CENACOLO  DEI  COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

CRONOLOGICA

 

 


Report "crisi"   13-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Chiuse 2 banche Usa ( da "Manifesto, Il" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dallo scoppio della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane costrette a chiudere i battenti. Le prime tre nel 2007 e poi, tra sinistri scricchiolii, la crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone poi via 25 nel 2008 e 23 solo in questi primi mesi del 2009.

Il boss È LIEBERMAN ( da "Manifesto, Il" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: acme della crisi finanziaria mondiale, oltrepassa il limite dell'assurdo. La nomina del numero 2 del Likud, Silvan Shalom, a due nuovi incarichi ministeriali ha fatto di lui un nemico mortale. Creando una lunga lista di ministeri, tanto nuovi quanto vuoti, solo per distribuire poltrone ai suoi sodali, ha trasformato il governo in una barzelletta (

CRISI/ WEN JIABAO: CINA ASSISTE A GRADUALE RIPRESA ( da "Wall Street Italia" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi/ Wen Jiabao: Cina assiste a "graduale ripresa" di Apcom Economia sta mostrando "cambiamenti positivi", dice premier -->Roma, 12 apr. (Apcom) - L'economia della Cina sta mostrando segnali di ripresa dalla crisi finanziaria globale. Lo ha dichiarato - come riporta il sito internet della Bbc - il primo ministro del Paese,

agentediviaggi ha detto: bentornato neurolittico, sono secoli che non ci si vede! ( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Thailandia, pugno di ferro esercito contro manifestanti Bangkok ( da "Reuters Italia" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: riprendendo dal caos politico dello scorso anno ed è alle prese con la crisi finanziaria globale. "Credo che i giorni più bui nella storia della Thailandia debbano ancora venire", ha commentato Prinn Panitchpakdi, un analista di Clsa Asia-Pacific. Il direttore del Centro medico di Bangkok, Peeraphong Saicheau, ha detto che 77 persone sono rimaste ferite negli scontri all'incrocio,

ARRIVI E PARTENZE AL "SOLE","CORRIERE",TG1:STRONCATI DAlLA VIA TRUCIS DEL BLA-BLA MIELI VEDE "QUALCHE BAGLIORE DI LUCE"-DE BORTOLI SI CRITICA E POI SCARICA 205 RIGHE RIOTTAME: "QUA ( da "Dagospia.com" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l'amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l'ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l'ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l'editore liberale» Emma Marcegaglia,

diciamolochiaro ha detto: Babe, 10 E LODE!! Anche Neurolittico è positivo. Così dev'essere. ( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Pensioni: Spesa aumenta, +1% del Pil nel triennio 2008-2010 ( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto "Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario" che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato.

PENSIONI:SPESA AUMENTA,+1% DEL PIL NEL TRIENNIO 2008-2010 ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo e' il rapporto "Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario" che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato.

neurolittico ha detto: Caro Agente, ritrovarti qui è stato come incontrare un vecchio amico per le strade del mondo! Devo pensare, peraltro, che se l'elegante torero di tanto tempo ( da "KataWeb News" del 13-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,


Articoli

Chiuse 2 banche Usa (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI Falliscono (23 nel 2009) Cape Fear (North Carolina) e New Frontier Bank (Colorado) Chiuse 2 banche Usa La crisi del credito americana resta acuta, nonostante si intravedano «barlumi di speranza», come ha detto solo l'altroieri il presidente americano Barack Obama. Altre due banche americane hanno dichiarato fallimento, portando a 23 il numero degli istituti costretti a chiudere dall'inizio del 2009. Nella notte di ieri le autorità hanno chiuso Cape Fear Bank, in North Carolina, e New Frontier Bank, uno dei principali istituti del Colorado. La prima, Cape Fear Bank, poteva contare su asset per 492 milioni di dollari e 403 milioni di dollari di depositi. Un istituto di taglia small rispetto a New Frontier, che totalizzava asset per due miliardi di dollari e depositi per circa 1,5 miliardi. Il tracollo di New Frontier rappresenta (per ora) il maggior fallimento di questo 2009 del settore bancario, dopo la chiusura della californiana Merced Bank, che contava asset per 1,7 miliardi. Per far fronte all'emergenza, la Federal Deposit Insurance (Fdic) - che aveva cercato invano un acquirente per New Frontier - ha dovuto creare un istituto di soccorso, la Deposit Insurance National Bank di Greeley, operativa per almeno un mese per consentire ai clienti di avere più tempo a disposizione per trasferire i propri conti presso altri istituti. Si stima che il collasso di New Frontier's costerà alla Fdic circa 670 milioni di dollari. Dallo scoppio della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane costrette a chiudere i battenti. Le prime tre nel 2007 e poi, tra sinistri scricchiolii, la crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone poi via 25 nel 2008 e 23 solo in questi primi mesi del 2009. «C'è ancora molto lavoro da fare», aveva detto venerdì Obama, annunciando ancora nuove misure a sostegno dell'economia e per stabilizzare i mercati finanziari. Nel frattempo, è di ieri un'altra brutta notizia per gli Stati Uniti: frena la crescita delle riserve valutarie straniere in Cina. Nel primo trimestre si è registrato l'incremento più basso da otto anni per via del marcato rallentamento delle esportazioni e della crisi dell'economia che ha determinato una riduzione degli investimenti esteri. La Banca Popolare della Cina ha comunicato sul sito web che nei primi tre mesi del 2009 le riserve sono cresciute di 7,7 miliardi di dollari, a 1.9537 miliardi. Un incremento così debole non si vedeva dal secondo trimestre del 2001 e si raffronta al rialzo di 40 miliardi di dollari segnato nel quarto trimestre 2008. Nei primi tre mesi di quest'anno il surplus commerciale cinese ha evidenziato un crollo del 45% rispetto al trimestre precedente e il ridimensionamento delle riserve ufficiali cinesi rischia di far diminuire gli investimenti di Pechino in titoli di stato americani, proprio quando l'amministrazione Obama punta a vendere un ammontare record di propri titoli per finanziare il piano di stimolo da quasi 800 miliardi di dollari. Foto: OBAMA CON I CONSIGLIERI ECONOMICI /FOTO AP

Torna all'inizio


Il boss È LIEBERMAN (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

NETANYAHU DIPENDE DA AVIGDOR Il boss È LIEBERMAN Le prime mosse del ministro degli esteri indicano che è lui il vero uomo forte del governo israeliano. Il suo stile rude e violento fa avanzare le sue ambizioni politiche. E la pace coi palestinesi s'allontana sempre di più Uri Avnery «Si vis pacem, para bellum - se vuoi la pace, prepara la guerra» ha dichiarato il nuovo ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman. Quando un diplomatico cita questa massima latina, il mondo non presta attenzione alla prima parte, ma solo alla seconda. Provenendo dalla bocca del già tristemente famoso Lieberman, la frase era chiaramente una minaccia: il nuovo governo sta imboccando un percorso di guerra, non di pace.Con queste parole Lieberman ha negato il discorso di Netanyahu (che aveva affermato di volere la pace coi palestinesi) e ha conquistato i titoli di tutto il mondo. Ha confermato le peggiori preoccupazioni legate alla nascita di questo esecutivo. Non contento di citare i latini, egli ha spiegato specificamente il motivo per cui ha usato questa massima. Le concessioni, ha detto, non portano la pace, ma piuttosto il suo contrario. Il mondo ha rispettato e ammirato Israele quando ha vinto la guerra dei sei giorni. Due ragionamenti falsati in una sola frase. Restituire i territori occupati non è una «concessione». Quando un ladro è obbligato a restituire una proprietà rubata, o quando una persona sgombera un appartamento che non le appartiene dopo averlo occupato abusivamente, questa non è una «concessione». E l'ammirazione per Israele nel 1967 proveniva da un mondo che ci vedeva come un paese piccolo e coraggioso, un paese che aveva resistito a eserciti potenti decisi a distruggerci. Ma oggi Israele appare come un brutale Golia, mentre i palestinesi sotto occupazione sono visti come un Davide con la sua fionda, che combatte per la propria vita. Con questo discorso, Lieberman è riuscito ad attirare l'attenzione del mondo, ma ancor più è riuscito a umiliare Netanyahu. Ha dimostrato che le dichiarazioni pacifiche del nuovo primo ministro non erano altro che bolle di sapone. Tuttavia il mondo vuole essere ingannato. Un portavoce della Casa Bianca ha annunciato che per quanto riguarda l'amministrazione americana, è il bla-bla-bla di Netanyahu che conta, e non il linguaggio diretto di Lieberman. E Hillary Clinton non si è vergognata di chiamare Lieberman per fargli le congratulazioni nel giorno dell'insediamento. Questa è stata la prima prova di forza dentro il triangolo Netanyahu-Lieberman-Barak. Lieberman ha dimostrato il suo disprezzo sia per Netanyahu che per Barak. La sua base politica è salda, perché lui è l'unica persona che può far cadere il governo in qualunque momento. Dopo il dibattito della Knesset sul nuovo governo, solo 69 membri hanno votato a favore. Se aggiungiamo i cinque membri laburisti che «erano presenti ma non hanno partecipato al voto» (un espediente meno negativo dell'astensione), il governo ha 74 voti. Ciò significa: senza i 15 membri di Lieberman, il governo non ha la maggioranza. Col suo discorso Lieberman ha detto a Netanyahu: Se pensi di chiudermi la bocca, scordatelo. Di fatto, ha puntato una pistola alla testa di Netanyahu - in questo caso, potrebbe essere una Luger Parabellum tedesca, una pistola il cui nome deriva dal motto latino. La portata della sfrontatezza di Lieberman è risultata evidente solo un'ora più tardi. Dal ministero degli Esteri, egli è corso a un'altra cerimonia per il passaggio delle consegne tra i ministri, questa volta al ministero per la Sicurezza interna. Che cosa doveva fare lì? Niente. È estremamente inusuale che un ministro partecipi alla cerimonia in un altro ministero. È vero, il nuovo ministro della sicurezza interna, Yitzhak Aharonovitch, appartiene al partito di Lieberman, ma questo non è rilevante. L'enigma è stato svelato il giorno dopo, quando il neo-insediato ministro degli Esteri ha trascorso sette ore in una stanza degli interrogatori della polizia, rispondendo a domande su sospetta corruzione, riciclaggio di denaro sporco e simili, in relazione a ingenti somme di denaro che sono state trasferite dall'estero a una società appartenente alla sua figlia 23enne. Sarebbe difficile vedere la sua apparizione alla cerimonia del ministero della polizia come qualcosa di diverso da una minaccia cruda e sfacciata contro coloro che avrebbero dovuto interrogarlo il mattino dopo. La sua presenza equivaleva a dichiarare: sono io l'uomo che ha nominato il ministro che ora decide di ciascuna delle vostre carriere, che decide se dovete essere promossi o se la vostra carriera deve finire. E lo stesso messaggio è andato ai giudici: ho nominato io il nuovo ministro della Giustizia, e sarò io a decidere sulla promozione di tutti voi. Tutto questo mi ricorda un ricevimento diplomatico presso l'ambasciata egiziana, esattamente 10 anni fa. Lì incontrai la maggior parte dei membri del nuovo governo che era stato appena varato da Ehud Barak. Erano tutti depressi. Barak aveva fatto una cosa al limite del sadismo: aveva nominato ogni ministro al posto meno adatto. Il professor Shlomo Ben-Ami, una persona gentile ed educata, era stato nominato ministro della Sicurezza interna (e in quell'incarico fallì miseramente durante i disordini dell'ottobre 2000, quando non riuscì a impedire che la sua polizia uccidesse una dozzina di cittadini arabi). Yossi Beilin, un diplomatico dalla mente molto fertile, candidato naturale per il ministero degli Esteri, fu nominato ministro della giustizia. E così via. In privato, tutti espressero la loro amarezza nei confronti di Barak. Ora Netanyahu ha battuto Barak. La nomina di Lieberman come ministro degli esteri sconfina nella perversione. La nomina di Yuval Steinitz, professore di filosofia e amico personale della moglie di Netanyahu, Sarah, un uomo privo di qualunque esperienza in campo economico, come Ministro del Tesoro, all'acme della crisi finanziaria mondiale, oltrepassa il limite dell'assurdo. La nomina del numero 2 del Likud, Silvan Shalom, a due nuovi incarichi ministeriali ha fatto di lui un nemico mortale. Creando una lunga lista di ministeri, tanto nuovi quanto vuoti, solo per distribuire poltrone ai suoi sodali, ha trasformato il governo in una barzelletta («un ministro per la posta in entrata e un ministro per la posta in uscita»). Ma un governo non è una barzelletta. E Lieberman non è una barzelletta. Tutt'altro. Già al suo primo giorno ha chiarito che lui - lui e non Netanyahu o Barak - deciderà lo stile del nuovo governo. Egli manterrà in vita questo governo finché gli converrà, e lo farà cadere nel momento in cui sentirà di poter conquistare il potere assoluto andando a nuove elezioni. Il suo stile rude e violento è naturale e calcolato a un tempo. Punta a minacciare, a fare leva sui tipi più primitivi presenti nella società, ad attirare l'attenzione pubblica e a garantire la copertura dei media. Questa settimana sono state citate ripetutamente alcune passate dichiarazioni di Lieberman. Una volta ha proposto di bombardare l'enorme diga di Aswan, un atto che avrebbe causato una terribile inondazione, uno tsunami, uccidendo molti milioni di egiziani. Un'altra volta ha proposto di intimare un ultimatum ai palestinesi: alle otto del mattino bombarderemo i vostri centri commerciali, a mezzogiorno i vostri distributori di benzina, alle due del pomeriggio le vostre banche, e così via. Ha proposto di affogare migliaia di prigionieri palestinesi, offrendosi di fornire gli autobus necessari per portarli fino alla costa. Un'altra volta ha proposto di deportare il 90% dei cittadini israeliani arabi, che sono un milione e duecentomila. Recentemente ha detto al presidente egiziano, Hosni Mubarak, uno degli alleati più fidati della leadership israeliana, di «andare all'inferno». Nella recente campagna elettorale il suo programma ufficiale conteneva la richiesta di annullare la cittadinanza di qualunque arabo che non abbia dimostrato la propria lealtà a Israele. Questo è stato anche il suo slogan principale. Un altro richiamo alla memoria dei programmi di certi partiti consegnati alla storia. Va poi aggiunta la sua aperta ostilità nei confronti delle «élite» israeliane e di tutto ciò che è legato ai fondatori dello stato di Israele. Qual è la soluzione di Lieberman allo storico conflitto arabo-israeliano? In passato ha parlato di un sistema di «cantoni» per i palestinesi. Dovrebbero vivere in varie enclave in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, scollegate tra loro e dominate da Israele. Nessuno stato palestinese, naturalmente, nessuna Gerusalemme Est araba. Ha persino proposto di aggiungere a questi cantoni alcune zone di Israele densamente abitate dalla popolazione palestinese, la cui cittadinanza israeliana verrebbe revocata. Tutto ciò non è così lontano dalle idee di Sharon né da quelle di Netanyahu, il quale dichiara che i palestinesi «si governeranno da soli» - naturalmente senza uno stato, senza una moneta, senza poter controllare i propri confini, senza porti né aeroporti. Durante la cerimonia presso il ministero degli Esteri, Lieberman ha dichiarato che l'accordo di Annapolis, che era stato dettato dal presidente Bush, non è valido, e che solo la «Road Map» conta. I portavoce del ministero degli Esteri si sono affrettati a spiegare che la «Road Map» parla anch'essa di «due stati». Essi hanno dimenticato di ricordare al mondo che il governo israeliano ha «accettato» la Road Map solo con 14 clausole che la privano di qualunque contenuto. Ad esempio: che i palestinesi devono «distruggere l'infrastruttura terroristica» (in che consiste? chi decide?) prima che Israele faccia qualunque mossa, compreso il congelamento degli insediamenti. (Torna alla mente quell'ebreo ricco dello shtetl che dettava il suo testamento suddividendo le sue ricchezze tra parenti e amici, e aggiungeva: «In caso di mia morte, questo testamento sarà nullo».) Per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese, la controversia tra Olmert e Livni da una parte, e Netanyahu e Lieberman dall'altra, riguarda la tattica piuttosto che la strategia. La strategia che li accomuna tutti quanti è impedire la creazione di uno stato palestinese normale, libero e praticabile. Tzipi Livni era per una tattica di negoziati infiniti, abbellita da pronunciamenti sulla pace e sui «due stati nazionali». Non per niente, Netanyahu la prende in giro: «Hai avuto tanti anni per raggiungere un accordo con i palestinesi. Perché allora non l'hai fatto?». Questo non è un dibattito sulla pace, ma su un «processo di pace». Ma nel frattempo Tzipi Livni si dedica al suo nuovo ruolo di leader dell'opposizione. I suoi primi discorsi sono stati vigorosi, incisivi. Presto vedremo se saprà riempire questo ruolo di contenuti. Se dover parlare di pace la convincerà del suo valore, e farà di lei una alternativa reale al governo di Lieberman e della Liebermania. Traduzione Marina Impallomeni

Torna all'inizio


CRISI/ WEN JIABAO: CINA ASSISTE A GRADUALE RIPRESA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Wen Jiabao: Cina assiste a "graduale ripresa" di Apcom Economia sta mostrando "cambiamenti positivi", dice premier -->Roma, 12 apr. (Apcom) - L'economia della Cina sta mostrando segnali di ripresa dalla crisi finanziaria globale. Lo ha dichiarato - come riporta il sito internet della Bbc - il primo ministro del Paese, Wen Jiabao. L'economia sta mostrando "cambiamenti positivi" ma ha ancora di fronte a sè "difficoltà molto grandi", ha detto a margine del vertice Asean (Associazione dei Paesi del sudest asiatico) nella città tailandese di Pattaya, che è stato cancellato. La Cina ha già messo in atto un "pacchetto di stimolo" dell'equivalente di 585 miliardi di dollari per incrementare l'attività economica. Wen ha inoltre annunciato che aumenterà la spesa se fosse necessario per dare spinta all'economia. Malgrado i suoi problemi, l'economia della Cina - la terza del mondo - dovrebbe crescere di almeno il 5 per cento quest'anno secondo le previsioni, in netto contrasto con molte economie globali importanti che sono in contrazione. L'economia, ha osservato Wen, ha mostrato "cambiamenti positivi migliori del previsto nel primo trimestre". Citando un miglioramento nei dati su investimenti, consumi e scambi, il primo ministro cinese ha indicato che alcuni settori dell'economia "sono nel processo di graduale ripresa". Ha poi ammesso che mentre la crisi globale si sta espandendo, la Cina ne ha forse già visto il lato peggiore. "Dal momento che la crisi non ha toccato il suo fondo, possiamo quasi dire che l'economia cinese da sola è uscita dalla crisi", ha aggiunto. Il capo del governo ha comunque chiarito che il Paese è preparato a mettere in atto altre misure per garantire che l'economia continui a stabilizzarsi: "Ciò che dobbiamo fare", ha spiegato, "è ricorrere ai nostri massimi sforzi per minimizzare gli effetti della crisi". Giorni fa il presidente Barack Obama ha detto da parte sua di notare "bagliori di speranza" nell'economia degli Stati Uniti. Oggi la Banca popolare cinese, l'istituto di credito centrale del Paese, ha inoltre annunciato che garantirà che il sistema finanziario abbia sufficiente liquidità per lo sviluppo economico.

Torna all'inizio


agentediviaggi ha detto: bentornato neurolittico, sono secoli che non ci si vede! (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 102 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


Thailandia, pugno di ferro esercito contro manifestanti Bangkok (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

di Martin Petty BANGKOK (Reuters) - Le truppe thailandesi oggi hanno sparato ripetutamente in aria nel centro di Bangkok, costringendo i manifestanti che protestano contro il governo a liberare un importante snodo del traffico, in una prima manifestazione di forza da quando è stata dichiarata l'emergenza. I manifestanti, che indossano maglie rosse, avevano dato alle fiamme un autobus e lanciato molotov contro le forze di sicurezza all'incrocio di Din Daeng, prima che l'esercito rispondesse, secondo quanto riferito da testimoni. Gli scontri, due giorni dopo che le manifestazioni di protesta hanno spinto a cancellare un vertice asiatico, hanno minato la fiducia nel Paese, che si stava ancora riprendendo dal caos politico dello scorso anno ed è alle prese con la crisi finanziaria globale. "Credo che i giorni più bui nella storia della Thailandia debbano ancora venire", ha commentato Prinn Panitchpakdi, un analista di Clsa Asia-Pacific. Il direttore del Centro medico di Bangkok, Peeraphong Saicheau, ha detto che 77 persone sono rimaste ferite negli scontri all'incrocio, iniziati poco prima dell'alba. Due civili e due soldati hanno ferite da arma da fuoco. L'incrocio è una parte cruciale del sistema del traffico di Bangkok, anche se quella odierna è la prima di tre giornate di vacanza per il Nuovo anno thailandese e molte persone sono già partite. I mercati finanziari sono chiusi fino a giovedì. Le truppe sono avanzate con cannoni ad acqua dopo che i manifestanti che sostengono l'ex primo ministro Thaksin Shinawatra avevano versato del carburante in strada, minacciando di incendiarlo se i soldati si fossero avvicinati. Alla fine le truppe sono riuscite a far allontanare i manifestanti, arrestandone diversi e strappando loro le maglie rosse. Continua...

Torna all'inizio


ARRIVI E PARTENZE AL "SOLE","CORRIERE",TG1:STRONCATI DAlLA VIA TRUCIS DEL BLA-BLA MIELI VEDE "QUALCHE BAGLIORE DI LUCE"-DE BORTOLI SI CRITICA E POI SCARICA 205 RIGHE RIOTTAME: "QUA (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> ARRIVI E PARTENZE AL “SOLE”,“CORRIERE”,TG1:STRONCATI DAlLA VIA TRUCIS DEL BLA-BLA - MIELI VEDE “QUALCHE BAGLIORE DI LUCE”-DE BORTOLI SI CRITICA E POI SCARICA 205 RIGHE - RIOTTAME: “QUANDO L’ITALIA GIOISCE, GIOISCE COL TG1, QUANDO PIANGE, PIANGE COL TG1” - Filippo Facci per Il Giornale filippo facci Certi direttori di giornali & telegiornali ormai sono come i personaggi delle opere verdiane: «Addio, addio» e poi son sempre lì, spesso sempre gli stessi, protesi a ringraziare e complimentarsi tra loro. La cerimonia dei commiati e degli insediamenti ci ha già sufficientemente stroncato nei giorni scorsi, a margine dei cambi di poltrona al Tg1 e al Corsera e al Sole 24Ore: ma se il siparietto dovesse ripetersi anche per i prossimi cambi in Rai potremmo davvero non farcela. Ferruccio De Bortoli Ne pareva consapevole, l'altro ieri, Ferruccio de Bortoli: nell'accomiatarsi dalla direzione del Sole 24Ore ammetteva infatti che «Questi pezzi non si dovrebbero scrivere»: ma lo stesso pezzo, poi, era di un chilometro e mezzo. «Anni fa», scriveva, «venne a trovarmi un editore che raccoglieva gli articoli di insediamento e di commiato dei direttori dei giornali. C'erano anche i miei. Lo sfogliai e mi misi le mani nei capelli. Una noia mortale. Una distesa di retorica». Ecco, appunto: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l'amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l'ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l'ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l'editore liberale» Emma Marcegaglia, e come dimenticare Luca di Montezemolo? Come non menzionare i vicedirettori Gianfranco Fabi, Edoardo De Blasi, Alberto Oioli ed Elia Zamboni? De Bortoli, oltretutto, torna al Corriere per la seconda volta al posto del pure bi-direttore Paolo Mieli, di cui a sua volta non avremmo potuto perderci il commiato dal Corsera. Eccolo: ringraziamenti «alla proprietà, a un editore e soprattutto a una magnifica redazione» e un caloroso benvenuto «a un professionista coi fiocchi che io ben conosco, Ferruccio de Bortoli». Bravi, bello. Seguiva, com'è abitudine consolidata in ogni commiato da direttore moderato, una nota di pacato ottimismo: finalmente «si intravede qualche bagliore di luce», ha spiegato Mieli. E meno male che non ha scritto «luce in fondo al tunnel», come pure prescrive il galateo del commiato direttoriale: nessuno del resto abbandonerebbe una direzione scrivendo «vi attende un periodo orribile». Montezemolo L'ha confermato lo stesso de Bortoli, nel suo articolo di insediamento al Corriere: «Quell'Italia che ce la fa», era il titolo think-positive riferito al Paese e probabilmente a un certo giro di direttori. Di seguito, da contratto, le solite balle istituzionali sul Corriere «onesto, serio e costruttivo, un'autentica istituzione di garanzia del Paese» senza ovviamente disdegnare un cordiale evviva per l'amico Paolo Mieli che «questi valori li ha conservati in una fase difficile nel rapporto fra informazione e potere, gli va reso merito». Bello, bravi. Però occorre considerare che al posto di de Bortoli, al Sole 24 Ore, è arrivato Gianni Riotta direttamente dal Tg1: sotto allora con il suo articoletto di insediamento, pietosamente breve: giusto il tempo di apprendere che sarà felice «di lavorare nella stagione che trasformerà il mondo» giacché «la fine della Guerra Fredda ha avviato un processo tumultuoso di cui si vanno esaminando ora soprattutto gli aspetti negativi, dimenticando, in quella che il poeta Enzensberger chiama "furia della caducità"... ». E ce lo facciamo bastare. paolo mieli Ordunque: il commiato di de Bortoli al Sole (205 righe) e l'insediamento di Riotta al Sole (20 righe) e il commiato di Mieli al Corsera (60 righe) e l'insediamento di de Bortoli al Corsera (120 righe) e in tutto questo manca ancora il fondamentale commiato di Riotta dal Tg1. Lo recuperiamo su Youtube. E doveva essere emozionato, poverino: «Il servizio pubblico è cruciale alla libertà dell'informazione nel nostro Paese». Cruciale alla ? E poi grazie, grazie, grazie: «Grazie alla Rai, ai colleghi, ma soprattutto voglio ringraziare voi, i miei ultimi giorni hanno coinciso giorno e notte con la tragedia di Abruzzo». Di Abruzzo? «Ringrazio le mie colleghe e i miei colleghi che hanno garantito in questa difficile fase politica equilibrio e raziocinio: il tutto con me, direttore analfabeta di televisione». Lo dice pure. Gianni Riotta «Quando l'Italia gioisce, gioisce con il Tg1, quando si informa, si informa con il Tg1, e quando piange, come voi avete pianto in queste ore, piange con il Tg1». E ride pure, aggiungiamo. Ma non crediate che ulteriori ringraziamenti vi verranno risparmiati: «Di questa passione ed entusiasmo io mi... io vi ringrazio. E mi devo scusare con tutti voi per tutte le volte che per mia colpa e per mia ignoranza non sono stato capace di essere all'altezza di voi». Di voi. «Un pubblico così meraviglioso, un pubblico a cui voglio bene, gli voglio bene come comunità, ma voglio poi bene proprio a tutti voi ascoltatori, a lei a lei e a lei, a te e a te e a te». Totale: 2 minuti e 9 secondi. Avanti il prossimo. [13-04-2009]

Torna all'inizio


diciamolochiaro ha detto: Babe, 10 E LODE!! Anche Neurolittico è positivo. Così dev'essere. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 103 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio


Pensioni: Spesa aumenta, +1% del Pil nel triennio 2008-2010 (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pensioni: Spesa aumenta, +1% del Pil nel triennio 2008-2010 13 aprile 2009 alle 17:49 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lievita fino ad un 1% in più rispetto al Pil: l'incremento è dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo è il rapporto "Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario" che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. "La crescita del rapporto spesa/Pil nel triennio iniziale del periodo di previsione (2008-2010) -- si legge nello studio -- è di circa 1,1 punti percentuali; tale incremento è imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso di variazione annuo del Pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio 2008-2009)". AGI

Torna all'inizio


PENSIONI:SPESA AUMENTA,+1% DEL PIL NEL TRIENNIO 2008-2010 (sezione: crisi)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

PENSIONI:SPESA AUMENTA,+1% DEL PIL NEL TRIENNIO 2008-2010 (AGI) - Roma, 13 apr. - In soli tre anni, dal 2008 al 2010, la spesa per pensioni lievita fino ad un 1% in piu' rispetto al Pil: l'incremento e' dovuto principalmente agli effetti della crisi finanziaria, che ha comportato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil in questo triennio. A dirlo e' il rapporto "Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario" che include le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. "La crescita del rapporto spesa/Pil nel triennio iniziale del periodo di previsione (2008-2010) - si legge nello studio - e' di circa 1,1 punti percentuali; tale incremento e' imputabile alla recessione economica che si traduce in un tasso di variazione annuo del Pil reale mediamente pari a -0,8% (-1,3 nel biennio 2008-2009)". 13/04/2009 - 17:32

Torna all'inizio


neurolittico ha detto: Caro Agente, ritrovarti qui è stato come incontrare un vecchio amico per le strade del mondo! Devo pensare, peraltro, che se l'elegante torero di tanto tempo (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 13-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 104 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

Torna all'inizio