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Report "crisi" 15-21 maggio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Primi exit poll in India in attesa dei risultati ufficiali previsti per domani ( da "Cittadino, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con la prospettiva di una congiuntura ancora segnata dalla crisi finanziaria internazionale, la Gandhi potrebbe considerare insensato voler riportare a tutti i costi il Congresso al potere, puntando invece ad eventuali elezioni ravvicinate nel 2010-2011 che permetterebbero il lancio definitivo di suo figlio Rahul alla guida del paese.

la crisi economica e i limiti dell'ottimismo - giorgio ruffolo ( da "Repubblica, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari. Il secondo è l´enorme dimensione che questi hanno assunto. Alla fine del 2007 il Pil mondiale risultava pari a 54 trilioni di dollari, e la capitalizzazione delle borse mondiali a 61 trilioni. Questa enorme massa di risparmio sta nelle mani di un gruppo ristretto di grandi banche e di intermediari finanziari che lo gestiscono in condizioni di grande complessità

Sponsor in fuga A Londra saranno Giochi di Stato ( da "Stampa, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un paio di mesi fa una cordata di privati che aveva sottostimato la crisi finanziaria ha abbandonato il media center obbligando il governo a stanziare 355 milioni di sterline per mandare avanti il cantiere. Ora è la volta del villaggio olimpico. Hugh Robertson dubita delle rassicurazioni del ministro Jowell che ha rifiutato la compartecipazione della Lend Lease perché,

CRISI FINANZIARIA CORRUZIONE E CASO ITALIANO ( da "Unita, L'" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: CRISI FINANZIARIA CORRUZIONE E CASO ITALIANO ECONOMIA E SOCIETÀ Letta dalla prospettiva italiana, la retorica popolare diffusa negli Stati Uniti sulla crisi economica è preoccupante. Che si parli con Joe the plummer, il nuovo "uomo qualunque," o con i professionisti della middle class, le responsabilità delle crisi vengono attribuite alla avidità e all'

Bazoli: in banca l'ora dell'euro-capitalismo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma è della crisi finanziaria che vuol parlare e sfoglia alcune fotocopie del «Corriere della Sera» del 2007 e del 2008. Era rimasto vivo a lungo il dibattito aperto dal Professore, ancora una volta attorno a un libro di storia bancaria, sul Mediocredito lombardo.

Il Tesoro Usa prepara la Borsa dei derivati ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che ha contribuito alla più grave crisi finanziaria dalla Grande depressione mettendo in ginocchio colossi come Lehman Brothers e Aig, e causando perdite complessive per 1.400 miliardi di dollari alle istituzioni finanziarie di tutto il mondo. «Buchi nella rete di controllo dei mercati finanziari hanno contribuito alla crisi –

Risparmio gestito, la ritirata straniera ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tensioni sui mercati finanziari, incremento del costo del rischio, crisi del risparmio gestito. Nel leasing Bnp ha perso nel 2008 l'8%deivolumi, il 4%di quelli strumentali. A febbraio la picchiata:-33 per cento. I resti di quelle che furono tra le più potenti armate bancarie del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.

Stato e mercato. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di società della crisi. Guido Rossi ha descrittivamente parlato di una crisi del capitalismo finanziario globalizzato. Si potrebbe sostenere che le cause della crisi sono le medesime che ne avevano determinato il successo: la finanziarizzazione pervasiva, l'unificazione di mercati non governati, la crescita delle disuguaglianze quale volano dello sviluppo.

Le Borse e il segreto di Star Trek ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: chiaro che non esiste nessun rischio di protezionismo. Ma lo scopo dev'essere tirar fuori l'economia mondiale dall'attuale situazione di rischio, non catapultarci in un'altra bolla speculativa. L'autore è professore di economia all'Università di Yale. Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Fabio Galimberti) IL COPIONE La trama del 2000: uomini brillanti ci guidano in un'

Germania in rosso di 80 miliardi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e la recessione economica stanno pesando sui conti pubblici tedeschi: calano le entrate fiscali e aumenta la spesa pubblica. Per il ministro delle Finanze, il socialdemocratico Peer SteinbrÜck, l'evoluzione delle finanze statali è fonte di personale angoscia se è vero che all'inizio dellalegislatura si era impegnato a riportare il bilancio in pareggio.

Bce preoccupata Spagna: Pil -2,9% Bt: fuori 15 mila ( da "Manifesto, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria (fatta di una catena di imbrogli) seguita a mordere e la stessa Bce è preoccupata che possano saltare fuori «sorprese» impreviste. Negli Usa, ad esempio, la Lehman Brothers ha comunicato che vuole scorporare dal bilancio 47 miliardi di dollari di asset tossici.

Südtirol bank, il primo bilancio è positivo ( da "Corriere Alto Adige" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ausilio di 183 promotori finanziari. «Siamo al 13Ú posto della graduatoria degli istituti simili al nostro spiega soddisfatto il presidente Peter Mayr e a breve avremo altre novità che ci rafforzeranno ulteriormente ». I mercati in crisi non hanno aiutato i rendimenti: «Registriamo perdite tra il 6 e il 7% per i bassi profili di rischio e tra il 15 ed il 20%

Frena Geox, balzo di Mediaset ( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 15/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Frena Geox, balzo di Mediaset di Giacomo Ferrari Scambi in calo Il controvalore complessivo degli scambi è sceso a 3,6 miliardi di euro L'S&P-Mib in calo dello 0,57% e il Mibtel dello 0,42%: variazioni minime ieri a Piazza Affari, che non è riuscita (come invece è accaduto alle altre Borse europee)

I conti trimestrali affondano Natixis ( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 15/05/2009 - pag: 39 Il caso a Parigi I conti trimestrali affondano Natixis (g.fer.) Giornata nera, ieri alla Borsa di Parigi, per Natixis, società bancaria controllata da Caisse d'Epargne e Banque Populaire, che ha chiuso la seduta con un calo del 13,58%, a 1,43 euro, dopo aver toccato un minimo di 1,

Alitalia sceglie Fiumicino e Gemina vola ( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 15/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Alitalia sceglie Fiumicino e Gemina vola (m.sid.) È l'ennesima riprova che alle Borse piace guardare avanti. Un caso scuola. Ieri Gemina ha presentato i dati del trimestre con una perdita di 33 milioni contro un utile di 1,1 milioni nel primo trimestre del 2008.

Sponsor in fuga dalle Olimpiadi A Londra saranno Giochi di Stato ( da "Stampaweb, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un paio di mesi fa una cordata di privati che aveva sottostimato la crisi finanziaria ha abbandonato il media center obbligando il governo a stanziare 355 milioni di sterline per mandare avanti il cantiere. Ora è la volta del villaggio olimpico. Hugh Robertson dubita delle rassicurazioni del ministro Jowell che ha rifiutato la compartecipazione della Lend Lease perché,

Svolta nella vicenda Hypo Real Estate: via libera da Bruxelles ad acquisto da parte di Soffin ( da "Finanza.com" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria, da parte del fondo pubblico tedesco per la stabilizzazione dei mercati Soffin, controllato dal governo federale. Lo ha comunicato questa mattina la Commissione Ue in un comunicato. La notizia non è di quelle che possono passare inosservate: si tratta, infatti, della prima nazionalizzazione di una banca notificata alla Commissione in applicazione del regolamento

La crisi finanziaria fa rinviare, ma non cancellare i progetti per i pc ( da "Computerworld Online" del 15-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria fa rinviare, ma non cancellare i progetti per i pc Gartner stima una riduzione della spesa IT mondiale del 3,7% quest'anno. Ma ci sono applicazioni, Paesi e mercati verticali che inducono all'ottimismo Venerdì 15 Maggio 2009 La crisi finanziaria sta avendo un impatto importante sull'industria dei pc,

Il governo non ha più strumenti ( da "Corriere delle Alpi" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria, nel 1982. Spero che non ripeta quello scenario anche se questa crisi, per profondità e velocità, si presenta anche più pesante». Cioè? «Prenda il caso emblematico dell'abruzzese Sevel, che produce furgoncini. Un'azienda che negli ultimi anni aveva triplicato la forza lavoro e che adesso non ha rinnovato tutti i contratti a termine e ha fatto ricorso alla cassa.

imprese "sommerse" dalla recessione - mario centorrino ( da "Repubblica, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e «reagisce» alla crisi. Secondo alcuni osservatori, come risposta alla crisi finanziaria molte aziende chiudono solo dal profilo amministrativo ma continuano a lavorare in modo irregolare. E questo spiegherebbe perché - in termini relativi, s´intende - la crisi finanziaria nel Mezzogiorno sembra essere meno avvertita.

La crisi toglie a Zaleski 8 miliardi In rosso Berlusconi, Perna e Gavio ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: subito prima dello scoppio della crisi finanziaria al 13 maggio 2009. È quanto risulta dall'inchiesta che sarà pubblicata su MF/Milano Finanza in edicola oggi, secondo cui i primi 80 Paperoni di Borsa hanno visto bruciare oltre 51 miliardi nel periodo considerato. La classifica tiene conto delle partecipazioni con un valore assoluto superiore agli 80 milioni di euro.

La lunga passerella del voto ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 30) al Teatro Civico al convegno «Pmi e crisi finanziaria: accesso al credito e opportunità». Ancora altri big della politica a Novi domani. Arriva la cantante Iva Zanicchi, che si ricandida all'Europarlamento (in città, in via Girardengo e poi nei quartieri dalle 11 alle 13), a Ovada e, alle 17, a Casale Popolo.

Se il Giro è no-logo Armstrong & Co coprono lo sponsor ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Forse Lance era distratto dalla grave crisi finanziaria del suo team Astana, che da 2 mesi non paga gli stipendi ai corridori e al personale, tanto che ieri la squadra per protesta ha preso il via senza la scritta dello sponsor sulla maglia bianco-giallo-celeste. Soltanto al kazako Zeits è stato concesso - per motivi di opportunità politica - di partire con la solita divisa.

manovre anti-crisi, italia fanalino di coda speso un decimo della media mondiale - luca iezzi ( da "Repubblica, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oltre 700 stanziati nel 2008 per sostenere il sistema finanziario. L´Unione Europea si è mossa in ordine sparso e ogni governo ha guardato alle crisi più pesanti nel proprio cortile (le banche per il Regno Unito, l´industria automobilistica per la Germania, la disoccupazione in Spagna e il debito pubblico in Italia), variando così ripartizione e entità di ogni dei singoli pacchetti.

l'inarrestabile peso del debito pubblico ( da "Repubblica, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari a costringere i governi ad adottare politiche fiscali restrittive, disertando in massa il debito pubblico non appena la crescita dei prezzi dovesse accelerare, facendo così decollare i tassi a lungo termine. è probabile quindi che lo stock di debito pubblico venga riassorbito gradualmente attraverso aumenti della pressione fiscale e riduzioni della spesa pubblica.

Finanza glamour addio per sempre ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha messo in evidenza due realtà nefaste. Da un lato una valutazione inadeguata del rischio, praticamente da parte di tutti: management, regolatori, banche centrali, agenzie di rating e altri.Dall'altro, molti, troppi incentivi nel sistema bancario ad ignorare una corretta valutazione del rischio.

Una parola dimenticata: umiltà ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: umiltà di Alberto Mingardi M alcolm Gladwell ha osservato chea monte di questa crisi finanziaria non ci sono "esperti" che hanno fallito nel loro lavoro - semmai "esperti" che si sono comportati fino in fondo come tali. La sua tesi è che gli errori così prepotentemente esplosi sui mercati traggono origine non dall'incompetenza, quanto invece da un eccesso di fiducia in se stessi.

India, i comunisti ancora decisivi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari è quella di un possibile nuovo accordo tra l'Upa e partiti comunisti. Nonostante le formazioni di estrema sinistra sembrino destinate a perdere un numero consistente di seggi rispetto al 2004, il loro apporto potrebbe comunque essere fondamentale per la formazione di un governo che partirebbe con delle credenziali riformiste in politica economica non più convincenti

Il Canada apre alle Pmi lombarde ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con la crisi finanziaria globale, gli equilibri internazionali sono cambiati: i vertici della politica canadese hanno capito che il rapporto con gli Stati Uniti non può più essere esclusivo,mentre la Cina e l'India non possono bastare come alternativa.

La tedesca Arcandor e il dubbio sulla crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: PARTERRE 000 La tedesca Arcandor e il dubbio sulla crisi I guai di Arcandor sono legati al recente sconquasso finanziario o alla crisi dei consumi, di vecchia data? L'interrogativo potrebbe sembrare di maniera per un società che dà lavoro a 86mila persone e che nell'ultimo anno fiscale ha perso oltre 700 milioni di euro.

Ok a Soffin per l'acquisto di Hypo Re ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'esecutivo comunitario ha concluso che la transazione non ostacolerebbe in modo significativo la concorrenza nell'Area economica europea o in parte di essa. è la prima volta durante l'attuale crisi finanziaria che la nazionalizzazione di una banca è stata notificata alla Commissione in base al regolamento fusioni.

Imprese sull orlo della depressione ( da "Manifesto, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che si sviluppano negli stessi mercati finanziari in un circuito autoreferenziale gestito dalle società di intermediazione finanziarie e dalle stesse banche, vale a dire in un contesto di piena liberalizzazione del mercato dei capitali. Condizione perché i mercati finanziari riescano a creare plusvalenze è che il numero degli scambi finanziari cresca continuamente grazie all'

Il tonfo dell'economia italiana è molto peggiore di quanto stimato dal Tesoro. Ma il premi... ( da "Unita, L'" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I mercati finanziari non hanno reagito alle cattive notizie dell'economia. Quelli europei sono rimasti sostanzialment eivariati. Milano risulta il miglior listino in Europa, chiudendo a +1,39%. politica I nuovi numeri della crisi accendono però la polemica politica, con l'opposizione all'attacco del governo e i sindacati pronti a chiedere un tavolo sull'

Brilla l'S&P-Mib, rally di Parmalat ( da "Corriere della Sera" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 16/05/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Paola Pica Brilla l'S&P-Mib, rally di Parmalat Piazza Affari si toglie una soddisfazione e, a dispetto dei dati sul crollo del Pil nel primo trimestre dell'anno, chiude la seduta con la miglior perfomance in Europa.

Terna promette una cedola più ricca ( da "Corriere della Sera" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 16/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/2 Terna promette una cedola più ricca (g.dos.) Quattrocento milioni di plusvalenza. È il guadagno che Terna prevede di incassare dalla cessione della divisione brasiliana Terna Partecipações.

Accelera l'utile, Diasorin vola ( da "Corriere della Sera" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 16/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/1 Accelera l'utile, Diasorin vola (pa.pic) La crisi non frena l'eccellenza italiana nelle biotecnologie. Diasorin, società della diagnostica in vitro che sviluppa kit di immunoreagenti ha chiuso il primo trimestre 2009 con un utile netto di 13,

Il promotore finanziario è indipendente ( da "Unita, L'" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma chi aveva fondi di investimento non è finito come chi ha utilizzato il "fai da te" o come chi è stato costretto a comperare Parmalat o Cirio. In un periodo in cui tutti hanno perso soldi, di crisi finanziaria, ci sono state, e lo ripeto, solo 45 radiazioni. È un numero insignificante. Ed è un segnale. Vuol dire che la categoria è sana». Intervista a Elio Conti Nibali

UN GRANDE PIANO EUROPEO PER IL LAVORO ( da "Unita, L'" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con inevitabili conseguenze sociali e politiche: protezionismo, nazionalismo, razzismo, divisione ed indebolimento dei lavoratori, restringimento degli spazi democratici. Nella campagna elettorale, i partiti riformisti devono rendere chiaro alle opinioni pubbliche il nesso tra uscita dalla crisi ed Ue.

Sbagliato l'addio alle Borse Conta diversificare il rischio ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alla luce della recente crisi finanziaria e delle indicazioni del Pada (Personal Account Delivery Authority), l'autorità di controllo britannico, su alcuni capisaldi del modo di fare previdenza nel Regno Unito. «Gli schemi a prestazione definita lasciano sempre più spazio a quelli a contribuzione definita.

Un libro per scoprire tutti i segreti della Mifid ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: default di titoli di Stato sovrani e di obbligazioni corporate abbiano fortemente accresciuto la conflittualità nei confronti del sistema finanziario che ha raggiunto livelli di contenzioso mai registrati fino ad ora», spiega il curatore dell'opera, Luca Zitiello. La profonda crisi finanziaria che sta colpendo l'intero sistema economico mondiale sta acuendo del resto questa situazione.

Frattini "Vertice Ue su migranti" La Russa: "Uncr criminale" ( da "Repubblica.it" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi. Sulla crisi finanziaria attualmente in corso in Europa, Frattini ha proposto la creazione di un istituto di vigilanza europeo perché "in questa fase non hanno molto senso le vigilanze nazionali. Se ogni Banca centrale nazionale ha i propri sistemi di controlli, che cosa deve fare la Bce?

Berlusconi: ( da "Corriere.it" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha fatto tutto quello che doveva essere fatto» a fronte della crisi finanziaria ed economica che ha colpito tutto il mondo, ha continuato il premier italiano durante la conferenza con il presidente russo, Dmitri Medvedev. «Abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita», ha aggiunto Berlusconi sottolineando inoltre la tutela dei risparmiatori.

Frattini "Vertice Ue su migranti" La Russa: "Unhcr criminale" ( da "Repubblica.it" del 16-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi. Sulla crisi finanziaria attualmente in corso in Europa, Frattini ha proposto la creazione di un istituto di vigilanza europeo perché "in questa fase non hanno molto senso le vigilanze nazionali. Se ogni Banca centrale nazionale ha i propri sistemi di controlli, che cosa deve fare la Bce?

Gli esperti anticrisi della Commissione Ue ( da "Stampa, La" del 17-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è stato incaricato dalla Commissione europea di studiare la crisi finanziaria e il futuro della regolazione e supervisione dei mercati finanziari a livello europeo. Il Gruppo de Larosière ha reso pubbliche le conclusioni del suo lavoro alla fine del febbraio scorso, auspicando tra l'altro l'istituzione di un maccanismo di «allerta precoce» anticrisi sotto gli auspici della Bce.

Il gran recupero di Piazza Affari ( da "Corriere della Sera" del 17-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per cui il comportamento dei mercati finanziari anticipa l'andamento dell'economia reale, allora potrebbe esserci in futuro qualche novità nella classifica del Pil, dove l'Italia, secondo i dati pubblicati da Eurostat, viaggia ora nella parte bassa della lista, davanti alla Germania ma dietro a Gran Bretagna e Francia.

Berlusconi: ( da "Corriere.it" del 17-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha fatto tutto quello che doveva essere fatto» a fronte della crisi finanziaria ed economica che ha colpito tutto il mondo, ha continuato il premier italiano durante la conferenza con il presidente russo, Dmitri Medvedev. «Abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita», ha aggiunto Berlusconi sottolineando inoltre la tutela dei risparmiatori.

LA RABBIA E LA FAVOLA ( da "Stampa, La" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si configura ogni giorno di più come crisi di valori e di sistema e contro la quale i rimedi razionali si sono sinora dimostrati inadeguati o insufficienti. Non si tratta, del resto, di un fenomeno soltanto italiano, anche se i dati salariali sull'Italia mostrano che proprio da noi raggiunge punte molto elevate.

"Creiamo un network dei progressisti" ( da "Stampa, La" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sosteniamo la cooperazione internazionale come strumento per risolvere i problemi comuni, come la sfida del clima e la crisi finanziaria. Sviluppo economico equo, opportunità per tutti e approccio pragmatico sono i valori che Obama ha portato a Washington e sono condivisi dai maggiori partiti progressisti d'Europa». Qual è la sfida più difficile che avete davanti?

India, un trionfo per i Gandhi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le preoccupazioni dei mercati finanziari negli ultimi giorni sono state legate alla sensazione che il voto avrebbe confermato una tendenza in atto da diversi anni, ovvero la progressiva perdita di potere dei due partiti maggioria favore di piccoli schieramenti regionali in grado di paralizzare l'azione di governo.

Gabbie salariali, più prigionieri che benefici ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo, la sicurezza e il federalismo? Ebbene, a dire la verità, una proposta mirata al mondo del lavoro il partitodi Bossi ce l'ha da sempre e il suo leader l'ha ripetuta in settimana nel corso di un comizio veneziano. Stiamo parlando delle cosiddette "gabbie salariali", vale a dire un sistema che prevede contratti territoriali con differenziazione di stipendio a seconda

Non ci sta a partecipare a questo sconfittismo della sinistra italiana , perché ... ( da "Unita, L'" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: l'Europa con il protezionismo e con il nazifascismo». Oggi Obama risponde alla crisi «con misure imponenti» puntando sulla tecnologia, la ricerca, la scienza; in Europa tornano le grandi paure. Dei migranti, dell'Islam, della diversità. In Italia «la destra le cavalca tutte e il centrosinistra appare inadeguato».

Sono state 350 mila le persone che nei giorni scorsi sono scese nelle piazze di alcune delle pri... ( da "Unita, L'" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La dimensione di queste manifestazioni - ha osservato oggi il segretario generale della Ces, John Monks - rivela quanto sia diffusa in Europa la preoccupazione dei lavoratori per il loro futuro». SecondoMonks occorrono regole più severe per i mercati finanziari e una maggiore presenza dei lavoratori nelle stanze dei bottonì.

LA PRESSIONE DELL'AFRICA ( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ALBERTO RONCHEY F ra le conseguenze della crisi finanziaria internazionale, si deve anche prevedere che sarà compromessa la disponibilità delle ingenti risorse necessarie per offrire più aiuti all'Africa. Il continente profondo e tragico, malgrado alcuni progressi degli ultimi anni e le iniziative imprenditoriali cinesi, da tempo gravita verso l'Europa con le sue masse di profughi.

Fondi sovrani, profondo rosso ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Perché tutti hanno perso una fortuna con la crisi finanziaria: solo con i dieci maggiori investimenti effettuati tra il 2007 e il 2008 nelle banche occidentali, questi grossi fondi asiatici hanno infatti bruciato qualcosa come 46 miliardi di dollari sui 66,7 investiti. è dunque normale che ora stiano mettendo in dubbio la strategia di puntare sull'occidente.

A caccia delle small cap dell'arte ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: un settore anticiclico, la crisi finanziaria non li ha risparmiati. Chi analizza questi titoli – come gli espertidi Skate's o ArtTactic – necessariamente osserva le relazioni tra il mercato dell'arte e gli effetti sulle quotazioni delle società di settore. Oggi i bassi prezzi hanno attratto gli investitori.

Svolta in Kuwait, le donne in Parlamento ( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma così è stato anche bloccato il passaggio di leggi urgenti per risollevare l'economia, colpita dalla crisi finanziaria e dal crollo dei proventi del petrolio. E molti temono che l'emiro possa di nuovo sospendere il parlamento, come nel 1976 e nel 1986. Ventuno dei 50 membri del parlamento sono volti nuovi. Ma non è detto che questo lo renderà più stabile.

India, eletti quattro Gandhi star di Bollywood e del cricket ( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E si guarda al futuro con fiducia: già oggi i mercati finanziari saluteranno la ritrovata stabilità del sub-continente. Più tempo, ma è questione di giorni, servirà per conoscere il nuovo governo del premier confermato Manhoman Singh, che comprenderà gli storici alleati del Congresso e pochi partiti minori.

No R 46,2 ( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: it Se si guida drogati o ubriachi di notte sanzioni più severe rispetto al giorno. È giusto? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 53,8 No R 46,2 La domanda di oggi Influenza e crisi finanziaria: eccessivo allarmismo di media e istituzioni mondiali?

Europa competitiva, anche più degli Usa ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: offre una lettura in chiaro-scuro della crisi economica mondiale ed europea, rinviando di almeno un anno la sospirata ripresa. «Questa è una crisi che in molti paesi del mondo nasce da bolle immobiliari. Per eliminare gli eccessi dell'edilizia e guarire da una crisi dei mercati finanziari davvero globale occorrono anni.

Collaborazioni culturali ed economiche, sono numerosi gli scambi con l'Italia ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 18-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: petrolio e metalli e ci compra prodotti trasformati L a crisi finanziaria internazionale deve insegnare a tutti – e purtroppo non sta accadendo – che la base del benessere è l'economia reale. Se si affronta da questo punto di vista il “caso Russia” e lo si confronta con i casi degli altri tre “

Trenitalia punta alle merci francesi ( da "Stampa, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prova che lungo la Senna il protezionismo è un malanno di cui ci si libera a fatica. Ad ogni effetto Sncf e Ferrovie risultano partner e gestiscono insieme il collegamento ad alta velocità fra Italia e Francia attraverso una società comune, l'Artesia. In realtà, i due operatori sono al limite del «separati in casa» visto che i transalpini hanno comprato una quota (

Il Pd convoca in Comune la Compagnia di San Paolo ( da "Stampa, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: arrivo di una tempesta sui mercati finanziari, si preoccupò di tutelare il patrimonio della Compagnia sottoscrivendo con la banca d'affari Barclays contemporaneamente due opzioni (un diritto a comprare o a vendere in una data prestabilita azioni della banca). Due strumenti di segno opposto: una "put" che dà alla Barklays il diritto di vendere alla Compagnia l'

il neoliberismo che ha ucciso la politica - massimiliano panarari ( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria che sta gettando tanti nella povertà. Cosa c´entrano i mutui subprime con l´architettura politico-sociale ed economica degli ultimi tre decenni, quella che va sotto il nome di neoliberismo (o ultraliberalismo)? A ben guardare, moltissimo, come dimostra La Congiura, curioso esperimento che racconta la globalizzazione neoliberista in maniera romanzesca come un piano

Piëch diserta il vertice di Stoccarda sul futuro della casa Fusione più lontana ( da "Stampa, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e i calcoli sbagliati dei manager di Porsche, che puntavano a una scomparsa della cosiddetta «Legge Vw» (la norma che assegna al Land della Bassa Sassonia il 20% circa di Volkswagen e dunque un potere di veto), hanno trasformato quell'avventura in un incubo.

Oblio dell'89 ( da "Manifesto, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Oggi, con la crisi finanziaria, vediamo con maggiore chiarezza i limiti del modello occidentale, si sa bene che è stata una sconfitta. Allora non lo si vedeva e ancora oggi in Occidente non lo si comprende sufficientemente. La fine della Jugoslavia era scritta nei fatti dell'89?

Avidità e modelli di sviluppo. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: innovazione finanziaria, l'espansione creditizia,rischi sottovalutati, insufficiente regolamentazione...? E siamo così tranquilli che questa crisi sarà risanabile quale incidente temporaneo e riassorbibile dei mercati finanziari? Io temo di no e poiché di valutazioni imprudenti degli economisti si riempiono libri interi,

Nelle riserve di Mosca vince l'euro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mentre la quota assegnata allo yen è cresciuta dallo 0,8 all'1,3 per cento. «Nella seconda metà del 2008- scrive la Banca centrale russa- a causa della crisi finanziaria e a fronte dei problemi di liquidità sui mercati esteri, i rischi legati alla gestione delle riserve in valuta sono aumentati». A.S.

Patrimonio a 140 miliardi per le Fondazioni europee ( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonostante non siano stati risparmiati dalla crisi finanziaria degli ultimi mesi. Il dato è emerso da un'analisi delle fondazioni che hanno partecipato ai lavori a Roma per la XX edizione dell'assemblea annuale dell'European Foundation Centre (Efc) dal titolo: «Combattere la povertà e creare opportunità».

Vent'anni di private equity, ruolo forte anche nella crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E tuttavia la recente crisi finanziaria ha messo sotto accusa – insieme a tutti i protagonisti dell'industria finanziaria – anche i fondi di private equity. Soprattutto per l'eccesso di leva finanziaria che, talvolta, ha caricato di troppo debito le società acquisite.

Telecom torna sul mercato dei bond ( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con la crisi finanziaria che – almeno in apparenza – ha un po' ridotto la drammaticità, gli investitori sono tornati a fare il loro lavoro: investire. Lo fanno i grandi fondi, le assicurazioni e – attraverso i fondi – anche i risparmiatori.

India, la Borsa euforica scommette sulle riforme ( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la Borsa euforica scommette sulle riforme NEW DELHI I mercati finanziari indiani hanno salutato le promesse di stabilità portate dall'inatteso trionfo elettorale della United Progressive Alliance, guidata dal Congress Party di Sonia Gandhi e del premier Singh, con il rialzo di borsa più consistente in quasi due decenni.

Eni e Telecom, ritornano i corporate bond ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: destinate agli investitori istituzionali si erano diradate a causa della crisi finanziaria internazionale, ma nei primi tre mesi del 2009 le emissioni sono tornate a ritmi quasi normali. Proprio ieri Telecom Italia ha annunciato il successo del collocamento di titoli per 750 milioni di sterline a tasso fisso. La società ha espresso soddisfazione per «l'apprezzamento degli investitori».

Primo trimestre in attivo, vola BofA ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 19/05/2009 - pag: 35 Il caso a New York Primo trimestre in attivo, vola BofA (g.fer.) Nel corso della seduta ha superato il 13% di incremento, per poi chiudere con un rialzo del 9,93% a 11,73 dollari. Il titolo di Bank of America (BofA) è stato ieri tra i protagonisti del rialzo di Wall Street,

Cheuvreux e Goldman spingono StM ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 19/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano Cheuvreux e Goldman spingono StM (g.fer.) Sulla scia del rialzo del Nasdaq, il listino Usa dei titoli tecnologici, ma soprattutto grazie ai giudizi positivi di Cheuvreux e Goldman Sachs, StMicroelectronics (StM) ha compiuto ieri un balzo dell' 8,

Corrono i bancari, balzo di Cir ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 19/05/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Corrono i bancari, balzo di Cir Unicredit, balzato del 12,92% (+7,56% al netto della cedola), ha trainato ieri Piazza Affari, insieme con l'intero comparto bancario.

No R 34,0 ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: it Influenza e crisi finanziaria: eccessivo allarmismo di media e istituzioni mondiali? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 66,0 No R 34,0 La domanda di oggi Il presidente della Camera Fini: sulla bioetica no alle leggi orientate da precetti religiosi. Ha ragione?

"nel mio prossimo giallo petra indagherà a milano" - antonella fiori ( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria, per esempio ci sta facendo ripensare un po´ tutti: perché tanto lusso? Perché una famiglia deve per forza avere tre macchine?». Non tutti i cambiamenti, però, aiutano: a Milano si parla sempre di più di sicurezza. Anche da voi?

paura è bello così si combatte l'ansia del vivere - jane e. brody ( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha distratto la nostra attenzione dai rovinosi effetti della crisi finanziaria mondiale? Oppure, semplicemente, è nella natura umana reagire in modo sproporzionato ai pericoli che non possiamo controllare? «Il fatto è che ci piace essere spaventati», sostengono due statistici inglesi, Simon Briscoe e Hugh Aldersey-Williams, in Panicology, pubblicato quest´anno negli Stati Uniti.

crisi, tremonti bacchetta le banche - roberto petrini ( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il tavolo giunto ieri alla sua terza e penultima sessione, costituito per contrastare i riflessi della crisi finanziaria internazionale. Tremonti ha espresso esplicitamente le proprie lamentele ai banchieri: ha detto che il loro atteggiamento verso i «bond», dopo averli sollecitati, è ora «distaccato», «progressivo» e segnato da un clima di «relax».

usa, via alla restituzione dei fondi pubblici - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la tenuta in caso di un peggioramento della crisi finanziaria. Resi noti il 7 maggio, i risultati del test hanno evidenziato l´esigenza di una ricapitalizzazione per la metà degli istituti, ma hanno anche promosso i rimanenti. Di qui la richiesta degli executive di queste banche poter restituire al più presto possibile i soldi del governo e avere le mani libere (e i ricchi bonus)

Doccia fredda dai nuovi cantieri Usa Lo Zew, invece, a sorpresa migliora ( da "Finanza e Mercati" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: commissione di inchiesta indipendente sulla crisi finanziaria. L'organo funzionerà sul modello di quello istituito per indagare sugli attentati dell'11 settembre 2001: organizzerà audizioni pubbliche e avrà 18 mesi di tempo per esaminare le cause della crisi con la possibilità di segnalare al ministero della Giustizia tutte le violazioni di legge da parte di istituzioni e di individui.

Stress test anche ai big delle polizze Ue ( da "Finanza e Mercati" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per misurarne la resistenza alla crisi finanziaria. Nel gruppo, i principali big come Generali, la tedesca Allianz e la francese Axa. Steffen ha spiegato che il settore assicurativo, in Germania e altrove in Europa, «è stabile», malgrado il basso livello dei tassi. Tuttavia, ha aggiunto, «quanto più dura la crisi, tanto maggiore sarà l'impatto sulle compagnie»

Confindustria cambia strada Adesso scopre l'ambiente ( da "Unita, L'" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: no al protezionismo, sì a un mercato regolato. La presidente non rinuncerà a un richiamo alle banche, perché sostengano le piccole imprese in questo momento di crisi. È assai probabile che anche di fronte ad esponenti del governo (che si annunciano numerosi all'assemblea) rammenterà i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione,

Più difficoltà nei pagamenti ( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: una sorta di particolarissima cartina tornasole degli effetti che la crisi finanziaria internazionale sta avendo sulle economie reali dei diversi territori. Mentre in Italia solo il 16,9% delle imprese paga oltre i trenta giorni rispetto alla data di scadenza, al Meridione (Abruzzo e Molise compresi) la quota sale al 21% e nelle isole addirittura al 22,7 per cento.

Fatture pagate in ritardo, record nel Mezzogiorno ( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: una sorta di particolarissima cartina tornasole degli effetti che la crisi finanziaria internazionale sta avendo sulle economie reali dei diversi territori. Tanto per cominciare, mentre in Italia solo il 16,9% delle imprese paga oltre i trenta giorni rispetto alla data di scadenza, al Meridione (Abruzzo e Molise compresi) la quota sale al 21% e nelle isole addirittura al 22,

La crisi del 1929 e le sue false morali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Partiamo da un fatto: la politica, non il mercato, fu la causa principale dello shock 80 anni fa. Clamorosi errori di politica economica trasformarono un aggiustamento dei mercati finanziari in una tragedia per l'economia reale. Lo stesso crollo di Borsa fu in parte accentuato da errori della politica monetaria.

Le regole? Sono il pettine per sciogliere i nodi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: così i mercati devono tornare a funzionare nell'interesse degli investitori finali. Questa è anche un'esigenza sociale perché, in paesi che invecchiano e in cui i sistemi pensionistici pubblici sono in crisi, solo i mercati finanziari - e quelli azionari in particolare - possono assicurare un'accumulazione adeguata e dunque un avvenire migliore.

Nella trappola del New Deal ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La lezione da trarre dalla crisi del '29 è, allora, molto diversa dalla riscoperta della regolamentazione, del dirigismo e dello statalismo. La crisi di oggi è stata sì determinata dalle distorsioni dei mercati finanziari. Ma la gestione dell'economia ci ha messo del suo, a partire da tassi troppo bassi fissati dalla Fed nei primi anni del Duemila.

Una spinta all'internazionalizzazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come opportunità di sviluppo, nel rispetto delle regole, evitando il protezionismo, fenomeni di dumping, e nell'auspicio che si possa arrivare al più presto ad una conclusione dei negoziati del Wto. Un messaggio lanciato con forza al G-8 Business, che si è tenuto ad aprile a Cagliari, sotto la presidenza italiana.

Le aziende al centro della ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con un no forte al protezionismo. Va bene la strada imboccata dal Governo, ma bisogna fare di più e più in fretta. Lo ripeterà domani, la Marcegaglia, nel discorso all'assemblea annuale. Più di tremila presenze annunciate. Ci sarà anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ieri proprio sulle riforme ha aperto la porta: «Le faremo,

24 aprile 2009 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dal vertice l'affermazione comune che per uscire dalla crisi servono risposte globali e il rifiuto di qualunque protezionismo. Tutte elementi al centro di una dichiarazione congiunta da girare ai Capi di Stato e consegnata al premier Berlusconi per il G8 di luglio a L'Aquila. ANSA

I californiani voltano le spalle a Terminator ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Alla base della crisi finanziaria californiana vi è un sistema bizantino di leggi ad hoc, quasi tutte approvate nel processo referendario, che allocano fondi pubblici a scopi specifici, per esempio al rinnovo degli edifici scolastici, alla ricerca sulle cellule staminali o alla costruzione di un treno veloce tra Los Angeles e San Francisco.

Sindrome Babele per la Bce ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: permettersi di parlare ai mercati finanziari con voci discordanti. La condotta della politica monetaria richiede oggi una capacità di comunicare almeno pari a quella di prendere le giuste decisioni dal punto di vista tecnico. La prima Bce era fortemente criticata più per l'incapacità di trasmettere ai mercati e agli operatori economici il proprio pensiero che per le scelte adottate:

Fondi sovrani, la maglia nera è Gic ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: lo studioso americano osserva che in anni recenti gli SWF hanno investito sui mercati finanziari mondiali più capitali di quanto abbia fatto ogni altro singolo investitore tranne il Governo degli Stati Uniti. Ma il punto cruciale resta quello della sottoperformance dei loro investimenti, ben al di là degli effetti della crisi in corso.

Shell, no dei soci ai maxi-stipendi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria dell'ultimo anno ha radicalmente cambiato la situazione: lo scorso anno solo l'8% degli azionisti aveva votato contro il "remuneration report" di Shell, nonostante il comitato avesse anche allora preso la decisione di concedere bonus ai manager ignorando «la performance al di sotto della media e quindi di fatto premiando chi ha fallito »

No a rimozioni su D'Antona ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo, di instabilità politica e forse anche di conflitti». La novità principale sullo scenario internazionale è il nuovo corso politico degli Stati Uniti. Ora l'Europa non può sfuggire «ad una valutazione degli aspetti militari e a un impegno congiunto di difesa collettiva », soprattutto in un contesto in cui la comunità internazionale viene posta di fronte alla nuova sfida

Le materie prime sentono la ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: bond non finiscano per favorire un mercato nazionale piuttosto che un altro. In ogni caso, il problema n. 1 di questa crisi anomala non è più nei mercati finanziari. Questi non sono certo guariti, ma la piaga non sta più suppurando: gli spread sugli interbancari sono quasi normali, le reti di sicurezza statali sono state tese e i problemi da titoli tossici sono stati circoscritti.

La proposta del Lingotto al governo tedesco E Marchionne prepara la nuova missione Usa ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: assoluta illiquidità dei mercati finanziari, Marchionne anche in Germania rilancia lo schema Chrysler. In Italia, se l'operazione andrà in porto, scorporerà l'Auto e Powertrain, obiettivo fusione con i tedeschi (per primi) e quotazione. Ma se è vero che il tutto non prevede esborsi cash, e che per contro Opel (come Saab) avrà bisogno di aiuti pubblici per 7 miliardi,

Il cabaret di Zelig arriva a Padova ( da "Corriere del Veneto" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La mattinata di domani sarà dedicata agli studenti, con conferenze in cui si parlerà di crisi finanziaria e delle ripercussioni nelle economie dei paesi del Sud del mondo. Il pomeriggio sarà dedicato al mondo dell'università e agli interessati a approfondire i temi dell'ambiente e della povertà, della crisi e della speculazione economica.

Stress test Ue anche per le polizze ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per verificare la sua solidità e la sua resistenza alla crisi finanziaria. Arriverà dopo l'estate e a occuparsene sarà il Comitato europeo di vigilanza sulla assicurazioni (Ceiops), in coordinamento con le autorità nazionali di vigilanza. Una verifica che porterà alla luce la reale tenuta dei più importanti gruppi assicurativi del Vecchio Continente.

Bene gli indici, scatto Autogrill ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 20/05/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa Bene gli indici, scatto Autogrill di Giacomo Ferrari Immobili Usa Listini frenati dal dato sul mercato immobiliare Usa, ai minimi dal 1959 Ancora un progresso per gli indici di Piazza Affari: l'S&P-Mib è cresciuto dell'1,1% e il Mibtel dello 0,

Marks & Spencer taglia la cedola e cade ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 20/05/2009 - pag: 33 Il caso a Londra Marks & Spencer taglia la cedola e cade (g. fer.) Tonfo alla Borsa di Londra per Marks & Spencer, il colosso britannico della grande distribuzione, colpito dalla crisi dei consumi che ne ha pesantemente ridimensionato la redditività.

Tutto esaurito per l'aumento Snam Rete Gas ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 20/05/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Tutto esaurito per l'aumento Snam Rete Gas (g. dos.) Tutto esaurito, o quasi, l'aumento di capitale di Snam Rete Gas. L'operazione, da 3,5 miliardi, decisa dall'assemblea del 17 marzo in seguito alla fusione con Stogit e Italgas, è partita il 27 aprile e si è conclusa venerdì scorso,

Usa: cantieri fermi Italia: tracolla il commercio estero ( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. Lunedì notte è arrivata l'approvazione della Camera dei Rappresentanti (338 favorevoli, 52 contrari) che consente dunque l'invio del testo al presidente Barack Obama per la promulgazione. L'organo funzionerà sul modello di quello istituito per indagare sugli attentati dell'11 settembre 2001: organizzerà audizioni pubbliche e avrà diciotto mesi di tempo per esaminare

"La paura non è poi così male combatte l'ansia del vivere" ( da "Repubblica.it" del 20-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha distratto la nostra attenzione dai rovinosi effetti della crisi finanziaria mondiale? Oppure, semplicemente, è nella natura umana reagire in modo sproporzionato ai pericoli che non possiamo controllare? "Il fatto è che ci piace essere spaventati", sostengono due statistici inglesi, Simon Briscoe e Hugh Aldersey-Williams, in Panicology, pubblicato quest'anno negli Stati Uniti.

L'affondo del dollaro ( da "Manifesto, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per dimostrare che sosteniamo la fiducia nei nostri mercati finanziari, nella capacità produttiva di questo paese e nei nostri fondamentali a lungo termine». Geithner sta solo ostentando sicurezza? Cosa più importante: chi crede nella plausibilità delle sue parole? La chiave della forza di una valuta non sono i cosiddetti fondamentali, ma è la «fede» nella loro realtà.

La finanza torna Crollo Giappone ( da "Manifesto, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sui mercati finanziari. Un certo «ritorno alla normalità», ha aggiunto. Sotto molti punti di vista, è vero: i tassi di interesse di mercato continuano a scendere. Il tasso Libor a tre mesi ha toccato ieri il nuovo minimo di 0,71%, mentre la differenza fra questo e i buoni del tesoro Usa (una misura della fiducia sul mercato interbancario)

C'è la recessione globale, dobbiamo pianificare il futuro, vogliamo sentire cosa ne pensan... ( da "Stampa, La" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dalla volontà di scambiarsi idee e informazioni sull'evoluzione della imprevedibile crisi finanziaria alla possibilità di operare assieme per sfruttare i vantaggi del momento fino allo scenario di una mobilitazione collettiva di sapore patriottico per scongiurare che un'America a prezzi stracciati possa venire acquistata da imprenditori di Paesi non troppo amici.

Nasce l'era del capitalismo dai cento fiori ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il capitalismo finanziario e il predominio dell'Occidente, e dall'altra il protezionismo, la regolamentazione e il predominio dell'Asia? Oppure gli storici giungeranno alla conclusione che si è trattato di un evento provocato da pochi scriteriati,di scarsa importanza?Io prevedo che sarà un po' l'una e un po' l'altracosa.

Tanti deficit, una soluzione comune ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interpretazione diffusa sostiene che i mesi scorsi abbiano dimostrato che più del Patto sono i mercati finanziari a disciplinare i comportamenti pubblici. L'apertura degli spread ha alimentato i rischi di default e i due paesi più colpiti, Irlanda e Grecia, pur in misura diversa, hanno reagito correggendo l'azione di governo. Ma si tratta di un'interpretazione che non convince.

Due società per il battesimo di Aim ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Analisi mercati finanziari (gruppo Il Sole 24 Ore) stimava un fair value per azione di 6,63 euro contro i 7,6 euro del collocamento. Ieri il titolo, che ha un flottante limitato al 16,7% del capitale, ha chiuso a 9,83 euro. I RISCHI Non c'è l'obbligo di prospetto La start up d'investimento Ikf rileva attività dai soci Per Neurosoft il legame con l'

Mps e Clessidra lanciano Prima ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in crisi irriversibile? «Esistono difficoltà strutturali che erano già evidenti prima dell'esplosione della crisi finanziaria – ha spiegato Sposito – è un comparto a cui bisogna avvicinarsi con un approccio nuovo puntando, in prima battuta, sulla semplificazione dei prodottie sulla massima trasparenza nei confronti della clientela.

Sarbanes-Oxley incostituzionale ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma nel caso della violenta crisi finanziaria (la più grave dal crollo di Wall Street del 1929) esplosa l'anno scorso si è rivelata totalmente inefficace. Se si tratta, però, di neutralizzare o prevenire falle sistemiche (come quella dei subprime, i mutui spazzatura che hanno innescato un effetto domino travolgendo banche e mercati) la Sarbanes è un'

L'economia dei cento fiori ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: se la globalizzazione riuscirà a uscire indenne da questa crisi. Io sono speranzoso, ma non tanto fiducioso. Nel frattempo lo Stato è tornato in scena, ma la sua posizione finanziaria appare sempre più precaria. Il rapporto tra debito pubblico e Pil sembra destinato a raddoppiare in molti paesi avanzati: l'impatto di una grave crisi finanziaria sui bilanci pubblici può equivalere,

Schäffler, la rivincita di Continental ( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 21/05/2009 - pag: 37 Il caso a Francoforte Schäffler, la rivincita di Continental (g.fer.) Schäffler starebbe considerando l'ipotesi di vendere parti del proprio business a Continental, la società sulla quale nel luglio dello scorso anno aveva lanciato un'Opa ostile da 18 miliardi di euro,

Continental e la solidarietà tedesca ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è fallita miseramente sulle onde della crisi finanziaria ed economica. L'operazione di takeover che tanto aveva sorpreso gli osservatori l'anno scorso visto che Schaeffler è tre volte più piccola di Continental - fu lanciata al prezzo forte, prima del crollo dei mercati finanziari a metà settembre sulla scia del fallimento di Lehman Brothers.

Mediobanca guida i rialzi ( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 21/05/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Mediobanca guida i rialzi Rimbalzo a fine seduta per Piazza Affari, migliore Borsa europea (l'indice S&P-Mib è terminato in crescita dell'1,75% e il Mibtel dell'1,89%), con scambi sempre sostenuti (oltre 3,5 miliardi di euro il controvalore di ieri)

Julius Baer annuncia lo spin-off ( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 21/05/2009 - pag: 37 Il caso a Zurigo Julius Baer annuncia lo spin-off (g.fer.) Il gruppo bancario svizzero Julius Baer ha deciso di scindere le attività di private banking e quelle di asset management in due unità completamente indipendenti, quotate separatamente alla Borsa di Zurigo.

Preparare il rilancio dopo la crisi ( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impatto negativo della crisi globale di fiducia dovuta alla recessione mondiale e soprattutto della crisi finanziaria e del credito. Fino ad oggi sono più stabili i consumi e vi sono motivi per prevedere che la loro flessione si possa mantenere contenuta. Il motivo si trova nell'andamento dei redditi e in alcuni paradossi.

Abi: rallentano i prestiti, ma con tassi al minimo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: imprese non finanziarie è sceso al 4,59%, (33 punti base in meno di marzo e 160 punti base in meno di aprile 2008).Anche perla perdurante incertezza sui mercati finanziari, il tasso di crescita della raccolta resta a due cifre: in aprile è risultato pari al +10,9%, (+11,8% a marzo 2009 ed +11,1% ad aprile 2008), mentre la dinamica delle obbligazioni delle banche è risultata pari a +

Vertice tra Draghi e i Trenta ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le possibili risposte della policy alla crisi finanziaria. Le tendenze del commercio estero e il futuro dei mercati internazionali. "Loro" sono i rappresentanti del gruppo dei Trenta, un'organizzazione senza fini di lucro nata nel 1978 con l'obiettivo di discutere periodicamente di economia internazionale e di come fare per assicurarle un assetto istituzionale adeguato.

L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader ( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ingranaggio nuovo dell'Europa 2009 la crisi finanziaria internazionale è il primo vero «crash test», come la caduta del Muro lo fu per l'Europa di Andreotti, Mitterrand e Kohl. Come allora in gioco sono la credibilità degli uomini e delle istituzioni, la loro capacità di capire in fretta, concertarsi e reagire rilanciando.

Selezione del sindaco e Biodivino In gara a S. Michele all'Adige 19 Comuni trentini e altoatesini ( da "Corriere Alto Adige" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria ed economica: cause e strategie per i consumatori» organizzato dalla Provincia e dal Centro tutela consumatori utenti. ECONOMIA, FORUM DEL PD. Si intitola «La mossa del cavallo: come uscire più forti dalla crisi economica» la serata di approfondimento organizzata dal Forum economia del Partito democratico.

manutenzione per la società - fabrizio escheri ( da "Repubblica, La" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La grave crisi finanziaria delle pubbliche amministrazioni ha reso l´attività manutentoria sempre più sporadica e poco incisiva. Spesso, laddove sarebbe necessario rifare un manto stradale ci si deve limitare a realizzare delle toppe alle buche per carenza di fondi.

"Insieme saremo primi nei fondi" ( da "Stampa, La" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il risparmio gestito era già in difficoltà prima della crisi finanziaria, ma proprio per questo ora può nascere qualcosa di nuovo». L'alleanza? Tutt'altro che scontata: seduti l'uno accanto all'altro parlano infatti Claudio Sposito, gran capo del fondo Clessidra ma anche finanziere tra i più vicini a Silvio Berlusconi, e Giuseppe Mussari che presiede invece il Montepaschi della «

londra svaluta borsa italiana per 550 milioni - luca pagni ( da "Repubblica, La" del 21-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma anche per la società che gestiscono i mercati finanziari regolati è giunto il tempo di una bella pulizia di bilancio. Una conseguenza cui non è sfuggito nemmeno il gruppo Lse (London Stock Exchange): un conto economico che ci interessa da vicino, visto che quasi due anni fa ha acquisito Borsa Italiana spa.


Articoli

Primi exit poll in India in attesa dei risultati ufficiali previsti per domani (sezione: crisi)

( da "Cittadino, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

La coalizione della Gandhi in testa ma ora il rischio è l'ingovernabilità NEW DELHI Incontri politici e conversazioni telefoniche a tutto campo si sono moltiplicati fra le principali personalità indiane per analizzare gli scenari proposti dagli exit poll dopo la maratona elettorale delle legislative, e in attesa dei risultati ufficiali di sabato. Al termine della galoppata di un mese, l'ipotesi più accettata è che il Partito del Congresso di Sonia Gandhi, e la coalizione di centro-sinistra Upa, si siano imposti di una incollatura sugli agguerriti avversari del raggruppamento conservatore Nda, guidato dal Barathyia Janata Party.In modo talmente esiguo però, concordano osservatori e media, che non è facile immaginare la formazione di una coalizione governativa solida e destinata a durare nel tempo.Di ciò e profondamente consapevole la Gandhi che cerca comunque di ripetere il «magico scenario» del 2004 quando nessuno si aspettava una sconfitta del Bjp ed un successo, che fu netto, del Congresso. La Gandhi ha assunto ieri personalmente le redini delle trattative all'interno e all'esterno della coalizione Upa e i suoi collaboratori assicurano che non esclude nessuno scenario, neppure quello che il suo partito finisca per restare fuori dal governo per facilitare un'altra formula gradita.Con la prospettiva di una congiuntura ancora segnata dalla crisi finanziaria internazionale, la Gandhi potrebbe considerare insensato voler riportare a tutti i costi il Congresso al potere, puntando invece ad eventuali elezioni ravvicinate nel 2010-2011 che permetterebbero il lancio definitivo di suo figlio Rahul alla guida del paese.Lo spoglio delle schede elettroniche, oltre 400 milioni, dovrà sentenziare se il Congresso e le forze alleate hanno superato la soglia critica dei 200 seggi (ne servono 272 per avere la maggioranza della Lok Sabha, la Camera bassa), fatto che renderebbe plausibile una trattativa con altri partiti per avviare la legislatura. E in questo ambito svolge un ruolo cruciale il cosiddetto Terzo fronte, eterogenea alleanza di forze di cui fa parte anche il Partito comunista indiano marxista (Cpi-M), e il cui vero collante è la volontà di porre fine al bipartitismo politico (Congresso-Bjp) che ha segnato la vita politica indiana degli ultimi decenni.Questo Fronte ha manifestato in subordine l'impegno a non permettere mai un ritorno al potere del Bjp, padre delle privatizzazioni che hanno rilanciato una decina d'anni fa l'economia indiana senza però preoccuparsi troppo delle enormi sacche di povertà esistenti ovunque.Maurizio Salvi

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la crisi economica e i limiti dell'ottimismo - giorgio ruffolo (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 39 - Commenti LA crisi economica e i limiti dell´ottimismo GIORGIO RUFFOLO Ci sono tre buone ragioni per concordare con Luigi Spaventa quando registra e analizza, con comprensibile prudenza, i segnali di ottimismo che appaiono all´orizzonte dell´economia. Il primo è il più frivolo, ma secondo me essenziale. Iniettare un pizzico di buonumore è un buon contributo alla distensione, se non si esagera strumentalmente a fini politici. Gli allarmisti che si esaltano ad ogni picchiata della borsa scorgendovi l´annuncio della fine del capitalismo si espongono, oltre che alla smentita, alla pubblica antipatia. Il secondo è che l´ottimismo, prendo a prestito il titolo di un libro "liberista", è di sinistra. Le più amare esperienze insegnano che le catastrofi economiche si risolvono assai spesso in catastrofi autoritarie. Il terzo è decisivo. E´ che i sintomi che Spaventa registra sono veri. La verità, e non l´aspirazione politica, è il criterio fondamentale dell´analisi economica. Ciò detto Spaventa, che ha scritto un saggio importante sulla genesi della crisi, sa bene che non si può restringere il discorso alla domanda pressante : quando finirà. Per le sue dimensioni e per la sua profondità essa ha fatto emergere problemi che non possono essere trascurati. Anche se, come è auspicabile, ci sarà una schiarita, ma i problemi di fondo che la crisi ha evidenziato non saranno affrontati, si sarà persa un´occasione sgradita ma provvidenziale per raddrizzare il legno storto. A me pare che questi "grandi problemi" che la crisi ha fatto emergere siano, tanto per ipersemplificare. essenzialmente tre:1) la funzione della finanza nell´economia; 2) la questione delle diseguaglianze nella distribuzione e degli squilibri nell´allocazione del reddito;3) la questione del rapporto tra crescita economica ed equilibrio ambientale. Al primo di questi problemi dedica un libro Luciano Gallino: "Con i soldi degli altri" (Einaudi). Egli spiega con rigore scientifico e semplicità comunicativa - due virtù difficili da coniugare - l´emergere di quel capitalismo per procura che, in estrema sintesi, trae origine da due fenomeni cruciali. Il primo è la deregolazione dei movimenti di capitale, che ha trasferito il governo supremo dell´economia dalla politica macroeconomica ai mercati finanziari. Il secondo è l´enorme dimensione che questi hanno assunto. Alla fine del 2007 il Pil mondiale risultava pari a 54 trilioni di dollari, e la capitalizzazione delle borse mondiali a 61 trilioni. Questa enorme massa di risparmio sta nelle mani di un gruppo ristretto di grandi banche e di intermediari finanziari che lo gestiscono in condizioni di grande complessità e di scarsa visibilità. Il criterio supremo che regola la sua destinazione è il massimo rendimento nel minimo tempo, il che esclude gli investimenti "lungimiranti" dai quali dipende tanta parte della produttività economica e del benessere sociale; mentre incoraggia le scommesse speculative, dalle quali è dipesa tanta parte dell´attuale marasma. Il secondo problema riguarda il trionfo della diseguaglianza all´interno dei vari paesi, quelli capitalistici avanzati e quelli emergenti la cui crescita, rappresentata da un Pil bugiardo che somma beni e mali, ha beneficiato quasi soltanto le classi di reddito più elevato, e ha determinato un drammatico squilibrio tra beni sociali e beni privati. Il terzo è il problema di una crescita indifferenziata, invocata oggi quale che sia il costo ambientale, ignorando le condizioni della sua sostenibilità. Il discorso politico corrente sta ancora molto al di sotto di queste tematiche. Ci si limita ad affermare, come diceva Keynes, che dopo la pioggia verrà il bel tempo. Il che è di buon augurio, ma non ci offre un ombrello.

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Sponsor in fuga A Londra saranno Giochi di Stato (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

il caso Il budget è già moltiplicato per quattro MEGAPROGETTO PREOCCUPAZIONE IL MINISTRO Sponsor in fuga A Londra saranno Giochi di Stato Il governo paga i cantieri ed è polemica FRANCESCA PACI Si ritira il finanziatore australiano: villaggio olimpico nazionalizzato Dopo il salvataggio restano 585 milioni per arrivare al 2012 «Recupereremo almeno metà della somma rivendendo gli alloggi» CORRISPONDENTE DA LONDRA Quando toccò alle banche, i contribuenti britannici storsero un po' il naso ma si rassegnarono senza troppe proteste al salvataggio pubblico degli istituti di credito fallimentari. In fondo si trattava dei loro risparmi, le ricette keynesiane andavano bene anche ai più liberisti. Le Olimpiadi no. La nazionalizzazione del villaggio olimpico, abbandonato dai promettenti finanziamenti privati, rischia di alienare definitivamente al governo la fiducia degli elettori nei giorni in cui lo scandalo delle note spese gonfiate apre la strada alla demagogia dell'antipolitica. Gli appartamenti dei 17 mila atleti che alloggeranno a Londra per le Olimpiadi del 2012 saranno pagati interamente con fondi statali, 1,1 miliardi di sterline (1,3 miliardi di euro) che sarebbero dovuti arrivare dalla compagnia di costruzioni australiana Lend Lease ritiratasi all'ultimo momento. Per la terza volta in un anno il governo è costretto a correre in soccorso al mega-progetto, il più costoso dei cantieri olimpici, per cui sono stati stanziati già 324 e 326 milioni di sterline (361 e 363 milioni di euro). «Riusciremo a recuperare almeno metà della somma mettendo in vendita le abitazioni all'indomani dei Giochi» garantisce il ministro delle Olimpiadi Tessa Jowell. Leggendo le previsioni sul prezzo delle case di David Higgins, direttore dell'Olympic Delivery Authority (Oda), l'ente responsabile dei cantieri, la Jowell si è convinta che il villaggio abbia un mercato, che nel 2013, recessione alle spalle, decine di acquirenti si materializzeranno spendendo almeno 501 milioni di sterline nei nuovissimi mono e bilocali affacciati sui 10 ettari di parco nell'East London. E pazienza se, a bocce ferme, serviranno ancora 147 milioni di sterline per «desportivizzare» gli appartamenti e renderli appetibili alle agenzie immobiliari: dopo le Olimpiadi, promettono i manifesti pubblicitari, Londra non sarà più la stessa. Il problema è immaginare come sarà. Con il passare dei mesi l'entusiasmo degli abitanti che a centinaia di migliaia erano scesi in strada a festeggiare l'assegnazione dei Giochi si è dissolto come i titoli di Borsa. La stima iniziale di 2,375 miliardi di sterline è stata ritoccata al rialzo: il budget è oggi di 9,3 miliardi di sterline (10,4 miliardi di euro), quattro volte quanto pianificato. Il ministro Jowell ripete che la cifra è definitiva, ma i Conservatori puntano il dito sulla tabella di marcia: a tre anni dalla cerimonia in mondovisione è stato realizzato appena un terzo dei lavori dimezzando la cassa. «La nazionalizzazione del villaggio olimpico è estremamente preoccupante» osserva il portavoce tory Hugh Robertson. La defezione della Lend Lease, che dopo settimane di trattative ha offerto 150 milioni di sterline, un decimo dell'investimento assicurato, getta un'ombra nera sugli accordi con gli sponsor. Un paio di mesi fa una cordata di privati che aveva sottostimato la crisi finanziaria ha abbandonato il media center obbligando il governo a stanziare 355 milioni di sterline per mandare avanti il cantiere. Ora è la volta del villaggio olimpico. Hugh Robertson dubita delle rassicurazioni del ministro Jowell che ha rifiutato la compartecipazione della Lend Lease perché, a quel punto, era più conveniente per lo Stato «comprare l'intera struttura e incassare i guadagni futuri». Di questi tempi la Gran Bretagna è piuttosto scettica sul domani, soprattutto se si tratta di portafoglio. «Quando il governo destinò 2,7 miliardi al fondo d'emergenza olimpico sembrò una bella somma, ma era prima della recessione» nota l'editorialista economico del Times Ashling O'Connor. A forza di scialuppe di salvataggio il forziere è rimasto quasi a secco. Dopo il soccorso del villaggio olimpico resteranno appena 585 milioni di sterline per arrivare al 2012. Riuscirà Downing Street a contenere le spese e la rabbia dei cittadini? O'Connor è scettico: «La storia non è dalla parte dei ministri. L'organizzazione delle Olimpiadi significa anche sicurezza e il Comitato olimpico internazionale preme perché le cose siano fatte a norma quanto l'opinione pubblica insiste sull'austerity». Ci fosse almeno il dato tranquillizzante dell'occupazione da sbandierare come amuleto scacciaguai. Niente da fare. Una delle campagne preferite dai tabloid è la vivisezione dei cantieri olimpici dove lavorano 3315 operai, un terzo dei quali stranieri. E il contribuente britannico, incalzano i demagoghi, paga. Saranno pure Giochi ma, per ora, qui non si diverte nessuno. Sullo sfondo il British National Party, la destra ultranazionalista che cavalca il malcontento, si scalda ai blocchi di partenza. www.lastampa.it/paci

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CRISI FINANZIARIA CORRUZIONE E CASO ITALIANO (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI FINANZIARIA CORRUZIONE E CASO ITALIANO ECONOMIA E SOCIETÀ Letta dalla prospettiva italiana, la retorica popolare diffusa negli Stati Uniti sulla crisi economica è preoccupante. Che si parli con Joe the plummer, il nuovo "uomo qualunque," o con i professionisti della middle class, le responsabilità delle crisi vengono attribuite alla avidità e all'ingordigia dei finanzieri di Wall Street. È una retorica che assomiglia molto a quella di tante pseudo-analisi della crisi italiana: è colpa della corruzione, è colpa della mancanza di senso civico, è colpa dell'egoismo dei potenti. Messa in questi termini, sarebbe più diretto e anche chiaro affermare che è colpa del Male, affermazione difficile da contestare. Il problema è che il Male non si può affrontare con strumenti politici. Quelli che ci hanno provato hanno finito per instaurare regimi totalitari, i cui esempi più recenti si trovano oggi negli stati islamici come l'Iran. In realtà, in America come in Italia, si scambia l'effetto con la causa. Basti pensare a Mani Pulite. Si diffuse la convinzione che la causa del pessimo governo dell'economia degli anni 80 fosse da individuarsi nella corruzione. Non era vero, la corruzione era una conseguenza, grave, di altre cause, tra tutte: un sistema politico bloccato, un sistema economico organizzato in corporazioni. Il reddito irragionevole del banchiere di Wall Street era il frutto di un sistema che offriva a tutti la possibilità di aumentare il proprio benessere in maniera legale e senza apparenti controindicazioni, anche comprando la casa con un mutuo irragionevolmente economico. Un sistema che agiva come se il rischio non esistesse, dato che importanti norme prudenziali erano state abolite. La retorica che scarica la responsabilità sull'avidità scambia l'effetto con la causa e finisce per far perdere di vista, appunto, la causa. Il risultato è di non intaccare le scelte e le posizioni di coloro hanno provocato la crisi, e il dominio di interessi particolari. Molti dubbi continuano a circolare attorno ai vertici economici della amministrazione Obama. I suoi consiglieri e il ministro del tesoro hanno legami stretti col mondo della finanza. Gli stessi, pochi, economisti che avevano previsto la crisi, Nouriel Roubini, Paul Krugman, sono oggi molto critici sulle misure prese dal governo: troppo costose per i contribuenti, non abbastanza punitive per chi ha le responsabilità dei fallimenti. Si badi, non si tratta di desiderio di vendetta, ma di sani incentivi negativi. Invece, il timore è che possa accadere quanto visto qui da noi: una volta attribuita la responsabilità delle cose alla corruzione e alla disonestà, il risultato dieci anni dopo è il dominio dei maggiori beneficiari di quella stagione da cui si era provato ad uscire.

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Bazoli: in banca l'ora dell'euro-capitalismo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-15 - pag: 41 autore: Bazoli: in banca l'ora dell'euro-capitalismo MILANO «Quando due anni fa ho riproposto le peculiarità del modello di capitalismo temperato dell'Europa continentale rispetto alla finanza anglosassone ho dovuto affrontato critiche dure ». Giovanni Bazoli è tornato nella "sua" Università Cattolica per parlare di un volume storico sulla "sua" Banca Cattolica del Veneto: quella che, fusa nel '90 nell'Ambroveneto, gettò le pietre angolari della futura Intesa Sanpaolo. Ma è della crisi finanziaria che vuol parlare e sfoglia alcune fotocopie del «Corriere della Sera» del 2007 e del 2008. Era rimasto vivo a lungo il dibattito aperto dal Professore, ancora una volta attorno a un libro di storia bancaria, sul Mediocredito lombardo. Allora aveva colto l'occasione per rilanciare «l'interesse generale del paese» come bussola irrinunciabile per le grandi banche. «Non ho fatto che riallacciarmi ai principi del capitalismo sociale di mercato alla base della Costituzione dell'Unione europea, eppure commentatori di rilievo su importanti quotidiani mi hanno attaccato», ha rammentato Bazoli. E ha nuovamente avvertito: gli «eccessi del liberismo» possono portare a fallimenti altrettanto gravi di quelli generati dalle «economie sovietiche». Ora che il collasso dei mercati ha eroso la credibilità di quello che appariva il «codice irresistibile della globalizzazione», il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo è anzitutto disturbato da un refrain: che le banche italiane siano state colpite meno di altre nel mondo dalla grande crisi per caso o perché sarebbero più arretrate nella tecnologia finanziaria e meno internazionalizzate. Invece - e Bazoli in Aula Pio XI enuncia quasi un manifesto in tre punti - l'attenzione all'economia e alla società dei territori sta tornando un fattore strategico qualificante per le banche europee, un momento di "creazione di valore" sia per gli azionisti che per le grandi comunità di imprese e famiglie. E se resta acquisita la libertà del management di gestire l'azienda, rimane scorretto affermare che una banca che guarda in profondità alle esigenze di un sistema- paese sia «una banca che vuol fare politica».Da ultimo, nel recupero di approcci ortodossi all'intermediazione bancaria, serve «un quadro regolamentare più aggiornato per l'attività finanziaria, con una ripresa di dimensione etica e meccanismi più avanzati di compenetrazione tra interessi degli " shareholders" e quelli degli " stakeholders"». «Se non ripensiamo ora la cultura dominante nell'economia finanziaria, sarà un'occasione gravemente perduta », sollecita il Professore: con un appello forte anche al mondo cattolico, che attende per giugno la prima enciclica sociale di Papa Benedetto XVI. «Alla modernità dell'economia e della finanza è indubitabile abbiano contribuito soprattutto i pensatori delle chiese cristiane riformate. Ma la dottrina sociale della Chiesa cattolica non possiede minor ricchezza e tradizione: è giunto il momento di aprire una nuova fase». A.Q. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il Tesoro Usa prepara la Borsa dei derivati (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-15 - pag: 42 autore: Regole. La riforma prevede una piattaforma elettronica vigilata dal Governo Il Tesoro Usa prepara la «Borsa» dei derivati Schapiro (Sec): più trasparenza Carte di credito, Obama accelera Daniela Roveda LOS ANGELES La regolamentazione del mercato dei derivati delineata dal Tesoro Usa potrebbe dimezzare i profitti degli intermediari su questi strumenti finanziari. Le autorità americane favoriscono infatti regole di trasparenza e un sistema di monitoraggio dei prezzi simile al Trace, adottato nel 2002 per regolamentare il mercato delle obbligazioni societarie. Questa proposta, ventilata ieri dal presidente della Sec Mary Schapiro a una conferenza a Washington, si inquadra nel più ampio progetto di riforma esposto mercoledì sera dal Ministro del Tesoro Timothy Geithner per il mercato dei derivati – «l'arma di distruzione di massa» secondo la definizione del finanziere Warren Buffett – che ha contribuito alla più grave crisi finanziaria dalla Grande depressione mettendo in ginocchio colossi come Lehman Brothers e Aig, e causando perdite complessive per 1.400 miliardi di dollari alle istituzioni finanziarie di tutto il mondo. «Buchi nella rete di controllo dei mercati finanziari hanno contribuito alla crisi – ha detto ieri Geithner alla conferenza –. Oggi tocca al Parlamento varare una serie di riforme per rafforzare il sistema di vigilanza, per rendere i mercati più trasparenti e meno vulnerabili a shock finanziari, e per costruire una rete di protezioni per consumatori e investitori ». La proposta di riforma inviata mercoledì dal Tesoro al Parlamento prevede l'istituzione di un mercato elettronico per la compravendita di derivati soggetto alla vigilanza del Governo. Le società con grosse esposizioni nel mercato dei derivati, o quelle che gestiscono strumenti particolarmente complessi, dovranno fornire informazioni aggiuntive alle autorità competenti, e potrebbero essere soggette a limiti sulle loro esposizioni. Il Tesoro auspica anche la creazione di una clearing house per garantire le transazioni in derivati e per attutire le ripercussioni di eventuale fallimento di qualche istituzione finanziaria. L'amministrazione sta facendo pressioni sul Parlamento perché revochi, almeno in parte, il Commodity Futures Modernization Act, la legge del 2000 che di fatto esentò i derivati dal qualsiasi tipo di regolamentazione. La legge, approvata grazie alle pressioni delle lobby finanziarie, ricevette anche l'appoggio dell'allora ministro del Tesoro, Lawrence Summers. Oggi Summers, mentore di Geithner, è il più influente consigliere economico del presidente Obama. All'epoca anche il governatore della Fed Alan Greenspan proclamò l'utilità dei derivati per abbassare il grado di rischio nel sistema finanziario. Ma la disordinata e rapida crescita di questo mercato ombra, che secondo la Banca per i Regolamenti Internazionali vale 684mila miliardi di dollari, ha creato il caos. Oggi i contratti sui derivati vengono stipulati per via telefonica tra i clienti e i loro intermediari. Il Tesoro potrebbe proporre anche l'adozione del Trace che consente a chiunque di monitorare online l'andamento dei prezzi di domanda e di offerta sulle obbligazioni societarie. La spinta verso una maggiore regolamentazione prosegue anche sul fronte dei consumi. è di ieri la richiesta del presidente americano Barack Obama di una riforma immediata dell'industria delle carte di credito a tutela dei consumatori e per riportare la necessaria trasparenza in questo settore. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Risparmio gestito, la ritirata straniera (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-15 - pag: 43 autore: 000 Risparmio gestito, la ritirata straniera L a campagna d'Italia delle banche estere? Una débcle generale. Dopo i casi Ge Money Bank, Dresdner, Fonspa (gruppo Morgan Stanley) e Deutsche Bank tocca a Ubs e Bnp Paribas. La banca svizzera vuol tagliare costi per 3,5- 4 miliardi di franchi entro fine 2010 e licenzierà 10mila dipendenti, 4mila nella sola divisione wealth management elvetica. Nei giorni scorsi Ubs ha comunicato ai sindacati 94 esuberi sui 450 dipendenti italiani. Il motivo? Nel 2008 le masse ammi-nistrate sono calate del 17% a 15,3 miliardi, il fatturato del 20% a 116,1 milioni. Il 2009 è anche più buio: nel primo trimestre il giro d'affari siè dimezzato, con una perdita di 5 milioni rispetto all'utile di 1,6 del primo quarto 2008. Nel private banking va anche peggio: dal 2006 al 31 dicembre scorso gli asset sono calati del 40% e da gennaio a marzo di un altro quarto ad appena un miliardo. Esuberi anche in Bnp Paribas: 27 su 267 dipendenti italiani nel Personal Finance, 30 su 146 nell'Asset Management e 36 su 360 nel Lease Group. Le motivazioni? Tensioni sui mercati finanziari, incremento del costo del rischio, crisi del risparmio gestito. Nel leasing Bnp ha perso nel 2008 l'8%deivolumi, il 4%di quelli strumentali. A febbraio la picchiata:-33 per cento. I resti di quelle che furono tra le più potenti armate bancarie del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Ma stavolta non vince nemmeno l'Italia. (N. B.)

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Stato e mercato. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-15 - pag: 2 autore: Stato e mercato. In discussione i modelli economici capaci di creare sviluppo e solidarietà sociale La politica non si condanni all'inutilità I l Sole 24 Ore, chiedendosi se la crisi finanziaria "muterà in radice" oppure no il nostro mondo, apre un dibattito sul suo futuro. Guido Tabellini nel saggio d'apertura s'interroga sulle cause che hanno innescato la crisi e indaga le riforme considerate necessarie perché essa non si ripeta. Le tre questioni (le cause della crisi, la sua natura e il che fare per uscirne) sono effettivamente cruciali e interrogano non solo l'economia, ma direttamente la politica e le scienze umane. Il fatto che nell'apertura del dibattito Tabellini dia una risposta che tende a circoscrivere il campo d'azione della crisi e quindi delle reazioni da adottare per uscirne, non riduce la portata dei quesiti ai quali credo si possa (e si debba) dare risposte assai diverse da quelle prospettate. Questa crisi non è la manifestazione di un'ordinaria turbolenza quanto piuttosto un terremoto imprevisto dai governi e dai principali attori dell'economia e dalle conseguenze ancora largamente imprevedibili. La sua espansione nelle diverse sfere in cui è organizzata la società e la sua estensione nel mondo la rendono imparagonabile a tutte quelle che si sono succedute negli ultimi decenni. La crisiè sempre una transizione dolorosa da una condizione a un'altra da essa diversa e, quando si manifesta nell'economia,sempre ne propone un processo di riorganizzazione e di ristrutturazione. Ma la crisi del 2008 non ha nulla che faccia pensare solo a un avvallamento temporaneo terminato il quale si tornerà ai livelli previsti. Il suo carattere strutturale ha fatto sì che, esplosa nella dimensione finanziaria, essa ha immediatamente e direttamente investito, con un'imponente massa d'urto, l'economia e la società in tutte le sue articolazioni. Il suo carattere globale è stato messo in evidenza da come la crisi ha investito il mondo intero. Né si può trascurare che la crisi si manifesta, anche nei paesi a più alto tasso di sviluppo, all'interno di una coesione sociale già largamente compromessa. Su di essa irrompono ora le conseguenze della crisi. La diffusione senza precedenti del lavoro precario compie un salto con la messa a rischio, per una parte rilevante della popolazione lavorativa, dello stesso posto di lavoro. Il contesto sociale e politico,del resto,ha visto assai indebolite tutte le difese sociali. In una strisciante crisi di civiltà, la perdita di futuro e lo smarrimento di senso fanno dell'incertezza il suo tratto più caratteristico. La paura prevale sulla speranza. La solidarietà sociale è spezzata dalla produzione di meccanismi d'esclusione e dalla crescitadi un individualismo mercantilistico alimentato anche dall'eclissi della politica. Parlare in queste condizioni, alla stessa stregua, della crisi come rischio e come opportunità diventa tutt'altro che innocente. Per trasformare questa crisi in opportunità ci vorrebbero tante cose che oggi non ci sono, a partire dalla politica. La prima dovrebbe essere l'acquisizione della natura profonda, di società della crisi. Guido Rossi ha descrittivamente parlato di una crisi del capitalismo finanziario globalizzato. Si potrebbe sostenere che le cause della crisi sono le medesime che ne avevano determinato il successo: la finanziarizzazione pervasiva, l'unificazione di mercati non governati, la crescita delle disuguaglianze quale volano dello sviluppo. Lucio Caracciolo ha definito gli Usa un " impero a credito". La contraddizione, insita nella definizione, è diventata un potente fattore di crisi ma, prima, ha costituito la possibilità d'immettere, anche attraverso la spesa pubblica in disavanzo, nell'economia, potenti dosi di denaro decisive per quella spinta all'innovazione tecnico- scientifica, alla sua applicazione e all'aumento della produttività. Senza la crescente finanziarizzazione dell'economia non ci sarebbe stata la rivoluzione digitale. La relazione che si è venuta realizzando tra le economie occidentali e la crescita imponente di quelle asiatiche, a partire dalla Cina, non avrebbe avuto lo stesso svolgimento: uno svolgimento così imponente da configurare già nella crisi la transizione, uno spostamento del baricentro dello sviluppo a Oriente (la Cinamerica). Se verso l'esterno gli Usa hanno funzionato come un impero a credito, sul mercato interno hanno realizzato una soluzione del problema della domanda interna non meno gravida di contraddizioni, con lo stesso complice consenso delle altre aree economiche del mondo. Un brillante economista come Riccardo Bellofiore ha parlato, a questo proposito, della creazione d'una figura economico-sociale particolarmente rilevante a quel fine, quella del consumatore indebitato. Quando Ford progettò il modello T (l'annuncio della produzione di serie per il consumo di massa) considerò la necessità di alti salari. L'economia della globalizzazione ha preteso sistematicamente di farne a meno, sostituendoli con l'indebitamento privato. è impossibile non vederne il rapporto con la creazione della bolla e con l'esplodere della crisi finanziaria.La teoria di Minsky sull'instabilità si prende così una rivincita sull'oscuramento a cui è stata condannata e rivela la prevedibilità della crisi. è la conferma, la possibilità di prevederla analizzando il funzionamento di questa economia, che si tratta di una crisi sistemica. Invece non rappresenta ancora un'ammissione di questo stato di cose il fatto che sia in corso la rinuncia, di fatto, da parte delle principali economie occidentali di uno degli assunti fondamentali teorizzati nel ciclo del "turbocapitalismo": lo stato non è la soluzione del problema, bensì il problema. Lo stato viene potentemente richiamato in servizio, il mercato chiede soccorso alla politica. L'ordine di grandezza dell'intervento pubblico è sconvolgente. L'intervento dello stato configura delle nazionalizzazioni di fatto in gangli strategici delle economie. Eppure non è né il ritorno al keynesismo dei "30 anni gloriosi" né, tanto meno, la prefigurazione di un'uscita dalla crisi verso un modello economico e sociale diverso. Non basta lo spiazzamento, che c'è, sia delle culture neo-liberiste che di quelle "modernizzatrici". Vale la lezione di Bauman secondo cui il capitalismo crea problemi che non sa risolvere e per risolverli deve negare anche propri dichiarati fondamenti per uscire dalla contraddizione. La capacità d'innovarsi non viene certo meno nella crisi. Lo sarà anche in questa crisi così profonda, strutturale e drammatica. Ma in quale direzione? La discussione su quale modello economicovada perseguito è il centro reale della contesa in questa crisi. Se la politica non lo vede si condanna all'inutilità. Non c'è nulla d'astratto, di separato dai problemi concreti in questa consapevolezza. La spesa pubblica in disavanzo è una necessità, ma quel che incide della direzione di marcia è a cosa viene finalizzata, se o non si accompagna a una riqualificazione produttiva, a una conversione della produzione, dei servizi e della composizione dei consumi. L'intervento pubblico per salvare le banche e le imprese strategiche è una necessità, ma decide la sua natura la strada che intraprende, se cioè, contemporaneamente, si modificano o no gli assetti proprietari; se s'introducono o no forme inedite di democratizzazione dell'economia. Il rafforzamento e la generalizzazione degli ammortizzatori sociali vanno bene, ma decide della qualità dell'intervento pubblico su questo terreno il non lasciare mano libera sui licenziamenti, come una significativa redistribuzione a favore dei bassi redditi, come la restituzione ai lavoratori di un reale potere di contrattazione e di controllo sull'organizzazione del lavoro e sulle scelte dell'impresa. Ha ragione Delors quando parla contro l'arroganza del "brevitempismo". Riaprire, nella crisi, un discorso sulla programmazione e sullo spazio pubblico significherebbe mostrare di aver inteso la sfida della crisi, se è la crisi di un intero modello economico e sociale. L'Europa dovrebbe intenderlo prima e più di altri. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA DIREZIONE DI MARCIA La spesa pubblica in disavanzo è una necessità, ma quello che qualifica è il suo utilizzo: serve una conversione di produzione, servizi e consumi di Fausto Bertinotti EX PRESIDENTE DELLA CAMERA

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Le Borse e il segreto di Star Trek (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-15 - pag: 2 autore: Le Borse e il segreto di Star Trek L'arte del remake: riattivare storie di successo per infondere fiducia ai mercati di Robert J. Shiller D opo i minimi toccati ai primi di marzo, tutti i principali mercati azionari del pianeta hanno risalito prepotentemente la china. In alcuni casi, in Cina e in Brasile in particolare, hanno toccato il fondo lo scorso autunno e poi di nuovo a marzo, prima di realizzare un rimbalzo spettacolare, con il Bovespa brasiliano in crescita del 75% rispetto a fine ottobre 2008 e lo Shanghai Composite cinese su del 54% più o meno nello stesso periodo. Ma praticamente ovunque, da marzo a oggi, il mercato azionario ha riservato buone notizie. è un segnale della fine imminente della crisi economica mondiale? Tutti stanno ridiventando ottimisti nello stesso momento, accelerando la fine dei nostri problemi? I boom speculativi sono alimentati da una retroazione psicologica. Il rialzo dei prezzi delle azioni crea storie d'investitori abili che riescono a diventare ricchi. La gente, guardando con invidia ai successi altrui, comincia a domandarsi se questo rialzo non ne preannunci altri in futuro ed è tenta-ta di mettersi a giocare in Borsa, anche quelli che in fondo non credono che il boom continuerà. E dunque il rialzo delle azioni produce a sua volta altri rialzi, e il ciclo va avanti così per un po' di tempo. Durante un periodo di boom delle azioni, chi è tentato dall'idea di giocare in Borsa mette su un piatto della bilancia la paura di pentirsene se non lo fa, e sull'altro la sofferenza di una possibile perdita economica se lo fa. Non esiste una risposta affidabile su quale sia la decisione "giusta", e non c'è unanimità tra gli esperti su quale sia un adeguato livello d'esposizione rispetto ai mercati azionari. Trenta per cento di azioni e 70% di immobili? O il contrario? Nessuno lo sa. E pertanto la decisione ultima deve dipendere dal peso relativo di questi fattori emotivi discordanti. In una situazione di boom, i fattori emotivi pendono dalla parte del giocare in Borsa. In questo momento, però, è il caso di chiedersi che cosa vi sia alla base di questa tendenza. Non sembra che da marzo a oggi vi sia stata nessuna notizia significativa che la giustifichi, se non il rialzo stesso. La tendenza umana a reagire agli incrementi dei prezzi è sempre in agguato, pronta a generare bolle speculative e crescite improvvise. La retroazione è solo un meccanismo d'amplificazione per altri fattori che predispongono la gente a lanciarsi nel gioco di Borsa. Il mondo non riuscirà a recuperare tutto l'entusiasmo di qualche anno fa solo con la retroazione, perché siamo di fronte a un colossale problema di coordinamento: non siamo tutti ricettivi agli incrementi dei prezzi nello stesso momento, e dunque prendiamo le nostre decisioni d'acquisto in momenti molto diversi. Il risultato è che le cose succedono lentamente e nel frattempo possono venir fuori altre cattive notizie. La fiducia il mondo potrà recuperarla appieno solo se avrà modo di prendere ispirazione da qualche storia che non sia il semplice incremento dei prezzi delle azioni. Nel libro che ho scritto insieme a George Akerlof, Animal spirits, sono descritti i pregi e i difetti di una macroeconomia trainata sostanzialmente dalle storie. Simili narrazioni, in particolare le storie di persone concrete, storie con cui ci si può relazionare, sono i virus intellettuali che stimolano l'economia attraverso il contagio. Il tasso di contagio delle storie dipende dal loro rapporto con la retroazione, ma le storie devono essere plausibili fin dall'inizio. La forza delle narrazioni deriva dalla loro capacità d'influenzare il nostro modo di vedere le cose. La storia che ha gonfiato la bolla azionaria che ha raggiunto il suo picco nel 2000 era una storia complessa, ma ridotta in termini grossolani suonava così: una serie d'individui brillanti e aggressivi ci stanno guidando verso una nuova era di gloria capitalistica, in un'economia in rapida globalizzazione. Queste persone diventavano i nuovi imprenditori che viaggiavano da un capo all'altro del mondo sulla via della prosperità. Era una narrazione che appariva plausibile all'osservatore occasionale, perché era legata a milioni di piccole storie di persone concrete, storie dei successi evidenti di amici, vicini e parenti che avevano la capacità di visione necessaria per prendere parte con slancio al contesto nuovo. Ma oggi è difficile ricreare una narrazione del genere di fronte a tutte queste storie d'insuccessi e fallimenti. Il rimbalzo dei mercati azionari da marzo a oggi non sembra costruito intorno a storie edificanti come quelle prima descritte, semmai intorno alla pura e semplice assenza di notizie più cattive, e intorno alla consapevolezza che tutte le recessioni del passato prima o poi sono giunte a termine. In un'epoca in cui i quotidiani traboccano di foto di case pignorate in vendita, e addirittura di case in eccedenza demolite, è difficile vedere dietro al rimbalzo dei mercati motivazioni che non siano la storia del "tutte le recessioni presto o tardi hanno fine". Anzi, la storia dei "capitalisti trionfanti" ormai è screditata, e così la nostra fiducia negli scambi internazionali. E dunque ecco il problema: non c'è nessun fattore trainante plausibile in grado di alimentare una ripresa degna di questo nome. Mettere in moto una ripresa economica è come lanciare un nuovo film: nessuno sa come reagirà il pubblico fino a quando il pubblico non ha effettivamente modo di andare a vedere il film e discuterne. Il nuovo Star Trek, basato sull'ennesimo remake di un telefilm di oltre quarant'anni fa, ha sorpreso tutti portando a casa 76,5 milioni di dollari nel suo primo week end. Una vecchia storia che grazie a questo nuovo film è tornata a far parlare di sé. Allo stesso modo dobbiamo sperare che alcune di quelle vecchie storie che in passato ci hanno proiettato in avanti - l'ascesa del capitalismo e la sua internazionalizzazione fino ad abbracciare l'intera economia mondiale - possono essere rispolverate e riportate in vita per rinvigorire gli spiriti animali che sono alla base della ripresa economica. I nostri sforzi per stimolare l'economia dovrebbero tendere a migliorare il copione di quelle storie, a renderle di nuovo credibili. E questo significa far funzionare meglio il capitalismo e mettere in chiaro che non esiste nessun rischio di protezionismo. Ma lo scopo dev'essere tirar fuori l'economia mondiale dall'attuale situazione di rischio, non catapultarci in un'altra bolla speculativa. L'autore è professore di economia all'Università di Yale. Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Fabio Galimberti) IL COPIONE La trama del 2000: uomini brillanti ci guidano in un'era di gloria capitalistica: oggi non è credibile, ma si possono rivivere nuove avventure imprenditoriali

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Germania in rosso di 80 miliardi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-15 - pag: 3 autore: Germania in rosso di 80 miliardi Disavanzo record dal dopoguerra - Rinviato «sine die» il pareggio nei conti pubblici Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente è un buco di bilancio drammatico, senza precedenti nel secondo dopoguerra, quello che la Germania dovrà affrontare nel 2009. Le ultime stime ufficiali sull'andamento delle finanze pubbliche hanno rimandato sine die il pareggio dei conti dello Stato e rimesso in dubbio qualsiasi riduzione delle imposte. Secondo il ministero delle Finanze, le entrate fiscali quest'anno ammonteranno a 537 miliardi di euro, con un ammanco rispetto alle stime di novembre pari a 45 miliardi. Il deficit nel 2009 sarà quindi di circa 80 miliardi, un nuovo record dalla fine della seconda guerra mondiale. Il primato precedente risaliva al 1996, di appena 40 miliardi. L'ammanco sul periodo 2009-2012 è stimato a 316 miliardi di euro. I dati lasciano temere un forte aumento del rapporto tra deficit e Pil, ben oltre i limiti europei. Quest'anno potrebbe essere del 3,9%, mentre nel 2010 potrebbe salire addirittura al 6 per cento. La stessa Bundesbank non esclude un debito-Pil intorno all'80% l'anno prossimo. La crisi finanziaria e la recessione economica stanno pesando sui conti pubblici tedeschi: calano le entrate fiscali e aumenta la spesa pubblica. Per il ministro delle Finanze, il socialdemocratico Peer SteinbrÜck, l'evoluzione delle finanze statali è fonte di personale angoscia se è vero che all'inizio dellalegislatura si era impegnato a riportare il bilancio in pareggio. Il governo ha messo a punto alla fine dell'anno scorso misure di sostegno all'economia da 80 miliardi di euro su due anni. A questo bisogna aggiungere un pacchetto di aiuti al sistema finanziario da circa 500 miliardi di euro. Che il deficit tedesco aumenti,in un anno in cuil'economia potrebbe contrarsi del 6%, certo non sorprende. Proprio ieri il ministero dell'Economia ha rivelato che aziende tedesche hanno chiesto al governo prestiti facilitati per 4,4 miliardi di euro e garanzie creditizie per oltre 6,0 miliardi di euro. In un comunicato il ministero ha detto di prevedere un aumento delle richieste nelle prossime settimane. In prima fila vi sono aziende del calibro di Arcandor e Heidelberg Cement. L'andamento dei conti pubblici ha reso praticamente impossibile l'introduzione di tagli fiscali, almeno nel breve termine. In origine il cancelliere democristiano Angela Merkel avrebbe voluto fare di una riduzione del carico fiscale un suo cavallo di battaglia in vista delle elezioni del settembre prossimo. Aveva lanciato l'idea di tagliare le tasse subito dopo il voto. Ormai questa strada appare improponibile, tanto che la stessa signora Merkel ha rinviato qualsiasi riduzione fiscale al 2012, alla vigilia quindi delle successive elezioni federali del 2013. Ciò non toglie che siano possibili contrasti sulla questione: i cristiano-sociali bavaresi continuano a premere perché venga alleggerito il carico sui contribuenti. La recessione ha provocato un dibattito su un modello di crescita basato più sulle esportazioni che non sulla domanda interna. Molti economisti sostengono che la Germania dovrebbe riformare la propria economia, rafforzando i consumi, proprio attraverso tagli fiscali, per controbilanciare la dipendenza dall'export, oggi causa della forte crisi economica. Dal canto suo, presentando ieri le nuove stime sulle entrate fiscali, SteinbrÜck ha detto che parlare ora di tagli alle tasse equivale a fare politica economica «con gli specchi e il fumo ». Il tema è molto sentito da un'opinione pubblica traumatizzata dall'iperinflazione degli anni 20: spiega perché la Germania è stata cauta rispetto ad altri paesi nell'aiutare l'economia in recessione. In piena campagna elettorale, si voterà in settembre per il rinnovo del Bundestag, SteinbrÜck, membro di una Spd che propone un aumento delle imposte per i più abbienti, non ha esitato ad attaccare i democristiani: «Promettere oggi tagli alle tasse significa mentire agli elettori». Ha aggiunto che il dovere del governo da qui al 2013 sarà di risanare i conti pubblici. In un paese tradizionalmente preoccupato da un'eventuale deriva dei conti pubblici le stime pubblicate ieri hanno suscitato particolare emozione. In un articolo pubblicato sul proprio sito il quotidiano regionale Rheinische Post si chiedeva: «Siamo minacciati di rovina?». La domanda suona un po' drammatica, ma dà il senso del dibattito di questi giorni in Germania. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL COSTO DELL'INTERVENTO Sulle finanze pesano i pacchetti di aiuti varati dal governo Merkel Aumentano le aziende che chiedono prestiti agevolati

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Bce preoccupata Spagna: Pil -2,9% Bt: fuori 15 mila (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI Bce preoccupata Spagna: Pil -2,9% Bt: fuori 15 mila Galapagos Buon ultima, anche la Bce ha rivisto (al ribasso, ovviamente) le previsioni sull'andamento del Pil nell'area dell'euro. Dal Bollettino mensile pubblicato ieri a Francoforte arrivano cifre un po' migliori di quelle fornite dalla Commissione europea e dal Fondo monetario, ma il quadro non è assolutamente rassicurante: «l'economia dell'area dell'euro ha continuato a indebolirsi nel primo trimestre dell'anno, contestualmente alla protratta decelerazione dell'attività mondiale». Qualche segnale positivo arriva dagli indicatori anticipatori, scrive la Bce, e «le indagini congiunturali, fanno presumere incerti segnali di stabilizzazione che dovrebbero concretizzarsi in una graduale ripresa solo nel corso del 2010. Anno per il quale il Pil globale di eurolandia dovrebbe rimanere immutato rispetto a quello di quest'anno nel quale il prodotto registrerà una caduta prossima al 4%. La ripresa dell'economia nel 2010, però, non si tradurrà in incremento dei posti di lavoro. Anzi, il tasso di disoccupazione salirà al 10,5% dal 9,3% previsto per quest'anno e dal 9,4% della stima di un paio di mesi fa. L'unica cosa che non pone problemi ai banchieri centrali è l'inflazione la cui caduta (soprattutto le quotazioni delle materie prime) mantiene praticamente immutato (per chi ha lavoro) il potere d'acquisto. A proposito di disoccupazione, dagli Usa arriva la notizia che non rallenta la distruzione di posti di lavoro. Nell'ultima settimana (al 9 maggio) le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono aumentate di 32mila unità a 637mila rispetto alla precedente settimana. Il dato reso noto dal dipartimento del Lavoro è peggiore delle attese degli analisti, che avevano pronosticato un aumento più contenuto. L'incremento è in gran parte dovuto alle chiusure nel comparto auto in seguito al fallimento della Chrysler. Da notare che la media mobile delle ultime quattro settimane è aumentata di 6mila unità a 630.500 dopo quattro settimane consecutive di calo. Di più: è stato stabilito il nuovo record (il quindicesimo consecutivo) per le richieste continuative, salite di 202mila unità a 6,56 milioni. Questo significa che la disoccupazione «assicurata» - per un massimo di sei mesi è salita al 4,9% , nuovo massimo dal 1981. Notizie sempre più nere arrivano dalla Spagna: nel primo trimestre il Pil è sceso dell'1,8% (è un record) rispetto agli ultimi tre mesi del 2008 e del 2,9% tendenziale, cioè rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Si tratta delle flessioni più marcate da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1970. Anche a Madrid il vero problema è la disoccupazione: il numero dei senza lavoro a fine anno potrebbe avvicinarsi al 20%. In Giappone la notizia del giorno sono le perdite della Sony, le prime dopo 14 anni: la conglomerata dell'elettronica ha chiuso con un gigantesco calo del fatturato e con un rosso di 715 milioni di euro il bilancio del 2008. Ma è in buona compagnia: tutti i giganti dell'elettronica nipponica hanno comunicato perdite enorme e esuberi di personale. Esuberi da brividi sono quelli annunciati ieri dalla Bt (British Telecom: il colosso inglese delle comunicazioni ha fatto sapere di voler cancellare entro l'anno «altri» 15 mila posti di lavoro soprattutto in Gran Bretagna. «Altri», in quanto, presentando ieri il bilancio 2008 (chiuso con perdite di 134 milioni di sterline) è stato comunicato che già lo scorso anno sono stati eliminati 15 mila lavoratori, 5 mila in più di quanto precedentemente annunciato. La crisi finanziaria (fatta di una catena di imbrogli) seguita a mordere e la stessa Bce è preoccupata che possano saltare fuori «sorprese» impreviste. Negli Usa, ad esempio, la Lehman Brothers ha comunicato che vuole scorporare dal bilancio 47 miliardi di dollari di asset tossici. A questo punto anche la Lehman dovrà ricorrere a un aumento di capitale per mettere a posto i conti. Infine una notizia che farà felici gli ambientalisti: quest'anno - ha detto l'Aie - i consumi di petrolio si ridurranno del 3%. Un segno della crisi, ma anche una buona notizia: l'inquinamento nel 2009 non aumenterà.

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Südtirol bank, il primo bilancio è positivo (sezione: crisi)

( da "Corriere Alto Adige" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere dell'Alto Adige sezione: 1AECONOMIA data: 15/05/2009 - pag: 10 Finanza I 40 soci soddisfatti del risultato. Perdite contenute per i 7.500 clienti sparsi in tutta Italia Südtirol bank, il primo bilancio è positivo Il presidente Mayr: raccolta in crescita del 20% nonostante la recessione BOLZANO È positivo il primo bilancio di Südtirol Bank, approvato dall'assemblea dei soci dell'istituto nato da Alpi Sim. Con 528 milioni di euro di massa amministrata nel 2008, la banca ha superato i 510 del 2007 ed ha toccato quota 7.500 clienti sparsi in tutta Italia, con l'ausilio di 183 promotori finanziari. «Siamo al 13Ú posto della graduatoria degli istituti simili al nostro spiega soddisfatto il presidente Peter Mayr e a breve avremo altre novità che ci rafforzeranno ulteriormente ». I mercati in crisi non hanno aiutato i rendimenti: «Registriamo perdite tra il 6 e il 7% per i bassi profili di rischio e tra il 15 ed il 20% tra i profili di rischio medio-alti. Di sicuro non avevamo titoli tossici come i Lehman Brothers. Nel 2008 abbiamo raccolto altri 101 milioni di euro». Nel 2008 è avvenuta la trasformazione di Alpi Sim in Südtirol Bank sottolinea Mayr . L'iter di trasformazione non poteva cadere in un momento meno propizio. Infatti, se il raggiungimento della fase operativa della Banca data dal primo di ottobre, ciò significa che nei mesi precedenti e anche in quelli successivi ci si è dovuti confrontare con tematiche complesse come, ad esempio, la migrazione su altro sistema informatico e il superamento di una molteplicità di disposti normativi ed autorizzativi. La semplice realizzazione di tutto l'impianto organizzativo avrebbe, già di per sé, rappresentato un compito gravoso. Ma se, aggiungendosi a questo impiego di energie, si assomma anche la peggior crisi finanziaria ed economica finora vissuta, sono facili da intuire le asperità del cammino». Malgrado ciò gli ammini-- stratori, nel corso dell'assemblea, hanno espresso soddisfazione per un battesimo del fuoco superato brillantemente, anche nei risultati. «La sola raccolta di mezzi finanziari ha visto mettere a segno un più 20% rispetto all'anno precedente in un contesto di forte equilibrio nelle poste di bilancio sottolinea il presidente . La presentazione di questi risultati sia economici che, soprattutto, di efficienza organizzativa hanno generato il consenso e la soddisfazione dei 40 soci, anche in considerazione del fatto che Südtirol Bank si è dimostrata una solida continuazione di Alpi Sim che, nel corso della sua storia, ha sempre chiuso con bilanci più che positivi». In assemblea ha preso la parola anche Hans Schinwald, direttore generale del partner bancario di Südtirol Bank , Raiffeisenverband di Salisburgo, per illustrare l'ottimo stato di salute della banca austriaca. «Con partner così conclude Mayr possiamo essere fiduciosi sul futuro ». F. E.

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Frena Geox, balzo di Mediaset (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 15/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Frena Geox, balzo di Mediaset di Giacomo Ferrari Scambi in calo Il controvalore complessivo degli scambi è sceso a 3,6 miliardi di euro L'S&P-Mib in calo dello 0,57% e il Mibtel dello 0,42%: variazioni minime ieri a Piazza Affari, che non è riuscita (come invece è accaduto alle altre Borse europee) a sfruttare l'apertura in rialzo di Wall Street legata al recupero dei titoli tecnologici. In frenata anche gli scambi, dopo alcune sedute di attività crescente, per un controvalore che si è fermato a poco più di 3,6 miliardi di euro. Tra i 40 titoli a maggiore capitalizzazione, la maglia nera tocca a Geox (-8,98% il prezzo di riferimento), nonostante risultati trimestrali in linea con le attese. La società in realtà ha ridotto l'utile netto ma soprattutto ha annunciato un calo del 13% del portafoglio ordini per la stagione autunno-inverno. D'altra parte la giornata ha visto arretrare altri titoli del made in Italy, come Bulgari, che a sua volta ha ceduto il 4,17%. Gli altri maggiori ribassi, sempre nell'ambito dei titoli dell'S&P-Mib, hanno riguardato Banca Mediolanum (-4,16%), Tenaris (-3,91%), Parmalat (-3,61%) e Telecom (-3,04%). Exploit, invece, per Mediaset che, grazie ai giudizi positivi di alcuni analisti, ha conquistato il primato dei rialzi, con il prezzo di riferimento cresciuto del 6,4%. Ma la lista delle variazioni positive comprende anche molti altri titoli appartenenti a comparti diversi. Fra gli assicurativi, per esempio, Unipol è cresciuta del 5,22%, mentre Impregilo ha messo a segno un guadagno del 5,8%. Seguono Pirelli (+4,43%), Autogrill (+4,34%), Prysmian (+3,69%), A2A (+3,38%) e Finmeccanica (+3,25%).

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I conti trimestrali affondano Natixis (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 15/05/2009 - pag: 39 Il caso a Parigi I conti trimestrali affondano Natixis (g.fer.) Giornata nera, ieri alla Borsa di Parigi, per Natixis, società bancaria controllata da Caisse d'Epargne e Banque Populaire, che ha chiuso la seduta con un calo del 13,58%, a 1,43 euro, dopo aver toccato un minimo di 1,34 euro. Motivo del crollo la pubblicazione dei risultati trimestrali. La perdita nel periodo ammonta infatti a 1,83 miliardi di euro, dopo che a fine 2008 aveva registrato un «rosso » di 2,8 miliardi di euro. L'istituto ha già annunciato un taglio di 1.250 dipendenti. Particolarmente elevati gli scambi: sono state trattate 20,7 milioni di azioni contro una media di 8,3 milioni negli ultimi tre mesi. Laurent Mignon ceo di Natixis

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Alitalia sceglie Fiumicino e Gemina vola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 15/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Alitalia sceglie Fiumicino e Gemina vola (m.sid.) È l'ennesima riprova che alle Borse piace guardare avanti. Un caso scuola. Ieri Gemina ha presentato i dati del trimestre con una perdita di 33 milioni contro un utile di 1,1 milioni nel primo trimestre del 2008. Per gli indici di Piazza Affari è stata una giornata in (lieve) territorio negativo. E cosa è successo al titolo Gemina? Il bilancio finale della seduta è stato un rialzo dell'8,3% a 0,42 euro. Uno dei migliori risultati del listino e massimo dell'anno per il gruppo. Il motivo è semplice. Gemina controlla gli Aeroporti di Roma. E dunque ha potuto beneficiare della scelta definitiva della Nuova Alitalia di Fiumicino come unico hub. Guido Angiolini presidente Gemina

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Sponsor in fuga dalle Olimpiadi A Londra saranno Giochi di Stato (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

CORRISPONDENTE DA LONDRA Quando toccò alle banche, i contribuenti britannici storsero un po’ il naso ma si rassegnarono senza troppe proteste al salvataggio pubblico degli istituti di credito fallimentari. In fondo si trattava dei loro risparmi, le ricette keynesiane andavano bene anche ai più liberisti. Le Olimpiadi no. La nazionalizzazione del villaggio olimpico, abbandonato dai promettenti finanziamenti privati, rischia di alienare definitivamente al governo la fiducia degli elettori nei giorni in cui lo scandalo delle note spese gonfiate apre la strada alla demagogia dell’antipolitica. Gli appartamenti dei 17 mila atleti che alloggeranno a Londra per le Olimpiadi del 2012 saranno pagati interamente con fondi statali, 1,1 miliardi di sterline (1,3 miliardi di euro) che sarebbero dovuti arrivare dalla compagnia di costruzioni australiana Lend Lease ritiratasi all’ultimo momento. Per la terza volta in un anno il governo è costretto a correre in soccorso al mega-progetto, il più costoso dei cantieri olimpici, per cui sono stati stanziati già 324 e 326 milioni di sterline (361 e 363 milioni di euro). «Riusciremo a recuperare almeno metà della somma mettendo in vendita le abitazioni all’indomani dei Giochi» garantisce il ministro delle Olimpiadi Tessa Jowell. Leggendo le previsioni sul prezzo delle case di David Higgins, direttore dell’Olympic Delivery Authority (Oda), l’ente responsabile dei cantieri, la Jowell si è convinta che il villaggio abbia un mercato, che nel 2013, recessione alle spalle, decine di acquirenti si materializzeranno spendendo almeno 501 milioni di sterline nei nuovissimi mono e bilocali affacciati sui 10 ettari di parco nell’East London. E pazienza se, a bocce ferme, serviranno ancora 147 milioni di sterline per «desportivizzare» gli appartamenti e renderli appetibili alle agenzie immobiliari: dopo le Olimpiadi, promettono i manifesti pubblicitari, Londra non sarà più la stessa. Il problema è immaginare come sarà. Con il passare dei mesi l’entusiasmo degli abitanti che a centinaia di migliaia erano scesi in strada a festeggiare l’assegnazione dei Giochi si è dissolto come i titoli di Borsa. La stima iniziale di 2,375 miliardi di sterline è stata ritoccata al rialzo: il budget è oggi di 9,3 miliardi di sterline (10,4 miliardi di euro), quattro volte quanto pianificato. Il ministro Jowell ripete che la cifra è definitiva, ma i Conservatori puntano il dito sulla tabella di marcia: a tre anni dalla cerimonia in mondovisione è stato realizzato appena un terzo dei lavori dimezzando la cassa. «La nazionalizzazione del villaggio olimpico è estremamente preoccupante» osserva il portavoce tory Hugh Robertson. La defezione della Lend Lease, che dopo settimane di trattative ha offerto 150 milioni di sterline, un decimo dell’investimento assicurato, getta un’ombra nera sugli accordi con gli sponsor. Un paio di mesi fa una cordata di privati che aveva sottostimato la crisi finanziaria ha abbandonato il media center obbligando il governo a stanziare 355 milioni di sterline per mandare avanti il cantiere. Ora è la volta del villaggio olimpico. Hugh Robertson dubita delle rassicurazioni del ministro Jowell che ha rifiutato la compartecipazione della Lend Lease perché, a quel punto, era più conveniente per lo Stato «comprare l’intera struttura e incassare i guadagni futuri». Di questi tempi la Gran Bretagna è piuttosto scettica sul domani, soprattutto se si tratta di portafoglio. «Quando il governo destinò 2,7 miliardi al fondo d’emergenza olimpico sembrò una bella somma, ma era prima della recessione» nota l’editorialista economico del Times Ashling O’Connor. A forza di scialuppe di salvataggio il forziere è rimasto quasi a secco. Dopo il soccorso del villaggio olimpico resteranno appena 585 milioni di sterline per arrivare al 2012. Riuscirà Downing Street a contenere le spese e la rabbia dei cittadini? O’Connor è scettico: «La storia non è dalla parte dei ministri. L’organizzazione delle Olimpiadi significa anche sicurezza e il Comitato olimpico internazionale preme perché le cose siano fatte a norma quanto l’opinione pubblica insiste sull’austerity». Ci fosse almeno il dato tranquillizzante dell’occupazione da sbandierare come amuleto scacciaguai. Niente da fare. Una delle campagne preferite dai tabloid è la vivisezione dei cantieri olimpici dove lavorano 3315 operai, un terzo dei quali stranieri. E il contribuente britannico, incalzano i demagoghi, paga. Saranno pure Giochi ma, per ora, qui non si diverte nessuno. Sullo sfondo il British National Party, la destra ultranazionalista che cavalca il malcontento, si scalda ai blocchi di partenza.

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Svolta nella vicenda Hypo Real Estate: via libera da Bruxelles ad acquisto da parte di Soffin (sezione: crisi)

( da "Finanza.com" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

Svolta nella vicenda Hypo Real Estate: via libera da Bruxelles ad acquisto da parte di Soffin (15 Maggio 2009 - 11:32) MILANO (Finanza.com) - Disco verde da Bruxelles all'acquisizione di Hypo Real Estate, specializzato nei progetti immobiliari a vocazione commerciale travolto dalla crisi finanziaria, da parte del fondo pubblico tedesco per la stabilizzazione dei mercati Soffin, controllato dal governo federale. Lo ha comunicato questa mattina la Commissione Ue in un comunicato. La notizia non è di quelle che possono passare inosservate: si tratta, infatti, della prima nazionalizzazione di una banca notificata alla Commissione in applicazione del regolamento delle concentrazioni dall'inizio della crisi finanziaria. (Riproduzione riservata)

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La crisi finanziaria fa rinviare, ma non cancellare i progetti per i pc (sezione: crisi)

( da "Computerworld Online" del 15-05-2009)

Argomenti: Crisi

La crisi finanziaria fa rinviare, ma non cancellare i progetti per i pc Gartner stima una riduzione della spesa IT mondiale del 3,7% quest'anno. Ma ci sono applicazioni, Paesi e mercati verticali che inducono all'ottimismo Venerdì 15 Maggio 2009 La crisi finanziaria sta avendo un impatto importante sull'industria dei pc, facendo rinviare o ridimensionare i progetti di client computing, ma non facendoli cancellare del tutto: è quanto emerge da una recente ricerca condotta da Gartner tra 475 decisori IT di aziende con oltre 1.000 adetti in 9 Paesi, tra cui non figura l'Italia, che evidenzia come solo il 12% di queste abbia rinunciato a questo tipo di progetti dall'ottobre dello scorso anno a oggi. Anche se la restrizione dei budget IT ha comportato per il 43% degli intervistati una riduzione della spesa in tecnologia hardware di client computing per il 2009 rispetto all'anno scorso, il 48% prevede di realizzare i progetti per i pc secondo i piani. Sulla base di questi dati (raccolti a cavallo tra febbraio e marzo negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Russia, India, Cina, Brasile e Australia) Gartner prevede che la spesa IT quest'anno diminuirà del 3,7%, per effetto di una riduzione del 14,9% degli investimenti per l'hardware (pc, server, storage e stampanti). Ma l'anno prossimo la spesa IT dovrebbe tornare a crescere del 2,4%, anche se l'hardware continuerà a registrare un andamento debole (+0,8%). Nonostante il quadro piuttosto desolato, l'analista Andrew Johnson, ritiene che ci siano alcune applicazioni per le quali gli investimenti aumenteranno, e che alcuni Paesi e mercati verticali avranno un andamento positivo. Per esempio, l'85% delle imprese della Cina e il 64% di quelle in India prevedono di dare esecuzione ai progetti per i pc secondo i piani nel corso del 2009, contro il 48% della media mondiale. Al contrario solo il 29% delle imprese americane e il 18% di quelle francesi ritiene di dare corso a questi progetti come pianificato originariamente. Un'altra nota positiva è che nel settore dei servizi finanziari, quello più colpito dalla crisi, solo il 2% degli intervistati ha cancellato gli acquisti di pc, mentre quelli che li hanno rinviati o ridotti o mantenuto inalterati i piani sono in linea con la media di tutte le altre aziende. I mercati verticali in cui si rileva una tendenza maggiore a mantenere i piani di client computing sono quelli di assicurazioni, media e servizi consumer e business, mentre la tendenza a ridurre la spesa per i progetti pc prevale tra le imprese di telecomunicazioni, distribuzione, costruzioni ed estrazione, e quella a rinviare i piani si nota prevalentamente nel commercio al dettaglio e nelle utility.

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Il governo non ha più strumenti (sezione: crisi)

( da "Corriere delle Alpi" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

L'economista denuncia una realtà «balcanica», il fisco chiude un occhio per evitare il peggio «Il governo non ha più strumenti» Marcello De Cecco: per reggere alcune aziende non pagano le tasse ANDREA DI STEFANO MILANO. Marcello De Cecco, uno dei più noti storici dell'economia italiana, non vede relazione diretta tra questa crisi e quella degli inizi anni Ottanta. «L'origine di quella crisi, che fu molto profonda, va ricondotta ad una pesante stretta monetaria decisa perché avevamo rilevanti difficoltà a stare nel sistema nonetario europeo. Non cadde solo il pil, ma anche la produzione industriale e le imprese si ristrutturano espellendo milioni di lavoratori ricorrendo ai prepensionamenti». Aggravando i conti dell'Inps? «Diciamo delle casse pubbliche attraverso l'Inps. Il costo di quella ristrutturazione venne pagato da chi è rimasto al lavoro. Poi arrivò anche in quel caso una crisi finanziaria, nel 1982. Spero che non ripeta quello scenario anche se questa crisi, per profondità e velocità, si presenta anche più pesante». Cioè? «Prenda il caso emblematico dell'abruzzese Sevel, che produce furgoncini. Un'azienda che negli ultimi anni aveva triplicato la forza lavoro e che adesso non ha rinnovato tutti i contratti a termine e ha fatto ricorso alla cassa. Quando la situazione in quell'azienda migliorerà forse potremo dire che la crisi sta volgendo a termine perché si tratta di un bene quasi primario, alla stregua dei consumi di energia, dei pedaggi autostradali o dei noli che sono tutti in pesante flessione». Da noi sembra che manchino le risorse per degli interventi come quelli varati da altre nazioni europee? «I soldi, checchè ne dica il Governo, purtroppo non ci sono. Il debito che era sceso intorno al 105% del Pil è schizzato al 117%. Peggio di noi c'è solo il Giappone con la differenza che il debito di quel paese è nelle mani degli stessi cittadini nipponici, mentre il nostro è quasi tutto collocato sui mercati internazionali. Gli incassi stanno diminuendo e quindi l'impressione è che il Governo non abbia gli strumenti per intervenire in modo efficace». Il 2008, seppur difficile, non era ancora così negativo, soprattutto nella prima parte dell'anno. «In Italia c'è un certo numero, molto cospicuo, di consulenti fiscali e dato che il pagamento delle imposte può essere procastinato pagando multe non insostenibili c'è un ampia platea di soggetti, aziende, commercianti e piccoli professionisti, che ha deciso di rinviare i versamenti per fare un po' di cassa». Un ritorno dell'evasione? «Andato via Visco tutti sanno che non c'è una particolare caccia agli evasori e di fatto si sta usando questa strategia di tolleranza come forma di parziale aiuto. E' un modo di fare da paese del Terzo Mondo e ci contraddisingue per politiche che non esiterei a definire balcaniche». Sarebbero utili anche in Italia intervenuti diretti per far ripartire il credito al sistema produttivo? «Quello deciso dalla Germania è simile a quanto fatto dalla Banca d'Italia nel 1894 con il crack della Banca romana che costrinse l'istituto centrale ad acquistare i titoli riconducibili alle società immobiliari che erano fallite. La situazione delle nostre banche non è la stessa, ma in difficoltà sono le imprese che non possono ricorrere al credito anche perché i bilanci sono peggiorati drasticamente».

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imprese "sommerse" dalla recessione - mario centorrino (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XV - Palermo IMPRESE "SOMMERSE" DALLA RECESSIONE MARIO CENTORRINO S e questo trend dovesse continuare con lo stesso ritmo ci ritroveremmo nel 2015 con una perdita di popolazione pari a 18 mila unità per Palermo, 10 mila per Catania e 3 mila per Messina. Come cancellare dalle mappe urbane interi quartieri. Non si tratta di semplice «pendolarismo». Chiamiamoli siciliani «in movimento». Nella sola Milano ne arrivano dalla Sicilia annualmente quasi 3.500. Tra loro, uno su sei è in possesso di una laurea. Alla luce di queste cifre andrebbero approfonditi due temi, due capitoli della cosiddetta economia invisibile che «sente» e «reagisce» alla crisi. Secondo alcuni osservatori, come risposta alla crisi finanziaria molte aziende chiudono solo dal profilo amministrativo ma continuano a lavorare in modo irregolare. E questo spiegherebbe perché - in termini relativi, s´intende - la crisi finanziaria nel Mezzogiorno sembra essere meno avvertita. In Sicilia dove l´incidenza dell´economia sommersa sul totale dell´economia (si pensi all´agricoltura e all´edilizia ma anche allo stesso turismo) è maggiore che in altre parti del Paese, il passaggio da impresa regolare a impresa irregolare è la risposta più facile alla crisi: permette risparmi immediati e forse anche di non depauperare in modo definitivo il patrimonio imprenditoriale. E segnala, nella scelta tra i costi derivati dallo «scomparire» e i potenziali vantaggi in termini di incentivi «catturabili», un´attenzione giudicata troppo tenue da parte delle politiche economiche nazionali e regionali per le piccole e medie imprese. Un secondo punto di approfondimento è riecheggiato nel discorso pronunziato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della festa della polizia oltre che in numerose interviste concesse dal procuratore antimafia, Piero Grasso. La crisi economica, si sostiene, può funzionare come acceleratore ulteriore di fortune illecite e criminali. A somiglianza di quanto è già accaduto in passato, in periodi di transizione economica o di crisi strutturali. Grasso fa esplicito riferimento ai flussi di finanziamento pubblico in arrivo, anche in Sicilia, a sostegno delle imprese destabilizzate dalla crisi. E mette in guardia dall´enorme liquidità in mano alla mafia (il settore del traffico di stupefacenti non ha subito alcuna flessione) oltre che dalla sua capacità corruttiva e invasiva. Tiriamo qualche conclusione. è da temere un´uscita dalla crisi di un sistema produttivo siciliano più sommerso e colluso. Nel quale cioè risulti aumentato il peso dell´economia invisibile. Sicché sembrerebbero più che mai necessarie ricerche, monitoraggi, organizzazione di strumenti di contrasto. Promosse non solo dalle istituzioni, dai partiti, negli spazi di dibattito sulle elezioni europee, ma anche dalle organizzazioni di interesse. Queste ultime, con nobili eccezioni, le vediamo impegnate solo a partecipare a tavoli di rappresentanza finora assai poco efficienti e a dedicarsi alla nobile arte di batter cassa per sé fingendo ribrezzo per i compagni di processione. Eppure dalla crisi, come s´intuisce, si esce bene solo se uniti.

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La crisi toglie a Zaleski 8 miliardi In rosso Berlusconi, Perna e Gavio (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

LA CLASSIFICA DI MF DEGLI 80 PAPERONI CHE HANNO PERSO DI PIÙ IN BORSA La crisi toglie a Zaleski 8 miliardi In rosso Berlusconi, Perna e Gavio Perdite intorno al miliardo per Agnelli, Polegato e Caltagirone TORINO Il finanziere della Tassara, Romain Zaleski (-8,100 miliardi di euro), Gianfelice e Paolo Rocca (-5,112 miliardi), a capo di Tenaris, con i fratelli Benetton (-3,993 miliardi), il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio (-3,938 miliardi) e Silvio Berlusconi (-2,386 miliardi), guidano la classifica dei Paperoni di Borsa le cui partecipazioni hanno perso il maggior valore dal 3 agosto 2007, subito prima dello scoppio della crisi finanziaria al 13 maggio 2009. È quanto risulta dall'inchiesta che sarà pubblicata su MF/Milano Finanza in edicola oggi, secondo cui i primi 80 Paperoni di Borsa hanno visto bruciare oltre 51 miliardi nel periodo considerato. La classifica tiene conto delle partecipazioni con un valore assoluto superiore agli 80 milioni di euro. Seguono nella speciale graduatoria, con perdite di valore superiori al miliardo di euro, le famiglie Agnelli-Nasi (-1,622 miliardi), Francesco Gaetano Caltagirone (-1,486 miliardi), Mario Moretti Polegato (-1,408 miliardi) della Geox con Gian Marco e Massimo Moratti (-1,352 miliardi), a capo della Saras, l'immobiliarista Luigi Zunino (-1,294 miliardi) e le famiglie Boroli-Drago (-1,291 miliardi), Vittorio Merloni (-1,118 miliardi) e i fratelli Buzzi (-1,022 miliardi), attivi nel settore del cemento. Hanno visto bruciare più di 500 milioni di euro Luigi Maramotti (-946 milioni), gli imprenditori dei gioielli Nicola e Paolo Bulgari (-903 milioni), Giampiero Pesenti (-748 milioni), a capo di Italcementi, i proprietari della Tod's Andrea e Diego Della Valle (-711 milioni) e l'imprenditore Marcellino Gavio (-702 milioni), attivo nel settore autostradale. Calcolando lo scostamento percentuale dal 3 agosto 2007, invece, Luigi Zunino (-94,83%) e Tonino Perna (-91,11%) hanno visto il loro patrimonio quotato ridursi in valore per più del 90%, seguiti da altri 13 Paperoni con perdite superiori all'80%, tra cui Giuseppe e Giovanna Stefanel (-89,93%) il patron della Safilo Vittorio Tabacchi (-85,79%) e l'ex ad di Pirelli Re, Carlo Alessandro Puri Negri (-84,44%). \

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La lunga passerella del voto (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

VERSO LE ELEZIONI.SI ACCENDE LA CAMPAGNA ELETTORALE La lunga passerella del voto Dopo la visita di Casini, arrivano due ministri, Di Pietro e la Zanicchi Dopo l'arrivo ieri ad Alessandria di Perferdinando Casini, leader Udc, nel weekend, in provincia, sono attesi altri big della politica. A Novi va la palma del centro più frequentato dai vertici nazionali della politica e del giornalismo. Oggi, alle 18, nella Biblioteca di via Marconi, a sostegno del candidato sindaco del Pdl, Gigi Moncalvo, e del presidente della Provincia, Franco Stradella, ci saranno ben due ministri, agli Esteri, Franco Frattini, e Sandro Bondi, Beni culturali. A Tortona, per la Lega Nord, il senatore Massimo Garavaglia, vice presidente commissione Bilancio, parteciperà oggi (inizio alle 9,30) al Teatro Civico al convegno «Pmi e crisi finanziaria: accesso al credito e opportunità». Ancora altri big della politica a Novi domani. Arriva la cantante Iva Zanicchi, che si ricandida all'Europarlamento (in città, in via Girardengo e poi nei quartieri dalle 11 alle 13), a Ovada e, alle 17, a Casale Popolo. Il centrosinistra invece, sempre domani, a Novi, grazie all'Italia dei valori, cala la carta Antonio Di Pietro. L'appuntamento è alle 20,30 al Giacometti. Lunedì, alle 18, ancora a Novi, il giornalista Mario Giordano. Parte intanto la serie di interviste dedicate ai candidati presidente dela Provincia, ai quali i lettori, come hanno già cominciato a fare, possono continuare rivolgere le loro domande inviando e-mail all'indirizzo: alessandria@lastampa.it. Non solo temi legati alla politica ma anche curiosità sul personaggio. Altri servizi ALLE PAGINE 53 E 59

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Se il Giro è no-logo Armstrong & Co coprono lo sponsor (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

il caso Per protesta contro l'Astana che non paga Se il Giro è no-logo Armstrong & Co coprono lo sponsor GIORGIO VIBERTI INVIATO A CHIAVENNA (Sondrio) Il norvegese Edval Boasson Hagen, 22 anni domani, ha vinto la 7ª tappa austro-elvetico-italiana da Innsbruck a Chiavenna, regolando facilmente altri 4 fuggitivi di giornata. Nessun problema per il leader rosa Di Luca, qualcuno in più invece per Armstrong che ha perso altri 18" dai big di classifica. Forse Lance era distratto dalla grave crisi finanziaria del suo team Astana, che da 2 mesi non paga gli stipendi ai corridori e al personale, tanto che ieri la squadra per protesta ha preso il via senza la scritta dello sponsor sulla maglia bianco-giallo-celeste. Soltanto al kazako Zeits è stato concesso - per motivi di opportunità politica - di partire con la solita divisa. Una ribellione «pubblicitaria» senza molti precedenti nello sport. Ricordiamo solo una protesta di Alberto Tomba nel 1997, quando cancellò dalla tuta con un pennarello il nome dello sponsor Telecom reo - a suo parere - di versargli una quota troppo esigua rispetto a quella data alla Federazione. Più recenti i casi di alcuni nuotatori - fra i quali Magnini e la Filippi - che in gara hanno oscurato i marchi dei loro costumi, trattandosi di griffe diverse dai propri sponsor personali. Fu solo estemporanea invece la protesta del calciatore Frédéric Kanouté del Siviglia, che per un paio di partite coprì lo sponsor «888.com» poiché da musulmano non intendeva promuovere le scommesse. Infine è capitato che in F1 alcune vetture abbiano dovuto togliere su certi circuiti i marchi degli sponsor legati al tabacco o agli alcolici. Il gesto di ieri dell'Astana intende sottolineare una grave crisi finanziaria e il rischio concreto di chiusura del team di Armstrong, Leipheimer ma anche di Alberto Contador (assente). Un fatto preoccupante considerando che si tratta del team più ricco nel panorama ciclistico internazionale, che prende il nome dalla capitale del Kazakistan ed è finanziato da un pool di aziende, fra le quali la finanziaria Samruk-Kazyna, dalla Federciclismo e dal governo nazionali. «Nel 2009 ci hanno versato solo due stipendi mensili - ha sottolineato il ds Johan Bruyneel - e rischiamo di perdere la licenza Pro Tour. Dal Kazakistan continuano a dirci che sistemeranno tutto, ma la situazione non si sblocca. Per questo abbiamo preso contatti con aziende interessate a finanziare la squadra». Pare sempre più probabile che il tramite del nuovo progetto sia Lance Armstrong, che vorrebbe chiamare la futura formazione Livestrong (dal nome della sua fondazione che lotta contro il cancro) e avrà il sostegno di sponsor americani. «Per quanto mi riguarda - ha fatto sapere Alberto Contador dalla Spagna - ho ricevuto quanto mi spetta, non ho problemi. Aspetto». Sulla vicenda ha le idee chiare Di Luca: «Non è un bel segnale, ma alla fine la situazione si risolverà. Popovych (compagno di squadra di Armstrong, ndr) mi ha detto che i corridori sono tranquilli e fiduciosi che Lance e Bruyneel trovino una soluzione. La mia impressione è che sarà Armstrong a prendere la squadra». E avrà un motivo in più per continuare a correre, nonostante i deludenti risultati del Giro.

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manovre anti-crisi, italia fanalino di coda speso un decimo della media mondiale - luca iezzi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Economia Manovre anti-crisi, Italia fanalino di coda speso un decimo della media mondiale Il dossier LUCA IEZZI ROMA - La reazione c´è stata, ma il fiume di denaro pubblico già versato difficilmente basterà e sulla sua efficacia si sbilancia solo il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Khan: «I pacchetti fiscali forniranno da 1 e 3 punti percentuali in più alla crescita quest´anno». I suoi economisti sono più dubbiosi: i paesi del G20 hanno sì stanziato il 2% del loro Pil nei pacchetti anti-crisi ma lo sforzo «dovrà essere sostenuto, se non aumentato nel 2010». E lo stesso Strauss-Khan ammonisce: «Con le politiche fiscali c´è un tempo per la semina e uno per la raccolta, e le politiche espansive di oggi devono andare per mano con politiche rigorose domani». Sull´individuazione di quel "domani" il dibattito è aperto: i deficit 2009 esploderanno. Nella Ue la Spagna ha approvato una manovra pari al 2,3% del Pil di quest´anno, la Germania 1,6%, l´Inghilterra 1,4%, difficilmente potranno replicare. L´entità della scommessa appare evidente se si mettono in fila le cifre assolute dei piani per lo più triennali gli Stati Uniti fornirà all´economia 787 miliardi di dollari (620 miliardi di euro) tra questo e l´anno prossimo, senza contare gli oltre 700 stanziati nel 2008 per sostenere il sistema finanziario. L´Unione Europea si è mossa in ordine sparso e ogni governo ha guardato alle crisi più pesanti nel proprio cortile (le banche per il Regno Unito, l´industria automobilistica per la Germania, la disoccupazione in Spagna e il debito pubblico in Italia), variando così ripartizione e entità di ogni dei singoli pacchetti. Sommati arrivano a 350 miliardi di euro spalmati in più anni, in cui vanno considerati anche lo sforzo messo a carico sul bilancio comunitario: 30 miliardi per progetti comunitari e 50 a sostegno dei paesi dell´Est europa. Non mancano però i punti comuni che li rendono in qualche modo confrontabili: negli aiuti alle famiglie lo sforzo maggiore lo ha fatto la Germania con 20 miliardi di mancate entrate per la riduzione delle aliquote fiscali, segue la Spagna con 14 miliardi. Nella riduzione del peso fiscale per le imprese e nel sostegno ai flussi di credito testa a testa tra Spagna e Francia (17 a 16 miliardi). Negli investimenti in infrastrutture stravince le Germania (25 miliardi). Discorso a parte per l´Italia, secondo l´Fmi solo lo 0,2% del Pil -poco meno di 2,8 miliardi e un decimo della media mondiale - è utilizzabile come stimolo: qualche modifica in corsa alla Finanziaria e i due miliardi del dl anti-crisi che ha incentivato gli acquisti di auto moto ed elettrodomestici. Il governo dichiara invece un pacchetto da 40 miliardi di cui 16 nel 2009. La spiegazione di tale discrepanza sta nella relazione del ministero del Tesoro (Ruef): «Il governo è intervenuto soprattutto anticipando l´approvazione della manovra a giugno. A settembre quando la crisi finanziaria si è rivelata nella sua gravità, pur prevedendo interventi sostanziali non ha alterato gli effetti della manovra» che prevedeva il taglio della spesa pubblica di 59,4 miliardi in 3 anni. Una scelta mai rinnegata e che zavorrerà la ripresa nazionale.

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l'inarrestabile peso del debito pubblico (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Economia L´INARRESTABILE PESO DEL DEBITO PUBBLICO Alla fine, la sbornia del credito la pagheremo lo stesso, con più tasse. E l´Italia non fa eccezione I Governi hanno fornito un massiccio sostegno finanziario all´economia. Una risposta pragmatica a una situazione di emergenza: per ristabilire la fiducia nel sistema creditizio hanno ricapitalizzato a vario titolo le banche, assicurato eventuali ulteriori iniezioni di capitali, e garantito di fatto il loro debito. E hanno cercato di compensare la caduta della spesa privata con un aumento di quella pubblica e con incentivi fiscali. Risultato: un fenomenale aumento dello stock di debito pubblico, destinato a crescere nei prossimi anni. Stando alle previsioni del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), il rapporto tra il debito pubblico e il Pil negli Stati Uniti passerà dal 63% del 2007 al 107% nel 2014; in Giappone, dal 188% al 234%; dal 66% al 91% in Eurolandia; e dal 103% al 129% in Italia. Sono solo stime, ma rendono l´idea dell´enorme espansione del debito che sta avvenendo contemporaneamente nel mondo. E si deve aggiungere che l´ammontare di titoli di Stato in circolazione sottostima il futuro impegno finanziario dei governi, perché non include le garanzie offerte e gli investimenti nel capitale privato: il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha recentemente dichiarato che il totale degli impegni dei governi europei nel confronti dei sistemi bancari (tra ricapitalizzazioni, garanzie e opzioni) ammonta a 23% del Pil dell´area. Infine ci sono le banche centrali che si stanno accollando sempre più il rischio di credito per sussidiare i profitti delle banche: l´attivo del bilancio della Fed è aumentato dall´8% al 30% del Pil; quello della Banca Centrale Europea, dal 10% al 16%. In passato, una simile espansione simultanea globale del debito pubblico è avvenuta in tempi di guerra, non di pace. Con l´approssimarsi del punto di svolta della crisi, bisogna cominciare a domandarsi come e in quanto tempo si smaltirà tanto debito pubblico. Il timore è che, come quasi sempre è accaduto dopo ogni esplosione del debito pubblico, sia l´inflazione ad alleviare l´onere per gli Stati: si spiega così il rapido passare dalla preoccupazione per la deflazione in ottobre ai timori di inflazione in maggio. E´ un rischio poco probabile. Non tanto per le virtù e il tempismo delle Banche centrali pronte a drenare il giusto ammontare di liquidità ai primi segnali di ripresa; ma saranno i mercati finanziari a costringere i governi ad adottare politiche fiscali restrittive, disertando in massa il debito pubblico non appena la crescita dei prezzi dovesse accelerare, facendo così decollare i tassi a lungo termine. è probabile quindi che lo stock di debito pubblico venga riassorbito gradualmente attraverso aumenti della pressione fiscale e riduzioni della spesa pubblica. L´aggiustamento richiederà parecchi anni, e nel frattempo il debito pubblico sarà un macigno che frenerà la crescita delle economie. Sempre il Fmi stima che la crescita mondiale ritornerà al suo tasso potenziale, stimato al 4,8%, soltanto nel 2014. Se la stima risultasse ottimistica (la crescita media dal 1991 al 2008 è stata del 3,5%) il tempo di smaltimento del debito si allungherebbe. Stesse conclusioni, ma da un altro punto di vista: la crisi è stata causata da un eccesso di indebitamento privato, concentrato nel settore bancario e immobiliare; ed è stata affrontata sostituendo debito pubblico a debito privato per evitare che il delevering avesse effetti dirompenti sui bilanci delle banche e sull´attività economica. Ma così, il livello di indebitamento complessivo di ogni paese non si è ridotto; anzi, in alcuni casi è aumentato. Il problema è stato solo procrastinato. Alla fine, la sbornia del credito la pagheremo lo stesso; con più tasse. E l´Italia non fa eccezione: all´inizio della crisi, nel 2007, il debito lordo complessivo di famiglie, imprese non finanziarie e pubbliche amministrazioni era 2,1 volte il Pil; un livello di indebitamento simile a quello degli Usa (2,3 volte).

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Finanza glamour addio per sempre (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-16 - pag: 2 autore: Finanza glamour addio per sempre Il Nobel Engle: «Con le nuove regole un mercato più piccolo e operatori meno avidi» di Mario Margiocco L a finanza aveva più glamour prima del settembre 2008. Capire che cosa sta maturando sui mercati finanziari resta comunque di vitale importanza, soprattutto ora che c'è grande attesa per due fenomeni convergenti: una graduale riduzione della volatilità, e il varo di nuove regole per i mercati. Robert F. Engle, 66 anni, Nobel 2003, ha legato il suo nome al modello statistico Arch (Autoregressive conditional heteroskedasticity), ampiamente utilizzato per misurare la volatilità a breve sui mercati, e che è in grado d'indicare l'aumento del nervosismo e delle oscillazioni, non la portata del fenomeno. Molto usati dagli operatori, questo e analoghi modelli si sono rivelati utili come "bandierine" che segnalano il livello di pericolosità della spiaggia- bandiera azzurra, gialla, o rossa – ma non possono prevedere le condizioni del mare nei prossimi giorni, né fornire una previsione meteo completa. Nel dibattito che si tiene in molte sedi accademiche e politiche al momento, in America in Europa e nel mondo, e che sul Sole24 Oreè stato definito dalle due tesi presentate da Guido Tabellini e da Luigi Zingales, il professor Engle è più vicino alle posizioni di Tabellini, editorialista del Sole e rettore della Bocconi: quanto accaduto in autunno e inverno sui mercati è un grave incidente di percorso, ma recuperabile, del sistema finanziario. Per Zingales invece, docente alla Business School dell'Università di Chicago, il 2008-inizio 2009 è qualcosa di più. Ci sarà la ripresa, ci sono già segnali, ma non sarà più come prima. «Avremo ancora volatilità sui mercati, anche parecchia, sia pure meno di quanto successo in autunno. Ma la crisi sta gradualmente rientrando- dice Engle- . Siamo fuori dalla rianimazione». Da alcuni anni professore alla Stern school of business della New York University, Engle dà un giudizio sostanzialmente positivo sulla linea adottata dal ministro del Tesoro, Timothy Geithner. Ma insiste sul fatto che le nuove regole dovranno essere scritte e coordinate con grande attenzione, insieme severe ed elastiche, per evitare che i grossi protagonisti che non possono fallire facciano danni, e per lasciare che i piccoli, che invece possono fallire, possano anche innovare. A che punto siamo nella crisi: banche meno insolventi, nuove regole in arrivo, governi meno attivi, oppure no? Sono stati fatti passi avanti. Il paziente è fuori dal reparto di cure intensive. Possiamo avere nuove regole e mercati grandi ed efficienti? è un passaggio delicato. Le regole vanno concordate e formulate bene. Si è visto che il mercato non si autoregola. Ma occorre fare appello anche a incentivi, non solo a divieti. C'è un nuovo business model per le banche? La crisi finanziaria ha messo in evidenza due realtà nefaste. Da un lato una valutazione inadeguata del rischio, praticamente da parte di tutti: management, regolatori, banche centrali, agenzie di rating e altri.Dall'altro, molti, troppi incentivi nel sistema bancario ad ignorare una corretta valutazione del rischio. Occorre ricordare che ci sarà sempre la spinta all'innovazione finanziaria, e che le banche avranno personale meglio addestrato e meglio pagato di chi dovrà controllarle, e quindi occorre costruire un insieme di regole che servano non soloa evitare gli errori del passato, ma anche a imbrigliare le spinte nuovamente rischiose del futuro. Ci sono molte banche a rischio insolvenza? Lo stress test dell'amministrazione Obama dice che fra le grandi ve ne sono due, negli Stati Uniti. Non so la situazione fra le banche minori. Ma qui la Federal deposit insurance corporation (Fdic) ha metodi collaudati d'intervento e ripulitura. Per l'Europa penso vi sia maggiore incertezza, perché non è stata fatta ancora una valutazione chiara delle perdite. E quindi se la crisi dei mercati finanziari continua, potrebbero esservi effetti. Magari anche la necessità d'iscrivere fra le ammalate qualche banca che tutti ritenevano sana. Lei è per un ritorno a qualche forma del vecchio Glass-Steagall Act? No, non credo sarebbe efficace. Quella legge degli anni 30 era, al nocciolo, una separazione fra banca commerciale e banca d'affari. Ma il problema oggi non è di separare le due entità. Sono state le banche d'affari di Wall Street a diventare too big to fail, a gonfiarsi a dismisura. Quindi un qualche ritorno allo Glass-Steagall non risolverebbe il problema. Come dovrebbero essere le nuove regole? Prima di tutto frutto della cooperazione internazionale. Globali. Comprensive di tutte le istituzioni finanziarie, quindi anche degli hedge fund, oltre una certa dimensione. Dovrebbero avere una metodologia chiara su come ci si coordina a livello internazionale. E su come s'identifica un rischio sistemico. C'è poi al momento un flusso di ricerche molto interessanti che indicano come le regole andrebbero usate in modo nuovo, ad esempio sposandosi alla fiscalità, per cui le banche maggiori dovrebbero essere in proporzione più tassate perché più rischiose per il sistema, e dovrebbero contribuire di più in proporzione a un fondo di garanzia, come avviene adesso per quello gestito dalla Fdic. Poi la logica dovrebbe essere anticiclica, stringere cioè le viti e le regole e i controlli quando le cose vanno bene, allentarli quando vanno peggio. Un po' il modello spagnolo, che a qualcosa è servito. Ci sarà meno finanza? Credo di sì. Le nuove regole imporranno degli incentivi negativi. Il mercato sarà più piccolo. E attirerà meno giovani ambiziosi. Ma certi passaggi sono inevitabili. In questi giorni Geithner ha annunciato ad esempio che ci saranno nuove regole per il mercato Otc (Over the counter),con l'obiettivo di centralizzare i contratti fra due controparti, come avviene per i futures, in modo che vi sia trasparenza su chi ad esempio vende un servizio - penso ai cds ad esempio - e che, si deve sapere, è in grado di far fronte all'impegno che si assume. Il meccanismo di prezzo servirà a riflettere la solvibilità. è d'accordo con chi dice che oggi Washington è la vera capitale finanziaria d'America,e del mondo? No, ma latrovo un'immagine suggestiva. Quando Wall Street avrà ritrovato il suo equilibrio? Quando la volatilità sarà rientrata nella norma. Adesso è dimezzata rispetto ai momenti critici d'autunno. Ha incominciato a declinare in dicembre. Ma è sempre alta. Poi penso nasceranno altri protagonisti del credito, attraverso fusioni e acquisizioni. Questo aiuterà Wall Street. Ci saranno ancora balzi di volatilità? è molto probabile. Vari mercati nazionali danno segni di nervosismo, penso al Messico in questo periodo. La volatilità diminuisce quando diminuisce l'incertezza macroeconomica, quando c'è sufficiente consenso e sicurezza su come sarà il quadro nel futuro. Lei ha appena pubblicato uno studio sulle correlazioni. Fino all'estate scorsa i mercati non erano correlati, l'immobiliare era in crisi negli Usa ma l'export andava bene, ad esempio. Poi, improvvisamente, tutto al ribasso. Volatilità e correlazioni sono direttamente proporzionali. Fino a questa crisi, ad esempio, non si era capito bene che la correlazione tocca anche le senior tranche dei titoli cartolarizzati, quelle che dovrebbero essere più protette. E difatti non lo sono state. Non si era capito bene come funziona la cartolarizzazione. m.margiocco@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Una parola dimenticata: umiltà (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-16 - pag: 2 autore: Consigli per gli «esperti» Una parola dimenticata: umiltà di Alberto Mingardi M alcolm Gladwell ha osservato chea monte di questa crisi finanziaria non ci sono "esperti" che hanno fallito nel loro lavoro - semmai "esperti" che si sono comportati fino in fondo come tali. La sua tesi è che gli errori così prepotentemente esplosi sui mercati traggono origine non dall'incompetenza, quanto invece da un eccesso di fiducia in se stessi. Da questo punto di vista, la più importante lezione della crisi passa sotto il nome di umiltà. Di maggiore umiltà potrebbero fare uso tre categorie che occupano una posizione di rilievo nel dibattito pubblico. I "model-lizzatori", i "regolatori" e i "millenaristi". I primi hanno pagato lo scotto del passaggio del "cigno nero". Negli anni, hanno elaborato modelli via via più sofisticati, ma inevitabilmente votati a predire il futuro partendo dal passato. In tutta evidenza, non c'è altro modo- ma bisognerebbe essere consci dei limiti di uno sforzo speculativo fondato su basi così fragili. I modelli più avanzati e meglio concepiti non sono riusciti a venirea patti con l'inaspettato, con l'imponderabile - perché la funzione dei modelli è precisamente quella opposta, osservare regolarità, non immaginare deviazioni. Se la loro utilità è fuori discussione, ciò che invece entra in discussione è il loro ambito d'applicazione, che genere di rischi possono essere presi sulla loro base. La crisi rappresenta la vittoria di George Soros su Robert Merton. Il finanziere ungherese, che alla London School of Economics mal digeriva la matematica, si è specializzato nell'investire in situazioni eccezionali, apparentemente fuori controllo - tanto quanto Merton aveva perfezionato con spirito cartesiano il paradigma dei mercati perfetti. Quando cade un postulato della teoria, i modelli ne sono travolti. Gli investitori non sono in tutta evidenza tutti uguali, ma ciascuno è umanamente mosso da motivazioni differenti. è difficile dunque ridurli al cliché dell'agente perfettamente razionale. L'informazione non è mai completa. E i prezzi non hanno una distribuzione continua: riflettono preferenze individuali, non sono particelle addomesticate da leggi deterministiche. La crisi non ha affatto mostrato l'inutilità dei mercati. Ci ha anzi ricordato quanto il mercato sia necessario. Esso non ha bisogno d'informazione perfettamente distribuita, ma al contrario- come ha insegnato Friedrich von Hayek- è essenziale proprio perché l'informazione la crea e la diffonde. I prezzi non obbediscono alla logica del "cammino casuale", ma segnalano le preferenze degli attori. Non lo fanno mai in modo istantaneo: il mercato ha tempi che sono più lunghi e diversi da quelli dei singoli. Ma è proprio questa sua natura, questo suo essere un'"intelligenza collettiva" irriducibile alle capacità cognitive dei singoli, che lo rende prezioso. Quella complessa interazione tra individui che chiamiamo mercato ha il pregio di risolvere, dando un prezzo alle cose, il knowledge problem, l'organizzazione collettiva della conoscenza. Talora ci vuole del tempo, talora semplicemente non si può pretendere che gli operatori vedano oltre la corte di nebbia stesa dagli attori pubblici (a partire dalle banche centrali). A scuola d'umiltà, i regolatori apprenderebbero lezioni non diverse. Per immaginare una regolazione efficiente, bisogna avere una visione d'insieme del mercato che prescinde da questo " processo di scoperta". Bisogna avere già indovinato la fine del libro. Martin Wolf ha maliziosamente ricordato come«l'autointeresse di attori ben remunerati travolge facilmente i limiti loro imposti da regolatori assai meno remunerati e quasi certamente meno abili». Anche assumendo che il controllore sia in buona fede e non "catturato", se l'informazione è dispersa è naturale che sappia di meno di coloro che controlla. Uscire dalla crisi caricando i regolatori di aspettative può rivelarsi un boomerang, indicandoli sin d'ora come i responsabili della prossima crisi. Il terzo bagno d'umiltà è richiesto ai millenaristi. Hanno usato anche loro la sfera di cristallo, per prevedere se non la fine del mondo almeno quella del capitalismo. Che magari è mal ridotto, ma sopravvive - e non solo per assenza di concorrenti - sullo sfondo largo della storia. L'autore è direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni © RIPRODUZIONE RISERVATA

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India, i comunisti ancora decisivi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-16 - pag: 10 autore: Perderanno seggi ma resteranno ago della bilancia - Oggi i risultati India, i comunisti ancora decisivi NEW DELHI A un mese esatto dall'inizio di quello che è destinato a passare alla storia come il più imponente esercizio democratico di sempre, oggi saranno resi noti i risultati delle elezioni indiane e si avranno le prime indicazioni si chi governerà per i prossimi 5 anni la più grande democrazia della terra. Se i dati reali confermeranno le anticipazioni degli exit poll toccherà nuovamente alla United Progressive Alliance (Upa) e al Congress Party portare avanti il percorso di riforme inaugurato nel 1991. Se, come è accaduto in occasione delle elezioni politiche del 2004, i risultati ribalteranno tutte le previsioni sarà la National Democratic Alliance (Nda) ad assumere la guida del paese sotto la guida dei nazionalisti hindu del Bharatyia Janata Party (Bjp). Qualunque sia il risultato, domani il primo ministro uscente Manmohan Singh annuncerà le proprie dimissioni che verranno consegnate, 24 ore più tardi, dopo l'ultimo consiglio dei ministri, al presidente della Repubblica Pratibha Patil. Da quel momentoinavantiefinoal1 Úgiugno la scena politica sarà monopolizzata dalla costruzione di quelle grandi alleanze che saranno indispensabili a chiunque vinca le elezioni. Con i favori del pronostico tutti per il Congress Party, la questione seguita con maggioretrepidazione dai mercati finanziari è quella di un possibile nuovo accordo tra l'Upa e partiti comunisti. Nonostante le formazioni di estrema sinistra sembrino destinate a perdere un numero consistente di seggi rispetto al 2004, il loro apporto potrebbe comunque essere fondamentale per la formazione di un governo che partirebbe con delle credenziali riformiste in politica economica non più convincenti di quello che lo ha preceduto. Ma.Mas.

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Il Canada apre alle Pmi lombarde (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-05-16 - pag: 23 autore: Imprese. La missione di Formigoni Il Canada apre alle Pmi lombarde Paolo Bricco MONTREAL. Dal nostro inviato Un rapporto non episodico, in grado di generare una collaborazione sempre più organica fra la Lombardia e il Canada. Un legame, ancora da costruire ma già delineato abbastanza nettamente nelle sue linee generali, che si presenta come ricco di opportunità economiche e politico-culturali. In sei giorni nel Paese nord-americano, la missione guidata da Roberto Formigoni ha avuto una serie di incontri istituzionali:il ministro del Commercio internazionale dell'Ontario Sandra Pupatello, con cui il presidente della Regione Lombardia ha un legame speciale tanto da averla incontrata tre volte in un anno e mezzo, il presidente del Senato Noel Kinsella, Stockwell Day (ministro federale del Commercio internazionale), il presidente della Camera dei Comuni Peter Milliker, il sindaco di Toronto David Miller, il premier dell'Ontario Dalton Mc Guinty, il sindaco di Montreal Gerald Tremblay e il premier del Quebec Jean Charest. La missione, a cui hanno partecipato una quindicina di aziende lombarde tra cui Italcementi, Techint, Bracco, Mapei e Pirelli, si è svolta in un contesto geopolitico del tutto nuovo. Con la crisi finanziaria globale, gli equilibri internazionali sono cambiati: i vertici della politica canadese hanno capito che il rapporto con gli Stati Uniti non può più essere esclusivo,mentre la Cina e l'India non possono bastare come alternativa. Nell'establishment canadese si sta quindi affermando l'idea che l'Europa sia strategica. Il Vecchio Continente, dunque, sta via via assumendo una centralità che prima non aveva: una buona opportunità per la Lombardia, come per le altre regioni ultraindustrializzate. «Abbiamo lavorato in questi giorni - ha affermato Formigoni - per cercare di superare lo stereotipo dell'Italia limitato alla cultura, al turismo e alla moda». Le Pmi, per esempio, costituiscono una formula industriale poco conosciuta in Canada, che oggi sta soffrendo moltissimo per la crisi delle grandi imprese. Un assetto industriale che fornisce un fattore di elasticità durante le fasi di contrazione economica. «Kinsella - ha riferito Formigoni - ci ha chiesto di mandare da loro una task force proprio sulle piccole e medie imprese. Lo abbiamo già fatto in Brasile». E, nel gruppo di piccole imprese che hanno partecipato alla missione potendo così incontrare esponenti della business community e della politica locale, si sono sottolineate le opportunità. «L'idea che l'Ontario-ha detto Marco Morfino, titolare della Cargo Clay di Milano, società specializzata in servizi di logistica e trasporti - restituisca 60 dollari su 100 investiti in ricerca e sviluppo è molto importante per chi, come noi, può puntare a creare team di svilup-patori di sofware all'estero. Perché non pensare a Toronto? ». Comunque, non è soltanto una questione di modello industriale, ma anche di specializzazione produttiva: in quest'ultimo campo, i punti di convergenza da sfruttare sono molti. E non si limitano a settori come le biotecnologie, l'aerospazio, la farmaceutica. «La capacità lombarda nella green economy - ha spiegato Sandra Pupatello - ci interessa molto, anche perché il Canada ha intenzione di diventare il Paese con le minori emissioni di gas serra». A Toronto, peraltro, Formigoni ha firmato un protocollo di intesa con il premier dell'Ontario, Dalton Mc Guinty, per lo sviluppo di progetti futuri nell'industria, nella ricerca, nell'innovazione e nei servizi di pubblica utilità. «Ha destato interesse - ha riferito Formigoni - la tecnologia legata alla nostra Carta regionale dei servizi (Siss), in particolare per la gestione della sanità pubblica». © RIPRODUZIONE RISERVATA OLTRE LA CRISI Il Paese Nord americano è alla ricerca di nuovi partner commerciali e guarda con interesse alle opportunità offerte dall'Europa

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La tedesca Arcandor e il dubbio sulla crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-16 - pag: 37 autore: PARTERRE 000 La tedesca Arcandor e il dubbio sulla crisi I guai di Arcandor sono legati al recente sconquasso finanziario o alla crisi dei consumi, di vecchia data? L'interrogativo potrebbe sembrare di maniera per un società che dà lavoro a 86mila persone e che nell'ultimo anno fiscale ha perso oltre 700 milioni di euro. Eppure la richiesta del gruppo - proprietario dei grandi magazzini Kartstadt - di ricevere 650 milioni di euro in garanzie pubbliche e prestiti agevolati ha suscitato non poche critiche. Secondo una parte della classe politica tedesca, particolarmente attenta all'uso del denaro statale, gli aiuti non sono leciti perché ledifficoltà dell'azienda non sono direttamente collegate alla crisi finanziaria. Ribattono i dirigenti di Arcandor: il crollo dei mercati ha reso il piano di ristrutturazione previsto da tempo molto più difficile da attuare senza il sostegno dello Stato. Il nuovo presidente Karl-Gerhard Eick è pronto a introdurre una radicale risistemazione del gruppo della durata di cinque anni. Obiettivo: vendere attività in perdita. Le aziende italiane potenzialmente interessate - da Pirelli Re alla Rinascente - sono avvisate. (B.R.)

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Ok a Soffin per l'acquisto di Hypo Re (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-16 - pag: 39 autore: BRUXELLES Ok a Soffin per l'acquisto di Hypo Re La Commissione europea ha dato il via libera all'acquisizione di Hypo Real Estate da parte del Fondo di stabilizzazione dei mercati finanziari, SoFFin, controllato dal governo tedesco. L'esecutivo comunitario ha concluso che la transazione non ostacolerebbe in modo significativo la concorrenza nell'Area economica europea o in parte di essa. è la prima volta durante l'attuale crisi finanziaria che la nazionalizzazione di una banca è stata notificata alla Commissione in base al regolamento fusioni.

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Imprese sull orlo della depressione (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

MATERIALI La crisi globale secondo Luciano Gallino Imprese sull orlo della depressione LIBRI LUCIANO GALLINO, CON I SOLDI DEGLI ALTRI. IL CAPITALISMO PER PROCURA CONTRO L'ECONOMIA, EINAUDI, PP. 195, EURO 17 Andrea Fumagalli In Francia, negli ultimi mesi, si sono verificati diversi episodi di sequestri di manager da parte di operai e impiegati al fine di contrastare drastiche riduzioni occupazionali in nome dell'«emergenza crisi». Molti commentatori di fronte a queste notizie hanno fatto notare come «prendersela con i manager» fosse un obiettivo errato in quanto i veri proprietari delle imprese sono oggi società finanziarie, fondi pensioni e fondi di investimento. Si tratta di un'affermazione che è solo parzialmente corretta. Il motivo per cui essa poco convince può essere trovato nell'ultimo libro di Luciano Gallino Con i soldi degli altri. Negli ultimi trent'anni abbiamo assistito a una profonda rivoluzione nella struttura proprietaria delle imprese che trova la sua origine nella cosiddetta rivoluzione manageriale degli anni Trenta all'indomani della diffusione del paradigma fordista di accumulazione. Nel corso del secondo dopoguerra, l'organizzazione complessa delle imprese si fonda sempre più sulla separazione tra proprietà e controllo, tra azionisti e management. La tipologia giuridica della «società per azioni» diventa la struttura proprietaria per eccellenza del fordismo. In essa i manager mirano all'accrescimento del potere di mercato dell'impresa al fine di garantirsi la sicurezza del posto di lavoro e per ottenere un profitto tale da garantire agli azionisti dividendi soddisfacenti. Non sempre il massimo ricavo coincide con il massimo dividendo. In questo sta il possibile conflitto tra struttura manageriale e struttura proprietaria. Inoltre, in tale quadro, diventa importante il ruolo svolto dai mercati finanziari nel processo di realizzazione monetaria tramite gli aumenti di capitale azionario. Il rastrellamento di parte del risparmio tramite l'emissione di titoli consente in quel caso di drenare liquidità per favorire il raggiungimento di un profitto monetario. Con la crisi del paradigma fordista e l'avvento del capitalismo cognitivo-finanziario si assiste a una rivoluzione degli assetti proprietari. Si modifica il ruolo dei mercati finanziari. Quest'ultimi non si limitano più a svolgere la semplice funzione di riallocazione di risparmio verso le imprese e il settore pubblico, ma intervengono direttamente nell'attività di finanziamento delle imprese stesse e sostituiscono lo Stato nell'assicurare, privatamente, i servizi sociali di base. In tale processo, i mercati finanziari sono in grado di creare moneta ex-nihilo, grazie all'aumento del valore delle azioni quotate in borsa (plusvalenze). Obiettivo della grande impresa internazionalizzata diventa sempre più l'accrescimento del valore societario in borsa, non più collegato e dipendente dal profitto industriale e dai dividendi. La dinamica degli indici di borsa è infatti sempre più influenzata da, per dirla con Keynes, «convenzioni speculative» che si sviluppano negli stessi mercati finanziari in un circuito autoreferenziale gestito dalle società di intermediazione finanziarie e dalle stesse banche, vale a dire in un contesto di piena liberalizzazione del mercato dei capitali. Condizione perché i mercati finanziari riescano a creare plusvalenze è che il numero degli scambi finanziari cresca continuamente grazie all'immissione, spesso forzata, di liquidità proveniente da quote crescenti di reddito da lavoro diretto e indiretto (non più solo dal risparmio) o tramite un aumento dell'intensità di scambio in seguito a innovazioni finanziarie (ad esempio, i derivati). Gallino ci fornisce un'ampia panoramica di dati che ci mostrano come «una massa di risparmio equivalente al Pil del mondo viene gestita, a loro esclusiva discrezione, da enti finanziari quali fondi pensione, fondi di investimento, assicurazioni e vari tipi di fondi speculativi, per lo più controllate dalle grandi banche. Il loro mestiere consiste nell'investire quotidianamente i soldi degli altri: per questo sono chiamati investitori istituzionali». La logica degli investitori istituzionali è ottenere plusvalenze di breve, brevissimo periodo. Essi hanno oggi in portafoglio quasi la metà del capitale delle imprese quotate. Già alla fine degli anni Settanta, ci ricorda Gallino, Peter Drucker, il padre del management moderno (The Pension Fund Revolution, Transaction, New Brunsick, 1996. Su questo tema, va segnalato ache G. L. Clark, Pension Fund Capitalism, Oxford University Press) affermava che «se il socialismo è definito come la proprietà dei mezzi di produzione», il capitalismo manageriale fondato sui fondi pensione era la forma più avanzato di socialismo. E gli Stati Uniti il primo paese socialista. Ma ciò che conta oggi non è la proprietà dei fondi pensione o di investimento. Oggi il comando capitalistico è gestito da chi controlla tali fondi, ovvero dai gestori. Qui sta la nuova rivoluzione proprietaria. Così come sul piano produttivo-tecnologico non è importante chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione ma chi detiene le leve dello sviluppo della conoscenza (proprietà intellettuale), così nella finanza non conta la proprietà del risparmio o del reddito investito ma chi ne controlla la collocazione. Non stupisce perciò se negli ultimi anni abbiamo assistito al più poderoso processo di concentrazione sia nel campo tecnologico che in quello finanziario. Esso ha dato origine alla nascita, secondo Gallino, di una classe capitalistica transnazionale, costituita da tre segmenti sociali: i gestori dei fondi, i manager delle grandi corporation internazionali e i grandi ricchi che guidano alcune imprese ancora personalmente (ad esempio, i casi di Microsoft, Wall Mart, Ikea, le acciaierie Mittal, Cargill) o che hanno accumulato patrimoni tali da influenzare le scelte economiche (George Soros). Ne consegue che le nuove leve del comando capitalistico moderno ricompongono i possibili conflitti tra manager e azionisti del tempo fordista verso un unico obiettivo comune: il massimo rendimento possibile delle attività di borsa. Obiettivo considerato tanto più strategico anche dal management, nel momento in cui la gran parte dei propri guadagni deriva dal possesso di stock options. In conclusione, i dipendenti che sequestrano i manager in Francia o altrove non sbagliano del tutto il proprio obiettivo, al di là di ogni considerazione di «metodo». Il loro atto non è altro che un'azione diretta contro esponenti della classe capitalistica transnazionale, che ci governa, spesso a nostra insaputa, benché, sicuramente, attraverso i nostri soldi.

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Il tonfo dell'economia italiana è molto peggiore di quanto stimato dal Tesoro. Ma il premi... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

B. DI G. Il tonfo dell'economia italiana è molto peggiore di quanto stimato dal Tesoro. Ma il premier parla di «dato atteso», e di impegno del governo «a infondere fiducia». Ancora parole a fare da argine a un arretramento della ricchezza mai visto negli ultimi 30 anni. L'Istat calcola un calo del Pil nei primi tre mesi vicino al 6% (-5,9%) rispetto al primo trimestre del 2008, e a -2,4% nei confronti di ottobre-dicembre scorsi. Una debacle. Se i prossimi tre trimestri segneranno crescita zero si chiuderà l'anno a -4,6%. Il crollo del primo trimestre riguarda tutti i comparti: agricoltura, industria e servizi. Nel pieno della recessione, l'inflazione resta stabile in aprile, a +1,2%, stesso livello di marzo. Ma gli alimentari corrono a velocità più che doppia (+2,7%). Per i consumatori a fine anno ogni famiglia avrà speso 360 euro in più. In Europa solo la Germania fa peggio dell'Italia, segnando un calo del 6,9% su base annua e del 3,8% congiunturale. Nell'area euro il calo congiunturale dei primi tre mesi è del 2,5% e su base annua è del 4,6%. L'Italia perde oltre un punto in più della media dei suoi partner. la situazione è senza precedenti. Ma il direttore generale del Fondo monetario internazionale (organismo tra i più pessimisti in questi mesi), Dominique Strauss-Kahn, conferma una possibile ripresa nella prima metà del 2010. «prevediamo ancora l'inizio del punto di svolta a settembre, ottobre - dichiara - Comunque abbiamo evitato la grande depressione». Attesa per il 2010 Anche gli altri organismi, dalla Commissione europea alla Bce all'Ocse confermano che la fase di crescita positiva si avvierà nel 2010, per l'esattezza nella primavera prossima. Manca quasi un anno. Anche negli Stati Uniti i primi tre mesi dell'anno sono ancora di recessione piena, ma si è rivelata meno intensa di quella europea e per di più con un segno di stabilizzazione: -1,6% tra ottobre e dicembre 2008, -1,6% tra gennaio e marzo. Secondo le stime di Bruxelles gli Usa dovrebbero cominciare ad avere una crescita positiva trimestre su trimestre a luglio-settembre di quest'anno, Nove mesi prima del vecchio continente. I mercati finanziari non hanno reagito alle cattive notizie dell'economia. Quelli europei sono rimasti sostanzialment eivariati. Milano risulta il miglior listino in Europa, chiudendo a +1,39%. politica I nuovi numeri della crisi accendono però la polemica politica, con l'opposizione all'attacco del governo e i sindacati pronti a chiedere un tavolo sull'emergenza economica. «Il nostro creativo presidente del Consiglio ha spiegato che la crisi è un fatto psicologico. Io vorrei allora che lo andasse a spiegare all'anziana che non ha i soldi per fare la spesa, che in realtà il suo è solo un problema psicologico», attacca Dario Franceschini. perentorio anche Antonio Di Pietro. «È vero - afferma il leader dell'Idv - la crisi è mondiale, ma gli altri Paesi all'uscita dal tunnel troveranno le energie rinnovabili, un'industria risanata, un sistema finanziario concorrenziale e sotto controllo, nuove relazioni internazionali, e nuove opportunità di una nuova economia. L'Italia si ritroverà invece il nucleare di Berlusconi, decine di inceneritori, un territorio cementificato». La maggioranza fa quadrato attorno al governo, e contrattacca accusando l'opposizione di leggere i numeri in modo ideologico. Ma anche da un insospettabile manager bancario, Corrado Passera, arriva una sentenza dura per la politica. «Bisognerebbe fare di più per reagire - dichiara - Il mercato non può farcela da solo». Martedì intanto si terrà un nuovo «liquidity day» al tesoro sullo stato delle erogazioni del credito alle imprese. «È difficile immaginare una ripresa vicina: per questo il governo deve convocare le parti per affrontare la crisi», dichiara Agostino Megale della segreteria Cgil. Economia al ribasso (in tutti i settori), anche l'inflazione è ferma, perchè sono fermi i consumi: ma il centrodestra continua a vedere segni positivi e accusa il centrosinistra di ideologia. Meglio il resto d'Europa.

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Brilla l'S&P-Mib, rally di Parmalat (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 16/05/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Paola Pica Brilla l'S&P-Mib, rally di Parmalat Piazza Affari si toglie una soddisfazione e, a dispetto dei dati sul crollo del Pil nel primo trimestre dell'anno, chiude la seduta con la miglior perfomance in Europa. Lo S&P-Mib archivia un rialzo dell' 1,44% (+1,39% il Mibtel) che gli consente di limare le perdite della settimana, la prima ottava negativa (-4,6%) da due mesi a questa parte. Dopo i brillanti conti trimestrali, Parmalat ha spiccato un volo dell'8,2% in testa alla classifica dei titoli guida. Effetto bilancio anche per la società lombarda dell'energia A2A (+5,16%) e soprattutto per Intesa Sanpaolo (+7,36%) che ha battuto le stime degli analisti e da questi ultimi è stata sostenuta ieri con più di un giudizio positivo. Tra i bancari si sono distinti anche Ubi (+2%) e Mps (+1,74%) dopo i dati . Malgrado il ritorno all'utile ha frenato Banco Popolare (-1,08%). Stando alle trimestrali dei principali gruppi diffusi in settimana, le banche italiane si confermano in buona salute. Per le altre blue chips, Fiat ha subito una correzione del 2,48%, Enel (-0,18%) ed Eni (+1,61%) si sono mosse in ordine sparso. Bene Tenaris (+2,52%) e Atlantia (+1,78%), giù Bulgari (-1,74%). Dopo l'exploit del 6% di giovedì, Mediaset ha ceduto l'1,56%. Nel resto del listino, fiammata della As Roma (+4,47%) dopo la conferma di un interesse di Vinicio Fioranelli (tramite una società di diritto svizzero) per il controllo del team giallorosso. As Roma Fiammata del team giallorosso (+4,5%) sulla scommessa di cessione del controllo

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Terna promette una cedola più ricca (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 16/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/2 Terna promette una cedola più ricca (g.dos.) Quattrocento milioni di plusvalenza. È il guadagno che Terna prevede di incassare dalla cessione della divisione brasiliana Terna Partecipações. L'operazione sarà perfezionata a settembre, ma come ha già anticipato Flavio Cattaneo, ad della società di gestione della rete, «dedicheremo un considerevole ammontare di questa plusvalenza al miglioramento dei rendimenti per i nostri azionisti». Secondo fonti finanziarie, 150 milioni dei 400 complessivi potrebbero finire a rimpinguare il dividendo sull'esercizio in corso. Questa anticipazione, sommata al buon andamento del primo trimestre (+3,7% l'utile netto e +8,7% i ricavi) ha fatto correre il titolo in Borsa, che ieri ha chiuso a 2,54 euro (+1,50%). Flavio Cattaneo ad di Terna

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Accelera l'utile, Diasorin vola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 16/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/1 Accelera l'utile, Diasorin vola (pa.pic) La crisi non frena l'eccellenza italiana nelle biotecnologie. Diasorin, società della diagnostica in vitro che sviluppa kit di immunoreagenti ha chiuso il primo trimestre 2009 con un utile netto di 13,2 milioni, in crescita del 29,8% e ricavi per 71,4 milioni, in aumento del 26%. Per il resto dell'anno, la società guidata da Carlo Rosa (figlio del numero uno della Snia, Umberto) prevede una crescita del fatturato sopra il 15% «accompagnata da una crescita di tutti gli indicatori di redditività operativa più che proporzionale». La Borsa, dove Diasorin è quotata dal 2007 nel segmento Star, l'ha premiata con un rialzo del 7%. Carlo Rosa, ad di Diasorin

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Il promotore finanziario è indipendente (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

«Il promotore finanziario è indipendente» Il presidente Anasf, dopo la nostra inchiesta: «Il conflitto d'interesse è esplicitato, le regole sono chiare e la categoria è sana» ROBERTO ROSSI Elio Conti Nibali è presidente dell'Anasf, l'associazione nazionale che raccoglie oltre 12mila promotori finanziari. Presidente lei contesta una nostra inchiesta, pubblicata giovedì scorso, in cui si affermava che il promotore pecca di indipendenza. Perché? «La vera indipendenza sta nel consiglio che viene dato al risparmiatore e, a conferma che questo accade, le ricerche di mercato testimoniano una costante fiducia nei confronti del promotore. Questo perché la sua attività è ben regolamentata. C'è una storia consolidata. Noi abbiamo un albo istituito con la legge sulle Sim del '91 e una normativa, la direttiva Mifid, molto stringente. Che non solo regola l'efficienza dei mercati ma che tutela anche i risparmiatori. L'albo dei promotori finanziari italiani è diventato, poi, l'esempio in Europa». Eppure nel decreto del 24 dicembre, che fissa i requisiti di indipendenza per i consulenti finanziari, si dice che il soggetto non deve avere rapporti diretti con nessun intermediario, l'esatto contrario del promotore. «Quella normativa è riferita solo a chi si iscriverà all'albo dei consulenti, che deve ancora nascere. La legge stabilisce, però, che anche il promotore possa fare consulenza, per conto dell'intermediario, con delle regole ben chiare». E non è in conflitto di interesse? «I conflitti di interesse si risolvono secondo quanto detta la legge, esplicitandoli al risparmiatore». E la garanzia per il cliente qual è? «Secondo la normativa, quando si passa dal momento della consulenza al momento del collocamento il risparmiatore deve essere reso edotto proprio della situazione di conflitto d'interesse in cui si potrebbe trovare il promotore. Un'ulteriore garanzia, poi, è data dal fatto che, ormai, il 90% dei promotori finanziari ha un'offerta multi-brand. Non c'è più la logica del mono-prodotto». Il che però non risolve il problema visto che le analisi sullo stesso prodotto non sono fatte da terzi? «Non so se non risolve il problema, ma certamente il sistema di regole è molto chiaro. E quando si parla di correttezza i nostri dati rasentano la perfezione. Nel 2008 solo 45 promotori su 60mila sono stati radiati dall'albo. E questo ci premia. In base alle indagini condotte da Gfk Eurisko (marzo 2009), la fiducia dei clienti nei confronti dei promotori è rimasta intatta, al di sopra dei dati che si riferiscono a tutti gli altri canali distributivi». Eppure presidente quando un promotore colloca un prodotto trasferisce rischi e oneri al cliente. E più alti sono i rischi più alte sono le commissioni. E questo non è sempre chiaro. «Ma intanto bisognerebbe spaccare il dato e capire come guadagna il promotore finanziario. La maggioranza guadagna sulla "fee" di patrimonio e non sul "front fee"». E il promotore non è legato anche al budget di prodotto? «Stiamo attenti. La normativa ci aiuta molto a capire. Con la Mifid è vietato alle società ragionare su budget di prodotto». Non le sembra utopistico pensarlo? «È indubbio che stiamo parlando di società commerciali. Ma se ci sono dei comportamenti scorretti si possono sanzionare, la normativa va in questa direzione. E noi quella normativa l'abbiamo caldeggiata. Torno a ripetere: il risparmiatore è tutelato. Se lei prende come esempio i fondi di investimento, il prodotto che i promotori finanziari collocano maggiormente, vedrà come sono un benchmark sulla trasparenza del prodotto». Sarà tutelato ma i fondi sono costati molto al risparmiatore. Due miliardi nel 2008. «Ma chi aveva fondi di investimento non è finito come chi ha utilizzato il "fai da te" o come chi è stato costretto a comperare Parmalat o Cirio. In un periodo in cui tutti hanno perso soldi, di crisi finanziaria, ci sono state, e lo ripeto, solo 45 radiazioni. È un numero insignificante. Ed è un segnale. Vuol dire che la categoria è sana». Intervista a Elio Conti Nibali

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UN GRANDE PIANO EUROPEO PER IL LAVORO (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

UN GRANDE PIANO EUROPEO PER IL LAVORO COME SUPERARE LA CRISI ECONOMICA I dati sulla salute delle economie europee diffusi ieri confermano che siamo, tutti, sempre più stretti in un circolo vizioso di caduta del Pil, aumento dei disoccupati, impennata del debito pubblico. La tripletta prevista per l'Ue nel 2009-2010 è drammatica: -4% (Pil); +14 milioni (disoccupati); + 20% (debito pubblico). È evidente che le politiche nazionali di bilancio, retoricamente coordinate, non funzionano e che, comunque, l'esplosione dei debiti pubblici limiterà sempre di più gli spazi di manovra interni. Senza un'istituzione federale, come la Bce, in grado di declinare sull'asse dell'interesse europeo gli interessi nazionali, il coordinamento delle politiche nazionali di bilancio affidato a governi di destra, prigionieri di culture nazionalistiche e protezionistiche, diventa ottuso ed inefficace free riding (esempio da manuale la politica economica di Tremonti). Insomma, la morsa della destra sull'Ue impedisce le riforme istituzionali e di conseguenza blocca le politiche necessarie a contrastare la crisi in corso. Ecco il nodo politico delle elezioni europee. Per uscire dalla crisi è, infatti, necessario un "Piano Europeo per il lavoro". Non una lista della spesa, ma un patto politico di dimensione europea tra governi, forze sindacali e produttive. Un patto analogo per portata al compromesso socialdemocratico o rooseveltiano, realizzato a scala nazionale a cavallo della II Guerra Mondiale, per fondare i welfare states e le democrazie delle classi medie. Un patto per un insieme coerente di interventi pubblici, decisi e finanziati a livello europeo attraverso l'emissione di eurobonds, per investimenti infrastrutturali, per lo Small Business Act, per il reddito e la formazione dei disoccupati, per inevitabili processi di ristrutturazione delle imprese della manifattura e dei servizi (auto e non solo), per programmi di ricerca e sviluppo, per la cooperazione fiscale. Senza un Piano Europeo per il lavoro, ossia senza un forte impulso alla domanda "interna" europea, un potenziale di 500 milioni di consumatori, la prospettiva giapponese, la stagnazione, è inevitabile. Ed i 14 milioni di disoccupati in più rimarranno per anni ed anni senza lavoro. Con inevitabili conseguenze sociali e politiche: protezionismo, nazionalismo, razzismo, divisione ed indebolimento dei lavoratori, restringimento degli spazi democratici. Nella campagna elettorale, i partiti riformisti devono rendere chiaro alle opinioni pubbliche il nesso tra uscita dalla crisi ed Ue. Rimanere abbarbicati al riformismo in un solo Paese, non solo li condanna alla sconfitta, ma lascia tutta l'Europa ad una deriva di impoverimento economico, civile e democratico. www.stefanofassina.it

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Sbagliato l'addio alle Borse Conta diversificare il rischio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-05-16 - pag: 11 autore: INTERVISTA Jonathan Lubran BNY Mellon AM «Sbagliato l'addio alle Borse Conta diversificare il rischio» «L a lezione che la crisi offre al sistema previdenziale? Più che un'eccessiva esposizione all'equity, c'è stata una diversificazione del rischio troppo bassa». Jonathan Lubran, direttore esecutivo del business istituzionale di BNY Mellon Asset Management, guarda al futuro del settore previdenziale, alla luce della recente crisi finanziaria e delle indicazioni del Pada (Personal Account Delivery Authority), l'autorità di controllo britannico, su alcuni capisaldi del modo di fare previdenza nel Regno Unito. «Gli schemi a prestazione definita lasciano sempre più spazio a quelli a contribuzione definita. Che non potranno fare a meno dell'equity, ma in modo diverso rispetto al passato». Da sempre si dice che i fondi pensione devono investire nell'azionario: ma guardando quanto accaduto l'anno scorso l'esito è stato disastroso.... L'equity è stato considerato il re dei fondi pensione, lo definirei piuttosto lo strumento principe: è importante, ma non unico nel raggiungimento degli obiettivi previdenziali. E infatti l'esposizione alle azioni di recente si è ridotta del 10 per cento. Con cosa sostituirle? L'immobiliare, le commodity, i Paesi emergenti offrono diverse opportunità; anche le azioni, soprattutto in questa fase, offrono quotazioni interessanti per chi sente di destinarvi una quota del proprio portafoglio. Ma il punto è la diversificazione del rischio: bisogna monitorare l'apporto che ciascuna asset class produce al rendimento complessivo. E poi c'è il problema di individuare l'offerta giusta di default. La vigilanza inglese insiste su questo. Qual'è la sua opinione a riguardo? C'è un eccesso di offerta e in tutta Europa chi non ha una cultura sofisticata rischia di perdersi. Inoltre milioni di dipendenti pubblici non hanno copertura. Si deve dar loro un'opzione standard. Potendo scegliere, io preferisco il lifestyle, con il portafoglio che negli anni adegua l'asset allocation del portafoglio. Ma.l.C. © RIPRODUZIONE RISERVATA Jonathan Lubran, BNY Mellon AM

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Un libro per scoprire tutti i segreti della Mifid (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ANALISI data: 2009-05-16 - pag: 28 autore: Lo scaffale di Plus24 / 1. Intermediari finanziari Un libro per scoprire tutti i segreti della Mifid La normativa letta alla luce della riforma Tuf e dei regolamenti Q uali sono gli impatti che la direttiva Mifid sta producendo sul mercato italiano? E come sta cambiando il modo di rivolgersi agli investitori da parte degli intermediari abilitati in Italia? A queste e a molte altre domande risponde «La Mifid in Italia, la nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari», edita da Itaedizioni. Un testo che esce a due anni dalla prima pubblicazione datata luglio 2007: allora si era nel pieno della fase di attuazione della Mifid in Italia e il Governo, sulla scorta della legge delega, stava redigendo il decreto legislativo di recepimento e le Autorità di vigilanza stavano lavorando sulla bozza dei regolamenti di attuazione. Oggi il testo intende analizzare l'attuazione della Mifid in Italia avendo a riferimento l'intero processo che ha portato alla riforma del Tuf e all'emanazione dei regolamenti di attuazione. Anche se con un ritardo tipico del nostro Paese, il quadro di riferimento normativo può dirsi oramai pressoché completo, tanto che ha già avuto inizio il processo di implementazione del cosiddetto terzo livello, ossia quello che secondo la cosiddetta procedura Lamfalussy, agendo sull'interpretazione delle Autorità di vigilanza, cerca di soddisfare l'esigenza di massima armonizzazione voluta dalla normativa comunitaria. In questa nuove edizione, oltre ad aggiornare e approfondire i singoli aspetti di diritto sostanziale concernenti le materie su cui è intervenuta la Mifid, sono stati inseriti nel piano dell'opera nuovi contributi per riflettere sui possibili impatti della nuova normativa sul contenzioso tra intermediari abilitati e investitori. «Non si può trascurare infatti il fatto che i grossi default di titoli di Stato sovrani e di obbligazioni corporate abbiano fortemente accresciuto la conflittualità nei confronti del sistema finanziario che ha raggiunto livelli di contenzioso mai registrati fino ad ora», spiega il curatore dell'opera, Luca Zitiello. La profonda crisi finanziaria che sta colpendo l'intero sistema economico mondiale sta acuendo del resto questa situazione. Il nuovo ordinamento regolamentare dettato in esecuzione della Mifid sarà chiamato a un immediato stress test, sostengono gli autori. E poiché molti dei futuri contenziosi verranno decisi sulla base delle nuove regole, «diventa ancor più importante riflettere sulle modifiche introdotte dalla nuova disciplina al fine di valutare l'effetto che ne è derivato sulle regole di condotta e sulla responsabilità degli intermediari e dei clienti». Luca Zitiello, avvocato, è esperto di tematiche legate all'intermediazione finanziaria. Dal settembre 2006 è socio fondatore dello Studio Legale Zitiello e Associati. «La Mifid in Italia. La nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari» A cura di Luca Zitiello Edizioni: Itaedizioni - Prezzo: 58 euro

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Frattini "Vertice Ue su migranti" La Russa: "Uncr criminale" (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

TRIESTE - Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha auspicato che "il tema dell'immigrazione e in particolare, della politica comune europea sulla questione, siano inseriti nel prossimo Consiglio europeo di giugno". "Una voce sola". "Il problema dell'immigrazione è grave - ha aggiunto Frattini -, non possiamo ricordarcelo solo quando viene estate. E' necessario che l'Unione Europea parli con una sola voce su tre aspetti :la difesa e la promozione dei diritti della persona umana, le grandi libertà e la democrazia fuori e dentro i propri confini". Richieste di asilo. Frattini sostiene anche che "le richieste di asilo da parte degli immigrati che vengono recuperati in mare potrebbero essere vagliate direttamente a bordo delle navi. Purtroppo - ha detto il ministro a margine della riunione straordinaria del gruppo Ppe del Comitato delle Regioni -. A livello europeo non c'è una lista di Paesi sicuri, per cui ognuno si comporta in modo diverso". Crisi. Sulla crisi finanziaria attualmente in corso in Europa, Frattini ha proposto la creazione di un istituto di vigilanza europeo perché "in questa fase non hanno molto senso le vigilanze nazionali. Se ogni Banca centrale nazionale ha i propri sistemi di controlli, che cosa deve fare la Bce? Noi siamo per una politica che accresca il tasso d'Europa nella vita di tutti i giorni e nelle politiche dei Paesi membri". Opposizione. Infine una stoccata all'opposizione: "La sinistra perde perché fa opposizione al Paese e non a Berlusconi. In Italia, come del resto d'Europa, terrorizza le imprese e i cittadini-consumatori - ha aggiunto Frattini -. Non fa proposte alternative di fronte alla crisi economica internazionale, ma terrorizza. In pratica, fa opposizione ai cittadini con proposte solo demagogiche. Per questo sara' sconfitta alle prossime elezioni europee''. "L'Uncr? Criminale e disumano". Sul tema immigrazione è intervenuto anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, polemizzando nei confronti dell'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu. "E' un'organizzazione che non conta un fico secco - ha detto La Russa da un Pdl point di Milano -, l'atteggiamento di questo organismo è disumano e criminale". OAS_RICH('Middle'); (16 maggio 2009

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Berlusconi: (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

il premier da mosca Berlusconi: «Sulla crisi comportamento colpevole di media e opposizione» «La situazione è stata dipinta come irreversibile e catastrofica, invece il peggio è passato» MILANO - Un 'atteggiamento «colpevole» dei media che dipingono la crisi come «irreversibile e catastrofica». Ed un comportamento «assolutamente colpevole» anche dell'opposizione, anche perchè «credo che il momento peggiore della crisi sia superato». Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, da Mosca, parlando della congiuntura economica, e sottolineando come «c'è stato un diluvio, ma dopo tutto è tornato come prima, meglio di prima». GOVERNO HA GARANTITO RISPARMIATORI - Il Governo italiano «ha fatto tutto quello che doveva essere fatto» a fronte della crisi finanziaria ed economica che ha colpito tutto il mondo, ha continuato il premier italiano durante la conferenza con il presidente russo, Dmitri Medvedev. «Abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita», ha aggiunto Berlusconi sottolineando inoltre la tutela dei risparmiatori. FRANCESCHINI : »NON C'È OTTIMISMO» - «La sera non si mangia ottimismo a cena» commenta così il segretario nazionale del Partito democratico, Dario Franceschini, l'ottimismo mostrato dal Governo in relazione alla crisi economica in atto. Il leader del Pd, presente sabato a Terni, tappa della sua campagna elettorale in Umbria, ha spiegato che «ci sono migliaia di italiani, lavoratori o piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, precari, pensionati, che con grande coraggio, come sempre fanno gli italiani nei momenti di difficoltà affrontano la loro giornata». «Alcune categorie di persone - ha detto Franceschini - possono farcela ad aspettare che la crisi finisca senza un sostegno da parte dello Stato. Altre categorie di persone hanno bisogno di misure per affrontare l'emergenza che consentano di aspettare la fine della crisi. Sono esattamente queste misure di emergenza che mancano». Il segretario nazionale del Pd, ha ricordato che «oggi, il fondo monetario internazionale, quindi non un fazioso esponente dell'opposizione, dice che l'Italia, ha messo in campo circa lo 0,2 per cento del Pil, cioè meno di un decimo della media mondiale, per fronteggiare l'emergenza». «È assolutamente insufficiente» ha detto Franceschini. «Non si può dire che la crisi è un problema psicologico o che la crisi è alle spalle. Servono misure concrete. Noi continueremo ad incalzare il Governo con proposte portate in parlamento e che servono per chi ha bisogno. Su ognuna di queste proposte pretenderemo un sì o un no con un voto in aula». stampa |

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Frattini "Vertice Ue su migranti" La Russa: "Unhcr criminale" (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 16-05-2009)

Argomenti: Crisi

TRIESTE - Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha auspicato che "il tema dell'immigrazione e in particolare, della politica comune europea sulla questione, siano inseriti nel prossimo Consiglio europeo di giugno". "Una voce sola". "Il problema dell'immigrazione è grave - ha aggiunto Frattini -, non possiamo ricordarcelo solo quando viene estate. E' necessario che l'Unione Europea parli con una sola voce su tre aspetti :la difesa e la promozione dei diritti della persona umana, le grandi libertà e la democrazia fuori e dentro i propri confini". Richieste di asilo. Frattini sostiene anche che "le richieste di asilo da parte degli immigrati che vengono recuperati in mare potrebbero essere vagliate direttamente a bordo delle navi. Purtroppo - ha detto il ministro a margine della riunione straordinaria del gruppo Ppe del Comitato delle Regioni -. A livello europeo non c'è una lista di Paesi sicuri, per cui ognuno si comporta in modo diverso". Crisi. Sulla crisi finanziaria attualmente in corso in Europa, Frattini ha proposto la creazione di un istituto di vigilanza europeo perché "in questa fase non hanno molto senso le vigilanze nazionali. Se ogni Banca centrale nazionale ha i propri sistemi di controlli, che cosa deve fare la Bce? Noi siamo per una politica che accresca il tasso d'Europa nella vita di tutti i giorni e nelle politiche dei Paesi membri". Opposizione. Infine una stoccata all'opposizione: "La sinistra perde perché fa opposizione al Paese e non a Berlusconi. In Italia, come del resto d'Europa, terrorizza le imprese e i cittadini-consumatori - ha aggiunto Frattini -. Non fa proposte alternative di fronte alla crisi economica internazionale, ma terrorizza. In pratica, fa opposizione ai cittadini con proposte solo demagogiche. Per questo sara' sconfitta alle prossime elezioni europee''. "L'Uncr? Criminale e disumano". Sul tema immigrazione è intervenuto anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, polemizzando nei confronti dell'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu. "E' un'organizzazione che non conta un fico secco - ha detto La Russa da un Pdl point di Milano -, l'atteggiamento di questo organismo è disumano e criminale". Sui respingimenti: "La legge che li consente e' sempre la Bossi-Fini, ma è Berlusconi in prima persona che e' riuscito a fare quello che nessuno era riuscito a fare". OAS_RICH('Middle'); (16 maggio 2009

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Gli esperti anticrisi della Commissione Ue (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 17-05-2009)

Argomenti: Crisi

Gruppo de Larosière Gli esperti anticrisi della Commissione Ue Rainer Masera è stato membro del «Gruppo de Larosière». Il team, che prende il nome dal suo presidente (l'ex governatore della Banca di Francia Jacques de Larosière), è stato incaricato dalla Commissione europea di studiare la crisi finanziaria e il futuro della regolazione e supervisione dei mercati finanziari a livello europeo. Il Gruppo de Larosière ha reso pubbliche le conclusioni del suo lavoro alla fine del febbraio scorso, auspicando tra l'altro l'istituzione di un maccanismo di «allerta precoce» anticrisi sotto gli auspici della Bce.

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Il gran recupero di Piazza Affari (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 17-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 17/05/2009 - pag: 25 Borse mondiali Unico listino positivo da gennaio. Banco Popolare, Unicredit e Fiat guidano i rialzi Il gran recupero di Piazza Affari Dai minimi di marzo balzo del 55%, il doppio di Francoforte e Wall Street MILANO Il doppio di Francoforte e New York, e anche di più rispetto a Parigi e Londra. E' quello che ha recuperato la Borsa di Milano dai minimi del 9 marzo, il punto più buio della crisi per tutti i principali listini mondiali. Adesso, a dieci settimane dall'inizio del rimbalzo, tra tante giornate «più» e qualche seduta «meno», l'indice S&P/Mib dei titoli a maggiore capitalizzazione segna un +55%. Contro il +28% del tedesco Dax 30, il +26% del francese Cac 40, il +23% del britannico Ftse 100 e il +27% dell'americano Dow Jones. Surclassato anche il Giappone (indice Nikkei), che pure, con il suo +31%, è riuscito a fare meglio delle principali Borse occidentali. Di tutte, tranne Milano. L'exploit di Piazza Affari rispetto a listini più grandi, compreso il gigante della City con cui è la Borsa milanese è convolata a nozze, non è certo sfuggito gli azionisti di quelle società che, dai minimi dell'anno a oggi, si sono portate a casa guadagni a tre cifre. Come Unicredit (+183%), Banco popolare (+219%) o Fiat (+120%). Vere e proprie impennate, che però seguono a periodi decisamente negativi, tanto che, rimbalzo incluso, gli ultimi dodici mesi chiudono, per tutti e tre i titoli, con perdite superiori al 50%. Un discorso simile si può fare, naturalmente, anche per la Borsa di Milano in generale (-49% dal 1 gennaio 2008 ad oggi), vittima come tutte le piazze finanziarie del crac Lehman con annessi e connessi, dai subprime alla «grande recessione» dell'economia reale. Tuttavia, se nel 2008 Milano è andata peggio di Parigi, Londra, Francoforte o New York, il 2009 «incorona » Piazza Affari non solo dai minimi del 9 marzo ad oggi, ma anche considerando tutto il periodo dal 1 gennaio: la Borsa italiana è l'unica a chiudere questi quattro mesi e mezzo con un segno «più» tra i maggiori listini europei o americani. Il +0,5% dell'S& P/Mib, infatti, si confronta con il -1,5% del Dax 30 e del Cac 40, il -1% del'Ftse 100 il -5,8% del Dow Jones. Quindi, da ultima (nel 2008) a prima (nel 2009). E se si riconfermasse la «regola delle Borse», per cui il comportamento dei mercati finanziari anticipa l'andamento dell'economia reale, allora potrebbe esserci in futuro qualche novità nella classifica del Pil, dove l'Italia, secondo i dati pubblicati da Eurostat, viaggia ora nella parte bassa della lista, davanti alla Germania ma dietro a Gran Bretagna e Francia. Ma ogni regola ha le sue eccezioni, soprattutto quando si parla di Borse, e soprattutto in questi ultimi tempi ad alta volatilità. Forse anche per questo, e per l'ultima settimana chiusa in rosso, molti analisti preferiscono non sbilanciarsi. Ma c'è chi, sul mercato, guarda pure a indicatori «reali» oltre che finanziari. Come il prezzo dei noli marittimi internazionali, misurato dal Baltic dry index, l'indice (considerato una cartina di tornasole del-- l'attività economica) salito venerdì ai massimi dall'8 ottobre, con un +283% dai minimi di dicembre. Parziale, ma pur sempre recupero. L'indice Ma dal primo gennaio 2008 a oggi l'indice S&P/Mib è ancora in rosso del 49% Giovanni Stringa gstringa@corriere.it

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Berlusconi: (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 17-05-2009)

Argomenti: Crisi

il premier da mosca Berlusconi: «Sulla crisi comportamento colpevole di media e opposizione» «Situazione dipinta come irreversibile, ma il peggio è passato». Franceschini: «Non prenda in giro italiani» MILANO - Un 'atteggiamento «colpevole» dei media che dipingono la crisi come «irreversibile e catastrofica». Ed un comportamento «assolutamente colpevole» anche dell'opposizione, anche perchè «credo che il momento peggiore della crisi sia superato». Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, da Mosca, parlando della congiuntura economica, e sottolineando come «c'è stato un diluvio, ma dopo tutto è tornato come prima, meglio di prima». GOVERNO HA GARANTITO RISPARMIATORI - Il Governo italiano «ha fatto tutto quello che doveva essere fatto» a fronte della crisi finanziaria ed economica che ha colpito tutto il mondo, ha continuato il premier italiano durante la conferenza con il presidente russo, Dmitri Medvedev. «Abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita», ha aggiunto Berlusconi sottolineando inoltre la tutela dei risparmiatori. FRANCESCHINI : «NON PRENDA IN GIRO ITALIANI» - «Quando è troppo è troppo. Ieri la crisi era un problema psicologico, oggi il peggio è passato. Berlusconi deve smetterla di prendere il giro gli italiani», dice il segretario del Pd, Dario Franceschini. Per il capo dell'opposizione, infatti, «non è possibile aspettare che la soluzione cada dal cielo: il governo - dice a margine di un incontro elettorale a Perugia - deve agire. Noi lo incalzeremo presentando le nostre proposte e non ci accontenteremo di un no, ma pretenderemo un voto in Aula. La sera non si mangia ottimismo a cena». Il leader del Pd, sabato a Terni, tappa della sua campagna elettorale in Umbria, ha spiegato che «ci sono migliaia di italiani, lavoratori o piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, precari, pensionati, che con grande coraggio, come sempre fanno gli italiani nei momenti di difficoltà affrontano la loro giornata. Altre persone hanno bisogno di misure per affrontare l'emergenza che consentano di aspettare la fine della crisi. Sono esattamente queste misure di emergenza che mancano». Il segretario nazionale del Pd, ha ricordato che «oggi, il fondo monetario internazionale, quindi non un fazioso esponente dell'opposizione, dice che l'Italia, ha messo in campo circa lo 0,2 per cento del Pil, cioè meno di un decimo della media mondiale, per fronteggiare l'emergenza. È assolutamente insufficiente». stampa |

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LA RABBIA E LA FAVOLA (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Mario Deaglio LA RABBIA E LA FAVOLA Un declino annunciato: la scivolata dei salari medi italiani è un'ulteriore conferma del lento affondare della nostra economia, poco presente nei settori avanzati, dall'elevata produttività che consente alti salari, soffocata da una tassazione molto pesante, peraltro necessaria per far fronte all'elevato debito pubblico e da contributi sociali da record, indispensabili per pagare le pensioni a un Paese sempre più composto da vecchi. Questa situazione difficile si colloca su un contesto di tensioni e sfilacciamento sociale messo in luce dalle notizie degli ultimi due giorni. Sabato a Torino, di fronte alla storica palazzina del Lingotto, il segretario generale della Fiom veniva tirato giù dal palco da militanti dello Slai Cobas davanti a 15 mila operai - i quali, in tempi non lontani, avrebbero reagito vigorosamente - preoccupati per il loro posto di lavoro; poche ore più tardi, nella stessa Torino e nella centralissima e ancora più storica piazza San Carlo, una folla stimata in almeno tre volte tanto si accalcava a un «evento» di Mediaset realizzato per illustrare la nuova televisione digitale incentrata sul programma «Amici», una competizione in grado di aprire ai vincitori le porte del successo televisivo. Sempre nella stessa piazza, nella giornata di ieri coloro che aspiravano a partecipare alla trasmissione «Grande Fratello» (anch'essa considerata una scorciatoia a fama, celebrità e successo mediatico) formavano una coda lunga circa mezzo chilometro. Le vicende parallele e apparentemente diversissime del Lingotto e di piazza San Carlo rappresentano due facce della stessa moneta: si tratta di due risposte, irrazionali e prive di progettualità, a una crisi che, se raggiunge le sue punte più visibili nell'economia reale e nella finanza, si configura ogni giorno di più come crisi di valori e di sistema e contro la quale i rimedi razionali si sono sinora dimostrati inadeguati o insufficienti. Non si tratta, del resto, di un fenomeno soltanto italiano, anche se i dati salariali sull'Italia mostrano che proprio da noi raggiunge punte molto elevate. Di fronte alle prospettive sempre più incerte e alle minacce sempre più concrete di perdere il lavoro, in tutto l'Occidente le due risposte estreme sono quelle di un ricorso alla violenza e di un ricorso alla fortuna che porti un successo improvviso o, quanto meno, all'evasione in un mondo di favola, lontano dalle asprezze e dalle incertezze della vita di tutti i giorni. C'è chi reagisce cercando di buttar giù tutto con una spallata, magari anche il palco di una manifestazione sindacale, e chi cerca di reagire con una risata, che spesso suona un po' innaturale, a un evento televisivo o cerca l'onda della fortuna grazie a questo evento. In Francia, la protesta assume le forme, ormai note, del «sequestro dei manager»; ad Atene quelle della rottura delle vetrine dei negozi di lusso. Nello stesso giorno del Lingotto, a Berlino sono sfilati centomila manifestanti con striscioni su cui era scritto «Sozial statt Kapital!», ossia «Il sociale al posto del capitale!», un'evidente impossibilità economica ma un buon termometro delle istanze di chi vede a rischio non solo il proprio posto di lavoro ma anche il proprio modello di vita. Parallelamente cresce la popolarità di programmi che assicurano ai partecipanti notorietà e redditi elevati e continua la fortuna, anche su Internet, di chi costruisce mondi artificiali in cui evadere di fronte a una realtà che non si riesce più a sopportare. Coloro che cercano soluzioni efficaci di tipo razionale a una situazione economico-sociale che sembra scivolare fuori di ogni controllo devono tener conto di questi bisogni profondi, di quest'insoddisfazione radicale; non basta controllare i deficit pubblici, risanare i tessuti malati dell'economia, sfornare ricette teoriche di rilancio. Dai dati dell'Ocse si ricava che è indispensabile, ma non sufficiente, far sì che questo Paese sia in grado di pagare salari più elevati grazie ad attività più produttive. L'insoddisfazione, però, in Italia, ha radici più profonde e, se non se ne tiene conto, i rimedi dei tecnici paiono destinati al fallimento; ci vorrebbe una grande visione politica che, per il momento, proprio non si profila all'orizzonte non solo in Italia ma neppure nel resto del mondo (dopo la «fiammata» iniziale di Obama, ormai largamente esauritasi, come spiegava su queste colonne qualche giorno fa Enzo Bettiza) e una massa di persone incerte che si sentono trascurate dall'economia e ignorate dalla politica. E potrebbero risultare sempre più inclini a travolgere i palchi delle manifestazione serie e ad accalcarsi attorno a quelle che promettono facili evasioni. mario.deaglio@unito.it

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"Creiamo un network dei progressisti" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Intervista John Podesta Il capo del team Obama MAURIZIO MOLINARI "Creiamo un network dei progressisti" CORRISPONDENTE DA NEW YORK Più energia pulita e più impegno in Afghanistan: sono le due priorità dei democratici che John Podesta porta alla riunione dell'«Alleanza dei democratici» che si svolge oggi in Parlamento a Roma con la partecipazione di partiti progressisti di cinque continenti. Direttore del «Center for American Progress» di Washington, ex capo di gabinetto di Clinton e designato da Obama alla guida del team di transizione, Podesta è l'uomo sul quale i liberal Usa contano per costruire un network di alleati. Cosa accomuna i progressisti che si incontrano a Roma? «Il valore centrale è l'impegno a garantire opportunità per tutti e a sostenere politiche che le rendano possibili. I progressisti credono nel perseguimento del bene comune al posto della difesa degli interessi di élites privilegiate. Crediamo in investimenti di lungo termine per migliorare la vita di tutti: su educazione, sanità, previdenza e energia pulita. Sosteniamo la cooperazione internazionale come strumento per risolvere i problemi comuni, come la sfida del clima e la crisi finanziaria. Sviluppo economico equo, opportunità per tutti e approccio pragmatico sono i valori che Obama ha portato a Washington e sono condivisi dai maggiori partiti progressisti d'Europa». Qual è la sfida più difficile che avete davanti? «Ridefinire il capitalismo in maniera che garantisca giovamenti a tutti senza sfruttare il Pianeta e senza creare élites finanziarie che non devono rispondere a nessuno. In tale cornice fondamentale rientra la riforma del governo, anche in Italia, per assicurarsi che serva gli interessi della gente senza generare uno Stato burocratico facile preda degli interessi corrotti». Quali obiettivi vi date in tempi brevi? «Dobbiamo impegnarci a creare coalizioni. L'elezione del presidente Clinton agli inizi degli Anni 90 innescò una fase di rinascita del centrosinistra nel mondo. Ora è il momento di riaccendere un simile scambio di idee. L'obiettivo è di lavorare assieme, apprendere l'uno dall'altro, per arrivare a governare o per governare con successo». Al G8 dell'Aquila Obama presiederà una riunione del Forum su energia e clima. Cosa si attende Obama dall'Europa? «Il Forum serve a compiere progressi in vista della Conferenza di Copenhagen di dicembre. L'incontro di aprile è stato positivo. Siamo in un momento economico difficile e molte nazioni sono alle prese con gli stessi problemi che abbiamo noi. Ma dobbiamo affrontare i cambiamenti climatici non solo per scongiurare i terribili costi che comportano ma anche per cogliere le opportunità che si presentano. Andando verso un'era di energia sostenibile, e non basata su carburanti fossili, possiamo creare lavoro, crescita e progressi tecnologici». L'Europa è timida nel sostenere le politiche di Obama sull'efficienza energetica. Come superare l'ostacolo? «Il G20 ha testimoniato quanto difficile sia il dibattito Usa-Europa sugli stimoli all'economia. Il punto è come articolare la spesa pubblica fra investimenti nell'energia pulita, infrastrutture e riduzioni fiscali. La strategia di Obama, che il Center for American Progress ha contribuito a delineare, è solo l'inizio. L'Europa è in una situazione diversa perché molti Paesi hanno già investito nell'energia pulita. Tutti però dobbiamo lavorare per trasformare i sistemi energetici». Obama chiede più truppe per l'Afghanistan ma l'Europa tentenna. Come si può costruire un comune approccio contro Al Qaeda? «Chiedendo più truppe per l'Afghanistan Obama dimostra di comprendere ciò che Bush ignorava: vincere questa guerra è cruciale per la nostra sicurezza nazionale. Negli ultimi otto anni l'impegno americano in Afghanistan e Pakistan è stato carente e ciò ha consentito ad Al Qaeda di risorgere. La volontà europea di mandare truppe è scesa a causa degli errori di Bush. Ma ora Obama ha disegnato una nuova strategia Nato, civile e militare, facendo proprio un approccio da tempo sostenuto da molti europei. E' combinando attività di combattimento e non militari che il governo afghano può rafforzarsi e diventare più credibile, ed è sviluppando le economie locali che possiamo prevenire l'arruolamento di afghani e pakistani fra i taleban».

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India, un trionfo per i Gandhi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-17 - pag: 9 autore: Il voto a Delhi. Il Congress Party conquista inaspettatamente oltre 260 seggi, a un passo dalla maggioranza assoluta India, un trionfo per i Gandhi Più stabilità, come chiedevano i mercati - Secondo mandato per il premier Singh Marco Masciaga NEW DELHI La United Progressive Alliance (Upa) guidata dal Congress Party ha trionfato ieri nelle elezioni indiane, mancando di una manciata di voti la maggioranza assoluta e trovandosi inaspettatamente nella condizione di formare un governo senza ricorrere all'appoggio dei partiti comunisti. La leader della coalizione Sonia Gandhi ha confermato ieri pomeriggio che l'incarico di primo ministro andrà al premier uscente Manmohan Singh, che a sua volta ha auspicato di poter includere nella compagine di governo l'astro nascente del Congress Party, Rahul Gandhi. La vittoria di ieri del Congress è la più netta dal 1991, quando il paese andò a votare sull'onda emotiva dell'assassinio di un altro membro della dinastia politica più longevae potente dell'India, Rajiv. «Il popolo dell'India sa che cosa è bene per sé e ha fatto la scelta giusta» ha commentato Sonia Gandhi, ringraziando i sostenitori. In base ai risultati disponibili in tarda serata l'Upa avrebbe conquistato 261 dei 272 seggi necessari a controllare la Lok Sabha, il parlamento indiano. I suoi avversari della National Democratic Alliance (Nda) guidata dai nazionalisti hindu del Bharatyia Janata Party ( Bjp) si sarebbero fermati a 157, spingendo il proprio leader e candidato primo ministro Lal Krishna Advani alle dimissioni. Il Third Front guidato dall'ambiziosa leader dalit Mayawati e dai partiti comunisti ha raccolto 80 seggi, mentre il cosiddetto Fourth Front, un raggruppamento di partiti regionali vicini all'Upa e, a giudicare dalle prime dichiarazioni dei suoi leader, pronti a tornare a farne parte, soltanto 27. Benché gli exit poll dei giorni scorsi avessero previsto la vittoria della coalizione guidata dal Congress Party, sono state le dimensioni del successo a sorprendere tutti gli osservatori. Le preoccupazioni dei mercati finanziari negli ultimi giorni sono state legate alla sensazione che il voto avrebbe confermato una tendenza in atto da diversi anni, ovvero la progressiva perdita di potere dei due partiti maggioria favore di piccoli schieramenti regionali in grado di paralizzare l'azione di governo. Le scenario post voto non avrebbe potuto essere più diverso: «Questo è un sogno per i mercati», spiega Samir Arora di Helios Capital Management. «Nessuno poteva immaginare un risultato migliore: per lunedì mi aspetto un'impennata della Borsa nell'ordine del 7-8 per cento». Grazie ai suoi 261 seggi, all'Upa basterà stringere una sola alleanza per poter superare la soglia che consente di governare e trattare da una posizione di forza con gli altri partiti. Quasi certamente i voti mancanti non verranno dai comunisti che hanno sostenuto il precedente governo Singh per 4 dei suoi 5 anni di vita e lo hanno abbandonato nel 2008 per protestare contro l'accordo di cooperazione nucleare con gli Stati Uniti. Un fatto che ieri ha spinto uomini d'affari come Adi Godrej a definire il risultato elettorale «molto positivo » per le prospettive di crescita di un paese la cui economia nei mesi a venire dovrà contribuire a trainare fuori delle secche della recessione quelle di Europa e Stati Uniti. Obiettivi di largo respiro che il nuovo governo dovrà perseguire senza perdere di vista i molti problemi che affliggono un paese dove più del 42% della popolazione continua a vivere al di sotto della soglia di povertà. «Dal nuovo governo - spiega Dayand Sherma, una delle centinaia di persone accorse davanti alla sede del Congress per festeggiaremi aspetto politiche a favore dei poveri e dei contadini. Ed elettricità 24 ore su 24 ». Secondo il politologo Pratap Bhanu Mehta i risultati di oggi «daranno al governo margini di manovra molto più ampi del previsto ». Non solo perché rendono superfluo il supporto dei comuni-sti, «ma anche perché il Bjp esce talmente ridimensionato che il Congress avrà ampi margini di manovra anche in politica estera ». Un ambito dove lo aspettano il processo di pace con il Pakistan bruscamente interrotto dagli attacchi di Mumbai, la questione della minoranza Tamil in Sri Lanka e la nuova fase di instabilità politica attraversata dal Nepal, un paese in cui New Delhi sta osservando con preoccupazione la crescente influenza cinese. Il trionfo del Congress Partyè destinato a proiettare nell'arena politica indiana la figura di Rahul Gandhi, il primogenito di Rajiv,l'ex primo ministro ucciso nel 1991 in un attentato. Durante la campagna elettorale, il trentottenne Gandhi ha viaggiato incessantemente per tutto il nord del paese. Uno sforzo che ha pagato: in Uttar Pradesh, lo stato più popoloso dell'India dove la coalizione di governo temeva di venire spazzata via da due rivali regionali, il Congress si è aggiudicato 21 seggi, 12 in più rispetto a 5 anni fa. Altri due stati chiave per il risultato di ieri sono state le roccaforti di sinistra del West Bengal e del Kerala, dove il Communist Party of India (Marxist) ha perso rispettivamente 16 dei 26e 8 dei 12 seggi vinti nel 2004. masciaga@gmail.com © RIPRODUZIONE RISERVATA COMUNISTI MARGINALI Sconfitta umiliante per il «terzo fronte» guidato dall'intoccabile Mayawati I nazionalisti hindu non vanno oltre i 160 seggi I fiori di Manmohan. Sonia Gandhi con il bouquet che le ha regalato il premier Singh per festeggiare la vittoria del Congress Party AP/LAPRESSE

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Gabbie salariali, più prigionieri che benefici (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-17 - pag: 12 autore: LA MANO VISIBILE ... Gabbie salariali, più prigionieri che benefici di Alessandro De Nicola l recente sondaggio del Sole 24 Ore è stato abbastanza chiaro: la Lega miete consenso tra gli operai e tra i piccoli imprenditori, realizzando una sorta di interclassismo nel nome del federalismo. C'è un qualche motivo specifico per questo appeal o ad attrarre voti è semplicemente la politica generale del Carroccio su temi come l'immigrazione, il protezionismo, la sicurezza e il federalismo? Ebbene, a dire la verità, una proposta mirata al mondo del lavoro il partitodi Bossi ce l'ha da sempre e il suo leader l'ha ripetuta in settimana nel corso di un comizio veneziano. Stiamo parlando delle cosiddette "gabbie salariali", vale a dire un sistema che prevede contratti territoriali con differenziazione di stipendio a seconda del costo della vita nelle diverse regioni. Per fare un esempio semplice, invece di avere un contratto collettivo nazionale, si avrebbero tanti accordi regionali che prevederebbero dei minimi salariali ( o altre componenti dello stipendio) più alti in Lombardia piuttosto che in Basilicata. Utilizzando le parole dell'Umberto:«La busta paga deve essere proporzionata al costo della vita. è giusto che chi lavora viva dignitosamente. Non devono guadagnare solo i soliti noti, è giusto che i lavoratori del Nord abbiano di più ha detto - senza però togliere nulla ai lavoratori del Sud». Detta così, sembra un'idea di buon senso, ma è veramente efficiente? La prima difficoltà la vedo nell'attuazione. Anche ammesso che l'Istat fornisca dati sufficientemente accurati per calcolare il costo della vita nelle diverse regioni, una delle disparità maggiori sta nel vivere inun'area urbana piuttosto che in un piccolo centro. Sbarcare il lunario a Milano con gli stessi soldi di chi vive a Sondrio o Scorzè è molto più complicato e la differenza di costi non ha nulla a che fare con Nord e Sud. Per rendere attuabili le gabbie sarebbe necessario stipulare una serie di microcontratti territoriali impossibili da gestire. Inoltre, poiché Bossi ha proclamato che i lavoratori del Sud non dovrebbero essere svantaggiati, pare ovvio che abbia in mente solo gratifiche per quelli del Nord. Il lavoratore di Palermo continuerebbe a prender 100, quello di Brescia 110. Bene, non è un segreto che gli aumenti salariali non giustificati da un corrispondente innalzamento della produttività generano inflazione. Perciò il beneficio del nostro amico di Brescia potrebbe risultare temporaneo ed essere rimangiato da un aumento del costo della vita limitato solo alla sua zona. Infine, i salari regionali (e quelli nazionali ancor meno) non tengono conto di una legge fondamentale, quella della domanda e dell'offerta. Infatti, possono esistere posizioni per le quali c'è poca domanda e molta offerta: anche in aree molto care i salari che si riusciranno a strappare saranno bassi. Al contrario vi sono occupazioni che in pochissimi sono disposti a intraprendere ma per le quali c'è una grande domanda: i pubblici ministeri nelle zone disagiate e ad alta densità mafiosa, ad esempio. In quel caso sarà opportuno pagare meglio (come già in parte succede per i magistrati) i pochi volenterosi disponibili. In altre parole, una riforma efficiente deve andare in unica direzione: fare incontrare la domandae l'offerta di lavoro in modo che si formi il prezzo che alloca nel modo più efficiente le risorse. Le gabbie salariali regionali forse non saranno complessivamente peggio dei contratti nazionali, ma sempre di gabbie si tratta... adenicola@adamsmith.it © RIPRODUZIONE RISERVATA NON SOLO TERRITORIO La proposta rilanciata da Bossi si scontra con troppe variabili

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Non ci sta a partecipare a questo sconfittismo della sinistra italiana , perché ... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 18-05-2009)

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MARIA ZEGARELLI Non ci sta a partecipare a «questo sconfittismo della sinistra italiana», perché è esercizio «che serve a non vedere i propri errori: ci si sente parte di una sconfitta storica» e si evita l'analisi delle proprie responsabilità. Ma la Storia, quella degli ultimi venti anni dice che malgrado il crollo del muro di Berlino e del comunismo, l'inevitabile momento di confusione, in Italia la sinistra ha conteso alla destra il governo del Paese, «è stata in campo». Ha governato e governa «molte città, province e regioni». In questi 15 anni «di crisi del paese abbiamo governato 7 anni noi e 8 Berlusconi». Massimo D'Alema parla al Salone del libro di Torino, due incontri nel giro di poche ore, il primo con Fausto Bertinotti e Giovanni De Luna sulla memoria del Novecento, il secondo con il direttore del Corsera Ferruccio De Bortoli e il professor Carlo Ossola. L'occasione è la presentazione del suo libro, «Il mondo nuovo. Riflessioni per il Pd», esordio della Fondazione Italianieuropei nel mondo dell'editoria proprio con questo volume dell'ex presidente del Consiglio. Parte da questa valutazione D'Alema per non nascondere nessuno dei problemi che ci sono, soprattutto nel Pd, ma per ridare una prospettiva che vada oltre. La sinistra, dice, «è una realtà straordinaria che tiene campo». Per questo un partito come il Pd deve lavorare per costruire «la sua identità», ed è evidente che questo dovrà essere lo scopo del prossimo congresso. Cambiare il passo, «incerto», finora, per stare insieme con un'idea del mondo, unica via per non impantanarsi in un «amalgama mal riuscito». L'ULTIMA IDEOLOGIA «Irrobustire il progetto riformista» in Italia e in Europa, proprio adesso che la crisi economica globale - «che non è un incidente di percorso» - ha segnato la fine di un ciclo deve essere il giro di boa. Tramontato il comunismo, esauritosi il socialismo, il mercato si è conquistato un ruolo di primo piano nel secolo scorso, e «non è un caso che la politica sia diventata la pecora nera e i protagonisti della finanza i nuovi supereroi». E invece anche «il capitalismo sfrenato, l'ultima grande ideologia del Novecento», che è riuscita a far degenerare la democrazia e a «rendere asfittica la politica» ha mostrato la sua fragilità. Dunque, eccolo il grande tema del riformismo: dare risposte razionali. Fornire di pesi e contrappesi la democrazia e il mercato. Dare alternative alla destra populista, «che ha preso il posto della destra liberale». Fa il paragone «incrociando le dita»: negli anni Trenta «l'America reagì alla Grande depressione con il New Deal, l'Europa con il protezionismo e con il nazifascismo». Oggi Obama risponde alla crisi «con misure imponenti» puntando sulla tecnologia, la ricerca, la scienza; in Europa tornano le grandi paure. Dei migranti, dell'Islam, della diversità. In Italia «la destra le cavalca tutte e il centrosinistra appare inadeguato». Se ne esce in un solo modo, «dalla miseria della nostra quotidianità», come la definisce de Bortoli. «Il Pd deve rafforzare le proprie basi culturali, riannodare i fili tra la politica e la società». Qui come in Europa: «Rimettendo le radici nel popolo e lavorando ad un grande progetto analogo a quello americano». L'occasione perduta Forse l'Europa ha perso un'occasione per gettare le basi di quel grande progetto, quando 11 capi di governo erano membri dell'Internazionale socialista, «lì bisognava fare il salto». D'Alema ricorda un loro viaggio in Usa nel «club dei democratici». Il sindaco di Chicago disse «dovremmo lavorare insieme». «Gli risposi che in Europa noi lo facevamo, nell'Internazionale socialista. Calò il gelo. Clinton allora presidente, mi spiegò "qui non si può usare quella parola". Oggi si può usare anche lì». «Non ci sto a partecipare a questo sconfittismo della sinistra». Massimo D'Alema rivendica il ruolo della sinistra negli ultimi 15 anni ma, dice, il Pd deve lavorare sulla sua identità e il congresso sarà l'occasione.

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Sono state 350 mila le persone che nei giorni scorsi sono scese nelle piazze di alcune delle pri... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 18-05-2009)

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Sono state 350 mila le persone che nei giorni scorsi sono scese nelle piazze di alcune delle principali capitali europee per chiedere azioni «più incisive e coraggiose» contro la crisi e la disoccupazione. Questo il bilancio della protesta lanciata dalla Confederazione dei sindacati europei (Ces). «La dimensione di queste manifestazioni - ha osservato oggi il segretario generale della Ces, John Monks - rivela quanto sia diffusa in Europa la preoccupazione dei lavoratori per il loro futuro». SecondoMonks occorrono regole più severe per i mercati finanziari e una maggiore presenza dei lavoratori nelle stanze dei bottonì.

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LA PRESSIONE DELL'AFRICA (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 18/05/2009 - pag: 1 I CLANDESTINI VERSO L'EUROPA LA PRESSIONE DELL'AFRICA di ALBERTO RONCHEY F ra le conseguenze della crisi finanziaria internazionale, si deve anche prevedere che sarà compromessa la disponibilità delle ingenti risorse necessarie per offrire più aiuti all'Africa. Il continente profondo e tragico, malgrado alcuni progressi degli ultimi anni e le iniziative imprenditoriali cinesi, da tempo gravita verso l'Europa con le sue masse di profughi. Gli africani oggi risultano 930 milioni. All'inizio del '900, risultavano 170 milioni. Ora, se già da decenni le loro correnti migratorie apparivano irriducibili, nei prossimi anni saranno maggiori. Gli extracomunitari che arrivano con permessi di soggiorno a scadenza possono considerarsi clandestini solo quando non rispettano i termini consentiti. Vengono chiamati overstayers. Ma il territorio italiano, avamposto meridionale dell'Europa proteso nel Mediterraneo, è investito più che la Grecia, la Spagna e il Portogallo dagli sbarchi dei migranti non legali. Arginare quel flusso, respingere gli extracomunitari senza diritto d'asilo, è un compito d'estrema difficoltà se non sono identificabili poiché spesso non presentano passaporti né altri documenti necessari per il rimpatrio. E senza dati sulle loro nazionalità, è anche difficile accertare il diritto d'asilo per quanti si dichiarano profughi da conflitti o perseguitati da governi tirannici. Scaduto il termine di permanenza nei centri d'identificazione, per espellere i fuori legge risulta del tutto illusorio il ricorso ai semplici «fogli di via». Non partono, rimangono qui come clandestini. Se gli undocumented non vengono riconosciuti da qualche interprete secondo le lingue che parlano, e neanche accolti nelle presunte nazioni d'origine, si possono forse rimandare alle basi dei transiti? La Libia ha tollerato di recente che i clandestini migranti su alcuni barconi alla deriva nel canale di Sicilia fossero senza indugio ricondotti dalle motovedette italiane sulle coste dalle quali erano partiti. Casi controversi, per varie obiezioni di opportunità e di legalità. Rimane da verificare se davvero, secondo i reiterati accordi fra Tripoli e Roma, una congiunta sorveglianza nelle acque libiche respingerà il traffico gestito dal racket del contrabbando umano. Gheddafi ha esitato nel procedere secondo l'impegno, anche dopo il «patto d'amicizia» firmato a Bengasi. Forse giudica rischioso accogliere le correnti migratorie transahariane fra i 6 milioni di cittadini libici, autoctoni al 57 per cento e poi egiziani, sudanesi, tunisini, berberi. Eppure, si tratta solo di migranti musulmani e in gran parte arabi. Ora, forse tende a deviare i transahariani verso altre coste d'imbarco. In Italia, è da ricordare, i residenti censiti risultano già oltre 60 milioni dopo il fenomeno immigratorio, dieci volte la popolazione libica. Non è poi da dimenticare che solo all'interno dell'Ue le frontiere sono state abbattute, secondo la Convenzione di Schengen. Le più generose concezioni dell'accoglienza non bastano a sottostimare, o ignorare, l'insostenibilità d'una pressione illimitata dell'Africa gravitante sull'Europa.

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Fondi sovrani, profondo rosso (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-17 - pag: 19 autore: Nuove potenze. Con le 10 maggiori operazioni del 2007-2008, «bruciati» 46 miliardi di dollari su 66 Fondi sovrani, profondo rosso L'Osce: in futuro investiranno più sui paesi emergenti e meno in Occidente Morya Longo La tentazione di vendere ce l'hanno in tanti. Ma Ho Ching, moglie del primo ministro di Singapore e amministratore delegato del fondo sovrano Temasek, ha anticipato tutti: ha ceduto le azioni di Merrill Lynch (oggi inglobata in Bank of America) acquistate nel dicembre del 2007. Il suo fondo Temasek in un colpo solo ha perso la bellezza di 4,6 miliardi di dollari, cioè buona parte dei 6,2 miliardi investiti un anno e mezzo fa. Ma in questo modo Ho Ching ha messo una pietra sopra quell'operazione disastrosa e ha dirottato i soldi "salvati" su una banca cinese. E come Temasek tanti altri fondi sovrani stanno valutando se fare lo stesso. Perché tutti hanno perso una fortuna con la crisi finanziaria: solo con i dieci maggiori investimenti effettuati tra il 2007 e il 2008 nelle banche occidentali, questi grossi fondi asiatici hanno infatti bruciato qualcosa come 46 miliardi di dollari sui 66,7 investiti. è dunque normale che ora stiano mettendo in dubbio la strategia di puntare sull'occidente. Un recente studio dell'Ocse dimostra infatti che questi fondi d'ora in poi intendono investire più nei Paesi emergenti. Meno occidente, più oriente. I fondi sovrani sono giganteschi veicoli finanziari costituiti dai Governi dei Paesi asiatici per gestire e investire soldi pubblici. E non è un caso che siano nati proprio negli Stati che possono vantare ampie riserve valutarie: nei Paesi arabi esportatori di petrolio, oppure in Cina. Tutti insieme i fondi sovrani hanno una dotazione stimata dall'Ocse in oltre 3mila miliardi di dollari. E questa montagna di soldi è stata investita. Buona parte in occidente. Nel 2007 e nel 2008 hanno acquistato quote importanti di nomi noti come Ubs, Citigroup, Merrill Lynch, Hsbc o Morgan Stanley aiutando queste banche in un momento di difficoltà. I loro primi dieci investimenti ammontavano a 66,7 miliardi di dollari. Calcolare quanto valgono ora dopo la crisi è molto difficile, perché spesso i fondi sovrani hanno acquistato obbligazioni convertibili difficilmente valutabili oggi. Ma – secondo i calcoli a spanne effettuati dal Sole-24 Ore – si può stimare che di quei 66,7 miliardi ne restino circa 20. Le storie di questi giganti sono tutte più o meno simili. L'Abu Dhabi Investment Authority, il fondo sovrano più grosso al mondo, ha per esempio messo una fiche da 7,5 miliardi in Citigroup nel novembre del 2007. Ha acquistato obbligazioni convertibili che pagano interessi dell'11%l'anno. Le cedole le ha incassate, ma il valore del suo investimento è crollato insieme alla capitalizzazione della ex-banca più grande del mondo. Ebbene: un mese fa un rappresentante del Governo di Abu Dhabi ha fatto sapere che il fondo sta «meditando su cosa fare». Ha invece deciso di convertire in azioni le sue obbligazioni Citigroup il Government of Singapore Investment: il fondo, "cugino" di Temasek, resterà nella banca americana. Non intende vendere. E lo stesso farà in Ubs, dove ha investito 9,75 miliardi nel 2007. Temasek, l'altro fondo di Singapore, ha invece concluso l'avventura in Merrill Lynch e ha annunciato che punterà sempre più sui Paesi emergenti. Insomma: qualcuno ha deciso di uscire dalle banche occidentali; qualcuno ci sta pensando; qualcuno preferisce restare. Ma una strategia accomuna più o meno tutti: i prossimi investimenti saranno focalizzati principalmente sui Paesi emergenti. La dimostrazione arriva da uno studio effettuato dall'Ocse nell'ottobre del 2008. La Kuwait Investment Authority dichiara di voler puntare su Cina e India e di voler disinvestire dagli Stati Uniti: già ora ha ridotto la sua esposizione su Europa e Usa dal 90% al 70% circa. Anche la Qatar Investment Authority e la Dubai International Capital stanno preparando investimenti soprattutto in Medio Oriente e Africa. E altri fondi, tra cui Temasek, stanno facendo lo stesso. «Questa – scrive l'Ocse – è una buona notizia per i Paesi in via di sviluppo, perché i fondi sovrani contribuiranno allo sviluppo dei loro mercati». m.longo@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO DI SINGAPORE Temasek ha venduto le azioni di Bank of America, per investire in Asia Molti altri vogliono puntare sui mercati in via di sviluppo

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A caccia delle small cap dell'arte (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: RISPARMIO E FAMIGLIA data: 2009-05-17 - pag: 23 autore: Investimenti alternativi. Dodici le società quotate nei servizi per l'industria del bello A caccia delle small cap dell'arte Un settore per collezionisti che desiderano diversificare il portafoglio Maria Adelaide Marchesoni Marilena Pirrelli L'investimento diretto in opere d'arte presenta delle caratteristiche peculiari per alcuni aspetti simili alle strategie impiegate nel private equity: acquisto di partecipazioni in società illiquide (non quotate) con l'obiettivo di accrescerne il valore. Così nel mercato dell'arte si può solo acquistare opere a prezzi molto ragionevolie sperare in un aumento del loro valore – grazie a mostre, prestiti a musei, ecc. – che remuneri l'investimento nel tempo. Un'alternativa all'acquisto diretto di arte può considerare i titoli delle società che prestano servizi al segmento arte, come le case d'asta, gli info-provider specializzati o l'editoria d'arte. Si tratta di un numero limitato di società quotate nel mondo (12, in tabella) con una capitalizzazione modesta (1.272 milioni di dollari al 14 maggio 2009) che la crisi dei mercati ha inoltre ulteriormente ridimensionato. Queste small cap possono entrare in portafoglio del risparmiatore con un peso però molto contenuto, perché poco liquide. E poi se fino a ieri l'arte e i titoli del segmento venivano considerati dagli analisti – un po' come illusso – un settore anticiclico, la crisi finanziaria non li ha risparmiati. Chi analizza questi titoli – come gli espertidi Skate's o ArtTactic – necessariamente osserva le relazioni tra il mercato dell'arte e gli effetti sulle quotazioni delle società di settore. Oggi i bassi prezzi hanno attratto gli investitori. «Siamo entrati nel segmento arte, attraverso un partecipazione del 7% in ArtNetWorth (società non quotata di consulenza per l'arte, ndr) perché crediamo sia molto promettente in aree come la Cina, il Medio Oriente e il Sud America: fa parte del mercato globale del lifestyle» spiega Anacleto Francesco Origone della holding newyorkese Nexus Global Partners. Analizzando l'andamento dei titoli dell'industria dell'arte negli ultimi cinque anni ( 2004- 2009), sorprende che la performance migliore non sia stata registrata dal gruppo più famoso e con la maggior ca-pitalizzazione, Sotheby's, oggi insieme al rivale Christie's, sottopressione per i bassi volumi in asta. La casa d'aste americana ha perso, nel periodo, circa il 21% un andamento leggermente peggiore a quello dell'S&P 500 che nello stesso periodo ha segnato il 18,5% in meno. Nel lungo periodo (cinque anni) il mercato ha privilegiato i titoli con modelli di business «alternativi», incentrati sul web. Ai primi posti della classifica troviamo le società europee Artnet (+483%) e Artprice.com (+148,7%), entrambe proprietarie di un database online che raccoglie i prezzi d'asta. Come hanno reagito queste azioni all'ultimo rally dei mercati? Salvo poche eccezioni hanno presentato un recupero notevole con performance molto positive. Ciò ha consentito di compensare almeno in parte le perdite a doppia cifra delle quotazioni degli ultimi 12 mesi. Chi non ha beneficiato della ripresa di aprile? Fanalino di coda per la tedesca Artnet ( target price proposto da Skate's Art Research 9 euro rispetto alla quotazione di 3,5 euro del 14 maggio) che, da inizio anno, ha perso il 32,1%: il 2008 si è chiuso con una perdita netta a causa di una maggior incidenza delle spese operative, spinte dagli investimenti tecnologici e per lo sviluppo di nuovi prodotti (3,3 milioni) come la piattaforma Online Auctions. L'esercizio di Artprice.com è, invece, stato archiviato con un utile in crescita di quasi cinque volte rispetto alla gestione 2007. Al contrario del rivale Artnet non ha effettuato significativi investimenti nel 2008 mantenendo il proprio modello di business invariato e ha chiuso la gestione con un giro d'affari in crescita dell'8,8%: il titolo da inizio anno ha evidenziato un aumento del 39% circa, forse anche in virtù del fatto che, con la pubblicazione del bilancio 2008, il mercato ha scoperto che la società è contendibile. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Beverly Hills Housewife», 1967 di David Hockney dalla Collezione Betty Freeman. Acilico su tela (cm 183 x 366) , venduto il 13 maggio da Christie's New York per 7.922.500 dollari (stima 6-10 milioni) MATT DUNHAM/AP/LAPRESSE

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Svolta in Kuwait, le donne in Parlamento (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 18/05/2009 - pag: 14 Il voto Il movimento islamico, che negli ultimi anni è stato il primo partito, perde la metà dei consensi Svolta in Kuwait, le donne in Parlamento Vincono in quattro nonostante l'aggressiva campagna degli integralisti Un giorno storico per le donne in Kuwait. Sabato hanno conquistato per la prima volta il loro posto in Parlamento. Le prime quattro parlamentari in Kuwait sono Masuma Al Mubarak, già ministro della Sanità (fu la prima donna nel governo), la docente di filosofia Aseel Al Awadhi, l'economista Rola Dashti e Salwa Al Jassar, che insegna Scienze dell'Educazione. È stato l'esito di una decennale battaglia per il suffragio femminile, dice al telefono dal Kuwait l'attivista e segretario generale della Società culturale e sociale delle donne, Lulwa Al Mulla. «Negli anni 70, quando i candidati facevano campagna elettorale, stavamo sedute nelle auto posteggiate davanti alle tende. Così abbiamo ottenuto che trasmettessero i comizi via radio. In seguito abbiamo conquistato il diritto ad ascoltarli in tende separate, poi in tende comuni». Nel 2005 hanno avuto il diritto di voto. Una ventina si candidarono nel 2006 e nel 2008: nessuna vinse. La vittoria di sabato è una spallata agli integralisti islamici. Il movimento salafita, che vorrebbe l'applicazione piena della legge islamica, aveva condotto un'aspra campagna contro le candidate, sostenendo che secondo Maometto un paese non può prosperare se guidato da donne e che votarle è peccato. Ma gli integralisti, dominanti nelle passate elezioni, hanno perso terreno, passando da 21 a 11 seggi (su 50). «Le quattro deputate hanno vinto perché competenti dice la sociologa Lubna Al Kazi Hanno proposte concrete, a partire dall'economia », in un paese in cui i candidati fanno spesso appello a interessi tribali se non alla religione. Molti esperti dicono che la vittoria delle donne è legata anche alla volontà di uscire dall'instabilità politica. Questo è il terzo parlamento in tre anni. L'emiro Sabah Al Jaber Al Sabah l'aveva sciolto a marzo dopo un ennesimo braccio di ferro tra governo e parlamento. Quest'ultimo approva le leggi e il bilancio e può mettere sotto torchio i ministri, nominati però dall'emiro. Il premier, nipote dell'emiro, criticato in Parlamento per la gestione dell'economia, ha preferito, come in passato, dimettersi piuttosto che subire. Ma così è stato anche bloccato il passaggio di leggi urgenti per risollevare l'economia, colpita dalla crisi finanziaria e dal crollo dei proventi del petrolio. E molti temono che l'emiro possa di nuovo sospendere il parlamento, come nel 1976 e nel 1986. Ventuno dei 50 membri del parlamento sono volti nuovi. Ma non è detto che questo lo renderà più stabile. V.Ma. Vittoria Aseel Al Awadhi, al centro, festeggia con i sostenitori (Epa) Le rose Salwa Al Jassar, docente universitaria, eletta (Ap)

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India, eletti quattro Gandhi star di Bollywood e del cricket (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 18/05/2009 - pag: 15 Il voto Dopo il trionfo del Partito del Congresso India, eletti quattro Gandhi star di Bollywood e del cricket I nazionalisti sconfitti cercano un nuovo leader DAL NOSTRO INVIATO NEW DELHI India, il giorno dopo. Il trionfo a sorpresa del partito del Congresso guidato da Sonia Gandhi, una maggioranza mai vista dal 1991, ha lasciato il Paese stordito ed euforico (con ovvie eccezioni). La sbornia elettorale di notizie e chiacchiere continua: sui mass media e tra la gente, la «pace» nel vicino Sri Lanka non fa quasi notizia. Piuttosto, si contano morti e vincitori al Parlamento di Delhi. E si guarda al futuro con fiducia: già oggi i mercati finanziari saluteranno la ritrovata stabilità del sub-continente. Più tempo, ma è questione di giorni, servirà per conoscere il nuovo governo del premier confermato Manhoman Singh, che comprenderà gli storici alleati del Congresso e pochi partiti minori. Resta così, per ora, il mistero di Rahul Gandhi, l'erede 38enne della Dinastia e tra i protagonisti della vittoria, che potrebbe accettare un posto da ministro nell'attesa di subentrare a Singh. Sarà comunque in Parlamento (dov'è da cinque anni), con la madre Sonia e con altri due membri della famiglia: «Per la prima volta titolano i giornali quattro Gandhi alla Camera ». Gli altri sono Maneka, cognatanemica di Sonia, e il figlio Varun, appena eletto nel partito indu-nazionalista Bjp, di cui la madre è già deputata. Poco amato in India e perfino ignorato dai più, il «ramo nero» della Prima Famiglia ha fatto notizia per il recente arresto di Varun dopo frasi anti-musulmane durissime. Gli hanno garantito un seggio, ma l'aria è cambiata: tutti sottolineano come il voto mostri che politiche basate su odii di casta e religione (cristiani e musulmani festeggiano) ormai non paghino più. Si è visto con la «regina degli intoccabili» Mayawati, che è arretrata. Ancora di più con il Bjp, ormai allo sbando: il vecchio leader L.K. Advani si dimetterà presto, il presunto delfino Narendra Modi, ha tenuto nella sua fortezza in Gujarat ed è amato dagli imprenditori per le leggi pro-business e dagli estremisti perché è un radicale. Ma proprio per questo il partito potrebbe bocciarlo: Modi, poi, è ora sotto processo per la strage di musulmani (2 mila morti) nel 2002 che avrebbe organizzato o almeno consentito. Per l'avvocato della Corte Suprema Shanbar Bhushan «le prove contro di lui sono irrefutabili ». Sconfitti invece per aver abbandonato «la base proletaria » (e per altri errori) i comunisti che hanno perso la roccaforte del West Bengala dopo 32 anni: li ha battuti Mamata Banerjee, barricadera capa del partito pro-contadini che ora avrà un importante ministero. Con lei, al governo, potranno esserci «alcuni giovani», come promesso dal Congresso seguendo la linea (vincente) imboccata da Rahul per dare voce a una nuova generazione. E al Parlamento sono entrati attori di Bollywood, giocatori di cricket, personaggi con fedine penali macchiate. Niente di nuovo: di star del cinema o dello sport già ce n'erano e un quarto della Camera uscente era implicata in reati penali, omicidi compresi. Ma il Congresso promette (e la gente spera) che dopo i risultati di sabato anche questo cambierà. Cecilia Zecchinelli

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No R 46,2 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 18/05/2009 - pag: 31 La tua opinione su corriere.it Se si guida drogati o ubriachi di notte sanzioni più severe rispetto al giorno. È giusto? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 53,8 No R 46,2 La domanda di oggi Influenza e crisi finanziaria: eccessivo allarmismo di media e istituzioni mondiali?

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Europa competitiva, anche più degli Usa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: MONDO data: 2009-05-18 - pag: 14 autore: INTERVISTA Norbert Walter Deutsche Bank «Europa competitiva, anche più degli Usa» Paolo Migliavacca «In Europa e negli Usa resta diffusa la sensazione che tutto stia ancora andando male.Se ci riferiamo al livello di produzione manifatturiera, sono d'accordo; se invece parliamo del livello di utilizzo della capacità produttiva o dell'occupazione, non lo sono più. Siamo ancora lontani dal punto più basso della curva ed è difficile stabilire quando sarà raggiunto il livello minimo di sfruttamento degli impianti, affinché poi le imprese riprendano ad investire. Non so neppure se si sia raggiunto il livello minimo del Pil:non sarei sorpreso se il secondoe probabilmente il terzo trimestre di quest'anno mostrassero una leggera flessione non solo in alcuni paesi europei, ma in tutta l'economia mondiale». Norbert Walter, 63 anni, il più noto e ascoltato economista tedesco, alla guida del centro studi della Deutsche Bank, offre una lettura in chiaro-scuro della crisi economica mondiale ed europea, rinviando di almeno un anno la sospirata ripresa. «Questa è una crisi che in molti paesi del mondo nasce da bolle immobiliari. Per eliminare gli eccessi dell'edilizia e guarire da una crisi dei mercati finanziari davvero globale occorrono anni. Quindi, nonostante i pacchetti e le politiche monetarie di stimolo, non credo che squilibri così drammatici siano corretti da una ripresa prima della fine del 2010». Che errori sono stati commessi nel processo di costruzione dell'Unione europea? Quali riforme suggerirebbe? C'è disinteresse per il processo d'integrazione, specie tra i giovani. Inoltre l'Europa oggi non ha più grandi leader. Gli ultimi sono stati Mitterrand e Kohl: dopo di loro l'Europa arranca. Infine, l'allargamento non è abbastanza rapido come potrebbe e ciò rende la vita più difficile all'Europa centro-orientale in questa crisi finanziaria. L'Unione europea sembra perdere competitività sul piano economico internazionale: quali sono le cause? Non sono d'accordo. Forse alcuni paesi negli ultimi 4-5 anni si sono lasciati un po' andare, lasciando salire troppo i costi più di quanto consentisse la competitività mondiale. Ma sono errori rimediabili e sono certo che lo saranno. Mediamente,laUeècom-petitivainmoltisettoriindustria-liemanifatturierieinalcunièfor-sepersinosuperioreagliUsa. Quanto incide sulla crisi eu-ropeailfallimentodegliobietti-vidiLisbona2010? Onestamente non lo so. Potremmo diventare la miglior società nel mondo fondata sul sapere, ma con l'età della pensione a 65 anni e lavorando 35 ore non siamo votati al successo. Si pensi, come esempio, al sistema ferroviario, ancora statale. Dovremmo avere tratte europee e fornitori di servizi ferroviari concorrenziali pubblici e privati su una rete continentale. Invece francesi, tedeschi, italiani e inglesi hanno realizzato ognuno le proprie linee ad alta velocità. Tutto ciò è stupido. Quando la crisi economica sarà passata, quali saranno i nuovi equilibri economici? In altri termini,quali saranno i vincitori e i perdenti? Si parla molto di un equilibrio che si sposta verso Est e sono d'accordo che il peso dell'Asia sia destinato ad aumentare. Ma penso che, per ragioni strategiche e di capacità, la definizione degli standard non sarà fatta dalla Cina. è troppo presto. In molti campi sta riducendo le distanze, sta imparando molto studiando gli altri, piuttosto che proclamare la sua leadership. Penso che acquisterà peso, ma non raggiungerà i livelli strategici dei suoi partner americani. Non parleremo quindi di G- 2 per i prossimi 10 anni. Quali sono le sue previsioni per l'economia italiana? Oltre al ben noto debito pubblico, vi sono altre gravi debolezze strutturali? Gli italiani rappresentano il punto di maggior infiammazione nel male che affligge il comportamento passivo degli europei. Se solo l'Italia capisse quali tesori possiede e può offrire al mondo e lavorasse di più e con maggior costanza! Ogni volta che gli italiani affrontano con impegno un progetto, hanno successo: hanno talento, know how, relazioni giuste. Ma, ovviamente, iniziare la vita lavorativa verso i 30 anni e lasciarla prima dei 60 anni, come molti italiani fanno, è deleterio.Ora siamo più longevi e il peso dell'anzianità sulla società attiva diventa insostenibile. Vanno modificate le abitudini di vita, restando operativi più a lungo ed entrando nel mondo lavorativo più giovani. Si può fare: basta guardarsi attorno e vedere cosa fanno, ad esempio scandinavi e americani. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Negli ultimi 4-5 anni alcuni paesi hanno lasciato salire troppo i costi, ma sono errori rimediabili» Norbert Walter, 63 anni BLOOMBERG

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Collaborazioni culturali ed economiche, sono numerosi gli scambi con l'Italia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 18-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: SYSTEM (ITALPLANET RUSSIA) data: 2009-05-18 - pag: 33 autore: Collaborazioni culturali ed economiche, sono numerosi gli scambi con l'Italia La Russia esporta materie prime, in particolare gas, petrolio e metalli e ci compra prodotti trasformati L a crisi finanziaria internazionale deve insegnare a tutti – e purtroppo non sta accadendo – che la base del benessere è l'economia reale. Se si affronta da questo punto di vista il “caso Russia” e lo si confronta con i casi degli altri tre “Paesi Bric” (cioè Brasile, India e Cina) ci si accorge subito che dei quattro proprio la Russia è quella contraddistinta dall'economia meno industrializzata o, meglio, meno “manifatturiera”. Premesso, cioè, che tutti e quattro questi grandi Paesi emergenti sono forti importatori di ogni genere di merci e di prodotti, è chiaro tuttavia che la Russia vive soprattutto producendo materie prime, che estrae (gas e petrolio) o scava (minerali ferrosi e non) e vende in tutto il mondo semilavorati, comprando dall'estero un'enorme varietà di prodotti trasformati. La Cina è invece un Paese con grandi deficit di materie prime, almeno rispetto al suo colossale fabbisogno, ma con un enorme surplus di capacità produttiva, per cui ha potuto invadere il mondo con i suoi prodotti trasformati. Discorsi analoghi per India e Brasile: hanno materie prime, ma soprattutto trasformano. Ecco perché la Russia può essere, e difatti è, un eccezionale partner per l'Italia: ci vende enormi quantità di materie, soprattutto gas, petrolio e metalli (che peraltro dovremmo comprare comunque&) e ci compra, e ancor più potrà comprare, enormi quantità di prodotti trasformati. Se a questo scambio dalla perfetta simmetria economica potenziale aggiungiamo il valore della prossimità, perché indubbiamente la Russia è ancora “Europa”, le ragioni strutturali della vicinanza già esistente e di quella ancor più sviluppabile tra Italia e Russia risaltano chiaramente. Ben vengano dunque le iniziative di scambio culturale e stimolo promozionale incrociate: non potranno che ulteriormente stimolare le già ricche aree di collaborazione economica tra i due Paesi. Con vantaggio per tutti. Sergio Luciano

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Trenitalia punta alle merci francesi (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

DUE ANNI FA LE FERROVIE HANNO GIÀ ACQUISITO TX LOGISTIK IN GERMANIA Trenitalia punta alle merci francesi [FIRMA]MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Indiscrezione confermata. Il quotidiano economico parigino Les Echos ha scritto che Trenitalia punta all'acquisto di Veolia Cargo, rivale dell'ex monopolista transalpino Sncf nel trasporto merci su rotaia, e il diretto interessato, Mauro Moretti, non ha trovato nulla da smentire. «Siamo ottimisti, partecipiamo per vincere» ha dichiarato l'ad di Ferrovie, facendo riferimento ad una gara i cui contorni hanno bisogno di chiarirsi, visto che non è stata aperta formalmente. Comunque sia, i due altri concorrenti vociferati sinora, Deutsche Bahn e il colosso francese delle portacontainer Cma-Cgm, hanno negato l'interesse. Così, alla fine, potrebbe essere Société Nationale des Chemins de Fer a provarci, col rischio però di vedersi stoppare dall'Ue per la posizione dominante che l'intesa verrebbe a costituire. «Vogliamo giocare da attori protagonisti nel mercato europeo» ripete il top manager riminese, interessato tanto al mercato passeggeri che a quello merci. Ferrovie ha acquistato tre anni fa la seconda società cargo tedesca (Tx Logistik) piantando un'importante bandierina sul territorio federale. In aprile, si è invece messa in lista per partecipare alla liberalizzazione del grande traffico internazionale dell'Exagone, con un collegamento veloce sul percorso Milano-Parigi (e ritorno) compresa una tappa a Lione. L'analoga richiesta destinata a sfidare gli orgogliosi ferrovieri francesi sulla Parigi-Marsiglia pare sia stata rifiutata, prova che lungo la Senna il protezionismo è un malanno di cui ci si libera a fatica. Ad ogni effetto Sncf e Ferrovie risultano partner e gestiscono insieme il collegamento ad alta velocità fra Italia e Francia attraverso una società comune, l'Artesia. In realtà, i due operatori sono al limite del «separati in casa» visto che i transalpini hanno comprato una quota (il 20 per cento) di Nuovo Trasporto Viaggiatori, la società che si prepara a fare concorrenza diretta alle Fs lungo la penisola. La prima risposta di Moretti è stata la richiesta di accesso alle tratte Tgv dal 2010. La seconda è l'assedio a Veolia Cargo, tanto per mettere le cose in chiaro e dare spago a chi dice che Artesia è un «morto che cammina». Non è un'operazione né facile né rapida. Veolia Environnement, gruppo fortemente indebitato, ha annunciato di voler mettere sul mercato «almeno un miliardo di euro di attivo» per rimpinguare le sue casse. La filiale Cargo è in buona posizione per uscire dal consolidato. Di prezzo non se ne parla, ma un riferimento è il fatturato, ovvero 188 milioni di euro l'anno fra Germania, Belgio, Francia, Olanda e Italia. Anche se bisognerà tenere conto del fatto che lo scorso anno i conti sono andati in rosso o la recessione non promette ricchi introiti immediati. «Non c'é ancora una tempistica definitiva», ammette Moretti, anche lui al corrente del fatto che questa non sarà una partita fra Italia e Germania, perché Deutsche Bahn ha altri progetti. Probabile che sia consapevole delle tentazioni della Sncf e anche del fatto che è difficile immaginare un via libera dell'Antitrust Ue ad un acquisizione da parte di chi già detiene il 90% del trasporto ferrato in Francia. A Bruxelles si ipotizza un patto salomonico, che porterebbe Fs a prendere le attività transalpine, e la Société a intascarsi quelle tedesche e italiane. Come intesa, viene fatto notare, potrebbe soddisfare tutti. Colloqui a proposito potrebbero essercene fra una settimana a Lipsia dove Moretti e l'omologo francese Guillaume Pépy saranno fra i protagonisti di un affollato convegno sui trasporti europei. Potrebbe essere il momento per il fare il punto sul futuro e, magari, intavolare qualche chiacchiera su un vecchio progetto dell'ad di Fs: la linea Berlino-Londra, di cui si parla da tempo e che ora potrebbe non essere più solo un sogno.

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Il Pd convoca in Comune la Compagnia di San Paolo (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Retroscena L'alta finanza arriva in Sala Rossa Il Pd convoca in Comune la Compagnia di San Paolo Parola d'ordine: «chiarezza». E' la ragione che ieri ha spinto il Consiglio comunale a convocare nei prossimi giorni i vertici della Compagnia di San Paolo: in primis Angelo Benessia, il presidente. Il «rendez-vous» si terrà nella conferenza dei capigruppo in seduta congiunta con la prima commissione comunale. Un'iniziativa «forte», che dimostra l'attenzione con cui la Sala Rossa segue le vicende della Compagnia. Obiettivo: ottenere chiarimenti sulle ultime operazioni finanziarie, con le ricadute per il nostro territorio, permettendo a tutti di porre domande e scongiurando ricostruzioni inesatte o strumentali alla battaglia politica. Parola del capogruppo del Pd Andrea Giorgis. Ieri, in conferenza capigruppo, ha ottenuto di far confluire le due interrogazioni presentate dal Pd (Cassiani) e dalla Lega Nord (Carossa e Angeleri) nella richiesta bipartisan di un'audizione dei vertici della Compagnia. Ora si andrà al chiarimento, aperto al pubblico: quanto basta per imporre ai capigruppo un corso accelerato di alta finanza. Al centro del dibattito politico, iniziato dal deputato del Pd Stefano Esposito con un'interrogazione al ministro Tremonti, la complicata operazione finanziaria annunciata a inizio maggio dalla Fondazione, che potrebbe portare al 30 di giugno la Compagnia ad acquistare un altro 1,93% del gruppo Intesa e quindi a rafforzare la partecipazione sfiorando il 10 per cento. La prima tappa è del marzo 2008. L'allora gestione Grande Stevens, temendo l'arrivo di una tempesta sui mercati finanziari, si preoccupò di tutelare il patrimonio della Compagnia sottoscrivendo con la banca d'affari Barclays contemporaneamente due opzioni (un diritto a comprare o a vendere in una data prestabilita azioni della banca). Due strumenti di segno opposto: una "put" che dà alla Barklays il diritto di vendere alla Compagnia l'1,93% del capitale ordinario di Intesa Sanpaolo a 3,28 euro e una "call" che dà a Barclays il diritto di acquistare lo stesso numero di azioni. La scadenza dei due contratti era il 19 dicembre 2008. Quando è stato sottoscritto il titolo Sanpaolo valeva attorno ai 4,3 euro. Grande Stevens e il segretario Generale Piero Gastaldo temevano la caduta del titolo, per questo hanno messo in piedi una forma di assicurazione sul patrimonio. Il diritto ad esercitare l'operazione sta nelle mani di Barclays. La Compagnia può decidere invece come liquidare i contratti: o in contanti o comprando o cedendo le azioni. Ovviamente dietro c'è un premio. Nel mese d'agosto dello scorso anno la nuova dirigenza della Compagnia, presidente Angelo Benessia, decide di mettere mano all'operazione e rinegozia tutto il contratto: cede di cedere l'opzione "call" e quindi la possibilità di vendere titoli incassando un provento di 236.050 euro mentre prolunga al 30 giugno 2009 la "put" e rinegozia il prezzo facendolo scendere da 3,28 a 3 euro. Nel frattempo, ma soprattutto da novembre in avanti, è arrivata la tempesta azionaria. Tre settimane fa la Compagnia ha stabilito che si prenderà le azioni con un esborso di 733 milioni di euro. L'alternativa era mettere già a bilancio 2008 una perdita potenziale di 260 milioni, senza avere in mano nulla. Adesso il titolo Intesa viaggia attorno ai 2,3 euro. In sintesi, le domande di Esposito, e che saranno al centro del dibattito, sono due. Primo: aver cambiato il contratto ha fatto sì che le due operazioni non si bilanciassero più e quindi la natura assicurativa si sia trasformata in speculativa? «Cosa non permessa per una fondazione», sostiene Esposito. Secondo: se le comunicazioni e le eventuali richieste di autorizzazione al ministero del Tesoro sono arrivate nei modi e nei tempi giusti. \

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il neoliberismo che ha ucciso la politica - massimiliano panarari (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XV - Bologna Con lo pseudonimo di "Agente americano" l´autore spiega l´ascesa dell´economia come pensiero unico Il neoliberismo che ha ucciso la politica L´andamento è quello di un giallo fitto di riunioni segrete tra miliardari e lobbisti MASSIMILIANO PANARARI è un libro curioso; non a caso, fa parte nella collana di "libri balzani" diretta da Beppe Cottafavi per Aliberti. Ma, sotto le spoglie della fiction, si rivela tremendamente serio, perché racconta la storia politico-economica e culturale che, dagli anni ?80, giunge sino ai nostri giorni, sconvolti da una drammatica crisi finanziaria che sta gettando tanti nella povertà. Cosa c´entrano i mutui subprime con l´architettura politico-sociale ed economica degli ultimi tre decenni, quella che va sotto il nome di neoliberismo (o ultraliberalismo)? A ben guardare, moltissimo, come dimostra La Congiura, curioso esperimento che racconta la globalizzazione neoliberista in maniera romanzesca come un piano criminale ordito dai "Padroni dell´Universo", la superclasse di potenti che ha lavorato per imporre il "fondamentalismo di mercato" e distruggere lo Stato sociale: per l´appunto la storia dei nostri anni a partire dall´elezione di Ronald Reagan e Margaret Thatcher e, poi, dei loro emuli in giro per il mondo. La storia della vittoria ? feroce e senza pietà ? dell´economia sulla politica, ridotta a sua ancella e, spesso, "utile idiota", mentre le sperequazioni sociali aumentavano mostruosamente, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. La particolarità del libro ? scritto da un anonimo Agente americano (un po´ sul genere de Il broglio, edito sempre da Aliberti), dietro a cui si nasconderebbe un trio composto da un economista, un banchiere e un filosofo ? consiste nella narrazione del trionfo del turbocapitalismo sotto forma del memoriale ritrovato di uno dei top manager di Lehman Brothers, sbattuto in carcere per i reati finanziari commessi, il quale, costretto in una cella, trova forzatamente il tempo di riordinare le idee e di ripercorrere per filo e per segno le gesta dei membri della cospirazione. L´andamento è quindi quello di una sorta di giallo, fitto di riunioni segrete tra miliardari, lobbisti, intellettuali, capitani d´impresa e politici, tra piscine e squillo d´alto bordo, ma i nomi, e quanto accaduto, sono terribilmente veri. Come le idee economiche e la filosofia antiegualitaria che il libro spiega benissimo, mentre la storia della conquista dell´Occidente da parte dei congiurati si dipana come un thriller e si legge tutta d´un fiato.

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Piëch diserta il vertice di Stoccarda sul futuro della casa Fusione più lontana (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Piëch diserta il vertice di Stoccarda sul futuro della casa Fusione più lontana BERLINO Ora che un compromesso appariva ormai a portata di mano si riapre la lunga guerra di nervi tra Porsche e Volkswagen. E la nascita di un'«azienda automobilistica integrata» - cioè la fusione tra le due società - sembra un po' più lontana. A far saltare un equilibrio precario raggiunto meno di due settimane fa è stata la decisione di Ferdinand Piëch, co-proprietario di Porsche e presidente del consiglio di sorveglianza di Volkswagen, di non presentarsi a sorpresa alla riunione convocata ieri per discutere il futuro di Porsche. Un gesto interpretato come un affronto - non il primo da parte di Piëch - e che ha finito per scaldare ulteriormente gli animi, proprio mentre ieri 6.500 dipendenti di Porsche incrociavano le braccia davanti agli stabilimenti di Weissach, Zuffenhausen e Ludwigsburg. Obiettivo della loro protesta: Ferdinand Piëch, colpevole di aver messo in dubbio qualche giorno fa la solidità finanziaria di Porsche. Proprio il tema della situazione dei conti del costruttore di Stoccarda doveva essere al centro dell'incontro disertato da Piëch. Una situazione tuttaltro che rosea. Nel 2005 Porsche ha lanciato la scalata a Volkswagen - un gruppo 15 volte più grande per fatturato - ed è arrivata a controllarne nel frattempo il 51%. La crisi finanziaria e i calcoli sbagliati dei manager di Porsche, che puntavano a una scomparsa della cosiddetta «Legge Vw» (la norma che assegna al Land della Bassa Sassonia il 20% circa di Volkswagen e dunque un potere di veto), hanno trasformato quell'avventura in un incubo. La scalata è fallita proprio in dirittura d'arrivo, lasciando nelle casse del costruttore della 911 un buco di circa circa nove miliardi. Tanto che, secondo alcune indiscrezioni, in discussione ci sarebbe ora un aumento di capitale tra quattro e cinque miliardi. Non solo, ma stando alla stampa tedesca già a marzo Porsche avrebbe chiesto a Volkswagen di essere acquistata, dopo aver incontrato difficoltà nella proroga di una linea di credito. E, secondo lo Spiegel, i vertici della società di Stoccarda si sarebbero spinti fino all'impensabile: cercare contatti con la banca a controllo statale Kfw per ottenere informazioni sulle condizioni per accedere ai crediti pubblici. Voci, queste, rispedite al mittente dalla società. Il presidente del consiglio di sorveglianza di Porsche, Wolfgang Porsche, e Hans Michel Piëch, fratello di Ferdinand, «mi hanno assicurato che Porsche resterà indipendente e che le famiglie proprietarie sono abbastanza forti da garantire questa indipendenza», ha tuonato il responsabile del consiglio di fabbrica di Porsche, Uwe Hück. \

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Oblio dell'89 (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Oblio dell'89 Rada Ivekovic: «Il crollo è stato anche ad ovest. Ma sono cambiate solo le forme dell'egemonia e del dominio. Europa colpevole» Andrea Rossini Dove si trovava quando ha saputo del crollo del Muro di Berlino e come ricorda quel momento? Ero a Zagabria. Ricordo una grande speranza, un'apertura per la fine della divisione dell'Europa. Un momento di responsabilità, una chiamata personale. Ancora non sapevo che sarebbe finita anche la Jugoslavia. Poco prima era morta mia madre, ed era morto lo scrittore Danilo Kis, importante per la mia generazione. Non avevo previsto la violenza che sarebbe venuta. Pensavo alla democratizzazione di alcuni Paesi dell'Europa dell'Est, che si sarebbero trasformati per assomigliare un po' di più alla Jugoslavia. E anche se il modello jugoslavo non era riuscito, noi eravamo ancora concentrati sulla differenza tra teoria, non sbagliata, e prassi non sufficientemente buona. Poi abbiamo capito che non era crollato solo il sistema chiuso del socialismo, ma che il Muro era caduto da entrambe le parti, nostante si celebrasse il trionfo del modello capitalistico occidentale. Noi che eravamo nei Balcani ci siamo resi conto ben presto che il Muro era caduto da tutte e due le parti. Ora non siamo arrivati ad un sistema internazionale democratico, sono solamente cambiate le forme dell'egemonia e del dominio. Di questo siamo tutti responsabili. Oggi, con la crisi finanziaria, vediamo con maggiore chiarezza i limiti del modello occidentale, si sa bene che è stata una sconfitta. Allora non lo si vedeva e ancora oggi in Occidente non lo si comprende sufficientemente. La fine della Jugoslavia era scritta nei fatti dell'89? Per molto tempo non abbiamo considerato gli eventi successivi come parte del disfacimento dell'equilibrio della Guerra Fredda in Europa. Ci vedevamo come un caso a parte. Non lo eravamo. Certo erano già visibili le barricate serbe nelle regioni croate, in Krajina, ma mentre sei dentro il processo non sei sicuro di cosa stia accadendo. Oggi tutti dicono che lo sapevano, io non lo sapevo. Temevo un travolgimento ma non così rapido e violento. Esiste ancora un Muro che separa Europa occidentale e orientale? Abbiamo iniziato un percorso, ma il Muro esiste sempre, perlomeno nella testa delle persone. La divisione non è risolta. Certo, la gente viaggia di più, almeno le élites e c'è una qualche circolazione di idee. Ma il problema è che i confini sono sempre più proiettati all'interno dell'Europa, e si chiamano razzismo, problemi economici e di classe, problemi sociali, migrazioni. L'Europa è divenuta un soggetto più forte o più debole con il 1989? Ha avuto un'occasione storica per divenire un soggetto più forte, ma non è stata colta. Il momento per una soggettività forte europea, a livello internazionale, evidentemente non è ancora giunto. Ma a questo punto mi chiedo anche se ce ne sia la necessità, e quale speranza porterebbe. Il problema è che l'Europa non si è assunta le responsabilità che doveva assumersi, per eventi che vanno ben al di là delle crisi degli anni '90. Quelle per la Seconda guerra mondiale, con lo sterminio, la conseguente espulsione degli ebrei e la creazione di Israele, che è una creazione coloniale. Il conflitto in Palestina continua e non vedo l'Europa agire su questo con intelligenza. Perché in Europa siamo tutti colpevoli di quanto è accaduto agli ebrei, non solo il popolo tedesco. Ma su tutto questo esiste una memoria distorta, che assomiglia all'oblio. L'oblio dei palestinesi a favore degli israeliani. L'altro grande oblio è quello della storia coloniale europea. Il colonialismo storico è finito negli anni '60, ma oggi proietta le sue conseguenze sulle grandi migrazioni, e l'Europa non se ne assume la responsabilità. Si chiude, basta guardare cosa accade in questi giorni a Lampedusa. Il terzo oblio è quello della costruzione dell'Europa attraverso la violenza, le guerre periferiche, come quelle della ex Jugoslavia negli anni '90 e altre, a minore intensità, ma che continuano ancor oggi, nel Caucaso e in Russia. L'Europa si sta costruendo su questi oblii. Che legame c'è tra questi elementi? Non è un processo lineare, dal punto di vista temporale. L'immigrazione, il colonialismo e le guerre nei Balcani si congiungono in una contemporaneità paradossale. Cioè non sono elementi contemporanei, ma lo divengono nel processo di costruzione dell'Europa, nel modo in cui l'Europa rimuove i problemi non risolvendoli. Li circoscrive, li limita, crea delle partizioni senza prendersi cura dell'insieme. Come dovremmo ricordare il 1989? Quell'anno ha visto eventi più importanti di quanto è avvenuto in Europa. Il 1989 è l'anno della violenza a Tien An Men, del grande cambiamento in Cina verso una forma di «capitalismo socialista», una forma specifica di neoliberismo. Stessa cosa in India, dove l'89 è stato l'anno della grande apertura al mercato, della fine del progetto socialista. In questi due Paesi in quell'anno emergono in maniera radicale le divisioni interne, la sempre maggiore povertà di una parte della popolazione a fronte delle sempre maggiori ricchezze di un'altra. L'Europa rappresentava solo in scala minore il modello di una divisione che è caduta. Così come nei Paesi dell'Est, in India e in Cina nell'89 sono stati abbandonati tutti i progetti di welfare state, così anche in Europa occidentale si è cominciato a metterlo sotto attacco. Era l'inizio della visibilità della globalizzazione. La memoria del comunismo ha la forma di paccottiglie, distintivi e stelle rosse vendute per la strada. Cosa dovremmo ricordare di quel periodo? Molto è da ricordare, ma è intervenuto un problema: il passaggio ad un'altra forma di linguaggio, con la perdita di senso. Abbiamo conosciuto un processo di de-semantizzazione rispetto a quanto avevamo prima. Si è rovesciato tutto. La perdita di senso ha provocato una perdita di passione politica e di giudizio. Questo percorso ha favorito la perdita della memoria: cosa vuoi ricordare, se ricordi il rovescio? Siamo di fronte ad un problema teorico che riguarda il linguaggio e i paradigmi in generale. Serve una rivoluzione epistemologica, nel pensiero e nel linguaggio politico. Non solo dentro l'Europa, ma insieme ai Paesi del Sud e ai continenti ex colonizzati. Credo che certe cose ci verranno dal Sud. Anche dall'Est forse, cioè dalle parti non egemoniche del pianeta. Sotto questo profilo, anche l'Est si trova a Sud. Osservatorio Balcani e Caucaso

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Avidità e modelli di sviluppo. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-19 - pag: 2 autore: Avidità e modelli di sviluppo. Aspettative di espansione eccessive a fronte di una natalità in declino La cicogna non fa aumentare più il Pil di Ettore Gotti Tedeschi N ell'uomo c'è anche una vocazione alla "creatività distruttiva" che si tende a ignorare, argomentando fin troppo sulla necessità di "distruzione creativa". è questa creatività distruttiva che va analizzata per capire questa crisi e per formulare progetti. Siamo così certi che la crisi nasca dal cattivo uso di strumenti, quali l'innovazione finanziaria, l'espansione creditizia,rischi sottovalutati, insufficiente regolamentazione...? E siamo così tranquilli che questa crisi sarà risanabile quale incidente temporaneo e riassorbibile dei mercati finanziari? Io temo di no e poiché di valutazioni imprudenti degli economisti si riempiono libri interi, vorrei limitarmi a proporre una ipotesi alternativa di spiegazione dell'origine di questa crisi. E la propongo anche in risposta all'autodifesa fatta dall'ex governatore della Fed, Alan Greenspan, pubblicata dal Sole 24 Ore il 14 maggio. Che curioso! La maggior bolla è conseguenza della sua strategia politico-finanziaria adottata durante la presidenza della Fed. C'è una domanda chiave che non ci si pone: perché Greenspan è stato " costretto" a produrre varie bolle? Non ci si chiede e si ignora perché in un certo momento negli Usa si è deciso a livello governativo di adottare modelli e strumenti straordinari e pericolosi: ma per risolvere quale problema? Molti economisti nelle loro spiegazioni partono dalle misure adottate per risolvere il problema (credito, finanza ecc.), non dal problema. Analizzano cioè gli effetti senza arrivare alle cause. E le cause sono nella crescita insufficiente ad assorbire i budget necessari e rigidi. Ma perché la crescita è stata insufficiente? Ho l'impressione che spesso si tenda a confondere cause con effetti, cioè a considerare le scelte di modelli di sviluppo, l'uso di strumenti finanziari, i rischi sottovalutati cause anziché effetti, o meglio cause anziché strumenti usati per cercar di risolvere i problemi generati dalle cause prime e originali. Perciò per distinguerle propongo di riflettere sulla seguente domanda: perché si è stati costretti a utilizzare e lasciar utilizzare detti pericolosi strumenti finanziari innovativi, sottovalutazione pericolosa del rischio ecc.? La risposta probabilmente è: per compensare un fenomeno che si voleva ignorare nelle sue radici, cioè l'insufficiente crescita economica dovuta a insufficiente natalità. Se volessimo poi riflettere su cosa realmente è fallito, dovremmo domandarci quali obiettivi ci si era proposti che dovevano avere successo. L'economia ha infatti tre grandi compiti: valorizzare le risorse disponibili con il loro uso più efficiente; assicurare sviluppo e benessere sostenibile; distribuirlo a tutti. Possiamo riconoscere che questi tre compiti non sono stati realizzati con successo. Perché? Perché non hanno avuto un vero fine, un vero senso superiore, non hanno avuto l'uomo,la persona,come riferimento vero, anzi si direbbe che sia statol'uomo sussidiario ad altri progetti. Chi ha fallito principalmente è stato perciò il tentativo di produrre uno sviluppo economico forzato, consumistico e a debito che ha provocato spreco di risorse, sviluppo illusorio (con quel che ha comportato sui valori borsistici) e conseguente distruzione di ricchezza, anzichè distribuzione della stessa. E tutto ciò per compensare uno sviluppo insufficiente delle nascite nel mondo occidentale iniziato a metà anni 70 (con differenze fra Europa e Usa), insufficiente a garantire la crescita necessaria alle ambizioni politiche e il benessere preteso. Sviluppo delle (non)nascite influenzato dalle dottrine neomalthusiane, ormai divenute "dogmi non negoziabili", ma che hanno concorso a privare le scelte economiche di un vero "fine" costringendole a un fine meramente egoistico. Poi gli strumenti usati per tentare di compensare tale sviluppo insufficiente saranno anche stati mal scelti e gestiti, ma non sono stati loro l'origine vera della crisi. Il mercato funziona se l'economia è reale con risorse scarse, se le risorse sono solo finanziarie e "creative" (illimitate), esso produce solo carta... Ma la colpa non è del mercato. Se lo sviluppo della popolazione non è sufficiente a far crescere Pil ambiziosi necessari ad assorbire budget "impegnativi" (quali quelli Usa), si genera conseguentemente maggior crescita di costi fissi (sociali: pensioni, sanità...) legati all'invecchiamento della struttura della società. Ciò non permette anzitutto la riduzione delle tasse, con quel che ne consegue sugli investimenti e consumi. In compenso ciò diminuisce il tasso di crescita del risparmio e conseguentemente degli asset finanziari disponibili sul mercato per esser intermediati e investiti, conseguentemente infine il loro costo. Essere antimalthusiano è quasi una forma di negazionismo, richiamare l'esigenza di "valori morali " in economia, dopo Keynes, è diventato improponibile, l'economia deve avere la sua autonomia morale. Bene, ma allora perché prendersela con finanzieri e banchieri che non hanno avuto senso morale, se l'economia non deve averlo? Io invece credo che l'economia sia un mezzo che senza un fine fatichi ad esser produttiva realmente. Credo non possa avere la sua autonomia morale altrimenti diventa lei fine e l'uomo mezzo, a lei sussidiario, strumento di consumo per sostenere esigenze di crescita economica ambiziosa, come è affettivamente avvenuto. Parafrasando la legge di Gresham, la morale cattiva ha scacciato quella buona creando un sistema che ha trasformato l'uomo facendogli sacrificare troppi valori, taluni in modo innaturale, per lo sviluppo economico. Riuscire a invertire questa tendenza nei fatti, e non solo nelle parole, non sarà impresa facile.Dimenticando l'uomo,l'economia ha fallito il suo compito: le risorse sono state sprecate, lo sviluppo è stato illusorio, la distribuzione della ricchezza solo opportunistica. Rimettersi a fare figli è tardi per riavviare lo sviluppo a breve (solo con effetti a lungo), sostenere lo sviluppo dei paesi poveri con la nostra capacità produttiva e fare così una good bank per equilibrare la bad bank è un progetto ambizioso ma troppo complesso, altruistico e a lungo termine per essere ascoltato (ci crede solo Gordon Brown). Non resta che ridimensionare le nostre aspettative, sempreché alle prossime assemblee societarie i nuovi azionisti di riferimento concordino con il nostro modello di benessere... L'autore è banchiere © RIPRODUZIONE RISERVATA LE SPEREQUAZIONI La morale cattiva ha scacciato quella buona: i valori sono stati dimenticati e le politiche distributive hanno trascurato ampie fasce della popolazione

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Nelle riserve di Mosca vince l'euro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-19 - pag: 8 autore: SUPERATO IL DOLLARO Nelle riserve di Mosca vince l'euro La Russia prende le distanze dal dollaro. Nel 2008, secondo il rapporto annuale della Banca centrale russa, l'euro ha superato la valuta americana nelle rispettive quote delle riserve internazionali. Seguendo un progetto di diversificazione, Bank Rossii ha aumentando la percentuale delle proprie riserve in euro dal 42,4 al 47,5%: ai danni del dollaro, sceso dal 47% del 1Úgennaio 2008 (e 49% del 1Úgennaio 2007) al 41,5 per cento. Il timore della Russia, ma anche della Cina, è di veder svalutare il valore dei propri investimenti in Buoni del Tesoro americani mentre gli Stati Uniti cercano una via d'uscita alla crisi. Per questo a ogni vertice internazionale - come è avvenuto al G-20 di Londra in aprile- riemerge la proposta di affidare agli organismi internazionali la creazione di una valuta di riserva nuova: proposte che finora, tuttavia, non hanno avuto molto seguito. Le altre valute che completano le riserve russe sono la sterlina e lo yen: la percentuale della prima è rimasta stabile al 9,7%, mentre la quota assegnata allo yen è cresciuta dallo 0,8 all'1,3 per cento. «Nella seconda metà del 2008- scrive la Banca centrale russa- a causa della crisi finanziaria e a fronte dei problemi di liquidità sui mercati esteri, i rischi legati alla gestione delle riserve in valuta sono aumentati». A.S.

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Patrimonio a 140 miliardi per le Fondazioni europee (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-19 - pag: 42 autore: Noprofit. I 230 enti erogano ogni anno 7,7 miliardi di euro Patrimonio a 140 miliardi per le Fondazioni europee MILANO I patrimoni delle fondazioni europee ammontano a circa 140 miliardi di euro, nonostante non siano stati risparmiati dalla crisi finanziaria degli ultimi mesi. Il dato è emerso da un'analisi delle fondazioni che hanno partecipato ai lavori a Roma per la XX edizione dell'assemblea annuale dell'European Foundation Centre (Efc) dal titolo: «Combattere la povertà e creare opportunità». L'Efc, costituita nel 1989, è un'associazione internazionale indipendente che raccoglie 230 fondazioni europee, che erogano ogni anno circa 7,7 miliardi per attività filantropiche. Difficile avere un calcolo aggregato delle perdite dell'ultimo anno. Può essere, però, ugualmente significativo il dato delle 22 fondazioni maggiori riunite nell'Effio (associazione dei responsabili finanziari delle fondazioni europee), che hanno visto gli asset gestiti scendere dai 70 miliardi del 2007 ai 50 del 2008, con un calo di poco meno del 30 per cento. «Il contesto di mercato ha segnato tutti. è difficile però individuare il tasso medio di perdite delle fondazioni europee nell'ultimo anno. Le migliori performance dei portafogli diversificati, al netto del portafoglio strategico concentrato su un singolo titolo, sono di poco superiori allo zero con la migliore in assoluto positiva per il 3%, mentre le peggiori si aggirano attorno al -50 per cento» ha commentato Piero Gastaldo, segretario generale della Compagnia Sanpaolo e presidente del comitato che ha organizzato la tre giorni di Roma. «Fra i temi più dibattuti - ha proseguito Gastaldo riferendosi alla tre giorni di lavori di Roma- si è parlato in più occasioni di come affrontare la crisi. Ci sono poche fondazioni che hanno scelto di concentrare i propri investimenti sul monetario alle prime avvisaglie di recessione, e molte altre che hanno sofferto per l'eccessiva esposizione all'azionario. Ma la vera sfida si gioca sul lungo termine». E le fondazioni europee hanno già riposizionato i portafogli su profili di rischio più adatti all'attuale panorama finanziario. Delle 230 fondazioni europee, attualmente ben 29 superano il miliardo di patrimonio. Fra le prime dieci per asset ne compaiono quattro italiane: Compagnia Sanpaolo, Fondazione Cariplo, Fondazione Crt e Fondazione Mps. La più grande per patrimonio in Europa, però, è britannica: The Wellcome Trust con circa 13 miliardi di euro. Per altro dal confronto europeo emerge che l'investimento concentrato su una singola società, accanto a un portafoglio diversificato, non è una peculiarità italiana, come nei casi delle fondazioni di origine bancaria. Il 30% circa delle fondazioni europee, infatti, ha scelto di investire gran parte delle proprie risorse su un'unica società. Oltre ai casi tedeschi della fondazione Bertelsmann e della fondazione Robert Bosch. Ma anche in Danimarca a guardare bene il listino si scopre che fra le prime dieci socità per capitalizzazione ben sei sono controllate da fondazioni. Mo.D. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE PERDITE La crisi ha comunque inciso sugli asset gestiti: per le 22 maggiori istituzioni del Vecchio continente il calo è stato del 30%

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Vent'anni di private equity, ruolo forte anche nella crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-19 - pag: 43 autore: Fondi. Il co-amministratore delegato di Permira Gianluca Andena: «Lascio tra un anno» «Vent'anni di private equity, ruolo forte anche nella crisi» Dal 1985 al 2008 il ritorno medio annuo è stato del 26% Alessandro Graziani MILANO Uno dei pionieri del private equity in Italia lascia il settore. Gianluca Andena, 50 anni, coamministratore delegato di Permira Italia in tandem con Nicola Volpi, dopo venti anni di attività e una serie infinita di operazioni ha deciso di cambiare. Segno che il private equity è in crisi? «No, assolutamente. Anzi credo che per il nostro settore si apra una fase di grandi opportunità. Dopo venti anni di attività nel private equity, ho maturato la scelta di voltare pagina – spiega Andena – vedremo cosa fare tra un anno,perché nel frattempo resterò in Permira. Ma mi sembra corretto annunciare per tempo al mercato la mia uscita, soprattutto dopo venti anni di carriera e alla luce del prossimo commitment di lungo periodo relativo a nuovi fondi, ciascuno dei quali ha una durata decennale». Nella sua lunga carriera,Andena ha visto nascere e poi svilupparsi il private equity in Italia. «Nel 1989, quando ho iniziato, si lavorava ancora su operazioni piccole e domestiche. Da allora, è cambiata la dimensione dei fondi raccolti e delle operazioni effettuate. E i maggiori private equity sono diventati operatori paneuropei e poi mondiali». Le soddisfazioni per gli investitori (soprattutto banche, assicurazioni, fondi pensione)non sono mancate: «dal 1985 al 2008, il ritorno medio annuo di Permira è stato del 26%».E tuttavia la recente crisi finanziaria ha messo sotto accusa – insieme a tutti i protagonisti dell'industria finanziaria – anche i fondi di private equity. Soprattutto per l'eccesso di leva finanziaria che, talvolta, ha caricato di troppo debito le società acquisite. «Attenti a demonizzare il private equity – commenta Andena – perchè i fondi stanno svolgendo un ruolo importante a sostegno delle tante aziende in cui hanno investito. Certo, in alcuni casi le acquisizioni sono state fatte con un indebitamento troppo "tirato". Ma è un problema comune a tante società industriali che sono anch'esse cresciute facendo ricorso al debito. Il vero problema è il calo della domanda mondiale, che accomuna tutte le situazioni ». Qualche situazione critica, però, è presente anche nei portafogli dei private equity. Basta pensareai multipli a cui sono state fatte molte acquisizioni negli ultimi anni.«Non c'è dubbio che alcune operazioni,ai valori attuali,risentono della crisi. Ma le minusvalenze, finchè non si vende, sono teoriche. Aspettiamo che la crisi sia finita per dare valutazioni». è certo comunque, sostiene Andena,che in futuro anche il private equity dovrà cambiare. «Bisognerà basarsi meno sulla finanza e più sull'industria, tenere conto di valutazioni basate su multipli meno elevati rispetto al passato. Quanto allaraccolta –osserva Andena – essa dipenderà dalle condizioni dell'economia. In generale, direi che l'importo dei singoli fondi raccolti potrebbe essere ridimensionato». Le opportunità d'investimento, in ogni caso, non mancano mai e la crisi ne ha create molte altre. Ma in un mercato incui i finanziamenti bancari tendono a ridursi, i private equity tornano a competere nelle acquisizioni con le imprese. In venti anni di attività, quale operazione ricorda come la migliore? «Sono tante. Ricordo quando 15 anni fa, creammo il polo dei caravan con l'operazione Caravans International. Fu una grande operazione dal punto di vista industriale. Senza contare che Permira – ricorda, sorridendo, Andena – moltiplicò per 10 volte il capitale investito. E poi Grandi Navi Veloci, con il decano degli armatori italiani Aldo Grimaldi». E tra le più recenti? «Sicuramente, l'acquisizione di Valentino Fashion Group. Sia per la dimensione dell'operazione, sia perchè fu combattuta fino all'ultimo, sia perchè ha permesso a Permira di avviare rapporti stabili con un ramo della famiglia Marzotto, che poi è diventato nostro partner. Valentino ha chiuso il 2008 con un fatturato di 2,2 miliardi e un ebitda di 320 milioni. Resto in Permira ancora un anno e quindi avrò il tempo per vedere completata la pianificazione della creazione di valore, anche dopo l'impatto che la recessione ha avuto sul settore del luxury fashion».C'è un'operazione che non rifarebbe? Forse Ferretti? «Ferretti è una delle più belle operazioni. Difficile rispondere perchè non abbiamo mai perso soldi in un'operazione.Ferretti l'abbiamo supportata per dieci anni, poi nel 2003 l'abbiamo delistata a un prezzo superiore a quello dell'Ipo. L'abbiamo rivenduta nel 2007 guadagnandoci. E nei due anni successivi i bilanci sono stati record». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Telecom torna sul mercato dei bond (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-19 - pag: 43 autore: Tlc. Emissione obbligazionaria al 2017 da 750 milioni di sterline Telecom torna sul mercato dei bond MILANO «I fondi obbligazionari inglesi stanno registrando forti afflussi di denaro da parte dei piccoli risparmiatori, che hanno deciso di puntare sulle obbligazioni. Per questo i fondi hanno molti soldi da investire in corporate bond». Basta forse questa nota di "colore" per capire perché Telecom Italia abbia deciso di emettere ieri un prestito obbligazionario denominato in sterline inglesi: sul mercato britannico c'è tanta domanda. C'è voglia di comprare. C'è voglia di investire.E in effetti il bond, della durata di 8 anni e mezzo, ha raccolto in una mattinata 1,8 miliardi di sterline di ordini d'acquisto. Così Telecom, che nelle prime ore della giornata aveva annunciato un'emissione da 500 milioni con un rendimento di 450-460 punti base sopra i titoli di Stato inglesi, ha potuto aumentare l'importo fino a 750 milioni e fermare il rendimento a 450 punti base. Il che equivale a una cedola del 7,375%. La storia di questa operazione è un chiaro esempio di come il mercato obbligazionario sia in forma in questo periodo. Con la crisi finanziaria che – almeno in apparenza – ha un po' ridotto la drammaticità, gli investitori sono tornati a fare il loro lavoro: investire. Lo fanno i grandi fondi, le assicurazioni e – attraverso i fondi – anche i risparmiatori. Questo rinnovato appetito per le obbligazioni ha dunque avuto due effetti: da un lato ha incentivato le società ad emettere tanti bond, dall'altro ha piano piano ridotto i rendimenti offerti. Per capire l'entità del fenomeno si pensi che nel primo trimestre 2009 sono stati emessi a livello globale bond aziendali per un controvalore di 331,7 miliardi di dollari: record storico. Per capire: nel primo trimestre del 2008 le emissioni erano state appena 125,6 miliardi. E la corsa è continuata anche dopo il primo trimestre: fino alla settimana scorsa – calcola Bloomberg – sono stati emessi bond totali per 727 miliardi di dollari. Le società, insomma, emettono obbligazioni perché la domanda è tanta e perché i rendimenti sono ritenuti convenienti: è vero che gli spread (cioè i "premi" rispetto ai titoli di Stato) sebbene in calo sono ancora alti, ma è anche vero che i tassi d'interesse sono a livello assoluto sui minimi storici. è così che Telecom Italia quest'anno ha emesso già tre prestiti obbligazionari per 2 miliardi di euro. Ed è così che è nata anche l'operazione di ieri: l'emissione di Telecom Italia è figlia di questo mercato iper-tonico. Il gruppo telefonico ha quindi approfittato dell'interesse da parte degli investitori, ma anche di una particolare situazione contingente che rende il mercato in sterline più conveniente. Le banche collocatrici del bond hanno infatti stimato a spanne che se Telecom avesse emesso lo stesso bond in euro, invece che in sterline, avrebbe pagato qualcosa come 40 centesimi di punto percentuale di interessi in più. Insomma, Telecom ha sfruttato l'occasione per raccogliere fondi e mettere fieno in cascina per le scadenze future: da qui al 2011, infatti, il gruppo telefonico dovrà rimborsare bond per oltre 9 miliardi di euro. L'operazione – scrive il gruppo in una nota – «si inserisce nel processo di rifinanziamento anticipato del debito in scadenza e va a coprire le scadenze del 2010». My.L. © RIPRODUZIONE RISERVATA DOMANDA ELEVATA Il gruppo italiano aumenta il valore del collocamento dopo avere raccolto ordini per 1,8 miliardi di sterline in poche ore

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India, la Borsa euforica scommette sulle riforme (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-19 - pag: 11 autore: New Delhi. Dopo il successo ottenuto dai Gandhi e Singh India, la Borsa euforica scommette sulle riforme NEW DELHI I mercati finanziari indiani hanno salutato le promesse di stabilità portate dall'inatteso trionfo elettorale della United Progressive Alliance, guidata dal Congress Party di Sonia Gandhi e del premier Singh, con il rialzo di borsa più consistente in quasi due decenni. Il Sensex,l'indice dei 30 titoli guida del Bombay Stock Exchange, ieri ha fatto segnare un incremento del 17,34% prima che la seduta fosse interrotta per eccesso di rialzo, mentre la rupia ha guadagnato il 3% sul dollaro, l'impennata più grande in un singolo giorno da un decennio, toccando i massimi da cinque mesi a questa parte. Tanto entusiasmo è giustificato in parte dal sollievo per lo scampato pericolo di un parlamento spaccato in due e di un esecutivo debole, due previsioni che nelle settimane passate sono ricorse pressoché in tutte le analisi pre-elettorali. E in parte dalla speranza che, affrancatasi dall'ingombrante compagnia dei partiti comunisti, la coalizione di governo possa intraprendere quel programma di liberalizzazioni e privatizzazioni che dovranno rilanciare l'economia indiana e che nell'ultimo quinquennio non sono state possibili. «In mancanza di pressioni provenienti dai partner della coalizione, procedere sul sentiero delle riforme sarà più semplice», spiega Suresh Tendulkar, presidente del Prime minister economic advisory council, un think-tank che assiste il capo del governo nella definizione della politica economica. Alla coalizione uscita vincente dal voto non mancano che 10 seggi per avere la maggioranza assoluta e i primi riposizionamenti di alcuni partiti regionali sembrano garantire ampi margini di manovra per il futuro. «La stabilità prosegue Tendulkar- darà modo di intraprendere quelle politiche in cui la leadership crede. Nel caso specifico ci sono alcune riforme cruciali che potrebbero essere compiute in tempi rapidi». Tra i settori citati da Tendulkar c'è quello assicurativo, dove da anni si dibatte sull'opportunità di alzare dal 26 al 49% la quota massima detenibile dai partner stranieri. Una riforma che, assieme a quella che potrebbe liberalizzare almeno in parte il mercato della grande distribuzione, è stata osteggiata con successo per anni dai partiti di sinistra. Un altro ambito che potrebbe registrare dei cambiamenti è quello bancario, dove la presenza sul territorio di istituti di credito internazionali continua a essere modesta e i diritti di voto degli investitori stranieri nelle banche private indiane restano contingentati al 10 per cento. Sul fronte più strettamente finanziario potrebbero venire rilassate le norme che regolano gli investimenti dei fondi pensione esteri, mentre su quello dell'energia il managing director della Oil & Natural Gas Corporation R.S. Sharma ha detto ieri di attendersi maggiore libertà, in futuro, nello stabilire le tariffe. Un'ipotesi che per anni è stata politicamente improponibile e che ieri invece ha spinto al rialzo di 20 punti percentuali il titolo del colosso energetico. A livello ufficiale nessuno ha ancora parlato di possibili privatizzazioni ma, data la forte presenza statale in numerosi settori produttivi e il preoccupante livello di deficit fiscale raggiunto quest'anno, l'ipotesi potrebbe prendere corpo nei prossimi mesi. Ma. Mas. © RIPRODUZIONE RISERVATA PIù LIBERISMO? Un governo senza i comunisti dovrebbe permettere di attuare un'agenda di privatizzazioni e apertura agli investimenti

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Eni e Telecom, ritornano i corporate bond (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 19/05/2009 - pag: 31 Le operazioni Eni e Telecom, ritornano i corporate bond Tornano ad affacciarsi sul mercato le obbligazioni cosiddette corporate, emesse cioè da società quotate. Quelle destinate agli investitori istituzionali si erano diradate a causa della crisi finanziaria internazionale, ma nei primi tre mesi del 2009 le emissioni sono tornate a ritmi quasi normali. Proprio ieri Telecom Italia ha annunciato il successo del collocamento di titoli per 750 milioni di sterline a tasso fisso. La società ha espresso soddisfazione per «l'apprezzamento degli investitori». Ma sono in arrivo anche le obbligazioni destinate al pubblico: la prima a lanciarle sarà l'Eni, che sta ultimando le pratiche con le autorità monetarie. L'importo complessivo sarà compreso tra 1,5 e 2 miliardi di euro.

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Primo trimestre in attivo, vola BofA (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 19/05/2009 - pag: 35 Il caso a New York Primo trimestre in attivo, vola BofA (g.fer.) Nel corso della seduta ha superato il 13% di incremento, per poi chiudere con un rialzo del 9,93% a 11,73 dollari. Il titolo di Bank of America (BofA) è stato ieri tra i protagonisti del rialzo di Wall Street, grazie soprattutto alla previsione, fatta dagli analisti di Citigroup, di un ritorno all'utile nel primo trimestre dell'anno. I giudizi positivi sul titolo non sono arrivati soltanto da Citigroup: Goldman Sachs, per esempio, ha inserito BofA nella sua lista dei «titoli da comprare». Il ritocco al rialzo delle stime è legato anche ai guadagni che l'istituto ha ottenuto dalla vendita di azioni della China Construction Bank. Kenneth D. Lewis di Bank of America

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Cheuvreux e Goldman spingono StM (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 19/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano Cheuvreux e Goldman spingono StM (g.fer.) Sulla scia del rialzo del Nasdaq, il listino Usa dei titoli tecnologici, ma soprattutto grazie ai giudizi positivi di Cheuvreux e Goldman Sachs, StMicroelectronics (StM) ha compiuto ieri un balzo dell' 8,92%, chiudendo a 5,16 euro, il massimo toccato nel corso della seduta. Sostenuti anche gli scambi (14,3 milioni i titoli trattati). Gli analisti della banca d'affari francese hanno portato la raccomandazione a outperform e rivisto al rialzo il targetprice (prezzo obiettivo), fissandolo a quota 6,5 euro. Da parte sua Goldman Sachs ha elevato il proprio rating, con la raccomandazione buy (comprare). Carlo Bozotti presidente e ceo StM

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Corrono i bancari, balzo di Cir (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 19/05/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Corrono i bancari, balzo di Cir Unicredit, balzato del 12,92% (+7,56% al netto della cedola), ha trainato ieri Piazza Affari, insieme con l'intero comparto bancario. Al termine delle contrattazioni l'indice S&P-Mib è salito del 2,07%, mentre il Mibtel è cresciuto dell'1,39%, con scambi per un controvalore di 2,5 miliardi di euro. Nell' ambito dei titoli del credito, tuttavia, il rialzo è stato generalizzato. Particolarmente evidenti, per esempio, i progressi di Banca Mediolanum (+7,87%, che scende a +5,72% tenendo conto dello stacco), Banca Popolare di Milano (+8,23% e +5,87% ex cedola) e Banco Popolare (+5,56%). Quanto a Fondiaria- Sai, la crescita nominale (+5,32%) diventa una flessione dell'1,03% se si tiene conto del dividendo pagato, mentre gli altri titoli migliori appartengono tutti o quasi a comparti non finanziari. Cir, per esempio, la holding industriale del gruppo De Benedetti, ha proseguito la corsa iniziata dopo la diffusione dei dati trimestrali e ieri ha messo a segno un progresso del 9,65%. Da parte sua StMicroelectronics, sostenuta dall'ottimo giudizio di Cheuvreux, è cresciuta dell'8,92%. Bene Telecom Italia (+5,6%) dopo la raccomandazione buy di Citigroup, mentre Fiat ha ricominciato a correre (+4,12%). Fuori dall'S&P-Mib, in crescita Tod's (+2,91%, ma +6,3% tenendo conto della cedola) che nel corso del fine settimana ha annunciato l'incremento della propria partecipazione in Saks, la catena commerciale americana dell'abbigliamento di lusso. Uno solo, infine, il segno negativo all'interno del paniere dell'S&P-Mib: riguarda Snam Rete Gas, in calo del 6,29%. Dividendi In crescita gli indici nonostante lo stacco dei dividendi per numerose società

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No R 34,0 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 19/05/2009 - pag: 41 La tua opinione su corriere.it Influenza e crisi finanziaria: eccessivo allarmismo di media e istituzioni mondiali? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 66,0 No R 34,0 La domanda di oggi Il presidente della Camera Fini: sulla bioetica no alle leggi orientate da precetti religiosi. Ha ragione?

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"nel mio prossimo giallo petra indagherà a milano" - antonella fiori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XIX - Milano La crisi La paura L´elogio L´Expo Incontro con la scrittrice catalana best seller Gimenez Bartlett, che oggi presenta alla Feltrinelli il suo nuovo libro "Nel mio prossimo giallo Petra indagherà a Milano" Dovrebbe farci ripensare molte cose, a partire dal lusso che non serve a nulla è un´arma politica. Lo straniero delinque di più? Forse, ma eliminiamo le cause Per noi di Barcellona la vostra è una città mitica, andiamo matti per il design Il mio consiglio? Fate come noi alle Olimpiadi, contate sulle vostre forze ANTONELLA FIORI Alicia nella città: Gimenez Bartlett, l´autrice dei gialli che hanno per protagonista Petra Delicado, detective dolce-dura-amara-ironica della polizia di Barcellona, è qui per presentare, stasera alle 18,30 alla Feltrinelli di Piazza Piemonte, il suo ultimo romanzo, "Il silenzio dei chiostri", da settimane ai primi posti in classifica, più di 100mila copie vendute. Alicia, le piace Milano? «Mi pare più ordinata e familiare delle altre città italiane... tutte le case sono uguali, come nel centro di Barcellona». Con Alicia, classe ?51, passeggiamo ai chiostri dell´Umanitaria. Bellissimi, ma per lei lo spirito della città è altrove: «In Spagna si dice "questo è fabbricato a Milano" per dire: è nuovo, moderno. è una città mitica, specialmente per i barcellonesi che sono un po´ snob e vanno matti per il design». Ma le analogie non finiscono qui. Barcellona ha approfittato delle Olimpiadi 1992 per rinnovarsi e rilanciarsi, Milano ha la sua occasione con l´Expo 2015. «Un consiglio ai milanesi? Essere orgogliosi della loro città come noi lo siamo della nostra. Nel ?92 ci siamo sentiti tutti protagonisti, contenti di accogliere chi arrivava. Non abbiamo avuto gli aiuti politici di Madrid, ma siamo andati avanti dicendo: siamo capaci comunque di fare le cose». Barcellona è lo sfondo anche dell´ultimo giallo su un delitto in convento, popolato di personaggi come la madre superiora Guillermina, una specie di Sister Act curiosa del mondo a cui la veste monacale va un po´ stretta. Petra deve indagare sulla scomparsa della venerata salma imbalsamata di Asercio de Montcada e sulla morte di frate Cristobal, che doveva restaurarla. Tra piste e false piste, un puzzle che non avrebbe risolto neanche Sherlock Holmes. Petra, accompagnata dal detective Garzòn, invece, ci riesce. «Per il prossimo libro farò venire Petra in Italia, anche a Milano. Devo parlare con la polizia per scoprire come si fa un´indagine internazionale tra la Spagna e l´Italia». Sarà alle prese con camorra e mafia? «No, sono temi troppo difficili. Ho letto il libro di Saviano, fantastico ma io preferisco il delitto che ha relazione con le passioni dell´essere umano». A sbrogliare questi intrighi spesso legati al cuore c´è sempre lei, Petra, scettica femminista dall´animo sentimentale, tre volte sposata ma sempre "single" nell´animo. «Oggi molte donne, in città frenetiche come Milano o Barcellona, sono così: hanno lavoro, carriera, ma anche famiglia e bambini, una responsabilità doppia». Petra cerca di armonizzare tutti gli aspetti e non ce la fa: si dimentica di mangiare, trascura il nuovo marito, che però, incredibilmente ancora non la tradisce... «La cosa più importante per una donna è l´indipendenza economica. Quando una ragazza, in Italia, Spagna o negli Stati Uniti mi dice "ho la possibilità di farmi una famiglia e lasciare il lavoro", io le rispondo: non farlo! Abbiamo lottato perché non fosse più così, le nostre battaglie non sono servite a niente?». Quindi Petra non avrà figli suoi? «Credo proprio di no: fare la madre è solo una possibilità, una scelta». Nel romanzo all´universo indipendente di Petra è contrapposta la società chiusa, tutta al femminile, del convento dove matura il delitto. Stoccate dissacranti contro un ambiente claustrofobico di pulsioni represse punteggiano i dialoghi tra Petra e Garzòn... «Io non contesto le singole persone ma l´istituzione, che non cambia mai, mentre fuori tutto muta, lo vediamo a Barcellona come Milano. La crisi finanziaria, per esempio ci sta facendo ripensare un po´ tutti: perché tanto lusso? Perché una famiglia deve per forza avere tre macchine?». Non tutti i cambiamenti, però, aiutano: a Milano si parla sempre di più di sicurezza. Anche da voi? «Sì, purtroppo oggi la paura è diventata l´arma politica più importante. Gli immigrati delinquono di più? Forse. Ma non è una questione di natura, deriva da una condizione di svantaggio, di ingiustizia. La prima cosa da rimuovere».

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paura è bello così si combatte l'ansia del vivere - jane e. brody (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 40 - Esteri Dall´influenza suina ai film del terrore In un libro il nostro bisogno di panico Paura è bello così si combatte l´ansia del vivere In "Panicology" due statistici inglesi avvertono: "Meglio temere i rischi reali" JANE E. BRODY Le reazioni di panico suscitate dall´influenza suina potrebbero essere spiegate con il fatto che l´epidemia ha distratto la nostra attenzione dai rovinosi effetti della crisi finanziaria mondiale? Oppure, semplicemente, è nella natura umana reagire in modo sproporzionato ai pericoli che non possiamo controllare? «Il fatto è che ci piace essere spaventati», sostengono due statistici inglesi, Simon Briscoe e Hugh Aldersey-Williams, in Panicology, pubblicato quest´anno negli Stati Uniti. Lo testimonia l´enorme popolarità dei disaster movie e dei thriller. In particolare, i due studiosi prendono ad esempio il panico diffusosi nel 2005 e nel 2006 a causa dell´influenza aviaria. Alla fine, quel virus ha ucciso meno di 300 persone in tutto il mondo. Così pure, a causa dell´allarme suscitato dall´influenza suina, sono stati soppressi milioni di animali e sono andate perdute ingenti quantità di denaro. Paradossalmente, osservano gli autori, «la vita moderna ha fortemente ridotto molti dei rischi che l´umanità deve affrontare, e tuttavia è proprio la vita moderna che sembra generare gran parte delle nostre paure: l´immigrazione, l´invecchiamento, la perdita di identità culturale...». Secondo l´analisi dei due autori, «è come se dovessimo temere per forza qualcosa». Forse i messaggi per la tutela della salute produrrebbero un effetto maggiore se spaventassero davvero la gente, dice Briscoe, osservando che milioni di persone continuano a fumare anche se ciò contribuisce alla morte di metà di loro. E la stessa cosa accade con il cibo e le bevande che possono mettere in pericolo la salute. Gran parte dei rischi che corriamo o che evitiamo, inoltre, anziché su informazioni sicure si basano su false percezioni. Un esempio classico è quello dei diversi modi di viaggiare. «Gli incidenti da trasporto sono la causa principale di morte accidentale dopo le cadute», scrivono gli autori. Tuttavia, la gente spesso ha più paura di volare. Panicology prende in esame un gran numero di ansie che hanno assillato il mondo industrializzato nell´era moderna: dalla crisi demografica agli effetti della parotite, del morbillo e della rosolia sull´autismo (nessuno, si è scoperto); il cambiamento climatico, i terremoti, i cibi Ogm. Ad ogni argomento gli autori assegnano un punteggio relativo al grado di panico, a quello di rischio e alla capacità di una persona di ridurlo. Troppo spesso, il livello di panico supera di parecchio il rischio effettivo. In altri casi, il rischio potrebbe essere ridotto o eliminato attraverso l´autocontrollo. Vale la pena ricordare che l´ansia stessa è un rischio, uno stress che può minacciare la salute e la felicità. (Copyright New York Times/ La Repubblica.Traduzione di Antonella Cesarini)

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crisi, tremonti bacchetta le banche - roberto petrini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia Crisi, Tremonti bacchetta le banche "Non hanno capito i bond e hanno tassi troppo alti". Obbligazioni anche a Unicredit "Servono per aiutare l´economia ma circa metà della cifra resta non richiesta" ROBERTO PETRINI ROMA - Giulio Tremonti bacchetta le banche perché non ricorrono con il dovuto entusiasmo all´emissione dei cosiddetti «Tremonti-bond», messi a disposizione del governo per rafforzare la capitalizzazione degli istituti di credito: non hanno capito che questi strumenti servono per aiutare l´economia e non il «look» dei loro bilanci. Ma non solo: il ministro dell´Economia ha punzecchiato i banchieri anche sul costo del denaro: «Un suggerimento al sistema bancario per aumentare il gradimento ? ha detto il ministro ? , allineare un po´ di più i tassi italiani a quelli europei». Una frecciata alla quale il presidente dell´Abi Corrado Faissola ha subito replicato mostrando una dettagliata tabella: «I nostri tassi sono di 20 punti base sotto la media europea». Teatro dello scontro la riunione plenaria del «Liquidity Day», il tavolo giunto ieri alla sua terza e penultima sessione, costituito per contrastare i riflessi della crisi finanziaria internazionale. Tremonti ha espresso esplicitamente le proprie lamentele ai banchieri: ha detto che il loro atteggiamento verso i «bond», dopo averli sollecitati, è ora «distaccato», «progressivo» e segnato da un clima di «relax». «Siamo a fine maggio ? ha insistito ? e circa la metà della cifra resta non richiesta». Per il ministro dell´Economia è il sintomo che i banchieri «non hanno capito» la logica di questi strumenti «che non è quella di migliorare i bilanci delle banche» ma di aiutare l´economia e «l´interesse nazionale» perché il «credito è pubblico». Toni severi che Tremonti ha pronunciato sulla scorta delle domande di sottoscrizione da parte del Tesoro dei «Tremonti-bond» predisposti per le banche: su 10-12 miliardi a disposizione solo quattro banche hanno provveduto alle emissioni o sono in procinto di farlo. Si tratta di 1,45 miliardi per il Banco Popolare, di 500 milioni per la Popolare di Milano, di 1,9 miliardi per il Monte Paschi cui si è accodata la richiesta, giunta la scorsa settimana, di Unicredit (fino a 2 miliardi). In tutto circa 6 miliardi che Tremonti giudica segno di poco entusiasmo. «Servirebbe una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei banchieri ? ha concluso il ministro dell´Economia - anche perché più ritardo c´è meno fai l´interesse del paese». Gli esponenti del governo hanno inoltre ricordato le cifre messe in campo per contrastare l´emergenza: la liquidità messa a disposizione, ha ricordato Tremonti, è pari a 27-28 miliardi, ma produrrà per le imprese un effetto leva di 100-200 miliardi, superiore a quanto immaginato nei mesi scorsi. Il ministro per lo Sviluppo Scajola ha citato il caso del Fondo di Garanzia: nel solo primo quadrimestre i finanziamenti per le Pmi da esso garantiti sono cresciuti del 62,4% (a 1,4 miliardi di euro). La relazione dell´Osservatorio anti-crisi segnala tuttavia che l´ammontare dei prestiti bancari durante il 2008 è cresciuto assai poco anche se l´Isae indica qualche miglioramento ad aprile di quest´anno. «Gli strumenti per fronteggiare la crisi devono essere resi operativi subito», ha chiesto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.

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usa, via alla restituzione dei fondi pubblici - arturo zampaglione (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia Sì di Tesoro e Fed ai primi rimborsi. In pole position Goldman e JPMorgan Usa, via alla restituzione dei fondi pubblici Il Senato americano vieta i costi occulti sulle carte di credito e mette un tetto ai tassi ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Mentre il Senato si apprestava ieri a varare una riforma delle norme sulle carte di credito, vietando gli aumenti improvvisi dei tassi di interesse e quei costi occulti che per anni hanno irritato i consumatori americani, la Goldman Sachs e la Morgan Stanley hanno chiesto al Tesoro - secondo indiscrezioni - di poter restituire i 10 miliardi di dollari ricevuti a ottobre dal Tarp, il fondo pubblico per il salvataggio della finanza. Anche altri istituti, come American Express, JPMorganChase e State Street Corp., che hanno tutti superato con successo lo «stress test» condotto dal governo sul sistema bancario, sarebbero pronti a rimborsare i prestiti e premono sul Tesoro. Perché tanta fretta? Da un lato le banche più sane vogliono dimostrare al mercato di non avere più bisogno della tutela pubblica, in modo da differenziarsi da quelle più fragili e attrarre così maggiori capitali. Da un altro lato intendono liberarsi dai condizionamenti imposti dallo stato al momento degli aiuti, a cominciare dai tetti salariali per gli executives. Il ministro del Tesoro Tim Geithner appare più prudente. Finora ha incassato 1,2 miliardi di dollari da parte di una dozzina di banche più piccole, ma il problema si pone ora per i gruppi più grandi. Geithner è ovviamente lieto che sia finita la fase più critica cominciata con il tracollo della Lehman Brothers e i rischi di un collasso sistemico, ma non vuole né ritirarsi prematuramente, con il rischio che ci sia bisogni di nuovi interventi, né creare ulteriori problemi per le banche più indebitate, né prestare il fianco a critiche da parte dei contribuenti. Il governo aveva infatti presentato gli aiuti alle banche anche come un buon affare per i cittadini: che magari avrebbero potuto beneficiare di una conversione dei prestiti in azioni delle società e comune di buoni tassi di interesse. In tutto, da ottobre a oggi, 570 banche americane hanno ricevuto 198 miliardi di dollari dal fondo Tarp, di cui 125 miliardi sono andati alle 9 maggiori banche: su queste e altre dieci si è focalizzata l´attenzione del Tesoro durante lo stress test, cioè l´esame per determinarne la tenuta in caso di un peggioramento della crisi finanziaria. Resi noti il 7 maggio, i risultati del test hanno evidenziato l´esigenza di una ricapitalizzazione per la metà degli istituti, ma hanno anche promosso i rimanenti. Di qui la richiesta degli executive di queste banche poter restituire al più presto possibile i soldi del governo e avere le mani libere (e i ricchi bonus).

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Doccia fredda dai nuovi cantieri Usa Lo Zew, invece, a sorpresa migliora (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Doccia fredda dai nuovi cantieri Usa Lo Zew, invece, a sorpresa migliora di Massimo Ferlini del 20-05-2009 da Finanza&Mercati del 20-05-2009 [Nr. 97 pagina 2] Il Congresso americano approva la costituzione di una commissione di inchiesta sul crunch Lunedì aveva riacceso le speranze di una ripresa dietro l'angolo e ieri ha dato indicazioni in senso opposto. Il real estate Usa continua a fornire segnali contrastanti. Ad aprile il numero di nuovi cantieri avviati è calato del 12,8% rispetto a marzo, mentre i nuovi permessi edilizi sono scesi del 3,3 per cento. I dati resi noti ieri dal dipartimento del Commercio sono nettamente peggiori delle attese degli economisti analisti che avevano previsto un incremento del 2% per i cantieri e del 2,7% per quanto riguarda i permessi. Su base annua, i nuovi cantieri sono calati del 52,4%, a conferma della gravità della crisi in atto nel comparto immobiliare. Secondo i dati del governo, in aprile i cantieri per la costruzione di abitazioni monofamiliari sono calati del 2,8% mentre quelli per la realizzazione di condomini sono scesi del 46,1 per cento. Su base regionale, i cantieri sono calati del 21,1% nel Sud, del 30,6% nel Nordest e del 21,4% nel Midwest. In aumento invece le attività nel West (+42,5%). In valore assoluto sono stati avviati cantieri per la costruzione di 41.300 case. Decisamente meglio è andata in Europa, dove l'indice tedesco Zew, che misura le aspettative sull'economia, è balzato a 31,1 punti a maggio dai 13 di aprile. Il dato è stato ben superiore alle previsioni che indicavano una lettura a 20 punti. Si tratta del più alto livello dell'indice dal giugno 2007. Il sottoindice sulle condizioni correnti è arrivato a -92,8 dai -91,6 del mese precedente. In Italia, invece, a marzo la bilancia commercaile è stata positiva per 82 milioni di euro, anche se le attese parlavano di 336 milioni. Si tratta comunque di un netto miglioramento rispetto a dodici mesi prima, quando si era registrato un disavanzo di 538 milioni. Le esportazioni su base tendenziale sono calate del 17,7%, mentre le importazioni del 19,4% (-2,9% e -3,3% rispettivamente su base congiunturale). Nel primo trimestre, inoltre, il saldo è stato negativo per 4,42 miliardi, rispetto al passivo di 5,09 miliardi dello stesso periodo del 2008. Quanto al saldo commerciale con i Paesi Ue, è negativo per 85 milioni, a fronte di un saldo positivo pari a 676 milioni rilevato nello stesso mese del 2008. Le esportazioni sono diminuite del 19,6% e le importazioni del 16 per cento. In base ai dati grezzi nel primo trimestre, l'export ha registrato una contrazione del 23,4% mentre l'import ha frenato del 21 per cento. Nei primi 3 mesi dell'anno la bilancia commerciale con i Paesi Ue evidenzia un saldo positivo per 133 milioni, a fronte di un avanzo di circa 1,78 miliardi del primo trimestre 2008. Negli Stati Uniti, infine, le due Camere del Congresso hanno approvato un progetto di legge per la creazione di una commissione di inchiesta indipendente sulla crisi finanziaria. L'organo funzionerà sul modello di quello istituito per indagare sugli attentati dell'11 settembre 2001: organizzerà audizioni pubbliche e avrà 18 mesi di tempo per esaminare le cause della crisi con la possibilità di segnalare al ministero della Giustizia tutte le violazioni di legge da parte di istituzioni e di individui. La commissione sarà composta da dieci membri (6 designati dai Democratici, 4 dai Repubblicani) scelti tra i cittadini con esperienza nel settore bancario, nella regolazione dei mercati, nel fisco e nella finanza.

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Stress test anche ai big delle polizze Ue (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Stress test anche ai big delle polizze Ue di Redazione del 20-05-2009 da Finanza&Mercati del 20-05-2009 [Nr. 97 pagina 3] Anche le compagnie assicurative finiscono sotto la lente delle autorità di vigilanza europee: secondo quanto annunciato ieri da Thomas Steffen, responsabile del settore in Bafin, l'autorità tedesca, e presidente del Ceiops, il comitato europeo delle autorità nazionali di vigilanza assicurativa, le trenta principali compagnie europee saranno sottoposte a stress test obbligatori tra agosto e novembre del 2010, sulla base dei risultati conseguiti quest'anno, per misurarne la resistenza alla crisi finanziaria. Nel gruppo, i principali big come Generali, la tedesca Allianz e la francese Axa. Steffen ha spiegato che il settore assicurativo, in Germania e altrove in Europa, «è stabile», malgrado il basso livello dei tassi. Tuttavia, ha aggiunto, «quanto più dura la crisi, tanto maggiore sarà l'impatto sulle compagnie». Le autorità europee hanno già richiesto l'utilizzo di stress test per le banche europee, le più colpite dalla crisi a causa di svalutazioni dell'ordine dei miliardi di euro. Alcune compagnie assicurative europee sono già state sottoposte a test di stabilità a livello nazionale, ma, ha spiegato Steffen, ora i regolatori hanno deciso di estendere le misure a livello europeo così da valutare la minaccia per il settore assicurativo dalla crisi finanziaria globale. Intanto, la Banca Centale Europea «è pronta» a svolgere un ruolo nel nuovo consiglio europeo per i rischi sistemici che sarà creato nel quadro della riforma dei sistemi di vigilanza macro-prudenziale. Lo ha detto ieri Gertrude Tumpel-Gugerell, membro del comitato direttivo della Bce, spiegando che la priorità sarà «identificare e analizzare il rischio sistemico e dare istruzioni precise e concrete» per impedire un'altra crisi come quella attuale. La proposta in preparazione alla Commissione Ue, che sarà resa nota la settimana prossima, prevede la creazione di un nuovo consiglio paneuropeo per il controllo dei rischi sistemici nel settore bancario senza poteri vincolanti.

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Confindustria cambia strada Adesso scopre l'ambiente (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Confindustria cambia strada Adesso scopre l'ambiente BIANCA DI GIOVANNI La Confindustria italiana scopre l'economia verde come motore per uscire dalla crisi. Sarà questo uno dei punti della relazione di Emma Marcegaglia all'assemblea dei delegati di domani. Peccato che esattamente un anno fa la tutela ambientale dalle parti di Viale dell'astronomia era considerata una sorta di ferrovecchio da rottamare. Nucleare e carbone subito, chiedeva la nuova leader 12 mesi fa, sull'onda di una destra prepotente e imperante. Dopo un paio di settimane ci si misero anche i giovani, con Federica Guidi, a Santa Margherita Ligure, a «impallinare» Kyoto in nome dell'atomo (salvo poi essere «bacchettati» prima da un perentorio Paolo Scaroni in nome del petrolio, e da un «luciferino» Massimo D'Alema in nome della politica). effetto USA È passato un anno, e ora gli industriali parlano di green economy. Effetto Obama? Effetto crisi? Possibile. Questa volta l'impresa si ritrova nella parte più bassa di quella U temuta da tutti gli economisti: il ciclo che precipita verso un abisso. Siamo a -6% rispetto a un anno fa, e Marcegaglia è tentata dalla ricetta di sempre. Cioè riforme (specialmente delle pensioni) meno burocrazia, più liberalizzazioni. Anche scelte impopolari. Ma la presidente sa che in mezzo al guoado è difficile fare passi dolorosi (soprattutto per i lavoratori). Serve un nuovo orizzonte: torna utile l'ambiente, e anche i nuovi mercati nei Paesi emergenti. dalla crisi si potrà uscire così. Dunque, no al protezionismo, sì a un mercato regolato. La presidente non rinuncerà a un richiamo alle banche, perché sostengano le piccole imprese in questo momento di crisi. È assai probabile che anche di fronte ad esponenti del governo (che si annunciano numerosi all'assemblea) rammenterà i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione, su cui ha avuto un attrito con il ministro Giulio Tremonti. Per Confindustria, infatti, il «rosso» arriva a 70 miliardi, per il ministro alla metà. Sia come sia, il credito c'è. Così come c'è un credito vantato dai piccoli nei confronti dei grandi, di cui Marcegaglia non aprla mai. rinnovaMENTO Novità sono attese anche per oggi all'assemblea privata, che nominerà tre new entry nella giunta. Si tratta di Antonello Montante, vicepresidente di Confindustria Sicilia, Nino Salerno, presidente di Confindustria Palermo, e infine Alessandro Laterza, presidente Confindustria Bari. Si saprà solo oggi se le novità finiscono qui. Si uscirà dalla crisi puntando sull'economia verde e sui nuovi mercati. Emma Marcegaglia posiziona la Confindustria su un nuovo scenario nell'assemblea di domani. Fino a ieri chiedeva nucleare e carbone.

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Più difficoltà nei pagamenti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Sud sezione: SUD data: 2009-05-20 - pag: 1 autore: Aumentano i tempi medi di versamento: il 21% delle imprese rimanda di oltre un mese Più difficoltà nei pagamenti Alla Sicilia il record nazionale con più di 25 giorni di morosità Nel quarto trimestre 2008 un'azienda italiana paga una commessa 20,9 giorni oltre la scadenza dei termini, contro i 13,5 giorni di ritardo dello stesso periodo del 2007. Al Sud va peggio, se consideriamo che la Sicilia vanta il record nazionale per tempi d'attesa extra (25,1 giorni di ritardo) e che alle sue spalle ci sono Campania e Calabria. I dati emergono da un apposito monitoraggio effettuato Dun & Bradstreet che mette in luce le cosiddette «abitudini di pagamento» delle imprese e costituisce, al tempo stesso, una sorta di particolarissima cartina tornasole degli effetti che la crisi finanziaria internazionale sta avendo sulle economie reali dei diversi territori. Mentre in Italia solo il 16,9% delle imprese paga oltre i trenta giorni rispetto alla data di scadenza, al Meridione (Abruzzo e Molise compresi) la quota sale al 21% e nelle isole addirittura al 22,7 per cento. La Sicilia può essere definita l'«isola dei ritardatari» con il 23,4% dei soggetti imprenditoriali che paga con oltre trenta giorni di ritardo, ma a tallonarla ci sono Campania (23,3%) e Calabria (23%). Meglio della gran parte delle regioni del Sud fanno comunque Basilicata e Puglia, dove i pagamenti che tardano di più di 30 giorni riguardano rispettivamente il 18,5 e il 19,3% delle società. Prisco u pagina 2 l'articolo prosegue in altra pagina

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Fatture pagate in ritardo, record nel Mezzogiorno (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Sud sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 2 autore: Fatture pagate in ritardo, record nel Mezzogiorno In Sicilia il saldo avviene in media 25,1 giorni dopo la scadenza PAGINE A CURA DI Francesco Prisco La crisi allunga la vita. Purtroppo non si parla di quella degli imprenditori, tanto meno di quella dei lavoratori ma molto più semplicemente della vita delle partite di pagamento: nel quarto trimestre 2008 un'azienda italiana paga una commessa 20,9 giorni oltre la scadenza dei termini, contro i 13,5 giorni di ritardo dello stesso periodo del 2007. Al Sud va molto peggio, se consideriamo che la Sicilia vanta il record nazionale per tempi d'attesa extra (25,1 giorni di ritardo) e che alle sue spalle ci sono Campania e Calabria. I dati emergono da un apposito monitoraggio effettuato Dun & Bradstreet che mette in luce le cosiddette «abitudini di pagamento» delle imprese e costituisce, al tempo stesso, una sorta di particolarissima cartina tornasole degli effetti che la crisi finanziaria internazionale sta avendo sulle economie reali dei diversi territori. Tanto per cominciare, mentre in Italia solo il 16,9% delle imprese paga oltre i trenta giorni rispetto alla data di scadenza, al Meridione (Abruzzo e Molise compresi) la quota sale al 21% e nelle isole addirittura al 22,7 per cento. La Sicilia, in particolare, può essere definita l'«isola dei ritardatari» con il 23,4% dei soggetti imprenditoriali che paga con oltre trenta giorni di ritardo, ma a tallonarla ci sono Campania (23,3%) e Calabria (23%). Ben altra disponibilità di liquidi in Lombardia: qui tarda di oltre un mese solo il 13,8% delle aziende. Meglio della gran parte delle regioni del Sud fanno comunque Basilicata e Puglia, dove i pagamenti che tardano di più di 30 giorni riguardano rispettivamente il 18,5 e il 19,3% delle società. «Al Sud chi vive di forniture ed erogazione di servizi - spiega Giuseppe Catanzaro, presidente di Confindustria Agrigento - attraversa un momento delicatissimo. Il ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni è un problema storico irrisolto. Con la crisi anche le committenze private, inevitabilmente, hanno fatto lievitare i tempi di attesa per effettuare i pagamenti. Con tutte le conseguenze negative del caso, sulle sorti dell'indotto». La conseguenza numero uno riguarda il credito: «Le banche - prosegue Catanzaro- già appaiono fin troppo caute di questi tempi, figuriamoci con quale spirito possono mai accogliere i piccoli imprenditori del Sud che hanno bisogno di scontare una fattura di un cliente che tarda a pagare. Eppure occorre che facciano la loro parte: il rischio, in caso contrario, è che chi non riesce ad accedere alle line del credito - conclude Catanzaro - finisca vittima di usura». La Sicilia è la regione italiana che nel quarto trimestre 2008 ha fatto registrare un tempo medio di ritardo più alto per quanto riguarda i pagamenti: qui un'impresa paga le commesse 25,1 giorni dopo la scadenza del contratto. Segue un'altra regione del Sud, la Campania, dove un fornitore deve attendere mediamente 24,6 giorni oltre il termine prima di riscuotere il proprio credito. Terza piazza, ancora una volta, alla Calabria con un tempo di attesa extra di 24,2 giorni. Si collocano invece subito al di sotto della media italiana la Puglia, con una performance di 20,7 giorni, e la Basilicata, regione in cui l'attesa extra dura 20 giorni. Lontanissimo, in ogni caso, il virtuosismo della Valle d'Aosta, dove il ritardo medio è di 13,6 giorni. Ancora più interessanti sono le performance provinciali. Peggio di tutti a livello nazionale nel quarto trimestre 2008 fanno due province sici-liane, Palermo e Caltanissetta, con un tempo di attesa extra di 26,8 giorni. «Nel nostro territorio - racconta Nino Salerno, presidente di Confindustria Palermo- la crisi è evidente. Le imprese sono tradizionalmente sottocapitalizzate e, per questo motivo, in un momento congiunturale così difficile fanno ancora più fatica del solito ad accedere al credito. Onorare con puntualità i termini di pagamento a queste condizioni diventa, purtroppo, impossibile ». Male anche Napoli (25,8 giorni di attesa extra) e Vibo Valentia (25,6 giorni). Al contrario, si collocano al di sotto della media nazionale di ritardo province come Matera (19,9 giorni), Potenza (20), Foggia (20,4) e Bari (20,6). «Il dato della nostra provincia commenta però il presidente di Confindustria Bari Alessandro Laterza - non deve trarre in inganno: da noi la crisi è arrivata più tardi e i suoi effetti non erano ancora ben visibili nel quarto trimestre dell'anno scorso».C'è da credere che anche da queste parti, insomma, i fornitori siano ora costretti a pazientare un po' di più. © RIPRODUZIONE RISERVATA 21% Aziende. Quota che onora le fatture ad oltre trenta giorni dalla scadenza contrattuale

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La crisi del 1929 e le sue false morali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-05-20 - pag: 1 autore: LEZIONI PER IL FUTURO La crisi del 1929 e le sue false morali di Alberto Alesina L' analisi più comune sulla crisi che stiamo attraversando è questa. Oggi come nel '29 il capitalismo, soprattutto quello di stampo anglosassone, rivela di essere profondamente instabile. I mercati, non solo quelli finanziari ma anche in altri settori, sono troppo poco regolati e per questo provocano gravi danni. Come Franklin Delano Roosevelt salvò l'America dalla crisi del '29 con un forte intervento pubblico nell'economia, e con stringenti regolamentazioni, così oggi bisogna ristabilire la supremazia della politica sui mercati, regolandoli fortemente sia a livello nazionale che internazionale. La crisi di oggi, continua questa analisi, porterà a una benvenuta svolta interventista e dirigista. C'è bisogno di qualcosa di simile a un nuovo New Deal. Questa lettura della crisi del 2009 si basa su di una visione superficiale di quella del '29 e, quindi, porta a trarre delle lezioni sbagliate, sul presente e sul futuro. Partiamo da un fatto: la politica, non il mercato, fu la causa principale dello shock 80 anni fa. Clamorosi errori di politica economica trasformarono un aggiustamento dei mercati finanziari in una tragedia per l'economia reale. Lo stesso crollo di Borsa fu in parte accentuato da errori della politica monetaria. In secondo luogo, un'analisi attenta del presidente del New Deal, eletto nel novembre 1932, dimostra che non fu Roosevelt a far uscire l'America dalla depressione; anzi, alcune sue scelte politiche non fecero che prolungarla. Quello che stupisce della depressione americana è il fatto che durò così a lungo – ben un decennio, e chissà quanto ancora se non ci fossero state la Seconda guerra mondiale e la ricostruzione post bellica – e fu più grave che in Europa. Gli sbagli di Herbert Hoover, predecessore di Roosevelt, e quelli della Federal Reserve causarono la crisi. Hoover era un ingegnere, poco capiva di economia e credeva che un sistema economico andasse diretto come una macchina, dando ordini e direttive alle sue componenti. E, infatti, insediatosi all'alba del funesto '29, ai primi segnali di recessione e deflazione convocò i maggiori industriali americani e impose loro di non abbassare i salari nominali per mantenerne il potere d'acquisto e sostenere i consumi. Continua u pagina 2 l'articolo prosegue in altra pagina

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Le regole? Sono il pettine per sciogliere i nodi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 2 autore: Le riforme della finanza Le regole? Sono il pettine per sciogliere i nodi di Marco Onado I l mondo ha scoperto con orrore che il sistema finanziario internazionale era come le stalle di Augia, che nessuno aveva mai spazzato e che Ercole dovette ripulire in un solo giorno come sua sesta impresa. Non lo ha detto un estremista no global, ma l'austero Financial Times, la bibbia della finanza internazionale. Questo dà l'idea del lavoro da fare: un'autentica fatica mitologica e anche quella più sgradevole di tutte. Sappiamo ormai cosa non ha funzionato e soprattutto quali sono le regole da scrivere. Il governatore di Bankitalia Draghi le ha sintetizzate in quattro termini: più regole, più capitale, meno debito, più trasparenza. Più specificamente, fin dall'aprile del 2008, sia l'Fmi sia il Financial Stability Forum (composto dai principali regolatori e presieduto da Mario Draghi) sia il Gruppo dei Trenta (un autorevole organismo in cui compaiono nomi di prestigio come Paul Volcker e Tommaso Padoa- Schioppa) hanno formulato precise raccomandazioni. Occorrono infatti poche ma precise regole per raggiungere due fondamentali obiettivi: da un lato riportare gradualmente le banche alla loro missione originaria di finanziatori dell'economia reale e dall'altro salvare la parte buona della securitisation. è cosa buona e giusta rendere trasferibile il rischio di credito: ma se non funziona il meccanismo di accertamento del prezzo la logica stessa del trasferimento è minata alla base. Non era adeguata la trasparenza del meccanismo di determinazione dei prezzi di emissione; non erano monitorati i conflitti di interesse degli emittenti e delle agenzie di rating, non era trasparente il mercato su cui questi titoli erano trattati (gestiti, si badi, dagli stessi emittenti). Gli eccessi della securitisation sono avvenuti perché non sono stati imposti vincoli di standardizzazione degli strumenti emessi (come avviene da sempre nei mercati dei titoli tradizionali), favorendo una tale proliferazione di titoli uno diverso dall'altro, che non si è riusciti a capire la rischiosità intrinseca e il nesso con le attività sottostanti. Anche qui non c'è bisogno di inventarsi norme particolarmente severe e complesse: basta applicare a tutti i mercati, compreso quello dei titoli strutturati, le norme generali pensate per garantire trasparenza e correttezza ai mercati tradizionali delle azioni e delle obbligazioni. Il che significa scrivere le norme guardando soprattutto agli interessi degli investitori finali e non solo a quelli della finanza. Come le banche devono tornare ad essere più vicine alle imprese, così i mercati devono tornare a funzionare nell'interesse degli investitori finali. Questa è anche un'esigenza sociale perché, in paesi che invecchiano e in cui i sistemi pensionistici pubblici sono in crisi, solo i mercati finanziari - e quelli azionari in particolare - possono assicurare un'accumulazione adeguata e dunque un avvenire migliore. Costruire un sistema finanziario che pensi soprattutto agli interessi degli investitori significa soprattutto rafforzare il settore degli investitori istituzionali (in particolare, fondi comuni e fondi pensione), che della crisi attuale sono stati in parte vittime, ma anche corresponsabili, perché non hanno per tempo individuato gli elementi di opacità e rischiosità che si andavano accumulando. La crisi degli anni Trenta ha alimentato negli Stati Uniti un importante dibattito teorico e istituzionale, basato sul sacro principio che questi intermediari operano con soldi degli altri Other People's Money è il titolo dell'opera di uno dei protagonisti dell'epoca, Louis D. Brandeis, che ha contribuito all'istituzione della Sec e ne è stato anche presidente- nel senso che sono responsabili del rendimento che otterranno gli investitori, a differenza delle banche, che hanno solo l'obbligo di restituire il capitale, maggiorato degli interessi pattuiti. In altre parole, come, dopo la Grande crisi, le nuove regole per gli investitori istituzionali sono state considerate una delle soluzioni fondamentali per costruire un sistema finanziario più equilibrato, così, oggi, dobbiamo pensare quali possano essere le nuove regole per rifondare il sistema del risparmio gestito e riportarlo ad assolvere al meglio il suo compito fondamentale. Il capitalismo finanziario dal volto umano richiede regole scritte pensando agli interessi degli utenti finali, non a quelli della finanza in se stessa. E solo regole adeguate e regolatori veramente indipendenti possono ottenere questo risultato. Gli squilibri della finanza primao poi esplodono, ma possono lasciare in eredità una situazione ancora peggiore di prima. Come si legge nel Contesto di Sciascia, in cui un personaggio chiede: «Ma non vede quel che succede nel nostro paese? I nodi vengono sempre al pettine ». «Quando c'è il pettine», conclude malinconicamente l'altro. Le regole sono proprio il pettine che ancora manca. L'articolo è un estratto dal capitolo «Per il primato delle regole» del libro «I nodi al pettine» GLI OBIETTIVI Non c'è bisogno di inventarsi norme complesse: basta applicare quelle che ci sono Il fine ultimo dei mercati è fare gli interessi degli investitori

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Nella trappola del New Deal (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 2 autore: Nella trappola del New Deal Il capitalismo sotto tutela politica: così Roosevelt soffocò forze vitali di Alberto Alesina u Continua da pagina 1 N on potendo mantenere salari nominali costanti mentre i prezzi dei beni cadevano, gli imprenditori accelerarono le chiusure e fecero schizzare in su la disoccupazione. Poi, Hoover si scagliò contro la finanza, spaventando gli investitori e accelerando il crollo del Dow Jones. Inoltre, accettò il ritorno al protezionismo approvando la tariffa Smoot Hawley, nonostante una famosa petizione contraria firmata da 1.028 economisti. Ne derivò una guerra commerciale che polverizzò quello che era rimasto della globalizzazione prebellica (la Belle époque) e fece precipitare il mondo nella crisi piu grave del capitalismo. Infine, preoccupato per il deficit in aumento, Hoover aumentò, e di molto,le imposte,dando un'altrabatosta alla domanda aggregata. Hoover consegnò a Roosevelt all'inizio del 1933 un'economia con un tasso di disoccupazione di circa il 20 per cento. Due anni dopo era al 23 per cento. Una ripresa nel '37 fu, poi, seguita da una nuova recessione l'anno successivo. In media, il totale delle ore lavorate in Usa fu inferiore del 23% durante il New Deal ('33-'39) rispetto agli anni prima del '29, nonostante fosse salita di molto la spesa pubblica. I consumi degli americani rimasero al 25% sotto trend durante quel periodo ritenuto leggendario. Non sembra un grande successo. Che cosa fece Roosevelt? Una parte delle sue scelte politiche furono ottime: i sussidi alla disoccupazione limitarono i danni sociali della depressione, il sistema pensionistico pubblico tranquillizzò i consumatori sul loro futuro, l'assicurazione sui depositi bancari e la creazione di un regolatore dei mercati stessi (la Sec) contribuirono a stabilizzare i mercati finanziari. Ma il suo estremo dirigismo nella regolamentazione dell'economia fece gravi danni. I teorici del New Deal erano convinti che il capitalismo andasse gestito e diretto dal centro della politica. In questo senso il National Recovery Act, che fu la prima mossa di Roosevelt nel '33, fu un disastro. Questa legge voleva fissare (o influenzare) prezzi e salari, impedire la concorrenza e promuovere monopoli centralizzati, anche meglio controllabili politicamente. Introdusse regolamentazioni molto specifiche su cosa si poteva e non si poteva fare nel campo della produzione e della scelta dei prodotti. Potenziali forze vitali dell'economia privata vennero essenzialmente schiacciate da queste asfissianti regole, nel loro insieme contrarie a qualunque basilare principio di economia. Molti potenziali investitori spaventati dalle prospettive dell'economia di mercato e dal futuro status giuridico delle imprese, messi in discussione dal New Deal con la sua tesi della superiorità della politica, cessarono di investire peggiorando cosi la depressione. La Corte suprema dichiaro il National Recovery Act incostituzionale nel '35, ma quelle politiche industriali continuarono essenzialmente immutate. Roosevelt minacciò perfino l'indipendenza della Corte suprema nella sua battaglia dirigista. Ma alla fine lo stesso presidente riconobbe come un errore l'eccesso di regolamentazione e, in un discorso del ' 38, ammise di aver consegnato l'economia americana a dei monopolisti. L'altro cardine delle politiche di Roosevelt fu il forte aumento della spesa pubblica, soprattutto per opere pubbliche. A giudicare dai risultati sull'occupazione sopra ricordati, tutto questo sforzo ebbe effetti molto meno straordinari di quanto normalmente si pensi. Anche altre recessioni aggredite con espansioni fiscali nel secondo dopoguerra dimostrano che i benefici della spesa pubblica, in particolare di grandi opere edili, per stimolare la crescita sono alquanto dubbi. Insomma, quello che stupisce nell'America del New Deal non è un veloce recupero dalla crisi del '29, ma un decennio di difficoltà più gravi che in altri Paesi industrializzati nella stessa epoca. I tentennamenti e le indecisioni di Roosevelt sull'abbandono del gold standard non fecero che aggravare il problema. La lezione da trarre dalla crisi del '29 è, allora, molto diversa dalla riscoperta della regolamentazione, del dirigismo e dello statalismo. La crisi di oggi è stata sì determinata dalle distorsioni dei mercati finanziari. Ma la gestione dell'economia ci ha messo del suo, a partire da tassi troppo bassi fissati dalla Fed nei primi anni del Duemila. Fra l'altro, molti dei leader europei che oggi si scagliano contro il capitalismo anglosassonesono gli stessi che criticavano la più prudente e saggia Banca centrale europea. E osannavano, invece, Greenspan per le sue politiche espansive, che poi, come si è visto, contribuirono alla crisi finanziaria. E se oggi, per fortuna, abbiamo in larga parte evitato gli errori di Hoover, adesso dobbiamo evitare anche quelli di Roosevelt. Protezione sociale sì, ma non reintroduzione del dirigismo e del capitalismo di Stato. Non ci deve essere una restaurazione. La lezione da trarre da questa crisi è quella che ha tratteggiato Guido Tabellini sul Sole 24 Ore del 7 maggio. Ovvero, il capitalismo dopo questo shock non cambierà. Riscriveremo alcune regole per mercati finanziari. Cercheremo di migliorare la supervisione e gli incentivi per i manager della finanza, oltre a cambiarne parecchi. Ma il capitalismo anglosassone, fondato sul mercato, continuerà a essere quello che produce piu crescita. Teniamocelo. aalesina@harvard.edu © RIPRODUZIONE RISERVATA CAMICIA DI FORZA Una regolamentazione eccessiva frenò gli investimenti Alla fine il presidente riconobbe di aver consegnato l'economia ai monopolisti «CASE HISTORY» Le turbolenze odierne sono causate dalla distorsione dei mercati finanziari: protezione sociale sì, ma non reintroduzione di dirigismo e statalismo Dalla depressione alla ripresa. Un gruppo di ragazze della Florida "celebra" il rilancio dell'economia nel 1934: i grafici tatuati sulle schiene evidenziano il boom di alcuni indicatori. Ma nel '37 ci sarà una ricaduta ALINARI

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Una spinta all'internazionalizzazione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 5 autore: Coinvolte oltre 2mila imprese tra missioni all'estero e delegazioni straniere ospitate in Italia Una spinta all'internazionalizzazione ROMA L'ultima è stata in Russia, all'inizio di aprile. E, a guardare i numeri, anche la più imponente realizzata all'estero: mille imprenditori. Un successo inaspettato. E che la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha voluto pubblicamente sottolineare, a Mosca, di fronte al vertice del Governo russo e a tutta la platea:«Sono orgogliosa dell'imprenditoria italiana ». Certamente ha pesato l'attrattiva del Paese, un mercato dove le aziende italiane sono già presenti e che prima della crisi aveva una crescita al galoppo. Ma esiste un comune denominatore che unisce la missione russa con quelle in Israele, in Vietnam, e le altre iniziative già programmate: a metà giugno Singapore e Malesia, in autunno il Forum del Mediterraneo, che riunirà a Roma i Paesi della sponda Nord del Mediterraneo, e il Brasile. L'impegno di Confindustria per rendere il sistema imprenditoriale più internazionale, con joint-venture e investimenti. E la voglia delle aziende, dalle piccole alle grandi, di andare all'estero per reagire alla crisi. è proprio questa una delle carte importanti che la Marcegaglia ha voluto giocare nel primo anno di presidenza: accelerare l'internazionalizzazione del sistema Italia. Una strada obbligata: di fronte ad un'economia in recessione, ad una domanda globale con il segno meno, bisogna tenere duro sui mercati dove si è già presenti e cercarne di nuovi, per essere in prima fila quando arriverà la ripresa. Sì alla globalizzazione, intesa, secondo la Marcegaglia, come opportunità di sviluppo, nel rispetto delle regole, evitando il protezionismo, fenomeni di dumping, e nell'auspicio che si possa arrivare al più presto ad una conclusione dei negoziati del Wto. Un messaggio lanciato con forza al G-8 Business, che si è tenuto ad aprile a Cagliari, sotto la presidenza italiana. Ecco quindi l'esordio in Vietnam, all'inizio di novembre dell'anno scorso, nella formula sperimentata delle missioni di sistema, Confindustria, Abi, Ice e Governo. Tappe ad Hanoi e ad Ho Chi Minh City: quasi 300 imprenditori, 1.700 incontri faccia a faccia tra aziende. Una scelta mirata: un Paese che ha prospettive di sviluppo, un confronto favorevole rispetto alla Cina in termini di salari, e che rappresenta una chance sia come mercato che come ponte per l'area del Sud-Est asiatico. Subito dopo, Israele: trecento imprenditori, mille incontri business to business e la firma di un'intesa tra Confindustria e la Mai, la gemella israeliana, per far nascere un comitato di sei imprenditori, tre per Paese, per incrementare i rapporti economici. E poi la Russia, che ha battuto ogni record, anche per i 6.500 incontri tra imprese (oltre Mosca, ci sono state altre tappe tra cui Novosibirsk, San Pietroburgo, Ekaterinburg). In questo primo anno di presidenza Marcegaglia, tra estero e delegazioni venute in Italia ci sono state 12 iniziative: complessivamente 2.200 imprese coinvolte, di cui 750 nelle missioni all'estero, per 9.500 incontri faccia a faccia. Mercati da rafforzare, altri meno conosciuti da aprire, con grande attenzione per il bacino del Mediterraneo. è questo il criterio di scelta delle destinazioni. Ma organizzare viaggi all'estero non basta. Va curato il follow up, come non si stanca di ripetereil vice presidente per l'internazionalizzazione, Paolo Zegna. A novembre dell'anno scorso è arrivato il presidente brasiliano Ingazio Lula da Silva, con 100 imprenditori, a marzo Gustavo di Svezia, con 300 imprenditori. Nelle scorse settimane, l'incontro con Carlo d'Inghilterra, per parlare di ambiente. Non solo: a Mosca la Marcegaglia ha invitato in Italia il presidente degli imprenditori russi Alexander Shokhin (verrà il prossimo anno con una delegazione). In Confindustria è operativo un desk mirato per i Paesi dove si sono svolte le missioni, Russia, Israele e Vietnam. è già al lavoro dalla presidenza di Luca di Montezemolo, dopo le passate missioni in Cina, un funzionario cinese, Suqiang Guan, e a luglio del 2008 in Confindustria sono arrivati 70 imprenditori della municipalità di Chongqing, la più estesa della Cina centro-meridionale. Forse in Cina si ritornerà, il prossimo anno. Intanto Confindustria sarà presente dopo l'estate all'ItalyJapan Business Group. I dati, pur nella crisi, ci confortano: nell'export, in Europa, siamo secondi dietro la Germania. A riprova che il made in Italy, nel mondo, riesce a vincere. N.P. © RIPRODUZIONE RISERVATA UN CASO DI SUCCESSO In Russia sono stati organizzati 6.500 incontri per promuovere accordi e rafforzare le relazioni economiche tra i due paesi

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Le aziende al centro della ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 5 autore: Le aziende al centro della ripresa La presidente Marcegaglia rilancia l'orgoglio industriale a sostegno del paese Nicoletta Picchio ROMA Maggio 2008: l'Italia si trova a fare i conti con una crescita zero, il petrolio a 140 dollari, ma con la prospettiva di una ripresa nell'anno successivo. Mai si sarebbe aspettata Emma Marcegaglia, appena eletta presidente di Confindustria, di dover fare i conti con la più grande crisi dal dopoguerra a oggi. Un tracollo repentino, che da settembre dell'anno scorso ha cambiato l'economia mondiale. Un anno in trincea, a fronteggiare l'emergenza del credito, con le aziende a corto di liquidità e gli ordini a picco, un aumento record della cassa integrazione. Che però non ha distolto l'attenzione dalla riforma dei contratti, firmata, senza la Cgil. «Il peggio è passato», dice oggi la presidente, ipotizzando per fine anno qualche segnale di inversione di tendenza. Maa riprova dalla gravità della crisi c'è quel-4,6%di calo del Pil previsto per il 2009. E la Marcegaglia lo sa: «Per tornare sui livelli del 2007 la strada sarà lunga e dolorosa». Per tutti, ma in particolare per l'Italia, già inchiodata a quella «crescita zero» che aveva denunciato l'anno scorso come «la malattia del Paese». Servono le riforme: tagli alla spesa improduttiva, previdenza, liberalizzazioni. E poi meno burocrazia, meno statalismo municipale, più investimenti in infrastrutture.In un'Italia dove l'intervento pubblico deve limitarsi a questa fase dell'emergenza, per lasciare spazio al mercato, regolato però in modo diverso: più trasparenza, più cooperazione, con un no forte al protezionismo. Va bene la strada imboccata dal Governo, ma bisogna fare di più e più in fretta. Lo ripeterà domani, la Marcegaglia, nel discorso all'assemblea annuale. Più di tremila presenze annunciate. Ci sarà anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ieri proprio sulle riforme ha aperto la porta: «Le faremo, nonostante le difficoltà». Parole che pronuncerà anche di fronte alla platea di Confindustria, come segnale di attenzione verso il mondo imprenditoriale. Con il Governo più volte la Marcegaglia ha puntato i piedi. Come quando ha chiesto i «soldi veri», a marzo, durante il convegno della Piccola industria, nel momento più buio della crisi. E dal Governo molte risposte sono arrivate: l'aumento del Fondo di garanzia, ad 1,6 miliardi, l'innalzamento della soglia di compensazione debiticrediti con l'erario da 516mila ad 1 milione di euro, un bonus per favorire le aggregazioni di imprese, specie per le piccole, gli incentivi alla rottamazione auto, l'Iva per cassa, mentre è ancora aperta la questione dei crediti della Pa. L'attenzione si è concentrata sull'emergenza liquidità. Bene quindi, i Tremonti bond, per permettere alle banche di erogare più finanziamenti, bene gli osservatori locali, un montoraggio del territorio su cui Confindustria si era già mossa, avviando tavoli con l'Abi. Su un aspetto la Marcegaglia è sempre stata esplicita: se la crisi è globale, va aiutato tutto il sistema imprenditoriale. Grande attenzione, quindi, al mondo delle piccole, che hanno più difficoltà sia ad otterere finanziamenti, sia a richiedere la cassa integrazione. Fermo restando che le aziende debbano fare la propria parte, investendo ed accorpandosi, per crescere. Credito alle imprese, ma anche soldi per gli ammortizzatori sociali, per evitare drammatiche ricadute sul sociale. Bene, quindi, gli 8 miliardi di euro stanziati ed anche la scelta di allargare la platea delle tutele ai contratti a termine e agli interinali. Su questo punto, la sua battaglia è stata accanto a quella dei sindacati. Eletta presidente, la Marcegaglia aveva sperato in una nuova fase di dialogo, grazie anche alla novità di un documento unitario Cgil, Cisl e Uil sulla riforma dei contratti, per superare l'accordo del 1993. Ma la trattativa si è conclusa con una firma separata, senza la Cgil. Un nuovo indice per gli aumenti della contrattazione nazionale, che sostituisce l'inflazione programmata, durata triennale, contratto nazionale meno pesante, per puntare di più sugli aumenti aziendali, favoriti anche dall'aliquota ridotta decisa dal Governo. La Marcegaglia ha tentato fino all'ultimo di coinvolgere la Cgil. Ma alla fine è arrivata alla firma, per non bloccare una riforma che dovrebbe portare più soldi in busta paga legati alla produttività. «Non possiamo stare fermi, nessun diritto di veto». Ma la disponibilità al diagolo resta, per chiudere «la stagione di antagonismo», come ha detto un anno fa. Ma cosa c'è oltre la crisi, pensando al 2010? La Marcegaglia pensa come driver futuro della crescita l'economia verde,legata all'ambiente. Un'opportunità economica, oltre che un vincolo da rispettare. Le imprese, dice la Marcegaglia, ne sono coinvinte, ma la lotta al cambiamento climatico non può riguardare solo l'Europa, lasciando fuori i Paesi che emettono di più. E sull'applicazione dell'accordo di Kyoto, a dicembre, ha ottenuto un importante risultato a livello europeo (soglia di esclusione, meccanismo dei crediti), evitando di penalizzare l'industria italiana. Prima dell'assemblea pubblica di domani oggi si terrà quella privata. Ci saranno nuovi ingressi in giunta: Antonello Montante (delega ai rapporti con le istituzioni), Alessandro Laterza, presidente dell'Associazione industriali di Bari, Gianni Lettieri, presidente di Napoli e Nino Salerno, presidente di Palermo. Entra anche Giovanni Buti, come rappresentante della Piccola toscana. © RIPRODUZIONE RISERVATA MESSAGGIO AL PREMIER «La strada imboccata dal Governo è quella giusta, ma bisogna accelerare sul fronte delle riforme istituzionali e sui tagli alla spesa» PENSANDO AL 2010 Oltre la crisi c'è l'economia verde, che potrebbe diventare una straordinaria opportunità di crescita e di rispetto dell'ambiente Al timone. Emma Marcegaglia guida Confindustria dal maggio del 2008 AFP

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24 aprile 2009 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 5 autore: 24 aprile 2009 A Cagliari il G-8 delle imprese «Nell'isolamento siamo perdenti». Così Emma Marcegaglia ha aperto i lavori del G-8 Imprese che si svolto a Cagliari. Dal vertice l'affermazione comune che per uscire dalla crisi servono risposte globali e il rifiuto di qualunque protezionismo. Tutte elementi al centro di una dichiarazione congiunta da girare ai Capi di Stato e consegnata al premier Berlusconi per il G8 di luglio a L'Aquila. ANSA

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I californiani voltano le spalle a Terminator (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-20 - pag: 11 autore: Schwarzenegger verso la sconfitta nei referendum sul risanamento delle finanze statali I californiani voltano le spalle a Terminator Daniela Roveda LOS ANGELES La California è avviata verso la catastrofe finanziaria, e il suo governatore Arnold Schwarzenegger verso una fine ingloriosa. Il Terminator eletto tra l'euforia generale nel 2003 per riportare ordine e disciplina in uno Stato paralizzato dall'indecisione e da litigi di bassa lega in Parlamento sembra infatti destinato a fare la fine di tutti i suoi predecessori senza muscoli. Il verdetto su Schwarzenegger potrebbe arrivare già oggi con l'esito del voto su una serie di referendum proposti dal governatore per risanare le finanze del più grande stato d'America, settima economia del mondo. Dagli ultimi sondaggi i referendum sembravano tutti condannati alla sconfitta tranne uno, quello che proibisce aumenti degli stipendi dei parlamentari durante una recessione. Nell'immediato ciò significa che il deficit di bilancio, lievitato di altri 15,4 miliardi di dollari negli ultimi quattro mesi, raggiungerà 21,3 miliardi entro metà 2010; significa anche che la California, il cui credit rating è il più basso della nazione, non riuscirà a farsi prestare i soldi necessari per pagare le spese correnti. In questa evenienza lo Stato potrebbe essere costretto a sospendere il pagamento degli stipendi pubblici, fermare i lavori pubblici e licenziare altri dipendenti della pubblica amministrazione. Nel lungo periodo invece la sconfitta dei referendum - che proponevano tra l'altro l'estensione di nuove tasse, l'imposizione di un tetto alle spese pubbliche e la creazione di un fondo-cuscinetto antirecessione- conferma che la California è ingovernabile, con o senza Terminator. Alla base della crisi finanziaria californiana vi è un sistema bizantino di leggi ad hoc, quasi tutte approvate nel processo referendario, che allocano fondi pubblici a scopi specifici, per esempio al rinnovo degli edifici scolastici, alla ricerca sulle cellule staminali o alla costruzione di un treno veloce tra Los Angeles e San Francisco. Ciò lega le mani al Parlamento, che, tra l'altro, è obbligato ad approvare ogni anno la finanziaria con una maggioranza di due terzi. Nei periodi di boom economico la maggioranza è facile da raggiungere, ma quando occorre tagliare le spese o aumentare le tasse, è paralisi. L'elettorato californiano non può che puntare il dito contro se stesso per l'uso selvaggio dell'arma referendaria. Ma accusa invece il governatore, il cui tasso di approvazione è sceso al 33%, e il Parlamento, il cui tasso di approvazione è a un infimo 14 per cento. Il disgusto nei confronti dei politici, e non il contenuto delle proposte di riforma, è forse il vero motivo per cui i referendum di ieri parevano destinati alla sconfitta. I californiani quindi non hanno le idee del tutto chiare su come risolvere una volta per tutte i loro problemi cronici. Ma hanno le idee chiare almeno su una cosa: il fumo fa male e i fumatori vanno puniti. Il sindaco di San Francisco ha proposto infatti di imporre una tassa aggiuntiva di 33 centesimi sui pacchetti di sigarette per coprire il costo ( 10,7 milioni di dollari all'anno) di pulire le strade, i tombini e le tubature intasate dai mozziconi. © RIPRODUZIONE RISERVATA CROCIATA ANTI–FUMO San Francisco propone una tassa di 33 cent sulle sigarette Servirà a coprire il costo per la raccolta di mozziconi da strade e tombini

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Sindrome Babele per la Bce (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-20 - pag: 16 autore: MERCATI E MERCANTI ... Sindrome Babele per la Bce C i risiamo. Nelle ultime settimane, i componenti del consiglio della Banca centrale europea sono ricaduti nel vizio d'origine, dei tempi della nascita della banca, di esprimere opinioni in ordine sparso, un vizio che pareva estirpato. Due in particolare sono i punti cruciali sui quali sono emerse in pubblico divergenze significative: sul limite minino al quale abbassare i tassi d'interesse e sull'uso di misure non convenziona-li, il cosiddetto allentamento quantitativo, che la Bce avvierà all'inizio di giugno con l'acquisto di covered bond. Si tratta degli elementi al cuore della politica monetaria, sui quali la Bce non può permettersi di parlare ai mercati finanziari con voci discordanti. La condotta della politica monetaria richiede oggi una capacità di comunicare almeno pari a quella di prendere le giuste decisioni dal punto di vista tecnico. La prima Bce era fortemente criticata più per l'incapacità di trasmettere ai mercati e agli operatori economici il proprio pensiero che per le scelte adottate: questa incapacità ha finito per limitarne in parte l'efficacia. è stata invece anche la prevedibilità delle sue azioni, attraverso una politica di comunicazione più compatta, a rendere negli anni successivi la Bce un'istituzione che ha avuto successo nel raggiungere i suoi obiettivi. Nel mezzo di una crisi la cui conclusione nonè ancora alle viste, la dose addizionale d'incertezza generata dalle dichiarazioni dissonanti dei banchieri centrali europei è un ingrediente addizionale non richiesto e certamente nient'affatto benvenuto. Si sapeva fin dalla sua creazione che il consiglio della Bce avrebbe riflesso interessi nazionali diversi e inclinazione e formazione differenti dei suoi membri. è anzi un bene che il dibattito interno non soffochi punti di vista diversi, ma è dubbio che siano altrettanto positive manifestazioni pubbliche così plateali di dissenso come quelle emerse recentemente. Forse era inevitabile che accadesse in una situazione estrema come quella generata dalla crisi. Ma i successi ottenuti nella gestione della crisi stessa (dopo tutto, la Bce è riuscita, meglio delle sue consorelle, a far rientrare tassi dell'interbancario e spread ai livelli pre-Lehman) avrebbero dovuto indurre a non discostarsi da una linea di comunicazione univoca. Anche se il governatore della Banca di Cipro, Athanasios Orphanides, viene da un dottorato all'Mit (come Lucas Papademos e Mario Draghi) e ha trascorso tutta la carriera alla Federal Reserve e JÜrgen Starck e Axel Weber hanno invece percorso la propria senza lasciare Bonn e Francoforte. Oltrettutto,le divisioni all'interno della Bce accentuano il rischio che vi si incuneino i politici, per i quali, soprattutto in tempi di crisi, la tentazione di minarne l'indipendenza può essere forte. Dopo la cacofonia della ultime settimane, è meglio che alla Bce riprendano tutti a cantare dallo stesso spartito. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com/economia Online «Mercati e mercanti» di Alessandro Merli di Alessandro Merli

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Fondi sovrani, la maglia nera è Gic (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-20 - pag: 42 autore: Mercati. Le perdite in Borsa degli operatori governativi al 30 marzo raggiungono i 55 miliardi di dollari Fondi sovrani, la maglia nera è Gic Le quote in Ubs e Citi costano all'investitore di Singapore 24 miliardi Franco Locatelli è la Government of Singapore Investment Corporation (Gic) la maglia nera dei fondi sovrani (SWF). Nella graduatoria delle perdite accumulate al 30 marzo scorso dalle maggiori operazioni di Borsa dei fondi sovrani degli ultimi tre anni la Gic ha bruciato poco meno di 24 miliardi di dollari per i suoi fallimentari investimenti in Ubs e in Citigroup. E' quanto emerge dal primo Rapporto sui Fondi sovrani realizzato dalla nuova joint tra la Fondazione Eni Enrico Mattei e Monitor, il cui database ha raccolto e classificato oltre 1.150 deal compiuti da Swf in quasi trent'anni. Il bilancio degli investimenti dei fondi sovrani degli ultimi anni è semplicemente «disastroso», come ha commentato il guru dell'Università di Oklahoma Bill Megginson e va oltre le più nere previsioni. Pur limitando il calcolo ai 23 maggiori investimenti (cioè quelli di almeno un miliardo di dollari) effettuati dal 2006 ad oggi in società quotate, i fondi sovrani hanno perso la bellezza di 55 miliardi di dollari sui 122,7 investiti cioè il 45,47% della somma impegnata. Gic di Singapore - come si evince dalla tabella - è in buona compagnia, perchè anche l'altro fondo di Singapore, il Temasek, non è andato per il sottile e ha perso poco meno di nove miliardi di dollari soprattutto per le sue rovinose acquisizioni di quote azionarie in Merrill Lynch e in Standard Chartered. In profondo rosso sono anche i fondi di Abu Dhabi, Qatar, Kuwait, Dubai, Cina, Corea. Nel novero dei maggiori investimenti azionari compiuti dai fondi negli ultimissimi anni solo tre risultano attivi. Le stratosferiche perdite registrate nella campagna di Borsa e dovute soprattutto ai colossali errori di valutazione compiuti con l'ingresso nelle maggiori banche americane apre molti interrogativi sul futuro dei 31 fondi sovrani che vantano un patrimonio di 1,8 trilioni di dollari e sono messi a fuoco dal Rapporto. Il loro ruolo sulla scena finanziaria internazionale resta rilevante ma la caduta dei prezzi del petrolio e la riduzione dei surplus commerciali dei paesi di riferimento, per lo più asiatici e arabi, ne circoscrivono la potenza di fuoco e fanno stimare la crescita del loro patrimonio attorno ai cinque o sei trilioni di dollari entro il 2012. Anche la loro strategia d'investimento, finora molto focalizzata sulla finanza e molto esposta sui mercati occidentali, è destinata ad essere rivisitata e, sulla spinta della crisi in atto e dei governi a cui fanno capo, il Rapporto prevede che continuerà il ritorno a casa dei fondi che hanno già cominciato ad investire soprattutto nei paesi d'origine, anche se non spariranno dalla scena internazionale. Ma è il fallimento delle loro strategie d'investimento e gli inevitabili contraccolpi politici in patria che fanno discutere. Qual è la vera origine delle loro perdite? Megginson avanza un'interpretazione originale che non mancherà di accendere le discussioni. Dopo aver rilevato che tra il luglio del 2005 e l'ottobre del 2008 i fondi sovrani hanno investito in totale 90 miliardi di dollari nelle istituzioni finanziarie americane ed europee, a cui vanno aggiunti i 40 miliardi di dollari impegnati dalla China Investment Corporation per la ricapitalizzazione di due banche statalizzate, lo studioso americano osserva che in anni recenti gli SWF hanno investito sui mercati finanziari mondiali più capitali di quanto abbia fatto ogni altro singolo investitore tranne il Governo degli Stati Uniti. Ma il punto cruciale resta quello della sottoperformance dei loro investimenti, ben al di là degli effetti della crisi in corso. Certamente lo stock picking dei fondi sovrani è stato «disastroso», ma la tesi dello studioso dell'Oklahoma è più audace e arriva a sostenere che l'infelice ritorno degli investimenti degli Swf dipenda dal conflitto d'interessi che la loro presenza ingenera con altri azionisti di minoranza delle società target e dalla conseguente negativa percezione che i mercati ricevono. Inoltre, la scelta degli investimenti dei fondi sovrani potrebbe essere stata influenzata dai Governi che li controllano e che li avrebbero spinti ad investire in società dissestate per minimizzare le opposizioni politiche e l'intervento dei regolatori dei diversi Paesi. Se così fosse, è facile prevedere che del ruolo dei fondi sovrani si tornerà a parlare, in chiave critica, anche dopo la crisi. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'INDAGINE Raccolte e certificate 1.150 operazioni negli ultimi 30 anni Lo stock picking si è rivelato disastroso

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Shell, no dei soci ai maxi-stipendi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-20 - pag: 45 autore: Energia. Gli azionisti: «Il sistema è malato e va sistemato» - Il voto è consultivo e non obbliga a eliminare i bonus Shell, no dei soci ai maxi-stipendi Il presidente Job sulla difensiva: «Terremo conto del malcontento» Nicol Degli Innocenti LONDRA Rivolta degli azionisti contro il management di Royal Dutch Shell: all'assemblea annuale del colosso petrolifero ieri tre quinti degli investitori hanno bocciato il piano di remunerazione proposto dall'azienda, che prevede la concessione di bonus ai manager nonostante gli obiettivi di rendimento prefissati non siano stati raggiunti. Il 59,42% degli azionisti ha votato contro la proposta, inviando un rabbioso e inequivocabile segnale ai dirigenti. «Il consiglio di amministrazione prende molto sul serio l'esito di questo voto e rifletteremo attentamente sulla questione per prendere la decisione giusta », ha assicurato Jorma Ollila, presidente di Shell. Il voto è consultivo e non obbliga Shell a eliminare i bonus previsti. Il voto contrario non è stato proprio un fulmine a ciel sereno. Durante l'assemblea, tenuta in contemporanea a Londra e a L'Aja, gli azionisti avevano bombardato la Remuneration Committee di Shell di domande sulla scelta fatta, mentre nei giorni scorsi diversi gruppi avevano criticato la decisione della società. L'Associazione degli assicuratori britannici (Abi) aveva lanciato l'allerta sul piano Shell, indicando una deviazione dalla best practice approvata. Standard Life Investments, un altro grande azionista di Shell, ha dichiarato di avere votato contro. Pirc,ente che vigila sulla corporate governance, aveva consigliato agli azionisti di esprimere un "no" al piano in assemblea. «Il sistema è malato e va sistemato», ha detto ieri Errol Keyner di Veb,l'associazione degli azionisti olandese. Il voto contrario di ieri dimostra come ormai le scelte sulla remunerazione delle grandi società siano oggetto di feroce scrutinio e come la rabbia espressa da azionisti e cittadini per gli stipendi troppo generosi e i bonus straordinari concessi ai banchieri si sia ormai allargata ad altri settori. La crisi finanziaria dell'ultimo anno ha radicalmente cambiato la situazione: lo scorso anno solo l'8% degli azionisti aveva votato contro il "remuneration report" di Shell, nonostante il comitato avesse anche allora preso la decisione di concedere bonus ai manager ignorando «la performance al di sotto della media e quindi di fatto premiando chi ha fallito », secondo Guy Jubb, responsabile della corporate governance di Standard Life. Nel 2008 Shell, nonostante gli utili record, si è classificata quarta come rendimento tra le cinque grandi società rivali, Bp, Chevron, ExxonMobil e Total, mentre l'obiettivo del gruppo era di essere seconda. Nonostante questo, il comitato ha deciso di assegnare ai manager bonus pari al 50% del massimo consentito di azioni. Jeroen van der Veer, chief executive, nel 2008 ha ricevuto 10,3 milioni di euro tra stipendio e bonus, un aumento del 58% rispetto al 2007 e il doppio di quanto ricevuto da Tony Hayward, amministratore delegato di Bp. Il dramma della rivolta degli azionisti si è svolto su uno sfondo già cupo per il gruppo. Ieri van der Veer ha detto infatti che il rallentamento economico potrebbe durare diversi anni e che la strategia del gruppo è stata studiata per questa evenienza. Secondo van der Veer dovrebbe continuare anche la volatilità dei prezzi del petrolio, passati dai 150 dollari al barile del luglio 2008 ai 30 dollari di dicembre e ora risaliti a 60 dollari. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCHIAFFO AI MANAGER Gli obiettivi di crescita non sono stati raggiunti: il 59,42% degli investitori ha votato contro la proposta di premiare i dirigenti Ceo contestato. Jeroen van der Veer AFP

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No a rimozioni su D'Antona (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-05-20 - pag: 20 autore: Napolitano. «Onorare le vittime di violenza» «No a rimozioni su D'Antona» ROMA Nei suoi rapporti con gli Stati Uniti, l'Europa «risente ancora del sospetto di voler lasciare la responsabilità e gli oneri della propria difesa e della sicurezza sulle spalle dell'alleato americano». Al contrario, la Ue deve attrezzarsi, recuperare il ritardo accumulato nell'ultimo decennio, superare «contraddizioni e debolezze», potenziando al tempo stesso«uno strumento cruciale come l'Agenzia Europea di Difesa». In mattinata, il Quirinale aveva diffuso un messaggio inviato dal Capo dello Stato al rettore della Sapienza di Roma, Luigi Frati, in occasione della cerimonia di commemorazione di Massimo D'Antona, studioso che «ha pagato con la vita il suo generoso impegno civile. Trasmettere il ricordo alle giovani generazioni delle tante vittime della cieca e crudele violenza del terrorismo politico è un dovere della comunità nazionale per scongiurare ogni rischio di rimozione e riaffermare valori di dialogo e di legalità». Nel pomeriggio a Londra, nel corso del suo intervento all'Istituto internazionale per gli studi strategici, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha parlato ieri di sicurezza e di Europa. Lo ha fatto citando Winston Churchill e il suo celebre discorso del 14 maggio 1947 alla Albert Hall, per chiedersi se riusciremo ad «essere orgogliosi di essere europei come lui sognava ».L'Europa non è fatalmente destinata a divenire marginale, se saprà essere all'altezza delle sue responsabilità in un mondo globalizzato. La crisi economica pone una sfida a tutti i governi e alle istituzioni internazionali, «per non parlare dei pericoli di un fuorviante protezionismo, di instabilità politica e forse anche di conflitti». La novità principale sullo scenario internazionale è il nuovo corso politico degli Stati Uniti. Ora l'Europa non può sfuggire «ad una valutazione degli aspetti militari e a un impegno congiunto di difesa collettiva », soprattutto in un contesto in cui la comunità internazionale viene posta di fronte alla nuova sfida dell'insorgenza del terrorismo. Certo – ammette Napolitano – sulla politica di difesa dell'Unione europea pesa il macigno delle scarse risorse disponibili. Nelle condizioni in cui versano i bilanci pubblici europei, la strada da seguire «è quella di un deciso elevamento della produttività della spesa europea per la difesa, ancora di gran lunga inferiore rispetto a quella prevista nel bilancio Usa». Le aree più critiche restano la regione Afghanistan- Pakistan, il Medio Oriente allargato e il Corno d'Africa. Napolitano invita a «prendere seriamente in considerazione » la richiesta americana per una partecipazione più attiva in Afghanistan, «innanzitutto nel nostro interesse, tenendo presente la minaccia del terrorismo islamico fondamentalista contro l'Europa ». Quanto alla crisi economica, l'Europa deve mostrarsi capace di contribuire alla soluzione dei problemi di fondo, «da cercare e definire in un vasto ambito di concertazione», a partire dal G20. D.Pes. IL PRESIDENTE A LONDRA «Potenziare la difesa Ue, non bisogna alimentare il sospetto di voler lasciare gli oneri della sicurezza sulle spalle dell'alleato Usa»

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Le materie prime sentono la ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: LANCETTE DELLECONOMIA data: 2009-05-20 - pag: 15 autore: Germogli diffusi. Il robusto rialzo dei prezzi delle commodity è il segnale del risveglio della domanda globale e aiuta il rilancio dei paesi produttori Le materie prime sentono la ripresa Il recupero dell'attività in Usa ed Eurozona appare ora più vicino, ma da livelli molto depressi di Fabrizio Galimberti e Luca Paolazzi Inflazione Il mondo, si dice spesso, è diviso in due. Nel caso specifico la barriera virtuale separa chi sostiene che la troppa moneta messa in circolo dalle Banche centrali scatenerà un'ondata inflazionistica, che aiuterebbe comunque a raddrizzare i conti pubblici (un esproprio dei risparmiatori di oggia favore delle future generazioni). Da chi invece ritiene che la capacità produttiva inutilizzata è così elevata (7-8% del Pil) da richiedere molto tempo prima di essere assorbita e quindi determinare uno scenario di lunga deflazione. Per evitare sia Scilla sia Cariddi, occorrono due condizioni: un notevole tempismo delle politiche monetarie nel drenare liquidità senza uccidere la ripresa nella culla ( di "infanticidio" preterintenzionale si macchiò la Bank of Japan nel 1995) e un ritorno lesto ai livelli di attività pre-crisi. Il sentiero è perciò molto stretto. Il rialzo rapido delle materie prime negli ultimi mesi sembra portare acqua al mulino degli "inflazionisti": in dollari il petrolioè salito del 68,2% e gli input industriali (indice Economist) del 31,3% dai minimi di febbraio. Ma se osserviamo le dinamiche dei prezzi al consumo questi aumenti non hanno lasciato tracce profonde: la dinamica annua è dello 0,6% in Eurolandia, del -0,3% in Giappone, del -0,7% negli Usa. Più che mettere in moto processi inflattivi, quei rialzi delle commodity hanno attenuato la caduta degli indici dei prezzi. Più in generale, vanno presi non come minacciose forze che causano spinte sui listini ma come mansuete variabili che obbediscono al risveglio della domanda globale; e quindi come un segnale di avvio di una fase positiva del ciclo. Tanto più se la partenza avviene nei Paesi emergenti, affamati di materie prime. La determinante principale dell'inflazione nei paesi industriali resta il costo del lavoro. La cui dinamica segue le oscillazioni della disoccupazione. Negli Stati Uniti già lo fa: la crescita della paga oraria è passata dall'1% a trimestre tenuto fino a dicembre 2008 allo 0,4% di aprile 2009. In Eurolandia è più lenta ad adeguarsi: gli incrementi concessi nei nuovi contratti sono passati dal 2,1% nel quarto trimestre 2007 al 3,6% nel quarto 2008. Sono cifre tuttavia un po' obsolete, visto che i contraccolpi della crisi sul mercato del lavoro hanno cominciato ad arrivare dopo. I margini delle imprese vengono però erosi. A causa soprattutto della caduta della produttività. I dati Ocse sul clup industriale nel quarto trimestre 2008 mostrano un incremento del 4,2% annuo in Usa, del 2,9% in Eurolandia e del 7,3% in Italia; una tendenza che è peggiorata con la fortissima caduta del Pil nel primo trimestre 2009. In Usa, dove i dati già ci sono, nel manifatturiero il clup è balzato del 2,8% sugli ultimi tre mesi 2008, nonostante tagli occupazionali del 4,5% (600mila posti in meno). I margini recupereranno assieme ai livelli produttivi. Indicatori reali Il fondo è stato toccato. Ma è assai profondo. Il puzzle dell'evoluzione della crisi sta proprio nel diverso significato che oggi hanno le variazioni rispetto ai livelli. Un incremento dell'attività produttiva, come si sta delineando per l'estate (in base a molti indicatori anticipatori) è sicuramente una buona notizia. Però potrebbe non bastare, come nei passati cicli economici, a far tornare il sorriso se non sarà sufficientemente robusto da colmare rapidamente il buco di domanda che è stato creato dalla recessione. Perché in molti settori gli attuali livelli di attività comportano interi impianti completamente fermi e molta manodopera in eccesso. Questo tende a frenare la ripresa, in un circolo vizioso, dove lentezza del recupero genera ulteriore lentezza (via minori consumi e investimenti). Perciò la prova della verità sulla velocità e i tempi di uscita dalla crisi arriverà in autunno. Perciò mai come oggi è rilevante la forma della ripresa («V», «U», «L», «J rovesciata») su cui, come sempre nei momenti di uscita dalla recessione, si concentra il dibattito tra gli analisti della congiuntura. Le Borse scommettono su qualcosa che assomiglia più a una «V» che a una «U». Forse brindano solo allo scampato pericolo di un avvitamento. Tassi d'interesse, valute, moneta Con l'abituale ritardo rispetto al meritorio attivismo della Fed, la Banca centrale europea ha annunciato politiche di espansione quantitativa (Eq) della moneta. Questi acquisti di titoli potranno avvenire sia sul mercato che all'emissione, e per ora riguardano solo i covered bond ( titoli cartolarizzati che si distinguono dagli altri perché i mutui o le altre attività sottostanti rimangono nel bilancio della banca e quindi non spostano il rischio sugli acquirenti dei bond). Tuttavia, dato che non bisogna porre limiti alla Provvidenza, può darsi che in futuro l'espansione quantitativa si allarghi anche ad altri tipi di titoli, fino ad arrivare ( absit iniuria verbis) ai titoli pubblici (il trattato di Maastricht proibisce alla Bce di sottoscrivere titoli pubblici all'emissione, ma non proibisce di comperarli sul mercato secondario). Tuttavia, le caratteristiche del mercato dei capitali in Europa rendono poco probabile che la Bce debba avventurarsi in quelle terre quasi proibite. Per scongelare gli attivi delle banche basta sostenere i prezzi dei titoli privati in loro possesso. Piuttosto, sarebbe stato preferibile allargare la gamma dei titoli acquistabili a titolo definitivo oltre i covered bond, dato che il mercato di questi ultimi è molto concentrato (in Germania e Spagna), mentre le obbligazioni tradizionali emesse direttamente dalle banche sono più equamente diffuse. I vasi comunicanti della finanza non comunicano abbastanza, in questo caso, per esser sicuri che gli acquisti di covered bond non finiscano per favorire un mercato nazionale piuttosto che un altro. In ogni caso, il problema n. 1 di questa crisi anomala non è più nei mercati finanziari. Questi non sono certo guariti, ma la piaga non sta più suppurando: gli spread sugli interbancari sono quasi normali, le reti di sicurezza statali sono state tese e i problemi da titoli tossici sono stati circoscritti. Il problema n. 1 è ovviamente nell'economia reale e se ci sono problemi per l'economia finanziaria - come ci saranno - sono da ascrivere alla retroazione dalla "lamiera" alla "carta": la debolezza della domanda, il 4% in menodiPil,nonpotrànonriverberarsi sulle sofferenze delle banche e queste si troveranno nella situazione di un convalescente che ha lasciato la camera di rianimazione, ma è stato trasferito in una corsia con le finestre aperte mentre fuori infuria la tempesta. Anche se gli spread molto più ampi sono un antibiotico potentissimo. Lo stress test applicato in America alle 19 maggiori banche è la corretta risposta a questi problemi nella pipeline della congiuntura. La Fed, il Tesoro e la Fdic meritano 10 e lode per la trasparenza con cui hanno condotto l'operazione. Nel merito, è sempre possibile dissentire su questo o quell'aspetto di un esercizio che è basato su numerose ipotesi di scenari "stressati"; ma il fatto che i risultati non siano molto discosti da simili simulazioni condotte dall'Fmi e da economisti privati (Roubini) fa pensare che le conclusioni siano da accettare. Il capitale addizionale necessario non è di misura tale da renderne impossibile il reperimento sui mercati (e alcune banche lo stanno già facendo), ma in ogni caso rimane l'assicurazione della rete di sicurezza pubblica. In campo valutario la situazione permane tranquilla. Lo yuan, forse per rispolverare le credenziali come futura grande moneta che qualcuno vorrebbe attribuirgli, è stabile sul dollaro e anche lo yuan a 12 mesi ( non deliverable... dovrà essere deliverable se un giorno vorrà essere preso sul serio!) è appiattito sulla quotazione spot. Il dollaro/euro, dopo essere passato dalle stalle di un anno fa (fino a 1,60) alle stelle di qualche mese fa (1,25) si è stabilizzato intorno a 1,35 e non vi sono ragioni per attendersi ampie variazioni. fabrizio@bigpond.net.au l.paolazzi@confindustria.it © RIPRODUZIONE RISERVATA FINANZA CONVALESCENTE Reagisce bene a iniezioni di liquidità e capitali, tassi bassi con spread alti, garanzie pubbliche, operazioni non convenzionali

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La proposta del Lingotto al governo tedesco E Marchionne prepara la nuova missione Usa (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 20/05/2009 - pag: 7 Le strategie I vertici oggi all'assemblea dell'accomandita Giovanni Agnelli & C. La proposta del Lingotto al governo tedesco E Marchionne prepara la nuova missione Usa MILANO Ci saranno le linee generali, le risposte ai chiarimenti chiesti e in parte già ottenuti a voce dal sindacato ma soprattutto dal governo tedesco. E ci saranno, ovvio, la proposta, le garanzie, le condizioni, il quadro strategico globale in cui leggere le mosse Fiat. Non sarà, però, il vero e proprio piano industriale. Non ancora. Il documento da cui si partirà oggi, quello che il Lingotto (come gli altri pretendenti) consegnerà ufficialmente a Berlino avrà la forma di una lettera d'intenti. Con i contenuti Sergio Marchionne scoprirà le proprie carte a sufficienza per rafforzare quanto ha cercato di dimostrare in due settimane di tour su e giù per la Germania: ossia che l'interesse del Lingotto è serio, non finanziario, molto più concreto e a lungo termine dei progetti ventilati dai concorrenti (Magna in primis). Improbabile però che la lettera entri nei dettagli di questo o quello stabilimento, questa o quella produzione, questa o quella singola situazione. Anche perché l'ottica non è strettamente nazionale, esattamente come non è su scala nazionale che il mondo dell'auto può pensare di affrontare la «rifondazione» imposta dalla grande crisi. Marchionne lo ripeterà oggi, ai soci della Giovanni Agnelli & C. che si ritrovano per il bilancio annuale e ai quali spiegherà direttamente la presenza a Balocco fino a ieri sera era confermata, ma subito dopo il numero uno Fiat potrebbe ripartire per gli Usa quale sia l'architettura che punta a realizzare. Lo ha intanto ribadito ancora ieri, da Francoforte, dopo un incontro con il leader dei metalmeccanici. Ma, ha confermato a Bloomberg Tv, con Berthold Huber «non abbiamo discusso di numeri». Perché «la questione non riguarda solo Opel. Noi abbiamo sovracapacità produttiva in Europa e negli Usa. E in questo contesto dobbiamo agire da europei». Poiché, poi, quello stesso contesto ha visto la crisi del settore sommarsi a un'assoluta illiquidità dei mercati finanziari, Marchionne anche in Germania rilancia lo schema Chrysler. In Italia, se l'operazione andrà in porto, scorporerà l'Auto e Powertrain, obiettivo fusione con i tedeschi (per primi) e quotazione. Ma se è vero che il tutto non prevede esborsi cash, e che per contro Opel (come Saab) avrà bisogno di aiuti pubblici per 7 miliardi, «noi possiamo offrire molto, numerosi asset che producono liquidità. Il che è come o addirittura meglio che offrire contanti: i soldi finiscono, le attività che producono soldi no». È questo, il disegno complessivo, quello che Marchionne racconterà alla «cassaforte». Un viaggio dell'ultima ora non è da escludere, e comunque prestissimo sarà di nuovo negli Usa (dove anche alcuni ministri tedeschi incontreranno i vertici Gm e presumibilmente gli uomini della task force del Tesoro). Sarà in ogni caso la prima occasione, per la famiglia Agnelli, di sentirsi fare il punto sulle mosse Fiat. Da Marchionne, se ci sarà come previsto, ma anche da Luca Cordero di Montezemolo e da John Elkann: toccherà soprattutto a lui, azionista principale, rassicurare chi teme un impegno eccessivo sull'auto e spiegare che, al contrario, l'intera operazione consentirebbe di «diluirsi» a soci più piccoli di un gruppo più grande. Raffaella Polato

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Il cabaret di Zelig arriva a Padova (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Veneto sezione: CULTURA data: 20/05/2009 - pag: 13 Lo spettacolo Il cabaret di Zelig arriva a Padova Zelig sbarca a Padova con il duo Katia e Valeria. Le due cabarettiste saliranno sul palco del centro culturale Altinate San Gaetano domani 21 maggio (ore 21) per il ventennale del consorzio Etimos. Un'intera giornata dedicata allo sviluppo sostenibile e alla finanza trasparente, con i produttori dei paesi in via di sviluppo sostenuti da Etimos, dallo Sri Lanka al Perù, che mostreranno la loro produzione, dalla cioccolata al caffè. La mattinata di domani sarà dedicata agli studenti, con conferenze in cui si parlerà di crisi finanziaria e delle ripercussioni nelle economie dei paesi del Sud del mondo. Il pomeriggio sarà dedicato al mondo dell'università e agli interessati a approfondire i temi dell'ambiente e della povertà, della crisi e della speculazione economica. In serata lo show del duo comico di Zelig «Katia e Valeria» che affronteranno anche il tema dell'economia. Un evento di Etimos che ha coniato un nuovo progetto chiamato Join for Change (Jxc) sostenuto dalla Banca padovana di credito cooperativo che, con Etimos, ha creato un fondo etico di credito cooperativo. Martino Galliolo Katia e Valeria Le due attrici domani al Centro San Gaetano per il consorzio Etimos

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Stress test Ue anche per le polizze (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/05/2009 - pag: 29 Per 30 gruppi Stress test Ue anche per le polizze MILANO In arrivo nel 2010 uno stress test anche per il sistema assicurativo europeo, per verificare la sua solidità e la sua resistenza alla crisi finanziaria. Arriverà dopo l'estate e a occuparsene sarà il Comitato europeo di vigilanza sulla assicurazioni (Ceiops), in coordinamento con le autorità nazionali di vigilanza. Una verifica che porterà alla luce la reale tenuta dei più importanti gruppi assicurativi del Vecchio Continente.

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Bene gli indici, scatto Autogrill (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 20/05/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa Bene gli indici, scatto Autogrill di Giacomo Ferrari Immobili Usa Listini frenati dal dato sul mercato immobiliare Usa, ai minimi dal 1959 Ancora un progresso per gli indici di Piazza Affari: l'S&P-Mib è cresciuto dell'1,1% e il Mibtel dello 0,82%. L'avvio era stato assai più promettente, ma nel pomeriggio il dato sul crollo del mercato immobiliare Usa (minimo record dal 1959) ha raffreddato i listini. Autogrill ha messo a segno il rialzo più consistente fra i titoli più capitalizzati, con il prezzo di riferimento cresciuto dell'8,29%. A sostenere gli acquisti è stata soprattutto la conferma del giudizio buy (comprare) da parte di Unicredit, che ha anche rivisto al rialzo il target-price, da 6,4 a 7,8 euro, grazie al miglioramento in aprile del traffico su autostrade e aeroporti, dove la società è presente con propri punti vendita. Significativo anche il progresso di Prysmian (+5,71%), che ha riportato la quotazione sopra quota 10 euro grazie alla notizia di un contratto da 47 milioni di euro acquisito in Qatar. E' proseguita poi la corsa di Unicredit (+4,5%) dopo l'exploit della vigilia. Rimbalzi di oltre tre punti percentuali per Bulgari (+3,91%) e Lottomatica (+3,29%), che hanno recuperato abbondantemente il dividendo staccato lunedì. Del 3,36% inoltre il nuovo passo avanti di Fiat, il cui valore si sta ormai avvicinando alla soglia degli 8 euro, alla vigilia della scadenza fissata dalle autorità tedesche per la presentazione del piano su Opel. In controtendenza rispetto agli indici, invece, A2A (-1,97%), mentre Telecom Italia (-1,96%) ha risentito del calo dell' intero settore telefonico in Europa dopo la presentazione dei risultati trimestrali di Vodafone. In flessione, infine, anche Finmeccanica (-1,16%) e Unipol (-1,21%).

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Marks & Spencer taglia la cedola e cade (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 20/05/2009 - pag: 33 Il caso a Londra Marks & Spencer taglia la cedola e cade (g. fer.) Tonfo alla Borsa di Londra per Marks & Spencer, il colosso britannico della grande distribuzione, colpito dalla crisi dei consumi che ne ha pesantemente ridimensionato la redditività. Il risultato di fine anno è calato infatti del 38% e ieri i vertici della società hanno annunciato che il dividendo sarà ridotto di un terzo. Immediata la reazione sul mercato azionario: il titolo ha ceduto l'8,11% rispetto a lunedì, chiudendo a quota 311,75 pence. Nel corso della seduta la quotazione ha toccato un minimo di 300,75 e un massimo di 335 pence, con 6 milioni di pezzi scambiati. Stuart Rose chairman M&S

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Tutto esaurito per l'aumento Snam Rete Gas (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 20/05/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Tutto esaurito per l'aumento Snam Rete Gas (g. dos.) Tutto esaurito, o quasi, l'aumento di capitale di Snam Rete Gas. L'operazione, da 3,5 miliardi, decisa dall'assemblea del 17 marzo in seguito alla fusione con Stogit e Italgas, è partita il 27 aprile e si è conclusa venerdì scorso, con la sottoscrizione del 99,75% delle azioni offerte. Le opzioni non ancora esercitate saranno offerte in Borsa a partire da domani ed eventualmente nei giorni successivi fino al 27 maggio. Una nota della società ricorda che Eni ha sottoscritto per intero i propri diritti di opzione e deterrà quindi al termine dell'aumento il 52,54% del capitale di Snam Rete Gas. Il titolo ieri è sceso dell'1,05%. Alberto Meomartini presidente Snam RG

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Usa: cantieri fermi Italia: tracolla il commercio estero (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI Usa: cantieri fermi Italia: tracolla il commercio estero Galapagos Le banche italiane non vogliono i «Tremonti bond» e solo pochi istituti li hanno richiesti per un totale di 6 miliardi di euro. «Pochi», secondo il ministro dell'economia che prima ha sostenuto che le banche italiane erano solide e ora si lamenta che gli istituti di credito non chiedono prestiti allo stato. Prestiti, ha spiegato Tremonti, che non debbono servire a rifare il look alle banche, ma a incentivare il crediti alle imprese. Parafrasando il «raffinato» Ricucci, «Tremonti vo' fa' il frocio cor culo degli altri». E' tornato a salire il prezzo del petrolio le cui quotazioni hanno superato la soglia dei 60 dollari al barile. Perché? Secondo molti analisti la risalita deriva dai primi segnali di fine della recessione. Non è del tutto vero. Anzi. Negli Usa ieri sono stati diffusi i dati sull'apertura di nuovi cantieri in aprile: registrano una caduta del -12,8%, mentre i nuovi permessi edilizi sono scesi del 3,3%. Su base annua, l'apertura di nuovi cantieri è crollata del 52,4%, a conferma della gravità della crisi in atto nel comparto immobiliare. Secondo i dati del governo, in aprile i cantieri per la costruzione di abitazioni monofamiliari sono scesi del 2,8% mentre quelli per la realizzazione di condomini sono scesi del 46,1%. Una notizia positiva, però, è arrivata: le camere Usa hanno approvato un progetto di legge per la creazione di una commissione di inchiesta sulla crisi finanziaria. Lunedì notte è arrivata l'approvazione della Camera dei Rappresentanti (338 favorevoli, 52 contrari) che consente dunque l'invio del testo al presidente Barack Obama per la promulgazione. L'organo funzionerà sul modello di quello istituito per indagare sugli attentati dell'11 settembre 2001: organizzerà audizioni pubbliche e avrà diciotto mesi di tempo per esaminare le cause della crisi con la possibilità di segnalare al ministero della Giustizia tutte le violazioni di legge da parte di istituzioni e di individui. La commissione sarà composta da dieci membri (6 designati dai Democratici, 4 dai Repubblicani) scelti tra i cittadini con esperienza nel settore bancario, nella regolazione dei mercati, nel fisco e nella finanza. Altro dato positivo è arrivato dalla Germania: l'indice Zew in maggio è risalito a 31,1 punti dai 13 di aprile. «In merito all'attività economica, sempre più segnali indicano che il peggio sembra essere passato», ha commentato il numero uno dell'istituto Zew Wolfgang Franz. «Ma - ha aggiunto - per quanto riguarda l'evoluzione del mercato del lavoro pare che il peggio debba ancora venire». Intanto in Italia il mese di marzo ha confermato la pesante caduta degli scambi commerciali con l'estero, ennesimo segnale della crisi. Le esportazioni vero i paesi Ue nel mese sono diminuite del 19,6%, mentre l'import è caduto del 16%. Ma la caduta è visibile anche dagli scambi complessivi: nel primo trimestre le esportazioni sono diminuite del 22,8% e l'import (molto influenzato dalla caduta del prezzo del petrolio) del 22,3%. Il risultato è che nei primi tre mesi dell'anno i conti si sono chiusi in rosso per 4,422 miliardi di euro. Sul fronte del lavoro è arrivata la notizia che la banca olandese Abn-Amro vuole vuole risparmiare 1,3 miliardi di euro e taglierà 5 mila posti di lavoro. Il gruppo telefonico Vodafone, invece, seguita a godere di buona salute (soprattutto in Italia) anche se gli utili si sono ridotti a caua delle forti perdite in Spagna e Turchia

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"La paura non è poi così male combatte l'ansia del vivere" (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 20-05-2009)

Argomenti: Crisi

LE REAZIONI di panico suscitate dall'influenza suina potrebbero essere spiegate con il fatto che l'epidemia ha distratto la nostra attenzione dai rovinosi effetti della crisi finanziaria mondiale? Oppure, semplicemente, è nella natura umana reagire in modo sproporzionato ai pericoli che non possiamo controllare? "Il fatto è che ci piace essere spaventati", sostengono due statistici inglesi, Simon Briscoe e Hugh Aldersey-Williams, in Panicology, pubblicato quest'anno negli Stati Uniti. Lo testimonia l'enorme popolarità dei disaster movie e dei thriller. In particolare, i due studiosi prendono ad esempio il panico diffusosi nel 2005 e nel 2006 a causa dell'influenza aviaria. Alla fine, quel virus ha ucciso meno di 300 persone in tutto il mondo. Così pure, a causa dell'allarme suscitato dall'influenza suina, sono stati soppressi milioni di animali e sono andate perdute ingenti quantità di denaro. Paradossalmente, osservano gli autori, "la vita moderna ha fortemente ridotto molti dei rischi che l'umanità deve affrontare, e tuttavia è proprio la vita moderna che sembra generare gran parte delle nostre paure: l'immigrazione, l'invecchiamento, la perdita di identità culturale...". Secondo l'analisi dei due autori, "è come se dovessimo temere per forza qualcosa". Forse i messaggi per la tutela della salute produrrebbero un effetto maggiore se spaventassero davvero la gente, dice Briscoe, osservando che milioni di persone continuano a fumare anche se ciò contribuisce alla morte di metà di loro. E la stessa cosa accade con il cibo e le bevande che possono mettere in pericolo la salute. Gran parte dei rischi che corriamo o che evitiamo, inoltre, anziché su informazioni sicure si basano su false percezioni. Un esempio classico è quello dei diversi modi di viaggiare. "Gli incidenti da trasporto sono la causa principale di morte accidentale dopo le cadute", scrivono gli autori. Tuttavia, la gente spesso ha più paura di volare. Panicology prende in esame un gran numero di ansie che hanno assillato il mondo industrializzato nell'era moderna: dalla crisi demografica agli effetti della parotite, del morbillo e della rosolia sull'autismo (nessuno, si è scoperto); il cambiamento climatico, i terremoti, i cibi Ogm. Ad ogni argomento gli autori assegnano un punteggio relativo al grado di panico, a quello di rischio e alla capacità di una persona di ridurlo. Troppo spesso, il livello di panico supera di parecchio il rischio effettivo. In altri casi, il rischio potrebbe essere ridotto o eliminato attraverso l'autocontrollo. Vale la pena ricordare che l'ansia stessa è un rischio, uno stress che può minacciare la salute e la felicità. OAS_RICH('Middle'); (Copyright New York Times/ La Repubblica. Traduzione di Antonella Cesarini) (20 maggio 2009

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L'affondo del dollaro (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

COMMENTO L'affondo del dollaro Immanuel Wallerstein Il premier cinese Wen Jiabao, quando nel marzo 2009 si è detto «un po' preoccupato» per lo stato del dollaro Usa, ha espresso lo stato d'animo di stati, imprese e persone di tutto il mondo. Egli ha chiesto agli Stati uniti di «mantenere il credito, onorare le promesse e garantire la sicurezza degli asset cinesi». Soltanto cinque anni fa, questa richiesta sarebbe sembrata molto arrogante. Ora appare «comprensibile» anche a Janet Yellen, presidente della Federal Reserve Bank di San Francisco, sebbene Yellen consideri le proposte della Cina sulla valuta di riserva mondiale «lungi dall'essere un'alternativa pratica». Ci sono solo due modi di custodire la ricchezza: in vere e proprie strutture fisiche, e in una qualche forma di denaro (valuta, obbligazioni, oro). Entrambi i modi comportano dei rischi per il possessore. Le strutture fisiche si deteriorano se non vengono usate, e usarle implica dei costi. Utilizzare tali strutture per ottenere guadagni e dunque profitti dipende dal «mercato» - ossia, dalla disponibilità di acquirenti disposti a comprare ciò che le strutture fisiche possono produrre. Le strutture fisiche sono almeno tangibili. Il denaro (che è denominato in cifre nominali) è semplicemente una potenziale pretesa su strutture fisiche. Il suo valore dipende dal rapporto di cambio che intrattiene con le strutture fisiche. E questa relazione può variare - e varia - costantemente. Se varia di poco, nessuno quasi se ne accorge. Ma se varia considerevolmente e frequentemente, i suoi possessori guadagnano o perdono molta ricchezza, spesso rapidamente. In termini economici, una valuta di riserva non è altro che la forma più affidabile di denaro, quella che varia di meno. Perciò è il posto più sicuro per custodire qualunque ricchezza si possegga, che non sia sotto forma di strutture fisiche. Dal 1945 almeno, la valuta di riserva mondiale è il dollaro Usa. Lo è ancora. Il paese che emette la valuta di riserva ha un particolare vantaggio rispetto a tutti gli altri paesi. È l'unico paese che può legalmente stampare valuta, quando ritiene che sia suo interesse farlo. Le valute hanno tutte tassi di cambio con altre valute. Da quando, nel 1973, gli Usa hanno abbandonato il loro tasso fisso di cambio con l'oro, il dollaro ha fluttuato nei confronti di altre valute, salendo e scendendo. Quando scendeva rispetto a un'altra valuta, ciò favoriva le esportazioni perché l'acquirente della merce esportata aveva bisogno di meno valuta propria. Ma le importazioni diventavano più costose, perché servivano più dollari per pagare il bene importato. Nel breve periodo una valuta indebolita può far aumentare l'occupazione nel paese. Ma, nel migliore dei casi, questo è un vantaggio di breve periodo. Nel medio termine è più vantaggioso avere una valuta cosiddetta forte: il possessore di questa valuta ha un maggiore controllo sulla ricchezza mondiale, misurata in strutture e prodotti fisici. Nel medio periodo le valute di riserva sono valute forti e vogliono restare forti. La forza di una valuta di riserva deriva non solo dal suo controllo sulla ricchezza mondiale, ma anche dal potere politico che offre nel sistema-mondo. Ecco perché la valuta di riserva mondiale tende a essere la valuta del potere egemonico mondiale, anche se è un potere egemonico in declino. Ecco perché il dollaro Usa è la valuta di riserva mondiale. Perché dunque il premier Wen è «un po' preoccupato»? Chiaramente, perché negli ultimi decenni il tasso di cambio del dollaro Usa ha fluttuato molto ma, nell'insieme, è andato lentamente declinando. Uno dei principali fattori è l'incredibile aumento del debito globale del governo americano. Sostanzialmente, gli Stati uniti riescono a compensare le spese in due modi. Stampano valuta e vendono i buoni del tesoro Usa, soprattutto ad altri governi (i cosiddetti fondi sovrani). Non è un segreto che negli ultimi anni il principale acquirente dei buoni del tesoro americani è stata la Cina. La Cina non è l'unico acquirente. Il Giappone, la Corea del Sud, l'Arabia Saudita e Abu Dhabi, l'India e la Norvegia, hanno tutti comprato buoni del tesoro Usa. Ma oggi la Cina è il maggiore acquirente e, data l'attuale contrazione del credito, probabilmente è uno dei pochi acquirenti nell'immediato futuro. Il dilemma per la Cina, come per gli altri paesi che hanno investito in buoni del tesoro Usa, è che se il dollaro scendesse ulteriormente, o se si verificasse un'inflazione significativa legata alla stampa di valuta da parte degli Stati uniti, l'investimento in buoni del tesoro potrebbe tradursi in una perdita. D'altro canto, quale alternativa hanno la Cina e gli altri stati? La conclusione cui stanno giungendo la Cina e gli altri acquirenti è una politica di disinvestimento discreto, ma costante: non così rapida da scatenare una «corsa agli sportelli», ma nemmeno così lenta da farli restare col cerino in mano «prima del fuggifuggi» («before the stampede»), come W. Joseph Stroupe ha intitolato il suo articolo su Asia Times. La Cina sta riducendo la quantità di buoni del tesoro americano che acquista, e ora preferisce comprare quelli a breve termine, piuttosto che quelli a lungo termine. Inoltre sta entrando nei «currency swaps» con altri paesi, come l'Argentina; in questo modo non devono usare i dollari per le loro transazioni. E la Cina sta chiedendo la creazione di una valuta di riserva alternativa basata sui «diritti speciali di prelievo» («special drawing rights» - Sdr) creati dal Fondo monetario internazionale, che si basano su un paniere di valute. La Russia ha sottoscritto la proposta. Gli Stati uniti non sanno bene come rispondere. Quando il segretario al tesoro Timothy Geithner ha dichiarato che il governo americano è «aperto» alla proposta della Cina di aumentare l'uso dei diritti speciali di prelievo, il dollaro è immediatamente sceso nel mercato valutario. Così Geithner ha «chiarito». Il dollaro è rimasto la «valuta di riserva dominante» e questo «probabilmente continuerà ancora a lungo». «Faremo ciò che è necessario - ha dichiarato Geithner - per dimostrare che sosteniamo la fiducia nei nostri mercati finanziari, nella capacità produttiva di questo paese e nei nostri fondamentali a lungo termine». Geithner sta solo ostentando sicurezza? Cosa più importante: chi crede nella plausibilità delle sue parole? La chiave della forza di una valuta non sono i cosiddetti fondamentali, ma è la «fede» nella loro realtà. Tutti gli attori principali sperano possa esserci un atterraggio morbido, una transizione ordinata per prendere le distanze dal dollaro Usa. Nessuno vuole precipitare in caduta libera, perché nessuno è sicuro di guadagnarci se ciò dovesse succedere. Ma se lo stimolo degli Usa si rivelasse alla fine l'ultima bolla, il dollaro potrebbe subire una deflazione improvvisa, in modo estremamente caotico. I francesi rendono «stampede» con «sauve-qui-peut» cioè, alla lettera, «si salvi chi può». (Traduzione Marina Impallomeni)

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La finanza torna Crollo Giappone (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI La finanza torna «alla normalità» Crollo Giappone Carlo Leone Del Bello Dopo che gli stress test sono riusciti - nonostante tutto - a convincere i mercati della buona salute delle banche, dall'amministrazione Usa è in arrivo l'ennesimo maxi-regalo per le istituzioni finanziarie. Il segretario al Tesoro Tim Geithner ha infatti annunciato ieri che il Public-Private Investment Program, colonna portante dell'azione governativa sul fronte finanziario, avrà inizio fra sei settimane. Il Ppip è il programma che permetterà, a fondi di investimento privati, l'acquisto dei «titoli tossici» di cui le banche voglioni sbarazzarsi. Il governo ha a disposizione 100 miliardi di dollari, che utilizzerà come «capitale di rischio» per finanziare fino a mille miliardi di acquisti in titoli problematici, sobbarcandosi però anche il «rischio di tossicità». Fra gli obiettivi del programma c'è quello di ripristinare la «liquidità» sul mercato dei titoli derivati da prestiti. Cosa alquanto curiosa, visto che molti di questi titoli sono nati per esser detenuti fino alla scadenza. Il presidente degli Stati uniti Barack Obama ha inoltre dichiarato ieri di vedere dei «progressi» sui mercati finanziari. Un certo «ritorno alla normalità», ha aggiunto. Sotto molti punti di vista, è vero: i tassi di interesse di mercato continuano a scendere. Il tasso Libor a tre mesi ha toccato ieri il nuovo minimo di 0,71%, mentre la differenza fra questo e i buoni del tesoro Usa (una misura della fiducia sul mercato interbancario) è tornata praticamente a livelli pre-crisi. Quasi alla normalità anche il Vix, noto anche come «indice dalla paura» fra gli addetti ai lavori, che misura la volatilità dei mercati azionari. «Ritorno alla normalità» significa anche ritorno al deprezzamento del dollaro. Il biglietto verde sperimentò infatti un forte apprezzamento nel corso dell'autunno del 2008, a causa di quello che fu chiamato «volo verso la sicurezza». La situazione della finanza globale dopo il fallimento Lehman Brothers provocò infatti una fuga di capitali dai paesi emergenti verso il dollaro, ritenuto relativamente più sicuro. Ieri l'euro ha chiuso a 1,37 dollari, ai massimi dell'anno. Business as usual anche per il petrolio, che è tornato a salire e al mercato a termine di New York ha sfiorato quota 62 dollari al barile. Profondo rosso invece per l'economia reale globale. Sono stati diffusi ieri gli spaventosi dati sul Pil giapponese, crollato nel primo trimestre del 4% rispetto a ottobre-dicembre 2008 e del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Male anche la Spagna, dove il Pil del primo trimestre è calato del 3% rispetto allo scorso anno e dell'1,9% rispetto al trimestre precedente.

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C'è la recessione globale, dobbiamo pianificare il futuro, vogliamo sentire cosa ne pensan... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

C'è la recessione globale, dobbiamo pianificare il futuro, vogliamo sentire cosa ne pensano i leader della finanza e della filantropia». Con questa scarna lettera il guru dei mercati Warren Buffett e il fondatore di Microsoft Bill Gates hanno convocato in segreto nella President Room della Rockefeller University di New York un club esclusivo che si riunisce una volta ogni cento anni: a comporlo sono quel pugno di americani che navigano, letteralmente, nei dollari e possono dunque condizionare l'andamento dell'economia nella nazione più ricca dell'intero Pianeta. L'ultima volta che qualcosa del genere è avvenuto risale al 1907 quando il banchiere John Pierpont Morgan riunì nel proprio studio privato di Manhattan i maggiori finanzieri degli albori di Wall Street per discutere come calmare il dilagante panico economico dell'epoca. Visto che i timori odierni sono assai maggiori e l'intero sistema finanziario americano rischia il crollo Buffett, Gates e Rockefeller, nelle vesti di blasonato padrone di casa, hanno pensato di ripetere l'evento esclusivo. La parte più difficile è stata la logistica: riuscire a far arrivare in segreto nello stesso posto, alla stessa ora, nel bel mezzo di Manhattan, tutti i super-vip facendo coincidere calendari che si estendono su cinque continenti e senza farsi vedere da neanche una telecamera ha messo a dura prova la tempra degli organizzatori. Ma tutto è filato liscio e martedì 5 maggio, alle 3 del pomeriggio in punto, seduti attorno al tavolo con vista sull'East River si sono così ritrovati i contemporanei equivalenti dei membri del club di JP Morgan. I loro nomi descrivono un ammontare di denaro - e dunque di potere - difficile da quantificare. I coniugi Bill e Melinda Gates e Warren Buffett sono per la classifica di «Forbes» i più abbienti del Pianeta - vantando rispettivamente beni per almeno 57 e 37 miliardi di dollari - la stella tv Oprah Winfrey è titolare di un impero editoriale da 2,7 miliardi di dollari, il sindaco di New York Michael Bloomberg siede su un patrimonio di 20 miliardi, il fondatore della Cnn Ted Turner regalò senza battere ciglio uno dei suoi 2,3 miliardi all'Onu, George Soros, che di miliardi ne ha 11, è il principale rivale di Buffett a Wall Street e David Rockefeller è il banchiere discendente della famiglia che ha contributo a disegnare le fondamenta dell'economia americana. Altrettanto ricchi ma forse meno noti gli altri invitati alla riunione a porte chiuse: i finanzieri Eli e Edythe Broad con una fortuna di 5,2 miliardi; John Morgridge, ex presidente di Cisco, con la moglie Tashia; Peter Peterson, presidente del Blackstone Group; Julian Robertson, fondatore di Tiger Management Corporation; Patty Stonesifer, ex presidente della Fondazione Gates. I singoli invitati hanno preso la parola rispettando al secondo il tempo fissato di 15 minuti a intervento. Ne è scaturito alla fine un breve dibattito e poi tutti sono tornati in fretta ai propri numerosi impegni tenendo fede al patto di non rivelare nulla di quanto avvenuto. Il segreto assoluto ha resistito fino a quando il sito Irishcentral.com ha pubblicato la testimonianza anonima di uno dei partecipanti che ha descritto l'intervento di Gates come «il più efficace», quello di Buffett come «molto incisivo» e Turner «senza peli sulla lingua» aggiungendo che la disinibita regina dei talk show Oprah Winfrey «ha invece preferito ascoltare». Ma anche la gola profonda del Web non ha svelato nulla dei contenuti della misteriosa tavola rotonda, come non ha suggerito spiegazioni del perché l'unico a mancare all'appello fosse il conservatore Rupert Murdoch, fondatore della News Corporation. In una nazione dove ogni ateneo ha le proprie sette segrete e i gruppi di potere fanno a gara nel riunirsi in associazioni dai nomi esoterici la fuga di notizie ha scatenato i reporter investigativi e il tam tam di gossip sul Web ha dato vita a teorie cospirative sul un presunto «patto fra ricchi per salvare i propri soldi dalla recessione». Per tentare di calmare le acque è sceso in campo Stacy Palmer, direttore del «Chronicle of Philantropy» assicurando alla tv Abc di sapere che «l'incontro è avvenuto per stabilire un nuovo approccio alla filantropia globale» dando vita ad un «evento senza precedenti» avvalorato dal fatto che i co-invitati sommano dal 1996 donazioni benefiche per oltre 70 miliardi di dollari. Bob Ottenhof, presidente del gruppo «Guidestar» che tiene sotto controllo le attività delle maggiori associazioni no-profit, ammette però che «questo tipo di incontri non avvengono spesso perché è molto difficile per i maggiori enti filantropici lavorare assieme». Come dire, forse hanno davvero parlato di come «donare meglio e di più per aiutare l'umanità» a dispetto della recessione ma non si può escludere che i motivi dell'insolita riunione siano stati anche altri: dalla volontà di scambiarsi idee e informazioni sull'evoluzione della imprevedibile crisi finanziaria alla possibilità di operare assieme per sfruttare i vantaggi del momento fino allo scenario di una mobilitazione collettiva di sapore patriottico per scongiurare che un'America a prezzi stracciati possa venire acquistata da imprenditori di Paesi non troppo amici. Quali che siano stati contenuti del summit segreto fra i Paperoni di inizio secolo non c'è dubbio che forse qualcosa è già arrivato alle orecchie del presidente Barack Obama. Visto che Oprah è una sua fan dichiarata, oltre ad essere buona amica della moglie Michelle.

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Nasce l'era del capitalismo dai cento fiori (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-05-21 - pag: 1 autore: LEZIONI PER IL FUTURO Nasce l'era del capitalismo dai cento fiori di Martin Wolf L a crisi che stiamo vivendo è uno spartiacque? Da una parte la globalizzazione trainata dal mercato, il capitalismo finanziario e il predominio dell'Occidente, e dall'altra il protezionismo, la regolamentazione e il predominio dell'Asia? Oppure gli storici giungeranno alla conclusione che si è trattato di un evento provocato da pochi scriteriati,di scarsa importanza?Io prevedo che sarà un po' l'una e un po' l'altracosa. Non è una Grande Depressione, grazie alla ferrea determinazione con cui hanno reagito gli Stati, e non è nemmeno il 1989 del capitalismo. Andiamo a vedere cosa sappiamo e cosa no sull'impatto della crisi sull'economia, la finanza, il capitalismo, lo Stato, la globalizzazione e la geopolitica. Per quanto riguarda l'economia, sappiamo già cinque cose importanti. Primo: quando gli Stati Uniti si beccano la polmonite, tutti quanti si ammalano. Secondo: questa è la crisi economica più grave dagli anni 30. Terzo: la crisi è globale, con effetti particolarmente gravi sui Paesi specializzati nell'esportazione di prodotti lavorati o che fanno affidamento su importazioni nette di capitali. Quarto: i responsabili politici hanno messo in campo contro questa crisi misure di stimolo monetarie e di bilancio e interventi di salvataggio finanziari senza precedenti. Infine, tutti questi sforzi alcuni risultati li hanno prodotti: la fiducia sta tornando e il ciclo di sostituzione delle scorte dovrebbe apportare un certo sollievo. Come ha sottolineato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, l'economia globale è «vicina al punto di svolta »,intendendo che la discesa dell'economia sta rallentando. è prevedibile anche che saranno gli Stati Uniti a guidare la ripresa. Gli Usa sono tornati a essere il Paese più keynesiano del mondo in-dustrializzato. Ed è prevedibile anche che la Cina, con il suo imponente piano di rilancio, risulterà l'economia di maggior successo di tutto il pianeta. Sfortunatamente, ci sono almeno tre cose che non possiamo sapere. Gli eccezionali livelli d'indebitamento e la caduta del patrimonio netto genereranno nelle famiglie, prima abituate a spendere molto per i consumi, un marcato incremento del desiderio di risparmio, ma in quale misura? Fino a quando si riuscirà ad andare avanti con questi deficit di bilancio prima che i mercati chiedano una compensazione maggiore per il rischio? Le Banche centrali riusciranno a trovare una via d'uscita non inflazionistica dalle politiche non convenzionali? Nel campo della finanza, la fiducia sta tornando, con gli spread tra attività sicure e attività a rischio che stanno scendendo a livelli meno anomali, e con un (modesto) recupero dei mercati. L'amministrazione statunitense ha accertato che il suo sistema bancario è in condizioni di salute ragionevoli. Ma la situazione patrimoniale del settore finanziario è esplosa negli ultimi decenni e la solvibilità dei debitori è seriamente menomata. Continua u pagina 2 l'articolo prosegue in altra pagina

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Tanti deficit, una soluzione comune (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-21 - pag: 15 autore: Tanti deficit, una soluzione comune I disavanzi previsti per il 2010 rendono il Patto di stabilità poco credibile o dannoso di Carlo Bastasin A ll'inizio di giugno, prima i ministri delle Finanze, poi i capi di governo europei dovranno riaprire la discussione sul Patto di crescita e di stabilità che disciplina le finanze pubbliche dei nostri paesi. La crisi sta spingendo tutti a chiedere maggior coordinamento, ma al tempo stesso sta svuotando di significato proprio l'unico ambito normativo europeo di armonizzazione dell'azione economica dei governi. Di fronte a disavanzi pubblici che arrivano nel caso dell'Irlanda al 15% del Pil nel 2010 e nel caso della Spagna al 10%, l'intero disegno istituzionale che presiede alle politiche economiche nella zona dell'euro (procedure di deficit eccessivo, programmi di stabilità e, a livello Ue, linee guida economiche) così com'è, può essere o dannoso o non credibile. Dannoso, se verrà mantenuto di nome, ma svuotato di fatto, evitando di applicare ogni sanzione ai governi indebitati e già in difficoltà. Non credibile, se la disciplina rigorosa dei bilanci verrà difesa, pur sapendo che i governi non potranno rispettarla. In tale dilemma è necessario uno sforzo politico per creare qualcosa di nuovo. Dopo l'ultima riunione dei ministri dei paesi euro, i pericoli sono emersi chiaramente: da un lato il ministro francese Christine Lagarde ha proposto di mantenere la struttura del Patto così com'è, concordando però tacitamente un'ampia tolleranza sia sui tempi di rientro sia sulle dimensioni dei disavanzi. Dall'altro lato JÜrgen Stark, membro della Bce e autore materiale del Patto voluto da Theo Waigel tra il '95 e il '97, ha chiesto il rispetto delle norme nella loro forma attuale. I giornali tedeschi parlano di uno scontro in atto - molto nascosto all'opinione pubblica - tra i governi della zona euro. Il problema di un Patto poco credibile non è tanto d'efficacia economica, quanto di sostanza politica. I disavanzi previsti sono così alti e i tassi di crescita del Pil così bassi, che una struttura come quella del Patto, costruita per rientri rapidi verso l'equilibrio di bilancio, non ha senso. Secondo le fonti tedesche, anche a Bruxelles si ragiona su tempi di rientro dei disavanzi nell'ordine dei cinque- dieci anni. Significa che qualsiasi governo dovrebbe prendere impegni stringenti che determinano la politica economica anche dei governi successivi, benché votati da nuovi Parlamenti in seguito a nuove elezioni. è inutile far finta che il problema politico non esista. Prima o poi qualche elettore si ribellerà al fatto che il proprio voto sarà inutile a determinare le scelte di bilancio del proprio governo. E tanto per cambiare si rivolterà contro l'Europa. Opportunità economica e opportunismo politico giocano contro il Patto. La recessione è ancora così viva che il Fondo monetario chiede ai governi europei maggiore stimolo, non minore, alla loro economia. Il mese scorso José Luis Zapatero ha sostituito al ministero delle Finanze l'ex commissario europeo Pedro Solbes, sostenitore di una condotta prudente dei conti pubblici. A denunciare l'insostenibilità del Pattoè stato il ministro olandese Wouter Bos, che ha messo in dubbio che la natura delle norme attuali sia adatta a una crisi tanto grave. L'Olanda è sempre stato il paese più rigorista e la scelta di Bos ha sorpreso il governo di Berlino. Ma oggi anche in Germania i temi di finanza pubblica che stanno a cuore alla politica sono le proposte di tagliare le tasse con cui Angela Merkel e il suo sfidante Frank-Walter Steinmeier si contendono le elezioni federali di settembre. Così il fronte dei difensori del Patto di stabilità sembra francamente debole. Il 18 febbraio scorso la Commissione ha pubblicato i rapporti che denunciano i deficit eccessivi di Francia, Spagna, Grecia e Irlanda. Un atto dovuto per legge, di cui i governi hanno riconosciuto la legittimità in un momento in cui non avevano altra scelta: gli spread sui titoli pubblici dei diversi paesi stavano pericolosamente ampliandosi e votare contro la Commissione avrebbe significato togliere credibilità al Patto che presiede proprio alla convergenza fiscale dei paesi europei. Il margine di discrezionalità del Patto è d'altronde aumentato enormemente dopo la revisione del 2005. Da allora la funzione preventiva del Patto scatta in modo non automatico e in base alle specificità del singolo paese (riforme strutturali o andamenti demografici), mentre la funzione dissuasiva è attenuata da ampie deroghe ("fattori rilevanti" o "severe recessioni") che dilatano tempi e sanzioni. Tutti i ministri sanno che le "circostanze eccezionali" in cui le economie si trovano giustificano interpretazioni del Patto tali da rinviare l'applicazione delle sanzioni fino al 2017. Ancora una volta aprendo un dilemma politico: a pagare le sanzioni sarebbe infatti un governo diverso da quello sanzionato. Ma non ci sarà bisogno di aspettare tanto per verificare la perdita di credibilità del Patto di stabilità: il prossimo anno,13 dei 16 paesi dell'euro registreranno disavanzi eccessivi, è molto dubbio che gli stessi sedici ministri possano votare a maggioranza qualificata qualsiasi procedura d'infrazione contro chiunque di essi. Tanto vale rinunciare al Patto?Un'interpretazione diffusa sostiene che i mesi scorsi abbiano dimostrato che più del Patto sono i mercati finanziari a disciplinare i comportamenti pubblici. L'apertura degli spread ha alimentato i rischi di default e i due paesi più colpiti, Irlanda e Grecia, pur in misura diversa, hanno reagito correggendo l'azione di governo. Ma si tratta di un'interpretazione che non convince. I problemi finanziari degli Stati europei sono di lungo periodo, mentre i mercati sembrano intervenire, come acceleratori, solo alla vigilia delle crisi. Inoltre, l'instabilità di ogni paese nasconde un potenziale di contagio enfatizzato, non limitato, dai mercati e ciò giustifica interventi preventivi comuni di tutti i paesi. I governi europei si trovano di fronte a un problema comune e di lungo termine di finanza pubblica. Per risolverlo hanno bisogno di una cornice istituzionale che renda credibile l'impegno al rientro dei disavanzi, riducendone il costo. Ma ogni paese affronta situazioni così eccezionali da poter essere valutato solo nel merito delle proprie scelte di riduzione dei deficit e di stimolo della crescita. Cioè nel merito dell'azione politica di governo. L'impegno di lungo termine nella riduzione dei disavanzi porrà anche problemi di legittimità politica degli impegni presi dai governi per il loro paese. Il Patto non è sufficiente a risolvere questo problema complesso di attribuzione politica delle competenze e delle responsabilità. Introdurre elementi discrezionali e analisi qualitative nel giudizio europeo sulle politiche economiche dei singoli Stati significa infatti riconoscere, di fronte all'opinione pubblica, la necessità di un comune governo dell'economia europea. Di questo dovrebbero avere il coraggio di discutere i capi di governo al vertice Ue di giugno. carlo.bastasin@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA LE SOLUZIONI Grecia e Irlanda hanno corretto le loro politiche per timore di essere punite dai mercati: non basta, è necessario anche più coordinamento a Bruxelles

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Due società per il battesimo di Aim (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-21 - pag: 42 autore: Matricole sotto la lente Due società per il battesimo di Aim di Antonella Olivieri L' Aim Italia debutta con due matricole, Neurosoft e Ikf, entrambe quotate sul mercato dedicato alle piccole imprese dall'8 maggio. Prima di parlare delle società, è bene ricordare quali sono le caratteristiche del nuovo mercato, nato sulla falsariga dell'Alternative investment market londinese. Anzitutto va chiarito che si tratta di un Mtf (multilateral trading facility), nella fattispecie un mercato "regolamentato" da Borsa italiana, dove il ruolo della Consob si limita alla verifica della trasparenza sulle modalità di negoziazione. La procedura di quotazione non richiede infatti l'obbligo di presentare un prospetto informativo, anche per tener conto delle esigenze delle aspiranti matricole che sono di dimensioni contenute. In sede di Ipo, l'offerta è riservata esclusivamente agli investitori istituzionali, che di fatto determinano il prezzo iniziale. Successivamente, dal momento dello sbarco in listino i titoli possono essere negoziati anche dagli investitori retail. Per le caratteristiche del mercato e per quelle delle aziende che si quotano, è evidente che il profilo di rischiosità è più elevato di quello della Borsa "ufficiale". Profilo di rischiosità che emerge, per esempio, nelle caratteristiche di Ikf. La società è nata il 18 settembre 2008 e quindi non ha alcun bilancio completo da mostrare. L'attività è l'investimento in piccole e medie imprese, aiutandole a crescere, fornendo servizi di consulenza strategica. Ma l'unica operazione realizzata finora risale a pochi giorni prima della quotazione. Il 27 aprile infatti Ikf ha rilevato da alcuni dei suoi azionisti – Gaetano Felli, Paper Stock International, Cartiera italiana e Golem – il 61,8% di PKarton, pagata con i fondi derivanti dal recente aumento di capitale sottoscritto dagli stessi soci: 4,9 milioni. PKarton era stata costituita nel 2006 per rilevare il ramo d'azienda della Cartiera Prinoli (cartoncino per imballaggi) che era in liquidazione e che finora ha chiuso i conti in perdita. Il 30 aprile Ikf ha sottoscritto anche un'opzione irrevocabile per rilevare a un milione il 33% di Serravalle Energia, che sta progettando la realizzazione di un impianto di energia elettrica da biomasse in un'area dello stabilimento di Cartiera italiana che fornirebbe la "materia prima" degli scarti di lavorazione. Secondo le intese, successivamente Ikf otterrebbe una seconda opzione irrevocabile per rilevare il restante 67% della Serravalle al prezzo di 2 milioni. Impossibile perciò stimare un valore di Ikf che, collocata a 1 euro (per una capitalizzazione iniziale di 8,15 milioni con un flottante del 25,4%), ieri era trattata sull'Aim a 1,1 euro. L'altra matricola, Neurosoft, ha una storia di più lunga data. Di diritto greco, è stata fondata nel 1994 e si occupa di software per scommesse, business intelligence e factoring. Il 24 febbraio scorso Opap, società greca a partecipazione statale, ha rilevato il 36% del capitale al prezzo di 6,4 euro per azione. Nel 2008 Opap, come cliente, rappresentava il 53,6% dei ricavi della società, mentre Lottomatica (partecipata da Mediobanca, che ha curato il collocamento in Italia di Neurosoft) il 20,1%. La quotazione serve a finanziare l'espansione internazionale. Con il metodo del Dcf, Analisi mercati finanziari (gruppo Il Sole 24 Ore) stimava un fair value per azione di 6,63 euro contro i 7,6 euro del collocamento. Ieri il titolo, che ha un flottante limitato al 16,7% del capitale, ha chiuso a 9,83 euro. I RISCHI Non c'è l'obbligo di prospetto La start up d'investimento Ikf rileva attività dai soci Per Neurosoft il legame con l'Italia è Lottomatica

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Mps e Clessidra lanciano Prima (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-21 - pag: 43 autore: Risparmio gestito. Parte la nuova Sgr Mps e Clessidra lanciano Prima MILANO Il private equity Clessidra e la banca Mps lanciano Prima Sgr, la società di gestione del risparmio che – partendo con 20 miliardi di masse amministrate – punta a diventare il leader di mercato tra gli operatori indipendenti. «Partiamo da una massacritica amministrata significativa, di circa 20 miliardi, non siamo piccoli, ma vogliamo crescere ancora sia per linee interne che per aggregazioni – ha commentato Claudio Sposito, presidente di Clessidra Sgr –, a nostro parere la dimensione ideale è di circa 50 miliardi». Prima Sgr ricomprende le attività nel risparmio gestito del gruppo Mps (Monte Paschi Asset Management Sgr e Abn Amro Asset Management Italy Sgr, quest'ultima portata in dote da AntonVeneta) ed è il frutto di una partnership che vede il capitale suddiviso tra Clessidra al 67% e Mps al 33%. Per la banca senese, la cessione parziale rientra nel più ampio piano di riorganizzazione e dismissioni successivo all'operazione AntonVeneta (che ha portato anche all'estensione all'intero gruppo della joint venture assicurativa con i francesi di Axa). Ma non mancano motivazioni industriali e regolamentari, tenuto conto delle ripetute sollecitazioni della Banca d'Italia al sistema bancario per la divisione della produzione dalla distribuzione dei prodotti di risparmio. La nascita di Prima sgr «sottintende alla logica che porta la banca retail a offrire i migliori prodotti in un certo arco temporale, senza avere conflitti di interessi », ha commentato il presidente di Mps Giuseppe Mussari. Una scelta che la banca senese ha fatto anni fa. «Il percorso di cessione della Sgr –ha spiegato ancora Mussari – ha avuto complessità, difficoltà tecniche e negoziali visto che si è trattato della prima operazione di questo genere e di queste dimensioni ». A questo punto, Rocca Salimbeni «non sarà solamente distributore di Prima e Prima non sarà esclusivo produttore della banca». Il deconsolidamento del risparmio dal gruppo Mps si riflette anche nella composizione del cda, in cui Siena sarà in minoranza: su 9 consiglieri, quattro saranno in rappresentanza di Clessidra, tre di Mps e due saranno indipendenti (ma indicati da Clessidra). Un settore, quello dell'asset management, in crisi irriversibile? «Esistono difficoltà strutturali che erano già evidenti prima dell'esplosione della crisi finanziaria – ha spiegato Sposito – è un comparto a cui bisogna avvicinarsi con un approccio nuovo puntando, in prima battuta, sulla semplificazione dei prodottie sulla massima trasparenza nei confronti della clientela. La crisi passerà e i risparmiatori torneranno a cercare risposte dall'asset management». Il deflusso dall'industria dei fondi fa parte di un trend che ormai va avanti da anni. «Anche se negli ultimi mesi, e in particolare in questa prima parte di maggio –ha sottolineato il direttore generale di Mps Antonio Vigni – noi abbiamo registrato un'inversione di tendenza e siamo fiduciosi che la ripresa continui». Per diventare un grande player nel settore, Prima Sgr punta fin dal suo avvio ad aggregare altre realtà italiane. Il momento, d'altra parte, è propizio poiché quasi tutte le banche stanno valutando la cessione o, più spesso, l'integrazione della propria Sgr in un contenitore più ampio e, soprattutto, indipendente. Tanto che nel caso di operazioni straordinarie, Clessidra fa già sapere di essere disposta a scendere nel capitale di Prima Sgr e a rinunciare alla maggioranza. «Apriamo il capitale a chi è disposto a partecipare a un progetto che punti all'indipendenza della Sgr – ha aggiunto Sposito – per noi l'importante è mantenere una leadership strategica». Al.G. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA STRATEGIA Sposito: «Cresceremo tramite aggregazioni, l'indipendenza è un valore». Mussari: «Nessun rapporto di esclusiva reciproca»

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Sarbanes-Oxley incostituzionale (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-21 - pag: 46 autore: Regole. La presa di posizione possibile premessa a una riforma - Candidature ai board: primo sì della Sec a liste con l'1% «Sarbanes-Oxley incostituzionale» L'accusa da alcuni think tank Usa: atteso il pronunciamento della Corte Suprema Simone Filippetti La Sarbanes-Oxley è una leggeche viola la Costituzione americana? Che la più importante norma antifrode negli scandali finanziari che ha già prodotto 5 miliardi didollari di risarcimenti agli investitori - sia contraria alla carta degli Stati Uniti, il fondamento giuridico del Paese, potrebbe essere archiviata come una mera provocazione, se non fosse che la questione è assolutamente seria. La Corte Suprema, il massimo organo di giustizia negli Stati Uniti, ha infatti accettato di istituire un'audizione su un un caso che mette in dubbio la validità giuridica della Sarbanes rispetto alla legge fondamentale dello Stato. Tutto parte da una causa portataavanti da alcuni think tank americani: sotto accusa è finito il Pcaob, l'organismo creato dalla Sarbanes- Oxley per esercitare un controllo sull'auditing (la revisione dei conti) delle società quotate. La clausola sulle nomine fissata dalla Costituzione Usa, però, prevede che i funzionari pubblici di primo livello siano nominati direttamente dal Presidente o da un capo di un Dipartimento (l'equivalente di un nostro ministro). E invece in base alla legge anti- frodeè la Sec (l'authority di vigilanza sui mercati) come organismo in sè che sceglie i membri del Pcaob. Non solo: il presidente oltre a non poter nominare i pubblici ufficiali non può nemmeno rimuoverli, una disposizione che sarebbe a rischio di anticostituzionalità. Ora la questione finisce sul tavolo dei più alti vertici istituzionali del paese: ma non è solo una questione di tecnicalità giuridica (la Sec come organismo può essere considerata come un capo di un'agenzia-dipartimento). La legge è infatti uno dei capisaldi giuridici in campo finanziario: il provvedimento è nato come risposta dello Stato allo scandalo Enron, il più grande crack di un'azienda americana. Col senno di poi, la legge ha dimostrato di saper arginare le frodi in caso a commettere reati o errori siano singoli manager o aziende, ma nel caso della violenta crisi finanziaria (la più grave dal crollo di Wall Street del 1929) esplosa l'anno scorso si è rivelata totalmente inefficace. Se si tratta, però, di neutralizzare o prevenire falle sistemiche (come quella dei subprime, i mutui spazzatura che hanno innescato un effetto domino travolgendo banche e mercati) la Sarbanes è un'arma spuntata. Allora la presunta accusa di incostituzionalità potrebbe essere il grimaldello per scardinare alla base la legge e vararne magari una nuova. A favore della Sarbanes, varata sotto l'amministrazione di George W. Bush, gioca il beneficio portato alla collettività. Proprio ieri se n'è avuta l'ennesima conferma: il colosso assicurativo Aig, la più grande compagnia americana finita sull'orlo della bancarotta e salvata da un maxi-finanziamento pubblico da 180 miliardi, ha visto distribuire 800 milioni di dollari, pagati dalla stessa Aig come multa, a piccoli investitori truffati. La Sec ha intanto impostato ieri una significativa svolta di democratizzazione nell'elezione dei board delle società americane. Ivertici dell'authority (anche se a maggioranza: tre sì su cinque componenti) vogliono consentire a tutti gli azionisti con quote di almeno l'1%nelle grandi società, quelle con capitalizzazione superiore ai 700 milioni, di inserire loro candidati nella documentazione per il voto sui board. Le quote minime salgono al 3% nelle medie imprese e al 5% nelle piccole società. La fase di consultazione durerà 60 giorni. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA MULTA AD AIG Per effetto della norma ieri il gruppo ha distribuito 800 milioni di dollari a piccoli investitori truffati nel 2006 La firma del 2002. George Bush firma la legge accanto ai promotori Michael Oxley ( asin.) e Paul Sarbanes AFP

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L'economia dei cento fiori (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-21 - pag: 2 autore: L'economia dei cento fiori Tanti mercati adattati alle tradizioni locali - Intaccata la fiducia negli Usa di Martin Wolf u Continua da pagina 1 è prevedibile che la finanza riesca a rimettersi in moto negli anni a venire. Maè prevedibile anche che i giorni di gloria resteranno irraggiungibili per decenni, almeno in Occidente. Non sappiamo fino a che punto si spingeranno la riduzione della leva creditizia e la conseguente deflazione del bilancio. E non sappiamo nemmeno se e in che misura il settore finanziario riuscirà a rintuzzare i tentativi d'imporre un regime di regole più efficace. I politici, costretti a venire in soccorso di un sistema finanziario sovraccarico d'istituti giudicati troppo grandi e intrecciati fra loro per fallire, dovrebbero aver imparato la lezione. Il mio timore è che gli interessi concentrati prevalgano sull'interesse generale. E per quanto riguarda il futuro del capitalismo? Se la caverà. La fede di Cina e India nell'economia di mercato non è stata intaccata da questa crisi, anche se sia Pechino che New Delhi guardano con più timore a una finanza senza freni. I fautori del libero mercato insisteranno che il fallimento è da attribuire più agli errori degli organismi di regolamentazione che ai mercati. C'è una grande verità in questa tesi: le banche, dopo tutto, sono gli istituti finanziari più regolamentati di tutti. Ma è un'argomentazione che politicamente è destinata a cadere nel vuoto. Pochi ormai sono disposti a lasciare carta bianca alle forze del mercato nel campo della finanza. è prevedibile, quindi, che l'epoca di un modello egemonico di economia di mercato ormai sia tramontata. Le nazioni, come hanno sempre fatto, adatteranno l'economia di mercato alle proprie tradizioni. Ma lo faranno con maggiore sicurezza. Come avrebbe detto Mao Zedong, «che cento fiori capitalistici fioriscano». Un mondo con tanti capitalismi può essere insidioso, ma divertente. Meno chiare sono le implicazioni per quel che riguarda la globalizzazione. Sappiamo che l'imponente iniezione di fondi pubblici ha parzialmente "deglobalizzato" la finanza, con costi notevoli per i paesi emergenti. Sappiamo anche che l'intervento pubblico nell'industria ha assunto forti connotazioni nazionalistiche. E sappiamo anche che difficilmente gli esponenti politici saranno disposti ad assumere posizioni impopolari in favore del libero scambio. La maggior parte dei paesi emergenti arriverà alla conclusione che accumulare grandi riserve di valuta estera e contenere il deficit delle partite correnti sia una strategia assennata. E questo probabilmente genererà un'altra tornata di squilibri globali destabilizzanti. Tutto ciò appare come l'inevitabile risultato di un ordine monetario internazionale difettoso. Non sappiamo se la globalizzazione riuscirà a uscire indenne da questa crisi. Io sono speranzoso, ma non tanto fiducioso. Nel frattempo lo Stato è tornato in scena, ma la sua posizione finanziaria appare sempre più precaria. Il rapporto tra debito pubblico e Pil sembra destinato a raddoppiare in molti paesi avanzati: l'impatto di una grave crisi finanziaria sui bilanci pubblici può equivalere, come ci hanno ricordato, a quello di una grande guerra. E dunque si tratta di un disastro che i governi di economie avanzate, a crescita lenta, non possono permettersi di veder ripetere nell'arco di una stessa generazione. Il lascito della crisi imporrà dei limiti alle spese allegre. Lo sforzo per consolidare i bilanci pubblici dominerà la scena po-litica per anni, forse per decenni. Lo Stato dunque è tornato, ma sarà uno Stato ficcanaso, non uno Stato spendaccione. Last but not least, che conseguenze avrà la crisi sull'ordine politico globale? Da questo punto di vista sappiamo tre cose importanti. La prima è che la convinzione che l'Occidente, per quanto inviso al resto del mondo, sapesse almeno come gestire un sistema finanziario sofisticato è venuta meno. La crisi ha intaccato pesantemente in particolare il prestigio degli Stati Uniti, anche se lo stile del nuovo presidente sicuramente gioca un ruolo positivo. La seconda è che i paesi emergenti, e in particolare la Cina, ormai sono protagonisti a pieno titolo della scena, come ha dimostrato la decisione di tenere due incontri importanti del G-20 a livello di capi di governo. Questi paesi ormai sono elementi vitali della politica globale. La terza è che si sta cercando di rinnovare la governance globale, in particolare incrementando le risorse destinate all'Fmi e discutendo delle modifiche da apportare alla ponderazione dei voti dei paesi membri dell'istituzione. Al momento non sappiamo in che misura l'ordine politico globale uscirà trasformato da questa crisi, possiamo solo tirare a indovinare. Gli Stati Uniti probabilmente emergeranno come il leader indispensabile, spogliati delle illusioni della "fase unipolare". Il rapporto tra Usa e Cina diventerà più importante, con l'India in attesa sullo sfondo. Sicuramente cresceranno il peso economico relativo e il potere dei colossi asiatici. L'Europa, nel frattempo, non sta vivendo bene lacrisi.L'economia e il sistema finanziario del Vecchio continente si sono rivelati molto più vulnerabili di quello che molti si aspettavano. Ma ancora non sappiamo se le istituzioni per la cooperazione internazionale che usciranno da questi sforzi di rinnovamento e riequilibrio rispecchieranno le nuove realtà. Qual è la conclusione? La mia ipotesi è che questa crisi ha accelerato determinate tendenze e ha dimostrato che altre tendenze- in particolare nel settore del credito- erano insostenibili. Ha intaccato la reputazione della scienza economica. Lascerà strascichi amari per il pianeta. Ma forse non segnerà uno spartiacque storico. Parafrasando quello che diceva il popolo quando moriva un re: «Il capitalismo è morto, lunga vita al capitalismo». (Traduzione di Fabio Galimberti) © FINANCIAL TIMES Speranze indiane. Un agricoltore osserva il suo campo di girasoli nei pressi della città di Amristar, nel Nord dell'India REUTERS

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Schäffler, la rivincita di Continental (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 21/05/2009 - pag: 37 Il caso a Francoforte Schäffler, la rivincita di Continental (g.fer.) Schäffler starebbe considerando l'ipotesi di vendere parti del proprio business a Continental, la società sulla quale nel luglio dello scorso anno aveva lanciato un'Opa ostile da 18 miliardi di euro, ricevendo però più azioni di quante avrebbe potuto permettersi. In sostanza una rivincita da parte della società produttrice di pneumatici, che ieri alla Borsa di Francoforte è stata al centro di vorticosi acquisti. Il titolo ha chiuso a quota 23,6 euro, con un balzo del 18,18% sulla quotazione della vigilia. Sono passate di mano 815 mila azioni, il doppio rispetto agli scambi medi degli ultimi tre mesi. Jürgen M. Geißinger presidente Schäffler

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Continental e la solidarietà tedesca (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-21 - pag: 3 autore: Fallita la scalata, gli Schaeffler rischiavano il crollo: li salverà il colosso delle gomme Continental e la «solidarietà» tedesca Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente C'era un tempo quando la finanza (creativa) poteva tutto, e permetteva alle piccole aziende di ingoiare in un solo boccone giganti industriali. La crisi ha mescolato le carte in tavola, un po' come quando in guerra il vento cambia improvvisamente direzione e travolge la situazione sul campo. Ieri a sorpresa Schaeffler ha cancellato ogni ambizione di acquistare Continental; ormai si parla di fusione, se non addirittura di scalata al contrario. «Il gruppo Schaeffler lavora con Continental ad alcune opzioni per un futura collaborazione tra due gruppi. L'integrazione tra le nostre due società è una possibilità », ha spiegato ieri un portavoce del produttore di cuscinetti a sfera. «L'esito dei colloqui - ha aggiunto - è aperto ». La vicenda ricorda curiosamente il cambiamento di fronte tra Porsche e Volkswagen: in origine Schaeffler doveva prendere il controllo di Continental. La presa di posizione della società bavarese è giunta dopo che ieri mattina il quotidiano Handelsblatt aveva rivelato l'improvviso cambiamento di fronte. Secondo il giornale, la fusione tra le due aziende non è l'unica possibilità: non si può escludere infatti che addirittura Continental acquisti Schaeffler. La scalata, lanciata nell'estate del 2008, a colpi di derivati e di opzioni, è fallita miseramente sulle onde della crisi finanziaria ed economica. L'operazione di takeover che tanto aveva sorpreso gli osservatori l'anno scorso visto che Schaeffler è tre volte più piccola di Continental - fu lanciata al prezzo forte, prima del crollo dei mercati finanziari a metà settembre sulla scia del fallimento di Lehman Brothers. Il risultato è che oggi il produttore di cuscinetti a sfera, guidato da Maria-Elisabeth Schaeffler, è oberato da debiti per 11 miliardi di euro. Oggi le due aziende soffrono, vuoi per la crisi sui mercati vuoi per la recessione dell'economia. Insieme hanno debiti per 23 miliardi di euro. Oltre alle questioni prettamente finanziarie, i due gruppi hanno avuto grandi difficoltà a intendersi. In origine, il management di Continental aveva accolto negativamente il tentativo di scalata di Schaeffler. Oggi, evidentemente le difficoltà della società bavarese stanno rafforzando la mano del produttore di pneumatici. Il piano di fusione o di reverse takeover, scalata al contrario, è visto favorevolmente dalle banche creditrici: l'ipotesi permetterebbe loro di limitare le perdite. A consigliare le due aziende è il consulente d'impresa Roland Berger Strategy Consultant. Un ruolo in questa vicenda lo ha anche il governo federale: la mano pubblica dovrà probabilmente offrire garanzie creditizie per consentire una fusione tra le due società. Non sarà facile, se è vero che la signora Schaeffler è stata fotografata di recente in una località sciistica avviluppata di una pelliccia. «Non si può andare a chiedere l'aiuto del governo con un cappotto di visone», ha detto di recente il ministro del Lavoro il socialdemocratico Olaf Scholz. La vicenda ricorda il caso Porsche-VW. In origine la prima doveva acquistare la seconda. Oggi le due società stanno negoziando, per gli stessi identici motivi, una difficile fusione. © RIPRODUZIONE RISERVATA CONTRO-FUSIONE L'operazione lanciata l'estate scorsa a colpi di opzioni è saltata: alla famiglia sono però rimasti in capo debiti per 11 miliardi In difficoltà. Maria-Elisabeth Schaeffler AP/LAPRESSE

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Mediobanca guida i rialzi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 21/05/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Mediobanca guida i rialzi Rimbalzo a fine seduta per Piazza Affari, migliore Borsa europea (l'indice S&P-Mib è terminato in crescita dell'1,75% e il Mibtel dell'1,89%), con scambi sempre sostenuti (oltre 3,5 miliardi di euro il controvalore di ieri). Sotto i riflettori soprattutto Mediobanca (+4,75%, migliore performance fra i titoli dell'S&P-Mib), che ha proseguito la corsa in atto ormai da alcune sedute: dal 14 maggio scorso le azioni di Piazzetta Cuccia hanno infatti recuperato circa il 10% rispetto all'inizio del mese. Ma, sempre nell' ambito dei 40 titoli più capitalizzati, spiccano altri rialzi significativi. Come per esempio quelli di Fondiaria-Sai (+4,06%), Pirelli (+3,57%), Finmeccanica (+3,83%), A2A (+3,09%) e Bulgari (+4,02%). Notevole inoltre il balzo di Cir (+4,28%) nonostante la riduzione del rating da parte di Standard & Poor's: è di ieri l'annuncio che la famiglia Entrecanales ha incrementato la propria partecipazione dal 5,1% al 7,556%. Quanto a Fiat, nel giorno della presentazione del piano per Opel ha segnato un nuovo rialzo (+1,79%) portando così la quotazione vicinissima agli 8 euro. Nel Midex, invece, eccezionale exploit di Rcs MediaGroup, che ha messo a segno il maggior rialzo in assoluto della giornata (+46,4%) dopo la presentazione del piano di ristrutturazione e grazie a un report favorevole di Mediobanca. L'exploit ha trascinato altri titoli editoriali, come l'Espresso (+6,45%) e Il Sole 24 Ore (+5,09%) mentre ha perso terreno Mondadori (-0,48%). Fra i pochi segni negativi, infine, da segnalare quelli di Lottomatica (-1,3%) e Mediolanum (-1,39%). Prima in Europa Piazza Affari migliore Borsa europea: S&P-Mib +1,75%, Mibtel +1,89%

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Julius Baer annuncia lo spin-off (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 21/05/2009 - pag: 37 Il caso a Zurigo Julius Baer annuncia lo spin-off (g.fer.) Il gruppo bancario svizzero Julius Baer ha deciso di scindere le attività di private banking e quelle di asset management in due unità completamente indipendenti, quotate separatamente alla Borsa di Zurigo. Il nuovo assetto, spiega una nota, «darà notevole impulso alla flessibilità strategica delle due società, potenziandone la visibilità sul mercato». L'operazione, che sarà perfezionata nel terzo trimestre 2009 dopo essere stata sottoposta all'assemblea dei soci il prossimo 30 giugno, è stata accolta positivamente dal mercato. Il titolo, dopo un balzo di oltre il 10%, si è attestato in chiusura a 44,5 franchi svizzeri (+1,37%). Raymond Baer chairman Julius Baer

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Preparare il rilancio dopo la crisi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 21/05/2009 - pag: 10 CALO DEL PIL E RIFORME Preparare il rilancio dopo la crisi di RENATO BRUNETTA C aro Direttore, i dati relativi alla crisi ci dicono che nel primo trimestre 2009 il Pil italiano è sceso, rispetto allo stesso periodo del 2008, del 5,9 per cento. È compatibile questo dato con l'affermazione che, almeno fino a questo momento, l'economia italiana stia reggendo bene all'impatto della recessione mondiale? Io penso di sì per le seguenti ragioni. La crisi economica in Italia non è dovuta ad un collasso strutturale, non si è avuto il fallimento di qualche settore produttivo, come ad esempio il settore finanziario ed immobiliare negli Usa ed in altri Paesi. La caduta del Pil italiano è stata causata essenzialmente da uno shock di domanda, e più precisamente da una caduta della domanda estera dovuta al crollo del commercio internazionale. L'industria manifatturiera esportatrice è la prima ad essere colpita e questo fatto è riflesso nella pesante riduzione della produzione industriale. Essa riflette inoltre, anche se non abbiamo ancora i dati aggiornati, l'apporto negativo del cosiddetto ciclo delle scorte. Tra le componenti della domanda interna, sono gli investimenti a subire l'impatto negativo della crisi globale di fiducia dovuta alla recessione mondiale e soprattutto della crisi finanziaria e del credito. Fino ad oggi sono più stabili i consumi e vi sono motivi per prevedere che la loro flessione si possa mantenere contenuta. Il motivo si trova nell'andamento dei redditi e in alcuni paradossi. Il reddito nazionale è composto per circa il 50 per cento di redditi da lavoro dipendente, gli altri redditi (profitti e redditi da lavoro autonomo) incidono per circa il 35 per cento. La crisi ha favorito i redditi da lavoro dipendente e più in generale i redditi fissi: cioè salari e pensioni. Nel 2009 circa 16 milioni di pensionati avranno un aumento, seppur ridotto, delle loro pensioni in termini reali, grazie al rallentamento dell'inflazione. Lo stesso avverrà per tutti gli altri lavoratori dipendenti, circa 14 milioni, che non entrano in cassa integrazione o non perderanno il posto di lavoro. Dal punto di vista macroeconomico la somma tra la massa salariale e l'ammontare delle pensioni dovrebbe quindi rimanere stabile o in aumento, anche scontando una diminuzione dell'occupazione dipendente nel 2009 (nel 2008 era ancora in aumento). Ciò spiega perché non si è avuta una crisi sociale ed il fatto che le risorse stanziate (la cassa integrazione) per potenziare il sostegno ai redditi non sono stati ancora totalmente assorbiti. Ma vi sono gli altri redditi, da capitale e da lavoro autonomo, strutturalmente flessibili, che risentono della crisi e sui quali si scarica maggiormente la riduzione del Pil. Questi sono anche i redditi che più in passato si sono adeguati al costo della vita e sono anche aumentati in un decennio di redistribuzione del reddito non a favore del lavoro dipendente. Sono i redditi che prima si avvantaggeranno della ripresa e che, tranne per le fasce più basse e per i lavoratori a progetto, non avrebbero vincoli di liquidità nel mantenere nel breve periodo invariati i consumi. Ciò che sta pesando sui consumi, quindi, è una crisi di fiducia ed un effetto ricchezza, dovuta alla flessione dei prezzi delle attività finanziarie, anch'essi legati a fattori di fiducia. Ma l'economia italiana non rappresenta il migliore dei mondi possibili, e non perché i dati relativi al Pil del primo trimestre 2009 indicano una flessione maggiore che in altri Paesi europei, ma perché è almeno un decennio che il tasso di crescita italiano è minore del resto dell'Europa, perché è almeno un decennio che la produttività non cresce e perché, di conseguenza, i salari degli italiani non aumentano e, quindi, oggi, risultano inferiori a quelli medi europei. E a questa debolezza si risponde con l'azione riformatrice ed incidendo sui fattori che sono alla base del nostro divario di crescita: gap infrastrutturale, inefficienza della pubblica amministrazione, scarsi investimenti in tecnologia e ricerca, persistenza di sacche di corporativismo ed ancora scarsa concorrenza nei servizi, a partire da quelli di pubblica utilità. ministro per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione

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Abi: rallentano i prestiti, ma con tassi al minimo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-21 - pag: 7 autore: Abi: rallentano i prestiti, ma con tassi al minimo ROMA Rallentano ad aprile 2009 i prestiti bancari al settore privato, soprattutto per effetto della forte flessione dell'attività produttiva che è tuttora in corso. Ma anche i tassi sui prestiti alle società non finanziarie raggiungono il minimo storico, allineandosi alla politica di allentamento delle redini monetarie seguita dalla Bce, mentre il tasso medio sui mutui scende al 4,07 per cento. è quanto emerge dall'Abi Monthly Outlook pubblicato ieri, dopo la riunione dell'esecutivo dei banchieri, che si è tenuto a Milano. In serata il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha incontrato l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, nella sua qualità di presidente della Federazione bancaria europea, per discuterei temi del G8 tra i quali, in partcolare, l'esigenza di procedere nel rafforzamento di meccanismi di regolamentazione e supervisione finanziaria il più possibile armonizzati a livello internazionale. Per tornare al rapporto Abi, dalle cifre risulta che, almeno per chi ha già ottenuto accesso al credito, in un momento in cui l'incertezza rende comunque le aziende di credito molto prudenti nelle condizioni di offerta, il costo del denaro si è ridotto. Nel mese di aprile i prestiti ai residenti in Italia al totale dell'economia hanno segnato un tasso di crescita tendenziale pari al 2%, contro il +2,7% di marzo 2009 e il +8,4% di aprile 2008. Nello stesso mese l'incremento dei finanziamentia famiglie e società non finanziarie è stato del 3,1%. Se si considerano separatamente il comparto imprese e quello delle famiglie gli ultimi dati disponibili sono quelli di marzo e in quel periodo il tasso di crescita dei finanziamenti destinati alle imprese non finanziarie è risultato del 4,1% contro il +5,1% di febbraio 2009 e il +13,1% di marzo 2008; si tratta, in ogni caso, annota il rapporto, di una variazione superiore alla dinamica tendenziale degli impieghi destinati alle famiglie (+1,9% a marzo 2009 dopo il -0,4% di febbraio 2009, da confrontare con un +5% del marzo dello scorso anno).Sul versante costo del denaro, il rapporto Abi sottolinea che il tasso applicato alle imprese su nuovi prestiti si è posizionato al 2,91% (-20 punti base su marzo) mentre quello sui mutui delle famiglie si è attestato al 4,07% (anch'esso in calo di 20 punti base). La differenza si spiega con il fatto che i prestiti alle imprese sono prevalentemente a tasso variabile, mentre il 50 per cento dei mutui sottoscritti dalle famiglie è a tasso fisso. Il tasso medio ponderato dei prestiti a famiglie e imprese non finanziarie è sceso al 4,59%, (33 punti base in meno di marzo e 160 punti base in meno di aprile 2008).Anche perla perdurante incertezza sui mercati finanziari, il tasso di crescita della raccolta resta a due cifre: in aprile è risultato pari al +10,9%, (+11,8% a marzo 2009 ed +11,1% ad aprile 2008), mentre la dinamica delle obbligazioni delle banche è risultata pari a +20,3% ad aprile 2009 (+20,4% a marzo 2009;+17,5% ad aprile 2008). La crisi economica, in ogni caso si sta facendo sentire anche sui conti delle banche: il rapporto tra le sofferenze nette delle banche italiane e il patrimonio di vigilanza è peggiorato all'8,31% a tutto marzo di quest'anno rispetto al 7,75% difine 2008. In rapporto agli impieghi, le sofferenze sono passate dal 2,63% del novembre 2008 al 2,96% del marzo di quest'anno. R.Boc. © RIPRODUZIONE RISERVATA BERLUSCONI-PROFUMO Incontro a Palazzo Chigi sul G-8: vanno rafforzati e coordinati i meccanismi di regolamentazione e supervisione finanziari

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Vertice tra Draghi e i Trenta (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-21 - pag: 7 autore: Stasera l'incontro con il pensatoio guidato da Paul Volcker Vertice tra Draghi e i «Trenta» ROMA Si vedranno questa sera a cena e lavoreranno, ospiti del Governatore Mario Draghi e della Banca d'Italia, sino a sabato mattina, con una conferenza stampa finale a Palazzo Koch. I loro temi in discussione saranno l'outlook globale, le possibili risposte della policy alla crisi finanziaria. Le tendenze del commercio estero e il futuro dei mercati internazionali. "Loro" sono i rappresentanti del gruppo dei Trenta, un'organizzazione senza fini di lucro nata nel 1978 con l'obiettivo di discutere periodicamente di economia internazionale e di come fare per assicurarle un assetto istituzionale adeguato. L'illustre pensatoio è guidato dall'ex presidente del Federal Reserve, Paul Volcker, responsabile del consiglio economico della Casa Bianca, e dall'economista Jacob Frenkel, ex governatore della Banca centrale d'Israele; ma ne fanno parte, oltre a Draghi, altri governatori delle banche centrali, rappresentanti di governi, economisti ed esperti del settore privato di ben 16 paesi. Si va dal presidente della Fsa inglese, Adair Turner al presidente della Banca centrale europea, JeanClaude Trichet; dal coordinatore dei lavori sulla vigilanza europea, Jacques de Larosière all'economista Martin Feldstein a Stanley Fisher (economista, ex Fondo monetario internazionale, oggi Governatore della Banca d'Israele) dal premio Nobel Paul Krugman all'ex ministro dell'economia Tommaso Padoa- Schioppa, a Jaime Caruana(Fmi, già governatore della Banca centrale spagnola). Fuori dal programma dei lavori scientifici, in agenda c'è anche una visita all'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che di Paul Volcker è amico personale da tanto tempo. R.Boc.

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L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 21/05/2009 - pag: 21 Verso il voto Le Europee / I protagonisti L'Europa alla prova della Grande Crisi: solo tre promossi, in difficoltà i leader Bene Strauss-Kahn, Draghi e Trichet. Male Barroso. Insufficienti Merkel e Brown Per paradossale che suoni dopo due guerre e sei decenni d'integrazione, l'Europa che va alle urne il 6 e 7 giugno è un ingranaggio nuovo. Non avevano mai votato insieme per lo stesso parlamento gli elettori di 27 Paesi. Non lo avevano mai fatto alla vigilia (salvo altre sorprese) di una svolta costituzionale inseguita per quindici anni. Soprattutto, non lo avevano mai fatto al punto più basso di una recessione che impone a tutti priorità identiche allo stesso momento. Dell'ingranaggio nuovo dell'Europa 2009 la crisi finanziaria internazionale è il primo vero «crash test», come la caduta del Muro lo fu per l'Europa di Andreotti, Mitterrand e Kohl. Come allora in gioco sono la credibilità degli uomini e delle istituzioni, la loro capacità di capire in fretta, concertarsi e reagire rilanciando. È anche per questo che il Corriere da 12 esperti nati e attivi in varie capitali, da Dubai a Washington, con esperienze di governo, all'università e sui mercati: hanno dato tutti voti «segreti», di cui presentiamo la media esatta. Piuttosto che a un numero, il risultato somiglia però a un discorso politico coerente e anche molto critico. Dal sondaggio risultano infatti vincenti per l'appunto i due europei che non guidano istituzioni europee, ma internazionali: il francese Dominique Strauss-Kahn, che dirige l'Fmi, e il presidente del Fsb Mario Draghi (quest'ultimo, valutato solo in questa veste e non per l'operato alla Banca d'Italia). Ne escono invece bocciatissimi i due uomini che dovrebbero guidare le istituzioni più politiche dell'Unione, José Manuel Barroso della Commissione e Jean-Paul Juncker all'Eurogruppo. La cultura europea nel mondo sembra avere una sua qualità capace di imporsi, eppure le istituzioni politiche dell'Ue azzoppano chi le incarna o sono affidate a anatre già zoppe in partenza. Se la cava, fra gli uomini con il cappello azzurro a dodici stelle, solo il francese Jean-Claude Trichet: da presidente della Bce, è quello che dispone delle leve più dirette per agire. Il 9 agosto 2007, dalle vacanze in Bretagna, in due ore decise di rivoluzionare le mosse della sua banca in un modo che tutto il mondo, da allora, seguirà. È qui il paradosso della distribuzione dei poteri nell'Unione. In teoria la capitale e la sede dei vertici è Bruxelles, ma dalla domenica di ottobre in cui Nicolas Sarkozy convocò d'urgenza all'Eliseo i leader dei Paesi dell'euro, sotto lo choc Lehman, sembra più credibile l'Europa dei governi. Questi ultimi contano di poter supplire alle carenze delle istituzioni comuni, benché dal sondaggio del Corriere emerga su questo punto un giudizio molto più guardingo. Lo spagnolo Angel Ubide, economista del Ceps e opinionista del País, riconosce che solo Sarkozy e Gordon Brown «hanno saputo agire quando era assolutamente necessario». Ma lo stesso premier britannico viene bocciato da molti: paga la sua debolezza a Londra e soprattutto il gioco di squadra troppo intermittente che ha praticato in Europa. Peggio ancora fa la tedesca Angela Merkel: «È triste vedere come chi rappresenta il Paese più grande rifiuti sistematicamente un ruolo di leadership», commenta l'economista belga Paul De Grauwe. Magari è quella sindrome europea che l'ex capoeconomista dell'Fmi, l'americano Simon Johnson, definisce «arroganza e rimozione della realtà». Di certo però il senso del «crash test» è quello indicato da Maurizio Ferrera: «Non si tratta solo di trovare soluzioni alla crisi corrette, ma di coordinarsi: un'operazione politica». Se l'ingranaggio ne uscirà ancora vivo o a pezzi, lo si vedrà non molto dopo le europee di giugno. Federico Fubini ffubini@rcs.it

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Selezione del sindaco e Biodivino In gara a S. Michele all'Adige 19 Comuni trentini e altoatesini (sezione: crisi)

( da "Corriere Alto Adige" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere dell'Alto Adige sezione: 1AECONOMIA data: 21/05/2009 - pag: 9 Panorama Selezione del sindaco e Biodivino In gara a S. Michele all'Adige 19 Comuni trentini e altoatesini Oltre 1.200 vini da tutta Italia e da 7 Paesi d'Oltralpe nell'edizione da record de «La Selezione del sindaco» e «Biodivino», di scena a S. Michele all'Adige da domani a domenica. Il Trentino Alto Adige partecipa con 19 Comuni ad alta vocazione vinicola, da Trento a Bolzano a Caldaro, Mezzocorona, che partecipano con 47 aziende e 103 vini di qualità. CONVEGNO DEL CTCU. Si svolgerà domani, alle 9,30, nel cortile interno di Palazzo Widmann, in via Crispi a Bolzano il convegno sul tema «Crisi finanziaria ed economica: cause e strategie per i consumatori» organizzato dalla Provincia e dal Centro tutela consumatori utenti. ECONOMIA, FORUM DEL PD. Si intitola «La mossa del cavallo: come uscire più forti dalla crisi economica» la serata di approfondimento organizzata dal Forum economia del Partito democratico. L'iniziativa si terrà ogi, con inizio alle ore 18, alla Kolpinghaus di Bolzano. Relazioni di Nadio Delai, direttore Ermeneia, e Alessandro Garofalo, presidente dell'Agenzia per lo Sviluppo di Trento. BANCHE, TANTE DONNE OCCUPATE. È dedicato ai dipendenti nel settore creditizio il nuovo numero di «Mercato del lavoro news». Sono in media 4500-4600 i dipendenti nel settore, pari al 4,5% del totale. Dopo una crescita media annua dell'1,7% tra il 1998 e il 2001, dovuto a un incremento tra le donne (+4,8% annuo), è seguito un calo del 1,1% annuo tra il 2002 e il 2005, dovuto a un calo dell'occupazione maschile. Poi una crescita dell'1,7% per l'occupazione femminile (+3,4% annuo). La percentuale di donne nel settore è passata dal 35% nel 1998 al 42% nel 2008.

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manutenzione per la società - fabrizio escheri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XV - Palermo MANUTENZIONE PER LA SOCIETà L´amministrazione senza fondi lascia morire strade e impianti Ma grazie ai precari si potrebbe dar luogo a un programma di interventi sui beni pubblici FABRIZIO ESCHERI I mpianti che dopo essere stati realizzati o ristrutturati non possono essere pienamente utilizzati perché manca «la sostituzione della lampadina». Lo stesso accade per altre opere pubbliche grandi e piccole che influenzano il nostro livello di benessere sociale e quindi di sviluppo. Mense scolastiche pronte all´uso che non vengono inaugurate per mancanza di una pensilina, strade statali o provinciali che non vengono riaperte per mancanza di un collaudo, porti turistici fermi per un nullaosta. La grave crisi finanziaria delle pubbliche amministrazioni ha reso l´attività manutentoria sempre più sporadica e poco incisiva. Spesso, laddove sarebbe necessario rifare un manto stradale ci si deve limitare a realizzare delle toppe alle buche per carenza di fondi. Le risorse finanziarie, diminuite per la riduzione dei trasferimenti dallo Stato, sono state prevalentemente utilizzate per stabilizzare i lavoratori precari creati da decenni di assistenzialismo. Tuttavia proprio la disponibilità di tutta questa forza lavoro, giunta nelle pubbliche amministrazioni locali per effetto delle stabilizzazioni, potrebbe dar luogo a un programma di manutenzione dei beni pubblici. Le ragioni per cui questo non accade sono forse da ricercare proprio in quel pregio-difetto: alla nostra capacità di rispondere alle grandi sfide corrisponde un´atavica difficoltà di concentrarci su quelle della quotidianità. Ciò che distingue la ordinaria dalla straordinaria manutenzione è l´essere «programmata». Quanto più si attuano cicli programmati di manutenzione tanto meno si rendono necessari interventi straordinari. Senza programmazione, inoltre, non può esservi un efficace controllo. Solo nell´analizzare gli scostamenti tra quanto pianificato e quanto realizzato si può attuare un´azione di indirizzo delle risorse verso gli obiettivi che ci si è prefissati. Comincia ad accorgersene anche il nostro legislatore regionale, se è vero che l´articolo 16 della recente legge contenente le "Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale" dispone che tutti gli atti di programmazione posti in essere dalle aziende sanitarie siano sottoposti al controllo dell´assessorato. Si è, quindi, finalmente compreso che l´importanza della programmazione consiste nel ridurre lo spreco di risorse collegato alla mancanza di efficacia e di efficienza nell´azione pubblica. La stessa normativa ha disposto che l´assessorato, a supporto della propria attività di controllo, possa avvalersi di un organismo, la Consulta regionale della sanità, composta da rappresentanti di ordini professionali e di tutte le associazioni portatrici di interessi. L´importanza del ruolo degli interlocutori sociali, i cosiddetti stakeholders, è da tempo un elemento fondamentale per lo sviluppo integrale delle aziende. è da apprezzare che finalmente anche la politica si accorga che è importante indirizzare gli sforzi dove sono presenti bisogni e istanze emergenti dalla collettività, ridando eticità all´intervento pubblico. Solo attraverso la programmazione condivisa degli obiettivi, infatti, l´azione economica diventa etica e può esprimere la speranza nel futuro da parte di chi la attua.

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"Insieme saremo primi nei fondi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

I PIANI DI GIUSEPPE MUSSARI E CLAUDIO SPOSITO AL VIA IL GRUPPO INVESTMENT MANAGERS "Insieme saremo primi nei fondi" Generali riorganizza le attività in Lussemburgo I prodotti venduti attraverso il Monte «Ma non ci sarà nessuna esclusiva» [FIRMA]FRANCESCO MANACORDA MILANO Gli obiettivi? Ambiziosi: «Partiamo con masse gestite per 20 miliardi, ma vogliamo raddoppiarle o triplicarle, insomma arrivare a 50 miliardi, ed essere un gruppo indipendente». Il contesto? Non proprio roseo: «Il risparmio gestito era già in difficoltà prima della crisi finanziaria, ma proprio per questo ora può nascere qualcosa di nuovo». L'alleanza? Tutt'altro che scontata: seduti l'uno accanto all'altro parlano infatti Claudio Sposito, gran capo del fondo Clessidra ma anche finanziere tra i più vicini a Silvio Berlusconi, e Giuseppe Mussari che presiede invece il Montepaschi della «rossa» Siena. Accanto e assieme, Mussari e Sposito, per presentare i progetti della loro «Prima», come l'hanno modestamente battezzata. Tutte le attività nel risparmio gestito di Mps riunite in una società di cui un anno fa Clessidra ha preso il 67% lasciando ai senesi il restante 33% e che si candida adesso - dice Sposito - a essere «una realtà molto innovativa nel panorama del risparmio gestito, visto che risponderà pienamente ai criteri di indipendenza tra produzione e distribuzione indicati da Bankitalia». Se i fondi italiani paiono soffrire in molti casi per il legame troppo stretto per la loro origine bancaria e anche per la concorrenza che le stesse banche attuano con prodotti più redditizi, la scommessa del private equity e della banca senese è quella di allentare il più possibile i legami con Mps e porsi come soggetto «indipendente e italiano», commenta ancora Sposito, che registra «il calo di appeal delle banche straniere e dei prodotti complessi. Nel risparmio si torna al pane e salame». Per assicurare che l'ombra di Siena non si allunghi troppo sulle scelte del risparmio gestito, la governance della nuova società - spiega Mussari - «prevede che su nove consiglieri quattro, compreso l'ad Marco Carreri, siano designati da Clessidra, tre da noi e altri due siano indipendenti, ma sempre su indicazione di Clessidra». Entro fine anno si partirà, con la distribuzione dei prodotti con la rete di Siena. «Ma Prima - dice ancora Mussari non sarà il gestore esclusivo di Montepaschi e il Montepaschi non sarà il distributore esclusivo di Prima». Per vincere la scommessa dell'indipendenza sarà necessario allargare il portafoglio di clienti e così Prima, spiega Carreri, «cercherà di aprire ad altre reti. Puntiamo a banche tra i 100 e i 150 sportelli che non hanno una loro struttura nel risparmio gestito, ma ci possono interessare anche gruppi medio-grandi». Punta molto sulle dimensioni Sposito: «Partiamo con una massa amministrata di 20 miliardi e siamo al quinto-sesto posto in Italia. Ma vogliamo arrivare al secondo-terzo con 50 miliardi al più presto, crescendo per linee interne e mediante aggregazioni». Aggregazioni che verranno fatte non per cassa ma cedendo quote di capitale: «Apriamo il capitale a chi è disposto a partecipare a un progetto che punti all'indipendenza della società. Possiamo scendere anche sotto la maggioranza, l'importante è avere una leadership strategica». Al via Generali Investment Managers. Banca Generali e Generali Investments hanno approvato le linee guida per la fusione delle rispettive società lussemburghesi, da attuarsi attraverso l'incorporazione di Generali Investments Luxembourg (controllata al 100% da Generali Investments) in BG Investment Luxembourg (controllata al 100% da Banca Generali). Generali Investment Managers, si legge in una nota, gestirà all'avvio oltre 8 miliardi di asset e si focalizzerà nella gestione degli attivi mark-to-mar-ket, cioè fondi, sicav, fondi di fondi e gestioni istituzionali. La nuova società sarà detenuta al 51% da Banca Generali e al 49% da Generali Investments.

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londra svaluta borsa italiana per 550 milioni - luca pagni (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 21-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 30 - Economia Il gruppo Lse ha chiuso l´anno in perdita per 285 milioni di euro a causa delle pulizie di bilancio Londra svaluta Borsa italiana per 550 milioni LUCA PAGNI MILANO - Non solo per le banche, ma anche per la società che gestiscono i mercati finanziari regolati è giunto il tempo di una bella pulizia di bilancio. Una conseguenza cui non è sfuggito nemmeno il gruppo Lse (London Stock Exchange): un conto economico che ci interessa da vicino, visto che quasi due anni fa ha acquisito Borsa Italiana spa. Proprio la valutazione della società di Piazza Affari è alla base di una delle voci di bilancio più importanti del rendiconto annuale di Lse. Il London Stock Exchange ha chiuso l´esercizio al 31 marzo mettendo a registro una perdita prima delle imposte di 250,8 milioni di sterline, pari a 285 milioni di euro, rispetto a un risultato positivo della stagione precedente pari a 227 milioni di sterline (258 milioni di euro). Una prestazione negativa su cui pesa non poco la svalutazione di Borsa Italiana, acquistata due stati fa per 1,3 miliardi di sterline (in euro 1,48 miliardi). Ebbene, i manager di Lse hanno dovuto abbattere quel valore di 484 milioni di sterline (550 milioni di euro), un valore che cerca di riflettere quanto è accaduto sui mercati. Dove, per esempio, il titolo Lse, quotato a Londra, in un anno e mezzo si è più che dimezzato dal valore di 1,8 sterline agli attuali 698 pence, dopo aver toccato il minimo attorno ai 400 pence il 9 marzo scorso. Se non fosse per la svalutazione di Borsa spa, più altre poste straordinarie, il risultato prima delle imposte sarebbe positivo per 304,7 milioni di sterline (347 milioni di euro), e in crescita rispetto all´anno scorso del 18%. Complesso anche il dato del fatturato consolidato: ha registrato una crescita del 23% a 671,4 milioni di sterline (766 milioni di euro), ma il progresso sarebbe solo dell´1% secondo il dato normalizzato, e negativo del 6% a cambi costanti. I vertici di Lse ? a cominciare dall´ad uscente Clara Furse che da ieri ha lasciato all´ex dirigente di Lehman, Xavier Rolet ? si consolano con il fatto che, grazie alla rivalutazione dell´euro, «la stima del valore di Borsa Italiana spa rimane largamente sopra ai 1,3 miliardi della valutazione cui è stata conclusa la fusione». Mentre «il deterioramento delle condizioni economiche attuali nasconde l´elevata qualità e le potenzialità che emergono dall´unione». Ai soci, tra i quali le principali banche italiane, non verrà invece tagliato il dividendo, persino in crescita sebbene di pochissimo. Il cda del London Stock Exchange ha proposto la distribuzione di un dividendo di 16 pence per azione, che unito al dividendo di 8,4 pence già pagato a gennaio porta la remunerazione totale a 24,4 pence, contro i 24 pence di un anno prima.

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