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Report "crisi"   16-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Unicredit e Intesa alla prova dei conti ( da "Stampa, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a Londra per presentare i risultati alla comunità finanziaria. Per fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi, l'istituto di Piazza Cordusio dovrebbe esaminare nel cda di martedì la richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata Bank Austria, alla quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est, per la quale sono già stati avviati con le autorità austriache.

Premi alla divisione che ha investito sui mutui subprime sfiorando il crac ( da "Stampa, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima della crisi finanziaria che ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus in futuro».

Aig, aiuti pubblici Usa usati per premi ai dirigenti Il Tesoro Usa ha tentato invano di blocca... ( da "Giornale di Brescia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Aig Edward Liddy ha informato le autorità Usa che la compagnia è legalmente obbligata a pagare entro oggi i premi ai dirigenti in base ad accordi stabiliti ben prima della crisi finanziaria che ha portato la compagnia sull'orlo del fallimento. L'Aig ha comunque promesso alle autorità americane che, per quanto riguarda il futuro, i premi ai dirigenti saranno notevolmente ridotti.

Polemica per i bonus concessi ad Aig Obama li boccia, ma saranno pagati ( da "Cittadino, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti Finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari "tossici"

Il capitalismo? Oggi dipende ... dalla Cina ( da "Arena, L'" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non era però sconosciuta l'agenda incentrata sulla crisi finanziaria ed economica, e sui rischi di destabilizzazione interna ad essa connessi. I numeri della crisi sono allarmanti anche in Cina. Nell'ultimo mese contabile l'import ha subito una flessione del 24,1 per cento, rispetto allo stesso mese del 2008 mentre le export è calato del 25.

Superconsulenze salva-sportelli ( da "ItaliaOggi Sette" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: consigliando e affiancando i maggiori istituti bancari italiani per irrobustirgli il capitale Banche sull'orlo di una crisi di nervi. E in cerca di liquidità. A raccontarlo solo qualche mese fa, i più avrebbero preso per pazzo chi avesse affermato qualcosa del genere. Invece la crisi finanziaria sta mettendo alle corde proprio quelle istituzioni che hanno nel loro Dna, secondo [.

la merkel e il sogno di churchill - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria globale che si aggravava sembrava fatta apposta per l´Unione Europea. Di fronte alla globalità della crisi che si dispiega in modo inesorabile i percorsi solitari nazionali sono chiaramente inefficaci, anzi, controproducenti.

unicredit e intesa verso i bond ( da "Messaggero Veneto, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: amministratore delegato Alessandro Profumo sarà a Londra per presentare i risultati alla comunità finanziaria. Per fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi, l'istituto di piazza Cordusio dovrebbe esaminare nel cda di martedì la richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata Bank Austria, alla quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est.

bernanke va in tv e fa l'ottimista "il rischio-depressione è alle spalle" ( da "Repubblica, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Molto dipende dal sistema finanziario. La storia insegna che finché il sistema finanziario è in crisi non può esserci una ripresa economica sostenuta. Abbiamo assistito a qualche progresso nei mercati finanziari, ma finché non saranno stabilizzati e non torneranno a funzionare normalmente, non vedremo alcuna ripresa.

Premi ai vertici Aig, è bufera ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti Finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari tossici alla radice del terremoto economico.

FIAT MELFI, LA FIOM: RIASSUMERE I PRECARI LICENZIATI ( da "marketpress.info" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è servita a fare il punto sulle problematiche che la crisi finanziaria stà producendo sul settore industriale e in particolare sul settore auto, dal punto di vista occupazionale e produttivo nel sito di Melfi?. La Fiom Cgil considera ?negativamente l?atteggiamento unilaterale della Direzione Aziendale e chiede alla Fiat: il mantenimento dell?

La crisi finanziaria sta cancellando tanti posti di lavoro nei negozi... ( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lunedì 16 Marzo 2009 Chiudi La crisi finanziaria sta cancellando tanti posti di lavoro nei negozi

Scandalo Aig, bonus milionari ai manager ( da "Eco di Bergamo, L'" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto a intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i prodotti finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari «tossici»

bonus ai dirigenti del colosso aig la casa bianca: oltraggioso ( da "Tirreno, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano proprio nel dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari "tossici" alla radice del terremoto economico.

UNA GRANDE incertezza continua a dominare l'evoluzione e soprattutto le prospettive del... ( da "Messaggero, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziaria che ha investito l'intera economia mondiale. Il cuore della crisi in atto resta nei dissesti delle maggiori banche e istituzioni finanziarie e la perdurante paralisi che né conseguita dei mercati finanziari. Finché non si riuscirà a trovare una soluzione efficace per riavviare il motore dell'intermediazione finanziaria,

Svizzera, nessuna fuga di capitali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari. Lo scarto a favore della piazza svizzera è dato probabilmente dal mix di investimenti, in cui l'azionario spesso non è maggio-ritario, ma confermerebbe secondo gli esperti la stabilità di fondo della presenza di capitali. D'altro canto, le stime del Boston Consulting Group continuano ad indicare la Svizzera come la maggior piazza di gestione di capitali off shore,

Flussi finanziari. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Complice anche la crisi finanziaria che sta facendo rivedere strategie d'investimento e fuga dagli emergenti (vedi le difficoltà dell'est Europa). Ma dove andrà questa montagna di denaro in fuga dagli ex Paradisi fiscali? In cerca di stabilità dice un operatore che vuole restare anonimo: prima regola è restare liquidi;

Bilanci bancari da ripulire ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: pompare sempre più soldi nell'economia quando la fiducia non è stata ancora stabilita sui mercati finanziari ». Stessa linea dalla francese Christine Lagarde. Il direttore del Fondo monetario, Dominique Strauss-Kahn, ha sostenuto che, se gli impegni di stimolo per il 2009 vanno bene, bisogna però assicurare che lo stesso avvenga nel 2010.

Lavoro da riformare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: perché vedono che i governi nazionali privilegiano il "protezionismo politico", cioè comportamenti non cooperativi in Europa, con intenti populisti in patria. Gli esiti economici sono nulli o autolesionistici, come in un perfetto "dilemma del prigioniero" su scala europea. Gli altri Paesi possono forse limitarsi ad aprire gli ombrelli e aspettare che la grandine finisca.

Berna potrebbe innescare una corsa alle svalutazioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2009-03-15 - pag: 7 autore: LENTE D'INGRANDIMENTO Protezionismo valutario Berna potrebbe innescare una corsa alle svalutazioni di Riccardo Sorrentino C hi sarà il prossimo? La decisione della Banca nazionale svizzera di intervenire sulla valuta troppo forte per combattere il rischio di deflazione minaccia di essere imitata.

Borse, tutto il tonfo in cinque giorni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La riprova la stiamo avendo in questa grande crisi finanziaria, che sta sconvolgendo usi e abitudini consolidate. Sui mercati azionari stiamo vivendo da qualche mese a questa parte una concentrazione di volatilità terrificante. Certo, più o meno tutti sapevamo che in Borsa si corrono dei rischi.

Moratoria per i premi letterari ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Per fermare il tracollo dei mercati finanziari qualcuno è arrivatoa proporre la chiusura delle Borse. Idea bislacca e suicida, in un'economia globale.Ma chiudere per dodici mesi la Borsa letteraria non sarebbe la fine del mondo. Col pretesto della crisi si tagliano i fondi a musei e teatri , perché continuare a elargire denaro a libri e autori troppo spesso mediocri?

Biden a sorpresa <Negli Usa cresce la fiducia> ( da "Corriere della Sera" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a mostrare un pizzico di ottimismo in più e a dirsi sicuro del fatto che la crisi sarà superata e che «usciremo da questo buco nel quale siamo finiti». Ci sono segni — ha detto Biden (foto) — che sta crescendo la fiducia dei cittadini sull'abilità dell'amministrazione di contrastare la crisi finanziaria. «La fiducia dei consumatori è leggermente su.

Le tesi ( da "Corriere della Sera" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il rallentamento globale, dice, «è senza precedenti» Eurolandia e Usa I Paesi Ue più esposti sono quelli «con banche troppo grandi per essere salvate» o «con grande debito pubblico». Critiche agli Usa: «ritardi e passi falsi» nell'affrontare la crisi finanziaria

A proposito di economia e finanza, noto che la frase non me ne intendo pare meno grave d... ( da "Unita, L'" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: intendessero gli esperti che ci hanno raccontato le sorti luminose e progressive del mercato per anni e anni. Saranno per casi gli stessi esperti che fanno le analisi oggi, che incoraggiano e blandiscono, che dicono «coraggio, passerà»? Mi chiedo ogni tanto se ci sia differenza tra questi arguti «esperti» dei mercati finanziari e le tanto vituperate astrologhe e fattucchiere da rotocalco,

Asse Cisl-Uil sul fisco, Epifani... ( da "Giornale.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dopo la crisi finanziaria, l?export, fondamentale per la nostra economia, sentirà i morsi della flessione dello sviluppo globale. Primo obiettivo diventerà tenere vivo il tessuto industriale assicurando innanzitutto il credito. è dunque saggia la scelta di sostenere la solidità del sistema del credito anche con l?

"Attenti alle trappole del... ( da "Giornale.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: testo Rossi spiega che Keynes aveva anticipato le questioni poste adesso dalla crisi finanziaria, e che insomma si deve tornare all?idea keynesiana di un governo mondiale del mercato. Nel farlo se la prende però con una serie di illustri economisti (tra i quali diversi Nobel) che hanno interpretato il pensiero di Keynes (nel volume pubblicato negli Usa, Revisiting Keynes, Mit Press,

La politica degli spotmostra le prime crepe ( da "Secolo XIX, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: immagine riflessa della crisi finanziaria, che procede a una velocità maggiore rispetto alle soluzioni escogitate dai governi, la situazione in Pakistan peggiora a un ritmo maggiore di quello che possono sostenere i deputati alle decisioni politiche. Il dato più preoccupante di questa crisi in continuo sviluppo è il vuoto di comando in Pakistan,

Ai senza lavoro 1,8 miliardi dalle Regioni ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: garanzia che interviene nel caso di imprese fallite o in crisi finanziaria, incapaci di anticipare l'indennità ai propri dipendenti. Previsti inoltre contributi fino a 4mila euro per le aziende che assumono lavoratori dalle liste di mobilità o per chi assolda giovani laureati. Il Consiglio regionale del Lazio, invece, ha approvato una legge per istituire il reddito minimo garantito:

Oggi dall'Istat il dato sui prezzi al consumo di febbraio ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria: le proposte dell'Aiaf per riportare fiducia sui mercati”. Presso la sede, via Dante 9, Milano (ore 11,30). Titoli di Stato Regolamento dell'asta di titoli a medio-lungo termine. Mercoledì 18 marzo Produzione industriale L'Istat comunica i dati sull'andamento della produzione industriale a gennaio (

Paradisi fiscali, comincia la fuga dei capitali ( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: comincia la fuga dei capitali Crisi finanziaria e l' attacco Ue-Usa al segreto bancario rilanciano i vantaggi di investire in Paesi sicuri icaizzi@corriere.it 'allentamento del segreto bancario e la paura di rischi ormai troppo alti stanno generando fughe di capitali dai paradisi fiscali verso Paesi più sicuri.

Invece i salari vanno aumentati ( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alla creazione di tardivi sistemi di welfare o di sostegno sociale, mentre le ombre del protezionismo si fanno ogni giorno più forti proprio per l'effetto scatenante di tale paradigma. Intanto la depressione si fa mondiale. L'Europa dell'Est è sull'orlo del crollo. Eppure pochissimi si pongono i problemi delle cause non soltanto finanziarie della crisi.

<Il rating? Ha una buona pagella> ( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: degli avvenimenti che hanno scosso i mercati finanziari, abbiamo sollecitato, ascoltato e riflettuto e stiamo adottando misure per rafforzare i processi di rating e fornire maggiori informazioni. Cerchiamo di chiarire alcuni punti. L'identikit Il rating è un'opinione sull'affidabilità creditizia, espressa, nella maggior parte dei casi, come probabilità relativa che si verifichi un'

E se in marzo finisse la bolla del ribasso?\n ( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Andando a ritroso nella storia dei mercati finanziari, il mese di marzo si è sempre contraddistinto per essere un periodo molto favorevole al verificarsi di eventi di carattere straordinario. Meglio non stupirsi quindi se Wall Street e le Borse Europee sono rimbalzate del 15%, dopo alcune sedute terrificanti che le avevano portate ai minimi degli ultimi 13 anni.

Il piano di Elettrodata per affrontare la crisi ( da "Vnunet.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: technology in particolare stanno attraversando un periodo di crisi, legato alla situazione finanziaria internazionale, e all'instabilità e alla riduzione dei consumi che questa ha provocato. Visto il perdurare di questa condizione, siamo stati costretti a ricorrere a un programma di riorganizzazione dell'azienda che comprende uno strumento di supporto come la cassa integrazione",

"Le mie Fs batteranno l'aereo" ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: azienda prima che arrivasse la crisi finanziaria. Se non lo avessimo fatto saremmo stati travolti. Abbiamo raggiunto un mol pari a quello di Sncf che però ha un fatturato quattro volte il nostro. Sull?ultima riga del bilancio pesano però i 9 miliardi di debiti che abbiamo ereditato e che assorbono quasi per intero i 430 milioni di Ebit».

Stimoli o regole? Usa e Ue divisi alla meta del G20 ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: gli europei sono disposti a dire di sì al raddoppio dei fondi da mettere a disposizione del FMI per il sostegno alle economie più in crisi, il problema di un ulteriore impegno finanziario per stimolare l'economia, visto da Bruxelles, non si pone nemmeno. Si pone invece, e con forte urgenza, la questione di arrivare ad una regolamentazione condivisa del mercato finanziario globale.

Il cambiamento nella pubblicità porta sempre più il segno del web I PROTAGONISTI ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non solo per uscire dalla crisi finanziaria, ma per inventare un nuovo modo di comunicare. E? stato il leit motiv del summit "Tutto cambia. Cambiamo tutto" organizzato dall?Upa e da AssoComunicazione. «Se non dobbiamo cambiare proprio tutto, dobbiamo cambiare l?approccio, il modo di pensare e il modo di rendere efficiente ogni comunicazione»,

I piani di Bondi per il suo 'tesoretto' ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è che qualcuno degli hedge azionisti a corto di liquidità per la crisi finanziaria riesca a raccogliere il consenso necessario per convocare un?assemblea straordinaria (ci hanno già provato in passato) pretendendo la distribuzione sotto forma di maxidividendo degli 1,1 miliardi in contanti conservati ? investiti in Bot ?

La via italiana al private equity ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Valentino: tante le vittime illustri della crisi finanziaria, trascinate in basso dai debiti, zavorre costruite facendo leva su operazioni finanziarie rischiose. Casi che hanno fatto riaccendere i riflettori sul mondo dei private equity, protagonista di operazioni di acquisizione "leveraged", con forte indebitamento.

Ripensare la fabbrica del futuro un nuovo modello per uscire dalla crisi ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ai tempi della crisi finanziaria che ha messo in ginocchio la "old economy" italiana a Pisa, presso la Cascina Pontedera, si celebra il Festival dell?industria, Manifutura, una cinque giorni (1721 marzo) di dibattiti e appuntamenti promossa da Nens, il think tank coordinato da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco.

Le banche "riscoprono" il territorio ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: difficoltà economiche derivanti dalla crisi finanziaria internazionale ? dice il segretario generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno, le banche popolari hanno chiuso il preconsuntivo 2008 rafforzando il sostegno al territorio, nella fedeltà ai valori della cooperazione e della solidarietà, e sono state premiate dalla clientela, con un incremento delle proprie quote di mercato»

Alti costi e privati in fuga Il "rinascimento nucleare" resta ancora una chimera IL PUNTO / E' difficilissimo quantificare la spesa finale, che resta comunque pesantissima tanto ch ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il problema è che la crisi finanziaria ha finito per peggiorare una situazione già estremamente critica per il settore nucleare», osserva Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr e coautore del libro «Energia per l?astronave Terra». «Negli ultimi 30 anni oltre la metà dei finanziamenti concessi dai governi alla ricerca energetica sono andati al nucleare,

Risultati 2008 impattati dalla crisi per il Gruppo Bulgari ( da "FashionTimes.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: seguito alla crisi finanziaria e alla caduta delle Borse mondiali, ha impattato molto negativamente i risultati dell?intero anno. Anche il 2009 sarà un anno molto difficile in cui ci focalizzeremo - oltre che sul lancio di nuovi prodotti in tutte le categorie merceologiche - su un controllo delle spese ancora più rigoroso per rendere il Gruppo sempre più efficiente.

AIG, ai manager 165 milioni in bonus per il 2008 ( da "KataWebFinanza" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma il presidente del gruppo assicurativo, Edward Liddy, ha comunicato alle autorit che la compagnia legalmente obbligata a versare ai dirigenti i superbonus, per accordi presi prima della crisi finanziaria, che ha portato la compagnia sull'orlo del fallimento. 16/03/2009 - 08:35

Aiuti statali ad Aig. Lawrence Summers:"E' una vicenda oltraggiosa" ( da "AmericaOggi Online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i prodotti finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari 'tossici'

AIG ...meccanismi infernali! pag.1 ( da "Trend-online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I bonus erano stati stabiliti prima della crisi finanziaria che ha travolto il gruppo e andavano saldati entro ieri. La compagnia ha provato a contattare alcuni principi del foro, nella speranza di trovare qualche scappatoia legale, ma i contratti si sono dimostrati a prova di cavilli.

Il segreto bancario e' sempre meno segreto ( da "Miaeconomia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: queste piazze finanziere off-shore potrebbero essere imputate di essere tra i responsabili della crisi finanziaria ed economica. Per quell?incontro, inoltre, Francia e Germania si sono gia? impegnate a creare un ?meccanismo di sanzioni? per ottenere una lista di quei Paesi che non si dimostrano cooperativi in materia fiscale. Nell?elenco, che l?

Verso il G20: leader studiano impegno comune per trasparenza contabile ( da "BlueTG online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria di questi mesi, riverberatasi in una crisi economica. Ma per tornare a crescere occorrerà prima recuperare la stabilità dei mercati finanziari e per questo è necessaria ristabilire la fiducia. Ed ecco che secondo molti osservatori i venti vorranno concludere il meeting londinese lanciando un preciso segnale con una dichiarazione congiunta che chieda alle banche

Euforia anche a Wall Street: future su">Borse, Bernanke scatena il Toro Euforia anche a Wall Street: future su ( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa.

Crisi, Governo malese revoca visto lavoro a cittadini Bangladesh ( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: risposta precauzionale di fronte alla crescente e diffusa preoccupazione della Malesia nei riguardi della crisi finanziaria che sta dilagando in molti paesi, Asia compresa. Lo scorso gennaio, il Governo malese aveva già proibito l?assunzione di nuovi lavoratori stranieri in Malesia, come risposta alla prospettiva ipotizzata della scomparsa, a breve termine, di 45 mila posti di lavoro.

OBAMA DORME DOPO AVER PERSO 61 MLD $ E RICEVUTO 170 MLD $ DI AIUTI IL COLOSSO DELLE ASSICURAZIONI AIG REGALA AI SUOI DIRIGENTI 165 MLN $ IN BONUS LIDDY: "MANI LEGATE DAI CONTRA ( da "Dagospia.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prima della crisi finanziaria che ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus in futuro».

Forbes, Gates torna in testa alla classifica dei più ricchi ( da "Repubblica.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La graduatoria risente della crisi finanziaria che ha colpito i mercati mondiali: il magazine ha verificato che il numero dei miliardari del pianeta si è ridotto di almeno un terzo nell'ultimo anno e che i patrimoni di chi ancora figura nell'elenco si sono ridimensionati.

G20, NESSUNA RICETTA MAGICA CONTRO CRISI FINANZIARIA ( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziario che ha causato la crisi. Il summit si trova così diviso tra due obiettivi: quello di breve termine di stabilizzare i mercati e l'economia e quello di lungo periodo di non consentire il ripetersi della crisi. Per quello di breve, Annunziata giudica molto importante l'impegno a fornire maggiori risorse alle economie dei mercati emergenti in un momento in cui gran parte

16/03/2009 12:42 SCOR : Standard & Poor's upgrades SCOR to "A" ( da "ITnews.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria a livello finanziario e operativo. SCOR è riuscito a ripristinare la solidità finanziaria e a ridurre e diversificare il profilo di rischio. S&P ritiene inoltre l'aumento delle tariffe registrato con i rinnovi di polizze di riassicurazione di gennaio contribuirà a confermare i risultati del gruppo e dovrebbe permettere di controbilanciare in parte il calo del rendimento

G20, nessuna ricetta magica contro crisi finanziaria ( da "Reuters Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: combattimento di Washington contro gli attivi tossici da cui la crisi è partita e con i quali continuerà ad alimentarsi fino a quando resteranno nei bilanci delle banche. "Restiamo appesi alla speranza che gli Usa trovino finalmente la ricetta magica per riportare la fiducia nel settore finanziario e che lo facciano presto", dice Marco Annunziata, chief economist di UniCredit a Londra.

Berlusconi a Marcegaglia<Diamo soldi verissimi> ( da "Sicilia, La" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari «tossici» alla radice del terremoto economico.

MARCO TORIELLO I MEDIA AMERICANI L'HANNO DEFINITA UNA MOSSA INSOLITA, UN EVENTO PIù UNI... ( da "Mattino, Il (Benevento)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Bernanke ha parlato della bufera finanziaria, dal fallimento di Lehman Brothers fino alle ultime misure che la stessa Fed ha messo in campo per contrastare la crisi. Il banchiere centrale ha provato a rassicurare la comunità economica americana come già aveva fatto martedì scorso, in un intervento a Washington.

Le banche fanno volare Piazza Affari">Borse, Bernanke scatena il Toro Le banche fanno volare Piazza Affari ( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa.

La burocrazia non frena il fotovoltaico italiano ( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria globale poi sta determinando un ritardo nel raggiungimento di quegli obiettivi fissati dal Conto energia a 1200 Mw installati che dovrebbero essere raggiunti nel 2010, considerando che nel 2008 si sono superati i 300 Mw installati, con un considerevole aumento rispetto ai 120 circa del 2007,

Argentina-Brasile, giovedì Cristina incontra Lula ( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: divergenza che ha provocato un innalzamento della tensione tra due delle potenze della regione, tra le più colpite dalla crisi finanziaria internazionale. La competizione nella lotta alla recessione ha portato a porre sempre più attenzione alle relazioni con gli Stati Uniti del nuovo presidente Barack Obama, dal quale il subcontinente si aspetta un cambio di rotta nelle relazioni con l?

Argentina, elezioni e agricoltori: settimana chiave per Cristina ( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: emorragia di consensi provocata dalla crisi finanziaria internazionale e dallo scontro con gli agricoltori, costringe gli alleati titubanti a fare una scelta di campo. La “presidenta” si espone al rischio di una sconfitta che renderebbe i successivi due anni di presidenza, il mandato scade nel 2011, estremamente complicati.

Bilancio 2008 negativo per Austrian Airlines ( da "TravelQuotidiano.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria e il conseguente crollo della domanda hanno influito pesantemente sui risultati del 2008 del gruppo Austrian Airlines. Se da una parte il dato del traffico passeggeri è rimasto relativamente stabile con un totale di 10,7 milioni, i ricavi sono stati 2,36 miliardi di euro, in leggera flessione sul 2007.

Le mani dello Stato sulle banche ( da "Napoli.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della Ragione La disastrosa crisi finanziaria che ha sconvolto le borse di tutto il mondo ed ha provocato un collasso dell?economia planetaria ha indotto i governi, sia negli Stati Uniti che in Europa, ad intervenire attivamente sul mercato nazionalizzando numerose banche, un comportamento contrario ai principi basilari del capitalismo che ha spaventato gli investitori tradizionali,

La crisi finanziaria scatena il malcontento in Europa ( da "Reuters Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria globale ha suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria. Ecco alcuni dettagli: BOSNIA - Il Parlamento croato-musulmano della Bosnia ha cancellato la sessione prevista per il 26 febbraio piuttosto che affrontare i manifestanti che protestavano contro i piani per il

"La botta sul fondo è già stata data"">Borse, Bernanke scatena il Toro "La botta sul fondo è già stata data" ( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa.

Crisi. Bernake. Nessun '29. Ripresa nel 2010 ( da "AmericaOggi Online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oltre alle misure per ripristinare il funzionamento dei mercati finanziari''. NO A ERRORI PASSATO,RAFFORZARE VIGILANZA - ''Non ripetere gli errori del passato, all'origine della crisi attuale, migliorando i controlli sul sistema finanziario'': e' il messaggio del commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, in vista del G20 di Londra del prossimo 2 aprile.

CARAIBI & FISCO, CHE DUPLEX I PARADISI DELLA FINANZA OFF-SHORE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI - MENTRE LE CASSEFORTI EUROPEE SCRICCHIOLANO, DALLE CAYMAN AD ANTIGUA IL SEGRETO BANCARIO ( da "Dagospia.com" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di fronte alla più grave crisi finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati come responsabili di aver favorrito operazioni torbide senza alcun controllo e di aver fatto proliferare l'evasione fiscale.

La crisi incide sui conti 2008 del Gruppo Austrian ( da "GuidaViaggi.it" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I costi del carburante, la crisi finanziaria e il crollo della domanda hanno influito negativamente sui risultati 2008 del Gruppo Austrian. L?Ebit è diminuito in modo significativo passando dai 42,1 milioni di euro del 2007 ai -312,1 milioni di euro del 2008. Questo risultato è dovuto principalmente all?

LA CRISI FINANZIARIA SCATENA IL MALCONTENTO IN EUROPA ( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria scatena il malcontento in Europa -->(Reuters) - La crisi finanziaria globale ha suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria.

##Iran/ Elezioni: Riformisti e conservatori verso governo ( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la propaganda ufficiale minimizzi gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia del Paese, resta chiaro, per al Hayat, che la teocrazia non sa più come fronteggiare l'inflazione (28%) e la disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani sotto i trent'anni (il 40% dei 70 milioni di abitanti).

Nucleare/ Estonia rilancia centrale Baltico: pronti a ( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria che ha poi colpito in maniera particolare Estonia e Lettonia, sembra aver escluso almeno per il momento una rapida messa in opera del progetto. Vilnius comunque tenta di salvare il salvabile, visto che entro il 2009 dovrà - così come chiesto dall'Ue - definitivamente spegnere l'attuale Ignalina,

CRISI: STUDIO UE SU AUTO, RISCHIO BANCAROTTE ( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi: studio Ue su auto, rischio bancarotte di ANSA Da gennaio vendite gia' diminuite di 3,5 milioni di veicoli -->(ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo 'un impatto devastante' sull' industria dell'auto.

Crisi: studio Ue su auto, rischio bancarotte ( da "Trend-online" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi: studio Ue su auto, rischio bancarotte ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 16.03.2009 19:35 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo 'un impatto devastante' sull' industria dell'auto.

Usa/ Barack Obama, giovedì ospite speciale Tonight Show Jay... ( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Soprattutto, "in un momento in cui la crisi finanziaria prosegue e (Obama stesso) fa fronte ai problemi dell'economia". Il presidente però ha già deciso e partirà dopodomani alla volta di Los Angeles. Al momento non si sa che il suo intervento sarà in diretta o registrato.


Articoli

Unicredit e Intesa alla prova dei conti (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

DOMANI IL CONSIGLIO DI PIAZZA CORDUSIO, VENERDÌ TOCCA A CA' DE SASS Unicredit e Intesa alla prova dei conti Settimana cruciale per Unicredit e Intesa Sanpaolo. Domani è infatti previsto il consiglio dell'istituto di piazza Cordusio che esaminerà i conti del 2008 e valuterà l'emissione dei considetti Tremonti bond. Il giorno dopo, mercoledì 18 marzo, l'amministratore delegato Alessandro Profumo sarà a Londra per presentare i risultati alla comunità finanziaria. Per fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi, l'istituto di Piazza Cordusio dovrebbe esaminare nel cda di martedì la richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata Bank Austria, alla quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est, per la quale sono già stati avviati con le autorità austriache. Le cifre circolate nei giorni scorsi parlano di una richiesta tra i 2,5-3 miliardi di euro a Vienna, che si aggiunge al miliardo atteso in Italia con il possibile ricorso a un'emissione di Tremonti Bond. Venerdì 20 marzo sarà invece la volta di Intesa di riunire i consigli per l'approvazione dei risultati e dare il via anch'essa, come confermato da Corrado Passera nei giorni scorsi, all'emissione dei Tremonti bond. L'istituto ha già detto, annunciando i risultati del terzo trimestre, di voler rinunciare a distribuire dividendi in contanti per il 2008 per rafforzare rapidamente i coefficienti patrimoniali.

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Premi alla divisione che ha investito sui mutui subprime sfiorando il crac (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Premi alla divisione che ha investito sui mutui subprime sfiorando il crac [FIRMA]MARCO SODANO Dopo aver perso 61 miliardi - di dollari nel corso del 2008, e - sopratutto - dopo aver ricevuto 170 miliardi dal soccorso del governo americano per sopravvivere allo tsunami della finanza, il colosso Usa delle assicurazioni Aig si prepara a distribuire ai suoi dirigenti 165 milioni di dollari in bonus. Il dipartimento del Tesoro ha reagito con durezza. Il consigliere economico del presidente Larry Summers ha detto che tutto ciò è «oltraggioso», il segretario al Tesoro Timothy Geithner ha parlato di decisione «inaccettabile», e il presidente il presidente della commissione finanziaria della Camera Barney Frank ha aggiunto: «Dobbiamo capire se questi bonus possano essere recuperati in qualche modo». Risposta: picche. Il governo americano dovrà accettare l'oltraggio. Il presidente di Aig Edward Liddy ha spiegato in una lettera che «francamente le mani di Aig sono legate». Ha autorizzato la liquidazione «con disgusto e difficoltà» perché non può fare altrimenti. I bonus, ha spiegato il presidente, erano stati contrattati con i dipendenti all'inizio del 2008, prima della crisi finanziaria che ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus in futuro». Lo stesso Geithner, dopo aver analizzato la vicenda, s'è arreso: martedì aveva chiesto alla società di bloccare i pagamenti, poi s'è accorto di non avere il potere per farlo. Dovrà accontentarsi dell'impegno preso da Liddy a ridurre del 30% i premi del prossimo anno. Il numero di Aig, per uscire dall'imbarazzo, ha annunciato un piano di austerity: dal canto suo rinuncerà alle sue spettanze del 2009 in compagnia di sei top manager. I dirigenti di Financial Products ricevranno una retribuzione annua simbolica di un dollaro, mentre per tutti gli altri impiegati della divisione ci sarà una taglio del 10 per cento. Le altre forme di compensazione «no cash» (non in denaro) verranno ridotte o eliminate. Tanto non basterà a placare l'ira degli americani, costretti a barcamenarsi con bilanci famigliari sempre più esili, con la stretta del credito e i posti di lavoro che si riducono di settimana in settimana in tutto il Paese. Aig, con i 170 miliardi ricevuti, è la prima cliente del piano di salvataggio della finanza avviato dal governo americano. Ci si aspettava che avrebbe impiegato il denaro per risanare, non per premiarsi dopo aver rischiato la bancarotta.

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Aig, aiuti pubblici Usa usati per premi ai dirigenti Il Tesoro Usa ha tentato invano di blocca... (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 16/03/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano CRITICHE DAL TESORO AMERICANO Aig, aiuti pubblici Usa usati per premi ai dirigenti Il Tesoro Usa ha tentato invano di bloccare la decisione del gigante delle assicurazioni Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari di aiuti federali per evitare il fallimento, di distribuire circa 165 milioni di dollari di bonus ai suoi dirigenti. Larry Summers, consigliere economico del presidente Obama, ha definito «oltraggiosa» questa decisione. Il Tesoro ha chiesto alla Aig di bloccare questi pagamenti. Ma il presidente dell'Aig Edward Liddy ha informato le autorità Usa che la compagnia è legalmente obbligata a pagare entro oggi i premi ai dirigenti in base ad accordi stabiliti ben prima della crisi finanziaria che ha portato la compagnia sull'orlo del fallimento. L'Aig ha comunque promesso alle autorità americane che, per quanto riguarda il futuro, i premi ai dirigenti saranno notevolmente ridotti.

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Polemica per i bonus concessi ad Aig Obama li boccia, ma saranno pagati (sezione: crisi)

( da "Cittadino, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Polemica per i bonus concessi ad Aig Obama li boccia, ma saranno pagati n «Oltraggioso». Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del tesoro Timothy Geithner aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti Finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari "tossici" alla radice del terremoto economico. «É una vicenda oltraggiosa - ha commentato oggi Lawrence Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi e i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus». L'Aig è stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro per tamponare la falla creata nei mercati finanziari dalla vicenda dei mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro, dopo avere chiesto all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di non avere i poteri per impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere liquidati entro ieri.

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Il capitalismo? Oggi dipende ... dalla Cina (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Lunedì 16 Marzo 2009 NAZIONALE Pagina 6 Il capitalismo? Oggi dipende ... dalla Cina Al termine dei nove giorni annuali di sessione del Assemblea del popolo cinese, il parlamento di Pechino, l'unica voce autorizzata a svelarne i contenuti e le decisioni è stata quella del primo ministro Wen Jiabao. Non era però sconosciuta l'agenda incentrata sulla crisi finanziaria ed economica, e sui rischi di destabilizzazione interna ad essa connessi. I numeri della crisi sono allarmanti anche in Cina. Nell'ultimo mese contabile l'import ha subito una flessione del 24,1 per cento, rispetto allo stesso mese del 2008 mentre le export è calato del 25. Preoccupa Pechino anche la sua esposizione finanziaria negli Stati Uniti dove la Cina ha investito in titoli pubblici oltre duemila miliardi di dollari delle sue riserve di valuta estera. Infine, la crescita del Pil a febbraio s'è assestata intorno all'8 per cento: soglia che gli analisti considerano, in rapporto alla popolazione, al limite della crescita zero sotto cui cessa il processo di ridistribuzione della ricchezza che, finora, ha beneficiato essenzialmente i centri urbani garantendo la pace sociale. Jiabao, rispetto al piano d'investimenti da 586 miliardi di dollari annunciato in novembre come stimolo alla ripresa, ha precisato che 173 miliardi andranno a nuove infrastrutture, al sistema socio-sanitario, ad opere ambientali e all'innovazione tecnologica. I vertici pensano così, da un lato, di creare nuova occupazione e, dall'altro, di contenere il malessere di chi è stato escluso dalla crescita economica, e degli oltre 10 milioni di lavoratori che hanno perso il posto negli ultimi mesi. Il premier, in un'insolita conferenza stampa (quasi due ore per sole sei domande), non ha mancato di assicurare che nonostante la grave situazione mondiale la Cina riuscirà quest'anno a centrare un obiettivo di crescita dell'8 per cento e che il governo è pronto ad ogni altra misura per stimolare crescita e occupazione. Un messaggio per rassicurare sia i cinesi sia la comunità internazionale. Il ministro del Commercio, Chen Deming, aveva infatti pubblicamente svelato i timori del regime: «Se la crescita dovesse ulteriormente rallentare, le possibilità di rivolte popolare aumenterebbero». Jiabao ha voluto poi rassicurare i Paesi del G20 che si riuniranno a Londra il 2 aprile. Tutti sono ormai consci che le uniche possibilità di uscire entro il 2010 dall'attuale contesto macroeconomico dipendono dalla Cina e, in parte, dall'India. Da un lato, solo se il G20 riuscirà a concordare un piano d'azione comune e da attuare contestualmente in tutte le maggiori economie del pianeta sarà possibile fermare la crisi e nel medio periodo rivitalizzare l'economia. Dall'altro, solo la tenuta dell'economia cinese e di quella indiana, insieme alla loro piena collaborazione nel G20, può far sperare in una ripresa dei mercati. La Storia riserva un'altra amara e tragica ironia: oggi le sorti del capitalismo sembrano dipendere da un'economia capitalista di mercato coniugata a un regime di pianificazione di stampo marxista.  

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Superconsulenze salva-sportelli (sezione: crisi)

( da "ItaliaOggi Sette" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi Sette Numero 063  pag. 201 del 16/3/2009 | Indietro Superconsulenze salva-sportelli AVVOCATI OGGI Di Roberto Altesi Ecco tutte le law firm che stanno consigliando e affiancando i maggiori istituti bancari italiani per irrobustirgli il capitale Banche sull'orlo di una crisi di nervi. E in cerca di liquidità. A raccontarlo solo qualche mese fa, i più avrebbero preso per pazzo chi avesse affermato qualcosa del genere. Invece la crisi finanziaria sta mettendo alle corde proprio quelle istituzioni che hanno nel loro Dna, secondo [...] Costo Punti per Abbonati: 0 - Costo Punti per Registrati: 4      

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la merkel e il sogno di churchill - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Commenti La merkel e il sogno di churchill (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Ma nessuno desiderava neppure il socialismo di Stato per i ricchi e il neoliberismo per i poveri, che improvvisamente ci ritroviamo. Nello scorso autunno, quando il fallimento delle banche strappò finalmente anche l´Unione Europea dalla sua attività preferita, ossia l´autocontemplazione, pensai: «Mio Dio, che opportunità!». La crisi finanziaria globale che si aggravava sembrava fatta apposta per l´Unione Europea. Di fronte alla globalità della crisi che si dispiega in modo inesorabile i percorsi solitari nazionali sono chiaramente inefficaci, anzi, controproducenti. E i personaggi chiave della politica europea ? il presidente francese Sarkozy e perfino l´euroscettico premier britannico Gordon Brown, per non parlare dell´europea-per-forza Angela Merkel ?sembravano vedere e presentare pubblicamente le cose proprio in questo modo. Chi, se non l´Unione Europea, possiede l´esperienza per gestire le interdipendenze globali e per contemperare gli interessi nazionali impegnandosi in vista di un interesse comune sovranazionale? Il presidente francese Sarkozy propose, in sorprendente sintonia con il premier britannico Gordon Brown, un´estensione delle competenze di politica economica dell´Unione Europea. Tuttavia questa proposta incontrò, in modo non meno sorprendente, il deciso rifiuto della cancelliera Merkel ? europea esemplare ? , rifiuto sostenuto da quasi tutti i pubblici commentatori tedeschi. Analogamente, di colpo tutta l´attenzione tornò a concentrarsi esclusivamente sulla consistenza e il contenuto degli interventi di salvataggio nazionali e su come essi potessero essere accelerati dai parlamenti. Così facendo, si commetteva l´errore marchiano di trascurare l´insegnamento della grande depressione degli anni Trenta, e cioè che il ritorno ? come per riflesso condizionato ? all´idillio nazionale è fatale e non fa che contribuire al realizzarsi di ciò che incombe, ossia il crollo dell´economia mondiale. Noi barcolliamo da uno scenario inimmaginabile all´altro. Inimmaginabili quantità di miliardi di dollari, sterline, euro sono stati a quanto pare ? inimmaginabilmente ? polverizzati. Comunque, la valanga dell´inimmaginabile catastrofe economica mondiale procede inarrestabile. La disoccupazione esplode su scala globale. Le onde d´urto delle tensioni sociali e della xenofobia già scuotono l´Europa. Ed ora, culmine dell´inimmaginabilità, improvvisamente anche lo spettro degli Stati falliti si aggira per l´Unione Europea, paradiso del benessere e della sicurezza. La crisi ha preso in contropiede la periferia dell´Unione Europea, e precisamente i nuovi membri e i membri-modello dell´Europa orientale. Questi Paesi che hanno sopportato le riforme finora realizzate dell´Ue si sentono ora ingannati e piantati in asso anche dal sistema capitalistico, come prima lo erano stati dal sistema comunista. Avevano appena ricevuto un plauso per aver applicato le "pratiche migliori" e adesso queste pratiche si rivelano come le peggiori. Anche se questi Paesi si dimostrano vulnerabili in misura assai diversa, lo shock e la delusione sono enormi. Forse violenti. E i seduttori populisti di destra si strofinano le mani. La crisi strutturale dell´Europa, nella quale siamo scivolati, solleva impietosamente la questione della giustificazione dell´esistenza: Cos´"è", cosa vuole essere l´Unione Europea? A che scopo, dunque, l´Unione Europea? Al di là dei discorsi celebrativi con le loro grandi visioni c´è una risposta plausibile alla semplice domanda su perché dovremmo avere un´Unione Europea? O forse il rinnovamento della risposta e del senso della Ue sta proprio nella crisi finanziaria? Sì, è così. Se non ci fosse l´Unione Europea, occorrerebbe inventarla e fondarla oggi. Chi nel nostro angolo di società mondiale del rischio vuole riacquistare sovranità deve volere l´Europa, pensare l´Europa, diventare Europa. O, per dirla in termini più generali: l´unità d´azione politica nell´era cosmopolitica non è più la nazione, ma la regione. Un nazionalismo reciproco, come quello che hanno in mente i pragmatici europei di tutti i giorni, è la soluzione? Esso presuppone che ogni Stato abbia l´autonomia e il dovere di regolare i propri problemi finanziari. Nello stesso tempo ciascuna nazione deve riconoscere la sovranità delle altre, così da evitare che le conseguenze negative delle proprie decisioni ricadano su di esse. Questo modo di vedere si basa su tre princìpi: parità di diritti, piani di intervento concordati e responsabilità reciproca. Ad essi si aggiunge un quarto principio: è severamente vietato ampliare le competenze dell´Ue in materia di politica economica. Questo modello di nazionalismo reciproco può funzionare in tempi di vacche grasse, ma in tempi di crisi non può che fallire. Nessun Paese è abbastanza forte da tirare gli altri fuori dal pantano. Nello stesso tempo è fin troppo evidente che tutti sono interconnessi: se un Paese fa bancarotta, trascina con sé gli altri. Tuttavia, finora non c´è una politica finanziaria comune, una politica fiscale comune, una politica industriale comune, una politica sociale comune per contrastare efficacemente le conseguenze della crisi finanziaria che minacciano il mercato comune. E chi rifiuta questo sovrappiù di Europa divenuto ormai storicamente necessario ? e perciò danneggia tutto e tutti ? , è proprio la cancelliera federale tedesca Angela Merkel. I suoi modelli, i cancellieri della Cdu ed europei-tedeschi Adenauer e Kohl, avrebbero fatto della crisi l´occasione per rilanciare l´Europa. E quindi avrebbero vinto le elezioni. Infatti, oggi l´investimento nel futuro dell´Europa di fronte ai costi davvero inimmaginabili della recessione promette non solo un incredibile guadagno, ma soprattutto una speranza in tempi oscuri ? ovvero, con le parole di Churchill: «Felicità senza confini». In estrema sintesi, o più Europa o niente Europa. Questo imperativo del fallimento possibile fonda la speranza à la baisse: solo una Ue rinnovata dalla crisi può essere credibile ed efficace a livello globale nell´esigere la regolazione dei mercati finanziari, in sintonia con la nuova apertura al mondo dell´America di Obama. Già il vertice dei venti più importanti Stati industriali del prossimo aprile potrebbe realizzare la svolta verso questa realpolitik cosmopolitica. Traduzione di Carlo Sandrelli L´autore ha scritto con Edgar Grande, "L´Europa cosmopolita", trad. it. di C. Sandrelli, Carocci, Roma 2006

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unicredit e intesa verso i bond (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 3 - Attualità Unicredit e Intesa verso i bond Banche MILANO. Agenda fitta in settimana per le due maggiori banche italiane, con la riunione degli organi societari sia di Unicredit sia di Intesa Sanpaolo per l'approvazione dei risultati d'esercizio e la valutazione sul ricorso agli aiuti pubblici con i cosiddetti Tremonti Bond, che sicuramente, come ha anticipato l'amministratore delegato di Ca dè Sass, Corrado Passera, saranno all'esame del consiglio di gestione per l'ok alla richiesta. Ad aprire le danze sarà Unicredit domani con la riunione del consiglio di amministrazione. Martedì scorso si sono già riuniti i diversi comitati interni della banca, compreso quello strategico e quello nomine, per preparare la riunione. Non sembra però sia già stata fatta una valutazione dettagliata sul ricorso ai bond del Tesoro, come pure una discussione sui nomi dei candidati per la lista del nuovo consiglio di amministrazione, che dovrà invece essere messa a punto per fine mese in vista dell'assemblea di fine aprile. L'attesa sui risultati della banca elaborati in base alle stime di 22 analisti indica che Unicredit terminerà l'anno con un utile di 3,77 miliardi di euro (era di 4 miliardi l'obiettivo indicato), e in flessione del 36,7% rispetto al 2007. Il giorno dopo, mercoledì, l'amministratore delegato Alessandro Profumo sarà a Londra per presentare i risultati alla comunità finanziaria. Per fronteggiare la crisi finanziaria globale, poi, l'istituto di piazza Cordusio dovrebbe esaminare nel cda di martedì la richiesta di aiuti pubblici a Vienna per la controllata Bank Austria, alla quale fanno capo le partecipazioni nell'Europa dell'Est. Contatti informali sono comunque già stati avviati con le autorità austriache.

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bernanke va in tv e fa l'ottimista "il rischio-depressione è alle spalle" (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 5 - Economia Il denaro stampato Gli stipendi d´oro Il presidente Fed tranquillizza gli americani: "La recessione finirà nel 2009, ma la disoccupazione aumenta" Bernanke va in tv e fa l´ottimista "Il rischio-depressione è alle spalle" è vero, dalla Zecca è uscito molto denaro. Dovevamo farlo. Presto ritireremo le scorte, appena il quadro migliorerà L´epoca di chi viveva una vita al di sopra dei propri mezzi è finita. Le banche usino le loro risorse con responsabilità e umiltà WASHINGTON - Quando un anno fa, Scott Pelley, giornalista della trasmissione "60 Minutes" della Cbs, chiese di intervistare il presidente della Federal Reserve gli risposero con una risata: «Per tradizione non dà interviste». Poi c´è stato il crollo del sistema finanziario, la recessione e piani straordinari di salvataggio dell´economia che non erano neppure immaginabili. Ieri sera il governatore Ben Bernanke era di fronte alle telecamere di "60 Minutes": ha accettato, ha spiegato, perché la situazione è eccezionale e aveva bisogno di parlare direttamente all´America. Il presidente della Fed ha cercato di rassicurare il Paese e di giustificare le centinaia di miliardi di dollari spesi per salvare banche e assicurazioni, spiegando che la ripresa ci sarà solo quando si saranno stabilizzati i mercati finanziari. Bernanke racconta che c´è stato il rischio di una nuova Grande Depressione e che all´inizio di ottobre eravamo davvero vicinissimi al disfacimento del sistema finanziario mondiale. Ora però è fiducioso che l´uscita dal tunnel ci potrà essere all´inizio del prossimo anno, ma nel frattempo la disoccupazione potrebbe superare il 10%. Ecco parte dell´intervista andata in onda ieri sera. Quando finirà la crisi? «Molto dipende dal sistema finanziario. La storia insegna che finché il sistema finanziario è in crisi non può esserci una ripresa economica sostenuta. Abbiamo assistito a qualche progresso nei mercati finanziari, ma finché non saranno stabilizzati e non torneranno a funzionare normalmente, non vedremo alcuna ripresa. Abbiamo però predisposto un piano e credo che riusciremo a stabilizzare la situazione, così da porre fine alla recessione già da quest´anno, con ogni probabilità. A partire dal prossimo anno, quindi, dovremmo assistere alla ripresa». Quindi pensa che la recessione avrà fine quest´anno. «Sì, nel senso che la crisi inizierà a rallentare, assisteremo a una sorta di stasi. Non torneremo subito alla piena occupazione, ma mi auguro che alla fine di queste crisi così pesanti dell´ultimo paio di trimestri, la recessione si arresti». La disoccupazione al momento è intorno all´8,1%. Potrà superare la soglia del 10? «é difficile fare previsioni veritiere e sapere fin dove arriveremo. Di sicuro la disoccupazione è in aumento. Le perdite di posti di lavoro sono state molto ingenti. Senza dubbio la disoccupazione peggiorerà, ma se riusciremo a stabilizzare il sistema finanziario, inizieremo a vedere un rallentamento della crisi. Alla fine quella stabilizzazione costituirà la base per la ripresa». Secondo lei non stiamo avviandoci inesorabilmente a una nuova depressione americana. «Credo che abbiamo scampato questo pericolo, che ormai è alle spalle. Il vero problema adesso è rimettere a regime tutto quanto come si deve». Dalla zecca è uscito altro denaro? «Effettivamente sì, dovevamo farlo, perché la nostra economia è molto debole e l´inflazione è molto bassa. Quando l´economia inizierà a riprendersi sarà giunto il momento di mettere in atto quei programmi, alzare i tassi di interesse, ridurre le scorte di denaro e assicurarci che la ripresa non porti con sé l´inflazione». Molte persone non capiscono perché ci siano tanti programmi di intervento per salvataggi in extremis. C´è la percezione che si tratti di interventi tampone, che non arrivano alla radice del problema. «Nel primo periodo della crisi ci sono stati i mutui subprime e altri asset tossici. Adesso siamo nel pieno di una seconda fase, quella di forte indebolimento dell´economia. Debolezza significa che alcuni dei tentativi fatti inizialmente per stabilizzare le banche si sono rivelati insufficienti e che siamo dovuti intervenire per fare di più». Non trova oltraggioso che le banche continuino a pagare bonus dopo essere state salvate con i soldi pubblici? «L´epoca di chi viveva una vita al di sopra dei propri mezzi è finita. Oltre tutto, le banche devono essere responsabili, usare in modo costruttivo i loro soldi, avere un ragionevole senso di umiltà e trarre insegnamento da quanto è accaduto in questi ultimi 18 mesi». Quali saranno i primi segnali di una ripresa? «Un segno potrebbe essere per una grossa banca avere successo nel mettere insieme private equity. Per il momento tutti i finanziamenti privati sono per così dire in attesa. E´ come se dicessero: "Non conosciamo il valore di queste banche. Non sappiamo se sono stabili"». (traduzione di Anna Bissanti - copyright 60 minutes/Cbs)

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Premi ai vertici Aig, è bufera (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Esteri Pagina 109 Stati Uniti. Il gigante assicurativo aveva ricevuto 170 miliardi di dollari. «Comportamento oltraggioso» Premi ai vertici Aig, è bufera Stati Uniti.. Il gigante assicurativo aveva ricevuto 170 miliardi di dollari. «Comportamento oltraggioso» I bonus elergiti con gli aiuti ricevuti dallo Stato --> I bonus elergiti con gli aiuti ricevuti dallo Stato WASHINGTON «Oltraggioso». Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del tesoro Timothy Geithner aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti Finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari tossici alla radice del terremoto economico. «È una vicenda oltraggiosa - ha commentato ieri Lawrence Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi e i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus». L'Aig è stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro per tamponare la falla creata nei mercati finanziari dalla vicenda dei mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro, dopo avere chiesto all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di non avere i poteri per impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere liquidati entro ieri. Ma esponenti del Congresso si sono impegnati a modificare le leggi esistenti per impedire il ripetersi di una vicenda definita oltraggiosa sia dalla Casa Bianca sia dai membri democratici e repubblicani del Congresso. Il presidente dell'Aig Liddy ha detto di avere «le mani legate» e di avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di dollari «con disgusto e difficolta». In precedenza i dirigenti dei Prodotti Finanziari della compagnia avevano già ricevuto bonus per altri 55 milioni di dollari. L'Aig si è impegnata a ridurre del 30 per cento i bonus spettanti ai dirigenti nei prossimi mesi del 2009. Inoltre Liddy ed altri sei dirigenti della compagnia hanno fatto sapere di avere rinunciato alle loro spettanze. Ma questo non diminuisce la rabbia della opinione pubblica per l'uso fatto del denaro pubblico dalle compagnie salvate dal fallimento dai fondi dei contribuenti. Un risentimento che rischia di essere indirizzato verso l'amministrazione Obama che non avrebbe saputo impedire tale spreco di denaro pubblico.

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FIAT MELFI, LA FIOM: RIASSUMERE I PRECARI LICENZIATI (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Lunedì 16 Marzo 2009 FIAT MELFI, LA FIOM: RIASSUMERE I PRECARI LICENZIATI Melvf, 16 marzo 2009 - Si è tenuta il 12 marzo la riunione dei delegati Fiom Cgil della Fiat Sata di Melfi e dell?indotto alla quale ha partecipato il segretario Generale Fiom Gianni Rinaldini, la segreteria regionale della Fiom, e Tonino Pepe. Segretario regionale della Cgil di Basilicata. ?La riunione ? si legge in un comunicato stampa - è servita a fare il punto sulle problematiche che la crisi finanziaria stà producendo sul settore industriale e in particolare sul settore auto, dal punto di vista occupazionale e produttivo nel sito di Melfi?. La Fiom Cgil considera ?negativamente l?atteggiamento unilaterale della Direzione Aziendale e chiede alla Fiat: il mantenimento dell?attuale modello organizzativo che può al suo interno assicurare le produzioni richieste attraverso il bilanciamento delle produzioni su tutte e 2 le linee di produzione ripristinando anche le ?pause a scorrimento? e ovviamente attraverso la riassunzione dei lavoratori interinali (350) licenziati in Fiat e anche nell?indotto negli ultimi tempi sui quali vi era l?impegno alla riassunzione al momento della ripresa produttiva; aprire il confronto richiesto dal sindacato, che deve coinvolgere il governo Nazionale e Regionale per la definizione di un progetto industriale chiaro per il futuro, quando finiranno gli incentivi. Inoltre, la Fiom Cgil chiede alla Regione Basilicata di attivarsi verso il Governo Nazionale anche attraverso la Conferenza Stato Regioni affinché si arrivi alla convocazione di un tavolo di confronto che dia certezze occupazionali e produttive nel nostro Paese anche attraverso il coinvolgimento diretto del ruolo pubblico dello Stato così come già avviene in Germania e in Francia?. . <<BACK

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La crisi finanziaria sta cancellando tanti posti di lavoro nei negozi... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 16-03-2009)

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Lunedì 16 Marzo 2009 Chiudi La crisi finanziaria sta cancellando tanti posti di lavoro nei negozi

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Scandalo Aig, bonus milionari ai manager (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 16-03-2009)

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Scandalo Aig, bonus milionari ai manager --> Lunedì 16 Marzo 2009 GENERALI, pagina 11 e-mail print La sede dell´Aig LaPresse WASHINGTON«Oltraggioso». Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo Stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del Tesoro Timothy Geithner aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig, Edward Liddy, di bloccare il pagamento. Ma Liddy ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto a intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i prodotti finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari «tossici» alla radice del terremoto economico. «È una vicenda oltraggiosa - ha commentato Lawrence Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama -, ma siamo un Paese che rispetta le leggi e i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati». L'Aig è stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro per tamponare la falla creata nei mercati finanziari dalla vicenda dei mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro, dopo avere chiesto all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di non avere i poteri per impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere liquidati entro ieri. Ma esponenti del Congresso si sono impegnati a modificare le leggi esistenti per impedire il ripetersi della vicenda. Liddy ha detto di avere «le mani legate» e di avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di dollari «con disgusto e difficoltà». 16/03/2009 nascosto-->

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bonus ai dirigenti del colosso aig la casa bianca: oltraggioso (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 16-03-2009)

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Pagina 5 - Attualità Bonus ai dirigenti del colosso Aig La Casa Bianca: oltraggioso WASHINGTON. «Oltraggioso». Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo AIG, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del tesoro Geithner aveva chiesto al presidente dell'AIG Edward Liddy di bloccare il pagamento. Ma il presidente dell'AIG ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti nel 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano proprio nel dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari "tossici" alla radice del terremoto economico. «E' una vicenda oltraggiosa - ha commentato Lawrence Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre l'entità dei bonus».

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UNA GRANDE incertezza continua a dominare l'evoluzione e soprattutto le prospettive del... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Lunedì 16 Marzo 2009 Chiudi di PAOLO GUERRIERI UNA GRANDE incertezza continua a dominare l'evoluzione e soprattutto le prospettive della gravissima crisi economico-finanziaria che ha investito l'intera economia mondiale. Il cuore della crisi in atto resta nei dissesti delle maggiori banche e istituzioni finanziarie e la perdurante paralisi che né conseguita dei mercati finanziari. Finché non si riuscirà a trovare una soluzione efficace per riavviare il motore dell'intermediazione finanziaria, ai vari livelli, qualsiasi altro intervento rischierà di essere vanificato. È chiaramente un problema globale ma la chiave per la sua soluzione resta nelle mani degli Stati Uniti e della nuova Amministrazione del presidente Obama. Anche perché non va dimenticato che sono stati gli eccessi e le sregolatezze del mercato finanziario americano a contribuire in maniera determinante al drammatico collasso dei mercati finanziari di tutto il mondo, sfociato poi nella crisi recessiva di questi mesi. Al centro del problema c'è il nodo del salvataggio di alcune fra le maggiori banche americane o attraverso la nazionalizzazione o attraverso le cosiddette 'bad bank' su cui caricare le pesanti perdite. In entrambi i casi si tratta di erogare ingenti risorse pubbliche che secondo alcune stime dovranno fronteggiare perdite gigantesche stimabili ad oggi intorno a 1.6-1.8 trilioni di dollari. A complicare le cose c'è il fatto che sia il nuovo Ministro del Tesoro americano sia il team dei consiglieri economici del presidente Obama hanno offerto finora risposte poco credibili, se non addirittura confuse, al problema dei salvataggi delle banche aumentando l'incertezza e le perdite sui mercati . Se questo resta il nodo centrale e in qualche modo drammatico della crisi non può destare che sincera sorpresa il clamore con cui nelle ultime settimane la stampa anglossassone abbia ingigantito il rischio dei paesi dell'Europa Centro-orientale additando il loro imminente collasso come un maremoto destinato a travolgere l'intera Europa. Come ha ricordato il Presidente Romano Prodi ieri su questo giornale si è voluta accreditare l'idea di uno sviluppo fallimentare di un'intera area geoeconomica in quanto imperniato su eccessi di spese pubbliche e disinvolti indebitamenti. Ma non è così. Almeno dal punto di vista economico l'evoluzione dei paesi dell'Europa centro-orientale nell'ultimo decennio ha prodotto in generale risultati positivi nel suo complesso anche se distribuiti in maniera non uniforme all'interno dell'area. La maggior parte di questi paesi ha realizzato in questi anni aggiustamenti strutturali di vasta portata. Una conferma viene anche dalle performance economiche del gruppo di queste economie, che hanno registrato fino all'anno scorso risultati davvero positivi in termini sia di crescita sia di esportazioni. Dopo quelle dell'Asia del Pacifico, sono risultate le più sostenute a livello mondiale, superiori a quelle di tutte le altre aree emergenti. Poi, certo, è venuta la crisi globale che sta avendo ripercussioni assai negative in questi Paesi, anche se in linea con quanto sta avvenendo nella maggior parte delle altre aree emergenti. I casi davvero gravi sono limitati a due o tre paesi mentre per il resto la natura e dimensione dei problemi comporta rischi e richiede interventi che sono certamente alla portata dell'Unione Europea. Nelle stime più attendibili si parla di una necessità di risorse nel complesso modeste pari a circa 80-100 miliardi di euro e poi non va dimenticato che il peso economico dei paesi del centro- est europeo è ancora trascurabile, pari a circa il 4,5 per cento del Pil dell'area europea nel suo complesso. Certo tutto questo non significa affatto sottostimare che per fronteggiare, tra gli altri, il fattore di rischio dell'Est Europa si richiederanno all'Unione nei prossimi mesi interventi rilevanti. A questo riguardo, il problema chiave da affrontare riguarda lo scarso coordinamento delle misure e politiche finora intraprese dai paesi europei. Al di là delle dichiarazioni di facciata, le misure sono state adottate in modo largamente autonomo dai singoli paesi europei. Una logica prettamente nazionale che andrà superata e corretta nell'immediato futuro assumendo impegni e mettendo in atto capacità di intervento con un grado di coordinamento ben maggiore di quanto è stato fatto finora. Anche perché le potenzialità economiche dell'area dell'Europa centro-orientale restano ampie e ancora da sfruttare.

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Svizzera, nessuna fuga di capitali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 4 autore: Svizzera, nessuna fuga di capitali Istituti pronti alla revisione del segreto bancario e ad eventuali «scudi fiscali» Lino Terlizzi LUGANO Il day after dello storico allentamento del segreto bancario in Svizzera è vissuto paradossalmente con poche preoccupazioni: come se un dente dolorante fosse caduto. Il dente non era tanto il segreto bancario in sè, che per alcuni aspetti rimane, quanto quello della distinzione tra evasione fiscale e frode fiscale, che ormai non reggeva più. La Svizzera, insieme alle altre principali piazze finanziarie, ha ceduto all'offensiva di Usa ed Ue ed ha dichiarato che per i non residenti toglierà il segreto bancario anche sull'evasione fiscale, in caso di richieste motivate, con lo schema Ocse. Il passo richiederà tempo per essere applicato, ma è fatto. Ora il Governo e le banche si muovono per prepararsi alla prossima fase. A Londra, a margine delle riunioni del Fondo Monetario del G20, ieri il ministro delle Finanze Hans-Rudolf Merz ha incontrato il premier britannico Gordon Brown e quest'ultimo ha dichiarato che la Svizzera non dovrebbe entrare a questo punto nella lista nera G20 dei paradisi fiscali. Se così sarà, Berna avrà raggiunto il suo obiettivo più immediato. Le banche, dal canto loro, guardano ora soprattutto a due tasselli del nuovo scenario in formazione: la situazione delle entrate e delle uscite di capitali; l'eventualità di uno o più scudio amnistie fiscali in Europa. L'impressione sulla piazza elvetica è che negli ultimi mesi non vi siano state fughe di capitali e che nemmeno ora se ne annuncino. C'è stata una redistribuzione interna alla piazza dei fondi in uscita dal gigante in crisi Ubs. «Nel settore- dice Marco Netzer, presidente del cda della ginevrina Banque Cramer, banca di gestione patrimoniale - francamente non si vedono deflussi. Vista la situazione economica generale, probabilmente non vi sono neppure grandi afflussi, direi che c'è stata una certa stabilità. Una fuga di capitali nella prossima fase, dopo le decisioni sullo schema Ocse, neppure la vedo. E poi, per andare dove? Anche le altre piazze stanno aderendo allo stesso schema». Secondo i dati della Banca nazionale svizzera, a fine 2008 la piazza elvetica gestiva patrimoni per 3822 miliardi di franchi. C'è stata una contrazione del 27% rispetto a a fine 2007, rilevante ma nettamente inferiore alla caduta dei mercati finanziari. Lo scarto a favore della piazza svizzera è dato probabilmente dal mix di investimenti, in cui l'azionario spesso non è maggio-ritario, ma confermerebbe secondo gli esperti la stabilità di fondo della presenza di capitali. D'altro canto, le stime del Boston Consulting Group continuano ad indicare la Svizzera come la maggior piazza di gestione di capitali off shore, con una quota di mercato del 27 per cento. Resta il fatto che ora c'è un allentamento senza precedenti dei meccanismi del segreto bancario. «Era inevitabile un passo di questo tipo- risponde Alfredo Gysi, Ceo della banca luganese BSI - e poi il segreto bancario inteso come discrezione a favore del cliente, senza copertura dei reati, non sparirà. Diciamo anche un'altra cosa: la piazza svizzera a questo punto prosegue su una via che aveva già iniziato, quella della valorizzazione anche della professionalità, della capacità di gestione». Le voci su più scudi fiscali nazionali o su uno scudo in sede di Unione Europea a questo punto sono risorte, il momento potrebbe essere propizio. Ma anche su questo versante molte banche elvetiche sembrano preparate. «Abbiamo già visto di cosa si tratta nel caso dei due scudi fiscali italiani e dell'amnistia tedesca - afferma Gysi - e quindi abbiamo già affrontato quelle situazioni, mantenendo nel complesso le posizioni sul mercato ». Se le grandi e medie banche svizzere contano su filiali on shore all'estero, in grado di raccogliere capitali rimpatriati, non altrettanto si può dire per la galassia delle piccole banche di gestione. Un nuovo scudo non sarebbe dunque un pericolo per queste ultime? «Non lo credo dice Netzer - e per due motivi: anzitutto non tutti i clienti sono evasori, questa è una visione sbagliata; poi, un'amnistia fiscale può anche voler dire riemersione di capitali che vengono lasciati dove sono, come è già successo in passato». Certo, non è facile per la Svizzera rinunciare ad un pezzo di segreto bancario, un elemento che sta nel Dna non solo delle banche ma anche del Paese. Ma le banche avevano già fiutato il vento. Ed aiuta il fatto che anche Lussemburgo, Austria, Monaco e tante altre piazze facciano altrettanto. «Ormai- dice l'economista e storico ticinese Remigio Ratti - il segreto bancario non è più un problema svizzero, è internazionale. La distinzione tra evasione e frode fiscale non teneva più, il cambiamento non si po-teva evitare. Ora non bisogna però esagerare nell'altra direzione, occorre tutelare in modo equilibrato la privacy del risparmiatore. Questa parte del segreto bancario va mantenuta». Le banche e la Confederazione hanno fatto un passo indietro ed in fondo sapevano di doverlo fare. GYSI (BANCA BSI) «Non sparirà l'elemento di segretezza e discrezione a favore del cliente, cambierà l'approccio solo in presenza di reato»

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Flussi finanziari. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 4 autore: Flussi finanziari. Gli investitori parcheggiano la liquidità in bond governativi in attesa di capire quali Paesi manterranno vantaggi fiscali Patrimoni verso nuove rotte offshore Vittorio Da Rold Meno segreto bancario e discrezione in cambio di più sicurezza e stabilità. Questa è la nuova parola d'ordine nel mondo della finanza all'indomani della capitolazione delle principali fortezze europee del segreto bancario (Svizzera, Austria, Lussemburgo, Liechtenstein), un duro colpo che sta scuotendo alle fondamenta il mondo dei Paradisi fiscali, custodi secondo il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, di assets offshore per 7mila miliardi di dollari. Se secondo l'Fmi nei paradisi fiscali passa il 50% dei flussi finanziari mondiali, vi risiedono più di 4mila sedi di banche, i due terzi degli hedge funds e oltre a due milioni di società ombra, (senza contare che solo la Svizzera detiene 2mila miliardi di assets offshore, cioè quasi un terzo del totale), il terremoto europeo sta provocando uno tsunami nei Caraibi, Antille, Singapore e Hong Kong, un'onda lunga dalle conseguenze poco prevedibili. Certo la promessa di maggior collaborazione svizzera – quando cadrà la differenza tra frode ed evasione fiscale, una mossa che renderà più facile avere l'aiuto del fisco elvetico –avrà effetti sulle decisioni degli investitori in cerca di tranquillità nei caveau della Confederazione. Complice anche la crisi finanziaria che sta facendo rivedere strategie d'investimento e fuga dagli emergenti (vedi le difficoltà dell'est Europa). Ma dove andrà questa montagna di denaro in fuga dagli ex Paradisi fiscali? In cerca di stabilità dice un operatore che vuole restare anonimo: prima regola è restare liquidi; secondo cercare sicurezza a costo di perdere in segretezza. Questo il nuovo "mantra" del private banking. Una parte sta andando nei T-Bond. I flussi netti verso gli Usa, cioè la differenza tra acquisti e cessione di titoli americani, secondo Barclays hanno raggiunto il record negli ultimi 4 mesi 2008:dall'estero sono entrati 140 miliardi di dollari netti. Situazione simile in Europa: nel quarto trimestre 2008 nell'eurozona – dice la Banca centrale di Francoforte – c'è stato un afflusso di investimenti di portafoglio (in titoli) per 189 miliardi di euro. Che succede? Semplice: gli investitori comprano sempre più titoli americani o europei dimostrando scarsa propensione al rischio e vanno in cerca di porti sicuri.Addirittura tornano all'oro: solo attraverso il maggior Etf (il Spdr Gold Shares) gli investitori hanno comprato, da fine 2007 a oggi,402 tonnellate di metallo giallo. Altri aspettano che i Governi, americano ed europei, a caccia disperata di fondi con cui finanziare i piani di salvataggio delle banche e di stimolo dell'economia, varino provvedimenti di sanatoria tipo l'italiano "scudo fiscale" che consenta ai capitali di tornare tranquillamente a casa senza pagare pegno. Anche le banche Usa chiudono le sedi offshore e riportano soldi in patria. I dati del Bureau of Economic Analysis dicono che da gennaio-settembre 2008 le banche Usa hanno erogato 587 miliardi di dollari in meno agli investitori non-americani. Anche gli stranieri hanno ritirato, da fine 2007 al terzo trimestre 2008, 483,5 miliardi depositati nei conti correnti Usa. Tutti riportano i soldi in patria. Quando anche i paradisi sono sotto attacco si torna a casa. I banchieri degli offshore, che non hanno saputo dire no a qualche cliente («Kyc» lo chiamano i banchieri, know your client) che usava con troppa disinvoltura contanti piuttosto che assegni o bonifici, ora rimpiangeranno i bei tempi andati.

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Bilanci bancari da ripulire (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 5 autore: Bilanci bancari da ripulire I Grandi «pronti a tutto» per far ripartire il credito e ristabilire la fiducia Alessandro Merli HORSHAM. Dal nostro inviato Far ripartire il credito. Ministri e governatori del G- 20, riuniti per due giorni nelle campagne del Sussex, hanno indicato nella riapertura dei flussi creditizi all'economia la priorità per far uscire il mondo dalla crisi più grave «da generazioni», come l'ha definita il padrone di casa, il cancelliere britannico Alistair Darling. Lasciando in secondo piano le divergenze transatlantiche della vigilia sugli stimoli fiscali all'economia, i venti, che riuniscono le grandi economie industriali ed emergenti e rappresentano l' 85% del Pil mondia-le, si sono concentrati soprattutto sui lavori di «riparazione e ripresa » del sistema finanziario. Il credito è bloccato, sia a livello nazionale sia internazionale, e per far ripartire i flussi, il G-20 ha promesso azioni su quattro fronti: la continua fornitura di liquidità, la ricapitalizzazione delle banche, la protezione del risparmio e il rafforzamento dei bilanci bancari. E quest'ultimo punto vuol dire metter mano alla ripulitura dei conti delle banche dalle attività finora etichettate come "tossiche": il G-20 fissa 12 principi che lasciano flessibilità di manovra ai singoli Paesi nella definizione degli attivi da prendere in considerazione e nel livello di intervento con soldi pubblici, ma che punta a maggior coordinamento internazionale, più trasparenza, maggiore uniformità nelle valutazioni e stringenti condizioni applicate (anche sulla remunerazione dei banchieri e la politica dei dividendi) alle istituzioni che si avvalgono di aiuti pubblici. Il rafforzamento del sistema finanzario passa anche attraversol'imposizione di regolamentazione e vigilanza a tutte le istituzioni, comprese quelle che finora le avevano evitate, come hedge fund, paradisi fiscali e veicoli fuori bilancio, e l'introduzione di regole che impongano alle banche, negli anni buoni, di costituire cuscinetti di risorse per poter affrontare le fasi di crisi e di limitare il leverage, in modo da attenuare invece che amplificare le oscillazioni del ciclo economico. Il messaggio di fondo dei venti in preparazione dell'incontro dei loro leader il 2 aprile a Londra dev'essere, secondo Darling, il senso di urgenza condiviso da tutti per l'obiettivo di ricreare la fiducia. Il cancelliere si è detto incoraggiato dal consenso a intraprendere «tutte le azioni necessarie finché la crescita non sia ristabilita». Ma, se sul fronte della politica monetaria le banche centrali si sono mosse con tagli «aggressivi» dei tassi d'interesse e ora anche con l'adozione di misure non convenzionali, oltre a impegnarsi a mantenere i tassi bassi «fin quando necessario », è sulla politica fiscale che il comunicato del G-20 evita di scendere troppo nei dettagli, per cercare di non fare emergere le diversità di approccio sulle due sponde dell'Atlantico. Il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, si è detto soddisfatto dagli impegni usciti dalla riunione e ha parlato di una risposta di politica economica «senza precedenti per rapiditàe dimensioni. Più forte la risposta, prima arriverà la ripresa». Ma non ha avuto, soprattutto dagli europei, nessuna rassicurazione di ulteriori stimoli fiscali all'economia. «Non ha senso ha detto anzi il ministro tedesco Peer Steinbrueck - pompare sempre più soldi nell'economia quando la fiducia non è stata ancora stabilita sui mercati finanziari ». Stessa linea dalla francese Christine Lagarde. Il direttore del Fondo monetario, Dominique Strauss-Kahn, ha sostenuto che, se gli impegni di stimolo per il 2009 vanno bene, bisogna però assicurare che lo stesso avvenga nel 2010. L'Fmi è al centro della terza linea d'azione del G-20, dopo risposta macroeconomica e riforme finanziarie. Per assistere i molti Paesi in crisi che bussano alla porta dell'Fmi, le risorse dell'istituzione di Washington verranno aumentate «urgentemente ». Almeno raddoppiate a 500 miliardi di dollari, come ha chiesto Strauss-Kahn, o forse ancora di più, come propongono gli Usa. La discussione è iniziata subito dopo il G-20, con una riunione informale del Comitato dei ministri che detta le linee guida dell'azione del Fondo. Obiettivo: impegni concreti entro il summit di aprile. SODDISFAZIONE AMERICANA Per Geithner la risposta di politica economica è stata «senza precedenti» Deciso almeno il raddoppio dei finanziamenti all'Fmi

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Lavoro da riformare (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-15 - pag: 5 autore: DALLA PRIMA Lavoro da riformare A livello nazionale, un intervento ordinato di garanzie pubbliche al credito alle piccole e medie imprese sarebbe certamente più utile di uno scontro istituzionale tra Governo e Banca d'Italia. Quanto allo stimolo fiscale, in Europa è stato più ampio di quanto si creda, in Germania vicino al 3,5%del Pil, ma l'assenza di coordinamento tra i Paesi ha fatto sì che ogni governo - per paura di beneficiare i produttori di altri Paesi anziché i propri - puntasse su stimoli interni e circoscritti, per esempio sussidi a categorie locali, piani per le infrastrutture o per l'edilizia, o interventi ad hoc su singoli stati di crisi, con tempi di esecuzione dilatati e bassi moltiplicatori fiscali. Ma l'assurdità di ricorrere a risposte nazionali in una crisi globale ha anche tolto credibilità agli interventi dei governi. Gli stimoli di politica monetaria e fiscale sono stati finora inutili (e forse controproducenti) a causa della "trappola della credibilità": imprese e famiglie non si fidano delle scelte pubbliche, perché vedono che i governi nazionali privilegiano il "protezionismo politico", cioè comportamenti non cooperativi in Europa, con intenti populisti in patria. Gli esiti economici sono nulli o autolesionistici, come in un perfetto "dilemma del prigioniero" su scala europea. Gli altri Paesi possono forse limitarsi ad aprire gli ombrelli e aspettare che la grandine finisca. E finirà: le crisi economiche che si manifestano attraverso shock di incertezza nei sistemi finanziari creano enorme volatilità ed effetti profondi sulle variabili reali, ma al tempo stesso, proprio per l'importanza del canale finanziario (tanto demonizzato), hanno effetti repentini anche quando si tratta di riaccendere i motori. Quando l'incertezza finanziaria negli Stati Uniti calerà, l'intera macchina economica potrà rimettersi in moto, benché con i freni tirati dai troppi debiti. Ma all'Italia, viste le sofferenze attuali della sua base produttiva, attendere il bel tempo non basterà. L'utilizzo delle risorse pubbliche dovrebbe essere calibrato sulla capacità di agganciare lafutura ripresa della domanda globale con politiche dal lato dell'offerta che migliorino la produttività, agendo sia sul capitale sia sul lavoro. Ricorrere alle riforme strutturali anziché alla spesa pubblica è già una richiesta sgradita a un governo italiano. Pretendere che ciò avvenga senza favoritismi ai gruppi di pressione è ancora meno familiare. Ma lavoratori, spesso privi di tutele, e imprese mani-fatturiere, piccole e medie, che stavano riuscendo a riconquistare quote nel commercio globale, sono al tempo stesso i più colpiti dalla crisi e le basi fondamentali per agganciare la futura ripresa. Quei lavoratori e quelle imprese devono poter completare il processo di trasformazione tecnologica e disporre di credito a buon mercato che consenta di costruire un ponte solido per superare la depressione della domanda. Sono ancora troppo timide sia le misure che rendono meno gravosa la contribuzione sul costo del lavoro, sia i sostegni finanziari e formativi a chi perde il posto, tali da rendere non solo tollerabili, ma anche utili le ristrutturazioni delle imprese in una tempesta recessiva. Ma guardando avanti c'è un altro potente interrogativo da porre al governo. Stiamo per vivere una fase molto impegnativa dal punto di vista monetario. è legittimo sia temere oggi la deflazione sia al tempo stesso prevedere tra qualche anno un livello di inflazione più alto del normale. Proprio la storia della Grande Depressione insegna che i Paesi che riescono a superare entrambe queste difficili circostanze sono quelli che escono meglio dalla crisi. Per farlo sono necessari due requisiti: da un lato trovare le risorse pubbliche per gestire socialmente la necessaria flessibilità dei salari nominali e dall'altro contenere i salari reali attraverso aumenti di produttività. Di fronte a una tale duplice sfida è chiaro che l'Italia attualmente non dispone delle giuste risposte. Ma la sensazione è che, annebbiata dal suo fumo polemico, non si stia ponendo nemmeno le giuste domande. Carlo Bastasin carlo.bastasin@ilsole24ore.com

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Berna potrebbe innescare una corsa alle svalutazioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-15 - pag: 7 autore: LENTE D'INGRANDIMENTO Protezionismo valutario Berna potrebbe innescare una corsa alle svalutazioni di Riccardo Sorrentino C hi sarà il prossimo? La decisione della Banca nazionale svizzera di intervenire sulla valuta troppo forte per combattere il rischio di deflazione minaccia di essere imitata. Con il rischio di scatenare un'ondata di svalutazioni in competizione l'una con l'altra. Come quelle - trentadue! - che si susseguirono durante gli anni 30. Nessuno sa in realtà quanto questa opzione sia presa sul serio dalle autorità monetarie. La Riksbank svedese, la più trasparente delle Banche centrali, ci ha sicuramente pensato, ma la corona è già debole e il vice governatore Lars E.O. Svensson che l'aveva proposta ha riconosciuto che l'adozione di un target di cambio non è necessaria. Altri potrebbero ora pensarci. Gli investitori del valutario sono quindi in allarme, e si guardano intorno per capire chi potrebbe seguire questa strada. Il principale candidato è il Giappone, la cui Banca centrale (la Boj) si riunisce martedì. «è già intervenuta sui cambi in passato - ha spiegato alla Reuters Antje Praefcke di Commerzbank - e ha il grosso problema di un export in rapido calo con una valuta molto forte». Il G-7 di ottobre ha già autorizzato Tokyo a deprezzare lo yen e ora che i tassi sonoa zero, la moneta potrebbe diventare uno strumento molto importante. Una svalutazione è in realtà più indicata per un'economia piccola, anche se Tokyo è sempre stata molto abile a guidare lo yen. Se gli occhi degli investitori sono puntati soprattutto qui è perché la mossa di una grande economia come il Giappone o Eurolandia - l'euro è ai massimi da due mesi sarebbe davvero dirompente. «Una svalutazione competitiva non è verosimile, qui - spiega allora Masahiro Sato della Mizuho Trust & Banking- perché il rischio di creare tensioni commerciali è troppo grande. Una valuta più debole, poi non è necessariamente un toccasana: potrebbe alimentare una fuga di capitali e il Giappone non vuole assumersi questo rischio». Non tutti si sentono però rassicurati da queste considerazioni. Le mosse della Svizzera, spiega il team di analisti della Morgan Stanley, «saranno osservate con attenzione dai Paesi del G-10. Crediamo che il tema delle svalutazioni competitive emergerà in questo ambito, una situazione davvero inusuale ». I candidati? I Paesi con un passato di interventi sulle valute, quelli che danno importanza al cambio nella loro politica monetaria, e quelli che ormai hanno portato i tassi ai minimi. Quindi di nuovo il Giappone e la Norvegia; poi, in misura minore, Australia e Nuova Zelanda. Non sono pochi. «è forse presto parlare di una guerra valutaria nel G-10, ma la posta in gioco è certamente aumentata», aggiunge Morgan Stanley. Il rischio vero, in questa fase, è che ciascuno pensi per sé. Come se il mondo fosse in tempi normali, quando un piccolo indebolimento del cambio può essere considerato è uno strumento di politica monetaria analogo al taglio del costo del denaro. Un deprezzamento «non è una svalutazione competitiva più di quanto lo sia una riduzione dei tassi », ed è utile perché quando il costo del denaro nominale è a zero, ha per esempio spiegato Svensson, aggiungendo che una valuta in calo può avere, per gli altri Paesi, persino effetti positivi. Al vice governatore svedese non è sfuggito che i grandi Paesi, come Eurolandia, Giappone, Stati Uniti, non potrebbero svalutare uno dopo l'altro, e uno contro l'altro, perché il gioco fallirebbe e le relazioni internazionali diventerebbero inutilmente tese, vanificando gli sforzi di coordinamento. Neanche le svalutazioni delle economie più piccole sono però senza conseguenze: un deprezzamento del 10% del cambio corrisponde a una tariffa del 10% su tutto l'import e a un sussidio del 10% su tutto l'export. Non sarebbe l'inizio di una guerra commerciale ma neppure- durante una crisi globale - una decisione da prendere a cuor leggero. riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com OCCHI PUNTATI SU TOKYO Una moneta debole aiuta l'export ma può scatenare una guerra commerciale vanificando gli sforzi di coordinamento

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Borse, tutto il tonfo in cinque giorni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: RISPARMIO E FAMIGLIA data: 2009-03-15 - pag: 20 autore: I CONTI IN TASCA Borse, tutto il tonfo in cinque giorni ... di Marco Liera L' aveva già detto Albert Einstein che per osservare bene i fenomeni bisogna partire dalle eccezioni, non dalla norma. La riprova la stiamo avendo in questa grande crisi finanziaria, che sta sconvolgendo usi e abitudini consolidate. Sui mercati azionari stiamo vivendo da qualche mese a questa parte una concentrazione di volatilità terrificante. Certo, più o meno tutti sapevamo che in Borsa si corrono dei rischi. E per misurare questi rischi si usava solitamente la distribuzione normale, o gaussiana: intuitivamente, guardando le possibili variazioni a un giorno degli indici azionari, pensiamo che circa metà delle volte queste variazioni si collochino su valori maggiori della media, e circa metà su valori inferiori della media. Ci sia insomma una certa simmetria nella distribuzione dei valori, con le variazioni più marcate (in negativo o in positivo) progressivamente sempre più rare. Così, se la distribuzione dei ritorni giornalieri fosse perfettamente simmetrica (normale), ci aspetteremmo di trovare il 99,7% delle misurazioni nell'intervallo compreso tra la media meno tre volte la deviazione standard e la media più tre volte la deviazione standard. In realtà cosa è accaduto in questi ultimi, tormentatissimi cinque anni? Secondo i calcoli di Nicola Zanella, che gestisce il sito internet www.bondreali.it, è accaduto che le variazioni anomale o impreviste ( i cosiddetti "cigni neri") sono state molto più numerose di quanto una distribuzione normale avrebbe spinto a ritenere. Nel periodo considerato, sulla base di una gaussiana, ci saremmo aspettati due sole variazioni giornaliere peggiori della media aritmetica meno tre deviazioni standard, e due sole variazioni giornaliere migliori della media aritmetica più tre deviazioni standard. E invece, nelle Borse dei Paesi avanzati (indice Msci World) gli eventi eccezionalmente negativi sono stati ben 19 e quelli eccezionalmente positivi nove. Anche nelle Borse dei Paesi emergenti gli eventi eccezionali si sono verificati con frequenza assai superiori alle attese "normali". Ma in misura inferiore a quanto verificatosi nei Paesi avanzati. Un segno che la crisi ha origine dalla civiltà occidentale? Forse. Quel che è certo è che chi, cinque anni fa, avesse investito una unità di valuta locale nelle Borse dei Paesi avanzati, oggi avrebbe 0,69. Se, con preveggenza, si fosse risparmiato i cinque giorni peggiori (pari allo 0,38% del totale), oggi avrebbe 0,96. Sarebbe quasi uscito indenne dalla grande crisi.

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Moratoria per i premi letterari (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COPERTINA data: 2009-03-15 - pag: 25 autore: Contrappunto Moratoria per i premi letterari C on Giuliano Soria, fondatore e padrone del Premio Grinzane Cavour, noi della Domenica non siamo mai stati particolarmente teneri quand'era sugli altari, e proprio per questo –ora che è finito nella polvere –non ci uniamo al coro dei tanti che lo denigrano dopo averlo per anni incensato e avere spesso beneficiato della sua faraonica ospitalità. In questa terra di garantisti mercenari, pronti ad assolvere preventivamente i politici collusi con la mafia,c'è qualcosa di osceno nell'accanimento dei media contro quello che, allo stato degli atti, è ancora un semplice detenuto in attesa di giudizio. A leggere i commenti di questi giorni, Soria sarebbe il Madoff della cultura, e il suo Grinzane una sorta di Enron o di Parmalat letteraria. Ammettiamo che sia vero e che le accuse vengano provate: ma perché deve essere lui soloa pagare lo scotto di un sistema che ha goduto a lungo di così ampi sostegni e connivenze? Ora che la bolla è scoppiata, politicie amministratori locali, banchieri, sponsor, scrittori e giornalisti che affollavano le cene del Grinzane sembrano colpiti da improvvisa amnesia. Perfino Carlo Fruttero, il cui nome figura nell'albo dei premiati, dichiara candido al Corriere: «Non sapevo da dove venisse, mi avevano detto che insegnava letteratura spagnola». Non sapeva? Per un giallista di talento come lui, sarebbe bastato un rapido supplemento di indagine. Due anni fa la bagarre del Viareggio (a proposito, che neè stato?), adesso lo scandalo del Grinzane, mentre intorno allo Strega tornano a volare accusee contumelie. Sono questioni diverse, che non vanno messe sullo stesso piano. Ma forse è il momento difare un po'di chiarezza. Daniele Del Giudice, uno scrittore che abbiamo sempre stimato, viene indicato come il prossimo vincitore dello Strega. Nel 1997 aveva fatto scalpore rifiutando il Campiello, dove era stato inserito in cinquina contro la sua volontà. Perché non rinnova oggi quel gran rifiuto? Perché non chiede (e noi con lui) una moratoria di un anno dei premi letterari? Per fermare il tracollo dei mercati finanziari qualcuno è arrivatoa proporre la chiusura delle Borse. Idea bislacca e suicida, in un'economia globale.Ma chiudere per dodici mesi la Borsa letteraria non sarebbe la fine del mondo. Col pretesto della crisi si tagliano i fondi a musei e teatri , perché continuare a elargire denaro a libri e autori troppo spesso mediocri? Devolviamo quei milioni di euro a finalità socialmente utili, magari per promuovere la traduzione all'estero di autori italiani. Facciamo un bel repulisti degli «asset tossici» che inquinano le patrie lettere. E ripartiamo con regole trasparenti, che premino chi davvero se lo merita. http://riccardochiaberge. blog.ilsole24ore.com di Riccardo Chiaberge Favorito. Lo scrittore Daniele Del Giudice, in corsa per lo Strega GRAZIA NERI

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Biden a sorpresa <Negli Usa cresce la fiducia> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-16 num: - pag: 2 categoria: REDAZIONALE Crisi e Wall Street Biden a sorpresa «Negli Usa cresce la fiducia» MILANO — Il vicepresidente americano l'ha chiamato «Obama factor». Ma non ha avuto timori, la scorsa notte parlando con un cronista dell'Associated Press, a mostrare un pizzico di ottimismo in più e a dirsi sicuro del fatto che la crisi sarà superata e che «usciremo da questo buco nel quale siamo finiti». Ci sono segni — ha detto Biden (foto) — che sta crescendo la fiducia dei cittadini sull'abilità dell'amministrazione di contrastare la crisi finanziaria. «La fiducia dei consumatori è leggermente su. Wall Street è leggermente su. Possono scendere ancora ovviamente, ma i cittadini stanno iniziando a capire che Obama ha una strategia», ha detto Biden. è vero che la settimana appena trascorsa è stata la migliore per Wall Street da novembre a questa parte. Ma è altrettanto vero che è forse l'unico vero segnale positivo. L'incertezza sembra ancora regnare sovrana sulla possibilità di superare la crisi economica che ormai è tale in quasi ogni angolo del pianeta. Anche se l'enorme flusso di aiuti dei governi dovrebbero iniziare a dare i loro frutti prima o poi.

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Le tesi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-16 num: - pag: 15 categoria: BREVI Le tesi «Un sistema vulnerabile» Il documento «confidenziale» Rallentamento globale Il recentissimo documento «di lavoro» è destinato a governi e banche centrali e traccia la «vulnerabilità del sistema». Il rallentamento globale, dice, «è senza precedenti» Eurolandia e Usa I Paesi Ue più esposti sono quelli «con banche troppo grandi per essere salvate» o «con grande debito pubblico». Critiche agli Usa: «ritardi e passi falsi» nell'affrontare la crisi finanziaria

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A proposito di economia e finanza, noto che la frase non me ne intendo pare meno grave d... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

A proposito di economia e finanza, noto che la frase «non me ne intendo» pare meno grave di un tempo. È vero, io non me ne intendo, ma da qualche mese mi chiedo se per caso se ne intendessero gli esperti che ci hanno raccontato le sorti luminose e progressive del mercato per anni e anni. Saranno per casi gli stessi esperti che fanno le analisi oggi, che incoraggiano e blandiscono, che dicono «coraggio, passerà»? Mi chiedo ogni tanto se ci sia differenza tra questi arguti «esperti» dei mercati finanziari e le tanto vituperate astrologhe e fattucchiere da rotocalco, l'oroscopo, insomma. Così, ascolto e trasecolo. L'altro giorno, sulle onde di una radio ben addentro ai meccanismi dell'economia, per esempio, ho sentito grandi note di ottimismo. Il ragionamento era più o meno questo: non bisogna guardare a domani, ma ragionare per cicli. Tra vent'anni in Asia avremo due miliardi di persone benestanti, e dunque le prospettive per il made in Italy sono ottime. C'è da rallegrarsene, probabilmente. Eppure non so perché, il ragionamento mi suona terribilmente cinico. Certo, per i soldi, i capitali, le masse di denaro, gli investimenti, probabilmente una ventina d'anni sono un tempo accettabile. Ma per le persone? Per le vite normali? Gli indicatori dell'oggi - per chi non può aspettare vent'anni - non sono così buoni. I dati di Telefono rosa pubblicati l'altro giorno da questo giornale (la situazione economica come ulteriore detonatore delle violenze in famiglia), oppure le cifre dell'aumento dei taccheggi nei supermercati, oppure l'aumento del lavoro nero come seconda o terza occupazione per far quadrare il bilancio familiare, sono anch'essi dati economici, o no? Forse no: la crisi avrà cambiato molto, ma non l'attitudine degli esperti di finanza: considerare il denaro più importante di chi lo produce lavorando.

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Asse Cisl-Uil sul fisco, Epifani... (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 11 del 2009-03-16 pagina 5 Asse Cisl-Uil sul fisco, Epifani è più solo di Lodovico Festa L?Italia affronta una fase di stretta nella quale, dopo la crisi finanziaria, l?export, fondamentale per la nostra economia, sentirà i morsi della flessione dello sviluppo globale. Primo obiettivo diventerà tenere vivo il tessuto industriale assicurando innanzitutto il credito. è dunque saggia la scelta di sostenere la solidità del sistema del credito anche con l?intervento pubblico. Anche se è opportuno che le risorse dello Stato indirizzate alle banche finiscano alla produzione e non a giochi finanziari dei tipi alla Romain Zaleski: e se questo indirizzo non è in grado di favorirlo Bankitalia, ben vengano i prefetti. Oggi è ragionevole la preoccupazione di un saggio leader degli imprenditori come Emma Marcegaglia, si dovrebbe però evitare di cedere ai nervosismi. è il momento dei nervi saldi. Se non ci si vuole ispirare a Silvio Berlusconi, si dia ascolto a Barack Obama. Chi dà, in questo senso, grande sensazione di concretezza è Raffaele Bonanni, leader della Cisl, affiancato da Luigi Angeletti, della Uil: in un momento difficile potrebbe venire la tentazione di giocare a «classe contro classe», di chiedere la strizzatura fiscale di chi non ha un lavoro dipendente - come ancora accennano Pier Luigi Bersani e Vicenzo Visco - invece i sindacati riformisti scelgono proprio questo periodo per incontrarsi con la Confcommercio e proporre un?alleanza per un fisco sì più equo, quindi con meno evasioni, ma non persecutorio, che cioè non viene fatto funzionare con le torture inventate dal governo Prodi, ma piuttosto grazie a concertazioni del tipo degli studi di settore. è dal confronto con quel che propone il sindacalismo riformista che emerge ancora di più lo sbandamento della Cgil. Ieri Guglielmo Epifani ha chiesto alcune attenuanti generiche per i suoi comportamenti, spiegando come le sue derive massimaliste servano ad assorbire scoppi di rabbia come quelli esplosi in aree dell?Europa. Invece di contribuire a scelte concrete, a Corso d?Italia ci si propone come una sorta di sfogatoio. Imponendo a un riformista come Agostino Megale, della segreteria di Epifani, di chiedere che «si tassino i ricchi». Anche nei periodi più duri, lo si coglie persino dal melodrammone della Rai su Giuseppe di Vittorio, l?anima sindacale della Cgil ha cercato di privilegiare la concretezza alla propaganda. Alla fine degli anni Sessanta il segretario di allora, Agostino Novella, voleva una riforma delle pensioni che non sballasse i conti pubblici com?è avvenuto con quella approvata perché il Pci di Luigi Longo impose di scioperare. Nell?84 Luciano Lama e Bruno Trentin si sarebbero accordati con Bettino Craxi per riformare la scala mobile in modo da tagliare l?inflazione, fu Enrico Berlinguer a imporre la linea dura. Oggi invece il vacuo massimalismo del «tassare i ricchi» trova d?accordo un Epifani e un Dario Franceschini che non sanno come uscire dai loro schemi propagandistici. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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"Attenti alle trappole del... (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 11 del 2009-03-16 pagina 0 "Attenti alle trappole del gigione Keynes" di Paolo Bracalini Michele Boldrin, economista liberale della Washington University di St. Louis, mette in guardia dal mitizzare l?inventore della teoria generale dell?occupazione, dell?interesse e della moneta: "Ha scritto tutto e il contrario di tutto" Come spesso accade in tempo di crisi economica, c?è chi torna all?idea di un governo mondiale dell?economia e al suo padre nobile Keynes. Così fioccano le pubblicazioni sull?economista inglese. Per citare alcune delle uscite più recenti: L?economia politica dopo Keynes (Carocci), Rileggere Keynes. La lezione di John Maynard Keynes a 70 anni dalla pubblicazione della «Teoria generale» (Giuffrè), Quel diavolo di Keynes, Utet... Ultimo uscito e ben piazzato in classifica c?è poi c?è un testo del 1931 proprio di Keynes, una breve lezione del 1931 dal titolo Possibilità economiche per i nostri nipoti (Adelphi, pagg. 52, euro 5,50) accompagnata da un commento di Guido Rossi. Ora, in quel testo Rossi spiega che Keynes aveva anticipato le questioni poste adesso dalla crisi finanziaria, e che insomma si deve tornare all?idea keynesiana di un governo mondiale del mercato. Nel farlo se la prende però con una serie di illustri economisti (tra i quali diversi Nobel) che hanno interpretato il pensiero di Keynes (nel volume pubblicato negli Usa, Revisiting Keynes, Mit Press, a cura di Lorenzo Pecchi e Gustavo Piga), secondo lui in maniera errata. E la critica più pesante è andata all?indirizzo di Michele Boldrin l?economista liberista della Washington University in St. Louis. Abbiamo sentito proprio Michele Boldrin, il quale difende le sue posizioni anti keynesiane e favorevoli alla libertà del mercato. E solo a margine polemizza con Rossi: «Non solo non ha capito il contenuto del nostro lavoro, ma non ha nemmeno capito Keynes. Mi riesce difficile rispondergli». Professor Boldrin, ci provi. «Nel tentativo di far polemica, Rossi si attacca a un paradosso che facciamo. Ovvero: il testo di Keynes contiene alcune affermazioni giustificabili solo se si ignorano una serie di cose banali, che noi elenchiamo. Rossi si picca del nostro atto di lesa maestà. Così facendo, non si rende conto d?esser caduto in una classica “trappola keynesiana”». Quale trappola? «Keynes era un intelligente gigione che scriveva tanto e di qualsiasi tema gli venisse la voglia. Siccome amava aver ragione e, soprattutto, amava épater le bourgeois, se ne usciva a volte con tesi ardite e financo strampalate che poi argomentava usando i fatti e la logica a modo suo. Era bravissimo a far questo, infatti incantò due generazioni. Ma proprio per questo: è uno che ha detto tutto e il contrario di tutto. Gli studiosi di Keynes questo lo sanno, ma Rossi sembra ignorarlo, s?inalbera di fronte alla lesa maestà». Dunque non ha ragione Keynes a immaginare la necessità di un Commonwealth mondiale che governi il mercato come sostiene Rossi? «Il Commonwealth mondiale non vuol dire nulla. Cosa vuole che pensi delle grandiosità più o meno socialistoidi di un commercialista di sinistra? A me sembra un autodidatta confuso che, essendo potente per altre ragioni, scrive cose incoerenti su qualsiasi tema gli aggradi». Lei dice che Keynes ha dato risposte sbagliate a domande giuste. «Keynes, all?arrivo della Depressione, si era posto le domande giuste: che cosa succede nel lungo periodo? Che cosa implica il progresso tecnologico che risparmia lavoro? Come adattarsi all?innovazione continua che distrugge le professioni esistenti e ne crea di nuove? Domande molto acute, oltre che storicamente giuste». E le risposte? «Più che di risposte sbagliate parliamo di “logica” erronea dietro le risposte. La logica è viziata da una visione aristocratica e snobistica della natura umana, che lo porta a elaborare argomenti assurdi». Bocciatura totale, dunque. Però nel breve saggio di Keynes emerge anche una visione molto ottimistica del capitalismo. C?è un Keynes pro-mercato? «Come le ho detto prima: in Keynes c?è tutto e il contrario di tutto. Esistono centinaia di pagine di Keynes “pro mercato”! La sua reazione alla crisi era molto pragmatica: lui riteneva che, in certe circostanze, il sistema di mercato funzionasse male e che fosse necessario l?intervento salvifico dei governi. Anche in questo caso l?intuizione di base era corretta (in certe situazioni il sistema di mercato va in tilt ed è necessario l?intervento pubblico per rimetterlo in sesto), ma la logica sottostante e i meccanismi causali che descriveva erano confusissimi, e spesso erronei. Su questo, consiglio i vostri lettori di seguire il dibattito su nostro sito noisefromamerika.org». Insomma che cosa c?è da salvare e che cosa da buttare nel modello di Keynes? «Tutto e niente. Per la semplice ragione che non c?è un modello, né di sviluppo né di nulla. Il modello keynesiano non esiste, perché lui se ne inventava uno diverso a seconda delle occasioni. Il resto è un mito dovuto al fatto che la maggioranza delle persone che ne parlano non l?hanno mai letto». Il capitalismo è in crisi? «Il capitalismo vive e si evolve nella crisi. Senza crisi non c?è dinamica di crescita, non c?è concorrenza, non c?è innovazione. Questo però non vuol dire che tutte le crisi sono buone, né necessarie, né inevitabili. Questa è particolarmente cattiva ed era anche particolarmente evitabile, con il senno di poi». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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La politica degli spotmostra le prime crepe (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

La politica degli spotmostra le prime crepe david bidussa La cordialità dei toni usati ieri nell'intervento di Silvio Berlusconi a Cernobbio, al convegno di Confcommercio, dovrebbe suggerire che non ci sono né conflitti né problemi nel rapporto tra governo e Confindustria. Dovrebbe. In ogni caso le questioni aperte non riguardano né il protocollo, né la cortesia. Coinvolgono la prospettiva politica e anche la navigazione, tutt'altro che tranquilla verso il varo del Popolo delle Libertà. Ma partiamo dalla fine. La risposta del presidente del Consiglio al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, non si è fatta attendere. «Voglio dire a Emma Marcegaglia - ha affermato il premier parlando in collegamento telefonico con il convegno di Rete Italia - che abbiamo dato soldi verissimi per sostenere interi settori industriali, come per esempio l'automobile». Vista come un botta-risposta, la replica sottolinea che l'attuale presidente del Consiglio non perde tempo e ha argomenti pronti per chiunque gli sottoponga con drammaticità e anche con urgenza questioni e problemi. Ma è appunto un'impressione, perché in quel botta-risposta stanno molte questioni che andrebbero valutate con attenzione e analizzarle invece solo con la logica della "prestazione" aiuta ben poco a comprendere che cosa accada realmente nel panorama economico e politico. Facciamo un passo indietro. Sabato, intervenendo a Palermo al convegno biennale della piccola industria, Emma Marcegaglia sottolinea la necessità che dal governo siano intraprese azioni concrete di sostegno all'impresa. «Bene gli ammortizzatori sociali, bene l'aumento dell'indennità ai cocopro. Ma c'è un'emergenza ancora più fondamentale della disoccupazione. Se migliaia di piccole imprese chiudono e spariscono, i disoccupati potranno anche avere tutti l'assegno di disoccupazione ma poi non avranno dove tornare a lavorare». Da qui la domanda di soldi veri. La risposta di Silvio Berlusconi insiste sul sostegno dato a interi settori industriali e cita il caso dell'auto. Qualcosa in questo dialogo a distanza non funziona. Proviamo a retrocedere di tre anni. È sabato 18 marzo 2006, a Vicenza, va in in onda forse la scena più imprevista di una campagna elettorale partita con un dato certo di vittoria del centrosinistra e chiusa con uno strascico di polemiche e la vittoria agguantata per un pugno di voti. Quella del conflitto e dello scontro con i vertici di Confindustria è la scena madre destinata a durare, trascinandosi dietro non solo una platea di imprenditori medi del Veneto mobilitati dal governatore del Veneto Giancarlo Galan, ma soprattutto è l'inaugurazione dello stile populista e agitatorio di Silvio Berlusconi che ha una sua continuità con l'iniziativa della fondazione del Pdl, la cui ultima tappa, la nascita appunto del partito dovrebbe avvenire tra due settimane. A Vicenza non si definisce solo uno scontro con i vertici della Confindustria di Luca Cordero di Montezemolo, soprattutto nel battibecco con Diego Della Valle, ma soprattutto si inaugura un'alleanza che entra in rotta di collisione con le grandi famiglie industriali, liscia il pelo, soprattutto, al mondo della piccola impresa. È un percorso che inizialmente molti intendono solo per la parte di rottura, tralasciando di comprendere che cosa invece si agita in quella scena e che cosa significhi la mobilitazione di quella piazza politica. È un percorso su cui si è definita una stagione politica. Bene. La risposta che ieri ha dato Silvio Berlusconi è ancora idealmente rivolta a quella piazza, solo che a differenza di tre anni fa non si tratta più di rivendicare o riscaldare gli animi. Ora si tratta di trovare delle risposte a breve. Improvvisamente il quadro di navigazione tranquilla si è rotto. Non vi hanno contribuito in forma diretta i dati delle disoccupazione, ma la manifestazione evidente di alcuni strappi concreti. Il primo riguarda l'affanno dell'economia italiana; il secondo riguarda le difficoltà oggettive presenti nel mondo del lavoro; il terzo la possibilità di reinvestimenti e rinnovamento; il quarto le politiche di riqualificazione e di nuova formazione. Ma soprattutto tutto questo implica il fatto di collocarsi a un bivio che non lascia molte possibilità di ambiguità. Intervenire in forma di sostegno diretto significa avere risorse per il rilancio economico delle imprese e, allo stesso tempo, non lasciare che quelle politiche siano solo protezionistiche. L'uscita dalla crisi sarà possibile solo lavorando su un doppio registro. Intervenire oggi significa guardare alla congiuntura di crisi italiana e dunque confortare il mondo dell'impresa, ma anche essere consapevoli che dalla crisi si esce avendo la consapevolezza di agire nel mercato globale. In quel mercato stanno anche le incertezze e le acque tempestose delle economie europee, in primis ciò che si agita a Est. Non si tratta solo di avere una visione della ripresa economica che guarda alla fisionomia del sistema produttivo nazionale o al rapporto tra impresa e credito. Il processo non è solo economico, è anche politico. Venerdì scorso all'assemblea dei Riformatori liberali l'ex ministro Antonio Martino lo ha affermato con chiarezza: «Quando qualcuno mi dice che vuole confluire nel Pdl devo reprimere l'idea di defluire dal Pdl». Un partito che, a suo avviso, «somiglia al colbertismo, al fascismo, al socialismo, ma non è liberalismo». È difficile dire quanto questo stato d'animo pesi, anche perché il liberalismo in Italia non ha mai goduto di grandi simpatie. In ogni caso, al di là del teatrino quotidiano che vive del conflitto tra "maschere", tutto questo dice che tra gli agitati o i perplessi non c'è solo Gianfranco Fini e che, forse, non si tratta solo di trovare gli equilibri dove ciascuno esprima la sua personalità al meglio. Anche sul fronte interno del centrodestra le acque non sono tranquille. E i sondaggi non aiutano. Secondo quello proposto da Renato Mannheimer, e pubblicato due giorni fa da Affari italiani, guai seri verrebbero dalla Lega, primo partito in Veneto. Forse anche in Lombardia. Qualche consenso al Sud. Percentuale elettorale alle Europee attorno all'11%, record assoluto, rubando consensi sia al Popolo delle Libertà sia al Partito democratico. Visti i dati delle ultime politiche, se il Pd piange, non è che nel centrodestra domini il sorriso. 16/03/2009 risposte rapidePer il governo la navigazione tranquilla è finita. Non si tratta più di riscaldare la piazza ma di dare risposte a breve alla crisi 16/03/2009 problema politicoNon basta avere una visione del sistema produttivo o di quello fra impresa e credito. Il problema è anche politico 16/03/2009 Ahmed Rashid Non appena l'amministrazione Obama cerca di affrontare la questione Pakistan (elemento fondamentale del suo approccio regionale per risolvere la situazione in Afghanistan e sconfiggere i talebani), il Paese cade nuovamente in una spirale discendente, annullando in pratica tutte le opzioni precedentemente valutate da Washington. Quasi in un'immagine riflessa della crisi finanziaria, che procede a una velocità maggiore rispetto alle soluzioni escogitate dai governi, la situazione in Pakistan peggiora a un ritmo maggiore di quello che possono sostenere i deputati alle decisioni politiche. Il dato più preoccupante di questa crisi in continuo sviluppo è il vuoto di comando in Pakistan, a causa del quale discutere di una qualunque soluzione diventa un esercizio fine a se stesso. La debolezza della democrazia è stata recentemente dimostrata in modo drammatico quando il ministro degli Esteri pachistano Shah Mahmood Qureshi ha preso parte a una cruciale riunione trilaterale a Washington con Stati Uniti e Afghanistan, e una volta tornato in patria il governo ha praticamente ceduto il controllo di parte della nazione ai talebani. La riunione era programmata per suggerire opzioni politiche di fronte a Richard Holbrook, l'inviato speciale per Afghanistan e Pakistan che il presidente Barack Obama ha intenzione di inviare alla riunione Nato del 2 aprile. Nel frattempo in Pakistan si era sul punto di infrangere un controverso cessate il fuoco con i militanti talebani e gli indicatori economici sono calati ulteriormente, mentre il discusso verdetto della Corte Suprema che impedisce al leader dell'opposizione Nawaz Sharif di prendere parte alla politica e che toglie al fratello Shahbaz Sharif l'incarico di capo del governo della provincia del Punjab ha fatto sprofondare il Paese in una nuova crisi politica (acuita ieri dalla notizia, smentita dal ministero dell'Interno pachistano, degli arresti domiciliari per Nawaz e Shahbaz, seguita dalla sfida di Nawaz Sharif, sceso in piazza contro il governo e dal caos a Lahore, ndr). Le speranze che l'elezione nel 2008 del governo democratico e secolare del Partito del popolo pachistano avrebbe riunito i partiti politici per affrontare questi problemi sono state rese nulle dal Ppp nel momento in cui ha cercato di isolare i suoi storici rivali, i fratelli Sharif. Il presidente Asif Ali Zardari è ora profondamente impopolare per aver rifiutato di riconciliarsi con l'opposizione e per aver fallito l'approccio di questioni a lungo termine come il terrorismo e l'economia. Gli Sharif ora stanno incitando i loro sostenitori a unirsi agli avvocati che progettano una protesta a Islamabad per metà marzo, apparentemente per chiedere la reintegrazione dell'ex giudice capo Iftikhar Chaudry, ma in realtà per provare a far cadere Zardari. Con una crisi così profonda, per gli Stati Uniti è più difficile trovare soluzioni politiche che possano aiutare il Pakistan. Eppure la crisi del Paese è una questione di grande preoccupazione non solo per il Pakistan stesso, ma per l'intera regione e per la comunità internazionale. Il presidente Obama recentemente ha detto a una stazione televisiva statunitense che il Pakistan «è in pericolo tanto quanto gli Stati Uniti». L'espansione dei talebani pachistani nel nord del Paese e il porto franco che i leader dei talebani afghani e al Qaida hanno creato lungo i confini del Pakistan con l'Afghanistan sono una grande minaccia alla sicurezza mondiale, tanto quanto la crisi dell'economia. Sia il governo sia l'esercito hanno già raggiunto un accordo per un controverso cessate il fuoco nella valle di Swat, a est delle aree tribali di amministrazione federale e ad appena 160 chilometri da Islamabad, cedendo in pratica il controllo della valle a un'altra branca dei talebani pakistani. L'accordo è stato preso con Maulana Sufi Mohammed, un religioso radicale liberato nel 2008 dopo sei anni trascorsi in prigione per aver guidato 10.000 membri della tribù Pashtun in un vano tentativo di opposizione all'invasione statunitense dell'Afghanistan nel 2001, che si è messo alla testa di una marcia della pace nella valle di Swat per convincere suo genero Maulana Fazlullah, che guida il contingente dei talebani pachistani nella valle e ha una forte alleanza con al Qaida, ad accettare l'offerta del governo di un cessate il fuoco in cambio dell'applicazione della Shari'a nella valle. Gli Stati Uniti si oppongono in modo categorico a questi cessate il fuoco, che in passato hanno soltanto rafforzato i talebani, mentre l'esausto e demoralizzato esercito pachistano li accoglie con favore. Il governo insiste sul fatto che il cambio a livello legale comporterà un'applicazione minima della giustizia islamica attraverso le corti locali, ma i talebani lo interpretano come il permesso ad applicare la Shari'a a tutti gli aspetti riguardanti l'istruzione, l'amministrazione e l'ordine pubblico della regione. Gli uomini di Fazlullah, aiutati da uzbeki, ceceni e jihadisti arabi, negli ultimi due anni hanno combattuto battaglie all'ultimo sangue con l'esercito, riuscendo infine a scacciarlo e a prendere il controllo della maggior parte della valle di Swat durante lo scorso anno. Gli scontri hanno causato circa 1.200 morti civili e l'esodo forzato di 350.000 persone su una popolazione di 1,5 milioni. Fazlullah ha fatto saltare in aria 200 scuole femminili, impiccato poliziotti e insegnanti, organizzato tribunali Shari'a e dirige adesso un governo parallelo. Nonostante il precedente regime militare del presidente Pervez Musharraf abbia concordato molti brevi e controversi cessate il fuoco con i talebani pachistani, il governo non ha mai concesso grandi cambiamenti al sistema legale o a quello politico. Il trattato di pace è diventato una questione esplosiva in Pakistan: cittadini e politici di destra o religiosi lo elogiano per aver portato la pace nella valle di Swat, mentre i pachistani liberali lo vedono come un inconfondibile spartiacque nella battaglia del Paese contro l'estremismo islamico, che concede ad al Qaida e ai talebani un nuovo porto franco. La valle di Swat è fondamentale per i militanti perchéè al di fuori dalla portata degli aerei radiocomandati statunitensi, che hanno attaccato con successo i loro leader nelle aree tribali di amministrazione federale. Il Pakistan si è opposto all'uso da parte degli Stati Uniti degli aerei radiocomandati per bombardare il suo territorio, e sarà politicamente inaccettabile se gli Usa estenderanno gli attacchi alla valle di Swat, lontana molte centinaia di miglia dai confini afghani. I talebani non vogliono mollare la presa sulla valle. Dalle aree tribali di amministrazione federale, i talebani hanno già espanso la loro influenza all'interno delle aree colonizzate della provincia della frontiera del Nord Ovest e stanno praticamente assediando la capitale Peshawar. Ad aumentare la preoccupazione di Usa e Nato, tre leader talibani pachistani rivali, che hanno combattuto contro l'esercito da quando si è schierato nelle aree tribali di amministrazione federale nel 2004, hanno formato una nuova alleanza chiamata Shura-e-Ittihad ul Mujaheddin, o Consiglio dei sacri guerrieri uniti. Sotto l'influenza del Mullah Mohammed Omar, il leader talibano afghano che possiede anche un santuario in Pakistan, il nuovo consiglio mira a raggiungere accordi per il cessate il fuoco con l'esercito pachistano, in modo che sia i talebani pachistani sia quelli afghani possano concentrare la propria potenza di fuoco contro le nuove 17.000 truppe statunitensi che l'amministrazione Obama invierà in Afghanistan in primavera. Le forze armate Usa stanno cercando di convincere l'esercito a riaddestrare alcune delle sue forze regolari a moderne tattiche anti-insurrezione. Lo scorso anno dopo cinque mesi di dialogo l'esercito ha permesso agli Stati Uniti di riaddestrare e riequipaggiare il suo corpo paramilitare Frontier Corps, ma non le forze regolari, in quanto considera l'India una minaccia maggiore alla quale vanno contrapposte tattiche di guerra convenzionali. Nel frattempo gli attacchi estremisti come quello di Lahore, teatro dell'attacco terroristico ai danni della squadra nazionale di cricket dello Sri Lanka, servono soltanto ad acuire la depressione dell'economia, che fa registrare un aumento della disoccupazione, dell'inflazione e della fuga di capitali. Lo scorso anno il Pakistan ha ricevuto un prestito biennale dal Fondo Monetario Internazionale di 7,6 miliardi di dollari, ma le speranze di un aiuto bilaterale dall'Europa e da altri donatori alla fine non si sono materializzate. L'amministrazione Obama ha promesso al Pakistan 1,5 miliardi di dollari all'anno per i prossimi cinque anni, ma ci vorranno molti mesi prima che il Congresso Usa renda disponibili quei soldi, mentre il Pakistan potrebbe non volere o non potere esaudire le condizioni che il Congresso vorrà imporre (come combattere in modo deciso l'estremismo). La crisi in Pakistan lascia gli Stati Uniti con poche opzioni politiche. C'è un disperato bisogno di grosse iniezioni di contanti per dare al governo il tempo di ristabilire il mandato dello Stato e di rianimare l'economia moribonda. Ma il vero problema, che Obama di certo non può affrontare, è la mancanza di un comando centrale in una nazione che barcolla sull'orlo del caos. © 2009 Yale Center for the Study of Globalization. Ripubblicato con il permesso di YaleGlobal Online (http://yaleglobal.yale.edu). (Traduzione di Carlo Abbona) Ahmed Rashid è un giornalista e scrittore pakistano; recentemente ha pubblicato "Caos Asia: il fallimento occidentale nella polveriera del mondo". 16/03/2009

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Ai senza lavoro 1,8 miliardi dalle Regioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: ECONOMIA E IMPRESE LAVORO E C data: 2009-03-16 - pag: 20 autore: Welfare. Varati i piani per fronteggiare l'emergenza occupazionale: in Lombardia il budget più elevato (400 milioni) Ai senza lavoro 1,8 miliardi dalle Regioni Incentivi a chi riassume, redditi minimi garantiti e misure per donne e giovani Francesca Barbieri In attesa della "spartizione" degli 8 miliardi di euro previsti dall'accordo con il Governo del 12 febbraio per gli ammortizzatori in deroga, le Regioni si mettono in moto per aiutare chi è senza lavoro, o lo ha appena perso. I piani anticrisi possono contare per adesso su 1,8 miliardi complessivi, in larga parte attinti dal Fondo sociale europeo. Una sorta di anticipo dei 2,65 miliardi (i restanti 5,35 arriveranno dallo Stato) che il patto di un mese fa pone a carico delle Regioni per il biennio 2009/2010, da investire nel mix di politiche attive e sussidi al reddito. Due i filoni di intervento: da un lato le misure per ridurre la disoccupazione e incentivare l'impiego delle cosiddette fasce deboli (le donne in primis); dall'altro le azioni mirate su chi entra nel limbo della cassa integrazione (per la mappa completa si vedano le schede in alto e a destra). La platea dei potenziali beneficiari, intanto, si allarga a dismisura: con la Cig vicina al picco del 1993 e oltre 370mila nuovi disoccupati negli ultimi due mesi (+46% sul 2008), c'è il timore che le risorse siano insufficienti. In Lombardia- la Regione con il budget più alto, 400 milioni- i sindacati hanno lanciato l'allarme sull'esaurimento dei fondi per la cassa integrazione in deroga. «Non stiamo perdendo un minuto - ribatte l'assessore al lavoro Gianni Rossoni - nel recepire le richieste trasmesse dalle Province e nel passarle all'Inps, che sta erogando il dovuto». I soldi per fronteggiare la crisi, secondo Rossoni «ci sono, con l'assicurazione che dal Ministero ne arriveranno presto ulteriori a valere sull'accordo del 12 febbraio». Per ora,però, dallo Stato arriva l'anticipo di 151 milioni diviso tra tutte le Regioni. Le altre risorse saranno ripartite «dopo aver concluso singoli accordi regionali, sulla base di un'impostazione quadro in corso di definizione» ha detto il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi al Consiglio dei ministri di venerdì scorso. Il Cdm ha dato il via libera a un pacchetto di misure, anche per accelerare l'erogazione degli ammortizzatori sociali ( da 120 giorni a 20-30, ha assicurato Sacconi). Proprio per aiutare i lavoratori in attesa di ricevere la Cigs, la Toscana ha creato un fondo di garanzia che interviene nel caso di imprese fallite o in crisi finanziaria, incapaci di anticipare l'indennità ai propri dipendenti. Previsti inoltre contributi fino a 4mila euro per le aziende che assumono lavoratori dalle liste di mobilità o per chi assolda giovani laureati. Il Consiglio regionale del Lazio, invece, ha approvato una legge per istituire il reddito minimo garantito: fino a 7mila euro l'anno, e una serie di prestazioni indirette (contributi per l'affitto e uso gratuito dei mezzi pubblici), per gli iscritti alle liste di collocamento con un reddito inferiore agli 8mila euro. A breve si potranno presentare le domande ai Comuni capofila (per i dettagli www. regione.lazio.it). In Campania, entro la fine di marzo prenderanno il via le attività di orientamento e formazione per i cassintegrati, che intascheranno un bonus di 350 euro nelle buste paga di aprile e maggio e di 240 euro nei mesi successivi. Si chiama invece «Isola» (inserimento sociale attraverso il lavoro) la ricetta campana per i disoccupati: una borsa da 500 euro mensili da spendere in percorsi di formazione. Le Marche hanno appena reso operativo un fondo speciale: fino al 30 aprile presso i centri di assistenza fiscale coinvolti (si veda www.regione.marche.it), i disoccupati potranno chiedere un sussidio di 200 euro al mese per un massimo di un anno. «Ai contratti di solidarietà-aggiunge l'assessore al Lavoro Fabio Badiali - andranno invece 3 milioni in favore di oltre duemila lavoratori». Al Meridione, si distinguono anche Molise e Puglia. Il primo ha stanziato 36 milioni da trasformare in forme di sostegno alla disoccupazione e per l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. La seconda ha un occhio di riguardo per la platea femminile e prevede incentivi alla stabilizzazione delle precarie, voucher di servizio per le donne con redditi bassi insieme a percorsi di riqualificazione per le disoccupate. FOTOGRAMMA

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Oggi dall'Istat il dato sui prezzi al consumo di febbraio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-16 - pag: 11 autore: IN ITALIA A CURADIBARBARANEPITELLI Oggi dall'Istat il dato sui prezzi al consumo di febbraio Lunedì 16 marzo Ddl federalismo Inizia oggi nell'Aula della Camera l'esame del Ddl delega sul federalismo fiscale. L'avvio della discussione sarà preceduto dal dibattito sulla mozione del Pd sulla situazione economico-finanziaria degli Enti locali. Inflazione L'Istat rende noti i dati sull'andamento dei prezzi al consumo a febbraio (ore 10). Industria Il presidente di Confindustria Lombardia, Giuseppe Fontana, illustra il programma degli Stati Generali 2009 dell'industria lombarda in programma il prossimo 23 marzo. Viale Petrarca 10, Monza (ore 14,30). Biotech Presentazione del rapporto Blossom & CompanyAssobiotec sulle “Biotecnologie in Italia 2009. Analisi strategica e finanziaria” Fieramilanocity, via Gattamelata 1, Milano (ore 14,30). Titoli di Stato Regolamento dell'asta BoT. Martedì 17 marzo Dl incentivi Inizia l'esame degli emendamenti al decreto legge con gli incentivi per l'auto e altri settori nelle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera (ore 10,30). Ddl Comunitaria 2008 L'Aula del Senato prosegue l'esame del disegno di legge Comunitaria 2008 (ore 16,30). Economia Incontro Confindustria Emilia-Romagna su “Uno sguardo oltre la crisi”. Partecipa il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Forum Guido Monzani, via Aristotele 33, Modena (ore 15). Unione europea Incontro organizzato dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea con il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, in vista delle elezioni europee del prossimo mese di giugno. Via IV Novembre 149, Roma (ore 12). Finanza Presentazione del position paper “Crisi finanziaria: le proposte dell'Aiaf per riportare fiducia sui mercati”. Presso la sede, via Dante 9, Milano (ore 11,30). Titoli di Stato Regolamento dell'asta di titoli a medio-lungo termine. Mercoledì 18 marzo Produzione industriale L'Istat comunica i dati sull'andamento della produzione industriale a gennaio (ore 10). Industria Da oggi a venerdì si svolge “Made in Steel”, evento dedicato alla filiera dell'acciaio. Presso Brixia Expo, Brescia (ore 10). Giovedì 19 marzo Meccanica Da oggi al 21 marzo si svolgerà presso Fiere di Parma Mecpse, la fiera internazionale della meccanica specializzata organizzata da Senaf che coinvolgerà mille aziende provenienti da 15 Paesi. Orario, dalle 9 alle 18. Export L'Istat rende noti i dati sull'andamento del commercio estero Ue e Mondo a gennaio (ore 10). Fiere Al via la prima Borsa Internazionale delle Fiere, fiera esclusivamente dedicata all'offerta fieristica internazionale pensata per le Pmi nazionali. Prosegue fino a sabato. Parco Esposizioni di Novegro, Milano. Venerdì 20 marzo Lavoro L'Istat comunica i dati sull'andamento delle forze di lavoro nel quarto trimestre 2008 (ore 10). Immobili Presentazione alla stampa del Primo Rapporto Nomisma 2009 sul mercato immobiliare italiano. Strada Maggiore 44, Bologna (ore 12). Impresa Convegno su “Crisi di impresa e soluzioni concordate” organizzato da Luiss, Uniprofe Osservatorio sulle crisi di impresa. Viale Pola 12, Roma (ore 9).

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Paradisi fiscali, comincia la fuga dei capitali (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 10 categoria: REDAZIONALE Offshore a cura di Ivo Caizzi Paradisi fiscali, comincia la fuga dei capitali Crisi finanziaria e l' attacco Ue-Usa al segreto bancario rilanciano i vantaggi di investire in Paesi sicuri icaizzi@corriere.it 'allentamento del segreto bancario e la paura di rischi ormai troppo alti stanno generando fughe di capitali dai paradisi fiscali verso Paesi più sicuri. Vari operatori della finanza offshore ammettono informalmente solo tendenze iniziali di questo esodo. Ma altre fonti bancarie ritengono che le somme coinvolte sarebbero già imponenti, se si considera la stima riportata da vari media di oltre 11 mila miliardi di dollari occultati dietro la riservatezza dei paradisi fiscali (principalmente da esponenti degli ambienti finanziari, imprenditoriali, politici, ecclesiastici e criminali). L'attacco dell'Unione europea e degli Stati Uniti di Barack Obama alla «finanza grigia» viene giudicato dagli stessi operatori delle piazze offshore «determinante» nello stimolare le fughe di capitali. La settimana scorsa l'Europarlamento e i leader di Francia e Germania, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, hanno chiesto di varare già nel vertice G20 del 2 aprile prossimo a Londra un «pacchetto di sanzioni» contro i Paesi che usano il segreto bancario per favorire l'evasione fiscale. Il Belgio ha immediatamente annunciato la disponibilità a fornire informazioni sui depositanti stranieri. Austria e Lussemburgo hanno fatto Agence France Presse «aperture» per non restare gli unici membri Ue difensori della riservatezza sui depositanti. Andorra e Liechtenstein si sono detti pronti a fornire informazioni al fisco degli Stati stranieri. Perfino il governo svizzero ha attenuato la sua storica rigidità. Un altro incentivo decisivo per invogliare al fuggi- fuggi dai centri offshore viene dalla sempre più preoccupante crisi finanziaria, che fa temere l'insolvenza di banche in tutto il mondo (soprattutto per le perdite da titoli tossici). I governi dei vari Montecarlo, Bahamas o Cayman Islands non appaiono in grado di risarcire i depositanti in caso di insolvenza a catena delle banche locali. Ad alto rischio sono considerate molte entità finanziarie della Svizzera, del Lussemburgo e della City di Londra, dove di fatto viene gestito il grosso delle attività formalmente domiciliate nei paradisi fiscali. Tanti staterelli esotici con regimi da «repubblica delle banane» potrebbero essere loro stessi travolti dalla fine degli introiti delle attività offshore. In più molti banchieri dei paradisi fiscali stanno da tempo scaricando le perdite da titoli tossici e da altre speculazioni azzardate sulla clientela con «gestione fiduciaria del patrimonio», spesso impossibilitata a protestare perché ha esportato i soldi illegalmente (si tratta di evasori fiscali, politici e manager corrotti, riciclatori di denaro sporco, ecc.). Vari fondi offshore hanno bloccato i rimborsi. In questo clima di alti rischi, stangate e incertezze, chi può abbandona Svizzera, Lussemburgo o Channel Islands per rifugiarsi nei Paesi «normali », magari investendo su titoli di Stato a bassissimo rendimento, ma che non vengono risucchiati dal tracollo di una banca, di un fondo speculativo o di un intero paradiso fiscale . Attivo Nicholas Sarkozy vuole discutere il tema al G20

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Invece i salari vanno aumentati (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 13 categoria: REDAZIONALE Lavoro e compensi/2 Il fallimento del concetto di flessibilità Invece i salari vanno aumentati L e certezze e le attese messianiche si spengono. Tutti diventiamo più riflessivi dinanzi alla depressione economica in corso. Ma, tuttavia, il dibattito non si fa vivace come dovrebbe, soprattutto in Europa, che è nella bufera e che rimane uno dei continenti decisivi per resistere alla crisi. In questo scenario fa veramente eccezione il bel contributo di Giovanni Tamburi su questo giornale il 2 marzo scorso, quando affronta il cuore del problema dal punto di vista dell'impresa industriale. Ma è ancora un caso troppo raro. Eppure negli Usa, in Europa e in Asia e in Sud America ci si sta confrontando con una crisi che peggiora di giorno in giorno dal punto di vista della produzione, con esodi di massa dalle città nelle campagne e con una disoccupazione che si farà sempre più pesante. Emerge un paradigma che a me non convince: quello dell'intervento statale in tutte le sue forme: dal sostegno all'indu-stria, alla creazione di tardivi sistemi di welfare o di sostegno sociale, mentre le ombre del protezionismo si fanno ogni giorno più forti proprio per l'effetto scatenante di tale paradigma. Intanto la depressione si fa mondiale. L'Europa dell'Est è sull'orlo del crollo. Eppure pochissimi si pongono i problemi delle cause non soltanto finanziarie della crisi. Affiorano tuttavia taluni ripensamenti. Sono timidi, ma decisivi e a mio parere occorre seguirli per percorrere non la via della continuità, ma del ripensamento, invece, della crescita capitalistica sin qui seguita. Mi ha colpito leggere, non sulla solita rivista accademica (lì non sarebbe stato possibile per problemi ideologici, del resto), ma sul Financial Times del 23 febbraio del 2009, quello che un bravissimo studioso come Paul de Grauwe scriveva in merito alla flessibilità e alla pochezza della massa salariale che da tale flessibilità derivava e deriva sul piano dei mercati interni europei e mondiali. è una questione, del resto, su cui spesso ho richiamato l'attenzione anche qui in Italia, da riformista non pentito, ma senza successo. La tesi di De Grauwe è quella secondo la quale in un sistema di economie aperte come le nostre — e che vogliamo continuare ad avere — la ciclicità e l'instabilità del capitalismo sono sempre dinanzi a noi per via degli eccessi di capacità produttiva che si determinano costantemente per il restringimento della domanda. La vertigine della crescita non è stata solo finanziaria, ma anche industriale. E abbiamo creduto ciecamente alle tesi degli economisti per i quali i profitti sarebbero aumentati grazie ai bassi salari. Per raggiungere questo obbiettivo si è fatto di tutto. L'Italia in testa, con livelli salariali quasi da mondo in via di sviluppo nei settori in cui la forza lavoro incide massicciamente sui costi. Eppure la nostra produttività è sempre stata bassissima. Non solo: tutti lamentavano la bassa crescita italiana rispetto all'Europa e , naturalmente, agli Usa. Il basso saggio salariale non dovrà essere considerato una delle cause di questa caduta dei profitti e di questa bassa produttività? La risposta è immediata: bassi salari, bassa domanda, scarsa propensione agli investimenti e ai profitti di lungo periodo. Per la produttività la risposta è più complessa: bassa produttività non solo delle imprese, ma dell'intero paese per i costi infrastrutturali, burocratici, ecc. Ma questo non era il mondo dove tutti, da destra e da sinistra, gridavano a gran voce che bisognava rendere più flessibile — ossia più precario e meno caro — il lavoro? Bei risultati: ora è più flessibile il profitto, che in un sistema a economia aperta non può che crescere grazie alla domanda aggregata e diminuire al diminuire di questa. «Elementare, Watson!» si sarebbe detto trent'anni or sono, quando ancora si poteva, senza timore di veder stroncata la carriera non solo accademica, leggere non solo e non tanto Keynes, ma, per esempio, Michal Kalecki, un geniale economista polacco che andrebbe ripubblicato e ristampato. Michele Salvati e Carlo Boffito lo introdussero in Italia e fu una grande stagione, ma se ne son perse le tracce, come del mio amato Hyman Minsky. Ora dalle colonne del «giornale più bello del mondo», (il Financial Times , appunto) come lo definiva Giovanni Agnelli, giungono messaggi inaspettati e in sintonia con quel pensiero. Non sarebbe ora di fermarsi, raccoglierli, quei pensieri e di riaprire vecchi ma sempre concettualmente nuovi libri, invece che seguitare a fremere per ogni batter ciglio del presidente Obama? Voltiamo intellettualmente pagina. è ciò che dovrebbero fare anche i vertici europei perché è proprio l'Europa il continente in cui ci si dovrà confrontare con più forza sui problemi salariali. Ed è sui salari che si fonderà la ripresa dei mercato interno europeo. Abbiamo creduto che i profitti sarebbero aumentati grazie a paghe basse. Per raggiungere questo obiettivo si è fatto di tutto di GIULIO SAPELLI Docente di Storia economica Università Statale di Milano

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<Il rating? Ha una buona pagella> (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 18 categoria: REDAZIONALE L'intervento «Il rating? Ha una buona pagella» Le serie storiche DI MARIA PIERDICCHI Head of Southern Europe Standard and Poor's S i è molto discusso sul ruolo delle agenzie di rating e dell'efficacia delle loro azioni, ma gran parte delle discussioni continua, a nostro giudizio, ad essere caratterizzata da confusione. Consapevoli della gravità degli avvenimenti che hanno scosso i mercati finanziari, abbiamo sollecitato, ascoltato e riflettuto e stiamo adottando misure per rafforzare i processi di rating e fornire maggiori informazioni. Cerchiamo di chiarire alcuni punti. L'identikit Il rating è un'opinione sull'affidabilità creditizia, espressa, nella maggior parte dei casi, come probabilità relativa che si verifichi un'insolvenza futura. I rating non sono raccomandazioni ad acquistare, vendere o tenere un determinato titolo, né indicatori di liquidità o volatilità. I rating di Standard & Poor's si basano su un'analisi del rischio di credito incentrata sui fondamentali e per questo motivo sono relativamente stabili; più stabili del prezzo di mercato di obbligazioni o derivati di credito (credit default swaps) caratterizzati da elevata volatilità e fortemente influenzati dal sentiment degli investitori, dalla liquidità e da altre variabili. Tuttavia, i rating possono variare e variano nel tempo parallelamente all'evoluzione delle nostre opinioni sui fondamentali dell'affidabilità creditizia di un debitore o di un titolo obbligazionario. Come altre agenzie di rating, Standard & Poor's percepisce un compenso dagli emittenti a cui assegna un rating. Questo modello, denominato «issuer pays», è stato adottato circa 40 anni fa per soddisfare una richiesta del mercato. Il principale vantaggio di questo modello è la possibilità per l'agenzia di mettere i rating a completa disposizione di tutti i componenti del mercato in tempo reale. Ciò, a sua volta, incrementa la trasparenza ed il controllo sul nostro operato da parte dello stesso mercato Standard & Poor's ha istituito procedure e controlli interni a tutela dell'integrità dei propri processi. Ad esempio, i nostri rating sono asseg n a t i da un comitato anziché da singoli analisti; ai nostri analisti è vietato negoziare compensi ed essere coinvolti in attività commerciali. Abbiamo strutturato la retribuzione degli analisti in modo che i loro compensi non dipendano dalle commissioni percepite dall'agenzia per i rating che assegnano. La nostra struttura di rating non fornisce servizi di consulenza o pareri a emittenti, ad esempio su come condurre il business o strutturare titoli. La reputazione e l'integrità sono i nostri asset durevoli più preziosi, sarebbe controproducente per Standard & Poor's fornire opinioni di rating che non fossero totalmente obiettive ed indipendenti. La nostra prassi di rendere i criteri di rating liberamente disponibili significa che, se dovessimo deviarvi per fav orire un emittente, il mercato ne verrebbe subito a conoscenza e i nostri rating perderebbero rapidamente credibilità. Altri modelli D'altra parte, l'adozione di un modello in cui a pagare fosse l'investitore non sarebbe la panacea. Tale modello limiterebbe fortemente la trasparenza e la diffusione dei rating dal momento che l'accesso sarebbe riservato ai soli paganti. Di conseguenza, ci sarebbero meno informazioni sul mercato e verrebbe rimosso l'importante controllo sulla qualità dei rating svolto da un mercato ampio e diversificato. Neanche questo modello, peraltro, sarebbe esente da conflitti: così come gli emittenti preferiscono rating più alti per ridurre il loro costo del capitale, così gli investitori potrebbero desiderare rating più bassi per aumentare il loro rendimento. Alcuni hanno suggerito di passare ad un sistema pubblicistico del rating, con agenzie controllate dallo Stato. In questo caso il conflitto sarebbe generato dai potenti interessi del governo che potrebbe avere una personale visione su quello che è un rating appropriato o su un metodo specifico di valutare la qualità del credito. Esistono, infine, numerosi studi che mostrano in maniera dettagliata la correlazione nel tempo tra rating e insolvenze. Tali studi dimostrano che il track record a lungo termine dei nostri rating è stato e rimane eccellente. Negli ultimi 30 anni il tasso di insolvenza medio quinquennale per società «investment grade » (con rating BBB- o superiore) si attesta attorno all' 1,2% mentre, per le società con rating speculativo è circa il 17%. I tassi di insolvenza per titoli di finanza strutturata misurati sullo stesso periodo sono all'incirca equiparabili. Inoltre, pur essendoci stati numerosi e significativi abbassamenti del rating per alcune categorie di titoli strutturati legati al mercato dei mutui statunitensi, solo il 4% del valore delle emissioni di titoli legati al mercato immobiliare statunitense con rating Standard & Poor's dal 2005 ad oggi si sono dimostrati insolventi. E dei quasi 30.000 rating AAA formulati da S&P su titoli strutturati emessi dal 1978 ad oggi, solo lo 0,6% sono stati insolventi. Dal 2005 solo il 4% dei titoli con rating, legati al mercato immobiliare Usa, è andato in default

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E se in marzo finisse la bolla del ribasso?\n (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-16 num: - pag: 20 categoria: REDAZIONALE Indici & cabala E se in marzo finisse la bolla del ribasso? Le curiose statistiche di primavera S e non si riesce a spiegare il rialzo meglio affidarsi alle stelle. Andando a ritroso nella storia dei mercati finanziari, il mese di marzo si è sempre contraddistinto per essere un periodo molto favorevole al verificarsi di eventi di carattere straordinario. Meglio non stupirsi quindi se Wall Street e le Borse Europee sono rimbalzate del 15%, dopo alcune sedute terrificanti che le avevano portate ai minimi degli ultimi 13 anni. Per la precisione, Dow Jones, S&P500 e Mibtel sono scesi su livelli che non si vedevano dal 1996, Nasdaq e Cac40 su livelli minimi del 2003, il Dax sui minimi dall'agosto 2004. La riflessione parte dal presupposto che marzo è storicamente il mese degli eccessi e spesso dell'esplosione delle bolle speculative. Ricordiamo lo scoppio della bolla Internet avvenuto nel marzo 2000. Il Nasdaq raggiunse per l'occasione quota 5.100 punti, un livello mai più rivisto. Nel marzo 2008 il dollaro toccò il suo livello minimo contro euro a 1,60, ribadito ma non superato il luglio successivo. Da quei livelli si è solo scesi fino all'1,29 di oggi. Sempre il dollaro, nel marzo 2008, scese per la prima volta da 13 anni sotto quota 100 contro yen, per poi rimbalzare con violenza. La vicenda dell'oro è analoga, perché toccò il suo massimo storico nel marzo 2008 a 1.032 dollari l'oncia. A ciò si aggiunga il fatto che a metà marzo ci saranno le cosiddette scadenze tecniche che spesso sono l'occasione per portare ad esaurimento alcune prolungate tendenze, che vengono poi invertite nei mesi immediatamente successivi. E la violenta discesa dei primi giorni di marzo fa pensare che ciò potrebbe avvenire anche quest'anno. I primi segnali sono arrivati dal petrolio sceso pochi giorni fa sui minimi degli ultimi 5 anni a 34 dollari, con le valute dell'Europa dell'Est, crollate sui minimi degli ultimi 5 anni, il fiorino ungherese ha addirittura segnato i minimi storici contro euro. Ma accanto a fenomeni di tipo statistico e storico non manca neanche un pizzico di «magia ». Gli analisti tecnici di Morgan Stanley hanno recentemente allertato i propri investitori circa il raggiungimento, da parte dell'indice S&P 500, di una livello particolarmente sensibile ovvero 666 punti. Un valore che riporta ai cosiddetti numeri di Fibonacci, un modello matematico elaborato nel 13mo secolo da Leonardo Pisano e molto in voga tra i graficisti di oggi. Questo livello è stato raggiunto lo scorso 6 marzo e da qual momento il mercato ha già recuperato il 14%. Ma se la ricetta di Fibonacci dovesse rivelarsi corretta, gli analisti della banca d'affari statunitense prevedono un recupero dell'indice sino a 1100 punti, +50% rispetto ai livelli attuali. Tutte queste forzatur e, insieme al violento recupero della scorsa settimana, avvalorano la tesi che il mese di marzo potrebbe essere ricordato per lo scoppio di una nuova bolla: quella del ribasso. ADRIANO BARRì Storia Fibonacci, le sue serie sono usate dall'analisi tecnica

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Il piano di Elettrodata per affrontare la crisi (sezione: crisi)

( da "Vnunet.it" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il piano di Elettrodata per affrontare la crisi 16-03-2009 VNUnet.it Elettrodata annuncia i risultati 2008 e la cassa integrazione per tre mesi per 34 dipendenti Elettrodata ha chiuso il 2008 con un fatturato merci e servizi di circa 111 milioni di Euro, con una leggera flessione pari al 2,63 % rispetto al dato fatturato merci e servizi dell'anno precedente di 114 milioni di Euro, nonostante l'aumento della produzione - tra PC, desktop e notebook, e server - che è stata di circa 85.600 unità. "Il mercato in generale e quello dell'information technology in particolare stanno attraversando un periodo di crisi, legato alla situazione finanziaria internazionale, e all'instabilità e alla riduzione dei consumi che questa ha provocato. Visto il perdurare di questa condizione, siamo stati costretti a ricorrere a un programma di riorganizzazione dell'azienda che comprende uno strumento di supporto come la cassa integrazione", ha commentato Lorenzo Zubani, Presidente di Elettrodata. "In questo modo, tra la riduzione dei costi e il contenimento delle spese, contiamo di tornare al più presto a una situazione positiva". La situazione di crisi finanziaria ha provocato un aumento significativo dei tempi di pagamento, e questo - nel caso di un'azienda privata come Elettrodata - ha creato una situazione di temporanea difficoltà legata ai flussi di cassa proprio in coincidenza con il periodo di contrazione del mercato. Per questo motivo, Elettrodata è ricorsa - per la prima volta nei suoi quindici anni di storia - allo strumento della cassa integrazione ordinaria per 34 dipendenti, che durerà tre mesi. © Copyright 2007 tutti i diritti riservati | part of vnu.net europe

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"Le mie Fs batteranno l'aereo" (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

COPERTINA pag. 1 "Le mie Fs batteranno l?aereo" MARCO PANARA FRECCIA Rossa ha guadagnato in media 2 mila passeggeri al giorno, a scapito per buona parte di Alitalia, la quale contrattacca, a colpi di polemiche ma anche di nuove offerte e razionalizzazioni del servizio. «Ormai è chiaro a tutti che sotto le quattro ore, ovvero su distanze fino a 800 chilometri, le ferrovie riescono a dare un servizio che in termini di qualità e di costo è superiore rispetto agli altri mezzi» dice Mauro Moretti, amministratore delegato di Fs. «Qualche giorno fa mi sono trovato ad una riunione alla quale c?era anche Spinetta, il numero uno di Air France, il quale ha detto chiaro e tondo che non pensa più di investire su quelle distanze, ed ha aggiunto che tra i suoi programmi c?è quello di dotare il gruppo di un'impresa ferroviaria, per mantenere il contatto con la sua clientela. Se lo farà romperà un vecchio tabù, quello secondo il quale non hanno senso le imprese multimodali». Moretti non risponde alle polemiche dell?amministratore delegato di Alitalia Rocco Sabelli (lo ha già fatto), ma punta l?indice su quella che considera ormai una realtà, figlia della nuova tecnologia ferroviaria che consente di ridurre drasticamente il rapporto tra tempo e spazio. Funziona sulla MilanoRoma, ma il resto? «Non c?è solo RomaMilano. Abbiamo lanciato un sistema di offerta molto sofisticato che si basa su due hub, Milano e Roma appunto, e che funziona così: intorno a Milano abbiamo strizzato i tempi ai limiti del possibile per collegare alla città entro le due ore un bacino di quasi 25 milioni di persone; intorno a Roma, che è al centro di una struttura molto diversa, fatta di città lontane tra loro, abbiamo creato una rete di collegamenti che porta nella capitale con lo stesso tempo che ci vuole da Milano (con le fermate a Roma e Firenze), ovvero 3 ore e 59 minuti. Ora ci si arriva da Lamezia Terme, da Bari, da Genova, da Venezia, da Verona. È un sistema, ed è la prima volta che in Italia il servizio ferroviario si presenta come tale». La risposta? «La danno i treni, che sono pieni». Ma non sempre dove c?è concorrenza voi vincete. Nelle merci per esempio i risultati non sono altrettanto brillanti. «Nel 2008 abbiamo chiuso con 35 miliardi di merci/chilometro trasportate, dieci dei quali fuori dall?Italia. Il dato significativo è che all?estero cresciamo mentre in Italia facciamo molta più fatica, e la ragione è che in Italia in questo settore una vera concorrenza tra le varie modalità di trasporto non c?è, perché operiamo su basi completamente diverse, a cominciare dal ?nero?. Vuole una conferma? Non c?è un operatore privato nel trasporto merci su rotaia dagli Appennini in giù. Quindi non è questione di qualità di impresa ma di qualità del mercato». Ora però la concorrenza arriva anche sul trasporto passeggeri, e nelle tratte più pregiate. «Ben venga. Io ho sempre creduto che le ferrovie debbano avere uno spazio maggiore, e ho visto con grande favore le liberalizzazioni, perché l?obiettivo è quello di far arrivare anche in questo settore imprenditori privati. Quindi sono i benvenuti, se sono seri e arrivano per restare». Perché, ha qualche dubbio? «Nelle merci l?esperienza dopo dieci anni di liberalizzazioni è che a dominare il settore sono ancora gli ex monopolisti, anche perché molti hanno creato una impresa e poi sono andati ad offrirla a Deutsche Bahn o a Sncf. Sarebbe un peccato se per trenta denari dovessero farlo anche gli imprenditori privati che si stanno affacciando nel traffico passeggeri». Oggi guadagnate molto nelle tratte dove il mercato sorregge il business. Ma quei soldi dove finiscono, vanno a coprire i buchi negli altri segmenti? «Oggi è così, anche se non dovrebbe. In tutti i paesi insieme alla liberalizzazione è arrivata una chiara definizione dei servizi a mercato e di quelli che invece non potevano ripagare i costi. Da noi no, così finisce che accade il contrario di quello che polemicamente è stato detto su di noi: noi con i ricavi da mercato andiamo a coprire servizi che non sono adeguatamente coperti, il contrario semmai avviene altrove». La cosa più logica, visto che le Fs sono una società per azioni, sarebbe di fare le cose che producono utili e lasciare quelle che sono in perdita. «In teoria è così, civilisticamente sarebbe quella la scelta corretta. Ma dal punto di vista penale no, perché sarebbe interruzione di pubblico servizio, perché la verità scomoda ma effettiva è che il servizio universale se non lo fa Trenitalia non lo fa nessuno». Allora come si fa? «Lasciando lavorare il mercato più che si può, allentando la morsa che blocca le tariffe anche su tratte dove con un biglietto adeguato il servizio potrebbe reggere, e poi ragionando su tutto quello che il mercato non regge. Se una città, una regione o lo stato vogliono tenere in piedi un certo servizio anche se il traffico non copre i costi, se ne deve accollare l?onere». È quello che succede. «Non esattamente. C?è una gran confusione nell?opinione pubblica, che giustamente lamenta il cattivo servizio nelle reti regionali o su alcune tratte che sono in piedi anche se non c?è un mercato sufficiente a sostenerle. Chi decide quanti treni, a che orario, di che dimensioni e le tariffe non siamo noi ma il committente pubblico, il quale però fino ad oggi non ha destinato a questo importante servizio ai cittadini le risorse necessarie per garantire una qualità adeguata né ha voluto lasciar lievitare le tariffe». Riuscirà a convincerle? «È un anno e mezzo che stiamo lavorando insieme e c?è stato un notevole passo avanti culturale. Quello che deve essere chiaro e che comincia ad esserlo è che il servizio ha un costo e la qualità incide su questo costo». Intanto però non arrivano gli ordini di nuovi treni, né per l?alta velocità né per i pendolari. «Entro un mese conto di poter chiudere la partita e fare un pacchetto significativo per i treni per l?alta velocità e quelli sui pendolari. Saranno alcuni miliardi di euro che saranno un volano importantissimo per l?industria elettromeccanica italiana». Ma nei vostri conti resta questa ambiguità tra introiti da mercato e intervento pubblico. «La chiariremo. Stiamo riorganizzando la struttura in due business unit, una con dentro le attività che si reggono sul mercato e l?altra con le attività i cui costi sono coperti dall?intervento pubblico. E questo anche per chiarire una cosa, che mentre per Sncf e Db i contributi pubblici assai più generosi dei nostri sono una fonte alla quale attingere per la loro espansione internazionale, noi siamo doppiamente penalizzati». In due anni avete recuperato circa 1,6 miliardi di margine operativo lordo, per metà dai costi. Lo avete fatto a parità di servizio oppure avete tagliato anche lì? «Il servizio è aumentato, e i costi sono stati tagliati riducendo gli sprechi per circa 400 milioni e riducendo il personale per altrettanto». Il risultato è un margine operativo lordo di circa 900 milioni e il pareggio sostanziale raggiunto nel 2008. Quali saranno i prossimi passi? «La cosa fondamentale è che abbiamo messo in sicurezza i conti dell?azienda prima che arrivasse la crisi finanziaria. Se non lo avessimo fatto saremmo stati travolti. Abbiamo raggiunto un mol pari a quello di Sncf che però ha un fatturato quattro volte il nostro. Sull?ultima riga del bilancio pesano però i 9 miliardi di debiti che abbiamo ereditato e che assorbono quasi per intero i 430 milioni di Ebit». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Stimoli o regole? Usa e Ue divisi alla meta del G20 (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

COPERTINA pag. 1 Stimoli o regole? Usa e Ue divisi alla meta del G20 ANDREA BONANNI Più regole ai mercati finanziari o più stimoli all'economia? Il dilemma, secondo la stampa anglosassone, rischia di avvelenare il prossimo vertice del G20, convocato a Londra il 2 aprile. Da una parte ci sono gli Stati Uniti, che hanno varato un piano di aiuti per oltre 700 miliardi di dollari e che chiedono agli altri uno sforzo equivalente. «Per quanto aggressive siano le azioni che abbiamo intrapreso finora, è molto importante che gli altri Paesi si muovano nella stessa direzione», ha dichiarato il presidente Barack Obama. Sul fronte opposto ci sono gli europei, convinti di avere già fatto più che abbastanza per stimolare le proprie economie e decisi invece a costringere Washington ad accettare un sistema di governance globale dei mercati finanziari. «Gli stimoli economici sono importanti, e noi abbiamo già fatto la nostra parte. Ma non possono sostituire la necessaria regolamentazione», ha spiegato la cancelliera Angela Merkel al termine di uno dei periodici incontri collegiali tra il governo tedesco e quello francese. E Sarkozy è stato ancora più duro. «La priorità adesso non è spendere di più, ma mettere in opera un sistema regolatorio che impedisca il ripetersi di una simile catastrofe». Chi ha ragione? E sarà possibile evitare lo scontro al vertice del G20? Per una volta, gli europei sembrano compatti nel ritenere che la priorità sia da dare alla regolamentazione dei mercati. La Commissione ha in mano il rapporto presentato da un gruppo di saggi, guidato dall'ex governatore della Banque de France Jacques de Larosiére, che propone l'istituzione di diversi organismi di regolazione e controllo a livello europeo. «Mi piacerebbe che la nostra ambizione per quanto riguarda il controllo e la supervisione dei mercati finanziari fosse corrisposta dagli altri», dice il presidente della Commissione, Barroso. L'unica eccezione, come al solito, è quella britannica. Il governo di Londra, che ospita il G20 e che quindi si è assunto anche un ruolo di mediazione, appare abbastanza diviso. Il premier Gordon Brown, il primo europeo ad incontrare Obama, appare molto sensibile alle pressioni americane per maggiori investimenti. Il cancelliere dello scacchiere, Alistair Darling, è invece favorevole a concentrare l'attenzione sulle regole da dare al mercato. Ma, secondo quanto fanno osservare alla Commissione di Bruxelles, la contrapposizione tra regole e aiuti è più apparente che reale. In realtà i governi europei sono andati ben oltre il piano di aiuti per 200 miliardi che era stato ipotizzato dalla Commissione in dicembre. «Lo sforzo compiuto finora è considerevole: intorno al 3,3% del Pil europeo, cioè circa 400 miliardi. E' ancora troppo presto per misurarne l'impatto sull'economia europea, e la priorità deve andare semmai alla messa in opera rapida e completa dei piani già annunciati», spiega Amelia Torres, portavoce del Commissario per le questioni economiche e monetarie Joaquin Almunia. Come si arriva a questa cifra di 400 miliardi di euro, che risulterebbe in realtà commisurata al piano Obama per 700 miliardi di dollari spalmati su duetre anni? L'economia europea, spiegano a Bruxelles, è strutturalmente diversa da quella americana: lo stato sociale e la politica redistributiva sono molto più pesanti che negli Stati Uniti e vengono interamente supportati dalle finanze pubbliche. Al di là dei piani di rilancio discrezionali annunciati dai vari Paesi, e che ammontano a circa 180 miliardi, cioè l'1,5% del Pil, occorre dunque calcolare anche altri 200 e passa miliardi che in gergo comunitario rientrano nella categoria degli «stabilizzatori automatici». In sostanza, si tratta delle maggiori spese che le finanze pubbliche dei paesi sostengono a causa dell'aumentato ricorso ai sussidi di disoccupazione, alla cassa integrazione e a tutte quelle forme con cui lo stato sociale sostiene il mercato del lavoro. Gli effetti di questi ammortizzatori sociali a sostegno dell'economia sono tutt'altro che trascurabili, spiegano a Bruxelles. Dall'agosto 2007 ad oggi, negli Stati Uniti i disoccupati sono aumentati di 4,5 milioni e le espulsioni dal mercato del lavoro proseguono ad un ritmo di 600 mila unità al mese. Nello stesso periodo, il tasso di disoccupazione è passato in Europa dal 6,8 al 7,6%, e i senza lavoro crescono di 300 mila al mese su una popolazione che è una volta e mezzo quella degli Usa. Non solo. Quando una persona perde il lavoro negli Stati Uniti, il suo reddito si azzera, mentre in Europa, grazie agli stabilizzatori sociali, anche i disoccupati mantengono una sia pur ridotta capacità di consumo. La conclusione che si trae a Bruxelles è che necessariamente, vista la mancanza di ammortizzatori sociali, il piani di aiuti straordinari varato in America deve essere più massiccio. Ma in realtà lo sforzo complessivo a sostegno dei consumi e della crescita è simile sulle due sponde dell'Atlantico. Anche perché, a fronte dei 400 miliardi già sborsati dalle finanze pubbliche, occorrerebbe contabilizzare i 300 miliardi che i governi europei hanno impegnato per ricapitalizzare il sistema bancario: uno sforzo finanziario che non rientra necessariamente nel conteggio del deficit, ma che comunque contribuisce ad attutire gli effetti della crisi. Visto che comunque gli europei sono disposti a dire di sì al raddoppio dei fondi da mettere a disposizione del FMI per il sostegno alle economie più in crisi, il problema di un ulteriore impegno finanziario per stimolare l'economia, visto da Bruxelles, non si pone nemmeno. Si pone invece, e con forte urgenza, la questione di arrivare ad una regolamentazione condivisa del mercato finanziario globale. Forse non sarà la «nuova Bretton Woods» invocata dai più entusiasti, come il presidente francese Sarkozy. Ma è indubbio che, su un mercato globale, le regole e i vincoli debbano essere armonizzati per evitare macroscopiche distorsioni di concorrenza. Non ha senso che l'Europa si dia un sistema di governance molto severo, qualora gli Stati Uniti restassero completamente deregolati. In questo caso si avrebbe solo una fuga di capitali dal vecchio Continente, che non sarebbe comunque al riparo da una nuova crisi finanziaria che dovesse nascere in America. Ma, anche se a Bruxelles non lo dicono apertamente, il sospetto è che tanta insistenza da parte di Washington sulla necessità di aumentare gli interventi di sostegno, nasconda una scarsa volontà americana di impegnarsi sul fronte della regolamentazione in uno sforzo collettivo e coordinato. Toccherà ad Obama, nella suo primo viaggio Olteatlantico da presidente, smentire i timori e le diffidenze degli alleati europei, troppo dolorosamente scottati dal disastro finanziario dell'era Bush. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Il cambiamento nella pubblicità porta sempre più il segno del web I PROTAGONISTI (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO pag. 8 Il cambiamento nella pubblicità porta sempre più il segno del web I PROTAGONISTI LAURA KISS Parola d?ordine "cambiamento". Non solo per uscire dalla crisi finanziaria, ma per inventare un nuovo modo di comunicare. E? stato il leit motiv del summit "Tutto cambia. Cambiamo tutto" organizzato dall?Upa e da AssoComunicazione. «Se non dobbiamo cambiare proprio tutto, dobbiamo cambiare l?approccio, il modo di pensare e il modo di rendere efficiente ogni comunicazione», dice Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell?Upa. «Perciò abbiamo chiesto l?intervento multidisciplinare delle più fervide intelligenze del panorama mondiale. In un contesto complesso come quello odierno le aziende devono credere nella pubblicità come motore dell?economia, strumento per rafforzare la marca e reagire alle profonde e repentine trasformazioni del sistema sociale». Intelligenze che l?Upa è andata a cercare al top del settore, come Martin Sorrell, capo della Wpp, il più grande gruppo pubblicitario del mondo. Ma anche ben al di là dell?ambito editoriale: Alberto Alesina, docente di economia ad Harvard, ha sostenuto che l?unica ricetta possibile per fronteggiare questa crisi è la distruzione creativa. «La responsabilità dei media è enorme. L?economia viene dipinta sempre in maniera eccessiva, sia quando si parla di recessione sia quando si annunciano improbabili successi che poi spesso si rivelano di breve durata. Gli investitori poi sono male informati: è così complicato aprire un conto in banca che sembra che ci voglia un patentino. Bisogna che ci sia uno sforzo di creatività e chiarezza da parte di tutti». Le imprese di comunicazione vivono il 2009 con apprensione e aspettativa, dice Diego Masi, presidente di AssoComunicazione. «In quest?anno le opportunità possono essere tante. Una è lo sviluppo del mondo digitale che vedrà un?accelerazione». L?importanza della comunicazione digitale è sostenuta da Andy Sernovitz, guru del marketing "passaparola": «Comunicare efficacemente e a basso costo è un must. Alla Lego i dipendenti usano un pupazzetto con il loro nome come biglietto da visita. Un segno inconfondibile ed efficiente, tanto che quando ho "postato" questa notizia sul mio blog, ho ricevuto un gran numero di commenti». I produttori cercano di adeguarsi all?ondata di comunicazione online, spiega Manuel Andrés, presidente di Nestlè Italia: «C?è uno spostamento importante della comunicazione su Internet. La rete permette il dialogo con il consumatore veloce e utile, e renderà il messaggio pubblicitario più scientifico e credibile». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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I piani di Bondi per il suo 'tesoretto' (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

FINANZA pag. 19 I piani di Bondi per il suo ?tesoretto? Parmalat: grazie anche ai risultati del 2008, nelle casse ci sono 1,1 miliardi ETTORE LIVINI L?ultima parola non è ancora detta. Per la prima volta da qualche anno a questa parte, però, Enrico Bondi, numero uno della Parmalat, pare destinato a vivere un?assemblea societaria senza troppi patemi d?animo. Le cause con le grandi banche (salvo le "pendenze" in Usa) sono quasi tutte chiuse. I fondi d?investimento ? a lungo in pressing per affiancargli al vertice un manager più "industriale" ? hanno portato a casa il loro risultato: Antonio Vanoli, ex Sme ed ex Ferrero, è stato nominato direttore generale di Collecchio. E i risultati del 2008 confermano tra l?altro che dopo qualche sbandamento iniziale, il core business del latte sembra aver trovato la rotta giusta. Morale: alla prossima assemblea di aprile ? dove si dovrà solo dare l?ok ai conti ? non ci dovrebbero essere sorprese malgrado l?azionariato dell?unica public company italiana sia polverizzato sul mercato. E l?unico rischio per il vertice Parmalat, a questo punto però piuttosto remoto, è che qualcuno degli hedge azionisti a corto di liquidità per la crisi finanziaria riesca a raccogliere il consenso necessario per convocare un?assemblea straordinaria (ci hanno già provato in passato) pretendendo la distribuzione sotto forma di maxidividendo degli 1,1 miliardi in contanti conservati ? investiti in Bot ? nelle casse del gruppo. I prossimi mesi però saranno lo stesso decisivi per capire quale sarà il futuro della nuova Parmalat. Il buco da 14 miliardi dei Tanzi, per fortuna, è ora un ricordo. Il 2008 si è chiuso con un utile operativo in calo del 13,9% ma a 316 milioni di euro sorprendendo anche gli analisti. Collecchio ha dimostrato flessibilità e capacità d?adattamento sia davanti alla crisi che alle oscillazioni un po? schizofreniche del prezzo del latte. E non a caso dall?inizio dell?anno il titolo ha guadagnato quasi il 20% in una Borsa decisamente orientata al ribasso. I soldi in cassa però ? è stato costretto ad ammetterlo persino il prudentissimo Bondi ? «sono un?occasione irripetibile per crescere», soprattutto in un momento in cui le valutazioni aziendali sono crollate. Come verranno spesi questi soldi (sempre che i fondi non ne chiedano la distribuzione ai soci)? Il numero uno di Collecchio ? che da almeno tre anni si ritrova decine di proposte d?acquisizioni ? si è tenuto per ora sul vago. Uniche certezze la volontà di crescere in Australia e nell?Africa subsahariana. E una strategia che punta a aumentare il peso sui ricavi dei prodotti a maggior valore aggiunto. Il sogno nel cassetto però è quello di realizzare un polo agroalimentare italianao. E le suggestioni in questa cornice potrebbero essere tantissime. A maggior ragione quando si ha più di un miliardo di euro in cassa. Le opportunità però a volte possono anche rivelarsi un problema. Il tesoretto di Parmalat ? in un momento di credito al contagocce ? è un boccone che fa gola a molta gente. Qualche big di settore ha acceso un faro sul gruppo. Esercitazioni scolastiche, per ora, tanto per capire se sarebbe possibile prenderne il controllo. Il costo per salire al 29% non sarebbe nemmeno eccessivo (750 milioni). «Siamo sul mercato ? ripete Bondi al riguardo ? se succederà qualcosa del genere valuteremo come reagire». Le armi non mancherebbero. La sirena dell?italianità in questi chiari di luna (dall?Alitalia in poi) ha fatto presa soprattutto sul mondo delle banche. Si vedrà. Intanto i legali affilano le armi per l?ultimo round delle cause, forse il più delicato. Negli Usa, dopo il boomerang di Citigroup, si apriranno nei prossimi mesi i processi a Bank of America e Grant Thornton. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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La via italiana al private equity (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

La via italiana al private equity l?analisi Ferretti yacht, Saeco, Valentino: tante le vittime illustri della crisi finanziaria, trascinate in basso dai debiti, zavorre costruite facendo leva su operazioni finanziarie rischiose. Casi che hanno fatto riaccendere i riflettori sul mondo dei private equity, protagonista di operazioni di acquisizione "leveraged", con forte indebitamento. Investitori che hanno confermato la loro natura essenzialmente speculativa, un modello di business che caratterizza i grandi fondi internazionali, Ma non è l?unico. Esiste una "via italiana" al private equity, che in questa fase di tempesta finanziaria si è rivelata una valida alternativa al finanziamento bancario in tempi di stretta creditizia, rileva uno studio di Kpmg Corporate Finance. Fondi che hanno investito su aziende italiane, anche piccole, accompagnandole in un percorso di crescita o favorendo la trasformazione dei manager in imprenditori (management buy out, corporate equity e via di seguito. I casi sono tanti:Prendiamo 21 Partners, il fondo dei Benetton entrato nel capitale di Manutencoop oggi leader italiano nel facility management, oppure Cape Natexis che nel 2002 ha investito nel Gruppo Trevisan Cometal, leader mondiale negli impianti per i trattamenti superficiali dell?alluminio ed ancora presente nell'azionariato dell'azienda. (r.rap.) Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Ripensare la fabbrica del futuro un nuovo modello per uscire dalla crisi (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Ripensare la fabbrica del futuro un nuovo modello per uscire dalla crisi L?appuntamento Ritorno alla fabbrica. Alla produzione "vecchio stile", quella che ha fatto le fortune del Made in Italy nel mondo, ma aggiornata su linee di montaggio votate all?innovazione, alla ricerca e alla capacità di costruire reti d?impresa. Ai tempi della crisi finanziaria che ha messo in ginocchio la "old economy" italiana a Pisa, presso la Cascina Pontedera, si celebra il Festival dell?industria, Manifutura, una cinque giorni (1721 marzo) di dibattiti e appuntamenti promossa da Nens, il think tank coordinato da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco. Economisti, politici e parti sociali, ma anche artisti (è prevista una rassegna cinematografica a cura di Mimmo Calopresti) chiamati a ragionare sull?attuale impasse dei mercati e sul ruolo dell?industria come traino dell?economia. Ma soprattutto saranno protagonisti gli imprenditori, rappresentanti di quelle 500 mila grandi, medie e piccole imprese della Penisola. «Manifutura ? dice Pier Luigi Bersani vuole essere un gesto di fiducia e di passione verso il settore manifatturiero, una sorta di stati generali dell?industria. Da qui, dalla produzione, bisogna ripartire. Perché non dimentichiamo che l?Italia, insieme a Germania e Giappone, è tra i paesi più industrializzati al mondo. Un patrimonio che la politica ha il dovere di sostenere in questa fase difficile». Già il cartellone degli incontri si può leggere come una ricetta anticrisi: ambiente, globalizzazione, ricerca, mutualità e cultura al cui centro c?è sempre l?industria. Green economy innanzitutto, quella sostenibilità ambientale che fino a pochi anni fa appariva come un ostacolo, quasi una esternalità negativa al buon funzionamento dei processi produttivi, mentre oggi si è trasformata in un motore di sviluppo. Il business verde terrà banco in una serie di incontri declinati secondo "le nuove opportunità e sfide poste dall?ambiente ", "la via alle fonti rinnovabili", "il futuro del sistema energetico italiano", "la casa a emissioni zero". Il parterre degli interventi è ampio e coinvolge diversi esponenti della società produttiva: dai big dell?industria del kilowattora come Renzo Capra (A2a), Piero Gnudi (Enel), Leonardo Maugeri (Eni), Massimo Orlano (Sorgenia), Umberto Quadrino (Edison), Giuseppe Zampini (Ansaldo) ai rappresentanti del mondo dell?agricoltura Stefano Masini (Coldiretti), delle costruzioni Piero Torretta (Ance), della ricerca Gianni Silvestrini (Kyoto Club), delle Pmi col pollice verde, Agostino Re Rebaudengo (Asja Ambiente), Piero Manetti (Massa spin off). Crollo dei mercati e globalizzazione. Questo è il secondo capitolo di Manifutura, analizzato tra la "riorganizzazione della grande industria europea dopo la crisi" (Roberto Colaninno, Guglielmo Epifani, Emma Marcegaglia, Giorgio Zappa) e prospettive dell?economia globale (parola a Carlo De Benedetti, Francesco Merloni, Fabrizio Onida, Benn Steil). Un focus specifico è dedicato all?evoluzione del quarto capitalismo nella lettura offerta dagli economisti Tito Boeri, Alessandro Penati, Stefano Fassina (Nens), Alessandro Lanza (Prometeia), Agostino Megale (Cgil), Terzo per perno su cui far ripartire l?industria è la finanza, «il cuore del problema ? aggiunge Bersani dove intervenire rapidamente per sanare il rapporto tra credito e impresa». "Dare credito all?innovazione per uscire più forti dalla crisi" è lo spunto su cui parte l?incontro che riunisce le testimonianze di Nicola Bellini (scuola superiore Sant?Anna di Pisa), Giuliano Murgia (Sardegna Ricerche), mentre "banche sulla graticola" è il perimetro nel quale dibatteranno Giuseppe Morandini (Piccola Industria), Giuseppe Mussari (Mps) e Roberto Nicastro (Unicredit). La mutualità è l?altro asset del futuro del manifatturiero, intesa non solo come forma societaria cooperativa, ma modus operandi dell?impresa capace di lavorare in rete. Quindi politiche sui territori, responsabilità sociale e finanza per lo sviluppo: argomenti su cui interverranno: Francesco Bellotti (Federconfidi), Matteo Colaninno (commissione attività produttive della Camera), Aldo Soldi (Lega Coop), Andrea Landi (Cassa di Modena), Andrea Mondello (Unioncamere), Armando Purnecchi (Cna). (ch.ben.) Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Le banche "riscoprono" il territorio (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Le banche "riscoprono" il territorio ADRIANO BONAFEDE La parola d?ordine, per tutte le banche, è ormai una sola: rafforzare il legame con il territorio. E, per una volta, su questa parola d?ordine sono d?accordo tutte le aziende creditizie, sia quelle grandi che le piccole e le medie. La crisi dell??economia di carta? legata allo tsunami che sta sconvolgendo la finanza mondiale ha fatto comprendere a tutti che l?attività tradizionale degli ititutti di credito (raccolta del risparmio dalle famiglie ed erogazione di prestiti alle imprese) è quella che in fondo è anche la più sicura oltre che la più redditizia nell?attuale frangente. Segnali positivi in questo senso stanno arrivando, ad esempio, dalle Popolari: «Nonostante le difficoltà economiche derivanti dalla crisi finanziaria internazionale ? dice il segretario generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno, le banche popolari hanno chiuso il preconsuntivo 2008 rafforzando il sostegno al territorio, nella fedeltà ai valori della cooperazione e della solidarietà, e sono state premiate dalla clientela, con un incremento delle proprie quote di mercato». Particolarmente rilevante, e superiore alla media del sistema, è stata la crescita della raccolta delle Popolari che sfiora a fine anno il +19% (Nord Ovest +14,7%, Nord Est +37,7%, Centro +19,6%, Mezzogiorno + 11,4%), ma anche l?incremento degli affidamenti è risultato più elevato rispetto alle altre componenti del settore creditizio. In particolare, con riferimento al primo semestre 2008, le Popolari hanno registrato un incremento medio superiore al 15% (Nord Ovest +11,3%, Nord Est +14,0%, Centro +10,2%, Mezzogiorno + 17,4%), e anche il valore tendenziale conferma i dati. «La maggior fiducia nelle Banche Popolari ? dice De Lucia ? ha determinato, pertanto, un aumento della quota di mercato della Categoria, salita al 27,3% per quanto riguarda gli sportelli bancari, al 26% per la provvista diretta da clientela e al 23% per gli impieghi». Conferma il buon momento anche la Cassa di risparmio di Volterra: «Le piccole banche dice il presidente Gianni Manghetti hanno un frazionamento del rischio migliore di quello delle grandi banche, le quali per ragioni varie devono sostenere le impresechiave del paese. Per questo rischiano meno e sono più liquide». Ma anche le grandi banche puntano, soprattutto in questa fase, a rendere sempre più efficienti le strutture territoriali. «Dal primo gennaio scorso dicono a Intesa Sanpaolo abbiamo valorizzato ulteriormente la banca dei territori, accorciando la catena di comando. Oggi abbiamo 8 direzioni regionali con cui presidiamo l?intero territorio nazionale, attraverso 26 banche che costituiscono gli istituti che sono entrati a far parte del nostro raggruppamento. Ma ogni singolo direttore di filiale (ne abbiamo 6.300) esce adesso rafforzato perché è lui che adesso gestisce le leve organizzative e gestionali. Abbiamo valorizzato la filiale come crocevia tra cliente e banca». Unicredit sembra venire da un passato diverso: all?inizio la nuova banca aveva cancellato i marchi originari. «Ma la verità spiega Roberto Nicastro, responsabile settore retail è che Unicredit nasce dall?espressione concreta di circa 100 casse di risparmio. Oggi abbiamo oltre 4 mila agenzie che stanno fisicamente sul territorio e sono organizzate attraverso un modello divisionale. A riprova del nostro presidio sul territorio c?è il fatto che il tasso di crescita medio annuo dei nostri impieghi alle piccole imprese è stato nell?ultimo quinquennio del 10%, mentre il pil è aumentato a un tasso dell?1% circa. Inoltre, con il progetto Impresa Italia, che oggi è nella fase operativa, mettiamo 7 miliardi di euro per le piccole imprese attraverso più di 200 convenzioni locali già attivate con i Confidi e le Associazioni di categoria. Nel frattempo e nei primi due mesi del 2009 UniCredit ha continuato ad erogare credito finanziando oltre 22mila imprese per quasi 2 miliardi fra nuovi affidamenti e incrementi di fidi esistenti dicendo sì a 3 imprese su 4 che hanno chiesto il credito. Stiamo combattendo la crisi con grande impegno e siamo in una fase in cui occorre rimboccarsi le maniche». Alla riscoperta del territorio c?è anche il Monte dei Paschi di Siena, che in passato ha assorbito Banca Toscana e Bam, Biverbanca e sta tuttora attuando la fusione con Antonveneta. «Sia Mps che le altre banche entrate a far parte del gruppo ? dice Giancarlo Barbieri, responsabile Commercial banking e distribution network ? hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con il territorio. Ora abbiamo riorganizzato la rete in 123 direzioni territoriali ciascuna delle quali raggruppa 20/25 filiali». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Alti costi e privati in fuga Il "rinascimento nucleare" resta ancora una chimera IL PUNTO / E' difficilissimo quantificare la spesa finale, che resta comunque pesantissima tanto ch (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Alti costi e privati in fuga Il "rinascimento nucleare" resta ancora una chimera IL PUNTO / E? difficilissimo quantificare la spesa finale, che resta comunque pesantissima tanto che gli investitori considerano l?atomo un?operazione ad alto rischio ANTONIO CIANCIULLO La possibilità di domare in modo pacifico l?energia scatenata dalla scissione dell?atomo ha una data indicativa che coincide con il centesimo anniversario della versione devastante della potenza nucleare, la prima bomba atomica. Al momento le previsioni per la realizzazione dei reattori di quarta generazione, i primi a risolvere il problema delle scorie e a fare un salto qualitativo nelle garanzie di sicurezza, indicano un periodo di 20 ? 30 anni, ma chi ha esperienza nel settore prevede che i tempi possano allungarsi. In ogni caso un po? prima della metà del secolo questi reattori potrebbero vedere la luce. E intanto? I sostenitori delle centrali atomiche parlano di "rinascimento nucleare", ma i numeri attuali e le previsioni dell?Iea (International Energy Agency) raccontano uno scenario diverso. Il grafico dei nuovi reattori collegati ogni anno alla rete ha un andamento a piramide. Parte con numeri simbolici alla fine degli anni Sessanta, si attesta tra i 15 e i 20 reattori tra il 1971 e il 1982, sfonda il muro dei 30 nel biennio 8384, poi decresce rapidamente e finisce per oscillare attorno ai 5. «Un settore con un andamento come questo va considerato moribondo, altro che rinascimento», ha osservato Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace, nel convegno Energethica, alla fiera di Genova. «Il lancio dell?energia nucleare è avvenuto con fondi pubblici: alcuni Stati hanno scelto questa strada per ammortizzare i costi sostenuti per dotarsi di un arsenale nucleare. Ma da 30 anni la liberalizzazione ha bloccato gli investimenti. Nemmeno Bush è riuscito a resuscitare il nucleare pur introducendo forti incentivi: 1,8 centesimi al chilowattora per i primi 6 mila megawatt, fondi assicurativi statali per coprire le perdite dovute a ritardi nella costruzione e fondi a tasso agevolato. Non è servito a niente: i privati considerano l?atomo un investimento a rischio». Anche i costi delle nuove centrali, quelle di terza generazione, non sono facili da definire. Si è partiti da una stima di 3 miliardi di euro, ma l?unica in stato avanzato di costruzione, in Norvegia, ha costretto a rivedere i conti in maniera drastica. Ad oggi la stima è già cresciuta di 1,7 miliardi di euro a causa dei ritardi e Wulf Bernotat, capo della tedesca E. On, nel maggio scorso ha dichiarato al Times online di prevedere fino a 6 miliardi di euro per costruire un Epr (una centrale di terza generazione) in un sito esistente, escludendo dal conteggio la cifra necessaria allo smantellamento del vecchio reattore. La costruzione della centrale finlandese di Olkiluoto da 1.650 megawatt è stato possibile perché i problemi di finanziamento sono stati aggirati dalla costituzione di un consorzio, incoraggiato dal governo, tra grandi aziende che si sono impegnate a comprare l?energia che un giorno verrà prodotta dalla centrale a prescindere dalla convenienza del prezzo del chilowattora nucleare in quel momento: una sorta di pre acquisto, una decisione politica che ha sbloccato l?impresa. Ma i ritardi determinati da una lunga serie di «non conformità al progetto» (dal cemento inadeguato alle saldature irregolari) stanno rimettendo in discussione quell?accordo. Il costruttore francese Areva, spinto anche da una situazione finanziaria precaria, ha minacciato di chiedere in tribunale 2 miliardi di euro di danni all?azienda finlandese TVO per non aver messo in pratica un accordo per sollecitare i lavori di costruzione. La TVO ha risposto minacciando di chiedere 2,4 miliardi di danni alla Arevo per i ritardi. Piuttosto incerto anche il costo di una centrale da mille megawatt. Sono 2,5 miliardi di euro secondo l?Enel, Per l?E. On si arriva a 3,5 miliardi. Secondo Moody?s è più realistica la cifra di 5,8 miliardi. Per l?americana Florida L&P si sale fino a 6,1. «Il problema è che la crisi finanziaria ha finito per peggiorare una situazione già estremamente critica per il settore nucleare», osserva Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr e coautore del libro «Energia per l?astronave Terra». «Negli ultimi 30 anni oltre la metà dei finanziamenti concessi dai governi alla ricerca energetica sono andati al nucleare, ma non è bastato. Analizzando i costi di una centrale a fissione si vede infatti che le principali voci sono il 58 per cento per il capitale e il finanziamento, il 25 per cento per l?operatività, il 13 per cento per il combustibile. In queste condizioni i ritardi incidono pesantemente sui costi dell?opera portando l?insicurezza finanziaria dell?impresa a livelli che erano considerati troppo alti già prima della stretta creditizia». Inoltre lo sviluppo dell?energia nucleare, incidendo solo sulla frazione elettrica dei consumi, non basta per uscire dalla dipendenza dal petrolio. Anzi, continua Armaroli, il caso della Francia mostra l?opposto: la Francia ricava il 78 per cento dell?elettricità dal nucleare, l?Italia zero; eppure i nostri vicini consumano più petrolio di noi. «Il problema non è tanto aumentare la produzione di energia elettrica, quanto renderla più flessibile e più efficiente», aggiunge Aldo Iacomelli, docente di energie rinnovabili all?università di Pisa. «E? vero che importiamo energia nucleare dalla Francia ma è anche vero che in alcuni orari rivendiamo alla Francia elettricità che deriva da centrali a ciclo combinato. E la curva di crescita delle fonti rinnovabili indica un futuro legato all?energia del sole». Infine il capitolo scorie. In Italia sono stati prodotti oltre 30 mila metri cubi di rifiuti radioattivi (calcolando anche gli impieghi medici e di ricerca). Una parte di questa massa di materiale radioattivo è stoccata in Italia in centri pubblici e privati. Ma 7 mila tonnellate di rifiuti ad alta e media attività radioattiva che erano state inviate per il riprocessamento al centro di Sellafield (nel Regno Unito) dovranno tornare a casa, e ? ovviamente ? non hanno un posto. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Risultati 2008 impattati dalla crisi per il Gruppo Bulgari (sezione: crisi)

( da "FashionTimes.it" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Risultati 2008 impattati dalla crisi per il Gruppo Bulgari Data: 16 Marzo 2009 Argomento: Trade News Il CdA del Gruppo Bulgari ha reso noti i progetti di bilancio del 2008: fatturato in calo del -0,9 %, stabilizzato a 1.075,4 milioni di Euro; Margine di contribuzione pari a 691 milioni di Euro (-1,4% pari al 64,3%); utile operativo di 111 milioni di Euro (-33,5%); utile netto 82,9 milioni di Euro con un calo del -45,1%. Francesco Trapani, Amministratore Delegato del Gruppo Bulgari, ha così commentato: ?Nonostante fin dall?inizio del 2008 il Gruppo abbia implementato una politica di contenimento dei costi e di attento controllo degli investimenti per fronteggiare il progressivo deterioramento della situazione economica, il drastico e repentino calo delle vendite nell?ultimo trimestre, seguito alla crisi finanziaria e alla caduta delle Borse mondiali, ha impattato molto negativamente i risultati dell?intero anno. Anche il 2009 sarà un anno molto difficile in cui ci focalizzeremo - oltre che sul lancio di nuovi prodotti in tutte le categorie merceologiche - su un controllo delle spese ancora più rigoroso per rendere il Gruppo sempre più efficiente. Prevediamo infine una più attenta gestione del magazzino al fine di neutralizzare gli effetti sulla generazione di cassa e un?ulteriore riduzione degli investimenti. In merito al dividendo, alla luce del contesto attuale ancora caratterizzato da grande incertezza e dalla volatilità, riteniamo sensato e prudente proporre all?Assemblea degli Azionisti una riduzione del payout, mantenendolo comunque a un livello generoso (36,3%). Siamo quindi decisi ad affrontare i prossimi mesi con il rigore e la determinazione necessari, senza mai compromettere la qualità del prodotto e del servizio al cliente e capitalizzando sul prestigio di un marchio che in 125 anni ? pur in circostanze passate altrettanto difficili - è stato capace di evolvere sempre, divenendo uno dei principali protagonisti nel mercato mondiale del lusso?. F.A.

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AIG, ai manager 165 milioni in bonus per il 2008 (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

AIG, ai manager 165 milioni in bonus per il 2008 (Teleborsa) - Roma, 16 mar - Il Tesoro Usa ha tentato invano di bloccare la decisione della statunitense AIG, di pagare i superbonus ai suoi dirigenti. Il gruppo infatti ha deciso di distribuire ai manager circa 165 mln di dollari. Il colosso assicurativo ha ricevuto 170 miliardi di dollari di aiuti per evitare il fallimento. Larry Summers, consigliere economico di Obama, ha definito oltraggiosa tale decisione. Ma il presidente del gruppo assicurativo, Edward Liddy, ha comunicato alle autorit che la compagnia legalmente obbligata a versare ai dirigenti i superbonus, per accordi presi prima della crisi finanziaria, che ha portato la compagnia sull'orlo del fallimento. 16/03/2009 - 08:35

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Aiuti statali ad Aig. Lawrence Summers:"E' una vicenda oltraggiosa" (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Aiuti statali ad Aig. Lawrence Summers:"E' una vicenda oltraggiosa" 16-03-2009 WASHINGTON. "Oltraggioso". Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del tesoro Timothy Geithner aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è "legalmente obbligata" a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che il governo fosse costretto ad intervenire per salvare il gruppo dal fallimento. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i prodotti finanziari dell'Aig, cioé proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari 'tossici' alla radice del terremoto economico. "E' una vicenda oltraggiosa - ha commentato ieri Lawrence Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama - ma siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus". L'Aig è stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro per tamponare la falla creata nei mercati finanziari dalla vicenda dei mutui immobiliari concessi con troppa facilità. Il Tesoro, dopo avere chiesto all'Aig di bloccare i bonus, è giunto alla conclusione di non avere i poteri per impedire il pagamento dei premi, che dovevano essere liquidati entro ieri. Ma esponenti del Congresso si sono impegnati a modificare le leggi esistenti per impedire il ripetersi di una vicenda definita 'oltraggiosa' sia dalla Casa Bianca sia dai membri democratici e repubblicani del Congresso. Il presidente dell'Aig Liddy ha detto di avere "le mani legate" e di avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di dollari "con disgusto e difficolta". In precedenza i dirigenti dei prodotti finanziari della compagnia avevano già ricevuto bonus per altri 55 milioni di dollari. L'Aig si è impegnata a ridurre del 30 per cento i bonus spettanti ai dirigenti nei prossimi mesi del 2009. Inoltre Liddy ed altri sei dirigenti della compagnia hanno fatto sapere di avere rinunciato alle loro spettanze. Ma questo non diminuisce la rabbia della opinione pubblica per l'uso fatto del denaro pubblico dalle compagnie salvate dal fallimento dai fondi dei contribuenti. Un risentimento che rischia di essere indirizzato verso l'amministrazione Obama che non avrebbe saputo impedire tale spreco di denaro pubblico.

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AIG ...meccanismi infernali! pag.1 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

AIG ...meccanismi infernali! BLOG, clicca qui per leggere la rassegna di Andrea Mazzalai , 16.03.2009 10:21 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! superiori ai 500 milioni. (...) Nulla di nuovo quindi sotto il sole della storia dell'uomo, nulla cambia tutto è per sempre uguale! I 165 milioni che Aig ha versato ai suoi manager suonano dunque stonatissimi. Il Tesoro aveva infatti chiesto mercoledì scorso alla compagnia di bloccare i pagamenti. Impossibile: «Abbiamo le mani legate», ha confessato il presidente di Aig, Edward Liddy. Motivo? I bonus erano stati stabiliti prima della crisi finanziaria che ha travolto il gruppo e andavano saldati entro ieri. La compagnia ha provato a contattare alcuni principi del foro, nella speranza di trovare qualche scappatoia legale, ma i contratti si sono dimostrati a prova di cavilli. Dura lex, sed lex ..... ....chissà perchè ma mi viene in mente una storia lontana di quasi trecento anni fa quando il parlamento inglese votò una legge per confiscare i profitti realizzati dai dirigenti di una certa " South Seas Company " si quella di una delle più grandi crisi della storia finanziaria mondiale, una legge voluta a ....FUROR di POPOLO.....che qualcuno deplorò come misura retroattiva " perniciosa violazione della libertà "( E.Gibbon Memoirs of My Live! ) Ora il lettore sa che da tempo sostengo che non esistono verità assolute, ogni informazione e ogni dato, va letto e assimilato con consapevolezza ma la storia di AIG merita un'attenta riflessione! Mi rendo conto che non sempre i meccanismi diabolici di questa era demenziale di finanza creativa riescono chiari al lettore, il tempo è tiranno, si scrive spesso e volentieri di notte e non c'è tanto tempo per la forma e questo non è un lavoro, ma grazie al nostro caro ZIO_BARBERO sul forum di COBRAF.COM di Giovanni Zibordi troverete una splendida versione di questa incredibile operazione al confronto della quale il vecchio John Law della storica crisi del Mississippi segue pagina >>

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Il segreto bancario e' sempre meno segreto (sezione: crisi)

( da "Miaeconomia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Gli ultimi articoli da: Esperto conti correnti C/c e servizio di baseManacata copertura assegnoRichiesta c/c per protestatoC/c cointestato e de cuiusDurata iscrizione protestoCancellazione CaiAssegno rubato e protestoDurata protestoAssegno protestatoLiquidare importo c/c del de cuius Gli ultimi articoli da: Esperto mutui casa Mutuo per ultimazione immobileBenefici prima casaPagamento assegno impagatoMutuo per immobile donatoCointestazione casa e richiesta mutuoPignoramentoRicontrattazione mutuoAgevolazioni e vendita casa entro 5 anniProspetto interessi passivi mutuoFideiussione mutuo BANCA E MUTUI » Conti correnti Il segreto bancario e? sempre meno segreto (16/03/2009) Nell?ultimo mese, la stretta sui paradisi fiscali si e? trasformata in una morsa da parte dell?Ocse che non ha mai nascosto la propria contrarieta? a questi centri off-shore ?diventati inaccettabili? e che nasconderebbero - sempre secondo l?Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - circa 5-7 mila miliardi di dollari di capitali esteri. Tesori considerati in parte frutto di evasione, riciclaggio e corruzione e che possono aver contribuito anche a gonfiare la crisi. L?offensiva internazionale contro i paradisi fiscali e il segreto bancario comincia, quindi, a dare i primi frutti, anche perché rappresenta un segnale importante a poche settimane dal G20 di Londra. Durante la riunione del 2 aprile, infatti, queste piazze finanziere off-shore potrebbero essere imputate di essere tra i responsabili della crisi finanziaria ed economica. Per quell?incontro, inoltre, Francia e Germania si sono gia? impegnate a creare un ?meccanismo di sanzioni? per ottenere una lista di quei Paesi che non si dimostrano cooperativi in materia fiscale. Nell?elenco, che l?organizzazione internazionale ha gia? stilato e inviato, figurerebbero una trentina di Paesi. E cosi? il Liechtenstein ha annunciato la volonta? di recepire gli standard di trasparenza fiscale dell?Ocse, rinunciando a difendere il segreto bancario che vige nel principato, precisando che d?ora in avanti sosterra? i provvedimenti internazionali in caso di mancato rispetto delle regole. Anche Andorra ha capitolato: se insieme ai principati del Liechtenstein e di Monaco costituiva fino a ieri un?indissolubile triade nella lista nera dei paradisi fiscali, ora lo stato si e? impegnato a far abolire entro la fine del 2009 il segreto bancario nel quadro di accordi bilaterali relativi allo scambio di informazioni fiscali. Mentre il Belgio si e? detto pronto ad aderire allo scambio internazionale di informazioni fiscali a partire dal 2010. La Svizzera, principale piazza di gestione di capitali internazionali, continua invece a difendere il segreto bancario, ma e? disposta a trattare su alcuni aspetti, allentandone alcune norme. Ma l?esecutivo di Berna accogliera? comunque le normative Ocse per lo scambio di informazioni. E cosi? si potranno semplificare le procedure in caso di sospetti ?concreti? di frode. Come il Paese elvetico, anche Austria e Lussemburgo non intendono abolire il segreto bancario, ma accetteranno di fornire dati caso per caso su richiesta delle autorita? straniere. I due Paesi fanno pero? parte dell?Unione Europea e potrebbero, quindi, fare fronte a maggiori pressioni da parte dei partner comunitari per ulteriori aperture. L?Ue vorrebbe infatti che l?accesso ai dati sia automatico e non su richiesta e per singoli casi. Ma questa misura, come accade sempre in materia fiscale, andrebbe approvata all?unanimita? e il Lussemburgo appare intenzionato a mantenere il veto. L?Ocse ha ora accolto con soddisfazione i ?reali progressi? di questi Paesi disponibili a cooperare in materia di indagini fiscali. ?Le iniziative intraprese da un certo numero di finanziarie - ha il segretario generale sottolineato Angel Gurria - hanno dato un impulso positivo agli sforzi di promuovere la trasparenza e lo scambio di informazioni fiscali?. 3 voti - » Vota questa notizia »

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Verso il G20: leader studiano impegno comune per trasparenza contabile (sezione: crisi)

( da "BlueTG online" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Verso il G20: leader studiano impegno comune per trasparenza contabile 16-03-2009 12:59 - A tre settimane dal meeting del G20 a Londra sono sempre più numerosi i segnali della volontà comune dei principali paesi del mondo di chiudere quanto prima la lunga e pesante parentesi aperta dalla crisi finanziaria di questi mesi, riverberatasi in una crisi economica. Ma per tornare a crescere occorrerà prima recuperare la stabilità dei mercati finanziari e per questo è necessaria ristabilire la fiducia. Ed ecco che secondo molti osservatori i venti vorranno concludere il meeting londinese lanciando un preciso segnale con una dichiarazione congiunta che chieda alle banche e alle aziende in genere una maggiore trasparenza in merito alla valorizzazione delle poste di bilancio, in particolare ai famigerati "asset tossici". Intanto come ricorda l'agenzia Bloomberg il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si prepara a dare ulteriori poteri alla Federal Reserve per poter imporre indici di capitalizzazione più stringenti alle maggiori banche Usa. Anche perché sinora i soldi versati dai vari stati per risolvere la crisi del credito si sono diretti in direzioni diverse da quelle auspicate di un riacquisto degli asset tossici e di un loro ritiro dal mercato. Lasciando perplesso più di un investitore, oltre che irritando alcune amministrazioni a partire proprio dalla Casa Bianca. (l.s.)

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Euforia anche a Wall Street: future su">Borse, Bernanke scatena il Toro Euforia anche a Wall Street: future su (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercati/ Borse, Bernanke scatena il Toro. Euforia anche a Wall Street: future su Lunedí 16.03.2009 12:05 Ci volevano Ben Bernanke e le rassicurazioni dei ministri delle Finanze al vertice del G20 per dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa. A Milano il Mibtel segna +2,5%, mentre l'S&P/Mib +2,8%. Parigi guadagna il 2,21%, Francoforte il 2,10%, Londra l'1,12% e Madrid il 2,02. Anche Wall Street si prepara ad aprire tonica: a Londra, il contratto sul Dow Jones avanza dello 0,8% a 7.236 punti; lo S&P 500 guadagna lo 0,9% a 761,8 punti e il Nasdaq-100 lo 0,6% a 1.174,25 punti. In deciso recupero dei bancari. Sulla scia di Barclays che ha annunciato di avere iniziato "benissimo" il 2009, Citigroup e Bank of America, nel preborsa, guadagnano oltre il 3%. A Piazza Affari, Intesa Sanpaolo a pochi minuti dall'avvio degli scambi segna un balzo del 5,04% mentre Unicredit sale del 4,60%. Meglio di tutte fa BPM con un rialzo del 5,43%. Bene anche BMPS (+3,55%) e Ubi Banca (+1,27%) mentre Banco Popolare segna un -0,91% dopo l'annuncio dell'opa per il delisting ed il riassetto di Banca Italease. In relazione alla posizione finanziaria dellabanca milanese specializzata nel leasing i vertici del BP hanno fatto tenuto a far sapere che sono in grado di far fronte ai bisogni di liquidità. In gran spolvero, infine, le azioni Italcementi, dopo la promozione del titolo della famiglia Pesenti da parte di Citigroup (è "hold"). Bene anche il listino giapponese. Nella prima seduta della settimana, l'indice guida Nikkei, che raccoglie i 225 migliori titoli del mercato nipponico ha guadagnato l'1,8 per cento, segnando la chiusura migliore dell'ultime mese. L'indice ha guadagnato 134,87 punti a 7.704.15, migliore chiusura dal 16 febbraio. pagina successiva >>

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Crisi, Governo malese revoca visto lavoro a cittadini Bangladesh (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Crisi, Governo malese revoca visto lavoro a cittadini Bangladesh Kuala Lumpur, 16 mar (Velino) - Il Governo malese ha, in questi giorni, dato avvio ad una ampia manovra di revoca dei visti di lavoro riguardante circa diecimila bengalesi. La notizia si diffonde all?alba delle proteste popolari che domandavano la tutela e la salvaguardia del lavoro per i cittadini malesi. La decisione del governo malese rappresenta una risposta precauzionale di fronte alla crescente e diffusa preoccupazione della Malesia nei riguardi della crisi finanziaria che sta dilagando in molti paesi, Asia compresa. Lo scorso gennaio, il Governo malese aveva già proibito l?assunzione di nuovi lavoratori stranieri in Malesia, come risposta alla prospettiva ipotizzata della scomparsa, a breve termine, di 45 mila posti di lavoro. Il Ministro degli Interni della Malesya, Syed Hamid Albar, a questo preciso riguardo, ha infatti dichiarato che, allo stato attuale, la Malesia necessita di lavoratori stranieri unicamente all?interno di specifici settori professionali già individuati dal Governo. Come accade nella maggior parte dei paesi asiatici interessati dall?immigrazione di massa proveniente da stessi paesi asiatici, più poveri, le professioni generalmente svolte dai cittadini bengalesi rappresentano spesso lavori pesanti, pericolosi, umili e, non di rado, considerati degradanti. In Malesia al giorno d?oggi lavorano circa tre milioni di cittadini stranieri di origine asiatica (pakistani, indiani, nepalesi, filippini, birmani, indonesiani), di cui 500.000 sono provenienti dal Bangladesh. La gravità della situazione è accentuata dal fatto che la decisione presa dal governo malese giunge dopo che i cittadini bengalesi, colpiti dal provvedimento, avevano già versato la quota prevista dalla legge malese – approssimativamente tremila euro - richiesta per ottenere un visto di lavoro e svolgere attività professionale in Malesia. A questo riguardo il governo malese ha assicurato che le quote versate verranno rifuse ai cittadini bengalesi. Ciitadini che, sebbene abbiano ottenuto il visto di lavoro, non abbiano ancora fatto ingresso in suolo malese. Il Governo del Bangladesh ha risposto alla decisione con indignazione e preoccupazione. Viva è comunque la speranza che la Malesya riconsideri a breve la propria decisione. (Martino Nicoletti) 16 mar 2009 11:15

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OBAMA DORME DOPO AVER PERSO 61 MLD $ E RICEVUTO 170 MLD $ DI AIUTI IL COLOSSO DELLE ASSICURAZIONI AIG REGALA AI SUOI DIRIGENTI 165 MLN $ IN BONUS LIDDY: "MANI LEGATE DAI CONTRA (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> OBAMA DORME ? DOPO AVER PERSO 61 MLD $ E RICEVUTO 170 MLD $ DI AIUTI IL COLOSSO DELLE ASSICURAZIONI AIG REGALA AI SUOI DIRIGENTI 165 MLN $ IN BONUS ? LIDDY: ?MANI LEGATE DAI CONTRATTI? ? GEITHNER: ?OLTRAGGIOSO? ? A CHI SONO ANDATI I SOLDI PUBBLICI? 1 - AIG, SUPERBONUS DA SCANDALO... Marco sodano per "La Stampa" Dopo aver perso 61 miliardi - di dollari nel corso del 2008, e - sopratutto - dopo aver ricevuto 170 miliardi dal soccorso del governo americano per sopravvivere allo tsunami della finanza, il colosso Usa delle assicurazioni Aig si prepara a distribuire ai suoi dirigenti 165 milioni di dollari in bonus. EDWARD LIDDY, PRESIDENTE AIG Il dipartimento del Tesoro ha reagito con durezza. Il consigliere economico del presidente Larry Summers ha detto che tutto ciò è «oltraggioso», il segretario al Tesoro Timothy Geithner ha parlato di decisione «inaccettabile», e il presidente il presidente della commissione finanziaria della Camera Barney Frank ha aggiunto: «Dobbiamo capire se questi bonus possano essere recuperati in qualche modo». Risposta: picche. Il governo americano dovrà accettare l'oltraggio. Il presidente di Aig Edward Liddy ha spiegato in una lettera che «francamente le mani di Aig sono legate». Ha autorizzato la liquidazione «con disgusto e difficoltà» perché non può fare altrimenti. I bonus, ha spiegato il presidente, erano stati contrattati con i dipendenti all'inizio del 2008, prima della crisi finanziaria che ha travolto la società. La legge obbliga Aig a pagare, sicché Summers è stato costretto ad ammettere: «Siamo un paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare contratti già firmati. Ma faremo tutto il possibile per ridurre la entità di questi bonus in futuro». Lo stesso Geithner, dopo aver analizzato la vicenda, s'è arreso: martedì aveva chiesto alla società di bloccare i pagamenti, poi s'è accorto di non avere il potere per farlo. Dovrà accontentarsi dell'impegno preso da Liddy a ridurre del 30% i premi del prossimo anno. Il numero di Aig, per uscire dall'imbarazzo, ha annunciato un piano di austerity: dal canto suo rinuncerà alle sue spettanze del 2009 in compagnia di sei top manager. I dirigenti di Financial Products ricevranno una retribuzione annua simbolica di un dollaro, mentre per tutti gli altri impiegati della divisione ci sarà una taglio del 10 per cento. Geithner Timoty Le altre forme di compensazione «no cash» (non in denaro) verranno ridotte o eliminate. Tanto non basterà a placare l'ira degli americani, costretti a barcamenarsi con bilanci famigliari sempre più esili, con la stretta del credito e i posti di lavoro che si riducono di settimana in settimana in tutto il Paese. Aig, con i 170 miliardi ricevuti, è la prima cliente del piano di salvataggio della finanza avviato dal governo americano. Ci si aspettava che avrebbe impiegato il denaro per risanare, non per premiarsi dopo aver rischiato la bancarotta. 2 - E il colosso svela a chi sono andati i soldi pubblici... Da "La Stampa" Aig, cedendo alle pressioni del Congresso, ha reso pubblica la lista delle banche e delle istituzioni finanziarie che hanno tratto beneficio dai 170 miliardi di dollari ricevuti dal Tesoro Usa per evitare il fallimento. Per quanto riguarda la copertura dei titoli azionari la lista vede ai primi posti Barclays (7 miliardi di dollari), Deutsche Bank (6,4 miliardi), Bnp Paribas (4,9 miliardi), Goldman (4,8 miliardi), Bank of America (4,5 miliardi). La lista dei Cds vede ai primi posti SG (4,1 miliardi), Deutsche Bank (2,6 miliardi) e Goldman Sachs (2,5 miliardi). [16-03-2009] AIGbarack obama

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Forbes, Gates torna in testa alla classifica dei più ricchi (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

WASHINGTON - Bill Gates è tornato ad essere l'uomo più ricco del mondo, almeno secondo la classifica della rivista americana Forbes. La graduatoria risente della crisi finanziaria che ha colpito i mercati mondiali: il magazine ha verificato che il numero dei miliardari del pianeta si è ridotto di almeno un terzo nell'ultimo anno e che i patrimoni di chi ancora figura nell'elenco si sono ridimensionati. Il discorso vale anche per gli italiani, il più ricco dei quali è anche quest'anno Michele Ferrero, salito al 40esimo posto. Tra i ricchi più colpiti, quelli di Russia, India e Turchia. Il fondatore di Microsoft invece con i suoi 40 miliardi di dollari ha riguadagnato la vetta, seguito dall'americano Warren Buffet, con 37 miliardi, e dal magnate messicano delle telecomunicazioni Carlos Slim con 35. Tutti, comunque, hanno accusato il colpo portato dalla crisi: Gates solo un anno fa era accreditato di una fortuna pari a 58 miliardi, Buffet di un patrimonio superiore ai 60 miliardi e Carlos Slim di 62 miliardi di dollari. Secondo Forbes, solo questi tre miliardari avrebbero perso complessivamente in un anno una ricchezza pari a 68 miliardi di dollari. La rivista sostiene che nell'ultimo anno i miliardari del mondo hanno perso circa 2mila miliardi di dollari. I ricchissimi del pianeta un anno fa erano 1.125, oggi sono 793. Gli italiani. Ferrero si conferma l'italiano più ricco. Il re della Nutella, residente nel principato di Monaco, è salito al 40esimo posto con un patrimonio valutato attorno ai 9,5 miliardi di dollari (l'anno scorso la stima della sua ricchezza era pari a 11 miliardi, ma in classifica era 68esimo). Segue la famiglia di Silvio Berlusconi (70esima in classifica) con una fortuna valutata attorno ai 6,5 miliardi di dollari (9,4 nel 2008). Subito dopo, in 71esima posizione, Leonardo del Vecchio di Luxottica la cui ricchezza è però scesa da 10 a 6,3 miliardi. A seguire lo stilista Giorgio Armani (224esimo con 2,8 miliardi), Stefano Pessina (Alliance Boots, 450esimo con 1,6 miliardi), Mario Moretti Polegato (Geox), Carlo, Gilberto, Luciano e Giuliana Benetton sono in 468esima posizione (1,5 miliardi ciascuno). Infine, il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, 522esimo con 1,4 miliardi OAS_RICH('Middle'); Il confronto New York-Mosca. New York è tornata a rimpiazzare Mosca come la città in cui vivono il maggior numero di super ricchi (55), mentre Mosca, che un anno fa aveva 87 supermiliardari, oggi ne conta 32. A New York l'unico che non ha accusato perdite nell'ultimo anno è il sindaco Michael Bloomberg, il cui patrimonio sarebbe cresciuto da 11,5 a 16 miliardi. Bloomberg è oggi secondo Forbes l'uomo più ricco di New York e figura tra i primi 17 al mondo, mentre un anno fa era 65/mo. Nel 2008 figurava nella classifica anche il miliardario texano Allen Stanford, coinvolto in un'inchiesta federale con l'accusa di aver truffato secondo la Sec (la Consob americana) "almeno" otto miliardi di dollari. (12 marzo 2009

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G20, NESSUNA RICETTA MAGICA CONTRO CRISI FINANZIARIA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

G20, nessuna ricetta magica contro crisi finanziaria -->di Brian Love HORSHAM, Inghilterra (Reuters) - Nonostante le grandi aspettative alimentate dal premier britannico Gordon Brown, al vertice di Londra del 2 aprile i leader del G20 non riusciranno a trovare soluzioni per tutti i problemi dell'economia mondiale. Per usare le parole del numero uno dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Angel Gurria, "non esiste l''apriti sesamo', non si tratta di tirar fuori conigli dal cappello." I ministri delle finanze del G20 nel fine settimana appena trascorso hanno cercato di portare avanti i lavori di preparazione in un hotel a sud di Londra promettendo più fondi per le economie emergenti. Anche la polemica pubblica tra i sostenitori di nuovi pacchetti di stimolo economico e nuove regole è mancata. Ma al di là di questo, si sono limitati a ribadire concetti già espressi nel vertice del G20 dello scorso novembre come il fatto che gli hedge fund non scamperanno più a forme di regolamentazione. Ciò che forse oggi conta di più, dicono gli economisti, sono due cose: l'impegno congiunto a fare tutto il possibile per salvare l'economica mondiale e i piani di combattimento di Washington contro gli attivi tossici da cui la crisi è partita e con i quali continuerà ad alimentarsi fino a quando resteranno nei bilanci delle banche. "Restiamo appesi alla speranza che gli Usa trovino finalmente la ricetta magica per riportare la fiducia nel settore finanziario e che lo facciano presto", dice Marco Annunziata, chief economist di UniCredit a Londra. In sintesi, i mercati finanziari in cui la bufera è iniziata cercano soluzioni facili e veloci per una situazione complicata. I governi hanno già impegnato migliaia di miliardi di dollari per ricapitalizzare le banche e concedere loro garanzie sui debiti. Le banche centrali hanno appiattito i tassi di interesse e stanno pompando ingenti quantità di fondi a breve termine sui mercati monetari per mantenerli in funzione. I governi stanno adesso varando anche massicci programmi di spesa pubblica per proteggere la domanda e allentare i morsi di ciò che il Fondo monetario internazionale chiama la Grande Recessione, ossia la peggiore contrazione del Pil dalla seconda guerra mondiale. Tutto questo ha mantenuto la barca a galla mentre si ripara la falla più grande: un sistema che ha funzionato molto, molto male. PENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTE E' facile dire che i problemi globali richiedono soluzioni globali visto che banche e mercati finanziari spesso operano su una base mondiale. Ma i governi operano dentro i confini nazionali -- nonostante i tentativi di cooperare a livello di G20, dove è rappresentato l'80% circa del Pil mondiale. "Una cosa positiva che si può dire su questo vertice è che i leader dei paesi da cui più o meno l'economia mondiale dipende si parlano tra loro", dice Thomas Mayer, global economics specialist della Deutsche Bank. Per quanto piccolo sembri in paragone ai milioni di persone che stanno perdendo il posto di lavoro, il confronto sta producendo qualche cambiamento. La Svizzera e altri Paesi hanno promesso di allentare il segreto bancario per rispondere alle crescenti pressioni internazionali. Il fatto è che il G20, facile da criticare per essere fatto di molte parole e nessuna azione, è più un processo che un evento. Le riunioni tengono alte le richieste di cambiamento e i governi trovano una o due idee sulle quali lavorare, coscienti che non dovranno essere varate politiche a spese degli altri per non rischiare un'altra Grande Depressione. Le cose si muovono anche su altri fronti come l'impegno per una maggiore regolamentazione per gli hedge fund e controlli più severi sulle agenzie di rating. Ma è vero che i progressi verso nuove forme di vigilanza e regolamentazione sono lenti. La sfida per i governi è prendere misure di emergenza per stabilizzare banche ed economia senza perdere di vista la necessità di portare avanti la ristrutturazione di un a sistema finanziario che ha causato la crisi. Il summit si trova così diviso tra due obiettivi: quello di breve termine di stabilizzare i mercati e l'economia e quello di lungo periodo di non consentire il ripetersi della crisi. Per quello di breve, Annunziata giudica molto importante l'impegno a fornire maggiori risorse alle economie dei mercati emergenti in un momento in cui gran parte del credito verso l'Europa orientale si sta prosciugando. Su questo fronte, il vertice del 2 aprile potrebbe annunciare, riferiscono alcuni funzionari, un aumento di circa 250 miliardi di dollari dei mezzi finanziari a disposizione del Fondo monetario internazionale (che ha già stanziato circa 50 miliardi di dollari per l'Ungheria e altri paesi). Meno chiaro è se il summit riuscirà a produrre uno o due passi concreti su ciò che Gordon Brown questo weekend ha detto sarà un cambiamento massicio per i mercati finanziari.

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16/03/2009 12:42 SCOR : Standard & Poor's upgrades SCOR to "A" (sezione: crisi)

( da "ITnews.it" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Press Release 13 March 2009 For further information, please contact: Beat Werder +33 (0)1 46 98 71 39 Chief Communications Officer Marco Circelli +44 (0) 207 553 8106 Head of Investor Relations Standard & Poor's upgrades SCOR to "A" Standard & Poor's alza i rating a lungo termine e di solidità finanziaria di SCOR e delle sue principali controllate "A-" ed "A" outlook stabile. Secondo Standard & Poor's la decisione riflette il continuo miglioramento dell'andamento delle sottoscrizioni Danni e la capacità del Gruppo di far fonte alla crisi finanziaria a livello finanziario e operativo. SCOR è riuscito a ripristinare la solidità finanziaria e a ridurre e diversificare il profilo di rischio. S&P ritiene inoltre l'aumento delle tariffe registrato con i rinnovi di polizze di riassicurazione di gennaio contribuirà a confermare i risultati del gruppo e dovrebbe permettere di controbilanciare in parte il calo del rendimento degli investimenti. The new ratings also reflect their view of SCOR's strong competitive position, strong capitalization, strong liquidity and invested asset quality, and commitment to building a strong enterprise risk management (ERM) program. Denis Kessler, Chairman and Chief Executive Officer of SCOR, comments: "We strongly welcome this decision by S&P. The upgrade to a strong 'A' rating reflects the Group's very solid balance sheet and the successful completion of the acquisition of Converium. The upgrade is also the result of a successful business strategy that is withstanding the current financial crisis, enabling SCOR to benefit from its very strong market position in an attractive reinsurance market environment. For SCOR this upgrade serves also as a testimony that we are well on track in terms of achieving the solvency, profitability and capital management objectives set out in the three-year strategic plan 'Dynamic Lift V2' published in 2007". The decision by Standard & Poor's follows last year's upgrades from Fitch to "A" and Moody's to "A2". Standard & Poor's had set SCOR on a positive outlook on 3 September 2008. The press release by Standard & Poor's can be accessed via their homepage: http://www.standardandpoors.com * * * Communications timetable 2009 First Quarter Results 30 April 2009 2009 First Half Results 30 July 2009 Forward-looking statements SCOR does not communicate "profit forecasts" in the sense of Article 2 of (EC) Regulation n 809/2004 of the European Commission. Thus, any forward-.looking statements contained in this communication should not be held as corresponding to such profit forecasts. Information in this communication may include "forward-looking statements", including but not limited to statements that are predictions of or indicate future events, trends, plans or objectives, based on certain assumptions and include any statement which does not directly relate to a historical fact or current fact. Forward-looking statements are typically identified by words or phrases such as, without limitation, "anticipate", "assume", "believe", "continue", "estimate", "expect", "foresee", "intend", "may increase" and "may fluctuate" and similar expressions or by future or conditional verbs such as, without limitations, "will", "should", "would" and "could." Undue reliance should not be placed on such statements, because, by their nature, they are subject to known and unknown risks, uncertainties and other factors, which may cause actual results, on the one hand, to differ from any results expressed or implied by the present communication, on the other hand. Please refer to SCOR's document de référence filed with the AMF on 5 March 2009 under number D.09-0099 (the "Document de Référence"), for a description of certain important factors, risks and uncertainties that may affect the business of the SCOR Group. As a result of the extreme and unprecedented volatility and disruption of the current global financial crisis, SCOR is exposed to significant financial, capital market and other risks, including movements in interest rates, credit spreads, equity prices, and currency movements, changes in rating agency policies or practices, and the lowering or loss of financial strength or other ratings. Copyright Hugin Questo comunicato é distribuito da Hugin. L'emittente è l'unico responsabile per il contenuto del comunicato. [CN#150651]

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G20, nessuna ricetta magica contro crisi finanziaria (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

di Brian Love HORSHAM, Inghilterra (Reuters) - Nonostante le grandi aspettative alimentate dal premier britannico Gordon Brown, al vertice di Londra del 2 aprile i leader del G20 non riusciranno a trovare soluzioni per tutti i problemi dell'economia mondiale. Per usare le parole del numero uno dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Angel Gurria, "non esiste l''apriti sesamo', non si tratta di tirar fuori conigli dal cappello." I ministri delle finanze del G20 nel fine settimana appena trascorso hanno cercato di portare avanti i lavori di preparazione in un hotel a sud di Londra promettendo più fondi per le economie emergenti. Anche la polemica pubblica tra i sostenitori di nuovi pacchetti di stimolo economico e nuove regole è mancata. Ma al di là di questo, si sono limitati a ribadire concetti già espressi nel vertice del G20 dello scorso novembre come il fatto che gli hedge fund non scamperanno più a forme di regolamentazione. Ciò che forse oggi conta di più, dicono gli economisti, sono due cose: l'impegno congiunto a fare tutto il possibile per salvare l'economica mondiale e i piani di combattimento di Washington contro gli attivi tossici da cui la crisi è partita e con i quali continuerà ad alimentarsi fino a quando resteranno nei bilanci delle banche. "Restiamo appesi alla speranza che gli Usa trovino finalmente la ricetta magica per riportare la fiducia nel settore finanziario e che lo facciano presto", dice Marco Annunziata, chief economist di UniCredit a Londra. In sintesi, i mercati finanziari in cui la bufera è iniziata cercano soluzioni facili e veloci per una situazione complicata. Continua...

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Berlusconi a Marcegaglia<Diamo soldi verissimi> (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Berlusconi a Marcegaglia «Diamo soldi verissimi» Washington. «Oltraggioso». Esponenti dell'amministrazione Obama e del Congresso hanno reagito ieri con sdegno alla rivelazione che il gigante assicurativo Aig, che ha ricevuto 170 miliardi di dollari dallo stato per sfuggire al fallimento, ha premiato i suoi dirigenti con bonus per 165 milioni di dollari. Il ministro del Tesoro Timothy Geithner aveva chiesto mercoledì al presidente dell'Aig Edward Liddy di bloccare il pagamento. Ma il presidente dell'Aig ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a versare i bonus concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, prima che esplodesse la crisi finanziaria. Un aspetto paradossale della vicenda è che i dirigenti premiati con i bonus sono quelli che lavorano per i Prodotti finanziari dell'Aig, cioè proprio il dipartimento che ha investito sui mutui immobiliari «tossici» alla radice del terremoto economico. «È una vicenda oltraggiosa - ha commentato ieri Lawrence Summers, consigliere economico del presidente Barack Obama - ma siamo un Paese che rispetta le leggi ed i contratti. Il governo non può abrogare dei contratti già firmati». L'Aig è stato finora il maggior beneficiario del pacchetto di salvataggio varato dal Tesoro. Il presidente dell'Aig Liddy ha detto di avere «le mani legate» e di avere autorizzato il pagamento dei bonus per 165 milioni di dollari «con disgusto e difficoltà». Questo non diminuisce la rabbia della opinione pubblica per l'uso fatto del denaro pubblico dalle compagnie salvate dal fallimento dai fondi dei contribuenti. Un risentimento che rischia di essere indirizzato verso l'amministrazione Obama che non avrebbe saputo impedire tale spreco di denaro pubblico. Cristiano Del Riccio

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MARCO TORIELLO I MEDIA AMERICANI L'HANNO DEFINITA UNA MOSSA INSOLITA, UN EVENTO PIù UNI... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Benevento)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

MARCO TORIELLO I media americani l'hanno definita una mossa insolita, un evento più unico che raro. E in effetti l'intervista al numero uno della Federal Reserve Ben Bernanke, trasmessa ieri sera - nella notte italiana - dalla Cbs, è la prima concessa da un presidente in carica della banca centrale americana a un canale televisivo negli ultimi 20 anni. Nello storico programma della domenica sera «60 minutes», Bernanke ha parlato della bufera finanziaria, dal fallimento di Lehman Brothers fino alle ultime misure che la stessa Fed ha messo in campo per contrastare la crisi. Il banchiere centrale ha provato a rassicurare la comunità economica americana come già aveva fatto martedì scorso, in un intervento a Washington. «Ci sono stati sicuramente dei progressi nei mercati finanziari, ma finché il sistema non sarà stabilizzato e non tornerà a funzionare normalmente, la ripresa non ci sarà», ha detto ieri sera Bernanke. Che però subito dopo ha speso parole più ottimistiche: «Abbiamo un piano, ci stiamo lavorando. Penso che riusciremo a stabilizzare il sistema e che la recessione finirà probabilmente quest'anno. All'inizio del 2010 ci sarà una ripresa che diventerà più rapida col passare del tempo». Bernanke si è detto sicuro della solvibilità delle grandi banche americane («Nessuna di loro fallirà»), ma ha spiegato anche che il tasso di disoccupazione Usa è destinato a salire nei prossimi mesi oltre l'8,1% registrato a febbraio. In autunno il sistema finanziario è stato «molto, molto vicino al collasso», ma il rischio di cadere in una depressione come quella del '29 «è stato evitato», ha aggiunto il banchiere centrale, secondo cui il pericolo maggiore in questo momento sarebbe «quello di non avere la volontà politica di risolvere il problema e lasciare che le cose seguano il loro corso». L'intervista del presidente della Fed chiude una settimana caratterizzata dal ritorno dell'ottimismo nelle principali piazze finanziarie mondiali e anticipa altri sette giorni che si preannunciano molto importanti per l'economia a stelle strisce, anche per i dati macroeconomici in calendario. Si inizia oggi con l'andamento della produzione industriale a febbraio, mentre domani sarà il turno dei prezzi alla produzione. Mercoledì giornata clou con i dati sui prezzi al consumo, sulle richieste settimanali di mutui, sul deficit delle partite correnti e con la decisione di politica monetaria della Fed, che dovrebbe confermare il costo del denaro nella forbice compresa tra lo 0 e lo 0,25%. Giovedì infine sarà la volta dell'indice delle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione e del superindice di febbraio, il barometro che stima l'andamento dell'economia con un anticipo di 3-6 mesi. Nel suo intervento televisivo, Bernanke ha parlato anche della situazione del colosso assicurativo americano Aig, che nel corso dei lunghi mesi della crisi ha ricevuto complessivamente 170 miliardi di dollari dallo Stato per sfuggire al fallimento. Ed è di ieri la notizia, diffusa dalla stessa società, che Aig ha assegnato ai suoi dirigenti bonus per 165 milioni di dollari. Una rivelazione che ha provocato lo sdegno di Larry Summers, consigliere economico del presidente Usa Barack Obama, che ha definito «oltraggiosa» la decisione dell'azienda. Ma il numero uno di Aig Edward Liddy ha risposto che la compagnia è «legalmente obbligata» a versare i benefit, concordati con i dirigenti all'inizio del 2008, cioè prima che esplodesse la crisi finanziaria e prima che la Casa Bianca fosse costretta a intervenire per salvare il gruppo dalla bancarotta. Aig si è però impegnata a ridurre del 30% i bonus spettanti ai dirigenti nei prossimi mesi del 2009.

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Le banche fanno volare Piazza Affari">Borse, Bernanke scatena il Toro Le banche fanno volare Piazza Affari (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercati/ Borse, Bernanke scatena il Toro. Euforia anche a Wall Street Lunedí 16.03.2009 12:05 Ci volevano Ben Bernanke e le rassicurazioni dei ministri delle Finanze al vertice del G20 per dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa. A Milano il Mibtel segna +2,5%, mentre l'S&P/Mib +2,8%. Parigi guadagna il 2,21%, Francoforte il 2,10%, Londra l'1,12% e Madrid il 2,02. Anche Wall Street in rialzo sulla scia delle attese di una possibile stabilizzazione del settore bancario. Al alimentare l'ottimismo anche le conferme in questo senso arrivate da Citigroup che ha smentito la necessita' di nuovi aiuti governativi. Il Dow Jones avanza nei primi scambi dello 0,66% a quota 7.271,69, il Nasdaq sale dello 0,78% a 1.442,67 punti e lo Standard & Poor's registra un progresso dello 0,76% a quota 762,32. In deciso recupero dei bancari, sulla scia di Barclays che ha annunciato di avere iniziato "benissimo" il 2009. A Piazza Affari, Intesa Sanpaolo a pochi minuti dall'avvio degli scambi segna un balzo del 5,04% mentre Unicredit sale del 4,60%. Meglio di tutte fa BPM con un rialzo del 5,43%. Bene anche BMPS (+3,55%) e Ubi Banca (+1,27%) mentre Banco Popolare segna un -0,91% dopo l'annuncio dell'opa per il delisting ed il riassetto di Banca Italease. In relazione alla posizione finanziaria dellabanca milanese specializzata nel leasing i vertici del BP hanno fatto tenuto a far sapere che sono in grado di far fronte ai bisogni di liquidità. In gran spolvero, infine, le azioni Italcementi, dopo la promozione del titolo della famiglia Pesenti da parte di Citigroup (è "hold"). Bene anche il listino giapponese. Nella prima seduta della settimana, l'indice guida Nikkei, che raccoglie i 225 migliori titoli del mercato nipponico ha guadagnato l'1,8 per cento, segnando la chiusura migliore dell'ultime mese. L'indice ha guadagnato 134,87 punti a 7.704.15, migliore chiusura dal 16 febbraio. pagina successiva >>

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La burocrazia non frena il fotovoltaico italiano (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Rinnovabili/ La burocrazia non frena il fotovoltaico italiano Lunedí 16.03.2009 15:12 Ben 630 imprese per un fatturato che si aggira intorno a 1,1 miliardi di euro, con un incremento del 140% rispetto al 2007, diviso in maniera pressoché equanime fra residenziale (420 milioni ¬) e industriale (330 milioni ¬) e quello delle centrali fotovoltaiche ( 340 milioni ¬). 600 milioni di ¬ è il volume d'affari associato alla produzione e vendita di silicio e wafer mentre 850 milioni circa quello legato alla vendita di celle e moduli. Mentre l'indotto generato dalla produzione e vendita di tecnologie di produzione, materiali di consumo e componenti necessari alle diverse fasi del processo produttivo ha complessivamente originato un volume d'affari di circa 1.150 milioni di ¬. Il valore dell'energia in esercizio a Dicembre 2008 è stimabile in circa 13 milioni di ¬. Queste sono solo alcune delle cifre che sono racchiuse nel primo rapporto "Solar Energy Report", preparato dal dipartimento di Energia del politecnico di Milano che si occupa specificatamente di rinnovabili. L'Energy & Strategy Group che è composto da docenti e ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e si avvale della collaborazione di altri Dipartimenti del Politecnico di Milano, in particolare del Dipartimento di Energia, ha infatti come obiettivo quello di censire gli operatori e le iniziative imprenditoriali nel settore delle energie rinnovabili in Italia, analizzando e interpretando strategie di business, scelte tecnologiche e dinamiche competitive. In questa ottica il gruppo di ricercatori dell'Università di Milano ha con questo primo report sulla situazione del fotovoltaico in Italia analizzare, grazie al contributo di molti importanti player del settore, censendo oltre 800 operatori attivi sul mercato italiano e con la realizzazione di oltre 100 casi studi e 130 interviste a manager ed esperti del settore, quello che è lo state dell'arte del solare nel nostro paese e quali possono essere le sue prospettive future. Da questa analisi sono venuti fuori risultati che potremo definire in chiaroscuro, perché se è vero che il giro d'affari cresce e il business continua ad interessare molti investitori esteri, attirati dai generosi incentivi ma anche dalle condizioni climatiche assolutamente favorevoli, esistono molti intoppi che rischiano di rendere l'affare molto meno appetibile. In primo luogo esiste infatti il problema dell'iter autorizzativo, considerando che in alcune regioni occorrono dai 25 ai 40 procedimenti documentali per avere una autorizzazione a realizzare un impianto, con una tempistica per poter connettersi alla rete che si aggira sui 9-12 mesi, contro i 30-40 giorni che servono in Spagna e Germania. Il secondo punto oscuro evidenziato dal report è che gli incentivi potrebbero finire prima del previsto lasciando la filiera produttiva in mano ai grandi operatori stranieri, che al momento stanno colonizzando il nostro paese (dei circa 450 milioni ¬ di margine operativo lordo generato dal settore solo 180 sono stati appannaggio di imprese italiane). La crisi finanziaria globale poi sta determinando un ritardo nel raggiungimento di quegli obiettivi fissati dal Conto energia a 1200 Mw installati che dovrebbero essere raggiunti nel 2010, considerando che nel 2008 si sono superati i 300 Mw installati, con un considerevole aumento rispetto ai 120 circa del 2007, ma ancora molto lontani dai 5.000 della Germania o dai 3.300 della Spagna o dai 2.200 del Giappone e dai 1.300 circa degli Usa. Nel 2008 il primo paese al mondo per installazioni è stata la Spagna con oltre 2.000 Mw seguita dalla Germania con 1.350. Nel mondo la potenza installata supera i 14.000 Mw, di cui ben 9.000 si trovano in Europa. Il problema però del fotovoltaico, come fa notare il report, continua ad essere l'alto costo di produzione, che continua ad essere molto superiore alle altre fonti di energia rinnovabile, se si pensa che mentre per un Kwh di solare si pagano ancora circa 40 cent per uno di idroelettrico 20 e per uno di eolico circa 13 cent. Ma la ricerca sembra che possa fare passi da gigante se qualcuno ipotizza che per il 2015 il costo a Watt possa scendere dagli attuali 3 dollari circa a 0,5 o addirittura 0,2 cent. La regione più "virtuosa" si conferma la Lombardia tallonata dalla Puglia, che però è la prima regione in assoluta per la taglia degli impianti con più di 10.000 impianti di potenza superiore ai 100Kw ( il 41% del totale). La Puglia è l'unica regione del sud ad occupare le prime posizioni, dominate da regioni del centro nord. Non a caso la regione pugliese è l'unica che ha eliminato la Via ( valutazione di impatto ambientale) lasciando al semplice Dia (denuncia inizio attività) per gli impianti sotto il Mw di potenza. Nel 2008, infine, la taglia media degli impianti si è attestata ai 4,84 Kw, un 10% in meno rispetto al 2007. Vincenzo Caccioppoli tags: rinnovabili solare fotovoltaico energia Energy & Strategy Group

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Argentina-Brasile, giovedì Cristina incontra Lula (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Argentina-Brasile, giovedì Cristina incontra Lula Roma, 16 mar (Velino/Velino Latam) - A circa due settimane dal vertice del G20 in calendario a Londra per il prossimo 2 aprile, il capo di Stato argentino Cristina FernÁndez Kirchner incontrerà giovedì il suo pari brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva. La riunione si terrà a San Paolo, in Brasile, nel corso di un meeting con gli imprenditori dei due Paesi che segue la riunione tecnica della scorsa settimana a Buenos Aires tra funzionari dei due governi. L?incontro, oltre a registrare le posizinoi sull'appuntamento londinese, potrebbe servire a raggiungere un?intesa sulle limitazioni agli scambi commerciali tra i due paesi, imposte da entrambi per proteggere il mercato interno. Una divergenza che ha provocato un innalzamento della tensione tra due delle potenze della regione, tra le più colpite dalla crisi finanziaria internazionale. La competizione nella lotta alla recessione ha portato a porre sempre più attenzione alle relazioni con gli Stati Uniti del nuovo presidente Barack Obama, dal quale il subcontinente si aspetta un cambio di rotta nelle relazioni con l?America Latina. Se Lula infatti ha incontrato il suo omologo americano lo scorso fine settimana, la “presidenta” argentina ha avuto un lungo colloquio con il leader statunitense proprio il giorno prima dell?arrivo del leader brasiliano a Washington. (mat) 16 mar 2009 13:19

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Argentina, elezioni e agricoltori: settimana chiave per Cristina (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Argentina, elezioni e agricoltori: settimana chiave per Cristina Buenos Aires, 16 mar (Velino/Velino Latam) - Quella che inizia oggi sarà una delle settimane più intese dei quindici mesi di presidenza per il capo di Stato argentino Cristina FernÁndez Kirchner. Tutto è nelle mani del Congresso. Deputati e senatori dovranno infatti votare sulla proposta, lanciata a sorpresa lo scorso venerdì dalla “presidenta”, di anticipare le elezioni politiche di ottobre al 28 giugno e l?opposizione proverà a portare al voto un disegno di legge sul settore agricolo concordato con i produttori. Due questioni diverse ma anche profondamente legate fra loro, visto che lo scontro con gli agricoltori è uno dei principali motivi di instabilità tra le fila della maggioranza a livello nazionale come a livello locale. La Kirchner ha difeso la sua decisione sottolineando come il Paese abbia bisogno di ritrovare coesione, di fronte a una crisi come quella che in atto, e che quindi anticipare il voto per unificarlo con una serie di elezioni provinciali consentirà di limitare lo stillicidio di una serie di tornate elettorali successive. Se anche l?assemblea provinciale del Chaco approverà la proposta presentata dal governatore Jorge Capitanich, saranno dodici le province ad andare alle urne il 28 di giugno, tra le quali quella di Buenos Aires, che si configura come ben più che l?ago della bilancia per peso politico, economico e demografico. A fine giugno voteranno i cittadini di Buenos Aires, Entre RÍos, Neuquén, Santa Cruz, RÍo Negro, La Rioja, Jujuy, Mendoza, TucumÁn, Misiones, Chaco e Chubut, mentre il governatore di San Luis, Alberto Rodriguez Saa si è detto fermamente contrario e i suoi colleghi di Santa Fe, Hermes Binner, e Salta, Juan Manule Urtubey, hanno confermato le date del 30 agosto e 6 settembre. Quattro regioni non hanno in previsione tornate elettorali, mentre altri tre governi provinciali, La Pampa, Formosa e Corrientes non hanno ancora preso una posizione in merito alla proposta della “presidenta”. Alle urne andranno anche gli elettori del Comune di Buenos Aires governato dal leader dell?opposizione Mauricio Macri, che aveva annunciato l?anticipazione delle tornata elettorale un paio di giorni prima della Kirchner e dove i sondaggi danno l?alleanza kirchnerista nettamente sconfitta. La mossa a sorpresa di Cristina ha indubbiamente una serie di vantaggi per la sua maggioranza: taglia le gambe all?opposizione che stava lavorando a nuove alleanze e alle liste elettorali, provocando fortissime tensioni interne alle nuove coalizioni, cerca di fermare l?emorragia di consensi provocata dalla crisi finanziaria internazionale e dallo scontro con gli agricoltori, costringe gli alleati titubanti a fare una scelta di campo. La “presidenta” si espone al rischio di una sconfitta che renderebbe i successivi due anni di presidenza, il mandato scade nel 2011, estremamente complicati. Difficile dire quanto la congiuntura economica negativa, la mancata soluzione del braccio di ferro con gli agricoltori e la crescente ondata di paura per la questione sicurezza possano influire sull?umore degli elettori e il capo di Stato si sta assumendo un rischio enorme. Il progetto di legge arriverà oggi in Aula e dovrebbe essere votato mercoledì: dato che la convocazione deve avvenire almeno tre mesi prima del voto i tempi sono strettissimi e dovrà essere approvato da entrambe le Camere entro il 28 di marzo. Nella tornata elettorale gli argentini dovranno rinnovare la metà dei seggi alla Camera e un terzo al Senato; nel primo caso il governo conta su una maggioranza solida, nonostante le defezioni degli ultimi mesi, mentre al Senato l?equilibrio è più precario, come ha già dimostrato la bocciatura, grazie al voto determinante del vicepresidente Julio Cobos, del progetto di legge relativo all?introduzione di un sistema di imposte mobili sulle esportazioni, che ha dato il via allo scontro con gli agricoltori che dura ormai da un anno. Il governo ritiene di poter contare sui voti necessari, la maggioranza assoluta, e in questo senso potrebbe ricevere un aiuto anche dall?opposizione, visto che alcuni degli esponenti del peronismo dissidente, usciti negli ultimi mesi dalla coalizione kirchnerista per formare un?alleanza con i principali partiti d?opposizione, sembrano favorevoli alla proposta. La volontà di ridurre i tempi della campagna da parte della “presidenta” obbliga però l?esecutivo a cercare rapidamente una soluzione al conflitto con il settore agricolo che rischierebbe, altrimenti, di trasformarsi in un pericolosissimo boomerang elettorale e i segnali che arrivano dagli agricoltori non sembrano affatto positivi. Oggi infatti i rappresentanti dei produttori agricoli si incontreranno con i principali partiti dell?opposizione per studiare una proposta di legge da presentare giovedì alla Camera, che differenzi il pagamento delle imposte sulle esportazioni sulla soia, cancellandole per i piccoli produttori e riducendo di dieci punti quelle attuali per i produttori più grandi. Domani invece gli agricoltori si riuniranno nuovamente con il governo, nel quarto incontro in un mese: dopo gli accordi raggiunti due settimane fa alla presenza della “presidenta”, l?intesa sembra essere sempre più lontana e per il Paese l?incubo di ripiombare nello stato di paralisi determinato dai blocchi stradali dei produttori, durato quattro mesi nel 2008, si fa sempre più reale. (Matteo Tagliapietra) 16 mar 2009 12:05

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Bilancio 2008 negativo per Austrian Airlines (sezione: crisi)

( da "TravelQuotidiano.com" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Bilancio 2008 negativo per Austrian Airlines Lunedì, 16 Marzo 2009 di Mariella Cattaneo - Lunedì, 16 Marzo 2009 --> I costi elevati del carburante, la crisi finanziaria e il conseguente crollo della domanda hanno influito pesantemente sui risultati del 2008 del gruppo Austrian Airlines. Se da una parte il dato del traffico passeggeri è rimasto relativamente stabile con un totale di 10,7 milioni, i ricavi sono stati 2,36 miliardi di euro, in leggera flessione sul 2007. «Ciò nonostante, diversi fattori, in particolare l'aumento del 31,5% della spesa per il carburante, hanno influenzato pesantemente l'Ebit che è stato di -312,1 milioni di euro - ha sottolineato Andreas Bierwirth, membro del management board del Gruppo Austrian Airlines -. L'Ebit rettificato si attesta quindi a -35,2 milioni di euro, anch'esso in flessione rispetto al 2007. Gli oneri straordinari, principalmente legati alla svalutazione della flotta, hanno prodotto costi operativi per un totale di 334,4 milioni di Euro. Il Gruppo ha registrato di conseguenza un risultato netto di 429,5 milioni di euro».

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Le mani dello Stato sulle banche (sezione: crisi)

( da "Napoli.com" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

16/3/2009 Le mani dello Stato sulle banche Nazionalizzare necesse est di Marina della Ragione La disastrosa crisi finanziaria che ha sconvolto le borse di tutto il mondo ed ha provocato un collasso dell?economia planetaria ha indotto i governi, sia negli Stati Uniti che in Europa, ad intervenire attivamente sul mercato nazionalizzando numerose banche, un comportamento contrario ai principi basilari del capitalismo che ha spaventato gli investitori tradizionali, provocando un ulteriore caduta  del valore nominale delle azioni. La parola nazionalizzare incute un sacro timore nel piccolo risparmiatore, memore di quei trasferimenti forzati di ricchezza che furono nei secoli: l?esproprio dei beni della Chiesa a seguito della Rivoluzione francese nel 1789 o l?abolizione della proprietà terriera decisa dai bolscevichi in Russia nel 1918, decisione seguita poi anche da Mao Zedong in Cina nel 1949. Oggi (O tempora o mores) i banchieri americani corrono ansimanti verso i funzionari governativi, chiedendo disperatamente di essere nazionalizzati, con la benedizione dello stesso Alan Greenspan, pontefice della banca centrale dai tempi di Reagan e tra i maggiori responsabili della Caporetto attuale. Una scena paradossale descritta dall?Economist in un magistrale articolo dal titolo emblematico: La notte dei morti viventi. Esiste una sostanziale differenza tra un?azienda nazionalizzata ed una partecipata, nella prima lo Stato è l?unico proprietario e spesso si pone degli obiettivi diversi da quelli di un?impresa privata: acquisire il controllo di materie prime o prodotti indispensabili per l?economia del Paese, salvaguardare l?occupazione in momenti di crisi; nel secondo caso vi è maggiore attenzione al profitto, soprattutto se non si agisce in regime monopolistico, bensì in concorrenza con altre aziende del settore. La differenza che in Italia ha marcato per decenni  la sostanziale diversità tra Enel ed Eni. Non mancano esempi di interesse dei cittadini all?esistenza di forti raggruppamenti monopolistici nelle mani dello Stato, come nel caso della Francia, divenuta punto di riferimento mondiale nel nucleare e nell?alta velocità grazie ad una visione proiettata nel futuro, in contrasto con la logica del profitto immediato caratteristica delle imprese private, che spesso non stilano programmi se non fino all?anno del pensionamento del Grande capo. L?ideale sarebbe che lo Stato intervenisse solo quando è necessario, capitalizzando l?attività in sofferenza con denaro dei contribuenti, pronto però a lasciare non appena possibile, ricollocando quanto acquisito precedentemente di nuovo sul mercato. Un?utopia virtuosa, poche volte realizzatasi, ma necessaria alla sopravvivenza del capitalismo. Oggi gli Stati Uniti, alfieri indiscussi della concorrenza, si vedono obbligati ad intervenire drasticamente per non far fallire colossi del credito quali la Bank of America e la Citigroup, con un impiego di capitali enormemente superiore a quanto sarebbe bastato a salvare la Lehman, il cui crollo ha fatto deflagrare il sistema. Un comportamento simile a quello che fu adottato da Roosevelt, quando nel 1929, durante la Grande crisi, intraprese la via di alcune fondamentali nazionalizzazioni, come la creazione della Tennessee Valley Authority, che inglobò tutte le aziende elettriche private, influenzando positivamente distribuzione e tariffe. Il celebre presidente non si ispirò all?epoca all?Unione sovietica, ma guardò con interesse a quanto avveniva in Italia, dove Mussolini divenne proprietario delle banche e creò l?Iri, un originale modello di sviluppo durato oltre 50 anni. Tutti avvertono la delicatezza delle decisioni prese freneticamente in questi giorni di difficile assestamento, con bollettini quotidiani di guerra scanditi dall?aumento della disoccupazione, dal crollo delle borse e dalla diminuzione dei consumi. Si sente la necessità di una linea di pensiero che ridisegni il nostro futuro, nel frattempo l?idea del capitalismo sta subendo senza reagire l?oltraggio delle nazionalizzazioni, una improcrastinabile medicina per salvaguardare interi pezzi del sistema economico che si stanno liquefacendo come neve al sole.

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La crisi finanziaria scatena il malcontento in Europa (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

(Reuters) - La crisi finanziaria globale ha suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria. Ecco alcuni dettagli: BOSNIA - Il Parlamento croato-musulmano della Bosnia ha cancellato la sessione prevista per il 26 febbraio piuttosto che affrontare i manifestanti che protestavano contro i piani per il taglio dei benefici per restringere l'enorme gap di bilancio. GRAN BRETAGNA - I lavoratori britannici hanno indetto una serie di proteste presso alcuni impianti di produzione elettrica contro l'utilizzo di imprenditori stranieri in alcuni siti energetici strategici. I manifestanti hanno concordato di sospendere gli scioperi il 5 febbraio dopo che la Total ha acconsentito ad assumere più lavoratori britannici nella sua raffineria di Lindsey. BULGARIA - Centinaia di lavoratori della fabbrica di acciaio Kremikovtzi hanno manifestato, il 9 marzo, contro i previsti licenziamenti ed i salari non pagati, chiedendo al governo socialista di trovare degli acquirenti per l'impianto insolvente. Migliaia di agenti di polizia hanno manifestato per le strade di Sofia, la scorsa domenica, per chiedere un aumento salariale del 50% e migliori condizioni lavorative. REPUBBLICA CECA - Migliaia di contadini provenienti da Repubblica Ceca, Germania, Austria, Slovacchia, Slovenia e Polonia hanno manifestato attraverso le strade di Praga il 12 marzo per richiedere prezzi del latte più alti e sussidi per favorire le entrate, colpite dalla crisi economica. FRANCIA - Fino a 2,5 milioni di persone hanno manifestato in tutta la Francia il 29 gennaio per i salari e la difesa del posto di lavoro. Il 5 marzo le autorità e i sindacati hanno firmato un accordo per mettere fine a uno sciopero generale di sei settimane dovuto agli stipendi e ai prezzi che ha paralizzato l'isola di Guadalupe. Un leader sindacale è stato ucciso, alcuni negozi sono stati bruciati e saccheggiati durante le proteste. Migliaia di lavoratori hanno manifestato nell'Isola di Reunion, territorio francese nell'Oceano Indiano, il 5 e il 10 marzo in una campagna di scioperi e proteste per richiedere aumenti salariali. Le otto sigle sindacali francesi hanno indetto un giorno di protesta per il 19 marzo per chiedere al governo e alle imprese di fare di più per proteggere i posti di lavori ed i salari durante la crisi economica. GERMANIA - 15.000 operai della Opel si sono radunati il 26 febbraio davanti al quartier generale della loro azienda, chiedendo alla General Motors di rivedere i piani di chiusura degli impianti in Europa. GRECIA - L'uccisione di un quindicenne da parte della polizia a dicembre ha scatenato i peggiori disordini degli ultimi dieci anni, alimentati dalla rabbia per le difficoltà economiche del paese e la disoccupazione giovanile. Gli anarchici e i gruppi di guerriglia dell'estrema sinistra hanno continuato con una serie di attacchi verso banche e uffici di polizia. I sindacati greci, che rappresentano circa 2,5 milioni di lavoratori, hanno organizzato ripetute proteste contro il governo, sostenendo che le misure anticrisi siano a carico solo dei più poveri. UNGHERIA - La polizia ha utilizzato lacrimogeni per disperdere un gruppo di manifestanti che stava contestando il governo il 15 marzo a Budapest e ha fermato un totale di 35 persone. Continua...

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"La botta sul fondo è già stata data"">Borse, Bernanke scatena il Toro "La botta sul fondo è già stata data" (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Affaritaliani.it: "La botta sul fondo %C3%A8 gi%C3%A0 stata data"%0A%0D%0A%0Dhttp://www.affaritaliani.it/economia/mercati_borse_bernanke160309.html"> Mercati/ Bernanke scatena il Toro. Fugnoli (Abaxbank) ad Affaritaliani.it: "La botta sul fondo è già stata data" Lunedí 16.03.2009 12:05 Ci volevano Ben Bernanke e le rassicurazioni dei ministri delle Finanze al vertice del G20 per dare una scossa alle Borse e ad alimentare le speranze di quanti sentono che la crisi finanziaria sta finalmente allentando la presa. Dopo le parole del numero uno della Fed secondo cui "la recessione finirà probabilmente entro il 2009" Piazza Affari, in linea con le altre Borse del Vecchio Continente, ha aperto in rialzo e ha consolidato i suoi guadagni poco prima del giro di boa. A Milano il Mibtel segna +2,5%, mentre l'S&P/Mib +2,8%. Parigi guadagna il 2,21%, Francoforte il 2,10%, Londra l'1,12% e Madrid il 2,02. Anche Wall Street in rialzo sulla scia delle attese di una possibile stabilizzazione del settore bancario. Al alimentare l'ottimismo anche le conferme in questo senso arrivate da Citigroup che ha smentito la necessita' di nuovi aiuti governativi. Il Dow Jones avanza nei primi scambi dello 0,66% a quota 7.271,69, il Nasdaq sale dello 0,78% a 1.442,67 punti e lo Standard & Poor's registra un progresso dello 0,76% a quota 762,32. In deciso recupero dei bancari, sulla scia di Barclays che ha annunciato di avere iniziato "benissimo" il 2009. A Piazza Affari, Intesa Sanpaolo a pochi minuti dall'avvio degli scambi segna un balzo del 5,04% mentre Unicredit sale del 4,60%. Meglio di tutte fa BPM con un rialzo del 5,43%. Bene anche BMPS (+3,55%) e Ubi Banca (+1,27%) mentre Banco Popolare segna un -0,91% dopo l'annuncio dell'opa per il delisting ed il riassetto di Banca Italease. In relazione alla posizione finanziaria dellabanca milanese specializzata nel leasing i vertici del BP hanno fatto tenuto a far sapere che sono in grado di far fronte ai bisogni di liquidità. In gran spolvero, infine, le azioni Italcementi, dopo la promozione del titolo della famiglia Pesenti da parte di Citigroup (è "hold"). Bene anche il listino giapponese. Nella prima seduta della settimana, l'indice guida Nikkei, che raccoglie i 225 migliori titoli del mercato nipponico ha guadagnato l'1,8 per cento, segnando la chiusura migliore dell'ultime mese. L'indice ha guadagnato 134,87 punti a 7.704.15, migliore chiusura dal 16 febbraio. I ministri delle finanze del G20, durante il fine settimana, hanno assicurato che utilizzeranno pienamente le proprie capacità fiscali e monetarie per combattere la flessione e si sono impegnati a regolare gli hedge fund e a monitorare le agenzie di rating sul credito per non permettere un ripetersi della crisi. Posizione che ha fatto bene ai mercati. Fondamentali sono state anche le parole del presidente della Federal Reserve americana, Ben Bernanke, secondo cui gli Stati Uniti hanno "evitato il rischio" di piombare in una Grande Depressione come quella del 1929. "Sono convinto che abbiamo già superato quel punto - ha detto in una intervista televisiva - si tratta adesso di fare funzionare la macchina in modo corretto". Secondo Bernanke il maggior rischio in questo momento sarebbe "quello di non avere la volontà politica di risolvere il problema e lasciare che le cose seguano il loro corso". Bernanke ha ammesso che il sistema finanziario mondiale è stato in autunno "molto, molto vicino" al collasso: "si era creata una situazione molto pericolosa. Non solo: il presidente della Fed ha anche assicurato che che la recessione "finirà probabilmente entro l'anno". "Abbiamo un piano. Ci stiamo lavorando. Penso che riusciremo a stabilizzare la situazione e che vedremo la fine della recessione probabilmente entro la fine dell'anno". Secondo il capo della Federal Reserve "vi sarà una ripresa all'inizio del prossimo anno che andrà ad accelerare col passare del tempo". Intanto, il prezzo del greggio continua a scendere sui mercati asiatici dopo la decisione dell'Opec di non tagliare nuovamente la produzione. Il light crude cede 1,63 dollari a 44,62 dollari al barile. Il Brent di Londra perde 1,28 dollari a 43,65 dollari al barile. tags: borse piazza affari wall street bernanke nikkei

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Crisi. Bernake. Nessun '29. Ripresa nel 2010 (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi. Bernake. Nessun '29. Ripresa nel 2010 16-03-2009 NEW YORK. Gli Stati Uniti hanno evitato il rischio di piombare in un nuovo 1929 e ora potrebbero lasciarsi alle spalle la peggiore recessione degli ultimi decenni gia' quest'anno, per tornare a crescere a partire dall'inizio del 2010. Il presidente della Fed Ben Bernanke mostra un cauto ottimismo ma avverte: nessuna ripresa avra' luogo se i mercati finanziari e le banche non si stabilizzeranno. Bernanke ammette comunque che ci sono dei rischi: in primis la mancanza di volonta' politica di risolvere la situazione senza lasciare che le cose seguano il proprio corso. Scampato il pericolo di un nuovo 1929 (''Sono convinto che abbiamo gia' superato quel punto. Ora si tratta di far funzionare la macchina in modo corretto'' ha detto) e quello di un collasso del sistema finanziario globale, gli Usa devono ora guardare alla possibile ripresa, tenendo conto delle difficolta' del mercato del lavoro che continuera' a deteriorarsi con un tasso di disoccupazione superiore all'8,1% registrato in febbraio. ''La recessione probabilmente terminera' quest'anno. E vedremo una ripresa all'inizio del prossimo anno'' se l'azione del governo nello stabilizzare i mercati avra' successo, spiega Bernanke sottolineando il suo impegno a prendersi cura di Wall Street e' legato solo ed esclusivamente agli effetti che questa ha su Main Street. ''Mi prendo cura di Wall Street per una ragione sola: e cioe' perche' quello che succede a Wall Street ha conseguenze su Main Street. Se non stabilizziamo i mercati finanziari, se non adottiamo le azioni necessarie per far si' che il credito torni a girare, allora mio padre non potra' ottenere prestiti per costruire il suo nuovo negozio''. Ai microfoni di '60 Minutes', la trasmissione televisiva dell'emittente Cbs, Bernanke osserva come le grandi banche americane siano ''solventi'' e che gli stress test previsti nell'ambito del nuovo piano salva-finanza servano a determinare l'ammontare di capitale necessario in caso di crisi. Un segno di ripresa del sistema finanziario potrebbe essere - spiega - il successo di una grande banca a raccogliere capitali privati. ALMUNIA, LA PEGGIORE RECESSIONE DEGLI ULTIMI 70 ANNI ''Questa recessione e' la piu' difficile degli ultimi 70 anni'': questo quanto affermato dal commissario europeo per gli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, a Bruxelles, aprendo i lavori della quinta sessione plenaria dell'Assemblea parlamentare Euromediterranea (Apem). ''Un anno fa, in occasione della nascita dell'Unione per il Mediterraneo in luglio - ha aggiunto il commissario - non ci eravamo resi conto appieno della portata della crisi e ci chiedevamo come riuscire a rimanerne fuori. Oggi ci siamo dentro tutti fino al collo, a Nord come a Sud, a Est come a Ovest''. Di qui l'appello alla plenaria dell'Apem per ''un maggior coordinamento politico a livello bilaterale e multilaterale, senza il quale e' difficile trovare quello a livello di politiche economiche, fiscali, monetarie, oltre alle misure per ripristinare il funzionamento dei mercati finanziari''. NO A ERRORI PASSATO,RAFFORZARE VIGILANZA - ''Non ripetere gli errori del passato, all'origine della crisi attuale, migliorando i controlli sul sistema finanziario'': e' il messaggio del commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, in vista del G20 di Londra del prossimo 2 aprile. Almunia ha spiegato come questo sia il filo rosso da seguire di fronte alla crisi, sottolineando come su cio' ci sia il ''consenso netto'' dei partecipanti dell'ultima riunione del G20 dei ministri finanziari e dei governatori europei. Aprendo i lavori della quinta sessione plenaria dell'Assemblea parlamentare Euromediterranea, Almunia ha parlato della necessita' di ''dare al Fondo monetario internazionale strumenti piu' flessibili e una rappresentanza piu' adeguata dei vari Paesi''. Stesso discorso per la Banca Mondiale: ''Gli istituti finanziari internazionali - ha spiegato il commissario - costituiscono la chiave per la redistribuire le risorse e ripristinare la crescita e la domanda, tenuto conto delle economie emergenti e del loro potenziale''. Inoltre, per Almunia ''servono piu' partnership'' con Paesi terzi, a partire dall'impegno per l'Unione per il Mediterraneo.

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CARAIBI & FISCO, CHE DUPLEX I PARADISI DELLA FINANZA OFF-SHORE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI - MENTRE LE CASSEFORTI EUROPEE SCRICCHIOLANO, DALLE CAYMAN AD ANTIGUA IL SEGRETO BANCARIO (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> CARAIBI & FISCO, CHE DUPLEX ? I PARADISI DELLA FINANZA OFF-SHORE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI - MENTRE LE CASSEFORTI EUROPEE SCRICCHIOLANO, DALLE CAYMAN AD ANTIGUA IL SEGRETO BANCARIO NON SI TOCCA ? SVIZZERA: DARà UNA SPALLATA ALLO ?SPALLONE??? 1 - I CARAIBI, L'ULTIMA ROCCAFORTE DEI PARADISI FISCALI... S. Fi. per "Il Sole 24 Ore" Caraibi e fisco, binomio perfetto. Mete turistiche per milioni di viaggiatori in cerca di mari cristallini, le isole tropicali del centro-America sono uno dei tre (accanto ad alcune enclavi in Europa e a dei porti franchi in estremo oriente) centri mondiali dell'off-shore: ora, di fronte alla più grave crisi finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati come responsabili di aver favorrito operazioni torbide senza alcun controllo e di aver fatto proliferare l'evasione fiscale. cayman isole Mentre in Europa qualcosa si muove, dopo la decisione di Austria e Liechtenstein (e forse anche della Svizzera) di fare un passo indietro sul segreto bancario, per ora le località off-shore dei Caraibi, al riparo da governi avidi di entrate e da sguardi indiscreti, tengono ferma la loro linea. A partire dalle Isole Cayman, una delle mete preferite tra i paradisi fiscali. Proprio nel piccolo arcipelago nel mar delle Antille, a sud di Cuba, c'era la sede di Epicurum,il fondo da cui è il crack della Parmalat. La fortuna dell'ex colonia britannica più che dai turisti che affollano la Seven Mile Beach viene dall'esenzione dalle imposte, che si dice sia sta addirittura concessa fin dai tempi di re Giorgio III (fine del XVIII secolo. Una più recente regolamentazione, la mutual funds law del 2003, ha fatto poi delle Cayman un mercato deregolamentato per i fondi comuni di investimento. Svizzera L'esenzione fiscale dalle imposte vale solo se i redditi non vengono fatti rientrare nel proprio paese di residenza. Alle Cayman erano domiciliati anche alcuni degli hedge fund di Bernard, «Bernie» per gli amici, Madoff, responsabile della più grande truffa ai danni dei risparmiatori (50 miliardi di dollari); e ancora, 90 società che fanno a capo a Citigroup, la più grande banca al mondo finita sull'orlo del dissesto e salvata da soldi pubblici dei contribuenti americani; e anche 59 veicoli riconducibili a Bank of America, il colosso che ah salvato Merrill Lynch. Isole Vergini Britanniche, Turks and Caicos fino ad Antigua, dove ha sede la omonima banca di proprietà di Allen Stanford, l'uomo d'affari texano protagonista di un caso «Madoff bis», sono altrettanto fiorenti paradisi fiscali. maldive Gli Stati Uniti hanno da anni lanciato una guerra sotterranea contro le roccaforti dell'offshore: i top manager di banche e grandi corporation, già accusati dall'opinione pubblica di essere anche loro tra i responsabili della crisi e di aver percepito compensi spropositati, per anni hanno potuto farsi remunare con stock option che venivano puntualmente trasferite in società off-shore senza dover pagare un dollaro al fisco americano. Un recente report del Gao, il potente organismo di vigilanza sui conti pubblici Usa, ha censito 100 tra le big corporation americane e ne è venuto fuori che più di 80 hanno attività in località off-shore. Ma se per anni la lotta contro i paradisi caraibici non ha prodotto significativi risultati, ora la Casa Bianca ha in mente strategie più sottili. Inutile cercare di vietare il trasloco di attività nei paradisi fiscali, meglio contrastare il fenomeno con le stesse armi: invogliare le aziende a riportare capitali e affari in patria. Un po' come lo «scudo fiscale» voluto dal precedente governo Berlusconi: chi riporta a casa denaro dalle località off-shore, ottiene un condono tombale sul pregresso. Sarà la fine dei paradisi fiscali tropicali? 2 - LO «SPALLONE» RIPORTA I SOLDI A CASA... Lino Terlizzi per "Il Sole 24 Ore" La storia del segreto bancario svizzero è lunga. Alcuni esperti la fanno risalire alla fine del Settecento, alla creazione delle prime banche private di gestione di patrimoni, soprattutto a Ginevra. Ma a quell'epoca non c'era ancora una legge a proteggere il segreto bancario. Per quella bisogna attendere il Novecento, e in particolare gli anni Trenta, quando anche Zurigo inizia ad affermarsi come piazza finanziaria. Nella crisi del 1929 molti europei misero al riparo i loro patrimoni, in Svizzera, mentre Franciae Germania tentavano di impedire l'evasione fiscale, facendo anche pressione sulle banche elvetiche. lussemburgo Negli anni Trenta in Germania si afferma il nazismo,i venti di guerra crescono e altri capitali, anche quelli di molti ebrei perseguitati,approdano in Svizzera. La Confederazione però, non solo non accetta le pressioni di Francia e Germania, ma nel 1934 fissa in una legge il segreto bancario. Più di recente, negli anni Sessanta, ci sono gli effetti del boom italiano: dalla vicina Penisola si infittiscono gli arrivi di capitali. Lugano diventa così la terza piazza finanziaria elvetica e si afferma il fenomeno degli "spalloni": termine con il quale sino ad allora venivano chiamati i contrabbandieri che portavano in sacchi sulle spalle merci tra Italia e Svizzera. Nel mondo finanziario gli "spalloni" diventano coloro che portano danaro in Svizzera, in auto o a piedi, sfuggendo ai controlli di frontiera. L'epoca degli "spalloni" si avvia a finire durante gli anni Ottanta, quando le restrizioni sull'export di valuta si attenuano e, soprattutto, quando molte operazioni finanziarie per il trasferimento di fondi in Svizzera si fanno più sofisticate, attraverso società e fiduciarie. La Confederazione, che nel frattempo ha rafforzato la sua leadership nella gestione di patrimoni, comincia modificare il segreto bancario:vengono fissate nuove regole per la conoscenza da parte delle banche dei beneficiari dei conti cifrati; Berna inizia inoltre un cammino che la porterà ad aderire alla lotta internazionale contro il riciclaggio. Negli anni Novanta esplode la vicenda dei fondi ebraici: Ubs e Credit Suisse pagano un indennizzo di 1,25 miliardi di dollari alle associazioni ebraiche; le banche elvetiche pubblicano liste di nomi relative a conti giacenti. Nel 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre, la Svizzera collabora alla ricerca dei finanziamenti al terrorismo. Negli anni Duemila entra inoltre in vigorel'importante accordo con l'Unione Europea sulla tassazione del risparmio: la Svizzera mantiene il segreto bancario, in cambio di una euroritenuta. Siamo a questi ultimi mesi, con l'offensiva di Usa ed Ue contro l'evasione fiscale ed i segreti bancari di varie piazze. La Svizzera, piazza leader, è più di altre nel mirino. Berna fa un passo indietro su uno dei confini principali: la distinzione tra evasione e frode fiscale. Con l'adesione allo schema Ocse anche per l'evasione, e non solo per la frode, potrà ora cadere il segreto bancario. Bisognerà però capire se si tratta di un cambiamento reale in questa lunga storia a cavallo tra le frontiere. [16-03-2009]

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La crisi incide sui conti 2008 del Gruppo Austrian (sezione: crisi)

( da "GuidaViaggi.it" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

I costi del carburante, la crisi finanziaria e il crollo della domanda hanno influito negativamente sui risultati 2008 del Gruppo Austrian. L?Ebit è diminuito in modo significativo passando dai 42,1 milioni di euro del 2007 ai -312,1 milioni di euro del 2008. Questo risultato è dovuto principalmente all?aumento delle spese per materiali e servizi, specialmente della spesa per il carburante, che è stata di 581 milioni di euro (+31,5%), e alla drastica diminuzione della domanda che ha influenzato in modo particolare l?ultimo trimestre del 2008. Rispetto allo scorso anno fiscale, i risultati finanziari del gruppo hanno registrato nel 2008 un miglioramento pari a 20,7 milioni di euro, attestandosi a ?32,5 milioni di euro (2007: -53,2 milioni). Il dato è legato alla riduzione degli investimenti e a considerazioni di rischio sui cambi legati alle variazioni del dollaro.

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LA CRISI FINANZIARIA SCATENA IL MALCONTENTO IN EUROPA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

La crisi finanziaria scatena il malcontento in Europa -->(Reuters) - La crisi finanziaria globale ha suscitato proteste in molte parti d'Europa quest'anno. Durante il weekend ci sono state manifestazioni in Portogallo, Russia, Ungheria e Bulgaria. Ecco alcuni dettagli: BOSNIA - Il Parlamento croato-musulmano della Bosnia ha cancellato la sessione prevista per il 26 febbraio piuttosto che affrontare i manifestanti che protestavano contro i piani per il taglio dei benefici per restringere l'enorme gap di bilancio. GRAN BRETAGNA - I lavoratori britannici hanno indetto una serie di proteste presso alcuni impianti di produzione elettrica contro l'utilizzo di imprenditori stranieri in alcuni siti energetici strategici. I manifestanti hanno concordato di sospendere gli scioperi il 5 febbraio dopo che la Total ha acconsentito ad assumere più lavoratori britannici nella sua raffineria di Lindsey. BULGARIA - Centinaia di lavoratori della fabbrica di acciaio Kremikovtzi hanno manifestato, il 9 marzo, contro i previsti licenziamenti ed i salari non pagati, chiedendo al governo socialista di trovare degli acquirenti per l'impianto insolvente. Migliaia di agenti di polizia hanno manifestato per le strade di Sofia, la scorsa domenica, per chiedere un aumento salariale del 50% e migliori condizioni lavorative. REPUBBLICA CECA - Migliaia di contadini provenienti da Repubblica Ceca, Germania, Austria, Slovacchia, Slovenia e Polonia hanno manifestato attraverso le strade di Praga il 12 marzo per richiedere prezzi del latte più alti e sussidi per favorire le entrate, colpite dalla crisi economica. FRANCIA - Fino a 2,5 milioni di persone hanno manifestato in tutta la Francia il 29 gennaio per i salari e la difesa del posto di lavoro. Il 5 marzo le autorità e i sindacati hanno firmato un accordo per mettere fine a uno sciopero generale di sei settimane dovuto agli stipendi e ai prezzi che ha paralizzato l'isola di Guadalupe. Un leader sindacale è stato ucciso, alcuni negozi sono stati bruciati e saccheggiati durante le proteste. Migliaia di lavoratori hanno manifestato nell'Isola di Reunion, territorio francese nell'Oceano Indiano, il 5 e il 10 marzo in una campagna di scioperi e proteste per richiedere aumenti salariali. Le otto sigle sindacali francesi hanno indetto un giorno di protesta per il 19 marzo per chiedere al governo e alle imprese di fare di più per proteggere i posti di lavori ed i salari durante la crisi economica. GERMANIA - 15.000 operai della Opel si sono radunati il 26 febbraio davanti al quartier generale della loro azienda, chiedendo alla General Motors di rivedere i piani di chiusura degli impianti in Europa. GRECIA - L'uccisione di un quindicenne da parte della polizia a dicembre ha scatenato i peggiori disordini degli ultimi dieci anni, alimentati dalla rabbia per le difficoltà economiche del paese e la disoccupazione giovanile. Gli anarchici e i gruppi di guerriglia dell'estrema sinistra hanno continuato con una serie di attacchi verso banche e uffici di polizia. I sindacati greci, che rappresentano circa 2,5 milioni di lavoratori, hanno organizzato ripetute proteste contro il governo, sostenendo che le misure anticrisi siano a carico solo dei più poveri. UNGHERIA - La polizia ha utilizzato lacrimogeni per disperdere un gruppo di manifestanti che stava contestando il governo il 15 marzo a Budapest e ha fermato un totale di 35 persone. IRLANDA - Circa 100.000 persone hanno manifestato per le strade di Dublino il 21 febbraio per protestare contro i tagli del governo a dispetto di una recessione sempre più profonda e dei salvataggi delle banche. LETTONIA - Il nuovo primo ministro lettone è stato nominato il 26 febbraio dopo che la coalizione di governo è crollata, la seconda a pagare la crisi finanziaria dopo l'Islanda. Il ministro dell'agricoltura si è dimesso il 3 febbraio dopo le proteste dei contadini per il calo delle entrate. LITUANIA - La polizia ha fatto ricorso ai lacrimogeni il 16 gennaio per disperdere i manifestanti che avevano lanciato pietre contro il parlamento per protestare contro i tagli alla spesa sociale. Il primo ministro Andrius Kubilius si è impegnato a portare avanti un piano di austerity. MONTENEGRO - I lavoratori del settore alluminio hanno richiesto, il 9 febbraio, il pagamento degli arretrati e l'immediata ripresa della produzione nello stabilimento, di proprietà russa, Kombinat Aluminijuma Podgorica. POLONIA - Fino a 10.000 lavoratori, la maggior parte dei quali appartenenti all'industria delle armi, hanno manifestato il 6 marzo contro i licenziamenti dopo che la Polonia ha annunciato tagli alla difesa. A Gdansk 3.000 lavoratori hanno protestato contro i piani di tagli all'occupazione previsti da Energa, produttore di energia. PORTOGALLO - Decine di migliaia di lavoratori hanno manifestato a Lisbona il 13 marzo contro le politiche del governo socialista che, secondo i sindacati, sta facendo aumentare la disoccupazione e favorendo i ricchi in un momento di crisi. RUSSIA - Circa 1.000 dimostranti hanno chiesto le dimissioni del governo durante una manifestazione pacifica che si è tenuta il 15 marzo a Vladivostok, la più recente protesta collegata alla crisi economica russa. Circa 800.000 russi hanno perso il loro lavoro tra dicembre e gennaio, portando il numero di disoccupati oltre i 6 milioni, l'8,1% dei lavoratori. Sedici lavoratori dell'acciaieria ESTAR a Zlatoust hanno interrotto uno sciopero per i salari il 14 marzo dopo che il management ha accolto parte delle richieste, ma hanno minacciato di riprendere le manifestazioni di dissenso dinanzi ad altre avversità economiche. UCRAINA - Centinaia di cittadini ucraini hanno manifestato il 23 febbraio, alcuni chiedendo le dimissioni del presidente Viktor Yushchenko, altri chiedendo indietro i propri soldi alle banche, colpite duramente dalla crisi finanziaria.

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##Iran/ Elezioni: Riformisti e conservatori verso governo (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 16 mar. (Apcom) - Crisi economica e nucleare. Sono i grandi temi su cui si gioca il futuro dell'Iran che il 12 giugno prossimo è chiamato a scegliere il nuovo presidente. Secondo molti analisti locali e arabi, il crollo del prezzo del petrolio - principale risorsa interna - accentuando la crisi economica del paese, aggiunto all'eccesso della propaganda anti-israeliana e anti-Usa, che ha rotto i ponti con l'occidente soprattutto sulla questione del nucleare, avrebbe convinto molti ambienti conservatori ad abbandonare al suo destino l'attuale capo di stato, Mahomoud Ahmadinejad, e correre ai ripari proponendo ai riformisti un governo d'unità nazionale che riesca a dialogare con l'occidente, alla luce delle aperture del nuovo presidente statunitense, Barack Obama. Per chi cerca di decifrare gli equilibri politici dalle sfumature, come il quotidiano panarabo al Hayat, la probabile rinuncia alla candidatura dell'ex capo di stato, il moderato Mohammed Khatami, sarebbe il frutto di un'intesa tra ambienti conservatori e gli stessi riformisti. Secondo fonti iraniane citate dal giornale arabo edito a Londra, un fronte di conservatori preoccupato dalla crescente perdità di consenso di Ahmadinejad, si sarebbe impegnato a convergere su un candidato alternativo "in cambio di un ritiro di Khatami". Il nome di questo candidato alternativo ad Ahmadinejad non è ancora deciso; in ogni caso ci sarebbe l'accordo per andare a un governo di unità nazionale. In pole position per i riformisti ci sarebbe l'ex premier Mir Hossein Moussavi. Secondo il quotidiano giordano Addistour, sarebbe "inutile" che Ahmadinejad restasse al timone : per il giornale arabo, "l'intransigenza di Teheran era una risposta naturale all'esistenza sul campo avverso di un intransigente presidente Usa come George Bush". Finita l'era di Bush, insomma, verrebbe a mancare l'esigenza di un 'contraltare' a Teheran. Anche se nei cauti sondaggi filtrati dai media ufficiali, il 'falco' Ahmadinejad, rimane ancora il favorito, al Hayat sottolinea invece l'erosione di consenso registrata in vari settori tradizionalmente favorevoli all'attuale presidente, soprattutto tra le masse diseredate "rimaste deluse dalle sue promesse", ma anche tra le donne che "si vedono poco rappresentate". Nonostante la propaganda ufficiale minimizzi gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia del Paese, resta chiaro, per al Hayat, che la teocrazia non sa più come fronteggiare l'inflazione (28%) e la disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani sotto i trent'anni (il 40% dei 70 milioni di abitanti). Il ritiro dell'ex capo di stato, Khatami, dato ormai per certo anche se non ufficializzato, sgombra il campo da una candidatura forte non proprio gradita da questi ambienti conservatori. Ci sarebbe inoltre un'intesa su un governo unitario, chiunque fosse il vincitore delle elezioni presidenziali. Alcuni riformisti non rinunciano però all'idea che l'eventuale vincitore possa essere l'ex presidente del parlamento Mehadi Karroubi, sostenuto dall'influente Hashemi Rafsanjani, (punto di riferimento dell'elite economica, con grande influenza sulle istituzione); altri sostengono appunto Hossein Moussawi, "più gradito ai conservatori". Secondo i siti iraniani, Khatami, che si è incontrato con entrambi i candidati, sarebbe impegnato proprio a lavorare per la convergenza su un unico nome "prima di annunciare ufficialmente il ritiro della sua candidatura". Ma anche nel campo opposto i giochi non sono fatti. La sfida si gioca tra conservatori e ultra-conservatori: al falco, Ahmadinejad, il fronte guidato da Mohasen Rezai, segretario del Consiglio di Discernimento degli Interessi della Rivoluzione" - vuole contrapporre il sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf, che è stato in passato l'ex comandante dei Pasdaran, i guardiani della rivoluzione islamica.

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Nucleare/ Estonia rilancia centrale Baltico: pronti a (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 16 mar. (Apcom-Nuova Energia) - L'Estonia, nonostante la crisi economica, ha riaffermato la sua intenzione a partecipare alla costruzione di una nuova centrale nucleare in Lituania, progetto denominato 'la centrale del Baltico, al quale dovrebbe partecipare oltre all'Estonia, anche Lituania, Lettonia e Polonia. Lo ha detto il ministro dell'Economia di Tallin, Juhan Parts, al termine di un incontro a Vilnius con il suo omologo lituano. "Siamo molto interessati. Aspettiamo solo che il progetto sia pronto", ha detto il ministro ai giornalisti. Il progetto della nuova centrale del Baltico è rimasto finora ai blocchi di partenza a causa dei dissidi tra le parti, sorti proprio sulla suddivisione energetica. La crisi finanziaria che ha poi colpito in maniera particolare Estonia e Lettonia, sembra aver escluso almeno per il momento una rapida messa in opera del progetto. Vilnius comunque tenta di salvare il salvabile, visto che entro il 2009 dovrà - così come chiesto dall'Ue - definitivamente spegnere l'attuale Ignalina, centrale del periodo sovietico. La nuova presa di posizione dell'Estonia potrebbe rilanciare il progetto, anche se - come ha detto giovedì scorso il ministro lituano dell'Energia, Arvydas Sekmokas - la nuova centrale non sarà comunque in grado di funzionare prima del 2018. "La nostra prima opzione è condividere questo progetto con degli amici", ha specificato Parts. "Se ciò non sarà possibile - ha concluso - proveremo allora a considerare altre soluzioni. Non escludiamo la possibilità di costruire una centrale direttamente in Estonia. Abbiamo bisogno di diversifiare le nostre fonti energetiche".

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CRISI: STUDIO UE SU AUTO, RISCHIO BANCAROTTE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi: studio Ue su auto, rischio bancarotte di ANSA Da gennaio vendite gia' diminuite di 3,5 milioni di veicoli -->(ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo 'un impatto devastante' sull' industria dell'auto.Lo dice uno studio Ue.Per la ricerca 'con serie implicazioni per l'intera economia.Da gennaio 2009 le vendite rispetto all'andamento medio sono diminuite di 3,5 milioni. Risultato dovuto al calo della domanda e al crollo dell'export. Vista la stretta nei mercati finanziari - chiude - molte industrie restano a rischio bancarotta'.

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Crisi: studio Ue su auto, rischio bancarotte (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi: studio Ue su auto, rischio bancarotte ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 16.03.2009 19:35 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - BRUXELLES, 16 MAR -Recessione economica e crisi finanziaria stanno avendo 'un impatto devastante' sull' industria dell'auto.Lo dice uno studio Ue.Per la ricerca 'con serie implicazioni per l'intera economia.Da gennaio 2009 le vendite rispetto all'andamento medio sono diminuite di 3,5 milioni. Risultato dovuto al calo della domanda e al crollo dell'export. Vista la stretta nei mercati finanziari - chiude - molte industrie restano a rischio bancarotta'.

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Usa/ Barack Obama, giovedì ospite speciale Tonight Show Jay... (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 16-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 16 mar. (Apcom) - Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama sarà ospite il prossimo giovedì della trasmissione televisiva "The Tonight Show with Jay Leno". Una fonte della Casa Bianca ha riferito al New York Times che Obama "sarà divertente a seconda del tempo che avrà disposizione". Il punto però è, come si chiede anche il Washington Post in un articolo online firmato da Howard Kurtz, se partecipare a una trasmissione concepita per far ridere il pubblico sia "una mossa saggia per un presidente in carica". Soprattutto, "in un momento in cui la crisi finanziaria prosegue e (Obama stesso) fa fronte ai problemi dell'economia". Il presidente però ha già deciso e partirà dopodomani alla volta di Los Angeles. Al momento non si sa che il suo intervento sarà in diretta o registrato.

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