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Report "crisi"  21-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Scoppia la bolla e appare il valore dell'arte ( da "EUROPA ON-LINE" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Alla crisi finanziaria e alla caduta dei titoli. Quando negli anni Ottanta la deregulation ha creato i nuovi ricchi della speculazione, l?arte è diventata più che mai uno sfavillante oggetto commerciale per celebrare i nuovi padroni della finanza e il miraggio dell?

C'è una bomba in comune ( da "EUROPA ON-LINE" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre pmi e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali. Il Comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi)

Crisi economica/L'Europa riunita a Bruxelles guarda agli Usa. Ma con Obama non sarà facile ( da "AmericaOggi Online" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: inaccettabile protezionismo" per via dell'annunciata decisione di Parigi di riportare in patria una delle produzioni di punta della Renault attualmente localizzata in Slovenia. Solo due esempi. Ma per dire la fatica che "mamma Merkel" deve avere fatto anche stavolta per cercare di tenere insieme una comitiva già profondamente scossa dalla bufera montante della disoccupazione (

L'Ue raddoppia gli aiuti all'Est ( da "Giornale di Brescia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

Il superciclo dell'acciaio non è finito Gozzi (Duferco) è ottimista: saremo più forti Fornelli (Beltrame): serve un cambio o sono guai ( da "Giornale di Brescia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il problema non è quanto dura la crisi, ma la forma dell'uscita». Cioè il modo con cui usciremo. E lo faremo «grazie all'economia reale, più forte di qualunque crisi finanziaria, di qualunque bolla speculativa». Secondo Gozzi «i prezzi hanno toccato il fondo, la riduzione della domanda è giunta al termine, i costi marginali si avvicinano ai ricavi».

Dal turbo alle turbine eoliche Ecco il futuro della Saab ( da "Finanza e Mercati" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: colpito particolarmente dalla crisi finanziaria. Stoccolma ha anzi recentemente confermato proprio in questi giorni l'obiettivo di fare a meno del petrolio entro una ventina d'anni. Di qui il curioso invito, formulato dal ministro del Commercio svedese Maud Olofsson, a riconvertire il processo produttivo degli stabilimenti per specializzarsi nel settore eolico.

Crisi economica, la strategia della Cisl per la ripresa ( da "Tempo, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si concentrerà sulla crisi sociale e finanziaria del Momento in Italia e in Molise. Sarà un momento, quindi, di grande attenzione interna ma soprattutto di confronto sul mondo del lavoro e sindacale. Un sindacato chiamato a un ruolo e quindi a un compito difficile nella ricucitura dei rapporti sociali e soprattutto di interfaccia istituzionale e quindi propositiva con il Governo.

Acciaio, il nuovo corso può ripartire dalla Cina ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che escano provvedimenti orientati ad agevolare i mercati e sterilizzare la tremenda crisi finanziaria che ci ha colpito. Occorre investire massicciamente nelle infrastrutture, incentivando il settore edilizio e quello dell'automotive, veri e propri motori trainanti della nostra economia». UNA CRISI che colpisce inevitabilmente anche il mercato bresciano.

Marinelli: Â<Un episodio isolatoÂ> ( da "Tempo, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «In un momento di crisi finanziaria - ha detto l'Assessore - in cui tutti cerchiamo di dare nuovo respiro al nostro turismo, pur con le poche risorse che il momento concede, fattacci come questo lasciano sgomenti e increduli, specie perché riguardano una località di punta, su cui progettiamo un grande futuro.

I conti non tornano ( da "Arena, L'" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sabato 21 Marzo 2009 LETTERE Pagina 25 CRISI I conti non tornano Con la crisi finanziaria che sta massacrando l'economia del pianeta abbiamo scoperto una nuova divinità. Indecifrabile, capricciosa, inesorabile: il Pil (Proddotto interno lordo). Sappiamo tutti che cosa è, ma non ci riflettiamo.

FEDERALIMENTARE: NEL 2009 L'EXPORT FRENERÀ DEL 6% ( da "Arena, L'" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A POP VICENZA Si blocca la cessione della maggioranza di Irfis, istituto di credito siciliano controllato dal Banco di Sicilia col 76%, alla Popolare Vicenza. Secondo fonti sindacali del Bds la frenata all'operazione sarebbe dovuta a una presunta mancata autorizzazione di Banca d'Italia, a causa della crisi finanziaria.

dopo nove anni crescono i disoccupati - andrea bonanni ( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari mondiali e l´impegno ad approvare entro giugno «i principi di base di un nuovo sistema di supervisione per il settore finanziario dell´Ue». E tuttavia, pressati dall´emergenza disoccupazione, in risalita anche in Italia, i leader europei hanno dato il via ad una serie di misure congiunte che per la prima volta vanno al di là della somma di iniziative nazionali.

abruzzo, la ripresa è molto lontana ( da "Centro, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'Abruzzo con questo calo di occupati è nella crisi o il peggio deve arrivare? «L'ultimo trimestre del 2008 è stato una sorta di anticipazione rispetto alle difficoltà che si stanno riscontrando nel primo trimestre del 2009 a seguito della crisi finanziaria ed economica a livello nazionale e mondiale.

Crollano gli utili Generali: -70,5% In denaro solo una parte del dividendo ( da "Unita, L'" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: inevitabile impatto sugli investimenti della crisi finanziaria globale, dall'altro dimostrano la solidità delle attività assicurative, che riflette le nostre scelte strategiche di lungo termine». Gli ha fatto eco l'amministratore delegato Giovanni Perissinotto per il quale «il 2009 continuerà ad essere un anno duro, ma crediamo che il nostro approccio strategico,

l'amia dichiara guerra al volantinaggio "denuncia per chi è senza autorizzazione" ( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: messo a rischio dalla crisi finanziaria che colpisce la capogruppo Amia. «Mancano inoltre guanti, tute e palette, i lavoratori vanno in servizio rischiando la loro incolumità», dicono Paolo Di Gaetano dell´Rdb e Maurizio Bongiovanni dell´Alba. Nonostante l´appello del sindaco Diego Cammarata, che ha chiesto agli operai di tornare al lavoro minacciando l´

C'è anche il gasdotto sardo tra i beneficiari dei fondi Ue ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia.

Reazioni alla crisi ( da "Milano Finanza" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: avvio della crisi finanziaria mondiale, le iniziative prese dalle autorità internazionali per far fronte alla crisi dei mercati hanno risposto in maniera adeguata alle sue aspettative? E in Italia?De Rosa. La soluzione di questa crisi non può che venire da un impegno concertato e globale, che superi i confini nazionali.

Anasf e Fecif, incontro a Milano ( da "Milano Finanza" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tornato sotto la lente dei governi a seguito della crisi finanziaria in atto, quello dell'education finanziaria dei risparmiatori. Questione quest'ultima che coinvolge direttamente proprio gli operatori del risparmio e che nei progetti del Fecif apre la strada alla collaborazione con fpa Europe per cercare di coinvolgere nei lavori altri rappresentanti di paesi europei dormienti.

I pf e l'educazione al risparmio ( da "Milano Finanza" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rilancia il confronto In un recente articolo dedicato alla crisi del mercato finanziario, pubblicato sul Corriere della Sera, il professor Filippo Cavazzuti nella sua veste di Presidente del Consorzio Pattichiari si concentra sull'ineludibilità di dover affrontare i rischi finanziari e conclude le sue argomentazioni con un invito rivolto ai risparmiatori, che recita testualmente:

in picchiata il prezzo delle case ( da "Tirreno, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria ha innescato anche la ripresa della domanda a conferma di quanto gli italiani vedano ancora nel "mattone" l'investimento più sicuro. Prezzi e affitti. «Il prezzo - ha dichiarato Claudio Branchetti consulente Tecnocasa per la rete immobiliare residenziale in Toscana - è in assoluto la variabile determinante nella trattativa di compravendita e in particolare,

Riggio (Enac): L'Italia degli scali ora subisce la crisi, ma in futuro rischia il capacity crunch ( da "Borsa e Finanza" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sui bilanci della crisi dei mercati finanziari». Al centro dell'analisi di Riggio c'è lo spauracchio di una possibile saturazione del sistema ((vedere tabella). Un rischio che - se si esclude il 2009 in cui è previsto un calo drastico dei passeggeri (contingente alla crisi) - potrebbe essere generato dall'incremento esponenziale della domanda di voli previsto nei prossimi anni (

c'era una volta la moneta - alessandro volpi ( da "Tirreno, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ingegneria finanziaria e la liquidità resa facile dalla riduzione artificiale del rischio, la crisi finanziaria globale finirà per generare nuovi strumenti di indebitamento pubblico chiamato a coprire i debiti privati divenuti ormai scoperti. La produzione straordinaria di carta moneta diventa il cardine della rinazionalizzazione degli assetti più consueti del capitalismo.

Pasini: le banchedevono ridurre i costi ( da "Secolo XIX, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il presidente del Consiglio di sorveglianza del Banco Popolare ha definito «impegnativa» la crisi che gli istituti finanziari devono affrontare. Soprattutto, Pasini si è detto convinto che non sarà possibile tornare al modello subito precedente l'esplosione della bolla subprime: «Dovremo ristrutturare i costi, abituarci a guadagni meno elevati».

Intermarket: cosa sta cambiando nelle correlazioni ( da "Borsa e Finanza" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e la sua evoluzione hanno infatti allentato legami che si credevano consolidati, e avviato nuove correlazioni che però, in alcuni casi, sono poi tornate nell'oblio. L'analisi intermarket diventa così sempre più difficile e volatile.

Correlazioni che vanno, correlazioni che vengono. Le interrelazioni fra le diverse asset ... ( da "Borsa e Finanza" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e la sua evoluzione hanno infatti allentato legami che si credevano consolidati, e avviato nuove correlazioni che però, in alcuni casi, sono poi tornate nell'oblio. L'analisi intermarket diventa così sempre più difficile e volatile.

renault rimpatria la produzione slovena la commissione ue protesta, sarkozy frena ( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Francia annuncia la rilocalizzazione di un impianto della Renault per la produzione di alcuni modelli fabbricati in Slovenia e la mossa provoca una dura reazione della Commissione Ue, che teme un ritorno strisciante del protezionismo. Ma il presidente francese Nicolas Sarkozy ha gettato acqua sul fuoco: la Slovenia non perderà posti di lavoro.

la mia fede - tony blair ( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: questione dei valori e del sistema finanziario alla luce della crisi finanziaria, esaminando in che modo i nostri sistemi finanziari possano essere rimessi in rapporto con alcuni valori di base dai quali essi si sono in buona parte distanziati. Abbiamo dato il nostro contributo al dibattito globale in occasione della conferenza di Parigi del presidente Sarkozy e al World Economic Forum,

UE. Sì al raddoppio degli aiuti ai Paesi dell'Est. 75 miliardi destinati al FMI ( da "AmericaOggi Online" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di "situazione grave". Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

CRISI/ GREENSPAN SI COMPLIMENTA CON OBAMA PER GESTIONE CRISI ( da "Wall Street Italia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si è complimentato con l'amministrazione Obama per come ha gestito la crisi finanziaria e, in particolare, per la ristrutturazione del sistema bancario americano. Questa ristrutturazione è un "cardine" dell'equilibrio mondiale, ha affermato Greenspan nel suo discorso conclusivo della 72esima Convenzione delle banche del Messico, ad Acapulco.

Misure anticrisi, Bruxelles vara altre risorse ( da "Eco di Bergamo, L'" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

BRUXELLES - Cinque, cinquanta, settantacinque ( da "Adige, L'" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

Il modo per non finire in bocca agli squali ( da "Italia Oggi" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il gruppo olandese ha scelto l'anno scorso di affrontare la crisi finanziaria mondiale con l'arma dell'ironia e della comicità surreale investendo 50 milioni di euro per tutta la comunicazione 2009.Il 50% dell'investimento è stato destinato all'advertising classico, di cui due terzi alla pubblicità in televisione.

Dal vertice Ue nessuna black-list al G-20 di Londra ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: altro protagonista insieme alla Merkel della guerra aperta dichiarata a paradisi fiscali e segreto bancario, complici i contraccolpi della crisi finanziaria in corso. Ma Sarkozy non si è fermato a una reazione compiaciuta per i segnali di collaborazione lanciati dai quattro Paesi nel mirino dell'Unione.«La nostra credibilità dipende dalla capacità di rifiutare tutte le eccezioni.

L'industria resti in primo piano ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: essa diventa il pretesto per risuscitare le argomentazioni in favore del protezionismo, un'esperienza screditata da trent'anni di storia in Europa. Dobbiamo perciò essere molto sospettosi rispetto ai Colbert del credit crunch. Credit crunch significa che dobbiamo esaminare attentamente il modo in cui il governo regolamenta i mercati finanziari.

Indagine su Northern Rock mette Brown sotto accusa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: liquidando il light touch alla regolamentazione dei mercati finanziari, fortissimamente voluto da Brown nelle vesti di Cancelliere dei Governi Blair, come un reliquia. Ha continuato ieri il National audit office con il rapporto sulla nazionalizzazione di Northern Rock, la prima pietra dello smottamento finanziario britannico.

Generali, salgono i premi ma pesano le svalutazioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-21 - pag: 37 autore: Profitti a 861 milioni (-70%) - Sciolta la joint venture Intesa Vita Generali, salgono i premi ma pesano le svalutazioni Riccardo Sabbatini è stato l'anno da dimenticare dei mercati finanziari, costato 5 miliardi soltanto di svalutazioni di asset;

Bilancio, 35% in più per le strade e un minipiano triennale di assunzioni ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria mondiale, infatti, ha fatto calare molto il costo del denaro, cosa che potrebbe paradossalmente generare una perdita per il Comune. Problema, questo, che hanno anche altri Comuni italiani come Roma, Torino e Milano. L'assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo, che due giorni fa ha incontrato il gruppo consiliare del PD per parlargli del Bilancio,

L'industria del design: la via italiana al successo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che arriva in un momento particolamente azzeccato: «La crisi di oggi – sostiene Davide Rampello, presidente della Triennale – è soprattutto una crisi di valori, quelli creati da un sistema che ora ha fallito, è un momento di timore in cui occorre trovare qualcosa in cui tornare a credere e avere fiducia.

ROMA - Generali chiude il bilancio 2008 a prova di crisi: l'utile netto si attesta a 861 milion... ( da "Messaggero, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: bilancio 2008 a prova di crisi: l'utile netto si attesta a 861 milioni. in calo del 70,5% rispetto ai 2,92 miliardi del 2007, in conseguenza di 5 miliardi di svalutazioni dovute proprio agli effetti della tempesta finanziaria. Il gruppo «conclude questo difficile 2008 forte di un business ancora in crescita e di una solidità patrimoniale tra le più robuste del settore assicurativo»

LA recessione sta raggiungendo probabilmente in questi primi mesi del 2009 la sua mas... ( da "Messaggero, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non soltanto le banche italiane sono le meno colpite dalla crisi finanziaria, ma anche il sistema produttivo e socio-territoriale del "made in Italy", grazie alle capacità delle imprese e al meccanismo degli ammortizzatori, "tiene" meglio, come dimostrano i dati Istat sulla disoccupazione e quelli Eurostat sulla produzione industriale diffusi ieri.

Renault riporta in Francia la Clio E la Ue accusa: protezionismo ( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: onda della crisi finanziaria e della recessione, nonostante gli impegni all'unisono dei leader europei a scongiurare una deriva di questo genere. Un fatto preoccupante per almeno tre ragioni. Si verifica alla vigilia del G20 di Londra, riguarda un settore già in odore di protezionismo per gli incentivi all'automobile elargiti da diversi Paesi e vede protagonista la Francia :

Generali, utili per 861 milioni Caltagirone nel comitato esecutivo ( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha pesato sui conti delle Generali: il Leone ha chiuso il 2008 con 861 milioni di utile contro i 2,92 miliardi precedenti dopo svalutazioni per 5 miliardi. Ieri il consiglio ha approvato il bilancio, proposto la distribuzione di un dividendo misto, nominato nell'esecutivo Francesco Gaetano Caltagirone,

L'abito nero del profitto ( da "Manifesto, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «In un momento di grave crisi finanziaria milioni di donne che lavorano nelle varie fabbriche stanno pagando per i profitti dei giganti della grande distribuzione». Inizia con questo atto d'accusa l'ultimo dossier pubblicato dalla Clean Clothes Compaign (CCC), dal titolo «Cashing In» (www.

Tiene Piazza Affari, giù StM ( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-21 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa Tiene Piazza Affari, giù StM di Giacomo Ferrari Unipol Vendite su Unipol, che dopo il balzo di giovedì lascia sul terreno il 9,09% Ultima seduta della settimana all'insegna delle scadenze tecniche mensili per futures e opzioni e nuovo rialzo di Piazza Affari,

Evasione fiscale? L'accusa frena Barclays ( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-21 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Londra Evasione fiscale? L'accusa frena Barclays (g.fer.) — L'ipotesi di una frode fiscale ha penalizzato ieri Barclays alla Borsa di Londra, dove il titolo del colosso bancario è arrivato a perdere fino all' 8% per poi terminare a 104,

<Banche in coda per l'aumento>. Enel corre ( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-21 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano «Banche in coda per l'aumento». Enel corre (g.fer.) — «Abbiamo già deliberato l'aumento di capitale e posso confermare che c'è un overbooking di banche che vogliono entrare nel consorzio di collocamento».

BRUXELLES CINQUE, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre c... ( da "Nazione, La (Firenze)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

Banche, parte la campagna Cna ( da "Nazione, La (Prato)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: accesso al credito in questi frangenti di crisi finanziaria appare sempre più problematico per gli imprenditori. A dimostrarlo (o a confermarlo) ci sono i dati della ricerca effettuata dalla Cna siu 302 aziende il cui titolo è già un programma: «Banche nemiche del rilancio?». A giudicare dai risultati il rapporto banche-piccole imprese appare piuttosto difficile a Prato.

Il re del marco' vede nero: questa crisi farà strage ( da "Nazione, La (Firenze)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 17 Il re del marco' vede nero: questa crisi farà strage FIRENZE L'EX GOVERNATORE DELLA BUNDESBANK, POEHL, PARTECIPA OGGI A UN SIMPOSIO ECONOMICO di PINO DI BLASIO FIRENZE «QUESTA crisi finanziaria ed economica durerà almeno 3 o 4 anni. E quando terminerà, il mondo non sarà più come quello di oggi.

di ROBERTO DAVIDE PAPINI PER IL 65% delle aziende artigiane prat... ( da "Nazione, La (Prato)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: accesso al credito in questi frangenti di crisi finanziaria appare sempre più problematico per gli imprenditori. A dimostrarlo (o a confermarlo) ci sono i dati della ricerca effettuata dalla Cna siu 302 aziende il cui titolo è già un programma: «Banche nemiche del rilancio?». A giudicare dai risultati il rapporto banche-piccole imprese appare piuttosto difficile a Prato.

La crisi è sempre più nera, crolla la produzione ( da "Nuova Ferrara, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dipendente" dal negativo fatturato da export, una voce che determina per il 60% il fatturato totale. Le aspettative degli imprenditori per il 2009 dimostrano che la crisi finanziaria e poi economica è oggi anche una crisi di fiducia: la percentuale dei pessimisti sull'andamento dei prossimi mesi supera in certi casi il 60%.

Generali dà il dividendo e si separa da Intesa Vita ( da "Giorno, Il (Milano)" del 21-03-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

Generali dà il dividendo e si separa da Intesa Vita ( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

Intesa: utile, ma niente cedola Tremonti bond per 4 miliardi ( da "Giorno, Il (Milano)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il conto che Intesa Sanpaolo paga alla feroce crisi finanziaria di questi mesi. Ne ha preso atto ieri il consiglio di gestione della banca presieduto da Enrico Salza che ha approvato i conti del 2008. Nello scenario buio resiste tuttavia la capacità della banca di generare profitto, sia pur un po' sotto le attese: l'utile netto consolidato è stato di 3,

L'Ue aumenta gli aiuti a Est e Fmi ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia;

Più di così non scenderà ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nelle varie crisi economiche o geopolitiche, il franco si è poi apprezzato. E così è stato anche durante l'attuale crisi finanziaria, con una tendenza verso 1,45-1,46 sull'euro verificatasi ancora il mese scorso. L'intervento della Bns, che ha suscitato discussioni a livello internazionale perché indicato da alcuni esperti come una svalutazione competitiva,

Super sconti (-50%) a Soho e Mayfair ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tutto il mercato immobiliare londinese ha risentito pesantemente della crisi finanziaria e in particolare nella City è stata ed è molto forte la pressione sui canoni: nel cuore finanziario di Londra ora è caccia agli inquilini – spiega Patrick Parkinson, amministratore delegato di Jones Lang LaSalle. Si pensi che da gennaio a oggi la riduzione dei canoni è stata del 20%.

Il conto corrente in valuta? Serve soprattutto ai trader online ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Solo i Gilts britannici provano ad avvicinarsi ma scontano la debolezza della sterlina. Paolo Zucca Lunedì In Finanza: che rapporto c'è tra crisi finanziaria e rimbalzi di Borsa? La speranza è che la fine del tunnel si avvicini, ma in passato non è sempre stato così

USA/ AIG INVITA DIPENDENTI A PRUDENZA DOPO MINACCE SCANDALO BONUS ( da "Wall Street Italia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: azienda la quale però da parte sua si difende dicendo di avere le mani legate a causa di contratti siglati prima della crisi finanziaria. La Camera dei rappresentanti del Congresso ha votato proprio giovedì scorso una legge che impone una tassazione pari al 90 per cento sui bonus d'oro; il testo dovrà passare ora al Senato.

Slovacchia, si vota per presidente ma è test per governo ( da "Reuters Italia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vicino a Fico e ha sostenuto la sua politica per migliorare le condizioni di vita delle fasce sociali più deboli, trascurate dalle riforme di mercato del precedente governo di centrodestra. La Slovacchia, membro della Ue che ha da poco adottato l'euro, è stata colpita anch'essa dalla crisi finanziaria globale, anche se meno duramente di altri paesi dell'Europa centrale e orientale.

Non chiedete a Obama di essere spontaneo. ( da "Giornale.it, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Ungheria/ Si dimette premier socialista Ferenc Gyurcsany -2- ( da "Virgilio Notizie" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: abbassando il peso fiscale lo scorso anno e quest'anno, la crisi finanziaria globale, che sta colpendo l'Ungheria in maniera pesantissima, ha rovinato questo calcolo. Sono diversi gli osservatori internazionali che parlano di possibile default dell'Ungheria. Il governo di Gyurcsany, tra l'altro, ha anche perso un pezzo.

CRISI/ ZOELLICK: NON RIDURRE AIUTI A PAESI PIU' POVERI ( da "Wall Street Italia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sulla scia della crisi finanziaria". Lo ha detto il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, partecipando ad una convegno a Bruxelles durante il quale ha invitato a non diminuire, a causa della crisi, gli aiuti ai paesi piu' poveri. Zoellick sostiene che si potrebbe arrivare fino a 15 miliardi di dollari in nuovi aiuti per pagare i bisogni fondamentali come il cibo,

Ungheria, premier: mie dimissioni per sostenere riforme ( da "Reuters Italia" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che conduca il paese fuori dalla crisi finanziaria. "La gestione della crisi e i successivi cambiamenti richiedono un sostegno politico e sociale piàù ampio di quello odierno", ha detto Gyurcsany al congresso del partito di cui è presidente, quello socialista. "Sento che sono un ostacolo alla cooperazione richiesta per i cambiamenti,

Nella settimana Piazza Affari guadagna il 6,5%, grazie ai finanziari ( da "Sicilia, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ultimo affondo della Banca centrale americana contro recessione e crisi finanziaria e le successive paure per un surriscaldamento dell'inflazione. Scarsi spunti anche sul versante societario, fatta eccezione per Aig: travolto dalla bufera sui bonus, il gigante assicurativo subiva un crollo del 31% guidando il maggior ribasso sullo S&P 500.

Missione a Casa Rosetta ( da "Sicilia, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le piccole e medie imprese sono fortemente colpite dalla crisi finanziaria. Inoltre è una misura che può avere ripercussioni anche nella lotta al lavoro nero nel comparto dell'edilizia. Questa, come altre iniziative legate al cosiddetto "piano casa" che il Governo nazionale si accinge a varare, possono risultare utili per attutire gli effetti della grave crisi economica attuale»

Stop ai <paradisi>: allo studio l'ipotesi di uno scudo fiscale ( da "Sicilia, La" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziaria. Una posizione assunta anche dalla Svizzera. A fare il punto sulla lotta ai paradisi fiscali, cresciuta d'intensità nei mesi scorsi sull'onda degli effetti della crisi economica, è stato il vertice Ue di Bruxelles. Per far rientrare i capitali fuggiti nei paradisi fiscali ora anche a livello europeo si comincia a valutare la possibilità di applicare regimi simili allo

L'Europa ci ha chiesto il nostro piano per la casa ( da "Gazzettino, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria senza precedenti, che rischia di travolgere anche i Paesi dell'Europa occidentale, per la presenza all'Est di molte filiali dei grandi gruppi bancari europei. Il piano casa - che, secondo Cgia di Mestre, dovrebbe avere un impatto economico di circa 79 miliardi di euro, spalmati in più anni - prevede sette articoli e conferma la possibilità di ampliare fino a un

Lavoro e creatività, la sfida anti-crisi ( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: se io avessi accettato l'impegno politico avrei dovuto dimettermi perché oggi la crisi richiede la presenza continua in azienda. Siamo di fronte a una crisi finanziaria, ma sta cambiando la testa dei consumatori e delle famiglie. Per questo, più che i singoli settori produttivi la politica dovrebbe sostenere le famiglie. L'impresa del futuro?

Vicenza NOSTRO SERVIZIO Un plafond di 50 milioni di euro. È quanto metterà a dispo... ( da "Gazzettino, Il" del 21-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'accordo si sarebbe arenato a causa della crisi finanziaria che ha portato ad una netta contrazione delle valutazioni degli asset. Secondo l'intesa siglata nel maggio scorso, il Banco di Sicilia, gruppo Unicredit, avrebbe incassato per la sua quota di Irfis 82 milioni di euro. Pietro Rossi


Articoli

Scoppia la bolla e appare il valore dell'arte (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Dibattito sulla crisi che negli Usa ha investito anche questo mercato Scoppia la bolla e appare il valore dell?arte SIMONE VERDE Dopo anni di boom, è crisi anche nel mercato dell?arte. Calo delle vendite, gallerie vuote, collezionisti in bancarotta, giovani artisti costretti a sperare in un futuro migliore. A New York, dove si concentrano gli affari, la crisi ha un terribile risvolto sociale. Soprattutto a Manhattan che ospita più o meno tutte le ramificazioni del settore: i maggiori collezionisti nell?Upper East Side, i mercanti, da Uptown a SoHo, le migliori gallerie a Chelsea. Infine, sparsi in tutta la metropoli secondo la geografia degli affitti più economici, gli artisti. Qui, dove le gallerie sono immense e non fanno solo qualche metro quadrato, il trenta, quaranta per cento delle attività è a rischio chiusura. In tanta devastazione, però, c?è chi trova il suo tornaconto. Sono i critici, quelli che dagli anni Ottanta, con l?avvento della speculazione, sono stati sostituiti dai mercanti, hanno potuto svolgere il loro ruolo intellettuale solo nei circuiti statali, lontano dal business, deprecando l?arrivo dei nuovi ricchi, di opere sfavillanti sempre più costose e, a loro dire, sempre più vacue. Alfiere della categoria in Italia, Germano Celant, che ribadisce la condanna al sistema in un nuovo libro: Tornado Americano, Arte al potere (Skira, 39 euro), dove il potere è quello del capitale. Obiettivo critico, un?arte vertiginosamente creativa ma soggetta a crisi parallele a quelle della finanza. Vista così, era ora che finisse la sbornia e che si ricominciassero a pagare le cose per il loro valore. A prima vista il ragionamento non fa una piega. Peccato, però, che sin dalla sua emancipazione, l?arte americana si sia rivelata un progressivo superamento dell?opera intesa come oggetto, come pezzo unico portatore di valori assoluti, prodotto dal genio dell?artista e quindi senza prezzo (cioè costosissima). Dal 1953, quando Rauschenberg decise di cancellare un disegno del suo maestro olandese De Kooning e fino agli anni Ottanta con l?arrivo dell?arte globalizzata di un mondo invaso dalla speculazione e dalla finanza (che nel suo libro Celant considera a torto come parte della stessa storia), gli artisti statunitensi hanno praticato un?altra via. Quella di opere a basso prezzo che entrassero nella vita di tutti per migliorarla, esaltando il potenziale democratico dell?industrializzazione. Così sarebbe stato con la Pop Art, il minimalismo, l?arte concettuale, fino alla scomparsa dell?opera come oggetto per diventare nell?happening, nella performance o nella body art, parte della vita. A favore di Celant, tuttavia, c?è un paradosso. Come mai anche questi movimenti sono finiti nella speculazione del mercato? Perché la Pop Art ha acquisito quotazioni altissime, perché degli happening si commercializzarono subito foto e oggetti? Una sedia, uno straccio, una parrucca. La colpa non può essere imputata soltanto al capitalismo. A riprova, l?aneddoto raccontato da Plinio il Vecchio quando il console Mummio mise in vendita un quadro del celebre Aristide e saputo che Attalo II aveva offerto la cifra favolosa di seicentomila denari, paventando nascoste virtù magiche, decise di ritirarlo dall?asta. Seicentomila denari! Pagare le opere per il loro valore, certo. Ma quale valore? In un?intervista al Nouvel Observateur, il famoso consulente Thomas Seydoux assicura: «Sono le quotazioni troppo alte che hanno portato al calo dei prezzi». Troppo alte sì, ma rispetto a cosa? Con l?attuale deflazione, una tela di Pollock a 70 milioni di dollari, anziché 140, sembrerebbe una cifra onesta. Per qualche metro di tela, colori acrilici, una settimana di lavoro e un?intelaiatura di legno? La vera domanda, allora, non è piuttosto questa: perché l?arte non ha un prezzo? Avevano ragione i minimalisti, l?opera d?arte non è un oggetto, è una dimensione estetica che prefigura un mondo migliore interamente realizzato dall?uomo. Esalta le capacità del sistema che l?ha prodotta, celebra i suoi protagonisti (nel caso del minimalismo, gli industriali, i tecnici autori del boom economico; nel caso dell?Arte povera di Celant, una burocrazia intellettuale raffinata e statalista), sottolinea le capacità poietiche di una società, esorcizza la paura del limite, della sofferenza e della morte. Ed è per questo che non ha un prezzo e solo quando il suo valore sociale è stato attribuito viene convertito in denaro. La speculazione, così, non precede, segue, è resa possibile da questa tendenza alla sublimazione e all?utopia. E qui torniamo alla realtà dei giorni nostri. Alla crisi finanziaria e alla caduta dei titoli. Quando negli anni Ottanta la deregulation ha creato i nuovi ricchi della speculazione, l?arte è diventata più che mai uno sfavillante oggetto commerciale per celebrare i nuovi padroni della finanza e il miraggio dell?arricchimento facile. Un sogno commercializzato con poster, mostre e icone a buon prezzo. Più diffusa e meno vale la copia, più vale l?originale. Maggiore importanza sociale essa ha, più sale il suo valore mercantile. Quello che i cosiddetti critici definiscono cattivo gusto, una certa preziosità patinata, è l?estetica in cui si riconosce la maggioranza da cui nascono i nuovi ricchi. «Alcuni artisti ? tuonava il celebre dirigente di Christie?s Philippe Ségalot sintetizzando il pensiero di molti critici ? hanno prodotto per il mercato invece di concentrarsi sul lavoro». Ma se il successo di un?opera è legata alla sua capacità di sintetizzare un?idea di mondo qualunque essa sia e di rappresentare i suoi protagonisti, le crisi non sanciscono lo scadimento della qualità, una sfasatura tra l?oggetto e il suo prezzo, ma la caduta vertiginosa (non ancora definitiva e per questo aperta a nuove crescite di mercato) di un mondo di valori e dei suoi protagonisti.

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C'è una bomba in comune (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

C?è una bomba in comune MARIO LETTIERI - PAOLO RAIMONDI Un mese fa la Corte dei conti denunciò «l?uso sconsiderato di derivati finanziari da parte degli enti locali» e fece appello ad adottare un «principio di prudenza per i contratti derivati finalizzati alla ristrutturazione del debito degli enti locali». Ma i richiami alla trasparenza, alla certificazione e a una maggiore qualifica degli operatori coinvolti non bastano per affrontare l?emergenza della crisi. I dati di fine anno 2007, riportati nelle recenti audizioni della Commissione finanze del senato, indicano 41 miliardi di euro in derivati su un debito totale dei comuni, delle province e delle regioni pari a 82 miliardi, cioè il 50 per cento, e per i soli comuni la cifra sale al 58 del loro debito totale. Negli anni passati molti amministratori locali di tutte le tendenze e colori politici hanno pensato di riorganizzare il debito dei loro enti anche attraverso operazioni in derivati swap, che permettevano loro di diluire nel tempo il pagamento dei debiti e, in molti casi, addirittura di negoziare un montante del debito maggiore e di incassare subito la differenza in cash. Essi avrebbero fatto bella figura con i loro concittadini perché avevano più soldi da spendere. Gli intermediari finanziari però non avevano detto loro cosa prevedeva il derivato. In particolare non avevano detto che negli anni a venire e per decenni i bilanci degli enti sarebbero stati soffocati dalla bolla degli interessi da pagare alle banche. In verità molti amministratori locali sono stati vittime di una vera e propria ?circonvenzione di incapace?. Altri, pochi, hanno partecipato a vere e proprie truffe su cui le procure stanno indagando. Per loro ci sarà il giudizio del voto e quello della legge. In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre pmi e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali. Il Comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi) dell?attuale debito a lungo termine che è stato sottoposto a complesse operazioni di ristrutturazione finanziaria, passando da 420 a 620 milioni di euro. Non solo. Roma infatti dovrebbe continuare a pagare altissimi interessi per questi contratti derivati capestro fino al 2048 La procura di Milano indaga da tempo, anche con numerosi avvisi di garanzia, per chiarire contratti in derivati per 1 miliardo e 680 milioni di euro che, secondo varie stime, potrebbero comportare una perdita tra 200 e 300 milioni di euro per il Comune. La guardia di finanza di Firenze starebbe acquisendo documenti per un?indagine su ?alte commissioni e abuso di tassi esageratamente alti? che coinvolge otto banche e undici comuni della provincia per derivati pari a 1 miliardo e 700 milioni di euro. Poi ci sono i derivati di Napoli, Torino, fino ai piccoli comuni, e delle principali regioni a cominciare dalla Lombardia. Naturalmente questi contratti in derivati determinano un grande trasferimento di risorse finanziarie dai bilanci degli enti locali verso le banche. Queste banche, nazionali e soprattutto internazionali, sono le stesse che sono in situazioni di grande crisi proprio per le bolle speculative create dai titoli tossici. Sono sempre le stesse banche che chiedono sostegni finanziari ai governi per salvarsi dalla bancarotta. Chiedono capitali pubblici garantiti dagli stati e quindi dalla collettività. Come si può quindi tollerare che la collettività paghi due volte? La prima per salvare le banche dalla crisi e la seconda per pagare i derivati sottoscritti con le stesse? A fronte di tale situazione servirebbe anzitutto bloccare immediatamente le eventuali ulteriori sottoscrizioni di derivati da parte degli enti locali. In seguito, quando le nuove auspicate regole dell?economia e della finanza verranno definite, si decideranno anche metodi e comportamenti che riguardano i vari strumenti finanziari e bancari utili alla stabilità del sistema. Il governo dovrebbe individuare altre fonti e altre norme per il risanamento dei bilanci degli enti locali. Intanto lo stato dovrebbe esigere che le banche, in cambio dell?aiuto pubblico, trasformino i derivati in essere in normali prestiti a medio e lungo termine con tassi di interesse chiari ed equi. Tecnicamente non sarebbe un problema: chi è stato capace di costruire un complicato e poco trasparente contratto derivato, è certamente capace di ?decostruirlo?. Si tratta di non essere succubi dei forti poteri delle banche. È una decisione di politica economica che il parlamento e il governo possono prendere in pochi giorni e in modo condiviso, liberando in tempi brevissimi notevoli risorse per interventi di sostegno sociale e di investimento locale.

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Crisi economica/L'Europa riunita a Bruxelles guarda agli Usa. Ma con Obama non sarà facile (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi economica/L'Europa riunita a Bruxelles guarda agli Usa. Ma con Obama non sarà facile Di Pino Agnetti 21-03-2009 Compatti e fiduciosi. Era questo il messaggio che i capi di Stato e di governo Ue riunitisi per due giorni a Bruxelles si erano ripromessi di lanciare in risposta alla crisi e in vista del triplice "show down" di inizio aprile con la nuova amministrazione americana (G20 di Londra, celebrazioni del 60.mo della Nato a Strasburgo e prima "stretta di mano" ufficiale con Obama in quel di Praga). Stando ai comunicati e alle altrettanto rituali conferenze stampa finali, i 27 sembrerebbero aver rispettato l'impegno. Il bilancio del summit, infatti, parla di intesa pienamente raggiunta su almeno tre dei punti fondamentali in agenda: 5 miliardi di euro da spendere nei prossimi due anni nel campo delle infrastrutture energetiche e telematiche, raddoppio del fondo di emergenza per i Paesi membri dell'area extra-Euro (cioè per le economie dell'Est) e via libera al raddoppio della dotazione del Fondo monetario internazionale per fronteggiare la recessione mondiale. Quanto è bastato al nostro premier per annunciare per primo ai giornalisti, sfruttando ovviamente l'occasione anche in chiave di politica interna, che il vertice si era concluso proprio secondo quanto auspicato alla vigilia. Cioè, in un clima di rinsaldata "fiducia e coesione" fra i 27. Clima che così idilliaco e granitico, in realtà, non deve essere poi stato. Se è vero che lo stesso Berlusconi non ha esitato nella medesima conferenza stampa a prendere le difese dell'Eni (accusata dall'Antitrust europeo di abuso di posizione dominante nella gestione di alcuni gasdotti) in nome delle "superiori esigenze di sicurezza" italiane. Ma soprattutto se si considera che, a vertice ancora in corso, la Commissione Ue ha clamorosamente caricato a testa bassa contro un Paese membro del calibro della Francia, accusata senza mezzi termini di "inaccettabile protezionismo" per via dell'annunciata decisione di Parigi di riportare in patria una delle produzioni di punta della Renault attualmente localizzata in Slovenia. Solo due esempi. Ma per dire la fatica che "mamma Merkel" deve avere fatto anche stavolta per cercare di tenere insieme una comitiva già profondamente scossa dalla bufera montante della disoccupazione (giunta ormai all'8% con la previsione di lievitare ulteriormente al 10% l'anno prossimo). E, per di più, alle prese con lo spinosissimo nodo della lotta ai "paradisi fiscali" - saldamente impiantati non solo all'ombra dorata di qualche isolotto delle Cayman, ma pure fra le non meno munite piazze finanziarie di Austria, Lussemburgo e Belgio - che continuano a sottrarre enormi risorse liquide più che mai indispensabili a dare ossigeno all'economia reale e a tamponare il crollo della produzione industriale (-17,3% su base annua in Eurolandia). Se a ciò sommiamo che sono in pieno concorso le grandi manovre riguardanti il prossimo rinnovo dei piani alti della Ue (con il portoghese Barroso smanioso di strappare un secondo mandato alla guida della Commissione gradito al britannico Brown e agli stessi Sarkozy e Berlusconi, ma un po' meno ai socialisti europei che per bocca del loro presidente, il danese Rasmussen, hanno approfittato del vertice per chiedere che "questa Unione europea faccia di più contro la crisi"), la tanto decantata "solidità" europea è apparsa ieri bisognosa di qualche ulteriore sostanzioso ritocco. Ma, oramai, è rimasto troppo poco tempo per sperare che, da qui al fatidico sbarco di Obama in Europa, la "nazionale" continentale possa migliorare in amalgama e condizione atletica generali. Una cosa, però, è certa. Che si tratterà di un match fra due formazioni votate a due tattiche di gioco sostanzialmente parallele. E, come tali, non destinate necessariamente a fondersi e ad agire da moltiplicatore della risposta alla crisi globale. A "coach Obama" che intende tirar dritto con la sua politica di nuovi massicci stimoli economici e fiscali, fa riscontro un'Europa che, con 400 miliardi di euro già stanziati, in sostanza dice di avere già fatto il massimo. E già questo basta a rendere "storico" l'imminente ritrovarsi fra due vecchi amanti pronti, sì, a riabbracciarsi. Ma ognuno consapevole in cuor suo che la passione - al netto delle colpe e delle responsabilità dell'uno e dell'altro - non è più quella di un tempo.

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L'Ue raddoppia gli aiuti all'Est (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 21/03/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano L'Ue raddoppia gli aiuti all'Est Raggiunto l'accordo sui 5 miliardi per finanziare le opere sull'energia BRUXELLESCinque, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa Centrorientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa - hanno sostenuto - fatta di «risultati e proposte concrete». I 27 leader dell'Ue il prossimo 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune, adottata all'unanimità: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. E i leader europei si dicono pronti a contribuire con 75 miliardi di euro, sotto forma di prestiti su base volontaria e temporanea. I capi di Stato e di Governo hanno anche deciso di raddoppiare - da 25 a 50 miliardi di euro - il fondo di sostegno delle bilance di pagamento dei Paesi Ue in maggiore difficoltà, quelli fuori dalla zona euro. Una misura che riguarda soprattutto le capitali dell'Europa Centrorientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti. Crisi che rischia di travolgere anche i Paesi dell'Europa Occidentale, per la presenza all'Est di molte filiali dei grandi gruppi bancari europei. Finora Bruxelles ha impegnato 10 miliardi per venire in soccorso di Ungheria e Lettonia. E altri Paesi starebbero negoziando con Bruxelles, a partire dalla Romania. Per venire ancora incontro alle preoccupazioni dei Paesi dell'Est, nelle conclusioni del vertice si sottolinea anche come «il sostegno alle banche madri non dovrà comportare restrizioni alle attività delle filiali nei Paesi Ue ospitanti». Tutti al termine del vertice hanno smentito le voci di una possibile intesa su un piano per salvare Paesi dell'euro a rischio bancarotta. I principali indiziati sono la Grecia e l'Irlanda, che versano nella situazione peggiore dal punto di vista finanziario, ma anche l'Austria, molto esposta con le sue banche verso l'Est. «Non sono a conoscenza di intese di questo genere», ha detto Barroso, ribadendo però come «se necessario, siamo pronti a intervenire». Dal vertice è invece uscito ancor più rafforzato l'invito a tutti gli Stati membri a rispettare le regole del Patto di stabilità e di crescita dell'Ue, impegnandosi a rientrare entro i parametri di Maastricht non appena la ripresa comincerà a palesarsi. Dopo una lunga trattativa, la Germania ha infine accettato l'inclusione del gasdotto Nabucco nella lista delle grandi opere energetiche e delle tlc da finanziare nel 2009 e 2010 con 5 miliardi di euro di fondi Ue non spesi, spianando così la strada ad un accordo. Soddisfatta l'Italia perché nell'elenco delle opere ci sono 5 progetti che la riguardano per un ammontare di oltre 400 milioni.

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Il superciclo dell'acciaio non è finito Gozzi (Duferco) è ottimista: saremo più forti Fornelli (Beltrame): serve un cambio o sono guai (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 21/03/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia Made in Steel La chiusura a Brixia Expo «Il superciclo dell'acciaio non è finito» Gozzi (Duferco) è ottimista: saremo più forti Fornelli (Beltrame): serve un cambio o sono guai BRESCIA «Il superciclo (inteso come ciclo strutturale positivo di lungo termine, ndr) non è finito: sono convinto della forza del superciclo anche per il fatto che la Cina nel gennaio 2009 ha prodotto più acciaio del gennaio 2008, qualcosa come 42 milioni di tonnellate, mentre tutto il resto del mondo ne ha prodotte 44 milioni». La «scossa» di Gozzi Antonio Gozzi, amministratore delegato di Duferco e presidente di Duferdifin Nucor, è un «superciclista» convinto. Ieri pomeriggio ha dato la scossa a Made in Steel in chiusura della rassegna. Una sferzata di convinto e motivato ottimismo giunta al termine della terza giornata e spiegata alla luce dei fenomeni macroeconomici planetari di lungo termine. In aperta e dichiarata polemica con la finanza e i suoi «miopi sacerdoti», tutti ripiegati sui trend di breve termine. Per Antonio Gozzi usciremo dalla crisi più forti di prima. Non solo perchè «noi italiani siamo dei combattenti». Non solo perchè «la gente non ha più voglia di crisi». Ma pure per il fatto che l'attuale recessione, per quanto ampia ed acuta, grave e profonda, è una oscillazione congiunturale all'interno di un trend strutturale in ascesa. «Il problema non è quanto dura la crisi, ma la forma dell'uscita». Cioè il modo con cui usciremo. E lo faremo «grazie all'economia reale, più forte di qualunque crisi finanziaria, di qualunque bolla speculativa». Secondo Gozzi «i prezzi hanno toccato il fondo, la riduzione della domanda è giunta al termine, i costi marginali si avvicinano ai ricavi». E quando è così non si può che risalire. Ansia del brevissimo termine Ma non è solo la finanza a soffrire la sindrome del breve e brevissimo termine. Anche gli analisti ne sono prigionieri. Fino a ieri nessuno si era accorto dei segni premonitori, pur evidenti, dell'uragano in arrivo. Oggi tutti sono spasmodicamente attenti al minimo stormir di fronde e scrutano l'orizzonte convinti che basti una rondine per far primavera. L'intervento di Gozzi, che ha avuto il merito di alzare lo sguardo oltre la «emerocultura» - la cultura del «giorno per giorno» da cui sembrano contagiati gli scenaristi - ha chiuso la tavola rotonda su «Steel market outlook». «Cambiar registro» Moderato da Fabio Tamburini del Sole 24Ore, il dibattito ha chiuso a sua volta i tre giorni di Made in Steel. Prima di Gozzi hanno preso la parola Roger Manson di Unicredit Group, Achille Fornasini di Isfor 2000, Cesare Viganò di Assofermet ed Enrico Fornelli del Gruppo Beltrame. Quest'ultimo è stato il più pessimista di tutti, pur concludendo il proprio intervento con un rituale appello al coraggio. «O si cambia registro tutti insieme, produttori e distributori - ha detto Fornelli - o saranno guai seri». È vero che abbiamo toccato il fondo, è vero che risaliremo, ma il problema è vedere «quanto ci rimarremo». Il Gruppo Beltrame, ha spiegato Fornelli, ha ridotto la produzione del 60%. «Un salasso spaventoso, l'unica strada è ridurre l'offerta». «Colpe» delle materie prime Chi ha parcellizzato l'analisi fino a vivisezionarne il tempo fino al brevissimo termine è stato Achille Fornasini, secondo il quale «la fase negativa è chiusa, nel senso che più in basso di così non si può andare». Nell'ambito di una puntuale e circostanziata lettura dei trend delle Borse, del petrolio e delle materie prime, Fornasini ha concluso che l'attuale momento è caratterizzato da una stabilità di prezzi consolidati al ribasso da cui non si può che ripartire. Manson di Unicredit ha spiegato come «per uscire dall'attuale crisi mondiale dobbiamo aspettarci misure positive dai Governi». Speculazione e finanza Il senior analyst di Unicredit ha adombrato una sorta di diarchia dell'economia mondiale, un condominio dominato da Stati Uniti e Cina. Viganò del Centro servizi Assofermet ha usato un metro affatto diverso, riportando il dibattito su un terreno più consono al tema del confronto. «L'aumento dei prezzi - ha detto Viganò - non è stato generato dall'aumento della domanda ma dai prezzi delle materie prime». Cioè dalla speculazione dei mercati finanziari, come Gozzi avrebbe detto subito dopo. Secondo il quale vale lo scientismo delle analisi, ma vale altrettanto il «sentiment» delle persone. Ossia le aspettative. Senza forzare i tempi del ciclo, ma contando sulle proprie forze. Poichè, in ultima analisi, la ripresa siamo noi. Alessandro Cheula

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Dal turbo alle turbine eoliche Ecco il futuro della Saab (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Dal turbo alle turbine eoliche Ecco il futuro della Saab da Finanza&Mercati del 21-03-2009 «Se le auto non vendono più, allora producete turbine eoliche». È questa la proposta fatta qualche giorno fa dal governo svedese alla Saab, la storica casa automobilistica scandinava, il cui destino è in discussione in questo periodo. La General Motors, proprietaria del marchio, intende infatti renderlo indipendente entro il 2010, non potendo più sostenere le perdite subite nell'ultimo biennio. D'altra parte la politica del governo svedese è ben lontana dall'investire nel settore automobilistico, colpito particolarmente dalla crisi finanziaria. Stoccolma ha anzi recentemente confermato proprio in questi giorni l'obiettivo di fare a meno del petrolio entro una ventina d'anni. Di qui il curioso invito, formulato dal ministro del Commercio svedese Maud Olofsson, a riconvertire il processo produttivo degli stabilimenti per specializzarsi nel settore eolico. La strada indicata dal ministro per salvare l'azienda dal fallimento che purtroppo incombe non è così assurda dal punto di vista industriale. La Saab, nel corso dei decenni, è riuscita infatti ad avere una buona flessibilità, producendo anche aerei e motori di vario genere e dimostrando di essere in grado di stare al passo con le esigenze del mercato. «Produrre turbine eoliche appare più realistico rispetto alla possibilità di tornare a essere un fabbricante di auto competitive», ha commentato il professor Staffan Laestadius, esperto di economia industriale parlando con il magazine Miljöaktuellt. A queste condizioni il governo svedese si è dichiarato disponibile a sostenere la ripresa della Saab, con il vantaggio di dare un valido contributo anche alla realizzazione del progetto energetico del Paese, che prevede di incrementare sensibilmente la quota eolica. Da quando nel 1973 la politica energetica si orientò in modo da essere meno dipendente dall'importazione di petrolio, le fonti di energia principale sono diventate quella idroelettrica e nucleare. Fonte, però, quest'ultima bloccata nel 1980 da un referendum, che ne stabilì la messa al bando entro il 2010 e, nel frattempo, il divieto di costruire nuove centrali. Un grande contributo arriva oggi dalle biomasse ottenute dai boschi e dalla torba, ma per il futuro l'espansione della produzione eolica risulta davvero fondamentale.

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Crisi economica, la strategia della Cisl per la ripresa (sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

stampa Crisi economica, la strategia della Cisl per la ripresa Sindacale Oggi il congresso regionale, presieduto dal segretario nazionale Raffele Bonanni, per tracciare le linee programmatiche Aldo Ciaramella CAMPOBASSO Proposte e rimedi il IX Congresso della Cisl Molise si concentrerà sulla crisi sociale e finanziaria del Momento in Italia e in Molise. Sarà un momento, quindi, di grande attenzione interna ma soprattutto di confronto sul mondo del lavoro e sindacale. Un sindacato chiamato a un ruolo e quindi a un compito difficile nella ricucitura dei rapporti sociali e soprattutto di interfaccia istituzionale e quindi propositiva con il Governo. Non è felice neppure il mercato del lavoro in Molise e quindi il quadro socioeconmico della regione. Scossa dall'ultima crisi occupazionale della Ittierre e da quella sempre alla porta del settore avicolo rintuzzata in qualche modo dagli sfrorzi economici della Regione e da una serie di piccole e medie aziende sull'orlo del tracollo. Il sindacato e quindi la Cisl sono chiamati alle loro responsabilità, come tutti gli attori istituzionali, politici e sociali, per garantire e tutelare il lavoro, «Noi non possiamo essere pessimisti - afferma il segretario generale della Cisl molisana, Pietro Iocca - il sindacato, la Cisl non può cedere allo scoramento: deve trovare la forza e la ragione di assumere davanti alle avversità una posizione ferma e responsabile». Un momento in cui, quindi la Cisl e le altre sigle sindacali devono coltivare un grande senso di responsabilità, secondo Iocca, un atteggiamento che deve distinguere l'azione sindacale, perché senza di essa si corre il rischio di assumere una deriva esclusivamente protestataria che non conduce ad alcun risultato concreto. Come ripete da più settimane il segretario generale nazionale, Raffaele Bonanni, che doggi sara presente al Congresso della Cisl alle Cupolette di Vinchiaturo il problema «non è l'intensità della protesta, ma la qualità della proposta, il sindacato è chiamato a dare nuove risposte a proporre nuove politiche che si proiettino oltre il limite di un riformismo di facciata - aggiunge il segretario Iocca - che non produce esiti per il mondo del lavoro. Un mondo del lavoro, voluto ancora, da qualcuno, aggrappato ad una concezione del sindacato conservatore fuori luogo e lontano nel tempo». La discussione di quest'oggi si concentrerà sulle nuove scelte di percorso della Cisl che sono quelle di «andare verso un sindacato partecipativo e propositivo - conclude Iocca - per risolvere i grandi problemi che travagliano la società del nostro tempo: La grave crisi finanziaria ed economica che non si risolve con la sterile protesta, innalzando barricate; La globalizzazione, il mercato del lavoro, la concertazione e contrattazione, lo stato sociale e la rappresentanza, temi che debbono essere affrontati da un sindacato riformista e non massimalista; Il Mezzogiorno, il lavoro sommerso, la disoccupazione giovanile e femminile, l'immigrazione, il disagio dei pensionati, i problemi che solo un sindacato che privilegia il confronto anziché lo scontro può contribuire a risolvere».

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Acciaio, il nuovo corso può ripartire dalla Cina (sezione: crisi)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

MADE IN STEEL. Dalla fiera, chiusa con 12 mila presenze (molti stranieri), prime indicazioni «Acciaio, il nuovo corso può ripartire dalla Cina» di Alessandro Faliva Aggrapparsi al dragone, per risalire. Allo Steel Market Outlook, il forum sull'acciaio e le materie prime tenutosi ieri pomeriggio a Brixia Expo nell'ambito di «Made in Steel», l'analisi si è concentrata sulle strade da percorrere per uscire dalla crisi. E le idee sembrano chiare. Ieri intanto negli 8 mila mq di Brixia Expo Made in Steel si è concluso con oltre 12mila visitatori, il 20% in più della passata edizione del 2007, come preventivato dagli organizzatori, con un'ampia partecipazione estera. «PER RISALIRE - sintetizza Antonio Gozzi, amministratore delegato Duferco - occorre puntare sul mercato cinese, che genera da solo quasi il 50% della produzione mondiale di acciaio. La Cina sarà un driver da seguire per permettere anche al nostro mercato di riprendersi. Basti pensare che a gennaio 2009 la Cina ha prodotto più acciaio che nello stesso mese del 2008, e la produzione per la prima volta si è avvicinata ad eguagliare quella del resto del mondo: 42 milioni di tonnellate contro 44 mln. Inoltre la borsa di Shanghai da gennaio è in rialzo del 35%, e le tre maggiori società edilizie cinesi sono in rapida crescita, a dimostrazione di un mercato enorme, sul quale investire». «La molla che si sta manifestando - continua Gozzi -, con continui rimbalzi tra ripartenze e arresti, genera incertezze, ma occorre proseguire, investendo nei mercati esteri». «Siamo sul fondo del pavimento - è l'analisi di Achille Fornasini, Amministratore delegato Isfor 2000 -. I prezzi non potranno che risalire, ma siamo in una fluttuazione che proseguirà almeno fino al primo semestre 2009. Da lì in poi comincerà ad avviarsi una reazione, che porterà ad una fase positiva. La situazione è globale, sia il tradizionale black sea mediterraneo che il far east asiatico stanno subendo questa fase di stallo». Molto si punta sul prossimo G20, con la speranza che porti soluzioni e novità. «Mi auguro - prosegue Fornasini - che escano provvedimenti orientati ad agevolare i mercati e sterilizzare la tremenda crisi finanziaria che ci ha colpito. Occorre investire massicciamente nelle infrastrutture, incentivando il settore edilizio e quello dell'automotive, veri e propri motori trainanti della nostra economia». UNA CRISI che colpisce inevitabilmente anche il mercato bresciano. «Dal punto di vista nostrano - conclude l'amministratore delegato di Isfor 2000 -, patiamo più di altri questa situazione, visto il peso che il settore siderurgico ha nella nostra economia. Anche in questo caso, la ripresa non potrà che migliorare la situazione delle aziende della nostra provincia. Ora servono più chiarezza, trasparenza e rigore». «Dobbiamo ripartire insieme - è il parere di Cesare Viganò, coordinatore dei Centri Servizio Assofermet -. Prendendo in esame il cambiamento macroscopico e repentino dello scenario internazionale, siamo passati da un mare calmo, con facilità di pesca abbondante, ad una tempesta perfetta. Nell'immediato futuro, la riduzione dell'output delle acciaierie consentirà nel tempo di riassorbire gli stock in tutta la pipe-line produttore-distributore-consumatore finale, portando così in presa diretta il consumo apparente con quello reale. Nel frattempo, la combinazione di un seppur lieve ma atteso miglioramento del consumo reale, ed un atteggiamento meno restrittivo del sistema bancario, dovrebbe consentire un graduale recupero dell'attività».

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Marinelli: Â<Un episodio isolatoÂ> (sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

stampa Marinelli: «Un episodio isolato» CampitelloL'assessore al turismo interviene dopo l'operazione «Rotten Food» CAMPOBASSO L'Assessore al Turismo Franco Giorgio Marinelli interviene sulla «vicenda scabrosa» dei cibi avariati, scoperti in alcuni alberghi di Campitello Matese, con accenti di sgomento e di sdegno, ma anche con l'espressa volontà di sostenere la presa di distanza dei tanti albergatori molisani che non vogliono essere coinvolti «nel fascio di ogni erba» e ci tengono a distinguersi da colpe individuali che non devono disonorare un'intera categoria. Anche perché le magagne dei tre alberghi coinvolti sembrano potersi riassumere nella responsabilità di un'unica persona. «In un momento di crisi finanziaria - ha detto l'Assessore - in cui tutti cerchiamo di dare nuovo respiro al nostro turismo, pur con le poche risorse che il momento concede, fattacci come questo lasciano sgomenti e increduli, specie perché riguardano una località di punta, su cui progettiamo un grande futuro. Dobbiamo però affermare che la categoria degli albergatori è seria e responsabile. Se c'è qualche mela marcia sarà la magistratura a censurarla come si merita. Questi sono comunque episodi sporadici che non devono infangare l'intera categoria degli albergatori e dei ristoratori, la quale, invece, ha saputo migliorare la propria offerta costantemente negli ultimi anni». «Lancio un nuovo appello - aggiunge Marinelli - all'impegno corale per valorizzare un territorio che non può perdere il suo appuntamento con uno sviluppo assai promettente, a beneficio dell'intera comunità». Ed in campo scende anche la Confesercenti che esprime solidarietà nei confronti degli operatori di Campitello Matese che si trovano loro malgrado a subire i contraccolpi di una valanga mediatica con ripercussioni a livello nazionale. «Essi - fanno sapere dalla Confesercenti - rivendicano attenzione per il loro operato, che da decenni è sinonimo di serietà e di qualità. La Asec Confesercenti di Campobasso intende esprimere la piena solidarietà nei confronti di questi imprenditori che si trovano a doversi difendere da un imprevedibile quanto devastante danno di immagine, che rischia di far collassare un intero sistema turistico. Alla luce degli investimenti fatti, dunque, occorre scongiurare il pericolo che un unico episodio metta in ombra un comparto che invece è un fiore all'occhiello per il nostro territorio». Cos.San.

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I conti non tornano (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 21 Marzo 2009 LETTERE Pagina 25 CRISI I conti non tornano Con la crisi finanziaria che sta massacrando l'economia del pianeta abbiamo scoperto una nuova divinità. Indecifrabile, capricciosa, inesorabile: il Pil (Proddotto interno lordo). Sappiamo tutti che cosa è, ma non ci riflettiamo. È la pura e semplice somma dei beni e dei servizi venduti sul mercato. Un metro utile per misurare la potenza monetaria di una economia, ma spesso stravagante e fuorviante. Basti pensare al Pil che si riduce se sposo la domestica, che aumenta se il traffico si congestiona o se avviene un disastro naturale, che resta fermo se si protegge un parco naturale, che vola se su quel parco ci si fa un bel centro commerciale. Insomma il Pil non è solo la somma dei beni, ma anche dei mali. Se i mali (inquinamento, corruzione, criminalità) crescono più dei beni il Pil non è più un indice del benessere, ma del malessere. Dunque adesso sembra che il Pil diminuirà del 2% (fateci caso: analisti strapagati cambiano le previsioni ogni settimana, un po' come fare le previsioni del tempo guardando dalla finestra). Ammesso che ci indovinino, torneremo ai livelli del 2006. Solo che nel 2006 non si stava poi così male. Non c'erano banche sull'orlo del fallimento, aziende in crisi, operai senza lavoro. I conti non tornano! O forse tornano fin troppo bene. Il fatto è che la produzione industriale è come una mostruosa bicicletta costretta a correre sempre più in fretta per mantenerci in equilibrio. Non solo non può perdere velocità, ma deve continuamente incrementarla: è l'economia demenziale basata sullo sviluppo senza limiti (fino a quando, fino a dove e a spese di chi non ce l'hanno detto). La sua dinamica si sostiene a una sola condizione: di crescere continuamente. La legge implicita della nostra economia paranoica è una corsa senza traguardo. Che prima o poi il sistema dovesse implodere sembra ovvio. C'è da meravigliarsi anzi che sia durato così a lungo. Penso che a dispetto dell'orgogliosa sicurezza ostentata dai nostri governanti, saranno guai per tutti. L'unica consolazione è che forse ci resterà il tempo per domandarci se è l'economia che deve servire all'uomo o l'uomo che serve all'economia. E purtroppo non è un gioco di parole... Armando Zamboni CAVALCASELLE (VERONA)  

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FEDERALIMENTARE: NEL 2009 L'EXPORT FRENERÀ DEL 6% (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 21 Marzo 2009 ECONOMIA Pagina 37 Brevi MADE IN ITALY FEDERALIMENTARE: NEL 2009 L'EXPORT FRENERÀ DEL 6% La crisi morde anche il comparto alimentare e il made in Italy potrebbe segnare in particolare nell'export una pesante battuta d'arresto nel 2009, stimabile intorno al -6% in quantità e al -10/12% in valuta. A lanciare l'allarme è il presidente di Federalimentare, Gian Domenico Auricchio. BORSA UNIPOL SENZA CEDOLA PENALIZZATA IN BORSA: IL TITOLO AI MINIMI Penalizzata a Piazza Affari dopo la decisione del Cda di non pagare un dividendo agli azionisti. I titoli della compagnia assicurativa di Via Stalingrado hanno perso il 9% a 0,66 euro, chiudendo a un passo dai minimi di seduta (0,65 euro): circa l'1% del capitale scambiato. EDITORIA IL SOLE 24 ORE CHIUDE IL 2008 CON 573 MILIONI DI RICAVI CONSOLIDATI Il gruppo Sole 24 Ore ha registrato nel 2008 un utile netto di 16,1 milioni (-41,8%). I ricavi consolidati sono 573 milioni, in linea con il 2007. La proposta per il dividendo è di 9,8 centesimi di euro per ogni azione speciale e 7,17 centesimi per ogni azione ordinaria. SECONDO I SINDACATI ALT ALLA CESSIONE DI IRFIS DA BDS (UNICREDIT) A POP VICENZA Si blocca la cessione della maggioranza di Irfis, istituto di credito siciliano controllato dal Banco di Sicilia col 76%, alla Popolare Vicenza. Secondo fonti sindacali del Bds la frenata all'operazione sarebbe dovuta a una presunta mancata autorizzazione di Banca d'Italia, a causa della crisi finanziaria.  

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dopo nove anni crescono i disoccupati - andrea bonanni (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Economia Dopo nove anni crescono i disoccupati Il premier: meglio di altri. La Ue studia uno scudo fiscale. Usa, deficit record Aumentati di 75 miliardi i fondi all´Fmi. L´Ocse conferma: nel 2009 Pil Italia -4,2% ANDREA BONANNI dal nostro corrispondente BRUXELLES - Il vertice europeo dedicato alla crisi economica si è chiuso ieri nel segno della solidarietà. I Ventisette restano fermi nella loro posizione, che difenderanno al prossimo G20 di fronte alle pressioni di Washington. Che intanto deve fare conti con una previsione di deficit record per il 2009: 1835 miliardi di dollari, il 45 per cento del Pil. Gli europei alla riunione diranno che lo sforzo già intrapreso per il rilancio dell´economia è «adeguato» e ora bisogna attuare i piani varati e attendere i risultati. Restano anche la richiesta di concentrare l´attenzione su una maggiore regolamentazione dei mercati finanziari mondiali e l´impegno ad approvare entro giugno «i principi di base di un nuovo sistema di supervisione per il settore finanziario dell´Ue». E tuttavia, pressati dall´emergenza disoccupazione, in risalita anche in Italia, i leader europei hanno dato il via ad una serie di misure congiunte che per la prima volta vanno al di là della somma di iniziative nazionali. I governi hanno autorizzato la Commissione a raddoppiare a 50 miliardi di euro il tetto delle obbligazioni che potrà emettere per venire in aiuto dei Paesi dell´Europa dell´Est le cui bilance dei pagamenti presentano troppi squilibri. Finora Ungheria e Lettonia hanno già attinto a questo fondo (che il ministro Tremonti ha definito «un principio di eurobond») per un totale di 10 miliardi. Ora anche la Romania ha chiesto di farvi ricorso. Il Consiglio ha anche deciso di aumentare di 75 miliardi di euro (cento miliardi di dollari) il fondo di dotazione del Fmi a sostegno dei Paesi in difficoltà. I 27 hanno anche preparato la posizione comune contro i paradisi fiscali da portare al G20, nella quale si chiede anche la messa a punto di sanzioni. E per favorire il rientro dei capitali si iniziano a valutare seriamente (Francia e Germania in primis) misure simili allo scudo fiscale. L´Italia, ha spiegato Berlusconi, potrebbe essere interessata, ma solo se l´iniziativa fosse decisa a livello europeo. Sempre in tema di solidarietà, i governi e la Commissione hanno smentito che esista un «piano segreto» per aiutare i Paesi dell´eurozona che dovessero rischiare la bancarotta (Irlanda e Grecia sono i più a rischio). Una simile ipotesi è espressamente vietata dalle regole di Maastricht. Tuttavia hanno fatto chiaramente intendere che, se necessario, i Paesi più forti interverrebbero in aiuto dei più deboli e che «nessuno sarà lasciato cadere». Ma, con l´incalzare della crisi economica che si sovrappone a quella finanziaria, la nuova emergenza è la disoccupazione. Mentre l´Ocse ha confermato che le sue previsioni danno un calo del Pil in Italia pari a meno 4,2% nel 2009, ieri l´Istat ha comunicato che anche da noi i disoccupati crescono per la prima volta dopo nove anni. Nel quarto trimestre del 2008 il tasso di disoccupazione è salito al 7,1%, contro il 6,6 dello stesso periodo nel 2007. Anche il ricorso alla cassa integrazione è raddoppiato, e tuttavia l´Italia rimane ancora al di sotto del dato medio dell´area euro (8,2% a gennaio). «Il rapido aumento della disoccupazione è causa di grave preoccupazione», dice il documento finale approvato dai capi di stato e di governo. Che però hanno deciso di annullare il vertice straordinario dedicato al tema occupazione proposto dalla presidenza ceca. Berlusconi è apparso comunque relativamente soddisfatto delle prospettive italiane. «Abbiamo verificato che da noi c´è una fiducia dei consumatori e una fiducia delle imprese molto più alta della media europea, che la nostra produzione industriale a gennaio è calata molto meno che in altri paesi, e anche la disoccupazione è molto al di sotto della media dell´eurozona». Secondo Berlusconi, che attribuisce il merito di questa situazione ad «un corpo sociale sostanzialmente sano», è dunque possibile per l´Italia «uscire dalla crisi meglio di altri».

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abruzzo, la ripresa è molto lontana (sezione: crisi)

( da "Centro, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

di Maurizio Piccinino Abruzzo, la ripresa è molto lontana Mauro: enti e banche paghino i crediti dovuti alle aziende PESCARA. I primi segnali di crisi si sono registrati tra il terzo e il quarto trimestre del 2008, quando in Abruzzo sono stati persi 13 mila posti di lavoro, con un calo dell'occupazione del 2,5 per cento. Questo dato, che fotografa una brusca frenata, si inserisce in un quadro generale apparentemente positivo visto che tra il 2007 e il 2008 l'occupazione in Abruzzo è aumentata del 3,2 per cento. E per il 2009 non ci sono le condizioni per prevedere una ripresa, anzi. Ad analizzare i dati forniti ieri dall'Istat è l'economista Giuseppe Mauro docente dell'università d'Annunzio. Professor Mauro le cifre sull'occupazione in Abruzzo cosa ci dicono? «Mostrano che tra il 2007 e il 2008 gli occupati sono passati, in Abruzzo, da 502mila a 518mila, e il dato in sé manifesta indubbiamente degli aspetti positivi, considerato che in Italia la crescita è stata solo dello 0,8 per cento e nel Mezzogiorno è stato registrato un meno 0,5. Approfondendo l'esame, però, nell'ultimo trimestre del 2008 osserviamo che la crescita di occupati è stata solo di duemila unità rispetto all'ultimo trimestre del 2007 e tra il terzo e il quarto trimestre del 2008 il numero degli occupati è passato da 523mila e 510mila». L'Abruzzo con questo calo di occupati è nella crisi o il peggio deve arrivare? «L'ultimo trimestre del 2008 è stato una sorta di anticipazione rispetto alle difficoltà che si stanno riscontrando nel primo trimestre del 2009 a seguito della crisi finanziaria ed economica a livello nazionale e mondiale. Una riflessione particolare va fatta sugli addetti nei servizi, che tra il terzo e il quarto trimestre del 2008 sono passati da 356mila unità a 332mila, a fine 2008 erano 338mila, con un'oscillazione collegata alla flessibilizzazione del mercato del lavoro accentuata in questo settore dal rinnovo dei contratti atipici. Se poi si considerano una serie di fattori negativi che si stanno verificando anche in Abruzzo si capisce che non c'è da aspettarsi niente di buono». Oltre all'industria in senso stretto si annuncia crisi anche in altri settori? «La stagnazione dei valori immobiliari e mobiliari, ossia le case e le azioni, riducono l'effetto ricchezza e fa aumentare le aspettative pessimistiche delle famiglie che riducono i consumi, e favoriscono la tendenza a detenere la liquidità anziché entrare nel circuito della spesa. Sono tutti aspetti che produrranno effetti intensi, in negativo, nel corso del 2009 e se fino ad ora si è avuta una crescita dell'occupazione senza crescita del reddito adesso è ragionevole supporre che alla caduta del reddito corrisponderà una caduta dell'occupazione». La crisi in Abruzzo sarà più intensa? «C'è da temere che arrivi anche qui la forte crisi dei mezzi di trasporti e potrebbe avere un effetto drammatico considerato che si tratta di un settore strategico. E poi non bisogna dimenticare che in Abruzzo la crisi si innesta in una situazione particolare, in cui la crescita del Pil è stata quasi pari a zero, nel periodo 2000- 2007» Professor Mauro le banche che hanno un ruolo strategico possono fare qualcosa in più per arginare gli effetti negativi della crisi? «E' necessario creare un plafond regionale per garantire i crediti alle imprese, far sì che le amministrazioni locali certifichino i crediti che le imprese vantano nei loro confronti perché si trasformino in liquidità, e assicurare tempi certi nell'erogazione del credito. In questa fase, cioè, le banche giocano un ruolo fondamentale perché è come se la liquidità fosse evaporata e va ridotta l'incertezza».

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Crollano gli utili Generali: -70,5% In denaro solo una parte del dividendo (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crollano gli utili Generali: -70,5% In denaro solo una parte del dividendo Nel caso di Generali la tempesta globale in corso si manifesta con una parola chiave: svalutazioni. Sono infatti i colossali importi di queste ultime, qualcosa come 5 miliardi di euro, a mandare a picco gli utili registrati dal colosso assicurativo nel 2008. Il bilancio diffuso ieri parla di 861 milioni di euro a fronte dei 2,92 miliardi ottenuti nell'anno precedente. Ed ancora, la compagnia distribuirà un dividendo di 0,62 euro per azione, di cui solo 0,15 in contanti, mentre il restante 0,47 verrà onorato con l'assegnazione gratuita di azioni proprie. I profitti del Leone di Trieste, peraltro, si attestano nella forchetta delle attese degli analisti, che parlavano di un utile d'esercizio tra i 770 e i 900 milioni di euro. I premi lordi complessivi sono invece cresciuti del 3,9% fino a 68.805 milioni (+1,3% a termini omogenei) con tassi di sviluppo mediamente superiori rispetto a quelli registrati dai singoli mercati in cui il gruppo opera. In particolare, crescono i premi sia del segmento vita (+3,2%) che del danni (+5,5%). Per il 2009, spiega il comunicato delle Generali, in un «difficile contesto di mercato l'obiettivo del gruppo sarà quello di preservare i margini tecnici al fine di contenere il prevedibile aumento della sinistralità da un lato e la riduzione dei margini finanziari dall'altro». «Generali conclude questo difficile 2008 forte di un business ancora in crescita e di una solidità patrimoniale tra le più robuste del settore assicurativo - ha commentato il presidente Antoine Bernheim -. Se da un lato i risultati hanno risentito dell'inevitabile impatto sugli investimenti della crisi finanziaria globale, dall'altro dimostrano la solidità delle attività assicurative, che riflette le nostre scelte strategiche di lungo termine». Gli ha fatto eco l'amministratore delegato Giovanni Perissinotto per il quale «il 2009 continuerà ad essere un anno duro, ma crediamo che il nostro approccio strategico, un tempo criticato, ci ponga in una posizione forte».

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l'amia dichiara guerra al volantinaggio "denuncia per chi è senza autorizzazione" (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XI - Palermo Il presidente della collegata Essemme scrive al prefetto. Task force per vigilare su chi butta l´immondizia L´Amia dichiara guerra al volantinaggio "Denuncia per chi è senza autorizzazione" Una querela contro chi fa volantinaggio in città senza alcuna autorizzazione. La richiesta al prefetto della precettazione dei lavoratori non appena «sarà rilevato nei quartieri il rischio per l´igiene pubblica». La costituzione di una task force con i vigili urbani per avviare controlli contro chi getta i rifiuti in strada. Sono queste le iniziative messe in capo dalla direzione di Amia Essemme per far fronte all´emergenza spazzatura che sta travolgendo la città a causa dello sciopero dei 900 dipendenti che si occupano dello spazzamento delle strade e dello svuotamento dei cestini. «Abbiamo il dovere di limitare i danni provocati da questa astensione anomala dal lavoro», dice il presidente di Amia Essemme, Filippo Cucina. Da sabato scorso i sindacati Rdb e Alba hanno avviato lo stato di agitazione e gli operai scesi in sciopero per chiedere «garanzie sul futuro dell´azienda», messo a rischio dalla crisi finanziaria che colpisce la capogruppo Amia. «Mancano inoltre guanti, tute e palette, i lavoratori vanno in servizio rischiando la loro incolumità», dicono Paolo Di Gaetano dell´Rdb e Maurizio Bongiovanni dell´Alba. Nonostante l´appello del sindaco Diego Cammarata, che ha chiesto agli operai di tornare al lavoro minacciando l´avvio della precettazione, i sindacati non hanno fatto alcun passo indietro. Risultato? Se le strade del centro sono state pulite da operai dell´Amia, in periferia ormai da quasi una settimana si accumulano cartacce, lattine e bottiglie di plastica, con i residenti costretti spesso a spazzare di propria iniziativa i marciapiedi. Da Mondello a Brancaccio, passando per Vergine Maria, Bonagia, Borgo Nuovo o Falsomiele, ormai per tenere pulite le strade i residenti si sono armati di scope e palette. «Ho chiesto all´Amia di aumentare le squadre per la pulizia delle strade - dice Cucina - Questi lavoratori saranno pagati attraverso il fondo per lo straordinario dedicato agli operai di Amia Essemme». Una delle iniziative messe in campo dalla direzione aziendale è anche quella denunciare chi «fa in città volantinaggio abusivo in spregio alle regole che tutelano l´igiene ambientale cittadine e la salute pubblica in generale, contribuendo ad arrecare danno al decoro della città». Il presidente Cucina ha chiesto anche una collaborazione alla Gesip per aumentare la pulizia «di parchi, ville, giardini e aiuole». Inoltre la polizia municipale avvierà attraverso il reparto di Igiene urbana controlli in strada per denunciare chi getta rifiuti ingombranti. a.fras.

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C'è anche il gasdotto sardo tra i beneficiari dei fondi Ue (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Pagina 215 Dal vertice di Bruxelles 120 milioni di euro per il Galsi C'è anche il gasdotto sardo tra i beneficiari dei fondi Ue Dal vertice di Bruxelles 120 milioni di euro per il Galsi --> Arrivano 120 milioni (tra i 450 per l'Italia) per il Galsi. Fanno parte del pacchetto da 5 miliardi approvato dal vertice Ue. C'è anche il gasdotto Algeria-Sardegna tra le grandi opere del settore energetico finanziate con l'accordo a Bruxelles tra i governi dei 27 Paesi dell'Unione europea. Per la grande infrastruttura, che consentirà finalmente anche ai sardi (ultimi in Italia) di poter contare sul gas naturale, arriveranno 120 milioni, su un totale 450 milioni (sui 5 miliardi complessivi) destinati ad opere strategiche per l'Italia. «Siamo molto soddisfatti. È una prova della validità della strategia internazionale che stiamo perseguendo». Così l'amministratore delegato di Edison, Umberto Quadrino. «Ringrazio il governo italiano, sappiamo che si è impegnato tantissimo per ottenere questi finanziamenti». Il progetto Galsi, che prevede la posa di un metanodotto di 900 chilometri, partirà da un giacimento nel Sahara, in Algeria, arriverà nel Sulcis, attraverserà la Sardegna e, poi, collegherà Olbia alla Toscana. Galsi è una società sostenuta da una compagine di aziende primarie nel mercato energetico - Sonatrach, Edison, Enel Gruppo Hera - e dalla Regione Sardegna, che partecipa attraverso la finanziaria Sfirs. Il completamento del progetto è previsto entro il 2012. L'ACCORDO DI BRUXELLES Cinque, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia. C'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà. Infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, l'accordo rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa, hanno sostenuto, «fatta di risultati e proposte concrete». LOTTA AI PARADISI FISCALI I 27 leader dell'Ue il 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune, adottata all'unanimità: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. E i leader europei si dicono pronti a contribuire con 75 miliardi di euro, sotto forma di prestiti su base volontaria e temporanea.

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Reazioni alla crisi (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: I Vostri Soldi inGestione Promotori Finanziari data: 21/03/2009 - pag: 43 autore: di Stefania Ballauco Reazioni alla crisi Difficile fare previsioni, ma certamente semplicità, trasparenza e chiarezza sono le parole d'ordine per assistere i risparmiatori. La consulenza dei pf, il vero valore aggiunto delle reti. Le opinioni dei principali player italiani della distribuzione Una tavola rotonda che indaga sullo stato dell'arte delle attività messe in campo per far fronte alla crisi, sia da parte delle autorità internazionali nei confronti degli operatori del mercato e dei risparmiatori, sia dalle stesse reti di promozione finanziaria operanti sul territorio italiano nei confronti dei loro promotori finanziari e dei clienti. PF ha chiesto un contributo a Giacomo Campora, amministratore delegato di Allianz Bank; Matteo Colafrancesco, amministratore delegato di Banca Fideuram; Vincenzo De Rosa, direttore generale di Mps Banca Personale; Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum; Daniele Forin, amministratore delegato di Finanza&Futuro Banca, rete dei promotori finanziari del Gruppo Deutsche Bank; Alessandro Foti, amministratore delegato di FinecoBank; Giorgio Girelli, amministratore delegato di Banca Generali; Pietro Giuliani, presidente e amministratore delegato del Gruppo Azimut.Domanda. A cinque mesi dall'avvio della crisi finanziaria mondiale, le iniziative prese dalle autorità internazionali per far fronte alla crisi dei mercati hanno risposto in maniera adeguata alle sue aspettative? E in Italia?De Rosa. La soluzione di questa crisi non può che venire da un impegno concertato e globale, che superi i confini nazionali. Però sta a noi avere fiducia nel futuro dell'Italia, nella capacità degli imprenditori, in tutti i settori, anche quello finanziario, di fare squadra. L'elemento chiave è la fiducia, in grado di sbloccare le scelte di investimento e i consumi. In Italia il sistema bancario è solido e le autorità stanno dando segnali nella giusta direzione. Certo, la crisi avrà ripercussioni importanti e condizionerà a lungo anche il comportamento degli investitori. Doris. Secondo me hanno risposto in maniera adeguata, magari leggermente in ritardo alcune istituzioni, ma in modo adeguato soprattutto in Italia. Se fossero un po' più positivi nelle loro esternazioni, questa positività avrebbe il peso di ulteriori provvedimenti.Forin. Tutti i governi si sono mossi in modo tempestivo. Queste iniziative devono però essere rese operative e hanno bisogno di tempo per essere efficaci. è prematuro esprimere dei giudizi, ma riteniamo che entro la fine del 2009 si potranno vedere i primi risultati e quindi capire la portata e l'effetto di tali interventi.Foti. Le autorità internazionali hanno mostrato grande attivismo e le iniziative che stanno intraprendendo per far fronte alla crisi vanno nella giusta direzione.Girelli. Le risposte sono state decisamente importanti. Per stabilire se saranno sufficienti o meno resta da capire la dimensione reale della crisi.Colafrancesco. Governi e banche centrali non sempre si sono mossi in modo coordinato e tempestivo. Se da una parte, infatti, negli Stati Uniti e in Uk gli interventi di politica economica sono stati radicali e di portata storica, l'area euro ha sofferto di un processo di integrazione ad oggi solo parzialmente compiuto. Il contesto di tassi vicini allo zero nelle principali economie mondiali fornirà un supporto alla ripresa che necessiterà tuttavia di ulteriori interventi di politica fiscale e di spesa pubblica. Il forte calo di domanda interna e in particolare dei consumi privati dovrà essere compensata da ulteriori stimoli all'economia. In Italia, in particolare, se da una parte il sistema finanziario è più solido perché legato maggiormente al territorio, dall'altra il crescente debito pubblico riduce gli spazi di manovra. Campora. Le risposte sono state vigorose, sia negli Stati Uniti che in Europa. Le prese di posizione a tutela dei depositi bancari da parte dei principali leader politici nel momento di massima pressione a metà ottobre 2008 si sono rivelate particolarmente efficaci.D.Da gennaio, si sono registrati cambiamenti nell'approccio al risparmio e agli investimenti da parte dei clienti, dopo le prime reazioni a caldo di settembre?Giuliani. In questo momento, in generale, i clienti ricercano una tipologia di investimenti in grado di tenere al riparo il patrimonio. Ritengo che per chi ha un orizzonte temporale di medio/lungo termine e una propensione al rischio medio/alta questo possa essere un buon momento per rientrare gradualmente sul mercato azionario, ad esempio tramite un Pac tra fondi in cui il cliente sceglie un fondo di partenza (normalmente a bassa volatilità) da trasferire a un fondo di destinazione (con volatilità più alta). Forin. Dopo un primo periodo di grande preoccupazione, abbiamo assistito al ritorno di un approccio più razionale, favorito dalla continua attività di assistenza e consulenza che la nostra rete ha fornito ai clienti. Rispetto alle prime emissioni offerte a fine 2007, si è notata un'accelerazione alle sottoscrizioni di prestiti obbligazionari con rendimenti cedolari certi.Girelli. Non si può considerare il risparmio gestito come un unico mercato. Le banche continuano ad avere un atteggiamento poco favorevole nei confronti del risparmio gestito, anche per le loro necessità di finanziamento. Al contrario, le organizzazioni che si avvalgono di promotori finanziari come Banca Generali continuano ad avere, come nella seconda parte del 2008, risposte positive in termini di raccolta.Campora. I nostri financial advisor svolgono una attività di consulenza di medio e lungo termine. Molti operano da più di 20 anni. Gli esperti sanno che nei momenti caldi bisogna andare dai clienti e ascoltare e spiegare. Alcuni lo fanno. Chi lo fa ha successo. Oggi i clienti vanno tranquillizzati e riportati su un percorso condiviso. In positivo c'è una maggiore fiducia nella tenuta del sistema finanziario.De Rosa. La crisi sta cambiando i comportamenti del risparmiatore, che sta manifestando un'aumentata esigenza di consulenza professionale di portafoglio, preferita al fai-da-te. Sul fronte dei prodotti, la necessità di proteggere il patrimonio tende a prevalere su quella della crescita, mentre cresce nell'investitore la preferenza per prodotti semplici, facili da comprendere.Foti. I clienti hanno perso la fiducia nel sistema finanziario, sono diventati molto più cauti e prudenti e sempre più attenti alle proprie scelte di investimento. E' sempre più evidente un'avversione al rischio. In futuro, ci aspettiamo che sarà sempre più forte l'esigenza, da parte dei clienti, di consulenza qualificata.Doris. Da parte dei clienti non ci sono cambiamenti, continuano a volere il fisso e la sicurezza. Anche i nostri chiedono lo stesso, la differenza è che poi la nostra rete riesce a guidarli e fargli fare le cose più opportune per il momento che stiamo vivendo.D.I dati pubblicati da Assoreti a febbraio 2009 mostrano a gennaio una raccolta positiva anche nel comparto del gestito. Dà una sua lettura di questi dati? Crede che il trend di ripresa del gestito rispetto all'amministrato potrà durare?Girelli. Io credo di sì, anche se il periodo è molto volatile e bisogna stare attenti a fare previsioni. Il punto centrale è che i clienti sono preoccupati e spaventati e la consulenza fornita dai promotori è un valore aggiunto che il cliente riconosce. Nel caso di Banca Generali, il fatto di aver ridotto l'esposizione al rischio nei portafogli dei clienti già dal 2007, ha favorito la loro propensione ad investire nuovi capitali, anche in risparmio gestito, in questo momento.Campora. Credo di si, con fatica. Anche noi vediamo questi segnali.Colafrancesco. La sostenibilità di una ripresa continuativa del risparmio gestito passa necessariamente da una progressiva normalizzazione dell'andamento dei mercati finanziari. è necessario un riposizionamento dell'offerta commerciale su prodotti semplici, trasparenti e chiari e un maggiore focus su relazione, competenza e professionalità dell'intermediario. In questo senso, la nostra realtà gode di una posizione privilegiata che ci ha permesso di ottenere risultati eccellenti e in controtendenza al mercato, con una raccolta netta gestita negli ultimi sei mesi di circa 1,8 miliardi. Forin. Crediamo in una ripresa del risparmio gestito. La nostra rete vede nei livelli di quotazione di sicav e fondi, che riflettono gli andamenti dei differenti mercati, buone opportunità da cogliere. Lo strumento si rivela sempre valido soprattutto se usato in un'ottica di diversificazione del rischio. Nel lungo periodo crediamo che il sistema del risparmio gestito uscirà rafforzato grazie a flussi costanti e stabili, derivanti dall'attività di investment accumulation che tutte le organizzazioni stanno portando avanti. Giuliani. I fondi sono un ottimo strumento per i risparmiatori in quanto offrono importanti vantaggi in termini di chiarezza, liquidità, trasparenza. I forti deflussi degli ultimi tempi sono stati causati dal modo in cui sono stati gestiti e distribuiti da una buona parte degli intermediari. Credo che il trend continuerà quando i grandi istituti bancari che detengono oltre il 90% del mercato decideranno di investire in tal senso.Foti. Confermiamo che il trend durerà e siamo convinti che l'ingresso graduale nel risparmio gestito sia una valida strategia nel medio-lungo termine.De Rosa. Si sta evidenziando un'esigenza di maggiore consulenza che sta facendo riconfermare l'importanza del promotore finanziario. Direi quindi che le prospettive sono buone, anche se in questa fase è possibile ipotizzare che la domanda di risparmio gestito, e in particolare di fondi d'investimento, resti sottotono fino a che permarrà il quadro di incertezza dei mercati e dell'economia globale.D. Negli ultimi quattro mesi, i promotori finanziari hanno manifestato nuovi disagi nello svolgimento della loro attività? Sono cambiate le loro richieste nei confronti dell'intermediario?Colafrancesco. Prevalgono l'orientamento al brevissimo periodo e un disamore generalizzato per intere famiglie prodotto. Inoltre, «l'effetto mercato» ha provocato una riduzione dei patrimoni dei clienti e quindi anche dei portafogli gestiti dai promotori. In questo contesto, la richiesta che con molta maturità ci è pervenuta di più dalla rete è stata quella di un pronto adeguamento della nostra offerta prodotti e di ulteriori strumenti a supporto della relazione con il cliente. Foti. Quello che chiedono i pf sono informazioni costanti oltre che supporti, prodotti e strumenti che soddisfino le esigenze dei clienti che sono sempre più alla ricerca di trasparenza, fiducia e di sicurezza. Crediamo che i clienti vogliano prodotti semplici, comprensibili.De Rosa. L'esigenza fondamentale dei promotori finanziari resta quella della «vicinanza» della società mandante, intesa come capacità di ascolto e di puntualità di risposta alle loro esigenze e a quelle dei clienti, possibilità di interagire e comunicare con la sede centrale. è aumentato il bisogno di informazioni e approfondimenti sui mercati e sul settore.Giuliani. Per i promotori finanziari questi mesi sono stati difficili, ma hanno dimostrato maggiori capacità rispetto ad altri canali distributivi di supportare i clienti. L'esigenza primaria dei financial partner è quella di avere dalla propria società tutti gli strumenti per stare il più possibile vicini al cliente e offrirgli informazioni chiare, esaustive e comprensibili. Oltre che di prodotti in grado di rispondere alle esigenze dei clienti quindi i pf hanno chiesto informative chiare, maggior comunicazione interna ed esterna, maggiori approfondimenti su tutte le tematiche della crisi, della cultura finanziaria e sui prodotti.Doris. Nuovi disagi no, semmai una difficoltà maggiore nella gestione della clientela per l'emotività e l'aumento della paura. Le richieste sono quelle di maggior dialogo, di supporto dal punto di vista informativo e di avere previsioni su quello che accadrà. La fame di notizie è aumentata molto in questo periodo. Cosa a cui noi abbiamo dato ampiamente risposta perché abbiamo aumentato i contatti con la rete in modo importante.Campora. Abbiamo meno lamentele generiche e, anche se è controintuitivo, maggiore entusiasmo. I nostri pf stanno sperimentando da un anno un forte impegno verso di loro da parte di Allianz. E questo conta.Girelli. Banca Generali cerca di sostenere la rete anche attraverso un'offerta di servizi finanziari molto estesa e che comprende qualsiasi soluzione finanziaria, secondo me la conditio sine qua non per gestire questo momento di mercato. Questo sostegno si concretizza anche con il lancio di nuovi prodotti.D.Rispetto a un anno fa, a quanto ammonta oggi il calo di guadagno dei professionisti della sua rete?Forin. La riduzione provvigionale tra il 2007 e il 2008 è valutabile mediamente tra il 25%- 30% circa. Doris. Se si confrontano i dati del 2008 con il 2007, il 2008 è calato molto poco, inoltre è rimasto quasi invariato il guadagno pro-capite della nostra rete, perché anche se l'ammontare delle commissioni distribuite totalmente è calato un po', è calato anche il numero delle persone e quindi la quota singola ne ha risentito ancora meno.D.Come pensa di supportare i pf per arginare le loro difficoltà di guadagno? Può delineare una strategia per i mesi futuri?Campora. La nostra strategia è iniziata a luglio 2008 e ha dato frutti già a fine anno scorso. Abbiamo fortemente migliorato la macchina operativa, l'assistenza ai promotori e drasticamente ridotto la complessità della gamma prodotti. Il nostro motto è back to basics e la nostra filosofia è il miglioramento a piccoli passi, il kaizen.Colafrancesco. Prima di tutto con un ampio rafforzamento dell'offerta di prodotti e servizi, per adeguarla alle necessità del momento. In secondo luogo, sono stati mantenuti invariati tutti i costi a supporto della rete e relativi investimenti, sia in termini di incentivazioni che di progetti di sviluppo, pur in presenza di una inevitabile contrazione degli utili e delle conseguenti azioni di contenimento dei costi adottati su tutta la struttura di sede. Infine, abbiamo deciso di migliorare i ritorni provvigionali ai nostri promotori con portafogli contenuti.Girelli. Sono convinto che il migliore sostegno a un pf preparato e motivato professionalmente risieda nel fornirgli tutte le armi per poter gestire le esigenze finanziarie della sua clientela. In Banca Generali abbiamo investito molto, e continuiamo a farlo, in questa direzione. De Rosa. Un bravo promotore ha l'opportunità di ampliare il proprio business rivolgendosi a clienti prospect che sono stati lasciati a se stessi nelle fasi più difficili della crisi. Naturalmente è fondamentale per il promotore poter contare su un costante supporto informativo, su una strumentazione tecnologica evoluta che gli consenta di offrire al cliente una consulenza avanzata altamente professionale, accompagnando il cliente dall'inizio alla fine del processo di scelta ed investimento. Last but not least, stiamo rafforzando le strutture commerciali in un'ottica di maggiore assistenza alla rete.Foti. In generale Fineco offre la possibilità di guadagno su tutta l'attività bancaria e sta sviluppando nuovi supporti per offrire un servizio di consulenza qualificata ai clienti. Per aiutare i pfa, Fineco nell'ultimo trimestre del 2008, ha intrapreso iniziative di rilievo: l'erogazione straordinaria di un 10% addizionale sulle provvigioni, un premio sulla raccolta in liquidità e amministrato fatta nel corso dell'ultimo trimestre, con l'erogazione di un bonus addizionale rispetto al bonus di raccolta netta annua e indipendente dalla raccolta netta totale annua, mensilizzazione dell'erogazione di alcune tipologie di provvigioni prima erogate trimestralmente.Doris. Il supporto si fa con la comunicazione nei confronti della rete. La nostra visione è positiva perché basiamo le nostre idee su ciò che è accaduto nel passato. E' importante far vedere che crediamo veramente a questo futuro positivo e ne sono dimostrazione gli investimenti che stiamo facendo, sulla convention, sui nuovi prodotti e quelli pubblicitari. Questo dà la forza ai family banker di andare a trovare i clienti nuovi, di dar loro la possibilità di lavorare meglio, e quindi di guadagnare. Forin. Abbiamo dato un sostegno del livello retributivo dei promotori, bloccando le aliquote sul management fee al livello del 2008 anche per il primo semestre 2009. Quest'azione è stata molto apprezzata dalla rete. In secondo luogo, abbiamo avviato un programma propulsivo di lavoro. L'obiettivo è quello di focalizzarsi sulle esigenze dei nostri clienti, consentendo un rientro graduale sui mercati attraverso i piani di accumulo, e rispondendo all'esigenza della copertura previdenziale attraverso piani pensionistici. Giuliani. In Azimut i financial partner oltre a essere azionisti sono vere e proprie imprese individuali a cui il gruppo offre tutti i supporti per svolgere al meglio il loro lavoro. Per i prossimi mesi oltre alle costanti attività di supporto dei pf nella loro relazione con il cliente, svilupperemo il progetto «Consulenza», partito negli scorsi mesi. In questo momento così delicato solo chi continuerà a fare il lavoro con passione, mettendo realmente al centro l'interesse del cliente e avendo una società alle spalle che crede realmente nei promotori finanziari potrà continuare a svolgere con successo la professione.D.La sua società ha risarcito i clienti che avevano in portafoglio titoli Lehman brothers? Se sì, come e perché? Se no, che misure ha preso?Forin. F&F non è stata interessata da questo problema, poiché i prodotti offerti negli scorsi anni (index linked, certificati, altri prodotti strutturati) non prevedevano l'utilizzo di titoli Lehman.Giuliani. Il nostro gruppo è stato totalmente estraneo da tutti gli scandali e i crack finanziari che hanno colpito i mercati negli ultimi mesi, come è sempre stato nel passato.Doris. Abbiamo risarcito tutti i sottoscrittori di index, sostituendo i titoli. Abbiamo deciso di intervenire per dimostrare che siamo una banca etica, che sta vicino al cliente, pronta ad intervenire quando si creano delle situazioni di difficoltà anche se noi quel lavoro l'abbiamo fatto bene, rispettando le regole e credendo nei prodotti che vendevamo. Non potevamo però lasciare i clienti a terra su un prodotto che avevamo proposto noi. Abbiamo dato la sicurezza non solo ai clienti, ma anche ai promotori, che di fronte ai clienti non si sono sentiti lasciati da soli.Foti. Per quanto riguarda le polizze, Cnp ha messo a punto offerte che consentono al cliente di non subire perdite in conto capitale. Per il resto, la nostra capogruppo, Unicredit, sta gestendo la situazione assistendo i clienti anche dal punto di vista legale.D.Il rapporto redatto da Efama evidenzia che il 40% del totale dei deflussi dai fondi comuni di investimento nel 2008 si è registrato nel solo mese di ottobre. Come spiega la ripresa dei fondi a partire da novembre 2008?Giuliani. Se non ci sarà un'inversione di tendenza, se le società non inizieranno realmente a credere nei fondi comuni e a investire sulla gestione e sull'innovazione di prodotti i deflussi potranno essere ancora consistenti nei prossimi mesi.Foti. Il risparmio gestito sta crescendo. Del resto, il fondo comune è un prodotto trasparente su cui poter contare perché consente di diversificare i rischi e l'emittente.Girelli. La causa principale dei deflussi dei fondi in Italia sta nelle banche tradizionali che effettuano switch tra prodotti del gestito verso loro obbligazioni e questo è accaduto particolarmente  negli ultimi mesi del 2008. Ad oggi, non mi sembra che ancora esista una forte correlazione tra la ripresa della raccolta di fondi e l'andamento dei mercati. Campora. Il clima è stato pesante e lo è ancora, anche se viviamo meglio, c'e' minore negatività adesso. Questo è un fattore positivo. Durerà qualche tempo e speriamo sia una rondine che fa primavera.Colafrancesco. Dopo il fallimento della Lehman, la preoccupazione dei risparmiatori, guidata da una forte emotività, li ha spinti a liquidare prodotti sicuri, trasparenti e liquidi come i fondi comuni di investimento per dirottarsi su investimenti a brevissimo termine. Pian piano sta ritornando la voglia e l'interesse a pianificare con maggiore serenità i propri investimenti e riguardare con attenzione alle opportunità che si sono create. I fondi stanno dimostrando ancora una volta di essere dei validi strumenti di diversificazione rispetto al fai da te.De Rosa. A novembre si è cominciato a sentire l'effetto dei piani di salvataggio e dei pacchetti  anticrisi varati. Gli interventi istituzionali sono stati delle efficacissime iniezioni di fiducia all'interno di un sistema minato alle fondamenta dal fallimento di Lehman Brothers e dalla tensione sui mercati interbancari.D.Perché, secondo Lei, l'Italia è stata uno dei Paesi maggiormente colpiti dal deflusso dei fondi comuni di investimento, come risulta dal rapporto Efama?Forin. Negli ultimi anni sono entrati nel mercato domestico competitor internazionali molto forti e ciò ha determinato un inasprimento della concorrenza per i fondi di diritto italiano. In secondo luogo, va evidenziato come i fondi comuni siano sottoposti a una fiscalità penalizzante rispetto alle sicav che si sono dimostrate, anche per questo motivo, un prodotto più efficiente. Colafrancesco. In Italia la crisi dei fondi parte da lontano ed è legata a diversi fattori: alla concorrenza di prodotti meno trasparenti come le obbligazioni strutturate, a tematiche di natura fiscale che non sono state ancora risolte e in parte anche a performance a volte al di sotto delle aspettative, al ritardo con cui il risparmiatore si è avvicinato al risparmio gestito: a fronte di una diffusione dei fondi all'estero già a partire dall'inizio degli anni '90, il risparmiatore italiano ha iniziato a destinare parte dei propri risparmi solo nell'ultimo decennio, periodo in cui l'andamento dei mercati non ha dato ritorni in linea con le aspettative.Foti. In Italia, l'industria del risparmio gestito ha molte aree di miglioramento. Infatti, i regulator si stanno muovendo in questa direzione. Girelli. In Italia le banche tradizionali hanno adottato una politica molto spinta di trasformazione degli asset verso le obbligazioni. Inoltre la normativa sul risparmio gestito avrebbe bisogno di una profonda rivisitazione e innovazione, come ad esempio l'imposizione fiscale sui fondi.Giuliani. In Italia purtroppo ci sono poche realtà che credono realmente nello strumento dei fondi comuni. La maggior parte del mercato è in mano alle banche che spesso hanno preferito e continuano a preferire ai fondi comuni altri tipi di prodotti meno trasparenti e per le banche più redditizi come obbligazioni strutturate e index linked. è da loro che deve partire l'inversione di tendenza.De Rosa. La crisi del settore del risparmio gestito è il risultato di più fattori che evidenziano i limiti del comparto, tra cui la focalizzazione degli operatori su un approccio di prodotto e non consulenziale, l'indipendenza della produzione e altri. Al contempo la clientela, anche alla luce della turbolenza dei mercati, richiede da tempo una sempre maggiore attenzione per i punti cardine della consulenza: l'individuazione del profilo di rischio e dell'orizzonte temporale, l'analisi dei bisogni, la definizione degli obiettivi, il monitoraggio periodico degli investimenti.Campora. Le sgr che gestiscono i fondi in Italia sono principalmente collegate a gruppi bancari. La liquidità serviva e veniva strapagata. E il fondista disinvestiva. Adesso i p/t sono scaduti e non c'è più trippa per gatti. Si tornerà a investire in gestito, ma il danno è fatto.

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Anasf e Fecif, incontro a Milano (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: I Vostri Soldi inGestione Promotori Finanziari data: 21/03/2009 - pag: 49 autore: Anasf e Fecif, incontro a Milano Si riuniranno a Milano il 31 marzo, ospiti di Anasf, il Comitato Legislazione & regolamentazione e il Comitato Educazione & certificazione del Fecif, la Federazione Europea dei Consulenti e Intermediari finanziari.L'appuntamento di Milano segue il board dello scorso 28 gennaio a Bruxelles, dove Anasf ha presentato un aggiornamento sulle novità che hanno investito in Italia il settore del risparmio gestito, dalla nascita di Apf, Organismo per la tenuta dell'Albo dei Promotori finanziari, al decreto del Ministero delle Finanze sull'Albo dei consulenti finanziari. Scopo dell'incontro è stato il confronto sulla situazione dei mercati finanziari nei vari Paesi europei, per concordare piani di lavoro futuri con l'obiettivo di rendere quanto più omogenea possibile l'applicazione delle direttive europee ed in particolare della Mifid.La riunione di Milano sarà l'occasione per verificare proprio l'applicazione e l'implementazione della suddetta direttiva e della normativa ad essa correlata nei singoli paesi europei ed aprire il dibattito sulle diverse modalità di accesso alla professione. Sul piatto anche un tema molto sentito in tutta Europa, tornato sotto la lente dei governi a seguito della crisi finanziaria in atto, quello dell'education finanziaria dei risparmiatori. Questione quest'ultima che coinvolge direttamente proprio gli operatori del risparmio e che nei progetti del Fecif apre la strada alla collaborazione con fpa Europe per cercare di coinvolgere nei lavori altri rappresentanti di paesi europei dormienti. Con l'occasione si verificheranno anche le attività in corso e le iniziative in progetto di entrambi i comitati Educazione e Legislazione del Fecif.

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I pf e l'educazione al risparmio (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: I Vostri Soldi inGestione Promotori Finanziari data: 21/03/2009 - pag: 48 autore: di Maurizio Bufi (*) I pf e l'educazione al risparmio I risparmiatori devono avere conoscenze di base per compiere scelte consapevoli, gli intermediari devono favorirle. Anasf rilancia il confronto In un recente articolo dedicato alla crisi del mercato finanziario, pubblicato sul Corriere della Sera, il professor Filippo Cavazzuti nella sua veste di Presidente del Consorzio Pattichiari si concentra sull'ineludibilità di dover affrontare i rischi finanziari e conclude le sue argomentazioni con un invito rivolto ai risparmiatori, che recita testualmente: «Diversificare gli investimenti su più titoli; ricordare che ad un più alto rendimento corrisponde di norma un alto rischio; non comprare titoli troppo complessi e difficili da capire, anche se suggeriti dal venditore». Come dire, adottare questi corretti comportamenti in materia finanziaria mette al riparo da conseguenze negative, a volte drammatiche, e soprattutto inattese rispetto ad aspettative irragionevoli. L'autore sembra suggerire al lettore che basta conoscere l'Abc della finanza per prendere scelte consapevoli.Cerchiamo di approfondire questo tema dell'alfabetizzazione finanziaria, anche con l'ausilio di importanti documenti emanati da istituzioni politiche, da authority di mercato e da enti di ricerca, che sono riconducibili al rapporto degli intermediari con i risparmiatori, in un contesto di fortissimo stress di mercato. Cominciamo con il più importante, il documento del Parlamento europeo, datato ottobre 2008, in piena crisi finanziaria, che riguarda la protezione del consumatore. Lo scopo è quello di migliorare l'educazione e la sua sensibilizzazione in materia di credito e finanza. La Commissione per il mercato interno, che lo ha elaborato, declina in ben 25 punti gli interventi consigliati per una sana gestione delle finanze private. In particolare, occorre rivolgere una maggiore attenzione alle esigenze educative dei consumatori più vulnerabili, compresi i giovani, che devono prendere decisioni che influenzeranno le prospettive economiche di breve e di lungo termine. La Commissione, al fine di attivare processi virtuosi di educazione finanziaria, riconosce il ruolo delle iniziative private, dell'industria dei servizi finanziari e delle associazioni dei consumatori, raccomandando un focus specifico sulla pianificazione finanziaria rispetto al proprio ciclo di vita.Ritroviamo un ragionamento analogo in un'indagine del novembre scorso sull'educazione finanziaria in Italia, elaborato dall'European House Ambrosetti da cui emerge con chiarezza la convinzione che «il tema del miglioramento della cultura finanziaria venga affrontato non solo dall'industria bancaria, ma anche a livello di sistema Paese». E ancora: «L'entità degli sforzi necessari, la pluralità di soggetti coinvolti e i tempi necessariamente lunghi per ottenere un impatto significativo di massa critica mostrano chiaramente la necessità di un forte coinvolgimento non solo dei soggetti privati, ma anche delle istituzioni, dei media e dei consumatori stessi».In un recentissimo intervento del vicedirettore della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola, presentato ad un convegno del Cnel sulla formazione tecnica, si sottolineata l'urgenza di implementare programmi di «alfabetizzazione finanziaria, quale strumento per corrette e consapevoli decisioni in campo finanziario».D'altra parte già la Mifid, nelle sue motivazioni, aveva evidenziato il problema del basso livello di cultura finanziaria in ambito europeo, stante la prassi adottata dal risparmiatore di prendere decisioni di investimento sulla base delle raccomandazioni degli intermediari, spesso interessate.L'incipit della stessa Consob, nella recentissima comunicazione sui prodotti finanziari illiquidi, recita che: «L'intermediazione finanziaria avviene in un contesto di asimmetrie informative; complessità, costi dell'informazione e grado di cultura finanziaria del cliente determinano un deficit informativo in capo alla clientela dell'intermediario».È palese dunque, e oggi anche misurabile, la scarsa attitudine dei risparmiatori a prendere decisioni di investimento consapevoli, efficaci ed efficienti in relazione agli obiettivi di vita personali o familiari, lavorativi o pensionistici, attraverso un processo di pianificazione e di finalizzazione del risparmio accumulato.Cosa può fare l'Associazione dei promotori finanziari, o cosa ha già fatto?Per il recente passato, che è anche presente, ricordo la nostra iniziativa nazionale della Carta dei diritti dei risparmiatori, che abbiamo presentato al mercato nel 2005, in tempi non sospetti, poiché già allora eravamo convinti dell'opportunità di assumerci, per la nostra parte, impegni nei confronti del mercato e dei risparmiatori in particolare. In quel testo, abbiamo preso impegni concreti, su cui stiamo lavorando nei confronti delle istituzioni, delle associazioni dei consumatori, dei nostri associati. Ma chiedevamo che tale impegno fosse di tutti gli intermediari e di tutti i singoli operatori, nonché dei politici e degli organi di controllo. Quello che, come abbiamo sommariamente visto, nell'attuale contesto di crisi, chiedono tutti.Non ci interessa oggi rivendicare l'abusato «ma noi l'avevamo detto»; ci interessa pragmaticamente percorrere la strada di un autentico accrescimento della cultura finanziaria di questo Paese, con chi insieme a noi, associazioni di categoria, intermediari, rappresentanze dei consumatori, vorranno condividerlo.Nel merito dell'impegno che ci riguarda come Anasf, intendiamo avviare un tavolo di confronto con le associazioni dei consumatori sull'applicazione della Mifid, sui protagonisti del mondo della consulenza agli investimenti, sul conflitto di interessi e su altri importanti ambiti, che definiscono il rapporto domanda e offerta di prodotti e servizi finanziari, previdenziali ed assicurativi. Così come intendiamo candidarci, insieme ad altri interlocutori, per le attività di education finanziaria sul territorio, attraverso la nostra presenza nelle scuole superiori, nonché attraverso un'attività di meeting e convegni, che pongano al centro del dibattito i temi della finanza personale e di un suo corretto e consapevole utilizzo.La fiducia dei risparmiatori in un mercato amico dei loro diritti è un requisito fondamentale di sviluppo democratico; lo avevamo già affermato nella premessa alla nostra Carta dei diritti dei risparmiatori e lo riconfermiamo oggi, nel pieno di una devastante, seppur ciclica, crisi finanziaria. Ma per meritarsi la fiducia e mantenerla nel tempo, il «sistema mercato», inteso come compagno di viaggio affidabile e professionale del risparmiatore, deve fare ancora molta strada.I promotori finanziari, attraverso l'Anasf, stanno dando il loro contributo: vorrebbero non essere i soli. (*) Componente Comitato Esecutivo Anasf, Responsabile Area Rapporti coi Risparmiatori

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in picchiata il prezzo delle case (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 3 - Prato In picchiata il prezzo delle case Le occasioni più convenienti a Paperino, San Giorgio e Fontanelle E' calato del 6,6% tre punti in più del dato nazionale Fermi i capannoni e i fondi commerciali L'analisi di Tecnocasa PRATO. Sotto il cielo di Prato calano i prezzi dei tetti. è questo il momento giusto per comprare casa soprattutto nelle zone di Paperino, Fontanelle e San Giorgio, interessate negli ultimi anni da un'esplosione edilizia tale da determinare un surplus di offerta che oggi è traducibile in un maggior numero di alloggi da acquistare a costi più vantaggiosi. Diverso è invece lo scenario degli immobili commerciali dove il blocco dei prezzi determinato dalla presenza di maggiori investitori meno propensi ad abbassare i prezzi, ha fatto registrare nei primi mesi del 2009 una diminuzione del 60% della domanda rispetto allo scorso anno. Sono questi i risultati evidenziati da Tecnocasa che ha fatto il punto sull'andamento del mercato immobiliare nella provincia. Dall'analisi degli operatori emerge che la diminuzione dei prezzi è una tendenza legata soprattutto alla stretta creditizia seguita alla crisi economica. Sul territorio pratese la variazione nella seconda metà del 2008 è stata addirittura del -6,6%, tre punti percentuali in più rispetto al dato nazionale che si attesta al -3,6%. Infatti, l'atteggiamento selettivo messo in piedi negli ultimi tempi dagli istituti di credito verso quei soggetti considerati meno solvibili come gli stranieri, i precari, i giovani o i lavoratori con contratto a termine, ha messo in difficoltà proprio quella fascia di clientela che non avendo a disposizione soldi liquidi, deve obbligatoriamente ricorrere a un finanziamento. Ciò ha ridotto la disponibilità di spesa dei potenziali acquirenti inducendo così i venditori ad abbassare i prezzi nella trattativa di compravendita: d'altra parte, la crisi finanziaria ha innescato anche la ripresa della domanda a conferma di quanto gli italiani vedano ancora nel "mattone" l'investimento più sicuro. Prezzi e affitti. «Il prezzo - ha dichiarato Claudio Branchetti consulente Tecnocasa per la rete immobiliare residenziale in Toscana - è in assoluto la variabile determinante nella trattativa di compravendita e in particolare, il decremento dei prezzi si fa più accentuato per i vecchi immobili da ristrutturare rispetto alle nuove costruzioni». Analizzando Prato zona per zona ci si accorge che nel semicentro (Paperino, Fontanelle e San Giorgio a Colonica) si registra la più alta decrescita dei prezzi (-8,2%) seguita a ruota dalle zone di periferia (-5,1%) e dal centro storico (-4,1%): un dato da tener di conto se si considera che la disponibilità di spesa del cittadino pratese - secondo l'analisi - si concentra per il 30,4% dei casi nella fascia compresa tra 170 mila ai 250 mila euro con i quali si riesce a comprare un trilocale di quattro vani. Questo vale solo per chi possiede un capitale o per chi può chiedere un mutuo, a tutti gli altri non resta che l'affitto. «I canoni di locazione a Prato sono interessanti - aggiunge Branchetti - non essendoci zone di particolare interesse per turisti o studenti, i prezzi vanno dalle 500 alle 550 euro per i mono e i bilocali, arrivando fino a 650 per un trilocale». Capannoni e commercio. Cambia completamente il panorama se si analizzano le compravendite degli edifici commerciali. «Sul mercato dei capannoni si registra una certa stabilità dei prezzi e dei canoni di locazione nonostante l'offerta superi la domanda - ha spiegato Alessandro Ricci consulente del settore -. Spesso infatti, la proprietà di questi immobili è di società immobiliari o di investitori che preferiscono lasciare i locali sfitti o invenduti piuttosto che abbassare i prezzi». Anche in questo settore la stretta creditizia ha ridimensionato l'accesso al credito per le aziende che fanno fatica a ottenere un leasing preferendo così prendere un locale in locazione (800 euro al mq un capannone in zone periferiche) piuttosto che acquistarlo. Centro storico e Chinatown. «In particolare - aggiunge Ricci - le zone che hanno subito la contrazione maggiore di domanda sono state il centro storico e la zona di Chinatown. La presenza di negozi sfitti nelle vie principali della città - spiega Ricci - denota la mancanza di sicurezza». Non è un caso che le vie più richieste da chi cerca una location per attività commerciali sono via Bologna, via Ferrucci, via della Repubblica,via Roma, via Arcangeli, Via Marx, Via Zarini: tutte vie di passaggio, ma fuori dal centro. Barbara Burzi

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Riggio (Enac): L'Italia degli scali ora subisce la crisi, ma in futuro rischia il capacity crunch (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Riggio (Enac): «L'Italia degli scali ora subisce la crisi, ma in futuro rischia il capacity crunch» di Sofia Fraschini - 21-03-2009 Attenzione, gli aeroporti italiani rischiano in futuro di non riuscire a far fronte all'aumento di passeggeri. In altre parole rischiano il cosiddetto «capacity crunch». A lanciare l'allarme è stato il presidente dell'Enac, Vito Riggio, davanti alla commissione Trasporti della Camera. «Gli scali italiani - ha detto Riggio presentando un rapporto - non possono in alcun modo ridurre gli investimenti per limitare l'impatto sui bilanci della crisi dei mercati finanziari». Al centro dell'analisi di Riggio c'è lo spauracchio di una possibile saturazione del sistema ((vedere tabella). Un rischio che - se si esclude il 2009 in cui è previsto un calo drastico dei passeggeri (contingente alla crisi) - potrebbe essere generato dall'incremento esponenziale della domanda di voli previsto nei prossimi anni (237 milioni di passeggeri nel 2020; 334 milioni nel 2030 e 427 milioni nel 2040). Una domanda che gli aeroporti italiani, se non avranno portato a termine gli investimenti necessari, non saranno in grado di assorbire. Da qui l'esortazione dell'Enac a non retrocedere sui piani di sviluppo e ampliamento degli scali. Al nord, denuncia l'ente, Milano Linate non ha spazi di crescita e lo scalo di Malpensa «a due piste» sarà saturo nel 2015 con 30 milioni di passeggeri l'anno. Con devastanti conseguenze nel 2025, quando con 125 milioni di passeggeri la domanda sarà insoddisfatta per 19 milioni. Al centro Italia, Roma Fiumicino ha cantieri aperti per crescere e accogliere 50 milioni di utenti nel 2017, ma vanno garantite le condizioni necessarie per tutelare gli investimenti. E se il piano di sviluppo si dovesse fermare, il sistema degli aeroporti romani potrebbe collassare già nel 2012. Da qui l'urgenza che, a questo punto, sia rapidamente portato a termine lo scalo di Viterbo. Al sud, infine, Riggio denuncia che Capodichino (Napoli) è in mezzo alle case, e può accogliere 1 o 2 milioni di passeggeri in più, ma non oltre. Motivo per cui l'insoddisfazione che un solo scalo produce in Campania dovrà trovare sfogo altrove (magari attivando dopo anni lo scalo fantasma di Salerno, ndr). Insomma, l'assunto è che oggi la crisi finanziaria frena il traffico aereo, ma quando l'economia tornerà a crescere l'Italia potrebbe piombare in piena emergenza aeroporti. Diverse le ricette indicate dall'Enac: 1) l'esigenza di redigere un nuovo piano nazionale degli aeroporti come quadro di indirizzo; 2) l'individuazione di una sola Autorità che decida, per uscire dal «gioco dell'oca delle burocrazie»; 3) la revisione delle tariffe aeroportuali e la firma dei nuovi contratti di programma per garantire la remunerazione degli investimenti delle società di gestione. La crisi «cambia scenario e prospettive», ha concluso Riggio, e impone «un'accelerazione dopo il ritardo che si è accumulato tra aeroporti saturi e altri vuoti (i più piccoli, ndr)». A tale scopo l'Enac ha indetto una gara assegnando a One Works-Nomisma-Kpmg la realizzazione di un piano nazionale degli aeroporti.

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c'era una volta la moneta - alessandro volpi (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA C'ERA UNA VOLTA LA MONETA ALESSANDRO VOLPI Sta cambiando la natura stessa della moneta sui mercati internazionali? La Banca d'Inghilterra, dopo aver portato il proprio tasso di sconto allo 0,50, ha deciso di aumentare rapidamente la quantità di sterline stampate per circa settanta miliardi, riprendendo una pratica già avviata durante la seconda guerra mondiale, per mettere liquidità a disposizione del sistema finanziario e per coprire la spesa pubblica. La Federal Reserve è andata ancora oltre impegnandosi a comprare buoni del Tesoro per 300 miliardi di dollari e titoli legati a mutui pericolanti per altri 750 miliardi; nella sostanza 1000 miliardi di carta moneta fittizia gettati su mercati duramente irrigiditi. Il primo effetto di simili misure è rappresentato da una repentina perdita di valore delle monete di riferimento, sterlina e dollaro, che si presuppone saranno oggetto di svalutazione. Dopo tanti anni, il prezzo delle valute tenderà quindi a dipendere piuttosto che dai fondamentali delle economie di riferimento (tasso d'inflazione, livello di indebitamento, andamento del Pil) dalla produzione di cartamoneta e di carta commerciale. Per tutto l'Ottocento e per buona parte del Novecento il prezzo delle monete dipendeva dalla loro convertibilità in oro e in argento, che determinava la possibilità di emettere senza svalutazione. Dopo gli accordi di Bretton Woods del 1944 e fino al 1971, il prezzo si legava invece a una parità di cambio fisso stabilita in relazione al dollaro. Dalla fine della convertibilità aurea del dollaro in poi, le quotazioni monetarie sono dipese appunto dal valore dato dal mercato alle economie che le emettevano. Ora, le nuove pratiche seguite da Banca d'Inghilterra, Federal Reserve e Banca centrale giapponese stanno sfornando masse di carta moneta tali da rendere la quantità l'elemento decisivo per definire la qualità delle monete; un po' come avveniva in passato senza tuttavia l'agganciamento al metallo prezioso. Sono pratiche rischiose giustificate dalla gravità della crisi e dalla necessità di finanziare l'indebitamento degli Stati che corrono in soccorso delle loro economie: si emette tanta carta moneta per comprare titoli di Stato così che i tassi rimangano bassi non solo nel breve ma anche nel lungo periodo e in tal modo chi si indebita, a partire dallo Stato stesso, paga poco la sua esposizione. L'impressione è che se gli anni Novanta hanno favorito l'indebitamento privato attraverso l'ingegneria finanziaria e la liquidità resa facile dalla riduzione artificiale del rischio, la crisi finanziaria globale finirà per generare nuovi strumenti di indebitamento pubblico chiamato a coprire i debiti privati divenuti ormai scoperti. La produzione straordinaria di carta moneta diventa il cardine della rinazionalizzazione degli assetti più consueti del capitalismo. In quest'ottica si pone la domanda circa la natura della moneta perché è ovvio che essa tende a diventare ancora di più un pezzo decisivo della politica economica nazionale persino per gli Stati Uniti, costretti a ripensare in profondità la natura internazionale della loro moneta. Moneta e debito pubblico appaiono i due elementi su cui la parte più ricca di questo pianeta scommette per la propria tenuta: qualora si abusasse di entrambi tuttavia lo spettro di un brutale passaggio dalla deflazione all'inflazione galoppante diverrebbe tristemente reale. Ancora una volta, la capacità di riuscita degli strumenti tecnici dell'economia sembra dipendere dalla fiducia collettiva.

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Pasini: le banchedevono ridurre i costi (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pasini: le banchedevono ridurre i costi il mondo del credito Il manager di Popolare: ridurre gli stipendi dei manager. Gotti Tedeschi: senza nuove regole, interventi anti-crisi inutili 21/03/2009 Genova. Addio ai guadagni facili: il sistema bancario italiano che uscirà dallla crisi dovrà abituarsi a fare i conti con «margini di guadagno più stretti», operando quindi un inevitabile taglio sui costi. Carlo Fratta Pasini predica la linea dell'austerity: ieri a margine di un convegno a Genova, il presidente del Consiglio di sorveglianza del Banco Popolare ha definito «impegnativa» la crisi che gli istituti finanziari devono affrontare. Soprattutto, Pasini si è detto convinto che non sarà possibile tornare al modello subito precedente l'esplosione della bolla subprime: «Dovremo ristrutturare i costi, abituarci a guadagni meno elevati». Banco Popolare, presente in Liguria anche col Banco di Chiavari, è una delle prime banche ad aver fatto richiesta per i "Tremonti Bond", e attualmente è impegnata nel salvataggio di Italease, su cui verrà lanciata un'Opa per poi scindere la società in più tronconi, con gli ex pattisti come soci. Pasini parla di «assunzione di responsabilità»: «I modi per tagliare i costi sono tanti, semplificando, razionalizzando e anche tagliando gli stipendi dei banchieri». Saranno necessari anche interventi sull'occupazione? «Le banche - è la risposta - sono industrie fatte di uomini, quindi la questione riguarda anche il personale, ma certo non va affrontata con tagli selvaggi». Sul coinvolgimento delle prefetture per il monitoraggio del credito, Pasini ha ha detto «che il modello degli osservatori sta definendosi» e «può coesistere» con la vigilanza tecnica di Bankitalia, «si tratta solo di definire bene le diverse funzioni». Al convegno sulla crisi finanziaria e le analogie con il 1929 organizzato ieri a Genova da Camera di Commercio, La Maona, San Michele Valore Impresa e Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, è intervenuto anche Ettore Gotti Tedeschi, presidente del Banco Santander Italia e consigliere del ministro Tremonti: «La crisi che stiamo affrontando - ha spiegato - è frutto di 25 anni di politiche sbagliate da parte della Fed di cui noi europei siamo vittime. Sono stati attivati sistemi creditizi e finanziari che poi nessuno è stato in grado di controllare. Ora immettere liquidità senza cambiare le regole non serve a niente: dove sono finiti i 700 miliardi di Bush? Nel nulla. Finché le autorità di governo non spiegano in che direzione si va i soldi non girano perché manca la fiducia». Sa. C. 21/03/2009

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Intermarket: cosa sta cambiando nelle correlazioni (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ANALISI TECNICA Intermarket: cosa sta cambiando nelle correlazioni Sulle Borse ora funziona da faro il cambio euro-dollaro Biasia: «Ma per la ripresa il Crb resta un benchmark» Pring: «Tengo d'occhio i broker e gli homebuilder» di Massimiliano Malandra - 21-03-2009 Correlazioni che vanno, correlazioni che vengono. Le «interrelazioni» fra le diverse asset class (azioni, obbligazioni, valute e materie prime) negli ultimi mesi si sono modificate, a volte in modo anche sostanziale. La crisi finanziaria e la sua evoluzione hanno infatti allentato legami che si credevano consolidati, e avviato nuove correlazioni che però, in alcuni casi, sono poi tornate nell'oblio. L'analisi intermarket diventa così sempre più difficile e volatile. E il rischio è quello di seguire, per abitudine, delle tendenze che in realtà non hanno più ragion d'essere. UN PO' DI STATISTICA. Ma cosa significa esattamente correlazione? Con questo termine, in statistica, si intende una relazione fra due variabili: a ciascun valore della prima corrisponde con una certa regolarità un valore della seconda. Non si tratta necessariamente di un rapporto causa-effetto, ma semplicemente della tendenza di una variabile a muoversi in funzione di un'altra. Può variare fra -1 (massima correlazione negativa) e +1 (livello estremo di correlazione positiva): in realtà i due estremi sono più che altro teorici e difficilmente si riscontrano nella pratica se non in casi particolari e per brevi periodi. Un dato positivo e superiore a 0,5 dà in buona misura una conferma della dipendenza diretta delle due attività finanziarie, e la cosa opposta (buona dipendenza inversa) si può dire nel caso si riscontri un valore negativo e inferiore a -0,5. VECCHIE CORRELAZIONI. «A volte si creano situazioni per cui si fanno improvvisamente forti le correlazioni fra strumenti finanziari che normalmente non sono significative - spiega Jason Goepfert, fondatore e presidente di Sundial Capital Research, società che si occupa di ricerche nel campo della psicologia delle masse e delle loro applicazioni pratiche in campo finanziario - A partire dal secondo semestre dello scorso anno, e fino a gennaio, sono state particolarmente forti le interrelazioni fra yen, petrolio e S&P500, ma nelle ultime sei settimane hanno perso consistenza. A posteriori si può leggere questa tendenza, in termini di psicologia del mercato, come il fatto che la fuga dall'azionario abbia spinto anche a uscire dal petrolio e a rifugiarsi sullo yen». Le correlazioni, quindi, trovano giustificazioni macroeconomiche ma decadono nel momento in cui le condizioni di partenza perdono efficacia. «Un benchmark cui tutti gli operatori facevano riferimento a partire dalla seconda metà del 2007 era il cambio fra yen e dollaro neozelandese - ricorda il consulente indipendente (e collaboratore di B&F) Wlademir Biasia - Il movimento fra le due valute era il vero termometro del carry trade dei fondi hedge e infatti a ogni caduta o ripresa dello yen faceva seguito, a distanza di uno o due giorni, un movimento contrario di Wall Street. Ora il delevereging generalizzato ha ridotto se non annullato questa correlazione». NUOVI RAPPORTI. In questo momento, quindi, sono subentrati altri segnali che funzionano (per ora) da driver efficaci e da segnali anticipatori affidabili ai movimenti delle Borse, anche se, mette in guardia Goepfert, «il fatto che questo tipo di correlazioni abbia perso gran parte della propria affidabilità non è affatto negativo a mio avviso. Significa che sul mercato si sta tornando a operare con un occhio di attenzione ai fondamentali e non solo al sentiment del momento: è un buon segnale perché indica che ormai ci siamo lasciati alle spalle la paura di un collasso globale della finanza». Una tesi condivisa anche dal consulente indipendente (e collaboratore di B&F) Davide Benyaich: «All'analisi intermarket occorre dare il giusto peso a seconda delle situazioni di mercato». MATERIE PRIME. Ma attualmente ci sono nuovi benchmark di riferimento? «Dipende dall'ottica temporale di investimento - risponde Biasia - Se l'orizzonte è di medio-lungo termine le commodity rappresentano il segnale anticipatore più affidabile. In questo momento il Crb sta cercando di costruire una base e un'inversione dell'indice sarebbe la spia anche di una ripresa dell'azionario: ripresa futura, visto che in genere le commodity ripartono un anno prima rispetto all'equity, come già avvenuto anche nel bear market 2000-2003. Allora il Crb iniziò a riprendersi proprio a fine 2001, in pratica poco dopo l'attentato alle Torri Gemelle e all'inizio dell'affossamento dei listini azionari. Esattamente un anno prima rispetto ai minimi di Wall Street che furono segnati a ottobre 2002». EURO E BORSE. E per chi ha invece un'ottica di breve? «Allora in questo caso il benchmark più utile adesso è il cambio euro/dollaro - continua Biasia - Storicamente Wall Street saliva con un dollaro forte, ora invece siamo all'opposto: quando l'euro riparte, ripartono anche le Borse; viceversa, se il biglietto verde accenna a riprendersi Wall Street si spaventa. Una conferma arriva guardando le date. Venerdì 6 marzo il cambio ha disegnato una candela bianca, poi un segnale di indecisione lunedì 9 e l'avvio del trend rialzista il giorno successivo. E l'S&P500 ha fatto anch'esso una candela di indecisione il 9 e ha poi imboccato la via del rialzo il giorno dopo». Segue correlazioni completamente differenti, invece, un altro guru dell'analisi tecnica quale Martin Pring: «Guardo agli indici dei broker e degli homebuilder - spiega a B&F - settori che tipicamente sono i primi a segnalare i bottom di mercato: nessuno di loro ha confermato i minimi di marzo dell'S&P e questo è di sicuro un segnale molto positivo. Forse non siamo ancora alla fine del bear market, ma per la prima volta da due anni i broker sono positivi. Anche se una nota stonata in tutto questo c'è - conclude Pring - La ripresa dei bond sia corporate sia governativi rappresenta infatti un ostacolo forte alla ripresa ed è un segnale che non vorrei vedere: dilazionerà il recupero, specialmente nel settore del real estate. Anche se per un'inversione di lungo e duratura del trend occorrerà attendere segnali più squisitamente tecnici. Per esempio massimi crescenti sull'S&P500, la formazione di una base e infine un rally che possa riportare le quotazioni oltre le medie mobili a 200 sedute».

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Correlazioni che vanno, correlazioni che vengono. Le interrelazioni fra le diverse asset ... (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ANALISI TECNICA Correlazioni che vanno, correlazioni che vengono. Le «interrelazioni» fra le diverse asset ... di Redazione - 21-03-2009 Correlazioni che vanno, correlazioni che vengono. Le «interrelazioni» fra le diverse asset class (azioni, obbligazioni, valute e materie prime) negli ultimi mesi si sono modificate, a volte in modo anche sostanziale. La crisi finanziaria e la sua evoluzione hanno infatti allentato legami che si credevano consolidati, e avviato nuove correlazioni che però, in alcuni casi, sono poi tornate nell'oblio. L'analisi intermarket diventa così sempre più difficile e volatile. E il rischio è quello di seguire, per abitudine, delle tendenze che in realtà non hanno più ragion d'essere. UN PO' DI STATISTICA. Ma cosa significa esattamente correlazione? Con questo termine, in statistica, si intende una relazione fra due variabili: a ciascun valore della prima corrisponde con una certa regolarità un valore della seconda. Non si tratta necessariamente di un rapporto causa-effetto, ma semplicemente della tendenza di una variabile a muoversi in funzione di un'altra. Può variare fra -1 (massima correlazione negativa) e +1 (livello estremo di correlazione positiva): in realtà i due estremi sono più che altro teorici e difficilmente si riscontrano nella pratica se non in casi particolari e per brevi periodi. Un dato positivo e superiore a 0,5 dà in buona misura una conferma della dipendenza diretta delle due attività finanziarie, e la cosa opposta (buona dipendenza inversa) si può dire nel caso si riscontri un valore negativo e inferiore a -0,5. VECCHIE CORRELAZIONI. «A volte si creano situazioni per cui si fanno improvvisamente forti le correlazioni fra strumenti finanziari che normalmente non sono significative - spiega Jason Goepfert, fondatore e presidente di Sundial Capital Research, società che si occupa di ricerche nel campo della psicologia delle masse e delle loro applicazioni pratiche in campo finanziario - A partire dal secondo semestre dello scorso anno, e fino a gennaio, sono state particolarmente forti le interrelazioni fra yen, petrolio e S&P500, ma nelle ultime sei settimane hanno perso consistenza. A posteriori si può leggere questa tendenza, in termini di psicologia del mercato, come il fatto che la fuga dall'azionario abbia spinto anche a uscire dal petrolio e a rifugiarsi sullo yen». Le correlazioni, quindi, trovano giustificazioni macroeconomiche ma decadono nel momento in cui le condizioni di partenza perdono efficacia. «Un benchmark cui tutti gli operatori facevano riferimento a partire dalla seconda metà del 2007 era il cambio fra yen e dollaro neozelandese - ricorda il consulente indipendente (e collaboratore di B&F) Wlademir Biasia - Il movimento fra le due valute era il vero termometro del carry trade dei fondi hedge e infatti a ogni caduta o ripresa dello yen faceva seguito, a distanza di uno o due giorni, un movimento contrario di Wall Street. Ora il delevereging generalizzato ha ridotto se non annullato questa correlazione». NUOVI RAPPORTI. In questo momento, quindi, sono subentrati altri segnali che funzionano (per ora) da driver efficaci e da segnali anticipatori affidabili ai movimenti delle Borse, anche se, mette in guardia Goepfert, «il fatto che questo tipo di correlazioni abbia perso gran parte della propria affidabilità non è affatto negativo a mio avviso. Significa che sul mercato si sta tornando a operare con un occhio di attenzione ai fondamentali e non solo al sentiment del momento: è un buon segnale perché indica che ormai ci siamo lasciati alle spalle la paura di un collasso globale della finanza». Una tesi condivisa anche dal consulente indipendente (e collaboratore di B&F) Davide Benyaich: «All'analisi intermarket occorre dare il giusto peso a seconda delle situazioni di mercato». MATERIE PRIME. Ma attualmente ci sono nuovi benchmark di riferimento? «Dipende dall'ottica temporale di investimento - risponde Biasia - Se l'orizzonte è di medio-lungo termine le commodity rappresentano il segnale anticipatore più affidabile. In questo momento il Crb sta cercando di costruire una base e un'inversione dell'indice sarebbe la spia anche di una ripresa dell'azionario: ripresa futura, visto che in genere le commodity ripartono un anno prima rispetto all'equity, come già avvenuto anche nel bear market 2000-2003. Allora il Crb iniziò a riprendersi proprio a fine 2001, in pratica poco dopo l'attentato alle Torri Gemelle e all'inizio dell'affossamento dei listini azionari. Esattamente un anno prima rispetto ai minimi di Wall Street che furono segnati a ottobre 2002». EURO E BORSE. E per chi ha invece un'ottica di breve? «Allora in questo caso il benchmark più utile adesso è il cambio euro/dollaro - continua Biasia - Storicamente Wall Street saliva con un dollaro forte, ora invece siamo all'opposto: quando l'euro riparte, ripartono anche le Borse; viceversa, se il biglietto verde accenna a riprendersi Wall Street si spaventa. Una conferma arriva guardando le date. Venerdì 6 marzo il cambio ha disegnato una candela bianca, poi un segnale di indecisione lunedì 9 e l'avvio del trend rialzista il giorno successivo. E l'S&P500 ha fatto anch'esso una candela di indecisione il 9 e ha poi imboccato la via del rialzo il giorno dopo». Segue correlazioni completamente differenti, invece, un altro guru dell'analisi tecnica quale Martin Pring: «Guardo agli indici dei broker e degli homebuilder - spiega a B&F - settori che tipicamente sono i primi a segnalare i bottom di mercato: nessuno di loro ha confermato i minimi di marzo dell'S&P e questo è di sicuro un segnale molto positivo. Forse non siamo ancora alla fine del bear market, ma per la prima volta da due anni i broker sono positivi. Anche se una nota stonata in tutto questo c'è - conclude Pring - La ripresa dei bond sia corporate sia governativi rappresenta infatti un ostacolo forte alla ripresa ed è un segnale che non vorrei vedere: dilazionerà il recupero, specialmente nel settore del real estate. Anche se per un'inversione di lungo e duratura del trend occorrerà attendere segnali più squisitamente tecnici. Per esempio massimi crescenti sull'S&P500, la formazione di una base e infine un rally che possa riportare le quotazioni oltre le medie mobili a 200 sedute».

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renault rimpatria la produzione slovena la commissione ue protesta, sarkozy frena (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 23 - Economia Automobili Renault rimpatria la produzione slovena la commissione Ue protesta, Sarkozy frena BRUXELLES - La Francia annuncia la rilocalizzazione di un impianto della Renault per la produzione di alcuni modelli fabbricati in Slovenia e la mossa provoca una dura reazione della Commissione Ue, che teme un ritorno strisciante del protezionismo. Ma il presidente francese Nicolas Sarkozy ha gettato acqua sul fuoco: la Slovenia non perderà posti di lavoro.

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la mia fede - tony blair (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 47 - Cultura LA MIA FEDE l´ex premier britannico tony blair parla di dio e delle sfide del xxi secolo cinque progetti per capire il mondo e la mia politica La "Abraham House" di Londra come luogo di incontro e di conoscenza La fondazione da lui promossa si pone l´obiettivo della comprensione interreligiosa Senza il pieno riconoscimento del peso delle religioni la nostra società sarà più povera Tutti i leader, siano essi esponenti religiosi o no, devono "agire a imitazione di Dio" TONY BLAIR La mia fede è sempre stata una parte fondamentale della mia politica. Quando ero premier ho ritenuto però più opportuno non strombazzarlo ai quattro venti, nel timore che si pensasse che cercavo di rivendicare una sorta di superiorità morale mia o del mio partito. Nelle rare occasioni nelle quali ho parlato di religione, c´è stata una tendenza a fraintendere le mie parole per adattarle alle finalità politiche altrui. Questo è il motivo per il quale "non ho agito a imitazione di Dio". Al termine del mio mandato, cercando in vario modo di dare un contributo personale a importanti temi di natura pubblica e politica, non ho più sentito la necessità di astenermi dal parlarne. In realtà, quanto più passava il tempo, tanto più mi ha colpito con sempre maggiore intensità un fatto: omettere di comprendere il potere intrinseco della religione significa non essere in grado di comprendere il mondo moderno. In Europa occidentale ciò potrebbe suonare molto anti-intuitivo. Altrove, pressoché ovunque, è invece evidente a tutti. Prendiamo brevemente in considerazione le statistiche: nel mondo si contano oltre due miliardi di cristiani, quasi un miliardo e mezzo di musulmani, più di 900 milioni di induisti, 400 milioni di buddisti, 24 milioni di sikh e 13 milioni di ebrei. Da queste stime sono esclusi i seguaci di altre confessioni religiose. Nella maggior parte dei Paesi queste cifre sono in aumento. In Africa, per esempio, nel 1900 c´erano dieci milioni di cristiani, diventati nel 2000 360 milioni, il più cospicuo aumento di sempre. Persone appartenenti a confessioni religiose diverse convivono sempre più a contatto tra loro: per farsi un´idea alquanto chiara del microcosmo religioso esistente al mondo è sufficiente passeggiare in pochi metri quadrati lungo molte strade del Regno Unito. La fede religiosa e le modalità con le quali essa acquista maggior rilievo ovunque potrebbero assumere la medesima importanza per il XXI secolo di quella che nel XX secolo ebbe l´ideologia politica. Potrebbe contribuire a guidare e sostenere l´era della globalizzazione, prestandole i suoi stessi valori, e avvicinando confessioni religiose e culture a una maggiore comprensione reciproca, incoraggiando la coesistenza pacifica. All´opposto, però, può essere in alternativa una forza reazionaria, che allontana gli individui proprio come la globalizzazione li spinge vicini gli uni agli altri. Quale ne sia l´esito, ciò significa che tutti i leader, siano essi esponenti religiosi o meno, devono "agire a imitazione di Dio". Ho fondato la Faith Foundation con l´obiettivo di promuovere un maggiore rispetto e una più profonda comprensione tra le principali religioni, per affermare e sostenere la causa della religione come forza orientata al bene, e per dimostrare ciò concretamente, incoraggiando iniziative interreligiose per affrontare e sconfiggere la povertà e i conflitti globali. Noi ci ripromettiamo di dimostrare l´importanza che la fede ha nelle sfide del XXI secolo e le potenzialità che essa offre per avvicinare le persone, non per allontanarle ulteriormente. Inizialmente, ci stiamo focalizzando su cinque importanti progetti e stiamo lavorando con partner di sei delle principali confessioni religiose. Primo: abbiamo messo a punto Faith Acts Together, un programma che coinvolge i sostenitori di oltre 30 Paesi in sei continenti. Superando le barriere religiose, stiamo lavorando nell´ottica di un obiettivo comune, quello di porre fine allo scandalo delle morti per malaria e contribuire così attivamente agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. In una prima fase lavoreremo in alcuni Paesi del continente africano, avvicinando le comunità di diverse confessioni per distribuire loro reti antimalaria per i letti e insegnando loro come utilizzarle, essendo queste il sistema più efficace e più economico per eliminare il tragico quanto evitabile bilancio di morti dovuti alla malaria. In seguito, a partire dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dal Canada, nomineremo 30 Faith Acts Fellows, giovani leader incaricati di dar vita a campagne e coalizioni ben radicate nelle varie confessioni religiose per sostenere il lavoro in Africa direttamente sul campo. In secondo luogo, abbiamo dato vita a Face to Faith, un programma scolastico interreligioso mirato a contrastare l´intolleranza e l´estremismo: ciò farà sì che le classi di tutto il mondo siano collegate tramite videoconferenze ben organizzate e accessibili. I bambini di una data confessione religiosa e una data cultura avranno la possibilità di interagire con i bambini appartenenti ad altre culture e religioni, vivendo così la preziosa esperienza reciproca di comprendere la mentalità e la vita altrui. Il programma prevede di concentrare l´attenzione sui principali argomenti contemporanei, quali l´ambiente, indagando che cosa possono offrire le grandi tradizioni religiose per contribuire alla risoluzione di queste tematiche. Il programma pilota è attualmente in corso in cinque Paesi di tre continenti. Terzo: stiamo perfezionando una comprensione più approfondita e intellettuale delle dinamiche della religione e della globalizzazione. La mia fondazione e l´università di Yale hanno dato vita a un corso dedicato a questa tematica, in riferimento alla quale io stesso ho tenuto insieme ad altri docenti alcune lezioni nell´ultimo trimestre. Nostro obiettivo è dar vita a un dibattito globale su questo argomento tra una decina di università di alto livello. Al momento stiamo chiarendo le modalità con le quale altre tre di esse potranno dar vita a questo stesso corso, e altre ancora seguiranno. Ciascuna università contribuirà al programma con le proprie tradizioni intellettuali e la propria prospettiva regionale, e tutte indagheranno nello stesso modo i rapporti tra la religione e l´economia, la politica e la società, e come le grandi religioni possano fare di più per rendere maggiormente a misura d´uomo il mondo globalizzato. Nell´ambito di tutto ciò, stiamo altresì indagando la questione dei valori e del sistema finanziario alla luce della crisi finanziaria, esaminando in che modo i nostri sistemi finanziari possano essere rimessi in rapporto con alcuni valori di base dai quali essi si sono in buona parte distanziati. Abbiamo dato il nostro contributo al dibattito globale in occasione della conferenza di Parigi del presidente Sarkozy e al World Economic Forum, e adesso stiamo cercando di scoprire in che modo tradurre tutto ciò in realtà e azione concreta. Infine, stiamo lavorando con la Coexist Foundation e l´università di Cambridge per realizzare l´idea dell´Abraham House, un luogo di incontro a Londra a livello internazionale per le tre religioni di Abramo, ma aperta altresì a seguaci di qualsiasi fede o anche nessuna. Essa darà rilievo nazionale e internazionale a un movimento di pensiero ed esplorazione critica, il che implicherà nuove iniziative e una conoscenza più approfondita. Copyright New Statesman Traduzione di Anna Bissanti

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UE. Sì al raddoppio degli aiuti ai Paesi dell'Est. 75 miliardi destinati al FMI (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

UE. Sì al raddoppio degli aiuti ai Paesi dell'Est. 75 miliardi destinati al FMI 21-03-2009 BRUXELLES. Cinque, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di "situazione grave". Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un "fondamentale passo in avanti verso la ripresa". Un'intesa - hanno sostenuto - fatta di "risultati e proposte concrete". Decise in piena unità di intenti. Una risposta ai più scettici che continuano a vedere un'Europa "spaccata in due" - hanno detto Barroso e Topolanek - divisa sulla strategia da seguire per per affrontare e battere la recessione. E una risposta anche all'amministrazione Usa, alla quale, in vista del G20, arriva ancora una volta un messaggio chiaro e forte: lo sforzo finora compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato "enorme", e non giustifica al momento l'elaborazione di altri piani. Bensì l'attuazione, rapida e senza ritardi, di quanto deciso finora dai vari governi. I 27 leader dell'Ue il prossimo 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune, adottata all'unanimità: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. E i leader europei si dicono pronti a contribuire con 75 miliardi di euro, sotto forma di prestiti su base volontaria e temporanea. I capi di Stato e di governo hanno anche deciso di raddoppiare - da 25 a 50 miliardi di euro - il fondo di sostegno delle bilance di pagamento dei Paesi Ue in maggiore difficoltà, quelli fuori dalla zona euro. Una misura che riguarda soprattutto le capitali dell'Europa centro-orientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti. Crisi che rischia di travolgere anche i Paesi dell'Europa occidentale, per la presenza all'est di molte filiali dei grandi gruppi bancari europei. Finora Bruxelles ha impegnato 10 miliardi per venire in soccorso di Ungheria e Lettonia. E altri Paesi starebbero negoziando con Bruxelles, a partire dalla Romania. Per venire ancora incontro alle preoccupazioni dei Paesi dell'est, nelle conclusioni del vertice si sottolinea anche come "il sostegno alle banche madri non dovrà comportare restrizioni alle attività delle filiali nei Paesi Ue ospitanti". Tutti al termine del vertice hanno smentito le voci di una possibile intesa su un piano per salvare Paesi dell'euro che si dovessero trovare a rischio bancarotta. I principali indiziati sono la Grecia e l'Irlanda, che versano nella situazione peggiore dal punto di vista finanziario, ma anche l'Austria, molto esposta con le sue banche verso l'est europeo. "Non sono a conoscenza di intese di questo genere", ha detto Barroso, ribadendo però come "se necessario, siamo pronti a intervenire". Dal vertice è invece uscito ancor più rafforzato l'invito a tutti gli Stati membri a rispettare le regole del Patto di stabilità e di crescita dell'Ue, impegnandosi a rientrare entro i parametri di Maastricht non appena la ripresa comincerà a palesarsi. Dopo una lunga trattativa, la Germania ha infine accettato l'inclusione del gasdotto Nabucco nella lista delle grandi opere energetiche e delle tlc da finanziare nel 2009 e 2010 con 5 miliardi di euro di fondi Ue non spesi, spianando così la strada ad un accordo. Soddisfatta l'Italia perché nell'elenco delle opere ci sono cinque progetti che la riguardano per un ammontare di oltre 400 milioni di euro.

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CRISI/ GREENSPAN SI COMPLIMENTA CON OBAMA PER GESTIONE CRISI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Greenspan si complimenta con Obama per gestione crisi di Apcom Ristrutturazione sistema bancario è "cardine" equilibrio mondiale -->Acapulco, 21 mar. (Ap) - L'ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, si è complimentato con l'amministrazione Obama per come ha gestito la crisi finanziaria e, in particolare, per la ristrutturazione del sistema bancario americano. Questa ristrutturazione è un "cardine" dell'equilibrio mondiale, ha affermato Greenspan nel suo discorso conclusivo della 72esima Convenzione delle banche del Messico, ad Acapulco. Crisi di questa entità "arrivano una volta al secolo o anche meno" e di fronte ad essa il governo Obama ha fatto un "lavoro eccellente, il migliore possibile tenuto conto delle circostanze". A suo parere, comunque, prima di creare nuove strutture bisogna regolamentare il sistema finanziario per rilanciare l'economia a livello mondiale. Inoltre, Greenspan stima che le banche avranno bisogno di un'iniezione di capitali privati o pubblici per un montante "superiore a 750 miliardi di dollari" per riuscire a lavorare normalmente. Greenspan ha guidato la Federal Reserve dal 1987 al gennaio 2006. (fonte afp)

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Misure anticrisi, Bruxelles vara altre risorse (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Misure anticrisi, Bruxelles vara altre risorse --> Sabato 21 Marzo 2009 GENERALI, pagina 2 e-mail print BRUXELLESCinque, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa - hanno sostenuto - fatta di «risultati e proposte concrete». Decise in piena unità di intenti. Una risposta ai più scettici che continuano a vedere un'Europa «spaccata in due» - hanno detto Barroso e Topolanek - divisa sulla strategia da seguire per per affrontare e battere la recessione. E una risposta anche all'amministrazione Usa, alla quale, in vista del G20, arriva ancora una volta un messaggio chiaro e forte: lo sforzo finora compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato «enorme», e non giustifica al momento l'elaborazione di altri piani. Bensì l'attuazione, rapida e senza ritardi, di quanto deciso finora dai vari governi. PARADISI FISCALI I 27 leader dell'Ue il prossimo 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune, adottata all'unanimità: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. E i leader europei si dicono pronti a contribuire con 75 miliardi di euro, sotto forma di prestiti su base volontaria e temporanea. EST, RADDOPPIO DEGLI AIUTI I capi di Stato e di governo hanno anche deciso di raddoppiare - da 25 a 50 miliardi di euro - il fondo di sostegno delle bilance di pagamento dei Paesi Ue in maggiore difficoltà, quelli fuori dalla zona euro. Una misura che riguarda soprattutto le capitali dell'Europa centro-orientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti. Crisi che rischia di travolgere anche i Paesi dell'Europa occidentale, per la presenza all'Est di molte filiali dei grandi gruppi bancari europei. Finora Bruxelles ha impegnato 10 miliardi per venire in soccorso di Ungheria e Lettonia. E altri Paesi starebbero negoziando con Bruxelles, a partire dalla Romania. Per venire ancora incontro alle preoccupazioni dei Paesi dell'Est, nelle conclusioni del vertice si sottolinea anche come «il sostegno alle banche madri non dovrà comportare restrizioni alle attività delle filiali nei Paesi Ue ospitanti». CRAC IN ZONA EURO, NO A SALVATAGGI Tutti al termine del vertice hanno smentito le voci di una possibile intesa su un piano per salvare Paesi dell'euro che si dovessero trovare a rischio bancarotta. I principali indiziati sono la Grecia e l'Irlanda, che versano nella situazione peggiore dal punto di vista finanziario, ma anche l'Austria, molto esposta con le sue banche verso l'Est europeo. «Non sono a conoscenza di intese di questo genere», ha detto Barroso, ribadendo però come «se necessario, siamo pronti a intervenire». Dal vertice è invece uscito ancor più rafforzato l'invito a tutti gli Stati membri a rispettare le regole del Patto di stabilità e di crescita dell'Ue, impegnandosi a rientrare entro i parametri di Maastricht non appena la ripresa comincerà a palesarsi. INFRASTRUTTURE, DISCO VERDE Dopo una lunga trattativa, la Germania ha infine accettato l'inclusione del gasdotto Nabucco nella lista delle grandi opere energetiche e delle telecomunicazioni da finanziare nel 2009 e 2010 con 5 miliardi di euro di fondi Ue non spesi, spianando così la strada a un accordo. Soddisfatta l'Italia perché nell'elenco delle opere ci sono cinque progetti che la riguardano per un ammontare di oltre 400 milioni di euro. Ugo Caltagirone 21/03/2009 nascosto-->

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BRUXELLES - Cinque, cinquanta, settantacinque (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

BRUXELLES - Cinque, cinquanta, settantacinque BRUXELLES - Cinque, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Questa è una risposta anche all'amministrazione Usa, alla quale, in vista del G20, arriva ancora una volta un messaggio chiaro e forte: lo sforzo finora compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato «enorme», e non giustifica al momento l'elaborazione di altri piani. I 27 leader dell'Ue il prossimo 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune, adottata all'unanimità: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. Misure che riguardano soprattutto le capitali dell'Europa centro-orientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti. Crisi che rischia di travolgere anche i Paesi dell'Europa occidentale, per la presenza all'est di molte filiali dei grandi gruppi bancari europei. I capi di governo della Ue hanno concordato anche sulla necessità di avviare «una partneship ambiziosa» con i tre Stati della regione del Caucaso e le tre ex repubbliche sovietiche. Il nuovo partenariato, che sarà lanciato il 7 maggio, riguarderà Armenia, Georgia, Ucraina, Bielorussia, Azebarjian e la Repubblica moldova. Francia, Spagna e Italia, hanno però espresso anche ieri obiezioni sull'aumento delle risorse disponibili per i paesi dell'Europa orientale. 21/03/2009

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Il modo per non finire in bocca agli squali (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Marketing data: 21/03/2009 - pag: 12 autore: Conto Arancio Il modo per non finire in bocca agli squali Leo Burnett ha firmato l'ultima campagna di Ing Direct, con Ale e Franz come testimonial (nella foto). Il gruppo olandese ha scelto l'anno scorso di affrontare la crisi finanziaria mondiale con l'arma dell'ironia e della comicità surreale investendo 50 milioni di euro per tutta la comunicazione 2009.Il 50% dell'investimento è stato destinato all'advertising classico, di cui due terzi alla pubblicità in televisione. «Il piccolo schermo resta per noi il canale di comunicazione privilegiato», ha spiegato Sergio Rossi, direttore marketing di Ing Direct Italia. Nel nuovo spot i comici vestono i panni di due risparmiatori che per mettere al sicuro i propri soldi inseguono soluzioni improbabili e pericolose. Scelte perdenti rispetto alla sicurezza e affidabilità delle proposte di Conto Arancio. Le riprese con i due amici che navigano su un gommone al largo circondati dagli squali sono state effettuate ad Alicante in Spagna.Casa di produzione Mercurio, regia di Carlo Sigon. I film sono on air dal 4 gennaio sui principali canali nazionali e locali.

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Dal vertice Ue nessuna black-list al G-20 di Londra (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-21 - pag: 3 autore: Dal vertice Ue nessuna black-list al G-20 di Londra BRUXELLES. Dal nostro inviato Non ci saranno i loro nomi sulla lista nera Ocse dei paradisi fiscali non cooperativi. Anzi, non ci sarà nessuna lista del genere da discutere al G-20. A dare la notizia a Bruxelles, al termine del vertice europeo, è stato il presidente di turno, il premier ceco Mirek Topolanek. E per Lussemburgo, Austria, Belgio e Svizzera è stato decisamente un sospiro di sollievo. «Ne abbiamo discusso al summit. Ma chi ha accettato le condizioni dell'Ocse non può restare sulla lista. L'Unione ha tenuto conto dell'impegno preso anche dalla Svizzera di conformarsi agli standard Ocse nel campo dell'assistenza amministrativa in materia fiscale», ha dichiarato Topolanek. Subito dopo sono intervenuti il cancelliere tedesco e il suo ministro delle Finanze. «Non ci sarà nessuna lista nera alla riunione del G-20 di Londra il 2 aprile. Se e quando qualcuno vi sarà inserito lo deciderà l'Ocse e non certo il G-20», ha scandito Peer Steinbrueck. Al suo fianco un'Angela Merkel decisamente soddisfatta: «Il solo fatto di evocare l'ipotesi di una lista ha prodotto immediati risultati positivi. Comunque nessun Paese che abbia accettato gli standard Ocse potrà apparire su un elenco del genere». Positivi anche i commenti del presidente francese Nicolas Sarkozy,l'altro protagonista insieme alla Merkel della guerra aperta dichiarata a paradisi fiscali e segreto bancario, complici i contraccolpi della crisi finanziaria in corso. Ma Sarkozy non si è fermato a una reazione compiaciuta per i segnali di collaborazione lanciati dai quattro Paesi nel mirino dell'Unione.«La nostra credibilità dipende dalla capacità di rifiutare tutte le eccezioni. Le nostre banche non dovranno lavorare con i Paesi messi all'indice dall'Ocse». Per questo anche l'Inghilterra di Gordon Brown, ha detto, dovrà adeguarsi. Anche per i territori dipendenti dalla Corona come Jersey, Guernesey e Isola di Man è venuto il momento di ripensare il segreto bancario e di rientrare nella disciplina della direttiva Ue sulla tassazione dei redditi da risparmio. Esattamente come alla vigilia del vertice di Bruxelles aveva chiesto il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, altrettanto deciso a ottenere da Londra la fine delle deroghe anche per i trust britannici, perché «la Gran Bretagna non può continuare a proteggere dal Fisco dei rispettivi Paesi d'origine i grandi patrimoni europei». A.C.

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L'industria resti in primo piano (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-21 - pag: 8 autore: INTERVENTO L'industria resti in primo piano di Peter Mandelson * T utti riconoscono che la crisi creditizia solleva importanti domande sul ruolo dello Stato nell'economia e nelle misure di rilancio affinché l'economia europea ritrovi la strada verso la crescita. La crisi ha inoltre promosso un nuovo dibattito sul modo in cui viene condotta la politica industriale in Europa. Pur essendoci un massiccio fallimento del mercato al centro del credit crunch, dobbiamo stare molto attenti al tipo di deduzioni che ne traiamo. La crisi non ha screditato la tesi secondo cui la competizione su mercati aperti è ciò che dà forza alle imprese. Non ha minato le ragioni per le quali i mercati aperti rappresentano una gratificazione molto maggiore che non un mercato europeo diviso. Né ha messo in dubbio le motivazioni contro gli aiuti ad aziende o settori al semplice scopo di mantenere l'occupazione o creare dei "campioni" nazionali. Eppure si è invocato il credit crunch a difesa di un ritorno a tutto questo. Il rischio insito in una recessione è che le argomentazioni per un comportamento diverso o migliore dei governi diventano argomentazionia favore di un maggiore interventismo. Fondamentalmente, essa diventa il pretesto per risuscitare le argomentazioni in favore del protezionismo, un'esperienza screditata da trent'anni di storia in Europa. Dobbiamo perciò essere molto sospettosi rispetto ai Colbert del credit crunch. Credit crunch significa che dobbiamo esaminare attentamente il modo in cui il governo regolamenta i mercati finanziari. è anche vero che valuteremo di nuovo il ruolo del governo, e la politica monetaria in particolare, nel contenere l'instabilità dei mercati. Ma il credit crunch, da solo, non è il motivo per cui dobbiamo pensare con attenzione alla politica industriale in Europa - il vero slancio per un nuovo attivismo industriale proviene dalla realtà della globalizzazione. Nel corso dell'ultimo decennio, le imprese europee si sono assicurate vantaggi comparativi in cima alla supply chain mondiale. Il prossimo decennio esigerà una concentrazione ancor maggiore su questi punti di forza. L'Europa paga stipendi alti e, per questo, deve fare in modo che le merci e i servizi che vende presentino un alto valore aggiunto. Ciò significa che i punti di forza fondamentali delle imprese europee devono consistere in un alto livello di conoscenza, creatività e sofisticazione tecnica. Esse devono sviluppare ulteriormente i lavoratori più specializzati del mondo, potersi affidare a infrastrutture digitali e materiali di livello mondiale e trarre vantaggio da un ambiente normativo concepito per facilitare lo sviluppo di aziende forti. è qui che il ruolo del governo diventa fondamentale, perché non si tratta di cose che i mercati forniranno. Questo è lo spazio che deve essere riempito dall'attivismo industriale. Nel decennio passato l'idea di fondo diffusa in Europa era che la sfida centrale fosse la liberalizzazione sul lato dell'offerta dell'economia. Questo resta vero. Ma dobbiamo anche fornire gli strumenti utili a questo fine. Certo, è vero che in qualche modo stiamo già facendo queste cose in Europa. Maè giunto il momento di valutare di nuovo quanto bene le stiamo facendo. Gran parte di questo lavoro sarà incentrato sul settore produttivo, che costituisce una parte imponente del nostro futuro. Ma il nostro obiettivo non deve essere il mantenimento artificioso dell'industria manifatturiera europea come linea di principio, certamente non dell'industria manifatturiera a basso costo o labour intensive. Dobbiamo esaminare il nostro vantaggio competitivo di lungo periodo. L'industria manifatturiera in Europa continua ad avere successo anche di fronte alla più dura competizione globale. Non richiede protezione. Ha bisogno di risorse ottimali a cui attingere per competere. Il nostro compito consiste nel garantire che l'industria europea sia dotata di manodopera specializzata, di università innovative e del sostegno della ricerca e sviluppo. Il nostro compito consiste nel fare dell'Europa il luogo migliore al mondo in cui creare imprese e sviluppare beni e servizi, soprattutto in settori come il basso consumo di anidirde carbonica. La prossima Commissione Europea si troverà alle prese con un'Europa il cui obiettivo primario sarà quello di ritrovare la propria via verso la crescita. La politica industriale dovrà esserne una componente. La nostra sfida consiste nel dare alle nostre imprese strumenti migliori per affrontare la competizione globale, mantenendo l'integrità del mercato unico europeo, le sue robuste regole sulla competizione e i suoi divieti contro le tentazioni di intervento statale. Nulla di quanto è accaduto nello scorso anno ne ha posto in dubbio il valore fondamentale. Il credit crunch ci ha dato una direzione, ma i motivi a favore di un nuovo attivismo industriale sarebbero gli stessi anche se non si fosse mai verificato. è quello che gli europei si aspettano dal governo che li aiuta a vivere e a competere in un'economia globale. * Ministro delle Attività produttive britannico COMPETITIVITà Il credit crunch non deve farci dimenticare che la priorità è l'innovazione

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Indagine su Northern Rock mette Brown sotto accusa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-21 - pag: 9 autore: Regno Unito. La «Corte dei conti»: sapeva e non intervenne Indagine su Northern Rock mette Brown sotto accusa Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente L'accusa, di fatto, è di incompetenza. Da Cancelliere dello scacchiere prima ancora che da primo ministro. A firmarla e a inviarla a Downing street è stato il National audit office, organismo indipendente che controlla i conti dell'amministrazione centrale. Gordon Brown, salutato in ottobre come il salvatore del sistema finanziario e ispiratore della più efficace cura per traghettare il pianeta oltre il credit crunch, sta vivendo giorni di passione. Ha cominciato Lord Turner, presidente della Financial service authority, liquidando il light touch alla regolamentazione dei mercati finanziari, fortissimamente voluto da Brown nelle vesti di Cancelliere dei Governi Blair, come un reliquia. Ha continuato ieri il National audit office con il rapporto sulla nazionalizzazione di Northern Rock, la prima pietra dello smottamento finanziario britannico. Nessuna contestazione all'acquisto della banca, molte, invece, a quanto ha fatto da corollario a un esito scontato. Già nel 2004, sostiene l'inchiesta, la struttura tripartita - Banca d'Inghilterra, Financial service authority, Tesoro - che l'allora Cancelliere aveva creato per agire sul sistema bancario in caso di crisi, mostrava d'essere inadeguata. Le segnalazioni a Brown erano rimaste inascoltate. Per questo la risposta delle autorità alla crisi di Northern Rock è stata impacciata. «Il Tesoro non aveva personale adeguato sufficiente - si legge nell'indaginee si è affidato a consulenti esterni». Fra cui Goldman Sachs che aveva diritto a una remunerazione correlata al successo dell'operazione. «Il problema è - scrivono i revisori che nel contratto non era nemmeno definito quale sarebbe stato un esito di successo». Dopo la nazionalizzazione, Goldman ha evitato di riscuotere. Le accuse più gravi sono però al Brown premier e al suo successore al Tesoro, Alistair Darling. I revisori hanno infatti svelato che Northern Rock quando era già tenuta in vita dalla Banca d'Inghilterra continuava a erogare mutui del 125% del valore dell'immobile. Come dire: all'apice bolla immobiliare dava anche i soldi per la ristrutturazione nonostante stesse per portare i libri in tribunale. E lo ha fatto fino alla nazionalizzazione. Brown è stato seppellito di accuse. La strategia di gestione e uscita dalla crisi è essenziale per valutare la salute politica del leader del Paese più colpito, in Europa, dal credit crunch. Il G-20 sarà un test importante, ma il rinculare sul tema dello stimolo fiscale dalle posizioni più filoamericane a quelle europee, non è stata una scelta di Brown, ma un ripiego, dinanzi al ridimensionarsi della linea anglosassone. Anche Darling pare scostarsi dal premier distanziandosi da ogni difesa delle " regole morbide" per i mercati, peraltro ormai archiviate. Sarà proprio sulle regole che il premier si giocherà un altro pezzo della sua scarsissima popolarità. Nella Ue si afferma la volontà di creare un'istituzione capace di dare linee guida comuni per i mercati europei. Ma il modello proposto da Jacques de Larosiere e sostenuto da Francia e Germania, va molto oltre le ambizioni inglesi. Il rapporto Turner, infatti, ha punti in comune con quello di Larosiere, ma si ferma assai prima. Per Brown questa partita è essenziale. Sul piatto con le regole future dei mercati finanziari c'è anche il destino della City di Londra. E Downing street sa bene che nessun premier può permettersi di compromettere la pietra angolare del sistema economico nazionale. MANCATO CONTROLLO L'istituto ha continuato a concedere mutui per il 125% del valore delle case quando già era sostenuto dalla Banca d'Inghilterra

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Generali, salgono i premi ma pesano le svalutazioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-21 - pag: 37 autore: Profitti a 861 milioni (-70%) - Sciolta la joint venture Intesa Vita Generali, salgono i premi ma pesano le svalutazioni Riccardo Sabbatini è stato l'anno da dimenticare dei mercati finanziari, costato 5 miliardi soltanto di svalutazioni di asset; di nuove emergenze (la Rc auto in Italia è sul punto di tornare "in rosso"); e delle grandi scelte, come quella di abbandonare la joint venture assicurativa con Intesa Sanpaolo puntando per il futuro ad una strategia "minimalista" nella bancassurance. Ma il 2008 è stato anche l'anno in cui le Generali sono riuscite a conservare la loro forza patrimoniale, a continuare a pagare un dividendo ai propri azionisti e, uniche tra i grandi colossi europei delle polizze, ad accrescere la raccolta nel business delle polizze vita (+3,2%). Nel bilancio 2008 del gruppo triestino – all'esame ieri del cda – c'è tutto questo riassunto,nell'ultima riga del conto economico, nell'utile netto di 861 milioni (2,92 miliardi nel 2007). E ora il gruppo si prepara ad affrontare una nuova sfida. «Il 2009 continuerà ad essere un anno impegnativo - ha detto l'amministratore delegato Giovanni Perissinotto, incontrando gli analisti –ma crediamo che il nostro approccio strategico degli ultimi cinque anni, un tempo criticato, ci pone in una posizione forte per affrontare questi tempi difficili». Com'era nelle aspettative, le Generali hanno deciso di uscire da Intesa vita, interrompendo una collaborazione con il gruppo di Corrado Passera che durava dal 2003. La decisione è stata presa formalmente dal cda di Alleanza Assicurazione, che ieri si è riunito per approvare i conti e a cui fa capo il 50% della joint venture. Dai piani iniziali e dal record di 8 miliardi di premi sfiorato nei primi anni, il progetto è progressivamente evaporato. Nel 2008 Intesa vita ha collocato polizze per 1,9 miliardi (-28%) contribuendo per appena 5,5 milioni al valore della nuova produzione di Alleanza. L'uscita dalla società, esercitando una put, farà incassare a Generali un corrispettivo di 650-700 milioni. Per il futuro – ha detto Perissinotto - si cambia strada. Non più accordi con grandi colossi del credito, «puntiamo piuttosto a più accordi con istituti di piccole e medie dimensioni». Tornando al bilancio, il gruppo ha registrato, anche nel 2008, una produzione in crescita a 68,8 miliardi (+3,9%), 46,8 miliardi dei quali raccolti nel ramo vita (+3,2%). Anche i rami danni sono in crescita (22 miliardi, + 5,5%) ma non dappertutto il gruppo triestino è riuscito a difendere la sua redditività: In Italia, ad esempio, il business della Rc auto mostra evidenti cenni di deterioramento con un combined ratio (il rapporto tra l'insieme delle spese con i primi incassati) giunto al 99,9% con un peggioramento di ben 5,6 punti in un solo anno. Sui conti l'impatto maggiore è stato determinato dalla gran massa di svalutazioni (5 miliardi, per 3,9 miliardi relativi al settore vita) effettuati dagli amministratori. Nel bilancio individuale di Generali l'onda d'urto è stata limitata per circa 896 milioni dall'adozione del recente regolamento dell'Isvap che consente di attestare al 30 giugno 2008 il valore degli asset non durevoli. La decisione non ha avuto effetto sui conti consolidati e neppure sulla distribuzione dei dividendi ma, al livello della singola compagnia, ha migliorato il calcolo dei coefficienti di vigilanza. Nonostante le tensioni cui è stato sottoposto il margine di solvibilità del gruppo è rimasto attestato a livelli confortanti. Dal 143% del 2007 si è passati al 123% di fine 2008, ma per 16 punti la diminuzione è imputabile al consolidamento integrale di alcune acquisizioni della compagnia ( Ceska e Banca del Gottardo). Gli amministratori proporranno alla prossima assemblea degli azionisti la distribuzione di un dividendo misto in parte in contanti (0,15 euro per azione), in parte in azioni (1 ogni 25 titoli posseduti) prelevate dal portafoglio di azioni proprie che la compagnia detiene. Sulla base del prezzo di chiusura di giovedì l'entità del dividendo unitario si attesta pertanto a 0,62 euro. I cda di Generali ed Alleanza hanno infine approvato la fusione, già resa nota, della controllata nella capogruppo. Il complesso di questi dati è stato ieri accolto positivamente in Borsa con un incremento del titolo Generali dell' 1% (a 11,85 euro) e di quello Alleanza dell'1,90% (a 3,89 euro). Società, quest'ultima, che ha tra l'altro beneficiato di un utile netto consolidato rimasto sostanzialmente al livello del precedente esercizio (408 milioni rispetto ai 427 del 2007). PERISSINOTTO «Il 2009 sarà un anno impegnativo ma crediamo che il nostro approccio strategico ci ponga in una posizione forte»

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Bilancio, 35% in più per le strade e un minipiano triennale di assunzioni (sezione: crisi)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Mezzogiorno - NAPOLI - sezione: NAPOLI - data: 2009-03-21 num: - pag: 8 categoria: REDAZIONALE Comune, documento in giunta entro sabato prossimo Bilancio, 35% in più per le strade e un minipiano triennale di assunzioni NAPOLI — Entro sabato prossimo la giunta licenzierà il documento di Bilancio 2009. Poi toccherà al Consiglio comunale esaminare gli atti e procedere al voto. Ma la coperta era e resta cortissima: l'aumento della Tarsu, generato dall'esigenza di coprire il 100 per cento delle spese di raccolta, è una mazzata politica per il Comune; mazzata che si trasformerà in salasso per molti napoletani, che sostanzialmente dovranno versare al Comune quel 38 per cento che manca all'appello. Tradotto: qualcosa come 61 milioni. Ma attenzione: se è vero che le fasce deboli saranno dispensate, col Comune che attiverà un fondo da 2,5 milioni che coprirà il fabbisogno di tutti i meno abbienti, è altrettanto vero che ci sarà pure che vedrà la gabella della Tarsu raddoppiare. E senza speranza di proroghe: l'aumento, infatti, scatterà tutto e subito dal primo settembre. Poi c'è l'incognita degli interessi sui derivati, cioè la «scommessa» sugli interessi per la rinegoziazione del debito: la crisi finanziaria mondiale, infatti, ha fatto calare molto il costo del denaro, cosa che potrebbe paradossalmente generare una perdita per il Comune. Problema, questo, che hanno anche altri Comuni italiani come Roma, Torino e Milano. L'assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo, che due giorni fa ha incontrato il gruppo consiliare del PD per parlargli del Bilancio, ha poi annunciato un aumento rispetto al 2008 del 35% per la manutenzione delle strade di viabilità principale grazie a 15 milioni che arriveranno dalla Regione. Annunciato anche un piano triennale per l'assunzione di alcune decine di impiegati. Sul fronte delle Partecipate, sono sei i cda in scadenza: tra questi, Metronapoli e Anm che dovrebbero essere ridotti a tre componenti. Per gli altri (Napolipark, Terme di Agnano, Caan e Stoà), potrebbe profilarsi la soluzione dell'amminstratore unico. Pa. Cu. Riccardo Realfonzo

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L'industria del design: la via italiana al successo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-03-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: STILE E TENDENZE data: 2009-03-21 - pag: 27 autore: Serie e fuori serie alla Triennale di Milano L'industria del design: la via italiana al successo L'intesa vincente tra creativi e imprenditori coraggiosi Cristina Jucker L a collaborazione intelligente, innovativa tra imprenditori e designer è quella che ancora oggi alimenta il successo del design italiano. Una sorta di "pila di Volta" – la definisce così Andrea Branzi, curatore scientifico del Museo del design della Triennale di Milano – che sfruttando le differenze di potenziale crea un circuito che si rinnova continuamente e produce un'energia continua di crescita. Su questo rapporto tra industria e sperimentazione, tra "Serie e fuori serie" indaga la nuova edizione, l'atto secondo del Museo del design della Triennale, presentato ieri, che arriva in un momento particolamente azzeccato: «La crisi di oggi – sostiene Davide Rampello, presidente della Triennale – è soprattutto una crisi di valori, quelli creati da un sistema che ora ha fallito, è un momento di timore in cui occorre trovare qualcosa in cui tornare a credere e avere fiducia. Questa mostra è una metafora della cultura del fare, una testimonianza della progettualità che tiene conto sia dei materiali sia del pensiero della mano». In questo l'Italia è davvero un polo d'attrazione. Lo dimostrano i numeri: «Nel sistema mondiale della moda il 30% viene prodotto in Italia (un altro 30% in Francia, il 20% negli Stati Uniti e il 20% che rimane nel resto del mondo). Nel design è il 65% che è prodotto in Italia» sottolinea il neopresidente della Fondazione Museo del design, Arturo Dell'Acqua Bellavitis. E questo successo, aggiunge Antonio Citterio, che ha curato il nuovo allestimento, «è figlio dell'humus industriale del nostro Paese ». Un percorso circolare, luminoso, diviso in diverse sezioni. Che si apre con due prototipi messi uno accanto all'altro: il primo, del 1913, è un esempio di vettura sportiva, aerodinamica, su chassis prodotto in serie, della Carrozzeria Castagna e sembra uscito da un libro di Giulio Verne; il secondo, del 2009, è un microvelivolo aereo, supertecnologico, che atterra e decolla in meno di 15 metri. Poi scorrono una dopo l'altra le " piccole serie", «caratteristica importante del sistema industriale italiano, fatto di piccole industrie» ricorda Branzi. Si va dalla serie numerata per i collezionisti fatta da piccole gallerie di design, a prodotti come il "Calessino" di una grande industria come la Piaggio. Poi ancora la grande produzione di serie, dalle caffettiere di Alessi alla macchina da scrivere Valentina di Olivetti, firmata Ettore Sottsass o alla bottiglietta del Campari, a calice rovesciato, disegnata da Fortunato Depero nel 1932 su consiglio di Davide Campari, che voleva dare un prodotto perfettamente dosato. L'Italia è stata l'unica in Europa a sviluppare anche il prodotto "fuori serie" come strategia di mercato, «offrendo prodotti che si presentava un po' come eccezioni, fuori dall'omologazione » aggiunge Branzi. Un grande successo soprattutto in campo automobilistico. Poi la serie personalizzata, la serie numerata (dagli animali di Enzo Mari ai vasi e alla ciotole in bonne china di Xie Dong prodotti da Driade), e ancora gli arredi su misura (come la poltrona in legno disegnata da Luigi Vietti nel 1933 per la stazione marittima Andrea Doria). Non c'è tutto, certo, in questa seconda veste del museo (che resterà aperta per una anno circa), ma c'èla capacità di proporre temi nuovi, di offrire chiavi di interpretazione. Silvia Annicchiarico, il direttore, ricorda «che questo museo è un'esperienza unica al mondo, un museo mutante che cambia anima, messa in scena, lettura critica, mentre gli altri al massimo cambiano qualche oggetto». E non nasconde la soddisfazione per la prima edizione che si è chiusa il 25 gennaio scorso con 102mila visitatori e ora sarà riproposta in Corea. La conclusione che emerge, lo spiega Annicchiarico, è che «serie e fuori serie non sono del-le categorie antitetiche, ma si autoalimentano. La serie assorbe idee dalla ricerca sperimentale e restituisce alla ricerca modelli e modi di produzione ben rodati e collaudati ». Si dimostra così che il saper fare è una forza trainante del made in Italy. Ne è convinto Rampello: «Non dobbiamo perdere assolutamente l'artigianalità che ancora resta– dice –e per farlo bisogna alimentare le botteghe, riportare l'attenzione dei giovani sulla creatività, sull'intelligenza delle mani: E soprattutto sul piacere del proprio lavoro». I prodotti. Sopra, la bottiglietta di Campari disegnata da Depero; a fianco, in alto, prototipo di auto del 1913, sotto il miniaereo Lucy

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ROMA - Generali chiude il bilancio 2008 a prova di crisi: l'utile netto si attesta a 861 milion... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 21-03-2009)

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Sabato 21 Marzo 2009 Chiudi ROMA - Generali chiude il bilancio 2008 a prova di crisi: l'utile netto si attesta a 861 milioni. in calo del 70,5% rispetto ai 2,92 miliardi del 2007, in conseguenza di 5 miliardi di svalutazioni dovute proprio agli effetti della tempesta finanziaria. Il gruppo «conclude questo difficile 2008 forte di un business ancora in crescita e di una solidità patrimoniale tra le più robuste del settore assicurativo», ha commentato il presidente Antoine Bernheim. Il dividendo complessivo è stato fissato a 0,62 euro, di cui 0,15 euro cash e, sulla base dei prezzi di chiusura delle azioni due giorni fa, 0,47 euro attraverso l'assegnazione gratuita di 1 azione ogni 25 possedute, derivanti dalle azioni proprie in portafoglio. Ieri il Consiglio di amministrazione delle Generali, riunitosi a Venezia, ha approvato i conti dell'esercizio passato e ha nominato Francesco Gaetano Caltagirone membro del comitato esecutivo della compagnia. Il comitato è composto dal presidente Bernheim, dagli a.d. Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot, dal vice Gabriele Galateri di Genola, da Alberto Nagel e Lorenzo Pelliccioli. Nel cda c'è un posto lasciato vacante da Vittorio Ripa di Meana, insigne avvocato d'affari romano scomparso alla fine dello scorso anno: verrà coperto alla prossima assemblea di bilancio di sabato 24 aprile che dovrà anche eleggere il Consiglio Generale. Il cda anche approvato il progetto di fusione per incorporazione di Alleanza, confermando il rapporto di concambio di 0,33 azioni di Trieste per ogni azione della controllata milanese che finirà in pancia al Leone insieme alla Toro, dopo aver scorporato i rispettivi business nel vita e nei danni in una newco. Per Bernheim «i risultati da un lato hanno risentito dell'inevitabile impatto sugli investimenti della crisi finanziaria globale, dall'altro dimostrano la solidità delle attività assicurative». La cedola mista «permette di ricompensare i soci e di essere al contempo attenti a tutti gli altri stakeholder, raggiungendo il giusto equilibrio nel contesto economico che stiamo vivendo». Il risultato operativo complessivo è stato di 3,932 miliardi, in calo del 18%. I premi lordi totali sono aumentati del 3,9% a 68.8 miliardi. Nello specifico aumentano i premi nel segmento vita (+3,2% a 46,8 miliardi) e nel danni (+5,5% a 22 miliardi). Il valore della nuova produzione è positivo per 971 milioni, con margini della nuova produzione vita in termini di Ape (Annual premium equivalent), cioè il valore dei premi raccolti, pari al 20,2%. Il risultato della raccolta diretta netta vita - valore dei premi al netto dei flussi di uscita di competenza del periodo - è positivo per oltre 7 miliardi. L'embedded value, cioè il patrimonio netto rettificato sommato al portafoglio, vale a dire la raccolta premi, si attesta 22,5 miliardi. «Il 2009 continuerà ad essere un anno impegnativo», ha spiegato Perissinotto, «ma il nostro approccio strategico degli ultimi 5 anni, un tempo criticato, ci pone in una posizione forte per affrontare questi tempi difficili». Il top manager ha sottolineato che l'indice di Solvency II, cioè il margine minimo di sicurezza, pari al 177%, salirà a oltre il 180% dopo l'incorporazione di Alleanza. «Il mercato ha mostrato la propria preoccupazione», ha proseguito Perissinotto, «per l'eventuale raccolta di liquidità nel settore assicurativo e anche Generali è stata soggetta a congetture su un aumento di capitale. Lasciatemi dire molto semplicemente che, anche tenendo in considerazione l'impatto dei tempi fuori dall'ordinario che stiamo attraversando, riteniamo che il livello della nostra forza di capitale sia adeguato». La crisi ha avuto «un impatto inevitabile sul gruppo che ha 400 miliardi di investimenti», ma «la tradizionale caratteristica di prudenza e solidità patrimoniale ha dato prova del suo valore ancora una volta». Trieste esce «dai canali che non offrono più il potenziale per una significativa creazione di valore» e il disimpegno da Intesa vita «rientra in questa categoria». Quanto al pagamento dell'esercizio dell'opzione put (vendita), la preferenza è per un corrispettivo «in contanti». Perissinotto ha aggiunto che Trieste non è interessato «a un nuovo accordo di bancassurance con un grosso istituto, ma puntiamo piuttosto a più accordi con istituti locali». In Borsa il titolo ha chiuso quasi stazionario a 11,8707 euro. r. dim.

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LA recessione sta raggiungendo probabilmente in questi primi mesi del 2009 la sua mas... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 21 Marzo 2009 Chiudi di MARCO FORTIS LA recessione sta raggiungendo probabilmente in questi primi mesi del 2009 la sua massima intensità e tocca ormai tutti i Paesi del mondo, Italia inclusa. Ma il nostro Paese non frana come molti altri. Non soltanto le banche italiane sono le meno colpite dalla crisi finanziaria, ma anche il sistema produttivo e socio-territoriale del "made in Italy", grazie alle capacità delle imprese e al meccanismo degli ammortizzatori, "tiene" meglio, come dimostrano i dati Istat sulla disoccupazione e quelli Eurostat sulla produzione industriale diffusi ieri. Dunque il nostro Paese non cessa di stupire per le sue capacità di resistenza che appaiono notevoli grazie ad elementi che fino a poco tempo fa erano invece considerati fattori di "arretratezza", come la vocazione retail delle nostre banche e la scarsa propensione all'indebitamento da parte delle famiglie italiane. Per non parlare del tanto ingiustamente vituperato nostro modello di sviluppo incardinato sulla triade manifattura-agricoltura-turismo e, a livello territoriale e sociale, sulla formula vincente distretti-PMI-solidarietà-sussidiarietà. Anche la cassa integrazione e gli altri ammortizzatori rappresentano un punto di forza di tale modello: un prezioso strumento di economia sociale di mercato per mantenere i livelli occupazionali in tempi di crisi, secondo criteri solidaristici completamente estranei alla logica delle grandi multinazionali che stanno tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro in tutto il mondo. Capita così che persino l'Ufficio Studi della Royal Bank of Scotland, come ha evidenziato nei giorni scorsi Morya Longo su "Il Sole 24 Ore", scopra con sorpresa che dal punto di vista finanziario oggi l'Italia sia più resistente di Paesi come l'Olanda, il Belgio, l'Austria o la Spagna. Lo rivela un indice di "fragilità" finanziaria che, nonostante il nostro elevato debito pubblico, ci pone tra i Paesi meno a rischio subito dopo Germania e Finlandia e ad un livello medio-alto di stabilità abbastanza simile a quello della Francia. Con ciò confermando ciò che scriviamo da mesi su queste colonne. Le rilevazioni Istat sulla disoccupazione hanno invece ieri dato ragione al Ministro del Welfare Maurizio Sacconi che qualche giorno fa nel corso di una trasmissione televisiva aveva pronosticato che i dati ufficiali avrebbero clamorosamente smentito alcune previsioni pessimistiche diffuse nei giorni precedenti. Infatti, secondo i dati destagionalizzati Istat ed Eurostat, da marzo a dicembre 2008 il numero dei disoccupati è cresciuto nel nostro Paese di sole 79 mila unità, poco più di quanto non sia aumentata la disoccupazione in Irlanda (+75 mila), vale a dire una nazione la cui popolazione è di poco superiore a quella di Roma e del suo hinterland. Nello stesso periodo la crescita dei senza lavoro è stata invece molto forte in Gran Bretagna (+375 mila unità), Giappone (+410 mila) e davvero impressionante in Spagna (+1,2 milioni) e Stati Uniti (+3,3 milioni). Sicché il tasso di disoccupazione italiano, a fine 2008, figura tra i più bassi nel panorama dei Paesi più avanzati: 6,9% contro il 6,6% del primo trimestre 2008 secondo le serie destagionalizzate Istat. Restano su valori molto più alti dei nostri, pur non sottovalutando la storica bassa partecipazione al lavoro italiana, i tassi di disoccupazione destagionalizzati di dicembre 2008 di Germania (7,2%) e Francia (8,2%). Rispetto a inizio 2008 ci hanno inoltre sorpassato, di slancio ed in peggio, l'Irlanda (8,3%) e gli Stati Uniti (7,2% a dicembre 2008 ma siamo già arrivati a 8,1% a febbraio 2009), mentre è avviata a superarci anche la Gran Bretagna (6,4% a dicembre 2008 contro 5,2% a marzo 2008). Affonda, infine, la Spagna (14,3% a dicembre 2008, già salito a 14,8% a gennaio 2009). Intanto a gennaio 2009 la produzione industriale italiana è diminuita, secondo i dati destagionalizzati Eurostat, dello 0,2% soltanto rispetto a dicembre 2008, mentre i cali sono stati superiori per gli altri maggiori Paesi UE: -2,4% Gran Bretagna; -3,1% Francia; -7,5% Germania. Un'altra evidente dimostrazione di tenuta del nostro sistema produttivo.

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Renault riporta in Francia la Clio E la Ue accusa: protezionismo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-21 num: - pag: 6 categoria: REDAZIONALE Renault riporta in Francia la Clio E la Ue accusa: protezionismo Spostata parte della produzione dalla Slovenia La società: non ci sarà nessuna perdita di posti di lavoro ma un riequilibrio della produzione DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — La casa automobilistica Renault ha annunciato ieri il «rimpatrio» dalla Slovenia della produzione della Clio. La misura dovrebbe creare 400 nuovi posti di lavoro in Francia e dare una boccata d'ossigeno al sito industriale di Flin, nel nord-est di Parigi, ma ha suscitato la reazione della Commissione europea che ritiene che la decisione sia stata favorita dal governo francese e sia sostanzialmente «protezionistica». La vicenda appare come la prima breccia aperta dal protezionismo sull'onda della crisi finanziaria e della recessione, nonostante gli impegni all'unisono dei leader europei a scongiurare una deriva di questo genere. Un fatto preoccupante per almeno tre ragioni. Si verifica alla vigilia del G20 di Londra, riguarda un settore già in odore di protezionismo per gli incentivi all'automobile elargiti da diversi Paesi e vede protagonista la Francia : Paese — a torto o a ragione — sotto osservazione per il cosiddetto «patriottismo industriale» in vari campi. Tecnicamente, la Renault precisa che non si tratta di «rilocalizzazione » di impianti, ma di riorganizzazione produttiva che consente di far lavorare di più la fabbrica di Flin (da 40 a 60 vetture all'ora) senza mettere a rischio posti di lavoro in Slovenia. Nell'impianto sloveno di Novo Mesto (2400 dipendenti), la produzione della nuova Twingo marcia a pieno regime, anche per effetto degli incentivi al mercato, e gli operai lavorano il sabato. Ma una dichiarazione del ministro dell'industria, Luc Chatel, che si è «felicitato» per la «rilocalizzazione», ha dato fuoco alle polveri. Il commissario alla concorrenza, Neelie Kroes, sostiene che la decisione è in «totale contraddizione» con gli impegni assunti da Parigi per avere il via libera agli aiuti di Stato all'automobile. In sostanza, secondo Kroes, il trasferimento di produzione dalla Slovenia confermerebbe una sorta di contropartita imposta dal governo francese ai costruttori nazionali di automobili nel momento in cui venivano concessi prestiti per oltre sei miliardi di euro e incentivi all'acquisto: il mantenimento dei posti di lavoro sul territorio nazionale, come del resto aveva auspicato lo stesso Sarkozy, costretto a dare risposte urgenti alla gravissima crisi occupazione e alle proteste sociali. Il presidente si era inoltre rammaricato del fatto che la Francia sia divenuta importatrice netta di veicoli. Attualmente, la Renault produce e vende in Francia il 45 per cento dei veicoli, mentre il gruppo Psa-Citroen sostiene di produrre in Francia più vetture di quante se n vendano. Anche il premier inglese, Gordon Brown, ha invitato i governi europei a essere «vigilanti contro ogni forma di protezionismo ». In serata, la querelle è stata ridimensionata. Sarkozy ha preso un po' tutti in contropiede, dicendosi «felice »: «E' esattamente ciò che volevo. Possiamo difendere la produzione in Francia senza perdite di posti di lavoro in Slovenia e questo non ha nulla a che vedere con il patriottismo economico». Anche il primo ministro sloveno, Borut Pahor, ha smorzato i toni, definendo «normali» le decisioni della Renault e apprezzando la reazione vigilante della Commissione europea. In soccorso della Francia, anche una dichiarazione del commissario Barroso, il quale esclude per il momento riscontri di violazione delle regole del mercato comune. Il commissario alla concorrenza Kroes ha comunque chiesto spiegazioni a Parigi, ricordando che proprio il ministro Luc Chatel, in una lettera ufficiale alla commissione, aveva assicurato che i prestiti del governo francese «non prevedevano condizioni sulla localizzazione dei siti produttivi o scelte preferenziali nei confronti delle fabbriche francesi ». In questo ambito, vanno ricordate riserve espresse dall'amministratore delegato della Psa-Citroen, Streiff, a proposito di condizionamenti alle scelte industriali. E il presidente della Renault, Carlos Ghosn, durante la conferenza sul futuro dell'automobile, aveva sottolineato che i costi di produzione nei Paesi del-l'Est sono mediamente del 10 per cento inferiori ai costi in Francia. Come dire che il «rimpatrio » può rendere «felice» Sarkozy, ma costa di più. Borut Pahor, primo ministro della Slovenia. A destra, la linea di produzione della Twingo nello stabilimento di Novo Mesto Promesse Sarkozy ha promesso aiuti all'auto in cambio del mantenimento dei posti di lavoro Massimo Nava

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Generali, utili per 861 milioni Caltagirone nel comitato esecutivo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-21 num: - pag: 35 categoria: REDAZIONALE Trieste Cedola mista cash e azioni di 0,62 centesimi. Positiva la Borsa Generali, utili per 861 milioni Caltagirone nel comitato esecutivo MILANO — La crisi finanziaria ha pesato sui conti delle Generali: il Leone ha chiuso il 2008 con 861 milioni di utile contro i 2,92 miliardi precedenti dopo svalutazioni per 5 miliardi. Ieri il consiglio ha approvato il bilancio, proposto la distribuzione di un dividendo misto, nominato nell'esecutivo Francesco Gaetano Caltagirone, e dato l'ok alla fusione per incorporazione di Alleanza. La compagnia vita a sua volta ha sciolto l'accordo di bancassurance con Intesa Sanpaolo, esprimendo «l'orientamento a mantenere la partecipazione» nella banca, pari al 5%. La Borsa ha accolto dati e decisioni con un rialzo del titolo triestino dell'1%. L'impatto della crisi sugli investimenti e quindi sui conti è stato sottolineato dal presidente Antoine Bernheim, che ha però messo in evidenza come i risultati dimostrano anche «la solidità delle attività assicurative, che riflette le scelte strategiche di lungo termine» della compagnia. Così, se da un lato i premi sono cresciuti del 3,9% a 69 mi-liardi, le svalutazioni (fra le quali quella relativa a Telco per 200 milioni) hanno ridotto l'utile (meno però rispetto ad Allianz, che ha chiuso il 2008 in «rosso», e Axa) e il board ha deciso la distribuzione di un dividendo misto: la cedola sarà di 0,62 euro, 0,15 cash e 0,47 attraverso l'assegnazione di 1 azione ogni 25 possedute. I titoli provengono dal portafoglio di azioni proprie, quindi senza effetti diluitivi. Nel corso della conference call, l'amministratore delegato Giovanni Perissinotto ha spiegato in relazione al dividendo e alle «congetture su un aumento di capitale», che «in questa situazione di crisi serve un atteggiamento prudente, la priorità va data alla conservazione della forza del capitale, alla liquidità e al mantenimento dei rating. Consideriamo adeguati i nostri livelli di solidità patrimoniale». Perissinotto si è poi soffermato sull'uscita da Intesa vita, la joint venture con Intesa Sanpaolo. Ha detto che il Leone uscirà «dai canali che non offrono più il potenziale per una significativa creazione di valore. La bancassurazione con Intesa Sanpaolo finisce in questa categoria e la parti si sono accordate sull'esercizio dell'opzione put (diritto a vendere) da parte nostra». Quanto vale il 50% della società comune? «Abbiamo stime molto accurate. Il prezzo è tra 650 e 700 milioni». «Sul tipo di pagamento sono in corso negoziati. La nostra preferenza è il cash, ma siamo aperti ad altre opzioni». Il Leone non è più comunque interessato a «un nuovo accordo di bancassurance con un istituto di grandi dimensioni». Punta «a più intese con banche locali». Sui piani di espansione e la presenza all'estero, Perissinotto ha confermato che sono stati accantonati i progetti di acquisizioni negli Stati Uniti, e l'amministratore delegato Sergio Balbinot ha sottolineato che il gruppo «non ha problemi nei paesi dell'Europa dell' Est, che restano un'opportunità di lungo termine». Sergio Bocconi

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L'abito nero del profitto (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

TerraTerra L'abito nero del profitto Patrizia Cortellessa Walmart, Tesco, Lidl, Carrefour, Aldi. Cinque giganti del retail che hanno sposato la filosofia del «vendi sempre più in basso degli altri» e detengono un'enorme fetta di mercato in moltissimi paesi. Ma che succede quando la catena dei loro fornitori raggiunge i paesi in via di sviluppo? E quanto sono attendibili i codici di condotta volontari adottati da tali imprese per garantire il rispetto dei lavoratori? «In un momento di grave crisi finanziaria milioni di donne che lavorano nelle varie fabbriche stanno pagando per i profitti dei giganti della grande distribuzione». Inizia con questo atto d'accusa l'ultimo dossier pubblicato dalla Clean Clothes Compaign (CCC), dal titolo «Cashing In» (www.cleanclothes.org) realizzato nel corso del 2008 e risultato di 440 interviste a lavoratori e lavoratrici in trenta stabilimenti tessili, dislocati nel sud-est asiatico, che producono abiti destinati a uno o più dei rivenditori oggetto del report. Abiti che oggi vengono acquistati sempre più nelle catene della grande distribuzione. In Gran Bretagna, ad esempio, più di un quarto dei capi di abbigliamento vengono acquistati da catene di negozi che vendono anche generi alimentari. Un tedesco su due acquista generi di abbigliamento in discount come Aldi e Lidl, mentre in Europa, Carrefour è al quarto posto come più grande rivenditore di abbigliamento. E solo Walmart, per tradurre le nuove tendenze in cifre con tanti zeri, nel 2007 ha venduto prodotti per un guadagno di 345 niliardi di dollari (253 miliardi di euro). Cifre da capogiro. Ma vendere a basso costo significa spingere il proprio fornitore a produrre in tempi sempre più rapidi, e la richiesta di aumento dei ritmi ricade sui lavoratori, in particolar modo lavoratrici, che fabbricano quei prodotti in paesi come India, Sri Lanka, Bangladesh e Thainlandia. Che pagano un prezzo invece altissimo. «Col cuore pesante viviamo come prigionieri», afferma nel report una giovane donna che lavora in una fabbrica che produce per Carrefour, Tesco e Walmart in Bangladesh. La realtà raccontata dalla voce dei protagonisti parla di turni massacranti (dalle nove del mattino all'una di notte, mediamente 60 ore a settimana, che possono arrivare anche a 90), di straordinari obbligatori e non pagati, di violazione di diritti e del divieto di organizzarsi in sindacati. Per un salario da fame. Non solo: «Dormiamo in stanze affollate, le camere non hanno abbastanza ventilazione e sono piene di zanzare, dalle quali non si può scappare ...» dice più di un intervistato. «Vado via di casa alle sei di mattina e torno alle nove di sera», dice Amanthi, dello Sri Lanka, che cuce abiti per Tesco, «lascio mia figlia che ancora dorme e torno a casa in tempo per vederla andare a dormire. Lei vede il mio volto solo un giorno a settimana». E sono proprio le donne a subire maggiori abusi e violenze. Come in Bangladesh, ad esempio, dove le lavoratrici - la maggioranza dei dipendenti delle fabbriche monitorate - non solo vengono pagate meno degli uomini, ma vengono anche sottoposte a percosse e costrette a subire insulti verbali, molti dei quali con espliciti riferimenti sessuali. Oppure donne incinte costrette a lavorare fino a tarda sera, a fare straordinari e turni notturni. Possibilità di organizzarsi in sindacato? «Stai scherzando? A noi non è neppure permesso di parlare gli uni agli altri, all'interno della società», rispondono alcuni degli intervistati: «Se si cerca di formare un sindacato si perde il posto di lavoro».

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Tiene Piazza Affari, giù StM (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-21 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa Tiene Piazza Affari, giù StM di Giacomo Ferrari Unipol Vendite su Unipol, che dopo il balzo di giovedì lascia sul terreno il 9,09% Ultima seduta della settimana all'insegna delle scadenze tecniche mensili per futures e opzioni e nuovo rialzo di Piazza Affari, con S&P-Mib (+1,35%) e Mibtel (+1,03%) cresciuti anche questa volta più delle altre Borse europee. Due titoli, fra i 40 principali del nostro listino, hanno guadagnato oltre sette punti percentuali. Si tratta di A2A (+7,07%), spinta soprattutto dal report positivo di Dresdner Kleinwort, e dell'Espresso, il cui progresso, pari al 7,06%, interrompe un lungo periodo negativo dovuto sostanzialmente alla crisi della raccolta pubblicitaria. Le altre principali performance positive, sempre all'interno del paniere dei valori più capitalizzati, si collocano tra gli energetici e, in parte, tra i bancari. Enel, per esempio, ha chiuso con un vantaggio del 5,8% rispetto alla vigilia dopo che il presidente ha parlato di «overbooking» di banche disposte a sostenere l'aumento di capitale. Consistente anche il rimbalzo di Terna (+4,01%) dopo il temporaneo arretramento della vigilia. Tra le banche, invece, spiccano soprattutto quelle a forma sociale cooperativa (in particolare Banco Popolare +4,2%, nonostante la riduzione del rating da parte di Fitch, e Ubi Banca +3,49%). Per quanto riguarda infine i segni negativi, Unipol conquista la maglia nera con un crollo del 9,09%, che corregge l'exploit di giovedì dopo una più attenta valutazione dei conti 2008 (utile consolidato in calo del 74,5% e sospensione del dividendo) da parte del mercato. Seguono StMicroelectronics (-5,39%) e Mediaset (-3,26%).

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Evasione fiscale? L'accusa frena Barclays (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-21 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Londra Evasione fiscale? L'accusa frena Barclays (g.fer.) — L'ipotesi di una frode fiscale ha penalizzato ieri Barclays alla Borsa di Londra, dove il titolo del colosso bancario è arrivato a perdere fino all' 8% per poi terminare a 104,35 pence, con un calo del 7,24% rispetto alla vigilia. Consistenti i volumi scambiati: sono passate di mano quasi 150 milioni di azioni, contro una media di 85 milioni negli ultimi tre mesi. Secondo indiscrezioni di stampa la banca britannica avrebbe realizzato extra profitti per un miliardo di sterline l'anno eludendo il Fisco inglese attraverso operazioni con società sia lussemburghesi sia domiciliate alle isole Cayman.

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<Banche in coda per l'aumento>. Enel corre (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-21 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano «Banche in coda per l'aumento». Enel corre (g.fer.) — «Abbiamo già deliberato l'aumento di capitale e posso confermare che c'è un overbooking di banche che vogliono entrare nel consorzio di collocamento». Le parole di Piero Gnudi, presidente di Enel, pronunciate ieri a margine dei lavori di un convegno, hanno messo le ali al titolo della società elettrica, che hanno chiuso con un guadagno del 5,8% a quota 3,65 euro (prezzo di riferimento) e 72,6 milioni di pezzi scambiati. La seduta di ieri a Piazza Affari, d'altra parte, ha premiato anche altri valori appartenenti al comparto energetico, a partire da Terna, cresciuta del 4,01%.

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BRUXELLES CINQUE, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre c... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA & FINANZA pag. 22 BRUXELLES CINQUE, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre c... BRUXELLES CINQUE, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa hanno sostenuto fatta di «risultati e proposte concrete». Decise in piena unità di intenti. Una risposta ai più scettici che continuano a vedere un'Europa «spaccata in due», hanno detto Barroso e Topolanek. E una risposta anche all'amministrazione Usa in vista del G20: lo sforzo compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato «enorme», e non giustifica l'elaborazione di altri piani ma l'attuazione rapida di quanto deciso finora dai vari Governi.

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Banche, parte la campagna Cna (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Prato)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO pag. 4 Banche, parte la campagna Cna Indagine su 300 aziende. Scatta la mobilitazione contro la stretta creditizia: di ROBERTO DAVIDE PAPINI PER IL 65% delle aziende artigiane pratesi il costo del credito è aumentato negli ultimi mesi, per il 44% c'è stata una riduzione degli affidamenti da parte delle banche e al 18% è stato rifiutato un finanziamento (rispetto a una media nazionale dell'8%). Evocato da tutti come il grande problema per l'impresa italiana (soprattutto per la piccola impresa, ovvero il oltre il 90% del totale) l'accesso al credito in questi frangenti di crisi finanziaria appare sempre più problematico per gli imprenditori. A dimostrarlo (o a confermarlo) ci sono i dati della ricerca effettuata dalla Cna siu 302 aziende il cui titolo è già un programma: «Banche nemiche del rilancio?». A giudicare dai risultati il rapporto banche-piccole imprese appare piuttosto difficile a Prato. «Non tutte le banche si comportano allo stesso modo, ma sia chiaro che come Cna spiega il direttore dell'organizzazione artigiana, Fabio Mazzanti abbiamo intenzione di combattere e denunciare fenomeni di scorrettezza (come spingere l'artigiano a ricorrere alle commissioni di massimo scoperto, in modo da raddoppiare di fatto il costo del credito) in maniera sistematica». All'interno dell'iniziativa di Cna "Sos Crisi" (con un numero verde per segnalare i probvlemi: 800-819451) Mazzanti annuncia incontri con i dirigenti pratesi di ogni istituto dicredito, con il prefetto (che adesso diventa il destinatario di segnalazioni di difficoltà e situazioni anomale nell'accesso al credito per le imprese) e con il presidente della Regione Toscana Claudio Martini. «I fondi messi dalla Regione, attraverso FidiToscana, nel sistema del credito per favorire il finanziamento delle imprese continua Mazzanti in realtà non favoriscono un bel nulla se vengono fissati criteri di accesso e di rating così alti che, per esempio, a Prato solo il 3% delle aziende potrebbe rientrarci. Si tratta di provvedimenti disegnati sul sistema di aziende che in Regione sognano, non su quello reale delle imprese che esistono davvero». DALLA serie di incontri con le banche la Cna spera di ricavare assicurazioni di strategie che possano aiutare il sistema artigiano ad affrontare la crisi, «altrimenti avverte Mazzanti faremo nomi e cognomi. Ci rivolgeremo anche alle banche che hanno un rapporto con gruppi consistenti di nostri assiociati e se ci saranno comportamenti scorretti saremo chiari: con noi avranno chiuso non potranno continuare a mangiare con i soldi degli artigiani». LA DUREZZA della Cna si inserisce in una situazione veramente molto critica per il distretto. I dati della ricerca indicano altri aspetti inquietanti come il fatto che il 54% degli intervistati non farà investimenti nei prossimi mesi e che l'82% utilizzi soprattutto linee di credito a breve termine. «Sono proprio le linee di credito più pericolose dice Paolo Baravelli, responsabile del credito di Cna nazionale oltre a essere le più costose. Sono pericolose perché se ci sono dei problemi, sorgono delle difficoltà, si rischia la revoca e quindi bisogna rientrare subito». Baravelli e il presidente di Cna Toscana, Marco Baldi, insistono sulla necessità di puntare di più sui Consorzi Fidi (come ArtigianCredito Toscana che ha riunito 18 strutture regionali) nelle operazioni pubbliche di sostegno al settore. «L'APPELLO che vogliamo fare dice polemicamente il presidente di Cna, Anselmo Potenza è che le banche facciano le banche e magari un po' meno convegni. Nella nostra azione di monitoraggio saremo vigili, non è possibile che un piccolo imprenditore che cerca di portare avanti la sua azienda, che ha dipendenti debba sentirsi quasi umiliato in banca quando va a chiedere un finanziamento». Un concetto ripreso dalla battagliera Manuela Biliotti di "Prato Artigiana": «Ci sentiamo più che umiliati, veniamo trattati proprio come delle nullità..».

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Il re del marco' vede nero: questa crisi farà strage (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACHE pag. 17 Il re del marco' vede nero: questa crisi farà strage FIRENZE L'EX GOVERNATORE DELLA BUNDESBANK, POEHL, PARTECIPA OGGI A UN SIMPOSIO ECONOMICO di PINO DI BLASIO FIRENZE «QUESTA crisi finanziaria ed economica durerà almeno 3 o 4 anni. E quando terminerà, il mondo non sarà più come quello di oggi. Tanti Paesi saranno più poveri, in milioni perderanno il lavoro, rublo e sterlina diminuiranno di valore. E alla fine la Cina sarà il leader del nuovo mondo». Parola di Karl Otto Poehl (nella foto con Mario Razzanelli) il signore del SuperMarco, l'ex Governatore della Bundesbank che litigò con Kohl per la riunificazione tedesca, mollò il vertice della «Buba» nel 1991 e ora va in giro per il mondo a tenere lezioni e a mettere in guardia da troppo facili entusiasmi. «Io sono scettico ammette di fronte alla splendida vista di Firenze da una terrazza di Palazzo Capponi perché le conseguenze dei crac della finanza saranno pesanti per tutti. E' un punto di vista molto personale. E molto dipenderà da come saranno efficaci le politiche di supporto all'economia decise dai vari governi. Il presidente Obama e gli Stati Uniti hanno stanziato 780 miliardi di dollari, Germania e Francia hanno messo a punto azioni incisive. Ma quando l'industria dell'auto in Germania fa registrare il 40 per cento in meno di vendite, quando le previsioni si aggirano sui 4 milioni di disoccupati in un solo Paese, quando anche la Thyssen Krupp comincia a licenziare, è davvero difficile continuare ad essere ottimisti». Poehl parla addirittura di Stati vicini alla bancarotta. «Ucraina e Lettonia sono vicine al collasso, ma anche i Paesi più piccoli dell'area euro, come la Grecia, rischiano grosso. Ma si sta peggio fuori dall'Unione monetaria. Il rublo si è svalutato pesantemente e in Gran Bretagna fanno i conti con una sterlina che ha perso il 30 per cento del valore. La svalutazione è una ricetta che, in passato, tutti i Paesi hanno seguito per far crescere le esportazioni. Ma se non produci nulla, come in Gran Bretagna, e ti affidi solo ai servizi, avere una moneta deprezzata è un handicap pesante. Anche se gli inglesi continuano a essere orgogliosi della sterlina e non hanno nessuna intenzione di abbracciare l'euro». NONOSTANTE abbia lasciato la Bundesbank dal '91, Poehl non ha cambiato la visione germanocentrica del mondo. «Il marco tedesco era l'ancora di salvezza di tutto il sistema europeo. Ora dovrà diventarlo l'euro. Allargare l'Unione monetaria? Forse solo la Polonia potrà entrare nei prossimi due anni. E se Portogallo, Irlanda, Grecia o anche Spagna e Italia pensassero di uscire, sarebbe una mossa disastrosa. La loro moneta perderebbe il 50 per cento del valore e avrebbero tassi di interesse a doppia cifra. In mezzo a queste tempeste, l'euro è l'unico strumento per uscirne indenni».

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di ROBERTO DAVIDE PAPINI PER IL 65% delle aziende artigiane prat... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Prato)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO pag. 5 di ROBERTO DAVIDE PAPINI PER IL 65% delle aziende artigiane prat... di ROBERTO DAVIDE PAPINI PER IL 65% delle aziende artigiane pratesi il costo del credito è aumentato negli ultimi mesi, per il 44% c'è stata una riduzione degli affidamenti da parte delle banche e al 18% è stato rifiutato un finanziamento (rispetto a una media nazionale dell'8%). Evocato da tutti come il grande problema per l'impresa italiana (soprattutto per la piccola impresa, ovvero il oltre il 90% del totale) l'accesso al credito in questi frangenti di crisi finanziaria appare sempre più problematico per gli imprenditori. A dimostrarlo (o a confermarlo) ci sono i dati della ricerca effettuata dalla Cna siu 302 aziende il cui titolo è già un programma: «Banche nemiche del rilancio?». A giudicare dai risultati il rapporto banche-piccole imprese appare piuttosto difficile a Prato. «Non tutte le banche si comportano allo stesso modo, ma sia chiaro che come Cna spiega il direttore dell'organizzazione artigiana, Fabio Mazzanti abbiamo intenzione di combattere e denunciare fenomeni di scorrettezza (come spingere l'artigiano a ricorrere alle commissioni di massimo scoperto, in modo da raddoppiare di fatto il costo del credito) in maniera sistematica». All'interno dell'iniziativa di Cna "Sos Crisi" (con un numero verde per segnalare i probvlemi: 800-819451) Mazzanti annuncia incontri con i dirigenti pratesi di ogni istituto dicredito, con il prefetto (che adesso diventa il destinatario di segnalazioni di difficoltà e situazioni anomale nell'accesso al credito per le imprese) e con il presidente della Regione Toscana Claudio Martini. «I fondi messi dalla Regione, attraverso FidiToscana, nel sistema del credito per favorire il finanziamento delle imprese continua Mazzanti in realtà non favoriscono un bel nulla se vengono fissati criteri di accesso e di rating così alti che, per esempio, a Prato solo il 3% delle aziende potrebbe rientrarci. Si tratta di provvedimenti disegnati sul sistema di aziende che in Regione sognano, non su quello reale delle imprese che esistono davvero». DALLA serie di incontri con le banche la Cna spera di ricavare assicurazioni di strategie che possano aiutare il sistema artigiano ad affrontare la crisi, «altrimenti avverte Mazzanti faremo nomi e cognomi. Ci rivolgeremo anche alle banche che hanno un rapporto con gruppi consistenti di nostri assiociati e se ci saranno comportamenti scorretti saremo chiari: con noi avranno chiuso non potranno continuare a mangiare con i soldi degli artigiani». LA DUREZZA della Cna si inserisce in una situazione veramente molto critica per il distretto. I dati della ricerca indicano altri aspetti inquietanti come il fatto che il 54% degli intervistati non farà investimenti nei prossimi mesi e che l'82% utilizzi soprattutto linee di credito a breve termine. «Sono proprio le linee di credito più pericolose dice Paolo Baravelli, responsabile del credito di Cna nazionale oltre a essere le più costose. Sono pericolose perché se ci sono dei problemi, sorgono delle difficoltà, si rischia la revoca e quindi bisogna rientrare subito». Baravelli e il presidente di Cna Toscana, Marco Baldi, insistono sulla necessità di puntare di più sui Consorzi Fidi (come ArtigianCredito Toscana che ha riunito 18 strutture regionali) nelle operazioni pubbliche di sostegno al settore. «L'APPELLO che vogliamo fare dice polemicamente il presidente di Cna, Anselmo Potenza è che le banche facciano le banche e magari un po' meno convegni. Nella nostra azione di monitoraggio saremo vigili, non è possibile che un piccolo imprenditore che cerca di portare avanti la sua azienda, che ha dipendenti debba sentirsi quasi umiliato in banca quando va a chiedere un finanziamento». Un concetto ripreso dalla battagliera Manuela Biliotti di "Prato Artigiana": «Ci sentiamo più che umiliati, veniamo trattati proprio come delle nullità..».

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La crisi è sempre più nera, crolla la produzione (sezione: crisi)

( da "Nuova Ferrara, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Qualche spiraglio solo dai risultati delle piccole imprese e dal settore agroalimentare La crisi è sempre più nera, crolla la produzione Calo del 19%. Diminuzioni allarmanti anche del fatturato e dell'occupazione ALESSANDRA MURA Le imprese - grandi, medie e piccole - devono passà 'a nuttata. Perché chi sarà uccisa da questa crisi, non sarà resuscitata dalla ripresa. E la notte della recessione è ancora più buia del previsto, secondo i dati di Unindustria. «A settembre purtroppo eravamo stati buoni profeti - sintetizza il direttore Roberto Bonora - e i primi mesi del 2009 ci dicono che la china sta ancora scendendo». E' stato un semestre a due velocità, l'ultimo del 2008. Se i primi tre mesi non hanno registrato grossi scossoni, l'onda d'urto dello tsunami finanziario si è abbattuta con tutta la sua violenza sull'ultimo periodo. L'analisi di Unindustria Ferrara (su un campione di 130 aziende) parla una crisi conclamata soprattutto per le imprese medio-grandi, tanto da tracciare un quadro a tinte ben più fosche rispetto a quello - già negativo - della Camera di Commercio. La produzione, dicono i dati di via Montebello, negli ultimi sei mesi del 2008 è crollata del 19% rispetto allo stesso periodo del 2007. A soffrire, appunto, sono le realtà di maggiori dimensioni (oltre 250 dipendenti), mentre per le aziende più piccole (fino a 50 dipendenti) il calo è più contenuto. Il prezzo più alto, paradossalmente, lo stanno pagando proprio quelle realtà più "virtuose" che in passato hanno investito nell'innovazione, e che oggi faticano a saldare le spese di quell'impegno. Nella grossa flessione del settore chimico (-26,4%) ha avuto un peso anche - ma certo non solo - il blocco degli impianti Yara, mentre lo stallo del comparto metalmeccanico (quasi - 22%) è lo specchio dell'affanno del settore auto. Battuta d'arresto significativa anche per l'edilizia (- 11,6%), che spicca anche per numero di cessioni di aziende, soprattutto di piccole dimensioni; si difende invece (-1,2%) l'agroalimentare. Calo degli ordini, delle esportazioni e, dunque, calo della produzione. A lievitare, invece, è il ricorso alla cassa integrazione. L'anno scorso si è chiuso con un bilancio di 702.000 ore, ma solo i primi due mesi del 2009 hanno fatto registrare una quota già doppia: 441.000 ore, il secondo valore assoluto in Regione dopo Bologna. Nonostante l'alto numero di lavoratori in stand-by, ha fatto ancora notare Bonora, la disoccupazione ha già toccato livelli di allarme: - 4,58% (da 6814 a 7141 lavoratori) con punte di 5,89% nelle piccole imprese. Il capitolo sul fatturato evidenzia uno scarto tra aziende medio-grandi e piccole. Su un calo generale de 6,5%, le realtà con meno di 50 dipendenti reagiscono crescendo addirittura del 3,5%: merito in buona parte del comparto agroalimentare (che aumenta dell'8,4% soprattutto grazie al fatturato interno) e di altri settori di nicchia che risultano meno condizionati dall'andamento generale. Sul fronte opposto, i settori dei materiali da costruzone (-13,4%) e meccanico (-8,2%), quest'ultimo il più "dipendente" dal negativo fatturato da export, una voce che determina per il 60% il fatturato totale. Le aspettative degli imprenditori per il 2009 dimostrano che la crisi finanziaria e poi economica è oggi anche una crisi di fiducia: la percentuale dei pessimisti sull'andamento dei prossimi mesi supera in certi casi il 60%.

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Generali dà il dividendo e si separa da Intesa Vita (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 21-03-2009)
Pubblicato anche in: (Nazione, La (Firenze))

Argomenti: Crisi

ECONOMIA & FINANZA pag. 23 Generali dà il dividendo e si separa da Intesa Vita Perissinotto: «Siamo solidi, nessun aumento di capitale» BRUXELLES CINQUE, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa hanno sostenuto fatta di «risultati e proposte concrete». Decise in piena unità di intenti. Una risposta ai più scettici che continuano a vedere un'Europa «spaccata in due», hanno detto Barroso e Topolanek. E una risposta anche all'amministrazione Usa in vista del G20: lo sforzo compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato «enorme», e non giustifica l'elaborazione di altri piani ma l'attuazione rapida di quanto deciso finora dai vari Governi.

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Generali dà il dividendo e si separa da Intesa Vita (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA E FINANZA pag. 23 Generali dà il dividendo e si separa da Intesa Vita Perissinotto: «Siamo solidi, nessun aumento di capitale» BRUXELLES CINQUE, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono oramai in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa hanno sostenuto fatta di «risultati e proposte concrete». Decise in piena unità di intenti. Una risposta ai più scettici che continuano a vedere un'Europa «spaccata in due», hanno detto Barroso e Topolanek. E una risposta anche all'amministrazione Usa in vista del G20: lo sforzo compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato «enorme», e non giustifica l'elaborazione di altri piani ma l'attuazione rapida di quanto deciso finora dai vari Governi.

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Intesa: utile, ma niente cedola Tremonti bond per 4 miliardi (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

VETRINA ECONOMIA pag. 22 Intesa: utile, ma niente cedola Tremonti bond per 4 miliardi Dividendo nel 2009. Passera: «Più fieno possibile in cascina» di VITTORIO DALLAGLIO MILANO ZERO dividendo, maxi-iniezione di Tremonti bond per 4 miliardi di euro, svalutazioni per 3,1 miliardi. E' il conto che Intesa Sanpaolo paga alla feroce crisi finanziaria di questi mesi. Ne ha preso atto ieri il consiglio di gestione della banca presieduto da Enrico Salza che ha approvato i conti del 2008. Nello scenario buio resiste tuttavia la capacità della banca di generare profitto, sia pur un po' sotto le attese: l'utile netto consolidato è stato di 3,9 miliardi di euro (più o meno lo stesso risultato di Unicredit), cioè il 10,6% in meno dei 4,3 miliardi realizzati nel 2007. Anno di grazia il 2007, quando plusvalenze e cessioni straordinarie avevano portato i profitti alla somma record di 7,2 miliardi con un dividendo di 38 centesimi. Quest'anno invece gli azionisti (anche le grandi fondazioni socie) dovranno digiunare, a parte una minicedola cash di 2,6 centesimi riservata per legge alle azioni di risparmio. Resta in sospeso l'eventuale bonus a favore dell'amministratore delegato Corrado Passera e dei top manager del gruppo: «Deciderà il consiglio di sorveglianza ha risposto Passera . Noi abbiamo un sistema equo che verrà applicato come negli anni scorsi». I RISULTATI hanno però deluso il mercato che si aspettava almeno un dividendo in azioni, come è accaduto per Unicredit. Il titolo Intesa ha quindi imboccato subito la via del ribasso perdendo fino al 5% ma nel proprio nel finale di seduta con un colpo di coda ha chiuso in rialzo dell'1,7% a quota 1,87. «Abbiamo messo più fieno possibile in cascina perché non sappiamo quanto durerà l'inverno» ha detto Passera illustrando il bilancio agli analisti. Per dire che la prudenza è d'obbligo e che il primo obiettivo della banca è stato quello di rafforzare il patrimonio: con l'emissione di obbligazioni speciali che saranno sottoscritte dal Tesoro per 4 miliardi e con l'azzeramento del dividendo il coefficiente patrimoniale CorE Tier 1 salirà dal 6,3% al 7,4%. «Utilizzeremo i Tremonti bond come una forma di assicurazione per due o tre anni» ha spiegato Passera. Gli ultimi tre mesi del 2008 sono stati i peggiori con una perdita netta di 1,22 miliardi e lì si sono concentrate le rettifiche di valore che hanno riguardato anche le quote in Telecom, Fideuram, Banca Generali, Rcs. E il 2009 non promette molto di meglio. Ammette Passera: «In generale il 2009 sarà l'anno più difficile ma siamo pronti, ci attendiamo un utile solido e soddisfacente anche se inferiore a quello del 2008. Contiamo di ritornare al pagamento di un dividendo cash». In estate Intesa Sanpaolo presenterà il suo nuovo piano industriale basato «sull'attesa di un 2009 difficile e di un difficile 2010. Poi nel 2011 la storia ricomicerà. Può darsi che siamo pessimisti ma siamo preparati al peggio». Il piano prevede la distribuzione di dividendi in progressione, riduzione di costi e la cessione di attività non strategiche nell'arco di un triennio per un valore di quasi 10 miliardi di euro. In vista anche il riassetto di tutta l'area assicurativa del gruppo , dopo la decisione di Generali di cedere la sua quota in Intesa Vita. Un'operazione che costerà a Intesa una cifra fra i 600 e 700 milioni («Per il pagamento troveremo la soluzione migliore per tutti e due»). «Ora Intesa si organizzerà per razionalizzare le attività assicurative in una sola società di bancassurance, forte ed efficiente, in tempi molto rapidi: entro fine anno avremo messo tutto nella giusta direzione». Nessuna preoccupazione ha espresso infine Passera sulla situazione delle banche controllate nell'Est Europa mentre ha manifestato fiducia anche su due punti di crisi molto acuti che riguardano l'immobiliarista Luigi Zunino e il finanziere Romain Zaleski verso i quali la banca è molto esposta.

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L'Ue aumenta gli aiuti a Est e Fmi (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 21-03-2009 CRISI STANZIATI 5 MLD PER LE GRANDI OPERE NELL'ENERGIA. 75 MLD SUL PIATTO DEL G20 L'Ue aumenta gli aiuti a Est e Fmi BRUXELLES Ugo Caltagirone II Cinque, cinquanta, settantacinque. Sono le tre cifre che riassumono l'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles, nel tentativo di contrastare l'aggravarsi della crisi finanziaria ed economica. Crisi i cui risvolti sociali sono in cima alle preoccupazioni delle capitali europee che parlano di «situazione grave». Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. Per il presidente di turno dell'Ue, il premier ceco, Mirek Topolanek, e per il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, l'accordo raggiunto dal Consiglio Ue rappresenta un «fondamentale passo in avanti verso la ripresa». Un'intesa - hanno sostenuto - fatta di «risultati e proposte concrete». Bruxelles Interviene Sarkozy. I 27 leader dell'Ue il 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune, adottata all'unanimità: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. E i leader europei si dicono pronti a contribuire con 75 miliardi di euro, sotto forma di prestiti su base volontaria e temporanea. I capi di Stato e di governo hanno anche deciso di raddoppiare da 25 a 50 miliardi di euro - il fondo di sostegno delle bilance di pagamento dei Paesi Ue in maggiore difficoltà, quelli fuori dalla zona euro. Una misura che riguarda soprattutto le capitali dell'Europa centro-orientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti. Tutti al termine del vertice hanno smentito le voci di una possibile intesa su un piano per salvare Paesi dell'euro che si dovessero trovare a rischio bancarotta. I principali indiziati sono la Grecia e l'Irlanda, che versano nella situazione peggiore dal punto di vista finanziario, ma anche l'Austria, molto esposta con le sue banche verso l'est europeo.

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Più di così non scenderà (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: STORIA COP data: 2009-03-21 - pag: 4 autore: Gli esperti. La moneta elvetica è sopra i livelli dell'introduzione dell'euro «Più di così non scenderà» «Il taglio della Bns è stato anche un aiuto al debito dei Paesi dell'Est» L a svolta è arrivata giovedì 12 marzo, con l'intervento della Banca nazionale svizzera. L'istituto centrale elvetico da un lato ha tagliato di un quarto di punto i tassi di riferimento sul franco, puntando così a un tasso medio dello 0,25%, dall'altro ha operato in modo inatteso sul mercato dei cambi. L'obiettivo era l'indebolimento di un franco troppo cresciuto di valore e l'effetto è stato immediato: la moneta svizzera è scesa sia sull'euro, che è passato in poche ore da 1,48 a 1,52 franchi, sia sul dollaro, passato da 1,15 a 1,19 franchi. La Bns ha mostrato con il suo blitz la volontà di aiutare l'export elvetico e quindi di sostenere l'economia svizzera in questa fase difficile, scoraggiando speculazioni. Nei giorni successivi il franco ha riguadagnato alcuni punti sul dollaro, che è retrocesso a 1,13-1,15 ma è rimasto nella fascia 1,52-1,54 sull'euro, probabilmente colpito non solo dall'intervento Bns ma anche dalle controversie sul segreto bancario. Svizzera, Austria, Lussemburgo ed altre piazze hanno poi deciso di allentare il segreto bancario, in vista della discussione sui paradisi fiscali che si terrà nel G-20 di Londra, il 2 aprile. Ma, a questo punto, bisogna aspettarsi un ulteriore indebolimento del franco? «Non credo – dice Franco MÜller, responsabile dell'area Italia-Monaco per il private banking del Credit Suisse – perché il franco ha le carte in regola per rimanere una moneta forte. La Banca nazionale ha fatto bene ad intervenire, per evitare un eccessivo rafforzamento. Però l'economia svizzera nel complesso soffre meno di molte altre e i dati fondamentali elvetici giocano quindi ancora a favore del franco. Senza contare che rimane sempre l'attitudine di molti investitori a privilegiare il franco come moneta rifugio, ogni volta che i mercati accentuano la volatilità. Vedo quindi nei prossimi mesi un franco attorno a 1,10-1,12 sul dollaro e attorno a 1,50-1,52 sull'euro». Quest'ultima sarebbe una sorta di quotazione intermedia nella serie storica. Al momento del varo dell'euro, infatti, il rapporto era a 1,60. Nelle varie crisi economiche o geopolitiche, il franco si è poi apprezzato. E così è stato anche durante l'attuale crisi finanziaria, con una tendenza verso 1,45-1,46 sull'euro verificatasi ancora il mese scorso. L'intervento della Bns, che ha suscitato discussioni a livello internazionale perché indicato da alcuni esperti come una svalutazione competitiva, ha comunque cambiato in parte il quadro. «In ogni caso non penso – dice Bruno Chastonay, responsabile clientela istituzionale nella sede di Lugano della banca Lgt – che il franco riduca il suo valore più di quel tanto. Può darsi che nei prossimi mesi il dollaro recuperi qualche punto, salendo a 1,24-1,25, grazie ad un miglioramento della finanza e dell'economia Usa. Ma sull'euro credo che il franco rimarrà a 1,52-1,54, considerando anche l'andamento non buono dell'economia europea. La Bns ha voluto sostenere l'economia svizzera ma ha anche voluto aiutare i Paesi dell'Est Europa, come Polonia ed Ungheria, che hanno un ampio volume di prestiti ipotecari in franchi. L'intervento ha fermato il rialzo del franco, ma ora dovrebbe prevalere una certa stabilità». Insomma, sulla piazza elvetica la visione prevalente è quella di un franco ancora solido. Se poi dal G-20 di Londra dovesse uscire la conferma del compromesso sul segreto bancario, allora il tracciato dei prossimi mesi per la valuta elvetica potrebbe essere ancora più chiaro. Lino Terlizzi

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Super sconti (-50%) a Soho e Mayfair (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: STORIA COP data: 2009-03-21 - pag: 5 autore: Immobili. Come sfruttare il calo delle divise e delle quotazioni Super sconti (-50%) a Soho e Mayfair L ondra è decisamente in pole position rispetto alle altre capitali europee ed in questo momento supera anche New York. A Manhattan, in particolare, negli ultimi anni hanno fatto acquisti molti investitori italiani in cerca di alternative. Non a caso delle 8mila abitazioni vendute nella Grande Mela (per un valore di 13,7 miliardi di dollari) tra settembre 2007 e settembre 2008 poco meno di un terzo sono state acquistate da italiani, anche per effetto del dollaro debole. In tutti gli Usa, nel 2008, sarebbero stati 3.500 gli italiani che hanno fatto shopping. Ma con la sterlina che nell'ultimo anno ha perso nei confronti dell'euro più del 15% e prezzi in picchiata, in particolare nei quartieri più prestigiosi di Londra, ora la musica cambia. «Tutto il mercato immobiliare londinese ha risentito pesantemente della crisi finanziaria e in particolare nella City è stata ed è molto forte la pressione sui canoni: nel cuore finanziario di Londra ora è caccia agli inquilini – spiega Patrick Parkinson, amministratore delegato di Jones Lang LaSalle. Si pensi che da gennaio a oggi la riduzione dei canoni è stata del 20%. Diverso il caso dei quartieri residenziali dove la contrazione dei prezzi è stata inferiore». Secondo Parkinson, però, nel West End si compra anche con il 50/60% in meno rispetto a due anni fa e questo richiama il forte interesse non solo dei privati ma anche di tanti investitori istituzionali. «Rispetto solo a tre mesi fa l'interesse da parte di investitori istituzionali è quintuplicato – aggiunge Parkinson – e metà di questi investitori hanno l'euro in tasca». Tuttavia, per alcuni il mercato londinese potrebbe ancora non essere arrivato al capolinea e qualche ulteriore pressione potrebbe abbattersi sulla valuta. E lo stesso, dicono gli esperti, potrebbe accadere sul mercato americano dove sia per effetto della politica di Obama, sia per la crisi di liquidità che ancora interessa buona parte del sistema, c'è un calo atteso dei prezzi in media intorno al 20% nei prossimi 12/18 mesi. «Certamente si distingue New York, più difensiva e con una domanda più ricca – spiega Guido Lodigiani, a capo dell'ufficio studi di Gabetti – rispetto a una Miami, più legata a una presenza turistica. Manhattan ha tenuto meglio rispetto ai quartieri popolari e oggi offre rendimenti medi da locazione tra il 4,5 e 6,5% annui da locazione. E chi acquista nel distretto finanziario può beneficiare di un'esenzione fiscale». Sulla Florida non è d'accordo Angelo Cinel, responsabile degli uffici di Miami e New York di Professionecasa Prestige International. «Rispetto al 2007 a Miami c'è stata una contrazione dei valori – spiega – ma con la rivalutazione monetaria il saldo è sempre in attivo, naturalmente per chi ha investito in immobili di qualità. E oggi siamo di nuovo ai minini. Tanto è vero che in questo momento alcuni importanti clienti istituzionali sono tornati a fare spesa in Florida. Come il fondo Dubai che ha investito 400 milioni di dollari, alcune società cinesi intenzionate a farlo con capitali oltre i 300 milioni così come alcune Spa italiane pronte a cercare l'affare disponendo di circa 30/40 milioni di dollari». Lucilla Incorvati In forte ascesa l'interesse in tutta la City per chi acquista in euro

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Il conto corrente in valuta? Serve soprattutto ai trader online (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: STORIA COP data: 2009-03-21 - pag: 5 autore: La scelta. Azionario, bond, derivati per puntare alle principali aree Il conto corrente in valuta? Serve soprattutto ai trader online Deposito in dollari per entrare nei mercati Usa. Sui governativi non conviene A zioni, indici, Etf, fondi. In valute diverse dall'euro si può fare tutto e l'offerta non manca. Basta sapere che si aggiunge una variabile in più. Chi crede nello sviluppo di una determinata area, con la spinta aggiuntiva magari di una svalutazione competitiva, può tranquillamente investire nei fondi con valuta euro. Chi decide di aggiungere una denominazione in valuta può trovare più opzioni (vedi scheda a fianco con le migliori performance di fondi obbligazionari per area e valuta). Può trovare certificati quotati al Sedex emessi da Royal Bank of Scotland-Abn Amro (ad esempio Valuta Plus), da Deutsche Bank e altri emittenti, impegnati anche nell'offerta di Etf (ad esempio gli Express certificate di DB) e tutto quanto è stato inventato e prodotto in questi anni nei prodotti derivati. Anche il conto corrente di base può essere denominato in valuta, i rendimenti non sono eclatanti e spesso sono al servizio dell'operatività dei trader online. Banche tradizionali e su web offrono disponibilità di conti non in euro. Molto graditi dai trader online che con Directa, IwBank e altri trovano lo strumento di base per accedere ai titoli esteri e alle principali piattaforme operative. Per il gruppo Sella il riferimento principale è la versione in dollari di Conto Trader. Un osservatorio è quello di Ig Markets che in Italia sviluppa circa 4.500 eseguiti al giorno nei Cfd (contratti per differenza), 12.000 derivati quotati su piattaforme della casamadre e strumento in attesa di debuttare al London Stock Exchange e successivamente in Piazza Affari. Un terzo ha come sottostante valute. Utilizzati da trader online e da istituzionali. Sia per copertura di portafogli, sia per cogliervi opportunità offerte dalla grande volatilità. «Dalla scorsa settimana si è sviluppato un interesse sul franco svizzero, senza intaccare la prevalenza di contratti sull'euro/dollaro – spiega Alessandro Capuano, managing director di Ig Markets in Italia - noi siamo market maker, quotiamo i nostri prodotti e siamo quotati noi stessi al London Stock Exchange. Lavoriamo su marginazioni, utilizzando un effetto leva e bastano mille euro per aprire un conto. Fra le caratteristiche dei nostri prodotti c'è anche l'opportunità di garantirsi con uno stop loss, per fermare le eventuali perdite a un punto prefissato». Nei prossimi giorni Ig Markets diminuirà i costi di negoziazione su tutte le valute e le major, tra cui l'euro/ dollaro, passeranno a spread a partire da 1 pip (centesimo di un per cento). Ma dati simili si ritrovano in Fineco Bank dove la prevalenza è sempre per conti in dollari nell'ambito del servizio Multicurrency (il conto di base con opzioni su diverse valute, con interessi trimestrali) attualmente utilizzato da un 30% dei clienti. Il cambio euro/valuta – ricordano a FinecoBank – avviene online e non prevede commissioni. Fatto salvo il vivace mondo dei trader, il cliente famiglia in genere mantiene i propri depositi nella valuta utilizzata per vivere. Anche nel mercato dei titoli governativi, la variabile valuta viene presa in considerazione con grande prudenza. Più che mai in questo momento di tassi ridottissimi: ai prezzi dei giorni scorsi un BTp triennale in euro con scadenza settembre 2011rendeva un 2,5% e un quinquennale (aprile 2013) il 3,3 per cento. Meglio di analoghi governativi espressi nelle altre principali valute. Solo i Gilts britannici provano ad avvicinarsi ma scontano la debolezza della sterlina. Paolo Zucca Lunedì In Finanza: che rapporto c'è tra crisi finanziaria e rimbalzi di Borsa? La speranza è che la fine del tunnel si avvicini, ma in passato non è sempre stato così

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USA/ AIG INVITA DIPENDENTI A PRUDENZA DOPO MINACCE SCANDALO BONUS (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Usa/ Aig invita dipendenti a prudenza dopo minacce scandalo bonus di Apcom Camminare in coppia e non indossare logo aziendali -->Roma, 21 mar. (Apcom) - Il colosso delle assicurazioni Usa Aig mette in guardia i suoi dipendenti in seguito alle ripetute minacce di morte pervenute dopo lo scandalo dei super-bonus (in totale 165 milioni di dollari) pagati ai dirigenti dell'azienda, malgrado le gigantesche perdite subite. In un memo postato sul sito newyorchese Gawker, l'azienda consiglia ai dipendenti una serie di regole per salvaguardare la loro sicurezza come camminare sempre in coppia quando diventa buio, non indossare logo aziendali, non parlare di lavoro fuori dall'ufficio, chiamare immediatamente il servizio di sicurezza se si pensa di essere pedinati, non parcheggiare l'automobile in zone appartate. Proprio oggi si svolgerà una protesta sostenuta dai sindacati che vedrà i manifestanti compiere un tour a bordo di un bus nella cosìdetta "gold coast", la ricca enclave del Connecticut dove risiedono molti dirigenti del colosso americano. La notizia del pagamento di super-bonus ha creato aspre polemiche, con il presidente Barack Obama che ha duramente criticato l'azienda la quale però da parte sua si difende dicendo di avere le mani legate a causa di contratti siglati prima della crisi finanziaria. La Camera dei rappresentanti del Congresso ha votato proprio giovedì scorso una legge che impone una tassazione pari al 90 per cento sui bonus d'oro; il testo dovrà passare ora al Senato.

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Slovacchia, si vota per presidente ma è test per governo (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

BRATISLAVA (Reuters) - Oggi in Slovacchia si vota per l'elezione del presidente, carica più formale che sostanziale, ma il voto è considerato un test per il sostegno al primo ministro Robert Fico, quando manca un anno al rinnovo del Parlamento. Fico sostiene il presidente uscente Ivan Gasparovic, in testa ai sondaggi ma che deve affrontare una sfida dagli esiti non scontati con il principale candidato dell'opposizione, Iveta Radicova. I seggi hanno aperto alle 7 ora italiana di oggi, e chiuderanno alle 22. Secondo i sondaggi nessun candidato dovrebbe raggiungere oltre il 50% dei voti. Il ballottaggio è già fissato per il 4 aprile. Fico, eletto nel 2006 con la promessa di aiutare le fasce deboli, ha lavorato per aumentare il ruolo dello Stato nell'economia, e ha minacciato di nazionalizzare i pacchetti azionari di proprietà straniera nelle società di servizi se i manager occidentali avessero fatto pagare più del dovuto il gas e l'elettricità. Da un sondaggio svolto questo mese Fico risulta il politico slovacco più popolare, con un sostegno superiore al 40%. Nella campagna elettorale per la scelta del nuovo presidente ha avuto un ruolo molto attivo, comparendo nei manifesti accanto a Gasparovic. Il presidente uscente ha, secondo un sondaggio diffuso nei giorni scorsi Gasparovic è vicino a Fico e ha sostenuto la sua politica per migliorare le condizioni di vita delle fasce sociali più deboli, trascurate dalle riforme di mercato del precedente governo di centrodestra. La Slovacchia, membro della Ue che ha da poco adottato l'euro, è stata colpita anch'essa dalla crisi finanziaria globale, anche se meno duramente di altri paesi dell'Europa centrale e orientale.

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Non chiedete a Obama di essere spontaneo. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo 1 Commento » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 88 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 44 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 80 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.17 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%. Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di stampa? Sì, ma non per i blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso che "per i blog e i forum on-line non valgono le regole che tutelano la libertà di stampa". La ragione? Eccola: siccome "si tratta di una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum", spesso in forma anonima,."Blog, forum eccetera non possono essere considerati come una testata giornalistica, ma sono equiparabili ai messaggi che potevanoe possono essere lasciati in una bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di rispettare il "buon custome" e il giudice può ordinare il sequestro di alcune pagine web. La controversia era nata in seguito alla decisione del Tribunale di Catania di sequestrare un forum di discussione sulla religione cattolica nel quale erano contenuti messaggi che la magistratura di Catania aveva ritenuto offensivi verso il comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti "avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il 'sacro seme del Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo. Certe ingiurie sono indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia, democrazia, giornalismo Commenti ( 63 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Mar 09 "Repubblica" s'indigna: gli hotel di lusso tagliano le "amenties" Il mondo va a rotoli e "Repubblica", giustamente, si preoccupa anche dei contraccolpi sugli hotel di lusso. Mercoledì ha dedicato all'argomento un'intera pagina. Ecco l'incipit: "Cominciamo da qui, dal fastoso Shangri La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l'ultima volta è stato uno shock: "Niente più corbeille di fiori nella hall, neppure un valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la temperatura più alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre foglietti di carta bianca". E ancora, con tono inorridito, Cinzia Sasso racconta che "il grande bacino del risparmio è quello delle amenities. Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori più piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso di presenze che si prolunghino, "solo dopo che siano stati utilizzati del tutto"; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il cioccolatino della buona notte. Ma, scrive ancora la Sasso, "per fortuna nell'era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgerà nessuno che sono già state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da lettere, così come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel". Come non capire i lettori chic di Repubblica: è un vero scandalo, un trauma, un'indecenza. Voi che dite: riusciranno a riprendersi? Sono sinceramente preoccupato. Scritto in crisi, globalizzazione, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 34 ) » (6 voti, il voto medio è: 3.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Mar 09 Obama chiede aiuto agli hedge funds (e li premia) Un altro breve post sulla crisi economica. Obama ha trovato la soluzione per far ripartire il credito: chiede aiuto agli hedge funds e ai fondi di private equity offrendo loro condizioni di estremo favore: potranno accumulare profitti illimitatamente, ma con ampie garanzie statali in caso di perdita. L'accordo è legato ai cosiddetti "Talf", come spiego in questo articolo e prevede l'esborso da parte dello Stato di altri mille miliardi di dollari. Capito il progressista Obama? Chiede aiuto e protegge gli speculatori con i soldi dei contribuenti.. Intanto il totale degli interventi varati dal governo Usa raggiunge l'astronomica cifra di 3,5 trilioni di dollari ovvero 3500 miliardi di dollari, da finanziare con l'emissione di Buoni del Tesoro. Il debito Usa è ancora sostenibile? Attenti al dollaro, rischia una brutta fine. Scritto in banche, capitalismo, crisi, progressisti, era obama, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 50 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.57 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Mar 09 E' ora di lasciar fallire le banche. In un'intervista che mi ha concesso, Arthur C. Brooks, presidente dell'American enterprise institute, uno dei principali think tank conservatori, sostiene due punti importanti: 1) a suo giudizio i piani di Obama anziché contrastare la crisi finiscono per peggiorarla. 2) tentare di salvare tutti è impossibile ed è inaccettabile che gli aiuti vadano soprattutto alla casta dei banchieri che questa crisi l'ha provocata. Dunque visto che la recessione è inevitabile, meglio adottare misure radicali e lasciar fallire le banche che non sono in grado di resistere. Il punto più delicato è l'ultimo e dopo aver riflettuto a lungo su questo tema, grazie anche ai vostri qualificatissimi contributi, mi sono convinto che questa sia l'unica strada. L'entità del debito accumulato da certe banche (soprattutto americane ma non solo) è tale, a causa dell'effetto leva, da non poter essere coperto nemmeno dallo Stato. Dunque cercare di tappare buchi, che in realtà continuano ad allargarsi, non avrà altra conseguenza che trascinare l'economia reale nel baratro. E allora anzichè creare "bad banks" o fondi con titoli tossici, bisogna rafforzare le banche in salute e usare i fondi pubblici per trasferire a queste ultime le attività fondamentali (e sane) di quelle in fallimento. Ci sarà uno choc e chi detiene azioni o prodotti finanziarie delle banche cattive perderà il proprio investimento, ma passato il trauma l'economia potrà riprendere su basi solide. L'idea circola già da qualche settimana tra gli specialisti, ma mi sembra l'unica soluzione plausibile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: la Banca d'Inghilterra ha dato il via libera per stampare 150 miliardi di sterline da pompare nel sistema finanziario. E' un gesto disperato. A questo punto vedo solo due possibili conseguenze: l'operazione fallisce e la Gran Bretagna fila verso la bancarotta o va in porto ma a un prezzo altissimo: l'iperinflazione. Scritto in capitalismo, crisi, banche, era obama, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 75 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 04Mar 09 Quando Obama supplica il mondo. Obama non vede l'ora di avviare una nuova distensione con la Russia, ampiamente ricambiata, come spiego in questo articolo . Intanto invia due rappresentanti a Damasco per riallacciare il dialogo con la Siria, interrotto dal 2005. Sotto banco parla con l'Iran e, secondo indiscrezioni, anche con Hamas. Nei giorni scorsi Hillary Clinton, a Pechino, ha dichiarato che i diritti umani sono importanti, ma che l'economia lo è di più, avvallando così le repressioni del regime comunista cinese. Con i Paesi arabi del Golfo la Casa Bianca è sempre più conciliante, anzi accomodante e il presidente americano ha lanciato i primi segnali di preudente disponibilità anche al regime cubano dei fratelli Castro. La svolta è innegabile rispetto a Bush, ma proietta l'immagine di un Paese ansioso, improvvisamente insicuro, che dopo aver perso la supremazia economia teme di smarrire anche quella politica. E' come se Obama stesse supplicando il mondo: è vero siamo in recessione ma se ci riconoscerete ancora lo status di numero uno al mondo (e militarmente lo sono ancora), faremo i bravi con tutti. Insomma, un'America con il cappello in mano che cerca di far dimenticare le proprie debolezze. Ma basta la supremazia militare per giustificare lo status di superpotenza? E il mondo ha davvero voglia di farsi guidare dagli Usa? Scritto in globalizzazione, israele, era obama, democrazia, cina, gli usa e il mondo, russia, medio oriente, islam Commenti ( 96 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (6) blog (1) capitalismo (6) cina (18) comunicazione (1) crisi (7) democrazia (59) economia (28) era obama (13) europa (10) francia (22) germania (3) giornalismo (50) giustizia (2) gli usa e il mondo (60) globalizzazione (41) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (150) manipolazione (4) medio oriente (13) notizie nascoste (45) partito democratico (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (22) spin (5) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Rodolfo de Trent: Caro Marcello, ha ragione: la censura non va adoperata se non in casi estremi! Resta il fatto che... 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Ungheria/ Si dimette premier socialista Ferenc Gyurcsany -2- (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Budapest, 21 mar. (Apcom) - Ferenc Gyurcsany ha proposto le sue dimissioni durante un discorso al congresso del partito socialista MSZP a Budapest. Propongo la formazione di un nuovo governo con un nuovo capo del governo", ha dichiarato Gyurcsany, senza menzionare alcun potenziale successore. "Chiedo al congresso di permettere al presidente del partito, al consiglio di amministrazione e al capo del gruppo parlamentare di preparare la designazione di un nuovo premier", ha aggiunto. Alla guida di un esecutivo di minoranza, il premier dimissionario ha indicato di voler informare domani il parlamento della sua decisione e ha proposto che la nuova candidatura venga espressa nel corso di un congresso straordinario del partito socialista da convocare entro 15 giorni. Ieri il premier era stato praticamente sfiduciato dal partito: in un'intervista all'agenzia di stampa Mti, il vicepresidente del Partito socialista (Mszp) Imre Szekeres aveva chiarito che il prossimo candidato alla carica di primo ministro avrebbe dovuto essere una persona che "gode del massimo sostegno da parte della società ungherese". E Gyurcsany non corrisponde affatto a quest'identikit: in tutti i sondaggi sulla popolarità, prende sonore sberle. L'ex "enfant prodige" della politica magiara è in crisi di sostegno praticamente da subito dopo aver vinto le elezioni di aprile 2006. Nell'autunno di quell'anno, infatti, filtrarono alla stampa delle registrazioni di una riunione a porte chiuse nelle quali il premier ammetteva che nella campagna elettorale erano state dette bugie sull'economia per poter vincere la consultazione. La notizia fu amplificata e cavalcata dall'opposizione di destra. Per di più, la campagna contro "Gyurcsany-Pinocchio" andava a innestarsi su una fase politica nella quale il governo chiedeva forti sacrifici alla popolazione, per cercare di rimettere sotto controllo il deficit pubblico, che quell'anno risultò essere il più alto d'Europa. I toni della protesta contro Gyurcsany si alzarono molto, e vi furono duri scontri con centinaia di feriti. Le celebrazioni di ottobre 2006, in occasione del cinquantenario della rivolta democratica del 1956 repressa nel sangue dai sovietici, furono intrise di lacrimogeni. Da allora, l'immagine di Gyurcsany non s'è più ripresa. Anzi, se il primo ministro sperava di riuscire a recuperare un po' di sostegno con la fine del programma economico d'austerità, abbassando il peso fiscale lo scorso anno e quest'anno, la crisi finanziaria globale, che sta colpendo l'Ungheria in maniera pesantissima, ha rovinato questo calcolo. Sono diversi gli osservatori internazionali che parlano di possibile default dell'Ungheria. Il governo di Gyurcsany, tra l'altro, ha anche perso un pezzo. Ormai da un anno la piccola formazione liberale Alleanza dei liberi democratici (Szdsz) ha lasciato la coalizione, costringendo il premier a governare con un esercutivo di minoranza: la peggiore delle situazioni per chi deve prendere decisioni difficili in un momento come questo.

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CRISI/ ZOELLICK: NON RIDURRE AIUTI A PAESI PIU' POVERI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Zoellick: Non ridurre aiuti a Paesi piu' poveri di Apcom Presidente Banca Mondiale presentera' una proposta al G20 -->Bruxelles, 21 mar. (Apcom) - "Solo l'uno per cento dei multimilionari piani di stimolo economico dei paesi piu' ricchi potrebbe aiutare i paesi più poveri che sono sotto la minaccia di perdere il fondamentale aiuto internazionale, sulla scia della crisi finanziaria". Lo ha detto il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, partecipando ad una convegno a Bruxelles durante il quale ha invitato a non diminuire, a causa della crisi, gli aiuti ai paesi piu' poveri. Zoellick sostiene che si potrebbe arrivare fino a 15 miliardi di dollari in nuovi aiuti per pagare i bisogni fondamentali come il cibo, la costruzione di strade o promuovere la crescita dell'agricoltura nel mondo in via di sviluppo. Il capo della Banca mondiale ha detto di voler presentare questa questa proposta al vertice del G20 a Londra il 2 aprile. Zoellick ha sottolineato che la crisi economica mondiale "ha causato una alta mortalità infantile e l'aumento della povertà nei paesi in via di sviluppo".

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Ungheria, premier: mie dimissioni per sostenere riforme (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

BUDAPEST (Reuters) - Il primo ministro ungherese Ferenc Gyurcsany ha proposto oggi la formazione di un nuovo governo, con un nuovo premier, che conduca il paese fuori dalla crisi finanziaria. "La gestione della crisi e i successivi cambiamenti richiedono un sostegno politico e sociale piàù ampio di quello odierno", ha detto Gyurcsany al congresso del partito di cui è presidente, quello socialista. "Sento che sono un ostacolo alla cooperazione richiesta per i cambiamenti, per una stabile maggioranza di governo e un comportamento responsabile da parte dell'opposizione", ha detto il premier. "Spero che sia così, che sia solo io l'ostacolo, pèerché se è così, elimino subito quell'ostacolo... Propongo la formazione di un nuovo governo con un nuovo primo ministro". Secondo una fonte politica, Gyurcsany avrebbe in programma di dare vita a un "voto di sfiducia costruttivo": almeno un quinto dei parlamentari proporrebbero il voto di sfiducia, con la scelta di una nuovo candidato primo ministro che sarebbe eletto dal Parlamento contestualmente alla sfiducia al premier uscente. In questo modo si eviterebbero elezioni anticipate. "Dal punto di vista legale non sarebbero dimissioni, ma un voto di sfiducia costruttivo, pianificato dallo stesso primo ministro", ha detto la fonte. "Se ci fosse una maggioranza parlamentare, il nuovo primo ministro potrebbe essere eletto entro metà aprile".

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Nella settimana Piazza Affari guadagna il 6,5%, grazie ai finanziari (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Nella settimana Piazza Affari guadagna il 6,5%, grazie ai finanziari Rino lodato Un giro sull'ottovolante e poi una chiusura all'insegna della debolezza, anche se gli indici hanno segnato un lieve rialzo. Questa la sintesis della giornata per le Borse europee, sempre al rimorchio di Wall Street. Ma l'eccezione c'è stata anche ieri ed è rappresentata, ancora una volta, da Piazza Affari, regina d'Europa. La Borsa Usa ha vissuto una giornata con pochi spunti, condizionata dall'attesa della conferenza del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, a una convention di banchieri a Phoenix. Dopo un avvio contrassegnato da deboli rialzi, gli indici sono scivolati in territorio negativo a meno di due ore dall'apertura degli scambi, seppure con perdite molto contenute. A Wall Street, gli indici si sono fermati in terreno negativo con il Dow Jones a -1,70%, Nasdaq -1,85% e S&P500 -2,03%. In assenza di nuovi dati congiunturali, il mercato appariva sostanzialmente privo di direzione mentre stava metabolizzando l'ultimo affondo della Banca centrale americana contro recessione e crisi finanziaria e le successive paure per un surriscaldamento dell'inflazione. Scarsi spunti anche sul versante societario, fatta eccezione per Aig: travolto dalla bufera sui bonus, il gigante assicurativo subiva un crollo del 31% guidando il maggior ribasso sullo S&P 500. La pesantezza dei finanziari è controbilanciata dalle attese degli investitori per un ritorno delle operazioni di M&A dopo le indiscrezioni stampa di trattative di Ibm per acquisire la rivale Sun Microsystems. L'atteso piano della Fed denominato Talf (Term Asset-Backed Securitos Loan Facility) partito l'altro ieri non ha riscosso grande successo tra gli investitori. Il mercato statunitense, comunque, è stato oggetto di una volatilità superiore alla norma in occasione del «giorno delle streghe» («Triple Witching») che segna la scadenza dei contratti futures sugli indici e delle opzioni su indici e singole azioni. Risale il dollaro. Giornata al ribasso per l'euro dopo aver segnato a 1,3738 dollari negli gli ultimi due giorni il livello più alto da cinque settimane a questa parte. La moneta unica ieri era scambiata a 1,3530 dollari sui mercati valutari europei contro la chiusura della vigilia a 1,3665 dollari. L'euro si è rinforzato, invece, contro la valuta giapponese salendo a 130,04 yen dal precedente 129,21 della vigilia. Le Borse. Chiusura di seduta positiva per le principali Borse europee. A Francoforte il Dax ha chiuso a +0,63%, a Parigi il Cac40 a +0,51% e a Londra l'Ftse100 a +0,68%. E ancora: Amsterdam (+1,11%), Bruxelles (+1,13%), Madrid (+0,11%), Zurigo (-0,16%). Piazza Affari. Il Mibtel è salito a quota 12113 (+1,03%), S&P/Mib a 14948 (+1,35%), Midex a 14854 (-0,54%), All Stars a 7593 (+0,30%). Positivo il bilancio dell'intera settimana, una delle migliori da inizio anno, con il Mibtel che ha guadagnato il 6,5% rispetto alla chiusura di venerdì scorso e l'S&P/Mib l'8,3%, grazie in particolare all'andamento dei titoli finanziari. Fra le blue chip in forte rialzo A2A (+7,1%) che ha ceduto a Sea il 49% di Malpensa energia per 4,4 milioni di euro, L'Espresso (+7%) Enel (+5,8%) e Terna (+4%). Fra i finanziari brillante Banco Popolare (+4,2%), denaro su Ubi (+3,5%) e Bpm (+2,4%). Positive Alleanza (+1,9%), Generali (+1%) e Intesa Sanpaolo (+1,7%) che hanno presentato i conti 2008. Acquisti su Seat (+3,7%), Finmeccanica (+2,5%) e Fastweb (+1,8%). Tonici gli energetici Eni (+1,6%), Tenaris (+0,8%), Saipem (+0,6%) e sul completo Erg (+4,5%), Saras (+6,7%) con il petrolio intorno ai 50 dollari al barile. A picco invece Unipol (-9,1%) dopo che, insieme ai conti, il gruppo ha annunciato che non distribuirà dividendi per il 2008. Lettera su StM (-5,4%) penalizzata, come tutto il comparto tecnologico, dal warning lanciato da Sony Ericsson, Mediaset (-3,3%), Bulgari (-2,55%) e Fiat (-2,3%). Il titolo del Lingotto ha ridotto le perdite dopo la precisazione sull'ipotesi di alleanza con Chrysler che «non contempla alcuna assunzione, da parte del gruppo, del debito attuale o futuro della società». Perdite contenute per UniCredit (-0,5%) e Mediobanca (-0,4%). Vola Socotherm (+28,3%), in forte rialzo Dmt (+14%).

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Missione a Casa Rosetta (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

da domani a giovedì. Previsti incontri con gli assistiti e i loro familiari Missione a Casa Rosetta Il direttivo provinciale dell'Anaepa di Caltanissetta (l'Associazione nazionale artigiani edili pittori e affini), aderente alla Confartigianato, ha accolto «con soddisfazione il provvedimento adottato dall'Ecofin, il Consiglio dei ministri degli affari economici e finanziari dell'Unione europea, che stabilisce la riduzione in via permanente dell'aliquota Iva al 10% per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria negli edifici residenziali». Infatti l'aliquota dell'Iva al 10% per tale tipo di prestazioni, in Italia era prevista solo fino a tutto il 2011, e negli altri Paesi comunitari il termine era stato fissato al 31 dicembre 2010. La decisione dell'Ecofin attribuisce invece carattere definitivo all'Iva ridotta per questo tipo di prestazioni di servizi ad alta intensità di lavoro, con vantaggi anche per i committenti. Era stata l'Anaepa nazionale, nel dicembre scorso, a sollecitare il Governo italiano a proporre alla Commissione Europea la riduzione permanente dell'aliquota Iva, nell'ambito del piano di rilancio del settore edile. «Si tratta di un provvedimento importante - dice Vincenzo Mirisola, presidente provinciale dell'Anaepa-Confartigianato - per la crescita del settore edile, in un momento in cui le piccole e medie imprese sono fortemente colpite dalla crisi finanziaria. Inoltre è una misura che può avere ripercussioni anche nella lotta al lavoro nero nel comparto dell'edilizia. Questa, come altre iniziative legate al cosiddetto "piano casa" che il Governo nazionale si accinge a varare, possono risultare utili per attutire gli effetti della grave crisi economica attuale».

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Stop ai <paradisi>: allo studio l'ipotesi di uno scudo fiscale (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Vertice Ue: raddoppiano i fondi ai paesi dell'est, più risorse al fondo monetario Stop ai «paradisi»: allo studio l'ipotesi di uno scudo fiscale Bruxelles. Nessun Paese dell'Ue figurerà nella «lista nera» dei paradisi fiscali perché Austria, Lussemburgo e Belgio hanno deciso di cooperare nella lotta all'evasione e nelle indagini su ogni altra forma di criminalità economico-finanziaria. Una posizione assunta anche dalla Svizzera. A fare il punto sulla lotta ai paradisi fiscali, cresciuta d'intensità nei mesi scorsi sull'onda degli effetti della crisi economica, è stato il vertice Ue di Bruxelles. Per far rientrare i capitali fuggiti nei paradisi fiscali ora anche a livello europeo si comincia a valutare la possibilità di applicare regimi simili allo scudo fiscale che in Italia venne messo in campo nel 2001-2002. «Non mi stupisce che vi siano ragionamenti tecnici» su questa materia, ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. «Ma è troppo presto per parlarne». E anche l'Italia potrebbe essere interessata, ma solo, ha precisato Berlusconi, se ci sarà una misura decisa a livello europeo. «Potrebbe essere concessa una cosa del genere se i singoli investissero in progetti aziendali o in particolari categorie del debito pubblico». E veniamo all'accordo raggiunto dai leader Ue a Bruxelles: cinque, cinquanta, settantacinque sono le tre cifre che riassumono l'intesa. Cinque sono i miliardi presi dai fondi Ue non spesi per finanziare una lista di grandi opere nel settore dell'energia; c'è poi il raddoppio da 25 a 50 miliardi di euro del fondo per aiutare i Paesi dell'Europa centro orientale più in difficoltà; infine, 75 miliardi di euro che l'Ue è pronta a mettere sul piatto del G20 come contributo al raddoppio della dote dell'Fmi. Nessun piano di salvataggio, invece, per aiutare i Paesi della zona euro che potrebbero rischiare la bancarotta: con Bruxelles che si dice però pronta a intervenire in caso di necessità. L'intesa è una risposta ai più scettici che continuano a vedere un'Europa «spaccata in due» e una risposta anche all'amministrazione Usa, alla quale, in vista del G20, arriva ancora una volta un messaggio chiaro e forte: lo sforzo finora compiuto dall'Ue, col piano da 400 miliardi di euro, è stato «enorme», e non giustifica al momento l'elaborazione di altri piani. I 27, il prossimo 2 aprile porteranno al G20 di Londra una posizione comune: dal rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza sui mercati, alla lotta ai paradisi fiscali, a quello del ruolo dell'Fmi sul fronte della prevenzione delle crisi e del sostegno ai Paesi più in difficoltà. Su quest'ultimo fronte, l'Ue dice sì alla proposta di raddoppiare le risorse del Fondo monetario, portandole dagli attuali 250 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. E i leader europei si dicono pronti a contribuire con 75 miliardi di euro, sotto forma di prestiti su base volontaria e temporanea. E' stato anche deciso di raddoppiare - da 25 a 50 miliardi di euro - il fondo di sostegno delle bilance di pagamento dei Paesi Ue in maggiore difficoltà, quelli fuori dalla zona euro. Una misura che riguarda soprattutto le capitali dell'Europa centro-orientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti. Tutti al termine del vertice hanno smentito le voci di una intesa su un piano per salvare Paesi dell'euro che si dovessero trovare a rischio bancarotta. I principali indiziati sono la Grecia e l'Irlanda, ma anche l'Austria, molto esposta con le sue banche verso l'est europeo. Enrico Tibuzzi Ugo Caltagirone

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L'Europa ci ha chiesto il nostro piano per la casa (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

«L'Europa ci ha chiesto il nostro piano per la casa» L'annuncio del premier. Ampliamenti dal 20 al 35 per cento «Nuovo scudo fiscale per favorire il rientro dei capitali» Sabato 21 Marzo 2009, Roma NOSTRA REDAZIONE Silvio Berlusconi trasuda soddisfazione da tutti i pori: il suo piano casa è piaciuto all'Europa, al punto che i leader dell'Ue, incontrati ieri a Bruxelles per il Consiglio europeo, non avrebbero fatto altro che chiedergli chiarimenti al riguardo, per importarlo, in tutto o i parte, nei rispettivi Paesi. Gratificato da tanti consensi, il presidente del Consiglio imprime dunque con ancora più convinta determinazione ritmi serrati per l'approvazione del piano casa, che intende varare venerdì «perché c'è molta richiesta», non senza - ha però cura di sottolineare questa volta, dopo le polemiche delle scorse settimane - avere prima «incontrato le Regioni e ascoltato quello che loro avranno da dire». Lunedì, intanto, il piano sarà fornito alle ambasciate dei Paesi europei, «perché la Commissione - spiega il premier - ci ha chiesto di conoscere i dettagli del provvedimento». Ma quello che Berlusconi si sente di potere fin d'ora assicurare è che il piano che l'Italia sta mettendo a punto rappresenta un modello anche per il resto l'Europa. Nel corso di una conferenza stampa, ha infatti spiegato che giovedì, «dopo la cena al termine della prima giornata del vertice, i leader dell'Ue gli hanno fatto «tante domande al riguardo». Incontrando i giornalisti, Berlusconi ha inoltre fatto sapere che l'Italia potrebbe prendere in considerazione la possibilità di ricorrere ad un nuovo scudo fiscale per favorire il rimpatri di capitali dall'estero. Questo, a patto che la misura venga decisa dall'Ue, che la sta valutando in queste ore, e che non si tratti di una semplice riedizione dei vecchi scudi del 2001 e del 2002, quando fu permesso anche il cosiddetto rimpatrio giuridico, ovvero l'emersione dei capitali senza il loro rientro in Patria: «Potrebbe essere concessa una cosa del genere - ha spiegato - se i singoli investissero in progetti aziendali, oppure in particolari categorie del debito pubblico. Non ci sarà certo una concessione qualora intendessero dichiarare di lasciare i soldi fuori pagando una qualche tassa». Tra le decisioni assunte a Bruxelles, anche quella di raddoppiare - da 25 a 50 miliardi di euro - il fondo di sostegno delle bilance di pagamento dei Paesi Ue in maggiore difficoltà, quelli cioé fuori dalla zona euro. Una misura che riguarda soprattutto le capitali dell'Europa centro-orientale, colpite da una crisi finanziaria senza precedenti, che rischia di travolgere anche i Paesi dell'Europa occidentale, per la presenza all'Est di molte filiali dei grandi gruppi bancari europei. Il piano casa - che, secondo Cgia di Mestre, dovrebbe avere un impatto economico di circa 79 miliardi di euro, spalmati in più anni - prevede sette articoli e conferma la possibilità di ampliare fino a un massimo del 20 per cento il volume delle abitazioni private. Si arriva invece al 35 per cento nel caso in cui, in conseguenza di una demolizione, si proceda alla costruzione di un nuovo edificio, a condizione che siano utilizzate tecniche costruttive di bioedilizia o fonti di energia rinnovabili. Per procedere agli ampliamenti non sarà necessario chiedere alcun permesso, ma sarà sufficiente presentare una Dia, una dichiarazione di inizio lavori. Nel frattempo, presentando il primo Rapporto sul mercato immobiliare 2009, Nomisma informa che, nel contesto di crisi economica generale, il settore immobiliare non fa eccezione ed ha registrato un andamento dal segno negativo nel 2008, con un calo delle compravendite del 15 per cento. A risentirne, sia pure senza i crolli registrati in altri mercati europei e negli Usa, sono stati anche i prezzi, che per la prima volta in un decennio sono calati del 2,2 per cento per le abitazioni nuove, del 2,4 per le abitazioni usate, dell'1,5 per gli uffici, del 2 per i negozi e dell'1,9 per i capannoni. C.G.

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Lavoro e creatività, la sfida anti-crisi (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Lavoro e creatività, la sfida anti-crisi L'imprenditore della moda Versace: l'economia di carta ha distrutto la manualità Sabato 21 Marzo 2009, Sacile «Questa crisi è la più grande truffa dell'umanità. Nasce dal fatto che troppe persone hanno voluto arricchirsi senza lavorare. L'economia di carta è la negazione del lavoro. Non è il mercato che ha sbagliato, ma è la politica che non ha regolamentato il mercato. Non scordiamoci mai che è la creatività e il saper fare che hanno fatto diventare grande il made in Italy. Ma oggi, purtroppo, disprezziamo il lavoro manuale». Santo Versace, il grande imprenditore della moda - e parlamentare del Pdl - descrive la recessione con poche fulminee battute. Il dibattito, organizzato ieri sera nella sala dell'ex San Gregorio dal Pdl di Sacile, voleva proprio ripartire dall'"amore per il lavoro" come valore aggiunto contro la crisi. «Sono decisamente importanti - ha sottolineato il deputato Pdl Isidoro Gottardo - le infrastrutture e un fisco più equo parametrato a quello dei Paesi con cui noi confiniamo. Ma se non torniamo all'amore per il lavoro, per il saper fare, per la professionalità rischiamo di perdere una grande opportunità e una grande forza per tutto il sistema». Recessione e lavoro: imprenditori e politici intervistati dal direttore de "Il Gazzettino" Roberto Papetti hanno cercato di dare una chiave di lettura innovativa rispetto alla situazione di difficoltà economica. Lavoro e politica, come si trova un imprenditore in parlamento? «Se le aziende italiane - non ha dubbi Versace - fossero amministrate come la politica sarebbero tutte fallite». E il "re" delle cucine Edy Snaidero, che dalla politica regionale era stato tentato, ammette: «Apprezzo Versace, se io avessi accettato l'impegno politico avrei dovuto dimettermi perché oggi la crisi richiede la presenza continua in azienda. Siamo di fronte a una crisi finanziaria, ma sta cambiando la testa dei consumatori e delle famiglie. Per questo, più che i singoli settori produttivi la politica dovrebbe sostenere le famiglie. L'impresa del futuro? Dovrà capire come cambia la società, oltre che ridurre i costi per sopravvivere difendendo comunque l'occupazione come valore aggiunto. Noi italiani con i prodotti di pregio e design continueremo a vincere all'estero». E le banche? «Quei territori - secondo Gottardo - che non hanno più un sistema di banche locali ma solo grandi gruppi frutto delle aggregazioni degli ultimi anni stanno soffrendo maggiormente». Crisi e immigrati: gli italiani torneranno a fare i lavori che non fanno più? «Solo in piccola parte - sostiene il vicepresidente della Regione Luca Ciriani - poiché il trend resterà. Nel nostro territorio ci sarà bisogno di badanti e stagionali nell'agricoltura. Compito della politica, sul fronte dell'immigrazione, è evitare le guerre tra poveri». d.l.

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Vicenza NOSTRO SERVIZIO Un plafond di 50 milioni di euro. È quanto metterà a dispo... (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 21-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 21 Marzo 2009, Vicenza NOSTRO SERVIZIO Un plafond di 50 milioni di euro. È quanto metterà a disposizione la Banca Popolare Vicentina - attraverso dei finanziamenti a tasso agevolato - alle imprese del territorio intenzionate a fronteggiare la stagnazione economica. L'iter per accedere al credito questa volta sarà però completamente diverso. Le aziende interessate dovranno infatti dimostrare il loro stato di salute e la loro potenzialità attraverso un business plan che contenga un'accurata analisi strategica, economica e finanziaria della loro attività. La novità risiede nel fatto che, in questo percorso preventivo di accesso al plafond, gli imprenditori saranno accompagnati da una serie di studi professionali qualificati individuati dalla banca. Ed anche il costo di questa operazione di consulenza potrà essere coperto direttamente dall'Istituto Bancario. Il progetto si chiama "Impresa 2009" ed è il frutto di un protocollo di intesa, firmato ieri nella sede della banca, tra la Popolare Vicentina e tutte le associazioni di categoria della Provincia di Vicenza. «È ora di cambiare registro rispetto ad un passato in cui andavamo incontro agli imprenditori solo elargendo credito, oggi le imprese hanno anche bisogno di ristrutturarsi», ha spiegato il direttore generale dell'istituto vicentino, Samuele Sorato, precisando: « Con un core tier one ratio dell'1 7% ed un total capital ratio dell'11% abbiamo la possibilità di poter erogare senza l'esigenza di utilizzare per forza gli strumenti di Basilea, ed infatti per concedere l'accesso al plafond non faremo uso del rating ai fini del giudizio ma solo per accelerare le procedure». Il finanziamento a medio termine - fino a 10 anni - a condizioni agevolate, con uno spread del 1,40% e un tasso del 2,50%, servirà a coprire attività di consulenza, programmi di investimento in beni materiali e immateriali e progetti di ristrutturazione aziendale. Per aderire all'iniziativa le imprese dovranno fare richiesta alla proprie associazioni di categoria, che le assisteranno nella domanda di supporto finanziario e nella scelta dei professionisti. Sul tavolo dell'istituto di credito, che dovrà approvare il finanziamento, arriverà quindi un progetto di ristrutturazione articolato che potrebbe prevedere anche il ripensamento del modello di business. Agli imprenditori viene chiesto di realizzare un'analisi strategica, economica e finanziaria che permetta di individuare i propri punti di forza e di debolezza, le aree critiche di intervento e quelle di potenziale miglioramento. I primi partner contattati per assistere le imprese in questo percorso sono l'Ordine dei Dottori Commercialisti di Vicenza, per l'area di analisi finanziaria, Bain & Company, per il riassetto industriale, Icm e Studio Cappelletto, per l'area marketing. Il progetto ha ricevuto il plauso di tutte le categorie economiche vicentine. Il presidente degli industriali vicentini, Roberto Zuccato, ha sottolineato che l'iniziativa apre una fase di maggiora trasparenza con il mondo bancario: «Visto che solo un quarto delle nostre aziende conosce il proprio rating». E Giuseppe Sbalchiero, presidente degli artigiani vicentini, ha aggiunto: «La Popolare è riuscita a fare qualcosa di concreto per il territorio, al contrario di altri grandi gruppi bancari». Gli impieghi del gruppo BPdV per il 2009 ammontano a 2,5 miliardi, dei quali 2 miliardi al nord-est, con un aumento del 13% rispetto al 2008. «Siamo andati oltre il budget - ha concluso Sorato - nei primi due mesi e mezzo abbiamo erogato 400 milioni di euro in più rispetto allo scorso anno». Si blocca invece la cessione della quota di maggioranza di Irfis, istituto di credito siciliano controllato dal Banco di Sicilia con il 76%, alla Popolare di Vicenza. L'accordo si sarebbe arenato a causa della crisi finanziaria che ha portato ad una netta contrazione delle valutazioni degli asset. Secondo l'intesa siglata nel maggio scorso, il Banco di Sicilia, gruppo Unicredit, avrebbe incassato per la sua quota di Irfis 82 milioni di euro. Pietro Rossi

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