sperpero di risorse), tentare di tenere in
piedi. Invece, la sensazione è che si guardi - in questo in modo speculare al
sindacato - al mantenimento, il più possibile, dell'esistente. Senza domandarsi
come il capitalismo italiano debba riorganizzarsi sia per uscire dalla crisi prima e meglio possibile, sia per rendere domani
duratura la nuova fase di crescita che si fosse imboccata. Invece -
comprensibilmente, sia chiaro - Marcegaglia ha preferito agitare la facile
parola d'ordine che «i banchieri devono tornare a fare i banchieri». Citando i
casi di ritiro dei fidi ai concessi a imprese, di applicazione di tassi esorbitanti,
di rifiuto di anticipazioni su fatture. Tutte fattispecie assolutamente
deprecabili. Ma che rendono parziale la fotografia della realtà: i numeri
provenienti dall'Abi e da Unioncamere mostrano, infatti, come il famigerato
«credit crunch» sia ormai alle spalle. Non solo: parlando di banche, bisogna
anche considerare che esse amministrano il denaro dei depositanti, e che ciò
esige una gestione prudente. Oggi, poi, s'impone loro anche un serio problema
di deterioramento della qualità dei finanziamenti, di aumento delle sofferenze.
Fino a che punto, ci si chiede, è compito del solo banchiere impedire la
débacle di quelle imprese che non sono più in grado di stare da sole sul
mercato? È qui che tocchiamo il nervo scoperto del discorso di ieri:
Confindustria chiede a governo e banche di sostenere tutte le imprese, ma senza
pregiudiziali di merito, senza dire apertamente che la crisi
finanziaria è avvenuta per eccesso di credito. Eppure proprio il
celebrato caso Fiat mette a nudo tutti i cambiamenti che in questi anni sono
mancati all'industria italiana (internazionalizzazione, de-familiarizzazione,
aumento della scala dimensionale) e ci ricorda che altrove sono già in atto le
riconversioni industriali che consentiranno di arrivare nel dopo crisi più forti di prima, come la rivoluzione della «green
economy» negli Usa. Tutte queste cose gli imprenditori le sanno. Forse non
amano sentirsele dire: ma il compito di un leader non è quello di cercare
obbligatoriamente il consenso. Soprattutto se la sua base coincide in questo
caso con il tessuto portante del Paese. Enrico Cisnetto
( da "Gazzettino, Il (Pordenone)"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
BCC PORDENONESE
Venerdì 22 Maggio 2009, (d.l.) - La raccolta globale è stata di 1.147 milioni
di euro: 767 milioni di raccolta diretta (che segna un +18 per cento rispetto
all'anno precedente) e 380 di raccolta indiretta (-7,08 per cento). Sul fronte
degli impieghi si registrano 807 milioni di euro verso clienti comprensivi
delle operazioni di cartolarizzazione di mutui, un dato in aumento del 9,65 per
cento. L'utile netto è stato di 6,699 milioni, mentre il patrimonio lordo è di
84 milioni. La compagine sociale ha registrato un incremento di quasi il 15 per
cento: i soci sono aumentati di quasi mille unità salendo a oltre settemila.
Sono alcuni dei dati del bilancio della Banca di credito cooperativo
Pordenonese che domenica si riunirà in assemblea per votare il documento. «Nel
corso dei primi mesi del 2009 - sottolineano dalla sede centrale azzanese della
Bcc presieduta da Pietro Roman - i nuovi ingressi sono stati 337 di cui oltre
il 20 per cento risulta costituito da giovani di età inferiore ai trent'anni.
Questo conferma il crescente interesse che la Bcc Pordenonese suscita sul
territorio in cui opera e sulla fiducia che riscuote specie tra i giovani».
Nonostante l'ultimo quadrimestre aveva cominciato a far sentire sul territorio
e sul tessuto imprenditoriale locale i primi segni di forte crisi,
la Bcc Pn ha chiuso il non facile anno con risultati che il vertice ritiene
«molto soddisfacenti». E il credit crunch più volte denunciato dalle piccole
imprese del territorio? «La nostra "mission" - ha ripetuto in diverse
occasioni negli ultimi mesi il direttore generale Gianfranco Pilosio - è quella
di servire il territorio dal quale noi stessi poi ci "alimentiamo". È
chiaro che una banca come la nostra che affonda le sue radici sul territorio
non può fare mancare l'ossigeno e l'appoggio alle piccole realtà produttive che
molto spesso sono anche nostri soci». Nel 2008 la banca cooperativa ha
proseguito - nonostante la crisi - a rispondere
puntualmente alle esigenze di tipo sociale e di vicinanza alla cultura e
all'associazionismo del territorio. Sono stati effettuati 528 interventi per
oltre 813 mila euro erogati e ripartiti tra interventi a titolo di beneficenza
e sponsorizzazione di eventi nei diversi settori in cui tradizionalmente la
banca interviene. «Questa distribuzione - sottolinea il vertice bancario - ha
voluto essere il più possibile equa in un'ottica di redistribuzione nel
territorio della ricchezza prodotta». E rispetto ai temi
della crisi finanziaria, il
Cda per dare ulteriore personalizzazione al servizio verso la clientela ha
deliberato l'assunzione di un codice etico comportamentale che diventa la linea
guida dell'atteggiamento del personale, dei fornitori e degli amministraotri».
( da "Gazzettino, Il"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Con l'operazione Saeco,
la De Longhi si muove sulla scia del Lingotto Venerdì 22 Maggio 2009, La crisi in corso offre rilevanti opportunità. Non poteva esser
diversamente visto che ogni crisi è un momento di
discontinuità e di cambiamento. E' sotto gli occhi di tutti le manovre nel
settore auto che vede protagonista la Fiat. Chi l'avrebbe detto prima del
settembre dell'anno scorso. Fiat era una media azienda reduce da un turnround
di successo. Non bastava certo l'idea strategica di Marchionne (sei solo player
al mondo) se Chrysler e Opel non fossero andate in default a causa della crisi e se i Governi non fossero intervenuti in modo
massiccio. Oltre alla Fiat, vi sono altre operazioni in corso all'attenzione
delle banche finanziatrici. Imprese che si sono indebitate per acquisizioni, ma
anche altre che sono ricorsi alla leva per questioni di famiglia, per liquidare
familiari che intendevano uscire, come è successo, ad esempio, alla Safilo.
Così come Private equity che si trovano con aziende rilevate il cui tentativo
di creare valore non è riuscito e che si trovano affogate dai debiti. Tra
queste operazioni vi è pure la Saeco. Azienda emiliana che dopo il grande
successo negli anni novanta con il lancio delle macchine da caffè, nel 2003
venne ceduta dalle famiglie proprietarie al fondo della PAI, la stessa private
equity che ha salvato anche la Coin da una crisi che
sembrava senza uscita. In questi anni la ristrutturazione non ha prodotto i
risultati sperati. Nel bilancio chiuso a marzo dell'anno scorso i ricavi erano
vicini ai 500 milioni di euro. Il margine lordo era sceso dal 24,4% del 2002 al
14,1% del 2008. I debiti finanziari erano saliti a 722 milioni. Una situazione
di default evidente visto che i debiti sono superiori ai ricavi, raggiungendo
quel "punto di non ritorno" che gli analisti conoscono bene e che
significa che, senza un salvatore l'azienda, è destinata alla liquidazione. Un gruppo importante con un prodotto di successo operante in
molti paesi del mondo, ma in grave crisi finanziaria. Una preda ambita da tanti concorrenti, multinazionali in testa.
L'unico vincolo è la gran massa di debiti sui quali sta lavorando con le banche
l'advisor per ricercare dei write-off che rendano meno pesante l'onere per un
eventuale acquirente. In questi giorni vi sono state tre offerte
vincolanti. Oltre alle previste Philps e Electrolux vi è anche De Longhi. Il
gruppo trevigiano propone un prezzo e una forma di pagamento coerente con la
sua finanza. De Longhi che ha chiuso il bilancio dell'anno scorso con 1500
milioni di fatturato e con 163 milioni di EBIDA ha una quota di rilievo in
Europa (superiore al 20%) nel comparto delle macchine da caffè. Sarebbe una
bella opportunità per De Longhi per consolidare il suo posizionamento, ma è
corretto aver fatto un'offerta in linea con quelle che sono le sue possibilità.
Tante opportunità sì, ma attenzione all'equilibrio nei conti e
nell'organizzazione senza i quali si rischia di avere molte difficoltà in
futuro! Ciò vale anche per l'operazione Fiat. Se va in porto, la sfida è di
produrre valore da due aziende ora decotte e da una che qualche problema ha
tuttora.
( da "KataWeb News"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 281 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe,
poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose
non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio
e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un
disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin
Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva
immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo
è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche
sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale
ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la
Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel
2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese
agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli
aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un
settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha
messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo
mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di
sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura
generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando
la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa»,
insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di
immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a
5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di
persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato
ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede
severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Sicilia, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Salvare tutti e
subito non solo è impossibile sarebbe antieconomico Enrico Cisnetto Al Governo:
"riforme, riforme, riforme". Ai banchieri: "credito, credito,
credito". E' racchiuso in queste due "parole magiche", e nelle
altrettante invocazioni per cui sono state usate, il senso della relazione di
Emma Marcegaglia all'assemblea di Confindustria, un anno dopo la sua nomina a
presidente. Ma non v'inganni la retorica dialettica: il suo non è stato un
discorso "d'attacco", anzi. Intanto perché mancava un bersaglio
tradizionale di Confindustria: il sindacato, verso cui sono stato spese parole
benevole (Cgil a parte, ma anche qui "mano tesa") tanto che qualche
ora dopo alla stessa Marcegaglia veniva riservata un'accoglienza più che
calorosa al congresso della Cisl. Poi perché al giusto richiamo al premier
Berlusconi perché sfrutti la sua popolarità e la forza parlamentare di cui
dispone per fare - ora e subito - le riforme strutturali che da anni non
facciamo e che la crisi rende ancora più urgenti, non
si è accompagnata la critica per aver tardato un anno e soprattutto per aver
teorizzato l'idea che in tempi di crisi meglio non
toccare nodi sensibili come le pensioni. Intendiamoci, nel suo documento
Marcegaglia ha toccato tutti i problemi che sono di fronte al Paese: non solo
l'economia e la crisi, ma anche la pubblica
amministrazione (giusto il caloroso applauso tributato al ministro Brunetta),
la criminalità, la giustizia, l'università, il Mezzogiorno. E le richieste, le
denunce, l'avvertimento sull'esistenza di pericoli, sono risultate tutte cose
convincenti. Ma, viceversa, non c'è una parola sui limiti di questo sistema
politico, sull'inesistenza dell'opposizione, sulla scadente qualità della
classe dirigente. Non basta dire "abolite le Province", come pur
giustamente ha chiesto al ministro Calderoli seduto in prima fila, o elencare i
pericoli nascosti in un certo di tipo di federalismo, se poi non si affronta il
tema di quali processi politici hanno portato a certe situazioni o impedito di
toccarne altre. Ma è sulla portata e le conseguenze della crisi
che la relazione merita le maggiori puntualizzazioni. La prima e più importante
l'ha fatta - indirettamente, parlando al congresso della Cisl - il ministro
Tremonti, che nel ricordare come ad ottobre 2008 si sia "sfiorata la
catastrofe" ha giustamente rivendicato agli Stati il merito di aver
evitato il tracollo dell'intera economia mondiale. Un richiamo al binomio
"politica e denaro pubblico" che è suonato in contrasto con la
rivendicazione di "più mercato" - francamente un po' retrò - avanzata
dalla presidente di Confindustria. La seconda osservazione
riguarda lo scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non
solo finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai
stata usata la parola "recessione", quello che si nota è il mancato
riferimento alla spaventosa caduta della produzione, del fatturato e degli
ordinativi dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco.
Si tratta di numeri che dovrebbero spingere Confindustria su un terreno
impervio ma ineludibile: ragionare su cosa si può e si deve salvare e su ciò
che invece sarebbe non solo inutile, ma anche dannoso (perché sperpero di
risorse), tentare di tenere in piedi. Invece, la sensazione è che si guardi -
in questo in modo speculare al sindacato - al mantenimento, il più possibile,
dell'esistente. Senza domandarsi come il capitalismo italiano debba
riorganizzarsi sia per uscire dalla crisi prima e
meglio possibile, sia per rendere domani duratura la nuova fase di crescita che
si fosse imboccata. Invece - comprensibilmente, sia chiaro - Marcegaglia ha
preferito agitare la facile parola d'ordine che "i banchieri devono
tornare a fare i banchieri". Citando i casi di ritiro dei fidi ai concessi
a imprese, di applicazione di tassi esorbitanti, di rifiuto di anticipazioni su
fatture. Tutte fattispecie assolutamente deprecabili. Ma che rendono parziale
la fotografia della realtà: i numeri provenienti dall'Abi e da Unioncamere mostrano,
infatti, come il famigerato "credit crunch" sia ormai alle spalle.
Non solo: parlando di banche, bisogna anche considerare che esse amministrano
il denaro dei depositanti, e che ciò esige una gestione prudente. Oggi, poi,
s'impone loro anche un serio problema di deterioramento della qualità dei
finanziamenti, di aumento delle sofferenze. Fino a che punto, ci si chiede, è
compito del solo banchiere impedire la débacle di quelle imprese che non sono
più in grado di stare da sole sul mercato? E' qui che tocchiamo il nervo
scoperto del discorso di ieri: Confindustria chiede a Governo e banche di
sostenere tutte le imprese, ma senza pregiudiziali di merito, senza dire
apertamente che la crisi finanziaria è avvenuta per
eccesso di credito. Eppure proprio il celebrato "caso Fiat" mette a
nudo tutti i cambiamenti che in questi anni sono mancati all'industria italiana
(internazionalizzazione, de-familiarizzazione, aumento della scala
dimensionale) e ci ricorda che altrove sono già in atto le riconversioni industriali
che consentiranno di arrivare nel dopo crisi più forti
di prima, come la rivoluzione della "green economy" negli Usa. Tutte
queste cose gli imprenditori le sanno. Forse non amano sentirsele dire: ma il
compito di un leader non è quello di cercare obbligatoriamente il consenso.
Soprattutto se la sua "base" coincide in questo caso con il tessuto
portante del Paese. (www.enricocisnetto.it)
( da "Trend-online"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Siamo arrivati allinizio
di un primo vero trend per lEur/Usd? FOREX, clicca qui per leggere la
rassegna di Giuseppe Ficara www.gforex.it, 22.05.2009 17:03 Scopri le migliori azioni per fare
trading questa settimana!! ennesima banca vittima della crisi
finanziaria che costituisce il 34esimo default del 2009 e sicuramente il
più grave dellanno con 4,9 miliardi che dovranno essere
pagati dalla Federal Deposit Insurance Corporation. La causa della pessima performance del dollaro
di questultima settimana va però anche ricercata nel pessimismo che
pervade il mercato nei confronti degli Stati Uniti, il cui elevato debito
pubblico inizia a preoccupare. Standard & Poors con la decisione di mettere sotto
osservazione negativa loutlook della Gran Bretagna per il suo elevato
indebitamento ha fatto preoccupare il mercato per quel che riguarda il rating
degli USA che potrebbero così il rating più alto. Sarà interessante quindi vedere quello che succederà
con linizio della prossima settimana che ci dirà se vedremo un
probabile ritracciamento del mercato o un definitivo rialzo del cross che
spianerebbe la strada al primo grande trend di questo periodo.
( da "Trend-online"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Siamo arrivati allinizio
di un primo vero trend per lEur/Usd? FOREX, clicca qui per leggere la
rassegna di Giuseppe Ficara www.gforex.it, 22.05.2009 17:03 Scopri le migliori
azioni per fare trading questa settimana!! Siamo arrivati finalmente
allinizio di un
primo vero trend per lEur/Usd dopo la crisi?
Questa è la domanda che circola in modo più insistente tra gli operatori del
mercato valutario. Dopo settimane di trading range e cross che oscillava
lateralmente senza prendere una direzione ben precisa la moneta unica europea
ha dato un vero e proprio strappo al rialzo che ha fatto passare il cross da
( da "Sestopotere.com"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
Michele Andreana (PD
Emilia - Romagna) "La crisi a Modena rischia di
diventare drammatica" (22/5/2009 18:48) | (Sesto Potere) - Modena - 22
maggio 2009 - "La crisi cé
ed è pesante. Il sistema Modena finora è stato capace finora di governarla,
grazie al concorso di tutti: sindacati, imprese, enti locali, Regione. Ma senza
un intervento deciso del governo – finora assente – anche da noi la crisi potrebbe
diventare drammatica e travolgere lavoratori e imprese". A lanciare lallarme
è Michele Andreana, responsabile lavoro del Partito democratico, nel corso di
un incontro a Palazzo Europa con Cesare Damiano, già ministro del Lavoro del
governo Prodi; lon. Ivano Miglioli, componente della commissione Lavoro della Camera; il
candidato sindaco Giorgio Pighi. "Laccordo alla Terim – ha
detto Andreana – costituisce un punto avanzato nel panorama nazionale delle
relazioni industriali, un esempio di come si possa contrastare la crisi e
difendere loccupazione ricorrendo a strumenti come la cassa integrazione a
rotazione e i contratti di solidarietà. Merito anche della compattezza del
sindacato, in questa come in altre occasioni. Tuttavia – ha aggiunto Andreana –
la situazione rischia
di diventare drammatica: assistiamo a una vera e propria esplosione delle ore
di cassa integrazione mentre in 6 mesi gli avviamenti al lavoro sono diminuiti
del 28 per cento e i lavori interinali del 42 per cento. In questa situazione cé
chi paga di più e chi
paga di meno. Pagano di più le imprese che hanno avuto il coraggio di investire
in innovazione perché oggi si trovano a fare i conti con la stretta creditizia.
Pagano di più i lavoratori precari e meno tutelati perché il governo non vuole
metter mano alla riforma degli ammortizzatori sociali". Lon.
Damiano, capogruppo Pd nella commissione Lavoro della Camera, riassume così
linerzia del governo di fronte alla crisi, "Passiamo la
nottata, facciamo il meno possibile, aspettiamo che la crisi
finisca". Grazie a questa filosofia lItalia ha investito
appena lo 0,3 per cento del Pil nelle misure anti-crisi: 80 volte meno degli Stati Uniti,
20 volte meno della Germania, 10 volte meno della Francia. "In Italia – ha
aggiunto Damiano – cé una totale divergenza da quello che avviene negli
altri paesi avanzati. Mentre ovunque si abbandona il
modello neoliberista responsabile della crisi
finanziaria globale noi lo riproponiamo. Tutti
chiedono più regole, noi le cancelliamo. E mentre Obama promette di introdurre
anche negli Stati Uniti il sistema europeo di tutele sociali, il governo
italiano vuole uscirne offrendo meno tutele, meno scuola e sanità pubblica,
meno sicurezza sul lavoro".
( da "KataWeb News"
del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 282 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano
El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il
governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera;
meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta,
ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così
faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello
Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve
smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà
di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia
tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun
organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo
di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici
europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo
della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi
istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia,
crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio
primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama
nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che
ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda
le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla
rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad
altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è
descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino
americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio
eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche
razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero
poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al
mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma,
Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi
finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure
Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese
sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a
pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo
ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare
la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito
dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff
dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5%
come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati
del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo
sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte
perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi
internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie
sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle
zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi
200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una
denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti
mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli
ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun
distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008,
su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una
disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente
politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure
restrittive: oltre all'aumento da
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pietro Garibaldi
RIFORME IMPOPOLARI MA GIUSTE CONTINUA A P
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Crisi
«Lo scudo fiscale
spingerà il settore» Arriva Greco come direttore generale [FIRMA]FRANCESCO
MANACORDA MILANO «Guardiamo a società di gestione medio-piccole che abbiano
masse di risparmio amministrato tra i cento e i mille milioni. E anche se non
abbiamo formalizzato alcun mandato a una banca d'affari
abbiamo la disponibilità mentale e ovviamente anche finanziaria per diventare un soggetto aggregante nel settore». Guido Giubergia,
amministratore delegato di Ersel vede - ora che la grande crisi dei mercati finanziari pare essersi placata
- un'occasione di crescita: «In Italia ci sono pochi gruppi di medie dimensioni
e indipendenti come noi. Chi è più piccolo, invece, soffre per la
riduzione delle masse ». Ersel a caccia di occasioni, dunque, anche se -
ammette subito Giubergia - «i potenziali venditori aspettano che le valutazioni
del settore riprendano quota. Noi abbiamo disponibilità di cassa, visto che il
patrimonio netto della capogruppo supera i 500 milioni, ma in questi affari chi
vende non vuol fare certo il pensionato e chi compra ha tutto l'interesse a
tenere gli uomini. Così sarà più facile che le operazioni vengano fatte
attraverso partecipazioni azionarie» La tempesta dei mercati
non ha fatto sconti nemmeno a voi, però, dottor Giubergia... «Sì, a fine 2007
avevamo una massa amministrata di circa 8 miliardi che oggi è ridimensionata a
circa 6 miliardi per effetto sia dei deflussi netti sia delle minori quotazioni
dei titoli che abbiamo in portafoglio. Ma in ogni caso abbiamo chiuso il 2008
con un utile di 15 milioni. Un risultato che reputo positivo. E iniziative come
lo scudo fiscale, che penso non tarderanno ad arrivare, ci daranno una nuova
spinta». Anche per cogliere le nuove opportunità il gruppo annuncia un passo
significativo nell'organizzazione: «In giugno arriva da noi come direttore
generale Fabrizio Greco, che ha appena lasciato l'incarico di direttore
generale di Banca Euromobiliare. E' la prima volta che affidiamo la struttura a
un manager esterno, ma abbiamo deciso che la svolta andava fatta anche per
consentire alla famiglia di dedicarsi sempre più ai rapporti con i clienti». In
programma c'è così un rafforzamento della vocazione locale, che batte prima di
tutto su Torino e il Piemonte, ma che vuole «guadagnare spazio dove già siamo,
ossia in primo luogo a Milano, dove ci sono grandi opportunità, e poi a
Bologna». Da qui Ersel vuole guardare anche più ad Est: «In Veneto abbiamo già
una discreta clientela che può crescere ancora». \
( da "Giornale di Brescia"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione: 23/05/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:estero L'analisi La Germania e lo spettro
dei nuovi poveri di Gherardo Ugolini Che i numeri dell'economia tedesca negli
ultimi tempi fossero pessimi lo si sapeva, ma ora per la Germania si apre un nuovo
spettro, quello della povertà. Dopo gli anni del boom economico mai la
situazione è stata così negativa come adesso. L'ultimo rapporto choc,
pubblicato lo scorso lunedì da un comitato misto di associazioni di previdenza
sociale, calcola che attualmente il 14,3% dei cittadini tedeschi può essere
definito «povero» o «vicinissimo al rischio povertà». Un dato quasi incredibile
per un Paese che è considerato la locomotiva dell'economia europea e che per
decenni è stato ammirato e invidiato come esempio ben riuscito di stato sociale
in grado di garantire il benessere a tutti. Per essere definiti «poveri»,
secondo i parametri fissati dall'Ue, bisogna avere un reddito complessivo
inferiore del 60% rispetto a quello medio della nazione di residenza, il che
per la Germania significa meno di 764 euro al mese. Naturalmente i dati sulla
povertà vanno analizzati nella loro specifica distribuzione geografica. Così si
scopre che il Paese è diviso in tre macroaree ben distinte. La stragrande
maggioranza dei bisognosi vive nelle ex regioni della Ddr, dove lo sviluppo
stenta ancora a decollare due decenni dopo la caduta del Muro di Berlino Lì la
media della povertà sfiora il 20% degli abitanti. Il sud della Germania
(Baviera e Baden-Württemberg) si caratterizza viceversa come la parte più ricca
del Paese con un tasso di povertà contenuto attorno al 10%. I Länder del centro
e del nord-ovest viaggiano invece su valori di povertà medi intorno al 15%. La
pubblicazione dello studio, immediatamente ripresa dai mass media, ha scatenato
una bufera tra le forze politiche che ora si interrogano su come arginare il
fenomeno e sui pericoli che la spaccatura economica può produrre nel futuro. Ma ogni strategia di assistenza deve fare i conti con la cruda
realtà della crisi finanziaria e con i dati assai negativi del Prodotto interno lordo, calato
del 3,8% nel primo trimestre del 2009, con un peggioramento del 6,7% rispetto a
un anno fa: nessun Paese dell'Unione Europea è andato così male nei primi mesi
dell'anno. Inoltre l'export registra un calo costante e il numero dei
disoccupati si avvicina sempre più alla non indifferente quota di quattro
milioni. Comunque, girando per le città tedesche non si ha affatto la
sensazione di una situazione tanto grave e la gente, almeno apparentemente, sembra
riuscire a mantenere lo stile di vita e il livello di consumi abituali, ma gli
esperti si domandano quanto ciò potrà ancora durare. Il rischio è che prima o
poi il «Modell Deutschland» degli ultimi anni, quel sistema socio-economico
basato sui benefici dell'esportazione più che su quelli del consumo interno,
possa incepparsi definitivamente, con conseguenze catastrofiche per tutti, dato
che di regola quando si ferma l'economia tedesca, la prima dell'Europa e la
quarta nel mondo, si fermano anche le economie degli altri Paesi europei, a
cominciare da quelli che attorno alla Germania gravitano da sempre.
( da "Giornale di Brescia"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione: 23/05/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:economia generale della Cisl, Raffaele
Bonannni, ieri a Roma" title="Il ministro del Lavoro, Maurizio
Sacconi, con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonannni, ieri a
Roma" onClick="showImage('http://www.giornaledibrescia.it/gdbonline/contenuti/20090523/foto/full_brescia_512.jpg',600,280)">
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, con il segretario generale della
Cisl, Raffaele Bonannni, ieri a Roma BRITISH AIRWAYS Bilancio in rosso, nessun
dividendo British Airways, nell'esercizio 2008-
( da "Tribuna di Treviso, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Graziano Menegazzo,
la prima vittima Natale tragico a Cavaso: si è impiccato nell'azienda Era
l'antivigilia di Natale, lo scorso 23 dicembre, quando la crisi finanziaria mondiale mieteva la
sua prima vittima: Graziano Menegazzo, 62 anni, di Cavaso. Dopo le tante
campagne in prima linea in difesa degli imprenditori tartassati, si è tolto la
vita nella sua azienda. Lo ha trovato il figlio, una fetuccia di plastica
stretta attorno al collo. Ha provato a rianimarlo, ma per Graziano
Menegazzo non c'era nulla da fare. La crisi non ha
lasciato scampo a uno degli storici guerrieri del movimento dei Liberi
imprenditori federalisti europei (Life). Aveva pranzato a mezzogiorno con la famiglia
e poi moglie e figli non l'hanno più visto. Aveva fondato la Frigocalor di
Casella d'Asolo e ora era socio di un'azienda di via dell'Artigianato a Cavaso.
Consumato dal male invisibile per cui era in cura dalla scorso autunno e dalla
paura dell'avanzata della crisi finanziaria mondiale,
ha deciso di farla finita. Nessun biglietto a spiegare il suo gesto estremo,
solo quel suo sguardo triste e le giustificazioni cercate dagli amici: «Il peso
di un grosso investimento, forse un azzardo, visti i venti di crisi».
( da "Italia Oggi"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
Lavoro e Previdenza data: 23/05/2009 - pag: 36 autore: di Benedetta P. Pacelli
centro studi cni Ingegneria, mercato in calo Lo tsunami finanziario investirà
anche chi, fino a ora, sembrava esserne al riparo. E quei professionisti, come gli
ingegneri, per esempio, da anni incoronati ai primi posti nel mercato del
lavoro vedranno ridurre i loro fatturati. A dirlo l'ultima indagine del Centro
studi del Consiglio nazionale degli ingegneri «Il mercato dei servizi di
ingegneria», riferito agli anni 2007-2008 che formula
alcune ipotesi circa l'impatto della crisi finanziaria sulla categoria stimando una diminuzione del volume d'affari di
circa il 7%. La proiezione fatta dalla ricerca prevede, infatti, che la crisi determinerà l'espulsione dal
sistema produttivo di almeno 2-3 mila ingegneri attualmente occupati come
dipendenti che, in mancanza di alternative, si riverseranno
temporaneamente nel mercato libero professionale. A incontrare le maggiori
difficoltà nel 2009 saranno gli ingegneri già ai margine del mercato dei
servizi professionali: si tratta di circa 26 mila ingegneri che hanno ricavi
inferiori a 30 mila euro annui. Quella del 7% è infatti una contrazione media
che si distribuisce differentemente tra le diverse componenti della platea
degli ingegneri che svolgono attività professionale. La contrazione sarà più
lieve (circa 3-5%) per i liberi professionisti che possono vantare un
portafoglio clienti già consolidato e su un'attività bene avviata. Per quelli più
giovani, agli inizi dell'attività professionale, la contrazione del volume di
affari potrà raggiungere anche percentuali del 20-30%. Per una parte di questi,
si legge ancora nell'indagine, la congiuntura negativa del 2009 potrà
determinare nei fatti addirittura l'espulsione dal mercato dei servizi
professionali. Sul tutto incide anche l'ondata delle liberalizzazioni che ha
portato a dei ribassi medi praticati nei bandi di gara per i servizi di
ingegneria aggiudicati nel secondo semestre 2008 pari al 37% con punte del
60-70% e un ribasso massimo che in alcuni casi ha superato il 90%. Del resto
gli ingegneri insieme agli architetti, geometri e periti industriali, in
maniera individuale o associati in studi professionali, hanno tenuto nel 2008
una quota di mercato pari al 45% per un controvalore di 9,8 miliardi di euro
(0,64% del pil). E gli ingegneri, scorrendo ancora i dati del rapporto del
Centro studi, continuano ad aver il primato di questa componente dell'offerta
con circa 3,7 miliardi di fatturato (0,24 del pil e 17% del mercato).
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
CULTURA &
SPETTACOLI pag. 27 «L'IMM
( da "Milano Finanza"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Milano Finanza
sezione: I Vostri Soldi inGestione Promotori Finanziari data: 23/05/2009 - pag:
43 autore: La consulenza e i conflitti di interesse Il dibattito sul conflitto
di interessi che coinvolgerebbe i promotori finanziari nell'esercizio della loro professione é ritornato prepotentemente
d'attualità, non solo per gli effetti delle crisi
finanziaria, ma anche per le sollecitazioni di
alcuni esponenti delle associazioni di rappresentanza degli operatori, a cui la
stampa specializzata ha fornito attenzione e disponibilità, poiché il tema è
quanto mai avvertito ed attrattivo. Si inserisce in questo contesto
l'interessante commento di Tullio Jappelli, l'università di Napoli Federico II,
pubblicato sul sito di informazione La voce.info lo scorso 21 aprile. Per fare
chiarezza, circoscriviamo innanzitutto il significato di conflitto di interessi
(la definizione è tratta da Wikipedia), che prendiamo come base per il nostro
ragionamento. Si verifica un conflitto di interessi quando viene affidata
un'alta responsabilità decisionale a un soggetto che abbia interessi personali
o professionali in conflitto con l'imparzialità richiesta da tale
responsabilità, che può venire meno visti i propri interessi in causa. Il
verificarsi di un conflitto non costituisce di per sé prova che siano state
commesse scorrettezze; può tuttavia costituire un'agevolazione nel caso in cui
si cerchi di influenzare il risultato di una decisione per trarne un beneficio.
L'essere in conflitto di interessi ed abusare effettivamente della propria
posizione restano però due aspetti distinti: un soggetto coinvolto, infatti,
potrebbe non agire mai in modo improprio. Tuttavia, un conflitto di interessi
esiste a prescindere che ad esso segua una condotta impropria o meno. Partendo
da questa definizione, possiamo affermare che il conflitto di interessi é una
modalità operativa che permea gran parte, se non tutto, l'ambito economico e
finanziario, e non é dunque una caratteristica dell'offerta fuori sede. Basti
pensare al sistema bancario e assicurativo, a quello dell'analisi finanziaria e delle agenzie di rating, fino alla sua massima
espressione di stampo politico, quando coinvolge funzioni pubbliche,
istituzionali o governative. D'altra parte, la società contemporanea, così
complessa e dinamica, é caratterizzata dalla presenza trasversale di questo
fenomeno, del quale, pragmaticamente, dobbiamo prendere atto. Quindi il
conflitto di interesse esiste nel mercato, in natura, ed é
intrinsecamente connaturato con lo sviluppo economico delle democrazie
occidentali e delle relative economie miste di mercato. Negarne l'esistenza é
una battaglia di retroguardia. Occorre, pertanto, stabilire come gestirlo o governarlo, attraverso
regole e comportamenti.E' ben noto che tutta la normativa che regola l'attività
professionale del promotore finanziario si è stratificata almeno negli ultimi
dieci anni, fino ad approdare alla Mifid, la cui ratio è ispirata a delineare
diversi livelli di tutela per i risparmiatori, nonché a prevedere precisi
adempimenti, formali e sostanziali, da parte degli intermediari.Il promotore
sarebbe in conflitto di interessi, quando, nello svolgimento della propria
attività, presta un servizio o colloca uno strumento finanziario appartenente
al soggetto per il quale opera e da entrambe le situazioni ricava un utile
superiore rispetto a quello che si potrebbe ricavare dalle stesse attività
svolte per una pluralità di soggetti in concorrenza, o piuttosto quando
subordina la sua opera professionale esclusivamente a logiche di budget,
individuate dall'azienda, od ancora quando il sistema degli incentivi determina
il consiglio fornito all'investitore.Una particolare vivacità ha caratterizzato
il tema del conflitto di interessi, quando questo ha fatto la sua decisa
incursione nel dibattito sulla consulenza, su chi può esercitarla, su come
presentarla al mercato ed ai risparmiatori. La ricerca del professore Jappelli,
condivisibile quando parla dei problemi derivanti dall'asimmetria informativa e
dalla scarsa cultura finanziaria dei risparmiatori
italiani, e non solo, risulta tuttavia impropria, poiché è incentrata sul
mercato tedesco e focalizzata sul broker on-line, e quindi non sembra adattarsi
alla realtà italiana. Le conclusioni a cui giunge sono dubbie se si vogliono
ricondurre all'attività, che i promotori finanziari svolgono in Italia, da
oltre trent'anni, e al ruolo che essi hanno assunto in questi decenni, come
punto di riferimento per molte famiglie italiane. Infatti, se c'é un carattere
distintivo, tra gli altri, che caratterizza l'attività professionale dei
promotori finanziari, questo é proprio quello di tendere a un controllo e una
diversificazione del rischio finanziario nella costruzione dell'asset
allocation per il cliente e a un suo attento monitoraggio nel tempo. Ciò
avviene attraverso il metodo della pianificazione per obiettivi e per orizzonti
temporali, utilizzando prevalentemente prodotti e servizi del risparmio gestito
per finalità di riserva, di investimento o di previdenza, in un'ottica più
ampia di tutela del patrimonio finanziario complessivo. La vocazione
consulenziale è un tratto titpico dei pf. Inoltre, le evidenze empiriche dei
portafogli della clientela dei promotori, proprio per una presenza di asset
azionari non secondaria, sono per definizione più rischiosi e, nel contempo,
più orientati a cogliere le opportunità di medio e lungo periodo, e scontano in
situazioni di crisi una maggiore volatilità,
fortemente attenuata e diversificata sul fronte dell'efficienza attraverso
l'offerta multibrand.Non ci trovano, dunque d'accordo per i motivi suesposti,
le conclusioni a cui giunge il professore Jappelli, quando sostiene che
I dati indicano quindi
che, almeno per quanto riguarda il caso in esame, affidare il proprio
patrimonio a un promotore non riduce, di per sé, il rischio di perdite, né
migliora il rendimento. Al contrario, espone il cliente a rischi di perdite più
gravi, oltre che a un aumento dei costi di gestione. L'unica soluzione per
limitare i conflitti di interesse è regolare l'attività dei promotori e le
relazioni tra clienti, promotori e intermediari finanziari.L'attività
è già fortemente regolata e non si sente il bisogno di una nuova regolamentazione, più stingente
e a volte inutile ed invasiva, quanto piuttosto è necessario lavorare insieme
ai risparmiatori, agli intermediari, alle autorità di vigilanza, affinché i
clienti aumentino la loro consapevolezza nelle decisioni di investimento,
attraverso una accresciuta cultura finanziaria, una
corretta percezione dei rischi dei mercati e un adeguato supporto
informativo.Last but not least, è fondamentale per il futuro sviluppo del
mercato finanziario implementare iniziative di educazione finanziaria
di base, una sorta di alfabetizzazione, soprattutto rivolte agli studenti, che
saranno gli investitori di domani, e sui quali sarebbe necessario investire
con convinzione e continuità nel tempo. (*)Responsabile Rapporti coi
Risparmiatori, Comitato Esecutivo Anasf
( da "Borsa e Finanza"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
FONDI &
RISPARMIO «Alternativi più forti dopo la crisi» di
Redazione - 23-05-2009 «Gli hedge fund sono stati vittime dell'arresto brutale
dei finanziamenti da parte delle banche d'investimento, nonché dei massicci
riscatti da parte della clientela. Alla fine, comunque, l'industria della
gestione alternativa ne uscirà più forte». È l'opinione di Michel Girardin, direttore
investimenti di Union Bancaire Privée, che palesa tutto il suo ottimismo sul
futuro degli hedge fund. Nel momento in cui a settembre del 2008 il presidente
della Camera dei Rappresentanti americana, Nancy Pelosi, ha dichiarato che «la
festa è finita», a Wall Street si è aperta di fatto la caccia agli stregoni del
mondo della finanza. Trovare i colpevoli della crisi
ha delle virtù ben più tranquillizzanti che cercarne le cause. L'eccessiva
leva, la mancanza di trasparenza, l'assenza di regolamentazioni e una frode
colossale come ciliegina sulla torta sono i giusti ingredienti per attribuire
ai gestori hedge la paternità della crisi. «Ma il vero
responsabile va cercato altrove - continua Girardin - Certo, le performance dei
gestori alternativi sono state deludenti dall'inizio della crisi,
ma quelle dei mercati azionari lo sono state molto di più. A ogni modo, non è
stata tanto la performance degli hedge a porre il problema durante questa crisi, quanto piuttosto l'ondata di riscatti forzati delle
banche d'investimento, costrette a ridurre una leva di gran lunga superiore a
quella degli alternativi, e dei clienti finali avidi di liquidità». Questo
doppio «effetto a imbuto» ha reso necessario il ricorso a uscite a scaglioni
per meglio canalizzare la fuga dei clienti ed evitare che ciò penalizzasse
coloro che rimanevano investiti. «Prima della crisi
alcuni pensavano che i gestori alternativi avrebbero provocato una crisi bancaria sistemica dovuta all'amplificazione delle
perdite, risultato di una leva eccessiva - sottolinea il direttore investimenti
di Ubp - Bene, è successo esattamente il contrario: l'obbligo per le banche d'investimento di ridurre drasticamente la leva in seguito alle
perdite in cui sono incorse a causa dei subprime ha provocato una crisi nell'industria degli hedge fund
legata all'esaurimento dei finanziamenti delle loro strategie. Gli hedge fund
sono stati molto più le vittime che la causa della crisi
finanziaria. Nonostante tutto, il futuro
dell'alternativo rimane molto promettente». L'industria degli hedge fund
al momento sta attraversando una fase di profonda ristrutturazione che ha tutta
l'aria di un processo darwiniano a cui solo i gestori più solidi potranno
resistere. La gestione alternativa ha subìto uno sfalsamento tra la liquidità
degli investimenti sottostanti e quella offerta ai clienti. «In futuro, però -
fa notare Girardin - lo scarto non esisterà più. L'industria tornerà ad
adottare strategie più liquide come Long/Short, Macro e Cta. Altre strategie,
come le Distressed Securities, saranno accessibili attraverso dei prodotti in
cui la liquidità sarà adeguata a quella dei sottostanti, sull'esempio di quanto
offre oggi l'altro grande timone dell'industria alternativa: il private
equity». La liquidità di un investimento è rappresentata dalla fiducia che
l'acquirente ripone nella propria capacità di rivendere lo strumento in
questione. E come ha dimostrato la bolla subprime, questa certezza può svanire
in tempo record. «Le banche d'investimento sono state salvate, per la maggior
parte, dalle banche centrali - conclude Girardin - I gestori di hedge fund non
hanno avuto questa possibilità e hanno dovuto realizzare perdite importanti, a
volte fatali per la loro esistenza in seguito all'interruzione dei
finanziamenti da parte delle banche di investimento stesse e dei rimborsi ai
loro clienti. E alla fine ne usciranno rafforzati».
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
DIARIO DELLA CRISI
British vola in rosso CsC meno pessimista Fallisce BankUnited Galapagos Un
nuovo segnale di crisi arriva dalle compagnie aeree
che nel blu dei cieli volano in rosso: British Airways (Ba) nell'esercizio
2008-
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
TOR VERGATA · Nuova
iniziativa di Action in un hotel del gruppo Coppola Occupazione? No, offerta di
pubblico affi tto Una O.p.a. sull' hotel La Mela di Torvergata. Ma non si
tratta di un'offerta di pubblico acquisto. Bensì un'«Offerta di pubblico
affitto». E' quanto propone l'associazione Action, che ieri mattina ha guidato
l'occupazione dell'hotel che si trova in via Stoppato 108, Torvergata. Si
tratta di un piccolo «gioiellino »: 56 stanze, 36 miniappartamenti, sauna,
piscina, palestra. Doveva diventare un hotel indirizzato alla «business class».
E invece il mega hotel è rimasto vuoto. Un monumento alla crisi:
dei business men i cui orizzonti si sono ristretti, ma anche degli «enfant
prodige » della finanza che poco prima dell'esplosione dei mutui subprime erano
stati colti con le mani nel sacco. E' il caso di Danilo Coppola, uno dei
furbetti del quartierino, padrone dell'hotel La Mela. I «soci di maggioranza di
Action» si legge nel comunicato stampa dell'occupazione «intendono convincere
il principale azionista del gruppo Coppola a concedere in affitto sociale» gli
alloggi dell'hotel. «I tempi di realizzazione dell'operazione dipendono esclusivamente dalle disponibilità del Gruppo Coppola e
dalle sue prospettive che, dopo la tempesta finanziaria e giudiziaria che l'ha investito recentemente, non sembrano
eccessivamente floride». Fuor di metafora, Action propone che i circa 100 mila
appartamenti sfitti e le 40 mila case invendute causa crisi
finanziaria siano messe a disposizione di chi può
pagare un affitto. Chiaramente, un affitto sociale. Ma non solo. Perché
l'azione di ieri mira anche a rimettere al centro del dibattito la questione
delle centralità pubbliche e del loro utilizzo: «Siamo a ridosso della
Centralità pubblica di Tor Vergata - si legge nel volantino distribuito ieri -
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Crescita dibattito
Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo: un faccia a faccia a partire dalla crisi economica per ridefinire parole come «crescita»,
«sviluppo», «politica», «disarmo». E mettere al centro i «vituperati» limiti
ambientali LA CRISI, OCCASIONE PER UN'ALTRA SINISTRA Crisi economica, limiti
del capitalismo, ideologia dello sviluppo, «decrescita». Parole chiave per
comprendere il presente e per una sinistra alternativa. Ne parlano, in questo
faccia a faccia, Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo. Carla Ravaioli Di fronte al
terremoto che scuote l'economia mondiale le sinistre non sembrano avere una
risposta propria. Uscire dalla crisi, rilanciare
l'economia, sono i loro obiettivi, gli stessi di tutti. Cosa da un lato
comprensibile: cercar di contenere disoccupazione e precarietà già dilaganti, è
compito loro. E tuttavia parrebbe naturale che le sinistre tentassero di
spingere lo sguardo oltre l'immediato, per una lettura più approfondita della crisi, e anche per provare a pensarne un esito diverso da
quel «superamento» in cui tutti sperano. Giorgio Ruffolo Da tempo la sinistra
non è più in grado di dare risposte alla politica, e nemmeno di porre le
domande giuste, irrigidita com'è su due posizioni: l'una riformista di breve
periodo, l'altra contestativa in genere, rivoluzionaria ma solo a parole. Due
debolezze in fondo, lontane dalle autentiche vocazioni della sinistra: quella
progettuale, impegnata in un riformismo concreto, e quella ideale, orientata a
pensare una società diversa. C. R. Forse, appunto, la mancanza di una risposta
adeguata è dovuta alla mancanza di domande giuste... Si tende, anche a
sinistra, a vedere la crisi attuale come una delle
tante ricorrenti nella storia del capitalismo. A me pare molto diversa... Se
non altro perché in realtà le crisi che scuotono il
mondo sono due: quella economica e quella ecologica... Le quali a me (e non a
me solo) sembrano strettamente intrecciate... G. R. La crisi attuale è crisi dell'accumulazione.
L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per natura illimitata. Di
fatto, una logica impossibile, quindi illogica, dissennata. Che è la causa
prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali. E parrebbe
ormai davvero il momento di recuperare l'etica dei limiti, di saper
contrapporre qualità a quantità. C. R. E questo è - parrebbe dover essere -
compito soprattutto delle sinistre. Ma non sembra un'ipotesi probabile... In
realtà uno dei «peccati» che non riesco a perdonare alle sinistre è la loro
totale sordità nei confronti del problema ambiente. Che dura ancora oggi: per
le sinistre come per tutti, la questione resta marginale. Né mai viene messa in
relazione con la crisi economica: relazione che a me
pare evidente... G. R. Non c'è dubbio. Ambedue le crisi,
sia quella finanziaria, poi ricaduta sulla economia
«reale», sia quella ecologica, costituiscono una minaccia gravissima, e ambedue
dovrebbero essere affrontate con un'economia di nuovo tipo, capace di evitare
da un lato l'indebitamento della finanza, dall'altro l'indebitamento con la
natura. Una delle non poche affinità esistenti tra i due fenomeni è appunto il
fatto che ambedue nascono da un indebitamento. La diffusione di falsi crediti,
che non trovavano riscontro nell'economia reale e non potevano pertanto essere
restituiti, è all'origine della crisi finanziaria. Ma
anche la crisi ecologica nasce da crediti che non
possono essere restituiti: i danni irreversibili recati agli ecosistemi dalla
rapacità con cui la società industriale è andata usando le risorse naturali,
sono in realtà dei prestiti senza copertura. C. R. Già. Ma, per quanto
l'ambientalismo insista nell'indicare questa insanabile aporia tra una
produzione in crescita illimitata e i limiti del Pianeta, l'economia insiste
nell'inseguimento della crescita. Far ripartire l'aumento del Pil è suo
obiettivo primario. Le sinistre, i sindacati, si allineano... G. R. Eppure non
potremo mancare di affrontare una domanda-chiave: è possibile porre in essere
un'economia che eviti sia l'indebitamento del denaro, sia quello con la natura?
Una domanda che non può prescindere da una seria analisi del rapporto tra
l'attuale tipo di sviluppo e la crisi in corso.
Rapporto che si manifesta con tutta evidenza, ad esempio, nei modi in cui si
tenta di far fronte alla scarsità energetica: spingendo la ricerca di
carburanti fossili nei luoghi più remoti, impegnando la tecnologia nella
ricerca sempre più attiva di energie rinnovabili, nella messa a punto della
massima efficienza; eccetera. Tutte cose utili, ma che, di fatto, non si
confrontano con il problema della scarsità; accettano un'economia come la
nostra, che ignora ogni fine superiore e impone se stessa come fine; ignorando
insomma che il progresso non si misura quantitativamente, in termini di
crescita, ma qualitativamente, in termini di sviluppo. C. R. Lo sai bene,
queste tue posizioni sono anche mie. Da gran tempo. L'evolversi della
situazione mondiale mi va però suscitando non poche perplessità circa la
possibilità di porle in essere. Perché lo «sviluppo», così come ormai viene
concepito e perseguito, è in realtà sempre meno distinguibile dalla «crescita».
La quantità mi pare si sia ormai imposta come una categoria che pervade e
conforma tutti gli ambiti, fino a dare forma a rapporti di ogni tipo, percorsi
di vita, progetti di ogni futuro... Non a caso il consumo definisce, non solo
nei testi di sociologia, la forma del nostro tempo. Il consumo impostosi come
simbolo positivo dell'identità individuale; il reddito, in quanto capacità di
consumo, assunto come obiettivo primo di ogni vita, da conseguire non importa
come; una massa di consumi individuali che danno corpo e futuro
all'accumulazione capitalistica... E' una vera e propria mutazione
antropologica che si è prodotta negli ultimi decenni. Superare questa realtà
temo richieda un drastico mutamento di abitudini, modelli, categorie mentali
prevalenti, una rottura storica insomma, una «rivoluzione». Che d'altronde non
immagino in alcun modo simile alle rivoluzioni del passato. G. R. Io sono
convinto che questo capitalismo sia insostenibile. E la crisi
attuale lo dimostra. Però sono convinto anche della possibilità di un
capitalismo qualitativo, credo insomma che si possa salvare il capitalismo da
se stesso. Perché non è vero che l'unica via al capitalismo sia
l'accumulazione. E non sono il solo a crederlo. Ad esempio se ne dice convinto
anche Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri», che parla della crisi come di un'opportunità di ridisegnare l'economia e il
sistema finanziario, dando luogo a un «capitalismo ben temperato», non
finalizzato alla massimizzazione del profitto, ma alla diffusione del
benessere; e a questo proposito ricorda che Adam Smith, oltre a La ricchezza
delle nazioni, ha scritto anche Teoria dei sentimenti morali, un bellissimo
libro, in cui si occupa della complessità della natura umana, capace non solo
di egoismo, ma anche di sollecitudine per la felicità altrui. Cosa su cui hanno
riflettuto grandi economisti italiani, come Federico Caffè, Giorgio Fuà, Paolo
Sylos Labini; e che ha trovato attuazione nell'opera di grandi capitani di
industria, come Adriano Olivetti e Enrico Mattei, i quali hanno costruito
grandi fortune perseguendo ideali non identificabili solo con il danaro. C. R.
Tutto questo è vero, e anche molto affascinante... Ma francamente non so quale
possibilità abbia di messa in opera, nella situazione attuale. Che è una
situazione estrema. Sotto l'aspetto ambientale, con la vistosissima
accelerazione dello squilibrio ecologico. E sotto l'aspetto sociale, con un
crescente sfruttamento del lavoro, insieme a un aumento scandaloso delle
disuguaglianze: secondo l'Ocse l'1% della popolazione mondiale detiene il 50%
della ricchezza. Ma anche, forse soprattutto, per via del gravissimo guasto,
morale, psicologico, mentale, che il dominio della quantità, cioè l'economia
degli ultimi decenni, ha prodotto: di cui la corruzione capillarmente diffusa e
ormai accettata come normale è un significativo esempio. In questa realtà non
so se un riformismo del tipo di cui parli possa trovare spazio e seguito. In
che modo convincere la gente che il consumo, simbolo e totem del nostro tempo,
va abbandonato, o quanto meno fortemente contenuto? G. R. E' il problema che
poni anche nel tuo ultimo libro, Ambiente e pace - Una sola rivoluzione. Libro
che ho molto apprezzato nella «pars destruens», ma che mi convince pochissimo
nella proposta di disarmo dell'Europa .... C. R. Ma l'idea era di iniziare con
l'Europa, per poi affidarle il compito di portare avanti la proposta, coinvolgendo
anche i molti paesi - soprattutto del Sud del mondo - dove il pacifismo è
presente e attivo. Dopo tutto, se produrre meno è, secondo l'ambientalismo più
qualificato, l'unica via di salvezza, incominciare tagliando la produzione di
armi, non mi pareva sbagliato. E non mi pare nemmeno ora, devo dire. Solo che
in un anno, da quando ho dato alle stampe il libro che citavi, ho in qualche
modo cambiato, o piuttosto «allargato» la mia ipotesi. In due parole: la
produzione di armi rappresenta ufficialmente il 3,5% del Pil mondiale. Qualora
gli umani la piantassero finalmente di risolvere i loro problemi ammazzandosi
reciprocamente, e anche di usare la guerra per rimettere in marcia l'economia
quando rallenta, questo (due ipotesi azzardatissime, certo) rappresenterebbe
per l'ambiente una bella «ripulita», no? G. R. Certo che sarebbe una bella
ripulita, ma questa ipotesi irenica (gli umani, tutti, diventati di colpo
pacifici) non mi pare, francamente, meno utopistica del mio «capitalismo ben
temperato». A quello si può arrivare gradualmente, come sempre è avvenuto: dopo
tutto il capitalismo attuale è ben diverso da quello dei «maitres des forges»
del XIX secolo: mentre alla pace universale si può giungere solo con un accordo
universale, che non vedo all'orizzonte. D'altra parte, cominciare con l'Europa
mi pare fin troppo facile... L'Europa questa scelta l'ha già fatta da tempo,
per quanto riguarda le sue «guerre civili». Eppoi, una prospettiva di pace
senza condizioni comporta la «pace con Hitler»: per intenderci, la rinuncia a
difendersi da ogni tipo di aggressione. E' moralmente sostenibile? C. R. Se una
persona della tua intelligenza e delle tue posizioni politiche risponde così a
questa mia idea, dev'essere un'idea davvero sballata... Più di quanto io stessa
credessi, ed era tanto... E però m'è capitato di accennarvi in diverse
pubbliche occasioni e, certo, le obiezioni non sono mancate, anche molto dure.
Esempio: e tutti quelli che nelle armi ci lavorano, che pensi di farne? Ma
parlare di riduzione generalizzata degli orari già riportava il discorso a
livelli di normale discussione. Oppure: chi pagherebbe tutto questo? E di nuovo
bastava ricordare la mostruosa disparità dei redditi e il dovere di una
distribuzione più equa, per tornare a ragionare. Eppoi Hitler, certo,
sacrosanto combatterlo: e però il nazismo non è stato il prodotto della prima
grande guerra? Non è che violenza chiama nuova violenza? G. R. Carla, quel che
ti si deve riconoscere è il coraggio dell'utopia. Che è più concreta di tante
«realistiche» chiacchiere. Al metro della storia, almeno, che è fatta di utopie
realizzate. Come l'abolizione della schiavitù. Neppure la Chiesa aveva il
coraggio di sostenerla. Del resto, la schiavitù, la praticava largamente.
Dunque è giusto battersi per le cause difficili. Senza dimenticare - è questa
la virtù del buon riformismo - che esistono vie laterali, anche se più lunghe.
L'importante è lo scopo. E su questo mi pare che siamo largamente d'accordo.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-05-23 - pag: 8 autore: Il G-30 di Roma. Impegno di
UniCredit, Intesa e altri gruppi a restare nell'area La Bers blinda le banche
straniere a Est Alessandro Merli ROMA Entro l'inizio dell'estate, la Bers
firmerà altre due operazioni di ricapitalizzazione di banche dell'Europa
dell'Est come quella conclusa due settimane fa con Unicredit per finanziare con
432 milioni di euro le sue controllate nella regione. Lo ha detto in
un'intervista al Sole 24 Ore Thomas Mirow, presidente della banca londinese
creata per promuovere la transizione dei paesi ex comunisti all'economia di
mercato. Sei banche occidentali attive in Europa centrale e orientale, fra cui
la stessa Unicredit e Intesa SanPaolo, hanno inoltre sottoscritto un impegno a
mantenere nel lungo termine la propria presenza e a fornire i capitali
necessari alle loro controllate in Ungheria, uno dei paesi della regione più
colpiti dalla crisi. Un analogo patto è in via di definizione per Romania e
Serbia. Si rafforzano con queste operazioni i sistemi bancari dell'Europa
dell'Est, uno degli anelli più deboli della finanza globale nella crisi in
corso, che avevano fatto temere di poter coinvolgere pesantemente in un
eventuale collasso le banche occidentali controllanti. Non a caso, per le preoccupazioni che ha sollevato sui mercati
finanziari e fra le autorità, l'Europa dell'Est è
stata l'unica area dell'economia mondiale a meritare ieri un'esame specifico
alla riunione del G-
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-23 - pag: 12 autore: NO COMMENT ...
Intesa Sanpaolo, il mediatore Bazoli e il duello tra soci L o svolgersi degli
avvenimenti è tutt'altro che inedito. L'Antitrust approva decisioni più o meno
clamorose e il Tar conferma in primo grado. Poi la parola passa al Consiglio di
Stato, che provvede a riportare la tranquillità, annullando buona parte dei
provvedimenti. L'ultimo esempio riguarda i rapporti tra Mediobanca e Generali.
Mediobanca, secondo l'Antitrust, è l'azionista di comando delle Generali. Il
Consiglio di Stato ha stabilito che non è così. Sintetico, e molto efficace, il
commento di un banchiere sempre piuttosto autonomo nei giudizi: «La decisione
del Consiglio di Stato - commenta sorridendo - va interpretata come un auspicio
che i dirigenti delle Generali diventino realmente autonomi». In passato alcuni
di loro ci hanno provato con esiti piuttosto deludenti. Oggi i tempi sono
cambiati e gli uomini altrettanto. Di sicuro, l'Antitrust è diventato una
variabile di cui tenere conto. E, incassata la sconfitta sul fronte
Mediobanca-Generali, sta giocando almeno un'altra partita impegnativa. Sotto
tiro ha messo l'accordo tra la stessa Generali e il Crédit Agricole sulla
gestione delle partecipazioni in Banca Intesa Sanpaolo, che ha creato un
secondo polo nell'azionariato del gruppo, contrapposto a quello delle
fondazioni guidato dalla Compagnia San Paolo di Torino, il socio di maggior
peso. L'alleanza Generali-Crédit Agricole è stata favorita dagli alleati
francesi del presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi (in particolare dal
finanziere bretone Vincent Bolloré, di cui il Crédit Agricole è sempre stato
importante partner bancario). Così come il formarsi di due poli contrapposti
nell'azionariato ha l'effetto di valorizzare le qualità di mediatore, del resto
ben conosciute, di Giovanni Bazoli, il presidente del consiglio di sorveglianza
Intesa Sanpaolo. Lo conferma una battuta in voga nel mondo finanziario
anglosassone che dice: shareholders troubles, managers party (i problemi degli
azionisti fanno la felicità dei manager). La sortita dell'Antitrust poggia su
considerazioni effettive. All'epoca della nascita d'Intesa Sanpaolo la
condizione posta era che il gruppo francese scendesse sotto quota 2% e non nominasse
rappresentanti negli organismi di vertice della banca. Il recente accordo
Generali-Crédit Agricole va in direzione opposta. Tra le motivazioni ne spicca
una indubbiamente fondata: dopo la crisi drammatica dei mercati finanziari, non è un buon
momento per vendere titoli azionari. E anche la cessione di titoli Intesa
Sanpaolo avrebbe l'effetto di registrare minusvalenze pesanti. Per questo
conviene evitarla, ma per evitarla il management del Crédit Agricole deve dare
agli azionisti un significato alla presenza nel capitale della banca e
prospettive per il futuro. A questo serve l'alleanza con le Generali.
Nell'attesa di vedere l'esito della mossa dell'Antitrust, va preso atto che per
il momento rafforza il ruolo delle fondazioni e, in particolare, della
Compagnia San Paolo. Proprio loro sono pronte a schierarsi contro
Generali-Crédit Agricole nella procedura avviata dall'Antitrust. In particolare
il ruolo della Compagnia San Paolo, l'azionista principale d'Intesa Sanpaolo, è
tornato determinante. Un motivo in più per seguire le vicende che nei prossimi
mesi determineranno i nuovi equilibri al vertice della fondazione torinese, con
due personaggi in campo: Enrico Salza (rappresentante della Compagnia in Banca
Intesa Sanpaolo, di cui è presidente del consiglio di sorveglianza) e Angelo
Benessia (il presidente della Compagnia). fabio.tamburini@ilsole24ore.com ©
RIPRODUZIONE RISERVATA CONFLITTI L'Antitrust attacca, ma deve fare i conti con
il Consiglio di Stato di Fabio Tamburini
( da "Corriere Alto Adige"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere dell'Alto
Adige sezione: 1AECONOMIA data: 23/05/2009 - pag: 11 Il convegno Durnwalder
rassicura Ctcu: più sostegno ai consumatori Il direttore BOLZANO «La crisi finanziaria si farà sentire ancora e perciò dovranno essere valutati
eventuali correttivi sul piano economico a favore dei consumatori. Sappiamo
però che la politica economica in Alto Adige può contare su un vantaggio
importante e cioè quello di poggiare non su un unico settore ma su diversi
cardini come il turismo, l'artigianato, le Pmi e il settore dei
servizi». Con queste parole il Landeshauptmann Luis Durnwalder ha inaugurato
ieri il convegno organizzato dal Ctcu con la Provincia per parlare dei venti di
recessione: in Alto Adige il tasso di disoccupazione è salito dal 2,3 al 2,8%.
Un anno fa la crescita del Pil in Alto Adige si era assestata sull'1,8%, nel
periodo di crisi è scesa fino a 0,5%: «L'ente pubblico
ha ora come compito fondamentale, quello di evitare indebitamenti per potersi
impegnare con misure adeguate a favore della popolazione quando la situazione
lo richiede ha detto Durnwalder il nostro obiettivo è quello di mantenere i
posti di lavoro, e di curarci dei lavoratori in cassa integrazione che hanno
bisogno di un ulteriore integrazione per vivere. Le banche confermino la
disponibilità ad elaborare con la giunta un piano di accesso al credito». Poi
la parola al Ctcu: «Il nostro prodotto interno lordo cresce molto lentamente
segno evidente che siamo in stato di recessione ha affermato il direttore,
Walter Andreaus bisogna capire se la tendenza va verso una stagnazione o verso
una depressione, cioè una recessione duratura. Di certo è che dopo decenni di
liberismo sfrenato è arrivato il bisogno di una regolamentazione globale dei
mercati finanziari. I prodotti finanziari complessi devono essere
preventivamente vagliati ed autorizzati da un apposito ente di controllo, prima
della loro immissione. Le agenzie di rating devono essere in mano pubblica, la
consulenza finanziaria e previdenziale deve essere
sostenuta e potenziata. Solo un sistema pensionistico pubblico può garantire
veramente sicurezza nell'erogazione delle prestazioni». Andreaus: «I controlli
sui rating dei prodotti finanziari devono essere in mano pubblica» Stefano
Pasquali
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-23 - pag: 29 autore: Fari sulla
divisione sicurezza Deutsche Bank avvia inchiesta su irregolarità Deutsche Bank
( nella foto il Ceo Josef Ackermann) ha annunciato l'avvio di un'inchiesta
interna per irregolarità compiute nella divisione "Sicurezza" dopo il
moltiplicarsi di casi di violazione di informazioni riservate nelle aziende
tedesche. «I fatti di cui disponiamo al momento lasciano
pensare che si tratti di un piccolo numero di violazioni e che i dati bancari o
altre informazioni sui clienti non siano stati toccati» si legge in una nota
della società. Deutsche Bank ha informato l'autorità tedesca di supervisione
sui mercati finanziari
(BaFin) di aver ordinato «un'indagine speciale».
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-23 - pag: 29 autore: Credito. La crisi si sente anche nel primo trimestre: profitti in calo
del 60% Banche, utili giù del 56% ma il sistema resta solido Abi: i gruppi
italiani hanno resistito meglio degli europei Rossella Bocciarelli ROMA Meno
colpite delle consorelle europee dalla crisi finanziaria, sì. Completamente
immuni no, perché non era possibile. Le banche italiane nel loro insieme hanno
chiuso i bilanci del 2008 con una flessione dell'utile netto pari al 56 per
cento (dai 20 miliardi del
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-23 - pag: 33 autore: Gestione di
patrimoni. La crisi delle banche rilancia le società che seguono gli interessi finanziari dei più ricchi La Svizzera
riscopre i family office Lino Terlizzi LUGANO D a Citigroup a Gwm Sa, family
office di Ginevra. Shawn Mofidi, 49 anni, già responsabile della clientela
abbiente in Medio Oriente per il Private Banking di Citigroup, approda
nella città sul Lemano. A conferma della fase di riscoperta dei family offices,
società che fanno gestione e consulenza per famiglie con patrimoni ingenti e
che hanno ora quotazioni in crescita, sull'onda della crisi
finanziaria e delle difficoltà di una parte delle banche. Mofidi sarà
presidente della Gwm Sa, uno dei tre rami del Global Wealth Management Group,
guidato dall'italiano Sigieri Diaz Pallavicini. Gwm è la divisione di wealth
management e appunto di servizi di family office. Gli altri due rami del gruppo
sono Sodali (corporate governance), e Gwm Merchant, attiva in coporate finance
e nei servizi per l'investment banking. Ma le luci della cronaca ora si
accendono su Gwm Sa, proprio grazie al cambio di campo abbastanza clamoroso del
manager ex Citigroup. Gwm, che ha le sue sedi principali a Ginevra e in
Lussemburgo, gestisce patrimoni per 2 miliardi di euro. Il gruppo amministra
fondi e fa consulenza per famiglie plurimilionarie soprattutto di Europa e
Medio Oriente. «La nostra idea – spiega Peter Sartogo, managing partner di Gwm
– è che ci troviamo in una fase in cui è possibile attuare una decisa
espansione delle nostre attività. Per l'esattezza noi siamo un multifamily
office, i nostri clienti sono una trentina di famiglie e ci differenziamo da
quelle strutture che lavorano per singole famiglie. Riteniamo di poter attirare
molte altre famiglie con grandi patrimoni. Le nostre aree principali rimarranno
Europa e Medio Oriente, ma non escludiamo di poter attrarre anche clienti
nordamericani ». Ginevra, da sempre sede rilevante per la gestione di patrimoni
privati, è in effetti ora anche una delle capitali dei family office. è stato
l'imprenditore italosvizzero Ernesto Bertarelli, qualche tempo fa, a far
riaccendere i riflettori sul settore, quando ha creato la sua struttura di
family office tra Ginevra e Londra, dopo aver attuato la cessione miliardaria
del gruppo Serono. Di lì in poi si è visto ancor meglio quanto contassero
family e multifamily office, una piccola ma ormai consistente galassia. In
questi mesi, poi, le prospettive si sono ampliate. Da una parte c'è
l'insoddisfazione di una parte delle famiglie abbienti per le perdite subite
sui mercati finanziari, un fuoco che cova sotto le
ceneri e su cui è stata versata in alcuni casi la benzina delle difficoltà di
alcune grandi banche internazionali o delle vere e proprie truffe come quella
del finanziere americano Madoff. Dall'altra, c'è un certo numero di top
manager, esperti nella gestione di patrimoni, che non possono più contare sugli
incarichi precedenti o che, come nel caso di Shawn Mofidi, vogliono fare altre
esperienze. © RIPRODUZIONE RISERVATA A CACCIA DI MANAGER La ginevrina Gwm Sa
strappa Shawn Mofidi al private banking di Citigroup e prepara i piani per una
rapida espansione
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-23 - pag: 2 autore: Fondi sovrani, pirati e
regole Norme straordinarie per tutelare gli interessi nazionali contro le
scalate di Lamberto Cardia u Continua da pagina 1 D a più parti sono comparsi
programmi d'interventi pubblici, con connotazioni protezionistiche, finanziati
dai contribuenti. Concetti caduti in disgrazia - le nazionalizzazioni o gli
aiuti di Stato - sono tornati in auge. I valori della libera concorrenza e
della trasparenza delle informazioni sono stati a volte sacrificati in nome
della stabilità, posta come obiettivo prioritario. In questo contesto l'Italia
- in posizione periferica rispetto all'epicentro della crisi a New York e a
Londra - ha dovuto affrontare le sue emergenze. La Borsa di Milano è stata
penalizzata, specie nei primi mesi, assai più che non Wall Street o la Borsa di
Londra, dove la crisi si è generata. Dopo lo scossone Lehman Brothers, lo scenario
che si è presentato da noi è analogo a quello che si è presentato altrove:
indici di Borsa ai minimi; economia in recessione. Ma nel nostro paese questo
scenario si è sovrapposto a un paesaggio preesistente, segnato da debolezze
storiche. Da una parte un tessuto sociale sfilacciato, caratterizzato in aree
del territorio da fenomeni d'illegalità diffusa, cui si contrappone una
presenza delle istituzioni e dello Stato che, sia pure attiva, non sempre si
dimostra adeguata; dall'altra un sistema economico-finanziario articolato su
tre pilastri: il capitalismo familiare, con strutture finanziarie talvolta
fragili; una mano pubblica un tempo onni-pervasiva e oggi più circoscritta;
l'universo polverizzato delle piccole e medie imprese. Sono questioni vecchie,
che nel contesto post-Lehman Brothers pongono problemi nuovi. Il sistema
istituzionale ne è consapevole al massimo livello. Nelle settimane scorse il
presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha levato un grido d'allarme
sul rischio che la criminalità organizzata approfitti delle attuali eccezionali
opportunità d'investimento per acquisire in tutto il Paese il controllo
d'imprese in difficoltà. Alte cariche della magistratura condividono queste
preoccupazioni. Il procuratore nazionale anti-mafia, Piero Grasso, va da tempo
segnalando questo pericolo. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia,
ha rilanciato l'allarme. Prendo atto di non essere il solo nel paese a nutrire
questi timori. Il senso dei contributi di pensiero che ho avanzato nei mesi scorsi
per modificare il Testo unico della finanza va cercato anche in questa
preoccupazione di fondo. Quando, nell'ottobre scorso, ho rappresentato al
Parlamento l'ipotesi di conferire alla Consob il potere d'abbassare
temporaneamente e in circostanze d'emergenza la soglia delle comunicazioni
obbligatorie in materia di partecipazioni rilevanti, intendevo dotare il
sistema di un meccanismo di rilevazione dei movimenti nell'azionariato delle
società quotate più sensibile di quello che avevamo. Abbassare la soglia dal 2%
fino all'1% consente un monitoraggio più tempestivo dei movimenti di Borsa e
può fornire indicazioni utili anche nell'azione di contrasto delle
infiltrazioni criminali nella finanza "pulita". Questa era l'idea a
monte della mia richiesta, come ho anche esplicitato in vari interventi sulla
stampa. Era e resta un contributo a titolo personale sulla base delle mie
esperienze passate e presenti, espresso non a nome dell'Istituto. Governo e
Parlamento hanno ritenuto di accogliere quel suggerimento e di trasformarlo in
norma di legge. Di questo sono loro grato. Hanno dato ascolto, in parte, anche
ad altri miei contributi: l'innalzamento dal 10% al 20% del limite posto per
legge all'acquisto di azioni proprie in società quotate; l'innalzamento dal 3%
al 5% della soglia massima per l'acquisto di azioni rilevanti ai fini della
cosiddetta "Opa incrementale". Sono due provvedimenti tecnici, che
favoriscono il rafforzamento degli azionisti di controllo o di riferimento. Su
questi ultimi due punti è andata persa, nel recepimento in legge, l'ipotizzata
temporaneità delle misure che in più occasioni avevo indicato. Governo e
Parlamento potranno, se lo riterranno, introdurre anche per questi
provvedimenti lo stesso carattere temporaneo previsto per l'abbassamento della
soglia sulle partecipazioni rilevanti. Nel dibattito pubblico questo pacchetto
di misure ha trovato fredda accoglienza. Tuttavia il senso di questi
provvedimenti va cercato nel contesto di crisi post-Lehman Brothers. Oggi più
che mai le debolezze strutturali che caratterizzano il sistema del governo
societario nel nostro paese possono esporre diverse imprese italiane, anche di
rilievo, al rischio di scalate ostili da parte di soggetti istituzionali. Penso
al fenomeno dei fondi sovrani che, a mio parere, va monitorato con attenzione.
Con le loro scorte di liquidità, i fondi sovrani possono svolgere una funzione
di stabilizzazione in fasi in cui la liquidità scarseggia. Ma il loro
intervento può assumere forme diverse, amichevoli o anche ostili e aggressive.
In un sistema storicamente vulnerabile come il nostro, è utile un meccanismo di
difese da attivare all'occorrenza per la salvaguardia degli interessi
strategici nazionali. Il cosiddetto "pacchetto antiscalate" va in
questa direzione. Rispetto alla metà degli anni 90 del secolo scorso, in cui si
colloca la genesi del Testo unico della finanza, tante cose sono cambiate. Il
Tuf ha il merito di aver svecchiato il nostro sistema finanziario. I principi
cardine del Tuf - contendibilità delle imprese, ricambio del controllo
societario, tutela delle minoranze - sono un patrimonio che ha arricchito la
cultura finanziaria italiana. Il Tuf resta un saldo punto di riferimento, in
base al quale orientarsi anche in mezzo alla tempesta. Tuttavia non si può non
tener conto del fatto che nel frattempo il mondo è cambiato. La direttiva
comunitaria in materia di Opa (2004) ha di fatto aperto la strada in Europa a
tendenze protezionistiche. La crisi dei mutui subprime ha accelerato questo
processo. Benché condannato a parole, il protezionismo è oggi la cifra
caratterizzante delle politiche economiche di paesi con cui ci dobbiamo
confrontare. Può piacere o non piacere. Ma questo è il mondo in cui viviamo.
Dobbiamo prenderne atto. E affrontare il mondo di oggi andando a frugare nella
cassetta degli attrezzi di ieri potrebbe rivelarsi penalizzante per chi non sa
adeguarsi ai segni del proprio tempo. In nome di valori che gli altri si
sono buttati alle spalle, l'Italia potrebbe trovarsi a fare il vaso di coccio
tra i vasi di ferro. Fermi restando i valori fondamentali del Tuf come stella
polare, una correzione di rotta, almeno temporanea, può dare utili risultati.
Non è in discussione il bene prezioso, cioè la trasparenza necessaria. Ma solo
regole certe, chiare e da tutti in ugual modo applicate costituiscono il
presupposto di un mercato effettivamente libero. L'autore è presidente della
Consob © RIPRODUZIONE RISERVATA IMPRESE VULNERABILI Le regole ultra-liberiste
del Testo unico della finanza espongono le società al rischio di acquisizione
ostile da parte dei soggetti con grande liquidità Avidità e vergogna. Proteste
prima della testimonianza al Congresso dell'amministratore delegato di Lehman
Brothers, Richard Fuld. Il banchiere ha difeso le sue scelte definendole
«prudenti e appropriate» CORBIS
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-23 - pag: 2 autore: L'imperfezione dei mercati Greenspan e Bernanke bocciati in
teoria di Pietro Reichlin Q uesta crisi finanziaria non è certo la prima dal dopoguerra, ma si distingue dalle altre
per la dimensione, il grado di propagazione e per essere avvenuta nel momento
di massima fiducia nelle virtù dell'innovazione finanziaria. Gli ultimi governatori della Federal Reserve, Alan Greenspan e
Ben Bernanke, sono stati fautori di questo processo d'innovazione, e tra
coloro che non hanno voluto una maggiore regolamentazione. Eppure, Ben Bernanke
è un accademico che, come pochi altri, ha studiato a fondo la depressione del '
( da "Corriere del Veneto"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere del Veneto
sezione: PRIMOPIANO data: 23/05/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 23/05/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 23/05/2009 - pag: 33 Il salvataggio Aig cambia ancora
«Accuse ingiuste», lascia anche Liddy DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - L'incredibile storia della crisi
finanziaria che, partita due anni fa da Wall Street,
ha travolto l'economia del mondo intero, trabocca di gente che ha combinato
disastri (banchieri come Fuld e Prince), «pentiti» (l'ex capo della Fed, Alan
Greenspan), camaleonti (Larry Summers che oggi alla Casa Bianca fa una politica
pressoché opposta rispetto a quella seguita 10 anni fa, quando era al
fianco di Bill Clinton), furfanti (Madoff e dintorni), vittime (investitori che
hanno perso tutto, finanzieri suicidi). Fino a oggi mancava, però, la figura
dell'«eroe», quella alla quale gli americani sono più affezionati, nelle
vittorie come nelle disgrazie (vedi i pompieri di «Ground Zero»). Adesso anche
questo vuoto sta per essere colmato: lasciando la guida dell'Aig senza prendere
un soldo né come stipendio né come bonus, Edward Liddy si candida, infatti, a
divenire il primo eroe della faticosa operazione di salvataggio del sistema
creditizio americano. Un eroe incompreso i cui meriti verranno riconosciuti in
futuro. Liddy, ex capo delle assicurazioni Allstate, se ne stava
tranquillamente in pensione quando, otto mesi fa, un trafelato Henry Paulson,
ministro del Tesoro di Bush, lo chiamò chiedendogli - come patriota, più che
come manager - di prendere la guida di Aig: un gruppo assicurativo alla deriva,
fortemente esposto, al cui vertice si erano succeduti, in rapida successione,
tre amministratori delegati, ognuno dei quali aveva lasciato problemi più
grossi di quelli che aveva ereditato. Paulson lo avvertì che c'era da evitare
una bancarotta per insolvenza e che non avrebbe guadagnato praticamente nulla.
E, per decidere, gli lasciò meno di un giorno. Il manager accettò. Per spirito
di servizio o forse solo perché a casa si annoiava. Il ritorno ad un ruolo
visibile, la gratitudine degli americani. Mai avrebbe immaginato che, davanti
alla crescita esponenziale delle perdite di Aig, non solo per lui non ci
sarebbe stata riconoscenza, ma, addirittura, avrebbe dovuto fronteggiare
l'insofferenza del nuovo governo di Obama e gli insulti di molti parlamentari.
Fino all'assurdo del «processo» pubblico in diretta televisiva da parte di un
Congresso che lo ha criminalizzato per la scelta di rispettare impegni e
contratti assicurativi sottoscritti da Aig prima del suo arrivo. Certo, Aig è
costata ai contribuenti più di 180 miliardi di dollari e forse i suoi dirigenti
non meritavano i bonus erogati, ma Liddy cosa c'entrava? Alla fine il manager
ha deciso di tornarsene a Chicago, a godersi la pensione. Adesso tocca al
governo (ormai azionista di controllo di Aig) trovare un nuovo capo pronto a
farsi crocifiggere per uno stipendio di un dollaro. Massimo Gaggi Edward Liddy
giura prima di deporre al Congresso Usa
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 La
Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Rimbalzo guidato dall'editoria MILANO -
Editoriali sotto i riflettori ieri a Piazza Affari, dove gli indici S&P-Mib
e Mibtel sono rimbalzati rispetto a giovedì con una crescita analoga (+0,62% e
+0,59% rispettivamente), mentre gli scambi sono rimasti nella media (3,5 miliardi di euro il
controvalore complessivo). Da una settimana all'altra il rialzo è stato di
circa il 2%. Fra le 40 principali azioni del listino telematico, a realizzare
la migliore performance della giornata è stata la Mondadori, rimbalzata del
6,28% con oltre 2,2 milioni di pezzi scambiati. Ma l'euforia per il comparto
dell'editoria si è manifestata ancora di più nei confronti dell'Espresso, che
non fa più parte dell'S&P-Mib. In questo caso la quotazione ha subito una
vera e propria impennata, chiudendo a 1,301 euro, il 20,91% in più rispetto
alla vigilia. La spinta è arrivata da Bank of America e Merrill Lynch, che hanno
migliorato i loro giudizi sul titolo, concludendo l'analisi con la
raccomandazione buy (comprare). Sempre fuori dal paniere dei valori più
capitalizzati, Caltagirone Editore è salita del 9,71% e Poligrafici del 3,8%.
Da parte sua Rcs MediaGroup, reduce da due rialzi consecutivi particolarmente
consistenti, ieri a segnato il passo, cedendo lo 0,99%. Nel resto
dell'S&P-Mib, i maggiori rialzi sono stati realizzati, nell'ordine, da
Atlantia (+3,57%), Campari (+3,52%), Cir (+2,72%) e Ubi Banca (+2,68%). É proseguita
invece la discesa dei titoli del lusso, determinata sostanzialmente
dall'indebolimento del dollaro: Bulgari ha ceduto l'1,4% e Luxottica il 2,99%.
Made in Italy La debolezza del dollaro frena il lusso: Bulgari giù dell'1,4% e
Luxottica del 2,99%
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 -
pag: 37 Il caso a Londra British Airways, primo rosso dal 2002 (g.fer.) «Il
prolungarsi della recessione globale ci ha messi di fronte alla più difficile
situazione che mai abbiamo dovuto affrontare». Così Willie Walsh, ceo di
British Airways, spiega la prima perdita dal 2002 per la compagnia.
L'esercizio finanziario chiuso il 31 marzo scorso ha
chiuso infatti con una perdita prima delle tasse di 401 milioni di sterline,
contro un utile di 992 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Lo
stesso Walsh e il direttore finanziario, Keith
Williams, hanno dichiarato che rinunceranno allo stipendio del mese di giugno.
In Borsa il titolo ha ceduto il 3,75%, a 156,7 pence. Willie Walsh ceo di
B.Airways
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 Il
caso a Milano Pininfarina, via libera all'aumento (g.fer.) C'è il via libera
del consiglio di amministrazione alla ricapitalizzazione di Pininfarina, che
servirà a riequilibrare la situazione finanziaria del gruppo. L'annuncio è arrivato a mercati chiusi, dopo che il titolo aveva chiuso in calo
dell'1,25%, a quota 3,95 euro. L'operazione, prevista dagli accordi con le
banche creditrici, dovrebbe completarsi entro l'anno e prevede l'emissione a
pagamento di nuove azioni per un massimo di 70 milioni di euro, compreso
l'eventuale sovrapprezzo. Le condizioni definitive (prezzo di sottoscrizione e
modalità) saranno stabilite da un nuovo cda prima dell'estate. Paolo
Pininfarina presidente del gruppo
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Plus sezione: STORIA
COP data: 2009-05-23 - pag: 5 autore: Dalla prima Contratti (meno cari) per il
paese A mmesso che in passato le compagnie e le loro reti abbiano goduto di
extra-profitti (anche dovuti ad asimmetrie cognitive tra domanda e offerta), è
più difficile affermare che questo stia ancora accadendo al ramo Rc Auto in
Italia. A causa dei vincoli normativi, del ruolo crescente delle compagnie
dirette, e dell'indebolimento delle nuove immatricolazioni, i margini
assicurativi non appaiono particolarmente attraenti. L'obbligatorietà e la
rilevanza popolare dell'assicurazione Rc Auto hanno indotto grande attenzione
alla redditività del ramo da parte della politica, che ha cercato di trasferire
sulle compagnie di assicurazioni un regime di prezzi-prestazioni e di
trasparenza finalizzato a minimizzare le rendite di posizione. Non sono molti i
settori dell'economia nei quali il regulator si sia sentito in dovere di
introdurre – tra gli altri provvedimenti – un sistema di confronto pubblico
delle tariffe (l'atteso preventivatore unico). L'implicita attesa del
legislatore è che le assicurazioni possano compensare i mancati utili tecnici
sull'Rc Auto con una gestione oculata degli investimenti e con il cross-selling
di altri prodotti. In queste due aree, come spesso accade, i risultati degli
operatori appaiono in ordine sparso. Gli investimenti sono stati in più di un
caso oggetto di svalutazioni a causa della grande crisi finanziaria (anche se in misura
minore rispetto a quanto accaduto a compagnie straniere), mentre la vendita di
altre coperture è frenata dalla scarsa propensione degli italiani ad
assicurarsi. I l tema è ritornato in occasione del terremoto di Abruzzo, che ha
riaperto il dibattito sulla obbligatorietà dell'assicurazione di certi rischi
catastrofali. è difficile immaginare che, in assenza di recenti
sfortune, gli individui (italiani e non) abbiano una spontanea propensione a
coprirsi da "cigni neri" (eventi rari a grande impatto).
L'obbligatorietà può essere una soluzione, ma è avversata da chi teme di
perdere il consenso popolare, che potrebbe leggere il provvedimento come un
favore alle ricche (o presunte tali) compagnie. L'alternativa fino a oggi
perseguita è che la copertura dei rischi come quelli sismici sia interamente a
carico dello Stato (ossia di noi contribuenti), mentre sarebbe ovviamente più
equilibrata e responsabilizzante una ripartizione intelligente tra pubblico e
privato, con un ruolo importante da attribuire alle compagnie. In questo
disegno, allo Stato può essere affidata anche una missione educativa per la
diffusione di una cultura del rischio. Sui siti internet delle riassicurazioni
come Swiss Re c'è ampio materiale didattico per comprendere, fatti i dovuti
scongiuri, come gli eventi estremi siano parte integrante della nostra condizione
umana. Marco Liera © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Plus sezione:
ARTECONOMY data: 2009-05-23 - pag: 23 autore: Asta. Sotheby's Milano batte 8,4
milioni di euro Contemporanea sottotono I l mercato dell'arte contemporanea,
ancora una volta, dimostra la propria fragilità di fronte
alla crisi finanziaria. La
vendita serale di Arte Contemporanea tenutasi il 20 maggio a Milano da
Sotheby's ha totalizzato 6.331.650 euro (buyer's premium inclusi) contro
un'aspettativa di 8,5 milioni, cui si sommano 2.157.875 à del 21 maggio. Stime
prudenti, un catalogo composto da lotti selezionati non sono stati sufficienti
ad invogliare i compratori: pochi i mercanti in sala, così come pochi i
rilanci. Dei 59 lotti offerti, 39 sono stati aggiudicati (66%) e la maggior
parte entro la stima minima (83% in valore). Ad aprire la vendita serale, una
china su carta futurista del 1913 di Gino Severini pubblicata su «Lacerba »,
«Le tango argentin», battuta al telefono per 50mila euro e una tela di Giorgio
de Chirico «Cavallo e palafreniere», sulla quale pendeva una proposta di
notifica delle Soprintendenze lombarde, a stento ceduta per 38mila euro. Tra i
pochi galleristi in sala, Giulio Tega ha acquistato per 50mila «Motivo dalmata
» di Anton Zoran Music. Venduto l'elegante lavoro di Wilfredo Lam, «Personnage
en gris» del '69 per 95mila , mentre la scultura in ottone «Le Char de Thespis»
di Fausto Melotti ha totalizzato 170mila (stimato 150mila). Tra gli invenduti
un lavoro di Emilio Vedova del '54 esposto alla XXVII Biennale di Venezia,
stimato 300-400mila, oltre a opere di Bonalumi, Vasarely, Turcato e Dorazio. Gli
artisti più solidi, capaci di reggere alla crisi,
sembrano oggi essere Manzoni, Morandi, Fontana, Castellani e Burri. L'«Achrome
» del '59 (cm 100x80) di Piero Manzoni in temporanea importazione, stimato
350-450 mila è stato acquistato al telefono per 520mila, mentre la tela
estroflessa di Enrico Castellani del '71 (cm 142x215) dopo diversi rilanci è
passata per 330mila . L'elevato livello della «Natura morta» di Giorgio Morandi
degli anni '40 (cm 35x63) ha spinto il prezzo a 1,250 milioni nonostante la
proposta di notifica della Soprintendenza. L'opera è stata comprata dallo
stesso collezionista che si è aggiudicato per 650mila le «Colonne e foresta
nella stanza» del '28 di Giorgio de Chirico. In ascesa Pietro Consagra: la
scultura in marmo e bronzo del '60, «Colloquio », ha raddoppiato la stima
massima toccando i 120mila . Gabriele Biglia © RIPRODUZIONE RISERVATA Venduto
il 66% al palo Vedova, liquidi Manzoni, Castellani e Burri
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Plus sezione:
ATTUALITA data: 2009-05-23 - pag: 13 autore: Aziende e debiti. La passione per
l'arte di Perna e gli acquisti di Castelli Il rebus dei dipinti di It Holding E
milio Vedova, Giorgio de Chirico, Mario Sironi e tanti altri. Non è una
galleria d'arte, ma poco ci manca. Sono, al contrario, le collezioni di
proprietà (o un tempo possedute) da alcuni manager ben noti a Piazza Affari, i
cui imperi sono finiti al collasso finanziario. La famiglia Castelli di Aedes,
ma soprattutto l'imprenditore molisano Tonino Perna – padre padrone di It
Holding – hanno infatti due caratteristiche in comune: non soltanto le loro
società sono finite strangolate dai debiti, ma entrambi hanno in qualche modo potuto
ammirare per diverso tempo nei corridoi delle loro aziende quadri di grandi
artisti. Da Ferruzzi a Cragnotti Del resto, il binomio tra
finanza in crisi e arte non
è nuovo alle cronache. Basta guardare al passato. All'inizio degli anni 90 nel
dissesto finanziario del gruppo Ferruzzi-Montedison entrarono in scena arredi e
dipinti di grande pregio. Tante opere d'arte molte delle quali non vennero
recuperate, perché finite in residenze private di alcuni ex-amministratori.
E come dimenticare gli oltre 70 dipinti, tesoro prezioso della Cirio di Sergio
Cragnotti eredità del chiaccherato passaggio negli anni 90 dalla Casa d'aste
Semenzato alla Cragnotti & Partners Capital Investment. La casa d'aste finì
in liquidazione sotto il peso dei debiti e le opere finirono nell'orbita del
finanziere. Ma con il default di Cirio la collezione (che comprendeva quadri di
Tiepolo e Kandinsky) è finita all'asta. La denuncia a Isernia In tempi recenti
il collasso finanziario e il ricorso alla legge Marzano per It Holding, gruppo del
lusso fondato da Tonino Perna, hanno dato avvio a due inchieste della
magistratura, strettamente correlate. Una in corso a Isernia per accertare
eventuali reati societari e l'altra che sta seguendo la Procura di Milano (il
magistrato Carlo Nocerino) per verificare un reato di aggiotaggio sul titolo,
in relazione alle notizie riguardanti l'offerta annunciata (e poi sparita) di
potenziali compratori, pochi giorni prima della dichiarazione d'insolvenza.
Notizia recente è la denuncia depositata dai commissari al Tribunale di Isernia
in relazione a circa 200 opere d'arte che l'ex presidente Perna dichiara siano
di sua proprietà. La Procura dovrà verificare con quali soldi siano state
comprate: se con disponibilità personali dello stesso Perna oppure con risorse
dell'azienda. Secondo quanto si apprende da fonti vicine alla Procura – nei
giorni precedenti all'ingresso dei commissari governativi – diverse opere
d'arte sarebbero state portate via dall'azienda a Isernia. Tuttavia Perna si
difende dicendo che le «opere erano concesse in comodato d'uso e sono rientrate
nelle società a cui appartenevano». Alcune di queste sarebbero in una lista ora
sotto osservazione della Procura: quasi 200 opere fra cui dipinti (spicca un
olio su tela di Giorgio de Chirico), sculture, foto (molte di Francesco
Pignatelli) e stampe. Il tutto, secondo stime, per svariati milioni di euro.
Tonino Perna, oltre a possedere una delle dimore più famose d'Italia (Villa
Bismarck a Capri), è noto appassionato d'arte. Ha una fondazione no profit, dove
presidente è la moglie Giovanna Palumbo Perna. Ha relazioni con diversi musei
internazionali e, recentemente, starebbe pensando ad aprire una galleria a
Londra. I quadri di Aedes Ma caso singolare è quello dei dipinti di Aedes, la
società immobiliare della famiglia Castelli finita in crisi
finanziaria e che recentemente ha visto accettato dalle banche il piano
di nuovi azionisti disposti a ricapitalizzare il gruppo. In questi anni Aedes
ha acquistato diversi dipinti di valore per investire in quella che doveva
essere la galleria d'arte di prestigio dell'azienda, Art Gallery al piano terra
della sede di Bastioni di Porta Nuova. Ma con la crisi
finanziaria, per pagare gli stipendi, alcuni quadri sono stati venduti.
In marzo sono andati all'asta da Finarte due dipinti (un Fernand Leger e un
Arnan battuti a 33.900 euro e 17.300 euro) che erano già stati svalutati a fine
2008 e sui quali sono state accusate minusvalenze. Inoltre anche la Aedes
Investissement, la holding lussemburghese, ha ceduto alcune opere d'arte. Ma è
stata soprattutto una pittura su tela di Emilio Vedova, acquistata nel 2006
alla Galleria Ala per 800mila euro con successivi costi di restaurazione per
7.690 euro e un costo finale (compresa Iva) di 877mila, a destare attenzione: è
stata rivenduta da Christies a Roma a dicembre a 650mila euro. Con una
minuvalenza di 227mila: perdita che ha fatto riflettere Gianfranco D'Atri,
rappresentante dei piccoli azionisti di Aedes, che nell'assemblea di due
settimane fa ha chiesto, in modo vivace, lumi sulla deludente cessione,
inferiore al prezzo di acquisto di soli due anni prima. Carlo Festa
carlo.festa@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Indagine a Isernia su 200
opere E spuntano quadri di Vedova nella crisi Aedes
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Plus sezione:
ATTUALITA data: 2009-05-23 - pag: 9 autore: ASSORETI Promotori in cerca di suggerimenti
I n che modo le reti di promotori possono trarre vantaggio dell'attuale crisi? Se ne discute oggi a Santa Margherita ligure in
occasione del convegno annuale di Assoreti che ha invitato esperti di altri
settori a dare suggerimenti sul tema ma soprattutto, proprio perché estranei al
settore possono dare nuove suggestioni. La grave crisi finanziaria che ancora imperversa
e che continua ad avere effetti sui risparmi delle famiglie ha il merito di
aver fatto emergere le reali necessità di risparmiatori. Vale a dire, avere un
controllo totale sui propri investimenti. Per questa ragione la relazione con
gli intermediari è sempre più focalizzata sul rapporto consulenziale. Da
questo punto di vista la reti di promotori finanziari, rispetto ad altri
intermediari, sembrano essere avvantaggiate. Tradizionalmente da sempre hanno
lavorato sulla relazione one to one, hanno puntato sul capitale umano (la
variabile uomo nel bene e nel male è sempre stata al centro dell'attività), e
poi a seguito di fusioni e aggregazioni i network sono diventati organizzazioni
molto complesse che, dopo aver fatto i conti con la necessità di far quadrare i
conti, oggi possono creare valore per gli azionisti. Allo sportello bancario
manca quella stretta relazione di fiducia con il cliente, mentre alla nuova
categoria dei consulenti indipendenti l'esperienza proprio perché si tratta una
categoria che sta muovendo i primi passi. In ogni caso per rispondere a
esigenze sempre più evolute, è indispensabile avere i mezzi per investire in piattaforme
e in quella tecnologia che consente di fare della vera consulenza. Insomma, il
mercato oggi offre delle opportunità e le reti possono coglierle. L.I.
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Plus sezione:
ATTUALITA data: 2009-05-23 - pag: 11 autore: Previdenza complementare. Chi e
come investe secondo criteri socialmente responsabili Gestori convinti, fondi
meno La crisi spinge verso scelte di tutela ambientale
e governance U na realtà o un'opzione ancora per pochi fondi pensione; ma una
chance già attuale per gestori e consulenti. Il mercato italiano della
previdenza complementare guarda ancora con una certa timidezza alle scelte di
investimento socialmente responsabili; o in inglese «environment-social-governance
», ossia ambiente-società-governo societario. Ma nonostante la ancora scarsa
propensione ad adottare questi criteri, l'orientamento socialmente responsabile
degli investimenti si avvia ad uscire dalla fase pioneristica per diventare gradualmente
una realtà. è questo il quadro che emerge dall'indagine realizzata da Mefop, la
società che si occupa dello sviluppo dei fondi pensione, e che verrà presentato
giovedì in un seminario tecnico in programma a Roma, in collaborazione con il
Forum per la Finanza Sostenibile. L'indagine è stata realizzata tra i mesi di
marzo e aprile scorsi, con l'invio dei questionari a fondi pensione negoziali,
preesistenti, aperti, a gestori e a consulenti (tassi di redemption del 67%, ad
eccezione dei gestori, che hanno risposto in sedici). Se i fondi sono ancora
complessivamente freddi sulla materia (si dice pronto il 26% dei negoziali, il
15% dei preesistenti e il 18 degli aperti), maggiore convinzione si registra
tra chi è chiamato a indicare i trend di mercato, ossia i gestori (62,5%) e i
consulenti (66,67%). E proprio i gestori sono i più
convinti delle opportunità di extra rendimento (90%) soprattutto in questa fase
di crisi finanziaria. Sul
come (vedi grafico) pare evidente la convinzione che gli investimenti
socialmente responsabili debbano essere affrontati con prodotti specifici e
preconfezionati, piuttosto che su scelte dirette dei fondi, come invece avviene
da tempo all'estero. Le difficoltà di investire in titoli secondo
criteri di inclusione o esclusione che seguono i parametri socialmente
responsabili sono legate soprattutto a questioni economiche e/o organizzative.
Una preoccupazione condivisa (44% dei negoziali, 35% dei preesistenti, 50% tra
gli aperti, 31% gestori e 44% consulenti), derivante soprattutto dalla modalità
e delle finalità con cui vengono affidati i mandati secondo il modello del
decreto 703/96 (in via di difficile ridiscussione). Incidono anche i costi
connessi alle scelte «etiche» in senso lato: superiori a quelli bassi dei fondi
pensione italiani, preoccupati in questa fase di non apparire esosi. Eppure è
generalizzata la consapevolezza che il prossimo futuro porterà ad un sempre
maggiore utilizzo dei criteri di investimento di rispetto dell'ambiente, del
contesto sociale e di «interventismo» degli share-holder nei contesti deputati.
A crederci in particolare i gestori (75%), ma anche i fondi negoziali e i
consulenti (67%); meno "caldi" aperti (39%) e preesistenti (35%).
Marco lo Conte http://marcoloconte.blog. ilsole24ore.com/ © RIPRODUZIONE
RISERVATA
( da "KataWeb News"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 283 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano
El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il
governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera;
meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta,
ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così
faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello
Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve
smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà
di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia
tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun
organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo
di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici
europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo
della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi
istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia,
crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio
primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama
nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che
ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda
le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla
rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad
altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è
descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino
americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio
eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche
razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero
poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al
mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma,
Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi
finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure
Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese
sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a
pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo
ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare
la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito
dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff
dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5%
come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati
del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo
sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte
perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi
internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie
sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle
zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi
200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una
denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti
mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli
ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun
distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008,
su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una
disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente
politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure
restrittive: oltre all'aumento da
( da "Avvenire" del
23-05-2009)
Argomenti: Crisi
AGORÀ 23-05-2009
SOCIETÀ E CULTURA dove va l'economia/5 Se lo sviluppo della Cina ha permesso la
crescita di un Occidente demograficamente spento, investire nel Sud del mondo
permetterà un nuovo ciclo economico. Parla Ettore Gotti Tedeschi Un Piano Marshall
per i Paesi poveri DI GEROLAMO FAZZINI P rofessione: banchiere. Da 15 anni
Ettore Gotti Tedeschi, classe 1945, è in Italia il volto del Banco Santander e
siede nei consigli d'amministrazione di numerose istituzioni economiche.
Editorialista del Sole 24 Ore e dell'Osservatore Romano, ha esposto la sua
visione di cattolico liberale in un librointervista con Rino Camilleri, Denaro
e Paradiso. L'economia globale e il mondo cattolico. Avvenire lo ha
intervistato per conoscere la sua «ricetta anti-crisi», che si fonda su una
proposta controcorrente: una sorta di Piano Marshall per i Paesi poveri,
segnatamente per l'Africa. All'indomani dell'insediamento di Obama alla Casa
bianca lei ha scritto sull'Osservatore romano: «La ricostruzione da garantire
oggi è quella dei Paesi poveri. Solo coinvolgendo tutto il mondo in uno sforzo
superiore si potranno riassorbire gli effetti della crisi». Non le sembra una
previsione ottimistica, in un mondo dove sono tornati in
auge il protezionismo e la
logica del «si salvi chi può»? «No, non è ottimistica, è realistica. Tant'è che
è stata subito appoggiata da un alto manager della Banca Mondiale e da Gordon
Brown. Il problema è che è troppo 'altruistica', impegnativa (ossia costosa) e
con risultati a lungo termine. Quando, invece, i grandi consiglieri del
principe stanno suggerendo nuove 'bolle' per risolvere i problemi a breve...».
Lei sostiene che «la solidarietà paga anche in termini concreti» e invita a
investire sui Paesi poveri immaginando che il loro sviluppo possa portare un
beneficio, nel medio termine, anche al Nord del mondo. Ma non le pare che tale
lungimiranza sia merce rara nel mercato di oggi? Pagheremo le conseguenze di
una visione miope? «Sì, le pagheremo. Oggi riusciremo a uscire prima e meglio
dalla crisi (generata negli Usa) grazie al fatto che negli ultimi vent'anni,
non altruisticamente bensì opportunisticamente, abbiamo coinvolto l'Asia nel
processo di globalizzazione economica. I neo-malthusiani di Stanford avevano
previsto che nel 2000 milioni di cinesi e indiani sarebbero morti di fame;
invece il Pil è cresciuto dieci volte rispetto all'aumento della popolazione.
Grazie alla produttività e alla liquidità di Cina e India, oggi chi ha causato
la crisi potrà meglio risollevarsi. Si pensi se avessimo esteso la globalizzazione
economica anche nelle altre regioni più povere. Invece, stupidamente, noi
europei ex colonialisti, abbiamo ignorato l'Africa, che è invece stata scoperta
dai cinesi, i quali la stanno occupando economicamente ». A proposito di
neo-malthusiani: in un'intervista di qualche mese fa lei ebbe a dire che
«trent'anni fa si è avviata un'operazione culturale che ha fatto passare l'idea
che non bisognasse più fare figli e si è deciso così di dar vita a un'economia
fondata su uno sviluppo egoistico focalizzato esclusivamente sui con- sumi».
Sta dicendo che l'attuale crisi ha radici lontane nel tempo? «Fino a metà degli
anni Settanta il tasso di crescita della popolazione nel mondo occidentale era
intorno al 4%. L'ideologia neo-malthusiana, che nasce nello stesso periodo, ha
diffuso l'idea che tale tasso fosse insostenibile e che a fine secolo avrebbe
prodotto centinaia di milioni di morti di fame nelle regioni più povere come
India e Cina. In breve tempo il tasso scende a 2% fino a zero e sottozero: si
fanno solo due figli per coppia e questo assicura la mera sopravvivenza. Ma se
una popolazione non cresce numericamente, invecchia. Con due effetti: crescita
dei costi fissi (dunque impossibilità di ridurre le tasse) e diminuzione del
risparmio prodotto. In pratica blocca lo sviluppo economico. Per compensare
questo crollo dello sviluppo del Pil, si è inventato un modello che chiamerò di
'sviluppo egoistico', consumistico e a debito. In pratica si è 'imposto' un
modello di vita orientato alla crescita della produttività in tutti i modi:
interna (superlavoro, lavoro delle mogli, ecc.) ed esterna (delocalizzazione in
Asia di produzioni a basso costo). Non solo: si è imposto il superconsumo per
far crescere il Pil. Una volta arrivati ai limiti di potere di acquisto
disponibile, si è passati ai consumi a debito». Da qui ai mutui subprime il
passo è breve. «Con quella tecnica si è fatta comprare la casa a chi non aveva
i soldi per pagarla. L'obiettivo non era tanto di garantire a tutti la propria
abitazione, quanto stimolare un settore economico trainante quale l'edilizia.
Oggi la famiglia americana è indebitata fino al collo, il valore della casa
comprata è crollato, gli investimenti in azioni dimezzati, il lavoro a rischio:
come fa ad avere fiducia ? La famiglia è stata di fatto 'sussidiaria' allo
Stato e alle sue ambizioni di crescita». Cito da un suo recente corsivo: «Il
mondo ricco è stato stupido non solo egoista rifiutando di riconoscere la
necessità di autorità e leggi morali». Al di là dei mea culpa di circostanza,
cosa le fa pensare che il mondo economico abbia la volontà di darsi regole e di
obbedire a un'etica condivisa? «L'altro ieri il Sole 24 Ore ha pubblicato un
mio articolo sulla crisi. Sono subito stato accusato da qualche amico di voler
imporre la mia morale cattolica... Il punto è che dopo Keynes l'economia
pretende una sua autorità morale. Gli effetti si sono ben visti quando un
mezzo, uno strumento (l'economia) diventa fine. Nel mondo globale coesisteranno
varie etiche economiche fra loro in contraddizione. Ciò spiega perché si vuole
cancellare il riferimento morale nelle scelte oppure imporre quello
relativistico». Da più parti c'è chi suggerisce alla comunità
economico-finanziaria l'esempio della finanza islamica come modello virtuoso.
Lei non pensa che anche il mondo cattolico, con la rete delle banche di credito
cooperativo o iniziative quali Banca etica, avrebbe autorevolezza nel proporre
strade nuove per risolvere la crisi? «Il modello di 'finanza islamica' è
apprezzato perché nei suoi principi è vicino al modello economico tomistico,
applicato conformemente alla legge coranica. Nel mondo 'cattolico' il modello
delle banche di credito cooperativo è assolutamente interessante e
perseguibile. Mentre sulla banca etica il discorso è diverso: la banca etica è
un'etichetta, è marketing. Non esiste la banca che sia di per sé etica. Non
esiste uno strumento etico, come non esiste il coltello etico (può servire a
tagliare il pane o sgozzare). Non può essere etico uno strumento, bensì chi lo
gestisce. Etico è l'individuo e lo deve dimostrare nei fatti». E dunque, come
uscire dalla crisi? «Occorre, ripeto, una soluzione solidale, una specie di
'piano Marshall' verso i Paesi poveri. Con il risultato che cresceranno alla
svelta, producendo quella ricchezza che noi non possiamo più produrre e
consumare. Con beneficio anche per noi stessi». (5, continua) Ettore Gotti
Tedeschi Distribuzione di viveri ai poveri presso il convento cappuccino di
Dublino, in Bow Street
( da "Reuters Italia"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
LA BAGNAIA (Reuters)
- Intervento a tutto campo di Giovanni Bazoli, presidente del Comitato di sorveglianza
di Intesa Sanpaolo, al convegno dell'Osservatorio giovani-editori, con
riferimenti alla crisi finanziaria internazionale, a
quando accettò la presidenza di Intesa ed a quando valutò la possibilità di un
impegno politico. Dopo avere ricordato il suo rapporto con Nino Andreatta e la
decisione di accettare la presidenza di Intesa così come la
"tentazione" di un impegno in politica alla quale non cedette, Bazoli si è soffermato sulla crisi
finanziaria globale. "Le basi della crisi del '29 sono completamente diverse
da quelle della crisi
attuale. La crisi è nata in
ambito finanziario americano [...]. Quello che è succesos in America in ambito
finanziario è inaccettabile. Occorrono modifiche importanti che ci facciano
uscire dalla crisi.
Siamo di fronte alla necessità di una svolta. Una ricerca smodata del profitto
in tempi sempre più stretti [...] è inaccettabile", ha detto Bazoli,
rispondendo alle domande di Massimo Gramellini nel corso del convegno.
( da "Savona news"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Albenga:
Ortofrutticola, vendita sede obiettivo raggiunto Durante lassemblea
dei soci della Cooperativa Ortofrutticola di Albenga di venerdì 22 maggio è
stato ratificato laccordo stipulato dal Presidente Marco Ansaldi per la
vendita dellarea di via Dalmazia alla ditta Franco Barberis S.p.A., primaria società
dell'albese che ha realizzato, tra laltro, opere per altre
importanti aziende tra le quali Ceretto, Gaja, Martini e Rossi. Si tratta di
unoperazione avviata dalla Cooperativa Ortofrutticola 15 anni fa con lobiettivo
di accorpare tutti i settori in una unica sede a Bastia dAlbenga in
Regione Massaretti. La vendita della vecchia sede consentirà alla Cooperativa
di porre le basi per lo sviluppo futuro partendo da una situazione di
equilibrio finanziario
e di efficienza operativa. I benefici saranno tangibili per i soci e per
l'agricoltura albenganese nel suo complesso. La vendita della
sede dichiara il presidente uscente - frutterà alla cooperativa quasi 21 milioni di euro,
somma che, a regime, permetterà di coprire completamente i costi di costruzione
della nuova sede, di azzerare l'indebitamento pregresso e di ottenere una
ulteriore iniezione di liquidità a supporto dei piani di sviluppo dellazienda.
Unazione che arriva subito dopo un tormentato esercizio 2008 che ha portato ad
una perdita record di oltre 2 milioni di euro. Nell'immediato, -
continua Ansaldi - avremo un acconto che permetterà di riequilibrare la
situazione finanziaria a breve termine e di consentire alla nostra
cooperativa di affrontare i due anni necessari alla costruzione ed al
trasferimento con la massima serenità. Le cause della perdita sono molteplici:
come risaputo, la nostra cooperativa vive da anni in una situazione molto
difficile dal punto di vista operativo con l'attività divisa in due
stabilimenti, la sede storica di via Dalmazia che è ormai inadeguata per
l'attività che viene svolta (il progetto risale agli anni 60 del secolo scorso
e nasceva per produzioni agricole orticole e frutticole di cui si è persa
addirittura memoria nella nostra piana). Tale situazione ha portato ad un
aggravio di costi che, con la nuova sede, sarà possibile ottimizzare e ridurre
notevolmente. In aggiunta a ciò, nel
( da "KataWeb News"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 284 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe,
poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose
non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio
e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un
disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin
Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva
immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Gazzettino, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Un processo di
sabato? Scoppia l'epidemia A Venezia l'udienza straordinaria fissata per oggi
dal tribunale ha rischiato di saltare per "malattia" Sabato 23 Maggio
2009, (Segue dalla prima pagina) Normalmente le uniche udienze celebrate di
sabato sono le cosiddette direttissime, che si svolgono a Mestre e riguardano
persone arrestate pochi giorni prima. Per il resto il Tribunale è aperto per la
ricezione di atti. In questo caso, invece, il dibattimento non riguarda
detenuti: i cinque imputati sono tutti a piede libero, sotto accusa per il crac
delle società Cdc e Manifatture Venete di Eraclea, in provincia di Venezia, con
l'imputazione di aver costituito una presunta associazione per delinquere
finalizzata alla commissione di «una serie indeterminata di delitti di
bancarotta fraudolenta per distrazione, mediante operazioni di acquisizione di
imprese in crisi finanziaria
compiute anche avvalendosi di prestanome». Si tratta di un processo complesso,
come spesso accade per quelli che riguardano la ricostruzione di vicende
societarie. Inoltre ha avuto un iter particolarmente tormentato: inizialmente,
per circa due anni, non è stato possibile aprire il dibattimento per
l'impossibilità di trovare tre giudici che non avessero motivi di
incompatibilità (si erano già occupati del caso in qualità di gip o in sede di
riesame). Finalmente il processo ha preso il via ma, nella primavera del 2008,
si rese necessaria una sospensione di sei mesi perché uno dei giudici fu
applicato in Corte d'Appello. Ora, dopo la ripresa, si è profilato un nuovo
ostacolo: nel prossimo mese settembre, infatti, uno dei tre componenti del
collegio giudicante verrà trasferito al Tribunale civile. Nel frattempo si
avvicina la prescrizione dei reati: gli episodi finiti sotto accusa, infatti,
risalgono al periodo compreso tra il 2000 e il 2002. Ecco perchè il presidente
del collegio, Savina Caruso, ha proposto di tenere udienza anche di sabato;
proposta alla quale gli avvocati e il pm Federico Bressan hanno dato la propria
disponibilità. In un primo momento sembrava fosse una soluzione impraticabile
per la cronica carenza di personale che affligge gli uffici giudiziari
veneziani (meno 30 per cento) ma, nel corso di un incontro tra sindacati e
presidente del Tribunale, Attilio Passannante, si è concordato che anche di
sabato è possibile celebrare udienze penali. L'inchiesta sul crac delle due
società si era concretizzata nel 2003 con l'arresto di otto persone in
relazione a reati commessi nella gestione di ditte di abbigliamento di mezza
Italia. L'avvocato Giorgio Bortolotto, legale di parte civile per le ditte
fallite, chiede un risarcimento di 7 milioni di euro per i danni che sarebbero
stati provocati dagli imputati. Gianluca Amadori
( da "Manifesto, Il"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
LA CRISI, OCCASIONE
PER UN'ALTRA SINISTRA Crescita all'inverso Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo: un
faccia a faccia a partire dalla crisi economica per
ridefinire parole come «crescita», «sviluppo», «politica», «disarmo». E mettere
al centro i «vituperati» limiti ambientali carla ravaioli giorgio ruffolo Crisi
economica, limiti del capitalismo, ideologia dello sviluppo, «decrescita».
Parole chiave per comprendere il presente e per una sinistra alternativa. Ne
parlano, in questo faccia a faccia, Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo. Carla
Ravaioli Di fronte al terremoto che scuote l'economia mondiale le sinistre non
sembrano avere una risposta propria. Uscire dalla crisi,
rilanciare l'economia, sono i loro obiettivi, gli stessi di tutti. Cosa da un
lato comprensibile: cercar di contenere disoccupazione e precarietà già
dilaganti, è compito loro. E tuttavia parrebbe naturale che le sinistre
tentassero di spingere lo sguardo oltre l'immediato, per una lettura più
approfondita della crisi, e anche per provare a pensarne
un esito diverso da quel «superamento» in cui tutti sperano. Giorgio Ruffolo Da
tempo la sinistra non è più in grado di dare risposte alla politica, e nemmeno
di porre le domande giuste, irrigidita com'è su due posizioni: l'una riformista
di breve periodo, l'altra contestativa in genere, rivoluzionaria ma solo a
parole. Due debolezze in fondo, lontane dalle autentiche vocazioni della
sinistra: quella progettuale, impegnata in un riformismo concreto, e quella
ideale, orientata a pensare una società diversa. C. R. Forse, appunto, la
mancanza di una risposta adeguata è dovuta alla mancanza di domande giuste...
Si tende, anche a sinistra, a vedere la crisi attuale
come una delle tante ricorrenti nella storia del capitalismo. A me pare molto
diversa... Se non altro perché in realtà le crisi che
scuotono il mondo sono due: quella economica e quella ecologica... Le quali a
me (e non a me solo) sembrano strettamente intrecciate... G. R. La crisi
attuale è crisi dell'accumulazione.
L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per natura illimitata. Di
fatto, una logica impossibile, quindi illogica, dissennata. Che è la causa
prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali. E parrebbe
ormai davvero il momento di recuperare l'etica dei limiti, di saper
contrapporre qualità a quantità. C. R. E questo è - parrebbe dover essere -
compito soprattutto delle sinistre. Ma non sembra un'ipotesi probabile... In
realtà uno dei «peccati» che non riesco a perdonare alle sinistre è la loro
totale sordità nei confronti del problema ambiente. Che dura ancora oggi: per
le sinistre come per tutti, la questione resta marginale. Né mai viene messa in
relazione con la crisi economica: relazione che a me
pare evidente... G. R. Non c'è dubbio. Ambedue le crisi,
sia quella finanziaria, poi ricaduta sulla economia
«reale», sia quella ecologica, costituiscono una minaccia gravissima, e ambedue
dovrebbero essere affrontate con un'economia di nuovo tipo, capace di evitare
da un lato l'indebitamento della finanza, dall'altro l'indebitamento con la
natura. Una delle non poche affinità esistenti tra i due fenomeni è appunto il
fatto che ambedue nascono da un indebitamento. La diffusione di falsi crediti,
che non trovavano riscontro nell'economia reale e non potevano pertanto essere
restituiti, è all'origine della crisi finanziaria. Ma
anche la crisi ecologica nasce da crediti che non
possono essere restituiti: i danni irreversibili recati agli ecosistemi dalla
rapacità con cui la società industriale è andata usando le risorse naturali,
sono in realtà dei prestiti senza copertura. C. R. Già. Ma, per quanto
l'ambientalismo insista nell'indicare questa insanabile aporia tra una
produzione in crescita illimitata e i limiti del Pianeta, l'economia insiste
nell'inseguimento della crescita. Far ripartire l'aumento del Pil è suo
obiettivo primario. Le sinistre, i sindacati, si allineano... G. R. Eppure non
potremo mancare di affrontare una domanda-chiave: è possibile porre in essere
un'economia che eviti sia l'indebitamento del denaro, sia quello con la natura?
Una domanda che non può prescindere da una seria analisi del rapporto tra
l'attuale tipo di sviluppo e la crisi in corso.
Rapporto che si manifesta con tutta evidenza, ad esempio, nei modi in cui si
tenta di far fronte alla scarsità energetica: spingendo la ricerca di
carburanti fossili nei luoghi più remoti, impegnando la tecnologia nella
ricerca sempre più attiva di energie rinnovabili, nella messa a punto della
massima efficienza; eccetera. Tutte cose utili, ma che, di fatto, non si
confrontano con il problema della scarsità; accettano un'economia come la
nostra, che ignora ogni fine superiore e impone se stessa come fine; ignorando
insomma che il progresso non si misura quantitativamente, in termini di
crescita, ma qualitativamente, in termini di sviluppo. C. R. Lo sai bene,
queste tue posizioni sono anche mie. Da gran tempo. L'evolversi della
situazione mondiale mi va però suscitando non poche perplessità circa la
possibilità di porle in essere. Perché lo «sviluppo», così come ormai viene
concepito e perseguito, è in realtà sempre meno distinguibile dalla «crescita».
La quantità mi pare si sia ormai imposta come una categoria che pervade e
conforma tutti gli ambiti, fino a dare forma a rapporti di ogni tipo, percorsi
di vita, progetti di ogni futuro... Non a caso il consumo definisce, non solo
nei testi di sociologia, la forma del nostro tempo. Il consumo impostosi come
simbolo positivo dell'identità individuale; il reddito, in quanto capacità di
consumo, assunto come obiettivo primo di ogni vita, da conseguire non importa
come; una massa di consumi individuali che danno corpo e futuro
all'accumulazione capitalistica... E' una vera e propria mutazione
antropologica che si è prodotta negli ultimi decenni. Superare questa realtà
temo richieda un drastico mutamento di abitudini, modelli, categorie mentali
prevalenti, una rottura storica insomma, una «rivoluzione». Che d'altronde non
immagino in alcun modo simile alle rivoluzioni del passato. G. R. Io sono
convinto che questo capitalismo sia insostenibile. E la crisi
attuale lo dimostra. Però sono convinto anche della possibilità di un
capitalismo qualitativo, credo insomma che si possa salvare il capitalismo da
se stesso. Perché non è vero che l'unica via al capitalismo sia
l'accumulazione. E non sono il solo a crederlo. Ad esempio se ne dice convinto
anche Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri», che parla della crisi come di un'opportunità di ridisegnare l'economia e il
sistema finanziario, dando luogo a un «capitalismo ben temperato», non
finalizzato alla massimizzazione del profitto, ma alla diffusione del
benessere; e a questo proposito ricorda che Adam Smith, oltre a La ricchezza
delle nazioni, ha scritto anche Teoria dei sentimenti morali, un bellissimo
libro, in cui si occupa della complessità della natura umana, capace non solo
di egoismo, ma anche di sollecitudine per la felicità altrui. Cosa su cui hanno
riflettuto grandi economisti italiani, come Federico Caffè, Giorgio Fuà, Paolo
Sylos Labini; e che ha trovato attuazione nell'opera di grandi capitani di
industria, come Adriano Olivetti e Enrico Mattei, i quali hanno costruito
grandi fortune perseguendo ideali non identificabili solo con il danaro. C. R.
Tutto questo è vero, e anche molto affascinante... Ma francamente non so quale
possibilità abbia di messa in opera, nella situazione attuale. Che è una
situazione estrema. Sotto l'aspetto ambientale, con la vistosissima
accelerazione dello squilibrio ecologico. E sotto l'aspetto sociale, con un
crescente sfruttamento del lavoro, insieme a un aumento scandaloso delle
disuguaglianze: secondo l'Ocse l'1% della popolazione mondiale detiene il 50%
della ricchezza. Ma anche, forse soprattutto, per via del gravissimo guasto,
morale, psicologico, mentale, che il dominio della quantità, cioè l'economia
degli ultimi decenni, ha prodotto: di cui la corruzione capillarmente diffusa e
ormai accettata come normale è un significativo esempio. In questa realtà non
so se un riformismo del tipo di cui parli possa trovare spazio e seguito. In
che modo convincere la gente che il consumo, simbolo e totem del nostro tempo,
va abbandonato, o quanto meno fortemente contenuto? G. R. E' il problema che
poni anche nel tuo ultimo libro, Ambiente e pace - Una sola rivoluzione. Libro
che ho molto apprezzato nella «pars destruens», ma che mi convince pochissimo
nella proposta di disarmo dell'Europa .... C. R. Ma l'idea era di iniziare con
l'Europa, per poi affidarle il compito di portare avanti la proposta, coinvolgendo
anche i molti paesi - soprattutto del Sud del mondo - dove il pacifismo è
presente e attivo. Dopo tutto, se produrre meno è, secondo l'ambientalismo più
qualificato, l'unica via di salvezza, incominciare tagliando la produzione di
armi, non mi pareva sbagliato. E non mi pare nemmeno ora, devo dire. Solo che
in un anno, da quando ho dato alle stampe il libro che citavi, ho in qualche
modo cambiato, o piuttosto «allargato» la mia ipotesi. In due parole: la
produzione di armi rappresenta ufficialmente il 3,5% del Pil mondiale. Qualora
gli umani la piantassero finalmente di risolvere i loro problemi ammazzandosi
reciprocamente, e anche di usare la guerra per rimettere in marcia l'economia
quando rallenta, questo (due ipotesi azzardatissime, certo) rappresenterebbe
per l'ambiente una bella «ripulita», no? G. R. Certo che sarebbe una bella
ripulita, ma questa ipotesi irenica (gli umani, tutti, diventati di colpo
pacifici) non mi pare, francamente, meno utopistica del mio «capitalismo ben
temperato». A quello si può arrivare gradualmente, come sempre è avvenuto: dopo
tutto il capitalismo attuale è ben diverso da quello dei «maitres des forges»
del XIX secolo: mentre alla pace universale si può giungere solo con un accordo
universale, che non vedo all'orizzonte. D'altra parte, cominciare con l'Europa
mi pare fin troppo facile... L'Europa questa scelta l'ha già fatta da tempo,
per quanto riguarda le sue «guerre civili». Eppoi, una prospettiva di pace
senza condizioni comporta la «pace con Hitler»: per intenderci, la rinuncia a
difendersi da ogni tipo di aggressione. E' moralmente sostenibile? C. R. Se una
persona della tua intelligenza e delle tue posizioni politiche risponde così a
questa mia idea, dev'essere un'idea davvero sballata... Più di quanto io stessa
credessi, ed era tanto... E però m'è capitato di accennarvi in diverse
pubbliche occasioni e, certo, le obiezioni non sono mancate, anche molto dure.
Esempio: e tutti quelli che nelle armi ci lavorano, che pensi di farne? Ma
parlare di riduzione generalizzata degli orari già riportava il discorso a
livelli di normale discussione. Oppure: chi pagherebbe tutto questo? E di nuovo
bastava ricordare la mostruosa disparità dei redditi e il dovere di una
distribuzione più equa, per tornare a ragionare. Eppoi Hitler, certo,
sacrosanto combatterlo: e però il nazismo non è stato il prodotto della prima
grande guerra? Non è che violenza chiama nuova violenza? G. R. Carla, quel che
ti si deve riconoscere è il coraggio dell'utopia. Che è più concreta di tante
«realistiche» chiacchiere. Al metro della storia, almeno, che è fatta di utopie
realizzate. Come l'abolizione della schiavitù. Neppure la Chiesa aveva il
coraggio di sostenerla. Del resto, la schiavitù, la praticava largamente.
Dunque è giusto battersi per le cause difficili. Senza dimenticare - è questa
la virtù del buon riformismo - che esistono vie laterali, anche se più lunghe.
L'importante è lo scopo. E su questo mi pare che siamo largamente d'accordo.
( da "Gazzettino, Il (Treviso)"
del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi
Vardanega: «Serve
una rete di protezione» Sabato 23 Maggio 2009, È impossibile entrare nel
merito, parlare delle cause del suicidio dell'artigiano di Lutrano e del
manager di Villorba. In un momento di dolore condiviso per due fatti tragici va
testimoniata la solidarietà ai familiari. Il presidente degli industriali
trevigiani, Alessandro Vardanega, risponde così alla richiesta di un commento
sui suicidi succedutisi nei giorni scorsi, forse legati, almeno in una certa
misura, anche con problemi di lavoro. «Le nostre imprese, i nostri lavoratori
stanno vivendo una crisi di cui non si ricordano
precedenti cui potersi riferire. È importante una cultura dello stare assieme,
della collaborazione. In un momento difficile bisogna gettare le basi per
essere pronti a cogliere le opportunità legate a una sicura ripresa». I fatti
accaduti impongono una riflessione sulla "solitudine" vissuta da chi
si trova a gestire un'azienda, mentre «è chiaro che l'imprenditore non va
abbandonato in questi frangenti». Serve una rete di protezione. «Bisogna
lavorare assieme. Le grandi banche debbono essere più presenti sul territorio,
mentre per contro si è assistito ad una rarefazione delle
presenze dei funzionari come conseguenza della crisi
finanziaria. Ed è auspicabile una forma flessibile
di Basilea 2, con un allentamento della rigidità del credito quando la
situazione lo richiede». «Le istituzioni - ha poi richiamato Vardanega -
debbono fare la loro parte. E debbono farla subito, dimostrando di saper agire,
ma anche di saper concretizzare in fretta. E gli imprenditori debbono
continuare a investire, a innovare anche nell'organizzazione, a sviluppare il
patrimonio, a fare squadra per conseguire obbiettivi che diversamente sarebbero
fuori portata». Vardanega, in particolare, pensa alla penetrazione dei mercati
internazionali, il vantaggio competitivo che meglio si misura nei momenti di crisi. «Dobbiamo superare l'individualismo, pensare anche a
consorzi, quando si profilano mete che non possiamo ambire singolarmente», ha
detto il presidente degli industriali. Come evolve la crisi?
«Per tutto il 2009 vivremo una fase di assestamento, con grande volatilità.
Potremo ancora assistere a richieste di cassa integrazione, a collocamenti in
mobilità, forse anche a chiusure, ma non dovrebbero più profilarsi momenti di
panico come è accaduto nei mesi scorsi. I timidi segnali di ripresa inducono ad
affrontare la peculiare crisi con la determinazione
già messa in campo nel passato». Ma c'è chi assume determinazioni diverse. «In
tempi recenti ho incontrato seicento imprenditori trevigiani - taglia corto
Vardanega - e non ho sentito una sola voce che invitasse a gettare la spugna,
ad abbandonare la pur ardua impresa. Ho riscontrato preoccupazione, ma anche
una grande forza di volontà. Ed è per questo che abbiamo voluto intitolare la
nostra assemblea generale del mese venturo 'Imprese che guardano avanti'. Sono
convinto che la crisi attraversata porterà un
cambiamento di modello economico. Però sono del pari convinto che le nostre
imprese usciranno vincenti dal confronto». Sui due casi di suicidio c'è una
dichiarazione del segretario generale della Uil, Antonio Confortin. «Si tratta
di fatti indubbiamente molto gravi e dolorosi. Ma io non so se si possa davvero
arrivare a dire che è stata la crisi economica a
determinare le decisioni di farla finita». «La crisi
perdura e tutto il giorno non faccio altro che parlare dei problemi collegati.
Mai come in questo momento si sente l'utilità degli ammortizzatori sociali».
Barty Stefan
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
IL PRESIDENTE CONSOB
Cardia difende le norme antiscalata ROMA Le norme anti-scalata recentemente
introdotte anche su consiglio della Consob rappresentano uno strumento
temporaneo che, fermi restando i valori del Testo Unico della Finanza, consente all'Italia di non fare «il vaso di coccio tra i vasi di
ferro» di un mondo che ha aumentato il proprio tasso di protezionismo. Così il presidente della
Consob Lamberto Cardia, in un intervento su Il Sole 24 Ore, nel quale
ricostruisce gli effetti della crisi e le norme adottate dall'Italia. \
( da "AmericaOggi Online"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Fiat e crisi dell'auto. Tra disoccupazione e riconversione Di Mario
Lettieri e Paolo Raimondi* 24-05-2009 Normal 0 false false false
MicrosoftInternetExplorer4 Il 23 febbraio scorso il New York Times pubblicava
un editoriale con un titolo molto diretto "Why can't Cerberus foot the
bill?" (Perché Cerberus non paga il conto?) in cui invitava i padroni
della Chrysler e della General Motors, in primis il fondo di investimento
Cerberus, a mettere sul tavolo i soldi necessari a salvare le due fabbriche
automobilistiche, senza elemosinare ulteriori aiuti dello stato e della
collettività. Cerberus Capital Mangement è uno dei più agguerriti e
spregiudicati equity fund, specializzato nel "metodo spezzatino",
cioè quello di acquisire il controllo di un'impresa, eventualmente in difficoltà,
spolparla, prendere il filetto e lasciare pelle e ossa (e debiti) agli altri,
in particolare allo Stato. Non ha potuto portare a termine
questo programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le carte in tavola. In
aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della Gmac, la fortezza finanziaria della Gm con un portafoglio
crediti al consumo (auto) pari a 1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva
acquistato l'80% della Chrysler. Cerberus, nome appropriato che si
riferisce al mostro canino a tre teste che fa da guardiano all'inferno
ricordato nella "Divina Commedia", è anche un colosso internazionale
immobiliare e dei mutui sub prime, delle ipoteche e dei crediti facili e quindi
è stato un attore primario nella crisi finanziaria
globale. Lo scorso dicembre nel mezzo della bancarotta, il governo americano
aveva dato 13 miliardi di dollari alla Gm e 4,3 alla Chrysler, poi a febbraio,
dopo drastici tagli nell'occupazione e nella produzione e un inevitabile
aggravamento della crisi finanziaria, Gm e Chrysler
avevano chiesto rispettivamente altri 17 e 5,3 miliardi di dollari in aiuti. A
quel punto il New York Times aveva sfidato Cerberus a venire allo scoperto.
Come si sa la dimensione dell'intreccio è complicata dal fatto che Gm, che è in
procinto di chiedere il Chapter 11, cioè di dichiarare bancarotta, controlla la
tedesca Opel, anch'essa alla vigilia di una "amministrazione fiduciaria
temporanea" da parte del governo di Berlino. Abbiamo riportato questi
fatti perché prima di procedere con il petto gonfio di un certo "orgoglio
nazionale" a buon prezzo, è doveroso farsi questa domanda: quale è
l'accordo finanziario vero sottostante la possibile acquisizione della Chrysler
da parte della Fiat e la joint venture con la Opel? Fino ad ora si sono sentite
solo garanzie verbali secondo cui l'acquisizione non costerà niente, anzi la
Fiat ci guadagnerebbe in mercato e in riduzione di costi di scala. In una
situazione in cui tutti chiedono aiuti e piangono perdite e miseria, sorge
qualche sospetto quando si pretende che la crisi
all'improvviso crei delle opportunità che farebbero bene a tutti! I dubbi
infatti sono tanti anche perché pochissimi anni fa, fino alla primavera del
2005, era la Fiat in crisi che doveva essere assorbita
dal gigante Gm. Certamente la crisi finanziaria
globale ha evidenziato i conti truffaldini delle case americane e i buchi
vertiginosi in tutte le altre, ma ha anche prodotto un crollo nelle produzioni
e nei consumi, settore auto incluso. Per evitare ulteriori nuove sorprese è
quindi necessario conoscere in dettaglio gli accordi finanziari di cui poco si
dice. Inoltre, è vero che, dallo sconquasso provocato dalla crisi,
in verità si sapeva già da prima, nel mondo emergeranno solamente 4-5 grandi
gruppi industriali dell'auto. Entriamo quindi in un inevitabile fase di
"mega alleanze" dove è auspicabile una Fiat attiva più che reattiva.
Ma è altrettanto vero che, anche con una stabilizzazione della crisi, il mercato automobilistico occidentale vedrà un
ridimensionamento almeno del 20%. Perciò la seconda domanda che dobbiamo
consapevolmente porci è: cosa succederà con gli "esuberi" di mano
d'opera e di macchinari? Il problema non è soltanto la bravura e la riuscita
delle trattative di Marchionne, le cui capacità manageriali non sono in
discussione. La discussione in Italia ha finora evitato accuratamente di
affrontare il problema dei livelli di occupazione e della cassa integrazione.
E' poi reale il rischio di un pericolosissimo scontro tra lavoratori sia a
livello nazionale che internazionale. Perciò per mantenere ed espandere
l'occupazione e il settore dell'auto è necessario mettere in campo un vasto
progetto industriale anche di riconversione. Se produrremo meno auto, potremmo
produrre altri beni necessari allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto
pubblico e più in generale di macchinari, turbine, ecc. per altri settori
tecnologici, ad esempio quelli legati alle grandi infrastrutture e
all'ambiente. Crediamo che non manchino alla Fiat le competenze necessarie a
preparare un simile programma. E' una grande sfida per la Fiat, per l'Italia e
per il governo. Ma non è forse una strada obbligata segnata dalla crisi globale più grave della storia? *Lettieri è stato
sottosegretario all'Economia nel governo Prodi. Raimondi è un economista
( da "Trentino" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
DZ Bank conferma:
«CCB partner strategico» Ogni altra alleanza sarà concordata. Stop alla filiale
di Milano SOAVE (VERONA). DZ Bank è impegnata a curarsi le
ferite della crisi finanziaria che ha colpito le banche tedesche molto più duramente di quelle
italiane. Inevitabile il rallentamento dei suoi progetti d'espansione, perciò
per ora non aprirà la filiale di Milano. Ma Thomas Duhnkrack, consigliere DZB,
ha confermato che Cassa Centrale resta l'alleato strategico in Italia,
aggiungendo che ogni altra ipotesi sarà discussa «su un tavolo a tre
partecipanti», ovvero assieme a Cassa Centrale. L'impegno contenuto nella
lettera di Duhnkrack letta dal rappresentante italiano di DZB, Nicolò Ravano, è
un chiaro riferimento ai contatti in corso con Iccrea Holding. Sondaggi - è il
messaggio - che saranno condotti con la piena partecipazione delle banche
trivenete. Premessa che favorirà gli accordi allo studio con R+V in campo
assicurativo e con Team!Bank per i prestiti personali, entrambe società
controllare da DZB.
( da "Giornale di Brescia"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione: 24/05/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:speciale collegio Costruttori
L'assemblea/2 «Troppo fisco pesa sul mattone» Le proposte per il rilancio degli
investimenti immobiliari nella relazione del presidente del Collegio, Campana
di Brescia e provincia, Giuliano Campana" title="ll presidente del
Collegio dei Costruttori edili di Brescia e provincia, Giuliano Campana"
onClick="showImage('http://www.giornaledibrescia.it/gdbonline/contenuti/20090524/foto/full_brescia_786.jpg',600,1008)">
ll presidente del Collegio dei Costruttori edili di Brescia e provincia, Giuliano Campana BRESCIALa crisi
finanziaria internazionale ha inesorabilmente
contagiato l'economia reale e ha determinato anche un irrigidimento della
politica creditizia da parte del sistema bancario. Non è un mistero che molti
istituti di credito abbiano scelto la strada della rinegoziazione del credito
ai propri clienti. Il rapporto con il credito La preoccupazione della
«stretta creditizia» nei confronti delle imprese, ma anche degli utenti, quindi
della potenziale clientela, è stato uno dei temi portanti della relazione che
il presidente Giuliano Campana ha tenuto all'Assemblea 2009 del Collegio
Costruttori di Brescia. «Chiediamo al sistema bancario - ha detto Campana - che
presti particolare attenzione agli investimenti nel nostro settore, in special
modo quelli innovativi, quelli legati al disagio abitativo ed alla
riqualificazione del territorio, tenendo presente che noi non costruiamo
castelli di carta, ma di pietra». Opere pubbliche e Fisco La preoccupazione di
Campana non riguarda soltanto il rapporto banca-impresa-utente. Spazia infatti
dagli investimenti in opere pubbliche alla fiscalità: «Il nostro settore ha
registrato negli ultimi nove anni un ciclo espansivo che non ha precedenti: è
stato infatti il più lungo dal dopoguerra. Nell'arco di questi anni gli
investimenti nelle costruzioni sono cresciuti ad un tasso pari a circa il 30%,
più che doppio rispetto a quello del prodotto interno lordo che è stato quasi
il 14%. In questa negativa fase congiunturale, maggiori investimenti in opere
pubbliche, sarebbero quanto mai auspicabili per agevolare il superamento della crisi e il divario con i mercati internazionali, per
affrontare al meglio le sfide di oggi e di domani, senza peraltro perdere di
vista una adeguata politica per la casa, a partire dal riordino della fiscalità
immobiliare. Vorrei offrire alcune proposte, alcuni suggerimenti: toglier l'Ici
sull'invenduto e ridurre, almeno sino al
( da "Arena, L'" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 24 Maggio
2009 CRONACA Pagina 17 LA SPESA ALTERNATIVA. Fine settimana in piazza con La
Rondine, El Ceibo e Gamargioba Cibo, vestiti e vacanze con un occhio ai poveri
In esposizione artigianato originale e accessori fatti a mano Ed è possibile
fare colazione, pranzo e cena con piatti etnici Questione di stile. Fare la
spesa, comprare un vestito, prenotare le vacanze e perfino giocare sono azioni
quotidiane che possono avere un grande risvolto a livello di tutela ambientale
e di sostegno ai Paesi poveri. Tutto sta nel rendersi conto che «il cambiamento
inizia da noi e dalle nostre scelte, e che i gesti all'apparenza banali
contribuiscono a costruire un mondo migliore», come spiegano i soci de La
Rondine. La cooperativa è impegnata a diffondere il commercio equo e solidale
sia in qualità di «bottega del mondo», con sede centrale in via Pallone, sia
attraverso l'opera d'informazione sulle dinamiche fra Nord e Sud del pianeta.
Tutto questo, La Rondine, lo fa da vent'anni: per l'importante traguardo, un
centinaio di volontari hanno organizzato per questo week-end «Equa Verona», una
grande festa in piazza Cortile del tribunale, dalle 9 alle 23.30, in
collaborazione con la cooperativa El Ceibo e la onlus Gamargioba e con il
patrocinio del Comune. Per oggi, tre importanti appuntamenti in programma. Alle
10.30, l'assemblea de La Rondine ripercorrerà «I nostri primi vent'anni», con
la partecipazione dei soci fondatori. Alle 17, ci sarà l'esposizione di
un'alternativa etica nelle telecomunicazioni, con la compagnia telefonica
Livecom Scs onlus. E alle 18.30, Riccardo Milano, responsabile delle relazioni
culturali di Banca Etica, e Marco Santori, presidente del consorzio Etimos, parleranno di «Crisi finanziaria, le soluzioni di finanza etica e del microcredito». Per il
resto, si può fare il giro del mondo in una decina di stand: Asia, Africa e
America Latina. I prodotti esposti vanno dall'artigianato originale in
terracotta, legno e paglia con vasi, statuine e sedie, alla sartoria con abiti,
sciarpe e borse in fibre naturali. E poi dagli accessori con collane,
braccialetti e orecchini fatti a mano al reparto cosmesi con ingredienti
provenienti dal commercio equo e solidale. Capitolo a parte per la gastronomia:
oltre agli stand alimentari, in piazza si può fare colazione (alle 9), pranzare
(dalle 13 alle 15) e cenare (dalle 20 alle 21.30) sotto il tendone con i piatti
e bevande tipici di varie parti del mondo, a cura di Fileo onlus. Alla
manifestazione danno il proprio contributo diverse associazioni «sorelle» de La
Rondine. C'è Legambiente con il suo laboratorio per i più piccoli «Giochiamo
con il sole: costruiamo oggetti che si muovono con la luce solare», dalle 10.30
alle 12.30. I bambini non credono ai loro occhi quando, collegato il piccolo
motore a un minuscolo pannello fotovoltaico, l'elica dell'aeroplanino inizia a
girare. E girano pure la giostrina e la pala dell'elicottero: tutti giochi
costruiti dagli stessi bambini, sotto la guida dei volontari, utilizzando
bottiglie di plastica e materiali di recupero. Sempre a questo bazar, si può
trovare qualche novità, come il caricabatterie a energia solare. E per i bimbi,
dalle 15 alle 17, Metis Africa organizza la caccia al tesoro. Con l'inizio
dell'estate, lo stand di Planet viaggiatori responsabili è più che mai
appropriato: il tour operator promuove vacanze in gruppo o in coppia «secondo
principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell'ambiente».
Che significa privilegiare strutture, trasporti, guide e servizi locali, stando
alla larga dai villaggi turistici. Al banchetto sono disponibili i cataloghi
con le destinazioni per i prossimi mesi. Planet viaggi, insieme ad altre otto
realtà è socio fondatore dell'associazione «Rotte locali»: una nuova esperienza
per avviare il turismo responsabile, mettendo in luce località belle ma di
solito trascurate. Alla sera, la festa si concluderà con le danze di Perù,
Bolivia e Paraguay curate dall'associazione Valichia.L.CO.
( da "Mattino di Padova, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 26 - Cronaca
Bcc Sant'Elena, la festa dei 110 anni Oggi al Papa Luciani 2.800 soci in
assemblea rinnoveranno il cda: lista unica NICOLA STIEVANO Dall'alto dei suoi
110 anni la Bcc Sant'Elena guarda con moderata fiducia al futuro, nonostante la crisi finanziaria si stia facendo sentire anche fra bilanci degli istituti di
credito. Il bilancio 2008 che oggi viene presentato ai soci durante l'assemblea
ordinaria e straordinaria al Papa Luciani di Padova a partire dalle 9, presenta
molti segni positivi e un solo, ma significativo, negativo. E' quello
relativo all'utile netto, con un calo di oltre il 28 per cento che lascia
intendere un'ulteriore contrazione anche per quest'anno. Al di là dei numeri i
soci sono chiamati ad eleggere il consiglio d'amministrazione per il prossimo
triennio. Una sola la lista delle candidature, all'insegna della continuità.
Marchesini presidente. Certa la riconferma alla presidenza di Francesco
Marchesini, 69 anni, commercialista di Este. E' al timone della Bcc di
Sant'Elena dall'inizio del 2006, quando subentrò allo storico presidente
Vittorino Gnan, colpito da un improvviso malore che gli impedì di proseguire
nel suo mandato. Dopo un «interregno» di alcuni mesi, nella primavera
l'investitura ufficiale da parte dell'assemblea che confermò Marchesini alla
presidenza. Ora il secondo mandato, nonostante un processo che lo vede
coinvolto in prima persona. Per il 21 settembre è fissata la prima udienza del
processo penale per la compravendita di Trasporti Ecologici da parte di Cosecon,
che vede Marchesini rinviato a giudizio insieme ad altri 13 ex amministratori
delle due società. Truffa, abuso d'ufficio e false comunicazioni sociali i
reati contestati. L'indagine ha preso le mosse dalla perizia giurata stilata da
Marchesini nel 2002. E' approdato, però, alla presidenza della Sant'Elena nel
2005, quando il caso era già esploso. Il bilancio. Al di là del sensibile calo
nell'utile netto la banca di Sant'Elena ha chiuso il 2009 con diversi segni
positivi, come spiegherà in assemblea il direttore generale Francesco Maroni.
Se il patrimonio è in continua espansione il risultato economico continuerà a
scendere anche nel 2009, tanto da far prevedere un'ulteriore contrazione del
risultato di gestione di circa il 28% anche di fronte alla stabilità dei costi
e alla riduzione del margine di interesse. Ciononostante Marchesini è
ottimista: «I risultati sono soddisfacenti e le previsioni formulate nel piano
strategico sono state sostanzialmente rispettate. Lo sviluppo conseguito, sia
in termini di volumi che di presenza territoriale, ci mette in una posizione di
tutto rispetto». Sul territorio la banca ha erogato contributi ad associazioni
ed enti con fini sociali o di pubblico interesse per 258 mila euro. Con le sue
18 filiali, nelle quali lavorano 152 dipendenti, la banca è operativa in oltre
mezza provincia, da Piazzola sul Brenta a Stanghella, in riva all'Adige.
L'ultima filiale aperta è quella di Sant'Angelo di Piove nella primavera del
2008, entro agosto sarà operativo lo sportello di Montegrotto.
( da "Unita, L'" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Le retribuzioni dei
manager devono stare sotto controllo BIANCA DI GIOVANNI Mario Draghi riunisce
il gruppo del G30 a Roma per discutere sulla crisi e «addentellati». Al termine
dell'incontro con i rappresentanti di varie istituzioni pubbliche e private, il
governatore di Bankitalia incontra la stampa assieme al presidente Bce
Jean-Claude Trichet, il presidente G30 Jacob A. Frenkel e il ministro delle
finanze di Singapore Tarman Shanmugaratnam. In primo piano l'andamento delle
economie dei paesi industrializzati e di quelli emergenti. Il commercio
mondiale, che soffre un pericoloso rallentamento, e l'andamento del Pil, che è
visto tutto in negativo per l'intero 2009 (lo conferma Trichet). Gli esperti
del G30 spiegano che la ripresa attesa per il 2010 sarà lenta anche per i Paesi
emergenti, Draghi ha rinviato alla prossima settimana, con le considerazioni
finali, le sue previsioni sulla crisi. Il mondo, comunque, ammonisce
Shanmugaratnam, dovrà abituarsi a tassi di crescita meno elevati ed evitare che
alla retorica anti protezionista seguano azioni nella direzione opposta.
basilea Sul tavolo degli esperti anche il tema delle retribuzioni dei manager,
che sarà all'attenzione del Financial Stability Board di fine giugno (26 e 27)
a Basilea. Il vertice non parte da zero su questo punto. Il G20 di aprile ha
sposato la bozza già preparata dall'organo presieduto da Draghi. A Londra il
governatore aveva parlato di un «grande, grande cambiamento», e aveva auspicato
che le nuove regole potessero entrare in vigore già entro il
( da "Giornale.it, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
n. 125 del
2009-05-24 pagina 19 Bazoli: Agricole stressato dai conti di Redazione Il patto
con cui Generali e il Crédit Agricole hanno blindato l'11% di Intesa Sanpaolo
nasce da un problema creato da una situazione «inconcepibile»: il presidente
del consiglio di sorveglianza di Intesa Giovanni Bazoli (nella foto) interviene
sul braccio di ferro in corso con l'Antitrust dopo che l'Authority ha aperto un
procedimento di inottemperanza contro la superbanca che potrebbe sfociare in
una multa da 500 milioni a 5 miliardi. L'Agricole, ricevuta Cariparma come
«indennizzo» al via libera alle nozze tra l'ex Banca Intesa e il Sanpaolo Imi,
avrebbe dovuto progressivamente disimpegnarsi da Ca' de Sass ma, complice la crisi finanziaria, ne è ancora un grande socio e per evitare pesanti svalutazioni
nella trimestrale, ha stretto un patto con le Generali spostando il pacchetto
di Intesa tra le participazioni «strategiche». Bazoli ha però precisato di non
aver espresso giudizi ma solo fatto constatazioni. «Ho detto - ha spiegato
- che questo è un esempio delle conseguenze che derivano dalla necessità delle
aziende di rispettare tempi sempre più brevi. Questa vicenda nasce
dall'esigenza di un nostro socio di passare la boa del suo bilancio
trimestrale». Al di là della possibile multa, l'esistenza di un patto tra
Generali e Agricole non risulta comunque particolarmente gradita alle
fondazioni grandi socie di Intesa. In particolare, sono al lavoro i legali
della Fondazione Cariplo e della Compagnia Sanpaolo, che hanno in mano rispettivamente
il 4,6% e il 9,9% del capitale della Ca' de Sass, per verificare l'esistenza di
eventuali profili di nullità del patto. Preoccupa infatti l'incidenza sul
governo societario di Intesa Sanpaolo di un accordo che blinda il 10,89% del
capitale e che di fatto riporta la Banque Verte all'interno del consiglio di
sorveglianza di Intesa. L'Antitrust ha giudicato tale accordo in contrasto con
gli impegni assunti da Intesa nel
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Barbara Spinelli I
PERDENTI CHE VIVONO DI SCONFITTE Hans Magnus Enzensberger, scrittore tedesco,
li chiama i perdenti radicali. Sono coloro che non si guardano intorno e non
cercano di capire come il mondo si disfa e si rifà, quando sono alle prese con
traumi sociali, ma vivono le calamità come una specie di giudizio universale
anticipato. Non hanno altra misura che se stessi: sono loro le uniche grandi
vittime, loro gli umiliati e gli offesi. La solidarietà con popoli o persone
che soffrono più di loro è inesistente. Potrebbero anche non essere perdenti in
modo radicale, potrebbero sforzarsi di vedere quel che in ogni crisi è
opportunità, mutazione. Ma la scelta che hanno fatto di essere perdenti ha
qualcosa di definitivo, di fatale. La realtà ha poco peso in quel che dicono e
che pretendono di vedere. C'era un po' di tutto questo nei tumulti della scorsa
settimana a Torino: prima al Lingotto, quando alcuni appartenenti ai Comitati
di base hanno contestato e malmenato il sindacalista Rinaldini, segretario
della Fiom; poi il 18 e 19 maggio, quando due-trecento violenti hanno rovinato
la manifestazione dell'Onda e scatenato, come avevano promesso, una guerriglia
urbana davanti al Castello del Valentino dove si svolgeva il G-8 dei rettori.
L'uso del nome G-8 è stato una provocazione stupida, certo: dopo gli eventi del
( da "Secolo XIX, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
La sede
dell'Ortofrutticolavenduta per ventun milioni albenga, in via dalmazia sorgerà
un nuovo quartiere Accordo con la Barberis Spa di Alba. Ora l'azienda trasloca
a Bastia Albenga. Venduti per ventuno milioni di euro i vecchi capannoni
dell'Ortofrutticola, e a settembre cominceranno i lavori per la nuova sede di
Bastia, in località Massaretti. L'operazione è stata chiusa venerdì pomeriggio
con la firma del compromesso di vendita tra la cooperativa e la ditta Franco
Barberis SpA di Alba, sul filo di lana per l'approvazione avvenuta la sera
stessa durante l'assemblea dei soci che ha dovuto anche formalizzare un
bilancio consuntivo per il 2008 con un passivo record di due milioni di euro
(2.107.209). Un duplice voto da parte dei soci che ha tenuto con il fiato
sospeso tutti fino all'ultimo, ma che alla resa dei conti è stato praticamente
unanime. Per molti il rospo da ingoiare è stato grosso, soprattutto per quei
due milioni di passivo. «Come risaputo, la nostra cooperativa vive da anni in
una situazione molto difficile dal punto di vista operativo con l'attività
divisa in due stabilimenti e con la sede storica di via Dalmazia che è ormai
inadeguata - spiega il presidente uscente Marco Ansaldi - e questo ha portato
ad un aggravio di costi che, con la nuova sede, sarà possibile ridurre
notevolmente». E poi qualche scelta che non ha dato i risultati sperati. «Nel
2008 si è chiusa la sfortunata esperienza del direttore generale, iniziata nel
2007, che ha visto una serie di iniziative come il "Mercatin
d'Arbenga" e nuove strategie commerciali molto aggressive che hanno
portato ad un aumento delle vendite ma ad un corrispondente minor margine. Inoltre la crisi finanziaria internazionale ha portato un aumento enorme degli oneri
finanziari». Ma anche sul compromesso di vendita c'era qualche timore, visto
che alcuni soci avrebbero rinviato tutto a dopo l'insediamento del nuovo
presidente che sarà eletto venerdì. Una strada abbandonata per non
rischiare di perdere altri mesi importantissimi. «Abbiamo concluso un ottimo
accordo - afferma Ansaldi - vendendo per una cifra (20,9 milioni) che ci
permetterà di realizzare la nuova sede e di ripianare il deficit». «Nonostante
la contrazione del mercato siamo riusciti a spuntare una cifra e delle
condizioni che nessuno ci aveva proposto prima, neppure nel momento di maggiore
euforia del mercato immobiliare» aggiunge il vicepresidente Pietro Sardo. La
cooperativa incasserà subito circa un milione e mezzo, poi la Barberis
comincerà (presumibilmente il 21 settembre) la costruzione della nuova sede in
località Massaretti che riunirà finalmente settore fiori, settore ortaggi,
amministrazione e tutte le attività societarie, oltretutto in una zona a due
passi dall'autostrada e dalla futura stazione. In via Dalmazia verrà mantenuto
solo un piccolo magazzino-punto vendita di trecento metri quadrati nel nuovo
quartiere residenziale. I lavori dovrebbero concludersi in due anni, e a qual
punto la cooperativa traslocherà, incasserà il saldo e lascerà campo libero
alla Barberis per abbattere il capannone e trasformarlo in
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina IV - Firenze
Troppi ordinari, pochi ricercatori primo nodo per i candidati-rettore Ad
Agraria c´è un docente ogni 10 studenti e a Psicologia uno ogni 75 Il futuro
dell´università è nei giovani, quelli che oggi stanno fuori o ai margini
ROBERTO D´ALIMONTE (segue dalla prima di cronaca) E´ razionale che ad Agraria
ci sia un docente ogni 10 studenti mentre a Psicologia ce ne sia uno ogni 75?
Qualcuno dirà che Psicologia è una facoltà nuova e per questo sotto
dimensionata. Ma Giurisprudenza è una facoltà antica e prestigiosa, eppure il
rapporto è di un docente per ogni 50 studenti. L´anagrafe delle facoltà non
spiega la distribuzione squilibrata delle risorse. Sono altri i fattori che nel
tempo hanno prodotto queste distorsioni e in primis il modello di governo
corporativo che ha prevalso nel nostro ateneo negli ultimi 30 anni e di cui ci
siamo occupati nel precedente articolo. Adesso però i pensionamenti in arrivo
aprono una "finestra di opportunità" che sarà possibile cogliere se
l´università riuscirà a rientrare nei parametri fissati dal ministero quanto a
percentuale di spese complessive destinate al personale. La fatidica
"quota 90". Questi pensionamenti non sono distribuiti in percentuali
uguali (Tabella A, colonna c) e proprio per questo rischiano di aggravare gli
squilibri esistenti. Di nuovo spicca la situazione anomala di Agraria che
perderà nel triennio solo il 4,3% del suo corpo docente contro il 18,8 di
Architettura. Questi dati suggeriscono un primo quesito ai candidati-rettore:
con quali criteri verranno distribuite le risorse che si renderanno disponibili
per questa via nel triennio 2009-2011, oltre che negli anni successivi, ed
eventualmente quelle aggiuntive che potrebbero arrivare per altre vie? Una
volta valeva il principio che ad ogni facoltà fosse restituito ciò che perdeva
con le cessazioni dal servizio. Questo principio è già stato superato ma non è
affatto chiaro quale sarà la politica del personale docente nei prossimi anni.
In che misura e in che tempi i candidati- rettore si propongono di correggere
gli squilibri esistenti tra facoltà? Ma ancora più importante del punto
precedente è quello che riguarda la distribuzione del personale docente tra i
vari ruoli di professore ordinario, associato e ricercatore. Attualmente la
ripartizione è questa: professori ordinari 35%, professori associati 30%,
ricercatori a tempo indeterminato 35%. Anche questo è uno squilibrio da
correggere: troppi ordinari e troppo pochi ricercatori. Non è detto che la
distribuzione ottimale debba essere a piramide come spesso si sente dire, ma è
assolutamente necessario aumentare in maniera rapida e significativa il numero
dei ricercatori. Ma questa politica ha un costo non solo economico ma anche
politico perché, data la scarsità delle risorse, significa fare delle scelte
anche impopolari. Nel prossimo triennio andranno in pensione 60 ricercatori, 45
professori associati e 173 ordinari. Che cosa propongono i candidati-rettore?
Quale percentuale delle risorse eventualmente disponibili saranno destinate
alla assunzione di nuovi ricercatori? Inoltre, visto che le risorse disponibili
dipendono anche dai pensionamenti anticipati, che intenzioni hanno rispetto
alla norma che consente il pensionamento dei docenti ordinari a 70 anni anziché
72? Verrà confermata anche nei prossimi anni quando l´Università
di Firenze avrà superato la fase più acuta della sua crisi
finanziaria oppure i rettori cederanno alle
pressioni degli ordinari che non vogliono andare in pensione a 70 anni?
Questione tanto più rilevante dal punto di vista della liberazione di nuove
risorse perché il pensionamento anticipato non riguarda solo gli ordinari ma
tutto il personale docente. E` banale ripeterlo: il futuro della
università sono i giovani, quelli bravi, quelli che oggi stanno fuori o ai
margini, quelli che fanno fatica a vincere concorsi in cui spesso il merito non
viene premiato, quelli che vanno all´estero perché non trovano spazio nelle
nostre università. Per troppo tempo sono stati sacrificati a favore di una
politica del personale che ha privilegiato i professori già dentro, gli
insiders. Ma si sa i giovani che stanno fuori non votano. E con questo modello
di governo della università i loro interessi non contano. Peccato che i loro
interessi siano anche quelli del Paese. L´autore è docente nella facoltà di
Scienze Politiche di Firenze
( da "Resto del Carlino, Il (Cesena)"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
VALLE DEL SAVIO pag.
11 «LA TENTAZIONE di rispondere alle provocazioni contenute nel comunicato
stam... «LA TENTAZIONE di rispondere alle provocazioni contenute nel comunicato
stampa firmato PD e Lista Graziani, usando gli stessi toni e le medesime
modalità, è molto forte, ma non mi appartiene». E' Giampaolo Leonardi (foto),
sindaco uscente di Mercato Saraceno che replica in merito. E continua: «Abbiamo solo posto all'attenzione dell'opinione pubblica la crisi finanziaria che sta colpendo il
nostro Comune cagionata dal debito fuori bilancio di 450mila euro derivante
dalla gestione Graziani. Per chiarezza e perché a questo punto, obbligato a
farlo, riporto la vicenda già resa nota, non da me, ma dalle autorità
competenti. Risale al 2000 quando Graziani era sindaco ed il
sottoscritto non ricopriva incarichi comunali. La gestione della vicenda è in
capo allo stesso Graziani (e non al sottoscritto) in quanto le prime lettere di
richiesta di risarcimento del danno (per un incidente stradale mortale causato
dalla strada dissestata) risalgono al 2001 e la citazione in Tribunale è
arrivata prima del mio insediamento. Del resto lo stesso Graziani, nel
dibattito in Consiglio Comunale sulla delibera di riconoscimento del debito
fuori bilancio, si è assunto la responsabilità politica della vicenda. Non
commento gli epiteti usati nei miei confronti ma lascio giudicare ad altri
quale tipo di campagna scorretta mi si stia facendo contro. Dopo essere stato
minacciato in ambito professionale e familiare, dopo le intimidazioni subite
dalla maggior parte dei candidati della mia lista, assistiamo all'ennesimo
attacco personale ed elettorale pieno di insulti e ingiurie. Crediamo che il
confronto elettorale debba consistere nella presentazione dei candidati e del
loro programma e non nello screditamento degli avversari Confidiamo in una
politica intesa come servizio e non come professione, o come gestione del
potere». INTANTO domani sera, alle ore 21 presso la sala consiliare di Mercato,
nell'incontro per le elezioni provinciali indetto da Rifondazione comunista
(alleato di Leonardi per le comunali a Mercato, ndr.) sarà presente Massimo
Bulbi, presidente uscente della provincia di Forlì-Cesena, oltre a Giorgio
Gardini (Prc, candidato al consiglio provinciale) , Piergiorgio Poeta e
Giampaolo Leonardi. Una situazione anomala che vede Bulbi appoggiare la lista
Graziani (concorrente di Leonardi) nelle comunali, mentre nelle elezioni
provinciali è assieme a Rifondazione comunista che sarà alleato di Giampaolo
Leonardi per il voto alle comunali del 6 e 7 giugno prossimo. Come dire tutti
insieme in Provincia (Pd, Rif. comunista, ecc...) e disgiunti invece a Mercato
Saraceno (Pd con Graziani da una parte, e Rif comunista con Leonardi
dall'altra).
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Fiorani guarda ai
lumbard, Savoldelli si smarca --> Domenica 24 Maggio 2009 PROVINCIA, pagina
29 e-mail print Stefano Savoldelli ROVETTAA Rovetta le due liste che si
propongono per le comunali, oltre a rispecchiare una nuova opposizione - nelle
elezioni di cinque anni fa infatti si era presentata solo la lista dell'attuale
amministrazione - si diversificano piuttosto nettamente per origine e
appartenenza. Se infatti la lista della maggioranza «Obiettivo Rovetta» - che
continua l'operato del sindaco Mauro Marinoni, il quale non si può ricandidare
e cede il posto a Stefano Savoldelli - è una lista civica, la lista opposta,
«Fiorani sindaco», ha una dichiarata appartenenza politica. «Da quando è nato
il nostro gruppo abbiamo chiarito da subito la volontà - spiega il candidato
sindaco Paolo Fiorani, 63 anni, ex dirigente d'azienda - di schierarci
politicamente. La questione è stata controversa ma alla fine il nostro simbolo
indica il riconoscimento in una realtà più ampia, appunto centrodestra e Lega,
dalla quale pensiamo di avere sostegno». Le priorità del programma di questa
lista, che punta al rinnovamento, riguardano obiettivi importanti: a partire
dalle grandi opere come la piscina fino all'aiuto concreto
a quelle famiglie che stanno particolarmente subendo la crisi finanziaria. «Lavoreremo alla
possibilità - continua Fiorani - di ottenere finanziamenti per rilanciare la
Valle Seriana. Il piano "Valle Seriana" ha trovato ampi consensi e la
possibilità di reperire finanziamenti europei. Quando tutto sarà pronto a
Bruxelles ci sarà un secondo passaggio politico. E qui noi pensiamo che
il nostro essere politicamente dichiarati ci consenta di non essere ai margini
delle scelte che verranno prese». Il programma continua poi con l'interesse per
il turismo e per l'urbanistica: non verranno introdotte nuove aree edificabili
e nel progettare il Pgt si consulteranno i paesi vicini per fare scelte
coerenti. «Contiamo molto - conclude Fiorani - sulla collaborazione con i
Comuni vicini, con la Comunità montana e con i partiti che ci appoggiano per
avere più agevolazioni». Dal canto suo Stefano Savoldelli, 31 anni, impiegato
in una società del settore energetico, e candidato sindaco di «Obiettivo
Rovetta» dice: «Il nostro programma si concentra sul tema del miglioramento
della qualità della vita inteso come potenziamento dei servizi erogati e come
qualità del territorio e dell'ambiente». Saranno pertanto queste le priorità:
nella redazione del Pgt verranno conservate le aree agricole senza inserire
nuove aree di espansione, sostenendo il recupero e la valorizzazione del patrimonio
edilizio esistente in particolare nei centri storici. Sarà poi presa in
considerazione la tutela dell'ambiente, anche come un'opportunità di sviluppo
in chiave turistica. «Continueremo dunque - spiega Savoldelli - la
valorizzazione del patrimonio ambientale potenziando la rete dei percorsi
turistici. In un'ottica di riduzione dei consumi e di risparmio procederemo
all'adeguamento progressivo della rete di illuminazione pubblica e ci
attiveremo per il contenimento dei consumi di energia nelle strutture pubbliche.
Sul tema dei servizi alla persona riteniamo di fondamentale importanza
continuare con l'esperienza della gestione dei servizi in modo associato con i
Comuni limitrofi, per garantire in particolare idonee misure di sostegno per i
non autosufficienti, i minori e chi soffre di disabilità». Gessica Costanzo
24/05/2009 nascosto-->
( da "Tirreno, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 4 - Prato
D'Alema in piazza del Duomo PRATO. Trona a Prato Massimo D'Alema che terrà
martedì un comizio alle
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 6 «Rischi di nuove bolle
speculative» I timori di banchieri e ministri Il confronto sulle vie d'uscita
dalla crisi al centro dei seminari Aspen di Venezia DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA Giulio Tremonti ama paragonare la crisi a un videogioco nel quale uno
dopo l'altro spuntano sullo schermo mostri da abbattere. Nella metafora del
ministro dell'Economia, l'ultimo di questi ha un aspetto familiare: somiglia
tanto a una bolla. Innocua e anzi gradevole, fino al momento in cui esplode.
Proprio il sospetto di veder nascere una nuova «mini-bolla » speculativa sulle
rovine del sisma finanziario dell'ultimo anno è affiorato nei due giorni di
seminari dell'Aspen Institute Italia chiusi ieri a Venezia. Coperti dalle
regole di anonimato del dibattito, ne hanno parlato vari banchieri d'affari e
responsabili di politica economica. E fin dall'inizio è parso chiaro che più
che di un'ipotesi si tratta di un rischio reale per molti i Paesi avanzati:
Italia inclusa, visto che da marzo Piazza Affari è rimbalzata con anche più
forza di Parigi o Francoforte, a loro volta salite di oltre il 20%. Hugo Dixon,
il celebre analista inglese, vi legge l'effetto dei tassi ufficiali vicini allo
zero e delle enormi iniezioni di denaro delle banche centrali: gli istituti
privati si finanziano quasi gratis e riversano liquidità sulle Borse ridotte
fino a poco fa a prezzi di saldo. Sarà per questo, ma Lorenzo Bini Smaghi della
Bce ha finito per notare, tagliente, che nessuno si lamenta più delle minaccia
di deflazione. Il problema è che scorre molto di meno il credito alle imprese,
quello che serve per investire e creare posti. Quello, anche, in nome del quale
in teoria le banche centrali sono intervenute come mai prima da quando
esistono. Pesa sì la caduta dell'export, che paralizza i produttori: il leader
della Cgil Guglielmo Epifani, anche lui presente ieri ai seminari dell'Isola di
San Clemente a Venezia, stima che un terzo delle imprese italiane non riesca
più a vendere all'estero; a questo proposito, il presidente
della Bocconi Mario Monti è preoccupato «per i rischi di ritorno del protezionismo». Conta però anche la
cautela delle banche. Ieri Alessandro Profumo non ha cercato di abbellire il
quadro: «Quasi un'impresa su quattro a cui forniamo credito è in perdita», ha
detto. Quanto a questo l'Italia di oggi è davvero pienamente europea.
Philippe Maystadt, presidente della Bei, ha dato la cornice: nell'area euro
quasi la metà delle banche è diventata più esosa nel prestare denaro. È il
bollettino di una recessione in corso Fonte: Fondo monetario internazionale
nella quale, avverte il numero due del Fmi John Lipsky, «è ancora troppo presto
per dire che i rischi sono alle spalle e che la riduzione del debito nel
sistema finanziario è già finita. Non lo è affatto». È però il momento giusto
per chiedersi come funzioneranno le grandi economie all'uscita dal tunnel, a
partire dai Paesi esportatori oggi rimasti senza mercati. Epifani e l'ex
premier Giuliano Amato pensano che ora l'Italia debba sostenere i consumi delle
famiglie. Per Tremonti invece «la caduta del commercio internazionale non è
così drammatica da obbligarci a ridisegnare la società». D'ARCO Su un punto
invece tutti, italiani e non, ieri erano d'accordo: gli Stati sono rientrati
nell'economia e ora non se ne andranno tanto facilmente. Non ci riuscirebbero
neanche se volessero. Nota Bernardo Bortolotti della Fondazione Mattei che i
proventi delle privatizzazioni in tutto il mondo dal '
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 7 Draghi e le banche: tetto ai
superbonus per tutti i manager Il governatore: servono regole globali E Trichet
(Bce): la ripresa dal prossimo anno ROMA Il tetto ai superbonus dei manager delle
banche diventerà una regola globale. Lo ha detto ieri il governatore della
Banca d'Italia, Mario Draghi, parlando nella sua veste di presidente del
Financial stability board, nella conferenza stampa di conclusione dei lavori
del sessantunesimo incontro del Gruppo dei Trenta. L'Fsb infatti approfondirà
tale questione nella sua prossima riunione a Basilea, il 26 e 27 giugno, dopo
che i leader del G20, Stati Uniti compresi, hanno trovato l'accordo
sull'affidare alle autorità di supervisione il potere di stabilire i principi
da seguire per le remunerazione dei dirigenti. La politica retributiva delle
banche del resto è un tema caro a Draghi e alla Banca d'Italia, che per prima,
rispetto alle autorità degli altri Paesi, ha proposto linee guida per
disciplinarla. Le banche (qualcuna come Unicredit e Intesa Sanpaolo si sono già
mosse) dovranno recepire entro giugno, in pratica con le assemblee di bilancio,
le indicazioni date dalla Vigilanza di via Nazionale. Le regole, in via
generale rispondono a due principi, che sono poi quelli individuati dal Fsb:
scoraggiare i rischi ed ancorare i compensi alla redditività di medio periodo
della banca. Allungando i termini del bonus o spalmando gli incentivi in più
rate. Con ogni probabilità Draghi tornerà sull'argomento tirando le somme di
quanto fatto dal sistema del credito italiano nelle sue Considerazioni finali
il prossimo 29 maggio all'assemblea della Banca d'Italia. In quell'occasione,
come ha detto ieri, approfondirà l'analisi della congiuntura e le prospettive
di ripresa dell'economia e di stabilizzazione dei mercati
finanziari, ancora avvolte nella sostanziale incertezza. Come ha
nuovamente ricordato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, seduto
accanto a Draghi nella conferenza stampa. «La caduta del Prodotto interno lordo
nei Paesi industrializzati sta rallentando, ma è ancora negativa. Numeri
positivi appariranno nel prossimo anno» ha detto il numero uno della Banca
centrale europea ribadendo che per la ripresa della fiducia resta comunque
«fondamentale la stabilità dei prezzi nel medio periodo». Il presidente del
Gruppo dei Trenta, Jacob Frenkel, vicepresidente di Aig ed ex governatore della
Banca centrale israeliana ha sottolineato «il collasso dei flussi del commercio
mondiale » e ha accennato alla necessità di varare le riforme necessarie.
Presente alla conferenza stampa anche il ministro delle Finanze di Singapore,
Tharman Shanmugaratnam, che mettendo in guardia sull'aggravarsi
dei rischi di protezionismo
ha affermato che «è troppo presto per dire che la ripresa sta arrivando: per
qualche anno sia i Paesi sviluppati sia quelli emergenti dovranno abituarsi a
ritmi di crescita più bassi». Stefania Tamburello Palazzo Koch Mario Draghi, 61
anni, è governatore della Banca d'Italia dal 2006
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 6 Due giorni «a braccetto»
Tremonti-Prodi: sigari, chiacchiere e anti-mercatismo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA Forse qualcuno dirà che anche questo nuovo sodalizio è, in fondo, un
po' figlio della crisi finanziaria. Ma vederli chiacchierare amabilmente sul ponte del ferry che li
porta a San Marco, seguirli mentre fumano il sigaro con il banchiere «comune»,
ascoltarli mentre dirigono il dibattito su Stato e mercato fra abbracci sul
metodo e solo qualche lieve puntura accademica, ha reso la ventisettesima
edizione degli Aspen seminars for leaders un'esperienza inedita. I veri
protagonisti della due giorni che si è svolta a Venezia sono stati loro: il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti e l'ex presidente del Consiglio Romano
Prodi. O meglio, la loro sintonia, che ha colpito e forse contagiato un po'
tutta la «classe dirigente» chiamata a discutere a porte chiuse sull'isola di
San Clemente. Se si esclude un pacato disaccordo fra il ministro Tremonti e
l'ex primo ministro Giuliano Amato sull'opportunità di spingere la domanda
interna per contrastare la caduta dell'export, il dibattito è sembrato più un
incontro fra sensibilità comuni che un confronto fra chi oggi potrebbe stare
anche su «barricate» differenti. Come, per esempio, il leader della Cgil
Guglielmo Epifani. Il seminario lo hanno introdotto loro, Tremonti e Prodi, con
Amato e Mario Monti. E qui c'è stato subito il pizzicotto accademico. Inserito
però in una sorta di comune «disclaimer» di fondo: qui di «mercatisti» non c'è
ombra. Lo Stato deve regolare, ma la crisi ha fatto
capire, soprattutto all'estero, che la proprietà può diventare necessità e
virtù. Prodi si definisce un keynesiano da sempre, anche se non fanatico dello
Stato. Ma per far capire quanto in realtà il rapporto fra pubblico e mercato
sia una questione di pragmatismo, non cita Barack Obama, bensì Benito
Mussolini. O meglio, l'economista Pasquale Saraceno che gli riferisce un
colloquio tra Alberto Beneduce, fondatore dell'Iri, e il Duce: Mussolini, cosa
dobbiamo fare? La risposta è stata: fate qualcosa per le imprese. E Tremonti
corregge sorridendo: per le banche. Ma è il solo «buffetto», restituito da
Prodi quando, riprendendo un piccolo inciampo di Franco Bernabé sulle cariche
di Tremonti, chiama quest'ultimo «ministro dei ministri». Per il resto quasi
stupisce l'uno-due sul metodo degli ex nemici. Prodi dice: oggi tutti studiano
macroeconomia, ma chi se ne frega? La manifattura è il passato o il futuro?
Lui, il Professore, ha studiato la struttura industriale da Amburgo a Firenze.
Una dorsale europea. Mentre in Gran Bretagna oggi l'industria conta per il 12%
del pil. E anche la Francia è più debole di quanto si pensi. La nostra
struttura industriale è ben diversa. Parole che piacciono a Tremonti: apprezza
il «discorso sul metodo del Professor Prodi», che parte dai dati e non dai
pregiudizi, ed è anche disposto a riconoscere ai passati governi, compreso
quindi quello guidato dall'economista emiliano, «prudenza» nella gestione del
debito pubblico. Certo, poi aggiunge: oggi per la prima volta negli ultimi 10
anni la crescita del nostro deficit è inferiore alla media europea. Ma c'è una
linea di continuità. Rintracciabile anche nell'aneddoto che Tremonti racconta
quando il discorso si sposta sulla social card: il governo si aspettava 1,2
milioni di richieste e ne sono arrivate 770 mila, di cui 220 mila sbagliate o
false. Difficile «individuare» la povertà. Tremonti narra di sé in montagna
subito dopo la nomina a ministro. Una signora lo ringrazia perché il governo le
ha già consegnato un bonus sulla pensione. In realtà il bonus era di Prodi,
ammette Tremonti, ma non l'ho detto. E aggiunge: la signora aveva un gippone.
Sergio Bocconi
( da "Foglio, Il" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
26 maggio 2009 Le
repliche di Boeri e Alesina Processo ai liberisti Il giavazzismo vivisezionato
da chi ricorda tremontianamente gli errori degli economisti Nel 2006 “Goodbye
Europa. Cronache di un declino economico e politico”. Nel 2007 “Il liberismo è di
sinistra”. Nel 2008 “La crisi. Può la politica salvare
il mondo?”. I libri di Francesco Giavazzi e Alberto Alesina sono tra i più
venduti, discussi e citati nel loro campo. Da qualche tempo, però, il tenore
delle citazioni ha cambiato bruscamente di segno. Di citazioni giavazziane sono
pieni, per esempio, almeno due libri di recente o imminente pubblicazione. E
basta vederne i titoli per capire subito che non si tratta del genere di saggio
in cui uno studioso amerebbe ritrovare il proprio nome e la propria prosa:
“Bluff – Perché gli economisti non hanno previsto la crisi
e continuano a non capirci niente”, di Marco Cobianchi (giornalista di
Panorama) e “Processo agli economisti – A chi abbiamo affidato il nostro
benessere. Ecco perché i guru del liberismo hanno fallito”, di Roberto Petrini
(giornalista di Repubblica). Dei tanti segnali di cambiamento nelleconomia,
nella politica e forse persino nello “spirito del tempo” che riempiono le
pagine dei giornali, limprovviso attacco ai “guru del liberismo” e al loro capofila, Francesco Giavazzi,
non è tra i meno sorprendenti. Eccettuati Karl Marx e John Maynard Keynes,
pochissimi studiosi, e ancor meno giornalisti, editorialisti o semplici
commentatori di fatti economici hanno mai goduto di una tale influenza sulla
politica. Lungo sarebbe lelenco delle vittime illustri
dellinflessibile editorialista del Corriere della Sera, professore della
Bocconi di Milano e del Mit di Boston, ispiratore dellapprezzatissimo
sito Internet lavoce.info, prolifico saggista, infaticabile conferenziere e polemista
implacabile. Solo per citare i duelli più recenti e famosi, Giavazzi ha
trascinato alla gogna Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dellEconomia
nel governo Prodi, sorpreso a lamentarsi delle sue critiche in une-mail a
colleghi economisti,
editorialisti e banchieri, dallo stesso Giavazzi prontamente intercettata e
pubblicata sul Corriere. Con non minore veemenza Giavazzi si è scagliato contro
il ministro di centrodestra che è venuto prima (e dopo) Padoa-Schioppa, Giulio
Tremonti. Ma quando, nel 2005, Tremonti è stato sostituito da Domenico
Siniscalco, la vigilanza del professor Giavazzi non si è abbassata. “Un
accademico senza spina dorsale, prestato alla Casa della Libertà per fare bella
figura sui mercati: questo si è dimostrato essere il ministro Siniscalco”, ha
scritto sul Corriere il 3 settembre 2005. Meno di tre settimane dopo lasciava
anche Siniscalco, e il professor Giavazzi non mancava di rendergli lonore
delle armi. “Il ministro Siniscalco esce a testa alta: a lui va il rispetto di tutte le persone
perbene”, scriveva il 22 settembre 2005. Quindi, dal 2005 al 2007, con
pochissime interruzioni, se la prendeva con il governatore della Banca dItalia
(Antonio Fazio) e con il presidente del Consiglio (Romano Prodi). In entrambi i casi, va detto, in nutrita
compagnia; resta il fatto che nessuno dei due è rimasto a lungo al suo posto.
Nellultima campagna elettorale, lautore del programma del
Partito democratico, Enrico Morando, dichiarava apertamente di averne ripreso
larghe parti dal sito
lavoce.info, dove scrivono abitualmente, oltre allo stesso Giavazzi, tanti dei
suoi colleghi e allievi in Bocconi, a cominciare da Tito Boeri. E già in piena crisi economica, mentre buona parte dei suoi correligionari
liberisti di Oltreatlantico finivano sbeffeggiati nelle trasmissioni di
economia come nei talk show serali, con le loro incaute previsioni esposte al
pubblico ludibrio e alla rabbia di piccoli azionisti, risparmiatori e titolari
di fondi pensione andati in fumo, Giavazzi veniva amichevolmente ospitato e
trattato con insolito riguardo persino da Michele Santoro. E ancora più tardi,
nemmeno un mese fa, Tito Boeri veniva ricevuto con tutti gli onori nel salotto
di Serena Dandini, perché spiegasse alle masse del “ceto medio riflessivo” gli
insondabili misteri della crisi finanziaria. Adesso,
però, il clima sembra essere cambiato anche in Italia. E dopo anni in cui la
cosiddetta “scuola di Milano”, lélite del pensiero economico
liberista formata alla Bocconi, le ha cantate (e suonate) a ministri e presidenti del
Consiglio, partiti e sindacati, ecco che qualcuno comincia a fare le pulci
anche a loro. Quasi una nemesi, per chi ha sempre invitato la “vecchia Europa”
a seguire la più giovane e dinamica America, dove in effetti questo genere di
“processi” è cominciato da un pezzo. Dal tempo della famosa parabola della
trave e della pagliuzza, la storia è piena di moralizzatori e raddrizzatorti
passati rapidamente dal banco dellaccusatore a quello
dellimputato. Anche nel giornalismo economico, cambiando quel che cè
da cambiare, vale dunque la regola di Pietro Nenni: troverai sempre un puro più
puro che ti epura. Ma anche nellocchio di chi oggi fa le pulci alle
contraddizioni e alle omissioni dei moralizzatori di ieri, a essere onesti, non è molto difficile trovare fior di
pagliuzze, se non vere e proprie travi. E così, nel libro di Petrini, si
troverà naturalmente limmancabile citazione di Alberto Alesina,
già segnalata da Marco Fortis e ormai divenuta un classico del genere: “Quella
in atto è una
correzione come ce ne sono state altre. No, non vedo in arrivo lo scoppio di
una bolla come quella della new economy. Ultimamente si era esagerato un po
a prestare denaro grazie a tassi dinteresse troppo bassi, ora è in atto
una forte correzione,
tutto qui” (la Stampa, 20 agosto 2007). Un vero peccato, però, che Petrini
(giornalista di Repubblica) ometta di citare linizio della
frase. Un inizio che avrebbe dato peraltro ben maggiore efficacia alla
citazione, non per nulla riportata per intero nel libro di Cobianchi (giornalista di Panorama).
“Non ci sarà nessuna crisi del 1929 come dice
Tremonti: quella in atto è una crisi come ce ne sono
state altre…”. In compenso, chi volesse trovare un elenco delle affermazioni e
delle scelte meno lungimiranti di Tremonti, le cui ragioni sono comunque
ampiamente riconosciute in entrambi i libri, le cercherebbe inutilmente nel
saggio di Cobianchi (Panorama), trovandone invece a non finire nel saggio di
Petrini (Repubblica). Entrambi i pamphlet riportano invece le parole del
professor Giavazzi: “La crisi del mercato ipotecario
americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi
finanziaria generalizzata. Nel mondo leconomia continua
a crescere rapidamente. La crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il
contagio si diffonda” (il Corriere della Sera, 4 agosto 2007). Neanche un mese
dopo le foto delle code davanti alla banca inglese Northern Rock (salvata dal
governo britannico, quindi nazionalizzata) diffondevano il panico in tutto il
mondo. Solo Cobianchi, invece, riporta le previsioni di Boeri, firma di punta
di Repubblica, nonché presidente della fondazione Rodolfo De Benedetti. Anche
per Boeri, come per Alesina, nellagosto 2007 non era in
vista nessuna crisi del 29, con “leconomia mondiale che continua a
crescere a tassi molto sostenuti e con le banche centrali che hanno finora
assolto al loro ruolo”. Pertanto, esortava Boeri assieme a Luigi Guiso,
cofirmatario dellarticolo, “non gettiamo oggi, come tante volte in passato, i semi della crisi futura con una reazione eccessiva alla crisi corrente”. Proprio quello che ripete da tempo Silvio
Berlusconi – con somma indignazione di Repubblica – e che Boeri diceva con le
parole di Roosevelt: “In queste crisi cè
da aver paura della
paura”. Per poi spiegare che “il primo fattore” della crisi
era “un insieme di cattiva informazione, inesperienza finanziaria
e miopia dei consumatori/investitori che si sono lasciati attrarre dalla
prospettiva di ottenere mutui a tassi mai visti prima”. Basti pensare che “solo
due terzi degli americani conosce le leggi della capitalizzazione composta,
dunque sa calcolare i costi dellindebitamento” (la Repubblica, 22
agosto 2007). Il colpo più efficace ai “guru del liberismo” arriva però con la
citazione del 19
agosto 2007, e cioè appena tre giorni prima. Il 19 agosto, sul Corriere della
Sera, a firmare un pezzo a quattro mani sono infatti Francesco Giavazzi e
Alberto Giovannini. Ma se nel Boeri-Guiso di tre giorni dopo il “primo fattore”
della crisi sarebbe stato individuato nella “cattiva
informazione, inesperienza finanziaria e miopia dei
consumatori/investitori che si sono lasciati attrarre dalla prospettiva di
ottenere mutui a tassi mai visti prima”, poveri fessi che non conoscevano
nemmeno “le leggi della capitalizzazione composta”, nellarticolo
a firma Giavazzi-Giovannini si afferma invece lesatto contrario,
sottolineando proprio quei “benefici dellinnovazione finanziaria”
che “sono arrivati fino alle famiglie, soprattutto a quelle che nel passato non
avevano accesso al credito, per esempio per acquistare una casa”. Il resto dellarticolo
è unautentica apologia del sistema finanziario e dei suoi sofisticati
meccanismi di “distribuzione del rischio” (come i derivati, per fare un
esempio). “In passato
il rischio era concentrato soprattutto nelle banche. Oggi le banche, quando
erogano un prestito… hanno la possibilità di venderlo immediatamente ad altri
investitori. Il rischio in questo caso non rimane più concentrato nelle banche,
ma si diffonde tra una miriade di investitori”. Di qui la domanda: “Queste
trasformazioni hanno reso i mercati più o meno fragili?”. Risposta: “E
abbastanza intuitivo che un mercato con più partecipanti sia in grado di
assorbire fluttuazioni nella domanda e nellofferta in maniera molto più efficiente…
E miope pensare che la riduzione drammatica nei premi al rischio
che ha caratterizzato gli ultimi anni sia stata una bolla speculativa”. Sarà
stato miope dirlo prima, ma i fatti che sono venuti dopo, ormai, sono sotto gli occhi di tutti. Il gioco delle
citazioni potrebbe proseguire a lungo, arrivando fino a tempi recentissimi.
Volendo, anche fino a ieri, visto larticolo in cui
Giavazzi accusava il governo di sottovalutare la crisi (“Lottimismo
un po eccessivo”, Corriere della Sera, 19 maggio 2009). Ma il gioco finirebbe per divenire
stucchevole. E anche unilaterale, considerando i molti illustri commentatori
che per ragioni di spazio resterebbero inevitabilmente tagliati fuori – ci
limitiamo pertanto a un semplice rinvio al libro di Cobianchi per lelogio
del meccanismo dei derivati, grazie al quale “nessuna banca americana è ancora
fallita e per il momento gli effetti sulleconomia reale sembrano molto
limitati” (Luigi Zingales, il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2007). Laspetto più interessante di questi
libri non è però nellelenco degli errori commessi dagli
economisti. A sbagliare analisi e previsioni sono stati studiosi, banchieri e
giornali di tutto il mondo (compreso questo, naturalmente). E certo è giusto
rendere onore ai pochi
che in Italia hanno sfidato lopinione dominante, denunciando
rischi e difetti di quel sistema che tanti altri proclamavano il migliore
possibile, larrivo di una crisi che quasi tutti negavano, la necessità
di interventi universalmente considerati non solo non necessari, ma addirittura
dannosi (se non criminali). Da Giulio Tremonti a Marco Vitale, da Marcello De
Cecco a Massimo Mucchetti, fino allormai famosissimo
economista turco-americano Nouriel Roubini (formatosi anche lui, bisogna dire,
nella Bocconi del
professor Giavazzi). Ma laspetto interessante resta un altro,
purtroppo assai poco trattato. Laspetto più interessante riguarda il modo
in cui quella “opinione dominante” si è formata e progressivamente imposta nel
dibattito pubblico, in tutto
il mondo, ma forse in Italia più che altrove. In fondo, sono passati meno di
quattro anni da quellestate del
( da "Reuters Italia"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
ROMA
(Reuters) - La crisi finanziaria creerà problemi sugli investimenti
nel settore energetico ed in particolare nelle produzioni da nucleare e fonti
rinnovabili che sono a maggior intensità di capitale. Lo ha detto il ministro
dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, aprendo i lavori del G8 energia a
Roma.
"L'attuale contesto economico e finanziario, insieme alla caduta dei
prezzi e alla stretta creditizia, ha rallentato la realizzazione di nuovi
investimenti e lo sviluppo dei nuovi progetti nel settore energetico", ha
detto il ministro. I settori più vulnerabili, ha proseguito Scajola,
"appaiono quelli a maggiori intensità di investimento, soprattutto il
nucleare e le energie rinnovabili. I prezzi bassi rendono meno attraenti anche
gli investimenti nel risparmio energetico e nell'efficienza energetica
determinando ritardi nella diffusione di apparecchiature efficienti e negli
investimenti per la ricerca".. Sul sito www.reuters.it altre notizie
Reuters in italiano
( da "Avvenire" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA 24-05-2009
«Ridare un'anima all'Europa con una nuova forza morale» Ambrosio (Comece):
riscoprire etica e sussidiarietà DI PAOLO VIANA O sserva preoccupato la crisi di popo-- larità dell'Ue ed esorta l'Italia a «reagire
all'idea che l'Europa stia perdendo fiducia nel proprio avvenire». Monsignor
Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza e Bobbio, delegato della Cei presso la
Comece, ci illustra le ragioni per cui la conferenza organizzerà in ottobre le
prime 'Giornate Sociali Cattoliche per l'Europa' a Danzica. «È la città - ci
dice - dove settanta anni fa risuonarono i primi colpi di cannone della
Germania nazionalsocialista e dove, trent'anni fa, nacque Solidarnosc... Speriamo
che da Danzica venga un aiuto per ridare un'anima alla casa comune europea».
Perché per la Chiesa è tanto importante il cammino europeo? Furono alcuni
politici cattolici - il francese Robert Schuman, l'italiano Alcide De Gasperi e
il tedesco Konrad Adenauer - a pensare e a realizzare la comunità europea. Se
il punto di partenza fu economico - la dichiarazione di Schuman del 9 maggio
1950 prevedeva il controllo congiunto della produzione di carbone e acciaio,
poi approvata con il Trattato firmato a Parigi il 18 aprile del 1951 -
l'intento profondo era la pacificazione. Se si sottrae a ogni Stato la
possibilità di disporre liberamente di materie prime come il carbone e
l'acciaio, si rende improbabile una guerra: questa era la tesi del piano
proposto da Schuman al Quai d'Orsay. Di fronte a questo progetto, la Chiesa
cattolica non poteva certo restare alla finestra. Il progetto dei padri
fondatori è stato rispettato? Il progetto di unificazione nasce dopo il secondo
conflitto mondiale, costato 60 milioni di vite umane, con 6 milioni di ebrei
sterminati dai nazisti. Dalla fine di quella terribile guerra, sono passati
sessantaquattro anni. Con l'eccezione dei Balcani, l'Europa ha vissuto in pace
in questo periodo e la cosa non è scontata, se pensiamo alle due guerre
mondiali e alle precedenti come il conflitto tra Francia e Prussia nel 1870-71.
Secondo fatto: caduta del muro di Berlino. Non solo l'Europa ha garantito la
pace, ma ha propiziato anche la fine delle divisioni: grazie anche a Giovanni
Paolo II, l'ingiusta spartizione è stata cancellata. Ora l'Ue conta circa mezzo
miliardo di cittadini e 27 Stati membri. Un'Europa economica senza un'Europa
po- litica non le pare un'Europa dimezzata? L'Europa unita nasce come un
progetto di speranza realizzato da uomini animati dalla fede cristiana e dotati
di grande intelligenza politica. Con la firma dei Trattati sull'economia e il
commercio si è pensato che l'unificazione culturale e politica avvenisse
automaticamente e anche oggi la dimensione prevalente è quella economica:
l'Euro è entrato in vigore nel 2002 ma il Trattato Costituzionale è bloccato.
Per non dire della ricerca di un più sano equilibrio fra la dimensione
economica e quella sociale. Non dimentichiamo che i fondatori non volevano una
Europa delle banche e della finanza, ma dei popoli; il rischio di una certa
paralisi esiste. Quale contributo possono dare i cristiani al cammino europeo?
Occorre una strategia per far valere un'idea alta di Ue, senza la quale
l'Europa tradisce la sua memoria e rende incerto il suo domani: i grandi valori
della solidarietà, della socialità, della giustizia non possono essere
perseguiti e attuati perdendo di vista - o volutamente cancellando - la loro
sorgente. In Europa è necessaria una forza morale, capace di contrastare i troppi
ripiegamenti su di sé di Stati e cittadini. La stessa crisi finanziaria attesta che la
dimensione morale è troppo trascurata. Il tendenziale confinamento della morale
nel privato lascia uno spazio incontrollato alla mentalità tecnica: è forte e
urgente, invece, l'esigenza di una morale pubblica che sappia affrontare con
responsabilità le questioni complesse che stanno davanti a tutti noi.
Tali questioni non possono essere decise solo in base alle possibilità tecniche
o alle sentenze di corti europee troppo segnate dal positivismo giuridico o da
interpretazioni amministrative. Intanto, la politica scade nel moralismo: si
appella alle grandi parole d'ordine come la giustizia, la pace, la
conservazione del creato, senza però richiamare il fondamento di questi valori
e senza l'impegno a praticarli. Quant'è alto il rischio che l'Europa si
trasformi nell'ennesimo 'potere' sulla testa dei cittadini? I cristiani europei
devono impegnarsi per il riconoscimento concreto del principio di
sussidiarietà, perché difficilmente la Ue sarà considerata la 'casa degli
europei' se non vi si afferma il primato della società civile. Solo il rispetto
delle diverse tradizioni culturali europee può rafforzare l'Europa. Se il
tentativo di razionalizzare la distribuzione dei poteri tra l'Unione europea e
gli Stati membri, previsto dal Trattato di Lisbona, è positivo, il principio di
sussidiarietà appare ancora troppo sullo sfondo. Cosa suggerisce la Comece
all'Europa per le prossime elezioni europee? La nostra idea è costruire insieme
una migliore casa europea. Questa immagine o metafora della casa comune è di
Giovanni Paolo II e molto è stato fatto ma occorre che questa casa abbia uno
stile, o meglio, un'anima che consiste nella dignità della persona secondo la
visione cristiana e umanista. Il rispetto della vita umana dal concepimento
fino alla morte naturale, il sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio, una
governance economica fondata su valori etici mirati a un duraturo sviluppo
umano devono essere parte integrante delle legislazioni e delle politiche
dell'Ue. Sono convinto che ciò risponda alle attese dei popoli, nonostante la
martellante proposta di una élite molto accreditata presso i media. Il tema
delle radici cristiane è ancora aperto. Cosa ne pensa? Come ha evidenziato
Benedetto XVI ricevendo i partecipanti al congresso promosso dalla Comece, nel
marzo 2007, non si può edificare un'autentica casa comune trascurando
l'identità dei popoli. Si tratta infatti di un'identità storica, culturale e
morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un'identità
costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha
contribuito a forgiare, acquisendo un ruolo non soltanto storico, ma fondativo.
Il Papa ha invitato a guardarsi «da quell'atteggiamento pragmatico, oggi
largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori
umani essenziali, come se fosse l'inevitabile accettazione di un presunto male
minore. Tale pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale
non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è
inerente alla natura umana». Occorre allora favorire sia il ricupero
dell'identità fondativa dell'Europa sia il rispetto delle diverse tradizioni
culturali. Senza questo impegno, si offre l'impressione che l'Europa sia in
mano ad una élite tecnico-burocratica. Il vescovo di Piacenza-Bobbio mette in
guardia: se la Comunità non riconoscerà il ruolo fondativo del Cristianesimo,
apparirà alla gente come uno strumento in mano alle élites
( da "Brescia Oggi"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
I Costruttori in
pressing Ma la politica è evasiva L'ASSEMBLEA. Alle assise annuali del Collegio
l'intervento del sottosegretario dribbla le richieste su decreto Bersani-Visco,
Ici e oneri fiscali. Più fiducia dalle banche Campana: crisi
edilizia più grave rispetto all'automotive Giachino: il Governo ha obiettivi
generali, non particolari 24/05/2009 rss e-mail print Un momento della
relazione del presidente del Collegio costruttori bresciano, Giuliano Campana
Meno carte e più spazio alle imprese di qualità. È quello che ha chiesto ieri
ai politici il presidente nazionale dell'Ance Paolo Buzzetti durante l'annuale
assemblea del Collegio Costruttori di Brescia che si è tenuto in mattinata nel
centro congressi della Camera di commercio. Una richiesta che ha replicato
quella della sezione bresciana dell'Ance guidata da Giuliano Campana, forte nel
far sentire la voce del comparto a livello provinciale e con le proposte di
eliminare il decreto Bersani-Visco, l'Ici sull'invenduto e ridurre l'onere
fiscale dell'Iva a carico dell'acquirente, e che ha denunciato il grave ritardo
infrastrutturale e la lentezza di molti progetti che riguardano il nostro
territorio a partire dalla Brebemi. «L'URGENZA di fare squadra, di raggiungere
un'intesa tra gli attori politici ed economici bresciani consentirebbe al
sistema Brescia di puntare a obbiettivi ambiziosi e strategici - ha detto
Campana -. La crisi ha purtroppo colpito in termini di
occupazione ed è indispensabile prevedere specifici interventi in materia di
ammortizzatori sociali per il settore. La tutela dei nostri lavoratori deve
essere estesa ad un arco temporale più ampio rispetto all'attuale di soli tre
mesi». Una richiesta a cui, pur se incalzato con fermezza, ha risposto in modo
evasivo il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Bartolomeo
Giachino, ponendo l'accento sui motivi della mancanza dei fondi e sulla via da
intraprendere su energia, infrastrutture e logistica. Risposte che spostano lo
sguardo all'orizzonte rispetto a richieste stringenti e immediate. «La politica
deve avere uno sguardo generale e deve scegliere i problemi più importanti - ha
detto il sottosegretario - perché bisogna sbloccare il Paese e tornare a
crescere entro i prossimi quattro anni». Ma per l'Ance nazionale gli obiettivi
per risollevare il settore sono molto più precisi: nuove strade, manutenzione
degli edifici scolastici, housing sociale e un piano casa che preveda
abbattimenti e ricostruzioni. Qualcosa che a livello locale il Comune di
Brescia ha messo in atto in base alle parole del sindaco Adriano Paroli che,
portando il suo saluto all'assemblea, ha ricordato il progetto
dell'abbattimento delle torri di S. Polo, la recente vittoria dei finanziamenti
per i contratti di quartiere e il progetto di allungare la metro alla Fiera. MA
LO SPETTRO RESTA la crisi che potrebbe portare con se
una perdita per il Paese che, secondo Campana, dovrebbe spaventare molto di più
di quella del settore automobilistico: due milioni di lavoratori con l'indotto
(75 mila solo nel bresciano) che potrebbero davvero navigar e in cattive acque
se il Governo non agisse in tempo a livello fiscale e se le banche non
riaprissero in fretta i portafogli. «La crisi finanziaria ha determinato anche
un irrigidimento della politica creditizia da parte del sistema bancario - ha
aggiunto Campana - ma le banche dovrebbero considerare con maggiore attenzione
le operazioni di investimento proposte dalle nostre imprese e dagli acquirenti.
Una chiusura nei confronti del settore immobiliare vuol dire arrestare uno dei
motori vitali per l'economia del Paese». Più fiducia, invece, è arrivata dal
sistema finanziario. La minore disponibilità degli istituti di credito
all'accensione di nuovi mutui, su cui è intervenuto il presidente di Banca
Mediolanum Ennio Doris, sembra essere alle spalle. Doris ha portato come
esempio la politica del suo istituto, sottolineando come l'investimento
immobiliare sia destinato a ritornare molto remunerativo non appena si uscirà
dalla crisi e si rialzerà l'inflazione. Cosa che
dovrebbe accadere secondo lui molto in fretta visti i ribassi di petrolio e
costo del denaro. «La bolla è esplosa a causa di mutui basati su garanzie
insufficienti - ha spiegato Doris -, ma le conseguenze sono arrivate quando il
mondo ha visto fallire in diretta dei colossi bancari e finanziari e ha smesso
di spendere. I clienti di Mediolanum in tutta risposta hanno ricevuto una
lettera che gli comunicava l'allungamento del mutuo e la diminuzione della rata
e abbiamo raddoppiato in pochi mesi i prestiti e nel primo quadrimestre 2009
abbiamo registrato una crescita netta rispetto all'anno scorso». Matteo Asti
Matteo Asti
( da "Avvenire" del
24-05-2009)
Argomenti: Crisi
MONDO 24-05-2009
Köhler, un trionfo: secondo mandato per il presidente Il capo dello Stato
rieletto grazie a 613 voti Prime prove di strategia nell'anno elettorale DA
BERLINO VINCENZO SAVIGNANO P acato, mai sopra le righe e soprattutto sempre
dalla parte del popolo. Per questo, ormai da quasi due anni nei sondaggi
risulta sempre il politico più amato e stimato dai tedeschi. Horst Köhler è già
passato alla storia come il primo Presidente della Repubblica Federale a
rimanere in carica per due mandati consecutivi. L'Assemblea Federale, formata
dai deputati del Bundestag e da un eguale numero di delegati regionali scelti
dai Parlamenti dei sedici Länder (in totale 1224 componen-- ti), ieri lo ha
confermato, al primo turno, come capo dello Stato grazie ai 613 voti arrivati
dall'Unione Cdu/Csu, dai liberali dell'Fdp e dai cosiddetti "Liberi
elettori". Appena rieletto Köhler si è subito complimentato con Gesine
Schwan , candidata dell'Spd a cui sono andati 504 voti, giunti dai
socialdemocratici, dai Verdi e da parte della Linke, la sinistra radicale, che
aveva presentato un suo candidato, il regista e attore Peter Sodann, al quale
sono andate 91 preferenze. La Schwan, politologa e Rettore dell'Università
europea Viadrina di Francoforte sull'Oder, per la seconda volta consecutiva non
è riuscita a coronare il sogno di diventare la prima donna a ricoprire il ruolo
di Presidente della Repubblica Federale. «Sono convinta che il signor Köhler
continuerà a guidare e a rappresentare il mio Paese con gran- de dignità ed
impegno», ha detto la candidata socialdemocratica alla tv Zdf. Dal canto suo,
il vecchionuovo presidente ha subito tenuto un breve discorso di fronte
all'Assemblea Federale, nel corso del quale ha utilizzato toni e toccato temi
che già in passato gli hanno consentito di conquistare la stima e il rispetto
di tutto il mondo politico tedesco. Pochi mesi fa nel pieno
della crisi finanziaria non
aveva esitato a bacchettare i manager «colpevoli di aver pensato soprattutto ai
loro interessi e non a quelli dei risparmiatori» e a sottolineare che «la crisi è una grande occasione per la
Germania per cambiare il sistema economico ma anche sociale». Venerdì a Berlino,
in occasione dell'apertura dei festeggiamenti per il sessantesimo anniversario
della Costituzione tedesca, ha invitato il Paese e tutto il mondo politico ad
intraprendere «una rivoluzione ecologica». La rielezione di Köhler alla fine
sembra aver accontentato tutti. Hanno espresso la loro soddisfazione il
Presidente dell'Spd, Franz Müntefering e anche il leader della Linke, Oskar
Lafontaine, ma la più raggiante è sembrata Angela Merkel. Subito dopo il
discorso di Köhler si è presentata di fronte alla telecamere con il leader
della C- su, Horst Seehofer, e dei liberali, Guido Westerwelle, lanciando un
messaggio ben preciso: Cdu, Csu e liberali insieme hanno votato per il
Presidente e insieme sono pronti a governare il Paese. «L'elezione del Presidente
della Repubblica e il voto di settembre sono due cose distinte ha sottolineato
la Merkel ma oggi abbiamo dimostrato di voler lavorare insieme per questo
Paese, ormai la volontà di formare un'alleanza con i liberali non è più un
segreto». Insomma la Merkel, come previsto, ieri ha aperto ufficialmente la
campagna per le elezioni politiche federali e il lungo anno elettorale. A
giugno le elezioni europee; ad agosto le regionali in Sassonia, Turingia e Saar
infine a settembre il gran finale: la Merkel ha scelto già i suoi alleati;
all'Spd restano solo i Verdi e i più volte rinnegati della Linke; a Horst
Köhler il difficile compito di vigilare sull'anno elettorale. Il presidente
della Repubblica tedesca Horst Köhler, con la moglie Eva Luise, saluta la folla
all'esterno del palazzo del Reichstag dopo la rielezione (Reuters)
( da "Gazzettino, Il"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 24 Maggio
2009, Berlino Horst Köhler, nella foto, è stato rieletto ieri presidente della
Repubblica tedesca, con la maggioranza assoluta e al primo scrutinio. Candidato
dell'unione Cdu-Csu della cancelliera Angela Merkel ed ex direttore del Fondo
monetario internazionale, il 66enne Köhler ha ottenuto 613 voti sui 1.224
dell'Assemblea federale. Il collegio elettorale presidenziale è formato a metà
da membri scelti dai 16 Länder e, per l'altra metà dai deputati del parlamento
(Bundestag). La principale sfidante di Köhler, Gesine Schwan, pure lei 66enne,
ha avuto 503 voti. «Abbiamo molto lavoro davanti a noi, ma ce la faremo», ha
detto Köhler, che rimarrà in carica per altri 5 anni, riferendosi alla crisi economica. Il suo secondo mandato comincerà il
prossimo 1 luglio. La rielezione, in vista delle elezioni politiche di
settembre, è un successo per il Partito cristiano democratico della Merkel, che
governa con i socialdemocratici della Spd nella "grande coalizione".
La Cdu-Csu avrebbe subito un duro colpo se il capo dello Stato fosse stato
battuto dalla sfidante della Spd Gesine Schwan, che è la presidentessa
dell'Università europea Viadrina di Francoforte sull'Oder, e che era già stata
sconfitta da Köhler nel 2004. Köhler ama l'Italia - è stato sul lago di Garda
sia l'anno scorso che nel 2007 - come molti suoi connazionali, ma non le
vacanze di lusso. Il decimo capo dello Stato della Germania del dopoguerra
sceglie alberghi a tre stelle, e fa gite in bicicletta (con la moglie e la
scorta è arrivato spesso in Veneto dall'Austria, "scalando" il passo
Resia). Ex economista di primo piano, nei mesi scorsi si è reso molto popolare
criticando le distorsioni del sistema economico mondiale
che ha causato la grave crisi finanziaria, paragonando i mercati internazionali a un «mostro» da
disciplinare ed dicendo di aspettarsi un «mea culpa» dalle banche tedesche. Nel
maggio 2007 fu molto discussa la decisione di Köhler di negare la grazia
chiesta da Christian Klar, l'ex terrorista della Raf, poi rilasciato nel
dicembre 2008, dopo 26 anni di carcere. La scelta ha però giocato a suo
favore, visto che esponenti conservatori contrari alla grazia avevano
minacciato di votare contro la sua rielezione a presidente, se l'avesse
concessa. Sostenitore di uno Stato forte che contro la crisi
economica «stabilisca regole per il mercato e garantisca la loro applicazione»,
Köhler è favorevole all'elezione diretta del capo dello Stato, anche se l'idea
ha sollevato più critiche che consensi. È salito alla presidenza tedesca - che
come in Italia prevede un ruolo di rappresentanza, di indirizzo e di arbitro
tra istituzioni dello Stato, senza potere di governo - nella primavera 2004
dopo aver diretto il Fondo monetario internazionale e in precedenza la Banca
europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). Era stato anche il
principale consigliere economico dello "storico" cancelliere della
riunificazione Helmut Kohl (Cdu).
( da "KataWeb News"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 285 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Trend-online"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
G8 energia: nel
mondo uno su 4 senza luce
( da "KataWeb News"
del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 286 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio
e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un
disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin
Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva
immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato
anche la Spagna in una crisi profonda: crescita
dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che
riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato
gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente
nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè
prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità
di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima
mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo
milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46
milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha
cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre
prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da