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Report "crisi"   11-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Un Legnano dai due volti ( da "Gazzetta di Reggio" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a gennaio il capitano del Legnano poi la crisi finanziaria della società ha indotto il presidente Resta a cederlo alla Ternana. «Una scelta dettata da motivi economici - commenta - dato che ero il giocatore che avevo più mercato». Che Legnano troverà la Reggiana? «Una squadra giovane ma con ragazzi molto bravi tecnicamente, allenati da un tecnico preparato come Attilio Lombardo.

Daniele Lazzeri, lezione alla Cattolica ( da "Trentino" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Riflessioni sulla crisi finanziaria e analisi delle prospettive future". La rilevanza deriva dalla partecipazione alla tavola rotonda di Daniele Lazzeri dell'associazione culturale "Vox Populi", in qualità di relatore assieme al professor Gilberto Borzini (docente di Marketing e organizzazione aziendale), Augusto Grandi (giornalista del Sole 24 Ore)

diciamolochiaro ha detto: Babe ti rispondo io su Solbes. Un quotidiano spagnolo ha titolato "Zapatero se encarga de la economia" (piu' o meno) cioè in pratica la politica prudente ( da "KataWeb News" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Gli errori di banche e autorità ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ritenere opportuno abbassare i tassi e creare liquidità aggiuntiva perché il problema del momento era l'inflazione, non la crisi finanziaria. Ebbene, solo due giorni dopo, il mercato interbancario si è bloccato e la Fed è stata costretta a creare 24 miliardi di dollari di nuova liquidità. Per certi versi, oggi risulta ancora più eclatante il successivo l'errore di tempismo della Bce.

crisi alla gazzarrini, si va verso il concordato ( da "Tirreno, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e la rigidità delle banche in questa fase ci ha trovati proprio in un momento in cui venivamo da importanti investimenti e quindi eravamo fortemente indebitati. In due anni abbiamo cambiato sede, creato nuove linee e messo a punto progetti e proprio questa crescita esponenziale, nel giro di pochi anni,

il fondo anticrisi per aiutare chi paga l'affitto o il mutuo ( da "Nuova Venezia, La" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: cerca di far credere che la crisi finanziaria ed economica, iniziata nell'ottobre scorso, è già finita. La realtà è che si sta aggravando, con un aumento esponenziale non solo del ricorso alla cassa integrazione, in deroga e non in deroga, ma anche di iscrizioni alle liste di disoccupazione, tanto a Porto Marghera che nel resto della provincia di Venezia»

Il vescovo davanti alla Croce: non rassegniamoci al buio ( da "Libertà" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Eravamo già preoccupati per la crisi finanziaria e economica che ha ormai raggiunto anche la nostra realtà. Ora a questa preoccupazione si aggiunge, come un pesante macigno, il tragico evento del terremoto che ha sconvolto l'Abruzzo, con le tante vittime e le ingenti distruzioni.

Riti di Pasqua all'insegna della solidarietà ( da "Adige, L'" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Vi sono varie altre iniziative che la fede cristiana spinge a promuovere sia di fronte al disagio psichico come a quello relazionale e materiale, compresi i fondi di sostegno alle famiglie in difficoltà per la crisi finanziaria mondiale». 11/04/2009

Don Mazzolari e il segno pasquale GIORGIO LUNELLI ( da "Adige, L'" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: convivere con gli effetti di una crisi finanziaria provocata dallo scellerato agire di pochi e potenti circuiti finanziari globali. Cinquant'anni dopo, credo non sia difficile comprendere dove, e con chi, don Mazzolari si sarebbe schierato con la forza della fede e la determinazione di un «povero prete di campagna» che però - per citare papa Montini - aveva il passo lungo dei profeti.

un nuovo colpo per 20 lanifici pratesi ( da "Tirreno, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e la rigidità delle banche in questa fase ci ha trovati proprio in un momento in cui venivamo da importanti investimenti e quindi eravamo fortemente indebitati. In due anni abbiamo cambiato sede, creato nuove linee e messo a punto progetti e proprio questa crescita esponenziale, nel giro di pochi anni,

"Ora la recessione inizia ad allentarsi" ( da "Stampa, La" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: gli effetti della crisi finanziaria sull'economia mondiale si stanno manifestando con virulenza». L'Italia è entrata in recessione già nel 2008, «unica tra i paesi maggiori dell'area euro»; il numero dei senza lavoro «al netto dei fattori stagionali è in crescita quasi ininterrottamente dal terzo trimestre del 2007» e le domande di indennità di disoccupazione presentate all'

Intravedo barlumi di speranza ( da "Stampa, La" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia e della stabilizzazione dei mercati finanziari. Proprio lo stato di salute di questi ultimi e delle banche sono stati oggetto dell'incontro fra Obama e la sua squadra economica, composta dal segretario al Tesoro Timothy Geithner, il presidente della Fed Ben Bernanke e il top advisor della Casa Bianca Lawrence Summers.

Una popolazione di 65 milioni, un'economia fondata sull'export ( da "Manifesto, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria asiatica del 1997 ha colpito duramente la Thailandia, anche se nei primi anni '2000 la crescita era ripresa a ritmi sostenuti (oltre il 6% in termini reali). Il turismo è un'industria chiave, l'altro motore della crescita sono le esportazioni: alimentari (incluso il riso, gamberi d'allevamento e altre derrate)

La Brawn è costata una sterlina ( da "Manifesto, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ritiratasi dal circus per gli effetti della crisi finanziaria) abbia ceduto la scuderia al suo ex direttore sportivo, Ross Brawn, per una cifra simbolica. «La priorità - ha affermato un dirigente del colosso nipponico - era quella di vendere la scuderia a condizione che l'attività in F1 proseguisse, il prezzo non era un problema.

di CRISTINA LORENZI CARRARA AMERICA OGGI: ( da "Nazione, La (Massa - Carrara)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: elezione di Barak Obama con la sua scia di speranze e rinnovamento e la crisi finanziaria. Gli Usa sono sempre stati una componente trainante del nostro modo di vivere. Con-Vivere punterà ad analizzare il nuovo continente sotto tanti diversi aspetti. Bodei ha immaginato una scansione del festival secondo luoghi simbolo.

TRENTOTTO proposte concrete per aiutare le piccole imprese, vale a dire il 99,4% ... ( da "Resto del Carlino, Il (Cesena)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a schivare i colpi della crisi finanziaria e della stretta creditizia, e per rilanciare la crescita e la competitività del Paese. Una terapia d'urto fatta di misure immediate per ridare ossigeno alle piccole imprese e interventi strutturali per semplificare l'attività imprenditoriale e assicurarne la continuità.

Bankitalia: crisi più lenta Niente fiducia senza lavoro ( da "Unita, L'" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Bankitalia: crisi più lenta Niente fiducia senza lavoro BIANCA DI GIOVANNI La crisi finanziaria è diventata inesorabilmente «mal di lavoro». Il numero di disoccupati «è in crescita quasi ininterrottamente dal terzo trimestre del 2007». Molto prima che si evidenziasse l'uragano.

Bonus auto in attesa di credito ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Per il mercato italiano dell'auto, erano i primi segnali della crisi finanziaria, poi acuitasi nei mesi successivi fino a toccare l'economia reale. Il che,nel caso dell'auto,si è tradotto a fine anno in un calo del 13% nelle vendite rispetto al 2007 (che però aveva segnato il record assoluto, sfiorando quota due milioni e mezzo).

Il New Mexico cita UniCredit ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. Gli investimenti sono stati realizzati dai due fondi pensione New Mexico Educational Retirement Board e dallo State of New Mexico Investment Council. Foy afferma di essere stato sino al marzo 2008 responsabile investimenti del primo fondo e sostiene che Vanderbilt avrebbe «surrettiziamente indotto » i due fondi pensione a investire 90 milioni di dollari in propri

Parigi rivaluta le zone intorno agli aeroporti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la crisi finanziaria, nel 2008 la regione si è affermata come il secondo mercato immobiliare dell'Europa con 8,4 miliardi di euro di investimenti (ma l'anno prima erano stati 20,4 miliardi), di cui il 41% con capitali esteri. Negli anni d'oro, dal 2003 al 2007, il rendimento immobiliare dell'area era del 13,

Pezzoni: ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria internazionale ha sicuramente comportato una riduzione del credito disponibile a fronte della sparizione improvvisa e totale di quantità significative di liquidità virtuale. Il sistema delle banche del nostro Paese è stato colpito meno di altri da questa contrazione dei livelli di liquidità.

Ubi Banca, da sorveglianza ok al bilancio ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FINANZIARIA GARGANO, PLAUSO DEL SINDACO DI MANFREDONIA. «È la migliore risposta che le imprese del nostro territorio potessero dare alla crisi finanziaria e alle sue pesanti conseguenze sulle loro capacità di produrre e creare lavoro». È il commento del sindaco di Manfredonia, Paolo Campo, alla notizia della costituzione della Finanziaria Gargano SPA,

Obama: ripresa, barlumi di speranza E la Fed i test sulle banche ( da "Corriere della Sera" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sviluppi della crisi finanziaria ed economica, Barack Obama ha dichiarato per la prima volta di intravedere «barlumi di speranza». Pur ammonendo che la situazione «rimane severamente stressata» e non si possono fare previsioni, il presidente ha detto di aver riscontrato «progressi» su alcuni fronti e ha annunciato senza precisarli «provvedimenti addizionali nelle prossime settimane»

Spiragli anche da Bankitalia e Ocse ( da "Corriere della Sera" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della crisi finanziaria mondiale si stanno manifestando «con virulenza», ma si intravedono alcuni segnali, tutti da verificare, di un «possibile rallentamento» della caduta produttiva e dei consumi, a partire dagli Usa. Riprendendo le caute affermazioni fatte dal governatore Mario Draghi in occasione dell'Ecofin di Praga («Ci sono segnali di un rallentamento del deterioramento dell'

Bomba in Iraq. E Obama chiede 83 miliardi per la guerra ( da "Giorno, Il (Milano)" del 11-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: in piena crisi finanziaria, anche se ieri sera Obama ha annunciato «barlumi di speranza» per l'economia. Un attentatore suicida, alla guida di un camion carico di una tonnellata di esplosivo, ha causato ieri la morte di cinque soldati americani e due iracheni a Mossul, la città nel Nord dell'Iraq dove Al Qaeda continua a resistere all'

Bankitalia: ( da "Giorno, Il (Milano)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quel tanto che basta però alla Banca d'Italia per osservare che sì, gli effetti della crisi finanziaria sull'economia «si stanno manifestando con virulenza», tuttavia «si intravedono alcuni segnali di allentamento della forza della recessione». Segnali legati anche al possibile rallentamento della caduta produttiva degli Stati Uniti.

E cala il sipario sui bonus dei banchieri ( da "Corriere della Sera" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tra crisi finanziaria, crolli di Borsa e aiuti di Stato, di farsi sentire in qualche modo sulla classifica delle retribuzioni al top management. Con l'azzeramento o il ridimesionamento dei bonus a molti banchieri, infatti, nella lista dei più pagati manager delle società quotate italiane il 2008 è stato l'anno del «sorpasso»

Bankitalia: ( da "Nazione, La (Firenze)" del 11-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: quel tanto che basta però alla Banca d'Italia per osservare che sì, gli effetti della crisi finanziaria sull'economia «si stanno manifestando con virulenza», tuttavia «si intravedono alcuni segnali di allentamento della forza della recessione». Segnali legati anche al possibile rallentamento della caduta produttiva degli Stati Uniti.

MARIO DRAGHI, Governatore della Banca d'Italia, durante l'Ecofin inform... ( da "Nazione, La (Firenze)" del 11-04-2009) + 2 altre fonti
Argomenti: Crisi

Abstract: travolto dalla crisi finanziaria. Con realismo, però, via Nazionale conferma anche che qualcosa si sta muovendo. Molti indicatori, nelle ultime settimane, portano nella stessa direzione: a marzo, per esempio, l'euro-coin indicatore che fornisce una stima mensile «in tempo reale» della crescita del Pil nell'area euro ha interrotto la lunga caduta inziata nel luglio dello scorso anno.

Bomba in Iraq. E Obama chiede 83 miliardi per la guerra ( da "Nazione, La (Firenze)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in piena crisi finanziaria, anche se ieri sera Obama ha annunciato «barlumi di speranza» per l'economia. Un attentatore suicida, alla guida di un camion carico di una tonnellata di esplosivo, ha causato ieri la morte di cinque soldati americani e due iracheni a Mossul, la città nel Nord dell'Iraq dove Al Qaeda continua a resistere all'

Obama perde tutte le guerre (per fortuna finte) con la Cina ( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: avevano previsto la forza dirompente del nuovo terrorismo impersonato da Bin Laden e le potenzialità destabilizzanti di una crisi finanziaria. Certo, il crash dei subprime non è frutto di un sabotaggio internazionale, bensì dell'avida insipienza delle banche americane, ma il Pentagono ha imparato la lezione e per la prima volta ha simulato un gioco di guerra esclusivamente economico.

Il valzer dei direttori: e l'addio diventa una gag ( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l?amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l?ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l?

Con la provvista più cara gli spread si adeguano ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non finisce interamente nelle tasche delle banche: «Per effetto della crisi finanziaria – osserva Gianfranco Torriero, direttore centrale dell'Abi – nell'ultimo anno il costo effettivo della raccolta è aumentato in misura notevole e i tassi interbancari non sono più un parametro così affidabile per misurare il prezzo reale della provvista».

Il ritorno dei bond convertibili ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Quando è scoppiata la crisi finanziaria globale i mercati erano in preda al panico e si sono verificati notevoli errori di valutazione, che hanno visto ignorati i fondamentali dell'equity e la qualità del credito delle società emittenti» spiega Léonard Vinville, gestore del M&G Global Convertibles Fund.

Hedge per tutti? È già una realtà ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: complice anche la crisi finanziaria internazionale che ha spostato le attenzioni delle autorità verso altre problematiche. Ma mentre in Italia si discuteva, a livello internazionale il Cesr (comitato europeo dei regulator) nel giugno del 2007 concedeva il passaporto Ucits III anche ai fondi che hanno l'obiettivo di replicare la performance degli indici hedge investibili.

Le banche? Guadagna(va)no molto per l'ignoranza dei clienti ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: generalmente molto più informati di quelli di servizi finanziari. Certo è che la grande crisi finanziaria sta rappresentando – forse senza possibilità di ritorno – una svolta nella redditività delle banche. Il drastico calo dei profitti non sembra dovuto a una presa di coscienza da parte dei risparmiatori dello scarso valore aggiunto ottenuto in cambio dei costi pagati.

Italia, un mercato col freno tirato ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: elevata tassazione e dalla notifica L a crisi finanziaria americana ha riportato a Londra il mercato delle aste e fatto registrare la prima flessione dei prezzi dopo sette anni di crescita ininterrotta, secondo l'analisi annuale di Artprice. Il tasso d'invenduto è balzato al 37,8% nel 2008 con picchi del 45% a partire da ottobre.

Altre due banche americane falliscono: la Cape Fear Bank e la New Frontier Bank ( da "Rai News 24" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: New Frontier Bank Wall Street Ancora due banche americane travolte dalla crisi finanziaria. Il primo istituto chiuso dalle autorità è Cape Fear Bank il primo a fallire in North Carolina dal 1993. Poi l'annuncio della chiusura della New Frontier Bank, importante istituto di credito regionale del Colorado, che diventa cosi' la maggiore banca a fallire quest'anno negli Stati Uniti.

Crisi Usa. Obama: barlumi di speranza ( da "AmericaOggi Online" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia e della stabilizzazione dei mercati finanziari. Proprio lo stato di salute di questi ultimi e delle banche, alle prese con gli stress test, sono stati oggetto dell'incontro fra Obama e la sua squadra economica, composta dal segretario al Tesoro Timothy Geithner, il presidente della Fed Ben Bernanke e il top advisor della Casa Bianca Lawrence Summers.

agentediviaggi ha detto: Non c'è niente da fare, lo dico con rammarico ma l'Italia è come la Torre di Pisa, è un paese in stabilità precaria perenne ma si tiene cmq in piedi. ( da "KataWeb News" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

ASEAN/ CRISI ECONOMICA DOMINERÀ VERTICE IN THAILANDIA ( da "Wall Street Italia" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dopo la crisi finanziaria del 1997/98- si legge nel rapporto- ma la regione si trova oggi in una migliore posizione per far fronte alla crisi attuale". Secondo Jong-Wha Lee, capo economista presso la Banca, "nel breve termine le previsioni per la regione sono tetre, poiché l'impatto della seria recessione nelle economie industrializzate si sta trasmettendo alle economie emergenti"

Asean/ Crisi economica dominerà vertice in Thailandia ( da "Virgilio Notizie" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dopo la crisi finanziaria del 1997/98- si legge nel rapporto- ma la regione si trova oggi in una migliore posizione per far fronte alla crisi attuale". Secondo Jong-Wha Lee, capo economista presso la Banca, "nel breve termine le previsioni per la regione sono tetre, poiché l'impatto della seria recessione nelle economie industrializzate si sta trasmettendo alle economie emergenti"

( da "Brescia Oggi" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ritenere opportuno abbassare i tassi e creare liquidità aggiuntiva perché il problema del momento era l'inflazione, non la crisi finanziaria. Ebbene, solo due giorni dopo, il mercato interbancario si è bloccato e la Fed è stata costretta a creare 24 miliardi di dollari di nuova liquidità. Per certi versi, oggi risulta ancora più eclatante il successivo l'errore di tempismo della Bce.

Qualcosa sta cambiando... ( da "Affari Italiani (Online)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi/ Virgin Mobile paga la bolletta ai clienti in difficoltà: qualcosa sta cambiando nel modo di fare affari, non solo negli Usa Sabato 11.04.2009 11:57 Gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia reale "si stanno manifestando con virulenza", secondo quanto riporta anche Banca d'Italia nel suo ultimo Bollettino Economico,

babelick ha detto: intanto noi siamo ancora in piedi.gli altri si fanno i solidi ed i progreditti e poi chiudono baracca.certo agente che ce la chiamiamo proprio...eppoi i dati neg ( da "KataWeb News" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Il valzer dei direttori,... ( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l?amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l?ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l?

Turismo: l'incoming è in flessione ( da "Denaro, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria, vi è la tendenza a prenotare all'ultimo momento. Per quanto riguarda il turismo interno, Lajimi ha detto che si vuole incrementarlo dall'attuale 7,5 al 15 per cento. A suo avviso uno dei principali ostali verso tale traguardo è l'adozione, da parte degli albergatori tunisini, della tariffa individuale anzichè di quella per camera.

"Spiegel": pronti 200 miliardi per bad bank in Germania ( da "Velino.it, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: istituito nello scorso autunno a Francoforte sul Meno per arginare le conseguenze della crisi finanziaria internazionale. Il progetto trapelato sullo Spiegel scarta l?ipotesi di una bad bank centrale per “segregare” i titoli tossici a carico del Tesoro federale e prevede invece la possibilità per ogni singola banca di allocare le “

Già 500 gli iscritti alla Corsa per Haiti ( da "Gazzettino, Il (Udine)" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Abbiamo dovuto fare i conti con una crisi finanziaria diffusa, che ci ha subito colpiti, riducendo le risorse sulle quali potevano contare sino all'anno scorso. Ci siamo comunque adeguati e non deluderemo le aspettative». Oltre alla "Corsa per Haiti" vera e propria, si svolgeranno diverse manifestazioni di contorno, cominciando da quelle dedicate ai podisti (

Valzer dei direttori, l'addio... ( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l?amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l?ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l?

Usa/ Obama: nessun Paese può risolvere da solo problemi ( da "Virgilio Notizie" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nessun Paese può risolvere da solo le sfide derivanti dalla crisi finanziaria, dai cambiamenti climatici e delle armi nucleari: lo ha affermato Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel suo discorso radiofonico settimanale, nel quale ha lanciato appello a un fronte unito delle nazioni come già avvenuto nel vertice del G20 di Londra.

CRISI: USA, FALLITE ALTRE 2 BANCHE,23 SPARITE DA INIZIO 2009 ( da "Wall Street Italia" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dallo scoppio della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane costrette a chiudere. La crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone via 25 nel 2008 e 23 solo in questi primi mesi del 2009.

UNICREDIT CITATA PER 360 MILIONI DI DOLLARI NEGLI STATI UNITI ( da "Wall Street Italia" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a causa della crisi finanziaria. "Allo stato attuale risulta prematura anche solo una prima valutazione degli effetti economici che potrebbero scaturire dal procedimento in esame", conclude l'annotazione di Unicredit. "Inoltre, l'atto di citazione, che non risulta notificato in maniera corretta alle società del gruppo,

Unicredit citata per 360 milioni di dollari negli Stati Uniti ( da "Reuters Italia" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a causa della crisi finanziaria. "Allo stato attuale risulta prematura anche solo una prima valutazione degli effetti economici che potrebbero scaturire dal procedimento in esame", conclude l'annotazione di Unicredit. "Inoltre, l'atto di citazione, che non risulta notificato in maniera corretta alle società del gruppo,

Crisi: Usa, fallite altre 2 banche,23 sparite da inizio 2009 ( da "Trend-online" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dallo scoppio della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane costrette a chiudere. La crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone via 25 nel 2008 e 23 solo in questi primi mesi del 2009.

neurolittico ha detto: In momenti storici lontani nel tempo, e ancora oggi nella tragedia d'Abruzzo, gli italiani hanno sempre testimoniato nello stesso modo che i "sentimenti di p ( da "KataWeb News" del 11-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,


Articoli

Un Legnano dai due volti (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Reggio" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

«Un Legnano dai due volti» Il doppio ex Bertoli: «In casa trova sicurezza» REGGIO. Matteo Bertoli, 26 anni, difensore ai tempi della Reggiana di Adriano Cadregari, è stato fino a gennaio il capitano del Legnano poi la crisi finanziaria della società ha indotto il presidente Resta a cederlo alla Ternana. «Una scelta dettata da motivi economici - commenta - dato che ero il giocatore che avevo più mercato». Che Legnano troverà la Reggiana? «Una squadra giovane ma con ragazzi molto bravi tecnicamente, allenati da un tecnico preparato come Attilio Lombardo. Una squadra interessante che ha un solo difetto: l'esperienza». Anche nella gara d'andata al Giglio ha mostrato queste difficoltà. «In effetti la sconfitta è maturata da alcune ingenuità». Chi sono i giovani di maggior talento? «A parte il conosciuto Nizzetto direi Bosi ma anche attaccanti come Virdis e Comi sono di valore». Un Legnano che sa trasformarsi tra le mura amiche. «Al Mari la squadra ha maggiore confidenza, si sente più sicura e riesce a giocare con la giusta aggressività». E' uno stadio anche particolare. «Le misure del campo sono regolamentari ma il fatto di avere la recinzione a stretto contatto con il terreno di gioco offre più sicurezza ai lilla che si sentono più uniti e compatti». Come vede la sfida con la Reggiana? «La squadra granata si sta confermando una buona squadra e si potrebbe pensare che in questa partita sia favorita ma tutto sommato non è così. E' vero che ha un organico di maggior livello tecnico ma è una sfida aperta a qualsiasi risultato. In schedina è una partita da tripla». Il pubblico ha un'incidenza? «Non è numeroso ma si fa sentire. Sono sportivi e tranquilli sia con la squadra ospite che con il Legnano. Non è una tifoseria che intimorisce. Offre un aiuto ai lilla ma non è come giocare al Giglio». E la società ha risolto i problemi? «Sono in regola e hanno rispwttato tutto, anche se sono stati costretti a fare dei sacrifici a livello di mercato».

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Daniele Lazzeri, lezione alla Cattolica (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Daniele Lazzeri, lezione alla Cattolica Lo scrittore perginese ha parlato di crisi economica PERGINE. La crisi economica è il tema d'attualità di questi mesi. Tra i vari dibattiti che si susseguono a livello nazionale ed internazionale, ne va segnalato uno, svoltosi all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dal titolo "Dove va l'economia? Riflessioni sulla crisi finanziaria e analisi delle prospettive future". La rilevanza deriva dalla partecipazione alla tavola rotonda di Daniele Lazzeri dell'associazione culturale "Vox Populi", in qualità di relatore assieme al professor Gilberto Borzini (docente di Marketing e organizzazione aziendale), Augusto Grandi (giornalista del Sole 24 Ore) e Lino Guaglianone (consulente aziendale). Il coinvolgimento dello scrittore perginese all'evento risiede nell'interesse suscitato per un articolo pubblicato tre anni fa su un quotidiano nazionale, nel quale Daniele Lazzeri anticipava dettagliatamente l'imminente arrivo della crisi finanziaria e le dinamiche del suo sviluppo. Un'intuizione avvenuta in tempi non sospetti che evidentemente ha solleticato l'interesse degli organizzatori. (g.f.)

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diciamolochiaro ha detto: Babe ti rispondo io su Solbes. Un quotidiano spagnolo ha titolato "Zapatero se encarga de la economia" (piu' o meno) cioè in pratica la politica prudente (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 98 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Gli errori di banche e autorità (sezione: crisi)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 11 Aprile 2009 ECONOMIA Pagina 35 «Gli errori di banche e autorità» La crisi ha potuto maturare e assumere la dimensione attuale anche per i molti errori e ritardi delle autorità e dei vertici delle banche. Autorità e regolamentazione. Bastano due episodi poco noti, ma eloquenti. Il primo riguarda l'attività di Fannie Mae and Freddie Mac, i pilastri dell'offerta di mutui-casa alle famiglie americane. Nel 2006, dopo avere scoperto un errore contabile di oltre 11 miliardi di dollari, le autorità statunitensi hanno imposto limiti severi alla loro attività. Ebbene, il primo marzo del 2008 quei limiti sono stati rimossi, con una decisione tanto inspiegabile quanto dissennata: solo sei mesi dopo, avendo ormai perso il capitale, le due agenzie dovevano essere nazionalizzate. Il secondo episodio riguarda la regolamentazione della finanza in generale. Nel marzo del 2007, proprio quando la crisi ha preso corpo con il fallimento di New Financial Century, le autorità statunitensi hanno accusato esplicitamente la legge Sarbanes-Oxley - introdotta all'indomani dei fallimenti-scandali Enron, Worldcom, etc. - di rendere la finanza e la Borsa Usa non competitive rispetto a quelle inglesi. Lo stesso ministero del Tesoro ha organizzato un incontro stampa nel quale John Thain, allora presidente del New York Stock Exchange, imputava proprio a quella legge il fatto che solo 2 delle 25 offerte pubblico d'acquisto del 2006 fossero state lanciate negli USA. Il messaggio era chiaro: la massiccia deregolamentazione dell'ultimo quarto di secolo non bastava, c'erano ancora troppe regole. Tale convinzione veniva formalizzata nel Blueprint for a Modernized Financial Regulatory Structure pubblicato dal ministero del Tesoro Usa il 31 marzo 2008. Oggi quel passo appare ancora più incomprensibile. Autorità e politica monetaria. Il 7 agosto 2007, la Fed ha dichiarato di non ritenere opportuno abbassare i tassi e creare liquidità aggiuntiva perché il problema del momento era l'inflazione, non la crisi finanziaria. Ebbene, solo due giorni dopo, il mercato interbancario si è bloccato e la Fed è stata costretta a creare 24 miliardi di dollari di nuova liquidità. Per certi versi, oggi risulta ancora più eclatante il successivo l'errore di tempismo della Bce. La crisi è diventata esplicita nel marzo 2007; nella prima parte del 2008, oltre al fallimento di Bear Stearns, sono emerse le colossali perdite di HSBC, Citigroup, Merril Lynch, UBS e Unicredit. Pertanto, a luglio 2008 il problema da attaccare non poteva essere più chiaro nella sua natura e drammaticità. Nonostante questo, e nonostante il fatto che le banche centrali di Inghilterra e USA abbiano ormai già ridotto i propri tassi, rispettivamente, tre e sette volte in successione, la Bce ha fatto il contrario. Misurazione del rischio. Per dare un'idea dell'enormità del problema di misurazione del rischio basta citare due dati. A gennaio 2008, esistevano solo 12 aziende con rating AAA; in quello stesso mese, però, ben 64.000 strumenti di finanza strutturata - incluse le (ora) tristemente note obbligazioni garantite da mutui subprime - si potevano fregiare di tale rating. I manager (e le autorità) credevano che la cartolarizzazione avrebbe spostato tutto il rischio dal sistema bancario - che origina i prestiti - agli investitori finali. Anche qui, però, l'abbaglio è stato colossale: spesso il rischio veniva passato a un'altra banca o rimaneva all'interno della cedente perché acquisito da un'altra sua divisione o connesso a un derivato. Quando i prestiti hanno iniziato ad andare in default, le perdite si sono abbattute in gran parte su un sistema bancario che ha dovuto fare i conti con i propri errori di risk management.  

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crisi alla gazzarrini, si va verso il concordato (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 1 - Empoli Crisi alla Gazzarrini, si va verso il concordato Non rinnovati i contratti a termine e perdite elevate per i fornitori EMPOLI. Un fulmine a ciel sereno ha colpito un'azienda emergente dell'Empolese. E' partita la richiesta di concordato presentata dall'azienda di abbigliamento Piero Gazzarrini. I crediti vantati nei confronti della Spa ammonterebbero ad alcune centinaia di migliaia di euro. «Ci è arrivata la sorpresa di Pasqua». Eccolo il commento che ieri girava tra i fornitori di una delle realtà, fino a poche settimane fa, più promettenti della moda "made in Toscana". La notizia della presentazione del concordato dall'azienda produttrice delle linee "Gazzarrini uomo" e "G1" è arrivata per posta tra giovedì e ieri. E dagli addetti ai lavori, con le dovute proporzioni, è stata vissuta come un nuovo caso "Ittierre". Un ricorso al concordato, insomma, che metterà in crisi un buon numero di aziende del settore che già si barcamenano tra le numerose difficoltà del settore tessile. «Questa azienda - ha scritto la Piero Gazzarrini spa - è conscia del sacrificio che la procedura comporterà per i creditori e per tutti coloro che hanno rapporti commerciali con la società, ma ritiene che la soluzione scelta, di per sè dolorosa, sia l'unica che possa consentire la prosecuzione dell'attività industriale». L'udienza per l'omologazione del concordato è fissata per il 30 aprile al tribunale di Firenze. In quella data sarà informata la società su chi, se la documentazione sarà ritenuta idonea dal giudice, sarà nominato commissario giudiziale. Dalla Piero Gazzarrini confermano il repentino cambiamento di rotta dell'azienda. «Non possiamo negare - spiega Simona Gazzarrini, direttore generale della società e figlia del titolare Piero - che nell'ultima collezione abbiamo registrato un calo di ordini del 20 per cento in particolare sul mercato italiano. Una perdita, però, in linea con tutte le aziende del settore». «A obbligarci a questa scelta - aggiunge Gazzarrini - è stato il blocco finanziario che ci ha riguardato. Gli istituti di credito hanno modificato e ridotto le linee di credito e questo ha creato un problema di liquidità all'azienda. E quindi la conseguente impossibilità di far fronte al pagamento dei debiti. La crisi finanziaria e la rigidità delle banche in questa fase ci ha trovati proprio in un momento in cui venivamo da importanti investimenti e quindi eravamo fortemente indebitati. In due anni abbiamo cambiato sede, creato nuove linee e messo a punto progetti e proprio questa crescita esponenziale, nel giro di pochi anni, ci ha purtroppo penalizzati». Una storia comune a molte aziende che negli ultimi 5 anni hanno avviato un progetto di crescita dimensionale. «Per adesso ci siamo limitati a non rinnovare i contratti a termine - è sempre Gazzarrini a parlare - ma nel prossimo futuro dovremo procedere a una riorganizzazione e a un'analisi della gestione». La parola concordato non è abbinata però a quella di cessazione dell'attività aziendale. Con la riforma fallimentare infatti questo nuovo strumento consente di salvare la parte buona delle aziende (clienti, prodotto, magazzino) riconoscendo la possibilità di pagare solo una percentuale dei debiti contratti con i propri fornitori. «Abbiamo intenzione di andare avanti - spiegano ancora dalla società empolese - e ci auspichiamo di trovare soci esterni che possano portare nuovi capitali. Non sappiamo ancora se con la creazione di una nuova società e quindi con l'affitto di un ramo di azienda o con altre forme». Ilenia Reali

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il fondo anticrisi per aiutare chi paga l'affitto o il mutuo (sezione: crisi)

( da "Nuova Venezia, La" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 25 - Cronaca «Il fondo anticrisi per aiutare chi paga l'affitto o il mutuo» GLI ULTIMI DATI Il peggio non è passato: solo in marzo quasi 600 posti di lavoro in meno MARGHERA. La crisi economica non è affatto finita. Perfino le agenzie di lavoro temporaneo (interinale) - come la Adecco - cominciano ad avere seri problemi e dichiarato lo stato di crisi per la caduta di offerte di lavoro «a tempo determinato» nelle aziende che utilizzavano il lavoro interinale nel loro processo produttivo. Solo nello scorso mese di marzo al Centro Provinciale dell'Impiego sono stati registrati ben 650 licenziamenti - di cui 236 non hanno diritto a nessun ammortizzatore sociale e percepiranno il solo assegno di disoccupazione, per sei mesi al massimo, di 500 euro - a fronte dei 1.200 registrati nel corso di tutto il 2008. «Un dato che deve far riflettere chi - commenta l'assessore provinciale al Lavoro, Alessadro Sabiucciu - cerca di far credere che la crisi finanziaria ed economica, iniziata nell'ottobre scorso, è già finita. La realtà è che si sta aggravando, con un aumento esponenziale non solo del ricorso alla cassa integrazione, in deroga e non in deroga, ma anche di iscrizioni alle liste di disoccupazione, tanto a Porto Marghera che nel resto della provincia di Venezia». L'assessore provinciale al Lavoro torna, così, a parlare dell'accordo siglato due mesi fa in Provincia che ha istituto un «Fondo anti-crisi» - per sostenere aziende e lavoratori in difficoltà - che può contare su una cifra di 3 milioni di euro: di cui 1,5 milioni messi a disposizione dalla Camera di Commercio, 1 milione dalla Provincia e 500.000 da Confindustria veneziana. Nelle ultime settimane, sembra che anche le banche di credito cooperativo e la stessa Cassa di Risparmio (Carive che fa capo al gruppo Intesa di Imi-San Paolo) abbiano dato la loro disponibilità a finanziare, con la garanzia di questo «Fondo» interventi a favore di lavoratori e aziende. «Il fondo che abbiamo costituito in Provincia - spiega Sabiucciu - può garantire il capitale di rischio delle banche aumentando, fino a 30 milioni di euro la disponibilità per interventi mirati previsti dall'accordo sottoscritto con le categorie economiche e sociali». Il «Fondo» istituito in Provincia di Venezia, originariamente, doveva servire da supporto alle aziende in difficoltà di cassa che non erano in grado di anticipare mensilmente l'assegno dell'Inps ai loro cassintegrati. «Ma ora - precisa Sabiucciu - che il Parlamento ha approvato la legge che obbliga l'Inps all'immediata corresponsione della cassa integrazione e dell'assegno di mobilità, possiamo pensare di utilizzare pare del fondo provinciale, oltre al previsto aiuto ai lavoratori over-45 anni rimasti senza lavoro e ad un piano di formazione straordinaria, anche per aiutare i lavoratori in cassa integrazione o disoccupati, in grave difficoltà economica». L'assessore provinciale al Lovoro propone quindi di mettere a punto un «bando pubblico per la concessione di contributi al pagamento dell'affitto o delle rate del mutuo-casa per i lavoratori e le loro famiglie, italiani e stranieri regolari, esposti in modo particolare agli effetti della crisi in atto, sulla base delle dichiarazioni Isee, cioè l'indicatore situazione economica equivalente». (Gianni Favarato)

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Il vescovo davanti alla Croce: non rassegniamoci al buio (sezione: crisi)

( da "Libertà" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il vescovo davanti alla Croce: non rassegniamoci al buio Venerdì santo in Duomo con monsignor Ambrosio per la celebrazione della Passione. La sua esortazione a trovare la fiducia nelle difficoltà La celebrazione della Passione che nell'adorazione della Croce, qui, in questa vigilia di Pasqua bagnata dalle lacrime di tanti fedeli, di tanti italiani, assume forze e contorni nuovi. Ieri in Cattedrale il vescovo Gianni Ambrosio, insieme a diversi religiosi e al parroco del Duomo monsignor Anselmo Galvani, è intervenuto alla celebrazione della Passione del Signore, davanti a decine e decine di fedeli piacentini. Una data in rosso del calendario dei cattolici, la Passione riletta dal Vangelo secondo Giovanni nel rito di ieri, a cui gli ultimi accadimenti hanno fornito una luce speciale. E ieri il vescovo Gianni ha rinnovato con il rito parole di vicinanza a quanti in queste ore stanno soffrendo. «Eravamo già preoccupati per la crisi finanziaria e economica che ha ormai raggiunto anche la nostra realtà. Ora a questa preoccupazione si aggiunge, come un pesante macigno, il tragico evento del terremoto che ha sconvolto l'Abruzzo, con le tante vittime e le ingenti distruzioni. È possibile in questa situazione l'augurio di buona Pasqua? Sì, forse è possibile, ma l'augurio è reso più difficile. Eppure proprio in queste situazioni abbiamo bisogno di speranza, di luce, di conforto», ha detto Ambrosio. «Credo - ancora le parole del vescovo Gianni - che, in qualche occasione, ci sia capitato di trovare fiducia proprio là dove non l'attendevamo, e cioè nelle persone che, per diversi motivi, si trovavano in una situazione difficile. Questa esperienza l'abbiamo forse fatta non solo a livello di singole persone, ma anche a livello collettivo: vi sono popoli afflitti da molte sofferenze che sono un esempio luminoso di speranza. Là dove si pensa di trovare sfiducia, si incontra una sorprendente vitalità. Mi chiedo se, di fronte alla crisi, l'annuncio della Pasqua non possa esserci di aiuto. Non solo: mi chiedo pure se, di fronte all'immane tragedia del terremoto in Abruzzo, l'annuncio della Pasqua non possa aiutarci a ritrovare la luce della speranza». sim.seg. 11/04/2009

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Riti di Pasqua all'insegna della solidarietà (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Riti di Pasqua all'insegna della solidarietà Proseguono in tutte le parrocchie del Trentino le celebrazioni liturgiche della Settimana santa. Come tradizione, l'arcivescovo Luigi Bressan presiede quelle che si tengono in Duomo, in cui per questa settimana il parroco don Luigi Facchinelli ha vietato l'accesso ai turisti proprio per permettere ai fedeli di raccogliersi meglio in preghiera. Ieri pomeriggio alle 15 è stata celebrata l'«azione liturgica della passione e morte del Signore» mentre questa sera, con inizio ad ore 21.30, monsignor Bressan presiederà la veglia pasquale con il battesimo di alcuni adulti. Il rito potrà essere seguito in diretta su radio Studio Sette. Domani invece, giorno di Pasqua, sempre in Cattedrale il vescovo concelebrerà l'Eucaristia alle ore 10 mentre alle ore 18 guiderà il canto dei Vespri. Concluse le celebrazioni pasquali, martedì prossimo Bressan volerà in Africa per una visita di tre giorni ai missionari trentini che operano in Togo. In questi giorni nelle sue omelie l'arcivescovo ha riservato particolare attenzione alla solidarietà e alla carità: «Proprio pochi giorni fa - ha detto il monsignore - sono stato al Punto Incontro, per mostrare questa vicinanza a coloro che sono tra i più poveri della nostra società ed è stato bello che proprio lì sia iniziata una raccolta di fondi di solidarietà per i terremotati dell'Abruzzo. Vi sono varie altre iniziative che la fede cristiana spinge a promuovere sia di fronte al disagio psichico come a quello relazionale e materiale, compresi i fondi di sostegno alle famiglie in difficoltà per la crisi finanziaria mondiale». 11/04/2009

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Don Mazzolari e il segno pasquale GIORGIO LUNELLI (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

L'anniversario Don Mazzolari e il segno pasquale GIORGIO LUNELLI È circostanza casuale, ma significativa, questo ricorrere - il 12 aprile - del giorno di Pasqua e del cinquantesimo anniversario della morte di don Primo Mazzolari, uomo e prete capace di dar voce nuova alla migliore tradizione cattolica di attenzione agli ultimi e di dialogo ecumenico. Figlio di una profonda cultura contadina; dei fermenti del primo Novecento e del loro trasformarsi poi in ripetuta violenza bellica, nonché delle spinte al rinnovamento della Chiesa ed al confronto con la scienza e la modernità, don Primo trovò nella lezione evangelica, nel gusto per la libera ricerca intellettuale e nell'«amor di patria», i temi di un impegno sacerdotale, umano e politico che lo accompagnarono per tutta la vita. Egli fu però soprattutto testimone vivo e concreto di un'ansia di evangelizzazione e di confronto con le «diversità» che lo fecero divenire, nel tempo, punto di riferimento per una larga fascia dei cattolici italiani impegnati, a vario livello, in politica; una sorta di modesto pastore di un gregge crescente. «Mi sono stancato di tutto, fuorché di fare il parroco. Vuol dire che è il nostro vero mestiere: che la famiglia la ritroviamo soltanto con una "chiesa" sul cuore che ti schiaccia e che ti porta». È in questa frase che forse risiede la «summa» del pensiero di don Mazzolari, un pensiero mosso da una fede grande, quanto tormentata, non tanto sotto il profilo teologico, quanto piuttosto sul versante delle implicazioni nel vivere quotidiano; una fede che segnerà la scelta di un ecumenismo pionieristico; una fede, infine, che lo porterà ad una presenza attiva dentro la politica: contro il fascismo e nelle file della Resistenza. In lui, la passione politica traeva origine più dall'attenzione alla vita concreta dei suoi parrocchiani, che non da scelte ideologiche e di campo, secondo un magistero evangelico pienamente vissuto fino al rifiuto totale dell'idea stessa di violenza. Oggi, a cinquant' anni di distanza, proprio quel suo insegnamento rimane straordinariamente attuale, per quella sensibilità concreta verso il singolo che fu fondamento del suo pensare all'Uomo. E il suo ricordo nel giorno di Pasqua ci porta anche a considerare con sguardo particolare anche questa coincidenza. Pasqua, infatti, è voce del verbo ebraico «Pèsah», passare. Spiega Erri De Luca: «Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio». Già, festa per migratori. Quelli che salgono le latitudini dei continenti in cerca di una vita. Ma anche quelli che non si sentono appagati di un quotidiano scontato e che cercano faticosamente il proprio «Pèsah». Per chi crede, è Pasqua di Resurrezione, per gli altri è la Pasqua cercata direttamente nel proprio intimo. Pasqua non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Come non pensare, in questi giorni, alle decine di migliaia di abruzzesi che il terremoto ha costretto a non poter contare più su una casa, ha reso viandanti tra le macerie e naufraghi nelle tendopoli. Con loro, come non pensare ai milioni di sfollati di ogni angolo della terra, castigati a non avere casa per colpa delle guerre che seminano terrore e morte nel silenzio della comunità internazionale. O - in casa nostra - alle migliaia di famiglie che devono imparare a convivere con gli effetti di una crisi finanziaria provocata dallo scellerato agire di pochi e potenti circuiti finanziari globali. Cinquant'anni dopo, credo non sia difficile comprendere dove, e con chi, don Mazzolari si sarebbe schierato con la forza della fede e la determinazione di un «povero prete di campagna» che però - per citare papa Montini - aveva il passo lungo dei profeti. Giorgio Lunelli È Capogruppo Unione per il Trentino 11/04/2009

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un nuovo colpo per 20 lanifici pratesi (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 1 - Prato Un nuovo colpo per 20 lanifici pratesi Gazzarrini va a concordato: perdite elevatissime per i fornitori La comunicazione è arrivata ieri "bruciate" centinaia di migliaia di euro PRATO. Un nuovo fulmine a ciel sereno ha colpito una ventina di lanifici pratesi. La richiesta di concordato presentata dall'azienda empolese di abbigliamento Piero Gazzarrini aumenta la cifra di commesse non riscosse (o comunque solo parzialmente) delle imprese tessili. I crediti vantati dal distretto nei confronti della Spa ammonterebbero ad alcune centinaia di migliaia di euro. «Ci è arrivata la sorpresa di Pasqua». Eccolo il commento che ieri girava tra i titolari dei lanifici fornitori di stoffe di una delle realtà, fino a poche settimane fa, più promettenti della moda "made in Toscana". La notizia della presentazione del concordato dall'azienda produttrice delle linee "Gazzarrini uomo" e "G1" (entrambe di total look, capi di abbigliamento e accessori) è arrivata per posta a tutti i fornitori tra giovedì e ieri. E dagli addetti ai lavori, con le dovute proporzioni, è stata vissuta come un nuovo caso "Ittierre". Un ricorso al concordato, insomma, che metterà in crisi un buon numero di aziende pratesi che già si barcamenano tra le numerose difficoltà del settore tessile. «Questa azienda - hanno scritto ai fornitori dalla Piero Gazzarrini spa - è conscia del sacrificio che la procedura comporterà per i creditori e per tutti coloro che hanno rapporti commerciali con la società, ma ritiene che la soluzione scelta, di per sè dolorosa, sia l'unica che possa consentire la prosecuzione dell'attività industriale». L'udienza per l'omologazione del concordato è fissata per il 30 aprile al tribunale di Firenze. In quella data sarà informata la società su chi, se la documentazione sarà ritenuta idonea dal giudice, sarà nominato commissario giudiziale. Dalla Piero Gazzarrini, 11 milioni di euro di giro d'affari e 20 dipendenti, confermano il repentino cambiamento di rotta dell'azienda. «Non possiamo negare - spiega Simona Gazzarrini, direttore generale della società e figlia del titolare Piero - che nell'ultima collezione abbiamo registrato un calo di ordini del 20 per cento in particolare sul mercato italiano. Una perdita, però, in linea con tutte le aziende del settore». «A obbligarci a questa scelta - aggiunge Gazzarrini - è stato il blocco finanziario che ci ha riguardato. Gli istituti di credito hanno modificato e ridotto le linee di credito e questo ha creato un problema di liquidità all'azienda. E quindi la conseguente impossibilità di far fronte al pagamento dei debiti. La crisi finanziaria e la rigidità delle banche in questa fase ci ha trovati proprio in un momento in cui venivamo da importanti investimenti e quindi eravamo fortemente indebitati. In due anni abbiamo cambiato sede, creato nuove linee e messo a punto progetti e proprio questa crescita esponenziale, nel giro di pochi anni, ci ha purtroppo penalizzati». Una storia comune a molte aziende che negli ultimi 5 anni hanno avviato un progetto di crescita dimensionale. «Per adesso ci siamo limitati a non rinnovare i contratti a termine - è sempre Gazzarrini a parlare - ma nel prossimo futuro dovremo procedere a una riorganizzazione e a un'analisi della gestione». La parola concordato non è abbinata però a quella di cessazione dell'attività aziendale. Con la riforma fallimentare infatti questo nuovo strumento consente di salvare la parte buona delle aziende (clienti, prodotto, magazzino) riconoscendo la possibilità di pagare solo una percentuale dei debiti contratti con i propri fornitori. «Abbiamo intenzione di andare avanti - spiegano ancora dalla società empolese - e ci auspichiamo di trovare soci esterni che possano portare nuovi capitali. Non sappiamo ancora se con la creazione di una nuova società e quindi con l'affitto di un ramo di azienda o con altre forme. E molto dura accettare il fatto che ci troviamo in questa situazione nonostante il nostro prodotto piaccia ai consumatori e soprattutto perché siamo penalizzati dagli investimenti fatti per crescere». Ilenia Reali

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"Ora la recessione inizia ad allentarsi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

MA I SEGNALI POSITIVI «NON PREFIGURANO ANCORA UN ARRESTO DEL CALO PRODUTTIVO» Via Nazionale invita a «non attendersi un calo generalizzato e duraturo dei prezzi» "Ora la recessione inizia ad allentarsi" [FIRMA]STEFANO LEPRI ROMA Circa una impresa italiana su 5 non rinnoverà contratti ai precari, per ridurre i posti di lavoro; le famiglie cercano di risparmiare sul cibo, come non era mai accaduto prima. E' questa la crisi come la descrive la Banca d'Italia, nel suo Bollettino economico uscito ieri. Per chi vuole sperare, «si intravedono alcuni segnali prospettici di allentamento della forza della recessione, pur se ancora non tali da prefigurare un arresto della caduta produttiva». Paradossalmente, l'unico segnale davvero positivo riguarda il passato. Negli anni scorsi, si era fatto un gran dramma della caduta di competitività delle nostre imprese (vista come sintomo di declino): ora si scopre che è stata meno grave di quanto si pensasse. I dati sui quali ci si fondava sono stati rivisti dall'Istat: quelli nuovi dimezzano, dal 5% al 2,4%, l'incremento del costo del lavoro per unità di prodotto nel biennio 2006-2007. Tra le imprese contattate dalla Banca d'Italia in un sondaggio nel mese di marzo, l'88% giudicava la situazione ancora in peggioramento; ma comparivano «primi segnali di una attenuazione del pessimismo riguardo alle prospettive a breve termine». Il Bollettino non fa nuove previsioni in cifra sull'andamento del prodotto lordo. Per tutto il mondo le farà il Fondo monetario il 22 aprile, e secondo indiscrezioni non si discosteranno da quelle dell'Ocse (Italia 2009 -4,2%). Insomma «gli effetti della crisi finanziaria sull'economia mondiale si stanno manifestando con virulenza». L'Italia è entrata in recessione già nel 2008, «unica tra i paesi maggiori dell'area euro»; il numero dei senza lavoro «al netto dei fattori stagionali è in crescita quasi ininterrottamente dal terzo trimestre del 2007» e le domande di indennità di disoccupazione presentate all'Inps fanno presagire che crescerà ancora; «si è intensificato il ricorso alla cassa integrazione», che al momento riguarda quasi 5 lavoratori ogni 100. Nelle prossime settimane la Banca d'Italia invita a tenere d'occhio possibili novità positive in due campi: rallentamento della caduta produttiva negli Stati Uniti, dove qualche segno viene dal mercato immobiliare e dai consumi, ed «effetti delle eccezionali misure di politica economica adottate in quasi tutto il mondo». La crisi è la più grave degli ultimi 60 anni ma le misure anticrisi decise dai governi sono «anch'esse senza precedenti». Quasi tutti i paesi hanno espanso i loro deficit di bilancio: «di quasi 4 punti percentuali di prodotto nei paesi avanzati e di oltre 3 in quelli emergenti». E' una scelta che in tempi normali sarebbe stata biasimata ma opportuna per combattere la crisi. In Italia le misure anticrisi in sé hanno un effetto sul bilancio pressoché nullo ma il deficit crescerà molto a causa della recessione. A consuntivo del 2008 peggiora la qualità della spesa pubblica, con meno investimenti (-0,3 punti rispetto al prodotto) e più erogazioni correnti (giunte a un nuovo record storico, 40,4% del Pil); cala il gettito Iva, salgono le trattenute Irpef in busta paga. La ragione principale per cui le famiglie italiane non spendono è la paura della disoccupazione; non bastano a contrastarla gli effetti positivi del calo dei tassi (mutui meno cari) e della crescita meno rapida dei prezzi. Ma se c'è qualcuno che attende a comprare perché pensa che spenderà meno domani, sbaglia: la Banca d'Italia invita a non attendersi «un calo generalizzato e duraturo dei prezzi», quello che gli economisti chiamano deflazione. La marcia del costo della vita è rallentata - l'attuale tasso annuo, +1,2%, è il più basso dal 1969 - e rallenterà ancora fino all'estate, ma poi tornerà ad accelerare.

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Intravedo barlumi di speranza (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

OBAMA E LA CRISI «Intravedo barlumi di speranza» L'economia americana comincia a intravedere una luce in fondo al tunnel della recessione: «iniziamo a vedere dei progressi» su diversi fronti. Si intravedono «barlumi di speranza» afferma il presidente Barack Obama invitando comunque a non allentare la presa visto che l'economia resta «ancora sotto un severo stress». «C'è ancora molto lavoro da fare», esorta Obama annunciando che presto saranno adottate nuove misure a sostegno dell'economia e della stabilizzazione dei mercati finanziari. Proprio lo stato di salute di questi ultimi e delle banche sono stati oggetto dell'incontro fra Obama e la sua squadra economica, composta dal segretario al Tesoro Timothy Geithner, il presidente della Fed Ben Bernanke e il top advisor della Casa Bianca Lawrence Summers.

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Una popolazione di 65 milioni, un'economia fondata sull'export (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

UN PAESE IN CIFRE Una popolazione di 65 milioni, un'economia fondata sull'export Con una popolazione di 65 milioni di abitanti, un prodotto interno lordo di circa 550 miliardi di dollari (2008) e una buona infrastruttura produttiva, la Thailandia è l'economia più solida della penisola indocinese. Questo si traduce in un Pil procapite di circa 8.500 dollari annui (anche se la Banca mondiale ha una stima più bassa. 3.400 dollari, 2004). Negli ultimi vent'anni del '900 la sua struttura essenzialmente agricola si è trasformata, sono emersi un settore industriale e dei servizi. La crisi finanziaria asiatica del 1997 ha colpito duramente la Thailandia, anche se nei primi anni '2000 la crescita era ripresa a ritmi sostenuti (oltre il 6% in termini reali). Il turismo è un'industria chiave, l'altro motore della crescita sono le esportazioni: alimentari (incluso il riso, gamberi d'allevamento e altre derrate), equipaggiamenti da ufficio, tessili e abbigliamento, gomma naturale. Le incertezze politiche degli ultimi anni hanno rallentato diversi grandi progetti di infrastrutture; nei rating del rischio la Thailandia è salita dopo il 2006, quando il governo sostenuto dai militari ha imposto misure di controllo dei capitali: poi le ha revocate e la Thailandia resta estremamente «amichevole» verso gli investitori stranieri, ma il persistere di turbolenze politiche viene evocato come un rischio. La Thailandia allo stesso tempo esercita un'influenza economica verso i suoi vicini, a suon di investimenti soprattutto nel settore delle materie prime: come la produzione di energia idroelettrica in Laos o lo sfruttamento di legname e piantagioni in Cambogia e Laos (e in Birmania). La capitale Bangkok ha avuto una rapida espansione, anche per l'afflusso di lavoratori dalle regioni rurali negli anni di boom economico. I media sono numerosi, spesso critici con il governo e attivi nel denunciare corruzione o abusi contro i diritti umani; si autocensurano però quando si tratta dei militari, la monarchia e la magistratura. Le tv (numerose, via cavo o satellite) sono quasi tutte controllate dai militari o dal governo. Internet è diffusa, circa 14 milioni di utenti, ma il controllo qui è notevole.

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La Brawn è costata una sterlina (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

FORMULA1 La Brawn è costata una sterlina La scuderia Brrawn Gp, che ha stravinto a sorpresa le prime due gare del mondiale di Formula1, è costata al suo proprietario 1 sterlina. Lo ha rivelato il quotidiano giapponese «Yomiuri Shimbun», spiegando come nel marzo scorso la Honda Motor (ritiratasi dal circus per gli effetti della crisi finanziaria) abbia ceduto la scuderia al suo ex direttore sportivo, Ross Brawn, per una cifra simbolica. «La priorità - ha affermato un dirigente del colosso nipponico - era quella di vendere la scuderia a condizione che l'attività in F1 proseguisse, il prezzo non era un problema. Non potevamo vendere ad un gruppo concorrente che avrebbe cercato di venderla pezzo per pezzo. Volevamo proteggere il posto di lavoro di centinaia di persone».

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di CRISTINA LORENZI CARRARA AMERICA OGGI: (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Massa - Carrara)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMA CARRARA pag. 7 di CRISTINA LORENZI CARRARA AMERICA OGGI: società, economia, costumi, ma anche musica e cinema del nuovo continente saranno i protagonisti della prossima edizione di Con-Vivere, il Festival sulla multiculturalità, organizzato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Carrara che si svolgerà in città dall'11 al 13 settembre prossimi. Un argomento scelto come sempre dal direttore scientifico del festival Remo Bodei, che arriva come la candelina sulla torta dell'attuale momento economico e sociale. Così gli Usa declinati sotto tutti i loro più importanti aspetti: dall'economia alla musica, passando ovviamente atraverso il cinema e la letteratura. Pertanto la macchina organizzatrice è già al lavoro per confezionare una kermesse che, giunta alla sua quarta candelina, vanta solide basi e che ogni anno supera attese e aspettative battendo record su record di pubblico, presenze e gradimento. C'È DA ASPETTARSI quindi una passerella di star e big internazionali, dalle stelle holliwoodiane, che saranno individuate dalla curatrice della parentesi cinematografica Tilde Corsi, ai grandi nomi della musica che ha fatto la storia della musica. E quando si parla di America le ipotesi spaziano da Patty Smith, con la quale sono in corso importanti contatti, a Joan Baetz, a Bruce Springsteen. Si punta persino a Woody Allen. Gli organizzatori ancora non si sbilanciano, ma la portata dell'evento verterà su questa lunghezza d'onda. «Ascesa o declino dell'impero americano?» è il tema scelto da Bodei nella consapevolezza che «gli Stati Uniti sono recentemente tornati a essere al centro dell'attenzione mondiale». I DETTAGLI del prossimo Con-Vivere, per il quale sono stati stanziati 250 mila euro, sono stati illustrati dal presidente della Fondazione Alberto Pincione e dal segretario Roberto Ratti. «Sullo scenario mondiale ha spiegato l'avvocato Pincione l'America torna di attualità per due grandi eventi: l'elezione di Barak Obama con la sua scia di speranze e rinnovamento e la crisi finanziaria. Gli Usa sono sempre stati una componente trainante del nostro modo di vivere. Con-Vivere punterà ad analizzare il nuovo continente sotto tanti diversi aspetti. Bodei ha immaginato una scansione del festival secondo luoghi simbolo. La Casa bianca per la politica, Wall street per l'economia, il Pentagono per la scacchiera militare. Pertanto saranno invitati i più importanti giornalisti, scrittori, diplomatici». LA STRUTTURA del festival sarà quella già collaudata: location la nuova e ristrutturata piazza d'Armi, iniziative collaterali che spaziano dalla cucina, con il consueto concorso dei ristoranti locali, alla collaborazione con Assindustria per nuovi sbocchi oltreoceano nel commercio del lapideo, la collaborazione con la Port authority, la partecipazione della Fondazione Robert Kennedy, impegnata nella diffusione dei diritti civili che ha assicurato la presenza di uno dei figli del politico. Ancora i concorsi per le scuole: le elementari e le medie saranno chiamate a scrivere una lettera da titolo «Caro Obama», mentre il liceo artistico lavorerà su una mostra su «Miti e figure di America e americani». INFINE, oltre alla rasegna cinematografica dove ci sarà solamente l'imbarazzo della scelta, l'aspetto forse più emozionanete sarà lo spazio musicale che vedrà orchestre jazz nel centro storico e il mega concerto (che per la portata eccezionale sarà a pagamento) con uno dei big della musica statunitense alla Marmi macchine. Una tre gironi che si preannuncia densa di eventi e di emozioni e che costituirà, come e forse più che nelle precedenti edizioni, un momento di crescita per la città tutta. «Il nostro obiettivo hanno concluso Pincione e Ratti è quello di raggiungere un traguardo a livello nazionale con un argomento che si presta a far uscire Con-Vivere dai confini regionali».

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TRENTOTTO proposte concrete per aiutare le piccole imprese, vale a dire il 99,4% ... (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Cesena)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

AGENDA CESENA pag. 12 TRENTOTTO proposte concrete per aiutare le piccole imprese, vale a dire il 99,4% ... TRENTOTTO proposte concrete per aiutare le piccole imprese, vale a dire il 99,4% del sistema imprenditoriale italiano, a schivare i colpi della crisi finanziaria e della stretta creditizia, e per rilanciare la crescita e la competitività del Paese. Una terapia d'urto fatta di misure immediate per ridare ossigeno alle piccole imprese e interventi strutturali per semplificare l'attività imprenditoriale e assicurarne la continuità. Un pacchetto di proposte che la Confartigianato ha presentato in un faccia a faccia con i parlamentari di maggioranza e opposizione, mentre sul territorio si fa sempre più serrata la nostra attività di rappresentanza delle imprese nei confronti dei partner istituzionali. Le proposte sono articolate in sette capitoli e concentrate sulle imprese che hanno fino a 49 dipendenti, che sono la base produttiva del Paese. Le proposte nascono dall'economia reale perché sono il frutto delle istanze e delle sollecitazioni degli imprenditori. Confartigianato le ha raccolte e oggi se ne fa portavoce per dare risposte all'economia reale del Paese. Dal credito, riconosciuto dai parlamentari come la vera emergenza attuale del Paese, alle misure per incentivare la domanda, dagli incentivi fiscali agli interventi per la crescita e la competitività, dal sostegno del lavoro e dell'occupazione all'energia, fino all'istituzione dell'Agenzia per la piccola impresa col compito di valutare l'impatto di ogni nuova normativa sulla piccola impresa. Confartigianato e il mondo delle piccole imprese, composto da 4,3 milioni di aziende che danno lavoro a 11,3 milioni di persone e generano un valore aggiunto di 380 miliardi di euro, non chiedono aiuti, sconti o assistenzialismo. Vogliamo che la crisi diventi l'occasione per sbloccare le riforme più volte annunciate e mai attuate. Dopo il salvataggio di Alitalia, le rottamazioni per Fiat, gli incentivi a Merloni e Piaggio, è ora di fare davvero qualcosa per il 99,4% delle imprese italiane, protagoniste dell'economia reale del Paese che finora hanno sfidato la crisi senza alcun paracadute. A cominciare dalla semplificazione dell'attività d'impresa. Proponiamo la nomina di un Commissario straordinario anti-burocrazia, delegato per la deregolazione e la semplificazione amministrativa. Non un altro ente politico astratto, non un altro osservatorio, ma un manager con poteri straordinari che finalmente si occupi concretamente di sfoltire la giungla burocratica che imprigiona l'attività degli imprenditori. Tra le proposte in materia fiscale per dare una boccata d'ossigeno alle imprese, la Confederazione chiede lo slittamento a novembre del pagamento delle imposte. Anche in questo caso nessun regalo, ma un semplice differimento che avrebbe il vantaggio di lasciare liquidità alle imprese e di dare un segnale di fiducia agli imprenditori. Stefano Ruffilli presidente Federimpresa Confartigianato

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Bankitalia: crisi più lenta Niente fiducia senza lavoro (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Bankitalia: crisi più lenta Niente fiducia senza lavoro BIANCA DI GIOVANNI La crisi finanziaria è diventata inesorabilmente «mal di lavoro». Il numero di disoccupati «è in crescita quasi ininterrottamente dal terzo trimestre del 2007». Molto prima che si evidenziasse l'uragano. «L'incertezza sulle prospettive occupazionali ha compensato gli effetti di stimolo sui consumi del calo dell'inflazione». Tradotto: piuttosto che spendere, si risparmia per paura della disoccupazione. È questo il monisto lanciato dall'ultimo Bollettino economico della Banca d'Italia, diffuso ieri. Il circolo vizioso è lo stesso in tutti i Paesi europei. nell'area euro si prefigura «una ulteriore caduta dei ritmi produttivi nei primi mesi di quest'anno - osservano gli studiosi - dopo il crollo della fine del 2008. I consumi delle famiglie sono anch'essi diminuiti, nonostante il forte ridimensionamento dell'inflazione, probabilmente frenati dalle incertezze occupazionali. timidi segnali L'ultimo dossier di Via nazionale, però, non è solo a tinte fosche. la forza della recessione sembra attenuarsi. Per ora non si tratta che di timidi segnali, emersi nel recente sondaggio della banca con il Sole24ore presso le imprese. Non si può comunque ancora parlare di ripresa: l'allentamento della crisi infatti «non prefigura un arresto della caduta produttiva». Come ha già detto il governatore Mario Draghi, una rondine non fa primavera. L'inverno della recessione potrebbe continuare. Anche l'Ocse vede «cenni» positivi dall'Italia, negli ultimi dati elaborati riferiti a febbraio. Per il nostro Paese il ciclo non sembra crollare come per gli altri. Il presidente Barack Obama li chiama «barlumi di speranza». Secondo il nuovo inquilino della Casa Bianca l'economia Usa starebbe iniziando ad uscire dalla recessione, stando alle analisi emerse dal suo incontro con i vertici economici del paese (il segretario al Tesoro Timothy Geithner, il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, il capo del consiglio economico Larry Summers e il presidente della Federal Deposit Insurance Corporation Sheila Bair). numeri negativi Per ora non si va oltre i timidi segnali. Quello che resta sono numeri tutti in negativo. In Italia rallentano il credito e la raccolta bancaria, nonostante i provvedimenti per favorire la liquidità. Per l'economia a preoccupare è soprattutto il crollo delle esportazioni, voce particolarmente importante per il nostro paese. Peraltro Banca d'Italia ricorda che nelle precedenti fasi recessive del 1974-75 e del 1992-93 le esportazioni avevano rapidamente riavviato l'attività della produzione industriale, favorite, rispettivamente dalla pronta ripresa del commercio internazionale e dalla svalutazione del cambio mentre ora «la natura globale dell'attuale recessione rende incerti i tempi del ritorno su un sentiero di crescita che secondo le istituzioni internazionali e i previsori privati potrebbe avviarsi nel prossimo anno». conti pubblici Nel 2008, si legge nell'analisi di Via Nazionale, è tornato a crescere il disavanzo al 2,7% del prodotto.Inoltre le entrate hanno registrato nel complesso un forte rallentamento, le imposte indirette sono diminuite. «Per il 2009- ricorda il bollettino- il governo stimava a febbraio un ulteriore aumento del disavanzo, di un punto percentuale del pil, dovuto all'aggravarsi della congiuntura... Un aggiornamento delle previsioni è atteso nel mese in corso». Infine, Bankitalia rileva che «nei primi tre mesi dell'anno le entrate tributarie di cassa sono diminuite del 5,4% rispetto allo stesso periodo del 2008». Timidi segnali di tregua, ma è troppo presto per dire che è finita. Nelle ultime stime sulla crisi, Bankitalia avverte: la paura della disoccupazione blocca la dinamica dei consumi. Crollo delle entrate nel 2009.

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Bonus auto in attesa di credito (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-04-11 - pag: 21 autore: Decreto incentivi. Dopo la conversione in legge manca il provvedimento per sbloccare i prestiti al consumo Bonus auto in attesa di credito L'Economia al lavoro per definire i criteri di accesso ai finanziamenti agevolati Maurizio Caprino La conversione in legge del decreto sugli incentivi auto (Dl 5/09) non fa ancora entrare pienamente a regime le agevolazioni. Consumatori e operatori attendono i sostegni per sbloccare il credito al consumo, previsti dal decreto legge definitivamente approvato mercoledì dal Senato (il testo è stato pubblicato giovedì e venerdì sul Sole 24 Ore) ma non ancora definiti. Non ne esiste nemmeno una bozza e quindi i tempi non si prospettano rapidissimi. Ma da questi aiuti dipenderà almeno in parte la possibilità di ripetere anche nei mesi prossimi il successo dei contributi statali all'acquisto di vetture registrato a marzo. Inoltre, proprio in sede di conversione del Dl 5/09, si è aperta una falla negli incentivi alla trasformazione a gas di auto a benzina già circolanti e si attende un intervento del Governo (si veda «Il Sole- 24 Ore» dell'altro ieri). La partita del credito al consumo è quasi nascosta all'interno del decreto legge: è isolata nelle poche righe dell'articolo 6, che per giunta fanno un rimando al "decreto anti-crisi" (Dl 185/08). Ma è la più delicata per il mercato italiano dell'auto: per buona parte di questo decennio, la quota di acquisti a rate si è attestata sui tre quarti del totale, con una punta del 76,5% nel 2005 (dati Assofin). Ma, a partire dai primi mesi del 2008, costruttori e rivenditori di auto hanno riscontrato sempre maggiori difficoltà nel far andare in porto le richieste di finanziamento per i propri clienti: poteva bastare anche un solo lieve ritardo nel saldare sulla rata di un prestito precedente per essere trattati come cattivi pagatori e quindi respinti. Per il mercato italiano dell'auto, erano i primi segnali della crisi finanziaria, poi acuitasi nei mesi successivi fino a toccare l'economia reale. Il che,nel caso dell'auto,si è tradotto a fine anno in un calo del 13% nelle vendite rispetto al 2007 (che però aveva segnato il record assoluto, sfiorando quota due milioni e mezzo). L'influenza della stretta creditizia sul mercato era diventata già evidente in autunno, tanto che alcune associazioni di categoria erano riuscite a far varare una prima misura nel "decreto anti-crisi" di novembre: l'alleggerimento dell'Ipt ( Imposta provinciale di trascrizione) sulle ipoteche, garanzie ritenute tanto importanti a far sviluppare il mercato dell'auto che nel 1927 per esse era stato creato il Pra (Pubblico registro automobilistico). Ma le finanziarie non utilizzano le ipoteche da decenni a causa della loro onerosità (e da ciò sono derivate anche le polemiche sull'utilità del Pra, che hanno anche portato tra gli altri l'allora ministro Pierluigi Bersani a presentare due disegni di legge per abolirlo, nel 2000 e nel 2007). Prima iscrivere un'ipoteca costava di sola Ipt l'1,46% del valore del veicolo da garantire (quindi per un'utilitaria da 10mila euro si arrivava già a 146 euro), cancellarla richiedeva 150,81 euro (con punte di 196 in molte province), ora il Dl 185/08 ha portato a 50 euro forfettari l'imposta sull'iscrizione e azzerato il tributo sulla cancellazione. Si sperava che così le finanziarie ricominciassero a iscrivere ipoteche e, avendo questa garanzia, attenuassero la stretta. Ma a nessuno tra gli operatori risulta che ciò che sia accaduto. Forse anche perché gli altri costi delle ipoteche sono rimasti invariati: 20,92 euro di emolumento Pra e 43,86 euro per l'imposta di bollo, il tutto da moltiplicare per due in quanto dovuto sia sulle iscrizioni sia sulle cancellazioni. Così nel Dl 5/09 è stato previsto un altro tipo di garanzia: un intervento diretto della Sace (che assicura i crediti degli esportatori italiani) per agevolare i finanziamenti all'acquisto dei veicoli oggetto degli incentivi (auto a limitata emissione di CO2, moto Euro 3 e veicoli commerciali di peso fino a 3,5 tonnellate). Il decreto legge non dice di più, perché lascia al ministero dell'Economia il compito di fissare i dettagli. Secondo la norma, ciò va fatto con lo stesso decreto ministeriale con cui il Dl 185/08 (articolo 9, comma 3) prevede di regolare gli interventi di Sace e assicurazioni sui crediti vantati dai fornitori della Pubblica amministrazione. Originariamente, il Dm andava emanato entro fine gennaio, poi evidentemente è rimasto bloccato per aggiungere le misure in favore dell'auto. Sta di fatto che difficilmente i tempi potranno essere rapidi: il ministero ha dichiarato di aver atteso la conversione in legge del Dl 5/09 e che inizierà la stesura dopo le vacanze pasquali. Nel frattempo, alcune associazioni di categoria avevano cercato di sbloccare le ipoteche preparando emendamenti al Dl 5/09 per ridurne ulteriormente i costi. Ma la questione di fiducia posta dal Governo nelle votazioni a causa dei dissidi su un'altra parte della norma (la questione delle quote latte) ha bloccato tutto. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA GARANZIA Il nuovo intervento dovrà disciplinare il ruolo della Sace per l'acquisto dei veicoli a limitata emissione di CO2

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Il New Mexico cita UniCredit (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-11 - pag: 26 autore: Credito. Causa da 360 milioni di dollari contro Piazza Cordusio Il New Mexico cita UniCredit UniCredit assieme alla propria società di gestione Pioneer, con la controllata Vanderbilt, è tra i soggetti citati in giudizio per conto dello stato americano del New Mexico con una richiesta di risarcimento danni da 360 milioni di dollari. Questo mentre l'amministratore delegato, Alessandro Profumo, nelle lettere ai soci mette in guardia sulla missione dell'istituto e non nasconde possibili nuovi momenti difficili: «Le banche devono ricostruire la loro reputazione, così rapidamente compromessa, e dimostrare ai mercati la loro capacità di sostenere l'economia anche in momenti di così grave difficoltà». Riguardo alla causa, questa è legata a un investimento costato 90 milioni di dollari a due fondi pensione dello stato e coinvolge anche il Governatore del New Mexico Bill Richardson. è quanto emerge dal progetto di bilancio UniCredit. Frank Foy e sua moglie hanno citato Piazza Cordusio in relazione ad alcuni investimenti in Cdo, obbligazioni strutturate le cui quotazioni sono crollate con la crisi finanziaria. Gli investimenti sono stati realizzati dai due fondi pensione New Mexico Educational Retirement Board e dallo State of New Mexico Investment Council. Foy afferma di essere stato sino al marzo 2008 responsabile investimenti del primo fondo e sostiene che Vanderbilt avrebbe «surrettiziamente indotto » i due fondi pensione a investire 90 milioni di dollari in propri prodotti fornendo «consapevolmente » false informazioni sulla natura e il grado di rischio dell'investimento «garantendo improprie elargizioni al Governatore dello Stato del New Mexico» Bill Richardson e «ad altri funzionari ». Foy afferma che la somma è stata integralmente persa e chiede altri 30 milioni di dollari per la perdita subita (il risarcimento chiesto triplica i danni subiti). «Allo stato attuale - secondo quanto scrive UniCredit - risulta prematura anche solo una prima valutazione degli effetti economici che potrebbero scaturire dal procedimento in esame». Per la banca l'atto di citazione, comunque, «non risulta notificato in maniera corretta » e appare «promosso in una giurisdizione non pertinente ». Sempre dalla relazione emerge che UniCredit ritiene «prematura» ogni valutazione sugli effetti economici della causa collettiva promossa contro Bernard Madoff e in cui l'istituto è coinvolto. Secondo la società emerge una «carenza di giurisdizione nei confronti di tutte le entità del gruppo UniCredit». R.Fi. © RIPRODUZIONE RISERVATA PROFUMO AI SOCI L'amministratore delegato conferma che il 2009 sarà un anno difficile e sprona le banche a ricostruire la propria reputazione

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Parigi rivaluta le zone intorno agli aeroporti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO IMMOBILIARE data: 2009-04-11 - pag: 33 autore: Francia. A Le Bourget in arrivo tangenziale, metropolitana e treno veloce Parigi rivaluta le zone intorno agli aeroporti L'area nei pressi di Roissy dispone di 400 ettari di terreni edificabili Enrico Bronzo «L'avenir se construit entre Paris et Roissy». Con questo slogan la società pubblica di gestione Epa (Etablissement public d'aménagement) Plaine de France promuove lo sviluppo del territorio posto tra la capitale e l'aeroporto Charles de Gaulle, situato appunto a Roissy, verso nord-est. Una zona ad elevata vocazione internazionale data la presenza dell'aeroporto di Le Bourget, destinato agli uomini d'affari,e del polo fieristico di Paris Nord Villepinte. Le aree intorno agli scali aerei sono tra quelle più appetibili per lo sviluppo immobiliare, soprattutto se abbinate alle altre modalità di trasporto. L'aeroporto Charles de Gaulle è primo in Europa nel trasporto merci e secondo in quello passeggeri. Nei dintorni di Roissy ci sono dieci scali ferroviari merci, cinque corsi d'acqua navigabili e l'autostrada A1 che collega la capitale al Belgio. Il tutto in una regione, Paris-Ile de France, che conta il 5% del prodotto interno lordo dell'Unione europea. Nonostante la crisi finanziaria, nel 2008 la regione si è affermata come il secondo mercato immobiliare dell'Europa con 8,4 miliardi di euro di investimenti (ma l'anno prima erano stati 20,4 miliardi), di cui il 41% con capitali esteri. Negli anni d'oro, dal 2003 al 2007, il rendimento immobiliare dell'area era del 13,3% annuo, meglio anche di Londra (13,1%). L'area conta 50 milionidi metri quadrati di uffici, 30 milioni di mq di attività locali e 29 milioni di mq di magazzini. Su una superficie di 72mila mq la compagnia aerea americana Fedex smista gran parte del traffico verso gli Stati Uniti, con una capacità di lavoro di 31.500 pacchi l'ora. La società Aéroports de France da qui al 2010 intende costruire su 136 ettari di terreni disponibili 150mila metri quadrati di edifici, di cui 70mila di hangar e 72mila di uffici e di locali industriali. All'ultimo Mipim, all'interno del mEga-stand di Parigi, sono state presentate le zone su cui si concentreranno i maggiori investimenti immobiliari. «Nella nostra area – spiega Evelyne Smolarski, responsabile di progetto Epa Plaine de France – l'obiettivo è favorire lo sviluppo di un polo economico a vocazione internazionale, con una preferenza per l'installazione di imprese esigenti in termini di qualità architettonica, paesaggistica e ambientale». Nel quadrante nord-est la priorità viene assegnata proprio alla zona Roissy Goussainville/ Carex, con una potenziale fondiario da 200 a 400 ettari. Carex è un progetto europeo ferroviario per trasportare le merci a 300 chilometri orari di velocità entro un raggio d'azione di 800 chilometri.L'inaugurazione della rete è prevista per il 31 marzo 2012 ed unirà l'area di RoissyCharles De Gaulle alle stazioni di Lione-Saint Exupery, Londra Neighbourhood, Amsterdam Schiphol e Liegi Airport. In una terza fase si dovrebbero unire anche le stazioni di Torino, Milano e Bologna. Altre zone da valorizzare nel quadrante nord-est sono Moimont Sud – circa cento ettari –, Mesnil Amelot – 400 ettari – e il triangolo Le Rosaire, Mitry e Tremblay, con altri cento ettari disponibili. Per rilanciare l'intera area del dipartimento è prevista la realizzazione di una serie di grandi progetti che facciano da richiamo per la zona, dagli archivi nazionali a Pierrefitte, alla stazione di Garges-Sarcelles, al centro congresso di Saint-Denis e alla Cité européenne du Cinema di Luc Besson, il cui primo ciak è atteso per la primavera 2010. Per realizzare gli studi cinematografici sono previsti 130 milioni di euro di investimenti, su un'area di 6,5 ettari. A Le Bourget è prevista la Cité de l'Air et de l'espace. Questa località viene considerata la più favorita dai piani di sviluppo, anche di tipo residenziale, perché beneficerà dell'interconnessione con la Rer (la linea veloce ferroviaria regionale), della futura tangenziale e del prolungamento della linea 7 della metropolitana. In quanto ente pubblico, l'Epa Plaine de France viene incontro alle domande di sviluppo territoriale all'interno di una visione collettiva che migliori per quanto possibile sfruttando la leva degli investimenti - la qualità della vita delle zone periferiche. A questo scopo lo scorso 3 marzo ha lanciato tre ambiziosi progetti di nuovi eco- quartieri a Saint Ouen, all'Ile Saint Denis e Louvres e a Puissex-enFrance. Nel primo caso si tratta della riconversione delle attività industriali del Comune, nel secondo della creazione di 4mila- 4.400 alloggi e di 300mila metri quadrati di attività economiche e nel terzo caso della creazione, in 15 anni, di un nuovo quartiere di grande qualità attorno alla stazione della Rer regionale e la costruzione di 3.500 alloggi su un'area di 130 ettari. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Pezzoni: (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 11-04-2009 Cronaca Pezzoni: «Crisi dura ma ce la faremo» Gli industriali sapranno reagire e rilanciare la capacità produttiva e di reddito delle loro imprese di GIULIANO MOLOSSI P residente Pezzoni, Confindustria ha ottenuto dal governo un fondo di garanzia statale di 1,5 miliardi di euro sui prestiti alle piccole e medie imprese. Lei ritiene che si tratti di un provvedimento sufficiente a fronteggiare la crisi? L'iniziativa del Governo rappresenta sicuramente un contributo utile che va nella giusta direzione. Cioè quella di dare un sostegno al sistema delle piccole e medie imprese che sono sicuramente le più toccate dalle difficoltà creditizie che si sono manifestate con la crisi delle economie mondiali. E' peraltro evidente che questo provvedimento, come gli altri che si stanno adottando a livello nazionale ed internazionale, non è da solo sufficiente a fronteggiare la crisi. Tuttavia, pur essendo auspicabile il reperimento di altre risorse da destinare a questo scopo che appare assolutamente prioritario, non si può non considerare che questa e le altre scelte che il Governo sta facendo per sostenere l'economia daranno sicuramente, se attuate in modo tempestivo, un utile contributo ad attenuare l'impatto delle gravi difficoltà che le aziende si trovano ad affrontare. Come giudica il piano casa del governo? Rilancerà l'edilizia, come sostiene la maggioranza, o farà dilagare la cementificazione selvaggia e senza regole, come sostiene l'opposizione? Credo che l'accordo fra Governo e Regioni, che è stato salutato come un risultato ampiamente positivo dai più, abbia eliminato i rischi che avevano determinato inizialmente molte delle polemiche sul "piano casa" del Governo. Nel merito ritengo che la scelta del Governo Berlusconi di dar vita ad un piano casa che rilanci le possibilità di un riavvio rapido del comparto edile debba essere valutata come estremamente positiva. Come è noto a tutti, infatti, l'attività edile costituisce un prezioso volano per sostenere anche altri comparti economici. Si pensi al settore dei materiali da costruzione, degli infissi, degli arredi ed a tutta quella serie di attività impiantistica ed artigianale che l'edilizia necessariamente coinvolge e promuove. Cosa pensa della stretta creditizia sulle piccole e medie imprese? La crisi finanziaria internazionale ha sicuramente comportato una riduzione del credito disponibile a fronte della sparizione improvvisa e totale di quantità significative di liquidità virtuale. Il sistema delle banche del nostro Paese è stato colpito meno di altri da questa contrazione dei livelli di liquidità. Tuttavia, non si può non osservare come la contrazione della liquidità mondiale abbia influito in maniera evidente anche e soprattutto sulle modalità di erogazione del credito provocando un mutamento di "atteggiamento" da parte delle banche; tutto ciò, direttamente o indirettamente, ha determinato una contrazione del credito per le imprese ed un innalzamento dei livelli del costo del denaro nonostante l'abbassamento dei tassi decisi dalla Bce. Credo che esista una consapevolezza condivisa della necessità di riportare a normalità il rapporto fra banca e impresa. La strada da percorrere per raggiungere questo obiettivo è sicuramente la rinuncia da parte delle banche ad ottenere, in questa fase della congiuntura economica, nazionale ed internazionale, una alta remunerazione dai finanziamenti erogati in funzione, magari, del recupero e della copertura delle perdite subite. Le aziende, invece, per parte loro, dovranno attrezzarsi per dotarsi di una maggiore solidità patrimoniale. Nel contempo esse dovranno mettere in atto anche procedure di gestione contabile e finanziaria ispirate a criteri di trasparenza e puntuale controllo dei costi e dei risultati della loro attività caratteristica. Sono fiducioso che banche ed imprese riusciranno presto a trovare una modalità concreta di collaborazione e reciproco sostegno. Carlo De Benedetti ha sostenuto che senza ammortizzatori sociali, tre milioni di lavoratori precari rischieranno il posto di lavoro. Lei ritiene che il precariato rappresenti un grave problema? C'è preoccupazione per la disoccupazione a Parma? Credo che qualunque persona dotata di normale buon senso e sensibilità sociale non possa non condividere la preoccupazione per il crescere della disoccupazione nel nostro Paese. Per quanto riguarda Parma è inutile nascondere che, dopo anni di piena occupazione che ci hanno collocato ai livelli più alti di impiego nel Paese, anche da noi devono purtroppo registrarsi alcuni segnali di creazione di una sacca di rischio per l'occupazione e di disoccupazione reale. Va detto, peraltro, che il fenomeno, nella nostra provincia, risulta ad oggi ampiamente sotto controllo grazie al ricorso "intelligente" agli ammortizzatori sociali ed in particolare alla Cassa Integrazione Guadagni (Cig). Da questo punto di vista registro un atteggiamento estremamente responsabile dalla gran parte del sindacato che nella maggior parte dei casi condivide con l'impresa lo sforzo di gestire al meglio questa fase di crisi, conservando il più possibile il legame fra azienda e collaboratori. Tra tanti segnali negativi c'è un'economia reale che reagisce alla crisi: sono le piccole imprese che in passato hanno fatto scelte di prudenza, diversificazione e qualità. Imprese che reagiscono alla recessione, che non licenziano ma investono e guadagnano, che hanno ordini e fatturato in crescita anche all'inizio di questo travagliato 2009. Lei ritiene che questi esempi possano essere incoraggianti per quegli imprenditori che invece stanno attraversando un momento di difficoltà? E su cosa dovrebbero puntare per risolleva rsi? In un contesto di crisi generalizzata con caratteristiche strutturali come quella attuale, il poter constatare che vi sono aziende in controtendenza rispetto agli andamenti generali e che esse sono tuttora autorevolmente presenti nei loro mercati di riferimento costituisce, come Lei sottolinea, un elemento di ottimismo e di stimolo per tutti. Non esistono ricette valide per tutti per uscire dalla crisi; vi sono tuttavia alcune scelte che, ove portate avanti con determinazione e caparbietà, potranno sicuramente dare risultati positivi. Sono altresì convinto che quando vedremo finalmente l'uscita da questo lungo tunnel molte cose non saranno più certamente come erano prima della crisi. Purtroppo alcune aziende scompariranno, le banche saranno certamente più attente nell'erogazione del credito ed il consumatore sarà molto più sensibile rispetto a prima al costo dei prodotti o dei servizi che le imprese metteranno sui mercati. Da queste semplici considerazioni ritrovo invece alcune conferme che noi in tutti questi anni abbiamo più volte sottolineato ai nostri imprenditori. In particolare le imprese dovranno continuare ad investire nella ricerca e nella innovazione, concentrarsi maggiormente nel loro core-business e crescere nelle loro dimensioni aziendali. A tal proposito voglio qui segnalare che sono in significativo aumento le piccole e medie aziende che negli ultimi due anni si sono fuse o riunite fra di loro. La crisi certamente potrà imprimere una notevole accelerazione a questo processo aggregativo. A suo giudizio, quanto durerà questa crisi? Quando potremo intravedere i primi segnali di ripresa? Caro Direttore, è difficile rispondere a questa domanda, che presuppone a dir poco qualità profetiche. Alcuni segnali registrati in questo periodo da primari istituti di ricerca nazionali, quali il Censis o l'Istat, fanno intravedere primi timidi sintomi di ripresa della domanda e dunque dell'attività dell'impresa. E' sicuramente possibile e, forse, potrei spingermi a dire probabile che, superata la fase più dura del crollo dei mercati, che durerà presumibilmente fino a giugno, a partire dai mesi di settembre/ottobre il ciclo economico dovrebbe riprendere tono e vitalità almeno in aree geografiche quali il Nord America e l'Estremo oriente con auspicabili benefici per il nostro Paese. La crisi si è fatta sentire anche a Parma, sia pure in misura minore che in altre parti d'Italia. Ma anche da noi alcune importanti aziende stanno attraversando un periodo nero e l'export è in forte calo, con la sola eccezione dell'alimentare. E' grazie al settore alimentare che Parma non affonda? Il ruolo del settore alimentare, date le sue caratteristiche anticicliche, è sicuramente molto importante per contrastare la tendenza alla stasi produttiva conseguente al crollo della domanda di beni durevoli. Va peraltro osservato che anche altri settori quali, ad esempio, il farmaceutico segnano andamenti assolutamente stabili e in alcuni casi in crescita grazie alla capacità di ricerca e agli investimenti operati negli anni scorsi dagli industriali del settore. L'industria parmense si è storicamente caratterizzata per la solidità del proprio radicamento sul mercato e questo in tutti i settori. Sono certo che anche in questo momento gli imprenditori di Parma sapranno reagire in modo efficace alle molte sfide che la crisi pone loro per rilanciare la capacità produttiva e di reddito delle imprese. Qual è il suo parere sul pacchetto anti-crisi varato dal Comune di Parma? Le iniziative del Comune di Parma vanno sicuramente nella giusta direzione e rispondono alla duplice esigenza di cercare di sostenere il reddito e di limitare i disagi dei cittadini a vantaggio delle loro condizioni di vita individuali e della stabilità del nostro mercato interno locale. Allo stesso modo le forme di semplificazione e di incentivazione poste in essere a vantaggio del settore edile potranno dare un utile contributo alla ripresa di un comparto che, come abbiamo già sopra citato, sta registrando una situazione di stasi. Credo poi che se alcune scelte infrastrutturali quali la metropolitana saranno portate avanti con la necessaria coerenza e determinazione, posto il consistente sostegno che proviene dal Governo, la vitalità nel comparto edile potrà segnare una rapida ripresa, con indubbi benefici effetti e ricadute su tutta la nostra economia provinciale. Il futuro «Quando usciremo dal tunnel nulla sarà più come prima»

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Ubi Banca, da sorveglianza ok al bilancio (sezione: crisi)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Mezzogiorno sezione: ECONOMIA data: 11/04/2009 - pag: 15 Panorama Ubi Banca, da sorveglianza ok al bilancio Il consiglio di sorveglianza di Ubi Banca (gruppo di cui fa parte Banca Carime) ha approvato i bilanci individuale e consolidato al 31 dicembre 2008, come predisposti dal consiglio di gestione del 24 marzo 2009 e ha altresì condiviso la proposta di sottoporre all'assemblea dei soci, convocata in prima convocazione il 29 aprile 2009 e in seconda convocazione il 9 maggio 2009, la corresponsione di un dividendo unitario di 0,45 euro alle 639.145.902 azioni che compongono il capitale sociale di Ubi Banca. Tale dividendo, se approvato, verrà messo in pagamento a partire dal 18 maggio prossimo con valuta 21 maggio 2008. FINANZIARIA GARGANO, PLAUSO DEL SINDACO DI MANFREDONIA. «È la migliore risposta che le imprese del nostro territorio potessero dare alla crisi finanziaria e alle sue pesanti conseguenze sulle loro capacità di produrre e creare lavoro». È il commento del sindaco di Manfredonia, Paolo Campo, alla notizia della costituzione della Finanziaria Gargano SPA, primo passo verso l'istituzione di una banca con sede a Manfredonia. «È assai rilevante e confortante sapere che tanti imprenditori e professionisti della Capitanata abbiano voglia di investire il proprio denaro in un'attività così rischiosa e senza alcuna prospettiva di ottenere contributi pubblici».

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Obama: ripresa, barlumi di speranza E la Fed i test sulle banche (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 11/04/2009 - pag: 32 La recessione «Più prestiti alle imprese. Gli sgravi e le grandi opere iniziano a farsi sentire» Obama: ripresa, barlumi di speranza E la Fed «secreta» i test sulle banche Bernanke e Geithner alla Casa Bianca. «Ma restano le difficoltà» Dal sondaggio dei 53 economisti del «Wall Street Journal» emerge l'attesa di una svolta nella seconda parte dell'anno WASHINGTON - Al termine di una riunione straordinaria alla Casa Bianca sugli sviluppi della crisi finanziaria ed economica, Barack Obama ha dichiarato per la prima volta di intravedere «barlumi di speranza». Pur ammonendo che la situazione «rimane severamente stressata» e non si possono fare previsioni, il presidente ha detto di aver riscontrato «progressi» su alcuni fronti e ha annunciato senza precisarli «provvedimenti addizionali nelle prossime settimane». «Sono fiducioso nella eliminazione degli asset tossici delle banche - ha affermato - e nella soluzione dei problemi degli altri settori dell'economia ». C'è stato un aumento del 20% dei prestiti alle piccole imprese e un graduale miglioramento dei mutui. Si avverte anche il primo impatto degli sgravi e dei piani per le infrastrutture «Ma - ha ripetuto Obama temperando il cauto ottimismo - abbiamo ancora molto da lavorare». Affiancato dal consigliere economico Lawrence Summers, il presidente ha discusso della crisi e degli accordi del G20 di Londra con il ministro del Tesoro Timothy Geithner, il governatore della Riserva Federale Ben Bernanke, e con la direttrice della Fdic (Federal Deposit Insurance Corporation) Sheila Bair. Ha esaminato l'opera di stabilizzazione dei mercati finanziari e di risanamento dei mutui, l'aumento della disoccupazione, che ha toccato l'8,5%, e il crollo del Pil, meno 6,3% nell'ultimo trimestre del 2008, mentre si prevede meno 5% per i primi tre mesi del 2009. «In questa Pasqua - ha concluso - continuiamo a soffrire, non c'è crescita e non ci sono impieghi. Ma sono convinto che se insisteremo rimetteremo in piedi l'economia». I «barlumi di speranza» di Obama non sono difficili da identificare. Da indiscrezioni della Casa Bianca, gli esami in corso delle condizioni delle 19 maggiori banche (i cosiddetti «stress test») indicherebbero che nessuna chiuderà i battenti, anche se qualcuna potrebbe avere bisogno di altri sussidi. Nel frattempo la Fed ha ingiunto alle banche di mantenere la riservatezza e non alimentari voci di mercato sui risultati dei test, in modo da non frenare la speculazione. Stando a Wall Street, una, la Goldman Sachs, le cui azioni sono salite del 47 per cento da gennaio, emetterebbe titoli per ridurre o ripagare appieno il prestito di 10 miliardi di dollari ottenuti dallo Stato. Per prevenire scosse a danno delle banche più deboli, in vista della pubblicazione dei bilanci la prossima settimana, Geithner avrebbe tuttavia chiesto che l'esito degli esami rimanga segreto. I giorni scorsi, la Wells Fargo aveva annunciato un inatteso attivo trimestrale di 3 miliardi di dollari. Come sottolineato da Summers l'altro ieri, dei segnali confortanti sono giunti anche dall'economia. A febbraio, gli ordinativi all'industria sono aumentati dell'1,8 per cento e le vendite delle case del 5,1%. Sono cresciute modestamente anche le esportazioni. «C'è ragione di credere che tra pochi mesi non saremo più in caduta libera » aveva commentato Summers. Secondo i 53 economisti che fanno le previsioni del «Wall Street Journal», la recessione potrebbe finire nel terzo trimestre di quest'anno, anche se solo nella seconda metà del Vertice Il presidente americano Barack Obama (a destra) e il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, hanno fatto il punto ieri sullo stato delle banche e sugli accordi raggiunti la scorsa settimana a Londra dal G20

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Spiragli anche da Bankitalia e Ocse (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 11/04/2009 - pag: 33 Via Nazionale Secondo l'Autorità le incertezze sull'occupazione determinano la frenata dei consumi Spiragli anche da Bankitalia e Ocse «Il rallentamento dell'economia adesso è meno pronunciato» Peggiora la qualità del credito: il rapporto tra crediti e sofferenze è salito nel quarto trimestre del 2008 dell'1,5% ROMA - L'economia continua ad andar male, gli effetti della crisi finanziaria mondiale si stanno manifestando «con virulenza», ma si intravedono alcuni segnali, tutti da verificare, di un «possibile rallentamento» della caduta produttiva e dei consumi, a partire dagli Usa. Riprendendo le caute affermazioni fatte dal governatore Mario Draghi in occasione dell'Ecofin di Praga («Ci sono segnali di un rallentamento del deterioramento dell'economia») il Bollettino trimestrale della Banca d'Italia spiega la portata di questi primi lampi di luce nel buio fitto della crisi. Si parte dalla frenata del calo del mercato immobiliare e dei consumi negli Stati Uniti per finire coi «primi effetti delle eccezionali misure di politica economica adottati in quasi tutto il mondo» per stimolare la domanda: «Le iniziative prese dai vari paesi cominciano funzionare» aveva ancora detto, sempre a Praga, Draghi anche nella sua veste internazionale di presidente del Financial stability board. Ed ancora, i mercati interbancari, dove si misura la fiducia fra le banche, «sembrano gradualmente tornare ad una parziale funzionalità ». In Italia, in particolare, dai sondaggi presso le imprese, «si intravedono alcuni segnali prospettici di allentamento della forza della recessione ». E pure l'Ocse, la cui analisi delle previsioni per l'economia italiana (un calo del Pil del 4,3% nel 2009) era stata solo qualche settimana fa drastica, rileva «timidi accenni di miglioramento» da «non enfatizzare» per l'Italia come per la Francia. Le note non dolenti finiscono però qui. Per il resto, osservano gli economisti di Bankitalia, il quadro congiunturale resta fortemente negativo: dopo il crollo del Pil (-1,9%) nell'ultimo trimestre del 2008 la diminuzione «più forte dalla recessione del 1974-75», il calo dell'attività economica è proseguito nel primo trimestre del 2009, il quarto consecutivo di crescita negativa. E poi ci sono la riduzione dell'occupazione e l'aumento della cassa integrazione: il numero dei disoccupati «cresce quasi ininterrottamente dal terzo trimestre del 2007». La paura di perdere il posto di lavoro condiziona i consumi e la fiducia delle famiglie, che è in progressivo peggioramento anche se, sempre secondo le analisi di Bankitalia, dovrebbe migliorare. E ciò «anche grazie all' avvio di incentivi a sostegno dei consumi di beni durevoli» che hanno già determinato la ripresa degli ordinativi di autoveicoli. Le incertezze sull'occupazione tuttavia hanno finora contrastato gli effetti di stimolo sui consumi del calo dell'inflazione che dovrebbe continuare fino al-- l'estate, con stime che indicano un tasso medio dello 0,9% per il 2009. Sul fronte dei prestiti bancari a famiglie ed imprese, la crisi continua a farsi sentire: alla fine di febbraio la crescita su base annua dei finanziamenti al settore privato era pari al 6%. Ma se il calcolo si fa guardando solo alla dinamica degli ultimi tre mesi l'aumento scende al 2,5%. Il rallentamento poi è proseguito anche in marzo, riflettendo sia la debole domanda sia l'ulteriori «irrigidimento» delle condizioni. Anche se i tassi di interesse sono diminuiti tantissimo dopo i «tagli » di quelli ufficiali da parte della Bce.Tra novembre e febbraio, il costo dei finanziamenti a breve termine delle imprese e quello dei nuovi mutui alle famiglie a tasso variabile è sceso di oltre un punto e mezzo, rispettivamente al 5,2% e al 3,9%. In prospettiva, comunque, ritiene Bankitalia, «l'offerta di credito potrà beneficiare degli interventi volti alla ricapitalizzazione delle banche italiane», come i cosiddetti Tremonti Bond. Resta tuttavia il peggioramento della qualità del credito: il rapporto tra crediti e sofferenze è salito nel quarto trimestre del 2008 dell'1,5%, il valore più alto dal 1999. Le insolvenze hanno riguardato soprattutto le micro imprese. Anche i bilanci bancari hanno risentito della crisi: nel 2008 è diminuita la raccolta ed in generale c'è stato «un forte peggioramento» della redditività dei gruppi bancari con la riduzione di circa un terzo degli utili. Stefania Tamburello PALAZZO KOCH La sede della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma

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Bomba in Iraq. E Obama chiede 83 miliardi per la guerra (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 11-04-2009)
Pubblicato anche in: (Resto del Carlino, Il (Bologna))

Argomenti: Crisi

VETRINA ESTERI pag. 20 Bomba in Iraq. E Obama chiede 83 miliardi per la guerra STATI UNIITI CINQUE SOLDATI AMERICANI CADONO IN UN ATTENTATO A MOSSUL, IL PIU' GRAVE DALL'INSEDIAMENTO DI BARAK WASHINGTON LE TRUPPE americane hanno subito ieri il peggior attentato in Iraq da quando Barak Obama si è insediato alla Casa Bianca e subito il presidente ha chiesto al Congresso un nuovo stanziamento di guerra per 83 miliardi di dollari. Una cifra pesante, in piena crisi finanziaria, anche se ieri sera Obama ha annunciato «barlumi di speranza» per l'economia. Un attentatore suicida, alla guida di un camion carico di una tonnellata di esplosivo, ha causato ieri la morte di cinque soldati americani e due iracheni a Mossul, la città nel Nord dell'Iraq dove Al Qaeda continua a resistere all'offensiva antiterrorismo che nel resto del Paese ha invece ridotto la violenza. L'attentato, diretto contro il comando della polizia irachena, ha provocato anche il ferimento di un soldato Usa e di 20 iracheni, secondo il comando Usa a Baghdad. Deve essere stato forte il contraccolpo per il presidente che aveva constatato i «progressi enormi» fatti in Iraq e promesso il disimpegno delle truppe Usa entro il 2011. «I prossimi 18 mesi saranno cruciali per l'Iraq» aveva detto Obama. Ma la richiesta di oltre 83 miliardi di fondi aggiuntivi per la guerra in Iraq e in Afghanistan ha anche il sapore del contrappasso per il presidente. Molti ricodano che da senatore Obama aveva votato contro analoghe richieste da parte di George W. Bush. Ora, da presidente, si trova a fare la stessa cosa di Bush: chiedere al Crongresso fondi supplementari per il Pentagono. E gli tocca promettere che sarà l'ultima volta e che farà rientrare i «costi militari futuri nel piano di spesa ordinario». Basta economia di guerra, insomma. L'economia è già un campo di battaglia. L. S.

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Bankitalia: (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

VETRINA ECONOMIA pag. 22 Bankitalia: «Crisi violenta, ma si sta E anche Obama apre uno spiraglio: «Barlumi di speranza. Ce la faremo, di OLIVIA POSANI ROMA LA RECESSIONE forse sta allentando la morsa. Cenni, piccoli indizi, quel tanto che basta però alla Banca d'Italia per osservare che sì, gli effetti della crisi finanziaria sull'economia «si stanno manifestando con virulenza», tuttavia «si intravedono alcuni segnali di allentamento della forza della recessione». Segnali legati anche al possibile rallentamento della caduta produttiva degli Stati Uniti. Non a caso, più o meno nelle stesse ore, dall'altra parte dell'Atlantico, Barack Obama annunciava al termine di un vertice con il ministro del Tesoro e il presidente della Federal Reserve: «Ci sono barlumi di speranza per l'economia americana». Certo, «c'è ancora molto da fare» e infatti il presidente Usa ha annunciato nuove iniziative nelle prossime settimane da parte dell'amministrazione , «l'economia è sempre sotto grave stress», tuttavia «stiamo iniziando a riscontrare dei progressi e se riusciamo a portarli avanti senza esitare di fronte alle difficoltà, mi sento assolutamente convinto che rimetteremo questa economia in carreggiata». A far ben sperare gli americani è il boom delle domande di rifinanziamento dei mutui e dei prestiti alle piccole e medie imprese. Se l'economia americana riprenderà a tirare, se, come pare, a metà anno la Cina tornerà su buoni tassi di crescita, allora anche le economie del resto del mondo verranno trainate in avanti. D'altra parte il Governatore Mario Draghi già il 3 aprile, parlando all'Econfin di Praga, aveva lanciato un prudente segnale positivo sostenendo di aver individuato nell'economia internazionale «un rallentamente del deterioramento», ma, aveva ammonito, «una rondine non fa primavera». Ora cifre e previsioni sono messe su bianco nel bollettino economico di via Nazionale. Si inizia con un elenco impressionante di tutto ciò che non va. Il primo trimestre dell'anno si chiuderà, per la quarta volta consecutiva, con un «pronunciato» calo dell'attività economica e con un Pil diminuito dell'1,9%: il dato più pesante dal 1974, ma al contrario di allora non potremo essere rapidamente salvati da un aumento dell'export. La disoccupazione e la cassa integrazione sono in «costante aumento», tanto che il bollettino parla di «progressivo deterioramento del mercato del lavoro», specialmente per quanto riguarda gli occupati a termine su cui «ricadono in particolare i costi della crisi». NONOSTANTE la riduzione dei tassi e la minore inflazione, la fiducia delle imprese e delle famiglie è ai minimi, soprattutto per quanto riguarda il rischio disoccupazione: un terzo degli imprenditori prevede di ridurre il numero dei suoi dipendenti. Gli economisti intervistati si attendono una riduzione del Pil pari al 2,8%: le ultime previsioni del Governo sono di gennaio e danno un -2%. Il deficit è in crescita e il debito è aumentato di un altro 2,3% (105,8% rispetto al Pil). I prestiti bancari continuano a rallentare e gli utili delle banche sono diminuiti di un terzo. La produzione industriale, che a gennaio e febbraio si è ridotta mediamente del 5%, subirà una caduta ancora più pesante a marzo, visto come stanno andando i dati sul consumo di energia elettrica. In particolare affanno è il settore automobilistico. Ma è proprio qui che iniziano i timidi segnali di cambiamento. Palazzo Koch riconosce che «la natura dell'attuale recessione rende incerti i tempi di ritorno su un sentiero di crescita, che secondo le principali istituzioni internazionali potrebbe avviarsi nei prossimi anni». TUTTAVIA spiega che il settore dell'auto «potrebbe registrare un parziale recupero nei prossimi mesi grazie all'avvio degli incentivi». Ma soprattutto sono «alcuni dati più recenti, la cui significatività e tenuta andranno valutate nelle prossime settimane» a suggerire «un possibile rallentamento della caduta produttiva degli Usa, in particolare con riferimento al mercato immobiliare e ai consumi». Da verificare anche gli effetti delle «eccezionali misure di politica economica adottate in quasi tutto il mondo per stimolare la domanda», cioè la voglia di riprendere a comprare e consumare.

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E cala il sipario sui bonus dei banchieri (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 11/04/2009 - pag: 35 Tutti gli stipendi Unicredit ha azzerato quello di Profumo. Intesa li ha tagliati E cala il sipario sui bonus dei banchieri MILANO E' sceso il sipario sui maxi bonus ai banchieri. Con la pubblicazione dei compensi di Unicredit, che ha confermato l'azzeramento dei bonus sull'esercizio 2008, si è completata la lista dei bilanci 2008 del credito. Bilanci che, come ogni anno, includono i principali dettagli delle retribuzioni al consiglio di amministrazione, dai classici emolumenti fino agli incentivi. Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, si porta a casa un totale di 3,48 milioni, contro i circa 9 milioni guadagnati nel 2007, quando tra le voci della «busta paga» c'era anche un bonus di oltre 5 milioni. Stabili invece a 1,6 milioni i compensi del presidente Dieter Rampl. Solo l'altro ieri l'altra grande banca italiana, Intesa Sanpaolo, aveva ridimensionato a metà dello stipendio i bonus dell'amministratore delegato Corrado Passera e del direttore generale Francesco Micheli. Che, rispettivamente, tra emolumenti, incentivi e altre voci hanno raggiunto quota 3,06 milioni e 1,97 milioni. Tuttavia, al vertice della classifica dei paperoni della finanza non ci sono i due top manager di Intesa e Unicredit, ma due ex banchieri, il cui «cedolino» ha beneficiato dell'effetto chiusura del rapporto di lavoro. Pietro Modiano, ex direttore generale di Intesa, arriva a superare i 5 milioni di euro, e Fabio Innocenzi, ex amministratore delegato del Banco Popolare, va oltre quota 4 milioni. Terzo, a chiudere il podio, Alessandro Profumo. Sono numeri di rilievo, che però non hanno impedito all'anno «nero» delle banche mondiali, tra crisi finanziaria, crolli di Borsa e aiuti di Stato, di farsi sentire in qualche modo sulla classifica delle retribuzioni al top management. Con l'azzeramento o il ridimesionamento dei bonus a molti banchieri, infatti, nella lista dei più pagati manager delle società quotate italiane il 2008 è stato l'anno del «sorpasso». Degli industriali sui banchieri. I primi hanno ormai occupato ben quattro delle prime cinque posizioni, con in testa gli oltre 8 milioni di Roberto Tunioli, come vicepresidente e amministratore delegato di Datalogic (un compenso dovuto soprattutto a indennità di fine mandato e incentivi pluriennali). Se in Italia è stato l'anno del sorpasso, gli Stati Uniti, culla e catalizzatore della crisi finanziaria, non sono stati da meno. Anche oltre Atlantico ci sono banchieri che hanno visto crollare i propri stipendi (pur restando, però, su valori milionari). E' il caso di dell'amministratore delegato di Bank of America, Kenneth Lewis, che ha dovuto «accontentarsi» di 1,5 milioni di dollari, l'88% in meno dell'anno precedente. In generale, considerando tutte le grandi aziende a stelle e strisce (quelle con un giro d'affari superiore ai 5 miliardi di dollari), la remunerazione mediana dell'amministratore delegato nel 2008 è diminuita per la prima volta in sette anni e solo per la seconda volta dal 1989. Il taglio a salari e bonus è stato dell'8,5% a 2,24 milioni di dollari, e i cali più pronunciati sono arrivati dal settore finanziario, come ha rilevato un sondaggio fra 200 aziende condotto per il Wall Street Journal dalla società di consulenza manageriale Hay Group. Giovanni Stringa PIAZZA AFFARI La sede della Borsa Italiana. La recessione ha colpito gli stipendi dei manager

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Bankitalia: (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 11-04-2009)
Pubblicato anche in: (Resto del Carlino, Il (Bologna))

Argomenti: Crisi

ECONOMIA & FINANZA pag. 22 Bankitalia: «Crisi violenta, ma si sta E anche Obama apre uno spiraglio: «Barlumi di speranza. Ce la faremo, di OLIVIA POSANI ROMA LA RECESSIONE forse sta allentando la morsa. Cenni, piccoli indizi, quel tanto che basta però alla Banca d'Italia per osservare che sì, gli effetti della crisi finanziaria sull'economia «si stanno manifestando con virulenza», tuttavia «si intravedono alcuni segnali di allentamento della forza della recessione». Segnali legati anche al possibile rallentamento della caduta produttiva degli Stati Uniti. Non a caso, più o meno nelle stesse ore, dall'altra parte dell'Atlantico, Barack Obama annunciava al termine di un vertice con il ministro del Tesoro e il presidente della Federal Reserve: «Ci sono barlumi di speranza per l'economia americana». Certo, «c'è ancora molto da fare» e infatti il presidente Usa ha annunciato nuove iniziative nelle prossime settimane da parte dell'amministrazione , «l'economia è sempre sotto grave stress», tuttavia «stiamo iniziando a riscontrare dei progressi e se riusciamo a portarli avanti senza esitare di fronte alle difficoltà, mi sento assolutamente convinto che rimetteremo questa economia in carreggiata». A far ben sperare gli americani è il boom delle domande di rifinanziamento dei mutui e dei prestiti alle piccole e medie imprese. Se l'economia americana riprenderà a tirare, se, come pare, a metà anno la Cina tornerà su buoni tassi di crescita, allora anche le economie del resto del mondo verranno trainate in avanti. D'altra parte il Governatore Mario Draghi già il 3 aprile, parlando all'Econfin di Praga, aveva lanciato un prudente segnale positivo sostenendo di aver individuato nell'economia internazionale «un rallentamente del deterioramento», ma, aveva ammonito, «una rondine non fa primavera». Ora cifre e previsioni sono messe su bianco nel bollettino economico di via Nazionale. Si inizia con un elenco impressionante di tutto ciò che non va. Il primo trimestre dell'anno si chiuderà, per la quarta volta consecutiva, con un «pronunciato» calo dell'attività economica e con un Pil diminuito dell'1,9%: il dato più pesante dal 1974, ma al contrario di allora non potremo essere rapidamente salvati da un aumento dell'export. La disoccupazione e la cassa integrazione sono in «costante aumento», tanto che il bollettino parla di «progressivo deterioramento del mercato del lavoro», specialmente per quanto riguarda gli occupati a termine su cui «ricadono in particolare i costi della crisi». NONOSTANTE la riduzione dei tassi e la minore inflazione, la fiducia delle imprese e delle famiglie è ai minimi, soprattutto per quanto riguarda il rischio disoccupazione: un terzo degli imprenditori prevede di ridurre il numero dei suoi dipendenti. Gli economisti intervistati si attendono una riduzione del Pil pari al 2,8%: le ultime previsioni del Governo sono di gennaio e danno un -2%. Il deficit è in crescita e il debito è aumentato di un altro 2,3% (105,8% rispetto al Pil). I prestiti bancari continuano a rallentare e gli utili delle banche sono diminuiti di un terzo. La produzione industriale, che a gennaio e febbraio si è ridotta mediamente del 5%, subirà una caduta ancora più pesante a marzo, visto come stanno andando i dati sul consumo di energia elettrica. In particolare affanno è il settore automobilistico. Ma è proprio qui che iniziano i timidi segnali di cambiamento. Palazzo Koch riconosce che «la natura dell'attuale recessione rende incerti i tempi di ritorno su un sentiero di crescita, che secondo le principali istituzioni internazionali potrebbe avviarsi nei prossimi anni». TUTTAVIA spiega che il settore dell'auto «potrebbe registrare un parziale recupero nei prossimi mesi grazie all'avvio degli incentivi». Ma soprattutto sono «alcuni dati più recenti, la cui significatività e tenuta andranno valutate nelle prossime settimane» a suggerire «un possibile rallentamento della caduta produttiva degli Usa, in particolare con riferimento al mercato immobiliare e ai consumi». Da verificare anche gli effetti delle «eccezionali misure di politica economica adottate in quasi tutto il mondo per stimolare la domanda», cioè la voglia di riprendere a comprare e consumare.

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MARIO DRAGHI, Governatore della Banca d'Italia, durante l'Ecofin inform... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 11-04-2009)
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Argomenti: Crisi

I COMMENTI pag. 12 MARIO DRAGHI, Governatore della Banca d'Italia, durante l'Ecofin inform... MARIO DRAGHI, Governatore della Banca d'Italia, durante l'Ecofin informale di Praga il 3 aprile, aveva con estrema prudenza aperto una credenziale alla possibilità che, all'orizzonte, si cominciassero a intravvedere i primi spiragli di luce in fondo al tunnel della recessione. E aveva ammonito: «Una rondine non fa primavera». Il bollettino di via Nazionale pubblicato ieri supporta con numeri e analisi l'anticipazione praghese del Governatore: sono dati duri, che fotografano con nitidezza abrasiva lo stato dell'economia mondiale e il dramma sociale del lavoro travolto dalla crisi finanziaria. Con realismo, però, via Nazionale conferma anche che qualcosa si sta muovendo. Molti indicatori, nelle ultime settimane, portano nella stessa direzione: a marzo, per esempio, l'euro-coin indicatore che fornisce una stima mensile «in tempo reale» della crescita del Pil nell'area euro ha interrotto la lunga caduta inziata nel luglio dello scorso anno. Negli Stati Uniti il dato sul deficit commerciale a febbraio si è ridotto del 28% a 26 miliardi di dollari, molto meglio delle previsioni degli analisti che si aspettavano un passivo invariato a 36 miliardi. Colpa della recessione che inevitabilmente ha frenato i consumi degli americani? Sì, ma probabilmente solo in parte: la controprova con l'approssimazione intrinseca nell'incrociare dati relativi a periodi diversi potrebbe venire dai consumi calati a febbraio dello 0,2%. Stabili, sostanzialmente. E dalle richieste settimanali di sussidio di disoccupazione negli States che sono calate di 20mila unità contro una frenata attesa dagli analisti di sole 9mila unità. Segno, quello del deficit, che forse una delle «bolle» che hanno gonfiato l'economia statunitense si sta sgonfiando. Altri segnali a sostegno di quelli che il presidente Usa, Barack Obama, ha definito «barlumi di speranza» e la Fed «germogli di ripresa» , vengono dall'immobiliare a stelle e strisce e dalle Borse: a febbraio la vendita di case negli Stati Uniti è balzata del 5,1%. Le Borse europee nell'ultimo mese sono risalite del 20% (indice Dj stoxx 600), Piazza Affari con l'S&P/Mib del 37%. Un test decisivo si aprirà ora con la stagione delle trimestrali Usa: quella della banca Wells Fargo prima in ordine di tempo tra le big è stata meglio delle attese.

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Bomba in Iraq. E Obama chiede 83 miliardi per la guerra (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

ESTERI pag. 20 Bomba in Iraq. E Obama chiede 83 miliardi per la guerra STATI UNIITI CINQUE SOLDATI AMERICANI CADONO IN UN ATTENTATO A MOSSUL, IL PIU' GRAVE DALL'INSEDIAMENTO DI BARAK WASHINGTON LE TRUPPE americane hanno subito ieri il peggior attentato in Iraq da quando Barak Obama si è insediato alla Casa Bianca e subito il presidente ha chiesto al Congresso un nuovo stanziamento di guerra per 83 miliardi di dollari. Una cifra pesante, in piena crisi finanziaria, anche se ieri sera Obama ha annunciato «barlumi di speranza» per l'economia. Un attentatore suicida, alla guida di un camion carico di una tonnellata di esplosivo, ha causato ieri la morte di cinque soldati americani e due iracheni a Mossul, la città nel Nord dell'Iraq dove Al Qaeda continua a resistere all'offensiva antiterrorismo che nel resto del Paese ha invece ridotto la violenza. L'attentato, diretto contro il comando della polizia irachena, ha provocato anche il ferimento di un soldato Usa e di 20 iracheni, secondo il comando Usa a Baghdad. Deve essere stato forte il contraccolpo per il presidente che aveva constatato i «progressi enormi» fatti in Iraq e promesso il disimpegno delle truppe Usa entro il 2011. «I prossimi 18 mesi saranno cruciali per l'Iraq» aveva detto Obama. Ma la richiesta di oltre 83 miliardi di fondi aggiuntivi per la guerra in Iraq e in Afghanistan ha anche il sapore del contrappasso per il presidente. Molti ricodano che da senatore Obama aveva votato contro analoghe richieste da parte di George W. Bush. Ora, da presidente, si trova a fare la stessa cosa di Bush: chiedere al Crongresso fondi supplementari per il Pentagono. E gli tocca promettere che sarà l'ultima volta e che farà rientrare i «costi militari futuri nel piano di spesa ordinario». Basta economia di guerra, insomma. L'economia è già un campo di battaglia. L. S.

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Obama perde tutte le guerre (per fortuna finte) con la Cina (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 87 del 2009-04-11 pagina 16 Obama perde tutte le guerre (per fortuna finte) con la Cina di Marcello Foa Un gruppo di esperti ha simulato crisi provocate da caos politico o manovre di mercato. Esiti preoccupanti: l'America è impreparata Durante la guerra fredda con l'Unione sovietica, al Pentagono si svolgevano regolarmente delle simulazioni per tentare di prevedere le reazioni del Cremlino in caso di crisi o di conflitto. Erano veri e propri giochi di guerra, in cui alcuni dei massimi specialisti dell'Urss dovevano immedesimarsi nei leader sovietici e sfidare a distanza un finto, ma molto credibile, governo americano. L'Urss non esiste più, ma i giochi di guerra continuano in un mondo dove i combattimenti avvengono sempre meno tra super-eserciti capaci, con le loro armi nucleari, di distruggere il pianeta, ma usando armi e tecniche non convenzionali e asimmetriche, quelle descritte oltre una decina di anni fa da due esperti cinesi in un libro, Guerra senza limiti, segnalato all'opinione pubblica europea dal generale italiano Fabio Mini. Quei due esperti avevano previsto la forza dirompente del nuovo terrorismo impersonato da Bin Laden e le potenzialità destabilizzanti di una crisi finanziaria. Certo, il crash dei subprime non è frutto di un sabotaggio internazionale, bensì dell'avida insipienza delle banche americane, ma il Pentagono ha imparato la lezione e per la prima volta ha simulato un gioco di guerra esclusivamente economico. Di solito queste esercitazioni restano segrete, ma, curiosamente, l'ultima non è stata classificata e il sito Politico ne ha potuto rivelare l'esistenza. Per due giorni, dal 17 al 18 marzo, un gruppo di esperti finanziari, tra cui gestori di hedge funds, docenti universitari, manager (uno addirittura di una banca straniera, la svizzera Ubs), si sono chiusi in un reparto della John Hopkins University a Laurel, nel Maryland divisi in cinque squadre: Stati Uniti, Russia, Cina, Estremo oriente e «altri». L'Unione europea, nonostante il suo peso economico, non è stata considerata come un soggetto capace di imprimere svolte strategiche autonome; alla stessa stregua del piccolo e sempre più vecchio Giappone. E non c'è da stupirsi se lo sguardo degli americani sia rivolto soprattutto all'Asia. L'Office of Net Assessment, il riservatissimo e influente centro studi del Pentagono, da tempo è persuaso che il vero potere si concentrerà in questa parte del mondo ed è lì che l'America dovrà dimostrare di essere ancora una, anzi la, superpotenza. Ma il responso dell'esercitazione, affidato a una squadra di giudici neutrali, non è affatto incoraggiante per l'Amministrazione Obama. Nell'insieme delle situazioni contemplate - alcune generate da crisi politiche come il tracollo della Corea del nord, altre da manovre di mercato quale la manipolazione del prezzo del gas da parte della Russia - la Cina ha vinto, approfittando, sovente, della rivalità tra Mosca e Washington. Ma non solo. Secondo uno dei partecipanti, il professor Paul Bracken della Yale School of Management, gli Usa non sono ancora in grado di coordinare efficacemente le loro ingenti risorse militari e quelle economico-finanziarie. Come dire: o muovono gli eserciti o usano la leva dei mercati o del boicottaggio, ma non riescono a orchestrare una strategia coerente e questo li rende vulnerabili o comunque poco efficaci. Sempre secondo Bracken, è improbabile che la Cina, che possiede centinaia di miliardi di dollari di Buoni del Tesoro Usa, decida di far crollare improvvisamente il dollaro, perché danneggerebbe se stessa. Tuttavia, potrebbe ricorrere a strategie intermedie, come la vendita a scaglioni della valuta Usa, che, a fronte di un rischio calcolato, permetterebbe a Pechino di indebolire l'economia americana. Il responso è chiaro: Pechino è molto più attrezzata e flessibile di Washington per affrontare un conflitto asimmetrico. L'America appare come un gigante superarmato e ipertecnologico, ma impacciato, incapace di prevedere e poi di neutralizzare i folli piani di Al Qaida, le guerriglia in Irak e in Afghanistan e domani, forse, una crisi di Wall Street teleguidata dall'estero. http://blog.ilgiornale.it/foa/ © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Il valzer dei direttori: e l'addio diventa una gag (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 87 del 2009-04-11 pagina 15 Il valzer dei direttori: e l’addio diventa una gag di Filippo Facci Così de Bortoli vuole evitare "distese di retorica" ma scrive un articolo di commiato infinito, Mieli pensa positivo e Riotta ringrazia tutti: "Anche te" Certi direttori di giornali & telegiornali ormai sono come i personaggi delle opere verdiane: «Addio, addio» e poi son sempre lì, spesso sempre gli stessi, protesi a ringraziare e complimentarsi tra loro. La cerimonia dei commiati e degli insediamenti ci ha già sufficientemente stroncato nei giorni scorsi, a margine dei cambi di poltrona al Tg1 e al Corsera e al Sole 24Ore: ma se il siparietto dovesse ripetersi anche per i prossimi cambi in Rai potremmo davvero non farcela. Ne pareva consapevole, l’altro ieri, Ferruccio de Bortoli: nell’accomiatarsi dalla direzione del Sole 24Ore ammetteva infatti che «Questi pezzi non si dovrebbero scrivere»: ma lo stesso pezzo, poi, era di un chilometro e mezzo. «Anni fa», scriveva, «venne a trovarmi un editore che raccoglieva gli articoli di insediamento e di commiato dei direttori dei giornali. C’erano anche i miei. Lo sfogliai e mi misi le mani nei capelli. Una noia mortale. Una distesa di retorica». Ecco, appunto: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l’amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l’ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l’ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l’editore liberale» Emma Marcegaglia, e come dimenticare Luca di Montezemolo? Come non menzionare i vicedirettori Gianfranco Fabi, Edoardo De Blasi, Alberto Oioli ed Elia Zamboni? De Bortoli, oltretutto, torna al Corriere per la seconda volta al posto del pure bi-direttore Paolo Mieli, di cui a sua volta non avremmo potuto perderci il commiato dal Corsera. Eccolo: ringraziamenti «alla proprietà, a un editore e soprattutto a una magnifica redazione» e un caloroso benvenuto «a un professionista coi fiocchi che io ben conosco, Ferruccio de Bortoli». Bravi, bello. Seguiva, com’è abitudine consolidata in ogni commiato da direttore moderato, una nota di pacato ottimismo: finalmente «si intravede qualche bagliore di luce», ha spiegato Mieli. E meno male che non ha scritto «luce in fondo al tunnel», come pure prescrive il galateo del commiato direttoriale: nessuno del resto abbandonerebbe una direzione scrivendo «vi attende un periodo orribile». L’ha confermato lo stesso de Bortoli, nel suo articolo di insediamento al Corriere: «Quell’Italia che ce la fa», era il titolo think-positive riferito al Paese e probabilmente a un certo giro di direttori. Di seguito, da contratto, le solite balle istituzionali sul Corriere «onesto, serio e costruttivo, un’autentica istituzione di garanzia del Paese» senza ovviamente disdegnare un cordiale evviva per l’amico Paolo Mieli che «questi valori li ha conservati in una fase difficile nel rapporto fra informazione e potere, gli va reso merito». Bello, bravi. Però occorre considerare che al posto di de Bortoli, al Sole 24 Ore, è arrivato Gianni Riotta direttamente dal Tg1: sotto allora con il suo articoletto di insediamento, pietosamente breve: giusto il tempo di apprendere che sarà felice «di lavorare nella stagione che trasformerà il mondo» giacché «la fine della Guerra Fredda ha avviato un processo tumultuoso di cui si vanno esaminando ora soprattutto gli aspetti negativi, dimenticando, in quella che il poeta Enzensberger chiama “furia della caducità”... ». E ce lo facciamo bastare. Ordunque: il commiato di de Bortoli al Sole (205 righe) e l’insediamento di Riotta al Sole (20 righe) e il commiato di Mieli al Corsera (60 righe) e l’insediamento di de Bortoli al Corsera (120 righe) e in tutto questo manca ancora il fondamentale commiato di Riotta dal Tg1. Lo recuperiamo su Youtube. E doveva essere emozionato, poverino: «Il servizio pubblico è cruciale alla libertà dell’informazione nel nostro Paese». Cruciale alla ? E poi grazie, grazie, grazie: «Grazie alla Rai, ai colleghi, ma soprattutto voglio ringraziare voi, i miei ultimi giorni hanno coinciso giorno e notte con la tragedia di Abruzzo». Di Abruzzo? «Ringrazio le mie colleghe e i miei colleghi che hanno garantito in questa difficile fase politica equilibrio e raziocinio: il tutto con me, direttore analfabeta di televisione». Lo dice pure. «Quando l’Italia gioisce, gioisce con il Tg1, quando si informa, si informa con il Tg1, e quando piange, come voi avete pianto in queste ore, piange con il Tg1». E ride pure, aggiungiamo. Ma non crediate che ulteriori ringraziamenti vi verranno risparmiati: «Di questa passione ed entusiasmo io mi... io vi ringrazio. E mi devo scusare con tutti voi per tutte le volte che per mia colpa e per mia ignoranza non sono stato capace di essere all’altezza di voi». Di voi. «Un pubblico così meraviglioso, un pubblico a cui voglio bene, gli voglio bene come comunità, ma voglio poi bene proprio a tutti voi ascoltatori, a lei a lei e a lei, a te e a te e a te». Totale: 2 minuti e 9 secondi. Avanti il prossimo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Con la provvista più cara gli spread si adeguano (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: STORIA COP data: 2009-04-11 - pag: 5 autore: Mutui. L'altra faccia del ribasso dell'Euribor Con la provvista più cara gli spread si adeguano Da fine agosto il differenziale su fisso e variabile è cresciuto in media del 50% I tassi di interesse scivolano ai minimi storici, ma i nuovi mutui erogati dalle banche italiane non si adeguano a dovere, anzi diventano leggermente più cari. Potrà sembrare un paradosso, ma è quanto emerge dalle ultime statistiche pubblicate dalla Banca d'Italia: il tasso medio praticato alle famiglie sui prestiti con durata superiore a 10 anni per l'acquisto di abitazioni è lievemente risalito a febbraio rispetto al mese precedente (5,13% da 5,10%). è pur vero che siamo distanti dal picco di agosto (6,10%) e che i tassi Irs – parametri di riferimento di quei prestiti a tasso fisso che, nono stante la rimonta del variabile, rappresentano ancora la maggioranza di quelli sottoscritti – sono sostanzialmente stabili negli ultimi mesi. Il segnale, tuttavia, è di quelli da non sottovalutare e si spiega principalmente con il rincaro dello spread, quel margine che la banca applica al tasso base (Euribor, Irs o Bce). Basta confrontare le offerte presenti sul sito del broker MutuiOnline lo scorso agosto (prima del fallimento di Lehman) e adesso per capire che il vento è cambiato: oggi si possono spuntare tassi effettivi decisamente più bassi (un fisso a 20 anni costa in media il 5,41% contro il 5,99% di 8 mesi fa, il variabile addirittura il 2,55% contro il 5,41%), ma gli spread (vedi tabella sotto) sono balzati da valori mediamente inferiori all'1% a quasi l'1,5%, con picchi fino al 2 per cento. Allo sportello, se possibile, la situazione è ancora peggiore e soltanto sottoscrivendo (costose) polizze accessorie è possibile ottenere uno sconto. Parte del ribasso dei tassi, insomma, rischia di essere vanificato dal rincaro degli spread, con il risultato che chi sottoscrive adesso un mutuo variabile particolarmente conveniente potrebbe trovarsi in difficoltà e con un prodotto poco competitivo nel momento in cui gli Euribor torneranno a crescere. La maggiorazione sul margine, va però detto, non finisce interamente nelle tasche delle banche: «Per effetto della crisi finanziaria – osserva Gianfranco Torriero, direttore centrale dell'Abi – nell'ultimo anno il costo effettivo della raccolta è aumentato in misura notevole e i tassi interbancari non sono più un parametro così affidabile per misurare il prezzo reale della provvista». Osservando i dati della Banca d'Italia, in effetti, si scopre che il tasso medio pagato dalle banche sulle emissioni con scadenza superiore a un anno era nel 2006 pressoché uguale all'Euribor 3 mesi (3,68% contro 3,70%), mentre a febbraio 2009 è stato più caro di circa l'1,5% (3,58% contro 2,05%). Detto questo, stabilire se gli spread praticati in questo momento siano più o meno equi e quanto del rincaro degli ultimi mesi finisca effettivamente nelle casse delle banche è impresa difficile. Molto dipende da quale è il canale principale utilizzato per la raccolta da ciascun istituto di credito, ma non solo: «Oltre che ai maggiori costi di finanziamento – spiega Alessandro Pedone, responsabile Aduc per la tutela del risparmio – il caro spread è legato alla situazione economica generale, che da una parte rende più rischiosa la concessione dei prestiti e dall'altra spinge le banche ad aumentare le entrate sulla parte dei finanziamenti nel momento in cui la marginalità dei servizi è minore». Sotto questo aspetto, la tendenza al rialzo degli spread sui mutui appare tutt'altro che passeggera. Prima di assistere a miglioramenti significativi occorreranno segnali di distensione sul versante finanziario, ma l'impressione è che sia necessaria anche una nuova spinta alla concorrenza fra le banche che operano sul territorio italiano. Proprio in questi giorni Ing Direct – l'istituto olandese che con il suo ingresso in Italia ha forse contribuito più di altri a movimentare il mercato – ha aumentato ulteriormente gli spread su tutti i prodotti. Non è certo un bel segnale. Maximilian Cellino www.ilsole24ore.com/mutui © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il ritorno dei bond convertibili (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-04-11 - pag: 7 autore: Mercati in ripresa. Le opportunità per chi vuole investire con il «paracadute» Il ritorno dei bond convertibili Le vendite forzate degli hedge fund hanno riportato i titoli «ibridi» a prezzi da saldo P er chi segue con interesse il rimbalzo delle Borse, ma ancora non si fida, oppure per chi osserva sconsolato i rendimenti ridotti dei titoli di Stato e desidera mettere un po' di pepe al portafoglio. Le obbligazioni convertibili, quei titoli a reddito fisso che offrono ai sottoscrittori la possibilità di diventare azionista della società in cui si investe, sono in questo momento in grado di mettere d'accordo diverse tipologie di risparmiatori proprio grazie alle loro caratteristiche «ibride». Del resto, se si ragiona in un'ottica di lungo termine (vedi tabella a fianco), si scopre che le convertibili sono state in grado di offrire in media un rendimento pari a quello delle azioni (e superiore a quello dei bond «tradizionali») ma con un livello di volatilità inferiore. Merito dalla componente obbligazionaria dello strumento, che ha in genere funzionato da protezione nelle fasi critiche di Borsa, almeno fino allo scorso autunno. Il 2008 è stato infatti un anno da dimenticare per le convertibili (nell'ultimo trimestre il mercato globale si è contratto di quasi 130 miliardi di dollari, con una perdita del 23%) per le vendite forzate scatenate dagli hedge fund che seguono la strategia convertible arbitrage, operatori che secondo le stime possedevano fino al 50% del mercato dei bond «ibridi» e che sono stati costretti a scaricarli sul mercato. Spesso però sono proprio le vendite indiscriminate a creare le migliori occasioni ed è su questo punto che fanno leva i gestori. «Quando è scoppiata la crisi finanziaria globale i mercati erano in preda al panico e si sono verificati notevoli errori di valutazione, che hanno visto ignorati i fondamentali dell'equity e la qualità del credito delle società emittenti» spiega Léonard Vinville, gestore del M&G Global Convertibles Fund. Che poi aggiunge: «Le convertibili sono ora estremamente convenienti e offrono un notevole potenziale di rialzo su un orizzonte d'investimento da medio a lungo termine». Fra i money manager c'è insomma la convinzione che quanto accaduto nel 2008 sia il frutto di condizioni irripetibili e ormai alle spalle. La conferma di questo, al di là del rimbalzo messo in atto dalle convertibili da gennaio a oggi, arriva anche da altri elementi. «In queste ultime settimane – sostiene Davide Basile del fixed income group di Morgan Stanley Im - stiamo assistendo a un forte ritorno di interesse verso questa asset class: sul mercato si vedono molti investitori long only che prendono le decisioni basandosi sui fondamentali delle società e non su logiche di pura copertura, sono stati lanciati diversi nuovi fondi specializzati e si sono viste nuove emissioni che stanno performando in modo soddisfacente. Tutto questo finisce per creare un sostegno ai prezzi dei titoli». Detto questo, la scelta della convertibile da acquistare (a pagina 37 si possono vedere le emissioni italiane) è pur sempre un'operazione complicata per il piccolo investitore. «In un contesto in cui è probabile che le condizioni macro sfavorevoli persistano – consiglia Vinville – è più che mai importante basarsi sui fondamentali e concentrarsi su quelle aziende capaci di generare liquidità, con basso utilizzo di leva finanziaria e i cui titoli sono sottovalutati». Il gestore suggerisce insomma di puntare su società meno vulnerabili agli effetti del ciclo economico e capaci di difendersi anche in un contesto sfavorevole come quello attuale «come il gruppo farmaceutico Allergan, il distributore di prodotti medici Henry Schein, la società di servizi per la cura dell'insufficienza respiratoria Lincare e il provider di servizi per l'archiviazione dati Emc ». Titoli, in ogni caso, su cui il risparmiatore farà meglio a investire una porzione limitata del portafoglio per evitare sorprese. Maximilian Cellino © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Hedge per tutti? È già una realtà (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-04-11 - pag: 10 autore: Investimenti alternativi / 1. Le opzioni per accedere ai prodotti speculativi anche con soli 100 euro Hedge per tutti? è già una realtà Mentre Bankitalia dibatte con le Sgr, l'innovazione di prodotto non conosce soste «F ondi hedge alla portata di tutti». Era questo uno dei punti salienti del piano varato la scorsa estate da Banca d'Italia per il rilancio del risparmio gestito. In particolare l'istituto di Via Nazionale, dopo un lungo tavolo di lavoro con Consob, Tesoro e gli operatori, ha proposto di ridurre da 500mila a 25mila euro la soglia di investimento minima per sottoscrivere fondi di fondi hedge. Un intento che per il momento, però, è rimasto lettera morta. Da allora è tutto fermo, complice anche la crisi finanziaria internazionale che ha spostato le attenzioni delle autorità verso altre problematiche. Ma mentre in Italia si discuteva, a livello internazionale il Cesr (comitato europeo dei regulator) nel giugno del 2007 concedeva il passaporto Ucits III anche ai fondi che hanno l'obiettivo di replicare la performance degli indici hedge investibili. Un provvedimento che di fatto ha dato accesso ai piccoli risparmiatori a tutto l'universo dei fondi hedge. In risposta a questa evoluzione normativa le case d'investimento hanno via via varato un numero sempre crescente di fondi ed Etf che, con diverse tecniche di gestione, offrono agli investitori un'esposizione a basso costo, trasparente e passiva dell'asset class hedge fund. E per quanto l'idea alla base di offrire un'ulteriore possibilità di diversificazione agli investitori è apprezzabile, al momento i prodotti presenti sul mercato evidenziano molti segni meno (vedi tabella a lato). Colpa, forse, di una non perfetta scelta di tempo. «La volatilità contenuta e rendimenti interessanti, ottenuti in condizioni di mercati particolamente difficili ne fanno uno strumento interessante da inserire in un portafoglio ben diversificato – sostiene Fabrizio Meo, Ad di Ing Inv. Mngt Italia Sim –. La nostra clientela, peraltro, sembra apprezzare il comparto Ing (L) Invest Alternative Beta, anche perché mette al ripario dal rischio di liquidità tipica dei fondi alternativi. E anche per il futuro, ci aspettiamo che questi prodotti potranno continuare a suscitare interesse, a patto che siano ben spiegati ». E le iniziative continuano a proliferare, con tecniche di gestione sempre più raffinate. «In questo contesto di mercato – afferma Alex Merla, director di SG Lyxor Ai – abbiamo riscontrato un interesse crescente, da parte della clientela istituzionale, verso i prodotti hedge presenti piattaforma di Managed Account di Lyxor. Asset manager, fondi pensione, fondazioni ed assicurazioni italiani ci hanno manifestato l'esigenza di accedere alla gestione alternativa tramite un'infrastruttura più sicura che garantisca maggior trasparenza, riduzione dei rischi operativi e sempre maggior liquidità. E per rispondere ancor meglio a queste esigenze Lyxor ha creato due Sicav Ucits III su indici hedge della propria piattaforma». Un modo alternativo per accedere agli hedge fund è anche quello di acquistare in Borsa i fondi hedge quotati (vedi articolo in basso) o le stesse azioni delle società di asset management alternative quotate. L'attenzione verso gli investimenti alternativi cresce, ma il consiglio è sempre quello di assumerli, eventualmente, solo a piccole dosi. Gianfranco Ursino © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Le banche? Guadagna(va)no molto per l'ignoranza dei clienti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-04-11 - pag: 18 autore: Le banche? «Guadagna(va)no molto per l'ignoranza dei clienti» • Può una direttiva indurre modifiche nei comportamenti dell'offerta di determinati beni? Sì, se chi domanda quei beni e quei servizi è consapevole. No, se chi domanda quei beni e quei servizi è nella maggior parte dei casi privo delle conoscenze necessarie per capire se il proprio interlocutore si sta comportando veramente nel suo interesse e, in caso negativo, cambiarlo. La Mifid si è preoccupata di caricare gli intermediari di ulteriori adempimenti burocratici (i cui costi vengono ovviamente ribaltati sui clienti) ma a oggi non pare essersi ancora tradotta in un miglioramento della consulenza prestata ai clienti delle banche. Non faccio fatica a credere alle sue parole: «I consulenti sono semplici collocatori di prodotti», vincolati - aggiungo io – al raggiungimento di obiettivi di vendita. Il fatto è che la maggior parte dei clienti delle banche, priva delle conoscenze citate, o non se ne rende conto, oppure, se lo intuisce, ritiene che tanto sia inutile cambiare perché gli intermediari e i prodotti sono tutti uguali. Il che è falso, ma ciò che conta è che in questo modo le banche possono continuare a fruire di lauti margini reddituali che soltanto mercati caratterizzati da profondi gap cognitivi tra domanda e offerta possono garantire. Un azzardo morale, quindi, ben spiegato dagli studi del premio Nobel dell'Economia Joseph Stiglitz. Nel mercato delle auto, per fare un paragone, non è possibile spuntare i profitti dell'industria bancaria: perché gli acquirenti di auto sono generalmente molto più informati di quelli di servizi finanziari. Certo è che la grande crisi finanziaria sta rappresentando – forse senza possibilità di ritorno – una svolta nella redditività delle banche. Il drastico calo dei profitti non sembra dovuto a una presa di coscienza da parte dei risparmiatori dello scarso valore aggiunto ottenuto in cambio dei costi pagati. Le sue origini sono da ricercarsi più nel rapporto delle banche con i mercati dei capitali. è lecito tuttavia attendersi che la grande crisi possa indurre le banche a ricercare una redditività più fisiologica, quindi più contenuta e soprattutto più sostenibile, nelle sue varie attività, tra le quali hanno un ruolo di primo piano la consulenza agli investimenti e la gestione del risparmio. Attesa c'è anche sul ruolo che potrà giocare nei prossimi mesi l'autorità di controllo, la Consob, che ha dedicato la fase iniziale del recepimento a spiegare a banche e intermediari come gestire il passaggio nell'era Mifid. Esauritasi questa fase, potrebbe aprirsi un periodo meno amichevole, nel quale la Consob, tramite ispezioni, entrerà nel merito dei processi di consulenza e verificherà – con i poteri di indagine che la legge le attribuisce – se effettivamente a fronte dei costi pagati i clienti abbiano ricevuto un servizio adeguato. Uno dei meriti (finora pochi) della Mifid è quello di aver obbligato gli intermediari a garantire la tracciabilità del processo di consulenza, al fine di permettere all'authority di controllarne la correttezza. Occorre poi chiedersi se i deficit cognitivi dei risparmiatori possano almeno parzialmente venire coperti. In Italia, come lei fa emergere, ci sono abissi di conoscenza che suggeriscono un intervento pubblico in materia, tenuto conto dei costi sociali che sono causati da una inefficace e inefficiente allocazione dei risparmi. Non è colpa degli italiani se nessuna scuola ha insegnato loro la differenza tra azioni e obbligazioni, tra polizze Vita e fondi comuni. I programmi di educazione finanziaria dei cittadini rientrano tra le raccomandazioni Ocse; Robert Shiller della Yale University nel suo libro «The Subprime Solution» (tradotto in «Finanza Shock» dell'Egea, 2008) propone l'educazione finanziaria di massa come antidoto alle catastrofi finanziarie. In un suo recente intervento sul «New York Times», Shiller quantifica in 15 miliardi di dollari all'anno il costo di un'educazione finanziaria rivolta a 50 milioni di americani, e giustamente evidenzia l'irrilevanza della cifra rispetto ai trilioni di denaro pubblico oggi necessari per salvare l'industria finanziaria e l'economia Usa dalla crisi scaturita dai debiti sproporzionati contratti dagli acquirenti di case. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Italia, un mercato col freno tirato (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ARTECONOMY data: 2009-04-11 - pag: 21 autore: INTERVISTA James Goodwin Consultant Editor Italia, un mercato col freno tirato Penalizzato dall'elevata tassazione e dalla notifica L a crisi finanziaria americana ha riportato a Londra il mercato delle aste e fatto registrare la prima flessione dei prezzi dopo sette anni di crescita ininterrotta, secondo l'analisi annuale di Artprice. Il tasso d'invenduto è balzato al 37,8% nel 2008 con picchi del 45% a partire da ottobre. Negli incanti sono stati scambiati volumi per 8,3 miliardi di dollari – un milione in meno del 2007 – è stata battuta più arte moderna, per quasi il 44%, seguita da post-war (18,8%), contemporaneo (16%), XIX secolo (14,3%) e old master (6,8%). Londra ha conquistato il podio con il 35,7%, pari a 2,958 milioni di $ di fatturato, sfilandolo a New York (35,6%), mentre conferma l'argento la Cina (7,2%). Nella gara tra Sotheby's e Christie's – insieme totalizzano il 73% del volume d'asta mondiale con il 16% delle transazioni – vince la prima con 3,3 miliardi di $ grazie a uno scarto di 400milioni. E l'Italia con il suo 2,7% di quota di mercato che ruolo potrà avere nel futuro? Risponde James Goodwin, consultant editor di «The International Art Markets-The Essential Guide for Collectors and Investors» edito da Kogan Page, utile guida per il collezionista che fa il focus sul mercato dell'arte in 42 paesi. «L'Italia è uno dei paesi leader nella cultura e nelle arti, soprattutto in quelle figurative. Ma il suo mercato dell'arte se confrontato con la sua reputazione è sproporzionatamente piccolo. L'Italia scambia meno dell'1% dell'arte del mondo e appena meno del 4% delle merci mondiali. Nel Regno Unito viene scambiato oltre il 30% delle opere. Grazie alla cultura l'Italia accoglie circa il 9-10% dei turisti d'Europa, classificandosi al quinto posto nel mondo. Ma solo gli Uffizi di Firenze è nei primi 60 musei al mondo, in base ai visitatori per mostra. Sono dieci, invece, i musei inglesi, di cui cinque prima degli Uffizi. Poiché il turismo è una risorsa di lungo termine per il reddito nazionale tutto questo lascia sconcertati. Cosa fare? In modo coraggioso, nel mercato italiano sono più i cittadini delle istituzioni a collezionare e investire in arte. Ma sfortunatamente, sono ostacolati dall'alta tassazione degli scambi (20%, ndr). E poi vi sono troppe restrizioni commerciali per collezionisti ed esportatori per le opere che hanno più di 50 anni. Risultato? Le migliori opere italiane sono scambiate più a caro prezzo fuori dall'Italia e spesso restano lì per essere più facilmente vendute in futuro. I lavori intermediati in Italia tendono ad essere di medio prezzo e i capolavori, a volte, trovano la loro strada nel mercato sommerso. In conclusione, tutte queste restrizioni sono finanziariamente costose per gli italiani e riducono gli investimenti futuri nella grande cultura del paese. Marilena Pirrelli © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Altre due banche americane falliscono: la Cape Fear Bank e la New Frontier Bank (sezione: crisi)

( da "Rai News 24" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Washington | 11 aprile 2009 Altre due banche americane falliscono: la Cape Fear Bank e la New Frontier Bank Wall Street Ancora due banche americane travolte dalla crisi finanziaria. Il primo istituto chiuso dalle autorità è Cape Fear Bank il primo a fallire in North Carolina dal 1993. Poi l'annuncio della chiusura della New Frontier Bank, importante istituto di credito regionale del Colorado, che diventa cosi' la maggiore banca a fallire quest'anno negli Stati Uniti. Si tratta del il 23/o istituto di credito a fallire negli Stati Uniti da gennaio.

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Crisi Usa. Obama: barlumi di speranza (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi Usa. Obama: barlumi di speranza 11-04-2009 WASHINGTON. L'economia americana comincia a intravedere una luce in fondo al tunnel della recessione, che ormai affligge l'Azienda America da 16 mesi: "Iniziamo a vedere dei progressi" su diversi fronti. Si intravedono "barlumi di speranza" afferma il presidente Barack Obama invitando comunque a non allentare la presa visto che l'economia resta "ancora sotto un severo stress". "C'é ancora molto lavoro da fare", esorta Obama annunciando che presto saranno adottate nuove misure a sostegno dell'economia e della stabilizzazione dei mercati finanziari. Proprio lo stato di salute di questi ultimi e delle banche, alle prese con gli stress test, sono stati oggetto dell'incontro fra Obama e la sua squadra economica, composta dal segretario al Tesoro Timothy Geithner, il presidente della Fed Ben Bernanke e il top advisor della Casa Bianca Lawrence Summers. "Iniziamo a vedere dei progressi: quello che iniziamo a intravedere sono barlumi di speranza" su diversi fronti economici, spiega Obama, dicendosi "assolutamente convinto che riusciremo a rimettere l'economia in carreggiata". Fra i segnali positivi figurano il boom della domande di rifinanziamento dei mutui e dei prestiti alle piccole e medie imprese. Proprio nelle ultime ore il presidente statunitense ha invitato gli americani ad approfittare dei minimi storici dei tassi per rinegoziare i propri finanziamenti. Nonostante i segnali positivi, Obama invita alla prudenza: "Dobbiamo esserlo nelle nostre previsioni, perché le cose non cambiano solo perché è Pasqua. L'economia resta ancora sotto una terribile pressione. Dobbiamo far sì che quello che facciamo si traduca in crescita economica in un aumento dell'occupazione e dei redditi degli americani. Al momento constatiamo l'esistenza di molte difficoltà, la perdita di molti posti di lavoro. Abbiamo molto lavoro da fare e nel corso delle prossime settimane ci saranno nuove iniziative dell'amministrazione" a sostegno dell'economia. La recessione in atto e i salvataggi delle banche negli ultimi mesi fanno intanto schizzare il deficit, salito a marzo a 192,3 miliardi di dollari: complessivamente nei primi sei mesi dell'anno fiscale in corso il deficit risulta pari a 956,8 miliardi di dollari. Se continuerà a viaggiare di questo passo, l'anno fiscale si chiuderà in linea con le attese del Congressional Budget Office (Cbo) che prevede un rosso da 1.850 miliardi di dollari. Secondo il Blue Chip Economic Indicator, un sondaggio condotto fra economisti, l'economia americana emergerà dalla recessione nella seconda parte dell'anno grazie alla ripresa dei consumi e del mercato immobiliare, ma la disoccupazione continuerà ad aumentare fino al 2010, raggiungendo il picco proprio nel secondo semestre 2009 quando potrebbe raggiungere il 9,8%. Gli economisti partecipanti alla ricerca prevedono che il Pil quest'anno si possa contrarre del 2,6%, segnando così la maggiore contrazione annuale dalla Seconda Guerra Mondiale, superiore al -1,9% del 1982. Con la sua squadra economica Obama si è soffermato sullo stato di salute del mercato finanziario, sulle banche e sulle iniziative in campo per pulire i bilanci degli istituti di credito dagli asset tossici. Le maggiori banche americane sono al momento oggetto degli stress test messi a punto dal Dipartimento del Tesoro per determinare la solidità degli istituti stessi. La Fed e il Tesoro, secondo indiscrezioni, avrebbero invitato le banche che si sono già sottoposte all'esame a non diffondere i risultati finali, che saranno resi noti alla fine di aprile dalle autorità. Un invito per evitare contraccolpi al mercato proprio nella stagione delle trimestrali.

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agentediviaggi ha detto: Non c'è niente da fare, lo dico con rammarico ma l'Italia è come la Torre di Pisa, è un paese in stabilità precaria perenne ma si tiene cmq in piedi. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 99 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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ASEAN/ CRISI ECONOMICA DOMINERÀ VERTICE IN THAILANDIA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Asean/ Crisi economica dominerà vertice in Thailandia di Apcom Seguito del G20 per paesi asiatici dipendenti da esportazioni -->Pechino, 11 apr. (Apcom) - Per le Tigri Asiatiche e le roboanti economie del sud-est asiatico l'evoluzione della situazione economica mondiale negli ultimi mesi è un film già visto, del cui finale sperano però di fare a meno. La crisi asiatica del 1997/98 che aveva messo in ginocchio i mercati finanziari del continente, sarà usata a mo' di lezione esemplare dai dieci paesi dell'Associazione dei Paesi del Sud-est Asiatico (ASEAN) in riunione da oggi a Pattay, in Thailandia. Entrambi i primi ministri di Thailandia e Giappone hanno ribadito appeno dieci giorni fa al vertice di Londra che l'Asia ha forza sufficiente per uscire dalla crisi, grazie all'esperienza accumulata nel 1997. Il premier Abhisit Vejjajiva, che farà gli onori di casa alla delegazione di centinaia di rappresentanti di governi, sostiene che, contrariamente a quanto avvenuto un decennio fa e a quanto deciso da alcuni paesi europei, è il momento per i governi di adottare piani di stimolo per promuovere la ripresa dell'economia. In ciò gli dà ragione anche la Banca Asiatica di Sviluppo, che ha appena pubblicato in un rapporto le previsioni per la crescita del continente nell'anno in corso. La crescita dell'economia asiatica diminuirà raggiungendo il suo ritmo più lento dopo la crisi finanziaria del 1997/98- si legge nel rapporto- ma la regione si trova oggi in una migliore posizione per far fronte alla crisi attuale". Secondo Jong-Wha Lee, capo economista presso la Banca, "nel breve termine le previsioni per la regione sono tetre, poiché l'impatto della seria recessione nelle economie industrializzate si sta trasmettendo alle economie emergenti". Nel 2009 la crescita dei paesi dell'est asiatico si fermerà al 3,6%, la metà del 6,6% raggiunto nel 2008 e ben al di sotto del 10,4% del 2007. E il livello è mantenuto tale solo dalla Cina da cui ci si aspetta una crescita del 7% "sostenuta da massicce misure di stimolo", secondo il rapporto, mentre economie strettamente dipendenti dalle esportazioni scenderanno a record storici. E' il caso di Hong Kong da cui la Banca si aspetta un -2%, della Repubblica di Corea a -3%, e di Taiwan che crescerà di -4%. Ma molti governi asiatici hanno già risposto prontamente alla crisi emanando misure finanziarie, monetarie e fiscali per limitarne l'impatto. Dalla riunione di due giorni dovrebbe risultare un ulteriore sforzo congiunto con la creazione di un fondo regionale per aiutare le economie in difficoltà, estremamente dipendenti dalle esportazioni e dal livello di consumi dei paesi sviluppati. Secondo l'agenzia France Presse i capi di governo sarebbero pronti a raccogliere 120 mld di dollari per incrementare un fondo di 80 mld di dollari deciso lo scorso febbraio e che si spera sia operativo a partire dal mese prossimo. Nel documento che sarà approvato alla fine dei due giorni di meeting, i 10 paesi dell'Asean forniranno il 20% del contributo, il resto sarà lasciato alle casse di Cina, Giappone e Corea. Sebbene focalizzato sulle urgenti questioni economiche il summit dovrà fare i conti con le questioni interne del paese ospitante e le migliaia di dimostranti che da giorni assediano la capitale tailandese. Le camicie rosse, come sono chiamati i sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra a ragione della divisa che indossano, chiedono le dimissioni dell'attuale Primo Ministro Abhisit Vejjajivae lo scioglimento del Parlamento, propedeutico per nuove elezioni. Oggi erano in 2000 radunati attorno alla sede del meeting, secondo le fonti tailandesi, e decisi ad approfittare della presenza dei rappresentanti di tutti i paesi vicini per denunciare l'illegittimità del governo di Bangkok. Dell'Asean fanno parte dieci paesi del sud-est asiatico (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Birmania, the Filippine, Singapore, Vietnam e Thailandia) a cui si aggiungono Cina, Giappone e Corea. Domenica si svolgerà l'incontro del Global Dialogue, un meccanismo a cui prendono parte il Segretario generale delle Nazioni Unite, i capi di Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del Commercio.

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Asean/ Crisi economica dominerà vertice in Thailandia (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pechino, 11 apr. (Apcom) - Per le Tigri Asiatiche e le roboanti economie del sud-est asiatico l'evoluzione della situazione economica mondiale negli ultimi mesi è un film già visto, del cui finale sperano però di fare a meno. La crisi asiatica del 1997/98 che aveva messo in ginocchio i mercati finanziari del continente, sarà usata a mo' di lezione esemplare dai dieci paesi dell'Associazione dei Paesi del Sud-est Asiatico (ASEAN) in riunione da oggi a Pattay, in Thailandia. Entrambi i primi ministri di Thailandia e Giappone hanno ribadito appeno dieci giorni fa al vertice di Londra che l'Asia ha forza sufficiente per uscire dalla crisi, grazie all'esperienza accumulata nel 1997. Il premier Abhisit Vejjajiva, che farà gli onori di casa alla delegazione di centinaia di rappresentanti di governi, sostiene che, contrariamente a quanto avvenuto un decennio fa e a quanto deciso da alcuni paesi europei, è il momento per i governi di adottare piani di stimolo per promuovere la ripresa dell'economia. In ciò gli dà ragione anche la Banca Asiatica di Sviluppo, che ha appena pubblicato in un rapporto le previsioni per la crescita del continente nell'anno in corso. La crescita dell'economia asiatica diminuirà raggiungendo il suo ritmo più lento dopo la crisi finanziaria del 1997/98- si legge nel rapporto- ma la regione si trova oggi in una migliore posizione per far fronte alla crisi attuale". Secondo Jong-Wha Lee, capo economista presso la Banca, "nel breve termine le previsioni per la regione sono tetre, poiché l'impatto della seria recessione nelle economie industrializzate si sta trasmettendo alle economie emergenti". Nel 2009 la crescita dei paesi dell'est asiatico si fermerà al 3,6%, la metà del 6,6% raggiunto nel 2008 e ben al di sotto del 10,4% del 2007. E il livello è mantenuto tale solo dalla Cina da cui ci si aspetta una crescita del 7% "sostenuta da massicce misure di stimolo", secondo il rapporto, mentre economie strettamente dipendenti dalle esportazioni scenderanno a record storici. E' il caso di Hong Kong da cui la Banca si aspetta un -2%, della Repubblica di Corea a -3%, e di Taiwan che crescerà di -4%. Ma molti governi asiatici hanno già risposto prontamente alla crisi emanando misure finanziarie, monetarie e fiscali per limitarne l'impatto. Dalla riunione di due giorni dovrebbe risultare un ulteriore sforzo congiunto con la creazione di un fondo regionale per aiutare le economie in difficoltà, estremamente dipendenti dalle esportazioni e dal livello di consumi dei paesi sviluppati. Secondo l'agenzia France Presse i capi di governo sarebbero pronti a raccogliere 120 mld di dollari per incrementare un fondo di 80 mld di dollari deciso lo scorso febbraio e che si spera sia operativo a partire dal mese prossimo. Nel documento che sarà approvato alla fine dei due giorni di meeting, i 10 paesi dell'Asean forniranno il 20% del contributo, il resto sarà lasciato alle casse di Cina, Giappone e Corea. Sebbene focalizzato sulle urgenti questioni economiche il summit dovrà fare i conti con le questioni interne del paese ospitante e le migliaia di dimostranti che da giorni assediano la capitale tailandese. Le camicie rosse, come sono chiamati i sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra a ragione della divisa che indossano, chiedono le dimissioni dell'attuale Primo Ministro Abhisit Vejjajivae lo scioglimento del Parlamento, propedeutico per nuove elezioni. Oggi erano in 2000 radunati attorno alla sede del meeting, secondo le fonti tailandesi, e decisi ad approfittare della presenza dei rappresentanti di tutti i paesi vicini per denunciare l'illegittimità del governo di Bangkok. Dell'Asean fanno parte dieci paesi del sud-est asiatico (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Birmania, the Filippine, Singapore, Vietnam e Thailandia) a cui si aggiungono Cina, Giappone e Corea. Domenica si svolgerà l'incontro del Global Dialogue, un meccanismo a cui prendono parte il Segretario generale delle Nazioni Unite, i capi di Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del Commercio.

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(sezione: crisi)

( da "Brescia Oggi" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

«Gli errori di banche e autorità» 11/04/2009 rss e-mail print «Gli errori di banche e autorità» La crisi ha potuto maturare e assumere la dimensione attuale anche per i molti errori e ritardi delle autorità e dei vertici delle banche. Autorità e regolamentazione. Bastano due episodi poco noti, ma eloquenti. Il primo riguarda l'attività di Fannie Mae and Freddie Mac, i pilastri dell'offerta di mutui-casa alle famiglie americane. Nel 2006, dopo avere scoperto un errore contabile di oltre 11 miliardi di dollari, le autorità statunitensi hanno imposto limiti severi alla loro attività. Ebbene, il primo marzo del 2008 quei limiti sono stati rimossi, con una decisione tanto inspiegabile quanto dissennata: solo sei mesi dopo, avendo ormai perso il capitale, le due agenzie dovevano essere nazionalizzate. Il secondo episodio riguarda la regolamentazione della finanza in generale. Nel marzo del 2007, proprio quando la crisi ha preso corpo con il fallimento di New Financial Century, le autorità statunitensi hanno accusato esplicitamente la legge Sarbanes-Oxley - introdotta all'indomani dei fallimenti-scandali Enron, Worldcom, etc. - di rendere la finanza e la Borsa Usa non competitive rispetto a quelle inglesi. Lo stesso ministero del Tesoro ha organizzato un incontro stampa nel quale John Thain, allora presidente del New York Stock Exchange, imputava proprio a quella legge il fatto che solo 2 delle 25 offerte pubblico d'acquisto del 2006 fossero state lanciate negli USA. Il messaggio era chiaro: la massiccia deregolamentazione dell'ultimo quarto di secolo non bastava, c'erano ancora troppe regole. Tale convinzione veniva formalizzata nel Blueprint for a Modernized Financial Regulatory Structure pubblicato dal ministero del Tesoro Usa il 31 marzo 2008. Oggi quel passo appare ancora più incomprensibile. Autorità e politica monetaria. Il 7 agosto 2007, la Fed ha dichiarato di non ritenere opportuno abbassare i tassi e creare liquidità aggiuntiva perché il problema del momento era l'inflazione, non la crisi finanziaria. Ebbene, solo due giorni dopo, il mercato interbancario si è bloccato e la Fed è stata costretta a creare 24 miliardi di dollari di nuova liquidità. Per certi versi, oggi risulta ancora più eclatante il successivo l'errore di tempismo della Bce. La crisi è diventata esplicita nel marzo 2007; nella prima parte del 2008, oltre al fallimento di Bear Stearns, sono emerse le colossali perdite di HSBC, Citigroup, Merril Lynch, UBS e Unicredit. Pertanto, a luglio 2008 il problema da attaccare non poteva essere più chiaro nella sua natura e drammaticità. Nonostante questo, e nonostante il fatto che le banche centrali di Inghilterra e USA abbiano ormai già ridotto i propri tassi, rispettivamente, tre e sette volte in successione, la Bce ha fatto il contrario. Misurazione del rischio. Per dare un'idea dell'enormità del problema di misurazione del rischio basta citare due dati. A gennaio 2008, esistevano solo 12 aziende con rating AAA; in quello stesso mese, però, ben 64.000 strumenti di finanza strutturata - incluse le (ora) tristemente note obbligazioni garantite da mutui subprime - si potevano fregiare di tale rating. I manager (e le autorità) credevano che la cartolarizzazione avrebbe spostato tutto il rischio dal sistema bancario - che origina i prestiti - agli investitori finali. Anche qui, però, l'abbaglio è stato colossale: spesso il rischio veniva passato a un'altra banca o rimaneva all'interno della cedente perché acquisito da un'altra sua divisione o connesso a un derivato. Quando i prestiti hanno iniziato ad andare in default, le perdite si sono abbattute in gran parte su un sistema bancario che ha dovuto fare i conti con i propri errori di risk management.

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Qualcosa sta cambiando... (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Virgin Mobile paga la bolletta ai clienti in difficoltà: qualcosa sta cambiando nel modo di fare affari, non solo negli Usa Sabato 11.04.2009 11:57 Gli effetti della crisi finanziaria mondiale sull'economia reale "si stanno manifestando con virulenza", secondo quanto riporta anche Banca d'Italia nel suo ultimo Bollettino Economico, dove però Via Nazionale fa notare anche come "alcuni dati più recenti, la cui significatività e tenuta andranno valutate nelle prossime settimane, suggeriscono un possibile rallentamento della caduta produttiva negli Stati Uniti, in particolare con riferimento al mercato immobiliare e ai consumi". Insomma, la crisi è dura e certamente una fase in cui si bruciano quasi 700 mila posti di lavoro al mese nei soli Stati Uniti va affrontata con tutta l'attenzione del caso da parte di governi e autorità monetarie. Ma anche le aziende stanno iniziando a fare la loro parte, non solo cercando di ridurre all'osso i costi e dismettendo attività ritenute non più "strategiche" e tagliando il personale. Anzi iniziano ad arrivare sul mercato offerte destinate proprio a chi sta attraversando una difficoltà temporanea dovuta ad esempio alla perdita del posto di lavoro. Virgin Mobile, operatore statunitense di telefonia mobile, ha lanciato ad esempio un'offerta ad hoc con chiamate illimitate a 50 dollari per i clienti che hanno perso il lavoro e un programma di protezione ("Pink Slip"), grazie al quale sarà la stessa compagnia telefonica a pagare la bolletta per tre mesi al posto di quei clienti che non riusciranno a fare fronte al pagamento. "Il cellulare non è più un lusso ma una necessità" ha spiegato il Ceo, Dan Schulman, che ha aggiunto: "abbiamo avuto questa idea ispirati da un nostro cliente che ci ha scritto temendo di non poter più pagare le spese telefoniche perché disoccupato". Un cambiamento di strategia che potrebbe fare scuola anche fuori dagli States. pagina successiva >>

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babelick ha detto: intanto noi siamo ancora in piedi.gli altri si fanno i solidi ed i progreditti e poi chiudono baracca.certo agente che ce la chiamiamo proprio...eppoi i dati neg (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 100 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Il valzer dei direttori,... (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 87 del 2009-04-11 pagina 15 Il valzer dei direttori, l’addio diventa una gag di Filippo Facci Con la rivoluzione ai vertici di quotidiani e telegiornali si scatena il cerimoniale. Così de Bortoli dice di voler evitare "distese di retorica" ma scrive un articolo di commiato infinito, Mieli pensa positivo e Riotta ringrazia tutti: "Anche te" Certi direttori di giornali & telegiornali ormai sono come i personaggi delle opere verdiane: «Addio, addio» e poi son sempre lì, spesso sempre gli stessi, protesi a ringraziare e complimentarsi tra loro. La cerimonia dei commiati e degli insediamenti ci ha già sufficientemente stroncato nei giorni scorsi, a margine dei cambi di poltrona al Tg1 e al Corsera e al Sole 24Ore: ma se il siparietto dovesse ripetersi anche per i prossimi cambi in Rai potremmo davvero non farcela. Ne pareva consapevole, l’altro ieri, Ferruccio de Bortoli: nell’accomiatarsi dalla direzione del Sole 24Ore ammetteva infatti che «Questi pezzi non si dovrebbero scrivere»: ma lo stesso pezzo, poi, era di un chilometro e mezzo. «Anni fa», scriveva, «venne a trovarmi un editore che raccoglieva gli articoli di insediamento e di commiato dei direttori dei giornali. C’erano anche i miei. Lo sfogliai e mi misi le mani nei capelli. Una noia mortale. Una distesa di retorica». Ecco, appunto: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l’amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l’ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l’ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l’editore liberale» Emma Marcegaglia, e come dimenticare Luca di Montezemolo? Come non menzionare i vicedirettori Gianfranco Fabi, Edoardo De Blasi, Alberto Oioli ed Elia Zamboni? De Bortoli, oltretutto, torna al Corriere per la seconda volta al posto del pure bi-direttore Paolo Mieli, di cui a sua volta non avremmo potuto perderci il commiato dal Corsera. Eccolo: ringraziamenti «alla proprietà, a un editore e soprattutto a una magnifica redazione» e un caloroso benvenuto «a un professionista coi fiocchi che io ben conosco, Ferruccio de Bortoli». Bravi, bello. Seguiva, com’è abitudine consolidata in ogni commiato da direttore moderato, una nota di pacato ottimismo: finalmente «si intravede qualche bagliore di luce», ha spiegato Mieli. E meno male che non ha scritto «luce in fondo al tunnel», come pure prescrive il galateo del commiato direttoriale: nessuno del resto abbandonerebbe una direzione scrivendo «vi attende un periodo orribile». L’ha confermato lo stesso de Bortoli, nel suo articolo di insediamento al Corriere: «Quell’Italia che ce la fa», era il titolo think-positive riferito al Paese e probabilmente a un certo giro di direttori. Di seguito, da contratto, le solite balle istituzionali sul Corriere «onesto, serio e costruttivo, un’autentica istituzione di garanzia del Paese» senza ovviamente disdegnare un cordiale evviva per l’amico Paolo Mieli che «questi valori li ha conservati in una fase difficile nel rapporto fra informazione e potere, gli va reso merito». Bello, bravi. Però occorre considerare che al posto di de Bortoli, al Sole 24 Ore, è arrivato Gianni Riotta direttamente dal Tg1: sotto allora con il suo articoletto di insediamento, pietosamente breve: giusto il tempo di apprendere che sarà felice «di lavorare nella stagione che trasformerà il mondo» giacché «la fine della Guerra Fredda ha avviato un processo tumultuoso di cui si vanno esaminando ora soprattutto gli aspetti negativi, dimenticando, in quella che il poeta Enzensberger chiama “furia della caducità”... ». E ce lo facciamo bastare. Ordunque: il commiato di de Bortoli al Sole (205 righe) e l’insediamento di Riotta al Sole (20 righe) e il commiato di Mieli al Corsera (60 righe) e l’insediamento di de Bortoli al Corsera (120 righe) e in tutto questo manca ancora il fondamentale commiato di Riotta dal Tg1. Lo recuperiamo su Youtube. E doveva essere emozionato, poverino: «Il servizio pubblico è cruciale alla libertà dell’informazione nel nostro Paese». Cruciale alla ? E poi grazie, grazie, grazie: «Grazie alla Rai, ai colleghi, ma soprattutto voglio ringraziare voi, i miei ultimi giorni hanno coinciso giorno e notte con la tragedia di Abruzzo». Di Abruzzo? «Ringrazio le mie colleghe e i miei colleghi che hanno garantito in questa difficile fase politica equilibrio e raziocinio: il tutto con me, direttore analfabeta di televisione». Lo dice pure. «Quando l’Italia gioisce, gioisce con il Tg1, quando si informa, si informa con il Tg1, e quando piange, come voi avete pianto in queste ore, piange con il Tg1». E ride pure, aggiungiamo. Ma non crediate che ulteriori ringraziamenti vi verranno risparmiati: «Di questa passione ed entusiasmo io mi... io vi ringrazio. E mi devo scusare con tutti voi per tutte le volte che per mia colpa e per mia ignoranza non sono stato capace di essere all’altezza di voi». Di voi. «Un pubblico così meraviglioso, un pubblico a cui voglio bene, gli voglio bene come comunità, ma voglio poi bene proprio a tutti voi ascoltatori, a lei a lei e a lei, a te e a te e a te». Totale: 2 minuti e 9 secondi. Avanti il prossimo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Turismo: l'incoming è in flessione (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mediterraneo tunisia Turismo: l'incoming è in flessione Nonostante il calo di presenze i guadagni del comparto sono in aumento Gli introiti legati al turismo hanno registrato, nel primo trimestre dell'anno, un aumento in euro pari allo 0,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008. Lo ha reso noto in ministro tunisino del Turismo, Khelil Lajimi, precisando però contestualmente si e' registrato un leggero calo di presenze. Le prenotazioni per il mese corrente, rispetto all'aprile dello scorso anno, sarebbero invece in aumento. Impossibile invece, sempre secondo il ministro, fare previsioni per settembre e ottobre in quanto fra i turisti europei, stante l'attuale crisi finanziaria, vi è la tendenza a prenotare all'ultimo momento. Per quanto riguarda il turismo interno, Lajimi ha detto che si vuole incrementarlo dall'attuale 7,5 al 15 per cento. A suo avviso uno dei principali ostali verso tale traguardo è l'adozione, da parte degli albergatori tunisini, della tariffa individuale anzichè di quella per camera. E L'offerta turistica della Tunisia per l'anno in corso è stata illustrata, a Djerba, ai rappresentanti di 350 agenzie di viaggio italiane dal ministro del Turismo, Khelil Lajimi. Sottolineando la necessità di far fronte, con una politica avveduta, alla crisi che investe le economie mondiali e le possibili ricadute su settore turistico, Lajimi ha evidenziato l'importanza che il turismo italiano riveste per la Tunisia: terzo cliente dopo, nell'ordine, Francia e Germania. Nel 2008 le presenze italiane hanno raggiunto la quota di 450.000. Per rafforzare questi legami e rendere sempre piu' valida l'offerta, dal prossimo 29 ottobre vi sarà anche un collegamento aereo diretto Milano-Tozeur. Il Marocco e la Tunisia hanno firmato una serie di accordi su turismo ed energie rinnovabili e cooperazione scientifica a chiusura dei lavori della commissione mista di cooperazione. Lo ha reso noto l'agenzia Map citando fonti ufficiali. Il primo accordo riguarda un rafforzamento della cooperazione bilaterale per il turismo, voce importante per il pil di entrambi i paesi. Le altre intese trattano lo scambio di esperienze su energia solare ed eolica settori sui quali puntano sia il Marocco che la Tunisia entrambi poveri di petrolio e gas. Al termine dei lavori il primo ministro tunisino Mohammed Gannouchi ha chiesto agli imprenditori di accettare la sfida e ''fare un salto di qualità'' approfittando delle opportunita' di investimento e delle capacita' negoziali de due paesi nel quadro dell'Unione per il Mediterraneo. del 11-04-2009 num.

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"Spiegel": pronti 200 miliardi per bad bank in Germania (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. ECO - “Spiegel”: pronti 200 miliardi per bad bank in Germania Berlino, 11 apr (Velino) - Il governo federale sarebbe orientato a concedere ingenti aiuti agli istitituti di credito in Germania per la creazione di cosiddette “bad banks” in cui trasferire i titoli tossici scorporandoli dal bilancio delle banche in sofferenza. Lo riferisce il settimanale Der Spiegel nell’ultimo numero, sottolineando che si tratta di una chiara svolta nella politica del governo della cancelliera Angela Merkel finora contrario all’idea della bad bank. L’aiuto pubblico, secondo la stessa fonte, consisterebbe in uno stanziamento di 200 miliardi di euro da parte del Fondo speciale per la stabilizzazione del credito (SoFFin) istituito nello scorso autunno a Francoforte sul Meno per arginare le conseguenze della crisi finanziaria internazionale. Il progetto trapelato sullo Spiegel scarta l’ipotesi di una bad bank centrale per “segregare” i titoli tossici a carico del Tesoro federale e prevede invece la possibilità per ogni singola banca di allocare le “attività illiquide” in un altro soggetto giuridico appositamente generato (bad bank) allo scopo di fare pulizia nel proprio bilancio. Poiché la bad bank verrebbe assoggettata a particolari norme di bilancio in deroga alla vigente legge bancaria, i titoli tossici manterrebbero il loro valore nominale fino alla scadenza indipendentemente dalla quotazione reale di mercato. Nel caso di deprezzamento del titolo alla scadenza, la perdita definitiva sarebbe sostenuta da SoFFin. Il volume raggiunto in Germania dai titoli tossici nei bilanci di banche e società assicurative è stato stimato in almeno 300 miliardi di euro. (Enzo Piergianni) 11 apr 2009 11:58

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Già 500 gli iscritti alla Corsa per Haiti (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Udine)" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Già 500 gli iscritti alla Corsa per Haiti Sabato 11 Aprile 2009, Udine (P.C.) Mercoledì 15 aprile (Centro civico di Tavagnacco, ore 18) viene presentata ufficialmente la diciassettesima edizione della «Corsa per Haiti», competizione ciclistica di gran e medio fondo programmata per domenica 3 maggio, con partenza ed arrivo a Feletto Umberto. Testimonial è Chiara Cainero, medaglia d'oro nel tiro a volo alle Olimpiadi di «Pechino 2008». Intervengono, fra gli altri, Mario Pezzetta, Luca Marcuzzo e Alfio Cerutti, sindaci rispettivamente di Tavagnacco, Buja e Povoletto. A meno di un mese dall'appuntamento, le iscrizioni hanno già superato quota 500, ma è facile prevedere che i partecipanti saranno almeno il doppio. Da parte della società Chiarcosso di Pasian di Prato che guida il gruppo degli organizzatori, vengono preannunciate significative novità rispetto al passato. Ricorda però il presidente Sante Chiarcosso: «Abbiamo dovuto fare i conti con una crisi finanziaria diffusa, che ci ha subito colpiti, riducendo le risorse sulle quali potevano contare sino all'anno scorso. Ci siamo comunque adeguati e non deluderemo le aspettative». Oltre alla "Corsa per Haiti" vera e propria, si svolgeranno diverse manifestazioni di contorno, cominciando da quelle dedicate ai podisti («Funrun» per bambini e prova della «Coppa Friuli»). Rinnovato inoltre il percorso della «Marathon bike» per gli specialisti delle mountain bike: si ritroveranno il 26 aprile a Primulacco e potranno scegliere fra tre percorsi alternativi. Il raduno cicloturistico di sabato 2 maggio sarà intitolato a Valerio Frezza, indimenticato sindaco di Tavagnacco e fra i sostenitori sin dalla nascita della serie di iniziative per Haiti (da ricordare che il ricavato delle quali è destinato all'aiuto della infanzia abbandonata della povera isola dei Caraibi). Nello stesso pomeriggio della vigilia festiva verrà dato spazio anche a giovanissimi ciclisti, attesi da prove di minisprint.

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Valzer dei direttori, l'addio... (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 87 del 2009-04-11 pagina 15 Valzer dei direttori, l’addio è una gag di Filippo Facci Con la rivoluzione ai vertici di quotidiani e telegiornali si scatena il cerimoniale. De Bortoli dice di voler evitare "distese di retorica", Mieli pensa positivo e Riotta ringrazia: "Anche te" Certi direttori di giornali & telegiornali ormai sono come i personaggi delle opere verdiane: «Addio, addio» e poi son sempre lì, spesso sempre gli stessi, protesi a ringraziare e complimentarsi tra loro. La cerimonia dei commiati e degli insediamenti ci ha già sufficientemente stroncato nei giorni scorsi, a margine dei cambi di poltrona al Tg1 e al Corsera e al Sole 24Ore: ma se il siparietto dovesse ripetersi anche per i prossimi cambi in Rai potremmo davvero non farcela. Ne pareva consapevole, l’altro ieri, Ferruccio de Bortoli: nell’accomiatarsi dalla direzione del Sole 24Ore ammetteva infatti che «Questi pezzi non si dovrebbero scrivere»: ma lo stesso pezzo, poi, era di un chilometro e mezzo. «Anni fa», scriveva, «venne a trovarmi un editore che raccoglieva gli articoli di insediamento e di commiato dei direttori dei giornali. C’erano anche i miei. Lo sfogliai e mi misi le mani nei capelli. Una noia mortale. Una distesa di retorica». Ecco, appunto: seguiva un elenco sterminato di cose buone fatte dal suo giornale («Il racconto della crisi finanziaria è stato esemplare») e ovviamente non ci venivano risparmiati ringraziamenti per tutti: il presidente Giancarlo Cerutti, l’amministratore delegato Claudio Calabi, e però anche l’ex amministratore Innocenzo Cipolletta, e però anche l’ex Giuseppe Cerbone, e però anche «l’editore liberale» Emma Marcegaglia, e come dimenticare Luca di Montezemolo? Come non menzionare i vicedirettori Gianfranco Fabi, Edoardo De Blasi, Alberto Oioli ed Elia Zamboni? De Bortoli, oltretutto, torna al Corriere per la seconda volta al posto del pure bi-direttore Paolo Mieli, di cui a sua volta non avremmo potuto perderci il commiato dal Corsera. Eccolo: ringraziamenti «alla proprietà, a un editore e soprattutto a una magnifica redazione» e un caloroso benvenuto «a un professionista coi fiocchi che io ben conosco, Ferruccio de Bortoli». Bravi, bello. Seguiva, com’è abitudine consolidata in ogni commiato da direttore moderato, una nota di pacato ottimismo: finalmente «si intravede qualche bagliore di luce», ha spiegato Mieli. E meno male che non ha scritto «luce in fondo al tunnel», come pure prescrive il galateo del commiato direttoriale: nessuno del resto abbandonerebbe una direzione scrivendo «vi attende un periodo orribile». L’ha confermato lo stesso de Bortoli, nel suo articolo di insediamento al Corriere: «Quell’Italia che ce la fa», era il titolo think-positive riferito al Paese e probabilmente a un certo giro di direttori. Di seguito, da contratto, le solite balle istituzionali sul Corriere «onesto, serio e costruttivo, un’autentica istituzione di garanzia del Paese» senza ovviamente disdegnare un cordiale evviva per l’amico Paolo Mieli che «questi valori li ha conservati in una fase difficile nel rapporto fra informazione e potere, gli va reso merito». Bello, bravi. Però occorre considerare che al posto di de Bortoli, al Sole 24 Ore, è arrivato Gianni Riotta direttamente dal Tg1: sotto allora con il suo articoletto di insediamento, pietosamente breve: giusto il tempo di apprendere che sarà felice «di lavorare nella stagione che trasformerà il mondo» giacché «la fine della Guerra Fredda ha avviato un processo tumultuoso di cui si vanno esaminando ora soprattutto gli aspetti negativi, dimenticando, in quella che il poeta Enzensberger chiama “furia della caducità”... ». E ce lo facciamo bastare. Ordunque: il commiato di de Bortoli al Sole (205 righe) e l’insediamento di Riotta al Sole (20 righe) e il commiato di Mieli al Corsera (60 righe) e l’insediamento di de Bortoli al Corsera (120 righe) e in tutto questo manca ancora il fondamentale commiato di Riotta dal Tg1. Lo recuperiamo su Youtube. E doveva essere emozionato, poverino: «Il servizio pubblico è cruciale alla libertà dell’informazione nel nostro Paese». Cruciale alla ? E poi grazie, grazie, grazie: «Grazie alla Rai, ai colleghi, ma soprattutto voglio ringraziare voi, i miei ultimi giorni hanno coinciso giorno e notte con la tragedia di Abruzzo». Di Abruzzo? «Ringrazio le mie colleghe e i miei colleghi che hanno garantito in questa difficile fase politica equilibrio e raziocinio: il tutto con me, direttore analfabeta di televisione». Lo dice pure. «Quando l’Italia gioisce, gioisce con il Tg1, quando si informa, si informa con il Tg1, e quando piange, come voi avete pianto in queste ore, piange con il Tg1». E ride pure, aggiungiamo. Ma non crediate che ulteriori ringraziamenti vi verranno risparmiati: «Di questa passione ed entusiasmo io mi... io vi ringrazio. E mi devo scusare con tutti voi per tutte le volte che per mia colpa e per mia ignoranza non sono stato capace di essere all’altezza di voi». Di voi. «Un pubblico così meraviglioso, un pubblico a cui voglio bene, gli voglio bene come comunità, ma voglio poi bene proprio a tutti voi ascoltatori, a lei a lei e a lei, a te e a te e a te». Totale: 2 minuti e 9 secondi. Avanti il prossimo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Usa/ Obama: nessun Paese può risolvere da solo problemi (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Washington, 11 apr. (Ap) - Nessun Paese può risolvere da solo le sfide derivanti dalla crisi finanziaria, dai cambiamenti climatici e delle armi nucleari: lo ha affermato Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel suo discorso radiofonico settimanale, nel quale ha lanciato appello a un fronte unito delle nazioni come già avvenuto nel vertice del G20 di Londra. "Gli Stati Uniti devono fare da guida, ma la nostra migliore possibilità di risolvere questi problemi senza precedenti vengono dall'agire di concerto con le altre nazioni", ha sottolineato Obama, che ha invitato a seppellire le divisioni di partito: "Con la posta in gioco non possiamo rinunciare al dialogo, non possiamo permetterci che vecchi dissapori ci impediscano di fare progressi in questioni di interesse comune". Infine Obama ha ricordato le festività pasquali della cristianità e dell'ebraismo: "Sono due feste differenti con tradizioni proprie molto diversi, ma sembra appropriato festeggiarle nell'arco della stessa settimana: in un senso più ampio, costituiscono entrambe un momento di meditazione e rinnovamento, un'occasione per riflettere più a fondo sulle responsabilità verso noi stessi e gli altri, non importa chi siamo, da dove veniamo e quale fede professiamo".

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CRISI: USA, FALLITE ALTRE 2 BANCHE,23 SPARITE DA INIZIO 2009 (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi: Usa, fallite altre 2 banche,23 sparite da inizio 2009 di ANSA Chiuse Cape Fear e New Frontier,il maggior fallimento quest'anno -->(ANSA) - ROMA, 11 APR - La crisi colpisce altre due banche Usa, portando a 23 il numero degli istituti costretti a dichiarare fallimento dall'inizio del 2009. Nella notte le autorita' hanno chiuso Cape Fear Bank, prima banca del North Carolina a fallire da 16 anni a questa parte, e New Frontier Bank, uno dei principali istituti del Colorado. Quello di New Frontier e' anche il maggior fallimento di quest'anno per un gruppo bancario americano: finora in testa alla classifica c'era la californiana Merced Bank. Per far fronte all'emergenza, la Federal Deposit Insurance (FDIC) - che aveva cercato invano un acquirente per New Frontier - ora ha dovuto creare una entita' ad hoc, la Deposit Insurance National Bank di Greeley, che rimarra' operativa per almeno un mese per consentire ai clienti di avere piu' tempo per trasferire i propri conti presso altri istituti. Il collasso di New Frontier costera' alla FDIC circa 670 milioni di dollari. Dallo scoppio della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane costrette a chiudere. La crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone via 25 nel 2008 e 23 solo in questi primi mesi del 2009. (ANSA).

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UNICREDIT CITATA PER 360 MILIONI DI DOLLARI NEGLI STATI UNITI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Unicredit citata per 360 milioni di dollari negli Stati Uniti -->MILANO (Reuters) - Unicredit ha comunicato di essere stata citata in una causa per più di 360 milioni di dollari nello stato Usa del New Messico sulla vendita di Cdo (collateralised debt obligations) da parte della sua divisione locale. Frank Foy e sua moglie hanno fatto causa per conto dello stato del New Messico in relazione alla vendita di Cdo da parte della società Vanderbilt, del gruppo Unicredit, al New Mexico Educational Retirement Board (Erb) e allo State of Mexico Investment Council (Sic). Lo comunica Unicredit nel suo rapporto 2008 pubblicato sul suo sito web, www.unicreditgroup.eu. Foy afferma di aver ricoperto la posizione di Erb chief investment officer e di aver rassegnato le proprie dimissioni nel marzo 2008. I Cdo sono complessi strumenti finanziari ad alto rischio emessi con prestiti, bond e altri asset come i collaterali e il loro valore è precipitato sulla scia del crollo dei mutui subprime statunitensi. "Il signor Foy richiede, per conto dello stato del New Messico, un risarcimento danni per un totale di 360 milioni di dollari (oltre alle penali) in base al New Mexico Fraud Against Taxpayers Act - si legge nel documento di Unicredit - asserendo che Vanderbilt e gli altri convenuti avrebbero surrettiziamente indotto Erb e Sic a investire 90 milioni di dollari in prodotti Vanderbilt fornendo consapevolmente false informazioni in ordine alla natura e al grado di rischio dell'investimento in Cdo e prodotti correlati e garantendo improprie elargizioni al governatore dello stato del New Messico e ad altri funzionari dello stato, al fine di indurre l'effettuazione di tali investimenti". "Il signor Foy - prosegue la nota - sostiene che lo stato avrebbe perso integralmente l'investimento iniziale pari a 90 milioni di dollari e richiede ulteriori 30 milioni di dollari per la perdita subita. Posto che in conformità al New Mexico Fraud Against Taxpayers Act, la richiesta di risarcimento danni prevede che gli stessi vengano triplicati, la richiesta finale ammonta a oltre 360 milioni di dollari". Unicredit, la banca italiana che si è maggiormente espansa all'estero, ha visto calare nel 2008 i suoi utili netti del 38% a 4,01 miliardi di euro, a causa della crisi finanziaria. "Allo stato attuale risulta prematura anche solo una prima valutazione degli effetti economici che potrebbero scaturire dal procedimento in esame", conclude l'annotazione di Unicredit. "Inoltre, l'atto di citazione, che non risulta notificato in maniera corretta alle società del gruppo, appare promosso in una giurisdizione non pertinente alla maggioranza dei soggetti coinvolti".

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Unicredit citata per 360 milioni di dollari negli Stati Uniti (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

MILANO (Reuters) - Unicredit ha comunicato di essere stata citata in una causa per più di 360 milioni di dollari nello stato Usa del New Messico sulla vendita di Cdo (collateralised debt obligations) da parte della sua divisione locale. Frank Foy e sua moglie hanno fatto causa per conto dello stato del New Messico in relazione alla vendita di Cdo da parte della società Vanderbilt, del gruppo Unicredit, al New Mexico Educational Retirement Board (Erb) e allo State of Mexico Investment Council (Sic). Lo comunica Unicredit nel suo rapporto 2008 pubblicato sul suo sito web, www.unicreditgroup.eu. Foy afferma di aver ricoperto la posizione di Erb chief investment officer e di aver rassegnato le proprie dimissioni nel marzo 2008. I Cdo sono complessi strumenti finanziari ad alto rischio emessi con prestiti, bond e altri asset come i collaterali e il loro valore è precipitato sulla scia del crollo dei mutui subprime statunitensi. "Il signor Foy richiede, per conto dello stato del New Messico, un risarcimento danni per un totale di 360 milioni di dollari (oltre alle penali) in base al New Mexico Fraud Against Taxpayers Act - si legge nel documento di Unicredit - asserendo che Vanderbilt e gli altri convenuti avrebbero surrettiziamente indotto Erb e Sic a investire 90 milioni di dollari in prodotti Vanderbilt fornendo consapevolmente false informazioni in ordine alla natura e al grado di rischio dell'investimento in Cdo e prodotti correlati e garantendo improprie elargizioni al governatore dello stato del New Messico e ad altri funzionari dello stato, al fine di indurre l'effettuazione di tali investimenti". "Il signor Foy - prosegue la nota - sostiene che lo stato avrebbe perso integralmente l'investimento iniziale pari a 90 milioni di dollari e richiede ulteriori 30 milioni di dollari per la perdita subita. Posto che in conformità al New Mexico Fraud Against Taxpayers Act, la richiesta di risarcimento danni prevede che gli stessi vengano triplicati, la richiesta finale ammonta a oltre 360 milioni di dollari". Unicredit, la banca italiana che si è maggiormente espansa all'estero, ha visto calare nel 2008 i suoi utili netti del 38% a 4,01 miliardi di euro, a causa della crisi finanziaria. "Allo stato attuale risulta prematura anche solo una prima valutazione degli effetti economici che potrebbero scaturire dal procedimento in esame", conclude l'annotazione di Unicredit. "Inoltre, l'atto di citazione, che non risulta notificato in maniera corretta alle società del gruppo, appare promosso in una giurisdizione non pertinente alla maggioranza dei soggetti coinvolti".

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Crisi: Usa, fallite altre 2 banche,23 sparite da inizio 2009 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi: Usa, fallite altre 2 banche,23 sparite da inizio 2009 ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 11.04.2009 17:43 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - ROMA, 11 APR - La crisi colpisce altre due banche Usa, portando a 23 il numero degli istituti costretti a dichiarare fallimento dall'inizio del 2009. Nella notte le autorita' hanno chiuso Cape Fear Bank, prima banca del North Carolina a fallire da 16 anni a questa parte, e New Frontier Bank, uno dei principali istituti del Colorado. Quello di New Frontier e' anche il maggior fallimento di quest'anno per un gruppo bancario americano: finora in testa alla classifica c'era la californiana Merced Bank. Per far fronte all'emergenza, la Federal Deposit Insurance (FDIC) - che aveva cercato invano un acquirente per New Frontier - ora ha dovuto creare una entita' ad hoc, la Deposit Insurance National Bank di Greeley, che rimarra' operativa per almeno un mese per consentire ai clienti di avere piu' tempo per trasferire i propri conti presso altri istituti. Il collasso di New Frontier costera' alla FDIC circa 670 milioni di dollari. Dallo scoppio della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime nel 2007, sono state oltre 50 le banche americane costrette a chiudere. La crisi ha falcidiato in breve tempo decine di banche, tra cui il gigante Lehman Brothers, spazzandone via 25 nel 2008 e 23 solo in questi primi mesi del 2009. (ANSA).

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neurolittico ha detto: In momenti storici lontani nel tempo, e ancora oggi nella tragedia d'Abruzzo, gli italiani hanno sempre testimoniato nello stesso modo che i "sentimenti di p (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 11-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 101 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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