CENACOLO DEI COGITANTI |
Unicredit e Intesa alla
prova dei conti ( da "Stampa,
La" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a Londra per presentare i risultati
alla comunità finanziaria. Per fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi,
l'istituto di Piazza Cordusio dovrebbe esaminare nel cda di martedì la
richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata Bank Austria, alla
quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est, per la quale sono già
stati avviati con le autorità austriache.
Premi alla divisione che
ha investito sui mutui subprime sfiorando il crac
( da "Stampa, La" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima della crisi finanziaria che
ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato
costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti.
Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile
per ridurre la entità di questi bonus in futuro».
Aig, aiuti pubblici Usa
usati per premi ai dirigenti Il Tesoro Usa ha tentato invano di blocca...
( da "Giornale di Brescia"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Aig Edward Liddy ha informato le
autorità Usa che la compagnia è legalmente obbligata a pagare entro oggi i
premi ai dirigenti in base ad accordi stabiliti ben prima della crisi
finanziaria che ha portato la compagnia sull'orlo del fallimento. L'Aig ha
comunque promesso alle autorità americane che, per quanto riguarda il futuro, i
premi ai dirigenti saranno notevolmente ridotti.
Polemica per i bonus
concessi ad Aig Obama li boccia, ma saranno pagati
( da "Cittadino, Il"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare
il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i
dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti
Finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui
immobiliari "tossici"
Il capitalismo? Oggi
dipende ... dalla Cina ( da "Arena,
L'" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Non era però sconosciuta l'agenda
incentrata sulla crisi finanziaria ed economica, e sui rischi di
destabilizzazione interna ad essa connessi. I numeri della crisi sono
allarmanti anche in Cina. Nell'ultimo mese contabile l'import ha subito una
flessione del 24,1 per cento, rispetto allo stesso mese del 2008 mentre le
export è calato del 25.
Superconsulenze
salva-sportelli ( da "ItaliaOggi
Sette" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: consigliando e affiancando i
maggiori istituti bancari italiani per irrobustirgli il capitale Banche
sull'orlo di una crisi di nervi. E in cerca di liquidità. A raccontarlo solo
qualche mese fa, i più avrebbero preso per pazzo chi avesse affermato qualcosa
del genere. Invece la crisi finanziaria sta mettendo alle corde proprio quelle
istituzioni che hanno nel loro Dna, secondo [.
la merkel e il sogno di
churchill - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria globale che si
aggravava sembrava fatta apposta per l´Unione Europea. Di fronte alla globalità
della crisi che si dispiega in modo inesorabile i percorsi solitari nazionali
sono chiaramente inefficaci, anzi, controproducenti.
unicredit e intesa verso i
bond ( da "Messaggero
Veneto, Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: amministratore delegato Alessandro
Profumo sarà a Londra per presentare i risultati alla comunità finanziaria. Per
fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi, l'istituto di piazza Cordusio
dovrebbe esaminare nel cda di martedì la richiesta di aiuti pubblici a Vienna
per la controllata Bank Austria, alla quale fanno capo le partecipazioni
nell'Europa dell'Est.
bernanke va in tv e fa
l'ottimista "il rischio-depressione è alle spalle"
( da "Repubblica, La"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «Molto dipende dal sistema
finanziario. La storia insegna che finché il sistema finanziario è in crisi non
può esserci una ripresa economica sostenuta. Abbiamo assistito a qualche
progresso nei mercati finanziari, ma finché non saranno stabilizzati e non
torneranno a funzionare normalmente, non vedremo alcuna ripresa.
Premi ai vertici Aig, è
bufera ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare
il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i
dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti Finanziari
dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari
tossici alla radice del terremoto economico.
FIAT MELFI, LA FIOM:
RIASSUMERE I PRECARI LICENZIATI ( da "marketpress.info"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è servita a fare il punto sulle
problematiche che la crisi finanziaria stà producendo sul settore industriale e
in particolare sul settore auto, dal punto di vista occupazionale e produttivo
nel sito di Melfi?. La Fiom Cgil considera ?negativamente l?atteggiamento
unilaterale della Direzione Aziendale e chiede alla Fiat: il mantenimento dell?
La crisi finanziaria sta
cancellando tanti posti di lavoro nei negozi...
( da "Messaggero, Il (Abruzzo)"
del 16-03-2009)
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Crisi
Abstract: Lunedì 16 Marzo 2009 Chiudi La
crisi finanziaria sta cancellando tanti posti di lavoro nei negozi
Scandalo Aig, bonus
milionari ai manager ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto a intervenire per salvare il
gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti
premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i prodotti finanziari
dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari
«tossici»
bonus ai dirigenti del
colosso aig la casa bianca: oltraggioso
( da "Tirreno, Il" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare
il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i
dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano proprio nel
dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari "tossici" alla
radice del terremoto economico.
UNA GRANDE incertezza
continua a dominare l'evoluzione e soprattutto le prospettive del...
( da "Messaggero, Il"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziaria che ha investito
l'intera economia mondiale. Il cuore della crisi in atto resta nei dissesti
delle maggiori banche e istituzioni finanziarie e la perdurante paralisi che né
conseguita dei mercati finanziari. Finché non si riuscirà a trovare una
soluzione efficace per riavviare il motore dell'intermediazione finanziaria,
Svizzera, nessuna fuga di
capitali ( da "Sole
24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: mercati finanziari. Lo scarto a
favore della piazza svizzera è dato probabilmente dal mix di investimenti, in
cui l'azionario spesso non è maggio-ritario, ma confermerebbe secondo gli
esperti la stabilità di fondo della presenza di capitali. D'altro canto, le
stime del Boston Consulting Group continuano ad indicare la Svizzera come la
maggior piazza di gestione di capitali off shore,
Flussi finanziari.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Complice anche la crisi finanziaria
che sta facendo rivedere strategie d'investimento e fuga dagli emergenti (vedi
le difficoltà dell'est Europa). Ma dove andrà questa montagna di denaro in fuga
dagli ex Paradisi fiscali? In cerca di stabilità dice un operatore che vuole
restare anonimo: prima regola è restare liquidi;
Bilanci bancari da
ripulire ( da "Sole
24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: pompare sempre più soldi
nell'economia quando la fiducia non è stata ancora stabilita sui mercati
finanziari ». Stessa linea dalla francese Christine Lagarde. Il direttore del
Fondo monetario, Dominique Strauss-Kahn, ha sostenuto che, se gli impegni di
stimolo per il 2009 vanno bene, bisogna però assicurare che lo stesso avvenga
nel 2010.
Lavoro da riformare
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: perché vedono che i governi
nazionali privilegiano il "protezionismo politico", cioè comportamenti
non cooperativi in Europa, con intenti populisti in patria. Gli esiti economici
sono nulli o autolesionistici, come in un perfetto "dilemma del
prigioniero" su scala europea. Gli altri Paesi possono forse limitarsi ad
aprire gli ombrelli e aspettare che la grandine finisca.
Berna potrebbe innescare
una corsa alle svalutazioni ( da "Sole
24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 2009-03-15 - pag: 7 autore: LENTE
D'INGRANDIMENTO Protezionismo valutario Berna potrebbe innescare una corsa alle
svalutazioni di Riccardo Sorrentino C hi sarà il prossimo? La decisione della
Banca nazionale svizzera di intervenire sulla valuta troppo forte per
combattere il rischio di deflazione minaccia di essere imitata.
Borse, tutto il tonfo in
cinque giorni ( da "Sole
24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La riprova la stiamo avendo in
questa grande crisi finanziaria, che sta sconvolgendo usi e abitudini
consolidate. Sui mercati azionari stiamo vivendo da qualche mese a questa parte
una concentrazione di volatilità terrificante. Certo, più o meno tutti sapevamo
che in Borsa si corrono dei rischi.
Moratoria per i premi
letterari ( da "Sole
24 Ore, Il" del 16-03-2009)
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Crisi
Abstract: Per fermare il tracollo dei mercati
finanziari qualcuno è arrivatoa proporre la chiusura delle Borse. Idea bislacca
e suicida, in un'economia globale.Ma chiudere per dodici mesi la Borsa
letteraria non sarebbe la fine del mondo. Col pretesto della crisi si tagliano
i fondi a musei e teatri , perché continuare a elargire denaro a libri e autori
troppo spesso mediocri?
Biden a sorpresa <Negli
Usa cresce la fiducia> ( da "Corriere
della Sera" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a mostrare un pizzico di ottimismo
in più e a dirsi sicuro del fatto che la crisi sarà superata e che «usciremo da
questo buco nel quale siamo finiti». Ci sono segni — ha detto Biden (foto) —
che sta crescendo la fiducia dei cittadini sull'abilità dell'amministrazione di
contrastare la crisi finanziaria. «La fiducia dei consumatori è leggermente su.
Le tesi
( da "Corriere della Sera"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il rallentamento globale, dice, «è
senza precedenti» Eurolandia e Usa I Paesi Ue più esposti sono quelli «con
banche troppo grandi per essere salvate» o «con grande debito pubblico».
Critiche agli Usa: «ritardi e passi falsi» nell'affrontare la crisi finanziaria
A proposito di economia e
finanza, noto che la frase non me ne intendo pare meno grave d...
( da "Unita, L'" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: intendessero gli esperti che ci
hanno raccontato le sorti luminose e progressive del mercato per anni e anni.
Saranno per casi gli stessi esperti che fanno le analisi oggi, che incoraggiano
e blandiscono, che dicono «coraggio, passerà»? Mi chiedo ogni tanto se ci sia
differenza tra questi arguti «esperti» dei mercati finanziari e le tanto
vituperate astrologhe e fattucchiere da rotocalco,
Asse Cisl-Uil sul fisco,
Epifani... ( da "Giornale.it,
Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dopo la crisi finanziaria,
l?export, fondamentale per la nostra economia, sentirà i morsi della flessione
dello sviluppo globale. Primo obiettivo diventerà tenere vivo il tessuto
industriale assicurando innanzitutto il credito. è dunque saggia la scelta di
sostenere la solidità del sistema del credito anche con l?
"Attenti alle trappole
del... ( da "Giornale.it,
Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: testo Rossi spiega che Keynes aveva
anticipato le questioni poste adesso dalla crisi finanziaria, e che insomma si
deve tornare all?idea keynesiana di un governo mondiale del mercato. Nel farlo
se la prende però con una serie di illustri economisti (tra i quali diversi
Nobel) che hanno interpretato il pensiero di Keynes (nel volume pubblicato
negli Usa, Revisiting Keynes, Mit Press,
La politica degli
spotmostra le prime crepe ( da "Secolo
XIX, Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: immagine riflessa della crisi
finanziaria, che procede a una velocità maggiore rispetto alle soluzioni
escogitate dai governi, la situazione in Pakistan peggiora a un ritmo maggiore
di quello che possono sostenere i deputati alle decisioni politiche. Il dato
più preoccupante di questa crisi in continuo sviluppo è il vuoto di comando in
Pakistan,
Ai senza lavoro 1,8
miliardi dalle Regioni ( da "Sole
24 Ore, Il (Del Lunedi)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: garanzia che interviene nel caso di
imprese fallite o in crisi finanziaria, incapaci di anticipare l'indennità ai
propri dipendenti. Previsti inoltre contributi fino a 4mila euro per le aziende
che assumono lavoratori dalle liste di mobilità o per chi assolda giovani
laureati. Il Consiglio regionale del Lazio, invece, ha approvato una legge per
istituire il reddito minimo garantito:
Oggi dall'Istat il dato
sui prezzi al consumo di febbraio
( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi finanziaria: le proposte
dell'Aiaf per riportare fiducia sui mercati”. Presso la sede, via Dante 9,
Milano (ore 11,30). Titoli di Stato Regolamento dell'asta di titoli a
medio-lungo termine. Mercoledì 18 marzo Produzione industriale L'Istat comunica
i dati sull'andamento della produzione industriale a gennaio (
Paradisi fiscali, comincia
la fuga dei capitali ( da "Corriere
Economia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: comincia la fuga dei capitali Crisi
finanziaria e l' attacco Ue-Usa al segreto bancario rilanciano i vantaggi di
investire in Paesi sicuri icaizzi@corriere.it 'allentamento del segreto
bancario e la paura di rischi ormai troppo alti stanno generando fughe di
capitali dai paradisi fiscali verso Paesi più sicuri.
Invece i salari vanno
aumentati ( da "Corriere
Economia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: alla creazione di tardivi sistemi
di welfare o di sostegno sociale, mentre le ombre del protezionismo si fanno
ogni giorno più forti proprio per l'effetto scatenante di tale paradigma.
Intanto la depressione si fa mondiale. L'Europa dell'Est è sull'orlo del
crollo. Eppure pochissimi si pongono i problemi delle cause non soltanto
finanziarie della crisi.
<Il rating? Ha una
buona pagella> ( da "Corriere
Economia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: degli avvenimenti che hanno scosso
i mercati finanziari, abbiamo sollecitato, ascoltato e riflettuto e stiamo
adottando misure per rafforzare i processi di rating e fornire maggiori
informazioni. Cerchiamo di chiarire alcuni punti. L'identikit Il rating è
un'opinione sull'affidabilità creditizia, espressa, nella maggior parte dei
casi, come probabilità relativa che si verifichi un'
E se in marzo finisse la
bolla del ribasso?\n ( da "Corriere
Economia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Andando a ritroso nella storia dei
mercati finanziari, il mese di marzo si è sempre contraddistinto per essere un
periodo molto favorevole al verificarsi di eventi di carattere straordinario.
Meglio non stupirsi quindi se Wall Street e le Borse Europee sono rimbalzate
del 15%, dopo alcune sedute terrificanti che le avevano portate ai minimi degli
ultimi 13 anni.
Il piano di Elettrodata
per affrontare la crisi ( da "Vnunet.it"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: technology in particolare stanno
attraversando un periodo di crisi, legato alla situazione finanziaria
internazionale, e all'instabilità e alla riduzione dei consumi che questa ha
provocato. Visto il perdurare di questa condizione, siamo stati costretti a
ricorrere a un programma di riorganizzazione dell'azienda che comprende uno
strumento di supporto come la cassa integrazione",
"Le mie Fs batteranno
l'aereo" ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: azienda prima che arrivasse la
crisi finanziaria. Se non lo avessimo fatto saremmo stati travolti. Abbiamo
raggiunto un mol pari a quello di Sncf che però ha un fatturato quattro volte
il nostro. Sull?ultima riga del bilancio pesano però i 9 miliardi di debiti che
abbiamo ereditato e che assorbono quasi per intero i 430 milioni di Ebit».
Stimoli o regole? Usa e Ue
divisi alla meta del G20 ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: gli europei sono disposti a dire di
sì al raddoppio dei fondi da mettere a disposizione del FMI per il sostegno
alle economie più in crisi, il problema di un ulteriore impegno finanziario per
stimolare l'economia, visto da Bruxelles, non si pone nemmeno. Si pone invece,
e con forte urgenza, la questione di arrivare ad una regolamentazione condivisa
del mercato finanziario globale.
Il cambiamento nella
pubblicità porta sempre più il segno del web I PROTAGONISTI
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Non solo per uscire dalla crisi
finanziaria, ma per inventare un nuovo modo di comunicare. E? stato il leit
motiv del summit "Tutto cambia. Cambiamo tutto" organizzato dall?Upa
e da AssoComunicazione. «Se non dobbiamo cambiare proprio tutto, dobbiamo
cambiare l?approccio, il modo di pensare e il modo di rendere efficiente ogni
comunicazione»,
I piani di Bondi per il
suo 'tesoretto' ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è che qualcuno degli hedge
azionisti a corto di liquidità per la crisi finanziaria riesca a raccogliere il
consenso necessario per convocare un?assemblea straordinaria (ci hanno già
provato in passato) pretendendo la distribuzione sotto forma di maxidividendo
degli 1,1 miliardi in contanti conservati ? investiti in Bot ?
La via italiana al private
equity ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Valentino: tante le vittime
illustri della crisi finanziaria, trascinate in basso dai debiti, zavorre
costruite facendo leva su operazioni finanziarie rischiose. Casi che hanno
fatto riaccendere i riflettori sul mondo dei private equity, protagonista di
operazioni di acquisizione "leveraged", con forte indebitamento.
Ripensare la fabbrica del
futuro un nuovo modello per uscire dalla crisi
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ai tempi della crisi finanziaria
che ha messo in ginocchio la "old economy" italiana a Pisa, presso la
Cascina Pontedera, si celebra il Festival dell?industria, Manifutura, una cinque
giorni (1721 marzo) di dibattiti e appuntamenti promossa da Nens, il think tank
coordinato da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco.
Le banche
"riscoprono" il territorio
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: difficoltà economiche derivanti
dalla crisi finanziaria internazionale ? dice il segretario generale di
Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno, le banche popolari hanno chiuso il
preconsuntivo 2008 rafforzando il sostegno al territorio, nella fedeltà ai
valori della cooperazione e della solidarietà, e sono state premiate dalla
clientela, con un incremento delle proprie quote di mercato»
Alti costi e privati in
fuga Il "rinascimento nucleare" resta ancora una chimera IL PUNTO /
E' difficilissimo quantificare la spesa finale, che resta comunque pesantissima
tanto ch ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il problema è che la crisi
finanziaria ha finito per peggiorare una situazione già estremamente critica
per il settore nucleare», osserva Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr e
coautore del libro «Energia per l?astronave Terra». «Negli ultimi 30 anni oltre
la metà dei finanziamenti concessi dai governi alla ricerca energetica sono
andati al nucleare,
Risultati 2008 impattati
dalla crisi per il Gruppo Bulgari
( da "FashionTimes.it"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: seguito alla crisi finanziaria e
alla caduta delle Borse mondiali, ha impattato molto negativamente i risultati
dell?intero anno. Anche il 2009 sarà un anno molto difficile in cui ci
focalizzeremo - oltre che sul lancio di nuovi prodotti in tutte le categorie
merceologiche - su un controllo delle spese ancora più rigoroso per rendere il
Gruppo sempre più efficiente.
AIG, ai manager 165
milioni in bonus per il 2008 ( da "KataWebFinanza"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma il presidente del gruppo
assicurativo, Edward Liddy, ha comunicato alle autorit che la compagnia
legalmente obbligata a versare ai dirigenti i superbonus, per accordi presi
prima della crisi finanziaria, che ha portato la compagnia sull'orlo del
fallimento. 16/03/2009 - 08:35
Aiuti statali ad Aig.
Lawrence Summers:"E' una vicenda oltraggiosa"
( da "AmericaOggi Online"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare
il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i
dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i prodotti
finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui
immobiliari 'tossici'
AIG ...meccanismi
infernali! pag.1 ( da "Trend-online"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I bonus erano stati stabiliti prima
della crisi finanziaria che ha travolto il gruppo e andavano saldati entro
ieri. La compagnia ha provato a contattare alcuni principi del foro, nella
speranza di trovare qualche scappatoia legale, ma i contratti si sono dimostrati
a prova di cavilli.
Il segreto bancario e'
sempre meno segreto ( da "Miaeconomia"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: queste piazze finanziere off-shore
potrebbero essere imputate di essere tra i responsabili della crisi finanziaria
ed economica. Per quell?incontro, inoltre, Francia e Germania si sono gia?
impegnate a creare un ?meccanismo di sanzioni? per ottenere una lista di quei
Paesi che non si dimostrano cooperativi in materia fiscale. Nell?elenco, che l?
Verso il G20: leader
studiano impegno comune per trasparenza contabile
( da "BlueTG online"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria di questi mesi,
riverberatasi in una crisi economica. Ma per tornare a crescere occorrerà prima
recuperare la stabilità dei mercati finanziari e per questo è necessaria
ristabilire la fiducia. Ed ecco che secondo molti osservatori i venti vorranno
concludere il meeting londinese lanciando un preciso segnale con una
dichiarazione congiunta che chieda alle banche
Euforia anche a Wall
Street: future su">Borse, Bernanke scatena il Toro Euforia anche a Wall
Street: future su ( da "Affari
Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dare una scossa alle Borse e ad
alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta
finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo
cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari,
in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha
consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa.
Crisi, Governo malese
revoca visto lavoro a cittadini Bangladesh
( da "Velino.it, Il"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: risposta precauzionale di fronte
alla crescente e diffusa preoccupazione della Malesia nei riguardi della crisi
finanziaria che sta dilagando in molti paesi, Asia compresa. Lo scorso gennaio,
il Governo malese aveva già proibito l?assunzione di nuovi lavoratori stranieri
in Malesia, come risposta alla prospettiva ipotizzata della scomparsa, a breve
termine, di 45 mila posti di lavoro.
OBAMA DORME DOPO AVER PERSO
61 MLD $ E RICEVUTO 170 MLD $ DI AIUTI IL COLOSSO DELLE ASSICURAZIONI AIG
REGALA AI SUOI DIRIGENTI 165 MLN $ IN BONUS LIDDY: "MANI LEGATE DAI CONTRA
( da "Dagospia.com" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prima della crisi finanziaria che
ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato
costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti.
Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile
per ridurre la entità di questi bonus in futuro».
Forbes, Gates torna in
testa alla classifica dei più ricchi
( da "Repubblica.it"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La graduatoria risente della crisi
finanziaria che ha colpito i mercati mondiali: il magazine ha verificato che il
numero dei miliardari del pianeta si è ridotto di almeno un terzo nell'ultimo
anno e che i patrimoni di chi ancora figura nell'elenco si sono ridimensionati.
G20, NESSUNA RICETTA
MAGICA CONTRO CRISI FINANZIARIA ( da "Wall
Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziario che ha causato la
crisi. Il summit si trova così diviso tra due obiettivi: quello di breve
termine di stabilizzare i mercati e l'economia e quello di lungo periodo di non
consentire il ripetersi della crisi. Per quello di breve, Annunziata giudica
molto importante l'impegno a fornire maggiori risorse alle economie dei mercati
emergenti in un momento in cui gran parte
16/03/2009 12:42 SCOR :
Standard & Poor's upgrades SCOR to "A"
( da "ITnews.it" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria a livello
finanziario e operativo. SCOR è riuscito a ripristinare la solidità finanziaria
e a ridurre e diversificare il profilo di rischio. S&P ritiene inoltre
l'aumento delle tariffe registrato con i rinnovi di polizze di riassicurazione
di gennaio contribuirà a confermare i risultati del gruppo e dovrebbe
permettere di controbilanciare in parte il calo del rendimento
G20, nessuna ricetta
magica contro crisi finanziaria ( da "Reuters
Italia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: combattimento di Washington contro
gli attivi tossici da cui la crisi è partita e con i quali continuerà ad
alimentarsi fino a quando resteranno nei bilanci delle banche. "Restiamo
appesi alla speranza che gli Usa trovino finalmente la ricetta magica per riportare
la fiducia nel settore finanziario e che lo facciano presto", dice Marco
Annunziata, chief economist di UniCredit a Londra.
Berlusconi a
Marcegaglia<Diamo soldi verissimi>
( da "Sicilia, La" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a versare i bonus concordati con i
dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria. Un
aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono
quelli che lavorano per i Prodotti finanziari dell'Aig, cioè proprio il
dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari «tossici» alla radice del
terremoto economico.
MARCO TORIELLO I MEDIA
AMERICANI L'HANNO DEFINITA UNA MOSSA INSOLITA, UN EVENTO PIù UNI...
( da "Mattino, Il (Benevento)"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Bernanke ha parlato della bufera
finanziaria, dal fallimento di Lehman Brothers fino alle ultime misure che la
stessa Fed ha messo in campo per contrastare la crisi. Il banchiere centrale ha
provato a rassicurare la comunità economica americana come già aveva fatto
martedì scorso, in un intervento a Washington.
Le banche fanno volare
Piazza Affari">Borse, Bernanke scatena il Toro Le banche fanno volare
Piazza Affari ( da "Affari
Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dare una scossa alle Borse e ad
alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta
finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo
cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari,
in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha
consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa.
La burocrazia non frena il
fotovoltaico italiano ( da "Affari
Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria globale poi
sta determinando un ritardo nel raggiungimento di quegli obiettivi fissati dal
Conto energia a 1200 Mw installati che dovrebbero essere raggiunti nel 2010,
considerando che nel 2008 si sono superati i 300 Mw installati, con un
considerevole aumento rispetto ai 120 circa del 2007,
Argentina-Brasile, giovedì
Cristina incontra Lula ( da "Velino.it,
Il" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: divergenza che ha provocato un
innalzamento della tensione tra due delle potenze della regione, tra le più
colpite dalla crisi finanziaria internazionale. La competizione nella lotta
alla recessione ha portato a porre sempre più attenzione alle relazioni con gli
Stati Uniti del nuovo presidente Barack Obama, dal quale il subcontinente si
aspetta un cambio di rotta nelle relazioni con l?
Argentina, elezioni e
agricoltori: settimana chiave per Cristina
( da "Velino.it, Il"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: emorragia di consensi provocata
dalla crisi finanziaria internazionale e dallo scontro con gli agricoltori,
costringe gli alleati titubanti a fare una scelta di campo. La “presidenta” si
espone al rischio di una sconfitta che renderebbe i successivi due anni di
presidenza, il mandato scade nel 2011, estremamente complicati.
Bilancio 2008 negativo per
Austrian Airlines ( da "TravelQuotidiano.com"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la crisi finanziaria e il
conseguente crollo della domanda hanno influito pesantemente sui risultati del
2008 del gruppo Austrian Airlines. Se da una parte il dato del traffico
passeggeri è rimasto relativamente stabile con un totale di 10,7 milioni, i
ricavi sono stati 2,36 miliardi di euro, in leggera flessione sul 2007.
Le mani dello Stato sulle
banche ( da "Napoli.com"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: della Ragione La disastrosa crisi
finanziaria che ha sconvolto le borse di tutto il mondo ed ha provocato un
collasso dell?economia planetaria ha indotto i governi, sia negli Stati Uniti
che in Europa, ad intervenire attivamente sul mercato nazionalizzando numerose
banche, un comportamento contrario ai principi basilari del capitalismo che ha
spaventato gli investitori tradizionali,
La crisi finanziaria
scatena il malcontento in Europa ( da "Reuters
Italia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria globale ha
suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci
sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria. Ecco
alcuni dettagli: BOSNIA - Il Parlamento croato-musulmano della Bosnia ha cancellato
la sessione prevista per il 26 febbraio piuttosto che affrontare i manifestanti
che protestavano contro i piani per il
"La botta sul fondo è
già stata data"">Borse, Bernanke scatena il Toro "La botta
sul fondo è già stata data" ( da "Affari
Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dare una scossa alle Borse e ad
alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta
finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo
cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari,
in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha
consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa.
Crisi. Bernake. Nessun
'29. Ripresa nel 2010 ( da "AmericaOggi
Online" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: oltre alle misure per ripristinare
il funzionamento dei mercati finanziari''. NO A ERRORI PASSATO,RAFFORZARE
VIGILANZA - ''Non ripetere gli errori del passato, all'origine della crisi
attuale, migliorando i controlli sul sistema finanziario'': e' il messaggio del
commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, in vista del
G20 di Londra del prossimo 2 aprile.
CARAIBI & FISCO, CHE
DUPLEX I PARADISI DELLA FINANZA OFF-SHORE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI - MENTRE LE
CASSEFORTI EUROPEE SCRICCHIOLANO, DALLE CAYMAN AD ANTIGUA IL SEGRETO BANCARIO
( da "Dagospia.com" del
16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di fronte alla più grave crisi
finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia
mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati
come responsabili di aver favorrito operazioni torbide senza alcun controllo e
di aver fatto proliferare l'evasione fiscale.
La crisi incide sui conti
2008 del Gruppo Austrian ( da "GuidaViaggi.it"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I costi del carburante, la crisi
finanziaria e il crollo della domanda hanno influito negativamente sui
risultati 2008 del Gruppo Austrian. L?Ebit è diminuito in modo significativo
passando dai 42,1 milioni di euro del 2007 ai -312,1 milioni di euro del 2008.
Questo risultato è dovuto principalmente all?
LA CRISI FINANZIARIA
SCATENA IL MALCONTENTO IN EUROPA ( da "Wall
Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria scatena il
malcontento in Europa -->(Reuters) - La crisi finanziaria globale ha
suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci
sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria.
##Iran/ Elezioni: Riformisti
e conservatori verso governo ( da "Virgilio
Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nonostante la propaganda ufficiale
minimizzi gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia del Paese,
resta chiaro, per al Hayat, che la teocrazia non sa più come fronteggiare
l'inflazione (28%) e la disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani sotto
i trent'anni (il 40% dei 70 milioni di abitanti).
Nucleare/ Estonia rilancia
centrale Baltico: pronti a ( da "Virgilio
Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria che ha poi
colpito in maniera particolare Estonia e Lettonia, sembra aver escluso almeno
per il momento una rapida messa in opera del progetto. Vilnius comunque tenta
di salvare il salvabile, visto che entro il 2009 dovrà - così come chiesto
dall'Ue - definitivamente spegnere l'attuale Ignalina,
CRISI: STUDIO UE SU AUTO,
RISCHIO BANCAROTTE ( da "Wall
Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi: studio Ue su auto, rischio
bancarotte di ANSA Da gennaio vendite gia' diminuite di 3,5 milioni di veicoli
-->(ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria
stanno avendo 'un impatto devastante' sull' industria dell'auto.
Crisi: studio Ue su auto,
rischio bancarotte ( da "Trend-online"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi: studio Ue su auto, rischio
bancarotte ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 16.03.2009
19:35 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) -
BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo 'un
impatto devastante' sull' industria dell'auto.
Usa/ Barack Obama, giovedì
ospite speciale Tonight Show Jay...
( da "Virgilio Notizie"
del 16-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Soprattutto, "in un momento in
cui la crisi finanziaria prosegue e (Obama stesso) fa fronte ai problemi
dell'economia". Il presidente però ha già deciso e partirà dopodomani alla
volta di Los Angeles. Al momento non si sa che il suo intervento sarà in diretta
o registrato.
( da "Stampa, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
DOMANI IL CONSIGLIO
DI PIAZZA CORDUSIO, VENERDÌ TOCCA A CA' DE SASS Unicredit e Intesa alla prova
dei conti Settimana cruciale per Unicredit e Intesa Sanpaolo. Domani è infatti
previsto il consiglio dell'istituto di piazza Cordusio che esaminerà i conti del
2008 e valuterà l'emissione dei considetti Tremonti bond. Il giorno dopo,
mercoledì 18 marzo, l'amministratore delegato Alessandro Profumo sarà a Londra per presentare i risultati alla comunità finanziaria. Per fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi,
l'istituto di Piazza Cordusio dovrebbe esaminare nel cda di martedì la
richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata Bank Austria, alla
quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est, per la quale sono già
stati avviati con le autorità austriache. Le cifre circolate nei giorni
scorsi parlano di una richiesta tra i 2,5-3 miliardi di euro a Vienna, che si
aggiunge al miliardo atteso in Italia con il possibile ricorso a un'emissione
di Tremonti Bond. Venerdì 20 marzo sarà invece la volta di Intesa di riunire i
consigli per l'approvazione dei risultati e dare il via anch'essa, come
confermato da Corrado Passera nei giorni scorsi, all'emissione dei Tremonti
bond. L'istituto ha già detto, annunciando i risultati del terzo trimestre, di
voler rinunciare a distribuire dividendi in contanti per il 2008 per rafforzare
rapidamente i coefficienti patrimoniali.
( da "Stampa, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Premi alla divisione
che ha investito sui mutui subprime sfiorando il crac [FIRMA]MARCO SODANO Dopo
aver perso 61 miliardi - di dollari nel corso del 2008, e - sopratutto - dopo aver
ricevuto 170 miliardi dal soccorso del governo americano per sopravvivere allo
tsunami della finanza, il colosso Usa delle assicurazioni Aig si prepara a
distribuire ai suoi dirigenti 165 milioni di dollari in bonus. Il dipartimento
del Tesoro ha reagito con durezza. Il consigliere economico del presidente
Larry Summers ha detto che tutto ciò è «oltraggioso», il segretario al Tesoro
Timothy Geithner ha parlato di decisione «inaccettabile», e il presidente il
presidente della commissione finanziaria della Camera
Barney Frank ha aggiunto: «Dobbiamo capire se questi bonus possano essere
recuperati in qualche modo». Risposta: picche. Il governo americano dovrà
accettare l'oltraggio. Il presidente di Aig Edward Liddy ha spiegato in una
lettera che «francamente le mani di Aig sono legate». Ha autorizzato la
liquidazione «con disgusto e difficoltà» perché non può fare altrimenti. I
bonus, ha spiegato il presidente, erano stati contrattati con i dipendenti
all'inizio del 2008, prima della crisi
finanziaria che ha travolto la società. La legge
obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato costretto ad ammettere: «Siamo un
paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare
contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di
questi bonus in futuro». Lo stesso Geithner, dopo aver analizzato la
vicenda, s'è arreso: martedì aveva chiesto alla società di bloccare i
pagamenti, poi s'è accorto di non avere il potere per farlo. Dovrà
accontentarsi dell'impegno preso da Liddy a ridurre del 30% i premi del
prossimo anno. Il numero di Aig, per uscire dall'imbarazzo, ha annunciato un
piano di austerity: dal canto suo rinuncerà alle sue spettanze del
( da "Giornale di Brescia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione: 16/03/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano CRITICHE DAL TESORO
AMERICANO Aig, aiuti pubblici Usa usati per premi ai dirigenti Il Tesoro Usa ha
tentato invano di bloccare la decisione del gigante delle assicurazioni Aig,
che ha ricevuto 170 miliardi di dollari di aiuti federali per evitare il
fallimento, di distribuire circa 165 milioni di dollari di bonus ai suoi
dirigenti. Larry Summers, consigliere economico del presidente Obama, ha
definito «oltraggiosa» questa decisione. Il Tesoro ha chiesto alla Aig di
bloccare questi pagamenti. Ma il presidente dell'Aig Edward
Liddy ha informato le autorità Usa che la compagnia è legalmente obbligata a
pagare entro oggi i premi ai dirigenti in base ad accordi stabiliti ben prima
della crisi finanziaria che
ha portato la compagnia sull'orlo del fallimento. L'Aig ha comunque promesso
alle autorità americane che, per quanto riguarda il futuro, i premi ai
dirigenti saranno notevolmente ridotti.
( da "Cittadino, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Polemica per i bonus
concessi ad Aig Obama li boccia, ma saranno pagati n «Oltraggioso». Esponenti
dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito con sdegno alla
rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di
dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti
con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del tesoro Timothy Geithner
aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il
pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è «legalmente
obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto
ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale
della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano
per i Prodotti Finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha
investito sui mutui immobiliari "tossici" alla radice del
terremoto economico. «É una vicenda oltraggiosa - ha commentato oggi Lawrence
Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama - ma siamo un paese
che rispetta le leggi e i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti
già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi
bonus». L'Aig è stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di
salvataggio varato dal Tesoro per tamponare la falla creata nei mercati
finanziari dalla vicenda dei mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il
Tesoro, dopo avere chiesto all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla
conclusione di non avere i poteri per impedire il pagamento dei premi, che
dovevano essere liquidati entro ieri.
( da "Arena, L'" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Lunedì 16 Marzo 2009
NAZIONALE Pagina 6 Il capitalismo? Oggi dipende ... dalla Cina Al termine dei
nove giorni annuali di sessione del Assemblea del popolo cinese, il parlamento
di Pechino, l'unica voce autorizzata a svelarne i contenuti e le decisioni è
stata quella del primo ministro Wen Jiabao. Non era però
sconosciuta l'agenda incentrata sulla crisi
finanziaria ed economica, e sui rischi di
destabilizzazione interna ad essa connessi. I numeri della crisi sono allarmanti anche in Cina.
Nell'ultimo mese contabile l'import ha subito una flessione del 24,1 per cento,
rispetto allo stesso mese del 2008 mentre le export è calato del 25.
Preoccupa Pechino anche la sua esposizione finanziaria
negli Stati Uniti dove la Cina ha investito in titoli pubblici oltre duemila miliardi
di dollari delle sue riserve di valuta estera. Infine, la crescita del Pil a
febbraio s'è assestata intorno all'8 per cento: soglia che gli analisti
considerano, in rapporto alla popolazione, al limite della crescita zero sotto
cui cessa il processo di ridistribuzione della ricchezza che, finora, ha
beneficiato essenzialmente i centri urbani garantendo la pace sociale. Jiabao,
rispetto al piano d'investimenti da 586 miliardi di dollari annunciato in
novembre come stimolo alla ripresa, ha precisato che 173 miliardi andranno a
nuove infrastrutture, al sistema socio-sanitario, ad opere ambientali e
all'innovazione tecnologica. I vertici pensano così, da un lato, di creare
nuova occupazione e, dall'altro, di contenere il malessere di chi è stato escluso
dalla crescita economica, e degli oltre 10 milioni di lavoratori che hanno
perso il posto negli ultimi mesi. Il premier, in un'insolita conferenza stampa
(quasi due ore per sole sei domande), non ha mancato di assicurare che
nonostante la grave situazione mondiale la Cina riuscirà quest'anno a centrare
un obiettivo di crescita dell'8 per cento e che il governo è pronto ad ogni
altra misura per stimolare crescita e occupazione. Un messaggio per rassicurare
sia i cinesi sia la comunità internazionale. Il ministro del Commercio, Chen
Deming, aveva infatti pubblicamente svelato i timori del regime: «Se la
crescita dovesse ulteriormente rallentare, le possibilità di rivolte popolare
aumenterebbero». Jiabao ha voluto poi rassicurare i Paesi del G20 che si riuniranno
a Londra il 2 aprile. Tutti sono ormai consci che le uniche possibilità di
uscire entro il 2010 dall'attuale contesto macroeconomico dipendono dalla Cina
e, in parte, dall'India. Da un lato, solo se il G20 riuscirà a concordare un
piano d'azione comune e da attuare contestualmente in tutte le maggiori
economie del pianeta sarà possibile fermare la crisi e
nel medio periodo rivitalizzare l'economia. Dall'altro, solo la tenuta
dell'economia cinese e di quella indiana, insieme alla loro piena collaborazione
nel G20, può far sperare in una ripresa dei mercati. La Storia riserva un'altra
amara e tragica ironia: oggi le sorti del capitalismo sembrano dipendere da
un'economia capitalista di mercato coniugata a un regime di pianificazione di
stampo marxista.
( da "ItaliaOggi Sette" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi Sette
Numero 063 pag. 201 del 16/3/2009 | Indietro
Superconsulenze salva-sportelli AVVOCATI OGGI Di Roberto Altesi Ecco tutte le
law firm che stanno consigliando e affiancando i maggiori
istituti bancari italiani per irrobustirgli il capitale Banche sull'orlo di una
crisi di nervi. E in cerca
di liquidità. A raccontarlo solo qualche mese fa, i più avrebbero preso per
pazzo chi avesse affermato qualcosa del genere. Invece la crisi finanziaria sta mettendo alle
corde proprio quelle istituzioni che hanno nel loro Dna, secondo [...]
Costo Punti per Abbonati: 0 - Costo Punti per Registrati: 4
( da "Repubblica, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 22 - Commenti
La merkel e il sogno di churchill (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Ma nessuno
desiderava neppure il socialismo di Stato per i ricchi e il neoliberismo per i
poveri, che improvvisamente ci ritroviamo. Nello scorso autunno, quando il
fallimento delle banche strappò finalmente anche l´Unione Europea dalla sua
attività preferita, ossia l´autocontemplazione, pensai: «Mio Dio, che
opportunità!». La crisi
finanziaria globale che si aggravava sembrava fatta
apposta per l´Unione Europea. Di fronte alla globalità della crisi che si dispiega in modo
inesorabile i percorsi solitari nazionali sono chiaramente inefficaci, anzi,
controproducenti. E i personaggi chiave della politica europea ? il
presidente francese Sarkozy e perfino l´euroscettico premier britannico Gordon
Brown, per non parlare dell´europea-per-forza Angela Merkel ?sembravano vedere
e presentare pubblicamente le cose proprio in questo modo. Chi, se non l´Unione
Europea, possiede l´esperienza per gestire le interdipendenze globali e per contemperare
gli interessi nazionali impegnandosi in vista di un interesse comune
sovranazionale? Il presidente francese Sarkozy propose, in sorprendente
sintonia con il premier britannico Gordon Brown, un´estensione delle competenze
di politica economica dell´Unione Europea. Tuttavia questa proposta incontrò,
in modo non meno sorprendente, il deciso rifiuto della cancelliera Merkel ?
europea esemplare ? , rifiuto sostenuto da quasi tutti i pubblici commentatori
tedeschi. Analogamente, di colpo tutta l´attenzione tornò a concentrarsi
esclusivamente sulla consistenza e il contenuto degli interventi di salvataggio
nazionali e su come essi potessero essere accelerati dai parlamenti. Così
facendo, si commetteva l´errore marchiano di trascurare l´insegnamento della grande
depressione degli anni Trenta, e cioè che il ritorno ? come per riflesso
condizionato ? all´idillio nazionale è fatale e non fa che contribuire al
realizzarsi di ciò che incombe, ossia il crollo dell´economia mondiale. Noi
barcolliamo da uno scenario inimmaginabile all´altro. Inimmaginabili quantità
di miliardi di dollari, sterline, euro sono stati a quanto pare ?
inimmaginabilmente ? polverizzati. Comunque, la valanga dell´inimmaginabile
catastrofe economica mondiale procede inarrestabile. La disoccupazione esplode
su scala globale. Le onde d´urto delle tensioni sociali e della xenofobia già
scuotono l´Europa. Ed ora, culmine dell´inimmaginabilità, improvvisamente anche
lo spettro degli Stati falliti si aggira per l´Unione Europea, paradiso del
benessere e della sicurezza. La crisi ha preso in
contropiede la periferia dell´Unione Europea, e precisamente i nuovi membri e i
membri-modello dell´Europa orientale. Questi Paesi che hanno sopportato le
riforme finora realizzate dell´Ue si sentono ora ingannati e piantati in asso
anche dal sistema capitalistico, come prima lo erano stati dal sistema
comunista. Avevano appena ricevuto un plauso per aver applicato le
"pratiche migliori" e adesso queste pratiche si rivelano come le
peggiori. Anche se questi Paesi si dimostrano vulnerabili in misura assai
diversa, lo shock e la delusione sono enormi. Forse violenti. E i seduttori
populisti di destra si strofinano le mani. La crisi
strutturale dell´Europa, nella quale siamo scivolati, solleva impietosamente la
questione della giustificazione dell´esistenza: Cos´"è", cosa vuole
essere l´Unione Europea? A che scopo, dunque, l´Unione Europea? Al di là dei
discorsi celebrativi con le loro grandi visioni c´è una risposta plausibile
alla semplice domanda su perché dovremmo avere un´Unione Europea? O forse il
rinnovamento della risposta e del senso della Ue sta proprio nella crisi finanziaria? Sì, è così. Se non ci fosse l´Unione
Europea, occorrerebbe inventarla e fondarla oggi. Chi nel nostro angolo di
società mondiale del rischio vuole riacquistare sovranità deve volere l´Europa,
pensare l´Europa, diventare Europa. O, per dirla in termini più generali:
l´unità d´azione politica nell´era cosmopolitica non è più la nazione, ma la
regione. Un nazionalismo reciproco, come quello che hanno in mente i pragmatici
europei di tutti i giorni, è la soluzione? Esso presuppone che ogni Stato abbia
l´autonomia e il dovere di regolare i propri problemi finanziari.
Nello stesso tempo ciascuna nazione deve riconoscere la sovranità delle altre,
così da evitare che le conseguenze negative delle proprie decisioni ricadano su
di esse. Questo modo di vedere si basa su tre princìpi: parità di diritti,
piani di intervento concordati e responsabilità reciproca. Ad essi si aggiunge
un quarto principio: è severamente vietato ampliare le competenze dell´Ue in
materia di politica economica. Questo modello di nazionalismo reciproco può
funzionare in tempi di vacche grasse, ma in tempi di crisi
non può che fallire. Nessun Paese è abbastanza forte da tirare gli altri fuori
dal pantano. Nello stesso tempo è fin troppo evidente che tutti sono
interconnessi: se un Paese fa bancarotta, trascina con sé gli altri. Tuttavia,
finora non c´è una politica finanziaria comune, una
politica fiscale comune, una politica industriale comune, una politica sociale
comune per contrastare efficacemente le conseguenze della crisi
finanziaria che minacciano il mercato comune. E chi rifiuta questo
sovrappiù di Europa divenuto ormai storicamente necessario ? e perciò danneggia
tutto e tutti ? , è proprio la cancelliera federale tedesca Angela Merkel. I
suoi modelli, i cancellieri della Cdu ed europei-tedeschi Adenauer e Kohl,
avrebbero fatto della crisi l´occasione per rilanciare
l´Europa. E quindi avrebbero vinto le elezioni. Infatti, oggi l´investimento
nel futuro dell´Europa di fronte ai costi davvero inimmaginabili della
recessione promette non solo un incredibile guadagno, ma soprattutto una
speranza in tempi oscuri ? ovvero, con le parole di Churchill: «Felicità senza
confini». In estrema sintesi, o più Europa o niente Europa. Questo imperativo
del fallimento possibile fonda la speranza à la baisse: solo una Ue rinnovata
dalla crisi può essere credibile ed efficace a livello
globale nell´esigere la regolazione dei mercati finanziari,
in sintonia con la nuova apertura al mondo dell´America di Obama. Già il
vertice dei venti più importanti Stati industriali del prossimo aprile potrebbe
realizzare la svolta verso questa realpolitik cosmopolitica. Traduzione di
Carlo Sandrelli L´autore ha scritto con Edgar Grande, "L´Europa
cosmopolita", trad. it. di C. Sandrelli, Carocci, Roma 2006
( da "Messaggero Veneto, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 3 - Attualità
Unicredit e Intesa verso i bond Banche MILANO. Agenda fitta in settimana per le
due maggiori banche italiane, con la riunione degli organi societari sia di
Unicredit sia di Intesa Sanpaolo per l'approvazione dei risultati d'esercizio e
la valutazione sul ricorso agli aiuti pubblici con i cosiddetti Tremonti Bond,
che sicuramente, come ha anticipato l'amministratore delegato di Ca dè Sass,
Corrado Passera, saranno all'esame del consiglio di gestione per l'ok alla
richiesta. Ad aprire le danze sarà Unicredit domani con la riunione del
consiglio di amministrazione. Martedì scorso si sono già riuniti i diversi
comitati interni della banca, compreso quello strategico e quello nomine, per
preparare la riunione. Non sembra però sia già stata fatta una valutazione
dettagliata sul ricorso ai bond del Tesoro, come pure una discussione sui nomi
dei candidati per la lista del nuovo consiglio di amministrazione, che dovrà
invece essere messa a punto per fine mese in vista dell'assemblea di fine
aprile. L'attesa sui risultati della banca elaborati in base alle stime di 22
analisti indica che Unicredit terminerà l'anno con un utile di 3,77 miliardi di
euro (era di 4 miliardi l'obiettivo indicato), e in flessione del 36,7%
rispetto al 2007. Il giorno dopo, mercoledì, l'amministratore
delegato Alessandro Profumo sarà a Londra per presentare i risultati alla
comunità finanziaria. Per
fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi, l'istituto di piazza Cordusio dovrebbe esaminare
nel cda di martedì la richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata
Bank Austria, alla quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est.
Contatti informali sono comunque già stati avviati con le autorità austriache.
( da "Repubblica, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 5 - Economia
Il denaro stampato Gli stipendi d´oro Il presidente Fed tranquillizza gli
americani: "La recessione finirà nel 2009, ma la disoccupazione
aumenta" Bernanke va in tv e fa l´ottimista "Il rischio-depressione è
alle spalle" è vero, dalla Zecca è uscito molto denaro. Dovevamo farlo.
Presto ritireremo le scorte, appena il quadro migliorerà L´epoca di chi viveva
una vita al di sopra dei propri mezzi è finita. Le banche usino le loro risorse
con responsabilità e umiltà WASHINGTON - Quando un anno fa, Scott Pelley,
giornalista della trasmissione "60 Minutes" della Cbs, chiese di
intervistare il presidente della Federal Reserve gli risposero con una risata:
«Per tradizione non dà interviste». Poi c´è stato il crollo del sistema finanziario, la recessione e piani straordinari di
salvataggio dell´economia che non erano neppure immaginabili. Ieri sera il
governatore Ben Bernanke era di fronte alle telecamere di "60
Minutes": ha accettato, ha spiegato, perché la situazione è eccezionale e
aveva bisogno di parlare direttamente all´America. Il presidente della Fed ha cercato
di rassicurare il Paese e di giustificare le centinaia di miliardi di dollari
spesi per salvare banche e assicurazioni, spiegando che la ripresa ci sarà solo
quando si saranno stabilizzati i mercati finanziari.
Bernanke racconta che c´è stato il rischio di una nuova Grande Depressione e
che all´inizio di ottobre eravamo davvero vicinissimi al disfacimento del
sistema finanziario mondiale. Ora però è fiducioso che
l´uscita dal tunnel ci potrà essere all´inizio del prossimo anno, ma nel
frattempo la disoccupazione potrebbe superare il 10%. Ecco parte
dell´intervista andata in onda ieri sera. Quando finirà la crisi? «Molto dipende dal sistema finanziario. La storia insegna che finché il sistema finanziario è in crisi non può esserci
una ripresa economica sostenuta. Abbiamo assistito a qualche progresso nei mercati finanziari, ma finché non
saranno stabilizzati e non torneranno a funzionare normalmente, non vedremo
alcuna ripresa. Abbiamo però predisposto un piano e credo che riusciremo
a stabilizzare la situazione, così da porre fine alla recessione già da
quest´anno, con ogni probabilità. A partire dal prossimo anno, quindi, dovremmo
assistere alla ripresa». Quindi pensa che la recessione avrà fine quest´anno.
«Sì, nel senso che la crisi inizierà a rallentare, assisteremo a una sorta di
stasi. Non torneremo subito alla piena occupazione, ma mi auguro che alla fine
di queste crisi così pesanti dell´ultimo paio di trimestri, la recessione si
arresti». La disoccupazione al momento è intorno all´8,1%. Potrà superare la
soglia del 10? «é difficile fare previsioni veritiere e sapere fin dove
arriveremo. Di sicuro la disoccupazione è in aumento. Le perdite di posti di
lavoro sono state molto ingenti. Senza dubbio la disoccupazione peggiorerà, ma
se riusciremo a stabilizzare il sistema finanziario,
inizieremo a vedere un rallentamento della crisi. Alla fine quella
stabilizzazione costituirà la base per la ripresa». Secondo lei non stiamo
avviandoci inesorabilmente a una nuova depressione americana. «Credo che
abbiamo scampato questo pericolo, che ormai è alle spalle. Il vero problema
adesso è rimettere a regime tutto quanto come si deve». Dalla zecca è uscito
altro denaro? «Effettivamente sì, dovevamo farlo, perché la nostra economia è molto
debole e l´inflazione è molto bassa. Quando l´economia inizierà a riprendersi
sarà giunto il momento di mettere in atto quei programmi, alzare i tassi di
interesse, ridurre le scorte di denaro e assicurarci che la ripresa non porti
con sé l´inflazione». Molte persone non capiscono perché ci siano tanti
programmi di intervento per salvataggi in extremis. C´è la percezione che si
tratti di interventi tampone, che non arrivano alla radice del problema. «Nel
primo periodo della crisi ci sono stati i mutui subprime e altri asset tossici.
Adesso siamo nel pieno di una seconda fase, quella di forte indebolimento
dell´economia. Debolezza significa che alcuni dei tentativi fatti inizialmente
per stabilizzare le banche si sono rivelati insufficienti e che siamo dovuti
intervenire per fare di più». Non trova oltraggioso che le banche continuino a
pagare bonus dopo essere state salvate con i soldi pubblici? «L´epoca di chi
viveva una vita al di sopra dei propri mezzi è finita. Oltre tutto, le banche
devono essere responsabili, usare in modo costruttivo i loro soldi, avere un
ragionevole senso di umiltà e trarre insegnamento da quanto è accaduto in
questi ultimi 18 mesi». Quali saranno i primi segnali di una ripresa? «Un segno
potrebbe essere per una grossa banca avere successo nel mettere insieme private
equity. Per il momento tutti i finanziamenti privati sono per così dire in
attesa. E´ come se dicessero: "Non conosciamo il valore di queste banche.
Non sappiamo se sono stabili"». (traduzione di Anna Bissanti - copyright
60 minutes/Cbs)
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Esteri Pagina 109
Stati Uniti. Il gigante assicurativo aveva ricevuto 170 miliardi di dollari.
«Comportamento oltraggioso» Premi ai vertici Aig, è bufera Stati Uniti.. Il
gigante assicurativo aveva ricevuto 170 miliardi di dollari. «Comportamento
oltraggioso» I bonus elergiti con gli aiuti ricevuti dallo Stato --> I bonus
elergiti con gli aiuti ricevuti dallo Stato WASHINGTON «Oltraggioso». Esponenti
dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla
rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di
dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti
con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del tesoro Timothy Geithner
aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il
pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è «legalmente
obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto
ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale
della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano
per i Prodotti Finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha
investito sui mutui immobiliari tossici alla radice del terremoto economico.
«È una vicenda oltraggiosa - ha commentato ieri Lawrence Summers, consigliere
economico del presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi
e i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo
tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus». L'Aig è stato finora
il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro per
tamponare la falla creata nei mercati finanziari dalla vicenda dei mutui
immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro, dopo avere chiesto all'Aig
di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di non avere i poteri per
impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere liquidati entro ieri. Ma
esponenti del Congresso si sono impegnati a modificare le leggi esistenti per
impedire il ripetersi di una vicenda definita oltraggiosa sia dalla Casa Bianca
sia dai membri democratici e repubblicani del Congresso. Il presidente dell'Aig
Liddy ha detto di avere «le mani legate» e di avere autorizzato il pagamento
dei bonus per 165 milioni di dollari «con disgusto e difficolta». In precedenza
i dirigenti dei Prodotti Finanziari della compagnia avevano già ricevuto bonus
per altri 55 milioni di dollari. L'Aig si è impegnata a ridurre del 30 per
cento i bonus spettanti ai dirigenti nei prossimi mesi del 2009. Inoltre Liddy
ed altri sei dirigenti della compagnia hanno fatto sapere di avere rinunciato
alle loro spettanze. Ma questo non diminuisce la rabbia della opinione pubblica
per l'uso fatto del denaro pubblico dalle compagnie salvate dal fallimento dai
fondi dei contribuenti. Un risentimento che rischia di essere indirizzato verso
l'amministrazione Obama che non avrebbe saputo impedire tale spreco di denaro
pubblico.
( da "marketpress.info" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Lunedì 16 Marzo 2009
FIAT MELFI, LA FIOM: RIASSUMERE I PRECARI LICENZIATI Melvf, 16 marzo 2009 - Si
è tenuta il 12 marzo la riunione dei delegati Fiom Cgil della Fiat Sata di
Melfi e dell?indotto alla quale ha partecipato il segretario Generale Fiom
Gianni Rinaldini, la segreteria regionale della Fiom, e Tonino Pepe. Segretario
regionale della Cgil di Basilicata. ?La riunione ? si legge in un comunicato
stampa - è servita a fare il punto sulle problematiche che la crisi finanziaria stà producendo sul settore industriale e
in particolare sul settore auto, dal punto di vista occupazionale e produttivo
nel sito di Melfi?. La Fiom Cgil considera ?negativamente l?atteggiamento
unilaterale della Direzione Aziendale e chiede alla Fiat: il mantenimento
dell?attuale modello organizzativo che può al suo interno assicurare le
produzioni richieste attraverso il bilanciamento delle produzioni su tutte e 2
le linee di produzione ripristinando anche le ?pause a scorrimento? e
ovviamente attraverso la riassunzione dei lavoratori interinali (350)
licenziati in Fiat e anche nell?indotto negli ultimi tempi sui quali vi era l?impegno
alla riassunzione al momento della ripresa produttiva; aprire il confronto
richiesto dal sindacato, che deve coinvolgere il governo Nazionale e Regionale
per la definizione di un progetto industriale chiaro per il futuro, quando
finiranno gli incentivi. Inoltre, la Fiom Cgil chiede alla Regione Basilicata
di attivarsi verso il Governo Nazionale anche attraverso la Conferenza Stato
Regioni affinché si arrivi alla convocazione di un tavolo di confronto che dia
certezze occupazionali e produttive nel nostro Paese anche attraverso il
coinvolgimento diretto del ruolo pubblico dello Stato così come già avviene in
Germania e in Francia?. . <<BACK
( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Lunedì
16 Marzo 2009 Chiudi La crisi finanziaria sta cancellando tanti posti di
lavoro nei negozi
( da "Eco di Bergamo, L'" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Scandalo Aig, bonus
milionari ai manager --> Lunedì 16 Marzo 2009 GENERALI, pagina 11 e-mail
print La sede dell´Aig LaPresse WASHINGTON«Oltraggioso». Esponenti
dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla
rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di
dollari dallo Stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti
con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del Tesoro Timothy Geithner
aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig, Edward Liddy, di bloccare il
pagamento. Ma Liddy ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a
versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto a
intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della
vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i
prodotti finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui
mutui immobiliari «tossici» alla radice del terremoto economico. «È una
vicenda oltraggiosa - ha commentato Lawrence Summers, consigliere economico del
presidente Barack Obama -, ma siamo un Paese che rispetta le leggi e i
contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati». L'Aig è
stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal
Tesoro per tamponare la falla creata nei mercati finanziari dalla vicenda dei
mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro, dopo avere chiesto
all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di non avere i poteri
per impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere liquidati entro ieri.
Ma esponenti del Congresso si sono impegnati a modificare le leggi esistenti
per impedire il ripetersi della vicenda. Liddy ha detto di avere «le mani
legate» e di avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di
dollari «con disgusto e difficoltà». 16/03/2009 nascosto-->
( da "Tirreno, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 5 - Attualità
Bonus ai dirigenti del colosso Aig La Casa Bianca: oltraggioso WASHINGTON.
«Oltraggioso». Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno
reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo AIG, che
ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha
premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del
tesoro Geithner aveva chiesto al presidente dell'AIG Edward Liddy di bloccare
il pagamento. Ma il presidente dell'AIG ha risposto che la compagnia è
«legalmente obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti nel 2008, prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto
ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale
della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano
proprio nel dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari
"tossici" alla radice del terremoto economico. «E' una vicenda
oltraggiosa - ha commentato Lawrence Summers, consigliere economico del
presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi ed i
contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo
tutto il possibile per ridurre l'entità dei bonus».
( da "Messaggero, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Lunedì 16 Marzo 2009
Chiudi di PAOLO GUERRIERI UNA GRANDE incertezza continua a dominare
l'evoluzione e soprattutto le prospettive della gravissima crisi economico-finanziaria che ha investito l'intera
economia mondiale. Il cuore della crisi in atto resta nei dissesti delle
maggiori banche e istituzioni finanziarie e la perdurante paralisi che né conseguita dei mercati finanziari. Finché non si
riuscirà a trovare una soluzione efficace per riavviare il motore
dell'intermediazione finanziaria, ai vari livelli, qualsiasi altro intervento rischierà
di essere vanificato. È chiaramente un problema globale ma la chiave per la sua
soluzione resta nelle mani degli Stati Uniti e della nuova Amministrazione del
presidente Obama. Anche perché non va dimenticato che sono stati gli eccessi e
le sregolatezze del mercato finanziario americano a
contribuire in maniera determinante al drammatico collasso dei mercati finanziari di tutto il mondo, sfociato poi nella
crisi recessiva di questi mesi. Al centro del problema c'è il nodo del
salvataggio di alcune fra le maggiori banche americane o attraverso la
nazionalizzazione o attraverso le cosiddette 'bad bank' su cui caricare le
pesanti perdite. In entrambi i casi si tratta di erogare ingenti risorse pubbliche
che secondo alcune stime dovranno fronteggiare perdite gigantesche stimabili ad
oggi intorno a 1.6-1.8 trilioni di dollari. A complicare le cose c'è il fatto
che sia il nuovo Ministro del Tesoro americano sia il team dei consiglieri
economici del presidente Obama hanno offerto finora risposte poco credibili, se
non addirittura confuse, al problema dei salvataggi delle banche aumentando
l'incertezza e le perdite sui mercati . Se questo
resta il nodo centrale e in qualche modo drammatico della crisi non può destare
che sincera sorpresa il clamore con cui nelle ultime settimane la stampa
anglossassone abbia ingigantito il rischio dei paesi dell'Europa
Centro-orientale additando il loro imminente collasso come un maremoto
destinato a travolgere l'intera Europa. Come ha ricordato il Presidente Romano
Prodi ieri su questo giornale si è voluta accreditare l'idea di uno sviluppo
fallimentare di un'intera area geoeconomica in quanto imperniato su eccessi di
spese pubbliche e disinvolti indebitamenti. Ma non è così. Almeno dal punto di
vista economico l'evoluzione dei paesi dell'Europa centro-orientale nell'ultimo
decennio ha prodotto in generale risultati positivi nel suo complesso anche se
distribuiti in maniera non uniforme all'interno dell'area. La maggior parte di
questi paesi ha realizzato in questi anni aggiustamenti strutturali di vasta
portata. Una conferma viene anche dalle performance economiche del gruppo di
queste economie, che hanno registrato fino all'anno scorso risultati davvero
positivi in termini sia di crescita sia di esportazioni. Dopo quelle dell'Asia
del Pacifico, sono risultate le più sostenute a livello mondiale, superiori a
quelle di tutte le altre aree emergenti. Poi, certo, è venuta la crisi globale
che sta avendo ripercussioni assai negative in questi Paesi, anche se in linea
con quanto sta avvenendo nella maggior parte delle altre aree emergenti. I casi
davvero gravi sono limitati a due o tre paesi mentre per il resto la natura e
dimensione dei problemi comporta rischi e richiede interventi che sono
certamente alla portata dell'Unione Europea. Nelle stime più attendibili si
parla di una necessità di risorse nel complesso modeste pari a circa 80-100
miliardi di euro e poi non va dimenticato che il peso economico dei paesi del
centro- est europeo è ancora trascurabile, pari a circa il 4,5 per cento del
Pil dell'area europea nel suo complesso. Certo tutto questo non significa
affatto sottostimare che per fronteggiare, tra gli altri, il fattore di rischio
dell'Est Europa si richiederanno all'Unione nei prossimi mesi interventi
rilevanti. A questo riguardo, il problema chiave da affrontare riguarda lo
scarso coordinamento delle misure e politiche finora intraprese dai paesi
europei. Al di là delle dichiarazioni di facciata, le misure sono state
adottate in modo largamente autonomo dai singoli paesi europei. Una logica
prettamente nazionale che andrà superata e corretta nell'immediato futuro
assumendo impegni e mettendo in atto capacità di intervento con un grado di
coordinamento ben maggiore di quanto è stato fatto finora. Anche perché le
potenzialità economiche dell'area dell'Europa centro-orientale restano ampie e
ancora da sfruttare.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 4 autore: Svizzera, nessuna
fuga di capitali Istituti pronti alla revisione del segreto bancario e ad
eventuali «scudi fiscali» Lino Terlizzi LUGANO Il day after dello storico
allentamento del segreto bancario in Svizzera è vissuto paradossalmente con
poche preoccupazioni: come se un dente dolorante fosse caduto. Il dente non era
tanto il segreto bancario in sè, che per alcuni aspetti rimane, quanto quello
della distinzione tra evasione fiscale e frode fiscale, che ormai non reggeva
più. La Svizzera, insieme alle altre principali piazze finanziarie,
ha ceduto all'offensiva di Usa ed Ue ed ha dichiarato che per i non residenti
toglierà il segreto bancario anche sull'evasione fiscale, in caso di richieste
motivate, con lo schema Ocse. Il passo richiederà tempo per essere applicato,
ma è fatto. Ora il Governo e le banche si muovono per prepararsi alla prossima
fase. A Londra, a margine delle riunioni del Fondo Monetario del G20, ieri il
ministro delle Finanze Hans-Rudolf Merz ha incontrato il premier britannico
Gordon Brown e quest'ultimo ha dichiarato che la Svizzera non dovrebbe entrare
a questo punto nella lista nera G20 dei paradisi fiscali. Se così sarà, Berna
avrà raggiunto il suo obiettivo più immediato. Le banche, dal canto loro,
guardano ora soprattutto a due tasselli del nuovo scenario in formazione: la
situazione delle entrate e delle uscite di capitali; l'eventualità di uno o più
scudio amnistie fiscali in Europa. L'impressione sulla piazza elvetica è che
negli ultimi mesi non vi siano state fughe di capitali e che nemmeno ora se ne
annuncino. C'è stata una redistribuzione interna alla piazza dei fondi in
uscita dal gigante in crisi Ubs. «Nel settore- dice Marco Netzer, presidente
del cda della ginevrina Banque Cramer, banca di gestione patrimoniale -
francamente non si vedono deflussi. Vista la situazione economica generale,
probabilmente non vi sono neppure grandi afflussi, direi che c'è stata una
certa stabilità. Una fuga di capitali nella prossima fase, dopo le decisioni
sullo schema Ocse, neppure la vedo. E poi, per andare dove? Anche le altre
piazze stanno aderendo allo stesso schema». Secondo i dati della Banca nazionale
svizzera, a fine 2008 la piazza elvetica gestiva patrimoni per 3822 miliardi di
franchi. C'è stata una contrazione del 27% rispetto a a fine 2007, rilevante ma
nettamente inferiore alla caduta dei mercati finanziari. Lo scarto a favore della piazza svizzera è dato probabilmente
dal mix di investimenti, in cui l'azionario spesso non è maggio-ritario, ma
confermerebbe secondo gli esperti la stabilità di fondo della presenza di
capitali. D'altro canto, le stime del Boston Consulting Group continuano ad indicare
la Svizzera come la maggior piazza di gestione di capitali off shore,
con una quota di mercato del 27 per cento. Resta il fatto che ora c'è un
allentamento senza precedenti dei meccanismi del segreto bancario. «Era
inevitabile un passo di questo tipo- risponde Alfredo Gysi, Ceo della banca
luganese BSI - e poi il segreto bancario inteso come discrezione a favore del
cliente, senza copertura dei reati, non sparirà. Diciamo anche un'altra cosa:
la piazza svizzera a questo punto prosegue su una via che aveva già iniziato,
quella della valorizzazione anche della professionalità, della capacità di
gestione». Le voci su più scudi fiscali nazionali o su uno scudo in sede di
Unione Europea a questo punto sono risorte, il momento potrebbe essere
propizio. Ma anche su questo versante molte banche elvetiche sembrano
preparate. «Abbiamo già visto di cosa si tratta nel caso dei due scudi fiscali
italiani e dell'amnistia tedesca - afferma Gysi - e quindi abbiamo già
affrontato quelle situazioni, mantenendo nel complesso le posizioni sul mercato
». Se le grandi e medie banche svizzere contano su filiali on shore all'estero,
in grado di raccogliere capitali rimpatriati, non altrettanto si può dire per
la galassia delle piccole banche di gestione. Un nuovo scudo non sarebbe dunque
un pericolo per queste ultime? «Non lo credo dice Netzer - e per due motivi:
anzitutto non tutti i clienti sono evasori, questa è una visione sbagliata;
poi, un'amnistia fiscale può anche voler dire riemersione di capitali che
vengono lasciati dove sono, come è già successo in passato». Certo, non è
facile per la Svizzera rinunciare ad un pezzo di segreto bancario, un elemento
che sta nel Dna non solo delle banche ma anche del Paese. Ma le banche avevano
già fiutato il vento. Ed aiuta il fatto che anche Lussemburgo, Austria, Monaco
e tante altre piazze facciano altrettanto. «Ormai- dice l'economista e storico
ticinese Remigio Ratti - il segreto bancario non è più un problema svizzero, è
internazionale. La distinzione tra evasione e frode fiscale non teneva più, il
cambiamento non si po-teva evitare. Ora non bisogna però esagerare nell'altra
direzione, occorre tutelare in modo equilibrato la privacy del risparmiatore.
Questa parte del segreto bancario va mantenuta». Le banche e la Confederazione
hanno fatto un passo indietro ed in fondo sapevano di doverlo fare. GYSI (BANCA
BSI) «Non sparirà l'elemento di segretezza e discrezione a favore del cliente,
cambierà l'approccio solo in presenza di reato»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 4 autore: Flussi finanziari.
Gli investitori parcheggiano la liquidità in bond governativi in attesa di
capire quali Paesi manterranno vantaggi fiscali Patrimoni verso nuove rotte
offshore Vittorio Da Rold Meno segreto bancario e discrezione in cambio di più
sicurezza e stabilità. Questa è la nuova parola d'ordine nel mondo della
finanza all'indomani della capitolazione delle principali fortezze europee del
segreto bancario (Svizzera, Austria, Lussemburgo, Liechtenstein), un duro colpo
che sta scuotendo alle fondamenta il mondo dei Paradisi fiscali, custodi
secondo il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, di assets offshore per
7mila miliardi di dollari. Se secondo l'Fmi nei paradisi fiscali passa il 50%
dei flussi finanziari mondiali, vi risiedono più di 4mila sedi di banche, i due
terzi degli hedge funds e oltre a due milioni di società ombra, (senza contare
che solo la Svizzera detiene 2mila miliardi di assets offshore, cioè quasi un
terzo del totale), il terremoto europeo sta provocando uno tsunami nei Caraibi,
Antille, Singapore e Hong Kong, un'onda lunga dalle conseguenze poco
prevedibili. Certo la promessa di maggior collaborazione svizzera – quando
cadrà la differenza tra frode ed evasione fiscale, una mossa che renderà più
facile avere l'aiuto del fisco elvetico –avrà effetti sulle decisioni degli
investitori in cerca di tranquillità nei caveau della Confederazione. Complice anche la crisi finanziaria che sta facendo rivedere strategie d'investimento e fuga dagli
emergenti (vedi le difficoltà dell'est Europa). Ma dove andrà questa montagna
di denaro in fuga dagli ex Paradisi fiscali? In cerca di stabilità dice un
operatore che vuole restare anonimo: prima regola è restare liquidi;
secondo cercare sicurezza a costo di perdere in segretezza. Questo il nuovo
"mantra" del private banking. Una parte sta andando nei T-Bond. I
flussi netti verso gli Usa, cioè la differenza tra acquisti e cessione di
titoli americani, secondo Barclays hanno raggiunto il record negli ultimi 4
mesi 2008:dall'estero sono entrati 140 miliardi di dollari netti. Situazione
simile in Europa: nel quarto trimestre 2008 nell'eurozona – dice la Banca
centrale di Francoforte – c'è stato un afflusso di investimenti di portafoglio
(in titoli) per 189 miliardi di euro. Che succede? Semplice: gli investitori
comprano sempre più titoli americani o europei dimostrando scarsa propensione
al rischio e vanno in cerca di porti sicuri.Addirittura tornano all'oro: solo
attraverso il maggior Etf (il Spdr Gold Shares) gli investitori hanno comprato,
da fine
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 5 autore: Bilanci bancari da
ripulire I Grandi «pronti a tutto» per far ripartire il credito e ristabilire
la fiducia Alessandro Merli HORSHAM. Dal nostro inviato Far ripartire il
credito. Ministri e governatori del G- 20, riuniti per due giorni nelle
campagne del Sussex, hanno indicato nella riapertura dei flussi creditizi
all'economia la priorità per far uscire il mondo dalla crisi più grave «da
generazioni», come l'ha definita il padrone di casa, il cancelliere britannico
Alistair Darling. Lasciando in secondo piano le divergenze transatlantiche della
vigilia sugli stimoli fiscali all'economia, i venti, che riuniscono le grandi
economie industriali ed emergenti e rappresentano l' 85% del Pil mondia-le, si
sono concentrati soprattutto sui lavori di «riparazione e ripresa » del sistema
finanziario. Il credito è bloccato, sia a livello
nazionale sia internazionale, e per far ripartire i flussi, il G-
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 5 autore: DALLA PRIMA Lavoro da
riformare A livello nazionale, un intervento ordinato di garanzie pubbliche al
credito alle piccole e medie imprese sarebbe certamente più utile di uno
scontro istituzionale tra Governo e Banca d'Italia. Quanto allo stimolo
fiscale, in Europa è stato più ampio di quanto si creda, in Germania vicino al
3,5%del Pil, ma l'assenza di coordinamento tra i Paesi ha fatto sì che ogni
governo - per paura di beneficiare i produttori di altri Paesi anziché i propri
- puntasse su stimoli interni e circoscritti, per esempio sussidi a categorie
locali, piani per le infrastrutture o per l'edilizia, o interventi ad hoc su
singoli stati di crisi, con tempi di esecuzione dilatati e bassi moltiplicatori
fiscali. Ma l'assurdità di ricorrere a risposte nazionali in una crisi globale
ha anche tolto credibilità agli interventi dei governi. Gli stimoli di politica
monetaria e fiscale sono stati finora inutili (e forse controproducenti) a causa
della "trappola della credibilità": imprese e famiglie non si fidano
delle scelte pubbliche, perché vedono che i governi
nazionali privilegiano il "protezionismo politico", cioè comportamenti non cooperativi in Europa,
con intenti populisti in patria. Gli esiti economici sono nulli o
autolesionistici, come in un perfetto "dilemma del prigioniero" su
scala europea. Gli altri Paesi possono forse limitarsi ad aprire gli ombrelli e
aspettare che la grandine finisca. E finirà: le crisi economiche che si
manifestano attraverso shock di incertezza nei sistemi finanziari creano enorme
volatilità ed effetti profondi sulle variabili reali, ma al tempo stesso,
proprio per l'importanza del canale finanziario (tanto demonizzato), hanno
effetti repentini anche quando si tratta di riaccendere i motori. Quando
l'incertezza finanziaria negli Stati Uniti calerà, l'intera macchina economica
potrà rimettersi in moto, benché con i freni tirati dai troppi debiti. Ma
all'Italia, viste le sofferenze attuali della sua base produttiva, attendere il
bel tempo non basterà. L'utilizzo delle risorse pubbliche dovrebbe essere
calibrato sulla capacità di agganciare lafutura ripresa della domanda globale
con politiche dal lato dell'offerta che migliorino la produttività, agendo sia
sul capitale sia sul lavoro. Ricorrere alle riforme strutturali anziché alla
spesa pubblica è già una richiesta sgradita a un governo italiano. Pretendere
che ciò avvenga senza favoritismi ai gruppi di pressione è ancora meno
familiare. Ma lavoratori, spesso privi di tutele, e imprese mani-fatturiere,
piccole e medie, che stavano riuscendo a riconquistare quote nel commercio
globale, sono al tempo stesso i più colpiti dalla crisi e le basi fondamentali
per agganciare la futura ripresa. Quei lavoratori e quelle imprese devono poter
completare il processo di trasformazione tecnologica e disporre di credito a
buon mercato che consenta di costruire un ponte solido per superare la
depressione della domanda. Sono ancora troppo timide sia le misure che rendono
meno gravosa la contribuzione sul costo del lavoro, sia i sostegni finanziari e
formativi a chi perde il posto, tali da rendere non solo tollerabili, ma anche
utili le ristrutturazioni delle imprese in una tempesta recessiva. Ma guardando
avanti c'è un altro potente interrogativo da porre al governo. Stiamo per
vivere una fase molto impegnativa dal punto di vista monetario. è legittimo sia
temere oggi la deflazione sia al tempo stesso prevedere tra qualche anno un
livello di inflazione più alto del normale. Proprio la storia della Grande
Depressione insegna che i Paesi che riescono a superare entrambe queste
difficili circostanze sono quelli che escono meglio dalla crisi. Per farlo sono
necessari due requisiti: da un lato trovare le risorse pubbliche per gestire socialmente
la necessaria flessibilità dei salari nominali e dall'altro contenere i salari
reali attraverso aumenti di produttività. Di fronte a una tale duplice sfida è
chiaro che l'Italia attualmente non dispone delle giuste risposte. Ma la
sensazione è che, annebbiata dal suo fumo polemico, non si stia ponendo nemmeno
le giuste domande. Carlo Bastasin carlo.bastasin@ilsole24ore.com
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-15 - pag: 7 autore: LENTE
D'INGRANDIMENTO Protezionismo valutario Berna potrebbe innescare una corsa alle
svalutazioni di Riccardo Sorrentino C hi sarà il prossimo? La decisione della
Banca nazionale svizzera di intervenire sulla valuta troppo forte per
combattere il rischio di deflazione minaccia di essere imitata. Con il
rischio di scatenare un'ondata di svalutazioni in competizione l'una con
l'altra. Come quelle - trentadue! - che si susseguirono durante gli anni 30.
Nessuno sa in realtà quanto questa opzione sia presa sul serio dalle autorità
monetarie. La Riksbank svedese, la più trasparente delle Banche centrali, ci ha
sicuramente pensato, ma la corona è già debole e il vice governatore Lars E.O.
Svensson che l'aveva proposta ha riconosciuto che l'adozione di un target di
cambio non è necessaria. Altri potrebbero ora pensarci. Gli investitori del
valutario sono quindi in allarme, e si guardano intorno per capire chi potrebbe
seguire questa strada. Il principale candidato è il Giappone, la cui Banca
centrale (la Boj) si riunisce martedì. «è già intervenuta sui cambi in passato
- ha spiegato alla Reuters Antje Praefcke di Commerzbank - e ha il grosso
problema di un export in rapido calo con una valuta molto forte». Il G-7 di
ottobre ha già autorizzato Tokyo a deprezzare lo yen e ora che i tassi sonoa
zero, la moneta potrebbe diventare uno strumento molto importante. Una
svalutazione è in realtà più indicata per un'economia piccola, anche se Tokyo è
sempre stata molto abile a guidare lo yen. Se gli occhi degli investitori sono
puntati soprattutto qui è perché la mossa di una grande economia come il
Giappone o Eurolandia - l'euro è ai massimi da due mesi sarebbe davvero
dirompente. «Una svalutazione competitiva non è verosimile, qui - spiega allora
Masahiro Sato della Mizuho Trust & Banking- perché il rischio di creare
tensioni commerciali è troppo grande. Una valuta più debole, poi non è necessariamente
un toccasana: potrebbe alimentare una fuga di capitali e il Giappone non vuole
assumersi questo rischio». Non tutti si sentono però rassicurati da queste
considerazioni. Le mosse della Svizzera, spiega il team di analisti della
Morgan Stanley, «saranno osservate con attenzione dai Paesi del G-10. Crediamo
che il tema delle svalutazioni competitive emergerà in questo ambito, una
situazione davvero inusuale ». I candidati? I Paesi con un passato di
interventi sulle valute, quelli che danno importanza al cambio nella loro
politica monetaria, e quelli che ormai hanno portato i tassi ai minimi. Quindi
di nuovo il Giappone e la Norvegia; poi, in misura minore, Australia e Nuova
Zelanda. Non sono pochi. «è forse presto parlare di una guerra valutaria nel G-10,
ma la posta in gioco è certamente aumentata», aggiunge Morgan Stanley. Il
rischio vero, in questa fase, è che ciascuno pensi per sé. Come se il mondo
fosse in tempi normali, quando un piccolo indebolimento del cambio può essere
considerato è uno strumento di politica monetaria analogo al taglio del costo
del denaro. Un deprezzamento «non è una svalutazione competitiva più di quanto
lo sia una riduzione dei tassi », ed è utile perché quando il costo del denaro
nominale è a zero, ha per esempio spiegato Svensson, aggiungendo che una valuta
in calo può avere, per gli altri Paesi, persino effetti positivi. Al vice
governatore svedese non è sfuggito che i grandi Paesi, come Eurolandia,
Giappone, Stati Uniti, non potrebbero svalutare uno dopo l'altro, e uno contro
l'altro, perché il gioco fallirebbe e le relazioni internazionali
diventerebbero inutilmente tese, vanificando gli sforzi di coordinamento.
Neanche le svalutazioni delle economie più piccole sono però senza conseguenze:
un deprezzamento del 10% del cambio corrisponde a una tariffa del 10% su tutto
l'import e a un sussidio del 10% su tutto l'export. Non sarebbe l'inizio di una
guerra commerciale ma neppure- durante una crisi globale - una decisione da
prendere a cuor leggero. riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com OCCHI PUNTATI SU
TOKYO Una moneta debole aiuta l'export ma può scatenare una guerra commerciale
vanificando gli sforzi di coordinamento
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: RISPARMIO E FAMIGLIA data: 2009-03-15 - pag: 20 autore: I CONTI IN
TASCA Borse, tutto il tonfo in cinque giorni ... di Marco Liera L' aveva già detto
Albert Einstein che per osservare bene i fenomeni bisogna partire dalle
eccezioni, non dalla norma. La riprova la stiamo avendo in
questa grande crisi finanziaria, che sta sconvolgendo usi e abitudini consolidate. Sui mercati
azionari stiamo vivendo da qualche mese a questa parte una concentrazione di
volatilità terrificante. Certo, più o meno tutti sapevamo che in Borsa si
corrono dei rischi. E per misurare questi rischi si usava solitamente la
distribuzione normale, o gaussiana: intuitivamente, guardando le possibili
variazioni a un giorno degli indici azionari, pensiamo che circa metà delle
volte queste variazioni si collochino su valori maggiori della media, e circa
metà su valori inferiori della media. Ci sia insomma una certa simmetria nella
distribuzione dei valori, con le variazioni più marcate (in negativo o in
positivo) progressivamente sempre più rare. Così, se la distribuzione dei
ritorni giornalieri fosse perfettamente simmetrica (normale), ci aspetteremmo
di trovare il 99,7% delle misurazioni nell'intervallo compreso tra la media
meno tre volte la deviazione standard e la media più tre volte la deviazione
standard. In realtà cosa è accaduto in questi ultimi, tormentatissimi cinque
anni? Secondo i calcoli di Nicola Zanella, che gestisce il sito internet
www.bondreali.it, è accaduto che le variazioni anomale o impreviste ( i
cosiddetti "cigni neri") sono state molto più numerose di quanto una
distribuzione normale avrebbe spinto a ritenere. Nel periodo considerato, sulla
base di una gaussiana, ci saremmo aspettati due sole variazioni giornaliere
peggiori della media aritmetica meno tre deviazioni standard, e due sole
variazioni giornaliere migliori della media aritmetica più tre deviazioni
standard. E invece, nelle Borse dei Paesi avanzati (indice Msci World) gli
eventi eccezionalmente negativi sono stati ben 19 e quelli eccezionalmente
positivi nove. Anche nelle Borse dei Paesi emergenti gli eventi eccezionali si
sono verificati con frequenza assai superiori alle attese "normali".
Ma in misura inferiore a quanto verificatosi nei Paesi avanzati. Un segno che
la crisi ha origine dalla civiltà occidentale? Forse.
Quel che è certo è che chi, cinque anni fa, avesse investito una unità di
valuta locale nelle Borse dei Paesi avanzati, oggi avrebbe 0,69. Se, con
preveggenza, si fosse risparmiato i cinque giorni peggiori (pari allo 0,38% del
totale), oggi avrebbe 0,96. Sarebbe quasi uscito indenne dalla grande crisi.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COPERTINA data: 2009-03-15 - pag: 25 autore: Contrappunto Moratoria
per i premi letterari C on Giuliano Soria, fondatore e padrone del Premio
Grinzane Cavour, noi della Domenica non siamo mai stati particolarmente teneri
quand'era sugli altari, e proprio per questo –ora che è finito nella polvere
–non ci uniamo al coro dei tanti che lo denigrano dopo averlo per anni
incensato e avere spesso beneficiato della sua faraonica ospitalità. In questa
terra di garantisti mercenari, pronti ad assolvere preventivamente i politici
collusi con la mafia,c'è qualcosa di osceno nell'accanimento dei media contro
quello che, allo stato degli atti, è ancora un semplice detenuto in attesa di
giudizio. A leggere i commenti di questi giorni, Soria sarebbe il Madoff della
cultura, e il suo Grinzane una sorta di Enron o di Parmalat letteraria.
Ammettiamo che sia vero e che le accuse vengano provate: ma perché deve essere
lui soloa pagare lo scotto di un sistema che ha goduto a lungo di così ampi
sostegni e connivenze? Ora che la bolla è scoppiata, politicie amministratori
locali, banchieri, sponsor, scrittori e giornalisti che affollavano le cene del
Grinzane sembrano colpiti da improvvisa amnesia. Perfino Carlo Fruttero, il cui
nome figura nell'albo dei premiati, dichiara candido al Corriere: «Non sapevo
da dove venisse, mi avevano detto che insegnava letteratura spagnola». Non
sapeva? Per un giallista di talento come lui, sarebbe bastato un rapido
supplemento di indagine. Due anni fa la bagarre del Viareggio (a proposito, che
neè stato?), adesso lo scandalo del Grinzane, mentre intorno allo Strega
tornano a volare accusee contumelie. Sono questioni diverse, che non vanno
messe sullo stesso piano. Ma forse è il momento difare un po'di chiarezza.
Daniele Del Giudice, uno scrittore che abbiamo sempre stimato, viene indicato
come il prossimo vincitore dello Strega. Nel 1997 aveva fatto scalpore
rifiutando il Campiello, dove era stato inserito in cinquina contro la sua
volontà. Perché non rinnova oggi quel gran rifiuto? Perché non chiede (e noi
con lui) una moratoria di un anno dei premi letterari? Per
fermare il tracollo dei mercati finanziari qualcuno è arrivatoa proporre la chiusura delle Borse. Idea
bislacca e suicida, in un'economia globale.Ma chiudere per dodici mesi la Borsa
letteraria non sarebbe la fine del mondo. Col pretesto della crisi si tagliano
i fondi a musei e teatri , perché continuare a elargire denaro a libri e autori
troppo spesso mediocri? Devolviamo quei milioni di euro a finalità
socialmente utili, magari per promuovere la traduzione all'estero di autori
italiani. Facciamo un bel repulisti degli «asset tossici» che inquinano le
patrie lettere. E ripartiamo con regole trasparenti, che premino chi davvero se
lo merita. http://riccardochiaberge. blog.ilsole24ore.com di Riccardo Chiaberge
Favorito. Lo scrittore Daniele Del Giudice, in corsa per lo Strega GRAZIA NERI
( da "Corriere della Sera" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-16 num: - pag: 2 categoria:
REDAZIONALE Crisi e Wall Street Biden a sorpresa «Negli Usa cresce la fiducia»
MILANO — Il vicepresidente americano l'ha chiamato «Obama factor». Ma non ha
avuto timori, la scorsa notte parlando con un cronista dell'Associated Press, a
mostrare un pizzico di ottimismo in più e a dirsi sicuro del fatto che la crisi sarà superata e che «usciremo da questo buco nel quale
siamo finiti». Ci sono segni — ha detto Biden (foto) — che sta crescendo la
fiducia dei cittadini sull'abilità dell'amministrazione di contrastare la crisi finanziaria. «La fiducia dei consumatori è leggermente
su. Wall Street è leggermente su. Possono scendere ancora ovviamente, ma i
cittadini stanno iniziando a capire che Obama ha una strategia», ha detto
Biden. è vero che la settimana appena trascorsa è stata la migliore per Wall
Street da novembre a questa parte. Ma è altrettanto vero che è forse l'unico
vero segnale positivo. L'incertezza sembra ancora regnare sovrana sulla
possibilità di superare la crisi economica che ormai è
tale in quasi ogni angolo del pianeta. Anche se l'enorme flusso di aiuti dei
governi dovrebbero iniziare a dare i loro frutti prima o poi.
( da "Corriere della Sera" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-16 num: - pag: 15 categoria:
BREVI Le tesi «Un sistema vulnerabile» Il documento «confidenziale»
Rallentamento globale Il recentissimo documento «di lavoro» è destinato a
governi e banche centrali e traccia la «vulnerabilità del sistema». Il rallentamento globale, dice, «è senza precedenti» Eurolandia e
Usa I Paesi Ue più esposti sono quelli «con banche troppo grandi per essere
salvate» o «con grande debito pubblico». Critiche agli Usa: «ritardi e passi
falsi» nell'affrontare la crisi finanziaria
( da "Unita, L'" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
A proposito di
economia e finanza, noto che la frase «non me ne intendo» pare meno grave di un
tempo. È vero, io non me ne intendo, ma da qualche mese mi chiedo se per caso
se ne intendessero gli esperti che ci hanno raccontato le
sorti luminose e progressive del mercato per anni e anni. Saranno per casi gli
stessi esperti che fanno le analisi oggi, che incoraggiano e blandiscono, che
dicono «coraggio, passerà»? Mi chiedo ogni tanto se ci sia differenza tra
questi arguti «esperti» dei mercati finanziari e le tanto vituperate astrologhe e fattucchiere da rotocalco,
l'oroscopo, insomma. Così, ascolto e trasecolo. L'altro giorno, sulle onde di
una radio ben addentro ai meccanismi dell'economia, per esempio, ho sentito
grandi note di ottimismo. Il ragionamento era più o meno questo: non bisogna
guardare a domani, ma ragionare per cicli. Tra vent'anni in Asia avremo due
miliardi di persone benestanti, e dunque le prospettive per il made in Italy
sono ottime. C'è da rallegrarsene, probabilmente. Eppure non so perché, il
ragionamento mi suona terribilmente cinico. Certo, per i soldi, i capitali, le
masse di denaro, gli investimenti, probabilmente una ventina d'anni sono un
tempo accettabile. Ma per le persone? Per le vite normali? Gli indicatori
dell'oggi - per chi non può aspettare vent'anni - non sono così buoni. I dati
di Telefono rosa pubblicati l'altro giorno da questo giornale (la situazione
economica come ulteriore detonatore delle violenze in famiglia), oppure le
cifre dell'aumento dei taccheggi nei supermercati,
oppure l'aumento del lavoro nero come seconda o terza occupazione per far
quadrare il bilancio familiare, sono anch'essi dati economici, o no? Forse no:
la crisi avrà cambiato molto, ma non l'attitudine degli esperti di finanza:
considerare il denaro più importante di chi lo produce lavorando.
( da "Giornale.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
n. 11 del 2009-03-16
pagina 5 Asse Cisl-Uil sul fisco, Epifani è più solo di Lodovico Festa L?Italia
affronta una fase di stretta nella quale, dopo la crisi
finanziaria, l?export, fondamentale per la nostra economia, sentirà i
morsi della flessione dello sviluppo globale. Primo obiettivo diventerà tenere
vivo il tessuto industriale assicurando innanzitutto il credito. è dunque
saggia la scelta di sostenere la solidità del sistema del credito anche con
l?intervento pubblico. Anche se è opportuno che le risorse dello Stato
indirizzate alle banche finiscano alla produzione e non a giochi finanziari dei
tipi alla Romain Zaleski: e se questo indirizzo non è in grado di favorirlo
Bankitalia, ben vengano i prefetti. Oggi è ragionevole la preoccupazione di un
saggio leader degli imprenditori come Emma Marcegaglia, si dovrebbe però evitare
di cedere ai nervosismi. è il momento dei nervi saldi. Se non ci si vuole
ispirare a Silvio Berlusconi, si dia ascolto a Barack Obama. Chi dà, in questo
senso, grande sensazione di concretezza è Raffaele Bonanni, leader della Cisl,
affiancato da Luigi Angeletti, della Uil: in un momento difficile potrebbe
venire la tentazione di giocare a «classe contro classe», di chiedere la
strizzatura fiscale di chi non ha un lavoro dipendente - come ancora accennano
Pier Luigi Bersani e Vicenzo Visco - invece i sindacati riformisti scelgono
proprio questo periodo per incontrarsi con la Confcommercio e proporre
un?alleanza per un fisco sì più equo, quindi con meno evasioni, ma non
persecutorio, che cioè non viene fatto funzionare con le torture inventate dal
governo Prodi, ma piuttosto grazie a concertazioni del tipo degli studi di
settore. è dal confronto con quel che propone il sindacalismo riformista che
emerge ancora di più lo sbandamento della Cgil. Ieri Guglielmo Epifani ha
chiesto alcune attenuanti generiche per i suoi comportamenti, spiegando come le
sue derive massimaliste servano ad assorbire scoppi di rabbia come quelli
esplosi in aree dell?Europa. Invece di contribuire a scelte concrete, a Corso
d?Italia ci si propone come una sorta di sfogatoio. Imponendo a un riformista
come Agostino Megale, della segreteria di Epifani, di chiedere che «si tassino
i ricchi». Anche nei periodi più duri, lo si coglie persino dal melodrammone
della Rai su Giuseppe di Vittorio, l?anima sindacale della Cgil ha cercato di
privilegiare la concretezza alla propaganda. Alla fine degli anni Sessanta il
segretario di allora, Agostino Novella, voleva una riforma delle pensioni che
non sballasse i conti pubblici com?è avvenuto con quella approvata perché il
Pci di Luigi Longo impose di scioperare. Nell?84 Luciano Lama e Bruno Trentin
si sarebbero accordati con Bettino Craxi per riformare la scala mobile in modo
da tagliare l?inflazione, fu Enrico Berlinguer a imporre la linea dura. Oggi
invece il vacuo massimalismo del «tassare i ricchi» trova d?accordo un Epifani
e un Dario Franceschini che non sanno come uscire dai loro schemi
propagandistici. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123
Milano
( da "Giornale.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
n. 11 del 2009-03-16
pagina 0 "Attenti alle trappole del gigione Keynes" di Paolo
Bracalini Michele Boldrin, economista liberale della Washington University di
St. Louis, mette in guardia dal mitizzare l?inventore della teoria generale
dell?occupazione, dell?interesse e della moneta: "Ha scritto tutto e il
contrario di tutto" Come spesso accade in tempo di crisi
economica, c?è chi torna all?idea di un governo mondiale dell?economia e al suo
padre nobile Keynes. Così fioccano le pubblicazioni sull?economista inglese.
Per citare alcune delle uscite più recenti: L?economia politica dopo Keynes
(Carocci), Rileggere Keynes. La lezione di John Maynard Keynes a 70 anni dalla
pubblicazione della «Teoria generale» (Giuffrè), Quel diavolo di Keynes,
Utet... Ultimo uscito e ben piazzato in classifica c?è poi c?è un testo del
1931 proprio di Keynes, una breve lezione del 1931 dal titolo Possibilità
economiche per i nostri nipoti (Adelphi, pagg. 52, euro 5,50) accompagnata da
un commento di Guido Rossi. Ora, in quel testo Rossi spiega che Keynes aveva
anticipato le questioni poste adesso dalla crisi finanziaria,
e che insomma si deve tornare all?idea keynesiana di un governo mondiale del
mercato. Nel farlo se la prende però con una serie di illustri economisti (tra
i quali diversi Nobel) che hanno interpretato il pensiero di Keynes (nel volume
pubblicato negli Usa, Revisiting Keynes, Mit Press, a cura di Lorenzo Pecchi e
Gustavo Piga), secondo lui in maniera errata. E la critica più pesante è andata
all?indirizzo di Michele Boldrin l?economista liberista della Washington
University in St. Louis. Abbiamo sentito proprio Michele Boldrin, il quale
difende le sue posizioni anti keynesiane e favorevoli alla libertà del mercato.
E solo a margine polemizza con Rossi: «Non solo non ha capito il contenuto del
nostro lavoro, ma non ha nemmeno capito Keynes. Mi riesce difficile
rispondergli». Professor Boldrin, ci provi. «Nel tentativo di far polemica,
Rossi si attacca a un paradosso che facciamo. Ovvero: il testo di Keynes
contiene alcune affermazioni giustificabili solo se si ignorano una serie di
cose banali, che noi elenchiamo. Rossi si picca del nostro atto di lesa maestà.
Così facendo, non si rende conto d?esser caduto in una classica “trappola
keynesiana”». Quale trappola? «Keynes era un intelligente gigione che scriveva
tanto e di qualsiasi tema gli venisse la voglia. Siccome amava aver ragione e,
soprattutto, amava épater le bourgeois, se ne usciva a volte con tesi ardite e
financo strampalate che poi argomentava usando i fatti e la logica a modo suo.
Era bravissimo a far questo, infatti incantò due generazioni. Ma proprio per
questo: è uno che ha detto tutto e il contrario di tutto. Gli studiosi di
Keynes questo lo sanno, ma Rossi sembra ignorarlo, s?inalbera di fronte alla
lesa maestà». Dunque non ha ragione Keynes a immaginare la necessità di un
Commonwealth mondiale che governi il mercato come sostiene Rossi? «Il
Commonwealth mondiale non vuol dire nulla. Cosa vuole che pensi delle
grandiosità più o meno socialistoidi di un commercialista di sinistra? A me
sembra un autodidatta confuso che, essendo potente per altre ragioni, scrive
cose incoerenti su qualsiasi tema gli aggradi». Lei dice che Keynes ha dato
risposte sbagliate a domande giuste. «Keynes, all?arrivo della Depressione, si
era posto le domande giuste: che cosa succede nel lungo periodo? Che cosa
implica il progresso tecnologico che risparmia lavoro? Come adattarsi all?innovazione
continua che distrugge le professioni esistenti e ne crea di nuove? Domande
molto acute, oltre che storicamente giuste». E le risposte? «Più che di
risposte sbagliate parliamo di “logica” erronea dietro le risposte. La logica è
viziata da una visione aristocratica e snobistica della natura umana, che lo
porta a elaborare argomenti assurdi». Bocciatura totale, dunque. Però nel breve
saggio di Keynes emerge anche una visione molto ottimistica del capitalismo.
C?è un Keynes pro-mercato? «Come le ho detto prima: in Keynes c?è tutto e il
contrario di tutto. Esistono centinaia di pagine di Keynes “pro mercato”! La
sua reazione alla crisi era molto pragmatica: lui
riteneva che, in certe circostanze, il sistema di mercato funzionasse male e
che fosse necessario l?intervento salvifico dei governi. Anche in questo caso
l?intuizione di base era corretta (in certe situazioni il sistema di mercato va
in tilt ed è necessario l?intervento pubblico per rimetterlo in sesto), ma la
logica sottostante e i meccanismi causali che descriveva erano confusissimi, e
spesso erronei. Su questo, consiglio i vostri lettori di seguire il dibattito
su nostro sito noisefromamerika.org». Insomma che cosa c?è da salvare e che
cosa da buttare nel modello di Keynes? «Tutto e niente. Per la semplice ragione
che non c?è un modello, né di sviluppo né di nulla. Il modello keynesiano non
esiste, perché lui se ne inventava uno diverso a seconda delle occasioni. Il
resto è un mito dovuto al fatto che la maggioranza delle persone che ne parlano
non l?hanno mai letto». Il capitalismo è in crisi? «Il
capitalismo vive e si evolve nella crisi. Senza crisi non c?è dinamica di crescita, non c?è concorrenza, non
c?è innovazione. Questo però non vuol dire che tutte le crisi
sono buone, né necessarie, né inevitabili. Questa è particolarmente cattiva ed
era anche particolarmente evitabile, con il senno di poi». © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Secolo XIX, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
La politica degli
spotmostra le prime crepe david bidussa La cordialità dei toni usati ieri
nell'intervento di Silvio Berlusconi a Cernobbio, al convegno di Confcommercio,
dovrebbe suggerire che non ci sono né conflitti né problemi nel rapporto tra
governo e Confindustria. Dovrebbe. In ogni caso le questioni aperte non riguardano
né il protocollo, né la cortesia. Coinvolgono la prospettiva politica e anche
la navigazione, tutt'altro che tranquilla verso il varo del Popolo delle
Libertà. Ma partiamo dalla fine. La risposta del presidente del Consiglio al
presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, non si è fatta attendere.
«Voglio dire a Emma Marcegaglia - ha affermato il premier parlando in
collegamento telefonico con il convegno di Rete Italia - che abbiamo dato soldi
verissimi per sostenere interi settori industriali, come per esempio
l'automobile». Vista come un botta-risposta, la replica sottolinea che
l'attuale presidente del Consiglio non perde tempo e ha argomenti pronti per
chiunque gli sottoponga con drammaticità e anche con urgenza questioni e
problemi. Ma è appunto un'impressione, perché in quel botta-risposta stanno
molte questioni che andrebbero valutate con attenzione e analizzarle invece
solo con la logica della "prestazione" aiuta ben poco a comprendere
che cosa accada realmente nel panorama economico e politico. Facciamo un passo
indietro. Sabato, intervenendo a Palermo al convegno biennale della piccola
industria, Emma Marcegaglia sottolinea la necessità che dal governo siano
intraprese azioni concrete di sostegno all'impresa. «Bene gli ammortizzatori
sociali, bene l'aumento dell'indennità ai cocopro. Ma c'è un'emergenza ancora
più fondamentale della disoccupazione. Se migliaia di piccole imprese chiudono
e spariscono, i disoccupati potranno anche avere tutti l'assegno di
disoccupazione ma poi non avranno dove tornare a lavorare». Da qui la domanda
di soldi veri. La risposta di Silvio Berlusconi insiste sul sostegno dato a
interi settori industriali e cita il caso dell'auto. Qualcosa in questo dialogo
a distanza non funziona. Proviamo a retrocedere di tre anni. È sabato 18 marzo
( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore del
lunedì sezione: ECONOMIA E IMPRESE LAVORO E C data: 2009-03-16 - pag: 20
autore: Welfare. Varati i piani per fronteggiare l'emergenza occupazionale: in
Lombardia il budget più elevato (400 milioni) Ai senza lavoro 1,8 miliardi
dalle Regioni Incentivi a chi riassume, redditi minimi garantiti e misure per
donne e giovani Francesca Barbieri In attesa della "spartizione"
degli 8 miliardi di euro previsti dall'accordo con il Governo del 12 febbraio
per gli ammortizzatori in deroga, le Regioni si mettono in moto per aiutare chi
è senza lavoro, o lo ha appena perso. I piani anticrisi
possono contare per adesso su 1,8 miliardi complessivi, in larga parte attinti
dal Fondo sociale europeo. Una sorta di anticipo dei 2,65 miliardi (i restanti
5,35 arriveranno dallo Stato) che il patto di un mese fa pone a carico delle
Regioni per il biennio 2009/2010, da investire nel mix di politiche attive e
sussidi al reddito. Due i filoni di intervento: da un lato le misure per
ridurre la disoccupazione e incentivare l'impiego delle cosiddette fasce deboli
(le donne in primis); dall'altro le azioni mirate su chi entra nel limbo della
cassa integrazione (per la mappa completa si vedano le schede in alto e a
destra). La platea dei potenziali beneficiari, intanto, si allarga a dismisura:
con la Cig vicina al picco del 1993 e oltre 370mila nuovi disoccupati negli
ultimi due mesi (+46% sul 2008), c'è il timore che le risorse siano
insufficienti. In Lombardia- la Regione con il budget più alto, 400 milioni- i
sindacati hanno lanciato l'allarme sull'esaurimento dei fondi per la cassa
integrazione in deroga. «Non stiamo perdendo un minuto - ribatte l'assessore al
lavoro Gianni Rossoni - nel recepire le richieste trasmesse dalle Province e
nel passarle all'Inps, che sta erogando il dovuto». I soldi per fronteggiare la
crisi, secondo Rossoni «ci sono, con l'assicurazione
che dal Ministero ne arriveranno presto ulteriori a valere sull'accordo del 12
febbraio». Per ora,però, dallo Stato arriva l'anticipo di 151 milioni diviso
tra tutte le Regioni. Le altre risorse saranno ripartite «dopo aver concluso
singoli accordi regionali, sulla base di un'impostazione quadro in corso di
definizione» ha detto il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi al Consiglio
dei ministri di venerdì scorso. Il Cdm ha dato il via libera a un pacchetto di
misure, anche per accelerare l'erogazione degli ammortizzatori sociali ( da 120
giorni a 20-
( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore del
lunedì sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-16 - pag: 11 autore: IN ITALIA
A CURADIBARBARANEPITELLI Oggi dall'Istat il dato sui prezzi al consumo di
febbraio Lunedì 16 marzo Ddl federalismo Inizia oggi nell'Aula della Camera
l'esame del Ddl delega sul federalismo fiscale. L'avvio della discussione sarà
preceduto dal dibattito sulla mozione del Pd sulla situazione economico-finanziaria degli Enti locali. Inflazione L'Istat rende noti
i dati sull'andamento dei prezzi al consumo a febbraio (ore 10). Industria Il
presidente di Confindustria Lombardia, Giuseppe Fontana, illustra il programma
degli Stati Generali 2009 dell'industria lombarda in programma il prossimo 23
marzo. Viale Petrarca 10, Monza (ore 14,30). Biotech Presentazione del rapporto
Blossom & CompanyAssobiotec sulle “Biotecnologie in Italia 2009. Analisi
strategica e finanziaria” Fieramilanocity, via
Gattamelata 1, Milano (ore 14,30). Titoli di Stato Regolamento dell'asta BoT.
Martedì 17 marzo Dl incentivi Inizia l'esame degli emendamenti al decreto legge
con gli incentivi per l'auto e altri settori nelle commissioni Finanze e
Attività produttive della Camera (ore 10,30). Ddl Comunitaria
( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere Economia -
NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 10 categoria:
REDAZIONALE Offshore a cura di Ivo Caizzi Paradisi fiscali, comincia la fuga dei capitali Crisi finanziaria e l' attacco Ue-Usa al segreto bancario rilanciano i vantaggi di
investire in Paesi sicuri icaizzi@corriere.it 'allentamento del segreto
bancario e la paura di rischi ormai troppo alti stanno generando fughe di
capitali dai paradisi fiscali verso Paesi più sicuri. Vari operatori
della finanza offshore ammettono informalmente solo tendenze iniziali di questo
esodo. Ma altre fonti bancarie ritengono che le somme coinvolte sarebbero già
imponenti, se si considera la stima riportata da vari media di oltre 11 mila
miliardi di dollari occultati dietro la riservatezza dei paradisi fiscali
(principalmente da esponenti degli ambienti finanziari, imprenditoriali,
politici, ecclesiastici e criminali). L'attacco dell'Unione europea e degli
Stati Uniti di Barack Obama alla «finanza grigia» viene giudicato dagli stessi
operatori delle piazze offshore «determinante» nello stimolare le fughe di
capitali. La settimana scorsa l'Europarlamento e i leader di Francia e
Germania, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, hanno chiesto di varare già nel
vertice G20 del 2 aprile prossimo a Londra un «pacchetto di sanzioni» contro i
Paesi che usano il segreto bancario per favorire l'evasione fiscale. Il Belgio
ha immediatamente annunciato la disponibilità a fornire informazioni sui
depositanti stranieri. Austria e Lussemburgo hanno fatto Agence France Presse
«aperture» per non restare gli unici membri Ue difensori della riservatezza sui
depositanti. Andorra e Liechtenstein si sono detti pronti a fornire
informazioni al fisco degli Stati stranieri. Perfino il governo svizzero ha
attenuato la sua storica rigidità. Un altro incentivo decisivo per invogliare
al fuggi- fuggi dai centri offshore viene dalla sempre più preoccupante crisi finanziaria, che fa temere l'insolvenza di banche in
tutto il mondo (soprattutto per le perdite da titoli tossici). I governi dei
vari Montecarlo, Bahamas o Cayman Islands non appaiono in grado di risarcire i
depositanti in caso di insolvenza a catena delle banche locali. Ad alto rischio
sono considerate molte entità finanziarie della Svizzera, del Lussemburgo e
della City di Londra, dove di fatto viene gestito il grosso delle attività
formalmente domiciliate nei paradisi fiscali. Tanti staterelli esotici con
regimi da «repubblica delle banane» potrebbero essere loro stessi travolti
dalla fine degli introiti delle attività offshore. In più molti banchieri dei
paradisi fiscali stanno da tempo scaricando le perdite da titoli tossici e da
altre speculazioni azzardate sulla clientela con «gestione fiduciaria del
patrimonio», spesso impossibilitata a protestare perché ha esportato i soldi
illegalmente (si tratta di evasori fiscali, politici e manager corrotti,
riciclatori di denaro sporco, ecc.). Vari fondi offshore hanno bloccato i
rimborsi. In questo clima di alti rischi, stangate e incertezze, chi può
abbandona Svizzera, Lussemburgo o Channel Islands per rifugiarsi nei Paesi
«normali », magari investendo su titoli di Stato a bassissimo rendimento, ma
che non vengono risucchiati dal tracollo di una banca, di un fondo speculativo
o di un intero paradiso fiscale . Attivo Nicholas Sarkozy vuole discutere il
tema al G20
( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
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NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 13 categoria:
REDAZIONALE Lavoro e compensi/2 Il fallimento del concetto di flessibilità
Invece i salari vanno aumentati L e certezze e le attese messianiche si
spengono. Tutti diventiamo più riflessivi dinanzi alla depressione economica in
corso. Ma, tuttavia, il dibattito non si fa vivace come dovrebbe, soprattutto
in Europa, che è nella bufera e che rimane uno dei continenti decisivi per
resistere alla crisi. In questo scenario fa veramente eccezione il bel
contributo di Giovanni Tamburi su questo giornale il 2 marzo scorso, quando
affronta il cuore del problema dal punto di vista dell'impresa industriale. Ma
è ancora un caso troppo raro. Eppure negli Usa, in Europa e in Asia e in Sud
America ci si sta confrontando con una crisi che peggiora di giorno in giorno
dal punto di vista della produzione, con esodi di massa dalle città nelle
campagne e con una disoccupazione che si farà sempre più pesante. Emerge un paradigma
che a me non convince: quello dell'intervento statale in tutte le sue forme:
dal sostegno all'indu-stria, alla creazione di tardivi
sistemi di welfare o di sostegno sociale, mentre le ombre del protezionismo si fanno ogni giorno più
forti proprio per l'effetto scatenante di tale paradigma. Intanto la
depressione si fa mondiale. L'Europa dell'Est è sull'orlo del crollo. Eppure
pochissimi si pongono i problemi delle cause non soltanto finanziarie della
crisi. Affiorano tuttavia taluni ripensamenti. Sono timidi, ma decisivi
e a mio parere occorre seguirli per percorrere non la via della continuità, ma
del ripensamento, invece, della crescita capitalistica sin qui seguita. Mi ha
colpito leggere, non sulla solita rivista accademica (lì non sarebbe stato possibile
per problemi ideologici, del resto), ma sul Financial Times del 23 febbraio del
2009, quello che un bravissimo studioso come Paul de Grauwe scriveva in merito
alla flessibilità e alla pochezza della massa salariale che da tale
flessibilità derivava e deriva sul piano dei mercati interni europei e
mondiali. è una questione, del resto, su cui spesso ho richiamato l'attenzione
anche qui in Italia, da riformista non pentito, ma senza successo. La tesi di
De Grauwe è quella secondo la quale in un sistema di economie aperte come le
nostre — e che vogliamo continuare ad avere — la ciclicità e l'instabilità del
capitalismo sono sempre dinanzi a noi per via degli eccessi di capacità
produttiva che si determinano costantemente per il restringimento della domanda.
La vertigine della crescita non è stata solo finanziaria, ma anche industriale.
E abbiamo creduto ciecamente alle tesi degli economisti per i quali i profitti
sarebbero aumentati grazie ai bassi salari. Per raggiungere questo obbiettivo
si è fatto di tutto. L'Italia in testa, con livelli salariali quasi da mondo in
via di sviluppo nei settori in cui la forza lavoro incide massicciamente sui
costi. Eppure la nostra produttività è sempre stata bassissima. Non solo: tutti
lamentavano la bassa crescita italiana rispetto all'Europa e , naturalmente,
agli Usa. Il basso saggio salariale non dovrà essere considerato una delle
cause di questa caduta dei profitti e di questa bassa produttività? La risposta
è immediata: bassi salari, bassa domanda, scarsa propensione agli investimenti
e ai profitti di lungo periodo. Per la produttività la risposta è più
complessa: bassa produttività non solo delle imprese, ma dell'intero paese per
i costi infrastrutturali, burocratici, ecc. Ma questo non era il mondo dove
tutti, da destra e da sinistra, gridavano a gran voce che bisognava rendere più
flessibile — ossia più precario e meno caro — il lavoro? Bei risultati: ora è
più flessibile il profitto, che in un sistema a economia aperta non può che
crescere grazie alla domanda aggregata e diminuire al diminuire di questa.
«Elementare, Watson!» si sarebbe detto trent'anni or sono, quando ancora si
poteva, senza timore di veder stroncata la carriera non solo accademica,
leggere non solo e non tanto Keynes, ma, per esempio, Michal Kalecki, un
geniale economista polacco che andrebbe ripubblicato e ristampato. Michele
Salvati e Carlo Boffito lo introdussero in Italia e fu una grande stagione, ma
se ne son perse le tracce, come del mio amato Hyman Minsky. Ora dalle colonne
del «giornale più bello del mondo», (il Financial Times , appunto) come lo
definiva Giovanni Agnelli, giungono messaggi inaspettati e in sintonia con quel
pensiero. Non sarebbe ora di fermarsi, raccoglierli, quei pensieri e di
riaprire vecchi ma sempre concettualmente nuovi libri, invece che seguitare a
fremere per ogni batter ciglio del presidente Obama? Voltiamo intellettualmente
pagina. è ciò che dovrebbero fare anche i vertici europei perché è proprio
l'Europa il continente in cui ci si dovrà confrontare con più forza sui
problemi salariali. Ed è sui salari che si fonderà la ripresa dei mercato
interno europeo. Abbiamo creduto che i profitti sarebbero aumentati grazie a
paghe basse. Per raggiungere questo obiettivo si è fatto di tutto di GIULIO
SAPELLI Docente di Storia economica Università Statale di Milano
( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
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NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 18 categoria:
REDAZIONALE L'intervento «Il rating? Ha una buona pagella» Le serie storiche DI
MARIA PIERDICCHI Head of Southern Europe Standard and Poor's S i è molto discusso
sul ruolo delle agenzie di rating e dell'efficacia delle loro azioni, ma gran
parte delle discussioni continua, a nostro giudizio, ad essere caratterizzata
da confusione. Consapevoli della gravità degli avvenimenti
che hanno scosso i mercati finanziari, abbiamo sollecitato, ascoltato e riflettuto e stiamo adottando
misure per rafforzare i processi di rating e fornire maggiori informazioni.
Cerchiamo di chiarire alcuni punti. L'identikit Il rating è un'opinione
sull'affidabilità creditizia, espressa, nella maggior parte dei casi, come
probabilità relativa che si verifichi un'insolvenza futura. I rating non
sono raccomandazioni ad acquistare, vendere o tenere un determinato titolo, né
indicatori di liquidità o volatilità. I rating di Standard & Poor's si basano
su un'analisi del rischio di credito incentrata sui fondamentali e per questo
motivo sono relativamente stabili; più stabili del prezzo di mercato di
obbligazioni o derivati di credito (credit default swaps) caratterizzati da
elevata volatilità e fortemente influenzati dal sentiment degli investitori,
dalla liquidità e da altre variabili. Tuttavia, i rating possono variare e
variano nel tempo parallelamente all'evoluzione delle nostre opinioni sui
fondamentali dell'affidabilità creditizia di un debitore o di un titolo
obbligazionario. Come altre agenzie di rating, Standard & Poor's percepisce
un compenso dagli emittenti a cui assegna un rating. Questo modello, denominato
«issuer pays», è stato adottato circa 40 anni fa per soddisfare una richiesta del
mercato. Il principale vantaggio di questo modello è la possibilità per
l'agenzia di mettere i rating a completa disposizione di tutti i componenti del
mercato in tempo reale. Ciò, a sua volta, incrementa la trasparenza ed il
controllo sul nostro operato da parte dello stesso mercato Standard &
Poor's ha istituito procedure e controlli interni a tutela dell'integrità dei
propri processi. Ad esempio, i nostri rating sono asseg n a t i da un comitato
anziché da singoli analisti; ai nostri analisti è vietato negoziare compensi ed
essere coinvolti in attività commerciali. Abbiamo strutturato la retribuzione
degli analisti in modo che i loro compensi non dipendano dalle commissioni
percepite dall'agenzia per i rating che assegnano. La nostra struttura di
rating non fornisce servizi di consulenza o pareri a emittenti, ad esempio su
come condurre il business o strutturare titoli. La reputazione e l'integrità
sono i nostri asset durevoli più preziosi, sarebbe controproducente per
Standard & Poor's fornire opinioni di rating che non fossero totalmente
obiettive ed indipendenti. La nostra prassi di rendere i criteri di rating
liberamente disponibili significa che, se dovessimo deviarvi per fav orire un
emittente, il mercato ne verrebbe subito a conoscenza e i nostri rating
perderebbero rapidamente credibilità. Altri modelli D'altra parte, l'adozione
di un modello in cui a pagare fosse l'investitore non sarebbe la panacea. Tale
modello limiterebbe fortemente la trasparenza e la diffusione dei rating dal
momento che l'accesso sarebbe riservato ai soli paganti. Di conseguenza, ci
sarebbero meno informazioni sul mercato e verrebbe rimosso l'importante
controllo sulla qualità dei rating svolto da un mercato ampio e diversificato.
Neanche questo modello, peraltro, sarebbe esente da conflitti: così come gli
emittenti preferiscono rating più alti per ridurre il loro costo del capitale,
così gli investitori potrebbero desiderare rating più bassi per aumentare il
loro rendimento. Alcuni hanno suggerito di passare ad un sistema pubblicistico
del rating, con agenzie controllate dallo Stato. In questo caso il conflitto
sarebbe generato dai potenti interessi del governo che potrebbe avere una
personale visione su quello che è un rating appropriato o su un metodo
specifico di valutare la qualità del credito. Esistono, infine, numerosi studi
che mostrano in maniera dettagliata la correlazione nel tempo tra rating e
insolvenze. Tali studi dimostrano che il track record a lungo termine dei
nostri rating è stato e rimane eccellente. Negli ultimi 30 anni il tasso di
insolvenza medio quinquennale per società «investment grade » (con rating BBB-
o superiore) si attesta attorno all' 1,2% mentre, per le società con rating
speculativo è circa il 17%. I tassi di insolvenza per titoli di finanza strutturata
misurati sullo stesso periodo sono all'incirca equiparabili. Inoltre, pur
essendoci stati numerosi e significativi abbassamenti del rating per alcune
categorie di titoli strutturati legati al mercato dei mutui statunitensi, solo
il 4% del valore delle emissioni di titoli legati al mercato immobiliare
statunitense con rating Standard & Poor's dal 2005 ad oggi si sono
dimostrati insolventi. E dei quasi 30.000 rating AAA formulati da S&P su
titoli strutturati emessi dal 1978 ad oggi, solo lo 0,6% sono stati insolventi.
Dal 2005 solo il 4% dei titoli con rating, legati al mercato immobiliare Usa, è
andato in default
( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
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NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 20 categoria:
REDAZIONALE Indici & cabala E se in marzo finisse la bolla del ribasso? Le
curiose statistiche di primavera S e non si riesce a spiegare il rialzo meglio
affidarsi alle stelle. Andando a ritroso nella storia dei mercati finanziari, il mese di marzo si
è sempre contraddistinto per essere un periodo molto favorevole al verificarsi
di eventi di carattere straordinario. Meglio non stupirsi quindi se Wall Street
e le Borse Europee sono rimbalzate del 15%, dopo alcune sedute terrificanti che
le avevano portate ai minimi degli ultimi 13 anni. Per la precisione,
Dow Jones, S&P500 e Mibtel sono scesi su livelli che non si vedevano dal
1996, Nasdaq e Cac40 su livelli minimi del 2003, il Dax sui minimi dall'agosto
2004. La riflessione parte dal presupposto che marzo è storicamente il mese degli
eccessi e spesso dell'esplosione delle bolle speculative. Ricordiamo lo scoppio
della bolla Internet avvenuto nel marzo 2000. Il Nasdaq raggiunse per
l'occasione quota 5.100 punti, un livello mai più rivisto. Nel marzo 2008 il
dollaro toccò il suo livello minimo contro euro a 1,60, ribadito ma non
superato il luglio successivo. Da quei livelli si è solo scesi fino all'1,29 di
oggi. Sempre il dollaro, nel marzo 2008, scese per la prima volta da 13 anni
sotto quota 100 contro yen, per poi rimbalzare con violenza. La vicenda
dell'oro è analoga, perché toccò il suo massimo storico nel marzo
( da "Vnunet.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il piano di
Elettrodata per affrontare la crisi 16-03-2009
VNUnet.it Elettrodata annuncia i risultati 2008 e la cassa integrazione per tre
mesi per 34 dipendenti Elettrodata ha chiuso il 2008 con un fatturato merci e
servizi di circa 111 milioni di Euro, con una leggera flessione pari al 2,63 %
rispetto al dato fatturato merci e servizi dell'anno precedente di 114 milioni
di Euro, nonostante l'aumento della produzione - tra PC, desktop e notebook, e
server - che è stata di circa 85.600 unità. "Il mercato in generale e
quello dell'information technology in particolare stanno
attraversando un periodo di crisi, legato alla situazione finanziaria internazionale, e all'instabilità e alla riduzione dei consumi
che questa ha provocato. Visto il perdurare di questa condizione, siamo stati
costretti a ricorrere a un programma di riorganizzazione dell'azienda che
comprende uno strumento di supporto come la cassa integrazione", ha
commentato Lorenzo Zubani, Presidente di Elettrodata. "In questo modo, tra
la riduzione dei costi e il contenimento delle spese, contiamo di tornare al
più presto a una situazione positiva". La situazione di crisi
finanziaria ha provocato un aumento significativo dei tempi di
pagamento, e questo - nel caso di un'azienda privata come Elettrodata - ha
creato una situazione di temporanea difficoltà legata ai flussi di cassa
proprio in coincidenza con il periodo di contrazione del mercato. Per questo
motivo, Elettrodata è ricorsa - per la prima volta nei suoi quindici anni di
storia - allo strumento della cassa integrazione ordinaria per 34 dipendenti,
che durerà tre mesi. © Copyright 2007 tutti i diritti riservati | part of
vnu.net europe
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
COPERTINA pag. 1
"Le mie Fs batteranno l?aereo" MARCO PANARA FRECCIA Rossa ha
guadagnato in media 2 mila passeggeri al giorno, a scapito per buona parte di
Alitalia, la quale contrattacca, a colpi di polemiche ma anche di nuove offerte
e razionalizzazioni del servizio. «Ormai è chiaro a tutti che sotto le quattro
ore, ovvero su distanze fino a
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
COPERTINA pag. 1
Stimoli o regole? Usa e Ue divisi alla meta del G20 ANDREA BONANNI Più regole
ai mercati finanziari o più stimoli all'economia? Il dilemma, secondo la stampa
anglosassone, rischia di avvelenare il prossimo vertice del G20, convocato a
Londra il 2 aprile. Da una parte ci sono gli Stati Uniti, che hanno varato un
piano di aiuti per oltre 700 miliardi di dollari e che chiedono agli altri uno
sforzo equivalente. «Per quanto aggressive siano le azioni che abbiamo
intrapreso finora, è molto importante che gli altri Paesi si muovano nella
stessa direzione», ha dichiarato il presidente Barack Obama. Sul fronte opposto
ci sono gli europei, convinti di avere già fatto più che abbastanza per
stimolare le proprie economie e decisi invece a costringere Washington ad
accettare un sistema di governance globale dei mercati finanziari. «Gli stimoli
economici sono importanti, e noi abbiamo già fatto la nostra parte. Ma non
possono sostituire la necessaria regolamentazione», ha spiegato la cancelliera
Angela Merkel al termine di uno dei periodici incontri collegiali tra il
governo tedesco e quello francese. E Sarkozy è stato ancora più duro. «La
priorità adesso non è spendere di più, ma mettere in opera un sistema
regolatorio che impedisca il ripetersi di una simile catastrofe». Chi ha
ragione? E sarà possibile evitare lo scontro al vertice del G20? Per una volta,
gli europei sembrano compatti nel ritenere che la priorità sia da dare alla
regolamentazione dei mercati. La Commissione ha in mano il rapporto presentato
da un gruppo di saggi, guidato dall'ex governatore della Banque de France
Jacques de Larosiére, che propone l'istituzione di diversi organismi di
regolazione e controllo a livello europeo. «Mi piacerebbe che la nostra
ambizione per quanto riguarda il controllo e la supervisione dei mercati
finanziari fosse corrisposta dagli altri», dice il presidente della
Commissione, Barroso. L'unica eccezione, come al solito, è quella britannica.
Il governo di Londra, che ospita il G20 e che quindi si è assunto anche un
ruolo di mediazione, appare abbastanza diviso. Il premier Gordon Brown, il
primo europeo ad incontrare Obama, appare molto sensibile alle pressioni
americane per maggiori investimenti. Il cancelliere dello scacchiere, Alistair
Darling, è invece favorevole a concentrare l'attenzione sulle regole da dare al
mercato. Ma, secondo quanto fanno osservare alla Commissione di Bruxelles, la
contrapposizione tra regole e aiuti è più apparente che reale. In realtà i
governi europei sono andati ben oltre il piano di aiuti per 200 miliardi che
era stato ipotizzato dalla Commissione in dicembre. «Lo sforzo compiuto finora
è considerevole: intorno al 3,3% del Pil europeo, cioè circa 400 miliardi. E'
ancora troppo presto per misurarne l'impatto sull'economia europea, e la
priorità deve andare semmai alla messa in opera rapida e completa dei piani già
annunciati», spiega Amelia Torres, portavoce del Commissario per le questioni
economiche e monetarie Joaquin Almunia. Come si arriva a questa cifra di 400
miliardi di euro, che risulterebbe in realtà commisurata al piano Obama per 700
miliardi di dollari spalmati su duetre anni? L'economia europea, spiegano a
Bruxelles, è strutturalmente diversa da quella americana: lo stato sociale e la
politica redistributiva sono molto più pesanti che negli Stati Uniti e vengono
interamente supportati dalle finanze pubbliche. Al di là dei piani di rilancio
discrezionali annunciati dai vari Paesi, e che ammontano a circa 180 miliardi,
cioè l'1,5% del Pil, occorre dunque calcolare anche altri 200 e passa miliardi
che in gergo comunitario rientrano nella categoria degli «stabilizzatori
automatici». In sostanza, si tratta delle maggiori spese che le finanze
pubbliche dei paesi sostengono a causa dell'aumentato ricorso ai sussidi di
disoccupazione, alla cassa integrazione e a tutte quelle forme con cui lo stato
sociale sostiene il mercato del lavoro. Gli effetti di questi ammortizzatori
sociali a sostegno dell'economia sono tutt'altro che trascurabili, spiegano a
Bruxelles. Dall'agosto 2007 ad oggi, negli Stati Uniti i disoccupati sono
aumentati di 4,5 milioni e le espulsioni dal mercato del lavoro proseguono ad
un ritmo di 600 mila unità al mese. Nello stesso periodo, il tasso di
disoccupazione è passato in Europa dal 6,8 al 7,6%, e i senza lavoro crescono
di 300 mila al mese su una popolazione che è una volta e mezzo quella degli
Usa. Non solo. Quando una persona perde il lavoro negli Stati Uniti, il suo
reddito si azzera, mentre in Europa, grazie agli stabilizzatori sociali, anche
i disoccupati mantengono una sia pur ridotta capacità di consumo. La
conclusione che si trae a Bruxelles è che necessariamente, vista la mancanza di
ammortizzatori sociali, il piani di aiuti straordinari varato in America deve
essere più massiccio. Ma in realtà lo sforzo complessivo a sostegno dei consumi
e della crescita è simile sulle due sponde dell'Atlantico. Anche perché, a
fronte dei 400 miliardi già sborsati dalle finanze pubbliche, occorrerebbe
contabilizzare i 300 miliardi che i governi europei hanno impegnato per
ricapitalizzare il sistema bancario: uno sforzo finanziario che non rientra
necessariamente nel conteggio del deficit, ma che comunque contribuisce ad
attutire gli effetti della crisi. Visto che comunque gli europei sono disposti a dire di sì al raddoppio dei fondi da
mettere a disposizione del FMI per il sostegno alle economie più in crisi, il problema di un ulteriore impegno
finanziario per stimolare l'economia, visto da Bruxelles, non si pone nemmeno.
Si pone invece, e con forte urgenza, la questione di arrivare ad una
regolamentazione condivisa del mercato finanziario globale. Forse non
sarà la «nuova Bretton Woods» invocata dai più entusiasti, come il presidente
francese Sarkozy. Ma è indubbio che, su un mercato globale, le regole e i
vincoli debbano essere armonizzati per evitare macroscopiche distorsioni di
concorrenza. Non ha senso che l'Europa si dia un sistema di governance molto
severo, qualora gli Stati Uniti restassero completamente deregolati. In questo
caso si avrebbe solo una fuga di capitali dal vecchio Continente, che non
sarebbe comunque al riparo da una nuova crisi finanziaria
che dovesse nascere in America. Ma, anche se a Bruxelles non lo dicono
apertamente, il sospetto è che tanta insistenza da parte di Washington sulla
necessità di aumentare gli interventi di sostegno, nasconda una scarsa volontà
americana di impegnarsi sul fronte della regolamentazione in uno sforzo
collettivo e coordinato. Toccherà ad Obama, nella suo primo viaggio
Olteatlantico da presidente, smentire i timori e le diffidenze degli alleati
europei, troppo dolorosamente scottati dal disastro finanziario dell'era Bush.
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( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
PRIMO PIANO pag. 8
Il cambiamento nella pubblicità porta sempre più il segno del web I
PROTAGONISTI LAURA KISS Parola d?ordine "cambiamento". Non solo per
uscire dalla crisi finanziaria, ma per inventare un
nuovo modo di comunicare. E? stato il leit motiv del summit "Tutto cambia.
Cambiamo tutto" organizzato dall?Upa e da AssoComunicazione. «Se non
dobbiamo cambiare proprio tutto, dobbiamo cambiare l?approccio, il modo di
pensare e il modo di rendere efficiente ogni comunicazione», dice Lorenzo
Sassoli de Bianchi, presidente dell?Upa. «Perciò abbiamo chiesto l?intervento
multidisciplinare delle più fervide intelligenze del panorama mondiale. In un
contesto complesso come quello odierno le aziende devono credere nella pubblicità
come motore dell?economia, strumento per rafforzare la marca e reagire alle
profonde e repentine trasformazioni del sistema sociale». Intelligenze che
l?Upa è andata a cercare al top del settore, come Martin Sorrell, capo della
Wpp, il più grande gruppo pubblicitario del mondo. Ma anche ben al di là
dell?ambito editoriale: Alberto Alesina, docente di economia ad Harvard, ha
sostenuto che l?unica ricetta possibile per fronteggiare questa crisi è la distruzione creativa. «La responsabilità dei
media è enorme. L?economia viene dipinta sempre in maniera eccessiva, sia
quando si parla di recessione sia quando si annunciano improbabili successi che
poi spesso si rivelano di breve durata. Gli investitori poi sono male
informati: è così complicato aprire un conto in banca che sembra che ci voglia
un patentino. Bisogna che ci sia uno sforzo di creatività e chiarezza da parte
di tutti». Le imprese di comunicazione vivono il 2009 con apprensione e
aspettativa, dice Diego Masi, presidente di AssoComunicazione. «In quest?anno
le opportunità possono essere tante. Una è lo sviluppo del mondo digitale che
vedrà un?accelerazione». L?importanza della comunicazione digitale è sostenuta
da Andy Sernovitz, guru del marketing "passaparola": «Comunicare
efficacemente e a basso costo è un must. Alla Lego i dipendenti usano un
pupazzetto con il loro nome come biglietto da visita. Un segno inconfondibile
ed efficiente, tanto che quando ho "postato" questa notizia sul mio
blog, ho ricevuto un gran numero di commenti». I produttori cercano di
adeguarsi all?ondata di comunicazione online, spiega Manuel Andrés, presidente
di Nestlè Italia: «C?è uno spostamento importante della comunicazione su
Internet. La rete permette il dialogo con il consumatore veloce e utile, e
renderà il messaggio pubblicitario più scientifico e credibile». Scopri come
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( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
FINANZA pag. 19 I
piani di Bondi per il suo ?tesoretto? Parmalat: grazie anche ai risultati del
2008, nelle casse ci sono 1,1 miliardi ETTORE LIVINI L?ultima parola non è
ancora detta. Per la prima volta da qualche anno a questa parte, però, Enrico
Bondi, numero uno della Parmalat, pare destinato a vivere un?assemblea
societaria senza troppi patemi d?animo. Le cause con le grandi banche (salvo le
"pendenze" in Usa) sono quasi tutte chiuse. I fondi d?investimento ?
a lungo in pressing per affiancargli al vertice un manager più
"industriale" ? hanno portato a casa il loro risultato: Antonio
Vanoli, ex Sme ed ex Ferrero, è stato nominato direttore generale di
Collecchio. E i risultati del 2008 confermano tra l?altro che dopo qualche
sbandamento iniziale, il core business del latte sembra aver trovato la rotta
giusta. Morale: alla prossima assemblea di aprile ? dove si dovrà solo dare
l?ok ai conti ? non ci dovrebbero essere sorprese malgrado l?azionariato
dell?unica public company italiana sia polverizzato sul mercato. E l?unico
rischio per il vertice Parmalat, a questo punto però piuttosto remoto, è che
qualcuno degli hedge azionisti a corto di liquidità per la crisi
finanziaria riesca a raccogliere il consenso necessario per convocare
un?assemblea straordinaria (ci hanno già provato in passato) pretendendo la
distribuzione sotto forma di maxidividendo degli 1,1 miliardi in contanti
conservati ? investiti in Bot ? nelle casse del gruppo. I prossimi mesi però
saranno lo stesso decisivi per capire quale sarà il futuro della nuova
Parmalat. Il buco da 14 miliardi dei Tanzi, per fortuna, è ora un ricordo. Il
2008 si è chiuso con un utile operativo in calo del 13,9% ma a 316 milioni di
euro sorprendendo anche gli analisti. Collecchio ha dimostrato flessibilità e
capacità d?adattamento sia davanti alla crisi che alle
oscillazioni un po? schizofreniche del prezzo del latte. E non a caso
dall?inizio dell?anno il titolo ha guadagnato quasi il 20% in una Borsa decisamente
orientata al ribasso. I soldi in cassa però ? è stato costretto ad ammetterlo
persino il prudentissimo Bondi ? «sono un?occasione irripetibile per crescere»,
soprattutto in un momento in cui le valutazioni aziendali sono crollate. Come
verranno spesi questi soldi (sempre che i fondi non ne chiedano la
distribuzione ai soci)? Il numero uno di Collecchio ? che da almeno tre anni si
ritrova decine di proposte d?acquisizioni ? si è tenuto per ora sul vago.
Uniche certezze la volontà di crescere in Australia e nell?Africa subsahariana.
E una strategia che punta a aumentare il peso sui ricavi dei prodotti a maggior
valore aggiunto. Il sogno nel cassetto però è quello di realizzare un polo
agroalimentare italianao. E le suggestioni in questa cornice potrebbero essere
tantissime. A maggior ragione quando si ha più di un miliardo di euro in cassa.
Le opportunità però a volte possono anche rivelarsi un problema. Il tesoretto
di Parmalat ? in un momento di credito al contagocce ? è un boccone che fa gola
a molta gente. Qualche big di settore ha acceso un faro sul gruppo.
Esercitazioni scolastiche, per ora, tanto per capire se sarebbe possibile
prenderne il controllo. Il costo per salire al 29% non sarebbe nemmeno
eccessivo (750 milioni). «Siamo sul mercato ? ripete Bondi al riguardo ? se
succederà qualcosa del genere valuteremo come reagire». Le armi non
mancherebbero. La sirena dell?italianità in questi chiari di luna
(dall?Alitalia in poi) ha fatto presa soprattutto sul mondo delle banche. Si
vedrà. Intanto i legali affilano le armi per l?ultimo round delle cause, forse
il più delicato. Negli Usa, dopo il boomerang di Citigroup, si apriranno nei
prossimi mesi i processi a Bank of America e Grant Thornton. Scopri come
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( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
La via italiana al
private equity l?analisi Ferretti yacht, Saeco, Valentino:
tante le vittime illustri della crisi finanziaria, trascinate in basso dai debiti, zavorre costruite facendo leva
su operazioni finanziarie rischiose. Casi che hanno fatto riaccendere i
riflettori sul mondo dei private equity, protagonista di operazioni di
acquisizione "leveraged", con forte indebitamento. Investitori
che hanno confermato la loro natura essenzialmente speculativa, un modello di
business che caratterizza i grandi fondi internazionali, Ma non è l?unico.
Esiste una "via italiana" al private equity, che in questa fase di
tempesta finanziaria si è rivelata una valida
alternativa al finanziamento bancario in tempi di stretta creditizia, rileva
uno studio di Kpmg Corporate Finance. Fondi che hanno investito su aziende
italiane, anche piccole, accompagnandole in un percorso di crescita o favorendo
la trasformazione dei manager in imprenditori (management buy out, corporate
equity e via di seguito. I casi sono tanti:Prendiamo 21 Partners, il fondo dei
Benetton entrato nel capitale di Manutencoop oggi leader italiano nel facility
management, oppure Cape Natexis che nel
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Ripensare la
fabbrica del futuro un nuovo modello per uscire dalla crisi
L?appuntamento Ritorno alla fabbrica. Alla produzione "vecchio
stile", quella che ha fatto le fortune del Made in Italy nel mondo, ma
aggiornata su linee di montaggio votate all?innovazione, alla ricerca e alla
capacità di costruire reti d?impresa. Ai tempi della crisi
finanziaria che ha messo in ginocchio la "old economy"
italiana a Pisa, presso la Cascina Pontedera, si celebra il Festival
dell?industria, Manifutura, una cinque giorni (1721 marzo) di dibattiti e
appuntamenti promossa da Nens, il think tank coordinato da Pier Luigi Bersani e
Vincenzo Visco. Economisti, politici e parti sociali, ma anche artisti (è
prevista una rassegna cinematografica a cura di Mimmo Calopresti) chiamati a ragionare
sull?attuale impasse dei mercati e sul ruolo dell?industria come traino
dell?economia. Ma soprattutto saranno protagonisti gli imprenditori,
rappresentanti di quelle 500 mila grandi, medie e piccole imprese della
Penisola. «Manifutura ? dice Pier Luigi Bersani vuole essere un gesto di
fiducia e di passione verso il settore manifatturiero, una sorta di stati
generali dell?industria. Da qui, dalla produzione, bisogna ripartire. Perché
non dimentichiamo che l?Italia, insieme a Germania e Giappone, è tra i paesi
più industrializzati al mondo. Un patrimonio che la politica ha il dovere di
sostenere in questa fase difficile». Già il cartellone degli incontri si può
leggere come una ricetta anticrisi: ambiente,
globalizzazione, ricerca, mutualità e cultura al cui centro c?è sempre
l?industria. Green economy innanzitutto, quella sostenibilità ambientale che
fino a pochi anni fa appariva come un ostacolo, quasi una esternalità negativa
al buon funzionamento dei processi produttivi, mentre oggi si è trasformata in
un motore di sviluppo. Il business verde terrà banco in una serie di incontri
declinati secondo "le nuove opportunità e sfide poste dall?ambiente
", "la via alle fonti rinnovabili", "il futuro del sistema
energetico italiano", "la casa a emissioni zero". Il parterre
degli interventi è ampio e coinvolge diversi esponenti della società
produttiva: dai big dell?industria del kilowattora come Renzo Capra (A2a),
Piero Gnudi (Enel), Leonardo Maugeri (Eni), Massimo Orlano (Sorgenia), Umberto
Quadrino (Edison), Giuseppe Zampini (Ansaldo) ai rappresentanti del mondo
dell?agricoltura Stefano Masini (Coldiretti), delle costruzioni Piero Torretta
(Ance), della ricerca Gianni Silvestrini (Kyoto Club), delle Pmi col pollice
verde, Agostino Re Rebaudengo (Asja Ambiente), Piero Manetti (Massa spin off).
Crollo dei mercati e globalizzazione. Questo è il secondo capitolo di
Manifutura, analizzato tra la "riorganizzazione della grande industria
europea dopo la crisi" (Roberto Colaninno,
Guglielmo Epifani, Emma Marcegaglia, Giorgio Zappa) e prospettive dell?economia
globale (parola a Carlo De Benedetti, Francesco Merloni, Fabrizio Onida, Benn
Steil). Un focus specifico è dedicato all?evoluzione del quarto capitalismo nella
lettura offerta dagli economisti Tito Boeri, Alessandro Penati, Stefano Fassina
(Nens), Alessandro Lanza (Prometeia), Agostino Megale (Cgil), Terzo per perno
su cui far ripartire l?industria è la finanza, «il cuore del problema ?
aggiunge Bersani dove intervenire rapidamente per sanare il rapporto tra
credito e impresa». "Dare credito all?innovazione per uscire più forti
dalla crisi" è lo spunto su cui parte l?incontro
che riunisce le testimonianze di Nicola Bellini (scuola superiore Sant?Anna di
Pisa), Giuliano Murgia (Sardegna Ricerche), mentre "banche sulla
graticola" è il perimetro nel quale dibatteranno Giuseppe Morandini
(Piccola Industria), Giuseppe Mussari (Mps) e Roberto Nicastro (Unicredit). La
mutualità è l?altro asset del futuro del manifatturiero, intesa non solo come
forma societaria cooperativa, ma modus operandi dell?impresa capace di lavorare
in rete. Quindi politiche sui territori, responsabilità sociale e finanza per
lo sviluppo: argomenti su cui interverranno: Francesco Bellotti (Federconfidi),
Matteo Colaninno (commissione attività produttive della Camera), Aldo Soldi
(Lega Coop), Andrea Landi (Cassa di Modena), Andrea Mondello (Unioncamere),
Armando Purnecchi (Cna). (ch.ben.) Scopri come ricevere sul tuo cellulare
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( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Le banche
"riscoprono" il territorio ADRIANO BONAFEDE La parola d?ordine, per
tutte le banche, è ormai una sola: rafforzare il legame con il territorio. E,
per una volta, su questa parola d?ordine sono d?accordo tutte le aziende
creditizie, sia quelle grandi che le piccole e le medie. La crisi
dell??economia di carta? legata allo tsunami che sta sconvolgendo la finanza
mondiale ha fatto comprendere a tutti che l?attività tradizionale degli
ititutti di credito (raccolta del risparmio dalle famiglie ed erogazione di
prestiti alle imprese) è quella che in fondo è anche la più sicura oltre che la
più redditizia nell?attuale frangente. Segnali positivi in questo senso stanno
arrivando, ad esempio, dalle Popolari: «Nonostante le difficoltà economiche
derivanti dalla crisi finanziaria internazionale ?
dice il segretario generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno, le
banche popolari hanno chiuso il preconsuntivo 2008 rafforzando il sostegno al
territorio, nella fedeltà ai valori della cooperazione e della solidarietà, e
sono state premiate dalla clientela, con un incremento delle proprie quote di
mercato». Particolarmente rilevante, e superiore alla media del sistema, è
stata la crescita della raccolta delle Popolari che sfiora a fine anno il +19%
(Nord Ovest +14,7%, Nord Est +37,7%, Centro +19,6%, Mezzogiorno + 11,4%), ma
anche l?incremento degli affidamenti è risultato più elevato rispetto alle
altre componenti del settore creditizio. In particolare, con riferimento al
primo semestre 2008, le Popolari hanno registrato un incremento medio superiore
al 15% (Nord Ovest +11,3%, Nord Est +14,0%, Centro +10,2%, Mezzogiorno +
17,4%), e anche il valore tendenziale conferma i dati. «La maggior fiducia
nelle Banche Popolari ? dice De Lucia ? ha determinato, pertanto, un aumento
della quota di mercato della Categoria, salita al 27,3% per quanto riguarda gli
sportelli bancari, al 26% per la provvista diretta da clientela e al 23% per
gli impieghi». Conferma il buon momento anche la Cassa di risparmio di
Volterra: «Le piccole banche dice il presidente Gianni Manghetti hanno un
frazionamento del rischio migliore di quello delle grandi banche, le quali per
ragioni varie devono sostenere le impresechiave del paese. Per questo rischiano
meno e sono più liquide». Ma anche le grandi banche puntano, soprattutto in
questa fase, a rendere sempre più efficienti le strutture territoriali. «Dal
primo gennaio scorso dicono a Intesa Sanpaolo abbiamo valorizzato ulteriormente
la banca dei territori, accorciando la catena di comando. Oggi abbiamo 8
direzioni regionali con cui presidiamo l?intero territorio nazionale,
attraverso 26 banche che costituiscono gli istituti che sono entrati a far
parte del nostro raggruppamento. Ma ogni singolo direttore di filiale (ne
abbiamo 6.300) esce adesso rafforzato perché è lui che adesso gestisce le leve
organizzative e gestionali. Abbiamo valorizzato la filiale come crocevia tra
cliente e banca». Unicredit sembra venire da un passato diverso: all?inizio la
nuova banca aveva cancellato i marchi originari. «Ma la verità spiega Roberto
Nicastro, responsabile settore retail è che Unicredit nasce dall?espressione
concreta di circa 100 casse di risparmio. Oggi abbiamo oltre 4 mila agenzie che
stanno fisicamente sul territorio e sono organizzate attraverso un modello
divisionale. A riprova del nostro presidio sul territorio c?è il fatto che il
tasso di crescita medio annuo dei nostri impieghi alle piccole imprese è stato
nell?ultimo quinquennio del 10%, mentre il pil è aumentato a un tasso dell?1%
circa. Inoltre, con il progetto Impresa Italia, che oggi è nella fase
operativa, mettiamo 7 miliardi di euro per le piccole imprese attraverso più di
200 convenzioni locali già attivate con i Confidi e le Associazioni di
categoria. Nel frattempo e nei primi due mesi del 2009 UniCredit ha continuato
ad erogare credito finanziando oltre 22mila imprese per quasi 2 miliardi fra
nuovi affidamenti e incrementi di fidi esistenti dicendo sì a 3 imprese su 4
che hanno chiesto il credito. Stiamo combattendo la crisi
con grande impegno e siamo in una fase in cui occorre rimboccarsi le maniche».
Alla riscoperta del territorio c?è anche il Monte dei Paschi di Siena, che in
passato ha assorbito Banca Toscana e Bam, Biverbanca e sta tuttora attuando la
fusione con Antonveneta. «Sia Mps che le altre banche entrate a far parte del
gruppo ? dice Giancarlo Barbieri, responsabile Commercial banking e
distribution network ? hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con il
territorio. Ora abbiamo riorganizzato la rete in 123 direzioni territoriali
ciascuna delle quali raggruppa 20/25 filiali». Scopri come ricevere sul tuo
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( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Alti costi e privati
in fuga Il "rinascimento nucleare" resta ancora una chimera IL PUNTO
/ E? difficilissimo quantificare la spesa finale, che resta comunque
pesantissima tanto che gli investitori considerano l?atomo un?operazione ad
alto rischio ANTONIO CIANCIULLO La possibilità di domare in modo pacifico
l?energia scatenata dalla scissione dell?atomo ha una data indicativa che
coincide con il centesimo anniversario della versione devastante della potenza
nucleare, la prima bomba atomica. Al momento le previsioni per la realizzazione
dei reattori di quarta generazione, i primi a risolvere il problema delle
scorie e a fare un salto qualitativo nelle garanzie di sicurezza, indicano un
periodo di 20 ? 30 anni, ma chi ha esperienza nel settore prevede che i tempi
possano allungarsi. In ogni caso un po? prima della metà del secolo questi
reattori potrebbero vedere la luce. E intanto? I sostenitori delle centrali
atomiche parlano di "rinascimento nucleare", ma i numeri attuali e le
previsioni dell?Iea (International Energy Agency) raccontano uno scenario
diverso. Il grafico dei nuovi reattori collegati ogni anno alla rete ha un
andamento a piramide. Parte con numeri simbolici alla fine degli anni Sessanta,
si attesta tra i 15 e i 20 reattori tra il 1971 e il 1982, sfonda il muro dei
30 nel biennio 8384, poi decresce rapidamente e finisce per oscillare attorno
ai 5. «Un settore con un andamento come questo va considerato moribondo, altro
che rinascimento», ha osservato Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace, nel convegno
Energethica, alla fiera di Genova. «Il lancio dell?energia nucleare è avvenuto
con fondi pubblici: alcuni Stati hanno scelto questa strada per ammortizzare i
costi sostenuti per dotarsi di un arsenale nucleare. Ma da 30 anni la
liberalizzazione ha bloccato gli investimenti. Nemmeno Bush è riuscito a
resuscitare il nucleare pur introducendo forti incentivi: 1,8 centesimi al
chilowattora per i primi 6 mila megawatt, fondi assicurativi statali per
coprire le perdite dovute a ritardi nella costruzione e fondi a tasso
agevolato. Non è servito a niente: i privati considerano l?atomo un
investimento a rischio». Anche i costi delle nuove centrali, quelle di terza
generazione, non sono facili da definire. Si è partiti da una stima di 3
miliardi di euro, ma l?unica in stato avanzato di costruzione, in Norvegia, ha
costretto a rivedere i conti in maniera drastica. Ad oggi la stima è già
cresciuta di 1,7 miliardi di euro a causa dei ritardi e Wulf Bernotat, capo
della tedesca E. On, nel maggio scorso ha dichiarato al Times online di
prevedere fino a 6 miliardi di euro per costruire un Epr (una centrale di terza
generazione) in un sito esistente, escludendo dal conteggio la cifra necessaria
allo smantellamento del vecchio reattore. La costruzione della centrale finlandese
di Olkiluoto da 1.650 megawatt è stato possibile perché i problemi di
finanziamento sono stati aggirati dalla costituzione di un consorzio,
incoraggiato dal governo, tra grandi aziende che si sono impegnate a comprare
l?energia che un giorno verrà prodotta dalla centrale a prescindere dalla
convenienza del prezzo del chilowattora nucleare in quel momento: una sorta di
pre acquisto, una decisione politica che ha sbloccato l?impresa. Ma i ritardi
determinati da una lunga serie di «non conformità al progetto» (dal cemento
inadeguato alle saldature irregolari) stanno rimettendo in discussione
quell?accordo. Il costruttore francese Areva, spinto anche da una situazione finanziaria precaria, ha minacciato di chiedere in tribunale
2 miliardi di euro di danni all?azienda finlandese TVO per non aver messo in
pratica un accordo per sollecitare i lavori di costruzione. La TVO ha risposto
minacciando di chiedere 2,4 miliardi di danni alla Arevo per i ritardi.
Piuttosto incerto anche il costo di una centrale da mille megawatt. Sono 2,5
miliardi di euro secondo l?Enel, Per l?E. On si arriva a 3,5 miliardi. Secondo
Moody?s è più realistica la cifra di 5,8 miliardi. Per l?americana Florida
L&P si sale fino a 6,1. «Il problema è che la crisi
finanziaria ha finito per peggiorare una situazione già estremamente
critica per il settore nucleare», osserva Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr
e coautore del libro «Energia per l?astronave Terra». «Negli ultimi 30 anni
oltre la metà dei finanziamenti concessi dai governi alla ricerca energetica
sono andati al nucleare, ma non è bastato. Analizzando i costi di una centrale
a fissione si vede infatti che le principali voci sono il 58 per cento per il
capitale e il finanziamento, il 25 per cento per l?operatività, il 13 per cento
per il combustibile. In queste condizioni i ritardi incidono pesantemente sui
costi dell?opera portando l?insicurezza finanziaria
dell?impresa a livelli che erano considerati troppo alti già prima della
stretta creditizia». Inoltre lo sviluppo dell?energia nucleare, incidendo solo
sulla frazione elettrica dei consumi, non basta per uscire dalla dipendenza dal
petrolio. Anzi, continua Armaroli, il caso della Francia mostra l?opposto: la
Francia ricava il 78 per cento dell?elettricità dal nucleare, l?Italia zero;
eppure i nostri vicini consumano più petrolio di noi. «Il problema non è tanto
aumentare la produzione di energia elettrica, quanto renderla più flessibile e
più efficiente», aggiunge Aldo Iacomelli, docente di energie rinnovabili
all?università di Pisa. «E? vero che importiamo energia nucleare dalla Francia
ma è anche vero che in alcuni orari rivendiamo alla Francia elettricità che
deriva da centrali a ciclo combinato. E la curva di crescita delle fonti
rinnovabili indica un futuro legato all?energia del sole». Infine il capitolo
scorie. In Italia sono stati prodotti oltre 30 mila metri cubi di rifiuti
radioattivi (calcolando anche gli impieghi medici e di ricerca). Una parte di
questa massa di materiale radioattivo è stoccata in Italia in centri pubblici e
privati. Ma 7 mila tonnellate di rifiuti ad alta e media attività radioattiva
che erano state inviate per il riprocessamento al centro di Sellafield (nel
Regno Unito) dovranno tornare a casa, e ? ovviamente ? non hanno un posto.
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( da "FashionTimes.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Risultati 2008
impattati dalla crisi per il Gruppo Bulgari Data: 16
Marzo 2009 Argomento: Trade News Il CdA del Gruppo Bulgari ha reso noti i
progetti di bilancio del 2008: fatturato in calo del -0,9 %, stabilizzato a
1.075,4 milioni di Euro; Margine di contribuzione pari a 691 milioni di Euro
(-1,4% pari al 64,3%); utile operativo di 111 milioni di Euro (-33,5%); utile
netto 82,9 milioni di Euro con un calo del -45,1%. Francesco Trapani,
Amministratore Delegato del Gruppo Bulgari, ha così commentato: ?Nonostante fin
dall?inizio del 2008 il Gruppo abbia implementato una politica di contenimento
dei costi e di attento controllo degli investimenti per fronteggiare il
progressivo deterioramento della situazione economica, il drastico e repentino
calo delle vendite nell?ultimo trimestre, seguito alla crisi
finanziaria e alla caduta delle Borse mondiali, ha impattato molto
negativamente i risultati dell?intero anno. Anche il 2009 sarà un anno molto
difficile in cui ci focalizzeremo - oltre che sul lancio di nuovi prodotti in
tutte le categorie merceologiche - su un controllo delle spese ancora più
rigoroso per rendere il Gruppo sempre più efficiente. Prevediamo infine una più
attenta gestione del magazzino al fine di neutralizzare gli effetti sulla
generazione di cassa e un?ulteriore riduzione degli investimenti. In merito al
dividendo, alla luce del contesto attuale ancora caratterizzato da grande
incertezza e dalla volatilità, riteniamo sensato e prudente proporre
all?Assemblea degli Azionisti una riduzione del payout, mantenendolo comunque a
un livello generoso (36,3%). Siamo quindi decisi ad affrontare i prossimi mesi
con il rigore e la determinazione necessari, senza mai compromettere la qualità
del prodotto e del servizio al cliente e capitalizzando sul prestigio di un
marchio che in 125 anni ? pur in circostanze passate altrettanto difficili - è
stato capace di evolvere sempre, divenendo uno dei principali protagonisti nel
mercato mondiale del lusso?. F.A.
( da "KataWebFinanza" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
AIG, ai manager 165
milioni in bonus per il 2008 (Teleborsa) - Roma, 16 mar - Il Tesoro Usa ha
tentato invano di bloccare la decisione della statunitense AIG, di pagare i
superbonus ai suoi dirigenti. Il gruppo infatti ha deciso di distribuire ai
manager circa 165 mln di dollari. Il colosso assicurativo ha ricevuto 170
miliardi di dollari di aiuti per evitare il fallimento. Larry Summers,
consigliere economico di Obama, ha definito oltraggiosa tale decisione. Ma il presidente del gruppo assicurativo, Edward Liddy, ha
comunicato alle autorit che la compagnia legalmente obbligata a versare ai
dirigenti i superbonus, per accordi presi prima della crisi
finanziaria, che ha portato la compagnia sull'orlo
del fallimento. 16/03/2009 - 08:35
( da "AmericaOggi Online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Aiuti statali ad
Aig. Lawrence Summers:"E' una vicenda oltraggiosa" 16-03-2009
WASHINGTON. "Oltraggioso". Esponenti dell'amministrazione Obama e del
Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante
assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per
sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni
di dollari. Il ministro del tesoro Timothy Geithner aveva chiesto mercoledì al
presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il pagamento. Ma il presidente
dell'Aig ha risposto che la compagnia è "legalmente obbligata" a
versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che il governo fosse costretto
ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale
della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano
per i prodotti finanziari
dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari
'tossici' alla radice del terremoto economico. "E' una vicenda
oltraggiosa - ha commentato ieri Lawrence Summers, consigliere economico del
presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi ed i
contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo
tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus". L'Aig è stato
finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro
per tamponare la falla creata nei mercati finanziari
dalla vicenda dei mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro,
dopo avere chiesto all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di
non avere i poteri per impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere
liquidati entro ieri. Ma esponenti del Congresso si sono impegnati a modificare
le leggi esistenti per impedire il ripetersi di una vicenda definita
'oltraggiosa' sia dalla Casa Bianca sia dai membri democratici e repubblicani
del Congresso. Il presidente dell'Aig Liddy ha detto di avere "le mani
legate" e di avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di
dollari "con disgusto e difficolta". In precedenza i dirigenti dei
prodotti finanziari della compagnia avevano già
ricevuto bonus per altri 55 milioni di dollari. L'Aig si è impegnata a ridurre
del 30 per cento i bonus spettanti ai dirigenti nei prossimi mesi del 2009.
Inoltre Liddy ed altri sei dirigenti della compagnia hanno fatto sapere di
avere rinunciato alle loro spettanze. Ma questo non diminuisce la rabbia della
opinione pubblica per l'uso fatto del denaro pubblico dalle compagnie salvate
dal fallimento dai fondi dei contribuenti. Un risentimento che rischia di
essere indirizzato verso l'amministrazione Obama che non avrebbe saputo
impedire tale spreco di denaro pubblico.
( da "Trend-online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
AIG ...meccanismi
infernali! BLOG, clicca qui per leggere la rassegna di Andrea Mazzalai ,
16.03.2009 10:21 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!!
superiori ai 500 milioni. (...) Nulla di nuovo quindi sotto il sole della
storia dell'uomo, nulla cambia tutto è per sempre uguale! I 165 milioni che Aig
ha versato ai suoi manager suonano dunque stonatissimi. Il Tesoro aveva infatti
chiesto mercoledì scorso alla compagnia di bloccare i pagamenti. Impossibile:
«Abbiamo le mani legate», ha confessato il presidente di Aig, Edward Liddy.
Motivo? I bonus erano stati stabiliti prima della crisi finanziaria che ha travolto il
gruppo e andavano saldati entro ieri. La compagnia ha provato a contattare
alcuni principi del foro, nella speranza di trovare qualche scappatoia legale,
ma i contratti si sono dimostrati a prova di cavilli. Dura lex, sed lex
..... ....chissà perchè ma mi viene in mente una storia lontana di quasi
trecento anni fa quando il parlamento inglese votò una legge per confiscare i
profitti realizzati dai dirigenti di una certa " South Seas Company "
si quella di una delle più grandi crisi della storia finanziaria mondiale, una legge voluta a ....FUROR di
POPOLO.....che qualcuno deplorò come misura retroattiva " perniciosa
violazione della libertà "( E.Gibbon Memoirs of My Live! ) Ora il lettore
sa che da tempo sostengo che non esistono verità assolute, ogni informazione e
ogni dato, va letto e assimilato con consapevolezza ma la storia di AIG merita
un'attenta riflessione! Mi rendo conto che non sempre i meccanismi diabolici di
questa era demenziale di finanza creativa riescono chiari al lettore, il tempo
è tiranno, si scrive spesso e volentieri di notte e non c'è tanto tempo per la
forma e questo non è un lavoro, ma grazie al nostro caro ZIO_BARBERO sul forum
di COBRAF.COM di Giovanni Zibordi troverete una splendida versione di questa
incredibile operazione al confronto della quale il vecchio John Law della
storica crisi del Mississippi segue pagina >>
( da "Miaeconomia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
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correnti Il segreto bancario e? sempre meno segreto (16/03/2009) Nell?ultimo
mese, la stretta sui paradisi fiscali si e? trasformata in una morsa da parte
dell?Ocse che non ha mai nascosto la propria contrarieta? a questi centri
off-shore ?diventati inaccettabili? e che nasconderebbero - sempre secondo
l?Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - circa 5-7 mila
miliardi di dollari di capitali esteri. Tesori considerati in parte frutto di
evasione, riciclaggio e corruzione e che possono aver contribuito anche a
gonfiare la crisi. L?offensiva internazionale contro i
paradisi fiscali e il segreto bancario comincia, quindi, a dare i primi frutti,
anche perché rappresenta un segnale importante a poche settimane dal G20 di
Londra. Durante la riunione del 2 aprile, infatti, queste piazze finanziere
off-shore potrebbero essere imputate di essere tra i responsabili della crisi finanziaria ed economica. Per quell?incontro, inoltre,
Francia e Germania si sono gia? impegnate a creare un ?meccanismo di sanzioni?
per ottenere una lista di quei Paesi che non si dimostrano cooperativi in
materia fiscale. Nell?elenco, che l?organizzazione internazionale ha gia?
stilato e inviato, figurerebbero una trentina di Paesi. E cosi? il
Liechtenstein ha annunciato la volonta? di recepire gli standard di trasparenza
fiscale dell?Ocse, rinunciando a difendere il segreto bancario che vige nel
principato, precisando che d?ora in avanti sosterra? i provvedimenti
internazionali in caso di mancato rispetto delle regole. Anche Andorra ha
capitolato: se insieme ai principati del Liechtenstein e di Monaco costituiva
fino a ieri un?indissolubile triade nella lista nera dei paradisi fiscali, ora
lo stato si e? impegnato a far abolire entro la fine del 2009 il segreto
bancario nel quadro di accordi bilaterali relativi allo scambio di informazioni
fiscali. Mentre il Belgio si e? detto pronto ad aderire allo scambio
internazionale di informazioni fiscali a partire dal 2010. La Svizzera,
principale piazza di gestione di capitali internazionali, continua invece a
difendere il segreto bancario, ma e? disposta a trattare su alcuni aspetti,
allentandone alcune norme. Ma l?esecutivo di Berna accogliera? comunque le
normative Ocse per lo scambio di informazioni. E cosi? si potranno semplificare
le procedure in caso di sospetti ?concreti? di frode. Come il Paese elvetico,
anche Austria e Lussemburgo non intendono abolire il segreto bancario, ma
accetteranno di fornire dati caso per caso su richiesta delle autorita?
straniere. I due Paesi fanno pero? parte dell?Unione Europea e potrebbero,
quindi, fare fronte a maggiori pressioni da parte dei partner comunitari per
ulteriori aperture. L?Ue vorrebbe infatti che l?accesso ai dati sia automatico
e non su richiesta e per singoli casi. Ma questa misura, come accade sempre in
materia fiscale, andrebbe approvata all?unanimita? e il Lussemburgo appare
intenzionato a mantenere il veto. L?Ocse ha ora accolto con soddisfazione i
?reali progressi? di questi Paesi disponibili a cooperare in materia di
indagini fiscali. ?Le iniziative intraprese da un certo numero di finanziarie -
ha il segretario generale sottolineato Angel Gurria - hanno dato un impulso
positivo agli sforzi di promuovere la trasparenza e lo scambio di informazioni
fiscali?. 3 voti - » Vota questa notizia »
( da "BlueTG online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Verso il G20: leader
studiano impegno comune per trasparenza contabile 16-03-2009 12:59 - A tre
settimane dal meeting del G20 a Londra sono sempre più numerosi i segnali della
volontà comune dei principali paesi del mondo di chiudere quanto prima la lunga
e pesante parentesi aperta dalla crisi finanziaria di questi mesi, riverberatasi in una crisi economica. Ma per tornare a crescere occorrerà prima recuperare
la stabilità dei mercati finanziari e per questo è necessaria ristabilire la
fiducia. Ed ecco che secondo molti osservatori i venti vorranno concludere il
meeting londinese lanciando un preciso segnale con una dichiarazione congiunta
che chieda alle banche e alle aziende in genere una maggiore trasparenza
in merito alla valorizzazione delle poste di bilancio, in particolare ai
famigerati "asset tossici". Intanto come ricorda l'agenzia Bloomberg
il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si prepara a dare ulteriori
poteri alla Federal Reserve per poter imporre indici di capitalizzazione più
stringenti alle maggiori banche Usa. Anche perché sinora i soldi versati dai
vari stati per risolvere la crisi del credito si sono
diretti in direzioni diverse da quelle auspicate di un riacquisto degli asset
tossici e di un loro ritiro dal mercato. Lasciando perplesso più di un
investitore, oltre che irritando alcune amministrazioni a partire proprio dalla
Casa Bianca. (l.s.)
( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Mercati/ Borse,
Bernanke scatena il Toro. Euforia anche a Wall Street: future su Lunedí
16.03.2009 12:05 Ci volevano Ben Bernanke e le rassicurazioni dei ministri
delle Finanze al vertice del G20 per dare una scossa alle
Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente
allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui
"la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in
linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha
consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa. A Milano il
Mibtel segna +2,5%, mentre l'S&P/Mib +2,8%. Parigi guadagna il 2,21%,
Francoforte il 2,10%, Londra l'1,12% e Madrid il 2,02. Anche Wall Street si
prepara ad aprire tonica: a Londra, il contratto sul Dow Jones avanza dello
0,8% a 7.236 punti; lo S&P 500 guadagna lo 0,9% a 761,8 punti e il
Nasdaq-100 lo 0,6% a 1.174,25 punti. In deciso recupero dei bancari. Sulla scia
di Barclays che ha annunciato di avere iniziato "benissimo" il 2009,
Citigroup e Bank of America, nel preborsa, guadagnano oltre il 3%. A Piazza
Affari, Intesa Sanpaolo a pochi minuti dall'avvio degli scambi segna un balzo
del 5,04% mentre Unicredit sale del 4,60%. Meglio di tutte fa BPM con un rialzo
del 5,43%. Bene anche BMPS (+3,55%) e Ubi Banca (+1,27%) mentre Banco Popolare
segna un -0,91% dopo l'annuncio dell'opa per il delisting ed il riassetto di
Banca Italease. In relazione alla posizione finanziaria
dellabanca milanese specializzata nel leasing i vertici del BP hanno fatto
tenuto a far sapere che sono in grado di far fronte ai bisogni di liquidità. In
gran spolvero, infine, le azioni Italcementi, dopo la promozione del titolo
della famiglia Pesenti da parte di Citigroup (è "hold"). Bene anche
il listino giapponese. Nella prima seduta della settimana, l'indice guida
Nikkei, che raccoglie i 225 migliori titoli del mercato nipponico ha guadagnato
l'1,8 per cento, segnando la chiusura migliore dell'ultime mese. L'indice ha
guadagnato 134,87 punti a 7.704.15, migliore chiusura dal 16 febbraio. pagina
successiva >>
( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Velino presenta,
in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST -
Crisi, Governo malese revoca visto lavoro a cittadini Bangladesh Kuala Lumpur,
16 mar (Velino) - Il Governo malese ha, in questi giorni, dato avvio ad una
ampia manovra di revoca dei visti di lavoro riguardante circa diecimila
bengalesi. La notizia si diffonde all?alba delle proteste popolari che
domandavano la tutela e la salvaguardia del lavoro per i cittadini malesi. La
decisione del governo malese rappresenta una risposta precauzionale di fronte
alla crescente e diffusa preoccupazione della Malesia nei riguardi della crisi finanziaria che sta dilagando in molti paesi, Asia
compresa. Lo scorso gennaio, il Governo malese aveva già proibito l?assunzione
di nuovi lavoratori stranieri in Malesia, come risposta alla prospettiva
ipotizzata della scomparsa, a breve termine, di 45 mila posti di lavoro. Il
Ministro degli Interni della Malesya, Syed Hamid Albar, a questo preciso
riguardo, ha infatti dichiarato che, allo stato attuale, la Malesia necessita
di lavoratori stranieri unicamente all?interno di specifici settori
professionali già individuati dal Governo. Come accade nella maggior parte dei
paesi asiatici interessati dall?immigrazione di massa proveniente da stessi
paesi asiatici, più poveri, le professioni generalmente svolte dai cittadini
bengalesi rappresentano spesso lavori pesanti, pericolosi, umili e, non di
rado, considerati degradanti. In Malesia al giorno d?oggi lavorano circa tre
milioni di cittadini stranieri di origine asiatica (pakistani, indiani,
nepalesi, filippini, birmani, indonesiani), di cui 500.000 sono provenienti dal
Bangladesh. La gravità della situazione è accentuata dal fatto che la decisione
presa dal governo malese giunge dopo che i cittadini bengalesi, colpiti dal
provvedimento, avevano già versato la quota prevista dalla legge malese –
approssimativamente tremila euro - richiesta per ottenere un visto di lavoro e
svolgere attività professionale in Malesia. A questo riguardo il governo malese
ha assicurato che le quote versate verranno rifuse ai cittadini bengalesi.
Ciitadini che, sebbene abbiano ottenuto il visto di lavoro, non abbiano ancora
fatto ingresso in suolo malese. Il Governo del Bangladesh ha risposto alla
decisione con indignazione e preoccupazione. Viva è comunque la speranza che la
Malesya riconsideri a breve la propria decisione. (Martino Nicoletti) 16 mar
2009 11:15
( da "Dagospia.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
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articolo --> OBAMA DORME ? DOPO AVER PERSO 61 MLD $ E RICEVUTO 170 MLD $ DI
AIUTI IL COLOSSO DELLE ASSICURAZIONI AIG REGALA AI SUOI DIRIGENTI 165 MLN $ IN
BONUS ? LIDDY: ?MANI LEGATE DAI CONTRATTI? ? GEITHNER: ?OLTRAGGIOSO? ? A CHI
SONO ANDATI I SOLDI PUBBLICI? 1 - AIG, SUPERBONUS DA SCANDALO... Marco sodano
per "La Stampa" Dopo aver perso 61 miliardi - di dollari nel corso
del 2008, e - sopratutto - dopo aver ricevuto 170 miliardi dal soccorso del
governo americano per sopravvivere allo tsunami della finanza, il colosso Usa
delle assicurazioni Aig si prepara a distribuire ai suoi dirigenti 165 milioni
di dollari in bonus. EDWARD LIDDY, PRESIDENTE AIG Il dipartimento del Tesoro ha
reagito con durezza. Il consigliere economico del presidente Larry Summers ha
detto che tutto ciò è «oltraggioso», il segretario al Tesoro Timothy Geithner
ha parlato di decisione «inaccettabile», e il presidente il presidente della
commissione finanziaria della Camera Barney Frank ha
aggiunto: «Dobbiamo capire se questi bonus possano essere recuperati in qualche
modo». Risposta: picche. Il governo americano dovrà accettare l'oltraggio. Il
presidente di Aig Edward Liddy ha spiegato in una lettera che «francamente le mani
di Aig sono legate». Ha autorizzato la liquidazione «con disgusto e difficoltà»
perché non può fare altrimenti. I bonus, ha spiegato il presidente, erano stati
contrattati con i dipendenti all'inizio del 2008, prima
della crisi finanziaria che
ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato
costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti.
Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile
per ridurre la entità di questi bonus in futuro». Lo stesso Geithner,
dopo aver analizzato la vicenda, s'è arreso: martedì aveva chiesto alla società
di bloccare i pagamenti, poi s'è accorto di non avere il potere per farlo.
Dovrà accontentarsi dell'impegno preso da Liddy a ridurre del 30% i premi del
prossimo anno. Il numero di Aig, per uscire dall'imbarazzo, ha annunciato un
piano di austerity: dal canto suo rinuncerà alle sue spettanze del
( da "Repubblica.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
WASHINGTON - Bill
Gates è tornato ad essere l'uomo più ricco del mondo, almeno secondo la
classifica della rivista americana Forbes. La graduatoria
risente della crisi finanziaria che ha colpito i mercati mondiali: il magazine ha verificato che
il numero dei miliardari del pianeta si è ridotto di almeno un terzo
nell'ultimo anno e che i patrimoni di chi ancora figura nell'elenco si sono
ridimensionati. Il discorso vale anche per gli italiani, il più ricco dei
quali è anche quest'anno Michele Ferrero, salito al 40esimo posto. Tra i ricchi
più colpiti, quelli di Russia, India e Turchia. Il fondatore di Microsoft
invece con i suoi 40 miliardi di dollari ha riguadagnato la vetta, seguito
dall'americano Warren Buffet, con 37 miliardi, e dal magnate messicano delle
telecomunicazioni Carlos Slim con 35. Tutti, comunque, hanno accusato il colpo
portato dalla crisi: Gates solo un anno fa era
accreditato di una fortuna pari a 58 miliardi, Buffet di un patrimonio superiore
ai 60 miliardi e Carlos Slim di 62 miliardi di dollari. Secondo Forbes, solo
questi tre miliardari avrebbero perso complessivamente in un anno una ricchezza
pari a 68 miliardi di dollari. La rivista sostiene che nell'ultimo anno i
miliardari del mondo hanno perso circa 2mila miliardi di dollari. I ricchissimi
del pianeta un anno fa erano 1.125, oggi sono 793. Gli italiani. Ferrero si
conferma l'italiano più ricco. Il re della Nutella, residente nel principato di
Monaco, è salito al 40esimo posto con un patrimonio valutato attorno ai 9,5
miliardi di dollari (l'anno scorso la stima della sua ricchezza era pari a 11
miliardi, ma in classifica era 68esimo). Segue la famiglia di Silvio Berlusconi
(70esima in classifica) con una fortuna valutata attorno ai 6,5 miliardi di
dollari (9,4 nel 2008). Subito dopo, in 71esima posizione, Leonardo del Vecchio
di Luxottica la cui ricchezza è però scesa da
( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20, nessuna ricetta
magica contro crisi finanziaria -->di Brian Love
HORSHAM, Inghilterra (Reuters) - Nonostante le grandi aspettative alimentate
dal premier britannico Gordon Brown, al vertice di Londra del 2 aprile i leader
del G20 non riusciranno a trovare soluzioni per tutti i problemi dell'economia
mondiale. Per usare le parole del numero uno dell'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Angel Gurria, "non esiste
l''apriti sesamo', non si tratta di tirar fuori conigli dal cappello." I
ministri delle finanze del G20 nel fine settimana appena trascorso hanno cercato
di portare avanti i lavori di preparazione in un hotel a sud di Londra
promettendo più fondi per le economie emergenti. Anche la polemica pubblica tra
i sostenitori di nuovi pacchetti di stimolo economico e nuove regole è mancata.
Ma al di là di questo, si sono limitati a ribadire concetti già espressi nel
vertice del G20 dello scorso novembre come il fatto che gli hedge fund non
scamperanno più a forme di regolamentazione. Ciò che forse oggi conta di più,
dicono gli economisti, sono due cose: l'impegno congiunto a fare tutto il
possibile per salvare l'economica mondiale e i piani di combattimento di
Washington contro gli attivi tossici da cui la crisi è
partita e con i quali continuerà ad alimentarsi fino a quando resteranno nei
bilanci delle banche. "Restiamo appesi alla speranza che gli Usa trovino
finalmente la ricetta magica per riportare la fiducia nel settore finanziario e
che lo facciano presto", dice Marco Annunziata, chief economist di
UniCredit a Londra. In sintesi, i mercati finanziari in cui la bufera è
iniziata cercano soluzioni facili e veloci per una situazione complicata. I
governi hanno già impegnato migliaia di miliardi di dollari per ricapitalizzare
le banche e concedere loro garanzie sui debiti. Le banche centrali hanno
appiattito i tassi di interesse e stanno pompando ingenti quantità di fondi a
breve termine sui mercati monetari per mantenerli in funzione. I governi stanno
adesso varando anche massicci programmi di spesa pubblica per proteggere la
domanda e allentare i morsi di ciò che il Fondo monetario internazionale chiama
la Grande Recessione, ossia la peggiore contrazione del Pil dalla seconda
guerra mondiale. Tutto questo ha mantenuto la barca a galla mentre si ripara la
falla più grande: un sistema che ha funzionato molto, molto male. PENSA
GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTE E' facile dire che i problemi globali richiedono
soluzioni globali visto che banche e mercati finanziari spesso operano su una
base mondiale. Ma i governi operano dentro i confini nazionali -- nonostante i
tentativi di cooperare a livello di G20, dove è rappresentato l'80% circa del
Pil mondiale. "Una cosa positiva che si può dire su questo vertice è che i
leader dei paesi da cui più o meno l'economia mondiale dipende si parlano tra
loro", dice Thomas Mayer, global economics specialist della Deutsche Bank.
Per quanto piccolo sembri in paragone ai milioni di persone che stanno perdendo
il posto di lavoro, il confronto sta producendo qualche cambiamento. La
Svizzera e altri Paesi hanno promesso di allentare il segreto bancario per
rispondere alle crescenti pressioni internazionali. Il fatto è che il G20,
facile da criticare per essere fatto di molte parole e nessuna azione, è più un
processo che un evento. Le riunioni tengono alte le richieste di cambiamento e
i governi trovano una o due idee sulle quali lavorare, coscienti che non
dovranno essere varate politiche a spese degli altri per non rischiare un'altra
Grande Depressione. Le cose si muovono anche su altri fronti come l'impegno per
una maggiore regolamentazione per gli hedge fund e controlli più severi sulle
agenzie di rating. Ma è vero che i progressi verso nuove forme di vigilanza e
regolamentazione sono lenti. La sfida per i governi è prendere misure di
emergenza per stabilizzare banche ed economia senza perdere di vista la
necessità di portare avanti la ristrutturazione di un a sistema finanziario che ha causato la crisi. Il summit si trova così diviso tra due obiettivi: quello di
breve termine di stabilizzare i mercati e l'economia e quello di lungo periodo
di non consentire il ripetersi della crisi. Per quello di breve, Annunziata giudica molto importante
l'impegno a fornire maggiori risorse alle economie dei mercati emergenti in un
momento in cui gran parte del credito verso l'Europa orientale si sta
prosciugando. Su questo fronte, il vertice del 2 aprile potrebbe annunciare,
riferiscono alcuni funzionari, un aumento di circa 250 miliardi di dollari dei
mezzi finanziari a disposizione del Fondo monetario internazionale (che ha già
stanziato circa 50 miliardi di dollari per l'Ungheria e altri paesi). Meno
chiaro è se il summit riuscirà a produrre uno o due passi concreti su ciò che
Gordon Brown questo weekend ha detto sarà un cambiamento massicio per i mercati
finanziari.
( da "ITnews.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Press Release 13
March 2009 For further information, please contact: Beat Werder +33 (0)1 46 98 71
39 Chief Communications Officer Marco Circelli +44 (0) 207 553 8106 Head of
Investor Relations Standard & Poor's upgrades SCOR to "A"
Standard & Poor's alza i rating a lungo termine e di solidità finanziaria di SCOR e delle sue principali controllate
"A-" ed "A" outlook stabile. Secondo Standard & Poor's
la decisione riflette il continuo miglioramento dell'andamento delle
sottoscrizioni Danni e la capacità del Gruppo di far fonte alla crisi finanziaria a livello finanziario
e operativo. SCOR è riuscito a ripristinare la solidità finanziaria e a ridurre e diversificare
il profilo di rischio. S&P ritiene inoltre l'aumento delle tariffe
registrato con i rinnovi di polizze di riassicurazione di gennaio contribuirà a
confermare i risultati del gruppo e dovrebbe permettere di controbilanciare in
parte il calo del rendimento degli investimenti. The new ratings also
reflect their view of SCOR's strong competitive position, strong
capitalization, strong liquidity and invested asset quality, and commitment to
building a strong enterprise risk management (ERM) program. Denis Kessler,
Chairman and Chief Executive Officer of SCOR, comments: "We strongly
welcome this decision by S&P. The upgrade to a strong 'A' rating reflects
the Group's very solid balance sheet and the successful completion of the
acquisition of Converium. The upgrade is also the result of a successful
business strategy that is withstanding the current financial crisis,
enabling SCOR to benefit from its very strong market position in an attractive
reinsurance market environment. For SCOR this upgrade serves also as a
testimony that we are well on track in terms of achieving the solvency,
profitability and capital management objectives set out in the three-year
strategic plan 'Dynamic Lift V2' published in 2007". The decision by
Standard & Poor's follows last year's upgrades from Fitch to "A"
and Moody's to "A2". Standard & Poor's had set SCOR on a positive
outlook on 3 September 2008. The press release by Standard & Poor's can be
accessed via their homepage: http://www.standardandpoors.com * * *
Communications timetable 2009 First Quarter Results 30 April 2009 2009 First
Half Results 30 July 2009 Forward-looking statements SCOR does not communicate
"profit forecasts" in the sense of Article 2 of (EC) Regulation n
809/2004 of the European Commission. Thus, any forward-.looking statements
contained in this communication should not be held as corresponding to such
profit forecasts. Information in this communication may include
"forward-looking statements", including but not limited to statements
that are predictions of or indicate future events, trends, plans or objectives,
based on certain assumptions and include any statement which does not directly
relate to a historical fact or current fact. Forward-looking statements are
typically identified by words or phrases such as, without limitation,
"anticipate", "assume", "believe",
"continue", "estimate", "expect",
"foresee", "intend", "may increase" and "may
fluctuate" and similar expressions or by future or conditional verbs such
as, without limitations, "will", "should",
"would" and "could." Undue reliance should not be placed on
such statements, because, by their nature, they are subject to known and
unknown risks, uncertainties and other factors, which may cause actual results,
on the one hand, to differ from any results expressed or implied by the present
communication, on the other hand. Please refer to SCOR's document de référence
filed with the AMF on 5 March 2009 under number D.09-0099 (the "Document
de Référence"), for a description of certain important factors, risks and
uncertainties that may affect the business of the SCOR Group. As a result of
the extreme and unprecedented volatility and disruption of the current global
financial crisis, SCOR is exposed to significant
financial, capital market and other risks, including movements in interest
rates, credit spreads, equity prices, and currency movements, changes in rating
agency policies or practices, and the lowering or loss of financial strength or
other ratings. Copyright Hugin Questo comunicato é distribuito da Hugin.
L'emittente è l'unico responsabile per il contenuto del comunicato. [CN#150651]
( da "Reuters Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
di Brian Love
HORSHAM, Inghilterra (Reuters) - Nonostante le grandi aspettative alimentate
dal premier britannico Gordon Brown, al vertice di Londra del 2 aprile i leader
del G20 non riusciranno a trovare soluzioni per tutti i problemi dell'economia
mondiale. Per usare le parole del numero uno dell'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Angel Gurria, "non esiste
l''apriti sesamo', non si tratta di tirar fuori conigli dal cappello." I
ministri delle finanze del G20 nel fine settimana appena trascorso hanno
cercato di portare avanti i lavori di preparazione in un hotel a sud di Londra
promettendo più fondi per le economie emergenti. Anche la polemica pubblica tra
i sostenitori di nuovi pacchetti di stimolo economico e nuove regole è mancata.
Ma al di là di questo, si sono limitati a ribadire concetti già espressi nel
vertice del G20 dello scorso novembre come il fatto che gli hedge fund non
scamperanno più a forme di regolamentazione. Ciò che forse oggi conta di più,
dicono gli economisti, sono due cose: l'impegno congiunto a fare tutto il
possibile per salvare l'economica mondiale e i piani di combattimento
di Washington contro gli attivi tossici da cui la crisi è partita e con i quali continuerà ad alimentarsi fino a quando
resteranno nei bilanci delle banche. "Restiamo appesi alla speranza che
gli Usa trovino finalmente la ricetta magica per riportare la fiducia nel
settore finanziario e che lo facciano presto", dice Marco Annunziata,
chief economist di UniCredit a Londra. In sintesi, i mercati finanziari
in cui la bufera è iniziata cercano soluzioni facili e veloci per una
situazione complicata. Continua...
( da "Sicilia, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Berlusconi a
Marcegaglia «Diamo soldi verissimi» Washington. «Oltraggioso». Esponenti
dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla
rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di
dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti
con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del Tesoro Timothy Geithner
aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il
pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è «legalmente
obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti
all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi
finanziaria. Un aspetto paradossale della vicenda è
che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti
finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui
immobiliari «tossici» alla radice del terremoto economico. «È una
vicenda oltraggiosa - ha commentato ieri Lawrence Summers, consigliere
economico del presidente Barack Obama - ma siamo un Paese che rispetta le leggi
ed i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati». L'Aig è
stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal
Tesoro. Il presidente dell'Aig Liddy ha detto di avere «le mani legate» e di
avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di dollari «con
disgusto e difficoltà». Questo non diminuisce la rabbia della opinione pubblica
per l'uso fatto del denaro pubblico dalle compagnie salvate dal fallimento dai
fondi dei contribuenti. Un risentimento che rischia di essere indirizzato verso
l'amministrazione Obama che non avrebbe saputo impedire tale spreco di denaro
pubblico. Cristiano Del Riccio
( da "Mattino, Il (Benevento)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
MARCO TORIELLO I
media americani l'hanno definita una mossa insolita, un evento più unico che
raro. E in effetti l'intervista al numero uno della Federal Reserve Ben
Bernanke, trasmessa ieri sera - nella notte italiana - dalla Cbs, è la prima
concessa da un presidente in carica della banca centrale americana a un canale
televisivo negli ultimi 20 anni. Nello storico programma della domenica sera
«60 minutes», Bernanke ha parlato della bufera finanziaria, dal fallimento di Lehman
Brothers fino alle ultime misure che la stessa Fed ha messo in campo per
contrastare la crisi. Il
banchiere centrale ha provato a rassicurare la comunità economica americana
come già aveva fatto martedì scorso, in un intervento a Washington. «Ci
sono stati sicuramente dei progressi nei mercati finanziari, ma finché il
sistema non sarà stabilizzato e non tornerà a funzionare normalmente, la
ripresa non ci sarà», ha detto ieri sera Bernanke. Che però subito dopo ha
speso parole più ottimistiche: «Abbiamo un piano, ci stiamo lavorando. Penso
che riusciremo a stabilizzare il sistema e che la recessione finirà
probabilmente quest'anno. All'inizio del 2010 ci sarà una ripresa che diventerà
più rapida col passare del tempo». Bernanke si è detto sicuro della solvibilità
delle grandi banche americane («Nessuna di loro fallirà»), ma ha spiegato anche
che il tasso di disoccupazione Usa è destinato a salire nei prossimi mesi oltre
l'8,1% registrato a febbraio. In autunno il sistema finanziario è stato «molto,
molto vicino al collasso», ma il rischio di cadere in una depressione come
quella del '29 «è stato evitato», ha aggiunto il banchiere centrale, secondo
cui il pericolo maggiore in questo momento sarebbe «quello di non avere la
volontà politica di risolvere il problema e lasciare che le cose seguano il
loro corso». L'intervista del presidente della Fed chiude una settimana
caratterizzata dal ritorno dell'ottimismo nelle principali piazze finanziarie
mondiali e anticipa altri sette giorni che si preannunciano molto importanti
per l'economia a stelle strisce, anche per i dati macroeconomici in calendario.
Si inizia oggi con l'andamento della produzione industriale a febbraio, mentre
domani sarà il turno dei prezzi alla produzione. Mercoledì giornata clou con i
dati sui prezzi al consumo, sulle richieste settimanali di mutui, sul deficit
delle partite correnti e con la decisione di politica monetaria della Fed, che
dovrebbe confermare il costo del denaro nella forbice compresa tra lo 0 e lo
0,25%. Giovedì infine sarà la volta dell'indice delle richieste settimanali di
sussidi di disoccupazione e del superindice di febbraio, il barometro che stima
l'andamento dell'economia con un anticipo di 3-6 mesi. Nel suo intervento
televisivo, Bernanke ha parlato anche della situazione del colosso assicurativo
americano Aig, che nel corso dei lunghi mesi della crisi
ha ricevuto complessivamente 170 miliardi di dollari dallo Stato per sfuggire
al fallimento. Ed è di ieri la notizia, diffusa dalla stessa società, che Aig
ha assegnato ai suoi dirigenti bonus per 165 milioni di dollari. Una
rivelazione che ha provocato lo sdegno di Larry Summers, consigliere economico
del presidente Usa Barack Obama, che ha definito «oltraggiosa» la decisione
dell'azienda. Ma il numero uno di Aig Edward Liddy ha risposto che la compagnia
è «legalmente obbligata» a versare i benefit, concordati con i dirigenti
all'inizio del 2008, cioè prima che esplodesse la crisi
finanziaria e prima che la Casa Bianca fosse costretta a intervenire per
salvare il gruppo dalla bancarotta. Aig si è però impegnata a ridurre del 30% i
bonus spettanti ai dirigenti nei prossimi mesi del 2009.
( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Mercati/ Borse,
Bernanke scatena il Toro. Euforia anche a Wall Street Lunedí 16.03.2009 12:05
Ci volevano Ben Bernanke e le rassicurazioni dei ministri delle Finanze al
vertice del G20 per dare una scossa alle Borse e ad
alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi
finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo
le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà
probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse
del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni
poco prima del giro di boa. A Milano il Mibtel segna +2,5%, mentre
l'S&P/Mib +2,8%. Parigi guadagna il 2,21%, Francoforte il 2,10%, Londra
l'1,12% e Madrid il 2,02. Anche Wall Street in rialzo sulla scia delle attese
di una possibile stabilizzazione del settore bancario. Al alimentare l'ottimismo
anche le conferme in questo senso arrivate da Citigroup che ha smentito la
necessita' di nuovi aiuti governativi. Il Dow Jones avanza nei primi scambi
dello 0,66% a quota 7.271,69, il Nasdaq sale dello 0,78% a 1.442,67 punti e lo
Standard & Poor's registra un progresso dello 0,76% a quota 762,32. In
deciso recupero dei bancari, sulla scia di Barclays che ha annunciato di avere
iniziato "benissimo" il
( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Economia
Rinnovabili/ La burocrazia non frena il fotovoltaico italiano Lunedí 16.03.2009
15:12 Ben 630 imprese per un fatturato che si aggira intorno a 1,1 miliardi di
euro, con un incremento del 140% rispetto al 2007, diviso in maniera pressoché
equanime fra residenziale (420 milioni ¬) e industriale (330 milioni ¬) e
quello delle centrali fotovoltaiche ( 340 milioni ¬). 600 milioni di ¬ è il
volume d'affari associato alla produzione e vendita di silicio e wafer mentre
850 milioni circa quello legato alla vendita di celle e moduli. Mentre
l'indotto generato dalla produzione e vendita di tecnologie di produzione,
materiali di consumo e componenti necessari alle diverse fasi del processo
produttivo ha complessivamente originato un volume d'affari di circa 1.150
milioni di ¬. Il valore dell'energia in esercizio a Dicembre 2008 è stimabile
in circa 13 milioni di ¬. Queste sono solo alcune delle cifre che sono
racchiuse nel primo rapporto "Solar Energy Report", preparato dal
dipartimento di Energia del politecnico di Milano che si occupa
specificatamente di rinnovabili. L'Energy & Strategy Group che è composto
da docenti e ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e si avvale
della collaborazione di altri Dipartimenti del Politecnico di Milano, in particolare
del Dipartimento di Energia, ha infatti come obiettivo quello di censire gli
operatori e le iniziative imprenditoriali nel settore delle energie rinnovabili
in Italia, analizzando e interpretando strategie di business, scelte
tecnologiche e dinamiche competitive. In questa ottica il gruppo di ricercatori
dell'Università di Milano ha con questo primo report sulla situazione del
fotovoltaico in Italia analizzare, grazie al contributo di molti importanti
player del settore, censendo oltre 800 operatori attivi sul mercato italiano e
con la realizzazione di oltre 100 casi studi e 130 interviste a manager ed
esperti del settore, quello che è lo state dell'arte del solare nel nostro
paese e quali possono essere le sue prospettive future. Da questa analisi sono
venuti fuori risultati che potremo definire in chiaroscuro, perché se è vero
che il giro d'affari cresce e il business continua ad interessare molti
investitori esteri, attirati dai generosi incentivi ma anche dalle condizioni
climatiche assolutamente favorevoli, esistono molti intoppi che rischiano di
rendere l'affare molto meno appetibile. In primo luogo esiste infatti il
problema dell'iter autorizzativo, considerando che in alcune regioni occorrono
dai 25 ai 40 procedimenti documentali per avere una autorizzazione a realizzare
un impianto, con una tempistica per poter connettersi alla rete che si aggira
sui 9-12 mesi, contro i 30-40 giorni che servono in Spagna e Germania. Il
secondo punto oscuro evidenziato dal report è che gli incentivi potrebbero finire
prima del previsto lasciando la filiera produttiva in mano ai grandi operatori
stranieri, che al momento stanno colonizzando il nostro paese (dei circa 450
milioni ¬ di margine operativo lordo generato dal settore solo 180 sono stati
appannaggio di imprese italiane). La crisi finanziaria globale poi sta
determinando un ritardo nel raggiungimento di quegli obiettivi fissati dal
Conto energia a 1200 Mw installati che dovrebbero essere raggiunti nel 2010,
considerando che nel 2008 si sono superati i 300 Mw installati, con un
considerevole aumento rispetto ai 120 circa del 2007, ma ancora molto
lontani dai 5.000 della Germania o dai 3.300 della Spagna o dai 2.200 del
Giappone e dai 1.300 circa degli Usa. Nel 2008 il primo paese al mondo per
installazioni è stata la Spagna con oltre 2.000 Mw seguita dalla Germania con
1.350. Nel mondo la potenza installata supera i 14.000 Mw, di cui ben 9.000 si
trovano in Europa. Il problema però del fotovoltaico, come fa notare il report,
continua ad essere l'alto costo di produzione, che continua ad essere molto
superiore alle altre fonti di energia rinnovabile, se si pensa che mentre per
un Kwh di solare si pagano ancora circa 40 cent per uno di idroelettrico 20 e
per uno di eolico circa 13 cent. Ma la ricerca sembra che possa fare passi da
gigante se qualcuno ipotizza che per il 2015 il costo a Watt possa scendere
dagli attuali 3 dollari circa a 0,5 o addirittura 0,2 cent. La regione più
"virtuosa" si conferma la Lombardia tallonata dalla Puglia, che però
è la prima regione in assoluta per la taglia degli impianti con più di 10.000
impianti di potenza superiore ai 100Kw ( il 41% del totale). La Puglia è
l'unica regione del sud ad occupare le prime posizioni, dominate da regioni del
centro nord. Non a caso la regione pugliese è l'unica che ha eliminato la Via (
valutazione di impatto ambientale) lasciando al semplice Dia (denuncia inizio
attività) per gli impianti sotto il Mw di potenza. Nel 2008, infine, la taglia
media degli impianti si è attestata ai 4,84 Kw, un 10% in meno rispetto al
2007. Vincenzo Caccioppoli tags: rinnovabili solare fotovoltaico energia Energy
& Strategy Group
( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Velino presenta,
in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST -
Argentina-Brasile, giovedì Cristina incontra Lula Roma, 16 mar (Velino/Velino
Latam) - A circa due settimane dal vertice del G20 in calendario a Londra per
il prossimo 2 aprile, il capo di Stato argentino Cristina FernÁndez Kirchner
incontrerà giovedì il suo pari brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva. La
riunione si terrà a San Paolo, in Brasile, nel corso di un meeting con gli
imprenditori dei due Paesi che segue la riunione tecnica della scorsa settimana
a Buenos Aires tra funzionari dei due governi. L?incontro, oltre a registrare
le posizinoi sull'appuntamento londinese, potrebbe servire a raggiungere un?intesa
sulle limitazioni agli scambi commerciali tra i due paesi, imposte da entrambi
per proteggere il mercato interno. Una divergenza che ha provocato un
innalzamento della tensione tra due delle potenze della regione, tra le più
colpite dalla crisi finanziaria internazionale. La
competizione nella lotta alla recessione ha portato a porre sempre più attenzione
alle relazioni con gli Stati Uniti del nuovo presidente Barack Obama, dal quale
il subcontinente si aspetta un cambio di rotta nelle relazioni con l?America
Latina. Se Lula infatti ha incontrato il suo omologo americano lo scorso fine
settimana, la “presidenta” argentina ha avuto un lungo colloquio con il leader
statunitense proprio il giorno prima dell?arrivo del leader brasiliano a
Washington. (mat) 16 mar 2009 13:19
( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Velino presenta,
in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST -
Argentina, elezioni e agricoltori: settimana chiave per Cristina Buenos Aires,
16 mar (Velino/Velino Latam) - Quella che inizia oggi sarà una delle settimane
più intese dei quindici mesi di presidenza per il capo di Stato argentino
Cristina FernÁndez Kirchner. Tutto è nelle mani del Congresso. Deputati e
senatori dovranno infatti votare sulla proposta, lanciata a sorpresa lo scorso
venerdì dalla “presidenta”, di anticipare le elezioni politiche di ottobre al
28 giugno e l?opposizione proverà a portare al voto un disegno di legge sul
settore agricolo concordato con i produttori. Due questioni diverse ma anche
profondamente legate fra loro, visto che lo scontro con gli agricoltori è uno
dei principali motivi di instabilità tra le fila della maggioranza a livello
nazionale come a livello locale. La Kirchner ha difeso la sua decisione
sottolineando come il Paese abbia bisogno di ritrovare coesione, di fronte a
una crisi come quella che in atto, e che quindi
anticipare il voto per unificarlo con una serie di elezioni provinciali
consentirà di limitare lo stillicidio di una serie di tornate elettorali
successive. Se anche l?assemblea provinciale del Chaco approverà la proposta
presentata dal governatore Jorge Capitanich, saranno dodici le province ad
andare alle urne il 28 di giugno, tra le quali quella di Buenos Aires, che si
configura come ben più che l?ago della bilancia per peso politico, economico e
demografico. A fine giugno voteranno i cittadini di Buenos Aires, Entre RÍos,
Neuquén, Santa Cruz, RÍo Negro, La Rioja, Jujuy, Mendoza, TucumÁn, Misiones,
Chaco e Chubut, mentre il governatore di San Luis, Alberto Rodriguez Saa si è
detto fermamente contrario e i suoi colleghi di Santa Fe, Hermes Binner, e
Salta, Juan Manule Urtubey, hanno confermato le date del 30 agosto e 6
settembre. Quattro regioni non hanno in previsione tornate elettorali, mentre
altri tre governi provinciali, La Pampa, Formosa e Corrientes non hanno ancora
preso una posizione in merito alla proposta della “presidenta”. Alle urne
andranno anche gli elettori del Comune di Buenos Aires governato dal leader
dell?opposizione Mauricio Macri, che aveva annunciato l?anticipazione delle
tornata elettorale un paio di giorni prima della Kirchner e dove i sondaggi
danno l?alleanza kirchnerista nettamente sconfitta. La mossa a sorpresa di
Cristina ha indubbiamente una serie di vantaggi per la sua maggioranza: taglia
le gambe all?opposizione che stava lavorando a nuove alleanze e alle liste
elettorali, provocando fortissime tensioni interne alle nuove coalizioni, cerca
di fermare l?emorragia di consensi provocata dalla crisi
finanziaria internazionale e dallo scontro con gli agricoltori,
costringe gli alleati titubanti a fare una scelta di campo. La “presidenta” si
espone al rischio di una sconfitta che renderebbe i successivi due anni di
presidenza, il mandato scade nel 2011, estremamente complicati. Difficile dire
quanto la congiuntura economica negativa, la mancata soluzione del braccio di
ferro con gli agricoltori e la crescente ondata di paura per la questione
sicurezza possano influire sull?umore degli elettori e il capo di Stato si sta
assumendo un rischio enorme. Il progetto di legge arriverà oggi in Aula e
dovrebbe essere votato mercoledì: dato che la convocazione deve avvenire almeno
tre mesi prima del voto i tempi sono strettissimi e dovrà essere approvato da
entrambe le Camere entro il 28 di marzo. Nella tornata elettorale gli argentini
dovranno rinnovare la metà dei seggi alla Camera e un terzo al Senato; nel
primo caso il governo conta su una maggioranza solida, nonostante le defezioni
degli ultimi mesi, mentre al Senato l?equilibrio è più precario, come ha già
dimostrato la bocciatura, grazie al voto determinante del vicepresidente Julio
Cobos, del progetto di legge relativo all?introduzione di un sistema di imposte
mobili sulle esportazioni, che ha dato il via allo scontro con gli agricoltori
che dura ormai da un anno. Il governo ritiene di poter contare sui voti
necessari, la maggioranza assoluta, e in questo senso potrebbe ricevere un
aiuto anche dall?opposizione, visto che alcuni degli esponenti del peronismo
dissidente, usciti negli ultimi mesi dalla coalizione kirchnerista per formare
un?alleanza con i principali partiti d?opposizione, sembrano favorevoli alla
proposta. La volontà di ridurre i tempi della campagna da parte della
“presidenta” obbliga però l?esecutivo a cercare rapidamente una soluzione al
conflitto con il settore agricolo che rischierebbe, altrimenti, di trasformarsi
in un pericolosissimo boomerang elettorale e i segnali che arrivano dagli
agricoltori non sembrano affatto positivi. Oggi infatti i rappresentanti dei
produttori agricoli si incontreranno con i principali partiti dell?opposizione
per studiare una proposta di legge da presentare giovedì alla Camera, che
differenzi il pagamento delle imposte sulle esportazioni sulla soia,
cancellandole per i piccoli produttori e riducendo di dieci punti quelle
attuali per i produttori più grandi. Domani invece gli agricoltori si
riuniranno nuovamente con il governo, nel quarto incontro in un mese: dopo gli
accordi raggiunti due settimane fa alla presenza della “presidenta”, l?intesa
sembra essere sempre più lontana e per il Paese l?incubo di ripiombare nello
stato di paralisi determinato dai blocchi stradali dei produttori, durato
quattro mesi nel 2008, si fa sempre più reale. (Matteo Tagliapietra) 16 mar
2009 12:05
( da "TravelQuotidiano.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Bilancio 2008
negativo per Austrian Airlines Lunedì, 16 Marzo 2009 di Mariella Cattaneo -
Lunedì, 16 Marzo 2009 --> I costi elevati del carburante, la crisi finanziaria e il conseguente crollo della domanda hanno influito
pesantemente sui risultati del 2008 del gruppo Austrian Airlines. Se da una
parte il dato del traffico passeggeri è rimasto relativamente stabile con un
totale di 10,7 milioni, i ricavi sono stati 2,36 miliardi di euro, in leggera
flessione sul 2007. «Ciò nonostante, diversi fattori, in particolare
l'aumento del 31,5% della spesa per il carburante, hanno influenzato
pesantemente l'Ebit che è stato di -312,1 milioni di euro - ha sottolineato
Andreas Bierwirth, membro del management board del Gruppo Austrian Airlines -.
L'Ebit rettificato si attesta quindi a -35,2 milioni di euro, anch'esso in
flessione rispetto al 2007. Gli oneri straordinari, principalmente legati alla
svalutazione della flotta, hanno prodotto costi operativi per un totale di
334,4 milioni di Euro. Il Gruppo ha registrato di conseguenza un risultato
netto di 429,5 milioni di euro».
( da "Napoli.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
16/3/2009 Le mani
dello Stato sulle banche Nazionalizzare necesse est di Marina della Ragione La
disastrosa crisi finanziaria che ha sconvolto le borse
di tutto il mondo ed ha provocato un collasso dell?economia planetaria ha
indotto i governi, sia negli Stati Uniti che in Europa, ad intervenire
attivamente sul mercato nazionalizzando numerose banche, un comportamento
contrario ai principi basilari del capitalismo che ha spaventato gli investitori
tradizionali, provocando un ulteriore caduta del valore nominale delle
azioni. La parola nazionalizzare incute un sacro timore nel piccolo
risparmiatore, memore di quei trasferimenti forzati di ricchezza che furono nei
secoli: l?esproprio dei beni della Chiesa a seguito della Rivoluzione francese
nel 1789 o l?abolizione della proprietà terriera decisa dai bolscevichi in
Russia nel 1918, decisione seguita poi anche da Mao Zedong in Cina nel 1949.
Oggi (O tempora o mores) i banchieri americani corrono ansimanti verso i
funzionari governativi, chiedendo disperatamente di essere nazionalizzati, con
la benedizione dello stesso Alan Greenspan, pontefice della banca centrale dai
tempi di Reagan e tra i maggiori responsabili della Caporetto attuale. Una scena
paradossale descritta dall?Economist in un magistrale articolo dal titolo
emblematico: La notte dei morti viventi. Esiste una sostanziale differenza tra
un?azienda nazionalizzata ed una partecipata, nella prima lo Stato è l?unico
proprietario e spesso si pone degli obiettivi diversi da quelli di un?impresa
privata: acquisire il controllo di materie prime o prodotti indispensabili per
l?economia del Paese, salvaguardare l?occupazione in momenti di crisi; nel secondo caso vi è maggiore attenzione al
profitto, soprattutto se non si agisce in regime monopolistico, bensì in
concorrenza con altre aziende del settore. La differenza che in Italia ha
marcato per decenni la sostanziale diversità tra Enel ed Eni. Non mancano
esempi di interesse dei cittadini all?esistenza di forti raggruppamenti
monopolistici nelle mani dello Stato, come nel caso della Francia, divenuta
punto di riferimento mondiale nel nucleare e nell?alta velocità grazie ad una
visione proiettata nel futuro, in contrasto con la logica del profitto immediato
caratteristica delle imprese private, che spesso non stilano programmi se non
fino all?anno del pensionamento del Grande capo. L?ideale sarebbe che lo Stato
intervenisse solo quando è necessario, capitalizzando l?attività in sofferenza
con denaro dei contribuenti, pronto però a lasciare non appena possibile,
ricollocando quanto acquisito precedentemente di nuovo sul mercato. Un?utopia
virtuosa, poche volte realizzatasi, ma necessaria alla sopravvivenza del
capitalismo. Oggi gli Stati Uniti, alfieri indiscussi della concorrenza, si
vedono obbligati ad intervenire drasticamente per non far fallire colossi del
credito quali la Bank of America e la Citigroup, con un impiego di capitali
enormemente superiore a quanto sarebbe bastato a salvare la Lehman, il cui
crollo ha fatto deflagrare il sistema. Un comportamento simile a quello che fu
adottato da Roosevelt, quando nel 1929, durante la Grande crisi,
intraprese la via di alcune fondamentali nazionalizzazioni, come la creazione
della Tennessee Valley Authority, che inglobò tutte le aziende elettriche
private, influenzando positivamente distribuzione e tariffe. Il celebre
presidente non si ispirò all?epoca all?Unione sovietica, ma guardò con
interesse a quanto avveniva in Italia, dove Mussolini divenne proprietario
delle banche e creò l?Iri, un originale modello di sviluppo durato oltre 50
anni. Tutti avvertono la delicatezza delle decisioni prese freneticamente in
questi giorni di difficile assestamento, con bollettini quotidiani di guerra
scanditi dall?aumento della disoccupazione, dal crollo delle borse e dalla
diminuzione dei consumi. Si sente la necessità di una linea di pensiero che
ridisegni il nostro futuro, nel frattempo l?idea del capitalismo sta subendo
senza reagire l?oltraggio delle nazionalizzazioni, una improcrastinabile
medicina per salvaguardare interi pezzi del sistema economico che si stanno
liquefacendo come neve al sole.
( da "Reuters Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
(Reuters) - La crisi finanziaria globale ha suscitato
proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci sono state
manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria. Ecco alcuni
dettagli: BOSNIA - Il Parlamento croato-musulmano della Bosnia ha cancellato la
sessione prevista per il 26 febbraio piuttosto che affrontare i manifestanti
che protestavano contro i piani per il taglio dei benefici per
restringere l'enorme gap di bilancio. GRAN BRETAGNA - I lavoratori britannici
hanno indetto una serie di proteste presso alcuni impianti di produzione
elettrica contro l'utilizzo di imprenditori stranieri in alcuni siti energetici
strategici. I manifestanti hanno concordato di sospendere gli scioperi il 5
febbraio dopo che la Total ha acconsentito ad assumere più lavoratori britannici
nella sua raffineria di Lindsey. BULGARIA - Centinaia di lavoratori della
fabbrica di acciaio Kremikovtzi hanno manifestato, il 9 marzo, contro i
previsti licenziamenti ed i salari non pagati, chiedendo al governo socialista
di trovare degli acquirenti per l'impianto insolvente. Migliaia di agenti di
polizia hanno manifestato per le strade di Sofia, la scorsa domenica, per
chiedere un aumento salariale del 50% e migliori condizioni lavorative.
REPUBBLICA CECA - Migliaia di contadini provenienti da Repubblica Ceca,
Germania, Austria, Slovacchia, Slovenia e Polonia hanno manifestato attraverso
le strade di Praga il 12 marzo per richiedere prezzi del latte più alti e
sussidi per favorire le entrate, colpite dalla crisi
economica. FRANCIA - Fino a 2,5 milioni di persone hanno manifestato in tutta
la Francia il 29 gennaio per i salari e la difesa del posto di lavoro. Il 5
marzo le autorità e i sindacati hanno firmato un accordo per mettere fine a uno
sciopero generale di sei settimane dovuto agli stipendi e ai prezzi che ha
paralizzato l'isola di Guadalupe. Un leader sindacale è stato ucciso, alcuni
negozi sono stati bruciati e saccheggiati durante le proteste. Migliaia di
lavoratori hanno manifestato nell'Isola di Reunion, territorio francese
nell'Oceano Indiano, il 5 e il 10 marzo in una campagna di scioperi e proteste
per richiedere aumenti salariali. Le otto sigle sindacali francesi hanno
indetto un giorno di protesta per il 19 marzo per chiedere al governo e alle
imprese di fare di più per proteggere i posti di lavori ed i salari durante la crisi economica. GERMANIA - 15.000 operai della Opel si sono
radunati il 26 febbraio davanti al quartier generale della loro azienda,
chiedendo alla General Motors di rivedere i piani di chiusura degli impianti in
Europa. GRECIA - L'uccisione di un quindicenne da parte della polizia a
dicembre ha scatenato i peggiori disordini degli ultimi dieci anni, alimentati
dalla rabbia per le difficoltà economiche del paese e la disoccupazione
giovanile. Gli anarchici e i gruppi di guerriglia dell'estrema sinistra hanno
continuato con una serie di attacchi verso banche e uffici di polizia. I
sindacati greci, che rappresentano circa 2,5 milioni di lavoratori, hanno
organizzato ripetute proteste contro il governo, sostenendo che le misure anticrisi siano a carico solo dei più poveri. UNGHERIA - La
polizia ha utilizzato lacrimogeni per disperdere un gruppo di manifestanti che
stava contestando il governo il 15 marzo a Budapest e ha fermato un totale di
35 persone. Continua...
( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Economia
Affaritaliani.it: "La botta sul fondo %C3%A8 gi%C3%A0 stata
data"%0A%0D%0A%0Dhttp://www.affaritaliani.it/economia/mercati_borse_bernanke160309.html">
Mercati/ Bernanke scatena il Toro. Fugnoli (Abaxbank) ad Affaritaliani.it: "La
botta sul fondo è già stata data" Lunedí 16.03.2009 12:05 Ci volevano Ben
Bernanke e le rassicurazioni dei ministri delle Finanze al vertice del G20 per dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti
sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero
uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il
2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente,
ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di
boa. A Milano il Mibtel segna +2,5%, mentre l'S&P/Mib +2,8%. Parigi
guadagna il 2,21%, Francoforte il 2,10%, Londra l'1,12% e Madrid il 2,02. Anche
Wall Street in rialzo sulla scia delle attese di una possibile stabilizzazione
del settore bancario. Al alimentare l'ottimismo anche le conferme in questo
senso arrivate da Citigroup che ha smentito la necessita' di nuovi aiuti
governativi. Il Dow Jones avanza nei primi scambi dello 0,66% a quota 7.271,69,
il Nasdaq sale dello 0,78% a 1.442,67 punti e lo Standard & Poor's registra
un progresso dello 0,76% a quota 762,32. In deciso recupero dei bancari, sulla
scia di Barclays che ha annunciato di avere iniziato "benissimo" il
( da "AmericaOggi Online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi. Bernake.
Nessun '29. Ripresa nel 2010 16-03-2009 NEW YORK. Gli Stati Uniti hanno evitato
il rischio di piombare in un nuovo 1929 e ora potrebbero lasciarsi alle spalle
la peggiore recessione degli ultimi decenni gia' quest'anno, per tornare a crescere
a partire dall'inizio del 2010. Il presidente della Fed Ben Bernanke mostra un
cauto ottimismo ma avverte: nessuna ripresa avra' luogo se i mercati
finanziari e le banche non si stabilizzeranno. Bernanke ammette comunque
che ci sono dei rischi: in primis la mancanza di volonta' politica di risolvere
la situazione senza lasciare che le cose seguano il proprio corso. Scampato il
pericolo di un nuovo 1929 (''Sono convinto che abbiamo gia' superato quel
punto. Ora si tratta di far funzionare la macchina in modo corretto'' ha detto)
e quello di un collasso del sistema finanziario
globale, gli Usa devono ora guardare alla possibile ripresa, tenendo conto
delle difficolta' del mercato del lavoro che continuera' a deteriorarsi con un
tasso di disoccupazione superiore all'8,1% registrato in febbraio. ''La
recessione probabilmente terminera' quest'anno. E vedremo una ripresa
all'inizio del prossimo anno'' se l'azione del governo nello stabilizzare i mercati avra' successo, spiega Bernanke sottolineando il suo
impegno a prendersi cura di Wall Street e' legato solo ed esclusivamente agli
effetti che questa ha su Main Street. ''Mi prendo cura di Wall Street per una
ragione sola: e cioe' perche' quello che succede a Wall Street ha conseguenze
su Main Street. Se non stabilizziamo i mercati finanziari,
se non adottiamo le azioni necessarie per far si' che il credito torni a
girare, allora mio padre non potra' ottenere prestiti per costruire il suo
nuovo negozio''. Ai microfoni di '60 Minutes', la trasmissione televisiva dell'emittente
Cbs, Bernanke osserva come le grandi banche americane siano ''solventi'' e che
gli stress test previsti nell'ambito del nuovo piano salva-finanza servano a
determinare l'ammontare di capitale necessario in caso di crisi. Un segno di
ripresa del sistema finanziario potrebbe essere -
spiega - il successo di una grande banca a raccogliere capitali privati.
ALMUNIA, LA PEGGIORE RECESSIONE DEGLI ULTIMI 70 ANNI ''Questa recessione e' la
piu' difficile degli ultimi 70 anni'': questo quanto affermato dal commissario
europeo per gli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, a Bruxelles,
aprendo i lavori della quinta sessione plenaria dell'Assemblea parlamentare
Euromediterranea (Apem). ''Un anno fa, in occasione della nascita dell'Unione
per il Mediterraneo in luglio - ha aggiunto il commissario - non ci eravamo
resi conto appieno della portata della crisi e ci chiedevamo come riuscire a
rimanerne fuori. Oggi ci siamo dentro tutti fino al collo, a Nord come a Sud, a
Est come a Ovest''. Di qui l'appello alla plenaria dell'Apem per ''un maggior
coordinamento politico a livello bilaterale e multilaterale, senza il quale e'
difficile trovare quello a livello di politiche economiche, fiscali, monetarie,
oltre alle misure per ripristinare il funzionamento dei mercati finanziari''. NO A ERRORI
PASSATO,RAFFORZARE VIGILANZA - ''Non ripetere gli errori del passato,
all'origine della crisi attuale, migliorando i controlli sul sistema finanziario'': e' il messaggio del
commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, in vista del
G20 di Londra del prossimo 2 aprile. Almunia ha spiegato come questo sia
il filo rosso da seguire di fronte alla crisi, sottolineando come su cio' ci
sia il ''consenso netto'' dei partecipanti dell'ultima riunione del G20 dei
ministri finanziari e dei governatori europei. Aprendo
i lavori della quinta sessione plenaria dell'Assemblea parlamentare
Euromediterranea, Almunia ha parlato della necessita' di ''dare al Fondo
monetario internazionale strumenti piu' flessibili e una rappresentanza piu'
adeguata dei vari Paesi''. Stesso discorso per la Banca Mondiale: ''Gli
istituti finanziari internazionali - ha spiegato il
commissario - costituiscono la chiave per la redistribuire le risorse e
ripristinare la crescita e la domanda, tenuto conto delle economie emergenti e
del loro potenziale''. Inoltre, per Almunia ''servono piu' partnership'' con
Paesi terzi, a partire dall'impegno per l'Unione per il Mediterraneo.
( da "Dagospia.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
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articolo --> CARAIBI & FISCO, CHE DUPLEX ? I PARADISI DELLA FINANZA
OFF-SHORE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI - MENTRE LE CASSEFORTI EUROPEE
SCRICCHIOLANO, DALLE CAYMAN AD ANTIGUA IL SEGRETO BANCARIO NON SI TOCCA ?
SVIZZERA: DARà UNA SPALLATA ALLO ?SPALLONE??? 1 - I CARAIBI, L'ULTIMA
ROCCAFORTE DEI PARADISI FISCALI... S. Fi. per "Il Sole 24 Ore"
Caraibi e fisco, binomio perfetto. Mete turistiche per milioni di viaggiatori
in cerca di mari cristallini, le isole tropicali del centro-America sono uno
dei tre (accanto ad alcune enclavi in Europa e a dei porti franchi in estremo
oriente) centri mondiali dell'off-shore: ora, di fronte
alla più grave crisi finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia
mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati
come responsabili di aver favorrito operazioni torbide senza alcun controllo e
di aver fatto proliferare l'evasione fiscale. cayman isole Mentre in
Europa qualcosa si muove, dopo la decisione di Austria e Liechtenstein (e forse
anche della Svizzera) di fare un passo indietro sul segreto bancario, per ora
le località off-shore dei Caraibi, al riparo da governi avidi di entrate e da
sguardi indiscreti, tengono ferma la loro linea. A partire dalle Isole Cayman,
una delle mete preferite tra i paradisi fiscali. Proprio nel piccolo arcipelago
nel mar delle Antille, a sud di Cuba, c'era la sede di Epicurum,il fondo da cui
è il crack della Parmalat. La fortuna dell'ex colonia britannica più che dai
turisti che affollano la Seven Mile Beach viene dall'esenzione dalle imposte,
che si dice sia sta addirittura concessa fin dai tempi di re Giorgio III (fine
del XVIII secolo. Una più recente regolamentazione, la mutual funds law del
( da "GuidaViaggi.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
I costi del
carburante, la crisi finanziaria e il crollo della
domanda hanno influito negativamente sui risultati 2008 del Gruppo Austrian.
L?Ebit è diminuito in modo significativo passando dai 42,1 milioni di euro del
2007 ai -312,1 milioni di euro del 2008. Questo risultato è dovuto
principalmente all?aumento delle spese per materiali e servizi, specialmente
della spesa per il carburante, che è stata di 581 milioni di euro (+31,5%), e
alla drastica diminuzione della domanda che ha influenzato in modo particolare
l?ultimo trimestre del 2008. Rispetto allo scorso anno fiscale, i risultati
finanziari del gruppo hanno registrato nel 2008 un miglioramento pari a 20,7
milioni di euro, attestandosi a ?32,5 milioni di euro (2007: -53,2 milioni). Il
dato è legato alla riduzione degli investimenti e a considerazioni di rischio
sui cambi legati alle variazioni del dollaro.
( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
La crisi finanziaria scatena il malcontento in Europa
-->(Reuters) - La crisi finanziaria globale ha
suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci
sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria. Ecco
alcuni dettagli: BOSNIA - Il Parlamento croato-musulmano della Bosnia ha
cancellato la sessione prevista per il 26 febbraio piuttosto che affrontare i
manifestanti che protestavano contro i piani per il taglio dei benefici per
restringere l'enorme gap di bilancio. GRAN BRETAGNA - I lavoratori britannici
hanno indetto una serie di proteste presso alcuni impianti di produzione
elettrica contro l'utilizzo di imprenditori stranieri in alcuni siti energetici
strategici. I manifestanti hanno concordato di sospendere gli scioperi il 5
febbraio dopo che la Total ha acconsentito ad assumere più lavoratori britannici
nella sua raffineria di Lindsey. BULGARIA - Centinaia di lavoratori della
fabbrica di acciaio Kremikovtzi hanno manifestato, il 9 marzo, contro i
previsti licenziamenti ed i salari non pagati, chiedendo al governo socialista
di trovare degli acquirenti per l'impianto insolvente. Migliaia di agenti di
polizia hanno manifestato per le strade di Sofia, la scorsa domenica, per
chiedere un aumento salariale del 50% e migliori condizioni lavorative.
REPUBBLICA CECA - Migliaia di contadini provenienti da Repubblica Ceca,
Germania, Austria, Slovacchia, Slovenia e Polonia hanno manifestato attraverso
le strade di Praga il 12 marzo per richiedere prezzi del latte più alti e
sussidi per favorire le entrate, colpite dalla crisi
economica. FRANCIA - Fino a 2,5 milioni di persone hanno manifestato in tutta
la Francia il 29 gennaio per i salari e la difesa del posto di lavoro. Il 5
marzo le autorità e i sindacati hanno firmato un accordo per mettere fine a uno
sciopero generale di sei settimane dovuto agli stipendi e ai prezzi che ha
paralizzato l'isola di Guadalupe. Un leader sindacale è stato ucciso, alcuni
negozi sono stati bruciati e saccheggiati durante le proteste. Migliaia di
lavoratori hanno manifestato nell'Isola di Reunion, territorio francese
nell'Oceano Indiano, il 5 e il 10 marzo in una campagna di scioperi e proteste
per richiedere aumenti salariali. Le otto sigle sindacali francesi hanno
indetto un giorno di protesta per il 19 marzo per chiedere al governo e alle
imprese di fare di più per proteggere i posti di lavori ed i salari durante la crisi economica. GERMANIA - 15.000 operai della Opel si sono
radunati il 26 febbraio davanti al quartier generale della loro azienda,
chiedendo alla General Motors di rivedere i piani di chiusura degli impianti in
Europa. GRECIA - L'uccisione di un quindicenne da parte della polizia a
dicembre ha scatenato i peggiori disordini degli ultimi dieci anni, alimentati
dalla rabbia per le difficoltà economiche del paese e la disoccupazione
giovanile. Gli anarchici e i gruppi di guerriglia dell'estrema sinistra hanno
continuato con una serie di attacchi verso banche e uffici di polizia. I
sindacati greci, che rappresentano circa 2,5 milioni di lavoratori, hanno
organizzato ripetute proteste contro il governo, sostenendo che le misure anticrisi siano a carico solo dei più poveri. UNGHERIA - La
polizia ha utilizzato lacrimogeni per disperdere un gruppo di manifestanti che
stava contestando il governo il 15 marzo a Budapest e ha fermato un totale di
35 persone. IRLANDA - Circa 100.000 persone hanno manifestato per le strade di
Dublino il 21 febbraio per protestare contro i tagli del governo a dispetto di
una recessione sempre più profonda e dei salvataggi delle banche. LETTONIA - Il
nuovo primo ministro lettone è stato nominato il 26 febbraio dopo che la
coalizione di governo è crollata, la seconda a pagare la crisi
finanziaria dopo l'Islanda. Il ministro dell'agricoltura si è dimesso il
3 febbraio dopo le proteste dei contadini per il calo delle entrate. LITUANIA -
La polizia ha fatto ricorso ai lacrimogeni il 16 gennaio per disperdere i
manifestanti che avevano lanciato pietre contro il parlamento per protestare
contro i tagli alla spesa sociale. Il primo ministro Andrius Kubilius si è
impegnato a portare avanti un piano di austerity. MONTENEGRO - I lavoratori del
settore alluminio hanno richiesto, il 9 febbraio, il pagamento degli arretrati
e l'immediata ripresa della produzione nello stabilimento, di proprietà russa,
Kombinat Aluminijuma Podgorica. POLONIA - Fino a 10.000 lavoratori, la maggior
parte dei quali appartenenti all'industria delle armi, hanno manifestato il 6
marzo contro i licenziamenti dopo che la Polonia ha annunciato tagli alla
difesa. A Gdansk 3.000 lavoratori hanno protestato contro i piani di tagli
all'occupazione previsti da Energa, produttore di energia. PORTOGALLO - Decine
di migliaia di lavoratori hanno manifestato a Lisbona il 13 marzo contro le
politiche del governo socialista che, secondo i sindacati, sta facendo
aumentare la disoccupazione e favorendo i ricchi in un momento di crisi. RUSSIA - Circa 1.000 dimostranti hanno chiesto le
dimissioni del governo durante una manifestazione pacifica che si è tenuta il
15 marzo a Vladivostok, la più recente protesta collegata alla crisi economica russa. Circa 800.000 russi hanno perso il
loro lavoro tra dicembre e gennaio, portando il numero di disoccupati oltre i 6
milioni, l'8,1% dei lavoratori. Sedici lavoratori dell'acciaieria ESTAR a
Zlatoust hanno interrotto uno sciopero per i salari il 14 marzo dopo che il
management ha accolto parte delle richieste, ma hanno minacciato di riprendere
le manifestazioni di dissenso dinanzi ad altre avversità economiche. UCRAINA -
Centinaia di cittadini ucraini hanno manifestato il 23 febbraio, alcuni chiedendo
le dimissioni del presidente Viktor Yushchenko, altri chiedendo indietro i
propri soldi alle banche, colpite duramente dalla crisi
finanziaria.
( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Roma, 16 mar.
(Apcom) - Crisi economica e nucleare. Sono i grandi temi su cui si gioca il
futuro dell'Iran che il 12 giugno prossimo è chiamato a scegliere il nuovo
presidente. Secondo molti analisti locali e arabi, il crollo del prezzo del
petrolio - principale risorsa interna - accentuando la crisi
economica del paese, aggiunto all'eccesso della propaganda anti-israeliana e
anti-Usa, che ha rotto i ponti con l'occidente soprattutto sulla questione del
nucleare, avrebbe convinto molti ambienti conservatori ad abbandonare al suo
destino l'attuale capo di stato, Mahomoud Ahmadinejad, e correre ai ripari
proponendo ai riformisti un governo d'unità nazionale che riesca a dialogare
con l'occidente, alla luce delle aperture del nuovo presidente statunitense,
Barack Obama. Per chi cerca di decifrare gli equilibri politici dalle
sfumature, come il quotidiano panarabo al Hayat, la probabile rinuncia alla
candidatura dell'ex capo di stato, il moderato Mohammed Khatami, sarebbe il
frutto di un'intesa tra ambienti conservatori e gli stessi riformisti. Secondo
fonti iraniane citate dal giornale arabo edito a Londra, un fronte di
conservatori preoccupato dalla crescente perdità di consenso di Ahmadinejad, si
sarebbe impegnato a convergere su un candidato alternativo "in cambio di
un ritiro di Khatami". Il nome di questo candidato alternativo ad
Ahmadinejad non è ancora deciso; in ogni caso ci sarebbe l'accordo per andare a
un governo di unità nazionale. In pole position per i riformisti ci sarebbe
l'ex premier Mir Hossein Moussavi. Secondo il quotidiano giordano Addistour,
sarebbe "inutile" che Ahmadinejad restasse al timone : per il
giornale arabo, "l'intransigenza di Teheran era una risposta naturale
all'esistenza sul campo avverso di un intransigente presidente Usa come George
Bush". Finita l'era di Bush, insomma, verrebbe a mancare l'esigenza di un
'contraltare' a Teheran. Anche se nei cauti sondaggi filtrati dai media ufficiali,
il 'falco' Ahmadinejad, rimane ancora il favorito, al Hayat sottolinea invece
l'erosione di consenso registrata in vari settori tradizionalmente favorevoli
all'attuale presidente, soprattutto tra le masse diseredate "rimaste
deluse dalle sue promesse", ma anche tra le donne che "si vedono poco
rappresentate". Nonostante la propaganda ufficiale
minimizzi gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia del Paese, resta chiaro, per al Hayat,
che la teocrazia non sa più come fronteggiare l'inflazione (28%) e la
disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani sotto i trent'anni (il 40%
dei 70 milioni di abitanti). Il ritiro dell'ex capo di stato, Khatami,
dato ormai per certo anche se non ufficializzato, sgombra il campo da una
candidatura forte non proprio gradita da questi ambienti conservatori. Ci
sarebbe inoltre un'intesa su un governo unitario, chiunque fosse il vincitore
delle elezioni presidenziali. Alcuni riformisti non rinunciano però all'idea
che l'eventuale vincitore possa essere l'ex presidente del parlamento Mehadi
Karroubi, sostenuto dall'influente Hashemi Rafsanjani, (punto di riferimento
dell'elite economica, con grande influenza sulle istituzione); altri sostengono
appunto Hossein Moussawi, "più gradito ai conservatori". Secondo i
siti iraniani, Khatami, che si è incontrato con entrambi i candidati, sarebbe
impegnato proprio a lavorare per la convergenza su un unico nome "prima di
annunciare ufficialmente il ritiro della sua candidatura". Ma anche nel
campo opposto i giochi non sono fatti. La sfida si gioca tra conservatori e
ultra-conservatori: al falco, Ahmadinejad, il fronte guidato da Mohasen Rezai,
segretario del Consiglio di Discernimento degli Interessi della
Rivoluzione" - vuole contrapporre il sindaco di Teheran, Mohammed Baqer
Qalibaf, che è stato in passato l'ex comandante dei Pasdaran, i guardiani della
rivoluzione islamica.
( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Roma, 16 mar.
(Apcom-Nuova Energia) - L'Estonia, nonostante la crisi
economica, ha riaffermato la sua intenzione a partecipare alla costruzione di
una nuova centrale nucleare in Lituania, progetto denominato 'la centrale del
Baltico, al quale dovrebbe partecipare oltre all'Estonia, anche Lituania,
Lettonia e Polonia. Lo ha detto il ministro dell'Economia di Tallin, Juhan
Parts, al termine di un incontro a Vilnius con il suo omologo lituano. "Siamo
molto interessati. Aspettiamo solo che il progetto sia pronto", ha detto
il ministro ai giornalisti. Il progetto della nuova centrale del Baltico è
rimasto finora ai blocchi di partenza a causa dei dissidi tra le parti, sorti
proprio sulla suddivisione energetica. La crisi finanziaria che ha poi colpito in
maniera particolare Estonia e Lettonia, sembra aver escluso almeno per il
momento una rapida messa in opera del progetto. Vilnius comunque tenta di
salvare il salvabile, visto che entro il 2009 dovrà - così come chiesto dall'Ue
- definitivamente spegnere l'attuale Ignalina, centrale del periodo
sovietico. La nuova presa di posizione dell'Estonia potrebbe rilanciare il
progetto, anche se - come ha detto giovedì scorso il ministro lituano
dell'Energia, Arvydas Sekmokas - la nuova centrale non sarà comunque in grado
di funzionare prima del 2018. "La nostra prima opzione è condividere
questo progetto con degli amici", ha specificato Parts. "Se ciò non
sarà possibile - ha concluso - proveremo allora a considerare altre soluzioni.
Non escludiamo la possibilità di costruire una centrale direttamente in
Estonia. Abbiamo bisogno di diversifiare le nostre fonti energetiche".
( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi: studio Ue su
auto, rischio bancarotte di ANSA Da gennaio vendite gia' diminuite di 3,5
milioni di veicoli -->(ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo 'un impatto devastante'
sull' industria dell'auto.Lo dice uno studio Ue.Per la ricerca 'con serie
implicazioni per l'intera economia.Da gennaio 2009 le vendite rispetto all'andamento
medio sono diminuite di 3,5 milioni. Risultato dovuto al calo della domanda e
al crollo dell'export. Vista la stretta nei mercati finanziari - chiude - molte
industrie restano a rischio bancarotta'.
( da "Trend-online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi:
studio Ue su auto, rischio bancarotte ANSA NEWS, clicca qui per leggere la
rassegna di Ansa , 16.03.2009 19:35 Scopri le migliori azioni per fare trading
questa settimana!! (ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo
'un impatto devastante' sull' industria dell'auto.Lo dice uno studio Ue.Per la
ricerca 'con serie implicazioni per l'intera economia.Da gennaio 2009 le
vendite rispetto all'andamento medio sono diminuite di 3,5 milioni. Risultato
dovuto al calo della domanda e al crollo dell'export. Vista la stretta nei mercati
finanziari - chiude - molte industrie restano a rischio bancarotta'.
( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi
Roma, 16 mar.
(Apcom) - Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama sarà ospite il prossimo
giovedì della trasmissione televisiva "The Tonight Show with Jay
Leno". Una fonte della Casa Bianca ha riferito al New York Times che Obama
"sarà divertente a seconda del tempo che avrà disposizione". Il punto
però è, come si chiede anche il Washington Post in un articolo online firmato
da Howard Kurtz, se partecipare a una trasmissione concepita per far ridere il
pubblico sia "una mossa saggia per un presidente in carica". Soprattutto, "in un momento in cui la crisi finanziaria prosegue e (Obama
stesso) fa fronte ai problemi dell'economia". Il presidente però ha già
deciso e partirà dopodomani alla volta di Los Angeles. Al momento non si sa che
il suo intervento sarà in diretta o registrato.