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Report "crisi"   15-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

"Strada pericolosa, servono lavori per l'accesso al nuovo campo nomadi" ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: accesso corre lungo il canale ed è ritenuta pericolosa: il Comune dovrà creare una protezione ad hoc. Sui lavori per il campo che dovrà sostituire quello di via Fermi si terrà un incontro questa settimana all'ufficio tecnico mentre è polemica sul costo dei terreni acquistati nella frazione (sono all'altezza della rotonda vicino al casello).

Barack Obama ha raccolto in eredità una crisi economica complessa e preoccupante. Si è mos... ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Obama ha raccolto in eredità una crisi economica complessa e preoccupante. Si è mosso con rapidità, attivando un piano di stimoli fiscali, uno di intervento sui mercati finanziari e immobiliari, e proponendo le linee guida del bilancio per i prossimi due anni. Nonostante si sia insediato alla Casa Bianca da meno di due mesi, non è quindi troppo presto per cominciare una verifica.

Debito Usa, Obama rassicura la Cina ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi, sottolinea che «il primo e centrale» nodo del summit dei capi di stato e di governo ad aprile sarà la stesura di «regole finanziarie comuni». E di questo ha discusso con Lula, primo leader latino-americano incontrato dall'inizio del mandato, affrontando anche la questione dei biocombustibili, il nodo del commercio nell'

Cerca di far esplodere l'alloggio ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: l'uomo ha scavalcato la rete di protezione del Ponte Nuovo. Quindi ha chiamato con il cellulare il «113», minacciando di buttarsi nel vuoto. E' subito intervenuta una pattuglia della Squadra Volante. Gli agenti hanno iniziato a parlare con lui, cercando di calmarlo. Nel frattempo è stata fatta intervenire un'ambulanza.

Da Tecnocar Garage alta professionalità ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonché allestimenti per il servizio antincendio e Protezione Civile. Tecnocar Garage, da 10 anni, è concessionaria Microcar , azienda francese che produce quadricicli leggeri utilizzabili con il patentino a partire da 14 anni; un valido prodotto, non solo alternativo al ciclomotore, in quanto Microcar possiede i requisiti per essere considerata una vera automobile!

Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza srego... ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Parlando in qualità di presidente del Forum per la stabilità finanziaria (Fsf, nelle parole di Geithner ora una istituzione chiave, accanto a Fmi, Banca mondiale e Wto) Draghi ha ipotizzato che la direzione in cui muoversi sia un quadro di garanzie complessive ai crediti; garanzie pubbliche, a somiglianza del reddito che si assicura a chi resta disoccupato.

"Cassa integrazione? Una corsa a ostacoli" ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ispezione per comprovare la crisi finanziaria aziendale. Nelle more dell'approvazione interviene la Provincia che anticipa il trattamento in attesa dell'approvazione». E il pagamento viene erogato dall'Inps? «Sì, così per ogni singola istanza vengono coinvolti i lavoratori, le organizzazioni sindacali, l'azienda e l'associazione a cui è iscritta,

l'illusione del ponte la realtà dello sfascio - nino alongi ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Pagina I - Palermo L´analisi L´illusione del Ponte la realtà dello sfascio NINO ALONGI è nelle difficoltà che un Paese rivela tutte le sue possibilità. Questo convincimento giustifica la domanda che molti si pongono: come stiamo reagendo alla crisi finanziaria? SEGUE A PAGINA XVII

regione, piano per le piccole banche "pronti ad acquistare partecipazioni" - massimo lorello ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Finanziaria Il Bilancio cerca quali enti coinvolgere Regione, piano per le piccole banche "Pronti ad acquistare partecipazioni" Cimino: così potremmo favorire l´erogazione del credito Nuovo scontro sui fondi per le aree sottoutilizzate Alfano: "Vanno usati per gli investimenti non per coprire la spesa corrente" MASSIMO LORELLO La Regione è pronta a entrate in società con le banche.

rom sotto il ponte, interviene amnesty - zita dazzi ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prefetto di presenziare allo sgombero assieme a una delegazione del Parlamento europeo - spiega la Toia - e nell´interrogazione che sto per presentare alla Commissione chiederò di valutare se, tra le altre cose, il comportamento delle autorità milanesi non stia violando il principio di non discriminazione su base etnica e le disposizioni internazionali per la protezione dei minori».

bombardieri russi a cuba e in venezuela - omero ciai ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: cerca la protezione strategico-militare della Russia di Medvedev e Putin. C´è tanta nostalgia del mondo così com´era prima dell´Ottantanove nel Palazzo di Miraflores a Caracas. A meno di due settimane dal previsto vertice tra Obama e il presidente russo Medvedev e mentre il brasiliano Lula entrava, primo leader latinoamericano,

"pronti a tutto per rilanciare la crescita" - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ogni forma di protezionismo», ad aiutare i paesi emergenti e in via di sviluppo, pure coinvolti dalla crisi; vogliono che il Fondo monetario valuti «le misure adottate finora e quelle ancora necessarie». Brasile, Russia, India e Cina, i cosiddetti paesi Bric, in una loro nota, chiedono di rifinanziare le risorse del Fmi.

obama va all'attacco dei repubblicani "la crisi è colpa dell'amministrazione bush" ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi è colpa dell´amministrazione Bush" Barack Obama alza i toni, cambia linea e attacca i repubblicani, affermando che l´amministrazione Bush, è «responsabile della crisi» finanziaria ed economica degli Stati Uniti. Il presidente Usa, dopo i toni morbidi della campagna elettorale ha infatti progressivamente sottolineato di «

america e cina il mondo deve ripartire da due - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uscita da questa crisi" Giornali finanziari, autorevoli riviste, prestigiosi intellettuali concordano E mentre gli esperti di economia e di finanza dei due Paesi cercano di imparare gli uni dagli altri, uno studioso cinese ammonisce: "Dobbiamo impedire che il declino degli Usa avvenga troppo presto" FEDERICO RAMPINI (segue dalla copertina)

un supervertice per salvare il mondo - vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi globale impone il condominio di Usa e Cina, le due maggiori potenze finanziarie VITTORIO ZUCCONI SWASHINGTONintomo infallibile dei momenti di paura e di confusione, l´epidemia di "verticite" che sta colpendo la diplomazia internazionale e invadendo giornali e teleschermi è la prova dell´impotenza dei governi nazionali di fronte a problemi ormai troppo più grandi di loro.

COME le piaghe d'Egitto anche le piaghe di questa crisi economico-finanziaria global... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi COME le piaghe d'Egitto anche le piaghe di questa crisi economico-finanziaria globale sono dieci. Purtroppo però non sappiamo ancora se alla fine saremo liberati dalle costrizioni a cui ci ha portato il modello di sviluppo anglo-sassone.

AVEVAMO tutti imparato che la crisi economica era partita dagli Stati Uniti, aveva infettato l'... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: spericolate operazioni finanziarie, avevano contribuito all'aggravamento della crisi. Mi sembra tuttavia opportuno chiarire come stiano davvero le cose, sottolineando il fatto che alcuni di questi Paesi sono messi davvero male (come la Lettonia e l'Ungheria), mentre altri, (come la Slovacchia, la Repubblica Ceca e la Polonia) navigano nella tempesta non certamente peggio dei Paesi della "

L'impegno in questi Paesi costituisce infatti una parte non molto rilevante rispetto al... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con un legittimo parallelismo, agli equilibri finanziari delle banche. A questo proposito, è opportuno sottolineare a titolo di esempio, che il credito totale delle banche di tutti i Paesi dell'Europa Centro-Orientale, rappresenta poco più dell'80% delle banche del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo).

ROMA In settembre ottobre il problema era la liquidità, un problema finanziario,... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria dell'estate scorsa ha dato l'innesco ad una crisi economica che sta colpendo trasversalmente il mondo intero. E che crea emergenze occupazionali come non se ne conoscevano negli ultimi anni. I ministri economici dei sette paesi industrializzati, e quelli delle maggiori economie emergenti,

Il crollo dei prezzi degli immobili, rendendo impossibile per tanti americani la restituzione del mu... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rendendo impossibile per tanti americani la restituzione del mutuo, ha messo in crisi il sistema del credito statunitense. Grandi colossi finanziari come Fannie Mae, Freddie Mac, Lehman Brothers, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley hanno chiuso o hanno chiesto l'aiuto pubblico. Nel 2009 ben tredici banche sono fallite.

dal nostro inviato CERNOBBIO - L'avvento dei Prefetti previsto dai Tremonti ... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protocollo fra Abi e Ministero cui è subordinata la sottoscrizione degli strumenti finanziari è definito, manca solo la firma di Tremonti. Le banche sono pronte: il Banco Popolare ha fatto da apripista depositando lunedì scorso la domanda. Unicredit riunisce il cda martedì 17 e oltre al bilancio 2008, dovrebbe dare mandato ad Alessandro Profumo di richiedere 2,5-3 miliardi in Austra,

dal nostro inviato CERNOBBIO - Porsche sfida la grande crisi finanzia... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Porsche sfida la grande crisi finanziaria che ha frenato anche l'auto e prova ad accelerare per prendere la guida della Volkswagen (Vw) e dei marchi collegati come Audi e Bentley. La casa delle supersportive di lusso tedesche, grazie all'appoggio determinante di un pool di grandi banche internazionali, secondo quanto ricostruito da Il Messaggero,

dal nostro corrispondente NEW YORK - Un incontro cordiale destinato ad ap... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lula da Silva alla Casa Bianca doveva servire a mettere sul tavolo una serie di problemi - dalla nuove fonti di energia, ai regolamenti finanziari da adottare per uscire dalla crisi - ma è andata oltre: fra Lula e Obama è nata una reciproca simpatia. Il brasiliano si è lasciato sfuggire una significativa confessione: «Prego più per lui che per me stesso. Che peso porta sulle spalle!

L'ex artificiere delle cosche superlatitante allo Stadera La vita in fuga del boss evaso ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nascosto da una rete di protezioni Arrestato dai carabinieri dopo quattro mesi di indagini. «Non parlava al telefono, qualcuno gli pagava i conti» Un amico gli ha ceduto la sua identità. è diventato il signor Esposito. Foto scambiata sul documento: così, dal giorno in cui non è rientrato a San Vittore, il 27 settembre 2008, ha provato a cancellare il suo vero nome,

<Milano ha bisogno di luce Tetti di cristallo e meno muri > ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Con una forte illuminazione orientata verso il basso, con dei piani d'appoggio e con delle protezioni dalla pioggia alcuni potrebbero diventare anche dei veri punti d'incontro e di ritrovo». A.Se. La struttura «Molte vie sono strette e con giardini chiusi all'interno degli edifici»

L'ALTERNATIVA CHE NON C'E' ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E non perché negli Usa non ci si renda conto che la crisi ha evidenziato gravi carenze nel funzionamento e nella regolamentazione dei mercati finanziari. Ma, a differenza dell'Europa, gli americani (o almeno la maggior parte di essi) pensano che le regole fossero cattive non perché vi sia qualcosa di sbagliato nel capitalismo, ma semplicemente perché si era consentita troppa (

Berlusconi chiama: vediamoci ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi globale, semplicemente ampliando i poteri di intervento e di regolazione delle istituzioni pubbliche. Anch'io sono convinto che la situazione in cui versa il quadro economico e finanziario globale necessiti di strumenti straordinari ai quali non sarebbe opportuno e assolutamente pensabile e utile ricorrere in situazioni normali.

Obama incontra Lula Le due Americhe insieme contro la crisi ( da "Unita, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: immettere liquidità nel sistema finanziario internazionale. Sono convinto che ci siano tutti i presupposti per arrivare a una soluzione durante il prossimo G20 finanziario». Nord chiama Sud. Obama ha ricevuto ieri alla Casa Bianca il presidente brasiliano Lula. È il primo leader latino americano ad arrivare in visita ufficiale a Washington dall'inizio della nuova amministrazione.

<I politici siano orgogliosi delle banche italiane> ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: preso dalla nostra banca il suo nuovo direttore finanziario? Sono piccole cose, ma importanti». Dalla crisi «si può uscire solo lavorando tutti insieme» facendo squadra e sistema, insiste Passera, chiedendo maggior collaborazione a un governo che, invece, propone «misure demagogiche e senza sostanza», come l'idea di far controllare ai prefetti l'erogazione del credito alle imprese.

<L'aumento per Endesa pagherà> ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con il protezionismo che ritorna? «Non è mai sempre giorno o sempre notte. Le nostre operazioni si misurano in 30-40 anni e a gioco lungo i mercati si concentreranno da noi, in Sudamerica e nelle altre macroregioni». L'Europa è passata dai monopoli statali nazionali a 3-4 multinazionali.

E alla fine la rovina delle rovine è finita sul New York Times: diciamolo pure un bel colpo. &#... ( da "Unita, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e più passa il tempo e più appare ingiustificato nella sua forma e nei suoi contorni, che tuttavia, è bene ricordarlo, verranno presentati martedì, assieme alla squadra che affiancherà il commissario Bertolaso. Già appare a dir poco singolare aver affidato alla Protezione Civile l'intera area archeologica sotto la tutela della Soprintendenza dello Stato. SEGUE A PAGINA 50- 51

Se il ceto medio diventa populista ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A chiedere protezioni a lasciarsi sedurre da messaggi populisti? Un primo test critico si avrà fra un paio di mesi, con le elezioni per il Parlamento di Strasburgo. Dopo l'estate ci saranno altri due appuntamenti importanti: le elezioni tedesche e il nuovo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.

SEGUE DA PAGINA 49 La Protezione Civile infatti dovrebbe intervenire su aree dove esi... ( da "Unita, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: SEGUE DA PAGINA 49 La Protezione Civile infatti dovrebbe intervenire su aree dove esiste un imminente pericolo, ma non risulta che le squadre di Bertolaso abbiano compiuto recenti sopralluoghi tra i Fori. Il pericolo di crolli sarebbe testimoniato dalle relazioni della Soprintendenza regionale del ministero dei Beni e delle attività culturali,

L'export va male ovunque... Tremonti si concede un alibi ( da "Unita, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: era moderna per affrontare una crisi finanziaria», ha dichiarato il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner. E su questo bilancio della due giorni del G20, preparatoria del prossimo vertice di Londra del 2 aprile, si sono mostrati concordi il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.

Un sabato apparentemente sereno, per quanto possa trascorrere quieto un summit sull'attuale sta... ( da "Unita, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: era moderna per affrontare una crisi finanziaria», ha dichiarato il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner. E su questo bilancio della due giorni del G20, preparatoria del prossimo vertice di Londra del 2 aprile, si sono mostrati concordi il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.

L'esercito senza soldi Fermi elicotteri e autoblindo ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Esercito decisi nell'agosto scorso dalla Finanziaria: «Quei tagli non si dovevano fare. I nostri soldati ricevono per il 2009 oltre 800 milioni di euro in meno rispetto al 2008 e con prospettive di tagli maggiori per i prossimi anni. Ciò significa che la voce Difesa rappresenta oggi lo 0,66 per cento del nostro prodotto interno lordo.

Sarà l'orgia della rendita il piano casa di Berlusconi ( da "Unita, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interessano solo ai soliti speculatori ANDREA BONZI La crisi non si supera regalando a pochi facoltosi la possibilità di scavalcare le regole, di espandersi sul territorio a danno di altri che non possono farlo. L'unico obiettivo del governo è favorire l'orgia della rendita finanziaria urbana». A Giuseppe Campos Venuti, presidente onorario dell'Istituto nazionale di urbanistica (

"Robot, non uccidere il soldato sbagliato" ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sono stati «sacrificati» dal robot JNC 3000, incaricato della protezione del convoglio. Distruggendo la batteria e gli uomini di guardia, il robot aveva voluto evitare un pericolo maggiore, l'uso dei missili da parte degli insorti, che avrebbero potuto fare molte più vittime nelle file degli alleati. Era la tesi di Milibots Inc.

La crisi del frigo "congela" il mercato elettrodomestico ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: siccome la crisi attuale è stata, nella sua genesi, soprattutto finanziaria e solo di conseguenza industriale, il fatto di dover affrontare le difficoltà del mercato senza sommarle alla carenza di liquidità che attanaglia un po' tutte le imprese consente al gruppo di guardare al 2009 con meno ansia di altri.

L'atomica cinese ( da "AprileOnline.info" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Oggi, la crisi finanziaria americana rende molto difficile il mantenimento di questo equilibrio artificiale, anche perché l'amministrazione Obama non nasconde alcune velleità protezionistiche, che potrebbero andare tanto a detrimento dei cinesi quanto dell'Europa.

Anche sulla crisi si sceglie di demonizzare le proposte altrui. Un dialogo tra sordi ( da "AmericaOggi Online" del 15-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E l'appena concluso vertice finanziario del G20 in Inghilterra s'è dichiarato "pronto a tutto", pur di rilanciare l'economia. La crisi, dunque, va affrontata senza allarmismi (ci mancherebbe pure l'allarmismo), ma con vigore e con rigore: lo dicono ormai tutti, in casa e fuori.


Articoli

"Strada pericolosa, servono lavori per l'accesso al nuovo campo nomadi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

TRASLOCO. L'EST SESIA CHIEDE GARANZIE AL COMUNE "Strada pericolosa, servono lavori per l'accesso al nuovo campo nomadi" [FIRMA]BARBARA COTTAVOZ NOVARA «Sì» condizionato dell'Est Sesia per la strada del nuovo campo nomadi di Agognate. La via d'accesso corre lungo il canale ed è ritenuta pericolosa: il Comune dovrà creare una protezione ad hoc. Sui lavori per il campo che dovrà sostituire quello di via Fermi si terrà un incontro questa settimana all'ufficio tecnico mentre è polemica sul costo dei terreni acquistati nella frazione (sono all'altezza della rotonda vicino al casello). «Sono necessarie poche opere, lavori che dureranno al massimo un mese e mezzo» si limita a dire l'assessore alla Sicurezza Mauro Franzinelli. In realtà l'elenco non è breve. Devono essere realizzate le tredici piazzole, ognuna sarà collegata a una centralina autonoma per i collegamenti di energia elettrica, telefono e acqua potabile (le urbanizzazioni esistono già). Poi dovranno essere installati i bagni acquistati dall'amministrazione in passato e i prefabbricati che invece il Comune dovrà comprare nei prossimi mesi: dove e a quanto si deciderà nei prossimi giorni. Una parte della costruzione esistente sarà abbattuta, il resto verrà mantenuto e utilizzato per i servizi comuni del campo. Nei giorni scorsi l'Assa ha provveduto alla pulizia dell'area, il cui accesso è stato bloccato da una sbarra. Poi c'è il problema della strada. L'Est Sesia aveva concesso il passaggio al precedente proprietario che faceva solo un uso agricolo del terreno. Diversa è la situazione quando la strada accanto al canale deve essere utilizzata da decine di persone tra cui molti bambini: «L'Est Sesia ci ha chiesto di mettere in sicurezza il collegamento sul lato verso il canale - continua Franzinelli -. Non sarà un'opera impegnativa. Ma stiamo valutando anche la possibilità di utilizzare un'area a fianco dell'alzaia». Capitolo soldi. Per l'acquisto dei terreni il Comune ha speso 130 mila euro. Non pochi: «Il prezzo è stato stabilito in base alla valutazione di un perito indipendente - interviene il sindaco Massimo Giordano -, ci fidiamo del suo lavoro».

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Barack Obama ha raccolto in eredità una crisi economica complessa e preoccupante. Si è mos... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Barack Obama ha raccolto in eredità una crisi economica complessa e preoccupante. Si è mosso con rapidità, attivando un piano di stimoli fiscali, uno di intervento sui mercati finanziari e immobiliari, e proponendo le linee guida del bilancio per i prossimi due anni. Nonostante si sia insediato alla Casa Bianca da meno di due mesi, non è quindi troppo presto per cominciare una verifica. Larry Summers, economista di fama, ex presidente di Harvard e mente economica principe dell'Amministrazione, è intervenuto nei giorni scorsi al Brookings Institute cercando di fornire alla stampa e agli osservatori una visione d'insieme delle politiche economiche dell'Amministrazione. Purtroppo ha dovuto giocare in difesa, a mio parere senza successo. L'economia americana non dà segni di ripresa. Dall'inizio di gennaio la Borsa ha perso più del 20%. Questo, nonostante non manchino le buone notizie: il prezzo del petrolio è sceso di due terzi dai picchi dell'estate 2008, i mercati finanziari sono inondati di liquidità, i tassi di interesse interbancari sono tornati a livelli quasi normali, i valori immobiliari sono al livello precedente alla bolla (l'indice Case-Shiller ha perso il 27%), gli investimenti in scorte sono sull'orlo della ripresa. Ma l'economia non riparte. Non è certo il caso di distribuire meriti e colpe, come molti osservatori politicamente schierati ormai fanno, ma le politiche dell'amministrazione Obama, nel complesso, non aiutano. Lo stimolo fiscale è solo in parte mirato alla recessione. Anche gli osservatori più generosi con l'Amministrazione accettano che non più di metà dello stimolo avrà effetti nel giro di due anni. Purtroppo lo stimolo non contiene incentivi all'offerta di lavoro, anche perché i tagli alle tasse della classe media non avverranno nella forma di tagli alle aliquote. Gli interventi sui mercati finanziari non hanno avuto altro effetto che quello di tenere in vita banche e assicurazioni in crisi di intossicazione, senza agire sulle cause dell'intossicazione, e soprattutto senza effettuare quegli interventi dolorosi ma necessari perché tornino a operare con efficienza. Il tutto senza la fondamentale trasparenza, dando l'impressione che gli obiettivi dell'Amministrazione siano quelli di salvare Wall Street. Il gigante assicurativo Aig è al quarto intervento di salvataggio, che include 70 miliardi di dollari dei contribuenti. L'Amministrazione, che ormai possiede il 78% della società, non esclude un quinto intervento e rifiuta di rendere pubblici quali dei tanti creditori di Aig siano stati saldati, e perché. Gli interventi su Citigroup, la maggiore banca del Paese, appaiono anch'essi interventi di emergenza, senza un piano e una strategia di fondo. Gli stress test, i controlli sui bilanci delle banche, sono iniziati assurdamente tardi e non danno risultati apparenti. Infine il bilancio per i prossimi anni proposto dall'Amministrazione ha avuto un effetto devastante sull'umore dei mercati. È pieno di quelle spese inutili, che gli americani chiamano «pork», contro cui Obama e McCain si sono scagliati in campagna elettorale. Il bilancio prevede enormi investimenti in sanità, istruzione, energia, prospettando nuove tasse nel momento peggiore per l'economia. Nonostante il bilancio preveda interventi importanti, introduce anche dannose restrizioni e vincoli all'attività privata. Il caso della scuola è il più chiaro. Il bilancio prevede enormi spese ma limita i crediti privati all'istruzione (che quasi ogni studente accende in questo Paese) e inserisce forti vincoli ai programmi di vouchers che permettono agli studenti meritevoli e bisognosi di studiare nelle scuole che preferiscono, invece di essere costretti alle scuole pubbliche dei distretti in cui vivono. Obama ha grande abilità nell'articolare una visione del futuro dell'America che è di grande ispirazione per la società civile. Lo ha fatto ripetutamente in campagna elettorale e lo ha fatto anche nei giorni scorsi in un discorso sul futuro della scuola. In un certo senso Obama incarna questo futuro. Ma le discariche della politica sono piene di idee meravigliose e visionarie che sono fallite perché male applicate. La visione di Bush di una società in cui ogni cittadino possedesse un'abitazione è finita nei mutui subprime rilasciati con criminale facilità per gonfiare i profitti dei banchieri. La visione di Obama di un'istruzione di qualità per ogni americano rischia di finire con quei ragazzi cui non sarà permesso di frequentare una scuola privata per garantire il posto agli insegnanti della scuola pubblica del ghetto in cui vivono.

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Debito Usa, Obama rassicura la Cina (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

INCONTRO RISERVATO AL G20 TRA GEITHNER E IL SUO COLLEGA ASIATICO Washington ribadisce l'impegno per ridurre della metà il deficit entro quattro anni Debito Usa, Obama rassicura la Cina [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Sul campo neutro di Horsham, gli Stati Uniti cercano di chiudere la partita con la Cina rassicurando Pechino dopo le preoccupazioni avanzate dal premier Wen Jiabao sulla affidabilità del debito americano. A scendere in campo è il segretario al Tesoro, Timothy Geithner che a margine dei lavori del G-20 incontra il collega cinese Xie Xuren, nel corso di un riservatissimo faccia a faccia organizzato poco prima della conferenza stampa al South Lodge Hotel. Superato l'imbarazzo iniziale e la diffidenza del ministro cinese, memore delle accuse di Geithner sulle presunte «manipolazioni dello yuan», i due colleghi hanno affrontano in un clima di cordialità la questione del debito. «E' stato un incontro molto positivo», dice il capo del Tesoro che ha garantito sulla solidità dell'economia americana. «Stati Uniti e Cina hanno molto in comune», prosegue Geithner, ribadendo che il sistema finanziario americano rimane «il più sicuro e il più liquido del mondo». Sulla questione è intervenuto il presidente Barack Obama dicendo che Pechino deve avere «assoluta fiducia» nell'economia statunitense. «Non solo la Cina, ma tutti gli investitori possono avere assoluta fiducia nell'economia americana», dice Obama durante la conferenza stampa congiunta col presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva. Mentre il portavoce del Tesoro, Heather Wong, spiega che il presidente Obama sta prendendo tutte le misure necessarie atte a garantire la sostenibilità fiscale del Paese, compresa la riduzione del deficit della metà nei prossimi quattro anni. «Il presidente sta affrontando problemi a lungo ignorati per garantire agli Stati Uniti di diventare più forti di prima». Sebbene non sia arrivato alcun commento ufficiale da parte cinese, sembra che Geithner sia riuscito nel suo intento anche grazie al ritrovato ottimismo dopo la strigliata ricevuta da Obama prima della partenza, che lo ha ripreso per l'eccessivo negativismo mostrato in patria. Il capo de Tesoro si dice soddisfatto sul consenso «senza precedenti» raggiunto dai G-20 per un'azione comune contro la crisi e ribadisce «la necessità di una rapida azione aggressiva e coordinata, oltre a una cornice comune per cambiare le regole». Plaude alla convergenza sul rafforzamento delle istituzioni internazionali, Fmi e Banca Mondiale, e all'ampliamento del Financial Stability Forum, «perché elevarne il ruolo significa dotare l'economia globale, assieme alle istituzioni di Bretton Woods, di organismi capaci di regolare i mercati finanziari». Annuncia infine «l'arrivo di una nuova cornice di regole da parte del governo americano con l'obiettivo di promuovere il cambiamento globale verso standard più elevati». «Come ha già spiegato il presidente Obama - dice - il governo federale userà tutti i poteri a sua disposizione per fare in modo che le principali banche americane tornino a funzionare a pieni regimi erogando prestiti a famiglie e imprese». Il raddoppio arriva da Washington dove Obama, smentendo le voci di una spaccatura del G-20 tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo sulle strategie anti-crisi, sottolinea che «il primo e centrale» nodo del summit dei capi di stato e di governo ad aprile sarà la stesura di «regole finanziarie comuni». E di questo ha discusso con Lula, primo leader latino-americano incontrato dall'inizio del mandato, affrontando anche la questione dei biocombustibili, il nodo del commercio nell'ambito del Wto, e la cooperazione regionale in vista del vertice panamericano di Trinidad.

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Cerca di far esplodere l'alloggio (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

CUNEO. FERMATO DALLA POLIZIA E DENUNCIATO Cerca di far esplodere l'alloggio L'uomo ha anche aggredito uno degli agenti con un coltello [FIRMA]CARLO GIORDANO CUNEO Prima tenta di lanciarsi dal viadotto Soleri, ma viene salvato dai poliziotti; il giorno successivo minaccia di far esplodere con il gas la casa. Bloccato dagli agenti di una Volante, è stato ricoverato in ospedale e indagato per resistenza a pubblico ufficiale e tentata strage. Protagonista della movimentata vicenda un trentacinquenne di Cuneo. Giovedì sera, in stato confusionale, l'uomo ha scavalcato la rete di protezione del Ponte Nuovo. Quindi ha chiamato con il cellulare il «113», minacciando di buttarsi nel vuoto. E' subito intervenuta una pattuglia della Squadra Volante. Gli agenti hanno iniziato a parlare con lui, cercando di calmarlo. Nel frattempo è stata fatta intervenire un'ambulanza. Nel tentativo di farlo desistere sono stati chiamati il fratello e un magistrato. Il dialogo con l'uomo, al di là della rete, è proseguito per oltre un'ora. L'allarme è rientrato quando il trentacinquenne è stato convinto a riscavalcare la barriera di protezione. Medicato dagli operatori del «118» per alcune ferite alle mani che si era procurato nel superare la ringhiera del Ponte Nuovo, è stato in seguito accompagnato per accertamenti all'ospedale «Santa Croce». Un nuovo allarme è scattato venerdì, poco dopo mezzogiorno, quando i responsabili del reparto ospedaliero hanno chiamato la questura per segnalare che l'uomo si era allontanato dalla struttura senza autorizzazione. La sala operativa ha allertato le Volanti: una pattuglia ha controllato i vari ponti della città (viadotto Soleri e i tre della Est-Ovest); un'altra ha raggiunto il suo alloggio in via Alessi, nel quartiere Cerialdo. L'uomo era nell'appartamento. Alla vista dei poliziotti si è barricato in casa. Sempre in stato confusionale ha tagliato con un coltello da cucina il tubo della bombola del gas, minacciando di far esplodere l'alloggio. Mentre un poliziotto è rimasto sul pianerottolo cercando di calmarlo, un altro agente ha fatto scendere in strada gli altri abitanti del palazzo. Lo stabile è stato evacuato. Sono nuovamente iniziate trattative per farlo desistere. L'uomo, per parlare con l'agente sul pianerottolo, ha aperto la porta d'ingresso di pochi centimetri, lasciando inserita la catena anti intrusione. Durante il dialogo, approfittando di un momento di distrazione del trentacinquenne, il poliziotto l'ha sfondata con una spallata. E' nata una colluttazione nel corridoio dell'appartamento. Il trentacinquenne ha anche cercato di colpire con il coltello l'agente (la lama ha tagliato la divisa), ma è stato immobilizzato. Non ci sono stati feriti. In tasca aveva l'accendino con il quale minacciava di far esplodere il gas. La bombola è stata subito messa in sicurezza e sono state spalancate le finestre dell'alloggio. L'uomo, sotto scorta della polizia, è stato accompagnato in ospedale. Gli inquilini del palazzo hanno potuto rientrare nelle abitazioni.

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Da Tecnocar Garage alta professionalità (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

INDIRIZZO PREZIOSI PER LE QUATTRO RUOTE Da Tecnocar Garage alta professionalità Tecnocar Garage al servizio del cliente: punto di riferimento fin dal 1950 per tutto il Cusio-Ossola, è un'officina attrezzata per tutti gli automobilisti ed una concessionaria per autocarri leggeri e microvetture. A Orta, in via Domodossola 4, la Tecnocar Garage offre un servizio di Soccorso Stradale per veicolo fino a 40 q. di massa, prova gas di scarico per l'ottenimento del Bollino Blu, officina autorizzata Citroen, Tata, servizio Lombardini, vendita e riparazione di attrezzature per la viabilità invernale (spargisale e lame sgombraneve) nonché allestimenti per il servizio antincendio e Protezione Civile. Tecnocar Garage, da 10 anni, è concessionaria Microcar , azienda francese che produce quadricicli leggeri utilizzabili con il patentino a partire da 14 anni; un valido prodotto, non solo alternativo al ciclomotore, in quanto Microcar possiede i requisiti per essere considerata una vera automobile! L'azienda ortese, è a disposizione per la vendita e soprattutto per l'assistenza diretta su tutto il territorio, fornire informazioni ed assistenza per l'ottenimento del patentino, espletamento pratiche burocratiche, finanziamenti, e, grazie al fornitissimo magazzino, vendita di ricambi originali con la consueta cortesia che la contraddistingue. La Tecnocar Garage da oltre 30 anni si è strutturata per vendere e assistere le autovetture Citroen, diventando Officina autorizzata Citroen, qualificata per ogni tipo di intervento sulla vasta gamma dei veicoli francesi. La passione, il dinamismo e la buona volontà dello staff sono elementi che hanno contribuito all'allargamento dell'attività, con l'introduzione, ad inizio 2008, della vendita ed assistenza dei veicoli Tata. Ma il punto forte dei fratelli Arrigoni e figli, titolari della Tecnocar Garage, è il settore degli autocarri leggeri e a 4 ruote motrici dei marchi leader del settore; l'esperienza li ha portati a diventare concessionari per le provincie di Novara, Verbania e la zona della Valsesia. Nel 2007 i fratelli Arrigoni hanno voluto completare la gamma di veicoli con un'assoluta novità: l'«Ercolino»! Si tratta di un autocarro leggero prodotto dalla Romanital S.r.l. con sede a Isola delle Femmine (Palermo), dalle ridotte dimensioni ma con una portata utile fino a 11 q. Ercolino è disponibile in quattro versioni: a cassone fisso, cassone ribaltabile, Combi e Furgone. Dotato di motore a benzina da 1310 cc, euro 4, Ercolino, raggiunge una velocità di 115/140 Km/h, e nonostante la sua «giovane età» ha già ottenuto un buon riscontro sul mercato, grazie alle sue doti performanti rispetto al settore che rappresenta. Recentemente la Tecnocar Garage si è arricchita di un nuovo prestigioso marchio, Bonetti. E' una azienda specializzata nella produzione di autocarri polivalenti da oltre 30 anni. L'introduzione sul mercato del nuovo modello F100X 4x4 ha suscitato un grande interesse nel settore dell'edilizia ed agli Enti Pubblici, poichè i veicoli Bonetti con appropriati allestimenti svolgono un eccellente servizio di viabilità invernale. Il nuovo F100X 4x4 è dotato di motore Euro 4 IVECO F1C turbodiesel 3000 cc da 146 Hp con filtro antiparticolato. Nonostante le ridotte dimensioni (m. 4 x 1,65) - che gli consentono di entrare agevolmente nelle strette vie dei centri storici - il Bonetti dispone di un cassone ribaltabile sui tre lati con capienza di 1,5 m3 e portata utile di Kg. 1295. La cabina, costruita in materiale anticorrosione, è ribaltabile elettricamente e dotata di ogni comfort; l'impianto frenante è a disco sulle 4 ruote, e nella versione 50 q, ptt (patente "C") corredato di ABS. Il nuovo BONETTI F100X si presta in modo eccellente ad essere allestito per ogni esigenza: impianto sgombraneve, spargisale, verricello ant., gru retrocabina, decespugliatore, rimorchio con massa da 2800 Kg : basta chiedere! I prodotti di qualità e la Tecnocar Garage, insieme, offrono un valido motivo per recarsi con fiducia alla sede di Orta San Giulio, nell'occasione di un acquisto o per trovare una soluzione ai propri problemi di trasporto.

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Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza srego... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza sregolata è finita. «C'è un forte consenso sul bisogno di riforme perché una crisi come questa non accada mai più» riassume al termine del G-20 il ministro del Tesoro Usa Tim Geithner, e quello che si farà comporta un'ampia autocritica da parte del suo paese. A Giulio Tremonti pare emblematica la frase che ha trovato in un documento portato dalla Cina: «Finora si pensava che il miglior modo di fare regole fosse di farne poche; adesso è l'opposto». I propositi concordati ieri sono ambiziosi. Saranno sottoposte a vigilanza le agenzie di rating, che certificavano per ottimi i titoli «tossici»; le banche globalizzate saranno sottposte a collegi di vigilanza multinazionali, e non potranno più assumere rischi fuori bilancio; gli hedge funds dovranno registrarsi e fornire informazioni sui loro investimenti; si metterà un freno agli eccessivi compensi dei manager della finanza; si prenderanno contromisure a carico dei paesi che funzionano come «paradisi fiscali» o legali. Con la riunione di ieri di ministri dell'Economia e banchieri centrali, in un albergo della campagna inglese, il G-20 si afferma definitivamente come il principale organo di governo del pianeta. Spiacerà all'Italia, che del G-7/G-8 quest'anno è presidente di turno, ma è la nuova realtà del mondo. Nel G-20 ci sono Cina, India, Brasile, Sudafrica, Arabia Saudita, Messico, Turchia; in realtà i governi rappresentati ieri a contar bene erano 21, più la Commissione europea; insieme assommano circa l'80% dell'economia mondiale. Lo scopo era di preparare il vertice dei capi di Stato e di governo, il 2 aprile a Londra. A quella data si rinvia una decisione urgente, stabilire i nuovi soccorsi ai paesi in difficoltà, sotto forma di rifinanziamento del Fondo monetario internazionale. Si parla di andare oltre un raddoppio dei fondi. Ma chi ha più capitali in cassaforte, la Cina, rifiuta un contributo straordinario. Frattanto si è concordato di riformare il Fmi, dando più potere ai paesi emergenti. Finisce la prassi per cui a dirigerlo era sempre un europeo, e a presiedere la Banca mondiale un americano: ora «selezione aperta basata sul merito». E dai guai in cui siamo, come usciremo fuori? «Sarà un processo lungo» ammette il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi: nemmeno per il 2 aprile occorre attendersi «decisioni risolutive». Nella riunione di ieri, Geithner ha percepito «l'impressione che la velocità di caduta dell'economa stia rallentando». Lo scenario peggiore, quello della deflazione (prolungata caduta dei prezzi) «non è l'ipotesi principale che ci ha fatto il Fondo monetario nel suo rapporto» precisa a sua volta Draghi. La formula retorica del G-20 è «Siamo pronti a tutte le misure necessarie per ritornare alla crescita». Senza rimettere in piedi le banche, specie statunitensi e britanniche, non si andrà da nessuna parte. Parlando in qualità di presidente del Forum per la stabilità finanziaria (Fsf, nelle parole di Geithner ora una istituzione chiave, accanto a Fmi, Banca mondiale e Wto) Draghi ha ipotizzato che la direzione in cui muoversi sia un quadro di garanzie complessive ai crediti; garanzie pubbliche, a somiglianza del reddito che si assicura a chi resta disoccupato. Nelle linee guida per risanare la finanza, un documento di tre pagine pure approvato dal G-20, si concorda tra l'altro che la ripulitura dai titoli tossici sarà condotta con criteri omogenei fra i vari paesi, e trasparenti. Ma qui il tassello principale è che cosa decideranno gli Usa. Forse si saprà qualcosa di più in settimana.

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"Cassa integrazione? Una corsa a ostacoli" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Intervista Enrico Taverna direttore Confapi FRANCO MARCHIARO "Cassa integrazione? Una corsa a ostacoli" ALESSANDRIA Le richieste di cassa integrazione hanno ormai superato il 100 per cento rispetto ai tempi normali». Lo sottolinea Enrico Taverna, direttore della Confapi Alessandria, 750 piccole e medie aziende associate in provincia. Qual è il settore più colpito? «Al di là degli orafi, di cui conosciamo le grosse difficoltà che devono affrontare, colpito non è uno o l'altro settore: purtroppo sono interessati tutti, dal metalmeccanico alla filiera dell'auto, al legno, alle vernici. E l'elenco potrebbe continuare». Ci sono casi particolari che fanno crescere i timori? «Tra le decine di imprese che hanno ricorso alla cassa integrazione ci sono, ed è elemento che rende bene l'idea della crisi generalizzata, aziende con una lunga attività, che mai si erano trovate nelle condizioni di ricorrervi. Qualche titolare presenta la richiesta con una difficoltà, diciamo, psicologica». Previsioni di ulteriori ricorsi alla cassa? «Difficile dirlo, certo non ci sono comparti per i quali si possa dire di avere certezze». Cassa integrazione significa pure, per aziende e lavoratori, dover superare particolare difficoltà. «E' giusta la valutazione che la Provincia ha dato sul meccanismo dell'anticipo della cassa frutto di un protocollo d'intesa tra le parti sociali, ma questo non ci deve nascondere la circostanza che la procedura complessiva della cigs, la cassa integrazione guadagni straordinaria, ha assunto i lineamenti di una corsa ad ostacoli». Cioè? «L'azienda che intende chiedere la cigs deve passare per molti livelli istituzionali anche dopo l'accordo con il sindacato. Il verbale di consultazione si stipula in Regione (le gioie del federalismo in salsa piemontese: prima della riforma si rimaneva ad Alessandria). Tutto viene inviato al ministero del Lavoro, e la richiesta di pagamento diretto al lavoratore, sempre più frequente, alla direzione provinciale del lavoro, che compie un'ispezione per comprovare la crisi finanziaria aziendale. Nelle more dell'approvazione interviene la Provincia che anticipa il trattamento in attesa dell'approvazione». E il pagamento viene erogato dall'Inps? «Sì, così per ogni singola istanza vengono coinvolti i lavoratori, le organizzazioni sindacali, l'azienda e l'associazione a cui è iscritta, la Regione, il ministero del Lavoro, la Provincia e la direzione provinciale del lavoro». La situazione è migliore in provincia? «Il fatto che da noi l'impegno di tutte le istituzioni coinvolte e l'anticipo da parte della Provincia garantiscano al sistema di funzionare egregiamente non deve farci dimenticare che non si potrebbero concepire modalità di accesso agli ammortizzatori sociali più complicato e farraginoso». Quale è l'impegno di Confapi? Senza addentrarmi nelle molteplici possibilità, voglio solo ricordare che il meccanismo degli anticipi in altre province si è già esteso alla cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga con il concorso di un pool di banche coordinate dall'Abi. Sulla vicenda, comunque, Confapi manterrà un'attenzione di primaria importanza per fornire aiuto concreto alle famiglie dei lavoratori e alle aziende che attraversano un periodi di difficoltà».

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l'illusione del ponte la realtà dello sfascio - nino alongi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina I - Palermo L´analisi L´illusione del Ponte la realtà dello sfascio NINO ALONGI è nelle difficoltà che un Paese rivela tutte le sue possibilità. Questo convincimento giustifica la domanda che molti si pongono: come stiamo reagendo alla crisi finanziaria? SEGUE A PAGINA XVII

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regione, piano per le piccole banche "pronti ad acquistare partecipazioni" - massimo lorello (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina II - Palermo La strategia Lo studio L´amministrazione punta a entrare nel capitale sociale degli istituti territoriali con quote minoritarie Il provvedimento dovrebbe essere inserito nella Finanziaria Il Bilancio cerca quali enti coinvolgere Regione, piano per le piccole banche "Pronti ad acquistare partecipazioni" Cimino: così potremmo favorire l´erogazione del credito Nuovo scontro sui fondi per le aree sottoutilizzate Alfano: "Vanno usati per gli investimenti non per coprire la spesa corrente" MASSIMO LORELLO La Regione è pronta a entrate in società con le banche. Ma stavolta non è in programma alcuna joint-venture con i colossi del credito. L´obiettivo è invece diventare socia dei piccoli e solidi istituti che sono rimasti alla larga dalle disastrose operazioni finanziarie degli ultimi anni. Il tutto, per favorire la ripresa del credito alle imprese e alle famiglie. «Tante aziende siciliane stanno fallendo per problemi economici di poca rilevanza. Si chiude bottega anche per un ammanco di 10 mila euro», dice l´assessore al Bilancio Michele Cimino. Ieri mattina, su questo argomento, il governatore Raffaele Lombardo ha organizzato un vertice con i dirigenti che si occupano dei fondi regionali, a cominciare dal nuovo capo delle Finanze, Salvatore Giglione. «Si è deciso che il metodo più rapido ed efficace per aiutare le imprese è quello di affiancare le banche che devono erogare il credito», aggiunge Cimino. Ma in che modo la Regione potrà concretamente interagire con le banche «sane» che operano in Sicilia? La via maestra è quella di inserire il progetto nella prossima finanziaria e di vestirlo con i fondi necessari, naturalmente. L´importo non è stato ancora quantificato anche perché bisogna valutare il numero delle piccole banche con le quali la Regione entrerà in società e i rispettivi capitali sociali. Ciascuna partecipazione dell´amministrazione siciliana non dovrebbe comunque superare il 30-35 per cento del capitale. Alcuni istituti sono già stati contattati ed è stata avviata la trattativa che dovrebbe portare all´accordo. Con gli altri sono previsti incontri nei prossimi giorni. Non sarà comunque una iniziativa legata all´attuale periodo di crisi, almeno questo è l´intendimento della Regione che punta a programmazioni a lunga scadenza cioè a piani pluriennali. Tutto questo però non metterà in discussione la partecipazione a Unicredit che la Regione continua a giudicare «strategica». In ogni caso, però, non è più considerato proficuo interagire con le grandi banche che seguono strategie a largo spettro difficilmente adeguabili alle esigenze dell´Isola. In altre parole, è molto più semplice aiutare le imprese siciliane attraverso i piccoli istituti di credito che fare appello ai colossi nazionali e internazionali. Questo, almeno, pensa oggi la Regione. Ma al di là degli interventi di sostegno alle imprese e alle famiglie (l´operazione piccole banche riguarda anche loro) l´amministrazione siciliana deve trovare il modo per fare quadrare i conti, approvare il bilancio e liberarsi dell´esercizio provvisorio. Operazione nient´affatto facile se si considera la stasi della quale sono prigionieri i 4 miliardi e mezzo di euro del Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas). Deve sbloccarli il Cipe, guidato dal sottosegretario alla Presidenza Gianfranco Micciché, ma il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto li ha bloccati perché la Sicilia non avrebbe predisposto il piano di utilizzo delle risorse. Da qui un conflitto che non si è ancora chiuso. «Posso assicurare a nome del governo che tutti i 4 miliardi e mezzo del Fas saranno dati alla Sicilia - dice il ministro della Giustizia Angelino Alfano - Vorrei soltanto che venissero spesi tutti per investimenti. La spesa corrente, infatti, si finanzia solo tagliando gli sprechi». Problema che non si pone a detta dell´assessore Cimino: «Realizzeremo una diga, impianti di irrigazione in zone a rischio desertificazione, ma anche strade e ferrovie. Se non vi sembrano investimenti, questi... «. Intanto però, senza i soldi del Fas non si potrà chiudere il bilancio perché di quei 4 miliardi e mezzo, 450 milioni serviranno a pagare i circa trentamila precari della Regione. L´amministrazione di Palazzo d´Orleans nei prossimi giorni chiuderà la ricognizione sui fondi del precedente programma Fas, quello relativo agli anni 2000-2006 che in principio ammontava a circa 17 miliardi di euro. Quanti ne sono stati spesi è un dato che ancora non si conosce. Le somme non utilizzate dovrebbero però aggirarsi intorno a 8 miliardi.

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rom sotto il ponte, interviene amnesty - zita dazzi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina VII - Milano Rom sotto il ponte, interviene Amnesty Appello contro lo sgombero di Bacula: "Milano rispetti i diritti umani" Patrizia Toia, eurodeputato del Pd: "Il prefetto sorvegli l´operazione". De Corato: "Non ospiteremo intere famiglie" ZITA DAZZI Sara, piccola romena paralizzata dalla distrofia muscolare, è ancora nella sua prigione di legno e cellophane sotto il ponte Bacula. Ma la luce dei suoi occhi e il sorriso dei suoi sette anni hanno bucato il buio della catapecchia e sono arrivati fino a Washington, da dove è partito l´appello internazionale di Amnesty International in solidarietà con la piccola comunità rom, colpita da ormai dieci sgomberi, senza mai un´alternativa praticabile al vagabondaggio disperato lungo i binari delle Ferrovie Nord. In vista dell´imminente sgombero di Sara e degli altri 150 rom della Ghisolfa, è pronta anche un´interrogazione alla Commissione Europea dell´eurodeputata Patrizia Toia. Che cosa ha fatto arrivare fino ad Amnesty International il caso dei romeni che vivono come topi lungo la massicciata delle Nord alla Bovisa? «Da parte delle autorità milanesi - si legge nell´appello - non c´è stata alcuna consultazione con quella comunità né tentativo di offrire alternative accettabili ai senza tetto». Amnesty ricorda che sotto al ponte vivono molti bambini anche in età prescolare, che mancano acqua ed elettricità e che nei precedenti sgomberi il Comune offrì accoglienza solo alle madri con bambini e solo per un breve periodo. Amnesty International si rivolge al prefetto, al sindaco Letizia Moratti e al vicesindaco Riccardo De Corato, che ha annunciato la messa in opera di insormontabili barriere «per evitare nuove occupazioni in futuro». Amnesty sottolinea che «gli sgomberi forzati, portati avanti senza tutele legali e assistenza, sono sanzionati dalle norme internazionali come una violazione dei diritti umani, in particolare del diritto a un´adeguata abitazione». La richiesta all´amministrazione è di pensare lo sgombero come «ultima possibilità e solo nel rispetto completo di tutte le garanzie previste dal diritto internazionale, compreso il diritto di preavviso e di una valida sistemazione alternativa». Il vicesindaco De Corato replica: «Non ci sono leggi internazionali che impongano di ospitare nelle strutture comunale persone che occupano abusivamente. Le sgombereremo offrendo assistenza a donne e a minori: non agli uomini, neanche se padri di famiglia. Ma loro hanno sempre rifiutato, dalla Bovisasca in avanti. Quindi sono problemi loro. Le famiglie, nei nostri centri d´accoglienza, non possono stare per problemi di promiscuità». Protesta l´eurodeputato Toia, che aveva già scritto al sindaco - senza risposta - per chiedere il rispetto dei diritti umani per gli zingari. Ora si rivolge al prefetto Gian Valerio Lombardi, commissario straordinario all´emergenza rom. «Ho chiesto al prefetto di presenziare allo sgombero assieme a una delegazione del Parlamento europeo - spiega la Toia - e nell´interrogazione che sto per presentare alla Commissione chiederò di valutare se, tra le altre cose, il comportamento delle autorità milanesi non stia violando il principio di non discriminazione su base etnica e le disposizioni internazionali per la protezione dei minori».

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bombardieri russi a cuba e in venezuela - omero ciai (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 13 - Esteri Bombardieri russi a Cuba e in Venezuela Riprendono i voli a lungo raggio come nella"Guerra fredda", Mosca sfida Obama Gli aerei armati di atomiche hanno autonomia per poter raggiungere le coste Usa. Il Cremlino frena: è solo una ipotesi strategica OMERO CIAI Il cammino del Venezuela "chavista" vuole assomigliare sempre di più a quello cubano degli anni Sessanta e il presidente, mentre minaccia nuovi espropri per tutte le aziende produttrici di alimenti che non si adeguano ai prezzi calmierati dallo Stato, cerca la protezione strategico-militare della Russia di Medvedev e Putin. C´è tanta nostalgia del mondo così com´era prima dell´Ottantanove nel Palazzo di Miraflores a Caracas. A meno di due settimane dal previsto vertice tra Obama e il presidente russo Medvedev e mentre il brasiliano Lula entrava, primo leader latinoamericano, nella Stanza Ovale della Casa Bianca, il capo di Stato maggiore dell´aviazione russa, Anatoly Zhikharev, annunciava l´offerta venezuelana di usare la base militare dell´isola de La Orchilla per lo scalo e il rifornimento dei bombardieri atomici russi Tu-160. Anche se Alexei Pavlov, funzionario del Cremlino, parla solo di «un´ipotesi, di una possibilità tecnica». Stessa cosa, se il governo di Raul Castro darà il via libera, Mosca pensa di fare con Cuba. Zhikharev, che nel settembre dell´anno scorso guidò la prima missione di collaborazione militare fra i due paesi, ha spiegato che Chavez ha proposto al Cremlino «la possibilità di realizzare in modo regolare voli della sua aviazione strategica», per il pattugliamento dei Caraibi, «in Venezuela». Zhikharev ha visitato l´aeroporto della base di La Orchila e con «una piccola ristrutturazione» (bisogna allungare la pista) sarà possibile garantire l´atterraggio e il decollo dei T-160, gli aerei da guerra più grandi del mondo. All´epoca delle manovre congiunte russo-venezuelane, il Pentagono non diede molta importanza alla faccenda ma una presenza regolare dei bombardieri russi nell´area dei Caraibi, tra il Venezuela e Cuba, ha ben altro significato ed ha tutto il sapore di una sfida strategica al presidente Obama. E mesi fa, un alto ufficiale americano, il generale Schwartz, aveva messo in guardia in Cremlino sostenendo che una presenza stabile dei T-160 nei Caraibi avrebbe costretto Washington a rispondere con fermezza. Escluso il Brasile, che compra in Francia, molti governi dell´America Latina guardano a Mosca per i loro rifornimenti di armi e tecnologia militare. Anche l´argentina Cristina Kirchner, il boliviano Morales, il nicaraguense Ortega, il cubano Raul Castro, si sono recati recentemente in Russia. Mosca, per vendere armi, ha interesse ad essere presente fisicamente nell´area con una parte dei suoi 15 o 16 T-160, mentre Chavez, che inizia ad essere in difficoltà per il basso costo del petrolio, è sempre più ansioso di protezione. Al di là di una possibile pretattica russa verso il vertice fra Obama e Medvedev, non è un caso che l´annuncio coincida con la visita del presidente brasiliano alla Casa Bianca. Brasile e Venezuela non sono alleati ma concorrenti in questa circostanza visto che nell´agenda di Lula c´è anche il desiderio di convicere gli Usa a comprare più petrolio dalla sua Petrobras piuttosto che dalla Pdvsa venezuelana.

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"pronti a tutto per rilanciare la crescita" - elena polidori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Economia "Pronti a tutto per rilanciare la crescita" Il G20 prepara le nuove regole: più liquidità e trasparenza, così tornerà la fiducia Il vertice Tremonti: il nodo è l´export. Più fondi all´Fmi. Nessun testo condiviso sui Paradisi fiscali ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO HORSHAM - Pronti a tutto per la crescita. «Mai prima d´ora il mondo s´era mosso così rapidamente per affrontare una crisi economica», assicura dai microfoni del G20 il ministro Usa, Tim Geithner. E lo stesso concetto risuona nel comunicato finale del vertice: «Siamo decisi a fare tutto ciò che sarà necessario» perché l´economia torni a svilupparsi. Ma occorre in primo luogo restaurare il bene prezioso della fiducia, distrutto dal ciclone dei subprime, dal collasso delle Borse, dal contagio della crisi sull´economia reale, dalla paura per il lavoro che sfugge. Per questo, è «necessaria ma non sufficiente» un´azione in tre mosse. «Tre passi da fare comunque», come spiega Mario Draghi, presidente del Financial Stability Forum, cui tocca materialmente questo compito. E dunque, nell´ordine: bisogna ricostruire il sistema bancario, reso traballante dalla crisi, proteggendo i depositanti e ricapitalizzandolo se necessario. Occorre dare valori certi, uniformi e coerenti con regole comuni ai cosiddetti titoli tossici. Bisogna adottare politiche di bilancio capaci di bloccare la crescita della disoccupazione e quindi un ulteriore calo della domanda. «Non c´è garanzia di successo», avverte il governatore italiano, convinto che il prossimo vertice a 20, già convocato a Londra per il 2 aprile, «non chiude il percorso». «Ma è partito il motore di ricerca per trovare standard e regole comuni», aggiunge il ministro dell´economia, Giulio Tremonti. Nella sua analisi «il problema dei problemi è l´export che si è piantato ovunque». E in tema di crescita, Tremonti pensa che il piano edilizio del governo «darà un contributo». Superate le divergenze della vigilia, specie quelle tra Europa e Usa, i 20 paesi più importanti del mondo, si impegnano ora anche a combattere «ogni forma di protezionismo», ad aiutare i paesi emergenti e in via di sviluppo, pure coinvolti dalla crisi; vogliono che il Fondo monetario valuti «le misure adottate finora e quelle ancora necessarie». Brasile, Russia, India e Cina, i cosiddetti paesi Bric, in una loro nota, chiedono di rifinanziare le risorse del Fmi. L´accordo alla fine si trova: l´aumento dei fondi potrebbe avvenire con supporti bilaterali e con la revisione delle quote. Il quantum verrà deciso dai capi di Stato e di governo, il 2 aprile, precisa Alistair Darling, Cancelliere dello Scacchiere e padrone di casa. Sulla questione specifica dei titoli tossici, c´è un allegato al comunicato. Serve «una piena e trasparente» comunicazione su quanti ce ne sono nascosti nei bilanci delle banche, si legge. Regole anche per agenzie di rating e hedge funds, ma nessun testo condiviso sui paradisi fiscali: «Non c´è posto per loro nel mondo», ha detto il premier Gordon Brown, dopo un incontro bilaterale con la tedesca Merkel.

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obama va all'attacco dei repubblicani "la crisi è colpa dell'amministrazione bush" (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Economia Gli Usa Obama va all´attacco dei repubblicani "La crisi è colpa dell´amministrazione Bush" Barack Obama alza i toni, cambia linea e attacca i repubblicani, affermando che l´amministrazione Bush, è «responsabile della crisi» finanziaria ed economica degli Stati Uniti. Il presidente Usa, dopo i toni morbidi della campagna elettorale ha infatti progressivamente sottolineato di «aver ereditato» una «crisi grave e profonda come nessuna dalla Grande Depressione», «un pasticcio terribile». E nei giorni scorsi ha detto di aver ereditato anche «un disastro fiscale».

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america e cina il mondo deve ripartire da due - federico rampini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 30 - Esteri America e Cina il mondo deve ripartire da due G2 la copertina Il capo e il vicecapo della Banca mondiale lo hanno affermato nero su bianco: "Solo Washington e Pechino possono indicare la via d´uscita da questa crisi" Giornali finanziari, autorevoli riviste, prestigiosi intellettuali concordano E mentre gli esperti di economia e di finanza dei due Paesi cercano di imparare gli uni dagli altri, uno studioso cinese ammonisce: "Dobbiamo impedire che il declino degli Usa avvenga troppo presto" FEDERICO RAMPINI (segue dalla copertina) Arcaico e inadeguato il G8: non rappresenta le potenze emergenti. Pletorico e inconcludente il G20: lo si vede dai litigiosi preparativi del prossimo summit di Londra. I vertici dell´Unione europea? Inflazionati e impotenti. Mentre urge una risposta globale alla recessione, spunta l´idea di una semplificazione radicale, un direttorio che esprima i veri rapporti di forze del Ventunesimo secolo. «La ripresa dipende dal G2: America e Cina». è la proposta lanciata in un editoriale del Washington Post. Lo firmano l´americano Robert Zoellick e il cinese Yifu Lin, numero uno e numero due della Banca mondiale. Cioè i massimi dirigenti dell´istituzione che fu creata a Bretton Woods nel 1944 da Franklin Roosevelt, sulle macerie della Grande Depressione e della Seconda guerra mondiale, per costruire con gli alleati europei il nuovo ordine mondiale. Oggi si riparte da due, Zoellick e Yifu Lin non hanno dubbi: «Sono stati i due Paesi all´origine dei maggiori squilibri mondiali: troppi consumi e importazioni in America, troppo risparmio e troppo export in Cina. Sono le due nazioni che hanno varato le più grosse manovre antirecessione. Loro possono indicare la via d´uscita da questa crisi. A loro tocca il compito di disegnare l´economia globale del futuro». I dirigenti della Banca mondiale rendono esplicito l´umore dei governi che li hanno nominati. Barack Obama trasuda irritazione verso i governi europei che lesinano mezzi per combattere la depressione. Questa settimana parlando alla Business Roundtable il presidente americano ha citato un solo governo, oltre al suo, che investe per rilanciare la crescita: la Cina. Solo Pechino ha varato una manovra di spesa pubblica di dimensioni paragonabili a quella americana: quasi 500 miliardi di euro. In quanto ai cinesi, loro all´Unione europea non hanno mai veramente creduto. James Cox e FranÇois Godement dello European Council of Foreign Affairs paragonano i rapporti sino-europei a una strana partita a scacchi. Da una parte c´è un giocatore solo, Pechino. Dall´altro lato della scacchiera c´è una squadra caotica che litiga prima di decidere una mossa. Fin dai tempi di Deng Xiaoping i leader comunisti della Repubblica popolare hanno in mente una sola superpotenza con cui misurarsi. Ai loro occhi il G2 è già una realtà. Hillary Clinton al suo viaggio inaugurale da segretario di Stato a Pechino è stata molto discreta sui diritti umani e il Tibet; al presidente Hu Jintao ha portato un solo invito pressante: «Continuate a comprare i nostri buoni del Tesoro». L´allarme di Wen sul debito americano è un modo per far pesare questo aiuto finanziario chiedendo in cambio una rinuncia al protezionismo. Il G2 traspare nel rapporto del Financial Times sui «50 leader decisivi per uscire dalla crisi». Elencati in ordine gerarchico d´importanza, il numero uno è Obama, subito dopo viene il premier cinese Wen Jiabao. In quell´elenco compaiono altri cinesi sconosciuti in Europa ma ben noti a Washington: il vicepremier Wang Qishan, plenipotenziario sulla finanza internazionale, il governatore della banca centrale Zhou Xiaochuan, il presidente del fondo sovrano di Pechino Lou Jiwe. Cruciale è il dibattito che si svolge sulle colonne di Foreign Affairs. L´autorevole rivista americana di politica estera da oltre mezzo secolo ospita le riflessioni strategiche dei think tank consultati dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato. Spesso i saggi di Foreign Affairs hanno preannunciato le svolte strategiche di Washington. Nel numero monografico The Great Crash, 2008 il verdetto è affidato a Roger Altman, che fu sottosegretario al Tesoro di Bill Clinton. L´effetto della crisi secondo Altman è di «accelerare lo spostamento del centro di gravità mondiale»; la Cina si troverà «in una posizione di maggiore forza relativa a livello globale, perché è la nazione più dotata di risorse finanziarie». Con un tasso di risparmio cinese che sfiora il 40 per cento del Prodotto interno lordo, 2.000 miliardi di dollari di riserve valutarie, un colossale attivo commerciale col resto del mondo, conti pubblici ancora in equilibrio, per il tecnocrate vicino a Obama non ci sono dubbi: «Pechino sarà in grado di assistere altri Paesi in difficoltà finanziarie mentre noi non possiamo farlo». Altman immagina che scoppi una terza ondata della crisi: la bancarotta sovrana di nazioni che l´America considera importanti per ragioni geopolitiche, come accadde con il collasso del Messico nel 1994. Oggi Washington non avrebbe più i mezzi per salvare nessuno, l´America dovrà chiedere aiuto ai cinesi, gli unici che hanno risorse per rifinanziare il Fondo monetario internazionale. Pechino può diventare l´unico pompiere se c´è bisogno di spegnere nuovi incendi sui mercati globali. La sua conclusione: «Il rapporto America-Cina diventa la nostra più importante relazione bilaterale». è d´accordo lo storico Harold James, studioso della Grande Depressione: «L´azione concertata a livello internazionale è necessaria, ma chi deve prenderne la guida? Come la Gran Bretagna negli anni Trenta, oggi gli Stati Uniti non hanno né la volontà né la forza di agire da stabilizzatore. La Cina, in quanto tesoriera di gran parte del risparmio mondiale, è in una posizione economica più simile all´America degli anni di Roosevelt». Non sfugge all´establishment americano che il G2 è un direttorio rischioso. Rispetto all´asse euroatlantico che guidò la strategia americana per mezzo secolo, con Pechino non c´è sintonia di sistema politico e di valori. All´opzione G2 gli Stati Uniti arrivano in stato di necessità. «Il nostro indebitamento», osserva Paul Kennedy, «rende l´impero americano simile a quello di Filippo II di Spagna o Luigi XIV, sovrani che furono fortemente dipendenti dai finanziatori stranieri». Nelle braccia della Cina gli americani finiscono per trovare un punto d´appoggio, dopo che il crollo delle Borse e del mercato immobiliare ha distrutto oltre 15.000 miliardi di dollari della ricchezza delle famiglie. C´è anche un´attrazione più sottile che la Repubblica popolare comincia a esercitare. è quella espressa in una copertina di Newsweek col titolo Why China Works, «Perché la Cina funziona». Mentre la fiducia nel mercato è ai minimi storici, e Obama riscopre ogni sorta d´intervento pubblico - dalle grandi opere alle nazionalizzazioni bancarie - gli americani provano una curiosità nuova verso il più grosso modello di capitalismo di Stato. «La Cina», è la risposta di Newsweek, «sembra attrezzata per navigare attraverso la più grave recessione degli ultimi settant´anni». L´ironia della sorte non sfugge ai cinesi, che dal 1979 inseguono il modello americano. «I nostri maestri sembrano avere qualche problema», dice il vicepremier Wang Qishan, che coltiva l´understatement confuciano. Gli eredi di Mao Zedong evitano le recriminazioni o i toni di rivincita. è significativo: negli ultimi dieci giorni a Pechino si è riunito il Congresso nazionale del popolo in sessione legislativa; in quel profluvio di discorsi ufficiali non è mai affiorato l´antiamericanismo né l´accusa a Washington di aver precipitato l´economia globale in un baratro. I dirigenti della Repubblica popolare sanno che la prospettiva di un superdirettorio a due per governare la prossima fase della globalizzazione ha un prezzo. La Cina dovrà assumersi responsabilità maggiori, e oneri finanziari proporzionali. Wang Yiwei, esperto di relazioni internazionali all´università Fudan, riassume l´ambivalenza con cui i suoi leader si preparano all´era del G2: «Il nostro problema, nell´immediato, è come impedire che il declino dell´America avvenga troppo presto».

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un supervertice per salvare il mondo - vittorio zucconi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 29 - Copertina Un supervertice per salvare il mondo Il G8? Inadeguato, non rappresenta le potenze emergenti Il G20? Pletorico e inconcludente. La crisi globale impone il condominio di Usa e Cina, le due maggiori potenze finanziarie VITTORIO ZUCCONI SWASHINGTONintomo infallibile dei momenti di paura e di confusione, l´epidemia di "verticite" che sta colpendo la diplomazia internazionale e invadendo giornali e teleschermi è la prova dell´impotenza dei governi nazionali di fronte a problemi ormai troppo più grandi di loro. Equivalente multinazionale del proverbiale "tavolo" che si invoca come panacea ai problemi di politica interna, il palcoscenico dei summit, vertici o sommet come vorrebbero definirli i francesi che ne inventarono l´edizione moderna nel 1975 a Rambouillet, serve, secondo il principio dell´assuefazione ai farmaci, sempre meno quanto più viene somministrato. La dose aumenta con lo scemare dell´efficacia. Proviamo a rispondere subito, senza pensare e senza toccare il computer, per verificare: dove si è svolto il più solenne e scenografico dei vertici internazionale, il G8 del 2008? (Risposta: Toyako, in Giappone). (segue nelle pagine successive) SEGUE A PAGINA 31

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COME le piaghe d'Egitto anche le piaghe di questa crisi economico-finanziaria global... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi COME le piaghe d'Egitto anche le piaghe di questa crisi economico-finanziaria globale sono dieci. Purtroppo però non sappiamo ancora se alla fine saremo liberati dalle costrizioni a cui ci ha portato il modello di sviluppo anglo-sassone.

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AVEVAMO tutti imparato che la crisi economica era partita dagli Stati Uniti, aveva infettato l'... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi AVEVAMO tutti imparato che la crisi economica era partita dagli Stati Uniti, aveva infettato l'Europa e l'Asia, e si era poi diffusa in tutto il mondo, devastando anche i Paesi più poveri. Credo che le cose stiano proprio così. Per questo motivo sono stato molto colpito dal fatto che i giornali e le televisioni degli Stati Uniti e della Gran Bretagna abbiano, nelle ultime settimane, dedicato uno spazio smisurato alle difficoltà dei Paesi dell'Europa Centro-Orientale. Il giudizio negativo nei confronti di questi Paesi è talmente forte da far pensare che essi, anche se non la causa della crisi, ne siano almeno attori principali, tanto da mettere a rischio l'economia dell'intera Unione Europea. È evidente che un'interpretazione di questo tipo può contribuire ad alleviare la tensione nell'opinione pubblica americana e, ancora di più, in alcuni Paesi europei come Gran Bretagna, Irlanda e Spagna, Paesi dove gli eccessi dei mercati immobiliari, uniti a spericolate operazioni finanziarie, avevano contribuito all'aggravamento della crisi. Mi sembra tuttavia opportuno chiarire come stiano davvero le cose, sottolineando il fatto che alcuni di questi Paesi sono messi davvero male (come la Lettonia e l'Ungheria), mentre altri, (come la Slovacchia, la Repubblica Ceca e la Polonia) navigano nella tempesta non certamente peggio dei Paesi della "vecchia Europa". Ed è ancora più importante sottolineare che quello che possiamo definire (anche se con linguaggio non scientifico) il "buco finanziario" di questi Paesi presi tutti insieme, non raggiunge la dimensione quantitativa del "buco" di una sola impresa americana, come il colosso assicurativo Aig. Quando, con titoli cubitali, si parla della crisi della Lettonia come fattore di rischio per tutta l'Europa, non ci si vuole rendere conto che l'intera economia di questo Paese ha una dimensione pari a quella di una medio-grande provincia italiana. Un po' diversa è la situazione dell'Ungheria ma, complessivamente, si tratta di cifre che possono essere messe in equilibrio con misure alla portata dell'Unione europea anche in questo periodo di grande difficoltà. Naturalmente questo intervento sarebbe più facile ed efficace se avessimo uno strumento a livello europeo come gli eurobonds o un altro strumento comune, capace di fare capire ai potenziali speculatori che non possono nemmeno pensare di assalire prima la Lettonia, poi l'Ungheria e (dopo aver creato un sufficiente panico) anche la Grecia e l'Irlanda, per arrivare magari fino alla Spagna e all'Italia. Allo stesso modo viene naturalmente ridimensionato anche il rischio delle banche svedesi, tedesche, italiane e francesi che hanno acquistato istituti bancari dell'Europa Centro-Orientale. L'impegno in questi Paesi costituisce infatti una parte non molto rilevante rispetto alla dimensione totale delle banche della "vecchia Europa". Il discorso fatto prima riguardo all'economia dei Paesi può estendersi quindi, con un legittimo parallelismo, agli equilibri finanziari delle banche. A questo proposito, è opportuno sottolineare a titolo di esempio, che il credito totale delle banche di tutti i Paesi dell'Europa Centro-Orientale, rappresenta poco più dell'80% delle banche del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo). Tali osservazioni non debbono spingerci a trascurare il problema, ma ci invitano semplicemente a valutarlo nella sua giusta dimensione quantitativa. E nel conto bisogna anche aggiungere il fatto che i Paesi dell'Europa Centro-Orientale hanno avuto negli scorsi anni un tasso di sviluppo molto forte e che , se non li abbandoniamo in questo periodo di crisi, manterranno probabilmente un forte ritmo di crescita anche per il futuro, una volta superata questa fase di emergenza. Nel prossimo fine settimana avremo di nuovo un vertice europeo. Mi auguro che questo problema venga affrontato con la consapevolezza di avere in mano tutti gli strumenti per risolverlo. Parlo naturalmente degli strumenti economici, perché sotto l'aspetto politico, l'Unione europea non sta certo offrendo l'esempio di sapere prendere le decisioni contro la crisi con la rapidità e la solidarietà che sono oggi necessarie. Il problema, allora, non è l'ipotesi di un crollo della Lettonia, ma solo la nostra incapacità di prendere decisioni. Se questo è lo stato delle cose, la crisi di un pur piccolo Paese non potrà che tradursi nel crollo della credibilità dell'intero sistema. Mi auguro perciò che i responsabili della politica europea siano coscienti della forza che insieme possono esercitare e mi auguro anche che la esercitino con la necessaria rapidità. In questo caso la solidarietà è anche conveniente.

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L'impegno in questi Paesi costituisce infatti una parte non molto rilevante rispetto al... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi di ROMANO PRODI L'impegno in questi Paesi costituisce infatti una parte non molto rilevante rispetto alla dimensione totale delle banche della "vecchia Europa". Il discorso fatto prima riguardo all'economia dei Paesi può estendersi quindi, con un legittimo parallelismo, agli equilibri finanziari delle banche. A questo proposito, è opportuno sottolineare a titolo di esempio, che il credito totale delle banche di tutti i Paesi dell'Europa Centro-Orientale, rappresenta poco più dell'80% delle banche del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo). Tali osservazioni non debbono spingerci a trascurare il problema, ma ci invitano semplicemente a valutarlo nella sua giusta dimensione quantitativa. E nel conto bisogna anche aggiungere il fatto che i Paesi dell'Europa Centro-Orientale hanno avuto negli scorsi anni un tasso di sviluppo molto forte e che , se non li abbandoniamo in questo periodo di crisi, manterranno probabilmente un forte ritmo di crescita anche per il futuro, una volta superata questa fase di emergenza. Nel prossimo fine settimana avremo di nuovo un vertice europeo. Mi auguro che questo problema venga affrontato con la consapevolezza di avere in mano tutti gli strumenti per risolverlo. Parlo naturalmente degli strumenti economici, perché sotto l'aspetto politico, l'Unione europea non sta certo offrendo l'esempio di sapere prendere le decisioni contro la crisi con la rapidità e la solidarietà che sono oggi necessarie. Il problema, allora, non è l'ipotesi di un crollo della Lettonia, ma solo la nostra incapacità di prendere decisioni. Se questo è lo stato delle cose, la crisi di un pur piccolo Paese non potrà che tradursi nel crollo della credibilità dell'intero sistema. Mi auguro perciò che i responsabili della politica europea siano coscienti della forza che insieme possono esercitare e mi auguro anche che la esercitino con la necessaria rapidità. In questo caso la solidarietà è anche conveniente.

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ROMA In settembre ottobre il problema era la liquidità, un problema finanziario,... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi di ROSSELLA LAMA ROMA «In settembre ottobre il problema era la liquidità, un problema finanziario, oggi il problema dei problemi è l'export, che si è piantato in tutti il mondo. Oggi i dati del commercio internazionale sono come dopo l'11 settembre, quando tutto si fermò». Al termine del vertice del G20 finanziario che si è tenuto ieri in Gran Bretagna, il ministro Giulio Tremonti fotografa questa allarmante situazione. La crisi finanziaria dell'estate scorsa ha dato l'innesco ad una crisi economica che sta colpendo trasversalmente il mondo intero. E che crea emergenze occupazionali come non se ne conoscevano negli ultimi anni. I ministri economici dei sette paesi industrializzati, e quelli delle maggiori economie emergenti, dalla Cina, alla Russia, al Brasile, all'India, al Sudafrica, si sono riuniti in Inghilterra per mettere a punto interventi che saranno deliberati dal vertice di Londra del 2 aprile, quando gli stessi venti paesi saranno rappresentati dai loro capi di Stato e di governo. E' un tavolo ampio quello del G20, intorno al quale siedono Stati che complessivamente rappresentano il 90% del prodotto mondiale. Nel comunicato diramato al termine del vertice, riassumendo i problemi sul tavolo e le strategie di risposta, i partecipanti sottolineano che il G20 «ha compiuto azioni decise, coordinate, ampie per rilanciare la domanda e l'occupazione, e siamo preparati a prendere qualunque misura necessaria fino a quando non ripartirà la crescita». Secondo il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che ha affiancato il ministro nella conferenza stampa con i giornalisti, gran parte delle discussioni si sono incentrate su come ricostruire la fiducia. E' un percorso che passa attraverso tre tappe fondamentali:«come ricostruire il sistema bancario, l'adozione di valori certi degli asset tossici nelle varie giurisdizioni, e infine cosa fare per evitare che la disoccupazione cresca ancora». «La nostra priorità- afferma il G20- è di affrontare le incertezze circa il valore degli asset tossici presenti nei bilanci delle banche, che stanno riducendo molto la capacità degli istituti di concedere credito». L'obiettivo è arrivare a definire «regole comuni» per gestire il problema. Intanto alle banche è rivolta la sollecitazione ad una «piena e trasparente» comunicazione sull'ammontare di questi titoli, anche in vista della possibilità che i governi se ne facciano carico, assumendone il rischio, ovviamente ad un «prezzo giusto». Da mesi ormai il Financial Stability Forum presieduto da Draghi, l'Fmi, e i vari vertici internazionali che si susseguono numerosissimi, e a geometrie variabili, pongono la necessità di definire regole comuni per le finanza e i controlli. Nella riunione è emerso un «ampio consenso per arrivare ad una cornice comune», ha detto il ministro del Tesoro Usa Timothy Geithner. Tremonti ha parlato di «grande armonia tra Europa e Usa», «con note diverse c'è una musica comune». «Il motore di ricerca verso standard di regole e principi è partito», ha insistito il ministro italiano, «è importante che sia cominciato, anche se non si sa quando questo finirà». Il percorso è lungo, lo ha confermato anche Draghi: «si tratta di cambiare ordinamenti con i quali conviviamo da molto tempo». Brasile, Russia, India e Cina hanno lanciato l'allarme contro «la minaccia sempre più reale di protezionismo», che va evitato sotto tutte le forme «per non rifare gli stessi errori della Grande Depressione degli anni '30». E nel comunicato finale i venti paesi partecipanti al vertice si sono impegnati «a combattere ogni forma di protezionismo».

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Il crollo dei prezzi degli immobili, rendendo impossibile per tanti americani la restituzione del mu... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi Il crollo dei prezzi degli immobili, rendendo impossibile per tanti americani la restituzione del mutuo, ha messo in crisi il sistema del credito statunitense. Grandi colossi finanziari come Fannie Mae, Freddie Mac, Lehman Brothers, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley hanno chiuso o hanno chiesto l'aiuto pubblico. Nel 2009 ben tredici banche sono fallite.

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dal nostro inviato CERNOBBIO - L'avvento dei Prefetti previsto dai Tremonti ... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

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Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi ROSARIO DIMITOdal nostro inviato CERNOBBIO - L'avvento dei Prefetti previsto dai Tremonti bond per controllare gli impieghi delle banche «non mi sembra una decisione in nessun modo saggia». Corrado Passera alza il tiro contro l'Osservatorio sul credito voluto dal ministro Giulio Tremonti per tenere sotto stretta vigilanza i prestiti degli istituti, schierandosi al fianco di Mario Draghi. E il giorno dopo averli definiti da Palermo «una picconata un pò eccessiva a Bankitalia», il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, dal Forum di Confcommercio sui protagonisti del mercato del 2000, dà voce al malcontento diffuso tra i banchieri. Cogliendo anche l'occasione per sferrare tre stoccate a Tremonti, dai toni insolitamente forti per lui, banchiere per il Paese. «Se questa sarà la decisione», ha puntualizzato Passera interpellato al suo arrivo sulle rive del Lago di Como, una terra a lui famigliare, «tutte le banche daranno la massima collaborazione, ma mi si lasci dire, che c'entrano i prefetti?». Parole pungenti perchè vanno a colpire al cuore la posizione del ministro del Tesoro che invece, richiamandosi alla Costituzione, ritiene che lo Stato debba controllare il credito. Per il banchiere milanese invece, «il controllo e la verifica del credito potrebbero dare disagi ai Prefetti e alle aziende che lo chiedono». Un ulteriore passaggio che rischia di burocratizzare ancora di più il processo del credito, «un settore già molto vigilato perchè oltre a Bankitalia, ci sono altre quattro Authority: Consob, Covip, Isvap e Antitrust». I Tremonti bond sono sulla rampa di lancio: il protocollo fra Abi e Ministero cui è subordinata la sottoscrizione degli strumenti finanziari è definito, manca solo la firma di Tremonti. Le banche sono pronte: il Banco Popolare ha fatto da apripista depositando lunedì scorso la domanda. Unicredit riunisce il cda martedì 17 e oltre al bilancio 2008, dovrebbe dare mandato ad Alessandro Profumo di richiedere 2,5-3 miliardi in Austra, e un miliardo in Italia. Anche Intesa, come ha rivelato Passera, si muoverà sulla scia. «Credo di sì» ha risposto alla domanda se venerdì 20 il consiglio di gestione, a parte i conti, prenderà una decisione che subito dopo dovrebbe essere autorizzata dal consiglio di sorveglianza già convocato. La proposta: fino a 4 miliardi. «Credo che i Tremonti bond ora siano un'operazione a condizioni di mercato, quindi non a buon mercato che possano eliminare le distorsioni competitive». Per «noi sono uno strumento da utilizzare in questo momento di crisi e da restituire nel più breve tempo possibile». Parlando alla platea, il banchiere ha detto che «i prossimi mesi saranno i peggiori, da cui ricominciare. Dobbiamo prepararci a una crisi complessa da cui usciremo soltanto se tutti insieme lavoreremo: prima di tutto la politica, che deve dare regole giuste e giusti incentivi ad agire, il modo dell'industria, dell'economia, del credito». Intesa sta facendo già la sua parte: «ad oggi abbiamo un accordato di affidamenti a imprese e famiglie per oltre 500 miliardi, una cifra non lontana da un terzo del pil: di questi sono utilizzati circa 380 miliardi, di cui oltre 300 per le imprese, anche le medio-piccole. Le erogazioni crescono anche in questi primi mesi dell'anno». E fiero della solidità delle banche italiane, col moderatore Alberto Quadrio Curzio che lo stuzzica attribuendone il merito alla visione di Tremonti («i banchieri italiani non parlano inglese»), Passera è tranchant: «Mi fa male e fanno male al Paese sentire quei politici secondo cui in Italia non ci sono emergenze nelle banche perchè non parliamo inglese: queste parole contribuiscono a dare una visione un pò macchiettistica dell'Italia». Infine Passera rintuzza il ministro che ha proposto di trasferire la Vigilanza sulle banche alla Bce: «Se si vuole parlare seriamente di vigilanza a livello europeo bisogna prima mettere insieme le norme. Se ci sono 27 sistemi normativi diversi non è neanche immaginabile di unificare la vigilanza".

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dal nostro inviato CERNOBBIO - Porsche sfida la grande crisi finanzia... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

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Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi ROSARIO DIMITOdal nostro inviato CERNOBBIO - Porsche sfida la grande crisi finanziaria che ha frenato anche l'auto e prova ad accelerare per prendere la guida della Volkswagen (Vw) e dei marchi collegati come Audi e Bentley. La casa delle supersportive di lusso tedesche, grazie all'appoggio determinante di un pool di grandi banche internazionali, secondo quanto ricostruito da Il Messaggero, punta a salire dal 50,76 al 75% del primo produttore di automobile d'Europa. Creando le premesse per la fusione del secolo nel campo delle quattro ruote, interrotta alla fine di novembre 2008 proprio a causa dell'esplosione della tempesta economica. Nei giorni scorsi Barclays bank, capofila di un pool di istituti sopratutto europei, avrebbe deciso di aumentare da 10 a 12,5 miliardi una linea di credito concessa circa due anni fa a Porsche Automobiles holding, finalizzata all'acquisizione di un 21,94%% del capitale di Vw che potrebbe portare la partecipazione a quella soglia dei 3/4 del capitale in modo da poter esercitare il controllo pieno. A condizione però che il contenzioso in corso da tempo con la Ue che garantisce un potero di blocco nelle assemblee al Land della Bassa Sassonia, si risolva in modo favorevole. Il piano prevede che il gruppo produttore delle Ferrari tedesche rilevi il 2,3% di Volkswagen dalla famiglia Porsche che supporta l'acquisizione. Ed eserciti opzioni di tipo americane su un'altra quota del 21,94% che permetterebbe di salire al controllo pieno per gestire Vw, intervenire nelle decisioni del management, sulle politiche del dividendo e di investimento visto che il maggior produttore di auto europeo dispone di 15 miliardi di liquidità. L'esercizio delle opzioni che garantisce un prezzo fissato a 70 euro per azione, è condizionato al disco verde di Bruxelles. Il prezzo della transazione si aggira sui 4,5 miliardi dei quali 2 sarebbe attinti dalla cassa della Porsche e 2,5 miliardi dall'ampliamento della linea di credito delle banche. Il finanziamento già deliberato per 12,5 miliardi prevede infatti, che 10 servano per rifinanziare il prestito già concesso e che scadrà il 25 marzo e gli ulteriori 2,5 per salire al volante di Vw. Il nuovo finanziamento sarebbe suddiviso in due tranche da 7,5 miliardi con scadenza 2011 e da 5 miliardi al 2010.

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dal nostro corrispondente NEW YORK - Un incontro cordiale destinato ad ap... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi ANNA GUAITAdal nostro corrispondente NEW YORK - Un incontro cordiale destinato ad aprire una nuova stagione nei rapporti fra Stati Uniti e America Latina. La visita del presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva alla Casa Bianca doveva servire a mettere sul tavolo una serie di problemi - dalla nuove fonti di energia, ai regolamenti finanziari da adottare per uscire dalla crisi - ma è andata oltre: fra Lula e Obama è nata una reciproca simpatia. Il brasiliano si è lasciato sfuggire una significativa confessione: «Prego più per lui che per me stesso. Che peso porta sulle spalle!» Obama, ridendo gli ha risposto: «Ovviamente mia moglie ti ha parlato!» Lula è venuto negli Usa come ambasciatore dell'America Latina per avviare un dialogo diverso da quello che negli ultimi otto anni ha inchiodato nord e sud esclusivamente sul narcotraffico. Deciso a presentare il suo Paese come interlocutore internazionale di alto livello, ha avuto la soddisfazione di sentire il vicesegretario di Stato Thomas Shannon confermare che l'invito alla Casa Bianca era «un riconoscimento dell'ascesa del Brasile nel mondo». I due uomini di Stato hanno dunque discusso delle fonti di energia alternativa, e in particolare dei biocarburanti, che Lula ha definito «un'alternativa straordinaria». Hanno anche convenuto sulla necessità di riaprire il negoziato sul commercio mondiale (Doha round), e sul bisogno di lavorare di concerto sia per il G20 del 2 aprile a Londra che per il Summit delle Americhe il 17 aprile a Trinidad: «Bisogna restaurare la credibilità del sistema finanziario, tornare a far fluire il credito, e facilitare il commercio» ha detto Lula. E Obama ha risposto a chi nei giorni scorsi, il governo cinese in particolare, aveva espresso preoccupazione per l'economia Usa: «Potete avere assoluta fiducia nell'economia americana» ha detto, aggiungendo che al G20 sarà necessario adottare «misure comuni». Lula ha portato anche un messaggio di apertura da parte di Hugo Chavez, il discusso presidente del Venezuela. Per l'appunto la visita è stata preceduta dalle dichiarazioni del comandante delle forze aeree russe, il generale Anatoli Zhikharev, che ha detto che Chavez aveva offerto la disponibilità di un'isola per lo stazionamento temporaneo dei bombardieri russi e che per tale possibilità non veniva esclusa nemmeno Cuba. La proposta causa preoccupazione negli Usa, e non faciliterà i rapporti fra Obama e Chavez.

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L'ex artificiere delle cosche superlatitante allo Stadera La vita in fuga del boss evaso (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Cronaca di Milano - data: 2009-03-15 num: - pag: 6 categoria: REDAZIONALE Arrestato L'uomo è stato uno dei protagonisti della criminalità milanese e del maxiprocesso alla 'ndrangheta degli anni 80 L'ex artificiere delle cosche superlatitante allo Stadera La vita in fuga del boss evaso Viveva sotto falso nome, nascosto da una rete di protezioni Arrestato dai carabinieri dopo quattro mesi di indagini. «Non parlava al telefono, qualcuno gli pagava i conti» Un amico gli ha ceduto la sua identità. è diventato il signor Esposito. Foto scambiata sul documento: così, dal giorno in cui non è rientrato a San Vittore, il 27 settembre 2008, ha provato a cancellare il suo vero nome, Dino Duchini. Un nome pesante, perché è scritto nella storia della grande criminalità milanese; nella cronaca delle sparatorie e del traffico di droga tra anni Ottanta e Novanta. Quando la 'ndrangheta comandava Milano con le armi e la dinamite. E lui, delle cosche, era l'artificiere di fiducia. Venne arrestato e condannato. Fine pena: 2020. Con l'«evasione» dal regime di semilibertà, l'anno scorso, aveva deciso di regalarsi dodici anni fuori. I carabinieri sono andati a riprenderlo dopo quattro mesi di indagini, viveva in via Stadera, ai militari ha detto: «Sì, sono io, alla fine ce l'avete fatta ». Quella di Dino Duchini, 48 anni, è una storia che mette insieme i nomi storici dei boss calabresi, l'ascesa degli uomini che a Corsico avevano creato «la nuova Platì» e avevano deciso di prendersi Milano, e poi il maxiprocesso Nord-Sud, la vita dentro San Vittore, dove nascono la speranza di rifarsi una vita, l'amore e l'amicizia. Alla fine però ha vinto la tentazione di evadere, e Duchini si è ributtato nel ventre di Milano sperando che la città potesse ridargli l'anonimato e nasconderlo per sempre. Come quando era un ragazzo, prima del suo arresto, che somiglia alla sceneggiatura di un film. 1992: si pente Assunto Morabito, fratello del boss Saverio, che ha già iniziato a svelare la storia delle cosche. L'artificiere della 'ndrangheta è un super ricercato. Assunto Morabito dimostra la sua disponibilità a collaborare partecipando come «infiltrato». «Di armi Duchini ne possedeva moltissime — spiegò — e ne acquistava in continuazione». Per incastrarlo, Morabito gli chiede dell'esplosivo per far saltare in aria un negozio. è una rappresaglia. Una sera si presenta in un appartamento in viale San Gimignano 4 per ritirare la bomba. Il pentito prende l'esplosivo e lo fa ritrovare agli agenti dell'antimafia in un'auto abbandonata a Corsico. Poche ore dopo Duchini viene arrestato. Negli anni successivi è stato condannato per tentato omicidio, armi e traffico internazionale di droga insieme alle cosche Sergi e Papalia. In carcere però ha iniziato un percorso nuovo: diploma in ragioneria, l'iscrizione all'Università Statale (filosofia), l'impegno alla guida di Ecolab, una delle storiche cooperative di lavoro all'interno di San Vittore. Anche grazie a questo impegno, ha ottenuto la semilibertà. Fino al giorno in cui ha deciso di non rientrare in carcere. Dal settembre scorso il fascicolo Duchini, evaso e latitante, è finito negli uffici del Nucleo investigativo dei carabinieri, sezione «Catturandi». Gli investigatori guidati dal capitano Fabio Faggioli hanno iniziato a seguire le sue tracce. Fili sottili: Duchini era diventato Esposito, non parlava al telefono, qualcuno gli saldava i conti nei negozi, con i documenti aveva comprato una Passat station wagon, viveva in affitto in via Stadera. L'arresto risale a fine gennaio, il tempo trascorso fino a oggi è servito a completare le indagini: 3 denunciati per favoreggiamento, più l'amica che lo aiutava, Paola Mazzoni, condannata per droga, anche lei «beneficiaria di misura alternativa al carcere ». Si erano conosciuti a San Vittore, lei lavorava al laboratorio dei costumi. Qualche anno fa la donna ha spiegato a una giornalista di Panorama: «La galera amplifica il dolore, ma anche l'amicizia e l'amore». Gianni Santucci

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<Milano ha bisogno di luce Tetti di cristallo e meno muri > (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Cronaca di Milano - data: 2009-03-15 num: - pag: 5 categoria: REDAZIONALE Gli architetti «Milano ha bisogno di luce Tetti di cristallo e meno muri » Le vie d'acqua e i nuovi parchi che nasceranno: i progetti dell'Expo per combattere lo stress. Gli architetti lo sostengono da sempre: le forme, le luci, gli spazi, l'estetica della città sono tutti elementi importanti per il benessere psicofisico dei loro abitanti. «Milano è una città molto compressa, le vie sono piccole, rispetto a Roma o Parigi», spiega l'architetto Angelo Cortesi: «Con bellissimi giardini e sontuosi cortili che non affacciano sulla strada ma sono racchiusi all'interno degli edifici». Un volto triste, insomma. Prendiamo la luce: «Dalla prima crisi petrolifera Milano ha abbassato il livello dell'illuminazione stradale e la poca luce favorisce tristezza e depressione. E poi Milano è fatta di tanto muro e poche finestre. La sera lo spazio visibile della città è unicamente quello dello scarsa illuminazione stradale con qualche rimando dai negozi. La percezione notturna per il passante è quella di una città fatta di edifici dell'altezza massima di un piano e mezzo». Ci sono anche esempi postivi, dice Cortesi: il quadrilatero della moda o la grande quantità di viali alberati, oppure ancora il Salone del Mobile con eventi in quasi tutti i negozi della zona. Piccole idee per combattere lo stress con l'architettura. «Un progetto che ho chiamato "i tetti di cristallo" », spiega Cortesi. «L'idea è che tutti i tetti di Milano siano resi abitabili, cosa che di fatto già prevede la legge regionale. A condizione però che siano realizzati in vetro, come delle grandi serre che racchiudano il profilo della città. Durante il giorno i tetti assumerebbero i colori del cielo. Di sera, con le luci delle abitazioni, andrebbero a creare una corona luminosa ». E poi i pali della luce. «Con una forte illuminazione orientata verso il basso, con dei piani d'appoggio e con delle protezioni dalla pioggia alcuni potrebbero diventare anche dei veri punti d'incontro e di ritrovo». A.Se. La struttura «Molte vie sono strette e con giardini chiusi all'interno degli edifici»

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L'ALTERNATIVA CHE NON C'E' (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2009-03-15 num: - pag: 1 autore: di FRANCESCO GIAVAZZI categoria: REDAZIONALE CAPITALISMO E CRISI L'ALTERNATIVA CHE NON C'E' R icordate i mesi successivi all'11 settembre 2001? Molti si erano convinti che si fosse chiusa una fase storica — era iniziata a Vienna nel 1683 con la sconfitta dell'impero Ottomano — che aveva consentito all'Occidente di esercitare per tre secoli la propria egemonia sul mondo. Pensavano che quell'egemonia fosse in pericolo, forse era finita per sempre. Preoccupazioni oggi in gran parte dimenticate: non perché il problema dei rapporti fra l'Occidente e l'Islam non sia reale, ma perché lo è ora così come lo era prima dell'11 settembre. Qualcosa di simile accade oggi. Uno straordinario paragrafo del Capitale di Karl Marx — in cui il filosofo tedesco prevede (nel 1867) che i debiti dei lavoratori avrebbero fatto fallire le banche, determinando il passaggio dall'economia capitalista al comunismo — viene richiamato per argomentare che il capitalismo è finito. «L'apertura dei mercati conteneva le radici della propria distruzione», ha scritto Martin Wolf sul Financial Times. «L'epoca della liberalizzazione finanziaria è finita, ma, come negli anni Trenta, non disponiamo di alternative credibili». Il ministro Giulio Tremonti cerca di immaginarle, prefigurando l'abbandono di un sistema fondato sulle leggi dell'economia e sui prezzi di mercato e la sua sostituzione con uno fondato sul diritto, sul conto patrimoniale e sui controlli giurisdizionali e amministrativi. Il mio sommesso parere è che si tratti di discussioni sterili, che probabilmente faranno la fine dei dibattiti sul declino dell'Occidente, e soprattutto pericolose. Che cosa dovrebbe fare un imprenditore che si lasciasse sedurre da simili visioni? Combattere per far sopravvivere la sua azienda, magari investendovi i profitti accumulati in decenni di lavoro? Se si convince che nel nuovo mondo vi sarà più Stato e meno mercato, meno concorrenza, maggiori ostacoli alle esportazioni, chiude tutto e si ritira in campagna. Alcuni anni fa le riflessioni sul futuro dell'Occidente erano al centro del dibattito anche negli Stati Uniti; oggi invece la domanda se il capitalismo sopravvivrà affascina gli europei ma non gli americani. E non perché negli Usa non ci si renda conto che la crisi ha evidenziato gravi carenze nel funzionamento e nella regolamentazione dei mercati finanziari. Ma, a differenza dell'Europa, gli americani (o almeno la maggior parte di essi) pensano che le regole fossero cattive non perché vi sia qualcosa di sbagliato nel capitalismo, ma semplicemente perché si era consentita troppa (non troppo poca) vicinanza fra politica ed economia. E quindi sono comprensibilmente scettici di fronte a chi propone di affidare alla politica la guida dell'economia (è interessante a questo proposito il dibattito sulla nazionalizzazione delle banche dove il punto centrale, cui nessuno in Europa mai accenna, è come evitare che i risparmiatori che posseggono azioni delle banche vengano espropriati). Vi è anche una percezione molto diversa delle priorità. Gli europei possono permettersi di giocare a Monopoli con il futuro del capitalismo — e guardare altrove indispettiti quando i nostri vicini dell'Europa centrale chiedono di essere aiutati ad evitare il collasso economico e politico — perché tanto a salvare Polonia, Ucraina e Lettonia ci pensa il Fondo monetario internazionale. E quale è l'unico Paese che sinora ha dato al Fondo le risorse per farlo? Il Giappone, che non è esattamente confinante con l'Ucraina.

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Berlusconi chiama: vediamoci (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-15 num: - pag: 3 categoria: REDAZIONALE La telefonata Palazzo Chigi pensa di utilizzare il fondo da nove miliardi per «interventi urgenti» Berlusconi chiama: vediamoci Martedì l'incontro tra il premier e la leader degli industriali Il presidente del Consiglio in settimana incontrerà anche artigiani e commercianti ROMA — Cinque, dieci minuti di telefonata. Più che cordiale la definiscono da entrambe le parti, sia a Palazzo Chigi che nello staff della Marcegaglia. I due si danno da tempo del tu. Di certo il presidente del Consiglio non è rimasto indifferente all'appello, nemmeno troppo diplomatico, del presidente di Confindustria. Ma per Berlusconi «la Emma», come la chiama, ha fatto un passo comunque nello spirito giusto, che è quello della collaborazione fra imprese e governo. Non appena ha letto le agenzie di stampa che battevano le parole di Emma Marcegaglia, il Cavaliere ha chiesto che il presidente di Confindustria venisse contattato. La telefonata è servita per uno scambio di idee sulla richiesta di aiuto degli industriali e per concordare un incontro martedì prossimo, nel pomeriggio. Per il premier disponibilità massima anche a vedersi domani, se non fosse che è già programmata una visita di Stato in Montenegro, che lo vedrà rientrare a Roma solo in nottata. Nel corso della conversazione, almeno secondo la ricostruzione di Palazzo Chigi, si è parlato di quello che può fare il governo, immediatamente, a favore delle piccole e medie imprese. Il fondo appena costituito presso la presidenza del Consiglio, nove miliardi di euro, è stato definito apposta, alcuni giorni fa, per dare «priorità a finanziamenti urgenti» — rimarcano a Palazzo Chigi — che fronteggino la crisi economica. Parte dei soldi che il governo potrebbe mettere in campo sono dunque pronti e ad ascoltare lo staff del Cavaliere c'è la massima disponibilità a destinarli per interventi che aiutino il tessuto imprenditoriale italiano che ha problemi con il credito, difficoltà a reperire risorse per ristrutturare i debiti, rapporti momentaneamente difficili con le banche. Occorre soltanto studiare insieme le formule; ma su questo sia Berlusconi che Tremonti, almeno così dicono nel governo, non aspettano altro che progetti concreti e suggerimenti da condividere. In settimana, dentro questa cornice, il governo incontrerà non solo Confindustria, ma anche Confartigianato e Confcommercio. Oggi Berlusconi sarà a Cernobbio al tradizionale appuntamento annuale dell' associazione dei commercianti. Insomma il governo è aperto ad ascoltare ed eventualmente assecondare le richieste che arriveranno dal mondo produttivo, quello che «non possiamo fare è andare dietro alla demagogia delle proposte del Pd». Ieri Berlusconi è intervenuto telefonicamente, nel pomeriggio, all'assemblea dei Riformatori di Benedetto Della Vedova. «Sono convinto — ha detto — che una situazione straordinaria necessiti anche dell'utilizzo di strumenti straordinari. Non ho dubbi che se ne esce solo rafforzando e in parte bonificando il funzionamento del mercato che deve essere uno strumento per distribuire ricchezza». Rivolto a una platea che una cultura radicale il Cavaliere ha aggiunto: «Voi non avete nascosto la vostra diffidenza nei confronti della pretesa di rispondere ai problemi economici, anche quelli legati all'attuale crisi globale, semplicemente ampliando i poteri di intervento e di regolazione delle istituzioni pubbliche. Anch'io sono convinto che la situazione in cui versa il quadro economico e finanziario globale necessiti di strumenti straordinari ai quali non sarebbe opportuno e assolutamente pensabile e utile ricorrere in situazioni normali. Perché il mercato è e deve rimanere il solo strumento adeguato alla creazione e diffusione di ricchezza e all'affermazione di un ideale concreto di uguaglianza nel campo economico ». Marco Galluzzo

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Obama incontra Lula Le due Americhe insieme contro la crisi (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Obama incontra Lula Le due Americhe insieme contro la crisi ROBERTO REZZO Crisi economica, energia e ambiente gli argomenti centrali dell'agenda ufficiale dei colloqui. Una sorta di incontro preparatorio in vista dei lavori del prossimo G20 convocato il 2 aprile a Londra. Sono gli stessi temi che Obama aveva affrontato venerdì Obama in un colloquio telefonico di 35 minuti con la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner. Il vertice economico allargato prevede anche la partecipazione dell'Argentina. LE PAURE DEI CINESI E ieri il presidente americano si è trovato nell'imbarazzante situazione di dover rassicurare la comunità internazionale circa la solvibilità del Tesoro, dopo l'improvvisa richiesta di garanzie sul debito da parte del governo cinese. Le dichiarazioni da Pechino del premier Wen Jiabao hanno segnalato senza mezzi termini il timore che i Bond Usa possano trasformarsi in junk bond: titoli spazzatura. «Voglio mettere in chiaro che il credito agli Stati Uniti resta la forma d'investimento più sicura al mondo - sono state le parole di Obama - Stiamo intraprendendo tutte le azioni necessarie per contrastare la crisi e sono certo che ne usciremo». In questo contesto la ricerca di una linea d'azione comune con il Brasile, nona economia mondiale, una delle poche nazioni ad avere raggiunto l'indipendenza energetica, con un'economia che sinora si è mantenuta al riparo dalla recessione, acquista particolare importanza. Ma fonti diplomatiche spiegano che la portata dell'incontro - definito «estremamente proficuo e cordiale» - è in realtà molto più ampia. Si è trattato del primo passo verso quella svolta nelle relazioni tra Usa e i Paesi latino americani che Obama aveva annunciate dai tempi della campagna elettorale. A porte chiuse nello Studio Ovale, Lula si è fatto relatore di un messaggio di pacificazione da parte del presidente Hugo Chavez, dopo il ritiro dei rispettivi ambasciatori a Washington e Caracas. L'amministrazione Obama aveva preparato il terreno la scorsa settimana con l'allentamento dell'embargo pluridecennale nei confronti di Cuba. Un gesto che secondo gli addetti ai lavori preclude alla normalizzazione delle relazioni dai tempi della rivoluzione castrista. «Tutti ci rendiamo conto che il vento è cambiato negli Stati Uniti - erano state le parole di Lula prima dell'imbarco da San Paulo - La nuova amministrazione ha dimostrato di capire che in America latina ci sono governi democratici, economie in crescita. Hanno smesso di guardarci come un problema di narcotrafficanti o di criminalità organizzata». PROBLEMI DI CREDITO «Il problema principale in questo momento è il credito - ha sottolineato Lula al termine dell'incontro alla Casa Bianca - Non girano soldi e le imprese sono a secco di finanziamenti. Non si tratta di innescare un giro di prestiti fra Stati, bisogna trovare il modo di immettere liquidità nel sistema finanziario internazionale. Sono convinto che ci siano tutti i presupposti per arrivare a una soluzione durante il prossimo G20 finanziario». Nord chiama Sud. Obama ha ricevuto ieri alla Casa Bianca il presidente brasiliano Lula. È il primo leader latino americano ad arrivare in visita ufficiale a Washington dall'inizio della nuova amministrazione.

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<I politici siano orgogliosi delle banche italiane> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-15 num: - pag: 6 categoria: REDAZIONALE «I politici siano orgogliosi delle banche italiane» Passera: sì ai Tremonti Bond. Va riattivata la fiducia Brunetta: i soldi non si stampano. Bonanni (Cisl): affianchiamo ai prefetti dei funzionari di Bankitalia DA UNO DEI NOSTRI INVIATI CERNOBBIO (Como) — «E Santa Madonna, ma se c'è qualcosa che funziona in questo Paese diciamolo!». Ce l'ha con la politica, Corrado Passera. E non accetta quello che a lui pare solo un gioco al massacro. «Delle nostre banche i politici italiani dovrebbero essere non solo soddisfatti, ma orgogliosi. E invece vanno in giro a dire che in questa crisi abbiamo fatto bene solo perché non parliamo l'inglese! » esclama l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo. «Queste sono cose che mi fanno male, ma fanno male a tutto il Paese — incalza il banchiere parlando alla Confcommercio a Cernobbio — perché diamo al mondo una visione da macchietta dell'Italia. Ma perché non diciamo, piuttosto, che la Banca Mondiale ha preso dalla nostra banca il suo nuovo direttore finanziario? Sono piccole cose, ma importanti». Dalla crisi «si può uscire solo lavorando tutti insieme» facendo squadra e sistema, insiste Passera, chiedendo maggior collaborazione a un governo che, invece, propone «misure demagogiche e senza sostanza», come l'idea di far controllare ai prefetti l'erogazione del credito alle imprese. O quella di proporre i Tremonti Bond, come era stato prospettato all'inizio, a «condizioni economiche non fattibili». Lavorando, appoggiati anche dalla Ue, adesso «anche quelle obbligazioni possono essere prese in considerazione» e Intesa Sanpaolo probabilmente le sfrutterà. Resta il fatto che «l'obiettivo della politica deve essere quello di riattivare la fiducia e la crescita ». «Se è in buona fede», aggiunge Passera, mentre il ministro Renato Brunetta, arrivato in anticipo a Cernobbio, cerca di stemperare gli animi. «Nessuno penso che debba aver paura della trasparenza, di dire dove sono i problemi e di trovare una soluzione. Se questo si può fare anche con le istituzioni dello Stato, mi dico perché no? Nessuno si deve sentire offeso» dice Brunetta, mentre il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, invita le banche a «non arroccarsi su posizioni egoistiche» e sottolinea alla Confcommercio che «tutte le iniziative prese dal governo contro la crisi vanno nella direzione del sostegno ai consumi che chiedete ». «Davvero, non c'è alcun conflitto, dobbiamo solo dialogare, con chiarezza e trasparenza» insiste Brunetta, ricordando a tutti quelli che sollecitano al governo iniziative più incisive che «i soldi non si stampano». L'opposizione, con Massimo D'Alema che contesta a Berlusconi di aver fatto finora «solo propaganda», pretende però dall'esecutivo molto di più. E uno sforzo maggiore lo chiede anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. Pronto anche lui a stemperare («affianchiamo ai prefetti i funzionari di Bankitalia», dice) e a fare patti e accordi con le imprese e i commercianti pure sulla lotta all'evasione («studi di settore più consoni, ma anche il ripristino della tracciabilità dei pagamenti »). «Dobbiamo dare una mano non a chi si sveglia la mattina con l'idea di colpire qualcuno, ma ai politici di buona volontà, nella maggioranza e nell' opposizione — dice Bonanni — perché ho paura che altrimenti non ce la facciano». Mario Sensini

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<L'aumento per Endesa pagherà> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-15 num: - pag: 30 categoria: REDAZIONALE «L'aumento per Endesa pagherà» Conti (Enel): la ricapitalizzazione non era prevista, ma il mondo è cambiato L'Enel chiede 8 miliardi ai soci per ridurre i debiti finanziari che, al netto della liquidità e dopo l'acquisizione dell'ultimo 25% di Endesa, sono saliti a 61 miliardi. L'aumento di capitale non era stato previsto dall'amministratore delegato, Fulvio Conti, quando, nel marzo 2007, l'ex monopolio italiano dell'elettricità aveva acquisito il primo 67% dell'omologo spagnolo Endesa. Due anni dopo è diventato una necessità. Dottor Conti, lei aveva promesso un Enel multinazionale confermando il dividendo, investendo 45 miliardi nel quinquennio e senza chiedere soldi agli azionisti. Perché cambia? «è cambiato il mondo. Fino a pochi mesi fa, l'Enel era considerata solida e performante pur con un ampio ricorso al debito, il cui costo era inferiore al costo del capitale di rischio, oggi bisogna reagire rapidamente ai cambiamenti». Oggi? E perché non sei mesi fa, dopo il fallimento Lehman, o prima ancora? «Fino a 2-3 mesi fa le agenzie di rating ci confermavano la singola A considerando i flussi di cassa e la loro stabilità. Poi hanno ristretto i parametri di valutazione… ». Come dare ancora credito ad agenzie di rating e analisti, che non si accorgono di Enron, Parmalat, Lehman, senza danni per le scelte imprenditoriali? «Due anni fa gli analisti sostenevano che eravamo troppo poco indebitati, adesso dicono il contrario. L'Enel rispetta tutte le opinioni, ma decide di testa sua per confermare gli obiettivi di fondo: consolidare le acquisizioni, migliorare i risultati, mantenere la stabilità finanziaria». Resta che l'aumento di capitale deriva dal timore di un declassamento del rating. Ma quanto vi sarebbe costato scendere dalla singola A alla tripla B? «Lo 0,2% in media sui debiti esistenti e lo 0,5% sul loro rifinanziamento. Ma non è questo il punto. Vede, anche sui credit default swaps si può discutere, ma i mercati finanziari su questi giudizi si regolano non solo per le emissioni private ma anche per i titoli del debito pubblico. E noi vogliamo che l'Enel resti nell'élite mondiale della solidità per conservare attrattività e rassicurare una compagine azionaria di 1,7 milioni di soci, la più vasta d'Europa». Oggi l'Enel paga 3 miliardi di dividendi contro 22 di capitalizzazione di Borsa. Nel 2010, ad aumento sottoscritto, ne pagherà per il 60% dell'utile, ovvero per 2,4 miliardi, contro una capitalizzazione teorica di 30. «Ma ha visto quante società il dividendo lo stanno addirittura cancellando? Dopo alcuni giorni di incertezza, i mercati possono capire che l'Enel si rafforza per preparare le vele al vento della ripresa». Quanto vi è costata la Robin Hood Tax? «290 milioni di euro». Eppure nel 2008 avete iscritto a bilancio solo 585 milioni di imposte contro i 2 miliardi degli esercizi precedenti. «La legge finanziaria 2008 ci ha consentito di rilasciare imposte differite su talune immobilizzazioni materiali per 3,3 miliardi contro il pagamento, diluito in 3 anni, di un'imposta sostitutiva di 1,5 miliardi. L'effetto contabile, detratta la Robin Tax, è positivo per 1,5 miliardi sul conto economico, ma per cassa abbiamo pagato nel 2008 circa 2,3 miliardi di imposte senza contare i 900 milioni di dividendi». Il governo consente ora di ammortizzare anche gli avviamenti previa imposta sostitutiva del 16%. L'Enel ne approfitterà? «Non credo. I nostri avviamenti sono allocati su partecipazioni estere». Avete 25 miliardi di attività immateriali e un patrimonio netto di 26. La tedesca Eon svaluta l'avviamento sulle centrali italiane ex Endesa e sulle americane. E voi? «Noi non svaluteremo. Dei 25 miliardi di intangibili che abbiamo a libro, 16 sono avviamenti, dei quali 12 relativi a Endesa. Il resto è stato allocato sugli asset materiali». Ma Endesa l'avete pagata 40 miliardi e oggi vale la metà. «La capitalizzazione di Borsa non riflette la generazione di cassa. Endesa dà un margine operativo lordo di 7 miliardi l'anno e questo giustifica il prezzo». Vi ispirerete allora ai Benetton? In Spagna si ammortizzano gli avviamenti derivanti dall'incorporazione di società estere. Abertis assorbiva Autostrade per risparmiare un miliardo… «Le politiche di ottimizzazione fiscale non hanno copyright. Enel opererà per lo sviluppo di una grande azienda spagnola com'è Endesa, nel rispetto delle regole di quel Paese». Tagliate investimenti per 12 miliardi. Si espande l'azienda e si contrae la base produttiva futura? «Intanto, da qui al 2013, investiremo comunque 32 miliardi. Poi, la riduzione degli investimenti industriali è solo di 8 miliardi, dei quali nemmeno 2 in Italia in cinque anni. La differenza è data da acquisizioni che Endesa avrebbe potuto fare e che ora non sono più necessarie. Gli investimenti sono stati ritarati alla luce del rallentamento dei consumi». Ma l'Italia continua a importare il 15-20% di elettricità. «Con meno veti queste importazioni sarebbero inferiori, perché avremmo già in funzione impianti come Porto Tolle a carbone pulito ed eviteremmo di importare energia nucleare da Francia e Svizzera». Come farete a capeggiare il ritorno al nucleare in Italia senza poter investire di più? «Questione di date. Per il nucleare, se arriveranno le autorizzazioni, si comincerà a spendere dopo la conclusione dell'attuale piano, ossia dopo il 2013». Con il barile a 40 dollari il nucleare non è più competitivo. «Le centrali nucleari durano 60 anni e in tempi così lunghi le oscillazioni delle materie prime si compensano e restano i vantaggi della diversificazione ». Ma che senso ha l'Enel multinazionale? «L'Enel ha competenze industriali e capacità di attrarre risorse finanziarie tali da consentirle uno sviluppo globale. L'industria elettrica si va concentrando in alcune macroregioni su scala mondiale. L'Enel è presente in 3 di queste: Europa continentale alla quale, in prospettiva, si aggiungerà la Russia, Sudamerica e Nord America, in quest'ultima limitatamente alle rinnovabili… ». Che Obama incentiverà. «Appunto. All'interno delle macroregioni sono possibili forti sinergie. Con Endesa ne avremo per un miliardo di euro, a partire dagli acquisti di materie prime allo scambio di tecnologie…». Chiuderete il quartier generale di Madrid, per risparmiare ancora un po'? «No. Enel preserverà l'identità aziendale e nazionale di Endesa, che resterà quotata con l'idea di aumentarne il flottante, se e quando i corsi azionari lo consentiranno». Sulla placca continentale, comunque, avete molto meno che nelle penisole italiana e iberica. L'Enel europeo funzionerà come industria integrata solo con un vero mercato unico dell'energia. Che cosa manca a questo traguardo? «Un'adeguata interconnessione degli elettrodotti ad altissima tensione ma soprattutto è la regolazione a dover fare ancora passi avanti importanti sulla via della riduzione delle asimmetrie nei sistemi regolatori e nel processo di liberalizzazione». Con il protezionismo che ritorna? «Non è mai sempre giorno o sempre notte. Le nostre operazioni si misurano in 30-40 anni e a gioco lungo i mercati si concentreranno da noi, in Sudamerica e nelle altre macroregioni». L'Europa è passata dai monopoli statali nazionali a 3-4 multinazionali. L'«Economist » è deluso: teme l'oligopolio. «L'"Economist" sbaglia. In Italia abbiamo 32 produttori e un centinaio di distributori e grossisti ma anche le bollette più care d'Europa. La concorrenza in questo campo la fa chi è in grado di mettere in campo le risorse adeguate per lunghi periodi e i prezzi dipendono dal mix delle fonti energetiche più che dall'apertura del mercato. La Francia ha le bollette meno care e il mercato più concentrato d'Europa». Massimo Mucchetti

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E alla fine la rovina delle rovine è finita sul New York Times: diciamolo pure un bel colpo. &#... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

E alla fine la rovina delle rovine è finita sul New York Times: diciamolo pure un bel colpo. «Angoscia tra le rovine» titolava l'11 marzo la famosa testata statunitense: così dopo aver trasformato a fini elettorali la città in una bolgia di violentatori la primavera scorsa, il centro destra lancia nel mondo una Roma dove le rovine crollano, gli archeologi insorgono in armi contro gli abusi del governo e del Comune. Mettici pure il Gran Premio e il parco tematico sull'antica Roma - due ideone dell'attuale amministrazione di centrodestra per rilanciare il turismo - ed è fatta la frittata: non certo romana ma romanesca. Insomma, questo commissariamento appare proprio il carico da undici su l'immagine in caduta libera della Capitale, e più passa il tempo e più appare ingiustificato nella sua forma e nei suoi contorni, che tuttavia, è bene ricordarlo, verranno presentati martedì, assieme alla squadra che affiancherà il commissario Bertolaso. Già appare a dir poco singolare aver affidato alla Protezione Civile l'intera area archeologica sotto la tutela della Soprintendenza dello Stato. SEGUE A PAGINA 50- 51

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Se il ceto medio diventa populista (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-15 num: - pag: 32 autore: di MAURIZIO FERRERA categoria: REDAZIONALE LA CRISI E I SISTEMI POLITICI EUROPEI Se il ceto medio diventa populista C on il peggioramento della situazione economica, l'attenzione dei governi e dei mezzi di informazione è oggi concentrata sulle categorie più deboli, su quanti rischiano di non avere risorse sufficienti per tirare avanti. Ma quale impatto avrà la crisi sulla classe media? è una domanda che vale la pena di porsi per almeno due motivi. Innanzitutto questo strato sociale si trovava in condizioni di forte «disagio» già prima del 2008 (e non solo in Italia): redditi stagnanti, opportunità in calo e bisogni crescenti. Il secondo motivo è che una (probabile) accentuazione di questo disagio per effetto della recessione rischierebbe di avere conseguenze politiche preoccupanti. Un ceto medio frustrato e impaurito può mettere in discussione non solo gli equilibri interni dei vari paesi ma anche l'intero processo di apertura e integrazione internazionale che ha caratterizzato l'ultimo ventennio. Insieme agli imprenditori, i colletti bianchi (dirigenti, quadri, impiegati) e i lavoratori autonomi hanno fornito nel tempo una preziosa base di sostegno alle dinamiche di globalizzazione e di unificazione europea. Non si è trattato forse di un sostegno entusiasta e appassionato, ma possiamo senz'altro parlare di una «benevola accettazione»: i dati Eurobarometro segnalano che il favore nei confronti dell'apertura è sempre stato significativamente più elevato fra queste categorie piuttosto che fra i lavoratori manuali o i pensionati. Non sono disponibili rilevazioni aggiornate che consentano di capire se gli umori del ceto medio stiano cambiando. Ma il rischio c'è e non va sottovalutato. In molti Paesi i pacchetti anti-crisi hanno incluso qualche provvedimento a carattere universale, orientato alla generalità dei consumatori: pensiamo agli sgravi fiscali per l'acquisto di auto. Ma il grosso delle misure è andato a sostenere i redditi bassi, mentre ai ceti medi sarà chiesto di pagare il conto sotto forma di nuove tasse o di tagli selettivi alle prestazioni sociali. In qualche Paese il conto è già arrivato: il governo irlandese ha appena aumentato le imposte e ridotto le retribuzioni dei dipendenti statali per coprire le uscite del welfare e il crescente deficit pubblico. Le strade di Dublino si sono riempite di insegnanti, infermieri e poliziotti e la popolarità del governo in carica è scesa sotto il 10%. La «Tigre Celtica», il Paese che forse più di ogni altro ha visto crescere la prosperità del ceto medio grazie all'integrazione europea alla globalizzazione, si sta rapidamente trasformando in una «società a clessidra»: assottigliata nel mezzo, con pochi privilegiati in alto e un'ampia massa di nouveaux pauvres in basso. Molte imprese si sono trasferite verso Paesi dove il lavoro (anche quello specializzato) costa meno. Di conseguenza la «base imponibile» nazionale si sta pericolosamente contraendo, con effetti negativi per tutti i gruppi occupazionali: operai e dirigenti, segretarie e liberi professionisti. L'Irlanda è forse un caso a sé, ma il malessere crescente delle classi medie è ormai ben visibile anche nei grandi Paesi Ue. In Gran Bretagna gli esperti hanno coniato il termine coping classes per indicare, appunto, la situazione di stress in cui si è venuta a trovare la media e piccola borghesia, costretta a destreggiarsi fra redditi fissi o calanti, spese vive in crescita (tasse comprese) e banche con rubinetti chiusi. In Germania la quota di famiglie con reddito medio è diminuita di dieci punti percentuali dal 2000 ad oggi e secondo alcuni esperti potrebbe scendere sotto il fatidico 50% sulla scia della recessione. Saremmo ancora lontani dalla sindrome della «clessidra», ma certo la distribuzione dei redditi assumerebbe una forma ben diversa dagli anni d'oro del Modell Deutschland, quando due terzi dei tedeschi facevano parte del Mittelstand, della massa che sta «in mezzo». In Italia è ormai da anni che si parla di vulnerabilità e disagio. Il nostro ceto medio è più variegato che in altri paesi ed è per ora difficile fare valutazioni precise sull'effetto della crisi. E' ragionevole tuttavia ipotizzare che si tratterà di un effetto moltiplicatore, soprattutto sul lavoro autonomo: il calo dei consumi ha già provocato la chiusura di più di quarantamila esercizi commerciali. Colpite nel loro tenore di vita e nelle loro aspirazioni di mobilità ascendente, le classi medie si apprestano a diventare fonte di nuova instabilità per i sistemi politici europei? Cominceranno anch'esse a levare gli scudi contro l'apertura, l'integrazione sovranazionale, la globalizzazione? A chiedere protezioni a lasciarsi sedurre da messaggi populisti? Un primo test critico si avrà fra un paio di mesi, con le elezioni per il Parlamento di Strasburgo. Dopo l'estate ci saranno altri due appuntamenti importanti: le elezioni tedesche e il nuovo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona. Se il ceto medio decidesse di tradire la causa dell'apertura, la politica europea entrerà in una fase di acute tensioni e turbolenze, forse più temibili della recessione economica che ora tanto ci preoccupa.

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SEGUE DA PAGINA 49 La Protezione Civile infatti dovrebbe intervenire su aree dove esi... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

SEGUE DA PAGINA 49 La Protezione Civile infatti dovrebbe intervenire su aree dove esiste un imminente pericolo, ma non risulta che le squadre di Bertolaso abbiano compiuto recenti sopralluoghi tra i Fori. Il pericolo di crolli sarebbe testimoniato dalle relazioni della Soprintendenza regionale del ministero dei Beni e delle attività culturali, diretta da Luciano Marchetti, dove si ribadisce il rischio sul colle Palatino, in un altro paio di ristrette aree dei Fori e la situazione del celeberrimo Lapis niger che quando piove rischia sempre di finire sommerso. Fatti gravi, dove bisogna intervenire con rapidità ma ristretti: come possono giustificare un commissariamento che dalla zona archeologica di Roma arriva a Ostia includendo un'area immensa? «È un fatto senza precedenti - dice Vincenzo Vita senatore del Pd nella commissione cultura -, un caso che non trova spiegazioni. E, infatti quando le abbiamo chieste al ministro Bondi con una interrogazione parlamentare non ci ha risposto, o forse non aveva argomenti per risponderci». In realtà quello di cui soffre l'area archeologica capitolina e una notevole mancanza di cura, che risulta evidente al turista: pochi cartelli, mancanza di materiale illustrativo, itinerari misteriosi. Da anni i lavori di manutenzione sono insufficienti, a causa dei tagli ai fondi e della mancanza di investimenti dello Stato, ma complessivamente non è nella peggiore delle situazioni. Al posto di un articolato progetto di recupero, il governo e il Comune di Roma hanno invece optato per descrivere l'intera area come degradata, allo sfascio, sull'orlo di essere inghiottita dalla terra. Si giustificherebbe così un commissariamento, che invece appare ancor più singolare: tanto degrado sarà dipeso almeno in parte dalla Soprintendenza dell'area stessa, che invece sarebbe coinvolta nel commissariamento attraverso la figura del soprintendete Bottini, alla testa di una squadra di esperti da affiancare a Bertolaso. In realtà la spiegazione di questo provvedimento la si può trovare nelle parole di Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune: «Un commissariamento per le aree archeologiche è l'indicazione di una strada per rendere rapidi ed efficaci interventi ormai urgenti sul nostro patrimonio monumentale». Insomma l'ammissione, forse involontaria, dell'incapacità d'intervenire per la strada maestra.

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L'export va male ovunque... Tremonti si concede un alibi (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

«L'export va male ovunque...» Tremonti si concede un alibi MARCO VENTIMIGLIA Un sabato apparentemente sereno, per quanto possa trascorrere quieto un summit sull'attuale stato di salute della disastrata economia mondiale. Insomma, alla riunione del G20 le tensioni sono sembrate attenuarsi, e questo sia per quanto riguarda i colossali problemi della finanza globale che per le grane, comunque rilevanti, di casa nostra. In particolare sembra essere stato individuato un percorso condiviso per affrontare la crisi fra Europa ed Usa, anche se il cammino per arrivare a un accordo su nuove misure e regole appare ancora lungo. INCONTRO PREPARATORIO «Il mondo si sta muovendo insieme così rapidamente come non era mai successo prima nell'era moderna per affrontare una crisi finanziaria», ha dichiarato il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner. E su questo bilancio della due giorni del G20, preparatoria del prossimo vertice di Londra del 2 aprile, si sono mostrati concordi il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Seduti fianco a fianco in una conferenza stampa congiunta al termine della riunione internazionale a Horsham, nel West Sussex, i responsabili di via Nazionale e via XX Settembre hanno cercato di lasciarsi dietro le spalle le tensioni sorte dopo i botta e risposta dei giorni scorsi a suon di prese di posizione sulla funzione dei prefetti nel monitoraggio del credito locale. Tanto da escludere l'agenda nazionale dai temi trattati durante il confronto con i giornalisti. Tremonti, come gli accade non di rado, ha sparso abbondanti dosi di enfasi. Riguardo i tribolati rapporti tra Europa e Usa sul tema della crisi, il ministro dell'Economia è arrivato a parlare di «una grande armonia» che ha caratterizzato la discussione dei 20 grandi del mondo. Senonché, il responsabile dell'Economia si è poi lanciato in un ragionamento che è sembrato porre le basi per la costruzione dell'ennesimo alibi per l'inazione del governo di fronte al dissesto italiano. «Il vero problema della congiuntura mondiale - secondo Tremonti - si chiama export, che in tutto il mondo si è piantato». Di qui la pericolosa chiusa a possibile uso interno: «Senza export, non c'è stimolo che tenga». «Il lavoro è lungo», gli ha fatto eco Mario Draghi, secondo il quale tuttavia il prossimo vertice dei capi di Stato e di governo del G20 «non sarà la fine del percorso». E questo perché i processi internazionali «sono cose che richiedono tempo, si tratta di cambiare ordinamenti con cui conviviamo da molto tempo». BANCHE DA RICOSTRUIRE Draghi ha quindi spiegato che gran parte delle discussioni odierne si sono incentrate sul problema della fiducia e sui passi necessari per ripristinarla. Tre le tappe fondamentali indicate dal governatore: la ricostruzione del sistema bancario, l'adozione di valori certi, uniformi e coerenti con regole comuni sugli asset tossici e poi l'adozione di politiche di bilancio per evitare la crescita della disoccupazione, affinché questa non si traduca in un calo ulteriore della domanda. Si tratta tuttavia, ha avvertito il governatore, di «condizioni necessarie ma non sufficienti, perché non c'è garanzia di successo». Draghi ha infine ricordato che attualmente «c'è disinflazione, non deflazione. Si è parlato di rischi per la tenuta dell'economia, dell'inflazione, ma lo scenario centrale prospettato dal Fondo Monetario Internazionale non prevede l'arrivo della deflazione». «Siamo preparati a prendere qualunque misura necessaria fino a quando non ripartirà la crescita»: lo si legge nel comunicato finale dei ministri finanziari G20 riuniti in Inghilterra, presenti Draghi e Tremonti.

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Un sabato apparentemente sereno, per quanto possa trascorrere quieto un summit sull'attuale sta... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Un sabato apparentemente sereno, per quanto possa trascorrere quieto un summit sull'attuale stato di salute della disastrata economia mondiale. Insomma, alla riunione del G20 le tensioni sono sembrate attenuarsi, e questo sia per quanto riguarda i colossali problemi della finanza globale che per le grane, comunque rilevanti, di casa nostra. In particolare sembra essere stato individuato un percorso condiviso per affrontare la crisi fra Europa ed Usa, anche se il cammino per arrivare a un accordo su nuove misure e regole appare ancora lungo. INCONTRO PREPARATORIO «Il mondo si sta muovendo insieme così rapidamente come non era mai successo prima nell'era moderna per affrontare una crisi finanziaria», ha dichiarato il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner. E su questo bilancio della due giorni del G20, preparatoria del prossimo vertice di Londra del 2 aprile, si sono mostrati concordi il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Seduti fianco a fianco in una conferenza stampa congiunta al termine della riunione internazionale a Horsham, nel West Sussex, i responsabili di via Nazionale e via XX Settembre hanno cercato di lasciarsi dietro le spalle le tensioni sorte dopo i botta e risposta dei giorni scorsi a suon di prese di posizione sulla funzione dei prefetti nel monitoraggio del credito locale. Tanto da escludere l'agenda nazionale dai temi trattati durante il confronto con i giornalisti. Tremonti, come gli accade non di rado, ha sparso abbondanti dosi di enfasi. Riguardo i tribolati rapporti tra Europa e Usa sul tema della crisi, il ministro dell'Economia è arrivato a parlare di «una grande armonia» che ha caratterizzato la discussione dei 20 grandi del mondo. Senonché, il responsabile dell'Economia si è poi lanciato in un ragionamento che è sembrato porre le basi per la costruzione dell'ennesimo alibi per l'inazione del governo di fronte al dissesto italiano. «Il vero problema della congiuntura mondiale - secondo Tremonti - si chiama export, che in tutto il mondo si è piantato». Di qui la pericolosa chiusa a possibile uso interno: «Senza export, non c'è stimolo che tenga». «Il lavoro è lungo», gli ha fatto eco Mario Draghi, secondo il quale tuttavia il prossimo vertice dei capi di Stato e di governo del G20 «non sarà la fine del percorso». E questo perché i processi internazionali «sono cose che richiedono tempo, si tratta di cambiare ordinamenti con cui conviviamo da molto tempo». BANCHE DA RICOSTRUIRE Draghi ha quindi spiegato che gran parte delle discussioni odierne si sono incentrate sul problema della fiducia e sui passi necessari per ripristinarla. Tre le tappe fondamentali indicate dal governatore: la ricostruzione del sistema bancario, l'adozione di valori certi, uniformi e coerenti con regole comuni sugli asset tossici e poi l'adozione di politiche di bilancio per evitare la crescita della disoccupazione, affinché questa non si traduca in un calo ulteriore della domanda. Si tratta tuttavia, ha avvertito il governatore, di «condizioni necessarie ma non sufficienti, perché non c'è garanzia di successo». Draghi ha infine ricordato che attualmente «c'è disinflazione, non deflazione. Si è parlato di rischi per la tenuta dell'economia, dell'inflazione, ma lo scenario centrale prospettato dal Fondo Monetario Internazionale non prevede l'arrivo della deflazione».

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L'esercito senza soldi Fermi elicotteri e autoblindo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Focus Vuota - data: 2009-03-15 num: - pag: 10 categoria: REDAZIONALE L'esercito senza soldi Fermi elicotteri e autoblindo «Troppi 184 mila uomini, bisogna tagliare» T empi di vacche magre anche per i soldati italiani. Anzi, non solo vacche magre: per loro si tratta ormai in molti casi di una vera lotta per la sopravvivenza. I tagli al bilancio dello Stato colpiscono soprattutto la macchina militare, con ripercussioni molto pesanti tra l'altro sulla capacità di impatto nel mondo per l'intera politica estera italiana. Per far comprendere la gravità della crisi per le casse dell'Esercito gli alti comandi fanno un esempio molto concreto. «è noto che uno dei veicoli più utilizzati ed apprezzati dalle nostre missioni all'estero in zone di conflitto è l'autoblindo Lince del-l'Iveco, che li fornisce anche ad altri eserciti, specialmente europei. Ottimo per la corazza a forma di tartaruga a difesa dalle mine nel terreno. Veloce e maneggevole. Ne abbiamo ordinati 1.150, che verranno consegnati a scaglioni entro il 2012. Al momento ne sono operativi 530. Di questi 243 sono impiegati dal nostro contingente in Afghanistan, altri 33 da quello in Libano. Ma ora ci troviamo nelle situazione per cui ben 180 mezzi sono guasti. E mancano i fondi per le riparazioni», sostengono ai comandi Interforze di Verona e quelli responsabili dell'intera logistica militare alla caserma centrale di Roma. Quattro conti, e non è difficile valutare le conseguenze dei tagli. Ogni Lince costa infatti 210.000 euro più iva. E si parla solo del mezzo nudo. Se si aggiunge l'equipaggiamento di base (radio, gps, climatizzatori, eccetera), neppure troppo sofisticato, la somma lievita a 290.000 euro più iva. La manutenzione, specie in regioni operative, supera i 15.000 euro annuali. «Bloccare in garage 180 Lince significa dunque immobilizzare un capitale che oltrepassa facilmente i 54 milioni di euro. Noi contiamo di poter riparare con spesa relativamente bassa nel breve periodo una cinquantina di veicoli. Ma per altri 130 mancano decisamente i soldi», affermano i responsabili del parco macchine centrale. Stesso ragionamento vale per gli elicotteri. L'Esercito ne possiede 246. All'estero ne sono stati inviati 23 (9 in Afghanistan, 6 in Libano, 8 nei Balcani). è inutile dilungarsi sulla validità dell'elicottero in zone operative, inclusi i casi di interventi d'urgenza per calamità naturali, dove i primi ad essere messi fuori uso sono gli aeroporti. Ma anche in questo caso la carenza di finanziamenti limita l'esercizio. «Per mantenere in efficienza tutti i nostri elicotteri abbiamo chiesto 110 milioni di euro annuali. Ne abbiamo ricevuti 15 per il 2009 e 10 per il 2010. Per fortuna le spese relative ai mezzi spediti nelle missioni all'estero vengono pagate con i fondi speciali stanziati di volta in volta dal Parlamento, altrimenti non potremmo neppure garantire quel servizio», spiegano i responsabili elicotteristi. Un programma speciale è stato approntato anche per i piloti. Affinché possano operare necessitano di almeno 60 ore di volo di addestramento all'anno. Ma unicamente coloro che vengono impiegati in missione (si parla di poche decine) godono di un tale trattamento. Per gli altri le ore di volo variano tra 30 e zero. Solo il 30 per cento degli elicotteri è oggi considerato operativo. «La situazione è semplicemente drammatica. Il nostro Esercito non solo non riesce a pianificare investimenti di lungo periodo, ma non può neppure permettersi il livello di efficienza attuale, che è già basso e in netta picchiata. Ne risente in modo estremamente grave la nostra politica estera. Perché, se è vero che oggi le missioni militari in ambito Nato, Onu o altro, sono diventate importantissime per qualsiasi Paese che aspiri ad un ruolo internazionale, con le risorse a disposizione l'Italia è inevitabilmente destinata a contare sempre meno», sostiene Barbara Contini, membro della Commissione Difesa del Senato per il Pdl, esperta di missioni all'estero per essere stata a lungo nella ex Jugoslavia e governatrice a Nassiriya. E aggiunge, riferita ai tagli del 4 per cento agli stanziamenti per l'Esercito decisi nell'agosto scorso dalla Finanziaria: «Quei tagli non si dovevano fare. I nostri soldati ricevono per il 2009 oltre 800 milioni di euro in meno rispetto al 2008 e con prospettive di tagli maggiori per i prossimi anni. Ciò significa che la voce Difesa rappresenta oggi lo 0,66 per cento del nostro prodotto interno lordo. Troppo basso. Non sogno neppure di guardare ai bilanci americani, dove gli stanziamenti dedicati ai militari sono ben oltre il 4 per cento del Pil. Ma riterrei giusto uniformarci

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Sarà l'orgia della rendita il piano casa di Berlusconi (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

«Sarà l'orgia della rendita il piano casa di Berlusconi» L'urbanista: è iniquo consentire di allargare le case senza però aumentare strade, verde parcheggi e servizi. Quanto alle ricostruzioni, interessano solo ai soliti speculatori ANDREA BONZI La crisi non si supera regalando a pochi facoltosi la possibilità di scavalcare le regole, di espandersi sul territorio a danno di altri che non possono farlo. L'unico obiettivo del governo è favorire l'orgia della rendita finanziaria urbana». A Giuseppe Campos Venuti, presidente onorario dell'Istituto nazionale di urbanistica (Inu) e professionista di fama, il «piano casa» che sta mettendo a punto il governo Berlusconi non va giù. Dall'alto dei suoi 83 anni, lo smonta e fa capire di essere di fronte a uno strumento inutile e dannoso per il Paese. Professor Campos Venuti, la cifra del piano pare proprio l'aumento della cementificazione selvaggia. Che ne pensa? «Dare la possibilità di ampliare del 20% tutte le costruzioni esistenti, senza accompagnarle da zone verdi, parcheggi, servizi, è una iniquità generalizzata: chi avrà i soldi per allargarsi - non più del 10% dei proprietari, a star larghi - lo farà a danno di chi non ne ha. Tanto più in un momento di crisi come questo». Il governo sostiene che darà impulso all'economia... «Io - e l'Inu con me - non siamo certo dei signor "no". Il punto è un altro: la crescita dell'esistente è già ora regolata da norme e parametri che permettono ampliamenti tali da non danneggiare i proprietari terzi che non hanno spazio per estendersi». Può fare un esempio? «Le do alcuni numeri, piccoli per dimensione ma che rendono l'idea. A Molinella, cittadina di 15.000 abitanti nel Bolognese per la quale ho contribuito a redigere il Prg, il 56% degli alloggi mono o bifamiliari permessi dal 1996 al 2008, sulla base delle regole già vigenti, non hanno sfruttato al massimo le possibilità edificatorie. Questo significa che possono estendersi di un altro 15% senza danno altrui. Il problema è che Berlusconi vuole far crescere il restante 44% di quelle costruzioni, e questo va a scapito della comunità». Nel testo del governo si parla anche di un aumento delle cubature del 30% in caso di demolizione di edifici ante '89 non vincolati. Del 35% se si utilizzano materiali compatibili col risparmio energetico. «Già non si capisce su che base si è scelto il parametro di 20 anni. Detto ciò, mi chiedo: chi avrà i soldi per distruggere e ricostruire? I soliti speculatori. Il riferimento al risparmio energetico, poi, è uno specchietto per le allodole: c'è già una norma dell'Unione europea che lo prevede, e alcune città l'hanno già adottato. Reggio Emilia l'ha fatto nel 2006, ed è obbligatorio per tutti gli edifici licenziati secondo le regole. Questo dimostra che quando si fanno leggi riformiste, come quella regionale dell'Emilia-Romagna, la crescita può essere regolata». I costruttori, però, lamentano troppi lacci burocratici e guardano con favore questa deregulation... «In assenza di una legge nazionale equa, c'è chi preferisce approfittare delle norme di Berlusconi. Purtroppo i soliti fondamentalisti del Centrosinistra - con Verdi e Rifondazione in testa, ma non solo loro - hanno impedito al governo Prodi di licenziare una legge riformista. E i soldi per le case pubbliche che aveva stanziato il passato esecutivo ora tornano fuori, con il rischio che vengano utilizzati per favorire la speculazione». Il presidente della conferenza delle Regioni, Vasco Errani, si è lamentato della mancata consultazione degli enti da parte del governo. «Bisognerà capire bene lo strumento legislativo che il governo intende usare, però in base alla riforma del Titolo V della Costituzione, le Regioni hanno ben di più di un ruolo semplicemente notarile. L'assessore alla Casa dell'Emilia-Romagna, Gian Carlo Muzzarelli, si è già espresso in maniera molto negativa sulla legge. È stato più netto: per le Regioni che lo vorranno, la possibilità di opporsi esiste». Intervista a Giuseppe Campos Venuti

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"Robot, non uccidere il soldato sbagliato" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

il caso Le leggi di Asimov In tempo di pace sono valide, ma quando si combatte è un'altra cosa Questioni etiche Le macchine del futuro dovranno prendere decisioni complesse, da uomini "Robot, non uccidere il soldato sbagliato" HERVÉ MORIN PARIGI Anno 2018. Le famiglie di un soldato e di un sottufficiale americani ricevono 100 milioni di dollari di risarcimento, interessi compresi, dalla ditta Milibots Inc. I due militari, catturati e usati come scudi umani da un gruppo di insorti afghani che si erano appena impadroniti della loro batteria di missili semoventi, sono stati «sacrificati» dal robot JNC 3000, incaricato della protezione del convoglio. Distruggendo la batteria e gli uomini di guardia, il robot aveva voluto evitare un pericolo maggiore, l'uso dei missili da parte degli insorti, che avrebbero potuto fare molte più vittime nelle file degli alleati. Era la tesi di Milibots Inc., che però non è stata accolta, e la ditta ha dovuto metter mano al libretto degli assegni. Anno 2020. Il Tribunale penale internazionale chiama a testimoniare un robot «casco blu», Swissor B12, in un processo per crimini di guerra in Georgia. È il contenuto della sua scatola nera che interessa il tribunale. La presenza di questo testimone meccanico non ha impedito, sembra, ai suoi compagni in carne e ossa di vendicarsi sui civili per un'imboscata che aveva causato numerose perdite tra i loro ranghi in un villaggio alla frontiera russa. Fantascienza? Niente affatto. Questi due esempi illustrano scenari che potrebbero presto diventare reali. Lo sviluppo tecnologico dei robot militari è impressionante. E pone domande inquietanti. I robot soldati avranno un senso morale, prenderanno le decisioni giuste? Renderanno le guerre meno sanguinose o sfuggiranno al nostro controllo? Chi sarà responsabile: il costruttore, l'esercito che li ha usati, i robot stessi? Non sono questioni filosofiche. Gli stati maggiori delle grandi potenze cominciano a preoccuparsi delle sfide etiche che presuppone l'uso dei robot soldati. L'Us Navy ha da poco pubblicato un rapporto dal titolo «Robot militari: rischi, etica e design». È un documento, redatto dai ricercatori del dipartimento di Etica e tecnologie del Politecnico della California, che cita Kant, Asimov, la teoria dell'evoluzione e la polemologia (la scienza della guerra) in chiavi nuove e coinvolgenti. I ricercatori invitano «a confrontarsi il prima possibile» con le nuove tecnologie e le questioni morali che sollevano. I robot militari sono già sul campo, per terra, per cielo e per mare. Nel 2000 il Congresso americano ha votato una legge che prevedeva che nel 2010 un terzo dei bombardieri statunitensi sarebbero stati senza pilota. E che nel 2015 la stessa percentuale sarebbe stata applicata ai veicoli da combattimento al suolo. Il ruolo di questi robot è quello di rimpiazzare gli umani «nei lavori sporchi, noiosi e pericolosi», secondo il dipartimento della Difesa americano. Nel 2007 lo stesso dipartimento stimava che i robot dispiegati in Iraq e Afghanistan avessero neutralizzato 10 mila «ordigni esplosivi improvvisati», in gergo Ied, la prima causa di morti tra le file degli americani. Per ora questi robot non sono totalmente autonomi, non prendono decisioni da soli. Ma secondo Ronald Arkin, del Georgia Institute of Technology, man mano che le situazioni affrontate dagli automi diverranno più complesse sarà sempre più difficile guidarli da una posizione esterna al campo di battaglia. La guida dovrà essere sul posto, e potrebbe essere un'intelligenza artificiale. Il ricercatore ritiene che «una macchina potrebbe agire in maniera più etica che gli esseri umani»: in fondo, un rapporto del 2006 del ministero della Salute americano rivelava che soltanto il 47 per cento dei soldati, e il 38 per cento dei marines stimava che i non-combattenti dovessero essere trattati «con dignità e rispetto». Non tutti sono d'accordo. Raja Chatila, direttore del Laboratorio di analisi e di architettura di sistemi del Cnrs di Tolosa, è convinto «che siamo ancora molto lontani dal poter garantire che i robot agiranno su una base di informazioni corrette e sufficienti». In campo aperto resterà indispensabile concepire sistemi di apprendimento per le macchine, gli ingegneri non potranno prevedere tutte le situazioni possibili. Ma se il robot impara da solo, «diventa impossibile prevedere tutte le sue reazioni». Siamo al dilemma affrontato dalle leggi della robotica di Isaac Asimov. Purtroppo, riflette amaro Ronald Arkin, quelle leggi sono di poco aiuto in un campo di battaglia. Lì, lo scopo finale non è fare in modo che umani e macchine convivano pacificamente. Lo scopo, come nota il rapporto dell'Us Navy, è quello di fare in modo che i robot «uccidano gli esseri umani giusti (i nemici) e non uccidano gli esseri umani sbagliati (gli alleati)». A questa condizione, «avere robot che combattono nelle nostre file ridurrà decisamente il numero dei morti». Raja Chatila non è convinto: «Per molto tempo ancora l'unico robot dotato di senso morale sarà quello incaricato di filmare e registrare. Come le telecamere introdotte nelle stanze degli interrogatori». Il problema è che anche i robot civili, quelli incaricati di prendersi cura di bambini, anziani, malati sono già una realtà e ci pongono di fronte alle stesse questioni etiche. Copyright Le Monde

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La crisi del frigo "congela" il mercato elettrodomestico (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

DRAMMA DA TORINO A TREVISO il caso Quindicimila posti di lavoro a rischio su 150 mila Male Indesit ed Electrolux Crac per Antonio Merloni Controcorrente De' Longhi La crisi del frigo "congela" il mercato elettrodomestico LUIGI GRASSIA Italia terra di eroi, di poeti, di santi, di navigatori e anche di costruttori di frigoriferi. L'ultima categoria però è in grave crisi di mercato e soggetta a una drammatica delocalizzazione, che costa drammi umani e depaupera i territori. Si parla molto in questi giorni della Indesit che chiude lo stabilimento di None (vicino a Torino) lasciando a casa 650 lavoratori per trasferire la fabbrica in Polonia. Ma in cattive acque è tutto il gruppo di Vittorio Merloni, che è il secondo in Europa per stazza dopo Bosch ma è stato colpito in pieno da un calo della domanda del 20% nell'avvio di questo 2009. Va persino peggio alla società indipendente di Antonio Merloni (il fratello di Vittorio) che è finita in amministrazione controllata e ha difficoltà a trovare compratori anche a prezzo di saldo: un bando per le manifestazioni di interesse è ufficialmente scaduto il 2 marzo scorso ma è stato prorogato perché, sembra, le proposte sono state poche, e fra l'altro orientate più a uno «spezzatino» (cioè all'acquisto di singole porzioni dell'impresa) che a incamerare tutto il blocco. E hanno cominciato il 2009 in cassa integrazione ben 5 mila dipendenti italiani di un altro gigante del settore, l'Electrolux, il marchio svedese che da noi ha annesso Zanussi e Zoppas. Secondo Anna Trovò, segretario nazionale di Fim Cisl (e responsabile del ramo elettrodomestici), «i posti di lavoro a rischio nel settore in Italia sono 15 mila su un totale di 150 mila, incluso l'indotto. Ma 15 mila è una stima prudente». Ci sono anche delle note positive. Per esempio la De' Longhi ha appena annunciato numeri in crescita per il 2008, con un giro d'affari aumentato del 2,9%, un balzo degli utili del 29,% e un drastico taglio dell'indebitamento, da 355,9 a 246,5 milioni di euro; siccome la crisi attuale è stata, nella sua genesi, soprattutto finanziaria e solo di conseguenza industriale, il fatto di dover affrontare le difficoltà del mercato senza sommarle alla carenza di liquidità che attanaglia un po' tutte le imprese consente al gruppo di guardare al 2009 con meno ansia di altri. Però i sindacalisti della Marca trevigiana, che è il cuore dell'industria italiana dell'elettrodomestico, guardano con preoccupazione anche a questo esempio positivo. Quattro anni fa Antonio Bianchin, segretario della locale Fim Cisl, commentava negativamente con La Stampa una chiusura di fabbriche De' Longhi (con delocalizzazione verso la Cina) che avrebbe comportato la perdita di 650 posti di lavoro, proprio lo stesso numero che evapora oggi a Torino con la Indesit. Quindi: 650 impieghi persi a Treviso quando il mercato andava bene e 650 persi a Torino quando il mercato va male. La differenza, spiega Bianchin, è che «allora fu facile riassorbire tutti i lavoratori in altre imprese, mentre adesso nella ricca Marca non si trova più un'offerta di lavoro». Sono in difficoltà non solo le produzioni di massa ma anche quelle di nicchia, per esempio i produttori di macchine per i bar e i ristoranti, che in pratica non avevano mai conosciuto crisi. Continua ad andare bene, invece, un marchio di Treviso quasi sconosciuto al pubblico italiano, la Elba che esporta cucine economiche in tutti i mercati del Nord Africa. La società è stata ceduta un paio d'anni fa a un gruppo neozelandese che ha per amministratore delegato un maori, alto due metri ed ex giocatore di rugby; Antonio Bianchin non rivela se per caso il top manager va agli incontri coi sindacati danzando la minacciosa «haka» degli All Blacks con tanto di linguacce. Gli incentivi alla rottamazione e agli acquisti rilanceranno gli elettrodomestici in Italia? Un analista del settore ritiene di no: «La detrazione è modesta e spalmata su 5 anni, a fronte di complicazioni come il pagamento tramite vaglia postale o bonifico bancario, una cosa che non si era mai sentita per questo tipo di acquisti. L'effetto di stimolo sulle vendite è zero».

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L'atomica cinese (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

L'atomica cinese Nane Cantatore, 15 marzo 2009, 10:36 Crisi La Cina esprime preoccupazione sulla sicurezza dei suoi enormi investimenti in bond americani, mentre gli Stati Uniti aumentano il debito per rispondere alla crisi. Il significato di una mossa che può incidere sugli equilibri internazionali più di una guerra Per avere un'idea della portata della dichiarazione del premier cinese Wen Jiabao, che venerdì ha espresso una forte preoccupazione per la solidità degli investimenti della Repubblica popolare in bond americani, è sufficiente notare la tempestività della risposta americana, con l'addetto stampa della Casa Bianca Robert Gibbs che si è precipitato a replicare, con una sicumera forse eccessiva, che "nel mondo non esistono investimenti più sicuri rispetto agli Stati Uniti". Al di là degli annunci, è sicuro che gli Usa hanno un disperato bisogno di denaro, visto che il pacchetto di stimolo all'economia appena varato da Obama costa 787 miliardi di dollari, e che si prevede che il deficit pubblico americano raggiungerà quest'anno i 1.500 miliardi: per arginare questi buchi, sarà necessario emettere una quantità record di buoni del Tesoro, per un totale di nuovi debiti che potrà raggiungere i 2.000 miliardi. Nel corso del 2008, l'importo dei bond americani sottoscritti dalla banca centrale cinese è cresciuto del 46 per cento, raggiungendo i 700 miliardi di dollari e portando il totale di titoli americani nelle riserve valutarie di Pechino oltre i 2.000 miliardi. La Cina ha comprato tutti questi bond per una ragione molto semplice: dato l'enorme avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti, lo yuan avrebbe corso il rischio di rivalutarsi troppo rispetto al dollaro, con una pesante perdita della capacità di esportare a basso costo su scala globale. In questo modo, il valore del dollaro è stato sostenuto artificialmente da un acquisto massiccio di titoli sul debito, che per questo si sono potuti tenere a un tasso relativamente basso, innescando un ciclo di progressivo indebitamento americano e di controllo della moneta cinese. Oggi, la crisi finanziaria americana rende molto difficile il mantenimento di questo equilibrio artificiale, anche perché l'amministrazione Obama non nasconde alcune velleità protezionistiche, che potrebbero andare tanto a detrimento dei cinesi quanto dell'Europa. Al tempo stesso, la crisi colpisce duramente la Cina, con un calo dell'export del 25,7 per cento a febbraio, e la risposta cinese continua a puntare sui mercati esteri, con l'azzeramento delle tasse sulle esportazioni e un incremento del sostegno finanziario alle imprese esportatrici. Tutto questo, a dispetto delle pressioni internazionali perché la Cina rafforzi il suo mercato interno, evitando di incrementare la concorrenza al ribasso; d'altra parte, per potenziare la domanda interna i cinesi dovrebbero avviare una politica di sviluppo di grande respiro nelle immense aree arretrate del Paese, con un triplice rischio. In primo luogo, si tratterebbe di un'azione di lungo periodo, che non è facile sostenere in una prospettiva di calo dell'export, poi va considerato che un incremento della ricchezza interna ridurrebbe la disponibilità di manodopera a bassissimo costo, il che metterebbe ulteriormente a rischio la competitività cinese sui mercati internazionali, e infine una popolazione meno affamata rischierebbe anche di essere più difficile da controllare, mettendo a repentaglio l'autocrazia del capitalismo di Stato. Sembra che vi siano, allora, tre diverse linee di condotta rispetto alla crisi, che rispondono alle diverse condizioni delle aree economicamente più avanzate: gli Usa iniettano denaro pubblico con una sorta di New Deal sulla cui efficacia, e soprattutto sostenibilità, è lecito avere qualche dubbio; la Cina, e più in generale l'Asia orientale, fa il possibile per sostenere le esportazioni, e l'Europa punta, in vario modo, sul mercato interno, con misure di rafforzamento degli ammortizzatori sociali e del potere d'acquisto, pur mantenendo il più possibile l'equilibrio dei conti e un certo rigore monetario. è chiaro, comunque, che Europa e Cina sono alleate contro i tentativi americani di chiudere i propri spazi commerciali, ed è altrettanto chiaro che, in questo momento, i cinesi hanno in mano l'arma più forte: gli americani non possono rinunciare a indebitarsi ancora, e sanno di non poterlo fare senza l'accordo di Pechino. Per questo, le dichiarazioni di Wen Jiabao possono essere lette come un "amichevole consiglio" alla nuova amministrazione americana: non sognatevi di complicarci la vita sulle esportazioni, altrimenti vi facciamo saltare ogni residua credibilità finanziaria, liberandoci dei bond in nostro possesso o, semplicemente, non comprandone altri. Si tratta di una vera e propria atomica economica, che ha un ulteriore pregio: è stato sufficiente che il premier cinese alzasse il sopracciglio perché gli interessi sui bond americani salissero, a tutto vantaggio dei loro possessori, cinesi in primis.

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Anche sulla crisi si sceglie di demonizzare le proposte altrui. Un dialogo tra sordi (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 15-03-2009)

Argomenti: Crisi

Anche sulla crisi si sceglie di demonizzare le proposte altrui. Un dialogo tra sordi Di Federico Guiglia 15-03-2009 Che il dialogo tra sordi riguardi temi come la sicurezza, la giustizia, l'istruzione o, da ultimo, il federalismo, è un peccato, ma tutto sommato è abbastanza scontato. La maggioranza e l'opposizione hanno idee diverse al riguardo, e fra meno di tre mesi si vota per le europee e per le amministrative (oltre che per il boicottatissimo referendum elettorale): la contrapposizione è nelle cose. Il Pdl di Silvio Berlusconi deve continuare a vincere e il Pd di Dario Franceschini deve smetterla di perdere. Impossibile pretendere intese, visto che il Pdl ha da affrontare pure la concorrenza elettorale della Lega (e Berlusconi anche quella personale di Gianfranco Fini nel nascente partito unico del centro-destra), mentre il Pd se la deve vedere con l'Italia dei Valori e con l'Udc. Dunque, è l'ora della battaglia, e perfino di un grido di battaglia che non si sentiva da qualche lustro. Alludiamo al "catto-comunista" rivolto dal Cavaliere a Franceschini, e al "clerico-fascista" restituito da Franceschini al Cavaliere. Bambinate a elevato dispetto politico. Ma che il centro-destra e il centro-sinistra non trovino un terreno comune neanche sull'economia, che è l'emergenza del Paese, appare sorprendente. Specie davanti alle concrete proposte che entrambe le parti hanno comunque fatto, e che possono essere di sicuro contestate, emendate, migliorate, ma non liquidate come pura propaganda. Invece è proprio quello che è successo con il piano-casa prospettato dal governo dopo decenni di immobilismo. L'ultimo e unico piano-casa che si ricordi in Italia, risale addirittura ad Amintore Fanfani, del quale porta il nome. Risale, per intenderci, al 1949. Ancora non si sa che cosa il testo dell'esecutivo, probabilmente un decreto-legge, nel dettaglio conterrà. Eppure, dall'opposizione è già partito un attacco contro il "rischio di cementificazione", ed è partito perfino un applauso, naturalmente postumo, alla grande opera del piccolo Fanfani, pur di rimpicciolire l'odierna iniziativa di Berlusconi. Intendiamoci, non che il centro-destra faccia di meglio coi suoi avversari. Di Franceschini, segretario del Pd da tre settimane, molto si potrà dire, ma nel giro di pochi giorni ha inventato o sostenuto un paio di proposte che meritano almeno d'essere prese in seria considerazione, visti i chiari di luna: l'imposta una tantum sui redditi da 120 mila euro all'anno in su, e l'assegno di disoccupazione per chi perde il posto di lavoro. Proposte discutibili, ma non aria fritta. Invece anche questo, come il piano-casa del governo, è finito nel calderone del pregiudizio, dove a parti invertite i contendenti buttano dentro qualunque idea non provenga da loro, e soltanto da loro. Più per ripicca, che per intima convinzione. Anche perché, allo stato, non esistono formule salvifiche in nessuna parte della Terra. Si va ovunque per tentativi. Bocciare, allora, un piano-casa che ancora non c'è, oppure ridicolizzare una soluzione (tassare i più ricchi) che è stata annunciata addirittura in America, la patria dei nostri guai e dei guai per tutti, non è un segnale incoraggiante. A maggior ragione, quando poi le parti sociali rilanciano l'allarme. Ieri la Confindustria, con il suo presidente, Emma Marcegaglia, ha esortato il presidente del Consiglio a "stanziare soldi veri", perché la situazione "è grave, non è una boutade mediatica". Ma anche i sindacati da tempo sono sul chi va là. E l'appena concluso vertice finanziario del G20 in Inghilterra s'è dichiarato "pronto a tutto", pur di rilanciare l'economia. La crisi, dunque, va affrontata senza allarmismi (ci mancherebbe pure l'allarmismo), ma con vigore e con rigore: lo dicono ormai tutti, in casa e fuori. Ed è un'impresa che richiederebbe, appunto, l'apporto politico più largo possibile, essendo fin troppo evidente l'"interesse nazionale" da salvaguardare: la condizione economica degli italiani oggi e nei mesi a venire. f.guiglia@tiscali.it

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