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Report "crisi"   14-15 aprile 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

C'è la crisi? Boeing e Airbus "regalano" aerei ( da "Stampa, La" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale faccia rinascere il protezionismo e dicono di prendere esempio dall'America e dai suoi presunti anticorpi contro l'intervento statale potrebbero dare un'occhiata più da vicino al mondo in cui vivono. 6 miliardi di euro sono stati stanziati dal governo francese per sostenere le vendite all'estero degli Airbus 5,5 miliardi di dollari sono stati spesi nel 2008 dalla Us Export-

Pensioni, spesa aumenta dell'1% del Pil ( da "Corriere.it" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha ridotto le stime di crescita ROMA - In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lievita fino ad un 1% in più rispetto al Pil: l'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio.

Trentino, l'esempio virtuoso ( da "Trentino" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Anche la crisi ha inciso naturalmente su questo equilibrio. Che dire del recupero di fiducia nei confronti della piccola banca locale rispetto al grande gruppo finanziario di dimensione europea se non globale? Oppure della rivincita delle banche di credito cooperativo o del ritorno in auge delle casse rurali?

Bressan: La flessibilità non diventi precariato ( da "Trentino" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Bressan ha fatto riferimento alla «crisi finanziaria che è diventata anche crisi economica», invitando ad un «cambio di stile di vita». In questo contesto il pensiero del vescovo è andato soprattutto ai giovani. «Dipenderà in gran parte dalle loro motivazioni - ha detto il vescovo - il nostro futuro, dalla passione che porranno nello studio,

La crisi? Reperire le risorse dalla finanza speculativa ( da "Gazzetta di Mantova, La" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi? Reperire le risorse dalla finanza speculativa Sentiamo dire da tutti che la crisi in atto è una crisi finanziaria che si sta riversando sull'economia reale, niente di più falso perché la realtà delle cose ci dice esattamente il contrario.

Goldman raccoglie 5,5 miliardi di dollari ( da "Finanza e Mercati" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: settore particolarmente colpito dalla crisi finanziaria per la propria natura di operare con livelli elevati di leva finanziaria e pertanto, in questi mesi, in molti casi obbligato svendere partecipazioni per rientrare della propria esposizione finanziaria. Come rilevato dalla società di ricerca inglese Pequin (che stima gli asset complessivi dei private equity nel mondo ammontino a 2.

Ecco il primo capitolo del nuovo libro di Letta "Costruire una cattedrale ( da "Libertà" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: epicentro degli scandali finanziari che hanno portato alla crisi di tutti i mercati mondiali, è frutto della filosofia del breve periodo che vince su quella di lungo termine. Se le remunerazioni sono calcolate su risultati a breve, l'impatto è doppiamente negativo. Perché si possono indurre i manager a elaborare strategie di corto respiro e perché,

pensioni: +1% del pil nel triennio 2008-2010 ( da "Messaggero Veneto, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto «Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario» che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato.

mandibola, 20 anni sui pedali ( da "Nuova Sardegna, La" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la grave crisi finanziaria della nostra federazione - conclude Mandibola - il comitato provinciale di Sassari con la sua consueta passione e il rinnovato spirito di sacrificio che contraddistinguono le sue trentasei società, non solo è riuscito a superare queste difficoltà ma ha costruito qualcosa di importante,

ancora forte la domanda per il bonus a chi ristruttura ( da "Repubblica, La" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Fortunatamente, la crisi finanziaria non propone solo aspetti negativi, ma anche qualche risvolto positivo come il forte calo delle rate di mutuo a tasso variabile. Attualmente per un mutuo decennale a tasso variabile di 50.000 euro per ristrutturare casa all´indirizzo internet www.

la mia ricetta per prato non è quella di cenni ( da "Tirreno, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le cause della crisi strutturale della nostra industria centrata sulla produzione di prodotti tessili, una volta separata dai fattori della abnorme crisi finanziaria che imprigiona attualmente il mondo, si sostanziano nel semplice fatto che nel mondo ci sono soggetti che producono, dotati di macchinari uguali ai nostri,

E anche la Difesa ora si paga ( da "Italia Oggi" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria aguzza l'ingegno e ingrassa la fantasia. E qualcosa è scattato nella testa dei responsabili della Difesa nazionale, leggasi ministero, ovvero Ignazio La Russa, e l'insieme delle forze armate. In tempo di vacche magre e pascoli rinsecchiti l'obbligo è fare cassa.

Pensioni crescono l'1% più del pil ( da "Italia Oggi" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incremento sarà dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del pil in questo triennio. «La crescita del rapporto spesa-pil nel triennio iniziale del periodo di previsione (2008-2010)», si legge nello studio, «è di circa 1,1 punti percentuali;

Hsbc, sede centrale andrà in vendita ( da "Italia Oggi" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Hsbc ha resistito meglio alla crisi finanziaria grazie a una maggiore liquidità, che le ha consentito finora di evitare il ricorso ad aiuti statali. Nemmeno il colossale aumento di capitale da 17,7 miliardi di dollari (13,2 mld euro) sembra però sufficiente ad attutire l'impatto di un 2008 che ha visto gli utili della banca crollare del 70%.

LA CRISI FINANZIARIA internazionale e i suoi tanti risvolti. Una lezione particolare, quella tenuta ... ( da "Nazione, La (Siena)" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 10 LA CRISI FINANZIARIA internazionale e i suoi tanti risvolti. Una lezione particolare, quella tenuta ... LA CRISI FINANZIARIA internazionale e i suoi tanti risvolti. Una lezione particolare, quella tenuta alla scuola media di Castellina in Chianti dal direttore delle filiali di Staggia e Castellina della Banca del Credito Cooperativo di Cambiano,

BERLINO Parlare di ripresa è ancora prematuro, ma il peggio forse è già... ( da "Messaggero, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: volatilità dei mercati finanziari si è molto ridotta, dopo qualche tempo molti hanno dovuto constatare che in fondo il mondo ha continuato a girare» Grazie però anche ai massicci interventi dei governi. «Il paradosso di questa crisi potrebbe essere proprio il fatto che gli effetti benefici dei tanti piani congiunturali avviati dai singoli stati iniziano a farsi sentire quando l'

Il low cost? Oggi vale 61 mld di euro ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi immobiliare americana che è diventata una vera e propria crisi finanziaria; i tassi di interesse a livelli proibitivi... Le famiglie italiane stanno reagendo bene facendo scelte di consumo consapevoli e più oculate». A proposito di famiglie, il 43% si sente insicuro dal punto di vista finanziario mentre il 66% nel 2009 ridurrà le spese di circa il 20%

( da "Eco di Bergamo, L'" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con la crisi finanziaria degli ultimi mesi si sono liberati molti capitali speculativi che chiedono di essere investiti, e si sa che la sola cosa di cui l'uomo ha sempre bisogno è il cibo. Esiste ormai un nuovo mercato speculativo che sta determinando una leva finanziaria anche nei confronti del settore agricolo: questo mi sembra davvero un grosso rischio»

L'Aquila, inagibile una casa su tre Indennità lunga ai disoccupati ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: u pagina 15 Fondi di private equity in fuga dall'Italia La crisi finanziaria impone la cura dimagrante per i fondi di private equity. E l'Italia finisce nel mirino. Il trend generale è il trasferimento, totale o parziale, a Londra delle attività di molti fondi. La tendenza è di accentrare la gestione nella City.

L'esercito occupa Bangkok ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il Paese è stato duramente colpito sul piano economico prima dalla crisi finanziaria internazionale, poi dall'assedio degli aeroporti di Bangkok, che ha avuto pesanti ripercussioni sul turismo. A soffrire di più sono state le fasce più povere, i contadini, gli emigrati urbani alla ricerca di lavoro. Vale a dire i grandi sostenitori di Thaksin e del suo partito.

Il ginocchio da lavandaia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I mercati finanziari europei appaiono oggi meno integrati rispetto a un anno fa (lo segnala anche il rapporto "Financial integration in Europe" pubblicato dalla Bce nei giorni scorsi). Nello stesso tempo, i poteri di fatto delle autorità nazionali si sono talmente rafforzati che oggi una forte espansione estera,

La Cina scalda i motori ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria internazionale. Ma ora le loro prospettive appaiono radicalmente diverse. I consumi dei Paesi industrializzati sono sempre al palo e nessuno oggi è in grado di prevedere quando ripartiranno. In questo quadro, è quindi difficile ipotizzare quando le importazioni cinesi di semilavorati e componenti destinati al mercato del largo consumo riusciranno a riprendere quota.

Corporate Korea spaventa Tokyo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Se alcuni analisti finanziari avevano ipotizzato una "crisi finanziaria di marzo" per Seul, in realtà le ultime settimane hanno rasserenato l'orizzonte del Paese, con la comparsa di vari indicazioni positive: dalla fiducia delle imprese ai surplus, dal recupero della Borsa ai segnali di "stabilizzazione" valutaria.

La Germania censisce i grandi cantieri ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tanto che nel loro studio hanno suddiviso i vari Paesi a seconda del rischio protezionismo. Il pericolo maggiore potrebbe esservi in Asia e in Sudamerica, meno in Africa o Nord America. «Vi sono su questo fronte mol-te differenze tra i Paesi. Le imprese che hanno una propria filiale in loco sono certamente avvantaggiati - avverte Ernst Leiste, del Gtai a Colonia- .

Londra: dalla finanza ai gelati ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mentre la crisi finanziaria devasta la City e i mercati crollano, gli inglesi fanno la fila per comprare il cono al pistacchio siciliano o alla nocciola piemontese doc. Dopo un iter classico, laurea in Bocconi e lavoro nella corporate finance e ricerca azionaria a Londra, diventando Head of Research di Actinvest,

Mutui, spuntano la garanzia statale e il tasso zero ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: deciso nel momento della crisi finanziaria sui conti correnti. E c'è in ballo il tema della rinegoziazione dei tassi. «Noi la sospensione dei pagamenti delle rate per un anno l'abbiamo già presa. Così come abbiamo garantito il pagamento di tutti gli stipendi e il blocco degli addebiti», ci spiega Tordera che vuole a tutti costi ripetere «la città va ricostruita non abbandonata »

Più utili, Goldman sorprende Wall Street ( da "Corriere della Sera" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma il rilancio delle banche americane travolte in autunno dalla crisi finanziaria pare una tendenza, almeno in questa fase, generalizzata. Ieri la Borsa, in forte perdita all'inizio, si è ripresa alla fine grazie anche alle confortanti previsioni sul bilancio del Citigroup, le cui azioni ieri si sono apprezzate del 25% e della Bank of America, i cui titoli sono saliti del 15%.

La crisi tedesca fa gola ai fondi arabi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In Germania molti pensano che la stessa Opel, la filiale europea di General Motors in drammatica crisi finanziaria, potrebbe essere salvata da un fondo sovrano arabo. Ma, sabato scorso, il portavoce del fondo di Abu Dhabi ha smentito ogni interesse su Opel. La presenza di questi investitori sui grandi e ricchi mercati occidentali non è nuova.

Private equity, fuga dall'Italia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: secondo fonti vicine al gruppo finanziario, sarebbe frutto di una riorganizzazione in atto a livello europeo. Ma di sicuro la crisi finanziaria ha influito. Altri potrebbero prendere la stessa decisione di Bc Partners: da tempo sul mercatocircolano indiscrezioni su riassetti, con un maggior focus su Londra, per Cvc, in Italia sotto la gestione di Luigi Lanari.

Il rame sfida la diffidenza dei pessimisti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tra cui gli acquisti cinesi per la ricostituzione delle riserve strategiche statali, il mercato dei rottami in tensione e il miglioramento dei mercati finanziari. Ma con la diffusa consapevolezza che nessuno di questi motivi può dare un duraturo sostegno e con il rischio che, una volta terminata l'attuale tendenza, le quotazioni possano cedere bruscamente.

Pensioni, la spesa cresce più del previsto ( da "Milano Finanza (MF)" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato.

Chat e gelosia: le riviste da Tato Russo ( da "Corriere della Sera" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi di valori. Il mio personaggio è Marina, donna capricciosa, imprevedibile, con la smania di vivere a tutti costi una vita piena di nuove emozioni». Da sei stagioni compagno in scena di Katia Terlizzi è Michel Altieri, trentenne italo-francese, nel 2000 scoperto tenore da Pavarotti e prodotto nel musical «Rent» da Nicoletta Mantovani negli Usa.

Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa?. ( da "Giornale.it, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo»

GREGGIO: NEL 2009 ATTESI CONSUMI AI MINIMI DAL 2004 ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Atteso in serata anche un discorso di Bernanke relativo alla crisi finanziaria. Sul decennale la resistenza si colloca a 2,95%, il supporto a 2,83%.Nel corso della settimana segnaliamo anche l?annuncio del Pil cinese relativo al primo trimestre, atteso secondo consensus di Bloomberg News sui livelli più bassi da quasi 10 anni (+6,2% a/a).

CRISI/ SINGAPORE, ECONOMIA A PICCO, PIL PRIMO TRIM QUASI -20% ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e accusa pesanti ricadute per una crisi finanziaria ed economica che ha gravemente compromesso tutti gli scambi internazionali. I primi tre mesi dell'anno si sono chiusi con una flessione del Pil del 19,7 per cento dai tre mesi precedenti, mentre nel paragone con lo stesso trimestre del 2008 il Pil risulta diiminuito dell'11,5 per cento.

Mondi Virtuali! pag.13 ( da "Trend-online" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: momento giusto per investire in società in crisi, perchè il rischio è minimo con buone possibilità di guadagno. Il signor Altman dice anche che, però, bisogna aver ben chiaro che la crisi finanziaria sta cominciando ad avere conseguenze pesanti sull'economia reale e che stiamo entrando in una grave recessione e che serviranno almeno 2/3 anni prima che si possa rialzare la testa.

Mondi Virtuali! pag.16 ( da "Trend-online" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dopo che il 6 marzo 2009 Bloomberg ha riferito che Myron Scholes, il premio Nobel per la famigerata Black-Scholes-Merton formula ha sottolineato come i mercati dei derivati hanno smesso di funzionare e stanno creando problemi per risolvere la crisi finanziaria! " [The] solution segue pagina >>

Haiti, è l'ora decisiva per sollevarsi dalla miseria ( da "Avvenire" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha ridotto gli aiuti finanziari. I problemi cronici popolazione in fuga, carenza di cibo e risorse primarie, degrado ambientale spesso sembrano insuperabili. Eppure, Haiti ha una possibilità superiore a quella delle altre economie emergenti, non soltanto di contenere l'impatto dell'attuale recessione,

Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale ( da "Giornale.it, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo»

Revisione degli studi di settore nel "privato" ( da "Napoli.com" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ed economica che ha investito tutti i settori della nostra economia e, tra essi anche la sanità, ha, tuttavia, messo a dura prova la capacità degli studi di settore di rappresentare in modo corretto le singole realtà imprenditoriali.

ZAC, SI TAGLIA I BANCHIERI PERDONO I BONUS E GLI INDUSTRIALI LI SORPASSANO NELLA "CLASSIFICA" DEI RICCHISSIMI PROFUMO DA 9 A 3.48 MLN - PASSERA A QUOTA 3.06 MLN - MAI COME ( da "Dagospia.com" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tra crisi finanziaria, crolli di Borsa e aiuti di Stato, di farsi sentire in qualche modo sulla classifica delle retribuzioni al top management. Con l'azzeramento o il ridimensionamento dei bonus a molti banchieri, infatti, nella lista dei più pagati manager delle società quotate italiane il 2008 è stato l'anno del «sorpasso»

FORTIS/ NEL 2008 PERDITE NETTE DI 20,6 MILIARDI PER FILIALE BELGA ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è dovuto alla svalutazione degli asset a causa della crisi finanziaria, nonché "all'impatto negativo, nell'ordine di 12,5 miliardi, delle operazioni di ristrutturazione tra settembre e ottobre". Fortis Banque è la filiale del gruppo belgo-olandese Fortis (ora ribattezzato Fortis Holding), nazionalizzato e 'spezzettato' lo scorso autunno dai governi dell'Aia e di Bruxelles.

(M.D.) Bilancio comunale consuntivo e Bilancio di previsione superano il vaglio di Giunta e Consigli... ( da "Gazzettino, Il (Padova)" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nell'implosione della crisi finanziaria correlata all'economia di cartapesta, ha inondato anche l'economia reale di Padova. «In realtà - conclude l'amministratore - anche ammettendo la peggiore delle ipotesi, cioè che la banca risarcisca solo il 30 per cento dell'impegno, ci troveremmo comunque con 2 milioni di euro in più,

Usa, Fed: segnali rallentamento declino, liquidità andrà ridotta ( da "Reuters Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: presidente ha inoltre fatto notare che la crisi finanziaria è la peggiore dai tempi della Grande Depressione ma che recentemente sono emersi timidi segnali che potrebbero far pensare a un rallentamento del netto declino dell'economia. Bernanke ha precisato che, per riassorbire la liquidità, "quasi certamente" dovranno essere riconvertiti e ridotti i programmi speciali di prestiti.

AGRICOLTURA: ZAIA, SPECULAZIONI FINANZIARIE HANNO AGGRAVATO FAME MONDO. ( da "Asca" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: SPECULAZIONI FINANZIARIE HANNO AGGRAVATO FAME MONDO (ASCA) - Treviso, 14 apr - La crisi finanziaria, con le sue speculazioni, ha aggravato la fame nel mondo. Il ministro delle politiche agricole, Luca Zaia, ha detto che se ne parlera' anche al G8 sull'agricoltura in programma a fine settimana a Cison di Valmarino,

I FUTURES CEDONO TERRONO, MALE LE VENDITE ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sulla crisi finanziaria. Nel discorso preparato per un intervento ad Atlanta, il capo della Banca Centrale si dice "fondamentalmente ottimista" sulle prospettive di lungo termine, notando un certo rallentamento della fase di recessione negli Usa. Sugli altri mercati, nel comparto energetico rimbalza il greggio.

USA, FED: SEGNALI RALLENTAMENTO DECLINO, LIQUIDITÀ ANDRÀ RIDOTTA ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: presidente ha inoltre fatto notare che la crisi finanziaria è la peggiore dai tempi della Grande Depressione ma che recentemente sono emersi timidi segnali che potrebbero far pensare a un rallentamento del netto declino dell'economia. Bernanke ha precisato che, per riassorbire la liquidità, "quasi certamente" dovranno essere riconvertiti e ridotti i programmi speciali di prestiti.

BORSA/ FUTURES POCO MOSSI A NEW YORK, DJ +0,03%, NASDAQ +0,24% ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le stime degli analisti sono per una variazione nulla dei prezzi alla produzione e per un rialzo dello 0,3% delle vendite retail nel mese di marzo. Ad occupare l'agenda economica saranno anche gli interventi del presidente Usa Barack Obama sull'economia e del n.1 della Federal Reserve, Ben Bernanke, sulla crisi finanziaria.

FUTURES: NON BASTA GOLDMAN, OPERATORI CAUTI ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 1 della Federal Reserve, Ben Bernanke, sulla crisi finanziaria. Sugli altri mercati, nel comparto energetico rimbalza il greggio. I futures con consegna maggio guadagnano $0.61 a $50.66 al barile. Sul valutario, ritraccia l?euro nei confronti del dollaro a quota 1.3283. Avanza l?oro a quota $897.

Una polizza antidisastri, perché così fan tutti ( da "Sicilia, La" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Se la crisi finanziaria sembra aver mostrato il fallimento del mercato, la tragedia abruzzese ha palesato un clamoroso fallimento dello Stato. Partiamo da un dato: l'Italia è un territorio ad alto rischio, in cui oltre il 45% dei Comuni é posizionato in zone soggette a disastri naturali, e in cui dal 1997 al 2003 i danni provocati da calamità sono ammontati a 32 miliardi di euro.

India al voto: test chiave per il Partito del Congresso ( da "Panorama.it" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: amministrazione Singh non è riuscita a far fronte, recentemente aggravati dalla crisi finanziaria internazionale e, politicamente, di gestire una serie di alleanze trasversali in una regione in cui la presenza della Cina diventa ogni giorno più preoccupante e in cui Nuova Delhi fatica a farsi riconoscere come attore globale.

conroe ha detto: Le polemiche circa l'immagine dell'Italia sulla stampa estera stanno ormai tracimando dai siti internet (come questo) e arrivando sulla carta stampata nazionale: e ( da "KataWeb News" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

BMP/ BONANNI: NON CAPISCO LIVORE MAZZOTTA CONTRO SINDACATI ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria globale dimostra che le banche, come la Banca Popolare di Milano, con una governance partecipativa ispirata a principi di democrazia economica, hanno mantenuto un forte radicamento territoriale". Secondo il leader della Cisl "non solo queste banche hanno subito in forme residuali gli effetti della crisi sulla liquidità,

Bpm: anche Ponzellini risponde a Mazzotta attraverso "You Tube" ( da "Velino.it, Il" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il suo modo di fare banca in questi anni è stato osteggiato da tanti protagonisti del mondo finanziario italiano che poi si sono rivelati “cattivi profeti” in occasione della grave crisi finanziaria. La stessa posizione di Mazzotta sulle fusioni era prudente e ragionevole. Si è parlato di una “grande popolare del Nord”

Il mercato potrebbe riservare sorprese: possibile una seconda gamba del rally? pag.1 ( da "Trend-online" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che le tensioni sul settore finanziario stanno davvero diminuendo, il Vix deve anche confermare il tentativo in atto, da inizio aprile, di assestamento al di sotto del Vxn, così come era prima dell?inizio della crisi finanziaria nel giugno-luglio 2007. Una fase di assestamento/riaccumulazione è sicuramente possibile me gli indici denotano particolare forza:

USA/ CRISI, DA OBAMA E BERNANKE CAUTO OTTIMISMO E FIDUCIA -PUNTO ( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia numero uno al mondo: un'economia che è stata messa in ginocchio dalla peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione, e che tenta ora di imboccare la strada della ripresa. E' innegabile che le sfide a cui far fronte rimangono molte; anzi, ha precisato Obama parlando alla Georgetown University di Washington D.

CRISI: BERNANKE, PROBABILMENTE SIAMO IN FORMA MIGLIORE DI ALTRI PAESI. ( da "Asca" del 14-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: detto certo che i titoli di stato Usa (Treasury) rappresentino ancora un ''asset attraente'', mentre il dollaro e' ancora ''destinato a dominare le transazioni internazinali''. Sulla crisi finanziaria Bernanke ha ribadito la necessita' di uscirne con un rafforzamento delle autorita' di vigilanza dei mercati. red-men/sam/alf

Il piano di Obama prevede norme più severe per i mercati finanziari e gli hedge fund ( da "Stampa, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le nuove regole per Wall Street Il piano di Obama prevede norme più severe per i mercati finanziari e gli hedge fund

Contro le tasse di Barack la rivolta del tè ( da "Stampa, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Protezionismo sulla punta delle baionette: i coloni volevano importare te olandese detassato, ma sua maestà aveva messo fuori legge questo traffico, germoglio del libero commercio di là da venire. Ciò che ne seguì è noto: la rivoluzione americana e l'indipendenza.

Obama, 5 punti per ripartire ( da "Stampa, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nazione a non cedere ai primi timidi segnali di ripresa che vengono dai mercati finanziari, preparandosi ad affrontare gli ostacoli dei prossimi mesi perché «il 2009 continuerà ad essere un anno difficile per l'economia americana». Era stato proprio Obama, alla fine della scorsa settimana a parlare di «segnali di speranza» e ieri il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke,

babelick ha detto: tina non è solo quello del premier che caccia e mette nuovi ministri come un despota il problema spagnolo.quello che il Psoe ha combinato è contro qualsiasi cosa ( da "KataWeb News" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Offensiva contro gli evasori ( da "Gazzetta di Mantova, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria, il Comune punta anche al contenimento delle spese Offensiva contro gli evasori Oneri, più accertamenti per ovviare alle minori entrate VIADANA. Contenimento delle spese ed attività di accertamento fiscale: sono i provvedimenti con cui l'amministrazione municipale viadanese tenterà di far fronte ad un sensibile calo delle entrate.

Cna, cresce il credit crunch per le pmi di quattro regioni del Centro Italia ( da "Italia Oggi" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria impone dunque una serie di riflessioni a partire dalla capacità di tenuta delle imprese che dipende essenzialmente dalla durata della crisi.Questa determinerà infatti l'ampiezza e la severità della selezione cui il sistema produttivo sarà sottoposto.

Goldman Sachs restituisce i fondi, Tesoro Usa scettico ( da "Milano Finanza (MF)" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a meno che la banca non sia convinta che la crisi finanziaria sia già finita». Prima di iniziare a rimborsare gli aiuti pubblici, Goldman Sachs comunque attenderà i risultati degli stress test delle autorità federali presso le banche, che dovrebbero concludersi entro fine mese.La banca ha comunicato risultati trimestrali positivi, che hanno superato le attese degli analisti.

Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? ( da "Giornale.it, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo»

La Fed vede lo spiraglio postcrisi La recessione inizia a rallentare ( da "Finanza e Mercati" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: liquidità sono state decise dalla Fed anche e soprattutto a fronte della crisi finanziaria dei big bancari e assicurativi. E qui Bernanke è tornato a parlare del caso Aig, dove i bonus milionari riconosciuti ai trader del gigante finanziario sono stato oggetto di scandalo. Un fallimento di Aig, è tornato ieri a spiegare Bernanke, avrebbe messo a rischio l'intero sistema finanziario.

La Cna denuncia forti difficoltà nell'accesso al credito delle Pmi ( da "Finanza e Mercati" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria impone dunque una serie di riflessioni a partire dalla capacità di tenuta delle imprese che dipende essenzialmente dalla durata della crisi. Questa determinerà infatti l'ampiezza e la severità della selezione cui il sistema produttivo sarà sottoposto.

Mortara, condomini in rosso ( da "Provincia Pavese, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il fenomeno si è aggravato con la crisi. Anche se, proprio la crisi finanziaria sta dall'altro lato arginando il fenomeno: «E' vero, c'è molta gente che non paga le spese condominiali, creando problemi al resto dei condomini - spiega Gianni Bocca, un amministratore - - faccio un esempio: c'è un condominio in corso Torino dove su 18 appartamenti,

la sfida deGli eredi di gandhi ( da "Unita, L'" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Questo probabilmente gli consentirà di prevalere nuovamente sul Bjp, in una fase in cui la crisi finanziaria globale ha sollevato dubbi sull'intrinseca efficienza del mercato. I nazionalisti credevano di capitalizzare l'ondata di paura provocata dagli attentati di Mumbai, ma una serie di elezioni locali nei mesi scorsi li ha delusi.

chimica, anche spm è in profondo rosso - gianni favarato ( da "Nuova Venezia, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sempre più preoccupati per il loro futuro visto che l'azienda - in grave crisi finanziaria - il 24 aprile è convocata al ministero del Lavoro per discutere, con i sindacati, la sua domanda di cassa integrazione straordinaria per tutti i dipendenti dello stabilimento di Porto Marghera. Intanto, si profila all'orizzonte un'altra grave crisi.

anche in questa crisi le piaghe sono dieci ( da "Messaggero Veneto, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Udine Anche in questa crisi le piaghe sono dieci Gente&Lavoro di RENATO PILUTTI Come le piaghe d'Egitto (cf. Es 7 - 11) le piaghe di questa crisi economico-finanziaria globale sono dieci e si sono manifestate con un'inesorabile progressività: la prima piaga è stata la crisi finanziaria negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Irlanda,

La forza delle piccole e medie imprese in Europa ( da "Tempo, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con una crisi finanziaria, ormai giunta a livello di economia reale, è essenziale approfittare del potenziale di crescita delle piccole e medie imprese (PMI). L'importanza delle PMI nella nostra società, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste nella corsa al benessere delle comunità locali e regionali,

L'America prova a ripartire ( da "Secolo XIX, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia numero uno al mondo: un'economia che è stata messa in ginocchio dalla peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione, e che tenta ora di imboccare la strada della ripresa. È innegabile che le sfide a cui far fronte rimangono molte. Anzi, ha precisato Obama parlando alla Georgetown University di Washington D.

anche parlamento e consob nello schema "blinda-mediaset" - (segue dalla prima pagina) massimo giannini ( da "Repubblica, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi «avvoltoi» stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche.

banche, duello a colpi di youtube ponzellini: difendere il modello bpm - vittoria puledda ( da "Repubblica, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ponzellini ha ricordato come la banca abbia saputo evitare i rischi peggiori della crisi finanziaria attuale, meglio di quanto abbiano fatto molti grandi player che «avevano modelli di governance di tipo capitalistico puro», ma senza avere fino in fondo le necessarie «capacità finanziarie di controllo». Inoltre, occorre valorizzare al massimo il management interno, conclude Ponzellini.

Il cerino di Barack nel grande freddo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: regolative dei mercati finanziari. Se appunto i mercati continuano a funzionare, prima o poi l'incertezza riguarda non più solo la discesa ma anche la risalita dei valori. E ciò stabilizza le aspettative nel familiare gioco degli equilibri. Nelle ultime settimane la ripresa dei mercati finanziari ha rafforzato questo candido ottimismo oltre ciò che era ragionevole.

La Corea del Nord non tratta più ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I mercati finanziari di Seul e di Tokyo non si sono scomposti, e anche i telegiornali giapponesi hanno mostrato di essere preoccupati non tanto della rinnovata minaccia nordcoreana, quanto delle eventuali decisioni del Comitato Olimpico sull'assegnazione dei Giochi del 2016 ( il team degli ispettori è arrivato ieri).

Fmi, il coraggio di cambiare staff ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ad applicare cure di bilancio draconiane durante la crisi finanziaria asiatica e a cercare di rimodellare tutto da solo le economie asiatiche. Errori che in seguito lo stesso Fmi riconobbe. Ma se queste lezioni sono state interiorizzate fino in fondo e se in futuro avremo a che fare con un Fmi più delicato e gentile, invece che rigido e ANSA dottrinario,

Troppo vecchie per lavorare ma giovani per la pensione ( da "Giorno, Il (Bergamo - Brescia)" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è uguale a quella di tante altre donne camune, vittime della crisi del tessile che dal 2000 ad oggi ha perso oltre mille posti di lavoro. E vittime dell'attuale crisi finanziaria ed economica generale, dopo che hanno provato a cercare un'alternativa. «Ci abbiamo provato - ci dicono - ma cosa vuole, ormai siamo fuori dal mercato.

La Sec a Citi: mostrate i conti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi, il colosso finanziario guidato da Lloyd Blankfein resta il barometro dei mercati mondiali. Il problema, però, è il divario dai concorrenti: se Goldman vola, non è detto che gli altri la seguano. E proprio per questa ragione, mai come ora il confronto tra i suoi risultati e quelli delle altre grandi banche americane potrebbe favorire una ripresa della Borsa o provocarne un

Carte di credito, riforma in vista ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: potrebbe determinare una generale stretta creditizia e questo «non è proprio quello di cui hanno bisogno i mercati finanziari». © RIPRODUZIONE RISERVATA I CAMBIAMENTI Allo studio norme più rigide per gli emittenti in materia di commissioni, tassi di interesse, ricerca di nuovi clienti

Turnaround, il nodo creditori ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha creato un paradosso: i creditori di società in difficoltà sono a loro volta in situazioni fallimentari. Come vi comportate in questi casi? è capitato che ci si trovi di fronte a controparti in liquidazione o in situazioni totalmente diverse rispetto a quando il credito era stato concesso.

Negli Usa vacilla il mito dell'Mba ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Industria e civil service costruirono le basi solide del grande boom finanziario che, pur con alti e bassi, ha rallegrato Wall Street per due generazioni. Ora, dice la legge di Soifer, se i giovani andranno altrove c'è da sperare che la finanza si riprenderà, perché andranno a costruire ricchezza vera. Le crisi dei mercati tengono lontani.

Obama: spiragli per l'America ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Barack Obama ha deciso ieri di ingranare una marcia in più per la gestione della crisi finanziaria, ormai in fase di stabilizzazione. E per la prima volta, insieme alla gestione delle emergenze, ha offerto al Paese la sua visione di lungo periodo, «attorno a cui ha detto - getteremo le nuove fondamenta economiche per raccogliere le sfide del Ventunesimo secolo ».

Dopo i Gratta e Sosta arriveranno i parcometri ( da "Nuova Ferrara, La" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: porremmo fine alla crisi finanziaria?». Secondo le valutazioni dell'assessore, un cittadino che deve espletare alcune commissioni ha già acquistato un tagliando (con fatica, perché alcuni negozianti poco lungimiranti non li vogliono), quindi ferma la macchina perché finalmente trova spazio, lo espone, fa una prima commissione,

Quanto pesa il sindacato in assemblea ( da "Riformista, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sono state meno coinvolte di altre banche nella crisi finanziaria. I cardini della banche popolari sono il "voto capitario" (una testa, un voto) e la "porta aperta" all'iscrizione a socio, a prescindere dalle quote di capitale di cui si abbia il possesso, che comunque obbedisce a limiti di legge.

UE, AIUTI DI STATO: L'ULTIMO QUADRO DI VALUTAZIONE ESAMINA LE MISURE PRESE DAGLI STATI MEMBRI PER LOTTARE CONTRO LA CRISI ECONOMICA ( da "marketpress.info" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale contesto di crisi finanziaria ed economica. Per tutelare la stabilità finanziaria, gli Stati membri hanno istituito sistemi di garanzie, protezioni contro i rischi e misure di ricapitalizzazione per il settore finanziario il cui volume globale ammonta a 3 000 miliardi di euro.

Ubs taglia 8.700 dipendenti, in trim1 perdite per 2 mld franchi ( da "Reuters Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007..

Zaia al G8: ( da "Corriere del Veneto" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha messo sotto gli occhi di tutti l'esigenza di ridare centralità all'economia reale: e cosa c'è di più reale dell'agricoltura? E proprio dalla finanza deve partire il repulisti, fermando la speculazione: in questi anni ci sono state persone che si sono arricchite scommettendo sull'andamento dei prezzi del riso e del mais,

Gli sprechi del neo-statalismo ( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: pubblica amministrazione in un mondo in cui la competizione per sopravvivere è già spietata e lo diventerà ancor di più con una crisi finanziaria globale che rende sempre più accanita la battaglia per la conquista delle poche risorse disponibili. La mancanza di spinta L'importanza e il limite dei lavori di Stella «capostipite» del genere dei libri di denuncia e Rizzo sta proprio qui.

Pubblicità, effetto Zapatero su Telecinco ( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 15/04/2009 - pag: 39 Il caso a Madrid Pubblicità, effetto Zapatero su Telecinco (g.fer.) Balzo ieri alla Borsa di Madrid per le azioni di Telecinco, che in chiusura di seduta hanno messo a segno un progresso del 7,77% a 7,35 euro, con 2,5 milioni di pezzi scambiati, più del doppio rispetto alla media degli ultimi tre mesi.

Corre Mondadori, sale ancora Pirelli Re ( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 15/04/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Corre Mondadori, sale ancora Pirelli Re di Giacomo Ferrari Scambi In crescita gli scambi giornalieri, per un controvalore di 2,9 miliardi di euro Piazza Affari ancora positiva (+2,34% l'S&P-Mib, +1,6% il Mibtel) alla ripresa delle contrattazioni dopo il lungo ponte di Pasqua,

Aeroporti di Roma rilancia Gemina ( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 15/04/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Aeroporti di Roma rilancia Gemina (g.fer.) Le positive prospettive della controllata Aeroporti di Roma hanno messo le ali ieri al titolo Gemina, che ha chiuso con un prezzo di riferimeno di 0,383 euro (+3,79%) dopo aver toccato nel corso della seduta una punta massima di oltre il 7%

Famiglie e moschee a secco. La crisi vista dall'Islam ( da "Corriere del Veneto" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma una forma «democratica » anche la crisi finanziaria ce l'ha. Perchè se è vero, come è vero, che colpisce sempre gli stessi, c'è da dire che in quell'«alveo» non fa distinzioni. Non c'è razza, non c'è religione. Non c'è cultura e non c'è colore. Assolutamente avanti, da questo punto di vista, la crisi finanziaria.

del vecchio rastrella generali con il supporto di mediobanca ( da "Mattino di Padova, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con la crisi finanziaria e la conseguente svalutazione dei corsi, oggi è salita dal 7,3% al 9,2% del capitale di Luxottica. Ma perché Del Vecchio ha deciso di ricorrere alla leva finanziaria pur disponendo di una ingente liquidità? Le ipotesi parlano di un'ottimizzazione delle leva finanziaria, che è una risposta parziale,

Ora il tasso è ma occhio alla rata ( da "Giornale.it, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma occhio alla rata di Redazione La crisi finanziaria internazionale non ha spento l'amore degli italiani per il mattone ma acquistare una casa significa quasi sempre sottoscrivere un mutuo. Un atto impegnativo, da affrontare in primo luogo in base al reddito familiare e scegliendo con grande attenzione tra le tipologie disponibili sul mercato,

Il Meeting di Zucchetti ( da "TopTrade" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria globale, il fatturato del gruppo Zucchetti è cresciuto del 6 per cento rispetto al 2007, raggiungendo i 217 milioni di euro, e sono stati ben 4.600 i nuovi clienti acquisiti. Se si considera che degli oltre 60.000 clienti a parco più del 90 per cento sono gestiti dai partner, si comprende il ruolo fondamentale del canale indiretto di vendita nella strategia Zucchetti,

USA: AUTORITA' PREPARANO GUIDA A STRESS TEST SULLE BANCHE ( da "KataWebFinanza" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finalizzati a verificare la capacita' degli istituti di reggere alla crisi finanziaria. Secondo gli esperti c'e' troppo segreto intorno a questi test e i mercati sono stati invece abituati ad avere sempre tutte le informazioni a disposizione. "L'obiettivo dei test - spiega il New York Times - e' quello di prevenire il panico, non di causarlo".

Anche Parlamento e Consob nello schema "blinda-Mediaset" ( da "KataWebFinanza" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi "avvoltoi" stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche.

Turismo: Enit e Rai Lanciano Spot 'Italia. Much More' ( da "Sestopotere.com" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: molti dei quali duramente colpiti dalla crisi finanziaria ed economica ma, per la prima volta, anche quelli emergenti come la Russia o il Brasile. Si mantengono stabili o in crescita alcuni Paesi dell' Est Europa (Rep. Ceca, Ungheria, Polonia) e dell'Asia (Cina, India e Corea)." "Gli spot televisivi della Campagna Promozionale 2009 - aggiunge il Direttore Generale,

Ubs pronta a tagliare altri 8700 posti ( da "Corriere.it" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: CRISI - L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.

Usa: Autorità preparano guida a stress test sulle banche ( da "KataWeb News" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finalizzati a verificare la capacità degli istituti di reggere alla crisi finanziaria. Secondo gli esperti c'è troppo segreto intorno a questi test e i mercati sono stati invece abituati ad avere sempre tutte le informazioni a disposizione. "L'obiettivo dei test -- spiega il New York Times -- è quello di prevenire il panico, non di causarlo".

Summit Americhe/ Obama affronterà rabbia sudamericana per ( da "Virgilio Notizie" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alleati europei nei confronti delle responsabilità statunitensi nella crisi finanziaria globale. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo,

UBS TAGLIA 8.700 DIPENDENTI, IN TRIM1 PERDITE PER 2 MLD FRANCHI ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007..

SUMMIT AMERICHE/ OBAMA AFFRONTERÀ RABBIA SUDAMERICANA PER CRISI ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alleati europei nei confronti delle responsabilità statunitensi nella crisi finanziaria globale. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo,

Skype si prepara per un viaggio in solitaria ( da "Data Manager" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: soprattutto della crescente crisi finanziaria e della difficoltà di trovare acquirenti disposti a mettere sul piatto cifre elevate. Ed ecco allora avviata una nuova strategia che mira a rendere indipendente Skype. L?intenzione manifestata dai vertici della società è infatti quella di procedere a uno spin off della società e creare i presupposti per renderla finanziariamente indipendente.

DALLE LEGGI "AD PERSONAM" ALLE LEGGI "AD AZIENDAM" ALZATO AL 20% IL TETTO ALL'ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE - dietro la nuova crociata per salvare "l'italianità" si nasconde un inte ( da "Dagospia.com" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi «avvoltoi» stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche.

"Il mercato dell'arte è in difficoltà? Colpa degli advisor delle banche..." ( da "Affari Italiani (Online)" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Con la crisi finanziaria questo movimento prettamente speculativo è andato in crisi e i prezzi di alcuni autori-bolla sono crollati». Alessandro Cappello, da quest'anno direttore di Miart, la Fiera Internazionale d'Arte moderna e contemporanea, che si tiene a Milano dal 17 al 20 aprile, non ha dubbi: per rilanciare il mercato bisogna puntare sulla competenza,

PIMCO LANCERÀ FONDO PER ACQUISTO ASSET TOSSICI ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: "Riteniamo che la crisi finanziaria sarà risolta dal recupero degli Usa e degli altri mercati chiave", ha argomentato Baker. "Vogliamo investire in quei Paesi che guideranno la ripresa e dove le autorità saranno maggiormente aggressive nell'affrontare la crisi finanziaria".

IRLANDA/VIA LIBERA UE A AIUTI A IMPRESE FINO A 500.000 EURO ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: consentire agli Stati membri di aiutare le imprese colpite dalla stretta creditizia legata alla crisi finanziaria. In particolare, gli aiuti irlandesi sono limitati nel tempo e nella portata. "Il piano irlandese aiuterà le imprese colpite dall'attuale stretta creditizia senza distorsioni indebite della concorrenza", ha commentato il capo dell'antitrust comunitario, Neelie Kroes.

Pimco lancerà fondo per acquisto asset tossici ( da "Reuters Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: "Riteniamo che la crisi finanziaria sarà risolta dal recupero degli Usa e degli altri mercati chiave", ha argomentato Baker. "Vogliamo investire in quei Paesi che guideranno la ripresa e dove le autorità saranno maggiormente aggressive nell'affrontare la crisi finanziaria".

A distanza di 23 anni dall'incidente di Chernobyl, apre in Ucraina la prima struttura per l'accoglienza familiare dei bambini oncologici ( da "SaluteEuropa.it" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aggravate dai tagli causati dalla crisi finanziaria che ha messo il paese in ginocchio. A 23 anni dallo scoppio del quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina il cancro continua ad uccidere I tassi di sopravvivenza dei bambini ucraini colpiti da tumore sono notevolmente più bassi rispetto a quelli dei coetanei europei.

A NAPOLI, IL 21 MAGGIO DELLO SCORSO ANNO, SI è SVOLTA LA PRIMA RIUNIONE OPERATIVA DEL CONSIGLIO... ( da "Mattino, Il (Benevento)" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma soprattutto una devastante crisi finanziaria internazionale, che ha fatto vacillare l'economia reale e diffuso tra la gente un clima di incertezza e paura. All'interno di questo quadro, le scelte fatte dell'esecutivo, soprattutto in materia economica, a sostegno delle famiglie e delle imprese, a garanzia dei conti pubblici e del risparmio privato,

Tagli per Ubs, Yahoo, Air France, Adr ( da "Corriere.it" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007. YAHOO - Centinaia di tagli in vista anche a Yahoo.

Cala il prezzo degli immobili anche nei centri urbani, indagine GoHome.it ( da "Sestopotere.com" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si accusano i colpi della crisi finanziaria e calano i prezzi delle case. Secondo un?analisi svolta da GoHome.it, basata sull?osservazione di più di 3.000.000 immobili, nel 2009 prezzi del mercato immobiliare italiano sono scesi, superando in alcuni casi anche il 40%: si tratta naturalmente di occasioni da valutare singolarmente,

## Summit Americhe - Esordio Obama alle prese con crisi e ( da "Virgilio Notizie" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: statunitensi nella crisi finanziaria globale, oltre a dover fare i conti con il dossier cubano. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo,

## SUMMIT AMERICHE - ESORDIO OBAMA ALLE PRESE CON CRISI E CUBA ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: statunitensi nella crisi finanziaria globale, oltre a dover fare i conti con il dossier cubano. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo,

CRISI/ LAMY:LA MIGLIOR RISPOSTA È PROGRAMMA SVILUPPO DOHA DEL WTO ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dopo che la crisi finanziaria ha pesantemente intaccato l'economia reale. E proprio il programma di Doha per lo sviluppo "è il sistema più sicuro di cui disponiamo per preservare gli interessi commerciali individuali e il sistema multilaterale contro la minaccia di un aumento del protezionismo", ha detto Lamy.

*G14, il rischio del futuro: poco cibo e 200 mln ettari "bruciati" ( da "Velino.it, Il" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impatto delle crisi alimentari; aumentare gli investimenti in agricoltura per incrementare la produttività aziendale nei paesi in via di sviluppo; rafforzare lo sviluppo rurale per ridurre la povertà; valutare e contrastare l?impatto della crisi finanziaria sull?

Usa, Al tax day dilaga la protesta anti-fisco ( da "Corriere.it" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La molla della protesta è stata la crisi finanziaria ed economica. Sebbene il fisco, temutissimo per il suo pugno di ferro fu l'unico che riuscì a incastrare Al Capone, il re dei gangster anni Venti - abbia scelto una linea morbida consentendo ai contribuenti di rinviare di qualche mese la denuncia dei redditi e il pagamento delle tasse,

USA/ CALO INASPETTATO DEI PREZZI AL CONSUMO IN MARZO - PUNTO ( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: combattare la recessione e per uscire dalla peggiore crisi finanziaria in oltre 70 anni potrebbero in futuro spianare la strada all'inflazione. In un intervento tenuto ieri, il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha ribadito che la Banca Centrale e' sempre attenta alle eventuali minacce inflative ed e' pronta a rimuovere il piano di rilancio una volta che l'economia mostrera'

diciamolochiaro ha detto: Cos'ha in serbo Zappy per le cariche UE che stanno per scadere. ( da "KataWeb News" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Domani a Piazza Affari: l'S&P/Mib dovrà superare area 18.000 per salire ancora pag.1 ( da "Trend-online" del 15-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che parlerà sulla crisi finanziaria, e a prendere la parola sarà anche Janet Yellen, a capo della Fed di San Francisco. Sull?opposta sponda dell?Atlantico sono inoltre attese novità sul fronte delle trimestrali societarie, visto che si conosceranno i risultati di Jp Morgan che dovrebbe consegnare un utile per azione di 0,


Articoli

C'è la crisi? Boeing e Airbus "regalano" aerei (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

I COSTRUTTORI DIVENTANO I «PRESTATORI DI ULTIMA ISTANZA» DEL SISTEMA 10,5% Brutti numeri Senza artifici finanziari quest'anno la metà dei velivoli prodotti resterebbe invenduta C'è la crisi? Boeing e Airbus "regalano" aerei il tasso da usura chiesto in banca [FIRMA]LUIGI GRASSIA Perché un aereo possa volare, le sue ali devono poggiare su due cuscini: uno fatto di aria e l'altro fatto di soldi. L'aria non manca ma i soldi (in questo momento) sì. Drammaticamente. L'associazione Iata delle compagnie aeree mondiali lancia l'allarme per il 2009: il suo direttore Giovanni Bisignani dice che «quest'anno l'americana Boeing e l'europea Airbus rischiano di non riuscire a vendere metà degli aerei che fabbricheranno», perché le compagnie aeree loro clienti non potranno permettersi di pagarli. Rincara la dose Steven Udvar-Hazy, che è ai comandi della International Lease Finance, leader mondiale fra le società che comprano velivoli commerciali e poi li girano in leasing alle compagnie di trasporto: «Il 2009 per Boeing e Airbus sarà l'anno delle "code bianche"», cioè degli aerei che vengono prodotti ma poi restano senza colori sulla coda perché nessuno li compra né li prende in affitto. Bisignani e Udvar-Hazy parlano, ovviamente, pro domo loro, cioè non è che si preoccupino tanto di come faranno le povere Boeing e Airbus a sopravvivere, ma di come faranno le compagnie aeree a volare se non riescono a rinnovare le flotte (in certi casi molto vecchie, soprattutto negli Usa). Il fenomeno nuovo e curioso, in risposta agli allarmi è che i due colossi delle costruzioni aeree hanno intrapreso una strategia coraggiosissima ma anche rischiosissima per evitare che il mercato collassi: cioè si sono messi a vendere aerei a condizioni finanziarie così generose (crediti diretti super-agevolati ai clienti, oppure garanzie sui prestiti a tassi elevati erogati da terzi) che gli analisti del settore cominciano a vedere la Boeing e l'Airbus come i «prestatori di ultima istanza» delle compagnie aeree clienti. Con l'espressione virgolettata si intende un soggetto che opera per finanziare un sistema economico quando sono esaurite o indisponibili tutte le altre forme di credito. In certi casi è traducibile con Pantalone. Va sottolineato che questa è la strada che hanno intrapreso (fino all'eccesso) alcuni costruttori di auto per evitare la scomparsa dei clienti in attesa che il loro mercato di riferimento si riprendesse; così ad esempio la General Motors ha talmente ampliato i servizi finanziari all'acquisto delle sue auto che da costruttore che era è diventata, nella definizione dei suoi critici, una grande banca che costruisce anche un po' di macchine. È una cosa che si può fare solo a breve o medio termine, perché se il mercato non riprende presto a funzionare in modo normale (cioè, se i prodotti non ricominciano a essere pagati dai clienti anziché dal produttore) il fallimento incombe. Anche per Boeing e Airbus bisognerà vedere quanto durerà l'attuale crollo della domanda globale di biglietti aerei e (quindi) di ordinativi di nuovi jet. Lo sforzo della Boeing si sostanzia, per esempio, in un recente contratto che ha firmato con la Southwest Airlines. Si tratta di una delle migliori compagnie americane e fino al novembre scorso aveva finanziato l'acquisto dei Boeing prendendo soldi in prestito dalle banche a un modestissimo tasso del 3,60%. Ma a dicembre per pagare diciassette Boeing 737 la Southwest non è riuscita a trovare di meglio che un finanziamento al 10,50%. E anche per avere questo tasso da usura ha dovuto chiedere la garanzia della stessa Boeing: cioè se Southwest non riuscirà a ripagare alla banche il capitale e gli interessi chiesti per comprare gli aerei, sarà il costruttore degli aerei a dare i soldi alle banche. Altre compagnie non riescono a ottenere in banca nemmeno questo genere di crediti. Perciò la branca finanziaria della Boeing ha stanziato per quest'anno più di un miliardo di dollari per concedere crediti diretti ai clienti più in crisi, mentre nei tre anni scorsi la cifra messa a disposizione a questo scopo era stata zero. Dalla nostra parte dell'Atlantico il governo francese, socio di riferimento della pan-europea Eads che produce gli Airbus, ha stanziato 6 miliardi di euro per finanziare l'acquisto o l'affitto di Airbus. Ma prima di dire che in Europa la mano pubblica è più interventista che in America va considerato che l'anno scorso la Us Export-Import Bank ha sovvenzionato con fondi federali per 5,5 miliardi di dollari la vendita all'estero di 97 Boeing. Questo quando il presidente era il repubblicano Bush, paladino (a parole) del libero mercato. Quelli che temono che la crisi attuale faccia rinascere il protezionismo e dicono di prendere esempio dall'America e dai suoi presunti anticorpi contro l'intervento statale potrebbero dare un'occhiata più da vicino al mondo in cui vivono. 6 miliardi di euro sono stati stanziati dal governo francese per sostenere le vendite all'estero degli Airbus 5,5 miliardi di dollari sono stati spesi nel 2008 dalla Us Export-Import Bank (un istituto pubblico federale) per finanziare la vendita all'estero di 97 Boeing 1 miliardo di dollari è stato messo in bilancio dalla Boeing per il 2009 per prestiti agevolati a compagnie aeree clienti; nei tre anni precedenti la cifra è stata zero

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Pensioni, spesa aumenta dell'1% del Pil (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Nel triennio 2008-2010 Pensioni, spesa aumenta dell'1% del Pil L'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha ridotto le stime di crescita ROMA - In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lievita fino ad un 1% in più rispetto al Pil: l'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. Lo sottolinea il il rapporto «Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario» che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. «La crescita del rapporto spesa/Pil nel triennio iniziale del periodo di previsione (2008-2010) - si legge nello studio - è di circa 1,1 punti percentuali; tale incremento è imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso di variazione annuo del Pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio 2008-2009)». ANDAMENTO - A partire dal 2013, il rapporto fra spesa pensionistica e Pil presenta una lieve decrescita seguita da una fase di sostanziale stabilità attorno al 15%, che si protrae fino al 2025. Successivamente, il rapporto inizia a crescere fino a raggiungere il punto di massimo di 15,5%, nel 2038. La crescita è più consistente nel primo quinquennio del periodo e significativamente più moderata negli anni successivi. Dopo il 2038, inizia una fase di rapida decrescita che porta il rapporto fra spesa pensionistica e Pil al 13,2% nel 2060. PER COMPARTO - Lo studio presenta anche un'analisi per comparto. La situazione è molto diversa tra dipendenti privati pubblici e autonomi, in particolare per i pubblici se aumenta il numero di pensioni decresce (-40% fino al 2060) l'importo medio. «Per i dipendenti privati - spiega lo studio - la spesa in rapporto al Pil, dopo l'impennata degli anni 2008 e 2009 dovuta alla recessione, si mantiene piuttosto stabile per circa un quinquennio attorno all'8,9% per poi scendere leggermente fino a raggiungere l'8,6% nel 2021. A partire da tale anno, la curva riprende a crescere rapidamente finchè raggiunge un massimo di 9,8% nel 2043». Nella fase finale del periodo di previsione decresce altrettanto rapidamente per attestarsi all'8,6% nel 2060. «Per i dipendenti pubblici - continua la Ragioneria - il rapporto fra spesa pensionistica e Pil cresce, nella prima parte del periodo di previsione, dal 3,3% del 2007 fino al massimo di 3,8% del 2019. Successivamente, il rapporto scende significativamente, attestandosi al 2,6% nel 2060». A parte gli effetti della recessione degli anni 2008-2009, la crescita iniziale è dovuta alla prevalenza del fattore demografico rispetto a quello normativo-istituzionale. «L'aumento del numero di pensioni nel pubblico impiego che dai 2,6 milioni circa del 2007 raggiunge il valore massimo di circa 3,5 milioni nel 2037 - spiega la Ragioneria - oltre a riflettere il più generale fenomeno del ritiro dalla vita attiva dei baby boomers, dipende dalle massicce assunzioni avvenute dalla fine degli anni '70 alla metà degli anni '80. Diversamente, l'importo medio di pensione, in termini di produttività media del lavoro, scende dal 29,1% del 2007 al 17,8% del 2060 segnando una contrazione di circa il 40%». Poiché tale riduzione risulta sensibilmente più accentuata di quella prevista nel settore privato, alla fine del periodo di previsione «la differenza fra l'importo medio di pensione dei due settori si riduce significativamente». In rapporto alla produttività questa differenza passa dagli 11 punti percentuali del 2007 ai 5,3 punti percentuali del 2060. Infine per il comparto dei lavoratori autonomi, la spesa per pensioni in rapporto al Pil cresce nei primi anni di previsione dall'1,8% del 2007 al 2% del 2013 per poi decrescere, dapprima in modo graduale e poi più rapidamente, fino a raggiungere il valore dell'1% alla fine del periodo di previsione. stampa |

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Trentino, l'esempio virtuoso (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Nel capitolo «La politica impara dalla crisi», Letta analizza il rapporto tra locale e globale Trentino, l'esempio virtuoso «Il modello territoriale di Dellai merita attenzione» Non a caso proprio qui si è registrata una netta affermazione in controtendenza rispetto alle dinamiche elettorali in corso regione o una porzione di Paese chiedono a un partito e, in particolare, a una proposta che si qualifichi come di centrosinistra. Non si tratta - è vero - di una grande novità. I territori sono al centro della politica italiana da almeno trent'anni. E i precedenti non si contano: il primo, quello più ovvio, copre l'intera parabola del centrodestra dal 1994 in poi. Senza la Lega Nord, e senza il suo speciale rapporto con il Lombardo- Veneto, Berlusconi non avrebbe vinto nessuna delle tre elezioni che lo hanno portato a Palazzo Chigi. Prima ancora il pensiero corre alla storia della Democrazia Cristiana, con la sua abilità nel creare modelli di governo, locali o regionali, solidi e profondamente autonomi. Basti pensare alla Dc brianzola o, in generale, a quella lombarda. Oppure a quella del Friuli o del Veneto. Sempre nella prima repubblica le vicende del Pci sarebbero incomplete se non si tenesse conto dell'esperienza emiliana e toscana. Esperienze che raccontano di un «partito regionale», con una dirigenza nazionale capace di «calarsi nei panni» di quelle regioni e di amministrarle per decenni. In seguito anche l'Ulivo ha tentato, spesso con fortuna, di ripercorrere questa strada. I casi di Riccardo Illy in Friuli-Venezia Giulia e di Renato Soru in Sardegna sono state moderne rappresentazioni di un'idea di politica con i piedi profondamente radicati nel territorio: l'identificazione completa di un progetto con la regione o con l'area geografica in cui è stato concepito e portato avanti. In alcuni casi l'identificazione si è determinata su base ancor più ristretta, per esempio con una grande città: gli esempi virtuosi della stagione dei sindaci di centrosinistra, a partire da quella di Massimo Cacciari a Venezia lo testimoniano. Infine, non a caso, l'unico esempio virtuoso, in controtendenza rispetto alle dinamiche elettorali in corso, è proprio quello del modello «territoriale» sperimentato da Lorenzo Dellai in Trentino. Un modello al quale guardare con grande interesse. La storia della politica repubblicana, recente e meno recente, può dunque essere ricondotta anche a questo fortunato equilibrio tra proposta nazionale e declinazioni territoriali. Oggi, tuttavia, il tema sembra tornare ancor più in primo piano. Soprattutto perché, al successo o al fallimento di una proposta politica, concorrono fattori prima assenti o meno incisivi. Il riferimento immediato va alla globalizzazione e ai suoi effetti sui comportamenti sociali. Primo fra tutti il grande senso di estraneità che, lo abbiamo visto, sempre più incide sulle relazioni tra l'individuo e la società. Da questo spaesamento deriva l'ultima oscillazione, forse la più violenta, che nel giro di pochi anni ha portato su il «locale» e giù il «globale», alterando un rapporto relativamente stabile da decenni. Di qui le tante paure della società contemporanea, alimentate dalla crescita dei fenomeni migratori e dai loro effetti sempre più evidenti sulla composizione delle nostre comunità locali, specie nelle città. Di qui il rifugio nel localismo e nella rivendicazione dell'eccezionalità delle tradizioni locali in risposta alla perdita di identità e in contrapposizione, intenzionale o meno, a quartieri interi marcati da comunità altre, asiatiche o africane, ormai prevalenti rispetto a quella italiana. Anche la crisi ha inciso naturalmente su questo equilibrio. Che dire del recupero di fiducia nei confronti della piccola banca locale rispetto al grande gruppo finanziario di dimensione europea se non globale? Oppure della rivincita delle banche di credito cooperativo o del ritorno in auge delle casse rurali? Tutte entità che parevano condannate dalla storia - ancor prima che dalle leggi dell'economia - a eclissarsi. E che oggi, invece, sono rinvigorite dalla loro capacità di stare con i piedi nel territorio e di guardare utenti e clienti dritto negli occhi. Se la finanza e l'economia hanno da imparare dalla crisi, e devono emendarsi radicalmente, la politica sbaglierebbe se si abbandonasse a una voglia di rivincita velleitaria e tronfia. Non c'è oggi libro, relazione, discorso, commento alla crisi che non contenga la fatidica frase: «E ora ritorniamo alla politica». Vero è che per rialzarsi occorrono decisioni forti e coraggiose. E i politici devono assumersi responsabilità chiare di fronte alle pubbliche opinioni, con scelte radicali realmente praticate e non solo con belle enunciazioni di principio. Ma questo, più che un atto di liberazione della politica, è un richiamo ai suoi doveri più alti. I politici non saranno restaurati nella propria autorevolezza semplicemente perché i manager e i banchieri sono i primi a essere stati messi sotto accusa per via della crisi. La realtà è che c'è bisogno di buona politica proprio perché anche la politica ha fallito. Non è solo colpa della finanza. In fondo se essa è riuscita a debordare è perché l'assenza di adeguate decisioni politiche l'ha reso possibile. Attenzione, quindi, a inneggiare a un semplice ritorno al primato della politica. Il punto è che la politica deve imparare dalla crisi. L'insegnamento principale da trarre riguarda le classiche coordinate spazio-temporali. Su queste la politica ha fallito. Non ha, cioè, fornito le soluzioni adatte negli spazi, nei luoghi e nei livelli geografici giusti. Ha preferito l'esaltazione del ruolo della «nazione» in una situazione in cui la crisi finanziaria e le sue cause necessitavano di risposte sovranazionali efficienti. Le risposte, per di più, non sono mai arrivate nei tempi giusti. Anzi, la politica ha normalmente considerato il fattore tempo una variabile indipendente.

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Bressan: La flessibilità non diventi precariato (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Bressan: «La flessibilità non diventi precariato» E nell'omelia pasquale annuncia una Scuola diocesana per la formazione TRENTO. L'arcivescovo Luigi Bressan ha dedicato una parte consistente della propria omelia pasquale al problema del lavoro e - in particolare - al lavoro dei giovani. Davanti ai fedeli in Cattedrale, Bressan ha fatto riferimento alla «crisi finanziaria che è diventata anche crisi economica», invitando ad un «cambio di stile di vita». In questo contesto il pensiero del vescovo è andato soprattutto ai giovani. «Dipenderà in gran parte dalle loro motivazioni - ha detto il vescovo - il nostro futuro, dalla passione che porranno nello studio, nella ricerca di vie nuove, dalle iniziative che sapranno intraprendere. Certamente - ha continuato l'arcivescovo - vanno incoraggiati a usare bene le grandi potenzialità che hanno, anche se la situazione attuale non li favorisce immediatamente e quindi, come cristiani, dobbiamo impegnarci a farla cambiare». Bressan ha citato una recente indagine svolta in Italia secondo cui in dieci anni i giovani imprenditori sono scesi dal 22 al 15%, tra i liberi professionsti dal 30 al 22% e tra i dirigenti con personale dipendente dal 9,7% al 6,9%. «Sappiamo - ha aggiunto il vescovo - che se la flessibilità dovrebbe essere l'anticamera della stabilizzazione in realtà è diventata l'autostrada del precariato». E per questo Bressan ha annunciato la creazione di una scuola diocesana di formazione alle responsabilità pubbliche per favorire l'accesso dei giovani alla vita politica e amministrativa.

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La crisi? Reperire le risorse dalla finanza speculativa (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Mantova, La" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

La crisi? Reperire le risorse dalla finanza speculativa Sentiamo dire da tutti che la crisi in atto è una crisi finanziaria che si sta riversando sull'economia reale, niente di più falso perché la realtà delle cose ci dice esattamente il contrario. La leva finanziaria è stata usata in modo globale a partire dagli anni 80 proprio per superare la crisi economica, sociale e politica che si era manifestata nel decennio precedente. Dalla lotta di classe dall'alto, promossa dalle classi dirigenti dell'occidente, sono nate le privatizzazioni e le delocalizzazioni produttive e il rilancio nelle speculazioni nelle Borse valori, e la stimolazione al consumo a credito facile nei paesi a capitalismo avanzato. Questi sono stati alcuni degli strumenti che hanno permesso alle banche, alle multinazionali e fondi finanziari di gestire immense ricchezze e dare fiato ad una economia già a collasso. Dopo che per anni ci hanno fatto credere che il mercato era la cura, oggi ci accorgiamo che il mercato è malato e che lo stato deve curare. Mentre gli Usa, l'Inghilterra, la Francia e la Germania hanno cominciato a tirare fuori ingenti somme per fronteggiare l'onda anomala della crisi, in Italia invece il nostro bravo ministro della finanza creativa non sa da dove cominciare, dimostrando il ritardo del nostro paese rispetto ad altri stati della comunità europea. Diventa molto più chiara la campagna di questo governo, con il ministro Brunetta il quale dimostra che non c'è volontà alla riqualificazione del servizio pubblico, ma di una rapina alla comunità per favorire banche ed imprese. Il taglio agli stipendi e la pensione delle donne a 65 anni, non è che l'inizio perché con questa crisi si tenterà di ristrutturare il mondo del lavoro assoggettandolo alle imprese e al mercato con il superamento del contratto collettivo nazionale e con il taglio delle spese necessarie per il funzionamento dei servizi quali sanità, scuola, trasporti e la giustizia ect. dimostrano che queste sono solo manovre di una classe borghese-imprenditoriale che governa e che in breve tempo trasferiranno sempre più risorse dal pubblico al padronato con l'intervento dello Stato (già adesso sgangherato). Non sento nessun economista almeno qui in Italia proporre con forza un salario minimo garantito per tutti, ma solamente di fare il trucco a questa forma di economia già moribonda e al collasso. Davanti a queste realtà dove il tentativo sopra citato in atto della privatizzazione totale del lavoro questo governo spingerà una generazione intera in balia degli spiriti animali del mercato, lasciando un welfare dei miserabili come testimonia la social card per una sparuta pattuglia di disoccupati e pensionati di adesso e del futuro. Da quando la recessione è cominciata a farsi sentire solo in Italia si sono già persi migliai di posti di lavoro e all'ora io dico a questo punto vogliamo guardare in faccia alla realtà? Vogliamo garantire un sostentamento a precari e disoccupati e aumentare le pensioni e non solo l'età pensionabile? Non limitiamoci solo a mera propaganda mediatica con le solite retoriche che nessuno viene l'asciato senza garanzia da parte del governo. Iniziamo a pensare che se la crisi si protrae nel tempo qui c'è gente che va sostenuta e che i lavoratori ci stanno entrando in ginocchio! Non si possono chiedere ulteriori sacrifici al ceto medio, si vuol capire (come alla caduta della prima Repubblica)? Bisogna cambiare modo di produrre, e nell'attesa che questo succede la gente va sostenuta bisogna prendere risorse da chi si è arricchito dalle speculazioni finanziarie e farlo urgentemente E democraticamente, adesso può essere già tardi! Dino Rodriguez

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Goldman raccoglie 5,5 miliardi di dollari (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Goldman raccoglie 5,5 miliardi di dollari da Finanza&Mercati del 14-04-2009 Alla vigilia dei risultati del primo trimestre, Goldman Sachs mette a segno un colpo importante, sia dal punto di vista dei numeri sia per l'impatto in Borsa (ieri il titolo dell'istituto guidato da Lloyd Blankfein è arrivato a guadagnare il 5% che portano il progresso da inizio anno oltre quota 50%). A spingere sui listini è stato l'annuncio di Goldman di aver raccolto fra gli investitori istituzionali, tramite la propria divisione dedicata all'asset management, 5,5 miliardi di dollari con il Goldman Sach Vintage Fund V. Si tratta di un fondo che si focalizzerà in modo particolare su acquisizioni di asset nei portafogli dei private equity e, per la potenza di fuoco di cui disporrà, sarà fra i più grandi presenti sul mercato secondario dei private equity. È la moda di questi mesi: diversi investitori istituzionali stanno costituendo fondi non «a leva» con l'obiettivo di fare buoni affari rilevando partecipazioni di maggioranza ora nei portafogli dei private. Un settore particolarmente colpito dalla crisi finanziaria per la propria natura di operare con livelli elevati di leva finanziaria e pertanto, in questi mesi, in molti casi obbligato svendere partecipazioni per rientrare della propria esposizione finanziaria. Come rilevato dalla società di ricerca inglese Pequin (che stima gli asset complessivi dei private equity nel mondo ammontino a 2.500 miliardi di dollari), secondo cui, entro i prossimi due anni, almeno il 10% degli operatori si troverà costretto a vendere i propri asset sul mercato secondario. Anche Jp Morgan, del resto, è attivamente impegnata su questo fronte: la seconda banca Usa per attivo, sta anch'essa preparandosi a lanciare un fondo analogo a quello di Goldman. Ma le prossime settimane saranno importanti anche per i risultati del primo trimestre 2009, che daranno il polso della situazione sul settore. Si comincia oggi proprio con Goldman, cui seguiranno Jp Morgan (il 16 aprile) e Citigroup (il 17). La prossima settimana sarà il turno di Bank of Americam, il 20 aprile, Morgan Stanley e Us Bancorp il 21 e Wells Fargo, che ha già anticipato risultati record, il 22 aprile. Per Goldman le attese degli analisti sono ora di 1,60 dollari di utile per azione nel periodo (erano 3,23 dollari un anno fa), ma il dibattito che si è scatenato negli ultimi giorni riguarda la possibilità che la società venda nuove azioni per raccogliere capitali e ripagare così i 10 miliardi di fondi governativi (Tarp) cui ha avuto accesso a ottobre, che costano il 5% annuo. Mossa inopportuna, secondo alcuni, che preferirebbero invece che Goldman ripagasse prima il debito contratto con la Berkshire Hathaway di Warren Buffett (che ha spuntato un tasso di interesse annuo del 10%).

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Ecco il primo capitolo del nuovo libro di Letta "Costruire una cattedrale (sezione: crisi)

( da "Libertà" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ecco il primo capitolo del nuovo libro di Letta "Costruire una cattedrale Ecco il primo capitolo del nuovo libro di Letta "Costruire una cattedrale. Perché l'Italia deve tornare a pensare in grande" (Mondadori), che esce oggi nelle librerie. Pubblichiamo il capitolo "La Cattedrale" per gentile concessione dell'Editore di ENRICO LETTA Ogni volta che passo davanti a una cattedrale immagino la storia della sua costruzione: quanta passione e quanta fatica e che ardire in quei capomastri, scalpellini, muratori, artisti, intarsiatori, marmisti che ci hanno consegnato il loro capolavoro. Tutti anonimi e sconosciuti. Hanno speso la vita per costruire un'opera che durerà nei secoli e che sapevano non avrebbero visto finita. Altro che archistar contemporanei e sponsor con il marchio in bella vista! Le cattedrali, di cui il nostro Paese è così fortunatamente disseminato, sono l'emblema di un lavoro collettivo ciclopico e avveniristico, nel quale ognuno poteva essere chiamato a dare un determinato, quanto oscuro, contributo. Nino Andreatta, per spronarci a lavorare sodo e insieme, citava la fatica ingrata degli scalpellini medioevali che mettevano la stessa dedizione nella loro decorazione, si trattasse della facciata o dell'interstizio più nascosto, quello nell'angolo là dietro che "solo i piccioni erano in grado di apprezzare". Alla costruzione delle cattedrali - simboli non solo religiosi della comunità, destinati a essere ammirati e utilizzati da quelli che sarebbero venuti dopo nei secoli - contribuivano sì gli artigiani, che ci hanno lasciato il loro lavoro e la loro fatica sotto le navate, ma anche tutti gli altri abitanti, che spesso vivevano in catapecchie, ma che sapevano sognare in grande. I registri delle offerte della Fabbrica del Duomo di Milano, consultati dalla ricercatrice Martina Saltamacchia della Rutgers University nel New Jersey, rivelano che furono proprio i piccoli contributi dei cittadini e dei contadini, e non le grandi e opulente offerte di duchi, comandanti e mercanti, a costituire la maggior parte delle offerte della Fabbrica milanese. Nell'anno 1400 il principe Gian Galeazzo Visconti - il committente del Duomo, la cui facciata fu completata soltanto qualche secolo più tardi da Napoleone Bonaparte che vi si incoronò re d'Italia - versò 800 lire al mese, poco più del 15% della somma raccolta quell'anno. Cinque volte tanto furono, nel loro insieme, le donazioni infinitesimali, di una o poche lire. Furono, dunque, uomini e donne che ben sapevano che i loro occhi non avrebbero mai potuto contemplare il Duomo a volerlo fortemente. E la missione di quest'opera collettiva era condivisa da tutti. Sempre i registri del Duomo riportano offerte di strozzini, briganti, prostitute. Segno che la passione o l'ossessione del futuro (oltre, certo, alla speranza individuale di indulgenza) guidavano i comportamenti di una società che - tra le tante pene di vivere poco e male - ci ha regalato tesori che rendono più bella e più ricca la nostra vita attuale. Un impegno autenticamente collettivo, quindi. La soddisfazione di partecipare a un progetto per il quale il contributo dell'ultimo dei cittadini era importante tanto quanto quello di tutti gli altri. Qualcosa con cui dare un significato al lavoro, e forse anche alla propria vita. "Due operai" raccontava Pietro Nenni in Parlamento nel 1959 "lungo una strada stanno ammucchiando mattoni. Passa un viandante che s'informa sulla natura del loro lavoro; uno modestamente risponde: sto ammucchiando mattoni; l'altro risponde: innalzo una cattedrale!". La differenza è nella motivazione e nella prospettiva. Il primo impila pietre: per sé e per guadagnarsi da vivere oggi. Il secondo fa esattamente lo stesso, ma sa di costruire qualcosa di grande per il futuro. E questo conferisce un valore completamente diverso alla sua fatica. La cattedrale è poi contaminazione e mescolanza: la sintesi, tutta nuova, di storie e di esperienze che attraversano i secoli. Un esempio tra i tanti: il Duomo di Monreale, in Sicilia. Il suo splendore nasce dall'incontro di civiltà e culture diverse: quella latino-germanica, quella bizantina, quella arabo islamica. Generazioni e generazioni di individui che hanno partecipato, insieme, alla creazione di un capolavoro che oggi riempie di meraviglia chi ha la fortuna di visitarlo. Se penso alla mia città, Pisa, non posso non notare che gran parte del Pil che lì viene generato è dovuto a due realizzazioni di un millennio fa: piazza dei Miracoli e l'Università. Opere cariche di ansia e futuro. Oggi sarebbe possibile riscontrare la stessa ansia nei nostri comportamenti? Si potrebbe trovare un architetto anonimo per progettare uno stadio? E ci sarebbero contribuenti volontari, pronti a versare gratuitamente il loro piccolo obolo? Del resto, sarebbe immaginabile dare un senso alla nostra esistenza sulla base non del consumo e del godimento del presente, bensì della costruzione del futuro, anche a costo di non vederne nemmeno una parziale realizzazione? Quell'ansia è svanita. Addirittura il nostro Paese sembra credere così poco nel suo futuro da mettere a repentaglio uno degli elementi che costituiscono lo Stato: la popolazione. Da più di un decennio l'Italia oscilla su e giù, intorno alla soglia di rischio. Siamo da tempo, e strutturalmente, sotto i due figli per donna. Vale a dire sotto la quota base di mantenimento della popolazione. Ma i demografi indicano in 1,3 il valore minimo a ridosso del quale si gioca, in prospettiva, la stessa esistenza di una comunità nazionale. Il tasso di natalità non è soltanto una questione psicologica, di prospettive che influenzano le scelte di vita del singolo. È in gioco anche il tipo di organizzazione sociale che una comunità decide di darsi. Il sistema di welfare, in questo senso, diventa un indicatore della percezione del tempo che contraddistingue una società: ne riflette le aspettative, può correggerne le storture. Se una comunità è proiettata oltre l'angusto spazio del presente, sceglie un modello di welfare orientato alla sostenibilità, alla crescita individuale e collettiva, alle garanzie di lungo termine. La Francia, da decenni ormai, ha scommesso sul suo futuro, investendo risorse e aspettative in un modello di welfare centrato sulle donne e sui bambini, sull'aumento del tasso di natalità, ma anche sull'allargamento della partecipazione femminile al mondo del lavoro. La scommessa è stata un successo. Non tanto perché la media è oggi di due figli per donna, quanto perché la società francese ha dimostrato di essere vitale, di accettare la sfida, di saper voltare pagina senza pensare alla perdita immediata di benefici, nel presente, in favore di un orizzonte più ampio, nel futuro. Il problema, soprattutto da noi, è che, dei tre tempi, il passato e il futuro sono sempre più compressi, con poca o nulla influenza sulle nostre scelte di vita. Categorie astratte, senza alcuna ricaduta pratica; dimensioni oscurate da una dilatazione del presente - che è diventato ormai il tempo per eccellenza - a scapito degli altri. È così che per noi il passato finisce con l'essere passato remoto e il futuro diventa lontano, sempre più lontano. Ma cosa vuol dire esattamente dilatazione del presente? E come ci condiziona? Nell'economia essa si traduce nelle logiche della trimestrale di cassa e del famigerato mark to market. Logiche secondo le quali il tempo reale determina i valori. Anche a costo di una deformazione della realtà e di una costruzione di categorie sganciate da parametri di concretezza e di solidità. Soprattutto sganciate dal concetto di lungo periodo, nelle sue declinazioni di affidabilità e di stabilità. Il lungo periodo è, invece, un valore in sé. E se l'economia non ruota attorno alla centralità proprio del lungo periodo facilmente si avvita in dinamiche di distruzione di valore. Lo stesso abnorme aumento delle remunerazioni di alcuni manager, epicentro degli scandali finanziari che hanno portato alla crisi di tutti i mercati mondiali, è frutto della filosofia del breve periodo che vince su quella di lungo termine. Se le remunerazioni sono calcolate su risultati a breve, l'impatto è doppiamente negativo. Perché si possono indurre i manager a elaborare strategie di corto respiro e perché, nel peggiore dei casi, gli stessi manager possono avere la tentazione di scrivere bilanci truccati. Il lungo periodo è, quindi, ancora di più: è costruzione di valore. Penso sia questo il primo insegnamento che il terremoto che ha scosso la finanza globale ci lascia come base per ripartire. È il pilastro sul quale ricostruire comportamenti e strategie, personali e collettive. L'ossessione per il presente - chiamiamola "presentismo " - dà, tuttavia, i peggiori risultati nella politica italiana. Qui il mark to market non è altro che il sondaggio. Sondaggio compulsato ansiosamente con l'idea che qualche punto percentuale di consenso in più, peraltro assolutamente virtuale, sia decisivo per determinare azioni, strategie, leadership. Personalmente ho vissuto una sola esperienza in cui ho dovuto prendere una decisione "pesante" prima della quale ho consultato nervosamente dei sondaggi. Se mi fossi fatto suggestionare da alcuni di quei numeri, non mi sarei candidato alle primarie del Pd del 14 ottobre 2007. E avrei fatto un grave errore. Non perché quei sondaggi fossero sbagliati. Anzi: erano perfetti. Ma la politica fa evolvere le cose, e le scelte non possono solo tener conto della fotografia, sempre parziale, della situazione data. Il sondaggio è un utile strumento per accrescere la conoscenza della realtà. La politica, però, non è fatta per gestire la realtà. È fatta per cambiarla. L'ansia da sondaggio è certamente il fenomeno più visibile. Molti altri, tuttavia, sono i virus che il presentismo ha immesso nei comportamenti politici. Tutti con effetti profondamente deleteri e le cui conseguenze stanno già cominciando a produrre danni strutturali su persone e modi di essere. È carico di saggezza il principio cardine della democrazia che assegna il potere solo al voto dei cittadini, che si esprime ogni cinque o quattro anni a seconda degli ordinamenti. Il calo di consensi durante la fase intermedia non conta. O meglio dovrebbe non contare. Se Gordon Brown avesse prestato ascolto ai sondaggi, si sarebbe dimesso subito prima dell'esplosione della crisi finanziaria e la Gran Bretagna non avrebbe potuto apprezzare il suo modo determinato, creativo ed equilibrato di gestire l'emergenza. Per di più, lo stesso Brown non avrebbe potuto leggere i sondaggi successivi che lo davano semplicemente risorto a fronte del collasso di consensi del suo rivale, il leader dei tories David Cameron, prematuramente incoronato premier dai sondaggisti inglesi. Ed è più che probabile che nei prossimi mesi assisteremo a un'altalena dei consensi dell'uno o dell'altro, a ulteriore conferma dell'estrema volatilità di questi strumenti di valutazione degli orientamenti dei cittadini. Compiere scelte affrettate, condizionate dalla consultazione compulsiva del display delle agenzie di stampa o delle testate web di informazione in tempo reale, è uno dei rischi nei quali oggi facilmente si cade. Ogni volta con l'idea di dover fornire risposte pronte e sempre con la presunzione che si tratti di risposte definitive. La politica è, in questo, influenzata profondamente dalla filosofia dell'articolo quotidiano. Dalla necessità, ogni giorno, di dire una cosa, quale che sia, o di animare un qualche dibattito, spesso virtuale o peggio ancora relativo a fatti di cui difficilmente si parla la sera a cena nelle case delle famiglie italiane. La mattina, poi, chi fa politica comincia la giornata leggendo dieci quotidiani. E spesso leggendo solo le pagine politiche di quei dieci quotidiani. E intorno alle dieci del mattino scambia pareri o insulti con gli altri (non tantissimi) che hanno letto le stesse pagine degli stessi dieci quotidiani. In politica, dunque, i sintomi della malattia del presentismo sono tanti e sembrano moltiplicarsi. Primo fra tutti il vizio della trimestrale di cassa applicata alla vita dei partiti e alle leadership. Leadership che trimestralmente vengono messe in discussione dalle oscillazioni dell'opinione pubblica, dal continuo su e giù degli umori dei cittadini. Quante volte, nei primi quindici anni della seconda repubblica, Silvio Berlusconi è stato dato per finito? Quante volte, insieme o a turno, sono stati salutati con giubilo nuovi leader solo in virtù di un mix di sondaggi, strategie politiche, editoriali giornalistici? Quanto spesso le discussioni interne ai partiti paiono rincorrere queste fluttuazioni, perdendo tempo e soprattutto disperdendo risorse preziose in sterili tira e molla? Il terremoto che negli ultimi mesi ha scosso il Partito Democratico - prima e dopo la successione di Dario Franceschini a Walter Veltroni - si spiega forse anche alla luce di questa tendenza, talvolta ossessiva, a rincorrere il presente. Dichiarazioni a orologeria, annunci a mezzo stampa, eccezioni e distinguo sollevati per segnare qualche punto di vantaggio personale nell'immediato e analizzati dai media al microscopio. Alla fine tanta confusione e soprattutto la mancanza di una prospettiva. Come se la costruzione del Partito Democratico, il suo radicamento nella società, la sua capacità di essere maggioritario nel Paese, non riguardasse un orizzonte più ampio di quello, quotidiano, del "giorno per giorno". Come se non investisse il futuro di quel progetto e di quanti ci hanno creduto sin dall'inizio. La verità è che le verifiche e i giudizi non possono mai essere trimestrali. Sono, piuttosto, le elezioni e i congressi i giorni del giudizio. I momenti, unici e irripetibili, che affidano forza e mandato a leader che poi hanno il dovere, in un tempo prefissato, di rafforzare la propria legittimazione. Vale per la vita interna dei partiti. Vale, a maggior ragione, per le legislature e per le dinamiche istituzionali. Per i partiti italiani il tema è ancor più rilevante perché la maggior parte, o la quasi totalità di essi, ha ormai adottato il modello berlusconiano. In questo il nostro Paese è un unicum. Quando nacque Forza Italia fu giudicata da tutti come un'eccezione irripetibile: un partito a immagine e somiglianza di un'unica persona, del suo capo. Colui che lo ha fondato, che lo guida e che ha potere di vita e di morte sulla sua classe dirigente. Un partito atipico nella storia europea, che - si diceva allora - non sarebbe durato. Sicuramente non sarebbe stato in grado di sopravvivere alle fortune discendenti del proprio leader. Quindici anni dopo dobbiamo ammettere che così non è stato. Questo modello non si è esaurito. Anzi: si è esteso all'intera coalizione di centrodestra. E non solo al centrodestra. Anche nel centrosinistra il modello piace e convince e in alcuni partiti è addirittura adottato per intero, con successo più o meno sorprendente. Condizione determinante per l'affermazione del partito personale è stata, comunque, l'evoluzione del sistema elettorale italiano. La reintroduzione del proporzionale, e soprattutto le liste bloccate senza voto di preferenza, hanno consegnato al leader del partito il potere totale sulla selezione dei gruppi dirigenti. Archiviato il sistema dei collegi uninominali che, dopo un inizio stentato, stava finalmente generando effetti virtuosi, eliminato il voto di preferenza, che attribuiva ai cittadini la possibilità di alterare o di rompere gli equilibri consolidati all'interno dei partiti, ora tutto è nelle mani del capo. Una sua temporanea infatuazione dà il via a brillanti carriere politiche. Allo stesso modo, l'insofferenza nei confronti di una presa di posizione estemporanea può chiudere le porte del Parlamento e spegnere i riflettori della politica per il malcapitato di turno. Il cittadino è così educato ad affidare le sue aspirazioni a una persona sola. A un capo. Pacchetto completo: prendere o lasciare, senza contrappesi. E soprattutto con il rischio che l'affidarsi a uno solo inevitabilmente porta con sé: prima l'esaltazione, poi l'eventuale lapidazione, poi di nuovo l'osanna, in un'alternanza di umori continua che è la causa principale delle fibrillazioni che accompagnano normalmente la politica italiana. Così anche il voto si capovolge. Non viene più dal basso. Per l'elezione dei parlamentari arriva dall'alto: i cittadini non contano e non partecipano. È solo in alto che si decide chi far salire ed è solo dall'alto che si sceglie chi cooptare. Ovviamente ogni partito ha impiegato in modo più o meno smaccato la discrezionalità che deriva dalla nomina dei parlamentari. Ma il vizio e la tentazione si insinuano ovunque, con un effetto inequivocabile: la libertà degli eletti si riduce. È più difficile assumere posizioni coraggiose in dissenso o anche solo non fedelmente in linea con quelle del capo. Tutto questo rende i partiti sempre più deboli, dominati e sovrastati da leader forti o percepiti come tali. È l'esatto inverso di quanto dovrebbe avvenire nel sistema partitico di una democrazia rappresentativa sana: sono i parlamentari liberi che fanno i partiti forti. Non il contrario. Bloccare questa deriva è una priorità e restituire ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari è indispensabile. Nella politica italiana, infatti, ci stiamo ormai abituando a una democrazia senza partiti, perché tali non possono definirsi i movimenti e i soggetti politici che per buona parte la compongono. Plebiscitarismo, assenza di democrazia interna, leaderismi sfrenati: sono i tratti ai quali siamo assuefatti. Sembra quasi di vivere in un mondo in cui siano state portate a estrema conseguenza le idee che Simon Weil aveva provocatoriamente espresso nel suo Manifesto per la soppressione dei partiti politici: "I partiti sono un meraviglioso meccanismo in virtù del quale nessuno spirito dedica la sua attenzione allo sforzo di discernere negli affari pubblici il bene, la giustizia, la verità ... Entrare in un partito equivale a non pensare". Non possiamo arrenderci a questo esito. La politica, tramite i partiti, mitiga il naturale egoismo dei singoli e contribuisce a rendere il sistema più giusto. Ne ha bisogno la democrazia italiana. Così come ha bisogno di altre riforme per alleggerire il peso della politica nella società, per renderla meno ingombrante e fastidiosa. La fine dell'ondata mediatica sulla "casta" potrebbe indurre nella tentazione - pericolosissima - di tirare un sospiro di sollievo: è passata, possiamo ricominciare. Sarebbe un errore molto grave, perché la realtà è che alla fine hanno pagato per tutti soltanto le comunità montane. Non è questo che serviva. E se bene hanno fatto proprio le comunità montane e il loro presidente, Enrico Borghi, a razionalizzare e riorganizzare un soggetto che pure in alcuni casi è davvero insostituibile per i comuni delle montagne italiane, è evidente che il problema è ben più grave. E va risolto. Partendo dalla creazione di un sistema sostanzialmente monocamerale, con un dimezzamento del numero dei parlamentari e un Senato delle Regioni con eletti di secondo livello. Una scelta di razionalità e di buon senso, un modo concreto per ridurre l'imbarazzo che avvertiamo leggendo i confronti con gli altri Paesi. Confronti che puntualmente ci mettono sotto gli occhi l'esempio di parlamenti efficienti e soprattutto liberi. 14/04/2009

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pensioni: +1% del pil nel triennio 2008-2010 (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 11 - Economia Pensioni: +1% del Pil nel triennio 2008-2010 Lo studio ROMA. In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lievita fino ad un 1% in più rispetto al Pil: l'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto «Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario» che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. «La crescita del rapporto spesa/Pil nel triennio iniziale del periodo di previsione (2008-2010) - si legge nello studio - è di circa 1,1 punti percentuali; tale incremento è imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso di variazione annuo del Pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio 2008-2009)». A partire dal 2013, il rapporto fra spesa pensionistica e Pil presenta una lieve decrescita seguita da una fase di sostanziale stabilità attorno al 15%, che si protrae fino al 2025. Successivamente, il rapporto inizia a crescere fino a raggiungere il punto di massimo di 15,5%, nel 2038. La crescita è più consistente nel primo quinquennio del periodo e significativamente più moderata negli anni successivi. Dopo il 2038, inizia una fase di rapida decrescita che porta il rapporto fra spesa pensionistica e Pil al 13,2% nel 2060. Lo studio presenta anche un'analisi per comparto. La situazione è molto diversa tra dipendenti privati pubblici e autonomi, in particolare per i pubblici se aumenta il numero di pensioni decresce (-40% fino al 2060) l'importo medio. «Per i dipendenti privati - si legge ancora nello studio - la spesa in rapporto al Pil, dopo l'impennata degli anni 2008 e 2009 dovuta alla recessione, si mantiene piuttosto stabile per circa un quinquennio attorno all'8,9% per poi scendere leggermente fino a raggiungere l'8,6% nel 2021. A partire da tale anno, la curva riprende a crescere rapidamente finchè raggiunge un massimo di 9,8% nel 2043». Nella fase finale del periodo di previsione decresce altrettanto rapidamente per attestarsi all'8,6% nel 2060. «Per i dipendenti pubblici - continua la Ragioneria - il rapporto fra spesa pensionistica e Pil cresce, nella prima parte del periodo di previsione, dal 3,3% del 2007 fino al massimo di 3,8% del 2019. Successivamente, il rapporto scende significativamente, attestandosi al 2,6% nel 2060».

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mandibola, 20 anni sui pedali (sezione: crisi)

( da "Nuova Sardegna, La" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 46 - Sport Mandibola, 20 anni sui pedali Bilancio positivo per il ciclismo del nord Sardegna Aumentano società e tesserati La gioia più bella la maglia azzurra di Fabio Aru SASSARI. La prestigiosa maglia azzurra indossata da Fabio Aru, i titoli mondiali, europei e italiani conquistati con merito da Nicolò Mu, Bruno Macciocu, Alessandro Fancello, Stefano Usai, Christhophe Nicolas Masserey e Mario Fundoni. I titoli nei campionati intersud di mountain bike vinti da Giorgio Sara e Giulio Mamusi. Per il ciclismo del nord Sardegna è un buon momento. Circa il 40% del totale dei titoli regionali è finito sulle spalle di tesserati della Provincia di Sassari che vanta anche il più alto numero di tesserati nella categoria cicloamatoriale e nei giovanissimi. Per Giovanni Mandibola, da vent'anni al vertice della Federciclismo è un momento importante. «Sono stati anni di grande ed impegnativo lavoro - racconta Mandibola - dove tutti noi, iniziando dalle società assieme ai loro dirigenti, atleti e tecnici, ci siamo rimboccati le maniche lavorando con grande passione, per far si che tutto il movimento ciclistico provinciale, conquistasse un posto di rilievo nel panorama del mondo delle due ruote». L'orgoglio per i risultati ottenuti dagli atleti sardi, unito all'intensa attività delle società affiliate, ripagano dell'impegno e dei sacrifici profusi in questi anni dal comitato provinciale. «Nonostante la grave crisi finanziaria della nostra federazione - conclude Mandibola - il comitato provinciale di Sassari con la sua consueta passione e il rinnovato spirito di sacrificio che contraddistinguono le sue trentasei società, non solo è riuscito a superare queste difficoltà ma ha costruito qualcosa di importante, che durerà nel tempo. I titoli conquistati nell'ultimo anno e l'aumento nel numero dei tesserati sono un sintomo di crescita che ci riempe di gioia e che, come Federazione, cercheremo di difendere». Un impegno che proprio in questi giorni avrà un'altra vetrina di rilevanza nazionale con la presenza ad Alghero di oltre 700 amatori impegnati nel Giro di Sardegna. (p.g.)

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ancora forte la domanda per il bonus a chi ristruttura (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina III - Firenze Il fisco Ancora forte la domanda per il bonus a chi ristruttura CoRRE ancora la domanda di agevolazioni fiscali per ristrutturare casa in Toscana. Lo scorso anno 24.360 contribuenti toscani hanno inviato al Centro Operativo di Pescara la denuncia di inizio lavori per poter usufruire del bonus Irpef del 36% a favore dei proprietari che effettuano interventi di recupero edilizio sui loro immobili. Praticamente lo stesso numero registrato nel 2007 quando le richieste risultarono 24.562. Si può ipotizzare che quest´anno l´effetto combinato della riduzione delle compravendite e del drastico ridimensionamento del costo del finanziamento immobiliare convinca molti proprietari toscani ad investire nella ristrutturazione della propria casa per migliorare lo standard abitativo familiare. Fortunatamente, la crisi finanziaria non propone solo aspetti negativi, ma anche qualche risvolto positivo come il forte calo delle rate di mutuo a tasso variabile. Attualmente per un mutuo decennale a tasso variabile di 50.000 euro per ristrutturare casa all´indirizzo internet www.mutuionline.it è reperibile un finanziamento di Banca Monte dei Paschi di Siena al 2,11% con una rata mensile di 463 euro. Se, invece, si opta per la tranquillità, per lo stesso finanziamento di eguale durata Banca C.R. Firenze propone un tasso fisso al 4,75% con una rata mensile di 525 euro. (r.s.)

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la mia ricetta per prato non è quella di cenni (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Prato «La mia ricetta per Prato non è quella di Cenni» Le cause della crisi strutturale della nostra industria centrata sulla produzione di prodotti tessili, una volta separata dai fattori della abnorme crisi finanziaria che imprigiona attualmente il mondo, si sostanziano nel semplice fatto che nel mondo ci sono soggetti che producono, dotati di macchinari uguali ai nostri, i manufatti della nostra industria a costi molto più bassi. Nei paesi emergenti (Cina e altri) si lavora molto più di 8 ore, si pagano le maestranze e i servizi privati e pubblici alle imprese a livelli incomparabili con i nostri ("dumping" sociale), le aziende sono gravate da imposte trascurabili e beneficiano di consistenti aiuti pubblici. Non ultimo si assiste a una politica di controllo dei cambi che agevola le esportazioni, dei prodotti cinesi in particolare. Ciò provoca il fenomeno di mercato per cui i prodotti cinesi e di altri paesi hanno un vantaggio competitivo in termini di prezzo di almeno il 50%. Ma a livello qualità i tessuti e filati cinesi sono paragonabili a quelli prodotti dalle industrie pratesi? I conoscitori del tessile rispondono che nelle tipologie dei prodotti più semplici la qualità è simile, in quelli più complicati no. Se non vogliamo che il processo di deindustrializzazione di Prato arrivi a risultati insostenibili sul piano sociale occorre una visione capace di constrastarlo: Prima soluzione: adeguare Prato alla cornice di "gap" normativo, in quanto moltiplicatore di costi che minano la competitività: niente tasse, niente contributi, niente tutele sindacali, niente protezione dell'ambiente, nessuna limitazione agli orari di lavoro; insomma costituzione e fondazione nel territorio di Prato di uno schema di "zona franca", peraltro a certe condizioni normata come possibile anche a livello di Comunità Europea. Un ritorno agli albori della rivoluzione industriale con possibili scenari alla Dickens. Ciò, seppure ripugnante, ha una sua logica: meglio un lavoro mal pagato e un'economia con gli orizzonti oscurati dalle incontrollate emissioni atmosferiche cinesi, che una città senza industria e lavoro, con la gente costretta a emigrare. E' l'idelogia di mercato allo stato puro, senza regole e vincoli. Seconda soluzione: si opta per la convinzione che la nostra storia di produttori tessili permette di valorizzare e certificare la migliore qualità e contenuto creativo dei prodotti della nostra industria. Occorre quindi perseguire una politica decisa di protezione del marchio "Made in Italy" (perché non made in Toscany, forse più facile da realizzare?), assegnandolo unicamente a quei prodotti che hanno un ciclo di produzione interamente sviluppato sul territorio. Se si consolida il valore aggiunto del "marchio del luogo di produzione" disciplinato rigidamento si scoraggerebbero anche le delocalizzazioni in paesi con basso costo della manodopera, e si potrebbero rendere non convenienti le politiche industriali "alla Cenni", candidato sindaco del centrodestra, che alla ricerca del minor costo del manufatto, sceglie paesi con basso costo della manodopera, quando la valorizzazione del marchio "fatto in Italia" potrebbe facilmente compensare il maggior costo, che rapportato comunque al prezzo in bottega, è del tutto marginale e secondario. Tale azione, che comporta tempo, va comunque accompagnata da una politica regionale e nazionale di sostegno all'industrial tessile che deve dipanarsi nella seguente direzione: sospensione temporanea del gravame contributivo a carico dei lavoratori e delle aziende, reintroduzione della "dual income tax" o, in alternativa della "Tremonti bis" in materia di investimenti, sospensione temporale degli studi di settore, contributi regionali a fondo perduto in materia di investimenti nella produzione di energia (solare, eolica). Come si vede occorre una politica organica di interventi, una vera e propria politica industriale per le aree in declino. Non basta proporre, come fa qualche esponente del centrodestra, l'abolizione dell'Irap (sarebbe onesto spiegare come la Regione potrebbe finanziare il sistema sanitario una volta abolita l'Irap); occorrono degli interventi sistematici di natura fiscale e parafiscale che sono soprattutto nelle mani del Governo. Certo il Comune, la Provincia e la Regione debbono fare la loro parte. In che direzione? 1) Il Comune deve mettere mano all'assetto delle aziende comunali, Consiag, Asm, in particolare. Deve far elaborare ed attuare in tempi brevissimi un piano industriale finalizzato alla creazione di una sola società multi servizi, volta ad espandersi, attraverso le opportune alleanze, in tutta la Toscana, impostando un ambizioso piano di sviluppo in nuovi settori di intervento (energia elettrica prodotto con fonti rinnovabili, solare e fotovoltaica), sviluppo di un piano di gestione integrata dello smaltimento dei rifiuti realizzando in tempi brevi tutti gli impianti necessari (le discariche sono sempre più costose e i costi stanno lievitando in modo insopportabile). Quanto alle risorse, che la società multiservizi venga in tempi brevi quotata in borsa, le azioni collocate in città, date ai cittadini, alle associazioni economiche di categoria, ai sindacati. Le risorse quindi non mancheranno e si raggiungerebbe altresì il risultato di una maggiore efficenza economica della azienda, attraverso la promozione di gruppi dirigenti in cui prevalga il merito con tariffe delle forniture più basse e più efficienti. Il Comune e la Provincia, debbono creare i presupposti per l'avvio di una grande "parco tecnologico" sul modello di quelli esistenti in altre città d'Italia, attraverso la formulazione di un accordo quadro con le principali banche della città, con le istituzioni di ricerca private e pubbliche, con gli enti, le associazioni di categoria e i sindacati, che possa presidiare e promuovere il processo virtuoso della diversificazione economica. Comune, Provincia e Regione, si facciano carico delle situazioni di difficoltà, di povertà, del grande disagio sociale esistente in città, inevitabilmente connesso alle crisi industriali, costituendo un grande "fondo di solidarietà" di almeno 20 milioni di euro, che dovrà essere utilizzato come volano di pronto intervento. Tale fondo dovrà essere utilizzato per erogare piccoli prestiti alle famiglie in difficoltà e utilizzato come leva finanziaria con alcune delle banche locali. Finisco con una nota identitaria. Il mio impegno civile si colloca nel centro sinistra, nel Pd che è l'unica grande speranza per una proposta di solidarietà, di valorizzazione del merito, del tessuto sociale della comunità. Avv. Enrico Biguzzi

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E anche la Difesa ora si paga (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 14/04/2009 - pag: 7 autore: di Emilio Gioventù L'idea del ministero, tutti i servizi erogabili saranno gestiti da una società. Serviranno a fare cassa E anche la Difesa ora si paga Mai più gratis assistenza sanitaria, meteo, mappe e scorte Non soltanto gadget militari, felpe e cappellini, ma anche esami clinici, previsioni del tempo e particolari servizi di scorta armata. La crisi finanziaria aguzza l'ingegno e ingrassa la fantasia. E qualcosa è scattato nella testa dei responsabili della Difesa nazionale, leggasi ministero, ovvero Ignazio La Russa, e l'insieme delle forze armate. In tempo di vacche magre e pascoli rinsecchiti l'obbligo è fare cassa. In parole povere fare soldi con l'esercito, la marina e l'aeronautica. Ma come? Con una struttura svincolata dai legacci burocratici, controllata dal ministero della Difesa che ma si comporti e ragioni come un banalissimo negozio: vendere, fatturare e quindi partita Iva, incassare. Di qui l'idea di creare «Difesa Spa», una società per azione a totale partecipazione pubblica, configurata secondo il modello dell'in house providing. In pratica una struttura, per dirla con il capo di stato maggiore della Difesa il generale Vincenzo Camporini, in grado di avviare «un processo di remunerazione già oggi previsto dall'ordinamento ma che non sempre assicura l'atteso ritorno economico nelle casse delle forze armate». Tradotto, vendere tutto ciò che fino a oggi viene offerto gratis. Certo, anche i loghi delle forze armate, per esempio, finora dati in concessione d'uso per linee di abbigliamento sportivo senza ricavarci un euro salvo la semplice ricompensa sotto forma di gadget, felpe, T-shirt e cappellini da distribuire tra i militari e personale civile. Per lo sfruttamento dei loghi prima o poi si pagherà, assicura il sottosegretario Guido Crosetto, pronto a promettere che la Difesa Spa cercherà di far soldi anche con l'alienazione del patrimonio immobiliare. Ma non sarà tanto semplice, visto che su questa materia ha voce in capitolo soprattutto il ministero del tesoro. Più facile, invece, mettere all'incasso altri patrimoni disponibili e altri servizi erogabili. Per esempio le visite e l'assistenza medica. Non tutti sanno, per esempio, che gli ospedali militari forniscono assistenza anche ai non militari. È il caso del Celio, il più importante presidio medico militare con sede in Roma. Non ha la convenzione con la regione Lazio - spiega Crosetto - eppure garantisce ai civili cure, esami diagnostici e assistenza. Bene, per i non militari funzionerà come una struttura privata, quindi a pagamento, gestita dalla Spa della Difesa. Non tutti sanno anche che i vari colonnelli dell'aeronautica sparpagliati sulle reti televisive per le previsioni del tempo forniscono un servizio gratuito. In un futuro prossimo la meteorologia sarà uno dei servizi che Difesa spa porterà a remunerazione. Le emittenti televisive se vorranno continuare a far sapere ai loro telespettatori se tocca portare l'ombrello oppure potranno far rotta verso i lidi dovranno pagare. Avete presente, poi, le meticolose mappe militari precise a millimetro su coste e aree demaniali? Le produce e le gestisce l'istituto cartografico. Che finirà, anch'esso, nel grande calderone di Difesa Spa. Altri soldi in arrivo per le casse delle forze armate.C'è una cosa che sicuramente soltanto in pochi sanno. Le grosse aziende italiane, come l'Eni, quando operano in zone potenzialmente a rischio chiedono e ottengono in forma praticamente gratuita scorta e assistenza da mezzi militari. Per l'Eni è capitato spesso, fanno sapere dal ministero della Difesa, che unità navali abbiano dovuto mollare gli ormeggi e trasformarsi in bodyguard galleggianti per scortare petroliere e piattaforme. Di qui l'idea al ministero di via XX Settembre di offrire un vero e proprio servizio scorta. Ovviamente a pagamento. E non è escluso che questo genere di servizio possa essere offerto in futuro anche alle grosse aziende italiane che operano in teatri di guerra. Infine, si sta pensando di far rientrare sotto la competenza della società Difesa Servizi Spa anche i contratti relativi a programmi televisivi e prodotti cinematografici per l'utilizzo dei segni distintivi delle forze armate, lo ha detto molto chiaramente il segretario generale della Difesa, direttore nazionale degli armamenti, il generale di corpo d'armata Aldo Cinelli durante l'ultima audizione alla commissione difesa del Senato. Insomma, un settore a pezzi, piegato da pesanti tagli alla Difesa, potrebbe trasformarsi in una macchina per far soldi. Quanti? «Al momento non c'è una previsione di budget», fanno sapere dal ministero, «inseriremo una cosa alla volta».

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Pensioni crescono l'1% più del pil (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Economia e Politica data: 14/04/2009 - pag: 9 autore: Le previsioni per il triennio 2008-2010 nel rapporto della Ragioneria generale dello stato Pensioni crescono l'1% più del pil Sindacati: la riforma non è urgente, minime da rivalutare Il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, ritiene che non via sia nessuna urgenza in merito alla riforma pensionista che vedrà le pensioni crescere l'!% in più del pil dal 2008 al 2010, e il vice presidente Pdl della Commissione lavoro della camera, Giuliano Cazzola, è convinto che il problema delle pensioni debba essere affrontato «se non nell'immediato quanto meno nell'ambito della legislatura. Perchè», ha detto, «nei prossimi anni la spesa pensionistica in rapporto al pil nel nostro Paese aumenterà dell'1%, è arrivato il monito dall'Ue per l'età delle donne nel pubblico impiego e gli effetti della riforma del 2007 sono negativi, nè si vedono gli interventi compensativi». I sindacati, invece, Cgil, Cisl e Uil, sono compatti nel dire «no» a una riforma del sistema previdenziale. Mentre sostengono uniti che l'unica cosa che va fatta «è trovare risorse per adeguare le pensioni più basse che hanno perso in media il 30% del loro potere d'acquisto dal '93 ad oggi». Sono i commenti al rapporto sulle «tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario» che include le previsioni della Ragioneria generale dello stato. Il rapporto sostiene che in soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lieviterà fino ad un 1% in più rispetto al pil: l'incremento sarà dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del pil in questo triennio. «La crescita del rapporto spesa-pil nel triennio iniziale del periodo di previsione (2008-2010)», si legge nello studio, «è di circa 1,1 punti percentuali; tale incremento è imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso di variazione annuo del pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio 2008-2009)». A partire dal 2013, il rapporto fra spesa pensionistica e pil presenterà una lieve decrescita seguita da una fase di sostanziale stabilità attorno al 15%, che si protrarrà fino al 2025. Successivamente, il rapporto inizierà a crescere fino a raggiungere il punto di massimo di 15,5%, nel 2038. La crescita sarà più consistente nel primo quinquennio del periodo e significativamente più moderata negli anni successivi. Dopo il 2038, inizierà una fase di rapida decrescita che porta il rapporto fra spesa pensionistica e pil al 13,2% nel 2060. Lo studio presenta anche un'analisi per comparto. La situazione presenta diversità tra dipendenti privati pubblici e autonomi, in particolare per i pubblici se aumenta il numero di pensioni decrescerà (-40% fino al 2060) l'importo medio. «Per i dipendenti privati», ha spiegato lo studio, «la spesa in rapporto al pil, dopo l'impennata degli anni 2008 e 2009 dovuta alla recessione, si manterrà piuttosto stabile per circa un quinquennio attorno all'8,9% per poi scendere leggermente fino a raggiungere l'8,6% nel 2021. A partire da tale anno, la curva riprenderà a crescere rapidamente finchè raggiunge un massimo di 9,8% nel 2043». Nella fase finale del periodo di previsione decrescerà altrettanto rapidamente per attestarsi all'8,6% nel 2060. «Per i dipendenti pubblici», ha continuato la Ragioneria, «il rapporto fra spesa pensionistica e pil crescerà, nella prima parte del periodo di previsione, dal 3,3% del 2007 fino al massimo di 3,8% del 2019. Successivamente, il rapporto scenderà significativamente, attestandosi al 2,6% nel 2060». A parte gli effetti della recessione degli anni 2008-2009, la crescita iniziale è dovuta alla prevalenza del fattore demografico rispetto a quello normativo-istituzionale. «L'aumento del numero di pensioni nel pubblico impiego che dai 2,6 milioni circa del 2007 ha raggiunto il valore massimo di circa 3,5 milioni nel 2037», ha spiegato la Ragioneria, «oltre a riflettere il più generale fenomeno del ritiro dalla vita attiva dei baby boomers, dipende dalle massicce assunzioni avvenute dalla fine degli anni '70 alla meta' degli anni '80. Diversamente, l'importo medio di pensione, in termini di produttività media del lavoro, scende dal 29,1% del 2007 al 17,8% del 2060 segnando una contrazione di circa il 40%». Poichè tale riduzione risulta sensibilmente più accentuata di quella prevista nel settore privato, alla fine del periodo di previsione «la differenza fra l'importo medio di pensione dei due settori si riduce significativamente». In rapporto alla produttività questa differenza passerà dagli 11 punti percentuali del 2007 ai 5,3 punti percentuali del 2060. Infine, per il comparto dei lavoratori autonomi, la spesa per pensioni in rapporto al pil cresce nei primi anni di previsione dall'1,8% del 2007 al 2% del 2013 per poi decrescere, dapprima in modo graduale e poi più rapidamente, fino a raggiungere il valore dell'1% alla fine del periodo di previsione.

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Hsbc, sede centrale andrà in vendita (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Mercati e Finanza data: 14/04/2009 - pag: 37 autore: Addio a Canary Wharf per fare cassa Hsbc, sede centrale andrà in vendita La banca britannica Hsbc sta valutando la vendita di tre delle sue sedi principali, compreso il quartier generale londinese di Canary Wharf. La notizia, confermata da una portavoce dell'istituto, è riportata dal New York Times. A differenza di Lloyds e Royal bank of Scotland, che hanno evitato il fallimento solo attraverso la nazionalizzazione, Hsbc ha resistito meglio alla crisi finanziaria grazie a una maggiore liquidità, che le ha consentito finora di evitare il ricorso ad aiuti statali. Nemmeno il colossale aumento di capitale da 17,7 miliardi di dollari (13,2 mld euro) sembra però sufficiente ad attutire l'impatto di un 2008 che ha visto gli utili della banca crollare del 70%. Le perdite prima delle tasse, legate alle sole operazioni nordamericane di Hsbc, hanno raggiunto l'anno scorso quota 15,5 miliardi di dollari. Occorre quindi aggiungere nuovi fondi ai 53 miliardi già messi da parte negli ultimi tre anni per coprire le sofferenze. Oltre al quartier generale di Canada Square, l'istituto britannico sta cercando acquirenti anche per il grattacielo sulla quinta strada di New York e per gli uffici che si trovano presso gli Champs Elysées di Parigi. Secondo il Sunday Times, l'offerta base per i tre edifici, che saranno venduti in blocco, ammonta a 4 miliardi di dollari.

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LA CRISI FINANZIARIA internazionale e i suoi tanti risvolti. Una lezione particolare, quella tenuta ... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Siena)" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

VALDELSA pag. 10 LA CRISI FINANZIARIA internazionale e i suoi tanti risvolti. Una lezione particolare, quella tenuta ... LA CRISI FINANZIARIA internazionale e i suoi tanti risvolti. Una lezione particolare, quella tenuta alla scuola media di Castellina in Chianti dal direttore delle filiali di Staggia e Castellina della Banca del Credito Cooperativo di Cambiano, Alfio Bellucci. Gli alunni, tra l'altro documentatissimi, si sono dimostrati molto interessati all'argomento, facendo domande intelligenti e opportune. L'iniziativa è stata promossa dall'istituto bancario e dalla direzione didattica. Visto il successo ottenuto, probabilmente sarà riproposta in altre scuole.

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BERLINO Parlare di ripresa è ancora prematuro, ma il peggio forse è già... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Martedì 14 Aprile 2009 Chiudi di WALTER RAUHE BERLINO «Parlare di ripresa è ancora prematuro, ma il peggio forse è già passato». Lo sostiene Daniel Gros, presidente del Center for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles che nei timidi segnali di frenata della recessione non vede ancora un'inversione di rotta così come una rondine non fà ancora la primavera, ma dopo lo shock dei mesi scorsi è già tanto se l'economia non continua a crollare alla velocità di prima. «In effetti una serie di segnali indicano che la caduta libera dell'economia mondiale è stata frenata e da una caduta verticale siamo passati ora ad una fase di stallo orizzontale. In altre parole si tratta della stabilizzazione nella quale molti speravano». Ma è una stabilizzazione fondata su dati economici oppure solo su effetti psicologici?«Un po' tutt'e due. Dopo il crack della Lehmann Brothers tutto si è fermato. Nessuno ha concesso più crediti, nessuno ha più investito, tutti hanno visto nero. Almeno da noi in Europa però i consumi sono rimasti piuttosto stabili e anche se la volatilità dei mercati finanziari si è molto ridotta, dopo qualche tempo molti hanno dovuto constatare che in fondo il mondo ha continuato a girare» Grazie però anche ai massicci interventi dei governi. «Il paradosso di questa crisi potrebbe essere proprio il fatto che gli effetti benefici dei tanti piani congiunturali avviati dai singoli stati iniziano a farsi sentire quando l'economia globale avrà già iniziato a riprendersi da sola. In un frangente cioè nel quale questi programmi pubblici saranno meno necessari. È stato ugualmente giusto avviarli, specie negli Stati Uniti dove l'immenso indebitamento privato ha portato ad una paralisi dell'intero sistema e dove solo un forte indebitamento pubblico poteva sostituire quello privato. Più veloce sarà a questo punto la nuova ripresa economica e più velocemente i singoli governi nazionali saranno in grado di ripagare i loro debiti». Nessun timore dunque per una possibile impennata dell'inflazione? «Molti indicano nell'inflazione uno dei maggiori rischi per i prossimi anni. Io francamente questo pericolo non lo vedo. I salari e dunque il costo del lavoro stanno aumentando ma ad un ritmo molto moderato. Il prezzo del petrolio anche per il prossimo futuro mi sembra sotto controllo e non dovrebbe aumentare e altri classici fattori reali che condizionano l'inflazione non sono attualmente riconoscibili». Che incidenza ha avuto lo scorso G20 di Londra e l'azione congiunta delle potenze industriali? «Francamente nessuna. Gli effetti sull'economia o sulla ripresa scaturiti dal recente vertice sono vicini allo zero. I governi del G20 hanno affrontato in primo luogo problematiche non centrali ma solo utili ad evitare danni collaterali. Per carità, non voglio con questo minimizzare i successi e gli sforzi compiuti. È stato giusto ad esempio aumentare i finanziamenti al Fondo monetario internazionale per evitare effetti disastrosi sui paesi in via di sviluppo. Altri problemi però restano, come la sovraproduzione in alcuni settori chiave come quello dell'acciaio e delle auto».

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Il low cost? Oggi vale 61 mld di euro (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 14-04-2009)

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ECONOMIA 14-04-2009 SCENARI PRESENTATO IL PRIMO RAPPORTO ITALIANO SUI CONSUMI «INTELLIGENTI» Il low cost? Oggi vale 61 mld di euro MILANO Ferdinando Sarno II A un anno dalla nascita della Assolowcost Qualità & Valore (la prima Associazione Europea del low cost di qualità), ecco che, per la prima volta in Italia, il settore del low cost di qualità è stato sottoposto ad uno studio rigoroso che, in più di 170 pagine, ne fotografa la consistenza, l'articolazione nei vari settori merceologici e dei servizi, le prospettive di sviluppo e il suo peso sulla produzione della ricchezza nazionale. Alla stesura del rapporto hanno collaborato Marco Stellone (direttore Centro Studi Assolowcost), GPF, The Boston Consulting Group, Databank, CAI e IAMA. Spiega Andrea Cinosi, presidente di Assolowcost: «E' un momento importante per noi perché questo rapporto rappresenta la prima vera fotografia di un fenomeno che si è manifestato ancor prima dell'attuale crisi e non è assolutamente una conseguenza». Il punto di partenza del rapporto non può che essere l'attenta analisi del 2008, anno in cui, secondo Stellone, sono successe troppe cose: «L'andamento del petrolio che ha fatto aumentare i prezzi dell'energia e delle materie prime; la crisi immobiliare americana che è diventata una vera e propria crisi finanziaria; i tassi di interesse a livelli proibitivi... Le famiglie italiane stanno reagendo bene facendo scelte di consumo consapevoli e più oculate». A proposito di famiglie, il 43% si sente insicuro dal punto di vista finanziario mentre il 66% nel 2009 ridurrà le spese di circa il 20%. Secondo il rapporto, nel 2009 il low cost raggiungerà un fatturato di circa 61 miliardi di euro (contro i 55 del 2009) con un'incidenza sul Pil previsto pari al 3,93%. A mettere in evidenza i nuovi scenari strategici ci pensa Antonio Vento, direttore generale di Databank: «Anche i nuovi modelli di business stanno valorizzando il low cost di qualità, che si basa sul minor prezzo finale, sulle nuove organizzazioni delle filiere produttive e distributive e sulle tre scelte essenziali: Innovazione, Internet e Comunicazione ». L'ultima parola spetta ad Andrea Baracco, direttore comunicazione di Renault Italia e Dacia, il first mover per eccellenza del settore automobilistico: «Tutti quelli che hanno avuto il coraggio di osare in termini di Marketing e di andare oltre cogliendo le esigenze dei consumatori, sono stati premiati. Noi, con Dacia, in soli tre anni di presenza sul mercato italiano ci siamo tolti delle grosse soddisfazioni».

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(sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

«Stanno cercando di far sparire i nostri contadini» --> Pérez Vitoria: l'industria li riduce a operai malpagati «Con la finanza in crisi si specula sui terreni agricoli» Martedì 14 Aprile 2009 GENERALI, pagina 12 e-mail print Raccolta del tè nei pressi del Monte Fuji, in Giappone. Sotto, soia caricata su un carretto nel ... «Nello stesso momento in cui morirà la civiltà contadina - diceva Leonardo Sciascia - morirà anche l'uomo». Se i grandi scrittori hanno il dono di saper guardare più lontano degli altri, bisogna dire che non siamo messi troppo bene. Uno storico serio e documentato come Eric Hobsbawm ha scritto che «il mutamento sociale più notevole e di più vasta portata nella seconda metà del '900» è stato proprio «la morte della classe contadina». Fino a cinquant'anni fa il mondo, dalla Pianura Padana alle isole del Giappone, era sostanzialmente una grande terra da coltivare. Oggi i contadini sono rimasti pochi. Eppure sui giornali si parla sempre dell'eclissi delle tute blu, della sorte precaria della piccola borghesia manifatturiera ma quasi nessuno si interessa del destino dei lavoratori della terra, vittime - ha scritto Goffredo Fofi - «dell'odio portato loro dalla cultura borghese e da quella comunista», divise nella marcia ma unite nel colpire un mondo di tecnologie, valori, sensibilità che ha educato e sorretto l'uomo per millenni. Silvia Pérez-Vitoria, economista, sociologa, documentarista parigina, vincitrice del Premio Nonino 2009, sta dedicando la vita a difendere i contadini. I suoi saggi Il ritorno dei contadini e Disfare lo sviluppo per rifare il mondo sono editi in Italia da Jaca Book. «Oggi - dice - si parla tanto di ecologia, dei valori dell'agricoltura biologica ma non si parla di chi la fa. Di chi ha sempre mantenuto la vocazione nutritiva della Terra. Sono i contadini ad averla conservata per millenni nelle condizioni che ancora oggi ci permettono di nutrirci: difendendo la varietà di piante e animali, il buon sapore della frutta e della verdura che mangiamo e anche i bei paesaggi di cui ancora possiamo godere. Eppure stanno cercando di farli sparire. I contadini sono sopraffatti dall'agricoltura industriale, che è diventata socialmente pericolosa: non solo distrugge l'ambiente, ma non dà neppure da mangiare a tutti». Nel nostro tempo gli uomini che rischiano di più la fame sono proprio i contadini. Non è un paradosso? Come è possibile? «Del prodotto finale, la parte che finisce in tasca all'agricoltore è più esigua ogni anno che passa. Il contadino è stato poco a poco spossessato del valore del suo prodotto. Nel sistema industriale i beni della terra devono essere confezionati, trasformati, spostati e venduti a migliaia di chilometri di distanza: in Francia si è calcolato che un contadino con l'indotto del suo lavoro permette di vivere a 20 persone. Ciò che è interessante nell'agricoltura "alternativa" che si sta facendo avanti è proprio il fatto che il produttore possa riguadagnare posizioni all'interno della filiera, partecipare anche alla trasformazione dei cereali, della verdura, della frutta e quindi non perdere per strada gran parte del loro valore». Da Marx in qua tutti si preoccupano della classe operaia. Quasi nessuno invece parla di come funziona lo sfruttamento nel mondo agricolo. «Io credo che il punto chiave sia stato far perdere al contadino la sua autonomia. In passato ha sempre venduto in prima persona i suoi prodotti, a condizioni che erano quelle che stabiliva lui. A poco a poco il sistema industriale lo ha reso sempre meno autonomo: oggi il contadino dipende dall'industria per i prodotti chimici e pure per quanto riguarda le conoscenze di cui ha bisogno; non può più trasmettere ai figli ciò che sa, deve mandarli nelle scuole agrarie. Ed è dipendente anche dal punto di vista finanziario perché per modernizzarsi ha dovuto ricorrere a prestiti che dovranno essere rimborsati. L'agricoltura delle multinazionali trasforma il prodotto della terra semplicemente in materia prima per un nuovo tipo di industria». Poche grandi società controllano la produzione di mezzo mondo. «La liberalizzazione degli scambi in questo settore è avvenuta molto tardi. Da quando, nell'86, sono state aperte le frontiere, le agricolture meno produttive si sono trovate schiacciate da quelle più redditizie, che, tra l'altro, sono anche sovvenzionate dai nostri Stati occidentali. L'altra conseguenza della globalizzazione è stata la notevole concentrazione dell'industria agroalimentare, che le dà un potere contrattuale molto forte nei confronti dei contadini». Oggi, lontano dall'Europa c'è una corsa all'acquisto dei terreni coltivabili. Perché? «Anche alcuni Stati come la Cina, gli Emirati Arabi, la Corea stanno comprando terra in altre nazioni. Ci sono diverse ragioni. Una è cercare di controllare la biodiversità. Sappiamo che nelle piante vi sono ancora grandi ricchezze ancora non ben conosciute: si acquistano terreni per averne il controllo in vista del futuro. E anche per guadagnare posizioni nella produzione di agro-carburanti e di mangimi. Inoltre, con la crisi finanziaria degli ultimi mesi si sono liberati molti capitali speculativi che chiedono di essere investiti, e si sa che la sola cosa di cui l'uomo ha sempre bisogno è il cibo. Esiste ormai un nuovo mercato speculativo che sta determinando una leva finanziaria anche nei confronti del settore agricolo: questo mi sembra davvero un grosso rischio». Vanno di moda i biocarburanti... «Noi preferiamo chiamarli agro-carburanti». Non hanno molto di «bio», infatti. L'anno scorso abbiamo visto abbattersi sui paesi più poveri una dura crisi dei prezzi: essendo cresciuta la domanda di grano, mais, colza da bruciare nei motori anche il costo degli alimenti base si è impennato, con conseguenze gravi sulla fame. «Negli agro-combustibili non vedo nulla di positivo. Il Brasile da vent'anni sfrutta la canna da zucchero per far andare le automobili e questa scelta si è rivelata un danno per la sua agricoltura. Va ricordato che gli agro-combustibili sono prodotti con metodi industriali, non certo artigianali: le multinazionali si appropriano della terra, i contadini vengono espulsi e spesso trasformati in braccianti che lavorano in condizioni terribili su terreni che un tempo erano loro, e si impoveriscono sempre più. L'idea di bruciare alimenti per ottenere energia è davvero catastrofica. Il pieno di un Suv, in termini di mais consumato, permetterebbe a un messicano di mangiare per un anno. Non possiamo pensare di risolvere i nostri problemi energetici a spese dell'agricoltura: dovremo ridurre i consumi». L'industria però - deve ammetterlo - ha reso l'agricoltura decisamente più produttiva. Se oggi godiamo un certo benessere è perché rispetto a due secoli fa le rese sono molto aumentate. «L'agricoltura industriale ha aumentato le quantità prodotte, assolutamente non la qualità. Soprattutto, non ha certo giovato alla sostenibilità del sistema. L'agricoltura che pratichiamo oggi sta distruggendo le risorse che le permettono di funzionare: l'acqua è ormai in gran parte consumata e compromessa, i terreni stanno diventando salinizzati e sterili, il fatto di sviluppare delle monoculture specializzate li distrugge, le macchine lo rendono sempre più compatto... E non riusciamo neppure a nutrire tutta l'umanità. Dunque non c'è un vero progresso. Ci sono solo delle mere quantità, che spesso restano poi invendute: di fatto, non vengono mangiate». Non possiamo tornare all'agricoltura dell'800. «Non si tratta di questo. E neppure si potrebbe. Ma ci sono degli studi fatti da università inglesi, confermati anche da altre fonti, che dimostrano che un'agricoltura tradizionale molto diversificata, carica di savoir-faire locali, di conoscenze sulle condizioni particolari di ogni ambiente sarebbe molto più produttiva di quella oggi prevalente. La Fao nel 2007 ha diffuso un rapporto che mostra che se tutta l'agricoltura passasse al modello "biologico" ogni persona al mondo avrebbe a sua disposizione dalle 2 alle 5 mila calorie al giorno. Non c'è nessun problema tecnico. Esiste invece un problema di carattere politico: la volontà di andare in questa direzione ancora non c'è». Ci sono però sacche di resistenza. Il Premio Nonino quest'anno assieme a lei ha premiato ad esempio i malgari della Carnia... «L'agricoltura indigena in America Latina, quando la si lascia vivere, funziona perfettamente ed è assolutamente equilibrata. In Brasile o nella stessa Spagna contadini "Senza terra" hanno occupato terreni abbandonati, li hanno messi a coltura e oggi riescono a far vivere molta gente attorno a loro. In tutto il mondo sono nati movimenti alternativi: Via campesina, gli Zapatisti in Messico, Marcia Janadesh in India: creano reti, scambiano semenze, lottano contro gli Ogm, recuperano i saperi, fondano università di agroecologia, si battono per la "sovranità alimentare" dei loro popoli. Anche in Europa c'è chi va controcorrente. In Italia conosco una cooperativa, "Alce nero", partita trent'anni fa vicino a Urbino: hanno messo a coltura delle terre abbandonate, riattivato una vecchia fabbrica di pasta e ora esportano in molti paesi (sfortunatamente vendono meno in Italia che all'estero). E di esempi come questi ce ne sono tanti». Se la crisi economica dovesse farsi pesante e lunga, lei crede che potrebbe favorire un ritorno all'agricoltura? «Sono possibili esiti nei due sensi. Sfortunatamente, come ho detto, uno degli effetti della crisi è la speculazione sull'alimentazione. Non dobbiamo dimenticare però che quando negli anni scorsi ci sono state forti crisi finanziarie in Russia, in Tailandia, in Corea la gente ha ripreso coltivare la terra. Possiamo sperare che le difficoltà contribuiscano a una presa di coscienza. La finanza virtuale, paradossalmente, potrebbe costringerci a tornare più con i piedi per terra». Difendere la cultura contadina per lei significa anche difendere dei valori umani? «Sì, c'è un aspetto "filosofico" in questa battaglia. La civiltà contadina si regge su valori fondamentali del vivere come l'aiuto reciproco, la gratuità di certi gesti, l'ospitalità, l'equilibrio. La natura tende a conservare l'equilibrio, perché se questo si rompe entra in crisi semplicemente la vita stessa. Noi siamo stati educati al mondo della crescita, del "sempre di più". I contadini invece si accontentano di poco: è gente che vuole vivere, non consumare. Sono tutti valori che io considero importanti». Quello rurale non è un modello sociale un po' statico? «Equilibrio non vuole dire immobilismo. All'interno di un sistema in equilibrio ci possono essere dei mutamenti, non è che tutto stia fermo. Le società contadine hanno sempre saputo adattarsi alle condizioni che mutavano. È possibile avere al tempo stesso equilibrio e cambiamento». Carlo Dignola 14/04/2009 nascosto-->

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L'Aquila, inagibile una casa su tre Indennità lunga ai disoccupati (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-14 - pag: 1 autore: ... PANORAMA ... L'Aquila, inagibile una casa su tre Indennità lunga ai disoccupati A una settimana dal terremoto all'Aquila procedono leverifiche sui danni provocati dal sisma. Dei primi mille edifici controllati il 30% è stato dichiarato inagibile. Crescono i disagi per gli sfollati nelle tendopoli costretti a fare i conti con il freddo e la pioggia. Tra le misure di emergenza che il Governo varerà nel prossimo Consiglio dei ministri trova conferma l'aumento dell'indennità di disoccupazione. Allo studio una tantum e sgravio del 55 per cento. u pagine 4 e 5 Verso l'accorpamento dei referendum ai ballottaggi Avanza l'ipotesi di accorpare il referendum ai ballottaggi delle amministrative, il 21 giugno. Sarebbe questa la mediazione tra Pdl e Lega. Alle Camere test difficile per la tenuta della maggioranza su ronde, Cie e intercettazioni. u pagina 15 con Il Punto di Stefano Folli Definite le nuove regole per i prossimi contratti Più peso per la contrattazione decentrata, aumenti del contratto nazionale non legatiall'inflazione programmata, durata triennale. Sono alcune regole per i contratti, inserite nel testo che dovrebbe essere firmato domani da Confindustria e sindacati. u pagina 17 Limite al segreto di Stato, altro stop del Governo Nuova frenata del Governo al limite di trent'anni per il segreto di Stato.Slitta l'apertura degli archivi sullestragi prevista nel 2007: la chiusura dei lavori per l'attuazione della legge è stata rinviata per problemi tecnici e politici. u pagina 15 Fondi di private equity in fuga dall'Italia La crisi finanziaria impone la cura dimagrante per i fondi di private equity. E l'Italia finisce nel mirino. Il trend generale è il trasferimento, totale o parziale, a Londra delle attività di molti fondi. La tendenza è di accentrare la gestione nella City. u pagina 37 Goldman Sachs, più utili e collocamento da 5 miliardi Goldman Sachs chiude il primo trimestre con utili per 1,81 miliardi di dollari,ben oltre le attese degli analisti.Il giro d'affari è salito del 13,1%a 9,43 miliardi.Annunciato un collocamento di titoli per 5 miliardi di dollari per restituire gli aiuti ricevuti nell'ambito del Tarp. u pagina 35

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L'esercito occupa Bangkok (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-04-14 - pag: 7 autore: Thailandia. La capitale in mano alle forze armate: lacrimogeni e cannoni ad acqua sui manifestanti L'esercito occupa Bangkok Diecimila in piazza contro il Governo - Due morti e oltre 100 feriti Luca Vinciguerra La Thailandia sprofonda ancora nell'instabilità e nel caos. Ieri, Bangkok è stata teatro di scontri violenti tra l'esercito e migliaia di manifestanti che chiedono la testa del primo mi-nistro, Abhisit Vejjajiva, e le elezioni. Le "Camicie rosse", seguaci di Shinawatra Thaksin,l'ex premier destituito tre anni fa da un colpo di Stato e poi fuggito in esilio dopo una condanna per corruzione, hanno tentato di occupare alcune zone nevralgiche della città. Le forze armate sono intervenute per sgombrare il campo con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. I manifestanti hanno reagito lanciando sassi e molotov, alzando barricate, e incendiando diversi autobus. Anche un edificio governativo è stato dato alle fiamme. Il bilancio della giornata di guerriglia urbana è di oltre 100 feriti e due morti tra la popolazione. Diecimila manifestanti, compresi monaci, donne e bambini, hanno preso d'assedio il Palazzo del Governo. Era dai giorni dell'occupazione degli aeroporti di Bangkok, a novembre, che il Paese non viveva ore tanto drammatiche. Allora c'era un Governo eletto democraticamente, ma odiato da metà del Paese: quello di Somchai Wongsawat, spazzato via con l'accusa di brogli elettorali da una sentenza della Corte Costituzionale il 2 dicembre. Oggi alla guida della Thalandia un Esecutivo delle "larghe intese", capeggiato dal giovane leader del Partito democratico, Abhisit Vejjajiva, frutto di un ribaltone realizzato con il benestare delle forze armate. Il Paese è stato duramente colpito sul piano economico prima dalla crisi finanziaria internazionale, poi dall'assedio degli aeroporti di Bangkok, che ha avuto pesanti ripercussioni sul turismo. A soffrire di più sono state le fasce più povere, i contadini, gli emigrati urbani alla ricerca di lavoro. Vale a dire i grandi sostenitori di Thaksin e del suo partito. Il malcontentoè diventato un terreno fertile per la protesta iniziata nel fine settimana a Pattaya, dove le Camicie rosse hanno causato l'annullamento del vertice Asean, e proseguita ieri a Bangkok. In questo clima, forte della sua popolarità, del suo carismae del suo potere economico, Thaksin continua a soffiare sul fuoco. Ieri, prima ha incitato i suoi sostenitori a continuare la lotta. Poi ha accusato l'esercito di aver mentito sui proiettili utilizzati contro i manifestanti. «I militari hanno sparato anche pallottole vere. Ci sono molti morti e molti feriti», ha detto alla Cnn. Le forze armate, che non hanno replicato, sono decise a stroncare la rivolta, «con qualsiasi mezzo», come ha dichiarato il generale Songkitti Jaggabatara, comandante supremo dell'esercito. Frattanto, Abhisit ha decretato lo stato d'emergenza per Bangkok. L'unico in grado di tentare una mediazione tra le due fazioni (la vecchia classe politica urbana che per mezzo secolo ha governato il Paese, e le "forze nuove" di Thaksin) è re Bhumibol. Ma il sovrano è vecchio e malato. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com Gli aggiornamenti in tempo reale LO SCONTRO I seguaci dell'ex premier Thaksin vogliono le elezioni No dei generali che avvertono: l'ordine sarà garantito «con ogni mezzo» AP/LAPRESSE Caccia ai ribelli. Un militare insegue un manifestante in una strada di Bangkok

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Il ginocchio da lavandaia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-14 - pag: 13 autore: DALLA PRIMA Il ginocchio da lavandaia Citigroup, che si vantava della sua presenza nei cinque continenti, alla fine ha trattato e ricevuto il suo salvataggio solo nel Paese d'origine. Banche come Hypo Real Estate, messe a rischio da operazioni all'estero (in quel caso in Irlanda)sono state salvate dalle autorità del loro Paese. Le banche italiane presenti all'Est non trovano sempre localmente il supporto che un'azienda nazionale probabilmente riceverebbe. Per altri versi, le autorità nazionali hanno incoraggiato operazioni di aggregazione (si pensi ancora alla fusione fra Dresdner e Commerzbank o all'integrazione dell'asset management di Crédit Agricole e SocGen) nella più pura logica dei "campioni nazionali". I mercati finanziari europei appaiono oggi meno integrati rispetto a un anno fa (lo segnala anche il rapporto "Financial integration in Europe" pubblicato dalla Bce nei giorni scorsi). Nello stesso tempo, i poteri di fatto delle autorità nazionali si sono talmente rafforzati che oggi una forte espansione estera, sia pure in Europa, non porta alcun vantaggio concreto. Come ha affermato il presidente dell'authority britannica Fsa, Lord Turner, occorre per il futuro o più Europa o più poteri nazionali. Scartando la seconda alternativa, che alla lunga metterebbe in dubbio anche l'integrazione monetaria, occorre puntare decisamente verso la prima, cioè verso un livello finalmente europeo di regolamentazione. Ma questa soluzione, che finalmente comincia ad essere condivisa (si veda da ultimo il rapporto de Larosière sulla supervisione Ue) non comporta solo la decisione su quale sia l'organo a cui assegnare i poteri. Se vogliamo definire le regole che possano in futuro evitare i disastri cui abbiamo assistito, vanno definiti in tempi rapidi anche le linee essenziali della futura legislazione europea che il nuovo regolatore sovranazionale dovrà applicare. Altrimenti ci si limiterà a un ritocco puramente di facciata e le linee di divisione nazionali continueranno ad essere decisive. I punti su cui è necessario un accordo europeo sono molti, ma l'esempio forse più significativo riguarda la possibilità che in futuro vengano poste limitazioni più o meno severe all'attività di negoziazione in titoli per conto proprio (il cosiddetto "proprietary trading") che ha dispensato profitti nella fase favorevole del ciclo (alimentando bonus e remunerazioni eccessive), al prezzo di rischi che hanno compromesso la stessa sopravvivenza di molte banche. Ci si chiede quindi se occorra separare, magari con divieti di legge, l'attività bancaria tradizionale da quella tipica delle investment bank di oggi, che Lord Turner definisce anche "casino banking" (e mai doppio senso fu più meritato). è sicuramente opportuno creare incentivi perché le banche possano ritrovare il contatto vero con i risparmiatori da una parte e le imprese dall'altro. è tuttavia improbabile che la soluzione più efficace sia la proibizione pura e semplice (il nuovo Glass-Steagall Act che qualcuno invoca). Ma se, come pensa il Gruppo dei Trenta, si può intervenire con regole adeguate e soprattutto con una vigilanza più efficace, è evidente che non abbiamo ancora avviato il dibattito né su quale modello di banca l'Europa vuole per il suo futuro, né su quali poteri concreti debbano essere affidatia un organo sovranazionale che tutti oggi sembrano auspicare. Sono queste le due domande cruciali da cui dipende la possibilità di recuperare il grave arretramento sulla strada dell'integrazione europea,determinato dalla crisi. Marco Onado © RIPRODUZIONE RISERVATA

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La Cina scalda i motori (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-04-14 - pag: 23 autore: Focus. Segnali positivi dalle fabbriche e dai consumi interni - Ripartono gli acquisti di macchinari La Cina scalda i motori Wen: produzione a marzo +8,3% - Chi se ne avvantaggia: Paesi e settori Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente La produzione industriale rialza la testa. Le esportazioni non sono più in caduta libera. Il settore immobiliare ha riacceso i motori. I consumi domestici restano tonici. E le banche hanno ripreso a erogare prestiti a livelli record. «L'economia inizia a mostrare delle dinamiche positive, anche se abbiamo di fronte ancora molte difficoltà», ha detto domenica scorsa Wen Jiabao, annunciando che a marzo la produzione industriale ha registrato un incremento anno su anno dell'8,3%, contro il deludente + 3,8% dei due mesi precedenti. Le parole del premier cinese trovano del resto conferma in altri dati congiunturali annunciati di recente da Pechino, e da cui emerge qualche timido segnale di risveglio dell'economia del Dragone. Ma trovano conferma anche nella percezione di alcuni manager e imprenditori che lavorano in settori particolarmente "sensibili" ai venti di ripresa, come il tessile e i trasporti. Dopo mesi di paralisi assoluta – spiegano gli operatori – nelle ultime settimane le fabbriche cinesi (quelle con le spalle più larghe che sono riuscite a sopravvivere alla crisi globale) hanno assistito a un ritorno degli ordini da parte dei loro grandi committenti stranieri. «In tutto il mondo la gente ha tagliato i consumi, ma deve pur sempre continuare a vestirsi – spiega un produttore di abbigliamento del Zhejiang –. Così, dopo aver ridotto a zero le scorte, ora i retailer americani ed europei si trovano costretti a comprare qualcosa almeno per riempire gli scaffali per la prossima stagione. E, nonostante la crisi, la Cina resta la fonte di outsourcing ancora preferita da tutti». La ripresina cinese, dunque, sembra dietro l'angolo. Secondo gli economisti, diventerà visibile nel secondo semestre del 2009, quando il piano di stimolo all'economia da 600 miliardi di dollari varato dal Governo lo scorso autunno inizierà a estendere i suoi benefici all'intera congiuntura. I grandi partner commerciali di Pechino non aspettano altro. Ma è bene non farsi troppe illusioni. La Cina, infatti, da sola non potrà certamente trainarsi dietro le economie del resto del pianeta. E, soprattutto, non tutti potranno godere in ugual misura dei frutti della ripresa cinese prossima ventura. Chi allora beneficerà maggiormente dell'atteso rimbalzo della domanda interna cinese? «Sicuramente i Paesi che esportano in Cina materie prime e beni capitali. Molto meno, invece, quelli che vendono a Pechino semilavorati e componentistica », risponde Tao Wang, economista di Ubs Investment Research, che ha pubblicato un interessante studio sul tema. La domanda domestica cinese di beni d'importazione si suddivide sostanzialmente in due grandi macro-categorie. Da una parte ci sono le materie prime, i beni strumentali (macchinari, attrezzature, ricambi), e i prodotti di largo consumo. Dall'altra, ci sono i componenti e i semilavorati che arrivano in Cina dall'estero (soprattutto da Taiwan, Malaysia, Corea, Filippine e Thailandia) per essere processati dall'industria manifatturiera locale per poi essere riesportati oltre la Grande Muraglia: elettronica, auto e semiconduttori utilizzano largamente questo modello produttivo. Negli ultimi mesi, entrambe le categorie hanno sofferto l'impatto della grande crisi finanziaria internazionale. Ma ora le loro prospettive appaiono radicalmente diverse. I consumi dei Paesi industrializzati sono sempre al palo e nessuno oggi è in grado di prevedere quando ripartiranno. In questo quadro, è quindi difficile ipotizzare quando le importazioni cinesi di semilavorati e componenti destinati al mercato del largo consumo riusciranno a riprendere quota. Al contrario, i massicci investimenti pubblici in opere infrastrutturali previsti dal piano di stimolo all'economia dovrebbero dare già molto presto un discreto impulso alle importazioni cinesi di beni strumentali e materie prime. La recente lievitazione dei prezzi del rame potrebbe essere il primo segnale di questa nuova tendenza. I Paesi che esportano oltre la Grande Muraglia prodotti consumati direttamente dall'economia cinese, quindi, dovrebbero essere i primi a trarre vantaggio dalla ripresa del gigante asiatico. Tra questi, figurano i grandi produttori di commodities, come Australia e Brasile, e i tradizionali fornitori di beni capitali di Pechino come Giappone, Corea e Unione europea. Alle aziende italiane del meccanotessile e della meccanica, che hanno giocato un ruolo importante nel processo d'industrializzazione cinese, non resta che sperare che il Dragone ricominci davvero a correre. ganawar@gmail.com © RIPRODUZIONE RISERVATA REUTERS La ripresa dei consumi. Il negozio Barbie su cinque piani, aperto in marzo in un palazzo del centro di Shanghai

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Corporate Korea spaventa Tokyo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-04-14 - pag: 24 autore: LETTERA DA SEUL Corporate Korea spaventa Tokyo di Stefano Carrer I l Nord perché rafforza la minaccia militare, il Sud perché guadagna quote sui mercati internazionali dei prodotti industriali: a Tokyo è tempo di paure per la Corea. Nel primo caso, a preoccupare è la dimostrazione dei progressi di Pyongyang in termini di tecnologia missilistica; nel secondo, sono le implicazioni strategiche sul piano economico di due potenziali "bombe": la debolezza valutaria di Seul e i suoi futuri accordi di Free trade agreement (Fta), con i loro effetti di rafforzamento dei vantaggi competitivi per la "Corporate Korea". Mentre il Giappone registra i peggiori deficit mensili di cui si abbia memoria, ha stupito che a marzo il surplus commerciale sudcoreano abbia toccato il record di 4,6 miliardi di dollari, con una ripresa dei volumi di export per 2,9 miliardi rispetto a febbraio (e con un won a un livello medio di 1.453 sul dollaro rispetto ai 1.000 del 2008). Se l'export giapponese si è dimezzato negli ultimi mesi, il calo dell'export sudcoreano si è limitato al 21,2% a marzo, tra segnali di una stabilizzazione della produzione industriale, che si è ripresa del 6,8% in febbraio,quando il surplus delle partite correnti ha toccato il massimo da 11 anni. Per l'effetto di uno yen che l'anno scorso aveva raddoppiato il suo valore sul won, il turismo coreano in Giappone è crollato, mentre quello nipponico in Corea nei primi due mesi del 2009 è balzato del 64%.D'altra parte, mentre gli investimenti diretti stranieri in Corea nel primo trimestre sono scesi del 38%, quelli giapponesi (specie nell'immobiliare sudcoreano) sono aumentati del 163% a 661 milioni di dollari, balzando al primo posto. Se alcuni analisti finanziari avevano ipotizzato una "crisi finanziaria di marzo" per Seul, in realtà le ultime settimane hanno rasserenato l'orizzonte del Paese, con la comparsa di vari indicazioni positive: dalla fiducia delle imprese ai surplus, dal recupero della Borsa ai segnali di "stabilizzazione" valutaria. Ma proprio il won sembra essere stato tra i responsabili della decisione della Sharp di cambiare strategia industriale: di fronte all'aggressività della rivale Samsung, il gruppo di Osaka ha annunciato che produrrà pannelli per schermi liquidi all'estero con partner locali (a partire dalla Cina). Notizia che ha indotto vari commentatori a paventare una nuova fase di de-industrializzazione. A Tokyo, dai palazzi della burocrazia di Kasumigaseki ai piani alti delle aziende, un piccolo sospiro di sollievo è stato tirato per il recente parallelo recupero del won e dello yen sul dollaro, anche perché - a margine del G-20 di Londra - l'incontro tra il ministro del Commercio sudcoreano Kim Joong-hoon e la collega europea Catherine Ashton si è concluso con una fumata nera: niente annuncio dell'Fta, in quanto la Ue rifiuta ancora la richiesta di Seul di accettare i duty drawbacks, ossia i rimborsi delle tariffe all'import di materiali utilizzati nel prodotto finito esportato. «Sul piano tecnico le trattative sono finite – sottolinea Raffaele Quarto, responsabile commerciale Ue a Seul – Lo scoglio ora è solo politico: la palla è passata nel campo ministeriale». Per la Ue è anche una questione di principio, visto che negli Fta in corso con Cile e Messico la soluzione non è contemplata, ma non è un mistero che vari Paesi Ue non siano entusiasti all'idea di eliminare le tariffe sulle auto made in Seul. Alcuni dirigenti della Keidanren (la Confindustria giapponese) hanno manifestato una certa paranoia verso un Fta Corea-Ue, il cui annuncio contribuirebbe ad accelerare la ratifica dell'Fta Corea-Usa: la visione di uno svantaggio competitivo permanente rispetto a Seul- al di là del fattore valutario - con i due megablocchi economici avanzati non fa dormire sonni tranquilli. Al ministero del Commercio, del resto, traspare un certo disappunto per quello che viene percepito come un sostanziale disinteresse della Ue verso un Fta con il Giappone. stefano.carrer@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Seul fra le grandi. Il quartier generale della Korea Exchange Bank a Seul. Anche il Giappone teme il rivale asiatico, per via dei vantaggi competitivi che il Sistema Paese Sudcorea oggi è in grado di mettere in campo SURPLUS COMMERCIALE Giappone in allarme per la competitività valutaria del vicino e per le sue future intese di libero scambio

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La Germania censisce i grandi cantieri (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-04-14 - pag: 25 autore: La Germania censisce i grandi cantieri Piani infrastrutturali monitorati in 14 Paesi: investimenti previsti per 1.500 miliardi di dollari Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Alla fine di marzo, durante un viaggio poco pubblicizzato in Europa, il primo ministro mongolo, Sanjaagiin Bayar, ha fatto tappa a Francoforte. Ne ha approfittato per visitare la sede di Deutsche Bank, nel centro del-la città: «Il mio obiettivo –ha detto Bayar in quest'occasione – è di illustrare agli imprenditori tedeschi le opportunità che offre la Mongolia nel grande settore delle infrastrutture». Mentre la recessione attanaglia l'economia mondiale e il commercio internazionale si contrae per la prima volta negli ultimi decenni,c'è un settore economico in piena espansione, o almeno molto promettente. è quello delle opere pubbliche. Non c'è praticamente Paese al mondo che non abbia lanciato negli ultimi mesi nuovi progetti infrastrutturali per ridare slancio alla congiuntura e rallentare l'aumento della disoccupazione. Il modello (spesso non citato) è la Tennessee Valley Authority: voluto dal presidente americano Franklin D. Roosevelt nel 1933, in piena Grande Depressione, il progetto finanziato dallo Stato, ma gestito tendenzialmente come se fosse un'impresa privata, aveva come obiettivo di rivitalizzare e modernizzare una delle regioni più povere degli Usa. Furono costruiti canali fluviali, centrali elettriche, dighe e strade. L'iniziativa è ricordata come una delle idee più utili di quel periodo. Oggi molti Paesi stanno cercando in un modo o nell'altro di imitarla. Un ente pubblico tedesco dedicato alla promozione economica ha appena pubblicato uno studio sui tanti progetti infrastrutturali in giro per il mondo. Il Germany trade and invest (Gtai) calcola che in un gruppo selezionato di 14 Paesi i piani di opere pubbliche hanno un valore totale di 1.500 miliardi di euro. L'analisi del Gtai non è fine a se stessa; piuttosto è il tentativo di presentare alle grandi società tedesche un quadro delle opportunità che la crisi economica potrebbe offrire loro. «Il programma infrastrutturale del presidente Barack Obama spiega Michael Pfeiffer, presidente dell'ente pubblico tedesco - è particolarmente interessante per le nostre imprese: riguarda infatti energia, costruzioni, ambientee infrastrutture». Ma gli Usa o la Mongolia sono solo due esempi. Aggiunge Pfeiffer: «Vale la pena di dare un'occhiata ad altri Paesi, non sempre osservati con attenzione dalle imprese: penso in particolare a Taiwan, Singapore, Hong Kong, Kazakhstan, Repubblica Ceca, Arabia Saudita, Sudafrica o Qatar ». Pur messa a punto per le aziende tedesche, l'analisi del Gtai si rivela interessante anche in un'ottica europea, e italiana in particolare. In Europa dell'Est, per esempio, l'ente legato al ministero federale dell'Economia nota che vi sono generosi investimenti pubblici nella rete stradale e nella raccolta rifiuti. In Sudafrica e in Brasile, due Paesi in cui si svolgeranno i Campionati mondiali di calcio rispettivamente nel 2010 e nel 2014, vogliono modernizzare gli aeroporti, gli stadi, i centri cittadini e le reti metropolitane. I Paesi del Golfo non sono da meno. Siemens ha appena firmato negli Emirati Arabi Uniti un contratto da 350 milioni di euro per la costruzione di un impianto di desalinizzazione. In Arabia Saudita, la famiglia regnante vuole costruire entro i prossimi 15 anni una nuova città, grande quanto Washington. Tra Bahrain e Qatar è in progetto la costruzione di un ponte di 45 km del costo di 4-5 miliardi di dollari. Mentre la Cina ha deciso di investire 286 miliardi di dollari nei trasporti, l'India ha messo da parte 250 miliardi di dollari da spendere nel grande settore energetico. In Giappone, il Governo ha messo a punto invece un piano di stimolo all'economia che prevede investimenti nell'informatica per 6 miliardi di yen. A Singapore è previsto l'ammodernamento della rete metropolitana entro il 2020: il bilancio è di 21 miliardi di euro. Certo, anche nel campo dei progetti infrastrutturali potrebbero emergere spinte protezionistiche, come ha dimostrato la clausola "Buy American" negli Stati Uniti. I ricercatori del Gtai ne sono più che consapevoli, tanto che nel loro studio hanno suddiviso i vari Paesi a seconda del rischio protezionismo. Il pericolo maggiore potrebbe esservi in Asia e in Sudamerica, meno in Africa o Nord America. «Vi sono su questo fronte mol-te differenze tra i Paesi. Le imprese che hanno una propria filiale in loco sono certamente avvantaggiati - avverte Ernst Leiste, del Gtai a Colonia- . Oltre alla minaccia delprotezionismo dobbiamo tenere conto anche degli ostacoli burocratici e della lunghezza delle procedure d'asta». Sbilanciata sul versante dell'export, la Germania soffre della frenata dell'economia. In questo senso, la Repubblica federale ha un interesse particolare a evitare un'ondata di protezionismo e a cogliere tutte le opportunità della crisi, anche in Mongolia. «Registriamo da parte dei nostri clienti – ha detto non a caso il banchiere di Deutsche Bank Stephan Leithner in occasione della visita del premier mongolo – un crescente interesse economico per questo Paese emergente». beda.romano@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA www.gtai.de Il sito del Germany Trade & Invest FOCUS SUI PROGETTI Il Germany Trade and Invest ha preparato uno studio sugli interventi in programma nel mondo: opportunità non solo per imprese tedesche

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Londra: dalla finanza ai gelati (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-04-14 - pag: 26 autore: Londra: dalla finanza ai gelati Zero burocrazia e bassi costi aiutano gli alfieri del made in Italy - Il caso di Christian Oddono Nicol Degli Innocenti LONDRA Dalla corporate finance al gelato artigianale, dall'analisi azionaria al sorbetto perfetto: un percorso decisamente inusuale che si è rivelato vincente per Christian Oddono, diventatoil gelataio più premiato e osannato di Londra. Mentre la crisi finanziaria devasta la City e i mercati crollano, gli inglesi fanno la fila per comprare il cono al pistacchio siciliano o alla nocciola piemontese doc. Dopo un iter classico, laurea in Bocconi e lavoro nella corporate finance e ricerca azionaria a Londra, diventando Head of Research di Actinvest, Oddono ha deciso di seguire il suo istinto. «Mi sono sempre considerato un imprenditore prestato alla finanza – racconta –. Ci pensavo da quindici anni, semplicemente perché amo il gelato e non sono mai riuscito a trovarne uno davvero buono a Londra. Il mio lavoro nella ricerca di mercato mi ha confermato che c'era un gap e quindi un'opportunità». Christian ha sfruttato il suo background per fare il business plan e ha trovato un partner, Marco Petracchini, ex manager di Starbucks, che ha portato l'esperienza del retail. Così è nata Oddono's, partita nel 2004 con una gelateria a South Kensington, diventata subito un successo. «In un ottica da italiano, la cosa più interessante è stata la formazione della mia società – spiega Oddono –. Ho creato l'azienda srl su internet, in mezz'ora, spendendo 50 sterline e con una sterlina di capitale. In pochi giorni mi sono arrivati per posta tutti i documenti. Quindi zero burocrazia e costi ridicoli, il che dimostra perché la Gran Bretagna, al contrario dell'Italia, è una grande palestra imprenditoriale». Molte inoltre le agevolazioni: Businesslink, un ente creato dal Governo britannico per sostenere le start-up, ha offerto consulenza all'inizio e ogni sei mesi propone a Oddono's, come a tutte le giovani imprese, un business check-up, un contabile o un consulente legale, del tutto gratuitamente. Oddono ha findall'inizio deciso di fare solo gelati e sorbetti artigianali, senza usare conservanti o coloranti, neanche quelli naturali, e senza ricorrere all'utilizzo di semilavorati pronti «come il 95% delle gelaterie italiane», dice. «Abbiamo deciso di distinguerci per il gusto e la qualità superiore, usando le bacche di vaniglia dal Madagascar e non la vanillina, i pistacchi di Bronte e non la pasta iraniana, solo cioccolato Valhrona e così via. Trovare i fornitori giusti non è stato facile. La gelateria ha un laboratorio a vista con una grande finestra che permette ai clienti di vedere come viene fatto il gelato. «Questa è stata un'innovazione assoluta per Londra ed è piaciuta molto». Galen Weston, il miliardario proprietario di Selfridges, ha assaggiato il gelato di Oddono's e gli è piaciuto al punto che ha voluto un loro punto vendita all'interno del grande magazzino. Da allora il numero di gelaterie è cresciuto. La recessione in Gran Bretagna ha avuto l'effetto di aumentare le vendite, dice Oddono: «Non sentiamo la crisi, probabilmente perchè il gelato è un comfort food come il cioccolato, un piccolo lusso a un costo contenuto che ha un effetto consolatorio nei momenti difficili. Poi la gente va meno al ristorante, resta a casa ma vuole comunque un tocco dolce, quindi vendiamo molte più vaschette da asporto». L'obiettivo ora è replicare la formula in altre città britanniche e anche all'estero, probabilmente in franchising. «Vogliamo crescere ma senza fretta e senza sacrificare la qualità – dice Christian –. Abbiamo avuto già richieste dal Medio Oriente e dall'Asia. Tra due o tre anni poi potremmo quotare la società sull'Aim londinese, la Borsa delle piccole aziende». L'istinto finanziario non è del tutto sopito. nicoldynes@aol.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Gelati scaccia-crisi. Christian Oddono (a destra) con il socio Marco Petracchini, ex manager di Starbucks. Oddono's punta a conquistare altri mercati e a quotarsi sull'Aim londinese, la Borsa delle piccole aziende

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Mutui, spuntano la garanzia statale e il tasso zero (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: TERREMOTO data: 2009-04-14 - pag: 5 autore: Banche. Oggi l'Abi sulle zone colpite Mutui, spuntano la garanzia statale e il «tasso zero» Lina Palmerini PESCARA. Dal nostro inviato Si ricomincia dalle banche. La ricostruzione riparte da qui, dai mutui e dal credito alle imprese. Il punto è come il Governo e gli istituti creditizi interverranno sui mutui in essere di case distrutte: si continueranno a pagare, come e con che tassi? E se invece sono necessarie opere di ristrutturazione, sarà possibile allargare il mutuo e a quali condizioni? Lo stesso vale per le attività commerciali e professionali che magari hanno degli scoperti o avranno la necessità di nuovi finanziamenti per riportare l'attività –ora in totale black out – a pieno regime. Il fatto è che all'Aquila – e in tutta la provincia – era già crisi nera prima del terremoto. E ora il rischio di un abbandono della città e di una desertificazione economica è più che concreto. è così che in questi giorni il mondo imprenditoriale ragiona su una terapia d'urto.A esporsi è il vicepresidente dell'Ance locale, Ettore Baratelli: «Serve riportare le persone a casa, riaprire gli esercizi commerciali, le imprese, le scuole. Per questo crediamo che le soluzioni più semplici siano quelle di vendite agevolate di nuove case, mutui a tasso zero, agevolazioni fiscali». L'ipotesi mutuo a tasso zero è quella che viene considerata più estrema dal mondo bancario locale che resta in attesa delle scelte del Governo. «Per le scelte è ancora presto. Aspettiamo le decisioni del Governo per capire quale sarà il perimetro degli aiuti pubblici prima di disegnare la strategia creditizia locale», ci racconta Rinaldo Tordera della Carispaq, l'istituto che ha il 40% di fetta di mercato nella provincia aquilana. Anche la casa di Tordera – su cui tra l'altro paga un mutuo – è inagibile come pure il suo ufficio ma la sua banca-dati è salva e da questa ricava i numeri del problema. «Il nostro monte mutui è di 500 milioni, un terzo del bilancio, e di questi circa la metà riguardano case coinvolte dal terremoto». Insomma, l'entità dell'esposizione si pone come priorità soprattutto perché è destinata a crescere visto che le banche dovranno partecipare alla ricostruzione. Gli interrogativi trovano, in parte, una risposta dal passato. Dai precedenti terremoti, come quello dell'Umbria, dove le banche si misero in moto in varie direzioni. «Primo: ci fu la sospensione dei pagamenti delle rate per un paio d'anni. Queste furono spostate alla scadenza del mutuo a zero interessi. Secondo: in attesa dei soldi pubblici per la ricostruzione, offrimmo finanziamenti anticipati a tasso zero per ristrutturare le case. Stesso discorso per tutte le attività autonome », ricorda Giovanni Antonini, presidente della Banca popolare di Spoleto. Ma nel carnet delle misure c'è quella di una garanzia statale sui mutui sulla scia di quanto deciso nel momento della crisi finanziaria sui conti correnti. E c'è in ballo il tema della rinegoziazione dei tassi. «Noi la sospensione dei pagamenti delle rate per un anno l'abbiamo già presa. Così come abbiamo garantito il pagamento di tutti gli stipendi e il blocco degli addebiti», ci spiega Tordera che vuole a tutti costi ripetere «la città va ricostruita non abbandonata ». Intanto oggi all'Aquila arriva Giuseppe Zadra, il direttore generale dell'Abi,che illustrerà le misure prese dagli istituti di credito. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'ALLARME ANCE «Riportare le persone a casa, riaprire i negozi e le imprese. La soluzione più semplice è la vendita agevolata di nuove case»

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Più utili, Goldman sorprende Wall Street (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 14/04/2009 - pag: 27 Banche e conti Sul mercato raccoglierà 5 miliardi. Vola Citigroup, più 25%. Scatta anche Bank of America Più utili, Goldman sorprende Wall Street Profitti a 1,6 miliardi. Aumento di capitale per rimborsare lo Stato Intanto la cinese Icbc fa il sorpasso sui colossi americani per valore di Borsa e per depositi: ora è la prima banca al mondo WASHINGTON - Dopo la Wells Fargo, che la settimana scorsa annunciò un profitto trimestrale di 3 miliardi di dollari contro i 2 miliardi del primo trimestre del 2008, anche la Goldman Sachs ha battuto le aspettative di Wall Street, annunciandone uno di 1,6 miliardi dollari contro 1,4 miliardi di dollari dello stesso periodo di un anno fa. L'exploit della stella delle banche americane, in una posizione di dominio a causa della chiusura delle altre banche di affari, ne ha fatto salire le quotazione in borsa del 4,7%. Sempre ieri, Goldman ha annunciato la creazione di un fondo da 5,5 miliardi per tornare nel settore del «private equity», ossia delle scalate societarie con il debito. Ma l'evento più importante della giornata è forse stato un altro: il collocamento da parte della Goldman Sachs di titoli per cinque miliardi di dollari, il primo passo verso il suo rimborso anticipato del prestito di 10 miliardi di dollari ottenuto dal Tesoro lo scorso autunno. Tra le banche americane e il Tesoro è in corso un braccio di ferro: per riacquistare la loro piena autonomia, prevenire il cambiamento dei manager e dei consigli d'amministrazione, ed evitare tagli ai loro stipendi e premi d'oro, le banche vogliono liberarsi al più presto dei sussidi ricevuti, anche se ciò comporta di fatto una penale. Se la Goldman Sachs lo farà a breve, come ha prospettato, le altre potrebbero volerla imitare. All'inatteso surplus di bilancio della star di Wall street hanno contribuito le pingui commissioni d'intermediazione e sul trading. Ma il rilancio delle banche americane travolte in autunno dalla crisi finanziaria pare una tendenza, almeno in questa fase, generalizzata. Ieri la Borsa, in forte perdita all'inizio, si è ripresa alla fine grazie anche alle confortanti previsioni sul bilancio del Citigroup, le cui azioni ieri si sono apprezzate del 25% e della Bank of America, i cui titoli sono saliti del 15%. Il mercato ha dimenticato le apprensioni suscitate dalle anticipazioni sulla Boeing, il colosso della industria aerospaziale, e sulla Chevron, il gigante petrolifero, i cui bilanci sarebbero meno positivi di quanto sperato. Se i dati di Citigroup e di Bank of America, che verranno pubblicati in settimana, saranno simili a quelli della Goldman Sachs, gli indici di Borsa compiranno forse un altro balzo in avanti. Nonostante i progressi, tuttavia, le banche devono ancora superare gravi ostacoli: la Well Fargo ad esempio, che ha acquistato la disastrata Wachovia, avrebbe bisogno di altri prestiti per non cadere nella situazione della General Motors, la regina dell'auto, che è sull'orlo della bancarotta. Il presidente Obama, che qualche giorno fa disse di intravedere «barlumi di speranza » per la finanza e l'economia, potrebbe fornire indicazioni sulla situazione reale delle banche e delle grandi industrie in un discorso che pronuncerà oggi. Il presidente aveva anticipato «nuove iniziative» in entrambi i settori a una riunione alla Casa Bianca con il consigliere economico Lawrence Summers, il ministro del tesoro Timothy Geithner, e il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, senza peraltro precisarle. Secondo la maggioranza degli economisti, la crisi potrebbe risolversi nella seconda metà del 2010. Intanto la Cina mette a segno un simbolico sorpasso sulle banche americane: Icbc, primo istituto delle Repubblica popolare, è ormai prima al mondo sia per capitalizzazione di Borsa che per depositi. Lloyd Blankfein, amministratore delegato della Goldman Sachs Ennio Caretto

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La crisi tedesca fa gola ai fondi arabi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-14 - pag: 33 autore: Nuove potenze. Dopo l'ingresso di Abu Dhabi in Daimler, si attendono altre operazioni La crisi tedesca fa gola ai fondi arabi Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente L'ingressodi Abu Dhabi nel capitale di Daimler appena qualche settimana fa ha scatenato in Germania voci e speculazioni. Molti osservatori si aspettano che i fondi sovrani dei Paesi emergenti, ricchi di proventi petroliferi o di riserve valutarie, potrebbero seguire l'esempio degli Emirati Arabi Uniti. D'altro canto, l'interesse per l'economia tedesca va ben oltre l'industria automobilistica. «Fondi sovrani cinesi e arabi – ha spiegato Tobias Lewe, analista di A.T. Kearney – vogliono approfittare della crisi economica per entrare sui mercati occidentali e acquistare knowhow ». E ha aggiunto Christoph Schalast, professore all'Università di Francoforte, citato da Der Spiegel: «Daimler è stato un primo segnale. Ci saranno altri investimenti dello stesso tipo ». E non solo nelle grandi imprese del Dax30. Anche le aziende medio- piccole potrebbero essere prese di mira. L'Aabar Investments ha acquistato poco più del 9% della casa madre di Mercedes-Benz per un investimento che equivale a 1,95 miliardi di euro. «Il marchio Daimler è un'icona ed è una società finanziariamente forte con una eccellente reputazione in tutto il mondo», ha detto in quella occasione il presidente di Aabar, Khadem al Qubaisi. «Siamo contenti di avere l'opportunità di fare un investimento » con un elevato «potenziale commerciale». Altri potrebbero seguire. In Germania molti pensano che la stessa Opel, la filiale europea di General Motors in drammatica crisi finanziaria, potrebbe essere salvata da un fondo sovrano arabo. Ma, sabato scorso, il portavoce del fondo di Abu Dhabi ha smentito ogni interesse su Opel. La presenza di questi investitori sui grandi e ricchi mercati occidentali non è nuova. Già negli anni 70, grazie ai petrodollari, i primi fondi sovrani erano entrati in alcune aziende chiave, per esempio Deutsche Bank. Il fenomeno è però tornato d'attualità negli anni scorsi. Tra il 2007 e il 2008 il numero delle transazioni europee degli investitori mediorientali è più che raddoppiato.Al di làdell'industria automobilistica, piace anche il settore chimico. «Sulla scia di una diversificazione dell'economia basata sul petrolio, i governi del Medio Oriente puntano a una ristrutturazione degli impianti petrolchimici. In questo senso vogliono acquistare società in Europa e negli Stati Uniti», ha detto Eckart WÖrtz, economista del Gulf Research Center di Dubai. è in questo contesto che bisogna capire alcune recenti acquisizioni, come faceva notare di recente il quotidiano Handelsblatt. Oman Oil ha preso una quota del 7% dell'ungherese Mol per 370 milioni di euro; la International Petroleum Investment Company degli Emirati Arabi Uniti ha acquistato una partecipazione nell'austriaca Omv per 140 milioni di euro; la United International Bank del Bahrein ha comprato la britannica Bwa Water Additives per altri 140 milioni di euro. Il loro obiettivo è di investire il denaro in imprese di qualità spesso con un marchio riconosciuto in tutto il mondo, a prezzi più bassi che in passato.Nell'annunciare l'acquisto di una quota in Daimler, al Qubaisi non ha citato cifre o dati. Ha messo invece l'accento su fattori immateriali: il marchio,l'immagine,il fascino. Aprendo la porta a ulteriori investimenti in Germania, ha aggiunto: «Ci sono buone so-cietà, buone tecnologie e buoni manager in questo Paese». L'arrivo dei fondi sovrani è un tema controverso. Da un lato il Governo tedesco ha appena introdotto una norma che permette all'Esecutivo di bloccare gli investimenti superiori al 25% del capitale di una società ritenuta strategica. Dall'altro l'establishment si rende conto che questi investitori non solo hanno denaro fresco di cui molte imprese, come dimostrano Daimler e Opel, hanno grande bisogno, ma aprono anche le porte a un approvvigionamento privilegiato in petrolio. © RIPRODUZIONE RISERVATA OCCASIONI A «SALDO» I grossi investitori pubblici del medio ed estremo Oriente vogliono approfittare della recessione per crescere nei mercati occidentali

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Private equity, fuga dall'Italia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-14 - pag: 37 autore: Fondi. Il nostro Paese resta un mercato interessante ma marginale e povero di deal rispetto ad altre aree geografiche Private equity, fuga dall'Italia Bc Partners riduce la presenza a Milano, Candover e altri pronti a seguire l'esempio Carlo Festa Simone Filippetti La tempesta finanziaria impone la cura dimagrante per i grandi fondi di private equity e l'Italia finisce nel mirino. Complice la più grave crisi dal crollo del 1929, l'esplosione della bolla speculativa dell'M&A (gonfiata dagli stessi fondi) e portafogli sempre più traballanti per le grandi case (perché le aziende strapagate appena due anni fa oggi valgono un terzo o un quarto di meno), alcuni fondi paneuropei stanno infatti pensando di rivedere i propri organici in giro per il mondo. E anche l'Italia, mercato interessante ma pur sempre marginale in un'ottica globale di investimento e comunque più povero di deal rispetto ad altre aree geografiche, sta conoscendo un ridimensionamento. Il trend generale è il trasferimento, totale o parziale, a Londra delle attività, accentrando la gestione nella City. Così i grandi fondi paneuropei, quelli con varie "filiali" sparse per il Vecchio Continente, stanno riducendo le attività nel nostro Paese. è il caso di Bc Partners, il fondo che in Italia si è mosso pochissimo negli ultimi anni (dopo aver ceduto nel 2006 la Galbani ai francesi di Lactalis) e che come unico investimento italiano aveva una quota in Seat Pagine Gialle (azzeratasi dopo l' aumento di capitale), ha deciso di spostare gran parte del proprio team a Londra. A Milano rimarranno soltanto due senior partner: l'ex manager di Antonio Belloni e Roberto Piva, che si occupa più della gestione operativa delle aziende. La scelta, secondo fonti vicine al gruppo finanziario, sarebbe frutto di una riorganizzazione in atto a livello europeo. Ma di sicuro la crisi finanziaria ha influito. Altri potrebbero prendere la stessa decisione di Bc Partners: da tempo sul mercatocircolano indiscrezioni su riassetti, con un maggior focus su Londra, per Cvc, in Italia sotto la gestione di Luigi Lanari. E lo stesso può dirsi per Candover, rimasta bruciata dall'investimento sugli yacht Ferretti (1,7 miliardi di controvalore che sono stati azze-rati), e che ora in Italia ha una sola partecipazione, Technogym. Anche per il fondo inglese, guidato in Italia da Aldo Maccari, potrebbe profilarsi adesso una maggior concentrazione su Londra. Rumors analoghi hanno interessato anche il fondo Permira, guidato in Italia da Gianluca Andena e Nicola Volpi, impegnato nella difficile "digestione" di Valentino Fashion Group (la maison comprata ai massimi della bolla). Ma il fondo, interpellato, ha smentito le voci. La crisi sta mettendo alle strette anche i private equity italiani. Due gruppi storici come Investitori Associati e Bs Private equity stanno infatti cercando di avere maggiori certezze sul lancio del nuovo fondo, che la crisi dei mercati ha bloccato. Investitori Associati ha accusato nell'ultimo anno le difficoltà delle controllate, tra cui Ilpea, Upim (entrambe largo consumo) e Grandi Navi Veloci (turismo), tutti settori colpiti dalla recessione. Ora il fondo guidato da Dario Cossutta e Stefano Miccinelli ha attualmente circa 70 milioni da investire in nuove operazioni, ma in queste condizioni chiedere nuovi soldi ai sottoscrittori per il lancio di un nuovo fondo non è impresa facile. Un punto interrogativo aleggia, infine, anche su Bs private equity: il fondo aveva stretto un accordo con Banca Leonardo per essere rilevato, ma la stessa banca d'affari di Gerardo Braggiotti ha fatto dietro-front. Dall'inatteso divorzio è nata una causa legale: Bs chiede che Leonardo rispetti il contratto, anche perché in Banca d'Italia era stato già depositato il regolamento del nuovo fondo. In cassa Bs ha appena 70 milioni: ancora un anno di autonomia e poi ci vorranno nuovi capitali. © RIPRODUZIONE RISERVATA GLI EFFETTI DELLA CRISI Alle strette anche alcuni operatori nazionali: per Investitori Associati e Bs Private equity il nodo della nuova liquidità

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Il rame sfida la diffidenza dei pessimisti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-04-14 - pag: 40 autore: Metalli non ferrosi. Le quotazioni mantengono ancora un'intonazione rialzista Il rame sfida la diffidenza dei pessimisti Gianni Mattarelli MILANO Le quotazioni dei non ferrosi al London Metal Exchange (Lme) continuano a salire, con quelle del rame che spiccano tra le materie prime per i maggiori guadagni da inizio anno. Nonostante il prezzo abbia raggiunto il massimo da cinque mesi, da parte degli operatori c'è molta cautela e anche scetticismo sulla tenuta del rialzo del rame. Alla recente conferenza Cesco di Santiago del Cile l'umore dei partecipanti è risultato depresso per le varie relazioni presentate sul collasso della domanda al consumo in Europa, Stati Uniti e Giappone. La visione prevalente è stata che i prezzi del rame siano stati recentemente guidati da una combinazione di fattori, tra cui gli acquisti cinesi per la ricostituzione delle riserve strategiche statali, il mercato dei rottami in tensione e il miglioramento dei mercati finanziari. Ma con la diffusa consapevolezza che nessuno di questi motivi può dare un duraturo sostegno e con il rischio che, una volta terminata l'attuale tendenza, le quotazioni possano cedere bruscamente. Si tratta di una disposizione d'animo originata da una situazione senza precedenti, perché la portata della domanda cinese non viene percepita come ragione fondamentale nei Paesi del resto del mondo, dove i consumi continuano a calare. Una prova della sfiducia di molti commercianti e speculatori viene dal loro recente ripetuto ricorso all'acquisto di opzioni put, ovvero di diritti di vendita, in gran parte aperte a prezzi tra 3.500 e 3.700 $. C'è infine una certa diffidenza sui dati forniti dai cinesi, perché in passato sono stati spesso oggetto di successive variazioni. La realtà comunque è che venerdì scorso il rame allo Shanghai Futures Exchange era "a premio", ossia superiore all'Lme, per la scadenza aprile di 550 $ e per la scadenza maggio di 380 $. Il fenomeno (premi e prezzi in salita) può significare che ci sia una componente speculativa, ma di fatto le quotazioni di Shanghai sono "a premio" anche per alluminio e zinco, di riflesso a un aumento della domanda interna favorita dal pacchetto di stimoli finanziari governativi. Sono anche fortemente saliti i sovrappiù da pagare sulla quotazione Lme per l'acquisto di catodi per consegna via mare resi Cif porto cinese, che spuntano ora 160 $ per tonnellata, dai 70-80 $ di un paio di mesi fa. Dopo le recenti vendite alla Cina, i produttori non avrebbero catodi da cedere oltre quelli impegnati sui contratti di fornitura annuali, per cui le richiesta extra si devono soddisfare con spedizioni dai magazzini europei verso la Cina. La giacenze ufficiali dell'Lme, buon indicatore del bilancio mondiale domanda/ offerta, sono perciò destinate a diminuire ulteriormente sul breve termine, per cui la fase rialzista dei prezzi non sembra ancora alla fine. © RIPRODUZIONE RISERVATA I DUBBI DI SANTIAGO Alla conferenza Cesco indetta nella capitale cilena è apparso evidente il timore che gli elementi di sostegno non possano durare a lungo

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Pensioni, la spesa cresce più del previsto (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Primo Piano data: 14/04/2009 - pag: 3 autore: Pensioni, la spesa cresce più del previsto In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lieviterà fino a un 1% in più rispetto al pil: l'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. A partire dal 2013, il rapporto fra spesa pensionistica e pil presenterà una lieve decrescita, seguita da una fase di sostanziale stabilità attorno al 15%, che si protrae fino al 2025. Successivamente, il rapporto comincerà a crescere fino a raggiungere il punto di massimo del 15,5%, nel 2038, dopodiché comincerà una fase di rapida decrescita che lo porterà al 13,2% nel 2060. Secondo il vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), il problema delle pensioni deve essere affrontato «se non nell'immediato quanto meno nell'ambito della legislatura».

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Chat e gelosia: le riviste da Tato Russo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Tempo Libero data: 14/04/2009 - pag: 18 San Babila Chat e gelosia: le «rose scarlatte» riviste da Tato Russo Amori e amanti virtuali d'oggi, a testimoniare la voglia di evadere da uno stanco rapporto di coppia, magari con incontri in chat. Ma all'improvviso arriva a scompaginare tutto un romantico mazzo di fiori inviati da uno sconosciuto. È l'attualizzazione che Tato Russo ha compiuto riscrivendo un classico, «Due dozzine di rose scarlatte», scritto nel 1936 da Aldo De Benedetti. La rivisitazione di questa commedia ironica e raffinata debutta oggi al Teatro San Babila (ore 21, fino al 3 maggio, 32/20 euro), protagonisti Michel Altieri e Katia Terlizzi. Regia di Livio Galassi. «Dall'epoca dei telefoni bianchi e da una tensione che faceva presagire l'imminente guerra dice Katia Terlizzi nella rilettura di mio marito Tato Russo l'azione si sposta sulle nevrosi contemporanee di fronte all'attuale crisi di valori. Il mio personaggio è Marina, donna capricciosa, imprevedibile, con la smania di vivere a tutti costi una vita piena di nuove emozioni». Da sei stagioni compagno in scena di Katia Terlizzi è Michel Altieri, trentenne italo-francese, nel 2000 scoperto tenore da Pavarotti e prodotto nel musical «Rent» da Nicoletta Mantovani negli Usa. Spiega Altieri: «Ho sempre rifiutato di partecipare a diversi reality: per essere un vero artista ci vuole credibilità. I miei maestri? Oltre a Pavarotti, Luca Jurman nel canto e Tato Russo, per me un secondo padre, in teatro. Qui interpreto Alberto, un uomo di spettacolo con tanto di tapiro d'oro tra gli scaffali e voglia di tradimento coniugale. Ma per errore le rose rosse arrivano proprio a mia moglie Marina. Così la gelosia divampa in un turbinio di equivoci». Franco Manzoni

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Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa?. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo 1 Commento » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così: "Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 84 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l'informazione». Questa crisi è un'opportunità "perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia, insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie, sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo Commenti ( 39 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada, scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il 31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio, anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl, politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione, giornalismo Commenti ( 68 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov? Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 39 ) » (9 voti, il voto medio è: 3.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 44 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.67 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 53 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.43 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (11) blog (1) capitalismo (12) cina (19) comunicazione (4) crisi (16) democrazia (62) economia (33) era obama (19) europa (15) francia (26) germania (6) giornalismo (53) giustizia (2) gli usa e il mondo (67) globalizzazione (49) immigrazione (41) islam (20) israele (2) Italia (154) manipolazione (8) medio oriente (13) notizie nascoste (47) partito democratico (4) pdl (3) politica (3) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (27) spin (9) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Dekebalos: Salve, Faccio notare ai sostenitori del libero mercato che non possono sostenere i loro principi economici... 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GREGGIO: NEL 2009 ATTESI CONSUMI AI MINIMI DAL 2004 (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

GREGGIO: NEL 2009 ATTESI CONSUMI AI MINIMI DAL 2004 di MPS Capital Services Il ribasso sarà dovuto soprattutto alla forte contrazione nei paesi sviluppati. In discesa, di riflesso, i prezzi del petrolio sui mercati. -->*Questo documento e' stato preparato da MPS Capital Services ed e' rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell'allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita' alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita' di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI. (WSI) – in area Euro ritornano alla normalità le contrattazioni dopo le giornate festive di venerdì e lunedì. Tra gli eventi più importanti della settimana segnaliamo i dati finali relativi ai prezzi al consumo dell’intera area e la produzione industriale di febbraio che dovrebbe evidenziare un forte calo tendenziale in linea con quanto avvenuto a gennaio. E’ in programma anche un discorso di Trichet. Nel corso del week end, il ministro delle finanze tedesco Steinbruck ha dichiarato che, nel medio termine, il mondo potrebbe trovarsi di fronte ad un elevato livello di inflazione a causa dell’enorme liquidità immessa nel sistema. Sopravvivere non e' sufficiente, ci sono sempre grandi opportunita' di guadagno. Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER Ciò potrebbe creare una "nuova crisi successiva all’attuale" quando l’economia ripartirà. Sul decennale governativo il supporto si colloca a 3,16%, mentre la resistenza a 3,28%. Negli Usa i tassi di mercato sono calati dopo che la Fed ieri ha acquistato 7,37Mld$ di Treasury a due e tre anni. Dal 25 marzo, data di inizio del programma di acquisto di bond governativi, la Fed ha acquistato 43,9Mld di Treasury. Le borse Usa hanno chiuso intorno alla parità con performance molto volatili tra i vari settori. In evidenza il comparto finanziario guidato da aspettative di utili in forte rialzo per le banche nel primo trimestre. A mercati chiusi Goldman Sachs ha annunciato un utile per azione relativo al primo trimestre pari a 3,39$, molto al di sopra dell’1,64$ di consensus degli analisti. La banca ha inoltre annunciato l’intenzione di raccogliere capitali per 5Mld$ attraverso il collocamento di azioni ordinarie. Tali fondi, insieme ad altre risorse addizionali, saranno utilizzati per restituire i fondi ottenuti ad ottobre (10Mld$) dal governo ed eliminare così i limiti sugli stipendi imposti ai dirigenti. Occorrerà però aspettare l’esito degli stress test prima di prendere una decisione. Sul fronte macro oggi sono attesi i dati di marzo relativi ai prezzi alla produzione (attesi in forte calo tendenziale a causa dei prezzi delle commodity molto inferiori rispetto ai valori del marzo 2008) e le vendite al dettaglio (è atteso un rialzo su base mensile grazie ad incentivi e promozioni attivi nel settore auto). Atteso in serata anche un discorso di Bernanke relativo alla crisi finanziaria. Sul decennale la resistenza si colloca a 2,95%, il supporto a 2,83%.Nel corso della settimana segnaliamo anche l’annuncio del Pil cinese relativo al primo trimestre, atteso secondo consensus di Bloomberg News sui livelli più bassi da quasi 10 anni (+6,2% a/a). Valute: ieri si è assistito ad un apprezzamento dell’Euro vs Dollaro in una giornata caratterizzata dall’assenza degli operatori europei per festività. La giornata odierna tornerà a registrare flussi operativi regolari con il cross che potrebbe essere impattato dai dati macro Usa del pomeriggio. Per oggi il supporto si colloca a 1,3090, mentre la resistenza dinamica si colloca a 1,35. Resistenza intermedia a 1,3420. L’Euro continua a rimanere piuttosto forte anche verso lo Yen con il cross che trova un livello importante di resistenza a 137,40. Un livello intermedio per oggi si colloca a 134,50, mentre il livello di supporto si colloca a 131. Secondo i dati del Cftc gli speculatori attualmente sono lievemente ribassisti sullo Yen. Materie prime: in forte calo il prezzo del greggio Wti dopo che l’Iea stima per il 2009 un livello dei consumi ai minimi dal 2004, con un calo del 2,8% a/a dovuto soprattutto alla forte contrazione nei paesi sviluppati, -4,9%. Sul fronte metalli industriali segnaliamo il forte rialzo del rame (+2,6%) quotato al Comex su aspettative di forte domanda cinese. Oggi riprenderanno le contrattazioni al Lme. In rialzo i metalli preziosi con l’oro (+1,4%) che si riavvicina alla soglia dei 900$/oncia. Gli asset detenuti dall’Etf SPDR Gold Trust sono saliti al nuovo livello record di 1127,68 tonnellate. In forte rialzo l’argento (+3,5%). Tra gli agricoli in forte rialzo lo zucchero (+4,5%) sulla notizia che l’India, principale consumatore mondiale, presto rimuoverà un dazio sulle importazioni del dolcificante per sopperire al deficit interno di produzione. Copyright © MPS Capital Services. All rights reserved

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CRISI/ SINGAPORE, ECONOMIA A PICCO, PIL PRIMO TRIM QUASI -20% (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Singapore, economia a picco, Pil primo trim quasi -20% di Apcom Governo taglia previsioni 2009: recessione del 6-9% -->Singapore, 14 apr. (Ap) - Per l'economia di Singapore nel primo trimestre si è verificato il peggior crollo dell'attività mai registrato: una contrazione del Pil che ha sfiorato il 20 per cento dal trimestre precedente, secondo i dati diffusi oggi dal ministero di Commercio e industria, che ha consistentemente rivisto in peggio le sue stime per l'intero anno. Nel 2009 la città Stato accuserà una recessione tra il 6 e il 9 per cento in termini di Pil, secondo le nuove stime del governo, a fronte del meno 2-5 per cento precedentemente previsto. Singapore è una delle tante economie asiatiche fortemente sbilanciate sul commercio con l'estero, e accusa pesanti ricadute per una crisi finanziaria ed economica che ha gravemente compromesso tutti gli scambi internazionali. I primi tre mesi dell'anno si sono chiusi con una flessione del Pil del 19,7 per cento dai tre mesi precedenti, mentre nel paragone con lo stesso trimestre del 2008 il Pil risulta diiminuito dell'11,5 per cento. Lo scorso gennaio il governo aveva annunciato un piano di sostegni all'economia da 14 miliardi di dollari, a cui secondo gli economisti potrebbero aggiungersi nuove misure nel prossimo giugno.

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Mondi Virtuali! pag.13 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mondi Virtuali! BLOG, clicca qui per leggere la rassegna di Andrea Mazzalai , 14.04.2009 09:16 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! assolutamente affascinante se pensate che Edward Altman, uno dei maggiori esperti di bancarotte aziendali, debiti in sofferenza e rischio di credito, professore di finanza presso la Stern School of Business della New York University, in un'intervista esclusiva al mensile Valori dice che è il momento giusto per investire in società in crisi, perchè il rischio è minimo con buone possibilità di guadagno. Il signor Altman dice anche che, però, bisogna aver ben chiaro che la crisi finanziaria sta cominciando ad avere conseguenze pesanti sull'economia reale e che stiamo entrando in una grave recessione e che serviranno almeno 2/3 anni prima che si possa rialzare la testa. Ecco che alla fine, inevitabilmente, si arriva sempre dove da tempo immemorabile Icebergfinanza guarda; anche Altman sostiene che le difficoltà del consumatore americano, faranno crollare il mercato del credito al consumo e delle carte di credito e quindi inevitabilmente tutti i prodotti strutturati collegati! Non per nulla uno dei maggiori piani di sostegno al credito della Federal Reserve è proprio il cosidetto TALF for Term Asset-Backed Securities Loan Facility, circa 1000 miliardi di dollari di potenziali nuovi prestiti ai consumatori e alle imprese, un ambizioso tentativo di riavviare il credito in ogni direzione. Ecco allora che si combatte la malattia utilizzando la stessa malattia, si inietta la stessa dose di medicina, magari in maniera esponenziale, un po come nell'omeopatia, un po come nel gioco della martingala, dove se perdi, sei costretto ad aumentare sempre più il livello della scommessa, sino ad un punto di non ritorno! Alla base dell'omeopatia è il cosiddetto principio di similitudine del farmaco enunciato dallo stesso Hahnemann e per il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia è dato da quella segue pagina >>

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Mondi Virtuali! pag.16 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mondi Virtuali! BLOG, clicca qui per leggere la rassegna di Andrea Mazzalai , 14.04.2009 09:16 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! compagno di viaggio ci segnala che: Crisi: Germania, si teme fallimento Regioni federali ( ANSA ) Governi costretti a indebitarsi per evitare bancarotta banche. (ANSA) - BERLINO, 8 APR - I conti pubblici delle 16 regioni tedesche preoccupano gli investitori. Si teme addirittura che alcuni possano fallire. Da quando la crisi internazionale ha costretto i governi dei Laender ad indebitarsi per salvare dalla bancarotta i rispettivi istituti di credito (Landesbank). Il rischio di 'default' da parte di Baviera, Nord Reno-Vestfalia e Berlino e' triplicato negli ultimi tempi, scrive Die Welt. 'Gli investitori sono molto nervosi', spiega un analista di Moody's. Alice nel suo paese si trova all'improvviso a dover leggere la poesia Jabberwocky riflettendola in uno specchio, si perchè Alice in un mondo all'incontrario non si sarebbe accorta di nulla, ma lei era normale, doveva leggere all'incontrario ciò che in realtà non era affatto reale a tal punto che se essa stessa non fosse stata rivoltata non avrebbe potuto sopravvivere poi a lungo in un mondo rivoltato! Si insomma mi avete capito, il problema oggi è capire se siamo anormali noi o questo mondo, in fondo noi lo sappiamo, gli altri chissà! “Non credere mai di essere altro che ciò che potrebbe sembrare ad altri che ciò che eri o avresti potuto essere non fosse altro che ciò che sei stata che sarebbe sembrato loro essere altro.” Cosa se non i mitici Credit Default Swaps possono essere paragonati alla poesia Jabberwocky.... Credit Default Swaps Through The Looking Glass .... dopo che il 6 marzo 2009 Bloomberg ha riferito che Myron Scholes, il premio Nobel per la famigerata Black-Scholes-Merton formula ha sottolineato come i mercati dei derivati hanno smesso di funzionare e stanno creando problemi per risolvere la crisi finanziaria! " [The] solution segue pagina >>

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Haiti, è l'ora decisiva per sollevarsi dalla miseria (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

POLITICA 14-04-2009 APPELLO ACCORATO AI PAESI DONATORI Haiti, è l'ora decisiva per sollevarsi dalla miseria BAN KI- MOON* R ecandosi a Haiti è facile incontrare esclusivamente povertà. Ma visitando di recente il Paese con l'ex presidente americano Bill Clinton, abbiamo scorto opportunità di cambiamento. Certo, Haiti resta una nazione estremamente sofferente. Non si è ancora del tutto ripresa dai devastanti uragani dell'anno scorso, per non parlare dei decenni passati di dittatura. Eppure, questo è ciò che ci ha detto il presidente René Préval: «Haiti si trova a un bivio». Rischia, cioè, di regredire verso il baratro e la miseria più profonda, vanificando i progressi compiuti e il lavoro svolto delle Nazioni Unite. Tuttavia, ha anche la possibilità concreta di cambiare lo stato delle cose, verso un futuro di speranza. Ieri e oggi i maggiori donatori internazionali si sono incontrati a Washington per valutare la possibilità di ulteriori aiuti a favore di questa terra sfortunata, dilaniata da forze incontrollabili. Apparentemente il Paese non ha grandi ragioni di ottimismo. La crisi finanziaria ha ridotto gli aiuti finanziari. I problemi cronici popolazione in fuga, carenza di cibo e risorse primarie, degrado ambientale spesso sembrano insuperabili. Eppure, Haiti ha una possibilità superiore a quella delle altre economie emergenti, non soltanto di contenere l'impatto dell'attuale recessione, ma addirittura di prosperare. Il motivo è la nuova legislazione americana in materia di commercio, che spalanca al Paese un'enorme occasione. Hope II, come si chiama la nuova legge, offre infatti ad Haiti un accesso ai mercati statunitensi per i prossimi nove anni senza limiti doganali né quote. Nessun altro Stato gode di tale prerogativa. Si tratta dunque dell'opportunità di consolidare il progresso compiuto (in particolare, un livello soddisfacente di stabilità politica) grazie all'aiuto della missione di pace Onu, e di passare dunque dallo stadio degli aiuti a quello dello sviluppo economico. Visto il massiccio livello di disoccupazione, particolarmente tra i giovani, tutto ciò si traduce soprattutto in posti di lavoro. Il mio consigliere speciale per Haiti, Paul Collier, docente di Economia dello sviluppo all'Università di Oxford, ha delineato, d'intesa con il governo, una strategia che individua passi e politiche specifici per creare occupazione, con un'enfasi sui tradizionali punti di forza del Paese, quali abbigliamento e agricoltura. Un paio di esempi di tali misure: dare attuazione a nuovi regolamenti che diminuiscano il livello dei dazi portuali (attualmente tra i più alti dei Caraibi) e creare distretti industriali specializzati capaci di investimenti e di economie di scala, in vista dell'esportazione. Tutto questo può forse apparire ambizioso in una nazione di nove milioni di abitanti, l'80% dei quali vive con meno di due dollari al giorno, e che dipende per la metà del cibo consumato dalle importazioni. Sappiamo però che può funzionare. Lo abbiamo visto accadere in Bangladesh, Paese che vanta un settore dell'abbigliamento che dà lavoro a 2,5 milioni di persone. Lo stesso è avvenuto in Uganda e Ruanda. Abbiamo visto molti segnali positivi, grandi e piccoli, nel corso del nostro viaggio. Un giorno abbiamo visitato una scuola elementare nella Cité Soleil, un sobborgo di Port au Prince a lungo vittima di bande criminali prima che le forze Onu ne riprendessero il controllo. Quei bambini sono ora ben nutriti, grazie al Programma alimentare mondiale, e stanno studiando. In un'altra scuola, per studenti meritevoli, denaro raccolto attraverso sottoscrizioni private negli Usa finanzia borse di studio ai ragazzi haitiani più poveri, che non potrebbero altrimenti nemmeno sognare di andare all'università. Tutti questi giovani vengono avviati verso carriere nell'impresa, con un buon livello di stipendio, in modo che non lascino l'isola Colpisce chiunque venga da fuori quanto siano bassi in realtà gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del pieno potenziale di Haiti. Visitando una fabbrica pulita ed efficiente nella capitale, abbiamo incontrato lavoratori che guadagnano sette dollari al giorno per produrre magliette destinate all'esportazione, un salario che consente loro di essere collocati nella classe media haitiana. In base a Hope II, il proprietario ritiene che sarà in grado di raddoppiare o addirittura triplicare la produzione entro un anno. Ecco perché a Washington chiediamo ai donatori di investire ad Haiti e su Haiti, andando oltre il puro aiuto umanitario. È il momento di Haiti, c'è un'opportunità unica per uno dei Paesi più poveri al mondo di sollevarsi verso un futuro di genuina speranza. *segretario generale delle Nazioni Unite

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Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 5 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così: "Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 89 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l'informazione». Questa crisi è un'opportunità "perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia, insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie, sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo Commenti ( 39 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada, scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il 31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio, anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl, politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione, giornalismo Commenti ( 68 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov? Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 39 ) » (9 voti, il voto medio è: 3.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 44 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.67 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 53 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.43 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. 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Dekebalos: Gentile colzani, Rimanendo al livello dei principi: chi sostiene il libero mercato non dovrebbe vedere gli... 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Revisione degli studi di settore nel "privato" (sezione: crisi)

( da "Napoli.com" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

14/4/2009 Revisione degli studi di settore nel “privato” di Antonio Salvatore Gli studi di settore, istituiti con il Decreto Legge 30 agosto 1993 n. 331 - convertito con modificazioni dalla Legge 29 ottobre 1993 n. 427 - allo scopo di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale, hanno investito in modo incisivo, sin dal 2001, il comparto della sanità, attraverso la rilevazione delle caratteristiche strutturali di professionisti, studi ed imprese e, conseguentemente, individuandone le condizioni presuntive di redditività. Strumenti matematico-statistici che, individuando indici di congruità e coerenza per singole attività economiche, in base alla loro collocazione territoriale e al ciclo macroeconomico,  e cogliendo le peculiarità di chi opera a vario titolo nel sistema salute, determinano soglie di redditività minima da assoggettare a tassazione. La crisi finanziaria ed economica che ha investito tutti i settori della nostra economia e, tra essi anche la sanità, ha, tuttavia, messo a dura prova la capacità degli studi di settore di rappresentare in modo corretto le singole realtà imprenditoriali. Difficoltà che, prevalentemente, sono correlate alla poca flessibilità di tali strumenti presuntivi ad omogeneizzarsi alle conseguenze di una congiuntura negativa. Per tali ragioni, il Decreto Legge 29 novembre 2008 n. 185, noto anche come Decreto anti crisi, convertito nella Legge n. 2 del 28 gennaio 2009, ha previsto la revisione straordinaria degli studi di settore – tra cui quelli afferenti il comparto della sani– applicabili per il 2008 e 2009, al fine di tener conto della congiuntura negativa che ha interessato la nostra economia. La Commissione di esperti del Ministero dell’Economia, istituita ai sensi dell’articolo 10, comma 7, della Legge 8 maggio 1998 n. 146, nella riunione del 2 aprile scorso, ha, infatti, individuato i primi interventi di correzione per adeguare gli studi alla situazione economica attuale; circostanza già prevista nella riunione straordinaria del 6 novembre 2008, allorquando la stessa Commissione decise di attivare un processo di monitoraggio della crisi finalizzato ad un intervento di revisione e correzione degli studi di settore. Un’analisi completa e approfondita, in ordine alla capacità di tale strumento di fotografare la redditività delle attività economiche sanitarie, sarà possibile, tuttavia, soltanto con le dichiarazioni per l’esercizio 2008. Nonostante ciò, sono scattati già i primi provvedimenti in favore dei contribuenti. Grazie all’aggiornamento del software Gerico, ritarato sulla base dei dati elaborati, ciascun soggetto fiscale, potrà verificare la propria posizione in termini di normalità e congruità e, qualora lo ritenga opportuno, adeguarsi ai risultati dello studio in sede di dichiarazione. Nel documento approvato dalla Commissione è stato più volte ribadito, inoltre, che se il contribuente – azienda e/o professionista - non si riconoscerà nel risultato ottenuto con l’applicazione dello studio, non dovrà adeguarsi e, anzi, potrà dare ragione del mancato adeguamento nell’apposito spazio per le annotazioni. Anche sul fronte dell’accertamento, relativamente ai periodi di imposta 2008 – 2009, l’amministrazione finanziaria dovrà tenere conto di altri elementi in grado di rafforzare la pretesa tributaria, segnalando particolare prudenza nelle situazioni in cui gli scostamenti saranno di lieve entità.   Sul versante del comparto della sanità privata accreditata gli interventi non sono di poco conto, atteso che gli indicatori di congruità e normalità, posti a base della capacità contributiva delle aziende che operano in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale, sono particolarmente significativi.   Basti pensare che, al fine di conseguire lo status di “soggetto accreditato”, aziende e professionisti che operano in Campania, hanno, nel biennio 2007-2008, effettuato ingenti investimenti volti a potenziare i loro fattori di produzione, ovvero “attrezzature, impiantistica, personale, etc” che, tuttavia, pesano, come macigni, ai fini della redditività presuntiva.   Giova evidenziare, infatti, che “l’indice di coerenza”, afferente gli studi del comparto sanità, è correlato alla resa del capitale che, come noto, è dato dal rapporto tra le prestazioni fatturate ed il valore dei beni strumentali.   Orbene, in presenza di tetti di spesa che incidono negativamente sui volumi di fatturato delle aziende e dei professionisti del comparto, e di ingenti investimenti in beni strumentali, necessari per superare la prova dell’accreditamento istituzionale, qualora non si fosse intervenuti sugli studi, sarebbe stato, per le aziende del comparto, una vera ecatombe.   Nell’ultimo quinquennio, invero, in Campania vi è stata una intensa attività normativa che ha prodotto, per le aziende e i professionisti del comparto, più vincoli che opportunità.   Infatti, a fronte di vincoli normativi sempre più stringenti in ordine ai “coefficienti tecnici”, necessari per erogare prestazioni per conto del Servizio Sanitario Regionale, vi è stata una riduzione sempre maggiore di volumi di prestazioni potenzialmente erogabili e di correlati volumi di fatturato.   La recente Sentenza n. 94 della Corte Costituzionale del 1 aprile 2009, in ordine al comma 796, lettera o) dell’art. 1 Legge 296/06, per altro, ha rappresentato per le aziende sanitarie private, la ciliegina sulla torta.   Lo sconto delle tariffe di laboratorio del 20 per cento, e di quelle specialistiche del 2 per cento - allorquando le stesse sono ferme al 1998 -  oltre che costituire un grave pregiudizio per la stessa sopravvivenza delle aziende del sistema salute, determina – di fatto - la inattendibilità di qualsivoglia strumento presuntivo matematico-statistico.   Tetti di spesa, beni strumentali, capacità operative massime (COM), fattori di produzione, costituiscono un mix che difficilmente consente di rinvenire negli studi di settore, per come concepiti, adeguati margini di attendibilità.   La loro revisione straordinaria, pertanto, consentirà, da un lato, di fotografare una situazione economica di settore fortemente mutata, dall’altro, eviterà il proliferare di inutili quanto costosi contenziosi.

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ZAC, SI TAGLIA I BANCHIERI PERDONO I BONUS E GLI INDUSTRIALI LI SORPASSANO NELLA "CLASSIFICA" DEI RICCHISSIMI PROFUMO DA 9 A 3.48 MLN - PASSERA A QUOTA 3.06 MLN - MAI COME (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> ZAC, SI TAGLIA – I BANCHIERI PERDONO I BONUS E GLI INDUSTRIALI LI SORPASSANO NELLA “CLASSIFICA” DEI RICCHISSIMI – PROFUMO DA 9 A 3.48 MLN € - PASSERA A QUOTA 3.06 MLN € - MAI COME NEGLI USA: LEWIS (BOFA) HA GUADAGNATO 1.5 MLN $ (88% MENO DEL 2007)… Dal "Corriere della Sera" Alessandro Profumo E' sceso il sipario sui maxi bonus ai banchieri. Con la pubblicazione dei compensi di Unicredit, che ha confermato l'azzeramento dei bonus sull'esercizio 2008, si è completata la lista dei bilanci 2008 del credito. Bilanci che, come ogni anno, includono i principali dettagli delle retribuzioni al consiglio di amministrazione, dai classici emolumenti fino agli incentivi. Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, si porta a casa un totale di 3,48 milioni, contro i circa 9 milioni guadagnati nel 2007, quando tra le voci della «busta paga» c'era anche un bonus di oltre 5 milioni. Stabili invece a 1,6 milioni i compensi del presidente Dieter Rampl. Solo l'altro ieri l'altra grande banca italiana, Intesa Sanpaolo, aveva ridimensionato a metà dello stipendio i bonus dell'amministratore delegato Corrado Passera e del direttore generale Francesco Micheli. Che, rispettivamente, tra emolumenti, incentivi e altre voci hanno raggiunto quota 3,06 milioni e 1,97 milioni. Tuttavia, al vertice della classifica dei paperoni della finanza non ci sono i due top manager di Intesa e Unicredit, ma due ex banchieri, il cui «cedolino» ha beneficiato dell'effetto chiusura del rapporto di lavoro. Pietro Modiano, ex direttore generale di Intesa, arriva a superare i 5 milioni di euro, e Fabio Innocenzi, ex amministratore delegato del Banco Popolare, va oltre quota 4 milioni. Terzo, a chiudere il podio, Alessandro Profumo. Corrado Passera Sono numeri di rilievo, che però non hanno impedito all'anno «nero» delle banche mondiali, tra crisi finanziaria, crolli di Borsa e aiuti di Stato, di farsi sentire in qualche modo sulla classifica delle retribuzioni al top management. Con l'azzeramento o il ridimensionamento dei bonus a molti banchieri, infatti, nella lista dei più pagati manager delle società quotate italiane il 2008 è stato l'anno del «sorpasso». Degli industriali sui banchieri. I primi hanno ormai occupato ben quattro delle prime cinque posizioni, con in testa gli oltre 8 milioni di Roberto Tunioli, come vicepresidente e amministratore delegato di Datalogic (un compenso dovuto soprattutto a indennità di fine mandato e incentivi pluriennali). Se in Italia è stato l'anno del sorpasso, gli Stati Uniti, culla e catalizzatore della crisi finanziaria, non sono stati da meno. Anche oltre Atlantico ci sono banchieri che hanno visto crollare i propri stipendi (pur restando, però, su valori milionari). E' il caso di dell'amministratore delegato di Bank of America, Kenneth Lewis, che ha dovuto «accontentarsi» di 1,5 milioni di dollari, l'88% in meno dell'anno precedente. Kenneth Lewis In generale, considerando tutte le grandi aziende a stelle e strisce (quelle con un giro d'affari superiore ai 5 miliardi di dollari), la remunerazione mediana dell'amministratore delegato nel 2008 è diminuita per la prima volta in sette anni e solo per la seconda volta dal 1989. Il taglio a salari e bonus è stato dell'8,5% a 2,24 milioni di dollari, e i cali più pronunciati sono arrivati dal settore finanziario, come ha rilevato un sondaggio fra 200 aziende condotto per il Wall Street Journal dalla società di consulenza manageriale Hay Group. [14-04-2009]

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FORTIS/ NEL 2008 PERDITE NETTE DI 20,6 MILIARDI PER FILIALE BELGA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Fortis/ Nel 2008 perdite nette di 20,6 miliardi per filiale belga di Apcom Ristrutturazione di settembre-ottobre pesa per 12,5 miliardi -->Bruxelles, 14 apr. (Apcom) - Fortis Banque, l'istituto belga nato dallo smantellamento dell'omonimo gruppo belga-olandese, ha registrato una perdita netta di 20,6 miliardi di euro nel 2008. E' quanto si apprende dai dati di bilancio ufficiali pubblicati oggi: si tratta di un risultato in linea con le aspettative, visto che nei primi nove mesi dell'anno scorso l'istituto aveva perso 14,1 miliardi di euro, e a marzo aveva annunciato un disavanzo di altri sei nell'ultimo trimestre del 2008. Il risultato, spiega la banca, è dovuto alla svalutazione degli asset a causa della crisi finanziaria, nonché "all'impatto negativo, nell'ordine di 12,5 miliardi, delle operazioni di ristrutturazione tra settembre e ottobre". Fortis Banque è la filiale del gruppo belgo-olandese Fortis (ora ribattezzato Fortis Holding), nazionalizzato e 'spezzettato' lo scorso autunno dai governi dell'Aia e di Bruxelles. Il governo belga ha intenzione di rivendere il 75% di Fortis Banque a Bnp Paribas, ma l'operazione è stata ostacolata dai piccoli azionisti, che si sono rivolti con successo alla magistratura, costringendo le autorità a rivedere già due volte gli accordi con il gruppo francese. L'ultima versione sarà sottoposta al voto degli azionisti in due assemblee generali: il 28 aprile a Gand, in Belgio, e il 29 a Utrecht, in Olanda. Per procedere con l'operazione, servirà il voto favorevole di entrambe le assemblee. (fonte Afp)

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(M.D.) Bilancio comunale consuntivo e Bilancio di previsione superano il vaglio di Giunta e Consigli... (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Padova)" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Martedì 14 Aprile 2009, (M.D.) Bilancio comunale consuntivo e Bilancio di previsione superano il vaglio di Giunta e Consiglio. Così anche per l'anno 2008 il dado è tratto, nonostante la voragine scavata dagli investimenti su obbligazioni della banca Lehman, che ammonterebbe a circa 4 milioni di euro, ma che non incide però minimamente sul ménage di Palazzo Moroni. Modalità e cifre vengono spiegate dall'assessore comunale che ne ha delega, Gaetano Sirone. «La spesa corrente era fissata in 210 milioni di euro - ricorda - La spesa capitale, che ricordo essere pluriennale, cioè prevedere cifre per opere che poi si dipanano negli anni ma che devono essere sovvenzionate all'atto della presentazione del progetto, ammonta ad altri 200 milioni di euro. Di questi ne sono stati spesi 61. I dati più rilevanti sono relativi alla percentuale degli obiettivi pianificati e raggiunti: 89,43 per cento delle fasi di realizzazione, e 96,31 per degli obiettivi posti. In altre parole non abbiamo lasciato nessuna risorsa in fruttuosa, e soprattutto non ci siamo indebitati». A proposito di debiti, risparmi e interessi, non ci si può non chiedere che ruolo abbia avuto lo tsunami Lehman, che nell'implosione della crisi finanziaria correlata all'economia di cartapesta, ha inondato anche l'economia reale di Padova. «In realtà - conclude l'amministratore - anche ammettendo la peggiore delle ipotesi, cioè che la banca risarcisca solo il 30 per cento dell'impegno, ci troveremmo comunque con 2 milioni di euro in più, che non avremmo mai visto se non avessimo fatto quell'investimento. Certo non sono 6, ne abbiamo perduti 4, ma ne avremo comunque almeno due».

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Usa, Fed: segnali rallentamento declino, liquidità andrà ridotta (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

WASHINGTON (Reuters) - Con il progressivo recupero dell'economia la liquidità offerta dalla Federal Reserve dovrà essere riassorbita per ridurre la minaccia di inflazione. Lo ha detto oggi il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke secondo quanto pubblicato sul sito web della banca centrale americana. Il presidente ha inoltre fatto notare che la crisi finanziaria è la peggiore dai tempi della Grande Depressione ma che recentemente sono emersi timidi segnali che potrebbero far pensare a un rallentamento del netto declino dell'economia. Bernanke ha precisato che, per riassorbire la liquidità, "quasi certamente" dovranno essere riconvertiti e ridotti i programmi speciali di prestiti.

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AGRICOLTURA: ZAIA, SPECULAZIONI FINANZIARIE HANNO AGGRAVATO FAME MONDO. (sezione: crisi)

( da "Asca" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

AGRICOLTURA: ZAIA, SPECULAZIONI FINANZIARIE HANNO AGGRAVATO FAME MONDO (ASCA) - Treviso, 14 apr - La crisi finanziaria, con le sue speculazioni, ha aggravato la fame nel mondo. Il ministro delle politiche agricole, Luca Zaia, ha detto che se ne parlera' anche al G8 sull'agricoltura in programma a fine settimana a Cison di Valmarino, in provincia di Treviso. ''Questo G8 parlera' moltissimo di speculazione e degli effetti che ha avuto sulla fame nel mondo - ha spiegato presentando oggi a Treviso ''l'evento degli eventi'' -, sul prezzo del cibo rispetto alla fluttuazione dei prezzi agricoli. I nostri agricoltori si sono confrontati con il grano che valeva 100 e quest'anno vale la meta', con dei crolli paurosi di tutte le produzioni agricole che sono calate almeno del 40-45%. Quanto alla fame nel mondo. Zaia ha rammentato che sono 850 milioni le persone al mondo che soffrono la fame, 3 milioni quelle che muoiono di fame e 140 milioni i bambini che vivono in condizioni di sottonutrizione. ''A questi popoli noi dobbiamo dare chances produttive, portare l'acqua attraverso la cooperazione e soprattutto investendo nell'informazione e nella formazione agricola'', ha detto Zaia. Soffermandosi sull'acqua, Zaia ha sottolineato che si tratta di una risorsa da amministrare piu' saggiamente: garantendola a chi non ce l'ha e usandola con maggiore risparmio la' dove si trova in abbondanza. fdm/sam/rob

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I FUTURES CEDONO TERRONO, MALE LE VENDITE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

I FUTURES CEDONO TERRONO, MALE LE VENDITE di WSI Il dato macro delude gli operatori che riprendono un atteggiamento maggiormente improntato sulla cautela. Goldman batte le attese ma non avanza. Bernanke ottimista sul lungo termine. -->A mezz’ora dall’apertura delle borse i contratti sugli indici Usa sono in ribasso (vedi quotazioni a fondo pagina) il che lascia prevedere un avvio negativo per l’azionario. A riportare le vendite sui mercati sono stati gli ultimi dati macroeconomici che hanno evidenziato, oltre ad un forte calo dei prezzi alla produzione, un’inaspettata frenata delle vendite al dettaglio, a marzo risultate in calo dell’1.1%, deludendo ampiamente le attese degli economisti. C’e’ cosi’ grande incertezza tra gli operatori, che preferiscono mantenere un atteggiamento maggiormente difensivo dopo il rally delle ultime settimane e soprattutto in vista della nuova tornata di utili trimestrali. Goldman Sachs ha riportato nell’ultimo trimestre profitti per $1.8 miliardi ed annunciato un’offerta di azioni per altri $5 miliardi destinati al ripagamento di parte dei fondi ottenuti dal governo nei mesi scorsi. Il titolo Goldman arretra di circa il 3.5% nel preborsa; Citigroup e Bank of America stanno estendnedo invece il rally di ieri, rispettivamente in rialzo del 10% e del 2%. Tra le altre aziende di rilievo che hanno diffuso i risultati fiscali nelle ultime ore, il colosso dei prodotti di largo consumo Johnson & Johnson ha battuto le attese degli analisti sui profitti ma ha leggermente deluso sui ricavi, confermando pero’ l’outlook sul resto dell’anno. Il gigante dell’industria dei semiconduttori Intel diffondera’ i risultati subito dopo la chiusura delle Borse. Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER Ad occupare l’agenda economica saranno anche gli interventi del presidente Usa Barack Obama sull’economia e del n.1 della Federal Reserve, Ben Bernanke, sulla crisi finanziaria. Nel discorso preparato per un intervento ad Atlanta, il capo della Banca Centrale si dice "fondamentalmente ottimista" sulle prospettive di lungo termine, notando un certo rallentamento della fase di recessione negli Usa. Sugli altri mercati, nel comparto energetico rimbalza il greggio. I futures con consegna maggio guadagnano $0.91 a $50.96 al barile. Sul valutario, ritraccia l’euro nei confronti del dollaro a quota 1.3241. Arretra l’oro a quota $890.90 l’oncia (-$4.90). In rialzo i Titoli di Stato Usa: il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ sceso al 2.82%. Alle 15:00 (le 9:00 ora di New York) il contratto future sull'indice S&P500 e’ in ribasso di 5.10 punti (-0.60%) a 848.90. Il contratto sull'indice Nasdaq 100 segna -2.00 punti (-0.15%) a 1330.00. Il contratto sull'indice Dow Jones perde 32 punti (-0.40%) a 7963.00.

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USA, FED: SEGNALI RALLENTAMENTO DECLINO, LIQUIDITÀ ANDRÀ RIDOTTA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Usa, Fed: segnali rallentamento declino, liquidità andrà ridotta -->WASHINGTON (Reuters) - Con il progressivo recupero dell'economia la liquidità offerta dalla Federal Reserve dovrà essere riassorbita per ridurre la minaccia di inflazione. Lo ha detto oggi il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke secondo quanto pubblicato sul sito web della banca centrale americana. Il presidente ha inoltre fatto notare che la crisi finanziaria è la peggiore dai tempi della Grande Depressione ma che recentemente sono emersi timidi segnali che potrebbero far pensare a un rallentamento del netto declino dell'economia. Bernanke ha precisato che, per riassorbire la liquidità, "quasi certamente" dovranno essere riconvertiti e ridotti i programmi speciali di prestiti.

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BORSA/ FUTURES POCO MOSSI A NEW YORK, DJ +0,03%, NASDAQ +0,24% (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Borsa/ Futures poco mossi a New York, Dj +0,03%, Nasdaq +0,24% di Apcom Attesa per i dati macroeconomici -->New York, 14 apr. (Apcom) - A poco piu' di un'ora dall'apertura delle Borse i contratti sugli indici Usa sono poco mossi il che lascia prevedere un avvio vicino alla parita' per l'azionario. Alle 14:15 (le 8:15 ora di New York) il contratto future sull'indice S&P500 e' in ribasso di 0,80 punti (-0,09%) a 853,20. Il contratto sull'indice Nasdaq 100 segna +3,25 punti (+0,24%) a 1.335,25. Il contratto sull'indice Dow Jones guadagna 2 punti (+0,03%) a 7.983,00. C'e' grande incertezza tra gli operatori, che preferiscono non aprire nuove posizioni sull'azionario dopo il rally delle ultime settimane e soprattutto in vista della nuova tornata di utili trimestrali. Goldman Sachs ha riportato nell'ultimo trimestre profitti per 1,8 miliardi di dollari ed annunciato un'offerta di azioni per altri 5 miliardi di dollari destinati al ripagamento di parte dei fondi ottenuti dal governo nei mesi scorsi. Il titolo Goldman arretra di circa il 2% nel preborsa; Citigroup e Bank of America stanno estendendo invece il rally di ieri, rispettivamente in rialzo dell'8% e del 2%. Tra le altre aziende di rilievo che hanno diffuso i risultati fiscali nelle ultime ore, il colosso dei prodotti di largo consumo Johnson & Johnson ha battuto le attese degli analisti sui profitti ma ha leggermente deluso sui ricavi, confermando pero' l'outlook sul resto dell'anno. Il gigante dell'industria dei semiconduttori Intel diffondera' i risultati subito dopo la chiusura delle Borse. Sul fronte macro, attesi i dati sull'inflazione e sulle vendite al dettaglio prima del suono della campanella (14:30 ora italiana), alle 16:00 sara' la volta delle scorte di magazzino relative al mese di febbraio. Le stime degli analisti sono per una variazione nulla dei prezzi alla produzione e per un rialzo dello 0,3% delle vendite retail nel mese di marzo. Ad occupare l'agenda economica saranno anche gli interventi del presidente Usa Barack Obama sull'economia e del n.1 della Federal Reserve, Ben Bernanke, sulla crisi finanziaria.

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FUTURES: NON BASTA GOLDMAN, OPERATORI CAUTI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

FUTURES: NON BASTA GOLDMAN, OPERATORI CAUTI di WSI La banca batte le attese degli analisti ed annuncia il ripagamento dei fondi TARP. Attesa per i numeri di Johnson & Johnson e Intel. Parlano Obama e Bernanke. -->Ad un’ora e mezza dall’apertura delle borse i contratti sugli indici Usa sono contrastati (vedi quotazioni a fondo pagina) il che lascia prevedere un avvio a due velocita’ ma vicino alla parita’ per l’azionario. C’e’ grande incertezza tra gli operatori, che preferiscono non aprire nuove posizioni sull’azionario dopo il rally delle ultime settimane e soprattutto in vista della nuova tornata di utili trimestrali. Goldman Sachs ha riportato nell’ultimo trimestre profitti per $1.8 miliardi ed annunciato un’offerta di azioni per altri $5 miliardi destinati al ripagamento di parte dei fondi ottenuti dal governo nei mesi scorsi. Il titolo Goldman arretra di circa il 2% nel preborsa; Citigroup e Bank of America stanno estendnedo invece il rally di ieri, rispettivamente in rialzo dell’8% e del 2%. A diffondere i risultati fiscali in giornata saranno, tra le altre aziende, il colosso dei prodotti di largo consumo Johnson & Johnson e il gigante dell’industria dei semiconduttori Intel. Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER Sul fronte macro, attesi i dati sull’inflazione e sulle vendite al dettaglio prima dell’apertura delle Borse, alle 16:00 ora italiana sara’ la volta delle scorte di magazzino relative al mese di febbraio. Le stime degli analisti sono per una variazione nulla dei prezzi alla produzione e per un rialzo dello 0.3% delle vendite retail nel mese di marzo. Ad occupare l’agenda economica saranno anche gli interventi del presidente Usa Barack Obama sull’economia e del n.1 della Federal Reserve, Ben Bernanke, sulla crisi finanziaria. Sugli altri mercati, nel comparto energetico rimbalza il greggio. I futures con consegna maggio guadagnano $0.61 a $50.66 al barile. Sul valutario, ritraccia l’euro nei confronti del dollaro a quota 1.3283. Avanza l’oro a quota $897.20 l’oncia (+$1.20). Stabili i Titoli di Stato Usa: il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ fermo al 2.85%. Alle 14:00 (le 8:00 ora di New York) il contratto future sull'indice S&P500 e’ in ribasso di 2.70 punti (-0.32%) a 851.30. Il contratto sull'indice Nasdaq 100 segna +2.00 punti (+0.15%) a 1334.00. Il contratto sull'indice Dow Jones perde 12 punti (-0.15%) a 7983.00.

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Una polizza antidisastri, perché così fan tutti (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Una polizza antidisastri, perché così fan tutti enrico cisnetto Se la crisi finanziaria sembra aver mostrato il fallimento del mercato, la tragedia abruzzese ha palesato un clamoroso fallimento dello Stato. Partiamo da un dato: l'Italia è un territorio ad alto rischio, in cui oltre il 45% dei Comuni é posizionato in zone soggette a disastri naturali, e in cui dal 1997 al 2003 i danni provocati da calamità sono ammontati a 32 miliardi di euro. Eppure siamo uno dei pochi Paesi dove a coprire tutti i danni è solo lo Stato: che si tratti di interruzione di strade, di crolli del patrimonio artistico o di danneggiamenti a case private ed edifici pubblici, a pagare i costi é solo e sempre il Tesoro. Al contrario, in gran parte degli altri paesi esiste, come sottolinea uno studio dell'Ania (l'associazione delle imprese assicurative), un sistema misto di collaborazione tra pubblico e privato, con un'assicurazione contro le calamità obbligatoria o semi-obbligatoria e i danni privati che vengono coperti dalle compagnie di assicurazione, mentre lo Stato interviene solo nel caso di un evento catastrofico di dimensioni davvero eccezionali. Ma quello italiano è un "doppio fallimento dello Stato": da noi, infatti, il sistema pubblico deve far fronte sia alla ricostruzione materiale, sia al risarcimento dei singoli, con un procedimento lungo e farraginoso, che inizia, a seguito dell'accadimento del disastro, con la dichiarazione governativa di emergenza e finisce (non si sa quando) con la distribuzione delle risorse finanziarie, attraverso gli enti locali, a coloro che ne abbiano fatto richiesta. Cambiare, dunque, è assolutamente necessario. La soluzione? Accogliamo i suggerimenti arrivati dal ministro Brunetta e dal vicepresidente di Confindustria Cesare Trevisani, e spingiamoli un po' più in là. Rendiamo innanzitutto obbligatoria una polizza per i proprietari di case ed edifici, siano essi pubblici e privati. Una "rcd-responsabilità civile disastri" il cui primo effetto sarà di indurre i proprietari a pretendere dai costruttori edifici a norma, che altrimenti non potranno essere assicurati. Le compagnie, dal canto loro, verranno incontro allo Stato che non può farsi carico della totale ricostruzione. Si obietterà che molte compagnie non accetteranno mai rischi così alti. Ma qui lo Stato potrà dotarsi, come succede in Francia e Spagna, di una società di riassicurazione pubblica che offre alle compagnie la possibilità di riassicurarsi a un tasso fisso, oppure affidandosi a grandi gruppi mondiali del "re-insurance", a cominciare da Swiss Re, specializzati in questo tipo di polizze. A queste stesse compagnie, peraltro, lo Stato potrà a sua volta trasferire una parte dei suoi rischi (quelli che coprono la ricostruzione di strade ed opere pubbliche) assicurandosi a sua volta. Moltissimi paesi lo fanno già, persino il Messico ha di recente sottoscritto la sua brava polizza anti-disastri. Partiamo, dunque, dai tentativi (messi nel cassetto) del Berlusconi I e Prodi I sul tema "rcd", e rimettendoli subito all'ordine del giorno aggiungiamo anche la "polizza pubblica". Per lo Stato sarebbe un ottima occasione per dimostrare che sa fare il suo mestiere, per il bistrattato mercato sarebbe l'occasione giusta per riabilitarsi. (www.enricocisnetto.it)

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India al voto: test chiave per il Partito del Congresso (sezione: crisi)

( da "Panorama.it" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

- Mondo - http://blog.panorama.it/mondo - India al voto: test chiave per il Partito del Congresso Posted By claudia.astarita On 14/4/2009 @ 15:56 In Headlines, NotiziaHome | No Comments [1] Il futuro dell'India è oggi nelle mani di [2] 714 milioni di elettori che, giovedì, saranno chiamati a eleggere, in 543 diversi collegi, un numero equivalente di parlamentari facenti capo a [3] tre schieramenti: l'Alleanza progressista unita ([4] Upa), l'Alleanza nazional-democratica ([5] Nda) e il "terzo fronte", progressista. Si tratta di elezioni estremamente delicate, che affideranno al vincitore l'onere di risolvere quei problemi economici strutturali cui l'amministrazione Singh non è riuscita a far fronte, recentemente aggravati dalla crisi finanziaria internazionale e, politicamente, di gestire una serie di alleanze trasversali in una regione in cui la presenza della Cina diventa ogni giorno più preoccupante e in cui Nuova Delhi fatica a farsi riconoscere come attore globale. L'Upa, la coalizione dello storico [6] Partito del Congresso guidato da [7] Sonia Gandhi, ricandida il Premier in carica [8] Manmohan Singh. L'Nda, coalizzato attorno al conservatore indù [9] Bharatiya Janata Party (Bjp) o Partito del Popolo indiano, schiera invece [10] Lal Krishna Advani, attualmente leader dell'opposizione e già vice Primo Ministro dal 2002 al 2004 durante il governo Vajpayee. Infine, il "terzo fronte" è composto da quei partiti di sinistra che si sono ritirati dalla coalizione di maggioranza poichè contrari all'accordo sul nucleare civile che Singh ha concluso con l'ex presidente americano Bush e da gruppi regionali disposti a farsi rappresentare da [11] Kumari Naina Mayawati, la fuori casta che si è fatta le ossa guidando per ben quattro mandati l'Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso del Subcontinente. L[12] 'India Daily l'ha definita l'Obama indiano, il personaggio politico chiave in grado di portare anche in India un'ondata di cambiamenti sociali simile a quella che ha travolto l'America. E in effetti non sono in pochi ad essere convinti che l'India abbia bisogno di rinnovarsi. Manmohan Singh, noto anche come il leader delle riforme, è sotto accusa per non aver ottenuto risultati significativi dal punto di vista del potenziamento delle infrastrutture e degli investimenti per rilanciare la produzione industriale nazionale. Il Bjp, sfruttando l'onda degli attentati di Mumbai, lo ritiene responsabile per non essersi impegnato abbastanza nella lotta al terrorismo. La Mayawati, invece, in Uttar Pradesh ha progressivamente ampliato i suoi consensi grazie a una piattaforma riformista dal punto di vista sociale con cui ha migliorato le condizioni di lavoro creando occupazione e non solo distribuendo sussidi. E in un momento in cui sulle carenze strutturali del Paese pesa anche la crisi economica, chi è riuscito ad ottenere risultati concreti potrebbe guadagnare consensi quanto meno dal punto di vista dell'affidabilità. Al momento pochi analisti si sbilanciano nelle previsioni. Resta comunque difficile immaginare che emergerà una coalizione forte, ma non impossibile che nel gruppo cui verrà affidato il governo della più grande democrazia del mondo il "terzo fronte" ricopra un ruolo significativo. Per saperlo, bisognerà aspettare il 16 maggio: [13] per questioni logistiche gli indiani si presenteranno alle urne in cinque diverse date: 16, 23 e 30 aprile e 7 e 13 maggio. E solo dopo la chiusura di tutti i seggi inizierà il conteggio delle schede.

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conroe ha detto: Le polemiche circa l'immagine dell'Italia sulla stampa estera stanno ormai tracimando dai siti internet (come questo) e arrivando sulla carta stampata nazionale: e (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 105 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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BMP/ BONANNI: NON CAPISCO LIVORE MAZZOTTA CONTRO SINDACATI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Bmp/ Bonanni: Non capisco livore Mazzotta contro sindacati di Apcom "Davvero paradossale che si sia convertito a invettiva populista" -->Roma, 14 apr. (Apcom) - "Non si comprende perché Mazzotta voglia chiudere ingloriosamente con il livore personale contro i sindacalisti una parabola che lo ha visto protagonista in Bpm". Lo dichiara il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. "E' davvero paradossale - continua Bonanni - che il presidente Mazzotta si sia convertito repentinamente all'invettiva populista contro il potere interno alla banca, del quale è stato la più alta espressione. Non ci sono ragioni obiettive che giustifichino un simile comportamento. La crisi finanziaria globale dimostra che le banche, come la Banca Popolare di Milano, con una governance partecipativa ispirata a principi di democrazia economica, hanno mantenuto un forte radicamento territoriale". Secondo il leader della Cisl "non solo queste banche hanno subito in forme residuali gli effetti della crisi sulla liquidità, sulla redditività, sul patrimonio, ma hanno mantenuto un rapporto virtuoso di finanziamento e di sostegno alle imprese, soprattutto le piccole e le medie, salvaguardando l'occupazione. Gli interessi e le ambizioni personali non dovrebbero mai prevalere sugli interessi collettivi di un modello di banca ispirato alla democrazia economica ed alla partecipazione che rappresenta l'uscita vincente dalla crisi".

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Bpm: anche Ponzellini risponde a Mazzotta attraverso "You Tube" (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. ECO - Bpm: anche Ponzellini risponde a Mazzotta attraverso “You Tube” Milano, 14 apr (Velino) - A Milano passa per una battaglia strana, dai connotati abbastanza incomprensibili. Si tratta del confronto tra l’attuale presidente Roberto Mazzotta e l’aspirante Massimo Ponzellini alla presidenza della Banca popolare di Milano. Il 25 aprile l’assemblea deciderà, con un conto dei voti che sarà certamente sul filo del rasoio. Si è arrivati persino alla scontro via “You Tube”, un fatto che può essere considerato unico nel mondo del credito. Ma non è tanto questo il fatto che lascia perplessi o stupiti, quanto piuttosto l’attacco che è arrivato a Roberto Mazzotta non solo dalla forte presenza sindacale nella banca, ma anche da altri ambienti, da uomini che erano vicini al presidente e che oggi sembrano schierasi dall’altra parte. Il bilancio di Roberto Mazotta non sembra affatto negativo. Anzi. il suo modo di fare banca in questi anni è stato osteggiato da tanti protagonisti del mondo finanziario italiano che poi si sono rivelati “cattivi profeti” in occasione della grave crisi finanziaria. La stessa posizione di Mazzotta sulle fusioni era prudente e ragionevole. Si è parlato di una “grande popolare del Nord”, a suo tempo, poi di una fusione con gli emiliani. Tutti piani che i sindacati non hanno mai condiviso e oggi sembrano quasi rinfacciare a Mazzotta quelle sue posizioni, contrapponendogli un personaggio di tutto rispetto come Massimo Ponzellini di Impregilo. In quella che può essere definita la sua “campagna elettorale”, Mazzotta ha parlato di una conferma e di “due liberazioni”. Innanzitutto Mazzotta ha detto che occorre confermare “l’importanza del lavoro che abbiamo fatto insieme per rendere Bpm pulita, onesta efficiente”. Ma la parte più dura della “campagna” è riservata ai meccanismi interni attraverso cui i sindacati esprimono la gran parte del consiglio di amministrazione: “Dovremo liberarci di due cose – dice il banchiere – Voi dovere liberarvi di un’organizzazione del lavoro e da un dominio non del sindacato, ma da chi usa il sindacato per fini di potere interno, che condiziona le vostre carriere e che determina il fatto che non siete promossi quando meritate, ma quando siete iscritti al sindacato giusto. Tutto questo condiziona le vostre carriere e non tiene conto dei meriti. In più, in questo modo le assunzioni sono spesso taroccate”. Toni duri e scontro aperto, che rimane per alcuni aspetti avvolto da strane sensazioni e da non facili comprensioni. Certo che l’uscita di Mazzotta su “You Tube” non ha preso in contropiede Ponzellini, che si è cimentato anche lui nello stesso modo. Il candidato unitario dei sindacati ha replicato: “Il modello di questa banca è quello che dobbiamo difendere. è un autentico patrimonio. Sicuramente la crisi attuale ha colpito di più le banche che avevano un modello di governance di tipo puramente capitalistico e con estensioni sui mercati internazionali senza avere capacità finanziarie di controllo che potessero in qualche modo fargli capire quello che stava succedendo”. La risposta a Mazzotta sui meccanismi di elezione è concentrata in questa frase: “Il fatto che i termini di voto siano così specifici e così divisi costituiscono una vera ricchezza per la banca”. Insomma uno scontro che prima di essere affrontato in assemblea sta facendo il giro dei siti internet. (Gianluigi Da Rold) 14 apr 2009 19:03

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Il mercato potrebbe riservare sorprese: possibile una seconda gamba del rally? pag.1 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il mercato potrebbe riservare sorprese: possibile una seconda gamba del rally? INTERVISTE, clicca qui per leggere la rassegna Di Alberto Susic , 14.04.2009 20:03 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! positivo si avrebbe da una risalita del comparto immobiliare Usa, al di sopra della resistenza critica in area 73-84. Sul fronte volatilità implicita, un segnale convincente di rasserenamento si avrebbe su discese del Vix al di sotto del supporto in area 40-41 (conferma sotto 35-37). Per avere la “certezza” che le tensioni sul settore finanziario stanno davvero diminuendo, il Vix deve anche confermare il tentativo in atto, da inizio aprile, di assestamento al di sotto del Vxn, così come era prima dell’inizio della crisi finanziaria nel giugno-luglio 2007. Una fase di assestamento/riaccumulazione è sicuramente possibile me gli indici denotano particolare forza: se le prese di beneficio rimarranno contenute, come sembra probabile, potrebbe perciò riprendere molto presto una seconda “gamba” del rally, con spazi di recupero ancora molto ampi. Seppur all’interno di un quadro tecnico più ampio ancora molto incerto e fragile, l’obiettivo del bear market rally in corso rimane infatti il raggiungimento dei livelli di fine settembre 2008, prima del grande crash di ottobre-novembre seguito al fallimento di Lehman. Dai livelli correnti vorrebbe dire una salita di un ulteriore +35% sui principali indici. Per mantenere intatta tale possibilità è essenziale la tenuta di alcuni supporti critici da parte dei vari indici. I segnali di ripresa dell’azionario hanno trovato conferma anche sui listini asiatici. Oltre all’ottima performance del Nikkei, anche Cina, India e Corea hanno messo a segno forti rimbalzi. Con particolare riferimento a Piazza Affari, quali sono le sue previsioni per l’indice S&P/Mib, che è arrivato a lambire l’area dei 18.000 punti. C’è spazio per ulteriori salite nel breve? Quali sono i supporti da monitorare con maggiore attenzione ora? Dai massimi del 6 gennaio 2009 a ridosso segue pagina >>

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USA/ CRISI, DA OBAMA E BERNANKE CAUTO OTTIMISMO E FIDUCIA -PUNTO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

Usa/ Crisi, da Obama e Bernanke cauto ottimismo e fiducia -punto di Apcom Ma il presidente avverte: "Il 2009 continuerà a essere difficile" -->Washington, 14 apr. (Ap-Apcom) - Prima, è stato il numero uno della Federal Reserve Ben Bernanke a rivelare di essere "fondamentalmente ottimista" sulle prospettive di lungo periodo dell'economia degli Stati Uniti. Dopo qualche ora, lo stesso presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto che "per la prima volta, intravediamo segnali di speranza". Obama ha parlato infatti di "segnali di ripresa per l'economia". Il presidente Usa ha precisato però anche che "non siamo ancora fuori pericolo", e che "il 2009 continuerà a essere un anno difficile". Un avvertimento che le notizie arrivate oggi dal fronte economico degli Stati Uniti hanno di fatto avallato, visto che in mattinata il dipartimento del Commercio ha reso noto che nel mese di marzo le vendite al dettaglio Usa sono scese di ben l'1,1%, a un livello inferiore alle attese. Detto questo, sia le parole di Bernanke che di Obama fanno sperare in tempi migliori per l'economia numero uno al mondo: un'economia che è stata messa in ginocchio dalla peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione, e che tenta ora di imboccare la strada della ripresa. E' innegabile che le sfide a cui far fronte rimangono molte; anzi, ha precisato Obama parlando alla Georgetown University di Washington D.C., sono fin "troppo grandi". Ma è anche vero che è la stessa "posta in gioco a essere troppo alta". Di conseguenza, l'America deve lavorare duro per risollevarsi da questo brutto momento, e soprattutto deve puntare su una nuova economia, che "non deve essere ricostruita su un cumulo di sabbia", ma "sulla roccia". Un auspicio quasi biblico, visto che nel suo discorso, da perfetto oratore qual è, Obama ha fatto riferimento proprio al Sermone sul Monte di Gesù Cristo, in cui si parla della differenza tra la casa che viene costruita sulla roccia, e che dunque è solida, da quella le cui fondamenta poggiano sulla terra. E' per questo d'altronde che il governo ha adottato "azioni senza precedenti", che di fatto "stanno iniziando a portare (l'economia) verso il cammino della ripresa", ha precisato il presidente. E dello stesso avviso è anche Bernanke, che ha confermato che "recentemente gli Stati Uniti hanno intravisto segnali preliminari, che indicano come il forte deterioramento dell'attività economia possa star rallentando". I segnali preliminari, ha precisato il numero uno della Fed, sono arrivati dal mercato immobiliare e anche dalle vendite di nuovi veicoli. Dunque, "le condizioni in cui versa l'economia sono difficili, ma i fondamentali sono forti, e affrontiamo problemi che non possono essere superati senza pazienza e persistenza", ha precisato Bernanke. Per l'ennesima volta, sia Bernanke che Obama non hanno così indorato la pillola che i cittadini americani continuano a mandar giù ormai da mesi; d'altronde, il dato macroeconomico delle vendite al dettaglio non giustifica alcun entusiasmo. Ma i due hanno voluto guardare al futuro dell'America ed è qui che hanno manifestato tutta la loro fiducia sulle capacità di ripresa dell'economia. Obama, in particolare, ha detto di immagina "un futuro in cui una crescita sostenuta dell'economia crei posti di lavoro, facendo salire i redditi; un futuro in cui la prosperità venga alimentata non da debiti eccessivi, da speculazioni sconsiderate e da profitti che si dileguano, ma che sia costruito su lavoratori qualificati e produttivi; su investimenti solidi che amplino le opportunità nel paese e che permettano così alla nazione di guidare il mondo nelle tecnologie, innovazioni e scoperte che forgeranno il 21esimo secolo". E' "questo il futuro che vedo", ha sottolineato Obama, e "questo è il futuro che possiamo avere". Diversa invece la situazione attuale, del presente. Anzi, per Obama "è possibile assistere anche a ulteriori perdite di posti di lavoro, a nuovi casi di cittadini che perdono il diritto di riscatto delle proprie case": in definitiva a una "maggiore sofferenza prima della fine" della crisi. Nessuno però, tanto meno Obama, ha mai pensato che questa sarebbe stata una crisi facile da superare. Per ricostruire l'economia, ha ricordato infatti il presidente, "non finiremo in un anno, e neanche in molti anni. Ma se utilizzeremo questo momento per gettare le nuove fondamenta; se ci uniremo e inizieremo a lavorare duramente per la sua ricostruzione; se persisteremo e persevereremo nonostante le delusioni e le sconfitte che sicuramente si presenteranno andando avanti, allora non ho dubbi sul fatto che questa casa rimarrà in piedi e che il sogno dei nostri padri fondatori vivrà ai nostri tempi". Un invito dunque a tutti gli americani a stringere ancora i denti, e a lavorare avendo fiducia sulle potenzialità di crescita dell'economia Usa: è questo in definitiva il messaggio che Obama ha voluto lanciare, nella stessa stanza, quella dell'università di Georgetown, in cui aveva parlato mesi fa, quando correva ancora sperando di diventare il 44esimo presidente degli Stati Uniti. La strada da percorrere è insomma ancora lunga; ma forse, come ritiene d'altronde il presidente, i vari piani approvati dal nuovo governo permetteranno all'economia Usa di diventare quella casa costruita sulla roccia che Obama vuole, a dispetto di quell'abitazione vacillante sulla sabbia che lui stesso, e lo ha fatto capire più volte anche con paragoni meno biblici, ha ereditato.

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CRISI: BERNANKE, PROBABILMENTE SIAMO IN FORMA MIGLIORE DI ALTRI PAESI. (sezione: crisi)

( da "Asca" del 14-04-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI: BERNANKE, PROBABILMENTE SIAMO IN FORMA MIGLIORE DI ALTRI PAESI (ASCA) - Roma, 14 - ''Probabilmente gli Usa stanno in una forma migliore di altri paesi'', cosi' Ben Bernanke, presidente della Fed, intervenendo al Morehouse College di Atlanta. Il banchiere centrale ha ricordato come l'attivita' economica stia vivendo una fase piatta, dopo una forte caduta, ''il primo passo verso la ripresa''. Bernanke si e' detto certo che i titoli di stato Usa (Treasury) rappresentino ancora un ''asset attraente'', mentre il dollaro e' ancora ''destinato a dominare le transazioni internazinali''. Sulla crisi finanziaria Bernanke ha ribadito la necessita' di uscirne con un rafforzamento delle autorita' di vigilanza dei mercati. red-men/sam/alf

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Il piano di Obama prevede norme più severe per i mercati finanziari e gli hedge fund (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Le nuove regole per Wall Street Il piano di Obama prevede norme più severe per i mercati finanziari e gli hedge fund 1

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Contro le tasse di Barack la rivolta del tè (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Contro le tasse di Barack la rivolta del tè È l'America del no, e per mettere in piazza la sua rivolta ha scelto due marchi di storia patria, il «tea party» del Massachusetts e la «stella solitaria» del Texas. Era il 16 dicembre 1773 a Boston, dove coloni insofferenti del dominio britannico non votavano, ma dovevano pagare un'imposta sul te della East India Company. Protezionismo sulla punta delle baionette: i coloni volevano importare te olandese detassato, ma sua maestà aveva messo fuori legge questo traffico, germoglio del libero commercio di là da venire. Ciò che ne seguì è noto: la rivoluzione americana e l'indipendenza. Risultato, una nazione che si è via via aggregata per vocazione internazionale, ma che conserva nella sua fibra una buona dose di diffidenza nello Stato padrone e ingombrante. Che tassa e si indebita troppo. La Londra combattuta da Samuel Adams, il leader della protesta del te, è diventata la Washington osteggiata dai gelosi difensori del federalismo. Politici repubblicani che oggi rispediscono al mittente gli assegni del Congresso staccati dal conto pubblico nazionale in rosso per 2 o 3 mila miliardi, e attivisti conservatori come Grover Norquist, capo del gruppo degli «Americans for Tax Reform». Da simpatizzanti di Norquist, e da mille altre schegge della protesta antifiscale cresciuta largamente negli ultimi mesi in risposta diretta al dirigismo dalle mani bucate della nuova amministrazione, sono venute le prime manifestazioni delle settimane passate: raduni che hanno avuto per ora il record di presenze a Cincinnati (Ohio), con 6 mila persone, e che oggi sono replicati in tutti gli Stati. E oggi, 15 aprile e scadenza delle tasse negli Usa, è diventato il «tea party tax day», giorno ufficiale della rivolta fiscale. Alla mobilitazione hanno contribuito i blog, i siti, YouTube e le comunità che si raccolgono su Facebook ed anche Bush e il suo Congresso in mano ai repubblicani sono oggetto delle critiche dei più radicali. Non c'è una regia centralizzata, per cui non si sa se il numero dei raduni e cortei sarà di 500, come ha anticipato Usa Today, oppure di 2000, l'obiettivo-previsione di Michael Johns, analista politico della Heritage Foundation che parla stasera nei pressi del municipio di New York, dopo un comizio a Boston e prima dell'appuntamento di chiusura a Filadelfia, sabato prossimo. Sulla Broadway di Manhattan, con lui, ricompare per l'occasione Newt Gingrich, bandiera dei repubblicani più fiscalmente rigorosi che fu a capo della Camera negli anni di Clinton. La manovra a tenaglia contro la politica economica di Obama va dalle piazze al Palazzo. In Congresso, l'opposizione di bandiera si è manifestata con i voti repubblicani contrari al superstimolo e al budget miliardario del presidente. Ma tra i governatori del Gop il no può essere anche concreto: Bobby Jindal (Louisiana), Haley Barbour del Mississippi, Rick Perry del Texas, Mark Stanford della Carolina del Sud e Sarah Palin dell'Alaska hanno respinto, chi più chi meno anche se nessuno per intero, la quota prevista di soldi federali per i propri Stati. Perry è andato oltre nell'attacco a Obama: «Milioni di texani sono stanchi di Washington, che cerca di venire qui giù a dirci come governare il Texas», ha dichiarato in appoggio a una risoluzione di un deputato locale che intima a Washington di rinunciare al suo interventismo e chiede maggiore indipendenza per il Texas: «Credo che il nostro governo sia diventato oppressivo nelle sue dimensioni, nell'intrusione nelle vite dei nostri cittadini, e nella sua interferenza con gli affari del nostro Stato». I venti autonomisti del Texas, stato che significativamente ha una «stella solitaria» nella sua bandiera, conquistò l'indipendenza dal Messico nel 1836 e restò per 9 anni una repubblica a sè, sono un'altra pagina di storia americana. Il primo 15 aprile di Obama ha unito il Paese, da nord a sud, ma non com'era nei suoi voti.

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Obama, 5 punti per ripartire (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Obama, 5 punti per ripartire [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Vi sono segnali incoraggianti, ma i momenti brutti non sono finiti». Barack Obama sceglie il pubblico degli studenti della Georgetown University per spiegare la «strategia contro la recessione» a quasi 90 giorni dall'arrivo nello Studio Ovale. L'intento è quello di ammonire la nazione a non cedere ai primi timidi segnali di ripresa che vengono dai mercati finanziari, preparandosi ad affrontare gli ostacoli dei prossimi mesi perché «il 2009 continuerà ad essere un anno difficile per l'economia americana». Era stato proprio Obama, alla fine della scorsa settimana a parlare di «segnali di speranza» e ieri il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, si è soffermato sui recenti dati positivi dei settori immobiliare e auto, ma il presidente non vuole far abbassare la guardia agli americani e dice: «La severità della recessione continuerà a causare più perdite di posti di lavoro, più pignoramenti di case e più dolori prima che abbia fine, i mercati continueranno a salire e scendere, il credito non è ancora fluido come dovrebbe e i processi di ristrutturazione di Aig e delle aziende automobilistiche comporteranno scelte impopolari». Insomma, non è il momento di illudersi e «molto resta da fare». I dati sulla diminuzione dell'1,1% della spesa dei consumatori nell'ultimo mese - con un'inversione di tendenza rispetto ai 60 giorni precedenti - avvalorano la prudenza del presidente che cita il Sermone della Montagna per dire ai concittadini che «non possiamo ricostruire l'economia su mucchi di sabbia» ma «dobbiamo farlo sulla roccia, gettando le fondamenta di crescita e prosperità». E' lo spunto per illustrare il programma economico che ha in mente per i prossimi anni. Lo riassume nella formula dei «cinque pilastri grazie ai quali fare del nuovo secolo un altro secolo americano». Ecco di cosa si tratta. Primo: «Nuove regole per i mercati di Wall Street» trasformando in leggi gli impegni assunti al summit del G20 con i Paesi del G8 e le economie emergenti. Secondo: «Nuovi investimenti nell'educazione per rendere la forza lavoro più preparata e competitiva», in quanto nel XXI secolo non bastano più le conoscenze grazie alle quali si veniva assunti nel Novecento. Terzo: «Nuovi investimenti nell'energia rinnovabili e nella tecnologia per creare nuovi posti di lavoro e nuove industrie», come previsto dallo stimolo fiscale da 787 miliardi di dollari che punta proprio sullo sviluppo delle fonti alternative al posto di quelle tradizionali. Quarto: «Nuovi investimenti nella Sanità pubblica per tagliare i costi che in questo momento vengono sostenuti da famiglie ed aziende», al fine di trasformare la riforma nel volano capace di liberare molte risorse dei privati. Quinto: «Più tagli per il bilancio federale al fine di ridurre il debito che peserà sulle nuove generazioni», proprio come invocano i democratici moderati e l'opposizione repubblicana dai banchi di Capitol Hill. E' questa la ricetta sulla quale il presidente scommette per far ripartire la crescita, ma poiché a Washington le resistenze continuano ad essere molte, dedica gli ultimi passaggi a rispondere ai numerosi attacchi ricevuti. «La cosa peggiore che si può fare durante una recessione è ridurre la spesa governativa» afferma rivolgendosi ai conservatori, a cui manda a dire: «A prescindere da quanto seri siano i problemi del deficit e del debito, con loro ce la vedremo nel medio e lungo termine», mentre la recessione deve essere combattuta subito. E a chi gli rimprovera di progettare un indebitamento senza precedenti, ribatte: «Senza gettare i pilastri del futuro torneremo presto nella situazione in cui siamo ora». Le ultime parole ribadiscono il timore che l'America si stia illudendo che il peggio è passato: «I tempi sono ancora difficili, il peggio non è passato». E i mercati gli credono, chiudendo la giornata con un arretramento degli indici Dow Jones e Nasdaq.

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babelick ha detto: tina non è solo quello del premier che caccia e mette nuovi ministri come un despota il problema spagnolo.quello che il Psoe ha combinato è contro qualsiasi cosa (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 106 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Offensiva contro gli evasori (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Mantova, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Viadana. Crisi finanziaria, il Comune punta anche al contenimento delle spese Offensiva contro gli evasori Oneri, più accertamenti per ovviare alle minori entrate VIADANA. Contenimento delle spese ed attività di accertamento fiscale: sono i provvedimenti con cui l'amministrazione municipale viadanese tenterà di far fronte ad un sensibile calo delle entrate. «Come l'economia in generale - spiega infatti il sindaco Giovanni Pavesi - anche i Comuni, e il nostro non fa eccezione, devono far fronte ad una difficile situazione finanziaria». Al 31 marzo scorso, gli oneri di urbanizzazione introitati ammontavano ad esempio a soli 60mila euro. «Il numero delle pratiche edilizie rispetto all'anno scorso - nota Pavesi - è in sensibile calo». L'amministrazione vuol fronteggiarlo con accertamenti tesi a verificare che gli oneri siano stati pagati correttamente in relazione alla destinazione d'uso dei capannoni: pare, infatti, che diversi immobili a destinazione produttiva vengano invece utilizzati con finalità commerciali. «Sono stati sinora accertati oneri che ci spettano - afferma Pavesi - per 168.257 euro». Un'ulteriore attività di accertamento riguarda la Tarsu. I contribuenti "mancati" sono 1075; la somma è di 140mila euro per gli accertamenti relativi agli anno 2003-'07 e di 180mila euro per l'anno 2008. «Per il 2008 - spiega Pavesi - abbiamo avviato ai cittadini interessati un sollecito di pagamento, senza sanzioni: li consideriamo in buona fede, magari è una semplice dimenticanza. A quelli degli anni precedenti, invece, il sollecito è già arrivato; ora verranno emesse le ingiunzioni di pagamento». Per quanto riguarda l'Ici, sono invece partiti gli accertamenti 2007-'08. «Disponiamo di un programma che incrocia i dati catastali con il nuovo Pgt, e anche qui stanno emergendo significative sacche di evasione. In ogni caso, prima faremo il sollecito». Come noto, l'Ici sulla prima casa è stata abolita, e lo Stato dovrebbe "restituire" la mancata entrata. Nel 2008 e 2009, tale entrata è stata calcolata in 567mila euro: «Per il 2008 - ricorda il sindaco - abbiamo incassato sinora 506mila euro, per il 2009 nulla». Per far fronte alle difficoltà sul versante entrate, non si punta solo sugli accertamenti: l'amministrazione ha infatti deliberato un atto d'indirizzo con cui si chiede ai responsabili dei vari servizi di monitorare rigorosamente le entrate, di relazionare in merito al 20 aprile e di impegnarsi per il contenimento dei costi, approvando decisioni di spesa solo se all'origine è stata accertata la necessaria entrata. Riccardo Negri

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Cna, cresce il credit crunch per le pmi di quattro regioni del Centro Italia (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Economia e Politica data: 15/04/2009 - pag: 8 autore: Cna, cresce il credit crunch per le pmi di quattro regioni del Centro Italia Imprese in affanno, cresce il «credit crunch» e per le micro e piccole imprese di Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, è sempre più difficile accedere a finanziamenti. Una criticità palese che, secondo indagini svolte dalla Cna, evidenzia come da un lato la situazione liquidità vada facendosi sempre più critica, e dall'altro come le imprese vedano aumentare i problemi per la concessione di credito: tempi lunghi per le istruttorie, aumenti negli spread praticati dalle banche, richieste di maggiori garanzie, diminuzione della quota di finanziamento ricevuto rispetto all'importo richiesto. In questa situazione, risulta sempre più decisivo il ruolo svolto dai Consorzi Fidi ai quali si rivolge un imprenditore su due per gestire i propri rapporti con le banche. Una delle questioni di fondo è che tutti i provvedimenti varati a sostegno del credito prevedono la garanzia (Confidi, Medio Credito Centrale, Sace) e cioè si scarica su altri il rischio di insolvenza; le banche finanziano senza garanzia solo le imprese «buonissime dal punto di vista del rating». Altro problema è costituito dal pieno rispetto degli accordi sottoscritti con istituti di credito, associazioni, Confidi e istituzioni. In Emilia Romagna, è stato istituito il Fondo per la liquidità (1 miliardo di euro) da Regione, Confidi e banche, al quale tuttavia queste ultime stanno dando poco seguito poiché, nei fatti, non predispongono i prodotti conseguenti. La crisi finanziaria impone dunque una serie di riflessioni a partire dalla capacità di tenuta delle imprese che dipende essenzialmente dalla durata della crisi.Questa determinerà infatti l'ampiezza e la severità della selezione cui il sistema produttivo sarà sottoposto.A questi temi è stato dedicato un Forum promosso da Cna di Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria: «Oltre la crisi: la tutela della piccola impresa e del risparmio. Ripristinare il normale funzionamento delle politiche di accesso al credito» nel quale si è discusso di quali regole, comportamenti e provvedimenti possono aiutare il mondo imprenditoriale a superare questo momento. «Un quadro diffusamente negativo», ha evidenziato Gabriele Morelli, segretario Cna Emilia Romagna, «caratterizza le piccole imprese: il barometro Cna sugli effetti della crisi finanziaria, avviato nell'ottobre 2008 segnala per il 60% degli intervistati un deterioramento delle condizioni di accesso al credito nella seconda metà di gennaio (56% nella precedente rilevazione). In particolare, prosegue il restringimento nella concessione dei crediti e si dilatano i tempi di istruttoria e risposta, sia per le operazioni a breve sia per quelle a medio-lungo. La rilevazione effettuata dal nostro barometro sul IV trimestre 2008, conferma infatti forti difficoltà nell'accesso al credito da parte delle imprese, soprattutto in riferimento alla disponibilità dei finanziamenti. Se, infatti, il 25% degli intervistati indica nell'aumento dei tassi di interesse praticati dalle banche il motivo del peggioramento delle condizioni di accesso al credito, questa percentuale aumenta al 31% e al 36% quando si parla rispettivamente di tempi di concessione e di garanzie richieste. Tensioni riguardano anche le scadenze, con le imprese che segnalano una maggiore difficoltà nel disporre di finanziamenti a lungo termine». Le banche tendono a contenere il rischio; già dal mese di ottobre 2008 hanno sottoposto a revisione straordinaria gli affidamenti e anticipato i tempi di disimpegno delle situazioni di potenziale difficoltà. La Cna si aspetta un peggioramento dei saldi relativi all'accesso al credito per il primo trimestre 2009 in considerazione del fatto che molta parte del credito utilizzato dalle imprese è «a revoca».Le difficoltà creditizie interessano in modo trasversale tutti i settori, con un picco negativo per le imprese dell'autotrasporto che, assieme alle imprese del tessile/abbigliamento, soffrono in modo particolare l'allungamento dei tempi di incasso dei crediti commerciali; una situazione di diffusa difficoltà si rileva con particolare accentuazione anche per i settori manifatturieri e delle costruzioni. Vanno comunque colte anche alcune note positive.«Osserviamo infatti», spiega Morelli, «che permangono quote, minoritarie ma significative, di imprese che non recedono nei programmi di investimento e tengono sul versante occupazionale a prescindere dai settori di appartenenza. Lo attestano anche i risultati dei recenti bandi promossi dalla regione Emilia Romagna sui progetti di innovazione. Dalla capacità di queste imprese di sapere cogliere i primi segnali di ripresa dipenderà la possibilità di far ripartire l'economia. Queste potenzialità vanno tuttavia sostenute da un sistema bancario in grado di ripristinare il normale funzionamento delle politiche di accesso ed erogazione del credito». Nel corso del Forum di Bologna, è stato sottolineato come i dati dell'indagine Cna trovino ulteriori conferme. Sulla base degli ultimi dati diffusi dalla Banca d'Italia, la crescita del credito bancario negli ultimi 12 mesi, che a settembre del 2008 era ancora del 12%, a ottobre è scesa al 10%, per attestarsi a gennaio del corrente anno all'8%. La crescente difficoltà delle imprese nei confronti del mondo creditizio è confermata anche da una serie di indagini qualitative; in particolare, sulla base dell'indagine mensile Isae sulle imprese manifatturiere, a febbraio si acuiscono le tensioni sul fronte del credito: le condizioni di accesso sono peggiorate per il 40,2% degli intervistati (dal 33,5% della precedente rilevazione).

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Goldman Sachs restituisce i fondi, Tesoro Usa scettico (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Mercati Globali data: 15/04/2009 - pag: 10 autore: di Francesco Ninfole La banca ha definito i termini dell'aumento di capitale da 5 miliardi. I conti trimestrali hanno registrato risultati sopra le attese Goldman Sachs restituisce i fondi, Tesoro Usa scettico Una prova di forza o una mossa frettolosa? Gli operatori hanno differenti opinioni su Goldman Sachs. La banca ha varato ieri l'aumento di capitale da 5 miliardi per restituire una parte dei 10 miliardi ricevuti dal Tesoro Usa. «Farlo è un dovere», ha spiegato il direttore finanziario David Viniar. Il prezzo delle azioni è stato fissato a 123 dollari, con uno sconto del 5,5% sul prezzo di lunedì. Ma proprio il Tesoro è scettico sull'operazione. La preoccupazione, riportata dalla stampa americana, è che la restituzione possa danneggiare il piano di sostegno all'economia e arrivi in anticipo, alla luce dei segnali positivi ma ancora incerti sulla ripresa del settore finanziario. Soprattutto si teme che l'esempio di Goldman sia imitato da istituti più deboli, ansiosi di comunicare notizie confortanti ai mercati. Quanto alle strategie della prima banca d'investimento Usa, le perplessità sono state confermate da alcuni analisti. Sostiene Dick Bove di Rochdale: «Si tratta di una mossa assolutamente non necessaria. Restituire i fondi così in fretta non appare un'idea saggia, a meno che la banca non sia convinta che la crisi finanziaria sia già finita». Prima di iniziare a rimborsare gli aiuti pubblici, Goldman Sachs comunque attenderà i risultati degli stress test delle autorità federali presso le banche, che dovrebbero concludersi entro fine mese.La banca ha comunicato risultati trimestrali positivi, che hanno superato le attese degli analisti. Goldman Sachs ha registrato una crescita del 20% dell'utile netto a 1,81 miliardi di dollari, pari a 3,39 dollari ad azione (il mercato si aspettava 1,6 dollari) e il fatturato è aumentato del 13% a 9,43 miliardi. Le cifre hanno convinto le borse europee, tutte in crescita ieri, grazie all'andamento dei titoli bancari, spinti proprio dai conti di Goldman (che ieri però ha perso il 10%, portandosi a 116 dollari, sotto il prezzo dell'aumento di capitale). Il cfo Viniar ha sottolineato che il mercato dei capitali «sta iniziando a riprendersi», e ha evidenziato «il livello record delle liquidità della banca, l'ampia diversificazione delle attività e il ridimensionamento degli asset tossici in bilancio». Il valore dei prestiti strutturati si è ridotto a 2,3 miliardi di dollari contro i 52 miliardi del terzo trimestre 2008. Tuttavia Goldman resta cauta sulle prospettive a breve del settore bancario a causa delle difficili condizioni macroeconomiche e del «vento contrario che soffia ancora sulla valorizzazione degli asset». La banca guidata da Lloyd Blankfein ha chiuso dicembre con un rosso di 1 miliardo, soprattutto a causa della divisione immobiliare. Il top manager ha però sottolineato che le attività hanno registrato invece una ripresa nei primi mesi del 2009. I bilanci di Goldman riflettono la tendenza generale dalla finanza Usa. Si torna a parlare di ripresa, dopo gli utili da tre miliardi annunciati da Wells Fargo. Ma nello stesso tempo permangono le incertezze legate alla crisi. Qualche elemento in più per giudicare arriverà nei prossimi giorni, con la pubblicazione dei conti trimestrali di altri istituti americani. «L'entusiasmo suscitato da Goldman potrebbe essere spento da una trimestrale peggiore del previsto di Citigroup», ha osservato John Carney di Clusterstoc. «Bisognerà attendere i dati dell'altro colosso finanziario americano per capire verso dove si sta dirigendo il mercato bancario Usa».

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Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 15 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così: "Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 94 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l'informazione». Questa crisi è un'opportunità "perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia, insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie, sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo Commenti ( 39 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada, scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il 31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio, anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl, politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione, giornalismo Commenti ( 69 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov? Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 39 ) » (9 voti, il voto medio è: 3.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 44 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.67 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 53 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.43 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (11) blog (1) capitalismo (12) cina (19) comunicazione (4) crisi (16) democrazia (62) economia (33) era obama (19) europa (15) francia (26) germania (6) giornalismo (53) giustizia (2) gli usa e il mondo (67) globalizzazione (49) immigrazione (41) islam (20) israele (2) Italia (154) manipolazione (8) medio oriente (13) notizie nascoste (47) partito democratico (4) pdl (3) politica (3) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (27) spin (9) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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E come supponevo già da molto tempo ormai, le nostre opinioni ed... 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La Fed vede lo spiraglio postcrisi La recessione inizia a rallentare (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

La Fed vede lo spiraglio postcrisi «La recessione inizia a rallentare» di Redazione del 15-04-2009 da Finanza&Mercati del 15-04-2009 [Nr. 72 pagina 2] Per il numero uno ci sono «timidi segnali di una frenata del crollo dell'attività economica» «Recentemente abbiamo riscontrato dei timidi segnali di un rallentamento del crollo dell'attività economica». La luce in fondo al tunnel della lunghissima crisi finanziaria e della recessione economica americana la vede e la accende il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, in un discorso che ha tenuto ieri al Morehouse College di Atlanta. Bernanke, che si è detto «fondamentalmente ottimista», ha citato al proposito i dati «sulle vendite di case, sulla costruzione e sulla spesa per consumi, comprese le vendite di nuove auto». «Una stabilizzazione dell'attività economica è il primo passo verso la ripresa - ha aggiunto Bernanke -. Non avremo una ripresa sostenibile senza una stabilizzazione del nostro sistema finanziario e dei mercati del credito. Stiamo facendo progressi anche su questo fronte, e la Fed è impegnata a ripristinare la stabilità finanziaria come presupposto necessario di una piena ripresa economica». La banca centrale Usa, ha assicurato il suo numero uno, non lascerà che l'enorme massa di liquidità che ha immesso nell'economia per contrastare la crisi faccia esplodere l'inflazione. «Vi posso assicurare - ha spiegato Bernanke - che le autorità monetarie sono impegnate a fare tutto quello che è necessario per ritirare al momento opportuno lo straordinario supporto che stiamo fornendo all'economia, e siamo fiduciosi nella nostra capacità di farlo». Le iniezioni di liquidità sono state decise dalla Fed anche e soprattutto a fronte della crisi finanziaria dei big bancari e assicurativi. E qui Bernanke è tornato a parlare del caso Aig, dove i bonus milionari riconosciuti ai trader del gigante finanziario sono stato oggetto di scandalo. Un fallimento di Aig, è tornato ieri a spiegare Bernanke, avrebbe messo a rischio l'intero sistema finanziario. Il presidente della Fed ha enunciato come una bancarotta del colosso assicurativo Usa avrebbe scatenato una reazione a catena, colpendo i numerosi istituti che, ad esempio, detenevano nel loro portafogli titoli assicurati dalla compagnia. Il caso Aig, ha affermato Bernanke, ha dimostrato la necessità di fornire alle autorità strumenti normativi che consentano di gestire situazioni di questo genere, sul modello dei poteri riservati alla Fdic in campo bancario. Il presidente della Fed ha poi sottolineato che pratiche come i mutui subprime hanno potuto avere campo libero in quanto non erano disponibili strumenti legislativi per limitarle, ha spiegato che il dollaro rimarrà a lungo la moneta di riserva internazionale, anche se il deficit di bilancio Usa del 2010 resterà«ampio». Da Atlanta ad Hong Kong, e sempre nel nome della Riserva Federale, ieri Richard Fisher, presidente della Fed di Dallas, ha affermato che l'economia Usa ha continuato a decelerare «a un passo molto veloce» anche nel primo trimestre di quest'anno. Fisher ha ribadito che la disoccupazione Usa potrebbe risalire oltre il 10% quest'anno. Fisher ha concluso che è ancora presto per valutare se la recessione abbia toccato il minimo, ma ha aggiunto che i rischi di un collasso economico «sono nettamente diminuiti». E in serata Lawrence Summers, direttore del National Economic Council della Casa Bianca, ha detto che l'economia Usa non è più «in caduta libera».

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La Cna denuncia forti difficoltà nell'accesso al credito delle Pmi (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

La Cna denuncia forti difficoltà nell'accesso al credito delle Pmi da Finanza&Mercati del 15-04-2009 Imprese in affanno, cresce il «credit crunch» e per le micro e piccole imprese di Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, è sempre più difficile accedere a finanziamenti. Una criticità palese che, secondo indagini svolte dalla Cna, evidenzia come da un lato la situazione di liquidità vada facendosi sempre più critica, e dall'altro come le imprese vedano aumentare i problemi per la concessione di credito: tempi lunghi per le istruttorie, aumenti negli spread praticati dalle banche, richieste di maggiori garanzie, diminuzione della quota di finanziamento ricevuto rispetto all'importo richiesto. In questa situazione risulta sempre più decisivo il ruolo svolto dai Consorzi fidi ai quali si rivolge un imprenditore su due per gestire i propri rapporti con le banche. Una delle questioni di fondo è che tutti i provvedimenti varati a sostegno del credito prevedono la garanzia (Confidi, Medio Credito Centrale, Sace) e cioè si scarica su altri il rischio di insolvenza; le banche finanziano senza garanzia solo le imprese «buonissime dal punto di vista del rating». Un altro problema è costituito dal pieno rispetto degli accordi sottoscritti con istituti di credito, associazioni, Confidi e istituzioni. La crisi finanziaria impone dunque una serie di riflessioni a partire dalla capacità di tenuta delle imprese che dipende essenzialmente dalla durata della crisi. Questa determinerà infatti l'ampiezza e la severità della selezione cui il sistema produttivo sarà sottoposto. A questi temi è stato dedicato il Forum promosso dalla rivista «Io L'Impresa», edita dalla Cna di Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, dal titolo «Oltre la crisi: la tutela della piccola impresa e del risparmio. Ripristinare il normale funzionamento delle politiche di accesso al credito» nel quale si è discusso di quali regole, comportamenti e provvedimenti possono aiutare il mondo imprenditoriale a superare questo momento. «Un quadro diffusamente negativo - ha evidenziato Gabriele Morelli, segretario Cna Emilia Romagna - caratterizza le piccole imprese: il barometro Cna sugli effetti della crisi finanziaria, avviato nell'ottobre 2008 segnala per il 60% degli intervistati un deterioramento delle condizioni di accesso al credito nella seconda metà di gennaio (56% nella precedente rilevazione). In particolare, prosegue il restringimento nella concessione dei crediti e si dilatano i tempi di istruttoria e risposta, sia per le operazioni a breve che per le operazioni a medio-lungo. La rilevazione effettuata dal nostro Barometro sul IV trimestre 2008 conferma infatti forti difficoltà nell'accesso al credito da parte delle imprese, soprattutto in riferimento alla disponibilità dei finanziamenti. Se, infatti, il 25% degli intervistati indica nell'aumento dei tassi di interesse praticati dalle banche il motivo del peggioramento delle condizioni di accesso al credito, questa percentuale aumenta al 31% e al 36 quando si parla rispettivamente di tempi di concessione e di garanzie richieste. Tensioni riguardano anche le scadenze, con le imprese che segnalano una maggiore difficoltà nel disporre di finanziamenti a lungo termine». Le banche tendono a contenere il rischio; già dal mese di ottobre 2008 hanno sottoposto a revisione straordinaria gli affidamenti e anticipato i tempi di disimpegno delle situazioni di potenziale difficoltà. La Cna inoltre si aspetta un peggioramento dei saldi relativi all'accesso al credito per il primo trimestre 2009 in considerazione del fatto che molta parte del credito utilizzato dalle imprese è «a revoca».

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Mortara, condomini in rosso (sezione: crisi)

( da "Provincia Pavese, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

IL CASO Mortara, condomini in rosso Gli inquilini non pagano le spese, a rischio gas e acqua MORTARA. Debiti anche per 30-40 mila euro gravano sulle spalle di numerosi condomìni mortaresi, dove una quota significativa di residenti che spesso sono i proprietari degli appartamenti, non paga le spese: il fenomeno si è aggravato con la crisi. Anche se, proprio la crisi finanziaria sta dall'altro lato arginando il fenomeno: «E' vero, c'è molta gente che non paga le spese condominiali, creando problemi al resto dei condomini - spiega Gianni Bocca, un amministratore - - faccio un esempio: c'è un condominio in corso Torino dove su 18 appartamenti, più di un terzo non paga. I debiti si accumulano, e vanno spalmati sul resto dei residenti: altrimenti, se non si paga, dove c'è il riscaldamento centralizzato, d'inverno si rischia di restare al freddo». Il problema riguarda cittadini italiani e stranieri. E quando si parla di riscaldamento, è facile che il debito salga fino a decine di migliaia di euro: «Comunque, con la stretta alla concessione del credito da parte delle banche, la situazione dovrebbe migliorare a poco a poco - aggiunge Bocca - ora è più difficile acquistare una casa se non si hanno le carte in regola». «I casi sono tanti, anche a Mortara - spiega Giuseppe Spanò, della Madas amministrazioni immobiliari - le cose si complicano soprattutto dove c'è il riscaldamento centralizzato: quando il debito cresce, allora l'unica fonte per ripianarlo sono gli altri condòmini». La tendenza a Mortara riguarda anche e soprattutto il centro storico: così in tanti hanno scelto di spostarsi in periferia, in villette e ville, o condomini nuovi con allacciamenti autonomi. E per rivalersi sui proprietari che non pagano la procedura è lunga: «Nel caso l'appartamento sia in affitto, ci si può rivalere sul proprietario, ma nel caso sia di proprietà c'è poco da fare», convengono gli amministratori: «Si può fare un decreto ingiuntivo sul proprietario, ma i tempi vanno da un minimo di tre anni ad un massimo di cinque anni. Nel frattempo - conclude Spanò - gli altri residenti devono anticipare le spese». Anche per far fronte a queste situazioni inoltre il comando di polizia locale sta verificando le situazioni dei condomini cittadini, ed ha emesso 32 verbali per mancata comunicazione di cessione di fabbricato, multando chi non ha comunicato il passaggio di mano di un appartamento. Simona Marchetti

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la sfida deGli eredi di gandhi (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

la sfida deGli eredi di gandhi IL COLOSSO ALLE URNE L'economia rallenta, il terrorismo accelera. In questa poco rassicurante cornice 714 milioni di indiani sono chiamati al voto per una lunga maratona elettorale da domani al 16 maggio. Il voto a rate, per gruppi di Stati, serve a ridispiegare soldati e poliziotti da un punto all'altro dell'immenso territorio per meglio contenere la violenza che solitamente accompagna gli appuntamenti con le urne nella più popolosa democrazia del pianeta. Si fronteggiano due blocchi, di centrosinistra e centrodestra, rispettivamente imperniati sul Congresso, che governa da 5 anni, e sul Bharatiya Janata (Bjp), che l'aveva preceduto dal 1998 al 2004. Da un lato gli eredi politici dell'ecumenismo interculturale ed interetnico del mahatma Gandhi, di Nehru e di Indira. Dall'altro i nazionalisti di Lal Krishna Advani, che fanno del richiamo all'identità indù il fulcro di un orientamento ideologico conservatore, spesso indulgente con le frange xenofobe. Sia il Congresso che il Bjp hanno da tempo imboccato la via delle liberalizzazioni economiche. Entrambi hanno rinunciato all'assistenzialismo statalista con cui per decenni le élites indiane hanno cercato di alleviare il dramma della povertà disperata di larga parte della popolazione. Ma il Congresso ha agito con maggiore attenzione agli effetti collaterali nocivi della modernizzazione. Questo probabilmente gli consentirà di prevalere nuovamente sul Bjp, in una fase in cui la crisi finanziaria globale ha sollevato dubbi sull'intrinseca efficienza del mercato. I nazionalisti credevano di capitalizzare l'ondata di paura provocata dagli attentati di Mumbai, ma una serie di elezioni locali nei mesi scorsi li ha delusi. Stando ai sondaggi però il Congresso pur vincendo perderebbe consensi. Ancora una volta dovrà allearsi con i comunisti o qualche formazione regionale. Gli analisti prevedono un periodo di notevole instabilità.

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chimica, anche spm è in profondo rosso - gianni favarato (sezione: crisi)

( da "Nuova Venezia, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

In crisi la società consortile che gestisce i servizi comuni a tutte le aziende Chimica, anche Spm è in profondo rosso Ieri blocco stradale degli operai di Montefibre. Ineos: Sartor vola a Roma GIANNI FAVARATO MARGHERA. Non c'è pace per la chimica. Ieri i cassintegrati di Montefibre hanno manifestato bloccando il traffico il via Righi. Ieri si sono anche tenuti il cda e l'assemblea dei soci di Spm, la società consortile che garantisce i servizi alle società che operano al Petrolchimico alle prese con pesanti perdite in bilancio. Intanto, Sartor - nuovo proprietario dell'ex Ineos - va al ministero per la scarsità di materia prima. I quasi trecento cassintegrati di Montefibre sono tornati a protestare ieri con un presidio sotto la sede di Confindustria veneziana, al Parco Vega, e con un volantinaggio in via Righi che ha causato problemi al traffico a metà mattinata. Il direttore di Confidustria veneziana, Italo Turdò, ha ricevuto alcuni delegati sindacali di Montefibre, assicurando il suo impegno ad «attivare un tavolo» per favorire una soluzione diversa dalla preannunciata chiusura dell'attività produttiva. Dal canto loro, i delegati dei lavoratori hanno chiesto a Confindustria veneziana «un impegno straordinario per trovare, tra i suoi molti associati, un imprenditore nostrano interessato ad avviare la linea di produzione di precursori delle fibre al carbonio che Montefibre aveva annunciato di voler fare con dei soci russi ma ora non vuole più fare». Per domani è annunciata una nuova assemblea dei lavoratori di Montefibre, sempre più preoccupati per il loro futuro visto che l'azienda - in grave crisi finanziaria - il 24 aprile è convocata al ministero del Lavoro per discutere, con i sindacati, la sua domanda di cassa integrazione straordinaria per tutti i dipendenti dello stabilimento di Porto Marghera. Intanto, si profila all'orizzonte un'altra grave crisi. Si tratta di Servizi Porto Marghera (Spm) - la società consortile che gestisce tutti i servizi condominiali del Petrolchiomico, dalla portineria alla forniture di vapore, il trattamento degli scarichi e altre utilities - che ieri ha tenuto il consiglio di amministrazione e l'assemblea dei soci. All'ordine del giorno l'approvazione del bilancio e una soluzione per i conti in «profondo rosso» di Spm (che occupa 214 dipendenti) a causa dei mancati pagamenti di Montefibre (4,5 milioni di euro) e alla continua riduzione delle produzioni delle singole società che aderiscono al consorzio, da quella di fibre acriliche di Montefibre, al clorosoda di Syndial (Eni). Per finire ci sono da registrare nuovi problemi negli impianti che producono cvm e pvc, acquisiti recentemente dall'imprenditore Fiorenzo Sartor dopo nove mesi di contrastata trattativa con la multinazionale Ineos. Ieri Sartor è tornato al ministero dello Sviluppo per esporre un nuovo problema: la mancanza di adeguati rifornimenti di materia prima (dicloretano). Da un lato c'è Syndial (Eni) che lo già lo rifornisce di questa materia prima (prodotta in Sardegna ma necessaria anche lì per alimentare l'altro impianto di pvc ex Ineos e ora di Sartor); dall'altro Ineos Group che si è impegnata, a sua volta, di fornirgli dicloretano con un primo carico via nave a fine mese. A quanto pare i rifornimenti di Syndial e Ineos no non sufficienti e Sartor è andato a chiedere una mano al ministero, spiegando che se va avanti così non riuscirà a produrre a pieno regime e incassare i soldi necessari per pagare i debiti di Ineos da lui rilevati.

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anche in questa crisi le piaghe sono dieci (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 18 - Udine Anche in questa crisi le piaghe sono dieci Gente&Lavoro di RENATO PILUTTI Come le piaghe d'Egitto (cf. Es 7 - 11) le piaghe di questa crisi economico-finanziaria globale sono dieci e si sono manifestate con un'inesorabile progressività: la prima piaga è stata la crisi finanziaria negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, eccetera., a cui ha fatto seguito una terribile ondata di pignoramenti di abitazioni acquistate con mutui concessi con troppa facilità; poi è venuta seconda piaga, quella dei titoli tossici che hanno minato i bilanci delle banche e i risparmi delle famiglie; la terza piaga è stata la crisi delle banche, alcune delle quali sono fallite e altre sono arrivate sull'orlo del fallimento; la quarta piaga è stata il crollo delle Borse; la quinta piaga la restrizione del credito che ha messo in difficoltà i consumi, gli investimenti, i pagamenti e l'operatività corrente delle imprese; la sesta piaga è stata il manifestarsi della crisi nell'economia reale, delle industrie produttrici e del commercio mondiale; le conseguenze di questa recessione, propagatesi rapidamente nel mondo hanno provocato l'aumento preoccupante della disoccupazione; l'ottava piaga è costituita dalla crisi che ha colpito le economie emergenti e quelle più deboli del mondo (Europa dell'Est, Africa, Asia, eccetera); la nona piaga è in corso di autogenerazione perché cresceranno anche i debiti pubblici dei grandi paesi industrializzati, a seguito dell'aumento del costo sociale del welfare e degli ammortizzatori sociali, nonché degli interventi statali a favore delle strutture produttive e del sistema del credito; la decima piaga, per ora incognita, ma presumibilmente correlata da eventuali tensioni socio-politiche a livello internazionale, magari in regioni già coinvolte da crisi, con il rischio di guerre locali e nuovi protezionismi. Anche se vi sono, in questo inizio di primavera, alcuni segnali in controtendenza, non c'è da essere genericamente ottimisti. Non esistono né ipotesi di soluzioni facili né scorciatoie. Chi dice di averle probabilmente dice il falso. Enzo Rullani ritiene che vi siano stati: «Una crisi di domanda da interdipendenza non governata, che ha sfasciato i rapporti tra domanda e offerta», con conseguenza diretta sulla perdita di valore del sistema produttivo (assets materiali e immateriali delle imprese), «Una crisi da squilibri competitivi, dovuta alla perdita di distanza che isolava in precedenza paesi dotati di costi del lavoro generalmente inconfrontabili e che oggi fanno parte del villaggio globale». In questo modo alcuni capitalismi nazionali sono stati spiazzati e abbisognano di un riposizionamento; «Una crisi di insostenibilità, in tutti i campi: ambiente, energia, agricoltura, cultura, conoscenza, eccetera». Per esempio l'Italia è andata avanti imperterrita per una strada pericolosa di abbandono della propria sovranità alimentare, che non è autarchia di mussoliniana memoria, ma accortezza nell'equilibrio delle produzioni. Per esempio, in Friuli, se dovessimo seguire le due massime monoproduzioni (mais e viticoltura) dovremmo utilizzare, estremizzando, una dieta calorica media giornaliera di 2.400 K.cal a base di polenta e vino. Bello, no? Che fare? Far leva sui legami a livello locale e nazionale: filiere produttive, credito locale, federalismo, sussidiarietà tra enti locali e famiglie, eccetera.; investire in conoscenze originali e reti di relazione esclusive per elevare il valore aggiunto delle progettazioni e delle produzioni; farsi carico del bene comune costituito da ciò che è comune (common), come il territorio, l'ambiente, le risorse naturali.

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La forza delle piccole e medie imprese in Europa (sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

stampa Esploriamo l'Ue La forza delle piccole e medie imprese in Europa Nicolina Del Bianco Parte una nuova strategia della Commissione europea per eliminare i ritardi di pagamento delle spettanze dovute alle imprese, soprattutto, da parte della pubblica amministrazione. Con una crisi finanziaria, ormai giunta a livello di economia reale, è essenziale approfittare del potenziale di crescita delle piccole e medie imprese (PMI). L'importanza delle PMI nella nostra società, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste nella corsa al benessere delle comunità locali e regionali, è sempre più evidente. Dal 2005, l'UE ha perciò legato la "necessità" di PMI alla strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione ma adesso è giunto il momento di porre le esigenze delle PMI al primo posto della politica comunitaria per fare dell'UE un ambiente d'eccellenza per il loro insediamento e sviluppo. I modelli di funzionamento locali delle PMI variano, così come la loro natura; una politica che vuole soddisfare le loro necessità deve saper riconoscere questa diversità. Tra il 2005 e il 2007 sia gli Stati membri che l'UE hanno migliorato il contesto per favorire le PMI; per eliminare le pastoie burocratiche; per migliorare la normativa; oggi la strategia europea punta a ridurre, entro il 2012, del 25% gli oneri amministrativi. Ma l'UE deve adottare misure più decise per liberare tutte le potenzialità delle PMI che soffrono per evidenti carenze del mercato in settori come il credito, la ricerca, l'innovazione. Il ruolo delle PMI nell'economia europea è stato ripetutamente riconosciuto, con il Consiglio europeo che, nel 2008, ha espresso pieno sostegno all'iniziativa denominata "Small Business Act" (SBA) in cui si afferma la convinzione che un contesto veramente favorevole alle PMI dipenda innanzitutto dal riconoscimento degli imprenditori da parte della società: lo spirito imprenditoriale e la volontà di assumere rischi vanno applauditi dai responsabili politici e dai media e sostenuti dalle politiche pubbliche. Pesanti ritardi si continuano però a registrare nel pagamento delle transazioni tra imprese e autorità pubbliche. È un fenomeno che ostacola lo sviluppo delle imprese e, spesso, è all'origine del fallimento di piccole imprese altrimenti sane. La cultura dei pagamenti, da parte delle autorità pubbliche, non è sempre apprezzabile per cui la Commissione, in quest'ultima settimana, ha sollecitato una nuova strategia per affrontare il problema dei ritardi di pagamento con cambiamenti che prevedono: -l'obbligo per le autorità pubbliche di pagare le loro fatture entro 30 giorni o altrimenti pagare interessi; una compensazione per i costi di recupero e un indennizzo forfettario pari al 5% dell'importo dovuto a decorrere dal primo giorno di ritardo del pagamento; nel caso di ritardi di pagamento le aziende avranno il diritto di esigere interessi di mora e una compensazione dei costi di recupero; più rigorose regole sui contratti gravemente iniqui.

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L'America prova a ripartire (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

L'America prova a ripartire la crisi Cauto ottimismo di Bernanke e Obama: «Primi segnali di ripresa, ma non facciamoci illusioni» L'AMERICA inizia a scorgere la luce in fondo al tunnel della recessione. Con un ottimismo comprensibilmente cauto, ieri il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, per la prima volta ha parlato di «segnali incoraggianti per l'economia». Poche ore dopo è stato lo stesso Barack Obama ad affermare che «si inizia a vedere la ripresa»: «Il 2009 sarà comunque un anno duro - ha precisato il presidente americano - e al momento non possiamo dire di essere fuori pericolo. Ma per la prima volta intravediamo segnali di speranza». Un annuncio che le notizie arrivate ieri dal fronte economico degli Stati Uniti hanno di fatto avallato: in mattinata il dipartimento del Commercio ha reso noto che nel mese di marzo le vendite al dettaglio Usa sono scese di dell'1,1%, a un livello inferiore alle attese. Le parole di Bernanke e Obama fanno sperare in tempi migliori per l'economia numero uno al mondo: un'economia che è stata messa in ginocchio dalla peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione, e che tenta ora di imboccare la strada della ripresa. È innegabile che le sfide a cui far fronte rimangono molte. Anzi, ha precisato Obama parlando alla Georgetown University di Washington D.C., sono fin «troppo grandi». Ma è anche vero che è la stessa «posta in gioco a essere troppo alta». L'America deve lavorare duro per risollevarsi da questo brutto momento, e soprattutto deve puntare su una nuova economia, che «non deve essere ricostruita su un cumulo di sabbia», ma «sulla roccia». Un auspicio dal tenore quasi biblico: nel suo intervento Obama ha fatto riferimento proprio al Sermone sul Monte di Gesù Cristo, nel quale si parla della differenza tra la casa che viene costruita sulla roccia, e che dunque è solida, da quella le cui fondamenta poggiano sulla terra. È per questo d'altronde che il governo ha adottato «azioni senza precedenti», che di fatto «stanno iniziando a portare l'economia verso il cammino della ripresa», ha precisato il presidente. Un ottimismo che trova d'accordo anche un personaggio solitamente cauto come Bernanke. «Negli ultimi tempi gli Stati Uniti hanno intravisto segnali preliminari, che indicano come il forte deterioramento dell'attività economia possa essere considerato in rallentamento», ha detto il presidente della Fed. I segnali preliminari, ha precisato Bernanke, sono arrivati dal mercato immobiliare e dalle vendite di nuovi veicoli. «Le condizioni in cui versa l'economia sono difficili, ma i fondamentali sono forti. Affrontiamo problemi che non possono essere superati senza pazienza e persistenza», ha precisato il numero uno della Fed. Bernanke e Obama, pur ammettendo la gravità della situazione, hanno voluto guardare al futuro dell'America, ed è qui che hanno manifestato tutta la loro fiducia sulle capacità di ripresa dell'economia. Obama, in particolare, ha detto di immaginare «un futuro in cui una crescita sostenuta dell'economia crei posti di lavoro, facendo salire i redditi; un futuro in cui la prosperità venga alimentata non da debiti eccessivi, da speculazioni sconsiderate e da profitti che si dileguano, ma che sia costruito su lavoratori qualificati e produttivi; su investimenti solidi che amplino le opportunità nel paese e che permettano così alla nazione di guidare il mondo nelle tecnologie, innovazioni e scoperte che forgeranno il ventunesimo secolo». È«questo il futuro che vedo», ha sottolineato Obama, e «questo è il futuro che possiamo avere». francesco ferrari francesco.ferrari@ilsecoloxix.it 15/04/2009 LA SVOLTAI consumi restano bassi, ma meno del previsto. Il presidente della Fed: «I fondamentali sono forti» 15/04/2009

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anche parlamento e consob nello schema "blinda-mediaset" - (segue dalla prima pagina) massimo giannini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 23 - Economia Anche Parlamento e Consob nello schema "blinda-Mediaset" Perché è stato alzato al 20% il tetto all´acquisto di azioni proprie Il retroscena Berlusconi: "Ho già parlato della difesa delle aziende italiane con Cardia" La norma è passata all´interno del decreto-incentivi approvato prima di Pasqua (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) MASSIMO GIANNINI Nobile intenzione. Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi «avvoltoi» stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche. La prima prevede l´innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La seconda prevede l´incremento fino al 5% annuo delle partecipazioni consentite a chi già possiede tra il 30 e il 50% di una Spa. La terza introduce la possibilità per la Consob di ridurre dal 2 all´1% la soglia valida ai fini dell´obbligo di comunicare alla Vigilanza l´avvenuto acquisto di un pacchetto azionario. Non c´è male, per un governo che si professa liberale, anche se non più liberista. E nemmeno per un centrodestra che, fregandosene allegramente della cultura dell´Opa e della contendibilità delle aziende, ha già rimesso pesantemente in discussione la passivity rule, cioè quel complesso di regole volte a limitare le iniziative di contrasto consentite a una società su cui pende un´Offerta pubblica d´acquisto. In tempi di ferro, come dice Tremonti, ci si difende con tutti i mezzi. Ma il problema, nel caso di specie, non è solo questo: dietro la nuova crociata per salvare "l´italianità" si nasconde un interesse di bottega, molto più spicciolo: difendere Mediaset. Vediamo perché. I titoli del Biscione, come la maggior parte del listino, soffrono da mesi e mesi un crollo verticale di valore. Al 31 dicembre 2007 un´azione Mediaset valeva 9,3 euro. Un anno dopo, a fine 2008, ne valeva 3,9. Attualmente staziona intorno ai 3,5 euro, con una capitalizzazione di circa 4,2 miliardi. Poco più di un terzo di due anni fa. Già a luglio dell´anno scorso Piersilvio Berlusconi denunciava: «Dall´inizio dell´anno abbiamo subito una perdita di valore del 41%». Anche il Cavaliere, ovviamente, è preoccupato. L´8 ottobre 2008, in un´ormai leggendaria conferenza stampa, arringa le masse: «Abbiate fiducia, comprate azioni Eni, Enel e Mediaset». Nulla cambia, com´è ovvio, e un mese dopo il premier incurante delle polemiche insiste: «Le azioni di una società non possono mai valere meno di 20 volte gli utili prodotti». Tecnicamente non ha tutti i torti. Politicamente la sua posizione è indifendibile. Ma queste, per un «uomo del fare», sono questioni da legulei bizantini. Così, di fronte al progressivo tracollo della Borsa che nessuno riesce a fermare, il presidente del Consiglio e il suo inner circle usano tutte le armi a disposizione. All´inizio del 2009 scattano i primi contatti riservati tra Gianni Letta e Lamberto Cardia, presidente della Consob. Il tema è: cosa si può fare per sostenere i corsi azionari e per evitare che qualche raider si faccia venire idee strane? In meno di un mese scatta una manovra di geometrica potenza. Ai primi di marzo, secondo un´indiscrezione raccolta a Piazza Affari, da Mediaset arriva agli uffici Consob una richiesta di parere sui limiti all´acquisto di azioni proprie. Il 12 marzo, in un´intervista al settimanale di famiglia, Panorama, Cardia fa il primo passo: «Serve una spinta in più per ritrovare la fiducia e ridare fiato alla Borsa - dice il presidente della Consob - il governo ha già fatto molto, però nella situazione attuale si può andare oltre... Si potrebbe, per un periodo prefissato e in tempi di crisi, dare la facoltà alle società quotate di comprare azioni proprie non più fino al 10 ma fino al 20%. Questo potrebbe servire a contrastare la volatilità e a rafforzare la presa sul capitale. Naturalmente tutte queste scelte spettano alla politica, governo e Parlamento. I miei sono solo contributi di pensiero». Ben detto. Ma questo «contributo di pensiero» è esattamente il segnale che aspettano in casa Berlusconi. Nel giro di una settimana succedono due cose, per niente casuali. Il 17 marzo il cda Mediaset approva il bilancio 2008 ed esamina i primi tre mesi del 2009, che riflettono la crisi, tra una caduta del 12% dei ricavi pubblicitari a gennaio e un taglio dei dividendi, per la prima volta dopo sette anni, da 0,43 a 0,38 euro per azione. Nel comunicato finale, il Biscione comincia a mettere fieno in cascina e precisa che alla prossima assemblea sarà proposta la facoltà di «acquisire fino a un massimo di 118.122.756 azioni proprie, pari al 10% dell´attuale capitale sociale, in una o più volte, fino all´approvazione del bilancio 2009». Il 18 marzo due parlamentari del Pdl, Marco Milanese ed Enzo Raisi, presentano un emendamento al decreto incentivi, che prevede esattamente l´innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie acquistabili da una singola azienda, l´incremento dei tetti per la cosiddetta Opa totalitaria e la riduzione dal 2 all´1% della soglia al di sopra della quale scatta l´obbligo di comunicazione. Ecco la norma ad aziendam. Il blitzkrieg è scattato. Ha solo bisogno di una cornice presentabile sul piano etico e sostenibile sul piano politico. Alla prima esigenza provvede ancora Cardia, che il 19 marzo, in una prolusione alla Scuola Ufficiali carabinieri di Roma, chiude il cerchio: «E´ di ieri la notizia della presentazione di un emendamento al decreto incentivi all´esame della Camera, che accoglie alcune proposte formulate dal presidente della Consob a titolo personale per sostenere le società quotate in un momento nel quale la grave depressione delle quotazioni potrebbe facilitare manovre speculative o ostili. Chi lavora in istituzioni pubbliche deve essere orgoglioso di lavorare al servizio della collettività...». Alla seconda esigenza provvede lo stesso Berlusconi: il 31 marzo, in una dichiarazione a Radiocor, afferma pubblicamente che il governo punta ad aumentare il tetto per il possesso delle azioni proprie delle società quotate. E dichiara con assoluto candore di averne «parlato con il presidente della Consob», che si è detto «d´accordo su questa direzione». Nessuno lo nota, neanche i giornali specializzati. Ma è la smoking gun dell´ennesimo caso di conflitto di interessi. Il resto è cronaca di questi ultimi giorni, con il Parlamento che approva definitivamente la norma ad aziendam. Nel silenzio assordante dei benpensanti. Si segnala una sola eccezione. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, in un commento nelle pagine interne del Corriere della Sera del 3 aprile scorso, critica giustamente il «decreto protezionista» corretto dagli emendamenti del Pdl, e si chiede: «Sarebbe interessante capire quale società potrà essere la vittima destinataria delle proposte». Ora lo sappiamo. Come temevamo, è la società del capo del governo. m.gianninirepubblica.it

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banche, duello a colpi di youtube ponzellini: difendere il modello bpm - vittoria puledda (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia Dopo Mazzotta appello online anche dell´altro contendente alla presidenza Banche, duello a colpi di Youtube Ponzellini: difendere il modello Bpm Bonanni (Cisl): "Ingiustificato il comportamento di Mazzotta contro i sindacati" VITTORIA PULEDDA MILANO - Il giorno prima Roberto Mazzotta, in maniche di camicia e quadro astratto alle spalle. Ieri, Massimo Ponzellini, ma con un´intervista registrata già da qualche giorno: la sfida per la presidenza della Bpm si gioca anche sul web. Così, gli sfidanti alla carica di presidente della più tradizionale delle banche popolari italiane cavalcano gli strumenti offerti dalla Rete, per raggiungere con il proprio messaggio i potenziali elettori. E se Mazzotta attraverso YouTube spiega i perché della sua lista (e da oggi sarà presente con altri due brevi documenti, sul lavoro fatto e su quello da fare, mentre da domani prenderà a chattare con chi gli ha mandato e-mail di commento al primo video), lo sfidante Massimo Ponzellini ribatte in video che «il modello della Bpm è il vero patrimonio, che dobbiamo difendere e promuovere». Ponzellini ha ricordato come la banca abbia saputo evitare i rischi peggiori della crisi finanziaria attuale, meglio di quanto abbiano fatto molti grandi player che «avevano modelli di governance di tipo capitalistico puro», ma senza avere fino in fondo le necessarie «capacità finanziarie di controllo». Inoltre, occorre valorizzare al massimo il management interno, conclude Ponzellini. Dal canto suo il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha definito «ingiustificato» il comportamento di Mazzotta: «Non si comprende perché il banchiere voglia chiudere ingloriosamente, con il livore personale contro i sindacalisti, una parabola che lo ha visto protagonista in Bpm». Anche il capolista di Change, Antonello Polita (consigliere della Banca di Legnano) rilancia con la Rete: niente filmati, ma una massiccia presenza su Facebook da oggi e, fin dal primo momento, curricula e sito web per diffondere le proprie credenziali. A questo punto mancano solo i pensionati della lista Insieme. Per loro, oggi c´è un altro appuntamento: dovranno consegnare le proprie risposte ai quesiti sull´indipendenza chiesti da Piergaetano Marchetti su incarico della banca, per fornire i chiarimenti alla Consob in merito alla loro alterità rispetto alla lista degli Amici. Franco Del Favero, presidente dell´associazione, ha già definito «infondate le ipotesi di collegamento» con gli Amici. Oggi toccherà al consiglio della banca, che si riunirà nel pomeriggio e dovrà trarre le conclusioni.

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Il cerino di Barack nel grande freddo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-15 - pag: 1 autore: IDEE PER IL FUTURO Il cerino di Barack nel grande freddo di Carlo Bastasin M entre il presidente Barack Obama e il governatore Ben Bernanke accendevano una fiammella di speranza nella ripresa dell'economia, i cattivi dati diffusi nelle stesse ore sulle vendite al dettaglio degli americani hanno funzionato come una doccia gelata. Il calo dei consumi privati ha allontanato l'illusione di una rapida ripresa della crescita Usa al traino di Wall Street. Il clima di fiducia dei giorni scorsi si è incrinato. Eppure la giornata di ieri non dovrebbe essere interpretata come un episodio negativo, bensì come un momento di lucidità. La crisi è figlia di scorciatoie finanziarie e di analisi sovreccitate, era difficile che potesse essere risolta con gli stessi strumenti. Come ha detto Obama «ci sono segni di speranza», ma non siamo fuori dall'acqua alta e nei prossimi mesi, prima di migliorare, diversi indicatori, tra cui l'occupazione, potranno peggiorare. Purtroppo la chimica economica ha le sue leggi, le famiglie e le imprese americane devono ridurre il loro indebitamento e per farlo dovranno continuare a tagliare la spesa. Il processo di riduzione dei debiti richiederà anni, non mesi, di sacrifici e buona politica. Paradossalmente è bene che l'eccesso di illusione si sia disperso. Quando il mondo della finanza stava crollando su se stesso, i più tenaci tra i difensori delle virtù di Wall Street si aggrappavano a una speranza statistica: nelle crisi provocate da shock di incertezza molto violenti, come quella dello scorso autunno, gli indici di volatilità dei prezzi dei titoli segnano variazioni così forti da giustificare l'attesa di rimbalzi altrettanto forti. I più spirituali tra i moderni Pangloss fanno riferimento alle virtù auto-regolative dei mercati finanziari. Se appunto i mercati continuano a funzionare, prima o poi l'incertezza riguarda non più solo la discesa ma anche la risalita dei valori. E ciò stabilizza le aspettative nel familiare gioco degli equilibri. Nelle ultime settimane la ripresa dei mercati finanziari ha rafforzato questo candido ottimismo oltre ciò che era ragionevole. Aver ritrovato la terra sotto i piedi non significa aver risalito il pozzo. Un aumento della ricchezza finanziaria o immobiliare consente alle famiglie di spendere di più, soprattutto in America dove il risparmio privato è basso, il consumo è stato alimentato dai mutui e la ricchezza dalle azioni. Continua u pagina 4 l'articolo prosegue in altra pagina

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La Corea del Nord non tratta più (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-04-15 - pag: 10 autore: Nucleare. Dopo la condanna dell'Onu Pyongyang esce dal tavolo dei Sei e caccia gli ispettori dell'Aiea La Corea del Nord non tratta più Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro inviato Un calcio definitivo al tavolo dei negoziati a sei e l'annuncio della piena riattivazione del suo programma nucleare: la Corea del Nord reagisce con durezza alla condanna unanime dell'Onu sia pure annacquata in una semplice dichiarazione della presidenza del Consiglio di Sicurezza - del test missilistico/satellitare del 5 aprile scorso. Pyongyang «non è più legata ad alcun accordo concluso nell'ambito dei negoziati a sei» che sono «diventati inutili», recita una nota del ministero degli Esteri, secondo la quale la dichiarazione del Consiglio di sicurezza è «brigantesca» e viola la sovranità del Paese e la dignità del popolo. Il regime, prosegue il comunicato, riprende quindi piena libertà di azione nel «rafforzare il suo deterrente atomico», incluso il ripristino allo stato originale dell'impianto di Yongbyon, il riprocessamento di combustibile nucleare spento e la costruzione di un reattore ad acqua leggera. Prima conseguenza: sono stati espulsi gli osservatori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica dalla centrale di Yongyon. Benché vari analisti abbiano notato un linguaggio più duro del solito, la reazione della Corea del Nord è stata considerata da molti sostanzialmente prevedibile. I mercati finanziari di Seul e di Tokyo non si sono scomposti, e anche i telegiornali giapponesi hanno mostrato di essere preoccupati non tanto della rinnovata minaccia nordcoreana, quanto delle eventuali decisioni del Comitato Olimpico sull'assegnazione dei Giochi del 2016 ( il team degli ispettori è arrivato ieri). «Gli operatori dei mercati continuano a considerare le dichiarazioni bellicose di Pyongyang come mosse negoziali» afferma Tim Condon di Ing Financial, mentre secondo Lee Jong-Won, analista politico alla Rikkyo University di Tokyo «il loro obiettivo resta quello di migliorare i rapporti con gli Stati Uniti: metodi militari, ma obiettivi in fondo politici e diplomatici». Altri osservatori sottolineano che l'irrigidimento è legato anche a fattori di politica interna in vista del delicato processo di successione al dittatore Kim Jong-Il- mentre le sanzioni (risalenti al 2006 e finora virtuali) che l'Onu promette di applicare non saranno efficaci e comunque dipenderanno in gran parte dalla dubbia volontà cinese di renderle effettive. Sul piano diplomatico, dopo aver invocato la linea dura di una nuova risoluzione Onu, Tokyo ha dovuto piegarsi - su pressione degli Stati Uniti e di altri Paesi - ad accettare la soluzione di compromesso e a fingere di lodare la più blanda "dichiarazione La minaccia La Corea del Nord ha minacciato di abbandonare le trattative a sei (con Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Cina, Russia) sul suo programma nucleare. Ha annunciato la ripresa del programma nella centrale di Yongbyon da cui ha espulso gli ispettori dell'Aiea. Le decisioni seguono la condanna unanime dell'Onu per il lancio di un satellite nordcoreano il 5 aprile presidenziale" non vincolante che afferma come il lancio del razzo nello spazio sopra il suo territorio sia avvenuto «in contravvenzione » della precedente risoluzione 1718. Vista la reazione dei nordcoreani, il risultato finale è lo stesso, con la manifesta indicazione che Pyongyang non vorrà più sedersi allo stesso tavolo con i rappresentanti di Tokyo nel quadro delle trattative a sei, già sospese e ora defunte. Per questo ieri fonti dell'amministrazione americana hanno fatto pressioni sul regime nordcoreano perché torni a trattare e non segua la strada dell'isolamento internazionale. Pressioni sono arrivate anche da altri due attori della trattativa, Cina e Russia. Questa situazione pone infatti il Governo Obama in una posizione delicata, perché ogni tentativo di approccio bilaterale è visto con sospetto sia a Tokyo sia a Seul. A sorpresa, il governatore di Tokyo Shintaro Ishihara (considerato un nazionalista), dopo il lancio del razzo ha dichiarato alla stampa estera che in fondo non sarà poi catastrofico se Pyongyang dovesse acquisire ampie capacità nucleari e missilistiche. Dichiarazione ignorata dalla stampa giapponese e in contrasto con le reazioni isteriche di alcuni parlamentari. L'ex ministro delle Finanze Shoichi Nakagawa (che ha perso il posto dopo la performance romana in sospetta ubriachezza), ad esempio, ha ventilato la necessità che Tokyo si doti in proprio dell'arma atomica. stefano.carrer@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA REAZIONI INTERNAZIONALI Verrà rimessa in funzione la centrale di Yongbyon Pressioni di Mosca e Pechino Washington: sbagliato scegliere l'isolamento

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Fmi, il coraggio di cambiare staff (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-15 - pag: 12 autore: ISTITUZIONI LA GESTIONE DEGLI SQUILIBRI La crisi ha rilanciato il ruolo del Fondo monetario, ma alla ritrovata fiducia della comunità internazionale dovrà rispondere una serie di riforme interne Fmi, il coraggio di cambiare staff di Dani Rodrik HARVARD UNIVERSITY L a crisi ha rappresentato un punto di svolta per il Fondo monetario internazionale. Soltanto pochi mesi fa questa istituzione tanto importante quanto scarsamente amata, uno dei capisaldi degli assetti economici mondiali del dopoguerra, sembrava destinata all'irrilevanza. L'Fmi da molto tempo ormai gioca il ruolo di capro espiatorio, tanto a sinistra quanto a destra: nel primo caso perché mette l'accento sul rigore di bilancio e l'ortodossia economica, e nel secondo caso perché accorre in soccorso delle nazioni indebitate. I Paesi del terzo mondo accolgono i suoi consigli a denti stretti, mentre le nazioni avanzate, non avendo bisogno dei suoi soldi, li ignorano. In un mondo in cui i flussi di capitali privati superano di gran lunga le risorse a sua disposizione, l'Fmi sembrava ormai diventato un anacronismo. E quando, qualche anno fa, due fra i maggiori Paesi debitori (Brasile e Argentina) hanno iniziato a rimborsare i prestiti ricevuti, senza nuovi richiedenti in vista, l'impressione era che si stessero piantando gli ultimi chiodi sulla bara dell'istituzione. Il Fondo sembrava condannato a rimanere senza introiti, oltre a perdere la sua ragion d'essere. Tagliò il budget e cominciò a ridimensionarsi, e anche se nel frattempo gli venivano assegnate nuove responsabilità - in particolare la sorveglianza sulla "manipolazione monetaria"- le sue deliberazioni risultavano in buona parte irrilevanti. Ma la crisi ha ridato colore al Fondo. Sotto l'abile guida del direttore generale, Dominique Strauss-Kahn, l'Fmi è stato una delle poche istituzioni capaci di anticipare la situazione, invece di limitarsi a inseguirla, muovendosi in fretta per creare una linea di credito d'emergenza,capace d'erogare finanziamenti in tempi rapidi a beneficio di Paesi che portano avanti politiche "ragionevoli", sostenendo con forza l'adozione di piani di rilancio globali nell'ordine del 2% del Pil mondiale (una posizione tanto più significativa considerando il tradizionale conservatorismo dell'Fmi su tutte le questioni di bilancio) e provvedendo, in vista del G-20 di Londra, a una revisione a 360 gradi delle sue politiche di prestito, dando meno rilevanza alla condizionalità e rendendo più facile per gli Stati richiedere soldi. Ma soprattutto l'Fmi è emerso dalla riunione di Londra con un consistente incremento delle risorse, oltre che con nuove responsabilità. Il G-20 ha promesso di triplicare la capacità di prestito dell'Fmi (da 250 a 750 miliardi di dollari), di emettere 250 miliardi di dollari di nuovi diritti speciali di prelievo (un asset di riserva composto da un paniere delle principali valute) e di consentire al Fondo, se necessario, di chiedere in prestito denaro sui mercati dei capitali (cosa, questa, che rappresenta una novità assoluta). L'istituzione diretta da StraussKahn, inoltre, è stata indicata come uno dei due organismi- insieme al Forum per la stabilità finanziaria (ora ribattezzato Comitato per la stabilità finanziaria), uscito potenziato dal vertice londinese - incaricati d'analizzare per tempo l'eventualità di rischi macroeconomici e finanziari e consigliare gli interventi necessari. Un'altra buona notizia è che gli europei hanno rinunciato alla pretesa di nominare il direttore generale dell'Fmi (come daltronde facevano gli americani con il presidente della Banca mondiale). D'ora in poi l'uno e l'altro saranno scelti «attraverso un processo aperto, trasparente e meritocratico », e questo garantirà una gestione migliore (anche se la direzione di Strauss-Kahn è stata esemplare) e rafforzerà lalegittimità d'entrambe le istituzioni agli occhi dei Paesi in via di sviluppo (Pvs). L'Fmi dunque è tornato al centro dell'universo economico. Come sceglierà d'impiegare questo potere ritrovato? Il rischio maggiore è che si faccia nuovamente prendere la mano, allargando troppo il proprio raggio d'azione. è quello che è successo nella seconda metà degli anni 90, quando l'Fmi cominciò a predicare la liberalizzazione dei capitali, ad applicare cure di bilancio draconiane durante la crisi finanziaria asiatica e a cercare di rimodellare tutto da solo le economie asiatiche. Errori che in seguito lo stesso Fmi riconobbe. Ma se queste lezioni sono state interiorizzate fino in fondo e se in futuro avremo a che fare con un Fmi più delicato e gentile, invece che rigido e ANSA dottrinario, ancora è da vedere. Un elemento incoraggiante è che i Pvs quasi sicuramente avranno più voce in capitolo nella gestione dell'istituzione, e questo metterà al riparo dal rischio che in futuro non venga dato ascolto alla voce delle nazioni più povere. Ma dare più potere di voto ai Pvs cambierà poco se non cambierà anche la cultura istituzionale dell'Fmi. Al Fondo lavorano molti brillanti economisti, poco in contatto (e con scarse capacità di valutarle) con le realtà istituzionali dei Paesi sui quali lavorano. La loro competenza professionale è convalidata dalla qualità dei loro titoli di studio più che dai risultati ottenuti nella pratica. Tutto questo produce arroganza e un sentimento di compiaciuta superiorità rispetto alle loro controparti, quei responsabili politici costretti a barcamenarsi fra esigenze diverse e complicate. Per combattere questo stato di cose serviranno sforzi attivi da parte della dirigenza del Fondo nel campo del reclutamento, della gestione del personale, dei meccanismi di promozione. Una possibilità sarebbe quella di cominciare ad assumere persone con una carriera già avviata, dotate di un'esperienza pratica effettiva nei Pvs, per far capire ai dipendenti del Fondo che la conoscenza delle condizioni locali conta più della competenza teorica. Un'altra strategia sarebbe quella di ridislocare parte dello staff, compreso chi lavora nei dipartimenti funzionali, in "uffici regionali" sul campo. Una mossa del genere probabilmente incontrerebbe una forte resistenza da parte dei dipendenti, abituati ai vantaggi di lavorare a Washington. Ma il modo migliore per valutare il ruolo che gioca il contesto è viverci in mezzo. La Banca mondiale, che qualche tempo fa ha applicato un processo di decentralizzazione di questo genere, adesso riesce a servire meglio i suoi clienti (senza incontrare problemi a reclutare i talenti migliori). Questo è un momento importante per l'Fmi. La comunità internazionale tiene in gran considerazione il giudizio e il rendimento del Fondo, ma l'istituzione diretta da StraussKahn dovrà procedere a riforme interne se vorrà meritarsi appieno questa fiducia. Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Fabio Galimberti) ILLUSTRAZIONE DI DOMENICO ROSA LA SQUADRA DEGLI ECONOMISTI Strauss-Kahn chiamato ora a rinnovare la cultura istituzionale e i meccanismi di reclutamento degli esperti e ad aprire uffici regionali

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Troppo vecchie per lavorare ma giovani per la pensione (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Bergamo - Brescia)" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

BRESCIA pag. 6 Troppo vecchie per lavorare ma giovani per la pensione GORZONE VITTIME DELLA CRISI NEL SETTORE TESSILE GORZONE HANNO COMPIUTO 50 anni, sono in mobilità e non possono andare in pensione. La storia di Enza e Gianna, due dipendenti della ditta Cam di Gorzone (una frazione del comune di Darfo Boario Terme) che ha chiuso i battenti e dichiarato fallimento, è uguale a quella di tante altre donne camune, vittime della crisi del tessile che dal 2000 ad oggi ha perso oltre mille posti di lavoro. E vittime dell'attuale crisi finanziaria ed economica generale, dopo che hanno provato a cercare un'alternativa. «Ci abbiamo provato - ci dicono - ma cosa vuole, ormai siamo fuori dal mercato. Siamo disposte a fare di tutto, a lavorare nei piccoli laboratori, a fare le bidelle o i lavori socialmente utili». TROPPO VECCHIE per trovare una nuova occupazione, troppo giovani per il diritto alla pensione. La mobilità durerà un paio di anni e poi....il futuro è davvero incerto, Queste donne, come gli altri 44 dipendenti della ditta (gli ultimi rimasti in carico e licenziati definitivamente il 5 agosto 2008) non possono neppure investire i soldi del trattamento di fine rapporto; non sanno neppure se e quando lo riceveranno. COME SI arriva a fine mese? «A fatica - risponde una di loro - mio marito è già in pensione e i figli studiano o hanno appena terminato gli studi, ma con questa crisi neppure loro trovano lavoro». Colpa della crisi, ma soprattutto delle scelte sbagliate di chi ha gestito l'azienda - dicono. La Cam (Confezioni Alta Moda) era nata negli anni sessanta e produceva capi d'alta moda e d'alta qualità. L'azienda ha lavorato per gruppi come Gucci, Valentino, Louis Vitton, Armani e altri famosi marchi. Di proprietà di una famiglia del paese è stata ceduta negli anni novanta ad una finanziaria controllata dal gruppo Herno. È nel 2005 che comincia il periodo difficile, la proprietà si disimpegna e i lavoratori vengono abbandonati a loro stessi. Nel maggio 2006 si raggiunge l'accordo per un anno di contratti di solidarietà (si lavora al 50%) ma neppure questo risolve i problemi e il 14 giugno 2007 si firma l'anno di cassa integrazione in vista della mobilità che scatta il 5 agosto 2008. Paola Cominelli

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La Sec a Citi: mostrate i conti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-15 - pag: 39 autore: Dai subprime alla ripresa. Wall Street alla prova dei bilanci La Sec a Citi: mostrate i conti di Simone Filippetti S e è vero che una rondine non fa primavera, allora a Wall Street farebbero meglio a considerare Goldman Sachs come un'eccezione. Il lunedì di Pasqua, con metà dei mercati mondiali chiusi per festeggiare, la banca americana simbolo dell'alta finanza ha messo la sorpresa dentro l'uovo: 1,81 miliardi di utili trimestrali, 300 milioni più delle previsioni, e una maxi-emissione di titoli che servirà per ripagare i prestiti accordati dal Governo. Goldman non è una banca qualsiasi: anche se il blasone di questa icona di Wall Street è stato offuscato dalla perdita dello status di investment bank, dal caso Aig e dai 5 miliardi di dollari di aiuti pubblici chiesti e ottenuti nel momento peggiore della crisi, il colosso finanziario guidato da Lloyd Blankfein resta il barometro dei mercati mondiali. Il problema, però, è il divario dai concorrenti: se Goldman vola, non è detto che gli altri la seguano. E proprio per questa ragione, mai come ora il confronto tra i suoi risultati e quelli delle altre grandi banche americane potrebbe favorire una ripresa della Borsa o provocarne un nuovo crollo. Prendiamo ad esempio Citigroup: la banca, travolta più di altre dalla crisi dei subprime, è stata costretta a mettere in stand by la sua maxiricapitalizzazione (4,4 miliardi di nuove azioni) per ordine della Sec, che prima di dare il via libera all'operazione ha chiesto di vedere i conti del trimestre, attesi per venerdì. L'ondata di trimestrali in arrivo è dunque il primo vero «stress test» per Wall Street: se la Borsa reggerà al verdetto dei bilanci, allora il rimbalzo che dura ormai da 5 settimane potrà consolidarsi. Per ora il segnale lanciato da Goldman è andato al di là di ogni più rosea aspettativa. Soprattutto l'annuncio della banca di un aumento di capitale da 5 miliardi, destinato a rimborsare gli aiuti governativi e prima del previsto, è stato interpretato come una considerevole iniezione di fiducia veso il mercato. Ma il banco di prova arriva nelle prossime ore: domani sarà la volta di Jp Morgan, una delle poche banche sopravvissute in autonomia alla bufera post-Lehman Brothers e anzi l'istituto prescelto dalle autorità per farsi carico dei salvataggi (per 10 dolari ad azione ha comprato Bear Stearns, il promo broker finito in dissesto per la crisi): gli analisti si attendono 36 centesimi di profitti ad azione (contro i 7 di fine 2008). La vera cartina di tornasole sarà venerdì, quando Citigroup, la più grande banca commerciale al mondo alzerà il velo sui suoi numeri: la banca potrebbe ancora chiudere in perdita (-0,23 dollari ad azione contro -2,44 di fine anno) anche se il ceo Vikram Pandit ha promesso il miglior trimestre da un anno e mezzo. Poi nei giorni successivi toccherà a Bank of America, che la crisi ha fatto diventare un colosso: Kenneth Lewis ha infatti lanciato la ciambella di soccorso a Merrill Lynch. La banca potrebbe passare dalla perdita di fine anno (48 cents ad azione) all'utile (3 cents ad azione). Per ora, il clima che si respira non è dei più ottimisti: i primi tre mesi delll'anno sono stati terribili con la recessione che si è pesantemente abbattututa sull'economia americana e sulle aziende, facendo sprofondare Borse già prostrate. Nessuno, tra gli analisti e i broker di Wall Stret, si aspetta dunque miracoli dai bilanci in arrivo, anche se capire chi sta, in senso relativo, meglio o peggio di altri darà un'utile indicazione per capire chi uscirà dalla crisi e chi no. Ma non c'è solo l'attesasui bilanci per capire quanto solido è il rimbalzo e se potrà continuare: le banche, infettate dal contagioso virus dei sub-prime nell'estate 2007 (i mutui spazzatura magicamente trasformati in bond tripla A e venduti a piene mani sul mercato) sono state le prime a essere investite dal ciclone finanziario e ne sono ancora l'epicentro. Ma se da quelle stesse banche arriveranno i segnali che si inizia a intravedere la luce in fondo al tunnel, allora non solo Wall Street festeggerà ma vorrà dire anche le prospettive per l'economia cambieranno perchè se le banche ritornano agli utili e a bilanci in salute allora si sbloccherà anche l'idraulica del credito, inceppata da mesi, e il mercato potrà ripartire. L'attesa, dunque, è più forte che in passato e il fatto i risultati saranno peggiori rispetto al primo trimestre del 2008 è di fatto una non notizia. La buona notizia, invece, potrà appunto essere il ritorno all'utile di alcune banche ( Wells Fargo e Bank of America) rispetto al trimestre da incubo di fine 2008. Ma i profitti ritrovati potrebbero non bastare per rincuorare investitori sfiancati e demoralizzati dalla più grave crisi finanziaria dai tempi del crollo di Wall Street del 1929. La caduta delle Borse nei primi mesi del 2009 ha fatto allargare gli spread(differenziale) tra denaro e lettera (ossi i prezzi a cui si vendono azioni e titoli e quello a cui si è disposti a comprare): un fenomeno che per molte banche si è trasformato automaticamente in maggiori introiti, a parità di volumi, da attività di brokeraggio. Insomma gli utili che eventualmente arriveranno non necessariamente vorrebbero dire che la tempesta è passata, che i bilanci sono solidi e che le banche si sono ripulite del tutto dei titoli tossici in portafoglio che hanno avvelenato la finanza. La settimana scorsa il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha lanciato un allarme che va in questo senso: balzano a 4mila miliardi di dollari le possibili perdite del settore finanziario internazionale a causa del deterioramento dell'attivo provocato dalla crisi globale. Le nuove stime, che l'Fmi renderà note ufficialmente alla vigilia degli incontri dei ministri a fine mese, sono quasi il doppio dei 2.200 miliardi di dollari previsti a gennaio e il quadruplo dei 945 miliardi calcolati dall'organismo di Washington l'anno scorso. E se ci sono in giro ancora altri miliardi di «spazzatura», nei bilanci delle banche svalutazioni e writeoff non sono ancora finiti. è vero che una rondine non fa primavera, ma a Wall Street ci sperano proprio. © RIPRODUZIONE RISERVATA TIMORI SUL MERCATO La maxi-ricapitalizzazione di Citigroup è stata bloccata: l'authority non darà l'ok fino a quando non saranno resi noti i risultati del trimestre

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Carte di credito, riforma in vista (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-15 - pag: 43 autore: Regole. Parlamento Usa determinato a varare una legge in difesa dei risparmiatori Carte di credito, riforma in vista Balduino Ceppetelli Dopo la crociata contro gli abusi sui mutui, l'amministrazione Obama sembra pronta per un altro affondo a difesa dei risparmiatori: la lotta contro le pratiche predatorie degli emittenti di carte di credito. Dopo anni di vani tentativi e rinvii parlamentari, il Congresso americano appare ora ben determinato a mandare in porto la riforma del settore, con norme più rigide per gli emittenti sia in termini di commissioni, che di tassi d'interesse e ricerca di nuovi clienti. In particolare, le nuove regole che approderanno a breve in Parlamento dovrebbero tutelare maggiormente gli interessi dei consumatori mediante una serie di vincoli per le società emittenti di carte. Queste, ultime per esempio, non potranno più modificare unilateralmente i contratti, le condizioni applicate, alzare commissioni e tassi di interesse, concedere carte ai minori, chiedere maggiori fees per pagamenti ordinati via telefono. Immediata chiaramente la reazione dei grandi emittenti, forti anche del trattamento di riguardo che chiedono al mondo politico per aver finanziato le elezioni (solo per quelle del 2008, secondo i dati del Center for responsive politics, sono stati versati circa 7,3 milioni di dollari). Il timore delle banche è che le eventuali nuove regole rischierebbero di limitare il giro d'affari complessivo e di porre un ostacolo al rilancio del settore, che in questo periodo non naviga in acque del tutto tranquille. Basti pensare che i crediti inesigibili (connessi ai mancati rimborsi da parte della clientela) in febbraio, secondo il Credit Card Index calcolato da Moody's,sono saliti ai massimi da vent'anni; inoltre il ritardo con cui i clienti rimborsano gli anticipi ha toccato i massimi da 17 anni. Nel dettaglio in febbraio i mancati rimborsi da parte dei clienti sono saliti per Amex al 5,40% dal 5,27% del mese precedente, per Bank of America dal 7,34% al 7,81%, per Capital One dal 5,47% al 5,63%, per Chase Issuance dal 4,35% al 4,61%, per Citibank dal 5,39% al 5,50%, per Discover dal 5,29% al 5,52 per cento. Una situazione simile, ma con percentuali mediamente più elevate, sta interessando anche la Gran Bretagna e il Canada. Uno dei più importanti avvocati dell'industria delle carte di credito, Scott Talbott del Financial Services Roundtable, commentando la situazione è partito immediatamente in difesa delle banche. Se le società emittenti – ha ammonito Talbott – non avranno più la libertà di alzare tassi di interesse e commissioni basandosi su indici generali di rischio, tutti gli utilizzatori di plastic money potrebbero trovarsi a pagare spese complessivamente maggiori; questo perché i clienti migliori (la maggior parte) poiché dovranno farsi carico del rischi connessi ai clienti considerati meno affidabili. Il tutto – ha aggiunto Talbott – potrebbe determinare una generale stretta creditizia e questo «non è proprio quello di cui hanno bisogno i mercati finanziari». © RIPRODUZIONE RISERVATA I CAMBIAMENTI Allo studio norme più rigide per gli emittenti in materia di commissioni, tassi di interesse, ricerca di nuovi clienti

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Turnaround, il nodo creditori (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-15 - pag: 45 autore: INTERVISTA Igino Beverini Partner e managing director di Lazard Turnaround, il nodo creditori «Le ristrutturazioni più difficili per la miriade di soggetti coinvolti» Monica D'Ascenzo MILANO Nelle ultime settimane il gruppo Ferretti ha ristrutturato il debito, mentre Saeco ha avviato una complessa trattativa fra la società, l'azionista Pai e i creditori. Sono solo due esempi, ma non c'è dubbio che le ristrutturazioni aziendali e soprattutto le ristrutturazioni del debito corporate si stanno rivelando il grande business delle banche di investimenti. E il fenomeno non è passeggero: la crisi del credito, la recessione e la precarietà dei mercati borsistici stanno mettendo in crisi la tenuta di imprese grandi e piccole, con marchi affermati o appena conosciuti. Di questo trend abbiamo parlato con Igino Beverini, partner e managing director di Lazard Italia: a suo avviso, la ristrutturazione dell'impianto industriale italiano ed europeo sta procedendo tra vecchie e nuove difficoltà. «Le operazioni di ristrutturazione - spiega il banchiere - sono oggi di più difficile gestione rispetto al passato perché spesso ci troviamo di fronte una molteplicità di interlocutori provenienti da Paesi diversi e con diverse esigenze». Quali sono i nuovi problemi che incontrate nei turnaround? Negli anni '90 e all'inizio del decennio, le ristrutturazioni dei gruppi industriali si decidevano su un solo tavolo, quello delle banche creditrici. Oggi non è più così durante gli anni di grande disponibilità di credito, il rischio è stato frazionato in maniera capillare tra una miriade di soggetti. Sono comparse nuove categorie di creditori: pensiamo per esempio ai fondi mezzanino, ai fondi di Cdo/Clo, ai fondi di turnaround, ai distressed debt fund che comprano il debito a sconto sul secondario e che possono rivenderlo in ogni momento. In una recente operazione di ristrutturazione, più del 50% del debito complessivo era detenuto da operatori non bancari. In altre parole, è più difficile mettere tutti d'accordo... Esattamente. Oggi al tavolo delle rinegoziazioni le aziende si trovano a trattare con creditori di diversi Paesi, ognuno con la propria normativa e, soprattutto, con interessi disallineati. Per chi fa il nostro mestiere è fondamentale conoscere le controparti e le loro esigenze. Ogni caso è diverso dal precedente e solo con l'esperienza, una buona squadra locale e un approccio cross border è possibile supportare le società in questo processo. La crisi finanziaria ha creato un paradosso: i creditori di società in difficoltà sono a loro volta in situazioni fallimentari. Come vi comportate in questi casi? è capitato che ci si trovi di fronte a controparti in liquidazione o in situazioni totalmente diverse rispetto a quando il credito era stato concesso. In questi casi è difficile anche forzare la situazione sfruttando procedure legali. Quali tipologie di imprese stanno soffrendo più delle altre? La prima ondata di ristrutturazioni in Europa ha riguardato le aziende in portafoglio dei private equity, comprate con una forte leva finanziaria a fronte di business plan che non avevano previsto la recessione. Diverse aziende in portafoglio ai fondi di private equity sono già passate, o dovranno farlo, attraverso una qualche forma di ristrutturazione del debito. Se la recessione dovesse continuare contestualmente a uno scenario di credito difficile, il rischio è che il problema si estenda alle aziende controllate da imprenditori. Pensa che la normativa italiana sia adeguata alle esigenze di un piano di turnaround? In Italia è aumentata la complessità delle operazioni, ma gli strumenti legali per risolvere situazioni difficili ci sono. Il problema è che la riforma della legge fallimentare è talmente recente che tali strumenti non sono ancora stati testati e non si è ancora prodotta la necessaria giurisprudenza. Che atteggiamento avete riscontrato tra le banche? Le banche e più in generale i creditori si sono attrezzati per affrontare l'ondata di rinegoziazioni e sono anzi proattivi. In alcuni casi però le difficoltà vengono dagli azionisti delle società, che non sono in grado di ricapitalizzare le aziende come richiesto dalle banche. Per questo, a mio avviso, è necessario tenere aperte tutte le opzioni durante le negoziazioni: dalla rinegoziazione del debito accompagnata dalla ricapitalizzazione da parte degli azionisti alla valutazione di offerte di acquisto da parte di compratori industriali, al coinvolgimento di un nuovo partner finanziario. Questo è l'unico modo per estrarre il maggior valore possibile dall'operazione, nell'interesse dei creditori, degli azionisti e della società. «Il rischio è stato troppo frazionato: al tavolo negoziale c'è ora ogni genere di intermediario» Igino Beverini

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Negli Usa vacilla il mito dell'Mba (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: UNIVERSITA data: 2009-04-15 - pag: 2 autore: Negli Usa vacilla il mito dell'Mba Svanisce l'attrattiva di Wall Street, matricole in fuga dai «derivati» Mario Margiocco Ancora l'anno scorso, nella tarda primavera ed estate del 2008, a frotte i giovani, americani e non, scendevano da Boston a New York, attraversavano il continente da San Diego a Manhattan, e andavano a lavorare a Wall Street. Era l'investimento migliore per chi aveva sudato sulle ultimissime teorie economiche, conquistando un master o un PhD in economia, vera aristocrazia accademica da 20 anni, o un Mba, Master in business admnistration. Ma la Legge di Soifer confermava, nel fatidico 2008, che Wall Street correva dritta verso gli scogli. E c'è attesa per vedere se i dati 2009, disponibili solo fra alcuni mesi, confermeranno sempre come detta Soifer che il mare aperto è di nuovo vicino. La formula coniata da Luc Soifer, ex allievo dell'Hbs (Harvard business school) e oggi consulente finanziario, funziona al contrario, è tarata sulla ciclicità dei mercati azionari e parte dal principio che le scelte professionali sono sempre sfasate, e rispondo più alle aspettative di quando si incomincia l'Mba che non alle realtà successive. Nell'estate 2008 ben il 45% dei diplomati, più di 350 su 900, scelse il mondo della finanza, anche se Wall Street già da mesi licenziava; l'Mba di Harvard faceva però ancora premio, più negli hedge fund che nelle banche, e gli stipendi iniziali erano ancora al top, dai 100mila dollari in su. Più del doppio del reddito mediano della famiglia americana. Nel lontano 1937, anno grigio ma futuro economico a lungo radioso si sarebbe scoperto poi, solo tre giovanotti -l'1 per cento - scesero dalle rive del fiume Charles, dove si stende il grande campus dell'Hbs, a quelle dell'Hudson. Allora dominava il civil service e - per molti - il fascino del Dew Deal. Anche l'industria, per quanto povera di risultati economici, stava inanellando innovazioni entusiasmanti, per chi aveva l'occhio tecnologico. Industria e civil service costruirono le basi solide del grande boom finanziario che, pur con alti e bassi, ha rallegrato Wall Street per due generazioni. Ora, dice la legge di Soifer, se i giovani andranno altrove c'è da sperare che la finanza si riprenderà, perché andranno a costruire ricchezza vera. Le crisi dei mercati tengono lontani. I dati storici recenti dicono che solo il 28% scelse la carriera finanziaria nella classe del 2003 che si era iscritta alla Hbs nel 2001, l'anno in cui l'esplosione della bolla dot.com fece i guasti maggiori. Wall Street ha licenziato finora e in due anni circa 200mila fra economisti, traders, esperti finanziari, impiegati e segretarie. Le perdite come gettito fiscale saranno, per la città e lo Stato di New York, di circa 8 miliardi nel periodo 2008-2010. Per David Elwood, preside della Kennedy school of government di Harvard, la crisi finanziaria, altre spinte di fondo come i problemi ambientali e sociali, e i nuovi programmi federali dovrebbero offrire una sorta di "benefica tempesta perfetta" in grado di spingere i giovani verso studi diversi, e verso l'impiego pubblico con una richiesta non più vista da decenni. Il New Deal creò la figura del moderno civil servant americano, basti pensare a Harold Ickes o William O. Douglas. E creò anche, con i suoi programmi di opere civili l'ingegnere da grandi opere, una figura che Eisenhower rilanciò con il gigantesco programma autostradale. Il tecnico dell'industria e il ricercatore, creati dalla seconda guerra mondiale, furono definitivamente posti sul piedestallo più alto solo alla fine degli anni 50, quando il Rapporto Seaborg (Glenn Seaborg, Nobel 51 per la chimica) pianificò su richiesta di Eisenhower e poi di Kennedy la grande volata dell'industria americana che è arrivata poi a Microsoft e alle nano tecnologie. Fino alla supremazia della finanza, maturata negli anni 90, ed esplosa dopo il 2000. Se Barack Obama riuscirà ad attuare il suo programma, ci sarà forte domanda di insegnanti per le superiori. Di personale medico e paramedico. E di tecnici ed esperti di ogni tipo preparati sui temi ambientali e nel rapporto industria-ambiente-risorse naturali. E meno bisogno di economisti, soprattutto specializzati in finanza. La perdita di prestigio delle teorie economiche prevalenti, quelle fondate sul principio di razionalità dei mercati, è notevole, perché in qualche modohanno fallito la prova del mercato, come ama ripetere l'anziano ex governatore della Fed, Paul Volcker. Ma c'è di più. Applicate alla gestione dei patrimoni delle università private, le teorie finanziarie messe a punto un po' ovunque ma soprattutto nel quadrilatero Harvard- Hbs- MitUniversità di Chicago, hanno provocato perdite fortissime. L'Harvard management co, 39 miliardi di patrimonio, potrebbe dichiararne quest'anno 11 di perdite. Con la rendita del patrimonio Harvard ha fatto fronte per anni a un terzo circa dei poco meno di 5 miliardi di bilancio annuale. Per qualche tempo ora Harvard sarà un po' meno Harvard quindi. L'Università di Chicago ha perso abbondantemente, e così quasi tutte le maggiori scuole private, che hanno i patrimoni più consistenti. Si sono indebitate per acquistare prodotti finanziari innovativi, come spiegavano i testi e le formule di matematica finanziaria. La corsa a Wall Street? «Non credo ci sarà quest'anno», ha detto al New York Times Lawrence Katz, un economista che con la sua Harvard and Beyond Survey segue da molti anni le scelte professionali degli allievi della più famosa università americana. mario.margiocco@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Obama: spiragli per l'America (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA USA data: 2009-04-15 - pag: 3 autore: Obama: spiragli per l'America «Non siamo fuori pericolo, ma per la prima volta ci sono barlumi di speranza» Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispondente Vicino alla soglia dei cento giorni alla guida del Paese, Barack Obama ha deciso ieri di ingranare una marcia in più per la gestione della crisi finanziaria, ormai in fase di stabilizzazione. E per la prima volta, insieme alla gestione delle emergenze, ha offerto al Paese la sua visione di lungo periodo, «attorno a cui ha detto - getteremo le nuove fondamenta economiche per raccogliere le sfide del Ventunesimo secolo ». Il presidente si è rivolto agli studenti della Georgetown University raccolti a Gaston Hall, l'antico auditorium dell'università più importante della Capitale, immaginando un «futuro ricco di promesse» fatto di solidarietà ma pur sempre nel contesto di una economia di mercato. Ha citato il Tarp, il Talf, il fondo per i titoli tossici, gli aiuti per il settore auto, per il settore assicurativo e per i consumatori, le misure anticrisi che cominciano a dare i primi frutti. Ha parlato con tono deciso e ispirato, ma ha pur sempre accompagnato l'ottimismo al realismo: «Avremo altre perdite di posti di lavoro, altre chiusure di aziende e nuovo dolore prima che la crisi finisca. Abbiamo avuto notizie incoraggianti, ma questo non significa che i tempi duri siano finiti. Non siamo ancora fuori dalle secche. Ma da dove ci troviamo, cominciamo a vedere per la prima volta dei barlumi di speranza. E subito al di là, lontano sull'orizzonte, scorgiamo la visione di un futuro americano molto diverso dal suo preoccupante passato economico». è stato in questo passaggio chiave che Obama si è portato in avanti per chiudere il cerchio dei suoi ambiziosi progetti già entro i primi cento giorni della sua amministrazione. Anche se, proprio ieri, le vendite al dettaglio per il mese di marzo sono cadute dell' 1,1% contro stime di aumento dello 0,3 per cento. Un dato che conferma la fragilità psicologica del consumatore americano. E l'indice Dow Jones è andato quasi subito in caduta, fino all'1,71 per cento, a quota 7.920,18. E lo S&P 500 ha chiuso a -2,01 per cento. Sempre ieri, al messaggio di serenità di Obama si è aggiunto quello di Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve: «Una normalizzazione dell'attività economica è il primo passo verso la ripresa, pur sapendo che senza una stabilizzazione del nostro sistema finanziarioo dei mercati del credito, non avremo una ripresa sostenibile » ha detto Bernanke parlando al Morehouse College di Atlanta. Bernanke ha anche affrontato la questione del rischio inflazione, confermando però che la Fed se ne occuperà solo quando vi saranno segnali più concreti di un rimbalzo dei prezzi. Come dire: i tassi resteranno bassi per un bel pezzo. Per questo Obama si è concesso il lusso di guardare al futuro. Ha citato la parabola del Vangelo che racconta la storia di due uomini, il primo che costruisce la sua casa su fondamenta di sabbia,l'altro su fondamenta di roccia, per illustrare i suoi propositi: «Ho costruito le nostre fondamenta su cinque pilastri su cui cresceremo per trasformare questo nuovo secolo in un altro secolo americano: nuove regole per Wall Street che premieranno l'innovazione e non il rischio gratuito; nuovi investimenti nella pubblica istruzione; nuovi investimenti nelle energie rinnovabili e in nuove tecnologie; nuovi investimenti nell'assistenza sanitaria; nuovi risparmi nel bilancio federale per ridurre il debito delle nuove generazioni». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dopo i Gratta e Sosta arriveranno i parcometri (sezione: crisi)

( da "Nuova Ferrara, La" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

LA PROMESSA DEL MUNICIPIO Dopo i Gratta e Sosta arriveranno i parcometri L'assessore Chappell: «Quello dei tagliandi è soltanto un sistema di transizione» CENTO. «Solitamente non rilascio dichiarazioni, perché di gente che parla, a volte a sproposito, ce n'è troppa; tuttavia mi sento chiamato in causa quale componente della giunta comunale». Così l'assessore al bilancio Massimo Chappell (Lega Nord) ritiene doveroso intervenire su 2 temi che negli ultimi tempi hanno sollevato il dibattito politico e coinvolto l'opinione pubblica: il Piano Sosta e il "percorso vita". «Il tanto vituperato "Gratta e Sosta" - precisa intanto l'assessore comunale centese - non è nato da nostra volontà, ma come palliativo e come sistema di transizione e prova, all'introduzione dei parchimetri (peraltro di alto costo). Si tratta di uno strumento suggerito proprio da chi oggi lo sta criticando». Facendo riferimento a quanto affermato in merito alla riduzione degli affari del 30% dei commercianti del centro storico dovuto a questo sistema, la replica di Chappell è questa: «Mi sembra esagerato, vorrebbe dire che rimuovendo il "Gratta e Sosta" porremmo fine alla crisi finanziaria?». Secondo le valutazioni dell'assessore, un cittadino che deve espletare alcune commissioni ha già acquistato un tagliando (con fatica, perché alcuni negozianti poco lungimiranti non li vogliono), quindi ferma la macchina perché finalmente trova spazio, lo espone, fa una prima commissione, risale in auto, parcheggia 50 metri avanti, un secondo acquisto, un altro breve tratto di strada in auto e una nuova sosta per un ulteriore acquisto, e via così, dunque. «Il tagliando - precisa - vale al minimo mezzora, quindi è utilizzabile in modo più elastico di quanto scritto. Forse l'abitudine rende critiche le persone che svolgono un certo tipo di lavoro e non sono alle prese con orari di lavoro estremamente rigidi. D'altra parte i Centri Commerciali, con una sempre più vasta gamma di offerte, sottraggono risorse ai commercianti del centro, ma in questo caso, la risposta non è sicuramente da cercarsi in una sosta a pagamento, sarebbe troppo limitativa». Per quanto attiene il Percorso Vita, l'assessore al bilancio vorrebbe «ricondurre il tutto sulla giusta via: il Comune di Cento - sostiene - ha la necessità di aule e di mettere a norma molti edifici scolastici; tuttavia poiché mancano fondi per nuove costruzioni e per mettere a norma l'esistente, si deve ricorrere al finanziamento da privati offrendo in cambio aree urbane appetibili per l'investimento». Come precisa Chappell, il Comune vuole dunque tutelare il benessere del cittadino, e, «al contrario della cementificazione a cui abbiamo finora assistito e di cui ne facciamo quotidianamente le spese, si era da subito detto che il Percorso Vita, la pista di atletica, la piscina ed il palazzetto dello sport non si sarebbero toccati! Sarà garantita inoltre la proporzionalità tra aree residenziali e aree verdi». Purtroppo, per l'assessore, la comunicazione dal Comune verso l'esterno «non è stata ottimale», e qualcuno ha voluto «strumentalizzare la cosa su ipotesi di progetto iniziali, che peraltro non hanno avuto seguito né pratico, né teorico». L'auspicio dell'assessore Chappell è che maggioranza ed opposizione si incontrino ad un tavolo di confronto e, lasciando da parte gli interessi politici e di settore, si dedichino a proposte costruttive per migliorare il sistema di vita cittadino e per fronteggiare questo reale periodo di recessione che sta investendo il territorio centese. «Proporrei - conclude infine Chappell - un piano intercomunale per giungere a sinergie e studiare alternative produttive. Le risorse, in termini di capacità e creatività nell'Alto Ferrarese non mancano, fanno parte del nostro Dna, ma occorre dare priorità al dialogo».

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Quanto pesa il sindacato in assemblea (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

bpm/2 Quanto pesa il sindacato in assemblea Ponzellini-Mazzotta, una sfida tra banchieri o anche tra sistemi e visioni? Oggi il consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Milano (Bpm) è chiamato a valutare se la lista di minoranza "Insieme" è collegata o no con quella di maggioranza "Amici Bpm" presentata dai sindacati per il rinnovo, nell'assemblea del 25 aprile, degli organi deliberativi e di controllo della Popolare: con la conseguenza, se si accertasse il collegamento, dell'esclusione della lista di minoranza dalla competizione. Le organizzazioni sindacali, che aspirano a raccogliere la maggioranza dei consensi (10 posti nel consiglio di amministrazione), sostengono una lista capeggiata da Massimo Ponzellini, al quale si oppone il presidente uscente, Roberto Mazzotta, che si ricandida alla carica. Finora, è soltanto Mazzotta, alla testa di Bpm da sette anni, a dar conto dell'attività svolta e a parlare di prospettive per il prossimo triennio, ribadendo la necessità che non si interrompa una linea di continuità e di fedeltà al lavoro nonché di coesione del corpo sociale. Dai più si tace completamente sul modello di governance e, soprattutto, sul ruolo che il cosidetto parlamentino sindacale esercita nel guidare il voto assembelare e, quindi, nel formare gli organi dell'istituto ma anche nell'incidere sulla gestione. Le banche popolari sono oggi complessivamente 38 e hanno una quota di mercato del 21 per cento circa. Hanno una forte vocazione al territorio e al finanziamento delle medie e piccole imprese. Sono state meno coinvolte di altre banche nella crisi finanziaria. I cardini della banche popolari sono il "voto capitario" (una testa, un voto) e la "porta aperta" all'iscrizione a socio, a prescindere dalle quote di capitale di cui si abbia il possesso, che comunque obbedisce a limiti di legge. Così, in una banca qual è la Bpm, con ben oltre quarantamila soci, le sorti del vertice e del management sono decise dalle rappresentanze dei dipendenti - circa ottomila - perché esse riescono a preparare e a convogliare le maggiori presenze nell'assemblea trattandosi, appunto, di dipendenti naturalmente presenti in loco e massimamente interessati alla vita della banca. Il valore delle quote da loro possedute è enormemente inferiore a quelle detenute dal complesso degli altri soci. Un meccanismo del genere può reggere ancora? E' solo espressione di una forma di partecipazione democratica - che si avvicina alla codeterminazione - o, invece, fa sempre più emergere le differenze tra lavoratori-soci e altri soci e tra detentori di diritti patrimoniali, che non possono esercitare un corrispondente diritto di voto, e titolari di diritti societari? Le quote possedute dai dipendenti non diventano, di fatto, azioni che cuccianamente si pesano? E non è una specie di golden share unitaria quella di fatto in mano ai sindacati? E' solo un effetto del gioco democratico che punisce gli assenti al voto? Non è nell'interesse dei lavoratori della Bpm ben professionalizzati e legatissimi all'istituto progettare una riforma della governance per suscitare la più ampia partecipazione alla vita sociale e superare un sistema che mostra la corda? Passi avanti sono stati compiuti di recente sotto l'impulso della Banca d'Italia, ridimensionando, in una logica però di mediazione, il numero dei posti in consiglio attribuibili alla lista di maggioranza (di espressione sindacale). Si potrebbe, e si dovrebbe, fare ancora di più, secondo gli indirizzi della Vigilanza. Si tratta di eleggere il vertice di una banca, non di un comitato di quartiere. Proprio in questi mesi è in discussione al Senato la riforma delle Popolari. La vicenda milanese dovrebbe spingere ad accelerare la revisione, che si impone per ammodernare l'ordinamento di questa categoria, per la sana e prudente gestione. Intanto, a Milano si intrecciano temi che vanno dai limiti dell'azione del sindacato nella gestione di una banca, alla selezione dei gruppi dirigenti, alla vita delle assemblee, alla governance, all'autonomia degli istituti, in questo caso le Popolari, dalle spartizioni politiche e dalle ingerenze economiche. Mazzotta ha prospettato il rischio che ai vertici dell'istituto si affermino ora posizioni in conflitto d'interesse. Insomma, la vera posta in gioco è l'attuale modello di governance, insieme con la necessità di certezze programmatiche sul futuro della Popolare. Sarebbe importante che di questi temi si parlasse fino al 25 - la giornata della Liberazione allusivamente scelta da Mazzotta - e si dicesse con assoluta trasparenza ciò che si pensa del sistema in questione, rivolgendosi anche al convitato di pietra (le migliaia di soci che non votano). Lo si deve ai risparmiatori, agli investitori, ai prenditori di credito, ai dipendenti dell'istituto. di Angelo De Mattia 15/04/2009

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UE, AIUTI DI STATO: L'ULTIMO QUADRO DI VALUTAZIONE ESAMINA LE MISURE PRESE DAGLI STATI MEMBRI PER LOTTARE CONTRO LA CRISI ECONOMICA (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 15 Aprile 2009 UE, AIUTI DI STATO: L’ULTIMO QUADRO DI VALUTAZIONE ESAMINA LE MISURE PRESE DAGLI STATI MEMBRI PER LOTTARE CONTRO LA CRISI ECONOMICA Bruxelles, 15 aprile 2009 - La Commissione europea ha appena pubblicato un’edizione speciale del quadro di valutazione degli aiuti di Stato incentrata sulle misure adottate dagli Stati membri e rivedute e coordinate dalla Commissione nellattuale contesto di crisi finanziaria ed economica. Per tutelare la stabilità finanziaria, gli Stati membri hanno istituito sistemi di garanzie, protezioni contro i rischi e misure di ricapitalizzazione per il settore finanziario il cui volume globale ammonta a 3 000 miliardi di euro. Tre nuove comunicazioni della Commissione forniscono un quadro chiaro che definisce le condizioni a cui possono essere adottate queste misure senza precedenti pur tutelando l´integrità del mercato unico e scongiurando dannose gare di sovvenzioni fra gli Stati membri. Il quadro di riferimento temporaneo per le misure di aiuto di Stato del dicembre 2008 fornisce inoltre agli Stati membri indicazioni sul modo migliore di sostenere le imprese e l’occupazione nell´economia reale evitando distorsioni eccessive della concorrenza. Neelie Kroes, commissario responsabile per la concorrenza, ha dichiarato: “Gli ultimi sei mesi hanno dimostrato che il controllo degli aiuti di Stato è determinante per affrontare in modo coordinato le sfide della crisi economica in tutta Europa. Le norme collaudate dell’Ue in materia di aiuti di Stato hanno dato un contributo innegabile in tal senso. Il nostro intervento e le condizioni, a volte molto dure, che abbiamo imposto hanno impedito agli Stati membri di cadere nella trappola del protezionismo e di esportare i loro problemi in altri Stati membri, scongiurando al tempo stesso il crollo finanziario. Ora tocca al settore finanziario risanare i suoi bilanci e ristrutturarsi per garantire un futuro sostenibile. " Crisi finanziaria - L’azione coordinata degli Stati membri e della Commissione ha consentito di attuare rapidamente adeguate iniziative di sostegno e misure ad hoc per far fronte alle difficoltà derivanti dalla crisi finanziaria pur evitando distorsioni indebite della concorrenza. Dal settembre 2008 la Commissione ha preso oltre 50 decisioni, spesso in tempi record. Questo ha contribuito a salvaguardare la stabilità finanziaria e a far rinascere la fiducia nel settore finanziario e nell´economia in generale, mantenendo al tempo stesso gli incentivi per un´assunzione di rischi e una concorrenza adeguate in futuro. Il controllo degli aiuti di Stato si è rivelato fondamentale per evitare gare di sovvenzioni e mantenere condizioni di parità per le imprese all’interno del mercato unico e ha tutelato gli interessi delle istituzioni finanziarie sane, in grado di operare senza aiuti di Stato. Nell’edizione speciale del quadro di valutazione viene indicato che il volume globale massimo delle misure di crisi a sostegno delle istituzioni finanziarie approvate a tutt´oggi dalla Commissione ammonta a circa 3 000 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde all’importo globale massimo dei sistemi di garanzie (fino a 2 300 miliardi di euro), dei regimi di ricapitalizzazione (quasi 300 miliardi di euro) e delle misure di salvataggio e di ristrutturazione ad hoc a favore delle singole banche e istituzioni finanziarie (circa 400 miliardi di euro). Il volume effettivo degli aiuti di Stato sarà nettamente inferiore, specialmente perché l´elemento di aiuto delle garanzie di Stato costituisce di norma solo una piccola parte degli importi garantiti. La spesa di bilancio reale si materializza solo in caso di effettiva escussione di una garanzia di Stato. Dagli inizi di ottobre 2008 la Commissione ha orientato gli interventi volti a contrastare la crisi finanziaria mediante un quadro politico chiaro. Tra ottobre 2008 e febbraio 2009 la Commissione ha adottato tre comunicazioni in stretta cooperazione con gli Stati membri: la comunicazione sulle banche del 13 ottobre 2008 (vedi Ip/08/1495), la comunicazione sulla ricapitalizzazione del 5 dicembre 2008 (vedi Ip/08/1901) e la comunicazione sulle attività deteriorate del 25 febbraio 2009 (vedi Ip/09/322). Economia reale - Verso la fine del 2008, la crisi finanziaria si è estesa all’economia reale. Viste le difficoltà incontrate dalle imprese per ottenere crediti, il 17 dicembre 2008 la Commissione ha adottato un quadro temporaneo (vedi Ip/08/1993) che offre agli Stati membri strumenti supplementari per lottare contro gli effetti della stretta creditizia sull´economia reale. Finora la Commissione ha approvato circa 25 misure statali in 10 Stati membri volte a stabilizzare le imprese e l´occupazione nell´economia reale. Il quadro di valutazione, unitamente a una serie di tabelle statistiche e di indicatori dettagliati riguardanti tutti gli Stati membri, è consultabile sul sito Europa della Commissione al seguente indirizzo: http://ec. Europa. Eu/competition/state_aid/studies_reports/studies_reports. Html sotto "Scoreboard, reports and studies" Aiuti di Stato degli Stati membri approvati nell’ambito della crisi economica e finanziaria (situazione al 31 marzo 2009) Stato membro Regimi di garanzie Regimi di ricapitalizzazione Regimi che combinano diverse misure Altre misure Recenti interventi ad hoc Misure riguardanti l´economia reale Belgio x x Bulgaria Repubblica ceca Danimarca x x Germania x x x Estonia Irlanda x x Grecia x Spagna x x x Francia x x x x Italia x x Cipro Lettonia x x x Lituania Lussemburgo x x Ungheria x x Malta Paesi Bassi x x Austria x x Polonia Portogallo x x x Romania Slovenia x x Slovacchia Finlandia x x Svezia x x x Regno Unito x x x Il quadro di valutazione degli aiuti di Stato della primavera 2009 contiene tabelle supplementari in cui figurano informazioni più particolareggiate, tra cui riferimenti e link online a decisioni sugli aiuti di Stato. Per un riepilogo delle misure nazionali adottate in risposta alla crisi finanziaria ed economica, vedi Memo/09/111. . <<BACK

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Ubs taglia 8.700 dipendenti, in trim1 perdite per 2 mld franchi (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

ZURIGO (Reuters) - La banca svizzera Ubs nel primo trimestre ha registrato perdite per quasi 2 miliardi di franchi svizzeri e ha annunciato che ridurrà il suo personale di altre 8.700 unità. L'amministratore delegato Oswald Gruebel, ex capo di Credit Suisse in pensione a cui è stato chiesto di riportare Ubs in buona salute, ha detto che ha intenzione di portare a 67.500 il numero degli occupati nel 2010 da 76.200 alla fine di marzo con un risparmio pari sino a 4 miliardi di franchi. Le perdite del primo trimestre derivano da circa 3,9 miliardi di franchi di perdite su asset illiquidi e da 23 miliardi di franchi di flussi in uscita nell'area wealth management e nella divisione svizzera della banca, ha detto Gruebel. L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007..

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Zaia al G8: (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Veneto sezione: PRIMOPIANO data: 15/04/2009 - pag: 3 Zaia al G8: «Sì ai dazi, stop alle speculazioni» Il ministro accusa la finanza, attacca gli Ogm e avvisa la Cina: «Ci proteggeremo» Zaia apre ai contestatori: «Sono pronto ad incontrare chiunque, purché avanzi proposte e non ci siano sceneggiate» TREVISO «Non sarà il G8 delle chiacchiere». Con questo piglio il ministro per le Politiche agricole Luca Zaia si prepara a far gli onori di casa in quel di Castelbrando, il maniero a Cison di Valmarino, nel Trevigiano, dove nel week end si incontreranno i ministri dell'Agricoltura delle otto potenze economiche mondiali. Con loro, per discutere del futuro del settore primario oltre che dei nodi irrisolti dell'emergenza alimentare, saliranno al colle anche i ministri dei Paesi in via di sviluppo ed i vertici delle principali organizzazioni internazionali che si battono contro la fame nel mondo. Tre i temi chiavi messi sul tavolo da Zaia: lotta alla speculazione sui prezzi dei prodotti agricoli, stop agli Ogm («Ma questa - precisa il ministro - è la mia posizione personale, non quella del governo») e stretta sulle regole della sicurezza alimentare, con pressing sulle economie emergenti, a cominciare dalla Cina. L'obiettivo dichiarato, è quello di arrivare a lunedì, giorno conclusivo del summit, con una dichiarazione comune da sottoporre ai capi di Stato e di governo riuniti a luglio alla Maddalena. «Questo appuntamento, il primo nel suo genere, cade in un momento quanto mai appropriato - spiega Zaia - . La crisi finanziaria ha messo sotto gli occhi di tutti l'esigenza di ridare centralità all'economia reale: e cosa c'è di più reale dell'agricoltura? E proprio dalla finanza deve partire il repulisti, fermando la speculazione: in questi anni ci sono state persone che si sono arricchite scommettendo sull'andamento dei prezzi del riso e del mais, mentre in altre parti del globo 3 milioni di persone morivano di fame. E più qualcuno si arricchiva, più altri morivano. Su questo tema dobbiamo sensibilizzare anche i consumatori, un po' come si fece anni or sono sui prodotti realizzati grazie allo sfruttamento dei minori ». Il secondo punto al centro del confronto tra i Grandi, sarà l'uso e l'abuso degli ogm, i prodotti geneticamente modificati. A detta d'una larga parte del mondo scientifico, questi sarebbero l'unica soluzione all'emergenza che nei prossimi anni costringerà il mondo a raddoppiare la sua produzione alimentare, se vorrà sfamare i suoi 6 miliardi di abitanti. «Questa è una falsità - attacca Zaia - perché per quanti scienziati benedicono gli ogm ce ne sono altrettanti che li denigrano. Ed io sto con questi ultimi. La lotta agli ogm sono l'ultimo baluardo che abbiamo contro l'invasione delle multinazionali, che stanno distruggendo l'agricoltura. E non mi risulta che nei Paesi che ne hanno liberalizzato l'uso, penso agli Stati Uniti, i contadini si siano arricchiti». Il ministro precisa che «questa è una mia posizione personale, non di tutto il governo» e ammette che, sul punto, lo scontro al G8 sarà duro, perché «ci sono Paesi privi di tradizione agricola che tenteranno in ogni modo di virare verso la standardizzazione dei prodotti». Porte aperte, dunque, ai movimenti anti ogm, che già si sono fatti sentire disegnando un grande «No ogm» in un campo ai piedi di Castelbrando: «Sono pronto ad incontrarli - afferma Zaia - purché portino proposte e non riducano tutto alle solite sceneggiate». Chiude il trittico dei punti all'ordine del vertice, l'inasprimento delle regole sulla sicurezza alimentare, particolarmente lasche nelle economie emergenti d'Oriente: «Mangiando non ci si deve ammalare» sentenzia il ministro, che sul tema non trattiene l'anima leghista: «Il protezionismo? Io non intendo far competere i miei agricoltori con quelli di altre parti del mondo che impongono al mercato prezzi risibili sfruttando i lavoratori, non osservando le norme sanitarie e rinunciando alla qualità. Difenderemo il nostro territorio e la nostra gente, contro chi vuole i dazi zero e l'eliminazione delle doc, perché dietro ad ogni prodotto della terra, ci sono un campanile ed una comunità da proteggere». Marco Bonet Task force La presentazione veneta del G8 ieri mattina in Prefettura a Treviso. Da sinistra Muraro, Zaia, Capocelli e Damiano

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Gli sprechi del neo-statalismo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 15/04/2009 - pag: 10 Società pubbliche In un anno sono aumentate del 12,6 per cento. Quelle locali hanno una media di 68 addetti Società private Hanno una redditività media dell'11,2 per cento del capitale investito. La concorrenza pubblica è al 3 per cento Gli sprechi del neo-statalismo Dalle imprese dei piccoli comuni alle grandi aziende: i danni della mano pubblica all'economia nazionale A Lucca la civilissima Lucca, non una provincia del «profondo Sud» ancora intrisa di «notabilato» il Comune, oltre a occuparsi dei servizi tipici di un ente locale, si è riscoperto imprenditore: gestisce, attraverso una holding municipale, una quindicina di attività ed è entrato addirittura nel ramo pompe funebri rilevando l'agenzia di onoranze di Giovanni Lombardi. Perché un sindaco abbia deciso un simile investimento (non in un remoto passato statalista ma nel 2005, era di privatizzazioni) è un mistero. Ma inspiegabile è anche la sostanziale acquiescenza dell'opinione pubblica davanti allo spettacolo di una società, posseduta al 51% dalla municipa-- lizzata del gas, che riesce nei primi due anni a perdere ben 200 mila euro, pur operando in un business che, per sua natura, non conosce mai crisi. Soldi dei contribuenti che, evidentemente, non hanno nulla da ridire. Quello di Lucca è solo uno dei cento episodi raccontati dal nuovo libro di Sergio Rizzo sulle patologie dell'intervento pubblico in economia. Dopo il successo de La Casta e della Deriva, scritti con Gianatonio Stella, ora con Rapaci (pubblicato anche stavolta da Rizzoli) Rizzo si candida al ruolo di uomo-termometro di un sistema pubblico febbricitante e che non dà segni di reazione. I risparmi dell'Enav La carrellata di episodi vecchi e nuovi è impressionante: dall'incredibile storia dell'Alitalia a quella di una Rai lottizzata che ci costa il doppio della britannica Bbc (qualcuno ricorda che 15 anni fa abbiamo votato, via referendum, per la sua privatizzazione?), dall'Acqualatina, società di distribuzione idrica presieduta da un senatore in carica, alla vicenda di Massimo Varazzani, manager cacciato dall'Enav, l'Ente per l'assistenza al volo, perché voleva far risparmiare allo Stato 350 milioni di euro che non servivano. Una bestemmia per partiti abituati all'«uso politico» dei fondi. Una buona notizia per il cittadino-contribuente che, però, all'epoca non fece sentire la sua voce. Anche nei rari casi in cui la politica tenta di scuotersi e di correggere le anomalie più clamorose, ci sono meccanismi che cominciano a funzionare in modo sotterraneo e, anno dopo anno, riportano alla situazione di partenza. La previdenza integrativa È il caso di Italia Previdenza, società dell'Inps che era stata creata per gestire sistemi di previdenza integrativa. Un affare mai decollato e dal quale, anzi, il governo ha alla fine escluso l'ente previdenziale. A quel punto l'allora ministro Damiano e il presidente dell'Inps presero la decisione più ovvia: sciogliere la società. Che, però, per uno di quei miracoli che riescono così bene ai politici italiani, poco dopo è risorta. Una vera farsa con personaggi incredibili: gente capace anche di cumulare 40 incarichi. Una lettura spassosa se non fosse il racconto di come i soldi dei cittadini vengono buttati dalla finestra e di come il «sistema Italia» continua a essere tirato a fondo dalla sua pubblica amministrazione in un mondo in cui la competizione per sopravvivere è già spietata e lo diventerà ancor di più con una crisi finanziaria globale che rende sempre più accanita la battaglia per la conquista delle poche risorse disponibili. La mancanza di spinta L'importanza e il limite dei lavori di Stella «capostipite» del genere dei libri di denuncia e Rizzo sta proprio qui. Hanno conquistato un oceano di lettori, hanno suscitato ondate di indignazione, ma tutto questo non ha prodotto né una vera spinta all'autoriforma della politica né un movimento civile capace di stimolare il cambiamento: senza invettive ma «stando sul pezzo » giorno dopo giorno, «marcando a uomo » amministratori disinvolti e vecchi e nuovi boiardi. La libera stampa che controlla e denuncia, i cittadini che chiedono che di ogni euro speso venga dato conto ai contribuenti. Magari mettendo i dati di tut-

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Pubblicità, effetto Zapatero su Telecinco (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 15/04/2009 - pag: 39 Il caso a Madrid Pubblicità, effetto Zapatero su Telecinco (g.fer.) Balzo ieri alla Borsa di Madrid per le azioni di Telecinco, che in chiusura di seduta hanno messo a segno un progresso del 7,77% a 7,35 euro, con 2,5 milioni di pezzi scambiati, più del doppio rispetto alla media degli ultimi tre mesi. Motivo dell'exploit una dichiarazione del premier spagnolo José Luis Zapatero, che ha promesso, nel corso di un intervento davanti ai gruppi parlamentari del Psoe, una «drastica riduzione» della pubblicità sui canali della televisione pubblica Tve. La misura dovrebbe essere inserita in un disegno di legge in preparazione da parte del governo. Paolo Vasile ceo di Telecinco

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Corre Mondadori, sale ancora Pirelli Re (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 15/04/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa Corre Mondadori, sale ancora Pirelli Re di Giacomo Ferrari Scambi In crescita gli scambi giornalieri, per un controvalore di 2,9 miliardi di euro Piazza Affari ancora positiva (+2,34% l'S&P-Mib, +1,6% il Mibtel) alla ripresa delle contrattazioni dopo il lungo ponte di Pasqua, con scambi in crescita (2,9 miliardi di euro il controvalore complessivo). I titoli bancari, spinti dall'utile superiore alle attese di Goldman Sachs, hanno trainato gli acquisti, ma si sono distinti anche il comparto del lusso e quello dell'editoria. E proprio un valore editoriale, Mondadori, ha realizzato la migliore performance fra i titoli dell'S& P-Mib, con un prezzo di riferimento balzato dell'11,9%. Ne ha risentito positivamente Mediaset (+2,49%) mentre, fuori dall'S& P-Mib, sono cresciuti l'Espresso (+2,79%) e soprattutto Rcs MediaGroup (+4,95%). Nell'ambito del credito, i progressi più significativi sono arrivati nell'ordine da Monte Paschi (+6,23%), Unicredit (+5,95%) e Intesa-Sanpaolo (+4,48%). Quanto al lusso, va registrata soprattutto la corsa di Bulgari (+8,29%), sul quale il mercato ha confermato l'interesse già manifestato la scorsa settimana, mentre Luxottica, grazie al buy di Deutsche Bank, ha incassato un rialzo del 5,98%. Nel resto del paniere, bene Autogrill (+4,47%), Buzzi-Unicem (+4,4%), Cir (+5,01%) e Generali (+3,97%). Fra i pochi segni negativi, infine, spicca Pirelli (-2,55%), mentre la controllata Pirelli Real Estate è cresciuta ancora (+6,45%). Ieri la società ha smentito «categoricamente» che siano allo studio ipotesi di riassetto (si era parlato anche di cessione di immobili a Generali) per sostenere la capogruppo nella ricapitalizzazione da 400 milioni di euro all'esame dell'assemblea di venerdì prossimo.

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Aeroporti di Roma rilancia Gemina (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 15/04/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Aeroporti di Roma rilancia Gemina (g.fer.) Le positive prospettive della controllata Aeroporti di Roma hanno messo le ali ieri al titolo Gemina, che ha chiuso con un prezzo di riferimeno di 0,383 euro (+3,79%) dopo aver toccato nel corso della seduta una punta massima di oltre il 7% di incremento, a quota 0,405, con quasi 7 milioni di azioni scambiate. Secondo l'amministratore delegato di Sintonia (la finanziaria che controlla Gemina) esiste infatti una «forte aspettativa di crescita del traffico » per lo scalo romano di Fiumicino. La previsione è di «ben oltre 100 milioni di passeggeri» entro la fine della concessione rispetto ai 38 milioni attuali. Guido Angiolini presidente di Gemina

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Famiglie e moschee a secco. La crisi vista dall'Islam (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Veneto sezione: CRONACAVERONA data: 15/04/2009 - pag: 6 Soldi e religioni Guerfi: «Chi perde il lavoro sradicato da qui». Solidarietà, sei islamici veronesi partiti volontari in Abruzzo Famiglie e moschee a secco. La crisi vista dall'Islam A Verona il gotha economico dei musulmani: incontro internazionale in fiera. «Vediamo come uscirne» Il prossimo 26 aprile il convegno della federazione delle organizzazioni islamiche in Europa VERONA Non è per nulla politically correct, perchè va sempre dalla stessa parte, a mazzolare. Quella di chi fa già fatica ad arrivare a fine mese. Ma una forma «democratica » anche la crisi finanziaria ce l'ha. Perchè se è vero, come è vero, che colpisce sempre gli stessi, c'è da dire che in quell'«alveo» non fa distinzioni. Non c'è razza, non c'è religione. Non c'è cultura e non c'è colore. Assolutamente avanti, da questo punto di vista, la crisi finanziaria. Molto di più di chi l'analizza. La spiega. E la racconta. A qualcuno farà anche «mal comune mezzo gaudio », sapere e riflettere sul fatto che non è solo «roba nostra » l'asfissia dei posti di lavoro, i portafogli che fanno l'eco, la rincorsa alle offerte per risparmiare. La «crisi globale», l'hanno chiamata. E se per «globale» s'intende di tutti, è poco ma sicuro. Il convegno Basterà andare il 26 aprile in fiera. E' lì che si terrà un convegno, che ha una cadenza annuale. Quest'anno tocca a Verona. E il tema potrebbe sembrare quello tipico di un periodo di magra finanziaria come questo. «La crisi economica mondiale e i suoi effetti sulla famiglia e la società», è il titolo. Ma chi pensa che sia il solito panegirico di esperti si sbaglia. Perchè il convegno del 26 aprile in fiera ha una chiave assolutamente unica. E sta tutta nel sottotitolo. «Punto di vista islamico». In fiera tra due domeniche si incontreranno i massimi esponenti della federazione delle organizzazioni islamiche in Europa. Un convegno organizato con il consiglio islamico di Verona, che vedrà tra i relatori figure di spicco del-- l'Islam moderno, a partire da Alì al Qaradaghi. Oltre ad essere il preside della facoltà della giurisprudenza islamica del Qatar, al Qaradaghi è membro del-- l'unione internazionale dei sapienti musulmani e del Consiglio europeo della Fatwa e Ricerca. Una vera e propria guida spirituale per i musulmani europei. Ma anche un profondo conoscitore dei meccanismi economici e finanziari dell'Islam e dell'Europa. Con lui anche Riccardo Milano, responsabile delle relazioni culturali della Banca Popolare etica e Chakib ben Makhlouf, presidente della federazione delle organizzazioni islamiche in Europa. Ci sarà il gotha dell'Islam continentale, tra due settimane a Verona. La crisi e la moschea Perchè la crisi non fa distinzione di religione. Lo sanno bene anche in via Bennivenga Biondani, alla moschea. «Ci sono tantissime persone in difficoltà anche nella nostra comunità - spiega il portavoce Muhammad Abdeslem Guerfi - . E anche noi vogliamo trovare una soluzione». In via Bencivenga Biondani è una sequela di richieste di aiuto. «Molti fanno fatica ad arrivare a fine mese. E spesso si tratta di famiglie con un reddito solo. Non riescono a pagare l'affitto, le bollette». La comunità fa quello che può. Il sostegno ai poveri è il quinto pilastro del-- l'Islam, con la zakat, l'imposta coranica che ogni musulmano deve pagare perchè venga distribuita ai bisognosi. Ma la zakat si versa una volta l'anno, al termine del Ramadan, che arriverà a fine settembre. E anche le casse della moschea, in questo periodo, sono esangui. «Facciamo una fatica terribile ad aiutare tutti quelli che ce lo chiedono - conferma Guerfi -. Riusciamo a mettere insieme i soldi per una bolletta, per una rata dell'affitto. A qualcuno facciamo anche la spesa. Ma è un aiuto irrisorio. La comunità si mantiene con le offerte, non ha altre entrate. E quello che riusciamo a fare è poco...». Il lavoro e il permesso Su chi è straniero questa crisi pesa, se possibile, di più. I licenziamenti hanno riguardato in buona parte loro, per lo più operai. Ma se sei straniero in Italia e rimani senza lavoro, perdi anche il diritto a vivere qui. «E' una norma di cui discuteremo al convegno. Una delle cose che vorremo chiedere è che, almeno in questa fase economica, il permesso di soggiorno sia sganciato dal contratto di lavoro». Perchè in molti sono diventati dei senza patria. Stranieri qui, ma anche dove sono nati. «C'è gente - racconta Guerfi - che anche qui a Verona si è rifatta una vita. Si è comprata casa, si è fatta una famiglia. Perdere il lavoro significa perdere tutto questo. E non solo. Significa dover ritornare in un Paese del quale non fai più parte, che non è più il tuo. Non è facile tornare indietro dopo anni...». Eppure capita sempre più spesso, anche tra chi frequenta la moschea. «In molti, poi, anche se perdono il posto 'fisso' continuano a lavorare, magari piccole cose, ma si arrangiano...». E invece, in teoria, se ne devono andare. I volontari in Abruzzo In molti vivono a Verona da decenni. Più di qualcuno quando gli chiedi qual'è il suo Paese ti risponde l'Italia. E non lo fa a mo' di pappagallo. Lo sa anche dimostrare. E' dal primo giorno dopo il terremoto, che in via Bencivenga Biondani si prega e si raccolgono materiale e offerte per l'Abruzzo. Ma gli islamici sanno anche essere persone concrete. Sei uomini della comunità veronese sono partiti come volontari. Da giorni sono ad Onna, nell'omelico del disastro. Fanno di tutto. Distribuiscono i materiali, aiutano nei piccoli lavori di una sopravvivenza che si scandisce ormai da una settimana. Danno sostegno e pregano anche con quei «fratelli» che hanno perso tutto. A loro non è stata dedicato nessun servizio televisivo. A quello che hanno fatto non è stata regalata una parola. Eppure di Islam si riempiono i giornali. Ma non è mai il bene - neanche in questo caso - a far rumore... Angiola Petronio La preghiera Islamici in preghiera alla moschea ( foto d'archivio)

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del vecchio rastrella generali con il supporto di mediobanca (sezione: crisi)

( da "Mattino di Padova, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Deutsche Bank fa volare il titolo agordino sottoquotato del 20% Del Vecchio rastrella Generali con il supporto di Mediobanca VENEZIA. Se Luxottica è nell'Olimpo della moda il suo patron Leonardo Del Vecchio sta lavorando da mesi per conquistarsi un posto in quello della finanza italiana. E per farlo il luogo più appropriato sono - come noto - le Generali. Del Vecchio, infatti, non solo è oggi nel consiglio di amministrazione del Leone, ma ne è anche uno degli azionisti rilevanti, con una quota vicina al 2%. Dietro all'imprenditore dell'occhiale - e questa è la novità - pare, però, ci sia il supporto "pesante" di Mediobanca, che di Generali è l'azionista di riferimento con il 14,1%. A dirlo è il quotidiano finanziario MF, che vuole Piazzetta Cuccia come il finanziatore delle operazioni di rastrellamento delle azioni Generali operato da Del Vecchio nei mesi scorsi. Il legame con Mediobanca passa per la Delfin, la holding di controllo del pacchetto Luxottica e a cui fa capo l'1,99% del capitale del Leone. Il verbale dell'assemblea datato 13 maggio 2008 dice, infatti, che circa 34 milioni dei titoli Luxottica, pari al 7,3%, sono stati dati in pegno a Mediobanca International Luxembourg (circa 612 milioni ai valori di Borsa di poco meno di un anno fa) per un finanziamento erogato alla stessa Delfin. La garanzia, con la crisi finanziaria e la conseguente svalutazione dei corsi, oggi è salita dal 7,3% al 9,2% del capitale di Luxottica. Ma perché Del Vecchio ha deciso di ricorrere alla leva finanziaria pur disponendo di una ingente liquidità? Le ipotesi parlano di un'ottimizzazione delle leva finanziaria, che è una risposta parziale, se si pensa che gli acquisti dei titoli Generali sono avvenuti con il beneplacito di Mediobanca nel bel mezzo della tempesta sollevata da Algebris. Intanto ieri Deutsche Bank ha messo le ali al titolo del big dell'occhiale, che ha chiuso a +5,98%. Il rally è iniziato dopo la promozione da hold (tieni) a buy (compra) da parte dell'istituto tedesco, che ha innalzato il prezzo obbiettivo a 16 euro. Secondo la banca, il gruppo quota circa il 20% sotto la sua media storica e motiva il miglioramento del giudizio per i «solidi fondamentali». (Roberta Paolini)

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Ora il tasso è ma occhio alla rata (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 90 del 2009-04-15 pagina 10 Ora il tasso è «light» ma occhio alla rata di Redazione La crisi finanziaria internazionale non ha spento l'amore degli italiani per il mattone ma acquistare una casa significa quasi sempre sottoscrivere un mutuo. Un atto impegnativo, da affrontare in primo luogo in base al reddito familiare e scegliendo con grande attenzione tra le tipologie disponibili sul mercato, a partire dalle soluzioni a tasso fisso e da quelle a tasso variabile. Complice l'ultimo taglio al costo del denaro deciso dalla Bce all'1,25% e la discesa dell'Euribor ai minimi storici, i mutui a tasso variabile sono quelli che nell'immediato offrono una convenienza maggiore. Va detto, però, che superata la recessione, il costo del denaro tonerà a salire insieme alle rate di questo tipo di finanziamenti. Un rischio che invece non esiste con le proposte a tasso fisso, pensate per garantire al risparmiatore la stabilità della rata, indipendentemente dalla Bce. Prima di scegliere tra tasso fisso o variabile è, quindi, importante considerare la durata del finanziamento e calcolare in prospettiva quanto sarebbe sopportabile l'aumento della rata sul bilancio familiare. In alternativa esistono offerte «flessibili», che consentono di variare la tipologia del tasso durante il prestito. E altre che offrono il cosiddetto «cap», in sostanza un «tetto» di garanzia che protegge dal rialzo dei tassi. Prima di decidere è bene rivolgersi a diversi istituti, considerando che spesso, l'erogazione del mutuo, è subordinata all'apertura di un conto corrente su cui accreditare lo stipendio. Un aiuto in proposito è offerto da Internet e da siti specializzati come www.mutuionline.it, dove è possibile simulare il tipo di mutuo di cui si ha bisogno e ottenere con rapidità le offerte più convenienti sul mercato. In ogni caso le banche sono tenute a comunicare, oltre al tasso del mutuo, comprensivo dello «spread», anche l'«indice sintetico di costo». L'Isc esprime il costo reale di un mutuo considerando anche le spese iniziali e quelle ricorrenti: per l'istruttoria, la perizia, la riscossione delle rate, le comunicazioni, le assicurazioni e le imposte. Le spese di istruttoria e di perizia possono variare, rispettivamente, tra i 200 e i 750 euro e tra i 200 e 300 euro. Un altro aspetto da considerare è poi il limite finanziabile. Normalmente è l'80% del valore dell'immobile stabilito dalla perizia ma, a seconda delle garanzie offerte, alcune banche arrivano a erogare anche il 100-120%. Quanto al capitolo assicurazioni, le banche richiedono una polizza incendio-scoppio. Alcune impongono una compagnia convenzionata altre lasciano libero il cliente: il premio è calcolato sul valore dell'ipoteca, di solito pari al 150-200% del valore dell'immobile. Il premio può essere pagato in un'unica soluzione o spalmato sul mutuo. Attenzione infine ai costi aggiuntivi: alcuni istituti propongono polizze per rischi di premorienza, malattia o perdita del lavoro con un aggravio sulle rate di alcune decine di euro. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Il Meeting di Zucchetti (sezione: crisi)

( da "TopTrade" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Meeting di Zucchetti Un evento dedicato ai partner per condividere e riaffermare i valori che hanno reso l’azienda leader nella fornitura di software e servizi ad aziende di qualsiasi settore e dimensione, professionisti ed enti pubblici. 15 Aprile 2009 Il 20 e 21 aprile si terrà al Palazzo dei Congressi di Riccione “Zucchetti Meeting 2009”, l'evento che il gruppo Zucchetti dedica alla propria rete distributiva, costituita da oltre 800 partner diffusi in modo capillare su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un'occasione importante per condividere e riaffermare i valori che hanno reso Zucchetti leader in Italia nella fornitura di software e servizi ad aziende di qualsiasi settore e dimensione, professionisti ed enti pubblici: propensione all'innovazione, ricerca dell'eccellenza e capacità di ascoltare i clienti e di anticiparne le esigenze. Nel 2008, infatti, nonostante la crisi finanziaria globale, il fatturato del gruppo Zucchetti è cresciuto del 6 per cento rispetto al 2007, raggiungendo i 217 milioni di euro, e sono stati ben 4.600 i nuovi clienti acquisiti. Se si considera che degli oltre 60.000 clienti a parco più del 90 per cento sono gestiti dai partner, si comprende il ruolo fondamentale del canale indiretto di vendita nella strategia Zucchetti, tanto da organizzare un evento specifico allo scopo sia di riunire e focalizzare le competenze presenti nella rete distributiva, sia di individuare e dare forte impulso a tutte le sinergie utili a migliorare l'attività commerciale e a incrementare le vendite e la soddisfazione dei clienti. Al meeting, inoltre, saranno presentate in anteprima le novità Zucchetti non solo del 2009, ma del futuro, ossia una rivoluzionaria offerta di soluzioni in tecnologia Web 2.0 che sarà lo specchio della Zucchetti dei prossimi anni, la Zucchetti 2.0!

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USA: AUTORITA' PREPARANO GUIDA A STRESS TEST SULLE BANCHE (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

USA: AUTORITA' PREPARANO GUIDA A STRESS TEST SULLE BANCHE (AGI) - Washington, 15 apr. - Le autorita' Usa sono pronte a diffondere una guida sugli stress test effettuati sulle 19 principali banche statunitensi, che spieghi come interpretare i risultati delle verifiche e la metodologia adottata. Lo rivelano fonti bene informate, secondo le quali non e' ancora chiaro quando la guida sara' diffusa, anche se cio' dovrebbe avvenire tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, prima che il Tesoro annunci i risultati del primo trimestre delle banche. La Fed ha ordinato alle banche Usa di non rivelare i risultati degli stress test, finalizzati a verificare la capacita' degli istituti di reggere alla crisi finanziaria. Secondo gli esperti c'e' troppo segreto intorno a questi test e i mercati sono stati invece abituati ad avere sempre tutte le informazioni a disposizione. "L'obiettivo dei test - spiega il New York Times - e' quello di prevenire il panico, non di causarlo". L'obiettivo principale degli stress test e' quello di verificare se i capitali a disposizione delle banche siano adeguati, in vista di possibili nuove ricapitalizzazioni da parte del Tesoro. (AGI) 15/04/2009 - 08:49

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Anche Parlamento e Consob nello schema "blinda-Mediaset" (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Anche Parlamento e Consob nello schema "blinda-Mediaset" Silvio Berlusconi SEPOLTA dalle tragiche macerie del terremoto d'Abruzzo, un'altra legge ad personam, o per meglio dire ad aziendam, ha incassato silenziosamente il timbro del Parlamento. E' una norma che nasce all'ombra del conflitto d'interessi di Silvio Berlusconi: capo del governo e padrone di un impero mediatico. Tradisce una visione proprietaria del libero mercato: la regola generale al servizio di un'esigenza particolare. Sancisce una posizione gregaria delle autorit indipendenti: il "vigilante", debitamente sollecitato, obbedisce al "vigilato". Mercoled scorso il Senato ha approvato in via definitiva il cosiddetto decreto incentivi. Un pacchetto-omnibus nel quale c' di tutto: dal raddoppio degli incentivi per l'auto ai bonus per gli elettrodomestici. Nel gigantesco garbuglio sono stati infilati un paio di articoli che prevedono "strumenti di difesa del controllo azionario delle societ da manovre speculative", e introducono misure volte a prevenire "eventi di scalate ostili in una fase di mercato caratterizzato da corsi azionari molto al di sotto della media degli ultimi anni". Nobile intenzione. Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi "avvoltoi" stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche. La prima prevede l'innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie che ogni societ pu acquistare e detenere in portafoglio. La seconda prevede l'incremento fino al 5% annuo delle partecipazioni consentite a chi gi possiede tra il 30 e il 50% di una Spa. La terza introduce la possibilit per la Consob di ridurre dal 2 all'1% la soglia valida ai fini dell'obbligo di comunicare alla Vigilanza l'avvenuto acquisto di un pacchetto azionario. Non c' male, per un governo che si professa liberale, anche se non pi liberista. E nemmeno per un centrodestra che, fregandosene allegramente della cultura dell'Opa e della contendibilit delle aziende, ha gi rimesso pesantemente in discussione la passivity rule, cio quel complesso di regole volte a limitare le iniziative di contrasto consentite a una societ su cui pende un'Offerta pubblica d'acquisto. In tempi di ferro, come dice Tremonti, ci si difende con tutti i mezzi. Ma il problema, nel caso di specie, non solo questo: dietro la nuova crociata per salvare "l'italianit" si nasconde un interesse di bottega, molto pi spicciolo: difendere Mediaset. Vediamo perch. I titoli del Biscione, come la maggior parte del listino, soffrono da mesi e mesi un crollo verticale di valore. Al 31 dicembre 2007 un'azione Mediaset valeva 9,3 euro. Un anno dopo, a fine 2008, ne valeva 3,9. Attualmente staziona intorno ai 3,5 euro, con una capitalizzazione di circa 4,2 miliardi. Poco pi di un terzo di due anni fa. Gi a luglio dell'anno scorso Piersilvio Berlusconi denunciava: "Dall'inizio dell'anno abbiamo subito una perdita di valore del 41%". Anche il Cavaliere, ovviamente, preoccupato. L'8 ottobre 2008, in un'ormai leggendaria conferenza stampa, arringa le masse: "Abbiate fiducia, comprate azioni Eni, Enel e Mediaset". Nulla cambia, com' ovvio, e un mese dopo il premier incurante delle polemiche insiste: "Le azioni di una societ non possono mai valere meno di 20 volte gli utili prodotti". Tecnicamente non ha tutti i torti. Politicamente la sua posizione indifendibile. Ma queste, per un "uomo del fare", sono questioni da legulei bizantini. Cos, di fronte al progressivo tracollo della Borsa che nessuno riesce a fermare, il presidente del Consiglio e il suo inner circle usano tutte le armi a disposizione. All'inizio del 2009 scattano i primi contatti riservati tra Gianni Letta e Lamberto Cardia, presidente della Consob. Il tema : cosa si pu fare per sostenere i corsi azionari e per evitare che qualche raider si faccia venire idee strane? In meno di un mese scatta una manovra di geometrica potenza. Ai primi di marzo, secondo un'indiscrezione raccolta a Piazza Affari, da Mediaset arriva agli uffici Consob una richiesta di parere sui limiti all'acquisto di azioni proprie. Il 12 marzo, in un'intervista al settimanale di famiglia, Panorama, Cardia fa il primo passo: "Serve una spinta in pi per ritrovare la fiducia e ridare fiato alla Borsa - dice il presidente della Consob - il governo ha gi fatto molto, per nella situazione attuale si pu andare oltre... Si potrebbe, per un periodo prefissato e in tempi di crisi, dare la facolt alle societ quotate di comprare azioni proprie non pi fino al 10 ma fino al 20%. Questo potrebbe servire a contrastare la volatilit e a rafforzare la presa sul capitale. Naturalmente tutte queste scelte spettano alla politica, governo e Parlamento. I miei sono solo contributi di pensiero". Ben detto. Ma questo "contributo di pensiero" esattamente il segnale che aspettano in casa Berlusconi. Nel giro di una settimana succedono due cose, per niente casuali. Il 17 marzo il cda Mediaset approva il bilancio 2008 ed esamina i primi tre mesi del 2009, che riflettono la crisi, tra una caduta del 12% dei ricavi pubblicitari a gennaio e un taglio dei dividendi, per la prima volta dopo sette anni, da 0,43 a 0,38 euro per azione. Nel comunicato finale, il Biscione comincia a mettere fieno in cascina e precisa che alla prossima assemblea sar proposta la facolt di "acquisire fino a un massimo di 118.122.756 azioni proprie, pari al 10% dell'attuale capitale sociale, in una o pi volte, fino all'approvazione del bilancio 2009". Il 18 marzo due parlamentari del Pdl, Marco Milanese ed Enzo Raisi, presentano un emendamento al decreto incentivi, che prevede esattamente l'innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie acquistabili da una singola azienda, l'incremento dei tetti per la cosiddetta Opa totalitaria e la riduzione dal 2 all'1% della soglia al di sopra della quale scatta l'obbligo di comunicazione. Ecco la norma ad aziendam. Il blitzkrieg scattato. Ha solo bisogno di una cornice presentabile sul piano etico e sostenibile sul piano politico. Alla prima esigenza provvede ancora Cardia, che il 19 marzo, in una prolusione alla Scuola Ufficiali carabinieri di Roma, chiude il cerchio: "E' di ieri la notizia della presentazione di un emendamento al decreto incentivi all'esame della Camera, che accoglie alcune proposte formulate dal presidente della Consob a titolo personale per sostenere le societ quotate in un momento nel quale la grave depressione delle quotazioni potrebbe facilitare manovre speculative o ostili. Chi lavora in istituzioni pubbliche deve essere orgoglioso di lavorare al servizio della collettivit...". Alla seconda esigenza provvede lo stesso Berlusconi: il 31 marzo, in una dichiarazione a Radiocor, afferma pubblicamente che il governo punta ad aumentare il tetto per il possesso delle azioni proprie delle societ quotate. E dichiara con assoluto candore di averne "parlato con il presidente della Consob", che si detto "d'accordo su questa direzione". Nessuno lo nota, neanche i giornali specializzati. Ma la smoking gun dell'ennesimo caso di conflitto di interessi. Il resto cronaca di questi ultimi giorni, con il Parlamento che approva definitivamente la norma ad aziendam. Nel silenzio assordante dei benpensanti. Si segnala una sola eccezione. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, in un commento nelle pagine interne del Corriere della Sera del 3 aprile scorso, critica giustamente il "decreto protezionista" corretto dagli emendamenti del Pdl, e si chiede: "Sarebbe interessante capire quale societ potr essere la vittima destinataria delle proposte". Ora lo sappiamo. Come temevamo, la societ del capo del governo. 15/04/2009 - 07:30

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Turismo: Enit e Rai Lanciano Spot 'Italia. Much More' (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Turismo: Enit e Rai Lanciano Spot 'Italia. Much More' (15/4/2009 09:15) | (Sesto Potere) - Roma - 15 aprile 2009 - Per due mesi, aprile-maggio, alla vigilia di una stagione estiva che si annuncia incerta, per quanto riguarda l'afflusso degli ospiti stranieri, i più importanti broadcast di mercati strategici per il nostro Paese, cioè Germania, Austria e Svizzera, Regno Unito, USA, Canada e l'area web, lanceranno un messaggio promo-pubblicitario che vuole evocare la dimensione onirica ed emozionale del viaggio in Italia. Entro il frame di "Italia Much More" la Campagna Promozionale 2009 - realizzata per l'ENIT dalla Rai e da RAI Trade - propone un caleidoscopio di immagini molto suggestive per catturare e sorprendere l'ospite straniero, inducendolo a scegliere l'Italia come meta di vacanze, diversificando la tipologia di location offerta o di messaggio, in funzione del target di riferimento. Tre le versioni realizzate in formato HD dello spot promozionale di 60, 30 e 15 secondi che sarà mandato in onda sulle principali reti televisive nazionali, nel prime time e con la maggiore affinità rispetto al target di riferimento. Con i passaggi spot sui principali canali TV dei Paesi di area tedesca, del Nord America e sulle principali emittenti del Regno Unito, verrà aumentata la "forza d'urto" sui mercati mondiali raggiungendo un effetto moltiplicatore di "impressions" molto elevato. L'ENIT-Agenzia utilizzerà i filmati in tutto il mondo ed in tutte le attività e le iniziative che porrà in essere per assolvere il suo ruolo istituzionale (convegni, conferenze stampa, fiere, workshops, "settimane italiane", ecc.). Negli USA e nell'area tedesca (Germania, Austria e Svizzera), la diffusione del messaggio promo-pubblicitario sul web sarà realizzata in sinergia con i maggiori gruppi editoriali, la stampa specializzata ed i principali siti web del settore viaggi. Finalizzata alla promozione specifica sul mercato americano, "Italy Hospitality Truck" attraverso i quali il messaggio sull'ospitalità italiana verrà veicolato attraverso due mezzi personalizzati, che viaggeranno e stazioneranno nelle maggiori aree metropolitane degli USA. "Con "Italia Much More" l'ENIT-Agenzia Nazionale del Turismo dà un sostegno concreto ed un forte impulso alla promozione del brand Italia sui mercati internazionali, in un momento delicato per il settore del turismo, sia a livello internazionale che domestico, combinando esperienze reali e virtuali, che colpiscano e stimolino i turisti fornendo loro, al tempo stesso, spunti utili per rendere più coinvolgente e ricca l'esperienza", sostiene il Presidente dell'ENIT-Agenzia, Matteo Marzotto. " "Per le festività pasquali, l'andamento dei maggiori mercati dell'incoming italiano, che emerge dal Monitoraggio dell ' Agenzia presso i TO, presenta in generale segno negativo, con flessioni della domanda più o meno consistenti, anche a causa dei negativi effetti dei tassi di cambio delle principali monete. Le contrazioni dei flussi turistici - aggiunge Marzotto - coinvolgono non solo i mercati europei ed oltreoceano tradizionali, molti dei quali duramente colpiti dalla crisi finanziaria ed economica ma, per la prima volta, anche quelli emergenti come la Russia o il Brasile. Si mantengono stabili o in crescita alcuni Paesi dell' Est Europa (Rep. Ceca, Ungheria, Polonia) e dell'Asia (Cina, India e Corea)." "Gli spot televisivi della Campagna Promozionale 2009 - aggiunge il Direttore Generale, Eugenio Magnani - rappresentano lo strumento ideale per far scoprire la molteplice varietà delle bellezze naturali, artistiche e culturali del nostro Paese attraverso l'attrattiva molto nota dei mega Brands -Roma, Venezia e Napoli - e quella cosiddetta minore dei Sub Brands che funzionano da catalizzatori inimitabili per gli ospiti stranieri, consentendo un turismo nuovo, più economico, durante tutto l'arco dell'anno. E si affiancano strategicamente - secondo Magnani - alla promozione di un sito dedicato: www.italiamuchmore.com che permetterà allo spettatore di scoprire, attraverso lo strumento contemporaneo del Web 2.0, ciò che veramente di "much more" più dare l'offerta italiana, sia al potenziale che al recente viaggiatore". « Much More » non e' solo uno slogan : e' il modo nuovo di intendere l'unione delle forze per il futuro dell'Italia - ha detto Carlo Nardello, Amministratore Delegato di Rai Trade -. - Enit e Rai Trade perseguono lo stesso obiettivo: la promozione del nostro Paese. Siamo ambasciatori della bellezza italiana. Le nostre esigenze si sono sposate sotto l'unica idea che si debba fare e proporre "molto di piu'". Quella di "Much More Italy" e' una campagna che e' nata dentro Rai Trade proprio per questi motivi. In questi mesi, lavorando "molto di piu'", abbiamo incrementato la vendita di audiovisivo italiano nel mondo e, quindi, abbiamo contribuito in modo fattivo alla percezione internazionale che in Italia ci sia molto di piu' dei soliti luoghi comuni. E' lo stesso significato della campagna che presentiamo oggi. Non solo. Con Enit lanciamo un modello di collaborazione fra settori industriali del paese che potrebbe cambiare in poco tempo l'immagine dell'Italia nel resto del mondo. Uniti si vince e si può dare, per l'appunto, "molto più" a tutti coloro che amano la bellezza" "La realizzazione degli spot televisivi per ENIT - sottolinea il Vice Direttore Commerciale Rai, Stefania Cinque - ha rappresentato un' importante conferma del ruolo del Gruppo Rai nello sviluppo di progetti di comunicazione per le esigenze istituzionali" In particolare, i prodotti audiovisivi sviluppati da RAI Trade e i messaggi della campagna promozionale ENIT - grazie alle sinergie ed alle complessive potenzialità distributive del Gruppo RAI - potranno essere diffusi nel circuito internazionale gestito da NewCo RAI International (che attualmente, attraverso il suo canale generalista Rai Italia e le offerte tematiche mirate, raggiunge oltre 20 milioni di abitazioni, con un' audience potenziale superiore ai 60 milioni di telespettatori).

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Ubs pronta a tagliare altri 8700 posti (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

la crisi Ubs annuncia altri 8700 licenziamenti La prima banca svizzera, in perdita di 1,3 miliardi di euro, annuncia un piano di tagli (Ap) ZURIGO - Un programma di contenimento dei costi che prevede 8.700 licenziamenti entro il 2010. Lo ha annunciato la Ubs, prima banca svizzera, dopo aver riferito di una perdita di due miliardi di franchi nel primo trimestre (oltre 1,3 miliardi di euro). L'amministratore delegato Oswald Gruebel, ex capo di Credit Suisse in pensione a cui è stato chiesto di riportare Ubs in buona salute, ha detto che ha intenzione di diminuire a 67.500 il numero degli occupati nel 2010 (da 76.200) con un risparmio stimato di 4 miliardi di franchi. CRISI - L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007. stampa |

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Usa: Autorità preparano guida a stress test sulle banche (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Usa: Autorità preparano guida a stress test sulle banche 15 aprile 2009 alle 09:19 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Le autorità Usa sono pronte a diffondere una guida sugli stress test effettuati sulle 19 principali banche statunitensi, che spieghi come interpretare i risultati delle verifiche e la metodologia adottata. Lo rivelano fonti bene informate, secondo le quali non è ancora chiaro quando la guida sarà diffusa, anche se ciò dovrebbe avvenire tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, prima che il Tesoro annunci i risultati del primo trimestre delle banche. La Fed ha ordinato alle banche Usa di non rivelare i risultati degli stress test, finalizzati a verificare la capacità degli istituti di reggere alla crisi finanziaria. Secondo gli esperti c'è troppo segreto intorno a questi test e i mercati sono stati invece abituati ad avere sempre tutte le informazioni a disposizione. "L'obiettivo dei test -- spiega il New York Times -- è quello di prevenire il panico, non di causarlo". L'obiettivo principale degli stress test è quello di verificare se i capitali a disposizione delle banche siano adeguati, in vista di possibili nuove ricapitalizzazioni da parte del Tesoro. AGI

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Summit Americhe/ Obama affronterà rabbia sudamericana per (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 15 apr. (Apcom) - Il presidente degli Stati Uniti Barack obama si appresta a partecipare al suo primo vertice dei Paesi americani con in agenda un messaggio di partnerhip per l'America Latina e i Caraibi: ma, osserva il quotidiano statunitense The Wshington Post, troverà non pochi governi che saranno meno comprensivi degli alleati europei nei confronti delle responsabilità statunitensi nella crisi finanziaria globale. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo, Alberto Moreno. Sebbene la dichiarazione finale del vertice sia stata negoziata per quasi un anno, i 34 leader democraticamente eletti dell'emisfero - tra cui il venezuelano Hugo Chavez, il nicaraguense Daniel Ortega o il boliviano Evo Morales - si incontreranno in un forum pubblico per discutere il documento, parte del quale redatto prima della crisi. Obama - che ha ereditato l'impopolarità delle passate Amministrazioni per le interferenze negli affari interni sudamericani, spesso a favore di dittature o altri governi autoritari - non giunge al vertice con alcun piano prestabilito per l'emisfero, ma solo per ascoltare: al contrario dell'Ammnistrazione Bush, che quattro anni fa insistette - inutilmente - per l'approvazione del Trattato di Libero Scambio. Oggi il commercio è in secondo piano rispetto alla crisi, e su molte questioni vi sarà un sostanziale accordo fra l'Ammnistrazione e i Paesi sudamericani: su altre tuttavia l'intesa è meno certa, come l'embargo cubano ancora in vigore nonostante l'allentamento di alcune restrizioni; inoltre, veranno alla luce le profonde differenze fra le due anime della sinistra sudamericana, quella populista rappresentata da Chavez e quella socialdemocratica che ha nel presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva il suo portabandiera.

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UBS TAGLIA 8.700 DIPENDENTI, IN TRIM1 PERDITE PER 2 MLD FRANCHI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ubs taglia 8.700 dipendenti, in trim1 perdite per 2 mld franchi -->ZURIGO (Reuters) - La banca svizzera Ubs nel primo trimestre ha registrato perdite per quasi 2 miliardi di franchi svizzeri e ha annunciato che ridurrà il suo personale di altre 8.700 unità. L'amministratore delegato Oswald Gruebel, ex capo di Credit Suisse in pensione a cui è stato chiesto di riportare Ubs in buona salute, ha detto che ha intenzione di portare a 67.500 il numero degli occupati nel 2010 da 76.200 alla fine di marzo con un risparmio pari sino a 4 miliardi di franchi. Le perdite del primo trimestre derivano da circa 3,9 miliardi di franchi di perdite su asset illiquidi e da 23 miliardi di franchi di flussi in uscita nell'area wealth management e nella divisione svizzera della banca, ha detto Gruebel. L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007..

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SUMMIT AMERICHE/ OBAMA AFFRONTERÀ RABBIA SUDAMERICANA PER CRISI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Summit Americhe/ Obama affronterà rabbia sudamericana per crisi di Apcom Anche l'embargo cubano sarà fonte di polemiche -->Roma, 15 apr. (Apcom) - Il presidente degli Stati Uniti Barack obama si appresta a partecipare al suo primo vertice dei Paesi americani con in agenda un messaggio di partnerhip per l'America Latina e i Caraibi: ma, osserva il quotidiano statunitense The Wshington Post, troverà non pochi governi che saranno meno comprensivi degli alleati europei nei confronti delle responsabilità statunitensi nella crisi finanziaria globale. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo, Alberto Moreno. Sebbene la dichiarazione finale del vertice sia stata negoziata per quasi un anno, i 34 leader democraticamente eletti dell'emisfero - tra cui il venezuelano Hugo Chavez, il nicaraguense Daniel Ortega o il boliviano Evo Morales - si incontreranno in un forum pubblico per discutere il documento, parte del quale redatto prima della crisi. Obama - che ha ereditato l'impopolarità delle passate Amministrazioni per le interferenze negli affari interni sudamericani, spesso a favore di dittature o altri governi autoritari - non giunge al vertice con alcun piano prestabilito per l'emisfero, ma solo per ascoltare: al contrario dell'Ammnistrazione Bush, che quattro anni fa insistette - inutilmente - per l'approvazione del Trattato di Libero Scambio. Oggi il commercio è in secondo piano rispetto alla crisi, e su molte questioni vi sarà un sostanziale accordo fra l'Ammnistrazione e i Paesi sudamericani: su altre tuttavia l'intesa è meno certa, come l'embargo cubano ancora in vigore nonostante l'allentamento di alcune restrizioni; inoltre, veranno alla luce le profonde differenze fra le due anime della sinistra sudamericana, quella populista rappresentata da Chavez e quella socialdemocratica che ha nel presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva il suo portabandiera.

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Skype si prepara per un viaggio in solitaria (sezione: crisi)

( da "Data Manager" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Skype si prepara per un viaggio in solitaria A cura di Piero Macrì Pubblicato il 15-04-2009 11:30 EBay annuncia l’intenzione di procedere a uno spin off della internet company acquisita nel 2005. Quando nel 2005 EBay, nonostante l’interesse manifestato da Google e Yahoo, riuscì ad acquisire Skype per la bella somma di 2,6 milioni di dollari, le aspettative nei confronti della Voip Company erano più incoraggianti rispetto a come in questi anni si è andato poi evolvendo il matrimonio tra le due società. Più volte nel corso dell’ultimo anno EBay ha manifestato l’intenzione di volere cedere Skype, ma probabilmente il momento non è stato dei più favorevoli, a causa soprattutto della crescente crisi finanziaria e della difficoltà di trovare acquirenti disposti a mettere sul piatto cifre elevate. Ed ecco allora avviata una nuova strategia che mira a rendere indipendente Skype. L’intenzione manifestata dai vertici della società è infatti quella di procedere a uno spin off della società e creare i presupposti per renderla finanziariamente indipendente. L’amministratore delegato di EBay, John Donahoe, è convinto che Skype possa avere un futuro migliore come stand alone company. Di fatto il Voip service di Skype non si è mai strettamente integrato con le attività di EBay così come previsto e auspicato da coloro che al tempo spinsero per l’acquisizione della società. Gli analisti si dimostrano abbastanza scettici sulle possibilità di successo nel collocare Skype sul mercato, un’offerta pubblica di acquisto troverebbe scarsa ricettività al momento attuale. Si tratta di trovare tempi e modi ragionevoli per fare decollare una nuova formula finanziaria a sostegno della società, la quale, è bene sottolinearlo, presenta dei numeri di tutto rilievo. Nel 2008, il fatturato generato è stato di 551 milioni di dollari e gli utenti che utilizzano il servizio Voip di Skype sono 405 milioni. Non solo, le aspettative sono il raggiungimento del miliardo dollari di fatturato per il 2011. E Skype anche in queste ultime settimane, nel momento in cui si è annunciata la disponibilità del suo utilizzo sull’iPhone di Apple è stato scaricato da più di due milioni di persone, diventando una delle più gettonate applicazioni sul mela fonino.

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DALLE LEGGI "AD PERSONAM" ALLE LEGGI "AD AZIENDAM" ALZATO AL 20% IL TETTO ALL'ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE - dietro la nuova crociata per salvare "l'italianità" si nasconde un inte (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> DALLE LEGGI “AD PERSONAM” ALLE LEGGI “AD AZIENDAM” – ALZATO AL 20% IL TETTO ALL’ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE - dietro la nuova crociata per salvare "l´italianità" si nasconde un interesse di bottega, molto più spicciolo: difendere MediaseT… Massimo Giannini per "la Repubblica" Silvio Berlusconi Sepolta dalle tragiche macerie del terremoto d´Abruzzo, un´altra legge ad personam, o per meglio dire ad aziendam, ha incassato silenziosamente il timbro del Parlamento. E´ una norma che nasce all´ombra del conflitto d´interessi di Silvio Berlusconi: capo del governo e padrone di un impero mediatico. Tradisce una visione proprietaria del libero mercato: la regola generale al servizio di un´esigenza particolare. Sancisce una posizione gregaria delle autorità indipendenti: il "vigilante", debitamente sollecitato, obbedisce al "vigilato". Mercoledì scorso il Senato ha approvato in via definitiva il cosiddetto decreto incentivi. Un pacchetto-omnibus nel quale c´è di tutto: dal raddoppio degli incentivi per l´auto ai bonus per gli elettrodomestici. Nel gigantesco garbuglio sono stati infilati un paio di articoli che prevedono «strumenti di difesa del controllo azionario delle società da manovre speculative», e introducono misure volte a prevenire «eventi di scalate ostili in una fase di mercato caratterizzato da corsi azionari molto al di sotto della media degli ultimi anni». Lamberto Cardia Nobile intenzione. Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi «avvoltoi» stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche. La prima prevede l´innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La seconda prevede l´incremento fino al 5% annuo delle partecipazioni consentite a chi già possiede tra il 30 e il 50% di una Spa. La terza introduce la possibilità per la Consob di ridurre dal 2 all´1% la soglia valida ai fini dell´obbligo di comunicare alla Vigilanza l´avvenuto acquisto di un pacchetto azionario. Non c´è male, per un governo che si professa liberale, anche se non più liberista. E nemmeno per un centrodestra che, fregandosene allegramente della cultura dell´Opa e della contendibilità delle aziende, ha già rimesso pesantemente in discussione la passivity rule, cioè quel complesso di regole volte a limitare le iniziative di contrasto consentite a una società su cui pende un´Offerta pubblica d´acquisto. In tempi di ferro, come dice Tremonti, ci si difende con tutti i mezzi. Ma il problema, nel caso di specie, non è solo questo: dietro la nuova crociata per salvare "l´italianità" si nasconde un interesse di bottega, molto più spicciolo: difendere Mediaset. Vediamo perché. Piersilvio Berlusconi I titoli del Biscione, come la maggior parte del listino, soffrono da mesi e mesi un crollo verticale di valore. Al 31 dicembre 2007 un´azione Mediaset valeva 9,3 euro. Un anno dopo, a fine 2008, ne valeva 3,9. Attualmente staziona intorno ai 3,5 euro, con una capitalizzazione di circa 4,2 miliardi. Poco più di un terzo di due anni fa. Già a luglio dell´anno scorso Piersilvio Berlusconi denunciava: «Dall´inizio dell´anno abbiamo subito una perdita di valore del 41%». Anche il Cavaliere, ovviamente, è preoccupato. L´8 ottobre 2008, in un´ormai leggendaria conferenza stampa, arringa le masse: «Abbiate fiducia, comprate azioni Eni, Enel e Mediaset». Nulla cambia, com´è ovvio, e un mese dopo il premier incurante delle polemiche insiste: «Le azioni di una società non possono mai valere meno di 20 volte gli utili prodotti». Tecnicamente non ha tutti i torti. Politicamente la sua posizione è indifendibile. Ma queste, per un «uomo del fare», sono questioni da legulei bizantini. Così, di fronte al progressivo tracollo della Borsa che nessuno riesce a fermare, il presidente del Consiglio e il suo inner circle usano tutte le armi a disposizione. All´inizio del 2009 scattano i primi contatti riservati tra Gianni Letta e Lamberto Cardia, presidente della Consob. Il tema è: cosa si può fare per sostenere i corsi azionari e per evitare che qualche raider si faccia venire idee strane? In meno di un mese scatta una manovra di geometrica potenza. Ai primi di marzo, secondo un´indiscrezione raccolta a Piazza Affari, da Mediaset arriva agli uffici Consob una richiesta di parere sui limiti all´acquisto di azioni proprie. Il 12 marzo, in un´intervista al settimanale di famiglia, Panorama, Cardia fa il primo passo: «Serve una spinta in più per ritrovare la fiducia e ridare fiato alla Borsa - dice il presidente della Consob - il governo ha già fatto molto, però nella situazione attuale si può andare oltre... Mediaset Si potrebbe, per un periodo prefissato e in tempi di crisi, dare la facoltà alle società quotate di comprare azioni proprie non più fino al 10 ma fino al 20%. Questo potrebbe servire a contrastare la volatilità e a rafforzare la presa sul capitale. Naturalmente tutte queste scelte spettano alla politica, governo e Parlamento. I miei sono solo contributi di pensiero». Ben detto. Ma questo «contributo di pensiero» è esattamente il segnale che aspettano in casa Berlusconi. Nel giro di una settimana succedono due cose, per niente casuali. Il 17 marzo il cda Mediaset approva il bilancio 2008 ed esamina i primi tre mesi del 2009, che riflettono la crisi, tra una caduta del 12% dei ricavi pubblicitari a gennaio e un taglio dei dividendi, per la prima volta dopo sette anni, da 0,43 a 0,38 euro per azione. Nel comunicato finale, il Biscione comincia a mettere fieno in cascina e precisa che alla prossima assemblea sarà proposta la facoltà di «acquisire fino a un massimo di 118.122.756 azioni proprie, pari al 10% dell´attuale capitale sociale, in una o più volte, fino all´approvazione del bilancio 2009». Il 18 marzo due parlamentari del Pdl, Marco Milanese ed Enzo Raisi, presentano un emendamento al decreto incentivi, che prevede esattamente l´innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie acquistabili da una singola azienda, l´incremento dei tetti per la cosiddetta Opa totalitaria e la riduzione dal 2 all´1% della soglia al di sopra della quale scatta l´obbligo di comunicazione. Ecco la norma ad aziendam. Il blitzkrieg è scattato. Ha solo bisogno di una cornice presentabile sul piano etico e sostenibile sul piano politico. Alla prima esigenza provvede ancora Cardia, che il 19 marzo, in una prolusione alla Scuola Ufficiali carabinieri di Roma, chiude il cerchio: «E´ di ieri la notizia della presentazione di un emendamento al decreto incentivi all´esame della Camera, che accoglie alcune proposte formulate dal presidente della Consob a titolo personale per sostenere le società quotate in un momento nel quale la grave depressione delle quotazioni potrebbe facilitare manovre speculative o ostili. Chi lavora in istituzioni pubbliche deve essere orgoglioso di lavorare al servizio della collettività...». Alla seconda esigenza provvede lo stesso Berlusconi: il 31 marzo, in una dichiarazione a Radiocor, afferma pubblicamente che il governo punta ad aumentare il tetto per il possesso delle azioni proprie delle società quotate. E dichiara con assoluto candore di averne «parlato con il presidente della Consob», che si è detto «d´accordo su questa direzione». Nessuno lo nota, neanche i giornali specializzati. Ma è la smoking gun dell´ennesimo caso di conflitto di interessi. Il resto è cronaca di questi ultimi giorni, con il Parlamento che approva definitivamente la norma ad aziendam. Nel silenzio assordante dei benpensanti. Si segnala una sola eccezione. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, in un commento nelle pagine interne del Corriere della Sera del 3 aprile scorso, critica giustamente il «decreto protezionista» corretto dagli emendamenti del Pdl, e si chiede: «Sarebbe interessante capire quale società potrà essere la vittima destinataria delle proposte». Ora lo sappiamo. Come temevamo, è la società del capo del governo. [15-04-2009]

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"Il mercato dell'arte è in difficoltà? Colpa degli advisor delle banche..." (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Culture Eventi/ "Le banche hanno rovinato il mercato dell'arte". Alessandro Cappello, direttore del Miart, ad Affari Mercoledí 15.04.2009 11:17 Di Milo Goj «A rovinare il mercato dell'arte sono stati gli art advisor delle banche che hanno comprato opere a prezzi irragionevoli, con soldi non loro, ma di clienti, che il più delle volte neanche avevano idea di cosa si mettevano in casa. Con la crisi finanziaria questo movimento prettamente speculativo è andato in crisi e i prezzi di alcuni autori-bolla sono crollati». Alessandro Cappello, da quest'anno direttore di Miart, la Fiera Internazionale d'Arte moderna e contemporanea, che si tiene a Milano dal 17 al 20 aprile, non ha dubbi: per rilanciare il mercato bisogna puntare sulla competenza, la serietà e, soprattutto, la qualità. Affaritaliani.it lo ha intervistato alla vigilia del Miart. Direttore, non le sembra un po' scontato affermare che si deve ripartire con la qualità? Una parola oggi decisamente abusata. «Per noi invece, la qualità rappresenta la base del nostro riposizionamento. E che non si tratta di una parola vuota, lo confermano alcuni dati: abbiamo ridotto drasticamente il numero delle gallerie, da 195 a 140 proprio per selezionare le migliori offerte, Abbiamo poi rinnovato il nostro comitato consultivo, che oggi conta nomi di assoluta autorevolezza, quali Emi Fontana, Giangi Fonti, Epicarmo Invernizzi, Federico Luger, Francesca Minini, Mauro Nicoletti, Mimmo Scognamiglio e Giulio Tega. Abbiamo poi due noti curatori, Donatella Volonté per il moderno e Giacinto Di Pietrantonio, vicepresidente di Amaci (l'associazione dei Musei) per il contemporaneo». In questi anni la ArteFiera Bologna ha superato come prestigio Miart, come pensate di riconquistare il primato? «Tengo a precisare che noi non ci consideriamo in competizione con altre fiere. La competitività è con noi stessi. Per questo da un anno lavoriamo su un progetto che dia a Milano una Fiera d'arte d'eccellenza. Milano nell'arte, da un secolo a oggi, non ha eguali in Italia, i più grandi movimenti del Novecento hanno visto la nostra città come protagonista. La moda, il design hanno attinto a questo humus. E non dimentichiamo che il mercato italiano dell'arte, sia per quello che riguarda le case d'asta, sia le gallerie, si concentra per l'80% a Milano. Con questa edizione abbiamo scremato gli operatori, portando al Miart tutte le migliori gallerie italiane». Ecco, c'è chi dice che Milano rispetto a Bologna sia troppo poco internazionale. «Se si guarda la percentuale delle gallerie, effettivamente quelle straniere sono pari soltanto al 15%. Ma se guardiamo gli autori presenti, vediamo che su circa 950, quasi la metà, 429 sono stranieri, concentrati nel contemporaneo. In sostanza il Miart presenta anche l'eccellenza internazionale. Ma non è tutto: abbiamo invitato un centinaio di collezionisti stranieri, che ospitiamo al Principe di Savoia. Perché Milano deve essere anche nell'arte la città più internazionale d'Italia E, oltre alla visita al Miart, proponiamo loro altri itinerari artistici. La Fiera, infatti, coinvolgerà tutta la città, con opere, ad esempio, collocate nelle piazze e nei luoghi di culto. Interagiamo con tutti quelli che si interfacciano con il mondo dell'arte. Il Miart sta diventando il collante del settore artistico. Del resto, lo scorso mese, in partnership con l'assessorato alla cultura abbiamo organizzato al Pac la mostra di Vanessa Beecroft, che ha riscosso un successo enorme». A proposito della Beecroft, regina italiana deella contemporary art, Milano zoppica proprio nel contemporaneo. E' uno scandalo che in città manchi un museo dedicato a questo periodo artistico. «Il museo dovrebbe essere realizzato prima dell'Expo, ma la città si sta già muovendo. L'Associazione amici Miart (Fiera Milano spa, Fiera Milano International, Fondazione Fiera Milano, Camera di commercio, Regione Lombardia e Banca popolare di Milano), ha stanziato complessivamente 300 mila euro, per acquistare opere di artisti contemporanei presenti quest'anno in fiera. In futuro queste opere saranno esposte nel costituendo museo». E torniamo al mercato. Lei si è scagliato contro gli art advisor. Ma, a parte le derive speculative, che aspettative di mercato avete per questa edizione? «Preciso che non ce l'ho contro gli art advisor indipendenti, ma contro quelli, collegati in particolare all'art banking, che hanno fatto spese dissennate, "sbarellando" le regole del mercato e spaventando i collezionisti seri. Sono convinto che, vista la qualità in mostra quest'anno, a prezzi oltretutto calmierati, gli espositori, a fine Fiera, torneranno a casa soddisfatti anche sotto il profilo del business». tags: miart cappello banche

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PIMCO LANCERÀ FONDO PER ACQUISTO ASSET TOSSICI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pimco lancerà fondo per acquisto asset tossici -->SHANGHAI (Reuters) - Pimco, la società di gestione di fondi obbligazionari numero uno al mondo, lancerà entro trenta giorni il primo fondo legato al piano americano per l'acquisto di asset compromessi, il cosiddetto Talf. Lo ha annunciato il presidente e direttore Asia di Pimco, Brian Baker. Secondo il piano Usa per ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici, i fondi pubblico-privati avranno la possibilità di acquistare i titoli chiamati "legacy" attraverso capitali privati e governativi, possibilmente finanziati a leva dal governo. Il fondo è stato strutturato per garantire agli investitori flussi di capitale attraverso il pagamento di interessi sui titoli legati agli asset acquistati da Pimco, ha spiegato Baker, parlando a margine di una conferenza a Shanghai. Il fondo si approvvigionerà di capitali dal Term Asset-Backed Securities Loan Facility (Talf) per comprare i titoli. "Riteniamo che la crisi finanziaria sarà risolta dal recupero degli Usa e degli altri mercati chiave", ha argomentato Baker. "Vogliamo investire in quei Paesi che guideranno la ripresa e dove le autorità saranno maggiormente aggressive nell'affrontare la crisi finanziaria". Pimco in Asia gestisce asset per circa 15,6 miliardi di dollari, mentre l'Aum complessivo ammonta a 747 miliardi di dollari.

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IRLANDA/VIA LIBERA UE A AIUTI A IMPRESE FINO A 500.000 EURO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Irlanda/Via libera Ue a aiuti a imprese fino a 500.000 euro di Apcom Kroes: piano non porta distorsioni indebite della concorrenza -->Bruxelles, 15 apr. (Apcom) - La Commissione europea ha dato il via libera alle misure messe a punto dall'Irlanda per aiutare le imprese a far fronte all'attuale crisi economica. Le autorità irlandesi potranno concedere aiuti fino a 500.000 euro nel 2009 e nel 2010 a ciascuna impresa in stato di difficoltà per via dell'attuale crisi economica. Gli aiuti verranno dati sotto forma di aiuti diretti, aiuti rimborsabili, crediti a tassi agevolati e aiuti pubblici. Lo schema rispetta le condizioni poste dalla Commissione europea nella sua 'cornice temporanea' per consentire agli Stati membri di aiutare le imprese colpite dalla stretta creditizia legata alla crisi finanziaria. In particolare, gli aiuti irlandesi sono limitati nel tempo e nella portata. "Il piano irlandese aiuterà le imprese colpite dall'attuale stretta creditizia senza distorsioni indebite della concorrenza", ha commentato il capo dell'antitrust comunitario, Neelie Kroes. Gli aiuti non possono essere versati alle imprese che erano già in crisi prima del 1 luglio 2008.

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Pimco lancerà fondo per acquisto asset tossici (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

SHANGHAI (Reuters) - Pimco, la società di gestione di fondi obbligazionari numero uno al mondo, lancerà entro trenta giorni il primo fondo legato al piano americano per l'acquisto di asset compromessi, il cosiddetto Talf. Lo ha annunciato il presidente e direttore Asia di Pimco, Brian Baker. Secondo il piano Usa per ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici, i fondi pubblico-privati avranno la possibilità di acquistare i titoli chiamati "legacy" attraverso capitali privati e governativi, possibilmente finanziati a leva dal governo. Il fondo è stato strutturato per garantire agli investitori flussi di capitale attraverso il pagamento di interessi sui titoli legati agli asset acquistati da Pimco, ha spiegato Baker, parlando a margine di una conferenza a Shanghai. Il fondo si approvvigionerà di capitali dal Term Asset-Backed Securities Loan Facility (Talf) per comprare i titoli. "Riteniamo che la crisi finanziaria sarà risolta dal recupero degli Usa e degli altri mercati chiave", ha argomentato Baker. "Vogliamo investire in quei Paesi che guideranno la ripresa e dove le autorità saranno maggiormente aggressive nell'affrontare la crisi finanziaria". Pimco in Asia gestisce asset per circa 15,6 miliardi di dollari, mentre l'Aum complessivo ammonta a 747 miliardi di dollari.

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A distanza di 23 anni dall'incidente di Chernobyl, apre in Ucraina la prima struttura per l'accoglienza familiare dei bambini oncologici (sezione: crisi)

( da "SaluteEuropa.it" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

15/04/2009 A distanza di 23 anni dall'incidente di Chernobyl, apre in Ucraina la prima struttura per l'accoglienza familiare dei bambini oncologici In occasione dell'anniversario della tragedia di Chernobyl, grazie a Soleterre, apre in Ucraina la prima struttura per l'accoglienza familiare dei bambini oncologici. A distanza di 23 anni dall'incidente ancora serie le conseguenze sanitarie, soprattutto sui bambini, aggravate dai tagli causati dalla crisi finanziaria che ha messo il paese in ginocchio. A 23 anni dallo scoppio del quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina il cancro continua ad uccidere I tassi di sopravvivenza dei bambini ucraini colpiti da tumore sono notevolmente più bassi rispetto a quelli dei coetanei europei. In Europa i tassi medi di mortalità raggiungono 3 minori su 10, in Ucraina 6 su 10: esattamente il doppio (Fonte: Programma Nazionale di Oncologia Pediatrica 2006-2010 approvato dal Gabinetto dei Ministri d'Ucraina). A ciò si aggiunge che il peggioramento del livello di radiazioni dopo l'esplosione nucleare di Chernobyl ha influito negativamente sulla frequenza di tumori al cervello nei bambini di età infantile. Si è, infatti, avuto un incremento pari a 2,3 volte del numero di malati e pari a 6,2 volte dei bambini in età infantile. La gravissima crisi finanziaria che sta colpendo il Paese ha comportato drastici tagli alla spesa pubblica per la sanità, andando a ridurre la dotazione minima di medicinali e materiali di consumo alle strutture ospedaliere, già normalmente carenti di tutto. Nel primo trimestre del 2009 la riduzione è calcolata pari al 75% rispetto ai fondi erogati l'anno precedente: lo scorso mese di gennaio lo stanziamento statale è stato di 2.754 euro per un intero reparto di neurochirurgia che effettua 3 operazioni al cervello al giorno. Dal 2003 Soleterre interviene nella capitale Kiev a sostegno di oltre 2.000 bambini malati di cancro ricoverati nei reparti pubblici pediatrici di Oncologia e Neurochirurgia e delle loro famiglie, spesso provenienti dalle regioni periferiche del Paese: bambini e genitori sono obbligati a vivere in reparto non potendosi permettere soluzioni alternative.

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A NAPOLI, IL 21 MAGGIO DELLO SCORSO ANNO, SI è SVOLTA LA PRIMA RIUNIONE OPERATIVA DEL CONSIGLIO... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Benevento)" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

A Napoli, il 21 maggio dello scorso anno, si è svolta la prima riunione operativa del Consiglio dei ministri; e a Napoli Berlusconi è tornato otto volte in meno di tre mesi, sino a che il problema dei rifiuti per strada ha cominciato a trovare una soluzione. Lo stesso copione operativo si sta ora seguendo a L'Aquila e nelle zone colpite del sisma, dove il governo - superata la fase dei primi soccorsi, che ha già visto scendere in campo svariati ministri - ha deciso di riunirsi periodicamente sino a quando non sarà avviata la fase della ricostruzione. Un anno di attività è una scadenza perfetta per trarre un primo bilancio, che i sondaggi - per quel che valgono e per chi ci crede - dicono essere ampiamente favorevole a Berlusconi. Privato di ogni forma di credibile opposizione politica, sostenuto da una solida maggioranza parlamentare, costruito con uomini scelti personalmente dal presidente del Consiglio, questo governo sembrerebbe aver avuto gioco facile nei suoi primi dodici mesi. In realtà, si è dovuto scontrare con difficoltà esterne d'ogni tipo: le emergenze appena citate, la patata bollente dell'Alitalia, ma soprattutto una devastante crisi finanziaria internazionale, che ha fatto vacillare l'economia reale e diffuso tra la gente un clima di incertezza e paura. All'interno di questo quadro, le scelte fatte dell'esecutivo, soprattutto in materia economica, a sostegno delle famiglie e delle imprese, a garanzia dei conti pubblici e del risparmio privato, hanno obbedito a una logica di rassicurazione e contenimento del danno: governare la crisi, smorzarne gli effetti negativi, in attesa di avere idee più chiare su come risolverla. A qualcuno è parso un modo dilatorio e privo di nerbo di affrontare i problemi. Ma sino a oggi la ricetta sembra aver funzionato. L'Italia, anche in virtù della sua peculiare struttura sociale, è tra i pochi Paesi occidentali ancora al riparo da turbolenze di piazza e fenomeni di povertà di massa. Il cataclisma finanziario ed economico ha naturalmente modificato l'originaria agenda del governo, ma senza stravolgerla. La riforma dello Stato e la modernizzazione del suo apparato tecnico-amministrativo sono i due obiettivi - politicamente e «ideologicamente» qualificanti di questa maggioranza - sui quali ci si è concentranti sin dal primo momento, anche se con risorse e disponibilità di cassa più ridotte di quelle inizialmente programmate. La campagna di Brunetta contro i «fannulloni» è stata la punta avanzata di questa strategia modernizzatrice. Ha avuto risvolti populisti, è apparsa finanche ingenerosa nei confronti di un intero ceto professionale, ma ha sollevato all'attenzione di tutti un tema delicato e reale: la scarsa produttività complessiva della macchina pubblica, l'inefficienza di una struttura burocratica sorda alle esigenze dei cittadini e troppo orientata a perpetuare se stessa. Nel complesso, si è trattato di una sferzata salutare, a partire dalla quale bisognerebbe ora cercare di costruire una nuova etica del servizio pubblico, per non dare l'impressione di perseguire intenti inutilmente punitivi nei confronti degli «statali». Ma altrettanto lodevole, in questo primo anno di attività, è stato l'impegno con cui la Gelmini ha avviato la riforma della scuola e dell'università. Non sarà facile vincere la battaglia contro le corporazioni sindacali e gli insegnanti politicizzati, specie se si è scelto di combattere dietro le insegne del merito individuale e della lotta ai privilegi e agli sprechi. La qualità dell'insegnamento e della ricerca è un'esigenza divenuta ineludibile per un paese che ancora aspiri al rango di media potenza industriale. Questo governo sembra averlo compreso. L'importante però è non limitarsi al necessario rigore: ai tagli condotti secondo criteri ragionieristici e al ritorno all'ordine dopo decenni di lassismo. Nell'immediato futuro serviranno anche investimenti in uomini e strutture, se è vero che scuola e università non sono un problema ma una risorsa strategica. Rimane in tutto ciò un punto dolente: quello delle riforme istituzionali, mai seriamente e organicamente avviate. Siamo ancora lontani dalla «stagione costituente» immaginata all'inizio della legislatura. Il governo è tentato dal fare da solo a colpi di maggioranza, pur sapendo che sarebbe una strada tutta in salita, come si è visto nel passato con la bocciatura al referendum del progetto di revisione costituzionale voluto dal centrodestra nella legislatura 2001-2006. L'opposizione, dal canto, non sembra voler concedere alcuna sponda a un Berlusconi ancora oggi percepito come un intruso e un usurpatore. E l'unico risultato conseguito al momento, il federalismo fiscale, contiene più incognite che certezze. Riformare lo Stato non è solo un problema di conti in ordine, ma di architettura istituzionale e di regole del gioco, che quanto prima bisognerà decidersi a cambiare, senza strappi e in modo per quanto possibile consensuale. I quattro anni che restano sono un tempo più che sufficiente per conseguire anche quest'obiettivo. In sede di bilancio, non va poi trascurato il capitolo sulla politica estera. La «diplomazia del sorriso» perseguita da Berlusconi fa storcere la bocca ai puristi e offre continui spunti al giornalismo di costume e agli avversari del Bel Paese. Ma ha il pregio di funzionare. In quest'anno si è chiuso un contenzioso decennale con la Libia e si è riusciti ad avere una qualche voce in capitolo, stante il rango geopolitico dell'Italia, oggettivamente modesto non certo per colpa dell'attuale governo, in tutte le diverse sedi internazionali. Soprattutto si è riusciti a tenere fede agli impegni assunti, in primis quelli militari, e a evitare comportamenti politicamente ondivaghi come nel passato anche recente. Nel complesso, Berlusconi ha di che essere soddisfatto, indipendentemente dai sondaggi che pure parlano chiaro. Il suo governo, nel primo anno di vita, si è mosso abbastanza bene. Ha tenuto fede a sufficienza al suo programma elettorale, il che in democrazia conta pur sempre qualcosa, in materia di sicurezza pubblica, immigrazione, opere pubbliche e giustizia. Pur essendo «nordista» per composizione, non ha penalizzato il Sud. Ha tenuto un comportamento rassicurante dinnanzi alla crisi economica, evitando di alimentare il panico. Ha aperto nuovi e significativi fronti d'intervento: dalla politica energetica al cosiddetto «piano casa». Ha insomma gettato le basi per un vasto programma di riforme da realizzare negli anni a venire. Chi lo ha votato, non può che apprezzarne lo sforzo. Chi lo avversa, non cambierà certo opinione dopo quest'articolo. Alessandro Campi

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Tagli per Ubs, Yahoo, Air France, Adr (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

AEROPORTI DI ROMA: 180 dipendenti in esubero Tagli per Ubs, Yahoo e Air France: migliaia di licenziamenti in vista La banca svizzera cancellerà 8700 posti di lavoro. Difficoltà anche per il colosso web e la compagnia aerea (Ap) ZURIGO - Migliaia di licenziamenti. La crisi economica non risparmia nessun settore, in Italia e all'estero. Da quello bancario (particolarmente colpito) a quello dei trasporti aerei, fino al web. Nel giro di poche ore, tre diversi colossi internazionali hanno annunciato un piano di riduzione dei posti di lavoro. Ubs, prima banca svizzera, ha deciso di avviare un programma di contenimento dei costi che prevede 8.700 licenziamenti entro il 2010. Una decisione legata alla perdita di due miliardi di franchi nel primo trimestre (oltre 1,3 miliardi di euro). L'amministratore delegato Oswald Gruebel, ex capo di Credit Suisse in pensione a cui è stato chiesto di riportare Ubs in buona salute, ha detto che ha intenzione di diminuire a 67.500 il numero degli occupati nel 2010 (da 76.200) con un risparmio stimato di 4 miliardi di franchi. L'annuncio è stato fatto in vista dell'assemblea annuale degli azionisti della banca. La crisi finanziaria internazionale ha già costretto la maggiore banca svizzera a fare svalutazioni per circa 50 miliardi di dollari e ad annunciare il taglio di 11.000 posti di lavoro dalla metà del 2007. YAHOO - Centinaia di tagli in vista anche a Yahoo. Si tratta della prima riduzione significativa di personale dal gennaio scorso e cioè da quando è stata nominata amministratore delegato Carol Bartz. I tagli potrebbero essere annunciati in concomitanza coi risultati del primo trimestre. Il gruppo, mentre era amministratore delegato Jerry Yang, aveva chiuso il 2008 con un totale di 13.600 addetti, 1.600 in meno dall'inizio dell'anno. AIR FRANCE - E anche Air France ha deciso di tagliare 2.500 posti di lavoro nei prossimi due anni, tramite blocco dei turn over e non rinnovo dei contratti a termine. Lo ha riferito il portavoce Jerome Nguyen, sottolineando che le modalità scelte per le ristrutturazioni puntano ad evitare licenziamenti veri e propri. Attualmente il vettore francese del gruppo Air France-Klm conta 70.000 addetti. Dall'inizio della crisi economica, come per molte compagnie aeree sta assistendo a un calo dei volumi di traffico, sia sui passeggeri che sulle merci e il mese scorso la capogruppo aveva avvertito che per l'anno fiscale chiuso a fine marzo si attendeva una perdita da circa 200 milioni di euro. A marzo il traffico la compagnia ha assistito un ulteriore calo del 9,4 per cento sul traffico passeggeri, con valori particolarmente deboli sulle tratte transatlantiche. AEROPORTI DI ROMA - E anche in Italia ci sono da registrare nuovi licenziamenti in arrivo. Nei primi tre mesi e mezzo del 2009, gli Aeroporti di Roma (Adr) hanno infatti registrato un calo del traffico del 5,4%: «Sicuramente questo non sarà un anno facile e per contenere l'aumento dei costi la società ha avviato un piano di ristrutturazione» che comporterà la riduzione dell'organico per 180 addetti. È quanto ha annunciato l'amministratore delegato di Adr, Guido Angiolini, intervenendo all'assemblea degli azionisti. Anticipando il piano che verrà presentato nei prossimi giorni, il top manager ha reso noto che la società si accinge a mettere in cassa integrazione e mobilità circa 200 dipendenti nel periodo 2009-2010. «In parte - ha proseguito - verranno compensati con nuove assunzioni. Prevediamo di avere 180 persone in meno in organico». ESSELUNGA - In controtendenza i dati di Esselunga, che ha chiuso il 2008 con un utile netto di 202,6 milioni di euro, in crescita del 36,2% rispetto all'anno precedente. Le vendite sono salite del 7,8% a 5.782,6 milioni mentre il margine operativo lordo è cresciuto dell'11,5 a 421,4 milioni. Gli investimenti sono saliti del 29% a 490,3 milioni mentre l'indebitamento finanziario è calato a 275 milioni dai 435,8 milioni del 31 dicembre 2007. Nel 2008 i dipendenti sono saliti a 18.706 con una crescita di 1.106 unità. Esselunga per il 2009, «compatibilmente con gli aspetti burocratici e formali legati alle procedure urbanistiche delle singole amministrazioni competenti, conta di aprire 7 nuovi punti vendita, creando circa 800 nuovi posti di lavoro». stampa |

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Cala il prezzo degli immobili anche nei centri urbani, indagine GoHome.it (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Cala il prezzo degli immobili anche nei centri urbani, indagine GoHome.it (15/4/2009 16:26) | (Sesto Potere) - Milano - 15 aprile 2009 -è arrivato il momento giusto per acquistare casa. In Italia, come altrove, si accusano i colpi della crisi finanziaria e calano i prezzi delle case. Secondo un’analisi svolta da GoHome.it, basata sull’osservazione di più di 3.000.000 immobili, nel 2009 prezzi del mercato immobiliare italiano sono scesi, superando in alcuni casi anche il 40%: si tratta naturalmente di occasioni da valutare singolarmente, ma che sono indicative del momento attuale di mercato. La percentuale varia a seconda dell’area geografica, come si nota nella tabella qui sotto, relativa alle principali città italiane. Significativa è l’inversione di tendenza della discesa dei prezzi degli appartamenti rilevata dall'Osservatorio di GoHome.it che registra nel mese di marzo una flessione più marcata in città rispetto alle aree suburbane. La diminuzione dei prezzi del mercato immobiliare rilevata negli ultimi mesi dall'Osservatorio risulta comunque inferiore e meno soggetta a crolli repentini rispetto al mercato azionario: per questo l’investimento immobiliare risulta essere ancora quello migliore nel lungo periodo e ritenuto più conveniente da molti. Secondo Marco Cremonesi, Country Manager di GoHome.it, il motore di ricerca dedicato esclusivamente al settore immobiliare e definito il “Google per trovare casa”, «le buone occasioni non mancano e saranno probabilmente ancora più frequenti nei prossimi mesi dell'anno: bisogna però saperle riconoscere». GoHome.it ha approntato una nuova funzione proprio per permettere agli utenti di scoprire quali immobili hanno subito una variazione di prezzo: inserendo nella stringa di ricerca la chiave “riduzione prezzo” o “scontato” si ha la possibilità di trovare a colpo sicuro gli immobili che hanno subito una variazione verso il basso, ad esempio scrivendo “appartamenti a Milano scontati” si avrà una lista di annunci di appartamenti a Milano il cui prezzo è diminuito. “Il periodo economico attuale - conclude Marco Cremonesi, Country Manager di GoHome.it - sta creando una situazione per cui si moltiplicano le occasioni per comprare casa con sconti che fino a qualche anno fa erano impensabili. GoHome.it aiuta a trovarla rapidamente, velocizzando e mirando il processo di ricerca.”

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## Summit Americhe - Esordio Obama alle prese con crisi e (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 15 apr. (Apcom) - Il presidente degli Stati Uniti Barack obama si appresta a partecipare al suo primo vertice dei Paesi americani - in programma a Trinidad e Tobago dal 17 al 19 aprile - con in agenda un messaggio di partnerhip per l'America Latina e i Caraibi: ma troverà non pochi governi che saranno meno comprensivi degli alleati europei nei confronti delle responsabilità statunitensi nella crisi finanziaria globale, oltre a dover fare i conti con il dossier cubano. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo, Alberto Moreno. Sebbene la dichiarazione finale del vertice sia stata negoziata per quasi un anno, i 34 leader democraticamente eletti dell'emisfero - tra cui il venezuelano Hugo Chavez, il nicaraguense Daniel Ortega o il boliviano Evo Morales - si incontreranno in un forum pubblico per discutere il documento, parte del quale redatto prima dell'avvento della crisi, ed è probabile che le polemiche non mancheranno. Obama - che ha ereditato l'impopolarità delle passate Amministrazioni per le interferenze negli affari interni sudamericani, spesso a favore di dittature o altri governi autoritari - non giunge al vertice con alcun piano prestabilito per l'emisfero, ma solo per ascoltare: al contrario dell'Ammnistrazione Bush, che quattro anni fa insistette - inutilmente - per l'approvazione del Trattato di Libero Scambio. Oggi il commercio è in secondo piano rispetto alla crisi, e su molte questioni vi sarà un sostanziale accordo fra l'Ammnistrazione e i Paesi sudamericani: su altre tuttavia l'intesa è meno certa, come l'embargo cubano ancora in vigore; inoltre, veranno alla luce le profonde differenze fra le due anime della sinistra sudamericana, quella populista rappresentata da Chavez e quella socialdemocratica che ha nel presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva il suo portabandiera. Se Chavez ha promesso di insistere per il ritorno dell'Avana in seno all'Osa, non è tuttavia chiaro se questo rientri nei piani del governo cubano: se il Lider Maximo Fidel Castro aveva definito in un editoriale "positiva ma minima" l'iniziativa dell'Amministrazione Obama di allentare alcune restrizioni economiche e commerciali previste dall'embargo, ha anche avvertito che Cuba "non ha bisogno di elemosine". Soprattutto, scrive Castro in uno dei quattro editoriali apparsi sul quotidiano di Stato "Granma" nelle ultime ventiquattr'ore, l'Avana "non vuole neanche sentire l'infame nome" dell'Organizzazione degli Stati Americani (Osa): "L'Osa ha una storia che raccoglie tutta la spazzatura di sessant'anni di tradimento dei popoli dell'America Latina", ha tagliato corto il Lider Maximo: "L'ipotesi che abbiamo desiderio di tornare a farvi parte ci offende".

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## SUMMIT AMERICHE - ESORDIO OBAMA ALLE PRESE CON CRISI E CUBA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

## Summit Americhe - Esordio Obama alle prese con crisi e Cuba di Apcom Chavez vuole rientro dell'Avana in Osa, castro lo esclude -->Roma, 15 apr. (Apcom) - Il presidente degli Stati Uniti Barack obama si appresta a partecipare al suo primo vertice dei Paesi americani - in programma a Trinidad e Tobago dal 17 al 19 aprile - con in agenda un messaggio di partnerhip per l'America Latina e i Caraibi: ma troverà non pochi governi che saranno meno comprensivi degli alleati europei nei confronti delle responsabilità statunitensi nella crisi finanziaria globale, oltre a dover fare i conti con il dossier cubano. Negli ultimi cinque anni la regione aveva fatto registrare i ritmi di crescita economica più elevati al mondo, messi oggi a rischio dalla "prima crisi economica dell'emisfero non originatasi in America Latina", come ha sottolineato il presidente della Banca Interamericana per lo Sviluppo, Alberto Moreno. Sebbene la dichiarazione finale del vertice sia stata negoziata per quasi un anno, i 34 leader democraticamente eletti dell'emisfero - tra cui il venezuelano Hugo Chavez, il nicaraguense Daniel Ortega o il boliviano Evo Morales - si incontreranno in un forum pubblico per discutere il documento, parte del quale redatto prima dell'avvento della crisi, ed è probabile che le polemiche non mancheranno. Obama - che ha ereditato l'impopolarità delle passate Amministrazioni per le interferenze negli affari interni sudamericani, spesso a favore di dittature o altri governi autoritari - non giunge al vertice con alcun piano prestabilito per l'emisfero, ma solo per ascoltare: al contrario dell'Ammnistrazione Bush, che quattro anni fa insistette - inutilmente - per l'approvazione del Trattato di Libero Scambio. Oggi il commercio è in secondo piano rispetto alla crisi, e su molte questioni vi sarà un sostanziale accordo fra l'Ammnistrazione e i Paesi sudamericani: su altre tuttavia l'intesa è meno certa, come l'embargo cubano ancora in vigore; inoltre, veranno alla luce le profonde differenze fra le due anime della sinistra sudamericana, quella populista rappresentata da Chavez e quella socialdemocratica che ha nel presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva il suo portabandiera. Se Chavez ha promesso di insistere per il ritorno dell'Avana in seno all'Osa, non è tuttavia chiaro se questo rientri nei piani del governo cubano: se il Lider Maximo Fidel Castro aveva definito in un editoriale "positiva ma minima" l'iniziativa dell'Amministrazione Obama di allentare alcune restrizioni economiche e commerciali previste dall'embargo, ha anche avvertito che Cuba "non ha bisogno di elemosine". Soprattutto, scrive Castro in uno dei quattro editoriali apparsi sul quotidiano di Stato "Granma" nelle ultime ventiquattr'ore, l'Avana "non vuole neanche sentire l'infame nome" dell'Organizzazione degli Stati Americani (Osa): "L'Osa ha una storia che raccoglie tutta la spazzatura di sessant'anni di tradimento dei popoli dell'America Latina", ha tagliato corto il Lider Maximo: "L'ipotesi che abbiamo desiderio di tornare a farvi parte ci offende".

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CRISI/ LAMY:LA MIGLIOR RISPOSTA È PROGRAMMA SVILUPPO DOHA DEL WTO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Lamy:La miglior risposta è programma sviluppo Doha del Wto di Apcom Per salvaguardare multilateralismo e contrastare protezionismo -->Roma, 15 apr. (Apcom) - Il miglior provvedimento che è possibile lanciare per sostenere l'economia globale contro la crisi è "il programma di Doha per lo sviluppo" dell'Organzzazione mondiale del commercio, il Wto. Lo ha affermato il direttore generale del Wto, Pascal Lamy, illustrando il secondo rapporto sulle ricadute della crisi sugli scambi internazionali. Uno studio che l'ente ginevrino ha pubblicato nelle scorse settimane e che per quest'anno prevede una contrazione del 9 per cento negli scambi internazionali. Particolare enfasi viene messa nella necessità di contrastare le derive di neo protezionismo che sono rapidamente emerse, dopo che la crisi finanziaria ha pesantemente intaccato l'economia reale. E proprio il programma di Doha per lo sviluppo "è il sistema più sicuro di cui disponiamo per preservare gli interessi commerciali individuali e il sistema multilaterale contro la minaccia di un aumento del protezionismo", ha detto Lamy. Considerazioni fatte durante la riunione informale del Wto tenuta ieri a Vienna, secondo quanto riporta un comunicato dell'Organizzazione. Tutto questo mentre la crisi mondiale non sembra per ora aver facilitato una chiusura positiva di tutta la tornata negoziale di Doha, che si trascina da anni e con cui si punta a riformare l'intero Wto.

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*G14, il rischio del futuro: poco cibo e 200 mln ettari "bruciati" (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. ECO - *G14, il rischio del futuro: poco cibo e 200 mln ettari "bruciati" --IL VELINO AZIENDE-- Roma, 15 apr (Velino) - Uno scenario apocalittico quello illustrato dalla Confederazione italiana agricoltori in attesa del G14 degli agricoltori del mondo, promosso in collaborazione con la Federazione internazionale dei produttori agricoli, Fipa, in programma a Soligo del Piave in provincia di Treviso il prossimo 17 aprile. Oltre tre miliardi di persone a rischio fame nei prossimi 30-40 anni, più di 200 milioni di ettari sottratti all’agricoltura dai biocarburanti nel giro di otto-dieci anni e un aumento del 170 per cento delle colture per biocarburanti nei prossimi cinque anni. “Per sfamare il mondo occorre che entro il 2050 si raddoppino le produzioni di cereali e di riso, le uniche due produzioni strategiche alimentari per garantire la sicurezza alimentare”, dichiara il presidente della Cia Giuseppe Politi. “Obiettivo primario – prosegue il presidente Cia – è quello di rimettere la produzione agricola al centro delle strategie di politica economica mondiale". Contesto in cui quello degli agricoltori sarà un ruolo determinante "ma – sottolinea Politi – si dovrà assegnare loro un nuovo ruolo da protagonisti”. Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, India, Brasile, Messico, Sud Africa, Egitto, Russia, Repubblica Ceca e la Cina: questi i paesi le cui delegazioni delle organizzazioni agricole siederanno al tavolo di Soligo del Piave con il fine di contrastare le speculazioni sui prezzi delle materie prime agricole e trovare un “forziere” per le risorse alimentari strategiche. Rendere insomma protagonisti i produttori agricoli e puntare alle agrienergie di seconda generazione come il biogas e il legno. Senza sostituire il commestibile con il combustibile. “E’ venuto il momento delle scelte decisive: o il pane per sfamare i popoli della Terra, in particolare quelli più poveri, o il biocarburante per far camminare le nostre auto. Ormai - ammonisce il presidente della Cia - il deficit alimentare sta crescendo in modo preoccupante. Sempre più terre, in America, in Asia ma anche in Europa, finora utilizzate per coltivare prodotti agricoli, adesso vengono adibite alla coltivazione di biocarburanti, come etanolo e altri tipi di carburanti cosiddetti puliti. Non si può disperdere il patrimonio agricolo-alimentare in questo modo quando al mondo più di un miliardo di persone muore di fame. D’altra parte, ad accrescere le preoccupazioni degli esperti - sostiene il presidente della Cia - c’è il boom demografico ed economico di Cina ed India, due paesi dove vive adesso il 40 per cento della popolazione mondiale. Allarme alimentato anche dalla crescita dei popoli che lottano per la fame. Tantissime le aree del mondo in cui regnano povertà e disperazione. Una situazione che nel breve giro di alcuni anni determinerà una crisi alimentare permanente e una grande instabilità globale. Pericoli che il mondo potrà contrastare soltanto con un rallentamento della crescita demografica e soprattutto attraverso un forte incremento della produzione agricola, che al massimo entro quarant’anni (2050) dovrà raddoppiare. Se ciò non avvenisse, la crisi alimentare degli ultimi due anni, che ha sconvolto moltissimi paesi in via di sviluppo, diventerà strutturale nel giro di due decenni e avrà serie conseguenze sia sulle relazioni economiche che su quelle di carattere sociale. Il che vuole dire effetti deleteri sulla stabilità e sulla sicurezza”. Il G-14 ha il compito di stimolare iniziative in questa nevralgica azione. Un preciso monito-invito affinché, prima il G-8 agricolo e poi il vertice dei “grandi” in programma nel prossimo luglio alla Maddalena, si prendano adeguate misure e si sviluppino valide strategie. Bisogna, infatti, prendere atto che la crescita demografica ha determinato negli ultimi anni un progressivo aumento del deficit alimentare, che si traduce, per i più poveri del Pianeta, in aumento delle importazioni cerealicole dei paesi occidentali. Le proiezioni di crescita della popolazione mondiale nei prossimi decenni confermano che la dipendenza alimentare dall’estero sarà, per i paesi in via di sviluppo, un elemento di grave crisi economica per molte aree. E questo avverrà anche in molti paesi che si affacciano nel Bacino del Mediterraneo. Il vertice del G-14, organizzato dalla Fipa e dalla Cia, dovrà insomma sciogliere questi complessi nodi e dare un concreto contributo. Per questa ragione i lavori, che si articoleranno in due tavole rotonde, avranno precisi temi da affrontare e dibattere: individuare una strategia comune per limitare l’impatto delle crisi alimentari; aumentare gli investimenti in agricoltura per incrementare la produttività aziendale nei paesi in via di sviluppo; rafforzare lo sviluppo rurale per ridurre la povertà; valutare e contrastare l’impatto della crisi finanziaria sull’agricoltura; innovare l’attività agricola per adattarla ai cambiamenti climatici in corso; utilizzare razionalmente le risorse idriche e sostenere lo sviluppo delle bioenergie che non hanno conseguenze sulle produzioni alimentari; gestire e prevenire i rischi in agricoltura; rafforzare il collegamento degli agricoltori ai mercati locali ed internazionali. (Edoardo Spera) 15 apr 2009 15:23

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Usa, Al tax day dilaga la protesta anti-fisco (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ma Obama annuncia rimodulazioni delle imposte a vantaggio dei ceti medio-baSSI Nel tax day divampa la protesta anti-fisco Sempre più numerosi negli Usa i «tea party» contro le richieste dell'erario. «Troppi aiuti alle banche» WASHINGTON Oggi è il «Tax day», il giorno delle tasse, il più temuto dagli americani dopo il giorno del giudizio, quello in cui si denunciano i redditi, e si paga lo Stato. Ma è un «Tax day» insolito perché nelle maggiori 300 città sono esplose dimostrazioni popolari di protesta contro il fisco. Le chiamano «tea parties» dalla rivolta di Boston del 1773 contro le tasse inglesi, quando decine di sacchi di tè furono rovesciati in acqua. Guidati da persone negli abiti della rivoluzione anticoloniale, qualcuna a cavallo, i cittadini marciano in tutti i 50 stati Usa. Un movimento spontaneo, che ha rifiutato strumentalizzazioni politiche vietando ai partiti di parteciparvi. I «tea parties» incominciarono a Seattle nello stato di Washington a febbraio, si ripeterono a Denver nel Colorado e a Mesa in Arizona, e si diffusero in altre parti della America. A un talk show della tv Cnbc, Rick Santelli, il moderatore, suggerì che il Paese li tenesse all'unisono il 4 luglio, Festa dell'indipendenza dall'Inghilterra. Ma il popolo di internet, che li aveva seguiti con attenzione crescente, ritenne più opportuno indirli prima, il «Tax day» appunto. Secondo il Wall street journal, il movimento ha attecchito anche all'estero: «tea parties» si svolgerebbero in altre 500 città del mondo. La molla della protesta è stata la crisi finanziaria ed economica. Sebbene il fisco, temutissimo per il suo pugno di ferro fu l'unico che riuscì a incastrare Al Capone, il re dei gangster anni Venti - abbia scelto una linea morbida consentendo ai contribuenti di rinviare di qualche mese la denuncia dei redditi e il pagamento delle tasse, l'America si è sentita penalizzata per gli abusi di Wall Street. Di qui le dimostrazioni anche contro gli enormi prestiti dello Stato alle banche e gli enormi investimenti per la ripresa dell'economia, fomentate dai repubblicani. La protesta non è stata condivisa da tutti: sul sito di Playboy qualcuno la ha attribuita a un'organizzazione segreta. In realtà, l'America non è uno dei Paesi più tassati al mondo, semmai è uno dei Paesi in cui le multinazionali e i super ricchi lo sono di meno: il prelievo massimo è del 34 per cento, cosa che fa ridere in Italia. Ma il suo odio per il fisco è viscerale. Rendendosene conto, Obama ha deciso di non lasciare la ribalta ai «tea parties». Oggi, mentre la gente marciava nelle strade, ha ribadito in un discorso alla nazione che riformerà il sistema fiscale a vantaggio dei ceti medio e basso. Le ha ricordato di avere già varato detrazioni fiscali per moltissime famiglie, aggiungendo che aumenterà le tasse solo per i redditi dei singoli superiori a 200 mila dollari e dei coniugi superiori ai 250 mila, e per i profitti delle «corporations». Come in Italia così in America il bilancio dello Stato è sempre più deficitario, e Obama deve trovare nuovi cespiti. Dai sondaggi, la politica fiscale del presidente ha il 62 per cento di gradimento. I «tea parties» non lo danneggiano semmai lo aiutano. Ennio Caretto stampa |

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USA/ CALO INASPETTATO DEI PREZZI AL CONSUMO IN MARZO - PUNTO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Usa/ Calo inaspettato dei prezzi al consumo in marzo - Punto di Apcom Analisti divisi su dinamica inflazionistica. -->New York, 15 apr. (Apcom) - I prezzi al consumo sono inaspettatamente scesi nel mese di marzo, portando il tasso di inflazione degli ultimi dodici mesi sui livelli piu' bassi da oltre mezzo secolo. La recessione dovrebbe tenere a freno l'inflazione, mentre i sempre piu' numerosi tagli alla forza lavoro smorzano le pressioni sui salari e la debolezza della domanda impedisce alle aziende di aumentare i prezzi. I dati del Dipartimento del Lavoro mostrano che nel mese scorso i prezzi al consumo sono scesi dello 0,1%, appesantiti dal calo dei prezzi dell'energia, che hanno offuscato il maggiore rialzo nei prezzi del tabacco in oltre un decennio. La performance e' risultata migliore delle attese degli economisti, che erano per un rialzo dello 0,1%. Negli ultimi dodici mesi i prezzi al consumo sono calati dello 0,4%, marcando il primo calo di queste dimensioni su base annuale da agosto 1955. L'inflazione "core", ovvero escludendo le voci energia ed alimentari, e' cresciuta dello 0,2% in marzo, eguagliando i rialzi degli ultimi tre mesi. Il dato si e' rivelato migliore delle stime degli economisti, che erano per un aumento dello 0,1%. Nell'ultimo anno l'inflazione "core" e' salita dell'1,8%. Mentre alcuni economisti hanno espresso il timore che la recessione possa inevitabilmente portare ad un calo dei prezzi, altri analisti sostengono che il rialzo dell'inflazione al netto di energia e alimentari sia un segnale chiaro del fatto che la deflazione non rappresenta una minaccia. Anzi, alcuni economisti temono che tutte le azioni intraprese dalla Federal Reserve per combattare la recessione e per uscire dalla peggiore crisi finanziaria in oltre 70 anni potrebbero in futuro spianare la strada all'inflazione. In un intervento tenuto ieri, il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha ribadito che la Banca Centrale e' sempre attenta alle eventuali minacce inflative ed e' pronta a rimuovere il piano di rilancio una volta che l'economia mostrera' segnali di stabilizzazione. Nel frattempo la stessa Federal Reserve ha annunciato che la produzione industriale del Paese e' scesa dell'1,5% a marzo, deludendo le attese del mercato che erano per una contrazione dello 0,9%. Si tratta del quinto calo mensile consecutivo. Fabbriche e miniere sono sempre meno attive, con la capacita' complessiva di utilizzazione degli impianti che e' scesa al 69,3% dal 70,3% del mese precedente, sui livelli piu' bassi da quando e' iniziata l'archiviziane dei dati, nel 1967.

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diciamolochiaro ha detto: Cos'ha in serbo Zappy per le cariche UE che stanno per scadere. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 107 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Domani a Piazza Affari: l'S&P/Mib dovrà superare area 18.000 per salire ancora pag.1 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 15-04-2009)

Argomenti: Crisi

Domani a Piazza Affari: l’S&P/Mib dovrà superare area 18.000 per salire ancora PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna Di Alberto Susic , 15.04.2009 21:17 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! importanti aggiornamenti sul fronte macro americano, dove si conosceranno le nuove richieste di sussidi di disoccupazione che dovrebbero salire a 658mila unità dalle 654mila dell’ultima lettura. Per i nuovi cantieri edili di marzo si prevede una flessione da 583mila a 543mila unità, mentre le licenze di costruzione dovrebbero salire da 547mila a 549mila unità. Infine, per l’indice Philadelphia Fed di aprile le stime parlano di un dato pari a -32 punti, in recupero dalla rilevazione precedente fermatasi a -35 punti. Sempre per domani si segnala un discorso di Dennis Lockhart, presidente della Fed di Atlanta, che parlerà sulla crisi finanziaria, e a prendere la parola sarà anche Janet Yellen, a capo della Fed di San Francisco. Sull’opposta sponda dell’Atlantico sono inoltre attese novità sul fronte delle trimestrali societarie, visto che si conosceranno i risultati di Jp Morgan che dovrebbe consegnare un utile per azione di 0,32 dollari. Dop ola chiusura di Wall Street si guarderà invece ai conti di Biogen e di Google che per non deludere le attese dovranno centrare l’obiettivo di un utile per azione rispettivamente di 1,01 e di 4,93 dollari. A Piazza Affari i riflettori saranno puntati ancora su Fiat in attesa della presentazione dei dati relative alle vendite di auto in Europa occidentale, che saranno diffusi dall’Acea in riferimento al mese di marzo. Da seguire anche le banche in vista dei conti di Jp Morgan e tra le blue chips segnaliamo anche STM che sicuramente risentirà della trimestrale che sarà presentata da Nokia in tarda mattinata. Sempre domani è prevista una riunione assembleare di Bulgari per l’approvazione dei dati di bilancio del 2008 e allo stesso appuntamento saranno chiamate diverse società a piccola e media capitalizzazione. Si tratta di: Actelios, Boero Bartolomeo, Bonifiche Ferraresi, segue pagina >>

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