Abstract: la tregua sui mercati finanziari, che potrebbe annunciare l'uscita dal tunnel è un'occasione da non perdere per riflettere e per rilanciare un'industria che non ha affatto perso, in teoria, la sua ragion d'essere. Il pianeta fondi ha pagato negli ultimi tre anni il dazio di un'organizzazione industriale non più adeguata ai tempi,>
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: alla luce delle speranze accese
oggi dalle migliori condizioni dei mercati finanziari. Si può calcolare
l'impatto della crisi sui fondi? «E' difficile. Il mondo del risparmio gestito
è in difficoltà dall'aprile 2006. Da quella data è partito un trend di deflussi
senza soluzione di continuità che nel 2008 ha avuto il suo culmine.
(
da "Giornale.it, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il peggio della crisi finanziaria è
alle spalle ed è molto improbabile che da qui a dicembre ci saranno ulteriori
tracolli, questo però non equivale alla certezza che si realizzerà un marcato
rialzo. Nei prossimi mesi si continuerà a navigare a vista. Se, invece,
spostiamo l'orizzonte alla fine del 2010, credo che le Borse possano mettere a
segno guadagni fino al 40-
Perissinotto: su
Ingosstrakh si tratta per prendere il controllo. Non escludo interesse negli
Usa ( da "Finanza.com"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che naviga in cattive a causa della
crisi finanziaria. E aggiunge: ?Si vedrà. Con il nostro 38% siamo soci
importanti di Ingosstrakh insieme ai nostri partner?. Per quanto riguarda gli
Stati Uniti Perissinotto non ha escluso un interesse per operazioni specifiche,
con piccole acquisizioni di nicchia.
Fari del mercato puntati
su Generali: attesi segnali importanti da assemblea
( da "Finanza.com"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Senza voler legare il futuro della
società a quanto accadrà in questi dodici mesi è indubbio che mercato,
azionisti e investitori si attendono in quest?anno dalla compagnia del Leone
segnali importanti su come uscire dalla crisi finanziaria in atto, che ha
coinvolto pesantemente anche il mondo delle polizze. (Riproduzione riservata)
Il travaglio del futuro
( da "Blogosfere"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria sta trovando un
punto di equilibrio, come dimostrano sia i numeri positivi di CitiGroup e
Goldman Sachs sia l'andamento dei titoli del settore bancario. Pertanto, si
avvicina un momento di ripresa in cui rimprenderà fiato l'inflazione
determinata dalla ripresa produttiva e quindi tornerà a salire il prezzo del
petrolio e la bilancia dei pagamenti USA tornerà ad
G8, documento: su
cambiamento climatico no posizione comune
( da "Reuters Italia"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: i vari elementi che potrebbero
influenzare ed essere parte del quadro di un accordo post 2012...", dice
il documento. Nel frattempo, però, gran parte del mondo sta subendo gli effetti
della crisi finanziaria e globale che, secondo le previsioni più ottimistiche,
continuerà almeno per tutto il 2009. Continua...
SICUREZZA. Rapporto RAPEX:
+16% di prodotti pericolosi ritirati dal mercato Ue nel 2008
( da "HelpConsumatori"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: affinché la sicurezza dei prodotti
non venga meno in questo momento di crisi finanziaria e che le imprese
continuino a rispettare i loro obblighi verso i consumatori". Giochi e
articoli per bambini, ma anche prodotti elettrici e veicoli a motore sono stati
in generale i prodotti maggiormente segnalati. Quasi 500 segnalazioni per
giocattoli pericolosi, 169 per apparecchi elettrici,
Ue: rischio protezionismo
nei paesi principali partner commerciali europei
( da "Panorama.it"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezionismo nei paesi principali
partner commerciali europei Posted By annamaria.angelone On 17/4/2009 @ 16:11
In Headlines | No Comments Allarme protezionismo nel commercio mondiale. Solo
nel mese di gennaio la [1] Commissione europea ha rilevato nei paesi principali
partner commerciali della Ue almeno 87 misure potenzialmente restrittive o tali
da creare distorsioni negli scambi.
G8 Agricoltura: Zaia, un
spartiacque nella storia dell'agricoltura
( da "KataWebFinanza"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria sulla
povert e la fame, a rafforzare e incoraggiare una produzione alimentare
sostenibile, aumentare gli investimenti in agricoltura e nella ricerca".
Lotta alla speculazione, difesa delle identit produttive nel rispetto del
libero mercato e centralit della produzione agricola nell'agenda della
Politica.
G8: Agricoltura, Zaia:
mercati liberi ma con regole ( da "Sestopotere.com"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria sulla
povertà e la fame, a rafforzare e incoraggiare una produzione alimentare
sostenibile, aumentare gli investimenti in agricoltura e nella ricerca".
Lotta alla speculazione, difesa delle identità produttive nel rispetto del libero
mercato e centralità della produzione agricola nell'agenda della Politica.
Vfg: il fatturato cresce
del 3% nel 2008 ma arretra l'ebitda
( da "fashionMagazine.it"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: seguito al graduale acuirsi della
crisi finanziaria internazionale?. Il risultato della gestione ordinaria del
gruppo, al netto degli ammortamenti, si è attestato a 248,3 milioni di euro, in
calo del 7%. ?A fronte di prospettive negative per il settore del lusso nel
2009, il gruppo ha prontamente implementato un intenso programma di
ottimizzazione dei processi e dei costi di struttura?
ALIMENTAZIONE. G8
agricoltura, approvata la dichiarazione finale
( da "HelpConsumatori"
del 20-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria sulla
povertà e la fame, a rafforzare e incoraggiare una produzione alimentare
sostenibile, aumentare gli investimenti in agricoltura e nella ricerca, a
evitare la concorrenza sleale, evitare le distorsioni del mercato agricolo -
incluse le misure restrittive all'export, come concordato in ambito G20 - e
rimuovere gli ostacoli all'
Toccherà all'export
trainare la ripresa ( da "Stampa,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «La crisi non è colpa né degli
economisti, né dei giornali», dice Vaciago. «La verità è che dal 2006 in poi le
cancellerie di tutto il mondo hanno sottovalutato molti segnali. E così, una
crisi finanziaria si è trasformata in una gravissima crisi industriale».
babelick ha detto: non so
perché in italia il turismo venga lasciato a sé stesso e poco
considerato,eppure sarebbe una buona fonte di redditività. http://www.mastervia
questi dovre ( da "KataWeb
News" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Ubs esce dal Brasile per
2,5 miliardi ( da "Finanza
e Mercati" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: colpita pesantemente dalla crisi
finanziaria, sta cercando di rivedere il suo business e riguadagnarsi la
fiducia degli investitori dopo aver operato svalutazioni per miliardi ed esser
stata costretta ad accettare l'intervento pubblico. Ieri il titolo della banca,
che punta a chiudere il deal brasiliano entro metà anno, ha segnato un calo del
4,
quel bisogno di ottimismo
- (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ingiù che la crisi finanziaria
esercitava sulla situazione economica pare essersi arrestata. I mostri evocati
ancora poco tempo fa dal ministro dell´Economia nella sua parabola del
videogioco - fallimenti a catena provocati dai derivati del credito come i
credit default swaps, e collasso delle carte di credito - sono rimasti nelle
loro tane,
G8 agricolo, via a tavolo
mondiale ( da "Italia
Oggi" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: quale si impegnano a utilizzare
tutti gli strumenti necessari per alleviare le conseguenze negative
dell'attuale crisi finanziaria su povertà e fame, rafforzare l'agricoltura e la
produzione alimentare sostenibile». Per l'Italia «è un documento positivo che è
importante, in quanto accoglie le nostre valutazioni», ha aggiunto Zaia, in
qualità di presidente di turno del G8 agricolo.
la fincantieri tra crisi e
sviluppo: confronto col presidente antonini
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Gorizia La Fincantieri tra crisi e
sviluppo: confronto col presidente Antonini Monfalcone MONFALCONE. Sarà
dedicata alla "Crisi finanziaria mondiale e lo sviluppo della
cantieristica internazionale" l'importante iniziativa organizzata dal
Propeller club di Monfalcone in collaborazione con il Comune e che si svolgerà
stasera alle 18.
"ho voluto difendere
tutte le società italiane" - lamberto cardia*
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nell´attuale contesto di crisi dei
mercati finanziari, che offre grandi opportunità a chi abbia mezzi per
investire (compresi i fondi sovrani o i capitali di illecita provenienza),
ritengo che sia opportuno rafforzare gli strumenti di difesa delle società quotate,
in particolare quelle di valenza strategica.
agricoltura, intesa su
dazi e prezzi - rodolfo sala ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: utilizzare tutti gli strumenti a
disposizione per ridurre gli effetti negativi dell´attuale crisi finanziaria
sulla povertà e la fame, a rafforzare e incoraggiare una produzione alimentare
sostenibile, aumentare gli investimenti in agricoltura e nella ricerca». Ma il
più soddisfatto è il padrone di casa: «L´Italia - gongola Zaia - ha portato a
casa due risultanti importantissimi».
nella battaglia per il
timone di bpm spunta l'asse geronzi-costruttori - giovanni pons
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Con la crisi finanziaria e
immobiliare che imperversa alcuni progetti imponenti per la Milano del futuro,
a partire da Citylife, rischiano di entrare in crisi. Banche e assicurazioni
infatti non sono più disposte, e non lo saranno per chissà quanti anni, ad
acquistare porzioni di immobili e piazzarli nei propri portafogli,
FABRIANO - Boccata di
ossigeno per la Antonio Merloni. Il ministero delle Finanze ha infatti...
( da "Messaggero, Il (Ancona)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: e pur in presenza delle note
difficoltà di accesso al credito che la crisi finanziaria sta comportando,
l'Unione Europea ha concesso la specifica autorizzazione all'aiuto di Stato e i
commissari - Massimo Confortini, Antonio Rizzi e Silvano Montaldo - hanno
registrato la disponibilità di un pool di banche per un finanziamento
significativo.
IL sogno di un mondo
denuclearizzato non è nuovo. È vecchio quanto le armi nucleari. &...
( da "Messaggero, Il (Metropolitana)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Per inciso, la crisi finanziaria
sta poi rendendo ancora più difficile un governo mondiale. Sta infatti
provocando la frammentazione anche dell'economia prima globalizzata. Eppure la
proposta di Obama non è solo utopia né slogan propagandistico. Ha un senso.
Anche Benetton si scopre
ottimista ( da "Corriere
del Veneto" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: agli effetti che questa crisi
finanziaria ha avuto». Previsioni peraltro non dovute a pura sensazione. «I
dati del primo trimestre, se non sono in linea con l'anno precedente, sono di
poco inferiori. Un rallentamento sicuramente l'abbiamo visto, ma non così grave
da pensare che dobbiamo essere attanagliati dal pessimismo ».
Pechino batte gli Stati
Uniti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: aggravarsi della crisi finanziaria,
l'espansione economica mondiale era rimasta vigorosa, trainata dal commercio
internazionale. Per molti versi la produzione cinese di macchine utensili è il
riflesso di un Paese che si sta rapidamente ammodernando e che utilizza con
crescente successo i beni utensili di origine occidentale.
Consob, una vigilanza con
limiti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: precisa che è la Consob a
determinare quali strumenti finanziari quotati in mercati regaolamentati o
diffusi tra il pubblico devono avere un contenuto tipico determinato.
Un'associazione quella tra strumenti e prodotti finanziari alle quotazioni del
mercato o alla diffusione tra il pubblico che mette in evidenza caratteristiche
tipiche dei valori mobiliari,
Garanzie pubbliche sulle
Abs ( da "Sole
24 Ore, Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: bufacchi@ilsole24ore.com ©
RIPRODUZIONE RISERVATA «La riapertura del mercato delle cartolarizzazioni
aiuterà le banche a ridurre asset e a erogare credito» «I Cdo sintetici e le
operazioni esotiche hanno chiuso i battenti dopo la crisi finanziaria»
UniCredit, bond da un
miliardo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma il peso della crisi finanziaria
si è visto nel rendimento. Il bond offre infatti agli investitori una cedola
del 4,125%, il che corrisponde a un tasso d'interesse lordo di 190 punti base
sul tasso swap. Spread elevato rispetto ai valori pre-crisi. Ma comunque nella
parte bassa della forchetta annunciata precedentemente,
L'industria: riscrivere le
regole ( da "Sole
24 Ore, Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le richieste delle imprese ai
Governi Nicoletta Picchio ROMA La crisi economica e finanziaria, i cambiamenti
climatici, in vista del vertice di Copenhagen di fine anno. E una riflessione
sulle nuove regole di governance globale, con un no deciso ad ogni forma di
protezionismo. Sono i temi di cui discuteranno le associazioni imprenditoriali
dei Paesi del G-8 il 23 e il 24 aprile,
I negoziati del reset non
saranno facili. La visione di Obama di un m...
( da "Messaggero, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Per inciso, la crisi finanziaria
sta poi rendendo ancora più difficile un governo mondiale. Sta infatti
provocando la frammentazione anche dell'economia prima globalizzata. Eppure la
proposta di Obama non è solo utopia né slogan propagandistico. Ha un senso.
UE, PRODOTTI PERICOLOSL:
LA RELAZIONE RAPEX 2008 INDICA UN AUMENTO DEI PRODOTTI RITIRATI DAL MERCATO
( da "marketpress.info"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria, che le imprese
continuino a far fronte ai loro obblighi nei confronti dei consumatori e che
gli Stati membri mettano a disposizione risorse sufficienti per l´attuazione
della normativa. La sicurezza non è un lusso. Questa relazione indica
chiaramente le grandi sfide che dovremmo affrontare e invia un chiaro segnale
sul fatto che non vi è spazio per riduzioni dei
Unicredit, successo per il
bond da un miliardo ( da "Corriere
della Sera" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 21/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano/1
Unicredit, successo per il bond da un miliardo (g.fer.) Ordini per oltre 1,6
miliardi di euro, provenienti anche da investitori tedeschi, inglesi e
francesi. È stato un successo il bond triennale da un miliardo di euro emesso
da Unicredit.
Tod's positiva sul 2009 e
tiene il titolo ( da "Corriere
della Sera" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 21/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano/2 Tod's
positiva sul 2009 e tiene il titolo (g.fer.) Il gruppo Tod's «ha retto bene»
nel 2008 e sono buoni anche i primi mesi del 2009. Lo ha detto ieri agli
azionisti Diego Della Valle, presidente e amministratore delegato del gruppo
marchigiano,
Germania, la crisi mette
in ginocchio l'industria del sesso
( da "Reuters Italia"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria globale colpisse
anche il mestiere più antico del mondo, in Germania. In uno dei pochi paesi
dove la prostituzione è legale e inconsuetamente trasparente, l'industria ha
risposto con un pacchetto economico anticrisi per risollevare un mercato
anemico: nuovi oggetti da vendere, ribassi nei prezzi ed alcune trovate
particolari per incrementare una domanda in declino.
Media tradizionali e
Internet, il parere di Arianna Huffington
( da "DGMag.it"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: chiamati ad indagare sulle ragioni
ed i segreti della crisi finanziaria ed economica che ha investito gli Stati
Uniti. Alla domanda di Zincone sui finanziamenti dei governi ai quotidiani in
difficoltà la Huffington risponde che in America non c'è questa prospettiva ma
"chiunque riconosca l'importanza fondamentale del giornalismo nella nostra
democrazia cerca di preservare questo ruolo"
Come sarà il capitalismo
dopo la crisi? ( da "EUROPA
ON-LINE" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Monti vede in particolare i
pericoli di sommovimenti sociali ed il ritorno al protezionismo come modo per
contenerli, ma si potrebbe aggiungere che la stessa ripresa dipende in qualche
misura da una miglior distribuzione di quanto si produce. Non sembra, infatti,
possibile che i consumi continuino a crescere ed a sostenere la domanda con
ricorso all'indebitamento come è avvenuto,
Quel treno per l'Europa,
scuola di storia e identità ( da "EUROPA
ON-LINE" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per gli incontri e le lezioni su
crisi finanziaria, lavoro, globalizzazione e sulle istituzioni europee: in
cattedra Markus Schreyer, Stefanie Brincker, Frank Werneke, Ingo Schulze, Olaf
Schwenke, Gert Weisskirchen. A Praga, tra gli altri, l'incontro con Lustig che
parlerà della civiltà europea dopo l'olocausto.
Deserti d'acqua
( da "EUROPA ON-LINE"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria, certo ha le
sue responsabilità. Crisi finanziaria che si è tradotta in crisi dei commerci,
certificata da indicatori come il Baltic Dry Index al minimo da ventidue anni,
o dalla malinconia che si respira in luoghi normalmente schizofrenici come
Amburgo o Shanghai.
IL NUOVO FMI PARTE DALLE
FONDAMENTA GIURIDICHE ( da "Lavoce.info"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: inizio della crisi finanziaria, il
Fondo si è prevalentemente dedicato al sostegno finanziario dei mercati
emergenti e paesi in via di sviluppo. (1) Il sostegno finanziario è subordinato
all?adozione, da parte dei paesi beneficiari, di programmi di riforma, la
cosiddetta condizionalità.
A Trieste inizia un esame
che durerà dodici mesi ( da "Finanza.com"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: anno dalla compagnia del Leone
segnali importanti su come uscire dalla crisi finanziaria in atto, che ha
coinvolto pesantemente anche il mondo delle polizze. Dimenticate le polemiche
sulla governance, oggi la compagnia di Trieste è concentrata sull?attività
industriale. (Riproduzione riservata)
conroe ha detto: PS: a El
Pays si ostinano ad attribuirci 58 milioni di abitanti anzichè 60 e passa.
( da "KataWeb News"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Fmi : la crisi costerà
4mila miliardi di dollari. Giù i mercati
( da "Rai News 24"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A causa della crisi finanziaria, il
debito pubblico italiano salira' nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti
percentuali dal 106% del 2008. "Il sistema finanziario globale - aggiunge
l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda
famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle
emergenti"
Fmi, rivisto al rialzo
costo crisi "Svalutazioni per 4.000 miliardi $"
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Fmi, rivisto al rialzo costo crisi
"Svalutazioni per 4.000 miliardi $" WASHINGTON - Il Fondo Monetario
Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi
finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial
Stability Report - "potrebbero raggiungere i 4.
FMI: CRISI FINANZA
COSTERA' OLTRE 4.000 MILIARDI DOLLARI
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: CRISI FINANZA COSTERA' OLTRE 4.000
MILIARDI DOLLARI (AGI) - Roma, 21 apr. - La crisi finanziaria globale arrivera'
a costare oltre 4.000 miliardi di dollari nelle sole economie avanzate. Il
calcolo e' del Fondo monetario internazionale secondo cui gli istituti di
credito europei e statunitensi avranno bisogno di ulteriori iniezioni di
capitali per 1.
Piazza Affari, nessuna
schiarita all'orizzonte ( da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ultimo rapporto sulla crisi
finanziaria ha lanciato un allarme sulle possibili perdite delle banche,
elevando la sua stima a ben 4.000 miliardi di dollari. L'euro continua a
recuperare terreno, attestandosi a 1,297 USD, forte anche del buon dato sullo
ZEW tedesco, pubblicato stamattina e risultato decisamente migliore del
previsto.
Allarme FMI, 4.000
miliardi di perdite per le banche
( da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: pubblicato oggi un aggiornamento
sulla crisi finanziaria e sull'instabilit del sistema finanziario. La
previsione delle svalutazioni sofferte dalle banche USA era gi stata elevata a
gennaio da 2.200 a 2.700 mld di dollari, ma il FMI ha ulteriormente elevato
questa stima a 4.000 mld di dollari, dopo aver preso in considerazione altri
elementi ed ulteriori svalutazioni in mercati maturi,
Piazza Affari, nessuna
schiarita all'orizzonte ( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ultimo rapporto sulla crisi
finanziaria ha lanciato un allarme sulle possibili perdite delle banche,
elevando la sua stima a ben 4.000 miliardi di dollari. L'euro continua a
recuperare terreno, attestandosi a 1,297 USD, forte anche del buon dato sullo
ZEW tedesco, pubblicato stamattina e risultato decisamente migliore del
previsto.
Fmi, rivisto al rialzo
costo crisi "Svalutazioni per 4.000 miliardi $"
( da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Fmi, rivisto al rialzo costo crisi
"Svalutazioni per 4.000 miliardi $" WASHINGTON - Il Fondo Monetario
Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi
finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial
Stability Report - "potrebbero raggiungere i 4.
Allarme FMI, 4.000
miliardi di perdite per le banche
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: pubblicato oggi un aggiornamento
sulla crisi finanziaria e sull'instabilità del sistema finanziario. La
previsione delle svalutazioni sofferte dalle banche USA era già stata elevata a
gennaio da 2.200 a 2.700 mld di dollari, ma il FMI ha ulteriormente elevato
questa stima a 4.000 mld di dollari, dopo aver preso in considerazione altri
elementi ed ulteriori svalutazioni in mercati maturi,
Fmi: ''la crisi costerà 4
miliardi di dollari'' ( da "RomagnaOggi.it"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: rivede nuovamente al rialzo il
costo della crisi finanziaria: entro il 2010 le svalutazioni "potrebbero
raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle
banche". "Il sistema finanziario globale - ha aggiunto l'Fmi - resta
sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e
banche sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti"
Fmi: La crisi costerà
4.000 miliardi di dollari ( da "AudioNews.it"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 22 Economia Fmi: La crisi costerà
4.000 miliardi di dollari 16.14: La crisi finanziaria costerà in tutto il mondo
4.000 miliardi di dollari, e per due terzi ricadrà sulle banche. Così il Fondo
Monetario internazionale, che per la prima volta effettua una stima non
limitata solo agli Stati Uniti.
Ceramica, contro lo
spettro della crisi investimenti massicci e prodotti al top
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: contro lo spettro della crisi
investimenti massicci e prodotti al top la svolta WALTER GALBIATI La crisi
finanziaria ed economica che, partendo dai mutui subprime americani, ha scosso
le basi del credito e messo in ginocchio le industrie di mezzo mondo, non
poteva non far sentire il suo morso anche sui distretti industriali italiani.
Semplificare l'offerta per
rilanciare il business ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «La crisi finanziaria ha spinto il
gruppo a dare priorità ad altre divisioni ? commenta Piero Tosti,
amministratore delegato di Aletti Gestielle Sgr ? Per quanto ci riguarda,
abbiamo rivisitato la gamma prodotti, dimezzando il catalogo da 44 a 22.
Aprile, lo
"tsunami" dei dividendi
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tsunami" dei dividendi La
crisi finanziaria si abbatte sulla stagione dei dividendi, che entra nel vivo
oggi e caratterizzerà tutta l?ultima decade di aprile. Quest?anno, le società
comprese nel paniere S&P Mib hanno deciso di destinare ai propri azionisti
14,38 miliardi di euro, contro i 27,26 miliardi dello scorso anno.
Nuove regole e trasparenza
ma l'Europa viaggia divisa ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi facesse sentire tutti i suoi
effetti, diretti e "collaterali", sui mercati finanziari mondiali.
«Prima che la crisi scoppiasse ? ha detto in aula il socialista Paul Nyrup
Rasmussen, firmatario della prima iniziativa legislativa ? già ci eravamo detti
preoccupati per le tensioni nel mercato finanziario e per questa bolla
finanziaria che è scoppiata diventando una tempesta finanziaria»
"Gli italiani non
scappano dalla crisi" ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Gli italiani non scappano dalla
crisi" Nei mesi della crisi finanziaria le perdite sono state percepite
come "rilevanti" solo dal 10% dei risparmiatori e
"contenute" dal 37%. Il 51% non ha subito perdite. Sono questi i dati
emersi da un?indagine condotta a febbraio da Gfk Eurisko per conto di Assoreti
su bisogni e aspettative delle famiglie italiane dopo la crisi dei mercati.
Come trasformare in un
business la "seconda vita" dei rifiuti hitech IL PUNTO / E' in
crescita continua, tra il 3 e il 5% annuo, la massa dei rifiuti elettrici ed
elettronici. L'Eu ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: era delle crisi che ci troviamo ad
affrontare nello stesso momento: crisi finanziaria, crisi energetica, crisi
climatica. Il minimo comun denominatore per uscire dall?impasse è tornare alle
radici, al principio primo che muove l?economia: vince chi, a parità di
prestazioni, consuma meno.
Allarme Fmi: "La
crisi costerà 4mila miliardi Debito Italia al 121%"
( da "Giornale.it, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: data la natura globale della
crisi", gli effetti delle politiche nazionali potranno avere pieno
successo "soltanto se realizzate in modo coordinato tra tutti i Paesi
coinvolti". Il debito italiano A causa della crisi finanziaria, il debito
pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti
percentuali dal 106% del 2008.
Approdo dolce per Piazza
Affari ( da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Notizie negative sono giunte dal
Fondo Monetario Internazionale, che nell'ultimo rapporto sulla crisi
finanziaria ha lanciato un allarme sulle possibili perdite delle banche,
elevando la sua stima a oltre 4.000 miliardi di dollari. Il FMI ha anche confermato
l'attesa di una esplosione del rapporto debito/PIL dell'Italia al 121% nel
2010.
Approdo dolce per Piazza
Affari ( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Notizie negative sono giunte dal
Fondo Monetario Internazionale, che nell'ultimo rapporto sulla crisi
finanziaria ha lanciato un allarme sulle possibili perdite delle banche,
elevando la sua stima a oltre 4.000 miliardi di dollari. Il FMI ha anche
confermato l'attesa di una esplosione del rapporto debito/PIL dell'Italia al
121% nel 2010.
Fmi: debito Italia nel
2010 salirà al 121% ( da "Sestopotere.com"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nel Global Financial Stanbility
Report riferisce che il costo della crisi finanziaria potrebbe toccare i 4000
miliardi di dollari di svalutazioni di cui due terzi a carico delle banche.
Inoltre sempre per effetto della crisi finanziaria, il debito pubblico italiano
salira' nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del
2008.
E' nel blog il futuro del
giornalismo?. ( da "Giornale.it,
Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che nella crisi finanziaria inizia
a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo
Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia
risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e
costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie
responsabilità questo può essere positivo»
Il Vaticano contro le
dichiarazioni di Ahmadinejad. ( da "Giornale.it,
Il" del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel
momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento
etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi
finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono
creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,
La casta dei top manager
continua a imperare (anche in Italia)
( da "Giornale.it, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che nella crisi finanziaria inizia
a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo
Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia
risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e
costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie
responsabilità questo può essere positivo»
Fmi: la crisi costerà
4mila miliardi di dollari. Geithner: le banche USA sono solide
( da "Rai News 24"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In Italia A causa della crisi
finanziaria, il debito pubblico italiano salira' nel 2010 al 121% con un
incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008. "Il sistema
finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di
una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate
che in quelle emergenti"
( da "Stampa, La" del
19-04-2009)
Argomenti: Crisi
IL RICORSO La
storia La pensionata in tribunale contro Berlino "Dovete salvare i miei
risparmi Come le banche" «I miei titoli tossici vanno garantiti dal fondo
di Stato» ALESSANDRO ALVIANI BERLINO È giusto che uno Stato spenda miliardi per
salvare le banche che hanno acquistato titoli tossici ma lasci a mani vuote i
cittadini che hanno puntato sugli stessi titoli? Hannelore Sporberg non ci ha
pensato su due volte: non solo non è giusto, ma è addirittura incostituzionale.
Così, a 68 anni, dopo aver perso metà del suo patrimonio in
certificati-spazzatura firmati Lehman Brothers, questa pensionata di Monaco di
Baviera è scesa in campo contro lo Stato tedesco, depositando un ricorso alla
Corte costituzionale. Il suo obiettivo: essere «protetta», al pari di
Commerzbank o Hypo Real Estate, dal fondo salva-banche di quasi 500 miliardi
varato in autunno da Berlino. Come gli istituti possono dirottare i loro titoli
tossici in quel fondo, argomentano i suoi avvocati, anche i privati caduti
nella stessa trappola devono poterlo fare. Del resto l'articolo 3 della
Costituzione federale parla chiaro: «tutti i cittadini sono uguali». Nonostante
un annuncio messo sui giornali, però, la Sporberg non ha trovato nessun altro
risparmiatore disposto a sostenerla e ha così deciso di intraprendere da sola
la sua battaglia legale. L'incubo, per questa ex dipendente di uno studio
dentistico, inizia nel marzo del 2007 con una telefonata. All'altro capo della
cornetta un giovane impiegato di Dresdner Bank le suggerisce di acquistare
certificati di Lehman Brothers. La Sporberg è cliente di Dresdner da
quarant'anni, non ha motivo di dubitare. E non sospetta dei possibili rischi.
Così sceglie di acquistare titoli per 40 mila euro, metà del suo patrimonio. Un
anno e mezzo dopo la Lehman fallisce e Hannelore Sporberg si ritrova tra le
mani dei certificati senza alcun valore. Proprio come gli altri 50 mila
tedeschi che avevano affidato i loro risparmi all'istituto statunitense o i 30
mila ammaliati dagli alti interessi promessi dalla Kaupthing, la prima banca
islandese, nazionalizzata lo scorso ottobre. Per la prima volta la Sporberg,
che vive da sola dopo la morte del marito e non ha mai avuto problemi
economici, è costretta a rivedere le sue spese. E negli stessi giorni in cui la crisi finanziaria bussava alla sua porta, Berlino metteva su in fretta e furia un
programma da 480 miliardi di euro per salvare le banche in crisi. A gestire gli aiuti è un apposito
fondo, il Soffin, che, oltre a offrire garanzie e misure di ricapitalizzazione,
può anche riacquistare titoli-spazzatura fino a un massimo di cinque miliardi
di euro per ogni istituto di credito. Il fondo è già andato in soccorso
di big come Commerzbank o Ikb. Ma non di Hannelore Sporberg: la legge non
prevede infatti che a usufruirne siano anche i clienti delle banche. Un
ostacolo che potrebbe restare immutato: per gli esperti il ricorso della
Sporberg alla Corte costituzionale non ha molte chance di successo. La
pensionata-pasionaria di Monaco di Baviera, però, non ha intenzione di mollare.
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( da "Stampa, La" del
19-04-2009)
Argomenti: Crisi
UNA RICERCA SUL
SOMMERSO INDAGINE CONGIUNTURALE: PRIMO SEMESTRE 2009 FILO DIRETTO CON LE
IMPRESE Tracciata la mappa degli irregolari Ordini e fatturato in caduta libera
l'artigianato è ai minimi storici Fornire una mappatura sul lavoro sommerso e
sulla regolarità contributiva delle imprese artigiane piemontesi, stimandone il
fenomeno. Da questi presupposti nasce la ricerca, frutto della collaborazione
tra l'Istituto «Ricerche e Progetti» e il Sistema Informativo delle Attività
Produttive della Regione Piemonte. La prima questione riguarda i numeri del
lavoro irregolare: quanti sono i lavoratori in nero nell'artigianato? In quali
settori o aree sono più numerosi? Le imprese più grandi come si comportano? Nel
dare risposta a queste domande, si è potuto creare una sorta di «mappe» del
sommerso, non solo geografiche, ma anche settoriali e dimensionali. Le
informazioni contenute negli archivi del Sistema Informativo delle Attività
Produttive, hanno permesso di identificare le imprese che hanno subito un controllo
da parte dell'Inps: quando, con quale esito, il tipo di irregolarità
riscontrate, l'eventuale presenza di lavoro nero (persone italiane e
straniere), l'entità delle somme contestate. Le stime coprono un arco di tempo
di almeno otto anni, così le disponibilità attuali consentono l'analisi sul
periodo 1999-2007. La seconda questione a cui vuole rispondere la ricerca
interessa da vicino il decisore pubblico: le imprese che chiedono finanziamenti
temono gli ispettori dell'Inps o il loro comportamento è irreprensibile? E poi,
il «finanziamento» può costituire un fattore «protettivo» verso l'esito
dell'ispezione? Inoltre, la permanenza nell'Artigianato, e quindi l'accesso ai
fondi specifici, è subordinato al rispetto di determinati vincoli dimensionali.
E allora come comportarsi in caso venisse contestato un numero di lavoratori in
nero tale da spingere le dimensioni dell'azienda oltre i limiti previsti per
essere qualificati come artigiani? Perchè in questo caso il finanziamento
specifico per le imprese artigiane risulterebbe concesso ad un'azienda che non
ne possedeva i requisiti. Lo studio costituisce un primo passo verso una più
approfondita conoscenza della situazione nel contesto regionale. Attraverso un
esame rigoroso delle fonti di letteratura grigia, dei dati statistici e dei
pochi studi esistenti, si è voluto operare una prima ricognizione e
organizzazione dei materiali, come base per futuri approfondimenti. Le
conoscenze raccolte non sono certamente esaustive, tuttavia consentono di
approntare un primo quadro d'insieme. L'incrocio dei dati relativi al piccolo
esperimento piemontese, mostra come non tutte le imprese finanziate siano
esenti da contestazioni da parte degli ispettori dell'Inps. Gli importi
coinvolti non sono irrilevanti: si tratta di ben 110 milioni di euro di
finanziamenti per l'artigianato concessi nel periodo 2002-2004 e distribuiti a
più di 13.000 imprese. Nello stesso periodo le aziende ispezionate sono state
6.400. Di queste circa 1.000 compaiono nella lista delle finanziate: il 55% non
è stata dichiarata regolare. L'importo totale dei contributi e sanzioni dovuti
all'Inps supera i 3 milioni di euro, quello dei finanziamenti ricevuti i 10
milioni, di cui 6,3 dati ad imprese «irregolari». Bisogna però aggiungere che
una gran parte delle imprese «irregolari» non è stata sanzionata vuoi perché
ancora in tempo per sanare la sua posizione, vuoi perchè si è vista contestare
somme contenute. Un dato: tre imprese su quattro non superano i 500 euro di
contributi non versati e sanzioni. Esistono però casi di irregolarità più
gravi. La cosa interessante e per certi versi grottesca, è che imprese con
lavoratori non regolari potrebbero aver richiesto dei fondi stanziati per
incrementare l'occupazione. Si nota che le imprese regolari ricevono meno del
40% del totale dei finanziamenti erogati, mentre le 249 imprese «più»
irregolari hanno ricevuto 3,3 milioni di euro e sembra ne debbano versare 3,1
all'Inps. In sintesi: il finanziamento riduce la probabilità che un'azienda sia
risultata irregolare alla visita dell'Inps. E il fatto diventa rilevante
soprattutto per le imprese che hanno ottenuto piccoli finanziamenti (inferiori
cioè a mille euro). Per concludere, ciò che si può osservare è una «relazione
debole» tra comportamenti in un qualche momento scorretti e la richiesta di
contributi pubblici. Allora, mutuando il linguaggio proprio dell'epidemiologia
e suddividendo le imprese in sane (regolari) e malate (irregolari), finanziate
e non finanziate, sembri che la «cura» funzioni, ossia riduca in modo significativo
il rischio di ammalarsi, ma l'effetto tende a scomparire all'aumentare delle
dosi del farmaco, ovvero del finanziamento ricevuto.Il secondo semestre del
2008 ha visto approfondirsi i segnali di rallentamento dovuti
alla crisi finanziaria
internazionale. In Piemonte la dinamica negativa riguarda tutti i comparti,
anche se le difficoltà del settore auto risultano colpire la regione in misura
più accentuata. Le imprese artigiane piemontesi, che già avevano evidenziato
nella prima parte dell'anno evidenti difficoltà, sono entrate in una delle fasi
più negative mai registrate dalla storia. È quanto emerge dall'indagine
congiunturale sull'artigianato del 1° semestre 2009, realizzata dalla Regione
Piemonte. Nel semestre in esame, il 43,9% delle imprese ha visto diminuire il
fatturato, il 49% ha segnalato un calo della domanda, il 9,5% ha ridotto il
numero degli occupati. Il quadro di un comparto in ginocchio è completato dal
forte incremento della percentuale di imprese che non effettuano investimenti:
sono ben il 67,2%. Oltre alle performances negative, sul clima di fiducia dei
piccoli imprenditori pesano anche la percezione di un drastico restringimento
del credito e il procrastinarsi dei tempi ipotizzati per la ripresa. Le
indicazioni maggiormente negative provengono dal comparto manifatturiero, dove
rispetto al primo semestre 2008 si registra un drastico calo della domanda (da
-36,1% a -47,8%) e fatturato (da -30,2% a- 42,0%). Nell'area dei servizi la
peggiore performance si ha nel settore dei trasporti; meno negativi i risultati
conseguiti dalle imprese artigiane di servizi alla produzione, settore dove -
tra l'altro - si è investito di più: il 53,1% a fronte di un dato medio del
32,8%. Più interlocutoria, invece, la situazione dei due rami che operano sul
mercato consumer: seppur con tutte le cautele del caso, il settore riparazioni
sembra «tenere», mentre sono negative le indicazioni provenienti dai servizi
personali, ovvero acconciature, tinto-lavanderie, estetica. Non si raccolgono
infine segnali in controtendenza tra le imprese di costruzioni. Rispetto a sei
mesi prima sono calati sensibilmente il livello della domanda e del fatturato
mentre il saldo sull'occupazione è nella media generale. Ovunque la crisi sembra dilagare, ma i suoi effetti sono ancora
differenziati nei settori e nei territori: se un anno fa, performance e
investimenti della provincia capoluogo trainavano verso l'alto, nel giro di un
anno il saldo del fatturato a Torino è addirittura precipitato. Le altre
situazioni che si distinguono per risultati critici sono la provincia di Biella
dove le conclamate difficoltà del sistema delle produzioni tessili continuano a
influire negativamente sugli indicatori di performance, e la provincia di
Alessandria, area il cui pessimismo si radica in andamenti negativi che hanno
segnato l'intero 2008. In questo scenario può essere interpretato come positivo
il dato rilevato tra gli artigiani della provincia di Cuneo. Più interlocutorie
le indicazioni provenienti da Asti e dintorni, nel complesso un po' meno
negative della media e in più contenuto calo rispetto alle ultime rilevazioni.
Il più equilibrato mix produttivo del Piemonte sud-occidentale,
plurispecializzato e meno dipendente da settori trainante, potrebbe aver
contribuito ad attutire - almeno temporaneamente - i colpi della crisi. In conclusione, la situazione di difficoltà abbraccia
la larghissima maggioranza delle imprese, senza grandi divari tra le ditte con
un solo addetto e quelle più strutturate. Proprio le imprese collegate alle
filiere più solide dell'economia piemontese sembrano pagare in misura più
evidente gli effetti della crisi. Purtroppo, tutte le
previsioni relative al 2009 evidenziano che la fase più acuta della crisi deve ancora arrivare. Le possibilità di tenuta
dell'impresa molecolare e del lavoro autonomo appaiono in evidente relazione
con l'efficacia degli ammortizzatori predisposti dalle istituzioni centrali e
regionali.
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( da "Giornale di Brescia"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione:
19/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia Spesa per le pensioni
nuovo allarme dall'Ue BRUXELLESL'Ue si appresta a lanciare un nuovo allarme
pensioni in Europa: la recessione coincide con la prima ondata di pensionamenti
legata al fenomeno del baby-boom. Ma «non deve diventare una scusa per
sospendere la modernizzazione dei sistemi previdenziali». Perchè, senza
drastiche riforme, l'impatto congiunto della crisi e
dell'aumento della spesa pubblica sui conti pubblici e sulla crescita economica
rischia di essere devastante. Potrebbe costare una cifra pari al 10% del Pil
pro-capite entro il 2020, si legge nella bozza del Rapporto 2009
sull'invecchiamento della popolazione europea che la Commissione Ue adotterà
nei prossimi giorni, e di cui siamo in grado di anticipare i contenuti. I dati
dell'Esecutivo europeo parlano chiaro: da qui al 2060 il rapporto tra
lavoratori e pensionati passerà dall'attuale quattro a uno, a due lavoratori
per un pensionato. Considerando anche - si sottolinea - che «complessivamente
l'occupazione nell'Ue è attesa ridursi di circa 19 milioni di unità entro il
2060». E se la Spagna - insieme a Grecia e Irlanda - viene indicata come uno
degli Stati membri maggiormente a rischio sul fronte dell'aumento della spesa
pensionistica, che in rapporto al Pil potrebbe aumentare anche oltre il 7% da
qui al 2060, l'Italia figura nel gruppo di Paesi (tra cui la Francia) in cui è
attesa una impennata «più moderata» della spesa previdenziale, del 4% o meno.
Questo grazie alle riforme già effettuate dagli anni '90 in poi che se non
hanno risolto totalmente il problema un certo contributo all'attenuazione della
spesa l'hanno dato. Germania e Regno Unito si situano invece in un gruppo di
mezzo, quello che raccoglie i Paesi in cui il costo dell'invecchiamento della
popolazione viene considerato «ancora molto elevato», con un aumento della
spesa tra il 4 ed il 7% del Pil nei prossimi cinquant'anni. Quanto all'Italia
in soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lievita fino ad un 1%
in più rispetto al Pil: l'incremento è dovuto
principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di
crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto «Le tendenze di
medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario» che include le
previsioni della Ragioneria Generale dello Stato.
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( da "Repubblica, La"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 25 -
Esteri Il Negresco des Anglais Il Savoy, l´hotel di Winston Churchill Il
"Singapore Sling" del Raffles Dall´hotel Savoy al Singapore Raffles addio
ai 5 stelle che hanno fatto storia In vendita i gioielli di Al Waleed.
Testamento per il Negresco Per il gran palace d´oriente il principe saudita
avrebbe chiesto 450 milioni di dollari ANAIS GINORI DAL NOSTRO INVIATO PARIGI -
Bisogna sperare che ci sia qualcuno disposto a pagare per un pezzo di storia,
che sappia apprezzare le atmosfere, la patina degli arredi e ricordare, chissà,
pagine ispirate ai luoghi. Qui non si tratta di valutare solo metri quadrati.
Il Raffles di Singapore e il Savoy di Londra, ora messi in vendita dal principe
Al Waleed, come il Negresco di Nizza, non sono soltanto splendidi hotel di
lusso. Nel Raffles ha vissuto Somerset Maugham, che scriveva ogni mattina
sorseggiando il «Singapore Sling», il cocktail della casa a base di gin. Di
passaggio Rudyard Kipling appuntò sul taccuino «cibo eccellente, camere
orrende». Trecento soldati giapponesi fecero hara-kiri nell´albergo, alla
liberazione di Singapore nel 1945. Sono stati ospiti Hemingway, Charlie
Chaplin, Ginger Rogers. Del Savoy, forse il più bell´albergo di Londra,
basterebbe dire che è stato l´alcova di Oscar Wilde con il suo amante, Sir
Alfred Douglas. O ricordare che in quei saloni Winston Churchill riuniva il suo
riservato club politico e fu sempre qui che tenne il suo ultimo discorso
pubblico prima di morire. Ecco perché non si tratta di semplici affari
immobiliari. Eppure la crisi si fa sentire anche per
un principe saudita che ha 300 Ferrari nel garage e ha appena ordinato un
Airbus 380. Il Raffles sarebbe stato offerto al miglior offerente, ma si parla
di 450 milioni di dollari, prezzo giudicato «bassissimo» dagli esperti. Per il
Savoy non si conosce una stima, e anzi il direttore dell´albergo ha anche
smentito che il gran palace sia effettivamente in vendita, come scritto dal
Times. L´hotel londinese, comprato da Al Waleed nel 2005, è già alle prese con
lavori di ristrutturazione che ritardano: la riapertura prevista a maggio è
stata rinviata. L´acquisto dell´hotel di Singapore era invece avvenuto nel 2004
da parte di una compagnia americana che ne aveva già - opinavano i puristi del
luogo - deturpato l´atmosfera, aprendo un´arcata commerciale con negozi di moda
e gioielli. Al Waleed sembra comunque determinato a concludere l´operazione.
Probabilmente venderà tutta la sua parte della società Fairmont Raffles Hotel
International per coprire le perdite di alcuni investimenti malandati
dell´ultimo anno. La fortuna di Al Waleed, è stato calcolato, è scesa da 21 a
13 miliardi di dollari per colpa della crisi finanziaria. Certi sentimentalismi
sui luoghi del passato forse non fanno per lui. Ma resistono invece nelle
intenzioni di Jeanne Augier, l´anziana proprietaria del Negresco di Nizza: la
signora ha annunciato che lascerà il suo mitico palazzo sulla Promenade des
Anglais a una fondazione che si occuperà di devolvere gli introiti per la causa
a lei più cara: gli animali abbandonati.
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( da "Tirreno, Il"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 2 -
Montecatini Il Credito cooperativo Valdinievole aiuta chi finisce in cassa
integrazione MONTECATINI. L'attuale contesto di crisi finanziaria sta producendo effetti
preoccupanti sull'economia locale, con ripercussioni sia sul tessuto produttivo
che sulle famiglie. Per questo le banche di credito cooperativo scendono in
campo per sostenere privati e imprese svolgendo un'azione anticiclica, volta
cioè a erogare credito anche nei momenti in cui questo viene ridotto da parte
del sistema bancario. Il Credito Cooperativo Valdinievole è pertanto
pronto a recepire la convenzione stipulata tra Fidi Toscana e Federazione
Toscana Bcc per i lavoratori dipendenti di aziende in cassa integrazione
guadagni (Cig) o straordinaria (Cigs). Tale strumento, grazie all'utilizzo di
uno specifico fondo costituito dalla Regione, permetterà l'anticipazione ai
lavoratori del trattamento Cig o Cigs in attesa dell'effettiva liquidazione da parte
dell'Inps. Ai lavoratori che verranno a trovarsi in cassa integrazione, il
Credito Valdinievole metterà a disposizione sul conto corrente individuale le
somme corrispondenti all'anticipo dei futuri accrediti dell'Inps. Per l'intera
durata dell'anticipazione, a carico del lavoratore non saranno previsti né
interessi, né altre spese (neppure quelle di bollo). In particolare, la banca
delibererà la concessione, nella forma di anticipazione su conto intestato al
lavoratore, di un finanziamento massimo di 700 euro al mese per la durata
massima di 8 mesi, per un importo complessivo non superiore a 5.600 euro,
richiedendo il rilascio del certificato di garanzia a Fidi Toscana. Inoltre, in
caso di ritardo nel completamento della procedura di Cigs, potrà essere
riconosciuta l'anticipazione di ulteriori 4 mensilità per una durata
complessiva che salirà a 12 mesi e un importo totale di 8.400 euro. Qualora
alla scadenza dell'ottavo mese (dodicesimo in caso di proroga) l'Inps non abbia
ancora effettuato il pagamento, la banca potrà posticipare o rinnovare
l'affidamento dietro esplicita richiesta e proroga della garanzia da parte di
Fidi Toscana. La restituzione di quanto utilizzato dal lavoratore avverrà
automaticamente al momento del pagamento degli arretrati da parte dell'Inps. La
linea di credito scadrà nel momento in cui l'Inps verserà le somme dovute al
lavoratore. In questa situazione di crisi,
l'iniziativa del Credito Valdinievole rappresenta un concreto aiuto sia per le
piccole e medie imprese sia per i lavoratori. Per quest'ultimi e le loro
famiglie perché li aiuta a superare un particolare momento di tensione finanziaria; per le imprese, perché le aiuta a ridurre il
rischio di dispersione di quel capitale umano che è rappresentato dalle
professionalità dei lavoratori. Alla presentazione di questo strumento erano
presenti Patrizia Pellegatti della Cisl e Carlo Menci della Uil, che hanno accolto
con entusiasmo l'iniziativa ricordando che nei primi mesi del 2009 la cassa
integrazione è salita del 248% a livello provinciale. «E' quello che abbiamo
sempre chiesto - hanno detto i sindacalisti - e per questo abbiamo costituito
anche un'unità di crisi con cui approfondire le
tematiche in materia di credito».
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( da "Repubblica, La"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 27 -
Economia Zaia al G8 dell´agricoltura "Sì ai dazi salva-imprese" I
Grandi: più qualità e sicurezza nel cibo RODOLFO SALA dal nostro inviato CISON
DI VALMARINO (Treviso) - Un po´ no global, parecchio contro gli Ogm, sostenitore
convinto della green economy di Obama, da lui citato in abbondanza. Però il
leghista Luca Zaia, in questa prima giornata del summit con i suoi colleghi
ministri dell´Agricoltura del G8, in un vecchio castello del Trevigiano,
rilancia il vecchio tema dei dazi. «Non ho una posizione di
protezionismo - dice - ma
in una condizione di mercato libero occorre certamente trovare un punto di
equilibrio: senza dazi sul riso prodotto in Tahilandia i nostri produttori di
Vercelli verrebbero cancellati». Insomma: «E´ inevitabile che i costi di
produzione siano diversi nei Paesi che noi rappresentiamo e in quelli in via di
sviluppo, però negli scambi commerciali non ci devono essere handicap,
anche perché c´è il rischio che la rincorsa sui prezzi porti all´appiattimento
della qualità e della sicurezza alimentare». Per Zaia è quasi un´ossessione.
Qualità e sicurezza diventano il punto centrale di questo vertice, che domani
dovrebbe partorire un documento comune da presentare al G8 della Maddalena. Ci
sono altre parole d´ordine ambiziose: lotta alla fame nel mondo, anche quella
"nascosta", fatta di cibo "scadente e pericoloso, soprattutto
per i bambini". Guerra alla contraffazione: «Su dieci prodotti dichiarati
italiani, uno solo le è davvero». E uno stop deciso alla corsa verso il
biocombustibile (secondo previsioni della Fao nel 2015 la produzione europea
aumenterà del 47%). Mettere tutti d´accordo non sarà facile. Il ministro ne è
consapevole, ma non rinuncia dire la sua. Intanto apre ai no global: «Io sono
pronto a incontrare tutti, anche loro; anzi se fossero a questo vertice credo
proprio che non ci sarebbero problemi: è difficile protestare con un ministro
così
». Poi si dichiara contro gli ogm. Posizione
"personale", e non del governo, ma lui tiene a precisarlo: «Su questo
problema il mondo scientifico è spaccato a metà; e comunque chi rappresenta i cittadini
deve tenere conto delle loro opinioni: quattro italiani su cinque sono contrari
agli ogm, ne vogliamo parlare?». Su questo, Zaia ha già trovato una sponda
nella collega tedesca Ilse Aigner, che ha appena decretato lo stop alla
produzione di mais geneticamente modificato perché provoca la morte degli
insetti. E naturalmente nella Francia, da sempre schierata sul no agli ogm. «Io
no global? - sorride il ministro - Non faccio altro che portare anche nel
settore dell´agricoltura le idee del mio partito: coerenza, difesa identitaria
dei territori e dei contadini». Insomma: «La qualità alimentare non deve essere
un lusso, ma uno standard per tutti, e quindi bisogna fare in modo che la
triste logica del mercato non costringa i produttori a comprimere i costi
necessari per garantire la sicurezza di quel che mangiamo». E Obama? «Sono anni
che lo seguo, non da oggi: dice cose che noi diciamo da sempre, e la prima è
che gli Stati uniti devono pensare ai loro agricoltori». Anche con
l´imposizione dei dazi sui prodotti concorrenti, che hanno «costi bassi, ma
anche bassissima qualità».
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( da "Messaggero, Il (Abruzzo)"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 19
Aprile 2009 Chiudi di ROMANO PRODI SE SI ragiona sui freddi dati bisogna
necessariamente constatare che l'economia mondiale è ancora in recessione. Il
suo tasso di sviluppo è ancora negativo, il commercio globale mostra anch'esso
il segno meno e l'unico dato col segno positivo è purtroppo quello della
disoccupazione. Eppure, anche se ancora piove a dirotto, non si possono
trascurare alcuni segnali che possono fare pensare che la grande crisi, anche se ancora lungi dall'essere risolta, stia
entrando in una fase di minore turbolenza. Il primo segnale è puramente
politico. Pur non avendo preso nessuna decisione straordinaria, la riunione dei
G20 tenuta a Londra all'inizio di Aprile, ha dimostrato che nel mondo si è
ricostituito un possibile nucleo di comando. Il fatto che attorno allo stesso
tavolo fossero seduti gli Stati Uniti, la Cina e, seppure in modo più defilato,
l'Unione Europea, ha mandato a tutti il messaggio che si sta ricostituendo la
struttura di comando di cui vi era assolutamente bisogno. Da una crisi anarchica stiamo cioè passando ad un mondo in qualche
modo governato. Anche all'interno delle grandi aree economiche mondiali la
paura sta lentamente diminuendo, lasciando, di fronte ad azioni in grado di
poterla contrastare. L'area che sembra essere più avanti in quest'azione di
contrasto è certamente la Cina dove le centinaia di miliardi di dollari di
potere d'acquisto iniettate nel sistema economico durante gli ultimi mesi,
stanno dando i primi frutti, che si sono tradotti in un sostanzioso aumento della
produzione industriale e degli ordinativi delle imprese. Il secondo messaggio
(non così positivo ma almeno di minore pessimismo) arriva dagli Stati Uniti,
dove gli ultimi dati di alcune grandi realtà economiche, come Citigroup e
General Electric, sono meno negativi delle previsioni. La fiducia dei
consumatori non potrà riprendersi in modo stabile se gli americani non verranno
liberati dalle tre grandi paure da cui sono ancora afflitti , e cioè la paura
di perdere le case in conseguenza delle ipoteche non pagate, di vedere i propri
fondi pensione decurtati dalla crisi finanziaria e, infine la paura di ammalarsi da parte dei 50 milioni di
cittadini che non sono ancora coperti da alcun tipo di assicurazione contro le
malattie. Per tutti questi motivi, e non solo per l'iniezione di capitale
pubblico nelle banche, è diventato ormai un luogo comune ripetere che l'uscita
dall'emergenza economica passa più dalla Casa Bianca che non da Wall Street.
Tale uscita, infatti, deve essere forzatamente accompagnata dalla messa in atto
di quella grande innovazione sociale che stava alla base del programma
elettorale di Obama. Più pallidi sono i segnali provenienti dall'Europa, sia
per la mancanza di una politica comune a livello continentale, sia per la
divergenza delle situazioni dei singoli Paesi europei.
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( da "Corriere della Sera"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera sezione: Economia data: 19/04/2009 - pag: 29 L'alleanza Dopo l'uscita di
Preda, che cederà un pacchetto di azioni pari al 3% del capitale Esperia,
riassetto tra Mediobanca e Mediolanum MILANO L'uscita di Stefano Preda anche
dal capitale di Banca Esperia, istituto specializzato nel private banking, non
dovrebbe modificare i pesi relativi dei due azionisti, Mediobanca e Mediolanum,
che attualmente sono presenti con il 48,5% ciascuno. Preda, che all'assemblea
di mercoledì lascerà la presidenza, starebbe negoziando la vendita del suo 3% e
la quota dovrebbe essere acquisita in modo paritetico da Piazzetta Cuccia e dal
gruppo di Ennio Doris. Il 22 aprile dunque segnerà la svolta in Esperia con
l'assemblea convocata in sede ordinaria e straordinaria. La società cambierà la
governance con la prima nomina di un amministratore delegato: sarà Andrea
Cingoli, arrivato in Esperia da Ubs Italia il 17 marzo. Come conseguenza del
cambio di governo societario voluto dagli azionisti Preda, ex presidente di Borsa
italiana, che dalla fondazione è sempre stato presidente operativo, lascerà
l'incarico restando advisor. Alla presidenza sarà nominato Edoardo Lombardi,
già presente nel board di Esperia, vicepresidente e figura forte del gruppo
Mediolanum dov'è fra l'altro amministratore delegato delle compagnie vita. Un
segnale ulteriore della soddisfazione per l'andamento della joint venture
espresso più volte pubblicamente da Doris, che ha sempre ribadito di voler
condividere lo sviluppo di Esperia con Mediobanca, a sua volta indicata in
tempi diversi dal mercato pronta ad aumentare il proprio investimento qualora
si presentasse l'opportunità. La linea comune che ha portato alla nuova
governance, che soddisfa i requisiti richiesti da Bankitalia a favore di un' organizzazione
più articolata e 'matura', comprende anche l'allargamento del consiglio, che
dovrebbe passare da quattro a sette componenti con l'ingresso di amministratori
indipendenti (come richiesto dalla Vigilanza). Inoltre il progetto dei due
azionisti partner prevede il rilancio di Banca Esperia attraverso un modello di
business che dovrebbe sviluppare sinergie di offerta tra i servizi di private e
investment banking, e puntare sui prodotti di gestione patrimoniale, di
pianificazione degli asset familiari e sulla valorizzazione del network
geografico della banca, oggi costituito da 11 filiali e 56 banker. Esperia ha tenuto bene nel corso della crisi dei mercati finanziari: il 2008 si è chiuso
con un utile di 4,1 milioni, attivi per 9,6 miliardi, una raccolta pari 436
milioni e una crescita della clientela del 3%. Edoardo Lombardi, presidente di
Banca Esperia. Nella foto in alto, la sede del quartier generale di Milano in
via Filodrammatici Sergio Bocconi
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( da "Corriere della Sera"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera sezione: Economia data: 19/04/2009 - pag: 29 Costo del denaro La frenata
di Trichet: «Bce, no alla politica dei tassi zero» ROMA I tassi europei non
scenderanno mai a valori prossimi allo zero. Il presidente della Bce,
Jean-Claude Trichet è netto nel negare l'ipotesi di una politica monetaria a
tasso zero: «Non è appropriata per il caso europeo» afferma. «Non escludiamo di
poter abbassare ulteriormente i tassi (attualmente al minimo storico dell'1,25%
ndr.), ma in una misura molto limitata» aggiunge quindi Trichet che parlando a
Tokio al Foreign Correspondents' Club of Japan, prende così le distanze dalla
banca centrale nipponica che ha fissato i sui tassi base allo 0,1%. Dalla Banca
centrale europea arriva anche la conferma di segnali
positivi sul mercato finanziario. Le misure prese fin qui dalla Bce stanno funzionando, sostiene
Lorenzo Bini Smaghi, componente del consiglio direttivo di Eurotower
intervenendo al convegno sulla crisi organizzato a Berlino dall'Aspen. «Sui mercati finanziari si vede una
progressiva rivitalizzazione dell'interbancario: i differenziali dei tassi si
stanno riducendo, i volumi delle operazioni stanno migliorando». E
sempre a Berlino il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti torna a parlare dei
legal standard, cioè dei nuovi principi giuridico-economici sui quali si dovrà
fondare la riforma del sistema finanziario e che
rappresentano uno degli impegni fondamentali del prossimo G8 della Maddalena.
«C'è sulla questione una buona apertura dei tedeschi» rivela Tremonti riferendo
l'opinione espressa a Berlino dallo sherpa del governo tedesco per il G8 Bernd
Pfaffenbach. Nel corso del convegno dell'Aspen è stato anche rilanciato
l'allarme disoccupazione. A farlo è Gian Carlo Padoan, vicesegretario generale
del'Ocse: «Nel 2010 ci saranno 25 milioni di disoccupati nei Paesi
industrializzati». Nei momenti di recessione, aggiunge Padoan, la
disoccupazione pesa maggiormente che in tempi normali sui gruppi
tradizionalmente più deboli del mercato del lavoro come i giovani, i lavoratori
poco qualificati e con contratti atipici, gli immigrati» che con il prolungarsi
della recessione, «rischiano di scendere sotto la soglia di povertà». In Italia
però, secondo il ministro per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione,
Renato Brunetta, la situazione è meno preoccupante «Rispetto a un anno fa c'è
un peggioramento della situazione occupazionale per 5-600mila unità, tutte con
protezione di reddito. Ma ci sono però altri 22 milioni di lavoratori italiani
che hanno avuto un aumento del potere di acquisto per il crollo dei prezzi,
delle tariffe e dei mutui». Il problema però è che tutto ciò «non si traduce in
consumo e investimenti perché c'è paura». Ocse, disoccupazione a 25 milioni
Tremonti: sui legal standard c'è una buona apertura dei tedeschi. Allarme
dell'Ocse: nel 2010 i disoccupati raggiungeranno quota 25 milioni Il presidente
della Bce, Jean-Claude Trichet, ieri al Foreign Correspondents' Club of Japan
di Tokio S.Ta.
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( da "Corriere della Sera"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera sezione: Libri data: 19/04/2009 - pag: 41 IL PUNTO DELLA SETTIMANA Augias
scalza la Bartlett, sale la musica di Pagani C redere o non credere? Il dilemma
della fede, affrontato dal teologo Mancuso e dal laico Augias, conquista la
vetta della Top Ten davanti a Giménez Bartlett e Casati Modignani; dietro
cresce De Luca e rientra Smith. Il nome nuovo è Nicolai Lilin (29 anni, nato
nella regione moldava della Transnistria, fa il tatuatore a Cuneo) settimo
assoluto con il duro romanzo d'esordio Educazione siberiana. Negli Italiani
sale l'amarcord anni Cinquanta di Pupi Avati, mentre il musicista Mauro Pagani
(fondatore della Pfm), al debutto da scrittore, mette a fuoco gli anni
Settanta. Negli Stranieri il racconto visionario del premio Nobel Saramago
scivola di un posto, l'unica new entry è la storia magica di Carole Martinez,
bestseller oltralpe. Nei Saggi sul podio i diari di
Montanelli e l'etica di Bianchi; dietro risale la crisi
finanziaria vista da Padoa-Schioppa ed entrano le
riflessioni postume di Kapuscinski. Nella Varia l'alpinista Confortola,
sopravvissuto alla tragedia del K2, punta alla vetta. (s. col.)
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(sezione: crisi)
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA &
FINANZA pag. 22 «La ripresa? Dipende da Usa e Cina» INTERVISTA IL PREMIO NOBEL
JOSEPH STIGLITZ di MARTINO MARTELLINI ROMA ANCHE il premio Nobel Joseph
Stiglitz (nella foto) crede che prima o poi usciremo dalla crisi
ma di certo i nostri mali non guariranno del tutto se non si interverrà sullo
squilibrio che il perverso rapporto tra Usa e Cina provoca a tutta l'economia
mondiale. Professor Stiglitz, in anni non sospetti lei sosteneva che il
"Washington consensus" condizionando il Fmi metteva a rischio il
rapporto tra le economie dei vari paesi, ora che tutto è accaduto.... «Crisi finanziaria e crisi del
clima. Purtroppo i segnali erano sotto i nostri occhi: la crisi finanziaria è scoppiata nel 2007
quando il rapporto tra debito e capitale dell'impresa è aumentato a livelli
spaventosi. Un tipo di anomalia riscontrabile in tutte le altre recessioni che
ci sono state nel dopoguerra. Stesso discorso vale per il clima vista la
nefasta influenza che i criteri di valutazione del Pil. Faccio un esempio:
prendiamo i sistemi economici di due nazioni che crescono a Pil uguale ed
utilizzano entrambi una foresta di cui dispongono, uno la distrugge
completamente senza ripiantare alberi e l'altro li ripianta. Dal punto di vista
del Pil sono uguali ma dal punto di vista della ricchezza sono diversi». Lei
parla spesso di una nuova politica delle risorse energetiche e negli Usa la
California ha iniziato a trasformare in politiche concrete questa necessità di
cambiare approccio. E' la strada giusta? «In futuro dobbiamo aumentare le
tassazioni sull'energia prodotta da indrocarburi o da fonti esauribili, i
capitali si sposteranno così su altri investimenti diretti verso lo sviluppo
delle fonti alternative. Adesso, con una crisi
economica così forte, questo intervento fiscale è impossibile, allora la
proposta è quella è cambiare le abitudini della gente, razionalizzare i
consumi, riciclo dei rifiuti sempre più efficiente fino a raggiungere la
strategia californiana dei rifiuti zero». Torniamo alla crisi
e al ruolo delle banche.... «Le banche debbono essere nazionalizzate perché gli
aiuti alle banche che oggi vengono dati a piene mani non sono altro che una
viziata ridistribuzione del reddito. Invece di dare aiuti alle banche per
sopravvivere, sarebbe meglio che questi soldi venissero utilizzati
diversamente. Lo stato acquista quote (a prezzi bassi) poi quando le banche
staranno meglio, venderà quelle quote a prezzi più alti ridistribuendo il
guadagno tra i cittadini, magari facendo pagare meno tasse». Lei è molto
preoccupato per lo squilibrio che c'è tra Cina ed Usa... «Anche se la struttura
finanziaria si dovesse rimettere in ordine, e questo
prima o poi accadrà, a livello mondiale c'è uno squilibrio enorme tra Stati
Uniti e Cina: gli Usa importano moltissimo e la Cina è ormai un ricettacolo di
dollari e bond Usa. Lo squilibrio che resta comunque è quello, ma se non si
interviene la crisi si ripresenterà ancora. Vedo dei
correttivi: sistemi di pagamenti diversi, riforma del Fmi e coinvolgimento
dell'Europa e Giappone e delle loro valute. Il mondo intero non può essere
sotto ricatto di questa anomalia». Crede che sarà possibile un altro new deal
negli Usa? «Sarebbe un errore, è inutile avere in mente grandi opere pubbliche.
All'epoca del new deal il debito pubblico era al 10%, oggi le cose non stanno
così. Poi c'è un problema di tempi: prima che una grande opera pubblica abbia
effetti economici importanti passano 5 o 10 anni, noi abbiamo bisogno di
effetti più vicini. Ci può essere solo un new deal verde, Obama ha ragione
quando pretende che si ristrutturi il modo di produrre». Lei crede molto nella
possibilità che i cittadini, appunto dal basso, possano cambiare le cose...
«Negli Usa con la crisi e la paura per i cambiamenti
climatici, sono state messe in discussione delle certezze che riguardano la
vita di tutti i giorni. C'è una nuova voglia di impegnarsi anche da voi in
Italia, il mio amico economista Mauro Gallegati ad Ancona si candida alle
elezioni per portare nel dibattito elettorale i temi rifiuti zero,
sostenibilità, Pil della felicità, nuova mobilità».
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(sezione: crisi)
( da "Giorno, Il (Milano)"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
VETRINA ECONOMIA
pag. 22 «La ripresa? Dipende da Usa e Cina» INTERVISTA IL PREMIO NOBEL JOSEPH
STIGLITZ di MARTINO MARTELLINI ROMA ANCHE il premio Nobel Joseph Stiglitz
(nella foto) crede che prima o poi usciremo dalla crisi
ma di certo i nostri mali non guariranno del tutto se non si interverrà sullo
squilibrio che il perverso rapporto tra Usa e Cina provoca a tutta l'economia
mondiale. Professor Stiglitz, in anni non sospetti lei sosteneva che il
"Washington consensus" condizionando il Fmi metteva a rischio il
rapporto tra le economie dei vari paesi, ora che tutto è accaduto.... «Crisi finanziaria e crisi del
clima. Purtroppo i segnali erano sotto i nostri occhi: la crisi finanziaria è scoppiata nel 2007
quando il rapporto tra debito e capitale dell'impresa è aumentato a livelli
spaventosi. Un tipo di anomalia riscontrabile in tutte le altre recessioni che
ci sono state nel dopoguerra. Stesso discorso vale per il clima vista la
nefasta influenza che i criteri di valutazione del Pil. Faccio un esempio:
prendiamo i sistemi economici di due nazioni che crescono a Pil uguale ed
utilizzano entrambi una foresta di cui dispongono, uno la distrugge
completamente senza ripiantare alberi e l'altro li ripianta. Dal punto di vista
del Pil sono uguali ma dal punto di vista della ricchezza sono diversi». Lei
parla spesso di una nuova politica delle risorse energetiche e negli Usa la
California ha iniziato a trasformare in politiche concrete questa necessità di
cambiare approccio. E' la strada giusta? «In futuro dobbiamo aumentare le
tassazioni sull'energia prodotta da indrocarburi o da fonti esauribili, i
capitali si sposteranno così su altri investimenti diretti verso lo sviluppo
delle fonti alternative. Adesso, con una crisi
economica così forte, questo intervento fiscale è impossibile, allora la
proposta è quella è cambiare le abitudini della gente, razionalizzare i
consumi, riciclo dei rifiuti sempre più efficiente fino a raggiungere la
strategia californiana dei rifiuti zero». Torniamo alla crisi
e al ruolo delle banche.... «Le banche debbono essere nazionalizzate perché gli
aiuti alle banche che oggi vengono dati a piene mani non sono altro che una
viziata ridistribuzione del reddito. Invece di dare aiuti alle banche per
sopravvivere, sarebbe meglio che questi soldi venissero utilizzati
diversamente. Lo stato acquista quote (a prezzi bassi) poi quando le banche
staranno meglio, venderà quelle quote a prezzi più alti ridistribuendo il
guadagno tra i cittadini, magari facendo pagare meno tasse». Lei è molto
preoccupato per lo squilibrio che c'è tra Cina ed Usa... «Anche se la struttura
finanziaria si dovesse rimettere in ordine, e questo
prima o poi accadrà, a livello mondiale c'è uno squilibrio enorme tra Stati
Uniti e Cina: gli Usa importano moltissimo e la Cina è ormai un ricettacolo di
dollari e bond Usa. Lo squilibrio che resta comunque è quello, ma se non si
interviene la crisi si ripresenterà ancora. Vedo dei
correttivi: sistemi di pagamenti diversi, riforma del Fmi e coinvolgimento
dell'Europa e Giappone e delle loro valute. Il mondo intero non può essere
sotto ricatto di questa anomalia». Crede che sarà possibile un altro new deal
negli Usa? «Sarebbe un errore, è inutile avere in mente grandi opere pubbliche.
All'epoca del new deal il debito pubblico era al 10%, oggi le cose non stanno
così. Poi c'è un problema di tempi: prima che una grande opera pubblica abbia
effetti economici importanti passano 5 o 10 anni, noi abbiamo bisogno di
effetti più vicini. Ci può essere solo un new deal verde, Obama ha ragione
quando pretende che si ristrutturi il modo di produrre». Lei crede molto nella
possibilità che i cittadini, appunto dal basso, possano cambiare le cose...
«Negli Usa con la crisi e la paura per i cambiamenti
climatici, sono state messe in discussione delle certezze che riguardano la
vita di tutti i giorni. C'è una nuova voglia di impegnarsi anche da voi in
Italia, il mio amico economista Mauro Gallegati ad Ancona si candida alle
elezioni per portare nel dibattito elettorale i temi rifiuti zero,
sostenibilità, Pil della felicità, nuova mobilità».
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( da "Stampa, La" del
19-04-2009)
Argomenti: Crisi
NUOVE MISURE
ANTICRISI I RISULTATI DEL RAPPORTO ANNUALE FILO DIRETTO CON LE IMPRESE Crediti
per un miliardo di euro Ovunque sul territorio aumentano le aziende diminuisce
l'occupazione Sono attivi dal 7 aprile scorso i Fondi di riassicurazione per le
Pmi e per l'Artigianato piemontese, istituiti dalla Giunta Regionale ed
elaborati in seno al «Comitato di indirizzo per le misure anticrisi». Finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale,
da Stato e Regione Piemonte, miglioreranno la capacità di accesso al credito
delle Pmi e delle imprese artigiane, colpite dalla situazione di recessione
determinata dalla crisi, attraverso l'erogazione di
riassicurazioni sulle garanzie prestate dai Confidi alle imprese che provengano
da un passato recente industrialmente sano. Questi Fondi sono alimentati da 40
milioni di euro, di cui 10 sul Fondo di riassicurazione per l'artigianato
piemontese, gestito da Artigiancassa SpA e 30 sul Fondo di riassicurazione per
le Pmi non artigiane piemontesi, gestito da Finpiemonte SpA. Attualmente è in
atto la fase di accreditamento dei Confidi presso i Gestori, mentre le domande
di riassicurazione potranno essere presentate dai Confidi dal mese di maggio,
con riferimento ai finanziamenti garantiti erogati nel mese di aprile. Più nel
dettaglio, la riassicurazione opererà su due linee di intervento mirate: la
stabilizzazione finanziaria delle imprese, tramite il
consolidamento dell'indebitamento a breve termine e la rinegoziazione di
finanziamenti, finalizzata alla riduzione della rata; e lo sviluppo delle
imprese, tramite operazioni finanziarie destinate all'ottenimento di finanza
addizionale rispetto a quella già in essere. Il totale dei finanziamenti
generato da questo strumento è quantificabile in circa un miliardo di euro,
cifra che aumenterà con l'eventuale adesione al Fondo da parte di altri
soggetti interessati al sostegno dell'economia delle Pmi. Alla cessazione del
Fondo, la giacenza residua potrà essere destinata a nuove operazioni di
garanzia; in alternativa, la rimanenza attiva sarà destinata ad operazioni di
facilitazione della patrimonializzazione delle imprese. Info:
http://www.regione.piemonte.it/industria/index.htm. A seguito dell'evoluzione
della normativa in materia bancaria, la Regione ha attivato inoltre interventi
per il rafforzamento patrimoniale ed organizzativo dei Confidi, secondo quanto
previsto dal Programma pluriennale di intervento per le attività produttive, in
attuazione della LR 34/2004. Tra le strutture di garanzia operanti in Piemonte
alcune dovranno intraprendere il percorso che le porterà all'iscrizione
nell'elenco speciale degli intermediari finanziari vigilati (art.107 D.lgs 1°
settembre 1993, n.385 - Testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia), altri, di minori dimensioni, manterranno l'iscrizione all'elenco
generale di cui all'art. 106 del citato Testo unico. Per i Confidi con un
volume di attività finanziaria non inferiore a 75
milioni di euro, per i quali vige l'obbligo dell'iscrizione all'elenco di cui
all'art. 107 del Testo unico, tale volume deve essere accompagnato da requisiti
prudenziali patrimoniali ed organizzativi, in primo luogo da un adeguato
patrimonio di vigilanza. La Regione ha agevolato il raggiungimento di questo
obiettivo sia con l'impiego di risorse fresche, sia consentendo la
patrimonializzazione delle risorse già conferite a vario titolo ai Confidi, ai
sensi di normative settoriali: l'operazione ha determinato l'impiego di oltre
50 milioni di euro, di cui 22 costituiti da nuovi stanziamenti. Inoltre, ha
destinato una quota delle risorse regionali anche ai Confidi di minori
dimensioni. In sintesi, l'iniziativa della Regione Piemonte ha comportato: il
sostegno prioritario al processo di iscrizione all'art. 107, con un
conferimento di 2 milioni di euro al patrimonio base di ciascun Confidi con un
volume di attività finanziaria di almeno 75 milioni di
euro o che raggiunga tale soglia entro 24 mesi; il conferimento ai Confidi, a
titolo di prestito, delle quote, risultanti al 31/12/2008, di fondi già
assegnati; la ripartizione di 12 milioni di euro tra tutti i Confidi piemontesi
a titolo di prestito. Ancora: ha eliminato i vincoli di destinazione dei
contributi ai fondi rischi assegnati in passato ai Confidi dell'Artigianato e
del Commercio.Riguardo all'economia regionale l'ultimo biennio si può
idealmente suddividere tra il 2007, anno nel complesso favorevole, e il 2008
che invece si è aperto all'insegna delle difficoltà
aggravate con il deflagrare della crisi finanziaria e produttiva a livello globale. In questo periodo il numero
delle imprese iscritte all'Albo regionale dell'Artigianato è cresciuto,
raggiungendo - a fine 2008 - la quota di 136.606 (+2250 in due anni): se in
Piemonte circa un'impresa ogni tre è artigiana, in dieci anni, il numero di
tali aziende è aumentato del 9,2%. Tale sviluppo è da attribuire alla
proliferazione di partite Iva nel settore delle costruzioni, aumentate del 40%
nel periodo 1999-2008 e di circa 3.400 unità negli ultimi due anni: oggi sono
oltre 60.000, pari al 44,2% del totale. In rapida crescita anche le imprese di
servizi alla produzione, mentre in tutti gli altri settori è proseguito il calo
del numero di aziende. Particolarmente accelerato, sempre negli ultimi due
anni, quello delle imprese di trasporti. Nei rami manifatturieri in dieci anni
si è registrata una diminuzione compresa tra il 6% e il 9,5%. Al saldo
demografico positivo del numero d'imprese non corrisponde però una dinamica
altrettanto sostenuta del numero degli occupati, aumentati nel periodo
1999-2007 solo del 3,2%. Combinando le due serie (imprese e occupati) si deduce
che la «crescita dell'artigianato» si può descrivere anche in termini di
progressiva frammentazione delle imprese: i lavoratori autonomi costituiscono
da soli il 58,5% del totale delle partite Iva artigiane. Si conferma la
tendenza di un «doppio artigianato»: da una parte la proliferazione dei
self-employed, dall'altra la progressiva strutturazione di imprese più solide.
Nel 2007 si è registrato un relativo consolidamento occupazionale: + 10.000
rispetto al 2006, quasi tutti nell'area del lavoro dipendente. L'incremento si
concentra perlopiù nelle classi superiori ai 5 addetti, specie nel settore
delle costruzioni. Sempre nel 2007, e per la prima volta dopo sette anni,
l'occupazione è cresciuta anche nei settori manifatturieri. Nel 2008 le
indagini congiunturali segnalano che molte imprese artigiane sono entrate in
difficoltà e non poche hanno ridotto il numero di occupati.
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( da "Nuova Ferrara, La"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Caffarra ieri ha
fatto visita al Sav per il suo trentennale Benedetta l'accoglienza «Sono
sorpreso da tanto rispetto per la dignità umana» Incontro alla Caricento
Ferioli: «Noi paladini della finanza etica» CENTO. «Sono meravigliato dalla
bellezza della struttura e della grande attenzione e rispetto della dignità che
il Servizio di Accoglienza alla Vita ripone nelle persone, in particolare nella
cura dei bambini. Un messaggio significativo che da questa Casa giunge alla
società civile». Così il cardinale Carlo Caffarra, a capo della diocesi
felsinea, che ieri è ritornato a Cento, presso la Casa di Accoglienza "A.
Rimondi", per celebrare i trent'anni dalla fondazione del Sav, che
gestisce dal 1996 la struttura e attualmente ospita 7 madri e 13 bambini. «Il
Sav - ha spiegato la presidente Maria Teresa Fortini - offre aiuto e assistenza
a donne e bambini, 76 dall'inizio della propria attività, senza preclusioni di
religione, razza e ideologia, provenienti da situazioni disagiate,
accompagnandoli in un percorso individualizzato che mira all'autonomia
psicologica, economica ed abitativa». La struttura, donata dalla famiglia
Gaiani alla parrocchia di San Pietro di Cento, è stata data in usufrutto
gratuito all'istituzione, fondata nel lontano 1979 da Andrea Rimondi con il
supporto di don Alfredo Pizzi, parroco di Casumaro. Con spazi comuni, un asilo
nido interno gestito da 6 educatrici che 24 ore su 24 affiancano le madri e i
loro bambini, la Casa di Accoglienza è una struttura unica nella sua tipologia,
in quanto composta da 7 unità abitative indipendenti, che assicurano con
efficacia l'aiuto concreto alle madri in difficoltà. Accanto alla presidente
Fortini, l'assistente sociale Lorena Vuerich, che cura i progetti educativi e
accompagna le madri nel proprio percorso verso l'autonomia. Tra le autorità
presenti alla celebrazione di ieri, l'Arma dei carabinieri, con cui il Sav ha
stretto costanti rapporti di collaborazione, come con il Comune di Cento,
rappresentato dal sindaco Flavio Tuzet e dall'assessore Maria Rosa Grazzi, in
quanto la struttura da novembre ospita una madre e i tre figli grazie ai
contributi del Comune. Significativo il ruolo ricoperto nel sicuro sostegno al Sav
dalla Cassa di Risparmio di Cento, il cui presidente Vilmo Ferioli ha accennato
all'importanza del messaggio insito nell'Annunciazione, dipinto esposto nella
sala del Benedetto Gennari, parente del Guercino, commissionato dall'ultima
regina cattolica inglese. «Non è affatto morta la finanza attenta, consapevole
e produttiva - ha affermato Ferioli - quella che rappresenta l'indispensabile propulsione dello sviluppo economico, mentre la crisi finanziaria mondiale è nata dalla
sete di denaro, dall'egoismo di pochi e dalla carenza di senso etico. Al
contrario, la Cassa di Risparmio di Cento s'impegna affinché i valori autentici
della persona umana siano in cima ai nostri pensieri e alle nostre azioni».
Il presidente ha poi invitato il cardinale al convegno, organizzato il 18
settembre e che sarà aperto dal presidente della Camera dei deputati Gianfranco
Fini, in occasione del 150º anniversario dell'istituto bancario centese,
attraverso il quale «verranno approfonditi i temi più attuali dell'economia e
della finanza e dell'inscindibile rapporto con la visione etica della vita e
dell'attività umana». Beatrice Barberini
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( da "Giornale.it, Il"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il mio amico e
collega Nicola Porro latita un po' sul suo blog, ma sul Giornale è assai
presente e ieri è stato uno dei rari giornalisti italiani a dare con la giusta
evidenza una notizia che ritengo, purtroppo, molto significativa. Trattasi di
questo: Tronchetti Provera ha deciso di "dimissionare" Carlo Puri
Negri, il numero uno di Pirelli Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro:
"Il titolo piazzato in Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7",
e fino a pochi giorni fa era ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso
quasi 200 milioni ed è stata costretta a lanciare un aumento di capitale da 400
milioni. Se Pirelli Re non avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di
Pirelli, sarebbe come le tante società immobiliari che stanno saltando come pop
corn". Puri Negri, dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato
ad andarsene. Il capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da
14 milioni di euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige
l'assunzione di responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei
supermanager non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità,
arroganza, disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i
danni maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è
inutile parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno
queste logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene,
ma che punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso,
ormai irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge.
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Referendum, la Lega ha
fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna dire ero) favorevole
all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee, non fosse che per una
questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal terremoto e in piena crisi economica sprecare 400 milioni di euro. Fini è
indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto l'abbinamento e ha dovuto
cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di
governo. Ma perchè la Lega non vuole l'accorpamento? Ufficialmente perché lo
ritiene anticostituzionale; in realtà perchè teme che il referendum venga
approvato e dunque rinviandolo al 14 o al 21 giugno punta al mancato
raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il referendum? I tre quesiti sono
formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono di: 1) abrogare le norme
che permettono il collegamento tra le liste alla Camera. Il premio di
maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione vincente, ma alla
singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio di maggioranza
anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera, 8% al Senato.
3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato di correre in
più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega rischierebbe di
diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al Senato. Ecco
perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato su ragioni
comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli italiani non
gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole al referendum.
Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il 50,1% degli
elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine della Lega
esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale, il
Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del partito,
ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni,
tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica, lega,
referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito
democratico, Italia Commenti ( 38 ) » (5 voti, il voto medio è: 2.2 su un
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno
agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3
miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana
le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche
Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche
che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente
risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o
c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il
governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che
obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei
loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti
a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con
molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a
stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha
un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente
che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le
banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza
creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i
risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo
stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto.
Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su
premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi
estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel
frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve
ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è
ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso
chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da
quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si
finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%.
Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una
regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le
speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo
di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e
della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e
improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle
banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non
rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche,
capitalismo, crisi, spin, manipolazione,
globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 61 ) » (5
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09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato
veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione
clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in
scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno
messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora
più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna
del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese
Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così:
"Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per
allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli
extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno
essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via
gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle
italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro,
disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive:
" L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri
di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria,
stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia
giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria
l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti
necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un
illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume
proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più
. Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un
peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi,
comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia,
immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (3 voti, il voto
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul
Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura,
sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama,
saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci
americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale,
che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un
mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva
degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare
ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi
le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la
coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano
conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti
come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano:
cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava
davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei
problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche
l'informazione». Questa crisi è un'opportunità
"perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro.
Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate
alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi
piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione
finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che
cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso
questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era
un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali
e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più
saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo
ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre
i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta
come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità
collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di
Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la
straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un
bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia,
insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando
da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho
ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di
rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non
abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo
silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto
e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie,
sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche
eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia
dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I
soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la
reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento
di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio
sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con
qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada,
scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche
e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non
arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia
conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro
Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma
e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche
edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto
dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il
popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e
considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso
da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il
sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero
prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il
31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero
stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il
comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in
Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun
legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i
terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani
sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa
aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia
confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO:
tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio,
anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a
Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo
stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila
dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il
governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl,
politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione,
giornalismo Commenti ( 73 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov?
Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di
immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un
presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva
a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a
un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse
alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela
Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e
capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli
Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque
che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli
eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro
di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica,
sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta
della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente
afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma
proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura
di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era
abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli.
Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto
l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice
della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati
per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento
di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse
settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli
europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no,
senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata
improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala.
Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà
intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi
finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli.
Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere
un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore,
dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici
- G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore.
La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio:
Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere
il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di
un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo,
germania, francia Commenti ( 39 ) » (9 voti, il voto medio è: 3.33 su un
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti,
molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama
ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del
G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel
tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto.
Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha
portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi:
erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che
intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le
norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. -
secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire
le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè
ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno
dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle
banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione
d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un
codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti (
vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno
a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da
1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più
urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è
irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il
mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno
il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non
hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite
colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro
i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè
affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto
a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel
tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo
ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il
tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale?
Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi,
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Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta
esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo
chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea
le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao.
E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un
fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è
esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario
e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il
messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non
infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una
tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene
molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi:
tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste,
giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e,
purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che
negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato
inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un
decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il
megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella
italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana
come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e
non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in
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per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a
Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma
questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni
probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un
impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro
i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel
cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in
discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più
importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un
pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via
del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama,
in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche
e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500
miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane
l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato
di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera
tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I
consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà
con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di
varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della
risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico,
senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più
importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di
un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui
consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la
straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri
dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington
pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma
nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a
respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al
vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto
traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di
essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più
lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta
un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il
mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi.
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commento di un altro articolo domandavo se erano i consigli di amministrazione
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non hanno mai fatto gli interessi veri dei... Ultime news An error has occured;
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nascere un mondo migliore? Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche
eccezione) Obama è il nuovo Gorbaciov? Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo.
Basterà? Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). G20, tanto rumore per
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( da "Brescia Oggi"
del 19-04-2009)
Pubblicato anche in: (Arena.it,
L')
Argomenti: Crisi
Bce: non a tassi
zero contro la recessione EUROLANDIA. Trichet prende le distanze dalle
politiche monetarie di Usa e Giappone. E Tremonti ad Aspen: «Germania apre la
proposta italiana su regole globali» 19/04/2009 rss e-mail print Jean Claude
Trichet ROMA La Bce non cadrà nella trappola della liquidità con tassi di
interesse a livelli minimi. Piuttosto interverrà con «misure non convenzionali»
per aiutare l'economia di Eurolandia. Il presidente Jean Claude Trichet
conferma una visione gradualista della politica monetaria prendendo le distanze
dalla ricetta estrema attuata da Fed e Banca del Giappone che, avendo pompato
tanta liquidità nel sistema, temono ora la ripresa dell'inflazione. «Mi preme
sottolineare che nel nostro caso, la politica a tasso zero non sia la cosa più
opportuna da fare», ha dichiarato ieri davanti ai corrispondenti della stampa
estera a Tokyo. Il motivo è presto detto: la strategia realizzata con la leva
del costo del denaro non è in grado di reggere l'urto della recessione. «Non
parlo per conto delle altre banche centrali, descrivo solo la situazione della
zona euro», ha aggiunto. Trichet è perfettamente consapevole della difficile
congiuntura e si aspetta un brutto 2009 con una graduale ripresa nel 2010. In
questo senso annuncia che nella riunione del 7 maggio la Banca Centrale Europea
prenderà nuove decisioni. Il mese prossimo il consiglio direttivo effettuerà
una sforbiciata «molto limitata» al costo del denaro dall'attuale 1,25 all'1%
senza avvicinarsi troppo ai livelli delle due cugine. Ma darà anche il via
libera ad alcune misure innovative per sostenere l'economia e il sistema
bancario. Due le ipotesi sul tappeto. La prima è l'allungamento delle
operazioni di rifinanziamento, oggi a sei mesi, fino ad un massimo di 12-24
mesi. La seconda, che appare più complicata, riguarda l'acquisto di
obbligazioni societarie sull'esempio di Fed e Banca d'Inghilterra se aumenterà
il rischio di deflazione. «Spiegherò le decisioni dopo che le avremo prese», ha
detto il banchiere centrale che ha negato l'esistenza di divisioni ai vertici
della Bce. La crisi finanziaria si stabilizza ed entro la fine dell'anno vedremo i primi segnali
di miglioramento. Ne è convinto anche Giulio Tremonti che incassa la
disponibilità della Germania alla proposta di un nuovo sistema di regole
globali che la presidenza italiana porterà al prossimo G-8 in Sardegna.
«Il rappresentate tedesco ha fatto una buona apertura al legal standard», ha
detto il ministro dell'Economia a margine del convegno dell'Aspen Institute,
concluso ieri a Berlino.
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( da "Giornale di Vicenza.it, Il"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
EUROLANDIA.
Trichet prende le distanze dalle politiche monetarie di Usa e Giappone. E
Tremonti ad Aspen: «Germania apre la proposta italiana su regole globali»
19/04/2009 rss e-mail print Jean Claude Trichet ROMA La Bce non cadrà nella
trappola della liquidità con tassi di interesse a livelli minimi. Piuttosto
interverrà con «misure non convenzionali» per aiutare l'economia di Eurolandia.
Il presidente Jean Claude Trichet conferma una visione gradualista della
politica monetaria prendendo le distanze dalla ricetta estrema attuata da Fed e
Banca del Giappone che, avendo pompato tanta liquidità nel sistema, temono ora
la ripresa dell'inflazione. «Mi preme sottolineare che nel nostro caso, la
politica a tasso zero non sia la cosa più opportuna da fare», ha dichiarato
ieri davanti ai corrispondenti della stampa estera a Tokyo. Il motivo è presto
detto: la strategia realizzata con la leva del costo del denaro non è in grado
di reggere l'urto della recessione. «Non parlo per conto delle altre banche
centrali, descrivo solo la situazione della zona euro», ha aggiunto. Trichet è
perfettamente consapevole della difficile congiuntura e si aspetta un brutto
2009 con una graduale ripresa nel 2010. In questo senso annuncia che nella
riunione del 7 maggio la Banca Centrale Europea prenderà nuove decisioni. Il
mese prossimo il consiglio direttivo effettuerà una sforbiciata «molto limitata»
al costo del denaro dall'attuale 1,25 all'1% senza avvicinarsi troppo ai
livelli delle due cugine. Ma darà anche il via libera ad alcune misure
innovative per sostenere l'economia e il sistema bancario. Due le ipotesi sul
tappeto. La prima è l'allungamento delle operazioni di rifinanziamento, oggi a
sei mesi, fino ad un massimo di 12-24 mesi. La seconda, che appare più
complicata, riguarda l'acquisto di obbligazioni societarie sull'esempio di Fed
e Banca d'Inghilterra se aumenterà il rischio di deflazione. «Spiegherò le
decisioni dopo che le avremo prese», ha detto il banchiere centrale che ha
negato l'esistenza di divisioni ai vertici della Bce. La crisi finanziaria si stabilizza ed entro
la fine dell'anno vedremo i primi segnali di miglioramento. Ne è convinto anche
Giulio Tremonti che incassa la disponibilità della Germania alla proposta di un
nuovo sistema di regole globali che la presidenza italiana porterà al prossimo
G-8 in Sardegna. «Il rappresentate tedesco ha fatto una buona apertura
al legal standard», ha detto il ministro dell'Economia a margine del convegno
dell'Aspen Institute, concluso ieri a Berlino.
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( da "Giornale.it, Il"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il mio amico e
collega Nicola Porro latita un po' sul suo blog, ma sul Giornale è assai
presente e ieri è stato uno dei rari giornalisti italiani a dare con la giusta
evidenza una notizia che ritengo, purtroppo, molto significativa. Trattasi di
questo: Tronchetti Provera ha deciso di "dimissionare" Carlo Puri
Negri, il numero uno di Pirelli Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro:
"Il titolo piazzato in Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7",
e fino a pochi giorni fa era ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso
quasi 200 milioni ed è stata costretta a lanciare un aumento di capitale da 400
milioni. Se Pirelli Re non avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di
Pirelli, sarebbe come le tante società immobiliari che stanno saltando come pop
corn". Puri Negri, dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato
ad andarsene. Il capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da
14 milioni di euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige
l'assunzione di responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei
supermanager non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità,
arroganza, disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i
danni maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è
inutile parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno
queste logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene,
ma che punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso,
ormai irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge.
Scritto in banche, capitalismo, crisi, società,
economia, Italia, notizie nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 5 ) » (1
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16Apr 09 Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai
bisogna dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni
europee, non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi
giorni dal terremoto e in piena crisi economica
sprecare 400 milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe
voluto l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole
l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà
perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al
21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il
referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto
propongono di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste
alla Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla
coalizione vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire
il premio di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4%
alla Camera, 8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a
un candidato di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due
quesiti la Lega rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non
entrare nemmeno al Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo
ostruzionismo è fondato su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che
la maggior parte degli italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni
e che sia favorevole al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non
bastare per indurre il 50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da
questa vicenda l'immagine della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce
e riscopre uno spirito nazionale, il Carroccio fa prevalere il cabotaggio
elettorale, che motiva la base del partito, ma rischia di irritare molti
elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha
fatto bene i conti? Scritto in politica, lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito democratico, Italia Commenti
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di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo
articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa?
Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman
Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti
commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E'
davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa
erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono
finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io
propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha
consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a
contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome
quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite
gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi
debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per
stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a
valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè
questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili
inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in
questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari,
sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19
principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un
post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà
ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal
test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana.
Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di
interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui
tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa
restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li
stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al
consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G
20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le
Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa".
E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la
psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un
mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno
agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa
manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa.
Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin,
manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione
clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta
all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il
decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non
verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme
ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran
Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente
francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così:
"Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per
allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli
extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno
essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via
gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle
italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro,
disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive:
" L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri
di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria,
stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia
giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria
l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti
necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un
illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume
proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più
. Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un
peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi,
comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia,
immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (3 voti, il voto
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul
Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura,
sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama,
saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci
americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale,
che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un
mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva
degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare
ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi
le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la
coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano
conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti
come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano:
cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava
davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei
problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche
l'informazione». Questa crisi è un'opportunità
"perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il
disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone
strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano
ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la
produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più
lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È
progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era
un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali
e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più
saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo
ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici
settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li
interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della
sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo
l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti,
racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in
un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia,
insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando
da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho
ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di
rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non
abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo
silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto
e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie,
sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche
eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia
dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I
soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la
reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento
di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio
sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con
qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada,
scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche
e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non
arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia
conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro
Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma
e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche
edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto
dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il
popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e
considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso
da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il
sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero
prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il
31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero
stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il
comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in
Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun
legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i
terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani
sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa
aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia
confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO:
tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio,
anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a
Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo
stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila
dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il
governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl,
politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione,
giornalismo Commenti ( 73 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov?
Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di
immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un
presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva
a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a
un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse
alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela
Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e
capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli
Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque
che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli
eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro
di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica,
sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta
della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente
afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma
proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura
di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era
abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli.
Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto
l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice
della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati
per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento
di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse
settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli
europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no,
senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata
improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala.
Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà
intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi
finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli.
Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad
assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del
mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei
due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di
pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con
un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di
riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il
gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in
era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e
il mondo, germania, francia Commenti ( 39 ) » (9 voti, il voto medio è: 3.33 su
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fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso
storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i
risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e
speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno
risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il
G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del
Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato
che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le
norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. -
secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire
le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè
ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno
dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle
banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione
d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un
codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti (
vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno
a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da
1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente,
quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto.
Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero
la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato
dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le
banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece
potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici
valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause
del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta
cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare
la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando
l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è
comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin,
era obama, banche, capitalismo, crisi, società,
economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia
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questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta
esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo
chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le
immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i
disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto
marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è
esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario
e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il
messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non
infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una
tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene
molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi:
tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle
proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la
Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa
americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in
Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e
per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture
della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi,
era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa
europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato
quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è
verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale.
Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi,
comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia,
globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su
un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli
Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore
per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a
Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma
questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni
probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un
impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro
i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel
cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in
discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più
importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un
pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via
del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama,
in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche
e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500
miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane
l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato
di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera
tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri
della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader
dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima,
grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su
un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come
dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare
la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione,
l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far
ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria
popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto
sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei
l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è
talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance.
E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione
delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che
politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di
un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè
dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare
prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la
responsabilità della crisi. Scritto in era obama,
banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa
e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 53 ) » (6
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l'accorpamento... Dekebalos: Gentile Foa, Purtroppo è vero: pochi manager di
società che hanno registrato ingenti perdite si sono... roberto: Salve a tutti:
mi sa che qualcuno dovrebbe spiegare questa storia della meritrocazia
perche'... Marina: Gli artigiani se non fanno il lavoro come si deve non
vengono pagati dal proprietario,è così difficile... caputo giuseppe: A commento
di un altro articolo domandavo se erano i consigli di amministrazione a
controllare i... Ultime news Il Papa: fermezza contro l'intolleranzaIl premier:
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( da "Gazzettino, Il (Pordenone)"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 19
Aprile 2009, PROFITTO L'anno 2008 (con il 2009) passerà
alla storia come l'annata della crisi finanziaria internazionale. Pur nelle difficoltà dell'economia reale locale
la popolare FriulAdria ha chiuso il bilancio a 60 milioni, 5 in meno rispetto
all'esercizio precedente. Raccolta e impieghi hanno però fatto registrare un 15
per cento in più rispetto al 2007. «Segno che - ha ribadito in assemblea
il vertice bancario - si è cercato di evitare di far mancare il credito a
famiglie e imprese». Nel corso dell'anno sono state aperte dieci nuove filiali
in Veneto e si sono effettuate quasi 200 assunzioni con oltre 15 mila
giornate-uomo di formazione che hanno coinvolto il 94 per cento del personale.
SOSTEGNO All'assemblea è stata anche illustrata l'attività di sostegno che la
banca ha continuato a garantire sul territorio sul fronte del sociale, della
cultura, dell'università e dello sport. Finanziamenti a manifestazioni
culturali come quelle legate alla valorizzazione del patrimonio
storico-artistico del territorio. È stato siglato un rapporto di partnership
con la Regione con un contributo di oltre 500 mila euro a sostegno del comparto
enogastronomico, delle fiere del comparto e della rassegna dedicata ai vini
autoctoni. UNIVERSITÀ È proseguita anche la collaborazione con le università di
Udine e Trieste con il sostegno di un corso universitario del campus
pordenonese. È stata poi siglata una nuova collaborazione con l'università Cà
Foscari di Venezia. Sul fronte della cultura FriulAdria sponsorizza, tra le
altre iniziative, Pordenonelegge, EStoria di Gorizia, e le Giornate del Cinema
muto.
Torna all'inizio
(sezione:
crisi)
(
da "Corriere Di Como, Il"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
«Contro la crisi i giovani tornino all'industria» Il dibattito tra imprenditori e docenti di economia sui problemi del momento «La finanza non può creare ricchezza. I giovani devono riscoprire il valore dell'industria». L'appello porta la firma del presidente dei Giovani Industriali di Como. A margine del dibattito "Crisi economica, culturale e politica: quale il ruolo dei giovani'" Stefano Poliani ha invitato i giovani a riscoprire il valore dell'economia reale. Il convegno, tenuto ieri pomeriggio nella sede della Società del Casino (nel Teatro Sociale di Como), è stato organizzato dalla commissione Azione Professionale del distretto 2040 Rotaract. «I giovani hanno capito che l'unica, vera ricchezza viene distribuita dalle industrie continua Poliani e non si crea stando seduti davanti a un pc per giocare in Borsa. La finanza serve solamente come supporto all'economia reale. Negli anni scorsi ci siamo illusi: cinque anni fa, ricordo che esser manifatturiero era quasi motivo di "vergogna", e i boss della finanza sembravano i salvatori della patria. Tutto questo, però, si è rivelato una bolla di sapone, che ha affascinato molti giovani. Ai quali, ora, dico: tornate in industria. La crisi, i cui responsabili appartengono alla classe dirigente che ha fino ad ora ha comandato, può essere un acceleratore di ricambio generazionale». Sempre a margine del dibattito, Davide Giolo, presidente della commissione Azione Professionale del distretto 2040 Rotaract, ha rinnovato l'appello di Poliani. La >crisi fornisce un chiaro assist al ricambio generazionale.
«I giovani possono emergere spiega Giolo ma solo quelli con reali potenzialità.
Parte della vecchia guardia, forse corresponsabile della crisi,
può farsi da parte e lasciare spazio ai giovani che meritano». Non c'è,
tuttavia, il rischio che il peso della crisi cada sui
giovani sotto forma di un blocco delle assunzioni' «Purtroppo, questo rischio
esiste aggiunge Giolo i posti si riducono, il mercato sarà più selettivo».
Anche secondo Giolo, comunque, i giovani devono riscoprire il valore
dell'industria. «Sta già accadendo conclude in Bocconi infatti pare ci siano
più iscritti ai corsi tradizionali di economia, rispetto a quelli legati alla
finanza. Si sta lentamente abbandonando l'ingegneria finanziaria
per tornare verso l'economia reale. Basti pensare, che prima di questa crisi, le banche assumevano non economisti, ma ingegneri e
matematici puri». Specialisti che servivano per elaborare modelli, derivati, e
strumenti finanziari borderline, spinti all'eccesso. Ma
l'origine della crisi,
secondo un esperto, non è squisitamente finanziaria. All'apertura del convegno un economista ha infatti spiazzato
gli industriali presenti in sala: «questa non è una crisi
finanziaria», ha detto Mario Comana, ordinario di
Tecnica Bancaria all'università Luiss ed editorialista di "Milano
Finanza". Affermazione dichiaratamente provocatoria. «La crisi ha origini reali ha quindi spiegato il professore poi,
si è manifestata nella finanza e ha avuto conseguenze reali. Non c'è, tuttavia,
un primato della finanza sull'economia reale. Tutto nasce dall'eccesso di indebitamento
delle famiglie occidentali, in particolar modo di quelle americane. Attraverso
bassi tassi d'interesse, si è voluto far vivere gli americani oltre le loro
possibilità». E visto che si parla di tassi bassi a sostegno dell'economia
reale, Comana si è chiesto: «Stiamo forse curando il male con la malattia' Ed è
sostenibile il deficit pubblico che stiamo alimentando'» Domande pleonastiche.
Il docente ha quindi messo a confronto due modelli culturali: quello
anglosassone, «sconfitto ma da non sottovalutare», caratterizzato da modelli
matematici applicati all'economia, finanza derivata spinta all'estremo, fiducia
sull'autostabilizzazione del mercato, e quello europeo, «classico e
sottovalutato». Il primo ha fallito, il secondo è stato sottovalutato. Quale
scegliere' «Bisogna cogliere i valori di entrambi», ha chiuso Comana. Nel
sentir dire, provocatoriamente, che la crisi «non è finanziaria», Poliani ha tuttavia risposto che, pur
concordando col professore, gli industriali «si trovano a fare i conti con banche
che tagliano le linee di credito da un giorno all'altro». Andrea Bambace Nella
foto: Secondo quanto emerso dal convegno, i giovani devono riscoprire il valore
dell'industria come modello finanziario (Mv) Home Inizia il gran ballo delle
quote La cordata chiede il 51% D'Alma assolto: «Era Preziosi che dirigeva la
società» Buio in città, a Como c'era una volta il cinema «L'unica possibile
riapertura è quella di Camerlata» Le difficoltà finanziarie corrono pure sui
Tir «Ecco 33 milioni per l'ospedale» Sant'Anna, dalla Regione 33 milioni
Rinviata la vendita di via Napoleona Consiglio di Palazzo Cernezzi: entro
agosto il voto finale Il Cepu pronto a insediarsi sulla collina del San Martino
Bruni: «Ora gli spazi sono liberi»
(
da "Sicilia, La"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Aree di
San Cataldo da sdemanializzare San Cataldo. Il segretario e direttore facente
funzioni dell'Ipab - Casa di ospitalità per anziani «Can. Cataldo Pagano» -
rag. Ottavio Di Vita, ha consegnato ai venti dipendenti dello stesso ente il
provvedimento del commissario straordinario, dott. Giovanni Scoma -funzionario
dell'assessorato regionale alla sanità e nominato commissario dall'assessorato
regionale alla Famiglia, Politiche sociali e Autonomie locali, provvedimento
che racchiude le ipotesi di accordo, propedeutiche al superamento della crisi finanziaria in cui si dibatte
l'Ipab, e al rilancio della struttura sia per assicurare il servizio agli
anziani sia per il mantenimento dei posti di lavoro. L'accordo prevede il
congelamento da parte del personale dei decreti ingiuntivi e di pignoramento
sia quelli già in opera che quelli in itinere e ciò al fine di sbloccare la
tesoreria ed incominciare a lavorare per il risanamento dell'Ipab
stessa; il pagamento delle spettanze che sono oggetto dei pignoramenti e dei
decreti ingiuntivi entro il mese di agosto 2009; acconti sulle mensilità dei
dipendenti sia pregresse che quelle che vanno maturando; acconti per i
fornitori delle materie prime e delle bollette Enel, Eni Gas, Caltaqua, Ato
Ambiente e Telecom, nonchè per gli oneri assicurativi e previdenziali con
l'Inps, l'Inail e l'Enpdep. Alcuni dipendenti hanno già firmato l'accordo (sono
quelli che hanno già riscosso le somme con gli atti di pignoramento e quelli
che non hanno ancora presentato gli atti ingiuntivi), mentre altri si debbono
consultare con i loro legali per prendere una decisione. «Io sono soltanto
amministratore dell'Ipab e non svolgo le funzioni di segretario-direttore che
sono di competenza del rag. Ottavio Di Vita che, attualmente, è la figura
apicale dell'Ipab stessa - ha detto il commissario Giovanni Scoma. Il rag.
Ottavio Di Vita - che crede nel salvataggio della Casa di Ospitalità - infatti,
ha ritirato le dimissioni da dipendente e sta lavorando, collaborandomi, nel
tentativo di salvare l'Ipab a cui io stesso credo. La prossima settimana - se
il tentativo della sospensione degli atti di pignoramento andrà in porto e
verrà sbloccata la tesoreria - assieme all'ufficio di ragioneria Ipab
predisporrò un piano di salvataggio per presentarlo all'assessorato regionale
alla Famiglia per l'approvazione e nello stesso tempo inviteremo i comuni a
sbloccare i finanziamenti dovuti per la corresponsione dell'integrazione delle
rette di ricovero degli anziani. Io spero di riuscire nel tentativo di salvare
i posti di lavoro e il mantenimento della stessa struttura e ho fissato in tre
mesi il periodo di tregua, dopo di che faremo assieme il relativo consuntivo
che, spero, sia positivo». ANGELO CONIGLIO
(
da "Sicilia, La"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Luci sul
popolo delle donneL'iniziativa. Organizzato dalla Fidapa un incontro sul potere
al femminile sia vissuto che subìto Dipendenti delle società Multiservizi e
Reteservizi in ambasce. C'è una forte preoccupazione di perdita di posti di
lavoro. A tale scopo s'è tenuta una riunione dei lavoratori per discutere del
grave problema, che presenta poche possibilità di soluzione. E' notorio infatti
che l'amministrazione comunale, per fronteggiare la crisi finanziaria dell'ente, è
intenzionata a passare dai quattro milioni a non più di tre milioni di costo
l'anno per i servizi resi dalle due "collegate". Si vanno
concretizzando intanto i provvedimenti tesi appunto al risparmio nei costi. Tra
l'altro si sa già che i primi dodici rapporti di lavoro con contratti a tempo,
scaduti lo scorso mese , non sono stati rinnovati. E' per discutere di questo
problema che la Cgil ha chiesto al sindaco Antonello Buscema un incontro
urgente anche per avere dei chiarimenti sul bilancio. Il sindacato punta ad
evitare il licenziamento dei dipendenti e vuole anche il coinvolgimento dei
capigruppo consiliari. Intanto quei lavoratori che fanno parte della Cgil hanno
proclamato lo stato d'agitazione. Anche il Pdl, con l'onorevole Nino Minardo ed
il gruppo consiliare hanno affrontato la questione delle due società collegate
facendo proprie le preoccupazioni dei lavoratori. Il Pdl chiede la convocazione
di un consiglio comunale aperto con la partecipazione di rappresentanze
sindacali, degli amministratori delle due società e degli stessi lavoratori.
Fatta notare anche la mancata acquisizione del bilancio 2009 da parte delle
commissioni consiliari in modo da avviare così una discussione su dati e numeri
certi. E tornando all'assemblea sindacale va tenuto conto che sono tre i punti
di rivendicazione che sono alla base della vertenza. "Innanzitutto - fanno
presente Nicola Colombo, segretario della Camera del lavoro-Cgil e Salvatore
Terranova, segretario provinciale Fp Cgil - chiediamo un incontro urgente con
il sindaco alla presenza di tutti i dipendenti, per affermare con
determinazione il totale diniego alle proposte dell'amministrazione comunale
comportanti riduzione dei livelli occupazionali. L'amministrazione dovrà poi presentare
il suo piano di intervento, atto che la posta finanziaria
prevista in bilancio, lascia intendere una operazione di riduzione massiccia
del numero dei dipendenti. Infine chiediamo un'interlocuzione politica e di
merito sulla sorte delle due società con i capigruppo consiliari." GIORGIO
BUSCEMA
(
da "KataWeb News"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Usa:
Obama, basta soldi contribuenti in 'buco nero' banche 19 aprile 2009 alle 20:20
— Fonte: repubblica.it — 0 commenti Il presidente Usa, Barack Obama fa sapere
che gli stress test sulle principali banche Usa mostreranno che alcuni istituti
hanno più bisogno di aiuti pubblici di altri e assicura che lui intende
tutelare i soldi dei contribuenti e non lascerà che finiscano in un "buco
nero". "Le banche stanno in situazioni differenti -- dice il
presidente dal vertice delle Americhe a Trinidad e Tobago -- e avranno bisogno
di un'assistenza differenziata da parte dei contribuenti". Il Tesoro Usa
ha sottoposto i 19 principali istituti bancari del paese a degli stress test
per verificare la loro capacità di resistere alla crisi finanziaria soprattutto dal punto
di vista della tenuta dei capitali. Le linee guida degli stress test usciranno
il prossimo 24 aprile, mentre i risultati delle verifiche saranno diffusi il 4
maggio. "Se ci sarà bisogno di altri soldi dei contribuenti -- aggiunge
Obama -- io ho la responsabilità di assicurare la trasparenza e la
responsabilità delle operazioni". "Useremo la mano più leggera
possibile -- assicura Obama -- ma non intendo gettare i soldi dei contribuenti
in un buco nero, dove è impossibile vedere i risultati". Sulla crisi Obama dice "non siamo fuori dal tunnel. Per
l'economia si prospettano ancora tempi difficili. Il credito continua a non
fluire". AGI
(
da "ITnews.it"
del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
Castelporziano
(Roma), 19 apr. - (Adnkronos) - La lotta ai cambiamenti climatici, che passa
per la tutela ambientale, gioca in questo anno una partita fondamentale. Se
l'Europa pare essersi mossa in anticipo rispetto al resto del mondo e gli Usa
si apprestano a seguirla con nuovo impulso dato dalla presidenza Obama, e' ora
la volta che tutti gli altri Paesi si mobilitino, a
cominciare da Cina e India che rappresentano due dei motori principali nella
nuova fase economica, pur in questo momento di crisi
finanziaria globale. Il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano lo sottolinea, celebrando nella tenuta presidenziale di
Castelporziano sul litorale romano la 'Giornata delle oasi' a fianco del Wwf.
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 19-04-2009)
Argomenti: Crisi
USA:OBAMA,
BASTA SOLDI CONTRIBUENTI IN 'BUCO NERO' BANCHE (AGI) - Port of Spain (Trinidad
e Tobago), 19 apr. - Il presidente Usa, Barack Obama fa sapere che gli stress
test sulle principali banche Usa mostreranno che alcuni istituti hanno piu'
bisogno di aiuti pubblici di altri e assicura che lui intende tutelare i soldi
dei contribuenti e non lascera' che finiscano in un "buco nero".
"Le banche stanno in situazioni differenti - dice il presidente dal
vertice delle Americhe a Trinidad e Tobago - e avranno bisogno di un'assistenza
differenziata da parte dei contribuenti". Il Tesoro Usa ha sottoposto i 19
principali istituti bancari del paese a degli stress test per verificare la
loro capacita' di resistere alla crisi
finanziaria soprattutto dal punto di vista della
tenuta dei capitali. Le linee guida degli stress test usciranno il prossimo 24
aprile, mentre i risultati delle verifiche saranno diffusi il 4 maggio.
"Se ci sara' bisogno di altri soldi dei contribuenti - aggiunge Obama - io
ho la responsabilita' di assicurare la trasparenza e la responsabilita'
delle operazioni". "Useremo la mano piu' leggera possibile - assicura
Obama - ma non intendo gettare i soldi dei contribuenti in un buco nero, dove
e' impossibile vedere i risultati". Sulla crisi
Obama dice "non siamo fuori dal tunnel. Per l'economia si prospettano
ancora tempi difficili. Il credito continua a non fluire". 19/04/2009 -
20:05
(
da "Manifesto, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
FOCUS
Soffia la crisi e le tigri del Baltico non ruggiscono più Massimo Bongiorno
Fino all'altro ieri i tassi di crescita a due cifre delle economie di Estonia,
Lettonia e Lituania erano una delle citazioni preferite dei mètre a pènser del
liberismo globalizzato. Poi, a partire dall'estate dell'anno scorso, il vento
della crisi ha cominciato a soffiare sempre più forte fin quassù. E con
l'inverno è diventato gelido. All'improvviso si è spento l'insistente coro di
entusiasmi attorno alle ricette miltoniane, dalla flat tax alla
finaziarizzazione dell'economia e la flessibilizzazione del lavoro. E la catena
umana che da Vilnius a Tallin, attraverso Riga, venti anni fa chiedeva l'indipendenza
da Mosca si è trasformata in manifestazioni di protesta. Che a febbraio hanno
già fatto cadere un governo, costringendo il premier conservatore lettone Ivars
Godmains a dimettersi. A due cifre, oggi, ci sono semmai i tassi di
disoccupazione: 14,4 percento a Riga, 13,7 a Vilnius (fa peggio solo la Spagna)
e stime del 12 percento a Tallin, per quest'anno. Mentre ogni giorno che passa
vengono diffuse previsioni peggiori sull'andamento del Pil nel 2009: una delle
più nere l'hanno data a inizio aprile gli analisti del gruppo bancario svedese
Seb, che nei paesi baltici sono di casa: -12% per Estonia e Lettonia, -9% in
Lituania. Il tutto condito da tassi di inflazione che restano ampiamente al di
fuori dei parametri di Maastricht e lontanissimi dalla media dell'Eurozona: a
marzo si era al 7,9% in Lettonia, al 7,4% in Lituania e al 2,5% in Estonia. Nel
frattempo le agenzie di rating, che per quanto screditate continuano a emettere
sentenze, hanno macinato una bocciatura dietro l'altra fino a definire «spazzatura»
la qualità del debito pubblico. L'ultima è di Fitch, che a inizio aprile ha
abbassato il rating di tutte e tre le ex tigri baltiche: BBB+ per l'Estonia,
BB- per la Lettonia e BBB per la Lituania. Eppure il centro del problema non
sembra essere l'indebitamento dei singoli stati, sebbene qualche costosa
operazione di «salvataggio» bancario non sia mancata. A novembre ad esempio la
Lettonia ha rilevato il 51 percento di Parex Banka, a un passo dalla
bancarotta. E guarda caso, proprio Riga ha chiesto e ottenuto a inizio 2009 un
prestito da 7,5 miliardi di euro da un gruppo finanziario
guidato dal Fondo monetario internazionale. Il problema sembra piuttosto
risiedere in un meccanismo perverso di squilibrio macroeconomico strutturale: i
salari sono cresciuti, ma con l'inflazione che li bruciava i consumi sono stati
sostenuti solo dall'indebitamento, alimentato con l'afflusso di capitali
esteri. Il sistema bancario estone, per esempio, è completamente in mani
straniere: svedese per l'85% (con Swedbank, Seb e Nordea pank) e danese per
l'11,53% (Sampo pank), con una piccola quota ad Hvb (controllata da Unicredit).
Recentemente il Fondo monetario internazionale ha inviato un warning a
Stoccolma proprio per l'eccessiva esposizione delle banche svedesi nei paesi
baltici: il monte totale dei prestiti ammonta a circa 90 miliardi di euro, che
con la crisi sono naturalmente a rischio sofferenza. Con l'aggravante che i
tassi applicati al credito al consumo nelle tre repubbliche ex sovietiche sono
enormemente superiori a quelli praticati in patria (in alcuni casi, lo spread
supera gli 11 punti percentuali). E che le valute locali sono sempre più
esposte a svalutazioni e speculazioni. L'andamento dei mercati finanziari costituisce poi
un'altra conferma negativa: dal 9 ottobre 2007 (giorno del massimo storico per
il Dow Jones) al 31 marzo 2009, le borse di Vilnius, Riga e Tallin hanno
cumulato perdite record. Rispettivamente: -72,84%, -72,4% e -69,2%.
Certo si tratta di tre paesi molto diversi culturalmente e storicamente, che
non rispondono nello stesso modo ai colpi della crisi. La Lituania ha subito rimesso
mano alla flat tax, ad esempio, rimodulando i regimi fiscali in modo meno
favorevole ai redditi alti. Ma tutti sono spinti dai finanziatori
internazionali a tagliare costi e salari. Il che continua a minacciare
un'escalation del conflitto sociale. Da queste parti, nel Tredicesimo secolo,
imperversavano i cavalieri Teutonici, con le loro crociate contro le tribù
pagane del Baltico. Oggi, probabilmente, a qualcuno piacerebbe vederli in
azione contro le banche.
(
da "Stampa, La"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Sorridere,
sorridere sempre... Ma sì, in fondo ha ragione il premier: come possiamo
dedicare il nostro tempo alla ricostruzione della sventurata regione devastata,
e dedicarlo contemporaneamente all'accertamento delle responsabilità di chi ha
speculato costruendo con sabbia e plastica espansa, e di chi ha chiuso un occhio?
Come possiamo pensare alla ricostruzione, e pensare contemporaneamente al
dolore incolmabile di chi ha perso tutto, cose, casa, famigliari, e invoca
verità e giustizia? Non è possibile. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha
dato, scurdammece 'o passato, e impariamo a sorridere, sorridere sempre come fa
il nostro caro Cavaliere. Così deve andare il mondo. RENATO PIERRI Con che
coraggio domani chiederò? Come cittadino italiano sono indignato dal fatto che
in famiglia (modesta) continuo a sollecitare a donare il superfluo giornaliero
ai nostri connazionali abruzzesi, mentre chi di dovere, per pura strategia
politica, vuole sperperare milioni di euro in varie votazioni. Con che coraggio
domani chiederò alla famiglia tale solidarietà? ROMEO LAI, TORINO Esegesi di
una battuta Vorrei rispondere alla lettera del sig. Franco Vallero sulla
battuta del premier. Credo che questo signore da buon sinistrorso non abbia
capito. Il sig. Berlusconi, come credo abbiano inteso almeno il 50% degli
italiani, invogliava le famiglie ad approfittare delle strutture alberghiere
messe a disposizione dei terremotati e non ad andarsene al mare a fare il
bagno. FULVIO MENSIO A chi servono gli enti inutili Desidero consolare il
lettore Vincenzo Chiulli, in quanto non solo si allontana sempre più quella
saggia iniziativa di abrogare le inutili Province ma, addirittura, si
consolidano le Comunità montane (solitamente di pianura) che per legge
regionale avrebbero dovuto essere già cancellate. Gli enti inutili servono
purtroppo a mantenere posizioni personali di prestigio che spesso sono anche di
potere, e sarà duro eliminarli. SERGIO GRADI, RIVOLI (TO) Risparmio energetico
consumo sostenibile Il premio Nobel per l'Economia Joe
Stiglitz indica la strada per uscire dalla crisi
finanziaria e affrontare il problema climatico e
ambientale. Investendo risorse per isolare termicamente le abitazioni,
procedimento già in atto in Trentino- Alto Adige, si porta un grande beneficio
all'economia, risparmiando energia e creando posti di lavoro.
Sviluppando le nuove tecnologie delle fonti rinnovabili si procede verso
un'economia ecologicamente sostenibile, meno inquinante e con minori emissioni
di anidride carbonica; le fonti rinnovabili, prime tra tutte l'eolico e il
solare, possono essere gestite dal basso, come già avviene in Danimarca (parchi
eolici) e come avviene in alcune regioni d'Italia in forma di cooperative
dell'energia (parchi solari), senza più dare una delega in bianco alle
speculazioni dei monopoli. Attuando il concetto di rifiuti zero, con il riciclo
totale dei materiali, si limita l'inquinamento e si passa a un nuovo concetto
di consumo sostenibile. Risparmio energetico, efficienza energetica, consumo
sostenibile e riciclo totale sono le parole della nuova economia verso cui
questa crisi ci deve portare, per eliminare lo
squilibrio che la vecchia economia aveva creato. Non ci sono alternative.
SILVIO ZANCHET Pannella senatore a vita Da decenni Marco Pannella si batte per
i diritti civili e non c'è dubbio che (seppur con alterne fortune) tante sue
prese di posizione e di coscienza abbiano contrassegnato varie fasi storiche
della nostra Repubblica, portando al dialogo e alla discussione generazioni di
italiani. La sua nomina a senatore a vita sarebbe un meritato riconoscimento.
MATTEO COGORNO RIVA TRIGOSO (GE)
(
da "Giornale di Brescia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione:
20/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano Terremoto Tra
ricostruzione e sottoscrizione Tremonti: «Non ci saranno nuove tasse» Il
ministro dell'Economia: nel bilancio pubblico ci sono i mezzi per finanziare
gli interventi Vigili del fuoco durante un sopralluogo in una casa di Onna
ROMANon ci saranno nuove tasse per sostenere la ricostruzione dell'Abruzzo.
«Non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini, non ce n'è bisogno». Lo ha
detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti intervenendo alla trasmissione
di Lucia Annunziata «In mezz'ora» su Rai Tre. L'una tantum sui redditi alti
dunque è solo «una storia», taglia corto il ministro Tremonti, aggiungendo che
nessuna delle ipotesi di nuove tasse di solidarietà per i terremotati, dal
reddito alla benzina, «è fondata». Priorità a famiglie ed imprese «Chi ha di
più può donare di più e studieremo per dargli una deduzione più ampia»,
annuncia sempre Tremonti. «Dentro il bilancio pubblico - ha detto il ministro
Tremonti - ci sono i mezzi per finanziare la ricostruzione privata e pubblica».
Facendo riferimento alle possibili risorse da mettere in campo, il ministro ha
elencato: «Abbiamo la Cassa Depositi e Prestiti e i fondi europei che ci
consentono di gestire la priorità delle priorità, che sono famiglie e imprese».
Poi ci sono una serie di fondi dai quali si potrebbe attingere per la
ricostruzione, «quello Anas, il fondo di Palazzo Chigi, il fondo degli enti
previdenziali, il fondo opere pubbliche, i fondi europei. C'è spazio per una
politica di ricostruzione senza nuove tasse», ha ribadito il ministro. Parlando
ancora del terremoto Tremonti ha definito «una potenza impressionante» quella
di chi è sceso in campo per i primi aiuti, dai Vigili del fuoco alla Protezione
civile. Il ministro ha anche parlato delle responsabilità: «C'è una
responsabilità di chi ha costruito male ed andrà accertata. C'è la
responsabilità di chi non ha controllato, responsabilità amministrativa e
giudiziaria. Io ho una responsabilità diversa, quella di finanziare la
ricostruzione e di ridare una speranza di uscita da questa tragedia». «Siamo
ansiosi di sapere quanti soldi si prendono, da dove si prendono, chi li
gestisce e con quali metodi». Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro commenta le
dichiarazioni del ministro dell'Economia sui finanziamenti per la ricostruzione
nelle zone del terremoto. «Noi - dice Di Pietro - aspettiamo il piano
finanziario per dare il nostro contributo. Siamo pronti a fare la nostra parte
ma tutto deve avvenire nel Parlamento e non nelle sacrestie di Palazzo».
«L'apocalisse finanziaria non c'è stata» Sempre nel
corso della trasmissione con la Annunziata, Tremonti ha parlato anche della crisi finanziaria: «L'incubo degli incubi» ovvero il crollo finanziario globale «è
finito», come anche «si è arrestata la caduta dell'import e dell'export, del
commercio mondiale». Se ancora non si può parlare di vera e propria ripresa,
perchè «fondamentalmente siamo in una situazione di incognita, comunque
possiamo guardare al futuro con qualche prospettiva che sostituisce,
come dice Obama, la speranza alla paura». «L'apocalisse non c'e stata -
sottolinea - e la gente ha tirato un sospiro di sollievo». Il ministro
evidenzia anche un arresto della caduta «dei traffici nei porti e nelle strade,
di import ed export, dei principali indicatori» ma anche «dei comportamenti di
vita». Infine Tremonti rimarca il consenso di cui gode in questo momento il
Governo: «In un momento di crisi come questo il
consenso non te lo regalano. Gli italiani sono tra i più intelligenti al mondo
e dunque forse il Governo questo consenso un po' se lo è meritato». La
sensazione che ci siano segnali di inversione di tendenza è condivisa anche dal
ministro del Welfare Maurizio Sacconi: «Ci sono le condizioni per un cauto
ottimismo», ha detto in evidenza citando i primi dati sugli ordini dall'estero.
(
da "Libertà"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Dominio
internet ".eu": in soli tre anni tre milioni di nomi A tre anni dal
suo lancio il dominio internet di primo livello ".eu" conferma il suo
successo. Vi sono ora più di tre milioni di nomi di dominio registrati nel
dominio di primo livello europeo. Neanche la crisi finanziaria ne ha rallentato la
crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel
corso del primo trimestre 2009, una crescita che ne consolida il quinto posto
tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale.
In quanto consente di promuovere un'identità online specificamente europea, il
dominio ".eu" permette ai privati e alle imprese di sfruttare tutti i
benefici del mercato unico europeo. Imprese multinazionali, PMI, ONG, gruppi di
riflessione e privati cittadini hanno adottato il dominio ".eu" per
contrassegnare la loro presenza sul web. Il dominio ".eu" ha
consolidato la propria posizione tra i dieci più grandi domini di primo livello
del mondo, assieme a ".com", ".net" e ".org". Il
numero di registrazioni di nomi di dominio ".eu" è aumentato di anno
in anno dalla sua introduzione avvenuta tre anni fa, il 7 aprile 2006, per
raggiungere i tre milioni all'inizio dell'anno in corso. Nel marzo 2009 i nomi
di dominio ".eu" registrati hanno sfiorato i 3 050 000. La maggior
parte dei nomi di dominio ".eu" è stata registrata nei paesi dell'UE
che contano il maggior numero di abitanti e presentano i più forti tassi di
diffusione di internet in rapporto alla popolazione. La Germania è sempre in testa,
con il 30%, seguita da Paesi Bassi (14%), Regno Unito (12%), Francia (8%) e
Polonia (6%). Il dominio ".eu" è accessibile dal 7 dicembre 2005,
inizialmente per i titolari di diritti anteriori, compresi i titolari di marchi
e gli organismi pubblici. Dall'inizio del mese di aprile 2006 le registrazioni
sono state aperte ai residenti UE e alle organizzazioni aventi sede nell'UE.
EURid (www.eurid.eu), organismo indipendente senza scopo di lucro, è incaricato
della gestione del registro ".eu" (la banca dati che contiene tutte
le registrazioni ".eu"). Un anno dopo la sua creazione erano stati
registrati 2,5 milioni di nomi di dominio ".eu", ai quali si sono
aggiunti 300 000 nuovi nomi nel 2007. M. F. 20/04/2009
(
da "Repubblica, La"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
23 - Economia Delta e Chrysler li riportano a casa . Per motivi linguistici e
per non licenziare in patria Usa, la retromarcia global scatta dai call center
indiani (SEGUE DALLA COPERTINA) FEDERICO RAMPINI Malgrado gli sforzi per
dissimulare la loro nazionalità, i passeggeri americani che prenotavano un volo
o che protestavano per una valigia smarrita spesso intuivano che il call-center
della Delta Airlines o della United rispondeva da migliaia di chilometri di
distanza. Tuttavia per anni le multinazionali americane hanno ignorato il
fastidio del consumatore, e hanno insistito su quella formula magica per
ridurre i costi: l´outsourcing, o delocalizzazione, di tutti i servizi di
assistenza alla clientela. Il salario medio è di 500 dollari Usa per l´addetto
a un call-center indiano. Cioè un sesto dello stipendio che si paga in America
per la stessa mansione. Quel divario economico sembrava incolmabile. Ma la
recessione fa vacillare le certezze più consolidate. In una fase in cui i
clienti si fanno rari e preziosi, il loro parere riceve un´attenzione inusitata.
E i call center indiani, si scopre, sono tutt´altro che amati dalla clientela
del Midwest. Un´altra motivazione interviene per quelle aziende Usa che devono
chiedere aiuti di Stato: prima di licenziare dipendenti americani, è
politicamente accorto cominciare a tagliare l´occupazione straniera. Per
l´industria dell´outsourcing, uno dei motori del miracolo economico indiano, è
un colpo duro. Una delle scene centrali del film Slumdog Millionaire si svolge
proprio in un call center di Mumbai, posto di lavoro ambito per una generazione
di giovani istruiti e anglofoni. La Delta Airlines, terza compagnia aerea
americana, ha smesso di usare ogni call center indiano dall´inizio dell´anno.
Prenotazioni, biglietti elettronici, reclami per bagagli smarriti, non saranno
più gestiti da centri di assistenza situati all´estremità opposta del pianeta.
Il chief executive della compagnia, Richard Anderson, ha spiegato la decisione
ai dipendenti: «Dai nostri passeggeri abbiamo avuto delle reazioni molto
negative. La pratica di usare call center situati in nazioni lontane è
decisamente poco gradita, i clienti lamentano di avere difficoltà di
comunicazione». Suscita qualche curiosità la tempistica di questo annuncio: i
call center indiani sono stati usati per molti anni, durante i quali
evidentemente il parere dei suoi passeggeri americani non stava in cima ai
pensieri dell´amministratore delegato. Ma i tempi cambiano e le priorità del
top management devono adeguarsi molto in fretta. Con aerei che viaggiano
semivuoti, soprattutto in prima classe e in business che sono i segmenti di
clientela più redditizi, l´insoddisfazione dei passeggeri viene notata. Un
esperto nella gestione dell´outsourcing, Ben Trowbridge della società Alsbridge
di Dallas, ha dichiarato al Wall Street Journal: «è chiaro che avere i call
center in India è un risparmio considerevole sui costi. Ma oggi si pone la
questione se sia più importante ridurre i costi o migliorare il rapporto con il
consumatore». E i call center indiani sono la prima vittima di questo -
proclamato - ritorno alla qualità del servizio. United Airlines, numero due del
trasporto aereo Usa, conferma la stessa scelta: basta con i call center
indiani, si torna a casa, costi quel che costi. La U. S. Airways non esita a
chiudere i call center delocalizzati in zone ben più vicine, Guatemala e
Salvador. Con la diminuzione del traffico passeggeri e quindi il calo nel
volume di chiamate per l´assistenza telefonica, la portavoce Valerie Wunder
spiega che «U. S. Airways coglie l´opportunità per concentrare il lavoro negli
Stati Uniti». Si affaccia così l´altra motivazione più o meno esplicita: il
nazionalismo economico. I leader di tutti i paesi sono
unanimi nel condannare il protezionismo, come si è visto all´ultimo vertice del G-20 a Londra. Ma una volta
tornati a casa, nell´opinione pubblica trovano un clima sempre più propenso a
scaricare sugli altri i costi della crisi. I capi-azienda hanno fiutato l´aria
che tira. Se hanno ricevuto aiuti pubblici - o temono che dovranno
chiederli in futuro - non vogliono scoprire il fianco alle accuse politiche.
Guai se un´azienda Usa che elemosina sussidi dal Congresso si fa scoprire in
flagrante delocalizzazione. Il contribuente americano è esasperato dai continui
salvataggi di grandi aziende, chiede che i suoi soldi servano a frenare
l´emorragìa di posti di lavoro in casa. E ancora una volta l´India si trova nel
mirino. La Chrysler, mentre tra la vita e la morte affronta un delicatissimo
negoziato a quattro con sindacati metalmeccanici, creditori, Fiat, e Amministrazione
Obama, annuncia la chiusura del centro di assistenza dopo-vendita (al telefono
e online) che da anni era operativo in India. Licenziare gli indiani è un
passaggio obbligato per convincere i colletti blu di Detroit ad accettare nuovi
tagli su salari, pensioni e assistenza sanitaria.
(
da "Resto del Carlino,
Il (Forlì)" del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
FORLI'
PROVINCIA pag. 5 Tutti a lezione di virtù civiche DOVADOLA CORSO DI FORMAZIONE
SU POLITICA E VOLONTARIATO SI APRE stasera alle 20.30 nel teatro comunale di
Dovadola il Corso di formazione civica e politica', organizzato dal Comune di
Dovadola e dalla Comunità montana Acquacheta, aperto a tutti i cittadini delle
vallate del Montone e Tramazzo-Marzeno, in particolare ai giovani dai 16 ai 30
anni. Il tema della serata inaugurale Volontariato e protezione civile: due
vocazioni sociali' sarà sviluppato dall'assessore provinciale alle politiche
sociali, Alberto Manni, e dal direttore della Caritas diocesana di
Forlì-Bertinoro, Sauro Bandi. Seguiranno gli altri incontri il 27 aprile, con
Principi etici della dottrina sociale della Chiesa', il 4 maggio, con Educazione
civica: i valori della costituzione', l'11 maggio con La politica: definizione
e strumenti, il 18 maggio, con Crisi finanziaria ed economica', per
concludere il 25 maggio, con Etica ed economia'. Il progetto è stato approvato
e finanziato con trmila euro dalla Regione (cui il Comune ne aggiungerà
duemila). Spiega il sindaco di Dovadola, Carlo Adamczyk: «Lo scopo
dell'iniziativa è quello di avvicinare i giovani alla gestione della cosa
pubblica e alle opere di volontariato, per la crescita degli stessi,
nell'ottica di formare degli onesti e bravi cittadini, nonché validi
amministratori pubblici». Il responsabile del corso è don Franco Appi,
responsabile del Centro della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di
Forlì-Bertinoro, nonché docente di morale sociale alla facoltà teologica
dell'Emilia Romagna a Bologna. Quinto Cappelli Image: 20090420/foto/5120.jpg
(
da "Messaggero Veneto,
Il" del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
xLE
SFIDE DEL CAVALIERE A COLPI DI SHOW di ALCIDE PAOLINI Cogliere al volo le sfide
per dimostrare le proprie capacità di risolverle fa parte certamente della
filosofia del comando di Berlusconi, che in queste occasioni dà certamente il
meglio di sé, essendo più libero di muoversi a suo piacimento, senza i se e i
ma e le infinite regole e remore e gli obblighi e i cavilli che tanto lo
infastidiscono. Negli ultimi tempi lo ha dimostrato in varie occasioni, a
cominciare da quando ha copiato d'impulso l'audace sfida veltroniana di
unificare Ds e Margherita per dare vita a un partito unico, il Pd, a vocazione
maggioritaria, mettendo insieme, a sua volta, Forza Italia e An, a dispetto
della volontà di gran parte dei partiti stessi e dei loro colonnelli, costretti
a inghiottire il rospo del Pdl, di cui il Cavaliere è praticamente
l'intestatario. E si è ripetuto con la crisi dei
rifiuti in Campania, dove ha dimostrato ancora una volta le sue indubbie
capacità padronali, oltre che manageriali, trasformando la tristissima
situazione in un gigantesco spettacolo popolare, con grande ritorno di immagine
per se stesso e per il suo partito. Che poi il problema di fondo non sia
affatto risolto è tutta un'altra storia. In una sorta di sfida è riuscito a
trasformare perfino l'approccio alla drammatica crisi finanziaria mondiale, nella quale
ovviamente è stato coinvolto anche il nostro paese. Sfida che Berlusconi ha
colto immediatamente, diffondendo a piene mani ottimismo, raccomandando e
spiegando agli italiani che se lo avessero ascoltato, facendo praticamente
finta di niente (vale a dire spendendo e spandendo), ci avrebbe pensato
lui a far sì che gli effetti della crisi, almeno per
il nostro paese, si risolvessero da sé, prima ancora che in altri, senza gravi
sacrifici per nessuno e soprattutto senza che il governo mettesse le mani in
tasca ai cittadini. E anche in questo caso, indipendentemente da come sono
andate e da come andranno le cose, nel senso che il problema era ed è più
grande di lui e i suoi consigli non hanno certo modificato i comportamenti di
nessuno, l'effetto propagandistico ha giovato alla sua immagine di leader unico
sul quale fare assegnamento. E siamo arrivati alla tragedia del terremoto in
Abruzzo, l'ennesima sfida di cui il Cavaliere ha preso personalmente in mano il
pallino e con straordinaria abilità promozionale (qui non ci interessa la
sincerità della sua partecipazione umana, che diamo per scontata, ma la tecnica
usata) ha improvvisato uno spettacolo nel quale il suo stesso Pdl praticamente
scompare, perché ancora una volta il deus ex machina è lui e solo lui. E, al
massimo, qualche riflesso positivo può posarsi sul suo collaboratore preferito,
in questo caso Bertolaso. Naturalmente, la situazione, oltre alla drammatica
tragedia umana che contempla, ha anche un grave aspetto economico-finanziario
di non facile soluzione. Ma non è certo questo l'aspetto che spaventa il
Cavaliere. Il quale, prima di tutto, ci ha tenuto a dichiarare pubblicamente
che «non introdurrà nuovi balzelli». E dopo ha esortato la popolazione ad avere
fiducia in lui, promettendo che la situazione sarebbe tornata alla normalità
nel più breve tempo possibile, perché i fondi per la ricostruzione, che secondo
il ministro Maroni ammonterebbero a 12 miliardi, si sarebbero trovati
rapidamente. Il che, per un paese che fino a pochi giorni prima non trovava i
mezzi per dare un assegno ai nuovi disoccupati e dichiarava che quelli per la
cassa integrazione erano già finiti, sembrerebbe un rebus insolubile. A meno
che il governo non tenga nascosto un misterioso tesoretto. Ed è per questo che
ha suscitato una certa sorpresa la dichiarazione del governo che ci sarebbero
già 9 miliardi disponibili. Il che induce a sospettare che o fin qui ci aveva
raccontato frottole oppure si tratta della solita partita di giro, nel senso
che quei miliardi verranno tolti ad altri capitoli di spesa, a cominciare, come
ha già scritto qualcuno, dal Fondo per le imprese. Resta comunque difficile
giustificare il fatto che ci si accinga a buttar via i 440 milioni di euro che
costerebbe il referendum, se davvero non si vorrà farlo coincidere con le
elezioni europee (l'election-day), solo perché la Lega è contraria. Come
giustificare una decisione del genere di fronte ai terremotati? Rassicurandoli,
appunto, che i soldi ci sono. In realtà è molto probabile che si tratti di pura
propaganda, in attesa delle elezioni europee. Dopo si vedrà. Berlusconi,
infatti, considera fondamentale un forte successo alle elezioni europee per
consolidare ulteriormente l'indiscutibilità della sua leadership assoluta,
anche nei confronti della Lega, la cui crescita potrebbe intralciare la sua
marcia trionfale verso il 51%. Una meta per la quale sembra ormai disposto a
tutto, fosse pure, ove lo ritenesse davvero necessario, alla rinuncia al Ponte
sullo stretto. Che cosa ci insegnino tutte queste sfide, trasformate
immancabilmente in imponenti show atti a celebrare la sua unicità, è presto
detto: anche in politica, ormai, vince lo spettacolo. Basta chiedersi, dopo i
tanti successi personali di Berlusconi, che gli hanno fruttato un consenso senza
precedenti, in che cosa la situazione dei cittadini italiani sia migliorata.
Nell'economia? Nelle liberalizzazioni? Nella sicurezza? Nella previdenza?
Nell'accorciamento della distanza tra ricchi e poveri? Risponda il lettore.
Quanto al terremoto, che cosa dire se si è costretti a cercare di imitare ciò
che è stato fatto in Friuli? Solo che in Friuli non ci sono stati spettacolari
show personali o passerelle a effetto e nemmeno grandi promesse, ma soltanto il
sentimento reale della tragedia, affrontato soprattutto con grande senso di
responsabilità.
(
da "Giornale.it, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
La Segreteria
di Stato ha replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal
governo belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti
di Bruxelles, che aveva definito "inaccettabili" le frasi del
Pontefice sul preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono
state rispedita al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice
«ha dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte
nell'umanizzazione della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e
disponibilità nei confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche
l'impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed
educativa la battaglia contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico
oggi sul Giornale, aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a
mezzogiorno di oggi - la nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano:
si tratta del sessantenne arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che
dal 1983 al 2002 ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede ed è
dunque ben conosciuto da Papa Ratzinger. Con il suo arrivo a Roma i capi
dicastero curiali di origine polacca diventeranno tre (oltre a lui, ci sono i
cardinali Zenon Grocholewski all'Educazione cattolica, e Stanislaw Rylko al
Pontificio consiglio per i laici). Scritto in Varie Commenti ( 10 ) » (5 votes,
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Enciclica
sociale, i tempi si allungano (a causa della crisi)
Quando sarà pubblicata la terza enciclica di Benedetto XVI? Il progetto
iniziale prevedeva che uscisse l'anno scorso, le prime anticipazioni - a
partire dal titolo, "Caritas in veritate" - risalgono infatti ai
primi mesi del 2008. Doveva essere pubblicata nel quarantesimo anniversario
dell'enciclica "Populorum progressio" di Paolo VI (marzo 1968), poi
il cardinale Segretario di Stato disse che sarebbe slittata probabilmente a
ridosso dell'estate. Poi si parlò di dicembre. A fine anno il testo sembrava
pronto, dopo l'ingresso nel gruppo di lavoro del neo-arcivescovo di Monaco di
Baviera, monsignor Marx. La crisi finanziaria aveva
provocato un ulteriore ritardo, ma nelle prime settimane del 2009 si dava per
certo che l'enciclica sarebbe uscita con data 19 marzo - festa di San Giuseppe
- e resa nota prima di Pasqua. Si è poi detto che sarebbe slittata a maggio
(firmata il 1 maggio). Ora anche l'ipotesi di quella data sembra
definitivamente tramontare e nei sacri palazzi è opinione diffusa che
l'enciclica sociale possa vedere la luce a ridosso dell'estate, se tutto va
bene. Quali sono le cause del ritardo? Fonti autorevoli confermano al Giornale
che il problema sarebbe stato rappresentato proprio dalla parte aggiunta al
testo, e riferita alla crisi economica mondiale. La
stesura fin qui approntata, infatti, non avrebbe incontrato il gradimento del
Pontefice che, ovviamente, per passaggi "tecnici" di documenti così
importanti, è solito affidarsi agli esperti, ma che non rinuncia poi a intervenire,
a chiedere modifiche e aggiustamenti. "Caritas in veritate" risulta
dunque essere, fino a questo momento, il testo più travagliato del pontificato
di Benedetto XVI, che oggi festeggia l'ottantaduesimo compleanno e si accinge a
ricordare il quarto anniversario dell'elezione. Anche oggi il Papa ha
festeggiato (poco) e lavorato (molto): l'attenzione sua e dei collaboratori più
stretti è tutta rivolta in questo momento al prossimo viaggio in Terrasanta
(Giordania, Israele, Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). Tra le
nomine curiali attese nelle prossime settimane (o nei prossimi mesi) c'è quella
del nuovo "ministro della Sanità", in sostituzione del dimissionario
cardinale Barragàn; quella del nuovo presidente del Pontificio consiglio per la
Giustizia e la pace, in sostituzione del cardinale Martino - che però resterà
al suo posto fino alla pubblicazione dell'enciclica sociale, prima di essere
sostituito, sembra, da un prelato africano. Per quanto riguarda la Segreteria
di Stato, invece, non ci dovrebbero essere sorprese ai livelli altissimi (voci
di una promozione del Sostituto Filoni a un ufficio cardinalizio sembrano al
momento prive di fondamento), mentre è più probabile che non tardino molto ad
arrivare le promozioni a nunzio dei numeri tre Caccia (assessore) e Parolin
(sottosegretario ai rapporti con gli Stati). Concluso il lavoro per
l'enciclica, dovrebbe lasciare la Segreteria di Stato anche l'arcivescovo
Sardi, che coordina il gruppo di scrittori incaricato di collaborare con il
Papa per la stesura dei discorsi. Sardi dovrebbe ricevere un incarico presso
l'Ordine di Malta, e al suo posto potrebbe andare monsignor Gloder. Infine, si
parla con insistenza della possibilità di un prossimo cambio alla direzione
della Sala Stampa vaticana. Ma al momento non è stata presa alcuna decisione al
riguardo. Scritto in Varie Commenti ( 45 ) » (12 votes, average: 3.42 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Il Papa dai terremotati Per
la visita di Benedetto XVI ai terremotati d'Abruzzo si lavora con l'ipotesi
della data del 1 maggio. Da quanto apprendiamo sarebbe stato lo stesso
responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso, a indicarla, suggerendo
al Pontefice attraverso i suoi collaboratori di non recarsi subito nelle zone
colpite dal sisma. Il Papa, invece, avrebbe voluto essere presente prima
possibile tra la gente che ora vive nelle tendopoli, per manifestare la sua
vicinanza e la sua solidarietà. Aggiornamento del 18 aprile: il direttore della
Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, ha annunciato che la visita del Papa ai
terremotati dell'Abruzzo si svolgerà nella mattinata di martedì 28 aprile.
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Invia questo articolo a un amico 11Apr 09 Buona Pasqua ai naviganti, un
abbraccio ai terremotati Cari amici, oggi, Sabato Santo, è la giornata del
silenzio e dell'attesa. Duemila anni fa, quel giorno, gli undici apostoli e i
discepoli di Gesù erano affranti, abbattuti, impauriti per la fine tremenda che
era toccata al loro maestro. C'è solo una donna che vive quelle ore d'angoscia
e di dolore presentendo che qualcosa sta per accadere: Maria. Questa notte la
Chiesa celebra il rito più importante dell'anno, la veglia della luce. Questa
notte l'unico uomo che nella storia abbia detto di sé "io sono la via, la
verità e la vita", risorge e con il suo corpo glorioso, appartenente ormai
alla dimensione dell'eternità, si fa vedere, si fa nuovamente incontrare,
mangia e beve con i suoi amici. Che da impauriti si trasformano in instancabili
annunciatori della resurrezione di Gesù. E' il cuore dell'annuncio cristiano,
il fondamento della fede. Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato
agli indizi di storicità di quell'evento straordinario e unico. Credere nella
resurrezione è un atto di pura fede, nessuna dimostrazione scientifica o prova
storica potrà mai convincere qualcuno. Ma il credente sa di non scommettere la
sua vita sui fantasmi, sulle leggende o sulle proiezioni mentali di qualche
mistico invasato. Sa che ci sono ragionevoli indizi per credere. E' il modo con
cui vorrei augurare buona Pasqua a ciascuno di voi, avendo gli occhi e il cuore
ancora pieni di dolore per la tragedia accaduta in Abruzzo. Ieri è stato
davvero un Venerdì Santo di Passione. La grande domanda, il grido straziante
dell'uomo di fronte alla sofferenza, alla morte, al dolore innocente è scolpita
nei tanti volti di coloro che sono stati colpiti dal sisma. Di fronte a questo
grido, non valgono i discorsi, le frasi fatte, l'esposizione di una dottrina.
Personalmente mi sento incapace di dire alcunché. Ma questa domanda ha avuto
una risposta: Dio, all'uomo che soffre, non ha offerto una soluzione, ma una
compagnia, quella di suo Figlio, che ha sofferto ed è morto sulla croce, Lui,
il giusto innocente. Si è fatto ammazzare per noi, per i nostri peccati. La
risposta di Dio è stata l'incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù.
L'unica risposta a quella domanda senza risposta, può essere soltanto
l'abbraccio, la compassione, la compagnia, la vicinanza. Buona Pasqua a tutti.
Scritto in Varie Commenti ( 54 ) » (11 votes, average: 4.36 out of 5) Loading
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Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Alta tensione tra Obama e la Chiesa.
Le messe di Langone Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato alla
tensione crescente fra la Chiesa Usa e il presidente Barak Obama. Tensione che
coinvolge anche il Vaticano: da settimane infatti si è creato un impasse per la
nomina del nuovo ambasciatore Usa, che dovrà sostituire Mary Ann Glendon
(designata da Bush e notoriamente vicinissima alle posizioni di Benedetto XVI).
La Santa Sede vorrebbe un diplomatico professionista cattolico e non un
politico del partito democratico da premiare per il suo sostegno alla campagna
di Obama. Non è facile infatti trovare infatti politici cattolici del partito
democratico che non siano "pro choice" sull'aborto. Nelle pagine
culturali, inoltre, ho ampiamente recensito il nuovo libro di Camillo Langone:
una guida Michelin alle messe italiane. Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (9
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 06Apr 09 I
"trafficanti di uomini" All'Angelus di ieri il Papa ha parlato degli
immigrati vittime dei "trafficanti di uomini". Quando pensiamo a
forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente Paesi sottosviluppati,
lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha profondamente colpito questa
intervista video realizzata dal direttore di Fides Luca De Mata per uno dei
suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un immigrato sudamericano in
Nord America. Scritto in Varie Commenti ( 78 ) » (7 votes, average: 5 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il Papa ai giovani: il
cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera Benedetto XVI ha celebrato
in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario della morte di
Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di Giovanni Paolo II
"continua a essere vivo nel cuore della gente" e aver citato la
fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato del momento
attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate attenzione:
in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo,
potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a
ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario
al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino"
una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano"
speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno
di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo
prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società
all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una
condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie Commenti ( 57 )
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2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Apr
09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di
ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per
il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di
Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per
motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano
il 90% del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa
subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale
situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione,
perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono
quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui
non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno
più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre
pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti
nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché
sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i
provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti". "Allo
stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi
finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un
corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli
strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i
sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano
oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro
fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia nell'uomo. Perciò
tutte le misure proposte per arginare la crisi devono
cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai
lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l'etica
nelle finanze". Scritto in Varie Commenti ( 142 ) » (10 votes, average: 5
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 26Mar 09 Una nuova
"Inchiesta sulla Sindone" S'intitola "Inchiesta sulla
Sindone" il nuovo libro del vaticanista (e amico) Marco Tosatti, in
libreria in questi giorni, edito da Piemme. Un ottimo modo per prepararsi
all'ostensione del 2010 e per fare il punto sulla misteriosa immagine dell'uomo
morto crocifisso, che una controversa datazione al radiocarbonio nel 1988
ritenne d'età medioevale, pur essendoci numerosissimi altri indizi che la
facevano risalire, invece, al primo secolo dell'era cristiana. Tosatti descrive
la storia del lino sul quale - in modo inspiegabile, e più inspiegabile oggi
che vent'anni fa - si è impressa un'immagine che rappresenta un negativo
fotografico. Una delle parti del libro che mi ha colpito di più è quella
dedicata all'esame al radiocarbonio, sulla cui correttezza è lecito sollevare
più di un dubbio: i risultati dei tre laboratori, infatti, non avevano il
margine minimo di compatibilità stabilito, e si sarebbe dovuto ripetere
nuovamente il test. Senza contare che proprio questo esame ha fallito
clamorosamente, datando come vecchie di 400 anni foglie di platano raccolte il
giorno prima, oppure stabilendo al 1600 la fattura di una tovaglia moderna, o
ancora datando all'800 dopo Cristo dipinti africani che avevano invece solo
undici anni. Con contributi scientifici e nuove testimonianze, il libro mostra
quanto si faccia bene a dubitare su quel dato che permise di affermare che la
Sindone sarebbe in reltà un manufatto medioevale. Anche se bisogna sempre tener
presente il metodo di Dio, applicabile anche a questo caso: lasciare sempre
sufficiente luce per chi vuole credere, e sufficiente tenebra per chi non vuole
credere. Scritto in Varie Commenti ( 125 ) » (19 votes, average: 4.63 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il Papa in Africa, un
bilancio di due viaggi Visitando l'Africa, nei suoi sei giorni di permanenza
nel Continente nero, Benedetto XVI ha compiuto due viaggi. Due viaggi molto
diversi tra di loro. Il primo è quello reale, segnato dal contatto con le folle
del Camerun e dell'Angola, dai temi che il Papa ha trattato nei discorsi e
nelle omelie, dall'impatto con le contraddizioni di due capitali dove ricchezza
e povertà estreme convivono fianco a fianco. L'altro viaggio è quello virtuale,
quello su cui si sono accapigliati commentatori, burocrati e sondaggisti
occidentali, che hanno accusato Ratzinger di irresponsabilità per aver detto
ciò che tutti dovrebbero ormai riconoscere e che è attestato da studi
scientifici: la distribuzione di preservativi non è il metodo efficace per
combattere la diffusione dell'Aids in questi Paesi. Per tre giorni, nei Paesi
europei così come negli Stati Uniti, mentre il Papa parlava di povertà,
sviluppo, diritti umani, si è discusso di profilattici. Per poi passare,
durante i successivi tre giorni, a parlare di aborto terapeutico, sulla base di
una frase pronunciata da Benedetto XVI in un discorso forte sui mali che
affliggono l'Africa.La macchina mediatico-politica, una volta messa in moto,
non si è più fermata. E così in Francia, dove impallinare il Pontefice sembra
diventato ultimamente uno sport nazionale, si sono fatti sondaggi e sondaggini
per dimostrare che almeno metà dei cattolici del Paese chiedono a Ratzinger di
dimettersi. La sensazione, leggendo dichiarazioni di alcuni ministri e dei loro
portavoce, è che per la prima volta dopo molto tempo, il Papa non sia più
circondato da quel rispetto attribuito a una personalità super partes, ma sia
considerato un capo partito, sottoposto al tiro incrociato delle quotidiane
dichiarazioni tipiche del «pastone» politico. C'è chi lo invita al silenzio,
chi lo invita a lasciare, chi gli spiega cosa dire e come dirlo.Così, sedici
discorsi pronunciati in terra africana, si sono ridotti a due-frasi-due, la
prima delle quali peraltro pronunciata in modo estemporaneo durante la
conferenza stampa tenuta sull'aereo. L'impressione è che Benedetto XVI non sia
eccessivamente preoccupato di questa crescente ostilità. Mai come in questi
giorni si è colta l'enorme distanza tra viaggio reale e viaggio virtuale. E se
è vero che la critica montante presso certe burocrazie occidentali non ha
precedenti recenti, bisognerà pure ricordare che critiche ferocissime vennero
mosse a Giovanni Paolo II nei primi anni del suo pontificato. Così come va
richiamata alla memoria la sofferenza e l'isolamento di Paolo VI, nel momento
in cui prese decisioni coraggiose come l'Humanae vitae, divenendo segno di
contraddizione.Che cosa resta, dunque, del viaggio di Benedetto in Camerun e
Angola? Prima ancora e più ancora dei messaggi lanciati dal Papa per la lotta
alla povertà, per la dignità della donna, per un'economia che non sia disumana,
per l'educazione e lo sviluppo, resta una presenza e una straordinaria corrente
di simpatia umana, che ha avuto il suo culmine in Angola. Tanta gente semplice
e straordinaria, ha trascorso ore ed ore sotto il sole per salutare non Joseph
Ratzinger, ma il successore di Pietro, venuto fino a qui per confermare i
fratelli nella fede. E in Paesi travagliati da tragiche guerre intestine,
abusi, soprusi, miserie, violenze, l'abbraccio di Pietro, il suo sorriso e la
sua vicinanza hanno contato di più di mille discorsi. Scritto in Varie Commenti
( 109 ) » (19 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea
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Giornale, classe 1964, laurea in storia della lingua greca. Sono sposato e ho
tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli articoli di Andrea Tornielli su
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commento di Luisa stravolge completamente il senso dei disegni di Vauro. Quello
in particolare della... Cherubino: da zenit.org Il Papa loda la Conferenza di
Ginevra contro il razzismo La Santa Sede parteciperà con una... robdealb91: Dum
Romae consulitur, Saguntum expugnatur.la Chiesa italiana ha risposto con 5
milioni di euro e... fedenrico: Cara Luisa, le persone di cui parli si
permettono di schernire la nostra fede solo perché certi che il... bruno volpe:
cari amici segnalo su www.pontifex.roma.it intervista sul Papa al prof
Introvigne e altra al Vescovo di... Gli articoli più inviati Il voto
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exsultet.net: Papstbrief als Reaktion blogring.org: Blogring per andrea...
phalaris: sul Filioque, ma sui dogmi la sostanza cambia ben poco?? Grazie.
Corrado: Mi scuso per la .http://blog.ilgiornale.
it/tornielli/2008/07/02/roma-e -fraternita-san-pio-x-il-dialo go-va-avanti/Read
"How can I tell the difference from phalaris grass that has DMT in
it?" at Home & Garden The Daily P.E.E.P.: Antonio Cardinal Cañizares
Llovera Abiura: Comment on Thornborn, un Dan Brown cattolico? by Rovere I più
votati Violenze e minacce, dobbiamo vigilare - 107 Votes La comunione nella
mano, la fine dell'inginocchiatoio - 57 Votes Milano e il motu proprio, la
colpa è della stampa - 54 Votes La preoccupazione dei vescovi per il regime di
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(
da "marketpress.info"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Lunedì
20 Aprile 2009 COSI SI SCONFIGGE LA CRISI
FINANZIARIA NEL VENETO: METTERE IN RETE I CENTRI DI ECCELLENZA E I POLI DI
RICERCA. Padova, 20 aprile 2009 - Piani di supporto finanziario a favore delle
piccole e medie imprese, interventi a sostegno del reddito, delloccupazione, del settore edilizio, dellindustria,
dellinnovazione e della ricerca. Su queste linee si snoda la strategia
anticrisi messa in atto dalla Regione del Veneto per
rilanciare leconomia. Ne ha parlato stamattina nella sala
congressi
dellHotel Galileo di Padova lassessore
allEconomia, Vendemiano Sartor, incontrando il management del comparto
degli approvvigionamenti dellintero nord est. Voglio ricordare
ha detto lassessore le azioni intraprese per supportare dal
punto di vista
finanziario il mondo delle pmi tramite una partnership forte tra sistema
bancario, confidi, enti pubblici e mondo associativo in unottica di interventi articolati, coordinati e sinergici
(50 milioni di euro a garanzia dei consorzi fidi). La Regione del Veneto ha
inoltre istituito un tavolo tecnico di monitoraggio sulla situazione del
credito in prospettiva di nuove ulteriori misure. Contestualmente sono stati
attivati il comitato di coordinamento istituzionale e il tavolo di
concertazione tra le forze sociali così da monitorare landamento dei livelli occupazionali. Per quanto
riguarda ledilizia, la Giunta regionale ha fatto da apripista approvando
il ddl per gli interventi finalizzati a rilanciare un settore che in Veneto
prevede una riduzione di 5000 posti di lavoro.
In merito ai lavori pubblici, il Veneto ha stanziato per ledilizia
scolastica 200 milioni di euro dal 2000 al 2008 e 70 milioni nel 2009. Mentre
nellambito dellimpiantistica sportiva sono state deliberate risorse
per 70 milioni di euro nel 2008 e 30 milioni di euro per il 2009. Lassessore ha poi ribadito che il Veneto ha stanziato 70
milioni di euro per attività di ricerca, innovazione e trasferimento
tecnologico. Nellambito del piano industriale la regione punterà con
investimenti
complessivi di 150 milioni di euro fino al 2015 ai distretti energetici, al
polo dellidrogeno, alledilizia sostenibile, alla
filiera agroalimentare, alle piattaforme per la tracciabilità del Made in
Italy. Riguardo la situazione occupazionale, Vendemiano Sartor ha
evidenziato che il Veneto per il biennio 2009-2010 metterà a disposizione 236
milioni di euro. Dobbiamo lavorare di più
ha concluso lassessore per linternazionalizzazione,
per la messa in rete dei poli di ricerca e dei centri di eccellenza, per la
semplificazione della pubblica amministrazione. Dobbiamo in sintesi essere meno
creativi nella finanza e più razionali nella programmazione. Per vincere la crisi è comunque vietato il vecchio e pericoloso
policentrismo: si deve operare per la nascita di un unico sistema veneto. . <<BACK
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24
Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-19 - pag: 1 autore: ... PANORAMA ... Disgelo
Stati Uniti-Sudamerica nel summit dei 33 presidenti Nel quinto vertice delle
Americhe a Trinidad & Tobago, con 33 leader del continente, Barack Obama ha
puntato tutto sul dialogo e il multilateralismo. Dopo il «nuovo inizio»
annunciato con Cuba, storica stretta di mano e sorrisi tra il presidente Usa e
il venezuelano Hugo Chavez. u pagina8 L'annuncio del premier: il 25 aprile ci
sarò anch'io A sorpresa Silvio Berlusconi ha raccolto ieri la sfida del leader
del Pd Dario Franceschini e ha annunciato la sua presenza (è la prima volta)
alle celebrazioni della Liberazione il 25 aprile. u pagina 16 Nave di migranti
contesa, Roma verso il sì allo sbarco L'Italia si appresta a dare l'assenso per
lo sbarco a Lampedusa della nave rimasta in acque maltesi con a bordo 140
migranti allo stremo. MaroniannunciainiziativeallaUe. u pagina 16, commento u
pagina 10 Dimezzate le masse gestite dagli hedge fund La crisi
finanziaria ha dimezzato le masse gestite dagli
hedge fund rispetto ai 2mila miliardi di dollari sfiorato nel primo semestre
2008. Le stime ora parlano di circa mille miliardi. u pagina 5 Anche gli Usa
boicottano la conferenza Durban II Gli Usa, come alcuni Paesi europei, boicotteranno
la conferenza dell'Onu Durban IIsul razzismo in programma a Ginevra laprossima
settimana, a causa degli accenti antisemiti del documento base.
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-04-19 - pag: 7 autore: LENTE
D'INGRANDIMENTO Valute deprezzate con il «quantitative easing» Svalutazioni?
Meglio indirette di Riccardo Sorrentino I l timore è forte. Da un momento all'altro, al fianco delle correnti più o meno
conclamate di protezionismo,
potrebbero scattare anche le svalutazioni competitive delle monete, a danno dei
Paesi concorrenti. Durante la crisi del '29 le fecero un po' tutti e, proprio
per questo, ebbero il solo effetto di frenare il commercio internazionale.
Durante le attuali turbolenze pochi hanno finora deciso "a tavolino",
di svalutare la moneta. Eppure l'interscambio globale è scivolato così
rapidamente che la tentazione di aumentare almeno le quote di mercato delle
esportazioni è davvero forte. Tra i grandi Paesi, solo la Svizzera ha
annunciato a marzo di voler mantenere fermo il cambio, senza deprezzarlo. è
stato però un campanello d'allarme. Quel che rende un po' meno seducenti le
svalutazioni competitive è in realtà il fatto che il deprezzamento può essere
realizzato anche in modi indiretti e silenziosi. Come si fa lo spiega una
recente analisi di David Bloom della Hsbc: basta usare il quantitative ( o
meglio credit) easing, e cioè la strategia di politica monetaria che prevede
l'ampliamento della base monetaria attraverso l'acquisto diretto di titoli di
Stato o di obbligazioni corporate. è stata adottata finora da Gran Bretagna,
Svizzera, Giappone, in parte dagli Stati Uniti, e presto forse da Svezia e
Canada. Altri come Eurolandia, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda, hanno
deciso, quanto meno, di soprassedere (pur aumentando le dimensioni dei loro
bilanci). Bloom non pensa però a un effetto diretto delle politiche "non
convenzionali". Se il dollaro ha perso terreno quando la Fed, a marzo, ha
fatto il suo primo passo verso questa strategia, è a causa delle aspettative
degli operatori. L'idea è che gli investori «potrebbero esprimere una
preferenza per le valute le cui politiche restano convenzionali, anche se le
condizioni economiche di questi Paesi non dovessero essere migliori rispetto
alle economie che adottano il quantitative easing». Gli investitori sono
consapevoli dell'elevata incertezza che circonda queste "nuove"
politiche: funzioneranno? quando? sono sufficienti? Senza contare che, persino
nel caso in cui queste strategie dovessero avere successo,il rimbalzo
dell'economia potrebbe essere in gran parte ignorato dalle valute. In futuro,
spiega Bloom, difficilmente torneranno quella bassa inflazione e quella bassa
volatilità che crearono crescita, tassi e rendimenti in rialzo, flussi di
capitali in cerca di opportunità e, quindi, cambi in apprezzamento. Sarà
innanzitutto difficile cogliere, per le Banche centrali, il momento esatto in
cui invertire il quantitative easing. Troppo presto, come è accaduto in
Giappone nel secolo scorso, significherebbe far arenare la ripresa; troppo
tardi, far esplodere l'inflazione. Il forte indebitamento e i massicci acquisti
di assets finanziari da parte del settore pubblico comporteranno poi, nella
fase di uscita dalla crisi, un forte intervento sui mercati da parte degli
Stati: venderanno azioni in occasione dei rialzi di Borsa e compreranno
obbligazioni a lungo termine, per mantenere basso il costo del debito, ogni
volta che i rendimenti si alzeranno. Non è questo, spiega Bloom, un ambiente
favorevole a un apprezzamento delle valute. Nulla di tutto questo richiede la
volontà precisa di svalutare da parte di questa o quella Banca centrale.
L'effetto però, in buona parte si è già prodotto: le valute dei Paesi che hanno
un quantitative easing alle spalle sono complessivamente più deboli delle
altre. Se qualche Paese ha rinunciato al momento alla svalutazione è stato
probabilmente perché i mercati stavano già provvedendo da soli.
riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA I DUBBI DEGLI
INVESTITORI Gli operatori temono che le nuove misure non convenzionali possano
scatenare effetti non desiderati
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-04-19 - pag: 7 autore: Scambi globali.
L'impegno di Urso in vista della Maddalena «Il G-8 rilanci il Doha round» ©
RIPRODUZIONE RISERVATA Gerardo Pelosi ROMA Il comunicato finale del G-8 della
Maddalena in luglio potrebbe contenere un richiamo esplicito alla chiusura
entro l'anno del negoziato sul commercio mondiale Doha round. Ma qualcosa di
più di una formula di rito. Un impegno concreto dei Paesi più industrializzati
e delle economie emergenti a utilizzare l'ultima finestra di opportunità che si
presenta per fissare le regole del commercio e respingere ogni pericolosa tentazione verso il protezionismo. A questo obiettivo sta lavorando il sottosegretario allo
Sviluppo economico, Adolfo Urso, che domani a Ginevra incontrerà il direttore
generale della Wto, Pascal Lamy (verrà riconfermato per altri quattro anni alla
guida dell'organizzazione il 29 aprile) e che mercoledì, a Roma, avrà un
colloquio con il commissario europeo al commercio Catherine Ashton. «Il
nostro lavoro non è facile – ammette Urso – si tratta di passare dagli impegni
formali come quello del G-20 di Washington dell'autunno scorso a impegni
concreti; utilizzare le aperture della nuova amministrazione americana e
attendere i risultati delle elezioni indiane per capire quale sarà la posizione
di New Delhi».Ma l'importante per Urso «è evitare passi falsi» e lavorare per
arrivare alla Maddalena con un consenso di base non solo tra gli otto grandi,
ma anche tra i Paesi interessati al negoziato (India, Brasile, Messico,
Australia, Sud Africa) sulla chiusura del Doha round. Il punto di partenza
dovrà essere, spiega il sottosegretario, l'accettazione dello stato in cui il
negoziato si è bloccato nel luglio del 2008 quando oltre l'80% dei capitoli
negoziali erano stati conclusi e concentrarsi solo su agricoltura e industria.
L'Italia, insomma, farà la sua parte preparando il terreno come presidente del
G-8. I membri europei (Francia, Germania e Regno Unito) così come Giappone e
Canada riconoscono la necessità di assumersi delle responsabilità collettive.
Si tratterà di cogliere appieno gli spiragli della nuova amministrazione Usae
prendere fino il fondo il testimone che sul Doha round il G-20 di Londra ha
ceduto al G-8 italiano. gerardo.pelosi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA
L'INCONTRO Mercoledì il sottosegretario allo Sviluppo economico incontrerà il
commissario Ue Ashton per definire una strategia comune
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-19 - pag: 10 autore:
Eco-crunch, basta allarmismi opinione diffusa che stiamo sfruttando voracemente
le risorse del pianeta e che viviamo molto è al di sopra dei mezzi che la Terra
ci consentirebbe. Questa credenza del declino e del pessimismo è alla base di
buona parte del discorso ambientalista odierno, e spesso viene formulata in
modo semplicistico: nel 2030, a causa dell'innalzamento del livello di vita e
della crescita della popolazione, avremo bisogno di due pianeti per
sostentarci. E se oggi tutti arrivassero a vivere come vivono gli americani, ci
servirebbero quasi cinque pianeti. Ma ciò è fondamentalmente errato. I
militanti ambientalisti usano la cosiddetta "impronta ecologica" - il
calcolo della superficie del pianeta di cui ognuno di noi necessita - per
sostenere la loro tesi. Ovviamente usiamo terreni coltivabili, terre da
pascolo, foreste e aree di pesca per produrre cibo, fibre e legname, e
necessitiamo di spazio per le nostre case, le nostre strade e le nostre città.
E abbiamo anche bisogno di aree che assorbano gli scarti prodotti dal nostro
impiego energetico. Tradurre tutte queste esigenze in un'unità comune di
superficie fisica ci consente di metterla a confronto con l'area produttiva del
pianeta, permettendoci di capire se e quanto siamo sostenibili. Da più di un
decennio, il Wwf e molte altre organizzazioni per la difesa dell'ambiente eseguono
calcoli complicati per stabilire le "impronte" che ognuno di noi
lascia sul pianeta. Dalle loro cifre risulta che ogni americano usa 9,4 ettari,
ogni europeo 4,7 e gli abitanti dei Paesi a basso reddito appena un ettaro.
Sommando il tutto, usiamo collettivamente 17,5 miliardi di ettari. Il problema
però è che gli ettari a disposizione sono soltanto 13,4 miliardi. E dunque il
Wwf sottolinea che già ora viviamo al di sopra dei mezzi della Terra, perché ne
utilizziamo circa il 30% in più. E la situazione peggiorerà ancora. Ci dicono che la recente crisi
finanziaria «impallidisce in confronto al credit
crunch ecologico che si profila all'orizzonte», che potrebbe presagire «un
collasso ecologico su vasta scala». Questo messaggio si è impresso a fuoco
nella coscienza dell'opinione pubblica. Il quotidiano britannico The
Observer ha titolato: «Nuova Terra cercasi per il 2050»; secondo la Bbc, la
Terra «marcia verso un eco-crunch »; e il Washington Post, inorridito dai
quattro pianeti in più di cui avremmo bisogno, ci esorta a usare buste per la
spesa in tela e lampadine a risparmio energetico. Il messaggio è arrivato forte
e chiaro: utilizziamo una percentuale troppo alta della superficie del pianeta.
Ma com'è possibile una cosa del genere? Com'è possibile che stiamo usando più
terra di quella che c'è effettivamente sulla Terra? Ovviamente, qualsiasi
misurazione che cerchi di aggregare molti aspetti diversi del comportamento
umano dovrà operare una semplificazione dei (Knopf, dicembre 2008). dati
inseriti: l'impronta ecologica non fa eccezione. Ad esempio, quando diciamo che
lo stile di vita degli americani necessiterebbe di cinque pianeti, stiamo dando
per scontato che la tecnologia rimarrà invariata, mentre invece è probabile che
la produttività dei suoli a livello mondiale cresca enormemente. Un discorso
analogo è che le coltivazioni biologiche in realtà lasciano un'impronta
ecologica maggiore delle coltivazioni convenzionali. A parte queste
considerazioni, è evidente che le superfici occupate dalle strade non possono
essere usate per coltivare cibo, e che le superfici utilizzate per costruire le
nostre case sottraggono spazio alle foreste. Questa parte dell'impronta
ecologica è un misuratore valido della nostra impronta letterale sul pianeta. E
da questo punto di vista siamo ben al di sotto della superficie disponibile,
considerando che usiamo circa un 60% dello spazio che abbiamo a disposizione e
che questa percentuale probabilmente scenderà, poichè il tasso di incremento
della popolazione mondiale ormai sta rallentando mentre prosegue invece il
progresso tecnologico. Qui, dunque, nessun collasso ecologico in vista. C'è
solo un elemento che continua a crescere: le nostre emissioni di anidride
carbonica. Non è affatto chiaro per nessuno quale procedura si debba seguire
per convertire le emissioni in superficie. Il Wwf e alcuni ricercatori scelgono
di risolvere il problema definendo l'area di emissioni come la superficie
forestale necessaria per assorbire l'anidride carbonica supplementare prodotta.
Questo dato attualmente rappresenta più del 50% dell'impronta ecologica, e
prima di metà secolo crescerà fino ai tre quarti del totale. In sostanza, ci
stanno dicendo che dovremmo tagliare le emissioni a zero, e per fare questo
dovremmo piantare alberi, il che significa che oggi dovremmo piantare foreste
sul 30% in più di tutte le terre disponibili, e ricoprire di foreste quasi due
pianeti di qui al 2030. è una cosa irragionevole. è davvero necessario tagliare
tutte le emissioni? Basterebbe tagliarne circa la metà per ridurre le
concentrazioni di gas a effetto serra sul medio periodo. Cosa ancora più
importante, piantare foreste è uno dei modi meno efficienti (quanto a
superficie occupata) e meno tecnologici per ridurre l'anidride carbonica. I
pannelli solari e le turbine eoliche richiedono meno dell'1%della superficie
occupata dalle foreste per ridurre l'anidride carbonica, diventano sempre più
efficienti e spesso possono essere collocati su terreni non produttivi (come le
turbine eoliche in mare e i pannelli solari nei deserti). Misurandolo in questo
modo, il terribile eco-crunch evapora. Grazie alla tecnologia, la domanda
individuale sul pianeta è già calata del 35% nell'ultimo lustro, e il
fabbisogno collettivo toccherà il suo massimo prima del 2020. Tradurre le
emissioni di anidride carbonica in una misura illogica e inefficiente della
copertura forestale sembra mirare più che altro ad assicurarsi che il messaggio
lanciato sia sufficientemente allarmante. Nella letteratura scientifica, uno
dei maggiori esperti di modelli riconosce che la maggior parte dei suoi
colleghi considerano questo metodo " difficilmente difendibile".
Altri due team di ricercatori hanno sottolineato che l'impronta ecologica «di
per sé non è niente di più che un importante meccanismo per catturare l'attenzione»,
e che «più che una misurazione scientifica è una misurazione pensata per
accrescere la consapevolezza dell'opinione pubblica e influenzare le decisioni
politiche». Se analizziamo seriamente i calcoli dell'impronta ecologica,
scopriamo che l'unica cosa di cui il mondo sta per rimanere a corto è lo spazio
dove piantare una quantità colossale di foreste immaginarie, che non avremmo
piantato comunque, per evitare emissioni di anidride carbonica che invece
possiamo prevenire con mezzi molto più intelligenti ed economici. Dire che per
sostenere i nostri consumi sfrenati servono cinque pianeti è una storia
accattivante, ma non è corretta. Il pianeta che abbiamo è più che sufficiente.
Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Fabio Galimberti) MEZZI
INADEGUATI Piantare foreste è uno dei modi meno efficienti per ridurre
l'anidride carbonica: molto meglio puntare su eolico e pannelli solari di BjØrn
Lomborg FONDATORE DEL COPENHAGEN CONSENSUS
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-19 - pag: 21 autore:
Credito. L'ex amministratore delegato diventa presidente Bper, Leoni torna al
vertice Emilio Bonicelli MODENA. Dal nostro inviato La Banca Popolare
dell'Emilia Romagna deciderà «senza urgenza», entro maggio, se aderire ai
Tremonti bond o scegliere una «formula diversa», come un innovativo prestito obbligazionario,
per continuare a crescere senza ridurre il credito alle imprese. L'annuncio è
stato dato ieri in occasione dell'assemblea dei soci dove si è svolta la
seconda grande battaglia per la guida dell'istituto di credito modenese. Ne è
uscito di nuovo vincitore Guido Leoni, leader storico, che, dopo avere ceduto
nell'ottobre dello scorso anno lo scettro di amministratore delegato all'amico
Fabrizio Viola, è tornato ieri al vertice della Bper con l'incoronazione a
presidente. La lista di Leoni oltre alla presidenza si è aggiudicata i sei
posti in scadenza nel cda, confermando tutti i consiglieri uscenti con un'unica
novità: al posto del dimissionario Giovanni Marani, è entrato Mario Zucchelli,
presidente di Coopsette e di Holmo, la finanziaria che
controlla Unipol. Totalmente sconfitto invece per la seconda volta l'avvocato
Giampiero Samorì, leader della lista Bper Futura. La terza lista guidata dal
commercialista bolognese Francesco Serantoni ha conquistato il posto di
presidente del collegio sindacale (riservato per statuto alla minoranza) che
verrà occupato dallo stesso Serantoni. Vinta la nuova sfida si guarda al futuro
e l'a. d. Fabrizio Viola ha affermato che ora la Bper si concentrerà
sull'attuazione del nuovo piano strategico 2009-2011 che verrà approvato dal
cda entro aprile. Tra gli obiettivi: aumentare le quote di mercato «solo nelle
aree in cui siamo già presenti» e riprendere il cammino di «crescita della
redditività della banca », interrotto dalla crisi finanziaria.
Entro maggio, come detto, la decisioni su dove trovare la “benzina”necessaria a
sostenere lo sviluppo. Prosegue intanto l'integrazione con Meliorbanca, di cui
Bper ha acquisito a gennaio il 100 per cento. «Stiamo lavorando per presentarci
in tempi rapidi con una struttura efficiente per servizi specializzati alle
imprese e nel private banking» ha affermato Viola, che riguardo al caso
Italease si è detto «soddisfatto» per la soluzione trovata anche se il progetto
di riassetto «non sarà una passeggiata». Il bilancio 2008 si è chiuso con un
utile netto consolidato di 209 milioni (-55%), mentre è stata decisa
l'erogazione di un dividendo di 0,18 euro (era 0,48 euro lo scorso anno).
Sempre in tema di assemblee bancarie, l'assise del Credito Bergamasco ha
approvato i conti 2008, con cedola invariata a 1,1 euro per azione. Nel
consiglio di amministrazione, si legge in una nota, entrano Massimo Cincera e
Giovanni Dotti, in sostituzione di Annamaria Colombelli e Franco Baronio.
L'ASSEMBLEA Sconfitta la lista di Samorì, Zucchelli (Holmo) nel board Viola:
«Decideremo a maggio se utilizzare i Tremonti bond» Creberg, cedola a 1,1 euro
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E SOCIETA data: 2009-04-19 - pag: 31 autore:
Imprevisioni / 1 Meteo, finanza e terremoti Come funziona la nostra psicologia
di fronte agli eventi incerti di Paolo Legrenzi M olti albergatori, soprattutto
quelli delle località marittime, si sono lamentati perché le previsioni del
tempo ci hanno recentemente sorpreso: a Pasqua è stato bello in molte località
dove era stato previsto brutto tempo. è giusto prendersela con i meteorologi?
Il sistema del tempo non è deterministico, come la legge dei gas, che mette in
relazione temperatura, volume e pressione: se la pentola a pressione è messa
sul fuoco, inevitabilmente dopo alcuni minuti la valvola sfiaterà soffiando. Il
sistema climatico è molto più complesso, e ben lo sanno quelli che devono fare
previsioni sul riscaldamento globale della terra. Persino a distanza di una
sola settimana le cose possono andare storte. Il problema può esser posto così:
in genere ci sono più di 50% di probabilità su cento che il giorno dopo faccia
lo stesso tempo del giorno prima e probabilità più ridotte che il tempo cambi.
Possiamo precisare meglio questo rapporto grazie ai meteorologi? La risposta è
affermativa, anche se qualche volta si sbagliano. Fanno comunque meglio del
caso, ad esempio delle previsioni del tempo basate sul lancio di una moneta.
Qualcosa di analogo è successo in occasione delle polemiche circa la
possibilità di prevedere i terremoti, come quello recente, o
la crisi finanziaria che ci
ha colpito. Paragonare l'andamento dei terremoti a quello dei mercati finanziari può sembrare
sacrilego. Nel primo caso si può morire, nel secondo soltanto impoverirsi. In
entrambi i casi tuttavia, quando capita un evento molto avverso, viene spontaneo
domandarsi se questo era prevedibile e, in entrambi i casi, gli eventi
rari tendono a venire sottostimati. Come mai questo succede? Poniamo di avere
una situazione incerta. Ad esempio: "80% di vincere à 4 e 20% di vincere à
0". è come se nel gioco televisivo "Affari tuoi" avessimo
davanti cinque pacchi, di cui uno è vuotoe gli altri hanno dentro à 4. Qual è
il prezzo certo di questa opzione incerta? Ogni sera, con importi molto più
elevati, i concorrenti del gioco si pongono, insieme a milioni di spettatori,
il quesito in diversi momenti della partita. Di solito si accontentano di cifre
certe inferiori a quelle teoriche risultanti dalla ripetizione del gioco per
innumerevoli volte. Ma al concorrente è dato giocare solo quella sera. Ora
poniamo di non avere di fronte a noi un gioco o un investimento descrivibile in
questi termini, ma di vivere la nostra vita e di incontrare un evento alla
volta. Ad esempio, può capitare questa specifica sequenza: 4,4,0,4,0,4,4,0,4,4.
Ma non sempre le cose andranno così se il campione è piccolo, fatto cioè di
dieci eventi. Poniamo di avere 100 persone che fanno l'esperienza di campioni
di 10 casi a partire da una distribuzione di tal fatta. Nella media, a 38
persone capiterà l'evento raro 0 meno spesso di due volte, e quindi
sottostimeranno la probabilità di ricevere O punti. Di questi 38 ce ne sono
addirittura 11 che non incontreranno mai lo O, e quindi non sanno neppure che
può capitare. Solo 30 persone avranno un'esperienza perfettamente
corrispondente a quella che si avrebbe sui tempi lunghi: O punti esattamente
due volte su dieci, e quindi la loro stima sarà esatta. Viceversa altre 32
persone faranno "esperienza O" più spesso di 2 volte e quindi la
sovrastimeranno. Dato che nella nostra vita noi ci facciamo un'idea della frequenza
degli eventi incerti sulla base dell'esperienza diretta, e che non viviamo per
millenni, possiamo farci idee diverse in funzione di quello che personalmente
ci capita. Questo non dipende da noi, ma semplicemente dal caso. Quando ci
colpisce un evento avverso, inaspettato, la sorpresa può essere diversa da
persona a persona e, al limite, siamo giustificati nel pensare che fosse
impossibile che capitasse proprio a noi: non era mai successo prima. I
possessori di titoli Lehman pensavano appunto questo: non era mai capitato che
una banca classificata "tripla A", il massimo della sicurezza,
fallisse. Era improbabile, non impossibile. Infatti è successo. Analogamente,
un terremoto è imprevisto nella sua specificità, ma non è così imprevedibile
che capiti in una certa zona della terra. Potremmo dire che è, al contempo,
imprevisto ma prevedibile. Per questo il commento degli esperti, in occasione
dell'emozione suscitata dall'evento, può sembrare cinico. Essi tendono a
considerare quello specifico episodio drammatico all'interno di una serie
storica che poteva richiedere prevenzione. Lo specifico terremoto è del tutto
imprevisto nel " quando", ma è più prevedibile nel "dove"
può capitare. La faglia di circa 10 kilometri che ha generato il terremoto de
L'Aquila era ferma da tempo immemorabile, ma era collocata tra una faglia più a
nord, che aveva provocato un terremoto nel 1703, e una più a sud responsabile
di un terremoto nel 1300. Tutta la zona è indicata, in una carta d'Italia
sismica, con colore viola, massimo pericolo, come se fosse un titolo finanziario rischiosissimo. Non si sa se e quando il titolo
fallirà, ma è più probabile rispetto a una tripla A, che corrisponde a una zona
sismica colorata di celeste, come la parte sud del veneto. Il tema del paternalismo,
nel senso di "costringere" le persone a non farsi del male, si pone
proprio per la differenza dei tempi contemplati da un esperto e quelli che
dipendono dalla nostra esperienza personale. Se abbiamo esperienze di
investimento cominciate negli anni Ottanta, fino a poco tempo fa eravamo
inclini a credere che le borse o i prezzi delle case dovessero, più o meno,
sempre salire. Se invece ci è capitato di iniziare in questi ultimi anni, prima
con la borsa e adesso con le case, ci siamo accorti, spesso troppo tardi, che
le cose non stanno sempre così. Lo stesso può avvenire se edifichiamo in una
zona dove non sono capitati terremoti a memoria d'uomo. Di qui il dilemma
etico: si possono o si devono costringere le persone ad agire alla luce
d'intervalli temporali che non corrispondono a quelli della loro vita? Se la
risposta è affermativa, dobbiamo non dimenticare che è inevitabile un certo
grado di costrizione perché molti non hanno esperito e forse non potranno mai
esperire il male da cui vogliamo difenderli. © RIPRODUZIONE RISERVATA
ILLUSTRAZIONE DI DOMENICO ROSA
(
da "Corriere della Sera"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Cronache data: 20/04/2009 - pag: 23 Treviso G8 agricoltura
Intesa sulla lotta alla speculazione CISON DI VALMARINO (Treviso) Forse non
sarà ancora il nuovo ordine mondiale dell'agricoltura e la fine della fame nel
mondo. Ma i ministri degli 8 grandi riuniti nell'alta marca trevigiana ieri a
tarda sera si sono accordati su un testo in 13 punti in cui si parla
esplicitamente di «lotta alla speculazione» e «rigetto del protezionismo». Anche se quest'ultima affermazione non si tradurrà in un
rapido superamento dei dazi: la dichiarazione è stemperata dal richiamo a una
concorrenza equilibrata da regole. Il documento prevede anche l'istituzione di
una sorta di banca mondiale delle derrate con scorte per evitare i picchi di
prezzo responsabili delle sommosse che si sono verificate in parecchi paesi
dalle economie emergenti. Anche se Luca Zaia (nella foto), il ministro italiano
che ha fortemente voluto il summit, ieri sera spiegava che «sugli stock ci sono
ancora alcune divergenze». Il documento è invece esplicito sulla «lotta alla
speculazione». La novità sembra essere Obama: difficilmente gli Stati Uniti di
un anno fa avrebbero potuto firmare un documento «multilaterale» come quello
che sarà presentato domani. È invece mancato un documento condiviso anche dagli
altri otto Paesi partecipanti al summit (Cina, India, Messico, Brasile, Sud
Africa e Argentina, Australia, Egitto). Dalla Cina, invece, documento
incentrato sull'agricoltura sostenibile. Marco Cremonesi DAL NOSTRO INVIATO
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA INTERNAZIONALE data: 2009-04-19 - pag: 5 autore:
Il fondo della Cina bussa all'Europa Morya Longo L'anno scorso ha realizzato la
miglior performance tra i fondi sovrani. Non perché il China Investment Corp,
il colosso creato a Pechino nel 2007 per investire nel mondo 200 miliardi di
dollari di riserve cinesi, abbia fatto le scelte migliori rispetto ai suoi
concorrenti. Ma solamente perché – a detta del suo presidente Lou Jiwei – molti
Paesi europei gli hanno impedito di investire. Gli hanno fatto muro. E
l'immobilità, in un anno come il 2008, è stata vincente. Morale: ora che la
diffidenza nei suoi confronti sembra essere diminu-ita, il China Investment
Corp ha deciso di suonare la carica. Il fondo sovrano ha infatti annunciato
ieri di voler aumentare gli investimenti all'estero e, soprattutto, ha
comunicato che punterà proprio sull'Europa. Ad annunciarlo è stato lo stesso
Lou Jiwei ad un convegno organizzato a Boao, in Cina. E la notizia, riportata
dalle agenzie di stampa e da siti internet come quello del «Wall Street
Journal», ha fatto il giro del mondo. Il Cina Investment Corp, che nel mondo finanziario viene abbreviato in «Cic», è uno di quei colossi
creati dai Paesi con ingenti surplus di bilancio. I fondi sovrani sono grossi
veicoli finanziari che detengono e investono i fondi
pubblici dei Paesi con forti avanzi. Nel mondo ne esistono circa 40, promossi
soprattutto dagli Stati esportatori di petrolio, con un patrimonio superiore ai
3mila miliardi di dollari ( stima Ocse). Il China Investment Corp è uno di
loro: è nato per investire parte delle riserve della Cina, che superano gli 800
miliardi di dollari. Solo nel 2008 questi fondi hanno investito circa 70
miliardi di dollari in occidente, per esempio nelle banche americane. Soldi
che, in gran parte, si sono volatilizzati con la crisi.
Il China Investment Corp, invece, è stato più cauto. Ha investito (e perso
soldi) in Morgan Stanley e Blackstone, ma in Europa non ha puntato un euro.
«Alcuni uomini politici europei – ha raccontato Lou Jiwei con un pizzico di
rammarico e di ironia – negli anni passati mi facevano capire che noi non
eravamo bene accetti. Così io ho sempre risposto loro: va bene. Se non mi
volete, io non vengo. Voglio quindi ora ringraziarli, perché non abbiamo mai
messo un cent in Europa». Niente investimenti, insomma, niente perdite
nell'anno della grande crisi finanziaria. Ma ora è il
momento della svolta. «Ultimamente ho notato un cambio di atteggiamento – ha
spiegato Lou Jiwei –. L'Europa è ora molto positiva nei nostri confronti, e non
ci impone più condizioni restrittive ». Morale: il Cic, cioè il sesto maggiore
fondo sovrano del mondo, entrerà nel Vecchio continente. Lou Jiwei non ha detto
dove. Non ha detto in quale Paese investirà. Ma per mercati
finanziari che cercano di uscire dalla crisi,
l'annuncio di future possibili nuove iniezioni di capitali non può che far
piacere. SVOLTE STRATEGICHE Il China Investment Corp investirà parte dei 200
miliardi di dollari di cui è dotato in aziende del Vecchio continente
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 1
Finanza Venerdì 24 l'assemblea Generali all'esame annuale DI STEFANO RIGHI V
enerdì 24 le Generali riuniranno l'assemblea. La compagnia cerca la strada per
uscire dalla grave crisi finanziaria che ha colpito anche il mondo delle polizze. A PAGINA 5 CON UN
ARTICOLO DI GEREVINI Presidente Antoine Bernheim La Presse
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 10 Offshore a cura di Ivo
Caizzi icaizzi@corriere.it Tremonti, le lobby e lo scudo fiscale stile Ue Il
ministro dell'Economia e i progetti di rientro dei capitali. Le manovre dei
gruppi di pressione L a più ansiosa appare la lobby occulta dei clienti dei
paradisi fiscali, che trovano ormai troppo rischioso mantenere capitali nelle
piazze offshore e vorrebbero riportarli in Italia con un condono a buon
mercato. Ma sono molti i gruppi di pressione impegnati a tentare di influenzare
e deviare verso interessi particolaristici la politica del ministro
dell'Economia Giulio Tremonti, dichiaratamente orientata a conciliare le
esigenze di un bilancio gravato dal più alto debito pubblico d'Europa con la
necessità di esborsi anti-crisi utili alla
collettività e con fini sociali (come la difesa dell'occupazione e la
ricostruzione in Abruzzo). Sembra una replica a Roma dello scontro in corso a
Washington tra le lobby più potenti e la nuova amministrazione di Barack Obama.
Emblematico è il caso di imprenditori, finanzieri e professionisti che hanno
usato il segreto bancario e le normative compiacenti dei paradisi fiscali per
evadere o eludere le tasse. La crisi finanziaria li sta costringendo a spostare i loro depositi verso Paesi più
sicuri degli staterelli offshore , dove sono quasi nulle le garanzie in caso di
insolvenza delle banche locali. In più l'ultimo vertice del G20 - che ha
decretato la fine della riservatezza bancaria e imposto anche all'irriducibile
Svizzera o al Lussemburgo di fornire informazioni sugli evasori fiscali
stranieri - ha aperto ampi spazi investigativi alla Guardia di finanza. Così
molti «pentiti» auspicano una replica dello scudo fiscale con cui Tremonti, nel
precedente governo Berlusconi, consentì la riemersione di tanti miliardi
occultati all'estero al modico prezzo del 2,5%. Ma ora il ministro
dell'Economia intende procedere con l'Ue nell'ambito dell'azione comune contro
i paradisi fiscali e legali. E leader come il presidente francese Nicolas
Sarkozy e il ministro delle Finanze tedesco Peer Steinbrueck, molto impegnati
contro la «finanza ombra» e i centri offshore , sembrano poter considerare un
condono agli evasori solo se in grado di produrre adeguati introiti per lo
Stato. Altre lobby aggressive appaiono quelle della proprietà e della
speculazione immobiliare. Non contente dell'ascesa dei prezzi delle case
(stimata oltre il 100% nell'ultimo decennio), vorrebbero frenare il prevedibile
assestamento al ribasso del mercato ottenendo la riduzione della tassa sugli affitti
al 20% fisso. Ma già il precedente ministro dell'Economia, Tommaso
Padoa-Schioppa, aveva accantonato questa richiesta dopo la stima di vari
miliardi di costo annuo per i contribuenti. Gli aiuti all'industria dell'auto
hanno invogliato altri settori imprenditoriali a manovrare per ottenere
incentivi pubblici e sgravi fiscali. Perfino la speculazione finanziaria
preme informalmente affinché le garanzie sui depositi e i Tremonti bond,
concessi alle banche per far affluire credito alle imprese, possano invece
accentuare il rimbalzo della Borsa verificatosi nelle ultime settimane (con
titoli schizzati all'insù di oltre il 50%). Capitali Il ministro dell'Economia
Giulio Tremonti Emblema
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 12 Rappresentanze Al G20
c'erano dieci europei, due americani, un cinese Troppe sedie per l'Europa U n
nuovo spettro incombe sull'Europa? A leggere parte della stampa, in verità
soprattutto quella italiana, si tratterebbe del G2: un accordo bilaterale fra
Cina e Stati Uniti per costruire un nuovo direttorio mondiale destinato a
marginalizzare definitivamente il vecchio continente. Basterebbe un po' di
lucidità per rendersi conto che non si tratta di uno spettro molto meno reale
del comunismo a suo tempo evocato da Marx. I due paesi sono al cuore degli
squilibri che hanno condotto alla crisi attuale. Per uscirne dovranno in primo
luogo curare gli squilibri interni che hanno determinato il loro comportamento:
eccesso di consumo a debito in America, insufficiente domanda interna in Cina.
Entrambi saranno confrontati a scelte politiche che metteranno a dura prova il
consenso domestico: in Cina ancor più che negli Stati Uniti. Avranno bisogno di
collaborare, ma è illusione credere che possano riuscirci da soli. Per fare un
solo esempio, è realistico pensare che potrebbero raggiungere un accordo
monetario senza tenere conto dell'euro? Anche a prescindere dall'Europa,
sarebbe come credere che la Russia sia scomparsa e che l'Asia si riduca alla
Cina o che comunque la accetti come proprio rappresentante. Oltre all'economia,
sulla strada del dialogo cino-americano ci sono difficili problemi politici: i
diritti umani, il Pakistan, Taiwan, l'Iran, la Corea del Nord, l'Africa.
Nessuno di questi può essere affrontato e risolto sul piano bilaterale. Se si
può fare un parallelo, è quello con il rapporto franco-tedesco in Europa: è
necessario che s'intendano, ma da soli non vanno da nessuna parte. Il solo G2
concretamente ipotizzabile è in realtà quello che ha agito negli anni passati
ed era funzionale al mantenimento nei due paesi di squilibri interni che si
sono dimostrati insostenibili. Le paure europee vanno quindi interpretate
principalmente come una sindrome d'impotenza, o peggio come un perverso
desiderio di fuggire dalle proprie responsabilità. È invece bene ricordare che
la riunione del G20 di Londra è stata un successo per le posizioni europee; con
tutte le sue imperfezioni, il nostro sistema economicosociale, denigrato negli
anni passati, sta dimostrando la sua validità. Tutti si aspettano ora che
l'Europa assuma un ruolo attivo nella definizione di quelle regole
internazionali che ha avuto il merito di porre al centro del dibattito. Non
sarà facile convincere paesi refrattari ad accettare regole internazionali
vincolanti, se in primo luogo l'Europa non darà l'esempio sul piano interno
superando la frammentazione dei suoi sistemi di vigilanza sui mercati finanziari. La credibilità internazionale
dell'Europa richiede soprattutto una riflessione sulla sua rappresentanza. Alla
riunione del cosiddetto G20 c'erano, fra rappresentanti dei paesi partecipanti
e quelli di organizzazioni internazionali, dieci europei contro due americani e
un cinese. Questa situazione è sempre meno tollerata dai nostri partner e
indebolisce la posizione europea. Il rafforzamento delle istituzioni
internazionali che invochiamo a parole richiederà un riequilibrio del potere al
loro interno e la pressione principale si eserciterà sull'eccessivo peso
numerico degli europei. Decidere di unificare la rappresentanza almeno per la
zona euro, sarebbe un contributo molto importante non solo alla riforma del
sistema internazionale, ma anche alla nostra coesione interna. Tra l'altro
l'Italia, che si trova in una posizione più vulnerabile di Francia, Germania e
Gran Bretagna nell'ambizione di difendere «il proprio posto a tavola», dovrebbe
essere sensibile a questo problema. Certo, nessuno può sottovalutare le
debolezze europee sul piano delle istituzioni, del consenso politico e della
solidarietà fra paesi. Tuttavia, siamo proprio sicuri che esse siano così
superiori alle manifeste fragilità di altri paesi, in apparenza dotati di
sistemi politici unitari e strutturati? Le sfide non si affrontano evocando
spettri, ma assumendo concretamente le proprie responsabilità; in questo caso, nella consapevolezza che l'alternativa a un sistema multilaterale
funzionante non è il G2, ma lo spettro ben più reale dell'anarchia e del protezionismo. Decidere di unificare le
rappresentanze per la zona euro sarebbe un contributo alla riforma del sistema
di RICCARDO PERISSICH Già Funzionario dell'Unione Europea
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 12 Un libro, un caso a cura
di Fabio Ranchetti fabio.ranchetti@fastwebnet.it Il capitalismo, per vivere, si
dia una regolata Da Barucci e Messori un'analisi tutta italiana delle cause
della crisi e delle possibili vie d'uscita C inque
accademici più sei dirigenti di banche private più uno di una compagnia di
assicurazione più due alti funzionari della Banca d'Italia, coordinati da un
matematico finanziario (Emilio Barucci) e da un
economista a tutto tondo qual è Marcello Messori, hanno prodotto con questo
libro la prima analisi italiana sistematica e approfondita della crisi in corso. Il volume è aggiornato a tutto il febbraio
2009, ed esce ora proprio quando, seppur ancora immersi nel buio della più
profonda crisi economica dal secondo dopoguerra, si
iniziano a intravedere le prime luci oltre la crisi,
ovvero i primi «segnali prospettici di allentamento della forza della
recessione» (secondo quanto afferma l'ultimo recentissimo Bollettino economico
della Banca d'Italia del 10 aprile). La forza di questo volume,
scientificamente molto solido e ben costruito, consiste non solo e soltanto
nell'analisi delle cause della crisi in corso, ma
soprattutto nell'individuazione delle strade migliori per uscirne. Senza poter
entrare nel merito delle singole proposte di politica economica, vediamo quale
sia il loro senso generale, che può essere riassunto in due
punti capitali: «(i) la crisi finanziaria è molto seria ma non segna la fine del mondo o più modestamente
del capitalismo; (ii) la riproduzione del capitalismo non implica che il dopo crisi si possa realizzare nel segno
della continuità», confermando il detto gattopardesco che tutto debba cambiare
affinché nulla cambi. In altre parole, gli autori si pongono in una
posizione intermedia tra chi interpreta la crisi in
senso catastrofico come la dimostrazione dell'impossibilità di funzionare del
capitalismo e chi, dall'altra parte, la considera semplicemente una fase
transitoria di «normali» squilibri intrinseci a qualsiasi economia e capaci di
autocorreggersi. La terza strada indicata da Barucci e Messori è quella,
infatti, di realizzare nuovi strumenti di intervento combinando stabilità ed
efficienza. Per esempio, costruendo sì un'autorità di regolamentazione
sovranazionale dei mercati finanziari, ma senza
intaccare il necessario e positivo processo di liberalizzazione che ha
caratterizzato l'economia negli ultimi trent'anni. Il discorso è fondato. Più
convincente ancora sarebbe stato se, accanto alla stabilità e all'efficienza
dei mercati, si fosse considerato come assolutamente
necessario e prioritario anche il valore dell'equità. E. BARUCCI M. MESSORI
OLTRE LO SHOCK Egea 294 pagine 22,50 e
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 18 I fondi resistono
all'Orso Ma pochi si iscrivono Nei primi tre mesi del 2009 le casse di
categoria hanno perso lo 0,8%. La liquidazione, con la gelata dell'inflazione,
ha reso solo lo 0,3% DI ROBERTO E. BAGNOLI C hiudono ancora in rosso, ma con un
calo più contenuto rispetto a quello accusato dai mercati.
Si è praticamente arrestata, invece, la crescita degli iscritti. In base ai
dati divulgati da Assofondipensione, nei primi tre mesi del 2009 i fondi
pensione aziendali o di categoria hanno perso in media lo 0,8%: il dato è
leggermente migliore rispetto al meno 1,2% dei benchmark utilizzati per
valutare l'andamento della gestione. Per entrambi il confronto è al netto della
tassazione dell'11%. Il forte raffreddamento dell'inflazione ha determinato una
resa risicata per il Tfr lasciato in azienda: sempre al netto del Fisco, nei
primi tre mesi del 2009 la liquidazione ha reso appena lo 0,3%. In pratica il
distacco tra Tfr e fondi è minimo: 1%. Scelte prudenti Grazie a un portafoglio
prudenziale, in cui le azioni hanno un'incidenza abbastanza bassa, le perdite
dei fondi chiusi sono minori di quelle accusate delle Borse: nei primi tre mesi
dell'anno l'indice S&P Mib della Borsa di Milano ha perso il 18%. Il
bilancio dei fondi resta negativo anche nel medio periodo. Fra il primo gennaio
2000 e il 30 marzo 2009, infatti, tutti e tre quelli operativi all'inizio del
periodo considerato hanno reso meno del 28% offerto dal Tfr: dal 18,2% di
Cometa dei metalmeccanici al 15,8% di Fonchim (chimica e farmaceutica) e al
12,5% di Fondenergia (gruppo Eni). Accanto ai rendimenti, peraltro, bisogna
tener conto di altri due fattori che giocano a favore della previdenza
complementare rispetto alla scelta di mantenere il Tfr in azienda. Il primo è
lo sgravio fiscale sui contributi versati, deducibili sino a 5.164,57 euro
l'anno. Il secondo è il contributo del datore di lavoro (in media l'1,2-1,5%
della retribuzione lorda), previsto solo per chi aderisce al fondo pensione. La
classifica Fra le performance del primo trimestre la peggiore è il -5,4% della
bilanciata di Arco (legno e laterizi), seguita con il -5,2% dalle
bilanciate-azionarie di Fondenergia e Telemaco (telecomunicazioni). I risultati
sono in linea con i rispettivi benchmark, in molti casi migliori, con una
vistosa eccezione: dopo il -7,7% del 2008 soffre ancora la monetaria di
Fonchim, che nei primi tre mesi del 2009 ha perso il 4,4%, oltre cinque punti
in meno rispetto al +1,1% del parametro di riferimento. «Il comparto è
investito per circa il 50% in obbligazioni societarie, soprattutto del settore finanziario, che l'anno scorso sono state fortemente
penalizzate spiega Luciano Scapolo, presidente di Fonchim . Le perdite saranno
gradualmente recuperate man mano che i titoli arriveranno alla scadenza, e in
ogni modo i nuovi investimenti vengono fatti in titoli governativi». Il
monetario di Fonchim è destinato comunque a scomparire. «Ha un numero molto
ridotto di aderenti, con costi fissi che presentano un'elevata incidenza
rispetto ai rendimenti che è in grado di offrire sostiene Scapolo . A novembre
sarà inglobato nel garantito, che assicura la restituzione dei contributi
versati». Tutte le altre linee di Fonchim, invece, hanno fatto meglio dei
rispettivi indici di riferimento. Risultati migliori dei benchmark sono stati
ottenuti anche da tutti i comparti degli altri due fondi più grandi, Cometa e
Fonte (commercio, turismo e servizi). Nel caso del primo, i due più aggressivi
hanno perso l'1% e il 2,6% contro l'1,9% e 4,1% dei benchmark. «La crisi dei mercati finanziari non ha ancora toccato l'apice dice Fabio Ortolani, presidente di
Cometa e per queste due linee abbiamo in programma per i prossimi mesi un
abbassamento del profilo di rischio». L'Isvap ha recentemente messo in pubblica
consultazione un provvedimento relativo al meccanismo di garanzia nei fondi
gestiti da compagnie d'assicurazione. «Se venisse approvata nelle sue
ipotesi attuali, la normativa limiterebbe la protezione che potrebbe essere
offerta sottolinea Ortolani . Il rendimento garantito potrebbe essere al
massimo il 2,5%, un limite che ridurrebbe l'appetibilità di queste linee che,
in base alla riforma del Tfr, i fondi devono offrire». Anche nel caso di Fonte
tutti e quattro i comparti hanno fatto meglio dei benchmark. «Hanno premiato
l'approccio prudenziale e la forte diversificazione degli investimenti spiega
il presidente Gianfranco Bianchi . Per la componente azionaria i titoli sono
stati selezionati in modo molto attento». Adesioni al palo Se i rendimenti
tutto sommato hanno tenuto, è decisamente rallentata la crescita degli
iscritti. «Nei primi tre mesi il tasso d'incremento è intorno al 3%, un dato
che si può considerare positivo spiega Ortolani . In mancanza di una campagna
informativa istituzionale, infatti, la promozione è affidata interamente ai
fondi pensione. E poi nel settore metalmeccanico vi sono circa 75mila
lavoratori in Cassa integrazione: chi si trova in questa condizione ha altre
necessità più immediate, e difficilmente pensa alla previdenza complementare ».
Fra le crescite più sostenute vi è proprio quella di Fonte, che come numero di
iscritti ha superato Fonchim divenendo il secondo fondo pensione italiano alle
spalle di Cometa. «Nei primi tre mesi sono state registrate circa 7mila nuove
adesioni spiega Bianchi che portano il totale a oltre 165mila, un risultato
superiore alle previsioni ».
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 19 contributo aziendale
perde la struttura dei nostri prodotti si è rivelata adatta e resistente di
differenziale) ma sono stati battuti, dopo la tempesta del 2008, dal tasso del
Tfr (-3% di differenziale). In particolare, il 2008 ha colpito duramente tutti
gli investimenti non puramente obbligazionari e quelli previdenziali non hanno
fatto eccezione: Cometa ha perso quasi il 4%, Fonchim e Fondenergia il 10%. Ben
altri risultati erano stati accumulati prima della «tempesta perfetta» e da
questa, in pochi mesi, brutalmente spazzati via. Ma per un ragionamento
corretto due altre componenti vanno sottolineate: il contributo del datore di
lavoro e il vantaggio fiscale. Si consideri un fondo pensione che ha perso (nel
2008) il 6,3%. Un lavoratore che abbia versato 1.000 euro di Tfr, 150 di suo
contributo e altrettanto di contributo datoriale si trova a fine anno un
montante di 1.218 euro (1.300 meno il 6,3%). Ma il suo personale investimento è
stato di 1.150 per cui la redditività effettiva è stata del 5,9% (risultato di
1.218 meno 1.150 diviso 1.150). Quindi sopra il Tfr e l'inflazione anche in un
anno pesantemente negativo. Il contributo del datore di lavoro (che non
percepisce chi lascia il Tfr in azienda e chi aderisce al fondo col solo Tfr)
rappresenta un ammortizzatore indispensabile ed efficace per affrontare l'incertezza dei mercati finanziari. Il secondo aspetto è l'agevolazione fiscale che agisce sia in
fase di versamento sia in fase di liquidazione finale del montante accumulato.
I contributi sono deducibili dal reddito per cui, a fronte di un'aliquota
fiscale diciamo del 27%, il versamento netto, di fatto, non è di 150 euro ma di
110. La redditività effettiva, considerando anche questo effetto, sale
ulteriormente al 9,7%. In secondo luogo, in fase di liquidazione finale,
l'aliquota fiscale non è come nel caso del Tfr almeno il 23% ma al massimo il
15% (a scendere fino al 9%, in base alla permanenza nel fondo pensione): un
ulteriore, amplissimo vantaggio. La conclusione è chiara: la crisi sta colpendo
duramente i mercati finanziari e gli investimenti,
inclusi quelli dei fondi pensione. Questi tuttavia, almeno nel caso italiano,
grazie al solido impianto costitutivo, stanno reggendo bene e restano vantaggiosi
per tutti quei lavoratori che partecipano attivamente alla costruzione della
loro pensione complementare. RICCARDO CESARI (Università Bologna)
(sezione: crisi)
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 19 Intervista Elsa Fornero:
sulla previdenza complementare è sceso un imbarazzante silenzio «Vanno
rilanciati. E subito» La coordinatrice del Cerp: le pensioni dei giovani
dipendono dal Pil. E con la crescita bassa la copertura, già limitata, si
ridurrà ulteriormente... L a previdenza complementare è solida, ma per
rilanciarla è necessaria una seria campagna informativa: l'economista Elsa
Fornero, coordinatore scientifico del Cerp (Centro ricerche sulle pensioni e le
politiche del welfare) fa il punto sulla situazione e le prospettive del
settore. Dopo le perdite dell'anno scorso, i fondi pensione sono in rosso anche
nel primo trimestre del 2009... «Rispetto a quelli accusati in Gran Bretagna o
Stati Uniti, da noi i cali sono decisamente più contenuti perché vi sono regole
rigide sugli investimenti e i portafogli sono molto prudenziali, hanno una
percentuale più bassa di azioni. I ribassi potranno essere recuperati quando i
mercati torneranno alla normalità, che non è certo quella della finanza allegra
degli ultimi anni». Esistono rischi di tenuta per la previdenza complementare?
«No, il fatto di essere arrivati per ultimi nell'avvio di un sistema integrativo
ha fatto perdere tempo prezioso, ma se non altro ci ha consentito di evitare
alcuni errori commessi in altri paesi: i fondi italiani sono soggetti a regole
stringenti e hanno attivi fortemente diversificati. Piuttosto, nell'attuale
situazione vedo altri pericoli». Quali? «Almeno due. Il primo, che
sull'utilizzo del Tfr vengano avanzate proposte alternative, come quella del
presidente di Confindustria di lasciare il Tfr alla disponibilità delle imprese
con più di cinquanta dipendenti: questo è comprensibile nella situazione di
razionamento del credito per molte imprese, ma svia l'attenzione rispetto alla
destinazione prevalente del Tfr, che dovrà restare la previdenza
complementare». Il secondo? «Che sulla previdenza complementare si diffonda un
atteggiamento sbrigativamente negativo e prevalga la tentazione di rifugiarsi
sotto l'ombrello protettivo del sistema pubblico: i vitalizi relativamente
generosi del passato non sono più sostenibili, e del resto neppure la
rivalutazione delle pensioni obbligatorie è priva di rischi». Perché? «Dopo la
riforma Dini del 1995 i vitalizi nel regime contributivo sono agganciati al
Pil, che cresce poco». La soluzione? «E' sempre la stessa, quella adottata del
resto in tutti paesi. Affiancare al sistema pubblico un pilastro integrativo su
base volontaria e regolato in maniera efficiente, com'è appunto il nostro ». La crisi finanziaria suscita allarme fra gli iscritti ai fondi pensione: cosa si può
dir loro per tranquillizzarli? «Il fatto che siano preoccupati è comprensibile,
ma devono evitare di cadere nel panico e compiere scelte avventate». A quasi
due anni dalla conclusione del semestre di scelta, come giudica i risultati
della riforma del Tfr? «Il sistema non è decollato: sono sempre stata
scettica sul fatto che la riforma sia stata anticipata di un anno rispetto alla
scadenza originaria del 2008, e per di più in mancanza di una seria e capillare
campagna informativa che partisse dalla situazione e dalle prospettive del
sistema previdenziale obbligatorio». Cosa è successo? «Molti lavoratori sono
stati indotti a compiere scelte emotive piuttosto che dettate da un'effettiva
consapevolezza sul loro futuro previdenziale: nella stragrande maggioranza dei
casi hanno mantenuto il Tfr in azienda, senza tener conto che in questo modo
avranno pensioni molto basse. O, forse, hanno, fatto un diverso ragionamento ».
Cioé? «Hanno pensato che il sistema contributivo per il calcolo delle pensioni
non andrà mai effettivamente a regime, e che alla fine ci sarà un intervento
statale». Cosa si può fare per promuovere uno sviluppo della previdenza
complementare? «Sul settore è calata una cappa d'imbarazzante silenzio. Proprio
in questa fase bisogna avere il coraggio di fare quello che sinora non si è
fatto: spiegare ai lavoratori che il nuovo sistema di calcolo delle pensioni
determinerà prestazioni molto più basse rispetto al passato. Certo, è
un'iniziativa che dal punto di vista politico non paga». Alcuni hanno proposto
di riaprire periodicamente il semestre di scelta sul Tfr... «Non sono
pregiudizialmente contraria, a condizione che questa volta ci sia
un'informazione efficace e senza i messaggi contraddittori che hanno
caratterizzato l'avvio del 2007». Recentemente la Covip, la Commissione di
vigilanza sulla previdenza complementare, ha proposto di realizzare un fondo di
garanzia che protegga gli aderenti dai ribassi dei mercati: cosa ne pensa?
«Sono sempre stata scettica, ma la gravità della crisi
finanziaria è tale che il problema esiste e va affrontato. Si può
pensare, per esempio, a un meccanismo che salvaguardi, anche rispetto
all'inflazione, il montante dei lavoratori che stanno per incassare la
prestazione. Ma bisogna essere consapevoli del fatto che le garanzie, pubbliche
o private che siano, hanno un costo, in termini di denaro pubblico o minori
rendimenti». Le agevolazioni fiscali sulla previdenza complementare sono
sufficienti? «Gli incentivi contano, non lo nego, ma non rappresentano
l'elemento determinante per la scelta di aderire ».
(sezione:
crisi)
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 21 Intervista Il premio Nobel 2007, studioso dei meccanismi che regolano i bandi finanziari, promuove il piano Geithner «Titoli tossici all'asta? Idea vincente» Maskin: con molti compratori e lo Stato sempre socio il meccanismo può funzionare L e aste di titoli «tossici» proposte dal ministro del Tesoro americano Tim Geithner sono un piano ragionevole e possono funzionare: >forse
non saranno sufficienti a risolvere da sole la crisi finanziaria, ma sono un passo importante nella
direzione giusta. Lo spiega a CorrierEconomia il premio Nobel 2007 per l'Economia,
Eric Maskin, docente di Princeton, teorico di come disegnare le aste per
ottenere i migliori risultati possibili e che per questo è stato consultato
anche dalla Banca d'Italia sulle aste dei Bot. Il piano di Geithner è controverso: lo ha bocciato
sul New York Times un altro Nobel dell'Economia, Paul Stiglitz perché troppo
favorevole a Wall Street, mentre il Wall Street Journal ha criticato l'idea che
solo pochi grandi operatori finanziari possano partecipare alle aste. Anche
secondo Maskin è importante che ci sia molta competizione fra i potenziali
compratori. Perché questa volta il piano dovrebbe funzionare? Che differenza
c'è con quello simile dell'ex ministro Paulson? «Quel piano, mai stato attuato,
prevedeva un solo compratore, il governo, in un meccanismo di asta al
contrario: erano le banche che offrivano prezzi sempre più bassi per riuscire a
vendere i titoli e l'equilibrio era raggiunto quando l'offerta eccedeva la
domanda. Il rischio era che i prezzi scendessero troppo, sotto il valore reale,
vanificando lo scopo di ricapitalizzare le banche». E il nuovo meccanismo? «È
migliore, perché è un' asta normale con potenzialmente molti compratori, quindi
è più probabile che il prezzo finale rifletta il valore reale». Ma come fanno i
compratori a valutare i titoli tossici, se i modelli matematici con cui erano
stati creati e venduti si sono rivelati sbagliati? «Il grosso problema di quei
modelli è aver sottovalutato le probabilità di default dei mutui alla base di
qui titoli ovvero la possibilità che i prezzi delle case crollassero come è
successo. Tuttora non sappiamo dove andranno a finire le quotazioni del
mattone, ma basta che i partecipanti alle aste siano in grado di fare una
scommessa, assumendosi i relativi rischi come sempre succede quando si decide
di investire in qualsiasi impresa o titolo sperando di guadagnarci». Oggi però
è proprio la voglia di rischiare che sembra scomparsa. «È vero, siamo passati
da un eccesso all'altro, dall'assumersi troppi rischi all'evitarli del tutto.
Per questo il governo ha introdotto un sussidio per incentivare i compratori
nelle aste dei titoli tossici, diventando socio in pratica di chi fa le
offerte: così dovrebbero alzarsi i prezzi fino a un livello accettabile dalle
banche. E per cambiare la psicologia del mercato sono anche importanti le
misure di stimolo economico già avviate». Ma se per paura che si scopra il loro
stato di insolvenza i top manager delle banche continuano a rifiutare di
vendere i titoli, che cosa succede? «Il governo può usare il suo potere di moral
suasion e far capire che alla fine, comunque, scoprirà il vero stato di salute
delle banche e, se sarà necessario, prenderà altre misure compresa la
nazionalizzazione di quelle insolventi ». M.T.C. La garanzia pubblica può
rimettere in moto il mercato Premiato Eric Maskin Associated Press
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 28 Bilanci Dall'aprile 2006
l'industria brucia asset. Le strategie possibili e gli ultimi ostacoli La
ripresa dei mercati può far respirare i Fondi Persi
140 miliardi nel 2008 e altri 13 nei primi mesi del 2009. Ma ora... DI GIUDITTA
MARVELLI U na crisi nuova che si è scontrata con una vecchia bufera. Per il
risparmio gestito italiano il crollo dei mercati finanziari
è arrivato all'apice di una congiuntura molto nera per il settore che già da
due anni perdeva clienti e asset. Nel 2008 i deflussi sono stati pari a 140
miliardi di euro e nei primi tre mesi del 2009 siamo a meno 13 circa. E la fuga
dai fondi si vede anche nei numeri complessivi del portafoglio delle famiglie
italiane: in cinque anni la quota del risparmio gestito è scesa dal 34% al 31%.
E, fatto cento il terzo che spetta alle gestioni collettive, la retromarcia
degli Oicr (la sigla che indica le casse comuni italiane ed estere), è quella
più eclatante. La retromarcia Secondo le stime di Giacomo Neri, partner di
PriceWaterHouseCoopers che segue i destini del settore, tra il 2007 e il 2008
siamo scesi dal 46% al 41%, mentre gli altri protagonisti (polizze, fondi
pensione, gestioni patrimoniali) hanno recuperato terreno in proporzione, anche
se la torta è più piccola. Declino inarrestabile? O speranze che possono
riaccendersi? Secondo Marcello Messori, presidente di Assogestioni (vedi
intervista) la tregua sui mercati
finanziari, che potrebbe annunciare l'uscita dal
tunnel è un'occasione da non perdere per riflettere e per rilanciare
un'industria che non ha affatto perso, in teoria, la sua ragion d'essere. Il
pianeta fondi ha pagato negli ultimi tre anni il dazio di un'organizzazione
industriale non più adeguata ai tempi, dove i canali distributivi
(monopolizzati quasi interamente dalle banche) sono stati utilizzati per
vendere prodotti più opachi e più immediatamente remunerativi dei fondi. Oggi,
di fronte alle macerie della finanza strutturata, è lecito sperare che invece,
passata la paura, sia possibile per i risparmiatori italiani avvicinarsi ai
fondi, che per natura sono un investimento di medio lungo periodo, con una
maturità che fin qui è mancata. A tutti, venditori e compratori. Lo scenario Il
mercato dove i fondi si propongono è molto cambiato. Ci sono nuove regole
europee, che hanno dato ai gestori una libertà di movimento prima negata e
quindi la possibilità di creare prodotti più flessibili e sofisticati. La
concorrenza, più feroce quando i mercati crollano,
costringerà i player non competitivi a capitolare. Resta da risolvere il nodo
fiscale, che azzoppa l'operatività dei gestori italiani. Ma non è più
rimandabile, in ogni caso, la consapevolezza che la pianificazione finanziaria debba diventare una buona abitudine per tutti.
Alla crisi del settore, in atto da due anni, si è aggiunta la débâcle dei mercati finanziari che ha trascinato i riscatti
(sezione: crisi)
(
da "Corriere Economia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
Economia sezione: Economia data: 20/04/2009 - pag: 28 L'intervista Le tre
ricette del presidente di Assogestioni per rilanciare l'industria «Ripartire da
piani semplici» Messori: Pac e consulenza alle famiglie, sgr più efficienti,
Fisco adeguato T re idee per non buttare via le occasioni che il dopo crisi offrirà al sistema del risparmio gestito. Risolvere il
dilemma fiscale, lanciare prodotti appetibili con un'ottica di lungo periodo,
riorganizzare in modo efficiente l'industria alla luce delle nuove regole
comunitarie. Marcello Messori, presidente di Assogestioni, la Confindustria dei
fondi venduti in Italia, sintetizza così il suo pensiero, alla
luce delle speranze accese oggi dalle migliori condizioni dei mercati finanziari. Si può calcolare
l'impatto della crisi sui
fondi? «E' difficile. Il mondo del risparmio gestito è in difficoltà
dall'aprile 2006. Da quella data è partito un trend di deflussi senza soluzione
di continuità che nel 2008 ha avuto il suo culmine. Se si considera il
perimetro allargato dell'industria i riscatti sono arrivati a quasi 200
miliardi». Quindi il crollo verticale dei mercati ha
peggiorato una situazione già molto compromessa... «Certo, ma è altrettanto
vero che l'uscita dalla crisi finanziaria può rappresentare
un'opportunità. I risparmiatori negli ultimi mesi hanno imparato sulla loro
pelle, che trasparenza, diversificazione, liquidabilità e patrimonio separato,
assegnato ad una società 'dedicata' sono pregi da non sottovalutare in un
prodotto. E queste quattro qualità, assenti nel Dna degli strumenti strutturati
che hanno causato il disastro, appartengono invece ai fondi comuni». E secondo
lei quali sono le occasioni che l'industria dovrebbe cavalcare non appena torna
un po' di fiducia? «La prima è un auspicio sulla possibilità che la politica
decida di eliminare l'handicap fiscale che penalizza i prodotti di diritto
italiano, tassati in modo diverso da quelli esteri e da quasi tutti gli altri
asset finanziari. Sull'altro fronte aperto, quello
delle regole uguali per tutti, si sono invece fatti grandi passi avanti.
L'ultimo proprio pochi giorni fa, con l'emanazione da parte della Consob delle
norme di comportamento per gli intermediari che vendono al pubblico strumenti
illiquidi». Perché è così difficile arrivare ad una nuova definizione fiscale?
«Tutti i passi tecnici sono stati fatti. E noi abbiamo proposto soluzioni a
costo zero, o quasi, per il bilancio dello Stato. C'è una decisione politica da
prendere. Vedremo. Ma le altre due opportunità non dipendono da fattori
normativi. Il sistema deve trovare in sé le risorse ». La seconda riguarda
l'innovazione di prodotto... «Passata la paura, gli investitori si domanderanno
che cosa comprare di diverso dai depositi di liquidità che fin qui sono stati
una scelta quasi obbligata. Dovremmo poter offrire loro piani di accumulo
semplici, convenienti, magari fiscalmente appetibili, che durino cinque, dieci
anni. Nel Paese dove la previdenza integrativa non è decollata e dove resiste
il più alto tasso di risparmio rispetto al Pil, deve esserci spazio per questo.
Soprattutto se ai piccoli investitori viene offerta una consulenza commisurata
alle loro esigenze». E il terzo punto? «La riorganizzazione del settore. Penso
all'efficienza gestionale delle sgr ma anche, come appena detto, alla
possibilità di offrire consulenza con le reti di distribuzione. Consigli che in
molti casi potrebbero essere mirati ma 'leggeri', semplici quando il patrimonio
è ridotto. E quindi economicamente sostenibili per gli intermediari». Come dovrebbe
diventare l'industria? «Le nuove norme europee, l'ultima delle quali , la Ucits
4, introduce il passaporto comunitario per i prodotti, spingono il sistema
verso una polarizzazione di grandi protagonisti, in grado di giocare la
competizione a livello continentale. I piccoli e medi dovranno specializzarsi,
diventare indispensabili in qualche nicchia ». G. MAR. Passata la paura si
tornerà verso investimenti «lunghi» Leader Marcello Messori alla guida di
Assogestioni Imagoeconomica
(sezione: crisi)
(
da "Giornale.it, Il"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 16
del 2009-04-20 pagina 4 «Ma per adesso sui listini si naviga ancora a vista
Pieno recupero in 3-4 anni» di Massimo Restelli Per riportare le Borse ai
livelli raggiunti prima che l'epidemia subprime provocasse l'attuale crisi dell'economia mondiale, da più parti giudicata seconda
solo a quella della Grande Depressione del '29, «occorrerà un arco temporale di
3-4 anni, così come è avvenuto dopo il tracollo della new economy nel periodo
2000-2003». A esserne convinto è Pietro Giuliani che siede alla guida di
Azimut, una delle poche realtà del risparmio gestito realmente slegate dal
sistema bancario italiano. In Piazza Affari la «macchia» della crisi potrebbe quindi sparire completamente solo nel 2012 ma
proprio i bassi prezzi attuali rappresentano un'opportunità di acquisto per gli
investitori. A patto di essere pronti a rischiare e di pensare in un'ottica di
medio periodo, sia perché qualsiasi investimento comporta un pericolo sia
perché «nei prossimi 6-12 mesi le Borse resteranno molto nervose, sensibili ai
segnali provenienti dall'economia reale», spiega Giuliani. Ingegner Giuliani,
quale direzione prenderà la Borsa da qui a fine anno? Che cosa si aspetta per
il 2010? «Il peggio della crisi
finanziaria è alle spalle ed è molto improbabile che
da qui a dicembre ci saranno ulteriori tracolli, questo però non equivale alla
certezza che si realizzerà un marcato rialzo. Nei prossimi mesi si continuerà a
navigare a vista. Se, invece, spostiamo l'orizzonte alla fine del 2010, credo
che le Borse possano mettere a segno guadagni fino al 40-50 per cento».
Qual è il suo consiglio per le famiglie? «Gli italiani che in questi anni hanno
tenuto le azioni nel cassetto devono continuare a mantenere i nervi saldi. A
quanti, invece, non hanno ancora puntato sulla Borsa e vogliono guadagnare,
consiglio di valutare questa possibilità con grande attenzione, magari
sfruttando i piani di accumulo. A patto però di non avventurarsi in un
pericoloso fai-da-te e di affidarsi a un bravo gestore». Su quali settori è
meglio puntare? «È molto difficile dirlo oggi, il fatto che il nervosismo
continuerà a dominare i mercati comporta anche una marcata rotazione
settoriale». Allora quale è la stella polare per investire? Puntare sulle
società che hanno fanno utili, distribuiscono dividendi e hanno denaro in
cassa? «Negli ultimi mesi molti operatori hanni seguito questa logica che,
però, è figlia della crisi e non è detto sia la
migliore in futuro. Ripeto: mai come in questo frangente è centrale scegliere
un bravo gestore, capace di valutare il management e le strategie delle singole
società». Però in questi anni l'industria italiana del risparmio gestito ha
dato poche soddisfazioni ai risparmiatori, mostrandosi spesso incapace di
battere gli stessi indici presi come riferimento ... «I fondi di investimento
sono un buono strumento ma il problema è che sono stati utilizzati e venduti
male, sempre con lo specchietto retrovisore. Senza contare il fatto che la
stessa industria che li produce sovente coincide con la banca incaricata di
venderli in base perlopiù a logiche di budget. Questa situazione ha sottratto a
molti operatori lo stimolo per puntare sulla qualità». © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
(
da "Finanza.com"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Perissinotto:
su Ingosstrakh si tratta per prendere il controllo. Non escludo interesse negli
Usa (17 Aprile 2009 - 08:03) MILANO (Finanza.com) - Da Il Messaggero: Stiamo discutendo: se raggiungiamo un'intesa si va
avanti, altrimenti si continua così. È quanto ha sottolineato Giovanni
Perissinotto, amministratore delegato di Generali, circa l'interesse nei
confronti
della società russa Ingosstrakh, controllata dal magnate Oleg Deripaka, che
naviga in cattive a causa della crisi finanziaria. E
aggiunge: Si vedrà. Con il nostro 38% siamo soci
importanti di Ingosstrakh insieme ai nostri partner. Per quanto riguarda gli Stati Uniti
Perissinotto non ha escluso un interesse per operazioni specifiche, con piccole
acquisizioni di nicchia. (Riproduzione riservata)
(
da "Finanza.com"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Fari del
mercato puntati su Generali: attesi segnali importanti da assemblea (20 Aprile
2009 - 08:34) MILANO (Finanza.com) - I fari del mercato sono puntati sullassemblea delle Assicurazioni Generali in programma
venerdì prossimo, 24 aprile. Secondo molti osservatori speciali quell'appuntamento
segnerà per la compagnia del Leone linizio
di un anno delicato e strategico, che si concluderà con lapprovazione del
bilancio 2009, termine del mandato degli attuali amministratori. Senza voler
legare il futuro della società a quanto accadrà in questi dodici mesi è indubbio
che mercato, azionisti e investitori si attendono in questanno dalla compagnia del Leone segnali importanti su
come uscire dalla crisi finanziaria in atto, che ha
coinvolto pesantemente anche il mondo delle polizze. (Riproduzione riservata)
(
da "Blogosfere"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
Apr 0920
Il travaglio del futuro Pubblicato da Demetrio Vacca alle 10:18 in Arena Siamo
al livello delle formiche e quindi vediamo il mondo da un punto di vista così
banale e così ristretto che è determinato dallo stare chiusi nel formicaio.
Così per molti è vitale la liberà di stampa purchè la trasmissione da difendere
rispetti le proprie idee, mentre chi non è della stessa parrocchia va radiato
dal giornalismo, per altri è fondamentale per la democrazia la vittoria del
referendum che di fatto regalerebbe al paese un sistema assimilabile di fatto
ad un regime, ma che importa...la libertà di fatto ha un valore molto relativo.
Comunque in questo paese come negli altri si perde di vista lo scorrere degli
eventi e le conseguenze del tutto. Per molti ha poco significato che la la
produzione di un chilo di carne di maiale richieda tre chili di mais, mentre
addirittura otto chili di mais siano necessari per produrre un chilo di carne
di manzo o di vitello. Così ha poco significato sapere che negli Usa, ad
esempio, le scorte di frumento sono ai livelli più bassi dal 1947, quando la
popolazione americana era la metà di quella attuale. A livello mondiale, le
scorte di riso – alimento base per tre miliardi di asiatici e di africani -
sono le più basse dal 1976. No molto meglio distrarsi con Travaglio e Santoro e
le loro sparate nel nulla, già perchè i veri problemi sono e rimangono altrove.
Quanto significato ha per la redazione di Santoro che i 2 trilioni di dollari
di riserve cinesi finiranno nellacquisto di
metalli ?
Quanto significato ha sapere che la Cina sta alluminio, zinco, nickel e
materiale rari come il titanio, lindio
, il rodio e il praseodimio? Poco importa che la Green revolution e
l'innovazione dei prossimi anni passino per le forche caudine di quei materiali rari che la
Cina sta acquistando ad un ritmo impressionante : 329mila tonnellate di rame in
febbraio, 375mila in marzo. Quanto interessa che il prezzo del rame è salito
del 49 per cento fissandosi a 4.925 dollari la tonnellata il tutto mentre gli
analisti pronosticavano un crollo del 20 per cento? Poco perchè non fa
audience, poco perchè ragionarci sopra sarebbe giornalismo vero e non
propaganda, poco perchè se quei dati fossero realmente compresi si capirebbe
quanto il nostro futuro sia incerto e duro. Già perchè la crisi
finanziaria sta trovando un punto di equilibrio,
come dimostrano sia i numeri positivi di CitiGroup e Goldman Sachs sia
l'andamento dei titoli del settore bancario. Pertanto, si avvicina un momento
di ripresa in cui rimprenderà fiato l'inflazione determinata dalla ripresa
produttiva e quindi tornerà a salire il prezzo del petrolio e la bilancia dei
pagamenti USA tornerà ad un trend negativo. Il rischio è che sia animino
fortissime tensioni sui mercati delle materie prime ed alimentari, giacchè
mentre la Cina acquista metalli si trova nella debolezza per cui il 40% del suo
fabbisogno alimentare dipende dall'estero, da qui il forte interesse verso
certi paesi africani... Il rischio è che l'energia cominci a costare cara e di
fatto già sono sul mercato, e vanno alla grande, titoli derivati basati
sull'elettricità. E' in atto un riequilibrio globale per il quale i governi
europei devono prepararsi ad agire fortissimamente sulla leva fiscale per
garantire un futuro ai propri cittadini. Per questo nella fase di crisi attuale nessun governo deve far leva sulla spesa
pubblica ma altresì deve porre in atto tagli importanti a quei capitoli di
spesa che rischiano di devastare il bilancio pubblico (scuola, dipendenti
pubblici etc). Magari come dimostrava Report nella trasmissione di ieri bisogna
tagliare meglio con più accuratezza e stabilire al più presto meccanismi
meritocratici, però si deve tagliare perchè l'obiettivo oramai comune a PD e
PDL è tagliare la spesa pubblica, ridurre la pressione fiscale e poi
liberalizzare. Fortunatamente su tutto questo c'è accordo in Europa ed in
Italia, poi lasciamo a Fede e Santoro il compito di mantenere le apparenze...
anche questa è propaganda! Nel frattempo riflettiamo sul fatto che dal 2003, la
Cina è stata responsabile del 64% della maggiore domanda di rame, del 70% della
maggiore domanda di alluminio, dell82%
della maggiore domanda di zinco e del 31% delladdizionale domanda di
greggio e che le banche d'investimento stanno trovando linfa e liquidità
proprio dalle speculazioni sulle commodoties. In primis quel mercato non rischia
di implodere come quello dei derivati finanziari puri (subprime & Co), per
cui almeno fino al 2015 rappresenterà un veicolo di speculazione per i capitali
ora così restii a tornare nelle borse azionarie mondiali. L'enorme liquidità
determinata dalla politica monetaria globale può innescare un ciclo
inflazionistico non appena la produzione riprenderà ai livelli pre-crisi. Ma la produzione in Europa riprenderà ai ritmi
precedenti? L'Europa come uscità dalla crisi? Quali
saranno gli scenari? Quale sarà il mercato delle materie prime alimentari? Il
dubbio di fondo è non tanto se si uscità dalla crisi
nel 2010 o dopo ma se riusciremo a sostenere la ripresa, se l'occupazione
trovarà comparti produttivi solidi e stabili. Sicuramente il comparto bancario
si sta ristrutturando, il caso UBI è emblematico perchè si sta di fatto
cancellando un canale di distribuzione classico ma non più redditizzio come lo
sportello bancario. Il problema è nel settore produttivo e quando vedo le cassandre
dei media mostrare sdegno per l'assenza dell'azione dello stato nel sostenere
determinati settori produttivi mi inquieto e mi domando con quale miopia il
giornalista di turno sostiene che vada salvata un azienda che produce profilati
d'alluminio in Sardegna dove ai costi della materia prima si somma un
insostibile spesa per la distribuzione e la logistica? Con quale coraggio si
anima la rabbia per uno stato che per norme comunitarie non può intervenire e
per senso dell'economia non deve? Le banche alzano il credit crunch ....le
imprese che hanno i fondamentali possono reagire, acquisire nuovi clienti ,
ottimizzare le proprie organizzazione e investire in innovazione.....le imprese
legate al vecchio modello del capannone e dei macchinari non hanno più tempo e
modo di sopravvivere. E' un pezzo di produzione che ha finito e dopo la crisi veramente sarà tutto diverso, soprattutto in certe
zone come il nord-est dove finore è bastato avere gli "sghei", il
capannone e le macchine per sentirsi imprenditore ignorando ogni conoscenza e
competenza economico-aziendale. E' finito il capitalismo delle cooperative,
mostruosa fonte di costi per la sanità quanto per la logistica italiana. E'
finito il tempo delle aziende amiche del politico pronto a dargli gli appalti giusti
magari per pulire tutte le scuole della regione Lazio. Datevi una svegliata
lasciate in soffitta le polemiche faziose ed affrontiamo da subito i problemi
del futuro che ci appartiene nella misura in cui siamo consapevoli del presente
e certamente se il nostro scopo è dimostrare l'imbecillità del politico di
turno allora abbiamo ben poca speranza di fare qualcosa di utili sia come
cittadini sia come giornalisti...
(
da "Reuters Italia"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
di
Massimiliano Di Giorgio ROMA (Reuters) - Dalla sessione più importante del G8
Ambiente che si terrà questa settimana a Siracusa non uscirà un documento
finale negoziale ma una sorta di riassunto delle posizioni espresse dai diversi
ministri, che discuteranno anche del rischio che la crisi
economica globale faccia indebolire la lotta al cambiamento climatico nel
prossimo futuro. Lo indicano le linee guida elaborate dalla presidenza italiana
per la seconda sessione del vertice sull'ambiente del Gruppo degli 8 - quella
dedicata ai cambiamenti climatici, che si terrà il 23 aprile - che Reuters ha
potuto leggere. Nel documento infatti vengono rivolte ai ministri partecipanti
una decina di domande che riguardano in gran parte le opzioni normative per la
lotta al cambiamento climatico dopo il 2012. "Al fine di poter dare la
possibilità di discutere apertamente le diverse posizioni - dice il documento -
non si prevede di produrre un documento finale negoziale, ma piuttosto un Chair
Summary che rappresenti sia le diverse posizioni che le nuove idee e proposte
che potrebbero emergere dalla discussione". VERSO IL COP 15 Il G8 Ambiente
si svolge alcuni mesi prima del Cop 15 di Copenhagen, dove dovrebbe essere
raggiunto il nuovo accordo internazionale sul cambiamento climatico che
sostituisca l'attuale Patto di Kyoto, in vigore fino al 2012. L'incontro di
Siracusa rappresenta quindi "un'opportunità per i ministri per discutere
apertamente... i vari elementi che potrebbero influenzare
ed essere parte del quadro di un accordo post 2012...", dice il documento.
Nel frattempo, però, gran parte del mondo sta subendo gli effetti della crisi finanziaria e globale che, secondo
le previsioni più ottimistiche, continuerà almeno per tutto il 2009.
Continua...
(
da "HelpConsumatori"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
News
SICUREZZA. Rapporto RAPEX: +16% di prodotti pericolosi ritirati dal mercato Ue
nel 2008 20/04/2009 - 12:59 Nel 2008, rispetto all'anno precedente, il numero
dei prodotti a rischio che l'Ue ha ritirato dal mercato comunitario è aumentato
del 16%. Nel 2007 le notifiche sono state 1605 mentre nel 2008 sono salite a
1866. Questo dimostra un significativo incremento della capacità del sistema
RAPEX, il sistema comunitario di allerta rapido, sul quale recentemente sono
state investite più risorse. In 5 anni il numero di notifiche si è
quadruplicato, passando da 468 nel 2004, l'anno in cui gli Stati membri hanno
trasposto nelle loro legislazioni nazionali la direttiva comunitaria sulla
sicurezza dei prodotti, a 1866 nel 2008. C'è dunque una maggior consapevolezza
e responsabilità da parte delle imprese europee che sono diventate meno
reticenti a ritirare dal mercato i loro prodotti pericolosi. "Il rapporto
di quest'anno mostra chiaramente che ogni superficialità è esclusa quando di
parla di sicurezza - ha dichiarato il Commissario Ue alla Tutela dei
consumatori Meglena Kuneva - Nel 2009 la sfida più importante consisterà nel
vegliare affinché la sicurezza dei prodotti non venga meno
in questo momento di crisi finanziaria e che le imprese continuino a rispettare i loro obblighi verso i
consumatori". Giochi e articoli per bambini, ma anche prodotti elettrici e
veicoli a motore sono stati in generale i prodotti maggiormente segnalati.
Quasi 500 segnalazioni per giocattoli pericolosi, 169 per apparecchi elettrici,
160 per veicoli a motore e 140 per prodotti tessili, compresi articoli di
abbigliamento. Le segnalazioni di articoli di origine cinese sono passate dal
52% del totale (nel 2007) al 59% nel 2008, pari a 909 notificazioni. E' stata
la Germania ad aver trasmesso il maggior numero di notifiche (205); a seguire
la Spagna (163), la Slovacchia (140) e la Grecia (132). 2009 - redattore: GA
(
da "Panorama.it"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
-
Economia - http://blog.panorama.it/economia - Ue: rischio protezionismo nei paesi principali partner commerciali europei Posted By
annamaria.angelone On 17/4/2009 @ 16:11 In Headlines | No Comments Allarme protezionismo nel commercio mondiale.
Solo nel mese di gennaio la [1] Commissione europea ha rilevato nei paesi
principali partner commerciali della Ue almeno 87 misure potenzialmente
restrittive o tali da creare distorsioni negli scambi. Di queste, stando
ai dati di Bruxelles, 13 riguardano il settore tessile e altrettanti
l'agroalimentare e i macchinari; 12 ferro, acciaio e metalli vari; 7 i
giocattoli; 3 le telecomunicazioni. Ad alzare i paletti contro le merci europee
è stata anzitutto l'Argentina, con 22 misure monitorate, seguita da Cina e
India (9), Indonesia (8), Russia (7), Corea del Sud e Vietnam (5), Usa, Canada,
Turchia e Ucraina con 3.
(
da "KataWebFinanza"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
G8
Agricoltura: Zaia, un spartiacque nella storia dell'agricoltura (Teleborsa) -
Roma, 20 apr - "Con questo primo Vertice dei Ministri dell'Agricoltura
abbiamo assolto al mandato conferitoci in occasione del summit di Toyako lo
scorso anno e aperto un nuovo corso, all'insegna della massima condivisione
delle strategie per combattere la fame e per difendere e promuovere la
sicurezza alimentare. Mi auguro che questa tre giorni sia servita a farvi
innamorare dell'agricoltura". Con queste parole il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia si rivolto ai giornalisti,
concludendo i lavori del primo Vertice dei Ministri dell'agricoltura i cui
risultati verranno presentati, il prossimo giugno, al G8 dei Capi di Stato e di
Governo alla Maddalena, in Sardegna. Il Vertice si chiuso, a Cison di
Valmarino, con l'impegno, come scritto nella Dichiarazione finale dei Ministri,
"ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per ridurre gli effetti
negativi dell'attuale crisi
finanziaria sulla povert e la fame, a rafforzare e
incoraggiare una produzione alimentare sostenibile, aumentare gli investimenti
in agricoltura e nella ricerca". Lotta alla speculazione, difesa delle
identit produttive nel rispetto del libero mercato e centralit della produzione
agricola nell'agenda della Politica. Sono questi i grandi obiettivi per
raggiungere i quali stata particolarmente rilevante l'azione della presidenza
italiana. Fra gli impegni contenuti nella Dichiarazione, intitolata
"L'Agricoltura e la Sicurezza alimentare al Centro dell'Agenda
Internazionale", sono contenuti anche due punti essenziali, che il
Ministro Zaia ha indicato come i grandi risultati per l'Italia: "evitare
la concorrenza sleale, le distorsioni del mercato agricolo, incluse - scritto
nella Dichiarazione - le misure restrittive all'export, come concordato in
ambito G20 - e rimuovere gli ostacoli all'utilizzo sostenibile dei fattori
della produzione agricoli". Obiettivi sostenuti anche dalla Repubblica
Popolare Cinese, che in conferenza stampa ha sottolineato come si sia raggiunta
una visione comune sulla strategia per affrontare la crisi
economica e alimentare. Il Ministro cinese Niu Dun ha infatti spiegato in
conferenza stampa che bisognerebbe varare regole comuni che "non creino
ostacolo al commercio ma importante conservare un certo sistema di dazi,
l'unico modo per permettere la crescita dei Paesi in via sviluppo". La
Cina ha sostenuto anche che "occorre tagliare i dazi doganali non corretti
per permettere la creazione di un commercio sostenibile di prodotti
agricoli". Il Ministro Zaia, rispondendo ai giornalisti, ha sottolineato
la posizione del suo omologo cinese, che, insieme alla soddisfazione espressa
dalle Organizzazioni Internazionali per l'accoglimento dei loro desiderata
nella Dichiarazione conclusiva, sono segni esemplari che il Vertice sar momento
spartiacque nella storia dell'Agricoltura mondiale. I Ministri hanno preso
atto, si legge nella Dichiarazione, di quanto sottolineato dalle Istituzioni
internazionali presenti, cio dell' "urgente bisogno di aiutare i Paesi in
via di sviluppo e i Paesi in economia emergente ad espandere la propria
produzione agricola e alimentare e ad aumentare gli investimenti, sia pubblici
che privati, in agricoltura, nell'agribusiness e nello sviluppo rurale".
Insieme a questo, i Ministri invieranno ai leader mondiali che si riuniranno in
Sardegna anche altri importanti messaggi, come quello di una "necessaria
maggiore condivisione con gli altri Paesi di tecnologie, processi e idee per
aumentare la capacit delle istituzioni nazionali e regionali e dei governi e
per promuovere la sicurezza alimentare. 20/04/2009 - 17:13
(
da "Sestopotere.com"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
G8:
Agricoltura, Zaia: mercati liberi ma con regole (20/4/2009 17:07) | (Sesto
Potere) - Roma - 20 aprile 2009 - "Con questo primo Vertice dei Ministri
dell'Agricoltura abbiamo assolto al mandato conferitoci in occasione del summit
di Toyako lo scorso anno e aperto un nuovo corso, all'insegna della massima
condivisione delle strategie per combattere la fame e per difendere e
promuovere la sicurezza alimentare. Mi auguro che questa tre giorni sia servita
a farvi innamorare dell'agricoltura". Con queste parole il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia si è rivolto ai
giornalisti, 452 gli accreditati, concludendo i lavori del primo Vertice dei
Ministri dell'agricoltura i cui risultati verranno presentati, il prossimo
giugno, al G8 dei Capi di Stato e di Governo alla Maddalena, in Sardegna.Il
Vertice si è chiuso, a Cison di Valmarino, con l'impegno, come è scritto nella
Dichiarazione finale dei Ministri, "ad utilizzare tutti gli strumenti a
disposizione per ridurre gli effetti negativi dell'attuale crisi finanziaria sulla povertà e la
fame, a rafforzare e incoraggiare una produzione alimentare sostenibile,
aumentare gli investimenti in agricoltura e nella ricerca". Lotta alla
speculazione, difesa delle identità produttive nel rispetto del libero mercato
e centralità della produzione agricola nell'agenda della Politica. Sono
questi i grandi obiettivi per raggiungere i quali è stata particolarmente
rilevante l'azione della presidenza italiana. Fra gli impegni contenuti nella
Dichiarazione, intitolata "L'Agricoltura e la Sicurezza alimentare al
Centro dell'Agenda Internazionale", sono contenuti anche due punti
essenziali, che il Ministro Zaia ha indicato come i grandi risultati per
l'Italia: "evitare la concorrenza sleale, le distorsioni del mercato
agricolo, incluse – è scritto nella Dichiarazione - le misure restrittive all'export,
come concordato in ambito G20 – e rimuovere gli ostacoli all'utilizzo
sostenibile dei fattori della produzione agricoli". Obiettivi sostenuti
anche dalla Repubblica Popolare Cinese, che in conferenza stampa ha
sottolineato come si sia raggiunta una visione comune sulla strategia per
affrontare la crisi economica e alimentare. Il
Ministro cinese Niu Dun ha infatti spiegato in conferenza stampa che
bisognerebbe varare regole comuni che "non creino ostacolo al commercio ma
è importante conservare un certo sistema di dazi, l'unico modo per permettere
la crescita dei Paesi in via sviluppo". La Cina ha sostenuto anche che
"occorre tagliare i dazi doganali non corretti per permettere la creazione
di un commercio sostenibile di prodotti agricoli". Il Ministro Zaia,
rispondendo ai giornalisti, ha sottolineato la posizione del suo omologo
cinese, che, insieme alla soddisfazione espressa dalle Organizzazioni
Internazionali per l'accoglimento dei loro desiderata nella Dichiarazione
conclusiva, sono segni esemplari che il Vertice sarà momento spartiacque nella
storia dell'Agricoltura mondiale. I Ministri hanno preso atto, si legge nella
Dichiarazione, di quanto sottolineato dalle Istituzioni internazionali
presenti, cioè dell' "urgente bisogno di aiutare i Paesi in via di
sviluppo e i Paesi in economia emergente ad espandere la propria produzione
agricola e alimentare e ad aumentare gli investimenti, sia pubblici che
privati, in agricoltura, nell'agri-business e nello sviluppo rurale".
Insieme a questo, i Ministri invieranno ai leader mondiali che si riuniranno in
Sardegna anche altri importanti messaggi, come quello di una "necessaria
maggiore condivisione con gli altri Paesi di tecnologie, processi e idee per
aumentare la capacità delle istituzioni nazionali e regionali e dei governi e
per promuovere la sicurezza alimentare. E ancora: "Occorre monitorare ed
effettuare ulteriori analisi sui fattori che, potenzialmente, possono
determinare la volatilità dei prezzi delle materie prime agricole, incluso la
speculazione. Va incoraggiata – scrivono ancora i Ministri – una strategia
coordinata a livello internazionale e finalizzata a migliorare l'efficienza
delle filiere agroalimentari. Dobbiamo intraprendere azioni volte a ridurre le
perdite lungo le filiere nei Paesi in via di sviluppo, in particolare quelle
che avvengono dopo la raccolta, al fine di diminuire la quantità di materie
prime richieste dalle catene alimentari e per migliorarne la salubrità,
l'igiene e il potere nutrizionale. Occorre sostenere analoghi sforzi per
ridurre gli sprechi nei Paesi industrializzati Dobbiamo sostenere gli effetti
benefici della globalizzazione e dell'apertura dei mercati, evidenziando
l'importanza di un commercio internazionale dei prodotti agricoli basato su
regole certe. Ci impegniamo per il raggiungimento di una conclusione
equilibrata, globale e ambiziosa del Doha Round". A questo proposito il
Ministro Zaia ha ribadito "che continueremo ad impegnarci, ciascuno per la
sua parte, perché si ridefiniscano regole comuni ed eque per il commercio
internazionale, che possa svolgersi sempre in un mercato libero ma senza
affamare nessun agricoltore e consentendo ai Paesi in via di sviluppo una
crescita sana e duratura". Del resto, come si sottolinea nella
Dichiarazione, i Ministri desiderano "sostenere il ruolo di mercati bene
funzionanti come mezzo per migliorare la sicurezza alimentare. Continueremo a
esplorare varie opzioni in merito a un approccio coordinato per la gestione
degli stock". Nel punto 8 della dichiarazione, il Ministro Zaia ha
indicato altri due grandi risultati riconosciuti all'Italia: "dobbiamo
porre l'agricoltura e lo sviluppo rurale al centro della crescita economica
sostenibile insieme alle altre politiche, rafforzando il ruolo delle famiglie
agricole e dei piccoli agricoltori facilitando il loro accesso alla terra,
rafforzando il ruolo delle donne, l'uguaglianza di genere e il ricambio
generazionale. La sicurezza alimentare richiede anche politiche mirate a
garantire la effettiva gestione e l'uso sostenibile delle risorse naturali,
coinvolgendo le comunità locali nel rispetto delle loro identità. Questo
modello di crescita risponde anche ai requisiti delle aree rurali meno
sviluppate dove bisogna aumentare la produzione locale sostenibile".
"Il riconoscimento dell'importanza delle piccole imprese e di quelle
familiari – ha commentato a questo proposito il Ministro - è un traguardo
importante per un Paese come il nostro, dove la dimensione media delle aziende
è di sei ettari". "In ogni seme coltivato – ha aggiunto Zaia - c'è la
storia di un popolo e le sue tradizioni: il Vertice ha riconosciuto questo
principio base della nostra politica agricola e chiederà che venga riconosciuto
anche dai Capi di Stato e di Governo, gettando le basi per una nuova
agricoltura mondiale, capace di fare dei saperi del passato la solida base per
costruire un nuovo futuro, di crescita e pari opportunità". Crescita e
sviluppo passano inevitabilmente da un aumento della produzione agricola, che
va quindi bilanciata adeguatamente con la produzione di energia rinnovabile da
biomasse, "in modo da fornire una risposta ai nostri fabbisogni
energetici, economici, ambientali, agricoli e, allo stesso tempo, non
compromettere la sicurezza alimentare", come stabilito dalla Dichiarazione
della Conferenza di Alto Livello sulla Sicurezza Alimentare Mondiale del giugno
2008. Analogamente, i Ministri hanno sottolineato il loro "appoggio al
processo consultivo e di rapida costituzione della Global Partnership secondo
gli orientamenti forniti dalla Dichiarazione di Toyako. Questa Partnership
dovrebbe essere dotata di una dimensione politica mondiale volta a migliorare
il coordinamento e a una maggiore coesione per le strategie e le politiche
internazionali che hanno un impatto sulla Sicurezza Alimentare Mondiale. Una rete
globale di esperti di alto livello sull'agricoltura e l'alimentazione dovranno
provvedere, all'interno della partnership, a effettuare analisi scientifiche e
a evidenziare i fabbisogni e i rischi futuri". Massima condivisione degli
obiettivi da raggiungere, quindi, e una "comune visione del mondo che
vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli", ha specificato Zaia,
"sono un enorme passo avanti rispetto al passato". I Paesi del G3, G5
e le Organizzazioni, i cui rappresentanti hanno partecipato alla conferenza
stampa finale, si sono sentiti rappresentanti dalla Presidenza e dal documento
della stessa, "quindi – ha commentato Zaia – sono ancora più convinto che
il Vertice, basato sul principio della inclusività, sia stato fruttuoso e
determinante. Abbiamo avviato un percorso condiviso con tutti i nostri partner
nei diversi continenti del mondo sul tema della sicurezza alimentare, proprio
qui a Cison di Valmarino e sotto la presidenza italiana. L'apprezzamento di
tutti i Paesi presenti al vertice per questa iniziativa è stato unanime".
"Abbiamo messo nero su bianco il mondo che vogliamo: un mondo in cui la
fame non sia più una piaga per 140 Mln di bambini e non uccida un Mld di
persone all'anno; un mondo in cui l'accesso al cibo e ad alimenti salubri,
sufficienti e nutrienti sia, in una sola parola, un fatto 'normale. Sono molto
soddisfatto – ha aggiunto il Ministro - che gli occhi del mondo siano stati
puntati per tre giorni su un settore determinante per il nostro futuro, un
settore troppo spesso ignorato e non considerato un'attività produttiva nobile
e importante. Abbiamo voluto, uniti, rimettere questo tema al centro
dell'attenzione dei media e lavoreremo perché sia anche il cuore dell'agenda
politica del futuro".
(
da "fashionMagazine.it"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
20
Aprile 2009 Vfg: il fatturato cresce del 3% nel 2008 ma arretra lebitda Nel 2008 il Valentino Fashion Group ha totalizzato
un fatturato netto consolidato pari a 2,2 miliardi di euro, in progresso del 3%
a cambi correnti (+5% a valute costanti), con un ebitda in flessione del 3% a
quota 320,4 milioni di euro (14,5% del turnover). Bene larea Asia/altri Paesi (+19%), in leggero incremento (+1%) il
business europeo (nella foto, l'amministratore delegato Stefano Sassi). Buoni i
risultati di Hugo Boss (+3%, con decisi aumenti delle vendite in Asia e
America) e Marlboro Classics/altri marchi (+4%), mentre Valentino ha ceduto l1% (a cambi costanti si evidenzia, invece, un +5%). La
società ha fatto sapere, per quanto riguarda la fashion house romana, che
la sensibile crescita messa a segno nel primo semestre dellanno è
stata ridimensionata dalla performance negativa registrata, nella seconda parte dellesercizio, dalle vendite del retail diretto, in seguito
al graduale acuirsi della crisi finanziaria internazionale. Il risultato della gestione ordinaria del gruppo, al
netto degli ammortamenti, si è attestato a 248,3 milioni di euro, in calo del 7%. A fronte di prospettive negative per il settore del
lusso nel 2009, il gruppo ha prontamente implementato un intenso programma di
ottimizzazione dei processi e dei costi di struttura, ha spiegato il ceo Stefano
Sassi. Pur in presenza di una situazione di mercato
incerta - ha aggiunto - siamo sicuri che la forza dei nostri marchi ci
permetterà di raggiungere gli obiettivi ambiziosi programmati per il medio
periodo. d.p.
(
da "HelpConsumatori"
del 20-04-2009)
Argomenti: Crisi
News
ALIMENTAZIONE. G8 agricoltura, approvata la dichiarazione finale 20/04/2009 -
16:27 Ridurre gli effetti negativi della crisi sulla
povertà e sulla fame, rafforzare la produzione alimentare sostenibile, evitare
distorsioni del mercato sono alcuni degli impegni presenti nella dichiarazione
finale con la quale si è concluso il G8 agricoltura che si è svolto a Cison
Valmarino, in provincia di Treviso. Nella dichiarazione finale, dal titolo
"L'agricoltura e la sicurezza alimentare al centro dell'agenda internazionale",
si evidenzia che "garantire l'accesso a una quantità adeguata di acqua e
cibo è essenziale per lo sviluppo sostenibile e quindi per il nostro
futuro". "Occorre monitorare - si legge fra l'altro nella
dichiarazione - ed effettuare ulteriori analisi sui fattori che,
potenzialmente, possono determinare la volatilità dei prezzi delle materie
prime agricole, incluso la speculazione. Va incoraggiata una strategia
coordinata a livello internazionale finalizzata a migliorare l'efficienza delle
filiere agroalimentari". Il documento si chiude con l'impegno "ad
utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per ridurre gli effetti
negativi dell'attuale crisi
finanziaria sulla povertà e la fame, a rafforzare e
incoraggiare una produzione alimentare sostenibile, aumentare gli investimenti
in agricoltura e nella ricerca, a evitare la concorrenza sleale, evitare le
distorsioni del mercato agricolo - incluse le misure restrittive all'export,
come concordato in ambito G20 - e rimuovere gli ostacoli all'utilizzo
sostenibile dei fattori della produzione agricoli". 2009 - redattore: BS
(
da "Stampa, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
LE
SPERANZE CAUTELA D'OBBLIGO Analisi Gli economisti leggono l'inversione di
tendenza La crescita ripartirà da auto e ordinativi all'estero «Segnali
concreti che indicano una ripresa, rimbalzano gli ordinativi dall'estero»
«Minore velocità nella frenata ma è troppo presto per dirci fuori dai guai»
Toccherà all'export trainare la ripresa Lo sviluppo non è più trainato
dall'interno ma dagli scambi verso i Paesi emergenti soprattutto quelli
dell'Est ALESSANDRO BARBERA Una rondine non fa primavera ma non ho nemmeno mai
visto una rondine che fa inverno glaciale Giacomo Vaciago ROMA Maurizio Sacconi
C'è una parte del mondo dove la crisi non è mai
arrivata davvero. A Shanghai, dove ieri si è aperto il salone dell'auto, negli
stand facevano mostra di sé ben 13 anteprime mondiali: Ferrari, Porsche,
Lamborghini, Maserati, Mercedes. In un mercato che quest'anno perderà a livello
mondiale l'8,2%, nel celeste impero gli esperti stimano una crescita della
domanda di auto attorno al 10%. C'è invece un altra parte del mondo nella
quale, dice l'economista Giacomo Vaciago, «con la crisi
ormai si convive come lo si fa con una malattia grave. Ogni piccolo segnale
positivo serve a riaccendere anzitutto fiducia e speranza». A livello globale,
dicono gli esperti, la situazione sta effettivamente cambiando. Lo scorso 15
settembre il fallimento di Lehman Brothers aveva provocato uno shock su tutti i
mercati mondiali. A sette mesi di distanza hanno ripreso a salire le stime di
crescita, la domanda e i prezzi delle materie prime, il costo di affitto delle
navi da carico. In India, dove la crescita è per così dire ferma ad un +6%, il
governo conta in numeri più robusti entro settembre. La ripresa è già realtà in
Russia, dove la produzione industriale a marzo ha segnato una crescita record dell'11%.
Per la vecchia Europa, e in particolare per l'Italia, i segnali di
miglioramento sono invece ancora molto incerti. Non a caso Emma Marcegaglia,
che ieri mattina aveva stimato con una certa sicurezza della possibilità di una
ripresa nella seconda metà dell'anno, verso sera, dopo una giornata di
fortissimi cali delle borse di tutto il continente, ha parlato più
genericamente della possibilità di «qualche miglioramento» e di «segnali ancora
deboli e da valutare». Il capo economista di Confindustria Luca Paolazzi, colui
che la aggiorna quotidianamente sulla situazione, la vede così: «Diciamo che
finalmente abbiamo due segnali concreti che ci indicano una ripresa possibile:
l'aumento delle immatricolazioni delle auto e il rimbalzo degli ordinativi dall'estero.
Segnali che a partire dalla seconda metà dell'anno, più probabilmente
dall'autunno, potrebbero far tornare il segno più al prodotto interno lordo».
Di più Paolazzi non dice. Se la politica tenta di far risalire almeno la
fiducia dei cittadini, mai come in questi mesi gli esperti sono stati così
cauti nell'azzardare previsioni a lungo termine. La crisi
iniziata nello scorso autunno è anzitutto una crisi di
fiducia; i mercati sono instabili, le aspettative di aziende e consumatori
anche. Né è ancora chiaro quanto ci vorrà per far emergere dai bilanci delle
banche americane tutti gli asset tossici. Il capo economista di Intesa Sanpaolo
Gregorio De Felice si sbilancia un po' di più: «Per l'Italia c'è qualche
segnale di minor velocità nel rallentamento. Se questo significhi che siamo
fuori dei guai è troppo presto per dirlo. Di certo siamo in ritardo sul ciclo
mondiale: ad esempio le scorte sono state smaltite molto più lentamente di
quanto non sia avvenuto in altri Paesi». Le stime della banca milanese sull'andamento
del Pil di quest'anno fanno capire quanto debole sia la ripresa che tutti
aspettano entro la fine dell'anno: -1,9% nel primo trimestre, -1% nel secondo,
fra 0 e +0,2% per il terzo e quarto trimestre. «La ripresa vera - dice De
Felice - noi la stimiamo solo all'inizio del 2010». Per De Felice ci sono
dunque pochissime speranze di far risalire il Pil sopra la stima dell'Unione
Europea e dell'Ocse che lo indica a -4,3%, uno dei risultati peggiori dal
dopoguerra. «La crisi non è colpa né degli economisti, né dei giornali», dice Vaciago.
«La verità è che dal 2006 in poi le cancellerie di tutto il mondo hanno
sottovalutato molti segnali. E così, una crisi
finanziaria si è trasformata in una gravissima crisi industriale». Mariano Bella
di Confcommercio è pessimista: «E' vero, c'è un forte aumento delle
immatricolazioni delle auto, spinta dagli incentivi governativi. Questo è il
segno che il ceto medio non ha affatto perso potere d'acquisto. Ma di ripresa
della domanda interna non c'è ancora traccia». Ma allora, se di ripresa si
potrà parlare, da dove arriverà? Una possibile risposta è quella di Vaciago:
«Nei Paesi della vecchia Europa, e in particolare in Germania e Italia, la
crescita del prodotto non è più trainata dalla domanda interna, ma dall'interscambio
verso i Paesi emergenti, soprattutto quelli dell'ex blocco sovietico. E per
nostra fortuna il G20 ha dato mandato al Fondo monetario di aiutare il più
possibile tutte quelle economie». I numeri parlano da soli: le esportazioni
italiane valgono quasi un terzo (per l'esattezza il 28%) del Pil. In quanto a
dipendenza dai mercati esteri siamo secondi solo alla Germania, con una
incidenza attorno al 35%. E' questo il motivo per il quale quel +3,5%
registrato a febbraio dall'Istat negli ordinativi dall'estero ha fatto tirare
un sospiro di sollievo ad Emma Marcegaglia e a Giulio Tremonti. «Una rondine
non fa primavera, ma non ho nemmeno mai visto una rondine che fa inverno
glaciale», scherzava ieri Maurizio Sacconi. «Potrebbe trattarsi di un semplice
rimbalzo dovuto alle scorte», azzarda De Felice. In Confindustria credono
invece che quel segnale potrebbe consolidarsi: e se ci sarà un aumento costante
di quel dato nei prossimi due o tre mesi, la strada per l'uscita dal tunnel
della crisi sarà imboccata. Conclude Vaciago: «Ci
piaccia o no, il mondo è ormai fatto di un solo mercato. Il più grande
produttore di computer al mondo, la Lenovo, importa in Cina pezzi da 11 Paesi
diversi. Noi siamo l'ingranaggio di una macchina molto più grande. La Spagna,
che ha investito molto più denaro di noi nella lotta alla crisi,
è in condizioni terribili. Bene ha fatto Tremonti a non farsi abbindolare da
chi gli chiedeva di finanziare la ripresa con spesa pubblica. L'effetto
moltiplicatore sarebbe stato bassissimo».
(
da "KataWeb News"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 121 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non
c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di
demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno
di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di
progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi
Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non
Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra,
qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a
dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di
cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i
capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di
permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il
progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche
sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in
Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende
economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno
autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de
Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca
di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a
«convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo
inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di
Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di
altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli
ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli
statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti
defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la
battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista,
è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa
un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi
elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della
Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli
Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la
chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è
infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio
di così!
(
da "Finanza e Mercati"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ubs esce
dal Brasile per 2,5 miliardi da Finanza&Mercati del 21-04-2009 Ubs rivende
le sue attività brasiliane ai proprietari originari (Andre Esteves, l'ex capo
delle attività) per circa 2,5 miliardi di dollari (stessa cifra che investì tre
anni fa per acquisire il Banco Pactual). La manovra comporterà una piccola
perdita, ma permette all'istituto svizzero di allontanare la necessità di una
ricapitalizzazione. Per Ubs, la cessione di Banco Pactual fa parte della
strategia di riduzione del rischio e di rafforzamento del conto economico.
Curiosamente, Ubs ha così soddisfatto le richieste dell'ex chairman e chief executive
Luqman Arnold, che lo scorso anno con il suo fondo attivista Olivant chiedeva
che la banca svizzera dismettesse la più che profittevole investment bank
brasiliana all'interno di un più ampio piano che portasse a rifocalizzare la
attività sul wealth management. Ubs, colpita pesantemente
dalla crisi finanziaria,
sta cercando di rivedere il suo business e riguadagnarsi la fiducia degli
investitori dopo aver operato svalutazioni per miliardi ed esser stata
costretta ad accettare l'intervento pubblico. Ieri il titolo della banca, che
punta a chiudere il deal brasiliano entro metà anno, ha segnato un calo del 4,74%
a 13,32 franchi.
(
da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
25 - Commenti QUEL BISOGNO DI OTTIMISMO (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Vi è qualche
dato che conforta questa diagnosi: non tanto quelli che danno conto del passato
e che saranno ancora negativi, quanto gli indici anticipatori di domanda e consumi,
che mostrano qualche miglioramento; e quelli che cercano di misurare la
congiuntura in tempo reale, come eurocoin, elaborato da Banca d´Italia e dal
Centre for Economic Policy Research. Vi è anche qualche valida ragione sottesa
a questo miglioramento di prospettiva e di aspettative. Una ragione tecnica
consiste nel fatto che l´investimento in scorte non può cadere indefinitamente,
poiché le scorte hanno zero come limite inferiore. Soprattutto, si intravede
una più importante ragione economica: la spinta all´ingiù
che la crisi finanziaria
esercitava sulla situazione economica pare essersi arrestata. I mostri evocati
ancora poco tempo fa dal ministro dell´Economia nella sua parabola del
videogioco - fallimenti a catena provocati dai derivati del credito come i
credit default swaps, e collasso delle carte di credito - sono rimasti nelle
loro tane, anche perché non avevano il potenziale esplosivo delle
obbligazioni strutturate del credito. Da qualche tempo non si sono verificati
episodi traumatici che abbiano colpito importanti istituzioni finanziarie. Il
flusso del credito ha ripreso un po´ di vigore. La differenza fra il costo
della raccolta, in parte sussidiato dalle banche centrali, e gli interessi
lucrati sui prestiti alimenta i profitti delle banche. I mercati vanno a caccia
di buone notizie, quando prima cercavano solo notizie cattive, trovando perfino
stimolo in operazioni cosmetiche, come quelle sul valore degli attivi fatte con
qualche modifica dei principi contabili. Si tratta solo di una tregua o di
qualcosa di più? Certo, con perdite di credito previste dal Fondo Monetario
Internazionale in 4mila miliardi di dollari, con una perdurante incertezza
sulla situazione patrimoniale di grandi banche americane, ancora traballanti e
bisognose di sostegno pubblico, siamo ancora remoti da una situazione di
normalità finanziaria. L´amministrazione americana,
con la sua indagine capillare per valutare i fabbisogni di capitale degli
istituti bancari in situazioni di stress e con un complicato piano di
ripulitura dei bilanci affidato a un´iniziativa pubblico-privata (in verità un pasticcio
di cavallo e allodole, con un´allodola messa dal settore privato per ciascun
cavallo di Stato) ritiene di essersi avviato sulla strada giusta. La fragilità
della situazione rende certo possibili incidenti di percorso e la politica
intrapresa dall´amministrazione non è priva di pecche. E tuttavia mal si
comprendono il programmatico pessimismo e l´animosa ostilità di un gruppo
agguerrito di eminenti economisti americani contro i tentativi
dell´amministrazione: le principali banche sono a loro avviso in situazione di
irreversibile decozione; devono perciò essere nazionalizzate con esproprio
degli azionisti e dei creditori non garantiti (essenzialmente gli
obbligazionisti), e non salvate con i soldi dei contribuenti. Queste analisi
mancano di cifre precise e di valutazioni che tengano presenti i costi
sistemici che una serie di dichiarazioni di insolvenza potrebbe provocare.
Viene fatto di pensare che la mancata previsione della crisi
iniziata nel 2007 incoraggi oggi un´indulgenza al catastrofismo - tanto per
mettersi al sicuro. Per bene che vada, comunque, la fine di una recessione non
segnala necessariamente, e meno che mai segnala oggi, l´inizio di una ripresa.
Non siamo in una V, per usare il linguaggio dei congiunturalisti; siamo
piuttosto in una U, con un tratto al suo fondo che può essere molto lungo e
anche molto accidentato. Anche percorso quel tratto, ci troveremo di fronte al
problema della rimozione di tutti i detriti che le misure di alleviamento della
crisi hanno fatto accumulare negli ultimi due anni. Le
esalazioni dei titoli tossici sono state contrastate coprendo le terre con una
straordinaria massa di mezzi monetari: inerti per ora, potrebbero divenire il
combustibile per una prossima crisi.
(
da "Italia Oggi"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi
sezione: Economia e Politica data: 21/04/2009 - pag: 8 autore: A Treviso i
ministri hanno firmato documento condiviso. Sicurezza alimentare tra le
priorità G8 agricolo, via a tavolo mondiale Zaia: agricoltura ora al centro
dell'agenda internazionale Un nuovo modo di intendere l'agricoltura, come
prioritaria nel dibattito politico.Questo, secondo il ministro Luca Zaia, il
risultato raggiunto dal G8 agricolo che si è concluso ieri al Cison di
Valmarino, in provincia di Treviso. «Da oggi ha preso il via un nuovo tavolo
agricolo mondiale», ha detto il ministro, sottolineando che «i partner del G8
hanno raggiunto il consenso su una dichiarazione finale con la quale si impegnano a utilizzare tutti gli strumenti necessari per
alleviare le conseguenze negative dell'attuale crisi
finanziaria su povertà e fame, rafforzare
l'agricoltura e la produzione alimentare sostenibile». Per l'Italia «è un
documento positivo che è importante, in quanto accoglie le nostre valutazioni»,
ha aggiunto Zaia, in qualità di presidente di turno del G8 agricolo. «L'intero
dibattito ha dimostrato una generale consapevolezza del bisogno di porre
l'agricoltura e la sicurezza alimentare al centro dell'agenda
internazionale».Quest'ultimo è proprio uno dei passaggi importanti della
dichiarazione finale dei ministri dell'agricoltura dei paesi G8, approvata
ieri. Il documento, in vista del vertice dei capi di stato e di governo G8, che
si terrà alla Maddalena dall'8 al 10 luglio prossimi, invia ai leader mondiali
alcuni messaggi: «Garantire l'accesso a una quantità adeguata di acqua e cibo è
essenziale per lo sviluppo sostenibile e quindi per il nostro futuro. È
necessario concentrare l'attenzione su tutte le strategie da attuare e
condividere per ridurre la povertà e aumentare la produzione mondiale e per
conseguire la sicurezza alimentare, in particolare nei paesi in via di
sviluppo». Nel documento i G8 sottolineano l'importanza di aumentare gli
investimenti pubblici e privati nell'agricoltura sostenibile, nello sviluppo
rurale e nella protezione ambientale, in cooperazione con le organizzazioni
internazionali. «È essenziale affrontare l'impatto dei cambiamenti climatici e
assicurare la gestione sostenibile dell'acqua, delle foreste e delle altre
risorse naturali, tenendo conto della crescita demografica».Le politiche e le strategie,
secondo il documento, devono essere sviluppate in maniera inclusiva,
coinvolgendo tutti i principali attori del settore, comprese le organizzazioni
degli agricoltori e basarsi su statistiche affidabili. Nel documento si chiede
«un maggior sostegno, che comprenda gli investimenti nell'ambito della scienza,
ricerca, tecnologia, istruzione, divulgazione e innovazione in agricoltura. Ci
impegniamo anche per una sempre maggiore condivisione con gli altri paesi di
tecnologie, processi e idee per aumentare le capacità delle istituzioni
nazionali, regionali e dei governi per promuovere la sicurezza alimentare.
Questi sforzi sono fondamentali per aumentare la produttività agricola
sostenibile e lo sviluppo rurale di ciascun paese, secondo le differenti realtà
agricole, nel rispetto della biodiversità e migliorando l'accesso al cibo, lo
sviluppo socio-economico e la prosperità». Il documento poi incoraggia «una
strategia coordinata a livello internazionale finalizzata a migliorare
l'efficienza delle filiere agroalimentari. Dobbiamo interpretare azioni volte a
ridurre le perdite lungo le filiere nei paesi in via di sviluppo, in
particolare quelle che avvengono dopo la raccolta, al fine di diminuire le
quantità di materie prime che sono richieste dalle catene alimentari e per
migliorarne l'igiene, la salubrità e il potere nutrizionale. Desideriamo
sostenere il ruolo dei mercati ben funzionanti come mezzo per migliorare la
sicurezza alimentare»si legge ancora nel documento. «Continueremo a esplorare
varie opzioni in merito a un approccio coordinato per la gestione degli stock.
Rimandiamo alle maggiori istituzioni internazionali il compito di esaminare se
questo sistema di gestione degli stock può essere efficace nell'affrontare le
emergenze umanitarie o come strumento per limitare la volatilità dei prezzi».
«Ha vinto il modello agricolo italiano per una agricoltura forte e sicura che
sappia rispondere ai bisogni dei consumatori di ogni parte del mondo», ha detto
il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, nel commentare l'accordo
raggiunto. Secondo Marini, «è molto importante l'impegno a fermare le razzie di
terre coltivabili nei paesi poveri da parte di investitori esteri interessati
alla produzione di alimenti da destinare alle proprie necessità». «Siamo di
fronte a un salto di qualità nella speculazione finanziaria
internazionale che», ha affermato il presidente della Coldiretti, «dopo aver
«giocato» senza regole sulle materie prime agricole si è rivolta direttamente
alla compravendita di terreni, sottraendo così una risorsa determinante per lo
sviluppo dei paesi poveri. Manovre inaccettabili che», ha concluso Marini, «i
ministri dell'agricoltura degli otto paesi più sviluppati hanno fatto bene a
cercare di fermare».Per il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni,
quello del G8 agricolo è «un risultato importante, che mette al centro
dell'agenda internazionale l'agricoltura e gli agricoltori e che conferma le
nostre aspettative e giustifica adeguate azioni per il settore». In complesso,
ha aggiunto Vecchioni, «la dichiarazione tocca tutti i punti sollevati dalla
Confederazione già da alcuni mesi e ribaditi all'avvio del G8 veneto. Dal
commercio basato su regole alla necessità di investimenti, anche nella ricerca
e nell'innovazione, sino al monitoraggio sulla volatilità dei mercati e
all'accesso alla terra». Infine anche il presidente della Cia Giuseppe Politi
ha espresso soddisfazione per il risultato del vertice organizzato dal governo
italiano e apprezzamento per il lavoro svolto dal ministro Zaia. Per Politi è
«significativo» che sia stata riaffermata la «centralità dell'agricoltura» per
battere la fame e contrastare qualsiasi emergenza alimentare. «Spetta adesso
agli Otto grandi rendere veramente concrete le scelte per un mondo agricolo
reale protagonista».
(
da "Messaggero Veneto,
Il" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
10 - Gorizia La Fincantieri tra crisi e sviluppo: confronto col presidente Antonini Monfalcone
MONFALCONE. Sarà dedicata alla "Crisi finanziaria mondiale e lo sviluppo della cantieristica internazionale"
l'importante iniziativa organizzata dal Propeller club di Monfalcone in
collaborazione con il Comune e che si svolgerà stasera alle 18.30 nella
Sala del Consiglio Comunale monfalconese. Sarà presente il Presidente di
Fincantieri, Corrado Antonini, che illustrerà l'attuale momento della
cantieristica e le prospettive future anche alla luce dell'attuale crisi economica. I lavori saranno aperti dal Presidente del
Propeller Club, Giuseppe Scarambone a cui seguiranno gli interventi del
direttore del Cantiere Navale di Monfalcone, ingegner Paolo Capobianco,
l'ammiraglio Renato Ferraro di Silvi e Castiglione e il sindaco di Monfalcone,
Gianfranco Pizzolitto. Fincantieri vanta la leadership nel settore della
produzione di navi da crociera, settore in cui l'azienda è rientrata vent'anni
fa con la realizzazione, proprio nel cantiere di Panzano della prima Crown
Princess per P&O. Attualmente in stabilimento si sta lavorando sia
all'unità in costruzione in bacino, la Azura P&O da 116 mila tonnellate di
stazza lorda, sia a quella in allestimento in banchina, la Carnival Dream, che
con le sue 130mila tonnellate di stazza lorda è la più grande passeggeri mai
realizzata a Monfalcone. La crisi che fa sentire i
suoi effetti in tutti i settori, potrebbe però far sentire a breve le sue
conseguenze anche su Fincantieri, che se non dovesse avere nuove commesse,
potrebbe trovarsi nella necessità di aprire la cassa integrazione. (c.v.)
(
da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
20 - Economia "Ho voluto difendere tutte le società italiane"
LAMBERTO CARDIA* Caro Direttore, faccio riferimento all´editoriale "La
Consob e le urla del silenzio", apparso lunedì 20 aprile su
Affari&Finanza a firma di Massimo Giannini. Di seguito alcune
considerazioni. Innanzi tutto, riguardo alla presunta "anomalia"
della mia posizione alla presidenza della Consob ricordo che il mio attuale
incarico deriva da una legge dello Stato, approvata dal Parlamento nel febbraio
2008 e promossa dal governo all´epoca in carica, presieduto da Romano Prodi.
Quella legge ha prorogato da cinque a sette anni la durata del mandato di tutti
i membri della Commissione, i tre Commissari designati dal secondo Governo
Prodi (Vittorio Conti, Michele Pezzinga e Luca Enriques) e i due indicati dal
precedente governo, presieduto da Silvio Berlusconi, cioè Paolo Di Benedetto e
il sottoscritto. In Consob sono arrivato come Commissario nel 1997 su proposta
del primo governo Prodi. Nel 2002 sono stato poi confermato nell´incarico di
Commissario su iniziativa del Governo Berlusconi, il quale nel 2003 mi ha
designato alla presidenza della Consob. Tutti i passaggi di nomina - firmati,
come prevede la legge, dai presidenti della Repubblica, in carica,
rispettivamente Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi - sono avvenuti nel
pieno rispetto della normativa e con il consenso unanime o pressoché unanime
dei Parlamenti di volta in volta in carica, chiamati ad esprimere un parere
consultivo. Lascio ai Suoi lettori la valutazione se in questa posizione possa
essere ravvisata una "anomalia". In merito al mio presunto
"silenzio" riguardo all´analisi "La Borsa, la Consob e la legge
ad aziendam", apparsa sul giornale da Lei diretto mercoledì 15 aprile
sempre a firma di Massimo Giannini, ricordo che quell´analisi è stata oggetto
di un commento, ripreso in parte dalla stessa Repubblica di giovedì 16 aprile
(pagina 25, "Il Pd: conflitto d´interessi sulle norme anti-scalata"),
dove si legge che «ambienti vicini al presidente della Consob Cardia definiscono
"priva di fondamento" la ricostruzione di Repubblica». Per la verità,
la ricostruzione era definita non solo "priva di ogni fondamento", ma
anche "fantasiosa", "fuorviante" e tale da "non
trovare riscontri nella realtà". Anche in questo caso lascio ai Suoi
lettori valutare se a fronte di una replica così secca si possa oppure no
parlare di "urla del silenzio". Non c´è stato "silenzio" né
tanto meno "silenzio-assenso". Ribadisco che l´interpretazione che
Repubblica ha dato della genesi delle ultime modifiche al Testo unico della
finanza, da me esposte e poi approvate dal Parlamento, è semplicemente lontana
dalla realtà. Si può discutere sul merito delle misure, condividerle o
criticarle. Nell´attuale contesto di crisi dei mercati finanziari, che offre grandi
opportunità a chi abbia mezzi per investire (compresi i fondi sovrani o i
capitali di illecita provenienza), ritengo che sia opportuno rafforzare gli
strumenti di difesa delle società quotate, in particolare quelle di valenza
strategica. E la mia opinione personale. L´ho espressa più volte nelle
sedi istituzionali, davanti al Parlamento e davanti ai media. E una
preoccupazione che ha trovato ampia condivisione. Da qui ad insinuare che
quelle proposte siano state da me avanzate per favorire la presunta
"blindatura" di Mediaset il passo è lungo e inaccettabile. Il
tentativo di presentare un provvedimento pensato a salvaguardia del
sistema-Paese come una manovra ordita a vantaggio di interessi inconfessabili
sembra frutto di una lettura dietrologica e ideologica oltre che discutibile
sul piano tecnico. La verità è che destinatarie di quei provvedimenti sono
dozzine di società in Piazza Affari, tra cui alcune delle maggiori imprese del
nostro Paese. L´obiettivo di fornire ulteriori strumenti per rafforzare i
presidi a loro difesa può non essere condiviso. Ma nelle mie intenzioni, fatte
proprie da governo e Parlamento, di questo si tratta e non di altro. *
Presidente della Consob Finalmente il presidente della Consob rompe il
silenzio, e di questo lo ringraziamo. Di fronte a quanto è accaduto con il
decreto incentivi, non si poteva considerare una «reazione» accettabile quella
affidata informalmente alle agenzie di stampa, e irritualmente filtrata da
«fonti vicine al presidente della Consob». Prendiamo atto delle precisazioni e
delle buone intenzioni di Cardia. Ma con tutto il rispetto per l´istituzione e
per chi la rappresenta, le circostanze di fatto raccontate nell´articolo sulla
«legge ad aziendam», ancorchè «fantasiose» o «dietrologiche» secondo il presidente
della Consob, non sono e non possono essere smentite. Per questo, ci pare, le
anomalie e i punti oscuri di questa vicenda restano ancora da chiarire.
(m.gia.)
(
da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
20 - Economia Dalla Cina impegni su sicurezza alimentare e concorrenza. La Fao:
contro la fame ancora molto da fare Agricoltura, intesa su dazi e prezzi Chiuso
il G8 "verde" di Treviso. Zaia: regole per i mercati RODOLFO SALA dal
nostro inviato CISON DI VALMARINO (TREVISO) - Tutti soddisfatti, i ministri
dell´Agricoltura degli otto Grandi riuniti per tre giorni, e per la prima volta,
dall´italiano Luca Zaia in un castello della Marca Trevigiana. Il vertice si è
chiuso con l´impegno, si legge nel documento finale, «ad utilizzare
tutti gli strumenti a disposizione per ridurre gli effetti negativi
dell´attuale crisi finanziaria sulla povertà e la fame, a rafforzare e incoraggiare una
produzione alimentare sostenibile, aumentare gli investimenti in agricoltura e
nella ricerca». Ma il più soddisfatto è il padrone di casa: «L´Italia - gongola
Zaia - ha portato a casa due risultanti importantissimi». Il primo è un
no fermo agli effetti negativi che la speculazione finanziaria
produce sui mercati, «affamando i popoli e i produttori», aggiunge il ministro
leghista. Il secondo, molto più controverso, riguarda il sostanziale via libera
a «regole certe che impediscano la concorrenza sleale» da parte di alcuni Paesi
che riescono a immettere nei mercati occidentali prodotti a bassissimo costo,
perché i loro lavoratori sono meno protetti, e spesso a discapito della qualità
e della sicurezza. è l´antica questione dei dazi che riemerge anche in questo
G8 dell´agricoltura. Questione interessante, non foss´altro perché al summit,
oltre ai ministri degli otto Grandi, partecipano anche quelli di paesi come
l´India e la Cina, che certo non gioiscono per l´imposizione di dazi su alcuni
loro prodotti agricoli, a cominciare dal riso, ma si dicono comunque
soddisfatti, dagli esiti di questa tre giorni. Ecco il viceministro cinese Niu
Dun: «Per i dazi auspico una regolamentazione scientifica, e penso non
dovrebbero creare ostacoli allo sviluppo del commercio dei prodotti agricoli».
In ogni caso per Nin Dun il vertice di Cison di Valmarino è «innovativo» e fa
emergere «un modello di discussione importante: è stato costruito un buon
tavolo dove scambiarsi informazioni e sono stati raggiunti accordi, comuni
visioni per essere solidali, per affrontare assieme la crisi
economica». Commento di Zaia: «La Cina ha preso impegni molto precisi sul tema
della sicurezza alimentare, e non ha fatto muro contro i dazi: più di così�».
Certo, anche in questo clima di concordia, i ministri sono consapevoli che il
mondo è ancora molto lontano dal raggiungere l´obiettivo fissato dalla
dichiarazione del Millennio di dimezzare la fame entro il 2015. Il direttore
della Fao Acques Diouf prova a dirlo così, con un auspicio: «Abbiamo parlato di
sicurezza alimentare e attirato l´attenzione internazionale sul fatto che non
siamo usciti dalla crisi alimentare; auspichiamo che
potremo affrontare i problemi strutturali e giungere a soluzioni concrete». E
su una questione vitale come quella della speculazione dei prezzi sui mercati
agricoli, non si può che «rimandare - si legge nel documento - alle maggiori
istituzioni internazionali», vale a dire i governi che si riuniranno al G8
della Maddalena, «per un approccio coordinato alla gestione degli stock
alimentari», da utilizzare contro l´eccessiva volatilità dei prezzi in funzione
calmieratrice. Rimane il fatto che i Paesi del G5 (Brasile, Cina, India,
Messico e Sudafrica), e quelli del G3 (Argentina, Australia, Egitto), pur
presenti al summit, sono stati esclusi dalla firma del documento. Per volontà,
soprattutto, degli americani, e nonostante le pressioni di Italia, Francia e
Russia. «Ma - precisa Zaia - se non fossero stati d´accordo non avrebbero
partecipato alla presentazione del documento approvato».
(
da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
22 - Economia Nella battaglia per il timone di Bpm spunta l´asse
Geronzi-costruttori Ponzellini: "Resto in Impregilo, non sono in conflitto
di interessi e tutelerò il management" Su pressione di Bankitalia, Consob
ha acceso un faro sulla prossima assemblea GIOVANNI PONS MILANO - Alla luce del
sole c´è la sfida giocata sul web tra due candidati presidenti, Massimo
Ponzellini e Roberto Mazzotta. Dietro le quinte c´è invece il tentativo non
dichiarato del gruppo di potere che ruota intorno a Cesare Geronzi di
affiliarsi una banca, la Popolare di Milano, che nei prossimi anni potrà
erogare fino a 10 miliardi di nuovi prestiti (potendo sopportare anche fino a 2
miliardi di perdite) e di farne una sorta di "Capitalia del Nord". Il
tutto grazie a una governance debole, e al tacito accordo con i sindacati che
permetterà loro di continuare a fare il bello e cattivo tempo all´interno della
banca milanese in futuro. Bankitalia ha già denunciato questo stato di cose, in
particolare le anomalie della governance Bpm che hanno portato al cambio di
statuto, in una durissima ispezione del 2007. E ora la Consob sta valutando se
esistono gli estremi per denunciare un patto di sindacato non dichiarato
all´interno della banca e intervenire sui diritti di voto prima dell´assemblea
fissata per sabato. Il disegno di potere che si consuma intorno a Bpm ha
origine nella difficoltà di alcuni gruppi imprenditoriali del Nord, in
particolare quelli raggruppati in Impregilo, la società di costruzioni
controllata da Salvatore Ligresti, Marcellino Gavio e la famiglia Benetton. Con la crisi finanziaria e immobiliare che imperversa alcuni progetti imponenti per la
Milano del futuro, a partire da Citylife, rischiano di entrare in crisi. Banche e assicurazioni infatti
non sono più disposte, e non lo saranno per chissà quanti anni, ad acquistare
porzioni di immobili e piazzarli nei propri portafogli, pur in presenza
di rendimenti elevati. Unicredit, per esempio, doveva spostare il quartier
generale milanese nella cittadella di Citylife, che il gruppo Ligresti,
Generali e Allianz stanno cercando di costruire sull´area della ex Fiera di
Milano. Con Unicredit non se ne farà più niente. E con l´arrivo dell´Expo
chissà quanti affari di questo tipo rischiano di essere accantonati. Dunque
serve un nuovo polmone finanziario per supportare gli affari dei grandi
costruttori settentrionali, e Bpm è l´oggetto entrato nei loro radar
essenzialmente per due motivi: intanto dispone di un buon patrimonio (il Core
Tier1 sarà all´8,5% dopo l´accesso al Tremonti bond) e di discreta redditività
dopo sei anni di cura Mazzotta; poi, vive un momento di debolezza interna,
essendo esploso lo scontro culturale e gestionale tra le sigle sindacali e il
vertice aziendale. Una miscela esplosiva che potrebbe permettere ai
"grandi elettori" di Ponzellini di indirizzare a proprio piacimento
10 miliardi di nuovi crediti senza sborsare un euro, semplicemente piazzando
alla presidenza un proprio uomo, che sappia anche garantire lo status quo alle
lottizzazioni interne. Una situazione in cui Geronzi s´è tuffato con slancio,
costituendo egli stesso il perno tra imprenditori conosciuti ai tempi di
Capitalia e oggi presenti nell´azionariato di Mediobanca
di cui è presidente e il potere politico romano che deve dare via libera al
disegno di conquista. Come prima mossa sono stati contattati gli esponenti
nazionali dei sindacati, che in modo inusuale si sono tutti espressi a favore
delle rispettive sigle interne a Bpm, fornendo una copertura inedita. Poi è
partita la caccia all´uomo giusto da candidare alla presidenza al posto dello
scomodo Mazzotta, considerato un traditore dopo il tentativo fallito di sposare
la banca milanese con l´omologa dell´Emilia Romagna. Operazione che avrebbe
annacquato il sistema di potere interno alla Bpm. La prima scelta della Fabi
era caduta su Carlo Salvatori, oggi capo dell´Unipol, ma le altre sigle si
erano dimostrate scettiche. Poi Geronzi ha fatto scendere in campo direttamente
un suo uomo: Beniamino Anselmi, parcheggiato da qualche tempo alla
Bipop-Carire. Anselmi ha formato il suo curriculum prima in Cariplo, dove era
diventato vicedirettore generale dell´Ibi (poi cacciato da Mazzotta), poi in
Carime, quindi era stato chiamato da Calisto Tanzi alla Cassa di Risparmio di
Parma. Ma alla vigilia del crac Parmalat, con grande tempismo, Geronzi lo
prelevò per catapultarlo al Banco di Sicilia, da poco entrato nell´orbita del
gruppo Capitalia. Quando quest´ultima si fonde con Unicredit nel maggio 2007 e
Alessandro Profumo inizia la sua opera di pulizia in Sicilia, le teste che
cadono sono quelle di Salvatore Mancuso e dello stesso Anselmi. Per questa
serie di eventi non proprio edificanti Anselmi è stato alfine considerato poco
presentabile a Giulio Tremonti, il potente ministro del Tesoro che ha da tempo
individuato in Geronzi il riferimento ideale per le partite bancarie che si
giocano tra Milano e Roma. Dopo una breve puntata su Mario Resca, uomo troppo
targato Berlusconi, è proprio Tremonti che sblocca la girandola Bpm con
l´endorsement sul nome di Ponzellini, manager di profilo sicuramente più
elevato di Anselmi, attuale presidente di Impregilo dalla quale dichiara di non
volersi dimettere malgrado l´evidente conflitto di interessi. «Credo che sarò
il garante della libertà del management e chi garantisce la libertà per
definizione non è in conflitto di interessi», ha detto ieri Ponzellini. Ora si
aspetta solo la consacrazione dell´assemblea, dove i 4.000 soci dipendenti
voteranno compatti consegnando la banca nelle mani di Geronzi e dei soci
Impregilo. Sempre che la Consob non voglia metter qualche bastone tra le ruote.
(
da "Messaggero, Il
(Ancona)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì
21 Aprile 2009 Chiudi di CLAUDIO CURTI FABRIANO - Boccata di ossigeno per la
Antonio Merloni. Il ministero delle Finanze ha infatti dato il via libera alla
garanzia per il prestito da 30 milioni di euro approvato anche dall'UE nei mesi
scorsi. Mattinata convulsa ma forse decisiva per tratteggiare un futuro meno
cupo per la Antonio Merloni. Il presidente della Regione, Gian Mario Spacca, ha
scritto una lettera al ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, per sollecitare il
via libera. E nella tarda mattinata di ieri l'ok è arrivato. «Un fatto
positivo», commenta il governatore. «Un atto di sensibilità importante del
Governo» secondo il vicepresidente dei senatori del Pdl Francesco Casoli. «Il
via libera alla garanzia del prestito - spiega Spacca - rappresenta una notizia
fondamentale per la difesa dei livelli occupazionali del Gruppo e dell'indotto
di piccole imprese dell'intero territorio. Dopo lunghe trattative, e pur in presenza delle note difficoltà di accesso al credito che
la crisi finanziaria sta comportando,
l'Unione Europea ha concesso la specifica autorizzazione all'aiuto di Stato e i
commissari - Massimo Confortini, Antonio Rizzi e Silvano Montaldo - hanno
registrato la disponibilità di un pool di banche per un finanziamento
significativo. Attraverso questa garanzia si potrà pensare alla corretta
applicazione del programma industriale approntato dai commissari evitando così
il rischio di un blocco della produzione per carenza di liquidità». Il
governatore ha ringraziato la Banca Marche, che ha svolto un ruolo di
coordinamento tra gli istituti di credito, una decina, che «pur in una così
difficile congiuntura economica hanno aderito all'iniziativa». Con l'istituto
marchigiano, il finanziamento giungerà da Banca Popolare di Ancona spa, Banca
Popolare di Verona S. Giminiano e San Prospero spa, Carifac, CariFerrara, Cassa
di Risparmio di Lucca Pisa Livorno spa, CariRimini, Intesa San Paolo spa, Mps,
Unicredit Corporate banking spa. Parla di «continuità al progetto di
salvataggio della Antonio Merloni» il senatore Casoli: «Questo risultato è
anche frutto di un lavoro congiunto di grande collaborazione tra Ministeri
competenti e forze parlamentari del territorio». Adesso, dunque, si fa molto
più concreto il programma approntato dal triumvirato governativo che prevede
due fasi. La prima è quella di vendere il maggior numero possibile di asset del
Gruppo salvaguardando i livelli occupazionali, il secondo è riorganizzare
l'invenduto. In attesa che tutto ciò avvenga, ieri mattina sono tornate al
lavoro 550 tute blu nei due siti fabrianesi. Sono 390 i dipendenti di Santa
Maria che produrranno 2.200 lavatrici al giorno con 5 linee attive: 3
lavoreranno fino a domani, una terminerà oggi, un'altra lavorerà per tutta la
settimana. Al Maragone si chiude questa sera dopo 2 giorni di lavoro per
produrre 2.400 pezzi tra lavatrici ed asciugatori grazie a 190 tute blu.
(
da "Messaggero, Il
(Metropolitana)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì
21 Aprile 2009 Chiudi di CARLO JEAN IL sogno di un mondo denuclearizzato non è
nuovo. È vecchio quanto le armi nucleari. È condiviso sia da destra che da
sinistra. Era comune sia a Reagan che a Gorbaciov. Il 5 aprile scorso, davanti
ad una folla plaudente, è stato ripreso a Praga da Barack Obama. Beninteso,
egli è convinto che, a breve termine, si tratti di una generosa utopia, oltre
che di un dovere morale degli Usa, unici ad aver impiegato tali armi
devastanti. A breve termine, è invece realistico riprendere i negoziati con la
Russia per la riduzione delle armi nucleari strategiche. Una volta che essi si
siano conclusi positivamente, si potrà procedere con ulteriori riduzioni e con
un allargamento delle trattative alle altre potenze nucleari, estendendole a
tutti i tipi di armi nucleari. Obama ha riconosciuto che un disarmo completo
sarà possibile forse solo a lunghissimo termine e che egli non potrà vederlo
realizzato. Tuttavia, è un obiettivo che è dovere morale degli Usa porre al
mondo e che, comunque, costituirà la base dell'intera politica nucleare
americana. Non ha però precisato come intenda modificare quella ricevuta in
eredità da Bush e dalla guerra fredda. Potrebbe decidere di adottare una
strategia di no-first use, di rinunciare allo sviluppo di nuovi tipi di armi
nucleari e di rinviare al Senato, per la ratifica, il Trattato sulla rinuncia a
tutti gli esperimenti nucleari. Nello stesso discorso, Obama ha aggiunto senza
però ottenere gli applausi ricevuti dalla sua visione di un mondo
denuclearizzato che gli Usa continueranno il loro programma antimissili. Tale
affermazione ha fatto sicuramente sobbalzare i responsabili russi. Renderà poi
improbabili consistenti riduzioni delle armi strategiche nei negoziati che si
apriranno fra breve con gli Usa. Infatti, la stabilità di un deterrente è tanto
più elevata quanto maggiore è il numero dei sistemi d'arma, poiché diminuisce
l'efficacia di un attacco di sorpresa. È la logica che aveva portato
all'incredibile dilatazione degli arsenali strategici durante la guerra fredda.
In Russia, taluni esperti hanno avanzato il sospetto che il mantenimento del
programma antimissili, unito alla visione di un disarmo nucleare completo, non
sia altro che un complotto occidentale per neutralizzare le capacità di
dissuasione nucleare, su cui oggi si basa la sicurezza di Mosca. I negoziati
del reset non saranno facili. La visione di Obama di un mondo senza armi nucleari
è stata preceduta da dichiarazioni di illustri personalità politiche sia negli
Usa che in Europa. L'enfasi usata a Praga deve aver sorpreso i responsabili
russi. Essi sono beninteso favorevoli al rinnovo del trattato START 1, che
scade il prossimo dicembre. Esso porrebbe limiti alla possibilità di un riarmo
Usa, che non potrebbero fronteggiare. Si sono detti d'accordo anche su
ulteriori riduzioni delle testate strategiche, non solo rispetto alle 6.000
previste dallo START 1, ma anche alle 1.700-2.200 concordate nel 2002 da Bush e
Putin nel SORT (Strategic Offensive weapons Reduction Talks. I russi non se ne
fidavano molto. Esso consiste infatti solo in un impegno politico, non
vincolante giuridicamente. La riduzione delle testate e una strategia nucleare
ispirata al cosiddetto deterrente minimo sono una cosa. Il disarmo nucleare
completo è del tutto diverso. I negoziati per giungere ad esso non potrebbero
essere limitata a Usa e Russia ed alle sole armi strategiche. Dovrebbero essere
ma estesi a quelle tattiche, anche conservate nei depositi, al materiale
nucleare militarizzato, agli impianti del "ciclo del combustibile
(arricchimento dell'uranio, riprocessamento, ecc.). La cosa più complessa
consiste nel necessario coinvolgimento di tutti gli Stati nucleari. Aumentando
il numero degli interlocutori, il negoziato diverrebbe ancora più difficile. Le
armi nucleari non possono essere disinventate. Le tecnologie per produrle sono
largamente conosciute. I materiali per farlo sono ampiamente disponibili sul mercato.
Ma soprattutto, perché il disarmo sia praticabile, sarebbe necessario disporre
di un sistema di controlli e di verifiche molto accurato e dotato di capacità
efficaci d'intervento. Solo esso può evitare che qualche Stato od
organizzazione non statuale si procurino armi in grado di dar loro un vantaggio
strategico rilevante. La realizzazione della "visione" di Obama
richiede quindi un sistema internazionale del tutto diverso da quello attuale.
A breve termine non è ipotizzabile. Basti considerare l'incapacità dell'Onu di
bloccare la proliferazione nucleare in Iran o in Corea del Nord. Per inciso, la crisi finanziaria sta poi rendendo ancora più difficile un governo mondiale. Sta
infatti provocando la frammentazione anche dell'economia prima globalizzata.
Eppure la proposta di Obama non è solo utopia né slogan propagandistico. Ha un
senso. L'epoca d'oro del regime di non-proliferazione esistente durante
tutta la guerra fredda è ormai scomparsa. Il pericolo di proliferazione è
sempre maggiore. Anche quello che le armi nucleari cadano nelle mani di
terroristi. Il problema è reale. Esso rimane tale, anche se non è risolvibile
nei tempi della politica. Probabilmente, si potrà correrà ai ripari solo dopo
che un'esplosione nucleare avrà provocato centinaia di migliaia di vittime in
qualche città. A più breve termine, non sembra esservi alternativa a negoziati
di controllo degli armamenti fra gli Usa e la Russia. Essi potrebbero creare un
clima di fiducia fra i due Stati e stimolarli a rafforzare il regime di non-proliferazione
nucleare, che si sta pericolosamente erodendo.
(
da "Corriere del Veneto"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
del Veneto sezione: PRIMOPIANO data: 21/04/2009 - pag: 2 Anche Benetton si
scopre ottimista «Buone sensazioni» Ordini, nessuna flessione nel primo
trimestre «Alessandro già leader del gruppo al 100%» VILLORBA (Treviso) «Dire
che la crisi per noi non esiste sarebbe fuori luogo e
poco elegante, non nello stile della casa». Alessandro Benetton, vicepresidente
del Gruppo, seduto alla destra del padre nella conferenza stampa seguita ieri
all'assemblea degli azionisti, tiene ad evitare che dell'azienda si dia ancora
una volta un'immagine di realtà che viaggia al di sopra delle umane sorti. I
numeri, però, parlano chiaro e dicono, in buona sostanza che quanto accaduto
nel mondo nel terribile 2008 a Ponzano Veneto può aver creato al più qualche
fastidio. Le vendite sono cresciute del 3,9% raggiungendo i 2,128 miliardi,
l'Ebitda ha toccato i 354 milioni (+4,1%) e l'utile netto è passato da 145 a
155 milioni. Il sacrificio per gli azionisti è di non vedersi riconosciuto un
dividendo di 0,40 euro ma appena di 0,28 euro. Tutto qui? A quanto pare è così.
«Mi sento di dire - aggiunge Benetton junior - che il 2009 sarà, in termini
relativi, un anno buono, e per relativi intendo rispetto al mercato,
all'andamento dei consumi, agli effetti che questa crisi finanziaria ha avuto». Previsioni
peraltro non dovute a pura sensazione. «I dati del primo trimestre, se non sono
in linea con l'anno precedente, sono di poco inferiori. Un rallentamento
sicuramente l'abbiamo visto, ma non così grave da pensare che dobbiamo essere attanagliati
dal pessimismo ». L'Ad, Gerolamo Caccia Dominioni, conferma e rilancia
«La raccolta ordini dà dei dati indicativi positivi. Siamo in linea con le
nostre aspettative, magari con complessità diverse fra i mercati. Ma siamo al
livello dell'anno scorso». L'alterazione complessiva dei consumi nel mondo,
insomma, a Villa Minelli non ha portato tanto riflessi sui conti quanto
piuttosto un cambiamento incisivo delle strategie. Se prima le aree del pianeta
rispondevano in modo abbastanza prevedibile, con differenze che, almeno nel
medio termine, potevano essere assunte a costanti, ora non è più così. «Adesso
- interviene finalmente il patron, Luciano Benetton - i mercati bisogna
guardarli tutti. Naturalmente quando ci sono dei mercati emergenti è normale che
si cerchi di approfittarne, di allungare il passo in quel contesto. Ma in
questo momento siamo ovunque abbastanza alla pari, per cui, accanto ai mercati
tradizionali come Italia ed Europa, bisogna cercare di migliorare dappertutto».
Il programma di aperture non conosce ripensamenti. «In India nel 2008 abbiamo
aperto circa 70 punti vendita. Poi c'è la possibilità di un'accelerazione su
mercati dell'america latina come il Messico, dove esiste una collaborazione con
partner importanti». Se l'Italia segna il passo, questo è il momento buono per
migliorare i negozi, e le ristrutturazioni a volte impongono uno stop di alcuni
mesi. «La qualità aumenta la resa a metro quadrato. Lavorando su layout
moderni, aggiornati, spinti, si favorisce l'aumento dei volumi. Abbiamo in atto
o in vista ristrutturazioni a Roma, ma anche a Vicenza, Foggia, Latina». Il
presidente parla a 360 gradi e dice la sua pure sulla proposta di moratoria ai
licenziamenti lanciata domenica dal ministro del welfare, Maurizio Sacconi.
«Dove sia possibile - replica Benetton - credo che questo lo facciano tutti».
Però Olimpias, controllata al 100% da Benetton, sta per chiudere lo
stabilimento di Piovesi, nel torinese, licenziando 150 addetti. «Quella è una
questione diversa. Già due anni fa avevamo organizzato una fabbrica equivalente
in Tunisia e avevamo avvertito tutti. E' un processo collegato ad una
discussione sindacale fatta per tempo». Il tema conclusivo è quello del
passaggio generazionale. Quando Alessandro, due anni fa, fu designato vicepresidente,
si vide nella scelta il preludio ad un cambio della guardia completo.
«L'avvicendamento di fatto è già avvenuto, Alessandro è operativo al 100%, è il
rappresentante della famiglia anche presso i manager. Per la nomina formale
nessuno ha fretta. Io adesso sono più un uomo da spogliatoio, non da panchina
perché non voglio fare l'allenatore e neanche il giocatore». Gianni Favero
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-04-21 - pag: 8 autore: Macchine utensili
Pechino batte gli Stati Uniti Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro
corrispondente L' associazione delle società tedesche di macchine utensili ha
rivelato che nel 2008 la Cina è stata il primo produttore al mondo in questo
settore, scalzando gli Stati Uniti. Secondo una stima della Vdma nel 2008 il
settore ha registrato un fatturato mondiale di 1.600 miliardi di euro, in rialzo
dai 1.350 miliardi di euro del 2007. Nel contempo, le imprese cinesi sono
cresciute per raggiungere un giro d'affari di 271 miliardi di euro, davanti
alla Germania (ferma al secondo posto, con 233 miliardi) e agli Stati Uniti
(231 miliardi). Il balzo della Cina nel 2008 non deve sorprendere. Solo verso
la fine dell'anno l'economia globale ha lanciato segnali di rallentamento.
Nella prima parte del 2008,prima dell'aggravarsi della crisi finanziaria, l'espansione
economica mondiale era rimasta vigorosa, trainata dal commercio internazionale.
Per molti versi la produzione cinese di macchine utensili è il riflesso di un
Paese che si sta rapidamente ammodernando e che utilizza con crescente successo
i beni utensili di origine occidentale. Nella classifica pubblicata
ieri, l'Italia è al quinto posto, con un fatturato di 108 miliardi, dietro al
Giappone (186 miliardi). La fiera industriale di Hannover, che si tiene questa
settimana, è stata anche l'occasione per nuove stime sull'economia. Mentre la
Bundesbank afferma che il trimestre dell'anno si è chiuso peggio del quarto
trimestre del 2008 (terminato con un -2,1%), ieri la Vdma ha sostenuto che una
stabilizzazione nel settore delle macchine utensili è possibile già nel secondo
semestre. «Ci aspettiamo che da metà anno dovrebbe concludersi la fase di calo
degli ordini», ha detto il presidente dell'associazione di categoria Hannes
Hesse. Ciononostante, la Vdma prevede un calo degli ordini su base annua del 10
per cento. La produzione americana calerà del 15%, quella dell'Europa
occidentale del 13%, quella giapponese addirittura del 25 per cento. ©
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(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-04-21 - pag: 29 autore:
Cassazione. La Corte censura l'eccessiva genericità del tipo di controllo
attribuito all'authority dal Testo unico della finanza Consob, una vigilanza
con limiti Non ricadono nell'ambito della commissione gli investimenti
immobiliari Giovanni Negri MILANO Investimenti immobiliari senza prospetto alla
Consob. E senza le sanzioni del Testo unico della finanza per chi li sollecita.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 9316 del 17 aprile della Seconda
sezione civile, ha annullato la condanna a 52mila euro inflitta,con decreto del
ministero dell'Economia su proposta della Consob e confermata dalla Corte
d'appello di Roma, nei confronti di una Srl. La sanzione era stata decisa perchè
la società, in violazione del Tuf, aveva operato una sollecitazione costituita
da un'offertaal pubblico di contratti d'investimento immobiliare in assenza
della preventiva comunicazione e dell'invio del prospetto informativo alla
Consob. Nella proposta scritta era contenuto un invito all'acquisto di prodotti
finanziari con la garanzia di un reddito
predeterminato medio alto in rapporto a quello assicurato dal mercato finanziario. Tra i motivi proposti dalla difesa della Srl
c'era il fatto che la Corte d'appello avesse considerato applicabili gli
articoli 1, 94e 191 del Tuf (decreto legislativo n. 58 del 1998). Le norme
infatti, a giudizio degli avvocati, delineano un quadro sanzionatorio
indirizzato a colpire chi sollecita investimenti in strumenti finanziari sottraendosi ai controlli della Consob.
Investimenti in «strumenti finanziari», però, e non
anche nel settore immobiliare che, in quanto tale e non essendo esplicitamente
preso in considerazione dal Tuf, ne dovrebbe rimanere escluso.
Un'argomentazione che ha fatto breccia nella Cassazione che ha, sul punto,
accolto il ricorso azzerando la condanna. Per la Cassazione, infatti, gli
acquisti immobiliari non rientrano nell'elenco degli strumenti finanziari previsti nel Testo unico all'articolo 1 lettera
u). Qui si parla di azioni, obbligazioni, titoli di Stato e altre fattispecie
di moderni contratti mobiliari. Si tace invece quanto agli investimenti
immobiliari. E allora, sottolinea la Corte, bisogna fare riferimento, come
hanno fatto Consob e Corte d'appello, alla nozione di «ogni altra forma di
investimento di natura finanziaria », prevista dalla
medesima lettera u), per verificarne l'applicabilità al caso esaminato.
Un'applicabilità che però, a parere dei giudici, deve essere esclusa. Per una
serie di ragioni, la prima delle quali è costituita dall'«estrema genericità»
della previsione normativa che, in contraddizione con il principio di
tassatività, permetterebbe di sanzionare un ampio spettro di condotte degli
operatori commerciali se indirizzate all'assicurazione per i risparmiatori di
impieghi particolarmente remunerativi. Tra le offerte di acquisto immobiliare e
i prodotti finanziari non esiste poi alcuna analogia,
visto che hanno per oggetto beni che non si possono assimilare. Tanto è vero
che, ricorda la sentenza, prima del Tuf, le diverse normative di settore erano
sempre state circoscritte alla disciplina delle attività di intermediazione
mobiliare. Un ulteriore elemento che corrobora l'accoglimento del ricorso è
l'assenza nel Testo unico di qualsiasi riferimento agli investimenti
immobiliari, «silenzio legislativo poco compatibile con l'ipotesi di
un'innovazione di sì larga portata». Inoltre, conclude la Cassazione nel suo
riesame normativo, l'articolo 94 del Tuf, al comma 5 bis, precisa
che è la Consob a determinare quali strumenti finanziari quotati in mercati regaolamentati o diffusi tra il pubblico devono avere un
contenuto tipico determinato. Un'associazione quella tra strumenti e prodotti finanziari alle quotazioni del mercato o
alla diffusione tra il pubblico che mette in evidenza caratteristiche tipiche
dei valori mobiliari, «per loro natura soggetti a rapidi scambi di massa
e quotazioni mutevoli in brevi periodi». Aspetti che, invece, sembrano alla
Corte di cassazione estranei alla fisionomia delle sollecitazioni
all'investimento immobiliare, nelle quali il reddito garantito ai destinatari
dell'offerta è «di natura fondiaria, caratterizzato da tendenziale stabilità
nel tempo e scarsa sensibilità agli andamenti dei mercati
finanziari». © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com/norme Il testo
della sentenza LE RAGIONI Lo stesso Tuf non prende in considerazione il reddito
fondiario tra quelli oggetto di esplicito monitoraggio
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-21 - pag: 47 autore:
INTERVISTA European Securitisation Forum Rick Watson «Garanzie pubbliche sulle
Abs» In Italia si studia un sostegno alle tranche meno rischiose Isabella
Bufacchi ROMA «Il mercato europeo delle cartolarizzazioni si riaprirà,
perchéaiuterà il processo del rafforzamento patrimoniale delle banche. Ma le
nuove emissioni pubbliche di asset backed securities, almeno in una prima fase,
avranno bisogno di essere a loro volta aiutate da qualche forma di garanzia
pubblica ». Non è una provocazione, nè una sfida. è semplicemente il pronostico
di chi la sa lunga sulla finanza strutturata come Rick Watson, attuale managing
director di European Securitisation Forum (associazione di 140 operatori europei
in cartolarizzazioni). Watson le asset backed securities (ABS) e le
Collateralized debt obligation (CDO) le ha confezionate per anni nelle grandi
banche d'investimento, da Hsbc a Bear Stearns, da Morgan Stanley a Ubs,
iniziando a lavorare in Freddie Mac, la fabbrica per eccellenza della
securitisation americana. E ora, in un'intervista al Sole 24 Ore rilasciata
ieri, Watson ha sostenuto convinto che questo complesso prodotto, accusato dai
più di aver scatenato la peggiore recessione degli ultimi 80 anni, sopravviverà
alla crisi. Una delegazione di tecnici dell'Esf si
trova in questi giorni a Roma per una serie di "incontri
istituzionali": qualcosa inizia già a muoversi in Italia sul fronte delle
cartolarizzazioni garantite dei prestiti alle piccole e medie imprese. Domani
invece potrebbe essere il Tesoro inglese a muovere ufficialmente il primo
passo: gli addetti ai lavori si attendono un programma da 50 miliardi di
sterline a sostegno delle Mbs (Mortgage backed securities) sui mutui
residenziali inglesi. Il mercato italiano delle cartolarizzazioni resta uno dei
più grandi e attivi in euro: il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi,
nonchè presidente del Financial Stability Forum, ha sottolineato Watson, in due
recenti occasioni pubbliche (Forex e audizione alla Camera) ha detto che
occorre «ridar vita a un importante canale di finanziamento, le
cartolarizzazioni dei prestiti, oggi del tutto inaridito »: in Italia è allo
studio la garanzia pubblica sulla quota meno rischiosa dei prestiti cartolarizzati,
e l'Esf ne sta seguendo da vicino gli sviluppi. «La riapertura del mercato
delle cartolarizzazioni aiuterà a smaltire gli asset che le banche europee
dovranno vendere o smobilizzare per ridurre l'attuale leva in bilancio», ha
affermato Watson, aggiungendo che «con le cartolarizzazioni si riduce il
rischio di prosciugare il canale del credito all'economia per colpa del
deleveraging, la riduzione della leva delle banche». Secondo il numero uno
dell'ESF, le banche difficilmente potranno collocare al pubblico le
cartolarizzazioni emesse negli ultimi due anni come garanzia collaterale per il
pronti contro termine della Banca centrale europea e della Bank of England:
dovranno creare nuove securities. «Per attrarre gli investitori istituzionali
nella riapertura del mercato delle cartolarizzazioni, le emissioni potrebbero
essere assistite da qualche forma di garanzia pubblica - ha sottolineato Watson
- . Lo Stato può garantire direttamente una o più tranche di asset backed
securities oppure si cartolarizzeranno prestiti omogenei alle imprese o mutui
residenziali garantiti in parte o totalmente dallo Stato». Far ripartire una
macchina come quella della finanza strutturata, ferma da quasi due anni, non è
impresa facile. La ESF promuove l'aumento della trasparenza, una documentazione
più chiara e più accessibile agli investitori, la semplificazione delle
strutture, la standardizzazione dei prodotti. I gestori di fondi sono
terrorizzati dal mark-tomarket, dalla scarsa liquidità, dai prezzi che crollano
sul secondario: forse è per questo che il Tesoro inglese sta pensando a una
formula di sostegno alle quotazioni, con riacquisto da parte dello Stato alla
pari prima della scadenza del bond. Per Watson anche la bad bank contribuirà a
risolvere il problema. I CDO sintetici o "squared", le
cartolarizzazioni delle cartolarizzazioni, le securitisation di mutui subprime
hanno chiuso definitivamente i battenti, e di questo ne sono convinti alla
ESF.Ma c'è sicuramente un futuro per le cartolarizzazioni meno esotiche, quelle
in voga in Europa e cosiddette "core", che semplicemente
trasferiscono al consumatore i benefici della raccolta a basso costo. «Le prime
asset backed securities collocate al pubblico saranno quelle dei crediti per
l'acquisto di automobili, che hanno una durata breve e un buon rendimento», è
il pronostico di Rick Watson, secondo il quale la ripresa europea potrebbe
essere più lenta di quella americana anche perché in Europa la base degli
investitori non-bancari che acquistano cartolarizzazioni (fondi pensione, compagnie
di assicurazione ecc...) è meno ampia. isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA «La riapertura del mercato delle cartolarizzazioni
aiuterà le banche a ridurre asset e a erogare credito» «I Cdo sintetici e le
operazioni esotiche hanno chiuso i battenti dopo la crisi
finanziaria»
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-21 - pag: 47 autore:
Obbligazioni. Domanda per 1,6 miliardi - Rendimento a 190 punti base sul tasso
swap UniCredit, bond da un miliardo Nonostante il recente declassamento del
rating da parte di Fitch (da A+ ad A), UniCredit non si è tirata indietro: ieri
ha emesso un bond da un miliardo di euro di durata triennale. E ha raccolto una
domanda elevata: alle banche collocatrici (UniCredit Cib, Calyon e Goldman
Sachs) sono infatti arrivati ordini d'acquisto dagli investitori per oltre 1,6
miliardi di euro. E questo accade mentre si avvicina – per l'Italia – l'ora dei
primi Tremonti-Bond: secondo il presidente dell'Abi, Corrado Faissola, «nelle
prossime settimane qualche banca potrebbe emetterli». In attesa dei bond che
saranno sottoscritti dal ministero del Tesoro, però, ieri è stato UniCredit a
scendere in campo. Con un normalissimo prestito obbligazionario, collocato sul
mercato.L'emissione ha riscontrato una buona domanda, ma il
peso della crisi finanziaria si è visto nel rendimento. Il bond offre infatti agli
investitori una cedola del 4,125%, il che corrisponde a un tasso d'interesse
lordo di 190 punti base sul tasso swap. Spread elevato rispetto ai valori pre-crisi. Ma comunque nella parte bassa
della forchetta annunciata precedentemente, pari a 190-200 punti base. A
conferma del fatto che, con spread adeguati, la domanda è stataforte.
L'emissione – comunica UniCredit in una nota – ha visto una larga
partecipazione di investitori istituzionali: asset manager (48%), banche (41%)
e assicurazioni ( 7,5%). La domanda è arrivata principalmente da Italia (40%),
Germania (19%), Regno Unito (11%) e Francia (8%). E se da un lato UniCredit si
è messa in mostra sui mercati internazionali,dall'altro qualche banca potrebbe
presto emettere i primi Tremontibond. «Dal punto di vista dell'Abi e del
ministero dell'Economia direi che abbiamo fatto tutto – ha detto Faissola,
presidente dell'Abi –.Da quanto mi risulta un gruppo bancario importante ha già
presentato l'istanza e probabilmente sarà un problema di qualche settimana. Già
il mese prossimo ci potrebbe essere qualcuno, qualche banca che emetterà. E il
ministero del Tesoro sottoscriverà questi strumenti». Poi Faissola precisa:
«Questo strumento è destinato, lo sottolineo, soltanto alle banche sane. E non
c'è assolutamente nessun ritardo in Italia». AIUTI DI STATO Faissola (Abi):
«Non c'è nessun ritardo sui Tremonti-bond Nelle prossime settimane ci saranno
le prime emissioni»
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-04-21 - pag: 25 autore: Il G-8
Business summit. Vertice in Sardegna tra le Confindustrie il 23 e 24 aprile, in
rappresentanza del 60% del Pil mondiale L'industria: riscrivere le regole
Scambi, clima e governance globale: le richieste delle
imprese ai Governi Nicoletta Picchio ROMA La crisi economica e finanziaria, i cambiamenti climatici, in vista del vertice di Copenhagen di
fine anno. E una riflessione sulle nuove regole di governance globale, con un
no deciso ad ogni forma di protezionismo. Sono i temi di cui discuteranno le associazioni imprenditoriali
dei Paesi del G-8 il 23 e il 24 aprile, in Sardegna, a Santa Margherita
di Pula. Stavolta la presidenza di turno spetta all'Italia e a fare gli onori
di casa sarà la numero uno di Confindustria, Emma Marcegaglia. Le nuove regole
e i futuri motori della crescita sono argomenti che animano da mesi il
dibattito internazionale e saranno il cuore del G-8 che si terrà a luglio a La
Maddalena. Proprio in vista del summit politico di luglio le associazioni
imprenditoriali a conclusione dei lavori firmeranno una dichiarazione congiunta
da presentare ai capi di Stato e di Governo, perché ne tengano conto nel
dibattito e nelle decisioni che verranno prese. Il G-8 Business summit è
arrivato alla terza edizione: è nato nel 2007, sotto la presidenza tedesca,
organizzato dalla Bdi (l'associazione delle imprese teutoniche) e si è tenuto a
Berlino. Nel 2008 è stata la volta di Tokyo ed è stato organizzato dalla
Confindustria giapponese, la Nippon Keidarnen. La crisi
finanziaria e la recessione sono stati tuttavia motivo per convocare una
riunione straordinaria a dicembre 2008, organizzata a Parigi dalla
Confindustria francese, Medef, interamente dedicata alla situazione congiunturale
e alle ricette per evitare drammatiche ripercussioni del terremoto finanziario
sull'economia reale. Un comune denominatore di tutte le riunioni, in
particolare l'ultima,è stato il no al protezionismo e
una sollecitazione a concludere i negoziati del Doha Round. Dalle imprese è
arrivato un messaggio univoco, che sarà confermato il 23 e il 24: non è
chiudendo i mercati che si può pensare di rilanciare lo sviluppo. Altra
preoccupazione, il rischio che interventi asimmetrici contro la crisi possano provocare, oltre alla chiusura dei mercati,
anche una distorsione della concorrenza. Un'attenzione particolare sarà poi
dedicata al clima, con il presupposto che la Green economy diverrà uno dei
fronti caldi per la ripresa economica. La nascita del G-8 Business (Usa,
Italia, Giappone, Francia, Gran Bretagna, Canada, Russia, Germania) è il
segnale della volontà del mondo imprenditoriale di voler parlare con una voce
sola. Questi Paesi rappresentano oltre il 60% del Pil mondiale, il 60% degli
investimenti diretti, il 50% del commercio internazionale. Il G-8 delle imprese
non dispone comunque di una struttura organizzativa permanente: è la
Confindustria del Paese di presidenza che definisce l'agenda e dà il supporto
logistico ai partecipanti. Il 24 mattina, in apertura dei lavori, la presidente
di Confindustria avrà accanto a sè, al tavolo, il segretario generale della
Farnesina, Giampiero Massolo, sherpa del G-8 governativo. Un modo, nelle
intenzioni di viale dell'Astronomia, per dimostrare ancora di più la stretta
collaborazione che esiste tra pubblico e privato, necessaria per superare la
fase di crisi e per assicurare al sistema globale una
governance adeguata. Nella serata di venerdì 24 è prevista una cena ristretta
dei vertici delle associazioni industriali dei Paesi del G-8 con il presidente
del Consiglio, Silvio Berlusconi, per discutere insieme degli argomenti
trattati e consegnargli personalmente la dichiarazione congiunta.
nicoletta.picchio@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA UNA VOCE SOLA
Dichiarazione finale da portare alla Maddalena No al protezionismo
e sollecitazione a concludere i negoziati del Doha Round
(
da "Messaggero, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì
21 Aprile 2009 Chiudi di CARLO JEAN I negoziati del reset non saranno facili.
La visione di Obama di un mondo senza armi nucleari è stata preceduta da
dichiarazioni di illustri personalità politiche sia negli Usa che in Europa.
L'enfasi usata a Praga deve aver sorpreso i responsabili russi. Essi sono
beninteso favorevoli al rinnovo del trattato START 1, che scade il prossimo
dicembre. Esso porrebbe limiti alla possibilità di un riarmo Usa, che non
potrebbero fronteggiare. Si sono detti d'accordo anche su ulteriori riduzioni
delle testate strategiche, non solo rispetto alle 6.000 previste dallo START 1,
ma anche alle 1.700-2.200 concordate nel 2002 da Bush e Putin nel SORT
(Strategic Offensive weapons Reduction Talks. I russi non se ne fidavano molto.
Esso consiste infatti solo in un impegno politico, non vincolante
giuridicamente. La riduzione delle testate e una strategia nucleare ispirata al
cosiddetto deterrente minimo sono una cosa. Il disarmo nucleare completo è del
tutto diverso. I negoziati per giungere ad esso non potrebbero essere limitata
a Usa e Russia ed alle sole armi strategiche. Dovrebbero essere ma estesi a
quelle tattiche, anche conservate nei depositi, al materiale nucleare
militarizzato, agli impianti del "ciclo del combustibile (arricchimento
dell'uranio, riprocessamento, ecc.). La cosa più complessa consiste nel
necessario coinvolgimento di tutti gli Stati nucleari. Aumentando il numero
degli interlocutori, il negoziato diverrebbe ancora più difficile. Le armi
nucleari non possono essere disinventate. Le tecnologie per produrle sono
largamente conosciute. I materiali per farlo sono ampiamente disponibili sul
mercato. Ma soprattutto, perché il disarmo sia praticabile, sarebbe necessario
disporre di un sistema di controlli e di verifiche molto accurato e dotato di
capacità efficaci d'intervento. Solo esso può evitare che qualche Stato od
organizzazione non statuale si procurino armi in grado di dar loro un vantaggio
strategico rilevante. La realizzazione della "visione" di Obama
richiede quindi un sistema internazionale del tutto diverso da quello attuale.
A breve termine non è ipotizzabile. Basti considerare l'incapacità dell'Onu di
bloccare la proliferazione nucleare in Iran o in Corea del Nord. Per inciso, la crisi finanziaria sta poi rendendo ancora più difficile un governo mondiale. Sta
infatti provocando la frammentazione anche dell'economia prima globalizzata.
Eppure la proposta di Obama non è solo utopia né slogan propagandistico. Ha un
senso. L'epoca d'oro del regime di non-proliferazione esistente durante
tutta la guerra fredda è ormai scomparsa. Il pericolo di proliferazione è
sempre maggiore. Anche quello che le armi nucleari cadano nelle mani di
terroristi. Il problema è reale. Esso rimane tale, anche se non è risolvibile
nei tempi della politica. Probabilmente, si potrà correrà ai ripari solo dopo
che un'esplosione nucleare avrà provocato centinaia di migliaia di vittime in
qualche città. A più breve termine, non sembra esservi alternativa a negoziati
di controllo degli armamenti fra gli Usa e la Russia. Essi potrebbero creare un
clima di fiducia fra i due Stati e stimolarli a rafforzare il regime di
non-proliferazione nucleare, che si sta pericolosamente erodendo.
(
da "marketpress.info"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì
21 Aprile 2009 UE, PRODOTTI PERICOLOSL: LA RELAZIONE RAPEX 2008 INDICA UN
AUMENTO DEI PRODOTTI RITIRATI DAL MERCATO Bruxelles, 21 aprile 2009 - Nel 2008
il numero di prodotti di consumo pericolosi ritirati dal mercato dell´Ue è
aumentato del 16% rispetto al 2007 come si legge nella relazione annuale della
Commissione sul sistema comunitario di informazione rapida in merito ai
prodotti pericolosi non alimentari ("Rapex"). Questo aumento, da 1605
notifiche nel 2007 alle 1866 dell´anno scorso indica che la capacità del
sistema Rapex si è potenziata ancora una volta nel 2008 in seguito a un
investimento sostanziale di risorse. È cresciuto anche il numero di notifiche
di prodotti di origine cinese inviate tramite il sistema Rapex (passate dal 52%
nel 2007 al 59% nel 2008). L´incremento dei prodotti individuati come
pericolosi e ritirati dal mercato dimostra inoltre che le imprese europee le
cui attività hanno implicazioni per la sicurezza dei prodotti di consumo
assumono più rigorosamente le loro responsabilità e sono maggiormente disposte
a richiamare dal mercato i loro prodotti non sicuri. I giocattoli assieme agli
articoli di puericultura (ad es. Biciclette, passeggini, lettini e succhiotti),
i prodotti elettrici e i veicoli a motore sono stati protagonisti del maggior
numero di notifiche nel 2008. Meglena Kuneva, Commissario responsabile per i
consumatori, ha affermato: "Questa relazione manda un messaggio
estremamente chiaro quanto al fatto che non è il caso di cullarsi sugli allori
quando si tratta di sicurezza. La sfida maggiore per il 2009 consiste
nell´assicurare che la sicurezza dei prodotti non passi in secondo piano in
questo periodo di crisi finanziaria, che le imprese continuino a far fronte ai loro obblighi nei
confronti dei consumatori e che gli Stati membri mettano a disposizione risorse
sufficienti per l´attuazione della normativa. La sicurezza non è un lusso.
Questa relazione indica chiaramente le grandi sfide che dovremmo affrontare e
invia un chiaro segnale sul fatto che non vi è spazio per riduzioni dei
costi né vi sono scorciatoie quando è in ballo la sicurezza. Al contrario, in
un periodo di crisi economica, quando il prezzo
diventa un fattore di primo piano per i consumatori, dobbiamo intensificare gli
sforzi e mantenere particolarmente elevato il nostro livello di
vigilanza". . <<BACK
(
da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari
data: 21/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano/1 Unicredit, successo per il bond
da un miliardo (g.fer.) Ordini per oltre 1,6 miliardi di euro, provenienti
anche da investitori tedeschi, inglesi e francesi. È stato un successo il bond
triennale da un miliardo di euro emesso da Unicredit. Si tratta della
seconda operazione di questo tipo portata a termine quest'anno (a inizio
gennaio era stata lanciata un'altra emissione, sempre da un miliardo ma con
durata quinquennale). Nonostante la buona notizia, però, il titolo Unicredit
ieri ha seguito il trend negativo del comparto bancario. Chiudendo con un
prezzo di riferimento di 1,74 euro, in calo del 5,07% rispetto a venerdì
scorso. Alessandro Profumo ad di Unicredit
(
da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari
data: 21/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano/2 Tod's positiva sul 2009 e tiene
il titolo (g.fer.) Il gruppo Tod's «ha retto bene» nel 2008 e sono buoni anche
i primi mesi del 2009. Lo ha detto ieri agli azionisti Diego Della Valle,
presidente e amministratore delegato del gruppo marchigiano, che grazie a un
utile in crescita (70,3 milioni di euro) distribuirà lo stesso dividendo
dell'anno precedente, vale a dire 1,25 euro per azione. «La parte peggiore
della crisi è passata», ha detto Della Valle; e tra qualche mese «il mercato
guarderà in positivo». Affermazioni che anche il mercato ha apprezzato: il
titolo Tod's a Piazza Affari ha tenuto, cedendo l'1,91%, molto meno degli
indici. Diego Della Valle presidente e ad Tod's
(
da "Reuters Italia"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Di Erik
Kirschbaum BERLINO (Reuters) - Non c'è voluto molto perchè la crisi finanziaria globale colpisse anche
il mestiere più antico del mondo, in Germania. In uno dei pochi paesi dove la
prostituzione è legale e inconsuetamente trasparente, l'industria ha risposto
con un pacchetto economico anticrisi per risollevare un mercato anemico: nuovi oggetti da vendere,
ribassi nei prezzi ed alcune trovate particolari per incrementare una domanda
in declino. Alcuni club hanno tagliato i prezzi o sperimentato
promozioni mentre altri hanno introdotto una tariffa per il tutto compreso.
Navette gratuite per andare e venire dai club, sconti per gli habituè e per i
tassisti e ticket giornalieri sono solo alcune delle strategie commerciali
adottate per permettere al business di andare avanti. "I tempi sono duri
anche per noi", ha detto Karin Ahrens, direttrice del "Yes, Sir"
club di Hannover. La Ahrens ha dichiarato a Reuters che le entrate hanno avuto
un calo del 30% nel suo club, mentre il giro d'affari, in altri night, è
crollato anche del 50%. "Stiamo decisamente accusando la crisi. I clienti sono molto più parchi con i loro soldi,
sono spaventati. Non si possono più far pagare gli extra e ci sono pressioni
per avere sconti. Tutti vogliono risparmiare. In questi giorni sono essenziali
le promozioni". La Germania conta circa 400 mila prostitute professioniste.
Le stime ufficiali non fanno distinzioni in base al sesso e non si conosce il
numero a cui ammonta la prostituzione maschile, ma si sa che è una piccola
frazione del business globale. Legalmente, gli uomini che si prostituiscono
sono considerati al pari delle donne. Nel 2002, una nuova legislazione ha
consentito alle prostitute di farsi pubblicità e di firmare formali contratti
di lavoro. Questo ha consentito loro di ottenere l'assicurazione sanitaria, in
precedenza negata. Le entrate annuali ammontano a circa 14 miliardi di euro,
stando a una stima del sindacato dei servizi Verdi. La tassazione sulla
prostituzione è un importante fonte di guadagno per alcune città. Prostituzione
che, oltre che in Germania, è legale e regolamentata anche in Olanda, Austria,
Svizzera, Ungheria, Grecia, Turchia, in alcune parti dell'Australia e nello
stato americano del Nevada. Continua...
(
da "DGMag.it"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pubblicato
il 08/04/09 alle 07:05 Lei è l'autrice, nonchè direttrice e fondatrice, di uno
dei blog più influenti d'America, www.huffingtonpost.com; si tratta proprio di
Arianna Huffington, che è stata intervistata da Vittorio Zincone per il
Corriere della Sera Magazine, in edicola giovedì 9 aprile, e nell'intervista ha
parlato della crisi dei media tradizionali. "I
necrologi per la carta stampata sono prematuri", dice Arianna Huffington,
commentando il necrologio fatto dal Financial Times sull'industria giornalistica.
Secondo la giornalista infatti "fino a quando la generazione che è
cresciuta prima dell'era di Internet non si sarà estinta, ci sarà un mercato
per i quotidiani stampati. È qualcosa nel nostro Dna collettivo". La
Huffington fa un pronostico sul futuro dei media: "il futuro è ibrido: i
vecchi editori e lettori abbracceranno i newmedia (la trasparenza,
l'interattività e l'immediatezza) e i newmedia adotteranno le pratiche migliori
dei vecchi media: onestà e accuratezza". Non a caso risale alla fine del
mese scorso la notizia per cui proprio l'Huffington Post ha deciso di creare
una nuova sezione di reporter investigativi e dunque di assumere 10 giornalisti
che coordineranno il lavoro dei reporter investigativi freelance che saranno chiamati ad indagare sulle ragioni ed i segreti della crisi finanziaria ed economica che ha
investito gli Stati Uniti. Alla domanda di Zincone sui finanziamenti dei
governi ai quotidiani in difficoltà la Huffington risponde che in America non
c'è questa prospettiva ma "chiunque riconosca l'importanza fondamentale
del giornalismo nella nostra democrazia cerca di preservare questo ruolo".
Commenta
(
da "EUROPA ON-LINE"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Articolo
Sei in Commenti 21 aprile 2009 Come sarà il capitalismo dopo la crisi? Una
delle domande più frequenti che si sentono a tutti i livelli riguarda la durata
della crisi economica che stiamo vivendo. Assai più raro è il chiedersi come ne
usciremo. Non solo nel senso delle politiche necessarie per superarla, quanto
delle caratteristiche che avrà la società dopo i colpi che hanno ricevuto i
principi economici che dominavano il mondo occidentale. Forse è una questione
che non ci si pone perché troppo complessa e di difficile soluzione. Tuttavia
qualche segnale qua e là emerge. Tra i più significativi ci sono un paio di
articoli (uno sul Corriere della Sera ed uno sul Financial Times) di Mario
Monti che sottolinea come il problema distributivo, tanto sul piano
internazionale, quanto su quello interno, sia uno dei maggiori che dobbiamo
affrontare. Monti vede in particolare i pericoli di
sommovimenti sociali ed il ritorno al protezionismo come modo per contenerli, ma si potrebbe aggiungere che la
stessa ripresa dipende in qualche misura da una miglior distribuzione di quanto
si produce. Non sembra, infatti, possibile che i consumi continuino a crescere
ed a sostenere la domanda con ricorso all'indebitamento come è avvenuto,
soprattutto negli Usa, ma non solo, negli ultimi anni. L'America, del resto, è
forse il paese dove gli squilibri hanno toccato le punte più elevate. Lo 0,1
per cento dei contribuenti nel 1979 aveva guadagnato 20 volte il reddito del 90
per cento dei cittadini meno ricchi: nel 2006 il reddito del rammentato 0,1 per
cento era arrivato ad essere 77 volte quello della ricordata stramaggioranza.
Si è, quindi, diffusa l'opinione, come scriveva The Economist che «vi sia una
crescente diseguaglianza e un sentimento che gli avidi ricchi abbiano sottratto
alla gente normale che lavora, la giusta fetta della torta che gli spettava».
Meraviglia leggere che per quasi la metà degli americani la parola socialismo
(usata dai conservatori per attaccare Obama), non ha più una connotazione
negativa. Per l'Italia non disponiamo di statistiche precise, ma l'indice di
Gini che misura la diseguaglianza era nel 2005 maggiore che nel resto dei paesi
europei, salvo Grecia, Portogallo e alcuni ex-comunisti. Le manifestazioni di
Londra ed i sequestri di dirigenti in Francia e Belgio indicano che anche in
Europa c'è disagio per le crescenti diseguaglianze. In Italia la tragedia
abruzzese è al centro dell'attenzione e la crescente disoccupazione è passata
in secondo piano, ma potrebbe riemergere. La questione è molto più generale ed
è in misura non trascurabile legata alla globalizzazione. I salari delle
professioni tradizionali nei paesi industrializzati non possono crescere perché
sono oggetto di una fortissima concorrenza da parte dei nuovi attori. Sono
aumentati i compensi di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, godono di
una posizione monopolistica. Nell'ambito finanziario molto spesso il monopolio
era ottenuto con innovazioni talmente particolari e sottili che si sono
rivelate dei castelli di carta. Difficilmente in futuro si potranno considerare
normali rendimenti del capitale del 20-25 per cento quando un'economia cresce a
saggi molto, molto inferiori. Tornare al protezionismo
significherebbe in pratica dare fiato a mille altri piccoli monopoli che, come
l'esperienza degli anni 30 ha mostrato, porterebbero la crescita verso lo zero.
Il capitalismo, quindi, deve trovare nuovi equilibri per evitare tensioni
sociali che potrebbero travolgerlo e tornare a svilupparsi in termini reali.
Possiamo tutti invocare una nuova moralità, ma l'esperienza insegna la vanità
delle prediche inutili. Lo strumento fiscale resta il mezzo più idoneo. Sarà un
caso, ma quando le imposte progressive riducevano notevolmente i più alti
guadagni non reinvestiti le differenze tra i primi e gli ultimi almeno nelle
imprese erano meno accentuate. La battaglia ai "paradisi fiscali" è
un primo passo per eliminare preoccupanti evasioni, ma se non si trovano i modi
per armonizzare le imposte sulle imprese a livello internazionale, il capitale
mobile per natura rischia di correre dove paga meno. Tremonti, prima di
dedicarsi alla politica, faceva ed in quello era veramente bravo il fiscalista:
se invece di menare continuamente il can per l'aia parlando di etica (nel
governo Berlusconi!) si dedicasse a ridurre l'evasione fiscale, a rivedere le
aliquote e sensibilizzare i suoi colleghi del G20 su questi problemi,
diventerebbe finalmente un conservatore degno di rispetto. Franco A. Grassini
(
da "EUROPA ON-LINE"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
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Sei in Pagine Dem 21 aprile 2009 Quel treno per l'Europa, scuola di storia e
identità Da domani la cinque giorni del "viaggio di formazione" dei
dem Venerdì a Berlino si materializzerà Walter Veltroni, con una lezione sulla
capitale tedesca, città simbolo dell'Europa e del mondo che cambia. A Parigi
invece, già dopodomani, l'incontro con due mostri sacri del socialismo
d'Oltralpe, Jacques Delors e Michel Rocard. E poi nella Praga di Kafka lo
scrittore ebreo Arnost Lustig, monumento vivente alla cultura ceca... È un
programma vasto e fitto di appuntamenti, visite, ma soprattutto lezioni e
incontri con testimoni e personalità del mondo della cultura, dell'economia,
della scienza, dell'arte, della politica europea, quello del Treno per l'Europa
per i quattrocento giovani del Pd e non che parte domani da Torino: una scuola
di formazione viaggiante «alla scoperta di culture unite da secoli nel segno
della civiltà e della democrazia». Culture costrette a elaborare anche secoli
di guerre e di lutti che hanno insanguinato, più che in ogni altro angolo del
mondo e con milioni e milioni di morti, la storia del vecchio continente. Dalla
stazione di Torino, là da dove partirono tante di quelle "tradotte"
che nella Grande Guerra del 1915- 1918 portarono migliaia di ragazzi italiani
al fronte per combattere contro tanti altri giovani europei, inizia domani un
viaggio di studio e riflessione sulle radici e sulle comuni identità dei popoli
europei che farà perno su cinque poli. Torino, città-laboratorio dello stato moderno;
Parigi, capitale della rivoluzione francese, del socialismo repubblicano, del
cattolicesimo sociale e centro di irradiamento delle idee illuministe; Berlino,
capitale della Germania riunificata, teatro storico delle battaglie per
l'emancipazione dei lavoratori, luogo di riferimento dell'idealismo tedesco di
Hegel e della sua cultura di governo; Praga, capitale dell'Est, luogo simbolico
della lotta contro l'oppressione sovietica in nome della libertà e
dell'autodeterminazione dei popoli; infine Venezia, porta sull'oriente,
metafora aperta sull'aspirazione universale dell'ideale europeo: e qui, nella
città lagunare, insieme alle conclusioni del segretario Dario Franceschini, si
terranno le due ultime lezioni del tour, affidate ai professori Massimo Cacciari
("Radici e destini d'Europa") e Aldo Schiavone, ("L'Europa e la
misura del Mondo"). Il complesso progetto di corso itinerante avrà
un'apertura italiana: e dopo quella di Fassino i primi corsi a bordo
riguarderanno l'Europa sociale, culturale, geopolitica. All'Odeon di Parigi,
giovedì, le lezioni di Bertrand Delanoë, di Olivier Py, dell'economista Delors
e dell'ex leader socialista Michel Rocard, recentemente nominato da Sarkozy
ambasciatore di Francia. Di famiglie politiche europee parlerà Gilles Finchelstein,
direttore della Fondazione Jean-Jaurès. Poi da Parigi il treno dirigerà su
Berlino, per gli incontri e le lezioni su crisi finanziaria, lavoro,
globalizzazione e sulle istituzioni europee: in cattedra Markus Schreyer,
Stefanie Brincker, Frank Werneke, Ingo Schulze, Olaf Schwenke, Gert
Weisskirchen. A Praga, tra gli altri, l'incontro con Lustig che parlerà della
civiltà europea dopo l'olocausto. Classe 1926, internato a
Therensienstadt, Auschwitz e Buchenwald, lo scrittore ceco ebreo riuscì a
salvarsi nel 1945: fuggendo dal treno che lo portava a Dachau, approfittando di
un bombardamento alleato della ferrovia. Francesco Lo Sardo
(
da "EUROPA ON-LINE"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
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Sei in Cultura 21 aprile 2009 Deserti d'acqua Pirati, profughi alla deriva e crisi del commercio: quale destino per il mare? Cargo
semivuoti, alla fonda in porti che non movimentano nessuna merce. Profughi alla
deriva su barconi arrugginiti. Predoni senza scrupoli. Bisognerebbe capire
quando è stato che il mare ha iniziato a diventare deserto. Da placenta
geografica a luogo sterile, pieno di pericolosi detriti. Certo, non siamo
ancora alle visioni apocalittiche di Matthew Phipps Shiel. Alla placida distesa
di cadaveri prodotti dalla sua nube purpurea (1901) originata da un'eruzione
vulcanica nei mari del Sud. Non dobbiamo ancora passare in rassegna tutti i
tipi di imbarcazione, ridotti a cimiteri galleggianti, come fa il protagonista
della spedizione al Polo nord che si troverà suo malgrado a essere l'ultimo
uomo sulla terra. Ma certo è, che da origine della vita per antonomasia, da
luogo di traffici e di commerci, da fonte di civiltà e di diritto, il mare il
solito 70 per cento che ricopre la superficie terrestre sembra essere ridotto a
discarica della storia. Buono per l'umanità a perdere della Pilar, il
mercantile turco che ha imbarcato i centoquaranta migranti in balia delle acque
nel canale di Sicilia. Da mare a deserto. Bisognerebbe capire come è successo. La crisi finanziaria, certo ha le sue responsabilità. Crisi finanziaria che si è tradotta in crisi dei commerci, certificata da indicatori come il Baltic Dry Index
al minimo da ventidue anni, o dalla malinconia che si respira in luoghi
normalmente schizofrenici come Amburgo o Shanghai. A leggere un classico
recente come Terrore dal mare di William Langewiesche (Adelphi, 2005), la crisi però non è sufficiente a spiegare la mutazione. Anzi,
negli anni d'oro della recente globalizzazione, gli oceani erano già un'immane
distesa anarchica, dove carrette pronte alla demolizione affrontavano tempeste
nel golfo di Biscaglia, o traghetti di linea colavano a picco nel Baltico per
difetto di fabbricazione. La crisi semmai ha soltanto
privato di uno scopo positivo il destino di decine di migliaia di imbarcazioni.
Chissà che fine faranno i nuovi marinai, soli e sfruttati, "i lavoratori
globali a salario variabile" indagati in Fabbriche galleggianti dal
sociologo Devi Sacchetto (Jaca Book). La nazione di circa un milione e
duecentomila marittimi, di cui 750 mila costantemente a bordo, che movimentava punte
di mezzo milione di container l'anno. Diventeranno scorie anch'essi? Detriti
alla deriva? La politica riuscirà a governarne il destino? Difficile, ma non
impossibile. Da sempre, per sua natura, il mare porta agli estremi limiti la
sua capacità di legiferare. E oggi che è alle prese con l'immigrazione e
l'emergenza terrorismo, la politica ha già i suoi problemi con la terraferma. È
proprio il fallimento di costruzione di uno stato, come molti osservatori hanno
rilevato, che è all'origine dei cosiddetti pirati somali. Che poi pirati non
sono. Anzi, per dirla con il docente di diritto della navigazione Nicolò
Carnimeo (Nei mari dei pirati, Longanesi) si tratta di persone «che con il mare
hanno poco a che fare». È gente di terra, che attacca gente che si sposta per
mare: «Manipolo di pastori o mercenari al soldo dei locali signori della
guerra. Abitano case di paglia e fango, bevono latte di cammella, ma i loro
capi sanno adoperare internet e i sistemi satellitari di rilevamento, sono in
grado di compiere transazioni bancarie e hanno contatti internazionali da
Nairobi a Dubai che consentono di riciclare il denaro degli abbordaggi ».
Predoni, più che pirati. Da combattere sulla terraferma, come hanno suggerito
gli strateghi della Us Navy. Anche per colpire le fonti del terrorismo nel
Corno d'Africa. E a proposito di morte che viene dal mare, era stato proprio
Langewiesche a preconizzare un attacco letale e a prova di regolamenti e
procedure contro le banchine di New York, di Londra o di Genova. La memoria torna
alle vibrate proteste che accolsero il tentativo poi rientrato di fondi di
Dubai di scalare i porti di New York. Una preoccupazione esagerata, se si
considera come riporta Small boats, weak states, dirty money: piracy and
maritime terrorism in the modern world di Martin Murphy che negli ultimi trenta
anni solo il due per cento di tutti gli incidenti terroristici ha avuto il mare
come scenario. L'accademico al King's College e think tanker di studi
strategici a Washington prova a smontare anche l'equazione pirati-terroristi.
Tanto più che «i due problemi dal punto di vista legale sono separati» perché
la Law of Sea «distingue tra atti commessi per finalità private e atti commessi
per scopi pubblici ». Su un fatto concorda Martin Murphy: oltre che per ragioni
geografiche si pensi alle 50 mila miglia di costa difficilmente controllabili
dell'Indonesia la pirateria prolifera dove l'autorità politica è debole.
Insomma, come in una fatale risacca, eccoci tornati al punto. Riuscirà la
politica a far tornare fertile il mare? Chissà, magari nel grande rito
propiziatorio del prossimo G8 della Maddalena quando, per motivi di sicurezza,
i grandi della terra saranno ospitati proprio su navi da crociera. Nell'attesa,
il mare è un deserto. Bisognerebbe capire se il fenomeno è reversibile, se
siamo di fronte a un tipico ciclo della storia, o alla mutazione di un
paesaggio con cui dovremmo a lungo fare i conti. Come l'isola di detriti e
spazzatura di circa 2500 km di diametro, battezzata Pacific Trash Vortex, al
largo della California. Stefano Baldolini
(
da "Lavoce.info"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
>IL
NUOVO FMI PARTE DALLE FONDAMENTA GIURIDICHE di Claudio Dordi 21.04.2009 Per
essere credibile e sostenibile, un nuovo Fondo monetario internazionale ha
bisogno di riforme radicali che conducano alla creazione di una istituzione
basata su una chiara definizione delle sue competenze, caratterizzata da
procedure decisionali trasparenti e moderne, da un sistema di soluzione delle
controversie efficiente e imparziale e da una revisione del suo ruolo
nell'ambito della comunità internazionale e dei suoi rapporti con l'Onu e le
altre organizzazioni internazionali. E, soprattutto, forte del pieno sostegno
degli Stati membri. La rivitalizzazione del Fondo monetario internazionale non
può basarsi solo sullincremento (nominale)
delle risorse promesso dal G20. Per evitare che il ruolo e lesistenza del Fondo siano rimessi in discussione al
termine della crisi economica, sono necessarie
profonde riforme in grado di ristabilire la sua credibilità. La struttura di
governo, le regole di funzionamento dellorganizzazione
e le
procedure che disciplinano gli aiuti finanziari
destano numerose perplessità, soprattutto nella comunità dei giuristi. LO
STATUTO Lo statuto del Fondo, seppur modificato più volte, ricalca
fondamentalmente il testo stipulato nel 1944 alla conferenza di Bretton Woods.
Dopo il tracollo del sistema dei cambi fissi, il Fondo non è mai stato dotato
di nuovi strumenti di controllo delle fluttuazioni delle valute e non si è
adeguato ai radicali cambiamenti dei mercati finanziari
e valutari. L'Fmi funziona alla stregua di una società per azioni. Il sistema
decisionale è basato sul voto ponderato, con alcuni criteri di correzione: ogni
Stato membro ha a disposizione una base di voti più un voto per ogni quota
detenuta del capitale sociale. Tuttavia, a differenza delle società per azioni,
le decisioni più importanti sono prese da un Consiglio di 24 direttori
esecutivi nominati dagli Stati membri. Solo otto Stati hanno una quota di
capitale sufficiente per eleggere il loro direttore esecutivo: sono Stati
Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Giappone, Russia, Cina e Arabia Saudita.
Gli altri devono allearsi in constituencies:
lItalia, per esempio, è a capo di una constituency Albania, Grecia,
Portogallo, Malta, San Marino e Timor Est. Due i problemi principali che ne derivano: le
quote non riflettono leffettiva rilevanza degli
Stati dal punto di vista monetario e finanziario e
vari Stati dellUem partecipano a diverse
constituency, rendendo difficile il coordinamento fra i diversi membri di
Eurolandia. Dalla sua istituzione, in base a un gentlemens agreement, il Managing Director del Fondo è sempre
stato un cittadino europeo, mentre il presidente della Banca Mondiale è sempre
stato uno statunitense. Inoltre, la selezione dei funzionari del Fondo, che hanno
un ruolo fondamentale nel negoziato con gli Stati per la concessione degli
aiuti, non è basata su concorsi pubblici, ma è assimilabile alle assunzioni
presso imprese private. CONDIZIONALITÀ QUANTITATIVA E STRUTTURALE Dalla fine
degli anni Settanta allinizio della crisi finanziaria, il Fondo si è prevalentemente dedicato al
sostegno finanziario dei mercati
emergenti e paesi in via di sviluppo. (1) Il sostegno finanziario
è subordinato alladozione, da parte dei
paesi beneficiari, di programmi di riforma, la cosiddetta
condizionalità. Ma dai primi anni Ottanta vi è stato un sostanziale mutamento:
oltre a una condizionalità di natura quantitativa
- gli impegni a perseguire un obiettivo quantitativo, come deficit di bilancio
o rapporto tra deficit e Pil, lasciando però libero lo Stato di adottare gli
strumenti preferiti per ottenerlo - è stata introdotta, e ha acquisito sempre
più rilevanza, la condizionalità strutturale,
ovvero impegni riguardanti anche il contenuto delle riforme, dal contenimento
della spesa pubblica in determinati settori alle riforme della legislazione finanziaria e commerciale, e così via. Tale politica ha
sollevato numerose critiche perché implica una disparità di trattamento fra
paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati (o meglio, fra donatori e beneficiari); perché,
oltre a incidere notevolmente sulla sovranità del beneficiario, le condizioni
non hanno, talvolta, condotto ai risultati sperati; e perché le condizioni non
sono sottoposte ad alcun controllo da parte del diritto internazionale:
formalmente si tratta di un impegno unilaterale del beneficiario. LA LETTERA DI
INTENTI Dal punto di vista giuridico il sostegno finanziario
del Fondo si configura come una decisione dellorganizzazione
e non come un accordo internazionale. Latto costitutivo del Fondo precisa
che gli Stati membri hanno il diritto di accedere alle risorse dellorganizzazione, a determinate condizioni. E il Fondo
decide di erogare laiuto se considera soddisfacenti quelle presentate
dallo Stato. Le condizioni hanno una funzione di garanzia: consentire all'Fmi di
rientrare in possesso delle somme erogate. Formalmente, pertanto, le politiche
di condizionalità sono un autonomo impegno volontario dello Stato beneficiario
e infatti sono contenute in una lettera di intenti redatta e sottoscritta dal governo. Irrilevanti sono,
ai fini giuridici, i negoziati intrapresi fra il Fondo e il beneficiario sul
contenuto della lettera di intenti. Quali sono le conseguenze? La
condizionalità si configura come un impegno dello Stato beneficiario e
non come unimposizione dellorganizzazione.
L'opinione pubblica nazionale può quindi essere tenuta all'oscuro dei risultati
del negoziato, anche se negli ultimi anni gli Stati hanno dato il consenso alla
pubblicazione della lettera di intenti. E si attenua il ruolo del
Parlamento nazionale del paese beneficiario: se non si tratta di un accordo,
non deve autorizzare la conclusione o ratifica dellaccordo, come invece accade normalmente in questi casi
nelle Costituzioni nazionali. Né generalmente, il Parlamento sottopone a esame lintero pacchetto di condizioni sottoscritte
dallesecutivo, con conseguente esclusione di qualsiasi discussione
relativa agli effetti sociali delle riforme. Infine, il beneficiario è
deresponsabilizzato: in caso di mancato soddisfacimento delle
condizioni, lunico rischio è il blocco
di ulteriori erogazioni del sostegno finanziario da
parte del Fondo, invece della violazione di un accordo. A CHI (NON) RISPONDE IL
FONDO Il Fondo non è accountable, in sostanza, nei confronti di nessuno. Il
Fondo non è obbligato a seguire rigidamente le decisioni dellOnu. Pur trattandosi di unistituzione
specializzata delle Nazioni Unite, è unorganizzazione indipendente dotata
di personalità giuridica internazionale. Il suo rapporto con lOnu è regolato da un accordo di
collegamento che lo invita semplicemente a tener debito conto delle
risoluzioni dellOnu. Il rischio è di promuovere il sostegno finanziario di un paese che è colpito da embargo Onu, come
ad esempio il Sud Africa negli anni Settanta. Il Fondo non ha alcun strumento
di natura giuridica che lo obblighi a rifiutare il sostegno a governi
antidemocratici o che non rispettano le normative internazionali in materia di
protezione dei diritti umani. Non è dotato di alcun sistema di soluzione delle
controversie che possa essere attivato, per esempio, dal beneficiario di un
aiuto che ritenga di aver ricevuto un pregiudizio dalla condotta dei funzionari
del Fondo contraria allo statuto. Qualsiasi controversia interpretativa è
risolta dal medesimo organo politico-tecnico, il Consiglio dei direttori
esecutivi, che decide in merito alla erogazione degli aiuti: in altre parole, imputato e giudice sono il medesimo
soggetto. Solo recentemente è stato istituito un sistema indipendente di
revisione delle attività del Fondo, il cui rapporto finale, tuttavia, non può
avere alcuna conseguenza diretta nei confronti dei responsabili di atti
pregiudizievoli per lo Stato beneficiario. Attribuire al Fondo il potere di
emanare disposizioni vincolanti per il controllo dei mercati
finanziari comporterà che gli Stati membri rinuncino a parte della loro
sovranità in materia. In caso contrario, il controllo rimarrebbe solo sulla
carta e senza efficaci strumenti dissuasivi e punitivi. In più gli Stati
dovranno collaborare fattivamente attuando concretamente le decisioni del Fondo
nel proprio ordinamento giuridico. Lesempio
è quello dei tribunali penali internazionali: senza la collaborazione degli
Stati dove si trovano coloro che sono accusati di crimini, nessuno ha il diritto e
la forza di prelevare (legittimamente) il reo per condurlo nella sede del
tribunale. SOLDI VERI O PROMESSE VAGHE? Non va, infine, sopravvalutata lentità delle somme che i partecipanti del G20 hanno
dichiarato di voler mettere a disposizione del Fondo. In primo luogo, qualsiasi
promessa dei rappresentanti dellesecutivo degli
Stati partecipanti deve essere approvata individualmente dai vari organi
legislativi. E si ricordi la difficoltà, al Congresso Ua, nellapprovare
lo Stimulus
Act. In secondo luogo, e tenendo sempre conto il ruolo dei Parlamenti
nazionali, solo i 250 miliardi di dollari di contributo diretto degli Stati
sono, utilizzando le parole del presidente di Confindustria, soldi veri. Infatti, limpegno di contribuire per 500
miliardi di dollari è limitato a una sorta di sottoscrizione
di capitale ai cosiddetti new arrangements to borrow che i membri
del G20 hanno promesso per il futuro e che, soprattutto, non rappresentano una
iniezione immediata di liquidità, ma semplicemente un impegno da parte degli Stati a
mettere a disposizione del Fondo, in caso di necessità, le somme promesse, una
sorta di apertura di credito. Infine, 250 miliardi riguardano lallocazione di nuovi diritti speciali di prelievo
(Dsp), una
moneta nominale che serve ai paesi membri per incrementare le loro riserve
ufficiali. La decisione, sicuramente importante, non comporta alcun esborso
monetario e deve essere approvata dagli organi del Fondo. (2) Un nuovo Fondo
monetario internazionale, per essere credibile e sostenibile, ha bisogno di
riforme radicali che conducano alla creazione di una nuova istituzione basata
su una chiara definizione delle sue competenze, caratterizzata da procedure
decisionali trasparenti e moderne, da un sistema di soluzione delle
controversie efficiente e imparziale e da una revisione del suo ruolo nellambito della comunità internazionale e dei suoi
rapporti con lOnu e le altre organizzazioni internazionali. E,
soprattutto, forte del pieno sostegno degli Stati membri. (1)Fino al
2007, Italia e Regno Unito erano stati gli ultimi paesi sviluppati a ricevere laiuto del Fondo, nel 1977. (2)Una proposta di
allocazione di Dsp risalente al 1997 non è stata ancora attuata a causa della
mancata, a oggi, approvazione degli Stati Uniti.
(
da "Finanza.com"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
A
Trieste inizia un esame che durerà dodici mesi (20 Aprile 2009 - 08:10) MILANO
(Finanza.com) - Da Il Corriere della Sera: Lassemblea
delle Assicurazioni Generali di venerdì prossimo, 24 aprile, a Trieste segnerà
per la compagnia del Leone linizio di un anno delicato e strategico, che si
concluderà con lapprovazione del bilancio
2009, termine del mandato degli attuali amministratori. Senza voler legare il
futuro della società a quanto accadrà in questi dodici mesi è indubbio che
mercato, azionisti e investitori si attendono in questanno
dalla compagnia del Leone segnali importanti su come uscire dalla crisi finanziaria in atto, che ha coinvolto pesantemente
anche il mondo delle polizze. Dimenticate le polemiche sulla governance, oggi
la compagnia di Trieste è concentrata sullattività
industriale. (Riproduzione riservata)
(
da "KataWeb News"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 123 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non
c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di
demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno
di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di
progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi
Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato
anche la Spagna in una crisi profonda: crescita
dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che
riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato
gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente
nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè
prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità
di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima
mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo
milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46
milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha
cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre
prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del
termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per
facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di
interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000
euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero»,
un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie
l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo
legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha
protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone
che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in
poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice
star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che
furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri
socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha
incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei,
fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una
gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa
cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a
quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono
cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del
ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon,
contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti
i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa.
Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi
tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!
(
da "Rai News 24"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Washington
| 21 aprile 2009 Fmi : la crisi costerà 4mila miliardi
di dollari. Giù i mercati Mercati preoccupati Il Fondo Monetario Internazionale
(Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi
finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global
Financial Stability Report - "potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di
dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche". Del totale fanno
parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e non solo in
quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite e' stata
portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi
di ottobre. A causa della crisi
finanziaria, il debito pubblico italiano salira' nel
2010 al 121% con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008.
"Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo
stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie
avanzate che in quelle emergenti". "Il processo di
deleveraging - aggiunge - sara' lento e doloroso nonostante le misure
prese". Misure decise servono anche perche' c'e' il rischio, se non si
puliscono i bilanci delle banche e si ricapitalizzano in caso di necessita',
che "i problemi degli istituti di credito continuino a esercitare una
pressione al ribasso sull'attivita' economica". Proprio il pil mondiale, a
causa della crisi, si contrarra' quest'anno ai minimi
"degli ultimi quattro decenni". "Nonostante l'ampia varieta' di
interventi messi in atto e il limitato miglioramento del funzionamento del
mercato che hanno in qualche modo determinato i rischi sistemici - spiega l'Fmi
- restano elevati e la spirale negativa fra sistema finanziario ed economia
reale non e' stata ancora spezzata". Per questo, secondo gli esperti di
Washington, sono necessarie "'ulteriori azioni dei Governi, in particolare
quelle dirette a pulire i bilanci delle banche che sono decisive al fine di
stabilizzare il sistema finanziario e gettare le fondamenta per una ripresa
economica sostenibile". "Data la portata globale della crisi, gli effetti delle politiche nazionali possono essere
rafforzati se le azioni sono coordinate: coordinamento e collaborazione
potrebbero essere costruite sulla base del momento positivo venutosi a creare
nel recente G20", spiega l'Fmi osservando che il coordinamento risulta
essere particolarmente importante per evitare che avversi le azioni prese da un
singolo paese possano avere effetti internazionali "avversi".
"Il coordinamento cross-border - aggiunge - che si traduce in un approccio
piu' logico dei problemi del sistema bancario e' probabilmente in grado di
ricostituire fiducia ed evitare distorsioni concorrenziali". "Le
risposta politica globale alla crisi, inclusa quella
del Fondo Monetario Internazionale attraverso il rafforzamento delle sua
capacita' prestito, dovrebbero mitigare il pericolo dell'aggravarsi della crisi". Bisogna spezzare la spirale al ribasso "La
sfida principale" della crisi in atto e' quella
"di spezzare la spirale al ribasso fra il sistema finanziario e l'economia
globale". Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale che, pur
constatando "le iniziative senza precedenti prese nei paesi avanzati nello
spezzare" il circolo vizioso venutosi a creare, invita a "ulteriori
azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze che stanno minando
le prospettive di una ripresa economica". Un invito che arriva con
un'avvertenza: "C'e' il rischio che i Governi siano riluttanti ad allocare
abbastanza risorse per risolvere il problema", visto che l'opinione
pubblica sta assumendo un atteggiamento "disilluso su quello che
percepisce, in alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti".
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Fmi, rivisto al rialzo costo crisi
"Svalutazioni per 4.000 miliardi $" WASHINGTON - Il Fondo Monetario
Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi
finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 -
afferma nel Global Financial Stability Report - "potrebbero raggiungere i
4.000
miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche". Del
totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e
non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite è
stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400
miliardi di ottobre. "Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi -
resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che
riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle
emergenti". "Il processo di deleveraging - aggiunge - sarà lento e
doloroso nonostante le misure prese". 21/04/2009 - 15:15
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
FMI: CRISI FINANZA COSTERA' OLTRE 4.000 MILIARDI DOLLARI (AGI) - Roma,
21 apr. - La crisi finanziaria globale arrivera' a costare oltre 4.000 miliardi di dollari
nelle sole economie avanzate. Il calcolo e' del Fondo monetario internazionale
secondo cui gli istituti di credito europei e statunitensi avranno bisogno di
ulteriori iniezioni di capitali per 1.700 miliardi di dollari se
vorranno riportare i livelli di 'leverage' dove erano a meta' anni Novanta. Il
Rapporto sulla stabilita' finanziaria globale messo a punto
dai tecnici di Washington non ha dubbi: "Il 'credit crunch' globale e'
profondo e' destinato a durare". Secondo l'Fmi, i finanziamenti al settore
privato negli Stati Uniti e in Europa "si dovrebbero contrarre a un tasso
annualizzato trimestre su trimestre pari al 4%" nel 2009. E la risalita
sara' "lenta e dolorosa". Particolarmente preoccupante la situazione
nei mercati emergenti dove il contagio si sta rapidamente allargando. Enormi i
costi della crisi. Tra Stati Uniti, Europa e Giappone
le banche potrebbero vedersi costrette a svalutazioni per 2.810 miliardi di
dollari (di cui 340 milioni per asset detenuti nei Paesi emergenti), le
assicurazioni per 301 miliardi, le altre istituzioni finanziarie non bancarie,
tra cui gli hedge funds, per 1.283 miliardi. Il conto della ricapitalizzazione
varia dagli 875 miliardi di dollari necessari per riportare il 'leverage' sui
livelli pre-crisi, fino ai 1.700 miliardi calcolati se
si vuole risalire fino a 15 anni fa, prima che l'attuale modello di sviluppo
finanziario, colpevole della 'bolla', prendesse piede. 21/04/2009 - 15:12
(
da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Piazza
Affari, nessuna schiarita all'orizzonte (Teleborsa) - Roma, 21 apr - La borsa
di Milano resta in apnea nel pomeriggio, a dispetto del timido tentativo di
Wall Street di ripianare le perdite. I mercati europei, gi di malumore da
questa mattina, avevano accentuato il calo nel primo pomeriggio, in scia al
nervosismo generato da alcune trimestrali di importanti societ americane. La
partenza in rosso di Wall Street aveva portato i Listini sui minimi, ma poi i
mercati USA hanno avviato una piccola rimonta. Intanto, notizie non confortanti
sono giunte dal Fondo Monetario Internazionale, che nell'ultimo
rapporto sulla crisi finanziaria ha lanciato un allarme sulle possibili perdite delle banche,
elevando la sua stima a ben 4.000 miliardi di dollari. L'euro continua a
recuperare terreno, attestandosi a 1,297 USD, forte anche del buon dato sullo
ZEW tedesco, pubblicato stamattina e risultato decisamente migliore del
previsto. L'indicatore del sentiment in Germania, ha registrato nel mese
di aprile, un miglioramento a +13 punti rispetto ai -3,5 del mese precedente. I
rinnovati timori sulla recessione tornano a penalizzare il greggio che, dopo un
temporaneo rimbalzo questa mattina, scende a 47,5 dollari al barile. A Milano
restano sotto pressione i titoli finanziari. L'indice Mibtel scende dell'1,47%,
mentre lo S&P/Mib in ribasso dell'1,84%. Gi il Midex che flette dell'1,69%
e l'All Stars dello 0,44%. Banche nella bufera con Mediobanca che flette di
oltre quattro punti, inseguita da Unicredit, Popolare Milano e Intesa Sanpaolo.
Limita i danni la MPS. Assicurazioni in sofferenza, inclusa Unipol che cede
oltre il 4%, dopo aver mostrato una maggiore resistenza ieri. Male anche
Generali, nonostante il Leone di Trieste abbia annunciato di aver ottenuto da
parte del Ministero dell'Economia degli Emirati Arabi Uniti la licenza per
l'esercizio dell'attivit assicurativa nel settore vita. In controtendenza si
muove invece Fondiaria-Sai. Affonda la CIR che si colloca proprio sul fondo del
paniere principale. Il titolo aveva fatto bene la vigilia, in scia ai conti
trimestrali della controllata Sorgenia. Fiat tira il freno a mano, confermando
un certo nervosismo, in vista di novit sul fronte dell'accordo con Chrysler.
Tiepidi gli oil, con Eni e Saipem che viaggiano vicino alla parit, mentre resta
pi in affanno Tenaris. Resta in passerella il lusso, con Bulgari che tenta di
recuperare una piccola parte delle perdite accusate ieri. Al centro
dell'attenzione restano comunque Luxottica e Safilo, sulle indiscrezioni di
stampa che parlano di un interesse della compagnia di Andrea Guerra. Salto in
alto con Geox, che avanza del 4,6%. Pirelli resta in denaro dopo la diffusione
dei conti del primo trimestre che sono risultati in linea con quanto previsto
dal piano industriale 2009-2011 presentato lo scorso 11 febbraio. Si sgonfia
Finmeccanica che ha annunciato la firma dell'accordo con Imperial College
Business School. Fa goal la Roma che viene sospesa al rialzo, nonostante
Compagnia Italpetroli abbia smentito per l'ennesima volta di voler cedere la
sua partecipazione. Resta brillante Stefanel dopo l'annuncio l'avvio di un
programma di espansione in Russia a partire dalla prossima stagione
autunno/inverno 2009-2010 al fianco di un nuovo partner Staff Service.
21/04/2009 - 16:06
(
da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Allarme
FMI, 4.000 miliardi di perdite per le banche (Teleborsa) - Roma, 21 apr -
Sarebbero arrivate a ben 4.000 miliardi le stime sulle perdite delle banche a
livello mondiale. E' questo l'allarme lanciato dal Fondo Monetario
Internazionale, che ha pubblicato oggi un aggiornamento
sulla crisi finanziaria e
sull'instabilit del sistema finanziario. La previsione delle svalutazioni
sofferte dalle banche USA era gi stata elevata a gennaio da 2.200 a 2.700 mld
di dollari, ma il FMI ha ulteriormente elevato questa stima a 4.000 mld di
dollari, dopo aver preso in considerazione altri elementi ed ulteriori
svalutazioni in mercati maturi, come l'Europa ed il Giappone. Il FMI ha
anche sottolineato che sono necessarie ed urgenti delle misure per rimuovere
gli ostacoli alla concessione del credito, ai flussi internazionali dei
capitali e per risanare i conti delle banche. Misure che non possono essere
prese a livello unitario, ma che richiedono una cooperazione internazionale,
come confermato dal recente G-20. Rischi di una pressione al ribasso
dell'attivit economica globale permarranno, senza una pulizia dei conti delle
banche dagli assets tossici, accompagnata da un processo di ristrutturazione e,
ove necessario, da una ricapitalizzazione. 21/04/2009 - 15:31
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Piazza
Affari, nessuna schiarita all'orizzonte (Teleborsa) - Roma, 21 apr - La borsa
di Milano resta in apnea nel pomeriggio, a dispetto del timido tentativo di
Wall Street di ripianare le perdite. I mercati europei, già di malumore da
questa mattina, avevano accentuato il calo nel primo pomeriggio, in scia al
nervosismo generato da alcune trimestrali di importanti società americane. La
partenza in rosso di Wall Street aveva portato i Listini sui minimi, ma poi i
mercati USA hanno avviato una piccola rimonta. Intanto, notizie non confortanti
sono giunte dal Fondo Monetario Internazionale, che nell'ultimo
rapporto sulla crisi finanziaria ha lanciato un allarme sulle possibili perdite delle banche,
elevando la sua stima a ben 4.000 miliardi di dollari. L'euro continua a
recuperare terreno, attestandosi a 1,297 USD, forte anche del buon dato sullo
ZEW tedesco, pubblicato stamattina e risultato decisamente migliore del
previsto. L'indicatore del sentiment in Germania, ha registrato nel mese
di aprile, un miglioramento a +13 punti rispetto ai -3,5 del mese precedente. I
rinnovati timori sulla recessione tornano a penalizzare il greggio che, dopo un
temporaneo rimbalzo questa mattina, scende a 47,5 dollari al barile. A Milano
restano sotto pressione i titoli finanziari. L'indice Mibtel scende dell'1,47%,
mentre lo S&P/Mib è in ribasso dell'1,84%. Giù il Midex che flette
dell'1,69% e l'All Stars dello 0,44%. Banche nella bufera con Mediobanca che
flette di oltre quattro punti, inseguita da Unicredit, Popolare Milano e Intesa
Sanpaolo. Limita i danni la MPS. Assicurazioni in sofferenza, inclusa Unipol
che cede oltre il 4%, dopo aver mostrato una maggiore resistenza ieri. Male
anche Generali, nonostante il Leone di Trieste abbia annunciato di aver
ottenuto da parte del Ministero dell'Economia degli Emirati Arabi Uniti la
licenza per l'esercizio dell'attività assicurativa nel settore vita. In controtendenza
si muove invece Fondiaria-Sai. Affonda la CIR che si colloca proprio sul fondo
del paniere principale. Il titolo aveva fatto bene la vigilia, in scia ai conti
trimestrali della controllata Sorgenia. Fiat tira il freno a mano, confermando
un certo nervosismo, in vista di novità sul fronte dell'accordo con Chrysler.
Tiepidi gli oil, con Eni e Saipem che viaggiano vicino alla parità, mentre
resta più in affanno Tenaris. Resta in passerella il lusso, con Bulgari che
tenta di recuperare una piccola parte delle perdite accusate ieri. Al centro
dell'attenzione restano comunque Luxottica e Safilo, sulle indiscrezioni di
stampa che parlano di un interesse della compagnia di Andrea Guerra. Salto in
alto con Geox, che avanza del 4,6%. Pirelli resta in denaro dopo la diffusione
dei conti del primo trimestre che sono risultati in linea con quanto previsto
dal piano industriale 2009-2011 presentato lo scorso 11 febbraio. Si sgonfia
Finmeccanica che ha annunciato la firma dell'accordo con Imperial College
Business School. Fa goal la Roma che viene sospesa al rialzo, nonostante
Compagnia Italpetroli abbia smentito per l'ennesima volta di voler cedere la
sua partecipazione. Resta brillante Stefanel dopo l'annuncio l'avvio di un
programma di espansione in Russia a partire dalla prossima stagione
autunno/inverno 2009-2010 al fianco di un nuovo partner Staff Service.
21/04/2009 - 16:06
(
da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Fmi, rivisto al rialzo costo crisi
"Svalutazioni per 4.000 miliardi $" WASHINGTON - Il Fondo Monetario
Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi
finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 -
afferma nel Global Financial Stability Report - "potrebbero raggiungere i
4.000
miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche". Del
totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati
e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite
stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400
miliardi di ottobre. "Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi -
resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che
riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle
emergenti". "Il processo di deleveraging - aggiunge - sar lento e
doloroso nonostante le misure prese". 21/04/2009 - 15:15
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Allarme
FMI, 4.000 miliardi di perdite per le banche (Teleborsa) - Roma, 21 apr -
Sarebbero arrivate a ben 4.000 miliardi le stime sulle perdite delle banche a
livello mondiale. E' questo l'allarme lanciato dal Fondo Monetario
Internazionale, che ha pubblicato oggi un aggiornamento
sulla crisi finanziaria e
sull'instabilità del sistema finanziario. La previsione delle svalutazioni
sofferte dalle banche USA era già stata elevata a gennaio da 2.200 a 2.700 mld
di dollari, ma il FMI ha ulteriormente elevato questa stima a 4.000 mld di
dollari, dopo aver preso in considerazione altri elementi ed ulteriori
svalutazioni in mercati maturi, come l'Europa ed il Giappone. Il FMI ha
anche sottolineato che sono necessarie ed urgenti delle misure per rimuovere
gli ostacoli alla concessione del credito, ai flussi internazionali dei
capitali e per risanare i conti delle banche. Misure che non possono essere
prese a livello unitario, ma che richiedono una cooperazione internazionale,
come confermato dal recente G-20. Rischi di una pressione al ribasso
dell'attività economica globale permarranno, senza una pulizia dei conti delle
banche dagli assets tossici, accompagnata da un processo di ristrutturazione e,
ove necessario, da una ricapitalizzazione. 21/04/2009 - 15:31
(
da "RomagnaOggi.it"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
21
aprile 2009 - 15.29 (Ultima Modifica: 21 aprile 2009) Il Fondo Monetario
Internazionale rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi finanziaria: entro il 2010 le
svalutazioni "potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui
due terzi facenti capo alle banche". "Il sistema finanziario globale
- ha aggiunto l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e
banche sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti".
"Il processo di deleveraging sarà lento e doloroso". Ammonteranno a
2.700 miliardi di dollari le svalutazioni da parte delle banche americane
rispetto ai 1.400 miliardi previsti nel precedente rapporto, mentre le perdite
per gli istituti europei sono state riviste a 1.200 miliardi e 150 miliardi per
le banche giapponesi. L'Fmi ha sottolineato che per "stabilizzare il
sistema bancario e ridurre l'incertezza sono necessari 3 elementi: un ruolo più
attivo dei supervisori nel determinare le istituzioni che possono sopravvivere
e le appropriate azioni correttive necessarie a garantirne la sopravvivenza;
trasparenza nei bilanci; e chiarezza da parte dei supervisori del tipo di
capitale richiesto". Per effetto della crisi finanziaria,
il debito pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15
punti percentuali dal 106% del 2008 ha aggiunto L'Fmi che ha precisato che i
costi finora sostenuti per la stabilizzazione finanziaria
sono risultati pari allo 0,9% del pil. Tra i diversi paesi elencati, valori più
elevati dell'Italia riguardano solo il Giappone, dove secondo l'Fmi il debito
passerà dal 196 per cento del pil del 2008 al 227 per cento nel 2010.
(
da "AudioNews.it"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
martedì
21 aprile 2009 17.22 Economia Fmi: La crisi costerà 4.000 miliardi di dollari
16.14: La crisi finanziaria
costerà in tutto il mondo 4.000 miliardi di dollari, e per due terzi ricadrà
sulle banche. Così il Fondo Monetario internazionale, che per la prima volta
effettua una stima non limitata solo agli Stati Uniti. Previsto un forte
peggioramento del debito pubblico italiano: nel 2010 salirà di ben 15 punti,
dal 106% del 2008 al 121% del 2010.
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ceramica,
contro lo spettro della crisi investimenti massicci e prodotti al top la svolta WALTER
GALBIATI La crisi finanziaria ed economica che, partendo dai mutui subprime americani, ha
scosso le basi del credito e messo in ginocchio le industrie di mezzo mondo,
non poteva non far sentire il suo morso anche sui distretti industriali
italiani. Là dove si annida buona parte del Pil del nostro Paese e là
dove si è creato nel tempo il mito del made in Italy. Soffrono settori, come
quelli della ceramica, del marmo e del cotto che per lungo tempo, trainati dal
boom immobiliare, hanno visto tassi di crescita anche a doppia cifra. Ora il vento
è cambiato. Secondo una rilevazione del Monitor dei distretti del Servizio
studi e ricerche di Intesa Sanpaolo il calo tendenziale dellexport dei 103 distretti italiani è stato
nellultimo trimestre dellanno scorso pari al 6,4% (meno 2%
nellintero 2008 malgrado il forte incremento del primo semestre) e si è
ulteriormente aggravato nei primi tre mesi del 2009 nel quale si profila un
calo dei valori esportati vicino al 20% a monte di una crescita del 365% delle
ore di Cassa integrazione ordinaria. Come reagire alla crisi?
Una strada è stata segnata dal distretto di Sassuolo, il regno della ceramica
che dopo la minaccia di chiusura di un gruppo come la Iris, ha deciso di far
tesoro delle proprie quote di mercato mondiale (intorno al 40%) e di investire
ancor di più sullinnovazione, la
parola chiave per sopravvivere in un mondo sempre più globalizzato, dove rivali
come la Spagna e la Cina riescono a esportare con sconti del 30 e del 50%. Nel
2008, gli investimenti sono stati di 320 milioni di euro e per il 2009 la sola
Marazzi, leader del comparto, con un miliardo di euro di fatturato pensa di
investire ben 100 milioni. I mezzi e numeri del resto ci sono. Il distretto di
Sassuolo fattura 5,7 miliardi, cui va aggiunto 1 miliardo di fatturato delle
imprese del distretto che si sono internazionalizzate. La Marazzi ha 3mila
addetti, Panaria 1.700, Concorde 1.500 ed Emil Ceramica più di mille. Un aiuto
è arrivato anche dagli interventi pubblici, tra cui la realizzazione del
Tecnopolo Ceramico: il polo nazionale della ricerca sui materiali e le
tecnologie della produzione ceramica. Il Comune ha speso 5 milioni di euro
insieme con Confindustria Ceramica, la Regione e lUniversità di Modena e Reggio. Le cose non vanno meglio
nei distretti del marmo, anche se le punte deccellenza, come quello toscano,
subiscono meno la crisi di altri. Le cause sono da
ricercare nella crisi delledilizia abitativa nei Paesi che costituiscono il
mercato finale per marmi e graniti. Il rallentamento della domanda privata si è
associato alla flessione degli investimenti di soggetti istituzionali. A tenere
nelle esportazioni sono soprattutto le produzioni di alta gamma, come dire che
leccellenza paga sempre. Scopri come ricevere
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(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Semplificare
lofferta per rilanciare il business
Semplificazione dellofferta, calo delle commissioni e separazione
tra produzione e distribuzione. Reduci da due anni drammatici, che hanno
contribuito a portare le quotazioni delle controllanti ai minimi, i grandi
operatori del risparmio gestito cercano nuove strade per il riscatto. I dati di
Assogestioni relativi alla raccolta di marzo confermano le difficoltà del
settore: i fondi comuni aperti hanno accusato un calo di 5,1 miliardi di euro,
dopo i 2,9 miliardi persi a febbraio. Una performance alla quale ha contribuito
in modo determinante il forte passivo di Pioneer (2,6 miliardi). Il polo di risparmio gestito del gruppo
Unicredit
contribuisce così alle difficoltà della controllante, che nellultimo anno ha perso in Borsa quasi il 70% del proprio
valore, contro il dimezzamento dellindice
Mibtel. Se la passa solo un po meglio il leader nel risparmio gestito
Intesa SanPaolo (detiene il 27% del patrimonio totale), che in Bora viaggia su
performance non molto distanti da Unicredit. Lultimo mese ha segnato una
raccolta netta di gruppo in calo di 780 milioni, con il contributo prevalente da
parte di Eurizon Capital. La società di gestione del risparmio ha lanciato nei
mesi scorsi Focus Formula Azioni 2014, fondo comune che consente alla clientela
di beneficiare del 100% del valore iniziale, più una partecipazione alla
crescita dei principali indici azionari. Nel perimetro del gruppo Intesa
SanPaolo rientra anche Banca Fideuram, più orientata sulla clientela private.
La società è nel pieno di un processo di riorganizzazione: «Siamo fermamente
convinti della validità del modello integrato distribuzionefabbrica prodotti,
con il gestore al centro del sistema
spiega Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fideuram Investimenti sgr
Per noi questo vuol dire migliorare ulteriormente il livello di qualità,
investendo nelle nostre risorse anche con inserimenti di qualità come quelli
fatti di recente e investire nei sistemi di calcolo dei rischi. Ma,
soprattutto, proseguire la semplificazione dei prodotti già avviata nel 2008».
Ha limitato i danni (61,3 milioni) Arca, da
tempo al centro di ipotesi di aggregazione. «In questa fase il mercato chiede
semplicità nellofferta e protezione dellinvestimento
commenta Attilio Piero Ferrari, amministratore delegato di Arca sgr Per
questo abbiamo accorpato alcuni fondi di fondi e deciso di lanciare due
prodotti obbligazionari a distribuzione di proventi che hanno un profilo di
rischio contenuto e un orizzonte temporale limitato». Intanto prosegue il
processo di avvicinamento verso SuperArca con il partner Banco Popolare, che a
sua volta nellultimo mese ha segnato una
raccolta netta negativa (332 milioni). «La crisi
finanziaria ha spinto il gruppo a dare priorità ad altre divisioni commenta Piero Tosti, amministratore delegato di
Aletti Gestielle Sgr Per quanto ci riguarda,
abbiamo rivisitato la gamma prodotti, dimezzando il catalogo da 44 a 22. Al
contempo, abbiamo ridotto del 35% le commissioni di gestione dei prodotti
obbligazionari, che costituiscono il 60% dei nostri asset in gestione». Simile lapproccio seguito da Bnp Paribas, che a marzo ha
registrato ha registrato una sostanziale tenuta (19,5 milioni). «Siamo
impegnati a ridurre lofferta di fondi e rendere più semplice la
comprensione dei prodotti esistenti commenta Giordano Beani, direttore
investimenti di Bnp Paribas asset management
In particolare, abbiamo lanciato un prodotto che prevede la possibilità di
tutelare linvestimento fino all80 o al 90%. Un livello di
protezione che resta costante in termini percentuali, ma in valore si adegua alle
performance annuali registrate dal fondo». Marzo è stato un mese molto negativo
per la raccolta del Monte dei Paschi di Siena (641
milioni). «La crisi del risparmio gestito
italiano ci ha spinto a rivedere profondamente la struttura dellofferta commenta Nicola Romito,
vice direttore generale della banca Nelle scorse settimane abbiamo
sottoscritto un accordo con Clessidra sgr che permetterà, tra le altre cose, di
separare nettamente la produzione dalla distribuzione». Una mossa che si muove nel solco
indicato dalla direttiva Mifid per aumentare la trasparenza dei mercati. In
Borsa, la controllante Mps ha subito pesanti cali nellultimo anno e ha annunciato di voler aderire ai
Tremonti bond. Se la passa meglio Mediolanum, che nel confronto a un anno cede
meno di un terzo del proprio valore e che nel risparmio gestito è reduce da una
lunga striscia positiva, confermata a marzo (+145 milioni). «Un successo che si
spiega con una strategia diversa dagli altri operatori commenta Giovanni Marchetta, banking group manager della
banca La nostra offerta non riguarda solo i fondi
comuni, ma tutte le esigenze finanziarie delle famiglie, comprese quelle
previdenziali. Unottica di lungo periodo che contribuisce a ridurre
linfluenza delle oscillazioni di Borsa sulle scelte di investimento». Punta
sulla solidità del business assicurativo della capogruppo la strategia di
Allianz per il mercato gestito (68,2 milioni a
marzo). «Abbiamo risentito meno di altri della crisi
finanziaria perché il mercato assicurativo è tendenzialmente più
stabile, visto che la raccolta di fondi sul mercato precede sempre i pagamenti»
osserva Giovanni Bagiotti, amministratore delegato di Allianz Global Investors
Italia sgr. Le turbolenze degli ultimi mesi stanno spingendo i risparmiatori a
privilegiare i prodotti assicurativi che uniscono obiettivi di rendimento e
protezione dellinvestimento. Il futuro
del risparmio gestito, secondo Bagiotti, sarà «dei grandi gruppi, capaci di
destinare grandi risorse alle professionalità richieste dalla complessità dei
mercati». (l.d.o.) Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold
condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Aprile,
lo "tsunami" dei dividendi La crisi finanziaria
si abbatte sulla stagione dei dividendi, che entra nel vivo oggi e
caratterizzerà tutta lultima decade di aprile.
Questanno, le società comprese nel paniere S&P Mib hanno deciso di
destinare ai propri azionisti 14,38 miliardi di euro, contro i 27,26 miliardi
dello scorso anno. Un calo del 49% sul 2008, addirittura superiore al calo
degli utili (stimato intorno a un terzo). E lo stesso vale per le altre società
quotate. Tuttavia, molte delle società che hanno deciso di confermare i
dividendi non si sono risparmiate e offrono rendimenti di tutto rispetto. In
pole position ci sono titoli di medio calibro come le azioni Intek risparmio e
quelle ordinarie, le Saes Getters risparmio e ordinarie, BC & Speakers e DAmico, che promettono dividendi a due cifre percentuali
rispetto ai valori registrati a Piazza Affari prima della pausa pasquale. Un
rendimento simile è atteso dagli azionisti di società più conosciute come
Mediaset, Impregilo risparmio e Fondiaria Sai risparmio. Insomma, chi ha
investito sulle azioni di risparmio con lobiettivo
primario di garantirsi un flusso cedolare importante ha avuto ragione. Ma i
vantaggi non finiscono qui. Questa classe di investimento vince il confronto sul
lungo periodo con le azioni ordinarie anche nel rendimento complessivo, dato
dalla somma tra cedole e oscillazioni di Borsa. Come dimostra unanalisi ad hoc compiuta per Affari & Finanza
dalla società di analisi indipendente Consultique sui 28 titoli di Piazza
Affari che presentano sia azioni ordinarie che di risparmio: «Se prendiamo in
considerazione gli caratterizzati da un primo triennio al rialzo per tutti i
listini e da un biennio più difficile spiega lanalista Andrea Cattapan le risparmio sono
cresciute mediamente del 6%, mentre le ordinarie hanno avuto una performance
media negativa del 21%». Una promozione a pieni voti che, secondo una regola
comune a tutto il mondo finanziario, non costituisce una garanzia per
il futuro e la raccomandazione vale tanto più in un periodo di forte volatilità
come quello attuale. «Le risparmio hanno anche dei lati negativi, ma non tutti
impattano sul piccolo risparmiatore
aggiunge Cattapan Ad esempio, questa tipologia di investitore quasi mai è
interessato a prender parte alle assemblee societarie, per cui non subisce
contraccolpi dalle limitazioni. Diverso è il caso del gestore professionale,
che potrebbe avere interesse a incidere sulle politiche di gestione da parte
del management». Ben più importante è lanalisi
sulla liquidità: «Se analizziamo gli scambi degli ultimi sei mesi spiega
lanalista le azioni ordinarie sono state oggetto di scambi 30
volte superiori alle corrispettive risparmio. Questo può costituire un limite
per il risparmiatore che avesse esigenza di liquidare le posizioni, perché lo
costringerebbe a fare i conti con uno spread denarolettera molto elevato». In
sostanza, in caso di necessità di liquidare la posizione, cè il rischio di dover accettare un prezzo ben più basso
delle proprie aspettative. Quindi, secondo lanalista,
«il risparmiatore dovrebbe prima a decidere su quali titoli investire e, solo
se la scelta dovesse ricadere su una società che ha anche titoli di risparmio,
avrebbe senso
valutare il loro acquisto». In particolare, «le risparmio possono risultare
vincenti soprattutto quando quotano a sconto rispetto allordinaria perché consentono di prendere posizione sul
titolo con multipli minori». Con la raccomandazione finale di «considerare anche
lo storico dei rendimenti nel medio periodo, in modo da avere un quadro più
affidabile rispetto alla sola panoramica degli ultimi mesi». (l.d.o.) Scopri
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(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Nuove
regole e trasparenza ma lEuropa viaggia divisa
GIOVANNI MARABELLI
Come sempre accade in occasione delle grandi crisi finanziarie,
anche questa volta si è levato un coro di voci che ha chiesto nuove e più
stringenti normative con lobiettivo di evitare il
ripetersi, nel futuro, di simili disastri. Per ora, però, non si intravede
una soluzione allorizzonte perché ci sono
davvero grosse differenze fra la visione americana e quella europea e
allinterno della stessa Europa ci sono discordanze di non poco conto che
rendono difficile percorrere la strada di una nuova regolamentazione. Lunica punto su cui tutti, dai politici fino alla
autorità di vigilanza, concordano è che la soluzione deve essere adottata da
tutti i principali Paesi perché la finanza è internazionale e, come ha
dimostrato la recente crisi, serve a poco che una nazione
abbia una normativa molto stringente: è infatti sufficiente che un fondo
speculativo sposti la propria sede alle isole Cayman è il gioco è fatto. I
fondi speculativi, a partire dagli hedge fund per arrivare ai private equity,
sono proprio quelli finiti maggiormente nel mirino in questi ultimi tempi. I
deputati popolari, socialisti e liberaldemocratici europei hanno presentato due
relazioni di iniziativa legislativa congiunte, al fine di garantire agli
investitori normative adeguate a far fronte alla crisi
finanziaria globale. Ad ostacolare la proposta, però, cè lo stesso commissario Ue al Mercato, Charlie
McCreevy, secondo il quale tali strumenti «vanno monitorati, ma non regolati
con norme specifiche», dal momento che essi «non sono alla base delle attuali
turbolenze sui mercati». La questione di una regolamentazione specifica per i
fondi speculativi era comunque allordine
del giorno del parlamento europeo già da tempo, ben prima che la crisi facesse sentire tutti i suoi effetti, diretti e
"collaterali", sui mercati finanziari mondiali. «Prima che la crisi scoppiasse ha
detto in aula il socialista Paul Nyrup Rasmussen, firmatario della prima
iniziativa legislativa già ci eravamo detti preoccupati per le tensioni
nel mercato finanziario e per questa bolla finanziaria che
è scoppiata diventando una tempesta finanziaria».
«Qualcuno ha aggiunto dice che in Europa la
situazione non è così tragica come negli Usa, ma quel che sta succedendo indica
che è tempo di agire». Rasmussen ha chiesto alla Commissione di proporre una
serie di misure legislative che coprano «tutti i settori dei mercati finanziari,
compresi i fondi di investimento speculativi». Sempre a Strasburgo esiste anche
una seconda proposta di legge che è stata presentata dal popolare tedesco
KlausHeiner Lehen per affrontare con ancor più decisione il tema della
trasparenza. «Ci domandiamo ha spiegato,
infatti, Lehne se non sia il caso di cambiare il diritto societario
europeo. Il problema reale è che, sul mercato, oggi esistono profitti che
vengono privatizzati e perdite che sono invece suddivise tra tutti». Il politico
tedesco ha proposto norme che rendano «più facile lidentificazione degli azionisti» dei fondi speculativi;
nel settore dei private equity, inoltre, ha chiesto alla Commissione di imporre
regole che impediscano di «saccheggiare le società». McCreevy ha per
contro sottolineato che questi strumenti finanziari «sono già vincolati da
obblighi di trasparenza e di consultazione simili a quelli fissati per gli
investimenti nelle società pubbliche». Il premier italiano Silvio Berlusconi è
dellidea che per mettere nero su bianco il «nuovo
codice dei comportamenti finanziari ed economici mondiali» sia necessario un
tavolo più ristretto rispetto a quello riunitosi in occasione del G20. Scopri
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da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
"Gli
italiani non scappano dalla crisi" Nei mesi della
crisi finanziaria le perdite sono state percepite come
"rilevanti" solo dal 10% dei risparmiatori e "contenute"
dal 37%. Il 51% non ha subito perdite. Sono questi i dati emersi da unindagine condotta a febbraio da Gfk Eurisko per conto
di Assoreti su bisogni e aspettative delle famiglie italiane dopo la crisi dei mercati. Lo stock di risparmio finanziario degli
italiani è diminuito dell11% ma la metà dei
risparmiatori non ha intenzione di cambiare la composizione dei suoi attuali
investimenti, percentuale che sale al 56% tra i clienti delle reti. Secondo lindagine latteggiamento dei risparmiatori non
lascia prefigurare una fuga dagli investimenti, visto che solo il 9% degli
interpellati intende ridurre o abbandonare gli investimenti. Il 26% dei
risparmiatori
pensa invece di orientarsi su investimenti più sicuri o prudenti (il 23% tra i
clienti delle reti) mentre il 7% (il 10% dei clienti di reti) vuole
approfittare del momento favorevole per investire in borsa. Allinterno di una crisi che
comunque non ha innescato una crisi di fiducia delle
famiglie verso le istituzioni finanziarie italiane, ha giocato un ruolo
cruciale la vicinanza ai risparmiatori. Complessivamente il 59% degli
interpellati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto del comportamento del
proprio referente per gli investimenti, e questa soddisfazione sale al 78% fra
chi è stato contattato nel corso della crisi ma cade
al 43% fra chi non è stato contattato. (r.rap.) Scopri come ricevere sul tuo
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da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Come
trasformare in un business la "seconda vita" dei rifiuti hitech IL
PUNTO / E in crescita continua, tra il 3 e il 5% annuo,
la massa dei rifiuti elettrici ed elettronici. LEuropa
chiede di riciclarli e lo fa ad una velocità tre volte maggiore rispetto
allItalia ANTONIO CIANCIULLO Efficienza. E questa la parola magica
per il rilancio delleconomia nellera delle crisi che ci troviamo ad affrontare nello stesso momento: crisi finanziaria, crisi
energetica, crisi climatica. Il minimo comun
denominatore per uscire dallimpasse è tornare
alle radici, al principio primo che muove leconomia: vince chi, a parità
di prestazioni, consuma meno. In campo energetico la brutalità delle oscillazioni
di valore del greggio ha convinto tutti della bontà di questo principio,
dimenticato negli anni dellenergia facile e
della finanza drogata. Ma la penetrazione della nuova cultura
dellefficienza nel mondo dei rifiuti è più lenta perché deve fare i conti
con la tendenza a rimuovere il problema degli scarti vissuto più o meno
inconsciamente, in opposizione alla sfera solare della produzione, come
imparentato con il mondo sotterraneo e oscuro, un elemento impuro da mondare
con il fuoco. Uno dei settori industriali in cui il "rifiuto del
rifiuto" può essere più rapidamente superato è quello dellelettronica perché in questo campo i due estremi, il
momento in cui si compra e quello in cui si butta, tendono ad avvicinarsi
sempre di più. La deperibilità tecnologica dei microchip è lelemento che sostiene il mercato perché le prestazioni
dei singoli apparecchi migliorano a una velocità tale da incoraggiare un rapido
ricambio. Ma questo stesso ricambio comporta la rapida trasformazione di ciò
che è stato
recentemente acquistato in rifiuto. Dal punto di vista quantitativo si comincia
ad avere a che fare con una massa consistente. In Italia si stimano 850 mila
tonnellate lanno di Raee (rifiuti da apparecchiature
elettriche ed elettroniche), in Europa sono 9 milioni di tonnellate. E la
velocità di crescita è molto alta, tra il 3 e il 5 per cento lanno a livello globale. Cosa fare di questi materiali
che, raccolti in modo intelligente possono trasformarsi in un business
interessante (contengono metalli preziosi, vetro, alluminio, ferro, rame,
plastica), ma smaltiti illegalmente creano seri problemi ambientali perché
contengono elementi tossici e persistenti (metalli pesanti, ftalati, pcb) che
rappresentano un rischio per lambiente e la
salute umana? La risposta è ovvia: lEuropa
chiede di riciclarli e già viaggia a una velocità tre volte maggiore rispetto
allItalia: 6 chili lanno di rifiuti elettrici ed elettronici
raccolti per abitante, con punte di 16 chili in Svezia. Ma il quadro globale
della situazione,
secondo una recente denuncia di Greenpeace è preoccupante. Con unazione di "spionaggio industriale"
lassociazione ambientalista è riuscita a ricostruire il percorso delle
nuove navi dei veleni. Il punto di partenza per lEuropa è Anversa, in
Belgio,
dove confluiscono scarti elettronici provenienti da Olanda, Germania, Italia,
Danimarca e Svizzera. Non si tratti di piccoli numeri. Le stime Onu parlano di
2050 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici prodotti ogni anno. Per
evitare il disastro dello smaltimento illegale ogni paese deve fare la sua
parte. LItalia è, come spesso accade in campo
ambientale, in ritardo rispetto alla tabella di marcia europea. Dal gennaio
2008 è stato avviato il sistema nazionale di gestione dei Raee, ma
lobiettivo fissato al 31 dicembre 2008 (4 chili per abitante, rispetto ai
6 dellUnione) non è stato raggiunto: sono state
raccolte 116 mila tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici che
equivalgono a 2 chili pro capite. Del totale raccolto in Italia poco più della metà (65 mila
tonnellate) è stato selezionato dai cosiddetti sistemi collettivi (i consorzi
di raccolta), il resto direttamente dai Comuni. La raccolta separata avviene
nelle piattaforme attrezzate (poco meno di 3 mila) che sono distribuite in
maniera molto asimmetrica, con una forte concentrazione nel Centro Nord e una
presenza poco più che simbolica al Sud. Evidentemente senza un forte rilancio
della capacità di raccolta differenziata nel Meridione lobiettivo europeo non è raggiungibile. Laltro
freno
da togliere per far decollare la macchina della raccolta differenziata di
computer, cellulari, frigoriferi, videoregistratori è la semplificazione delle
procedure. In questo caso la legge in questione serve a proteggerci da un
rischio grave, il traffico di rifiuti, ma la sua interpretazione sfiora il
paradosso: i negozianti che ritirano un asciugacapelli, un ferro da stiro o un
lettore dvd sono equiparati ai professionisti dello smaltimento di rifiuti
pericolosi. E quindi, ovviamente, si guardano bene dal tenere in negozio dieci
cellulari rotti portati dai clienti: liniziativa
sarebbe considerato un reato, praticamente lapertura di una discarica
incontrollata. La differenza tra il rischio ambientale prodotto
dallaccumulo di qualche radiolina scarica e quello causato dalle
migliaia di camion dellecomafia che scaricano in
Campania appare ai più evidente. Ma ha bisogno della codifica di legge. E
questa codifica tarda creando problemi non trascurabili. «Le oltre mille
aziende che costituiscono il nostro consorzio
spiega Danilo Bonato, direttore di ReMedia rappresentano settori che nel
loro complesso assicurano un fatturato pari a 40 miliardi di euro, il 2,7 per
cento del Pil nazionale, e danno lavoro a 230 mila persone. Incentivare un
sistema di recupero efficiente vuol dire aiutare queste imprese a reggere la
sfida del mercato globale. Altri rinvii e ritardi nellapplicazione delle direttive europee si
trasformerebbero in un peso che potrebbe rallentare la capacità produttiva del
sistema». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
(
da "Giornale.it, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 95
del 2009-04-21 pagina 0 Allarme Fmi: "La crisi
costerà 4mila miliardi Debito Italia al 121%" di Redazione Le banche
mondiali hanno bisogno di ulteriori iniezioni di capitali per 1.700 miliardi di
dollari. Il Fondo monetario avverte: "Il credit crunch globale è profondo
e destinato a durare". Finanza sotto tensione New York - La crisi finanziaria globale arriverà a costare oltre 4mila
miliardi di dollari nelle sole economie avanzate. Il calcolo è del Fondo
monetario internazionale secondo cui gli istituti di credito europei e
statunitensi avranno bisogno di ulteriori iniezioni di capitali per 1.700
miliardi di dollari se vorranno riportare i livelli di leverage dove erano a
metà anni Novanta. Credit crunch profondo Il Rapporto sulla stabilità finanziaria globale messo a punto dai tecnici di Washington
non ha dubbi: "Il credit crunch globale è profondo e destinato a
durare". Secondo lFmi, i finanziamenti al
settore privato negli Stati Uniti e in Europa "si dovrebbero contrarre a
un tasso annualizzato trimestre su trimestre pari al 4%" nel 2009. E la
risalita sarà "lenta e dolorosa". Particolarmente preoccupante la
situazione nei mercati emergenti dove il contagio si sta rapidamente
allargando. Enormi i costi della crisi. Tra Stati
Uniti, Europa e Giappone le banche potrebbero vedersi costrette a svalutazioni
per 2.810 miliardi di dollari (di cui 340 milioni per asset detenuti nei Paesi
emergenti), le assicurazioni per 301 miliardi, le altre istituzioni finanziarie
non bancarie, tra cui gli hedge funds, per 1.283 miliardi. Il conto della
ricapitalizzazione varia dagli 875 miliardi di dollari necessari per riportare
il leverage sui livelli pre-crisi, fino ai 1.700
miliardi calcolati se si vuole risalire fino a 15 anni fa, prima che lattuale modello di sviluppo finanziario, colpevole
della "bolla", prendesse piede. Sistema finanziario sotto tensione
"Il sistema finanziario globale rimane sotto severa tensione". Il
deterioramento dellattività economica
"ha messo ulteriore pressione sui bilanci patrimoniali delle banche i cui
attivi continuano a deteriorarsi, minacciando la loro adeguatezza di capitale e
scoraggiando ancor più i nuovi impieghi. Così, la crescita del credito sta
rallentando, fino a diventare negativa, aggiungendo ulteriori pressioni al
ribasso allattività economica". Le misure prese
finora, osserva lFmi, "stanno contribuendo ad alcuni
segnali di stabilizzazione". Ma non bastano: "Servono ulteriori
decise ed efficaci azioni politiche e un coordinamento internazionale per
sostenere questo miglioramento, ripristinare la fiducia nelle istituzioni
finanziarie e normalizzare le condizioni dei mercati. La sfida chiave - avverte
il Rapporto - è rompere la spirale al ribasso innescatasi tra sistema
finanziario ed economia globale". Le priorità del Fondo Tre le
"priorità" identificate dal Fondo: assicurare che il sistema bancario
abbia accesso alla liquidità necessaria, identificare e risolvere la questione
degli asset tossici, ricapitalizzare le banche indebolite ma ancora vitali e
decidere rapidamente cosa fare di quelle ormai allo stremo. Con lavvertenza che, "data la natura
globale della crisi", gli
effetti delle politiche nazionali potranno avere pieno successo "soltanto
se realizzate in modo coordinato tra tutti i Paesi coinvolti". Il debito
italiano A causa della crisi finanziaria,
il debito pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15
punti percentuali dal 106% del 2008. Il Fondo Monetario Internazionale
precisa che i costi per la stabilizzazione finanziaria
sono risultati pari allo 0,9% del pil. I dati sul debito - spiega il Fmi
illustrando una tabella del capitolo uno del Rapporto - sono tratti dal World
Economic Outlook dellaprile 2008, mentre le
stime sui costi provengono dal dipartimento degli Affari fiscali del Fmi. Il
deterioramento dei conti pubblici non è comunque un fenomeno limitato: in
Germania il
debito 2010 si attesterà all87% con un aumento
di 19 punti percentuali. In Giappone lincremento sarà di 30 punti
percentuali al 227%, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%. In
Francia, laumento sarà di 13 punti percentuali all80%. © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
(
da "KataWebFinanza"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Approdo
dolce per Piazza Affari (Teleborsa) - Roma, 21 apr - Finale con il fiato
sospeso a Piazza Affari, che ce l'ha quasi fatta, chiudendo gli scambi
vicinissima alla parit. Il mercato, assieme alle altre borse europee ha
recuperato gran parte delle perdite accusate nel pomeriggio, quando aveva
subito l'impatti di alcuni conti deludenti della Corporate America e della
partenza in rosso di Wall Street. Notizie negative sono
giunte dal Fondo Monetario Internazionale, che nell'ultimo rapporto sulla crisi finanziaria ha lanciato un allarme
sulle possibili perdite delle banche, elevando la sua stima a oltre 4.000
miliardi di dollari. Il FMI ha anche confermato l'attesa di una esplosione del
rapporto debito/PIL dell'Italia al 121% nel 2010. Intanto, l'euro ha proseguito
il suo percorso di rimonta, chiudendo le contrattazioni in Europa attorno agli
1,298 USD, sostenuto dal buon dato sullo ZEW tedesco, pubblicato stamattina e
risultato decisamente migliore del previsto. In recupero anche il greggio che
torna sopra i 48 dollari al barile, dopo la nuova frenata registrata nel primo
pomeriggio. Una situazione molto bilanciata caratterizza il Listino di Milano,
dove il Mibtel archivia un calo di appena lo 0,05% a 14.045 punti, mentre lo
S&P/Mb cede lo 0,24% a 17.688 punti. Il Midex lima lo 0,02% a 17.960,
mentre chiude in attivo l'All Stars con un incremento dello 0,46% a 8.821
punti. Giornata complessivamente negativa per le banche, anche se nel finale
sono affiorati spunti positivi su Mediolanum e MPS. Fra i peggiori resta
Mediobanca che flette di quasi tre punti, seguita da Unicredit e Popolare
Milano. Limita i danni Intesa Sanpaolo. Assicurazioni in sofferenza, inclusa
Unipol che aveva resistiti meglio la vigilia. Viaggia invece Male soprattutto
Generali, nonostante il Leone di Trieste abbia annunciato di aver ottenuto da
parte del Ministero dell'Economia degli Emirati Arabi Uniti la licenza per
l'esercizio dell'attivit assicurativa nel settore vita. In controtendenza si
muove invece Fondiaria-Sai. Affonda la CIR che si colloca proprio sul fondo del
paniere principale. Il titolo aveva fatto bene la vigilia, in scia ai conti
trimestrali della controllata Sorgenia. Fiat inchioda, confermando un certo
nervosismo, in vista di novit sul fronte dell'accordo con Chrysler. Fra l'altro
dagli analisti non sembrano emergere rosee aspettative relativamente ai conti
del primo trimestre. Scivola Parmalat, che ha annunciato le dimissioni del
numero uno della sua controllata sudafricana. Clima incerto fra gli oil, anche
se si salva l'Eni con un buon progresso dello 0,8%. Riflettori sul lusso, con
Bulgari che ha recuperato parte delle perdite accusate ieri. Al centro
dell'attenzione restano comunque Luxottica e Safilo, sulle indiscrezioni di
stampa che parlano di un interesse della compagnia di Andrea Guerra per la
seconda. Geox vola in alto, risultando il miglior titolo del paniere. Pirelli
in denaro dopo la diffusione dei conti del primo trimestre che sono risultati
in linea con quanto previsto dal piano industriale 2009-2011 presentato lo
scorso 11 febbraio. Bene Finmeccanica che ha annunciato la firma dell'accordo
con Imperial College Business School. Rialza la testa STM dopo la debacle di
ieri. L'americana Texas Instruments ha annunciato ieri sera utili in forte
calo, ma l'outlook apparso abbastanza ottimista. Prima in classifica la Roma
che segna una plusvalenza vicina al 20%, dopo esser stata a lungo sospesa al
rialzo, nonostante Compagnia Italpetroli abbia smentito per l'ennesima volta di
voler cedere la sua partecipazione. Brillante Stefanel dopo l'annuncio l'avvio
di un programma di espansione in Russia a partire dalla prossima stagione
autunno/inverno 2009-2010 al fianco di un nuovo partner Staff Service.
21/04/2009 - 18:04
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Approdo
dolce per Piazza Affari (Teleborsa) - Roma, 21 apr - Finale con il fiato
sospeso a Piazza Affari, che ce l'ha quasi fatta, chiudendo gli scambi
vicinissima alla parità. Il mercato, assieme alle altre borse europee ha
recuperato gran parte delle perdite accusate nel pomeriggio, quando aveva
subito l'impatti di alcuni conti deludenti della Corporate America e della
partenza in rosso di Wall Street. Notizie negative sono
giunte dal Fondo Monetario Internazionale, che nell'ultimo rapporto sulla crisi finanziaria ha lanciato un allarme
sulle possibili perdite delle banche, elevando la sua stima a oltre 4.000
miliardi di dollari. Il FMI ha anche confermato l'attesa di una esplosione del
rapporto debito/PIL dell'Italia al 121% nel 2010. Intanto, l'euro ha
proseguito il suo percorso di rimonta, chiudendo le contrattazioni in Europa
attorno agli 1,298 USD, sostenuto dal buon dato sullo ZEW tedesco, pubblicato
stamattina e risultato decisamente migliore del previsto. In recupero anche il
greggio che torna sopra i 48 dollari al barile, dopo la nuova frenata
registrata nel primo pomeriggio. Una situazione molto bilanciata caratterizza
il Listino di Milano, dove il Mibtel archivia un calo di appena lo 0,05% a
14.045 punti, mentre lo S&P/Mb cede lo 0,24% a 17.688 punti. Il Midex lima
lo 0,02% a 17.960, mentre chiude in attivo l'All Stars con un incremento dello
0,46% a 8.821 punti. Giornata complessivamente negativa per le banche, anche se
nel finale sono affiorati spunti positivi su Mediolanum e MPS. Fra i peggiori
resta Mediobanca che flette di quasi tre punti, seguita da Unicredit e Popolare
Milano. Limita i danni Intesa Sanpaolo. Assicurazioni in sofferenza, inclusa
Unipol che aveva resistiti meglio la vigilia. Viaggia invece Male soprattutto
Generali, nonostante il Leone di Trieste abbia annunciato di aver ottenuto da
parte del Ministero dell'Economia degli Emirati Arabi Uniti la licenza per
l'esercizio dell'attività assicurativa nel settore vita. In controtendenza si
muove invece Fondiaria-Sai. Affonda la CIR che si colloca proprio sul fondo del
paniere principale. Il titolo aveva fatto bene la vigilia, in scia ai conti
trimestrali della controllata Sorgenia. Fiat inchioda, confermando un certo
nervosismo, in vista di novità sul fronte dell'accordo con Chrysler. Fra l'altro
dagli analisti non sembrano emergere rosee aspettative relativamente ai conti
del primo trimestre. Scivola Parmalat, che ha annunciato le dimissioni del
numero uno della sua controllata sudafricana. Clima incerto fra gli oil, anche
se si salva l'Eni con un buon progresso dello 0,8%. Riflettori sul lusso, con
Bulgari che ha recuperato parte delle perdite accusate ieri. Al centro
dell'attenzione restano comunque Luxottica e Safilo, sulle indiscrezioni di
stampa che parlano di un interesse della compagnia di Andrea Guerra per la
seconda. Geox vola in alto, risultando il miglior titolo del paniere. Pirelli
in denaro dopo la diffusione dei conti del primo trimestre che sono risultati
in linea con quanto previsto dal piano industriale 2009-2011 presentato lo scorso
11 febbraio. Bene Finmeccanica che ha annunciato la firma dell'accordo con
Imperial College Business School. Rialza la testa STM dopo la debacle di ieri.
L'americana Texas Instruments ha annunciato ieri sera utili in forte calo, ma
l'outlook è apparso abbastanza ottimista. Prima in classifica la Roma che segna
una plusvalenza vicina al 20%, dopo esser stata a lungo sospesa al rialzo,
nonostante Compagnia Italpetroli abbia smentito per l'ennesima volta di voler
cedere la sua partecipazione. Brillante Stefanel dopo l'annuncio l'avvio di un
programma di espansione in Russia a partire dalla prossima stagione
autunno/inverno 2009-2010 al fianco di un nuovo partner Staff Service.
21/04/2009 - 18:04
(
da "Sestopotere.com"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Fmi:
debito Italia nel 2010 salirà al 121% (21/4/2009 18:19) | (Sesto Potere) - Roma
- 21 aprile 2009 - Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nel
Global Financial Stanbility Report riferisce che il costo della crisi finanziaria potrebbe toccare i
4000 miliardi di dollari di svalutazioni di cui due terzi a carico delle
banche. Inoltre sempre per effetto della crisi
finanziaria, il debito pubblico italiano salira' nel
2010 al 121% con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008.
in Germania il debito pubblico 2010 si attestera' all'87% con un aumento di 19
punti percentuali. In Giappone l'incremento sara' di 30 punti percentuali al
227%, negli Usa invece il balzo sara' di 27 punti al 98%. In Francia, l'aumento
sara' di 13 punti percentuali all'80%.
(
da "Giornale.it, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Premessa:
fino a metà del 2008 questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al
mio ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata:
continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più
qualificante per il mio profilo professionale e non solo perché è sempre più
letto, con un media di commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato).
Mi capita sempre più spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni
radiofoniche o televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su
"il cuore del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli
sull'edizione cartacea. L'altro giorno un brillante collega della Televisione
della Svizzera italiana, Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del
giornalismo e sulle insidie della comunicazione, con molte domande ispirate
proprio dal blog (chi volesse seguirla può scaricare qui la trasmissione
Controluce). E stamane un amico e valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un
interessante articolo di Alberto Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli
oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo
fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce
ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei
soldi sono la prima fonte di stipendio. E con 100mila visitatori unici si
riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno. Mica pochi. Con qualche ombra,
però. Diversi blogger vengono pagati per "bloggare" un prodotto,
spesso senza dichiarare il committente e questo è preoccupante perchè in questo
modo si accentua il fenomeno della pubblicità parassitaria o camuffata, che già
tormenta i media tradizionali. Ma secondo il Wall Street Journal è sempre più
consistente il numero dei reporter che fanno buon giornalismo sul blog anzichè
sui media tradizionali, come peraltro emerso recentemente a Perugia durante il
riuscitissimo Festival internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il
Guardian inizia a guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta
attraverso i blog. Da qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog?
Vedo un mondo in cui ci saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog
specializzati ad altro valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e
proprie testate giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post).
Sbaglio? Inoltre mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente
cromosomi, fino a quando i giornalisti italiani potranno pretendere di
mantenere in vita un Ordine professionale? Scritto in crisi,
blog, comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia,
giornalismo Commenti ( 2 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a
imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po'
sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari
giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo,
purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha
deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli
Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in
Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era
ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata
costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non
avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le
tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri,
dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il
capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di
euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di
responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager
non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza,
disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni
maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile
parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste
logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che
punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai
irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in
banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia,
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medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09
Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna
dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee,
non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal
terremoto e in piena crisi economica sprecare 400 milioni
di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto l'abbinamento
e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi
di governo. Ma perchè la Lega non vuole l'accorpamento? Ufficialmente perché lo
ritiene anticostituzionale; in realtà perchè teme che il referendum venga
approvato e dunque rinviandolo al 14 o al 21 giugno punta al mancato
raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il referendum? I tre quesiti sono
formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono di: 1) abrogare le norme
che permettono il collegamento tra le liste alla Camera. Il premio di
maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione vincente, ma alla
singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio di maggioranza
anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera, 8% al Senato.
3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato di correre in
più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega rischierebbe di
diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al Senato. Ecco
perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato su ragioni
comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli italiani non
gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole al referendum.
Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il 50,1% degli
elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine della Lega
esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale, il
Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del
partito, ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue
ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica,
lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società,
partito democratico, Italia Commenti ( 44 ) » (8 voti, il voto medio è: 2.5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno
agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3
miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana
le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche
Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche
che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente
risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o
c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il
governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che
obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei
loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti
a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con
molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a
stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha
un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente
che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le
banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza
creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i
risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo
stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto.
Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su
premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi
estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel
frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve
ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è
ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso
chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da
quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si
finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%.
Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una
regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le
speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo
di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e
della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e
improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle
banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non
rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche,
capitalismo, crisi, spin, manipolazione,
globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 62 ) » (6
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09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato
veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione
clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in
scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno
messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora
più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna
del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese
Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così:
"Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per
allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli
extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno
essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via
gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle
italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro,
disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive:
" L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri
di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria,
stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia
giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria
l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti
necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un
illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume
proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più
. Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un
peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi,
comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia,
immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (5 voti, il voto
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul
Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura,
sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama,
saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci
americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale,
che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un
mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva
degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare
ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi
le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la
coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano
conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti
come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano:
cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava
davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei
problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche
l'informazione». Questa crisi è un'opportunità
"perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il
disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone
strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano
ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la
produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più
lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È
progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era
un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali
e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più
saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo
ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici
settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li
interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della
sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo
l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti,
racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in
un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia,
insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando
da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho
ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di
rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non
abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo
silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto
e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie,
sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche
eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia
dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I
soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la
reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento
di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio
sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con
qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada,
scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche
e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non
arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia
conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro
Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma
e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche
edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto
dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il
popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e
considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso
da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il
sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero
prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il
31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero
stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il
comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in
Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun
legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i
terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani
sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa
aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia
confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO:
tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio,
anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a
Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo
stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila
dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il
governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl,
politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione,
giornalismo Commenti ( 74 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov?
Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di
immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un
presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva
a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a
un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse
alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela
Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e
capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli
Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque
che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli
eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro
di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica,
sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta
della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente
afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma
proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura
di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era
abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli.
Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto
l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice
della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati
per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento
di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse
settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli
europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no,
senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata
improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala.
Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà
intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi
finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli.
Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad
assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del
mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei
due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di
pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con
un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di
riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il
gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in
era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e
il mondo, germania, francia Commenti ( 40 ) » (10 voti, il voto medio è: 3.5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi
fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso
storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i
risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e
speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno
risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il
G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del
Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato
che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le
norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. -
secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire
le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè
ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno
dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle
banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione
d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un
codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti (
vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno
a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da
1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente,
quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto.
Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero
la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato
dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le
banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece
potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici
valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause
del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta
cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare
la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando
l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è
comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin,
era obama, banche, capitalismo, crisi, società,
economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia
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questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta
esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo
chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le
immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i
disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto
marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è
esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario
e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il
messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non
infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una
tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene
molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi:
tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle
proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la
Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa
americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in
Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e
per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture
della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi,
era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa
europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato
quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è
verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale.
Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi,
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globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su
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Alberto: Grazie Roberto, "mi pareva strano che tu dicessi certe cose
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(
da "Giornale.it, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
La Sala
Stampa della Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre
Federico Lombardi che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto
XVI, critica - pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che ieri
ha ripetuto a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la legittimità
ad esistere: "La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo forum
dell'ONU per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro
qualsiasi Stato. Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità
inaccettabile. Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per
dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre
adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza
che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti,
popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi
Paesi occidentali, tra i quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno
disertato la conferenza di Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del
documento preparatorio, che è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono
stati espunti, e c'è un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma
restando la libertà dei Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato
davvero ingenerose le critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di
essere presente. In particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di
Segni, che ha tentato di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con
il Papa proprio alla vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania,
Israele e Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa
confusione: una cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il
diritto ad esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la
bozza di documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna
affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del
presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei
lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Scritto in Varie Commenti ( 9 ) » (2
votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09 Il
vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha
replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo
belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di Bruxelles,
che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice sul
preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state rispedita
al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha dichiarato che
la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione
della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei
confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l'impegno della Chiesa
in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia
contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale,
aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la
nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne
arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al 2002 ha
lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede ed è dunque ben
conosciuto da Papa Ratzinger. Con il suo arrivo a Roma i capi dicastero curiali
di origine polacca diventeranno tre (oltre a lui, ci sono i cardinali Zenon
Grocholewski all'Educazione cattolica, e Stanislaw Rylko al Pontificio
consiglio per i laici). Scritto in Varie Commenti ( 31 ) » (7 votes, average:
3.57 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli
Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Enciclica sociale,
i tempi si allungano (a causa della crisi) Quando sarà
pubblicata la terza enciclica di Benedetto XVI? Il progetto iniziale prevedeva
che uscisse l'anno scorso, le prime anticipazioni - a partire dal titolo,
"Caritas in veritate" - risalgono infatti ai primi mesi del 2008.
Doveva essere pubblicata nel quarantesimo anniversario dell'enciclica
"Populorum progressio" di Paolo VI (marzo 1968), poi il cardinale
Segretario di Stato disse che sarebbe slittata probabilmente a ridosso
dell'estate. Poi si parlò di dicembre. A fine anno il testo sembrava pronto,
dopo l'ingresso nel gruppo di lavoro del neo-arcivescovo di Monaco di Baviera,
monsignor Marx. La crisi finanziaria aveva provocato
un ulteriore ritardo, ma nelle prime settimane del 2009 si dava per certo che
l'enciclica sarebbe uscita con data 19 marzo - festa di San Giuseppe - e resa
nota prima di Pasqua. Si è poi detto che sarebbe slittata a maggio (firmata il
1 maggio). Ora anche l'ipotesi di quella data sembra definitivamente tramontare
e nei sacri palazzi è opinione diffusa che l'enciclica sociale possa vedere la
luce a ridosso dell'estate, se tutto va bene. Quali sono le cause del ritardo?
Fonti autorevoli confermano al Giornale che il problema sarebbe stato
rappresentato proprio dalla parte aggiunta al testo, e riferita alla crisi economica mondiale. La stesura fin qui approntata,
infatti, non avrebbe incontrato il gradimento del Pontefice che, ovviamente,
per passaggi "tecnici" di documenti così importanti, è solito
affidarsi agli esperti, ma che non rinuncia poi a intervenire, a chiedere
modifiche e aggiustamenti. "Caritas in veritate" risulta dunque
essere, fino a questo momento, il testo più travagliato del pontificato di
Benedetto XVI, che oggi festeggia l'ottantaduesimo compleanno e si accinge a
ricordare il quarto anniversario dell'elezione. Anche oggi il Papa ha
festeggiato (poco) e lavorato (molto): l'attenzione sua e dei collaboratori più
stretti è tutta rivolta in questo momento al prossimo viaggio in Terrasanta
(Giordania, Israele, Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). Tra le
nomine curiali attese nelle prossime settimane (o nei prossimi mesi) c'è quella
del nuovo "ministro della Sanità", in sostituzione del dimissionario
cardinale Barragàn; quella del nuovo presidente del Pontificio consiglio per la
Giustizia e la pace, in sostituzione del cardinale Martino - che però resterà
al suo posto fino alla pubblicazione dell'enciclica sociale, prima di essere
sostituito, sembra, da un prelato africano. Per quanto riguarda la Segreteria
di Stato, invece, non ci dovrebbero essere sorprese ai livelli altissimi (voci
di una promozione del Sostituto Filoni a un ufficio cardinalizio sembrano al
momento prive di fondamento), mentre è più probabile che non tardino molto ad
arrivare le promozioni a nunzio dei numeri tre Caccia (assessore) e Parolin
(sottosegretario ai rapporti con gli Stati). Concluso il lavoro per
l'enciclica, dovrebbe lasciare la Segreteria di Stato anche l'arcivescovo
Sardi, che coordina il gruppo di scrittori incaricato di collaborare con il
Papa per la stesura dei discorsi. Sardi dovrebbe ricevere un incarico presso
l'Ordine di Malta, e al suo posto potrebbe andare monsignor Gloder. Infine, si
parla con insistenza della possibilità di un prossimo cambio alla direzione
della Sala Stampa vaticana. Ma al momento non è stata presa alcuna decisione al
riguardo. Scritto in Varie Commenti ( 64 ) » (13 votes, average: 3.23 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Il Papa dai terremotati Per
la visita di Benedetto XVI ai terremotati d'Abruzzo si lavora con l'ipotesi
della data del 1 maggio. Da quanto apprendiamo sarebbe stato lo stesso
responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso, a indicarla, suggerendo
al Pontefice attraverso i suoi collaboratori di non recarsi subito nelle zone
colpite dal sisma. Il Papa, invece, avrebbe voluto essere presente prima
possibile tra la gente che ora vive nelle tendopoli, per manifestare la sua
vicinanza e la sua solidarietà. Aggiornamento del 18 aprile: il direttore della
Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, ha annunciato che la visita del Papa ai
terremotati dell'Abruzzo si svolgerà nella mattinata di martedì 28 aprile.
Scritto in Varie Commenti ( 72 ) » (12 votes, average: 3.25 out of 5) Loading
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Invia questo articolo a un amico 11Apr 09 Buona Pasqua ai naviganti, un
abbraccio ai terremotati Cari amici, oggi, Sabato Santo, è la giornata del
silenzio e dell'attesa. Duemila anni fa, quel giorno, gli undici apostoli e i
discepoli di Gesù erano affranti, abbattuti, impauriti per la fine tremenda che
era toccata al loro maestro. C'è solo una donna che vive quelle ore d'angoscia
e di dolore presentendo che qualcosa sta per accadere: Maria. Questa notte la
Chiesa celebra il rito più importante dell'anno, la veglia della luce. Questa
notte l'unico uomo che nella storia abbia detto di sé "io sono la via, la
verità e la vita", risorge e con il suo corpo glorioso, appartenente ormai
alla dimensione dell'eternità, si fa vedere, si fa nuovamente incontrare,
mangia e beve con i suoi amici. Che da impauriti si trasformano in instancabili
annunciatori della resurrezione di Gesù. E' il cuore dell'annuncio cristiano,
il fondamento della fede. Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato
agli indizi di storicità di quell'evento straordinario e unico. Credere nella
resurrezione è un atto di pura fede, nessuna dimostrazione scientifica o prova
storica potrà mai convincere qualcuno. Ma il credente sa di non scommettere la
sua vita sui fantasmi, sulle leggende o sulle proiezioni mentali di qualche
mistico invasato. Sa che ci sono ragionevoli indizi per credere. E' il modo con
cui vorrei augurare buona Pasqua a ciascuno di voi, avendo gli occhi e il cuore
ancora pieni di dolore per la tragedia accaduta in Abruzzo. Ieri è stato
davvero un Venerdì Santo di Passione. La grande domanda, il grido straziante
dell'uomo di fronte alla sofferenza, alla morte, al dolore innocente è scolpita
nei tanti volti di coloro che sono stati colpiti dal sisma. Di fronte a questo
grido, non valgono i discorsi, le frasi fatte, l'esposizione di una dottrina.
Personalmente mi sento incapace di dire alcunché. Ma questa domanda ha avuto
una risposta: Dio, all'uomo che soffre, non ha offerto una soluzione, ma una
compagnia, quella di suo Figlio, che ha sofferto ed è morto sulla croce, Lui, il
giusto innocente. Si è fatto ammazzare per noi, per i nostri peccati. La
risposta di Dio è stata l'incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù.
L'unica risposta a quella domanda senza risposta, può essere soltanto
l'abbraccio, la compassione, la compagnia, la vicinanza. Buona Pasqua a tutti.
Scritto in Varie Commenti ( 54 ) » (12 votes, average: 4.08 out of 5) Loading
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Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Alta tensione tra Obama e la Chiesa.
Le messe di Langone Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato alla
tensione crescente fra la Chiesa Usa e il presidente Barak Obama. Tensione che
coinvolge anche il Vaticano: da settimane infatti si è creato un impasse per la
nomina del nuovo ambasciatore Usa, che dovrà sostituire Mary Ann Glendon
(designata da Bush e notoriamente vicinissima alle posizioni di Benedetto XVI).
La Santa Sede vorrebbe un diplomatico professionista cattolico e non un
politico del partito democratico da premiare per il suo sostegno alla campagna
di Obama. Non è facile infatti trovare infatti politici cattolici del partito
democratico che non siano "pro choice" sull'aborto. Nelle pagine
culturali, inoltre, ho ampiamente recensito il nuovo libro di Camillo Langone:
una guida Michelin alle messe italiane. Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (9
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 06Apr 09 I
"trafficanti di uomini" All'Angelus di ieri il Papa ha parlato degli
immigrati vittime dei "trafficanti di uomini". Quando pensiamo a
forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente Paesi sottosviluppati,
lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha profondamente colpito questa
intervista video realizzata dal direttore di Fides Luca De Mata per uno dei
suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un immigrato sudamericano in
Nord America. Scritto in Varie Commenti ( 78 ) » (7 votes, average: 5 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il Papa ai giovani: il
cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera Benedetto XVI ha celebrato
in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario della morte di
Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di Giovanni Paolo II
"continua a essere vivo nel cuore della gente" e aver citato la
fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato del momento
attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate attenzione:
in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo,
potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a
ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario
al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino"
una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano"
speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno
di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo
prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società
all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una
condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie Commenti ( 57 )
» (11 votes, average: 4.91 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli ©
2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Apr
09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di
ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per
il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di
Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi
pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90%
del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa
subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale
situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione,
perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono
quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui
non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno
più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre
pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti
nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché
sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i
provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti".
"Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per
il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir
meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti
economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il
commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che,
quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la
radice del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia
nell'uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi
devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e
stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e
controlli, l'etica nelle finanze". Scritto in Varie Commenti ( 142 ) » (10
votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 26Mar 09 Una
nuova "Inchiesta sulla Sindone" S'intitola "Inchiesta sulla
Sindone" il nuovo libro del vaticanista (e amico) Marco Tosatti, in
libreria in questi giorni, edito da Piemme. Un ottimo modo per prepararsi
all'ostensione del 2010 e per fare il punto sulla misteriosa immagine dell'uomo
morto crocifisso, che una controversa datazione al radiocarbonio nel 1988
ritenne d'età medioevale, pur essendoci numerosissimi altri indizi che la
facevano risalire, invece, al primo secolo dell'era cristiana. Tosatti descrive
la storia del lino sul quale - in modo inspiegabile, e più inspiegabile oggi
che vent'anni fa - si è impressa un'immagine che rappresenta un negativo
fotografico. Una delle parti del libro che mi ha colpito di più è quella
dedicata all'esame al radiocarbonio, sulla cui correttezza è lecito sollevare
più di un dubbio: i risultati dei tre laboratori, infatti, non avevano il
margine minimo di compatibilità stabilito, e si sarebbe dovuto ripetere nuovamente
il test. Senza contare che proprio questo esame ha fallito clamorosamente,
datando come vecchie di 400 anni foglie di platano raccolte il giorno prima,
oppure stabilendo al 1600 la fattura di una tovaglia moderna, o ancora datando
all'800 dopo Cristo dipinti africani che avevano invece solo undici anni. Con
contributi scientifici e nuove testimonianze, il libro mostra quanto si faccia
bene a dubitare su quel dato che permise di affermare che la Sindone sarebbe in
reltà un manufatto medioevale. Anche se bisogna sempre tener presente il metodo
di Dio, applicabile anche a questo caso: lasciare sempre sufficiente luce per
chi vuole credere, e sufficiente tenebra per chi non vuole credere. Scritto in
Varie Commenti ( 125 ) » (19 votes, average: 4.63 out of 5) Loading ... Il Blog
di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo
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vaticanista del Giornale, classe 1964, laurea in storia della lingua greca.
Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli articoli di
Andrea Tornielli su ilGiornale.it contatti Categorie Varie (344) Ultime
discussioni Andrea Tornielli: Cara Gabriella, certo che mi ricordo, e non solo
del Paraguay, ma anche di Siracusa! Tre anni fa ho... Marina:
http://oknotizie.virgilio.it/g o.php?us=58a1485814e13ae8 Marina: Anche 2 Premi
Nobel per la Pace hanno detto che Israele è razzista.
http://oknotizie.virgilio.i... Artefice1: Mauro ma la anche tua Forza non la
vedi proprio? Quanto è Oggettivo non esercita la Forza, purtroppo...
Barbalbero: Personalmente giudico vergognoso l'attacco al Pontefice (oramai
ogni occasione è buona da parte di... Gli articoli più inviati Il voto
"veltroniano" di Maria: lettera blasfema di don Farinella - 13 Emails
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finale Israele: Iran come HitlerVenezia, sentenza choc: "Possibili le
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scorretto e pavido" Il leader del Pd: "Scorretti saranno lui e il
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als Reaktion blogring.org: Blogring per andrea... phalaris: sul Filioque, ma
sui dogmi la sostanza cambia ben poco?? Grazie. Corrado: Mi scuso per la
.http://blog.ilgiornale. it/tornielli/2008/07/02/roma-e
-fraternita-san-pio-x-il-dialo go-va-avanti/Read "How can I tell the
difference from phalaris grass that has DMT in it?" at Home & Garden
The Daily P.E.E.P.: Antonio Cardinal Cañizares Llovera Abiura: Comment on
Thornborn, un Dan Brown cattolico? by Rovere I più votati Violenze e minacce,
dobbiamo vigilare - 107 Votes La comunione nella mano, la fine
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(
da "Giornale.it, Il"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Premessa:
fino a metà del 2008 questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al
mio ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata:
continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più
qualificante per il mio profilo professionale e non solo perché è sempre più
letto, con un media di commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato).
Mi capita sempre più spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni
radiofoniche o televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su
"il cuore del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli
sull'edizione cartacea. L'altro giorno un brillante collega della Televisione
della Svizzera italiana, Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del
giornalismo e sulle insidie della comunicazione, con molte domande ispirate
proprio dal blog (chi volesse seguirla può scaricare qui la trasmissione
Controluce). E stamane un amico e valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un
interessante articolo di Alberto Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli
oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo
fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce
ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei
soldi sono la prima fonte di stipendio. E con 100mila visitatori unici si
riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno. Mica pochi. Con qualche ombra,
però. Diversi blogger vengono pagati per "bloggare" un prodotto, spesso
senza dichiarare il committente e questo è preoccupante perchè in questo modo
si accentua il fenomeno della pubblicità parassitaria o camuffata, che già
tormenta i media tradizionali. Ma secondo il Wall Street Journal è sempre più
consistente il numero dei reporter che fanno buon giornalismo sul blog anzichè
sui media tradizionali, come peraltro emerso recentemente a Perugia durante il
riuscitissimo Festival internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il
Guardian inizia a guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta
attraverso i blog. Da qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog?
Vedo un mondo in cui ci saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog
specializzati ad altro valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e
proprie testate giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post).
Sbaglio? Inoltre mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente
cromosomi, fino a quando i giornalisti italiani potranno pretendere di
mantenere in vita un Ordine professionale? Scritto in crisi,
blog, comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia,
giornalismo Commenti ( 5 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a
imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po'
sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari
giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo,
purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha
deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli
Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in
Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era
ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata
costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non
avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le
tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri,
dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il
capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di
euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di
responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager
non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza,
disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni
maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile
parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste
logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che
punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai
irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in
banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia,
notizie nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 50 ) » (8 voti, il voto
medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09
Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna
dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee,
non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal
terremoto e in piena crisi economica sprecare 400
milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto
l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole
l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà
perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al
21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il
referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono
di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste alla
Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione
vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio
di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera,
8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato
di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega
rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al
Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato
su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli
italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole
al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il
50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine
della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale,
il Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del
partito, ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue
ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica,
lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società,
partito democratico, Italia Commenti ( 44 ) » (8 voti, il voto medio è: 2.5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il
ritorno agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili
per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche
settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per
le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile
che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici
improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O
è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa
ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole
mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il
valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti
erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono
valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro
stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli.
L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può
decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno
o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo
esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a
uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York
Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è
migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili
perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i
"casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati
emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La
Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma
l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli
istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano
altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno
addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore
tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha
proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse
risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di
ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia,
di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la
profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà,
ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo
termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente
pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi,
spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione
clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta
all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il
decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non
verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme
ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran
Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente
francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così:
"Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per
allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli
extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere
espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli
irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane.
Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla
Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento
a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è
persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità
amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >".
In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare
non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del
Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può
essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la
società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per
"Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale.
(Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione,
pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia,
europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo
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Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi
(e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi
intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in
Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande
successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più
influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un
mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva
degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare
ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi
le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la
coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano
conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti
come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa
posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava
davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei
problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche
l'informazione». Questa crisi è un'opportunità
"perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il
disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone
strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano
ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la
produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più
lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È
progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era
un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali
e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più
saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo
ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici
settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li
interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della
sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo
l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti,
racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in
un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia,
insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando
da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho
ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di
rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non
abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo
silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto
e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie,
sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche
eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia
dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I
soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la
reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento
di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio
sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con
qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada,
scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche
e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non
arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia
conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro
Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma
e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche
edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto
dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il
popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e
considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso
da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il
sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero
prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il
31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero
stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il
comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in
Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun
legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i
terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani
sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa
aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia
confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO:
tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio,
anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a
Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo
stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila
dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il
governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl,
politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione,
giornalismo Commenti ( 74 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov?
Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di
immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un
presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva
a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a
un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse
alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela
Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e
capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli
Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque
che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli
eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro
di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica,
sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta
della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente
afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma
proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura
di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era
abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli.
Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto
l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice
della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati
per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento
di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse
settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli
europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no,
senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente
forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è
l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di
ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria»,
da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli
altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro
inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico
bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e
Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è
un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta
gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo
di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande
Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo,
germania, francia Commenti ( 40 ) » (10 voti, il voto medio è: 3.5 su un
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti,
molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama
ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del
G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel
tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto.
Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha
portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi:
erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che
intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le
norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. -
secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire
le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè
ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno
dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle
banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione
d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un
codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti (
vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno
a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da
1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più
urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è
irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il
mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno
il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non
hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite
colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro
i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè
affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto
a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel
tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo
ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il
tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale?
Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi,
società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa,
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Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta
esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo
chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea
le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao.
E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un
fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è
esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario
e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il
messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non
infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una
tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene
molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi:
tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle
proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la
Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa
americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in
Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e
per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture
della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi,
era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa
europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato
quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è
verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale.
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(
da "Rai News 24"
del 21-04-2009)
Argomenti: Crisi
Washington
| 21 aprile 2009 Fmi: la crisi costerà 4mila miliardi
di dollari. Geithner: le banche USA sono solide Mercati preoccupati Il Fondo
Monetario Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma
nel Global Financial Stability Report - "potrebbero raggiungere i 4.000
miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche". Del
totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati
e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite
e' stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400
miliardi di ottobre. A Washington Il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner
prova a stemperare l'allarme parlando alla commissione sulla supervisione del
Congresso: "Attualmente la grande maggioranza delle banche hanno più
capitali di quelli di cui c'è bisogno per essere considerate ben capitaliazzate
dalle autorità di controllo". Geithner sostiene che le banche potranno
procedere ai rimborsi se dimostreranno che questo esborso non indebolisca la
loro capacità di fornire crediti al sistema. "Dobbiamo stare attenti a due
cose - dice Geithner - la prima è che gli istituti abbiano abbastanza capitali
per continuare ad erogare crediti" e l'altra è che "il sistema nel
suo complesso lavori per la ripresa". In Italia A
causa della crisi finanziaria, il debito pubblico italiano salira' nel 2010 al 121% con un
incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008. "Il sistema
finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di
una crisi che riguarda
famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle
emergenti". "Il processo di deleveraging - aggiunge - sara'
lento e doloroso nonostante le misure prese". Misure decise servono anche
perche' c'e' il rischio, se non si puliscono i bilanci delle banche e si
ricapitalizzano in caso di necessita', che "i problemi degli istituti di
credito continuino a esercitare una pressione al ribasso sull'attivita'
economica". Proprio il pil mondiale, a causa della crisi,
si contrarra' quest'anno ai minimi "degli ultimi quattro decenni".
L'emergenza non è finita "Nonostante l'ampia varieta' di interventi messi
in atto e il limitato miglioramento del funzionamento del mercato che hanno in
qualche modo determinato i rischi sistemici - spiega l'Fmi - restano elevati e
la spirale negativa fra sistema finanziario ed economia reale non e' stata
ancora spezzata". Per questo, secondo gli esperti di Washington, sono
necessarie "'ulteriori azioni dei Governi, in particolare quelle dirette a
pulire i bilanci delle banche che sono decisive al fine di stabilizzare il
sistema finanziario e gettare le fondamenta per una ripresa economica
sostenibile".