CENACOLO DEI COGITANTI |
Chiuse 2 banche Usa
( da "Manifesto, Il"
del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dallo scoppio della crisi
finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le
banche americane costrette a chiudere i battenti. Le prime tre nel 2007 e poi,
tra sinistri scricchiolii, la crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche,
tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone poi via 25 nel 2008 e 23 solo
in questi primi mesi del 2009.
Il boss È LIEBERMAN
( da "Manifesto, Il"
del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: acme della crisi finanziaria
mondiale, oltrepassa il limite dell'assurdo. La nomina del numero 2 del Likud,
Silvan Shalom, a due nuovi incarichi ministeriali ha fatto di lui un nemico
mortale. Creando una lunga lista di ministeri, tanto nuovi quanto vuoti, solo
per distribuire poltrone ai suoi sodali, ha trasformato il governo in una
barzelletta (
CRISI/ WEN JIABAO: CINA
ASSISTE A GRADUALE RIPRESA ( da "Wall
Street Italia" del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi/ Wen Jiabao: Cina assiste a
"graduale ripresa" di Apcom Economia sta mostrando "cambiamenti
positivi", dice premier -->Roma, 12 apr. (Apcom) - L'economia della
Cina sta mostrando segnali di ripresa dalla crisi finanziaria globale. Lo ha dichiarato - come riporta il
sito internet della Bbc - il primo ministro del Paese,
agentediviaggi ha detto:
bentornato neurolittico, sono secoli che non ci si vede!
( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier
spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto
il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Thailandia, pugno di ferro
esercito contro manifestanti Bangkok
( da "Reuters Italia"
del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: riprendendo dal caos politico dello
scorso anno ed è alle prese con la crisi finanziaria globale. "Credo che i
giorni più bui nella storia della Thailandia debbano ancora venire", ha
commentato Prinn Panitchpakdi, un analista di Clsa Asia-Pacific. Il direttore
del Centro medico di Bangkok, Peeraphong Saicheau, ha detto che 77 persone sono
rimaste ferite negli scontri all'incrocio,
ARRIVI E PARTENZE AL
"SOLE","CORRIERE",TG1:STRONCATI
DAlLA VIA TRUCIS DEL BLA-BLA MIELI VEDE "QUALCHE BAGLIORE DI LUCE"-DE
BORTOLI SI CRITICA E POI SCARICA 205 RIGHE RIOTTAME: "QUA
( da "Dagospia.com" del
13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il racconto della crisi finanziaria
è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per
tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l'amministratore delegato Claudio
Calabi, e però anche l'ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche
l'ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l'editore liberale» Emma
Marcegaglia,
diciamolochiaro ha detto: Babe, 10 E LODE!! Anche Neurolittico è
positivo. Così dev'essere. ( da "KataWeb
News" del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Pensioni: Spesa aumenta, +1% del Pil nel triennio 2008-2010
( da "KataWeb News" del
13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incremento è dovuto principalmente
agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al
ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il
rapporto "Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e
socio-sanitario" che include le previsioni della Ragioneria Generale dello
Stato.
PENSIONI:SPESA
AUMENTA,+1% DEL PIL NEL TRIENNIO 2008-2010
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dovuto principalmente agli effetti
della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime
di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo e' il rapporto "Le tendenze
di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario" che
include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato.
neurolittico ha detto:
Caro Agente, ritrovarti qui è stato come incontrare un vecchio amico per le
strade del mondo! Devo pensare, peraltro, che se l'elegante torero di tanto
tempo ( da "KataWeb
News" del 13-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
( da "Manifesto, Il" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
CRISI Falliscono (23
nel 2009) Cape Fear (North Carolina) e New Frontier Bank (Colorado) Chiuse 2
banche Usa La crisi del credito americana resta acuta,
nonostante si intravedano «barlumi di speranza», come ha detto solo l'altroieri
il presidente americano Barack Obama. Altre due banche americane hanno
dichiarato fallimento, portando a 23 il numero degli istituti costretti a
chiudere dall'inizio del 2009. Nella notte di ieri le autorità hanno chiuso
Cape Fear Bank, in North Carolina, e New Frontier Bank, uno dei principali
istituti del Colorado. La prima, Cape Fear Bank, poteva contare su asset per
492 milioni di dollari e 403 milioni di dollari di depositi. Un istituto di
taglia small rispetto a New Frontier, che totalizzava asset per due miliardi di
dollari e depositi per circa 1,5 miliardi. Il tracollo di New Frontier
rappresenta (per ora) il maggior fallimento di questo 2009 del settore
bancario, dopo la chiusura della californiana Merced Bank, che contava asset
per 1,7 miliardi. Per far fronte all'emergenza, la Federal Deposit Insurance
(Fdic) - che aveva cercato invano un acquirente per New Frontier - ha dovuto
creare un istituto di soccorso, la Deposit Insurance National Bank di Greeley,
operativa per almeno un mese per consentire ai clienti di avere più tempo a
disposizione per trasferire i propri conti presso altri istituti. Si stima che
il collasso di New Frontier's costerà alla Fdic circa 670 milioni di dollari. Dallo scoppio della crisi finanziaria
innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane
costrette a chiudere i battenti. Le prime tre nel 2007 e poi, tra sinistri
scricchiolii, la crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il
gigante Lehman Brothers, spazzandone poi via 25 nel 2008 e 23 solo in questi
primi mesi del 2009. «C'è ancora molto lavoro da fare», aveva detto
venerdì Obama, annunciando ancora nuove misure a sostegno dell'economia e per
stabilizzare i mercati finanziari. Nel frattempo, è di
ieri un'altra brutta notizia per gli Stati Uniti: frena la crescita delle
riserve valutarie straniere in Cina. Nel primo trimestre si è registrato
l'incremento più basso da otto anni per via del marcato rallentamento delle
esportazioni e della crisi dell'economia che ha
determinato una riduzione degli investimenti esteri. La Banca Popolare della
Cina ha comunicato sul sito web che nei primi tre mesi del 2009 le riserve sono
cresciute di 7,7 miliardi di dollari, a 1.9537 miliardi. Un incremento così
debole non si vedeva dal secondo trimestre del 2001 e si raffronta al rialzo di
40 miliardi di dollari segnato nel quarto trimestre 2008. Nei primi tre mesi di
quest'anno il surplus commerciale cinese ha evidenziato un crollo del 45%
rispetto al trimestre precedente e il ridimensionamento delle riserve ufficiali
cinesi rischia di far diminuire gli investimenti di Pechino in titoli di stato
americani, proprio quando l'amministrazione Obama punta a vendere un ammontare
record di propri titoli per finanziare il piano di stimolo da quasi 800 miliardi
di dollari. Foto: OBAMA CON I CONSIGLIERI ECONOMICI /FOTO AP
( da "Manifesto, Il" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
NETANYAHU DIPENDE DA
AVIGDOR Il boss È LIEBERMAN Le prime mosse del
ministro degli esteri indicano che è lui il vero uomo forte del governo
israeliano. Il suo stile rude e violento fa avanzare le sue ambizioni
politiche. E la pace coi palestinesi s'allontana sempre di più Uri Avnery «Si
vis pacem, para bellum - se vuoi la pace, prepara la guerra» ha dichiarato il
nuovo ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman. Quando un diplomatico
cita questa massima latina, il mondo non presta attenzione alla prima parte, ma
solo alla seconda. Provenendo dalla bocca del già tristemente famoso Lieberman,
la frase era chiaramente una minaccia: il nuovo governo sta imboccando un
percorso di guerra, non di pace.Con queste parole Lieberman ha negato il
discorso di Netanyahu (che aveva affermato di volere la pace coi palestinesi) e
ha conquistato i titoli di tutto il mondo. Ha confermato le peggiori
preoccupazioni legate alla nascita di questo esecutivo. Non contento di citare
i latini, egli ha spiegato specificamente il motivo per cui ha usato questa
massima. Le concessioni, ha detto, non portano la pace, ma piuttosto il suo
contrario. Il mondo ha rispettato e ammirato Israele quando ha vinto la guerra dei sei giorni. Due ragionamenti falsati in una sola frase.
Restituire i territori occupati non è una «concessione». Quando un ladro è
obbligato a restituire una proprietà rubata, o quando una persona sgombera un
appartamento che non le appartiene dopo averlo occupato abusivamente, questa
non è una «concessione». E l'ammirazione per Israele nel 1967 proveniva da un
mondo che ci vedeva come un paese piccolo e coraggioso, un paese che aveva
resistito a eserciti potenti decisi a distruggerci. Ma oggi Israele appare come
un brutale Golia, mentre i palestinesi sotto occupazione sono visti come un
Davide con la sua fionda, che combatte per la propria vita. Con questo
discorso, Lieberman è riuscito ad attirare l'attenzione del mondo, ma ancor più
è riuscito a umiliare Netanyahu. Ha dimostrato che le dichiarazioni pacifiche
del nuovo primo ministro non erano altro che bolle di sapone. Tuttavia il mondo
vuole essere ingannato. Un portavoce della Casa Bianca ha annunciato che per
quanto riguarda l'amministrazione americana, è il bla-bla-bla
di Netanyahu che conta, e non il linguaggio diretto di Lieberman. E Hillary
Clinton non si è vergognata di chiamare Lieberman per fargli le congratulazioni
nel giorno dell'insediamento. Questa è stata la prima prova di forza dentro il
triangolo Netanyahu-Lieberman-Barak. Lieberman ha
dimostrato il suo disprezzo sia per Netanyahu che per Barak. La sua base
politica è salda, perché lui è l'unica persona che può far cadere il governo in
qualunque momento. Dopo il dibattito della Knesset sul nuovo governo, solo 69
membri hanno votato a favore. Se aggiungiamo i cinque membri laburisti che
«erano presenti ma non hanno partecipato al voto» (un espediente meno negativo
dell'astensione), il governo ha 74 voti. Ciò significa: senza i 15 membri di
Lieberman, il governo non ha la maggioranza. Col suo discorso Lieberman ha
detto a Netanyahu: Se pensi di chiudermi la bocca, scordatelo. Di fatto, ha
puntato una pistola alla testa di Netanyahu - in questo caso, potrebbe essere
una Luger Parabellum tedesca, una pistola il cui nome deriva dal motto latino.
La portata della sfrontatezza di Lieberman è risultata evidente solo un'ora più
tardi. Dal ministero degli Esteri, egli è corso a un'altra cerimonia per il
passaggio delle consegne tra i ministri, questa volta al ministero per la
Sicurezza interna. Che cosa doveva fare lì? Niente. È estremamente inusuale che
un ministro partecipi alla cerimonia in un altro ministero. È vero, il nuovo
ministro della sicurezza interna, Yitzhak Aharonovitch, appartiene al partito
di Lieberman, ma questo non è rilevante. L'enigma è stato svelato il giorno
dopo, quando il neo-insediato ministro degli Esteri ha trascorso sette ore in
una stanza degli interrogatori della polizia, rispondendo a domande su sospetta
corruzione, riciclaggio di denaro sporco e simili, in
relazione a ingenti somme di denaro che sono state trasferite dall'estero a una
società appartenente alla sua figlia 23enne. Sarebbe difficile vedere la sua
apparizione alla cerimonia del ministero della polizia come qualcosa di diverso
da una minaccia cruda e sfacciata contro coloro che
avrebbero dovuto interrogarlo il mattino dopo. La sua presenza equivaleva a
dichiarare: sono io l'uomo che ha nominato il ministro che ora decide di
ciascuna delle vostre carriere, che decide se dovete essere promossi o se la
vostra carriera deve finire. E lo stesso messaggio è andato ai giudici: ho
nominato io il nuovo ministro della Giustizia, e sarò io a decidere sulla
promozione di tutti voi. Tutto questo mi ricorda un ricevimento diplomatico
presso l'ambasciata egiziana, esattamente 10 anni fa. Lì incontrai la maggior
parte dei membri del nuovo governo che era stato appena varato da Ehud Barak.
Erano tutti depressi. Barak aveva fatto una cosa al limite del sadismo: aveva
nominato ogni ministro al posto meno adatto. Il professor Shlomo Ben-Ami, una persona
gentile ed educata, era stato nominato ministro della Sicurezza interna (e in
quell'incarico fallì miseramente durante i disordini dell'ottobre 2000, quando
non riuscì a impedire che la sua polizia uccidesse una dozzina di cittadini
arabi). Yossi Beilin, un diplomatico dalla mente molto fertile, candidato
naturale per il ministero degli Esteri, fu nominato ministro della giustizia. E
così via. In privato, tutti espressero la loro amarezza nei confronti di Barak.
Ora Netanyahu ha battuto Barak. La nomina di Lieberman come ministro degli
esteri sconfina nella perversione. La nomina di Yuval Steinitz, professore di
filosofia e amico personale della moglie di Netanyahu, Sarah, un uomo privo di
qualunque esperienza in campo economico, come Ministro del Tesoro, all'acme della crisi
finanziaria mondiale, oltrepassa il limite
dell'assurdo. La nomina del numero 2 del Likud, Silvan Shalom, a due nuovi
incarichi ministeriali ha fatto di lui un nemico mortale. Creando una lunga
lista di ministeri, tanto nuovi quanto vuoti, solo per distribuire poltrone ai
suoi sodali, ha trasformato il governo in una barzelletta («un ministro
per la posta in entrata e un ministro per la posta in uscita»). Ma un governo
non è una barzelletta. E Lieberman non è una barzelletta. Tutt'altro. Già al
suo primo giorno ha chiarito che lui - lui e non Netanyahu o Barak - deciderà
lo stile del nuovo governo. Egli manterrà in vita questo governo finché gli
converrà, e lo farà cadere nel momento in cui sentirà di poter conquistare il
potere assoluto andando a nuove elezioni. Il suo stile rude e violento è
naturale e calcolato a un tempo. Punta a minacciare, a fare leva sui tipi più
primitivi presenti nella società, ad attirare l'attenzione pubblica e a
garantire la copertura dei media. Questa settimana sono state citate
ripetutamente alcune passate dichiarazioni di Lieberman. Una volta ha proposto
di bombardare l'enorme diga di Aswan, un atto che avrebbe causato una terribile
inondazione, uno tsunami, uccidendo molti milioni di egiziani. Un'altra volta
ha proposto di intimare un ultimatum ai palestinesi: alle otto del mattino
bombarderemo i vostri centri commerciali, a mezzogiorno i vostri distributori
di benzina, alle due del pomeriggio le vostre banche, e così via. Ha proposto
di affogare migliaia di prigionieri palestinesi, offrendosi di fornire gli
autobus necessari per portarli fino alla costa. Un'altra volta ha proposto di
deportare il 90% dei cittadini israeliani arabi, che sono un milione e
duecentomila. Recentemente ha detto al presidente egiziano, Hosni Mubarak, uno
degli alleati più fidati della leadership israeliana, di «andare all'inferno».
Nella recente campagna elettorale il suo programma ufficiale conteneva la
richiesta di annullare la cittadinanza di qualunque arabo che non abbia dimostrato
la propria lealtà a Israele. Questo è stato anche il suo slogan principale. Un
altro richiamo alla memoria dei programmi di certi partiti consegnati alla
storia. Va poi aggiunta la sua aperta ostilità nei confronti delle «élite»
israeliane e di tutto ciò che è legato ai fondatori dello stato di Israele.
Qual è la soluzione di Lieberman allo storico conflitto arabo-israeliano? In
passato ha parlato di un sistema di «cantoni» per i palestinesi. Dovrebbero
vivere in varie enclave in Cisgiordania e nella
Striscia di Gaza, scollegate tra loro e dominate da Israele. Nessuno stato
palestinese, naturalmente, nessuna Gerusalemme Est araba. Ha persino proposto
di aggiungere a questi cantoni alcune zone di Israele densamente abitate dalla
popolazione palestinese, la cui cittadinanza israeliana verrebbe revocata.
Tutto ciò non è così lontano dalle idee di Sharon né da quelle di Netanyahu, il
quale dichiara che i palestinesi «si governeranno da soli» - naturalmente senza
uno stato, senza una moneta, senza poter controllare i propri confini, senza
porti né aeroporti. Durante la cerimonia presso il ministero degli Esteri,
Lieberman ha dichiarato che l'accordo di Annapolis, che era stato dettato dal
presidente Bush, non è valido, e che solo la «Road Map» conta. I portavoce del
ministero degli Esteri si sono affrettati a spiegare che la «Road Map» parla
anch'essa di «due stati». Essi hanno dimenticato di ricordare al mondo che il
governo israeliano ha «accettato» la Road Map solo con 14 clausole che la
privano di qualunque contenuto. Ad esempio: che i palestinesi devono
«distruggere l'infrastruttura terroristica» (in che consiste? chi decide?) prima che Israele faccia qualunque mossa,
compreso il congelamento degli insediamenti. (Torna
alla mente quell'ebreo ricco dello shtetl che dettava il suo testamento
suddividendo le sue ricchezze tra parenti e amici, e aggiungeva: «In caso di
mia morte, questo testamento sarà nullo».) Per quanto riguarda il conflitto
israelo-palestinese, la controversia tra Olmert e Livni da una parte, e
Netanyahu e Lieberman dall'altra, riguarda la tattica piuttosto che la
strategia. La strategia che li accomuna tutti quanti è impedire la creazione di
uno stato palestinese normale, libero e praticabile. Tzipi Livni era per una
tattica di negoziati infiniti, abbellita da pronunciamenti sulla pace e sui
«due stati nazionali». Non per niente, Netanyahu la prende in giro: «Hai avuto tanti anni per raggiungere un accordo con i
palestinesi. Perché allora non l'hai fatto?». Questo
non è un dibattito sulla pace, ma su un «processo di pace». Ma nel frattempo
Tzipi Livni si dedica al suo nuovo ruolo di leader dell'opposizione. I suoi
primi discorsi sono stati vigorosi, incisivi. Presto vedremo se saprà riempire
questo ruolo di contenuti. Se dover parlare di pace la convincerà del suo
valore, e farà di lei una alternativa reale al governo
di Lieberman e della Liebermania. Traduzione Marina Impallomeni
( da "Wall Street Italia"
del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi/ Wen Jiabao:
Cina assiste a "graduale ripresa" di Apcom Economia sta mostrando
"cambiamenti positivi", dice premier -->Roma, 12 apr. (Apcom) -
L'economia della Cina sta mostrando segnali di ripresa dalla crisi
finanziaria globale. Lo ha dichiarato - come riporta il sito internet
della Bbc - il primo ministro del Paese, Wen Jiabao. L'economia sta mostrando
"cambiamenti positivi" ma ha ancora di fronte a sè "difficoltà
molto grandi", ha detto a margine del vertice Asean (Associazione dei
Paesi del sudest asiatico) nella città tailandese di Pattaya, che è stato
cancellato. La Cina ha già messo in atto un "pacchetto di stimolo"
dell'equivalente di 585 miliardi di dollari per incrementare l'attività
economica. Wen ha inoltre annunciato che aumenterà la spesa se fosse necessario
per dare spinta all'economia. Malgrado i suoi
problemi, l'economia della Cina - la terza del mondo - dovrebbe crescere di
almeno il 5 per cento quest'anno secondo le previsioni, in netto contrasto con
molte economie globali importanti che sono in contrazione. L'economia, ha
osservato Wen, ha mostrato "cambiamenti positivi migliori del previsto nel
primo trimestre". Citando un miglioramento nei dati su investimenti,
consumi e scambi, il primo ministro cinese ha indicato che alcuni settori
dell'economia "sono nel processo di graduale ripresa". Ha poi ammesso
che mentre la crisi globale si sta espandendo, la Cina
ne ha forse già visto il lato peggiore. "Dal momento che la crisi non ha toccato il suo fondo, possiamo quasi dire che
l'economia cinese da sola è uscita dalla crisi",
ha aggiunto. Il capo del governo ha comunque chiarito che il Paese è preparato
a mettere in atto altre misure per garantire che l'economia continui a
stabilizzarsi: "Ciò che dobbiamo fare", ha spiegato, "è
ricorrere ai nostri massimi sforzi per minimizzare gli effetti della crisi". Giorni fa il presidente Barack Obama ha detto
da parte sua di notare "bagliori di speranza" nell'economia degli
Stati Uniti. Oggi la Banca popolare cinese, l'istituto di credito centrale del
Paese, ha inoltre annunciato che garantirà che il sistema finanziario abbia
sufficiente liquidità per lo sviluppo economico.
( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone.. Spagnoli ci avete
scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick —
102 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti
ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El
Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo
spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è
opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo
faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente
filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico
italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di
denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa;
come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli
spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di
stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José
Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei
siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi
minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei
super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene
per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante
rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il
presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si
sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato;
che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del
partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la
butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele,
se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet
naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno
dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito
«l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea
per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il
sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e
«in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se
l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia
spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi
profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal
governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom
economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno,
accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di
massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima
mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo
milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46
milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha
cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre
prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Reuters Italia"
del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
di Martin Petty BANGKOK (Reuters) -
Le truppe thailandesi oggi hanno sparato ripetutamente in aria nel centro di
Bangkok, costringendo i manifestanti che protestano contro il governo a
liberare un importante snodo del traffico, in una prima manifestazione di forza
da quando è stata dichiarata l'emergenza. I manifestanti, che indossano maglie
rosse, avevano dato alle fiamme un autobus e lanciato molotov contro le forze
di sicurezza all'incrocio di Din Daeng, prima che l'esercito rispondesse,
secondo quanto riferito da testimoni. Gli scontri, due giorni dopo che le
manifestazioni di protesta hanno spinto a cancellare un vertice asiatico, hanno
minato la fiducia nel Paese, che si stava ancora riprendendo
dal caos politico dello scorso anno ed è alle prese con la crisi finanziaria globale. "Credo che i giorni più bui nella storia della
Thailandia debbano ancora venire", ha commentato Prinn Panitchpakdi, un
analista di Clsa Asia-Pacific. Il direttore del Centro medico di Bangkok,
Peeraphong Saicheau, ha detto che 77 persone sono rimaste ferite negli scontri
all'incrocio, iniziati poco prima dell'alba. Due civili e due soldati
hanno ferite da arma da fuoco. L'incrocio è una parte cruciale del sistema del
traffico di Bangkok, anche se quella odierna è la prima di tre giornate di
vacanza per il Nuovo anno thailandese e molte persone sono già partite. I
mercati finanziari sono chiusi fino a giovedì. Le truppe sono avanzate con
cannoni ad acqua dopo che i manifestanti che sostengono l'ex primo ministro
Thaksin Shinawatra avevano versato del carburante in strada, minacciando di incendiarlo
se i soldati si fossero avvicinati. Alla fine le truppe sono riuscite a far
allontanare i manifestanti, arrestandone diversi e strappando loro le maglie
rosse. Continua...
( da "Dagospia.com" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
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articolo --> ARRIVI E PARTENZE AL SOLE,CORRIERE,TG1:STRONCATI DAlLA VIA TRUCIS DEL BLA-BLA - MIELI VEDE
QUALCHE BAGLIORE DI LUCE-DE BORTOLI SI CRITICA E POI SCARICA 205
RIGHE - RIOTTAME: QUANDO LITALIA GIOISCE, GIOISCE COL TG1, QUANDO PIANGE, PIANGE COL TG1
- Filippo Facci per Il Giornale filippo facci Certi direttori di giornali & telegiornali ormai sono come
i personaggi delle opere verdiane: «Addio, addio» e poi son sempre lì, spesso
sempre gli stessi, protesi a ringraziare e complimentarsi tra loro. La
cerimonia dei commiati e degli insediamenti ci ha già sufficientemente
stroncato nei giorni scorsi, a margine dei cambi di poltrona al Tg1 e al
Corsera e al Sole 24Ore: ma se il siparietto dovesse ripetersi anche per i
prossimi cambi in Rai potremmo davvero non farcela. Ferruccio De Bortoli Ne
pareva consapevole, l'altro ieri, Ferruccio de Bortoli: nell'accomiatarsi dalla
direzione del Sole 24Ore ammetteva infatti che «Questi
pezzi non si dovrebbero scrivere»: ma lo stesso pezzo, poi, era di un
chilometro e mezzo. «Anni fa», scriveva, «venne a
trovarmi un editore che raccoglieva gli articoli di insediamento e di commiato
dei direttori dei giornali. C'erano anche i miei. Lo sfogliai e mi misi le mani
nei capelli. Una noia mortale. Una distesa di retorica».
Ecco, appunto: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo
giornale («Il racconto della crisi finanziaria
è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per
tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l'amministratore delegato Claudio
Calabi, e però anche l'ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche
l'ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l'editore liberale» Emma
Marcegaglia, e come dimenticare Luca di Montezemolo? Come non
menzionare i vicedirettori Gianfranco Fabi, Edoardo De
Blasi, Alberto Oioli ed Elia Zamboni? De Bortoli, oltretutto, torna al Corriere
per la seconda volta al posto del pure bi-direttore Paolo Mieli, di cui a sua
volta non avremmo potuto perderci il commiato dal Corsera. Eccolo:
ringraziamenti «alla proprietà, a un editore e soprattutto a una magnifica
redazione» e un caloroso benvenuto «a un professionista coi fiocchi che io ben conosco, Ferruccio de Bortoli». Bravi, bello. Seguiva, com'è
abitudine consolidata in ogni commiato da direttore moderato, una nota di
pacato ottimismo: finalmente «si intravede qualche bagliore di luce», ha
spiegato Mieli. E meno male che non ha scritto «luce in fondo al tunnel», come
pure prescrive il galateo del commiato direttoriale: nessuno del resto
abbandonerebbe una direzione scrivendo «vi attende un periodo orribile».
Montezemolo L'ha confermato lo stesso de Bortoli, nel suo articolo di
insediamento al Corriere: «Quell'Italia che ce la fa», era il titolo
think-positive riferito al Paese e probabilmente a un certo giro di direttori.
Di seguito, da contratto, le solite balle istituzionali sul Corriere «onesto,
serio e costruttivo, un'autentica istituzione di garanzia del Paese» senza
ovviamente disdegnare un cordiale evviva per l'amico Paolo Mieli che «questi
valori li ha conservati in una fase difficile nel rapporto fra informazione e
potere, gli va reso merito». Bello, bravi. Però occorre considerare che al
posto di de Bortoli, al Sole 24 Ore, è arrivato Gianni
Riotta direttamente dal Tg1: sotto allora con il suo articoletto di
insediamento, pietosamente breve: giusto il tempo di apprendere che sarà felice
«di lavorare nella stagione che trasformerà il mondo» giacché «la fine della
Guerra Fredda ha avviato un processo tumultuoso di cui si vanno esaminando ora
soprattutto gli aspetti negativi, dimenticando, in quella che il poeta
Enzensberger chiama "furia della caducità"... ». E ce lo facciamo
bastare. paolo mieli Ordunque: il commiato di de
Bortoli al Sole (205 righe) e l'insediamento di Riotta al Sole (20 righe) e il
commiato di Mieli al Corsera (60 righe) e l'insediamento di de Bortoli al
Corsera (120 righe) e in tutto questo manca ancora il fondamentale commiato di
Riotta dal Tg1. Lo recuperiamo su Youtube. E doveva essere emozionato, poverino:
«Il servizio pubblico è cruciale alla libertà dell'informazione nel nostro
Paese». Cruciale alla ? E poi grazie, grazie, grazie:
«Grazie alla Rai, ai colleghi, ma soprattutto voglio ringraziare voi, i miei
ultimi giorni hanno coinciso giorno e notte con la tragedia di Abruzzo». Di
Abruzzo? «Ringrazio le mie colleghe e i miei colleghi che hanno garantito in
questa difficile fase politica equilibrio e raziocinio: il tutto con me,
direttore analfabeta di televisione». Lo dice pure. Gianni Riotta «Quando l'Italia
gioisce, gioisce con il Tg1, quando si informa, si informa con il Tg1, e quando
piange, come voi avete pianto in queste ore, piange con il Tg1». E ride pure,
aggiungiamo. Ma non crediate che ulteriori ringraziamenti vi verranno
risparmiati: «Di questa passione ed entusiasmo io mi...
io vi ringrazio. E mi devo scusare con tutti voi per tutte le volte che per mia
colpa e per mia ignoranza non sono stato capace di essere all'altezza di voi».
Di voi. «Un pubblico così meraviglioso, un pubblico a cui voglio bene, gli
voglio bene come comunità, ma voglio poi bene proprio a tutti voi ascoltatori,
a lei a lei e a lei, a te e a te e a te». Totale: 2 minuti e 9 secondi. Avanti
il prossimo. [13-04-2009]
( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone.. Spagnoli ci avete
scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick —
103 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti
ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El
Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo
spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è
opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo
faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente
filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico
italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di
denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa;
come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli
spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di
stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José
Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei
siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi
minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei
super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene
per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante
rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il
presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si
sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato;
che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del
partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta
sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele,
se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet
naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno
dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito
«l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea
per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il
sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e
«in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico
Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pensioni:
Spesa aumenta, +1% del Pil nel triennio 2008-2010 13 aprile 2009 alle 17:49 —
Fonte: repubblica.it — 0 commenti In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa
per pensioni lievita fino ad un 1% in più rispetto al Pil: l'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di
crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto "Le
tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e
socio-sanitario" che include le previsioni della Ragioneria Generale dello
Stato. "La
crescita del rapporto spesa/Pil nel triennio iniziale del periodo di previsione
(2008-2010) -- si legge nello studio -- è di circa 1,1 punti percentuali; tale
incremento è imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso di
variazione annuo del Pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio
2008-2009)". AGI
( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
PENSIONI:SPESA AUMENTA,+1% DEL PIL NEL TRIENNIO 2008-2010 (AGI) -
Roma, 13 apr. - In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni
lievita fino ad un 1% in piu' rispetto al Pil: l'incremento e' dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di
crescita del Pil in questo triennio. A dirlo e' il rapporto "Le tendenze
di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario" che
include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. "La
crescita del rapporto spesa/Pil nel triennio iniziale del periodo di previsione
(2008-2010) - si legge nello studio - e' di circa 1,1 punti percentuali; tale
incremento e' imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso
di variazione annuo del Pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio
2008-2009)". 13/04/2009 - 17:32
( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone.. Spagnoli ci avete
scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick —
104 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti
ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El
Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo
spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è
opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo
faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente
filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico
italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di
denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa;
come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli
spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di
stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José
Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei
siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi
minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei
super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene
per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante
rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il
presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si
sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato;
che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del
partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la
butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele,
se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet
naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno
dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito
«l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea
per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il
sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e
«in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se
l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia
spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi
profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal
governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom
economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da