CENACOLO DEI COGITANTI |
babelick ha detto: ultimo
p.s.=non so voi,ma per me è diventata una simpatica consuetudine quella di
prenderli per culo,tutte le volte prima di andare a nanna :D non soffrirò della (
da "KataWeb News"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere
sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori
la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Disarmo atomico, riparte il
negoziato tra Usa e Russia ( da "Giornale di Brescia" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: misure efficaci contro
la crisi finanziaria mondiale». Il persistere di divergenze è stato invece
constatato sul progetto americano di scudo antimissile in Europa centrorientale
e sul conflitto armato russo-georgiano della scorsa estate. Anche se Mosca e
Washington intendono in entrambi i casi impegnarsi per cercare di trovare punti
di intesa,
I due presidenti voltano
pagina, ma resta il nodo dello scudo antimissili e della guerra in Georgia (
da "Cittadino, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: misure efficaci contro
la crisi finanziaria mondiale». Il persistere di divergenze è stato invece
constatato sul progetto americano di scudo antimissile in Europa centrorientale
e sul conflitto armato russo-georgiano della scorsa estate. I due presidenti hanno
poi invitato l'Iran a cooperare con l'Onu per dimostrare che il suo programma
nucleare è di «
Riccati, lezione di legalità
con Borraccetti ( da "Tribuna di Treviso, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In questo contesto si
inserisce anche la due giorni di assemblea sulla crisi economica, che inizierà
domani con la presenza dei docenti dell'Università Cà Foscari di Venezia, Paolo
Biffis e Alberto Giacomini. Tema dell'appuntamento «Sistema bancario e crisi finanziaria».
All'incontro (che non è aperto al pubblico) sono invitati i ragazzi delle
quarte classi.
"Vita, lavoro e
famiglia"incontro della Cisl Provincia, il pisano Parenti nuovo segretario
generale ( da "Secolo XIX, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «Di fronte alla crisi
finanziaria nella quale l'uomo è diventato oggetto del sistema economico
-spiega Pierluigi Peracchini, segretario dell'Ust Cisl - si presenta la
necessità di ripensare alla costruzione di un sistema sociale e democratico che
metta al centro la persona».
Fortis mette in pausa il deal
con Bnp ( da "Finanza e Mercati" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Colpita in pieno dalla
crisi finanziaria, la holding finanziaria ha chiesto l'aiuto delle autorità del
Benelux l'anno scorso. Dopo una prima tranche di aiuti a settembre, il governo
olandese ha nazionalizzato a inizio ottobre le attività di bancassurance in
Olanda e il Belgio e ha assunto il controllo al 100% della filiale bancaria
belga Fortis Banque con l'
Entro l'anno debutterà la più
grande banca islamica ( da "Libertà" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi
finanziaria mondiale, il presidente di Al Baraka, Shaikh Saleh Kamel, non ha
tirato i remi in barca, al contrario ha accelerato le procedure per il varo del
nuovo istituto di credito», ha rilevato Yousuf. Secondo la fonte, la nuova
«mega banca», avrà un capitale iniziale equivalente a 10 miliardi di dollari,
Marmo, sempre più crisi Si
mobilita il vescovo ( da "Arena, L'" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: confrontarsi con i
sindaci e i parroci della zona su quella che definiscono «una grave crisi
finanziaria che investe l'economia reale della nostra provincia con gravi
riflessi sulla vita dei lavoratori». L'invito, è arrivato a quattordici Comuni:
Affi, Brentino Belluno, Caprino, Cavaion, Dolcè, Ferrara di Monte Baldo,
Fumane, Marano, Negrar, Rivoli, San Pietro In Cariano, Sant'Ambrogio,
La gravità dei problemi
economici esistenti richiede che dal G20 che si tiene oggi a Londra esc... (
da "Gazzettino, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: convincente e coeso
capace di riportare la fiducia sui mercati finanziari globali. La crisi
coinvolge tutti, anche se con radici e modalità diverse. Ma vi è un comune
interesse, una sorta di bene pubblico, che l'incontro esprima alcuni indirizzi
condivisi sui temi essenziali. Essi devono ricevere una risposta forte e
urgente per il superamento della crisi e per la ripresa dell'economia.
Domani Finlombarda presenta le
occasioni per le imprese ( da "Provincia Pavese, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi finanziaria: le
sfide della Regione Lombardia a supporto delle imprese". Evento è
organizzato dalla società finanziaria della Regione, presieduta dal pavese
Paolo Chirichelli e dalla Regione Lombardia. Finlombarda nasce per promuovere
finanziamenti innovativi dedicati alla realizzazione di interventi per lo
sviluppo del territorio.
"trascurata l'europa
dell'est - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: instabilità della crisi
economica internazionale? «Questa è una grossa menzogna. L´epicentro della
crisi internazionale sono gli Usa. La crisi finanziaria ed economica colpisce
alcuni paesi di più, e altri di meno, sia tra i vecchi che tra i nuovi membri Ue.
Noi al contrario dell´Italia non abbiamo dovuto investire un soldo per salvare
le banche.
"non sono incinta" il
debutto di michelle domina la scena (
da "Repubblica, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria
globale per un po´ s´appanna: gli occhi dei paparazzi sono puntati su Michelle.
Tant´è, scrive una penna al cianuro del Guardian, che "Carlà"
(Bruni-Sarkozy) ha preferito restarsene a casa, cioè all´Eliseo. Lei, la First
Lady, si fa precedere da uno "scoop": «Ti darò un´anteprima», lancia
all´amica Oprah Winfrey,
asse sarkozy-merkel contro gli
usa "qui e ora nuove regole sulla finanza" - enrico franceschini (
da "Repubblica, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Da un parte il vecchio
asse franco-tedesco, che esige massima regulation sui mercati finanziari e
respinge nuove misure per stimolare l´economia, ossia nuovi pacchetti di aiuti
pubblici che indebitino governi e contribuenti; dall´altra i tradizionali
alleati, America e Regno Unito, più il Giappone, che preferirebbero il
contrario.
dalla cina agli usa, valzer
delle debolezze così i grandi cercano la ricetta della ripresa - andrea bonanni (
da "Repubblica, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: lottare contro il
protezionismo. Ma la vera corda che li sta strangolando è il drenaggio dei
canali di credito internazionale. I contrasti che arrivano a questo vertice dei
Venti hanno almeno due piani di lettura. Quello più palese, e ormai ampiamente
dibattuto, vede da una parte gli americani, che reclamano dagli altri più
investimenti pubblici per tornare a far girare il motore dell´
Solo il pharma salva M&A e
banche Usa ( da "Finanza e Mercati" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma dopo quasi un
biennio di crisi finanziaria e la scomparsa di attori del calibro di Lehman,
Citigroup e Merrill Lynch ha catapultato alla ribalta boutique finanziarie
quali Greenhill & Co. o Evercore Partners. Allo stesso modo hanno guadagnato
posizioni anche Barclays (dal 29° al settimo posto a livello globale) e Nomura
Holdings,
quel solco tra usa e europa -
(segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Una settimana fa il suo
segretario al Tesoro annunciava una riforma drastica dei controlli sui mercati
finanziari: hedge fund e derivati finiranno sotto la stessa vigilanza che
disciplina le banche tradizionali. La lotta ai paradisi fiscali ha avuto una svolta
con la "profanazione" del segreto bancario svizzero da parte del
fisco americano.
La rivolta anticrisi riporterà
in scena estremisti e xenofobi ( da "Unita, L'" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nell'affrontare una
drammatica crisi finanziaria, economica e sociale, quale convergenza è è
ipotizzabile tra l'America di Obama e l'Europa? «C'e innanzitutto una
convergenza sul riconoscimento della gravità della crisi, ma non c'è ancora una
linea comune su come uscirne fuori.
Obama con Hu, niente dazi con
Medvedev più disarmo ( da "Unita, L'" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: combattere il
protezionismo» (con buona pace di certe tentazioni europee) e sostenere di
concerto il commercio globale e i flussi di investimento. La coppia di giganti
si appresta a fare un pezzo di strada insieme, mossa dal comune interesse di
rilancio della domanda, facilitata dalla scomparsa della stolidità imperiale
che fu di Bush e Cheney.
Obama ha visto il russo
Medvedev, e ha confermato l'avvio dei negoziati per il rinnovo del trat... (
da "Unita, L'"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: combattere il
protezionismo» (con buona pace di certe tentazioni europee) e sostenere di
concerto il commercio globale e i flussi di investimento. La coppia di giganti
si appresta a fare un pezzo di strada insieme, mossa dal comune interesse di
rilancio della domanda, facilitata dalla scomparsa della stolidità imperiale
che fu di Bush e Cheney.
i precari, la politica la città
senza mercato - laura azzolina ( da "Repubblica, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: fra crisi finanziaria
del Comune e scadimento dei servizi pubblici locali, ma di cui è lecito
attendersi dell´altro. Il meccanismo, infatti, è tipicamente uno di quelli che
si autoalimentano: le stabilizzazioni di oggi aprono inevitabilmente a nuove
richieste (come infatti dimostra la domanda di assunzione già avanzata dai
"
una superbanca dell'islam (
da "Centro, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «Alla luce dell'attuale
crisi finanziaria mondiale, il presidente di Al Baraka, Shaikh Saleh Kamel, non
ha tirato i remi in barca, al contrario ha accelerato le procedure per il varo
del nuovo istituto di credito», ha rilevato Yousuf. La banca avrà un capitale
iniziale di circa dieci miliardi di dollari.
COSA CHIEDO AL VERTICE (
da "Stampa, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il rifiuto del
protezionismo, una migliore regolamentazione dei mercati finanziari e una nuova
governance mondiale. A che punto siamo oggi? Sui primi due punti abbiamo fatto
molti progressi. Abbiamo saputo resistere ai demoni del protezionismo, che, la
storia ci ha insegnato, aggrava sempre le difficoltà.
L'AMERICA E GLI ALTRI (
da "Stampa, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E i partecipanti,
lasciata la capitale inglese, imboccarono ciascuno la via del proprio
protezionismo; una via che contribuì a portarci alla seconda guerra mondiale. I
capi di Stato che si riuniscono oggi dovrebbero avere sempre davanti gli occhi
questo precedente storico. mario.deaglio@unito.it
Trento 15 Èlite romane Facoltà
di Lettere ( da "Adige, L'" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 30 La crisi finanziaria
Facoltà di Economia - via Rosmini 44. Incontro su «La crisi finanziaria» con
Ignazio Visco (vicedirettore Banca d'Italia). Trento 17.30 Spiritualità
Barycentro - p. Venezia 38. Il teologo Giuseppe Rizza in «Rinnovare le
relazioni».
Merkel e Sarkozy contro Obama
"Cambia il piano" ( da "Stampa, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo e aiuti
per i Paesi poveri. Poi tocca a Obama, che fa di tutto per evitare lo scontro
diretto con i francotedeschi: esordisce dicendo «sono venuto a sentire», cita
un suo ex docente di legge sul fatto che «più importante di dare la colpa è assumersi
responsabilità» e assicura che le «divisioni fra noi non sono eccessive come si
racconta»
[FIRMA]MAURIZIO MOLINARI
INVIATO A LONDRA Angela Merkel e Nicolas Sarkozy vanno all'offen... (
da "Stampa, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo e aiuti
per i Paesi poveri. Poi tocca a Obama, che fa di tutto per evitare lo scontro
diretto con i francotedeschi: esordisce dicendo «sono venuto a sentire», cita
un suo ex docente di legge sul fatto che «più importante di dare la colpa è
assumersi responsabilità» e assicura che le «divisioni fra noi non sono
eccessive come si racconta»
Il governatore di Bankitalia
anticipa la riforma Meno rischi ( da "Stampa, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: illustrerà le regole
per far sì che una crisi finanziaria come l'attuale non si ripeta mai più. Nel
Fsf, il Forum per la stabilità finanziaria che Draghi presiede (e dove
Geithner, prima di essere chiamato al Tesoro da Obama, era il numero due) c'è
l'accordo per sottoporre a vigilanza gli Hedge Fund due anni fa, quando
tedeschi francesi e italiani lo avevano proposto,
ma i sindacati lanciano
l'allarme "a rischio gli impianti in italia" - paolo griseri (
da "Repubblica, La"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Pagina 24 - Economia
Preoccupa il protezionismo di Usa e Europa e la crisi nera dei veicoli pesanti
Ma i sindacati lanciano l´allarme "A rischio gli impianti in Italia"
PAOLO GRISERI TORINO - Nel gioco delle alleanze internazionali della Fiat i
sindacati temono che l´anello debole siano proprio gli stabilimenti italiani.
Mannheimer e la risposta alla
crisi finanziaria ( da "Stampa, La" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: PALAZZO GHILINI
SERRAVALLE Mannheimer e la risposta alla crisi finanziaria S'inaugura la Jysk
Atteso il fondatore Lars Larsen Renato Mannheimer è tra i relatori del
convegno, oggi alle 10 a Palazzo Ghilini, su «La risposta locale alla crisi
finanziaria: le prospettive e il valore della creazione d' impresa».
Positivo risultato del convegno
sul tema 'Fisco & Agricoltura' (
da "inalessandria.it"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: soprattutto in questo
delicato momento di crisi finanziaria ed economica, non rivolgere l?attenzione
al mondo dell?agricoltura. Il quadro normativo di riferimento della materia
agraria, negli ultimi anni, è diventato difatti il centro di una serie di interventi
normativi volti alla sua modernizzazione.
G20. La nuova America e la
vecchia Europa ( da "AmericaOggi Online" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei test per
misurare il successo di questo vertice: gli altri sono - ha spiegato Brown - il
no al protezionismo, la creazione delle basi per un'economia a basse emissioni,
il sostegno ai più bisognosi". Questo vertice, ha concluso, è "molto
importante, perché il mondo si riunisce per agire di fronte a questo momento
senza precedenti della finanza globale".
Guarda oltre l'Europa. I
vertici con Jintao e Medvedev rivelano le priorità di Obama (
da "AmericaOggi Online"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: se il G20 non varerà
nuove e severe regole per i mercati finanziari; Angela Merkel, che guarda solo
al voto tedesco di ottobre, preoccupata di non accettare nuove iniezioni di
denaro pubblico nel sistema perché "i contribuenti tedeschi non paghino
per gli altri". Obama guarda alto sopra le loro teste, oltre gli Urali,
verso l'Asia.
La recessione è imposta dalla
finanza globale ( da "Italia Oggi" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è certo necessario
cercare una via per l'uscita, la più rapida possibile, dalla più grave crisi
economica del dopoguerra. Ma per fare questo occorre prima individuare le cause
della crisi finanziaria e trovare la strada per non subire ancora l'aggressione
di inaudita violenza di una finanza senza scrupoli di bandiera e di coscienza.
Al G20 l'Europa dovrebbe
parlare con una sola voce. Quella di Trichet (
da "Milano Finanza (MF)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ordine del giorno che
caratterizzano la crisi finanziaria, dai paradisi fiscali ai controlli sul
credito e sulla finanza, ai trattamenti dei manager, alla riforma del Fondo
monetario internazionale, al patrimonio e ai rischi delle banche ecc., deve
accompagnarsi un'indicazione netta, cogente, per un ulteriore impulso alla
crescita con l'impiego di risorse pubbliche aggiuntive.
Il rigore tedesco e
l'iperattivismo Usa aprono la strada a un altro G20 (
da "Milano Finanza (MF)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: economia mondiale in
piedi in modo tale da prevenire nuove crisi. E questo, in particolare,
significa azioni più pesanti sulla futura regolamentazione finanziaria.Lo
schema interpretativo è chiaro: la recessione è un effetto della crisi
finanziaria, cioè dell'incapacità dei mercati e delle banche di mantenere le
proprie dinamiche in equilibro.
Confidi, nel 2008 erogati 6,3
mld ( da "Italia Oggi" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ora sono essenziali le
aggregazioni I consorzi fidi sono un'arma efficace contro la crisi finanziaria
i cui effetti su artigiani e piccole imprese sono già molto pesanti in termini
di restrizione del credito bancario. Lo dimostra il fatto che in Italia cresce
l'attività dei confidi, che nel 2008 hanno erogato oltre 6,3 miliardi di euro
di finanziamenti garantiti a 735.
LA GRAVITÀ dei problemi
economici esistenti richiede che dal G20 che si tiene oggi a Londra... (
da "Messaggero, Il (Umbria)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: convincente e coeso
capace di riportare la fiducia sui mercati finanziari globali. La crisi
coinvolge tutti, anche se con radici e modalità diverse. Ma vi è un comune
interesse, una sorta di bene pubblico, che l'incontro esprima alcuni indirizzi
condivisi sui temi essenziali. Essi devono ricevere una risposta forte e
urgente per il superamento della crisi e per la ripresa dell'economia.
Anch'io, impiegato della City,
in piazza con gli anarchici ( da "Manifesto, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sulla crisi finanziaria
e far vedere che almeno per il momento non hanno paura di finire al rogo, come
minacciato dagli anarchici di Class War. Nella piazza di fronte alla Banca
d'Inghilterra, in mezzo a nugoli di manifestanti anarchici con il bavaglio
alzato e ragazzi vestiti con costumi hippie, ieri si sono fatti vedere anche
impiegati nelle banche e nelle assicurazioni della City.
Oggi sciopero generale dei
sindacati. Clima infuocato e rabbia (
da "Manifesto, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che si presenta sempre
piu fragile ed incapace di affrontare la crisi economica, giá grave ancor prima
del crollo del sistema finanziario mondiale. «È una miscela esplosiva, tra la
crisi finanziaria mondiale e la politica economica del governo che ha provocato
enormi problemi fiscali» ha detto il presidente della Gsee, Jannis
Panagopoulos.
Merkel e Sarkozy: Subito le
nuove regole ( da "Manifesto, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: su cui si sono
concentrate tutte le speranze mondiali per uscire dalla crisi finanziaria
diventata economica e sociale, durerà poco: è iniziato ufficialmente ieri sera
con una cena a Downing Street tra i capi di stato e di governo dei 19 paesi
(più l'Unione europea) invitati a Londra. E finirà oggi alle 15,30, con la
prevista conferenza stampa.
Paradisi fiscali? Il primo è
Londra ( da "Manifesto, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Non ci dovrebbe essere
un'intesa sulla questione del protezionismo, né sull'aumento della spesa
pubblica per combattere la crisi, vista la scarsa disponibilità di Francia e
Germania in proposito. L'unico argomento su cui Brown è più vulnerabile ma su
cui potrebbe portare a casa un risultato positivo è quello dei paradisi
fiscali.
Perché i ricchi evasori vanno
in paradiso ( da "Manifesto, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il buco nero sia della
regolamentazione che della stabilità finanziaria globale e hanno giocato un
ruolo centrale nella crisi finanziaria che viviamo: ospitano gran parte dei
complessi strumenti di cartolarizzazione con cui i debiti sono stati rivenduti
in maniera speculativa; hanno permesso a molte banche di registrare fuori
bilancio, e quindi fuori del controllo dei supervisori,
Asse franco-tedesco al G-20 (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che hanno chiesto il
varo immediato di regole più severe su mercati finanziari e paradisi fiscali.
Ma per Silvio Berlusconi le vere decisioni arriveranno solo al G-8 di luglio
alla Maddalena. Il Governatore di Banca d'Italia Mario Draghi ha ricordato che
le raccomandazioni anti-crisi del Financial Stability Forum si applicano anche
a banche e hedge fund.
L'eterna partita Usa-Europa (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il protezionismo
sgomita se è vero che 17 Paesi tra i Magnifici 20 che lanciarono quell'appello
hanno eretto nuove barriere a difesa dei propri mercati. O meglio, come si usa
dire di questi tempi, a garanzia che il denaro del contribuente, investito
negli stimoli nazionali, sia tutto speso in casa e non finisca invece nelle
tasche del concorrente o del vicino.
Berlusconi: al G-8 le vere
decisioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: fare da apripista per
le nuove regole del gioco per i mercati finanziari da riscrivere al G-8 della
Maddalena. Ma dopo le parole pronunciate ieri dal premier italiano prima del
ricevimento di Buckingham Palace, quei sospetti si sono tramutati in realtà. è
vero pure che lo sherpa del presidente del Consiglio, l'ambasciatore Giampiero
Massolo, andava ripetendo fino alla noia che «
I Grandi al lavoro per
riaccendere l'economia globale ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: economia globale
Comincia stamattina il vertice del G-20 di Londra chiamato a dare risposte a
una crisi finanziaria senza precedenti, che ha spinto l'economia mondiale in
recessione. I lavori, in una capitale blindata dalle forze di sicurezza (5mila
agenti, per un costo di 10 milioni di sterline), si concluderanno nel
pomeriggio
Stretta sui mercati finanziari (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 02 - pag: 3 autore:
«Stretta sui mercati finanziari» Merkel e Sarkozy bocciano la bozza
preparatoria e chiedono norme più severe Alessandro Merli Mario Platero LONDRA.
Dai nostri inviati Muro contro muro, almeno nei toni, sul fronte transatlantico
nelle ore immediatamente precedenti l'avvio del summit del G-20 a Londra.
Draghi: regole uguali per
banche e hedge fund ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: mercati e sulle banche,
presenterà ai capi di Stato e di Governo tre rapporti: uno sulle retribuzioni
nel settore finanziario, tema che recentemente ha sollevato molte polemiche,
uno sul miglioramento della cooperazione internazionale nella gestione delle crisi
finanziarie e uno per limitare l'impatto pro-ciclico delle attività delle
banche che tende ad amplificare le oscillazioni
Contabilità, scontro sui
criteri ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: esaminando i possibili
miglioramenti alla rendicontazione finanziaria in grado di aumentare la fiducia
nei mercati finanziari. All'ordine del giorno del gruppo ci sono le questioni
chiave, come il sistema contabile basato sul fair value (markto- market
compreso), le modalità di accantonamento per le perdite su crediti, il
trattamento delle entità strutturate e dei veicoli «fuori bilancio»
L'altro, ritratto in bianco e
nero ( da "Manifesto, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma con la crisi
economica (1873-1896) non cresce soltanto il protezionismo, ma anche il rigetto
degli stranieri, accusati di portare via il lavoro ai francesi. Sembra quello
che sta accadendo oggi in Italia, più di cent'anni dopo: per esempio, risale a
quest'epoca in Francia il tentativo di schedare ad ogni costo i rom.
Pechino sempre più protagonista (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: qualche mese orsono
quando scoppiò la crisi dei mutui subprime. E così è stato. La potenza
finanziaria del Dragone (2mila miliardi di riserve valutarie, e un debito
pubblico tra i più bassi del pianeta) e le sue solide argomentazioni (concreti
vantaggi immediati per le controparti) hanno reso l'offensivadiplomatica cinese
più incisiva.
Quel filo sottile tra
diplomazia e vita privata ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in un sistema diventato
globale, e la crisi finanziaria partita dagli Stati Uniti. Significativo in
questa prospettiva il ricordo del vertice del '99 che celebrava i cinquant'anni
della Nato con gli ex membri del Patto di Varsavia, in cui D'Alema commentò
scherzando: «In questa sala gli ex comunisti sono quasi la maggioranza ».
La principale causa della crisi
finanziaria è la mancanza di regole e di controlli per la finan... (
da "Messaggero, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Giovedì 02 Aprile 2009
Chiudi La principale causa della crisi finanziaria è la mancanza di regole e di
controlli per la finanza. E' ormai chiaro che il mercato non ha saputo
auto-regolamentarsi. Una delle proposte sul tappeto è l'aumento delle risorse
del Fondo monetario. Si parla poi di ridimensionare i paradisi fiscali.
ROMA La loro partita, i leader
hanno iniziato a giocarla già varie settimane f... (
da "Messaggero, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: altro grande fattore
scatenante della crisi finanziaria: l'afflusso verso Pechino di dollari del
consumatore americano, destinati a tornare indietro in cambio di titoli di
Stato Usa. I cinesi inoltre sono disposti a contribuire a sostenere il Fondo
monetario, ma chiedono in cambio più diritti di voto e quindi maggiore
influenza: prospettiva che non piace agli europei.
LONDRA - Con una Londra
attraversata da migliaia di manifestanti infuriati, i leader dei due... (
da "Messaggero, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Uno dei rari temi su
cui ci sarà un sicuro consenso è quello dell'aumento dei mezzi dell'Fmi, che
dovrebbero essere raddoppiati. Anche il protezionismo dovrebbe suscitare la
consueta levata di scudi e un coro di condanne formali, anche se nella pratica
pochi leader sembrano immuni da questo peccato.
Berlino - C'è bisogno di una
sorta di Nazioni Unite anche per l'economia . N... (
da "Messaggero, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il protezionismo è un
veleno per i nostri mercati e purtroppo alcune tendenze verso la
renazionalizzazione delle economie sono già riscontrabili nelle polemiche di
Sarkozy contro le nuove fabbriche automobilistiche aperte in Repubblica ceca».
Secondo lei sono auspicabili nuovi piani congiunturali come quelli invocati da
Obama o Brown?
LONDRA - Tra la richiesta di
nuove e immediate regole per i mercati finanziari di fr... (
da "Messaggero, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Giovedì 02 Aprile 2009
Chiudi dal nostro inviato MARCO CONTI LONDRA - Tra la richiesta di nuove e
immediate regole per i mercati finanziari di francesi e tedeschi e la cautela
di inglesi e americani, Silvio Berlusconi preferisce non schierarsi e rimanda
al G8 di luglio della Maddalena il varo di un nuovo pacchetto norme
internazionali che dovranno regolare i mercati finanziari.
Da oggi a Varese il congresso
dei giovani ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in cui professionisti e
imprenditori si confronteranno alla luce della crisi finanziaria. Il titolo
dell'evento è, infatti, «Una nuova era per l'economia. Dalla crisi alle
opportunità di sviluppo». Oggi alle 15 al Centro congressi Ville Ponti, Luigi
Carunchio, presidente nazionale dell'Unione giovani darà il via ai lavori.
Preso atto dei mutati rapporti
di forza economica e politica dei diversi Paesi, si dovrebbe ... (
da "Messaggero, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: supervisione
sovranazionale dei mercati finanziari per impedire che nuove "bolle"
possano ancora prodursi in futuro. Un quarto indirizzo dovrebbe esprimere la
volontà di sostenere l'economia con un adeguato sostegno della domanda. Si
dovrebbe disegnare uno sforzo cooperativo capace di superare in via transitoria
i vincoli esistenti che nell'Unione Europea sembrano paralizzare l'
Crisi, banche, imprese:
indicazioni per una via d'uscita ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A questa crisi
finanziaria di enorme portata, la cui dimensione non è ancora nota dato che le
banche sono frequentemente sollecitate a fare pulizia nei propri bilanci
eliminando quelle poste attive che rispondono al nome di titoli tossici, è
seguita la crisi reale.
Incontri con il Centro Fidi (
da "Nazione, La (Pisa)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: imprenditori si trovano
ad affrontare in questi mesi di crisi finanziaria. Le aziende soffrono una
stretta creditizia che limita l'accesso vitale ai finanziamenti e le condizioni
di erogazione risultano troppo spesso onerose. Per e studiare le opportune
soluzioni, il Centro Fidi Terziario, Intermediario Finanziario riconosciuto da
Banca d'Italia, insieme alla Confcommercio Pisa,
La cura per le imprese in crisi (
da "Nazione, La (Pisa)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sostegno delle imprese
in difficoltà o in aperta crisi. Una situazione di chiara emergenza alla cui
soluzione offre ora un contributo importante il convegno promosso dall'Andaf
(Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari) in programma
oggi nella Sala Azzurra della Scuola Normale, nel palazzo del Consiglio dei
Dodici e nel Tribunale dell'Ordine in piazza dei Cavalieri.
G20 a rischio flop, Obama in... (
da "Giornale.it, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma è costretto a subire
gli effetti di una crisi finanziaria nata negli Usa e che gli Usa, da soli, non
possono risolvere. L'America è costretta a chiedere e dunque a concedere. Alla
Russia, ed era previsto; ma anche alla Cina, con un gesto simbolico poco
mediatico ma, politicamente, molto significativo.
vertice usa-russia: prima
intesa sul nucleare ( da "Messaggero Veneto, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: misure efficaci contro
la crisi finanziaria mondiale». Il persistere di divergenze é stato invece
constatato sul progetto americano di scudo antimissile in Europa centrorientale
e sul conflitto armato russo-georgiano della scorsa estate. I due presidenti
hanno poi invitato l'Iran a cooperare con l'Onu per dimostrare che il suo
programma nucleare é di «
prove di disarmo (
da "Tirreno, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: misure efficaci contro
la crisi finanziaria mondiale». Restano invece le differenze sul progetto
americano di scudo antimissile e sul conflitto armato russo-georgiano della
scorsa estate. I due presidenti hanno poi invitato l'Iran a cooperare con l'Onu
per dimostrare che il suo programma nucleare é di «natura pacifica», hanno
espresso la volontà di collaborare per «
G20, tanto rumore per poco. E
l'America non fa più paura ( da "Giornale.it, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata
definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la
diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il
problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
Borse Europa, indici positivi
con banche e auto, focus su Bce ( da "Reuters Italia" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi economica mentre
il mercato attende la decisione della Bce sui tassi di interesse. Attenzioni
rivolte anche al G20 di Londra dove si discute della crisi finanziaria globale
e che vede Francia e Germania chiedere con forza regole chiare e severe per i
mercati finanziari e contro i paradisi fiscali per evitare il risorgere di una
delle peggiori crisi economiche dagli anni Trenta.
A Londra manager in pullover
per sfuggire all'ira anti-banche ( da "Giornale.it, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: furibondi con i
banchieri che per avidità hanno provocato la crisi finanziaria e, di
conseguenza, la crisi economica e la perdita di decine di migliaia di posti di
lavoro. «Damned bankers», maledetti banchieri. «Regulate casino capitalism»,
regolamentate il capitalismo da casinò. La rabbia della folla si è sfogata
contro gli uffici, fortunatamente vuoti, della Royal Bank of Scotland,
Rai, 2008 in rosso con raccolta
pubblicitaria a -3,8%. Mauro Masi verso la direzione generale (
da "PubblicitàItalia.it"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ultimo trimestre nero
della crisi finanziaria, è stata di 47,4 milioni di euro ( 3,8% sul 2007). A
compensare la flessione del fatturato pubblicitario ha contribuito il canone,
il cui incremento ha portato un introito di 31,2 milioni di euro (+2%). Scesi i
costi esterni: il decremento, al netto degli eventi sportivi, è di 70 milioni
di euro in meno rispetto all'
G20: L'ALLEANZA SARKOZY-MERKEL
DI FRONTE AD OBAMA (IMPEGNO USA-RUSSIA PER RIDURRE GLI ARMAMENTI) LONDRA COME
GENOVA: UN MORTO SI ESIBISCE PER GLI ISRAELIANI, COSTRETTA ALLA FUG (
da "Dagospia.com"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: su una doppia foto con
sopra i manifestanti e sotto i 20 leader mondiali partecipanti al vertice: come
prima risposta mondiale alla crisi bisogna riformare un capitalismo sulla via
del fallimento: "Sarkozy e Merkel esigono una nuova regolamentazione"
del sistema finanziario. La manifestazione nella City degenera in scontri,
fermati anche due giornalisti francesi dalla polizia.
Quindicimila a casa nei primi
tre mesi. E non è finita qui ( da "CronacaQui.it" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sulla crisi finanziaria
quella che la Cgil ha presentato ieri al circolo della Stampa. Dati, riferiti
anche alla Lombardia, che allarmano il sindacato, il governo, e tutti quelli
che devono farci i conti. I settori più colpiti sono il tessile, il meccanico e
il chimico, quei "settori chiave" che trainano l'industria italiana,
IL MINISTRO Franco Frattini non
ha avuto tentennamenti nella sua analisi su
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma non solo, Frattini
ha ribadito ancora una volta come San Marino abbia: «la capacità per affermarsi
come interlocutore serio ed affidabile». Torniamo alla crisi finanziaria: c'è
l'esigenza di regole nuove ed efficaci. Occorre una nuova moralità nella finanza
internazionale.
Argomenti:
Crisi
Abstract: sulla crisi finanziaria
e far vedere che almeno per il momento non hanno paura di finire al rogo, come
minacciato dagli anarchici di Class War. Nella piazza di fronte alla Banca
d'Inghilterra, in mezzo a nugoli di manifestanti anarchici con il bavaglio alzato
e ragazzi vestiti con costumi hippie, ieri si sono fatti vedere anche impiegati
nelle banche e nelle assicurazioni della City.
Merkel e Sarkozy:
Argomenti:
Crisi
Abstract: su cui si sono
concentrate tutte le speranze mondiali per uscire dalla crisi finanziaria
diventata economica e sociale, durerà poco: è iniziato ufficialmente ieri sera
con una cena a Downing Street tra i capi di stato e di governo dei 19 paesi
(più l'Unione europea) invitati a Londra. E finirà oggi alle 15,30, con la
prevista conferenza stampa.
Crisi economica
Argomenti:
Crisi
Abstract: proprio impegno a
evitare il protezionismo e ad assicurare relazioni economiche con la Cina
stabili e durature. Carico di nubi è rimasto invece il rapporto con l'Unione
europea. Durante una conferenza stampa assieme al premier britannico, Gordon
Brown, il presidente statunitense, dopo aver invitato gli altri Paesi a fare
fronte comune e ad agire con urgenza contro la crisi globale,
Regole o stimoli? Divisi i
grandi del mondo ( da "Avvenire" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo».
Un'affermazione (e una promessa) che i Venti avevano fatto già a Washington lo
scorso novembre, ma che i Paesi in via di sviluppo più colpiti dalle barriere
doganali aspettano ancora di veder mantenuta. Secondo la Banca mondiale,
infatti, dall'inizio della recessione ben 17 dei 20 Grandi hanno imposto limiti
alle importazioni e al libero scambio per proteggere le
Si chiama politica la ricetta
contro la rabbia ( da "Giornale.it, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: chiamata a dare
risposte concrete per contenere e superare la grave crisi finanziaria ed
economica che ci affligge. Troppe riunioni a vuoto, tanti annunci di misure in
parte poi disattese, molte previsioni sbagliate hanno caratterizzato la vita di
questi ultimi due anni testimoniando, così, un'incertezza grave della politica
mondiale dinanzi alla più grande crisi dal 1929 in poi.
Borse europee volano verso G20
e BCE ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Intanto i mercati
guardano al vertice del G20 a Londra, dove si discute della crisi finanziaria
globale, e alla Banca Centrale Europea, che secondo quanto atteso, si appresta
ad una nuova riduzione del costo del denaro. Le previsioni sono per un taglio
di 50 punti base, portando così il tasso di riferimento al nuovo minimo storico
dell'1%.
MICHELLE OBAMA STRAPPA IL
PROTOCOLLO E SI AGGRAPPA AL COLLO DELLA REGINA FILIPPO, IL PRINCIPE GAFFEUR NON
SI SMENTISCE IL CONTROVERSO "BASTARDS" DI TARANTINO A CANNES - UN
RENE ( da "Dagospia.com" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Filippo di Edimburgo La
crisi finanziaria globale per un po´ s´appanna: gli occhi dei paparazzi sono
puntati su Michelle. Tant´è, scrive una penna al cianuro del Guardian, che
"Carlà" (Bruni-Sarkozy) ha preferito restarsene a casa, cioè
all´Eliseo (...) Nella prima ventiquattrore europea, Michelle non rilascia
dichiarazioni auliche.
Affari: 'Silvio, Avanti
Savoia'">Emanuele ad Affari: 'Silvio, Avanti Savoia' (
da "Affari Italiani (Online)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: LA CRISI: "NESSUNO
HA LA RICETTA. BISOGNA TIRARE LA CINGHIA" - Interpellato sulla crisi
finanziaria, Emanuele invita all'austerity: "Ovviamente non c'è una bella
prospettiva. Credo molto negli aiuti del Parlamento europeo alle piccole e medie
imprese.
Busca: prende il via la
stagione teatrale con il Marcovaldo (
da "Targatocn.it"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: spettacolo è fortemente
penalizzato dalla crisi finanziaria e dai tagli alla spesa pubblica e, in particolare,
alla cultura. A questo proposito l?associazione Marcovaldo ha presentato un
nuovo progetto Interreg ? ?Confrontations Artistiques Transfrontaliéres? - che
vede come capofila il Comune di Savigliano e ha come partner francese la
Comunità dei Comuni della Moyenne Durance,
conroe ha detto: Ennesimo
show-gaffe di Zapatero al G20 + Espana: durante l'agognata foto di famiglia, è
uscito improvvisamente dal gruppo per lanciarsi in una drammatica esibizion (
da "KataWeb News"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere
sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori
la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
MARCO ESPOSITO DOPO TANTE
PREVISIONI PIù O MENO ALEATORIE SULLA DISOCCUPAZIONE, ARRIVANO CIF... (
da "Mattino, Il (Benevento)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E del resto la crisi
finanziaria non ha destato davvero l'allarme finché, a metà dello scorso
settembre, non hanno fatto il giro del mondo le foto delle persone in carne e
ossa che uscivano dagli uffici della Lehman Brothers con gli scatoloni di
cartone in mano.
UN SECONDO INDIRIZZO DOVREBBE
GARANTIRE AI MERCATI CHE GLI SQUILIBRI FONDAMENTALI CHE SONO ALLA BASE... (
da "Mattino, Il (Benevento)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: gli squilibri
fondamentali che sono alla base della crisi finanziaria, in primo luogo gli
squilibri dei conti pubblici e dei conti con l'estero americani, saranno
gradualmente contenuti, evitando che i debiti che essi producono siano
svalutati esportando inflazione. Un terzo indirizzo dovrebbe esprimere la
volontà condivisa di riformare le regole che guidano la finanza mondiale.
IN CRESCITA NONOSTANTE LA CRISI
FINANZIARIA E ECONOMICA INTERNAZIONALE. L'ASSEMBLEA DEI SOCI DE... (
da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In crescita nonostante
la crisi finanziaria e economica internazionale. L'assemblea dei soci della
Banca della Campania ha approvato il bilancio 2008 dando il via libera alla
proposta di distribuzione di un dividendo più ricco rispetto al passato, pari a
0,60 euro per azione, il 20% in più rispetto al 2007 (0,5 euro per azione).
Merkel-Sarkozy, ultimatum a
Obama sulle regole ( da "Corriere della Sera" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Una severa
regolamentazione dei mercati finanziari non è negoziabile, ha spiegato Merkel,
che ha riproposto il punto centrale della posizione franco-tedesca, cioè la
lista dettagliata di ciò che va sottoposto al nuovo regime: «Nessun paradiso
fiscale, nessuna istituzione, nessun prodotto finanziario dev'essere sottratto
al controllo»,
Il vertice del giugno '33 e
quel no di Roosevelt ( da "Corriere della Sera" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Aprì la strada al
protezionismo e all'autarchia tedesca. Fertilizzò il terreno alla Seconda
Guerra Mondiale. L'analogia inquietante è che anche allora, lo spartiacque
principale fosse tra gli Stati Uniti e gli europei, Gran Bretagna e Francia in
testa. E che anche allora un presidente americano fosse determinato ad
aumentare la spesa,
Draghi: le misure anti-crisi
funzionano già ( da "Corriere della Sera" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi funzionano già
ROMA Le misure varate da tutti i paesi per combattere la crisi «cominciano ad
avere effetto», come dimostrano i miglioramenti di alcune variabili del mercato
finanziario. A dirlo è il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, al suo
arrivo a Londra dove partecipa al G20 dei capi di Stato e di Governo nella sua
veste di presidente del Financial stability
Banco Popolare, nuovo scatto (
da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 02/04/2009 - pag: 33 La Giornata in
Borsa di Giacomo Ferrari Banco Popolare, nuovo scatto La seduta era iniziata
male ma proprio in prossimità della chiusura gli indici hanno cambiato direzione.
Così l'S&P-Mib è terminato in rialzo dell'1,08% e il Mibtel dello 0,93%.
Corre Telecom, promossa da
Goldman ( da "Corriere della Sera" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 02/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Corre Telecom, promossa
da Goldman (g.fer.) Con il nuovo incremento registrato ieri (+5,25%, che si
aggiunge al +3,13% della seduta precedente) la quotazione di Telecom Italia
torna a superare, sia pure di poco, la soglia di 1 euro (1,022 euro la
quotazione di riferimento)
Telecinco cerca partner, il
titolo sale ( da "Corriere della Sera" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 02/04/2009 - pag: 33 Il caso a Madrid Telecinco cerca partner,
il titolo sale (g.fer.) Telecinco, la controllata spagnola di Mediaset,
potrebbe crescere attraverso l'accorpamento con altre emittenti spagnole. A
condizione, però, come ha annunciato ieri il presidente Alejandro Echevarria ai
soci riuniti in assemblea,
Finanziari (
da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 02/04/2009 - pag: 33 33
Economia/Mercati Finanziari Corriere della Sera Giovedì 2 Aprile 2009
Per l'Europa il G2 è una
iattura ( da "Corriere della Sera" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Protezionismo. Nel 2009
si prevede una caduta nel volume del commercio mondiale del 9%. Malgrado la
difficoltà delle previsioni, l'ordine di grandezza colpisce se si pensa che tra
il 1998 e il 2008 c'è stata una crescita medio annua di quasi il 6%.
e Repliche (
da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nonostante la crisi
finanziaria, a meno di voler considerare quest'ultima come un tempo si diceva
della "congiuntura", fatalisticamente giustificatrice di tutto.
Angelo De Mattia, Roma Le ricerche sui terremoti Nell'articolo a firma
Francesco Alberti sul Corriere del primo aprile, dal titolo «Prevedo un
terremoto: e un ricercatore scatena la psicosi»
Greenpeace al G20: le persone e
il clima sono la priorità! ( da "Sestopotere.com" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria. In
Brasile 15 attivisti dal ponte della baia di Guanabara a Rio de Janeiro hanno
srotolato uno striscione di 50 metri con il messaggio “Leader del mondo: Prima
il clima e le persone!”. Al G20 di Londra si incontreranno per la prima volta
il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il Presidente della Repubblica
Popolare Cinese Hu Jintao le più grandi
itg ha detto: Catalano sei solo
un cretino. Voi parlate di paesi PIU' RICCHI e vi dimenticate che il
Lussemburgo è molto più ricco dello UK. (
da "KataWeb News"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere
sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori
la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Fim-Cisl, da oggi a San Nicola
il congresso regionale ( da "Denaro, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Un comparto che sta
pagando un caro prezzo alla crisi economica. Basti pensare anche alle numerose
aziende dell'indotto auto costrette a ricorrere alla cig dopo la riduzione
delle commesse da parte della Fiat". "Nel Casertano", aggiunge
Guida, "l'attuale crisi finanziaria si è aggiunta alla precedente crisi
che ha colpito il settore dell'elettronica e delle telecomunicazioni.
Rinnovabili, un business in
crescita ( da "Galileo" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Secondo quanto previsto
dal Report il primo trimestre 2009 sarà difficile per tutte le rinnovabili, a
causa del rinforzo negativo tra difficoltà legate all?accesso al credito e
crisi finanziaria internazionale. L?effetto più probabile è che nel corso di
quest?anno molti progetti vengano rinviati o sospesi. (r.s.)
G 20. Slitta la lista nera dei
paradisi fiscali ( da "Rai News 24" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: misure per affrontare
la crisi finanziaria globale. Per la Bbc tra i punti dell'intesa c'è l'aumento
dei finanziamenti al Fondo monetario internazionale, che passeranno da 250 a
750 miliardi di dollari. Inoltre, i leader delle 20 maggiori economie del mondo
si sarebbero anche detti d'accordo nel "citare le responsabilità" di
quei Paesi che violano le regole sul libero commercio.
Vertice G20, Brown: altri 1.000
mld dollari contro la crisi ( da "Reuters Italia" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria. I
nuovi fondi, annuncia il premier britannico Gordon Brown padrone di casa del
summit londinese, verranno messi a disposizione attraverso il Fondo monetario
internazionale e altre istituzioni. Illustrando le conclusioni dei lavori
iniziati ieri a Londra, l'inquilino di Downing Street precisa che gli aiuti
aggiuntivi proverranno per 500 milioni dal Fondo e 250 milioni
Crisi, dal G20 ecco altri mille
miliardi Paradisi fiscali: via libera alla lista nera (
da "Giornale.it, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è stata una forte
volontà di cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza:
"Non sforeremo il deficit" Londra - Mille miliardi di dollari a
sostegno dell?economia mondiale alle prese con la grave crisi finanziaria. E'
questa la principale decisione presa dai 20 leader più importanti della terra
oggi a Londra.
Che tristezza, la Cnn (e un
certo giornalismo). ( da "Giornale.it, Il" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata
definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la
diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il
problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
G20, mille miliardi e no
paradisi fiscali Obama: "E' una svolta per la ripresa" (
da "Giornale.it, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è stata una forte
volontà di cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza:
"Non sforeremo il deficit" Londra - Mille miliardi di dollari a
sostegno dell?economia mondiale alle prese con la grave crisi finanziaria. E'
questa la principale decisione presa dai 20 leader più importanti della terra
oggi a Londra.
La favola del G20 (
da "AprileOnline.info"
del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: evitare il
protezionismo e le svalutazioni competitive; 3) aumentare le risorse a
disposizione del FMI (EU e Giappone hanno messo rispettivamanete 75 di euro e
100 miliardi di dollare); 4) nel medio termine regolare le istituzioni
finanziarie private; 5) modificare la composizione del FMi per aumentarne i
fondi e ridargli un poco di lustro,
SCHEDA - Chi ha avuto cosa dal
vertice del G20? ( da "Reuters Italia" del 02-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: una causa che il cancelliere
Angela Merkel aveva perorato anche prima della crisi finanziaria. Il Giappone
aveva detto che la regolamentazione dovrebbe venire dopo il salvataggio
dell'economia globale. Risultato: chiaro impegno del vertice a estendere
regolamentazione e sorveglianza a tutte le istituzioni finanziarie importanti,
gli strumenti e i mercati.
( da "KataWeb News" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 26 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin
Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva
immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di
permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il
progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche
sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in
Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende
economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno
autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de
Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca
di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a
«convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo
inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di
Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di
altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli
ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli
statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti
defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la
battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista,
è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa
un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi
elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della
Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli
Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la
chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è
infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio
di così!
( da "Giornale di Brescia"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione:
02/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano Disarmo atomico,
riparte il negoziato tra Usa e Russia Ufficializzata la strategia del «voltiamo
pagina». Nuovo vertice Obama-Medvedev si terrà in luglio a Mosca LONDRAI
presidenti Barack Obama e Dmitri Medvedev hanno ufficializzato ieri, nel loro
primo incontro a Londra, la comune volontà di effettuare un «reset» nei
rapporti tra Stati Uniti e Russia, annunciando la ripresa di negoziati per la
riduzione degli armamenti nucleari strategici, con l'obiettivo di sostituire il
Trattato Start 1 del 1991 che scade a fine anno (il termine «reset» era stato
usato dieci giorni fa da Hillary Clinton quando incontrò il ministro degli
esteri russo, Lavrov, a Bruxelles). In un colloquio alla vigilia del vertice
del G20, i due giovani presidenti - insieme hanno 90 anni - hanno detto di aver
incaricato i rispettivi negoziatori di preparare proposte per il nuovo Trattato
sugli arsenali strategici entro il prossimo luglio, quando Barack Obama si
recherà a Mosca per incontrare nuovamente Medvedev. «Abbiamo concordato di
aprire una nuova pagina nei nostri rapporti», ha detto il presidente Medvedev
(43 anni) al termine del colloquio con Obama (47 anni), durato circa un'ora e
25 minuti, più dei 50 minuti previsti. I contrasti che negli ultimi tempi hanno
segnato in negativo i rapporti tra Mosca e Washington - ha aggiunto il leader
del Cremlino - «non erano nell'interesse né della Russia né degli Stati Uniti,
né della stabilità globale». «Dopo questo incontro io guardo con ottimismo al
futuro dei nostri rapporti con gli Stati Uniti», ha aggiunto il leader del
Cremlino, che si è detto «felice» di vedere nuovamente Obama a Mosca il
prossimo luglio. In una dichiarazione congiunta diffusa dopo l'incontro tra
Medvedev e Obama - svoltasi in territorio americano, nella residenza
dell'ambasciatore Usa a Londra - si sottolinea la volontà dei due Paesi di
lavorare per arrivare a «un mondo libero dal nucleare». Per questo, affermano i
due presidenti, è necessario «andare oltre sulla strada della riduzione degli
arsenali strategici». «La lotta alla proliferazione nucleare può essere
un'ottima partenza» per il rilancio dei rapporti tra Usa e Russia, ha affermato
Barack Obama. Il Trattato Start 1 (Strategic Arms Reduction Treaty) fu firmato
il 31 luglio 1991 a Mosca dall'allora presidente sovietico Mikhail Gorbaciov e
dal presidente americano George Bush (senior). Esso prevede una riduzione del
30% degli arsenali strategici offensivi russi e americani (di allora), e scade
alla fine di quest'anno. Nel documento congiunto, Obama e Medvedev hanno al
tempo stesso sottolineato la volontà di lavorare insieme per «rafforzare la
sicurezza in Europa» e definire «misure efficaci contro la crisi finanziaria mondiale». Il
persistere di divergenze è stato invece constatato sul progetto americano di
scudo antimissile in Europa centrorientale e sul conflitto armato
russo-georgiano della scorsa estate. Anche se Mosca e Washington intendono in
entrambi i casi impegnarsi per cercare di trovare punti di intesa, in un
rinnovato spirito di cooperazione. I due presidenti hanno poi invitato l'Iran a
cooperare con l'Onu per dimostrare che il suo programma nucleare è di «natura
pacifica», hanno espresso la volontà di collaborare per «favorire la stabilizzazione
della situazione in Afghanistan» e si sono detti preoccupati per il prossimo
lancio del missile balistico nordcoreano, suscettibile di «nuocere alla
stabilità nella regione».
( da "Cittadino, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Usa-Russia,
"reset" sul disarmo Obama e Medvedev rilanciano i rapporti fra i due
Paesi MOSCAI presidenti Barack Obama e Dmitri Medvedev hanno ufficializzato
ieri, nel loro primo incontro a Londra, la comune volontà di effettuare un
"reset" nei rapporti tra Stati Uniti e Russia annunciando la ripresa
di negoziati per la riduzione degli armamenti nucleari strategici, con
l'obettivo di sostituire il Trattato Start 1 che scade a fine anno. In un
colloquio alla vigilia del vertice del G20 in programma nella capitale
britannica, i due giovani presidenti - insieme hanno 90 anni - hanno detto di aver
incaricato i rispettivi negoziatori di preparare proposte per il nuovo Trattato
sugli arsenali strategici entro il prossimo luglio, quando Barack Obama si
recherà a Mosca per incontrare nuovamente Medvedev. «Abbiamo concordato di
aprire una nuova pagina nei nostri rapporti», ha detto il presidente Medvedev
(43 anni) al termine del colloquio con Obama (47 anni), durato circa un'ora e
25 minuti, più dei 50 minuti previsti. I contrasti che negli ultimi tempi hanno
segnato in negativo i rapporti tra Mosca e Washington - ha aggiunto il leader
del Cremlino - «non erano nell'interesse né della Russia né degli Stati Uniti
né della stabilità globale». «Dopo questo incontro io guardo con ottimismo al
futuro dei nostri rapporti con gli Stati Uniti», ha aggiunto il leader del
Cremlino, che si è detto «felice» di vedere nuovamente Obama a Mosca il
prossimo luglio. In una dichiarazone congiunta diffusa dopo l'incontro tra
Medvedev e Obama - svoltasi in territorio americano, nella residenza
dell'ambasciatore Usa a Londra - si sottolinea la volontà dei due paesi di
lavorare per arrivare a «un mondo libero dal nucleare». Per questo, affermano i
due presidenti, é necessario «andare oltre sulla strada della riduzione degLi
arsenali strategici». »La lotta alla proliferazione nucleare può essere
un'ottima partenza» per il rilancio dei rapporti tra Usa e Russia, ha affermato
Barack Obama.Il Trattato Start 1 (Strategic Arms Reduction Treaty) fu firmato
il 31 luglio 1991 a Mosca dall'allora presidente sovietico Mikhail Gorbaciov e
dal presidente americano George Bush (senior). Esso prevede una riduzione del
30% degli arsenali strategici offensivi russi e americani, e scade alla fine di
quest'anno. Nel documento congiunto, Obama e Medvedev hanno sottolineato la
volontà di lavorare per «rafforzare la sicurezza in Europa» e definire «misure efficaci contro la crisi
finanziaria mondiale». Il persistere di divergenze è
stato invece constatato sul progetto americano di scudo antimissile in Europa
centrorientale e sul conflitto armato russo-georgiano della scorsa estate. I
due presidenti hanno poi invitato l'Iran a cooperare con l'Onu per dimostrare
che il suo programma nucleare è di «natura pacifica», hanno espresso la
volontà di collaborare per «favorire la stabilizzazione della situazione in
Afghanistan».(Ansa)
( da "Tribuna di Treviso, La"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Riccati,
lezione di legalità con Borraccetti Il procuratore capo di Venezia ha parlato
di mafia e politica Studenti a lezione di legalità martedì all'Istituto tecnico
per ragioneri Riccati di Treviso. A salire in cattedra è stato un docente di
prestigio, ossia il procuratore capo di Venezia, Vittorio Borraccetti, che ha
illustrato le diverse facce della criminalità organizzata che agisce in Italia.
Partendo dal concetto di mafia come «sistema d'impresa», il procuratore
Borraccetti ha spiegato agli studenti trevigiani le organizzazzioni criminali
che non appaiono, con le proprie azioni, nei giornali o in televisione: ovvero
non solo la mafia del sangue e quella degli attentati dinamitardi ai giudici,
ma anche quella che crea e reinveste denaro in attività illegali e che, grazie
a questo sistema di riciclaggio, è in grado di autoalimentarsi. Temi all'ordine
del giorno anche la relazione fra mafia e politica, la prostituzione e la storia
del radicamento della criminalità organizzata in determinate aree del paese. A
conclusione dell'incontro, dal relatore è stato rivolto un invito ai ragazzi a
creare una cultura della legalità, anche a partire dai piccoli comportamenti
quotidiani. «Da tempo abbiamo deciso di creare degli spazi di riflessione su
temi importanti all'interno dell'attività scolastica - spiega la vicepreside
dell'istituto tecnico, Maria Cristina Mozzato - Per questo abbiamo trasformato
le ore delle assemblee d'istituto in momenti di discussione e approfondimento.
Per altro sono gli stessi studenti ad avanzare le proposte sui temi, in base ai
loro interessi». In questo contesto si inserisce anche la
due giorni di assemblea sulla crisi economica, che inizierà domani con la presenza dei docenti
dell'Università Cà Foscari di Venezia, Paolo Biffis e Alberto Giacomini. Tema
dell'appuntamento «Sistema bancario e crisi
finanziaria». All'incontro (che non è aperto al
pubblico) sono invitati i ragazzi delle quarte classi. Sabato, invece, i
due esperti discuteranno con gli studenti delle quinte di «Crisi finanziaria e recessione economica». Ogni incontro sarà
preceduto da un'attività seminariale che i ragazzi svolgeranno con i propri
docenti di economia. A conclusione del dibattito, a partire dalle 12, gli
studenti stenderanno una relazione sull'attività svolta durante le giornate.
(Laura Canzian)
( da "Secolo XIX, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
"Vita,
lavoro e famiglia"incontro della Cisl Provincia, il pisano Parenti nuovo
segretario generale sindacato da ieri al lavoro "VITA, lavoro e
famiglia" sono i temi del convegno organizzato dalla Cisl in
collaborazione con l' Mcl in programma domani alle 17,30 nella sala
multimediale di Teleliguriasud. «Di fronte alla crisi finanziaria nella quale l'uomo è
diventato oggetto del sistema economico -spiega Pierluigi Peracchini,
segretario dell'Ust Cisl - si presenta la necessità di ripensare alla
costruzione di un sistema sociale e democratico che metta al centro la
persona». Nel dibattito ,aperto dalla prolusione del vescovo, monsignor
Francesco Moraglia, interverranno Franco Peretti, consigliere nazionale Mcl,
Egidio Pedrini, manager ed ex parlamentare e Anna Maria Furlan, segretaria
confederale nazionale Cisl. .x/02/0904 HA PRESO servizio ieri il nuovo
segretario generale della Provincia. Si tratta di Michele Parenti, pisano.
Segretario della Convenzione dei Comuni toscani di Castelfranco di Sotto e
Fucecchio, dal 1998 direttore generale del Comune di Castelfranco, è
coordinatore degli sportelli unici per le attività produttive del Distretto del
cuoio, caso di eccellenza a livello nazionale. Il nuovo segretario generale,
inoltre, è docente e consulente per le agenzie formative TiForma del gruppo
Anci Toscana e Cispel Toscana in materia di appalti ed espropriazioni. «A
questo punto della vita professionale ho creduto significativo arricchire la
mia esperienza con un incarico presso un ente di più grandi dimensioni», ha
dichiarato Parenti nel presentarsi a coloro che lo affiancheranno
nell'attività. Il nuovo segretario generale ha già tenuto incontri con il presidente
dell'amministrazione provinciale, Marino Fiasella, nonché con gli assessori e i
dirigenti dell'ente territoriale di via Veneto. L'auspicio di tutti è che venga
avviata una proficua collaborazione nell'interesse comune. Primi compito da
affrontare per il dirigente pisano, il coordinamento dei dirigenti dell'ente al
fine di migliorare sempre più il funzionamento della macchina provinciale e,
più in generale, il processo di riorganizzazione dell'ente. .x/02/0904
( da "Finanza e Mercati"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Fortis
mette in pausa il deal con Bnp da Finanza&Mercati del 02-04-2009 Fortis
Holding si prepara a rimandare la presentazione, all'assemblea dei soci, del
piano di vendita del braccio bancario ai francesi di Bnp Paribas. Mossa che,
agli occhi degli scettici, non fa che accrescere i dubbi sul fatto che l'operazione
vada effettivamente in porto. Gli azionisti di Fortis, che lo scorso mese hanno
bloccato la cessione a Bnp del 75% di Fortis Banque da parte del Belgio,
dovrebbero votare l'operazione ( le cui condizioni sono state riviste) a
Utrecht l'8 aprile e a Bruxelles il 9 aprile. Va considerato, in ogni caso, che
la Corte d'Appello di Bruxelles martedì ha disposto che abbiano diritto di voto
solo i detentori di azioni Fortis all'epoca dello spezzatino, operato lo scorso
ottobre. Colpita in pieno dalla crisi
finanziaria, la holding finanziaria ha chiesto l'aiuto delle autorità del Benelux l'anno scorso.
Dopo una prima tranche di aiuti a settembre, il governo olandese ha
nazionalizzato a inizio ottobre le attività di bancassurance in Olanda e il
Belgio e ha assunto il controllo al 100% della filiale bancaria belga Fortis
Banque con l'obiettivo di ricollocare il 75% del capitale al gruppo
francese Bnp Paribas. Il piano è stato tuttavia bocciato dagli azionisti di
Fortis Holding già l'11 febbraio. Nel gruppo sono oggi raggruppate le attività
rimaste dopo lo smembramento e la società ha precisato che le perdite più
consistenti sono state accusate in occasione della vendita delle attività
bancarie, in particolare 20,8 miliardi su Fortis Bank e 8,6 miliardi su Fortis
Bank Nederland per un totale di 27,4 miliardi.
( da "Libertà" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Entro
l'anno debutterà la più grande banca islamica roma - Entro la fine dell'anno,
il Gruppo bancario del Bahrain, Al Baraka, lancerà la più grande banca islamica
del mondo. Lo ha reso noto il giornale di Dubai Gulf News, secondo il quale, il
«numero uno» di Al Baraka, Adnan Yousuf - che è anche presidente dell'Unione
delle Banche arabe - ha annunciato che «sono ormai completati i preparativi per
il lancio» della nuova banca. «Alla luce dell'attuale crisi finanziaria mondiale, il
presidente di Al Baraka, Shaikh Saleh Kamel, non ha tirato i remi in barca, al
contrario ha accelerato le procedure per il varo del nuovo istituto di
credito», ha rilevato Yousuf. Secondo la fonte, la nuova «mega banca», avrà un
capitale iniziale equivalente a 10 miliardi di dollari, raccolti
attraverso una serie di offerte pubbliche e stock option private. 02/04/2009
( da "Arena, L'" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
02 Aprile 2009 PROVINCIA Pagina 23 VALPOLICELLA E VALPANTENA. Nel 2008 ben
diciannove aziende hanno cessato l'attività e l'export è calato del 17,3 per
cento. Preoccupati i sindacati Cgil, Cisl e Uil Marmo, sempre più crisi Si mobilita il vescovo Oggi a Sant'Ambrogio monsignor
Zenti e il presidente provinciale Mosele incontreranno parroci e sindaci. Già
mille lavoratori in cassa integrazione Un addetto al settore del marmo su sei è
in cassa integrazione. Lo rivelano i sindacati Cgil, Cisl e Uil, convinti che
nei primi tre mesi del 2009 si siano raggiunte le perdite del 2008. I dati
parlano chiaro. [FIRMA]MILLE IN CASSA INTEGRAZIONE. Delle seicento aziende
presenti nel veronese, oltre sessanta hanno chiesto la cassa integrazione per
oltre mille loro dipendenti. E il numero è destinato ad aumentare. Non solo.
Secondo i dati della Camera di Commercio, nel 2008 ben 19 aziende hanno chiuso.
Il trend non sta migliorando nel 2009, anzi peggiora. L'ultima impresa,
l'American Graniti di Affi, ha cessato l'attività la settimana scorsa, e «in
bilico», secondo i sindacati, ce ne sono minimo altre dieci. L'EXPORT È CALATO
DEl 17,3% La mortalità delle aziende nel 2008 è stata più alta della natalità
(3,07 per cento contro il 2,05): colpa soprattutto dell'export che l'anno
scorso è calato del 17,3 per cento rispetto al 2007, nonostante il settore del
marmo resti il quarto per importanza nelle esportazioni, dopo i macchinari
generali, il vino e i macchinari speciali. La ripresa economica sembra ormai
una luce sempre più fioca in fondo a un tunnel sempre più lungo e questo non
contribuisce a dare fiducia ai lavoratori in genere, figuriamoci ai
cassintegrati. La paura serpeggia, soprattutto nei paesi dove la lavorazione
del marmo rappresenta la più diffusa attività produttiva e riciclarsi in altri
settori diventa difficile. SI MOBILITA IL VESCOVO. La situazione è
preoccupante, tanto che il presidente della Provincia Elio Mosele e il vescovo
Giuseppe Zenti hanno deciso di confrontarsi con i sindaci e
i parroci della zona su quella che definiscono «una grave crisi finanziaria che investe l'economia
reale della nostra provincia con gravi riflessi sulla vita dei lavoratori».
L'invito, è arrivato a quattordici Comuni: Affi, Brentino Belluno, Caprino,
Cavaion, Dolcè, Ferrara di Monte Baldo, Fumane, Marano, Negrar, Rivoli, San
Pietro In Cariano, Sant'Ambrogio, Sant'Anna d'Alfaedo e San Zeno.
All'incontro, che sarà questa sera alle 20.30 nella sala consiliare del Comune
di Sant'Ambrogio, parteciperà anche l'assessore provinciale alle politiche del
lavoro Lucio Campedelli. Gianluigi Meggiolaro, segretario provinciale Uil,
categoria edili, non è ottimista. «Si fa prima a dire quali aziende non sono in
cassa integrazione», commenta amaro. «Il 2009 si è aperto in modo molto pesante
per le aziende, la situazione si è aggravata. A giugno finiranno molti periodi
di cassa integrazione, se il mercato non si riprenderà saranno guai». Salvatore
Meli, responsabile di Fillea (comparto lapideo) Cgil, riassume così la
situazione: «Arrivano pochi ordini e i pagamenti dei clienti sono in ritardo,
le aziende vanno i rosso e si rivolgono alle banche, che per tutta risposta
invitano a saldare i fidi pregressi, la liquidità si riduce a zero, le imprese
finiscono in ginocchio. Punto. Il meccanismo purtroppo è questo», afferma il
sindacalista, snocciolando alcuni dati sui licenziamenti: «Nel 2008 in dieci
aziende sono stati licenziati complessivamente 52 dipendenti, mentre nei primi
mesi del 2009 in cinque aziende ne sono stati licenziati 43». Meli tocca poi un
altro tasto dolente: i numeri relativi alla cassa integrazione: «Nel 2008 18
aziende l'hanno chiesta per 204 dipendenti. Nei primi tre mesi del 2009,
invece, 36 aziende hanno chiesto la cassa integrazione per 626 persone e quella
straordinaria per altre 237. Per non parlare dei contratti a tempo determinato,
non più rinnovati alla scadenza». LA SITUAZIONE È DEGENERATA. Il sindacalista
non ha dubbi: «La situazione è degenerata all'inizio dell'anno e peggiorerà
quando termineranno i periodi delle casse integrazioni (si possono richiedere
quattro blocchi di 13 settimane ciascuno, ndr). Il vero problema è che le
aziende fanno poco sistema, poco gioco di squadra», prosegue. «Bisogna rendersi
conto che una volta terminata la crisi, dopo aver
contato i «morti», cioé le aziende e i lavoratori che non ci saranno più, le
imprese dovranno rimboccarsi le maniche e andare avanti. Se vorranno competere
dovranno associarsi, spetta agli imprenditori decidere come». Un concetto su
cui punta anche Samuele De Carli, operatore di Filca Cisl. «Sono molto
preoccupato, non tanto per la crisi, ma perché non si
capisce come le aziende vogliano affrontarla. Qualcosa deve cambiare. Se
pensano di ripartire con lo stesso piede saranno fuori mercato. Bisogna fare
investimenti, avere macchinari nuovi, per essere concorrenziali e lavorare con
l'export. I "rivali" non sono le altre aziende dalla Valdadige o
della Valpantena, ma i brasiliani e gli indiani. Occorre essere pronti al fatto
che alcune produzioni spariranno, che si dovrà puntare su lavori più
specializzati». De Carli spinge perché le aziende mettano insieme alcuni
servizi. «Che senso ha che si presentino alla fiera di Dubai dieci aziende
veronesi divise? È un dispendio di costi pazzesco. È necessario mettere insieme
le forze, consorziarsi». DIFFICILE TROVARE UN ALTRO LAVORO. De Carli sottolinea
poi un'altra difficoltà: «Nelle zone dove l'attività prevalente è quella del
marmo, i lavoratori faranno fatica a ricollocarsi. Dovranno allora cambiare
lavoro, ma occorrerà una riqualificazione professionale. Come potranno averla?
Chi gliela darà? Infine c'è un'altra questione. Cgil, Cisl e Uil», sottolineano
De Carli e Meli, «stanno affrontando la questione dei disoccupati con gli enti
locali, perché ci saranno Comuni che ne avranno un gran numero che busserà alle
loro porte. E allora cosa faranno? Sarà un problema sociale e bisognerà pensare
per tempo come fronteggiarlo».
( da "Gazzettino, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
2 Aprile 2009, La gravità dei problemi economici esistenti richiede che dal G20
che si tiene oggi a Londra esca con chiarezza un messaggio unitario convincente e coeso capace di riportare la fiducia sui mercati
finanziari globali. La crisi coinvolge tutti, anche se con radici e modalità diverse. Ma vi è
un comune interesse, una sorta di bene pubblico, che l'incontro esprima alcuni
indirizzi condivisi sui temi essenziali. Essi devono ricevere una risposta
forte e urgente per il superamento della crisi e per la ripresa dell'economia. Ovviamente è dalla
finanza che può (e deve) ripartire quel segnale di maggiori controlli e rigore
che stacchi nettamente con il passato e trasmetta un flusso di fiducia
indispensabile per attenuare l'impatto contagioso della crisi
sull'economia reale e le tante (troppe) disuguaglianze. Il primo indirizzo
dovrebbe esprimere la volontà di fare emergere i titoli tossici che inquinano i
bilanci delle istituzioni finanziarie che sono particolarmente ingenti
soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Perché questa emersione possa
avvenire con successo, deve ripartire la leva finanziaria
che si è eccessivamente ridotta. Senza l'aumento della leva i rendimenti dei
nuovi fondi creati dal ministro del Tesoro americano per fare scoprire il
valore dei titoli tossici non attrarrebbero nessuno e quindi i titoli tossici
non emergerebbero. D'altro canto, la ripresa della leva è necessaria per
riportare la trasparenza dei bilanci delle banche e quindi la fiducia, entrambe
condizioni indispensabili per fare ripartire la concessione di crediti per la
ripresa dei consumi e degli investimenti. Un secondo indirizzo dovrebbe
garantire ai mercati che gli squilibri fondamentali che sono alla base della crisi finanziaria, in primo luogo gli squilibri dei conti
pubblici e dei conti con l'estero americani, saranno gradualmente contenuti,
evitando che i debiti che essi producono siano svalutati esportando inflazione.
(Segue a pagina 23)
( da "Provincia Pavese, La"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domani
Finlombarda presenta le occasioni per le imprese PAVIA. Domani mattina (a
partire dalle 9) nell'aula magna della Questura, Finlombarda presenta le
opportunità per le aziende della Regione Lombardia. Il titolo dell'incontro è
"Crisi finanziaria: le sfide della Regione Lombardia a supporto delle
imprese". Evento è organizzato dalla società finanziaria della Regione, presieduta dal pavese Paolo Chirichelli e dalla
Regione Lombardia. Finlombarda nasce per promuovere finanziamenti innovativi
dedicati alla realizzazione di interventi per lo sviluppo del territorio.
In particolare, con l'incontro di domani mattina vuole focalizzare l'attenzione
su 13 misure a favore dell'economia lombarda che prevede un investimento totale
di 351 milioni di euro. Il nuovo progetto che venerdì verrà presentato si
chiama "Made in Lombardy". E' una nuova soluzione tesa a migliorare
le condizioni di accesso al credito per le piccole e medie imprese
manifatturiere. Importante opportunità per tutti i piccoli imprenditori.
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 8
- Esteri Parla il premier ceco Topolanek presidente di turno della Ue: ci sono
troppe barriere economiche e mentali tra di noi e la politica Usa non aiuta
"Trascurata l´Europa dell´Est rischiamo un nuovo Muro" La crisi di governo a Praga non deve preoccupare Bruxelles
Anche l´Italia negli anni passati ha cambiato premier senza influire sulla
presidenza di turno ANDREA TARQUINI DAL NOSTRO INVIATO PRAGA - «Impariamo a
capirci meglio, altrimenti sullo sfondo della crisi
internazionale un nuovo Muro, il Muro dell´incomprensione, del sospetto, della
diffidenza reciproci, sorgerà e tornerà a dividere l´Europa. E i vincitori non
saranno né l´Ovest né l´Est della Ue, ma solo i nazionalismi, la xenofobia, la
diffidenza verso la democrazia e l´ideale di Europa». Così dice a Repubblica il
presidente di turno dell´Unione europea, il premier liberalconservatore cèco,
Mirek Topolanek. Signor primo ministro, la crisi
politica a Praga, presidente di turno Ue, non le sembra un grave problema per
l´Europa? «Trovo divertente che la domanda venga da un giornalista italiano:
spesso da voi i governi duravano al massimo una stagione. E nella Ue ciò non ha
mai creato problemi. Regoleremo la situazione nell´ambito della democrazia. Non
è una situazione felice ma non avrà influenze sulla presidenza Ue». Ma nel
resto della Ue la preoccupazione è forte. «Certo, su questo non ho certezze
assolute. L´opposizione è stata irresponsabile a causare la crisi
nel mezzo della presidenza di turno cèca. Non ha reso un buon servigio agli
altri paesi piccoli e medi della Ue. Perché i paesi maggiori ricevono un nuovo
argomento contro il sistema di rotazione». Lei è sicuro di restare premier fino
alla fine del semestre? «Penso sia improbabile. Ma non è il problema più
serio». Ma non la allarma il timore che l´Est diventi il nuovo focolaio d´instabilità della crisi economica internazionale? «Questa è una grossa menzogna.
L´epicentro della crisi
internazionale sono gli Usa. La crisi finanziaria ed economica colpisce alcuni paesi di più, e altri di meno, sia
tra i vecchi che tra i nuovi membri Ue. Noi al contrario dell´Italia non
abbiamo dovuto investire un soldo per salvare le banche. Vedo uno sforzo
di trasferire gli effetti della crisi altrove dalle
sue origini. Il pregiudizio contro l´Est è totalmente scorretto». Vent´anni
dopo la caduta del Muro, non teme un nuovo muro nelle teste, un muro di
diffidenza, sfiducia verso le idee costitutive della democrazia e dell´Europa?
«Non a caso lo slogan della presidenza cèca della Ue è `Europa senza barriere´.
Non si tratta solo delle barriere nel mercato unico, ma delle barriere mentali.
La crisi è molteplice: finanziaria,
energetica, economica. E´uno dei maggiori test che da decenni per la Ue e il
progetto europeo». Teme cioè per il futuro dell´idea di Europa? ««Sì. L´Europa
può andare avanti solo senza nuove barriere interne. I Consigli europei hanno
detto chiari no al protezionismo e al nazionalismo
economico. Ma la crisi ha indebolito l´entusiasmo
europeo: xenofobia, nazionalismo, problemi sociali montano. Affrontarli insieme
è una priorità». Il vertice Ue-Obama sarà un fallimento? «Non è vero. Vedrò
Obama tre volte nei prossimi giorni: al G20, al vertice Nato, e qui a Praga
dove la nuova amministrazione si presenterà alla Ue. Verificheremo i livelli di
consenso Non temo scontri al vertice». Ma allora perché ha criticato la
politica economica di Obama? «Insensato! Ho solo espresso la mia preoccupazione
per un possibile trend protezionista Usa accoppiato a incentivi fiscali. La Ue
posa su pilastri precisi: riforme strutturali, apertura, liberalizzazione dei
mercati mondiali, regulation, misure fiscali. Le discussioni al G20 saranno
accese. Se l´economia Usa non riparte non c´è uscita dalla crisi».
Bce e fondo monetario sono in allarme per il centro-est europeo. «Spero che si
preoccupino anche della situazione dell´Italia. Ogni paese in difficoltà va
aiutato». (Ha collaborato Petr Pisa)
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9
- Esteri Il personaggio "Non sono incinta" il debutto di Michelle
domina la scena Debutto da star, ieri, per la First Lady degli Stati Uniti.
Michelle Obama, al suo esordio sulla ribalta europea, si presenta ai fotografi
con un cappottino imbrillantato di lustrini quando scende dall´Air Force One e
tocca terra a Londra, poi con un twin-set da copertina di Vogue quando esce
dalla Cadillac One di fronte al numero 10 di Downing Street; infine con un
disinvolto completo nero quando sbarca a Buckingham Palace per l´udienza
privata reale. E finisce che è lei, con la sua statura, a troneggiare sulla
regina Elisabetta II. La crisi
finanziaria globale per un po´ s´appanna: gli occhi
dei paparazzi sono puntati su Michelle. Tant´è, scrive una penna al cianuro del
Guardian, che "Carlà" (Bruni-Sarkozy) ha preferito restarsene a casa,
cioè all´Eliseo. Lei, la First Lady, si fa precedere da uno "scoop":
«Ti darò un´anteprima», lancia all´amica Oprah Winfrey, che la
intervista: «Non sono incinta, né conto su una gravidanza». Dichiarazione
destinata ad azzittire le voci su una incipiente maternità. E la pancetta?
domanda Oprah. Michelle si fa scudo, snocciolando gli esercizi quotidiani:
ginnastica, ma in più, avverte: «Salto con la corda, pratico il kickboxing, mi
piace il Pilates». Come dire: la sua forma è assai costosa. Nella prima
ventiquattrore europea, Michelle non rilascia dichiarazioni auliche. Fa sapere
d´essersi preparata a lungo per l´incontro con la regina. E si capisce: è la
prima volta dell´avvocato di Chicago alla Corte dei Windsor. Poi trapela dal
protocollo che lei ha manovrato per sedersi accanto a J. K. Rowling, la
romanziera di Harry Potter, al banchetto offerto da Sarah Brown, la consorte
del premier. Fra gli ospiti, nella platea affollata di donne manager,
scienziate, artiste e letterate, svetta anche Naomi Campbell. C´è da
scommettere: sarà un bel match di stelle. (a.v.b.)
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 6
- Economia Asse Sarkozy-Merkel contro gli Usa "Qui e ora nuove regole
sulla finanza" G20 ad alta tensione. Obama: ognuno faccia la propria parte
L´economia Il vertice dei Grandi è iniziato con il ricevimento dalla regina e
la cena a Downing Street ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente loNDRA -
Si chiama summit del Gruppo dei 20, ma a cena a Downing Street, ieri sera, i
posti a tavola erano 29, senza contare quelli per le signore in una sala
separata, e la disposizione è importante: Barack Obama sedeva accanto ad Angela
Merkel, forse nella speranza che il salmone scozzese (quello del menù, non
Gordon Brown) facesse fare la pace ai due litiganti, magari coadiuvato da
Silvio Berlusconi, che gli stava di fronte; mentre dell´altro «dissidente», il
presidente francese Nicolas Sarkozy, si occupava il premier britannico padrone
di casa, lavorandolo al fianco insieme al presidente cinese Hu Jintao. La
diplomazia delle poltrone, una volta tanto, potrebbe essere decisiva: perché il
G20 iniziato ieri con il ricevimento a Buckingham Palace offerto dalla regina
Elisabetta appare seriamente spaccato. Da un parte il
vecchio asse franco-tedesco, che esige massima regulation sui mercati finanziari e respinge nuove
misure per stimolare l´economia, ossia nuovi pacchetti di aiuti pubblici che
indebitino governi e contribuenti; dall´altra i tradizionali alleati, America e
Regno Unito, più il Giappone, che preferirebbero il contrario. Di solito
i leader arrivano ai vertici internazionali quando tutto è stato già deciso dal
lavoro preparatorio dei cosiddetti sherpa. Ma questa volta non è così. Nel
carosello di colloqui bilaterali che ha riempito la giornata di ieri, mentre
dalla City arrivava l´eco della battaglia tra dimostranti anti-capitalismo e
polizia, il dissenso emerso alla vigilia è stato riconfermato, nonostante gli
sforzi di Brown e di Obama di gettare acqua sul fuoco. «Il comunicato finale
deve delineare con passi concreti la nuova architettura dei mercati
finanziari», ossia di una nuova severa regulation, «e i paesi che non
mantengono gli accordi vanno sbugiardati», ha tuonato Angela Merkel dopo il suo
incontro con Sarkozy. Il quale, forse piccato di passare in secondo piano a
causa della presenza della «stella» Obama, ha addirittura alzato il tono
rispetto alla già ventilata minaccia di andarsene prima della fine: «Francia e
Germania parleranno con una voce sola. Vogliamo risultati concreti dal vertice.
Vogliamo le basi di una nuova regulation finanziaria,
e questo obiettivo non è negoziabile. Non mi associerò con un summit che
finisca con un comunicato fatto di falsi compromessi». E ancora: «Al momento,
l´accordo non c´è. La conversazione prosegue, ma i progetti presentati non
vanno bene a Francia o Germania». Un fiume in piena. Ad arginarlo ci hanno
provato, anch´essi dopo un incontro a due, Obama e Brown. «La verità è che si
sta discutendo solo su questioni marginali. Comunque ognuno faccia la propria
parte, lo stimolo alla crescita non può dipendere solo dagli Usa», ha detto il
presidente americano. «Sulla sostanza non ci sono diverbi. E l´idea che alcuni
di noi stiano opponendo resistenza a chi preme per imporre maggiori regole è
fasulla». Gordon Brown ammette che raggiungere un accordo «non sarà semplice»,
ma si dice fiducioso di farcela. C´è da sperare che il salmone ai finocchi di
mare e cavoli, seguito da spalla d´agnello con funghi e salsa alla menta, per
finire con crostata calda con crema, tutti piatti preparati dal celebrity-chef
Jamie Oliver con ingredienti britannici, non siano rimasti sullo stomaco dei
commensali. Oggi dovranno consumare il summit vero e proprio, ed entro stasera
sapremo se qualcuno l´ha trovato indigesto.
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 6
- Economia Tutti i paesi del G20 si siedono al tavolo di Londra con problemi e
obiettivi diversi Dalla Cina agli Usa, valzer delle debolezze così i Grandi
cercano la ricetta della ripresa Scontro sulle colpe e sugli assetti di potere
che usciranno alla fine della recessione ANDREA BONANNI DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA - Non sarà un summit facile. Lo ha detto a chiare lettere Nicholas
Sarkozy. Lo ha lasciato capire Angela Merkel. Lo ha ammesso indirettamente
perfino Barack Obama, che pure nella sua prima missione europea è ben
determinato a mostrare il volto di un´America tornata sorridente, amichevole,
all´occasione perfino umile nell´ascoltare e nel cercare di capire le esigenze
degli altri. Ma non sono tanto le divergenze, pure importanti, che rendono
difficile il colloqui tra i Grandi, quanto piuttosto l´impossibilità di trovare
una ricetta che ponga fine alla crisi e riporti indietro le lancette
dell´orologio a quegli anni di «sviluppo insostenibile», che però faceva comodo
a tutti. Ben consapevoli di quanto sia impari il compito che li aspetta, i capi
di governo reagiscono in modo diverso ma tutti con il medesimo obiettivo di
nascondere la loro impotenza collettiva. C´è chi, come gli americani e i
cinesi, cerca di abbassare le aspettative sui risultati, si sforza di
accentuare i punti di accordo e di mettere la sordina ai dissidi. Ma intanto
Cina e Stati Uniti, legati a doppio filo dal gigantesco problema del debito
americano, hanno già stabilito un tavolo bilaterale di «Dialogo strategico ed
economico» che costituisce forse l´embrione di un «G2» destinato a pilotare il
Pianeta. E poi ci sono gli europei, Sarkozy e Merkel in prima linea, che invece
cercano di alzare le aspettative, perché sanno benissimo che, con il G8 che non
conta più nulla e con il G20 troppo affollato ed eterogeneo per decidere
davvero le sorti del mondo, l´Europa rischia di essere marginalizzata dai
tavoli dove si fanno le scelte veramente importanti. Infine c´è il contorno
degli altri Paesi. C´è la Russia, che ha capito subito come gira il vento e
spende il proprio peso militare, secondo solo a quello degli Usa, per impegnare
Obama in una trattativa di disarmo bilaterale riaffermando così il ruolo di
grande potenza mondiale che il crollo dei prezzi energetici le ha tolto. C´è il
Giappone, nella non invidiabile situazione di una potenza economica che assomma
i problemi di chi ha un debito pubblico in crescita esponenziale (come gli
Stati Uniti o la Gran Bretagna) e di chi ha un´economia basata su esportazioni
ormai crollate ai minimi termini (come la Germania o la Cina). E ci sono gli
altri, i paesi emergenti come il Brasile, l´India, la Turchia a cui la crisi
sta tagliando sotto i piedi l´erba dei capitali internazionali che avevano
finanziato e sostenuto la loro travolgente crescita economica. Otterranno da
questo vertice un impegno a lottare contro il protezionismo. Ma la vera corda che li
sta strangolando è il drenaggio dei canali di credito internazionale. I
contrasti che arrivano a questo vertice dei Venti hanno almeno due piani di
lettura. Quello più palese, e ormai ampiamente dibattuto, vede da una parte gli
americani, che reclamano dagli altri più investimenti pubblici per tornare a
far girare il motore dell´economia mondiale, ma che sono restii ad
affidare ad organizzazioni internazionali la governance dei mercati
finanziari globali le cui regole fino a ieri erano state decise a Wall
Street in splendida solitudine. Dall´altra ci sono gli europei, che non
vogliono spendere più di quanto hanno già fatto anche per non creare una
ennesima bolla che renderebbe precaria pure la nuova ripresa economica, ma che
reclamano a gran voce un set di regole internazionali condivise per governare i
mercati finanziari. Ma parallelo a questo dibattito,
che al vertice si risolverà come sempre con una buona dose di compromesso, c´è
un altro contrasto che nasce dall´analisi delle presunte «colpe» della crisi e
investe già gli assetti di potere che usciranno al termine della recessione. E´
la polemica tra i Paesi come l´America che, con l´enorme deficit della loro
bilancia dei pagamenti, hanno alimentato la crescita forzosa ed illusoria di
questi anni, e quelli come la Germania o la Cina, che hanno accumulato un
enorme surplus di ricchezza traendo beneficio dall´indebitamento degli altri.
E´ la riedizione in forma globale dell´eterno scontro tra le cicale e le
formiche. Gli europei, con la notevole eccezione della Gran Bretagna, si
identificano piuttosto con le formiche, considerano gli americani come i primi
responsabili della crisi e trovano logico che siano loro a pagare il conto più
salato e ad accettare quelle regole che finora si erano limitati ad imporre al
resto del mondo. Dall´altra parte gli Usa rinfacciano all´Europa, alla Cina e
al Giappone di essersi arricchiti sulla pelle e sui debiti dei consumatori
americani. E reclamano da chi ha un forte surplus di bilancia dei pagamenti un
adeguato contributo a far ripartire l´economia. Il nuovo ordine mondiale
nascerà dalla soluzione di questo braccio di ferro. Ma è ancora presto per
capire dove si troverà il punto di compromesso.
( da "Finanza e Mercati"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Solo il
pharma salva M&A e banche Usa da Finanza&Mercati del 02-04-2009 Merger
and acquisition con il freno a mano tirato. Nel primo trimestre l'importo
complessivo delle operazioni è del 14% inferiore a quello del trimestre
precedente e del 30% in meno rispetto a un anno fa. L'unico comparto in
movimento è quello farmaceutico: un settore che ha offerto in questo primo
scorcio di 2009 una seria opportunità di guadagno per le investment bank.
L'M&A che ha investito l'intero settore ha infatti permesso di ricavare
laute commissioni, e la parte del leone l'hanno fatta Goldman Sachs, Jp Morgan
e Morgan Stanley. Lo studio di MergerMarket non lascia adito a dubbi: Morgan
Stanley ha superato Jp Morgan per valore delle transazioni, dopo che nel 2008
era scivolata al settimo posto della classifica (per importo delle operazioni)
e all'undicesimo (per numero di operazioni). Ma nel primo trimestre la mega
acquisizione di Petro Canada da parte di Suncor Energy ha permesso a Morgan
Stanley il salto in avanti. Ma dopo quasi un biennio di crisi finanziaria e la scomparsa di
attori del calibro di Lehman, Citigroup e Merrill Lynch ha catapultato alla
ribalta boutique finanziarie quali Greenhill & Co. o Evercore Partners.
Allo stesso modo hanno guadagnato posizioni anche Barclays (dal 29° al settimo
posto a livello globale) e Nomura Holdings, passato dal 24° al secondo
posto in Asia. Ad avvantaggiare i colossi a stelle e strisce è stato però anche
il fatto che gran parte dell'M&A abbia coinvolto la Corporate Usa. In
termini di valore delle transazioni, il 49% reca infatti la bandiera americana
(era il 31% un anno fa), anche a causa del calo delle operazioni straordinarie
in Asia: di recente, la Cina ha bloccato alcune operazioni di rilievo, fra cui,
la più nota, è stata quella tentata da Coca-Cola sulla Huiyuan, azienda quotata
che produce succhi di frutta.
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
28 - Commenti QUEL SOLCO TRA USA E EUROPA (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) L´assenza
di una leadership riconosciuta. Di ricette condivise. Perfino di un´analisi
comune della crisi. Obama misura i limiti della sua influenza sul resto del
mondo. Ha un carisma universale paragonabile a John Kennedy. Ma la sua capacità
di dettare l´agenda internazionale è ai livelli di Jimmy Carter, un minimo
storico per l´America. Non solo deve fare i conti con il peso crescente della
Cina; perfino l´Europa è ben più riottosa del previsto. Obama credeva di avere
fatto abbastanza per soddisfare il Vecchio continente. Una
settimana fa il suo segretario al Tesoro annunciava una riforma drastica dei
controlli sui mercati finanziari: hedge fund e derivati finiranno sotto la stessa vigilanza che
disciplina le banche tradizionali. La lotta ai paradisi fiscali ha avuto una
svolta con la "profanazione" del segreto bancario svizzero da parte
del fisco americano. Ancora prima di aver varcato la soglia dei 100
giorni Obama ha avviato lo smantellamento graduale di trent´anni di
neoliberismo. In cambio si aspettava un gesto da parte dell´Europa: più risorse
pubbliche da spendere per le manovre di rilancio della crescita. Invece l´asse
Sarkozy-Merkel incalza Obama chiedendogli di più: in particolare un´authority
globale per la regolazione dei mercati finanziari. è
un´idea difficilmente accettabile per Obama e soprattutto per il Congresso di
Washington, riluttante a qualsiasi passo che somigli ad una "cessione di
sovranità". Ma si inserisce perfettamente nell´atmosfera di processo al
capitalismo finanziario angloamericano. La Merkel e
Sar-kozy sono gli interpreti moderati dello stesso risentimento che ha riempito
di manifestanti le vie di Londra. In fondo è la stessa rivolta contro il
modello anglosassone la ragione per cui l´Europa nega a Obama nuove iniezioni
di spesa pubblica. La Merkel denuncia il rischio di una esplosione dei deficit
foriera di futura inflazione. Una crisi provocata dall´eccesso di debito finanziario non si cura con altre overdose di indebitamento:
è la linea della cancelliera che riscuote consensi in Europa. Le incomprensioni
sono quasi incolmabili. Gli americani non misurano l´importanza del Welfare
State europeo, che con le sue tanto deprecate "rigidità" attutisce
l´impatto sociale della recessione: basta confrontare le cifre dei
licenziamenti da una parte e dall´altra dell´Atlantico. D´altronde molti
europei non sembrano convinti che il rischio di una Grande Depressione sia
reale. Visti dagli Stati Uniti, dove quello scenario viene preso molto sul
serio, certi nostri governanti ricordano l´incoscienza di Herbert Hoover nel
1929. La Cina può aspirare a un ruolo di arbitro. Per la portata della sua
maximanovra di spesa pubblica (quasi 500 miliardi di euro) Hu Jintao è più in sintonia
con Obama. D´altra parte i dirigenti cinesi condividono l´aspirazione europea a
una riforma concertata delle regole della finanza. Vi aggiungono una richiesta
così radicale da suonare quasi come una provocazione: la fine del ruolo del
dollaro come valuta globale, per ridurne gli effetti destabilizzanti. Il ballon
d´essai lanciato dal governatore della banca centrale cinese ci ricorda che
dentro questo G-20 avvengono assestamenti sismici: il totale dei paesi
rappresentati fa l´85% del Pil del pianeta, ma la parte dell´Occidente si
rattrappisce a gran velocità. Certe divergenze sono quasi inconciliabili perché
derivano da ruoli opposti nella divisione internazionale del lavoro. Da una
parte ci sono paesi strutturalmente debitori che hanno usato la leva della
finanza per colmare l´insufficienza di risparmio interno: Obama e Brown
governano due di questi Stati. Dall´altra ci sono nazioni strutturalmente
esportatrici che hanno accumulato attivi commerciali: Hu Jintao e la Merkel da
questo punto di vista sono sullo stesso lato della barricata. Lo scontro
fondamentale verte su come andranno ripartiti i sacrifici per uscire dalla
Grande Recessione. Con quali livelli di tassazione delle generazioni attuali e
future. Con quali scappatoie di "consolidamento dei debiti"
attraverso svalutazioni e inflazioni. I leader riuniti al summit odierno
faranno di tutto per evitare che le apparenze ricordino il precedente storico
più infausto: la conferenza di Londra del 1933, finita con un clamoroso
fallimento, proprio mentre il mondo si avvitava nella Grande Depressione. è
utile rievocare anche il seguito. Tra i paesi più efficaci nel combattere la
disoccupazione di massa si segnalò la Germania di Hitler. Oggi non c´è un
Hitler all´orizzonte; ma un modello di capitalismo illiberale e autoritario, la
Cina, sta usando questa recessione per rafforzare la sua influenza mondiale. è
un paese che ha il vantaggio di saper mobilitare investimenti statali a una
velocità ineguagliabile. Sarebbe anche la sede ideale di un prossimo G20, se lo
si preferisce senza no global e senza vetrine infrante.
( da "Unita, L'" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
«La
rivolta anticrisi riporterà in scena estremisti e
xenofobi» Lo storico britannico: Obama trova un'Europa diminuita come la sua
America ma a differenza di Bush ha capito che l'Occidente ormai non può uscire
dal tunnel da solo UMBERTO DE GIOVANNANGELI Trovo «naturale che in una
situazione come questa, in cui somme colossali sono state depredate da
personaggi incompetenti, ai quali non si sarebbe dovuto affidare neanche un
negozio di rigattiere, si manifesti un disagio sociale che rischia di
trasformarsi in una "jacquerie" metropolitana, in una rivolta di
piazza che non trova sbocchi politici. Sono abbastanza pessimista. Perché penso
che quando la disoccupazione crescerà ulteriormente, la protesta esploderà e a
trarne vantaggio saranno i gruppi xenofobi estremisti». Gli scontri di Londra e
l'incontro tra Barack Obama e i leader europei analizzati da uno dei più
autorevoli storici europei: il professor Donald Sassoon, autore di numerosi
saggi, tra i quali quello in questi giorni nelle librerie: «La Cultura degli
Europei» (Rizzoli, 2009). Professor Sassoon, quale Europa trova il presidente
Usa Barack Obama? «Trova una Europa fondamentalmente disunita su come
affrontare la crisi. Ma Obama in Europa non incontra
solo l'Europa, ma incontra anche l'India, il Brasile, la Cina. Mi riferisco al
G-20, divenuto più importante del G-8....». Cosa significa questo? «C'è stata
una accettazione da parte dell'Occidente che il mondo non gli appartiene più.
Obama non trova solo una Europa disunita, trova anche una Europa
"diminuita". E anche l'America è "diminuita": ed Obama,
essendo una persona intelligente, lo ha capito e lo ha anche praticamente
detto, nei limiti permessi ad un presidente degli Stati Uniti. Obama è venuto
per ascoltare, per fare le cose insieme, insistendo nel suo primo discorso sul
concetto che l'America da sola non può far uscire il mondo da questa fase
estremamente critica». In questo riconoscimento c'è quella visione
multilaterale di Obama che sembra essere il punto di rottura rispetto al suo
predecessore ? «Bush viveva in un mondo utopico, dove gli Stati Uniti non
avevano bisogno di nessuno; un mondo dove l'America, forte della sua potenza
militare, si muoveva come fosse l'unica, inattaccabile, iper potenza
planetaria. Obama arriva sull'onda della sconfitta di questa politica e, in un
certo senso, rappresenta un'America che è stata "diminuita". Quando
lui dice che bisogna essere più multilaterali, non è che offra una soluzione su
cosa fare. Nega la vecchia "soluzione", rivelatasi fallimentare, del
passato, ma non sa qual è quella nuova. E tra l'altro ha anche ragione, perché
sarebbe un ben strano multilateralismo quello in cui un solo soggetto,
l'America, delinea e impone un modus operandi». Nell'affrontare
una drammatica crisi finanziaria, economica e sociale, quale convergenza è è ipotizzabile tra
l'America di Obama e l'Europa? «C'e innanzitutto una convergenza sul
riconoscimento della gravità della crisi, ma non c'è ancora una linea comune su come uscirne fuori.
Tutti sanno cosa non è più possibile fare ma nessuno ha un progetto. Ed è
difficile avere un progetto, perché non esiste più una potenza egemone, come fu
l'America nel secondo dopoguerra, che impose almeno al mondo occidentale un
progetto di ricostruzione dell'economia - il Piano Marshall, gli accordi di
Bretton Woods. la creazione di organizzazioni mondiali dove gli Stati Uniti
avevano un peso enorme - che tutto sommato funzionò. E funzionò perché c'era
qualcuno a Washington - sostenuto dall'economia manifatturiera allora la più
forte al mondo, da una finanza e da una potenza militare le più forti al mondo
- che ha potuto imporre quel progetto. Questa situazione non c'è più e dunque
non esiste un modello "imponibile". Ad aggravare la situazione ci
sono diversi leader del mondo occidentali, a cominciare da Gordon Brown, che
oggi scoprono la necessità di un capitalismo morale, di una nuova regolation...
Ma dov'erano, cosa pensavano, quando manager incapaci, ma con potenti agganci
politici, dilapidavano ricchezze colossali?». Quali sono le prove più onerose
che Usa ed Europa hanno di fronte? «Noi continuiamo a parlare di America ed
Europa, come se fossero sempre e solo loro, di concerto, a comandare i giochi.
Invece non è più così. Si dovrebbe invece parlare molto di più di Cina e Stati
Uniti. Perché è lì che si giocherà la partita vera dei prossimi
venti-trent'anni. L'industria manifatturiera si è spostata per la prima volta
nella storia del mondo, dall'Occidente all'Oriente. E questa è una novità
epocale con la quale tutti noi occidentali dovremo fare i conti». Intervista a Donald
Sassoon
( da "Unita, L'" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Obama
con Hu, niente dazi con Medvedev più disarmo GIANNI MARSILLI Obama ha visto il
russo Medvedev, e ha confermato l'avvio dei negoziati per il rinnovo del
trattato Start che scade il prossimo dicembre. Il vecchio trattato stabiliva di
ridurre il numero delle testate atomiche fino a 1700-2000, l'intento è di
andare ben oltre sulla strada del disarmo nucleare. I NEGOZIATI Il negoziato
bilaterale comincerà subito, in modo che una bozza di accordo sia sul tavolo
del Cremlino già da luglio, quando Obama vi si recherà in visita ufficiale:
«Prometto che studierò il russo», ha detto il presidente americano, elegante e
sorridente da par suo. Con Medvedev hanno messo a punto anche un comunicato
congiunto, nel quale ci si felicita per «il nuovo tono delle nostre relazioni»,
dopo che «negli ultimi anni c'erano stati attriti che conducevano nella
direzione sbagliata, una situazione che non era nell'interesse degli Usa, della
Russia né della stabilità globale». Più prudenti le parole sull'Iran, tuttavia
congiuntamente invitato a cooperare con l'Onu e a dimostrare la natura pacifica
del suo programma nucleare. I due hanno ammesso senza ipocrisie che permangono
disaccordi su questioni come la Georgia o lo scudo spaziale, ma la sostanza è
che hanno voluto dare il segnale di una svolta concreta, e il viaggio in Russia
ne sarà il coronamento. Obama ha visto anche il premier cinese Hu Jintao, dando
l'impressione, suo malgrado, che all'interno del G20 alberghi ormai un vero G2.
Andrà in Cina nella seconda metà dell'anno, dopo che sarà stato formato e reso
operativo un «gruppo di dialogo strategico ed economico» al massimo livello.
Per gli Stati Uniti ne faranno parte la segretaria di Stato Hillary Clinton e
il responsabile del Tesoro Tim Geithner. La vera cogestione della crisi
mondiale si farà soprattutto in quella sede: i due leader ieri si sono trovati
d'accordo per «combattere il protezionismo» (con buona pace di certe tentazioni europee) e sostenere di
concerto il commercio globale e i flussi di investimento. La coppia di giganti
si appresta a fare un pezzo di strada insieme, mossa dal comune interesse di
rilancio della domanda, facilitata dalla scomparsa della stolidità imperiale
che fu di Bush e Cheney. Quanto ai diritti umani, si sono limitati
all'impegno di «far ripartire la discussione prima possibile». Non è molto, ma
è meglio di niente. Ma sarà oggi che il G20 metterà i piedi nel piatto della
crisi. La riunione si annuncia difficile e piuttosto ruvida. Sul piede di
guerra sarà in particolare Nicolas Sarkozy, che anche ieri si è detto
«insoddisfatto» della bozza di accordo già redatta. Il presidente francese
esige «decisioni concrete» su faccende spinose quali i paradisi fiscali, il
controllo delle agenzie di rating e dei fondi speculativi, gli emolumenti dei
top manager e degli operatori finanziari, altrimenti praticherà la politica
della «sedia vuota», cioè prenderà cappello e infilerà la porta, sancendo così
il fallimento del vertice. D'accordo con lui si è detta Angela Merkel, anche se
ha introdotto una nota meno battagliera: «Andarsene dal summit? Non credo sia
l'idea migliore». Merkel ha aperto uno spiraglio anche per future, eventuali
nuove iniezioni di soldi, anche se «la Germania ha già fornito un contributo
enorme». Ciononostante, «non è da escludere» che se ne riparli già oggi.
QUALCHE CREPA L'asse Parigi-Berlino, come si vede, mostra qualche crepa, nella
misura in cui Sarkozy non intende più allargare i cordoni della finanza
pubblica. Hanno tentato di ammansirlo, con i sorrisi che si dedicano al
giamburrasca della situazione, anche Obama e Gordon Brown, all'unisono in
conferenza stampa mattutina: «Nicolas Sarkozy parteciperà stasera alla cena, e
resterà fino alla fine», ha detto il premier britannico. L'atteggiamento di
Sarkozy trova spiegazione soprattutto nel malcontento sociale francese, che
pare acuirsi ogni giorno di più. In conclusione, l'esordio all'estero del
presidente americano non poteva essere migliore: padrone dei dossier, dotato di
visione planetaria, autorevolmente cordiale. L'esatto contrario del suo
predecessore. L'America è di ritorno, e stavolta non sulla punta delle
baionette ma sull'onda di una grande offensiva politico-diplomatica. La
giornata trascorsa ieri da Obama a Londra ne è la riprova più evidente.
( da "Unita, L'" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Obama ha
visto il russo Medvedev, e ha confermato l'avvio dei negoziati per il rinnovo
del trattato Start che scade il prossimo dicembre. Il vecchio trattato
stabiliva di ridurre il numero delle testate atomiche fino a 1700-2000,
l'intento è di andare ben oltre sulla strada del disarmo nucleare. I NEGOZIATI
Il negoziato bilaterale comincerà subito, in modo che una bozza di accordo sia
sul tavolo del Cremlino già da luglio, quando Obama vi si recherà in visita
ufficiale: «Prometto che studierò il russo», ha detto il presidente americano,
elegante e sorridente da par suo. Con Medvedev hanno messo a punto anche un
comunicato congiunto, nel quale ci si felicita per «il nuovo tono delle nostre
relazioni», dopo che «negli ultimi anni c'erano stati attriti che conducevano
nella direzione sbagliata, una situazione che non era nell'interesse degli Usa,
della Russia né della stabilità globale». Più prudenti le parole sull'Iran, tuttavia
congiuntamente invitato a cooperare con l'Onu e a dimostrare la natura pacifica
del suo programma nucleare. I due hanno ammesso senza ipocrisie che permangono
disaccordi su questioni come la Georgia o lo scudo spaziale, ma la sostanza è
che hanno voluto dare il segnale di una svolta concreta, e il viaggio in Russia
ne sarà il coronamento. Obama ha visto anche il premier cinese Hu Jintao, dando
l'impressione, suo malgrado, che all'interno del G20 alberghi ormai un vero G2.
Andrà in Cina nella seconda metà dell'anno, dopo che sarà stato formato e reso
operativo un «gruppo di dialogo strategico ed economico» al massimo livello.
Per gli Stati Uniti ne faranno parte la segretaria di Stato Hillary Clinton e
il responsabile del Tesoro Tim Geithner. La vera cogestione della crisi
mondiale si farà soprattutto in quella sede: i due leader ieri si sono trovati
d'accordo per «combattere il protezionismo» (con buona pace di certe tentazioni europee) e sostenere di
concerto il commercio globale e i flussi di investimento. La coppia di giganti
si appresta a fare un pezzo di strada insieme, mossa dal comune interesse di
rilancio della domanda, facilitata dalla scomparsa della stolidità imperiale
che fu di Bush e Cheney. Quanto ai diritti umani, si sono limitati
all'impegno di «far ripartire la discussione prima possibile». Non è molto, ma
è meglio di niente. Ma sarà oggi che il G20 metterà i piedi nel piatto della
crisi. La riunione si annuncia difficile e piuttosto ruvida. Sul piede di
guerra sarà in particolare Nicolas Sarkozy, che anche ieri si è detto
«insoddisfatto» della bozza di accordo già redatta. Il presidente francese
esige «decisioni concrete» su faccende spinose quali i paradisi fiscali, il
controllo delle agenzie di rating e dei fondi speculativi, gli emolumenti dei
top manager e degli operatori finanziari, altrimenti praticherà la politica
della «sedia vuota», cioè prenderà cappello e infilerà la porta, sancendo così
il fallimento del vertice. D'accordo con lui si è detta Angela Merkel, anche se
ha introdotto una nota meno battagliera: «Andarsene dal summit? Non credo sia
l'idea migliore». Merkel ha aperto uno spiraglio anche per future, eventuali
nuove iniezioni di soldi, anche se «la Germania ha già fornito un contributo
enorme». Ciononostante, «non è da escludere» che se ne riparli già oggi.
QUALCHE CREPA L'asse Parigi-Berlino, come si vede, mostra qualche crepa, nella
misura in cui Sarkozy non intende più allargare i cordoni della finanza
pubblica. Hanno tentato di ammansirlo, con i sorrisi che si dedicano al
giamburrasca della situazione, anche Obama e Gordon Brown, all'unisono in
conferenza stampa mattutina: «Nicolas Sarkozy parteciperà stasera alla cena, e
resterà fino alla fine», ha detto il premier britannico. L'atteggiamento di
Sarkozy trova spiegazione soprattutto nel malcontento sociale francese, che
pare acuirsi ogni giorno di più. In conclusione, l'esordio all'estero del
presidente americano non poteva essere migliore: padrone dei dossier, dotato di
visione planetaria, autorevolmente cordiale. L'esatto contrario del suo
predecessore.
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
XII - Palermo I PRECARI, LA POLITICA LA CITTà SENZA MERCATO LAURA AZZOLINA L e
proteste degli ultimi giorni dei lavoratori socialmente utili, che a un passo
dalla definitiva realizzazione di quel vecchio mito - l´assunzione nel ruolo di
dipendente comunale - hanno visto vacillare il loro futuro, costituiscono il
capitolo più recente di una lunga e intensa storia di rapporti fra pubblico
impiego e potere politico. Che desta disappunto e preoccupazione per il futuro.
Si tratta innanzitutto di un ciclo che si apre nei primi anni Novanta, dopo la
riforma per l´elezione diretta dei sindaci, quando cioè le aspettative per il
cambiamento politico erano alte. Un pezzo importante di responsabilità di
questo ciclo di precarizzazione-regolarizzazione va infatti addebitato a
Leoluca Orlando che, pur godendo di un consenso elettorale che per una volta
non era di tipo clientelare, aprì le maglie a un uso redistributivo e
assistenziale delle risorse pubbliche (regionali prima e statali poi), creando
fino a oltre seimila precari in cinque anni. Al commissario straordinario
Guglielmo Serio si deve poi l´apertura della strada della stabilizzazione, con
l´assunzione di più di 1.500 persone. Viene quindi la volta del sindaco Diego
Cammarata, che prosegue per la strada delle assunzioni per chiamata diretta dei
precari nelle aziende controllate dal Comune, Amia in testa. Il tutto senza
interrompere le assunzioni esterne e dunque avvicinandosi pericolosamente al
dissesto finanziario, per poi bussare alla porta del governo nazionale.
Quest´ultimo stanzia 55 milioni di euro con cui Cammarata confida di assumere
più di tremila precari. Ma il piano è tuttora bloccato perché non rimane chiaro
se quei soldi siano per tutta la Sicilia o per la sola Palermo. Da questa
ambiguità derivano le proteste dei giorni passati dei lavoratori coinvolti. Un
bel ritorno all´antico, insomma, di cui oggi sono visibili i primi effetti, fra crisi finanziaria del Comune e scadimento dei servizi pubblici locali, ma di cui è
lecito attendersi dell´altro. Il meccanismo, infatti, è tipicamente uno di
quelli che si autoalimentano: le stabilizzazioni di oggi aprono inevitabilmente
a nuove richieste (come infatti dimostra la domanda di assunzione già avanzata
dai "pip" e dagli ausiliari del traffico), in una spirale di
crescenti aspirazioni al pubblico impiego che è difficile immaginare si possa
arrestare spontaneamente, sostenuta com´è da una vecchia e sedimentata cultura
e dalla disoccupazione che la crisi promette di
ampliare. Al ruolo che la politica ha giocato in questa vicenda si deve oggi
l´avere ulteriormente accresciuto il pubblico impiego e il peso dalla spesa
pubblica, con il paradosso che mentre il resto d´Italia invoca la mano
dell´intervento pubblico per fare fronte all´attuale pesante recessione, Palermo
rimane ancora in attesa di vedere crescere il peso di un´economia di mercato,
quella "mano invisibile" che ne assicuri uno sviluppo autonomo.
( da "Centro, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
CREDITO
Una superbanca dell'Islam ROMA. Entro la fine dell'anno il gruppo bancario del
Bahrain, Al Baraka, lancerà la più grande banca islamica del mondo. Lo ha reso
noto il giornale di Dubai Gulf News, secondo il quale, il numero uno di Al
Baraka, Adnan Yousuf ha annunciato che «sono ormai completati i preparativi per
il lancio» della nuova banca. «Alla luce dell'attuale crisi finanziaria mondiale, il
presidente di Al Baraka, Shaikh Saleh Kamel, non ha tirato i remi in barca, al
contrario ha accelerato le procedure per il varo del nuovo istituto di
credito», ha rilevato Yousuf. La banca avrà un capitale iniziale di circa dieci
miliardi di dollari.
( da "Stampa, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Nicolas
Sarkozy COSA CHIEDO AL VERTICE CONTINUA A PAGINA 31Oggi a Londra, e per la seconda
volta in soli cinque mesi, i dirigenti delle prime venti economie del mondo si
riuniscono per tentare di dare, insieme, una risposta alla crisi economica
senza precedenti che stiamo attraversando. Dall'inizio di questa crisi, ho
sostenuto l'idea che, di fronte a una sfida di tale entità, la cooperazione non
fosse una scelta, ma una necessità. Fin dal settembre 2008, davanti
all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ho chiesto che il mondo si riunisse
per dare una risposta coordinata e concertata alla crisi. Portata avanti da
tutti gli Europei, tale iniziativa è sfociata nella prima riunione dei capi di
Stato e di governo del G20 in novembre a Washington. La riunione che ha posto
le basi per un'ambiziosa riforma del sistema finanziario
internazionale. Il vertice di Londra deve ora consentirci di andare oltre e
dare concretamente applicazione ai principi stabiliti a Washington. Il mondo
attende da noi l'accelerazione della riforma del sistema finanziario
internazionale. Il mondo attende da noi che ricostruiamo, insieme, un
capitalismo rinnovato, meglio regolamentato, più morale e più solidale. È la
condizione per un rilancio e una crescita sostenibile. Questa crisi, infatti,
non è la crisi del capitalismo. Anzi, è la crisi di un sistema che si è allontanato
dai valori più fondamentali del capitalismo. È la crisi di un sistema che ha
spinto gli operatori finanziari a prendere rischi
sempre più sconsiderati, che ha lasciato le banche speculare piuttosto che fare
il loro mestiere, che è quello di finanziare lo sviluppo dell'economia; un
sistema, infine, che ha tollerato che tanti operatori e tante piazze finanziarie sfuggissero a qualsiasi controllo. Al vertice di
Washington, nel novembre scorso, ci siamo messi d'accordo sui quattro principi
che dovevano guidare la nostra azione di fronte alla crisi: la necessità di un
rilancio coordinato e concertato, il rifiuto del protezionismo, una migliore
regolamentazione dei mercati finanziari e una nuova governance mondiale. A che punto siamo oggi? Sui
primi due punti abbiamo fatto molti progressi. Abbiamo saputo resistere ai
demoni del protezionismo,
che, la storia ci ha insegnato, aggrava sempre le difficoltà. Tutti i
Paesi hanno parimenti sostenuto massicciamente le loro economie adottando
ambiziosi piani di rilancio a cui si aggiunge, per i Paesi come la Francia, che
offrono ai loro cittadini un alto livello di protezione sociale, il notevole
aumento delle spese sociali legate alla crisi. In totale, se si tiene conto
dell'insieme di queste misure di sostegno, le principali economie del mondo
hanno fornito sforzi giganteschi per fare fronte alla crisi. Queste misure
iniziano solo ora ad applicarsi e a produrre i loro effetti, ma dovremo tenerci
pronti a fare di più se le circostanze lo richiederanno. Sarà questo principio
di fare di tutto per la crescita mondiale che sosterrò a Londra. Ma questa
settimana dovremo, con la stessa priorità e con la stessa urgenza, avanzare
sulla questione della regolamentazione dei mercati finanziari.
Infatti, la crescita mondiale sarà tanto più forte se sarà sostenuta da un
sistema finanziario stabile ed efficace, da un ritorno
della fiducia nei mercati che consentirà un migliore
stanziamento delle risorse, un riavvio del credito e la ripresa dei flussi di
capitali privati dai Paesi industrializzati verso i Paesi in via di sviluppo.
Il vertice di Washington aveva consentito di definire vari principi essenziali
in materia di regolamentazione che devono essere ora applicati concretamente.
Abbiamo pertanto deciso che ormai nessun operatore, nessuna istituzione, nessun
prodotto finanziario sfuggirà più al controllo di
un'autorità di vigilanza. Questa regola deve applicarsi alle agenzie di rating,
ma anche ai fondi speculativi e naturalmente ai paradisi fiscali. Su
quest'ultimo punto auspico che ci spingiamo ben oltre e che adottiamo un
documento che individui con precisione questi paradisi fiscali, i cambiamenti
che da essi attendiamo e le conseguenze che il loro rifiuto di attenervisi
comporterebbe. Mi rallegro peraltro nel constatare che il dibattito sui
paradisi fiscali, avviato al vertice di Washington, inizi già a portare i
propri frutti, soprattutto in Europa, in cui vari Paesi hanno recentemente
annunciato che intendono adattare le loro legislazioni per rispondere alle
aspettative della comunità internazionale. Auspico anche che progredisca la
nostra riflessione collettiva sulla necessaria riforma delle norme contabili e
delle regole prudenziali a cui sono sottoposti gli istituti finanziari.
Le norme attuali non hanno consentito di evitare le derive, ma hanno
addirittura aggravato la crisi. Porterò avanti questo dibattito che purtroppo
non mi sembra maturo in molti Paesi. Sulla riforma della governance economica
mondiale è mia convinzione da molto tempo che dobbiamo dare un posto molto più
rilevante ai Paesi emergenti, più conforme al loro peso e alle responsabilità
che desidero vederli assumere. Questo vale per tutte le assise internazionali
e, in particolare, per le istituzioni finanziarie
internazionali. Mi rallegro dell'ampliamento realizzato dal Forum per la
stabilità finanziaria. Occorrerà fare di più. Al di là
del vertice di Londra, considero che rimarrà da effettuare un grande lavoro di
rinnovamento di tutto il sistema multilaterale. Avanzerò alcune proposte in
merito nel corso dei prossimi mesi. Infine, dobbiamo fornire risposte a favore
di coloro che hanno subìto appieno l'impatto della crisi. Ecco perché dobbiamo
aumentare i mezzi messi a disposizione del Fondo Monetario Internazionale
(Fmi), affinché possa sostenere i Paesi più in difficoltà. Ho portato avanti a
livello europeo la questione del nostro contributo ai bisogni del Fmi: gli
Stati membri hanno risposto all'appello. Ho portato avanti a livello europeo la
questione del nostro contributo ai rischi che hanno corso alcuni Paesi
dell'Europa centrale ed orientale: gli Stati membri hanno risposto all'appello.
Ma vorrei anche sottolineare la necessità, l'imperativo assoluto che il nostro
sostegno ai Paesi più poveri rappresenta. Hanno subìto questa crisi e alcuni di
essi, se non diamo prova della nostra solidarietà, rischiano di vedere
semplicemente annullati i considerevoli sforzi realizzati nel corso degli
ultimi anni per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio. Ero in
Africa qualche giorno fa. Ho espresso la mia convinzione che i destini
dell'Europa e del continente africano siano indissolubilmente legati.
Risponderemo all'appello a fianco dell'Africa e dell'insieme dei Paesi in via
di sviluppo che versano in difficoltà su tutti i continenti. Sono convinto che
il mondo potrà uscire rafforzato, più unito e più solidale da questo periodo
difficile, a patto di averne la volontà. Sono conscio del fatto che non si può
cambiare tutto in un giorno, che non siamo alla fine del tunnel e che forse
occorreranno altri incontri dopo quello di Londra per portare a termine le
riforme avviate. Ma di una cosa sono certo: dobbiamo ottenere risultati
concreti fin da oggi, a Londra. Non ci è consentito fallire, il mondo non lo
capirebbe, la Storia non ce lo perdonerebbe.
( da "Stampa, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Mario
Deaglio L'AMERICA E GLI ALTRI CONTINUA A PAGINA 31È difficile prevedere come
finirà la riunione del G20 che si apre oggi a Londra, la cui vigilia è stata
caratterizzata non solo da violente manifestazioni, ma anche da forti
differenze d'opinione tra i partecipanti. È però già possibile dire che cosa
non succederà: da questa tempestosa conferenza non verrà fuori, come per colpo
di bacchetta magica, la soluzione della crisi in atto. Nel migliore dei casi, a
un accordo sui principi farà seguito una fase, più o meno lunga, di messa a
punto tecnica di provvedimenti concordati, destinati a rimettere in pista
l'economia globale. Questo scenario è però di difficile realizzazione. Il
problema, infatti, non è quello di gonfiare allegramente la spesa pubblica americana
nella speranza (flebile) che un simile gonfiamento basti da solo a far
ripartire l'economia mondiale senza provocare un'inflazione globale; si tratta
invece di decidere se sia possibile e desiderabile la continuazione del primato
finanziario del dollaro. Si è voluto paragonare la riunione di Londra alla
conferenza di Bretton Woods del 1944, ma allora la conferenza monetaria era
funzionale al nuovo ordine mondiale che gli eserciti alleati stavano
costruendo. Oggi invece, molti, soprattutto a Washington, vorrebbero cambiare
il sistema monetario lasciando invariato l'ordine mondiale. Per l'interazione
di motivi economici e politici il vertice si presenta articolato a diversi
livelli. Il più importante è quello dell'incontro-scontro tra Stati Uniti e Cina:
tra il maggiore debitore del mondo e il suo maggiore creditore, due accaniti
avversari che competono per la supremazia economica (e politica) ma che si
trovano sulla stessa barca e devono cooperare perché la barca non affondi. Gli
Stati Uniti non possono fare a meno dell'impegno della Cina a non vendere i
titoli in suo possesso emessi dal Tesoro di Washington e a sottoscriverne
altri; per continuare a crescere con l'elevata velocità di cui ha bisogno, la
Cina, dal canto suo, difficilmente può fare a meno delle esportazioni verso gli
Stati Uniti, destinate a essere pagate in dollari. Basterà quest'interesse
comune a farli andare d'accordo? È molto difficile dirlo. Gli Stati Uniti danno
per scontato che il dollaro continui a essere la stella fissa dell'universo
delle valute, i cinesi hanno già fatto sapere che vorrebbero sostituirlo con
una «moneta artificiale», una sorta di «paniere di monete», delle quali il
dollaro rimarrebbe la più importante, perdendo però le sue caratteristiche di
unicità. Una nuova moneta per gli scambi dell'economia globale sarebbe forse la
soluzione migliore per cancellare il recente passato monetario, i mutui
subprime e i titoli tossici. Rappresenterebbe però un'evidente riduzione del
potere finanziario americano ed è molto dubbio che il neo-presidente degli
Stati Uniti possa accettarla. Dalla definizione di questi rapporti complessi
sapremo se esistono davvero le condizioni politiche per un'uscita dalla crisi,
senza le quali gli esercizi dei tecnici della finanza paiono di scarsa utilità.
La risposta, però, non l'avremo dal comunicato stampa ma dal comportamento
concreto dei governi e delle banche centrali nelle prossime settimane e nei
prossimi mesi. Il secondo livello è quello delle regole per la finanza
mondiale. Come unico Paese veramente «sovrano» gli Stati Uniti sono molto
riluttanti ad accettare che un organismo internazionale possa estendere i suoi
controlli alle banche americane, così come resistono all'idea che i tribunali
internazionali possano giudicare cittadini americani. Su questo punto insistono
gli europei, e in particolare i francesi, forse nel tentativo di mostrare che
gli Stati Uniti sono «un Paese come gli altri», forse per giustificare, in caso
di un «no» americano, l'adozione da parte dell'Unione Europea di misure
protezionistiche. Questa spaccatura di fondo potrebbe risultare paralizzante e
costituisce il maggior rischio di fallimento del vertice. Esiste poi il livello
dei problemi specifici, marginali in questo convegno ma fondamentali per gli
equilibri del pianeta, in cui i progressi sembrano meno difficili: per essere
efficaci, le politiche ambientali ed energetiche devono poter contare su una
solida base di finanziamenti internazionali; settori molto diversi, da quello
della farmaceutica a quello della musica, necessitano di normative mondiali sui
diritti d'autore; l'emergenza africana non può essere affrontata con successo
in ordine sparso. Qui le convergenze appaiono maggiormente possibili e
contribuiscono a non far perdere le speranze. Settantasei anni fa, nella stessa
Londra, si svolse un'analoga conferenza, a pochi chilometri dalla sede di
quella attuale, convocata per porre rimedio ai guasti della crisi mondiale
iniziata nel 1929. Essa fallì, perché gli Stati Uniti del presidente Roosevelt
rivendicarono, anche allora, l'«eccezionalità» americana. E
i partecipanti, lasciata la capitale inglese, imboccarono ciascuno la via del
proprio protezionismo; una
via che contribuì a portarci alla seconda guerra mondiale. I capi di Stato che
si riuniscono oggi dovrebbero avere sempre davanti gli occhi questo precedente
storico. mario.deaglio@unito.it
( da "Adige, L'" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Trento
15 Èlite romane Facoltà di Lettere Trento 15 Èlite romane Facoltà di Lettere.
Aula 209 - Palazzo Verdi, piazza Venezia 41. Incontro su «La cristianizzazione
delle élites romane» con Andrea Pellizzari (Università di Torino). Trento 17
Poesia e prosa Centro Rosmini - via Dordi 8. P. Taravacci parlerà di «Angel
Valente e la poesia del secondo '900». Trento 17.30 La Voce Biblioteca di via
Roma 55. Si discuterà de «Il Trentino e la Voce» con G. Ciappelli. Trento 17.30 La crisi finanziaria Facoltà di Economia - via Rosmini 44. Incontro su «La crisi finanziaria» con Ignazio Visco
(vicedirettore Banca d'Italia). Trento 17.30 Spiritualità Barycentro - p.
Venezia 38. Il teologo Giuseppe Rizza in «Rinnovare le relazioni».
Rovereto 17.30 Festival impresa Al Mart. Apertura del «Festival delle città
impresa». Prolusione su «La sfida dell'innovazione: nuovi saperi e nuove
tecnologie. Per l'ambiente e non solo». Alle 20.30 , l'incontro «Sfida verde
per salvare il pianeta» con Jeremy Rifkin. Trento 18 L'orso e Baricco Centro
Bruno. Presentazione del libro «Un orso sbrana Baricco» di C. Martinelli.
Trento 18 Evoluzione Museo di Scienze - via Calepina 14. Presentazione del
libro «L'evoluzione umana» di G. Manzi. Con Stefano Grimaldi. Trento 19.30
Cinerasmus Facoltà di Economia - Aula Rossa. Film «The last samurai» di Edward
Zwick (Usa, 2003). Trento 20.30 Genitorialità Sociologia - Aula Kessler - via
Verdi. Incontro sui nuovi modelli di genitorialità. Oggi «Gli uomini e la cura
tra dovere e libertà» con S. Ciccone. Rovereto 20.30 Matteo Turella Ristorante
«La Brace» - viale del Lavoro 18. Concerto del «Matteo Turella Trio». Con
Turella, chitarra jazz, Oreste Sodano, batteria e Flavio Zanon, contrabbasso.
Rovereto 20.30 San Paolo Chiesa Madonna di Loreto - via Mazzini. Recital «San
Paolo, apostolo delle genti» con voce recitante di Alfonso Masi e l'Ensemble
«Concilium». Trento 20.45 Volti di Dio Sala Cooperazione - via Segantini 10.
Incontro «Esiste l'anima? Tra neuroscienze e spiritualità». Con Giorgio
Vallortigara, neuroscienziato e Marco Vannini, filosofo. Trento 21 The Fluffer
Centro Bruno. Per «Cine Mondo Gay», il film «The Fluffer». Trento 21.45 Bambina
magra Circolo Wallenda - via S. Martino 45. Concerto dei «La bambina magra» di
Bergamo. 02/04/2009
( da "Stampa, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Merkel e
Sarkozy contro Obama "Cambia il piano" I due leader europei dettano
il programma Il presidente Usa: "Pronto ad ascoltare" [FIRMA]MAURIZIO
MOLINARI INVIATO A LONDRA Angela Merkel e Nicolas Sarkozy vanno all'offensiva
mentre Barack Obama, stretto nell'angolo, tenta di pararne i colpi con il
sostegno di Gordon Brown: l'inizio del G20 rovescia i ruoli dei summit
internazionali del Dopoguerra perché a dettare l'agenda, imporre condizioni e
usare toni forti non sono gli Usa bensì Francia e Germania, che si muovono
all'unisono. Il rovesciamento di ruoli si intuisce sin dal mattino. Il
presidente francese parla a «Europe 1» prima di partire per Londra e non usa
perifrasi: «Le bozze di accordo del G20 non piacciono né a me né a Merkel». Il
messaggio è diretto al britannico Brown, anfitrione del summit, e ad Obama, i
cui sherpa hanno lavorato alle bozze in questione. Poche ore dopo Brown e Obama
si presentano davanti ai giornalisti a Downing Street. Le domande li incalzano
sui dissensi franco-tedeschi ma entrambi rispondono scegliendo un profilo
basso. Brown si limita ad invocare una «soluzione globale della crisi
economica» auspicando «consenso» sui «5 test da superare»: supervisione
bancaria, stimoli contro la recessione, cooperazione internazionale, anti-protezionismo e aiuti per i Paesi
poveri. Poi tocca a Obama, che fa di tutto per evitare lo scontro diretto con i
francotedeschi: esordisce dicendo «sono venuto a sentire», cita un suo ex
docente di legge sul fatto che «più importante di dare la colpa è assumersi
responsabilità» e assicura che le «divisioni fra noi non sono eccessive come si
racconta». Increduli per trovarsi di fronte ad un presidente americano
tanto remissivo, i reporter gli chiedono di esprimersi sui dissensi-chiave con
l'Europa. Obama lo fa misurando i termini: «E' vero che la crisi è iniziata da
noi ma i problemi c'erano anche in Europa», «non capisco il contenzioso sullo
stimolo visto che tutti i Paesi ne hanno varati», «l'America non è una nazione
in declino, restiamo un modello economico vibrante». Se la prudenza di Brown si
spiega con il timore di un corto circuito nel summit, nel caso di Obama la
ragione è di cercare un compromesso, anche minimo, per concludere comunque con
un successo il suo primo vertice. Sarkozy e Merkel però non vogliono sentir
parlare di compromessi al ribasso e appena sono entrambi a Londra convocano
un'inattesa conferenza stampa nell'Hotel Berkeley per picchiare duro. La Merkel
è in giacca bianca, Sarkozy in completo blu. Discutono per 20 minuti a porte
chiuse, poi quando escono, parlano a raffica. «Vogliamo che questa crisi non si
ripeta, è arrivato il momento di cambiare il mondo» esordisce la cancelliera,
spiegando che la prima condizione del successo del summit è il varo di una
«nuova architettura internazionale». Sarkozy illustra le altre due: «Gli hedge
fund non possono sfuggire ai controlli e bisogna stilare una lista dei paradisi
fiscali». Si tratta di tre richieste nette. «E' venuto il momento di dare una
coscienza al capitalismo» sottolinea il francese, che con galanteria cita la
Merkel per spiegare cosa hanno in mente: «Vogliamo costruire un nuovo mondo».
Non vi sono affondi diretti contro Obama e Sarkozy precisa di «non voler
puntare l'indice contro nessuno» ma poi chiama in causa gli Stati Uniti: «L'elezione
di Obama ha sollevato in tutti noi grandi speranze e condividiamo cosa ha
scritto di recente contro i paradisi fiscali ma su questo tema
l'amministrazione non lo segue». Come dire: Washington fa il doppio gioco. E
Sarkozy-Merkel non ci stanno: «Vogliamo uscire dal summit con la lista dei
paradisi fiscali». Il contrasto fra la determinazione francotedesca e la
prudenza angloamericana è la novità del summit che si apre in serata con una
cena che vede Obama sedere a fianco della Merkel. Se sono riusciti a intendersi
lo sapremo alla fine. Fra le feluche europee c'è chi scommette che Obama si
piegherà ad accettare le nuove regole finanziarie perché «in fondo fa comodo
anche a lui» per riportare ordine a Wall Street. www.lastampa.it/molinari
( da "Stampa, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
[FIRMA]MAURIZIO
MOLINARI INVIATO A LONDRA Angela Merkel e Nicolas Sarkozy vanno all'offensiva
mentre Barack Obama, stretto nell'angolo, tenta di pararne i colpi con il
sostegno di Gordon Brown: l'inizio del G20 rovescia i ruoli dei summit
internazionali del Dopoguerra perché a dettare l'agenda, imporre condizioni e
usare toni forti non sono gli Usa bensì Francia e Germania, che si muovono
all'unisono. Il rovesciamento di ruoli si intuisce sin dal mattino. Il
presidente francese parla a «Europe 1» prima di partire per Londra e non usa
perifrasi: «Le bozze di accordo del G20 non piacciono né a me né a Merkel». Il
messaggio è diretto al britannico Brown, anfitrione del summit, e ad Obama, i
cui sherpa hanno lavorato alle bozze in questione. Poche ore dopo Brown e Obama
si presentano davanti ai giornalisti a Downing Street. Le domande li incalzano
sui dissensi franco-tedeschi ma entrambi rispondono scegliendo un profilo
basso. Brown si limita ad invocare una «soluzione globale della crisi
economica» auspicando «consenso» sui «5 test da superare»: supervisione
bancaria, stimoli contro la recessione, cooperazione internazionale, anti-protezionismo e aiuti per i Paesi
poveri. Poi tocca a Obama, che fa di tutto per evitare lo scontro diretto con i
francotedeschi: esordisce dicendo «sono venuto a sentire», cita un suo ex
docente di legge sul fatto che «più importante di dare la colpa è assumersi
responsabilità» e assicura che le «divisioni fra noi non sono eccessive come si
racconta». Increduli per trovarsi di fronte ad un presidente americano
tanto remissivo, i reporter gli chiedono di esprimersi sui dissensi-chiave con
l'Europa. Obama lo fa misurando i termini: «E' vero che la crisi è iniziata da
noi ma i problemi c'erano anche in Europa», «non capisco il contenzioso sullo
stimolo visto che tutti i Paesi ne hanno varati», «l'America non è una nazione
in declino, restiamo un modello economico vibrante». Se la prudenza di Brown si
spiega con il timore di un corto circuito nel summit, nel caso di Obama la
ragione è di cercare un compromesso, anche minimo, per concludere comunque con
un successo il suo primo vertice. Sarkozy e Merkel però non vogliono sentir
parlare di compromessi al ribasso e appena sono entrambi a Londra convocano
un'inattesa conferenza stampa nell'Hotel Berkeley per picchiare duro. La Merkel
è in giacca bianca, Sarkozy in completo blu. Discutono per 20 minuti a porte
chiuse, poi quando escono, parlano a raffica. «Vogliamo che questa crisi non si
ripeta, è arrivato il momento di cambiare il mondo» esordisce la cancelliera,
spiegando che la prima condizione del successo del summit è il varo di una
«nuova architettura internazionale». Sarkozy illustra le altre due: «Gli hedge
fund non possono sfuggire ai controlli e bisogna stilare una lista dei paradisi
fiscali». Si tratta di tre richieste nette. «E' venuto il momento di dare una
coscienza al capitalismo» sottolinea il francese, che con galanteria cita la
Merkel per spiegare cosa hanno in mente: «Vogliamo costruire un nuovo mondo».
Non vi sono affondi diretti contro Obama e Sarkozy precisa di «non voler
puntare l'indice contro nessuno» ma poi chiama in causa gli Stati Uniti:
«L'elezione di Obama ha sollevato in tutti noi grandi speranze e condividiamo
cosa ha scritto di recente contro i paradisi fiscali ma su questo tema
l'amministrazione non lo segue». Come dire: Washington fa il doppio gioco. E
Sarkozy-Merkel non ci stanno: «Vogliamo uscire dal summit con la lista dei
paradisi fiscali». Il contrasto fra la determinazione francotedesca e la
prudenza angloamericana è la novità del summit che si apre in serata con una
cena che vede Obama sedere a fianco della Merkel. Se sono riusciti a intendersi
lo sapremo alla fine. Fra le feluche europee c'è chi scommette che Obama si
piegherà ad accettare le nuove regole finanziarie perché «in fondo fa comodo
anche a lui» per riportare ordine a Wall Street. www.lastampa.it/molinari
( da "Stampa, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
governatore di Bankitalia anticipa la riforma «Meno rischi» [FIRMA]STEFANO
LEPRI ROMA Mario Draghi ha fiducia che il piano Geithner, «ben pensato e ben
progettato», sarà in grado di funzionare in tempi brevi: «Presto ne dovremmo
vedere i benefici». La speranza è che il sistema bancario americano si
stabilizzi; «ma non è ancora possibile dire se il peggio sia passato». Oggi al
vertice del G-20 il governatore italiano, unico banchiere centrale presente, illustrerà le regole per far sì che una crisi
finanziaria come l'attuale non si ripeta mai più.
Nel Fsf, il Forum per la stabilità finanziaria che Draghi presiede (e dove Geithner, prima di essere chiamato
al Tesoro da Obama, era il numero due) c'è l'accordo per sottoporre a vigilanza
gli Hedge Fund due anni fa, quando tedeschi francesi e italiani lo avevano
proposto, americani e inglesi avevano rifiutato. Non sono stati questi
fondi speculativi a provocare la crisi, ma se superano
una certa dimensione dovranno avere un capitale che ne garantisca la solidità.
Anche le agenzie di rating, responsabili di aver dato il marchio di qualità a
titoli invece rischiosissimi, stanno adeguandosi a un nuovo codice di condotta.
Tra le novità concordate dal Fsf ci sono anche «linee guida» per evitare
compensi eccessivi ai manager bancari. Soprattutto si dovrà evitare che sia
pagato nello stesso modo chi procura all'azienda un profitto sicuro e chi
ottiene lo stesso risultato a prezzo di gravi rischi. Il Fsf, che sarà
rafforzato e forse cambierà il nome in Fsb (Consiglio di stabilità finanziaria), non si potrà trasformare in un guardiano
mondiale delle banche, perché soprattutto gli Usa non vogliono cedere
sovranità; ma stabilirà le nuove regole con le quali le autorità nazionali le
sorveglieranno. Si sono già costituiti collegi misti per ciascuna banca
multinazionale. Non sarà più permesso assumere rischi fuori bilancio, come
molte banche di Wall Street hanno fatto. Alla nuova istituzione, che continuerà
ad avere sede a Basilea, aderiranno tutti gli Stati, 24, dove hanno sede grandi
banche multinazionali. Ancora da discutere tra i leader politici è in quale
modo il Fsf, coordinandosi con il Fondo monetario, dovrà far suonare il
campanello d'allarme all'avvicinarsi di una nuova crisi.
In futuro, alle banche sarà richiesto di accantonare, a fronte dei rischi che
assumono, un capitale più elevato.
( da "Repubblica, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 24 - Economia Preoccupa il protezionismo di
Usa e Europa e la crisi nera dei veicoli pesanti Ma i sindacati lanciano
l´allarme "A rischio gli impianti in Italia" PAOLO GRISERI TORINO -
Nel gioco delle alleanze internazionali della Fiat i sindacati temono che
l´anello debole siano proprio gli stabilimenti italiani. Non è solo l´allarme
di Marchionne all´assemblea degli azionisti («cinque anni fa ho promesso che
non avrei chiuso fabbriche in Italia ma oggi il quadro è profondamente
cambiato») a rendere incerto il futuro delle tute blu. «Quel che più colpisce -
spiega Giorgio Airaudo della Fiom torinese - è l´atteggiamento del governo di
Roma, praticamente l´unico a non aver imboccato la strada del protezionismo in Europa». Per i lavoratori italiani
l´europeismo di Scajola può diventare una trappola: «Immaginiamo - dice Airaudo
- che si concluda l´accordo con Chrysler e che Marchionne avvii, come molti
prevedono, una trattativa con i francesi di Peugeot. Nella nuova aggregazione,
dovendo tagliare capacità produttiva e posti di lavoro, dove si interverrà se
Parigi garantisce finanziamenti diretti ai suoi stabilimenti e l´Italia no?».
Un peccato di generosità che si rischia di pagare caro anche perché al protezionismo degli altri paesi europei si deve sommare
l´effetto dell´analogo atteggiamento dell´amministrazione Obama. Di questi
problemi i sindacati vorrebbero parlare il 9 aprile prossimo nell´incontro sul
settore auto che il governo ha convocato a Roma. Nell´occasione dovrebbero essere
affrontati anche i nodi dei due settori collaterali dei camion e dei trattori.
Nel gruppo Fiat Iveco e Cnh, le due società che avevano aiutato l´auto a
superare il momento più difficile della crisi, sono a loro volta in difficoltà.
A luglio sia la società dei camion che quella dei trattori avranno consumato
tutte le settimane di cassa integrazione ordinaria a disposizione, a meno di
improvvise riprese della domanda che oggi proprio non si riescono a prevedere.
In questa situazione il rischio è che dalla cassa si passi direttamente agli
esuberi. La strada per evitare tagli drastici agli organici è quella della
proroga della cassa integrazione ordinaria, così come avvenne per l´auto nel
2002 quando il tetto delle 52 settimane venne raddoppiato. Così facendo si
potrebbe sperare che la ripresa del 2010 faccia nuovamente salire la produzione
salvando impianti e posti di lavoro. Ma per raggiungere lo scopo è necessario
che il governo conceda la proroga.
( da "Stampa, La" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
PALAZZO GHILINI SERRAVALLE Mannheimer e la risposta alla crisi
finanziaria S'inaugura la Jysk Atteso il fondatore Lars
Larsen Renato Mannheimer è tra i relatori del convegno, oggi alle 10 a Palazzo
Ghilini, su «La risposta locale alla crisi finanziaria:
le prospettive e il valore della creazione d' impresa». Mannheimer si sofferma
su «Aspettative in una situazione di crisi».
S'inaugura la Jysk, oggi alle 10 al retail park di Serravalle. Per l'occasione
è atteso il fondatore della multinazionale danese, Lars Larsen. La Jysk è stata
definita «l'anti Ikea» e quello di Serravalle è il primo punto vendita in
Italia.
( da "inalessandria.it"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
(0) 2
Aprile 2009 Positivo risultato del convegno sul tema Fisco & Agricoltura Notevole interesse e
grande partecipazione di pubblico per il convegno sul tema Fisco & Agricoltura, organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Alessandria e dalla Banca locale, in collaborazione con le associazioni di categoria
del settore agricolo - Coldiretti, Confagricoltura, Confederazione Italiana
Agricoltori - e con lOrdine dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili di Alessandria. Il Presidente della Fondazione,
Gianfranco Pittatore ha aperto i lavori indicando gli obiettivi del Convegno,
ossia favorire laggiornamento professionale,
approfondire le tematiche fiscali dinteresse per il mondo agricolo,
offrire spunti per il rilancio dellagricoltura, inteso come settore
primario delleconomia locale, strettamente
connesso allo sviluppo del turismo. Il nuovo Direttore Regionale
dellAgenzia delle Entrate del Piemonte, Vincenzo Palitta, ha illustrato
le principali novità sulla ristrutturazione in corso dellAgenzia delle Entrate, la cui attuazione, prevista entro la
fine dellanno, comporterà rilevanti e significative modifiche strutturali
che incideranno in modo sostanziale e formale, positivamente almeno nelle
aspettative dei dirigenti di vertice dellAgenzia, nei rapporti dei contribuenti
con i rispettivi uffici regionali e provinciali. Saranno attivate le direzioni
provinciali per lo svolgimento dei controlli fiscali alle aziende di grandi
dimensioni con lobiettivo di sviluppare
indagini tributarie mediante strutture con maggiore presenza ed operatività sul
territorio. Inoltre il Direttore Regionale ha assicurato che, nello svolgimento
del suo attuale mandato, assicurerà ed indirizzerà il suo impegno al dialogo
costruttivo ed alla massima attenzione alle problematiche dei contribuenti e
dei suoi rappresentanti, ovviamente nel reciproco rispetto dei ruoli e delle
competenze, per favorire la corretta comprensione delle norme fiscali e far
conoscere in tempo utile e con chiarezza i relativi adempimenti richiesti dallAgenzia delle Entrate. Il moderatore, Giuseppe Galla ha
presentato i relatori e lobiettivo del convegno precisando che non
e possibile, soprattutto in questo delicato momento di crisi
finanziaria ed economica, non rivolgere lattenzione
al mondo
dellagricoltura. Il quadro normativo di riferimento
della materia agraria, negli ultimi anni, è diventato difatti il centro di una
serie di interventi normativi volti alla sua modernizzazione. Lavvio di
queste novità legislative è avvenuto con la modifica della nozione di imprenditore
agricolo stabilita dall art. 2135 del codice civile,
che ha fatto poi sentire i suoi effetti sugli altri rami del diritto. Il
legislatore tributario, in particolare, ha intrapreso a sua volta unopera
di sistemazione della disciplina del reddito agrario tanto da incidere profondamente
anche sulla nozione stessa di categoria reddituale, recepita dal tuir dopo le
modifiche introdotte dal d.lgs. n.344/2003 e sulla ratio del riparto tra tale
reddito e quello dimpresa. Tentare quindi in concreto
di fornire, nel contesto della attuale crisi finanziaria
e reale, un aggiornamento sul sistema fiscale nel settore agricolo, è uno dei
percorsi validi per rilevarne le criticità e proporre al legislatore adeguati
interventi al fine di consentire un concreto rilancio dellagricoltura in generale. In definitiva - ha affermato Galla
-, non bisogna sottovalutare che la realtà agricola e rurale rappresenta un
segmento significativo del sistema economico del nostro paese e costituisce
pertanto
unineludibile realtà che assume livelli di sovranità
nel mercato nazionale ed internazionale, e quindi indice di elevato livello di
competitività con i nostri partners europei. In effetti il riconoscimento della
specificità dellagricoltura è testimoniato dalla recente organizzazione nel
nostro paese del primo vertice mondiale del G8 agricolo, al quale
parteciperanno tutti i paesi del G8. Il commercialista Mario Verino ha trattato
con elevata competenza il complesso argomento dellIVA verde, chiarendo che lart. 10 del d.l. 14/3/2005, n. 35, ha cambiato il testo
dellart. 34 del d.p.r. 26/10/1972, n. 633, innovando del tutto la
disciplina dellIVA nel settore dellagricoltura a decorrere dal
17/3/2005, data dalla quale il regime speciale di detrazione dallimposta è generalizzato per tutti i produttori operanti nel
settore rurale. La modifica va a sovvertire del tutto il regime precedente, che
sarebbe diventato operante, del tutto, con il 1°/1/2006, data dalla quale
veniva soppresso il regime speciale per i soggetti con volume daffari superiore a 20.658,28. Infine ha svolto una
sintetica panoramica sul sistema regime di esonero, su quello semplificato, su
quello speciale, sulle opzioni e risposto ai quesiti presentati dai
partecipanti. Adriana Noto, dirigente della Direzione Regionale del Piemonte dellAgenzia Entrate, si e poi soffermata sulle principali
obbligazioni tributarie in materia di imposte dirette, Irap, Imposta di
registro, ipotecarie e catastali, con approfondimenti sulla elusione fiscale nel settore agricolo e
rispondendo ai quesiti di specifica competenza. Anna Santarini, dirigente dellUfficio di Alessandria dellAgenzia delle Entrate, ha
svolto la sua relazione sul tema degli agriturismo, affermando che
lagriturismo rappresenta nel nostro Paese la misura di diversificazione delle
attività del settore agricolo volta a favorire lo sviluppo e il riequilibrio
del territorio e a fornire fonti alternative di reddito agli agricoltori,
nonchè a promuovere forme idonee di turismo nelle campagne. Tale misura risulta
di particolare attualità per lesigenza di armonizzare
il quadro normativo mediante una disciplina regionale, tuttora mancante e che
sia coerente con i principi della legge quadro n.96/2006. Ha fornito infine un
esauriente e prezioso inquadramento degli stessi sia sotto il profilo civilistico che
fiscale. Sono intervenuti poi il Presidente della Commissione di Vigilanza per
lAnagrafe Tributaria, Onorevole Maurizio Leo, che ha
illustrato le misure a tutela della imprenditoria in agricoltura per un serio,
indispensabile rilancio del settore, quale rimedio ineludibile ai fini del
superamento della grave crisi mondiale in atto. Ha
ribadito che non bisogna dimenticare che la realtà del nostro paese è stata ed
è eminentemente agricola, per cultura e tradizione. Tecnologia ed informatica
devono essere rivolte pertanto concretamente e intensamente a questo settore
per recuperare competitività e prestigio. Infine ha fornito laggiornamento sullabuso del diritto nel
nostro paese. Altro prestigioso intervento è stato quello di Luigi Magistro,
Direttore Centrale dellAccertamento dellAgenzia
delle Entrate, che ha fornito dati allarmanti per labuso
nel nostro paese del regime agevolato previsto per gli operatori agricoli,
emerso dai monitoraggi svolti dal suo ufficio. Ha promesso pertanto grande attenzione per
combattere coloro che godono illegalmente di benefici fiscali e di sostenere le
problematiche che affliggono di converso gli operatori agricoli onesti. Ha
concluso gli interventi Donato Lanati docente di enologia allUniversità di Torino, uno dei massimi esperti nel settore
vitivinicolo, recentemente agli onori della cronaca per il progetto di analisi
messo a punto nel suo laboratorio che ha per oggetto la
tracciabilità dellorigine geografica dei vini e dei prodotti agroalimentari, riconosciuto valido per la prima volta a livello di
indagini penali dalla Procura di Siena. Con lutilizzo di tale metodo sarà
possibile trasmettere certezze, competitività a livello mondiale ed assicurare
ai consumatori
la conoscenza effettiva dei prodotti agroalimentari e quindi la sicurezza per
la nostra alimentazione. Leggi i
( da "AmericaOggi Online"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20. La
nuova America e la vecchia Europa 02-04-2009 LONDRA. I grandi in ordine sparso
impegnati in una corsa contro il tempo, costretti a dribblare diktat e paletti,
avvertimenti e minacce, ma comunque lanciati verso un accordo che domani ci
sarà. Un accordo al ribasso, un piccolo accordo, ma comunque un'intesa che non
può mancare e domani sarà probabilmente presentata come un successo. Questo è
il fermo-immagine della vigilia dell'atteso G20 anticrisi di Londra. Un treno
in affanno che oggi è stato alimentato solo dall'entusiasmo di Barack Obama che
ha lanciato un appello alla vecchia Europa a superare le divisioni cercando le
convergenze, dando così una lezione di sano pragmatismo a stelle e strisce. Una
fotografia che il premier Silvio Berlusconi ha di fatto confermato assicurando
che domani saranno sicuramente prese delle decisioni "opportune" ma
che molto resterà da fare fino al G8 sotto presidenza italiana. Sarà a luglio,
alla Maddalena, che saranno varate le regole vere, "il nuovo codice dei
comportamenti finanziari ed economici", ha assicurato Berlusconi. Una
linea questa che lo colloca fuori dagli schieramenti forti che si stanno
delineando in vista della battaglia negoziale di domani: l'Italia infatti non
sembra schierata né sul fronte franco-tedesco, né su quello anglo-britannico.
E' stata comunque una vigilia di tensione, con la City della capitale assediata
per ore e ore, una filiale della bank of Scotland attaccata, diversi scontri e
23 fermati. I londinesi hanno seguito con sconcerto le immagini delle proteste,
a volte vivaci, ma perlopiù civili, degenerate per l'assalto di una ventina di
incappucciati. Il popolo di Londra poco aveva a che vedere con quello
dell'ormai lontano G8 di Genova, così come gli agenti britannici -
rigorosamente disarmati - sembravano distanti secoli da quelli in tenuta
antisommossa visti nelle strade di Genova nel 2001. Dal punto di vista politico
la scena oggi è stata rubata dal duo Merkel-Sarkozy che si è presentato
particolarmente aggressivo e sufficientemente unito da far parlare gli analisti
di un rinato asse franco-tedesco. La bozza delle conclusioni del G20 "non
è sufficiente", le nuove regole del sistema finanziario mondiale vanno
varate ora e qui e non sono "negoziabili". Condizioni che sono sembrati
macigni sulla strada già tortuosa dell'intesa e che il presidente francese ha
appesantito reiterando la minaccia di lasciare il tavolo in assenza di
"decisioni concrete". Eppure la giornata era cominciata non male, con
il presidente americamo Barack Obama - al suo debutto sulla scena europea -
molto in sintonia con il padrone di casa, il premier britannico Gordon Brown:
bisogna "agire subito" e guardare ai punti che "ci uniscono
piuttosto che a quelli che ci dividono perché non possiamo trovare un'intesa su
tutti i punti", aveva detto profeticamente il presidente americano. Anche
Gordon Brown ha riconosciuto che i negoziati sono tutt'altro che chiusi e che
si aspettava dei round "duri". Il presidente di turno del G20 ha
attaccato le banche sottolineando che è proprio giunta l'ora di
"ripulirle". "E' uno dei test per misurare
il successo di questo vertice: gli altri sono - ha spiegato Brown - il no al protezionismo, la creazione delle basi
per un'economia a basse emissioni, il sostegno ai più bisognosi". Questo
vertice, ha concluso, è "molto importante, perché il mondo si riunisce per
agire di fronte a questo momento senza precedenti della finanza globale".
( da "AmericaOggi Online"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Guarda
oltre l'Europa. I vertici con Jintao e Medvedev rivelano le priorità di Obama
di Jean-Luc Giorda 02-04-2009 A rischiare più di tutti, a questo punto, è
l'Europa. Non solo nella sua identità di "player" globale, ormai
chimera. Ma anche nelle sue unità fondanti, quegli stati nazionali che nella
tempesta della crisi tirano fuori le unghie degli interessi particolari. Il
rischio non è solo quello di uscire tardi e male dalla crisi economica. È
soprattutto quello di autocondannarsi alla marginalità. Lo spettacolo andato in
scena ieri a Londra è stato illuminante. Il neo-presidente americano Barack
Obama ha avuto come previsto una giornata fittissima di impegni, dal vertice
all'ora di colazione col premier britannico Gordon Brown, alla cena serale con
i leader del G20. Due appuntamenti però spiccavano nella sua agenda, in quella
dell'America e in quella del mondo: i due vertici bilaterali con il presidente
russo Dmitri Medvedev e con il presidente cinese Hu Jintao. Due eventi di peso,
sia per il presente sia per il futuro. Quello con Hu Jintao era decisamente il
più importante e il più atteso, e non ha deluso le aspettative. La Cina, con la
sua economia che "già mostra timidi segnali di ripresa" e con i suoi
fondi sovrani che sono i maggiori acquirenti di titoli di stato Usa, è di fatto
il principale finanziatore del piano di stimolo varato dalla Casa Bianca per
superare la crisi, e tiene in mano le sorti del dollaro. Con sano realismo,
Obama ne ha tenuto conto offrendo a Pechino una partnership di alto livello,
suggellata da una visita di Obama a Pechino tra pochi mesi e da un "gruppo
per il dialogo strategico ed economico" che vede impegnati direttamente il
segretario di Stato Hillary Clinton e il ministro del Tesoro, Tim Geithner. In
pratica, Washington si impegna a concordare con Pechino le scelte importanti in
politica internazionale e in politica economica, riconoscendo così alla Cina lo
"status" mondiale che fu dell'Urss, ma in un contesto di
collaborazione più che di competizione. Status che si tradurrà anche in
promessi "mutamenti radicali" ai vertici delle istituzioni finanziarie internazionali, per far posto ai cinesi e alle
altre potenze emergenti. In cambio, Pechino offre il suo sostegno alla ripresa
Usa e alla strategia dei piani di stimolo, impegnandosi anche a incentivare la domanda
interna per "tornare a condizioni di forte crescita e rafforzare il
sistema finanziario internazionale". Lavorerà
inoltre alla soluzione di crisi internazionali che l'America non ha più
strumenti e forze per risolvere da sola: la Corea del Nord, il programma
nucleare dell'Iran, la crisi del Darfur. Al secondo posto, il vertice con
Medvedev. Anche qui, i risultati pesano: "reset" delle relazioni
bilaterali confermato da un vertice a Mosca già a luglio, avvio immediato del
nuovo negoziato sulle armi strategiche, apertura alla collaborazione sullo
"scudo spaziale", aiuto di Mosca su Iran, Corea del Nord,
Afghanistan. Oggi, al tavolo del G20, Cina e Russia avranno una statura ancora
maggiore, saranno i veri Grandi che decideranno (hanno già deciso) che cosa
fare e cosa no. E l'Europa? Mentre Obama trasforma Londra in una Yalta per il
dopo-crisi, l'Europa è ridotta a comparsa chiassosa ma ininfluente, e
rappresentata solo da Gran Bretagna, Francia e Germania. Che come tre
nobildonne ormai appassite, si preoccupano più di strappare qualche ultimo
baciamano che dei risultati concreti. Gordon Brown, padrone di casa votato come
tutti i premier britannici al ruolo di "spalla" del presidente
americano; Nicolas Sarkozy, che per blandire gli infuriati operai francesi
giura (con le dita incrociate dietro la schiena) di essere pronto a
"lasciare la sedia vuota" se il G20 non varerà
nuove e severe regole per i mercati finanziari; Angela Merkel, che guarda solo al voto tedesco di ottobre,
preoccupata di non accettare nuove iniezioni di denaro pubblico nel sistema
perché "i contribuenti tedeschi non paghino per gli altri". Obama
guarda alto sopra le loro teste, oltre gli Urali, verso l'Asia. Il
presidente americano, che ha il difetto di non parlare lingue straniere, non osando
cominciare dal cinese, ha promesso ieri di iniziare a studiare il russo.
Francese e tedesco, non li ha presi nemmeno in considerazione. In italiano, gli
basterà imparare "pizza" e "amore" in tempo per la vacanza
estiva del G8 alla Maddalena.
( da "Italia Oggi" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi
sezione: I commenti data: 02/04/2009 - pag: 2 autore: di Giovanni Cossiga IL
PUNTO La recessione è imposta dalla finanza globale È probabile che le
«scaramucce» che hanno segnato la vigilia del G20 non stiano tanto a
testimoniare differenze di valutazioni sulle terapie da adottare per aggredire
la crisi in atto (che pure ci sono), quanto il segno
che è in corso un confronto tra l'Europa e l'America, nel quadro della modifica
dei poteri che indubbiamente questa potente recessione sta determinando. Ma è
indubbio che è un successo, al di là delle concrete decisioni, il fatto che i
paesi del G20 si riuniscano per discutere comportamenti comuni. Decisioni che
non saranno di capitale importanza anche per la durata limitata del summit. Ma
di certo saranno l'embrione per un meno evanescente metodo di consultazione a
livello globale. Ciò detto, si deve sottolineare che la crisi
che stiamo vivendo viene imputata genericamente alla Stati Uniti, per l'eccesso
di deregolamentazione nel settore finanziario, la carenza dei controlli e la
sicumera sul laisser-faire al mercato. Tuttavia, la tesi che gli Stati Uniti
siano gli untori della crisi mondiale con la finanza
facile e fuori controllo sembra un po' semplicistica. Non v'è dubbio, ora, che
la fiammata che ha scosso le fondamenta della finanza globale nasca oltre
Atlantico, ma questo non vuol dire che le responsabilità siano tutte lì. In
realtà, la finanza mondiale non ha patria, è del tutto apolide e la crisi è scoppiata negli Usa perché il paese nordamericano ha
una strumentazione finanziaria che non ha uguali,
quanto a forza creativa e organizzativa. La finanza poiché apolide e senza
terra non crea specifiche responsabilità a livello territoriale o locale ma
coinvolge il mondo in tutte le sue rappresentanze. Questa caratteristica
extraterritoriale della crisi finanziaria in atto
impone ai governanti, quelli del G20 riuniti a Londra, di trovare una
metodologia e un'organizzazione, a livello sovrannazionale, in grado di
monitorare e governare, ove necessario, la violenza di movimenti finanziari che
purtroppo sono in grado di mettere alle corde e infliggere una recessione
all'economia globale. Da questo punto di vista, è certo
necessario cercare una via per l'uscita, la più rapida possibile, dalla più
grave crisi economica del
dopoguerra. Ma per fare questo occorre prima individuare le cause della crisi finanziaria e trovare la strada
per non subire ancora l'aggressione di inaudita violenza di una finanza senza
scrupoli di bandiera e di coscienza. La «way to hell» evocata dal primo
ministro ceco Mirek Topolanek davanti al Parlamento europeo, di fronte
all'eccesso di spesa pubblica messa in capo per fronteggiare la crisi, potrebbe divenire concreta se dopo tutto non si
cercasse di controllare i flussi invasivi della speculazione globale.
( da "Milano Finanza (MF)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
MF
sezione: Commenti & Analisi data: 02/04/2009 - pag: 9 autore: di Angelo de
Mattia Al G20 l'Europa dovrebbe parlare con una sola voce. Quella di Trichet Se
non fosse per le tensioni che affiorano in Europa con Sarkozy, che minaccia la
politica della sedia vuota, e la Merkel che, assieme a lui, già contesta la
bozza di un possibile documento finale, oggi potrebbe essere la giornata di una
favorevole congiunzione astrale tra i lavori del G20 londinese e la
contemporanea riunione del Consiglio direttivo della Bce, chiamato ad adottare
decisioni di politica monetaria e, in particolare, a deliberare sui tassi
ufficiali di riferimento. Il presidente Obama ha detto ieri che, con il G20,
occorre agire subito contro la crisi. Quanto alla Bce,
negli ultimi giorni si è andata formando l'aspettativa di una riduzione del
costo del denaro di mezzo punto, in modo da portarlo all'1%. Intanto l'euribor
continua a diminuire. È molto probabile che la misura prevista oggi venga
effettivamente adottata dall'Istituto di Francoforte. Il reiterato
peggioramento, nella zona euro, delle stime di crescita, dell'occupazione,
della produzione industriale e, per contro, il drastico calo dell'inflazione
costituiscono il contesto più idoneo per un ulteriore, netto taglio dei tassi.
Non è ipotizzabile, dunque, un abbassamento di minore entità, non ostando al
previsto decremento nessuna ragione, né di ordine statutario, con riferimento
all'obiettivo della Bce di mantenere, come da mandato, la stabilità dei prezzi,
né di strategia di politica monetaria. Semmai, andrebbe valutato se
accompagnare il taglio con altre misure, quale una definitiva decisione
sull'ammissibilità dell'acquisizione di obbligazioni private ai fini delle
operazioni tipiche di banca centrale. Una scelta in tal senso segnalerebbe un
(positivo) cambio di impostazione, nel senso della promozione di una strategia
d'urto, anziché di una politica di una escalation delle risposte che va di pari
passo con la verifica della inefficacia di quelle in precedenza decise. Proprio
perché, da parte di esperti e operatori, si comincia a intravedere qualche
segnale di mutamento nel panorama economico-finanziario, non sarebbe fuori
luogo una terapia shock, piuttosto che, per ricorrere a una metafora,
centellinare le singole medicine e le singole dosi e riservarsi il cocktail più
potente di antibiotici come extrema ratio, anche perché la dilazione potrebbe
far venir meno l'efficacia della terapia se il contesto economico si
deteriorasse fortemente. Ma organiche, incisive decisioni di politica monetaria
sarebbero assai importanti anche per il G20. La preparazione di quest'ultimo
incontro all'insegna della nuova Bretton Woods o del New Deal bis ha
sbilanciato troppo le attese. I raffronti non reggono affatto. Occorre un bagno
di realismo. Il mondo intero si attende risposte concrete, almeno nei confronti
degli aspetti più pesanti della crisi e maggiormente
penalizzanti le fasce deboli, come del resto dimostrano le manifestazioni di
piazza, che ci si augura non travalichino, anche se ieri, purtroppo, numerosi
dimostranti hanno infiammato la protesta, a Londra, frantumando vetrine e
scontrandosi con la polizia. Si evidenziano, comunque, un forte disagio sociale
e una ostilità alle maggiori storture che la crisi ha
fatto emergere, come, per esempio, i trattamenti dei manager, di cui si è
scritto abbondantemente su queste colonne. Una nuova Bretton Woods è tutt'altra
cosa. Non siamo nel secondo dopoguerra. Oggi un'idea del genere si può
realizzare, come è stato detto, solo come work in progress. Ma se obiettivo del
vertice è anche, e forse soprattutto, quello di ripristinare la fiducia, non a
parole bensì con azioni concrete, allora al varo di nuove regole e di nuovi
indirizzi su tutti i temi all'ordine del giorno che
caratterizzano la crisi finanziaria, dai paradisi fiscali ai controlli sul credito e sulla finanza,
ai trattamenti dei manager, alla riforma del Fondo monetario internazionale, al
patrimonio e ai rischi delle banche ecc., deve accompagnarsi un'indicazione
netta, cogente, per un ulteriore impulso alla crescita con l'impiego di risorse
pubbliche aggiuntive. Il proposito del premier Berlusconi di sottoporre
al G20 un «patto sociale» per il lavoro è interessante, a condizione che non si
tratti di pura declamazione. Esso, in ogni caso, presuppone che si abbandoni,
da parte non solo dell'Italia, ma anche della Germania, la linea della
resistenza alla decisione di imprimere ulteriori stimoli fiscali, come
vorrebbero gli Usa. Aumenterebbero troppo le spese e i deficit pubblici, come
teme Trichet? Può essere un rischio; e tuttavia lo si può prevenire avendo il
coraggio di promuovere progressivamente misure strutturali compensative.
Un'efficace decisione della Bce non potrebbe che agevolare la messa in moto di
iniziative atte a far ripartire la crescita. Gordon Brown ha sintetizzato bene
i tre test del summit di Londra: controllo delle banche, misure per il rilancio
economico, sostegno ai Paesi in via di sviluppo, il tutto nel quadro di una
forte ripresa della cooperazione internazionale e del contrasto del
protezionismo. Il presidente degli Stati Uniti ha detto che non sarebbero
accettabili mezze misure e, molto significativamente, ha aggiunto che gli
Americani stanno facendo tutto ciò che è necessario per stimolare la
crescita.Il G20, dunque, non può concludersi con i soliti documenti che dicono
tutto e il contrario di tutto. Sarebbe il fallimento non solo di questo summit,
ma della idea stessa di una governance globale da rifondare. Altro che nuovo
ordine monetario internazionale, altro che governo della globalizzazione. Al
fallimento del giustamente deprecato mercatismo seguirebbe quello dei poteri
statuali, dell'architettura globale, per quel poco che c'è e per quel tanto che
si spera di conseguire.Un esito soddisfacente, non dico un successo, è
necessario. Diversamente, ci si dovrebbe amaramente interrogare sul livello
delle classi dirigenti in campo internazionale. Il peggio del peggio potrebbe
poi avvenire se l'Europa fosse incapace di esprimersi con una sola voce; se
addirittura si spaccasse; se si dimostrasse inconcludente, anziché perseguire
una partnership con gli Usa per guidare il summit verso un approdo capace di
rispondere positivamente alle legittime speranze. Partita con l'ambizione di
rifondare il diritto internazionale in materia finanziaria
e di contrastare la crisi, l'Europa coglierebbe un ben
misero risultato. Non potrà accadere. Ma non è scontato. Sono necessarie una
grande determinazione e un forte senso di responsabilità storica.
( da "Milano Finanza (MF)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
MF
sezione: Commenti & Analisi data: 02/04/2009 - pag: 9 autore: di Fulvio
Saini Il rigore tedesco e l'iperattivismo Usa aprono la strada a un altro G20
«Ci incontreremo per prendere decisioni, non per competere l'uno contro
l'altro»: così il cancelliere tedesco Angela Merkel sul Financial Times venerdì
27 marzo. Lunedì 30 anche il presidente americano Barack Obama, dalle stesse
colonne, si è augurato che dal G20 di Londra esca un messaggio di unità ben
diverso dal fallimentare vertice britannico del 1933 che fu addirittura
disertato dal neo-eletto Franklin Delano Roosevelt.Eppure la dialettica tra la
Vecchia Europa di Frau Merkel e la nuova America di Obama è già il filo rosso
del summit. Le bizze di Sarkozy, che ha già minacciato di abbandonare il G20 se
non si profileranno «decisioni concrete», confermano la centralità del
confronto Usa-Germania, i cui leader si misureranno domani a Londra sulla crisi economico-finanziaria, poi
nel bilaterale di Baden sui dossier militari Nato e infine a Praga, nella tappa
più squisitamente geo-politica, ospitata dalla presidenza Ue.Ma è indubbio che
sarà il faccia a faccia in pubblico di domani all'Excel Centre il test più importante.
E non a caso sia Obama che la Merkel hanno deciso di prepararlo attraverso il
«quotidiano dei mercati», deludendo forse quanti si aspettavano ricette
tecniche e rimescolando invece volutamente due temi che nel dibattito tra
economisti e nelle stanze dei bottoni governative sono sempre più spesso tenuti
distinti, forse altrettanto volutamente. Il risanamento dei mercati finanziari,
e in particolare del sistema bancario, tende ormai a essere considerato
autonomo rispetto alla lotta alla recessione. In realtà proprio
l'amministrazione americana, prima con Bush e Paulson al Tesoro, poi con Obama
e Geithner, ha utilizzato il timone di un unico piano per virare continuamente
tra pulizia degli asset tossici, nazionalizzazione del sistema bancario, aiuto
pubblico ai grandi gruppi industriali, stimolo all'economia e sostegno alle
famiglie. È stato fatto di tutto un po', ma niente ancora di definitivo in
alcun ambito e senza scegliere una direzione netta: salvo fondere tutto in un
budget da 3.600 miliardi di dollari che secondo il FT «toglie il respiro».La
Germania, invece, ha convogliato centinaia di miliardi di euro sul salvataggio
e la ricapitalizzazione dei gruppi creditizi e sulla garanzia pubblica dei
depositi bancari. La grande coalizione a guida democristiana (in scadenza
elettorale) continua invece a guardare con scetticismo al deficit spending di
keynesiana memoria. La Merkel ha detto chiaramente che la Germania è un paese
super indebitato, anche per aver salvato le banche travolte dalla crisi di derivati e subprime, e orientato all'export, con
una popolazione che sta invecchiando e declinando. Non può permettersi di
spingere il consumo a spese delle esportazioni.È l'eterna avversione tedesca a
qualsiasi politica inflazionistica? In parte sì, come si è visto dal continuo
ritardo con cui la Bce ha utilizzato, rispetto alla Fed, la leva monetaria. Non
solo. La headline del G20, secondo il cancelliere tedesco, è rimettere l'economia mondiale in piedi in modo tale da prevenire nuove crisi. E questo, in particolare,
significa azioni più pesanti sulla futura regolamentazione finanziaria.Lo schema interpretativo è
chiaro: la recessione è un effetto della crisi
finanziaria, cioè dell'incapacità dei mercati e
delle banche di mantenere le proprie dinamiche in equilibro. Bisogna
incidere sulle cause, cioè riattivare il sistema finanziario dotandolo però di
tutor e antivirus che impediscano gli eccessi e gli squilibri drammaticamente
emersi: i subprime, cioè la concessione di credito a chi non lo meritava, i
derivati, ossia l'utilizzo troppo rischioso e poco trasparente del risparmio, i
bonus e le stock option, quindi i meccanismi retributivi che scoraggiavano la
prudenza e incoraggiavano l'azzardo morale. È ovvio che la ricetta tedesca (ed
europea) piaccia poco a Wall Street e in generale a un'America che vorrebbe
dimenticare in fretta Lehman Brothers e tutto il resto. Più facile annegare la crisi bancaria (con motivazioni, responsabilità e terapie
precise) in una generale «recessione globale» nella quale la ricetta unica è
«rompere i vincoli su deficit e debito» e i sacrifici vengono ripartiti in modo
indiscriminato (o addirittura iniquo) esattamente come fino all'autunno scorso
sono stati distribuiti indiscriminatamente i rischi finanziari.Obama si trova
tra l'incudine tedesca e il martello di Wall Street, ma l'apparente attendismo
dell'intervista al Financial Times segnala relativa tranquillità.
Probabilmente, come ha già previsto lo stesso premier ospite, il britannico
Gordon Brown, ci sarà bisogno di un terzo G20 entro fine anno. Allora forse
sarà possibile capire chi ha vinto nel braccio di ferro fra rigore normativo e
politiche di sostegno o, meglio, in che termini la politica (a cominciare da
Obama e Merkel) è riuscita da gestire le varie spinte: quelle della gente
comune, che vuole ripresa ma anche sanzioni per i banchieri del passato e
garanzie su quelli del futuro, o quelle dei banchieri, che non vogliono tornare
alla lentezza della finanza vecchio stile e vogliono addebitare ai bilanci statali
e quindi ai contribuenti i costi della crisi passata e
del riavviamento dell'economia.
( da "Italia Oggi" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi
sezione: Economia e Politica data: 02/04/2009 - pag: 8 autore: Rapporto Fedart
Fidi: cresce l'attività in Italia. Finanziati oltre 735 mila artigiani e pmi
Confidi, nel 2008 erogati 6,3 mld Silvestrini (Cna): ora
sono essenziali le aggregazioni I consorzi fidi sono un'arma efficace contro la
crisi finanziaria i cui
effetti su artigiani e piccole imprese sono già molto pesanti in termini di
restrizione del credito bancario. Lo dimostra il fatto che in Italia cresce
l'attività dei confidi, che nel 2008 hanno erogato oltre 6,3 miliardi di euro
di finanziamenti garantiti a 735.619 artigiani e piccole imprese. Un
trend in crescita rispetto al 2007, quando i finanziamenti concessi dai Confidi
sono stati pari a poco più di 6 miliardi, erogati a 715 mila imprese.Questi i
dati dell'indagine annuale di Fedart Fidi, presentata ieri a Roma.Secondo il
rapporto, si mantiene elevato anche il grado di penetrazione del sistema
Confidi nel comparto artigiano (42%), a conferma del fatto che quasi un
imprenditore su due si rivolge ai Confidi per dare soluzione alle proprie
esigenze finanziarie e di rapporto con il sistema bancario.La classifica delle
regioni più attive vede in testa il Veneto con 1.127 milioni di euro di
finanziamenti garantiti nel 2007 dai Confidi artigiani. Al secondo posto la
Toscana con 987 milioni, al terzo posto la Lombardia con 814 milioni.I confidi,
ha sottolineato il segretario generale della Cna, Sergio Silvestrini,
intervenuto alla presentazione del rapporto, «consentono all'impresa artigiana,
in una fase particolarmente difficile, come quella attuale, di affrontare con
maggiore fiducia le sfide della competizione» e soprattutto «stanno dando prova
di tenuta, ma occorre coordinare e concertare l'attività del governo e delle
regioni per valorizzare queste strutture», ha precisato Silvestrini, ricordando
che a tutt'oggi gli imprenditori associati al sistema sono oltre 730 mila,
quasi una azienda su due, e che nelle regioni dove il sistema è maggiormente
radicato la quota dei crediti all'artigianato assistita dalla garanzia dei
Confidi supera il 40%. Per il segretario generale della Cna sono essenziali
anche le aggregazioni. «Sono mutati i bisogni delle imprese così come le
esigenze del sistema creditizio e per rispondere con maggior efficacia occorre
dimensionare anche i Confidi, adeguando la patrimonializzazione ai nuovi parametri».
Ricordando poi i recenti accordi che la Confederazione ha sottoscritto con
Unicredit e Federcasse, Silvestrini ha sollecitato una riflessione sulle
prospettive del dopo-crisi: «Sopravvivrà chi sarà in
grado di percorrere la via dell'innovazione e l'impulso dei Confidi è
determinante al fine di generare una nuova qualità della domanda anche sul
versante del credito».
( da "Messaggero, Il (Umbria)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
02 Aprile 2009 Chiudi di FRANCO REVIGLIO LA GRAVITÀ dei problemi economici
esistenti richiede che dal G20 che si tiene oggi a Londra esca con chiarezza un
messaggio unitario convincente e coeso capace di riportare
la fiducia sui mercati finanziari globali. La crisi coinvolge tutti, anche se con radici e modalità diverse. Ma vi è
un comune interesse, una sorta di bene pubblico, che l'incontro esprima alcuni
indirizzi condivisi sui temi essenziali. Essi devono ricevere una risposta
forte e urgente per il superamento della crisi e per la ripresa dell'economia. Ovviamente è dalla
finanza che può (e deve) ripartire quel segnale di maggiori controlli e rigore
che stacchi nettamente con il passato e trasmetta un flusso di fiducia
indispensabile per attenuare l'impatto contagioso della crisi
sull'economia reale e le tante (troppe) disuguaglianze. Il primo indirizzo
dovrebbe esprimere la volontà di fare emergere i titoli tossici che inquinano i
bilanci delle istituzioni finanziarie che sono particolarmente ingenti
soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Perché questa emersione possa
avvenire con successo, deve ripartire la leva finanziaria
che si è eccessivamente ridotta. Senza l'aumento della leva i rendimenti dei
nuovi fondi creati dal ministro del Tesoro americano per fare scoprire il
valore dei titoli tossici non attrarrebbero nessuno e quindi i titoli tossici
non emergerebbero. D'altro canto, la ripresa della leva è necessaria per
riportare la trasparenza dei bilanci delle banche e quindi la fiducia, entrambe
condizioni indispensabili per fare ripartire la concessione di crediti per la
ripresa dei consumi e degli investimenti. Un secondo indirizzo dovrebbe
garantire ai mercati che gli squilibri fondamentali che sono alla base della crisi finanziaria, in primo luogo gli squilibri dei conti
pubblici e dei conti con l'estero americani, saranno gradualmente contenuti,
evitando che i debiti che essi producono siano svalutati esportando inflazione.
Un terzo indirizzo dovrebbe esprimere la volontà condivisa di riformare le
regole che guidano la finanza mondiale. La strada da percorrere passa
attraverso l'introduzione di una sorta di legal standard della moneta, sulla
linea più volte sostenuta dal ministro Tremonti.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
LONDRA
Damien sfila in giacca e cravatta: «Uno scandalo i bonus ai manager che
guadagnano cento volte più di me» «Anch'io, impiegato della City, in piazza con
gli anarchici» P.G. LONDRA In giacca e cravatta in mezzo alla bolgia per venire
a dire la loro sulla crisi
finanziaria e far vedere che almeno per il momento
non hanno paura di finire al rogo, come minacciato dagli anarchici di Class
War. Nella piazza di fronte alla Banca d'Inghilterra, in mezzo a nugoli di
manifestanti anarchici con il bavaglio alzato e ragazzi vestiti con costumi
hippie, ieri si sono fatti vedere anche impiegati nelle banche e nelle
assicurazioni della City. Persone alla loro prima esperienza di piazza
che, attirate dal rumore e dal colore della folla, hanno lasciato l'ufficio per
vedere con i loro occhi questi manifestanti. Tra questi ospiti inattesi c'e
Damien, giacca e cravatta d'ordinanza, accento scozzese. In mano un cartello
che recita «Mark to Market» («Limiti al mercato»). Gli occhi che roteano rapidi
per tenere sotto controllo la gente che gli passa di fianco. Le labbra e le
gambe che di tanto in tanto gli tremano, quasi che per un momento gli passi per
la testa che la gente che lo circonda si possa trasformare di colpo in una
banda di scalmanati e mettersi a fare merenda con le sue cervella, cosi come
promesso in alcune boutade di gruppi anarchici nei giorni precedenti alla
protesta. Ma la gente che si è radunata nel centro della City, più che affamata
di cervella di banchieri, sembra incuriosita da quello che questo esponente
eccentrico del settore finanziario ha da dire. Lui risponde con piglio
professionale. Che cosa pensi di questa protesta? Penso che sia una cosa
importante. La gente ha ragione ad essere arrabbiata. Però gli slogan della
protesta sono molto vaghi, troppo generici. C'è bisogno di dire cosa si vuole
esattamente. E' un po' come Obama che dice cambiamento, cambiamento senza poi
chiarire che cosa intenda con questo benedetto cambiamento. Bisogna parlare di
come vogliamo cambiare il sistema finanziario. Non basta protestare. Non hai
paura che qualcuno possa prendersela con te? No, non troppo. Questa gente mi
sembra pacifica. È per questo che sono venuto qui in piazza in giacca e
cravatta. Per dimostrare che tutta questa paura che c'è stata negli ultimi
giorni è una paranoia assurda. Nei media e nel settore finanziario in
particolare si è sparso il panico nei giorni precedenti alla protesta. Ma mi
sembra che almeno oggi non finiremo bruciati. Il panico era ingiustificato.
Quali possono essere le soluzioni al disastro finanziario? Il sistema
finanziario anglosassone è troppo sbilanciato. Dobbiamo andare verso un sistema
simile a quello adottato in Scandinavia dove c'è una maggiore corporate
responsibility per il settore finanziario e dove ci sono controlli più stretti
per le grandi banche di investimento. Poi bisogna affrontare il problema dei
compensi e mettere fine ai bonus milionari dei manager di alto livello, che
spesso guadagnano cento volte quello che prende un semplice impiegato come me.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
GRECIA
La crisi economica prima e quella internazionale poi
hanno messo il paese in ginocchio. Karamanlis, preoccupato, non va al G20 Oggi
sciopero generale dei sindacati. Clima infuocato e rabbia Pavlos Nerantzis
ATENE Oggi si aspetta la partecipazione di migliaia e migliaia di lavoratori
allo sciopero generale proclamato dalla Confederazione generale dei lavoratori
(Gsee) e dalla Confederazione del settore pubblico (Adedy). Nel mirino
ovviamente c'è la politica economica del governo che colpisce sempre piú larghe
fasce sociali impoverite dalla crisi. Indicativo è ciò
che ha detto lo stesso presidente della repubblica, Karolos Papoulias, durante
il suo incontro «solidale» con la leadership dei sindacati al palazzo
presidenziale. La crisi, ha sottolineato Papoulias, ex
ministro socialista, «non deve essere pagata dai lavoratori, perché almeno loro
sono innocenti. La crisi deve essere pagata da quelli
che l'hanno provocata, e che insistono a non voler perdere niente di ciò che
hanno guadagnato in passato e di quello che pensano di guadagnare nel futuro».
La situazione in Grecia è ormai insopportabile non solo per larghi strati
sociali in conflitto con il padronato, ma anche per lo stesso governo
conservatore di Costas Karamanlis, che si presenta sempre
piu fragile ed incapace di affrontare la crisi economica, giá grave ancor prima del crollo del sistema
finanziario mondiale. «È una miscela esplosiva, tra la crisi finanziaria mondiale e la politica
economica del governo che ha provocato enormi problemi fiscali» ha detto il
presidente della Gsee, Jannis Panagopoulos. Problemi che non trovano
soluzione e che fanno aumentare la rabbia sociale. Una rabbia che si esprime
giorno per giorno nei discorsi tra la gente, una crisi
che si vede nei negozi e nei mercati, nel calo pauroso dei consumi e delle
vendite anche dei beni di prima necessitá, nelle imprese che chiudono, nelle
statistiche. La Grecia, tra i «27», ha un debito pari al 93% del PIL,
inferiore, cioé, solo a quello italiano e il primato comunitario di lavoratori
che vivono con salari sulla soglia di povertá: il 14%, mentre la media nell'Ue
è all'8%. È peggiore la situazione tra i giovani laureati, la cosidetta
generazione da 700 euro, dove il tasso di dissocupazione arriva il 45%.
Famiglie intere che avevano comprato una casa o una macchina grazie ad un
prestito dalle banche, che ancora fino pochi anni fa «offrivano» il denaro in
pochi giorni, ora rischiano di perdere tutto. Nelle cronache dei quotidiani e
dei canali televisivi si vedono sempre piú persone disperate, arrabbiate. Con
la nuova rabbia dei giovani studenti che non si è mai placata dal dicembre
scorso. Insieme alle proteste dure degli anarchici. Questa settimana piú di 700
allevatori di bestiame da tutto il paese sono arrivati ad Atene per chiedere
ció che lo stesso ministro dell´ agricoltura, Sotiris Chatzigakis, aveva
promesso un mese fa, cioé 100 milioni di euro. Ma ora il ministro non ha
«niente da dare». È in corso un presidio a oltranza di fronte al ministero
dell´economia di centinaia di operai del Gruppo Tessile Unito, che ha deciso di
chiudere tutte le fabbriche, dal nord al sud del paese. «Ben sette volte
abbiamo viaggiato fino qui per ottenere un incontro con il ministro, che ci
aveva promesso un aiuto, ma non siamo riusciti a vedere nessuno» dice un
operaio 59enne, licenziato insieme ad altri 1200 suoi compagni di lavoro. Gli
unici a guadagnare sono le banche, sostenute dal governo con 28 miliardi di
euro per la crisi finanziaria. Ma i banchieri non
sembrano disposti a far girare questo denaro, aiutando le imprese. Oggi ci
saranno due cortei, uno dei sindacati e uno dei comunisti ortodossi del Kke,
che preferiscono manifestare separatamente. Ma questo conta poco di fronte ad
una crisi che trova il premier stanco e poco disposto
a dialogare. Non a caso ha preferito rimanere ad Atene, nonostante l´ invito di
Gordon Brown al summit dei G20 a Londra.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20 Oggi
il vertice, sul documento finale permangono divergenze Merkel e Sarkozy:
«Subito le nuove regole» Anna Maria Merlo PARIGI Dieci ore per salvare il
mondo. Il G20, su cui si sono concentrate tutte le speranze
mondiali per uscire dalla crisi finanziaria diventata economica e sociale, durerà poco: è iniziato
ufficialmente ieri sera con una cena a Downing Street tra i capi di stato e di
governo dei 19 paesi (più l'Unione europea) invitati a Londra. E finirà oggi
alle 15,30, con la prevista conferenza stampa. Dopo aver ascoltato il
principe Charles parlare della conservazione delle foreste, i capi di stato e
di governo che rappresentano l'85% del pil mondiale hanno abbordato il rilancio
dell'economia. Oggi, parleranno delle questioni della regolazione del sistema finanziario. Sul rilancio, la posizione resta diversa tra
Usa e Europa, ma l'occidente si riunisce per chiedere a Cina e Giappone di fare
di più. In mattinata, Barack Obama ha incontrato Gordon Brown: entrambi hanno
convenuto che è importante «concentrarsi» sui punti in comune e non su
«divergenze episodiche». Così, nel comunicato finale, verrà reso omaggio ai
piani di rilancio già avviati - l'accento è americano - mentre non ci sarà
nessun richiamo a vararne dei nuovi - qui sono gli europei che hanno frenato.
Il G20 calcola che siano stati stanziati in via eccezionale 2.500 miliardi di
dollari nel mondo per cercare di contrastare la crisi,
cioè il 2% del pil mondiale, come aveva raccomandato l'Fmi. Il presidente
brasiliano Lula, ricevuto a metà giornata all'Eliseo, ha parlato di «summit
difficile», ma che spera si concluda con un «incoraggiamento» alla ripresa.
«Verranno discussi i piani di rilancio - ha messo le mani avanti Angela Merkel
- ma la Germania ha già dato un contributo enorme». Merkel è arrivata a Londra
con un «misto di fiducia e di preoccupazione». Sarkozy, nella conferenza stampa
congiunta, ha insistito sulla necessità della «regolazione» dei mercati finanziari, «una questione non negoziabile per
Francia e Germania». Alla vigilia, Sarkozy aveva minacciato «la politica della
sedia vuota» se non fosse stato stato concluso un accordo in questo senso. Ma
Brown, dopo una telefonata con l'Eliseo, si è detto «persuaso che Sarkozy
assisterà all'inizio della cena e resterà fino alla fine». Merkel ha tagliato
corto sulle intemperanze del francese: «Non è la migliore idea», ha commentato.
Ieri, Sarkozy ha sottolineato che il G20 è «un momento storico per costruire un
mondo nuovo che non possiamo lascia passare». Obama, alla conclusione
dell'incontro con il primo ministro britannico, ha affermato che al G20
verranno fatti «progressi reali e senza precedenti», bisogna «stabilizzare la
finanza del futuro». In cambio, Sarkozy e Merkel hanno convenuto che, «se sarà
necessario», nuovi piani di rilancio potranno venire messi a punto. Ma
Jean-Claude Trichet della Bce avverte: «Non si possono indefinitamente
aumentare le spese e i deficit». Sui paradisi fiscali, la posizione
franco-tedesca è più determinata di quella anglo-sassone (Brown deve fare i
conti con la City) e dei giganti emergenti, tra cui la Cina. Sarkozy ha
definito «immorali» i paradisi fiscali, ma tra gli europei c'è chi frena. «Il
G20 non avrà nessuna credibilità se nella lista nera non evocherà il Wyoming,
il Nevada e le isole lontane» ha commentato il presidente dell'eurogruppo
nonché primo ministro lusssemburghese, Jean-Claude Juncker, che non vuole che
il suo paese sia messo sotto accusa. Obama ha avuto ieri importanti incontri
bilaterali. Oltre al presidente russo, ha visto il leader cinese Hu Jintao. Il
presidente degli Usa, dopo un viaggio a Mosca in luglio, andrà a Pechino nella
seconda metà di quest'anno. Tra Obama e Hu Jintao il dialogo è stato strategico
ed economico, mentre sui diritti umani c'è stato un significativo silenzio.
Anche Sarkozy si prepara ad eludere la questione: oggi vedrà in un incontro
bilaterale Hu Jintao, per riannodare i legami Francia-Cina, guastati dalla
manifestazione pro-Tibet che aveva accompagnato il passaggio della fiamma
olimpica a Parigi e dall'incontro del presidente francese con il Dalai Lama in
Polonia. C'è accordo sull'aumento delle risorse all'Fmi, istituzione che è
tornata in forza sulla scena mondiale e qualche briciola dovrebbe essere
confermata per l'aiuto allo sviluppo. Ci saranno belle parole sulla lotta al protezionismo, anche se la Banca mondiale ha sottolineato
che 17 paesi sui 19 presenti a Londra hanno preso misure protezionistiche.
Maggiori difficoltà, invece, sulla regolazione delle agenzie di notazione e
sulla limitazione dei bonus dei traders.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
«Paradisi
fiscali? Il primo è Londra» Parla John Christensen del Tax Justice Network Luca
Manes John Christensen è il direttore del Tax Justice Network, la rete globale
di attivisti e ricercatori che si battono contro gli impatti nefasti
dell'evasione fiscale e dei paradisi fiscali. Christensen non solo è nato e
cresciuto in un paradiso fiscale, quale è l'isola di Jersey, ma ci ha lavorato
per più di un decennio. Ci puoi raccontare come mai hai deciso di trovare
un'occupazione nel settore finanziario di Jersey? Dopo essermi laureato in
Inghilterra, ho continuato a studiare economia. Durante un periodo passato in
India a metà anni Ottanta, ho capito che i programmi di liberalizzazione dei
capitali promossi dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale
avevano fatto sì che per i ricchi imprenditori e le grandi multinazionali fosse
più semplice evadere le tasse. Mi sono quindi concentrato sul ruolo
fondamentale, ma ben nascosto, che giocavano i paradisi fiscali nell'aiutare
l'aumento dei profitti delle corporation, allo stesso tempo penalizzando le
realtà più povere del mondo, che venivano invece private di preziose risorse
per la loro crescita economica. Per capire come funzionasse e operasse una
paradiso fiscale, ho quindi deciso di lavorarci. Dopo 12 anni spesi prima
presso una filiale della Deloitte e poi come consulente economico del governo
locale, posso dire che quello che ho visto non mi è piaciuto per niente. A
inizio marzo a Jersey ci sono stati un incontro pubblico e un'azione davanti
alla sede di diverse banche d'affari. Le autorità locali si siano defilate, ma
a livello internazionale l'evento ha avuto una vasta eco. La due giorni di
Jersey ha avuto un grande successo. In poco tempo siamo riusciti a mettere in
piedi la più grande coalizione di Ong - da Oxfam e Christian Aid, passando per
Attac e Friends of the Earth - mai vista nell'ambito della lotta ai paradisi
fiscali. Mentre i governi e le istituzioni finanziarie si nascondono dietro
sterili proclami, noi abbiamo avanzato delle proposte concrete e stiamo facendo
pressione sul G20 affinché siano presi dei provvedimenti specifici ed efficaci.
Un evento estemporaneo o il primo di una lunga serie? Manifestazioni di questo
tipo ci saranno anche in futuro. A Londra ormai si tengono quasi quotidianamente.
Ad esempio Mark Thomas, personaggio di spicco di Channel Four e nostro
attivista, proprio negli ultimi giorni ha tenuto alcune azioni dimostrative
davanti a sedi governative, dal momento che i palazzi di gran parte dei
ministeri inglesi sono stati venduti a società offshore a cui ora il governo
paga l'affitto, inclusa la sede dell'agenzia delle entrate. Però adesso il
governo di Jersey sostiene di aver firmato un'importante intesa con l'esecutivo
britannico per rendere pubbliche le informazioni sulle compagnie finanziarie
che operano sul suo territorio. E anche l'Ocse sembra si stia finalmente
attivando. C'è da essere ottimisti? Il trattato tra Jersey e Londra non vale la
carta su cui è stato scritto. È molto parziale e non garantisce maggiore trasparenza.
Anche gli apparenti passi in avanti compiuti dell'Ocse sono in realtà solo fumo
negli occhi. L'Ocse, come dieci anni fa, non ha nessuna intenzione di produrre
una lista nera dei paradisi fiscali che sia veramente significativa. Tu hai
sempre sostenuto che Jersey dipende direttamente dalla City di Londra, che
ritieni uno dei più importanti paradisi fiscali del pianeta. Ci spieghi perché?
Il Regno Unito è stato un paradiso fiscale sin dagli anni cinquanta, quando a
Londra si è sviluppato il mercato dei titoli obbligazionari in divise europee,
ossia titoli in lire o in marchi potevano essere scambiati in un sistema
monetario diverso, con la sterlina inglese o anche in dollari Usa. E quando
negli anni sessanta le autorità americane hanno iniziato a tassare i titoli
emessi alla fonte in dollari, Londra ha creato deliberatamente un mercato con
due caratteristiche: nessuna tassazione alla fonte di emissione e rispetto
della segretezza sulla proprietà dei titoli. Oggi a Londra si tiene il G20.
Quali sono le tue aspettative in merito? Sono abbastanza pessimista. Ha paura
che non ci saranno dei progressi di rilievo. Allo stato attuale, è indubbio che
la pressione monterà tutta sul primo ministro britannico, Gordon Brown, che ha
la presidenza del G20. Non ci dovrebbe essere un'intesa
sulla questione del protezionismo, né sull'aumento della spesa pubblica per combattere la crisi,
vista la scarsa disponibilità di Francia e Germania in proposito. L'unico
argomento su cui Brown è più vulnerabile ma su cui potrebbe portare a casa un
risultato positivo è quello dei paradisi fiscali. Il nostro premier è
l'unico che potrebbe fare resistenza, mentre non credo che tutti gli altri
Paesi, inclusa la Cina, si opporrebbero a un processo multilaterale per
combattere i paradisi fiscali. Perché Brown farebbe dell'ostruzionismo? Il
fatto di avere in casa un paradiso fiscale come la City di Londra comporta
tutta una serie di vincoli per il suo margine di manovra. Però è anche vero che
se il G20 si dovesse rivelare un fallimento Brown verrebbe fatto a pezzi
dall'opinione pubblica e dalla stampa, peraltro in un momento molto delicato
per il suo governo. L'unico appiglio è quindi quello di iniziare una vera e
propria road map per cancellare tutti i paradisi fiscali esistenti al mondo.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
FISCO
Cercasi (forse) accordo internazionale Perché i ricchi evasori vanno in
paradiso Antonio Tricarico È ormai diventata la litania dei leader dei
principali paesi ricchi da quando la crisi finanziaria
ha iniziato a mordere nell'economia reale e servono soldi pubblici, e tanti,
per salvare banche e imprese dal fallimento: bisogna mettere fine allo scandalo
dei paradisi fiscali e combattere l'evasione fiscale globale. Lo scorso
settembre il presidente francese Nicolas Sarkozy ha invitato a condizionare il sostegno
pubblico al settore privato al non operare nei centri finanziari offshore. La
cancelliera tedesca Angela Merkel, dopo aver aperto un fronte contro gli
evasori tedeschi in Liechtenstein lo scorso anno, si è accodata all'Eliseo e ha
lanciato un'iniziativa congiunta per raggiungere un accordo multilaterale al
fine di ridurre il segreto bancario. Sin dalla campagna elettorale Barack Obama
ha tuonato contro alcuni paradisi fiscali. Infine, lo stesso premier britannico
Gordon Brown, padre spirituale della City di Londra - una delle principali
giurisdizioni con tassazione agevolata per gli investitori - di fronte al
Congresso Usa ha ammesso che è giunto il momento di mettere fuori legge i
paradisi fiscali. Eppure il G20, proprio sotto la presidenza inglese, discute
ma non riesce a trovare accordo su passi internazionali al riguardo. Legittimo
allora chiedersi se si tratta delle solite parole a cui non seguiranno fatti.
Per il momento, l'unico vero risultato è stata la revisione della legge sul
segreto bancario in Svizzera, in favore di una maggiore trasparenza. Eppure
questo fervore internazionale sta generando per la prima volta un accesso
dibattito proprio nei paradisi fiscali. È chiaro che qualcosa cambierà e
qualcuno inizierà a pagare. La domanda è chi e quando, in assenza di un serio
accordo internazionale. Si stimano in 11.500 miliardi di dollari le proprietà e
i depositi registrati da individui nei paradisi fiscali, poco meno di un quarto
del Pil mondiale. A questo andrebbe aggiunto quello che registrano le imprese.
Si pensi che a Jersey, nelle isole della Manica, sono registrate 33 mila
imprese su 90 mila abitanti. Alle isole Cayman ben 65 mila su 52 mila abitanti
- tra cui l'80 per cento dei circa diecimila hedge funds esistenti al mondo.
Per non parlare della Svizzera, dove risiede circa un terzo della ricchezza dei
paradisi fiscali. O ancora Lussemburgo, che sotto la bandiera europea rimane il
principale veicolo per aggirare la legislazione fiscale negli altri paesi
europei. È una sorta di Pil mondiale offshore, tenuto a galla dal segreto
bancario e dalla rete di accordi sugli investimenti che proteggono investitori
ed evasori da eventuali rappresaglie giudiziarie e fiscali. I paradisi fiscali
sono il buco nero sia della regolamentazione che della stabilità
finanziaria globale e hanno
giocato un ruolo centrale nella crisi finanziaria che viviamo: ospitano gran parte dei complessi strumenti di
cartolarizzazione con cui i debiti sono stati rivenduti in maniera speculativa;
hanno permesso a molte banche di registrare fuori bilancio, e quindi fuori del
controllo dei supervisori, una buona parte delle loro operazioni; hanno
generato una competizione al ribasso nei regimi di regolamentazione nazionale;
hanno consentito di creare complesse strutture che collegano diverse
giurisdizioni offshore, bloccando così potenziali azioni legali; infine sono
stati lo strumento principe per evadere le tasse su scala globale. In una
logica di sviluppo, poi, i paradisi fiscali sono stati il veicolo principale
per drenare risorse dai paesi impoveriti verso quelli ricchi. Si stima che
circa mille miliardi di dollari l'anno, dieci volte gli aiuti allo sviluppo
mondiale, lasciano i paesi poveri non venendo tassati. Più della metà sono i
profitti delle multinazionali, un'altra buona parte si tratta di flussi
illeciti. Un'emorragia che difficilmente si arresterà se il business offshore
continuerà ad essere tollerato. Ma vi è anche un terzo problema sociale,
sconosciuto ai più. Molti pensano che ogni paradiso fiscale sia una Montecarlo
per soli ricchi. La realtà è che l'industria dell'evasione fiscale globale si è
impadronita negli anni 70 di numerose isole e posti protetti, a scapito del
loro sviluppo e degli interessi degli abitanti locali. A Jersey un quinto circa
della forza lavoro vive con il contributo statale. Analogamente nelle isole dei
Caraibi in pochi vivono nel lusso. Una logica di bonus al contrario che spinge
addirittura i più poveri a pagare le tasse per i ricchi evasori. *Crbm
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-02 - pag: 1 autore: Merkel e Sarkozy:
subito regole più severe per la finanza - Draghi: misure valide anche per gli
hedge fund Asse franco-tedesco al G-20 Scontri e assalti alle banche a Londra:
un morto tra i manifestanti Vigilia ad alta tensione per il G-20 a Londra. Ieri
la City è stata per ore teatro di scontri fra polizia e "no global" e
in serata un manifestante è stato trovato morto, probabilmente per collasso.
Una filiale della Rbs è stata attaccata, 30 gli arrestati. La scena politica è
stata dominata dagli incontri bilaterali, a cominciare da quelli del presidente
Usa Barack Obama con il premier britannico Gordon Brown, il presidente russo
Dmitrij Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. Un asse franco-tedesco è
riemerso tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, che hanno
chiesto il varo immediato di regole più severe su mercati
finanziari e paradisi fiscali. Ma per Silvio
Berlusconi le vere decisioni arriveranno solo al G-8 di luglio alla Maddalena.
Il Governatore di Banca d'Italia Mario Draghi ha ricordato che le
raccomandazioni anti-crisi del Financial Stability Forum si applicano anche a
banche e hedge fund. Servizi u pagine 2, 3 e 5 L'America riapre il
dialogo con Russia e Cina. Dmitrij Medvedev e Barack Obama (nella foto) hanno
deciso di avviare negoziati sul disarmo nucleare AP/LAPRESSE l'articolo
prosegue alle pagine 2 3 5
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 2 autore: Divisioni
culturali e interessi contrastanti L'eterna partita Usa-Europa Adriana
Cerretelli LONDRA. Dal nostro inviato E uropa contro Stati Uniti, Cina e Russia
anche: non fosse per l'eterna sintonia con l'Inghilterra di Gordon Brown e la
fresca solidarietà del Giappone di Taro Aso, l'America di Barack Obama
rischierebbe davvero di ritrovarsi sola e accerchiata al suo debutto sulla
scena globale del G-20. Anche se, entro sera, si troverà il modo di salvare la
faccia del vertice di Londra. Un fallimento plateale non conviene a nessuno:
interdipendenza e mercati sempre allerta non consentono di indulgere alle
risse, a meno che non siano attentamente controllate. Sono passati soltanto cinque
mesi dal vertice del G-20 di Washington di cui l'Europa era stata la
volonterosa madrina mentre per l'Amministrazione Bush brillavano gli ultimi
flebili fuochi. In 150 giorni, i Magnifici 20 hanno pompato nell'economia
mondiale uno stimolo da 2.500 miliardi di dollari, il 2% del Pil globale, e
hanno speso altri 4mila miliardi per il salvataggio del settore finanziario.
Uno sforzo gigantesco che finora però è servito a poco. Con rare eccezioni la
recessione non cessa di avvitarsi su se stessa, la crescita mondiale quest'anno
rasenterà lo zero,l'attività finanziaria resta al palo, il commercio collassa
(-10%). E nonostante gli appelli in senso contrario lanciati in novembrea
Washington, il protezionismo sgomita se è vero che 17 Paesi tra i Magnifici 20 che lanciarono
quell'appello hanno eretto nuove barriere a difesa dei propri mercati. O
meglio, come si usa dire di questi tempi, a garanzia che il denaro del
contribuente, investito negli stimoli nazionali, sia tutto speso in casa e non
finisca invece nelle tasche del concorrente o del vicino. Nonostante gli
sforzi fatti, il sistema è in tilt perché la fiducia continua a latitare. Va
assolutamente recuperata. Sì ma come? Nella risposta a questo interrogativo c'è
la miccia della "guerra" euro-americana, con code cino-russe. Fino
all'altro ieri era l'equazione della sicurezza globale a fare scintille tra le
due sponde dell'Atlantico che invece domaniaStrasburgo, alverticedel60Ú della
Nato, celebreranno il gran ritorno all'ovile della Francia di Nicolas Sarkozy.
Oggi il dissenso si concentra quasi tutto sull'economia. Molto più di regole
finanziarie generalizzate e stringenti e di una governance globale più attenta
e attiva, per l'America di Obama è la ripresa economica la chiave per uscire
dall'emergenza. Per questo la sua dottrina dei maxi-stimoli chiama tutti i
protagonisti del G- 20 a fare la loro parte fino in fondo. Tolto l'inglese
Brown, l'Europa però non ci sta. «Questa crisi non è una catastrofe naturale e
non si risolve con l'oblio» ha scandito ieri a Londra, all'unisono con Sarkozy,
Angela Merkel, ricordando che «non se ne uscirà accelerando sul rilancio e
frenando sulla regolamentazione finanziaria, altrimenti prima o poi si
presenterà di nuovo». Qualche giorno fa il cancelliere tedesco aveva attaccato la
Casa Bianca per «l'eccessiva iniezione di liquidità con la quale non si crea
una crescita durevole». Due mondi, e culture ai ferri corti. Da una parte la
grande crisi del capitalismo anglosassone e la voglia matta di scorciatoie
keynesiane nella speranza che tutto in qualche modo si aggiusti senza pagare
prezzi troppo alti come la rinuncia alla sovranità nazionale esclusiva sul
settore finanziario. Titoli tossici permettendo. Dall'altra la cultura della
stabilità tedesca che ha contagiato l'Europa intera, Italia compresa, e che
vede in un nuovo ordine mondiale non più dominato soltanto dagli Stati Uniti la
via per esorcizzare in futuro simili disastri. In mezzo Cina e Russia che
teorizzano concretamente la fine della supremazia del dollaro rivendicando un posto
a pieno titolo nel governo del mondo. è facile oggi sparare sul bersaglio
americano, imputando agli Stati Uniti la responsabilità del capitalismo
impazzito e del grande gelo dello sviluppo. Ed è facile strapazzare la
presidenza Obama, errori e incertezze del suo esordio. è comprensibile il
rifiuto dell'Europa di indebitarsi oltre però a patto di non pretendere
implicitamente che lo faccia l'America al suo posto, salvo poi criminalizzarla
per i danni prodotti con i suoi eccessivi squilibri. è confortante per Cina e
Russia sognare il "golpe" contro il dollaro (mettendo così la sordina
sullo yuan sottovalutato): salvo che, tra bond Usa e riserve in moneta
americana che possiede, Pechino sarebbe la prima a pagare il prezzo del crollo.
Conclusione: nella partita del G-20 oggi non ci possono essere né vincitori né
vinti. Tutti sono sulla stessa barca condannati a remare insieme e nella stessa
direzione. Anche se spesso si detestano. © RIPRODUZIONE RISERVATA DUE VISIONI
Per Washington bisogna sostenere la ripresa a tutti i costi, mentre i 27
frenano su un eccesso di iniezioni di denaro pubblico
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 2 autore:
Berlusconi: al G-8 le vere decisioni Gerardo Pelosi LONDRA. Dal nostro inviato
Finora hanno fatto di tutto i diplomatici italiani per allontanare il sospetto
che l'Esecutivo guidato da Silvio Berlusconi tifasse apertamente per un G-20
debole e interlocutorio in grado solo di fare da apripista
per le nuove regole del gioco per i mercati finanziari da riscrivere al G-8 della Maddalena. Ma dopo le parole
pronunciate ieri dal premier italiano prima del ricevimento di Buckingham
Palace, quei sospetti si sono tramutati in realtà. è vero pure che lo sherpa
del presidente del Consiglio, l'ambasciatore Giampiero Massolo, andava
ripetendo fino alla noia che «si tratta di un negoziato ancora aperto in
cui tutti gli elementi sono legati tra loro: aumento del capitale del Fondo
monetario, stimoli fiscali e nuove regole per i mercati
finanziari». Ne usciva, però, l'immagine di un'Italia ai margini del
tavolo di trattativa, anche se messa alle strette tra l'asse Obama-Brown e
l'asse Sarkozy-Merkel non avrebbe avuto dubbi a schierarsi per l'Europa
continentale. Sta di fatto che gli sherpa, secondo Berlusconi, finora «hanno
lavorato molto bene», il che contribuirà probabilmente nella notte a togliere
qualche parentesi quadra (soprattutto sulle cifre) nei 24 punti del comunicato
finale del summit ma, ha aggiunto il premier, «sarà solo al G-8 che porteremo
la nostra proposta per il global standard, cioè una legislazione internazionale
per il mondo della finanza e dell'economia ». Si va facendo strada tra i capi
di Stato e di Governo, secondo Berlusconi, un sistema di garanzie per chi perde
il posto di lavoro. Su impulso del ministro dell'Economia Giulio Tremonti,
peraltro, si sta lavorando alla bozza di " legal standard"
coinvolgendo anche giuristi ed economisti vicini al Pd. Anche perché, insisteva
il premier italiano, «è proprio al G-8 che verrà redatto il nuovo codice dei
comportamenti finanziari ed economici del mondo
all'insegna di "People first"». Berlusconi non si straccia quindi le
vesti se da Londra non usciranno le linee direttrici per superare la crisi e
infondere nuova fiducia nei mercati. Gli ostacoli
maggiori, secondo quanto riferito dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni,
che ha preso parte a Londra a una riunione internazionale delle organizzazioni
sindacali, verrebbero proprio dal premier britannico e presidente del G-20
Gordon Brown restio, anche più del Presidente americano, a prendere impegni
sulle nuove regole e sui paradisi fiscali. Qualche battuta il premier italiano
l'avrebbe scambiata, ieri sera, nel corso della cena anche con Obama («Si è
definito il "nuovo ragazzo" che deve imparare molto dall'esperienza
di noi anziani»), ma finora non è previsto un incontro bilaterale ad hoc. Anche
se la diplomazia italiana starebbe lavorando alacremente per un colloquio tra
Berlusconi e Obama a margine del prossimo vertice Ue Usa di Praga del5 aprile,
il presidente del Consiglio italiano è apparso categorico: «Non abbiamo chiesto
un incontro bilaterale con Obama perché non ci sono argomenti su cui
intrattenerci, abbiamo tutto chiaro ». L'unico faccia a faccia Berlusconi l'ha
avuto ieri con il premier giapponese, Taro Aso, che si è informato sul nuovo
Partito delle libertà. A tarda sera il premier, dopo aver avuto notizia della
morte di un manifestante, ha commentato: «Mi dispiace molto, è una brutta
notizia, noi non ne sapevamo niente. è la parte negativa di questi vertici che
sono comunque indispensabili ». gerardo.pelosi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE
RISERVATA APPUNTAMENTO A LUGLIO Secondo il premier qui si gettano le basi, ma
solo alla Maddalena «sarà redatto il nuovo codice dei comportamenti finanziari»
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 2 autore: I Grandi
al lavoro per riaccendere l'economia globale Comincia
stamattina il vertice del G-20 di Londra chiamato a dare risposte a una crisi finanziaria senza precedenti, che
ha spinto l'economia mondiale in recessione. I lavori, in una capitale blindata
dalle forze di sicurezza (5mila agenti, per un costo di 10 milioni di
sterline), si concluderanno nel pomeriggio
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24
Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 3
autore: «Stretta sui mercati finanziari» Merkel e Sarkozy bocciano la bozza preparatoria e chiedono
norme più severe Alessandro Merli Mario Platero LONDRA. Dai nostri inviati Muro
contro muro, almeno nei toni, sul fronte transatlantico nelle ore
immediatamente precedenti l'avvio del summit del G-20 a Londra. In
mattinata il padrone di casa, il premier britannico, Gordon Brown, e il
presidente Usa, Barack Obama, erano apparsi concilianti e focalizzati sulla
ricerca dell'unità. Ma nel pomeriggio, affiancato dal cancelliere tedesco
Angela Merkel, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, che alla vigilia aveva
minacciato di abbandonare il vertice se non fossero stati raggiunti risultati
concreti soprattutto sulla finanza globale, ha dettato, con tono aggressivo,
una serie di punti «irrinunciabili ». Come la pubblicazione di una lista nera
dei paradisi fiscali che non cooperano nella lotta all'evasione, la
regolamentazione di hedge fund, agenzie di rating e prodotti derivati, i tetti
alle paghe dei banchieri. Sono però tutti punti sui quali Obama ha mostrato di
concordare nella conferenza stampa di ieri a Downing Street e che comunque, a
giudicare dalla bozza di comunicato circolata nei giorni scorsi, erano già
inclusi nelle conclusioni del G-20 dopo il lavoro degli sherpa. Argomento che
Sarkozy ha sdegnosamente rifiutato. «Da stamane - ha detto - di bozze ne ho
viste quattro o cinque. Se tutto fosse già concordato, non ci sarebbe ragione
di essere qui». La Merkel ha definito quello di Londra «uno degli incontri più
importanti per il futuro del pianeta. E non è un'esagerazione », in quanto, con
la riscrittura delle regole della finanza, si deve impedire la ripetizione di
una crisi come quella attuale. Il cancelliere tedesco ha anche ricordato che è
dovere dei Paesi riuniti a Londra aiutare «quelli che non possono farcela da
soli». Quelli che soffrono maggiormente le conseguenze della crisi non hanno
nulla a che vedere con le sue origini, ha sottolineato Sarkozy, con un chiaro
riferimento agli Usa. «Non è il momento delle accuse reciproche», aveva detto
Obama, ammettendo gli errori dell'America. Brown, parlando di «un piano globale
per la ripresa economica e le riforme», ha cercato di sdrammatizzare con una battuta
le minacce di Sarkozy. «Ho completa fiducia - ha detto - che il presidente
francese sarà presente non solo al primo piatto della cena di questa sera, ma
sarà ancora seduto con noi quando arriveremo alla fine». Sul fronte delle
regole, ha aggiunto Obama, «questa idea che che ci siano coloro che premono per
le regole e quelli che resistono alle regole è smentita dai fatti. Il
segretario al Tesoro, Tim Geithner è andato al Congresso a proporre misure non
meno aggressive di quelle emerse nel G-20. E questo ben prima che arrivassimo a
Londra». La Merkel lo ha riconosciuto ieri pubblicamente, ma ha insistito che
la riforma delle regole va fatta «adesso o non si farà più per anni». Gli Stati
Uniti non sono però disponibili a cedere sovranità a un regolatore o a un
supervisore globale sui mercati finanziari. Nelle
scorse settimane, gli Usa hanno insistito molto sulla necessità di stimoli
fiscali per il rilancio dell'economia, anche da parte dei Paesi partner,
ottenendo sponda dal premier giapponese Taro Aso e dalla Cina, ma incontrando
le resistenze europee. Ieri, la Merkel ha ammesso che il piano Usa è
«particolarmente significativo, ma anche noi abbiamo fatto la nostra parte».
Anche su questo tema, Obama ha espresso pragmatismo, riconoscendo che l'Europa
ha per esempio maggiori ammortizzatori sociali, ma ha chiesto che «ciascun
Paese faccia i suoi sforzi, tenendo conto della cultura, della politica e della
struttura economica. Anche noi dovremo tenere conto dei nostri disavanzi. Il
mondo si era abitutato alla voracità del consumatore americano, ora dovremo pensare
ad aumentare i nostri tassi di risparmio». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL FRONTE
OPPOSTO Obama e Brown usano toni più concilianti della coppia franco-tedesca:
«Ci sono molti punti su cui siamo tutti d'accordo» ANSA Asse franco-tedesco. Il
cancelliere tedesco Angela Merkel con il presidente della Repubblica francese
Nicolas Sarkozy, ieri a Londra, alla vigilia del vertice del G-20. Dietro di
loro, a sinistra, il ministro tedesco delle Finanze Peer Steinbrueck
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 3 autore: Draghi:
regole uguali per banche e hedge fund LONDRA. Dal nostro inviato I leader del
G-20 approveranno oggi le indicazioni del Financial Stability Forum (Fsf),
presieduto dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, su una serie di
nuove regole per la finanza globale. Draghi, per conto dell'Fsf, un gruppo che
riunisce gli organi di vigilanza sui mercati e sulle banche, presenterà ai capi di Stato e di Governo tre
rapporti: uno sulle retribuzioni nel settore finanziario, tema che recentemente ha sollevato molte polemiche, uno sul
miglioramento della cooperazione internazionale nella gestione delle crisi finanziarie e uno per limitare l'impatto
pro-ciclico delle attività delle banche che tende ad amplificare le
oscillazioni del ciclo economico. Questa limitazione si otterrà, ha
spiegato Draghi, riducendo la leva finanziaria
attraverso l'introduzione di leverage ratio. Tutte queste proposte, ha detto
ieri Draghi, si applicheranno alle istituzioni finanziarie
che possono creare un rischio sistemico, non solo le banche, ma anche, per
esempio, gli hedge fund. La necessità di ricondurre gli hedge fund sotto le
regole che si applicano al resto del settore finanziarioè
uno dei punti su cui hanno insistito ieri il presidente francese Nicolas
Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel. La bozza del comunicato del G-
20 circolata nei giorni scorsi parla di estendere regole e vigilanza a «tutti i
mercati finanziari, strumenti e istituzioni, compresi
gli hedge fund, che sono individualmente o collettivamente di importanza
sistemica». Dal G-20 verrà oggi un avallo a un ruolo più importante per l'Fsf,
che, ha dichiarato Draghi, non è tanto «un regolatore globale, quanto un
organismo che fissa degli standard e che coordina il lavoro delle autorità
nazionali». La verifica del rispetto degli standard è demandata al Fondo
monetario, attraverso i suoi programmi di valutazione dei settori finanziari del Paesi membri. L'Fsf, creato dal G-7 dopo la
crisi asiatica di fine anni 90, è stato recentemente allrgato per comprendere i
Paesi emergenti che fanno parte del G-20, oltre alla Spagna e all Commissione
europea. Il governatore della Banca d'Italia non ha voluto azzardare
valutazioni sul fatto che la la morsa del credit crunch si stia allentando, ma
ha notato che «molte cose sono state fatte in tutti i Paesi. Non appena
entreranno in vigore - e alcune hanno richiesto tempo per essere predisposte -
penso che se ne vedranno i benefici». Draghi ha fatto l'esempio del piano
presentato due settimane fa dal segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, per
ripulire i bilanci delle banche americane dai titoli tossici, piano che ha
definito «ben congegnato e che avrà una realizzazione più veloce di altri
tentativi precedenti». I mercati, ha detto il
governatore, si riprenderanno solo quando si sarà creato «un pavimento
credibile alle valutazioni » dell'attivo delle banche. Per far questo, ogni
Paese può seguire una strada che dipende dalle circostanze nazionali, ma con un
obiettivo comune. Lo scopo principale di incontri come quello di oggi, ha
aggiunto, è di «ristabilire la fiducia nei mercati,
nelle banche, nei posti di lavoro». Draghi riferirà anche al G-20 dei progressi
compiuti sul lavoro svolto nell'ultimo anno dall'Fsf stesso e da diversi
organismi di supervisione: sono state già create per esempio controparti
centrali per i credit default swaps e istituiti collegi di vigilanza, che
coinvolgono diverse autorità nazionali, per le banche che operano su scala internazionale,
in modo che non sfugga un esame complessivo delle loro attività. A.Me. LE
PROPOSTE Oggi atteso il via libera alle raccomandazioni del Financial Stability
Forum su stipendi, gestione delle crisi e riduzione della leva
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 3 autore: Lettera
degli organismi regolatori ai leader politici Contabilità, scontro sui criteri
Mauro Meazza Enzo Rocca Le regole contabili diventano nuovamente un fronte
caldo nella ricerca di soluzioni contro la crisi. Martedì i vertici mondiali
della contabilità Usa e Ue (rispettivamente il Fasb, Financial Accounting
Standards Board e lo Iasb, International Accounting Standards Board) hanno
inviato una lettera ai «Grandi», tramite il primo ministro inglese Gordon
Brown, per ricordare i lavori in corso da parte di entrambi gli organismi. La lettera
segnala le attività congiunte già avviate dai due maggiori centri di
elaborazione delle regole contabili, ma è anche un modo per fare argine a
eventuali colpi d'acceleratore della politica, che già nell'autunno scorso ha
chiestoe ottenuto repentini adeguamenti agli standard. Ad alzare i toni è
intervenuta però, ieri, una dichiarazione del presidente francese, Nicolas
Sarkozy: «Sapete cosa ci ha portato alla situazione attuale? è stata la mania
dei tecnici di intervenire su questioni tipicamente politiche. Si è voluto
riporre fiducia nei tecnici, in particolare sulle normative per la contabilità.
E i tecnici si sono sbagliati». La frase di Sarkozy rischia di vanificare
l'offensiva diplomatica avviata da Iasb e Fasb con la lettera a Brown. Che
prende le mosse proprio dagli auspici sulla necessità di coerenza tra i
principi contabili dei due standard setter: auspicio espresso proprio dai
leader del G-20 nel vertice di Washington del 15 novembre 2008. La lettera
precisa i passi fin qui compiuti: Iasb e Fasb hanno costituito un gruppo di
lavoro congiunto (Financial Crisis Advisory Group, in sigla Fcag) per
analizzare le ripercussioni della crisi e le potenziali modifiche al quadro
contabile globale. Il gruppo si compone di 18 alti dirigenti, di ampia esperienza
internazionale sui temi finanziari. A loro si uniscono
osservatori di banche, assicurazioni, organismi di vigilanza e regolamentazione
dei mercati mobiliari. Partecipano anche i presidenti
e alcuni membri di Iasb e Fasb. Il Fcag – rammenta ancora la lettera – conta di
produrre un documento a luglio. Attualmente, sta esaminando
i possibili miglioramenti alla rendicontazione finanziaria in grado di aumentare la fiducia nei mercati
finanziari. All'ordine del giorno del gruppo ci sono
le questioni chiave, come il sistema contabile basato sul fair value (markto-
market compreso), le modalità di accantonamento per le perdite su crediti, il
trattamento delle entità strutturate e dei veicoli «fuori bilancio». Il
Financial Crisis Advisory Group sta infine esaminando il processo di emanazione
degli standard in situazioni particolari e i benefici della convergenza tra i
principi internazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA AFFONDO FRANCESE Lo sfogo
dell'Eliseo: abbiamo riposto fiducia nei tecnici e i loro sbagli ci hanno
portato alla situazione attuale
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
mostra
L'altro, ritratto in bianco e nero Alla Cité Nationale de l'histoire de
l'immigration apre la mostra «A ciascuno i suoi stranieri - Francia/Germania -
dal 1871 a oggi», dove attraverso fotografie, articoli di giornali, canzoni
film e opere d'arte viene ripercorsa la storia dell'immigrazione nelle due
nazioni. La rappresentazione dello straniero che spiega la costruzione delle
identità nazionali Anna Maria Merlo PARIGI Nei giorni scorsi, con un anno e
mezzo di ritardo, avrebbe dovuto aver luogo l'inaugurazione ufficiale della
Cité Nationale de l'histoire de l'immigration, la struttura della Porte Doré
(nell'edificio che aveva ospitato il museo delle colonie), aperta dal 10
ottobre del 2007. Ma i ministri che avrebbero dovuto essere presenti - Xavier
Darcos dell'Educazione e il nuovo ministro dell'immigrazione e dell'identità
nazionale, l'ex socialista Eric Besson convertito al sarkozismo - hanno
rinunciato, perché c'era una manifestazione ostile alla politica
dell'immigrazione del governo e alla caccia ai sans papiers in corso. Il
governo ha impiegato quasi due anni per decidersi a dare ufficialità alla Cité
de l'Histoire de l'immigration, perché imbarazzato dalle polemiche nate attorno
all'istituzione voluta da Sarkozy di un ministero «dell'immigrazione e
dell'identità nazionale», in contraddizione con lo spirito con cui era nata la
Cité (e che aveva portato alle dimissioni della commissione di storici del
comitato scientifico della Cité). I due ministri hanno perso così l'occasione
di visitare la mostra aperta (fino al 19 aprile) alla Cité: A ciascuno i suoi
stranieri? Francia/Germania - Dal 1871 a oggi, organizzata in collaborazione
con il Deutsche Historisches Museum di Berlino (dove sarà presentata dal 28
agosto prossimo fino al 3 gennaio 2010). Attraverso fotografie, articoli di
stampa, manifesti, caricature, discorsi pubblici, cartoline, canzoni, film e
opere d'arte contemporanea viene presentata l'immagine dell'«altro», come si è
costruita storicamente in modo diverso in Francia e in Germania, i due più
grandi paesi di immigrazione in Europa, che attualmente devono far fronte a
un'analoga sfida. Queste rappresentazioni dello straniero raccontano anche, in
filigrana, come si siano costruite le identità nazionali in Francia e in Germania,
i due paesi-chiave della fondazione dell'Unione europea, usciti da secoli di
guerre reciproche. L'«altro» è servito su entrambe le sponde del Reno per
costruire il sentimento di appartenenza nazionale. Con modalità diverse: per la
Francia, la nazione, nella formula di Renan, è «un plebiscito giornaliero»,
mentre nel Discorso alla nazione tedesca Fichte parla di missione spirituale
che solo la nazione tedesca potrà realizzare. La mostra è organizzata in
sequenze cronologiche parallele sulla storia dell'immigrazione in Francia e in
Germania. In Francia, con la III Repubblica, viene stabilito un legame preciso
tra cittadinanza e nazionalità, che contribuisce ad erigere un muro tra i
«francesi» e gli altri. Nel 1881, vivevano in Francia più di un milione di
stranieri - belgi, italiani, tedeschi e spagnoli. Ma con la
crisi economica (1873-1896) non cresce soltanto il protezionismo, ma anche il rigetto degli stranieri, accusati di portare via il
lavoro ai francesi. Sembra quello che sta accadendo oggi in Italia, più di
cent'anni dopo: per esempio, risale a quest'epoca in Francia il tentativo di
schedare ad ogni costo i rom. Parallelamente, in Germania nasce
l'Impero, il primo stato nazione unito, sotto guida prussiana, composto da
venticinque entità, tra regni, principati, ducati e città libere. La legge del
1913 uniforma il diritto alla nazionalità tedesca, fondato ufficialmente sul
principio dell'origine etnica. Le minoranze sono represse, l'antisemitismo si
diffonde. Con la prima guerra mondiale, la Germania scheda i soldati ebrei,
accusati di mancare di spirito di sacrificio, preludio alla «pugnalata alle
spalle» considerata la sola causa della sconfitta tedesca. La Francia nemica
schiera dei soldati originari dalle colonie: in patria restano dei paria e per
i tedeschi non sono nemmeno degli avversari degni di questo nome. Nel primo
dopoguerra la xenofobia in Francia si rafforza, sempre a causa della
concorrenza per i posti di lavoro e gli immigrati - italiani, polacchi,
spagnoli - vengono accusati di rappresentare un pericolo, sia sanitario che per
la sicurezza pubblica. A quell'epoca c'erano 3 milioni di stranieri in Francia
e si ripropone la questione già presente in questo paese di immigrazione alla
fine del XIX secolo: come «fare dei francesi con degli stranieri», cioè la
questione dell'integrazione. La legge francese apre progressivamente lo jus
sanguinis napoleonico allo jus soli: l'«altro» è fonte di inquietudine, ma può
redimersi diventando francese (anche se nel '32 verrà bloccata l'immigrazione per
lavoro, a causa della crisi economica). La Germania resta invece ancorata allo
jus sanguinis, fino alla riforma del '99, che ha introdotto qualche elemento di
jus soli. I pregiudizi che si consolidano nel tempo, verranno tradotti in
pratica negli anni dei fascismi. In Germania, gli «stranieri alla razza»
tedesca, ebrei, zingari, neri, sono progressivamente privati dei diritti.
Durante la guerra, i prigionieri verranno arruolati per servire allo sforzo
bellico tedesco: nel '44, erano 8 milioni (650mila francesi). Parallelamente,
il regime di Vichy erige barriere contro l'«anti-Francia»: ebrei, comunisti,
stranieri, massoni e passa all'atto, con internamenti, segnalazioni, fino alla
deportazione. Con la Liberazione e la crescita economica del secondo dopoguerra,
la situazione cambia per gli immigrati storici, ma i pregiudizi si spostano su
un altro bersaglio, grazie anche agli effetti della guerra d'Algeria: l'arabo
e, in misura minore, il nero. La Germania del dopoguerra, divisa in due,
accoglie milioni di rifugiati tedeschi, espulsi dai territori dell'est e
sovente percepiti come stranieri in patria. Nella Rft gli immigrati sono
Gastarbeiter, lavoratori invitati, dove è sottinteso che non sono destinati a
restare. Ma a partire dagli anni '70, nei due paesi è chiaro che gli immigrati
sono ormai radicati per sempre: il fallimento delle politiche di «aiuto al
ritorno», che la Francia di Giscard d'Estaing aveva copiato dalla Germania, è
lì a provarlo. Nei due paesi cresce la xenofobia - «in Germania abbiamo gli estremisti,
in Francia gli elettori», dice lo storico Alfred Grosser - perché con le crisi
economiche successive, benché minori di quella in corso, l'immigrato continua
ad essere sospettato di portare via il lavoro e di non essere in grado di
integrarsi. Ma non tutto è nero in questo quadro: in Francia, con la marcia dei
beurs nell'83, seguita dalla diffusione di Sos Racisme, dall'entusiasmo per la
vittoria della nazionale di calcio «blu, bianca e beur» nel'98 o il successo
del film Indigeni nel 2006, in Germania con l'apertura all'asilo politico e le
nuove leggi sulla nazionalità e l'immigrazione, è un volto più solidale che si
manifesta. Ma oggi, sia il «modello» integratore francese (più vicino
all'assimilazione) che il multiculti tedesco sono posti di fronte alle sfide
del momento, mentre si sta realizzando una europeizzazione delle politiche
migratorie, che stanno imponendo nei due paesi una svolta verso l'immigrazione
«scelta», selettiva, di fronte alla consapevolezza che questo fenomeno è
costitutivo del nostro mondo.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-02 - pag: 5 autore: Crisi e
potenze globali Pechino sempre più protagonista Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal
nostro corrispondente S cambi di valuta con Indonesia, Malaysia, Corea del Sud,
Hong Kong, Bielorussia e Argentina. Impegni a sostenere lo sviluppo
dell'America Latina. Accordi di cooperazione nell'energia nucleare con il
Sudafrica. Finanziamenti alla Russia per la costruzione di un maxi-oleodotto.
Mentre la grande crisi continua a mordere le economie
del mondo intero, l'attivismo della Cina sul palcoscenico globale è sempre più
frenetico. La Cina che si presenta oggi al Vertice del G-20 non è la stessa
che, solo cinque mesi fa, partecipò al summit di Washington. è una Cina più
forte. Soprattutto sul piano politico. Il gran numero di accordi economici e di
intese di cooperazione siglato negli ultimi tempi da Pechino in giro per il
pianeta, infatti, ha aumentato notevolmente il peso specifico della
superpotenza asiatica nell'agone politico internazionale. In questi mesi di
caos e d'incertezza, sebbene si sia trovata in grosse difficoltà sul fronte
interno, la Cina non ha dimenticato il fronte esterno. Mai, neppure per un
attimo. La nomenklatura ha continuato a fare la spola con l'Emisfero Sud,
l'area del pianeta sulla quale il Dragone ha fatto da tempo la sua grande
scommessa politica (qualche giorno fa il Governatore della People's Bank of
China, Zhou Xiaochuan, era a Medellin). Nello stesso tempo, Pechino ha
continuato a tenere le porte aperte a tutti i leader dei Paesi emergenti in
trasferta oltre la Grande Muraglia per battere cassa (l'ultimo, la settimana
scorsa, è stato il presidente uruguayano, Tabaré Vàzquez). «Faremo la nostra
parte e garantiremo il sostegno a tutti i Paesi con i quali abbiamo assunto
degli impegni di cooperazione » aveva promesso il premier, Wen Jiabao, qualche mese orsono quando scoppiò la crisi dei mutui subprime. E così è stato. La potenza finanziaria del Dragone (2mila miliardi
di riserve valutarie, e un debito pubblico tra i più bassi del pianeta) e le
sue solide argomentazioni (concreti vantaggi immediati per le controparti)
hanno reso l'offensivadiplomatica cinese più incisiva. Il temporaneo
vuoto geopolitico lasciato dalle altre superpotenze, impegnate anima e corpo
nel contrastare la crisi finanziaria, ha fatto il
resto. Gli accordi di swap annunciati nelle ultime settimane sono il risultato
più concreto di questa offensiva su larga scala. Benché siano inefficaci sotto
il profilo tecnico (lo yuan è una moneta inconvertibile), i 100 miliardi di
dollari di currency swap messi sul tavolo da Pechino rappresentano
un'importante apertura di credito verso le nazioni beneficiarie. Dovete
importare merce dall'estero, ma avete paura dell'instabilità del mercato dei
cambi? Comprate il made in China usando i nostri yuan, e non correrete alcun
rischio valutario, ha suggerito il Dragone ai suoi partner commerciali, che di
questi tempi navigano in acque perigliose. Se oggi la Cina può permettersi di
fare la voce grossa e di reclamare una nuova valuta di regolamento per gli
scambi internazionali che sostituisca il dollaro è proprio per il consenso
politico che si è conquistata negli ultimi mesi in giro per il mondo. Non è un
caso che, alla vigilia del G-20, da svariate capitali siano arrivati entusiasti
attestati di sostegno alla proposta cinese. Basta con il dollaro, evviva la
nuova monetasovranazionale che stabilizzerà i commerci e gli investimenti
globali, è il messaggio inviato a Londra da Giacarta, Buenos Aires, Manila,
Kuala Lumpur, Caracas. Ovviamente, non se ne farà nulla. Almeno per ora. Ma il
fatto che su una proposta tanto rivoluzionaria e dirompente una larga fetta del
mondo emergente si sia schierata con Pechino la dice lunga sullo straordinario
potere d'influenza raggiunto oggi dalla Cina. Una Cina che, sapendo di muovere
da una posizione di forza, in vista del summit londinese ha sparato alto per
centrare un obiettivo più basso: ottenere un maggiore peso decisionale in seno
agli organismi internazionali (a partiredall'Fmi)che s'avviano a essere
riformati. Probabilmente, il Vecchio Mondo sarà costretto a piegarsi alle
richieste cinesi. Sarà il primo passo di uno spostamento epocale degli
equilibri di potere globali: quando la grande crisi
economica finirà, Pechino avrà un ruolo più importante. © RIPRODUZIONE
RISERVATA POSIZIONE DI FORZA Grazie alle enormi riserve, il Paese sta
sfruttando la recessione mondiale con una politica aggressiva sul fronte
valutario
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-02 - pag: 14 autore:
L'ECONOMIA E LE IDEE ... Quel filo sottile tra diplomazia e vita privata L a
politica estera si svolge normalmente su due piani: da una parte quello
dell'ufficialità, delle dichiarazioni, degli accordi e dei trattati, dall'altra
quello della diplomazia che si muove per sua natura con discrezione,
riservatezza, spesso dissimulando o nascondendo la realtà dei fatti. C'è
tuttavia anche un terzo livello di cui normalmente non si parla, anche perché
parlarne non sarebbe "politicamente corretto". è il piano della vita
privata dei protagonisti e di chi lavora dietro le quinte, delle loro scelte
personali, dei sentimenti e delle emozioni che spesso stanno anche alla base, e
qualche volta spiegano, anche i comportamenti e le scelte più rilevanti. Non è
solo il fattore umano: è l'intreccio di storie personali con i tanti momenti, i
mille episodi che compongono insieme l'esperienza delle persone e i destini del
mondo. è questo il percorso che affronta Marta Dassù (consigliere per le
relazioni internazionali di D'Alema e Amato, ora responsabile del programma
internazionale di Aspen Institute e commentatrice per il Corriere della Sera e
Radio 24) nel libro Mondo privato e altre storie, in cui le confessioni sul
lettino dello psicoanalista conducono per mano nell'analisi degli ultimi
vent'anni dello scenario internazionale. Un periodo sicuramente tra i più
movimentati, e per questo interessanti, nella storia mondiale; un periodo in
cui la geopolitica ha mutato non solo i suoi protagonisti con il crollo del
Muro di Berlino, ma anche le sue regole non scritte con un pendolo che ha
oscillato dal mondo bipolare della Guerra fredda, al sistema unipolare con la
potenza americana,al multipolarismo con l'irruzionedella Cina, in un sistema diventato globale, e la crisi
finanziaria partita dagli Stati Uniti. Significativo
in questa prospettiva il ricordo del vertice del '99 che celebrava i
cinquant'anni della Nato con gli ex membri del Patto di Varsavia, in cui
D'Alema commentò scherzando: «In questa sala gli ex comunisti sono quasi la
maggioranza ». E in cui il primo ministro ungherese sottolineò: «Voi
parlate del secolo breve, per noi che eravamo dall'altra parte del Muro è stato
invece, vi assicuro, un secolo lunghissimo». E ora è necessario ancora una
volta ridisegnare gli equilibri strategici non più sulla punta dei fuci-li o
sulle testate dei missili, ma sulle leggi dell'economia e il controllo delle
risorse. «L'energia per la Russia di Putin – scrive infatti Dassù – sembra
un'arma più efficace dei vecchi missili sovietici. Nell'era del nuovo confronto
sugli equilibri energetici, la dipendenza europea dalla Russia sembra
paradossalmente aumentata». L'intreccio tre economia e politica diventa sempre
più stretto,così come l'intreccio altrettanto importante tra la grande politica
con il destino degli Stati e la vita quotidiana con la felicità dei cittadini.
La storia ha molto da insegnare, ma è significativo che il libro di Marta Dassù
si concluda con un paradosso: «Anche dimenticare è importante. Non per
rimuovere. Per superare odi troppo antichi». In fondo, un invito a leggere la
storia con gli occhi rivolti al futuro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://gianfrancofabi.blog.ilsole24ore.com/ LA CITAZIONE “ «Anche dimenticare è
importante Non per rimuovere, ma per superare odi troppo antichi» MARTA DASSù
Dal libro Mondo privato e altre storie, ed. Bollati Boringhieri, pagg. 146, à
10,00 di Gianfranco Fabi
( da "Messaggero, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì 02 Aprile 2009 Chiudi La principale causa della crisi
finanziaria è la mancanza di regole e di controlli per la
finanza. E' ormai chiaro che il mercato non ha saputo auto-regolamentarsi. Una
delle proposte sul tappeto è l'aumento delle risorse del Fondo monetario. Si
parla poi di ridimensionare i paradisi fiscali. E di regolare i
derivati.
( da "Messaggero, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
02 Aprile 2009 Chiudi di LUCA CIFONI ROMA La loro partita, i leader hanno
iniziato a giocarla già varie settimane fa. Con i contatti in corso tra gli
sherpa, ma anche con le interviste sui media internazionali, e con le
indiscrezioni (o le intere bozze) fatte trapelare qua e là. E continuano a
giocarla ora che il match entra nel vivo. Non ci sono solo i due grandi
schieramenti, Stati e Uniti e Gran Bretagna da una parte, Europa continentale
dall'altra, il primo che spinge per un maggiore sforzo finanziario immediato,
il secondo appostato nella trincea delle regole globali da cambiare. Più o meno
ogni leader è portatore di una posizione e di interessi propri, senza contare
che stavolta sulla scena ci sono anche altri attori che non si possono adattare
al ruolo di comparsa, a partire dalla Cina. Anche il no al protezionismo,
che sulla carta, potrebbe sembrare la bandiera che unisce la maggior parte dei
Grandi, corrisponde poi nel concreto dei singoli Paesi a politiche tra loro
differenti e non sempre coerenti. Il ruolo più impegnativo è naturalmente
quello di Barack Obama. Gli Stati Uniti portano sulle spalle la responsabilità
morale di quanto è successo nel mondo dal 2007 in poi, o almeno una buona parte
di essa. Essendoci dentro fino al collo, con un'emorragia di oltre 700.000
posti di lavoro al mese, sono però anche quelli che vogliono a tutti i costi
trovare una via di uscita, se possibile rapida. Hanno già messo in campo un bel
po' di risorse prelevate dalle tasche del contribuente americano, ma chiedono
anche agli altri di fare la propria parte: il presidente degli Usa non può
certo permettersi uno scenario in cui i suoi sgravi fiscali vadano a rianimare
le esportazioni tedesche o cinesi. Gordon Brown si trova in una situazione
abbastanza simile, se possibile aggravata dal peso del settore finanziario sul
complesso dell'economia britannica. E le risorse dirottate alle banche hanno
già messo sotto pressione il debito del Regno Unito. Come padrone di casa poi
il premier ha tutto da perdere da un fallimento del vertice, ed è obbligato a
cercare un punto di possibile mediazione. È quindi tornata nel cassetto la
proposta di un impegno finanziario complessivo pari a 2.000 miliardi di
dollari. Tra i sostenitori di un rafforzamento dello stimolo fiscale possono
essere annoverati anche i giapponesi, che ricordano di aver maturato una certa
esperienza sul tema durante i per loro terribili Anni Novanta. Agli antipodi ci
sono le posizioni di Francia e Germania, che pure non sono perfettamente
sovrapponibili tra di loro. Berlino in particolare ha già fatto un ingente
sforzo in termini di spesa pubblica (circa il 3 per cento del Pil come effetto
netto) gestito però tutto in casa. Ora entrambi insistono per un nuovo sistema
di regole, sia per quanto riguarda la finanza, sia per una almeno parziale
neutralizzazione dei paradisi fiscali. Possono in qualche modo usare
l'argomento delle responsabilità americane, anche se gli Usa ribattono che in
questo momento una stretta regolamentare non è proprio quello che serve per rimettere
in modo l'economia. Sarkozy da parte sua non nasconde di essere pronto a usare
l'arma del protezionismo. In questa situazione il
nostro Paese, i cui margini di manovra sono pesantemente condizionati dal
debito pubblico, proverà a usare al meglio il ruolo di presidente del G8 per
creare consenso sulla proposta di un legal standard globale. Parallela a quella
tra le due sponde dell'Atlantico si gioca la partita tra Stati Uniti e Cina. Un
accordo tra i due potrebbe iniziare a sanare l'altro grande
fattore scatenante della crisi finanziaria: l'afflusso verso Pechino di dollari del consumatore americano,
destinati a tornare indietro in cambio di titoli di Stato Usa. I cinesi inoltre
sono disposti a contribuire a sostenere il Fondo monetario, ma chiedono in
cambio più diritti di voto e quindi maggiore influenza: prospettiva che non
piace agli europei. Queste le posizioni in campo nel primo giorno del
summit. Il rischio, per tutti, è quello di ritrovarsi in fuori gioco, ossia di
dare all'opinione pubblica mondiale, inquieta quando non in preda al panico o
al furore, lo spettacolo di un fallimento. Che potrebbe avere effetti nefasti,
proprio mentre emergono timidissimi segnali di assestamento della situazione
macroeconomica.
( da "Messaggero, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
02 Aprile 2009 Chiudi di CRISTINA MARCONI LONDRA - Con una Londra attraversata
da migliaia di manifestanti infuriati, i leader dei due più grandi paesi
europei decisi a portare a casa risultati concreti e non "falsi
compromessi" e delle divergenze abissali tra le varie delegazioni,
l'ottimismo ostentato questa mattina dal padrone di casa del G20 Gordon Brown e
dal presidente statunitense Barack Obama dovrà confrontarsi oggi con la prova
dei fatti. Col risultato che il compromesso finale difficilmente potrà essere
all'altezza delle aspettative. Obama, alla sua prima apparizione europea, si è
detto "assolutamente fiducioso" che la riunione riuscirà a sanare le
divergenze tra i paesi partecipanti, poiché la situazione attuale non consente
di accontentarsi di "mezze misure" e per raggiungere gli obiettivi
bisogna "concentrarsi sui punti in comune, piuttosto che sulle
divergenze" e agire con urgenza. Ma il leader francese Nicolas Sarkozy e
il cancelliere tedesco Angela Merkel, nel corso di una conferenza stampa
congiunta per mettere in evidenza l'asse di ferro che hanno deciso di formare
in questa circostanza hanno considerato la bozza troppo debole. "Quello su
cui siamo d'accordo è che servono degli standard unici e vanno definiti subito,
non domani", ha messo in chiaro Merkel. Facendo eco all'inquilino
dell'Eliseo, che già dall'altroieri ha minacciato di abbandonare la riunione se
questa non porterà ai risultati sperati. Il pomo della discordia resta quello
dei maggiori stimoli che gli Usa ma anche il Giappone, ritengono necessari per
far ripartire il motore dell'economia mondiale. Il premier giapponese Taro Aso,
con cui il premier Berlusconi ha avuto un bilaterale ieri, ha dichiarato in
un'intervista che la Germania "non capisce" l'importanza di iniettare
denaro nell'economia e Obama ha ribadito che gli Stati Uniti non possono essere
"l'unico motore" della crescita. L'Unione europea, sottoposta alle
stringenti regole di bilancio del Patto di stabilità e di crescita, è
riluttante ad allentare i cordoni della borsa e a far correre i deficit più di
quanto già avvenga da quando è esplosa la crisi economica. Motivo per cui
aspetta di vedere quali saranno i risultati dei piani già varati fino ad ora.
Anche se il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha ammesso
che è "una questione di credibilità non parlare di nuovi piani",
aggiungendo: "Non escludiamo di cambiare in corso d'opera le misure che
sono state già prese". Il risultato è che si potrebbe arrivare ad un
compromesso in cui si dice che ogni paese è pronto a fare "tutto quanto
necessario". Il Vecchio Continente, fatta eccezione per una Gran Bretagna
recalcitrante, è invece inamovibile su un punto: serve più regolazione per
risanare un sistema capitalistico che, per dirla con Sarkozy, "non ha
principi" né "morale". Un'esigenza, questa, che ha già portato
ad un primo risultato, ancorché circoscritto, nella lotta ai paradisi fiscali.
La minaccia di stilare una lista dei paesi non cooperativi ha portato Stati
finora storicamente molto riluttanti come la Svizzera, l'Austria e il
Lussemburgo ad annunciare delle revisioni delle norme sul segreto bancario. Lo
stesso rischia di essere più difficile in sede di G20, poiché la Cina non vuole
rinunciare ai privilegi di Macao e Hong Kong. Sul tema il presidente
dell'Eurogruppo, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha sottolineato come
anche gli Stati Uniti dovrebbero mostrare "coraggio" per affrontare
una situazione che riguarda, ad esempio, anche il Nevada, il Delaware e
Wyoming. Il premier britannico Gordon Brown ha garantito inoltre che verranno
poste le basi per regolare il sistema di "bonus" dei manager. Uno dei rari temi su cui ci sarà un sicuro consenso è quello
dell'aumento dei mezzi dell'Fmi, che dovrebbero essere raddoppiati. Anche il protezionismo dovrebbe suscitare la
consueta levata di scudi e un coro di condanne formali, anche se nella pratica
pochi leader sembrano immuni da questo peccato.
( da "Messaggero, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
02 Aprile 2009 Chiudi di WALTER RAHUE Berlino - «C'è bisogno di una sorta di
Nazioni Unite anche per l'economia». Ne è convinto Joerg Kraemer, capo
economista del secondo colosso bancario tedesco Commerzbank, che dai capi di
stato e di governo del G20 riuniti a Londra chiede soprattutto la formazione di
un forte organismo internazionale in grado di governare i mercati
globali. Ma all'insegna delle forti divergenze che hanno caratterizzato la
vigilia del summit, si attende risultati concreti dal G 20? «Esiste una grande
differenza tra quello che mi augurerei da questo vertice e quello che invece
realisticamente ne può uscire. La cosa davvero più urgente che andrebbe fatta è
quella di trovare una vera unità e coordinazione nella gestione dell'attuale
crisi e nello sviluppo di nuove regole globali per i mercati
finanziari. Fino a quando non esiste questa unità o questa sorta di
governo economico internazionale, di ONU per l'economia, ogni sforzo e ogni
misura per contrastare la crisi potrebbe risultare inutile». Teme che senza
un'azione comune e un documento firmato da tutti i Paesi del G20 possano
rafforzarsi le tendenze protezionistiche di alcuni governi? «Il protezionismo è un veleno per i nostri mercati e purtroppo alcune tendenze verso la renazionalizzazione delle
economie sono già riscontrabili nelle polemiche di Sarkozy contro le nuove
fabbriche automobilistiche aperte in Repubblica ceca». Secondo lei sono
auspicabili nuovi piani congiunturali come quelli invocati da Obama o Brown?
«Barack Obama commette un grave errore aspettandosi troppo da questi
investimenti pubblici miliardari. Nessun pacchetto d'emergenza, per quanto
costoso e gigantesco esso sia, è in grado di bloccare una crisi di queste
dimensioni. Gli stimoli ci vogliono, ma da soli non sono in grado di
scongiurare la recessione. Molti cittadini negli Stati Uniti sono indebitati
fino al collo e non hanno più un Cent da spendere. Lo stesso vale per molte
imprese. Gli stati devono stare attenti a non immettere sui mercati
troppi soldi che rischiano di far crescere a dismisura i deficit pubblici. I
governi fanno già molto per contrastare la crisi, ma non devono fare troppo.
Nei prossimi 12-24 mesi il pericolo è quello di una deflazione. Ma dopo
potrebbe incombere un'inflazione molto alta». Ma riusciranno i Paesi del G20 ad
accordarsi su di un piano d'azione comune? «Il G20 è sicuramente meglio di un
G8 ma le differenze e gli interessi tra i vari Paesi che lo compongono sono
ancora troppo distanti. Sarebbe già tanto se il vertice riuscisse a dare più
fiducia e credibilità ad un'economia di mercato ingiustamente screditata. Non
vorrei che un riflesso di questa crisia sia un'iper regolarizzazione dei mercati. Ci vogliono regole giuste ma non troppe regole».
( da "Messaggero, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì 02 Aprile 2009 Chiudi dal nostro inviato MARCO CONTI
LONDRA - Tra la richiesta di nuove e immediate regole per i mercati
finanziari di francesi e tedeschi e la cautela di
inglesi e americani, Silvio Berlusconi preferisce non schierarsi e rimanda al
G8 di luglio della Maddalena il varo di un nuovo pacchetto norme internazionali
che dovranno regolare i mercati finanziari. «Il G20 potrà fare
qualcosa - spiegava ieri pomeriggio Berlusconi poco prima di lasciare l'hotel
Claridge per Buckingam palace - potrà prendere «qualche decisione opportuna e
immediata, ma è al G8 che si pensa che verrà redatto il nuovo codice dei
comportamenti finanziari ed economici del mondo».
Certo, aggiunge, rientrando dalla cena a Buckingam Palace, quella
franco-tedesca «è la nostra linea, siamo noi che stiamo preparando il
cosiddetto "legal standard act" che deve trovare il suo compimento al
G8 della Maddalena». Nessuna fretta però, e nessuna forzatura rispetto alla
posizione anglo-americana. In una Londra blindata e sotto assedio, con i
principali esponenti del G20 che si rinfacciano responsabilità e mancate prese
di posizione necessarie a combattere la speculazione finanziaria,
l'Italia si presenta al summit di oggi con una buona dose di realismo. Il
rischio di una rottura e di una rovinosa corsa protezionista, spingono il
Cavaliere alla cautela e a rinviare quel momento decisivo che potrebbe spingere
qualcuno dei Venti a rifare anzitempo le valigie. Per Berlusconi, più delle
regole conta «il messaggio conclusivo del G20» che sarà, anticipa il Cavaliere
- «non abbiate paura, gli stati ci sono e faranno la loro parte». Ancora una
volta Berlusconi tenta una mediazione, mentre a pochi metri di distanza Angela
Merkel e Nicolas Sarkozy lanciano ultimatum, definiscono «non negoziabile
l'obiettivo» del vertice di nuove regole per la finanza internazionale, e
Gordon Brown e Barack Obama chiedono all'Europa maggiori risorse per sostenere
la domanda e il Fondo Monetario Internazionale. Nel riproporre il G8 della
Maddalena, il presidente del Consiglio tenta anche di acquistare un ruolo di
interlocuzione con il nuovo inquilino della Casa Bianca, che nel lungo giro
europeo di questi giorni non ha trovato il modo per organizzare un faccia a
faccia con il premier italiano, malgrado abbia deciso di incontrare a
quattr'occhi tutti i leader europei presenti, compreso lo spagnolo Zapatero con
il quale ha anche riattivato la linea telefonica segreta Madrid-Washington che
Bush aveva messo fuori uso. «L'agenda del presidente non può essere
modificata», spiegava ieri un portavoce della Casa Bianca sollecitato
sull'argomento. Berlusconi fa buon viso a cattivo gioco sostenendo che «non
abbiamo chiesto» un incontro bilaterale con il presidente Usa Barack Obama
«perchè non ci sono argomenti nuovi su cui intrattenerci. Abbiamo tutto
chiaro». Durante a cena a Buckingam Palace, «abbiamo scambiato battute
simpatiche, e ho detto che come "kid" non è andato male». Fatto sta
che, con la vicenda ancora aperta degli elicotteri che Finmeccanca dovrebbe
consegnare alla Casa Bianca, e malgrado quattro giorni di continue riunioni (il
G20 di Londra, il vertice Nato di domani e l'incontro Usa-Ue a Praga di dopodomani),
le due diplomazie non sono riuscite a ritagliare uno spazio nelle agende. Alla
necessità di una nuova regolamentazione della finanza globale e, in
particolare, dei paradisi fiscali crede invece il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti, che ieri ha incontrato all'hotel Claridge di Londra il leader della
Cisl Bonanni. «Tremonti è deciso e d'accordo con noi. E' paradossale - spiega
Bonanni - che siano i governi di destra in Europa a sollecitare nuove regole e
forme di protezione per i lavoratori». D'altra parte Berlusconi, annunciando
che oggi illustrerà ai leader mondiali «il risultato del G8 sociale», conclude:
«People first».
( da "Sole 24 Ore, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-04-02 - pag: 35 autore:
Commercialisti Da oggi a Varese il congresso dei giovani Oggi a Varese comincia
il 47esimo congresso nazionale dell'Unione dei giovani dottori commercialisti
ed esperti contabili. Tre giorni, da oggi a sabato, in cui
professionisti e imprenditori si confronteranno alla luce della crisi finanziaria. Il titolo dell'evento
è, infatti, «Una nuova era per l'economia. Dalla crisi alle opportunità di sviluppo». Oggi alle 15 al Centro congressi
Ville Ponti, Luigi Carunchio, presidente nazionale dell'Unione giovani darà il
via ai lavori. Pietro Scibona, responsabile area finanza della Banca
Sempione di Lugano, affronterà il tema dello scenario attuale e delle
prospettive future. è prevista poi una prima sessione su «Il mercato attuale: crisi e opportunità » con tre diversi interventi: Carolina
Guerini, professore associato di marketing internazionale all'università Carlo
Cattaneo- Liuc dedicherà la sua analisi alle opportunità di sviluppo
internazionale; seguiranno una case history e l'intervento dell'avvocato
milanese Nicola Canessa sui contratti internazionali e le clausole contrattuali
a tutela dell'impresa italiana. La seconda sessione tratterà del controllo di
gestione come strumento per la realizzazione delle strategie aziendali e sarà
curata da Roberto Bubbio, professore alla Liuc. Venerdì i lavori cominceranno
la mattina dalle 9.30. Tra gli argomenti la gestione finanziaria,
la leva delle operazioni straordinarie, il rilancio delle imprese e la
fiscalità. Tra i relatori Francesco Zen, professore di economia dei mercati finanziariall'università di Padova.
( da "Messaggero, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Giovedì
02 Aprile 2009 Chiudi di FRANCO REVIGLIO Preso atto dei mutati rapporti di forza
economica e politica dei diversi Paesi, si dovrebbe disegnare la volontà di
definire una nuova unità monetaria di conto e di riserva, rilanciare con
maggiori risorse il ruolo del Fondo Monetario e nello stesso tempo consentire
una regolazione e una supervisione sovranazionale dei mercati finanziari per impedire che
nuove "bolle" possano ancora prodursi in futuro. Un quarto indirizzo
dovrebbe esprimere la volontà di sostenere l'economia con un adeguato sostegno
della domanda. Si dovrebbe disegnare uno sforzo cooperativo capace di superare
in via transitoria i vincoli esistenti che nell'Unione Europea sembrano
paralizzare l'adozione di misure congrue di rilancio. Infine è
auspicabile che dal G20 esca anche la volontà di correggere attraverso adeguati
interventi cooperativi i costi della crisi economica per i nuovi disoccupati e
più in generale per la parte più povera della popolazione del pianeta. Una
risposta adeguata alle sfide sopra indicate non è facile da conseguire perché
non vi è più un Paese leader capace di offrire una soluzione condivisa. Nel
nuovo contesto è più difficile superare insieme gli egoismi nazionali e i diversi
interessi, nonché le differenze ideologiche. Ma l'interesse comune è il banco
di prova della capacità della classe dirigente del pianeta di esprimere un
messaggio unitario per governare e superare la crisi economica e sociale. Solo
con un messaggio unitario si potrà superare la crisi e nello stesso tempo anche
le tensioni e i diffusi contrasti che oggi dividono il mondo, costruendo una
nuova e condivisa sicurezza collettiva.
( da "Gazzetta di Parma (abbonati)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
CRESCERE
CON NOI 02-04-2009 Opinioni Crisi, banche, imprese: indicazioni per una via
d'uscita Ogni giorno, a proposito della crisi, si
leggono opinioni da parte di tanti economisti, più o meno noti. Ma
sull'argomento i rappresentanti di Piccole e Medie imprese, cosa pensano, cosa
dicono sullo stato attuale e sulle prospettive? E perché siamo pervenuti in
questa situazione? La "finanza" ha sicuramente contribuito a farci
credere che eravamo tutti ricchi stimolandoci così a vivere sopra le righe: ad
un certo punto l'improvvisa scoperta in America, che molta ricchezza era solo
cartaccia e tante banche avevano tenuto un comportamento molto scorretto a
danno della collettività, a danno dei propri azionisti ed a beneficio di loro
dirigenti e pochi altri. A questa crisi
finanziaria di enorme portata, la cui dimensione non
è ancora nota dato che le banche sono frequentemente sollecitate a fare pulizia
nei propri bilanci eliminando quelle poste attive che rispondono al nome di
titoli tossici, è seguita la crisi reale. La perdita del posto di lavoro e la diminuita
capacità di spesa da parte di molte famiglie nonché il clima di paura che ha
coinvolto più o meno tutti, hanno determinato la situazione che conosciamo. La
drastica riduzione delle vendite dei prodotti realizzati dalle aziende
industriali e dei prodotti immessi sul mercato dalle aziende commerciali, hanno
costretto i magazzeni a riempirsi di merce, riducendo così la liquidità delle
aziende stesse. Il ricorso alle banche, per finanziare appunto l'eccesso dei
prodotti a magazzeno, ha creato problemi alle banche stesse. Ci sono banche
sufficientemente liquide, altre che chiedono prestiti ad altri istituti di
credito. Ed è così che sono stati inventati i Tremonti Bond, per cui lo Stato
farà interventi per immettere denaro liquido presso quelle banche che ne hanno
bisogno e che lo richiederanno. Oggi, certamente più di ieri, fare il banchiere
dev'essere molto difficile, molto impegnativo: d'al - tra parte molte colpe
ricadono su di loro. Da anni si fa banca in modo diverso dal tradizionale. I
bilanci si sono arricchiti in numeri non rispondenti alla realtà. Si sono
intermediati prodotti finanziari rivelatisi privi di valore patrimoniale e non
capaci, alla fine, di dare reddito al sottoscrittore, ma addirittura creare
perdite sul capitale versato. Alcune vicende che hanno coinvolto note aziende
cadute in dissesto, hanno prodotto rilevanti perdite ai sottoscrittori di
azioni ed obbligazioni. Il comportamento degli autori non ha bisogno di essere
messo in rilievo, mentre stupisce la mancanza di controlli da parte delle
autorità preposte. Ma in tutto questo bailamme che prospettive ci sono? Credo
che fare previsioni temporali sia praticamente impossibile, mentre esprimere
auspici, sì. Credo che le banche debbano tornare a fare la banca, come si è
sempre fatto fino a qualche anno fa. Raccogliere depositi attraverso la fiducia
dei clienti e concedere prestiti a nominativi meritevoli. A clienti che,
possibilmente supportati anche da valori di bilancio vicini a quelli previsti
da Basilea 2 (che dovranno essere per forza riveduti e corretti), ma che siano
persone capaci di fare il loro mestiere, che rispondano ai requisiti insiti
nella brava persona e che dicano la verità, sulla propria situazione e sui
programmi futuri. Personalmente sono convinto che le banche saranno quanto
prima più disponibili a fare qualche concessione, anche perché alla fine è
anche loro interesse assumere qualche rischio per tenere in vita quei
"piccoli" oggi sofferenti. A questi due punti fondamentali (raccolta
e impieghi), le banche dovrebbero avere consulenti che rispondano ai quesiti
dei clienti portatori di denaro da investire, con estremo equilibrio non
assicurando mai che l'investimento non ha rischio. Ed infine la banca dovrebbe
imporsi di non intervenire in operazioni finanziarie particolarmente rischiose.
Credo che le banche debbano oggi fare valutazioni sulla concessione di crediti
alle Imprese con un occhio di riguardo soprattutto verso quelle che sono sul
territorio da tempo, rispetto ad altre con minore permanenza. Dall'altro lato
le imprese non possono sottrarsi, vista anche la situazione nella quale siamo precipitati
e nella quale pagheranno duramente quelle imprese non sufficientemente
patrimonializzate, di avere cura di porre attenzione alla struttura gestionale:
con persone brave e capaci nei vari settori (produzione, commerciale ed
amministrativi). E, infine: fare gruppo, rendere le proprie associazioni
importanti anche in quantità numerica. Unire le forze, studiare strategie
comuni, raggiungere obiettivi condivisi. La crisi si
può sconfiggere. A.G.
( da "Nazione, La (Pisa)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA
PISA pag. 7 Incontri con il Centro Fidi STRETTA CREDITIZIA, difficoltà di
accesso al credito, carenze di liquidità, sono tra i principali ostacoli che
gli imprenditori si trovano ad affrontare in questi mesi di
crisi finanziaria. Le
aziende soffrono una stretta creditizia che limita l'accesso vitale ai
finanziamenti e le condizioni di erogazione risultano troppo spesso onerose.
Per e studiare le opportune soluzioni, il Centro Fidi Terziario, Intermediario
Finanziario riconosciuto da Banca d'Italia, insieme alla Confcommercio Pisa,
ha organizzato una serie di incontri con gli imprenditori. Il primo di questi
si svolgerà lunedì 6 aprile alle ore 14 nella sede Confcommercio di Pontedera,
in via Sacco e Vanzetti 44. I relatori del meeting sono il presidente di
Confcommercio Luca Ciappi (foto), il presidente del Centro Fidi Terziario
Alessandro Carrozza, il direttore Confcommercio Federico Pieragnoli con i
consulenti Susanna Petri, Francesca Cagnoni, Elisabetta Luppichini. Info:
Centro Fidi Terziario, 050 25196, s.petri@commerfidi.it Image:
20090402/foto/5329.jpg
( da "Nazione, La (Pisa)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA
PISA pag. 7 La cura per le imprese in crisi Esperti a
confronto alla Scuola Normale: ecco come uscire dal tunnel L'INIZIATIVA LAVORO
Paolo Bertoli (nel tondo) presidente Andaf, è oggi a Pisa: «Per ripartire
occorre superare la crisi di sfiducia» CRISI ECONOMICA
preoccupante (qualcuno l'ha definita «la terza guerra mondiale»), analisi e
rimedi possibili che si rincorrono, manovre fiscali che vengono auspicate o
proposte a sostegno delle imprese in difficoltà o in aperta
crisi. Una situazione di
chiara emergenza alla cui soluzione offre ora un contributo importante il
convegno promosso dall'Andaf (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e
Finanziari) in programma oggi nella Sala Azzurra della Scuola Normale, nel
palazzo del Consiglio dei Dodici e nel Tribunale dell'Ordine in piazza dei
Cavalieri. Il Convegno, che inizierà alle 13 con il business lunch, ha
come tema: «La crisi finanziaria. Risvolti
sull'economia reale e possibili rimedi per le piccole e medie imprese
italiane». Nella scaletta degli interventi, che registra la presenza di
numerose personalità della finanza nazionale, figura anche l'onorevole Alberto
Fulvi, membro della commssione finanze della Camera dei Deputati. ALLA DOMANDA
«Crisi: che fare?», così risponde il Presidente dell'Andaf, professor Paolo
Bertoli: «Molti futuri sono possibili, ma certamente solo nei momenti di
turbolenza e cambiamento nascono nuove opportunità. Pur se vi sono molti futuri
possibili e se è difficile, se non impossibile prevedere quando questa crisi terminerà, abbiamo la certezza che, prima o poi, ciò
accadrà. E ove si interrompesse questa crisi di
sfiducia sarebbe ragionevole attendersi una reazione positiva immediata. Un
circolo virtuoso che nel suo veloce movimento potrebbe offrire grandi
opportunità alle imprese che si dimostrassero pronte alla linea di partenza».
COSA DOVREBBERO quindi fare, ora per allora, i nostri imprenditori per poter
cogliere efficacemente queste opportunità? Quali serie di misure dovrebbero
assumere le nostre imprese per prepararsi? Ecco un decalogo - illustrato sempre
dal Presidente Bertoli - che potrebbe essere utile: 1) mettere a punto
strumenti di monitoraggio della situazione produttiva, organizzativa e finanziaria dell'organizzazione, con particolare attenzione
alla liquidità disponibile e alla previsione delle necessità di ricorrere a
capitale di terzi; 2) rivedere il proprio piano strategico, i modelli
commerciali e industriali, introducendo più scenari nei propri modelli di
sviluppo e svolgendo prove di stress della struttura finanziaria,
compresa la gestione dei crediti e dei finanziamenti; 3) senza indugio,
tagliare i rami secchi, per liberare risorse finanziarie per investimenti
dedicati esclusivamente ai progetti «core»; 4) curare ogni aspetto del governo
aziendale, per presidiare correttamente tutti i rischi d'impresa; 5) modificare
la struttura della remunerazione degli amministratori e dei dirigenti, e se del
caso chiedere anche a loro dei sacrifici, offrendo come contropartita di
mantenere la macchina in moto, pronta alla linea di partenza e costruendo un
sistema premiante con una rilevante parte variabile degli emolumenti; 6)
valutare la possibilità di raccogliere capitale aggiuntivo, attraverso
partnership che assicurino anche una maggiore competitività all'impresa,
esplorando anche la possibilità di operazioni straordinarie, compresa la
possibilità di fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni. E ANCORA: 7)
semplificare le strutture di comando, ricordando che ormai il simbolo è la
rete. I modelli organizzativi aziendali tradizionali infatti stanno
scricchiolando e le piramidi, anche a base allargata, creano ritardi nelle
comunicazioni, in un'epoca nella quale il tempo è la variabile più critica di
ogni progetto; 8) valorizzare le risorse umane e non perdere le persone chiave;
lavorare per questo sul clima aziendale; definire sistemi premianti
strettamente legati alle strategie ed ai risultati; 9) per le piccole e medie
imprese, in particolare, ricondurre l'imprenditore ad un ruolo strategico e di
indirizzo, con una forte delega su day to day; 10) tener duro, perché solo nei
momenti di turbolenza e cambiamento nascono nuove opportunità. Image:
20090402/foto/5325.jpg
( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 79
del 2009-04-02 pagina 2 G20 a rischio flop, Obama in difficoltà ora cerca
l'appoggio di russi e cinesi di Marcello Foa Il presidente americano minimizza
i contrasti con l'Europa: «Sulla crisi c'è consenso»
Intesa con Medvedev sul nucleare. In programma viaggi a Pechino e Mosca Una
nuova era nei rapporti con Mosca, ma soprattutto una nuova America, più umile,
disposta ad ascoltare gli altri, a tratti arrendevole. Bush ha lasciato la Casa
Bianca nemmeno due mesi fa, ma è come se fosse passato un decennio. E se è
innegabile che con Obama l'immagine degli Stati Uniti è migliorata
straordinariamente, l'impressione è che l'autorevolezza e la capacità di
incidere sui destini del mondo sia diminuita in modo marcato. Il nuovo
presidente non ne ha colpa, ma è costretto a subire gli
effetti di una crisi finanziaria nata negli Usa e che gli Usa, da soli, non possono risolvere.
L'America è costretta a chiedere e dunque a concedere. Alla Russia, ed era
previsto; ma anche alla Cina, con un gesto simbolico poco mediatico ma,
politicamente, molto significativo. Nella prima giornata a Londra Obama
ha incontrato il presidente Dmitri Medvedev in un clima di grande cordialità e
di simpatia reciproca, agevolato dall'età; sono entrambi giovani e insieme fanno
90 anni. Facile auspicare la fine dei toni da guerra fredda, e più in generale,
l'inizio di una nuova relazione tra i due Paesi, che conviene a entrambi.
Washington deve ridimensionare i piani per il controllo dello scacchiere
euroasiatico e non vuole tensioni geostrategiche, Mosca a sua volta può
ripristinare l'influenza in alcune zone ex sovietiche ed è ben lieta di dare
una mano alla stabilizzazione dei mercati finanziari. Il summit ha sancito la
ripresa di negoziati per la riduzione degli armamenti nucleari strategici, con
l'obettivo di sostituire il Trattato Start 1 che scade a fine anno. È l'unico
risultato concreto, mentre su altri temi, rimangono le differenze; ma è un
primo passo, a cui presto seguiranno altri; probabilmente già a luglio, quando Obama
si recherà in visita a Mosca. L'obiettivo è di giungere a soluzioni condivise
su tutti i dossier "caldi": Washington vuole trovare un'intesa
sull'Iran, Mosca sull'Ucraina, entrambi sono preoccupati dalla Corea del Nord e
si dicono pronti a cooperare in Afghanistan. Ed è verosimile che alla fine lo
scudo spaziale nell'Europa dell'est venga congelato. Insomma, la via è segnata.
Obama ha incontrato anche il presidente cinese Hu Jintao, che, a conclusione
del G20, tornerà a Pechino con un accordo che alza il profilo internazionale
del suo governo. Già, perché Washington ha accettato la creazione di un «gruppo
congiunto per il dialogo strategico ed economico», a cui parteciperanno i
ministri del Tesoro e degli Esteri, per collaborare su temi come la crescita
economica, la denuclearizzazione della penisola coreana, il programma nucleare
dell'Iran, l'emergenza umanitaria nel Sudan, le questioni ambientali.
Washington riconosce così l'importanza di Pechino e svela un atteggiamento che
non è più quello della superpotenza, dall'alto in basso, ma tendenzialmente
sempre più paritario e che la visita a Pechino del capo della Casa Bianca,
nella seconda metà dell'anno, accentuerà ulteriormente. Non è un caso che i
diritti umani siano scivolati in secondo piano. In questo momento conta solo
l'economia e con Pechino l'intesa, per ora, regge. I dissapori sono soprattutto
con l'Europa. Ieri il premier britannico Gordon Brown e lo stesso Obama, in
conferenza stampa, hanno tentato di ridimensionare le aspettative per l'odierno
G20. Nonostante le forti pressioni esercitate dagli americani, la Ue ha già
bocciato l'idea di una manovra coordinata mondiale. Ma Obama minimizza i
contrasti. Su come superare la crisi, dice, c'è un
«enorme consenso». http://blog.ilgiornale.it/foa © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI
SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 3
- Attualità Vertice Usa-Russia: prima intesa sul nucleare Il presidente
incontra il capo del Cremlino: volontà di riprendere i negoziati Il disarmo
LONDRA. I presidenti Barack Obama e Dmitri Medvedev hanno ufficializzato ieri,
nel loro primo incontro a Londra, la comune volontà di effettuare un
"reset" nei rapporti tra Stati Uniti e Russia annunciando la ripresa
di negoziati per la riduzione degli armamenti nucleari strategici, con
l'obettivo di sostituire il Trattato Start 1 che scade a fine anno. In un
colloquio alla vigilia del vertice del G20 i due giovani presidenti - insieme
hanno 90 anni - hanno detto di aver incaricato i rispettivi negoziatori di
preparare proposte per il nuovo Trattato sugli arsenali strategici entro il
prossimo luglio, quando Barack Obama si recherà a Mosca per incontrare
nuovamente Medvedev. «Abbiamo concordato di aprire una nuova pagina nei nostri
rapporti», ha detto il presidente Medvedev (43 anni) al termine del colloquio
con Obama (47 anni), durato circa un'ora e 25 minuti, più dei 50 minuti
previsti. I contrasti che negli ultimi tempi hanno segnato in negativo i
rapporti tra Mosca e Washington - ha aggiunto il leader del Cremlino - «non
erano nell'interesse né della Russia né degli Stati Uniti né della stabilità globale».
In una dichiarazone congiunta diffusa dopo l'incontro tra Medvedev e Obama si
sottolinea la volontà dei due paesi di lavorare per arrivare a «un mondo libero
dal nucleare». «La lotta alla proliferazione nucleare può essere un'ottima
partenza» per il rilancio dei rapporti tra Usa e Russia, ha affermato Barack
Obama. Il Trattato Start 1 (Strategic Arms Reduction Treaty) fu firmato il 31
luglio 1991 a Mosca dall'allora presidente sovietico Mikhail Gorbaciov e dal
presidente americano George Bush (senior). Esso prevede una riduzione del 30%
degli arsenali strategici offensivi russi e americani, e scade alla fine di
quest'anno. Nel documento congiunto, Obama e Medvedev hanno al tempo stesso
sottolineato la volontà di lavorare insieme per «rafforzare la sicurezza in
Europa» e definire «misure efficaci contro la crisi finanziaria mondiale». Il
persistere di divergenze é stato invece constatato sul progetto americano di
scudo antimissile in Europa centrorientale e sul conflitto armato
russo-georgiano della scorsa estate. I due presidenti hanno poi invitato l'Iran
a cooperare con l'Onu per dimostrare che il suo programma nucleare é di «natura
pacifica», hanno espresso la volontà di collaborare per «favorire la
stabilizzazione della situazione in Afghanistan» e si sono detti preoccupati
per il prossimo lancio del missile balistico nordcoreano, suscettibile di
«nuocere alla stabilità nella regione». (a.g.)
( da "Tirreno, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 3
- Attualità Prove di disarmo Tra Usa e Russia è distensione Al lavoro sul nuovo
trattato Start LONDRA. I presidenti Obama e Medvedev hanno ufficializzato ieri,
nel loro primo incontro a Londra, la comune volontà di effettuare un
"reset" nei rapporti tra Stati Uniti e Russia annunciando la ripresa
di negoziati per la riduzione degli armamenti nucleari strategici, con
l'obettivo di sostituire il Trattato Start 1 che scade a fine anno. I due
presidenti hanno detto di aver incaricato i rispettivi negoziatori di preparare
proposte per il nuovo Trattato sugli arsenali strategici entro il prossimo
luglio, quando Obama si recherà a Mosca. Il presidente Usa ha poi incontrato
anche il presidente cinese Hu Jintao, con il quale ha concordato di creare un
gruppo per il dialogo strategico ed economico fra Usa e Cina. Obama ha inoltre
confermato che si recherà in visita in Cina nella seconda parte del 2009. Tra
gli argomenti in discussione anche quello dei diritti umani su cui i colloqui
verrano ripresi il prima possibile. «Abbiamo concordato di aprire una nuova
pagina nei nostri rapporti», ha sottolineato invece il presidente Medvedev al
termine del colloquio con Obama. I contrasti che negli ultimi tempi hanno segnato
in negativo i rapporti tra Mosca e Washington - ha aggiunto il leader del
Cremlino - «non erano nell'interesse né della Russia né degli Stati Uniti né
della stabilità globale». In una dichiarazone congiunta diffusa dopo l'incontro
tra Medvedev e Obama si sottolinea la volontà dei due paesi di lavorare per
arrivare a «un mondo libero dal nucleare». «La lotta alla proliferazione
nucleare può essere un'ottima partenza» per il rilancio dei rapporti tra Usa e
Russia, ha affermato Barack Obama. Nel documento congiunto, Obama e Medvedev
hanno al tempo stesso sottolineato la volontà di lavorare insieme per
«rafforzare la sicurezza in Europa» e definire «misure
efficaci contro la crisi finanziaria mondiale». Restano invece le differenze sul progetto americano di
scudo antimissile e sul conflitto armato russo-georgiano della scorsa estate. I
due presidenti hanno poi invitato l'Iran a cooperare con l'Onu per dimostrare
che il suo programma nucleare é di «natura pacifica», hanno espresso la volontà
di collaborare per «favorire la stabilizzazione della situazione in
Afghanistan» e si sono detti preoccupati per il prossimo lancio del missile
balistico nordcoreano, suscettibile di «nuocere alla stabilità nella
regione».(a.g.)
( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ieri
pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City,
spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono
stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla
Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri
sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha
parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei
preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di
Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini?
Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale.
Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico
oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la
seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta
contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che
le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli
spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli
animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime.
Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi
siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi
d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste,
giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e,
purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che
negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato
inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un
decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il
megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella
italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana
come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non
è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione,
era obama, spin, crisi, comunicazione, società,
europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione,
giornalismo Commenti ( 2 ) » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa
© 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico
31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci
siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali
Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si
concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è
difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli
hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme
strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia
reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc.
Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa.
Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non
seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le
modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi
i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno
l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E
per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della
stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma
la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha
vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama
non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla
necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza
della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio
generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa
ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare
i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al
75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio
confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su
altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa
Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei
marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi
a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare:
al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto
traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di
essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più
lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta
un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il
mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi.
Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi,
economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione,
francia Commenti ( 37 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi
un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente,
perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla
maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in
Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una
sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il
libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra,
dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della
finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi
esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito
perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare
una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come
già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi
pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An,
che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo
partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica,
programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere
un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e
sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel
medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte,
autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico,
democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce
la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia
e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa
affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la
sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato
questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati
(finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I
mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono
sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa
queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci
bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e
penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del
benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i
mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda
e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi
strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli
industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni,
sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite
inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior
valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non
servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso
da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al
rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il
petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e
superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli,
progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto
abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il
mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia
ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche,
manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6
voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello
Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico
24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito
con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è
difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni
commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole
24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno
straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario,
in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del
contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i
nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale
di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del
board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il
piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano
ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non
impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti,
secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle
operazioni di ingegneria finanziaria, insomma
continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il
fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare
dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra.
Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle
banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e
sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia,
ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense.
L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in
considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia
americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno
esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in
appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla
all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti
operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e
il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere
spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio,
dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul
Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete,
ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma
è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il
teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando
deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non
sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a
Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David
Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa,
gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è:
4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS
Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste
alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli
alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e
la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha
ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in
occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le
quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato
per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a
Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo
che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza;
perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di
giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una
minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di
persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che
accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più
il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di
uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i
passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di
integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti,
come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un
familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni
e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è
stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a
una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente.
Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione
musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano
facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo,
francia, immigrazione, islam Commenti ( 180 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su
un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli
Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle
Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le
Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato.
Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà,
proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha
annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a
credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero
così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si
sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti
qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di
rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito
per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di
Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche,
e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del
Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio
è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma
questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più
grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima
d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro
cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro
americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare
il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli
investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini,
sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli
stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi
(mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze
brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia
pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148
miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il
mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E'
l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da
disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove
ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi.
E' convinto che la crisi
potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che
hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington
e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa
sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova
superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche,
capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie
nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4
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14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di
immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi
migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati
pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano
abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per
tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è
accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad
alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se
la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est
peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione,
molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti,
dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di
vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa.
L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato
l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero.
«C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di
persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un
forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre
estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo
Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità
internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare
qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole
aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato
per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre:
siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una
nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento
del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una
guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in
società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia,
notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di
rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un
articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la
nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda
il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè
anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del
Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese
straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a
sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non
intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la
tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello
americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%.
Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo
cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno
nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a
testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita
solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri
finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia
efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni
americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi
testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della
Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli
altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica)
perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di
riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno
in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la
leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è
la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa,
economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 47 ) » (5 voti, il voto medio
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suo elogio della stampa italiana,... Harlequin: Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe
conoscere uno dei soprannomi con cui è nota la CNN negli USA:... Harlequin:
Abbondantemente fuori tempo massimo, ma nella speranza che qualcuno lo legga,
posto il link del sito... lino: meno male che c'è qualcuno che sa come risovere
i problemi: bruciando tutto. ah! se non ci fossero loro.... Marina: Il partoto
nazista e il partito fascista sono fuori legge. Perchè il partito comunista no?
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( da "Reuters Italia" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
LONDRA
(Reuters) - Borse europee in deciso rialzo in avvio seduta sulle speranze di un
rallentamento della crisi
economica mentre il mercato attende la decisione della Bce sui tassi di
interesse. Attenzioni rivolte anche al G20 di Londra dove si discute della crisi finanziaria globale e che vede
Francia e Germania chiedere con forza regole chiare e severe per i mercati
finanziari e contro i paradisi fiscali per evitare il risorgere di una delle
peggiori crisi economiche
dagli anni Trenta. "Pensiamo che gli sforzi di politica economica
funzioneranno", commenta Bernard McAlindes, strategist a NCB Stockbroker a
Londra. "Tuttavia continuerà ad esserci volatilità sui mercati",
aggiunge. Trascinata da banche e auto, l'indice FTSEurofirst 300, alle 9,40
circa, sale del 2,8% incamminandosi verso la terza seduta consecutiva di
guadagni. L'indice Stoxx delle auto e quello delle banche salgono entrambi di
oltre il 5%. Tra i singoli listini Londra e Parigi avanzano del 3%, mentre
Francoforte sale del 3,3% Tra i titoli in evidenza: * DEUTSCHE BANK balza del
7,3% dopo che l'AD, Josef Ackermann, ha detto al Financial Times che l'istituto
ha registrato a marzo risultati solidi e che non ha bisogno di nuovo capitale.
* BNP PARIBAS in rialzo del 5,8%. Fortis NV ha posticipato il voto degli
azionisti sulla vendita dell'ex braccio bancario BNP Paribas, alimentando nuovi
dubbi sulla chiusura del deal. Continua...
( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 79
del 2009-04-02 pagina 6 A Londra manager in pullover per sfuggire all'ira
anti-banche di Gian Battista Bozzo I finanzieri della City allertati grazie al
passaparola su internet Ma molti hanno deciso di restare a casa per paura dei
ribelli nostro inviato a Londra Le e-mail erano comparse sugli schermi dei
computer prima che la City londinese chiudesse per lo scorso weekend. Così è
stato. Ieri, chiunque si fosse avventurato in quello che fino a qualche tempo
fa era il miglio quadrato più ricco e invidiato del mondo, avrebbe stentato a
riconoscere la fauna del luogo. Nessuna giacca, nessuna cravatta, nessuna
camicia bianca inamidata in giro. In compenso, abbondavano i pullover scuri
«alla Marchionne». Tutta la City ieri era, dopo decenni di «overdressing» e non
soltanto per quanto riguarda i vestiti. Le strade della City dai nomi storici -
Lombard streeet, la via dove i banchieri lombardi aprirono molti secoli fa la
loro attività di prestito e cambiavalute, Gresham street, dal nome di Sir
Thomas Gresham, che nella seconda metà del Cinquecento fu banchiere e
consigliere economico di re Edoardo VIII, ed enunciò la legge, detta appunto di
Gresham, per la quale «la moneta cattiva scaccia quella buona», le strade,
dicevamo, sarebbero state semivuote se non fossero state occupate da qualche
migliaio di manifestanti vocianti, furibondi con i
banchieri che per avidità hanno provocato la crisi
finanziaria e, di conseguenza, la crisi economica e la perdita di decine
di migliaia di posti di lavoro. «Damned bankers», maledetti banchieri.
«Regulate casino capitalism», regolamentate il capitalismo da casinò. La rabbia
della folla si è sfogata contro gli uffici, fortunatamente vuoti, della Royal
Bank of Scotland, il colosso salvato in extremis dalla bancarotta con i
denari del Tesoro, cioè del contribuente britannico. Alcune vetrate sono state
distrutte, i muri sono stati imbrattati di scritte, il contribuente britannico
pagherà anche per l'imbianchino e il vetraio. A poche decine di metri di
distanza, raccontano, il governatore della Bank of England Mervyn King
continuava a lavorare «serenamente», con britannico understatement, nel suo
ufficio. Non molti altri, tuttavia, si trovavano nella stessa situazione: a
detta dei frequentatori abituali della City, ieri c'era davvero pochissima
gente in giro. Poca gente per la strada, poca gente in metropolitana. Molti
executive e impiegati della City, anziché optare per la «strategia del
maglione» suggerita dalle e-mail aziendali e dalla polizia, hanno preferito
semplicemente restare a casa. Numerosi i negozi chiusi. Le vetrine vuote e le
porte sbarrate di un negozio Gucci vicino alla Banca d'Inghilterra erano
eloquenti assai più delle parole. Non sono mancati alcuni episodi di
«resistenza civile» da parte di qualche orgoglioso funzionario di banca. Le
telecamere della tv britannica Sky News ne hanno immortalato uno che, vestito
di nero con camicia bianca, cravatta scura e - c'è da non credersi ma è vero -
con la bombetta in testa e l'ombrello in mano nonostante la giornata radiosa
per gli standard climatici londinesi, si dirigeva sicuro verso il corteo dei
manifestanti. Non una parola, ma cipiglio e passo sicuro, quasi fosse un
sottufficiale delle guardie della Regina, ha sfiorato la folla vociante senza
che gli accadesse nulla. Un altro funzionario, più giovane, non ha voluto
rinunciare alla cravatta d'ordinanza. «Credo nel capitalismo - ha confessato
davanti ai giornalisti che l'assediavano, quasi fosse una bestia rara - e
voglio testimoniarlo. Non c'è sistema economico migliore del capitalismo, così
come non c'è sistema migliore della democrazia ha aggiunto churchillianamente:
e senza mercato, non c'è democrazia». Al contrario del giovane perseverante, un
banchiere di nome Louis Greco mormorava sconsolato: «Sono un banchiere in
incognito», con evidente rimpianto per il gessato o la grisaglia d'ordinanza. E
soprattutto rimpianto per i ricchi bonus e i premi grazie ai quali gli
executive bancari comperavano abitazioni prestigiose, barche e auto di lusso. I
politici hanno deciso che i banchieri devono pagare il fio delle loro colpe.
Hanno trovato, anche stavolta, gli «untori». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA
- Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "PubblicitàItalia.it"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
02/04/2009
Rai, 2008 in rosso con raccolta pubblicitaria a -3,8%. Mauro Masi verso la
direzione generale Una doppia seduta pomeridiana ha segnato ieri la prima
giornata di lavoro del nuovo Cda Rai presieduto da Paolo Garimberti. Alle 15 è
stato approvato, con otto voti a favore, il progetto di bilancio 2008,
presentato dal dg uscente Claudio Cappon. All 17 il cda ha indicato Mauro Maso
come dg, ora manca la ratifica dell'assemblea degli azionisti. (F. D'A.) Una
doppia seduta pomeridiana ha segnato ieri la prima giornata di lavoro del nuovo
Cda Rai presieduto da Paolo Garimberti. Alle 15 è stato approvato, con otto
voti a favore, il progetto di bilancio 2008, presentato dal dg uscente Claudio
Cappon. A pesare sul risultato dell'esercizio 2008, che chiude con una perdita
di 7,1 milioni di euro, è la raccolta pubblicitaria: la contrazione, registrata
soprattutto nell'ultimo trimestre nero della crisi finanziaria, è stata di 47,4
milioni di euro ( 3,8% sul 2007). A compensare la flessione del fatturato
pubblicitario ha contribuito il canone, il cui incremento ha portato un
introito di 31,2 milioni di euro (+2%). Scesi i costi esterni: il decremento,
al netto degli eventi sportivi, è di 70 milioni di euro in meno rispetto all'esercizio
precedente. I ricavi ammontano nel complesso a 3.210,9 milioni di euro, con un
decremento dello 0,7% rispetto al 2007. Rispetto al budget iniziale, sono
peraltro migliorate la posizioni finanziaria di Rai
Spa e quella netta del Gruppo Rai: entrambe risultano positive, rispettivamente
per 196,8 milioni di euro e 21 milioni di euro. "La crisi
economica ha colpito anche noi e richiede uno sforzo e dei sacrifici fuori
dall'ordinario, da parte di tutti", ha commentato Paolo Garimberti in una
lettera aperta ai dipendenti, "Ma la Rai è un'azienda sana, senza debiti
che opera su tutte le piattaforme digitali". Soddisfatto anche il dg
uscente Claudio Cappon: "I risultati conseguiti nel 2008 costituiscono una
base di solidità e serenità per affrontare le difficili sfide che attendono l'azienda".
In seconda seduta, ieri alle 17, si è discusso invece della nomina del nuovo dg
Rai. Come previsto, il Cda ha indicato il nome di Mauro Masi. Perché la nomina
diventi operativa, occorre però attendere la decisione dell'assemblea degli
azionisti. Al momento di andare in stampa, pare che la seduta possa essere
convocata già per oggi. (F.D'A).
( da "Dagospia.com" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
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| Segnala articolo --> G20: LALLEANZA SARKOZY-MERKEL
DI FRONTE AD OBAMA (IMPEGNO USA-RUSSIA PER RIDURRE GLI ARMAMENTI) LONDRA
COME GENOVA: UN MORTO SI ESIBISCE PER GLI ISRAELIANI, COSTRETTA ALLA
FUGA UN ULEMA SAUDITA CONDANNA IL PESCE DAPRILE
Rassegna
stampa internazionale a cura di Apcom MERKEL, SARKO 1 - SPAGNA EL MUNDO - Muore un
manifestante anti-G20 in un giorno pieno di azioni di disturbo nel centro di
Londra. La cena che dà il via al vertice avvicina posizioni, ma non cancella le
reticenze dei leader: secondo la delegazione spagnola il compromesso richiesto
è di lasciare la capitale britannica con un documento d'intesa. Obama esprime a
Zapatero il suo interesse a visitare la Spagna nel loro primo colloquio. Il
loro primo incontro è avvenuto a Buckingham Palace, i due leader hanno
conversato in tranquillità con l'aiuto di un interprete. Argentina: migliaia di
argentini danno l'ultimo saluto all'ex presidente Raul Alfonsin. Studio:
marijuana contro il cancro, un gruppo di studiosi spagnoli ha scoperto qual è
il meccanismo anti-tumorale del principale ingrediente dell'erba. EL PAIS -
Francia e Germania contro Obama all'avvio del G20, Sarkozy e Merkel fanno
fronte comune portando tensioni alla vigilia del summit. Primo incontro a
Londra tra il premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero e il presidente
statunitense. Obama apre una nuova era nelle relazioni tra Russia e Cina:
accordo con il presidente russo Dmitri Medvedev per ridurre gli arsenali
nucleari e collaborare con Iran e Afghanistan. 2 - FRANCIA LE FIGARO - "G20:
l'alleanza Sarkozy-Merkel di fronte ad Obama": il varo di una "nuova
regolamentazione" del sistema finanziario internazionale "non è
negoziabile" per Francia e Germania. Per Obama le divergenze tra Europa e
Stati uniti sono state "molto esagerate"; Pechino e Mosca nel ruolo
di guastafeste, mettono in dubbio la supremazia del dollaro come moneta di
riserva internazionale. "In difficoltà il gruppo Beneteau", leader
mondiale della navigazione: dall'inizio della crisi
gli ordinativi sono crollati del 50% rispetto all'anno precedente; potrebbero
essere cancellati 600 posti di lavoro. MEDVEDEV E OBAMA LIBERATION - Il
quotidiano Liberation esce con un numero speciale per il G20, titolato:
"Cambiare il mondo" su una doppia foto con sopra
i manifestanti e sotto i 20 leader mondiali partecipanti al vertice: come prima
risposta mondiale alla crisi bisogna riformare un capitalismo sulla via del fallimento:
"Sarkozy e Merkel esigono una nuova regolamentazione" del sistema
finanziario. La manifestazione nella City degenera in scontri, fermati anche
due giornalisti francesi dalla polizia. I sequestri dei
"padroni" una vicenda tipicamente francese, secondo Olivier Labarre,
direttore generale del Bti, intervistato da Liberation. 3 - GERMANIA
SUEDDEUTSCHE ZEITUNG - Vertice G20: "I partecipanti raggiungono un
compromesso": le banche saranno soggette a regole più rigide, i fondi
altamente speculativi verranno controllati meglio e il Fondo monetario
internazionale avrà maggiori poteri. "Disarmo tardivo": Mosca e
Washington vogliono ridurre il loro arsenale militare. Ma definire storico
l'annuncio congiunto di Obama e Medvedev sarebbe però un po' naif. Un commento
di Paul-Anton Krueger. FAZ - "Manager Daimler sarà nuovo capo delle
Ferrovie" tedesche al posto di Hartmut Mehdorn. Ruediger Grube lavorava in
Airbus, controllata di Eads, nel ruolo di assistente di Mehdorn. Nel gruppo
automobilistico tedesco era molto vicino a Juergen Schrempp, l'ex CEO di
Daimler-Chrysler AG. LONDRA BRUCIA "La Regina a parte": per Barack Obama
il G20 è solo uno dei tanti appuntamenti e impegni in programma a Londra. Il
capo di Stato britannico, Elisabetta II, ha riservato un particolare onore al
giovane presidente Usa: un'ora di udienza a quattr'occhi. "Circa 1 milione
di auto vendute con la rottamazione": supera ogni aspettativa l'assalto
agli incentivi pubblici a disposizione dei tedeschi intenzionati a disfarsi
della loro vecchia auto per acquistarne una nuova. Solo negli ultimi tre giorni
mezzo milione di richieste sono arrivate via Internet all'ufficio competente.
Intanto il governo mette in guardia dalla fretta esagerata. DIE WELT -
"Manager Daimler Grube sarà il successore di Mehdorn": nella notte
sotto la guida del cancelliere tedesco Angela Merkel (Cdu) i ministri del
governo federale avrebbero trovato l'accordo sul nome del futuro numero 1 di
Deutsche Bahn. Ruediger è anche a capo del consiglio di amministrazione del
gruppo aerospaziale Eads. Per questo Grube ha dimestichezza anche con le
aziende particolarmente vicine al mondo della politica - esperienza che nel
caso di Db gioca a suo favore. TAGESSPIEGEL - "Al vertice, primo
giorno": il capo della Casa Bianca, Barack Obama, inizia il suo tour
europeo con incontri bilaterali e l'inizio del G20 a Londra. Fuga verso
l'Europa: "Per mare": l'Unione per il Mediterraneo di Nicolas
Sarkozy, un centro per l'immigrazione in Mali, la più intensa collaborazione
con la Libia nel settore energetico - tutto questo fino ad ora è una
rabberciatura. L'Unione europea deve cercare un vero dialogo con i paesi che non
possono più permettersi di dare da vivere ai loro giovani - e non soltanto nei
periodi in cui il fenomeno migratorio si intensifica. LONDRA BRUCIA "Nel
centro di Berlino aumenta la povertà": l'atlante della struttura sociale
della capitale tedesca presentato ieri da Heidi Knake-Werner e Katrin
Lompscher, responsabili rispettivamente delle Politiche sociali e della Sanità
nel Land di Berlino, mostra con chiarezza che in alcune zone della città le
condizioni degli abitanti sono estremamente disagiate. 4 - GRAN BRETAGNA THE
GUARDIAN - La vera Questione importante del vertice G20: non i piani di
rilancio economico ma la disposizione dei posti a tavola per la cena a Downing
Street: "Chi si siede vicino al Presidente?". Le proteste G20:
l'alleanza arcobaleno fra le diverse organizzazioni non funziona: i dimostranti
forzano le linee della polizia e mandano in frantumi le vetrine della Royal
Bank of Scotland, "ma non trovano banchieri da linciare".
"Gordon Brown cerca di salvare l'accordo dall'opposizione franco-tedesca".
THE INDEPENDENT - "G20, accordo o niente accordo?": Brown e Obama
chiedono nuovi interventi di spesa mentre Sarkozy e Merkel insistono per avere
nuove regole per "dare una coscienza al capitalismo". Afghanistan:
trattative tra la presidenza Karzai e i talebani moderati, un approccio più
pragmatico in vista della prossima offensiva Usa. "La soluzione ai gas
serra potrebbe essere nel sottosuolo": secondo alcuni studi i gas serra
potrebbero essere catturati e sepolti "per sempre" sottoterra. LONDRA
BRUCIA "Una violinista palestinese fatta fuggire dalla Cisgiordania":
la sua vita in pericolo dopo aver suonato per un'orchestra israeliana. THE
TIMES - "Russia e Usa si impegnano a ridurre le testate nucleari":
Obama e Medvedev rilanciano i negoziati Start alla vigilia del vertice G20.
"L'Europa minaccia di far fallire il vertice": Francia e Germania
chiedono agli Usa nuove concessioni dagli Stati uniti sulla regolamentazione finanziaria. "Omar al Bashir va in pellegrinaggio alla
Mecca": ne va della credibilità della Corte internazionale penale.
Scienza: "le ricerche con cellule staminali aprono nuove speranze per la
cura della sordità". THE FINANCIAL TIMES - Il Ft apre la sua edizione
odierna con un'immagine degli scontri di ieri a Londra, alla vigilia del vertice
G20: la Banca d'Inghilterra assediata. "I leader sotto accusa per gli
asset tossici": il presidente del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, dice al Ft
che la crisi non verrà mai risolta se prima non verrà
fatta prima "pulizia" nel settore bancario. Un'opinione confermata da
Mario Draghi, alla guida del nuovo organismo internazionale Financial Stability
Forum: "dobbiamo incrementare la trasparenza". LONDRA BRUCIA 5 -
STATI UNITI THE NEW YORK TIMES - La Cina in lizza per essere leader mondiale
nelle auto elettriche: in quella che viene definita una nuova minaccia a
Detroit, Pechino sta investendo pesantemente nei veicoli a tecnologia ibrida ed
elettrica, con un piano basato su ricerca, stazioni di rifornimento e
incentivi. G20: in Europa Obama si trova davanti a richieste per regolamentare
la finanza. Il presidente ha messo in guardia che gli Usa non possono
riacquistare il suo ruolo di "consumatore vorace del mercato" che
potrebbe stabilizzare l'economia mondiale. THE WASHINGTON POST - Al G20 Obama annuncia
una nuova era per l'economia mondiale: il presidente avverte che gli Stati
Uniti non possono più essere l'unico motore di crescita, prima che le nazioni
creino una lista di nuove regolamentazioni al summit economico globale. Usa e
Russia discutono dell'accordo sulle armi: Barack Obama e Dmitri Medvedev
annunciato l'avvio di trattative su un trattato strategico per ridurre
l'arsenale nucleare. I commenti: L'enigma Obama, perchè il presidente, a turno,
intende sfidare sia gli avversari che i loro alleati. LONDRA BRUCIA Messico:
guerra contro i narcos, cresce il ruolo dell'esercito contro i cartelli della
droga. Ufficiali in pensione ingaggiati per guidare le forze di polizia, mentre
i soldati sono in prima linea nella guerra contro i narcotrafficanti. 6 - STAMPA
ARABA AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, "G20:
manifestazioni e diplomazia... Washington e Londra di fronte alle linee rosse
franco-tedesche". Israele, "Lieberman inizia il suo lavoro nel
governo rifiutando Annapolis e l'Anp la considera un sfida". Libano, il
leader degli Hezbollah sciiti "Nasrallah riduce il numero dei candidati
del partito di Dio per favorire i suoi alleati". Iraq, "per fare
fronte a pericoli provenienti da Iran e Siria, Baghdad sta per acquistare 18
jet F16"; "gruppi armati legati ad al Baath e ad al Qaida riprendono
la loro attività ... E appaiano bombe a mano russe"; "il governo di
Baghdad dialoga con i rapitori dei 4 britannici, fonti sadriste: i
sequestratori sono legati a Teheran". Yemen, "il capo dei rapitori dei
due olandesi offre il loro rilascio in cambio di un incarico di comando nelle
forze di sicurezza". Sondaggio, "73% dei palestinesi chiede un
governo d'unità nazionale e la maggioranza non crede che uno stato indipendente
vedrà la luce". LONDRA BRUCIA AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese
edito a Londra, "violenti manifestazioni e divergenze tempestano il G20 di
Londra", "Brown esclude un successo per un soluzione della crisi finanziaria ... E Merkel chiede accordi
limitati". Israele, "Netanyahu minaccia di fermare il programma
nucleare iraniano e Lieberman annuncia che Israele non si sente vincolata agli
accordi di Annapolis". "Londra conferma il miglioramento nei rapporti
con Damasco e al Muallem (ministro degli Esteri siriano) annuncia la disponibilità
del suo paese a contribuire per realizzare sicurezza e stabilità
nell'area" e "un alto funzionario di Londra invita Hamas a 'ripudiare
la violenza'". Secondo fonti da Damasco, "Il prossimo governo siriano
sarà 'accademico' e guidato da tre deputati". "Un ulema saudita
condanna 'il pesce d'aprile': dire bugie è peccato". LONDRA BRUCIA AL
HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, "Oggi il G20: sette ore che
terminano con un comunicato generale"; "Il sovrano saudita Abdullah
incontra oggi Obama e Brown"; e "Riad appoggia più controllo sui
fondi di sorveglianza e sugli automatismi finanziari". Israele,
"dissenso internazionale dal rifiuto di Lieberman della soluzione di due
stati". Iraq, "voci su una duplice scissione nelle file dei sadristi:
una all'interno delle carceri e l'altra sostenuta da Teheran". ASSAFIR -
quotidiano libanese vicino allo schieramento anti-occidentale, "vertice
finanziario G20: sarà in grado di rimediare ai danni provocati dagli
americani?". Elezioni libanesi, "Nasrallah: un affermazione dell'opposizione
apre le porte alla partnership" nel governo. Israele, "Lieberman
espone il succo delle sue idee per la politica estera: No ad Annapolis e ai due
stati... E No al ritiro dal Golan". [02-04-2009] LONDRA BRUCIALONDRA
BRUCIALONDRA BRUCIALONDRA BRUCIALONDRA BRUCIALONDRA BRUCIALONDRA BRUCIA
( da "CronacaQui.it" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
La Cgil
ha fotografato la situazione lombarda Quindicimila a casa nei primi tre mesi. E
non è finita qui MILANO - È forse la prima fotografia, puntuale e drammatica, sulla crisi finanziaria quella che la Cgil ha presentato ieri al circolo della Stampa.
Dati, riferiti anche alla Lombardia, che allarmano il sindacato, il governo, e
tutti quelli che devono farci i conti. I settori più colpiti sono il tessile,
il meccanico e il chimico, quei "settori chiave" che trainano
l'industria italiana, che proprio in Lombardia ha il suo cuore. Gli
effetti E i primi, drammatici, effetti della crisi
sono stati i licenziamenti. I lavoratori che hanno perso il posto di lavoro nei
primi tre mesi del 2009 sono infatti 15 mila, con un aumento del 57,6% rispetto
allo stesso periodo del 2008. Cinquemila persone licenziate nelle aziende con
più di 15 dipendenti e 10mila (il 109% in più rispetto ai primi tre mesi del
2008) nelle aziende con meno di 15 dipendenti. E i 10 milioni di euro già
assegnati dal governo alla Lombardia per il 2009, saranno "bruciati"
in poche settimane proprio per far fronte alla gravità della situazione.
Licenziati Le conseguenze della crisi finanziaria si
riversano sull'occupazione, e le richieste di Cassa Integrazione si impennano.
La Cassa Integrazione ordinaria, quella che viene concessa per eventi
particolari o situazioni temporanee di mercato a tutte le imprese industriali
ed edili, è cresciuta in questi primi tre mesi del 2009 del 360% rispetto allo
stesso periodo del 2008. Ma la situazione non migliora se si considera quella
straordinaria, che viene cioè data soltanto alle industrie con più di 50
dipendenti, agli istituti di vigilanza e alle ditte edili con più di 15
dipendenti in caso di ristrutturazione, di riorganizzazione, e di crisi aziendale. La Cassa Integrazione straordinaria,
infatti, è cresciuta del 95%. Lombardia Medie inquietanti, ma abbondantemente
superate da alcune città lombarde: a Milano la Cassa Integrazione ordinaria è
infatti cresciuta del 823%, a Lecco del 1000% e a Cremona del 642%. Per la
Cassa straordinaria, invece, va a Como il record della vertiginosa crescita con
un 2000% in più rispetto allo scorso anno. Milano, invece, aumenta
"soltanto" dell'87%. In totale, in Lombardia sono oltre 200 mila i
lavoratori cassaintegrati (ordinaria o straordinaria). Ma se i dati sono
allarmanti, le previsioni sono ancora più "nere": in Lombardia, nel
biennio 2009-2010 c'è la concreta possibilità che vengano tagliati altri
250-300mila posti di lavoro. Il "nero" Le uniche "aziende"
in ripresa sono il lavoro nero e l'economia sommersa. Nel 2008 delle 33.848
aziende ispezionate, il 67,56% di queste sono state trovate con delle
irregolarità e con il 25% degli occupati che lavoravano in "nero".
Senza versare dunque una lira al fisco. L'attività ispettiva ha però consentito
allo Stato di incassare, in Lombardia, circa 192 milioni di euro per recupero
di contributi e premi evasi. Il futuro A uscire dalla crisi
basteranno gli 1,5 miliardi di euro che il governo dovrebbe stanziare per il
biennio 2009-2010? «Dipenderà molto da come evolverà la crisi
- spiega Giacinto Botti, segretario Cgil Lombardia - con il trend attuale si
coprirebbe solo una parte del problema, circa 70 mila lavoratori, ma se la
tendenza di questi ultimi due mesi si conferma per il resto dell'anno, avremo
un fabbisogno che riguarda oltre 120 mila lavoratori, quindi ci sarebbe una
differenza pesante». Francesco Gallo 02/04/2009
( da "Resto del Carlino, Il (Rimini)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
SAN
MARINO pag. 15 IL MINISTRO Franco Frattini non ha avuto tentennamenti nella sua
analisi su «Globalizzazione e ... IL MINISTRO Franco Frattini non ha avuto
tentennamenti nella sua analisi su «Globalizzazione e crisi
economica», tema della prolusione alla cerimonia di insediamento della Reggenza
Cenci-Mina. Il riferimento alla situazione internazionale, curiosamente,
calzava a pennello con le polemiche che hanno fatto, in Repubblica, da prologo
alla nomina dopo 13 mesi di «vuoto» del Presidente della Banca Centrale e dopo
anni di «stagnazione» (la definizione é dello stesso Frattini) alla firma
dell'Accordo di cooperazione economica di martedì sera. Franco Frattini ha
dichiarato: «Necessario evitare il nazionalismo economico, sarebbe un discorso
di corto profilo con serie conseguenze per il proprio mercato interno. L'Italia
ha fatto la propria parte nel rispetto del quadro europeo. In tempi di crisi globale gli interventi devono tenerne conto non
possono esserci sommatorie di inerventi singoli». Insomma una sorta di assist
alla conclusione dello stesso ministro italiano: «Per uscire dalla crisi serve più Europa». Ma serve anche più San Marino, del
resto è l'obiettivo principale dell'accordo di cooperazione economica (oggi) e
di quelli finanziario e sulle doppie imposizioni (prossimamente). Ed è propio
in questa ottica che nei prossimi giorni la politica sammarinese dovrà
soffermarsi per analizzare la rivoluzione socio-economica cui l'Accordo ha dato
il via. Un accordo con l'Italia e che l'Italia porterà a sua volta in Europa.
Ad iniziare dal G20 che si apre oggi a Londra fino addirittura al G8 di luglio
alla maddalena. Il ministro Franco Frattini ha spaziato a lungo
sull'appuntamento di Londra e sulle innumerevoli risposte che dovrà dare. Un
excurus ampio in campo internazionale cui la presenza di San Marino è stata
sempre viva e tangibile nei riferimenti all'Accordo di cooperazione: «Era stato
impostato fin dal 2003. Ero io il ministro competente allora. Più facile quindi
arrivare a comprenderci. Ora c'è quello finaziario, con risflessi importanti,
su altri settori. Sono segnali forti». Quindi la bozza di una agenda comune di
lavoro: «Convocherò per dopo Pasqua la commissione mista. Non solo per
concludere l'accordo in materia finanziaria ma anche
quello sul piano culturale. In particolar modo l'obiettivo di costituire in
breve il parco tecnologico del Montefeltro». Una proposta, questa, che Dulbecco
fece 11 anni fa ricordando la grande possibilità per San Marino di essere
protagonista nella ricerca in sinergia proprio con l'Italia. Ma non solo, Frattini ha ribadito ancora una volta come San
Marino abbia: «la capacità per affermarsi come interlocutore serio ed
affidabile». Torniamo alla crisi finanziaria: c'è l'esigenza di regole nuove ed efficaci. Occorre una nuova
moralità nella finanza internazionale.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
LONDRA
«Anch'io, impiegato della City, in piazza con gli anarchici» Damien sfila in
giacca e cravatta: «Uno scandalo i bonus ai manager che guadagnano cento volte
più di me» P. G. LONDRA In giacca e cravatta in mezzo alla bolgia per venire a
dire la loro sulla crisi
finanziaria e far vedere che almeno per il momento
non hanno paura di finire al rogo, come minacciato dagli anarchici di Class
War. Nella piazza di fronte alla Banca d'Inghilterra, in mezzo a nugoli di
manifestanti anarchici con il bavaglio alzato e ragazzi vestiti con costumi
hippie, ieri si sono fatti vedere anche impiegati nelle banche e nelle
assicurazioni della City. Persone alla loro prima esperienza di piazza
che, attirate dal rumore e dal colore della folla, hanno lasciato l'ufficio per
vedere con i loro occhi questi manifestanti. Tra questi ospiti inattesi c'e
Damien, giacca e cravatta d'ordinanza, accento scozzese. In mano un cartello
che recita «Mark to Market» («Limiti al mercato»). Gli occhi che roteano rapidi
per tenere sotto controllo la gente che gli passa di fianco. Le labbra e le
gambe che di tanto in tanto gli tremano, quasi che per un momento gli passi per
la testa che la gente che lo circonda si possa trasformare di colpo in una
banda di scalmanati e mettersi a fare merenda con le sue cervella, cosi come
promesso in alcune boutade di gruppi anarchici nei giorni precedenti alla
protesta. Ma la gente che si è radunata nel centro della City, più che affamata
di cervella di banchieri, sembra incuriosita da quello che questo esponente
eccentrico del settore finanziario ha da dire. Lui risponde con piglio
professionale. Che cosa pensi di questa protesta? Penso che sia una cosa
importante. La gente ha ragione ad essere arrabbiata. Però gli slogan della
protesta sono molto vaghi, troppo generici. C'è bisogno di dire cosa si vuole
esattamente. E' un po' come Obama che dice cambiamento, cambiamento senza poi
chiarire che cosa intenda con questo benedetto cambiamento. Bisogna parlare di
come vogliamo cambiare il sistema finanziario. Non basta protestare. Non hai
paura che qualcuno possa prendersela con te? No, non troppo. Questa gente mi
sembra pacifica. È per questo che sono venuto qui in piazza in giacca e
cravatta. Per dimostrare che tutta questa paura che c'è stata negli ultimi
giorni è una paranoia assurda. Nei media e nel settore finanziario in
particolare si è sparso il panico nei giorni precedenti alla protesta. Ma mi
sembra che almeno oggi non finiremo bruciati. Il panico era ingiustificato.
Quali possono essere le soluzioni al disastro finanziario? Il sistema
finanziario anglosassone è troppo sbilanciato. Dobbiamo andare verso un sistema
simile a quello adottato in Scandinavia dove c'è una maggiore corporate
responsibility per il settore finanziario e dove ci sono controlli più stretti
per le grandi banche di investimento. Poi bisogna affrontare il problema dei
compensi e mettere fine ai bonus milionari dei manager di alto livello, che
spesso guadagnano cento volte quello che prende un semplice impiegato come me.
( da "Manifesto, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20
Merkel e Sarkozy: «Subito le nuove regole» Oggi il vertice, sul documento
finale permangono divergenze Anna Maria Merlo PARIGI Dieci ore per salvare il
mondo. Il G20, su cui si sono concentrate tutte le speranze
mondiali per uscire dalla crisi finanziaria diventata economica e sociale, durerà poco: è iniziato
ufficialmente ieri sera con una cena a Downing Street tra i capi di stato e di
governo dei 19 paesi (più l'Unione europea) invitati a Londra. E finirà oggi
alle 15,30, con la prevista conferenza stampa. Dopo aver ascoltato il
principe Charles parlare della conservazione delle foreste, i capi di stato e
di governo che rappresentano l'85% del pil mondiale hanno abbordato il rilancio
dell'economia. Oggi, parleranno delle questioni della regolazione del sistema finanziario. Sul rilancio, la posizione resta diversa tra
Usa e Europa, ma l'occidente si riunisce per chiedere a Cina e Giappone di fare
di più. In mattinata, Barack Obama ha incontrato Gordon Brown: entrambi hanno
convenuto che è importante «concentrarsi» sui punti in comune e non su
«divergenze episodiche». Così, nel comunicato finale, verrà reso omaggio ai
piani di rilancio già avviati - l'accento è americano - mentre non ci sarà
nessun richiamo a vararne dei nuovi - qui sono gli europei che hanno frenato.
Il G20 calcola che siano stati stanziati in via eccezionale 2.500 miliardi di
dollari nel mondo per cercare di contrastare la crisi,
cioè il 2% del pil mondiale, come aveva raccomandato l'Fmi. Il presidente
brasiliano Lula, ricevuto a metà giornata all'Eliseo, ha parlato di «summit
difficile», ma che spera si concluda con un «incoraggiamento» alla ripresa.
«Verranno discussi i piani di rilancio - ha messo le mani avanti Angela Merkel
- ma la Germania ha già dato un contributo enorme». Merkel è arrivata a Londra
con un «misto di fiducia e di preoccupazione». Sarkozy, nella conferenza stampa
congiunta, ha insistito sulla necessità della «regolazione» dei mercati finanziari, «una questione non negoziabile per
Francia e Germania». Alla vigilia, Sarkozy aveva minacciato «la politica della
sedia vuota» se non fosse stato stato concluso un accordo in questo senso. Ma
Brown, dopo una telefonata con l'Eliseo, si è detto «persuaso che Sarkozy
assisterà all'inizio della cena e resterà fino alla fine». Merkel ha tagliato
corto sulle intemperanze del francese: «Non è la migliore idea», ha commentato.
Ieri, Sarkozy ha sottolineato che il G20 è «un momento storico per costruire un
mondo nuovo che non possiamo lascia passare». Obama, alla conclusione
dell'incontro con il primo ministro britannico, ha affermato che al G20
verranno fatti «progressi reali e senza precedenti», bisogna «stabilizzare la
finanza del futuro». In cambio, Sarkozy e Merkel hanno convenuto che, «se sarà
necessario», nuovi piani di rilancio potranno venire messi a punto. Ma
Jean-Claude Trichet della Bce avverte: «Non si possono indefinitamente
aumentare le spese e i deficit». Sui paradisi fiscali, la posizione
franco-tedesca è più determinata di quella anglo-sassone (Brown deve fare i
conti con la City) e dei giganti emergenti, tra cui la Cina. Sarkozy ha
definito «immorali» i paradisi fiscali, ma tra gli europei c'è chi frena. «Il
G20 non avrà nessuna credibilità se nella lista nera non evocherà il Wyoming,
il Nevada e le isole lontane» ha commentato il presidente dell'eurogruppo
nonché primo ministro lusssemburghese, Jean-Claude Juncker, che non vuole che
il suo paese sia messo sotto accusa. Obama ha avuto ieri importanti incontri
bilaterali. Oltre al presidente russo, ha visto il leader cinese Hu Jintao. Il
presidente degli Usa, dopo un viaggio a Mosca in luglio, andrà a Pechino nella
seconda metà di quest'anno. Tra Obama e Hu Jintao il dialogo è stato strategico
ed economico, mentre sui diritti umani c'è stato un significativo silenzio.
Anche Sarkozy si prepara ad eludere la questione: oggi vedrà in un incontro
bilaterale Hu Jintao, per riannodare i legami Francia-Cina, guastati dalla
manifestazione pro-Tibet che aveva accompagnato il passaggio della fiamma
olimpica a Parigi e dall'incontro del presidente francese con il Dalai Lama in
Polonia. C'è accordo sull'aumento delle risorse all'Fmi, istituzione che è
tornata in forza sulla scena mondiale e qualche briciola dovrebbe essere
confermata per l'aiuto allo sviluppo. Ci saranno belle parole sulla lotta al protezionismo, anche se la Banca mondiale ha sottolineato
che 17 paesi sui 19 presenti a Londra hanno preso misure protezionistiche.
Maggiori difficoltà, invece, sulla regolazione delle agenzie di notazione e
sulla limitazione dei bonus dei traders.
( da "Avvenire" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
POLITICA
02-04-2009 PER OBAMA SARÀ PIÙ DIFFICILE LA TAPPA EUROPEA Crisi economica «persuasiva»
Russia e Usa s'avvicinano ELIO MARAONE U n mondo senza armi nucleari. È questo
l'estremo traguardo indicato a Londra dal presidente statunitense Barack Obama
e da quello russo, Dmitri Medvedev. Un traguardo al limite dell'utopia, ma che
segnala una volontà di mutamento in chiave distensiva delle relazioni tra
grandi Paesi, in linea con quanto ipotizzato da Obama durante la sua campagna
elettorale. Utopia magari, e ispirata non soltanto da intenti umanitari ( gli
arsenali atomici di Usa ed ex Urss sono stracolmi; il loro mantenimento e lo
sviluppo di armi strategiche hanno costi insopportabili in tempi di crisi
economica; un accordo al ribasso fra grandi potenze può costringere le piccole
verso lo zero atomico...), ma che ha avvolto di un'aura di nobiltà la
dichiarazione con la quale i due presidenti hanno convenuto di lanciare
negoziati in vista non soltanto di importanti riduzioni delle proprie armi
nucleari, ma anche di una inedita cooperazione nel campo delle difese
antimissile. A quest'ultimo riguardo «restano differenze» su nuovi sistemi in
Europa, ma si sa che alla Casa Bianca sono già molte le critiche al costo
politico ed economico del progettato «scudo» da realizzare fra Polonia e
Repubblica ceca. Comunque, qualcosa si è mosso nella giusta direzione, dopo
quasi sette anni di disinteresse al disarmo dell'amministrazione Bush: Stati
Uniti e Russia si impegnano a stringere i tempi per l'approvazione di un
trattato per la riduzione delle armi strategiche che sostituisca i precedenti
Start ( in scadenza il prossimo 5 dicembre) e Sort ( che proponeva la
riduzione, entro il 2012, delle testate nucleari da parte di ciascun contraente
a un numero oscillante fra 1.700 e 2.200). L'impegno assunto dai due leader,
decisi a «rimettere a posto» il rapporto bilaterale «considerate le
responsabilità congiunte» che i loro Stati «hanno nel mondo» , è quello di
fissare un tetto più basso al numero degli ordigni nucleari ( che attualmente
sarebbero ancora oltre 3.000 a testa), dopo studi che saranno verificati in luglio,
durante un summit Medvedev- Obama a Mosca, e trasformati in trattato entro la
fine dell'anno. Dunque la Casa Bianca e il Cremlino hanno ripreso a dialogare,
trovando un'intesa su punti importanti ( il citato nucleare, che prevede anche
un'attenzione severa a Nord Corea e Iran; la stabilizzazione dell'Afghanistan),
ma anche mantenendo divergenze e diffidenze ( sul citato «scudo» antimissile;
sulle cause della guerra in Georgia e sulle sue conseguenze). Promettente
appare anche il futuro dei rapporti sinoamericani: dopo l'incontro, sempre
ieri, con il premier cinese Hu Jintao, Obama, invitato a visitare Pechino entro
l'anno, ha ribadito il proprio impegno a evitare il protezionismo e ad assicurare relazioni
economiche con la Cina stabili e durature. Carico di nubi è rimasto invece il
rapporto con l'Unione europea. Durante una conferenza stampa assieme al premier
britannico, Gordon Brown, il presidente statunitense, dopo aver invitato gli
altri Paesi a fare fronte comune e ad agire con urgenza contro la crisi
globale, ha detto di essere «assolutamente fiducioso che il G20
rifletterà un enorme consenso» . Il presidente francese Nicolas Sarkozy (
duramente avverso a ogni «falso compromesso» ) e il cancelliere tedesco Angela
Merkel hanno replicato ricordando di non essere soddisfatti della bozza di
documento redatta in vista dei lavori di oggi e di desiderare regole più severe
per la finanza globale e, in particolare, contro i paradisi fiscali. Insomma, e
rapporti Usa- Russia a parte, iersera a Londra tirava una brutta aria di
decisioni mancate, e di rivio a incontri migliori. Sarkozy (avverso a ogni
«falso compromesso») e Merkel non sono soddisfatti della bozza del G20
( da "Avvenire" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA
02-04-2009 Regole o stimoli? Divisi i grandi del mondo Vertice anticrisi tra
gli scontri, si cerca una difficile intesa. Usa e Gran Bretagna: agire subito
DI ELENA MOLINARI I negoziati dei 20 Grandi per un accordo sulle misure
antirecessione da adottare a livello globale «saranno difficili». La franchezza
si deve al premier britannico Gordon Brown, che poi, in un gesto d'apertura a
Francia e Germania, ha messo al primo posto fra le azioni di intraprendere la
necessità di «ripulire il sistema bancario mondiale». Al suo fianco Brack
Obama, che aveva appena incontrato a tu per tu a Downing Street, ha rinforzato
il messaggio: sì, servono nuove regole forti per il settore finanziario
internazionale. E ha persino ammesso, almeno in parte, quello che molti leader
del resto del mondo vanno sussurrando da mesi: che la colpa della recessione
più grave ad aver colpito il pianeta dagli anni Trenta è tutta dell'America.
«Il sistema di regolamentazione americano si è rivelato inadeguato», ha
concesso Obama. Ma gli Stati Uniti hanno imparato la lezione e sono pronti a
voltare pagina: «È finita l'era dell'irresponsabilità», ha continuato il
presidente Usa. Con il capo chino, ma non troppo, la promessa di «ascoltare»
prima di fare le proposte, ma anche la volontà di «non perdere l'opportunità di
assumere la leadership» della situazione, Obama arriva dunque al tavolo dei
Paesi industrializzati e in via di sviluppo con una sola, modesta certezza:
«Sono assolutamente fiducioso ha detto infatti che questa riunione rifletterà
un enorme consenso sulla necessità di lavorare per affrontare questi problemi».
Fin qui, in effetti, sono tutti d'accordo. Le divergenze, che lo stesso Obama
ha riconosciuto, partono proprio con le «regole» che i due colleghi
anglosassoni Gordon e Barack hanno invocato. Francia e Germania le vogliono più
forti e stringenti, e ne fanno l'asse portante della ripresa, ancora più dei
massicci interventi governativi per il salvataggio delle banche e degli altri
settori a rischio caldeggiati da Stati Uniti e Gran Bretagna. «Siamo impegnati
a fare quello che serve, assieme alla Gran Bretagna, per stimolare la crescita
e la domanda», ha ribadito anche ieri Obama, che con Brown ha formato un vero e
proprio asse da presentare compatto ai colloqui di oggi. Non a caso il capo
della Casa Bianca ieri a Londra (mentre le banche della City erano assediate
dai manifestanti e la protesta sfociava in tesi scontri con la polizia) ha
parlato del rinnovamento della «speciale partnership» fra i due Paesi in una
«alleanza di obiettivi». Il richiamo più forte lanciato ieri da Obama è stato
quello più vago, segno che le difficoltà intraviste da Brown sono reali. Il
presidente Usa ha invitato i colleghi dei Grandi ad «agire con urgenza» contro
la crisi. È più probabile che si riferisse a pacchetti di stimolo statali, sul
modello di quello varato dalla sua amministrazione, che alle riforme delle
istituzioni internazionali auspicate in gran parte d'Europa. Al termine del G20
non c'è quindi da aspettarsi niente di specifico sull'attesa riforma della
struttura di potere del Fondo Monetario internazionale, al di là della
dichiarazione di principio di volerla rivedere. Pi probabile che il testo finale
del summit si limiti a raddoppiare i fondi a disposizione dell'istituzione,
portandoli a 500 miliardi di dollari. Altrettanto enfatica è stata la
raccomandazione di Obama ai leader mondiali a «non cedere alle tentazioni del protezionismo». Un'affermazione (e una
promessa) che i Venti avevano fatto già a Washington lo scorso novembre, ma che
i Paesi in via di sviluppo più colpiti dalle barriere doganali aspettano ancora
di veder mantenuta. Secondo la Banca mondiale, infatti, dall'inizio della
recessione ben 17 dei 20 Grandi hanno imposto limiti alle importazioni e al
libero scambio per proteggere le proprie industrie. In serata era ancora
Brown a ritornare alla realtà. «Non siamo ancora a un'intesa», sosteneva
infatti un suo portavoce, poco prima che i capi di Stato e di governo dei Venti
si riunissero a cena. Di certo, anche se realista, Brown spera di evitare il
ripetersi dell'ultimo summit globale ospitato dalla Gran Bretagna in tempo di
crisi. La Conferenza economica e monetaria di Londra del 1933 fu un pieno
fallimento e si sciolse in mezzo alla discordia totale. Il premier britannico
Gordon Brown ammette le difficoltà Il presidente americano Obama riconosce le
responsabilità del suo Paese, ma si dice fiducioso: vedo un enorme consenso
Tensione a Londra per manifestazioni di protesta (Ap)
( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 79
del 2009-04-02 pagina 0 Si chiama politica la ricetta contro la rabbia di
Geronimo Il rischio è grande perché grande è la posta in gioco. La riunione di
Londra dei 20 Paesi espressioni delle maggiori economie del mondo è chiamata a dare risposte concrete per contenere e superare la
grave crisi finanziaria ed
economica che ci affligge. Troppe riunioni a vuoto, tanti annunci di misure in
parte poi disattese, molte previsioni sbagliate hanno caratterizzato la vita di
questi ultimi due anni testimoniando, così, un'incertezza grave della politica
mondiale dinanzi alla più grande crisi dal 1929 in poi. Questa volta, dunque, non si può
sbagliare. Gli episodi di rabbia popolare, la disperazione di masse crescenti
di lavoratori, la visibilità di una minoranza opulenta che si identifica spesso
in chi ha avuto responsabilità in questo sfascio, sono una miscela esplosiva
che può avere un effetto domino sul terreno della protesta in tutti i paesi, ed
in particolare in quelli a democrazia consolidata. Di qui, l'esigenza di
risposte immediate e coordinate tra i 20 maggiori Paesi. A Londra si
confronteranno due scuole di pensiero, quella che chiede di stimolare
massicciamente una domanda pubblica e privata e quella prevalentemente europea
che chiede l'adozione di regole comuni per disciplinare i guasti di un mercato
lasciato per troppo tempo solo a se stesso. Più che due scuole di pensiero, in
realtà si tratta di due posizioni che testimoniano da un lato le diverse
responsabilità nell'origine della crisi e dall'altro,
la necessaria complementarietà delle risposte. Insomma l'immissione di ingenti
risorse nell'economia reale è indispensabile per contenere gli effetti
occupazionali della crisi che rischia di essere
devastante sul piano della coesione sociale e per porre le basi di una ripresa
economica diversa dal passato per qualità e diffusione planetaria. Queste
misure sollecitate innanzitutto da Barack Obama avrebbero però respiro breve se
non fossero accompagnate da una più ferrea disciplina dei mercati finanziari.
Nuove regole comuni per tagliare le unghie alla speculazione e ai truffatori
che hanno buon gioco nei mercati finanziari trasformati in questi 15 anni in
vere e proprie «sale scommesse». Tutto è potuto avvenire grazie a quella che fu
definita agli inizi degli anni '90 l'innovazione finanziaria
che partorì nuovi prodotti come i derivati nati per assicurare il sistema
bancario sui rischi che assumeva e via via trasformati poi in strumenti di
facile arricchimento di poche élite a danno di tutti. Con quelle innovazioni (
derivati, futures sulle materie prime, hedge fund) banche e intermediari
finanziari scoprirono che la finanziarizzazione dell'economia portava ad
un'immediata impennata dei ricavi e degli utili rendendo così felici ad un
tempo gli azionisti, i trader borsistici e i top-manager con le stock-option e
i bonus legati ai risultati anno per anno. Naturalmente la «deregulation» dei
mercati, sostenuta culturalmente da un pensiero unico debole ma interessato da
consulenze milionarie e da un'informazione plaudente alle ricchezze che si
accumulavano senza capirne l'origine aleatoria e le conseguenze economiche e
sociali, ha portato al disastro di oggi. Non correggere questo stato di cose
come chiedono gli europei significherebbe, dunque, lasciare intatte le cause
profonde che hanno generato l'attuale crisi finanziaria
che prima o poi si ripeterebbe. La risposta del G20 deve, allora, essere
globale e legata più alle esigenze di miliardi di cittadini del mondo poveri da
sempre o che stanno scivolando verso nuove povertà di massa e molto meno alla
potenza seducente di una finanza deviata e in molti casi corrotta. Sbaragliate
le vecchie ideologie autoritarie del Novecento, il capitalismo vincerà la sua
sfida se saprà battere la fame, le malattie, l'immensa povertà di interi
continenti e contenere livelli sproporzionati di disuguaglianze sociali nei
Paesi a democrazia avanzata. L'auspicato accordo dovrà prevedere che ciascuno
faccia la propria parte. Per quanto riguarda l'Italia Berlusconi ha giustamente
preso le distanze da una politica economica che con la scusa di un debito
altissimo altro non ha fatto che produrne altro portando il deficit di
quest'anno ad oltre il 4% sul Pil, il debito al 112% sul Pil e una crescita
negativa a ben oltre il 4% come avevamo da mesi previsto. Avremo il tempo di
ragionare sulle vergini violate che oggi si stracciano le vesti nel tentativo
di recuperare la virtù perduta mentre ieri coccolavano quel mostro creato
dall'avidità del mercato. Oggi quel che ci preme è che la politica riprenda il
suo primato e la sua autorevolezza per il governo del mondo.
ilgeronimo@tiscali.it © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 -
20123 Milano
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Borse
europee volano verso G20 e BCE (Teleborsa) - Roma, 2 apr - Effevescenti al giro
di boa le principali borse europee, spinte dalle buone performance dei comparti
auto e banche, che volano di oltre l'8%. Intanto i mercati
guardano al vertice del G20 a Londra, dove si discute della crisi finanziaria globale, e alla Banca
Centrale Europea, che secondo quanto atteso, si appresta ad una nuova riduzione
del costo del denaro. Le previsioni sono per un taglio di 50 punti base,
portando così il tasso di riferimento al nuovo minimo storico dell'1%.
L'esito del consiglio verrà comunicato come sempre alle 13,45 italiane. Mossa
che peraltro potrebbe anche essere l'ultima almeno per qualche tempo. Lo scorso
5 marzo infatti, nel giorno in cui il Consiglio direttivo ha deciso per un
ulteriore taglio dei tassi, il Presidente della BCE, Trichet, durante la
conferenza stampa che segue come di consueto la decisione, non ha escluso
l'adozione di nuove misure non convenzionali per affrontare una crisi economica che interesserà tutto il 2009. Sul mercato
valutario, l'euro prosegue la strada del recupero nei confronti del biglietto
verde, salendo a 1,33 dollari. L'agenda macroeconomica prevede la diffusione
degli ordinativi industriali USA, di febbraio, oltre alle richieste per i
sussidi settimanali alla disocupazione. Tra le piazze finanziarie, Madrid
risulta la migliore con una plusvalenza di quasi il 7%. Volano anche
Francoforte e Parigi con un rialzo del 4% circa. Toniche Amsterdam +3,64%,
Zurigo +3,37%, Londra +3,05% e Bruxelles +2,48%. 02/04/2009 - 12:46
( da "Dagospia.com" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
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| Segnala articolo --> MICHELLE OBAMA STRAPPA IL PROTOCOLLO E SI AGGRAPPA AL
COLLO DELLA REGINA FILIPPO, IL PRINCIPE GAFFEUR
NON SI SMENTISCE IL CONTROVERSO BASTARDS DI
TARANTINO A CANNES - UN RENE PER NATALIE COLE CRONENBERG LEGIONARIO
LITTIZZETTO SUORA
- 1 - IL DEBUTTO DI MICHELLE DOMINA LA SCENA...
A.V.B. per "la Repubblica" - Debutto da star, ieri, per la First Lady
degli Stati Uniti. Michelle Obama, al suo esordio sulla ribalta europea, si presenta ai
fotografi con un cappottino imbrillantato di lustrini quando scende dall´Air
Force One e tocca terra a Londra, poi con un twin-set da copertina di Vogue
quando esce dalla Cadillac One di fronte al numero 10 di Downing Street; infine
con un disinvolto completo nero quando sbarca a Buckingham Palace per l´udienza
privata reale. E finisce che è lei, con la sua statura, a troneggiare sulla
regina Elisabetta II. -Filippo di Edimburgo La crisi finanziaria globale per un po´
s´appanna: gli occhi dei paparazzi sono puntati su Michelle. Tant´è, scrive una
penna al cianuro del Guardian, che "Carlà" (Bruni-Sarkozy) ha
preferito restarsene a casa, cioè all´Eliseo (...) Nella prima ventiquattrore
europea, Michelle non rilascia dichiarazioni auliche. Fa sapere
d´essersi preparata a lungo per l´incontro con la regina. E si capisce: è la
prima volta dell´avvocato di Chicago alla Corte dei Windsor. Poi trapela dal
protocollo che lei ha manovrato per sedersi accanto a J. K. Rowling, la
romanziera di Harry Potter, al banchetto offerto da Sarah Brown, la consorte
del premier. Fra gli ospiti, nella platea affollata di donne manager,
scienziate, artiste e letterate, svetta anche Naomi Campbell. C´è da
scommettere: sarà un bel match di stelle. 2 - STRAPPO AL PROTOCOLLO,
L'ABBRACCIO TRA MICHELLE E LA REGINA... (Adnkronos) - Gli Obama a Londra fanno
saltare anche il rigido protocollo di Buckingham Palace. A conferma del feeling
scoppiato tra la coppia presidenziale americana e i reali inglesi durante il
te' a Palazzo, i fotografi di corte hanno immortalato Michelle Obama e la
regina Elisabetta strette in un abbraccio al termine del ricevimento offerto
per i leader del G20 e le loro mogli. Quentin Tarantino 3 - GAFFE FILIPPO DI
EDIMBURGO METTE IN IMBARAZZO OBAMA... (Agi) - Noto per le sue gaffe, Filippo di
Edimburgo ne ha combinata un'altra delle sue, incontrando per la prima volta
Barack e Michelle Obama. Mentre la First Couple scambiava qualche battuta con
Elisabetta I sull'agenda serrata a cui li ha costretti il G20, il marito della
Regina ha chiosato la conversazione una battuta decisamente maldestra:
"State solo cercando di restare svegli...". Non pago -ha rivelato
ancora il quotidiano 'Independent" - quando il presidente Usa ha
proseguito, ricordando gli incontri gia' avuti a Londra con Gordon Brown,
Dmitri Medvedev e David Cameron, il Duca di Edimburgo ha gelato i presenti:
"Sapete trovare la differenza tra di loro?" 4 - TARANTINO A CANNES,
'INGLORIOUS BASTARDS' IN CONCORSO SULLA CROISETTE... (Adnkronos/Cinematografo.it)
- Quentin Tarantino in concorso a Cannes. Come preventivato, sara' la Croisette
dunque a tenere a battesimo l'attesissimo Inglorious Basterds, un omaggio a
Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari. Tarantino, secondo fonti
non ufficiali, avrebbe assicurato ai suoi produttori - la Weinstein Co. e la
Universal Pictures - che il film (in uscita il 21 agosto negli States) sara'
pronto per la data di apertura del Festival, il prossimo 13 maggio. Il regista
e' un habitue' di Cannes, dove ha gia' partecipato quattro volte vincendo pure
una Palma d'oro (Pulp Fiction, 1994). Inoltre la sua partecipazione alla
kermesse francese rappresenta un ottimo investimento anche in termini di
glamour, potendo vantare un cast composto da star del calibro di Brad Pitt,
Samuel L. Jackson e Diane Kruger. Inglorious Basterds seguira' le imprese di un
gruppo di soldati ebreo-americani in missione nella Francia occupata dai
Nazisti. Obiettivo: uccidere il maggior numero possibile di tedeschi. NATALIE
cole 5 -NATALIE COLE HA BISOGNO DI UN RENE. I FAN SI OFFRONO A DECINE... (Ap) -
I fan di Natalie Cole vogliono donarle un rene. La 59enne candante ha
raccontato a Larry King che le è stato diagnosticato il collasso dei reni e,
mentre era ancora in onda sullo show della Cnn, decine di telespettatori si
sono fatti avanti per offrirsi come possibili donatori. In mancanza di un
donatore di rene, la Cole dice che dovrà sottoporsi a dialisi per il resto
della sua vita. La figlia di Nat King Cole ha detto che nel febbraio del 2008
le era stata diagnosticata una epatite C. I reni sono collassati dopo una cura
e ora la cantante cerca un donatore. 6 - CRONENBERG DIVENTA "CAVALIERE
DELLA LEGION D'ONORE"... (Ap) - Il regista canadese David Cronenberg è
stato insignito ieri del titolo di cavaliere della Legione d'onore
dall'ambasciatore di Francia in Canada, Francoise Delattre. Orgoglioso di
essere "canadese", il regista ha ricordato di avere dei forti legami
con la Francia, dove ha vissuto negli Anni Settanta. "Penso che anche la
Francia sia il mio paese - ha detto il cineasta 66enne nel corso di una
cerimonia privata all'ambasciata di Toronto - vedo in questa medaglia un
talismano, un amuleto dai poteri magici, un scudo contro la punizione, la
punizione per aver commesso il crimine dell'arte". L'autore di
"Crash", palma d'oro al Festival di Cannes nel 1996, ha ringraziato
la Francia per la sua "indulgenza" David Cronenberg 7 - SUOR
LITTIZZETO NEL MUSICAL DEI CARCERATI... Fulvia Caprara per "La
Stampa" - Nel nuovo film Tutta colpa di Giuda, Davide Ferrario riflette, a
ritmo di musical, su carcere e religione. Gli ospiti della casa Circondariale
di Torino «Lorusso e Cutugno» raccontano la Passione di Cristo a modo loro,
rifiutando la figura chiave del traditore, misurandosi con i cori e i passi di
danza. (...)Dietro le sbarre il problema della fede diventa più impellente, c'è
più bisogno di speranza: «Sono un ateo convinto e sereno. Dio, o il suo
silenzio, è un problema che non mi angoscia minimamente, ma capisco il senso
della religione come risposta alle mille domande della vita, anche se trovo
assurdo che qualcuno possa alzarsi e dire di parlare in nome di Dio. Credo però
che le religioni ci aiutino a vivere». Insomma non è un caso se, nel film, i
due rappresentanti della Chiesa sono un prete scombussolato e timoroso come Don
Iridio (Gianluca Gobbi) e una suora rigida e sarcastica come Luciana
Littizzetto: «È un'amica - racconta Ferrario -, anche lei frequentatrice del
carcere, una gran mangiapreti. Proprio per questo ho pensato di affidarle il
ruolo di Suor Bonaria, con quell'abito e quelle battute è perfetta, apre lo
spazio necessario a porsi domande sulla fede» [02-04-2009]
( da "Affari Italiani (Online)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Culture
Affari: 'Silvio, Avanti Savoia'.
VIDEO%0A%0D%0A%0Dhttp://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/emanuele_filiberto_silvio_berlusconi020409.html">
Emanuele Filiberto ad Affari: 'Silvio, Avanti Savoia'. VIDEO Giovedí 02.04.2009
13:12 "Io apprezzo molto la persona di Berlusconi. Ha le sue idee e le
porta avanti". Emanuele Filiberto non è più lo scapolo d'oro figlio di un
re decaduto. Presidente della "Prince of Venice Foundation", ora fa
il consulente finanziario e su Wikipedia viene classificato come
"imprenditore". In coppia con la maestra di ballo Natalia Titova, ha
vinto l'ultima edizione di 'Ballando con le stelle', il reality Rai per 'vip'
che si vogliono cimentare nel ballo. La sua partecipazione, dopo gli scandali
giudiziari che hanno coinvolto il padre Vittorio Emanuele, è stata criticata da
tutti i fronti. Alla fine però si è rivelata un successo, da qualsiasi parte la
si guardi. Tra un passo di salsa e un relevé, tra un tango argentino e alcune
scaramucce con gli altri concorrenti, Emanuele sembra aver annullato, o
quantomeno assopito, l'antipatia che gli italiani nutrivano verso la sua
famiglia negli ultimi anni. Prova ne è l'accoglienza con cui viene ricevuto al
Circolo della Stampa di Milano. Scortato da due guardie del corpo, arriva per
presentare "Casa Savoia: Storia di una Famiglia Italiana", una mostra
itinerante di oggetti d'uso quotidiano appartenuti alla famiglia 'reale'
d'Italia. A margine della conferenza, Affari lo ha intervistato. E qui il
tifoso della Juventus ha sbottonato la giacca per un intervento a tutto campo.
"ORA LA GENTE MI ADORA" - "Io mi sono presentato a 'Ballando con
le Stelle' come Emauele FIliberto - precisa - Volevo che fosse Emanuele a
venire fuori, non il Filiberto di Savoia. E credo di esserci riuscito. Lo vedo
dalle persone che mi guardano per strada, da quelle che mi scrivono, da quelle
che mi contattano su Facebook. Lo ammetto. Ero imbarazzato quando durante la
trasmissione 'Domenica In' nessuno diceva qualcosa contro di me. A un certo
punto volevo quasi farmi l'opposizione da solo". "LE EUROPEE? STO
DECIDENDO IN QUESTI GIORNI" - La sua candidatura per le prossime europee
di giugno è data quasi per certa. Si dice che Casini stesso gli abbia chiesto
di presentarsi con l'Udc. "No, sono state dette tante cose. Ho letto con
piacere sui giornali l'invito di Casini. Però, devo prendermi il mio tempo per
pensare. Voglio fare qualcosa per l'Italia e per gli italiani. Credo molto nel
Parlamento Europeo. Purtroppo qui è ancora troppo sottovalutato. Si pensa più
alla centralità di Roma e allo spettacolo della politica".
"BERLUSCONI STA REALIZZANDO LE SUE PROMESSE" - Emanuele Filiberto
lascia intendere che una sua eventuale candidatura avverrà comunque nel
centro-destra: "Ho un grande rispetto per il Presidente Berlusconi. Ho
grande rispetto per quello che ha fatto e per quello che sta facendo. Un anno e
mezzo fa, è arrivato con delle idee e finora ne ha realizzato la gran parte.
Sono molto fiero del termovalorizzatore di Acerra per esempio. Sono fierissimo
soprattutto di Bertolaso, che è una persona brillante. Santoro ha detto che se
in 8 mesi il Presidente fosse riuscito a realizzare il termovalorizzatore, lui sarebbe
rimasto in trasmissione in mutande. Bertolaso ha risposto che ci avevano messo
10 mesi proprio per non vederlo in mutande". LA CRISI:
"NESSUNO HA LA RICETTA. BISOGNA TIRARE LA CINGHIA" - Interpellato
sulla crisi finanziaria,
Emanuele invita all'austerity: "Ovviamente non c'è una bella prospettiva.
Credo molto negli aiuti del Parlamento europeo alle piccole e medie imprese.
Però dobbiamo tutti stringere la cinghia. Non ho ricette. Nemmeno Obama ce ne
ha una concreta". "ESSERE PRINCIPE E' SOLO UN PRIVILEGIO. SIAMO IN
UNA REPUBBLICA" - "Essere principe? No, non è né un opportunità né un
peso. E' un privilegio. Sono contento del nome che porto. Ma mi considero un
essere umano anzitutto. Provo a portare avanti il nome della mia famiglia nel
miglior modo possibile. A volte ci riesco, a volte sbaglio. Però, alla fine,
non ci penso. Siamo in una Repubblica, no?" tags: emanuele filiberto
savoia mostra oggetti silvio berlusconi politica politico
( da "Targatocn.it" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Busca:
prende il via la stagione teatrale con il Marcovaldo Prenderà il via in questo
primo week end di aprile il programma primaverile di spettacoli del Teatro
Civico di Busca, il cui restauro - realizzato grazie ai contributi dellUnione europea e del Comune di Busca nellambito del progetto Interreg 'Montagne in scena' e
coordinato dallassociazione Marcovaldo - è stato presentato al pubblico
il 20 dicembre scorso. Venerdì 3 aprile alle ore 21, andrà in scena 'Ricordando
Ernesto Francotto', letture a cura di Omar Ramero e Giangi Giordano. Sabato 4,
sempre alle 21, il 'Quartetto darchi del Teatro Regio
di Torino' presenterà musiche di Mozart, Dvorak, Part, Piazzolla e Gershwin,
concerto organizzato dallistituto musicale Vivaldi e inserito nella
rassegna internazionale
di giovani concertisti 'Invito alla musica' stagione 2008/2009. Il cartellone è
stato allestito dallassociazione culturale
Marcovaldo e dal Comune di Busca, in collaborazione con alcune associazioni
culturali buschesi (Istituto Musicale Vivaldi, Amici della musica, Le cercle rouge ed
il Festival delle Colline Saluzzesi 2009). Per informazioni rivolgersi al
numero verde 800329329. Come annunciato in occasione
dellinaugurazione - spiega Fabrizio Pellegrino, presidente del Marcovaldo
- la nostra
associazione ed il Comune di Busca hanno cominciato a lavorare per gestire
insieme il Teatro Civico. Il programma primaverile di spettacoli che prende il
via ad aprile è il primo passo di questa collaborazione con il Comune: verranno
coinvolte le associazioni culturali buschesi che si occupano di musica e
spettacolo, per dare loro la possibilità di utilizzare il teatro, nellambito di una programmazione concertata. I dieci
eventi in programma dal 3 aprile al 13 giugno alternano momenti musicali (dalla
classica
allopera e alla musica dautore) a iniziative
teatrali (letture e spettacoli), di cui due inserite nelledizione 2009
del Roccolo della Poesia: i 'Racconti in musica' con Gipo Farassino (venerdì 1°
maggio) e ìIl mattino di zucchero' con Roberto Piumini e Roberto Caviezel (sabato 9
maggio). La programmazione futura continua Pellegrino
dipenderà, tuttavia, in buona parte dalla concreta possibilità di
riuscire ad usufruire di contributi pubblici, soprattutto in un periodo, come
questo, in cui lo spettacolo è fortemente penalizzato dalla crisi
finanziaria e dai tagli alla spesa pubblica e, in particolare, alla
cultura. A questo proposito lassociazione Marcovaldo
ha presentato un nuovo progetto Interreg Confrontations
Artistiques Transfrontaliéres - che vede come capofila il
Comune di Savigliano e ha come partner francese la Comunità dei Comuni della
Moyenne Durance, per completare le dotazioni tecniche del teatro e per
programmare due anni di attività. Nel caso il progetto venisse approvato, nel giugno prossimo, il
Teatro Civico potrebbe contare su un avvio di stagione autunnale importante.
Inoltre, sono in corso contatti con la Regione Piemonte per individuare ambiti
progettuali nei quali sia possibile trovare risorse specifiche. TEATRO CIVICO DI BUSCA PROGRAMMA
PRIMAVERA 2009 VENERDÌ 3 APRILE - ORE 21 RICORDANDO ERNESTO FRANCOTTO Letture a
cura di Omar Ramero e Giangi Giordano Ingresso 3 euro Ernesto Francotto è 'il
poeta' di Busca: forse ancora oggi, ma sicuramente fino a qualche anno fa, i bambini delle
elementari studiavano la sua poesia 'El nost Cioché' come rappresentativa di
quello che era (ed è) ricordato con orgoglio come un grande uomo, ottimo medico
e bravo poeta. La serata che viene proposta è un omaggio a Francotto, ricordato
attraverso le sue poesie in italiano e in piemontese e attraverso le
testimonianze commosse, curiose e spesso divertenti di chi lha conosciuto. Tra questi, un altro buschese immortale nel
ricordo di tutti: il vicario Don Francesco Fino. Le letture sono tratte dal libro 'Ernesto
Francotto: luomo e il poeta' edito dal Comune di Busca nel 1985.
Sul palco si incontreranno due generazioni di attori buschesi: Omar Ramero,
visto di recente nella fiction Rai 'Il bene e il male', leggerà stralci di
racconti sulla vita di Francotto e alcune sue poesie; ospite della serata sarà
Giangi Giordano, storico protagonista delle commedie dialettali portate in
scena dalla Filodrammatica Buschese 'El cioché', che reciterà alcune poesie in
piemontese scritte dal medico poeta. SABATO 4 APRILE - ORE 21 QUARTETTO DARCHI DEL TEATRO REGIO DI TORINO Musiche di Mozart, Dvorak,
Part, Piazzolla, Gershwin Organizzazione a cura dellIstituto Musicale
Vivaldi VI concerto della XXVIII rassegna internazionale di giovani
concertisti Invito alla Musica Stagione 08/09
Ingresso libero Il Quartetto darchi del Teatro Regio di Torino (Stefano
Vagnarelli, violino; Marco Polidori, violino; Krystyna Porebska, viola; Relja
Lukic, violoncello) propone: 'Adagio e Fuga K. 546' di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791); 'Quartetto
in fa maggiore op. 96 Americano' di Antonín Dvorák (1841-1904); Fratres' di Arvo Pärt (1935); 'Tango Ballet' di Astor
Piazzolla (1921-1992); 'Selezione da Porgy and Bess' di George Gershwin
(1898-1937). Il quartetto nasce dalla volontà delle quattro prime parti, che dopo
numerosi anni di comune attività in seno all'orchestra del Teatro Regio di
Torino, e della Filarmonica 900 del Teatro Regio di
Torino, decidono di continuare ed approfondire il legame musicale, con attività
cameristica.
Il quartetto d'archi è dunque la scelta naturale, avallata anche dalla
Direzione del Teatro stesso, che in più di 250 anni di attività, concede per la
prima volta il nome del Teatro Regio ad un quartetto di suoi musicisti. I
quattro strumentisti provengono da scuole e culture differenti, elemento questo
che accresce l'apporto del singolo nello sviluppo delle proposte musicali del
gruppo. Il repertorio spazia infatti in un arco temporale di ampio respiro, si
va dunque dal settecento mozartiano, ai contemporanei come Part, toccando
generi come il musical ed altri. Il Teatro Regio ha già messo a disposizione
della nuova formazione, diverse date di concerti, non ultima l'inaugurazione
della stagione di concerti cameristici del Teatro Regio. La formazione quartettistica
è la base anche per gruppi più numerosi, come gli impegni con il M° Antonio
Ballista, per programmi dedicati al quintetto con pianoforte. GLI ALTRI
SPETTACOLI SABATO 18 APRILE - ORE 21 INVITO ALLOPERA
Con Bruno Gambarotta, Giuseppe Nova, Rino Vernizzi, Giorgio Costa Organizzazione a
cura dellAssociazione Culturale 'Amici della Musica' di Busca
Rassegna di concerti 'Musicaè' V Stagione Artistica 2009 Ingresso libero
VENERDÌ 1° MAGGIO - ORE 21 RACCONTI IN MUSICA Di e con Gipo Farassino Inaugurazione della III
edizione de 'Il Roccolo della Poesia' Ingresso 20 euro (ridotto 18 euro) SABATO
9 MAGGIO - ORE 10 e 11.30 IL MATTINO DI ZUCCHERO Spettacolo di Roberto Piumini
e Roberto Caviezel Riservato ai ragazzi delle scuole materne ed elementari SABATO
9 MAGGIO - ORE 21 L'ESPLORATORE E I SUOI CANNIBALI Dodici poeti per dodici
video-poesie Organizzazione a cura dellAssociazione
Culturale 'Le cercle rouge' Busca Ingresso libero VENERDÌ 22 MAGGIO -
ORE 21 CHIEDI ALLA POLVERE Di John Fante con letture a cura di Omar Ramero
e Giulia Brenna Ingresso 3 euro SABATO 23 MAGGIO ORE
21 I VIRTUOSI DI PRAGA Orchestra da camera Organizzazione a cura
dellAssociazione Culturale 'Amici della Musica' di Busca Rassegna di
concerti 'Musicaè' V Stagione Artistica 2009 Ingresso libero DOMENICA 31 MAGGIO -
ORE 21 RECITAL PIANISTICO Brian Ganz al pianoforte Organizzazione a cura dellAssociazione Culturale 'Amici della Musica' di Busca
Rassegna di concerti 'Musicaè' V Stagione Artistica 2009 Ingresso libero
DOMENICA 13
GIUGNO 2008 - ORE 21 GLI ARCHITANGHI Quintetto darchi,
voce e percussioni Musiche di E. Delfino, E.M. Arancini, E.A. Napolitano, A.
Piazzolla, M. Theodoraki, M. Cappello, C. Gardel, Klezmer, E. A. Mario
Organizzazione a cura del 'Festival delle Colline Saluzzesi 2009' Ingresso libero
( da "KataWeb News" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 27 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non
c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di
demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di
servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di
progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi
Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale
ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la
Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel
2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese
agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli
aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un
settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha
messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo
mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di
sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura
generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando
la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa»,
insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di
immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2
milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di
persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato
ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede
severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine
massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per
facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di
interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000
euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero»,
un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie
l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo
legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha
protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone
che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in
poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice
star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che
furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri
socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha
incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei,
fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una
gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa
cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a
quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono
cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del
ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon,
contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti
i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa.
Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi
tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!
( da "Mattino, Il (Benevento)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
MARCO
ESPOSITO Dopo tante previsioni più o meno aleatorie sulla disoccupazione,
arrivano cifre reali. E i numeri fanno impressione, anche perché dietro ogni
unità c'è una storia. Sono ormai 13 milioni e 486 mila le persone senza lavoro
in Eurolandia. E va rilevato che secondo le statistiche i disoccupati non sono
tutte le persone senza un posto bensì soltanto quelle che stanno cercando
attivamente un'occupazione presentandosi, per esempio, a colloqui di selezione.
I numeri più aggioranti sono stati snocciolati ieri da Eurostat e fanno da
sfondo al G20 di oggi a Londra. Del resto non a caso l'incontro londinese è
stato preceduto a Roma da un vertice dei ministri del Lavoro che ha avuto come slogan
«People first». Ovvero: prima le persone. E del resto la crisi finanziaria non ha destato davvero
l'allarme finché, a metà dello scorso settembre, non hanno fatto il giro del
mondo le foto delle persone in carne e ossa che uscivano dagli uffici della
Lehman Brothers con gli scatoloni di cartone in mano. Da allora
l'emorragia di posti si è allargata a macchia d'olio, scavalcando confini
continentali. E così ieri è stato registrato l'undicesimo aumento consecutivo
del tasso di disoccupazione della zona euro, con l'indice che ha raggiunto
quota 8,5%. Avvicinandosi pericolosamente alla soglia del 10%, che l'Ocse
considera imminente. L'Italia, va rilevato, sfugge a tale rilevazione perché le
statistiche sulla forza lavoro sono raccolte dall'Istat con cadenza
trimestrale, per cui l'indice è fermo allo scorso dicembre, a valori inferiori
all'attuale media europea. Secondo i dati di Eurostat, il mese di febbraio ha
aggiunto 319.000 disoccupati in Eurolandia che ormai sfiora i 13,5 milioni di
senza lavoro. Stessa dinamica nella Ue-27, dove il tasso di disoccupazione a
febbraio 2009 è stato del 7,9%, vale a dire 478.000 disoccupati in più su
gennaio, che portano il numero dei non occupati nei 27 a 19,2 milioni. Nel
febbraio 2008 il tasso era al 6,8%: in un anno alla Ue si sono quindi aggiunti
3 milioni di disoccupati e nella zona euro 2,1 milioni. I Paesi più colpiti
dalla carenza di lavoro sono Spagna (15,5%), Lettonia (14,4%), Lituania (13,7%)
e Irlanda (10%) tutti con tassi a due cifre. Mentre i meno toccati dalla crisi dell'occupazione sono Olanda (2,7%) e a pari merito
Austria e Cipro (4,5%). Per l'Italia l'ultimo dato disponibile è come detto
quello del quarto trimestre del 2008, con un tasso al 6,9%. Con la Campania
però al 12,6%. Tra febbraio 2008 e febbraio 2009 nella zona euro la
disoccupazione maschile è passata dal 6,5% al 8,1%, quella femminile dall'8,2%
all'8,9%. Nell'Ue a 27 gli uomini senza lavoro sono passati da 6,2% a 7,8% e le
donne da 7,4% a 8%. Per gli economisti è preoccupante il costante deteriorarsi della
situazione occupazionale, perché gli ultimi sei mesi hanno prodotto la maggior
parte dei 2 milioni di disoccupati dell'ultimo anno. E per i sindacati europei
si va verso tempi peggiori: secondo la loro stima di marzo, a fine 2009 la
disoccupazione in Europa si avvia a superare il 10%, col rischio di arrivare a
7-8 milioni di disoccupati in più. Martedì erano sono stati invece il
presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso e quello
dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, a mettere l'accento sulla drammaticità
degli effetti della crisi sull'occupazione. Perché,
aveva spiegato Barroso, mentre sul fronte della recessione ci si aspetta una
«svolta» nel 2010, la situazione occupazionale «dovrebbe ancora peggiorare
l'anno prossimo». E per Junker c'è il forte rischio di «rottura della coesione
sociale». Anche l'Ocse ritiene che il picco per la disoccupazione ci sarà tra
la fine del 2010 e l'inizio del 2011, con tassi in molti paesi a due cifre per
la prima volta da decenni.
( da "Mattino, Il (Benevento)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Un
secondo indirizzo dovrebbe garantire ai mercati che gli
squilibri fondamentali che sono alla base della crisi
finanziaria, in primo luogo gli squilibri dei conti
pubblici e dei conti con l'estero americani, saranno gradualmente contenuti,
evitando che i debiti che essi producono siano svalutati esportando inflazione.
Un terzo indirizzo dovrebbe esprimere la volontà condivisa di riformare le
regole che guidano la finanza mondiale. La strada da percorrere passa
attraverso l'introduzione di una sorta di legal standard della moneta, sulla
linea più volte sostenuta dal ministro Tremonti. Preso atto dei mutati rapporti
di forza economica e politica dei diversi Paesi, si dovrebbe disegnare la
volontà di definire una nuova unità monetaria di conto e di riserva, rilanciare
con maggiori risorse il ruolo del Fondo monetario e nello stesso tempo
consentire una regolazione e una supervisione sovranazionale dei mercati
finanziari per impedire che nuove «bolle» possano ancora prodursi in futuro. Un
quarto indirizzo dovrebbe esprimere la volontà di sostenere l'economia con un
adeguato sostegno della domanda. Si dovrebbe disegnare uno sforzo cooperativo
capace di superare in via transitoria i vincoli esistenti che nell'Unione
europea sembrano paralizzare l'adozione di misure congrue di rilancio. Infine è
auspicabile che dal G20 esca anche la volontà di correggere attraverso adeguati
interventi cooperativi i costi della crisi economica
per i nuovi disoccupati e più in generale per la parte più povera della
popolazione del pianeta. Una risposta adeguata alle sfide sopra indicate non è
facile da conseguire perché non vi è più un Paese leader capace di offrire una
soluzione condivisa. Nel nuovo contesto è più difficile superare insieme gli
egoismi nazionali e i diversi interessi, nonché le differenze ideologiche. Ma
l'interesse comune è il banco di prova della capacità della classe dirigente
del pianeta di esprimere un messaggio unitario per governare e superare la crisi economica e sociale. Solo con un messaggio unitario si
potrà superare la crisi e nello stesso tempo anche le
tensioni e i diffusi contrasti che oggi dividono il mondo, costruendo una nuova
e condivisa sicurezza collettiva. Franco Reviglio
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
In crescita nonostante la crisi finanziaria e
economica internazionale. L'assemblea dei soci della Banca della Campania ha
approvato il bilancio 2008 dando il via libera alla proposta di distribuzione
di un dividendo più ricco rispetto al passato, pari a 0,60 euro per azione, il
20% in più rispetto al 2007 (0,5 euro per azione). In aumento anche
l'utile netto, che ha superato i 39 milioni di euro registrando un incremento
del 25,81% rispetto all'esercizio precedente. Su pure la raccolta diretta,
cresciuta del 2,07% fino a raggiungere un ammontare di 4,237 milioni. Si
attestano sopra i 2,8 milioni, invece, gli impieghi a clientela, in aumento del
13,73% rispetto all'anno precedente. In espansione anche dal punto di vista
commerciale - nel 2008 la rete è cresciuta fino a raggiungere quota 128
sportelli - l'istituto di credito nato dalla fusione tra la Banca popolare
dell'Irpinia e la Banca popolare di Salerno e orbitante nella galassia della
Banca popolare dell'Emilia Romagna ha consolidato la presenza nella propria
area di riferimento - Campania, Puglia e basso Lazio - e ha accresciuto la
forza lavoro con 1.139 dipendenti. Proprio in Puglia, dove opera la
"sorella" Banca popolare del Mezzogiorno, la Banca della Campania ha
inaugurato di recente una nuova filiale nel comune di Barletta. «E presto -
spiegano dal quartier generale di Avellino - l'istituto amplierà ancora di più
il suo raggio d'azione aprendo altri sportelli tra Napoli e provincia e nel
Casertano. Con utile e raccolta diretta in crescita nonostante la crisi, la Banca della Campania apre il consiglio
d'amministrazione a due new entry. Nel prossimo cda, infatti, sederanno anche
il presidente di Federterme Costanzo Jannotti Pecci e il vicedirettore generale
della Banca popolare dell'Emilia Romagna Alessandro Vandelli. Due nomi di
spicco nel panorama imprenditoriale italiano che vanno ad aggiungersi alle
altre personalità importanti che già siedono nel cda della Banca popolare della
Campania, su tutti il past president di Confindustria Campania e dell'Unione
industriali di Napoli Tommaso Iavarone.
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 02/04/2009 - pag: 2 Merkel-Sarkozy,
ultimatum a Obama sulle regole Il pressing sulla Casa Bianca e Gordon Brown:
«Finanza, difendiamo i valori europei» La risposta del presidente Usa: «Sono
qui per ascoltare, non per dare lezioni. All'intesa si arriverà» DA UNO DEI
NOSTRI INVIATI LONDRA La «special relationship » e la «seule voix». Il «Grande
Lago» atlantico e l'Europa carolingia. Il codice genetico, che lega l'America e
la Gran Bretagna. E il destino renano, forgiato nel ferro e nel sangue, che
vuole Francia e Germania alfieri motu proprio dei valori europei. Ci sono tanti
modi per leggere il vertice del G20, che si apre oggi nella capitale
britannica, con l'ambizione di indicare al mondo una via comune fuori dalla più
grave crisi economica dai tempi della Grande Depressione. Ma l'estetica
politica e culturale, offerta ieri dalle due conferenze-stampa giustapposte
delle rispettive coppie dei leader dei quattro Paesi, ne ha fotografato meglio
di qualsiasi altra cosa la contrapposizione filosofica, lo snodo critico e in
ultima analisi il filo piuttosto sottile, al quale sono legate le sue
prospettive di successo. Con in più il corollario di un rovesciamento dei
ruoli, che ha visto Barack Obama, il presidente della promessa e del
cambiamento, indossare insieme a Gordon Brown i panni del conciliatore,
cosciente che un accordo, fosse pure sul minimo comune denominatore, sia per
lui irrinunciabile. Mentre Angela Merkel e Nicholas Sarkozy, riscoprendo una
vocazione universale, hanno scelto i toni della sfida e dell'ultimatum. «Sono
venuto qui per proporre delle idee, ma anche per ascoltare, non per dare
lezioni », ha detto il presidente americano, ricordando tuttavia che «dalla
crisi si può uscire solo agendo insieme» e che «l'opportunità di dare un
esempio di leadership non va sprecata». Accanto a lui, nei saloni del Foreign
Office carichi di Storia e passati splendori, Gordon Brown ha ammesso le
difficoltà, ma si è detto «fiducioso» che oggi si possa giungere all'accordo su
un piano globale, per il rilancio della crescita e l'adozione di nuove regole
per la finanza internazionale. Obama ha messo l'accento sul consenso di fatto,
già emerso tra i membri del G20, ricordando che «quasi tutti i Paesi hanno già
adottato misure di stimolo fiscale». E ha cercato di minimizzare le divergenze:
«Se guardiamo alle origini della crisi, gli Usa hanno qualche compito da fare
rispetto a un sistema regolatorio, rivelatosi inadeguato. Ma più che cercare il
colpevole, mi interessa risolvere il problema. E noi far sì che questo tipo di
crisi non si ripeta mai più». Una fraseologia, quella del presidente americano,
in apparenza simile a quella usata da Merkel e Sarkozy. Ma più che i dettagli,
dove normalmente si nasconde, è stata la retorica dei due, ieri, a rivelare il
diavolo che incombe sul vertice. Sullo sfondo dei rispettivi tricolori, affiancati
a una bandiera dell'Unione europea, il presidente e la cancelliera hanno
assicurato che stamane parleranno con «una sola voce» in nome dei «valori
europei». Una severa regolamentazione dei mercati finanziari non è negoziabile, ha
spiegato Merkel, che ha riproposto il punto centrale della posizione
franco-tedesca, cioè la lista dettagliata di ciò che va sottoposto al nuovo
regime: «Nessun paradiso fiscale, nessuna istituzione, nessun prodotto finanziario dev'essere sottratto al
controllo», ha detto la cancelliera. Sarkozy non ha confermato la
minaccia del giorno precedente, quando aveva detto di essere pronto ad
abbandonare il vertice in mancanza di un risultato, ma ha confermato la sua
insoddisfazione sullo stato della trattativa. E ha ammonito che lui e «Angela»
non si «accontenteranno di mezze misure ». Con toni quasi messianici, il
presidente francese ha parlato dei «milioni di persone che non sono state
all'origine della crisi, ma devono soffrirne le conseguenze» e della chance
storica di «cambiare il mondo ». Un canovaccio che è sembrato venire
direttamente dalla campagna di Barack Obama. Al quale Sarkozy non ha
risparmiato una frecciata: «Il presidente è stato eletto in nome del
cambiamento e noi abbiamo fiducia in lui. Ma occorre che anche l'Amministrazione
americana segua il suo leader. Il G20 deve prendere decisioni vere. Entro
domani». Paolo Valentino Obama stringe la mano a un agente, sotto gli occhi di
Gordon Brown \\ Obama: agire subito, guardando ai punti che ci uniscono
piuttosto che a quelli che ci dividono \\ Sarkozy: ho fiducia in Obama. Ma
l'Amministrazione Usa deve seguire il suo leader
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 02/04/2009 - pag: 2 La storia Il vertice
del giugno '33 e quel no di Roosevelt DA UNO DEI NOSTRI INVIATI LONDRA Se
dovessimo credere al genius loci di Londra, il precedente della Storia non dice
bene all'odierno G20. Alludeva a questo, ieri, Barack Obama, quando ricordava
che «i governi hanno imparato la lezione degli Anni Trenta». Perché fu Franklin
D. Roosevelt, al quale più volte è stato e si è paragonato, a far fallire nel
1933 con la sua assenza e le sue manovre il vertice economico mondiale, che la
Lega delle Nazioni aveva convocato a Londra, nel pieno della Grande
Depressione. Vi presero parte 66 Paesi, 8 premier, 20 capi delle diplomazie, 80
tra ministri delle Finanze e governatori, un re (l'iracheno Faisal) e il
presidente svizzero. Durò un mese, avrebbe dovuto rilanciare il commercio
mondiale, stabilizzare i prezzi. Finì tra divisioni più profonde di quelle
iniziali. Aprì la strada al protezionismo e all'autarchia tedesca. Fertilizzò il terreno alla Seconda
Guerra Mondiale. L'analogia inquietante è che anche allora, lo spartiacque
principale fosse tra gli Stati Uniti e gli europei, Gran Bretagna e Francia in
testa. E che anche allora un presidente americano fosse determinato ad
aumentare la spesa, per stimolare la crescita, contro le obiezioni dei
governanti del Vecchio Continente, paladini dell'ortodossia finanziaria
pre-keynesiana. L'analogia si ferma qui. Perché Roosevelt, deciso a non farsi
legare le mani nel suo New Deal, non andò a Londra, ma in barca a vela nel New
England. Tirò le fila però da lontano contro ogni tentativo di far passare un
accordo sulla stabilizzazione delle monete, «esperimento artificiale e
limitato», come scrisse. Obama invece a Londra è arrivato col cuore aperto. E
ben altra è l'intelaiatura internazionale, creata nel frattempo per scongiurare
i demoni del protezionismo. Ma il precedente e la
città rimangono a monito. Di più, a concentrarsi troppo sul divario tra
anglosassoni e carolingi, si rischia di perdere di vista il prossimo orizzonte,
indicato ieri dall'incontro tra un presidente americano cresciuto in Indonesia
e il collega cinese. Paolo Valentino
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 02/04/2009 - pag: 5 Il tavolo di Londra
Oggi il presidente del Financial Stability Forum presenterà le sue proposte al
G20 Draghi: le misure anti-crisi
funzionano già ROMA Le misure varate da tutti i paesi per combattere la crisi «cominciano ad avere effetto»,
come dimostrano i miglioramenti di alcune variabili del mercato finanziario. A
dirlo è il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, al suo arrivo a
Londra dove partecipa al G20 dei capi di Stato e di Governo nella sua veste di
presidente del Financial stability forum. Draghi non si sbilancia nel
dire se il peggio sia o meno passato ma è convinto che le molte cose decise, e
alcune di esse «hanno richiesto molto tempo per essere predisposte »,
produrranno «i benefici» attesi. Così come dovrebbe avere grande effetto la
proposta dell'Fsf di allargare le regole messe a punto per limitare
l'indebitamento delle banche anche agli hedge fund. «Si tratti di una banca o
di un hedge found, ogni soggetto importante a livello sistemico dovrà
sottostare alla supervisione» ha sottolineato Draghi, precisando di attendersi
dal G20 «un mandato istituzionale forte». E al gruppo dei capi di Stato e di
governo dei paesi più ricchi del mondo che sono da ieri sera riuniti a Londra
il governatore presenterà il nuovo piano di regole, articolato in tre rapporti,
per rafforzare la capacità del sistema di resistere alla crisi
e per stabilire un quadro di standard comuni. L'importante secondo Draghi è
comunque individuare parametri comuni e credibili di valutazione delle perdite
delle banche. La parola è ai governi sapendo che «l'obiettivo prioritario del
G20 è di riportare la fiducia sui mercati, nel lavoro e nelle banche». Di tutto
ciò a Londra hanno cominciato già a parlare nella cena di apertura del vertice,
offerta dal primo ministro britannico Gordon Brown al numero 10 di Downing
Street, col presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela
Merkel a chiedere a voce unica «risultati pratici» nel ridisegno
dell'architettura finanziaria mondiale. Cena che si è
svolta dopo la cerimonia a Buckingham Palace dove la Regina ha ricevuto Capi di
Stato e di Governo e i ministri delle Finanze. Sempre nel pomeriggio di ieri il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti si è incontrato con la delegazione
italiana, guidata dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha partecipato
al G20 sindacale da cui sono uscite una serie di suggerimenti da inserire nel
draft finale del vertice. «Abbiamo fra l'altro posto il problema dei fondi
pensione che sono stati molto colpiti dalla crisi finanziaria.
A Tremonti abbiamo chiesto di adoperarsi per far partecipare anche le parti
sociali al prossimo vertice del G8 di cui l'Italia hala presidenza». Stefania
Tamburello Dall'alto, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il
governatore della Banca d'Italia Mario Draghi
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 02/04/2009
- pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Banco Popolare, nuovo scatto
La seduta era iniziata male ma proprio in prossimità della chiusura gli indici
hanno cambiato direzione. Così l'S&P-Mib è terminato in rialzo dell'1,08% e
il Mibtel dello 0,93%. Stazionari gli scambi, per un controvalore complessivo di
1,9 miliardi di euro. Banche, titoli del cemento, Telecom Italia e Finmeccanica
sono stati i migliori tra i 40 valori più capitalizzati del listino. Nel
dettaglio, è del Banco Popolare il primato delle performance. Dopo che
l'amministratore delegato Saviotti ha annunciato in una intervista che tornerà
a distribuire il dividendo già dal prossimo anno, il titolo dell'istituto
veronese ha confermato la fase positiva guadagnando un ulteriore 8,38%. E
sempre nel comparto bancario ha proseguito la corsa Unicredit (+6,28% la
quotazione di riferimento), mentre Ubi Banca è migliorata soltanto del 3,19%.
Unici titoli del credito a perdere terreno sono stati ieri quelli di Monte
Paschi (-1,15%) e Intesa-Sanpaolo (-0,97%). Ma i progressi hanno riguardato
anche altri titoli, appartenenti a comparti in odore di ripresa, come quello
del cemento che potrebbe beneficiare degli aiuti governativi all'edilizia. A
correre di più in questo caso è stata Italcementi (+4,72%), mentre Buzzi-Unicem
è cresciuta del 3,02%. Bene, infine, Finmeccanica (+4,91%) dopo le
dichiarazioni dell'amministratore delegato Guarguaglini davanti alla
Commissione Difesa della Camera e, soprattutto, Telecom Italia che, grazie alla
raccomandazione buy (comprare) da parte di Goldman Sachs, è salita del 5,25%
tornando oltre quota 1 euro (1,022 per la precisione). Cementiferi ok Il piano
governativo per l'edilizia spinge al rialzo i titoli del cemento
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
02/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Corre Telecom, promossa da Goldman
(g.fer.) Con il nuovo incremento registrato ieri (+5,25%, che si aggiunge al
+3,13% della seduta precedente) la quotazione di Telecom Italia torna a superare,
sia pure di poco, la soglia di 1 euro (1,022 euro la quotazione di riferimento)
con 122,5 milioni di azioni scambiate. A spingere gli acquisti sui titoli della
società telefonica (che mercoledì 8 aprile sottoporrà il bilancio 2008
all'assemblea dei soci) è stato un report positivo di Goldman Sachs. Gli
analisti della banca d'affari americana hanno promosso il titolo, migliorando
la raccomandazione da neutral a buy (comprare). Franco Bernabé ad di Telecom
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
02/04/2009 - pag: 33 Il caso a Madrid Telecinco cerca partner, il titolo sale
(g.fer.) Telecinco, la controllata spagnola di Mediaset, potrebbe crescere
attraverso l'accorpamento con altre emittenti spagnole. A condizione, però,
come ha annunciato ieri il presidente Alejandro Echevarria ai soci riuniti in
assemblea, che «la Spagna preveda una nuova legislazione che permetta
fusioni nell'industria». L'ipotesi di espansione (presto inizieranno i colloqui
con i potenziali partner) ha fatto bene al titolo in Borsa, che ieri ha chiuso
a quota 5,42 euro con un incremento del 3,83% rispetto alla vigilia. Superiori
alla media i volumi scambiati: 1,4 milioni di pezzi. Alejandro Echevarria
presidente Telecinco
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
02/04/2009 - pag: 33 33 Economia/Mercati Finanziari Corriere della Sera Giovedì
2 Aprile 2009
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Opinioni data: 02/04/2009 - pag: 34 USA, CINA E IL RUOLO
DELLA UE Per l'Europa il G2 è una iattura di ALBERTO QUADRIO CURZIO SEGUE DALLA
PRIMA A questi temi si aggiunge anche l'ipotesi non scontata di un
potenziamento di organismi come il Fondo monetario internazionale. È ben vero
che la riunione cade in un momento di minor tensione sui mercati, rispetto al
G20 che si tenne in novembre a Washington, con qualche luce in fondo al tunnel
della crisi. Ma è anche vero che le posizioni di partenza dei partecipanti sono
piuttosto distanti. Consideriamo i singoli temi da un'ottica prevalentemente
europea. Politiche espansive e di sostegno. Gli Usa vorrebbero che tutti i
Paesi mettessero in atto politiche coordinate, fatte di spesa pubblica e di
riduzioni di tasse, per almeno un 2% del Pil sia nel 2009 che nel 2010. I Paesi
europei non sono inclini a questa scelta sia perché in tutti hanno operato
stabilizzatori automatici e ammortizzatori sociali di notevoli dimensioni, ai
quali è stata aggiunta altra spesa pubblica; ma anche perché essi tengono agli
obiettivi di medio termine di finanze pubbliche sane con un deficit su Pil
sotto il 3%, limite oggi sforato. Quanto alla Cina: ha varato dal novembre
scorso un programma gigantesco di spesa pubblica pari al 14% del suo Pil. Gli
Usa non possono pretendere che l'Europa adotti per uscire dalla crisi il loro
«paradigma», peraltro non chiaro in quanto imposto anche dalla necessità di
giganteschi salvataggi, che li porterà anche a un deficit su Pil intorno al 12%
nel 2009. Tuttavia la Uem potrebbe e dovrebbe fare di più con la emissione di
titoli di debito pubblico europeo e con la modifica del Patto di stabilità
connesso ai parametri di Maastricht per scorporare dal deficit le spese in
infrastrutture. Obiettivi di medio termine irrealizzabili per la cautela della
Germania verso la quale si dovrà continuare un'opera di convincimento che anche
l'Italia ha da tempo avviato. Protezionismo. Nel 2009 si
prevede una caduta nel volume del commercio mondiale del 9%. Malgrado la
difficoltà delle previsioni, l'ordine di grandezza colpisce se si pensa che tra
il 1998 e il 2008 c'è stata una crescita medio annua di quasi il 6%.
Purtroppo alla caduta si stanno affiancando misure, più o meno striscianti, di protezionismo. È stato stimato che la maggioranza dei Paesi
del G20 ha preso misure restrittive dall'inizio della crisi. Esse vanno da
aumenti tariffari sulle importazioni da parte di Paesi emergenti fino a
pressioni fatte dai governi di Paesi sviluppati affinché le loro aziende,
sostenute da aiuti di Stato, creino occupazione nazionale. È un rischio perché
la crescita economica mondiale è stata forte negli ultimi due decenni anche per
merito del commercio internazionale. Intaccare l'interdipendenza commerciale
vuol dire danneggiare anche l'integrazione produttiva e quindi la crescita
mondiale. Contro il protezionismo il G20 deve essere
determinato così come deve esserlo l'Organizzazione mondiale del commercio,
soprattutto verso Usa e Cina. Quanto alla Ue, la Commissione europea deve anche
evitare che il mercato interno venga intaccato. Se non ci riuscirà la sua legittimazione
sarà molto danneggiata. Riforma delle regole e della vigilanza
bancaria-finanziaria. Su questo tema sono da mesi al lavoro talmente tanti
«soggetti» internazionali (oltre a quelli nazionali) che è difficile farne
l'elenco e dare conto dei loro contributi. Alcuni di questi soggetti sono
stabili, altri temporanei; alcuni sono emanazione di Organismi sopranazionali,
altri sono privati; altri hanno già concluso mentre altri sono all'opera. Ci
sono il FMI, l'Ocse, il Gruppo dei Trenta, la Banca dei regolamenti
internazionali e altri ancora, ai quali partecipano anche autorevoli
personalità italiane. Ma spiccano soprattutto il Financial Stability Forum
(FSF), presieduto da Mario Draghi, e il Gruppo, nominato dal presidente della
Commissione europea, presieduto da Jacques de Larosière e del quale fa parte
anche Rainer Masera. La sostanza dei problemi da risolvere è nota. La riforma
dovrebbe infatti riguardare i requisiti di capitale delle banche e delle
finanziarie, i connessi effetti ciclici, il monitoraggio dei rischi a livello
dei singoli operatori e sistemici, i criteri contabili, la regolamentazione di
attori e prodotti finanziari, le agenzie di rating, la supervisione
internazionale delle banche globali e molto altro, fino alle retribuzioni dei vertici
bancari e al ridimensionamento dei paradisi fiscali. In questo complesso
insieme di problemi e di iniziative è indispensabile che la Ue/Uem si dia una
posizione unitaria così come richiesto dall'ottimo Rapporto de Larosière. Nello
stesso, da un lato si auspica una collaborazione internazionale per raggiungere
standard comuni nel campo finanziario, ma dall'altro si afferma che la Ue/Uem
deve darsi un forte Sistema europeo di regolazione e supervisione finanziaria e
bancaria, integrato con la Bce e con gli Enti nazionali ai quali ultimi non si
può certo chiedere un efficace controllo su soggetti a scala continentale. Ciò
è in coerenza con un principio cardine della Ue/Uem: quello della
sussidiarietà. Esso non è infatti operante solo verso il basso attribuendo per
«disaggregazione» più poteri alla «periferia» ma è anche un principio di
«coesione» che opera verso l'alto attribuendo più poteri al «centro» ove
necessario. E il centro della Ue/Uem non può essere il Fmi o il Fsf e non solo
perché negli stessi l'influenza americana potrebbe alla fine prevalere. In
conclusione. Anche per evitare che il G20 di oggi prefiguri per domani un G2
tra Stati Uniti (grande debitore) e Cina (grande creditore) è necessario che la
Ue/Uem (grande economia equilibrata) si rafforzi, attraverso le sue
istituzioni, come terzo polo geoeconomico.
( da "Corriere della Sera"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 02/04/2009 - pag: 35 Interventi e
Repliche Bankitalia e Cassa depositi e prestiti Condivido pienamente l'articolo
di Massimo Mucchetti sul Corriere del 29 marzo a proposito del nuovo ruolo
della Cassa depositi e prestiti (Cdp), anche a seguito dei recenti interventi
legislativi che ne estendono l'operatività ben oltre quella tradizionale. A
conclusione, Mucchetti osserva che, poiché la Cassa può intermediare risparmio
rimborsabile a vista, a essa si dovrebbe applicare «la direttiva europea sul
credito, e dunque la vigilanza della Banca centrale»; infine, ponendosi il
problema delle conseguenze dell'estensione della vigilanza dell'Istituto di via
Nazionale su di una struttura del Tesoro o di un regime speciale di (parziale)
sottrazione della Cassa a tale controllo precisa che è dal 2003 che tale
problematica non ha trovato soluzione. L'autore ricorda bene, facendo sintetico
riferimento a quell'anno, per l'economia dell'articolo. È il caso, però, di
aggiungere che prima ancora e ne ho memoria precisa perché all'epoca ero uno
dei direttori centrali - la Banca d'Italia aveva puntualmente fatto presente
che era assolutamente problematico sottoporre la Cassa soltanto alle norme e ai
controlli previsti dall'art. 107 del Testo unico bancario che si applica agli
intermediari non bancari la cui operatività è soggetta a rischi sistemici: se
la Cassa era suscettibile di svolgere, con una delle sue sezioni, un'attività
bancaria vera e propria, già allora appariva singolare, «per la contradizion
che nol consente», configurarla diversamente, agendo come quel tal religioso
che, non volendo peccare, ma desiderando mangiar carne di venerdì, rivolto alla
bistecca disse: «ego te baptizo carpam». Tuttavia, la legge regolatrice e si sa
che il Parlamento può tutto, meno che trasformare una donna in uomo prevedeva
l'applicazione soltanto del ricordato art. 107, da recepire tenendo conto
altresì delle peculiarità della Cassa. Oggi, ampliatesi ulteriormente le sue
facoltà operative, si ripresenta, inevitabile, il tema dell'equiparazione della
Cdp, per la parte che svolge attività creditizia, a un istituto di credito,
quindi a un regime che abbia identiche possibilità operative, identici vincoli
e limiti, identici controlli. So bene che è un tema agitato sin dalla fine
degli anni '70, quando si succedevano progetti di riforma della Cassa, poi non
attuati. Ciò, tuttavia, non esimerebbe dall'affrontare in via definitiva questo
problema anche per valutare la conformità, come Mucchetti prospetta,
dell'attuale configurazione istituzionale all'ordinamento comunitario, che come
si sa è fonte normativa superiore. È un argomento non privo di ricadute
concrete. E non sarebbe fuori luogo esaminarlo, «sine ira et studio», sin
d'ora, nonostante la crisi
finanziaria, a meno di voler considerare
quest'ultima come un tempo si diceva della "congiuntura",
fatalisticamente giustificatrice di tutto. Angelo De Mattia, Roma Le ricerche
sui terremoti Nell'articolo a firma Francesco Alberti sul Corriere del primo
aprile, dal titolo «Prevedo un terremoto: e un ricercatore scatena la psicosi»,
si dice che il ricercatore che «prevede terremoti» lavora presso i Laboratori
nazionali del Gran Sasso. L'informazione è inesatta per omissione. Come spiega
infatti il direttore dei laboratori nazionali del Gran Sasso dell'Infn ,
professor Eugenio Coccia, «I Laboratori del Gran Sasso non si occupano di
ricerca sui terremoti e il tecnico in questione non è un nostro dipendente:
frequenta la nostra struttura scientifica in quanto il suo istituto, l'Istituto
Nazionale di Astrofisica di Torino, collabora in uno dei nostri esperimenti sui
neutrini». Romeo Bassoli, capo ufficio stampa Istituto Nazionale Fisica
Nucleare
( da "Sestopotere.com" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Greenpeace
al G20: le persone e il clima sono la priorità! (2/4/2009 15:41) | (Sesto
Potere) - Roma - 2 aprile 2009 - Greenpeace ha inviato oggi un messaggio forte
e chiaro ai leader dei 20 paesi più ricchi del mondo che si riuniranno domani a
Londra, in occasione del G20, per discutere della crisi
finanziaria. In Brasile 15 attivisti dal ponte della baia di Guanabara a
Rio de Janeiro hanno srotolato uno striscione di 50 metri con il messaggio
“Leader del mondo: Prima il clima e le persone!”. Al G20 di Londra si
incontreranno per la prima volta il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e
il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Hu Jintao le più grandi potenze
economiche e, allo stesso tempo, i due maggiori paesi emettitori a livello
globale. “Vogliamo mandare questo messaggio direttamente da Rio de Janeiro,
sede del Vertice Mondiale sullAmbiente e Sviluppo nel
1992, per
ricordare ai leader del G20, riuniti a Londra che questa è unoccasione unica per risolvere due crisi
gemelle: la recessione economica e laccelerazione
dei cambiamenti climatici. I leader del G20 non possono perdere questa
opportunità” dichiara Paulo Adario, Coordinatore di Greenpeace Amazzonia. La
travolgente onda di speranza, creata al Vertice di Rio, che tutte le nazioni del
mondo avrebbero lavorato insieme per salvare il pianeta è svanita. Dopo 17 anni
di promesse disattese dai governi di tutto il mondo, i cambiamenti climatici
hanno raggiunto un livello preoccupante e pericoloso. Abbiamo il dovere di costruire
uneconomia verde, creare nuovi posti di lavoro,
promuovere la crescita sostenibile e fermare i cambiamenti climatici. Mentre i
Paesi industrializzati devono impegnarsi a ridurre le emissioni di gas serra
del 40% entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990, anche i Paesi in via di sviluppo
devono assumersi le proprie responsabilità nel fermare i cambiamenti climatici.
Brasile e Indonesia, ad esempio, sono ai primi posti tra i Paesi emettitori a
causa della distruzione delle foreste. LIstituto
Brasiliano
per la Ricerca Spaziale (INPE), che ha il compito di monitorare la
deforestazione, ha verificato che dei 70 milioni di ettari di foresta
amazzonica già distrutta, circa 29 milioni sono andati persi dal 1992, lanno del Vertice di Rio. Il fenomeno ha causato il mancato
assorbimento di circa 8 miliardi di tonnellate di CO2. Un valore superiore alle
emissioni di Stati Uniti e Cina nel 2000, cioè 6,5 e 5,1 miliardi di
tonnellate, rispettivamente. “Fermare la deforestazione in Amazzonia è il più
importante contributo che il Brasile possa dare al Pianeta per fermare i
cambiamenti climatici” - sostiene Chiara Campione, responsabile della campagna
Foreste di Greenpeace Italia. “E necessario che il
Brasile si impegni subito per la creazione di un meccanismo di finanziamento
internazionale che abbia lo scopo di fermare entro il 2020 la deforestazione
ovunque.” Intanto a Bonn sono in corso i negoziati tra 129 Paesi che
culmineranno a dicembre 2009, nella Conferenza di Copenhagen, dove dovrà essere
raggiunto un accordo per proteggere le ultime foreste e salvare il Pianeta dai
cambiamenti climatici.
( da "KataWeb News" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 30 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non
c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di
demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno
di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di
progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi
Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di
permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il
progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche
sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in
Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende
economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno
autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de
Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca
di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a
«convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo
inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di
Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di
altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli
ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli
statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti
defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia
contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la
pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un
Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi
elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della
Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli
Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la
chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è
infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio
di così!
( da "Denaro, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Caserta
sindacato Fim-Cisl, da oggi a San Nicola il congresso regionale Mbc Fine
settimana impegnativo per la Fim-Cisl a Caserta. Oggi, infatti, si apre la due
giorni dell'ottavo congresso regionale della categoria sul tema:
"Ripartire dal Sud". L'appuntamento è all'Hotel Serenella di San
Nicola. "Sarà questa", dice il segretario regionale Vittorio Guida,
"un'occasione per fare il punto sulla situazione in cui versa il settore
metalmeccanico in Campania e, dunque, anche in provincia. Un
comparto che sta pagando un caro prezzo alla crisi economica. Basti pensare anche alle numerose aziende
dell'indotto auto costrette a ricorrere alla cig dopo la riduzione delle
commesse da parte della Fiat". "Nel Casertano", aggiunge Guida,
"l'attuale crisi finanziaria si è aggiunta alla precedente crisi che ha colpito il settore dell'elettronica e delle
telecomunicazioni. Il comparto in pochi anni ha perso migliaia di posti
di lavoro: si è passati da diecimila a circa millecinquecento unità. C'è stata
una forte deindustrializzazione e per questo gli effetti della crisi finanziaria sono stati più pesanti. Anche il settore
auto, compreso l'indotto primario, è in forte sofferenza come dimostrano le
richieste da parte delle aziende di far ricorso a forme di sostegno del
reddito. Bisogna cogliere l'occasione della crisi per
rimettere al centro dell'attenzione del governo, delle istituzioni e della
classe politica locale la questione del Mezzogiorno. del 02-04-2009 num.
( da "Galileo" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
2 Aprile
09Energia | Rinnovabili, un business in crescita Nel 2008 il giro daffari mondiale ha registrato un +50 per cento. Ma le
previsioni per il 2009 non promettono nulla di buono Nel 2008 il giro
daffari delle energie rinnovabili è cresciuto del 50 per cento rispetto allanno precedente. è quanto emerge dal rapporto “Clean Energy
Trends 2009”, curato dallassociazione di consulenza statunitense Clean
Edge che redige rapporti simili da ormai dieci anni. In particolare il
documento ha preso i tre settori strategici dellenergia
rinnovabile – eolico, biocarburanti e fotovoltaico. Nel complesso, il business
mondiale di queste tre fonti ha registrato un valore di 116 miliardi di dollari
nel 2008 (nel 2007 era di 76 miliardi). Nonostante questi numeri gli autori del report non
sono comunque ottimisti per il futuro, almeno quello prossimo. Le proiezioni
per il 2009, infatti, annunciano una battuta darresto
degli investimenti in tutti i comparti delle rinnovabili. Soprattutto nel
settore pubblico, dove gli investimenti si sono già dimezzati passando dai 23,4 miliardi
di dollari del 2007 agli 11,4 del 2008. Riguardo agli investimenti complessivi
(pubblici e privati, inclusa la ricerca), lo studio riporta il dato della
società di analisi New Energy Finance: la crescita annuale (2008 su 2007) è
stata del 4,7 per cento. Un tasso di crescita decisamente contratto rispetto a
quello dei 12 mesi precedenti che era stato di circa il 60 per cento. Nel 2008
lenergia eolica ha riscontrato il maggiore successo,
con un giro daffari di 51,4 miliardi di dollari, un record per le
rinnovabili. Infatti, laumento dei costi di produzione degli impianti si
è combinato con un superamento della domanda sullofferta. E per questo
motivo il settore non è stato destabilizzato dal momentaneo stop allinvestimento pubblico. Al di là della crisi
attuale comunque, leolico ispira fiducia agli
autori del rapporto. Tanto che prevedono una crescita di 139 miliardi tra nove
anni. Nel documento, poi, emerge una novità: gli Stati Uniti, con ottomila megawatt di potenza
installata, superano il tradizionale leader mondiale dellenergia del vento, la Germania. Anche per i biocarburanti è
andata bene, con un business di 35 miliardi di dollari e una previsione per il
2018 di 105 miliardi. A questo proposito il report segnala che il Brasile, per la
prima volta, ha utilizzato più etanolo che petrolio per i suoi consumi totali
di carburante. Bene anche il fotovoltaico, che ha raggiunto i quattro gigawatt
di potenza installata nel mondo, quadruplicando rispetto al 2004. Lindustria del solare, secondo Clean Edge, nelle proiezioni
di crescita da qui al 2018 dovrebbe fare un salto da 30 a 80 miliardi di
dollari. Secondo quanto previsto dal Report il primo trimestre 2009 sarà
difficile per tutte le rinnovabili, a causa del rinforzo negativo tra difficoltà
legate allaccesso al credito e crisi finanziaria
internazionale. Leffetto più probabile è che nel
corso di questanno molti progetti vengano rinviati o sospesi. (r.s.)
( da "Rai News 24" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Londra |
2 aprile 2009 G 20. Slitta la lista nera dei paradisi fiscali Strade chiuse
nella City londinese I leader del G20 sarebbero vicini ad un accordo sul
documento che contiene le misure per affrontare la crisi finanziaria globale. Per la Bbc
tra i punti dell'intesa c'è l'aumento dei finanziamenti al Fondo monetario
internazionale, che passeranno da 250 a 750 miliardi di dollari. Inoltre, i
leader delle 20 maggiori economie del mondo si sarebbero anche detti d'accordo
nel "citare le responsabilità" di quei Paesi che violano le regole
sul libero commercio. La dichiarazione finale Ci sarà una dichiarazione
di principio per limitare i super bonus, le stock option, le maxi liquidazioni.
Ma sul tema dei paradisi fiscali, uno dei cavalli di battaglia dell'asse
Sarkozy-Merkel, il G20 di Londra incontra le previste difficoltà nel
raggiungere un'intesa fra i Grandi: la Cina, ad esempio, difende lo status
privilegiato di cui godono Macao e Hong Kong, non paragonabili per Pechino a
quello di altri centri offshore. E Stati Uniti e Gran Bretagna non paiono
dispiacersene troppo. La minaccia di stilare una lista nera dei centri
"non cooperativi" è bastata a convincere Austria, Liechtenstein,
Lussemburgo e Belgio a fare alcune concessioni sul segreto bancario finora
tenacemente difeso, ma a livello di G20 è difficile ipotizzare oggi, nelle
conclusioni del G20, siginifcativi passi avanti. Londra minimizza le divergenze
"Non credo che ci siano forti divergenze tra Francia e Germania e altri
Paesi", ha dichiarato a Sky News il ministro delle Finanze Alistair
Darling, dicendosi ottimista sui risultati del summit in corso a Londra.
"Inevitabilmente quando si hanno oltre 20 Paesi ci sono delle divergenze,
ma la maggior parte di noi è decisa ad appianarle, perché la posta in gioco è
troppo alta", ha aggiunto. Chi paga la crisi Un
chiaro ed esplicito riferimento al social summit di Roma è stato inserito nel
documento finale del G20 su richiesta italiana. Silvio Berlusconi nei giorni
scorsi aveva spiegato di voler portare sul tavolo del G20 la proposta di un
'social pact'. "Ci sarà - riferiscono fonti diplomatiche - un richiamo
alla dimensione umana della crisi, Berlusconi insiste
sulla necessita' di proteggere e sostenere coloro che soffrono la crisi e soprattutto chi perde il posto di lavoro".
"Sono qui per ricordare al mondo che il 50% della popolazione mondiale
vive con meno di due euro al giorno", ha ricordato oggi nella sala stampa
del vertice di Londra il musicista Bob Geldolf, anima dell'indimenticato 'Live
aid'. Le difficoltà del summit Al G20 iniziato questa mattina a Londra
resistono le divergenze su molti temi e il premier britannico Gordon Brown è
stato forse "troppo ambizioso" nel delineare i risultati del vertice.
A dirlo, parlando con la Bbc, è il ministro delle Attività produttive Peter
Mandelson, secondo cui "i disaccordi persistevano ancora nel corso della
notte", in particolare per quel che riguarda l'aumento dei finanziamenti
al Fondo monetario internazionale, i paradisi fiscali e le misure a sostegno
del commercio. "Il nostro primo ministro è eccessivamente ambizioso su
quello che vuole esca da questo summit", ha affermato Mandelson, per il
quale si tratta comunque di un atteggiamento "positivo, dal momento che
non ha senso che le persone vengano qui solo per ripetere vecchi argomenti,
riaffermando vecchi impegni".
( da "Reuters Italia" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
LONDRA
(Reuters) - I leader del G20 hanno concordato oggi di destinare altri 1.000
miliardi di dollari a sostegno dell'economia mondiale alle prese con la grave crisi finanziaria. I nuovi fondi,
annuncia il premier britannico Gordon Brown padrone di casa del summit
londinese, verranno messi a disposizione attraverso il Fondo monetario
internazionale e altre istituzioni. Illustrando le conclusioni dei lavori
iniziati ieri a Londra, l'inquilino di Downing Street precisa che gli aiuti
aggiuntivi proverranno per 500 milioni dal Fondo e 250 milioni dai
diritti speciali di prelievo sempre Fmi, mentre gli ultimi 250 milioni
costituiranno un fondo speciale a sostegno del commercio. I provvedimenti
concertati messi a punto dai paesi G20, sempre secondo Brown, faranno aumentare
il prodotto mondiale del 4% entro la fine dell'anno prossimo. "A partire
dalla nostra ultima riunione di Washington e nella cornice del processo allora
partito i paesi G20 hanno annunciato e stanno mettendo a punto il più grande
pacchetto di stimolo macroeconomico che il mondo abbia mai visto" spiega.
"Siamo nel pieno di un'espansione fiscale senza precedenti che per la fine
dell'anno prossimo corrisponderà a un'iniezione di fondi da 5.000 miliardi di
dollari nella nostra economia" aggiunge. Quanto poi al delicato tema della
supervisione, il riferimento del premier inglese è alla creazione di più
collegi internazionali. "Completeremo la messa a punto di collegi
internazionali di supervisione per le istituzioni finanziarie e applicheremo
nuove regole su retribuzioni e bonus a livello globale che riflettano la
performance reale senza più premi per il fallimento". I 20 paesi hanno già
fissato un nuovo appuntamento per controllare i progressi delle misure decise:
il presidente francese Sarkozy ha precisato che sarà tenuto in settembre a New
York.
( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 79
del 2009-04-02 pagina 0 Crisi, dal G20 ecco altri mille miliardi Paradisi
fiscali: via libera alla lista nera di Redazione Intesa sulle nuove regole:
maxi pacchetto a sostegno dell'economia e stimoli fiscali per 5 miliardi. Stop
ai paradisi fiscali: un giro d'affari da 1.800 miliardi Il premier Silvio
Berlusconi: "Cè stata una forte volontà di
cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza:
"Non sforeremo il deficit" Londra - Mille miliardi di dollari a
sostegno delleconomia mondiale alle prese
con la grave
crisi finanziaria. E' questa la principale decisione
presa dai 20 leader più importanti della terra oggi a Londra. I nuovi fondi,
annuncia il premier britannico Gordon Brown padrone di casa del summit
londinese, verranno messi a disposizione attraverso il Fondo monetario
internazionale e altre istituzioni. Illustrando le conclusioni dei lavori
iniziati ieri a Londra, linquilino di Downing Street
precisa che gli aiuti aggiuntivi proverranno per 500 miliardi dal Fondo e 250 miliardi
dai diritti speciali di prelievo sempre Fmi, mentre gli ultimi 250 miliardi
costituiranno un fondo speciale a sostegno del commercio. Brown: "Il pil
mondiale aumenterà del 4%" I provvedimenti concertati messi a punto dai
paesi G20, sempre secondo Brown, faranno aumentare il prodotto mondiale del 4%
entro la fine dellanno prossimo. "A partire
dalla nostra ultima riunione di Washington e nella cornice del processo allora
partito i paesi G20 hanno annunciato e stanno mettendo a punto il più grande pacchetto di
stimolo macroeconomico che il mondo abbia mai visto" spiega. "Siamo
nel pieno di unespansione fiscale senza
precedenti che per la fine dellanno prossimo corrisponderà a
uniniezione di fondi da 5.000 miliardi di dollari nella nostra economia"
aggiunge. Quanto poi al delicato tema della supervisione, il riferimento del
premier inglese è alla creazione di più collegi internazionali. Stop ai
paradisi fiscali I leader del G20 si sono accordati per "mettere fine ai
paradisi fiscali": lo ha detto il premier britannico Gordon Brown,
precisando che ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le
informazioni richieste. Silvio Berlusconi esprime tutta la sua soddisfazione
sullesito del vertice di Londra. "Cè stata una forte volontà di cooperare per uscire dalla crisi
per prendere delle misure coordinate. Abbiamo verificato i piani di
bilancio", spiega il presidente del Consiglio al termine del G20.
"Abbiamo deciso che tutti gli Stati si impegnino, è stato varato un piano
globale per triplicare le risorse del Fmi", osserva il premier. "Si
tratta di millecento milioni di dollari", conclude Berlusconi,
"serviranno per dare vento alla ripresa". La lista dei paradisi
fiscali che lOcse si è impegnata a redigere su impulso del G20 è
qualcosa di "veramente innovativo" e "positivo" ha
proseguito il premier. Il Cavaliere: "Non sforeremo il deficit" Il
governo sta studiando "strumenti addizionali, non costosi, ma molto
efficaci" da aggiungere agli ammortizzatori sociali per combattere gli
effetti della disoccupazione. Lo ha annunciato il ministro dellEconomia, Giulio Tremonti nel corso della conferenza stampa
al termine del G20 a Londra, senza voler entrare nei dettagli degli interventi.
E il premier assicura: "State tranquilli non abbiamo nessuna intenzione di
sforare i parametri previsti dallUnione
Europea sui bilanci. Laltro giorno ho usato un paradosso ho messo sul
piatto il bene dei cittadini e ho detto che al limite non sarebbe un
sacrilegio, ma non abbiamo intenzione di sforare. Piuttosto c'è lintenzione di destinare degli investimenti e delle spese già
decisi in altre direzione e quindi di convertili per il benessere dei nostri
cittadini". Moderare remunerazioni e bonus Nel documento che il financial
stability
forum ha presentato oggi al G20 si definiscono i principi secondo cui le
remunerazioni devono essere adeguate "a tutti i tipi di rischio, debbono
essere simmetriche rispetto ai rischi futuri e inoltre sensibili allorizzonte temporale dei rischi". Secondo il report del fsf
questi principi si dovranno applicare "a tutte le istituzioni finanziarie
rilevanti anche se questi principi sono critici in modo particolare per le
società significativamente grandi e importanti da un punto di vista sistemico".
Un completo sviluppo di questa materia, dice il documento, "dovrebbe
procedere il più rapidamente possibile" e un progresso materiale nello
sviluppo di questi principi è atteso a partire dalla tornata 2009 relativa alle
remunerazioni e ai bonus. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 -
20123 Milano
( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ieri
pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City,
spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono
stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla
Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri
sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha
parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei
preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di
Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini?
Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale.
Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico
oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la
seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta
contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che
le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli
spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli
animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime.
Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi
siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi
d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste,
giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e,
purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che
negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato
inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un
decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il
megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella
italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana
come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e
non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in
manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione,
società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia,
globalizzazione, giornalismo Commenti ( 22 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su
un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli
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per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a
Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma
questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni
probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un
impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro
i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel
cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in
discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più
importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un
pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via
del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama,
in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche
e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500
miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane
l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato
di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca
Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri
della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader
dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima,
grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su
un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come
dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare
la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione,
l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far
ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria
popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto
sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei
l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è
talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance.
E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione
delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che
politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di
un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè
dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare
prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la
responsabilità della crisi. Scritto in era obama,
banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa
e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 41 ) » (5
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28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è
difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di
riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira
e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto
proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora
appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono
mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della
società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre
lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova
identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici
sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il
senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di
Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso,
saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio
dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la
risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a
Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente
riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo
periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O
sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia
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articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di
sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare
in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex
speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è
diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha
guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne
molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa
Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea
che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è
dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la
distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come,
proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma,
pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un
liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via
del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i
mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda
e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi
strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli
industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni,
sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite
inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior
valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non
servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso
da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al
rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il
petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e
superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli,
progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto
abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il
mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia
ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche,
manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6
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24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito
con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è
difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni
commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole
24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno
straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario,
in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del
contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i
nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale
di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del
board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il
piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano
ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non
impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti,
secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle
operazioni di ingegneria finanziaria, insomma
continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il
fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare
dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra.
Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle
banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e
sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia,
ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense.
L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in
considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia
americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno
esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in
appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla
all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti
operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e
il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere
spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio,
dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul
Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete,
ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma
è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter
(vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve
intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa
essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a
Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David
Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa,
gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è:
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste
alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli
alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e
la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha
ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in
occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le
quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato
per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a
Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo
che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza;
perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di
giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una
minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone,
che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade
all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il
controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire
dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che
lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe
minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una
ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne
rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami
della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così
veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa
retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare?
Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana
privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano
facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo,
francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle
Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le
Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato.
Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio
in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha
annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a
credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero
così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si
sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti
qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di
rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito
per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di
Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche,
e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del
Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio
è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma
questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più
grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima
d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro
cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro
americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare
il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli
investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini,
sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli
stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi
(mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le
scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane,
sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148
miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il
mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E'
l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da
disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove
ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi.
E' convinto che la crisi
potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che
hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che
Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che
l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova
superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche,
capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie
nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4
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14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di
immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi
migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati
pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano
abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per
tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è
accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad
alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se
la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est
peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione,
molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti,
dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di
vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa.
L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato
l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero.
«C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di
persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un
forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre
estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo
Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità
internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare
qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole
aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato
per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre:
siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una
nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento
del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una
guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in
società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia,
notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di rilancio,
l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un articolo
incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la nuova
America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda il
piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè anche
l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del Pil), ma
i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese straordinarie pari
all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a sfondare il deficit
del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non intendono andare oltre nel
timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la tenuta o perlomeno la
credibilità della moneta unica". Infatti quello americano quest'anno sfiorerà
il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%. Inoltre, Berlino e Parigi prestano
sempre più ascolto agli economisti secondo cui manovre come quelle americane
servono a poco; infatti a breve porteranno nelle tasche dei contribuenti
importi irrisori pari a poche decine di dollari a testa, mentre gli
investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita solo verso la fine
del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri finanziari costruiti in
oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia efficacia". Io
dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni americane nonostante siano
sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi testate come Financial Times ed
herald Tribune, che abboccano allo spin della Casa Bianca. La mia impressione è
che gli Usa sperino di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei
deficit (e a lungo termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più
facile che il dollaro resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue
la corrente e mantiene conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il
capitombolo e Washington di perdere la leadership finanziaria
sull'economia globale. Questa è la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in
spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era
obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e il mondo Commenti
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dell'Italia di oggi - 2 Emails Dalla Svizzera una lezione (anche per il
centrodestra italiano) - 2 Emails Milva e quei sette milioni nascosti... per la
vecchiaia - 2 Emails Ultime discussioni marista: Io immagino che i
"potenti" comincino a preoccuparsi, non so se è mia fantasia, ma lo
scontento... Federico: Marina io infatti ho detto che ci sono giornalisti che
dicono la verità e sono pochi e altri che non la... Davide K: Caro Dekebalos,
ha fatto una domanda troppo difficile: se salgono i prezzi è inflazione o
altro? Se... Marcello Foa: Grazie a tutti per il dibattito, che limiterei a
Londra. Il paragone con Genova non è molto pertinente... bo.mario: Foa stanno
passando dei messaggi che non si possono ignorare. La polizia al servizio del
potere? La polizia... Ultime news Crisi, dal G20 ecco altri mille miliardi
Paradisi fiscali: via libera alla lista neraFecondazione: legge 40 Fini:
"Da Consulta giustizia per le donne"La Bce taglia ancora, tassi ai
minimi: 1,25% Borse boom: Fiat +27%Malore in gita scolastica, 18enne muore: è
gialloBrunetta : "Donne, no spesa in orario d'ufficio"Latina, crolla
ponteggio: morti 2 operai, uno feritoIl ricordo di Giovanni Paolo II Sfidò il
comunismo e la mafiaAlla "prima" pure Fiorello fa cilecca:
"Scusate, è ansia da prestazione" Dovesiamonelmondo: ecco il sito per
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Quelle donne turche imprigionate dal velo Vince Erdogan e la Turchia diventa
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per Ron Paul, un bel blog sulle elezioni Usa USI, Università della Svizzera
Italiana Siti di Informazione Comincialitalia, il primo quotidiano italiano dei
cittadini il blog di Di Ricco, un giornalista italiano in Libano il sito di
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dei comuni I più votati Ancora su Vasco Rossi e la droga - 54 Votes Una vita
meritocratica... - 34 Votes I mutui subprime, la frode della Casta delle banche
- 24 Votes Petrolio, libero mercato o libera speculazione? - 20 Votes E la sicurezza?
Ai politici non interessa più - 18 Votes Quando i Tg "aiutano" la
camorra... - 18 Votes Ma Beppe Grillo è il modello della nuova Italia? - 17
Votes Quanti immigrati può sostenere l'Italia che arranca? - 16 Votes Primarie
Usa, truccata la vittoria di Hillary? - 15 Votes Immigrazione: e se avesse
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giornalismo). G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Nasce
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( da "Giornale.it, Il" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 79
del 2009-04-02 pagina 0 G20, mille miliardi e no paradisi fiscali Obama:
"E' una svolta per la ripresa" di Redazione Intesa sulle nuove
regole: maxi pacchetto a sostegno dell'economia e stimoli fiscali per 5 miliardi.
Stop ai paradisi fiscali: un giro d'affari da 1.800 miliardi. Il presidente
americano: "Serie di misure senza precedenti". Il premier Silvio
Berlusconi: "Cè stata una forte volontà di
cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza:
"Non sforeremo il deficit" Londra - Mille miliardi di dollari a
sostegno delleconomia mondiale alle prese
con la grave
crisi finanziaria. E' questa la principale decisione
presa dai 20 leader più importanti della terra oggi a Londra. I nuovi fondi,
annuncia il premier britannico Gordon Brown padrone di casa del summit
londinese, verranno messi a disposizione attraverso il Fondo monetario
internazionale e altre istituzioni. Illustrando le conclusioni dei lavori
iniziati ieri a Londra, linquilino di Downing Street precisa che gli aiuti
aggiuntivi proverranno per 500 miliardi dal Fondo e 250 miliardi dai diritti
speciali di prelievo sempre Fmi, mentre gli ultimi 250 miliardi costituiranno
un fondo speciale a sostegno del commercio. Brown: "Il pil mondiale
aumenterà del 4%" I provvedimenti concertati messi a punto dai paesi G20,
sempre secondo Brown, faranno aumentare il prodotto mondiale del 4% entro la
fine dellanno prossimo. "A partire dalla nostra ultima
riunione di Washington e nella cornice del processo allora partito i paesi G20 hanno
annunciato e stanno mettendo a punto il più grande pacchetto di stimolo
macroeconomico che il mondo abbia mai visto" spiega. "Siamo nel pieno
di unespansione fiscale senza precedenti che per la fine dellanno prossimo corrisponderà a uniniezione
di fondi da 5.000 miliardi di dollari nella nostra economia" aggiunge.
Quanto poi al delicato tema della supervisione, il riferimento del premier
inglese è alla creazione di più collegi internazionali. Stop ai paradisi
fiscali I leader del G20 si sono accordati per "mettere fine ai paradisi
fiscali": lo ha detto il premier britannico Gordon Brown, precisando che
ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni
richieste. Silvio Berlusconi esprime tutta la sua soddisfazione sullesito del vertice di Londra. "Cè stata una forte
volontà di cooperare per uscire dalla crisi per prendere
delle misure coordinate. Abbiamo verificato i piani di bilancio", spiega
il presidente del Consiglio al termine del G20. "Abbiamo deciso che tutti
gli Stati si impegnino, è stato varato un piano globale per triplicare le
risorse del Fmi", osserva il premier. "Si tratta di millecento
milioni di dollari", conclude Berlusconi, "serviranno per dare vento
alla ripresa". La lista dei paradisi fiscali che lOcse si è impegnata a redigere su impulso del G20 è qualcosa
di "veramente innovativo" e "positivo" ha proseguito il
premier. Obama: "Svolta per la ripresa" Per il presidente
statunitense Barack Obama quello di oggi è stato "un vertice molto produttivo", che
rappresenta una "svolta per la ripresa della nostra economia". è
quanto ha dichiarato al termine della riunione del G20. "Oggi abbiamo
concluso un vertice molto produttivo e siamo a una svolta per la ripresa della
nostra economia. Il vertice è stato storico per molte ragioni, per il momento
in cui cè stato e per le nostre risposte" ha aggiunto.
Osservando: "Oggi i leader hanno risposto con una serie di misure senza
precedenti". Confermato il no al protezionismo: "Il G20 ha respinto
ogni ipotesi di ritorno a forme protezionistiche che avrebbero solo leffetto di aggravare la crisi". Il
Cavaliere: "Non sforeremo il deficit" Il governo sta studiando
"strumenti addizionali, non costosi, ma molto efficaci" da aggiungere
agli ammortizzatori sociali per combattere gli effetti della disoccupazione. Lo
ha annunciato il ministro dellEconomia, Giulio
Tremonti nel corso della conferenza stampa al termine del G20 a Londra, senza
voler entrare nei dettagli degli interventi. E il premier assicura: "State
tranquilli
non abbiamo nessuna intenzione di sforare i parametri previsti dallUnione Europea sui bilanci. Laltro giorno ho usato un
paradosso ho messo sul piatto il bene dei cittadini e ho detto che al limite
non sarebbe un sacrilegio, ma non abbiamo intenzione di sforare. Piuttosto
c'è lintenzione di destinare degli investimenti e delle
spese già decisi in altre direzione e quindi di convertili per il benessere dei
nostri cittadini". Moderare remunerazioni e bonus Nel documento che il
financial stability forum ha presentato oggi al G20 si definiscono i principi secondo cui
le remunerazioni devono essere adeguate "a tutti i tipi di rischio,
debbono essere simmetriche rispetto ai rischi futuri e inoltre sensibili allorizzonte temporale dei rischi". Secondo il report del fsf questi
principi si dovranno applicare "a tutte le istituzioni finanziarie
rilevanti anche se questi principi sono critici in modo particolare per le
società significativamente grandi e importanti da un punto di vista
sistemico". Un completo sviluppo di questa materia, dice il documento,
"dovrebbe procedere il più rapidamente possibile" e un progresso
materiale nello sviluppo di questi principi è atteso a partire dalla tornata
2009 relativa alle remunerazioni e ai bonus. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA
- Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "AprileOnline.info"
del 02-04-2009)
Argomenti: Crisi
La
favola del G20 Giuliano Garavini, 02 aprile 2009, 22:15 I risultati del vertice
di Londra non sono stati di poco conto. Brown ha annunciato un'immissione
fresca liquidità pari a 1100 miliardi di dollari, dei quali 750 tramite il FMI;
regole comuni sui compensi e contro i paradisi fiscali; una riforma del peso
dei vari Paesi nel FMI; e aiuti per i Paesi più poveri. Rimane però il fatto
che, oltre alla totale assenza di coordinamento sul tipo di misure da adottare,
tutto ciò che viene discusso non prevede alcuna forma di redistribuzione di
risorse nei confronti dei più colpiti dalla crisi Nel 1964 c'era stato il G77
che raggruppava i Paesi in via sviluppo in ambito ONU, poi il G7 nel 1975 che
raggruppava solo i più ricchi, poi tutta una lunga serie di altri GX. Oggi
l'economia internazionale vede l'Occidente ridimensionato dall'ascesa di nuove
potenze come la Cina, le cui banche sono oggi le prime per capitalizzazione, o
l'India, che si è comprata la più grande acciaieria europea l'Arcelor, o il
Brasile che ha bloccato i negoziati dell'Organizzazione Mondiale del Commercio.
Il primo incontro del G20 risaliva al periodo appena successivo alle crisi
finanziare del mondo asiatico. Venne svolto nel novembre 1999 e comprendeva
allora, così come comprende oggi: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina,
Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia
Saudita, Sud Africa, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti
d'America, e... Unione Europea. Il G20 di Londra è stato organizzato da Gordon
Brown, leader di un laburismo che cerca di riemergere dal declino, per offrire
una risposta credibile e coordinata alla crisi economica in atto. Per non
cadere negli errori degli anni Trenta. Il G20 è sembrato un organismo più al
passo con i tempi, rispetto all'elitario G8 dei tempi che furono, e racchiude
economie che rappresenterebbero oltre l'85 per cento della produzione globale.
Secondo quanto auspicato dai solerti esperti di Gordon, quelli di Chatam House,
le decisioni più importanti avrebbe dovuto riguardare: 1) coordinamento dei pacchetti
di stimolo all'economia; 2) evitare il protezionismo e le svalutazioni
competitive; 3) aumentare le risorse a disposizione del FMI (EU e Giappone
hanno messo rispettivamanete 75 di euro e 100 miliardi di dollare); 4) nel
medio termine regolare le istituzioni finanziarie private; 5) modificare la
composizione del FMi per aumentarne i fondi e ridargli un poco di lustro,
ma anche con un seggio unico per l'Unione Europea. Non sono cose di poco conto,
ed alcune sono anche giuste. Si fronteggiavano a Londra due diverse filosofie,
quella americana, più attenta all'espansione della domanda con interventi nelle
infrastrutture, nell'educazione in banche e imprese; e quella franco-tedesca
più attenta alle regole, anche per non mettere in discussione, incentivando
spesa pubblica, la solidità dell'euro, che già sembra traballante. L'Unione
Europea, si sa, ha molta più facilità a fare da cane da guardia dei bilanci
(L'italia infatti ha potuto spendere solo 7 miliardi in piani di stimolo) che a
coordinare politiche economiche visto che non dispone di un Governo
dell'Economia. I risultati del vertice di Londra non sono stati di poco conto.
Brown ha annunciato un'immissione fresca liquidità pari a 1100 miliardi di
dollari, dei quali 750 tramite il FMI; regole comuni sui compensi e sia contro
i paradisi fiscali; una riforma del peso dei vari Paesi nel FMI; ed elemosina
per i Paesi più poveri. Sono prevalentemente promesse. La quantità di soldi non
è poi certo impressionante se si considera che solo gli Stati Uniti per salvare
le banche hanno speso il doppio di quella cifra. Ma comunque il segnale di
evitare il protezionismo, e di qualche collaborazione
globale, è da accogliere come positivo. Ma rimane il problema, oltre alla
totale assenza di coordinamento sul tipo di misure da adottare (che faranno la
Cina e l'India sul fronte dello sviluppo sostenibile?), tutto ciò che viene
discusso non prevede alcuna forma di redistribuzione di risorse nei confronti
dei più colpiti dalla crisi e cioè i dipendenti, i precari e gli immigrati,
nonché i disoccupati; così come prevede interventi risibili per i Paesi più
poveri che non sono rappresentati nel G20. La morale della favola è che solo
una battaglia sostenuta e continua da parte dei lavoratori europei, una
battaglia sempre più radicale, potrà far si che siano varate misure su tutela
dalla disoccupazione e dei salari, su investimenti in sanità e educazione e in
tecnologia ecologica. Solo questa battaglia potrà permettere che tutta la crisi
economica non si risolva in un rilancio dell'impresa e della finanza privata, e
in un nuovo arretramento del peso della classe lavoratrice, ancora più passiva
e subordinata, nonché più povera e irrigimentata di prima. Se ci sarà un
ridimensionamento dei consumi, e magari anche un'auspicabile razionalizzazione
dei consumi energetici, questo non può che andare di pari passo con una
maggiore eguaglianza sociale e con innovativi processi di partecipazione. Anche
nelle con i sovrani assoluti non si buttavano sacchi di plastica, né si teneva
tutto il giorno acceso il riscaldamento, ma non è quel tipo di società cui aspiriamo.
Nemmeno Obama ci salverà sul fronte delle scelte di politica economica, perché
scemato il suo capitale di consenso non avrà più autorità sul mondo degli
affari. Ma non basterà nemmeno questa battaglia sociale nei paesi europei
perché la crisi non renda il mondo peggiore di quanto non lo sia già oggi. La
crisi ha aumentato le distanza, non solo all'interno delle società occidentali,
ma anche quelle fra i Paesi occidentali ed emergenti, e il resto delle economie
che si vanno impoverendo, come è facile consatare dal disperato aumento dei
tentativi di sbarco in Europa. I prezzi delle materie prime, sui quali si
basano le speranze di molte economie povere, stanno crollando. Servono allora
delle misure strutturali, prese attraverso le istituzioni economiche
internazionali, che sostengano i prezzi delle materie prime e lo sviluppo di
questi paesi, che diano loro voce in capitolo nelle grandi scelte
internazionali che si compiono anche sul loro futuro.
( da "Reuters Italia" del
02-04-2009)
Argomenti: Crisi
(Reuters)
- Le nazioni del G20 in alcuni vasi avevano messo sul tavolo priorità
contrastanti in vista del vertice di Londra. Di seguito una sintesi di quello
che era stato chiesto e delle risposte arrivate. STIMOLO FISCALE Chi voleva
cosa: Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone avevano proposto con forza
un'azione concertata nel mondo per pompare più fondi governativi nei pacchetti
di stimolo; Francia e Germania preferivano aspettare per vedere i risultati dei
fondi già messi a disposizione. Risultato: il vertice non ha fissato obblighi
per ulteriori misure fiscali, un fatto accolto con soddisfazione dalla
Germania. REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO Chi voleva cosa: Francia e Germania
avevano chiesto a gran voce la sorveglianza degli hedge fund, una causa che il cancelliere Angela Merkel aveva perorato anche
prima della crisi finanziaria. Il Giappone aveva detto che la regolamentazione dovrebbe venire
dopo il salvataggio dell'economia globale. Risultato: chiaro impegno del
vertice a estendere regolamentazione e sorveglianza a tutte le istituzioni
finanziarie importanti, gli strumenti e i mercati. Anche le agenzie di
credit rating saranno interessate. FMI Chi voleva cosa: Australia, Canada e Sud
Africa erano tra i Paesi che volevano una forte crescita nei prestiti del Fmi;
Russia, Argentina, Cina, India, Arabia Saudita e altri chiedevano riforme per
concedere alle economie emergenti un maggiore potere di voto all'interno del
Fondo. Continua...