CENACOLO  DEI  COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

CRONOLOGICA

 

Report "crisi"  22-24 maggio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Il russo Mechov ha vinto la tappa e indossa la rosa ( da "Quotidiano.it, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: un rapporto dettagliato sui motivi della crisi finanziaria che attanaglia le economie del mondo, a causa di economie finanziarie folli, fondate su giri inestricabili e sulla sabbia di debiti senza controllo, ha prodotto la migliore analisi del fatto, a dispetto di tanti esperti, con una sintetica analisi di 5 parole "Ma nessuno se ne era accorto ?

L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader ( da "Corriere.it" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ingranaggio nuovo dell'Europa 2009 la crisi finanziaria internazionale è il primo vero «crash test», come la caduta del Muro lo fu per l'Europa di Andreotti, Mitterrand e Kohl. Come allora in gioco sono la credibili­tà degli uomini e delle istituzioni, la loro ca­pacità di capire in fretta, concertarsi e reagi­re rilanciando.

Montecarlo si ribella alla F1 in svendita "A noi piace il lusso" ( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I simboli dell'opulenza resistono, malgrado la crisi finanziaria. Ma il sistema scricchiola per altri motivi. Liti personali, scontri di potere e questioni di denaro si mescolano e trovano qui il loro palcoscenico ideale. Quello del 2009 potrebbe essere l'ultimo Gp di Montecarlo come lo intende il mondo.

Crisi finanziaria ( da "Cittadino, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: apocalisse finanziaria», è dovuto al fatto che gli stati «sono scesi in campo e la mano pubblica ha sostenuto la mano privata». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti lo spiega davanti alla platea della Cisl ma più tardi in un convegno racconterà che «qualche criticità agli sportelli» delle banche si è manifestata proprio nel giorno in cui Berlusconi è intervenuto,

Elezioni comunali 2009 - Casalmaiocco Il sindaco uscente punta ad aprire un asilo nido a servizio delle famiglie ( da "Cittadino, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha colpito le imprese casaline?«Le ditte hanno ridotto gli straordinari e alcune l'orario di lavoro. Il comune ha istituito un fondo di solidarietà, versando i primi 5.000 euro. Tutti possono partecipare destinando il 5 per mille al comune.

ALESSANDRIA Viguzzolo FESTIVAL ECHOS Tre gli appuntamenti con il Festival di musica Echos, ... ( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria e vita quotidiana» con Franco Becchis. Conduce Roberto Fiori. Margarita QUESTO E' GROTTROCK Al Condorito, venerdì 22 maggio (ore 22) gli Eildentroeilfuorieilbox84 presentano il nuovo disco «Ananab». La band romana propone un mix tra un sound, che definiscono, grottrock e frutta, con assaggi per tutti sotto il palco.

crisi e paura di licenziamenti due suicidi shock in azienda - paolo g. brera ( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: doveva convincerli ad accettare la cassa integrazione per tanti suoi colleghi ai quali la fabbrica non riusciva più a pagare lo stipendio. Non lontano da lì, a Fontanelle, mercoledì si era suicidato il titolare di una piccola azienda del legno in grave crisi finanziaria. Aveva 58 anni, si è impiccato all´interno della sua ditta prima di dover licenziare i dipendenti.

la tentazione degli usa: - vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come un mantra nei giorni elettorali del febbraio 2008 la bomba del neo protezionismo sganciata dal candidato Barack Obama contro Hillary "la Globalizzatrice" Clinton ebbe l´effetto desiderato negli stati del nord deindustrializzati e in quelli del sud, già devastati dalla morte dell´industria tessile americana. L´America comperò Obama e il resto del mondo, dalla Cina all´Europa,

trasporti, poste e telecomunicazioni in italia concorrenza ferma al palo - marco patucchi ( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria globale - partita dallo scandalo dei mutui subprime per approdare al crac delle maggiori banche mondiali e alle ripercussioni sull´intera economia reale - ha di fatto messo alla sbarra lo stesso concetto di deregulation. «Ma raramente - si sottolinea nell´analisi dei risultati dell´Indice - la regolazione è riuscita a correggere i presunti fallimenti del mercato

"buy american", il protezionismo resta uno slogan - vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo», garantendo che gli Stati Uniti «sarebbero rimasti la forza trainante nella globalizzazione del commercio». Quella del protezionismo esplicito è rimasta una tentazione senza il peccato. E più ancora delle reazioni spesso isteriche e ideologiche dell´Europa, hanno pesato le minacce (forse il bluff) del governo cinese di scaricare il dollaro come moneta di riserva

l'intervento la fiducia nel ciarlatano - george akerlof ( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quale le persone agiscono GEORGE AKERLOF Igoverni di tutto il mondo stanno cercando di risolvere l´attuale crisi finanziaria con l´aiuto degli economisti. Questi si basano su una propria visione della macroeconomia, che deve molto agli scritti di Keynes. Per fare previsioni corrette occorre una chiara comprensione dei meccanismi che regolano i fenomeni economici e Spiriti animali.

Qualche dubbio di troppo sugli accordi tra Fiat, Chrysler e Opel ( da "Italia Oggi" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non ha potuto portare a termine questo programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le carte in tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della GMAC, la fortezza finanziaria della GM con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari a 1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della Chrysler.

Più sostegno alle pmi nella crisi ( da "Italia Oggi" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In pochi mesi la crisi del mercato finanziario ha praticamente coinvolto tutte le economie e già oggi sono palesi anche le conseguenze sociali. Le banche continuano a operare una forte selezione nella valutazione del merito creditizio, mantenendo alto il costo del denaro, nonostante gli interventi al ribasso decisi dalla Banca centrale europea.

Non si fermano le erogazioni di Biis ( da "Milano Finanza (MF)" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si fermano le erogazioni di Biis La crisi finanziaria non ferma le erogazioni di Biis, la Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo del gruppo Intesa Sanpaolo. Nei dodici mesi da marzo 2008 a marzo 2009 le nuove erogazioni di credito hanno raggiunto 5 miliardi di euro, mentre nel primo trimestre del 2009 le principali voci del conto economico (risultato della gestione operativa,

Ma la fiera del tol adesso coinvolge anche promotori e gestori ( da "Milano Finanza (MF)" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: insegna della prudenza sono poi i consigli di Alberto Mancuso, responsabile retail e private banking investment sales di Banca Imi, che reputa «necessario un ritorno alle basi, ai derivati meno complessi e a un loro utilizzo più ragionevole». Insomma, la crisi finanziaria ha quindi riportato una forte dose di sano realismo nel mondo del risparmio gestito.

crescita, fiducia, debito ecco le sfide di domani - michael spence ( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi attuale è stata definita una "crisi dei libri contabili" di portata mondiale, di terribile gravità e di potenza distruttiva a causa della sua origine nei bilanci patrimoniali del settore finanziario e di quello relativo alle famiglie. La distruzione dei bilanci è ciò che ha reso questa crisi diversa e straordinaria.

Napolitano: Sostenere le imprese ( da "Finanza e Mercati" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: imprese italiane affrontano oggi un compito di gravissima difficoltà» che è appunto quello di «superare la crisi». «Occorre fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale - ha spiegato il Capo dello Stato - che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese.

APPUNTAMENTO d'eccezione oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi ... ( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria internazionale : economisti e politici a confronto». E a discutere di questi temi ci sarà un relatore di grande prestigio. Sarà infatti il professor Piero Tedeschi, docente associato di politica economica alla Bocconi, ordinario di economia politica alla Cattolica di Milano e membro del «nucleo di valutazione degli investimenti pubblici al Ministero del bilancio»

La crisi colpisce i fondi sovrani: persi 55 miliardi di dollari ( da "Unita, L'" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi colpisce i fondi sovrani: persi 55 miliardi di dollari Nel 2008, a causa della grave crisi finanziaria internazionale, i cosiddetti fondi sovrani (cioè quelli di proprietà degli Stati) hanno perso un totale di 55 miliardi di dollari del valore dei loro portafogli.

Poste Italiane, dopo una lunga trattativa accordo con i sindacati ( da "Tempo, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria mondiale, che sta investendo il nostro Paese, coinvolga anche Poste Italiane. In tale prospettiva, l'Azienda ha proposto più volte di decurtare il premio anche in caso di assenze garantite da norme di legge sul welfare (legge 104) e ha richiesto oltretutto la possibilità di non pagare le assenze dovute agli infortuni in itinere,

in bagno col permesso, la marelli frena ( da "Centro, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria internazionale e poi la recessione che ha colpito anche il mercato dell'auto non hanno risparmiato la più grande realtà produttiva della Valle Peligna, che conta più di 700 dipendenti e dove da mesi le tute blu reclamano una maggiore rotazione nell'estensione della cassa integrazione.

C'è crisi, la Rurale con le imprese ( da "Adige, L'" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attenzione che stiamo riservando ai nostri soci in questo momento di crisi finanziaria». L'unico dato in controtendenza è relativo all'utile di esercizio che rispetto allo scorso anno è diminuito di ben 695.171 euro. «Lo scorso anno abbiamo avuto la plusvalenza - precisa Segnana - dell'operazione con la Germania di 528.

Il gringo Obama in America Latina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: o la principale vittima di tutte le crisi finanziarie internazionali che si sono succedute dal 1982, con il default del Messico, in poi. In questa crisi, se il brusco calo dei flussi privati di capitale dall'estero (del 57% a 34 miliardi di dollari, secondo l'Institute of International Finance, l'associazione delle grandi banche) è evidente in tutte le sue componenti,

Chi ha paura della Vigilanza Ue? ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: comprese le ultime vicende legate alla crisi finanziaria – ci hanno insegnato che occorre ridurre il più possibile il numero dei controllori. Se i mercati tendono a essere privi di barriere, più sono i vigilanti più si rischia di avere informazioni frammentate (non si sa chi sa) e responsabilità opache (non si sa di chi è la colpa).

Euronext, voglia di grandeur ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sembra avere già le idee chiare: togliere il primato finanziario alla City. E in effetti la Francia potrebbe avere le carte in regola per farlo. Innanzitutto è il paese che meno ha subìto la crisi finanziaria: le perdite del sistema bancario francese ammontano a 20 miliardi, quelle in Germania sono doppie e quelle inglesi nove volte maggiori.

La crisi è uno shock ma non certo l'Apocalisse del nostro mondo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: instabilità dei mercati senza che ciò porti al bando delle innovazioni finanziarie di prodotto ». Eppure, con la crisi è apparso chiaro che le innovazioni segmentano il mercato, rendendo in molti casi illiquide le varie nicchie. Per questo studiosi ed esperti hanno sollecitato una maggiore standardizzazione dei prodotti,

Parigi scopre la grandeur finanziaria ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: urto della crisi finanziaria ed economica: «Le svalutazioni e le perdite delle nostre banche ammontano a circa 20 miliardi di dollari. Non è poco, ma ricordiamo che questa cifra rappresenta le perdite della sola Merrill Lynch », osserva Arnaud de Bresson, direttore generale di Europlace, un'organizzazione nata nel 1993 per promuovere Parigi come piazza finanziaria internazionale.

Corporate America. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: momento è arrivato in conseguenza della crisi dei mercati finanziari che ha mostrato – ha sottolineato ancora Shapiro – «un'ampia verietà di discutibili e illegali pratiche societarie» poste in essere dai Ceo non adeguatamente vigilati da chi siedeva nei board. Ma difficilmente potevano comportarsi diversamente quanti dipendevano dai "boss" aziendali per la loro nomina.

Napolitano: aziende e famiglie da difendere ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: fronte e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale «che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese». L'invito del Capo dello Stato è perché si comminci finalmente a valorizzare «le grandi risorse e potenzialità » presenti in particolare nelle regioni meridionali.

Nuove regole, ma non soffocare i mercati ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria I danni prodotti dalla crisi sono enormi: quest'anno l'attività economica mondiale diminuirà dell'1,3%, la contrazione più forte dalla seconda guerra mondiale. In alcuni grandi paesi industriali il calo del Pil potrebbe raggiungere il 6 per cento.

Senza riforme coesione sociale a rischio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come è necessario dire no al protezionismo e aprire le porte del Wto ai Paesi emergenti. «Serve un'Europa più forte», ha detto, sferrando un rimprovero alla po-litica: «La campagna elettorale parla d'altro». Contro la crisi, la reazione di Confindustria, ha sottolineato la Marcegaglia, è stata immediata, concentrandosi su pochi interventi: più soldi per gli ammortizzatori sociali,

Scajola: Il governo sta facendo la sua parte ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: scivolare nella deriva del protezionismo. Il ministro ricorda i principali interventi messi in campo: «L'accelerazione del rimborso dei crediti fiscali e dei pagamenti della Pubblica amministrazione, la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, il sostegno al reddito dei lavoratori con il fondo ammortizzatori sociali, gli aiuti alle famiglie numerose e disagiate con la carta acquisti,

Consulto da Draghi per Trichet e Volcker alla cena dei ( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il governatore di Banca d'Italia Mario Draghi, affronteranno gli interrogativi posti dalla crisi finanziaria ed economica in atto. Stasera poi, la cena di lavoro di conclusione della prima giornata di lavori sarà anche l'occasione per affrontare temi più specifici con un ospite speciale, l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne.

KHABAROVSK - Navigano in battello sul romantico Amur, dopo una cena informale, il leader del Cremlin... ( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo, Caucaso e Moldovia. Tanto che, per l'autorevole quotidiano Kommersant, quello di oggi, a oltre 10 mila km da Bruxelles, sarà «Il summit più freddo per l'Ue». «Non sono sicura che le famiglie europee rimaste al freddo in inverno abbiano dimenticato tutto», ha dichiarato al giornale la commissaria Ue alle relazioni esterne Benita Ferrero-

ROMA Riforme subito o la coesione sociale è a rischio , chiede Emma Marcega... ( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo è in atto, sotto forme diverse, in molti Paesi». «Gli imprenditori sono pronti a fare la loro parte come hanno fatto in passato», garantisce la Marcegaglia che rivendica l'orgoglio confindustriale. Apre ai sindacati, alla Cisl in particolare, sul versante della democrazia economica per una non solo possibile ma auspicabile partecipazione dei lavoratori alla vita delle

ROMA Le riforme chieste da Emma Marcegaglia il governo intende farle, ma non subito. C’... ( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aveva ripercorso le tappe che avevano portato alla crisi finanziaria e poi a quella dell'economia reale. Una crisi a suo parere originata dalla globalizzazione e poi divenuta acuta nell'ottobre dello scorso anno. Il punto più drammatico, nel racconto del ministro, è stato toccato nella prima settimana di ottobre, quando il mondo fu sul punto di precipitare in una situazione di «

Trimestre in rosso per Socotherm ( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Trimestre in rosso per Socotherm (m.sid.) - I conti trimestrali di Socotherm sono arrivati alla fine di una giornata pesante un po' per tutti. Il gruppo guidato da Zeno Soave ha perso il 3,4% a 1,59 euro.

Lloyds taglia ancora e il titolo cala ( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il caso a Londra Lloyds taglia ancora e il titolo cala (g.fer.) Dopo il calo della vigilia, ieri il gruppo bancario Lloyds è sceso alla Borsa di Londra di un ulteriore 5,39% chiudendo a quota 66,7 pence.

Giù i mercati, Piazza Affari cede il 3,1% ( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Giù i mercati, Piazza Affari cede il 3,1% di Giacomo Ferrari Editoriali in altalena Cresce ancora Rcs MediaGroup, scendono Mondadori e l'Espresso Dopo quattro sedute di rialzo, Piazza Affari si è concessa una tregua, in linea con le altre Borse europee,

L'invito è perentorio. Da imprenditori - dice la Marcegaglia - pretendiamo che i ban... ( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria deve essere una occasione per definire nuove regole, un nuovo quadro per dare trasparenza senza però penalizzare il mondo produttivo sano. E se il Financial Stability Board. presieduto da Mario Draghi, si muove nella giusta direzione, anche le banche hanno il compito di sostenere chi produce in una fase così difficile:

Coop artigiana di garanzia: in 5 mesi boom di richieste di finanziamento ( da "Eco di Bergamo, L'" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a sostegno delle imprese artigiane nel quadro di difficoltà complessiva condizionata dalla crisi finanziaria mondiale in atto. In particolare il boom di questo avvio del 2009 (+332% rispetto allo stesso periodo all'anno scorso) dimostra il ruolo fondamentale dei consorzi fidi in un momento in cui si avvertono ancora con maggiore intensità le restrizioni del credito bancario.

La salvezza del clima globale dipende dall'Asia ( da "Secolo XIX, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Asia Chandran Nair Sin dalle prime avvisaglie della crisi finanziaria, le economie asiatiche emergenti si sono sentite ripetere lo stesso mantra dagli economisti dei Paesi sviluppati: incrementate i consumi per far ripartire il motore dell'economia mondiale. Seguire questo consiglio avrebbe preparato il terreno per una crisi molto più profonda di quella attuale,

Finanziari, la cura dà tono ( da "Morningstar IT" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: George Pauget ha affermato davanti ai soci del suo istituto che la crisi finanziaria globale "è arrivata a un punto di svolta", anche se gli effetti sull'economia si faranno sentire ancora per alcuni mesi. La banca transalpina settimana scorsa ha annunciato di aver avuto, nel primo trimestre, un utile netto di 202 milioni di euro, in calo del 77% rispetto allo stesso periodo del 2008.

Napolitano: aiutare famiglie e imprese ( da "Avvenire" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le nostre aziende si tro- È vano a dovere «fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese». Da sole, secondo il Quirinale, le aziende non ce la possono fare.

( da "Avvenire" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il ministro assicura che stiamo reagendo alla crisi «meglio di altri» e ora «ci sono germogli di ripresa che dobbiamo far crescere». Il governo, ha spiegato, sta facendo la sua parte contro la crisi senza cedere «a tre insidiose tentazioni»: non abbiamo sfondato i conti pubblici, non abbiamo ceduto a tentazioni stataliste né al protezionismo ».

Finanziari, la cura dà tono ( da "Trend-online" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ottimismo pure in Europa, anche se i risultati trimestrali non sono riusciti a strappare l?applauso degli investitori. L?amministratore delegato di Crédit Agricole George Pauget ha affermato davanti ai soci del suo istituto che la crisi finanziaria globale ?è arrivata a un punto di segue pagina >>

Materie prime, uno scudo per il portafoglio ( da "Trend-online" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e non solo in tempi di crisi. Le commodity, infatti, stanno guadagnando un crescente appeal tra gli investitori, che vedono in alcune di esse, metalli preziosi in primis, beni meno volatili e perciò più sicuri. La crisi finanziaria ha messo in discussione molti assiomi che si davano per scontati e ha portato un?

IL SUO NON è STATO UN DISCORSO D'ATTACCO, ANZI. INTANTO PERCHé MANCAVA UN BERSAGLIO T... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La seconda osservazione riguarda lo scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non solo finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai stata usata la parola recessione, quello che si nota è il mancato riferimento alla spaventosa caduta della produzione, del fatturato e degli ordinativi dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco.

BCC PORDENONESE ( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E rispetto ai temi della crisi finanziaria, il Cda per dare ulteriore personalizzazione al servizio verso la clientela ha deliberato l'assunzione di un codice etico comportamentale che diventa la linea guida dell'atteggiamento del personale, dei fornitori e degli amministraotri».

Con l'operazione Saeco, la De Longhi si muove sulla scia del Lingotto ( da "Gazzettino, Il" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un gruppo importante con un prodotto di successo operante in molti paesi del mondo, ma in grave crisi finanziaria. Una preda ambita da tanti concorrenti, multinazionali in testa. L'unico vincolo è la gran massa di debiti sui quali sta lavorando con le banche l'advisor per ricercare dei write-off che rendano meno pesante l'onere per un eventuale acquirente.

babelick ha detto: ognuno pensa ai propri interessi nazionali (e ovviamente di lobby e partiti)e noi siamo solitamente molto disuniti e disorganizzati.visto che mi piace lo sport t ( da "KataWeb News" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Salvare tutti e subitonon solo è impossibilesarebbe antieconomico ( da "Sicilia, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La seconda osservazione riguarda lo scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non solo finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai stata usata la parola "recessione", quello che si nota è il mancato riferimento alla spaventosa caduta della produzione, del fatturato e degli ordinativi dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco.

Siamo arrivati all'inizio di un primo vero trend per l'Eur/Usd? pag.1 ( da "Trend-online" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ennesima banca vittima della crisi finanziaria che costituisce il 34esimo default del 2009 e sicuramente il più grave dell?anno con 4,9 miliardi che dovranno essere pagati dalla Federal Deposit Insurance Corporation. La causa della pessima performance del dollaro di quest?

Siamo arrivati all'inizio di un primo vero trend per l'Eur/Usd? ( da "Trend-online" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi: Alan Greenspan, ex presidente della Fed, in una recente intervista ha avvertito che la crisi finanziaria non si è per nulla conclusa nonostante i forte calo del costo del denaro; l?ex presidente ha inoltre sottolineato la crisi del settore immobiliare, notando che, finchè il prezzo delle case continuerà a diminuire il Paese correrà il rischio di assistere ad una crisi immobiliare

Michele Andreana (PD Emilia - Romagna) "La crisi a Modena rischia di diventare drammatica" ( da "Sestopotere.com" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mentre ovunque si abbandona il modello neoliberista responsabile della crisi finanziaria globale noi lo riproponiamo. Tutti chiedono più regole, noi le cancelliamo. E mentre Obama promette di introdurre anche negli Stati Uniti il sistema europeo di tutele sociali, il governo italiano vuole uscirne offrendo meno tutele, meno scuola e sanità pubblica, meno sicurezza sul lavoro".

diciamolochiaro ha detto: Babe, hai ragione. Quando in questo paese capiremo CHE ANCHE le manifestazioni sportive sono "turismo", cioè gente che arriva, alloggia, si nutre, acquist ( da "KataWeb News" del 22-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

RIFORME IMPOPOLARI MA GIUSTE ( da "Stampa, La" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: andamento dei mercati finanziari e della produzione industriale, le preoccupazioni dei cittadini e delle famiglie italiane sono legate ai consumi e al posto di lavoro. È giusto ed è inevitabile che sia così. Nonostante i timidi segnali di ripresa, che devono comunque essere letti come una riduzione della velocità di caduta,

Lo scudo fiscale spingerà il settore Arriva Greco come direttore generale ( da "Stampa, La" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: affari abbiamo la disponibilità mentale e ovviamente anche finanziaria per diventare un soggetto aggregante nel settore». Guido Giubergia, amministratore delegato di Ersel vede - ora che la grande crisi dei mercati finanziari pare essersi placata - un'occasione di crescita: «In Italia ci sono pochi gruppi di medie dimensioni e indipendenti come noi.

La Germania e lo spettro dei nuovi poveri ( da "Giornale di Brescia" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma ogni strategia di assistenza deve fare i conti con la cruda realtà della crisi finanziaria e con i dati assai negativi del Prodotto interno lordo, calato del 3,8% nel primo trimestre del 2009, con un peggioramento del 6,7% rispetto a un anno fa: nessun Paese dell'Unione Europea è andato così male nei primi mesi dell'anno.

BRITISH AIRWAYS Bilancio in rosso, nessun dividendo British Airways, nell'esercizio 2008-... ( da "Giornale di Brescia" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel 2008 La crisi finanziaria nel 2008 si è riflessa pesantemente sui bilanci delle banche dei maggiori Paesi europei. Secondo un'analisi dell'Abi, nei cinque Paesi, Italia esclusa, con i sistemi bancari più sviluppati (Gran Bretagna, Olanda, Francia, Spagna e Germania) si è registrata una contrazione media degli utili netti del 123%

Graziano Menegazzo, la prima vittima ( da "Tribuna di Treviso, La" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: lo scorso 23 dicembre, quando la crisi finanziaria mondiale mieteva la sua prima vittima: Graziano Menegazzo, 62 anni, di Cavaso. Dopo le tante campagne in prima linea in difesa degli imprenditori tartassati, si è tolto la vita nella sua azienda. Lo ha trovato il figlio, una fetuccia di plastica stretta attorno al collo.

Ingegneria, mercato in calo ( da "Italia Oggi" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2008 che formula alcune ipotesi circa l'impatto della crisi finanziaria sulla categoria stimando una diminuzione del volume d'affari di circa il 7%. La proiezione fatta dalla ricerca prevede, infatti, che la crisi determinerà l'espulsione dal sistema produttivo di almeno 2-3 mila ingegneri attualmente occupati come dipendenti che, in mancanza di alternative,

( da "Nazione, La (Firenze)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del tessuto economico provate prima da una crisi che data dal 2001 e dall'ottobre scorso dalla crisi finanziaria. 78.740 le imprese cessate nel solo comparto artigiano, e anche se il saldo tra iscritte/cessate rimane positivo, è evidente una forte contrazione. Riduzione degli ordini, mancati pagamenti, crisi di liquidità, difficoltà di accesso al credito.

La consulenza e i conflitti di interesse ( da "Milano Finanza" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: esercizio della loro professione é ritornato prepotentemente d'attualità, non solo per gli effetti delle crisi finanziaria, ma anche per le sollecitazioni di alcuni esponenti delle associazioni di rappresentanza degli operatori, a cui la stampa specializzata ha fornito attenzione e disponibilità, poiché il tema è quanto mai avvertito ed attrattivo.

Alternativi più forti dopo la crisi ( da "Borsa e Finanza" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: investimento di ridurre drasticamente la leva in seguito alle perdite in cui sono incorse a causa dei subprime ha provocato una crisi nell'industria degli hedge fund legata all'esaurimento dei finanziamenti delle loro strategie. Gli hedge fund sono stati molto più le vittime che la causa della crisi finanziaria. Nonostante tutto, il futuro dell'alternativo rimane molto promettente».

British vola in rosso CsC meno pessimista Fallisce BankUnited ( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La conferma che la crisi finanziaria è tutt'altro che chiusa arriva dagli Usa:L'Agenzia federale di garanzia sui depositi (Fdic) ha annunciato il fallimento della BankUnited Fsb, istituto con sede a Coral Gables in Florida con depositi per 8,6 miliardi. E' la 34^ insolvenza di un istituto garantito dalla Fdic quest'anno e il più grande nel settore bancario Usa nel 2009.

Occupazione? No, offerta di pubblico affi tto ( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dipendono esclusivamente dalle disponibilità del Gruppo Coppola e dalle sue prospettive che, dopo la tempesta finanziaria e giudiziaria che l'ha investito recentemente, non sembrano eccessivamente floride». Fuor di metafora, Action propone che i circa 100 mila appartamenti sfitti e le 40 mila case invendute causa crisi finanziaria siano messe a disposizione di chi può pagare un affitto.

Crescita ( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi attuale è crisi dell'accumulazione. L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per natura illimitata. Di fatto, una logica impossibile, quindi illogica, dissennata. Che è la causa prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali.

La Bers blinda le banche straniere a Est ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: preoccupazioni che ha sollevato sui mercati finanziari e fra le autorità, l'Europa dell'Est è stata l'unica area dell'economia mondiale a meritare ieri un'esame specifico alla riunione del G-30 a Roma. Il gruppo, composto di policy-maker in carica come il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha fatto da padrone di casa, e il presidente della Banca centrale europea,

Intesa Sanpaolo, il mediatore Bazoli e il duello tra soci ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi drammatica dei mercati finanziari, non è un buon momento per vendere titoli azionari. E anche la cessione di titoli Intesa Sanpaolo avrebbe l'effetto di registrare minusvalenze pesanti. Per questo conviene evitarla, ma per evitarla il management del Crédit Agricole deve dare agli azionisti un significato alla presenza nel capitale della banca e prospettive per il futuro.

Ctcu: più sostegno ai consumatori ( da "Corriere Alto Adige" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria si farà sentire ancora e perciò dovranno essere valutati eventuali correttivi sul piano economico a favore dei consumatori. Sappiamo però che la politica economica in Alto Adige può contare su un vantaggio importante e cioè quello di poggiare non su un unico settore ma su diversi cardini come il turismo,

Deutsche Bank avvia inchiesta su irregolarità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I fatti di cui disponiamo al momento lasciano pensare che si tratti di un piccolo numero di violazioni e che i dati bancari o altre informazioni sui clienti non siano stati toccati» si legge in una nota della società. Deutsche Bank ha informato l'autorità tedesca di supervisione sui mercati finanziari (BaFin) di aver ordinato «un'indagine speciale». REUTERS

Banche, utili giù del 56% ma il sistema resta solido ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: europee dalla crisi finanziaria, sì. Completamente immuni no, perché non era possibile. Le banche italiane nel loro insieme hanno chiuso i bilanci del 2008 con una flessione dell'utile netto pari al 56 per cento (dai 20 miliardi del 2007 a 8,9 miliardi nel 2008) e anche nel primo trimestre dell'anno in corso non si è invertito il trend e il calo degli utili è intorno al 60 per cento.

Gestione di patrimoni. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi delle banche rilancia le società che seguono gli interessi finanziari dei più ricchi La Svizzera riscopre i family office Lino Terlizzi LUGANO D a Citigroup a Gwm Sa, family office di Ginevra. Shawn Mofidi, 49 anni, già responsabile della clientela abbiente in Medio Oriente per il Private Banking di Citigroup,

Fondi sovrani, pirati e regole ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il protezionismo è oggi la cifra caratterizzante delle politiche economiche di paesi con cui ci dobbiamo confrontare. Può piacere o non piacere. Ma questo è il mondo in cui viviamo. Dobbiamo prenderne atto. E affrontare il mondo di oggi andando a frugare nella cassetta degli attrezzi di ieri potrebbe rivelarsi penalizzante per chi non sa adeguarsi ai segni del proprio tempo.

Greenspan e Bernanke bocciati in teoria ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: bocciati in teoria di Pietro Reichlin Q uesta crisi finanziaria non è certo la prima dal dopoguerra, ma si distingue dalle altre per la dimensione, il grado di propagazione e per essere avvenuta nel momento di massima fiducia nelle virtù dell'innovazione finanziaria. Gli ultimi governatori della Federal Reserve, Alan Greenspan e Ben Bernanke, sono stati fautori di questo processo d'

Palazzo Forti e crisi La strategia di Cariverona ( da "Corriere del Veneto" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In che modo la crisi inciderà sul vostro impegno nei prossimi anni? «Certamente la profonda crisi finanziaria in atto da tempo ha interessato da vicino anche le Fondazioni bancarie, proprio nella composizione del loro patrimonio. La riduzione delle risorse complessive ha necessariamente portato a considerare come prioritari certi settori:

Tremonti e Prodi Faccia a faccia tra due cari nemici ( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protetta fino ai limiti del protezionismo. Certamente anche oggi troveranno modo di convenire: da una parte ci sarà l'uomo dell'Iri, dall'altra l'inventore dei Tremonti-bond che ha da poco finito di leggere l'ultima biografia di Alberto Beneduce, fondatore del «sistema » che evitò il fallimento delle banche italiane dopo la crisi del '29.

Aig cambia ancora , lascia anche Liddy ( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incredibile storia della crisi finanziaria che, partita due anni fa da Wall Street, ha travolto l'economia del mondo intero, trabocca di gente che ha combinato disastri (banchieri come Fuld e Prince), «pentiti» (l'ex capo della Fed, Alan Greenspan), camaleonti (Larry Summers che oggi alla Casa Bianca fa una politica pressoché opposta rispetto a quella seguita 10 anni fa,

Rimbalzo guidato dall'editoria ( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Rimbalzo guidato dall'editoria MILANO - Editoriali sotto i riflettori ieri a Piazza Affari, dove gli indici S&P-Mib e Mibtel sono rimbalzati rispetto a giovedì con una crescita analoga (+0,62% e +0,59% rispettivamente),

British Airways, primo rosso dal 2002 ( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 Il caso a Londra British Airways, primo rosso dal 2002 (g.fer.) «Il prolungarsi della recessione globale ci ha messi di fronte alla più difficile situazione che mai abbiamo dovuto affrontare». Così Willie Walsh, ceo di British Airways, spiega la prima perdita dal 2002 per la compagnia.

Pininfarina, via libera all'aumento ( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Pininfarina, via libera all'aumento (g.fer.) C'è il via libera del consiglio di amministrazione alla ricapitalizzazione di Pininfarina, che servirà a riequilibrare la situazione finanziaria del gruppo.

Contratti (meno cari) per il paese ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: svalutazioni a causa della grande crisi finanziaria (anche se in misura minore rispetto a quanto accaduto a compagnie straniere), mentre la vendita di altre coperture è frenata dalla scarsa propensione degli italiani ad assicurarsi. I l tema è ritornato in occasione del terremoto di Abruzzo, che ha riaperto il dibattito sulla obbligatorietà dell'assicurazione di certi rischi catastrofali.

Contemporanea sottotono ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: propria fragilità di fronte alla crisi finanziaria. La vendita serale di Arte Contemporanea tenutasi il 20 maggio a Milano da Sotheby's ha totalizzato 6.331.650 euro (buyer's premium inclusi) contro un'aspettativa di 8,5 milioni, cui si sommano 2.157.875 à del 21 maggio. Stime prudenti, un catalogo composto da lotti selezionati non sono stati sufficienti ad invogliare i compratori:

Il rebus dei dipinti di It Holding ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il binomio tra finanza in crisi e arte non è nuovo alle cronache. Basta guardare al passato. All'inizio degli anni 90 nel dissesto finanziario del gruppo Ferruzzi-Montedison entrarono in scena arredi e dipinti di grande pregio. Tante opere d'arte molte delle quali non vennero recuperate, perché finite in residenze private di alcuni ex-amministratori.

Promotori in cerca di suggerimenti ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La grave crisi finanziaria che ancora imperversa e che continua ad avere effetti sui risparmi delle famiglie ha il merito di aver fatto emergere le reali necessità di risparmiatori. Vale a dire, avere un controllo totale sui propri investimenti. Per questa ragione la relazione con gli intermediari è sempre più focalizzata sul rapporto consulenziale.

Gestori convinti, fondi meno ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: proprio i gestori sono i più convinti delle opportunità di extra rendimento (90%) soprattutto in questa fase di crisi finanziaria. Sul come (vedi grafico) pare evidente la convinzione che gli investimenti socialmente responsabili debbano essere affrontati con prodotti specifici e preconfezionati, piuttosto che su scelte dirette dei fondi, come invece avviene da tempo all'estero.

conroe ha detto: Eccoti il link dell'Economist, diciamolo: http://www.economist Qualche "simpaticone" con manie di primadonnismo deve avermi fatto cancellare il post... Ed ecco un' ( da "KataWeb News" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Un Piano Marshall per i Paesi poveri ( da "Avvenire" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un mondo dove sono tornati in auge il protezionismo e la logica del «si salvi chi può»? «No, non è ottimistica, è realistica. Tant'è che è stata subito appoggiata da un alto manager della Banca Mondiale e da Gordon Brown. Il problema è che è troppo 'altruistica', impegnativa (ossia costosa) e con risultati a lungo termine.

Banche, Bazoli: crisi è nata in America, stress su tempi bilanci ( da "Reuters Italia" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Bazoli si è soffermato sulla crisi finanziaria globale. "Le basi della crisi del '29 sono completamente diverse da quelle della crisi attuale. La crisi è nata in ambito finanziario americano [...]. Quello che è succesos in America in ambito finanziario è inaccettabile. Occorrono modifiche importanti che ci facciano uscire dalla crisi.

Albenga: Ortofrutticola, vendita sede obiettivo raggiunto ( da "Savona news" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: soprattutto quella finanziaria. Tutto ciò, nel momento in cui è esplosa la crisi finanziaria internazionale ha significato un aumento esponenziale degli oneri finanziari (+92%) che ha contribuito al pessimo risultato del 2008. Considerato l'andamento della gestione e dell'economia internazionale sono state effettuate svalutazioni ed accantonamenti prudenziali per oltre 600 mila euro?

babelick ha detto: infatti diciamolo,però bisogna darsi una mossa!un pò di mentalità spagnola o disciplina tedesca non guasterebbe.qui non si fa mai niente e gli egoismi sono forti ( da "KataWeb News" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Un processo di sabato? Scoppia l'epidemia ( da "Gazzettino, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria compiute anche avvalendosi di prestanome». Si tratta di un processo complesso, come spesso accade per quelli che riguardano la ricostruzione di vicende societarie. Inoltre ha avuto un iter particolarmente tormentato: inizialmente, per circa due anni, non è stato possibile aprire il dibattimento per l'impossibilità di trovare tre giudici che non avessero motivi di

Crescita all'inverso ( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi attuale è crisi dell'accumulazione. L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per natura illimitata. Di fatto, una logica impossibile, quindi illogica, dissennata. Che è la causa prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali.

Vardanega: Serve una rete di protezione ( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 23-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rarefazione delle presenze dei funzionari come conseguenza della crisi finanziaria. Ed è auspicabile una forma flessibile di Basilea 2, con un allentamento della rigidità del credito quando la situazione lo richiede». «Le istituzioni - ha poi richiamato Vardanega - debbono fare la loro parte. E debbono farla subito, dimostrando di saper agire, ma anche di saper concretizzare in fretta.

Cardia difende le norme antiscalata ( da "Stampa, La" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: consente all'Italia di non fare «il vaso di coccio tra i vasi di ferro» di un mondo che ha aumentato il proprio tasso di protezionismo. Così il presidente della Consob Lamberto Cardia, in un intervento su Il Sole 24 Ore, nel quale ricostruisce gli effetti della crisi e le norme adottate dall'Italia. \

Fiat e crisi dell'auto. Tra disoccupazione e riconversione ( da "AmericaOggi Online" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non ha potuto portare a termine questo programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le carte in tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della Gmac, la fortezza finanziaria della Gm con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari a 1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della Chrysler.

DZ Bank conferma: CCB partner strategico ( da "Trentino" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: DZ Bank è impegnata a curarsi le ferite della crisi finanziaria che ha colpito le banche tedesche molto più duramente di quelle italiane. Inevitabile il rallentamento dei suoi progetti d'espansione, perciò per ora non aprirà la filiale di Milano. Ma Thomas Duhnkrack, consigliere DZB, ha confermato che Cassa Centrale resta l'alleato strategico in Italia,

Troppo fisco pesa sul mattone Le proposte per il rilancio degli investimenti immobiliari nella relazione del presidente del Collegio, Campana ( da "Giornale di Brescia" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Giuliano Campana BRESCIALa crisi finanziaria internazionale ha inesorabilmente contagiato l'economia reale e ha determinato anche un irrigidimento della politica creditizia da parte del sistema bancario. Non è un mistero che molti istituti di credito abbiano scelto la strada della rinegoziazione del credito ai propri clienti.

Cibo, vestiti e vacanze con un occhio ai poveri ( da "Arena, L'" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: parleranno di «Crisi finanziaria, le soluzioni di finanza etica e del microcredito». Per il resto, si può fare il giro del mondo in una decina di stand: Asia, Africa e America Latina. I prodotti esposti vanno dall'artigianato originale in terracotta, legno e paglia con vasi, statuine e sedie, alla sartoria con abiti,

bcc sant'elena, la festa dei 110 anni - nicola stievano ( da "Mattino di Padova, Il" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonostante la crisi finanziaria si stia facendo sentire anche fra bilanci degli istituti di credito. Il bilancio 2008 che oggi viene presentato ai soci durante l'assemblea ordinaria e straordinaria al Papa Luciani di Padova a partire dalle 9, presenta molti segni positivi e un solo, ma significativo, negativo.

Le retribuzioni dei manager devono stare sotto controllo ( da "Unita, L'" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: caratterizzati da un forte indebitamento e che riescono a condizionare sempre più il sistema dei mercati finanziari. Il gruppo dei 30 (esperti di finanza e economia) si è riunito ieri in Banca d'Italia. Secondo Trichet il 2009 sarà ancora tutto negativo. Con il 2010 si risalirà la china. Ma il mondo dovrà abituarsi a una crescita lenta.

Bazoli: Agricole stressato dai conti ( da "Giornale.it, Il" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: complice la crisi finanziaria, ne è ancora un grande socio e per evitare pesanti svalutazioni nella trimestrale, ha stretto un patto con le Generali spostando il pacchetto di Intesa tra le participazioni «strategiche». Bazoli ha però precisato di non aver espresso giudizi ma solo fatto constatazioni.

I PERDENTI CHE VIVONO DI SCONFITTE ( da "Stampa, La" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il caso è emblematico perché rivela tre pericoli al tempo stesso: lo stacco dalla realtà, il nazional-protezionismo, e il nuovo potere dello Stato in questa crisi (uno Stato intrusivo più che spendaccione, scrive Martin Wolf sul Financial Times). Occultare la realtà vuol dire aspettare che «tutto torni come prima, meglio di prima» (Berlusconi, 17-5).

La sede dell'Ortofrutticolavenduta per ventun milioni ( da "Secolo XIX, Il" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Inoltre la crisi finanziaria internazionale ha portato un aumento enorme degli oneri finanziari». Ma anche sul compromesso di vendita c'era qualche timore, visto che alcuni soci avrebbero rinviato tutto a dopo l'insediamento del nuovo presidente che sarà eletto venerdì.

troppi ordinari, pochi ricercatori primo nodo per i candidati-rettore - roberto d'alimonte ( da "Repubblica, La" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Università di Firenze avrà superato la fase più acuta della sua crisi finanziaria oppure i rettori cederanno alle pressioni degli ordinari che non vogliono andare in pensione a 70 anni? Questione tanto più rilevante dal punto di vista della liberazione di nuove risorse perché il pensionamento anticipato non riguarda solo gli ordinari ma tutto il personale docente.

( da "Resto del Carlino, Il (Cesena)" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Abbiamo solo posto all'attenzione dell'opinione pubblica la crisi finanziaria che sta colpendo il nostro Comune cagionata dal debito fuori bilancio di 450mila euro derivante dalla gestione Graziani. Per chiarezza e perché a questo punto, obbligato a farlo, riporto la vicenda già resa nota, non da me, ma dalle autorità competenti.

Fiorani guarda ai lumbard, Savoldelli si smarca ( da "Eco di Bergamo, L'" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aiuto concreto a quelle famiglie che stanno particolarmente subendo la crisi finanziaria. «Lavoreremo alla possibilità - continua Fiorani - di ottenere finanziamenti per rilanciare la Valle Seriana. Il piano "Valle Seriana" ha trovato ampi consensi e la possibilità di reperire finanziamenti europei. Quando tutto sarà pronto a Bruxelles ci sarà un secondo passaggio politico.

d'alema in piazza del duomo ( da "Tirreno, Il" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Oltre ai temi di politica nazionale ed europea e della crisi finanziaria, D'Alema si soffermerà sulla situazione pratese. D'Alema è in Toscana già da qualche giorno. Prima del comizio in piazza del Duomo, parteciperà a un incontro pubblico nella vicina Firenze, sempre per appoggiare le proposte e i candidati del centrosinistra in questo delicato passaggio elettorale.

I timori di banchieri e ministri ( da "Corriere della Sera" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il presidente della Bocconi Mario Monti è preoccupato «per i rischi di ritorno del protezionismo». Conta però anche la cautela delle banche. Ieri Alessandro Profumo non ha cercato di abbellire il quadro: «Quasi un'impresa su quattro a cui forniamo credito è in perdita», ha detto. Quanto a questo l'Italia di oggi è davvero pienamente europea.

Draghi e le banche: tetto ai superbonus per tutti i manager ( da "Corriere della Sera" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aggravarsi dei rischi di protezionismo ha affermato che «è troppo presto per dire che la ripresa sta arrivando: per qualche anno sia i Paesi sviluppati sia quelli emergenti dovranno abituarsi a ritmi di crescita più bassi». Stefania Tamburello Palazzo Koch Mario Draghi, 61 anni, è governatore della Banca d'Italia dal 2006

Tremonti-Prodi: sigari, chiacchiere e anti-mercatismo ( da "Corriere della Sera" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: figlio della crisi finanziaria. Ma vederli chiacchierare amabilmente sul ponte del ferry che li porta a San Marco, seguirli mentre fumano il sigaro con il banchiere «comune», ascoltarli mentre dirigono il dibattito su Stato e mercato fra abbracci sul metodo e solo qualche lieve puntura accademica, ha reso la ventisettesima edizione degli Aspen seminars for leaders un'

Processo ai liberisti ( da "Foglio, Il" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata. Nel mondo l?economia continua a crescere rapidamente. La crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il contagio si diffonda”

Energia, Scajola: crisi peserà su investimenti in energia ( da "Reuters Italia" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ROMA (Reuters) - La crisi finanziaria creerà problemi sugli investimenti nel settore energetico ed in particolare nelle produzioni da nucleare e fonti rinnovabili che sono a maggior intensità di capitale. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, aprendo i lavori del G8 energia a Roma.

( da "Avvenire" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La stessa crisi finanziaria attesta che la dimensione morale è troppo trascurata. Il tendenziale confinamento della morale nel privato lascia uno spazio incontrollato alla mentalità tecnica: è forte e urgente, invece, l'esigenza di una morale pubblica che sappia affrontare con responsabilità le questioni complesse che stanno davanti a tutti noi.

I Costruttori in pressing Ma la politica è evasiva ( da "Brescia Oggi" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «La crisi finanziaria ha determinato anche un irrigidimento della politica creditizia da parte del sistema bancario - ha aggiunto Campana - ma le banche dovrebbero considerare con maggiore attenzione le operazioni di investimento proposte dalle nostre imprese e dagli acquirenti.

Köhler, un trionfo: secondo mandato per il presidente ( da "Avvenire" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Pochi mesi fa nel pieno della crisi finanziaria non aveva esitato a bacchettare i manager «colpevoli di aver pensato soprattutto ai loro interessi e non a quelli dei risparmiatori» e a sottolineare che «la crisi è una grande occasione per la Germania per cambiare il sistema economico ma anche sociale».

Berlino Horst Köhler, nella foto, è stato rieletto ieri presidente della Repu... ( da "Gazzettino, Il" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le distorsioni del sistema economico mondiale che ha causato la grave crisi finanziaria, paragonando i mercati internazionali a un «mostro» da disciplinare ed dicendo di aspettarsi un «mea culpa» dalle banche tedesche. Nel maggio 2007 fu molto discussa la decisione di Köhler di negare la grazia chiesta da Christian Klar, l'ex terrorista della Raf, poi rilasciato nel dicembre 2008,

babelick ha detto: come volevasi dimostrare:cina eliminata!erano rimaste italia e spagna,la prima strafavorita poiché non ne ha mai ospitato uno...strano ma vero le cene del re e l ( da "KataWeb News" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

G8 energia: nel mondo uno su 4 senza luce ( da "Trend-online" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma la crisi finanziaria rischia di avere un ulteriore effetto negativo per i poveri che non hanno ancora accesso all'energia oppure che non possono piu' permettersi di pagarla. La recessione potrebbe portare nel 2009 al primo calo dei consumi elettrici dalla 2/a guerra mondiale,-3,5%stima Iea,a causa del crollo della produzione industriale.

diciamolochiaro ha detto: abbiamo perso per 8 voti a 11. Ma è risaputo che per "vincere" l'assegnazione di qualunque cosa bisogna pagare profumatamente (vedi America's cup che un c ( da "KataWeb News" del 24-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,


Articoli

Il russo Mechov ha vinto la tappa e indossa la rosa (sezione: crisi)

( da "Quotidiano.it, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il russo Mechov ha vinto la tappa e indossa la rosa Riomaggiore | Per il Giro che comincia dietro le colline liguri, Di Luca ha 34" di distacco dalla nuova maglia rosa dell'Europa orientale. Leppheimer a 40" .Poi c'è Pellizzotti a 2' minuti, mentre Basso a 3'. Sastre a 2'52". Cunego naviga a remi ad 8 minuti e 18". di Renato Novelli La tappa del dodicesimo giorno di corsa e tredicesimo dall'inizio del Giro, detta il trappolone, ha funzionato da trappola mo meglio da nuovo inizio. Le strade nervose della Liguria, i vigneti scoscesi, da Sestri Levante a Riomaggiore nelle Cinque Terre, hanno dato cinque verdetti. Il russo Mechov ha vinto la tappa. E' andato forte là dove la potenza e la regolarità della pedalata dovevano essere misurate con le curve, i saliscendi, gli strappi. Dietro di lui va bene l'americano dell'Astana, giunto a 20" non male per il vice Armstrong, dallo stesso promosso capitano, in attesa di quello che succederà in questa squadra , quando al Tour arriverà Contador. Bene anche Garzelli ad 1'03". Conferma non solo la sua determinazione, ma una forma invidiabile. Peccato la cotta (nel ciclismo del tempo che fu, privo di termini scientifici, si chiamava così anche per giustificare quelle storiche e sonore di Coppi). Di Luca arriva ad 1'36". Per una crono di 60 chilometroni, non è neppure tanto. Pellizzotti taglia il traguardo con un ritardo di 1'27". Decisamente meglio di Basso che perde 2'17", quanto Bruseghin che diventa l'uomo classifica della Lampre con Cunego a 4'15". Sastre ultima maglia gialla di Parigi scivola a 2'18". Con dolore dirò che anche il giovane Lovkist fino a due giorni fa secondo in classifica a pochi secondi da Di Luca, perde 5' netti ed 1". Anche Rogers. Partito suo capitano lascia a Menchov 2'56" Armstrong, il vero "strong" del Giro sindacale, aveva detto che il suo giro sarebbe iniziato oggi. Ha perso 2'28". Forse non male per un trentanovenne, ma lontano dalle prestazioni di un tempo. Forse pensa al Tour o forse pensa ad "esserci qui ed ora", secondo la definizione di Heidegger, formulata su un paino più impegnativo di quanto non sia una corsa. O forse no. Anche Simoni 3 minuti rotondi, ma era scontato, per me, per lo meno. Per il Giro che comincia dietro le colline liguri, Di Luca ha 34" di distacco dalla nuova maglia rosa dell'Europa orientale. Leppheimer a 40" Poi c'è Pellizzotti a 2' minuti, mentre Basso a 3'. Sastre a 2'52". Cunego naviga a remi ad 8 minuti e 18". Forse il Giro 2004, con il trionfo che fece credere alla nascita di un nuovo campione di lungo corso, fu, invece, la sua dannazione, come la vittoria su Ettore lo fu per Achille.. In questo sport, che assomiglia ai poemi omerici, il segno delle Parche è un destino incomprensibile. Giro aperto, ora più di prima. Ora comincia il bello. E Di Luca che finora il bello ha rappresentato, con tanto di declinazione umanitaria per i terremotati d'Abruzzo, è in grado di riprendere la bellezza degli scatti e della sicurezza sulle montagne di casa sua, dove il Giro deciderà chi avrà ragione all'ombra delle rovine della Domus aurea di Lucio Enobarbo Nerone. Menchov ha trentuno anni, Ha vinto due Vuelta spagnole. Nel 2005 arrivò secondo dietro Heras, perdendo le tracce di lui lungo una salita. Ma Heras fu, poi, squalificato per doping e lui, secondo, si ritrovò vincitore. Nel 2007 vinse di suo. Nell 2008, abbandonò il Tour, dove aveva sempre ben figurato. Il suo capitano Rasmussen, in maglia gialla a tre tappe dalla fine, fu trovato positivo all'antidoping ed anche lui figurò fra gli indagati. La sostanza trovata a Rasmussen si chiama Deynepo. Trattasi di eritropeina (Epo per noi) prodotta in coltura con cellule umane (al contrario di altre prodotte con cellule animali) e perciò non rilevabile ai controlli comuni del tempo. Rsmussen fu licenziato in maglia gialla dalla sua squadra. Sia lui che Menchov erano clienti di una banca del sangue di Vienna, la Humanplasma. Elisabetta II, quando le fecero, solo qualche mese fa, un rapporto dettagliato sui motivi della crisi finanziaria che attanaglia le economie del mondo, a causa di economie finanziarie folli, fondate su giri inestricabili e sulla sabbia di debiti senza controllo, ha prodotto la migliore analisi del fatto, a dispetto di tanti esperti, con una sintetica analisi di 5 parole "Ma nessuno se ne era accorto ?" Vale anche per l'Epo ? Oggi Menchov è pulito ai controlli e forse lo era anche allora. Nota finale. La cronometro è transitata per Monterosso. Lì, passò i suoi ultimi anni, Arthur Grimble, governatore inglese delle isole Kiribas, traduzione polinesiana del nome Gilbert dato all'arcipelago dalla corona britannica. Aveva scritto libri di memorie del suo vivere colà dal 1913 fino algi anni trenta, che sono ancora oggi una lettura obbligata per gli antropologi e i sociologi che si occupano di queste piccole isole nelle quali noi siamo remoti e sconosciuti. Monterosso fu l'unico luogo in Europa dove un vecchio signore benestante con dentro gli occhi i reef immensi e colorati del Pacifico, nelle orecchie i canti della partenza e del ritorno di quelle centrali strisce di terra riusciva a vivere nella vecchia Europa. D'altronde il canto della partenza a Kiribas dice "come farai nella pioggia senza di noi, senza i colori delle piccole terre di Sua maestà Oceano Pacifico, dove il reef vive, la palma cresce e l'uomo parte ? 21/05/2009

Torna all'inizio


L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Verso il voto Le Europee / I protagonisti L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader Bene Strauss-Kahn, Draghi e Trichet. Male Barroso. Insufficienti Merkel e Brown Per paradossale che suoni dopo due guer­re e sei decenni d'integrazione, l'Europa che va alle urne il 6 e 7 giugno è un ingranaggio nuovo. Non avevano mai votato insieme per lo stesso parlamento gli elettori di 27 Paesi. Non lo avevano mai fatto alla vigilia (salvo altre sorprese) di una svolta costituzionale inseguita per quindici anni. Soprattutto, non lo avevano mai fatto al punto più basso di una recessione che impone a tutti priorità identiche allo stesso momento. Dell'ingranaggio nuovo dell'Europa 2009 la crisi finanziaria internazionale è il primo vero «crash test», come la caduta del Muro lo fu per l'Europa di Andreotti, Mitterrand e Kohl. Come allora in gioco sono la credibili­tà degli uomini e delle istituzioni, la loro ca­pacità di capire in fretta, concertarsi e reagi­re rilanciando. È anche per questo che il Cor­riere ha cercato di cogliere in un sondaggio le percezioni che circondano un ristretto nu­mero di personalità europee di fronte alla re­cessione. L'obiettivo non è decretare un giu­dizio obiettivo, ma appunto far emergere una valutazione sulla risposta degli europei alla crisi da parte di osservatori che li cono­scono bene (e spesso, personalmente). I criteri, questi sì, cercano di essere quan­to possibile obiettivi: sottoposti a una pagel­la sono i responsabili delle tre istituzioni co­munitarie coinvolte (Banca centrale euro­pea, Commissione e Eurogruppo, che riuni­sce i ministri economici dell'area-euro); i commissari più impegnati (quelli agli Affari monetari e alla Concorrenza); i leader delle prime tre economie dell'Unione (Germania, Francia e Gran Bretagna); e i due europei che guidano organismi internazionali in prima li­nea nella crisi (Fondo monetario internaziona­le e Financial Stability Board). Insomma, gli uo­mini e le donne dell'Ue le cui decisioni hanno maggiori ripercussioni internazionali. Riman­gono fuori vari esponenti di governo in Italia, quarta economia europea, anche perché i risul­tati del G8 che Roma presiede quest'anno non sono ancora maturati. La giuria invece è com­posta da 12 esperti nati e attivi in varie capitali, da Dubai a Washington, con esperienze di go­verno, all'università e sui mercati: hanno dato tutti voti «segreti», di cui presentiamo la me­dia esatta. Piuttosto che a un numero, il risultato somi­glia però a un discorso politico coerente e an­che molto critico. Dal sondaggio risultano in­fatti vincenti per l'appunto i due europei che non guidano istituzioni europee, ma interna­zionali: il francese Dominique Strauss-Kahn, che dirige l'Fmi, e il presidente del Fsb Mario Draghi (quest'ultimo, valutato solo in questa veste e non per l'operato alla Banca d'Italia). Ne escono invece bocciatissimi i due uomini che dovrebbero guidare le istituzioni più politi­che dell'Unione, José Manuel Barroso della Commissione e Jean-Paul Juncker all'Eurogrup­po. La cultura europea nel mondo sembra ave­re una sua qualità capace di imporsi, eppure le istituzioni politiche dell'Ue azzoppano chi le in­carna o sono affidate a anatre già zoppe in par­tenza. Se la cava, fra gli uomini con il cappello azzurro a dodici stelle, solo il francese Jean-Claude Trichet: da presidente della Bce, è quello che dispone delle leve più dirette per agire. Il 9 agosto 2007, dalle vacanze in Breta­gna, in due ore decise di rivoluzionare le mos­se della sua banca in un modo che tutto il mon­do, da allora, seguirà. È qui il paradosso della distribuzione dei po­teri nell'Unione. In teoria la capitale e la sede dei vertici è Bruxelles, ma dalla domenica di ottobre in cui Nicolas Sarkozy convocò d'ur­genza all'Eliseo i leader dei Paesi dell'euro, sot­to lo choc Lehman, sembra più credibile l'Euro­pa dei governi. Questi ultimi contano di poter supplire alle carenze delle istituzioni comuni, benché dal sondaggio del Corriere emerga su questo punto un giudizio molto più guardin­go. Lo spagnolo Angel Ubide, economista del Ceps e opinionista del País, riconosce che solo Sarkozy e Gordon Brown «hanno saputo agire quando era assolutamente necessario». Ma lo stesso premier britannico viene bocciato da molti: paga la sua debolezza a Londra e soprat­tutto il gioco di squadra troppo intermittente che ha praticato in Europa. Peggio ancora fa la tedesca Angela Merkel: «È triste vedere come chi rappresenta il Paese più grande rifiuti siste­maticamente un ruolo di leadership», com­menta l'economista belga Paul De Grauwe. Magari è quella sindrome europea che l'ex capoeconomista dell'Fmi, l'americano Simon Johnson, definisce «arroganza e rimozione del­la realtà». Di certo però il senso del «crash test» è quello indicato da Maurizio Ferrera: «Non si tratta solo di trovare soluzioni alla cri­si corrette, ma di coordinarsi: un'operazione politica». Se l'ingranaggio ne uscirà ancora vi­vo o a pezzi, lo si vedrà non molto dopo le euro­pee di giugno. Federico Fubini stampa |

Torna all'inizio


Montecarlo si ribella alla F1 in svendita "A noi piace il lusso" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Reportage Il circuito più chic difende le sue tradizioni Montecarlo si ribella alla F1 in svendita "A noi piace il lusso" STEFANO MANCINI INVIATO A MONTECARLO Il circuito che non c'è si monta in due mesi e si smonta in tre settimane. «Il 15 giugno non ci sarà una sola vite fuori posto», promette Patrick Mannoury, ufficio stampa dell'Automobile club monegasco. E' così ogni anno a Montecarlo: uno Stato si trasforma in autodromo e ospita il Gp più glamour, affascinante e assurdo della F1. Alla base del successo ci sono 60 anni di storia e miliardi di euro esibiti senza falsi pudori. Tutto deve brillare. E costare molto: come i diamanti che disegnano il n°1 sul casco di Lewis Hamilton, i 50 metri dello yacht di Flavio Briatore con le iniziali «FB», la base galleggiante della Red Bull grande quanto un castello e attrezzata con piscina, ristoranti, terrazze. Chiamato a scegliere le sette meraviglie dello sport mondiale, il pubblico inglese ha votato Montecarlo al primo posto davanti al Camp Nou di Barcellona e al «Nido» di Pechino, stadio Olimpico. I simboli dell'opulenza resistono, malgrado la crisi finanziaria. Ma il sistema scricchiola per altri motivi. Liti personali, scontri di potere e questioni di denaro si mescolano e trovano qui il loro palcoscenico ideale. Quello del 2009 potrebbe essere l'ultimo Gp di Montecarlo come lo intende il mondo. Senza la Ferrari che minaccia di andarsene e senza le grandi squadre che assicurano di volerne seguire il percorso, il contenitore si svuoterebbe: via i brillanti, via le barche, via gli opulenti motorhome, anfibi o terrestri che siano. Il presidente della Fia, Max Mosley, ha promesso una F1 low cost e cerca di tirarci dentro squadre che corricchiano nelle serie minori. Poi dovrà convincere il pubblico a spendere 400 euro per il biglietto, 500 per una notte in albergo, 1000 per un posto in balcone, 8000 (!) per l'esclusivo paddock club. Michel Boeri, presidente dell'Ac di Monaco organizzatore dell'evento, comincia a fare i conti: «Alla crisi generale si è aggiunto un fenomeno nuovo: i cattivi risultati dei leader tradizionali, cioè Ferrari, Renault e McLaren». Le prevendite sono in calo del 20%, però i prezzi non sono scesi, in particolare quelli per la clientela vip. «In passato abbiamo avuto dati economici eccezionali - aggiunge Boeri -. In un intervallo di 15-20 anni un risultato meno buono è da mettere in conto». Ma se una Ferrari che perde attira meno pubblico, che sarebbe di un campionato senza le Rosse? A Montecarlo sono convinti che si arriverà a un accordo. Altrimenti il contratto, che scade a fine 2010, non sarà rinnovato. Gli «inserzionisti» confermano il loro legame con le squadre, prima che con il Gp. «Abbiamo un rapporto tecnico molto stretto con Ferrari e lo manterremo in qualunque competizione», dice Stuart Humm, responsabile sponsorizzazioni Shell. «Siamo assolutamente allineati sulle posizioni della Ferrari», conferma Maurizio Arrivabene, vicepresidente mondiale Marlboro. Il sistema F1 rischia di implodere: show in calo, finanziatori in fuga, tv che si smarcano. Sparita la Honda, la Fuji Television non comprerà più i diritti. Dalla «torta» dei ricavi sparirà una trentina di milioni, quasi il budget di una squadra secondo il nuovo regolamento. Altri 135 milioni andranno in fumo con il ritiro a fine stagione di due colossi bancari come Ing e Rbs. Eppure nel Principato la preoccupazione è leggera come la brezza marina e gli investimenti continuano: alla chicane dopo il tunnel la pista sarà allargata di cinque metri, rubati al mare con una complessa opera di ingegneria. L'obiettivo: regalare anche i sorpassi all'affezionato pubblico pagante.

Torna all'inizio


Crisi finanziaria (sezione: crisi)

( da "Cittadino, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Tremonti: «A ottobre si è rischiata la catastrofe» ROMA Il mondo occidentale ha sfiorato «la catastrofe» grazie all'intervento dei governi. «Abbiamo rischiato gli effetti disastrosi di una guerra senza averla combattuta» e se non c'é stata «la bancarotta del mondo occidentale», «l'apocalisse finanziaria», è dovuto al fatto che gli stati «sono scesi in campo e la mano pubblica ha sostenuto la mano privata». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti lo spiega davanti alla platea della Cisl ma più tardi in un convegno racconterà che «qualche criticità agli sportelli» delle banche si è manifestata proprio nel giorno in cui Berlusconi è intervenuto, rassicurando sulla tenuta del sistema creditizio.Ma il tema sul tappeto non è solo quello della crisi. Tremonti alla Cisl sostiene che dopo ci sarà il tempo delle riforme. Il governo le vuole fare e le vuole condividere «con le persone giuste». «C'é un tempo per gestire la crisi - ha detto Tremonti - e c'é un tempo per gestire le riforme. Fare le riforme è una cosa in più e noi siamo convinti che si debbano fare. Le faremo al tempo giusto, nel modo giusto e soprattutto con le persone giuste. Le riforme le faremo - ha ribadito il ministro - ma le discuteremo con voi». Un «voi» che vuol dire parti sociali ma anche proprio Cisl e infatti il ministro strappa alla platea dei sindacalisti un caloroso applauso. Il ministro parla di riforme in generale ma questa volta fa anche un passaggio sulle pensioni: «Fare le riforme è una cosa dura e complessa. Non basta dire: facciamo un patto tra le generazioni. Devi fare un disegno di legge in cui scrivi un numero. Questo numero dice: con quali diritti e a quale età vai in pensione». Un nodo delicato che andrà affrontato, come ogni riforma, «al tempo giusto».

Torna all'inizio


Elezioni comunali 2009 - Casalmaiocco Il sindaco uscente punta ad aprire un asilo nido a servizio delle famiglie (sezione: crisi)

( da "Cittadino, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Un solo centro per anziani e giovani Segalini: «Nel vecchio municipio spazi anche per le associazioni» «Siamo un gruppo compatto e unito. In questi anni abbiamo lavorato tutti insieme, e i risultati sono sotto gli occhi dei cittadini. Non abbiamo preso in giro nessuno. Di perfetto non c'è niente, ma si lavora sempre per migliorare. Quest'anno il gruppo si è rinnovato. Su 12 componenti 7 sono nuovi. La nostra è una buona lista perché c'è integrazione tra giovani e anziani. Solo così si può maturare e crescere, nel rispetto di tutti. Insomma, siamo una grande famiglia».Così parla Pietro Segalini, candidato sindaco della lista civica Con noi per Casalmaiocco.«Il nostro simbolo - dice - è stato creato nel 1995. Il comune rappresenta l'intera cittadinanza; la torre campanaria, invece, simboleggia tutti i casalini credenti. Il simbolo, quindi, intende rappresentare l'intera comunità casalina.Perché ha deciso di ricandidarsi?«È stata la volontà del gruppo a propormi come sindaco, viste anche le mie precedenti esperienze amministrative».A Casalmaiocco manca un asilo nido comunale.«Abbiamo già inserito nel programma triennale la costruzione di un nido. Tale intento, ovviamente, è stato riportato nella campagna elettorale. Si tratterà di un asilo nido comunale, magari gestito da privato». Dove verrà realizzato?«Abbiamo già dato incarico di redigere per fine anno il Piano di governo del territorio. Sarà questo strumento che ci dirà dove potremo realizzare l'asilo».Con che soldi?«Con gli oneri o eventuali contributi sovracomunali, magari dalla regione. Quando andiamo ad approvare un'opera dobbiamo avere la copertura finanziaria altrimenti non possiamo realizzarla».Continuerete a collaborare con la materna parrocchiale?«Siamo consapevoli dell'importanza della scuola materna parrocchiale. Già da anni, infatti, abbiamo una convenzione con essa, che viene rinnovata alla scadenza». La scuola elementare?«Con l'ampliamento appena concluso, in vista dei prossimi anni, gli spazi ci sono».Non esiste una scuola media.«Per le scuole medie abbiamo una convenzione con Mulazzano».In cosa consiste la convenzione?«Il comune di Casalmaiocco riconosce una cifra per ogni alunno, per contribuire alle spese di gestione».Avete istituito borse di studio?«Come comune non abbiamo istituito borse di studio, però abbiamo una convenzione con la scuola media di Mulazzano. L'istituto ci segnala gli alunni che hanno ottenuto un buon risultato e noi riconosciamo loro la borsa di studio». Ci sono immigrati a Casalmaiocco?«Abbiamo un buon numero di immigrati. Si sono integrati bene, grazie anche all'istituzione di corsi di lingua italiana per adulti».La crisi finanziaria ha colpito le imprese casaline?«Le ditte hanno ridotto gli straordinari e alcune l'orario di lavoro. Il comune ha istituito un fondo di solidarietà, versando i primi 5.000 euro. Tutti possono partecipare destinando il 5 per mille al comune. Il prossimo consiglio comunale detterà le regole e i criteri per la gestione di questo fondo». Cosa pensate concretamente di fare per le famiglie in difficoltà?«Il comune ha aderito al Consorzio servizi alla persona del Lodigiano, di cui è stato uno dei promotori. Tutti i servizi sociali sono in convenzione con tale ente: dall'assistenza domiciliare al telesoccorso. Tramite l'intervento di un assistente sociale abbiamo un certo numero di famiglie che sosteniamo, facendo anche la spesa, ma sempre dove ci sia una reciproca collaborazione».Gli anziani?«Abbiamo già approvato il progetto di ristrutturazione e la copertura finanziaria del vecchio municipio. Dopo l'intervento diventerà un punto di ritrovo per gli anziani, per i giovani e per le associazioni».Per la sicurezza dei cittadini che cosa intendete fare?«Casalmaiocco, insieme ad altri 5 comuni, ha aderito al Consorzio del corpo di polizia intercomunale Nord Lodigiano. Tramite il Consorzio, e in coordinazione con le Forze dell'Ordine, amplieremo il numero di telecamere di videosorveglianza. A breve, inoltre, verranno installate 3 telecamere alla Madonnina in piazza Siena.Pensate di realizzare nuovi centri sportivi?«È stato inaugurato da pochi anni il nuovo centro sportivo polifunzionale. Magari in futuro realizzeremo nuovi centri sportivi in collaborazione con i comuni limitrofi».Pensate allora di ampliare quelli già esistenti?«L'idea c'è sempre, per far fronte alle esigenze dei giovani. Di proposte ne abbiamo tante, ma dipende dalla disponibilità finanziaria». Quali le opere pubbliche in programma?Alla frazione Madonnina amplieremo l'ambulatorio medico e realizzeremo una sala di ritrovo per anziani. A Casalmaiocco, invece, oltre alla realizzazione di un asilo nido comunale e alla ristrutturazione del vecchio municipio, intendiamo ampliare la piazzuola ecologica. Poi ovviamente c'è la tangenziale».Ha accennato alla Tem, la Tangenziale est esterna di Milano.«Nella Tem ci sono delle opere compensative, tra cui la rotonda in uscita dal paese sulla provinciale Sordio-Bettola. Noi abbiamo già messo in bilancio 100.000 euro per la realizzazione della rotonda. Essendo una strada provinciale, la spesa viene fatta insieme alla provincia di Lodi. L'approvazione c'è, manca solo l'inizio dell'appalto dei lavori. Sarà nostra premura chiedere l'anticipazione di quest'opera perché, nell'accordo di programma sottoscritto in Regione, la realizzazione di alcuni lavori si possono chiedere in anticipo».Quando verrà presentato lo studio svolto dal Politecnico di Milano sulla viabilità interna ed esterna al comune?«Lo studio è stato presentato il 12 maggio ai consiglieri dei sei comuni che hanno aderito al progetto. Lo studio ha fornito delle proposte belle e interessanti. Questo sarà uno strumento fondamentale per le amministrazioni future, che dovrà poi essere inserito nel Pgt. Ognuno ha fatto redigere il piano del proprio paese, ma è stato anche fatto uno studio generale in vista della futura linea metropolitana leggera. Sarà nostro impegno verso la provincia e gli altri comuni di coordinare il servizio trasporti che collegherà i paesi alle stazioni della metropolitana mediante un passaggio di pullman. Questa è una grossa opportunità di sviluppo per il nostro trasporto».La lottizzazione in via Malpensata?«Il piano integrato è già stato approvato dal consiglio ed è già stata sottoscritta la convenzione con i lottizzanti».Proseguirete il vostro impegno a favore dell'ambiente?«Certamente. In questi anni abbiamo dotato gli operatori ecologici di mezzi elettrici, dotato il centro sportivo di un impianto di riscaldamento e installato il fotovoltaico sul tetto della scuola elementare. Abbiamo in programma anche la realizzazione di un grande parco per la produzione di energia elettrica pulita».Qual è il vostro rapporto con le Associazioni cittadine?«A tutte le associazioni diamo un contributo, in base al loro programma e alla nostra disponibilità finanziaria. Io ringrazio tutte le associazioni e spero di continuare a collaborare con loro».Lara Banfi

Torna all'inizio


ALESSANDRIA Viguzzolo FESTIVAL ECHOS Tre gli appuntamenti con il Festival di musica Echos, ... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

ALESSANDRIA Viguzzolo FESTIVAL ECHOS Tre gli appuntamenti con il Festival di musica Echos, sempre alle 21,15. Venerdì 22, nell'Oratorio dell'Annunziata di Ovada, il violinista Gernot Winischhofer con la pianista Anna Ferrer: arie gitane di Sarasate e Kreisler. Sabato 23, al castello di Tassarolo, il Duo +2 Quartet con un repertorio da Gershwin a Piazzolla. Domenica 24, nella chiesa di San Pietro a Cassano Spinola, l'Orchestra sinfonica di Bacau con i pianisti Vincenzo Balzani, Ippazio Ponzetta e Scipione Sangiovanni. Cassine SUONI BALCANICI Roberto Durkovic e l'Orchestra Balcanica sono protagonisti del concerto di sabato 23, in serata, al Centro sportivo di Cassine, su iniziativa dell'associazione Nobili Terre. Durkovic, lombardo di origine ceca, si è esibito davanti a papa Wojtila, al Mei (il meeting delle etichette indipendenti di Faenza), al Caffè Letterario di Bergamo. ASTI Canelli MICHELE PLACIDO Venerdì 22 alle 21,15 al Teatro Balbo di Canelli Michele Placido proporrà il recital «Concierto de alma», passioni, romanze e ricordi d'amore con Alessandro Perpich al violino, Gabriella Orlando al pianoforte. In programma liriche di Neruda, Garcia Lorca e poeti andalusi. Musiche di Granados, De Falla, Piazzolla, Albeniz. Ingressi: 18 euro. Asti LUDWIG, L'AMORE IMPURO Lunedì 25 alle 21 al Teatro Alfieri di Asti va in scena «Ludwig l'amore impuro» di Osvaldo Guerrieri con Mascia Musy e Laura Rovetti con la regia di Emanuela Giordano. Ingressi: da 12 a 25 euro. Info: 0141/399.057. Asti QUATTRO ATTI PROFANI Martedì 26 alle 21 al Teatro Alfieri di Asti andrà in scena «Quattro atti profani» di Antonio Tarantino. Lo spettacolo è diretto da Valter Malosti e vede in scena oltre allo stesso Malosti, Mauro Avogadro, Michele Di Mauro, Maria Paiato e Mariano Pirrello. Ingressi: 8 euro. BIELLA Castelletto Cervo DOPPIO LIVE AL KOKO Venerdì 22, alle 22.30 al Koko club, Ulan Bator, Mithra e Veda in pedana (ingresso 8 euro). Sabato 23 tocca alla Merqury Band (8 euro). Info: www.myspace.com/kokoclub. Biella FESTIVAL DELLE CANTINELLE Allo Spazio Pria volge al termine il Festival Teatro delle Cantinelle. Venerdì 22, alle 22, anteprima del Libra Festival con Naif. Sabato 23 dalle 21,30, chiusura con Antonio Rezza nello spettacolo «Fotofinish». Info: Il Mercato dei Sogni, 340/58.68.260. Biella OMAGGIO AD ACHILLE BERRUTI Venerdì 22, nella cattedrale di santo Stefano alle 21, la XXVIII rassegna organistica internazionale «Achille Berruti» annuncia il recital di Dario Destefano e Mario Duella. Ingresso libero. Info: 015/76.73.50. Biella GRANDE OPERA AL TEATRO SOCIALE Al teatro Sociale Villani sabato 23 «Madama Butterfly» va in scena con l'Orchestra Filarmonica Italiana. Biglietti: i costi sono di 25, 22 e 20 euro; galleria 12 euro. Info: 015/25.62.793. CUNEO Alba SUONANO I VIRTUOSI DI PRAGA L'Italy&Usa Alba Music Festival propone venerdì 22 maggio, un concerto dedicato a Haydn nel bicentenario della morte (ore 21) in San Domenico: protagonisti i Virtuosi di Praga, con Boris Kralijevic al pianoforte. Dirige Jeff Silberschlagh. Alle 10,30, nella chiesa di Santa Caterina, incontro con Brian Ganz. Sabato 24, jazz nel cortile di piazza Risorgimento (ore 17) e «Dido and Aeneas» di Purcell, alle 21, in San Domenico. Dirige Larry Vote. Domenica 24, alle 16, replica del concerto e alle 21, nel Tempio di San Paolo, «Tormento ed estasi» con Brian Ganz in quartetto. Ceresole d'Alba LA VITA DI TUTTI I GIORNI Mercoledì 27, alle 21, alla Madonna dei Prati incontro su «Crisi finanziaria e vita quotidiana» con Franco Becchis. Conduce Roberto Fiori. Margarita QUESTO E' GROTTROCK Al Condorito, venerdì 22 maggio (ore 22) gli Eildentroeilfuorieilbox84 presentano il nuovo disco «Ananab». La band romana propone un mix tra un sound, che definiscono, grottrock e frutta, con assaggi per tutti sotto il palco. NOVARA Galliate PER SOLI PIANO E VOCI Venerdì 22 serata dedicata alla musica classica al Castello sforzesco. Protagonisti Mariona Sarquella e Xavier Thiò Fernandes D'Henestrosa che proporranno uno spettacolo per voce e pianoforte. Inizio alle ore 21. Novara PIEMONTE CANTA Sarà dedicato alla polifonia delle corali piemontesi lo spettacolo Piemonte Canta in programma sabato 23 nella chiesa di Sant'Agabio di corso Milano. Sul palco dalle 21 la Corale Cai Città di Novara e il coro La Cieseta di Sandigliano. Ingresso libero. Trecate PATRONALE DI S. MARTINO Giornata di musica ed enogastronomia domenica 24 maggio in frazione San Martino. Alle 11,30 aperitivo gratuito in piazza e dalle 20 esibizione del Duo Cerchi, con animazioni e giochi per bambini. VERBANIA Verbania ARRIVA TORMENTO Il «Rabbia show» del cantante hip hop Tormento (ex Sottotono) e Yoshi farà tappa venerdì 22 alla birreria «Il Mulino» di Verbania. Il concerto inizierà alle 21. Stresa OPERA IN SCENA Sarà «Madama Butterfly» a chiudere, sabato 23 al Palazzo dei congressi, la stagione d'opera di Stresa. In scena l'Orchestra Filarmonica Italiana, con i cantanti Tanomi Ischigami nei panni di Cio-Cio-San, Ottavio Palmieri in quelli di Pinkerton e Pier Burdese in quelli di Scharpless, diretti da Alessandro Arigoni per la regia di Claudio Sportelli. Biglietti a 25 euro. Verbania POTERE DEI FIORI Si inaugura domenica 24 alle 11 a Villa Giulia di Verbania la mostra «Flower power». L'esposizione, visitabile da mercoledì a venerdì dalle 15 alle 22 e sabato e domenica dalle 11 alle 22, presenta un excursus in oltre cinque secoli di arte italiana e internazionale a tema floreale. Ingresso 5 euro, ridotto a 3 per ragazzi dai 6 ai 14 anni, over 65 anni e gruppi di oltre 10 persone. VERCELLI Vercelli MUSICA AL MUSEO Alle 21 di venerdì 22, nella sala grande del Museo Borgogna concerto del Quartetto d'archi Meridies. Info. 0161/25.26.67. La serata sarà preceduta da una visita guidata alle 15 alla lettura e all'analisi di alberi monumentali raffigurati in alcuni dipinti della pinacoteca. Info: 0161/25.27.76. Borgo D'Ale RASSEGNA TEATRALE Il Maggio teatrale borgodalese, alle 21,15 di sabato 23 presenta al Salone la compagnia teatrale Codice che porterà in scena la pièce «Se devi dire una bugia dilla grossa». Info. 0161/4.132. Vercelli MARATONA ROCK Ritorna in piazza Cavour, dalle 15 di domenica 24 maggio, la grande kermesse rockettara. Queste le band che si esibiranno fino alle 22 quando come guest star salirà sul palco la Fabio Treves Blues Band: Doctor Groove, Fairy World, Griffin, Helluminium, Honky Tonk Band, In The Pocket, Noveis, Obc Slim, Park Avenue, Reparto n.6, Sorella Maldestra e 5005. Organizza il Comune di Vercelli, l'Ascom e il Comitato Manifestazioni vercellesi. L'ingresso ai concerti è libero a tutti. AOSTA Quart MILLE MUSICI IN CONCERTO Si conclude sabato 23 maggio il 37° Raduno bandistico valdostano, organizzato a Quart dal locale Gruppo Filarmonico diretto da Livio Barsotti. Il ritrovo delle 15 Bande partecipanti è alle 14,30, nelle diverse frazioni, dove si esibiranno in concerto. Alle 18,30 l'appuntamento è nell'area verde di Villefranche dove mille musici propongono la marcia convegno, quest'anno la Marcia Topolino. Pont-Saint-Martin NEL BORGO TRA MUSICA E RACCONTI Un modo diverso per fare conoscere l'antico borgo di Pont-Saint-Martin domenica 24 alle 20,30. Accompagnati dalla musica degli allievi dell'Istituto Valdostano e dai racconti degli Amici del Teatro, gli spettatori si soffermano in luoghi carichi di storia. LIGURIA Finale Ligure MUSICA, CUCINA E MTB «24h di Finale», competizione in mountain bike, musica, gastronomia e concerti fino al 24 maggio sull'altopiano delle Manìe. Savona MONDOMARE FESTIVAL Fa tappa a Savona il 23 e 24 maggio la manifestazione dedicata alla cultura del Mare. In programma sabato 23 lo spettacolo «Fiabe Liguri» con Giorgio Scaramuzzino, i «Racconti inediti di Mondomare» con Eugenio Allegri e il concerto del Taranta Social Club. Domenica 24 David Riondino racconterà a Dario Vergassola i «Naufragi del Decameron». Seguiranno un incontro con Moni Ovadia e un concerto di Celia Mara. Alassio INCONTRO CON L'AUTORE Cesare Lanza presenta il suo film «La perfezionista» all'Auditorium della Biblioteca Civica (sabato 23, ore 17,30). Savona ANTIQUARIATO NEL CENTRO STORICO Ultima «Domenica insieme a Savona» il 24 maggio: mercato di antiquariato in via Paleocapa, via Pia, via Manzoni e corso Italia (dalle 10 alle 18), sfilata di Cinquecento (ore 11), biciclettata per bambini (dalle 9 alle 13) ed esibizione dei trottolai di Roccavignale (ore 15).

Torna all'inizio


crisi e paura di licenziamenti due suicidi shock in azienda - paolo g. brera (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 21 - Cronaca A Roma dipendente giù dal tetto. A Treviso dirigente sotto un treno Crisi e paura di licenziamenti due suicidi shock in azienda PAOLO G. BRERA ROMA - Claudio s´è lanciato dal sesto piano dei laboratori Ericsson di Roma in cui lavorava da trent´anni, e dove non serviva più. Alberto, che doveva spedire a casa in cassa integrazione una bella fetta dell´azienda del Triveneto in cui era dirigente, ha aspettato il treno a Castello di Godego, vicino a Treviso, e s´è buttato sotto. Non hanno lasciato un solo messaggio, nemmeno una parola per scrivere un perché. Ma non ci sono misteri: la crisi non fa più solo paura, uccide. Antonio è andato lassù dove si va a fumare una sigaretta, e s´è lasciato cadere nel vuoto. «Tragedia familiare», dicono inquirenti e l´azienda ricordando la separazione e la morte del padre. I colleghi e i sindacati però raccontano un´altra verità, parlano di «reparti confino» in cui confluivano i predestinati a lasciare l´azienda, in continua ristrutturazione; e denunciano piccole vessazioni e minacce di «trasferimenti e licenziamenti» per chi non aderisse alle dimissioni incentivate. «Gli era stata prospettata la mobilità, e gli avevano fatto capire che per lui non c´era più posto», racconta una collega. Ed è triste e drammatica anche la fine di Alberto, come abbiamo chiamato il dirigente d´azienda di 43 anni di Villorba, in provincia di Treviso, suicidatosi sui binari. Lui aveva il compito di mantenere le relazioni coi sindacati, doveva convincerli ad accettare la cassa integrazione per tanti suoi colleghi ai quali la fabbrica non riusciva più a pagare lo stipendio. Non lontano da lì, a Fontanelle, mercoledì si era suicidato il titolare di una piccola azienda del legno in grave crisi finanziaria. Aveva 58 anni, si è impiccato all´interno della sua ditta prima di dover licenziare i dipendenti.

Torna all'inizio


la tentazione degli usa: - vittorio zucconi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 29 - Cronaca effetti Rischio neoprotezionismo La tentazione degli Usa: VITTORIO ZUCCONI La promessa era entusiasmante e terrorizzante, lanciata da migliaia di spot e cartelloni: "Buy American. Vote Obama". Ripetuta come un mantra nei giorni elettorali del febbraio 2008 la bomba del neo protezionismo sganciata dal candidato Barack Obama contro Hillary "la Globalizzatrice" Clinton ebbe l´effetto desiderato negli stati del nord deindustrializzati e in quelli del sud, già devastati dalla morte dell´industria tessile americana. L´America comperò Obama e il resto del mondo, dalla Cina all´Europa, dall´India al Canada, che sull´immenso deficit commerciale degli Stati Uniti prosperano - 700 miliardi di dollari all´anno in media dal 2000 - rabbrividì di orrore e di paura. Il motore internazionale del "free trade" stava per innestare la marcia indietro e ripetere l´errore catastrofico commesso nel 1930 con la legge che trasformò un crac di Borsa nella reazione a catena di autarchie e rappresaglie che condusse diritti alla Seconda guerra mondiale. (segue a pagina 32)

Torna all'inizio


trasporti, poste e telecomunicazioni in italia concorrenza ferma al palo - marco patucchi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Economia Trasporti, poste e telecomunicazioni in Italia concorrenza ferma al palo Indice delle liberalizzazioni 2009: il Paese così non batte la crisi Il dossier Il Rapporto annuale dell´Istituto Bruno Leoni che misura il grado di apertura dei nostri mercati rispetto al resto d´Europa MARCO PATUCCHI ROMA - Un Paese a metà del guado, che procede solo per forza di inerzia e che rischia, in assenza di un´esplicita volontà politica, di tornare addirittura sui propri passi. La fotografia della concorrenza italiana, scattata come ogni anno dall´Istituto Bruno Leoni nel suo Indice delle Liberalizzazioni, conferma i ritardi del nostro Paese lungo la strada del libero mercato. E l´edizione 2009 del rapporto, che Repubblica è in grado di anticipare, arriva in una fase delicatissima per questo processo. La crisi finanziaria globale - partita dallo scandalo dei mutui subprime per approdare al crac delle maggiori banche mondiali e alle ripercussioni sull´intera economia reale - ha di fatto messo alla sbarra lo stesso concetto di deregulation. «Ma raramente - si sottolinea nell´analisi dei risultati dell´Indice - la regolazione è riuscita a correggere i presunti fallimenti del mercato senza determinare inconvenienti ancora peggiori, per esempio in termini di redistribuzione della ricchezza e di efficienza nella sua allocazione». Riflessione di carattere generale che sembra calzare a pennello anche nell´attualità politica italiana, dopo la serie di interventi di maggioranza e governo che, dalla class action alle assicurazioni, stanno praticamente smontando il disegno di riforma della precedente legislatura. «In un momento storico come quello che stiamo vivendo - sottolineano i ricercatori coordinati da Carlo Stagnaro - è difficile non chiedersi in quali condizioni l´Italia affronti la crisi. Se assumiamo che sulla competitività del nostro Paese abbia una ripercussione significativa il grado di apertura dei mercati, la situazione non è buona». I settori censiti nell´Indice sono 15 e per ognuno, attraverso l´elaborazione di criteri quantitativi e qualitativi, è stato individuato un Paese benchmark, cioè quello più liberalizzato all´interno dell´Unione europea: a questo benchmark è stato assegnato un valore cento rispetto al quale, poi, è stato calcolato in termini percentuali il livello di liberalizzazione dell´Italia. In Italia, i settori «liberalizzati», che cioè hanno un indice superiore al 60%, sono quattro nel 2009 contro i tre del 2008 e del 2007. Quelli «abbastanza liberalizzati» (tra 50 e 60%) salgono da tre a quattro, tornando allo stesso numero del 2007. Infine, i settori «non liberalizzati» (meno di 40%) scendono da sei a quattro, stesso valore del 2007. Nella maggior parte dei settori, non si sono registrati miglioramenti (o peggioramenti). Tre le eccezioni: il mercato del lavoro, i servizi idrici e il fisco. E se in quest´ultimo caso, il miglioramento è determinato dal peggioramento del benchmark Gran Bretagna, per quanto riguarda il mercato del lavoro - spiega il rapporto - incidono sostanzialmente gli interventi di riforma del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «A livello generale - si legge nell´Indice - il grado di liberalizzazione dell´economia italiana resta grossomodo costante: il valore registrato nel 2009, pari al 51%, è in linea con quelli osservati negli anni precedenti che, tenendo conto dell´inserimento di tre nuovi settori (autostrade, televisione, Borse) e dei miglioramenti di altri due (fisco e ordini professionali), sono stati rivalutati, arrivando in entrambi i casi al livello del 49%». Di fatto, è la conclusione del rapporto, l´Italia si trova nel limbo, «con un piede nel mercato e uno nell´interventismo statale». E i miglioramenti registrati sembrano effetto di un «andamento inerziale» che indica «un´assenza di volontà politica e, laddove c´è stata, di assenza di incisività dell´azione politica». Continua a mancare, fra chi è chiamato a decidere, «quella diffusa consapevolezza dei benefici della concorrenza (in termini di aumento dell´offerta per i consumatori, di contenimento dei prezzi, ma anche di "efficientamento dei processi produttivi"), che può produrre un percorso di riforma dalla direzione sicura». Insomma, l´immagine delle liberalizzazioni italiane è quella di un Paese dove le «riforme effettuate "sotto costrizione" siano state lasciate a metà non appena il vincolo esterno, di natura europea o meno, è diventato più lasco».

Torna all'inizio


"buy american", il protezionismo resta uno slogan - vittorio zucconi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 32 - Cronaca 2.GLIEFFETTI "Buy american", il protezionismo resta uno slogan festivaleconomia leguidedirepubblica L´ordine di "comprare americano" si è ammorbidito nel consiglio di preferire il made in Usa VITTORIO ZUCCONI (segue dalla prima dell´inserto) Un anno e mezzo più tardi, la promessa appare per quello che probabilmente era sempre stata, un efficace slogan elettorale che non ha resistito al confronto con la realtà di governare. A ennesima riconferma del famoso assioma di Kennedy, secondo il quale «il mondo appare molto diverso quando è visto attraverso le finestre dello Studio Ovale», l´ordine di "comperare americano" è divenuto il suggerimento di preferire il "made in America" nei contratti pubblici e un annacquatissimo meccanismo di incentivi fiscali, come lo ha riassunto l´"Economist", inserito nel pacco di finanziamenti federali, più per non imbestialire i sindacati, che tanto si erano spesi per Obama, che per cacciare veramente fuori d´America il "prodotto straniero". Non ci sono nuovi "Smoot Haley Tariff Act" all´orizzonte dei lavori parlamentari, come quella legge protezionistica che invano Henry Ford tentò di convincere il presidente Hoover a bloccare e che il capo della banca d´affari J.P. Morgan implorò di vietare, «buttandomi in ginocchio, per impedire una simile asineria». Non si leggono editoriali o manifesti che invochino tariffe o altre forme di protezionismo non tariffario e se il volume delle importazioni scende da mesi, è effetto della anoressia del consumatore, ancora in pieno svolgimento. E la "conversione" del candidato Obama divenuto il presidente Obama è venuta dalla sua stessa bocca, quando, nel suo esordio internazionale per incontrare il premier canadese Stephen Harper, invitò, proprio lui, il primo partner commerciale degli Usa «a guardarsi dai segnali di protezionismo», garantendo che gli Stati Uniti «sarebbero rimasti la forza trainante nella globalizzazione del commercio». Quella del protezionismo esplicito è rimasta una tentazione senza il peccato. E più ancora delle reazioni spesso isteriche e ideologiche dell´Europa, hanno pesato le minacce (forse il bluff) del governo cinese di scaricare il dollaro come moneta di riserva e di smettere la scorpacciata di carta che ha riempito le casse della Repubblica Popolare con oltre mille miliardi di Bot americani e la scoperta che non tutte le industrie americane sognano il "buy american". Mentre le superstiti aziende di siderurgia, come la US Steel e la Nucor, si inginocchiano per chiedere tariffe, la giacca del presidente è tirata da colossi come la Caterpillar, prima produtttrice al mondo di macchinari per il movimento terra, che ha ricordato a Obama come il 60 per cento del proprio lavoro venga dai mercati non americani e dunque sarebbe lei a ridursi in ginocchio se le nazioni clienti rispondessero con rappresaglie. «Non possiamo permetterci una guerra commerciale in questo momento» disse giudizioso durante una visita allo stabilimento della Caterpillar, a Peoria, Illinois. Gli articoli più violenti inseriti da deputati e senatori del Mid West per farsi belli con gli elettori nel "pacco" da 789 miliardi di dollari, sono stati sostituiti con indicazioni che obbligano soltanto a utilizzare materiali e mezzi «che non contraddicano gli impegni internazionali degli Stati Uniti», un modo per dire agli altri che anche loro devono rispettarli, ma senza obblighi di "buy american". E se la tentazione protezionistica riaffiorasse, nel caso il venticello di ottimismo alzatosi in primavera dovesse rivelarsi effimero, la sua manifestazione più evidente sarà nella collaudata tecnica della "svalutazione competitiva", lasciando che il dollaro, oscillante sull´orlo del precipizio, scenda ancora. Ma se questa dovesse essere la strada scelta per fare un po´ di protezionismo senza dichiararlo, sarebbe comunque una via breve, di fronte al vero pericolo che incombe sul futuro dell´economia americana, l´inflazione generata dallo tsunami di liquidità, oggi rovesciato dai rubinetti spannati della Fed. Per ora, il segnale che l´Obama presidente ha appeso alla bottega Usa, sostituendo quello innalzato durante la campagna dal candidato Obama è, come ha detto lui stesso: "Open for business". L´ipermercato America è aperto.

Torna all'inizio


l'intervento la fiducia nel ciarlatano - george akerlof (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 33 - Cronaca l´intervento La fiducia nel ciarlatano Il capitalismo sfrutta l´eccesso di creduloneria in base alla quale le persone agiscono GEORGE AKERLOF Igoverni di tutto il mondo stanno cercando di risolvere l´attuale crisi finanziaria con l´aiuto degli economisti. Questi si basano su una propria visione della macroeconomia, che deve molto agli scritti di Keynes. Per fare previsioni corrette occorre una chiara comprensione dei meccanismi che regolano i fenomeni economici e Spiriti animali. Come la natura umana può salvare l´economia, il libro che ho recentemente scritto con Robert Shiller, si prefigge di spiegarne il funzionamento. Gli attuali modelli macroeconomici tendono a sminuire il ruolo della psicologia nell´ambito della macroeconomia. Ma esistono almeno otto fondamentali quesiti di macroeconomia la cui risposta dipende per lo più dalla psicologia. Il libro identifica cinque "spiriti animali" (come diceva Keynes), che corrispondono a fiducia, equanimità, corruzione e malafede, illusioni legate al denaro e "racconti", e spiega il ruolo che questi occupano nella risposta agli otto quesiti - fondamentali per comprendere le fluttuazioni dell´economia nonché il motivo e le modalità con cui le politiche monetarie e fiscali influiscono sull´economia - oltre a spiegare le cause della disoccupazione forzata. Sono concetti che aiutano a capire come sia stato possibile giungere all´attuale crisi. Il primo di questi spiriti animali è la fiducia. Per formare il proprio giudizio, le persone non si affidano solo all´elaborazione razionale delle informazioni a loro disposizione. è proprio questo che accadeva nel periodo di boom da poco conclusosi, in cui ci si lanciava in investimenti di ogni tipo (in particolare acquistando e vendendo strumenti finanziari complessi) basandosi su ciò di cui si riteneva ci si potesse fidare. Lo abbiamo visto con i mutui e nell´ambito immobiliare, e in modo anche in ambito finanziario. Se le persone avessero analizzato razionalmente i presupposti che li spingevano a compiere tali investimenti, si sarebbero astenute dal farli. Agivano sulla base di una sensazione di fiducia. Anzi di un eccesso di fiducia. Passiamo al ruolo occupato da corruzione e malafede. Sono pochissimi gli economisti che hanno saputo prevedere i problemi che si stavano profilando. Era convinzione comune che i mercati si sarebbero autoregolamentati. Una convinzione che si basa sul presupposto che gli investitori siano in grado di agire con competenza, e accettino di assumersi rischi maggiori a fronte di guadagni maggiori. Per questo la mancanza di regolamentazione del mercato dei titoli e immobiliare non suscitava grande preoccupazione. Secondo un principio dell´economia, il capitalismo tende a sfruttare l´eccesso di fiducia. Il capitalismo non si limita a produrre ciò che i consumatori realmente desiderano, ma produce piuttosto ciò che i consumatori credono di desiderare. In assenza di regole, il capitalismo sarebbe in grado di produrre medicinali validi, capaci di curare i mali che ci affliggono. In mancanza di regole però, il capitalismo produce anche rimedi ciarlataneschi che non ci curano affatto. Questo principio assume un interesse particolare se applicato al mercato degli assets. Per la maggioranza degli individui gli assets sono semplici pezzi di carta. La maggioranza degli investitori desume il valore degli assets finanziari da ciò che sente dire da consulenti finanziari e agenzie di rating, che hanno un tornaconto che non coincide interamente con quello degli investitori. Quando le persone sono eccessivamente fiduciose i mercati finanziari tendono a produrre assets che sfruttino il loro eccesso di fiducia. Se privati di misure di salvaguardia, gli investitori lasciano che qualcuno gli venda assets ciarlataneschi. è ciò che è accaduto a Wall Street. Esiste poi un altro spirito animale, che sostiene gli altri due: che si tratti di prendere decisioni economiche o personali, gli individui agiscono in base a dei "racconti". L´andamento dell´economia in ogni momento può essere spiegato con qualche "racconto": dieci anni fa emerse la storia delle dot-com; più di recente quella secondo cui l´ingegneria finanziaria sarebbe stata in grado di rendere gli assets finanziari più sicuri dei beni su cui si fondavano, grazie a un "packaging finanziario" che riduceva i rischi. Sono racconti che contengono qualche verità, ma spesso peccano di eccesso di ottimismo o di pessimismo; sono storie a cui gli investitori hanno creduto, peccando di eccesso di fiducia, e i mercati hanno approfittato della loro creduloneria per vendere loro degli assets in seguito rivelatisi ciarlataneschi. Questi tre spiriti animali spiegano il ruolo che la psicologia ha nelle fluttuazioni dell´economia. Riteniamo che questa sia la spiegazione delle fluttuazioni cicliche dell´economia. La fiducia va e viene. è in questo andare e venire che va cercata la spiegazione dell´attuale crisi finanziaria. (Traduzione di Marzia Porta)

Torna all'inizio


Qualche dubbio di troppo sugli accordi tra Fiat, Chrysler e Opel (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: I commenti data: 22/05/2009 - pag: 2 autore: di Mario Lettieri* Paolo Raimondi** IL PUNTO Qualche dubbio di troppo sugli accordi tra Fiat, Chrysler e Opel Cerberus Capital Management è uno dei più agguerriti e spregiudicati equity fund, specializzato nel «metodo spezzatino», cioè quello di acquisire il controllo di un'impresa, eventualmente in difficoltà, spolparla, prendere il filetto e lasciare pelle e ossa (e debiti) agli altri, in particolare allo stato. Non ha potuto portare a termine questo programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le carte in tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della GMAC, la fortezza finanziaria della GM con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari a 1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della Chrysler. Cerberus, nome appropriato che si riferisce al mostro canino a tre teste che fa da guardiano all'inferno ricordato nella Divina Commedia, è anche un colosso internazionale immobiliare e dei mutui sub prime, delle ipoteche e dei crediti facili e quindi è stato un attore primario nella crisi finanziaria globale. Lo scorso dicembre nel mezzo della bancarotta, il governo americano aveva dato 13 miliardi di dollari alla GM e 4,3 alla Chrysler, poi a febbraio, dopo drastici tagli nell'occupazione e nella produzione e un inevitabile aggravamento della crisi finanziaria, GM e Chrysler avevano chiesto rispettivamente altri 17 e 5,3 miliardi di dollari in aiuti. A quel punto il New York Times aveva sfidato Cerberus a venire allo scoperto. Come si sa la dimensione dell'intreccio è complicata dal fatto che GM, che è in procinto di chiedere il Chapter 11, cioè di dichiarare bancarotta, controlla la tedesca Opel, anch'essa alla vigilia di una «amministrazione fiduciaria temporanea» da parte del governo di Berlino. Abbiamo riportato questi fatti perché prima di procedere con il petto gonfio di un certo «orgoglio nazionale» a buon prezzo, è doveroso farsi questa domanda: quale è l'accordo finanziario vero sottostante la possibile acquisizione della Chrysler da parte della Fiat e la joint venture con la Opel? Fino ad ora si sono sentite solo garanzie verbali secondo cui l'acquisizione non costerà niente, anzi la Fiat ci guadagnerebbe in mercato e in riduzione di costi di scala. È altrettanto vero che, anche con una stabilizzazione della crisi, il mercato automobilistico occidentale vedrà un ridimensionamento almeno del 20%. Perciò la seconda domanda che dobbiamo consapevolmente porci è: cosa succederà con gli «esuberi» di mano d'opera e di macchinari? * sottosegretario all'Economia nel governo Prodi ** economista

Torna all'inizio


Più sostegno alle pmi nella crisi (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Economia e Politica data: 22/05/2009 - pag: 9 autore: di Elena Galli La ricetta del segretario generale della Cna, Sergio Silvestrini. Con un occhio all'ambiente Più sostegno alle pmi nella crisi Le banche facilitino il credito e il governo sostenga la domanda Un appello alle banche affinché aumentino il credito alle piccole e medie imprese. Ma anche un invito al governo a varare misure che stimolino la domanda. Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna, all'indomani della pubblicazione del Barometro della crisi, l'indagine congiunturale della confederazione (si veda ItaliaOggi del 21 maggio), fa il punto della situazione e parla delle prospettive per i prossimi mesi. Domanda. Nonostante gli innumerevoli appelli e le convenzioni con importanti gruppi bancari, l'accesso al credito continua a essere il tallone di Achille delle pmi italiane: cos'altro si può fare per cambiare la situazione?Risposta. In pochi mesi la crisi del mercato finanziario ha praticamente coinvolto tutte le economie e già oggi sono palesi anche le conseguenze sociali. Le banche continuano a operare una forte selezione nella valutazione del merito creditizio, mantenendo alto il costo del denaro, nonostante gli interventi al ribasso decisi dalla Banca centrale europea. In questo scenario l'artigianato e le pmi si trovano in particolare difficoltà anche alla luce dell'allungamento dei tempi di incasso dei crediti commerciali. Il mio auspicio è che gli interventi ideati per favorire la capitalizzazione delle banche e l'utilizzo delle risorse della Cassa depositi e prestiti possano aumentare il credito a favore delle piccole imprese e migliorare le condizioni di accesso al finanziamento bancario. È inoltre indispensabile un ripensamento della modalità di relazione con le banche anche attraverso un ruolo più attivo delle organizzazioni di rappresentanza, che dispongono di una mole di informazioni utili a valutare la solidità e le necessità finanziarie delle imprese.D. Malgrado la crisi, le pmi italiane sembrano siano riuscite a difendere strenuamente l'occupazione. Cosa prevede la Cna per i prossimi mesi?R. Effettivamente, dal nostro osservatorio congiunturale (il Barometro della crisi, l'indagine trimestrale realizzata dalla Cna nazionale) emerge che nei primi tre mesi dell'anno l'occupazione nelle piccole e medie imprese ha risentito solo in parte della caduta dell'attività produttiva e che, nel secondo trimestre, la caduta occupazionale potrebbe rallentare. Bisogna poi aggiungere che le perdite occupazionali rappresentano una circostanza grave in considerazione del valore rappresentato dal fattore lavoro, spesso altamente specializzato, per le imprese più piccole. Se però l'inversione del ciclo economico non dovesse arrivare nei tempi sperati, le imprese più piccole potrebbero esaurire la loro capacità di tenuta. D. Quali provvedimenti dovrebbe prendere il governo per stimolare la domanda e migliorare il clima di fiducia?R. Voglio dare innanzitutto atto al governo di avere favorito la stabilizzazione del mercato finanziario, evitando eventuali fallimenti di istituti bancari e che la crisi potesse diventare sistemica. In questo momento noto però con preoccupazione l'assenza di interventi efficaci di sostegno della domanda. Posso comprendere le ansie del governo a mantenere l'equilibrio del bilancio pubblico e delle politiche di sostegno all'economia. Ma il deficit è destinato comunque a crescere, data la dinamica declinante delle entrate tributarie, senza che si siano prodotti effetti espansivi. Ciò detto, sarebbe auspicabile provvedere a rilanciare un piano di opere pubbliche per riqualificare e completare la dotazione infrastrutturale del paese.D. La Cna ha organizzato a Roma un importante convegno sullo sviluppo sostenibile, al quale è stato invitato anche il Premio Nobel Amartya Sen. Quali sono le misure concrete che il governo dovrebbe adottare per tracciare un percorso di sostenibilità anche per le pmi?R. La via per uscire dalle secche della crisi finanziaria ed economica risiede in una strategia che inneschi processi di cambiamento strutturale e culturale, atti a realizzare modelli di sviluppo sostenibile che prevedano un riequilibrio energetico e ambientale attraverso una forte razionalizzazione dei consumi e un utilizzo sensato delle risorse del territorio. L'artigianato e le piccole imprese sono le candidate naturali per sviluppare e dare consistenza a processi produttivi e culturali che consentano al paese il potenziamento del sistema di risparmio energetico industriale e civile e la diffusione di produzione di energie da fonti rinnovabili. Le piccole imprese possono contare sulla capillarità, sulla presenza di competenze elevate su tutto il territorio nazionale. La Cna, per parte sua, sostiene le imprese che operano nei settori della compatibilità ambientale, del risparmio energetico e della produzione di energia da fonti rinnovabili. Ricordo, solo a titolo di esempio, la costituzione dei club dell'energia a Bologna, i progetti di casa passiva, gli orti fotovoltaici in Toscana e lo sviluppo della bioedilizia a Treviso.D. Investire in ricerca e innovazione potrebbe consentire alle imprese di uscire a testa alta dalla recessione: quali sono le misure da intraprendere per favorire questi aspetti?R. L'innovazione ha sempre rappresentato il vero motore della crescita e un efficace strumento di competitività. E se negli ultimi duecento anni l'innovazione ha riguardato la possibilità di affrancarci dai lavori più disagevoli, oggi non può che favorire la creazione di tecnologie pulite, infrastrutture ecologiche, offrendo la soluzione delle contraddizioni che rischiano di mettere in discussione il proseguimento stesso dello sviluppo. Deve dunque essere riconosciuto il valore dell'attività di innovazione, svolta quotidianamente dalle piccole imprese, e occorre provvedere a incentivarla prontamente mediante misure di defiscalizzazione.

Torna all'inizio


Non si fermano le erogazioni di Biis (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Mercati Globali data: 22/05/2009 - pag: 13 autore: Non si fermano le erogazioni di Biis La crisi finanziaria non ferma le erogazioni di Biis, la Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo del gruppo Intesa Sanpaolo. Nei dodici mesi da marzo 2008 a marzo 2009 le nuove erogazioni di credito hanno raggiunto 5 miliardi di euro, mentre nel primo trimestre del 2009 le principali voci del conto economico (risultato della gestione operativa, risultato al lordo delle imposte e utile netto) sono più che raddoppiate rispetto al corrispondente periodo del 2008. Sono stati registrati oneri operativi per 15 milioni, in calo del 17,6% grazie alle azioni di contenimento dei costi e alle sinergie; il cost/income ratio è pari al 14,7%, dimezzato rispetto al primo trimestre del 2008. «In questi mesi abbiamo continuato le politiche di sviluppo sul territorio», spiega a MF/Milano Finanza l'amministratore delegato, Mario Ciaccia. «Per noi la distinzione tra grandi opere e piccole opere non ha alcun senso, soprattutto in una fase come questa. Tutte le infrastrutture che saremo in grado di creare ci aiuteranno ad agganciare più rapidamente la ripresa». Nel corso del trimestre Biis ha intensificato l'impegno a favore dei numerosi progetti infrastrutturali e di pubblica utilità nei quali è coinvolta. È proseguita in particolare l'attività di advisory per la realizzazione dei collegamenti autostradali Brescia–Milano, Pedemontana lombarda e Tangenziale esterna di Milano. Sono inoltre proseguite le erogazioni a favore di enti locali, università, ospedali, società di servizi pubblici locali e altre aziende che collaborano con il settore pubblico, nonché la partecipazione a numerosi progetti nel settore delle energie rinnovabili. Biis, inoltre, ha inaugurato la nuova filiale di Londra. Luca Gualtieri

Torna all'inizio


Ma la fiera del tol adesso coinvolge anche promotori e gestori (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Mercati Globali data: 22/05/2009 - pag: 19 autore: Ma la fiera del tol adesso coinvolge anche promotori e gestori Dieci anni fa l'IT Forum di Rimini era nato per i trader ondine, ma col tempo ha coinvolto anche i promotori finanziari. E quest'anno, dice il direttore generale Mauro Pratelli, «metà dei 6mila visitatori è costituita da consulenti finanziari, che vengono ad ascoltare i seminari per capire come andranno i mercati». Perché i clienti sono diventati molto più esigenti e richiedono rapporti continui coi loro consulenti, visto che negli ultimi tempi le delusioni sono state molte sul fronte dei rendimenti dei loro portafogli. E cosi tra i 93 espositori figurano molte società che non vengono a proporre le loro attività di trading online, come per esempio Banca Generali. «Il nostro fiore all'occhiello», spiega il direttore generale Piermario Motta, «è una piattaforma intranet creata insieme a Morningstar e in dotazione ai private banker di Bsi e ai nostri promotori finanziari che consente di raccogliere informazioni sul patrimonio complessivo dei nostri 300 mila clienti ed elaborare profili di rischio e asset allocation su misura per loro. Per farlo ci basiamo quindi anche sugli asset che hanno in altre banche, così abbiamo una visione completa della loro situazione». Motta è ottimista sui movimenti futuri dei mercati, tanto che i clienti di Banca Generali hanno in media aumentato l'esposizione sull'azionario dal 10% dell'anno scorso all'attuale 30%. Sono soddisfatti anche a Pictet Funds, una delle maggiori banche di gestione patrimoniale indipendenti d'Europa. «L'anno scorso molti investitori spaventati dal crollo dei mercati sono venuti da noi perché non siamo quotati in borsa e siamo molto conservativi», dice Marco Demicheli del settore sviluppo e consulenza. Mentre Diego Caprioli, direttore generale di Ubi Pramerica Sgr, sottolinea come «l'etica, nel senso più generale del termine, sia un prerequisito del business. Senza etica non si fa molta strada». All'insegna della prudenza sono poi i consigli di Alberto Mancuso, responsabile retail e private banking investment sales di Banca Imi, che reputa «necessario un ritorno alle basi, ai derivati meno complessi e a un loro utilizzo più ragionevole». Insomma, la crisi finanziaria ha quindi riportato una forte dose di sano realismo nel mondo del risparmio gestito.

Torna all'inizio


crescita, fiducia, debito ecco le sfide di domani - michael spence (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 34 - Cronaca 3.LEPREVISIONI Crescita, fiducia, debito ecco le sfide di domani festivaleconomia leguidedirepubblica Fede e stima nel sistema hanno avuto un duro colpo e ci vorrà del tempo per ricostruirle MICHAEL SPENCE Cosa possiamo aspettarci in futuro, quando l´economia globale emergerà da quella che è forse la crisi più grave dell´ultimo secolo? La secca risposta è una "nuova normalità", con una crescita più lenta, un sistema finanziario primario più stabile e una serie di sfide (energia, clima, squilibrio demografico, per citarne solo alcune) dagli orizzonti temporali variabili che metteranno alla prova la nostra capacità collettiva di migliorare progressivamente la gestione e la supervisione dell´economia globale. La crisi finanziaria, trasformatasi in una pericolosa flessione economica globale, nasce non solo dalla mancata reazione di fronte a una instabilità, un rischio e uno squilibrio sempre maggiori, ma dall´incapacità di prevederli. La nuova regolamentazione dei settori finanziari dovrà porre l´accento sul capitale, sulle riserve e sulla copertura necessaria, attraverso una riduzione del rischio sistemico, l´annullamento del rapporto di indebitamento, l´eliminazione di una regolamentazione incompleta e frammentaria e dell´arbitrato normativo concentrando l´attenzione sulla trasparenza. Probabilmente, ciò avverrà anche mediante l´isolamento e l´ulteriore ridimensionamento di una parte del sistema bancario, in modo che i canali di intermediazione del credito siano meno inclini a interrompersi completamente e contemporaneamente. Rispetto al passato recente, il costo del capitale aumenterà, il debito sarà più costoso e meno onnipresente e il rischio di spread non tornerà ai livelli contenuti del periodo precedente alla crisi. Le asset bubble non spariranno dall´orizzonte, ma avranno meno probabilità di essere sovralimentate dal rapporto di indebitamento. Il testimone per la supervisione dell´economia globale sta passando rapidamente dal G7/8 al G20. Quest´ultimo rappresenta il 90 per cento del Pil e due terzi della popolazione mondiale. Ma c´è il rischio che, quando l´architettura internazionale della gestione dell´economia globale evolverà, gli interessi del rimanente terzo della popolazione mondiale (e della maggioranza dei piccoli Paesi) non saranno rappresentati in modo adeguato. Nella crisi attuale, una parte sostanziale dei Paesi che non fanno parte del G20, e i loro cittadini, sono essenzialmente privi di difese. All´interno dei Paesi del G20, vi sono meccanismi che si prendono cura degli interessi dei cittadini più deboli. Nell´economia globale, i più deboli sono Paesi interi. La disattenzione verso i loro interessi costituirà non soltanto un problema di ordine morale ma uno spartiacque sociale ed economico potenzialmente esplosivo. La crisi attuale è stata definita una "crisi dei libri contabili" di portata mondiale, di terribile gravità e di potenza distruttiva a causa della sua origine nei bilanci patrimoniali del settore finanziario e di quello relativo alle famiglie. La distruzione dei bilanci è ciò che ha reso questa crisi diversa e straordinaria. Andando avanti, non sarà più accettabile da parte delle banche centrali e del legislatore un´attenzione limitata all´inflazione, allo sviluppo e all´occupazione (economia reale), lasciando che i bilanci provvedano a se stessi. A qualche livello del sistema, sarà necessario assegnare, e assumersi con serietà, la responsabilità per la stabilità e la sostenibilità in termini di valutazione delle risorse, rapporto di indebitamento e bilanci. Le istituzioni internazionali dovranno essere potenziate in termini di governance e di risorse, in modo da poter agire come interruttori automatici nel caso di future turbolenze finanziarie ed economiche a livello globale. All´inizio della crisi, il Fmi era sottofinanziato e, in alcune zone del mondo importanti dal punto di vista sistemico, esso continua a mancare di credibilità e fiducia. Ora è in fase di rifinanziamento, ma siamo a 8 mesi dall´inizio di una crisi in cui i flussi di capitale internazionale sono diventati incostanti, guidati per lo più da una reazione all´emergenza. Rimane il problema fondamentale della fiducia e della fede nel sistema. Fiducia e stima hanno ricevuto un duro colpo e ci vorrà del tempo per ricostruirle. Al momento, l´opinione più diffusa in gran parte dei Paesi è che il sistema finanziario ha fallito rovinosamente, ma gli incentivi e le dinamiche del più ampio sistema fondato sui mercati, in un´architettura relativamente aperta, resta la miglior strada che si conosca verso la creazione della ricchezza, la riduzione della povertà e l´ampliamento delle opportunità. Naturalmente, c´è chi dissente e l´equilibrio potrebbe mutare rapidamente. Non esiste una bacchetta magica. La via migliore da seguire è quella di procedere in modo pragmatico e costante, sia a livello nazionale che internazionale, verso il perfezionamento dell´architettura normativa e il miglioramento della nostra capacità collettiva di evitare i comportamenti non collaborativi e gli equilibri men che ottimali. è questa la direzione in cui ci stiamo muovendo. Ma è un viaggio che non ha un punto d´arrivo chiaramente definito e largamente accettato. (Traduzione di Antonella Cesarini)

Torna all'inizio


Napolitano: Sostenere le imprese (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Napolitano: «Sostenere le imprese» da Finanza&Mercati del 22-05-2009 Contro la crisi «occorre sostenere le famiglie e le imprese»: è questo il messaggio di saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all'apertura dell'assemblea di Confindustria. Per il Capo dello Stato, in particolare, «le imprese italiane affrontano oggi un compito di gravissima difficoltà» che è appunto quello di «superare la crisi». «Occorre fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale - ha spiegato il Capo dello Stato - che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese. Compito primario delle istituzioni, con il concorso di tutte le parti sociali, è operare a sostegno delle imprese e delle famiglie maggiormente esposte ai contraccolpi della crisi, nella prospettiva dell'avvio di una nuova fase di sviluppo che veda congiungersi l'apertura dei mercati alla concorrenza e alla competizione, nel rifiuto di ogni tentazione protezionistica e la ridefinizione di regole corrispondenti all'interesse comune. All'Europa e alle sue istituzioni spetta in questo senso una funzione essenziale al fine di contribuire a una nuova governance globale. Il nostro Paese ha grandi risorse e potenzialità non sufficientemente valorizzate - aggiunge il presidente della Repubblica - in particolar modo nelle regioni meridionali. L'intervento pubblico deve mirare a stimolarne il pieno dispiegamento, rispettando i limiti imposti dal pesante indebitamento dello Stato. La cultura dell'impresa di cui la Confindustria è portatrice saprà mostrarsi attenta anche alla valorizzazione del capitale umano di cui l'Italia è così riccamente dotata e alla tutela del lavoro e della sua sicurezza».

Torna all'inizio


APPUNTAMENTO d'eccezione oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi ... (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

FANO pag. 13 APPUNTAMENTO d'eccezione oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi ... APPUNTAMENTO d'eccezione oggi pomeriggio a Fano. Alle 18 palazzo Martinozzi sarà teatro della 18° edizione del Convegno bocconiano, manifestazione annuale di economia organizzata da Arnaldo Gai, presidente dei laureati bocconiani della provincia di Pesaro e Urbino. La tematica della conferenza quest'anno sarà «La crisi finanziaria internazionale : economisti e politici a confronto». E a discutere di questi temi ci sarà un relatore di grande prestigio. Sarà infatti il professor Piero Tedeschi, docente associato di politica economica alla Bocconi, ordinario di economia politica alla Cattolica di Milano e membro del «nucleo di valutazione degli investimenti pubblici al Ministero del bilancio», ad illustrare tre differenti ipotesi proposte da illustri economisti internazionali ed altrettante strategie politiche che i governi andrebbero ad attuare per uscire dalla morsa della crisi mondiale che sta attanagliando i sistemi economici più evoluti. «Sarà molto interesante ascoltare strategie e soluzioni a farci uscire dal tunnel della crisi dice Arnaldo gay e verificare la loro attuabilità nel nostro sistema italiano».

Torna all'inizio


La crisi colpisce i fondi sovrani: persi 55 miliardi di dollari (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

La crisi colpisce i fondi sovrani: persi 55 miliardi di dollari Nel 2008, a causa della grave crisi finanziaria internazionale, i cosiddetti fondi sovrani (cioè quelli di proprietà degli Stati) hanno perso un totale di 55 miliardi di dollari del valore dei loro portafogli. Lo afferma il primo rapporto annuale sul settore, realizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei e da Monitor Group, un gruppo internazionale di consulenza strategica. Lo studio evidenzia come i fondi di proprietà degli stati abbiano fortemente ridotto il volume dei loro investimenti, che rimangono concentrati nella finanza, anche se vengono indirizzati molto maggiormente che in passato all'interno del paese di riferimento anzichè all'estero. Secondo il rapporto, che si basa su un archivio mondiale con circa 1.150 transazioni condotte dai fondi sovrani nel periodo tra il 1981 e il 2008, il volume degli investimenti si è ridotto fortemente nel corso del 2008, passando dai 67,8 miliardi di dollari del primo trimestre ai 35,1 miliardi dell'ultimo trimestre dell'anno scorso. Investimenti

Torna all'inizio


Poste Italiane, dopo una lunga trattativa accordo con i sindacati (sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

stampa A giugno i dipendenti riscuoteranno il premio di produttività Poste Italiane, dopo una lunga trattativa accordo con i sindacati CAMPOBASSO Poste Italiane: la determinazione di Slp e Failp ha finalmente prevalso nella lunga trattativa sul rinnovo del salario legato alla produttività. Incrementi economici significativi e risposte mirate ai lavoratori dello staff. Si è conclusa una lunga ed estenuante trattativa, è stato infine raggiunto un accordo sul Premio di Risultato per il triennio 2008-2010. «L'intesa è stata sottoscritta solo da Slp Cisl e Failp Cisal - dichiara Antonio D'Alessandro Segretario della CISL di Campobasso - a causa dell'abbandono del tavolo del confronto da parte delle altre Organizzazioni Sindacali. Da sottolineare il fatto che, durante la trattativa, l'Azienda ha continuato a tenere una posizione di forte chiusura nei confronti delle richieste del Sindacato, adducendo al fatto che l'attuale crisi finanziaria mondiale, che sta investendo il nostro Paese, coinvolga anche Poste Italiane. In tale prospettiva, l'Azienda ha proposto più volte di decurtare il premio anche in caso di assenze garantite da norme di legge sul welfare (legge 104) e ha richiesto oltretutto la possibilità di non pagare le assenze dovute agli infortuni in itinere, al congedo matrimoniale, per lutto e per donazione di sangue. Sul piano economico, l'Azienda ha persino avanzato l'ipotesi secondo cui, a fronte dell'anticipazione già erogata nel mese di settembre 2008 pari al 65% del premio, il saldo del Premio di Risultato 2008 avvenisse con il pagamento del restante 35% senza alcun reale aumento salariale. La netta opposizione di Slp e Failp a tali richieste - continua Antonio D'Alessandro della CISL Poste - estremamente penalizzanti per i lavoratori, ha permesso alla fine di arrivare a un accordo molto diverso, che prevede: la durata triennale del premio (2008-2010), in linea con le norme sulla riforma degli assetti contrattuali e necessaria per accedere alla decontribuzione; la revisione e l'individuazione delle figure professionali da far transitare dallo staff alla produzione; una soglia di accesso al premio di risultato più favorevole; la conferma della normativa oggi esistente sui criteri di attribuzione del premio: nessuna penalizzazione per assenze (legge 104), infortunio, congedo per matrimonio, lutto o donazione sangue; la riduzione del divario economico fra staff e produzione; un aumento salariale complessivo strutturale del Premio di Risultato di 290 euro (in media) pro capite».

Torna all'inizio


in bagno col permesso, la marelli frena (sezione: crisi)

( da "Centro, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 15 - Attualità In bagno col permesso, la Marelli frena La casa madre Fiat «bacchetta» l'iniziativa dell'azienda di Sulmona SULMONA. La Fiat annulla il provvedimento che prevedeva la richiesta, da parte dei dipendenti della Magneti Marelli di Sulmona, di un permesso scritto per andare in bagno. La casa madre torinese parla di «spiacevole equivoco» e di «interpretazione non corretta ed estrema di una disposizione mirata a gestire meglio le pause dal lavoro». «Purtroppo nel caso specifico - si legge in una nota della Fiat - è stata interpretata in maniera non corretta una disposizione della direzione di stabilimento mirata a gestire gli allontanamenti dal posto di lavoro senza pregiudicare la qualità e la continuità dei processi. Questo comportamento non rispettava le regole e lo spirito gestionale in vigore negli stabilimenti della nostra società e quindi abbiamo provveduto a correggerlo». Sulla vicenda c'era stata la protesta dei lavoratori dello stabilimento di Sulmona ed era intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali, che aveva annunciato l'avvio di accertamenti. «Con riferimento all'adozione da parte dello stabilimento della Magneti Marelli di Sulmona di modalità organizzative che prevederebbero la compilazione da parte dei dipendenti di permessi scritti anche per l'accesso alle toilettes durante l'orario di lavoro, - si leggeva nella nota del Garante per la privacy - l'Autorità garante ha chiesto all'azienda di fornire ogni elemento utile per una piena valutazione dei profili in materia di protezione dei dati personali». Anche Mauro Paissan, componente del Garante della privacy, aveva aspramente criticato il provvedimento: «E' un'offesa alla dignità dei lavoratori e una raccolta illegittima di dati sanitari - aveva dichiarato - «L'obbligo della richiesta scritta per andare in bagno durante l'orario di lavoro e la necessità della conferma da parte del capo officina, configura un'inaccettabile lesione alla dignità dei lavoratori. Inoltre, con questo strumento si costringe il dipendente a rilevare eventuali sue patologie o stati di malessere». L'iniziativa era stata denunciata nei giorni scorsi dagli stessi operai e dalle segreterie provinciali di Fiom, Fim, Uilm e Ugl, non disposte a restare indifferenti di fronte «ad un provvedimento che non rispetta la dignità della persona, soprattutto delle donne che devono chiedere il permesso per andare in bagno anche per i bisogni legati al ciclo». Sugli operai della Magneti Marelli, azienda sulmonese dell'indotto Fiat, pesano otto mesi di lunghi periodi di cassa integrazione, con stipendio ridotto e assenza dal posto di lavoro. La crisi finanziaria internazionale e poi la recessione che ha colpito anche il mercato dell'auto non hanno risparmiato la più grande realtà produttiva della Valle Peligna, che conta più di 700 dipendenti e dove da mesi le tute blu reclamano una maggiore rotazione nell'estensione della cassa integrazione. Federica Pantano

Torna all'inizio


C'è crisi, la Rurale con le imprese (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Mezzolombardo Questa sera il bilancio 2008 illustrato ai soci: impieghi aumentati a 153 milioni di euro C'è crisi, la Rurale con le imprese MEZZOLOMBARDO - «Portiamo avanti una banca sana ed efficiente» sono le parole del presidente della Cassa Rurale di Mezzolombardo e San Michele all'Adige, Mauro Mendini , che questa sera alle ore 20, al Teatro San Pietro, presenterà ai soci il bilancio 2008. Durante la serata, poi, verrà eletto il nuovo consiglio d'amministrazione. Il quadro economico . Il bilancio 2008 conferma, grosso modo, i numeri dell'esercizio precedente, a dimostrazione che la crisi, i cui effetti si sono avvertiti, nel secondo semestre non hanno intaccato l'andamento della banca. La raccolta diretta è salita a 182,87 milioni di euro (165,83 milioni nel 2007). Gli impieghi sono aumentati a 153,29 milioni di euro (141,92 milioni nel 2007). «Il rapporto fra la raccolta e gli impieghi - precisa il presidente con il supporto del direttore Paolo Segnana - è all'80% a dimostrazione dell'attenzione che stiamo riservando ai nostri soci in questo momento di crisi finanziaria». L'unico dato in controtendenza è relativo all'utile di esercizio che rispetto allo scorso anno è diminuito di ben 695.171 euro. «Lo scorso anno abbiamo avuto la plusvalenza - precisa Segnana - dell'operazione con la Germania di 528.853 euro. In più quest'anno abbiamo avuto anche un incremento di circa 90.000 di tasse. I numeri confermano, quindi, il buon risultato ottenuto nel 2007. La crisi potrebbe mostrarsi più nel bilancio dell'esercizio successivo. Ma noi siamo fiduciosi perché abbiamo sempre agito con oculatezza, senza fare operazioni folli, nell'interesse solo ed unicamente dei soci e dei nostri clienti. Il nostro ruolo di banca di credito cooperativo ci impone un doppio ruolo: essere una buona banca, e i numeri lo dimostrano ed essere una buona cooperativa a servizio solo dei soci». Effetti della crisi . La crisi economica ha colpito la Piana Rotaliana con forza. Nonostante tutto la cassa rurale non ha allentato la propria disponibilità verso l'erogazione del credito alle aziende. «Fino ad oggi abbiamo soddisfatto - precisa Mendini - quasi tutte le richieste che abbiamo ricevuto e in più siamo stati sempre attenti, come ogni anno, al mondo delle associazioni, stanziando 338.824 euro. Soldi che restano sul nostro territorio al servizio dell'intera comunità». Secondo Mendini, le piccole banche di credito cooperativo riescono proprio in questo frangenti ad incrementare la propria raccolta, grazie al rapporto diretto con la comunità. E nel momento in cui il ciclo economico ripartirà gli effetti saranno positivi per tutti. Numeri . Compagine sociale: 1.704 al 31 dicembre 2008 Raccolta diretta: 182,87 milioni di euro Impieghi: 153,29 milioni di euro Stato patrimoniale: 208.099.264 22/05/2009

Torna all'inizio


Il gringo Obama in America Latina (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 17 autore: Il gringo Obama in America Latina Il presidente cerca di ricucire le relazioni ma l'Asia sembra per ora più intraprendente di Alessandro Merli C' era una volta il cortile di casa. Era un cortile disordinato e turbolento, ma sul quale alla fine si riusciva, a volte con le buone, a volte con le cattive, a esercitare un controllo abbastanza stretto. Quel cortile, oggi, ha trovato (quasi) un suo ordine, ma è sempre meno attento alle voci che arrivano da casa e sempre di più a quelle di nuovi, ricchi visitatori. Il cortile di casa, per gli Stati Uniti, è l'America Latina, che per la prima volta negli ultimi tre decenni dovrebbe uscire da una crisi finanziaria internazionale con danni relativamente contenuti, ma nella quale, dopo anni di presidenza Bush completamente distratta dalla guerra in Irak, anche le ouvertures di Barack Obama rischiano per ora di suonare meno allettanti delle offerte in denaro sonante della Cina, nuovo partner commerciale e geopolitico di elezione. «Anche se l'America Latina non è immune agli effetti della crisi economica globale ha detto Nicolas Eyzaguirre, l'ex ministro delle Finanze del miracolo economico cileno, oggi capo del dipartimento Emisfero occidentale del Fondo monetario - la regione probabilmente soffrirà un minor declino dell'economia e si riprenderà prima dei paesi avanzati, perché i governi latinoamericani hanno adottato per lo più politiche fiscali e finanziarie corrette». Le previsioni dell'Fmi, in linea e forse leggermente più pessimiste di quelle della maggior parte degli economisti indipendenti, sono di una contrazione del Prodotto interno lordo regionale dell'1,5% quest'anno e di una crescita analoga l'anno prossimo. Si fanno sentire, naturalmente, il crollo della domanda dei paesi industriali per le esportazioni della regione, quello delle rimesse degli emigrati, l'inversione dei flussi di capitali privati che negli anni scorsi avevano inondato l'America Latina, in particolare le sue economie meglio gestite, come Brasile, Messico e Cile. Ma in passato le cose andavano assai peggio: in ogni episodio di recessione, la performance dell'America Latina era del 2% al di sotto di quella del resto del mondo, ricorda Eyzaguirre. E, soprattutto, la regione è stata l'origine, o l'epicentro, o la principale vittima di tutte le crisi finanziarie internazionali che si sono succedute dal 1982, con il default del Messico, in poi. In questa crisi, se il brusco calo dei flussi privati di capitale dall'estero (del 57% a 34 miliardi di dollari, secondo l'Institute of International Finance, l'associazione delle grandi banche) è evidente in tutte le sue componenti, dai prestiti bancari, agli investimenti di portafoglio, agli investimenti di-retti, non ci sono state crisi valutarie e i sistemi bancari nazionali della maggior parte dei paesi si sono rivelati più solidi di quelli di Stati Uniti ed Europa e dovrebbero essere in grado di assicurare il credito alla ripresa. Inoltre, la prudenza degli ultimi anni, consentirà, e in parte questo è già avvenuto, l'adozione di politiche monetarie e di bilancio anticicliche. Restano diverse incognite: la principale è l'evoluzione della crisi globale,soprattutto attraverso il canale dei prezzi delle materie prime, che restano la principale voce dell'export regionale, e quello finanziario, che potrebbe significare un'ulteriore restrizione del credito esterno. Inoltre, il quadro della regione è variegato: ai paesi con le politiche più appropriate (tanto che il Messico è stato il primo destinatario di una nuova forma di prestito precauzionale dell'Fmi, che non richiede neppure l'approvazione di un programma economico) si contrappongono quelli, come Venezuela, Ecaudor e Argentina, dove il percorso della politica economica e dei rapporti con la comunità finanziaria internazionale è a dir poco incerto. Una delle preoccupazioni maggiori di policy makers ed economisti della regione viene dagli Stati Uniti, e dalle loro prospettive di ripresa e di stabilizzazione finanziaria. è anche questa una delleragioni per cui l'America Latina, anche in paesi tradizionalmente più vicini a Washington, guarda con crescente interesse a un altro partner privilegiato: Pechino. Due segnali importanti, uno concreto e uno simbolico, sono venuti nelle ultime settimane dal Brasile, che sta finalmente cominciando a imporre il peso delle sue dimensioni e della sua stabilità per cercare di assumere una leadership regionale che non gli è mai stata riconosciuta. Soprattutto ora che la stella del caudillo venezuelano Hugo ChÁvez brilla di meno per le incertezze legate al prezzo del petrolio e quindi alla capacità di continuare a sostenere finanziarmente gli altri adepti della "rivoluzione bolivariana", come Bolivia, Ecuador e Nicaragua. Il segnale concreto viene dalle cifre del commercio dei primi quattro mesi del 2009: la quota dell'export destinata alla Cina sfiora il 13% e ha superato per la prima volta quella rivolta al mercato Usa, scesa all'11 per cento. Non solo, ma mentre nel mese di aprile, l'import complessivo cinese è sceso del 22% quello proveniente dal Brasile è cresciuto del 68%, trainato soprattutto da soia e minerali di ferro. «è chiaro - sostiene Octavio de Barros, capo economista della banca brasiliana Bradesco - che il Brasile ha beneficiato della ripresa della Cina, caratterizzata da crescita guidatadal mercato interno e investimenti in infrastrutture che richiedono grandi quantità di materie prime». La Cina ha inoltre investito 10 miliardi di dollari per finanziare esplorazioni petrolifere della Petrobras, secondo uno schema già adottato, su più piccola scala, in altri paesi del continente per assicurarsi l'approvvigionamento di commodities. Il gesto simbolico è venuto dalla visita di questa settimana del presidente Luiz InÁcio Lula da Silva a Pechino, dove è stato annunciato che i due paesi regoleranno il commercio bilaterale nelle rispettive valute nazionali e non più in dollari. In pratica, questo cambierà poco: gli esportatori brasiliani convertiranno in dollari gli yuan ricevuti e gli operatori cinesi faranno lo stesso con i reais. Ma è un'indicazione di volersi affrancare dalla dipendenza dagli Stati Uniti che è già emersa nella governance internazionale, dove spesso, come nella Wto e ora nel G-20, Brasilia e Pechino si sono allineati (a volte insieme agli altri due Bric, India e Russia). Un'indicazione che comporta che Obama, se vorrà rimetter piede nel cortile di casa senza risultare un intruso, dovrà far seguire fatti concreti alla parole giuste scelte all'ultimo summit delle Americhe. alessandro.merli@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA GRANDI INVESTIMENTI Dalla Cina dieci miliardi di dollari per finanziare le esplorazioni petrolifere di Petrobras. Brasilia e Pechino negozieranno nelle valute locali

Torna all'inizio


Chi ha paura della Vigilanza Ue? (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 16 autore: Chi ha paura della Vigilanza Ue? di Donato Masciandaro I l progetto di riforma dell'assetto di vigilanza nell'Unione Europea è stato salutato come un decisivo passo in avanti nella costruzione di un'architettura più robusta a presidio della stabilità finanziaria. Ma è proprio così? Per formulare un giudizio sulla proposta – che nella sostanza ricalca il recente Rapporto de Larosière - occorre definire quale dev'essere il punto d'arrivo della costruzione di una vigilanza europea. Se l'obiettivo finale è quello di proseguire nella costruzione di un mercato europeo dei capitali e delle banche, occorre allora riconoscere che l'obiettivo della stabilità finanziaria deve avere la stessa rilevanza e dignità che finora è stata attribuita alla stabilità monetaria. L'Unione monetaria europea e poi la Banca centrale europea nacquero dalla consapevolezza che la stabilità monetaria era un bene pubblico che andava offerto a tutti i cittadini europei, a prescindere dalla loro nazionalità. Occorreva sviluppare in ogni europeo la fiducia nella moneta utilizzata ogni giorno. Per avere un mercato finanziario europeo, occorre che ogni europeo abbia fiducia nell'affidabilità dei mercati bancari e finanziari. La fiducia nei mercati dipende molto dalla credibilità di chi li governa. Per avere una governance credibile per la vigilanza in Europa, almeno tre sono le condizioni necessarie: arrivare a un'Autorità finanziaria europea (Afe), indipendente sia dai governi che dagli intermediari controllati, separata dalla Bce. Rispetto a ciascuna di queste tre condizioni, il progetto di riforma non appare convincente. In primo luogo, chi governa i mercati finanziari li deve conoscere: se voglio costruire il mercato unico finanziario europeo, devo avere in prospettiva un'unica autorità che tutela la stabilità finanziaria europea. Tutte le più recenti esperienze – comprese le ultime vicende legate alla crisi finanziaria – ci hanno insegnato che occorre ridurre il più possibile il numero dei controllori. Se i mercati tendono a essere privi di barriere, più sono i vigilanti più si rischia di avere informazioni frammentate (non si sa chi sa) e responsabilità opache (non si sa di chi è la colpa). In prospettiva, dunque, l'Afe deve essere unica. Il progetto di riforma non crea alcun incentivo a muoversi in questa direzione. La supervisione europea vera e propria - la cosiddetta vigilanza micro- viene suddivisa fra tre Authority – bancaria, mobiliare, assicurativa – seguendo il principio obsoleto della vigilanza per mercati. Tale principio ha però un vantaggio: può piacere molto alle autorità di vigilanza dei paesi nazionali, perché aiuta a mantenere le posizioni di potere sia in campo nazionale che in quello europeo. In secondo luogo, la futura Afe dovrà essere indifferente ai desideri chei governi e gli intermediari controllati avranno d'influenzare le sue scelte. Il controllore è credibile se i cittadini contano sul fatto che le sue scelte, nella gestione ordinaria come nell'emergenza, non saranno influenzate da interessi particolari. I concetti d'indipendenza e accountability (render conto), che l'Europa ha già declinato nel caso della Bce, dovranno essere ripensati per assicurare autonomia all'azione di vigilanza sulle banche e sui mercati. Il tema dell'indipendenza e dell'accountability è però quasi assente nei documenti di riforma; il che rende tale documenti molto graditi a quei politici e a quelle banche che gradirebbero una vigilanza dipendente e condizionabile. Infine, sarà opportuno che l'Afe e la Bce siano due istituzioni distinte: la stabilità monetaria e la stabilità finanziaria sono due obiettivi sicuramente connessi, ma non uguali, per cui è meglio che ciascuno venga presidiato da una autorità diversa, disegnando forme di cooperazione, anche forti, tra due Authority con pari dignità. Il progetto di riforma appare invece più funzionale a un'architettura in cui è la Bce ad avere in prospettiva una funzione gerarchicamente dominante, finendo per assommare in sé le piene responsabilità sia della politica monetaria che della vigilanza. Questo monopolio rischierebbe di far male sia al governo della moneta che a quello della stabilità finanziaria. Insomma, il primo passo della riforma della vigilanza rischia di assomigliare troppo a una bicicletta in surplace: grande esercizio di equilibrio, che però non ti fa andare avanti. Per dissipare i dubbi occorrerebbe una sorta di road map, che individui l'obiettivo istituzionale finale e i conseguenti passaggi intermedi, comprendendo anche le indispensabili riforme delle regole europee. è necessario una volta per tutte smettere di considerare come insormontabile tabù il tema della riforma dei Trattati. Altrimenti si finisce per pensare che possa essere una scusa, più o meno nobile, per non cambiare nulla. © RIPRODUZIONE RISERVATA DISEGNO POCO LUNGIMIRANTE Se i mercati tendono a essere privi di barriere, più sono i vigilanti e più si rischiano informazioni frammentate e responsabilità opache POTERI SOVRAPPOSTI Il progetto attribuisce alla Bce un ruolo dominante e rischia di assomigliare a una bicicletta in surplace che non va avanti

Torna all'inizio


Euronext, voglia di grandeur (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 16 autore: ... PARIGI INSIDIA LA CITY Euronext, voglia di grandeur L a sorte, a volte, è veramente ironica. Mentre un francese prende in mano le redini del London Stock Exchange, è proprio dalla Francia che arriva l'insidia maggiore per il primato finanziario della City londinese. Se la Super-Borsa di Londra e Milano, con il neo amministratore delegato Xavier Rolet, sta ancora elaborando le strategie, Euronext (la federazione di Borse che ha l'epicento a Parigi e che si è fusa con Wall Street) sembra avere già le idee chiare: togliere il primato finanziario alla City. E in effetti la Francia potrebbe avere le carte in regola per farlo. Innanzitutto è il paese che meno ha subìto la crisi finanziaria: le perdite del sistema bancario francese ammontano a 20 miliardi, quelle in Germania sono doppie e quelle inglesi nove volte maggiori. Inoltre in Francia l'asse tra il governo e il sistema finanziario sta dimostrando di funzionare, molto più che in Gran Bretagna. Insomma: la battaglia è iniziata. E le due Borse, cioè Euronext-Nyse da un lato e il gruppo London Stock Exchange dall'altro, giocheranno la loro partita. In palio c'è il futuro del "business" in Europa.

Torna all'inizio


La crisi è uno shock ma non certo l'Apocalisse del nostro mondo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-22 - pag: 16 autore: Regolamentazioni La crisi è uno shock ma non certo l'Apocalisse del nostro mondo di Orazio Carabini L a crisi, finanziaria e reale, è molto seria ma non segna né la fine del mondo né il crollo del capitalismo. Tuttavia segna una discontinuità che impone al sistema finanziario di cambiare. è questo il messaggio del libro, curato dagli economisti Emilio Barucci e Marcello Messori, Oltre lo shock. Quale stabilità per i mercati finanziari. Già, ma il problema è "come" cambiare. Perché le ricette proposte da governi, istituzioni nazionali e internazionali, operatori del settore sono tutt'altro che univoche. Barucci e Messori individuano tre linee-guida cui dovrebbe ispirarsil'attesa riforma. La prima è «l'eliminazione di ogni arbitraggio regolamentare di medio periodo». Ovvero, non dovrebbe essere più conveniente, sotto il profilo dei vincoliall'operatività, preferire un paese a un altro o un settore a un altro. Un obiettivo non facile da raggiungere dato che, almeno finora, «le risposte di policy e di regolamentazione sono state per lo più elaborate e realizzate da governi nazionali». La seconda regola aurea di Barucci e Messori è «l'introduzione di limiti all'instabilità dei mercati senza che ciò porti al bando delle innovazioni finanziarie di prodotto ». Eppure, con la crisi è apparso chiaro che le innovazioni segmentano il mercato, rendendo in molti casi illiquide le varie nicchie. Per questo studiosi ed esperti hanno sollecitato una maggiore standardizzazione dei prodotti, proprio al fine d'evitarequesto rischio in futuro. L'alternativa, secondo i due economisti, è «trovare un giusto punto d'equilibrio fra esigenze delle innovazioni e liquidità dei mercati, imponendo livelli minimi di standardizzazione». Un problema da affrontare, ancora una volta, a livello internazionale, nell'ambito della definizione del legal standard. Infine va abbandonata «la massimizzazione dei profitti di breve periodo come unica guida strategica, così da ricollocare gli obiettivi di breve periodo come una tappa intermedia (e correggibile) di obiettivi di lungo periodo». A questo proposito i meccanismi di remunerazione del management rivestono una particolare importanza. «La componente variabile delle retribuzioni dei responsabili di una data società – scrivono gli autori – va commisurata agli effettivi guadagni generati nel lungo periodo, ossia va scaglionata nel tempo fino alla chiusura di una fase di vita della stessa società; inoltre, essa non può prevedere solo una partecipazione agli eventuali profitti (come avviene oggi) ma deve anche assumere valori negativi nel caso di perdite». è possibile che dei manager sottoscrivano contratti in cui accettano di condividere le perdite della società? Sembra un'utopia, ma sarebbe bene arrivarci. Nei saggi raccolti in questo volume sono sviscerate la questioni più importanti che hanno portato alla crisi. Ampio spazio è dedicato ai "fallimenti" della regolamentazione, attribuiti sia all'incapacità delle autorità di cogliere le innovazioni nel funzionamento dei mercati sia alla "cattura" delle autorità da parte degli operatori. Il problema è tutt'altro che risolto. Soprattutto in Europa, dove la vigilanza su intermediari di dimensione continentale è ancora affidata a istituzioni nazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna all'inizio


Parigi scopre la grandeur finanziaria (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-22 - pag: 42 autore: INCHIESTA I nuovi assetti globali Parigi scopre la grandeur finanziaria Banche forti, economia ok: e con l'asse Euronext-Wall Street, la Francia sfida la City Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente «Il sogno della Grande Parigi è come una matrioska. Dentro c'è la madre di tutte le ambizioni che a sua volta ne contiene molte altre, sempre più piccole. Non le nascondo che una delle ambizioni più importanti è il rafforzamento della nostra piazza finanziaria su scala planetaria, magari a spese della City londinese». A parlare, in un caffè di avenue Kléber, è un banchiere di casa nelle stanze del potere politico, da Bercy, sede del ministero dell'Economia, a Matignon, quartier generale del governo, all'Eliseo. Il ritornello della Francia che resiste meglio di altri alla crisi si sente da tempo, ma i dati sul Pil del primo trimestre nella zona euro hanno dato sostanza al mantra di Nicolas Sarkozy, FranÇois Fillon e Christine Lagarde. Il colbertismo in salsa vagamente liberale condito dal presidente francese ha strappato persino il plauso della stampa anglosassone. Newsweek, Time e infine l'Economist non si sono risparmiati nel celebrare un modello di protezione sociale che è stato capace di creare un circolo virtuoso tra la domanda interna e un tasso di fecondità tra i più alti al mondo. Ciliegina sulla torta: la politica di Barack Obama sarebbe influenzata, e pesantemente, da questo modello, inclusa l'enfasi su alcune infrastrutture, come l'alta velocità ferroviaria. Il messaggio è piaciuto alle élites francesi, che l'hanno raccolto e si sono inorgoglite al punto tale da trarne le dovute conseguenze sul destino di una Parigi nuovamente capitale mondiale.Già è pronto l'immaginario catalogo di beni immateriali sui quali possono essere impartite lezioni globali: un modello di sviluppo sostenibile, il pensiero politico-economico, certo, la cultura, ma anche un sapere finanziario più responsabile e un mercato saldamente ancorato all'economia reale. Nonostante qualche clamoroso incidente di percorso (caso Kérviel) e qualche istituto di credito in condizioni pietose ( Natixis) il sistema bancario francese nell'insieme ha finora resistito alla doppia onda d'urto della crisi finanziaria ed economica: «Le svalutazioni e le perdite delle nostre banche ammontano a circa 20 miliardi di dollari. Non è poco, ma ricordiamo che questa cifra rappresenta le perdite della sola Merrill Lynch », osserva Arnaud de Bresson, direttore generale di Europlace, un'organizzazione nata nel 1993 per promuovere Parigi come piazza finanziaria internazionale. Le perdite del sistema bancario tedesco sono state doppie, fa notare, e quelle dei colossi del credito inglesi hanno toccato i 180 miliardi di dollari. La crisi è dunque vista come un'opportunità formidabile per proporre un modello alternativo. Ovviamente alternativo alla City. Con una finanza che torna alle origini, quelle del servizio all'impresa e alla clientela in generale, dagli investitori istituzionali ai privati, mentre la struttura della piazza londinese ruota prevalentemente attorno agliattori dell'intermediazione finanziaria. Qualcuno potrebbe vedere il solito volontarismo à la franÇaise o una forma autarchica della riaffermazione di se stessi in una simile ambizione. Ma trattandosi di finanza, dove per definizione i confini sono permeabili se non virtuali, nessuno può correre in solitario. Da oltre due anni Euronext, il consorzio di Borse europee il cui epicentro è a Parigi, si è fusa con il New York Stock Exchange dando vita alla più grande piattaforma borsistica mondiale nei titoli azionari. La sponda atlantica è la garanzia di crescita, scambio continuo di know-how e innovazione e un freno a tentazioni eccessive di regolamentazione, sempre presenti nelle autorità francesi ma oggi, forse, più benvenute che in passato visti gli effetti devastanti della crisi economico- finanziaria sulla fiducia degli investitori. Se Nyse-Euronext può rappresentare l'alibi liberista di Parigi, la politica non rinuncia a giocare il proprio ruolo di forza demiurgica. Nicolas Sarkozy, con l'eccezione di Dexia, nonè stato il nazionalizzatore di banche che molti temevano, ma le ha comunque messe - anche le meno afflitte dalla crisi - sotto stretto controllo. Un controllo anche morale. In aprile le ha riunite all'Eliseo esigendo da loro la massima trasparenza nelle transazioni e attività con i centri offshore. Un passo in più è quello che la Francia sta compiendo, di concerto con la Germania, sulla regolamentazione degli hedge fund. La prima proposta di direttiva della Commissione Ue, con la quale si apriva la possibilità di trading sui mercati europei ai fondi provenienti dai territori che avevano firmato accordi bilaterali, non è piaciuta per nulla al ministro dell'Economia Christine Lagarde: «Allo stato attuale non siamo sicuri che questi accordi siano sufficientemente inquadrati e precisi da permettere i controlli necessari sulle attività dei fondi offshore», dice un alto funzionario di Bercy. Il ritrovato asse franco-tedesco, che marcia compatto dall'inizio dell'anno, ha però profonde implicazioni anche nella ridefinizione degli equilibri tra le diverse piazze finanziarie europee. Le indiscrezioni di un avvicinamento possibile tra Nyse-Euronext e Deutsche Boerse sono troppo ricorrenti per essere, appunto, solo indiscrezioni. Un tempo non lontano la Borsa di Francoforte, iniziatrice in tempi non sospetti del consolidamento del settore, guardava soltanto a Londra e soltanto Londra corteggiava: il burbero Werner Seifert si faceva in quattro per andare contro natura ed essere gentile con l'allora numero uno dell'Lse,Clara Furse, sostituita proprio in questi giorni, ironia della sorte, da un francese. Oltre alla sponda atlantica, Parigi ne ha bisogno di una oltre-Reno per federare i suoi sogni di gloria e, forse un giorno, presentarsi al mondo con un modello di piazza finanziaria integrata in grado di insidiare la primazia di una City oggi mortificata dalla crisi e dal ripensamento dell'economia di mercato. La visione strategica non manca e non mancano neppure i mezzi. Nel cerchio della Grande Parigi non ci sta soltanto il ripensamento architettonico e urbanistico di una città oggi troppo chiusa in se stessa e troppo poco contemporanea per potersi fregiare del titolo di metropoli, quale è invece Londra. C'è il progetto di creare,tra i tanti poli d'eccellenza economica, un polo finanziario e soprattutto un centro di ricerca internazionale nella gestione dei rischi. I francesi hanno in sostanza inventato i derivati azionari e i matematici e i fisici che escono dal Politecnico, ma anche dalle università Parigi IV e Dauphine, le cosiddette «fabbriche dei quants», erano richiesti in tutto il mondo. Erano, perché la crisi ha per ora annichilito il mercato. Ma è una competenza la cui missione originaria - la protezione dai rischi - , persa negli eccessi della finanza creativa come ha dimostrato il caso Kérviel, potrebbe tornare invece di grande utilità. Oggi i quants francesi, gli analisti quantitativi che nelle sale di trading elaborano sia i modelli di valutazione dei deri-vati sia, attraverso calcoli stocastici, statistici ed econometrici, gli schemi di gestione del rischio, vengono espulsi da una City che licenzia a getto continuato. Tornano a casa, dove trovano indennità di disoccupazione (oltre 6mila euro) che in Gran Bretagna si sognerebbero e probabilmente presto andranno a costituire il nucleo di questo centro di ricerca. Ricorda, oggi divertito, Arnaud de Bresson: «E dire che nel 1993, quando creammo Europlace, i suoi colleghi anglosassoni erano ironici e scettici. Erano convinti che nel giro di dieci-quindici anni non sarebbe rimasta in piedi che una sola piazza finanziaria globale: chiaramente Londra». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA SPINTA DELL'ELISEO Il colbertismo in salsa liberale di Nicolas Sarkozy, Fillon e Christine Lagarde ha strappato il plauso della stampa anglosassone DIALOGO CON BERLINO Da tempo circolano voci sulla nascita di una nuova intesa con Deutsche Boerse: per il listino euro-americano sarebbe un asse formidabile

Torna all'inizio


Corporate America. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-22 - pag: 43 autore: Corporate America. L'Authority riduce la supremazia dei manager sui nuovi ingressi in cda La Sec apre i consigli agli investitori Riccardo Sabbatini G li azionisti conteranno maggiormente nello scegliere i board delle società Usa. Con una decisione presa a maggioranza (3 commissari a favore e 2, repubblicani, contrari) la Sec ha posto in consultazione una proposta che mette in discussione la tradizionale supremazia esercitata dai manager nel decidere, attraverso il meccanismo delle deleghe, i nuovi ingressi nei consigli di amministrazione.D'ora in avanti nelle proposte di deleghe di voto obbligatoriamente inviate a tutti gli azionisti in occasione dei meeting annuali, potranno essere contenute anche candidature avanzate dagli azionisti, e non soltanto quelle degli amministratori esecutivi. In pratica fino al 25% dei posti da rinnovare dei consigli saranno a disposizione dei nomi proposti da singoli azionisti, veicolati a spese della società a tutti i soci. Per poter accedere a questa corsia preferenziale - stabilisce la proposta – occorre dimostrare di aver mantenuto per almeno un anno la quota di almeno l'1% del capitale sociale nelle società con capitalizzazione superiore a 700 milioni di dollari. Una soglia che sale al 5% per le società più piccole (meno di 75 milioni). In pratica, pertanto, la proposta si rivolge alla grande platea degli investitori istituzionali e, tra questi, soprattutto a quelli (fondi pensioni, assicuratori) che hanno strategie d'investimento di lungo periodo. Per alcuni aspetti la novità in arrivo nella corporate governance statunitense ricorda il voto per lista recentemente introdotto in Italia per favorire la presenza delle minoranze (anche in questo caso investitori istituzionali) nei Cda. Con una significativa differenza. Mentre in Italia alcuni posti dei board, attraverso le liste, sono riservati alle minoranze, in Usa l'elezione non è garantiva. D'altraparte, per la presenza di un azionariato vasto e non coalizzato in maggioranze di blocco- è la caratteristica delle pubblic company statunitensi - sarà più facile che quelle candidature possano affermarsi. «Non meno di tre volte nella storia recente della commissione- ha sottolineato il suo presidente Mary Shapiro – la Sec ha considerato di emendare le norme esistenti sulle deleghe di voto, per giungere al cosiddetto "accesso alla delega". è venuto il tempo di concludere questo dibattito». E il momento è arrivato in conseguenza della crisi dei mercati finanziari che ha mostrato – ha sottolineato ancora Shapiro – «un'ampia verietà di discutibili e illegali pratiche societarie» poste in essere dai Ceo non adeguatamente vigilati da chi siedeva nei board. Ma difficilmente potevano comportarsi diversamente quanti dipendevano dai "boss" aziendali per la loro nomina. Agli azionisti, attualmente, non è formalmente precluso di candidare e nominare amministratori alternativi ma, quando si presentano in assemblea, i giochi sono fatti per la presenza delle deleghe raccolte nel frattempo dai manager. Anche singoli soci potrebbero utilizzare il meccanismo delle proxy, ma a proprie spese. Ora non sarà più così. Mentre la corporate governance Usa sta virando verso le prassi in vigore in Europa, dove da sempre gli azionisti sono più forti dei manager, proprio nel vecchio continente è in corso un cammino per certi aspetti opposto. Una direttiva comunitaria approvata nel 2007- il Parlamento italiano ne sta decidendo proprio in queste settimane il recepimento – introdurrà nel diritto nazionale alcuni degli istituti in vigore sull'altra sponda sull'Atlantico, tra cui anche la possibilità per i manager di raccogliere le deleghe (che attualmente è vietata). Una novità che, tuttavia, intende rappresentare un'opportunità in più per gli azionisti e che sarà introdotta assieme ad una penetrante disciplina sui conflitti d'interesse. Il maggiore cambiamento è atteso con la data di registrazione (record date), cioè stabilendo prima dell'assemblea un giorno valido per la partecipazione ai meeting e l'esercizio del diritto di voto. è un sistema pragmatico che mira a favorire la partecipazione degli azionisti, soprattutto esteri (in difficoltà con i tempi stretti attuali), ed al quale si oppongono tuttora molti giuristi perchè, formalmente, consente il voto anche a chi, nel giorno dell'assemblea, non è più azionista. Anche su questo, comunque, gli Usa stanno facendo marcia indietro. Le proposte della Sec sulle candidature degli azionisti stabiliscono infatti che quest'ultimi, per poter utilizzare il sistema di deleghe societario, dovranno mantenere il possesso dei titoli almeno fino al giorno del meeting. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN ITALIA Il Parlamento sta per recepire la direttiva sui diritti degli azionisti che introduce, temperandoli, alcuni degli istituti in discussione in Usa

Torna all'inizio


Napolitano: aziende e famiglie da difendere (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 3 autore: Napolitano: aziende e famiglie da difendere ROMA Compito primario delle istituzioni, con il concorso di tutte le parti sociali, è «operare a sostegno delle imprese e delle famiglie maggiormente esposte ai contraccolpi della crisi». Azione da compiere –osserva il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia – nella prospettiva dell'avviodi una nuova fase di sviluppo «che veda congiungersi l'apertura dei mercati alla concorrenza e alla competizione, nel rifiuto di ogni tentazione protezionistica, e la ridefinizione di regole corrispondenti all'interesse comune». La premessa della lettera inviata per l'assemblea annuale della confederazione degli industriali è che le imprese italiane, in questa fase di grave recessione mondiale, affrontano un compito «di grandissima difficoltà ». Il sostegno al sistema produttivo appare dunque prioritario. Occorre far fronte e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale «che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese». L'invito del Capo dello Stato è perché si comminci finalmente a valorizzare «le grandi risorse e potenzialità » presenti in particolare nelle regioni meridionali. Risorse che al contrario non sono «sufficientemente valorizzate ».L'intervento pubblico deve mirare – aggiunge Napolitano – a stimolarne «il pieno dispiegamento, rispettando i limiti imposti dal pesante indebitamento dello Stato». In questo senso «la cultura dell'impresa di cui la Confindustria è portatrice saprà mostrarsi attenta anche alla valorizzazione del capitale umano di cui l'Italia è così riccamente dotata e alla tutela del lavoro e della sua sicurezza». Dall'Italia all'Europa: alle istituzioni comunitarie – conclude la lettera di Napolitano – «spetta in questo senso una funzione essenziale al fine di contribuire a una nuova governance globale». I temi relativi al ruolo delle imprese e al sostegno all'intero sistema produttivo sono stati anche al centro dell'incontro che Napolitano ha avuto nel pomeriggio con il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola.

Torna all'inizio


Nuove regole, ma non soffocare i mercati (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 2 autore: Nuove regole, ma non soffocare i mercati Va rivista Basilea2, non serve una Bretton Woods - Bene la riforma dei contratti, la Cgil ci ripensi Pubblichiamo ampi stralci della relazione della presidente, Emma Marcegaglia, all'assemblea annuale di Confindustria C i troviamo nel mezzo di una crisi violentissima che sta mettendo e metterà a dura prova le capacità di tenuta delle imprese e delle istituzioni. La reazione all'emergenza è stata vigorosa. Si nota qualche segno di lieve miglioramento, ma sarebbe un errore abbassare la guardia. La crisi finanziaria I danni prodotti dalla crisi sono enormi: quest'anno l'attività economica mondiale diminuirà dell'1,3%, la contrazione più forte dalla seconda guerra mondiale. In alcuni grandi paesi industriali il calo del Pil potrebbe raggiungere il 6 per cento. Governi e Banche centrali hanno però risposto con determinazione, dimostrando di aver imparato la lezione della Grande Depressione. Qualche segno di ritorno di fiducia è apparso nei mercati finanziari e nell'economia reale. Negli Stati Uniti perfino nel settore immobiliare. Qua e là si intravede un rimbalzo della produzione. La ripresa è cominciata in Cina. Si può sperare di vedere entro la fine di quest'anno qualche segnale di miglioramento, ma non illudiamoci: il recupero sarà difficile e richiederà tempo. Dunque, il compito della politica economica non è esaurito. Il sostegno alla domanda aggregata dovrà proseguire fino al radicamento della crescita dei consumi e degli investimenti privati. Bisogna inoltre saper impostare, fin da oggi, le necessarie misure di riequilibrio dei conti pubblici a medio termine. La finanza e le regole è importante ripensare le regole per la finanza. Nel ridisegnarle, occorre modificare le norme procicliche come Basilea 2 e nel contempo evitare la moltiplicazione inutile di norme e controlli che finirebbero per azzoppare i mercati finanziari. Le nuove regole devono riguardare tutto il sistema finanziario ed essere attivate attraverso la piena cooperazione tra le autorità finanziarie delle principali aree del mondo. Il Financial Stability Board, presieduto dal Governatore Draghi, ha questa importante funzione. Non serve un'autorità finanziaria mondiale, non serve una nuova Bretton Woods. Bastano principi condivisi di regolazione, applicati in modo uniforme, e un'efficace sorveglianza che ne assicuri il rispetto. Il futuro del mercato L'economia di mercato e ilcapitalismo sono anzitutto un meccanismo straordinariamente efficace di creazione e competizione di nuove idee alla ricerca di sbocchi commerciali. L'affermazione del modello capitalistico ha moltiplicato il benessere della popolazione, anche delle fasce meno agiate. I protagonisti sono gli imprenditori, che rischiano il proprio denaro o il proprio destino per dimostrare la validità delle proprie idee. Quando hanno successo, vincono per sé e per la comunità nella quale operano. Il capitalismo e l'economia di mercato non sono anarchia. Funzionano solo con regole buone e ben applicate. Oggi lo Stato deve rimettere in carreggiata le economie e ridefinire le regole. Ma poi dovrà rientrare nei suoi confini, lasciando all'impresa e al mercato il compito di guidare l'investimento, l'innovazione, la creazione di ricchezza. Sarebbe un tragico errore pensare che la crisi apra una nuova epoca, nella quale sia la politica, per riaffermare la propria supremazia, ad indicare le priorità nell'allocazione delle risorse, a condurre lo sviluppo, a scegliere le nuove tecnologie e i vincitori della competizione. I nuovi motori della crescita La spinta potrà venire dall'innovazione tecnologica, in particolare da quella dei prodotti per l'energia e per l'ambiente, e dalla maggiore integrazione nell'economia mondiale dei paesi emergenti. Nei prossimi due decenni il numero globale delle persone ad alto reddito salirà di 500 milioni, di cui i quattro quinti nei paesi emergenti.L'Italia è ben posizionata per offrire loro le cose nuove che piacciono al mondo. Lo scenario di nuovo sviluppo può realizzarsi solo in un sistema internazionale aperto agli scambi di beni e di capitali. In campo ambientale, ci attendiamo che il vertice di Copenhagen indichi la strada per orientare investimenti e tecnologie. L'ambiente è un patrimonio collettivo. Elevare le ambizioni europee Di fronte alla crisi l'Unione europea ha nel complesso tenuto. Ciò nonostante, uno strisciante protezionismo è in atto, sotto formediverse, in molti paesi. L'Europa deve tornare a coltivare un progetto ambizioso ed esprimere una propria visione per il mondo globale. Tra poche settimane eleggeremo i nostri rappresentanti al Parlamento europeo. In questa campagna elettorale di tutto si parla, tranne che di Europa. Un'Europa forte sulla scena mondiale riuscirà a portare avanti con successo la politica fondata sul libero commercio e sulla concorrenza non falsata da "dumping" o da impegni sproporzionati in materia ambientale. Troppo a lungo si è pensato che l'Europa potesse fare a meno dell'industria, che il suo futuro dovesse fondarsi sui servizi, quelli finanziari in particolare. Un'Europa forte, invece che limitarlo e ingabbiarlo, potrà riscoprire il valore del suo tessuto produttivo. La gestione dell'emergenza Dopo il fallimento di Lehmann Brothers la crisi è esplosa in tutta la sua intensità. La mobilitazione di Confindustria è stata immediata. Ci siamo concentrati su pochi interventi di massima efficacia. Le imprese sono schiacciate tra la riduzione degli ordini e la difficoltà di incasso dei pagamenti. Non bisogna far venir meno l'ossigeno del credito bancario. Questa è stata, è e sarà la nostra priorità assoluta. Per sostenere l'economia in questo difficile momento bisogna che si proceda, si stanzino e si rendano disponibili subito le risorse necessarie e, soprattutto, si aprano i cantieri. Abbiamo chiesto con forza il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le Pmi e l'introduzione della garanzia di ultima istanza dello Stato su quei crediti. Il Governo ha riconosciuto la validità delle nostre proposte. Ha assunto un preciso impegno politico: la dotazione finanziaria del Fondo sarà sufficiente a soddisfare tutte le richieste delle imprese nel 2009. Adesso ci attendiamo che tutti i provvedimenti per la liquidità diventino operativi ed efficaci e che si traducano in maggior credito alle imprese e alle famiglie. La montagna di crediti delle imprese verso le pubbliche amministrazioni è una patologia insopportabile. Resto convinta che questa sia una vergogna e chiedo perciò quando e come saremo pagati. Ma bisogna fare di più. Occorre detassare gli utili reinvestiti e gli apporti di nuovo capitale e supportare chi, nonostante la crisi, effettua investimenti. Vanno superate tutte le criticità che ancora ostacolano la possibilità di utilizzare effettivamente i fondi per la ricerca. Il piano casa darebbe un contributo importante al rilancio della domanda privata senza oneri per le finanze pubbliche. Il nuovo modello contrattuale Un anno fa ho indicato la necessità di riformare il modello contrattuale che è stato varato con l'accordo del gennaio scorso,firmato da 34 organizzazioni d'impresa e sindacali. Questo non accadeva dal 1993. Cisl e Uil sin dall'inizio hanno condiviso l'importanza di questo percorso. Ma la Cgil non ha creduto in questo cambiamento e lei sola non ha firmato l'accordo. Auspico che torni presto a operare insieme a noi per il bene del paese, per il bene dei lavoratori. Senza le riforme,al passo corto che l'economia italiana ha mostrato negli ultimi dieci anni, il ritorno sui livelli produttivi precrisi non avverrebbe prima del 2013. Un arco di tempo troppo lungo per non avere conseguenze negative sulla vita dei lavoratori e delle imprese e sulla stessa coesione sociale. Gli impegni delle imprese La principale responsabilità sociale di noi imprenditori in questa fase difficile è preparare la ripresa rafforzando le aziende nel patrimonio,nella gestione, nell'innovazione.La crisi non solo ci obbliga a ridurre i costi e migliorare l'efficienza, ma ci impone anche di rafforzare il patrimonio delle nostre imprese che sono, nel confronto internazionale, poco capitalizzate. Oggi il credito è diventato scarso e costoso. Dunque tocca a noi fornire il capitale per ristrutturare e alzare la posta, mostrando che siamo i primi a credere nel nostro progetto imprenditoriale. Ma chiediamo alle banche di incoraggiare e premiare chi intraprende questa strada. Le imprese italiane dovranno crescere dimensionalmente. Dobbiamo continuare a puntare sull'internazionalizzazione. L'innovazione è l'arma vincente per rimanere competitivi, crescere, cogliere le opportunità offerte dall'allargamento dei mercati mondiali, attraverso il miglioramento dei prodotti, l'incremento della loro qualità, il servizio alla clientela. La sicurezza sul lavoro Non ho certo dimenticato gli impegni assunti per la sicurezza sul lavoro. Siamo convinti che le sanzioni e i formalismi non siano lo strumento principale d'intervento e che bisogna puntare invece sulla cultura della sicurezza anche tra gli imprenditori. Legalità, fattore competitivo Le imprese sono in prima linea nella lotta per la difesa della legalità. Perciò ho posto tra le priorità del mio programma l'impegno totale per promuovere a tutti i livelli il rispetto delle regolee ho affidato, per la prima volta, una delega specifica su questo tema ad Antonello Montante. Ribadisco la volontà di Confindustria di stroncare ogni forma di contiguità tra le imprese e le organizzazioni mafiose. Le riforme per il Paese Lo sforzo di trasformazione che le imprese stanno realizzando, sferzate dalla concorrenza globale, non basta da solo a riportare l'Italia su un sentiero di rapida crescita. La crisi non può essere l'alibi per non fare le riforme di cui abbiamo bisogno, ma anzi in questo momento dobbiamo mobilitare tutte le nostre energie, chiamare a raccolta tutte le forze per una grande azione di ammodernamento delle nostre istituzioni. La politica ha già portato avanti un inizio di autoriforma. è diventata meno frammentata nella sua rappresentanza istituzionale. Sta anche provando a diventare meno litigiosa. Mi rivolgo allora a Lei, Presidente Berlusconi. Il consenso che Lei ha saputo conquistarsi è un patrimonio politico straordinario. Lo metta a frutto. Usi quel patrimonio per le riforme che sono necessarie. Lo faccia adesso. Perché questa è l'ora di fare le riforme. Apprezziamo le azioni che sono state avviate. Ma occorrono maggiori incisività, rapidità, verifica dei risultati. Il ministro Gelmini ha adottato alcuni coraggiosi interventi di razionalizzazione delle risorse, di selettività nella loro distribuzione e di valutazione dei docenti, per premiare i più meritevoli. Ma una vera svolta arriverà solo con il cambiamento radicale delle modalità di finanziamento e della governance delle università. La giustizia permane drammaticamente inefficiente. Il ministro Alfano ha presentato un provvedimento puntuale e ambizioso, che chiediamo possa diventare operativo in tempi brevi. Al ministro Brunetta va riconosciuto il coraggio e la determinazione di aver avviato un processo di miglioramento della Pubblica amministrazione. Le imprese si devono districare in una giungla di leggi, regolamenti, circolari che non ha eguali negli altri paesi europei. Il ministro Calderoli sta adottando iniziative per la semplificazione e per l'eliminazione degli enti inutili. Se non sradichiamo adesso, in piena crisi, questa vergogna, quando mai lo faremo? Il federalismo fiscale Un buon federalismo fiscale può migliorare l'efficienza e l'efficacia della pubblica amministrazione e aumentare la responsabilità di chi governa. Quando, come e se saremo in presenza dei decreti attuativi, potremo esprimere un giudizio e valuteremo se sarà un federalismo buono o cattivo. Il federalismo non deve essere in alcun modo una giustificazione per aumentare la spesa pubblica e di conseguenza la pressione fiscale. è fondamentale che le decisioni sulle opere infrastrutturali e le reti di interesse nazionale non siano sottoposte ai veti locali. Politica e liberalizzazioni Dalla sanità alle infrastrutture, dalle forniture alle autorizzazioni, le imprese non devono più assistere ad atteggiamenti discriminatori dettati da logiche politiche, che favoriscono i sodali a scapito degli altri. è urgente riprendere il cammino interrotto delle liberalizzazioni nei trasporti, nelle comunicazioni, nell'energia, nelle professioni e soprattutto nelle società pubbliche a livello locale, dove stiamo assistendo all'avanzata impressionante del neostatalismo. Mezzogiorno, questione civile Non può esserci crescita duratura se non si rimette in moto il Mezzogiorno. La distanza tra Mezzogiorno e resto d'Italia in termini di Pil pro capite supera oggi i 42 punti percentuali. Solo un impegno comune di tutte le forze politiche e sociali farà uscire il Sud dal ristagno economico ed eleverà stabilmente il tasso di crescita dell'intera economia italiana. L'Italia nel mondo nuovo Nel mondo nuovo l'Italia e il suo sistema produttivo potranno avere un ruolo più forte di prima. Ciò avverrà se la politica saprà svecchiare il paese ed eliminare le incrostazioni corporative che penalizzano il rischio, il merito e il futuro dei giovani. Presidente Berlusconi, sta innanzitutto a Lei e al suo Governo non deludere questa aspettativa. Nella crisi, la politica si è data il compito di rassicurare gli italiani e ha assunto l'impegno di non lasciare nessuno indietro. Il nostro compito è un altro. Noi porteremo tutti più avanti. Questo è il nostro impegno. www.ilsole24ore.com Il testo integrale della relazione, interventi e reazioni e la photogallery dell'assemblea CAPITALISMO L'economia di mercato è anzitutto un meccanismo straordinariamente efficace di creazione e competizione di nuove idee CRIMINALITà Siamo in prima linea nella lotta per la difesa della legalità. Vogliamo stroncare ogni forma di contiguità tra aziende e mafie «Tutti più avanti». L'impegno della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, per lo sviluppo del Paese STUDIO FRANCESCHIN

Torna all'inizio


Senza riforme coesione sociale a rischio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 3 autore: Senza riforme coesione sociale a rischio Marcegaglia: il governo usi l'ampio consenso politico - E le banche sostengano le imprese Nicoletta Picchio ROMA. «Mi rivolgo a lei, presidente Berlusconi. Il Governo gode di un ampio consenso, un patrimonio straordinario, lo usi per le riforme necessarie». Emma Marcegaglia ha di fronte il presidente del Consiglio. E scandisce: «La crisi non può essere un alibi». Sono i numeri a dimostrare che senza interventi «immediati e incisivi» l'uscita dalla crisi sarà troppo lenta e metterà a rischio non solo le imprese, ma la coesione sociale. Berlusconi annuisce, mentre gli applausi dei quasi 3mila imprenditori presenti all'assemblea di Confindustria sono la prova che il mondo imprenditoriale è stanco di un «Paese bloccato », dove, dice la Marcegaglia, «è sparita dal dibattito una parola: liberalizzazioni». Se il Governo deve fare le riforme, c'è un altro protagonista che deve fare la propria parte: le banche. «Da imprenditori pretendiamo che tornino a fare il proprio mestiere: sostenere l'economia che investe e crea posti di lavoro», l'opposto di quell'«economia di carta» che ha dimostrato tutta la sua fragilità. «Il credito è una «priorità assoluta, sono troppi i casi di aziende alle quali vengono applicati tassi esorbitanti e vengono ritirati i fidi». E sul tema della liquidità, non è mancata una sferzata anche all'esecutivo: «è una vergogna nazionale» che le aziende abbiano una «montagna di crediti » nei confronti della pubblica amministrazione. Tutti elementi che frenano la crescita. Ed è stato questo il filo conduttore delle 38 pagine di relazione, aperta con un ricordo delle vittime del terremoto: come riprendere al più presto lo sviluppo, tenento conto che, senza riforme, il ritorno ai livelli produttivi pre crisi non avverrebbe prima del 2013. Ma gli «errori gravi» non devono mettere in discussione i «vantaggi dell'economia di mercato », vero motore della crescita. Sì all'intervento dello Stato oggi, ma poi dovrà «rientrare nei confini», né dovrà essere la politica a «condurre lo sviluppo ». Servono però nuove regole: non una nuova Bretton Woods, ma principi condivisi ed una «efficace sorveglianza». è necessario rivedere Basilea 2. Così come è necessario dire no al protezionismo e aprire le porte del Wto ai Paesi emergenti. «Serve un'Europa più forte», ha detto, sferrando un rimprovero alla po-litica: «La campagna elettorale parla d'altro». Contro la crisi, la reazione di Confindustria, ha sottolineato la Marcegaglia, è stata immediata, concentrandosi su pochi interventi: più soldi per gli ammortizzatori sociali, più garanzie per i prestiti alle imprese, sostegno alla patrimonializzazione delle aziende, pagamenti dalla Pa. La presidente ha dato atto al Governo che alcune risposte sono arrivate. Bene ha fatto Tremonti «a tenere dritta la barra del risanamento», bene i bond alle banche. Ha elogiato le mosse del ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, le riforme avviate dal ministro dell'Istruzione,Mariastella Gelmini e dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Facendo un richiamo alla politica: serve il dialogo, ha detto, dando atto all'opposizione di aver avuto un atteggiamento misurato, non incoraggiando «forme di protesta estrema». Servono però più risorse, serve la detassazione degli utili reinvestiti. Far ripartire gli investimenti in infrastrutture: «i soldi non sono stati spesi». Tenendo presente che non ci può essere vera crescita senza «rimettere in moto il Sud». E poi, bisogna fare le riforme strutturali, per tagliare la spesa pubblica. A partire dalle pensioni. Una scelta, ammette la Marcegaglia, che comporterà «radicali cambiamenti per le imprese». «Porteremo tutti più avanti», è la frase finale della presidente, rivendicando l'orgoglio imprenditoriale. Tifa per il successo della Fiat, cita le tante piccole imprese che sono vincenti. E il loro impegno contro la mafia. Ma ciò avverrà se «la politica saprà svecchiare il Paese ed eliminare le incrostazioni corporative ». Basta con «la cultura del no» e la platea applaude quando la Marcegaglia chiede il taglio degli enti inutili. Pensando, a differenza del ministro, anche alle province. Il federalismo non dovrà essere una giustificazione per aumentare la spesa pubblica e le tasse, mentre bisogna liberalizzare i trasporti, le professioni, abbandonare lo statalismo municipale. Anche le aziende devono rimboccarsi le maniche: crescere, capitalizzarsi. E smetterla con il «malcostume» dei ritardati pagamenti. Infine, il sindacato: si è rammaricata la Marcegaglia per la mancata firma della Cgil «un grande sindacato» sulla riforma dei contratti,ma l'applauso è stato scrosciante quando ha affermato che «i veti non possono fermare la modernizzazione». Si può discutere, invece sulla partecipazione dei lavoratori all'azionariato aziendale: una scelta volontaria, che una legge può solo aiutare. La condizione: «Non si può realizzare in un livello così alto di conflittualità». LE PRIORITà Alzare l'età pensionabile e rilanciare le liberalizzazioni Spendere i soldi già stanziati per le infrastrutture Detassare gli utili reinvestiti Emma Marcegaglia. La presidente di Confindustria durante il suo intervento all'Assemblea STUDIOFRANCESCHIN

Torna all'inizio


Scajola: Il governo sta facendo la sua parte (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-22 - pag: 8 autore: Il ministro Scajola: «Il governo sta facendo la sua parte» ROMA L'anno scorso,in occasione dell'assemblea di Confindustria, Scajola sancì il ritorno dell'Italia al nucleare promettendo la prima pietra della prima centrale entro la legislatura. Quest'anno il ministro dello Sviluppo economico non riserva colpi di scena alla platea degli industriali, ma lancia un messaggio di fiducia sulla ripresa e pone l'accento sull'impegno del governo, «che sta facendo la sua parte per arginare la crisi, senza cedere a tre insidiose tentazioni »: sfondare i conti pubblici, inseguire suggestioni stataliste o scivolare nella deriva del protezionismo. Il ministro ricorda i principali interventi messi in campo: «L'accelerazione del rimborso dei crediti fiscali e dei pagamenti della Pubblica amministrazione, la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, il sostegno al reddito dei lavoratori con il fondo ammortizzatori sociali, gli aiuti alle famiglie numerose e disagiate con la carta acquisti, il bonus fiscale, il bonus luce e gas; gli incentivi per auto, elettrodomestici, arredamento». Una lunga lista, alla quale si aggiunge ancora una volta il tema dell'energia nucleare: «Nel 2010 le imprese interessate – dice Scajola – presenteranno le domande per le nuove centrali, entro il 2013 – conferma – ci sarà la prima pietra della prima centrale, ed entro il 2018 avremo i primi chilowattora prodotti nel nostro paese con il nucleare». E spunta per la prima volta con decisione anche il tema della banda larga, che in queste settimane si intreccia con lo sviluppo industriale di una Telecom Italia che fatica a ritrovare lo slancio. «Stiamo accelerando la digitalizzazione del paese: una rete a banda larga, e se ne parla troppo poco, efficiente e accessibile a tutti è oggi necessaria allo sviluppo come lo fu l'Autostrada del Sole negli anni 60. Puntiamo – aggiunge Scajola – a diventare il paese leader europeo nella digitalizzazione, con reti internet a 20 megabit per coprire gran parte del nostro territorio». Ma il discorso davanti agli industriali punta a essere soprattutto un messaggio di ottimismo. «Sono certo che dalla crisi uscirà un'Italia più giusta e più forte» si sbilancia il mini-stro, citando «germogli di ripresa », espressione già utilizzata dal presidente della Banca centrale europea Trichet. «Rialzo della Borsa, sostanziale tenuta dei consumi, iniziale timido recupero dei settori dei beni durevoli, utilizzo della cassa integrazione inferiore alle prenotazioni delle imprese »: questi gli elementi su cui alimentare la fiducia. Nei prossimi mesi lo sguardo del ministero dello Sviluppo dovrà essere rivolto a nuovi provvedimenti. Ai tavoli tecnici condotti per recepire lo "Small business act" europeo dovranno seguire interventi. «Porteremo presto in Consiglio dei ministri i primi risultati operativi» assicura Scajola a una platea che forse attende ancora prima di poter credere che il peggio sia davvero passato. C.Fo. © RIPRODUZIONE RISERVATA INFOPHOTO Claudio Scajola

Torna all'inizio


Consulto da Draghi per Trichet e Volcker alla cena dei (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 22/05/2009 - pag: 9 Il vertice dei banchieri Presente anche Marchionne Consulto da Draghi per Trichet e Volcker alla cena dei «Trenta» Tremonti: trattato Ocse per gli standard ROMA È stata una cena informale, ieri sera, al Grand Hotel St.Regis, ad aprire i lavori della riunione del Gruppo dei trenta che si svolgerà oggi e domani a Roma con la regia della Banca d'Italia. Non si tratta di un summit istituzionale, come quello degli altri Gruppi, il G8 o il G20, che si incontrano periodicamente. Il Gruppo dei trenta è un organisnmo privato, al quale aderiscono governatori di banche centrali, rappresentanti di governi, economisti e manager di banche di investimenti internazionali, che si riunisce due volte l'anno per discutere sulle questioni più rilevanti del momento. Così nella due giorni romana personaggi di spicco, quali fra gli altri il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, l'ex direttore generale del Fmi, Jacques de Larosière, il direttore generale della Bri Jaime Caruana, il presidente della Bers Thomas Mirow e ovviamente il padrone di casa, il governatore di Banca d'Italia Mario Draghi, affronteranno gli interrogativi posti dalla crisi finanziaria ed economica in atto. Stasera poi, la cena di lavoro di conclusione della prima giornata di lavori sarà anche l'occasione per affrontare temi più specifici con un ospite speciale, l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. I temi saranno in sostanza quelli dei vertici che si sono susseguiti da quando la crisi si è aggravata. Anche per questo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ieri ha precisato che è allo studio un vero e proprio trattato a livello Ocse per applicare gli standard finanziari globali proposti dall'Italia. Al G30 intanto domani esamineranno le prospettive dell'economia mondiale e sin dalla prima sessione aperta dal presidente del Gruppo Jacob Frenkel, alla quale interverrà Draghi si parlerà della recessione e dei modi per uscirne. I rappresentanti delle banche d'affari come il direttore generale della Goldman Sachs, Gerald Corrigan o il consigliere della Morgan Stanley David Walker diranno la loro nel dibattito sulla ristrutturazione del sistema finanziario e sulle forme di intervento dello Stato utilizzate per evitare crac come quelli della Lehman. Si parlerà di governance, di rischi e regole per stabilizzare i mercati. Sarà un confronto serrato che non tralascerà temi delicati per l'Europa, come la fragilità della situazione dei Paesi dell'Est, o più generali come il commercio internazionale e la liberalizzazione, al quale interverranno anche altri esponenti del mondo economico internazionale come l'ex presidente della Fed Paul Volcker, il vicepresidente della Swiss National Bank Philipp Hildebrand, il presidente della FSA (Financial Service Authority) Adair Turner, l'ex ministro Tommaso Padoa- Schioppa. La presenza di Jacques de Larosière e di Trichet sarà anche l'occasione per parlare della riforma della supervisione europea che la Commissione di Bruxelles ha predisposto sulla base proprio del rapporto del consigliere del Bnp Paribas, ex direttore generale del Fmi. Il confronto in sede Ue ha fatto infatti emergere alcuni interrogativi sul ruolo del presidente della Bce nella guida della supervisione macroprudenziale. L'incontro Emma Marcegaglia e Raffaele Bonanni Stefania Tamburello

Torna all'inizio


KHABAROVSK - Navigano in battello sul romantico Amur, dopo una cena informale, il leader del Cremlin... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 22 Maggio 2009 Chiudi KHABAROVSK - Navigano in battello sul romantico Amur, dopo una cena informale, il leader del Cremlino Dmitri Medvedev e la troika europea, ma non è luna di miele. Le acque della politica non sono così placide come quelle del grande fiume siberiano che divide Russia e Cina: il vertice Russia-Ue di oggi si preannuncia freddino, nonostante i sorrisi senza cravatta della vigilia, il caldo sole estivo e l'ospitalità di Khabarovsk, città dell'Estremo Oriente Russo che si è illuminata a festa per l'occasione con luminarie quasi natalizie e fuochi d'artificio. In agenda si sono accumulati troppi dossier spinosi dopo la guerra russo-georgiana dello scorso agosto e la crisi del gas tra Mosca e Kiev che lo scorso inverno ha lasciato al gelo mezza Europa: energia, sicurezza, protezionismo, Caucaso e Moldovia. Tanto che, per l'autorevole quotidiano Kommersant, quello di oggi, a oltre 10 mila km da Bruxelles, sarà «Il summit più freddo per l'Ue». «Non sono sicura che le famiglie europee rimaste al freddo in inverno abbiano dimenticato tutto», ha dichiarato al giornale la commissaria Ue alle relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner. Anche l'alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza Javier Solana - nella troika insieme al presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso e al presidente ceco e capo di turno della Ue Vaclav Klaus - ha sollevato la questione energetica alla vigilia del summit: «la crisi del gas ha avuto serie conseguenze per i consumatori europei. Quindi c'è la necessità di una cornice più forte e più elaborata per la nostre relazioni in questo campo, in modo da evitare una ripetizione di tali incidenti in futuro». Il Cremlino rilancerà l'idea di una nuova carta energetica, ma la Ue non sembra disposta a gettare quella vecchia: il compromesso potrebbe essere il rafforzamento del meccanismo di pre-allarme Ue-Russia per evitare nuove crisi del gas. Mosca è irritata anche dagli sconfinamenti europei in quello che considera il suo cortile di casa: dall'accordo con Kiev per la ristrutturazione dei suoi gasdotti al sostegno del progetto per il gasdotto Nabucco in aperta concorrenza con quello italo-russo South Stream, fino alla partnership orientale con sei ex repubbliche Urss, tra cui Georgia e Ucraina. Quanto alla Moldova, il Cremlino non ha digerito le presunte interferenze della Romania nelle recenti proteste elettorali. Sul fronte sicurezza, la Ue sembra interessata alla proposta di un nuovo patto europeo lanciata dal presidente russo Dmitri Medvedev, ma attende i dettagli. Pare invece per ora senza via d'uscita il dossier georgiano: Bruxelles vorrebbe che i suoi osservatori entrassero anche nelle regioni separatiste dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia ma Mosca, che le ha riconosciute, si oppone e rafforza la propria presenza militare sullo sfondo delle manovre Nato. Rovente anche il tasto commerciale: la Ue chiede a Mosca di ridimensionare la sua politica protezionistica, che contrasta con gli impegni del G20 e che danneggia molte voci dell'export europeo (auto, acciaio, legno, prodotti agricoli e hi-fi), per un valore di circa 150 miliardi di euro: al braccio di ferro è legato anche il sostegno europeo per l'ingresso della Russia al Wto e il rinnovo della partnership tra Mosca e Bruxelles.

Torna all'inizio


ROMA Riforme subito o la coesione sociale è a rischio , chiede Emma Marcega... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 22 Maggio 2009 Chiudi di LUCIANO COSTANTINI ROMA «Riforme subito o la coesione sociale è a rischio», chiede Emma Marcegaglia dalla tribuna dell'Auditorium della musica. «Riforme subito», aveva chiesto neppure ventiquattro ore prima, Raffaele Bonanni, dal palco del palazzo dei Congressi dell'Eur. Assemblea di Confindustria e congresso della Cisl. Abbinamento solo temporalmente casuale, invece sicuramente ineludibile per le cosiddette "priorità" che il numero uno degli industriali e il segretario generale della seconda organizzazione sindacale stanno perseguendo da anni. Non è certo un caso che la "lady d'acciaio" intervenga, nel pomeriggio all'assise cislina (non era mai accaduto) per benedire il recente accordo sulla riforma dei contratti, aprire sulla democrazia economica e, soprattutto, per mettere la basi per intese future: «Il sindacato di via Po è un amico con cui lavoreremo». E' l'imprimatur all'asse tra Confindustria e Cisl. Ma è chiaro che in assemblea, in mattinata, Emma Marcegaglia punti soprattutto al cuore dell'imprenditoria che rappresenta ed al governo che rappresenta la controparte pubblica (in prima fila ci sono Berlusconi, i ministri Scajola, Sacconi, Brunetta). L'intervento ruota sulla urgenza delle riforme senza le quali è a rischio la stessa coesione sociale. Perchè la crisi morde ancora: «E' violentissima e metterà a dura prova le capacità di tenuta delle imprese. Sarebbe un errore abbassare la guardia in quanto le difficoltà non sono finite. Ci attende un lungo cammino per imboccare la via della crescita». Ricorda, il presidente degli industriali, che il Pil nel 2009 cadrà ben oltre il 4%, dopo aver lasciato sul terreno l'% nel 2008. Senza riforme e «al passo corto» che l'economia italiana ha mostrato negli ultimi 10 anni, il ritorno sui livelli produttivi pre-crisi non avverrebbe prima del 2013. «Presidente Berlusconi, il consenso che ha conquistato è un patrimonio politico straordinario. Lo metta a frutto, lo usi per le riforme che sono necessarie e lo faccia adesso». Il premier, in platea, sorride a annuisce. Emma Marcegaglia riconosce all'esecutivo di «aver tenuto la barra verso il risanamento», ma dovrebbe fare di più, mettendo a disposizione risorse da spendere subito, soprattutto sul versante delle infrastrutture. Semmai le imprese, soprattutto quelle medio-piccole, rischiano lo strangolamento, strette come sono tra produzione e ordini in calo e la necessità di far fronte ai pagamenti. «Chiedo a tutte le banche di non abbandonarci in questi momenti così difficili. Ci stiamo giocando il futuro del Paese. Troppi i casi di aziende cui vengono ritirati i fidi, che si vedono rifiutare anticipazioni sulle fatture emesse e a cui vengono applicati tassi esorbitanti ». Richiesta espressa in toni sommessi. Toni che cambiano e si innalzano quando si tratta di esigere i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione: «I ritardi nei pagamenti, già gravissimi, si sono allungati. E' una patologia insopportabile, una vergogna». Ed Emma incassa uno dei più calorosi tra i 49 applausi che salgono dalle 2.700 persone assiepate in platea. Il governo, lo Stato, facciano dunque la loro parte: «Non serve una nuova Bretton Woods. Lo Stato deve solo ridefinire le regole lasciando alle imprese e al mercato il compito di guidare investimenti, innovazione, creazione di ricchezza. Il pendolo tra Stato e mercato deve tornare a oscillare verso il mercato». E comunque serve un'Europa forte perchè in un'Europa debole prevalgono le spinte nazionalistiche: «Uno strisciante protezionismo è in atto, sotto forme diverse, in molti Paesi». «Gli imprenditori sono pronti a fare la loro parte come hanno fatto in passato», garantisce la Marcegaglia che rivendica l'orgoglio confindustriale. Apre ai sindacati, alla Cisl in particolare, sul versante della democrazia economica per una non solo possibile ma auspicabile partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese (dalla governance all'azionariato). Può aiutare, in questa direzione, la riforma del sistema contrattuale: «Abbiamo fatto di tutto per convincere anche la Cgil ed allora abbiamo deciso di andare avanti da soli perchè la modernizzazione del Paese non può arrestarsi di fronte ai veti». Spinge, il presidente degli industriali, per un innalzamento dell'età pensionabile: «Siamo il Paese con la spesa sociale più squilibrata. Per le pensioni spendiamo quasi il 16% del contro il 9,5% dei Paesi avanzati. L'unica via sostenibile è ritardare il ritiro dal lavoro». Perchè la spesa pubblica va contenuta. «In questo senso il federalismo non deve essere in alcun modo una giustificazione per aumentare la spesa e di conseguenza la pressione fiscale».

Torna all'inizio


ROMA Le riforme chieste da Emma Marcegaglia il governo intende farle, ma non subito. C’... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 22 Maggio 2009 Chiudi di LUCA CIFONI ROMA Le riforme chieste da Emma Marcegaglia il governo intende farle, ma non subito. C'è un tempo per gestire la crisi e uno per fare le riforme, ha detto Giulio Tremonti al riecheggiando il Vecchio Testamento. E quando quel tempo arriverà, i cambiamenti saranno messi a punto insieme alle parti sociali, a partire proprio dalla Cisl. Questo il messaggio principale del ministro dell'Economia, che in sintonia con Berlusconi ha voluto sottolineare gli aspetti "psicologici" della crisi in atto, ricordando che nell'ottobre dello scorso anno è stata «sfiorata la catastrofe». La valutazione sullo stato dell'economia non coincide con quella esposta dalla Marcegaglia. La numero uno degli imprenditori ritiene che in assenza di riforme il nostro Pil continuerà a marciare anche dopo la fine della crisi al passo stentato di questo decennio. Per il ministro invece l'esecutivo ha fatto il proprio dovere, e comunque al calo dell'economia reale misurata in termini di prodotto interno lordo non corrisponde una riduzione del tenore di vita. Il nemico da combattere semmai è la paura, quella «tristezza» che Tremonti classifica come «ottavo vizio capitale». Tremonti ha ricordato Roosevelt, e pur avvertendo che non intende certo minimizzare la situazione, ha spiegato che «l'eccesso di messaggi negativi produce risultati negativi». Questo non esclude, dal suo punto di vista, la necessità di riforme di quelle indicate dalle Marcegaglia e ipotizzate anche dal padrone di casa Bonanni, ad esempio in materia di pensioni. Però si tratta di «una cosa complessa». Per cui «non basta dire facciamo un patto tra generazioni ma servono anche dei progetti di leggi con dei numeri». E per ora, secondo il ministro, non è ancora arrivato il momento di andare così a fondo nella questione. Le riforme andranno fatte «nel tempo giusto, con le persone giuste». «Le faremo discutendo con voi» ha detto Tremonti rivolgendosi alla platea. In precedenza aveva ripercorso le tappe che avevano portato alla crisi finanziaria e poi a quella dell'economia reale. Una crisi a suo parere originata dalla globalizzazione e poi divenuta acuta nell'ottobre dello scorso anno. Il punto più drammatico, nel racconto del ministro, è stato toccato nella prima settimana di ottobre, quando il mondo fu sul punto di precipitare in una situazione di «bancarotta dell'Occidente», i cui effetti sarebbero stati simili a quelli di una guerra. L'Islanda stava per saltare quando i ministri europei si riunirono, e il crack avrebbe avuto conseguenze impensabili su tutto il Vecchio Continente. Quello fu il punto di svolta perché «fino ad allora sostenere le banche era vietato», mentre poi vari Stati adottarono interventi di salvataggio dei propri istituti in difficoltà. L'altro grande cambiamento, che investe lo stesso governo delle istituzioni europee, è stato il fatto che al ruolo di guida della Commissione si è sostituito, a partire da quel momento, quello dei governi. In serata, intervenendo ad un'altro convegno, Tremonti ha spiegato che il nuovo "global legal standard" che il governo proporrà al prossimo vertice G8 dovrebbe prendere la forma di un trattato dell'Ocse, l'organizzazione internazionale con sede a Parigi.

Torna all'inizio


Trimestre in rosso per Socotherm (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Trimestre in rosso per Socotherm (m.sid.) - I conti trimestrali di Socotherm sono arrivati alla fine di una giornata pesante un po' per tutti. Il gruppo guidato da Zeno Soave ha perso il 3,4% a 1,59 euro. Si capirà oggi se la perdita di 1,27 milioni di euro dei primi tre mesi che si confronta con l'utile da 6,22 milioni di un anno prima, con perimetro di consolidamento cambiato, era già stato scontato dal mercato. In ogni caso, il gruppo sta continuando a navigare (solo un mese fa era ampiamente sotto un euro) nonostante le indubbie difficoltà ricordate anche ieri da Soave: in primis una complessa ristrutturazione del debito con le banche che rimane il perno centrale. Zeno Soave presidente Socotherm

Torna all'inizio


Lloyds taglia ancora e il titolo cala (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 Il caso a Londra Lloyds taglia ancora e il titolo cala (g.fer.) Dopo il calo della vigilia, ieri il gruppo bancario Lloyds è sceso alla Borsa di Londra di un ulteriore 5,39% chiudendo a quota 66,7 pence. Nella norma i volumi scambiati (51,4 milioni le azioni passate di mano nel corso della seduta). Dietro l'andamento cedente del titolo c'è l'annuncio di un nuovo taglio dell'organico. Sono 210 i posti di lavoro che l'istituto britannico si appresta a eliminare, in aggiunta a quelli già annunciati, portando così a 2.100 il totale dei dipendenti. Le aree geografiche maggiormente colpite dai tagli sarebbero la Scozia, l'Inghilterra e il Galles. Eric Daniels ceo di Lloyds

Torna all'inizio


Giù i mercati, Piazza Affari cede il 3,1% (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Giù i mercati, Piazza Affari cede il 3,1% di Giacomo Ferrari Editoriali in altalena Cresce ancora Rcs MediaGroup, scendono Mondadori e l'Espresso Dopo quattro sedute di rialzo, Piazza Affari si è concessa una tregua, in linea con le altre Borse europee, spinte al ribasso dai dati congiunturali Usa. Ma, mentre i due indici principali si sono sostanzialmente adeguati all'andamento generale (-3,13% l'S&P-Mib, -2,65% il Mibtel), il Midex (medie aziende) ha limitato il calo all'1,66% e l'All Stars (titoli minori ma con alti requisiti) ha addirittura registrato un piccolo progresso (+0,34%). Nel paniere dei titoli principali non c'è stato ieri nemmeno un rialzo. A perdere di più è stata StMicroelectronics (-6,72%) nel giorno dell'assemblea dei soci che ha dato il via libera alla distribuzione di un dividendo di 0,12 dollari per azione. In forte calo anche Bulgari (-5,2%), dopo aver incassato il giudizio negativo di Credit Suisse, che ha ridotto il target-price a 2,7 euro. Nel comparto del lusso va poi rilevato l'arretramento di Luxottica (-4,86%), mentre a poco oltre i cinque punti percentuali si sono collocate le perdite di Finmeccanica e Unicredit (-5,01% in entrambi i casi). Flessioni significative, inoltre, per Telecom Italia Ubi Banca (-3,85%), Prysmian (-3,69%) e Alleanza (-3,54%). Infine, gli editoriali hanno proseguito la corsa del giorno precedente in apertura di seduta, ma nel finale si sono adeguati al ribasso generale, chiudendo tuttavia con flessioni contrastate: Mondadori ha ceduto lo 0,65% e l'Espresso il 5,53%, mentre si sono mantenute nettamente positive le variazioni di Seat Pagine Gialle (+2,6%) e Rcs MediaGroup (+2,37%).

Torna all'inizio


L'invito è perentorio. Da imprenditori - dice la Marcegaglia - pretendiamo che i ban... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 22 Maggio 2009 Chiudi L'invito è perentorio. «Da imprenditori - dice la Marcegaglia - pretendiamo che i banchieri tornino a fare il loro mestiere: sostenere l'economia che investe, crea posti di lavoro veri e non castelli di carta». La crisi finanziaria deve essere una occasione per definire nuove regole, un nuovo quadro per dare trasparenza senza però penalizzare il mondo produttivo sano. E se il Financial Stability Board. presieduto da Mario Draghi, si muove nella giusta direzione, anche le banche hanno il compito di sostenere chi produce in una fase così difficile: non bisogna far venir meno l'ossigeno del credito bancario. Soprattutto alle piccole e medie imprese. «Chiedo a tutte le banche, che vivono al contatto con il territorio, di non abbandonare le aziende». Perchè «ci staimo giocando il futuro del Paese ed è nel loro stesso interesse che l'Italia conservi un vasto tessuto produttivo». Ha dunque ragione Tremonti. Serve quindi uno sforzo per eliminare le difficoltà ad ottenere prestiti e tagliare i tassi. «Troppe sono i casi in cui vengono ritirati i fidi, rifiutate le anticipazioni sulle fatture emesse, applicando tassi esorbitanti».

Torna all'inizio


Coop artigiana di garanzia: in 5 mesi boom di richieste di finanziamento (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Coop artigiana di garanzia: in 5 mesi boom di richieste di finanziamento --> Venerdì 22 Maggio 2009 ECONOMIA, pagina 47 e-mail print Italo Calegari Quasi 6,5 milioni di finanziamenti garantiti (per 484 pratiche) nel 2008 (che spingono a oltre 358,6 milioni di euro l'insieme dei finanziamenti garantiti dalla sua costituzione, nel 1966): quasi 8,9 milioni allo stesso modo garantiti nei primi 4 mesi e mezzo del 2009. Sono questi i numeri che attestano l'impegno della Cooperativa artigiana di garanzia di Bergamo che, ancora una volta, si attesta quale «arma efficace» a sostegno delle imprese artigiane nel quadro di difficoltà complessiva condizionata dalla crisi finanziaria mondiale in atto. In particolare il boom di questo avvio del 2009 (+332% rispetto allo stesso periodo all'anno scorso) dimostra il ruolo fondamentale dei consorzi fidi in un momento in cui si avvertono ancora con maggiore intensità le restrizioni del credito bancario. La Cooperativa artigiana di garanzia, nei giorni scorsi ha tenuto anche la sua assemblea annuale, nel corso della quale sono stati rinnovati anche gli organi amministrativi. In particolare, l'assemblea degli associati ha eletto i componenti del consiglio di amministrazione confermando il presidente Italo Calegari, il vice presidente Salvatore Rota e il consigliere Luigi Rota. Sono stati nominati poi Leonardo Colombo (che nel precedente mandato era già consigliere, ma di nomina camerale) e Luigi Moro in sostituzione degli uscenti Camillo Mazzola e Gianfranco Gottini. Completano il consiglio i consiglieri di nomina camerale Franco Torri (confermato) e Bruno Galezzi (neonominato). 22/05/2009 nascosto-->

Torna all'inizio


La salvezza del clima globale dipende dall'Asia (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

La salvezza del clima globale dipende dall'Asia Chandran Nair Sin dalle prime avvisaglie della crisi finanziaria, le economie asiatiche emergenti si sono sentite ripetere lo stesso mantra dagli economisti dei Paesi sviluppati: incrementate i consumi per far ripartire il motore dell'economia mondiale. Seguire questo consiglio avrebbe preparato il terreno per una crisi molto più profonda di quella attuale, che nessun tipo di stimolo economico avrebbe potuto risolvere. Questo sarebbe invece, per i leader asiatici, il momento adatto per abbandonare i modelli economici spinti dai consumi e imboccare il sentiero che ci allontana dalle catastrofi climatiche in serbo per noi se continueremo ad adottare quei modelli. Se gli appelli degli economisti occidentali verranno accolti e se l'Asia si avvicinerà anche solo alla metà del tasso di consumi dei Paesi occidentali, tutti gli sforzi per contrastare il cambiamento climatico e affrontare le altre urgenti problematiche ambientali si riveleranno futili. Semplicemente, in un mondo sempre più a corto di risorse, non ci sono mezzi sufficienti per mantenere determinati livelli di benessere, ricchezza e consumo per l'intera popolazione mondiale. Se anche solo metà dei cinesi diventasse sufficientemente benestante per iniziare a consumare frutti di mare (un desiderio tutt'altro che stravagante) gli oceani sarebbero presto completamente svuotati. Questo è un problema che non può essere affrontato né con mezzi tecnologici, né grazie al denaro, anche se esistono quelli che ci vogliono persuadere che è persino possibile allevare il tonno pinna blu al fine di soddisfare il nostro desiderio di sashimi e poi, chi potrebbe arrogarsi il diritto di negare ai cinesi tonno e pesce spada? Se, allo stesso modo, la popolazione indiana volesse possedere automobili nella medesima misura degli abitanti dei Paesi occidentali (al momento 1 indiano su 100 la possiede contro il 70% della popolazione occidentale) le conseguenze sulle riserve di petrolio e sui suoi costi, per non parlare di quelle sull'ambiente, sarebbero molto serie. Se cinesi e indiani nei prossimi 20-30 anni raggiungessero, per possesso di automobili, i livelli occidentali in questi Paesi potrebbero circolare da 1,5 a 2 miliardi di macchine. Alcune stime suggeriscono che sarebbero necessarie tutte le scorte dell'Opec per far fronte alla domanda che ne risulterebbe; per quanto riguarda il prezzo del petrolio si dovrebbe rivolgere la domanda a chi si occupa di questo genere di previsioni per le major del settore e tuttavia: chi potrebbe arrogarsi il diritto di negare la Tata Nano alla classe media indiana? Se la popolazione asiatica avesse un consumo di carne pari a quello degli americani (i cinesi consumano a oggi 50 kg pro capite, mentre gli statunitensi 220 kg pro capite) e possedesse case come quelle degli australiani, allora le conseguenze sarebbero catastrofiche per l'intera biosfera, non solamente dentro i loro confini. Sia chiaro che l'Asia, come ultima arrivata del modello di sviluppo della "ricchezza a ogni costo", non potrà mai ottenere gli standard di vita che la maggior parte dei Paesi occidentali dà per scontati, né dovrebbe tentare di imitare (pur essendone in grado) l'esempio del più moderato Giappone. La convinzione diffusa cui fa riferimento il pensiero economico tradizionale occidentale sostiene che lo sviluppo della tecnologia, il commercio e strumenti finanziari adeguati, insieme a una più efficiente determinazione del prezzo delle esternalità, riuscirà in qualche modo sia a salvare il mondo che a eliminare la povertà. In ogni caso quelli che credono che l'avanzamento della tecnologia sarà sufficiente a risolvere questi problemi è decisamente fuori strada. L'unico scenario plausibile - come sostiene James Lovelock - è che la costruzione massiccia di centrali nucleari riesca a raggiungere i livelli di produzione energetica necessari, anche se sarà determinante il superamento delle perplessità delle popolazioni in materia di sicurezza e proliferazione nucleare. Ciò significa che saranno Pechino, New Delhi e Jakarta e non Washington, New York o le capitali europee, gli scenari su cui si prenderanno le decisioni che determineranno il destino del mondo. Durante questa crisi finanziaria globale i leader asiatici hanno l'opportunità e l'obbligo di lanciare un messaggio diverso che consideri le preoccupazioni riguardo alla fine del riscaldamento globale e ad altre urgenti questioni ecologiche. Queste problematiche e la loro soluzione non sono, infatti, "nobili obiettivi" da posporre fino alla stabilizzazione dell'economia, devono invece avere importanza prioritaria, come sostiene Stephen Roach. La buona notizia è che pochi di questi leader credono che la risposta al necessario sviluppo dei propri Paesi risieda nel perseguimento di un modello capitalista spinto dai consumi; il primo ministro cinese Wen Jiabao ha esposto chiaramente questa visione a Davos quest'anno, quando ha dichiarato che l'attuale crisi ha le proprie radici «nelle politiche macroeconomiche inappropriate», in «modelli di sviluppo insostenibili e caratterizzati da periodi estesi di bassi risparmi e alti consumi» e da «una cieca ricerca del profitto». Sfortunatamente la maggior parte dei leader asiatici non vuole affrontare il problema o non sa come farlo. Questa situazione ha portato a una congiura del silenzio o, nella migliore delle ipotesi, alla speranza che le soluzioni vengano trovate in seguito. Persino la Cina, con la sua politica completamente controllata dal governo centrale, dovrà affrontare la sfida di un cambiamento dell'approccio all'economia degli scambi globali caratteristica degli ultimi 30 anni. Questa potrebbe essere la grande sfida della Cina nei prossimi 10 anni, mentre le aspettative vengono modificate dalle necessità incombenti. Di certo sarà duro annunciare ai Paesi asiatici che, visto che sono gli ultimi arrivati al capitalismo, non potranno mai ottenere gli standard di vita che la maggior parte dei Paesi sviluppati dà per scontato. Le radici del nuovo consumismo si trovano in ogni luogo dell'Asia, persino dove le popolazioni si concentrano su altri aspetti della propria cultura. Il ruolo delle tecnologie informatiche insieme alla pubblicità e alla sua inesorabile marcia verso il consumismo, sono una realtà che i governi devono riconoscere. Il messaggio che i nuovi leader devono proporre è la necessità di un nuovo ordine economico che sottolinei l'importanza dei bisogni primari dell'esistenza, che riconosca un limite alla crescita e alla possibilità di sfruttamento delle risorse, che a loro volta hanno implicazioni in merito alla sicurezza sociale e infine che permetta una più equa distribuzione della ricchezza prodotta dalle nazioni. I leader asiatici hanno ormai accettato il fatto che il mondo stia vivendo un periodo in cui la crescita si definisce in base alla qualità, non alla quantità e che, per raggiungere questo standard, potrebbero essere necessarie misure forti, quasi draconiane. Non tutti i consumi hanno però caratteristiche distruttive e i governi dovrebbero considerare questo fattore nel corso della definizione delle proprie politiche economiche, stimolando le loro economie e legandole a un superamento della crescita attraverso le esportazioni, per investire invece su istruzione, sanità, igiene e disponibilità di acqua pulita. In Cina queste istanze fanno già parte dell'agenda del governo, specialmente nella recente decisione di istituire un sistema sanitario nazionale, anche se alcuni degli sforzi si muovono ancora nella direzione di maggiore spesa e minor risparmio per la popolazione. È possibile che i leader asiatici spezzino i sogni consumistici delle proprie popolazioni? La risposta è sì, visto che possono opporsi a economisti del calibro di Hank Paulson, Roach e altri affermando che i Paesi sviluppati non possono aspettarsi che sia l'Asia a farli uscire dalla crisi, considerando tra l'altro l'impossibilità del loro continente di raggiungere gli standard di vita occidentali. Possono persino ignorare le suppliche dell'Occidente e la richiesta di un maggior supporto in questioni ambientali nel settore energetico e negli altri settori in cui il mondo sviluppato si trova in difficoltà. Se le economie emergenti non accoglieranno le nostre richieste e vinceranno i sostenitori di un maggior consumo, allora il nostro pianeta starà solo accumulando problemi ancora più grandi per i prossimi decenni e talmente gravi che nessun pacchetto di stimoli economici potrà risolverli. L'idea che il destino del mondo sia nelle mani dei governanti e delle popolazioni dell'Occidente dev'essere abbandonata perché queste decisioni, siano o meno lungimiranti, verranno prese in Asia e determineranno il futuro del capitalismo e il destino del clima mondiale. Benvenuti nel XXI secolo. © 2009 Yale Center for the Study of Globalization. Ripubblicato con il permesso di YaleGlobal Online (http://yaleglobal.yale.edu). (Traduzione di Veronica De Crignis) Chandran Nair è fondatore e direttore generale del Global Institue of Tomorrow. 22/05/2009

Torna all'inizio


Finanziari, la cura dà tono (sezione: crisi)

( da "Morningstar IT" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Continua il momento tonico del comparto finanziario mondiale. Almeno in Borsa. L'indice Msci del settore nell'ultimo mese (fino al 22 maggio e calcolato in euro) ha guadagnato circa il 9%. La maggior parte dei rialzi che hanno trainato il paniere, tuttavia, sono legati più alle speranze di una prossima guarigione delle banche internazionali (le più colpite dalla crisi scatenata più di due anni fa dalla crisi dei mutui subprime e dallo scoppio della bolla immobiliare) che non all'entusiasmo per i conti. Il segretario americano del Tesoro Timothy Garthner, in questo senso, nelle scorse settimane è stato decisamente ottimista dicendo che il comparto sta ritrovando la sua stabilità. Le sue parole hanno riportato un po' di calma fra quegli operatori che stanno guardando con preoccupazione al risultato degli stress test commissionati dalla Federal Reserve per capire quale sia il reale stato dei bilanci bancari e come reagirebbero a un'ipotesi di altri due anni di crisi. Almeno 10 dei 19 istituti esaminati dovranno raccogliere sul mercato un totale di 74,6 miliardi di dollari. Per avere gli standard di solidità richiesti dalle authority Usa, ad esempio, Bank of America dovrà fare un aumento di capitale da 34 miliardi di dollari, Wells Fargo da 11,5 miliardi e Citigroup da 11,5 miliardi. Il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha comunque definito la situazione "incoraggiante", ma ha aggiunto che le banche dovranno continuare a fare controlli interni per identificare fattori di rischio che non sono emersi. L'umore è improntato all'ottimismo pure in Europa, anche se i risultati trimestrali non sono riusciti a strappare l'applauso degli investitori. L'amministratore delegato di Crédit Agricole George Pauget ha affermato davanti ai soci del suo istituto che la crisi finanziaria globale "è arrivata a un punto di svolta", anche se gli effetti sull'economia si faranno sentire ancora per alcuni mesi. La banca transalpina settimana scorsa ha annunciato di aver avuto, nel primo trimestre, un utile netto di 202 milioni di euro, in calo del 77% rispetto allo stesso periodo del 2008. Colpa, ha precisato degli accantonamenti effettuati per far fronte ad eventuali rischi futuri. Dal punto di vista dei bilanci, non ci sono performance brillanti nemmeno nel resto d'Europa. Il gruppo finanziario olandese Ing, per esempio, ha annunciato la terza perdita trimestrale consecutiva: 793 milioni (più alta, peraltro, delle attese degli operatori), mentre l'inglese Land Securities, ha registrato il rosso peggiore della sua storia. Gli occhi sono stati puntati sui finanziari anche a Milano. Mediobanca ha avuto risultati che, seppur negativi, sono migliori delle attese. Piazzetta Cuccia ha chiuso i primi nove mesi dell'esercizio 2008-2009 con un utile netto sceso a 39 milioni rispetto ai 783 milioni dello stesso periodo 2007-2008. Colpa delle svalutazioni su titoli per 355 milioni e di minori utili dalle partecipazioni per 367 milioni (solo Generali pesa per 330 milioni). Nel periodo tra gennaio e marzo 2009 i conti sono però andati migliorando: la perdita, infatti, si è ridotta a 61 milioni. Trimestrale sotto le attese, invece, per Ubi Banca: l'utile, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è sceso dell'89% a 24,3 milioni. Intesa-Sanpaolo, intanto, ha registrato profitti per 1,1 miliardi, in calo del 38,5% rispetto allo stesso periodo del 2008, ma in deciso recupero rispetto alla perdita di 1,2 miliardi segnata nel quarto trimestre dell'anno scorso. Marco Caprotti è Redattore di Morningstar in Italia. Attenzione: Morningstar e i suoi dipendenti non forniscono alcun tipo di consulenza, né su investimenti in generale né su specifici fondi. Puoi mandare un commento all'Autore cliccando qui. Utimi Articoli I finanziari cercano la rivincita I finanziari si misurano lo stress Finanziari alla prova di Obama I finanziari si aggrappano ai governi Banche, in Europa prestiti più difficili Articoli correlati Commodity in tandem con le azioni Real estate, ancora pochi acquisti Link Correlati Azionari Settore Servizi Finanziari

Torna all'inizio


Napolitano: aiutare famiglie e imprese (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 22-05-2009 Napolitano: aiutare famiglie e imprese DA ROMA necessario aiutare le famiglie e le imprese, perché la crisi rischia di compromettere la coesione sociale dell'Italia. Il messaggio che Giorgio Napolitano ha inviato a Emma Marcegaglia in occasione dell'apertura dell'assemblea 2009 di Confindustria è un misto di speranza e di preoccupazione. Alle imprese, scrive il presidente della Repubblica, spetta in questo momento «un compito di grandissima difficoltà». Le nostre aziende si tro- È vano a dovere «fronteggiare e superare le conseguenze di una crisi finanziaria ed economica internazionale che determina anche in Italia gravi effetti sul sistema produttivo e sull'occupazione e mette alla prova la coesione sociale del Paese». Da sole, secondo il Quirinale, le aziende non ce la possono fare. Per questo chi governa deve intervenire, in collaborazione con tutti gli altri soggetti coinvolti. «Il compito primario delle istituzioni spiega il messaggio rivolto alla presidente di Confindustria con il concorso di tutte le parti sociali è operare a sostegno delle imprese e delle famiglie maggiormente eil sposte aicontraccolpi della crisi, nella prospettiva dell'avvio di una nuova fase di sviluppo che veda congiungersi l'apertura dei mercati alla concorrenza e alla competizione, nel rifiuto di ogni tentazione protezionistica e la ridefinizione di regole corrispondenti all'interesse comune ». Cita il rischio protezionismo da evitare e la necessità di nuove regole per la finanza mondiale, Napolitano, facendo proprie le istanze che i grandi riuniti a Londra per il G20 di inizio aprile hanno indicato come basi da cui fare ripartire l'economia globale. Difatti lo sguardo del Quirinale supera la singola Italia. Il presidente si rivolge anche «all'Europa e alle sue istituzioni» a cui «spetta in questo senso una funzione essenziale al fine di contribuire a una nuova governance globale». Non c'è solo pessimismo, comunque, nelle parole del presidente. «Il nostro Paese ha grandi risorse e potenzialità non sufficientemente valorizzate in particolar modo nelle regioni meridionali. L'intervento pubblico deve mirare a stimolarne il pieno dispiegamento, rispettando i limiti imposti dal pesante indebitamento dello Stato» conclude il Presidente, augurandosi che «la cultura dell'impresa, di cui la Confindustria è portatrice, saprà mostrarsi attenta anche alla valorizzazione del capitale umano di cui l'Italia è così riccamente dotata e alla tutela del lavoro e della sua sicurezza ».

Torna all'inizio


(sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 22-05-2009 governo Il ministro frena sulle richieste di Cisl e Confindustria: «Gli interventi strutturali possono aspettare, ma saranno concertati. A ottobre 2008 abbiamo temuto l'Apocalisse, le misure degli Stati l'hanno però scongiurata» Scajola: «L'Italia uscirà dalla bufera meglio di come ci è entrata» SCENARI FUTURI «Abbiamo evitato la catastrofe» Tremonti: «Merito dei governi. Le riforme? A tempo debito» DA ROMA NICOLA PINI L e riforme? Si faranno e saranno concertate ma a tempo debito. Per adesso c'è ancora da fronteggiare la crisi dopo che nell'ottobre scorso «abbiano visto da vicino l'apocalisse finanziaria » e oggi «molte navi galleggiano senza carico». Giulio Tremonti frena sulle richieste arrivate di Cisl e Confindustria, che sollecitano interventi strutturali per favorire l'uscita dalla recessione. Parlando al congresso del sindacato in corso a Roma il ministro dell'Economia ha detto infatti che «c'è un tempo per gestire la crisi e uno per gestire le riforme». E comunque, ha assicurato da un altro palco, quello dell'assemblea degli industriali, il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, l'Italia uscirà dalla bufera globale «meglio di come ci è entrata» perché ha dimostrato in questi mesi «u- na forte solidità, morale ancor prima che economica». In una ricostruzione degli eventi degli ultimi mesi Tremonti ha sottolineato che «nell'ottobre del 2008 abbiamo sfiorato la catastrofe». Il crac, ha raccontato, è stato evitato grazie all'intervento diretto dei governi sul sistema bancario, «la mano pubblica ha sostituito la mano privata », deciso in un vertice Ue convocato d'urgenza a Parigi nel week end quando si temeva che il lunedì successivo la Borsa di Londra sarebbe rimasta chiusa, con conseguenze incalcolabili. «Eravamo a un passo dall'apocalisse finanziaria, stava saltando il sistema economico dell'Occidente. Poi la crisi si è spostata dalla dimensione finanziaria all'economia reale», colpendo con maggior violenza «i Paesi che hanno una maggiore esposizione sul commercio mondiale». Una condizione in cui si trova anche l'Italia. E qui l'operato del governo, ha spiegato il ministro, si è svolto su tre direttrici: dare stabilità ai conti pubblici, proteggere i lavoratori con gli ammortizzatori sociali, cercare di tenere aperti i canali di finanziamento delle banche alle imprese. Dopo una nuova sollecitazione al sistema bancario perché «faccia il proprio dovere dopo che lo ha fatto il governo», Tremonti ha assicurato che i fondi per gli ammortizzatori saranno incrementati, se necessario, e che «nessuno sarà lasciato solo». Su altri impegni il ministro glissa: resta difficile fare previsioni sulla crisi, dice, siamo ancora in una «terra incognita ». Di certo «la crisi c'è, basta vedere le centinaia di navi che sono fuori dai porti a galleggiare senza carico». Ma dopo l'apocalisse evitata, fa capire, si può guardare al futuro «con speranza: la nostra forza è non avere paura». Così alla Cisl che chiede riforma fiscale, sostegno dei salari e democrazia economica, a Confindustria che ammonisce a non trasformare «la crisi in un alibi per non fare le riforme», Tremonti assicura per ora soltanto che «le riforme si faranno, nei tempi giusti e con le persone giuste, le riforme le faremo con voi». Più tardi al convegno Iai-Ipalmo Tremonti ha ribadito che «il nostro sistema di pensioni è il più stabile d'Europa», ma «oggi abbiamo deciso che lo riformeremo. E anche il sindacato è d'accordo». Parole che fanno infuriare il leader Cgil Guglielmo Epifani: «Il ministro Tremonti chiarisca che cosa avrebbe concordato a proposito della riforma delle pensioni e con chi». Ma in serata il ministro ha smentito di avere parlato al convegno Iai-Ipalmo (a porte chiuse) altro che di G8. Un messaggio di fiducia arriva da Scajola: agli «amici imprenditori » il ministro assicura che stiamo reagendo alla crisi «meglio di altri» e ora «ci sono germogli di ripresa che dobbiamo far crescere». Il governo, ha spiegato, sta facendo la sua parte contro la crisi senza cedere «a tre insidiose tentazioni»: non abbiamo sfondato i conti pubblici, non abbiamo ceduto a tentazioni stataliste né al protezionismo ».

Torna all'inizio


Finanziari, la cura dà tono (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Finanziari, la cura dà tono PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Morningstar , 22.05.2009 12:14 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Continua il momento tonico del comparto finanziario mondiale. Almeno in Borsa. L’indice Msci del settore nell’ultimo mese (fino al 22 maggio e calcolato in euro) ha guadagnato circa il 9%. La maggior parte dei rialzi che hanno trainato il paniere, tuttavia, sono legati più alle speranze di una prossima guarigione delle banche internazionali (le più colpite dalla crisi scatenata più di due anni fa dalla crisi dei mutui subprime e dallo scoppio della bolla immobiliare) che non all’entusiasmo per i conti. Il segretario americano del Tesoro Timothy Garthner, in questo senso, nelle scorse settimane è stato decisamente ottimista dicendo che il comparto sta ritrovando la sua stabilità. Le sue parole hanno riportato un po’ di calma fra quegli operatori che stanno guardando con preoccupazione al risultato degli stress test commissionati dalla Federal Reserve per capire quale sia il reale stato dei bilanci bancari e come reagirebbero a un’ipotesi di altri due anni di crisi. Almeno 10 dei 19 istituti esaminati dovranno raccogliere sul mercato un totale di 74,6 miliardi di dollari. Per avere gli standard di solidità richiesti dalle authority Usa, ad esempio, Bank of America dovrà fare un aumento di capitale da 34 miliardi di dollari, Wells Fargo da 11,5 miliardi e Citigroup da 11,5 miliardi. Il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha comunque definito la situazione “incoraggiante”, ma ha aggiunto che le banche dovranno continuare a fare controlli interni per identificare fattori di rischio che non sono emersi. L’umore è improntato all’ottimismo pure in Europa, anche se i risultati trimestrali non sono riusciti a strappare l’applauso degli investitori. L’amministratore delegato di Crédit Agricole George Pauget ha affermato davanti ai soci del suo istituto che la crisi finanziaria globale “è arrivata a un punto di segue pagina >>

Torna all'inizio


Materie prime, uno scudo per il portafoglio (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Materie prime, uno scudo per il portafoglio PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Morningstar , 22.05.2009 12:12 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! L’asset allocation strategica è il cuore di un piano d’investimento. L’obiettivo di un processo di asset allocation consiste nel decidere il peso dei propri investimenti (in termini di azioni, obbligazioni e liquidità) in portafoglio, in base al proprio profilo di rischio. Le materie prime stanno divenendo sempre più delle risorse importanti nel soddisfare il bisogno di diversificazione, e non solo in tempi di crisi. Le commodity, infatti, stanno guadagnando un crescente appeal tra gli investitori, che vedono in alcune di esse, metalli preziosi in primis, beni meno volatili e perciò più sicuri. La crisi finanziaria ha messo in discussione molti assiomi che si davano per scontati e ha portato un’ondata di sfiducia verso tutti quei prodotti che il risparmiatore medio vede come eccessivamente complicati e in qualche modo slegati dall’economia reale. In quest’ottica, le commodity danno la possibilità di investire in un bene che può essere toccato con mano, al contrario delle attività finanziarie che sono immateriali. L’inserimento in portafoglio di materie prime si può basare su diverse motivazioni. Innanzitutto incrementa il livello di diversificazione, data la bassa correlazione con azioni ed obbligazioni; questo permette di controbilanciare i rendimenti negativi delle asset class tradizionali nelle fasi ribassiste del ciclo economico. È stato inoltre dimostrato che le commodity offrono rendimenti elevati in periodi di alta inflazione, essendo il loro valore legato all’andamento dei prezzi. Un ulteriore vantaggio delle commodity è quello di ottenere buone performance in diversi scenari macroeconomici. Infatti, secondo uno studio di Ibbotson le commodities hanno avuto un rendimento medio annualizzato del 10% dal 1970 ad oggi; attraversando quindi diverse fasi di mercato. Scendendo nel dettaglio, un’analisi Morningstar segue pagina >>

Torna all'inizio


IL SUO NON è STATO UN DISCORSO D'ATTACCO, ANZI. INTANTO PERCHé MANCAVA UN BERSAGLIO T... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il suo non è stato un discorso d'attacco, anzi. Intanto perché mancava un bersaglio tradizionale di Confindustria: il sindacato, verso cui sono stato spese parole benevole (Cgil a parte, ma anche qui mano tesa) tanto che qualche ora dopo alla stessa Marcegaglia veniva riservata un'accoglienza più che calorosa al congresso della Cisl. Poi perché al giusto richiamo al premier Berlusconi perché sfrutti la sua popolarità ai massimi e la forza parlamentare di cui dispone per fare - ora e subito - le riforme strutturali che da anni non facciamo e che la crisi rende ancora più cogenti, non si è accompagnata la critica per aver tardato un anno e soprattutto per aver teorizzato l'idea che in tempi di crisi meglio non toccare nodi sensibili come le pensioni. Intendiamoci, nel suo documento Marcegaglia ha toccato tutti i problemi che sono di fronte al Paese: non solo l'economia e la crisi, ma anche la pubblica amministrazione (giusto il caloroso applauso tributato al ministro Brunetta), la criminalità, la giustizia, l'università, il Mezzogiorno. E le richieste, le denunce, l'avvertimento sull'esistenza di pericoli, sono risultate tutte cose convincenti. Ma, viceversa, non c'è una parola sui limiti di questo sistema politico, sull'inesistenza dell'opposizione, sulla scadente qualità della classe dirigente. Non basta dire «abolite le Province», come pur giustamente ha chiesto al ministro Calderoli seduto in prima fila, o elencare i pericoli nascosti in un certo di tipo di federalismo, se poi non si affronta il tema di quali processi politici hanno portato a certe situazioni o impedito di toccarne altre. Ma è sulla portata e le conseguenze della crisi che la relazione merita le maggiori puntualizzazioni. La prima e più importante l'ha fatta - indirettamente, parlando al congresso della Cisl - il ministro Tremonti, che nel ricordare come ad ottobre 2008 si sia «sfiorata la catastrofe» ha giustamente rivendicato agli Stati il merito di aver evitato il tracollo dell'intera economia mondiale. Un richiamo al binomio politica-denaro pubblico che è suonato in contrasto con la rivendicazione di «più mercato» - francamente un po' retrò - avanzata dalla presidente di Confindustria. La seconda osservazione riguarda lo scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non solo finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai stata usata la parola recessione, quello che si nota è il mancato riferimento alla spaventosa caduta della produzione, del fatturato e degli ordinativi dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco. La produzione, per esempio, dopo alcuni anni piuttosto piatti, aveva cominciato a perdere colpi già nel dicembre 2007 (-5,6%), e poi giù per tutto il 2008 (tranne gennaio, febbraio e aprile), con un crescendo che culmina nel -10,2% dell'ultimo trimestre e prosegue nei primi tre mesi del 2009 con cadute rispettivamente del 17,6%, del 21,2% e del 23,8%. Questo significa che la capacità produttiva nazionale ha perso 6,75 punti percentuali negli ultimi sedici mesi (dicembre 2007-marzo 2009), 15,6 punti negli ultimi sei mesi e ben 21 punti nel primo trimestre di quest'anno. Non molto diverso si presenta lo scenario se si guardano i dati Istat sia del fatturato industriale - sceso dell'8,3% nel quarto trimestre 2008 e del 22,4% nel primo di quest'anno - sia degli ordinativi, che rispettivamente con -20,3% e -30,6% negli stessi due trimestri, si presentano ancora peggiori e soprattutto presaghi di difficoltà anche nel corso di tutto il 2009. Si tratta, come si vede, di numeri che dovrebbero spingere Confindustria su un terreno impervio ma ineludibile: ragionare su cosa si può e si deve salvare e su ciò che invece sarebbe non solo inutile, ma anche dannoso (perché sperpero di risorse), tentare di tenere in piedi. Invece, la sensazione è che si guardi - in questo in modo speculare al sindacato - al mantenimento, il più possibile, dell'esistente. Senza domandarsi come il capitalismo italiano debba riorganizzarsi sia per uscire dalla crisi prima e meglio possibile, sia per rendere domani duratura la nuova fase di crescita che si fosse imboccata. Invece - comprensibilmente, sia chiaro - Marcegaglia ha preferito agitare la facile parola d'ordine che «i banchieri devono tornare a fare i banchieri». Citando i casi di ritiro dei fidi ai concessi a imprese, di applicazione di tassi esorbitanti, di rifiuto di anticipazioni su fatture. Tutte fattispecie assolutamente deprecabili. Ma che rendono parziale la fotografia della realtà: i numeri provenienti dall'Abi e da Unioncamere mostrano, infatti, come il famigerato «credit crunch» sia ormai alle spalle. Non solo: parlando di banche, bisogna anche considerare che esse amministrano il denaro dei depositanti, e che ciò esige una gestione prudente. Oggi, poi, s'impone loro anche un serio problema di deterioramento della qualità dei finanziamenti, di aumento delle sofferenze. Fino a che punto, ci si chiede, è compito del solo banchiere impedire la débacle di quelle imprese che non sono più in grado di stare da sole sul mercato? È qui che tocchiamo il nervo scoperto del discorso di ieri: Confindustria chiede a governo e banche di sostenere tutte le imprese, ma senza pregiudiziali di merito, senza dire apertamente che la crisi finanziaria è avvenuta per eccesso di credito. Eppure proprio il celebrato caso Fiat mette a nudo tutti i cambiamenti che in questi anni sono mancati all'industria italiana (internazionalizzazione, de-familiarizzazione, aumento della scala dimensionale) e ci ricorda che altrove sono già in atto le riconversioni industriali che consentiranno di arrivare nel dopo crisi più forti di prima, come la rivoluzione della «green economy» negli Usa. Tutte queste cose gli imprenditori le sanno. Forse non amano sentirsele dire: ma il compito di un leader non è quello di cercare obbligatoriamente il consenso. Soprattutto se la sua base coincide in questo caso con il tessuto portante del Paese. Enrico Cisnetto

Torna all'inizio


BCC PORDENONESE (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

BCC PORDENONESE Venerdì 22 Maggio 2009, (d.l.) - La raccolta globale è stata di 1.147 milioni di euro: 767 milioni di raccolta diretta (che segna un +18 per cento rispetto all'anno precedente) e 380 di raccolta indiretta (-7,08 per cento). Sul fronte degli impieghi si registrano 807 milioni di euro verso clienti comprensivi delle operazioni di cartolarizzazione di mutui, un dato in aumento del 9,65 per cento. L'utile netto è stato di 6,699 milioni, mentre il patrimonio lordo è di 84 milioni. La compagine sociale ha registrato un incremento di quasi il 15 per cento: i soci sono aumentati di quasi mille unità salendo a oltre settemila. Sono alcuni dei dati del bilancio della Banca di credito cooperativo Pordenonese che domenica si riunirà in assemblea per votare il documento. «Nel corso dei primi mesi del 2009 - sottolineano dalla sede centrale azzanese della Bcc presieduta da Pietro Roman - i nuovi ingressi sono stati 337 di cui oltre il 20 per cento risulta costituito da giovani di età inferiore ai trent'anni. Questo conferma il crescente interesse che la Bcc Pordenonese suscita sul territorio in cui opera e sulla fiducia che riscuote specie tra i giovani». Nonostante l'ultimo quadrimestre aveva cominciato a far sentire sul territorio e sul tessuto imprenditoriale locale i primi segni di forte crisi, la Bcc Pn ha chiuso il non facile anno con risultati che il vertice ritiene «molto soddisfacenti». E il credit crunch più volte denunciato dalle piccole imprese del territorio? «La nostra "mission" - ha ripetuto in diverse occasioni negli ultimi mesi il direttore generale Gianfranco Pilosio - è quella di servire il territorio dal quale noi stessi poi ci "alimentiamo". È chiaro che una banca come la nostra che affonda le sue radici sul territorio non può fare mancare l'ossigeno e l'appoggio alle piccole realtà produttive che molto spesso sono anche nostri soci». Nel 2008 la banca cooperativa ha proseguito - nonostante la crisi - a rispondere puntualmente alle esigenze di tipo sociale e di vicinanza alla cultura e all'associazionismo del territorio. Sono stati effettuati 528 interventi per oltre 813 mila euro erogati e ripartiti tra interventi a titolo di beneficenza e sponsorizzazione di eventi nei diversi settori in cui tradizionalmente la banca interviene. «Questa distribuzione - sottolinea il vertice bancario - ha voluto essere il più possibile equa in un'ottica di redistribuzione nel territorio della ricchezza prodotta». E rispetto ai temi della crisi finanziaria, il Cda per dare ulteriore personalizzazione al servizio verso la clientela ha deliberato l'assunzione di un codice etico comportamentale che diventa la linea guida dell'atteggiamento del personale, dei fornitori e degli amministraotri».

Torna all'inizio


Con l'operazione Saeco, la De Longhi si muove sulla scia del Lingotto (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Con l'operazione Saeco, la De Longhi si muove sulla scia del Lingotto Venerdì 22 Maggio 2009, La crisi in corso offre rilevanti opportunità. Non poteva esser diversamente visto che ogni crisi è un momento di discontinuità e di cambiamento. E' sotto gli occhi di tutti le manovre nel settore auto che vede protagonista la Fiat. Chi l'avrebbe detto prima del settembre dell'anno scorso. Fiat era una media azienda reduce da un turnround di successo. Non bastava certo l'idea strategica di Marchionne (sei solo player al mondo) se Chrysler e Opel non fossero andate in default a causa della crisi e se i Governi non fossero intervenuti in modo massiccio. Oltre alla Fiat, vi sono altre operazioni in corso all'attenzione delle banche finanziatrici. Imprese che si sono indebitate per acquisizioni, ma anche altre che sono ricorsi alla leva per questioni di famiglia, per liquidare familiari che intendevano uscire, come è successo, ad esempio, alla Safilo. Così come Private equity che si trovano con aziende rilevate il cui tentativo di creare valore non è riuscito e che si trovano affogate dai debiti. Tra queste operazioni vi è pure la Saeco. Azienda emiliana che dopo il grande successo negli anni novanta con il lancio delle macchine da caffè, nel 2003 venne ceduta dalle famiglie proprietarie al fondo della PAI, la stessa private equity che ha salvato anche la Coin da una crisi che sembrava senza uscita. In questi anni la ristrutturazione non ha prodotto i risultati sperati. Nel bilancio chiuso a marzo dell'anno scorso i ricavi erano vicini ai 500 milioni di euro. Il margine lordo era sceso dal 24,4% del 2002 al 14,1% del 2008. I debiti finanziari erano saliti a 722 milioni. Una situazione di default evidente visto che i debiti sono superiori ai ricavi, raggiungendo quel "punto di non ritorno" che gli analisti conoscono bene e che significa che, senza un salvatore l'azienda, è destinata alla liquidazione. Un gruppo importante con un prodotto di successo operante in molti paesi del mondo, ma in grave crisi finanziaria. Una preda ambita da tanti concorrenti, multinazionali in testa. L'unico vincolo è la gran massa di debiti sui quali sta lavorando con le banche l'advisor per ricercare dei write-off che rendano meno pesante l'onere per un eventuale acquirente. In questi giorni vi sono state tre offerte vincolanti. Oltre alle previste Philps e Electrolux vi è anche De Longhi. Il gruppo trevigiano propone un prezzo e una forma di pagamento coerente con la sua finanza. De Longhi che ha chiuso il bilancio dell'anno scorso con 1500 milioni di fatturato e con 163 milioni di EBIDA ha una quota di rilievo in Europa (superiore al 20%) nel comparto delle macchine da caffè. Sarebbe una bella opportunità per De Longhi per consolidare il suo posizionamento, ma è corretto aver fatto un'offerta in linea con quelle che sono le sue possibilità. Tante opportunità sì, ma attenzione all'equilibrio nei conti e nell'organizzazione senza i quali si rischia di avere molte difficoltà in futuro! Ciò vale anche per l'operazione Fiat. Se va in porto, la sfida è di produrre valore da due aziende ora decotte e da una che qualche problema ha tuttora.

Torna all'inizio


babelick ha detto: ognuno pensa ai propri interessi nazionali (e ovviamente di lobby e partiti)e noi siamo solitamente molto disuniti e disorganizzati.visto che mi piace lo sport t (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 281 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


Salvare tutti e subitonon solo è impossibilesarebbe antieconomico (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Salvare tutti e subito non solo è impossibile sarebbe antieconomico Enrico Cisnetto Al Governo: "riforme, riforme, riforme". Ai banchieri: "credito, credito, credito". E' racchiuso in queste due "parole magiche", e nelle altrettante invocazioni per cui sono state usate, il senso della relazione di Emma Marcegaglia all'assemblea di Confindustria, un anno dopo la sua nomina a presidente. Ma non v'inganni la retorica dialettica: il suo non è stato un discorso "d'attacco", anzi. Intanto perché mancava un bersaglio tradizionale di Confindustria: il sindacato, verso cui sono stato spese parole benevole (Cgil a parte, ma anche qui "mano tesa") tanto che qualche ora dopo alla stessa Marcegaglia veniva riservata un'accoglienza più che calorosa al congresso della Cisl. Poi perché al giusto richiamo al premier Berlusconi perché sfrutti la sua popolarità e la forza parlamentare di cui dispone per fare - ora e subito - le riforme strutturali che da anni non facciamo e che la crisi rende ancora più urgenti, non si è accompagnata la critica per aver tardato un anno e soprattutto per aver teorizzato l'idea che in tempi di crisi meglio non toccare nodi sensibili come le pensioni. Intendiamoci, nel suo documento Marcegaglia ha toccato tutti i problemi che sono di fronte al Paese: non solo l'economia e la crisi, ma anche la pubblica amministrazione (giusto il caloroso applauso tributato al ministro Brunetta), la criminalità, la giustizia, l'università, il Mezzogiorno. E le richieste, le denunce, l'avvertimento sull'esistenza di pericoli, sono risultate tutte cose convincenti. Ma, viceversa, non c'è una parola sui limiti di questo sistema politico, sull'inesistenza dell'opposizione, sulla scadente qualità della classe dirigente. Non basta dire "abolite le Province", come pur giustamente ha chiesto al ministro Calderoli seduto in prima fila, o elencare i pericoli nascosti in un certo di tipo di federalismo, se poi non si affronta il tema di quali processi politici hanno portato a certe situazioni o impedito di toccarne altre. Ma è sulla portata e le conseguenze della crisi che la relazione merita le maggiori puntualizzazioni. La prima e più importante l'ha fatta - indirettamente, parlando al congresso della Cisl - il ministro Tremonti, che nel ricordare come ad ottobre 2008 si sia "sfiorata la catastrofe" ha giustamente rivendicato agli Stati il merito di aver evitato il tracollo dell'intera economia mondiale. Un richiamo al binomio "politica e denaro pubblico" che è suonato in contrasto con la rivendicazione di "più mercato" - francamente un po' retrò - avanzata dalla presidente di Confindustria. La seconda osservazione riguarda lo scarso approfondimento riservato alla dimensione produttiva e non solo finanziaria della crisi stessa. A parte che non è mai stata usata la parola "recessione", quello che si nota è il mancato riferimento alla spaventosa caduta della produzione, del fatturato e degli ordinativi dell'industria italiana. Eppure non si tratta di roba da poco. Si tratta di numeri che dovrebbero spingere Confindustria su un terreno impervio ma ineludibile: ragionare su cosa si può e si deve salvare e su ciò che invece sarebbe non solo inutile, ma anche dannoso (perché sperpero di risorse), tentare di tenere in piedi. Invece, la sensazione è che si guardi - in questo in modo speculare al sindacato - al mantenimento, il più possibile, dell'esistente. Senza domandarsi come il capitalismo italiano debba riorganizzarsi sia per uscire dalla crisi prima e meglio possibile, sia per rendere domani duratura la nuova fase di crescita che si fosse imboccata. Invece - comprensibilmente, sia chiaro - Marcegaglia ha preferito agitare la facile parola d'ordine che "i banchieri devono tornare a fare i banchieri". Citando i casi di ritiro dei fidi ai concessi a imprese, di applicazione di tassi esorbitanti, di rifiuto di anticipazioni su fatture. Tutte fattispecie assolutamente deprecabili. Ma che rendono parziale la fotografia della realtà: i numeri provenienti dall'Abi e da Unioncamere mostrano, infatti, come il famigerato "credit crunch" sia ormai alle spalle. Non solo: parlando di banche, bisogna anche considerare che esse amministrano il denaro dei depositanti, e che ciò esige una gestione prudente. Oggi, poi, s'impone loro anche un serio problema di deterioramento della qualità dei finanziamenti, di aumento delle sofferenze. Fino a che punto, ci si chiede, è compito del solo banchiere impedire la débacle di quelle imprese che non sono più in grado di stare da sole sul mercato? E' qui che tocchiamo il nervo scoperto del discorso di ieri: Confindustria chiede a Governo e banche di sostenere tutte le imprese, ma senza pregiudiziali di merito, senza dire apertamente che la crisi finanziaria è avvenuta per eccesso di credito. Eppure proprio il celebrato "caso Fiat" mette a nudo tutti i cambiamenti che in questi anni sono mancati all'industria italiana (internazionalizzazione, de-familiarizzazione, aumento della scala dimensionale) e ci ricorda che altrove sono già in atto le riconversioni industriali che consentiranno di arrivare nel dopo crisi più forti di prima, come la rivoluzione della "green economy" negli Usa. Tutte queste cose gli imprenditori le sanno. Forse non amano sentirsele dire: ma il compito di un leader non è quello di cercare obbligatoriamente il consenso. Soprattutto se la sua "base" coincide in questo caso con il tessuto portante del Paese. (www.enricocisnetto.it)

Torna all'inizio


Siamo arrivati all'inizio di un primo vero trend per l'Eur/Usd? pag.1 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Siamo arrivati all’inizio di un primo vero trend per l’Eur/Usd? FOREX, clicca qui per leggere la rassegna di Giuseppe Ficara www.gforex.it, 22.05.2009 17:03 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! ennesima banca vittima della crisi finanziaria che costituisce il 34esimo default del 2009 e sicuramente il più grave dell’anno con 4,9 miliardi che dovranno essere pagati dalla Federal Deposit Insurance Corporation. La causa della pessima performance del dollaro di quest’ultima settimana va però anche ricercata nel pessimismo che pervade il mercato nei confronti degli Stati Uniti, il cui elevato debito pubblico inizia a preoccupare. Standard & Poor’s con la decisione di mettere sotto osservazione negativa l’outlook della Gran Bretagna per il suo elevato indebitamento ha fatto preoccupare il mercato per quel che riguarda il rating degli USA che potrebbero così il rating più alto. Sarà interessante quindi vedere quello che succederà con l’inizio della prossima settimana che ci dirà se vedremo un probabile ritracciamento del mercato o un definitivo rialzo del cross che spianerebbe la strada al primo grande trend di questo periodo.

Torna all'inizio


Siamo arrivati all'inizio di un primo vero trend per l'Eur/Usd? (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Siamo arrivati all’inizio di un primo vero trend per l’Eur/Usd? FOREX, clicca qui per leggere la rassegna di Giuseppe Ficara www.gforex.it, 22.05.2009 17:03 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Siamo arrivati finalmente all’inizio di un primo vero trend per l’Eur/Usd dopo la crisi? Questa è la domanda che circola in modo più insistente tra gli operatori del mercato valutario. Dopo settimane di trading range e cross che oscillava lateralmente senza prendere una direzione ben precisa la moneta unica europea ha dato un vero e proprio strappo al rialzo che ha fatto passare il cross da 1,3495 a 1,4029 con un movimento che ha colto di sorpresa il mercato che si attendeva un ritracciamento in area 1,37. Le motivazioni di questo movimento rialzista sono da ricercare, in parte, nei dati macroeconomici resi noti nel corso di questa settimana che hanno visto premiare l’economia europea a dispetto di un’economia statunitense che risulta essere ancora molto in difficoltà: il primo movimento rialzista del cross si è infatti verificato in concomitanza della pubblicazione dell’indice ZEW dell’economia europea in netto rialzo a 28.5 rispetto alla rilevazione precedente che lo vedeva a 11.8, mentre nella stessa giornata venivano rilasciati i dati riguardanti il malridotto settore immobiliare statunitense che ha visto calare i cantieri immobiliari e i permessi edili rispettivamente a 0,46M e 0,49M. Ma quello che ha realmente danneggiato la valuta a stelle e strisce è stata la condizione dei principali istituti di credito statunitensi che risultano essere ancora in grave crisi: Alan Greenspan, ex presidente della Fed, in una recente intervista ha avvertito che la crisi finanziaria non si è per nulla conclusa nonostante i forte calo del costo del denaro; l’ex presidente ha inoltre sottolineato la crisi del settore immobiliare, notando che, finchè il prezzo delle case continuerà a diminuire il Paese correrà il rischio di assistere ad una crisi immobiliare molto seria. A tal proposito va ricordato il fallimento di BankUnited, segue pagina >>

Torna all'inizio


Michele Andreana (PD Emilia - Romagna) "La crisi a Modena rischia di diventare drammatica" (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

Michele Andreana (PD Emilia - Romagna) "La crisi a Modena rischia di diventare drammatica" (22/5/2009 18:48) | (Sesto Potere) - Modena - 22 maggio 2009 - "La crisi c’é ed è pesante. Il sistema Modena finora è stato capace finora di governarla, grazie al concorso di tutti: sindacati, imprese, enti locali, Regione. Ma senza un intervento deciso del governo – finora assente – anche da noi la crisi potrebbe diventare drammatica e travolgere lavoratori e imprese". A lanciare l’allarme è Michele Andreana, responsabile lavoro del Partito democratico, nel corso di un incontro a Palazzo Europa con Cesare Damiano, già ministro del Lavoro del governo Prodi; l’on. Ivano Miglioli, componente della commissione Lavoro della Camera; il candidato sindaco Giorgio Pighi. "L’accordo alla Terim – ha detto Andreana – costituisce un punto avanzato nel panorama nazionale delle relazioni industriali, un esempio di come si possa contrastare la crisi e difendere l’occupazione ricorrendo a strumenti come la cassa integrazione a rotazione e i contratti di solidarietà. Merito anche della compattezza del sindacato, in questa come in altre occasioni. Tuttavia – ha aggiunto Andreana – la situazione rischia di diventare drammatica: assistiamo a una vera e propria esplosione delle ore di cassa integrazione mentre in 6 mesi gli avviamenti al lavoro sono diminuiti del 28 per cento e i lavori interinali del 42 per cento. In questa situazione c’é chi paga di più e chi paga di meno. Pagano di più le imprese che hanno avuto il coraggio di investire in innovazione perché oggi si trovano a fare i conti con la stretta creditizia. Pagano di più i lavoratori precari e meno tutelati perché il governo non vuole metter mano alla riforma degli ammortizzatori sociali". L’on. Damiano, capogruppo Pd nella commissione Lavoro della Camera, riassume così l’inerzia del governo di fronte alla crisi, "Passiamo la nottata, facciamo il meno possibile, aspettiamo che la crisi finisca". Grazie a questa filosofia l’Italia ha investito appena lo 0,3 per cento del Pil nelle misure anti-crisi: 80 volte meno degli Stati Uniti, 20 volte meno della Germania, 10 volte meno della Francia. "In Italia – ha aggiunto Damiano – c’é una totale divergenza da quello che avviene negli altri paesi avanzati. Mentre ovunque si abbandona il modello neoliberista responsabile della crisi finanziaria globale noi lo riproponiamo. Tutti chiedono più regole, noi le cancelliamo. E mentre Obama promette di introdurre anche negli Stati Uniti il sistema europeo di tutele sociali, il governo italiano vuole uscirne offrendo meno tutele, meno scuola e sanità pubblica, meno sicurezza sul lavoro".

Torna all'inizio


diciamolochiaro ha detto: Babe, hai ragione. Quando in questo paese capiremo CHE ANCHE le manifestazioni sportive sono "turismo", cioè gente che arriva, alloggia, si nutre, acquist (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 22-05-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 282 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


RIFORME IMPOPOLARI MA GIUSTE (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pietro Garibaldi RIFORME IMPOPOLARI MA GIUSTE CONTINUA A PAGINA 35Più che all'andamento dei mercati finanziari e della produzione industriale, le preoccupazioni dei cittadini e delle famiglie italiane sono legate ai consumi e al posto di lavoro. È giusto ed è inevitabile che sia così. Nonostante i timidi segnali di ripresa, che devono comunque essere letti come una riduzione della velocità di caduta, quando guardiamo la situazione dal punto di vista di famiglie e lavoratori non possiamo affatto escludere che il picco della crisi debba ancora venire. L'occupazione della grande impresa continua a diminuire e l'utilizzo della cassa integrazione ha raggiunto i livelli del 1993, l'unico anno del dopoguerra in cui i consumi aggregati dei cittadini sono diminuiti. Nella prima metà del 2009 circa 350 mila lavoratori hanno fatto ricorso alla cassa integrazione e un'ondata di disoccupazione crescente potrebbe colpire il Paese nella prossima estate. L'Unione Europea prevede infatti una crescita della disoccupazione dal 7 per cento al 9 per cento entro il 2010. La cassa integrazione garantisce fortunatamente un sostegno al reddito, ma richiede comunque alle famiglie una riduzione delle proprie entrate. Le famiglie tendono spontaneamente e autonomamente a mantenere un profilo di consumo costante anche quando il livello di reddito diminuisce. Un comportamento di questo tipo è possibile grazie all'utilizzo dei propri risparmi. Ma quando i risparmi sono pochi o il reddito diminuisce in modo troppo rapido, diventa obbligatorio ridurre i consumi. Gli ultimi dati sulle vendite al dettaglio riflettono un calo del 5 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È il dato peggiore dal 1997 ed è probabile che le famiglie italiane stiano davvero riducendo i propri consumi. I 350 mila cassaintegrati sono giustamente preoccupati per il loro futuro e devono accettare una drammatica riduzione del reddito. Gli stessi lavoratori cassaintegrati devono però riconoscere di vivere all'interno di uno Stato Sociale che garantisce loro un ammortizzatore sociale che gli permette di convivere e superare un periodo difficilissimo. I più di 4 milioni di lavoratori precari sono messi molto peggio. Non abbiamo ancora statistiche ufficiali e non le avremo fino al prossimo giugno, ma i primi segnali suggeriscono una situazione quasi drammatica. Con la scadenza del contratto a termine o del contratto a progetto, la maggior parte dei lavoratori precari non ha alcuna forma di sostegno al reddito, al di là del simbolico contributo una tantum di 1500 euro introdotto dal governo a fine 2008. Molti di questi lavoratori precari sono giovani e riescono a sopravvivere grazie alla rete sociale loro offerta dalla famiglia. Chi non ha una famiglia di riferimento, rischia invece la povertà. Lo Stato non può permettersi di abbandonare questi lavoratori. Il governo in carica gode di un vasto consenso. La necessità e l'importanza di aprire il capitolo delle riforme strutturali sembrano fortunatamente essere tornate di attualità, come riconosciuto dal ministro dell'Economia sulle colonne della Stampa. La riforma degli ammortizzatori sociali non può e non deve aspettare l'ondata di disoccupazione in arrivo. Introdurre un sussidio unico di disoccupazione a cui si ha accesso indipendentemente dal posto di lavoro si può e si deve. Rispetto alle risorse oggi stanziate per gli ammortizzatori sociali, servirebbero circa 8 miliardi aggiuntivi. Finita la recessione, il sussidio unico si potrebbe poi finanziare attraverso un contributo fiscale su tutti i posti di lavoro pari al tre per cento, poco più alto del 2,5 per cento oggi esistente. Il governo ha più volte sostenuto di aver già stanziato, con l'aiuto delle Regioni, una cifra non lontana dagli 8 miliardi necessari. Innanzitutto non è affatto chiaro che queste risorse arriveranno alle famiglie, anche perché necessitano di leggi regionali non ancora approvate. E in ogni caso queste risorse non arriveranno ai precari, poiché il governo ha deciso di destinarle in via discrezionale ai settori o alle imprese che di volta in volta ne avranno bisogno. Le riforme possono a volte essere impopolari. Riformare le pensioni è un processo molto difficile e dovrà necessariamente avvenire nell'interesse generale contro la volontà dei lavoratori vicino alla pensione. Riformare gli ammortizzatori sociali, per estenderli a tutti i lavoratori, non dovrebbe trovare resistenze. La domanda è sempre la stessa: se non si riforma nel mezzo della peggiore recessione del dopoguerra, allora quando? pietro.garibaldi@unito.it

Torna all'inizio


Lo scudo fiscale spingerà il settore Arriva Greco come direttore generale (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

«Lo scudo fiscale spingerà il settore» Arriva Greco come direttore generale [FIRMA]FRANCESCO MANACORDA MILANO «Guardiamo a società di gestione medio-piccole che abbiano masse di risparmio amministrato tra i cento e i mille milioni. E anche se non abbiamo formalizzato alcun mandato a una banca d'affari abbiamo la disponibilità mentale e ovviamente anche finanziaria per diventare un soggetto aggregante nel settore». Guido Giubergia, amministratore delegato di Ersel vede - ora che la grande crisi dei mercati finanziari pare essersi placata - un'occasione di crescita: «In Italia ci sono pochi gruppi di medie dimensioni e indipendenti come noi. Chi è più piccolo, invece, soffre per la riduzione delle masse ». Ersel a caccia di occasioni, dunque, anche se - ammette subito Giubergia - «i potenziali venditori aspettano che le valutazioni del settore riprendano quota. Noi abbiamo disponibilità di cassa, visto che il patrimonio netto della capogruppo supera i 500 milioni, ma in questi affari chi vende non vuol fare certo il pensionato e chi compra ha tutto l'interesse a tenere gli uomini. Così sarà più facile che le operazioni vengano fatte attraverso partecipazioni azionarie» La tempesta dei mercati non ha fatto sconti nemmeno a voi, però, dottor Giubergia... «Sì, a fine 2007 avevamo una massa amministrata di circa 8 miliardi che oggi è ridimensionata a circa 6 miliardi per effetto sia dei deflussi netti sia delle minori quotazioni dei titoli che abbiamo in portafoglio. Ma in ogni caso abbiamo chiuso il 2008 con un utile di 15 milioni. Un risultato che reputo positivo. E iniziative come lo scudo fiscale, che penso non tarderanno ad arrivare, ci daranno una nuova spinta». Anche per cogliere le nuove opportunità il gruppo annuncia un passo significativo nell'organizzazione: «In giugno arriva da noi come direttore generale Fabrizio Greco, che ha appena lasciato l'incarico di direttore generale di Banca Euromobiliare. E' la prima volta che affidiamo la struttura a un manager esterno, ma abbiamo deciso che la svolta andava fatta anche per consentire alla famiglia di dedicarsi sempre più ai rapporti con i clienti». In programma c'è così un rafforzamento della vocazione locale, che batte prima di tutto su Torino e il Piemonte, ma che vuole «guadagnare spazio dove già siamo, ossia in primo luogo a Milano, dove ci sono grandi opportunità, e poi a Bologna». Da qui Ersel vuole guardare anche più ad Est: «In Veneto abbiamo già una discreta clientela che può crescere ancora». \

Torna all'inizio


La Germania e lo spettro dei nuovi poveri (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 23/05/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:estero L'analisi La Germania e lo spettro dei nuovi poveri di Gherardo Ugolini Che i numeri dell'economia tedesca negli ultimi tempi fossero pessimi lo si sapeva, ma ora per la Germania si apre un nuovo spettro, quello della povertà. Dopo gli anni del boom economico mai la situazione è stata così negativa come adesso. L'ultimo rapporto choc, pubblicato lo scorso lunedì da un comitato misto di associazioni di previdenza sociale, calcola che attualmente il 14,3% dei cittadini tedeschi può essere definito «povero» o «vicinissimo al rischio povertà». Un dato quasi incredibile per un Paese che è considerato la locomotiva dell'economia europea e che per decenni è stato ammirato e invidiato come esempio ben riuscito di stato sociale in grado di garantire il benessere a tutti. Per essere definiti «poveri», secondo i parametri fissati dall'Ue, bisogna avere un reddito complessivo inferiore del 60% rispetto a quello medio della nazione di residenza, il che per la Germania significa meno di 764 euro al mese. Naturalmente i dati sulla povertà vanno analizzati nella loro specifica distribuzione geografica. Così si scopre che il Paese è diviso in tre macroaree ben distinte. La stragrande maggioranza dei bisognosi vive nelle ex regioni della Ddr, dove lo sviluppo stenta ancora a decollare due decenni dopo la caduta del Muro di Berlino Lì la media della povertà sfiora il 20% degli abitanti. Il sud della Germania (Baviera e Baden-Württemberg) si caratterizza viceversa come la parte più ricca del Paese con un tasso di povertà contenuto attorno al 10%. I Länder del centro e del nord-ovest viaggiano invece su valori di povertà medi intorno al 15%. La pubblicazione dello studio, immediatamente ripresa dai mass media, ha scatenato una bufera tra le forze politiche che ora si interrogano su come arginare il fenomeno e sui pericoli che la spaccatura economica può produrre nel futuro. Ma ogni strategia di assistenza deve fare i conti con la cruda realtà della crisi finanziaria e con i dati assai negativi del Prodotto interno lordo, calato del 3,8% nel primo trimestre del 2009, con un peggioramento del 6,7% rispetto a un anno fa: nessun Paese dell'Unione Europea è andato così male nei primi mesi dell'anno. Inoltre l'export registra un calo costante e il numero dei disoccupati si avvicina sempre più alla non indifferente quota di quattro milioni. Comunque, girando per le città tedesche non si ha affatto la sensazione di una situazione tanto grave e la gente, almeno apparentemente, sembra riuscire a mantenere lo stile di vita e il livello di consumi abituali, ma gli esperti si domandano quanto ciò potrà ancora durare. Il rischio è che prima o poi il «Modell Deutschland» degli ultimi anni, quel sistema socio-economico basato sui benefici dell'esportazione più che su quelli del consumo interno, possa incepparsi definitivamente, con conseguenze catastrofiche per tutti, dato che di regola quando si ferma l'economia tedesca, la prima dell'Europa e la quarta nel mondo, si fermano anche le economie degli altri Paesi europei, a cominciare da quelli che attorno alla Germania gravitano da sempre.

Torna all'inizio


BRITISH AIRWAYS Bilancio in rosso, nessun dividendo British Airways, nell'esercizio 2008-... (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 23/05/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia generale della Cisl, Raffaele Bonannni, ieri a Roma" title="Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonannni, ieri a Roma" onClick="showImage('http://www.giornaledibrescia.it/gdbonline/contenuti/20090523/foto/full_brescia_512.jpg',600,280)"> Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonannni, ieri a Roma BRITISH AIRWAYS Bilancio in rosso, nessun dividendo British Airways, nell'esercizio 2008-09, ha accusato una perdita netta di 375 milioni di sterline, contro un utile di 712 nell'anno fiscale precedente. La compagnia ha ammesso che, per vedere la ripresa, occorrerà più tempo del previsto. In questo contesto, la società ha deciso di non pagare alcun dividendo e ha rivelato che le trattative per la fusione con la spagnola Iberia «prenderanno ancora molti mesi». BAZOLI «Agricole - Generali, fiducia in un accordo» Ha ancora fiducia sulla possibilità di un accordo diverso tra Credit Agricole e Generali il presidente del consiglio di sorveglianza di IntesaSanpaolo, Giovanni Bazoli. «Ho fiducia - ha detto Bazoli - che Credit Agricole e Generali trovino un accordo, probabilmente diverso dall'attuale, che possa trovare il nulla osta dall'antitrust» ha detto. GRAN BRETAGNA Pil giù: -4,1% rispetto al dato 2008 In Gran Bretagna, nel primo trimestre dell'anno, il Pil ha registrato una flessione dell'1,9% rispetto ai tre mesi precedenti mentre, in confronto al primo trimestre del 2008, il calo è stato del 4,1%. METRO Free press in vendita in Italia e Portogallo L'editore del settore free press Metro International è in «fase avanzata nelle negoziazioni» per una possibile vendita parziale o totale dei suoi quotidiani gratuiti in Italia e in Portogallo. Lo rende noto un comunicato diffuso dal gruppo svedese che a gennaio aveva già interrotto le pubblicazioni in Spagna e che all'inizio di questo mese aveva annunciato la cessione della divisione Usa. ABI In Europa utili tagliati del 120% nel 2008 La crisi finanziaria nel 2008 si è riflessa pesantemente sui bilanci delle banche dei maggiori Paesi europei. Secondo un'analisi dell'Abi, nei cinque Paesi, Italia esclusa, con i sistemi bancari più sviluppati (Gran Bretagna, Olanda, Francia, Spagna e Germania) si è registrata una contrazione media degli utili netti del 123% circa rispetto all'anno precedente. Per l'Italia ha spiegato il direttore generale dell'Abi, Giuseppe Zadra, l'effetto della crisi è stato più contenuto: -56,5%. MINI Compie 50 anni, in Italia vendite record La Mini compie 50 anni e li festeggia al circuito di Silverstone, in Gran Bretagna, dove domani arriveranno da tutto il mondo circa 15mila esemplari della mitica vettura inglese. In Italia ad aprile le vendite del brand hanno registrato il record storico dal lancio del nuovo modello nel 2001. Le immatricolazioni sono cresciute in un anno del 42,9%.

Torna all'inizio


Graziano Menegazzo, la prima vittima (sezione: crisi)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Graziano Menegazzo, la prima vittima Natale tragico a Cavaso: si è impiccato nell'azienda Era l'antivigilia di Natale, lo scorso 23 dicembre, quando la crisi finanziaria mondiale mieteva la sua prima vittima: Graziano Menegazzo, 62 anni, di Cavaso. Dopo le tante campagne in prima linea in difesa degli imprenditori tartassati, si è tolto la vita nella sua azienda. Lo ha trovato il figlio, una fetuccia di plastica stretta attorno al collo. Ha provato a rianimarlo, ma per Graziano Menegazzo non c'era nulla da fare. La crisi non ha lasciato scampo a uno degli storici guerrieri del movimento dei Liberi imprenditori federalisti europei (Life). Aveva pranzato a mezzogiorno con la famiglia e poi moglie e figli non l'hanno più visto. Aveva fondato la Frigocalor di Casella d'Asolo e ora era socio di un'azienda di via dell'Artigianato a Cavaso. Consumato dal male invisibile per cui era in cura dalla scorso autunno e dalla paura dell'avanzata della crisi finanziaria mondiale, ha deciso di farla finita. Nessun biglietto a spiegare il suo gesto estremo, solo quel suo sguardo triste e le giustificazioni cercate dagli amici: «Il peso di un grosso investimento, forse un azzardo, visti i venti di crisi».

Torna all'inizio


Ingegneria, mercato in calo (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Lavoro e Previdenza data: 23/05/2009 - pag: 36 autore: di Benedetta P. Pacelli centro studi cni Ingegneria, mercato in calo Lo tsunami finanziario investirà anche chi, fino a ora, sembrava esserne al riparo. E quei professionisti, come gli ingegneri, per esempio, da anni incoronati ai primi posti nel mercato del lavoro vedranno ridurre i loro fatturati. A dirlo l'ultima indagine del Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri «Il mercato dei servizi di ingegneria», riferito agli anni 2007-2008 che formula alcune ipotesi circa l'impatto della crisi finanziaria sulla categoria stimando una diminuzione del volume d'affari di circa il 7%. La proiezione fatta dalla ricerca prevede, infatti, che la crisi determinerà l'espulsione dal sistema produttivo di almeno 2-3 mila ingegneri attualmente occupati come dipendenti che, in mancanza di alternative, si riverseranno temporaneamente nel mercato libero professionale. A incontrare le maggiori difficoltà nel 2009 saranno gli ingegneri già ai margine del mercato dei servizi professionali: si tratta di circa 26 mila ingegneri che hanno ricavi inferiori a 30 mila euro annui. Quella del 7% è infatti una contrazione media che si distribuisce differentemente tra le diverse componenti della platea degli ingegneri che svolgono attività professionale. La contrazione sarà più lieve (circa 3-5%) per i liberi professionisti che possono vantare un portafoglio clienti già consolidato e su un'attività bene avviata. Per quelli più giovani, agli inizi dell'attività professionale, la contrazione del volume di affari potrà raggiungere anche percentuali del 20-30%. Per una parte di questi, si legge ancora nell'indagine, la congiuntura negativa del 2009 potrà determinare nei fatti addirittura l'espulsione dal mercato dei servizi professionali. Sul tutto incide anche l'ondata delle liberalizzazioni che ha portato a dei ribassi medi praticati nei bandi di gara per i servizi di ingegneria aggiudicati nel secondo semestre 2008 pari al 37% con punte del 60-70% e un ribasso massimo che in alcuni casi ha superato il 90%. Del resto gli ingegneri insieme agli architetti, geometri e periti industriali, in maniera individuale o associati in studi professionali, hanno tenuto nel 2008 una quota di mercato pari al 45% per un controvalore di 9,8 miliardi di euro (0,64% del pil). E gli ingegneri, scorrendo ancora i dati del rapporto del Centro studi, continuano ad aver il primato di questa componente dell'offerta con circa 3,7 miliardi di fatturato (0,24 del pil e 17% del mercato).

Torna all'inizio


(sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

CULTURA & SPETTACOLI pag. 27 «L'IMMAGINE degli impiegati che lasciano la Lehman Brothers con le scat... «L'IMMAGINE degli impiegati che lasciano la Lehman Brothers con le scatole in mano è emblematica della fine di un'epoca». Si torna coi piedi per terra ed è perciò fiducioso Fabio Banti, rieletto ieri all'unanimità presidente di Confartigianato Imprese Toscana (30.000 imprese, il 60% delle quali microimprese, su 118.000 in Toscana), mentre alla vicepresidenza sono stati eletti Sergio Chericoni, Flavio Favilla, Leonardo Bonciani, Alessandro Corrieri, Armando Risaliti, Roberto Nunziatini. Ricominciando da valori quali la persona, la famiglia, la solidarietà, la sostenibilità e la sussidiarietà, «in questa regione si può uscire dalla crisi con un sistema economico vitale». Che vede "tornare di moda" la manifattura e l'artigianato artistico, quelle micro-piccole imprese con meno di 20 dipendenti ritenute fin'ora marginali in Toscana rappresentano il 98,6% del tessuto economico provate prima da una crisi che data dal 2001 e dall'ottobre scorso dalla crisi finanziaria. 78.740 le imprese cessate nel solo comparto artigiano, e anche se il saldo tra iscritte/cessate rimane positivo, è evidente una forte contrazione. Riduzione degli ordini, mancati pagamenti, crisi di liquidità, difficoltà di accesso al credito. «Il rischio è che si spezzi la filiera prodttiva», per l'allungamento dei tempi di pagamento della capofila, ha sottolineato poi Banti durante l'Assemblea pubblica all'Auditorium della Nazione, cui hanno preso parte il presidente del Consiglio regionale Riccardo Nencini, gli assessori regionali Enrico Rossi e Ambrogio Brenna al quale, insieme alla Regione, va il ringraziamento di Banti «per non aver azzerato la manifattura che ci permette oggi piu' possibilita' di ripartenza». «La strategia della Regione ha affermato Brenna si fonda su due capisaldi: sui nodi strutturali della competitività della nostra regione, con un Piano che usa risorse Ue e regionali centrato su società della conoscenza, ambiente ed energia, strade e strutture informatiche» Secondo, quello dell'emergenza: 54 milioni di euro di cui 48 impiegati sulle garanzie a tassi agevolati, senza garanzie reali, ipotecarie e assicurative e 6 milioni per la patromonializzazione di Confidi. «E' una battaglia di civilta. Quattro milioni e mezzo di donne ed uomini lavorano nell'artigianato, nel commercio o come precari in totale assenza di ammortizzatori sociali ha detto inoltre il presidente Nencini . E' un'Italia privata di diritti fondamentali». Emanuela Ulivi

Torna all'inizio


La consulenza e i conflitti di interesse (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: I Vostri Soldi inGestione Promotori Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 43 autore: La consulenza e i conflitti di interesse Il dibattito sul conflitto di interessi che coinvolgerebbe i promotori finanziari nell'esercizio della loro professione é ritornato prepotentemente d'attualità, non solo per gli effetti delle crisi finanziaria, ma anche per le sollecitazioni di alcuni esponenti delle associazioni di rappresentanza degli operatori, a cui la stampa specializzata ha fornito attenzione e disponibilità, poiché il tema è quanto mai avvertito ed attrattivo. Si inserisce in questo contesto l'interessante commento di Tullio Jappelli, l'università di Napoli Federico II, pubblicato sul sito di informazione La voce.info lo scorso 21 aprile. Per fare chiarezza, circoscriviamo innanzitutto il significato di conflitto di interessi (la definizione è tratta da Wikipedia), che prendiamo come base per il nostro ragionamento. Si verifica un conflitto di interessi quando viene affidata un'alta responsabilità decisionale a un soggetto che abbia interessi personali o professionali in conflitto con l'imparzialità richiesta da tale responsabilità, che può venire meno visti i propri interessi in causa. Il verificarsi di un conflitto non costituisce di per sé prova che siano state commesse scorrettezze; può tuttavia costituire un'agevolazione nel caso in cui si cerchi di influenzare il risultato di una decisione per trarne un beneficio. L'essere in conflitto di interessi ed abusare effettivamente della propria posizione restano però due aspetti distinti: un soggetto coinvolto, infatti, potrebbe non agire mai in modo improprio. Tuttavia, un conflitto di interessi esiste a prescindere che ad esso segua una condotta impropria o meno. Partendo da questa definizione, possiamo affermare che il conflitto di interessi é una modalità operativa che permea gran parte, se non tutto, l'ambito economico e finanziario, e non é dunque una caratteristica dell'offerta fuori sede. Basti pensare al sistema bancario e assicurativo, a quello dell'analisi finanziaria e delle agenzie di rating, fino alla sua massima espressione di stampo politico, quando coinvolge funzioni pubbliche, istituzionali o governative. D'altra parte, la società contemporanea, così complessa e dinamica, é caratterizzata dalla presenza trasversale di questo fenomeno, del quale, pragmaticamente, dobbiamo prendere atto. Quindi il conflitto di interesse esiste nel mercato, “in natura”, ed é intrinsecamente connaturato con lo sviluppo economico delle democrazie occidentali e delle relative economie miste di mercato. Negarne l'esistenza é una battaglia di retroguardia. Occorre, pertanto, stabilire come gestirlo o governarlo, attraverso regole e comportamenti.E' ben noto che tutta la normativa che regola l'attività professionale del promotore finanziario si è stratificata almeno negli ultimi dieci anni, fino ad approdare alla Mifid, la cui ratio è ispirata a delineare diversi livelli di tutela per i risparmiatori, nonché a prevedere precisi adempimenti, formali e sostanziali, da parte degli intermediari.Il promotore sarebbe in conflitto di interessi, quando, nello svolgimento della propria attività, presta un servizio o colloca uno strumento finanziario appartenente al soggetto per il quale opera e da entrambe le situazioni ricava un utile superiore rispetto a quello che si potrebbe ricavare dalle stesse attività svolte per una pluralità di soggetti in concorrenza, o piuttosto quando subordina la sua opera professionale esclusivamente a logiche di budget, individuate dall'azienda, od ancora quando il sistema degli incentivi determina il consiglio fornito all'investitore.Una particolare vivacità ha caratterizzato il tema del conflitto di interessi, quando questo ha fatto la sua decisa incursione nel dibattito sulla consulenza, su chi può esercitarla, su come presentarla al mercato ed ai risparmiatori. La ricerca del professore Jappelli, condivisibile quando parla dei problemi derivanti dall'asimmetria informativa e dalla scarsa cultura finanziaria dei risparmiatori italiani, e non solo, risulta tuttavia impropria, poiché è incentrata sul mercato tedesco e focalizzata sul broker on-line, e quindi non sembra adattarsi alla realtà italiana. Le conclusioni a cui giunge sono dubbie se si vogliono ricondurre all'attività, che i promotori finanziari svolgono in Italia, da oltre trent'anni, e al ruolo che essi hanno assunto in questi decenni, come punto di riferimento per molte famiglie italiane. Infatti, se c'é un carattere distintivo, tra gli altri, che caratterizza l'attività professionale dei promotori finanziari, questo é proprio quello di tendere a un controllo e una diversificazione del rischio finanziario nella costruzione dell'asset allocation per il cliente e a un suo attento monitoraggio nel tempo. Ciò avviene attraverso il metodo della pianificazione per obiettivi e per orizzonti temporali, utilizzando prevalentemente prodotti e servizi del risparmio gestito per finalità di riserva, di investimento o di previdenza, in un'ottica più ampia di tutela del patrimonio finanziario complessivo. La vocazione consulenziale è un tratto titpico dei pf. Inoltre, le evidenze empiriche dei portafogli della clientela dei promotori, proprio per una presenza di asset azionari non secondaria, sono per definizione più rischiosi e, nel contempo, più orientati a cogliere le opportunità di medio e lungo periodo, e scontano in situazioni di crisi una maggiore volatilità, fortemente attenuata e diversificata sul fronte dell'efficienza attraverso l'offerta multibrand.Non ci trovano, dunque d'accordo per i motivi suesposti, le conclusioni a cui giunge il professore Jappelli, quando sostiene che “ I dati indicano quindi che, almeno per quanto riguarda il caso in esame, affidare il proprio patrimonio a un promotore non riduce, di per sé, il rischio di perdite, né migliora il rendimento. Al contrario, espone il cliente a rischi di perdite più gravi, oltre che a un aumento dei costi di gestione. L'unica soluzione per limitare i conflitti di interesse è regolare l'attività dei promotori e le relazioni tra clienti, promotori e intermediari finanziari.”L'attività è già fortemente regolata e non si sente il bisogno di una nuova regolamentazione, più stingente e a volte inutile ed invasiva, quanto piuttosto è necessario lavorare insieme ai risparmiatori, agli intermediari, alle autorità di vigilanza, affinché i clienti aumentino la loro consapevolezza nelle decisioni di investimento, attraverso una accresciuta cultura finanziaria, una corretta percezione dei rischi dei mercati e un adeguato supporto informativo.Last but not least, è fondamentale per il futuro sviluppo del mercato finanziario implementare iniziative di educazione finanziaria di base, una sorta di alfabetizzazione, soprattutto rivolte agli studenti, che saranno gli investitori di domani, e sui quali sarebbe necessario “investire” con convinzione e continuità nel tempo. (*)Responsabile Rapporti coi Risparmiatori, Comitato Esecutivo Anasf

Torna all'inizio


Alternativi più forti dopo la crisi (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

FONDI & RISPARMIO «Alternativi più forti dopo la crisi» di Redazione - 23-05-2009 «Gli hedge fund sono stati vittime dell'arresto brutale dei finanziamenti da parte delle banche d'investimento, nonché dei massicci riscatti da parte della clientela. Alla fine, comunque, l'industria della gestione alternativa ne uscirà più forte». È l'opinione di Michel Girardin, direttore investimenti di Union Bancaire Privée, che palesa tutto il suo ottimismo sul futuro degli hedge fund. Nel momento in cui a settembre del 2008 il presidente della Camera dei Rappresentanti americana, Nancy Pelosi, ha dichiarato che «la festa è finita», a Wall Street si è aperta di fatto la caccia agli stregoni del mondo della finanza. Trovare i colpevoli della crisi ha delle virtù ben più tranquillizzanti che cercarne le cause. L'eccessiva leva, la mancanza di trasparenza, l'assenza di regolamentazioni e una frode colossale come ciliegina sulla torta sono i giusti ingredienti per attribuire ai gestori hedge la paternità della crisi. «Ma il vero responsabile va cercato altrove - continua Girardin - Certo, le performance dei gestori alternativi sono state deludenti dall'inizio della crisi, ma quelle dei mercati azionari lo sono state molto di più. A ogni modo, non è stata tanto la performance degli hedge a porre il problema durante questa crisi, quanto piuttosto l'ondata di riscatti forzati delle banche d'investimento, costrette a ridurre una leva di gran lunga superiore a quella degli alternativi, e dei clienti finali avidi di liquidità». Questo doppio «effetto a imbuto» ha reso necessario il ricorso a uscite a scaglioni per meglio canalizzare la fuga dei clienti ed evitare che ciò penalizzasse coloro che rimanevano investiti. «Prima della crisi alcuni pensavano che i gestori alternativi avrebbero provocato una crisi bancaria sistemica dovuta all'amplificazione delle perdite, risultato di una leva eccessiva - sottolinea il direttore investimenti di Ubp - Bene, è successo esattamente il contrario: l'obbligo per le banche d'investimento di ridurre drasticamente la leva in seguito alle perdite in cui sono incorse a causa dei subprime ha provocato una crisi nell'industria degli hedge fund legata all'esaurimento dei finanziamenti delle loro strategie. Gli hedge fund sono stati molto più le vittime che la causa della crisi finanziaria. Nonostante tutto, il futuro dell'alternativo rimane molto promettente». L'industria degli hedge fund al momento sta attraversando una fase di profonda ristrutturazione che ha tutta l'aria di un processo darwiniano a cui solo i gestori più solidi potranno resistere. La gestione alternativa ha subìto uno sfalsamento tra la liquidità degli investimenti sottostanti e quella offerta ai clienti. «In futuro, però - fa notare Girardin - lo scarto non esisterà più. L'industria tornerà ad adottare strategie più liquide come Long/Short, Macro e Cta. Altre strategie, come le Distressed Securities, saranno accessibili attraverso dei prodotti in cui la liquidità sarà adeguata a quella dei sottostanti, sull'esempio di quanto offre oggi l'altro grande timone dell'industria alternativa: il private equity». La liquidità di un investimento è rappresentata dalla fiducia che l'acquirente ripone nella propria capacità di rivendere lo strumento in questione. E come ha dimostrato la bolla subprime, questa certezza può svanire in tempo record. «Le banche d'investimento sono state salvate, per la maggior parte, dalle banche centrali - conclude Girardin - I gestori di hedge fund non hanno avuto questa possibilità e hanno dovuto realizzare perdite importanti, a volte fatali per la loro esistenza in seguito all'interruzione dei finanziamenti da parte delle banche di investimento stesse e dei rimborsi ai loro clienti. E alla fine ne usciranno rafforzati».

Torna all'inizio


British vola in rosso CsC meno pessimista Fallisce BankUnited (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI British vola in rosso CsC meno pessimista Fallisce BankUnited Galapagos Un nuovo segnale di crisi arriva dalle compagnie aeree che nel blu dei cieli volano in rosso: British Airways (Ba) nell'esercizio 2008-09 ha accusato una perdita netta di 375 milioni di sterline contro un utile di 712 nell'anno fiscale precedente. la perdita è arrivata nonostante il giro d'affari sia migliorato del 2,7% a 8,99 miliardi. Oltre alla crisi economica, sui conti della compagnia britannica ha pesato il costo del carburante che ha toccato i 3 miliardi. Per Ba per vedere la ripresa occorrerà più tempo del previsto. In questo contesto la società ha deciso di non pagare alcun dividendo e ha rivelato che le trattative per la fusione con la spagnola Iberia «prenderanno ancora molti mesi». In Italia va proprio male, ma forse una schiarita è all'orizzonte. A dirlo è la Confindustria, secondo la quale i livelli di attività produttiva «sono depressi in misura senza eguali dal dopoguerra» e , la caduta del Pil nel primo trimestre è stata più violenta dell'atteso, marcando la fase più acuta della recessione, ma «i germogli di ripresa si stanno consolidando». L'analisi del Centro studi Confindustria (CsC) è contenuta nella 'Congiuntura flash', la pubblicazione mensile sull'andamento dell'economia, pubblicata ieri. In Italia, sottolinea il Csc, gli indicatori anticipatori del Pil delineano uno scenario in progressivo miglioramento per i prossimi mesi: sale la fiducia tra le imprese - in aprile l'indice è risalito a 64,2 da 60,9 di marzo - grazie a maggiori attese di ordini e tra i consumatori (l'indice è tornato ai massimi da fine 2007). Inoltre, l'indice anticipatore Ocse, «segnala per l'Italia un rallentamento della caduta del Pil nel secondo trimestre e suggerisce che si avrà il punto di svolta nel corso dell'estate». Meno pessimisti anche in Giappone: le cifre della crescita del Pil nel secondo trimestre 2009 (aprile-giugno) «mostreranno probabilmente un netto miglioramento» rispetto ai pessimi primi tre mesi dell'anno. Lo ha detto il governatore della banca del Giappone, Masaaki Shirakawa. Nel trimestre gennaio-marzo il Pil giapponese è crollato del 4% rispetto ai tre mesi precedenti e del 15,2% su base annua. Dove non vendono neanche barlumi di luce è inGran Bretagna: nel primo trimestre dell'anno il Pil ha registrato una flessione dell'1,9% rispetto ai tre mesi precedenti, mentre in confronto al primo trimestre del 2008 il calo è stato del 4,1%. Le spese delle famiglie sono crollate dell'1,2% su base trimestrale, il maggior calo dal 1980. La conferma che la crisi finanziaria è tutt'altro che chiusa arriva dagli Usa:L'Agenzia federale di garanzia sui depositi (Fdic) ha annunciato il fallimento della BankUnited Fsb, istituto con sede a Coral Gables in Florida con depositi per 8,6 miliardi. E' la 34^ insolvenza di un istituto garantito dalla Fdic quest'anno e il più grande nel settore bancario Usa nel 2009. La banca era il primo istituto di credito indipendente dello Stato della Florida, uno dei più toccati dalla crisi immobiliare. Il costo per l'Agenzia, che ha deciso di tenere aperti gli 86 sportelli della banca, sarà di 4,9 miliardi. Per il futuro della banca, è stata scelta la soluzione «meno costosa»: il trasferimento delle agenzie, del 97% dei depositi (il resto, 348 milioni, era gestito da intermediari e non garantito) e del 99% degli attivi a un nuovo veicolo già ceduto a un pool di società di private equity di primo piano, tra cui Carlyle, Blackstone e Centerbridge Partners che hanno messo a disposizione fondi per 900 milioni per il salvataggio. Intanto il petrolio è tornato a sfiorare i 62 dollari al barile. Ma i future per fine anno non registrano valori di molto superiori agli attuali. Questo significa che la fine della crisi (e quindi la ripersa della domanda energetica) non è vicina.

Torna all'inizio


Occupazione? No, offerta di pubblico affi tto (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

TOR VERGATA · Nuova iniziativa di Action in un hotel del gruppo Coppola Occupazione? No, offerta di pubblico affi tto Una O.p.a. sull' hotel La Mela di Torvergata. Ma non si tratta di un'offerta di pubblico acquisto. Bensì un'«Offerta di pubblico affitto». E' quanto propone l'associazione Action, che ieri mattina ha guidato l'occupazione dell'hotel che si trova in via Stoppato 108, Torvergata. Si tratta di un piccolo «gioiellino »: 56 stanze, 36 miniappartamenti, sauna, piscina, palestra. Doveva diventare un hotel indirizzato alla «business class». E invece il mega hotel è rimasto vuoto. Un monumento alla crisi: dei business men i cui orizzonti si sono ristretti, ma anche degli «enfant prodige » della finanza che poco prima dell'esplosione dei mutui subprime erano stati colti con le mani nel sacco. E' il caso di Danilo Coppola, uno dei furbetti del quartierino, padrone dell'hotel La Mela. I «soci di maggioranza di Action» si legge nel comunicato stampa dell'occupazione «intendono convincere il principale azionista del gruppo Coppola a concedere in affitto sociale» gli alloggi dell'hotel. «I tempi di realizzazione dell'operazione dipendono esclusivamente dalle disponibilità del Gruppo Coppola e dalle sue prospettive che, dopo la tempesta finanziaria e giudiziaria che l'ha investito recentemente, non sembrano eccessivamente floride». Fuor di metafora, Action propone che i circa 100 mila appartamenti sfitti e le 40 mila case invendute causa crisi finanziaria siano messe a disposizione di chi può pagare un affitto. Chiaramente, un affitto sociale. Ma non solo. Perché l'azione di ieri mira anche a rimettere al centro del dibattito la questione delle centralità pubbliche e del loro utilizzo: «Siamo a ridosso della Centralità pubblica di Tor Vergata - si legge nel volantino distribuito ieri - 820 ettari che potrebbero essere destinati ad attività direzionali e residenziali, piuttosto che pensare nuove colate di cemento ad uso e consumo dei soliti noti come si vorrebbe fare nel pratone di Torre Spaccata». Proprio stamattina la la Carovana cittadina dei comitati di quartiere, delle associazioni e dei movimenti di lotta per il diritto all'abitare farà tappa nella «centralità» di Torre Spaccata. L'appuntamento è alle 10.00 alla biblioteca Rugantino e alle 11,30 dall'altra parte del Pratone dove si svolgerà la Festa popolare. La richiesta al sindaco è di azzerare le cubature previste nella «centralità» e di unire l'area verde di 64 ettari al Parco archeologico di Centocelle di cui il «Pratone» è la continuazione naturale, ambientale e archeologica. In serata l'hotel La Mela è stato sgomberato dalla forza pubblica.

Torna all'inizio


Crescita (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Crescita dibattito Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo: un faccia a faccia a partire dalla crisi economica per ridefinire parole come «crescita», «sviluppo», «politica», «disarmo». E mettere al centro i «vituperati» limiti ambientali LA CRISI, OCCASIONE PER UN'ALTRA SINISTRA Crisi economica, limiti del capitalismo, ideologia dello sviluppo, «decrescita». Parole chiave per comprendere il presente e per una sinistra alternativa. Ne parlano, in questo faccia a faccia, Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo. Carla Ravaioli Di fronte al terremoto che scuote l'economia mondiale le sinistre non sembrano avere una risposta propria. Uscire dalla crisi, rilanciare l'economia, sono i loro obiettivi, gli stessi di tutti. Cosa da un lato comprensibile: cercar di contenere disoccupazione e precarietà già dilaganti, è compito loro. E tuttavia parrebbe naturale che le sinistre tentassero di spingere lo sguardo oltre l'immediato, per una lettura più approfondita della crisi, e anche per provare a pensarne un esito diverso da quel «superamento» in cui tutti sperano. Giorgio Ruffolo Da tempo la sinistra non è più in grado di dare risposte alla politica, e nemmeno di porre le domande giuste, irrigidita com'è su due posizioni: l'una riformista di breve periodo, l'altra contestativa in genere, rivoluzionaria ma solo a parole. Due debolezze in fondo, lontane dalle autentiche vocazioni della sinistra: quella progettuale, impegnata in un riformismo concreto, e quella ideale, orientata a pensare una società diversa. C. R. Forse, appunto, la mancanza di una risposta adeguata è dovuta alla mancanza di domande giuste... Si tende, anche a sinistra, a vedere la crisi attuale come una delle tante ricorrenti nella storia del capitalismo. A me pare molto diversa... Se non altro perché in realtà le crisi che scuotono il mondo sono due: quella economica e quella ecologica... Le quali a me (e non a me solo) sembrano strettamente intrecciate... G. R. La crisi attuale è crisi dell'accumulazione. L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per natura illimitata. Di fatto, una logica impossibile, quindi illogica, dissennata. Che è la causa prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali. E parrebbe ormai davvero il momento di recuperare l'etica dei limiti, di saper contrapporre qualità a quantità. C. R. E questo è - parrebbe dover essere - compito soprattutto delle sinistre. Ma non sembra un'ipotesi probabile... In realtà uno dei «peccati» che non riesco a perdonare alle sinistre è la loro totale sordità nei confronti del problema ambiente. Che dura ancora oggi: per le sinistre come per tutti, la questione resta marginale. Né mai viene messa in relazione con la crisi economica: relazione che a me pare evidente... G. R. Non c'è dubbio. Ambedue le crisi, sia quella finanziaria, poi ricaduta sulla economia «reale», sia quella ecologica, costituiscono una minaccia gravissima, e ambedue dovrebbero essere affrontate con un'economia di nuovo tipo, capace di evitare da un lato l'indebitamento della finanza, dall'altro l'indebitamento con la natura. Una delle non poche affinità esistenti tra i due fenomeni è appunto il fatto che ambedue nascono da un indebitamento. La diffusione di falsi crediti, che non trovavano riscontro nell'economia reale e non potevano pertanto essere restituiti, è all'origine della crisi finanziaria. Ma anche la crisi ecologica nasce da crediti che non possono essere restituiti: i danni irreversibili recati agli ecosistemi dalla rapacità con cui la società industriale è andata usando le risorse naturali, sono in realtà dei prestiti senza copertura. C. R. Già. Ma, per quanto l'ambientalismo insista nell'indicare questa insanabile aporia tra una produzione in crescita illimitata e i limiti del Pianeta, l'economia insiste nell'inseguimento della crescita. Far ripartire l'aumento del Pil è suo obiettivo primario. Le sinistre, i sindacati, si allineano... G. R. Eppure non potremo mancare di affrontare una domanda-chiave: è possibile porre in essere un'economia che eviti sia l'indebitamento del denaro, sia quello con la natura? Una domanda che non può prescindere da una seria analisi del rapporto tra l'attuale tipo di sviluppo e la crisi in corso. Rapporto che si manifesta con tutta evidenza, ad esempio, nei modi in cui si tenta di far fronte alla scarsità energetica: spingendo la ricerca di carburanti fossili nei luoghi più remoti, impegnando la tecnologia nella ricerca sempre più attiva di energie rinnovabili, nella messa a punto della massima efficienza; eccetera. Tutte cose utili, ma che, di fatto, non si confrontano con il problema della scarsità; accettano un'economia come la nostra, che ignora ogni fine superiore e impone se stessa come fine; ignorando insomma che il progresso non si misura quantitativamente, in termini di crescita, ma qualitativamente, in termini di sviluppo. C. R. Lo sai bene, queste tue posizioni sono anche mie. Da gran tempo. L'evolversi della situazione mondiale mi va però suscitando non poche perplessità circa la possibilità di porle in essere. Perché lo «sviluppo», così come ormai viene concepito e perseguito, è in realtà sempre meno distinguibile dalla «crescita». La quantità mi pare si sia ormai imposta come una categoria che pervade e conforma tutti gli ambiti, fino a dare forma a rapporti di ogni tipo, percorsi di vita, progetti di ogni futuro... Non a caso il consumo definisce, non solo nei testi di sociologia, la forma del nostro tempo. Il consumo impostosi come simbolo positivo dell'identità individuale; il reddito, in quanto capacità di consumo, assunto come obiettivo primo di ogni vita, da conseguire non importa come; una massa di consumi individuali che danno corpo e futuro all'accumulazione capitalistica... E' una vera e propria mutazione antropologica che si è prodotta negli ultimi decenni. Superare questa realtà temo richieda un drastico mutamento di abitudini, modelli, categorie mentali prevalenti, una rottura storica insomma, una «rivoluzione». Che d'altronde non immagino in alcun modo simile alle rivoluzioni del passato. G. R. Io sono convinto che questo capitalismo sia insostenibile. E la crisi attuale lo dimostra. Però sono convinto anche della possibilità di un capitalismo qualitativo, credo insomma che si possa salvare il capitalismo da se stesso. Perché non è vero che l'unica via al capitalismo sia l'accumulazione. E non sono il solo a crederlo. Ad esempio se ne dice convinto anche Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri», che parla della crisi come di un'opportunità di ridisegnare l'economia e il sistema finanziario, dando luogo a un «capitalismo ben temperato», non finalizzato alla massimizzazione del profitto, ma alla diffusione del benessere; e a questo proposito ricorda che Adam Smith, oltre a La ricchezza delle nazioni, ha scritto anche Teoria dei sentimenti morali, un bellissimo libro, in cui si occupa della complessità della natura umana, capace non solo di egoismo, ma anche di sollecitudine per la felicità altrui. Cosa su cui hanno riflettuto grandi economisti italiani, come Federico Caffè, Giorgio Fuà, Paolo Sylos Labini; e che ha trovato attuazione nell'opera di grandi capitani di industria, come Adriano Olivetti e Enrico Mattei, i quali hanno costruito grandi fortune perseguendo ideali non identificabili solo con il danaro. C. R. Tutto questo è vero, e anche molto affascinante... Ma francamente non so quale possibilità abbia di messa in opera, nella situazione attuale. Che è una situazione estrema. Sotto l'aspetto ambientale, con la vistosissima accelerazione dello squilibrio ecologico. E sotto l'aspetto sociale, con un crescente sfruttamento del lavoro, insieme a un aumento scandaloso delle disuguaglianze: secondo l'Ocse l'1% della popolazione mondiale detiene il 50% della ricchezza. Ma anche, forse soprattutto, per via del gravissimo guasto, morale, psicologico, mentale, che il dominio della quantità, cioè l'economia degli ultimi decenni, ha prodotto: di cui la corruzione capillarmente diffusa e ormai accettata come normale è un significativo esempio. In questa realtà non so se un riformismo del tipo di cui parli possa trovare spazio e seguito. In che modo convincere la gente che il consumo, simbolo e totem del nostro tempo, va abbandonato, o quanto meno fortemente contenuto? G. R. E' il problema che poni anche nel tuo ultimo libro, Ambiente e pace - Una sola rivoluzione. Libro che ho molto apprezzato nella «pars destruens», ma che mi convince pochissimo nella proposta di disarmo dell'Europa .... C. R. Ma l'idea era di iniziare con l'Europa, per poi affidarle il compito di portare avanti la proposta, coinvolgendo anche i molti paesi - soprattutto del Sud del mondo - dove il pacifismo è presente e attivo. Dopo tutto, se produrre meno è, secondo l'ambientalismo più qualificato, l'unica via di salvezza, incominciare tagliando la produzione di armi, non mi pareva sbagliato. E non mi pare nemmeno ora, devo dire. Solo che in un anno, da quando ho dato alle stampe il libro che citavi, ho in qualche modo cambiato, o piuttosto «allargato» la mia ipotesi. In due parole: la produzione di armi rappresenta ufficialmente il 3,5% del Pil mondiale. Qualora gli umani la piantassero finalmente di risolvere i loro problemi ammazzandosi reciprocamente, e anche di usare la guerra per rimettere in marcia l'economia quando rallenta, questo (due ipotesi azzardatissime, certo) rappresenterebbe per l'ambiente una bella «ripulita», no? G. R. Certo che sarebbe una bella ripulita, ma questa ipotesi irenica (gli umani, tutti, diventati di colpo pacifici) non mi pare, francamente, meno utopistica del mio «capitalismo ben temperato». A quello si può arrivare gradualmente, come sempre è avvenuto: dopo tutto il capitalismo attuale è ben diverso da quello dei «maitres des forges» del XIX secolo: mentre alla pace universale si può giungere solo con un accordo universale, che non vedo all'orizzonte. D'altra parte, cominciare con l'Europa mi pare fin troppo facile... L'Europa questa scelta l'ha già fatta da tempo, per quanto riguarda le sue «guerre civili». Eppoi, una prospettiva di pace senza condizioni comporta la «pace con Hitler»: per intenderci, la rinuncia a difendersi da ogni tipo di aggressione. E' moralmente sostenibile? C. R. Se una persona della tua intelligenza e delle tue posizioni politiche risponde così a questa mia idea, dev'essere un'idea davvero sballata... Più di quanto io stessa credessi, ed era tanto... E però m'è capitato di accennarvi in diverse pubbliche occasioni e, certo, le obiezioni non sono mancate, anche molto dure. Esempio: e tutti quelli che nelle armi ci lavorano, che pensi di farne? Ma parlare di riduzione generalizzata degli orari già riportava il discorso a livelli di normale discussione. Oppure: chi pagherebbe tutto questo? E di nuovo bastava ricordare la mostruosa disparità dei redditi e il dovere di una distribuzione più equa, per tornare a ragionare. Eppoi Hitler, certo, sacrosanto combatterlo: e però il nazismo non è stato il prodotto della prima grande guerra? Non è che violenza chiama nuova violenza? G. R. Carla, quel che ti si deve riconoscere è il coraggio dell'utopia. Che è più concreta di tante «realistiche» chiacchiere. Al metro della storia, almeno, che è fatta di utopie realizzate. Come l'abolizione della schiavitù. Neppure la Chiesa aveva il coraggio di sostenerla. Del resto, la schiavitù, la praticava largamente. Dunque è giusto battersi per le cause difficili. Senza dimenticare - è questa la virtù del buon riformismo - che esistono vie laterali, anche se più lunghe. L'importante è lo scopo. E su questo mi pare che siamo largamente d'accordo.

Torna all'inizio


La Bers blinda le banche straniere a Est (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-23 - pag: 8 autore: Il G-30 di Roma. Impegno di UniCredit, Intesa e altri gruppi a restare nell'area La Bers blinda le banche straniere a Est Alessandro Merli ROMA Entro l'inizio dell'estate, la Bers firmerà altre due operazioni di ricapitalizzazione di banche dell'Europa dell'Est come quella conclusa due settimane fa con Unicredit per finanziare con 432 milioni di euro le sue controllate nella regione. Lo ha detto in un'intervista al Sole 24 Ore Thomas Mirow, presidente della banca londinese creata per promuovere la transizione dei paesi ex comunisti all'economia di mercato. Sei banche occidentali attive in Europa centrale e orientale, fra cui la stessa Unicredit e Intesa SanPaolo, hanno inoltre sottoscritto un impegno a mantenere nel lungo termine la propria presenza e a fornire i capitali necessari alle loro controllate in Ungheria, uno dei paesi della regione più colpiti dalla crisi. Un analogo patto è in via di definizione per Romania e Serbia. Si rafforzano con queste operazioni i sistemi bancari dell'Europa dell'Est, uno degli anelli più deboli della finanza globale nella crisi in corso, che avevano fatto temere di poter coinvolgere pesantemente in un eventuale collasso le banche occidentali controllanti. Non a caso, per le preoccupazioni che ha sollevato sui mercati finanziari e fra le autorità, l'Europa dell'Est è stata l'unica area dell'economia mondiale a meritare ieri un'esame specifico alla riunione del G-30 a Roma. Il gruppo, composto di policy-maker in carica come il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha fatto da padrone di casa, e il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, e di illustri ex come Ernesto Zedillo, già presidente del Messico, e Tommaso Padoa-Schioppa, ha ascoltato sulle prospettive dell'Europa dell'Est relazioni dello stesso Mirow e dell'ex premier polacco Leszek Balcerowicz. «Non crediamo – dice Mirow – che tutti i problemi dei sistemi finanziari della regione siano risolti. Da un lato, le banche hanno adottato criteri più stringenti per la valutazione del rischio e per le condizioni da applicare, il che ha portato a una politica del credito più restrittiva. Dall'altro, la contrazione dell'economia reale può ripercuotersi sui bilanci bancari con un aumento delle sofferenze, causando la necessità di nuove iniezioni di capitale ». La Bers e le altre istituzioni finanziarie internazionali, a partire dal Fondo monetario, che ha coordinato pacchetti di finanziamenti a molti paesi della regione, sono intervenuti in tre modi, sostiene Mirow: «Abbiamo fatto una verifica dello stato di salute dei sistemi bancari, insieme all'Fmi e alle autorità locali; abbiamo affrontato i problemi che potevano determinarsi a livello delle case madri delle banche; siamo entrati a sostegno di alcune banche locali che hanno un'importanza sistemica». Il coinvolgimento diretto del settore privato, cioè delle banche occidentali, con impegni precisi è stato uno dei fattori decisivi, secondo fonti private partecipanti al G-30 di Roma, per avviare a soluzione le difficoltà dei sistemi bancari dell'Est. Mirow ha detto anche di ritenere che la ripresa economica in Europa centrale e orientale avverrà gradualmente nel 2010, in parallelo con quella dei paesi avanzati. La Bers prevede che la regione accuserà una contrazione del 5,2% quest'anno e tornerà alla crescita, dell'1,4%, il prossimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA SOSTEGNO AL CREDITO Il presidente Thomas Mirow: faremo a breve altre due ricapitalizzazioni di istituti nella regione colpite dalla crisi

Torna all'inizio


Intesa Sanpaolo, il mediatore Bazoli e il duello tra soci (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-23 - pag: 12 autore: NO COMMENT ... Intesa Sanpaolo, il mediatore Bazoli e il duello tra soci L o svolgersi degli avvenimenti è tutt'altro che inedito. L'Antitrust approva decisioni più o meno clamorose e il Tar conferma in primo grado. Poi la parola passa al Consiglio di Stato, che provvede a riportare la tranquillità, annullando buona parte dei provvedimenti. L'ultimo esempio riguarda i rapporti tra Mediobanca e Generali. Mediobanca, secondo l'Antitrust, è l'azionista di comando delle Generali. Il Consiglio di Stato ha stabilito che non è così. Sintetico, e molto efficace, il commento di un banchiere sempre piuttosto autonomo nei giudizi: «La decisione del Consiglio di Stato - commenta sorridendo - va interpretata come un auspicio che i dirigenti delle Generali diventino realmente autonomi». In passato alcuni di loro ci hanno provato con esiti piuttosto deludenti. Oggi i tempi sono cambiati e gli uomini altrettanto. Di sicuro, l'Antitrust è diventato una variabile di cui tenere conto. E, incassata la sconfitta sul fronte Mediobanca-Generali, sta giocando almeno un'altra partita impegnativa. Sotto tiro ha messo l'accordo tra la stessa Generali e il Crédit Agricole sulla gestione delle partecipazioni in Banca Intesa Sanpaolo, che ha creato un secondo polo nell'azionariato del gruppo, contrapposto a quello delle fondazioni guidato dalla Compagnia San Paolo di Torino, il socio di maggior peso. L'alleanza Generali-Crédit Agricole è stata favorita dagli alleati francesi del presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi (in particolare dal finanziere bretone Vincent Bolloré, di cui il Crédit Agricole è sempre stato importante partner bancario). Così come il formarsi di due poli contrapposti nell'azionariato ha l'effetto di valorizzare le qualità di mediatore, del resto ben conosciute, di Giovanni Bazoli, il presidente del consiglio di sorveglianza Intesa Sanpaolo. Lo conferma una battuta in voga nel mondo finanziario anglosassone che dice: shareholders troubles, managers party (i problemi degli azionisti fanno la felicità dei manager). La sortita dell'Antitrust poggia su considerazioni effettive. All'epoca della nascita d'Intesa Sanpaolo la condizione posta era che il gruppo francese scendesse sotto quota 2% e non nominasse rappresentanti negli organismi di vertice della banca. Il recente accordo Generali-Crédit Agricole va in direzione opposta. Tra le motivazioni ne spicca una indubbiamente fondata: dopo la crisi drammatica dei mercati finanziari, non è un buon momento per vendere titoli azionari. E anche la cessione di titoli Intesa Sanpaolo avrebbe l'effetto di registrare minusvalenze pesanti. Per questo conviene evitarla, ma per evitarla il management del Crédit Agricole deve dare agli azionisti un significato alla presenza nel capitale della banca e prospettive per il futuro. A questo serve l'alleanza con le Generali. Nell'attesa di vedere l'esito della mossa dell'Antitrust, va preso atto che per il momento rafforza il ruolo delle fondazioni e, in particolare, della Compagnia San Paolo. Proprio loro sono pronte a schierarsi contro Generali-Crédit Agricole nella procedura avviata dall'Antitrust. In particolare il ruolo della Compagnia San Paolo, l'azionista principale d'Intesa Sanpaolo, è tornato determinante. Un motivo in più per seguire le vicende che nei prossimi mesi determineranno i nuovi equilibri al vertice della fondazione torinese, con due personaggi in campo: Enrico Salza (rappresentante della Compagnia in Banca Intesa Sanpaolo, di cui è presidente del consiglio di sorveglianza) e Angelo Benessia (il presidente della Compagnia). fabio.tamburini@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA CONFLITTI L'Antitrust attacca, ma deve fare i conti con il Consiglio di Stato di Fabio Tamburini

Torna all'inizio


Ctcu: più sostegno ai consumatori (sezione: crisi)

( da "Corriere Alto Adige" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere dell'Alto Adige sezione: 1AECONOMIA data: 23/05/2009 - pag: 11 Il convegno Durnwalder rassicura Ctcu: più sostegno ai consumatori Il direttore BOLZANO «La crisi finanziaria si farà sentire ancora e perciò dovranno essere valutati eventuali correttivi sul piano economico a favore dei consumatori. Sappiamo però che la politica economica in Alto Adige può contare su un vantaggio importante e cioè quello di poggiare non su un unico settore ma su diversi cardini come il turismo, l'artigianato, le Pmi e il settore dei servizi». Con queste parole il Landeshauptmann Luis Durnwalder ha inaugurato ieri il convegno organizzato dal Ctcu con la Provincia per parlare dei venti di recessione: in Alto Adige il tasso di disoccupazione è salito dal 2,3 al 2,8%. Un anno fa la crescita del Pil in Alto Adige si era assestata sull'1,8%, nel periodo di crisi è scesa fino a 0,5%: «L'ente pubblico ha ora come compito fondamentale, quello di evitare indebitamenti per potersi impegnare con misure adeguate a favore della popolazione quando la situazione lo richiede ha detto Durnwalder il nostro obiettivo è quello di mantenere i posti di lavoro, e di curarci dei lavoratori in cassa integrazione che hanno bisogno di un ulteriore integrazione per vivere. Le banche confermino la disponibilità ad elaborare con la giunta un piano di accesso al credito». Poi la parola al Ctcu: «Il nostro prodotto interno lordo cresce molto lentamente segno evidente che siamo in stato di recessione ha affermato il direttore, Walter Andreaus bisogna capire se la tendenza va verso una stagnazione o verso una depressione, cioè una recessione duratura. Di certo è che dopo decenni di liberismo sfrenato è arrivato il bisogno di una regolamentazione globale dei mercati finanziari. I prodotti finanziari complessi devono essere preventivamente vagliati ed autorizzati da un apposito ente di controllo, prima della loro immissione. Le agenzie di rating devono essere in mano pubblica, la consulenza finanziaria e previdenziale deve essere sostenuta e potenziata. Solo un sistema pensionistico pubblico può garantire veramente sicurezza nell'erogazione delle prestazioni». Andreaus: «I controlli sui rating dei prodotti finanziari devono essere in mano pubblica» Stefano Pasquali

Torna all'inizio


Deutsche Bank avvia inchiesta su irregolarità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-23 - pag: 29 autore: Fari sulla divisione sicurezza Deutsche Bank avvia inchiesta su irregolarità Deutsche Bank ( nella foto il Ceo Josef Ackermann) ha annunciato l'avvio di un'inchiesta interna per irregolarità compiute nella divisione "Sicurezza" dopo il moltiplicarsi di casi di violazione di informazioni riservate nelle aziende tedesche. «I fatti di cui disponiamo al momento lasciano pensare che si tratti di un piccolo numero di violazioni e che i dati bancari o altre informazioni sui clienti non siano stati toccati» si legge in una nota della società. Deutsche Bank ha informato l'autorità tedesca di supervisione sui mercati finanziari (BaFin) di aver ordinato «un'indagine speciale». REUTERS

Torna all'inizio


Banche, utili giù del 56% ma il sistema resta solido (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-23 - pag: 29 autore: Credito. La crisi si sente anche nel primo trimestre: profitti in calo del 60% Banche, utili giù del 56% ma il sistema resta solido Abi: i gruppi italiani hanno resistito meglio degli europei Rossella Bocciarelli ROMA Meno colpite delle consorelle europee dalla crisi finanziaria, sì. Completamente immuni no, perché non era possibile. Le banche italiane nel loro insieme hanno chiuso i bilanci del 2008 con una flessione dell'utile netto pari al 56 per cento (dai 20 miliardi del 2007 a 8,9 miliardi nel 2008) e anche nel primo trimestre dell'anno in corso non si è invertito il trend e il calo degli utili è intorno al 60 per cento. I calcoli sono dell'Abi, che ha appena presentato il rapporto con le elaborazioni realizzate sui bilanci di 41 gruppi italiani al 31 dicembre, ma ha anche realizzato dei confronti internazionali, dai quali si desume che nei cinque paesi, Italia esclusa, con i sistemi bancari più sviluppati (Gran Bretagna, Olanda, Francia, Spagna e Germania) nell'esercizio 2008 si é registrata una contrazione media degli utili netti del 123% circa rispetto all'anno precedente. Nel dettaglio, dall'analisi dei conti economici del campione dei gruppi bancari presi in esame emerge, tra l'altro «una diminuzione del Roe medio al 5 per cento nel 2008 rispetto all'11,9 per cento del 2007; le commissioni nette, che contribuiscono per 22,8 miliardi di euro al margine di intermediazione, hanno inoltre registrato una contrazione del 13,3 per cento rispetto al 2007. Le spese ammini-strative, invece, registrano un aumento dell'1,4 per cento, da attribuire prevalentemente all'incremento delle tipologie di spese diverse da quelle del personale (+5,8 per cento)». All'origine di questa minore vulnerabilità delle aziende di credito italiane rispetto alle altre banche europee, è stato ribadito, c'è la composizione stessa del business delle banche italiane: mentre la media delle aziende di credito europee destina ad impieghi il 38% del suo giro d'affari e investe il 47% dei mezzi amministrati in attività finanziarie, i gruppi creditizi italiani destinano il 63% agli impieghi a clienti e solo il 18% in attività finanziarie, un quarto delle quali è rappresentato da titoli di Stato. Ma nel corso della presentazione del rapporto, il direttore generale dell'associazione dei banchieri, Giuseppe Zadra, ha spiegato che se l'urto della crisi finanziaria è stato retto bene perchè in definitiva mancavano i "toxic assets" «la nostra vera preoccupazione é il 2009, ossia quanti crediti andranno perduti sul fronte delle imprese. Il problema del 2009 non saranno i toxic asset, ma i toxic credit». In sostanza, il vero problema è l'impatto della recessione dell'economia reale sui bilanci bancari. Già durante l'anno scorso, secondo lo studio dell'Abi-il rapporto tra nuove sofferenze e impieghi alle imprese é raddoppiato, passando dall'1% al 2% (mentre per le famiglie é salito dallo 0,8% all'1%). Le tabelle del rapporto Abi mostrano tuttavia che le banche italiane a confronto delle omologhe europee possono vantare un rapporto di leva finanziaria molto più basso. Per l'Italia ogni euro di patrimonio genera 16 euro di attivo; in Germania il multiplo del patrimonio netto è pari a 51. In ogni caso, si sottolinea, le banche italiane mantengono un buon livello di pa-trimonializzazione: il primo coefficiente (tier 1 capital ratio che riguarda le componenti patrimoniali di più elevata qualità del "patrimonio di vigilanza") passa dal 6,76% del 2007 al 6,90% nel 2008. Il total capital ratio,relativo all'intero "patrimonio di vigilanza", si attesta al 10,44% rispetto al 9,68% dell'anno precedente. Nella discussione che è seguita alla presentazione del rapporto, il direttore del settore bilanci e segnalazioni di vigilanza della Banca d'Italia, Carlo Calandrini, ha fatto il punto sugli obblighi di informativa al pubblico per le banche previsti dal cosiddetto "terzo pilastro di Basilea 2". E ha spiegato che questi obblighi «hanno spazi di miglioramento su patrimonio di vigilanza, requisiti patrimoniali , rischio di credito e cartolarizzazioni ». Finora, in ogni caso secondo Calandrini, «sulla base del lavoro fatto dal Cebs (il Comitato dei supervisori bancari europei ndr), in media gli obblighi informativi previsti dal terzo pilastro sono stati rispettati». L'esponente di via Nazionale ha ricordato poi come siano in dirittura d'arrivo le modifiche auspicate da diversi organismi internazionali fra cui il Financial stability forum. Per fine maggio è prevista peraltro una prima anticipazione del rapporto svolto dal Cebs sui bilanci dei principali gruppi europei, anche se il lavoro completo verrà pubblicato a fine giugno. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL DIRETTORE GENERALE Zadra: la nostra vera preoccupazione è quanti crediti andranno persi nel 2009 sul fronte delle imprese

Torna all'inizio


Gestione di patrimoni. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-23 - pag: 33 autore: Gestione di patrimoni. La crisi delle banche rilancia le società che seguono gli interessi finanziari dei più ricchi La Svizzera riscopre i family office Lino Terlizzi LUGANO D a Citigroup a Gwm Sa, family office di Ginevra. Shawn Mofidi, 49 anni, già responsabile della clientela abbiente in Medio Oriente per il Private Banking di Citigroup, approda nella città sul Lemano. A conferma della fase di riscoperta dei family offices, società che fanno gestione e consulenza per famiglie con patrimoni ingenti e che hanno ora quotazioni in crescita, sull'onda della crisi finanziaria e delle difficoltà di una parte delle banche. Mofidi sarà presidente della Gwm Sa, uno dei tre rami del Global Wealth Management Group, guidato dall'italiano Sigieri Diaz Pallavicini. Gwm è la divisione di wealth management e appunto di servizi di family office. Gli altri due rami del gruppo sono Sodali (corporate governance), e Gwm Merchant, attiva in coporate finance e nei servizi per l'investment banking. Ma le luci della cronaca ora si accendono su Gwm Sa, proprio grazie al cambio di campo abbastanza clamoroso del manager ex Citigroup. Gwm, che ha le sue sedi principali a Ginevra e in Lussemburgo, gestisce patrimoni per 2 miliardi di euro. Il gruppo amministra fondi e fa consulenza per famiglie plurimilionarie soprattutto di Europa e Medio Oriente. «La nostra idea – spiega Peter Sartogo, managing partner di Gwm – è che ci troviamo in una fase in cui è possibile attuare una decisa espansione delle nostre attività. Per l'esattezza noi siamo un multifamily office, i nostri clienti sono una trentina di famiglie e ci differenziamo da quelle strutture che lavorano per singole famiglie. Riteniamo di poter attirare molte altre famiglie con grandi patrimoni. Le nostre aree principali rimarranno Europa e Medio Oriente, ma non escludiamo di poter attrarre anche clienti nordamericani ». Ginevra, da sempre sede rilevante per la gestione di patrimoni privati, è in effetti ora anche una delle capitali dei family office. è stato l'imprenditore italosvizzero Ernesto Bertarelli, qualche tempo fa, a far riaccendere i riflettori sul settore, quando ha creato la sua struttura di family office tra Ginevra e Londra, dopo aver attuato la cessione miliardaria del gruppo Serono. Di lì in poi si è visto ancor meglio quanto contassero family e multifamily office, una piccola ma ormai consistente galassia. In questi mesi, poi, le prospettive si sono ampliate. Da una parte c'è l'insoddisfazione di una parte delle famiglie abbienti per le perdite subite sui mercati finanziari, un fuoco che cova sotto le ceneri e su cui è stata versata in alcuni casi la benzina delle difficoltà di alcune grandi banche internazionali o delle vere e proprie truffe come quella del finanziere americano Madoff. Dall'altra, c'è un certo numero di top manager, esperti nella gestione di patrimoni, che non possono più contare sugli incarichi precedenti o che, come nel caso di Shawn Mofidi, vogliono fare altre esperienze. © RIPRODUZIONE RISERVATA A CACCIA DI MANAGER La ginevrina Gwm Sa strappa Shawn Mofidi al private banking di Citigroup e prepara i piani per una rapida espansione

Torna all'inizio


Fondi sovrani, pirati e regole (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-23 - pag: 2 autore: Fondi sovrani, pirati e regole Norme straordinarie per tutelare gli interessi nazionali contro le scalate di Lamberto Cardia u Continua da pagina 1 D a più parti sono comparsi programmi d'interventi pubblici, con connotazioni protezionistiche, finanziati dai contribuenti. Concetti caduti in disgrazia - le nazionalizzazioni o gli aiuti di Stato - sono tornati in auge. I valori della libera concorrenza e della trasparenza delle informazioni sono stati a volte sacrificati in nome della stabilità, posta come obiettivo prioritario. In questo contesto l'Italia - in posizione periferica rispetto all'epicentro della crisi a New York e a Londra - ha dovuto affrontare le sue emergenze. La Borsa di Milano è stata penalizzata, specie nei primi mesi, assai più che non Wall Street o la Borsa di Londra, dove la crisi si è generata. Dopo lo scossone Lehman Brothers, lo scenario che si è presentato da noi è analogo a quello che si è presentato altrove: indici di Borsa ai minimi; economia in recessione. Ma nel nostro paese questo scenario si è sovrapposto a un paesaggio preesistente, segnato da debolezze storiche. Da una parte un tessuto sociale sfilacciato, caratterizzato in aree del territorio da fenomeni d'illegalità diffusa, cui si contrappone una presenza delle istituzioni e dello Stato che, sia pure attiva, non sempre si dimostra adeguata; dall'altra un sistema economico-finanziario articolato su tre pilastri: il capitalismo familiare, con strutture finanziarie talvolta fragili; una mano pubblica un tempo onni-pervasiva e oggi più circoscritta; l'universo polverizzato delle piccole e medie imprese. Sono questioni vecchie, che nel contesto post-Lehman Brothers pongono problemi nuovi. Il sistema istituzionale ne è consapevole al massimo livello. Nelle settimane scorse il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha levato un grido d'allarme sul rischio che la criminalità organizzata approfitti delle attuali eccezionali opportunità d'investimento per acquisire in tutto il Paese il controllo d'imprese in difficoltà. Alte cariche della magistratura condividono queste preoccupazioni. Il procuratore nazionale anti-mafia, Piero Grasso, va da tempo segnalando questo pericolo. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha rilanciato l'allarme. Prendo atto di non essere il solo nel paese a nutrire questi timori. Il senso dei contributi di pensiero che ho avanzato nei mesi scorsi per modificare il Testo unico della finanza va cercato anche in questa preoccupazione di fondo. Quando, nell'ottobre scorso, ho rappresentato al Parlamento l'ipotesi di conferire alla Consob il potere d'abbassare temporaneamente e in circostanze d'emergenza la soglia delle comunicazioni obbligatorie in materia di partecipazioni rilevanti, intendevo dotare il sistema di un meccanismo di rilevazione dei movimenti nell'azionariato delle società quotate più sensibile di quello che avevamo. Abbassare la soglia dal 2% fino all'1% consente un monitoraggio più tempestivo dei movimenti di Borsa e può fornire indicazioni utili anche nell'azione di contrasto delle infiltrazioni criminali nella finanza "pulita". Questa era l'idea a monte della mia richiesta, come ho anche esplicitato in vari interventi sulla stampa. Era e resta un contributo a titolo personale sulla base delle mie esperienze passate e presenti, espresso non a nome dell'Istituto. Governo e Parlamento hanno ritenuto di accogliere quel suggerimento e di trasformarlo in norma di legge. Di questo sono loro grato. Hanno dato ascolto, in parte, anche ad altri miei contributi: l'innalzamento dal 10% al 20% del limite posto per legge all'acquisto di azioni proprie in società quotate; l'innalzamento dal 3% al 5% della soglia massima per l'acquisto di azioni rilevanti ai fini della cosiddetta "Opa incrementale". Sono due provvedimenti tecnici, che favoriscono il rafforzamento degli azionisti di controllo o di riferimento. Su questi ultimi due punti è andata persa, nel recepimento in legge, l'ipotizzata temporaneità delle misure che in più occasioni avevo indicato. Governo e Parlamento potranno, se lo riterranno, introdurre anche per questi provvedimenti lo stesso carattere temporaneo previsto per l'abbassamento della soglia sulle partecipazioni rilevanti. Nel dibattito pubblico questo pacchetto di misure ha trovato fredda accoglienza. Tuttavia il senso di questi provvedimenti va cercato nel contesto di crisi post-Lehman Brothers. Oggi più che mai le debolezze strutturali che caratterizzano il sistema del governo societario nel nostro paese possono esporre diverse imprese italiane, anche di rilievo, al rischio di scalate ostili da parte di soggetti istituzionali. Penso al fenomeno dei fondi sovrani che, a mio parere, va monitorato con attenzione. Con le loro scorte di liquidità, i fondi sovrani possono svolgere una funzione di stabilizzazione in fasi in cui la liquidità scarseggia. Ma il loro intervento può assumere forme diverse, amichevoli o anche ostili e aggressive. In un sistema storicamente vulnerabile come il nostro, è utile un meccanismo di difese da attivare all'occorrenza per la salvaguardia degli interessi strategici nazionali. Il cosiddetto "pacchetto antiscalate" va in questa direzione. Rispetto alla metà degli anni 90 del secolo scorso, in cui si colloca la genesi del Testo unico della finanza, tante cose sono cambiate. Il Tuf ha il merito di aver svecchiato il nostro sistema finanziario. I principi cardine del Tuf - contendibilità delle imprese, ricambio del controllo societario, tutela delle minoranze - sono un patrimonio che ha arricchito la cultura finanziaria italiana. Il Tuf resta un saldo punto di riferimento, in base al quale orientarsi anche in mezzo alla tempesta. Tuttavia non si può non tener conto del fatto che nel frattempo il mondo è cambiato. La direttiva comunitaria in materia di Opa (2004) ha di fatto aperto la strada in Europa a tendenze protezionistiche. La crisi dei mutui subprime ha accelerato questo processo. Benché condannato a parole, il protezionismo è oggi la cifra caratterizzante delle politiche economiche di paesi con cui ci dobbiamo confrontare. Può piacere o non piacere. Ma questo è il mondo in cui viviamo. Dobbiamo prenderne atto. E affrontare il mondo di oggi andando a frugare nella cassetta degli attrezzi di ieri potrebbe rivelarsi penalizzante per chi non sa adeguarsi ai segni del proprio tempo. In nome di valori che gli altri si sono buttati alle spalle, l'Italia potrebbe trovarsi a fare il vaso di coccio tra i vasi di ferro. Fermi restando i valori fondamentali del Tuf come stella polare, una correzione di rotta, almeno temporanea, può dare utili risultati. Non è in discussione il bene prezioso, cioè la trasparenza necessaria. Ma solo regole certe, chiare e da tutti in ugual modo applicate costituiscono il presupposto di un mercato effettivamente libero. L'autore è presidente della Consob © RIPRODUZIONE RISERVATA IMPRESE VULNERABILI Le regole ultra-liberiste del Testo unico della finanza espongono le società al rischio di acquisizione ostile da parte dei soggetti con grande liquidità Avidità e vergogna. Proteste prima della testimonianza al Congresso dell'amministratore delegato di Lehman Brothers, Richard Fuld. Il banchiere ha difeso le sue scelte definendole «prudenti e appropriate» CORBIS

Torna all'inizio


Greenspan e Bernanke bocciati in teoria (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-23 - pag: 2 autore: L'imperfezione dei mercati Greenspan e Bernanke bocciati in teoria di Pietro Reichlin Q uesta crisi finanziaria non è certo la prima dal dopoguerra, ma si distingue dalle altre per la dimensione, il grado di propagazione e per essere avvenuta nel momento di massima fiducia nelle virtù dell'innovazione finanziaria. Gli ultimi governatori della Federal Reserve, Alan Greenspan e Ben Bernanke, sono stati fautori di questo processo d'innovazione, e tra coloro che non hanno voluto una maggiore regolamentazione. Eppure, Ben Bernanke è un accademico che, come pochi altri, ha studiato a fondo la depressione del '29. In un lavoro del 1983, aveva criticato l'interpretazione di Friedman e Schwartz, secondo cui la recessione fu causata da una contrazione dell'offerta di moneta, facendo mancare la necessaria liquidità al sistema bancario. Secondo il governatore della Fed, invece, la crisi fu amplificata dalle difficoltà del mercato finanziario e dall'aumento dei costi d'intermediazione. La base del ragionamento di Bernanke è che i mercati finanziari sono imperfetti: i debitori e i creditori non hanno le stesse informazioni sulla qualità dei progetti d'investimento, gli strumenti d'assicurazione sono incompleti, i fallimenti sono inevitabili e le attività reali (come gli immobili) servono come collaterale nei contratti di debito. Questi problemi sono stati studiati ampiamente nel corso degli ultimi quarant'anni, ma non sono sempre entrati a far parte della cassetta degli attrezzi dei macroeconomisti. Il merito di Bernanke è stato quello di porli all'attenzione dei policy makers.In particolare, le imperfezioni dei mercati finanziari determinano costi economici aggregati ("costi di agenzia"): uno scarso afflusso di capitali verso i progetti d'investimento profittevoli, un ampio scarto fra tassi d'interesse, una distorsione dei prezzi. I costi d'agenzia sono "anti-ciclici" (cioè aumentano nelle recessioni e diminuiscono nelle espansioni). Ciò è dovuto all'acceleratore finanziario: poiché i valori delle attività costituiscono una garanzia (esplicita o implicita) dei crediti, una caduta generale dei prezzi provoca la contrazione del credito e, quindi, accelera la recessione. Date le premesse, ci si potrebbe chiedere come mai Bernanke (che è nel board della Fed dal 2002) non abbia saputo intervenire in anticipo per scongiurare i guasti di oggi. La risposta è che la teoria di Bernanke consente di comprendere appieno i motivi per cui piccole perturbazioni negative (come una caduta dei prezzi delle case) possano generare pesanti effetti sui mercati finanziari e reali, ma essa non consente di spiegare perché le cose possano andare male per effetto dell'euforia dei mercati e dell'espansione del credito. La teoria basata sui costi d'agenzia ci dice che quando siamo nella fase alta del ciclo, il valore del collaterale è elevato, i costi di finanziamento delle imprese e dei consumatori sono bassi, e ciò è sufficiente a portarci verso il migliore dei mondi possibili. L'innovazione finanziaria offre maggiori opportunità d'assicurazione e di ripartizione dei rischi. Le cartolarizzazioni consentono alle banche di ridurre il rischio contenuto nell'attivo, i credit default swaps consentono ai creditori di assicurarsi contro i rischi d'insolvenza. Tutto ciò sembra essere un vantaggio ai fini della riduzione dei costi d'agenzia. La crisi del 2007, tuttavia, è avvenuta come conseguenza di un'espansione della liquidità e dei prezzi delle attività, invece che a seguito di una loro contrazione. La trasformazione dei contratti di debito in titoli standardizzati scambiabili sul mercato ha ridotto gli incentivi al monitoraggio dei debitori. Il passaggio da contrattazioni bilaterali basate su relazioni durevoli a scambi di prodotti finanziari in condizione di relativa anonimità e di elevata concorrenza tra intermediari ha indotto una sottovalutazione generale del rischio. Infine, il fatto che le attività reali siano poste a garanzia dei debiti, ha indotto i singoli investitori a scegliere livelli di liquidità troppo bassi. In generale,può essere che le scelte dell'intermediario siano ottimali da un punto di vista individuale, ma che non lo siano da un punto di vista collettivo. Ciò accade, ad esempio, quando la banca che aumenta il proprio attivo non tiene conto del fatto che la decisione di vendere in circostanze avverse ha un generale effetto depressivo sui prezzi e sui vincoli finanziari cui è soggetto ogni altro investitore. In altre parole, la singola istituzione finanziaria non "paga" interamente il costo sociale delle proprie azioni. Questo effetto si chiama "esternalità pecuniaria" (cioè un'esternalità trasmessa mediante i prezzi), e ha caratteristiche simili a quelle di molti altri fenomeni economici, non necessariamente collegati alla finanza. In conclusione, la crisi di questi mesi è la prova ulteriore che il debito degli intermediari tende ad essere troppo elevato nelle espansioni e troppo basso nelle recessioni. Il fenomeno è esacerbato dall'azzardo morale, cioè dal fatto che, se le istituzioni finanziarie hanno fiducia di essere salvate dai governi o dalle banche centrali, possono permettersi di correre rischi maggiori. Come ogni altra esternalità, quelle che si producono nei mercati finanziari possono essere corrette in diversi modi: imponendo una tassa sulle transazioni, obbligando gli operatori ad assicurarsi, o ponendo limiti quan-titativi (eventualmente condizionali al ciclo o alle carattersitiche degli intermediari) alla domanda d'attività. In generale, è necessario limitare il leverage di tutte le istituzioni finanziarie (anche non bancarie) che hanno un impatto significativo sul mercato. Queste considerazioni non offrono ricette facili. Come regolare il leverage degli intermediari? Quali limiti dovremmo imporre alla cartolarizzazione dei mutui? Non serve chiedere alla finanza di fare un passo indietro, o gettare via gli strumenti derivati e le cartolarizzazioni, per tornare alla piccola banca di provincia. Il razionamento del credito e lo screening dei debitori richiedono tecniche sofisticate e opportunità di diversificazione dei rischi. L'espansione del credito e la sua distribuzione verso soggetti produttivi, anche se rischiosi, rimangono fondamentali per la crescita economica. © RIPRODUZIONE RISERVATA STRUMENTI DA AGGIORNARE La posizione dell'attuale capo della Fed permette di comprendere bene le piccole perturbazioni, ma non le grandi crisi

Torna all'inizio


Palazzo Forti e crisi La strategia di Cariverona (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Veneto sezione: PRIMOPIANO data: 23/05/2009 - pag: 2 L'intervista Il direttore generale della Fondazione, Fausto Sinagra, a tutto campo Palazzo Forti e crisi La strategia di Cariverona «Stanziati 156 milioni nonostante il periodo difficile» VERONA Con le finanze pubbliche che sempre più si assottigliano, con il federalismo fiscale realtà solo sulla carta, le fondazioni bancarie sono il vero ossigeno dei Comuni. A partire dalla Fondazione Cariverona, una delle più ricche d'Italia, primo azionista di Unicredit. Negli ultimi mesi proprio la dialettica con il gruppo di Alessandro Profumo ha portato l'ente presieduto da Paolo Biasi alla ribalta. Ma a Verona la Fondazione è centrale, oltre che per i servizi che finanza, per il grande risiko dei palazzi storici (a partire da Palazzo Forti). Un ruolo di interlocutore privilegiato, quello di Cariverona, ben chiaro al direttore generale Fausto Sinagra. Direttore Sinagra, la Fondazione Cariverona si è dimostrata nei fatti il vero forziere della città, anche se ha dovuto ridurre i contributi per il territorio. In che modo la crisi inciderà sul vostro impegno nei prossimi anni? «Certamente la profonda crisi finanziaria in atto da tempo ha interessato da vicino anche le Fondazioni bancarie, proprio nella composizione del loro patrimonio. La riduzione delle risorse complessive ha necessariamente portato a considerare come prioritari certi settori: quello degli anziani, delle povertà, dell'handicap e della sanità. E' ciò che il Consiglio di Fondazione Cariverona ha responsabilmente fatto. Devo ricordare che dal 1991 ad oggi la Fondazione ha complessivamente destinato ai diversi territori 1.058 milioni di euro e nel solo esercizio 2008, 156 milioni». Polo Finanziario: quale rimpianto per il fallimento del progetto? Senza lo "stop" del Comune, sarebbe andato in porto? Non è che l'idea di aggregare le grandi istituzioni finanziarie veronesi era già superata nella realtà ? «Il progetto non è stato realizzato per l'avvenuta modifica dello scenario di riferimento e per il fatto che il Comune ha ritenuto funzionale destinare l'area alla Fiera di Verona». Acquisto di Palazzo Forti: c'è una trattativa in corso; quali idee per questo contenitore? Come si rapporterà con i progetti per Castel San Pietro e gli ex Magazzini Generali? «Palazzo Forti fa parte ancora del patrimonio comunale e quindi allo stato degli atti è prematura qualsiasi considerazione. Castel San Pietro e la vasta area degli ex Magazzini Generali sono destinati ad accogliere un polo culturale e museale». Rapporti con Unicredit: mancata sottoscrizione del prestito cashes. Alla fine della fiera, Verona si è rafforzata o no? «Lettura dei fatti: la lista di maggioranza per la nomina del Consiglio di amministrazione della Capogruppo all'assemblea di fine aprile è stata presentata dai grandi soci, dalle Fondazioni tra cui Cariverona; del neo eletto Consiglio di Unicredit fa parte, quale vice presidente vicario, il veronese avv. Luigi Castelletti, così come non si è modificata la presenza nei rinnovati Consigli delle società controllate». Nei documenti statutari e nei bilanci di missione si ritrova spesso il termine "comunità". Qual è l'idea che Fondazione Cariverona ha del suo ruolo nella comunità veronese? «La Fondazione -come sta scritto nel-- l'art. 2 dello Statuto- "ispira la sua attività al bene comune e persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico". Il concetto di "bene comune" richiama necessariamente quello di "comunità" e degli attori che in essa vi operano. La missione della Fondazione è quella di contribuire alla crescita della qualità della vita individuale e sociale, attraverso interventi nei settori della formazione, della ricerca, dell'arte, dell'ambiente, della sanità, dell'assistenza e della solidarietà alle categorie sociali deboli e in difficoltà. Il nostro impegno e la nostra responsabilità sono di rispondere alle aspettative del territorio con una gestione delle risorse efficace e sostenibile nel tempo». Alessio Corazza Nuovi progetti contro la crisi Sopra il direttore generale di Cariverona Fausto Sinagra; a destra, la sede della Fondazione in via Forti

Torna all'inizio


Tremonti e Prodi Faccia a faccia tra due cari nemici (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Politica data: 23/05/2009 - pag: 13 L'incontro A Venezia il dibattito promosso dall'Aspen Institute Tremonti e Prodi Faccia a faccia tra due cari nemici Scambi di libri ed elogi, uniti sulle scelte strategiche Settegiorni SEGUE DALLA PRIMA Entrambi coltivano l'idea che avendo nemici tra gli amici è bene avere amici tra i nemici. L'Aspen, di cui Tremonti è presidente, sarà la sede per discutere con Prodi dei «nuovi equilibri tra pubblico e privato», e ufficialmente la politica resterà dietro la porta. Accade sempre quando il famoso Istituto riunisce l'establishment. Da professori sono temprati a difendere le proprie tesi, come accade in un mondo quello accademico dove altro che bipolarismo rozzo e primitivo, altro che scontri in Parlamento tra maggioranza e opposizione. E comunque negli ultimi tempi i due si sono molto avvicinati, fino quasi a lambirsi. Ad accomunarli, per esempio, è il fascino della politica francese, dov'è forte la presa dello Stato sull'economia, protetta fino ai limiti del protezionismo. Certamente anche oggi troveranno modo di convenire: da una parte ci sarà l'uomo dell'Iri, dall'altra l'inventore dei Tremonti-bond che ha da poco finito di leggere l'ultima biografia di Alberto Beneduce, fondatore del «sistema » che evitò il fallimento delle banche italiane dopo la crisi del '29. E chissà se il ministro dell'Economia approfitterà dell'occasione per confidare a Prodi alcuni suoi progetti, come quello per «il rilancio del Sud», che oltre alla Banca vecchio pallino di Tremonti prevede la nascita di una moderna Cassa per il Mezzogiorno, regolatrice delle risorse «e perciò anti-clientelare ». Il titolare di Via XX settembre ci pensa da tempo e riservatamente ci lavora, immaginando all'alba del federalismo un nuovo modello di sviluppo per la zona più arretrata del Paese, altrimenti destinata a non reggere il passo delle aree produttive del Nord. Se negli anni i due si sono scontrati è stato poi per ritrovarsi in una fitta rete di relazioni domestiche e internazionali della finanza e delle banche. Hanno avuto persino modo di riconoscersi in alcuni disegni strategici, come quello di vendere l'Alitalia ad Air France, mossa decisa da Prodi quando era al governo e condivisa da Tremonti, prima che Silvio Berlusconi desse impulso alla nascita della nuova compagnia. In fondo, di idee in comune non potevano non averne, dato che nel '94 scrissero a quattro mani il programma economico del Patto Segni. Poi, è vero, le strade si divisero, ma restò quel fair play da «terzo tempo», testimoniato da molti episodi. Il primo accadde durante la campagna elettorale del '96 negli studi della Rai, il giorno del famoso duello televisivo tra le «squadre» del Cavaliere e del Professore. Il candidato premier dell'Ulivo stava ancora truccandosi quando Tremonti entrò nel suo camerino: «Romano, mi sono rotto di questa politica urlata. Oggi starò zitto». E così fu. Cinque anni dopo, in prossimità del voto che avrebbe riconsegnato la vittoria a Berlusconi, il futuro ministro dell'Economia di centrodestra volò in segreto a Bruxelles per incontrare Prodi, che giubilato in patria da compagni e amici era intanto diventato presidente della Commissione in Europa. Nessuno seppe mai nulla di quel colloquio confidenziale, così come sono in pochi a sapere che nel 2008 dopo che il Professore è caduto per la seconda volta in Parlamento Tremonti gli ha inviato il suo libro con una breve quanto affettuosa dedica. Gesto ricambiato, perché anche Prodi gli ha fatto avere il proprio libro con un pensiero in calce. Fino allo scambio di complimenti pubblici, lo scorso febbraio sul Messaggero, con l'ex premier ad elogiare i risultati del G7 di Roma che pone le basi «per preparare una nuova Bretton Woods», e il ministro che risponde, riconoscendo a Prodi «visione e cultura istituzionale». Cioè un profilo da statista. Insomma, tremontismo e prodismo resteranno pure due mondi diversi e paralleli, ma non c'è dubbio che sono molti i punti di contatto, specie se paragonati ai rapporti tra il Professore e il Cavaliere, che erano e restano inesistenti, per via di visioni politiche inconciliabili. Certo, ufficialmente la politica oggi resterà dietro la porta. E comunque a Venezia Berlusconi non c'è. Francesco Verderami

Torna all'inizio


Aig cambia ancora , lascia anche Liddy (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 23/05/2009 - pag: 33 Il salvataggio Aig cambia ancora «Accuse ingiuste», lascia anche Liddy DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - L'incredibile storia della crisi finanziaria che, partita due anni fa da Wall Street, ha travolto l'economia del mondo intero, trabocca di gente che ha combinato disastri (banchieri come Fuld e Prince), «pentiti» (l'ex capo della Fed, Alan Greenspan), camaleonti (Larry Summers che oggi alla Casa Bianca fa una politica pressoché opposta rispetto a quella seguita 10 anni fa, quando era al fianco di Bill Clinton), furfanti (Madoff e dintorni), vittime (investitori che hanno perso tutto, finanzieri suicidi). Fino a oggi mancava, però, la figura dell'«eroe», quella alla quale gli americani sono più affezionati, nelle vittorie come nelle disgrazie (vedi i pompieri di «Ground Zero»). Adesso anche questo vuoto sta per essere colmato: lasciando la guida dell'Aig senza prendere un soldo né come stipendio né come bonus, Edward Liddy si candida, infatti, a divenire il primo eroe della faticosa operazione di salvataggio del sistema creditizio americano. Un eroe incompreso i cui meriti verranno riconosciuti in futuro. Liddy, ex capo delle assicurazioni Allstate, se ne stava tranquillamente in pensione quando, otto mesi fa, un trafelato Henry Paulson, ministro del Tesoro di Bush, lo chiamò chiedendogli - come patriota, più che come manager - di prendere la guida di Aig: un gruppo assicurativo alla deriva, fortemente esposto, al cui vertice si erano succeduti, in rapida successione, tre amministratori delegati, ognuno dei quali aveva lasciato problemi più grossi di quelli che aveva ereditato. Paulson lo avvertì che c'era da evitare una bancarotta per insolvenza e che non avrebbe guadagnato praticamente nulla. E, per decidere, gli lasciò meno di un giorno. Il manager accettò. Per spirito di servizio o forse solo perché a casa si annoiava. Il ritorno ad un ruolo visibile, la gratitudine degli americani. Mai avrebbe immaginato che, davanti alla crescita esponenziale delle perdite di Aig, non solo per lui non ci sarebbe stata riconoscenza, ma, addirittura, avrebbe dovuto fronteggiare l'insofferenza del nuovo governo di Obama e gli insulti di molti parlamentari. Fino all'assurdo del «processo» pubblico in diretta televisiva da parte di un Congresso che lo ha criminalizzato per la scelta di rispettare impegni e contratti assicurativi sottoscritti da Aig prima del suo arrivo. Certo, Aig è costata ai contribuenti più di 180 miliardi di dollari e forse i suoi dirigenti non meritavano i bonus erogati, ma Liddy cosa c'entrava? Alla fine il manager ha deciso di tornarsene a Chicago, a godersi la pensione. Adesso tocca al governo (ormai azionista di controllo di Aig) trovare un nuovo capo pronto a farsi crocifiggere per uno stipendio di un dollaro. Massimo Gaggi Edward Liddy giura prima di deporre al Congresso Usa

Torna all'inizio


Rimbalzo guidato dall'editoria (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Rimbalzo guidato dall'editoria MILANO - Editoriali sotto i riflettori ieri a Piazza Affari, dove gli indici S&P-Mib e Mibtel sono rimbalzati rispetto a giovedì con una crescita analoga (+0,62% e +0,59% rispettivamente), mentre gli scambi sono rimasti nella media (3,5 miliardi di euro il controvalore complessivo). Da una settimana all'altra il rialzo è stato di circa il 2%. Fra le 40 principali azioni del listino telematico, a realizzare la migliore performance della giornata è stata la Mondadori, rimbalzata del 6,28% con oltre 2,2 milioni di pezzi scambiati. Ma l'euforia per il comparto dell'editoria si è manifestata ancora di più nei confronti dell'Espresso, che non fa più parte dell'S&P-Mib. In questo caso la quotazione ha subito una vera e propria impennata, chiudendo a 1,301 euro, il 20,91% in più rispetto alla vigilia. La spinta è arrivata da Bank of America e Merrill Lynch, che hanno migliorato i loro giudizi sul titolo, concludendo l'analisi con la raccomandazione buy (comprare). Sempre fuori dal paniere dei valori più capitalizzati, Caltagirone Editore è salita del 9,71% e Poligrafici del 3,8%. Da parte sua Rcs MediaGroup, reduce da due rialzi consecutivi particolarmente consistenti, ieri a segnato il passo, cedendo lo 0,99%. Nel resto dell'S&P-Mib, i maggiori rialzi sono stati realizzati, nell'ordine, da Atlantia (+3,57%), Campari (+3,52%), Cir (+2,72%) e Ubi Banca (+2,68%). É proseguita invece la discesa dei titoli del lusso, determinata sostanzialmente dall'indebolimento del dollaro: Bulgari ha ceduto l'1,4% e Luxottica il 2,99%. Made in Italy La debolezza del dollaro frena il lusso: Bulgari giù dell'1,4% e Luxottica del 2,99%

Torna all'inizio


British Airways, primo rosso dal 2002 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 Il caso a Londra British Airways, primo rosso dal 2002 (g.fer.) «Il prolungarsi della recessione globale ci ha messi di fronte alla più difficile situazione che mai abbiamo dovuto affrontare». Così Willie Walsh, ceo di British Airways, spiega la prima perdita dal 2002 per la compagnia. L'esercizio finanziario chiuso il 31 marzo scorso ha chiuso infatti con una perdita prima delle tasse di 401 milioni di sterline, contro un utile di 992 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Lo stesso Walsh e il direttore finanziario, Keith Williams, hanno dichiarato che rinunceranno allo stipendio del mese di giugno. In Borsa il titolo ha ceduto il 3,75%, a 156,7 pence. Willie Walsh ceo di B.Airways

Torna all'inizio


Pininfarina, via libera all'aumento (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/05/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Pininfarina, via libera all'aumento (g.fer.) C'è il via libera del consiglio di amministrazione alla ricapitalizzazione di Pininfarina, che servirà a riequilibrare la situazione finanziaria del gruppo. L'annuncio è arrivato a mercati chiusi, dopo che il titolo aveva chiuso in calo dell'1,25%, a quota 3,95 euro. L'operazione, prevista dagli accordi con le banche creditrici, dovrebbe completarsi entro l'anno e prevede l'emissione a pagamento di nuove azioni per un massimo di 70 milioni di euro, compreso l'eventuale sovrapprezzo. Le condizioni definitive (prezzo di sottoscrizione e modalità) saranno stabilite da un nuovo cda prima dell'estate. Paolo Pininfarina presidente del gruppo

Torna all'inizio


Contratti (meno cari) per il paese (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: STORIA COP data: 2009-05-23 - pag: 5 autore: Dalla prima Contratti (meno cari) per il paese A mmesso che in passato le compagnie e le loro reti abbiano goduto di extra-profitti (anche dovuti ad asimmetrie cognitive tra domanda e offerta), è più difficile affermare che questo stia ancora accadendo al ramo Rc Auto in Italia. A causa dei vincoli normativi, del ruolo crescente delle compagnie dirette, e dell'indebolimento delle nuove immatricolazioni, i margini assicurativi non appaiono particolarmente attraenti. L'obbligatorietà e la rilevanza popolare dell'assicurazione Rc Auto hanno indotto grande attenzione alla redditività del ramo da parte della politica, che ha cercato di trasferire sulle compagnie di assicurazioni un regime di prezzi-prestazioni e di trasparenza finalizzato a minimizzare le rendite di posizione. Non sono molti i settori dell'economia nei quali il regulator si sia sentito in dovere di introdurre – tra gli altri provvedimenti – un sistema di confronto pubblico delle tariffe (l'atteso preventivatore unico). L'implicita attesa del legislatore è che le assicurazioni possano compensare i mancati utili tecnici sull'Rc Auto con una gestione oculata degli investimenti e con il cross-selling di altri prodotti. In queste due aree, come spesso accade, i risultati degli operatori appaiono in ordine sparso. Gli investimenti sono stati in più di un caso oggetto di svalutazioni a causa della grande crisi finanziaria (anche se in misura minore rispetto a quanto accaduto a compagnie straniere), mentre la vendita di altre coperture è frenata dalla scarsa propensione degli italiani ad assicurarsi. I l tema è ritornato in occasione del terremoto di Abruzzo, che ha riaperto il dibattito sulla obbligatorietà dell'assicurazione di certi rischi catastrofali. è difficile immaginare che, in assenza di recenti sfortune, gli individui (italiani e non) abbiano una spontanea propensione a coprirsi da "cigni neri" (eventi rari a grande impatto). L'obbligatorietà può essere una soluzione, ma è avversata da chi teme di perdere il consenso popolare, che potrebbe leggere il provvedimento come un favore alle ricche (o presunte tali) compagnie. L'alternativa fino a oggi perseguita è che la copertura dei rischi come quelli sismici sia interamente a carico dello Stato (ossia di noi contribuenti), mentre sarebbe ovviamente più equilibrata e responsabilizzante una ripartizione intelligente tra pubblico e privato, con un ruolo importante da attribuire alle compagnie. In questo disegno, allo Stato può essere affidata anche una missione educativa per la diffusione di una cultura del rischio. Sui siti internet delle riassicurazioni come Swiss Re c'è ampio materiale didattico per comprendere, fatti i dovuti scongiuri, come gli eventi estremi siano parte integrante della nostra condizione umana. Marco Liera © RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna all'inizio


Contemporanea sottotono (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ARTECONOMY data: 2009-05-23 - pag: 23 autore: Asta. Sotheby's Milano batte 8,4 milioni di euro Contemporanea sottotono I l mercato dell'arte contemporanea, ancora una volta, dimostra la propria fragilità di fronte alla crisi finanziaria. La vendita serale di Arte Contemporanea tenutasi il 20 maggio a Milano da Sotheby's ha totalizzato 6.331.650 euro (buyer's premium inclusi) contro un'aspettativa di 8,5 milioni, cui si sommano 2.157.875 à del 21 maggio. Stime prudenti, un catalogo composto da lotti selezionati non sono stati sufficienti ad invogliare i compratori: pochi i mercanti in sala, così come pochi i rilanci. Dei 59 lotti offerti, 39 sono stati aggiudicati (66%) e la maggior parte entro la stima minima (83% in valore). Ad aprire la vendita serale, una china su carta futurista del 1913 di Gino Severini pubblicata su «Lacerba », «Le tango argentin», battuta al telefono per 50mila euro e una tela di Giorgio de Chirico «Cavallo e palafreniere», sulla quale pendeva una proposta di notifica delle Soprintendenze lombarde, a stento ceduta per 38mila euro. Tra i pochi galleristi in sala, Giulio Tega ha acquistato per 50mila «Motivo dalmata » di Anton Zoran Music. Venduto l'elegante lavoro di Wilfredo Lam, «Personnage en gris» del '69 per 95mila , mentre la scultura in ottone «Le Char de Thespis» di Fausto Melotti ha totalizzato 170mila (stimato 150mila). Tra gli invenduti un lavoro di Emilio Vedova del '54 esposto alla XXVII Biennale di Venezia, stimato 300-400mila, oltre a opere di Bonalumi, Vasarely, Turcato e Dorazio. Gli artisti più solidi, capaci di reggere alla crisi, sembrano oggi essere Manzoni, Morandi, Fontana, Castellani e Burri. L'«Achrome » del '59 (cm 100x80) di Piero Manzoni in temporanea importazione, stimato 350-450 mila è stato acquistato al telefono per 520mila, mentre la tela estroflessa di Enrico Castellani del '71 (cm 142x215) dopo diversi rilanci è passata per 330mila . L'elevato livello della «Natura morta» di Giorgio Morandi degli anni '40 (cm 35x63) ha spinto il prezzo a 1,250 milioni nonostante la proposta di notifica della Soprintendenza. L'opera è stata comprata dallo stesso collezionista che si è aggiudicato per 650mila le «Colonne e foresta nella stanza» del '28 di Giorgio de Chirico. In ascesa Pietro Consagra: la scultura in marmo e bronzo del '60, «Colloquio », ha raddoppiato la stima massima toccando i 120mila . Gabriele Biglia © RIPRODUZIONE RISERVATA Venduto il 66% al palo Vedova, liquidi Manzoni, Castellani e Burri

Torna all'inizio


Il rebus dei dipinti di It Holding (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-05-23 - pag: 13 autore: Aziende e debiti. La passione per l'arte di Perna e gli acquisti di Castelli Il rebus dei dipinti di It Holding E milio Vedova, Giorgio de Chirico, Mario Sironi e tanti altri. Non è una galleria d'arte, ma poco ci manca. Sono, al contrario, le collezioni di proprietà (o un tempo possedute) da alcuni manager ben noti a Piazza Affari, i cui imperi sono finiti al collasso finanziario. La famiglia Castelli di Aedes, ma soprattutto l'imprenditore molisano Tonino Perna – padre padrone di It Holding – hanno infatti due caratteristiche in comune: non soltanto le loro società sono finite strangolate dai debiti, ma entrambi hanno in qualche modo potuto ammirare per diverso tempo nei corridoi delle loro aziende quadri di grandi artisti. Da Ferruzzi a Cragnotti Del resto, il binomio tra finanza in crisi e arte non è nuovo alle cronache. Basta guardare al passato. All'inizio degli anni 90 nel dissesto finanziario del gruppo Ferruzzi-Montedison entrarono in scena arredi e dipinti di grande pregio. Tante opere d'arte molte delle quali non vennero recuperate, perché finite in residenze private di alcuni ex-amministratori. E come dimenticare gli oltre 70 dipinti, tesoro prezioso della Cirio di Sergio Cragnotti eredità del chiaccherato passaggio negli anni 90 dalla Casa d'aste Semenzato alla Cragnotti & Partners Capital Investment. La casa d'aste finì in liquidazione sotto il peso dei debiti e le opere finirono nell'orbita del finanziere. Ma con il default di Cirio la collezione (che comprendeva quadri di Tiepolo e Kandinsky) è finita all'asta. La denuncia a Isernia In tempi recenti il collasso finanziario e il ricorso alla legge Marzano per It Holding, gruppo del lusso fondato da Tonino Perna, hanno dato avvio a due inchieste della magistratura, strettamente correlate. Una in corso a Isernia per accertare eventuali reati societari e l'altra che sta seguendo la Procura di Milano (il magistrato Carlo Nocerino) per verificare un reato di aggiotaggio sul titolo, in relazione alle notizie riguardanti l'offerta annunciata (e poi sparita) di potenziali compratori, pochi giorni prima della dichiarazione d'insolvenza. Notizia recente è la denuncia depositata dai commissari al Tribunale di Isernia in relazione a circa 200 opere d'arte che l'ex presidente Perna dichiara siano di sua proprietà. La Procura dovrà verificare con quali soldi siano state comprate: se con disponibilità personali dello stesso Perna oppure con risorse dell'azienda. Secondo quanto si apprende da fonti vicine alla Procura – nei giorni precedenti all'ingresso dei commissari governativi – diverse opere d'arte sarebbero state portate via dall'azienda a Isernia. Tuttavia Perna si difende dicendo che le «opere erano concesse in comodato d'uso e sono rientrate nelle società a cui appartenevano». Alcune di queste sarebbero in una lista ora sotto osservazione della Procura: quasi 200 opere fra cui dipinti (spicca un olio su tela di Giorgio de Chirico), sculture, foto (molte di Francesco Pignatelli) e stampe. Il tutto, secondo stime, per svariati milioni di euro. Tonino Perna, oltre a possedere una delle dimore più famose d'Italia (Villa Bismarck a Capri), è noto appassionato d'arte. Ha una fondazione no profit, dove presidente è la moglie Giovanna Palumbo Perna. Ha relazioni con diversi musei internazionali e, recentemente, starebbe pensando ad aprire una galleria a Londra. I quadri di Aedes Ma caso singolare è quello dei dipinti di Aedes, la società immobiliare della famiglia Castelli finita in crisi finanziaria e che recentemente ha visto accettato dalle banche il piano di nuovi azionisti disposti a ricapitalizzare il gruppo. In questi anni Aedes ha acquistato diversi dipinti di valore per investire in quella che doveva essere la galleria d'arte di prestigio dell'azienda, Art Gallery al piano terra della sede di Bastioni di Porta Nuova. Ma con la crisi finanziaria, per pagare gli stipendi, alcuni quadri sono stati venduti. In marzo sono andati all'asta da Finarte due dipinti (un Fernand Leger e un Arnan battuti a 33.900 euro e 17.300 euro) che erano già stati svalutati a fine 2008 e sui quali sono state accusate minusvalenze. Inoltre anche la Aedes Investissement, la holding lussemburghese, ha ceduto alcune opere d'arte. Ma è stata soprattutto una pittura su tela di Emilio Vedova, acquistata nel 2006 alla Galleria Ala per 800mila euro con successivi costi di restaurazione per 7.690 euro e un costo finale (compresa Iva) di 877mila, a destare attenzione: è stata rivenduta da Christies a Roma a dicembre a 650mila euro. Con una minuvalenza di 227mila: perdita che ha fatto riflettere Gianfranco D'Atri, rappresentante dei piccoli azionisti di Aedes, che nell'assemblea di due settimane fa ha chiesto, in modo vivace, lumi sulla deludente cessione, inferiore al prezzo di acquisto di soli due anni prima. Carlo Festa carlo.festa@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Indagine a Isernia su 200 opere E spuntano quadri di Vedova nella crisi Aedes

Torna all'inizio


Promotori in cerca di suggerimenti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-05-23 - pag: 9 autore: ASSORETI Promotori in cerca di suggerimenti I n che modo le reti di promotori possono trarre vantaggio dell'attuale crisi? Se ne discute oggi a Santa Margherita ligure in occasione del convegno annuale di Assoreti che ha invitato esperti di altri settori a dare suggerimenti sul tema ma soprattutto, proprio perché estranei al settore possono dare nuove suggestioni. La grave crisi finanziaria che ancora imperversa e che continua ad avere effetti sui risparmi delle famiglie ha il merito di aver fatto emergere le reali necessità di risparmiatori. Vale a dire, avere un controllo totale sui propri investimenti. Per questa ragione la relazione con gli intermediari è sempre più focalizzata sul rapporto consulenziale. Da questo punto di vista la reti di promotori finanziari, rispetto ad altri intermediari, sembrano essere avvantaggiate. Tradizionalmente da sempre hanno lavorato sulla relazione one to one, hanno puntato sul capitale umano (la variabile uomo nel bene e nel male è sempre stata al centro dell'attività), e poi a seguito di fusioni e aggregazioni i network sono diventati organizzazioni molto complesse che, dopo aver fatto i conti con la necessità di far quadrare i conti, oggi possono creare valore per gli azionisti. Allo sportello bancario manca quella stretta relazione di fiducia con il cliente, mentre alla nuova categoria dei consulenti indipendenti l'esperienza proprio perché si tratta una categoria che sta muovendo i primi passi. In ogni caso per rispondere a esigenze sempre più evolute, è indispensabile avere i mezzi per investire in piattaforme e in quella tecnologia che consente di fare della vera consulenza. Insomma, il mercato oggi offre delle opportunità e le reti possono coglierle. L.I.

Torna all'inizio


Gestori convinti, fondi meno (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-05-23 - pag: 11 autore: Previdenza complementare. Chi e come investe secondo criteri socialmente responsabili Gestori convinti, fondi meno La crisi spinge verso scelte di tutela ambientale e governance U na realtà o un'opzione ancora per pochi fondi pensione; ma una chance già attuale per gestori e consulenti. Il mercato italiano della previdenza complementare guarda ancora con una certa timidezza alle scelte di investimento socialmente responsabili; o in inglese «environment-social-governance », ossia ambiente-società-governo societario. Ma nonostante la ancora scarsa propensione ad adottare questi criteri, l'orientamento socialmente responsabile degli investimenti si avvia ad uscire dalla fase pioneristica per diventare gradualmente una realtà. è questo il quadro che emerge dall'indagine realizzata da Mefop, la società che si occupa dello sviluppo dei fondi pensione, e che verrà presentato giovedì in un seminario tecnico in programma a Roma, in collaborazione con il Forum per la Finanza Sostenibile. L'indagine è stata realizzata tra i mesi di marzo e aprile scorsi, con l'invio dei questionari a fondi pensione negoziali, preesistenti, aperti, a gestori e a consulenti (tassi di redemption del 67%, ad eccezione dei gestori, che hanno risposto in sedici). Se i fondi sono ancora complessivamente freddi sulla materia (si dice pronto il 26% dei negoziali, il 15% dei preesistenti e il 18 degli aperti), maggiore convinzione si registra tra chi è chiamato a indicare i trend di mercato, ossia i gestori (62,5%) e i consulenti (66,67%). E proprio i gestori sono i più convinti delle opportunità di extra rendimento (90%) soprattutto in questa fase di crisi finanziaria. Sul come (vedi grafico) pare evidente la convinzione che gli investimenti socialmente responsabili debbano essere affrontati con prodotti specifici e preconfezionati, piuttosto che su scelte dirette dei fondi, come invece avviene da tempo all'estero. Le difficoltà di investire in titoli secondo criteri di inclusione o esclusione che seguono i parametri socialmente responsabili sono legate soprattutto a questioni economiche e/o organizzative. Una preoccupazione condivisa (44% dei negoziali, 35% dei preesistenti, 50% tra gli aperti, 31% gestori e 44% consulenti), derivante soprattutto dalla modalità e delle finalità con cui vengono affidati i mandati secondo il modello del decreto 703/96 (in via di difficile ridiscussione). Incidono anche i costi connessi alle scelte «etiche» in senso lato: superiori a quelli bassi dei fondi pensione italiani, preoccupati in questa fase di non apparire esosi. Eppure è generalizzata la consapevolezza che il prossimo futuro porterà ad un sempre maggiore utilizzo dei criteri di investimento di rispetto dell'ambiente, del contesto sociale e di «interventismo» degli share-holder nei contesti deputati. A crederci in particolare i gestori (75%), ma anche i fondi negoziali e i consulenti (67%); meno "caldi" aperti (39%) e preesistenti (35%). Marco lo Conte http://marcoloconte.blog. ilsole24ore.com/ © RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna all'inizio


conroe ha detto: Eccoti il link dell'Economist, diciamolo: http://www.economist Qualche "simpaticone" con manie di primadonnismo deve avermi fatto cancellare il post... Ed ecco un' (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 283 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


Un Piano Marshall per i Paesi poveri (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

AGORÀ 23-05-2009 SOCIETÀ E CULTURA dove va l'economia/5 Se lo sviluppo della Cina ha permesso la crescita di un Occidente demograficamente spento, investire nel Sud del mondo permetterà un nuovo ciclo economico. Parla Ettore Gotti Tedeschi Un Piano Marshall per i Paesi poveri DI GEROLAMO FAZZINI P rofessione: banchiere. Da 15 anni Ettore Gotti Tedeschi, classe 1945, è in Italia il volto del Banco Santander e siede nei consigli d'amministrazione di numerose istituzioni economiche. Editorialista del Sole 24 Ore e dell'Osservatore Romano, ha esposto la sua visione di cattolico liberale in un librointervista con Rino Camilleri, Denaro e Paradiso. L'economia globale e il mondo cattolico. Avvenire lo ha intervistato per conoscere la sua «ricetta anti-crisi», che si fonda su una proposta controcorrente: una sorta di Piano Marshall per i Paesi poveri, segnatamente per l'Africa. All'indomani dell'insediamento di Obama alla Casa bianca lei ha scritto sull'Osservatore romano: «La ricostruzione da garantire oggi è quella dei Paesi poveri. Solo coinvolgendo tutto il mondo in uno sforzo superiore si potranno riassorbire gli effetti della crisi». Non le sembra una previsione ottimistica, in un mondo dove sono tornati in auge il protezionismo e la logica del «si salvi chi può»? «No, non è ottimistica, è realistica. Tant'è che è stata subito appoggiata da un alto manager della Banca Mondiale e da Gordon Brown. Il problema è che è troppo 'altruistica', impegnativa (ossia costosa) e con risultati a lungo termine. Quando, invece, i grandi consiglieri del principe stanno suggerendo nuove 'bolle' per risolvere i problemi a breve...». Lei sostiene che «la solidarietà paga anche in termini concreti» e invita a investire sui Paesi poveri immaginando che il loro sviluppo possa portare un beneficio, nel medio termine, anche al Nord del mondo. Ma non le pare che tale lungimiranza sia merce rara nel mercato di oggi? Pagheremo le conseguenze di una visione miope? «Sì, le pagheremo. Oggi riusciremo a uscire prima e meglio dalla crisi (generata negli Usa) grazie al fatto che negli ultimi vent'anni, non altruisticamente bensì opportunisticamente, abbiamo coinvolto l'Asia nel processo di globalizzazione economica. I neo-malthusiani di Stanford avevano previsto che nel 2000 milioni di cinesi e indiani sarebbero morti di fame; invece il Pil è cresciuto dieci volte rispetto all'aumento della popolazione. Grazie alla produttività e alla liquidità di Cina e India, oggi chi ha causato la crisi potrà meglio risollevarsi. Si pensi se avessimo esteso la globalizzazione economica anche nelle altre regioni più povere. Invece, stupidamente, noi europei ex colonialisti, abbiamo ignorato l'Africa, che è invece stata scoperta dai cinesi, i quali la stanno occupando economicamente ». A proposito di neo-malthusiani: in un'intervista di qualche mese fa lei ebbe a dire che «trent'anni fa si è avviata un'operazione culturale che ha fatto passare l'idea che non bisognasse più fare figli e si è deciso così di dar vita a un'economia fondata su uno sviluppo egoistico focalizzato esclusivamente sui con- sumi». Sta dicendo che l'attuale crisi ha radici lontane nel tempo? «Fino a metà degli anni Settanta il tasso di crescita della popolazione nel mondo occidentale era intorno al 4%. L'ideologia neo-malthusiana, che nasce nello stesso periodo, ha diffuso l'idea che tale tasso fosse insostenibile e che a fine secolo avrebbe prodotto centinaia di milioni di morti di fame nelle regioni più povere come India e Cina. In breve tempo il tasso scende a 2% fino a zero e sottozero: si fanno solo due figli per coppia e questo assicura la mera sopravvivenza. Ma se una popolazione non cresce numericamente, invecchia. Con due effetti: crescita dei costi fissi (dunque impossibilità di ridurre le tasse) e diminuzione del risparmio prodotto. In pratica blocca lo sviluppo economico. Per compensare questo crollo dello sviluppo del Pil, si è inventato un modello che chiamerò di 'sviluppo egoistico', consumistico e a debito. In pratica si è 'imposto' un modello di vita orientato alla crescita della produttività in tutti i modi: interna (superlavoro, lavoro delle mogli, ecc.) ed esterna (delocalizzazione in Asia di produzioni a basso costo). Non solo: si è imposto il superconsumo per far crescere il Pil. Una volta arrivati ai limiti di potere di acquisto disponibile, si è passati ai consumi a debito». Da qui ai mutui subprime il passo è breve. «Con quella tecnica si è fatta comprare la casa a chi non aveva i soldi per pagarla. L'obiettivo non era tanto di garantire a tutti la propria abitazione, quanto stimolare un settore economico trainante quale l'edilizia. Oggi la famiglia americana è indebitata fino al collo, il valore della casa comprata è crollato, gli investimenti in azioni dimezzati, il lavoro a rischio: come fa ad avere fiducia ? La famiglia è stata di fatto 'sussidiaria' allo Stato e alle sue ambizioni di crescita». Cito da un suo recente corsivo: «Il mondo ricco è stato stupido non solo egoista rifiutando di riconoscere la necessità di autorità e leggi morali». Al di là dei mea culpa di circostanza, cosa le fa pensare che il mondo economico abbia la volontà di darsi regole e di obbedire a un'etica condivisa? «L'altro ieri il Sole 24 Ore ha pubblicato un mio articolo sulla crisi. Sono subito stato accusato da qualche amico di voler imporre la mia morale cattolica... Il punto è che dopo Keynes l'economia pretende una sua autorità morale. Gli effetti si sono ben visti quando un mezzo, uno strumento (l'economia) diventa fine. Nel mondo globale coesisteranno varie etiche economiche fra loro in contraddizione. Ciò spiega perché si vuole cancellare il riferimento morale nelle scelte oppure imporre quello relativistico». Da più parti c'è chi suggerisce alla comunità economico-finanziaria l'esempio della finanza islamica come modello virtuoso. Lei non pensa che anche il mondo cattolico, con la rete delle banche di credito cooperativo o iniziative quali Banca etica, avrebbe autorevolezza nel proporre strade nuove per risolvere la crisi? «Il modello di 'finanza islamica' è apprezzato perché nei suoi principi è vicino al modello economico tomistico, applicato conformemente alla legge coranica. Nel mondo 'cattolico' il modello delle banche di credito cooperativo è assolutamente interessante e perseguibile. Mentre sulla banca etica il discorso è diverso: la banca etica è un'etichetta, è marketing. Non esiste la banca che sia di per sé etica. Non esiste uno strumento etico, come non esiste il coltello etico (può servire a tagliare il pane o sgozzare). Non può essere etico uno strumento, bensì chi lo gestisce. Etico è l'individuo e lo deve dimostrare nei fatti». E dunque, come uscire dalla crisi? «Occorre, ripeto, una soluzione solidale, una specie di 'piano Marshall' verso i Paesi poveri. Con il risultato che cresceranno alla svelta, producendo quella ricchezza che noi non possiamo più produrre e consumare. Con beneficio anche per noi stessi». (5, continua) Ettore Gotti Tedeschi Distribuzione di viveri ai poveri presso il convento cappuccino di Dublino, in Bow Street

Torna all'inizio


Banche, Bazoli: crisi è nata in America, stress su tempi bilanci (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

LA BAGNAIA (Reuters) - Intervento a tutto campo di Giovanni Bazoli, presidente del Comitato di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, al convegno dell'Osservatorio giovani-editori, con riferimenti alla crisi finanziaria internazionale, a quando accettò la presidenza di Intesa ed a quando valutò la possibilità di un impegno politico. Dopo avere ricordato il suo rapporto con Nino Andreatta e la decisione di accettare la presidenza di Intesa così come la "tentazione" di un impegno in politica alla quale non cedette, Bazoli si è soffermato sulla crisi finanziaria globale. "Le basi della crisi del '29 sono completamente diverse da quelle della crisi attuale. La crisi è nata in ambito finanziario americano [...]. Quello che è succesos in America in ambito finanziario è inaccettabile. Occorrono modifiche importanti che ci facciano uscire dalla crisi. Siamo di fronte alla necessità di una svolta. Una ricerca smodata del profitto in tempi sempre più stretti [...] è inaccettabile", ha detto Bazoli, rispondendo alle domande di Massimo Gramellini nel corso del convegno.

Torna all'inizio


Albenga: Ortofrutticola, vendita sede obiettivo raggiunto (sezione: crisi)

( da "Savona news" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Albenga: Ortofrutticola, vendita sede obiettivo raggiunto Durante l’assemblea dei soci della Cooperativa Ortofrutticola di Albenga di venerdì 22 maggio è stato ratificato l’accordo stipulato dal Presidente Marco Ansaldi per la vendita dell’area di via Dalmazia alla ditta Franco Barberis S.p.A., primaria società dell'albese che ha realizzato, tra l’altro, opere per altre importanti aziende tra le quali Ceretto, Gaja, Martini e Rossi. Si tratta di un’operazione avviata dalla Cooperativa Ortofrutticola 15 anni fa con l’obiettivo di accorpare tutti i settori in una unica sede a Bastia d’Albenga in Regione Massaretti. La vendita della vecchia sede consentirà alla Cooperativa di porre le basi per lo sviluppo futuro partendo da una situazione di equilibrio finanziario e di efficienza operativa. I benefici saranno tangibili per i soci e per l'agricoltura albenganese nel suo complesso. “La vendita della sede – dichiara il presidente uscente - frutterà alla cooperativa quasi 21 milioni di euro, somma che, a regime, permetterà di coprire completamente i costi di costruzione della nuova sede, di azzerare l'indebitamento pregresso e di ottenere una ulteriore iniezione di liquidità a supporto dei piani di sviluppo dell’azienda”. Un’azione che arriva subito dopo un tormentato esercizio 2008 che ha portato ad una perdita record di oltre 2 milioni di euro. “Nell'immediato, - continua Ansaldi - avremo un acconto che permetterà di riequilibrare la situazione finanziaria a breve termine e di consentire alla nostra cooperativa di affrontare i due anni necessari alla costruzione ed al trasferimento con la massima serenità. Le cause della perdita sono molteplici: come risaputo, la nostra cooperativa vive da anni in una situazione molto difficile dal punto di vista operativo con l'attività divisa in due stabilimenti, la sede storica di via Dalmazia che è ormai inadeguata per l'attività che viene svolta (il progetto risale agli anni 60 del secolo scorso e nasceva per produzioni agricole orticole e frutticole di cui si è persa addirittura memoria nella nostra piana). Tale situazione ha portato ad un aggravio di costi che, con la nuova sede, sarà possibile ottimizzare e ridurre notevolmente. In aggiunta a ciò, nel 2008 ha visto l'epilogo la sfortunata esperienza del direttore generale, iniziata nel 2007 e che ha visto una serie di iniziative poste in essere: “Mercatin d’Arbenga”, acquisizione aziende commerciali, nuove strategie commerciali molto aggressive che hanno portato ad un aumento delle vendite ma ad un corrispondente minor margine, che non hanno dato i risultati sperati, aggravando notevolmente la situazione economica e, soprattutto quella finanziaria. Tutto ciò, nel momento in cui è esplosa la crisi finanziaria internazionale ha significato un aumento esponenziale degli oneri finanziari (+92%) che ha contribuito al pessimo risultato del 2008. Considerato l'andamento della gestione e dell'economia internazionale sono state effettuate svalutazioni ed accantonamenti prudenziali per oltre 600 mila euro”. Nonostante il bilancio in perdita, il nuovo gruppo della Cooperativa non si è scoraggiato ed ha fissato come obiettivo il sostanziale pareggio operativo prima degli oneri finanziari che consentirà alla cooperativa di invertire la tendenza dei risultati economici degli ultimi due anni e di mantenere in equilibrio la gestione finanziaria. Un’inversione dei risultati economici che sembra essere arrivata a pochi mesi dall’inizio dell’anno. A dimostrarlo è il fatturato del magazzino prodotti del mese di aprile che in un solo mese di vendita ha chiuso con l’aumento di oltre il 20 per cento. Ma non solo. La gestione attenta e l’impegno di tutti hanno consentito alla cooperativa di non licenziare lavoratori e non ridurre gli organici, in un momento in cui la crisi internazionale induce molti imprenditori a effettuare tagli sul personale. La vendita della sede di via Dalmazia e il trasferimento in località Massaretti saranno un’occasione di rilancio per la cooperativa. “La scelta di vendere alla ditta Franco Barberis S.p.A. non va a scapito delle altre, numerose, aziende che hanno partecipato a questa operazione, alle quali va il nostro ringraziamento per aver valutato di cooperare con la nostra cooperativa e per averci, spesso, indicato possibili miglioramenti alle nostre progettualità – conclude Ansaldi -. L'offerta della ditta Franco Barberis S.p.A. si è semplicemente rivelata quella più aderente alle impostazioni che ci erano state date dall'assemblea che non si limitano al pur importante aspetto economico, nel quale la ditta ha peraltro espresso l'offerta più alta, ma anche, ad esempio, ai tempi ed alle modalità del passaggio del titolo di proprietà, all'importo degli anticipi e alla tempistica di realizzazione.

Torna all'inizio


babelick ha detto: infatti diciamolo,però bisogna darsi una mossa!un pò di mentalità spagnola o disciplina tedesca non guasterebbe.qui non si fa mai niente e gli egoismi sono forti (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 284 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


Un processo di sabato? Scoppia l'epidemia (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Un processo di sabato? Scoppia l'epidemia A Venezia l'udienza straordinaria fissata per oggi dal tribunale ha rischiato di saltare per "malattia" Sabato 23 Maggio 2009, (Segue dalla prima pagina) Normalmente le uniche udienze celebrate di sabato sono le cosiddette direttissime, che si svolgono a Mestre e riguardano persone arrestate pochi giorni prima. Per il resto il Tribunale è aperto per la ricezione di atti. In questo caso, invece, il dibattimento non riguarda detenuti: i cinque imputati sono tutti a piede libero, sotto accusa per il crac delle società Cdc e Manifatture Venete di Eraclea, in provincia di Venezia, con l'imputazione di aver costituito una presunta associazione per delinquere finalizzata alla commissione di «una serie indeterminata di delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione, mediante operazioni di acquisizione di imprese in crisi finanziaria compiute anche avvalendosi di prestanome». Si tratta di un processo complesso, come spesso accade per quelli che riguardano la ricostruzione di vicende societarie. Inoltre ha avuto un iter particolarmente tormentato: inizialmente, per circa due anni, non è stato possibile aprire il dibattimento per l'impossibilità di trovare tre giudici che non avessero motivi di incompatibilità (si erano già occupati del caso in qualità di gip o in sede di riesame). Finalmente il processo ha preso il via ma, nella primavera del 2008, si rese necessaria una sospensione di sei mesi perché uno dei giudici fu applicato in Corte d'Appello. Ora, dopo la ripresa, si è profilato un nuovo ostacolo: nel prossimo mese settembre, infatti, uno dei tre componenti del collegio giudicante verrà trasferito al Tribunale civile. Nel frattempo si avvicina la prescrizione dei reati: gli episodi finiti sotto accusa, infatti, risalgono al periodo compreso tra il 2000 e il 2002. Ecco perchè il presidente del collegio, Savina Caruso, ha proposto di tenere udienza anche di sabato; proposta alla quale gli avvocati e il pm Federico Bressan hanno dato la propria disponibilità. In un primo momento sembrava fosse una soluzione impraticabile per la cronica carenza di personale che affligge gli uffici giudiziari veneziani (meno 30 per cento) ma, nel corso di un incontro tra sindacati e presidente del Tribunale, Attilio Passannante, si è concordato che anche di sabato è possibile celebrare udienze penali. L'inchiesta sul crac delle due società si era concretizzata nel 2003 con l'arresto di otto persone in relazione a reati commessi nella gestione di ditte di abbigliamento di mezza Italia. L'avvocato Giorgio Bortolotto, legale di parte civile per le ditte fallite, chiede un risarcimento di 7 milioni di euro per i danni che sarebbero stati provocati dagli imputati. Gianluca Amadori

Torna all'inizio


Crescita all'inverso (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

LA CRISI, OCCASIONE PER UN'ALTRA SINISTRA Crescita all'inverso Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo: un faccia a faccia a partire dalla crisi economica per ridefinire parole come «crescita», «sviluppo», «politica», «disarmo». E mettere al centro i «vituperati» limiti ambientali carla ravaioli giorgio ruffolo Crisi economica, limiti del capitalismo, ideologia dello sviluppo, «decrescita». Parole chiave per comprendere il presente e per una sinistra alternativa. Ne parlano, in questo faccia a faccia, Carla Ravaioli e Giorgio Ruffolo. Carla Ravaioli Di fronte al terremoto che scuote l'economia mondiale le sinistre non sembrano avere una risposta propria. Uscire dalla crisi, rilanciare l'economia, sono i loro obiettivi, gli stessi di tutti. Cosa da un lato comprensibile: cercar di contenere disoccupazione e precarietà già dilaganti, è compito loro. E tuttavia parrebbe naturale che le sinistre tentassero di spingere lo sguardo oltre l'immediato, per una lettura più approfondita della crisi, e anche per provare a pensarne un esito diverso da quel «superamento» in cui tutti sperano. Giorgio Ruffolo Da tempo la sinistra non è più in grado di dare risposte alla politica, e nemmeno di porre le domande giuste, irrigidita com'è su due posizioni: l'una riformista di breve periodo, l'altra contestativa in genere, rivoluzionaria ma solo a parole. Due debolezze in fondo, lontane dalle autentiche vocazioni della sinistra: quella progettuale, impegnata in un riformismo concreto, e quella ideale, orientata a pensare una società diversa. C. R. Forse, appunto, la mancanza di una risposta adeguata è dovuta alla mancanza di domande giuste... Si tende, anche a sinistra, a vedere la crisi attuale come una delle tante ricorrenti nella storia del capitalismo. A me pare molto diversa... Se non altro perché in realtà le crisi che scuotono il mondo sono due: quella economica e quella ecologica... Le quali a me (e non a me solo) sembrano strettamente intrecciate... G. R. La crisi attuale è crisi dell'accumulazione. L'accumulazione, che è la logica del capitalismo, è per natura illimitata. Di fatto, una logica impossibile, quindi illogica, dissennata. Che è la causa prima sia dei disastri finanziari, sia di quelli ambientali. E parrebbe ormai davvero il momento di recuperare l'etica dei limiti, di saper contrapporre qualità a quantità. C. R. E questo è - parrebbe dover essere - compito soprattutto delle sinistre. Ma non sembra un'ipotesi probabile... In realtà uno dei «peccati» che non riesco a perdonare alle sinistre è la loro totale sordità nei confronti del problema ambiente. Che dura ancora oggi: per le sinistre come per tutti, la questione resta marginale. Né mai viene messa in relazione con la crisi economica: relazione che a me pare evidente... G. R. Non c'è dubbio. Ambedue le crisi, sia quella finanziaria, poi ricaduta sulla economia «reale», sia quella ecologica, costituiscono una minaccia gravissima, e ambedue dovrebbero essere affrontate con un'economia di nuovo tipo, capace di evitare da un lato l'indebitamento della finanza, dall'altro l'indebitamento con la natura. Una delle non poche affinità esistenti tra i due fenomeni è appunto il fatto che ambedue nascono da un indebitamento. La diffusione di falsi crediti, che non trovavano riscontro nell'economia reale e non potevano pertanto essere restituiti, è all'origine della crisi finanziaria. Ma anche la crisi ecologica nasce da crediti che non possono essere restituiti: i danni irreversibili recati agli ecosistemi dalla rapacità con cui la società industriale è andata usando le risorse naturali, sono in realtà dei prestiti senza copertura. C. R. Già. Ma, per quanto l'ambientalismo insista nell'indicare questa insanabile aporia tra una produzione in crescita illimitata e i limiti del Pianeta, l'economia insiste nell'inseguimento della crescita. Far ripartire l'aumento del Pil è suo obiettivo primario. Le sinistre, i sindacati, si allineano... G. R. Eppure non potremo mancare di affrontare una domanda-chiave: è possibile porre in essere un'economia che eviti sia l'indebitamento del denaro, sia quello con la natura? Una domanda che non può prescindere da una seria analisi del rapporto tra l'attuale tipo di sviluppo e la crisi in corso. Rapporto che si manifesta con tutta evidenza, ad esempio, nei modi in cui si tenta di far fronte alla scarsità energetica: spingendo la ricerca di carburanti fossili nei luoghi più remoti, impegnando la tecnologia nella ricerca sempre più attiva di energie rinnovabili, nella messa a punto della massima efficienza; eccetera. Tutte cose utili, ma che, di fatto, non si confrontano con il problema della scarsità; accettano un'economia come la nostra, che ignora ogni fine superiore e impone se stessa come fine; ignorando insomma che il progresso non si misura quantitativamente, in termini di crescita, ma qualitativamente, in termini di sviluppo. C. R. Lo sai bene, queste tue posizioni sono anche mie. Da gran tempo. L'evolversi della situazione mondiale mi va però suscitando non poche perplessità circa la possibilità di porle in essere. Perché lo «sviluppo», così come ormai viene concepito e perseguito, è in realtà sempre meno distinguibile dalla «crescita». La quantità mi pare si sia ormai imposta come una categoria che pervade e conforma tutti gli ambiti, fino a dare forma a rapporti di ogni tipo, percorsi di vita, progetti di ogni futuro... Non a caso il consumo definisce, non solo nei testi di sociologia, la forma del nostro tempo. Il consumo impostosi come simbolo positivo dell'identità individuale; il reddito, in quanto capacità di consumo, assunto come obiettivo primo di ogni vita, da conseguire non importa come; una massa di consumi individuali che danno corpo e futuro all'accumulazione capitalistica... E' una vera e propria mutazione antropologica che si è prodotta negli ultimi decenni. Superare questa realtà temo richieda un drastico mutamento di abitudini, modelli, categorie mentali prevalenti, una rottura storica insomma, una «rivoluzione». Che d'altronde non immagino in alcun modo simile alle rivoluzioni del passato. G. R. Io sono convinto che questo capitalismo sia insostenibile. E la crisi attuale lo dimostra. Però sono convinto anche della possibilità di un capitalismo qualitativo, credo insomma che si possa salvare il capitalismo da se stesso. Perché non è vero che l'unica via al capitalismo sia l'accumulazione. E non sono il solo a crederlo. Ad esempio se ne dice convinto anche Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri», che parla della crisi come di un'opportunità di ridisegnare l'economia e il sistema finanziario, dando luogo a un «capitalismo ben temperato», non finalizzato alla massimizzazione del profitto, ma alla diffusione del benessere; e a questo proposito ricorda che Adam Smith, oltre a La ricchezza delle nazioni, ha scritto anche Teoria dei sentimenti morali, un bellissimo libro, in cui si occupa della complessità della natura umana, capace non solo di egoismo, ma anche di sollecitudine per la felicità altrui. Cosa su cui hanno riflettuto grandi economisti italiani, come Federico Caffè, Giorgio Fuà, Paolo Sylos Labini; e che ha trovato attuazione nell'opera di grandi capitani di industria, come Adriano Olivetti e Enrico Mattei, i quali hanno costruito grandi fortune perseguendo ideali non identificabili solo con il danaro. C. R. Tutto questo è vero, e anche molto affascinante... Ma francamente non so quale possibilità abbia di messa in opera, nella situazione attuale. Che è una situazione estrema. Sotto l'aspetto ambientale, con la vistosissima accelerazione dello squilibrio ecologico. E sotto l'aspetto sociale, con un crescente sfruttamento del lavoro, insieme a un aumento scandaloso delle disuguaglianze: secondo l'Ocse l'1% della popolazione mondiale detiene il 50% della ricchezza. Ma anche, forse soprattutto, per via del gravissimo guasto, morale, psicologico, mentale, che il dominio della quantità, cioè l'economia degli ultimi decenni, ha prodotto: di cui la corruzione capillarmente diffusa e ormai accettata come normale è un significativo esempio. In questa realtà non so se un riformismo del tipo di cui parli possa trovare spazio e seguito. In che modo convincere la gente che il consumo, simbolo e totem del nostro tempo, va abbandonato, o quanto meno fortemente contenuto? G. R. E' il problema che poni anche nel tuo ultimo libro, Ambiente e pace - Una sola rivoluzione. Libro che ho molto apprezzato nella «pars destruens», ma che mi convince pochissimo nella proposta di disarmo dell'Europa .... C. R. Ma l'idea era di iniziare con l'Europa, per poi affidarle il compito di portare avanti la proposta, coinvolgendo anche i molti paesi - soprattutto del Sud del mondo - dove il pacifismo è presente e attivo. Dopo tutto, se produrre meno è, secondo l'ambientalismo più qualificato, l'unica via di salvezza, incominciare tagliando la produzione di armi, non mi pareva sbagliato. E non mi pare nemmeno ora, devo dire. Solo che in un anno, da quando ho dato alle stampe il libro che citavi, ho in qualche modo cambiato, o piuttosto «allargato» la mia ipotesi. In due parole: la produzione di armi rappresenta ufficialmente il 3,5% del Pil mondiale. Qualora gli umani la piantassero finalmente di risolvere i loro problemi ammazzandosi reciprocamente, e anche di usare la guerra per rimettere in marcia l'economia quando rallenta, questo (due ipotesi azzardatissime, certo) rappresenterebbe per l'ambiente una bella «ripulita», no? G. R. Certo che sarebbe una bella ripulita, ma questa ipotesi irenica (gli umani, tutti, diventati di colpo pacifici) non mi pare, francamente, meno utopistica del mio «capitalismo ben temperato». A quello si può arrivare gradualmente, come sempre è avvenuto: dopo tutto il capitalismo attuale è ben diverso da quello dei «maitres des forges» del XIX secolo: mentre alla pace universale si può giungere solo con un accordo universale, che non vedo all'orizzonte. D'altra parte, cominciare con l'Europa mi pare fin troppo facile... L'Europa questa scelta l'ha già fatta da tempo, per quanto riguarda le sue «guerre civili». Eppoi, una prospettiva di pace senza condizioni comporta la «pace con Hitler»: per intenderci, la rinuncia a difendersi da ogni tipo di aggressione. E' moralmente sostenibile? C. R. Se una persona della tua intelligenza e delle tue posizioni politiche risponde così a questa mia idea, dev'essere un'idea davvero sballata... Più di quanto io stessa credessi, ed era tanto... E però m'è capitato di accennarvi in diverse pubbliche occasioni e, certo, le obiezioni non sono mancate, anche molto dure. Esempio: e tutti quelli che nelle armi ci lavorano, che pensi di farne? Ma parlare di riduzione generalizzata degli orari già riportava il discorso a livelli di normale discussione. Oppure: chi pagherebbe tutto questo? E di nuovo bastava ricordare la mostruosa disparità dei redditi e il dovere di una distribuzione più equa, per tornare a ragionare. Eppoi Hitler, certo, sacrosanto combatterlo: e però il nazismo non è stato il prodotto della prima grande guerra? Non è che violenza chiama nuova violenza? G. R. Carla, quel che ti si deve riconoscere è il coraggio dell'utopia. Che è più concreta di tante «realistiche» chiacchiere. Al metro della storia, almeno, che è fatta di utopie realizzate. Come l'abolizione della schiavitù. Neppure la Chiesa aveva il coraggio di sostenerla. Del resto, la schiavitù, la praticava largamente. Dunque è giusto battersi per le cause difficili. Senza dimenticare - è questa la virtù del buon riformismo - che esistono vie laterali, anche se più lunghe. L'importante è lo scopo. E su questo mi pare che siamo largamente d'accordo.

Torna all'inizio


Vardanega: Serve una rete di protezione (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 23-05-2009)

Argomenti: Crisi

Vardanega: «Serve una rete di protezione» Sabato 23 Maggio 2009, È impossibile entrare nel merito, parlare delle cause del suicidio dell'artigiano di Lutrano e del manager di Villorba. In un momento di dolore condiviso per due fatti tragici va testimoniata la solidarietà ai familiari. Il presidente degli industriali trevigiani, Alessandro Vardanega, risponde così alla richiesta di un commento sui suicidi succedutisi nei giorni scorsi, forse legati, almeno in una certa misura, anche con problemi di lavoro. «Le nostre imprese, i nostri lavoratori stanno vivendo una crisi di cui non si ricordano precedenti cui potersi riferire. È importante una cultura dello stare assieme, della collaborazione. In un momento difficile bisogna gettare le basi per essere pronti a cogliere le opportunità legate a una sicura ripresa». I fatti accaduti impongono una riflessione sulla "solitudine" vissuta da chi si trova a gestire un'azienda, mentre «è chiaro che l'imprenditore non va abbandonato in questi frangenti». Serve una rete di protezione. «Bisogna lavorare assieme. Le grandi banche debbono essere più presenti sul territorio, mentre per contro si è assistito ad una rarefazione delle presenze dei funzionari come conseguenza della crisi finanziaria. Ed è auspicabile una forma flessibile di Basilea 2, con un allentamento della rigidità del credito quando la situazione lo richiede». «Le istituzioni - ha poi richiamato Vardanega - debbono fare la loro parte. E debbono farla subito, dimostrando di saper agire, ma anche di saper concretizzare in fretta. E gli imprenditori debbono continuare a investire, a innovare anche nell'organizzazione, a sviluppare il patrimonio, a fare squadra per conseguire obbiettivi che diversamente sarebbero fuori portata». Vardanega, in particolare, pensa alla penetrazione dei mercati internazionali, il vantaggio competitivo che meglio si misura nei momenti di crisi. «Dobbiamo superare l'individualismo, pensare anche a consorzi, quando si profilano mete che non possiamo ambire singolarmente», ha detto il presidente degli industriali. Come evolve la crisi? «Per tutto il 2009 vivremo una fase di assestamento, con grande volatilità. Potremo ancora assistere a richieste di cassa integrazione, a collocamenti in mobilità, forse anche a chiusure, ma non dovrebbero più profilarsi momenti di panico come è accaduto nei mesi scorsi. I timidi segnali di ripresa inducono ad affrontare la peculiare crisi con la determinazione già messa in campo nel passato». Ma c'è chi assume determinazioni diverse. «In tempi recenti ho incontrato seicento imprenditori trevigiani - taglia corto Vardanega - e non ho sentito una sola voce che invitasse a gettare la spugna, ad abbandonare la pur ardua impresa. Ho riscontrato preoccupazione, ma anche una grande forza di volontà. Ed è per questo che abbiamo voluto intitolare la nostra assemblea generale del mese venturo 'Imprese che guardano avanti'. Sono convinto che la crisi attraversata porterà un cambiamento di modello economico. Però sono del pari convinto che le nostre imprese usciranno vincenti dal confronto». Sui due casi di suicidio c'è una dichiarazione del segretario generale della Uil, Antonio Confortin. «Si tratta di fatti indubbiamente molto gravi e dolorosi. Ma io non so se si possa davvero arrivare a dire che è stata la crisi economica a determinare le decisioni di farla finita». «La crisi perdura e tutto il giorno non faccio altro che parlare dei problemi collegati. Mai come in questo momento si sente l'utilità degli ammortizzatori sociali». Barty Stefan

Torna all'inizio


Cardia difende le norme antiscalata (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

IL PRESIDENTE CONSOB Cardia difende le norme antiscalata ROMA Le norme anti-scalata recentemente introdotte anche su consiglio della Consob rappresentano uno strumento temporaneo che, fermi restando i valori del Testo Unico della Finanza, consente all'Italia di non fare «il vaso di coccio tra i vasi di ferro» di un mondo che ha aumentato il proprio tasso di protezionismo. Così il presidente della Consob Lamberto Cardia, in un intervento su Il Sole 24 Ore, nel quale ricostruisce gli effetti della crisi e le norme adottate dall'Italia. \

Torna all'inizio


Fiat e crisi dell'auto. Tra disoccupazione e riconversione (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Fiat e crisi dell'auto. Tra disoccupazione e riconversione Di Mario Lettieri e Paolo Raimondi* 24-05-2009 Normal 0 false false false MicrosoftInternetExplorer4 Il 23 febbraio scorso il New York Times pubblicava un editoriale con un titolo molto diretto "Why can't Cerberus foot the bill?" (Perché Cerberus non paga il conto?) in cui invitava i padroni della Chrysler e della General Motors, in primis il fondo di investimento Cerberus, a mettere sul tavolo i soldi necessari a salvare le due fabbriche automobilistiche, senza elemosinare ulteriori aiuti dello stato e della collettività. Cerberus Capital Mangement è uno dei più agguerriti e spregiudicati equity fund, specializzato nel "metodo spezzatino", cioè quello di acquisire il controllo di un'impresa, eventualmente in difficoltà, spolparla, prendere il filetto e lasciare pelle e ossa (e debiti) agli altri, in particolare allo Stato. Non ha potuto portare a termine questo programma in quanto la crisi globale ha drammaticamente cambiato le carte in tavola. In aprile 2007 Cerberus aveva preso il 51% della Gmac, la fortezza finanziaria della Gm con un portafoglio crediti al consumo (auto) pari a 1.400 miliardi di dollari e un anno dopo aveva acquistato l'80% della Chrysler. Cerberus, nome appropriato che si riferisce al mostro canino a tre teste che fa da guardiano all'inferno ricordato nella "Divina Commedia", è anche un colosso internazionale immobiliare e dei mutui sub prime, delle ipoteche e dei crediti facili e quindi è stato un attore primario nella crisi finanziaria globale. Lo scorso dicembre nel mezzo della bancarotta, il governo americano aveva dato 13 miliardi di dollari alla Gm e 4,3 alla Chrysler, poi a febbraio, dopo drastici tagli nell'occupazione e nella produzione e un inevitabile aggravamento della crisi finanziaria, Gm e Chrysler avevano chiesto rispettivamente altri 17 e 5,3 miliardi di dollari in aiuti. A quel punto il New York Times aveva sfidato Cerberus a venire allo scoperto. Come si sa la dimensione dell'intreccio è complicata dal fatto che Gm, che è in procinto di chiedere il Chapter 11, cioè di dichiarare bancarotta, controlla la tedesca Opel, anch'essa alla vigilia di una "amministrazione fiduciaria temporanea" da parte del governo di Berlino. Abbiamo riportato questi fatti perché prima di procedere con il petto gonfio di un certo "orgoglio nazionale" a buon prezzo, è doveroso farsi questa domanda: quale è l'accordo finanziario vero sottostante la possibile acquisizione della Chrysler da parte della Fiat e la joint venture con la Opel? Fino ad ora si sono sentite solo garanzie verbali secondo cui l'acquisizione non costerà niente, anzi la Fiat ci guadagnerebbe in mercato e in riduzione di costi di scala. In una situazione in cui tutti chiedono aiuti e piangono perdite e miseria, sorge qualche sospetto quando si pretende che la crisi all'improvviso crei delle opportunità che farebbero bene a tutti! I dubbi infatti sono tanti anche perché pochissimi anni fa, fino alla primavera del 2005, era la Fiat in crisi che doveva essere assorbita dal gigante Gm. Certamente la crisi finanziaria globale ha evidenziato i conti truffaldini delle case americane e i buchi vertiginosi in tutte le altre, ma ha anche prodotto un crollo nelle produzioni e nei consumi, settore auto incluso. Per evitare ulteriori nuove sorprese è quindi necessario conoscere in dettaglio gli accordi finanziari di cui poco si dice. Inoltre, è vero che, dallo sconquasso provocato dalla crisi, in verità si sapeva già da prima, nel mondo emergeranno solamente 4-5 grandi gruppi industriali dell'auto. Entriamo quindi in un inevitabile fase di "mega alleanze" dove è auspicabile una Fiat attiva più che reattiva. Ma è altrettanto vero che, anche con una stabilizzazione della crisi, il mercato automobilistico occidentale vedrà un ridimensionamento almeno del 20%. Perciò la seconda domanda che dobbiamo consapevolmente porci è: cosa succederà con gli "esuberi" di mano d'opera e di macchinari? Il problema non è soltanto la bravura e la riuscita delle trattative di Marchionne, le cui capacità manageriali non sono in discussione. La discussione in Italia ha finora evitato accuratamente di affrontare il problema dei livelli di occupazione e della cassa integrazione. E' poi reale il rischio di un pericolosissimo scontro tra lavoratori sia a livello nazionale che internazionale. Perciò per mantenere ed espandere l'occupazione e il settore dell'auto è necessario mettere in campo un vasto progetto industriale anche di riconversione. Se produrremo meno auto, potremmo produrre altri beni necessari allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto pubblico e più in generale di macchinari, turbine, ecc. per altri settori tecnologici, ad esempio quelli legati alle grandi infrastrutture e all'ambiente. Crediamo che non manchino alla Fiat le competenze necessarie a preparare un simile programma. E' una grande sfida per la Fiat, per l'Italia e per il governo. Ma non è forse una strada obbligata segnata dalla crisi globale più grave della storia? *Lettieri è stato sottosegretario all'Economia nel governo Prodi. Raimondi è un economista

Torna all'inizio


DZ Bank conferma: CCB partner strategico (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

DZ Bank conferma: «CCB partner strategico» Ogni altra alleanza sarà concordata. Stop alla filiale di Milano SOAVE (VERONA). DZ Bank è impegnata a curarsi le ferite della crisi finanziaria che ha colpito le banche tedesche molto più duramente di quelle italiane. Inevitabile il rallentamento dei suoi progetti d'espansione, perciò per ora non aprirà la filiale di Milano. Ma Thomas Duhnkrack, consigliere DZB, ha confermato che Cassa Centrale resta l'alleato strategico in Italia, aggiungendo che ogni altra ipotesi sarà discussa «su un tavolo a tre partecipanti», ovvero assieme a Cassa Centrale. L'impegno contenuto nella lettera di Duhnkrack letta dal rappresentante italiano di DZB, Nicolò Ravano, è un chiaro riferimento ai contatti in corso con Iccrea Holding. Sondaggi - è il messaggio - che saranno condotti con la piena partecipazione delle banche trivenete. Premessa che favorirà gli accordi allo studio con R+V in campo assicurativo e con Team!Bank per i prestiti personali, entrambe società controllare da DZB.

Torna all'inizio


Troppo fisco pesa sul mattone Le proposte per il rilancio degli investimenti immobiliari nella relazione del presidente del Collegio, Campana (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 24/05/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:speciale collegio Costruttori L'assemblea/2 «Troppo fisco pesa sul mattone» Le proposte per il rilancio degli investimenti immobiliari nella relazione del presidente del Collegio, Campana di Brescia e provincia, Giuliano Campana" title="ll presidente del Collegio dei Costruttori edili di Brescia e provincia, Giuliano Campana" onClick="showImage('http://www.giornaledibrescia.it/gdbonline/contenuti/20090524/foto/full_brescia_786.jpg',600,1008)"> ll presidente del Collegio dei Costruttori edili di Brescia e provincia, Giuliano Campana BRESCIALa crisi finanziaria internazionale ha inesorabilmente contagiato l'economia reale e ha determinato anche un irrigidimento della politica creditizia da parte del sistema bancario. Non è un mistero che molti istituti di credito abbiano scelto la strada della rinegoziazione del credito ai propri clienti. Il rapporto con il credito La preoccupazione della «stretta creditizia» nei confronti delle imprese, ma anche degli utenti, quindi della potenziale clientela, è stato uno dei temi portanti della relazione che il presidente Giuliano Campana ha tenuto all'Assemblea 2009 del Collegio Costruttori di Brescia. «Chiediamo al sistema bancario - ha detto Campana - che presti particolare attenzione agli investimenti nel nostro settore, in special modo quelli innovativi, quelli legati al disagio abitativo ed alla riqualificazione del territorio, tenendo presente che noi non costruiamo castelli di carta, ma di pietra». Opere pubbliche e Fisco La preoccupazione di Campana non riguarda soltanto il rapporto banca-impresa-utente. Spazia infatti dagli investimenti in opere pubbliche alla fiscalità: «Il nostro settore ha registrato negli ultimi nove anni un ciclo espansivo che non ha precedenti: è stato infatti il più lungo dal dopoguerra. Nell'arco di questi anni gli investimenti nelle costruzioni sono cresciuti ad un tasso pari a circa il 30%, più che doppio rispetto a quello del prodotto interno lordo che è stato quasi il 14%. In questa negativa fase congiunturale, maggiori investimenti in opere pubbliche, sarebbero quanto mai auspicabili per agevolare il superamento della crisi e il divario con i mercati internazionali, per affrontare al meglio le sfide di oggi e di domani, senza peraltro perdere di vista una adeguata politica per la casa, a partire dal riordino della fiscalità immobiliare. Vorrei offrire alcune proposte, alcuni suggerimenti: toglier l'Ici sull'invenduto e ridurre, almeno sino al 2010, l'onere fiscale dell'Iva a carico dell'acquirente con l'introduzione di una detrazione del 50%, rendendo quindi molto interessante l'investimento immobiliare rispetto a quello finanziario. In aggiunta si potrebbe applicare un'imposta sostitutiva per i redditi di locazione che ne equipari la tassazione a quella delle rendite finanziarie». Lo sviluppo sul territorio Lo scorso 3 marzo il Consiglio Regionale lombardo ha varato un ulteriore provvedimento di modifica della legge per il governo del territorio. «La norma era stata accolta con molta preoccupazione dalla nostra categoria perché di fatto, per le imprese edili, avrebbe avuto conseguenze pesantissime. Grazie invece al dialogo sempre costruttivo e costante fra la nostra Associazione regionale Ance Lombardia, i parlamentari, gli amministratori regionali, siamo riusciti a far sì che, anche in assenza dei Pgt, i piani degli interventi integrati vengano ugualmente approvati quando tali piani abbiano caratteristiche di strategicità ed essenzialità per la gestione e la riqualificazione del territorio stesso». «L'analisi dei dati occupazionali riferiti all'anno in corso evidenzia il trend negativo. Sono sempre stato convinto - ha aggiunto Campana - che il capitale umano rappresenti per le nostre imprese un motore di sviluppo insostituibile. È indispensabile prevedere specifici interventi in materia di ammortizzatori sociali per il settore. La tutela dei nostri lavoratori deve essere estesa ad un arco temporale più ampio rispetto all'attuale di soli tre mesi. Con il sindacato bresciano stiamo lavorando in sintonia verso obiettivi ambiziosi. Concordiamo sul contrasto al lavoro irregolare e vogliamo un deciso miglioramento della situazione infortunistica, per la quale non manca il nostro impegno». La questione degli ammortizzatori sociali diventa quindi strategica per conservare un patrimonio di abilità e mestiere che fa parte integrante della cultura delle imprese edili che operano nella nostra provincia.

Torna all'inizio


Cibo, vestiti e vacanze con un occhio ai poveri (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 24 Maggio 2009 CRONACA Pagina 17 LA SPESA ALTERNATIVA. Fine settimana in piazza con La Rondine, El Ceibo e Gamargioba Cibo, vestiti e vacanze con un occhio ai poveri In esposizione artigianato originale e accessori fatti a mano Ed è possibile fare colazione, pranzo e cena con piatti etnici Questione di stile. Fare la spesa, comprare un vestito, prenotare le vacanze e perfino giocare sono azioni quotidiane che possono avere un grande risvolto a livello di tutela ambientale e di sostegno ai Paesi poveri. Tutto sta nel rendersi conto che «il cambiamento inizia da noi e dalle nostre scelte, e che i gesti all'apparenza banali contribuiscono a costruire un mondo migliore», come spiegano i soci de La Rondine. La cooperativa è impegnata a diffondere il commercio equo e solidale sia in qualità di «bottega del mondo», con sede centrale in via Pallone, sia attraverso l'opera d'informazione sulle dinamiche fra Nord e Sud del pianeta. Tutto questo, La Rondine, lo fa da vent'anni: per l'importante traguardo, un centinaio di volontari hanno organizzato per questo week-end «Equa Verona», una grande festa in piazza Cortile del tribunale, dalle 9 alle 23.30, in collaborazione con la cooperativa El Ceibo e la onlus Gamargioba e con il patrocinio del Comune. Per oggi, tre importanti appuntamenti in programma. Alle 10.30, l'assemblea de La Rondine ripercorrerà «I nostri primi vent'anni», con la partecipazione dei soci fondatori. Alle 17, ci sarà l'esposizione di un'alternativa etica nelle telecomunicazioni, con la compagnia telefonica Livecom Scs onlus. E alle 18.30, Riccardo Milano, responsabile delle relazioni culturali di Banca Etica, e Marco Santori, presidente del consorzio Etimos, parleranno di «Crisi finanziaria, le soluzioni di finanza etica e del microcredito». Per il resto, si può fare il giro del mondo in una decina di stand: Asia, Africa e America Latina. I prodotti esposti vanno dall'artigianato originale in terracotta, legno e paglia con vasi, statuine e sedie, alla sartoria con abiti, sciarpe e borse in fibre naturali. E poi dagli accessori con collane, braccialetti e orecchini fatti a mano al reparto cosmesi con ingredienti provenienti dal commercio equo e solidale. Capitolo a parte per la gastronomia: oltre agli stand alimentari, in piazza si può fare colazione (alle 9), pranzare (dalle 13 alle 15) e cenare (dalle 20 alle 21.30) sotto il tendone con i piatti e bevande tipici di varie parti del mondo, a cura di Fileo onlus. Alla manifestazione danno il proprio contributo diverse associazioni «sorelle» de La Rondine. C'è Legambiente con il suo laboratorio per i più piccoli «Giochiamo con il sole: costruiamo oggetti che si muovono con la luce solare», dalle 10.30 alle 12.30. I bambini non credono ai loro occhi quando, collegato il piccolo motore a un minuscolo pannello fotovoltaico, l'elica dell'aeroplanino inizia a girare. E girano pure la giostrina e la pala dell'elicottero: tutti giochi costruiti dagli stessi bambini, sotto la guida dei volontari, utilizzando bottiglie di plastica e materiali di recupero. Sempre a questo bazar, si può trovare qualche novità, come il caricabatterie a energia solare. E per i bimbi, dalle 15 alle 17, Metis Africa organizza la caccia al tesoro. Con l'inizio dell'estate, lo stand di Planet viaggiatori responsabili è più che mai appropriato: il tour operator promuove vacanze in gruppo o in coppia «secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell'ambiente». Che significa privilegiare strutture, trasporti, guide e servizi locali, stando alla larga dai villaggi turistici. Al banchetto sono disponibili i cataloghi con le destinazioni per i prossimi mesi. Planet viaggi, insieme ad altre otto realtà è socio fondatore dell'associazione «Rotte locali»: una nuova esperienza per avviare il turismo responsabile, mettendo in luce località belle ma di solito trascurate. Alla sera, la festa si concluderà con le danze di Perù, Bolivia e Paraguay curate dall'associazione Valichia.L.CO.  

Torna all'inizio


bcc sant'elena, la festa dei 110 anni - nicola stievano (sezione: crisi)

( da "Mattino di Padova, Il" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 26 - Cronaca Bcc Sant'Elena, la festa dei 110 anni Oggi al Papa Luciani 2.800 soci in assemblea rinnoveranno il cda: lista unica NICOLA STIEVANO Dall'alto dei suoi 110 anni la Bcc Sant'Elena guarda con moderata fiducia al futuro, nonostante la crisi finanziaria si stia facendo sentire anche fra bilanci degli istituti di credito. Il bilancio 2008 che oggi viene presentato ai soci durante l'assemblea ordinaria e straordinaria al Papa Luciani di Padova a partire dalle 9, presenta molti segni positivi e un solo, ma significativo, negativo. E' quello relativo all'utile netto, con un calo di oltre il 28 per cento che lascia intendere un'ulteriore contrazione anche per quest'anno. Al di là dei numeri i soci sono chiamati ad eleggere il consiglio d'amministrazione per il prossimo triennio. Una sola la lista delle candidature, all'insegna della continuità. Marchesini presidente. Certa la riconferma alla presidenza di Francesco Marchesini, 69 anni, commercialista di Este. E' al timone della Bcc di Sant'Elena dall'inizio del 2006, quando subentrò allo storico presidente Vittorino Gnan, colpito da un improvviso malore che gli impedì di proseguire nel suo mandato. Dopo un «interregno» di alcuni mesi, nella primavera l'investitura ufficiale da parte dell'assemblea che confermò Marchesini alla presidenza. Ora il secondo mandato, nonostante un processo che lo vede coinvolto in prima persona. Per il 21 settembre è fissata la prima udienza del processo penale per la compravendita di Trasporti Ecologici da parte di Cosecon, che vede Marchesini rinviato a giudizio insieme ad altri 13 ex amministratori delle due società. Truffa, abuso d'ufficio e false comunicazioni sociali i reati contestati. L'indagine ha preso le mosse dalla perizia giurata stilata da Marchesini nel 2002. E' approdato, però, alla presidenza della Sant'Elena nel 2005, quando il caso era già esploso. Il bilancio. Al di là del sensibile calo nell'utile netto la banca di Sant'Elena ha chiuso il 2009 con diversi segni positivi, come spiegherà in assemblea il direttore generale Francesco Maroni. Se il patrimonio è in continua espansione il risultato economico continuerà a scendere anche nel 2009, tanto da far prevedere un'ulteriore contrazione del risultato di gestione di circa il 28% anche di fronte alla stabilità dei costi e alla riduzione del margine di interesse. Ciononostante Marchesini è ottimista: «I risultati sono soddisfacenti e le previsioni formulate nel piano strategico sono state sostanzialmente rispettate. Lo sviluppo conseguito, sia in termini di volumi che di presenza territoriale, ci mette in una posizione di tutto rispetto». Sul territorio la banca ha erogato contributi ad associazioni ed enti con fini sociali o di pubblico interesse per 258 mila euro. Con le sue 18 filiali, nelle quali lavorano 152 dipendenti, la banca è operativa in oltre mezza provincia, da Piazzola sul Brenta a Stanghella, in riva all'Adige. L'ultima filiale aperta è quella di Sant'Angelo di Piove nella primavera del 2008, entro agosto sarà operativo lo sportello di Montegrotto.

Torna all'inizio


Le retribuzioni dei manager devono stare sotto controllo (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Le retribuzioni dei manager devono stare sotto controllo BIANCA DI GIOVANNI Mario Draghi riunisce il gruppo del G30 a Roma per discutere sulla crisi e «addentellati». Al termine dell'incontro con i rappresentanti di varie istituzioni pubbliche e private, il governatore di Bankitalia incontra la stampa assieme al presidente Bce Jean-Claude Trichet, il presidente G30 Jacob A. Frenkel e il ministro delle finanze di Singapore Tarman Shanmugaratnam. In primo piano l'andamento delle economie dei paesi industrializzati e di quelli emergenti. Il commercio mondiale, che soffre un pericoloso rallentamento, e l'andamento del Pil, che è visto tutto in negativo per l'intero 2009 (lo conferma Trichet). Gli esperti del G30 spiegano che la ripresa attesa per il 2010 sarà lenta anche per i Paesi emergenti, Draghi ha rinviato alla prossima settimana, con le considerazioni finali, le sue previsioni sulla crisi. Il mondo, comunque, ammonisce Shanmugaratnam, dovrà abituarsi a tassi di crescita meno elevati ed evitare che alla retorica anti protezionista seguano azioni nella direzione opposta. basilea Sul tavolo degli esperti anche il tema delle retribuzioni dei manager, che sarà all'attenzione del Financial Stability Board di fine giugno (26 e 27) a Basilea. Il vertice non parte da zero su questo punto. Il G20 di aprile ha sposato la bozza già preparata dall'organo presieduto da Draghi. A Londra il governatore aveva parlato di un «grande, grande cambiamento», e aveva auspicato che le nuove regole potessero entrare in vigore già entro il 2009. L'obiettivo è quello di scoraggiare comportamenti rischiosi e di ancorare i compensi a rendimenti di lungo periodo. Il Governatore peraltro può rivendicare di essere stato fra i primi a portare avanti il tema in casa propria già lo scorso anno. Le banche italiane stanno infatti recependo a spron battuto nei propri statuti, entro il termine fissato del 30 giugno, le disposizioni di Via Nazionale. Vi sono poi altri temi a cui mettere mano. Come ha spiegato lo stesso Draghi «gli strumenti macroprudenziali, quali i requisiti di capitale anti ciclici, i ratio sull'indebitamento, i maggiori requisiti di liquidità, la gestione del rischio e la governance delle banche». Tutti punti deboli del sistema di regole che, secondo l'opinione generale, assieme alla forte interdipendenza dei mercati e delle economie mondiali hanno contribuito a ingigantire ed esacerbare gli effetti della crisi. Si discuterà inoltre se accogliere le pressioni di alcuni Paesi come la Francia e la Germania ed estendere la regolamentazione agli hedge fund, caratterizzati da un forte indebitamento e che riescono a condizionare sempre più il sistema dei mercati finanziari. Il gruppo dei 30 (esperti di finanza e economia) si è riunito ieri in Banca d'Italia. Secondo Trichet il 2009 sarà ancora tutto negativo. Con il 2010 si risalirà la china. Ma il mondo dovrà abituarsi a una crescita lenta.

Torna all'inizio


Bazoli: Agricole stressato dai conti (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

n. 125 del 2009-05-24 pagina 19 Bazoli: Agricole stressato dai conti di Redazione Il patto con cui Generali e il Crédit Agricole hanno blindato l'11% di Intesa Sanpaolo nasce da un problema creato da una situazione «inconcepibile»: il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Giovanni Bazoli (nella foto) interviene sul braccio di ferro in corso con l'Antitrust dopo che l'Authority ha aperto un procedimento di inottemperanza contro la superbanca che potrebbe sfociare in una multa da 500 milioni a 5 miliardi. L'Agricole, ricevuta Cariparma come «indennizzo» al via libera alle nozze tra l'ex Banca Intesa e il Sanpaolo Imi, avrebbe dovuto progressivamente disimpegnarsi da Ca' de Sass ma, complice la crisi finanziaria, ne è ancora un grande socio e per evitare pesanti svalutazioni nella trimestrale, ha stretto un patto con le Generali spostando il pacchetto di Intesa tra le participazioni «strategiche». Bazoli ha però precisato di non aver espresso giudizi ma solo fatto constatazioni. «Ho detto - ha spiegato - che questo è un esempio delle conseguenze che derivano dalla necessità delle aziende di rispettare tempi sempre più brevi. Questa vicenda nasce dall'esigenza di un nostro socio di passare la boa del suo bilancio trimestrale». Al di là della possibile multa, l'esistenza di un patto tra Generali e Agricole non risulta comunque particolarmente gradita alle fondazioni grandi socie di Intesa. In particolare, sono al lavoro i legali della Fondazione Cariplo e della Compagnia Sanpaolo, che hanno in mano rispettivamente il 4,6% e il 9,9% del capitale della Ca' de Sass, per verificare l'esistenza di eventuali profili di nullità del patto. Preoccupa infatti l'incidenza sul governo societario di Intesa Sanpaolo di un accordo che blinda il 10,89% del capitale e che di fatto riporta la Banque Verte all'interno del consiglio di sorveglianza di Intesa. L'Antitrust ha giudicato tale accordo in contrasto con gli impegni assunti da Intesa nel 2006, in occasione della fusione con l'ex Sanpaolo Imi. In caso di sanzione, però, Ca' de Sass, al momento seguita dal dipartimento antitrust dello studio Pedersoli, potrebbe valutare la possibilità di rivalersi direttamente sulle Generali e sui francesi. La linea seguita dalle Fondazioni è che il patto riguarda «soggetti terzi», come già aveva avuto modo di affermare l'ad di Intesa, Corrado Passera, che si era detto «certo» del fatto che «gli azionisti, chiamati in causa indirettamente attraverso di noi, troveranno una soluzione con l'Antitrust e non creeranno alla banca delle conseguenze negative». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

Torna all'inizio


I PERDENTI CHE VIVONO DI SCONFITTE (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Barbara Spinelli I PERDENTI CHE VIVONO DI SCONFITTE Hans Magnus Enzensberger, scrittore tedesco, li chiama i perdenti radicali. Sono coloro che non si guardano intorno e non cercano di capire come il mondo si disfa e si rifà, quando sono alle prese con traumi sociali, ma vivono le calamità come una specie di giudizio universale anticipato. Non hanno altra misura che se stessi: sono loro le uniche grandi vittime, loro gli umiliati e gli offesi. La solidarietà con popoli o persone che soffrono più di loro è inesistente. Potrebbero anche non essere perdenti in modo radicale, potrebbero sforzarsi di vedere quel che in ogni crisi è opportunità, mutazione. Ma la scelta che hanno fatto di essere perdenti ha qualcosa di definitivo, di fatale. La realtà ha poco peso in quel che dicono e che pretendono di vedere. C'era un po' di tutto questo nei tumulti della scorsa settimana a Torino: prima al Lingotto, quando alcuni appartenenti ai Comitati di base hanno contestato e malmenato il sindacalista Rinaldini, segretario della Fiom; poi il 18 e 19 maggio, quando due-trecento violenti hanno rovinato la manifestazione dell'Onda e scatenato, come avevano promesso, una guerriglia urbana davanti al Castello del Valentino dove si svolgeva il G-8 dei rettori. L'uso del nome G-8 è stato una provocazione stupida, certo: dopo gli eventi del 2001 a Genova, la sigla evoca un potere che agisce impunemente con inaudita violenza. Ma una sigla errata non giustifica le armi scelte nei tumulti torinesi: gli spintoni brutali al Lingotto e poi, al G-8 universitario, i sassi, le spranghe, i fumogeni, i caschi e le mazze, gli estintori, le auto e i bidoni incendiati. La storia non si ripete mai eguale a se stessa e nessun movimento ripete le gesta anteriori. Non è nemmeno vero che la tragedia si ripete in farsa, come diceva Marx. La storia è capriccio inopinato e anche quello che dopo chiamiamo tragedia non era all'inizio che gioco, parola. Rudi Dutschke non era affatto un terrorista, ma fu lui, nel febbraio 1966, ad auspicare la guerriglia urbana nelle democrazie. Spesso le tragedie cominciano con discorsi che tollerano, incitano: i romanzi di Dostoevskij - i Demoni, i Fratelli Karamazov - narrano precisamente questo. Uno parla con leggerezza, poi arriva il perdente radicale e passa all'atto cruento. Per questo è giustificato quel che ha scritto Luigi La Spina, il 20 maggio su La Stampa: la memoria di passate violenze «può essere un incubo, ma anche un vaccino». La crisi economica che stiamo vivendo è una prova, ben più grave per milioni di persone di quel che conobbe la generazione del '68 o '77: non a caso i tumulti tendono ovunque a moltiplicarsi (periferie in rivolta, sequestri di manager). Per questo converrà studiarne le radici, e comunque non sottovalutarli. Ma occorrerà farlo evitando se possibile le scorciatoie, che sono due. La prima consiste nel concentrarsi esclusivamente sull'ordine pubblico, reprimendo ogni scontento come se il legame tra scontento e terrorismo fosse automatico. È la via militarizzata, simile alla guerra mondiale al terrore: il male è combattuto solo con le armi. Non meno insidiosa tuttavia è la seconda scorciatoia. È la via che psicologizza, socio-analizza: che condona piccole violenze, e tratta gli estremisti come fossero bambini, non cittadini maggiorenni. Essa rinuncia a indicare il limite invalicabile delle proteste, e s'accomoda - soprattutto in Italia - con una cultura dell'illegalità diffusa sin nei vertici dello Stato. La gioventù è un soffio scottante che viene e che va: basta fidarsi della biologia. La psicologia ha fatto molti danni nell'ultimo secolo e mezzo. I politici e le classi dirigenti non sono incolpevoli, in questa faccenda. Se si accumulano tante incomprensioni, se piccoli ma numerosi gruppi sono attratti dalla violenza e faticano a guardare il mondo come cambia, è anche perché sono rari i responsabili che esplorano e dicono quel che davvero sta accadendo. I più cercano di nascondere gli scombussolamenti che la crisi porta con sé: il rischio che nella vita di ciascuno si dilata, i risparmi e i salari che scemano, la vasta trasformazione dei costumi che s'imporrà. Gian Enrico Rusconi spiega le differenze che esistono, ad esempio, fra italiani e tedeschi: ci sono sciagure anche in Germania, ma minore tensione sociale. Questo perché il cittadino è meglio informato, da politici e stampa. Diversamente dai governanti italiani, i tedeschi «non hanno mai diffuso ottimismo di maniera» (La Stampa, 17-5). In Italia e a Torino quel che infiamma gli spiriti è da qualche tempo la Fiat. Quanti impieghi saranno sacrificati per salvare l'industria dandole l'indispensabile dimensione transnazionale? E lo Stato che fa, per proteggere il lavoro italiano? Il caso è emblematico perché rivela tre pericoli al tempo stesso: lo stacco dalla realtà, il nazional-protezionismo, e il nuovo potere dello Stato in questa crisi (uno Stato intrusivo più che spendaccione, scrive Martin Wolf sul Financial Times). Occultare la realtà vuol dire aspettare che «tutto torni come prima, meglio di prima» (Berlusconi, 17-5). Vuol dire ignorare quel che nella crisi dell'auto non è episodico. L'auto ha conosciuto un'espansione straordinaria grazie al petrolio abbondante e poco caro, e all'indifferenza verso il clima devastato. Tante scelte sono legate a quell'epoca - i Suv, il fenomeno delle città residenziali periferiche, i suburbia americani dai quali ci si muove essenzialmente con automobili - e son destinate a diminuire o sparire (è la tesi di James Kunstler, nel libro The Long Emergency uscito nel 2006). Oggi siamo a un bivio, e il risparmio energetico voluto da Obama lo attesta: ogni auto nuova deve avere un motore capace di fare 35,5 miglia per ogni gallone (57,1 chilometri con 3,8 litri). Un mutamento che può incoraggiare la reinvenzione dell'industria ma che sarà costoso per tutti: consumatori, imprese, operai, politici bisognosi di popolarità. Quel che dice Sergio Marchionne è difficilmente confutabile: si producono troppe auto nel mondo (95 milioni) per un pianeta che va tutelato. 20 milioni sono di troppo. I manifestanti al Lingotto scandivano, lunedì: «Marchionne, tu vvò fà l'americano», occultando anch'essi la realtà. Se si vuol aggiustare il clima, occorre dire queste verità e trarne conclusioni. Secondo alcuni studiosi, bisogna uscire dal mondo auto-industriale: puntando sul trasporto pubblico e su veicoli che risparmino energia drasticamente. Lo scrive l'economista Emma Rothschild in un saggio sul New York Review of Books del 26 febbraio, nel quale è criticata la vista corta di produttori e governi. Lo scrive l'analista Max Fraser il 13 maggio su The Nation. Fraser cita le parole di una sindacalista americana, Dianne Feeley, ex lavoratrice alla Ford: «Salvare l'industria dell'auto così com'è non ci darà impieghi, non ci metterà sulla buona strada per il clima, non aiuterà le nostre città. La strategia deve concentrarsi su come salvare la classe operaia e le nostre comunità». Marchionne dice un'altra cosa importante: l'America ha più mezzi di noi europei, pur traversando una crisi maggiore. Ha un governo unitario, sindacati che cooperano. L'Europa non è a questo punto: qui è lotta di ogni nazione contro le altre, qui non si pensa in grande (geograficamente, industrialmente, politicamente). Non stupisce che sia così anche dentro le società, come spiega bene lo storico Marco Revelli: al classico conflitto verticale - tra lavoratori e impresa - si sta sostituendo il conflitto orizzontale: lavoratori contro lavoratori, nazioni contro nazioni. Ogni scheggia mira a farsi vedere, «come in un reality show» (La Stampa, 18-5). Il perdente radicale vive di scontri orizzontali e reality show. Vive di sconfitte, che teme ma segretamente agogna. Esattamente come i mercati, i perdenti radicali «si scatenano quando sentono odore del sangue». CONTINUA A PAGINA 27

Torna all'inizio


La sede dell'Ortofrutticolavenduta per ventun milioni (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

La sede dell'Ortofrutticolavenduta per ventun milioni albenga, in via dalmazia sorgerà un nuovo quartiere Accordo con la Barberis Spa di Alba. Ora l'azienda trasloca a Bastia Albenga. Venduti per ventuno milioni di euro i vecchi capannoni dell'Ortofrutticola, e a settembre cominceranno i lavori per la nuova sede di Bastia, in località Massaretti. L'operazione è stata chiusa venerdì pomeriggio con la firma del compromesso di vendita tra la cooperativa e la ditta Franco Barberis SpA di Alba, sul filo di lana per l'approvazione avvenuta la sera stessa durante l'assemblea dei soci che ha dovuto anche formalizzare un bilancio consuntivo per il 2008 con un passivo record di due milioni di euro (2.107.209). Un duplice voto da parte dei soci che ha tenuto con il fiato sospeso tutti fino all'ultimo, ma che alla resa dei conti è stato praticamente unanime. Per molti il rospo da ingoiare è stato grosso, soprattutto per quei due milioni di passivo. «Come risaputo, la nostra cooperativa vive da anni in una situazione molto difficile dal punto di vista operativo con l'attività divisa in due stabilimenti e con la sede storica di via Dalmazia che è ormai inadeguata - spiega il presidente uscente Marco Ansaldi - e questo ha portato ad un aggravio di costi che, con la nuova sede, sarà possibile ridurre notevolmente». E poi qualche scelta che non ha dato i risultati sperati. «Nel 2008 si è chiusa la sfortunata esperienza del direttore generale, iniziata nel 2007, che ha visto una serie di iniziative come il "Mercatin d'Arbenga" e nuove strategie commerciali molto aggressive che hanno portato ad un aumento delle vendite ma ad un corrispondente minor margine. Inoltre la crisi finanziaria internazionale ha portato un aumento enorme degli oneri finanziari». Ma anche sul compromesso di vendita c'era qualche timore, visto che alcuni soci avrebbero rinviato tutto a dopo l'insediamento del nuovo presidente che sarà eletto venerdì. Una strada abbandonata per non rischiare di perdere altri mesi importantissimi. «Abbiamo concluso un ottimo accordo - afferma Ansaldi - vendendo per una cifra (20,9 milioni) che ci permetterà di realizzare la nuova sede e di ripianare il deficit». «Nonostante la contrazione del mercato siamo riusciti a spuntare una cifra e delle condizioni che nessuno ci aveva proposto prima, neppure nel momento di maggiore euforia del mercato immobiliare» aggiunge il vicepresidente Pietro Sardo. La cooperativa incasserà subito circa un milione e mezzo, poi la Barberis comincerà (presumibilmente il 21 settembre) la costruzione della nuova sede in località Massaretti che riunirà finalmente settore fiori, settore ortaggi, amministrazione e tutte le attività societarie, oltretutto in una zona a due passi dall'autostrada e dalla futura stazione. In via Dalmazia verrà mantenuto solo un piccolo magazzino-punto vendita di trecento metri quadrati nel nuovo quartiere residenziale. I lavori dovrebbero concludersi in due anni, e a qual punto la cooperativa traslocherà, incasserà il saldo e lascerà campo libero alla Barberis per abbattere il capannone e trasformarlo in 43.000 metri cubi di case e negozi. Se poi in qualche modo si riuscirà a convincere il Comune a concedere anche quei dodicimila metri cubi tagliati durante le discussioni di questi anni, la cooperativa avrà diritto al venticinque per cento dei volumi realizzati, o meglio al suo controvalore in denaro. Luca Rebagliati 24/05/2009

Torna all'inizio


troppi ordinari, pochi ricercatori primo nodo per i candidati-rettore - roberto d'alimonte (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IV - Firenze Troppi ordinari, pochi ricercatori primo nodo per i candidati-rettore Ad Agraria c´è un docente ogni 10 studenti e a Psicologia uno ogni 75 Il futuro dell´università è nei giovani, quelli che oggi stanno fuori o ai margini ROBERTO D´ALIMONTE (segue dalla prima di cronaca) E´ razionale che ad Agraria ci sia un docente ogni 10 studenti mentre a Psicologia ce ne sia uno ogni 75? Qualcuno dirà che Psicologia è una facoltà nuova e per questo sotto dimensionata. Ma Giurisprudenza è una facoltà antica e prestigiosa, eppure il rapporto è di un docente per ogni 50 studenti. L´anagrafe delle facoltà non spiega la distribuzione squilibrata delle risorse. Sono altri i fattori che nel tempo hanno prodotto queste distorsioni e in primis il modello di governo corporativo che ha prevalso nel nostro ateneo negli ultimi 30 anni e di cui ci siamo occupati nel precedente articolo. Adesso però i pensionamenti in arrivo aprono una "finestra di opportunità" che sarà possibile cogliere se l´università riuscirà a rientrare nei parametri fissati dal ministero quanto a percentuale di spese complessive destinate al personale. La fatidica "quota 90". Questi pensionamenti non sono distribuiti in percentuali uguali (Tabella A, colonna c) e proprio per questo rischiano di aggravare gli squilibri esistenti. Di nuovo spicca la situazione anomala di Agraria che perderà nel triennio solo il 4,3% del suo corpo docente contro il 18,8 di Architettura. Questi dati suggeriscono un primo quesito ai candidati-rettore: con quali criteri verranno distribuite le risorse che si renderanno disponibili per questa via nel triennio 2009-2011, oltre che negli anni successivi, ed eventualmente quelle aggiuntive che potrebbero arrivare per altre vie? Una volta valeva il principio che ad ogni facoltà fosse restituito ciò che perdeva con le cessazioni dal servizio. Questo principio è già stato superato ma non è affatto chiaro quale sarà la politica del personale docente nei prossimi anni. In che misura e in che tempi i candidati- rettore si propongono di correggere gli squilibri esistenti tra facoltà? Ma ancora più importante del punto precedente è quello che riguarda la distribuzione del personale docente tra i vari ruoli di professore ordinario, associato e ricercatore. Attualmente la ripartizione è questa: professori ordinari 35%, professori associati 30%, ricercatori a tempo indeterminato 35%. Anche questo è uno squilibrio da correggere: troppi ordinari e troppo pochi ricercatori. Non è detto che la distribuzione ottimale debba essere a piramide come spesso si sente dire, ma è assolutamente necessario aumentare in maniera rapida e significativa il numero dei ricercatori. Ma questa politica ha un costo non solo economico ma anche politico perché, data la scarsità delle risorse, significa fare delle scelte anche impopolari. Nel prossimo triennio andranno in pensione 60 ricercatori, 45 professori associati e 173 ordinari. Che cosa propongono i candidati-rettore? Quale percentuale delle risorse eventualmente disponibili saranno destinate alla assunzione di nuovi ricercatori? Inoltre, visto che le risorse disponibili dipendono anche dai pensionamenti anticipati, che intenzioni hanno rispetto alla norma che consente il pensionamento dei docenti ordinari a 70 anni anziché 72? Verrà confermata anche nei prossimi anni quando l´Università di Firenze avrà superato la fase più acuta della sua crisi finanziaria oppure i rettori cederanno alle pressioni degli ordinari che non vogliono andare in pensione a 70 anni? Questione tanto più rilevante dal punto di vista della liberazione di nuove risorse perché il pensionamento anticipato non riguarda solo gli ordinari ma tutto il personale docente. E` banale ripeterlo: il futuro della università sono i giovani, quelli bravi, quelli che oggi stanno fuori o ai margini, quelli che fanno fatica a vincere concorsi in cui spesso il merito non viene premiato, quelli che vanno all´estero perché non trovano spazio nelle nostre università. Per troppo tempo sono stati sacrificati a favore di una politica del personale che ha privilegiato i professori già dentro, gli insiders. Ma si sa i giovani che stanno fuori non votano. E con questo modello di governo della università i loro interessi non contano. Peccato che i loro interessi siano anche quelli del Paese. L´autore è docente nella facoltà di Scienze Politiche di Firenze

Torna all'inizio


(sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Cesena)" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

VALLE DEL SAVIO pag. 11 «LA TENTAZIONE di rispondere alle provocazioni contenute nel comunicato stam... «LA TENTAZIONE di rispondere alle provocazioni contenute nel comunicato stampa firmato PD e Lista Graziani, usando gli stessi toni e le medesime modalità, è molto forte, ma non mi appartiene». E' Giampaolo Leonardi (foto), sindaco uscente di Mercato Saraceno che replica in merito. E continua: «Abbiamo solo posto all'attenzione dell'opinione pubblica la crisi finanziaria che sta colpendo il nostro Comune cagionata dal debito fuori bilancio di 450mila euro derivante dalla gestione Graziani. Per chiarezza e perché a questo punto, obbligato a farlo, riporto la vicenda già resa nota, non da me, ma dalle autorità competenti. Risale al 2000 quando Graziani era sindaco ed il sottoscritto non ricopriva incarichi comunali. La gestione della vicenda è in capo allo stesso Graziani (e non al sottoscritto) in quanto le prime lettere di richiesta di risarcimento del danno (per un incidente stradale mortale causato dalla strada dissestata) risalgono al 2001 e la citazione in Tribunale è arrivata prima del mio insediamento. Del resto lo stesso Graziani, nel dibattito in Consiglio Comunale sulla delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio, si è assunto la responsabilità politica della vicenda. Non commento gli epiteti usati nei miei confronti ma lascio giudicare ad altri quale tipo di campagna scorretta mi si stia facendo contro. Dopo essere stato minacciato in ambito professionale e familiare, dopo le intimidazioni subite dalla maggior parte dei candidati della mia lista, assistiamo all'ennesimo attacco personale ed elettorale pieno di insulti e ingiurie. Crediamo che il confronto elettorale debba consistere nella presentazione dei candidati e del loro programma e non nello screditamento degli avversari Confidiamo in una politica intesa come servizio e non come professione, o come gestione del potere». INTANTO domani sera, alle ore 21 presso la sala consiliare di Mercato, nell'incontro per le elezioni provinciali indetto da Rifondazione comunista (alleato di Leonardi per le comunali a Mercato, ndr.) sarà presente Massimo Bulbi, presidente uscente della provincia di Forlì-Cesena, oltre a Giorgio Gardini (Prc, candidato al consiglio provinciale) , Piergiorgio Poeta e Giampaolo Leonardi. Una situazione anomala che vede Bulbi appoggiare la lista Graziani (concorrente di Leonardi) nelle comunali, mentre nelle elezioni provinciali è assieme a Rifondazione comunista che sarà alleato di Giampaolo Leonardi per il voto alle comunali del 6 e 7 giugno prossimo. Come dire tutti insieme in Provincia (Pd, Rif. comunista, ecc...) e disgiunti invece a Mercato Saraceno (Pd con Graziani da una parte, e Rif comunista con Leonardi dall'altra).

Torna all'inizio


Fiorani guarda ai lumbard, Savoldelli si smarca (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Fiorani guarda ai lumbard, Savoldelli si smarca --> Domenica 24 Maggio 2009 PROVINCIA, pagina 29 e-mail print Stefano Savoldelli ROVETTAA Rovetta le due liste che si propongono per le comunali, oltre a rispecchiare una nuova opposizione - nelle elezioni di cinque anni fa infatti si era presentata solo la lista dell'attuale amministrazione - si diversificano piuttosto nettamente per origine e appartenenza. Se infatti la lista della maggioranza «Obiettivo Rovetta» - che continua l'operato del sindaco Mauro Marinoni, il quale non si può ricandidare e cede il posto a Stefano Savoldelli - è una lista civica, la lista opposta, «Fiorani sindaco», ha una dichiarata appartenenza politica. «Da quando è nato il nostro gruppo abbiamo chiarito da subito la volontà - spiega il candidato sindaco Paolo Fiorani, 63 anni, ex dirigente d'azienda - di schierarci politicamente. La questione è stata controversa ma alla fine il nostro simbolo indica il riconoscimento in una realtà più ampia, appunto centrodestra e Lega, dalla quale pensiamo di avere sostegno». Le priorità del programma di questa lista, che punta al rinnovamento, riguardano obiettivi importanti: a partire dalle grandi opere come la piscina fino all'aiuto concreto a quelle famiglie che stanno particolarmente subendo la crisi finanziaria. «Lavoreremo alla possibilità - continua Fiorani - di ottenere finanziamenti per rilanciare la Valle Seriana. Il piano "Valle Seriana" ha trovato ampi consensi e la possibilità di reperire finanziamenti europei. Quando tutto sarà pronto a Bruxelles ci sarà un secondo passaggio politico. E qui noi pensiamo che il nostro essere politicamente dichiarati ci consenta di non essere ai margini delle scelte che verranno prese». Il programma continua poi con l'interesse per il turismo e per l'urbanistica: non verranno introdotte nuove aree edificabili e nel progettare il Pgt si consulteranno i paesi vicini per fare scelte coerenti. «Contiamo molto - conclude Fiorani - sulla collaborazione con i Comuni vicini, con la Comunità montana e con i partiti che ci appoggiano per avere più agevolazioni». Dal canto suo Stefano Savoldelli, 31 anni, impiegato in una società del settore energetico, e candidato sindaco di «Obiettivo Rovetta» dice: «Il nostro programma si concentra sul tema del miglioramento della qualità della vita inteso come potenziamento dei servizi erogati e come qualità del territorio e dell'ambiente». Saranno pertanto queste le priorità: nella redazione del Pgt verranno conservate le aree agricole senza inserire nuove aree di espansione, sostenendo il recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente in particolare nei centri storici. Sarà poi presa in considerazione la tutela dell'ambiente, anche come un'opportunità di sviluppo in chiave turistica. «Continueremo dunque - spiega Savoldelli - la valorizzazione del patrimonio ambientale potenziando la rete dei percorsi turistici. In un'ottica di riduzione dei consumi e di risparmio procederemo all'adeguamento progressivo della rete di illuminazione pubblica e ci attiveremo per il contenimento dei consumi di energia nelle strutture pubbliche. Sul tema dei servizi alla persona riteniamo di fondamentale importanza continuare con l'esperienza della gestione dei servizi in modo associato con i Comuni limitrofi, per garantire in particolare idonee misure di sostegno per i non autosufficienti, i minori e chi soffre di disabilità». Gessica Costanzo 24/05/2009 nascosto-->

Torna all'inizio


d'alema in piazza del duomo (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Prato D'Alema in piazza del Duomo PRATO. Trona a Prato Massimo D'Alema che terrà martedì un comizio alle 17,45 in piazza del Duomo. Sul palco, con l'ex presidente del consiglio, ci saranno la segretaria del Pd pratese Benedetta Squittieri, il candidato a sindaco Massimo Carlesi e quello a presidente della Provincia Lamberto Gestri. Esponente di primo piano della politica italiana e internazionale, Massimo D'Alema torna in una città che conosce bene e che lo ha ospitato diverse volte negli ultimi anni. Oltre ai temi di politica nazionale ed europea e della crisi finanziaria, D'Alema si soffermerà sulla situazione pratese. D'Alema è in Toscana già da qualche giorno. Prima del comizio in piazza del Duomo, parteciperà a un incontro pubblico nella vicina Firenze, sempre per appoggiare le proposte e i candidati del centrosinistra in questo delicato passaggio elettorale. Al comizio seguirà un momento conviviale aperto a tutti.

Torna all'inizio


I timori di banchieri e ministri (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 6 «Rischi di nuove bolle speculative» I timori di banchieri e ministri Il confronto sulle vie d'uscita dalla crisi al centro dei seminari Aspen di Venezia DA UNO DEI NOSTRI INVIATI VENEZIA Giulio Tremonti ama paragonare la crisi a un videogioco nel quale uno dopo l'altro spuntano sullo schermo mostri da abbattere. Nella metafora del ministro dell'Economia, l'ultimo di questi ha un aspetto familiare: somiglia tanto a una bolla. Innocua e anzi gradevole, fino al momento in cui esplode. Proprio il sospetto di veder nascere una nuova «mini-bolla » speculativa sulle rovine del sisma finanziario dell'ultimo anno è affiorato nei due giorni di seminari dell'Aspen Institute Italia chiusi ieri a Venezia. Coperti dalle regole di anonimato del dibattito, ne hanno parlato vari banchieri d'affari e responsabili di politica economica. E fin dall'inizio è parso chiaro che più che di un'ipotesi si tratta di un rischio reale per molti i Paesi avanzati: Italia inclusa, visto che da marzo Piazza Affari è rimbalzata con anche più forza di Parigi o Francoforte, a loro volta salite di oltre il 20%. Hugo Dixon, il celebre analista inglese, vi legge l'effetto dei tassi ufficiali vicini allo zero e delle enormi iniezioni di denaro delle banche centrali: gli istituti privati si finanziano quasi gratis e riversano liquidità sulle Borse ridotte fino a poco fa a prezzi di saldo. Sarà per questo, ma Lorenzo Bini Smaghi della Bce ha finito per notare, tagliente, che nessuno si lamenta più delle minaccia di deflazione. Il problema è che scorre molto di meno il credito alle imprese, quello che serve per investire e creare posti. Quello, anche, in nome del quale in teoria le banche centrali sono intervenute come mai prima da quando esistono. Pesa sì la caduta dell'export, che paralizza i produttori: il leader della Cgil Guglielmo Epifani, anche lui presente ieri ai seminari dell'Isola di San Clemente a Venezia, stima che un terzo delle imprese italiane non riesca più a vendere all'estero; a questo proposito, il presidente della Bocconi Mario Monti è preoccupato «per i rischi di ritorno del protezionismo». Conta però anche la cautela delle banche. Ieri Alessandro Profumo non ha cercato di abbellire il quadro: «Quasi un'impresa su quattro a cui forniamo credito è in perdita», ha detto. Quanto a questo l'Italia di oggi è davvero pienamente europea. Philippe Maystadt, presidente della Bei, ha dato la cornice: nell'area euro quasi la metà delle banche è diventata più esosa nel prestare denaro. È il bollettino di una recessione in corso Fonte: Fondo monetario internazionale nella quale, avverte il numero due del Fmi John Lipsky, «è ancora troppo presto per dire che i rischi sono alle spalle e che la riduzione del debito nel sistema finanziario è già finita. Non lo è affatto». È però il momento giusto per chiedersi come funzioneranno le grandi economie all'uscita dal tunnel, a partire dai Paesi esportatori oggi rimasti senza mercati. Epifani e l'ex premier Giuliano Amato pensano che ora l'Italia debba sostenere i consumi delle famiglie. Per Tremonti invece «la caduta del commercio internazionale non è così drammatica da obbligarci a ridisegnare la società». D'ARCO Su un punto invece tutti, italiani e non, ieri erano d'accordo: gli Stati sono rientrati nell'economia e ora non se ne andranno tanto facilmente. Non ci riuscirebbero neanche se volessero. Nota Bernardo Bortolotti della Fondazione Mattei che i proventi delle privatizzazioni in tutto il mondo dal '70 a oggi «valgono meno degli interventi pubblici dell'ultimo anno». E che i governi vogliano mollare la presa, non è detto: «Non siamo solo in una recessione, siamo in una trasformazione ha commentato l'ex capo del Fmi Rodrigo Rato la logica del capitalismo è tornata in gioco». F. Fub. Isola di San Clemente Romano Prodi, Giulio Tremonti, Giuliano Amato, Joaquin Almunia e A. Michael Spence al seminario Aspen (foto Matteo De Fina)

Torna all'inizio


Draghi e le banche: tetto ai superbonus per tutti i manager (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 7 Draghi e le banche: tetto ai superbonus per tutti i manager Il governatore: servono regole globali E Trichet (Bce): la ripresa dal prossimo anno ROMA Il tetto ai superbonus dei manager delle banche diventerà una regola globale. Lo ha detto ieri il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, parlando nella sua veste di presidente del Financial stability board, nella conferenza stampa di conclusione dei lavori del sessantunesimo incontro del Gruppo dei Trenta. L'Fsb infatti approfondirà tale questione nella sua prossima riunione a Basilea, il 26 e 27 giugno, dopo che i leader del G20, Stati Uniti compresi, hanno trovato l'accordo sull'affidare alle autorità di supervisione il potere di stabilire i principi da seguire per le remunerazione dei dirigenti. La politica retributiva delle banche del resto è un tema caro a Draghi e alla Banca d'Italia, che per prima, rispetto alle autorità degli altri Paesi, ha proposto linee guida per disciplinarla. Le banche (qualcuna come Unicredit e Intesa Sanpaolo si sono già mosse) dovranno recepire entro giugno, in pratica con le assemblee di bilancio, le indicazioni date dalla Vigilanza di via Nazionale. Le regole, in via generale rispondono a due principi, che sono poi quelli individuati dal Fsb: scoraggiare i rischi ed ancorare i compensi alla redditività di medio periodo della banca. Allungando i termini del bonus o spalmando gli incentivi in più rate. Con ogni probabilità Draghi tornerà sull'argomento tirando le somme di quanto fatto dal sistema del credito italiano nelle sue Considerazioni finali il prossimo 29 maggio all'assemblea della Banca d'Italia. In quell'occasione, come ha detto ieri, approfondirà l'analisi della congiuntura e le prospettive di ripresa dell'economia e di stabilizzazione dei mercati finanziari, ancora avvolte nella sostanziale incertezza. Come ha nuovamente ricordato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, seduto accanto a Draghi nella conferenza stampa. «La caduta del Prodotto interno lordo nei Paesi industrializzati sta rallentando, ma è ancora negativa. Numeri positivi appariranno nel prossimo anno» ha detto il numero uno della Banca centrale europea ribadendo che per la ripresa della fiducia resta comunque «fondamentale la stabilità dei prezzi nel medio periodo». Il presidente del Gruppo dei Trenta, Jacob Frenkel, vicepresidente di Aig ed ex governatore della Banca centrale israeliana ha sottolineato «il collasso dei flussi del commercio mondiale » e ha accennato alla necessità di varare le riforme necessarie. Presente alla conferenza stampa anche il ministro delle Finanze di Singapore, Tharman Shanmugaratnam, che mettendo in guardia sull'aggravarsi dei rischi di protezionismo ha affermato che «è troppo presto per dire che la ripresa sta arrivando: per qualche anno sia i Paesi sviluppati sia quelli emergenti dovranno abituarsi a ritmi di crescita più bassi». Stefania Tamburello Palazzo Koch Mario Draghi, 61 anni, è governatore della Banca d'Italia dal 2006

Torna all'inizio


Tremonti-Prodi: sigari, chiacchiere e anti-mercatismo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 6 Due giorni «a braccetto» Tremonti-Prodi: sigari, chiacchiere e anti-mercatismo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI VENEZIA Forse qualcuno dirà che anche questo nuovo sodalizio è, in fondo, un po' figlio della crisi finanziaria. Ma vederli chiacchierare amabilmente sul ponte del ferry che li porta a San Marco, seguirli mentre fumano il sigaro con il banchiere «comune», ascoltarli mentre dirigono il dibattito su Stato e mercato fra abbracci sul metodo e solo qualche lieve puntura accademica, ha reso la ventisettesima edizione degli Aspen seminars for leaders un'esperienza inedita. I veri protagonisti della due giorni che si è svolta a Venezia sono stati loro: il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi. O meglio, la loro sintonia, che ha colpito e forse contagiato un po' tutta la «classe dirigente» chiamata a discutere a porte chiuse sull'isola di San Clemente. Se si esclude un pacato disaccordo fra il ministro Tremonti e l'ex primo ministro Giuliano Amato sull'opportunità di spingere la domanda interna per contrastare la caduta dell'export, il dibattito è sembrato più un incontro fra sensibilità comuni che un confronto fra chi oggi potrebbe stare anche su «barricate» differenti. Come, per esempio, il leader della Cgil Guglielmo Epifani. Il seminario lo hanno introdotto loro, Tremonti e Prodi, con Amato e Mario Monti. E qui c'è stato subito il pizzicotto accademico. Inserito però in una sorta di comune «disclaimer» di fondo: qui di «mercatisti» non c'è ombra. Lo Stato deve regolare, ma la crisi ha fatto capire, soprattutto all'estero, che la proprietà può diventare necessità e virtù. Prodi si definisce un keynesiano da sempre, anche se non fanatico dello Stato. Ma per far capire quanto in realtà il rapporto fra pubblico e mercato sia una questione di pragmatismo, non cita Barack Obama, bensì Benito Mussolini. O meglio, l'economista Pasquale Saraceno che gli riferisce un colloquio tra Alberto Beneduce, fondatore dell'Iri, e il Duce: Mussolini, cosa dobbiamo fare? La risposta è stata: fate qualcosa per le imprese. E Tremonti corregge sorridendo: per le banche. Ma è il solo «buffetto», restituito da Prodi quando, riprendendo un piccolo inciampo di Franco Bernabé sulle cariche di Tremonti, chiama quest'ultimo «ministro dei ministri». Per il resto quasi stupisce l'uno-due sul metodo degli ex nemici. Prodi dice: oggi tutti studiano macroeconomia, ma chi se ne frega? La manifattura è il passato o il futuro? Lui, il Professore, ha studiato la struttura industriale da Amburgo a Firenze. Una dorsale europea. Mentre in Gran Bretagna oggi l'industria conta per il 12% del pil. E anche la Francia è più debole di quanto si pensi. La nostra struttura industriale è ben diversa. Parole che piacciono a Tremonti: apprezza il «discorso sul metodo del Professor Prodi», che parte dai dati e non dai pregiudizi, ed è anche disposto a riconoscere ai passati governi, compreso quindi quello guidato dall'economista emiliano, «prudenza» nella gestione del debito pubblico. Certo, poi aggiunge: oggi per la prima volta negli ultimi 10 anni la crescita del nostro deficit è inferiore alla media europea. Ma c'è una linea di continuità. Rintracciabile anche nell'aneddoto che Tremonti racconta quando il discorso si sposta sulla social card: il governo si aspettava 1,2 milioni di richieste e ne sono arrivate 770 mila, di cui 220 mila sbagliate o false. Difficile «individuare» la povertà. Tremonti narra di sé in montagna subito dopo la nomina a ministro. Una signora lo ringrazia perché il governo le ha già consegnato un bonus sulla pensione. In realtà il bonus era di Prodi, ammette Tremonti, ma non l'ho detto. E aggiunge: la signora aveva un gippone. Sergio Bocconi

Torna all'inizio


Processo ai liberisti (sezione: crisi)

( da "Foglio, Il" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

26 maggio 2009 Le repliche di Boeri e Alesina Processo ai liberisti Il giavazzismo vivisezionato da chi ricorda tremontianamente gli errori degli economisti Nel 2006 “Goodbye Europa. Cronache di un declino economico e politico”. Nel 2007 “Il liberismo è di sinistra”. Nel 2008 “La crisi. Può la politica salvare il mondo?”. I libri di Francesco Giavazzi e Alberto Alesina sono tra i più venduti, discussi e citati nel loro campo. Da qualche tempo, però, il tenore delle citazioni ha cambiato bruscamente di segno. Di citazioni giavazziane sono pieni, per esempio, almeno due libri di recente o imminente pubblicazione. E basta vederne i titoli per capire subito che non si tratta del genere di saggio in cui uno studioso amerebbe ritrovare il proprio nome e la propria prosa: “Bluff – Perché gli economisti non hanno previsto la crisi e continuano a non capirci niente”, di Marco Cobianchi (giornalista di Panorama) e “Processo agli economisti – A chi abbiamo affidato il nostro benessere. Ecco perché i guru del liberismo hanno fallito”, di Roberto Petrini (giornalista di Repubblica). Dei tanti segnali di cambiamento nell’economia, nella politica e forse persino nello “spirito del tempo” che riempiono le pagine dei giornali, l’improvviso attacco ai “guru del liberismo” e al loro capofila, Francesco Giavazzi, non è tra i meno sorprendenti. Eccettuati Karl Marx e John Maynard Keynes, pochissimi studiosi, e ancor meno giornalisti, editorialisti o semplici commentatori di fatti economici hanno mai goduto di una tale influenza sulla politica. Lungo sarebbe l’elenco delle vittime illustri dell’inflessibile editorialista del Corriere della Sera, professore della Bocconi di Milano e del Mit di Boston, ispiratore dell’apprezzatissimo sito Internet lavoce.info, prolifico saggista, infaticabile conferenziere e polemista implacabile. Solo per citare i duelli più recenti e famosi, Giavazzi ha trascinato alla gogna Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia nel governo Prodi, sorpreso a lamentarsi delle sue critiche in un’e-mail a colleghi economisti, editorialisti e banchieri, dallo stesso Giavazzi prontamente intercettata e pubblicata sul Corriere. Con non minore veemenza Giavazzi si è scagliato contro il ministro di centrodestra che è venuto prima (e dopo) Padoa-Schioppa, Giulio Tremonti. Ma quando, nel 2005, Tremonti è stato sostituito da Domenico Siniscalco, la vigilanza del professor Giavazzi non si è abbassata. “Un accademico senza spina dorsale, prestato alla Casa della Libertà per fare bella figura sui mercati: questo si è dimostrato essere il ministro Siniscalco”, ha scritto sul Corriere il 3 settembre 2005. Meno di tre settimane dopo lasciava anche Siniscalco, e il professor Giavazzi non mancava di rendergli l’onore delle armi. “Il ministro Siniscalco esce a testa alta: a lui va il rispetto di tutte le persone perbene”, scriveva il 22 settembre 2005. Quindi, dal 2005 al 2007, con pochissime interruzioni, se la prendeva con il governatore della Banca d’Italia (Antonio Fazio) e con il presidente del Consiglio (Romano Prodi). In entrambi i casi, va detto, in nutrita compagnia; resta il fatto che nessuno dei due è rimasto a lungo al suo posto. Nell’ultima campagna elettorale, l’autore del programma del Partito democratico, Enrico Morando, dichiarava apertamente di averne ripreso larghe parti dal sito lavoce.info, dove scrivono abitualmente, oltre allo stesso Giavazzi, tanti dei suoi colleghi e allievi in Bocconi, a cominciare da Tito Boeri. E già in piena crisi economica, mentre buona parte dei suoi correligionari liberisti di Oltreatlantico finivano sbeffeggiati nelle trasmissioni di economia come nei talk show serali, con le loro incaute previsioni esposte al pubblico ludibrio e alla rabbia di piccoli azionisti, risparmiatori e titolari di fondi pensione andati in fumo, Giavazzi veniva amichevolmente ospitato e trattato con insolito riguardo persino da Michele Santoro. E ancora più tardi, nemmeno un mese fa, Tito Boeri veniva ricevuto con tutti gli onori nel salotto di Serena Dandini, perché spiegasse alle masse del “ceto medio riflessivo” gli insondabili misteri della crisi finanziaria. Adesso, però, il clima sembra essere cambiato anche in Italia. E dopo anni in cui la cosiddetta “scuola di Milano”, l’élite del pensiero economico liberista formata alla Bocconi, le ha cantate (e suonate) a ministri e presidenti del Consiglio, partiti e sindacati, ecco che qualcuno comincia a fare le pulci anche a loro. Quasi una nemesi, per chi ha sempre invitato la “vecchia Europa” a seguire la più giovane e dinamica America, dove in effetti questo genere di “processi” è cominciato da un pezzo. Dal tempo della famosa parabola della trave e della pagliuzza, la storia è piena di moralizzatori e raddrizzatorti passati rapidamente dal banco dell’accusatore a quello dell’imputato. Anche nel giornalismo economico, cambiando quel che c’è da cambiare, vale dunque la regola di Pietro Nenni: troverai sempre un puro più puro che ti epura. Ma anche nell’occhio di chi oggi fa le pulci alle contraddizioni e alle omissioni dei moralizzatori di ieri, a essere onesti, non è molto difficile trovare fior di pagliuzze, se non vere e proprie travi. E così, nel libro di Petrini, si troverà naturalmente l’immancabile citazione di Alberto Alesina, già segnalata da Marco Fortis e ormai divenuta un classico del genere: “Quella in atto è una correzione come ce ne sono state altre. No, non vedo in arrivo lo scoppio di una bolla come quella della new economy. Ultimamente si era esagerato un po’ a prestare denaro grazie a tassi d’interesse troppo bassi, ora è in atto una forte correzione, tutto qui” (la Stampa, 20 agosto 2007). Un vero peccato, però, che Petrini (giornalista di Repubblica) ometta di citare l’inizio della frase. Un inizio che avrebbe dato peraltro ben maggiore efficacia alla citazione, non per nulla riportata per intero nel libro di Cobianchi (giornalista di Panorama). “Non ci sarà nessuna crisi del 1929 come dice Tremonti: quella in atto è una crisi come ce ne sono state altre…”. In compenso, chi volesse trovare un elenco delle affermazioni e delle scelte meno lungimiranti di Tremonti, le cui ragioni sono comunque ampiamente riconosciute in entrambi i libri, le cercherebbe inutilmente nel saggio di Cobianchi (Panorama), trovandone invece a non finire nel saggio di Petrini (Repubblica). Entrambi i pamphlet riportano invece le parole del professor Giavazzi: “La crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata. Nel mondo l’economia continua a crescere rapidamente. La crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il contagio si diffonda” (il Corriere della Sera, 4 agosto 2007). Neanche un mese dopo le foto delle code davanti alla banca inglese Northern Rock (salvata dal governo britannico, quindi nazionalizzata) diffondevano il panico in tutto il mondo. Solo Cobianchi, invece, riporta le previsioni di Boeri, firma di punta di Repubblica, nonché presidente della fondazione Rodolfo De Benedetti. Anche per Boeri, come per Alesina, nell’agosto 2007 non era in vista nessuna crisi del ’29, con “l’economia mondiale che continua a crescere a tassi molto sostenuti e con le banche centrali che hanno finora assolto al loro ruolo”. Pertanto, esortava Boeri assieme a Luigi Guiso, cofirmatario dell’articolo, “non gettiamo oggi, come tante volte in passato, i semi della crisi futura con una reazione eccessiva alla crisi corrente”. Proprio quello che ripete da tempo Silvio Berlusconi – con somma indignazione di Repubblica – e che Boeri diceva con le parole di Roosevelt: “In queste crisi c’è da aver paura della paura”. Per poi spiegare che “il primo fattore” della crisi era “un insieme di cattiva informazione, inesperienza finanziaria e miopia dei consumatori/investitori che si sono lasciati attrarre dalla prospettiva di ottenere mutui a tassi mai visti prima”. Basti pensare che “solo due terzi degli americani conosce le leggi della capitalizzazione composta, dunque sa calcolare i costi dell’indebitamento” (la Repubblica, 22 agosto 2007). Il colpo più efficace ai “guru del liberismo” arriva però con la citazione del 19 agosto 2007, e cioè appena tre giorni prima. Il 19 agosto, sul Corriere della Sera, a firmare un pezzo a quattro mani sono infatti Francesco Giavazzi e Alberto Giovannini. Ma se nel Boeri-Guiso di tre giorni dopo il “primo fattore” della crisi sarebbe stato individuato nella “cattiva informazione, inesperienza finanziaria e miopia dei consumatori/investitori che si sono lasciati attrarre dalla prospettiva di ottenere mutui a tassi mai visti prima”, poveri fessi che non conoscevano nemmeno “le leggi della capitalizzazione composta”, nell’articolo a firma Giavazzi-Giovannini si afferma invece l’esatto contrario, sottolineando proprio quei “benefici dell’innovazione finanziaria” che “sono arrivati fino alle famiglie, soprattutto a quelle che nel passato non avevano accesso al credito, per esempio per acquistare una casa”. Il resto dell’articolo è un’autentica apologia del sistema finanziario e dei suoi sofisticati meccanismi di “distribuzione del rischio” (come i derivati, per fare un esempio). “In passato il rischio era concentrato soprattutto nelle banche. Oggi le banche, quando erogano un prestito… hanno la possibilità di venderlo immediatamente ad altri investitori. Il rischio in questo caso non rimane più concentrato nelle banche, ma si diffonde tra una miriade di investitori”. Di qui la domanda: “Queste trasformazioni hanno reso i mercati più o meno fragili?”. Risposta: “E’ abbastanza intuitivo che un mercato con più partecipanti sia in grado di assorbire fluttuazioni nella domanda e nell’offerta in maniera molto più efficiente… E’ miope pensare che la riduzione drammatica nei premi al rischio che ha caratterizzato gli ultimi anni sia stata una bolla speculativa”. Sarà stato miope dirlo prima, ma i fatti che sono venuti dopo, ormai, sono sotto gli occhi di tutti. Il gioco delle citazioni potrebbe proseguire a lungo, arrivando fino a tempi recentissimi. Volendo, anche fino a ieri, visto l’articolo in cui Giavazzi accusava il governo di sottovalutare la crisi (“L’ottimismo un po’ eccessivo”, Corriere della Sera, 19 maggio 2009). Ma il gioco finirebbe per divenire stucchevole. E anche unilaterale, considerando i molti illustri commentatori che per ragioni di spazio resterebbero inevitabilmente tagliati fuori – ci limitiamo pertanto a un semplice rinvio al libro di Cobianchi per l’elogio del meccanismo dei derivati, grazie al quale “nessuna banca americana è ancora fallita e per il momento gli effetti sull’economia reale sembrano molto limitati” (Luigi Zingales, il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2007). L’aspetto più interessante di questi libri non è però nell’elenco degli errori commessi dagli economisti. A sbagliare analisi e previsioni sono stati studiosi, banchieri e giornali di tutto il mondo (compreso questo, naturalmente). E certo è giusto rendere onore ai pochi che in Italia hanno sfidato l’opinione dominante, denunciando rischi e difetti di quel sistema che tanti altri proclamavano il migliore possibile, l’arrivo di una crisi che quasi tutti negavano, la necessità di interventi universalmente considerati non solo non necessari, ma addirittura dannosi (se non criminali). Da Giulio Tremonti a Marco Vitale, da Marcello De Cecco a Massimo Mucchetti, fino all’ormai famosissimo economista turco-americano Nouriel Roubini (formatosi anche lui, bisogna dire, nella Bocconi del professor Giavazzi). Ma l’aspetto interessante resta un altro, purtroppo assai poco trattato. L’aspetto più interessante riguarda il modo in cui quella “opinione dominante” si è formata e progressivamente imposta nel dibattito pubblico, in tutto il mondo, ma forse in Italia più che altrove. In fondo, sono passati meno di quattro anni da quell’estate del 2005 in cui tutti i commentatori e tutti gli economisti gridavano contro la commistione tra politica ed economia, invitavano le banche italiane a seguire l’esempio americano, tuonavano contro i “furbetti del quartierino” e contro l’Unipol, mentre le pagine di tutti i giornali si riempivano delle intercettazioni telefoniche di Giovanni Consorte e Piero Fassino, Antonio Fazio, Massimo D’Alema, suscitando in Sergio Romano dolenti parole sul “paese delle cuginanze”, e in Eugenio Scalfari una vibrante denuncia della “cloaca” che emergeva da quelle conversazioni. Nel frattempo, proprio in quegli stessi fatidici mesi, la Fiat concludeva in un baleno, tra una cordiale telefonata alla Consob e l’altra, quel giochino finanziario chiamato “equity swap” che consentiva agli Agnelli di rimanere al comando (e per cui è aperto un processo); alcune delle banche straniere che il terribile Fazio voleva allontanare dall’Italia andavano letteralmente all’aria, e oggi semplicemente non esistono più; e quanto a commistioni tra politica ed economia, dopo aver visto il presidente degli Stati Uniti ordinare a Chrysler di accettare l’offerta della Fiat, per fare un solo esempio, l’argomento non sembra più di gran moda. A voler fare le pulci al mondo, insomma, ci sarebbe materia per almeno una ventina di libri, e non solo in Italia. L’aspetto interessante di tutta la questione resta infatti quello che Simon Johnson ha recentemente messo in luce negli Stati Uniti, in un saggio pubblicato sull’Atlantic, a partire da una banalissima considerazione: le diverse politiche che hanno modellato il sistema finanziario da cui ha avuto origine la crisi – debole regolazione, denaro a basso costo, l’alleanza economica non scritta tra Stati Uniti e Cina, gli incentivi all’acquisto di casa – avevano qualcosa in comune. “Sebbene alcune siano tradizionalmente associate ai democratici e altre ai repubblicani, tutte quante andavano a beneficio del mondo della finanza”. Non per nulla il saggio è intitolato “Il golpe silenzioso”. Naturalmente si può non condividere la tesi, che ha comunque il vantaggio di sottrarre la discussione a una disputa tra destra e sinistra (considerate entrambe largamente influenzate dal potere finanziario). Ma forse, nell’Italia di oggi, è di questo che si dovrebbe discutere. Cominciando magari con il domandarsi se non sia proprio una certa “ideologia” antipolitica, insieme liberista e giustizialista, che nello stato, nella politica e nei partiti vede solo il trionfo della corruzione e l’umiliazione del merito, la vera intossicazione di cui l’Italia dovrebbe liberarsi. Leggi la risposta di Tito Boeri - Leggi la risposta di Alberto Alesina di Francesco Cundari

Torna all'inizio


Energia, Scajola: crisi peserà su investimenti in energia (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA (Reuters) - La crisi finanziaria creerà problemi sugli investimenti nel settore energetico ed in particolare nelle produzioni da nucleare e fonti rinnovabili che sono a maggior intensità di capitale. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, aprendo i lavori del G8 energia a Roma. "L'attuale contesto economico e finanziario, insieme alla caduta dei prezzi e alla stretta creditizia, ha rallentato la realizzazione di nuovi investimenti e lo sviluppo dei nuovi progetti nel settore energetico", ha detto il ministro. I settori più vulnerabili, ha proseguito Scajola, "appaiono quelli a maggiori intensità di investimento, soprattutto il nucleare e le energie rinnovabili. I prezzi bassi rendono meno attraenti anche gli investimenti nel risparmio energetico e nell'efficienza energetica determinando ritardi nella diffusione di apparecchiature efficienti e negli investimenti per la ricerca".. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano

Torna all'inizio


(sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 24-05-2009 «Ridare un'anima all'Europa con una nuova forza morale» Ambrosio (Comece): riscoprire etica e sussidiarietà DI PAOLO VIANA O sserva preoccupato la crisi di popo-- larità dell'Ue ed esorta l'Italia a «reagire all'idea che l'Europa stia perdendo fiducia nel proprio avvenire». Monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza e Bobbio, delegato della Cei presso la Comece, ci illustra le ragioni per cui la conferenza organizzerà in ottobre le prime 'Giornate Sociali Cattoliche per l'Europa' a Danzica. «È la città - ci dice - dove settanta anni fa risuonarono i primi colpi di cannone della Germania nazionalsocialista e dove, trent'anni fa, nacque Solidarnosc... Speriamo che da Danzica venga un aiuto per ridare un'anima alla casa comune europea». Perché per la Chiesa è tanto importante il cammino europeo? Furono alcuni politici cattolici - il francese Robert Schuman, l'italiano Alcide De Gasperi e il tedesco Konrad Adenauer - a pensare e a realizzare la comunità europea. Se il punto di partenza fu economico - la dichiarazione di Schuman del 9 maggio 1950 prevedeva il controllo congiunto della produzione di carbone e acciaio, poi approvata con il Trattato firmato a Parigi il 18 aprile del 1951 - l'intento profondo era la pacificazione. Se si sottrae a ogni Stato la possibilità di disporre liberamente di materie prime come il carbone e l'acciaio, si rende improbabile una guerra: questa era la tesi del piano proposto da Schuman al Quai d'Orsay. Di fronte a questo progetto, la Chiesa cattolica non poteva certo restare alla finestra. Il progetto dei padri fondatori è stato rispettato? Il progetto di unificazione nasce dopo il secondo conflitto mondiale, costato 60 milioni di vite umane, con 6 milioni di ebrei sterminati dai nazisti. Dalla fine di quella terribile guerra, sono passati sessantaquattro anni. Con l'eccezione dei Balcani, l'Europa ha vissuto in pace in questo periodo e la cosa non è scontata, se pensiamo alle due guerre mondiali e alle precedenti come il conflitto tra Francia e Prussia nel 1870-71. Secondo fatto: caduta del muro di Berlino. Non solo l'Europa ha garantito la pace, ma ha propiziato anche la fine delle divisioni: grazie anche a Giovanni Paolo II, l'ingiusta spartizione è stata cancellata. Ora l'Ue conta circa mezzo miliardo di cittadini e 27 Stati membri. Un'Europa economica senza un'Europa po- litica non le pare un'Europa dimezzata? L'Europa unita nasce come un progetto di speranza realizzato da uomini animati dalla fede cristiana e dotati di grande intelligenza politica. Con la firma dei Trattati sull'economia e il commercio si è pensato che l'unificazione culturale e politica avvenisse automaticamente e anche oggi la dimensione prevalente è quella economica: l'Euro è entrato in vigore nel 2002 ma il Trattato Costituzionale è bloccato. Per non dire della ricerca di un più sano equilibrio fra la dimensione economica e quella sociale. Non dimentichiamo che i fondatori non volevano una Europa delle banche e della finanza, ma dei popoli; il rischio di una certa paralisi esiste. Quale contributo possono dare i cristiani al cammino europeo? Occorre una strategia per far valere un'idea alta di Ue, senza la quale l'Europa tradisce la sua memoria e rende incerto il suo domani: i grandi valori della solidarietà, della socialità, della giustizia non possono essere perseguiti e attuati perdendo di vista - o volutamente cancellando - la loro sorgente. In Europa è necessaria una forza morale, capace di contrastare i troppi ripiegamenti su di sé di Stati e cittadini. La stessa crisi finanziaria attesta che la dimensione morale è troppo trascurata. Il tendenziale confinamento della morale nel privato lascia uno spazio incontrollato alla mentalità tecnica: è forte e urgente, invece, l'esigenza di una morale pubblica che sappia affrontare con responsabilità le questioni complesse che stanno davanti a tutti noi. Tali questioni non possono essere decise solo in base alle possibilità tecniche o alle sentenze di corti europee troppo segnate dal positivismo giuridico o da interpretazioni amministrative. Intanto, la politica scade nel moralismo: si appella alle grandi parole d'ordine come la giustizia, la pace, la conservazione del creato, senza però richiamare il fondamento di questi valori e senza l'impegno a praticarli. Quant'è alto il rischio che l'Europa si trasformi nell'ennesimo 'potere' sulla testa dei cittadini? I cristiani europei devono impegnarsi per il riconoscimento concreto del principio di sussidiarietà, perché difficilmente la Ue sarà considerata la 'casa degli europei' se non vi si afferma il primato della società civile. Solo il rispetto delle diverse tradizioni culturali europee può rafforzare l'Europa. Se il tentativo di razionalizzare la distribuzione dei poteri tra l'Unione europea e gli Stati membri, previsto dal Trattato di Lisbona, è positivo, il principio di sussidiarietà appare ancora troppo sullo sfondo. Cosa suggerisce la Comece all'Europa per le prossime elezioni europee? La nostra idea è costruire insieme una migliore casa europea. Questa immagine o metafora della casa comune è di Giovanni Paolo II e molto è stato fatto ma occorre che questa casa abbia uno stile, o meglio, un'anima che consiste nella dignità della persona secondo la visione cristiana e umanista. Il rispetto della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, il sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio, una governance economica fondata su valori etici mirati a un duraturo sviluppo umano devono essere parte integrante delle legislazioni e delle politiche dell'Ue. Sono convinto che ciò risponda alle attese dei popoli, nonostante la martellante proposta di una élite molto accreditata presso i media. Il tema delle radici cristiane è ancora aperto. Cosa ne pensa? Come ha evidenziato Benedetto XVI ricevendo i partecipanti al congresso promosso dalla Comece, nel marzo 2007, non si può edificare un'autentica casa comune trascurando l'identità dei popoli. Si tratta infatti di un'identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un'identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo un ruolo non soltanto storico, ma fondativo. Il Papa ha invitato a guardarsi «da quell'atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l'inevitabile accettazione di un presunto male minore. Tale pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana». Occorre allora favorire sia il ricupero dell'identità fondativa dell'Europa sia il rispetto delle diverse tradizioni culturali. Senza questo impegno, si offre l'impressione che l'Europa sia in mano ad una élite tecnico-burocratica. Il vescovo di Piacenza-Bobbio mette in guardia: se la Comunità non riconoscerà il ruolo fondativo del Cristianesimo, apparirà alla gente come uno strumento in mano alle élites

Torna all'inizio


I Costruttori in pressing Ma la politica è evasiva (sezione: crisi)

( da "Brescia Oggi" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

I Costruttori in pressing Ma la politica è evasiva L'ASSEMBLEA. Alle assise annuali del Collegio l'intervento del sottosegretario dribbla le richieste su decreto Bersani-Visco, Ici e oneri fiscali. Più fiducia dalle banche Campana: crisi edilizia più grave rispetto all'automotive Giachino: il Governo ha obiettivi generali, non particolari 24/05/2009 rss e-mail print Un momento della relazione del presidente del Collegio costruttori bresciano, Giuliano Campana Meno carte e più spazio alle imprese di qualità. È quello che ha chiesto ieri ai politici il presidente nazionale dell'Ance Paolo Buzzetti durante l'annuale assemblea del Collegio Costruttori di Brescia che si è tenuto in mattinata nel centro congressi della Camera di commercio. Una richiesta che ha replicato quella della sezione bresciana dell'Ance guidata da Giuliano Campana, forte nel far sentire la voce del comparto a livello provinciale e con le proposte di eliminare il decreto Bersani-Visco, l'Ici sull'invenduto e ridurre l'onere fiscale dell'Iva a carico dell'acquirente, e che ha denunciato il grave ritardo infrastrutturale e la lentezza di molti progetti che riguardano il nostro territorio a partire dalla Brebemi. «L'URGENZA di fare squadra, di raggiungere un'intesa tra gli attori politici ed economici bresciani consentirebbe al sistema Brescia di puntare a obbiettivi ambiziosi e strategici - ha detto Campana -. La crisi ha purtroppo colpito in termini di occupazione ed è indispensabile prevedere specifici interventi in materia di ammortizzatori sociali per il settore. La tutela dei nostri lavoratori deve essere estesa ad un arco temporale più ampio rispetto all'attuale di soli tre mesi». Una richiesta a cui, pur se incalzato con fermezza, ha risposto in modo evasivo il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Bartolomeo Giachino, ponendo l'accento sui motivi della mancanza dei fondi e sulla via da intraprendere su energia, infrastrutture e logistica. Risposte che spostano lo sguardo all'orizzonte rispetto a richieste stringenti e immediate. «La politica deve avere uno sguardo generale e deve scegliere i problemi più importanti - ha detto il sottosegretario - perché bisogna sbloccare il Paese e tornare a crescere entro i prossimi quattro anni». Ma per l'Ance nazionale gli obiettivi per risollevare il settore sono molto più precisi: nuove strade, manutenzione degli edifici scolastici, housing sociale e un piano casa che preveda abbattimenti e ricostruzioni. Qualcosa che a livello locale il Comune di Brescia ha messo in atto in base alle parole del sindaco Adriano Paroli che, portando il suo saluto all'assemblea, ha ricordato il progetto dell'abbattimento delle torri di S. Polo, la recente vittoria dei finanziamenti per i contratti di quartiere e il progetto di allungare la metro alla Fiera. MA LO SPETTRO RESTA la crisi che potrebbe portare con se una perdita per il Paese che, secondo Campana, dovrebbe spaventare molto di più di quella del settore automobilistico: due milioni di lavoratori con l'indotto (75 mila solo nel bresciano) che potrebbero davvero navigar e in cattive acque se il Governo non agisse in tempo a livello fiscale e se le banche non riaprissero in fretta i portafogli. «La crisi finanziaria ha determinato anche un irrigidimento della politica creditizia da parte del sistema bancario - ha aggiunto Campana - ma le banche dovrebbero considerare con maggiore attenzione le operazioni di investimento proposte dalle nostre imprese e dagli acquirenti. Una chiusura nei confronti del settore immobiliare vuol dire arrestare uno dei motori vitali per l'economia del Paese». Più fiducia, invece, è arrivata dal sistema finanziario. La minore disponibilità degli istituti di credito all'accensione di nuovi mutui, su cui è intervenuto il presidente di Banca Mediolanum Ennio Doris, sembra essere alle spalle. Doris ha portato come esempio la politica del suo istituto, sottolineando come l'investimento immobiliare sia destinato a ritornare molto remunerativo non appena si uscirà dalla crisi e si rialzerà l'inflazione. Cosa che dovrebbe accadere secondo lui molto in fretta visti i ribassi di petrolio e costo del denaro. «La bolla è esplosa a causa di mutui basati su garanzie insufficienti - ha spiegato Doris -, ma le conseguenze sono arrivate quando il mondo ha visto fallire in diretta dei colossi bancari e finanziari e ha smesso di spendere. I clienti di Mediolanum in tutta risposta hanno ricevuto una lettera che gli comunicava l'allungamento del mutuo e la diminuzione della rata e abbiamo raddoppiato in pochi mesi i prestiti e nel primo quadrimestre 2009 abbiamo registrato una crescita netta rispetto all'anno scorso». Matteo Asti Matteo Asti

Torna all'inizio


Köhler, un trionfo: secondo mandato per il presidente (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

MONDO 24-05-2009 Köhler, un trionfo: secondo mandato per il presidente Il capo dello Stato rieletto grazie a 613 voti Prime prove di strategia nell'anno elettorale DA BERLINO VINCENZO SAVIGNANO P acato, mai sopra le righe e soprattutto sempre dalla parte del popolo. Per questo, ormai da quasi due anni nei sondaggi risulta sempre il politico più amato e stimato dai tedeschi. Horst Köhler è già passato alla storia come il primo Presidente della Repubblica Federale a rimanere in carica per due mandati consecutivi. L'Assemblea Federale, formata dai deputati del Bundestag e da un eguale numero di delegati regionali scelti dai Parlamenti dei sedici Länder (in totale 1224 componen-- ti), ieri lo ha confermato, al primo turno, come capo dello Stato grazie ai 613 voti arrivati dall'Unione Cdu/Csu, dai liberali dell'Fdp e dai cosiddetti "Liberi elettori". Appena rieletto Köhler si è subito complimentato con Gesine Schwan , candidata dell'Spd a cui sono andati 504 voti, giunti dai socialdemocratici, dai Verdi e da parte della Linke, la sinistra radicale, che aveva presentato un suo candidato, il regista e attore Peter Sodann, al quale sono andate 91 preferenze. La Schwan, politologa e Rettore dell'Università europea Viadrina di Francoforte sull'Oder, per la seconda volta consecutiva non è riuscita a coronare il sogno di diventare la prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente della Repubblica Federale. «Sono convinta che il signor Köhler continuerà a guidare e a rappresentare il mio Paese con gran- de dignità ed impegno», ha detto la candidata socialdemocratica alla tv Zdf. Dal canto suo, il vecchionuovo presidente ha subito tenuto un breve discorso di fronte all'Assemblea Federale, nel corso del quale ha utilizzato toni e toccato temi che già in passato gli hanno consentito di conquistare la stima e il rispetto di tutto il mondo politico tedesco. Pochi mesi fa nel pieno della crisi finanziaria non aveva esitato a bacchettare i manager «colpevoli di aver pensato soprattutto ai loro interessi e non a quelli dei risparmiatori» e a sottolineare che «la crisi è una grande occasione per la Germania per cambiare il sistema economico ma anche sociale». Venerdì a Berlino, in occasione dell'apertura dei festeggiamenti per il sessantesimo anniversario della Costituzione tedesca, ha invitato il Paese e tutto il mondo politico ad intraprendere «una rivoluzione ecologica». La rielezione di Köhler alla fine sembra aver accontentato tutti. Hanno espresso la loro soddisfazione il Presidente dell'Spd, Franz Müntefering e anche il leader della Linke, Oskar Lafontaine, ma la più raggiante è sembrata Angela Merkel. Subito dopo il discorso di Köhler si è presentata di fronte alla telecamere con il leader della C- su, Horst Seehofer, e dei liberali, Guido Westerwelle, lanciando un messaggio ben preciso: Cdu, Csu e liberali insieme hanno votato per il Presidente e insieme sono pronti a governare il Paese. «L'elezione del Presidente della Repubblica e il voto di settembre sono due cose distinte ha sottolineato la Merkel ma oggi abbiamo dimostrato di voler lavorare insieme per questo Paese, ormai la volontà di formare un'alleanza con i liberali non è più un segreto». Insomma la Merkel, come previsto, ieri ha aperto ufficialmente la campagna per le elezioni politiche federali e il lungo anno elettorale. A giugno le elezioni europee; ad agosto le regionali in Sassonia, Turingia e Saar infine a settembre il gran finale: la Merkel ha scelto già i suoi alleati; all'Spd restano solo i Verdi e i più volte rinnegati della Linke; a Horst Köhler il difficile compito di vigilare sull'anno elettorale. Il presidente della Repubblica tedesca Horst Köhler, con la moglie Eva Luise, saluta la folla all'esterno del palazzo del Reichstag dopo la rielezione (Reuters)

Torna all'inizio


Berlino Horst Köhler, nella foto, è stato rieletto ieri presidente della Repu... (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 24 Maggio 2009, Berlino Horst Köhler, nella foto, è stato rieletto ieri presidente della Repubblica tedesca, con la maggioranza assoluta e al primo scrutinio. Candidato dell'unione Cdu-Csu della cancelliera Angela Merkel ed ex direttore del Fondo monetario internazionale, il 66enne Köhler ha ottenuto 613 voti sui 1.224 dell'Assemblea federale. Il collegio elettorale presidenziale è formato a metà da membri scelti dai 16 Länder e, per l'altra metà dai deputati del parlamento (Bundestag). La principale sfidante di Köhler, Gesine Schwan, pure lei 66enne, ha avuto 503 voti. «Abbiamo molto lavoro davanti a noi, ma ce la faremo», ha detto Köhler, che rimarrà in carica per altri 5 anni, riferendosi alla crisi economica. Il suo secondo mandato comincerà il prossimo 1 luglio. La rielezione, in vista delle elezioni politiche di settembre, è un successo per il Partito cristiano democratico della Merkel, che governa con i socialdemocratici della Spd nella "grande coalizione". La Cdu-Csu avrebbe subito un duro colpo se il capo dello Stato fosse stato battuto dalla sfidante della Spd Gesine Schwan, che è la presidentessa dell'Università europea Viadrina di Francoforte sull'Oder, e che era già stata sconfitta da Köhler nel 2004. Köhler ama l'Italia - è stato sul lago di Garda sia l'anno scorso che nel 2007 - come molti suoi connazionali, ma non le vacanze di lusso. Il decimo capo dello Stato della Germania del dopoguerra sceglie alberghi a tre stelle, e fa gite in bicicletta (con la moglie e la scorta è arrivato spesso in Veneto dall'Austria, "scalando" il passo Resia). Ex economista di primo piano, nei mesi scorsi si è reso molto popolare criticando le distorsioni del sistema economico mondiale che ha causato la grave crisi finanziaria, paragonando i mercati internazionali a un «mostro» da disciplinare ed dicendo di aspettarsi un «mea culpa» dalle banche tedesche. Nel maggio 2007 fu molto discussa la decisione di Köhler di negare la grazia chiesta da Christian Klar, l'ex terrorista della Raf, poi rilasciato nel dicembre 2008, dopo 26 anni di carcere. La scelta ha però giocato a suo favore, visto che esponenti conservatori contrari alla grazia avevano minacciato di votare contro la sua rielezione a presidente, se l'avesse concessa. Sostenitore di uno Stato forte che contro la crisi economica «stabilisca regole per il mercato e garantisca la loro applicazione», Köhler è favorevole all'elezione diretta del capo dello Stato, anche se l'idea ha sollevato più critiche che consensi. È salito alla presidenza tedesca - che come in Italia prevede un ruolo di rappresentanza, di indirizzo e di arbitro tra istituzioni dello Stato, senza potere di governo - nella primavera 2004 dopo aver diretto il Fondo monetario internazionale e in precedenza la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). Era stato anche il principale consigliere economico dello "storico" cancelliere della riunificazione Helmut Kohl (Cdu).

Torna all'inizio


babelick ha detto: come volevasi dimostrare:cina eliminata!erano rimaste italia e spagna,la prima strafavorita poiché non ne ha mai ospitato uno...strano ma vero le cene del re e l (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 285 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


G8 energia: nel mondo uno su 4 senza luce (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

G8 energia: nel mondo uno su 4 senza luce ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 24.05.2009 19:43 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - ROMA, 24 MAG - Nel mondo una persona su quattro, 1,6 miliardi di persone, vive ancora senza elettricita'. Ma la crisi finanziaria rischia di avere un ulteriore effetto negativo per i poveri che non hanno ancora accesso all'energia oppure che non possono piu' permettersi di pagarla. La recessione potrebbe portare nel 2009 al primo calo dei consumi elettrici dalla 2/a guerra mondiale,-3,5%stima Iea,a causa del crollo della produzione industriale. Specialmente nei paesi emergenti divenuti la 'fabbrica del mondo' come la Cina o perche' la popolazione, alle prese con la perdita del lavoro o con difficolta' economiche riduce i consumi. In Italia, come ha rilevato il presidente dell'Edison Umberto Quadrino, si continua a registrare un calo di elettricita' e gas simile rispettivamente di circa l'8 e il 10% e un recupero potrebbe riscontrarsi solo a fine anno con i primi attesi segnali di ripresa. Per il momento tuttavia la conseguenza e' che nelle societa' del settore affluisce meno denaro, il prezzo del petrolio cala e rende non sostenibile economicamente gli investimenti per nuove centrali, perforazioni o impianti che vengono cosi' dilazionati o cancellati.(ANSA).

Torna all'inizio


diciamolochiaro ha detto: abbiamo perso per 8 voti a 11. Ma è risaputo che per "vincere" l'assegnazione di qualunque cosa bisogna pagare profumatamente (vedi America's cup che un c (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 24-05-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 286 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio