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Report "crisi"  1-10 agosto 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Obama: "Ora il Pil cresce e la recessione frena" ( da "Stampa, La" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nello stabilizzare i mercati finanziari, «ma restano significativi stress. La forte contrazione dell'economia sta finendo, grazie anche al sostanziale stimolo macroeconomico. In ogni caso la ripresa sarà graduale e prevalgono rischi al ribasso», ha detto Charles Kramer, capo del Dipartimento del nord America del Fmi, secondo il quale lo stimolo sta funzionando e spingerà il Pil dell'

Multinazionali troppo prudenti Senza gli investimenti la ripresa tarderà ad arrivare ( da "Stampa, La" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Come può la continua prudenza delle società coincidere con i miglioramenti del trimestre scorso sui mercati finanziari, che secondo Markit includono un restringimento degli spread del credito europei investment grade da 140 a 87 punti base, e con l'aumento dell'11% dell'indice azionario Euronext 100? In effetti, i mercati stanno superando proprio ora il loro precedente panico.

Il futuro di Piazza Affari ( da "Borsa e Finanza" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Quindi: settore finanziario (come Unicredit e Generali), settore auto (Fiat ma anche piccole società come Sogefi). Poi, vediamo bene anche società appartenenti a settori più difensivi come le utility, che hanno risentito in modo pesante dell'avvitamento della crisi finanziaria per le tensioni di liquidità, come Enel».

una rete di associazioni per combattere la crisi - alessandra sciortino ( da "Repubblica, La" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: iniziativa delle sigle storiche della musica siciliana Una rete di associazioni per combattere la crisi ALESSANDRA SCIORTINO La crisi finanziaria in cui versano le associazioni musicali siciliane, ancora in attesa delle assegnazioni dei contributi regionali per l´attività svolta nel 2008, ha mosso le stesse a presentare un nuovo progetto organico.

prada allunga il debito e chiama richemont - sara bennewitz giovanni pons ( da "Repubblica, La" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di Prada spa attribuendo alla società una valutazione di 2,75 miliardi, ma la crisi finanziaria internazionale non era ancora intervenuta e le società del lusso andavano tutte a gonfie vele. Ora la situazione è molto diversa, i multipli di Borsa molto più bassi e anche un gruppo florido come Richemont preferisce tenersi stretta la cassa.

D'Alema a Bari: il Pd non è un'associazione a delinquere ( da "Unita, L'" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Senza regole non esiste democrazia, «non crollano solo i mercati finanziari», «i partiti diventano scalabili ed esposti a Opa ostili e invece noi dobbiamo essere esposti a chi ci vuole bene». Regole e identità, soprattutto ora che la gente, spaventata da una crisi che ha cambiato il mondo, chiede solidarietà e affidabilità.

eBay ha messo al bando la vendita on line dal primo febbraio scorso ( da "Unita, L'" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Una media del 5% per le Filippine, frenata lo scorso anno dalla crisi finanziaria mondiale, con apporti consistenti dalle rimesse degli emigrati, dal settore dei servizi e da un'alta spesa pubblica. Il commercio dell'avorio trova un comodo canale sui siti Internet, dove viene smerciato circa il 70% dei prodotti.

La smania dei governi fai da te ( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: intenzione di stabilizzare il mercato, ammonendo gli speculatori ribassisti. Da allora, ogni volta che lo stato ha scelto come linea d'azione generale quella di tenersi in disparte, lasciando che i mercati finanziari trovassero da soli la via d'uscita da una situazione di panico - vengono in mente il 1873 e il 1929 negli Stati Uniti - è andata a finir male.

La svolta piace a Obama ( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La curashock della politica economica americana sta aiutando i mercati finanziari ma non ha ancora raggiunto le famiglie; ed escludendo la Difesa, il contributo degli investimenti pubblici, a leggere le statistiche, resta clamorosamente nullo. «Perdiamo ancora troppi posti di lavoro», ha detto ieri il presidente, centrando il problema: il segno più del Pil, non ancora conquistato,

Ubs cede al governo Usa Chiuso lo scontro fiscale ( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La banca svizzera, che ha subito la crisi finanziaria internazionale, ha cessato le attività di private banking off shore negli Stati Uniti, ma resta presente con le altre attività oltreoceano, dove impiega circa 27mila addetti. Martedì prossimo, 4 agosto, Ubs renderà noti i dati del secondo trimestre 2009.

Promosse Sicilia, Toscana e Puglia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria internazionale, ma ora stanno lentamente tornando a comprare ville importanti, con molta più attenzione tuttavia al prezzo rispetto al passato». Appare invece in difficoltà, soprattutto quando chi compra deve fare ricorso a un mutuo, la parte bassa e medio bassa del mercato (quella in pratica rappresentata da acquisti sotto i 150mila euro oppure compresi nella fascia

Se la garanzia batte la Borsa ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: forse anche avvantaggiati dalla crisi finanziaria. Fatto sta che circa il 20% degli aderenti ai fondi di categoria ha scelto finora le linee garantite. «Siamo leggermente sotto questa percentuale – dice Pasquale Natilla, direttore di Priamo (trasporti) – col 17% degli asset e il 15% dei nostri iscritti alla linea garantita.

L'identikit del promotore finanziario ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: selezionati e lanciati anche in risposta alla recente crisi finanziaria, e per i tre quarti degli intervistati si è trattato di prodotti di risparmio gestito, comparto che anche a giugno ha continuato a registrare le maggiori preferenze (con un 41% di opzioni) rispetto all'amministrato e all'assicurativo-previdenziale.

La crisi fa bene: l'arte diventa asset condiviso ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Parigi e Hong Kong La crisi fa bene: l'arte diventa asset condiviso Sono usciti dal mercato gli speculatori e si acquista il valore delle idee I collezionisti d'arte cambiano tenore di spesa e anche volto? La crisi finanziaria si è abbattuta come un tornando sugli ingenti patrimoni dei super ricchi della terra con oltre 30 milioni di dollari di liquidità (

Lo Bello: uno sforzo positivo Ma basta clientelismo, qui la classe dirigente non va ( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: una persona che gestisce con rigore una pesantissima crisi finanziaria. A Tremonti va detto con chiarezza a cosa servono quei soldi e quali responsabilità vuole assumersi la classe dirigente meridionale per dare un contributo al Mezzogiorno e al Paese ». È davvero tempo di un nuovo piano Marshall o di una nuova Cassa del Mezzogiorno?

Frenano Fondiaria-Sai e Parmalat ( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 01/08/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Frenano Fondiaria-Sai e Parmalat I risultati trimestrali e, soprattutto, il taglio della cedola hanno spinto al ribasso l'Eni, che ha ceduto il 7,74%, frenando l'intero listino di Piazza Affari, che ieri ha riportato il peggiore risultato fra le Borse europee.

Vallourec vola sui risultati semestrali ( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 01/08/2009 - pag: 33 Il caso a Parigi Vallourec vola sui risultati semestrali (g.fer.) Balzo dell'8,84% ieri alla Borsa di Parigi per Vallourec, società che produce tubi d'acciaio, concorrente dell'italiana Tenaris, dopo la diffusione dei dati trimestrali.

Bulgari: i conti migliorano, balzo del titolo ( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 01/08/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Bulgari: i conti migliorano, balzo del titolo (g.fer.) Giovedì aveva superato la soglia dei 4 euro e ieri, con un balzo del 7,45%, ha conquistato la prima posizione nella classifica dei rialzi relativa ai titoli dell'Ftse-Mib.

Dal ponte sullo Stretto allo scudo fiscale: ecco il piano di rilancio ( da "Corriere della Sera" del 02-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: organismo che vigila sui mercati finanziari). Un'altra misura considerata dal governo importante, e non solo dal punto di vista sociale, è la sanatoria di colf e badanti, che tecnicamente consiste in una regolarizzazione contributiva. Secondo le previsioni delle associazioni che operano nel settore, potrebbero aderire almeno 300 mila persone,

Il Padrone comincia a dare segni di nervosismo ( da "Blogosfere" del 02-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ago 09 2 Il Padrone comincia a dare segni di nervosismo Pubblicato da Domenico De Simone alle 12:09 in Crisi finanziaria Non sono stato e non sarò mai tenero con il Governo Berlusconi né con quell'accolita di incompetenti e vanagloriosi che sono la maggior parte dei suoi Ministri, che rispecchiano, generalmente in peggio, le migliori qualità del capo.

Come ci giudica la banca quando chiediamo soldi ( da "Stampa, La" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Titoli di Stato o alle società a caccia di capitali sui mercati finanziari. L'intero procedimento di valutazione in gergo viene chiamato «scoring», un termine inglese che letteralmente significa «raccogliere punti». In pratica si tratta di una «raccolta punti» fatta da un computer all'insaputa del cliente che sta fornendo le informazioni su cui poi sarà costruito il suo profilo.

Docenti universitari "fuori ruolo": la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità dell'art. 2, comma 434, della legge Finanziaria 2008 ( da "Bollettino Università & Ricerca" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Pur di fronte alla crisi finanziaria del sistema universitario nazionale – prosegue Recca –, l?Università di Catania ha dimostrato di sapere riconoscere subito le ragioni degli aventi diritto, anche quando tale riconoscimento è causa di un immediato esborso per le casse dell?

NIGERIA Scontri con i Talebani Oltre 700 morti Sono 780, secondo la Cro... ( da "Unita, L'" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: LONDRA Rischia la chiusura il domenicale Observer Il domenicale più antico al mondo, The Observer, inaugurato 218 anni fa, potrebbe chiudere a causa della crisi finanziaria del Guardian Media Group (Gmg), che lo pubblica. Lo riferisce il Sunday Times. Potrebbe essere sostituito da un supplemento del giovedì, sempre chiamato Observer. Brevi

Il mago Obama ritorna sulla terra ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Fu la crisi finanziaria a persuadere gli americani che era arrivata l'ora di voltar pagina. E Obama vinse con un mandato forte. L'antipatia profonda che molti europei han provato per il presidente Bush ha nascosto, nell'entusiasmo per il carismatico Barack, il valore che l'ha portato alla vittoria dopo la crisi.

L'acciaio chiede difese più ampie ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: questo fattore e non a forme di protezionismo. Detto questo, però – spiega – bisogna essere severi e rigorosi sulle regole: dove c'è concorrenza sleale, dumping e mercati drogati bisogna assolutamente intervenire». La recente decisione europea è frutto delle pressioni di Eurofer (la Federazione europea dei siderurgici), che nelle scorse settimane ha ottenuto anche l'

Deroga bis sulle svalutazioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: provvedimenti per contenere gli effetti negativi della crisi finanziaria ed economica mondiale, alcuni dei quali hanno un impatto sulla redazione del bilancio delle società che non adottano i principi contabili internazionali (imprese non Ias). In particolare, la possibilità di non svalutare, nel bilancio relativo all'esercizio 2008, i titoli che fanno parte dell'attivo circolante,

Una scossa anti-crisi da 11 miliardi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quando sarà il momento di mettere mano alla Finanziaria, l'ultima nell'attuale stesura e configurazione, che avrà un contenuto sostanzialmente "tabellare". Era già chiaro prima, ma soprattutto dopo l'esplodere della crisi finanziaria globale il ricorso ai decreti legge appare ormai come lo strumento prevalente.

L'Italia e la fame nel mondo Aiuti ridotti a un decimo ( da "Corriere della Sera" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dei fondi investiti per aiutare le banche e arginare la crisi finanziaria. Spicca tuttavia il caso dell'Italia: da 40,4 a 3,3 milioni di dollari. Più che un colpo di forbice, un colpo di accetta. C'è chi dirà che il dato, in sé, non significa molto. Perché oltre alle «emergenze alimentari» ci sono altre forme di intervento e ogni Paese può autonomamente decidere di puntare di più,

Bye bye maschiacci! ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: negli investimenti sui mercati finanziari (età, stato civile eccetera), il maggiore indiziato è il possesso di un cromosoma Y. E, in più, oggi sta anche emergendo che non solo i machi della finanza globale (un settore a larga predominanza maschile) hanno creato le condizioni dell'attuale collasso economico, ma che nel farlo sono stati aiutati e spalleggiati dalle loro controparti (

Materie prime: Roubini, rally continuerà anche nel 2010 ( da "Finanza.com" del 03-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economista di origini turche che è stato uno dei primi a predire la crisi finanziaria scoppiata nel 2007. Roubini, come si apprende da Bloomberg, è intervenuto oggi alla conferenza "Diggers and Dealers mining" a Kalgoorlie (Australia). Il mercato si attende un'uscita dalla recessione degli stati Uniti già nel trimestre in corso dopo 4 trimestri consecutivi di contrazione.

"Il petrolio finirà presto" ( da "Stampa, La" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è come se la Banca Mondiale avesse annunciato la crisi finanziaria», spiega il geologo Jeremy Leggett, ex consulente petrolifero e fondatore della Solarcentury, multinazionale dell'energia solare. Nel libro Fine Corsa denuncia l'omertà che avvolge il problema: «Nonostante ogni settimana venga pubblicato un nuovo rapporto la cultura del silenzio resiste.

Roubini: Rischio deflazione nel 2010 ( da "Finanza e Mercati" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economie stanno reagendo ai massicci piani di sostegno finanziario e fiscale lanciati dai governi, ma la recessione durerà fino alla fine dell'anno. Lo ha detto Nouriel Roubini, il noto economista americano, che ha predetto la crisi finanziaria mondiale. Parlando a una conferenza di delegati Diggers and Dealers in Australia, Roubini ha spiegato che l'economia mondiale si ridurrà del 2%

nuovi treni per i pendolari tra un mese le prime 43 linee - andrea montanari ( da "Repubblica, La" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in una logica di protezionismo dell´esistente. L´annuncio del blocco delle tariffe è positivo, ma deve ora essere garantito il bonus maturato dai pendolari in oltre un anno e mezzo di disagi». Marco Cipriano, di Sinistra democratica, incalza: «Ora non sarà più possibile scaricare su Fs tutti i disservizi quotidiani dei pendolari lombardi»

- giorgio lonardi ( da "Repubblica, La" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aspettative a mettere il turbo ai mercati finanziari del vecchio continente. A cominciare dall´indice Ism manifatturiero di luglio che è cresciuto più del previsto scattando dai 44,8 punti di giugno per raggiungere di slancio i 48,9 punti. Un salto che ha avvicinato lo stesso Ism alla «magica» quota dei 50 punti, quella che separa una fase di contrazione economica da una di espansione.

Moratoria? Sì, ma condizionata ( da "Italia Oggi" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La continuità aziendale e la crisi finanziaria. Dimostrare, in questi tempi, di essere in difficoltà finanziaria non è molto complicato. La difficoltà finanziaria deve essere temporanea e dunque superabile, cioè l'impresa deve trovarsi in una fase di declino o crisi reversibile.

MILANO DA ROTTAMARE ( da "Manifesto, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: seguendo le stesse regole che hanno costruito la più grave crisi finanziaria, economica e sociale dal lontano '29. Questo giornale ha raccontato e oggi ripropone racconti di questi operai che non si accontentano di un salario ma difendono la loro professionalità e anche la qualità della vita del ricco (e attraente per i capitali speculativi che vogliono l'area libera e vendibile)

Sol d'Africa per l'Europa ( da "Manifesto, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria e, secondo le statistiche raccolte dalla compagnia assicuratrice negli ultimi decenni, gli eventi catastrofici stanno crescendo del tre o quattro per cento ogni anno. Le centrali termosolari, i cui primi prototipi risalgono al 1985, usano specchi e lenti di ingrandimento per concentrare l'energia solare in modo da elevare la temperatura dell'

Indipendenti prima di tutto ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che possono essere stati commessi prima della crisi finanziaria globale, il principio d'indipendenza delle banche è un elemento basilare e fondamentale della moderna politica economica: pertanto metterne in discussione l'importanza equivarrebbe a fare un grave passo indietro. La critica al concetto stesso di banca centrale negli Stati Uniti ha una storia molto lunga e stravagante,

Si può capire anche senza un dottorato ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Se siamo ancora interessati alla crisi, possiamo affidarci alla prosa coltae scorrevole di Marco Onado ( I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte , Laterza, 2009) o alle rigorose provocazioni di Alberto Alesinae Francesco Giavazzi ( La crisi. Può la politica salvare il mondo?

Ubs svela i nomi dei clienti Usa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: anno passato dalla crisi finanziaria, rende noti i dati del secondo trimestre. La gran parte degli analisti si attende una nuova perdita, seppur inferiore a quella del primo trimestre. Nei primi tre mesi di quest'anno il rosso per Ubs era stato di 2 miliardi di franchi, per il periodo tra aprile e giugno le previsioni prevalenti indicano invece una perdita compresa tra 1 e 1,

Aria di ripresa a Wall Street S&P 500 oltre i mille punti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in una seduta favorevole per tutto il comparto auto, edi UniCredit , che oggi si presenta agli analisti con i conti della semestrale. Il titolo bancario ieri è cresciuto del 4,9% toccando così i massimi dalla metà dell'ottobre 2008, quando aveva subito i maxi ribassi legati alla crisi finanziaria. luca.davi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

Con Ambrosoli l'alleanza per la legalità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria e abusi di mercato: quali regole?». Il convegno si svolgerà presso l'Università Bocconi il 28 settembre e ai lavori, che saranno introdotti da Mario Monti, prenderanno parte Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), Marco Onado (Università Bocconi), Mario Sarcinelli (Dexia Crediop), Ferruccio de Bortoli (Corriere della Sera)

Piazza Affari ritocca i massimi 2009 ( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/08/2009 - pag: 31 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Piazza Affari ritocca i massimi 2009 Rilancio del credito Per Unicredit un balzo del 4,9%, leggero calo per Telecom Italia e Snam MILANO Una giornata di rialzi generalizzati per le principali Borse internazionali.

Prysmian batte le previsioni: più 3% ( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 04/08/2009 - pag: 31 Il caso a Milano Prysmian batte le previsioni: più 3% ( g. r. ) I conti di Prysmian hanno battuto le previsioni degli analisti e in Borsa il titolo ha collezionato ieri un rialzo del 3,07%. Nel secondo trimestre 2009, l'ex Pirelli Cavi ha visto calare dai 91 milioni dei primi tre mesi a 59 milioni l'

Hsbc, torna il sereno per le banche ( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/08/2009 - pag: 31 Il caso a Londra Hsbc, torna il sereno per le banche ( g.r. ) Dal sistema bancario britannico arrivano i primi, consistenti segnali di ripresa e i maggiori istituti, a cominciare da Hsbc, la maggiore banca europea per capitalizzazione, tornano a correre in Borsa.

( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il consigliere regionale Stefano Tosi dice che la nuova società «rischia di chiudere il servizio ferroviario regionale su se stesso, in una logica di protezionismo dell'esistente » . Ritardi e disagi I viaggiatori lombardi hanno sofferto a luglio la soppressione di 900 treni pendolari e 200 guasti Laura Guardini lguardini@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il mistero del pannolino e degli interessi per pagarlo ( da "Blogosfere" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con la crisi finanziaria e il conflitto in Palestina, c'era una particolare attenzione. La madre di Gesù, così si è ricordata che il giorno della nascita di suo figlio, aveva ottenuto un prestito che non aveva ancora restituito. Quel pannolino che in quasi tutte le rappresentazioni della natività, come in questa splendida di Pietro da Cortona,

Vite e miracoli dei nostri banchieri d'affari ( da "Varesenews" del 04-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ed è tornato alla ribalta all'indomani della crisi finanziaria, dopo che - come ha scritto il sociologo Ulrich Beck - "la sua immagine pubblica" ha cominciato "ad assumere le fattezze del bankster". Ma chi sono i personaggi che rappresentano in Italia le grandi banche come Lehman Brothers, Goldman Sachs, Jp Morgan, Mediobanca, Schroders?

Sorpresa Unicredit: stime battute ( da "Finanza e Mercati" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Piazza Cordusio è tornata ai livelli precedenti la crisi finanziaria, superando i risultati del secondo trimestre 2007 grazie alla crescita del margine d'interesse, che contrariamente a molte attese non ha sofferto della pressione sugli spread, alle commissioni (che riprendono a salire dopo sei trimestri di trend discendenti) e agli utili da trading.

la crisi del turismo vista dai b&b "i tedeschi non passano più da qui" - alessandro mariscalco ( da "Repubblica, La" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Complice la crisi finanziaria, il turista medio non ha più la possibilità di pianificare una vacanza che possa protrarsi oltre la settimana. Si preferisce optare per i brevi periodi, per un mordi e fuggi estemporaneo che consenta una sorta di pausa-caffè dalla vita di tutti i giorni.

Cala l'utile Fonsai e il titolo va giù del 5% ( da "Stampa, La" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: MILANO La crisi finanziaria e il terremoto in Abruzzo colpiscono i conti di Fondiaria-Sai, che ha chiuso il primo semestre con un crollo dei profitti dell'87%. E in Borsa il titolo è scivolato del 5%. L'ad Fausto Marchionni (foto) ha spiegato che «stiamo pensando a operazioni straordinarie», limitandosi a dire che «si tratta di un'

Un'opposizione debole è un danno per il governo ( da "Italia Oggi" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come il dispiegarsi della crisi finanziaria internazionale, il terremoto che ha devastato L'Aquila, la riunione in Italia del vertice mondiale del G8 poi allargato a parecchi altri stati. Il governo ha fornito risposte alle emergenze, comprese quelle ereditate dal passato, come la sensazione di insicurezza dei cittadini e la crisi dei rifiuti in Campania,

Gli agricoltori francesi: Non pagheremo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Può essere che alla fine gli agricoltori da una parte paghino e dall'altra intaschino nuovi aiuti: i soliti paradossi di uno stato come quello francese, ad alto contenuto di protezionismo e di burocrazia. Il negoziato con il governo, intanto, continua. Le. M.

Locarno resiste alla crisi di sponsor ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma significativo perché attuato in tempi di crisi finanziaria ed economica. Con questo budget l'organizzazione deve coprire tutti i costi relativi alle centinaia di film - proiettati all'aperto sul maxi schermo di Piazza Grande e al chiuso nelle sale della città – e poi ai dibattiti ed alle mostre.

Profitti Bnp oltre le attese A Bnl 34mila nuovi clienti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di 2 miliardi di euro a causa delle turbolenze registrate sui mercati finanziari, del fallimento di Lehman Brothers e del caso Madoff. Meno brillanti i risultati della divisione retail, che in generale ha sofferto di una situazione congiunturale difficile per le famiglie e le imprese. A fronte di un aumento del 5,4% degli impieghi, è aumentato sensibilmente il costo del rischio.

Poco guadagno coi Bot Ma il capitale è garantito ( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lo si apre e lo si utilizza per comodità: è uno dei tanti servizi offerti dalla banca, che per questo ha un costo. La preferenza per i Bot, a parità di rendimento, ha motivazioni soprattutto psicologiche: la crisi finanziaria ha inferto un duro colpo alla credibilità delle banche e rivalutato lo Stato-debitore . Giacomo Ferrari © RIPRODUZIONE RISERVATA

Credieuronord, ultimo atto per l'ex banca della Lega ( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la banca che ha acquistato ciò che resta della Euronord ha chiesto e ottenuto 1,45 milioni di Tremonti bond, i prestiti messi a disposizione dal governo per consentire alle banche di fronteggiare gli effetti della crisi finanziaria. Sopra: Bossi testimonial della banca padana. A destra: G. Fiorani Sergio Rizzo © RIPRODUZIONE RISERVATA

Toyota alza le stime. Ma il titolo cede ( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 05/08/2009 - pag: 37 Il caso a Tokio Toyota alza le stime. Ma il titolo cede (g.r. ) A Tokio, poco prima di presentare i conti, il titolo Toyota ha ceduto l'1,5% e anche sulle piazze internazionali ha registrato ribassi fra lo 0,7 e l'1,6%.

Ubs vede l'uscita dello Stato ( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 05/08/2009 - pag: 37 Il caso a Zurigo Ubs vede l'uscita dello Stato ( g.r. ) Per Ubs la crisi non è ancora finita. La banca svizzera, che sta chiudendo un accordo con le autorità Usa che l'accusano di aver favorito le frodi fiscali di alcuni suoi clienti, ha chiuso il terzo trimestre consecutivo in perdita,

Indici piatti. Giù Burani e Safilo ( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 05/08/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Indici piatti. Giù Burani e Safilo L'inchiesta La casa di moda si dice completamente estranea all'inchiesta giudiziaria milanese MILANO Dopo i rialzi dei giorni scorsi, con gli indici ai massimi dell'anno, ieri Piazza Affari ha mandato in porto una seduta piatta,

Sinistra, ipotesi di ( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma questa politica non ha ridotto le disuguaglianze e si è scontrata con la crisi finanziaria mondiale, che ha lasciato la socialdemocrazia senza linee di riferimento, in uno stato di grave afasia». Non bisogna credere però che i partiti lontani dalla «terza via» se la passino meglio. «Il socialismo francese ricorda Marco Gervasoni, autore della biografia François Mitterrand ,

FT: come la crisi ha cambiato lo scenario di Wall Street ( da "BlueTG online" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FT: come la crisi ha cambiato lo scenario di Wall Street 05-08-2009 13:12 - La crisi finanziaria che da due anni sta battendo i mercati finanziari ha prodotto rapidamente un mutamento dello scenario competitivo, facendo emergere nuovi campioni, secondo quanto ricorda oggi il Financial Times.

L'esercito delle auto blu record in Italia: quasi 650 mila ( da "Repubblica.it" del 05-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un periodo di crisi finanziaria. Le famiglie devono faticare per arrivare alla fine del mese, mentre gli autisti di queste auto scorrazzano per le città con il dirigente di turno". Il presidente, Carlo Pileri, si chiede come mai in Italia "non siano presenti statistiche ufficiali, sui siti delle pubbliche amministrazioni,

La casta militare contro Medvedev, si arena la riforma delle Forze armate ( da "EUROPA ON-LINE" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria, poi, ha inciso duramente sulla salute economica della Federazione, afflosciandone di conseguenza lo slancio a livello internazionale che negli ultimi tempi aveva portato Mosca a rimettere piede, prepotentemente, sul palcoscenico globale.

La pax georgiana un anno dopo ( da "EUROPA ON-LINE" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha modificato l'ordine delle priorità e ha costretto tutti i protagonisti della politica mondiale a misurarsi con una stagione di difficoltà economiche. L'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha segnato un sensibile spostamento dell'asse della politica estera di Washington.

Chiudere gli occhi non basta più ( da "Stampa, La" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ora che la crisi finanziaria ha dimostrato che mercato e globalizzazione non fanno miracoli, l'Italia scopre che la questione meridionale non è scomparsa ma si è, anzi, aggravata; che il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno nei redditi per abitante (e in quasi tutti gli altri aspetti della qualità della vita) è ai livelli massimi da almeno trent'

Obama potrebbe tornare al New Deal di Roosevelt ( da "Italia Oggi" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: siamo all'inizio della fine della crisi». Certo è che i suoi consiglieri lo hanno spinto a rassicurare l'elettorato che, colpito dalla disoccupazione e dalla insicurezza sociale, sta perdendo fiducia nel suo presidente. Si è sempre paragonato l'attuale crisi finanziaria ed economica con la Grande Depressione del 1929-33.

La crisi è al punto di svolta, ma la ripresa sarà lunga ( da "Italia Oggi" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia ante crisi sarà lungo. A guardare il passato, le conseguenze sull'economia di una crisi finanziaria hanno le caratteristiche citate dalla Fed: recovery lenta e tempi lunghi per riprendere il treno ante crisi. La crisi del '29 ha prodotto una recessione gravissima a livello mondiale che si è protratta dieci anni;

Sudcorea, polizia antisommossa espugna una fabbrica occupata ( da "Unita, L'" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Ssangyong, la più piccola delle case automobilistiche sudcoreane, è in grave crisi finanziaria e ha deciso di licenziare più di un terzo delle sue 2.600 maestranze. 600 licenziandi hanno occupato la fabbrica negli ultimi 70 giorni provocando un danno economico di oltre 245 milioni di dollari.

I doveri del nuovo Mezzogiorno ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Quel patto si rompe con tangentopoli e la crisi finanziaria e morale dei primi anni 90, con il rilancio del percorso d'integrazione europea, con la scommessa dell'euro; la rottura si approfondisce con il cambio repentino del paradigma tecnologico, con l'emergere dalla fine degli anni 90 della concorrenza dei grandi giganti asiatici.

California. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sono impegnato a gestire la crisi finanziaria più grave dalla Grande Depressione». John Chiang mi informa anche che "alcune" istituzioni finanziarie offrono ai propri clienti il servizio di incassare le cambiali prima della scadenza. La signorina allo sportello della mia banca, First Entertainment Credit Union, mi informa gentilmente che purtroppo loro non offrono questo servizio.

LE CASSE SONO VUOTE ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nella lettera di accompagnamento delle cambiali spedite ai creditori, Chiang (47 anni) si scusa: «Sono veramente spiacente di questo inconveniente, e apprezzo la sua comprensione. Sono impegnato a gestire la crisi finanziaria più grave dalla Grande Depressione»

Carceri costrette a liberare 43mila detenuti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: già impegnate a superare una ingestibile crisi finanziaria. Il Parlamento ha deciso tre settimane fa di tagliare 1,2 miliardi di dollari dagli stanziamenti per il sistema carcerario al fine di sanare il deficit da 26 miliardi di dollari. La California ha annunciato che farà appello e porterà il caso alla Corte Suprema.

Intesa chiede tempo all'Antitrust ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: eccezionalità del momento sui mercati finanziari (come in effetti ha fatto) e seguire le orme di UniCredit, che sulla quota in Generali ha chiesto e ottenuto una dilazione dei tempi stabiliti originariamente dall'Antitrust per la vendita del pacchetto. L'effetto sarebbe il congelamento dei diritti di voto sulle azioni oltre il 2% detenute dall'Agricole (

Deutsche punta a Sal Oppenheim ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dal nostro corrispondente La Germania è in vacanza, ma la grave crisi finanziaria ed economica non lascia tregua al mondo bancario tedesco. Ieri Deutsche Bank ha annunciato che sta valutando la possibilità di acquistare una partecipazione nella banca privata Sal. Oppenheim, specializzata nella gestione di patrimoni.

Per SocGen risultati oltre le previsioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di crisi finanziaria internazionale. Le sofferenze che gravano sulla banca riguardano sia il credito al consumo che il finanziamento delle forniture di beni strumentali alle imprese. In quest'ultimo settore SocGen si trova particolarmente esposta in Germania e soprattutto in Russia ( a questo Paese fa riferimento la metà dei crediti a rischio registrati fuori dai confini francesi)

Il peso della politica nella crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Una crisi economica che durò praticamente vent'anni e una caduta dei mercati finanziari che rividero i vecchi massimi nel 1951. Ci sembra un'analisi importante semplicemente perché se non si individuano correttamente tutte le cause di una crisi si rischia di apportare a quella che viviamo rimedi errati o insufficienti.

Boom di scambi su Unicredit ( da "Corriere della Sera" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 06/08/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Boom di scambi su Unicredit A tirare la volata è solo Unicredit , con una chiusura a più 3,93%. Per il resto Piazza Affari ha vissuto una giornata che, dall'avvio brillante in mattinata, si è via via spenta sulla scia delle altre piazze europee e soprattutto di Wall Street,

Dopo il salvataggio Aig torna a volare ( da "Corriere della Sera" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mercati Finanziari data: 06/08/2009 - pag: 39 Il caso a New York Dopo il salvataggio Aig torna a volare (fa. chi.) L'attesa per i risultati del trimestre terminato a giugno ha messo letteralmente le ali ad American International Group. Il colosso americano delle assicurazioni, che era leader mondiale prima della crisi ed è stato salvato dal fallimento grazie a 180 miliardi di dollari

Gemina in rialzo sui risultati di Adr ( da "Corriere della Sera" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 06/08/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Gemina in rialzo sui risultati di Adr ( g.r. ) La riduzione del network Alitalia su Fiumicino si è fatta sentire sui conti di Aeroporti di Roma, che nel primo semestre ha visto diminuire il traffico passeggeri del 6,3%.

Lavoro e flessibilità ( da "Blogosfere" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi attuale ci ha messo con le spalle al muro e ci sta facendo scoprire come siamo totalmente scoperti di fronte alla perdita del posto di lavoro, è solo un problema attuale o è stato solo acutizzato dalla crisi finanziaria e dalle sue conseguenze?

Unipol: nei primi sei mesi utile netto a 63 mln, +2,9% patrimonio netto ( da "Finanza.com" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In un semestre ancora profondamente segnato dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica ? ha sottolineato l?Amministratore Delegato Carlo Salvatori - il Gruppo UGF ha saputo adattare con coerenza al nuovo contesto le strategie a suo tempo individuate". (Riproduzione riservata)

Unipol, scende utile nel primo semestre ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 06-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In un semestre ancora profondamente segnato dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica - sottolinea l'Amministratore Delegato Carlo Salvatori - il Gruppo UGF ha saputo adattare con coerenza al nuovo contesto le strategie a suo tempo individuate. Sui rami Danni si sono addensate nubi che sono in parte significativa dipendenti da fattori esterni,

La crisi peggiora, non perdiamo tempo ( da "EUROPA ON-LINE" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i flussi finanziari internazionali (cross-border) sono diminuiti di oltre 2.600 miliardi di dollari, invertendo una tendenza che nei passati decenni era sempre stata in crescita. In altre parole, a seguito della crisi finanziaria ed economica globale le grandi banche, in disperata ricerca di liquidità e con continui tentativi di limitare i rischi,

Esperienze di monete complementari ( da "Blogosfere" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi.... Viviamo in questi mesi una crisi finanziaria globale i cui esiti, come le precedenti, sono incerti. Di sicuro ciò che viene compromesso in periodi come questo, sono il potere di acquisto delle persone, la capacità delle aziende di accedere al credito (diminuendo la produzione di beni e servizi) e la possibilità da parte degli enti locali territoriali di continuare a garantire

unipol, utile netto di 63 milioni ma in calo del 74% - sara scheggia ( da "Repubblica, La" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tutta la holding risente della crisi finanziaria, e a soffrire di più, come volevasi dimostrare, sono le assicurazioni auto. «Confidiamo in una ripresa nella seconda parte dell´anno, e nel pieno recupero nel 2010» ha commentato Carlo Salvatori, amministratore delegato del gruppo bolognese, che sull´eventuale pagamento dei dividendi di fine anno,

la croazia in crisi vende le isole di tito - alessandra longo ( da "Repubblica, La" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Croazia in crisi finanziaria sta pensando di vendere al miglior offerente. Quanto varrà l´arcipelago di Brioni? Dicono perlomeno 1,2 miliardi di euro. La tentazione di fare cassa è forte. Per ora è un sussurro, una voce (riportata da Il Piccolo di Trieste), ma che l´economia croata, molto legata al flusso turistico,

Super-multa di 15 milioni all'ex numero uno di Aig ( da "Stampa, La" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finisce nel tritacarne della giustizia per uno scandalo finanziario: stavolta tocca all'ex numero uno del colosso assicurativo Aig, cioè di una delle società più colpite dalla crisi finanziaria di Wall Street esplosa lo scorso anno. Certo è possibile che per Maurice «Hank» Greenberg i 15 milioni di dollari di multa che dovrà pagare alla Sec (equivalente americano della nostra Consob)

E la band canta contro le banche ( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lo ha fatto però Matthew Bellamy, voce della band nonché ispiratore della maggior parte dei testi: «Uprising», ha dichiarato alla Bbc , è il loro urlo di protesta contro la crisi finanziaria e la politica scellerata delle banche su hedge fund, derivati e finanza «tossica».

Accordo Enel-Sicilia Via al rigassificatore di Porto Empedocle ( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: utilizzando liberamente le commissioni ottenute da banche e istituti finanziari. È questa la proposta , riportata dal Financial Times , lanciata da Mary Schapiro ( foto ), presidente dell'organismo di controllo dei mercati finanziari Usa. Questo sistema consentirebbe alla Sec di avere maggiori risorse per compiere indagini e investire in tecnologia.

La trimestrale spinge Autogrill ( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 07/08/2009 - pag: 35 Il caso a Milano La trimestrale spinge Autogrill (a.jac.) Nuovo rialzo per Autogrill a Piazza Affari (più 3,72%) dopo il passo avanti seguito al consolidamento della presenza nell'aeroporto londinese di Heathrow.

Vola Pirelli, la discesa di Seat ( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 07/08/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa Vola Pirelli, la discesa di Seat di Giancarlo Radice Made in Italy Rialzo del 6,2% per Bulgari Pininfarina recupera il 2,9% Wall Street non ha giocato di certo a favore. Ma, nonostante la debole seduta newyorkese, le Borse europee sono comunque riuscite a chiudere in zona positiva.

Da Lloyds a Hsbc, banche da record ( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 07/08/2009 - pag: 35 Il caso a Londra Da Lloyds a Hsbc, banche da record ( g.r. ) Una giornata così, l'industria britannica del credito non la vedeva in Borsa da lunghi mesi. Il primato spetta a Lloyds Banking Group, che ha chiuso la seduta all'Ftse100 con un guadagno del 12,34%.

Multa da 15 milioni di dollari per ex ceo Aig ( da "Finanza.com" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ennesimo top manager statunitense che viene punito per i crac finanziari. E soprattutto tocca il colosso assicurativo a stelle e strisce Aig, uno dei più colpiti dalla crisi finanziaria di Wall Street. Greenberg ha patteggiato la pena al termine dell'inchiesta per frode che portò al suo allontanamento dal gruppo finanziario nel 2005.

Avanti senza timori sulla strada della ricerca ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'uscita da questa crisi finanziaria globale sarà sicuramente trainata dalle innovazioni che si stanno manifestando, al punto che difficilmente la ripresa si baserà sugli stessi consumi e sugli stessi investimenti presenti prima di essa. Le imprese lo sanno e si stanno attrezzando.

C'era una volta l'economia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Skidelsky è la base della cosiddetta teoria del mercato efficiente, che domina da anni nel settore dell'economia finanziaria, e che ha spinto i banchieri a fidarsi ciecamente dei loro modelli matematici previsionali, ha spinto i governi e le autorità di regolamentazione a sottovalutare la possibilità di un''mplosione dei mercati finanziari e ha portato a quello che Alan Greenspan (

Scontro sui bonus: Fillon convoca le banche francesi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: convoca a palazzo Matignon i rappresentanti degli istituti francesi insieme alla Banca di Francia e al ministero dell'Economia. Fillon chiede alle banche di rispettare gli impegni presi dagli stessi istituti quando sono state adottate dal Governo le misure per aiutarle a superare la crisi finanziaria. AP/ LAPRESSE

Berlino riforma i salvataggi bancari ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il progetto di legge è al tempo stesso una reazione alla crisi finanziaria e un gesto politico dopo la nazionalizzazione controversa di Hypo Real Estate. La scelta di salvare Hre nazionalizzando la banca ha provocato reazioni negative in Germania. Molti hanno visto di cattivo occhio l'intervento dello Stato nell'economia, nonostante la situazione d'emergenza.

Il made in Italy paga il conto della crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi presenta il conto La prima metà del 2009 ha dunque sofferto del deflagrare della crisi finanziaria sull'economia reale. Tra gennaio e giugno si sono registrati cali di fatturato compresi tra il 14% dell'industria manifatturiera e il 17% del comparto energetico, ma soprattutto il margine operativo netto è sceso del 60%

La Croazia in crisi ( da "Repubblica.it" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Croazia in crisi finanziaria sta pensando di vendere al miglior offerente. Quanto varrà l'arcipelago di Brioni? Dicono perlomeno 1,2 miliardi di euro. La tentazione di fare cassa è forte. Per ora è un sussurro, una voce (riportata da Il Piccolo di Trieste), ma che l'economia croata, molto legata al flusso turistico,

( da "Avvenire" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi? Non è ancora a bilancio» MILANO. La crisi finanziaria che ha sconvolto l'economia mondiale non è ancora stata scritta sui libri contabili delle aziende italiane, ci arriverà infatti solo a fine 2009. I bilanci 2008 di 2.022 grandi e medie imprese italiane, escluse banche e assicurazioni, analizzati dal centro studi di Mediobanca presentano,

Crisi, il mondo guarda alla Cina Così Pechino guida il rilancio ( da "Avvenire" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: C'è chi invoca anacronistiche politiche di protezionismo. Bisogna invece superare il pregiudizio. La Cina è fondamentale per l'economia mondiale. Occorre lavorare in un'ottica di partenariato. Non dimenticando che forse la Cina può vivere senza di noi. Siamo noi ad avere sempre più bisogno della Cina».

STELLA: SODDISFAZIONE PER INTESA SOSTEGNO ALLE IMPRESE ( da "Basilicanet.it" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria imponente, per essere capaci di farsi interprete delle loro esigenze e costruire, in sinergia con le stesse, proposte dedicate. Richiamo â?? conclude Stella - quindi alla ottimizzazione di quella dimensione partecipata e di relazione, che vede insieme associazioni, banche, imprese e istituzioni unite nella ricerca di soluzioni innovative e strategiche per uscire

TRITTICO VENETO ( da "Azione, L'" del 07-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Trittico veneto TRITTICO VENETO Giacinto Bevilacqua Nonostante i tagli imposti dalla crisi finanziaria, sarà un'edizione scoppiettante come le precedenti quella del Trittico Veneto-Memorial Mino Bariviera. La gara nazionale a tappe per juniores, organizzata dal Veloce Club Orsago con Lillo Zussa, Ermenegildo Turchet ed Ennio Benedet, è in calendario dal 27 al 30 agosto.

Dato peggiore dall'80, quando si cresceva ( da "Stampa, La" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: travolto dalle inchieste di Mani Pulite e da una gravissima crisi finanziaria internazionale che costrinse la Lira (insieme alla Sterlina) a uscire dallo Sme, il sistema monetario europeo, nel quale rientrò solo quattro anni dopo, nel novembre del 1996. Anche negli anni di stagnazione successivi agli attacchi terroristici dell'11 settembre e all'inizio della guerra in Afghanistan,

FonSai studia un fondo da 600 milioni ( da "Stampa, La" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della crisi finanziaria (forse) passata, debba essere un ripensamento del modello di banca adottato finora. Lo aveva già annunciato subito dopo la tempesta dei mercati, spiegando che per Unicredit era finito il tempo del modello «Otd», ossia quell'«Originate to distribute», che consentiva alle banche di distribuire il rischio attraverso strumenti finanziari sempre più complessi.

A caccia di ripresa ( da "Stampa, La" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria si estendesse, con una violenza imprevista, all'economia reale di tutto il pianeta. L'esperienza del Giappone - unico Paese ad aver sperimentato con anticipo sugli altri qualcosa di simile alla crisi attuale - mostra chiaramente che quando la caduta sarà terminata non c'è nessuna garanzia di una ripresa duratura mentre potrebbe verificarsi una serie di sussulti

La disfatta di Francoforte ( da "Blogosfere" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 09 8 La disfatta di Francoforte Pubblicato da Domenico De Simone alle 02:21 in Crisi finanziaria Repubblica e Massimo Giannini tornano sulla tassazione dell'oro proposta da Tremonti con due articoli, dei quali quello di Giannini porta l'immaginifica intestazione che fa da titolo anche a questo blog. Da buon tifoso, Giannini è assolutamente certo della vittoria della sua squadra,

la crisi, keynes e gli stimoli - joseph e. stiglitz ( da "Repubblica, La" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impatto della crisi finanziaria sull´economia è stato così devastante che persino uno stimolo fiscale come quello del presidente Obama ritenuto enorme non è stato sufficiente. A ciò si aggiunge un altro problema: per quanto riguarda gli Stati Uniti, è previsto che soltanto un quarto dei quasi 800 miliardi di dollari di stimolo allocati sia speso nell´

Girelli (Banca Generali): Ottimista sui prossimi mesi ( da "Borsa e Finanza" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria del 2001 siete usciti con dimensioni raddoppiate. E da quest'ultima? Ritengo che assisteremo a una nuova ondata di consolidamento nei prossimi mesi, così come è accaduto nel 2003. Quanto a noi siamo soddisfatti delle dimensioni raggiunte anche se continuiamo a guardare con molta attenzione alle occasioni che si dovessero presentare sul mercato italiano nel private

tremonti, la bce e l'oro del tevere - alessandro penati ( da "Repubblica, La" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: inflazione e le crisi finanziarie: i due rischi che proprio loro dovrebbero scongiurare. Ma, ironia a parte, la recente crisi finanziaria ha ingigantito il ruolo delle banche centrali, che ora devono essere flessibili, pronte ad aumentare la dimensione dei propri bilanci e allargare lo spettro delle attività nelle quali investono,

Per i bond offerti allo sportello si cercano formule più semplici ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vittime della crisi finanziaria che ha indebolito sia gli indici sottostanti, sia il merito di credito degli emittenti ( Morgan Stanley , Goldman Sachs e UniCredit ). Adesso però alle Poste si punta su strutture più semplici: l'emissione «Tasso Fisso Plus» in collocamento al momento (fino al 22 agosto) offre un coupon annuo lordo del 3,

Woodstock, magari ( da "Manifesto, Il" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: andrebbe ricordato che il quarantennale è precipitato dentro il buco nero della crisi finanziaria ed economica mondiale più grave da un ottantennio, cioè dal grande crack del 1929. Un colpo di sfortuna verrebbe da dire, se non fosse che i milioni di posti di lavoro persi in giro per il mondo a causa del crack gridano vendetta.

L'impatto su povertà e salari ( da "Manifesto, Il" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria mondiale sono stati individuati in una rilevante sottovalutazione dei rischi, nella crescente complessità dei prodotti nella finanza strutturata, nell'euforia che ha contaminato i mercati finanziari per troppo tempo (ed è talvolta inevitabile), nella forte interconnessione della finanza globalizzata.

Su Intesa, Telecom recupera ( da "Corriere della Sera" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 08/08/2009 - pag: 31 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Su Intesa, Telecom recupera Un brutto avvio, seguito da una netta ripresa sull'onda dei buoni dati di luglio sulla disoccupazione negli Usa. Per Piazza Affari, così come per le altre Borse europee, la settimana si è chiusa con una seduta dal doppio volto.

Fastweb sale dopo il patto con Wind ( da "Corriere della Sera" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 08/08/2009 - pag: 31 Il caso a Milano Fastweb sale dopo il patto con Wind Giovedì sera l'annuncio di risultati semestrali oltre le attese, con utili netti di 17,9 milioni di euro. E ieri l'intesa con Wind per la condivisione della rete di telecomunicazioni, secondo lo stesso schema utilizzato per l'

Peugeot Citroën nel mirino di S&P's ( da "Corriere della Sera" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Secondo gli analisti di S&P's la situazione finanziaria di Psa potrebbe «deteriorarsi in modo significativo» se non ci sarà una ripresa delle vendite nel 2010. Un giudizio che ieri ha condizionato l'andamento dell'intero settore sui mercati finanziari. In forte ribasso hanno infatti chiuso anche Renault e altre grandi case europee.

Wall Street in preda all'esuberanza ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 30 di ieri sui mercati finanziari dopo il sorprendente dato sull'occupazione Usa: solo 247mila posti di lavoro persi a luglio, contro i 467mila del mese precedente e i 320mila stimati dagli economisti. Il future sull'S&P500 accenna solo a un modesto rialzo e, quando apre Wall Street, l'indice corregge ulteriormente i guadagni del future.

Il filo forte di una famiglia delicato come la seta ( da "Stampa, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un tascabile per combattere gli eccessi di protezionismo verso i più piccoli; la rivalutazione dei «no», l'educazione al «sacrificio». Discutibile, ma chiaro.Saggio I volontari e le regole per sopravvivere Chi fa volontariato, chi ha messo in piedi servizi che il Pubblico non garantisce, finisce per scontrarsi con la burocrazia.

Preoccupazione anche al Comune eporediese Sulla società ancora pesa la crisi finanziaria ( da "Stampa, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: anche al Comune eporediese Sulla società ancora pesa la crisi finanziaria Non c'è pace per i 250 dipendenti delle sedi di Ivrea e Torino di Omnia Network. Se nel mese di maggio Regione, Provincia e Comune di Ivrea avevano annunciato che la proprietà si impegnava a mantenere la propria presenza e prospettato una ricapitalizzazione finanziaria con tanto di nuovo piano industriale,

TITOLO: EDUCARE ALLA SOFFERENZA AUTORE:PINO PELLEGRINO EDITORE: ASTEGIANO... ( da "Stampa, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Questo l'incipit al saggio breve di don Pino Pellegrino indirizzato agli educatori. Un tascabile per combattere gli eccessi di protezionismo verso i più piccoli; la rivalutazione dei «no», l'educazione al «sacrificio». Discutibile ma chiaro.TITOLO: EDUCARE ALLA SOFFERENZA AUTORE:PINO PELLEGRINO EDITORE: ASTEGIANO

gli usa in crisi comprano americano messico e canada: obama ci ripensi - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Protezionismo, narcos e ambiente in agenda Gli Usa in crisi comprano americano Messico e Canada: Obama ci ripensi FEDERICO RAMPINI dal nostro corrispondente NEW YORK - Il primo partner commerciale degli Stati Uniti non è la Cina (solo seconda) ma il Canada.

censura di stato sull'informazione - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: presidente del Consiglio non può pensare di sfuggire alle critiche in virtù di un protezionismo dell´informazione interna. Non sarà attraverso la definitiva normalizzazione della Rai che Berlusconi riuscirà a salvaguardare la sua immagine, la sua credibilità e la sua affidabilità personale. Né tantomeno l´immagine, la credibilità e l´affidabilità dell´Italia sul piano internazionale.

Paulson, l'uomo dal tocco d'oro Adesso scommette sui lingotti ( da "Corriere della Sera" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tende a salire in momenti di crisi finanziaria ed economica. Questo manager newyorkese di 53 anni che nel 1994 fondò la Paulson & Co., ha così tanta attenzione per il metallo prezioso da aver agganciato all'oro una classe di azioni di uno dei suoi 12 fondi in modo che la perfomance della quota tenga conto sia dell'andamento del lingotto sia di quello degli altri valori sottostanti.

Meglio il libro di un cronista di un saggio accademico: i consigli del Nobel Krugman ( da "Corriere della Sera" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: autore esplora le origini intellettuali della teoria che postula la razionalità dei mercati finanziari, l'economista americano ha dedicato un articolo (uscito il 6 agosto sul «New York Times» e ripreso ieri dall'«International Herald Tribune») che lo definisce «lettura obbligatoria per chiunque voglia capire il disastro nel quale ci troviamo».

( da "Corriere della Sera" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di stampo europeo e il giorno dopo sulla strada opposta del protezionismo localista, intrinsecamente separatista. Il Veneto ha bisogno di politiche «nazionali» delle infrastrutture, della giustizia civile, dell'Università e della ricerca, dell' «immigrazione-accoglienzaintegrazione» e non solo «immigrazione-sicurezza», ma anche di una rivoluzione fiscale «nazionale» di lotta all'

Censura di Stato sull'informazione ( da "Repubblica.it" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: presidente del Consiglio non può pensare di sfuggire alle critiche in virtù di un protezionismo dell'informazione interna. Non sarà attraverso la definitiva normalizzazione della Rai che Berlusconi riuscirà a salvaguardare la sua immagine, la sua credibilità e la sua affidabilità personale. Né tantomeno l'immagine, la credibilità e l'affidabilità dell'Italia sul piano internazionale.

Berlusconi: "Ecco il piano per il Mezzogiorno, guiderò io l'agenzia" ( da "Stampaweb, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Solo così si potrà diminuire la profondità della crisi e la sua estensione temporale. I catastrofisti che imperversano sulle gazzette della sinistra non fanno che peggiorare la situazione perchè, superato il momento più drammatico della crisi finanziaria, è proprio il fattore psicologico che condiziona la domanda dei consumatori e quindi la produzione.

Sud e salari, il piano di Berlusconi: "Agganciare paghe al costo della vita" ( da "Stampaweb, La" del 09-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Solo così si potrà diminuire la profondità della crisi e la sua estensione temporale. I catastrofisti che imperversano sulle gazzette della sinistra non fanno che peggiorare la situazione perchè, superato il momento più drammatico della crisi finanziaria, è proprio il fattore psicologico che condiziona la domanda dei consumatori e quindi la produzione.

Marx e Keynes per uscire dalla crisi E poi andare oltre ( da "Manifesto, Il" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: analizza il funzionamento di complessi e sofisticati mercati finanziari e mostra come le economie di mercato siano periodicamente attraversate da fasi di grande ottimismo che portano a esposizioni debitorie non sostenibili e il conseguente insorgere di crisi. Il patrimonio analitico e teorico lasciatoci da questi economisti, così come da altri, non dovrebbe essere sottovalutato,

Il Guardian brucia 28 milioni in Borsa ( da "Stampa, La" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Finirebbe così triturato dalla crisi finanziaria il più antico giornale della domenica al mondo. La prima copia dell'Observer uscì, infatti, il 4 dicembre del 1791. Per aprirlo, il suo editore di allora, il londinese W. Bourne, si fece prestare 100 sterline, dicendo a tutti che avrebbe avuto una «fortuna veloce».

Al Crazy Horse nudi "d'attualità" ( da "Stampa, La" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come la crisi finanziaria? «Sono argomenti d'attualità. La crisi finanziaria è una cosa che può coinvolgere il pubblico del "Crazy Horse", in genere facoltoso, disposto a pagare cifre alte per un posto in sala. Poi c'è un quadro basato sul gioco di specchi che trasforma il corpo della donna in qualche cosa di meraviglioso e fantastico.

Costringere le banche alla ricapitalizzazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dal nostro corrispondente La crisi finanziaria è scoppiata esattamente due anni fa, nell'agosto del 2007.Nonostante i recenti segnali incoraggianti la situazione rimane incerta. Lorenzo Bini Smaghi, 52 anni, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, è cauto sulle prospettive economiche ed esorta i governi a ricapitalizzare d'autorità le banche,

I conti con la Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ondata di protezionismo diffuso che èl'ultima cosa di cui l'economia mondiale, mai così interdipendente, ha bisogno. Se abbiamo (e ne abbiamo) motivi di lagnanza contro Pechino, l'unica soluzione è cercare d'integrare quel paese sempre di più in una rete di accordi e intese internazionali, più che fantasticare di sanzioni che si ritorcerebbero rapidamente contro di noi.

Quella retorica che condanna l'Africa nera ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tirannia e dirigismo locale nonché protezionismo occidentale. Quest'ultimo è una piaga: se le nazioni ricche togliessero le barriere doganali che impediscono sia il flusso di merci africane verso il resto del mondo sia una politica di investimenti del settore privato (gli imprenditori non intraprendono se sanno che i loro prodotti non potranno essere esportati a causa di alte tariffe)

Valore-titoli salvo nel mercato volubile ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rivestono carattere transitorio commisurato al perdurare della crisi finanziaria ed alla significatività dei valori espressi dal mercato. Tuttavia, la cosa più importante che il redattore del bilancio deve valutare è relativa ai rischi di illiquidità o di insolvenza dell'emittente che possono rendere definitiva la perdita.

Le telefonate tra Paulson e la Goldman Sachs ( da "Corriere della Sera" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: telefonici con il presidente della Goldman Sachs durante la recente crisi finanziaria, tanto da sollevare seri dubbi circa il suo legame con la sua ex società. La notizia è emersa da un'inchiesta del New York Times , secondo la quale Paulson, ex amministratore di Goldman Sachs, ha parlato molto più spesso con Lloyd Blankfein, suo sostituto alla poltrona di ceo della banca d'affari,

I Muse tornano e protestano contro la crisi finanziaria ( da "Corriere della Sera" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: anticipa il nuovo album I Muse tornano e protestano contro la crisi finanziaria MILANO Cercano di mandarci in paranoia, in depressione, di bombardarci di droghe con la speranza di nasconderci la verità. Ma «non riusciranno a costringerci, a umiliarci, a controllarci: noi li sconfiggeremo ». A tre anni dall'ultimo album, «Black Holes and Revelations », i Muse sono pronti a tornare.

Super-multa di 15 milioni all'ex numero uno di Aig ( da "Finanza.com" del 10-08-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ennesimo top manager statunitense che viene punito per i crac finanziari. E soprattutto tocca il colosso assicurativo a stelle e strisce, uno dei più colpiti dalla crisi finanziaria di Wall Street. Greenberg ha patteggiato la pena al termine dell'inchiesta per frode che portò al suo allontanamento dal gruppo finanziario nel 2005.


Articoli

Obama: "Ora il Pil cresce e la recessione frena" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

NEL SECONDO TRIMESTRE IL PRODOTTO INTERNO LORDO USA CALA MENO DELLE ATTESE DEGLI ANALISTI OPERAZIONE TRASPARENZA Obama: "Ora il Pil cresce e la recessione frena" Gli ospiti della Casa Bianca si sono pagati il pranzo [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Il Pil Usa in primavera è andato meno peggio del temuto, ma il Fondo Monetario Internazionale raffredda gli entusiasmi. L'economia americana non sta più precipitando ma «i rischi di ricaduta sono prevalenti», e la convalescenza sarà sicuramente lunga, soprattutto sul fronte della disoccupazione, per il Fmi. In linea con l'analisi sull'occupazione proposta dal Fmi anche Obama, che ha peraltro confermato il cauto ottimismo generale espresso giorni fa nel suo commento ai dati economici: «Per quanto mi riguarda, non c'è recupero vero se non riprendono a crescere i posti per gli americani che sono ora disoccupati», ha detto il presidente. La prima stima del ministero del commercio Usa sull'andamento del prodotto interno lordo per il secondo trimestre è stata di un calo dell'1%, migliore delle previsioni degli analisti che variavano dal -1,2% al -1,5%. Il presidente Usa, che in settimana aveva già detto che «siamo forse all'inizio della fine della recessione», ha tratto conforto dalla rilevazione, che ha giudicato «un segnale importante nella giusta direzione». La caduta all'1% negativo secco è una vistosa frenata dal declino precedente: tra gennaio e marzo l'economia Usa aveva subito una contrazione del 6,4%, dato abbassato di quasi un punto dalla stima del -5,5% fornita a fine giugno. Nei sei mesi chiusi al 31 marzo, i peggiori della attuale recessione, la media del declino è stata del 5,9%. Ma è il dato degli ultimi quattro trimestri a marcare un record negativo storico: era dal 1947 che l'economia Usa non calava per un anno di fila, come è avvenuto dal marzo 2008 per una media del -3,9%. Il miglioramento da aprile a fine giugno è dovuto allo stimolo governativo, che per ora ha favorito soprattutto le spese pubbliche, ma in parte anche al fatto che gli imprenditori hanno frenato i tagli delle scorte e degli investimenti. «Le misure a favore dei piccoli business, le sovvenzioni ai disoccupati, gli aiuti ai mutuatari, le rimesse agli Stati per salvare i posti dei dipendenti pubblici e i lavori straordinari per ponti e strade», ha ricordato Obama, «hanno funzionato. I progressi economici sono misurabili, ma ciò non vuol dire che il tasso dei disoccupati non aumenterà ancora», ha messo le mani avanti il presidente alla vigilia del dato di luglio atteso per la settimana ventura (ora è al 9,5%). Il quadro generale resta insomma fosco. Nel 2009 il Pil Usa si contrarrà del 2,6%, e l'anno prossimo crescerà solo del +0,8%. Il Fmi prevede un'inflazione negativa del -0,3% per quest'anno, e una crescita all'1,4% nel 2010. I disoccupati saranno il 9,3% quest'anno, e saliranno al 10,1% l'anno venturo. Per il Fmi sono stati fatti progressi nello stabilizzare i mercati finanziari, «ma restano significativi stress. La forte contrazione dell'economia sta finendo, grazie anche al sostanziale stimolo macroeconomico. In ogni caso la ripresa sarà graduale e prevalgono rischi al ribasso», ha detto Charles Kramer, capo del Dipartimento del nord America del Fmi, secondo il quale lo stimolo sta funzionando e spingerà il Pil dell'1,1% quest'anno, dell'1,3% nel 2010 e dello 0,7% nel 2011 rispetto a uno scenario senza aiuti per l'economia. Ma la ripresa americana sarà «graduale» con un tasso di crescita che probabilmente sarà inferiore ai trend del passato per un periodo considerevole: e se i rischi di una ricaduta recessiva dovessero materializzarsi, l'amministrazione Obama non dovrebbe escludere l'eventualità di ulteriori stimoli fiscali, mentre la Fed dovrebbe mantenere la politica monetaria a livelli «accomodanti», ossia insistere con il tasso zero attuale. Obama ha annunciato sempre ieri l'estensione del piano per la rottamazione delle auto. Il primo miliardo di dollari è stato bruciato a tempi di record, e il Congresso darà subito l'ok per altri due miliardi: chi cambia una vecchia vettura per una nuova più efficiente e meno inquinante gode di uno sconto pagato da Washington per 4500 dollari.Alla Casa Bianca è finita l'era dei pasti gratis per i vertici delle corporate americane. Lo hanno scoperto a loro spese gli amministratori delegati di Xerox, Coca-Cola, AT&T e Honeywell che il 25 giugno scorso, dopo aver avuto l'indubbio privilegio di mangiare con Barack Obama, si sono visti chiedere le carte di credito. È quanto rivela il sito web specializzato "The Politico" spiegando che alla Casa Bianca - che non ha rivelato nè il menù nè il costo del pasto - hanno difeso la novità spiegando che si sarebbero così evitate accuse di conflitto di interesse.

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Multinazionali troppo prudenti Senza gli investimenti la ripresa tarderà ad arrivare (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Multinazionali troppo prudenti Senza gli investimenti la ripresa tarderà ad arrivare Giro di vite sui megastipendi dei banchieri di Merrill Lynch Gli spread per il credito si sono ristretti, i mercati azionari sono in rialzo e gli investitori sono preoccupati per l'inflazione e per l'aumento dei tassi di interesse. La recessione dovrebbe essere alle spalle, ma non chiedetene conferma ai top manager delle grandi aziende europee. Il tono generale degli ultimi dati sugli utili trimestrali non è ottimistico. Nel migliore dei casi è prudente. Eccone un esempio preso dalle dichiarazioni arrivate giovedì e venerdì da settori diversi: «ancora nessun segnale di recupero» (compagnia aerea Lufthansa); «è difficile vedere i primi germogli in campo economico» (costruttore di motori Rolls Royce); «la situazione economica rimane difficile» (gestore telefonico France Telecom); non manca qualche barlume meno pessimistico. La casa automobilistica francese, Renault, ha aumentato la sua previsione sulle vendite nel secondo semestre del 2009, sebbene ritenga che il 2010 porterà pochi miglioramenti rispetto all'anno in corso. Niente euforia dalla società insomma. Non tutti i settori sono in difficoltà come le compagnie aeree, che devono affrontare sia il leverage operativo che finanziario, oppure come il settore del petrolio, dove le oscillazioni dei prezzi hanno sconvolto i piani d'investimento delle grandi società quotate. Ma fino a quando i dirigenti delle grandi aziende saranno preoccupati, la grave recessione non migliorerà di molto. Come può la continua prudenza delle società coincidere con i miglioramenti del trimestre scorso sui mercati finanziari, che secondo Markit includono un restringimento degli spread del credito europei investment grade da 140 a 87 punti base, e con l'aumento dell'11% dell'indice azionario Euronext 100? In effetti, i mercati stanno superando proprio ora il loro precedente panico. Questo potrebbe spiegare il divergere di opinioni di un buon 20% tra il mercato e i capitani d'industria. I mercati stanno sicuramente guardando più avanti dei dirigenti - e questo fa, diciamo, un altro 20%. Inoltre, probabilmente il pessimismo delle aziende è uno sforzo per tenere basse le attese - e forse questo vale un 10% di divergenza.\

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Il futuro di Piazza Affari (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

INCHIESTA Il futuro di Piazza Affari di Redazione - 01-08-2009 FTSE MIB BIASIA: «L'Italia presenta una potenziale scommessa legata alla concentrazione settoriale del Ftse Mib. Pur quotando un passo indietro rispetto a diversi altri listini europei, ora ha maggiori spazi di crescita relativa. I target di medio periodo (12-15 mesi) sono stimati in area 29.600. La reazione dai minimi di marzo ha visto protagonisti alcuni titoli bancari. Per Unicredit stimiamo valori di recupero fino in area 3,80 e 4,50 poi. La scommessa industriale va fatta su Fiat e l'azionariato di controllo. Per il Lingotto il nostro modello accredita valori di recupero in direzione di area 11,50 e 13 euro». EVANGELISTA: «Mi corre l'obbligo di dichiarare che nella nostra asset allocation globale non compaiono posizioni sul listino di piazza Affari. Tuttavia non posso non rispondere, anche perchè monitoriamo con quotidiana attenzione il mercato italiano. E le nostre analisi vedono con favore titoli quali Amplifon, Banca Generali, Maire Tecnimont e Danieli». MILANO: «Nella fase ribassista, il Ftse Mib (vedi grafico sopra) è tracollato (-53%). Il recuperoè però impressionate (+68% circa). Guardando alla composizione settoriale dove bancari e assicurativi la fanno da padroni, si capiscono i motivi della maggiore volatilità del nostro indice, nel male e, per fortuna, anche nel bene. Finché prosegue il rally in corso i settori e i titoli che dovrebbero sovraperformare sono proprio quelli più volatili. Quindi: settore finanziario (come Unicredit e Generali), settore auto (Fiat ma anche piccole società come Sogefi). Poi, vediamo bene anche società appartenenti a settori più difensivi come le utility, che hanno risentito in modo pesante dell'avvitamento della crisi finanziaria per le tensioni di liquidità, come Enel».

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una rete di associazioni per combattere la crisi - alessandra sciortino (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XXIV - Palermo L´iniziativa delle sigle storiche della musica siciliana Una rete di associazioni per combattere la crisi ALESSANDRA SCIORTINO La crisi finanziaria in cui versano le associazioni musicali siciliane, ancora in attesa delle assegnazioni dei contributi regionali per l´attività svolta nel 2008, ha mosso le stesse a presentare un nuovo progetto organico. Nasce così una rete di diciassette associazioni concertistiche che operano in sette province siciliane. Il Cimuss, nato in occasione delle manovre dell´ex assessore regionale alla Cultura Antonello Antinoro come comitato di Coordinamento delle istituzioni musicali storiche siciliane a difesa delle stesse, si costituisce oggi come confederazione stabile con l´obiettivo di mettere in rete le associazioni esistenti, realmente operative e rappresentative di un´attività culturale di alto livello artistico, creando un circuito concertistico regionale e un unico calendario. Un´iniziativa che mette assieme tra le altre l´Orchestra da camera Kandiskij, Alea, I Candelai e l´associazione Musiche, solo per restare a Palermo, nel tentativo di rafforzare la proposta, ma che registra da subito delle vistose defezioni rispetto alla costituzione del comitato, ad esempio quella degli Amici della musica di Palermo e della Filarmonica Laudamo di Messina. «Non vogliamo più sottacere le anomalie - dichiarano Giovanni De Santis degli Amici della musica di Trapani, Biagio Guerrera dell´associazione musicale Etnea e Pompeo Benincasa per le associazioni jazzistiche, tutti in rappresentanza della confederazione - come lo sta bene a soggetti non ammissibili ai contributi ai sensi della legge 44/85 quali le società cooperative e i teatri di tradizione come risulta dallo stesso parere dell´ufficio legislativo e legale regionale nel documento del 20 maggio 1986». Una frecciata diretta, tra gli altri, al Luglio trapanese e all´Agricantus. «La confederazione - proseguono i portavoce - chiede dunque all´assessore regionale dei Beni culturali Lino Leanza di non finanziare chi non ha svolto attività nel 2008 e di porre fine alla violazione della legge, al fine di una gestione trasparente della musica in Sicilia».

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prada allunga il debito e chiama richemont - sara bennewitz giovanni pons (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Economia Prada allunga il debito e chiama Richemont Scadenze spostate al 2012 su 450 milioni di prestiti. Si cerca un socio industriale al 30% Intesa Sanpaolo, Unicredit, Calyon e altre sono esposte per 1,2 miliardi su holding e spa Le banche creditrici hanno contattato il gruppo svizzero ma alla proposta non è stata data risposta SARA BENNEWITZ GIOVANNI PONS MILANO - Le banche concedono altro ossigeno al gruppo Prada. è di ieri, infatti, la notizia che due tranche da 100 e 350 milioni del debito che è collocato nella holding della famiglia Bertelli - la Prada holding bv che controlla al 95% la Prada spa - è stato rinegoziato nella parte che riguarda le scadenze e spostato al 2012. Nonostante ciò la situazione debitoria del gruppo, rimane elevata: le stesse banche, principalmente Intesa Sanpaolo, Unicredit, la francese Calyon (gruppo Crédit Agricole) e altre, sono esposte sia sulla holding che sulla società operativa per un totale di circa 1,2 miliardi di euro. Una cifra non da poco che giustamente preoccupa anche il patron del gruppo Patrizio Bertelli e il vicepresidente esecutivo Carlo Mazzi. Il problema che doveva essere risolto con lo sbarco in Borsa del gruppo tentato più volte ma per ora mai finalizzato. Tanto che ora le banche gradirebbero l´ingresso nel gruppo di un partner industriale di livello che sia disposto a rilevare fino al 30% delle azioni attraverso un aumento di capitale o rilevando una quota simile dalle famiglie Bertelli-Prada. E sono state proprio le banche nelle settimane scorse a contattare il gruppo Richemont dell´imprenditore sudafricano Johann Rupert per sondare un eventuale interesse in tal senso. Ma, a quanto risulta, la proposta è stata accolta piuttosto freddamente. Sia perché la valutazione assegnata dalle banche al gruppo Prada, circa 2,7 miliardi compresi i debiti, pari a un multiplo di oltre nove volte rispetto ai 280 milioni di margine operativo lordo e di 21 volte l´utile netto, appare elevata. Sia perché il gruppo svizzero, che possiede marchi famosi e di successo come Cartier, Montblanc, IWC, Van Cleef & Arpels, Vacheron & Constantin, Baume & Mercier, Azedine Alaia, va molto bene nella gioielleria e orologeria ma non ha una grande esperienza nel settore moda. Per un gruppo industriale, inoltre, entrare con una quota di minoranza in Prada senza specifici accordi per arrivare in maggioranza non sarebbe così interessante. Nel 2006 Intesa Sanpaolo aveva acquistato il 5% di Prada spa attribuendo alla società una valutazione di 2,75 miliardi, ma la crisi finanziaria internazionale non era ancora intervenuta e le società del lusso andavano tutte a gonfie vele. Ora la situazione è molto diversa, i multipli di Borsa molto più bassi e anche un gruppo florido come Richemont preferisce tenersi stretta la cassa. Nonostante la crisi nel 2008 Prada ha investito ben 165 milioni in nuovi negozi: «Il piano di investimenti mai intrapreso per cogliere tutte le opportunità del nuovo ciclo di sviluppo», diceva Bertelli commentando i dati di bilancio del 2008. E gli investimenti stanno continuando anche nel 2009 e continueranno nel 2010 con il risultato che il fatturato sarà sicuramente in aumento ma con costi in crescita e margini di profitto in diminuzione. Con circa 100 milioni di utile netto all´anno (erano 99 nel 2008) l´attività della Prada spa al momento non sembra poter ripagare i debiti della holding attraverso la sola distribuzione di dividendi. Dunque, se la via della Borsa non tornerà percorribile in un futuro non lontano, è molto probabile che la ricerca di un partner industriale o finanziario prosegua speditamente.

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D'Alema a Bari: il Pd non è un'associazione a delinquere (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

D'Alema a Bari: il Pd non è un'associazione a delinquere MARIA ZEGARELLI Parla a Bari proprio nel giorno in cui i giornali raccontano dell'inchiesta che vede coinvolti i partiti del centrosinistra e un parlamentare del Pd. Da qui parte Massimo D'Alema, in una sala dello Sheraton con solo posti in piedi, dove le generazioni di democratici ci stanno tutte: dai più giovani a quelli che fecero la prima tessera Pci, o Dc o mai nessuna. Intanto dice: «Questo congresso non sarà una rissa sanguinosa, ma un confronto civile, un dialogo tra candidati». Poi, a nome «di tutti i democratici della Puglia» ribadisce il «grande rispetto per la magistratura», ma all'opinione pubblica ricorda , nel mezzo di un lungo applauso,«che questo partito non è un'asociazione a delinquere e non ha nulla a che fare con la criminalità organizzata». Dunque, nessuno pensi, compreso Maurizio Gasparri che non perde occasione, di mescolare vicende giudiziarie con dibattito politico. L'incontro, nel corso del quale è stato presentato il candidato dell'area Bersani alla segreteria pugliese, Sergio Blasi, non può che essere l'occasione anche per affrontare quello che qui rischia di diventare uno scontro al calorbianco: la candidatura del super sindaco Michele Emiliano, uomo dal carattere forte, appena uscito vincitore dalle amministrative. «Emiliano ha detto che la sua vuole essere una candidatura unitaria, ma non c'è unità», dice. Usa parole di grande stima per il primo cittadino, «è un valore aggiunto per tutto il Pd, un grande riferimento per il Mezzogiorno, e il partito a Bari, non avrebbe potuto fare quello che ha fatto senza di lui». Un ruolo fin troppo stretto quello di segretario regionale, «che non può essere un dopo lavoro perchè noi che vogliamo costruire davvero questo Pd abbiamo bisogno di gente che ci lavori a tempo pieno». Emiliano riferimento per il Mezzogiorno, «che è una questione centrale del nostro congresso», dice D'Alema. Questione meridionale non la versione «berlusconiana». Dopo Dorso, Gramsci e Salvemini, Berlusconi «riceve pezzi di classe dirigente meridionale e, a seconda del potere di ricatto di queste, sblocca i fondi, per ora ce l'ha fatta solo la Sicilia», ma è lunga la fila di politici che «come questuanti stanno fuori Palazzo Grazioli, con il cappello in mano». IL VECCHIO E IL NUOVO Quanto alla campagna congressuale D'Alema scalda la platea ragionando sull'idea di partito che si dovrà costruire. «Bersani ha detto che il Pd è l'erede di 150 anni di storia, che inizia ben prima dei Ds e Dl. È la storia del mondo laico, cattolico e democratico del paese. Quando parli a una persona prima di tutto gli dici chi sei, non gli dici di guardare avanti». Pd solido o liquido, poi, dovrebbe essere un tema superato. «Un partito è fatto anche dei suoi iscritti. E se decidiamo di fare le primarie, allora prendiamo esempio da chi le ha inventate». L'America. Dove ti prendono «per matto» quando gli racconti che qui «da noi vota chiunque». Senza regole non esiste democrazia, «non crollano solo i mercati finanziari», «i partiti diventano scalabili ed esposti a Opa ostili e invece noi dobbiamo essere esposti a chi ci vuole bene». Regole e identità, soprattutto ora che la gente, spaventata da una crisi che ha cambiato il mondo, chiede solidarietà e affidabilità. Chi non la trova qui si rifugia altrove, «nella Lega per esempio». Un partito con un classe dirigente autorevole, «oggi più attenta alle università straniere dove mandare i figli che allo stato delle scuole italiane», un Pd non più vittima dell'idea leaderistica del partito, «c'è già Berlusconi, manifestazione del declino del paese», con un «governo in crisi» e la «maggiore opposizione» che non sta meglio. Il Pd, dice, sappia catturare il «centro e la destra che non vogliono piegarsi» alle logiche berlusconiane. E allora in questo congresso, «Si può discutere sulla direzione da dare alla barca ma praticare fori nello scafo è proibito». Il presidente di Italianieuropei in Puglia ironizza sul «meridionalismo» del governo: «A seconda del potere di ricatto dei diversi dirigenti del Sud sblocca i fondi». Le primarie? «Prendiamo esempio dall'America».

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eBay ha messo al bando la vendita on line dal primo febbraio scorso (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

eBay ha messo al bando la vendita on line dal primo febbraio scorso Il fronte della domanda vede in primo piano i paesi asiatici, i cui Pil negli ultimi anni sono cresciuti a ritmi sostenuti. Tanto che di recente la Cina ha scalzato la Germania dal terzo gradino, dietro Usa e Giappone, sul podio delle potenze economiche. Ma il Vietnam, con un ritmo di crescita annuo del 7% nell'ultimo decennio, le ha tenuto testa. Pochi punti percentuali in meno per Hong Kong e Taiwan. Una media del 5% per le Filippine, frenata lo scorso anno dalla crisi finanziaria mondiale, con apporti consistenti dalle rimesse degli emigrati, dal settore dei servizi e da un'alta spesa pubblica. Il commercio dell'avorio trova un comodo canale sui siti Internet, dove viene smerciato circa il 70% dei prodotti. Per questo eBay ha messo al bando, dal primo febbraio scorso, le vendite di questo tipo di oggetti e ha invitato, non si sa quanto ascoltata, le altre agenzie online a seguire l'esempio. Nel lungo viaggio dai cacciatori di frodo all'acquirente, il prezzo dell'avorio si moltiplica anche per duemila. E consente profitti elevati a chi lo lavora e commercia. Mentre solo un pugno di spiccioli finisce ai contadini indigenti, armati dalle organizzazioni e impiegati come cacciatori. GIU.CA. La scheda

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La smania dei governi fai da te (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-01 - pag: 10 autore: Oltre la crisi. Il problema delle istituzioni internazionali non coinvolte La smania dei governi «fai da te» I n questa fase della battaglia mondiale contro la depressione economica, è utile fermarsi e ragionare sulla natura conservatrice delle politiche messe in campo da banche centrali, ministeri dell'economia e tesorerie pubbliche. Quasi tutto quello che hanno fatto - incrementi della spesa, tagli delle tasse, ricapitalizzazione delle banche, acquisti di asset a rischio, operazioni di mercato aperto e altre misure di espansione della massa monetaria - hanno seguìto un modello vecchio di quasi due secoli, che risale agli albori della rivoluzione industriale e dunque ai primi sommovimenti del ciclo economico. L'anno da cui partire è il 1825, quando gli investitori in preda al panico si volevano cautelare tenendosi liquidi, invece di azzardare i soldi in impresea rischio. Robert Banks Jenkinson, secondo conte di Liverpool e primo lord del tesoro per il re Giorgio IV, implorò Cornelius Buller, governatore della Banca d'Inghilterra, di agire per impedire il crollo dei prezzi delle attività finanziarie. «Noi crediamo in un'economia di mercato - argomentava il conte di Liverpool - , ma non quando i prezzi che un'economia di mercato produce conducono a una disoccupazione di massa per le strade di Londra, Bristol, Liverpool e Manchester». La Banca d'Inghilterra agì: intervenne sul mercato e comprò titoli in cambio di contanti, spingendo in alto i prezzi delle attività finanziarie ed espandendo la massa monetaria; prestò denaro alle banche in difficoltà chiedendo in cambio garanzie limitate; annunciò l'intenzione di stabilizzare il mercato, ammonendo gli speculatori ribassisti. Da allora, ogni volta che lo stato ha scelto come linea d'azione generale quella di tenersi in disparte, lasciando che i mercati finanziari trovassero da soli la via d'uscita da una situazione di panico - vengono in mente il 1873 e il 1929 negli Stati Uniti - è andata a finir male. Ma ogni volta che lo stato è intervenuto per sostenere il mercato, o ha delegato a farlo una banca d'investimenti privata, le cose apparentemente sono andate molto meno male. Per fare alcuni esempi, il governo americano di fatto autorizzò la Jp Morgan ad agire in qualità di banca centrale dopo le crisi di panico del 1893 e del 1907; all'inizio degli anni Novanta creò la Resolution trust corporation e insieme all'Fmi intervenne per sostenere il Messico nel 1995 e le economie dell'Asia orientale nel 1997-1998. Il meno che si possa dire è che oggi ben pochi governi sono disposti a lasciare che i mercati finanziari trovino da soli la propria cura. Una cosa del genere sarebbe in effetti una misura radicale. L'amministrazione Obama e altre banche centrali e autorità economiche di tutto il mondo stanno, in un certo senso, agendo in modo estremamen-te conservatore, anche quando adottano programmi di deficit spending, ingrossano il volume dei titoli di stato, garantiscono titoli privati a rischio e rilevano compagnie automobilistiche. Sono consapevole di quello che stanno cercando di fare e sono abbastanza riluttante a pronunciare giudizi col senno di poi. Tutti, indiscutibilmente, stanno facendo del proprio meglio e so che se fossi nei loro panni farei errori più grandi di quelli che stanno commettendo loro (errori diversi, probabilmente, ma di sicuro più gravi). Tuttavia, ho un grande interrogativo. Il governo americano in particolare, ma anche quelli di altri paesi, durante questa crisi si sono impegnati a fondo nella politica industriale e finanziaria? E lo hanno fatto senza mettere in piedi istituzioni tecnocratiche come la Reconstruction finance corporation (Rfc) degli anni Trenta e la Resolution trust corporation (Rtc) degli anni Novanta, che hanno giocato un ruolo importante nel consentire il relativo buon esito dei precedenti casi di intervento pubblico straordinario nelle viscere industriali e finanziarie dell'economia, senza far dilagare corruzione e caccia alla rendita. Il potere discrezionale dei Governi, nelle crisi passate, era contenuto da queste nuove istituzioni interventiste messe in piedi in fretta e furia con leggi apposite. è così che i fondatori dell'America, come James Madison e Alexander Hamilton, ritenevano che dovessero funzionare le cose. Madison e Hamilton erano diffidenti nei confronti del potere esecutivo e ritenevano che il presidente dovesse avere meno potere discrezionale dei vari re Giorgio dell'epoca. Eppure dalla crisi odierna non sono nate istituzioni di questo genere. Perciò mi domando: perché il Congresso non ha seguito il modello della Rfc o della Rtc quando ha dato il via libera alle politiche industriali e finanziarie di George W. Bush e Barack Obama? Perché in questa crisi non è stato dato un ruolo più importante alle istituzioni tecnocratiche già esistenti, come il Fmi? E che cosa possiamo fare per ricostruire in tempi brevi le istituzioni finanziarie e gestionali in modo da renderle il più efficienti possibile? J. Bradford DeLong, ex vicesegretario al Tesoro sotto l'amministrazione Clinton, è professore di economia a Berkeley Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Fabio Galimberti) © RIPRODUZIONE RISERVATA di J. Bradford DeLong PROFESSORE A BERKELEY

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La svolta piace a Obama (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-01 - pag: 10 autore: ... I DATI DEL PIL USA La svolta piace a Obama è f inita? Sì, la crisi sta finendo, ma forse è troppo presto per festeggiare. Il presidente Barack Obama ha avuto ragione: negli Stati Uniti la svolta è davvero arrivata.In primavera il Pil americano è calato solo dell' 1% (annualizzato, in realtà è un -0,25% rispetto all'inverno) e ora si può ragionevolmente sperare che l'attività economica sia tornata in crescita quest'estate.Non inganni, però,l'entusiasmo dei politici americani.Manca ancora qualcosa per poter brindare: la domanda dei consumatori, esattamente quell'ingrediente che sta rendendo piuttosto solida la ripresa di molti paesi emergenti e sembra risvegliarsi persino in alcune economie di Eurolandia. La curashock della politica economica americana sta aiutando i mercati finanziari ma non ha ancora raggiunto le famiglie; ed escludendo la Difesa, il contributo degli investimenti pubblici, a leggere le statistiche, resta clamorosamente nullo. «Perdiamo ancora troppi posti di lavoro», ha detto ieri il presidente, centrando il problema: il segno più del Pil, non ancora conquistato, dice davvero molto poco.

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Ubs cede al governo Usa Chiuso lo scontro fiscale (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-01 - pag: 31 autore: Inchieste. Accordo fatto su frodi ed evasione: si va verso il patteggiamento Ubs cede al governo Usa Chiuso lo scontro fiscale La banca pronta a pagare una multa salata e a rivelare alcuni nomi Lino Terlizzi LUGANO C'è l'accordo tra Berna e Washington sulla vicenda fiscal- giudiziaria di Ubs . Nel corso della conferenza telefonica organizzata ieri dal giudice di Miami, Alan Gold, è stata annunciata un'intesa per una soluzione extragiudiziale. Gold ha preso atto ed ha rinviato l'udienza di lunedì 3 al 10 agosto, data entro la quale dovrebbero esser resi noti i dettagli dell'accordo. A fronteggiarsi sono il fisco Usa ed Ubs, accusata di aver favorito frodi ed evasioni fiscali. Ma la trattativa è condotta in realtà dai governi di Berna e Washington, perché la vicenda ha ormai un ampio aspetto politico. Il fisco Usa ha richiesto alla maggior banca svizzera 52mila nomi di clienti statunitensi, Ubs ha dichiarato di non poterli consegnare, per via delle norme elvetiche sul segreto bancario. Il Governo di Berna ha d'altro canto proibito alla banca la consegna, richiamando le leggi della Confederazione, che prevedono la collaborazione giudiziaria solo caso per caso, non a “pesca”. Ubs nei mesi scorsi aveva pagato una multa di 780 milioni di dollari ed aveva fornito 200-300 nomi, d'accordo con Berna, su cui esistevano indizi precisi. Ora i riflettori si spostano sui possibili contenuti dell'accordo.Voci sulla piazza elvetica indicano una probabile nuova multa a carico di Ubs, a cui potrebbe forse aggiungersi la consegna di un numero ristretto di nomi, magari quelli sui cui gravano gli indizi più forti di frode o di evasione. Il mercato comunque ha accolto bene lo sblocco della situazione e ieri a Zurigo il titolo di Ubs, che non ha commentato l'annuncio dell'intesa, ha chiuso la seduta in rialzo del 3,9%, a 15,61 franchi. Il ministro elvetico degli Esteri, Micheline CalmyRey proprio ieri era Washington per un incontro con la sua omologa americana, Hillary Cinton. La Calmy-Rey e la Clinton hanno speso poche parole con la stampa ma entrambe hanno espresso soddisfazione per il raggiungimento di una intesa che eviterà un processo ad Ubs negli Usa. La banca svizzera, che ha subito la crisi finanziaria internazionale, ha cessato le attività di private banking off shore negli Stati Uniti, ma resta presente con le altre attività oltreoceano, dove impiega circa 27mila addetti. Martedì prossimo, 4 agosto, Ubs renderà noti i dati del secondo trimestre 2009. Appare ormai scontata per la banca elvetica una nuova perdita. Molti analisti svizzeri ritengono che il rosso possa essere compreso tra 1 e 2 miliardi di franchi. Oswald GrÜbel, il nuovo Ceo di Ubs, in una recente lettera ai dipendenti ha affermato che i mesi scorsi sono stati ancora difficili, ma che la banca vede spiragli per il rilancio. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'incontro. Hillary Clinton ( a destra ), ministro degli esteri statunitense, e la sua omologa svizzera Micheline Calmy-Rey AFP

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Promosse Sicilia, Toscana e Puglia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: CASA E CASE data: 2009-08-01 - pag: 17 autore: Italia. Le preferenze degli stranieri Promosse Sicilia, Toscana e Puglia Se gli italiani comprano all'estero gli stranieri – soprattutto se si tratta di europei e con grossi budget a disposizione – continuano a comprare casa nel Bel Paese. «Se parliamo di quella fascia alta e altissima dal milione di euro in su – avvisa Bill Thomson, ad di Knight Frank Italia –il mercato è in ripresa rispetto all'anno scorso». «Questo sta accadendo – prosegue Thomson – pur con una situazione economica internazionale non ancora chiara e il cambio di valute come sterlina e dollaro contro euro che penalizza inglesi e americani». Solo una fetta del 20% circa degli acquirenti stranieri ad alta capacità di spesa è orientata verso le location di mare, mentre il restante 80% sceglie la campagna (quasi sempre la Toscana),poi le città d'arte,i grandi laghi dei Centro-Nord e la montagna. Anche in questa fascia di super ricchi ci sono destinazioni in ascesa: «Come la Sicilia – torna a dire Thomson – dove crediamo molto, non solo nelle potenzialità delle co-ste, ma anche dell'entroterra». Accanto all'isola più grande d'Italia, altre mete classiche e consolidate restano la Versilia e la Costa Smeralda. «Circa la metà della clientela che cerca casa a Porto Cervo e dintorni è russa – conclude Thomson –, anche loro hanno risentito della crisi finanziaria internazionale, ma ora stanno lentamente tornando a comprare ville importanti, con molta più attenzione tuttavia al prezzo rispetto al passato». Appare invece in difficoltà, soprattutto quando chi compra deve fare ricorso a un mutuo, la parte bassa e medio bassa del mercato (quella in pratica rappresentata da acquisti sotto i 150mila euro oppure compresi nella fascia di prezzo tra 150mila e 500mila). Lo conferma un'indagine di Reag sulla propensione all'acquisto degli stranieri nel nostro paese, aggiungendo anche che le tipologie più ricercate sono i bilocali con spazi esterni (vedi balcone abitabile, terrazzo o giardino) e vicinanza al mare. Quanto alla domanda: il 65% è composto da famiglie, contro il restante 35% di investitori. Il budget medio della clientela estera che cerca casa da noi è di 200mila euro secondo le indicazioni raccolte dalla rete di agenzie Remax, ma anche in questo caso le richieste sono in diminuzione rispetto allo scorso anno. è Dario Castiglia, presidente Remax Italia a tracciare la mappa: «Gli inglesi confermano la passione per la Toscana, con particolare predilezione per l'entroterra e Firenze, continua anche la scoperta della Puglia, con il Salento e la Valle d'Itria e alcune destinazioni come Ostuni, Polignano a mare, Monopo-li, Castellana Grotte, Selva di Fasano e cresce l'interesse per la Sicilia, specialmente per l'area di Palermo e Cefalù: tutte mete ricercate, oltre che dagli inglesi, anche da olandesi, russi, francesi, belgi, danesi e svizzeri ». «Anche i tedeschi prediligono la Toscana e la Sicilia – conclude Castiglia –in particolare la costa tirrenica messinese e le località Spadafora, Venetico e Villafranca». C. Gi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cefalù. Il Duomo del comune nominato ieri secondo borgo più bello d'Italia dai siti specializzati Borghitalia.it e Trivago.it MARKA

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Se la garanzia batte la Borsa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-08-01 - pag: 9 autore: Previdenza complementare /2. Come funzionano le linee pensate per i «silenti» Se la garanzia batte la Borsa Rendimenti superiori alla media, nonostante il rally di Borsa P rovate a sostenere conversando con il vostro vicino di ombrellone che da inizio anno il vostro fondo pensione ha guadagnato oltre il 3, magari il 5%; il tutto a rischio basso, sopportando costi non eccessivi, se confrontati con quelli di altri strumenti di risparmio. Bene che vada vi penseranno vittime del solleone; oppure – peggio – abbindolati da chissà quale tossica diavoleria finanziaria, pronta a scoppiarvi in mano appena un destino cinico e baro arriverà a chiederne il conto. Armatevi di un po' di pazienza per spiegare loro che ogni fondo pensione ha una linea o comparto garantito, che ha l'obiettivo di restituire il capitale nell'occorrenza di una serie di eventi (pensionamento, premorienza, anticipazioni per prima casa e spese mediche); che assicura, spesso, un rendimento minimo, parametrato all'inflazione europea o al tasso di rivalutazione del trattamento di fine rapporto. A gestirli, compagnie assicurative o società di gestione, che assicurano le prestazioni, investendo in strumenti estremamente prudenti (in genere obbligazioni a breve). Ciò non toglie che in alcuni casi i risultati risultino poco soddisfacenti. O addirittura negativi, come evidente nella tabella. Ma quanto rendono le linee garantite? Le performance dei primi sei mesi del 2009 riservano sorprese interessanti: si sono rivalutate del 2,6% per i negoziali, poco meglio del 2,5% medio, mentre per gli aperti la performance è stata più contenuta, +2,1% contro il +3% medio. In sostanza gli strumenti che puntano a proteggere il capitale riescono a far meglio in molti casi dei comparti più aggressivi, che negli ultimi mesi hanno beneficiano enormemente del rally di Borsa, registratosi da marzo in poi (+40% circa). «Il nostro benchmark è il Tfr – dice Giuseppe Chianese, appena nominato presidente di Pegaso (utilities) –, che da inizio anno si è rivalutato dell'1% circa. Qualora il rendimento sia superiore al rendimento del Tfr ogni anno viene consolidata questa differenza. Questa caratteristica è il migliore argomento per convincere gli scettici che ancora pensano sia più conveniente lasciare il Tfr in azienda. Ciò che stupisce è l'età media degli iscritti alla linea garantita: 43 anni contro i 45 del nostro fondo». Nati per raccogliere i contributi dei «silenti», i comparti garantiti hanno riscosso un successo crescente: forse perchè la pensione, anche se di scorta, si associa alla sicurezza e alla garanzia, forse anche avvantaggiati dalla crisi finanziaria. Fatto sta che circa il 20% degli aderenti ai fondi di categoria ha scelto finora le linee garantite. «Siamo leggermente sotto questa percentuale – dice Pasquale Natilla, direttore di Priamo (trasporti) – col 17% degli asset e il 15% dei nostri iscritti alla linea garantita. Le buone performance da inizio anno? Il nostro gestore ha sottopesato le azioni a vantaggio di obbligazioni legate all'inflazione. Il suo benchmark è 95% obbligazionario e 5% azionario, ma ciò che sostiene la gestione è il rendimento minimo, pari alla rivalutazione del Tfr». Un vantaggio sfruttato dagli iscritti? «Finora – prosegue Natilla – davvero pochi sono passati alla linea garantita in occasione della crisi finanziaria. Anche noi soffriamo della stasi delle adesioni». «Come si fa a dire impunemente sul Sole 24 ore di sabato 18 luglio che i fondi pensione hanno battuto il Tfr?», chiede il lettore M.M. in una recente lettera. Si dice perchè lo dicono i numeri. E quanto sia difficile da accettare la dice lunga sulla capacità della mente umana di assorbire in modo differente le buone e le cattive notizie nel tempo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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L'identikit del promotore finanziario (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ANALISI data: 2009-08-01 - pag: 22 autore: Real trend. L'osservatorio mensile dell'Anasf L'identikit del promotore finanziario G estisce più della metà del patrimonio dei suoi clienti e in un caso su tre è l'unico riferimento dei risparmiatori che gli si rivolgono. è la fotografia del promotore finanziario che emerge da Real Trend, l'Osservatorio che Anasf realizza con il contributo di un campione di 600 soci. Il questionario mette in luce nuovi aspetti della professione: il 72% del campione dichiara di gestire oltre la metà del patrimonio dei propri clienti e il 14% si vede affidare integralmente il patrimonio dei propri clienti. Un terzo del campione rileva inoltre di rappresentare l'unico interlocutore per le scelte di investimento dei risparmiatori che gli si affidano, a fronte di un 59% che sostiene di essere uno degli interlocutori per le scelte insieme con operatori bancari e/o postali. Quanto all'offerta di questo inizio anno, la metà del panel ha potuto disporre di oltre cinque nuovi prodotti, selezionati e lanciati anche in risposta alla recente crisi finanziaria, e per i tre quarti degli intervistati si è trattato di prodotti di risparmio gestito, comparto che anche a giugno ha continuato a registrare le maggiori preferenze (con un 41% di opzioni) rispetto all'amministrato e all'assicurativo-previdenziale. pagina a cura dell' Anasf © RIPRODUZIONE RISERVATA

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La crisi fa bene: l'arte diventa asset condiviso (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ARTECONOMY data: 2009-08-01 - pag: 23 autore: Nuovi scenari. Cambiano i collezionisti e le piazze d'acquisto, preferite Londra, Parigi e Hong Kong La crisi fa bene: l'arte diventa asset condiviso Sono usciti dal mercato gli speculatori e si acquista il valore delle idee I collezionisti d'arte cambiano tenore di spesa e anche volto? La crisi finanziaria si è abbattuta come un tornando sugli ingenti patrimoni dei super ricchi della terra con oltre 30 milioni di dollari di liquidità (UltraHnwi), ridottisi nel 2008 per numero (-24,6%) e per valori gestiti (-23%). Nell'indagine annuale di Merrill Lynch Capgemini emerge che la ricchezza ha subito in alcune aree del mondo un significativo ridimensionamento (-14,9% il numero dei Paperoni e -19,5% il valore dei loro asset). Oltre a modificare il portafoglio gestito – meno azioni (-8%) ed hedge fund (-2%) e più reddito fisso (+2%), liquidità (+4%) e immobili (+4%), tutti da arredare – anche lo stile di vita è cambiato. è crollata la domanda di jet privati (-42%), yeacht e auto di lusso (dal -20 al -30%), mentre in controtendenza collezionare arte resta la prima forma d'investimento "per passione" dei super ricchi nel 2008 (pari al 27% dell'allocazione) e del 25% per i semplici ricchi (Hnwi), in crescita del 5% sul 2006. Oggi si sceglie naturalmente molto di più l'arte già validata dal tempo (Impressionisti, Moderni e Antichi), correggendo almeno del 30% i prezzi degli altri comparti non ancora «certificati » dalla storia, in testa il Contemporaneo. Tengono gli scambi privati che garantiscono maggiore discrezione e minori commissioni – non a caso il collezionista Christopher "Kip" Forbes, vice chairman di «Forbes», ha dato mandato a un dealer de The Fine Art Society per vendere 36 opere per 12,9 milioni di $ –, mentre si sono ridotte le opere di qualità in vendita. Chi può non vende opere di alto pregio, vero bene rifugio. Sospese le garanzie ai venditori dalle case d'asta. Anche il profilo del collezionista si va modificando: «I russi, molto presenti fino a ieri sul mercato degli Impressionisti e Contemporanei, nelle ultime aste si sono diradati, – spiega Mario Tavella, deputy chairman Sotheby's Europe e chairman of Furniture and Decorative Arts –, ma hanno alzato la paletta negli incanti d'arte russa e di arti decorative europee, come quella di ottobre di Léon Lévy Collection a Parigi che totalizzò oltre 12milioni di euro contro la stima di 4 o quella Versace a marzo a Londra battuta per 7,4 milioni di £. Vivaci i compratori europei, in primis francesi e italiani, mentre sono spariti gli americani» conclude Tavella. Da questa crisi il mercato dell'arte sarà in grado di risollevarsi velocemente? Nel 1989 ci vollero quattro anni per recuperare i valori, gli esperti di oggi ritengono che una base più larga del collezionismo in Asia, Russia e Medio Oriente darà la forza al mercato di rialzarsi più velocemente. Gli effetti della bolla? «Per l'arte lo scoppio è stato un bene perché il mercato si riprenderà con maggiore solidità» commenta Clarice Pecori Giraldi, managing drector di Christie's Italia. «La percentuale del declino del volume d'affari in asta (-35% a 3,5 miliardi di à , comprese le commissioni) è maggiore rispetto al calo dei patrimonio dei ricchi: solo 211 opere sono state battute oltre il milione contro le 457 del semestre 2008». Chi è uscito dal mercato? «Soprattutto chi vi era entrato per speculare nel breve termine. Nelle aste post-war di New York, Hong Kong e Londra, tutto il segmento contemporaneo ha scambiato sotto le previsioni (-68,5%), nonostante i tagli alle stime. Il settore antico (+13,6%) e soprattutto l'arte decorativa del 20° secolo (+233%) – con Parigi piazza d'elezione – hanno conquistato le prime posizioni, mentre il fatturato globale di tutti gli altri settori è sceso. Perde posizioni New York rispetto a Londra più capace di attrarre i compratori asiatici, oltre a quelli del Medio Oriente e dell'est europeo. Con la crisi per la prima volta è emerso un valore intrinseco dell'arte come valore condiviso: l'arte torna ad essere bene rifugio, ma soprattutto la maggiore trasparenza, grazie al contributo di giornali economici, fondi d'investimento, corsi di laurea, libri e convegni, ha dato credibilità al sistema». Quali allora i luoghi dell'arte per il futuro? «Bisogna guardare a quei paesi dove circolano non solo gli investimenti ma anche le idee, censura permettendo» conclude Clarice Pecori Giraldi. «Continuiamo a investire risorse nel Far East, su Hong Kong che fa da hub per Corea, Singapore e Taiwan, dove sta crescendo un collezionismo fresco da coltivare ». Del resto Hong Kong e Singapore sono le due città dell'area a più alta presenza di Paperoni. Marilena Pirrelli m.pirrelli@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA COURTESY KUKJE GALLERY, SEOUL «Series of Vulnerable Arrangements – Voice and Wind» , 2009 di Haegue Yang (1971, Seul). Installazione veneziane e cornice in alluminio, ventaglio elettrico, macchina per il vento, emittente di profumi, alla Biennale di Venezia, Padiglone Repubblica di Corea, fino al 22 novembre. Prezzo 90mila à

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Lo Bello: uno sforzo positivo Ma basta clientelismo, qui la classe dirigente non va (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 01/08/2009 - pag: 5 Gli industriali siciliani «Problema di credibilità di politici e imprese» Lo Bello: uno sforzo positivo Ma basta clientelismo, qui la classe dirigente non va PALERMO Che dicono gli industriali del Partito del Sud? Che cosa ne pensa Ivan Lo Bello, il presidente di Confindustria Sicilia, mentre il governo sgancia i 4 miliardi dei famosi Fas? «Positivo che si torni a parlare di Mezzogiorno. Perché il tema sembrava essersi ridotto a roba per specialisti perdendo di mira che si tratta di una grande questione politica nazionale. Però c'è il rischio di vedere riemergere i vecchi vizi del meridionalismo, un coacervo di spinte rivendicazioniste e un dibattito concentrato esclusivamente sulla spesa pubblica». Teme un uso distorto di quei 4 miliardi? «Il problema resta la credibilità e la legittimazione della classe dirigente del Mezzogiorno. Occorre una profonda autocritica. E in questa classe dirigente non c'è solo la politica ma anche il mondo dell'impresa. Meglio dirlo. Prevale ancora un modello di sviluppo costruito su un capillare sistema clientelare e assistenziale». Si litiga per mettere le mani sul rubinetto della spesa? «Nelle proposte che vengono dalla Sicilia mi pare ci sia il tentativo di uno sforzo autentico di avviare un processo di modernizzazione». È un'apertura di credito a Lombardo e Micciché? «Credo nel loro sforzo e in quello di altri. Ma convivono ancora tentativi di modernizzazione insieme a forti e diffuse resistenze. Lombardo e Miccichè debbono dichiarare come e con quali strumenti vogliono modificare il sistema che sta portando il Mezzogiorno all'implosione ». Il futuro è nero? «Lo sarà finché questa classe dirigente non dirà come realmente superare la mala gestione di una miriade di aziende ed enti pubblici, municipalizzate e partecipate usate come serbatoio clientelare, per appalti e forniture senza controllo, da amministrazioni locali sommerse di debiti e ormai sull'orlo del dissesto ». Si adatta a Tremonti l'immagine del «nemico del Mezzogiorno»? «C'è stata la tentazione di farlo diventare il capro espiatorio. E' una persona che gestisce con rigore una pesantissima crisi finanziaria. A Tremonti va detto con chiarezza a cosa servono quei soldi e quali responsabilità vuole assumersi la classe dirigente meridionale per dare un contributo al Mezzogiorno e al Paese ». È davvero tempo di un nuovo piano Marshall o di una nuova Cassa del Mezzogiorno? «Se per piano Marshall intendiamo un impegno strategico a lungo termine ben venga, ad una nuova Cassa preferisco di gran lunga una cabina di regia tra governo nazionale e Regioni con una struttura tecnica di assistenza». Considera praticabile l'idea del Partito del Sud? «Non so se si farà, non mi occupo di politica! Il punto è avere un credibile progetto di modernizzazione». Chi si deve unire con chi? «È evidente che questo progetto comporta scelte e alleanze sociali. E' sul superamento di un blocco sociale costruito su rendita e dimensione parassitaria l'elemento su cui si giocherà la credibilità della nuova classe dirigente meridionale. Bisogna avere il coraggio di non imbarcare tutti nella stessa nave». Che effetto le fa sentire questi impegni? «Non esistono ricette miracolose, né a Roma né a Palermo. Dico a Lombardo e Miccichè: non potete rappresentare tutti, mettendo insieme chi pensa di irrobustire la base industriale, di internazionalizzarla, e chi invece vive di assistenza pubblica, di mercati protetti, di rapporti opachi sul territorio. E dico sommessamente al presidente Berlusconi che, accanto ai fondi Fas, sono questi i problemi che debbono stare sul tavolo perché non è solo una questione di soldi. E' più importante sapere come si spendono e a chi vanno». Felice Cavallaro Il rigore \\ Il ministro dell'Economia non è nemico del Meridione, gestisce con rigore C'è stata la tentazione di farlo diventare un capro espiatorio La regia \\ Decisivo superare la mala gestione di aziende ed enti pubblici Utile una cabina di regia tra governo nazionale e Regioni

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Frenano Fondiaria-Sai e Parmalat (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 01/08/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Frenano Fondiaria-Sai e Parmalat I risultati trimestrali e, soprattutto, il taglio della cedola hanno spinto al ribasso l'Eni, che ha ceduto il 7,74%, frenando l'intero listino di Piazza Affari, che ieri ha riportato il peggiore risultato fra le Borse europee. Non solo: la performance negativa del gruppo ha determinato, più ancora che il calo del prezzo del greggio, anche la discesa del paniere europeo dei titoli petroliferi. Milano ha terminato l'ultima sessione della settimana con l'indice Ftse- Mib in calo dell'1,17% e l'Ftse All Share giù dell'1,4%. In ripresa, invece, gli scambi, per un controvalore di quasi 3,5 miliardi di euro. Oltre a Eni , indiscussa maglia nera della giornata, nell'ambito dei 40 titoli principali hanno perso terreno anche Fondiaria-Sai (-4,47%) e Parmalat (-3,63%), che ha confermato il trend discendente della vigilia. Le altre variazioni negative sono tutte sostanzialmente in linea con gli indici. Per quanto riguarda invece i rialzi, l'elenco è forse più lungo ma le performance non sono particolarmente consistenti. Con una sola eccezione: quella di Bulgari . La società del lusso ha incassato numerose valutazioni positive da parte degli analisti dopo la presentazione dei conti di metà anno e ha compiuto un balzo del 7,45%. Numerosi, infine, i progressi superiori ai due punti percentuali: tra i bancari Mediobanca (+2,6%), poi Italcementi (+2,4%) e Autogrill (+2,25%). Da parte sua Tenaris (+2,6%) ha risentito positivamente dell'exploit (+9,48%) della concorrente Vallourec alla Borsa di Parigi. Scambi in ripresa Indici in calo, ma il controvalore degli scambi sale a quasi 3,5 miliardi di euro

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Vallourec vola sui risultati semestrali (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 01/08/2009 - pag: 33 Il caso a Parigi Vallourec vola sui risultati semestrali (g.fer.) Balzo dell'8,84% ieri alla Borsa di Parigi per Vallourec, società che produce tubi d'acciaio, concorrente dell'italiana Tenaris, dopo la diffusione dei dati trimestrali. La società ha chiuso il secondo trimestre 2009 con vendite in flessione del 33,2% a 1,08 miliardi di euro da 1,619 miliardi registrati un anno fa, un dato in calo ma superiore alle attese del mercato che indicava ricavi a 936 milioni. I profitti trimestrali del gruppo transalpino sono scesi del 51,4% a 123,9 milioni da 255,1 milioni dello stesso trimestre del 2008, ma anche in questo caso gli utili sono stati superiori alle indicazioni del mercato. Philippe Crouzet presidente Vallourec

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Bulgari: i conti migliorano, balzo del titolo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 01/08/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Bulgari: i conti migliorano, balzo del titolo (g.fer.) Giovedì aveva superato la soglia dei 4 euro e ieri, con un balzo del 7,45%, ha conquistato la prima posizione nella classifica dei rialzi relativa ai titoli dell'Ftse-Mib. Un exploit, quello di Bulgari, che gli operatori ritengono legato ai risultati trimestrali. Sono esplosi anche i volumi, con oltre 8 milioni di pezzi scambiati, contro una media giornaliera di meno di 2 milioni. Anche se sono ancora negativi, i conti del trimestre sono migliori delle attese e indicano che il peggio è ormai passato. Cassa Lombarda ha intanto alzato il rating sul titolo da sell (vendere) a buy (comprare) fissando il target price a 4,7 euro. Francesco Trapani ad di Bulgari

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Dal ponte sullo Stretto allo scudo fiscale: ecco il piano di rilancio (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 02-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 02/08/2009 - pag: 5 Dal ponte sullo Stretto allo scudo fiscale: ecco il piano di rilancio Un pacchetto di 25 articoli che vale come una manovra ROMA - Dalle agevolazioni fiscali alle imprese, agli incentivi economici per chi assume; dalla sanatoria per colf e badanti allo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall'estero; dalla mini-riforma delle procedure di indagine della Corte dei conti, alle nuove norme che regolano l'accredito della valuta degli assegni, accorciando i tempi a vantaggio dei clienti delle banche. Sono questi alcuni dei contenuti del pacchetto anti-crisi approvato ieri con il combinato del decreto varato in via definitiva dal Senato e delle correzioni subito apportate a Palazzo Chigi con un altro decreto, per aggirare una nuova lettura del testo alla Camera. Si tratta di venticinque articoli, centinaia di commi e tantissime norme: quasi una piccola manovra sia per la varietà della materia trattata, sia per il valore economico degli interventi. Il gettito complessivo non è stato conteggiato nel dettaglio. Ma si tratta comunque di somme ingenti. Il solo scudo fiscale, secondo stime prudenti (e non ufficiali) dei tecnici dell'Agenzia delle entrate, potrebbe portare al rientro in Italia di almeno 50 miliardi di euro, permettendo al Fisco di incassare così 2,5 miliardi sotto forma di «aliquota sostitutiva ». Inoltre i capitali emersi, è questa almeno la speranza del ministro Tremonti, possono contribuire a finanziare la ripresa economica, anche se c'è il rischio, secondo alcuni, di alimentare spinte speculative qualora vengano investiti su rendite di posizione piuttosto che su attività produttive. Il decreto anticrisi introduce anche novità per la lotta all'evasione: gli ispettori del Fisco potranno accedere ai dati acquisiti della Banca d'Italia, del-- l'Isvap (che vigila sull'attività delle imprese assicuratrici) e della Consob (l'organismo che vigila sui mercati finanziari). Un'altra misura considerata dal governo importante, e non solo dal punto di vista sociale, è la sanatoria di colf e badanti, che tecnicamente consiste in una regolarizzazione contributiva. Secondo le previsioni delle associazioni che operano nel settore, potrebbero aderire almeno 300 mila persone, che emergerebbero così dal lavoro nero, portando dunque in futuro importanti flussi di soldi sia nelle casse dell'Inps (come contributi previdenziali), sia in quelle del fisco (come tassazione sul reddito). Paolo Foschi

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Il Padrone comincia a dare segni di nervosismo (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 02-08-2009)

Argomenti: Crisi

Ago 09 2 Il Padrone comincia a dare segni di nervosismo Pubblicato da Domenico De Simone alle 12:09 in Crisi finanziaria Non sono stato e non sarò mai tenero con il Governo Berlusconi né con quell'accolita di incompetenti e vanagloriosi che sono la maggior parte dei suoi Ministri, che rispecchiano, generalmente in peggio, le migliori qualità del capo. Devo però dire che Tremonti è proprio un'eccezione. La sua ostinazione nel volere la norma sulla tassazione delle riserve auree di Bankitalia è encomiabile: non tanto per gli effetti economici che sono trascurabili (al massimo 300 milioni di euro che, nel disastro della finanza pubblica sono una goccia nel mare), quanto per i riflessi politici dell'iniziativa. Se ne intravedono gli scenari nei commenti di oggi, che danno un'idea degli effettivi schieramenti politici nel nostro paese. Non è una novità che i rapporti di Tremonti con Bankitalia e i suoi vertici sono conflittuali da sempre. Appare sempre più chiaro che dietro gli attacchi alla cosiddetta autonomia di Bankitalia e delle istituzioni finanziarie ci sia la volontà politica di ricondurre la politica monetaria in un ambito pubblico. E d'altra parte, visti gli esiti disastrosi della gestione privata della finanza, che ci ha regalato questa meravigliosa crisi, che qualcosa debba cambiare lo dicono tutti ma effettivamente lo vogliono pochi, e tra questi pochi, Tremonti è certamente in prima linea. Qualche anno fa, nella tarda primavera del 2005 scoppiava il conflitto tra il Ministro dell'Economia e Bankitalia allora condotta dal sempiterno Fazio, poi declassato a furbetto del quartierino dalle inchieste giudiziarie sui suoi legami con Fiorani. Tremonti fu redarguito dallo schieramento politico pro Bankitalia, allora composto dal trio "effe", rigorosamente trasversale, Fassino, Follini e Fini, che ne pretesero l'allontanamento dal Ministero. Tremonti si è seduto sulla riva del fiume per aspettare la caduta di Fazio e di Berlusconi, giunte poco tempo dopo. Così, con il nuovo governo Berlusconi, è stato chiamato a furor di popolo (leghista, ma anche trasversale), contro il partito di Bankitalia, che zittito dalle disgrazie del sistema finanziario nostrano e internazionale, ha dovuto mandare giù l'amaro boccone, anche e non perde occasione per denigrare, mettre in ridicolo, attaccare, insinuare sul suo nemico. Non dimentichiamoci che la vera battaglia politica non è tra una destra e una sinistra anacronistiche e svuotate di ogni contenuto reale, ma tra il potere finanziario e chi vuole restituire dignità alla politica. La guerra è quindi apertissima e lo scontro durissimo. Da una parte i sostenitori del potere finanziario, dall'altra i suoi avversari. Nell'editoriale di oggi su Repubblica, Massimo Giannini, voce autorevole del quotidiano e dell'intellighenzia pro finanza viene chiamato a dare il suo contributo alla battaglia contro il Ministro ammazza banche. E lo fa con questo articolo, fastidioso per le insinuazioni denigratorie, ma illuminante per la comprensione del campo di battaglia e degli schieramenti. In altri termini, Giannini e i finanzieri temono che Tremonti voglia porsi alla testa di un movimento politico tra i governi europei volto a ridimensionare i poteri della BCE. Su questo fronte potrebbe coinvolgere - dice Giannini - Sarkozy, forse Zapatero e qualche altro governante dell'europa centro orientale. Non la Merkel che ci ha già provato e, con malcelata soddisfazione dello stesso Giannini, fu bocciata dalla Bundesbank (ma credo che Giannini si illuda sul fatto che i tedeschi si defilino se si tratta di battagliare sulla sovranità monetaria). L'articolo è commovente e ridicolo per l'impegno che Giannini profonde per difendere le prerogative della BCE. Commovente quando ascrive tali prerogative nel'ambito di una grundnorm, del diritto costituzionale europeo, che ricordo ai non giuristi, è il concetto elaborato da Kelsen per indicare la norma fondante l'intera costruzione di un odinamento giuridico. In altre parole, secondo Giannini, il potere finanziario è quello sul quale regge l'intera Costituzione della Comunità europea. A me sembrava che si trattasse di una costruzione politica, e non della delega ai burocrati oligarchi di Palazzo Koch o di Francoforte di taglieggiare i popoli europei senza alcun controllo popolare. Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di elezioni di dirigenti, Governatori, funzionari di queste istituzioni che operano in concreto sulla nostra pelle ed esercitano un poter di gran lunga maggiore di quello politico? Non sarebbe ora di vederci chiaro e di capire come è stato possibile arrivare a questo punto? Ridicolo quando scrive testualmente, senza rendersi conto di coprirsi di ridicolo: [Tremonti] da un lato dice "quell'oro è del popolo, non di Via Nazionale" (e qui, per inciso, si potrebbe chiosare: se è del popolo, e lo vuoi colpire con una nuova imposta, stai facendo pagare più tasse agli italiani, contraddicendo uno dei dogmi della tua ideologia politico-economica). Davvero meraviglioso! Questo è quindi il punto nodale: dopo gli esiti disastrosi delle politiche monetarie imposte dalle Banche Centrali la politica, forse, si rimette a discutere l'indipendenza oligarchica dello strapotere della BCE, e la norma silente voluta da Tremonti è una specie di cavallo di Troia, pronto ad ntrare in azione nel momento della battaglia. Non a caso, il fuoco di sbarramento dello schieramento pro Bankitalia è iniziato subito: a parte Giannini, hanno stigmatizzato la norma il Folliniano Tabacci , il Vicepresidente dei Senatori PD Zanda , mentre Fassino e Fini per ora tacciono. Certo, sentire un Ministro delle Finanze che dice che l'oro di Bankitalia appartiene al popolo italiano, fa un certo effetto. Eh già, la battaglia sarà dura e promette scintille....

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Come ci giudica la banca quando chiediamo soldi (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Retroscena Chi chiude il mutuo in anticipo va tra i «cattivi» Come ci giudica la banca quando chiediamo soldi TORINO Il messaggio pubblicitario suonava invitante: un tasso del 4,5% per un piccolo prestito da restituire in comode rate. Peccato che al momento della firma gli interessi erano magicamente lievitati al 10%. Un brutto colpo per Fabio, 24 anni, che contava su un pò di liquidi per finire di pagarsi gli studi e, magari, lasciare la casa dei genitori. Nella giungla dei prestiti non è proprio una stranezza. Di fatto quasi ogni volta che un consumatore si avvicina alla richiesta di un prestito succede che su di lui si accende una gigantesca lente di ingrandimento che esamina la sua capacità di restituire tutto il denaro ricevuto. Non conta se i soldi servono per l'acquisto di una casa o di un elettrodomestico, certo è che il richiedente viene messo sotto esame e alla fine gli viene attribuito un giudizio di solvibilità. Si tratta di un vero e proprio voto o rating, proprio come quello che viene assegnato ai Titoli di Stato o alle società a caccia di capitali sui mercati finanziari. L'intero procedimento di valutazione in gergo viene chiamato «scoring», un termine inglese che letteralmente significa «raccogliere punti». In pratica si tratta di una «raccolta punti» fatta da un computer all'insaputa del cliente che sta fornendo le informazioni su cui poi sarà costruito il suo profilo. Il meccanismo è tanto misterioso quanto il nome che porta. «Le tabelle dei punteggi sono custodite gelosamente dagli uffici crediti delle banche», racconta Stefano Agostini, Direttore Commerciale Gruppo Prometeo, che i tabulati li conosce molto bene. Nel computer della banca o della finanziaria vengono inseriti informazioni come età, genere, stato civile, professione, luogo di provenienza e naturalmente il reddito dichiarato da chi vuole soldi in prestito. La macchina a questo punto confronta il profilo del richiedente con le casistiche che negli anni sono state inserite nella sua banca dati. Poi formula il giudizio finale. I parametri di valutazione portano a tre tipi di risultati: «In pratica si arriva a tre fasce finali», spiega l'esperto. «Sicuramente verranno bocciati i richiedenti che hanno ottenuto un punteggio pessimo, quelli con un ottimo giudizio saranno promossi, mentre quelli della fascia centrale saranno rimandati a una seconda valutazione, questa volta fatta in filiale». Ma come si fa a superare l'esame? La differenza la fa il comportamento della categoria o delle categorie a cui appartiene il potenziale cliente: «Se il cinque percento della categorie a cui è stato associato, nel passato non ha pagato o ha restituito il credito con ritardo, allora niente prestito nemmeno per il neo candidato», spiega Agostini. In altre parole conta ben poco il comportamento virtuoso del singolo. E anche chi nel passato non ha mai sgarrato di fatto non sarà premiato.Cos'è che fa la differenza allora? «In generale viene riconosciuta la stabilità», chiarisce Agostini. E' quindi più facile ottenere un prestito se il luogo di residenza è lo stesso da molti anni oppure se l'impiego non è mai cambiato. La condizione migliore è poi che la casa sia di proprietà. Tra chi vive in affitto e chi, invece, sta con i genitori viene privilegiato chi paga l'affitto. Il motivo? Per il computer il fatto di pagare ogni mese l'affitto è sinonimo di stabilità. Le fasce di età più giovani ottengono un punteggio più basso, mentre sul territorio sono avvantaggiati gli abitanti delle regioni del Nord a scapito di quelle del Sud». Non mancano poi le sorprese: in tutte le liste ad avere un punteggio maggiore sono le donne e non il sesso forte. «Per dirne un'altra, poi, i quadri hanno un punteggio inferiori rispetto agli impiegati. Forse perché cambiano più spesso lavoro o forse perché non hanno ammortizzatori sociali», racconta Agostini. Chi non piace affatto alle banche è invece quella categoria di virtuosi creditori che in passato ha estinto anticipatamente il prestito. In questo caso, i primi della classe finiscono tra i bocciati.\

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Docenti universitari "fuori ruolo": la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità dell'art. 2, comma 434, della legge Finanziaria 2008 (sezione: crisi)

( da "Bollettino Università & Ricerca" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Università di Catania Docenti universitari “fuori ruolo”: la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art. 2, comma 434, della legge Finanziaria 2008 Il rettore Recca: «La sentenza conferma la correttezza della linea seguita dagli organi di governo dell’Università di Catania». La Corte costituzionale, nei giudizi promossi dal T.A.R. Sicilia, sezione staccata di Catania, e dal T.A.R. del Lazio, si è di recente pronunciata (con sentenza del 24 luglio 2009, n. 236) in ordine alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 434, della legge finanziaria 2008, ai sensi del quale “A decorrere dal 1º gennaio 2008, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico. A decorrere dal 1º gennaio 2009, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico. A decorrere dal 1º gennaio 2010, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è definitivamente abolito e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico”. Più precisamente, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale norma di legge, «nella parte in cui si applica ai professori universitari per i quali sia stato disposto il collocamento fuori ruolo con formale provvedimento amministrativo e che hanno iniziato il corso del relativo periodo». La previsione normativa della Finanziaria 2008 in materia di collocamento fuori ruolo dei docenti universitari, fin dalla sua entrata in vigore, ha prodotto forti perplessità all’amministrazione dell’Università di Catania. A differenza di altri atenei, che hanno dato immediata applicazione alla norma, producendo il pensionamento anticipato dei docenti già posti fuori ruolo e interessati dalla disposizione della finanziaria 2008 che ne riduce la durata, l’Ateneo di Catania – con delibere del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, entrambe del 14 ottobre 2008 –, al fine evitare il prodursi e il perpetuarsi di ogni forma di contenzioso con i propri docenti “anziani”, ha ritenuto opportuno sospendere, nel 2008 e nel 2009, anche alla luce dei pronunciamenti dei TAR del Lazio e di Catania, l’applicazione della normativa sospettata di illegittimità costituzionale, in attesa del pronunciamento del Giudice delle Leggi; con ciò consentendo la permanenza in servizio dei docenti già collocati fuori ruolo fino allo spirare del termine consueto di tre anni accademici. >> Ebbene, tale atteggiamento, coraggioso ed oculato, dell’Ateneo catanese ha trovato ora pieno riscontro nella recente sentenza della Corte costituzionale; si sono così evitate liti inutili e spese superflue all’amministrazione universitaria, che si sarebbe trovata oggi soccombente negli eventuali giudizi amministrativi avviati dai docenti interessati. «Esprimo grande soddisfazione – commenta il rettore dell’Università di Catania Antonino Recca – di fronte ad una sentenza della Corte costituzionale che conferma la correttezza della linea seguita dagli organi di governo dell’Ateneo. Ringrazio il gruppo di giuristi che opera nel contesto e a supporto dell’amministrazione universitaria catanese, nonché gli uffici amministrativi coinvolti nella procedura, per avere saputo individuare e suggerire una soluzione rispettosa del diritto e, al tempo stesso, delle situazioni soggettive, che sarebbero state gravemente compromesse da un’applicazione meno accorta di una norma oggi riconosciuta costituzionalmente illegittima». «Pur di fronte alla crisi finanziaria del sistema universitario nazionale – prosegue Recca –, l’Università di Catania ha dimostrato di sapere riconoscere subito le ragioni degli aventi diritto, anche quando tale riconoscimento è causa di un immediato esborso per le casse dell’Ateneo. La situazione di bilancio è, tuttavia, tale da costringere l’Ateneo, come peraltro avviene in tutte le altre università italiane, a dire di no a quei docenti che hanno chiesto di prolungare di un biennio la propria permanenza in servizio, avendo già raggiunto il limite massimo di età per il collocamento a riposo». BUR.IT 03.08.09

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NIGERIA Scontri con i Talebani Oltre 700 morti Sono 780, secondo la Cro... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

NIGERIA Scontri con i «Talebani» Oltre 700 morti Sono 780, secondo la Croce rossa, le vittime finora accertate di 5 giorni di scontri fra esercito e integralisti islamici, noti come «Talebani». Le violenze sono avvenute nel nord della Nigeria. Arrestato e ucciso il capo degli integralisti, Mohammed Yusuf. Pakistan Centinaia di denunce dopo il rogo dei cristiani Sarebbero 800 i musulmani denunciati dalla polizia pachistana per i sanguinosi attacchi contro la comunità cristiana in Pakistan, costati la vita ad almeno 8 persone, arse vive. Il primo ministro del Punjab, Shahbaz Sharif, ha annunciato un risarcimento di 500.000 rupie, poco più di 4.000 euro, ai familiari delle vittime. Cuba «Hemingway lasciò l'isola perseguitato dall'Fbi» Durante gli ultimi anni della sua vita, Ernest Hemingway venne perseguitato dall'Fbi, e per questo lasciò Cuba e non perché «disilluso» dal regime castrista. Lo ha affermato Ada Rosa Rosales, direttrice del Museo Hemingway all'Avana, spiegando con queste ragioni anche il suicidio dello scrittore, il 2 luglio 1961. USA Troppi tradimenti reciproci «Sarah Palin divorzia» L'ex governatrice dell'Alaska Sarah Palin starebbe divorziando dal marito Todd. Lo rivela l'Alaska Report, parlando di tradimenti reciproci. L'ex candidata repubblicana alla vice presidenza Usa avrebbe acquistato una casa in Montana dove trasferirsi con la famiglia. Lei fa smentire ma non convince la stampa. LONDRA Rischia la chiusura il domenicale Observer Il domenicale più antico al mondo, The Observer, inaugurato 218 anni fa, potrebbe chiudere a causa della crisi finanziaria del Guardian Media Group (Gmg), che lo pubblica. Lo riferisce il Sunday Times. Potrebbe essere sostituito da un supplemento del giovedì, sempre chiamato Observer. Brevi

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Il mago Obama ritorna sulla terra (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-08-02 - pag: 1 autore: EFFETTO CASA BIANCA Il mago Obama ritorna sulla terra di Gianni Riotta I l primo presidente americano, Washington, considerava la sua carica «come una condanna al patibolo», il saggio Jefferson parlò di «splendida miseria» e il pratico Truman chiamava la Casa Bianca «galera verniciata di bianco». «è il luogo più solitario del mondo» ammonì Taft lasciando la presidenza a Wilson. Ogni presidente impara la lezione, spente le luci della vittoria, placati gli applausi, incalza la cronaca e la storia la segue implacabile. Ora la grande solitudine tocca a Barack Obama. Non tutti i presidenti la scontano, Reagan e Clinton non smisero mai di amare il lavoro, neppure nei giorni agri del mandato. Difficile dire se Obama saprà cavarsela con la loro bonomia e serenità, ma di certo l'autunno e l'inverno definiranno la sua presidenza. Un anno fa, e fino a settembre, il senatore democratico Obama era in parità con lo sfidante repubblicano e collega al Senato McCain nei sondaggi elettorali. E, con il presidente uscente Bush al massimo di impopolarità, gli analisti si chiedevano come mai il vantaggio dei democratici non fosse netto. Fu la crisi finanziaria a persuadere gli americani che era arrivata l'ora di voltar pagina. E Obama vinse con un mandato forte. L'antipatia profonda che molti europei han provato per il presidente Bush ha nascosto, nell'entusiasmo per il carismatico Barack, il valore che l'ha portato alla vittoria dopo la crisi. La proposta di una politica nuova, per il XXI secolo, dove la rissa faziosa lasciasse il posto a un discorso pacato e raziocinante, capace di trovare valori e soluzioni comuni al di là degli schieramenti. Dopo anni di guerra culturale tra liberal e conservatori, per tantielettoril'invito di Obamaa entrare nel dialogo post ideologico del futuro ebbe l'effetto di un balsamo e per una fase non breve il presidente se n'è giovato. Ora la magia è finita e Obama sconta il faticoso passaggio dalla retorica alla realtà. Non è solo la riforma sanitaria ad avere riportato il presidente sulla terra, o lo scetticismo di tanti cittadini sulle ricette economiche democratiche o sui metodi da professoressa di matematica severa della presidente della Camera Nancy Pelosi. Continua u pagina 10

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L'acciaio chiede difese più ampie (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-08-02 - pag: 20 autore: Industria. Gli imprenditori siderurgici sollecitano l'estensione dei dazi antidumping già decisi per i tubi da Pechino L'acciaio chiede difese più ampie Gozzi (Duferco): contro la concorrenza sleale servono interventi urgenti Matteo Meneghello MILANO Un passo in avanti concreto c'è stato, ma il cammino è ancora lungo. L'industria siderurgica nazionale guarda con fiducia alla recente decisione del Comitato tecnico del Consiglio dell'Unione europea(assunta su pressione del Governo italiano), relativa all'inasprimento dei dazi sulle importazioni di tubi d'acciaio senza saldatura dalla Cina (si veda Il Sole 24 Ore del 29 luglio). Queste tutele, spiegano gli imprenditori, vanno ora estese, soprattutto alla luce della difficile situazione del mercato siderurgico, che in questo periodo sta registrando un calo della produzione che ha raggiunto il 45 per cento. «Ho parlato in questi giorni col viceministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso, e mi sono complimentato per il lavoro svolto – spiega Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai e leader del gruppo Feralpi –. Questa è una decisione di buon auspicio per il futuro. ma ora è arrivato il momento di aprire il fronte anche su altri prodotti: un passo inevitabile se vogliamo tutelare l'acciaio italiano». In queste ultime settimane «i cinesi hanno ripreso a produrre con vigore – aggiunge Pasini – per cui il rischio è che, quando si manifesterà la ripresa, l'industria si faccia cogliere impreparata » . Per Michele Amenduni, vicepresidente delle Acciaierie Valbruna, «in questo momento qualsiasi azione di tutela, anche se minima, ha un peso specifico particolarmente elevato, e quindi va incoraggiata con forza». A sua volta, Antonio Gozzi, amministratore delegato della Duferco, puntualizza: «La regola deve essere sempre quella di rispettare le condizioni di mercato. Il bene maggiore è il commercio internazionale: la ricchezza è legata a questo fattore e non a forme di protezionismo. Detto questo, però – spiega – bisogna essere severi e rigorosi sulle regole: dove c'è concorrenza sleale, dumping e mercati drogati bisogna assolutamente intervenire». La recente decisione europea è frutto delle pressioni di Eurofer (la Federazione europea dei siderurgici), che nelle scorse settimane ha ottenuto anche l'istituzione di un'imposizione pari al 24% per le importazioni di vergella. Ma la Commissione in questi mesi è stata sollecitata a intervenire anche su altri prodotti, come i coils a caldo e a freddo e i prodotti rivestiti. «Abbiamo richiestol'attenzione della Commissione su diversi prodotti – spiega Giancarlo Quaranta, responsabile dei rapporti internazionali per il gruppo Riva – ma solamente pochi di loro, per il momento, hanno ottenuto una reale applicazione di dazi». La preoccupazione degli imprenditori non è legata solo alla Cina, ma all'escalation di politiche protezionistiche da parte di numerosi paesi (Indonesia, Russia, Egitto, Canada, Filippine, Thailandia, Pakistan, Israele, gli stessi Stati Uniti) che rischia di pregiudicare la competitività degli operatori europei. «Siamo per il libero mercato – spiega Quaranta –, ma l'Europa rischia di essere sempre più debole se non adotta doverose contromisure». Il dumping dei paesi terzi è legato a un sistema di concorrenza sleale: agevolazioni fiscali, interventi nel mercato dei capitali, prestiti sovvenzionati, ma anche il mancato rispetto di standard minimi internazionali di protezioni dei lavoratori e di sostenibilità ambientale. Una serie di aiuti distorsivi che ha portato Federacciai a sollecitare al Governo la massima attenzione. «In questo momento – spiega il direttore di Federacciai, Flavio Bregant – il mercato italiano può ricevere una boccata d'ossigeno dal varo delle grandi opere, dall'avvio del piano casa e della stessa ricostruzione in Abruzzo. Bisogna però essere estremamente vigili: è necessario un monitoraggio attento per impedire che varchino la frontiera dei prodotti per le costruzioni non qualificati. Il rischio è che alla fine gli sforzi statali avvantaggino, di fatto, le industrie dei paesi terzi». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL RISCHIO CINA Pasini (Federacciai): occorre ampliare le tutele, anche perchè nelle ultime settimane i cinesi hanno ripreso a produrre con vigore CONGIUNTURA DIFFICILE In questi ultimi mesi in Italia il settore sta registrando un forte rallentamento della produzione, che ha già raggiunto il 45 per cento I top ten della siderurgia IMAGOECONOMICA

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Deroga bis sulle svalutazioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-08-02 - pag: 21 autore: Contabilità. Un decreto estende l'opportunità anche al bilancio 2009 a condizione che la perdita non sia durevole Deroga bis sulle svalutazioni I titoli dell'attivo circolante iscrivibili al valore dell'esercizio precedente Franco Roscini Vitali La deroga continua. Anche per l'esercizio 2009 le imprese che redigono il bilancio in base al Codice civile e ai principi contabili nazionali, potranno non svalutare i titoli. Il decreto del ministro dell'Economia del 24 luglio 2009, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 176, disponendo la proroga, attua quanto previsto dal comma 13 dell'articolo 15 del Dl 185/08, convertito dalla legge 2/2009. Il decreto 185/08 ha, infatti, introdotto provvedimenti per contenere gli effetti negativi della crisi finanziaria ed economica mondiale, alcuni dei quali hanno un impatto sulla redazione del bilancio delle società che non adottano i principi contabili internazionali (imprese non Ias). In particolare, la possibilità di non svalutare, nel bilancio relativo all'esercizio 2008, i titoli che fanno parte dell'attivo circolante, se la perdita di valore non è durevole, mantenendoli iscritti ai valori del bilancio precedente (in genere 31 dicembre 2007) o della relazione semestrale. In relazione all'evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari, in base al decreto, il ministro dell'Economia può estendere questa possibilità al successivo esercizio 2009 (esercizio successivo a quello in corso al 29 novembre 2008): in questo senso provvede il decreto ministeriale del 24 luglio. La norma è in deroga ai criteri di valutazione dell'articolo 2426 del Codice civile, giustificata dalle circostanze eccezionali di turbolenza dei mercati che rendono inattendibili i valori espressi dagli stessi mercati. Nello scorso mese di marzo, l'Organismo italiano di contabilità (Oic), ha emanato il documento interpretativo n. 3 che, tra l'altro, affronta la disciplina prevista dal decreto che consente di derogare alle norme del Codice civile in materia di valutazione dei titoli non immobilizzati. La deroga, seppur riferita ai valori espressi dall'ultimo bilancio approvato (in genere il bilancio al 31 dicembre 2007), si ritiene applicabile anche ai titoli acquistati durante l'esercizio 2008, mantenendo l'iscrizione al costo di acquisto. Il problema più rilevante riguarda i criteri per considerare una perdita di valore durevole: tra l'altro la proroga concessa dal decreto del 24 luglio, potrebbe essere la conferma che le perdite sono durevoli, in quanto riferite a un arco temporale, compreso tra il 2008 e 2009, che si potrebbe considerare ultrannuale. Per la verifica sulla durevolezza della perdita, l'Oic richiama quanto previsto nel principio contabile Oic 20. In ogni caso, il giudizio sulla perdita deve considerare anche i rischi di illiquidità o di insolvenza dell'emittente che possono renderla definitiva: un conto è l'inattendibilità delle valutazioni espresse dal mercato, che la legge si preoccupa di sterilizzare, altro è il rischio derivante dalla situazione economica della controparte. La deroga, che riguarda bilanci di esercizio e consolidati, si applica solo ai titoli iscritti nell'attivo circolante e non si estende alle perdite relative a strumenti finanziari derivati che devono essere rilevate in bilancio in base a quanto prevede il principio contabile Oic 19. La deroga,tuttavia,non è utilizzabile nel caso in cui l'impresa, nel periodo tra la data di chiusura dell'esercizio e quella di formazione e approvazione del bilancio ceda i titoli. Nella nota integrativa devono essere evidenziati i minori valori non rilevati in bilancio, motivando perché la perdita di valore è ritenuta temporanea. Con riferimento al regime degli eventuali utili di esercizio che derivano dalla svalutazione dei titoli non rilevata contabilmente, l'Oic auspica che gli organi sociali prestino particolare attenzione e prudenza alle politiche di destinazione degli utili. Per le imprese di assicurazione è lo stesso provvedimento legislativo a prevedere che l'eventuale utile dell'esercizio derivante dalla minusvalenza non rilevata contabilmente, deve essere accantonato a riserva indistribuibile. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'ESCLUSIONE Il regime speciale ha un perimetro ridotto e non si estende agli strumenti finanziari derivati MOTIVAZIONE ADEGUATA Nella nota integrativa vanno spiegate le ragioni della scelta Nodo temporale per la diminuzione di valore

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Una scossa anti-crisi da 11 miliardi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-08-02 - pag: 5 autore: Una scossa anti-crisi da 11 miliardi Sì definitivo al decreto per il rilancio: detassazione al 50% degli utili reinvestiti Dino Pesole ROMA Voto di fiducia sul decreto anticrisi. Il provvedimento, corretto subito dopo dallo stesso Consiglio dei ministri, è stato approvato dal Consiglio dei ministri con 166 voti a favore, 109 contrari. Al voto non hanno partecipato i due senatori del Movimento per l'Autonomia, Giovanni Pistorio e Vincenzo Oliva. Il testo che approda al Quirinale per la promulgazione, contestualmente al decreto correttivo, è dunque quello licenziato dalla Camera attraverso il maxiemendamento su cui è stata posta la fiducia. Un provvedimento cui il Governo affida la possibilità di dare una spinta all'economia attraverso la detassazione al 50% degli utili reinvestiti in nuovi macchinari e apparecchiature, che vede la riedizione ancorchè corretta dello scudo fiscale, e che si è arricchito in corso d'opera di un'altra serie di norme, tra cui il graduale allungamento dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego (nel 2010 si passa da 60 a 61 anni, poi l'età sale di un anno ogni due per arrivare a 65 nel 2018), ma anche la sanatoria per le golf e le badanti: costa 500 euro per ogni lavoratore. Per la regolarizzazione delle colf è richiesta una soglia di reddito di 20mila euro per i datori di lavoro single e di 25mila euro per una famiglia. In sostanza - secondo quanto ha spiegato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti - si tratta di un complesso di interventi che aggiornano la manovra triennale anticipata da oltre 30 miliardi approvata dal Parlamento nell'agosto dello scorso anno. Dalle note redatte dai tecnici del Servizio del Bilancio della Camera, si apprende che il piano anticrisi complessivo contenuto nel Dpef reperisce risorse lorde pari a circa 27,3 miliardi per il quadriennio 2008-2011 (2,7 mld nel 2008, 11,4 nel 2009, 7,5 nel 2010, e 5,8 nel 2011), pari all'1,8% del Pil. Lo stesso Dpef quantifica in 11,5 miliardi nel 2009-2011 gli impieghi del decreto: «Ha effetti neutrali sulla finanza pubblica, poichè utilizza quota di maggiori entrate e minori spese». Dalla tabella inserita nel Dpef relativamente agli effetti finanziari del provvedimento, si ha conferma che sono previste maggiori entrate per 1,08 miliardi nel 2009, minori spese per 154 milioni. Tra le minori entrate, 513 milioni sono appostati alla voce «sospensione di tributi e contributi per il sisma in Abruzzo» mentre per la detassazione degli investimenti in macchinari (la «Tremonti- ter»), si prevedono minori incassi per 1,8 miliardi nel 2010, 2,3 miliardi nel 2011. Come previsto, l'agevolazione potrà essere fruita a partire dal saldo di giugno 2010. Per quel che riguarda le maggiori spese correnti, si segnala il finanziamento di 510 milioni per «la proroga delle missioni di pace». Il Parlamento chiude per riaprire a metà settembre, quando sarà il momento di mettere mano alla Finanziaria, l'ultima nell'attuale stesura e configurazione, che avrà un contenuto sostanzialmente "tabellare". Era già chiaro prima, ma soprattutto dopo l'esplodere della crisi finanziaria globale il ricorso ai decreti legge appare ormai come lo strumento prevalente. Alla Finanziaria il compito di operare variazioni al Bilancio a legislazione vigente, appostando le macrocifre. «L'iter del decreto si chiude in maniera ridicola e rocambolesca. Si registra l'assoluta assenza di una strategia complessiva che sappia rispondere a una crisi che sta mordendo la nostra economia», ha osservato per l'opposizione Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd. La replica della maggioranza è affidata a Gaetano Quagliariello, vice presidente vicario dei senatori del Pdl: «La stagione parlamentare si chiude con la dimostrazione di una maggioranza solida e mai così compatta. La sinistra dovrebbe finalmente prendere atto della realtà». E l'Idv chiede a Napolitano di non firmare. Tra le misure portanti del provvedimento si segnala il bonus occupazione, introdotto in via sperimentale per il 2009 e il 2010, mentre per la commissione di massimo scoperto è previsto un corrispettivo dello 0,5% per la messa a disposizione delle somme. Poi la sanatoria per i verbali elevati entro il 31 dicembre 2004 relativi a multe automobilistiche. Quanto alla lotta all'evasione, gli ispettori del fisco potranno accedere ai dati della Banca d'Italia, Consob e Isvap, d'intesa con le stesse autorità di vigilanza. © RIPRODUZIONE RISERVATA DOPPIO Sì Il testo al Quirinale per la promulgazione insieme al decreto correttivo Di Pietro chiede al Colle di non firmare

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L'Italia e la fame nel mondo Aiuti ridotti a un decimo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 03/08/2009 - pag: 19 La storia Tagli da tutte le nazioni. Solo Giappone e Belgio danno di più L'Italia e la fame nel mondo Aiuti ridotti a un decimo Dimezzati i fondi dei Paesi ricchi. L'allarme dell'Onu Aveva la voce rotta, Silvio Berlusconi, raccontando al G8 del bimbo africano morto di fame tra le braccia della madre: «Le disse di non preoccuparsi perché sarebbero arrivate le Nazioni Unite. Ma non sono arrivate mai». Bene: avanti così arriveranno ancora di meno. Il dimezzamento dei fondi dei Paesi ricchi al programma contro la fame, infatti, fa già mancare la benzina agli aerei che portano gli aiuti nei luoghi più remoti, più impervi, più disperati. E l'Italia, purtroppo, è tra i paesi più tirchi. L'allarme viene lanciato dal sito del Pam, il Programma alimentare mondiale, la più grande organizzazione umanitaria internazionale, che dipende dalle Nazioni Unite e ha sede a Roma: il Servizio aereo umanitario ha «crescenti difficoltà a mantenere operativi i voli in molte parti dell'Africa a causa della drammatica scarsità di fondi». Cosa vuol dire? Vuol dire che nel giro di due settimane, se non saranno recuperati in tutta fretta 6,7 milioni di dollari, potrebbero essere sospesi i voli che nel Ciad consentono di raggiungere i campi profughi in cui sono ammassati 250.000 rifugiati del Darfur e altri 180.000 sfollati nel-- l'est del Paese che hanno bisogno di assistenza. Per non dire di altri punti di crisi del pianeta, dalla Costa d'Avorio (dove già i voli sono stati soppressi a febbraio) all'Afghanistan. Il servizio costa 160 milioni di dollari l'anno: per il 2009 ne sono arrivati 40. Un quarto. E siamo già in agosto. Quello dei voli umanitari, però, è solo uno dei problemi. Come ha denunciato l'altro giorno a Washington la direttrice, Josette Sheeran, il Programma alimentare mondiale «sarà costretto a quasi dimezzare gli aiuti per il 2009 portandoli da 6,7 a 3,7 miliardi di dollari». A dispetto delle promesse, ribadite per l'ennesima volta il mese scorso al vertice dei Grandi all'Aquila e a Roma, dove la Sheeran offrì alle «first lady» una tazza di plastica rossa simbolo della campagna per l'alimentazione scolastica (che nutre ogni giorno 22 milioni di bambini in una settantina di Paesi con una zuppa di cereali e vitamine), i contributi al Pam da parte dell'Occidente sono sempre più risicati. Certo, non si può generalizzare. Il Giappone, stando alla banca dati dell'Onu per le emergenze alimentari e alle proiezioni sui contributi al 31 luglio rielaborate da Iacopo Viciani de lavoce.info , aumenta il suo apporto da 94 a 109 milioni di dollari e il Belgio da 17,9 a 20. Ma in genere i tagli per queste emergenze sono pesanti: gli Stati Uniti passano da 1.154 milioni a 854, la Germania da 50 a 33, l'Olanda da 58 a 12, il Canada da 184 a 49, il Regno Unito da 159 a 33... Insomma: sono un po' tutti a serrare i cordoni della borsa. Come già li avevano serrati al G8 destinando ai paesi poveri quei 20 miliardi di dollari complessivi, pari a 13 millesimi dei fondi investiti per aiutare le banche e arginare la crisi finanziaria. Spicca tuttavia il caso dell'Italia: da 40,4 a 3,3 milioni di dollari. Più che un colpo di forbice, un colpo di accetta. C'è chi dirà che il dato, in sé, non significa molto. Perché oltre alle «emergenze alimentari» ci sono altre forme di intervento e ogni Paese può autonomamente decidere di puntare di più, anno per anno, su questa forma o quest'altra. Tanto è vero che anche Paesi tradizionalmente generosi come la Svezia, in questa tabella, sembrano essere diventati improvvisamente sparagnini. Il fatto è che l'Italia (non solo col governo attuale: la tendenza è netta e, sia pure con qualche isolato ritocco, prosegue da molti anni) è agli ultimi posti in tutte le tabelle di questo genere. Tutte. Basti ricordare che, nonostante gli impegni del Cavaliere al G8 di Genova («Non basta lo 0,70 del Pil: gli stati ricchi dovrebbero dare ai poveri l'uno per cento!») siamo via via scesi coi nostri contributi al punto che quest'anno potremmo assestarci tra lo 0,12 e lo 0,14% solo grazie alla cancellazione di una parte dei debiti, altrimenti potremmo finire intorno allo 0,09: sette volte meno di quanto avevamo garantito. Dieci volte di meno di quanto Berlusconi, non a caso costretto ad ammettere «siamo nel torto assoluto» dopo essere stato bacchettato dal premio Nobel per la pace Desmond Tutu e da Bob Geldof, aveva incitato a fare. Non c'è praticamente nulla, nel nuovo Dpef dove pure si riconosce che «alcuni Paesi in via di sviluppo hanno subito uno choc molto severo », sui nostri impegni per il Terzo Mondo. E i dati forniti dal Pam, che nel 2008 ha aiutato a sopravvivere 102 milioni di persone in 78 Paesi, non lasciano spazio a imbarazzate precisazioni: pur facendoci continuamente vanto di essere tra i Grandi, siamo retrocessi nel 2009 al 14Ú posto tra i Paesi che finanziano la guerra alla fame nel mondo. Avevamo dato al Pam, l'anno scorso, 101 milioni di dollari: siamo precipitati a 25. Un quarto. Mancano solo cinque anni, ormai, alla data fatidica che aveva segnato il vertice Fao del 1996. Ricordate quel solenne giuramento? «Dimezzeremo entro il 2015 il numero degli affamati ». Erano allora, gli affamati, 800 milioni. Oggi sono 220 milioni in più: 1,020 miliardi. Un essere umano su sei. E la crisi che ha messo in grave difficoltà l'Occidente, stando alla denuncia del direttore generale della Fao, Jacques Diouf, ha determinato in «combinazione letale» con l'impennata dei prezzi dei prodotti alimentari, un «aumento delle bocche affamate dell'11%». Solo pochi giorni fa Umberto Bossi ha ripetuto per l'ennesima volta quanto va dicendo da anni: «I popoli poveri vanno aiutati a casa loro». Giusto. Ma sono questi numeri la risposta all'invettiva del Papa contro certe «ingiustizie strutturali non più tollerabili»? Milioni e milioni di persone disperate, ha spiegato l'altro giorno Josette Sheeran, «hanno soltanto tre scelte: la rivolta, l'emigrazione o la morte». Gian Antonio Stella Fame e povertà Alcuni abitanti di un villaggio del Malawi si caricano sulle spalle cinquanta chili di alimenti garantiti dalle Nazioni Unite ( Epa) 3,3 Milioni I dollari che stanzierà quest'anno l'Italia 854,4 Milioni I dollari stanziati dagli Usa. Nel 2008 erano 1.154 Il Programma alimentare Il Programma alimentare mondiale sarà costretto a tagliare gli aiuti per quest'anno portandoli da 6,7 a 3,7 miliardi di dollari Quattordicesimo posto In base ai dati del Pam il nostro Paese nel 2009 è retrocesso al 14Ú posto tra quelli che finanziano la guerra alla fame nel mondo

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Bye bye maschiacci! (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: CULTURA E CIVILTA data: 2009-08-02 - pag: 36 autore: Genere & mercato Bye bye maschiacci! La Grande recessione spazzerà via l'aggressività e la propensione al rischio che hanno permesso agli uomini di consolidare il loro potere. Le donne usciranno vincenti dalla crisi di Reiham Salam u Continua da pagina 1 S tando all'«American Journal of Public Health », «lo stress economico della disoccupazione» ha conseguenze significativamente più pesanti sulla salute mentale degli uomini che non su quella delle donne. In altri termini, dobbiamo prepararci ad affrontare schiere di maschi depressi, con tutte le implicazioni negative che ciò comporta. Anche se sul piano politico non tutti i paesi risponderanno alla crisi mandando a casa i loro governanti maschi – come è successo in Islanda e in Lituania –,le ripercussioni saranno comunque reali e di portata globale. La crisi economica imprimerà probabilmente una drastica accelerazione all'epocale passaggio di potere dai maschi alle femmine, dato che sempre più persone si renderanno conto di come quel comportamento aggressivo e propenso al rischio che ha permesso agli uomini di consolidare il loro potere – il cultodel macho – si è dimostrato distruttivo e insostenibile nel mondo globalizzato di oggi. Di fatto, possiamo ormai dire che l'eredità più duratura della Grande recessione non sarà la morte di Wall Street, né quella della finanza, né quella del capitalismo. Queste idee e queste istituzioni continueranno a vivere. Ciò che non sopravvivrà sarà invece il macho. Sappiamo già da anni che, fra tutti i fattori che potrebbero esser messi in correlazione con l'eccessiva spregiudicatezza negli investimenti sui mercati finanziari (età, stato civile eccetera), il maggiore indiziato è il possesso di un cromosoma Y. E, in più, oggi sta anche emergendo che non solo i machi della finanza globale (un settore a larga predominanza maschile) hanno creato le condizioni dell'attuale collasso economico, ma che nel farlo sono stati aiutati e spalleggiati dalle loro controparti (anche qui, in massima parte maschili) nei governi, le cui politiche, in modo più o meno consapevole, hanno provveduto a sostenere artificialmente la figura e l'ideale del macho. Un esempio è dato dalla bolla immobi-liare, oggi esplosa con la massima violenza in Occidente. Di fatto, la bolla rappresentava una politica economica volta a mascherare il declino delle prospettive dei colletti blu. Negli Stati Uniti, il boom del settore edilizio creava impieghi ben retribuiti per quegli operai relativamente poco qualificati che costituivano il 97,5 per cento della sua forza lavoro: in media, 814 dollari la settimana (per fare un confronto, nel campo –prevalentemente femminile – dell'assistenza sanitaria i salari si attestano intorno ai 510 dollari la settimana). Questi stipendi remunerativi consentivano agli operai del settore edile di mantenere un primato economico sulle donne. Oggi, con il pacchetto di stimoli per la ripresa economica varato negli Stati Uniti, la grande maggioranza degli aiuti stanno invece andando – direttamente o indirettamente – all'educazione, all'assistenza sanitaria e ad altri servizi sociali. Come ha dichiarato lo stesso presidente Obama al «New York Times»,anche se i lavori nell'edilizia e nella manifattura non spariranno del tutto, «essi ammonteranno a una percentuale più ridotta dell'economia complessiva». Tutto ciò fa sì che il problema del macho sfrenato e strapagato stia oggi cedendo il passo al problema del macho disoccupato e disorientato, un fenomeno differente ma potenzialmente altrettanto distruttivo. Come si evidenzia in uno studio pubblicato l'anno scorso su «Social Science & Medicine », i lunghi periodi di disoccupazione portano in genere a un forte aumento dell'alcolismo, specialmente tra gli uomini di 27-35 anni di età. E, inoltre, i machi vittime della globalizzazione possono mettere nel cassetto i propositi di sposarsi, con il conseguente venir meno degli effetti disciplinanti che il matrimonio ha sui giovani. Concretamente, come si dispiegherà questo passaggio al mondo post-machista? Dipenderà da quale delle due seguenti scelte gli uomini decideranno di fare. La prima è l'adattamento: che, cioè, gli uomini entrino in un rapporto paritetico con le donne e si assimilino nelle nuove sensibilità culturali, nelle istituzioni e nei compromessi che esso comporta. Ciò non significa che tutti gli uomini occidentali si trasformeranno in metrosessuali e che partite di calcio e lattine di birra diventeranno cose obsolete. Tuttavia, sullo sfondo della morte del macho potrebbe emergere un nuovo modello maschile, specialmente tra gli uomini istruiti che vivono nel ricco Occidente. Questo scenario dell'adattamento potrà anche essere ottimistico, ma non è del tutto privo di plausibilità. C'è però anche l'altra scelta:la resistenza. Gli uomini, cioè, potrebbero decidere di combattere la morte del macho , sacrificando le loro stesse prospettive nello sforzo di ostacolare e ritardare una potente tendenza storica. è un tipo di scelta che ha molti precedenti. In effetti, gli uomini che non hanno modi costruttivi per sfogare la loro rabbia possono volgersi a pericolosi estremismi. Di fatto,la scelta tra l'adattamento e la resistenza potrebbe svilupparsi lungo una linea di demarcazione geopolitica: stando a questa ipotesi, mentre gli uomini del Nord America e dell'Europa occidentale verrebbero generalmente (anche se non sempre di buona voglia) ad adattarsi al nuovo ordine paritetico, le loro controparti in Russiae nei giganti emergenti dell'Asia orientale e meridionale – tutti posti dove spesso le donne vivono tuttora in brutali condizioni di oppressione domestica – potrebbero incamminarsi verso un'ulteriore esacerbazione delle diseguaglianze di genere. In queste società, il potere statale non verrebbe usato per promuovere gli interessi delle donne, ma per mantenere artificialmente in vita il modello del macho. Prendiamo la Russia, dove un tentativo del genere è già stato portato avanti durante lo scorso decennio. Anche se in Russia le donne sono 10,4 milioni in più degli uomini, questo squilibrio demografico non si è tradotto in un maggior potere politico o economico. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, l'ideale dell'eguaglianza delle donne è stato quasi completamente abbandonato, e molti russi hanno riportato in auge il culto della figura della casalinga a tempo pieno (con il governo di Putin che ha anche offerto sussidi economici alle donne che rimangono a casa a badare ai figli). Ma gli uomini russi, messi altappeto dai contraccolpi del collasso sovietico e da un decennio di crisi economica, non sono semplicemente riusciti ad adattarsi alla nuova situazione. «Gli uomini cadevano spesso in depressione, trascorrendo le loro giornate a bere e a fumare sdraiati sul divano », osserva la scrittrice moscovita Masha Lipman. Tra gli uomini russi gli indici di mortalità, di incarcerazione e di alcolismo erano spaventosamente elevati, mentre il loro livello di istruzione era inversamente basso: in queste condizioni, solo pochissimi di loro erano lontanamente in grado di provvedere da soli al sostentamento delle loro famiglie (sempre ammesso, tra l'altro, che fossero disposti a farlo). Il grosso del lavoro, quindi, è venuto a ricadere sulle spalle delle donne, che si sono anche ritrovate a dover affrontare livelli sempre più alti di sfruttamento sessuale in ambito lavorativo e di ipocrisia fra le mura domestiche. In Russia, la percentuale di donne in età lavorativa che hanno un'occupazione è tra le più alte del mondo, come ha sottolineato Elena Mezentseva, del Centro di Mosca per gli studi sul genere; tuttavia, nel 2000 le loro paghe erano mediamente pari alla metà di quelle percepite dagli uomini impiegati per le stesse mansioni. Nel frattempo, Putin ha continuato ad aiutare e favoreggiare questi uomini, trasformando la loro nostalgia per il macho perduto dei tempi sovietici in una vera e propria ideologia. In ogni caso, man mano che le donne inizieranno a conquistare un maggior controllo su quel potere sociale, economico e politico che è stato loro per tanto tempo negato, assisteremo a una rivoluzione su larga scala senza eguali nella storia della civiltà. Questo non significa che le donne e gli uomini si combatteranno armi in pugno sulle barricate. Il conflitto avrà una forma più sottile, e il suo campo di battaglia principale saranno le menti e i cuori. Ma ciò non toglie che l'asse del conflitto globale in questo secolo non saranno i contrasti ideologici, le sfide geopolitiche o gli scontri di civiltà. Non saranno le razze o le etnie. Sarà il genere. Non abbiamo precedenti che ci permettano di parlare di come sarà il mondo dopo la morte del macho . Ma possiamo aspettarci che la transizione sarà sofferta, difficile e forse molto violenta. Traduzione e adattamento di Daniele Didero © RIPRODUZIONE RISERVATA DISEGNO DI UMBERTO GRATI

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Materie prime: Roubini, rally continuerà anche nel 2010 (sezione: crisi)

( da "Finanza.com" del 03-08-2009)

Argomenti: Crisi

Materie prime: Roubini, rally continuerà anche nel 2010 (3 Agosto 2009 - 14:21) MILANO (Finanza.com) - L'uscita dalla recessione farà da volano ai prezzi delle commodities che dovrebbero continuare a salire specialmente nel 2010. E' questa la previsione di Nouriel Roubini, economista di origini turche che è stato uno dei primi a predire la crisi finanziaria scoppiata nel 2007. Roubini, come si apprende da Bloomberg, è intervenuto oggi alla conferenza "Diggers and Dealers mining" a Kalgoorlie (Australia). Il mercato si attende un'uscita dalla recessione degli stati Uniti già nel trimestre in corso dopo 4 trimestri consecutivi di contrazione. Lo scorso 23 luglio Roubini aveva pronosticato una ripresa dell'economia globale a partire dalla fine del 2009 con però la possibilità di un ritorno di una fase di recessione già a fine 2010-inizio 2011 a causa della forte crescita del debito governativo, degli alti prezzi del petrolio e del mancato recupero sul fronte occupazionale. (Riproduzione riservata)

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"Il petrolio finirà presto" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Analisi «Abbandoniamo il greggio prima che ci abbandoni» "Il petrolio finirà presto" FRANCESCA PACI CORRISPONDENTE DA LONDRA Finché era brandita in piazza dai più apocalittici tra ambientalisti e noglobal, la fine dell'età dell'oro nero poteva passare per profezia da menagrami. Ma se la fiducia nelle umane sorti e progressive vacilla ai piani alti dell'International Energy Agency di Parigi, il tempio della politica energetica occidentale, la questione si fa seria. In un'intervista al quotidiano The Independent il direttore economico dell'Iea, Fatih Birol, sposa le peggiori previsioni: «Un giorno resteremo a secco. Non sarà oggi né domani, eppure dovremo abbandonare il petrolio prima che lui abbandoni noi. Prepariamoci perché modificare il sistema costerà tempo e denaro». La produzione di greggio diminuisce del 6,7% l'anno, il doppio rispetto a quanto ipotizzato nel 2007 dall'Iea. Di questo passo, avverte Birol, ci troveremo in riserva in men che non si dica: «Tra dieci anni, a parità di consumi, avremmo bisogno di 4 Arabie Saudite per mantenere gli standard attuali. Non ne basteranno 6 se saranno confermate le stime e la richiesta aumenterà fino al 2030». «I governi farebbero bene ad ascoltare l'Iea: è come se la Banca Mondiale avesse annunciato la crisi finanziaria», spiega il geologo Jeremy Leggett, ex consulente petrolifero e fondatore della Solarcentury, multinazionale dell'energia solare. Nel libro Fine Corsa denuncia l'omertà che avvolge il problema: «Nonostante ogni settimana venga pubblicato un nuovo rapporto la cultura del silenzio resiste. Finché, per esaurimento dei giacimenti o per la domanda del mercato, i prezzi lieviteranno e dovremo correre a cercare energie alternative». Fatih Birol parla di discesa irreversibile. Molti degli 800 siti da cui provengono tre quarti dell'oro nero planetario avrebbero già oltrepassato la soglia di massima produzione lasciando nelle mani dei paesi più dotati, quasi tutti mediorientali e restii a investire in infrastrutture, un potere destinato a crescere già dal 2010. «Il culmine dell'estrazione risale al 1964, oggi per ogni barile raffinato ne vengono consumati quattro» osserva Colin J. Campbell, ex petroliere, fondatore dell'Association for the Study of Peak Oil&Gas e autore del bestseller The Coming Oil Crisis. Il tempo delle verifiche è scaduto: «L'Iea è stata a lungo strumento dei governi occidentali per negare, anche di fronte all'evidenza, l'esaurimento del greggio che, nel medio termine, avrebbe rafforzato i paesi Opec. Ora nascondere la verità è insostenibile, l'era del petrolio è al tramonto e con essa la convinzione otto-novecentesca della crescita inarrestabile». Qualcuno minimizza la tentazione ecocatastrofista sulle orme di quel Lomborg Bjørn, l'ambientalista scettico dell'omonimo libro, che alcuni anni fa scandalizzò gli ex compagni di Greenpeace argomentando la condizione per niente disastrata della terra. Daniel H. Yergin, vincitore del Pulitzer per il saggio The Prize: The Epic Quest for Oil, Money & Power, gira il mondo smentendo il requiem del serbatoio, al sicuro, sostiene, per altri trent'anni. La Cambridge Energy Research Associates, la think tank che dirige, ammette un calo della domanda ma esclude che i giacimenti possano prosciugarsi a breve. Nel frattempo però, è recessione piena. E l'economia, ragiona il leader dell'IEA, va a benzina: «La ripresa dei prossimi 5 anni sarà lenta e fragile e potrebbe essere strangolata dall'aumento del prezzo del petrolio. Spero che i governi prendano le loro contromisure». Il problema è quali, chiosa il columnist dell'Independent Steve Connor: «Ci sono ampie riserve di greggio non convenzionale come le sabbie petrolifere del Canada, ma attingervi sprigionerebbe grandi quantità di diossina». Dalla padella alla brace: se non fosse che anche il carbone ha le ore contate. \

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Roubini: Rischio deflazione nel 2010 (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Roubini: «Rischio deflazione nel 2010» da Finanza&Mercati del 04-08-2009 Le economie stanno reagendo ai massicci piani di sostegno finanziario e fiscale lanciati dai governi, ma la recessione durerà fino alla fine dell'anno. Lo ha detto Nouriel Roubini, il noto economista americano, che ha predetto la crisi finanziaria mondiale. Parlando a una conferenza di delegati Diggers and Dealers in Australia, Roubini ha spiegato che l'economia mondiale si ridurrà del 2% nel 2009 e crescerà del 2-3% l'anno prossimo. Questo spingerà i prezzi delle materie prime, ma anche il rischio di una correzione, se la ripresa non sarà soddisfacente. Gli Usa restano la prima economia del mondo e i consumi sono la chiave della ripresa, ma le prospettive sia del mercato del lavoro che della domanda di beni di consumo rimangono preoccupanti, secondo Roubini. «La Cina - ha aggiunto l'economista - non può essere la locomotiva della crescita globale». Roubini prevede un ulteriore aumento della disoccupazione Usa l'anno prossimo fino all'11% (9,5% a giugno). Finché il mercato del lavoro continua a dare segni di grave indebolimento, il consumatore americano non compra ed preferisce aumentare il tasso di risparmio familiare. La produzione industriale sta ancora calando a causa dell'esaurimento delle scorte e della sovracapacità. Con il consistente eccesso di capacità e la saturazione dei mercato dei beni, il rischio maggiore per l'economia l'anno prossimo è la deflazione, anticipata nel breve termine da un ribasso delle quotazioni dell'oro. I massicci pacchetti di sostegno attuati dai governi hanno fatto risalire i mercati e frenato il dollaro, ma gran parte dei guadagni «non sono basati sui fondamentali dell'economia ma sulla liquidità», ha precisato Roubini che ha definito «eccessiva» la ripresa dei listini azionari. L'economista non ha espresso preoccupazioni per il livello record dei prestiti accordati dalle banche cinesi nel primo semestre dell'anno, ma ha sottolineato che un eccesso di liquidità è dispendioso e alla fine danneggia l'economia.

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nuovi treni per i pendolari tra un mese le prime 43 linee - andrea montanari (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina II - Milano Firmato al Pirellone il patto tra Regione e governo per la fusione tra Fs e Ferrovie Nord Nuovi treni per i pendolari tra un mese le prime 43 linee Tremonti: esempio per tutta l´Italia Opposizione e sindacati: misure ancora insufficienti ANDREA MONTANARI Le nuove corse saranno 174 (il 15 per cento in più), 105 nuovi treni entro due anni, una nuova società mista Trenitalia-Ferrovie Nord che per un anno affitterà l´intera rete regionale in vista dell´integrazione con le Ferrovie dello Stato, mentre i finanziamenti del nuovo contratto di servizio che sarà firmato a settembre passeranno da 265 a 375milioni, cioè 110 in più, di cui 40 a carico della Regione. Queste, in sintesi, le cifre e le promesse del Piano d´intervento straordinario per il miglioramento dei servizi ferroviari regionali firmato ieri al Pirellone da Regione e Trenitalia, davanti al ministro dell´Economia Giulio Tremonti e al viceministro Roberto Castelli. Una prima risposta ai problemi denunciati da tempo dai circa 500mila pendolari che ogni giorno si servono dei treni lombardi. Le prime 43 nuove corse partiranno in settembre. Altre 21 da ottobre e 110 da dicembre. «è un salto di qualità - promette il governatore Roberto Formigoni - per rispondere in modo adeguato alle crescenti esigenze di mobilità dei lombardi. Senza aumentare di un euro le tariffe». Un modo per «mettere il pendolare al centro del sistema della mobilità» rilancia l´assessore regionale ai Trasporti Raffaele Cattaneo. Il ministro Tremonti benedice l´accordo con una metafora che suona come un messaggio alle richieste delle regioni del Sud: «Per fare un dollaro ci vogliono sempre cento centesimi, e noi in questo accordo ne abbiamo messi davvero pochi. Il resto è merito della Regione. è auspicabile che anche in altre parti del paese si segua questo modello». La quota del governo non va oltre i 25 milioni annui per tre anni. L´amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, accetta la sfida: «C´è un cronoprogramma che sarà rispettato. Vogliamo chiudere il contenzioso con i pendolari». Anche se poi ammette: «I nuovi treni non saranno pronti prima di due anni, due anni e mezzo». La società costituita tra Fs e Fn avrà un nome provvisorio: Trenitalia-Ferrovie Nord. Presidente Vincenzo Soprano, amministratore delegato Giuseppe Biesuz. Prudenti i commenti dell´opposizione di centrosinistra. «La nuova azienda - dice Stefano Tosi del Pd - rischia di chiudere il servizio ferroviario regionale su se stesso, in una logica di protezionismo dell´esistente. L´annuncio del blocco delle tariffe è positivo, ma deve ora essere garantito il bonus maturato dai pendolari in oltre un anno e mezzo di disagi». Marco Cipriano, di Sinistra democratica, incalza: «Ora non sarà più possibile scaricare su Fs tutti i disservizi quotidiani dei pendolari lombardi». Scettica anche la Filt Cgil: «Ancora troppo grandi le distanze tra le attese e la realtà».

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- giorgio lonardi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 21 - Economia Listini trainati dai dati americani. Bofa pagherà multa da 33 milioni per i bonus Merrill Lynch GIORGIO LONARDI MILANO - Trainate dai dati positivi dell´economia americana, nettamente superiori alle aspettative, le Borse europee toccano i massimi degli ultimi nove mesi. E così Londra cresce dell´1,61% a 4.682,46 punti, il Dax di Francoforte fa un balzo dell´1,78%, l´Ftse Mib di Milano avanza dell´1,65% a 20.914,44 punti e il Cac di Parigi guadagna l´1,50%. Sugli scudi il comparto bancario dove spiccano i buoni risultati delle semestrali di Barclays e Hsbc, i cui titoli alla City guadagnano rispettivamente il 7,08% e il 4,88%. Mentre le attese per la trimestrale di Unicredit che sarà presentata oggi fanno salire del 4,87% le azioni dell´istituto guidato da Alessandro Profumo. Positive anche le banche popolari, con Bpm (+3,18%) e Banco Popolare a +3,26%. Bene Ubi Banca (1,22%) e Mps (+1,60%). Quanto a Intesa chiude con un +0,57%. Insomma, sembra proprio che nelle Borse, ormai in rialzo da nove sedute consecutive, si stia consolidando una fase di ottimismo. E che questo mood sia ispirato da quanto avviene negli Stati Uniti dove l´indice Standard & Poor´s 500 rompe la soglia dei 1.000 punti per la prima volta dallo scorso novembre. Il Dow Jones sale dell´1,25% a 9.286,56 punti, il Nasdaq avanza dell´1,52% (mentre lo S&P 500 guadagna l´1,52%). I mercati, dunque, puntano le loro carte su una uscita anticipata dalla crisi. E non si tratta solo di fiducia nei confronti dell´amministrazione Obama. Ma anche della presa d´atto che le banche stanno macinando profitti come conferma il caso di Hsbc che sorprende gli analisti con i suoi 3,35 miliardi di utili. E forse anche l´accordo siglato ieri da Bank of America, (paga una multa di 33 milioni di dollari alla Sec per chiudere la vicenda sui bonus concessi ai manager di Merrill Lynch) può contribuire a migliorare il clima. è dunque in questo quadro che va valutato il boom delle quotazioni del greggio: in particolare, il Brent ha toccato quota 73,70 dollari a barile; mentre a New York il Wti (con consegna a settembre) ha raggiunto i 71,55 dollari. Effetto dell´ottimismo per una ripresa dei consumi energetici. Mentre il dollaro è piombato ai minimi (1,44) dallo scorso dicembre contro l´euro. Certo, già ieri mattina le piazza finanziarie europee erano in fibrillazione puntando sul rialzo. A parte Tokyo (-0,04%) le borse asiatiche, infatti, avevano chiuso positivamente mentre i colossi bancari nipponici Mitsubishi Ufj (+6,01%) e Mizhuo (+6,05%) si rincorrevano al rialzo. Tuttavia sono stati i dati Usa migliori delle aspettative a mettere il turbo ai mercati finanziari del vecchio continente. A cominciare dall´indice Ism manifatturiero di luglio che è cresciuto più del previsto scattando dai 44,8 punti di giugno per raggiungere di slancio i 48,9 punti. Un salto che ha avvicinato lo stesso Ism alla «magica» quota dei 50 punti, quella che separa una fase di contrazione economica da una di espansione. Gli analisti invece si aspettavano che lo Ism segnasse solo 46,2 punti. Stessa musica per la spesa per costruzioni che a giugno è salita dello 0,3% mentre gli analisti prevedevano una nuova contrazione dello 0,5% dopo il calo dello 0,8% registrato in maggio. Una spesa, va sottolineato, che è tornata a crescere grazie agli investimenti pubblici in edilizia, che sono saliti dell´1% a 321,75 miliardi di dollari.

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Moratoria? Sì, ma condizionata (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Diritto e Fisco data: 04/08/2009 - pag: 18 autore: di Marcello Pollio Ecco quali saranno i benefici finanziari dopo l'accordo tra Abi e associazioni delle pmi Moratoria? Sì, ma condizionata L'impresa non deve avere crediti impagati verso la banca Una moratoria automatica per tutte le pmi (piccole medie imprese): questo l'effetto dell'accordo siglato ieri tra Ministero dell'economia e delle finanze, Abi e associazioni di categorie. Sarà molto ampio il ventaglio dei soggetti beneficiari, purché si trovino tutt'ora «in bonis», ovvero non abbiano crediti impagati, ristrutturati o a sofferenza verso il sistema bancario. Le pmi interessate, su semplice richiesta, potranno così ottenere una sospensione del pagamento del capitale dovuto su tutti i prestiti a medio lungo termine e su tutti i leasing per dodici mesi successivi o per 270 giorni se l'esposizione è classificata a breve termine. Il presupposto oggettivo, invece, è essere in difficoltà finanziaria temporanea, ovvero avere un rischio di illiquidità o sofferenza finanziaria prevedibile, ma superabile ed essere in grado di dimostrare l'esistenza della continuità aziendale.Chi beneficia dell'agevolazione. Tutte le imprese che rientrano nella definizione di pmi secondo la normativa comunitaria sono le imprese che impiegano meno di 250 dipendenti ed hanno un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro annuo, oppure un totale di bilancio inferiore a 43 milioni di euro. In pratica il 90% delle imprese italiane. La continuità aziendale e la crisi finanziaria. Dimostrare, in questi tempi, di essere in difficoltà finanziaria non è molto complicato. La difficoltà finanziaria deve essere temporanea e dunque superabile, cioè l'impresa deve trovarsi in una fase di declino o crisi reversibile. Non sono finanziabili, infatti, le imprese in crisi irreversibile che facilmente si trovano con segnalazioni alla centrale rischi in «ristrutturazione» o peggio a «sofferenza». I crediti in ristrutturazione sono le posizioni che hanno subito un riscadenziamento, una riduzione del debito o degli interessi e che danno luogo a una perdita per la banca.I crediti a sofferenza, invece, sono quei crediti oramai scaduti o per cassa per i quali la banca prevede il rischio di insolvenza e la irrecuperabilità. I soggetti che presentano tali anomalie, ovviamente non potranno ottenere la moratoria per la rischiosità a essi connessa. La continuità aziendale, invece, dovrà essere dimostrata da elementi che riguardano la possibilità per l'impresa di proseguire la propria attività, con evidenza di alcuni indici di bilancio e soprattutto con il permanere del credito da parte della banca e dei fornitori (dunque è la stessa banca che attesta la continuità aziendale). Nessuna impresa che sia stata posta in liquidazione potrà, invece, ottenere la moratoria e neppure i soggetti che presentino perdite di capitale che possano comportare l'assunzione di delibere di anticipato scioglimento.Il beneficio finanziario per le imprese. Entrando nel merito della moratoria e del beneficio che la sospensione dei debiti potrà creare per le imprese, è facile pensare che tutti i soggetti che si trovino nelle condizioni previste dall'accordo Abi-Mineconomia approfittino della situazione e chiedano di rinviare la restituzione delle quote capitale dovute sui prestiti per i prossimi dodici mesi. Su ogni milione di debito ottenuto dall'impresa per un mutuo di dieci anni (ad un tasso ipotetico del 6 percento), il debitore potrà autofinanziarsi evitando di pagare circa 80 mila euro. Se, per esempio, un'impresa aveva contrato un anno fa un mutuo con una rata di circa 11 mila euro mensili, attraverso la moratoria dovrà continuare a versare gli interessi sul debito per circa 4.500 euro al mese (mediamente) e risparmiare circa 6.500 euro al mese. Al termine del periodo di moratoria riprenderà a pagare la rata di 11 mila euro e il debito per capitale non pagato verrà spalmato per altri 12 mesi al termine del piano di ammortamento ordinario, così allungando il mutuo di fatto da 10 anni a 11 anni. La moratoria riguarda non solo i mutui per acquisto di immobili e mobili, ma anche i leasing. Questo comporta la possibilità per le pmi di ottenere un'importante riduzione delle uscite finanziarie dei prossimi dodici mesi, che si presume utilizzeranno in massa tutti i debitori, considerata l'incertezza del momento che consiglia di mettere «fieno in cascina». Di fatto, la sospensione dei debiti si traduce per le imprese in una possibilità di ottenere nuovo credito temporaneo, senza il bisogno di una nuova delibera che le banche faticano a concedere. Un'impresa che avesse dieci milioni di debito in mutui e leasing e che abbisognasse di nuova finanza per 1 milione di euro, potrebbe auto finanziarsi anche per 600/800 mila euro. La sospensione dei debiti dovrà essere attentamente valutata e utilizzata dalle imprese perché la difficoltà è appunto quella di saper comprenderne gli effetti finanziari e le opportunità. Opportunità che potranno essere sfruttate sino al mese di giugno 2010.

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MILANO DA ROTTAMARE (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

MILANO DA ROTTAMARE Loris Campetti Ferrovecchio da rottamare. Sono ferrovecchio tanto i macchinari quanto gli operai. E' difficile trovare una metafora più calzante per la storia della Innse, una fabbrica milanese passata attraverso mille traversie, vendite e svendite dai tempi in cui si chiamava Innocenti, poi Iri, poi Demag, fino all'ultimo passaggio che l'ha portata nelle braccia di un rottamatore. Parliamo di impianti pregiati per la costruzione di macchinari per l'industra e le infrastrutture che potrebbero ancora dare lavoro a una classe operaia altamente specializzata - quella dei simboli del boom italiano: dai mitici tubi Innocenti, alla Lambretta, alla Mini - ma che oggi vogliono buttare in un altoforno con i suoi operai. E contro chi ci lavorava fino a 14 mesi fa e da 14 mesi presidia i cancelli per evitare lo svuotamento della fabbrica, è intervenuta, per la seconda volta, la polizia. La storia della Innse è dunque la classica storia di distruzione di capitale, industriale e umano. Una distruzione che avviene nell'area più ricca d'Italia, tra le più ricche d'Europa, nell'occhio della più spregiudicata speculazione edilizia e commerciale. L'idelogia postindustrialista che la governa si fonda sulla cancellazione di saperi, di culture, di una memoria collettiva del territorio. Se non servono a far soldi, le professionalità operaie, meglio rottamarle. Eppure servirebbero anche a far soldi. Sì, ma anche se così fosse non risponderebbero al progetto di rottamatori e speculatori, dunque avanti con le cariche poliziesche per spazzar via ogni residuo ostacolo novecentesco. Come se il Duemila potesse vivere seguendo le stesse regole che hanno costruito la più grave crisi finanziaria, economica e sociale dal lontano '29. Questo giornale ha raccontato e oggi ripropone racconti di questi operai che non si accontentano di un salario ma difendono la loro professionalità e anche la qualità della vita del ricco (e attraente per i capitali speculativi che vogliono l'area libera e vendibile) territorio di Lambrate, in cui la loro fabbrica ha la sfortuna di trovarsi. Pensate, è a loro che si rivolgono i rom della zona per avere un po' d'acqua, e magari anche un piatto di risotto cucinato nella mensa improvvisata dai lavoratori. Ma se in quel cuore europeo del futuro postindustriale sono di troppo gli operai, figuriamoci gli «zingari», e con loro quegli scapigliati dei centri sociali che danno manforte agli uni e agli altri. Bisogna fare pulizia, anche con la polizia se necessario. Non è tempo di solidarietà, è tempo di Lega. E si racconta che il rottamatore abbia avuto l'appalto grazie alle sue frequentazioni con il ministro Castelli. Lo sciopero di due ore di tutti i metalmeccanici milanesi indetto per oggi, in pieno agosto, dalla Fiom, è qualcosa di più di un momento di solidarietà di classe: è una tappa nella lotta per la difesa di un'identità collettiva, che vive nel territorio e nelle relazioni sociali tra le persone. E per un futuro vivibile per tutti. Settembre e l'autunno, quando l'emergenza sociale sarà il primo punto nell'agenda di una politica, se va bene distratta sennò nociva, non sono alle porte: iniziano oggi, con lo sciopero dei metalmeccanici per difendere il capitale umano e industriale della Innse.

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Sol d'Africa per l'Europa (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

TerraTerra Sol d'Africa per l'Europa Marina Zenobio Sono 12 le imprese tedesche che hanno sottoscritto un progetto congiunto - denominato Desertec - che prevede di coprire, entro il 2020, almeno il 15% della richiesta di energia elettrica in Europa. Il tutto tramite la creazione di una mega centrale termosolare da posizionare nel deserto del Sahara (area del Maghreb), il cui costo si aggira intorno ai 400 mila milioni di euro e di cui usufruiranno anche alcuni paesi nordafricani e del Medio oriente. Tra le imprese che stanno investendo in questo ambizioso progetto ci sono il gigante dell'industria elettronica Siemens, la Deutsche Bank, la Munich Re assicurazioni, le compagnie elettriche E.On e Rwa. Nel corso della presentazione del progetto, tenutasi a Monaco a metà luglio, i firmatari di Desertec hanno ribadito l'importanza che l'uso di fonti energetiche rinnovabili riveste per il futuro del pianeta, guadagnandosi il plauso di Greenpeace che ha definito il progetto una delle risposte più intelligenti ai problemi ambientali ed economici del nostro tempo; è ora di ampliare l'uso delle fonti rinnovabili e di dire addio ai combustibili fossili e alle centrali nucleari. Per Torsten Jeworreck, gerente di Munich Re, le catastrofi ambientali causate dal cambio climatico costituiranno a lungo termine un problema ben più grave persino dell'attuale crisi finanziaria e, secondo le statistiche raccolte dalla compagnia assicuratrice negli ultimi decenni, gli eventi catastrofici stanno crescendo del tre o quattro per cento ogni anno. Le centrali termosolari, i cui primi prototipi risalgono al 1985, usano specchi e lenti di ingrandimento per concentrare l'energia solare in modo da elevare la temperatura dell'acqua contenuta in grandi recipienti e producono elettricità attraverso il passaggio del vapore che fuoriesce da un sistema di turbine. Il Centro Aerospaziale Tedesco (Dlr) e il Club di Roma, che stanno collaborando al progetto, hanno calcolato che la centrale termosolare nel Maghreb potrà arrivare a produrre fino a 100 gigawatt e il costo stimato include anche il tiraggio di cavi ad alto rendimento attraverso il mar Mediterraneo. Una cablatura sotterranea che, secondo il DLR, per distanze di circa 500 o 600 km dovrebbe costare tra il 10 e il 20 per cento in più rispetto a quella aerea, ma senza emissioni di radiazioni elettromagnetiche. Secondo il Club di Roma, poi, il calore residuo del processo di produzione di elettricità può essere utilizzato per desalinizzare l'acqua marina e l'eccedenza dell'energia prodotta di giorno può essere stoccata in batterie da utilizzare durante la notte. Tutti assicurano che non sarà una nuova colonizzazione energetica del mondo arabo ma, al contrario, aiuterà anche gli stati dell'Africa del nord e del Medio oriente a coprire la propria richiesta energetica con risorse rinnovabili e proprie. Anche il ministro dell'ambiente tedesco, Signar Gabriel, sembra entusiasta del progetto definendolo tanto per le sue implicazioni nella politica energetica europea quanto per il suo carattere di programma di sviluppo per l'Africa settentrionale. Il progetto non è però immune da critiche. Il socialdemocratico tedesco Hermann Scheer - presidente del Consiglio mondiale per le energie rinnovabili - ha definito Desertec un altro superfluo generatore gigante al quale preferirebbe l'istallazione di tante centrali solari ed eoliche di più piccola portata. Scheer è fermo nella convinzione che Desertec non ridurrà la dipendenza energetica europea dalla Russia perché regioni intere di consumatori continueranno a dipendere comunque da alcuni grandi fornitori.

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Indipendenti prima di tutto (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-04 - pag: 10 autore: Indipendenti prima di tutto L' attuale tendenza ad attaccare le banche centrali è comprensibile, ma rischia di spingersi troppo in là. A prescindere dagli errori che possono essere stati commessi prima della crisi finanziaria globale, il principio d'indipendenza delle banche è un elemento basilare e fondamentale della moderna politica economica: pertanto metterne in discussione l'importanza equivarrebbe a fare un grave passo indietro. La critica al concetto stesso di banca centrale negli Stati Uniti ha una storia molto lunga e stravagante, che risale ai tempi del presidente Andrew Jackson. Il successore fu il repubblicano Ron Pal, che volle tenere la Federal Reserve con un guinzaglio molto corto e sotto un controllo molto più rigoroso. In Europa, la Bce è stata bersaglio di metodiche critiche da parte dei presidenti francesi. Pazienza! Lo sviluppo più allarmante, in ogni caso, è l'attacco alla Bce dello scorso giugno scagliato dalla cancelliera Angela Merkel. La Germania, dopo tutto, considera la Bce alla stregua della sua Bundesbank. Le odierne improvvise perplessità nei confronti delle banche centrali sono in netto contrasto con il comune sentire del decennio precedente, quando l'adulazione verso di esse raggiunse al contrario vette assurde. Alan Greenspan, per molti anni presidente della Fed, è stato ritenuto da più parti avere tutte le qualità di un oracolo di Delfi: il senatore John McCain, di norma persona molto pragmatica, una volta fece una battuta in proposito, affermando che se Greenspan fosse morto, gli avrebbe fatto indossare gli occhiali da sole e lo avrebbe sorretto affinché potesse continuare il proprio mandato. L'era della teocrazia economica, quindi – quella nella quale esperti non eletti in modo formale amministrano l'economia globale – può dirsi conclusa. Ma la sete di potere e il desiderio dei politici di avere tutto sotto controllo non garantisce in alcun modo un'amministrazione economica migliore. Per ricostruire l'intero apparato della finanza globale, i pilastri che lo reggevano in piedi devono essere non solo mantenuti, ma rafforzati e non certo abbattuti. Quantunque le banche centrali in definitiva non siano riuscite a scongiurare la crisi, un successo indiscutibile è il sistema delle banche centrali indipendenti. Programmare un maggiore controllo politico è una reazione sbagliata al problema: ciò che dobbiamo fare è usare meglio la loro indipendenza. Il principio alla base di questa indipendenza era che una banca centrale avrebbe perseguito un obiettivo su ordine del governo usando discrezione in relazione alle modalità con le quali perseguirlo. In questo modo sarebbe stata maggiormente al riparo dalle pressioni politiche e quindi verosimilmente sarebbe rimasta più fedele a un modus operandi ben preciso. L'obiettivo prioritario e assoluto era tenere bassa e stabile l'inflazione. Le banche centrali hanno ottemperato al loro mandato e lo hanno fatto incredibilmente bene. Anzi, fin troppo bene! La Fed ha mantenuto i tassi d'interesse bassi quando gli scambi commerciali della Cina in costante espansione hanno creato una potente forza deflazionistica tra i suoi partner commerciali. Lasciar calare i prezzi avrebbe potuto essere il compromesso migliore in tale contesto. Mantenerli stabili, invece, ha contribuito ad aumentare il leverage che ha alimentato a sua volta la bolla creditizia. L'effetto leva dev'essere tenuto sotto controllo per stabilizzare non soltantoi prezzi, ma anche il sistema finanziario nel suo insieme. Ciò può essere ottenuto da una molteplicità d'istituzioni ed enti regolatori, ma lo scaricabarile deve pur fermarsi da qualche parte. Da qualche parte deve pur esistere, insomma, un ente superiore incaricato di concertare una politica ben precisa. Tenuto conto del ruolo che ha la liquidità nella stabilizzazione finanziaria, quel “da qualche parte” dovrebbe essere una banca centrale che abbia un'indipendenza tale da poter prendere scelte anche difficili e osteggiate. Naturalmente, un ruolo di stabilità sistemica inevitabilmente implica che una banca centrale possa ritrovarsi invischiata nel fango della politica: i rischi sono sicuramente maggiori quando un ente regolatore si sente investito di doti divine e decide quali banche debbano sopravvivere a una crisi, quali perire. (Si consideri per esempio il braccio di ferro sul ruolo del presidente Ben Bernanke della Fed nell'acquisizione di Merrill Lynch da parte di Bank of America). I critici giustamente affermano che le banche centrali sono prive della legittimità democratica necessaria a effettuare tali operazioni, ma i politici sono troppo vulnerabili nei confronti delle pressioni a breve termine per fare ciò che si deve fare (ed ecco spiegato per quale motivo serve ed è utile fissare un tasso indipendente). Il problema troverebbe soluzione in modo significativamente semplice con i regimi di risoluzione delle controversie per le banche più grandi che dovessero obbligare i creditori non garantiti in fallimento a operare uno swap tra debito e titoli. Una ricapitalizzazione immediata e automatica potrebbe mantenere operativa una banca in fallimento grazie a nuovi azionisti, eliminando le motivazioni di politica pubblica che inducevano a salvarla in extremis. L'adeguamento di capitale delle singole banche a quel punto smette di essere una preoccupazione sistemica e conseguirlo dev'essere considerato una priorità assoluta, in quanto rende un regolatore di sistema libero di concentrarsi sul capitale nel sistema finanziario nel suo insieme. Tale compito è assolto al meglio dalle banche centrali, che dispongono di tutti gli strumenti per poterlo fare: pertanto, adesso non è opportuno né conveniente ostacolarle allorché usano tali strumenti. Se le banche centrali non sono più responsabili della sopravvivenza delle singole banche, verosimilmente hanno minori probabilità di scambiare le lanterne sistemiche per semplici lucciole, e potrebbero evitare di rimanere invischiate nel tiro incrociato della politica. Un adeguato regime di risoluzione dei problemi, che lasci fallire le grandi banche, renderebbe l'indipendenza qualcosa di più semplice dal punto di vista della politica. Essere indipendenti, tuttavia, non significa non essere chiamati a rispondere del proprio operato. L'obbligo a garantire la stabilità dei prezzi si è rivelato efficace proprio per le forme istituzionalizzate con le quali dovevano riferire del loro operato. Altrettanto sarebbe necessario e dovrebbe essere messo a punto per evitare un overleverage di sistema. Certo, non si tratta di qualcosa di semplice - non ultimo definire l'obiettivo al quale le banche centrali devono attenersi - ma è necessario tutelare la loro indipendenza: per quanto imperfetta, le alternative a essa sono di gran lunga peggiori. Copyright Financial Times (Traduzione di Anna Bissanti) FINANZA GLOBALE Per ricostruire l'intero apparato dopo la tempesta, i pilastri che lo sostenevano devono essere non solo mantenuti, ma rafforzati

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Si può capire anche senza un dottorato (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-04 - pag: 11 autore: LETTURE D'ESTATE Dieci libri sull'economia e la crisi Si può capire anche senza un dottorato I l ritmo della vacanza consente di evitare quella che Krugman chiama «economia da aeroporto», l'effimero bestseller che raccogliamo prima di un volo, sconsiglia ugualmente l'impegno in letture che richiedono un dottorato in economia. Se siamo ancora interessati alla crisi, possiamo affidarci alla prosa coltae scorrevole di Marco Onado ( I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte , Laterza, 2009) o alle rigorose provocazioni di Alberto Alesinae Francesco Giavazzi ( La crisi. Può la politica salvare il mondo? , Il Saggiatore, 2008). Finalmente in italiano, il libro di Raghuram Rajan e Luigi Zingales, Salvare il capitalismo dai capitalisti ( Einaudi tascabile, 2008), scritto in inglese prima della crisi, resta pieno di spunti intelligenti per chi non crede che lo stato sappia generare un sistema economico efficiente né desidera il ritorno dei mercati opachi di sempre, beneficio di pochi. Per guardare, sotto l'ombrellone, alla crisi attuale uscendo dal provincialismo di chi non ha viaggiato nel tempo possiamo riprendere un libro di sei anni fa: Economia e pazzia. Crisi finanziarie di ieri e di oggi (Laterza, 2003) uscito dalla penna fresca e brillante di Fabrizio Galimberti che riesce a rendere godibili anche le crisi finanziarie. Power and Plenty: Trade, War, and the World Economy in the Second Millennium ( Princeton Up, 2008) di Ronald Findlay e Kevin H.O'Rourke, purtroppo non ancora in italiano, ricostruisce la storia dei legami commerciali tra le diverse aree del mondo dall'anno mille a oggi, sino a spingere lo sguardo agli scenari dei prossimi decenni. è il racconto, colto e rigoroso delle globalizzazioni propiziate da una Pax universale (la Mongolica, la Britannica, l'Americana)e delle deglobalizzazioni che si accompagnano all'implosione degli imperi, facendo scoprire, di passaggio, la bruciante attualità della via della seta. Il valore etico della crescita. Sviluppo economico e progresso civile (Università Bocconi, 2008) di Benjamin Friedman mescola sapientemente economia e storia per ricordarci che senza sviluppo economico non sono possibili società democratiche, aperte e tolleranti. La nascita dell'economia europea. Dalla svolta del 1945 alla sfida dell'innovazione ( Il Saggiatore, 2009) di Barry Eichengreen racconta l'Europa economica dal dopoguerra a oggi, con molti interrogativi sul domani, in parte gli stessi che pone Ricchi per sempre? Una storia economica d'Italia (1796-2005) (Bollati Boringhieri, 2007) di Pierluigi Ciocca riguardo al nostro paese: un'economia di grande successo, da due decenni in malcelato affanno. Chi non ha troppa paura di numerie tabelle e vuole cominciare a capire seriamente da dove venga e dove stia andando l'economia cinese non abbia paura di buttarsi nelle 150 pagine di Angus Maddison ( L'economia cinese.Una prospettiva millenaria, Pantarei 2006). Sui futuri equilibri geoeconomici resta ancora utile L'Impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone (Mondadori, 2007) per la penna brillante, curiosa, informata di Federico Rampini. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Gianni Toniolo

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Ubs svela i nomi dei clienti Usa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-04 - pag: 32 autore: Credito. Pronto un compromesso con il fisco americano: possibile fornitura di dati su 5mila evasori Ubs svela i nomi dei clienti Usa Accordo per evitare la maxi-multa - Titolo in rialzo del 2,5% Lino Terlizzi ZURIGO Un'altra giornata campale per Ubs e per il sistema bancario svizzero. Oggi la maggior banca elvetica, colpita duramente l'anno passato dalla crisi finanziaria, rende noti i dati del secondo trimestre. La gran parte degli analisti si attende una nuova perdita, seppur inferiore a quella del primo trimestre. Nei primi tre mesi di quest'anno il rosso per Ubs era stato di 2 miliardi di franchi, per il periodo tra aprile e giugno le previsioni prevalenti indicano invece una perdita compresa tra 1 e 1,5 miliardi di franchi. Il mercato dà per scontato il rosso trimestrale e guarda semmai alle prospettive della banca, che da un lato sta attuando con il nuovo Ceo Oswald GrÜbel una radicale ristrutturazione, dall'altro sta cercando di uscire dalla vicenda fiscal-giudiziaria negli Usa. Ieri il titolo Ubs a Zurigo si è impennato ed ha chiuso poi la seduta in rialzo del 2,5%, a 16 franchi. La ragione del balzo sta nell'accordo di massima raggiunto - con il patrocinio dei governi di Berna e Washington - tra il fisco Usa e Ubs, accusata di aver favorito frodi ed evasioni. I dettagli saranno resi noti nei prossimi giorni, ma voci insistenti raccolte dalla stampa elvetica indicano che per Ubs non vi sarebbero nuove multe, dopo quella di 780 milioni di dollari già pagata. Piuttosto, la banca potrebbe dover fornire agli Usa circa 5mila nomi di clienti americani, dopo i 200-300 già forniti. Si tratterebbe di circa un decimo dei 52mila nomi richiesti dal fisco Usa. Un passaggio che potrebbe risolvere i problemi di Ubs oltre oceano, ma che potrebbe dare un altro colpo al segreto bancario elvetico. Secondo la stessa stampa svizzera, il meccanismo che Berna potrebbe adottare per non colpire duramente il segreto sarebbe quello dell'applicazione del recente accordo con gli Usa sulla doppia imposizione: la Svizzera presterebbe assistenza per le accuse di frode o evasione con indizi più pesanti, semplicemente con un procedura accelerata. Ciò avverrebbe dopo il 23 settembre, data entro la quale i contribuenti Usa possono autodenunciarsi. Intanto, al di fuori delle vicende Ubs, le cose vanno meglio per molte banche svizzere.L'altro gigante, Credit Suisse, ha i conti in nero da due trimestri. La zurighese Julius BÄr, terza forza nella gestione elvetica di patrimoni, è riuscita a non registrare perdite ed il suo nome ora corre come possibile acquirente di filiali elvetiche di gruppibancari esteri che si stanno ristrutturando. La stessa cosa accade per una banca media come la basilese Sarasin. Chi un'acquisizione l'ha già fatta è un'altra banca media rossocrociata, la Vontobel, che ha rilevato il ramo svizzero della tedesca Commerzbank. Quest'ultima ha nel contempo ceduto anche la filiale elvetica della controllata Dresdner Bank. Ad acquistarla è stata la LGT, banca del Liechtenstein ma molto attiva sulla piazza svizzera. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE STIME SUI CONTI Oggi il gruppo di Zurigo presenta la trimestrale: le case di investimento si attendono perdite per 1-1,5 miliardi di franchi Verso i risultati del trimestre. La sede di Ubs a Zurigo AFP

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Aria di ripresa a Wall Street S&P 500 oltre i mille punti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-04 - pag: 33 autore: Mercati. Seduta in positivo sulle Borse europee - Rendimenti in rialzo per i titoli di stato Aria di ripresa a Wall Street S&P 500 oltre i mille punti Piazza Affari in progresso dell'1,65% Bene Francoforte Luca Davi MILANO L'euforia continua a contagiare le piazze finanziarie di tutto il mondo. Merito, soprattutto, della costante diffusione di trimestrali societarie migliori delle attese, come è accaduto anche ieri con i conti di Barclays e Hsbc . Ma a riprova del generale clima di entusiasmo ieri c'è stata l'ulteriore accelerazione dei mercati delle commodities (si veda pezzo in basso) anch'essi galvanizzati dalla pubblicazione dell'indice del comparto manifatturiero americano, che a luglio si è attestato a 48,9 punti, in crescita rispetto ai 44,8 punti di giugno e ai 42,8 punti di maggio. Una dato superiore alle previsioni degli analisti ( fissate a 46,2 punti) e prossimo oramai a superare la soglia decisiva dei 50 punti, linea di demarcazione tra contrazione ed espansione economica. In ripresa anche la spesa per costruzioni, che a giugno è salita dello 0,3% (contro un temuto calo dello 0,5%) grazie alla crescita degli investimenti pubblici. Per gli ottimisti ci troviamo insomma di fronte alle ennesime conferme di una quanto mai prossima uscita delle economie mondiali dal tunnel della crisi. Una fiducia che ha spinto ieri l'S&P 500 oltre la soglia psicologica dei 1.000 punti ( è la prima volta dallo scorso novembre), in rialzo dell'1,53%. In salita anche il Nasdaq, a +1,52%. E in costante rialzo risultano anche le borse europee, trascinate dai titoli bancari e automobilistici. Il Ftse 100 di Londra ha chiuso in rialzo dell'1,61%, il livello più alto da ottobre 2008. Ottime le performance anche dei listini francese (Cac 40 +1,4) e tedesco (Dax, +1,8%), entrambi ai nuovi massimi dell'anno. Agosto si apre così nella stessa maniera in cui si era chiuso luglio, il cui rialzo finale (+8,6%) ha rappresentato per il Dow Jones il migliore risultato mensile dall'ottobre 2002. è questo il frutto di un ottimismo che, spiega un analista di Commerzbank, «continua ad alimentare il rally nel segno di un possibile ulteriore recupero». Chi cerca conferme di un proseguimento della fase bullish dei listini azionari guarda soprattutto in tre direzioni. La prima è quella dei bond governativi: i Treasurys decennali mostrano infatti balzi dei rendimenti sulla scia della fuga degli investitori oggi in cerca di asset class più redditizie. La seconda è il mercato valutario, segnato da un dollaro in costante perdita di valore rispetto all'euro. La terza è quella delle commodi-ties, i cui prezzi continuano a mostrare segni di surriscaldamento nonostante la loro maggior componente di rischio. Di certo, sulle piazze dei mercati emergenti, più che di futuro recupero si può parlare di recupero già realizzato, visto che l'indice Msci ha toccato ieri il livello del 12 settembre 2008, data del fallimento di Lehman Brothers e punto di avvio della bufera sui mercati. Infine, Piazza Affari. L'indice Ftse Mib ha concluso le contrattazione con un progresso dell'1,65% a 20.914 punti, mentre l'All Share è salito dell'1,59%. La giornata ha registrato l'impennata di Fiat (+7,33%), in una seduta favorevole per tutto il comparto auto, edi UniCredit , che oggi si presenta agli analisti con i conti della semestrale. Il titolo bancario ieri è cresciuto del 4,9% toccando così i massimi dalla metà dell'ottobre 2008, quando aveva subito i maxi ribassi legati alla crisi finanziaria. luca.davi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Con Ambrosoli l'alleanza per la legalità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-04 - pag: 33 autore: CONVEGNO IN BOCCONI Con Ambrosoli l'alleanza per la legalità Ai funerali di Giorgio Ambrosoli, il 14 luglio del 1979, non c'era un rappresentante ufficiale dello stato italiano. L'unica autorità presente era il governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi. A distanza di trent'anni, in onore di Baffi e Ambrosoli, è stato organizzato il convegno «Crisi finanziaria e abusi di mercato: quali regole?». Il convegno si svolgerà presso l'Università Bocconi il 28 settembre e ai lavori, che saranno introdotti da Mario Monti, prenderanno parte Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), Marco Onado (Università Bocconi), Mario Sarcinelli (Dexia Crediop), Ferruccio de Bortoli (Corriere della Sera), Piergaetano Marchetti (Università Bocconi) e Gustavo Zagrebelsky (Università di Torino).

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Piazza Affari ritocca i massimi 2009 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/08/2009 - pag: 31 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Piazza Affari ritocca i massimi 2009 Rilancio del credito Per Unicredit un balzo del 4,9%, leggero calo per Telecom Italia e Snam MILANO Una giornata di rialzi generalizzati per le principali Borse internazionali. In prima fila anche Piazza Affari, che ha toccato il punto più alto del 2009 sulla scia dei consistenti guadagni in particolare nel settore bancario e in quello automobilistico, complice il risveglio delle nuove immatricolazioni. Al termine della seduta, l'indice Ftse Mib ha messo in archivio un rialzo dell'1,65%, a 20.914 punti, e l'All Share dell'1,59%. Oltre a Fiat (più 7,3% con un volume di scambi doppio rispetto al consueto), in primissimo piano è soprattutto Unicredit , che ha guadagnato il 4,9% nell'attesa dei conti semestrali previsti per quest'oggi, seguita da Cir (più 3,7%), Buzzi Unicem (più 3,7%). Ma è da registrare anche la performance di Safilo, che ha chiuso a più 10,9%, dopo le ipotesi di stampa di un interesse da parte dell'imprenditore veneto Antonio Favrin. Il settore auto è stato protagonista anche a Parigi e Francoforte, con Renault in progresso del 14%, Peugeot del 5,4%, Michelin del 5,8%, Continental del 4,4%. Fra i bancari emergono Crédit Agricole , (più 5,8%) Barclays (più 7,1%), Hsbc (più 6,1%. Nel complesso, le piazze europee hanno terminato la seduta in linea con Piazza Affari: a Francoforte il Dx30 ha guadagnato l'1,78%, a Parigi il Cac40 l'1,50%, a Londra l'Ftse100 l'1,61%. A Milano, fra i titoli maggiori ha chiuso in calo Telecom Italia ( meno 0,18% a 1,09 euro), così come Snam Rete Gas e Italcementi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Prysmian batte le previsioni: più 3% (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/08/2009 - pag: 31 Il caso a Milano Prysmian batte le previsioni: più 3% ( g. r. ) I conti di Prysmian hanno battuto le previsioni degli analisti e in Borsa il titolo ha collezionato ieri un rialzo del 3,07%. Nel secondo trimestre 2009, l'ex Pirelli Cavi ha visto calare dai 91 milioni dei primi tre mesi a 59 milioni l'utile netto, ma per effetto di «poste non ricorrenti», mentre i profitti «rettificati» sono cresciuti a 49 milioni, contro i 45 del trimestre precedente. In ripresa anche il margine operativo lordo a 103 milioni, rispetto ai 90 milioni dei tre mesi precedenti. La società guidata da Valerio Battista ha confermato per l'anno l'obiettivo di un margine operativo «intorno ai 400 milioni». Valerio Battista numero uno di Prysmian © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Hsbc, torna il sereno per le banche (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/08/2009 - pag: 31 Il caso a Londra Hsbc, torna il sereno per le banche ( g.r. ) Dal sistema bancario britannico arrivano i primi, consistenti segnali di ripresa e i maggiori istituti, a cominciare da Hsbc, la maggiore banca europea per capitalizzazione, tornano a correre in Borsa. A Londra Hsbc ha infatti segnato ieri un più 4,98% come non accadeva da oltre un anno. «Potremmo aver superato, o essere in procinto di superare, la fine del ciclo nei mercati finanziari», ha detto il presidente, Stephen Green. Nel primo semestre 2009 Hsbc ha riportato un utile netto di 2,36 miliardi di euro, un calo del 57% rispetto a un anno fa, ma superiore alle attese degli analisti. Stephen Green presidente di Hsbc © RIPRODUZIONE RISERVATA

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Cronaca di Milano data: 04/08/2009 - pag: 43 Trasporti Formigoni e Tremonti al battesimo della società. «Da settembre rafforzato il sistema con 174 viaggi per rispondere ai 500 mila clienti al giorno» «Ora Milano gestirà i treni: più corse e pulizia» Accordo tra Le Nord e Trenitalia per coordinare la rete lombarda. I pendolari: nuovi vestiti ma stessi attori Annunciata e attesa, ieri infine anche battezzata: si chiama almeno per ora «Trenitalia- Ferrovie Nord Milano» la società cui sono affidati i 500 mila pendolari lombardi che ogni giorno viaggiano su oltre 2 mila treni, lungo 1.900 chilometri di rete con 409 stazioni. La nuova società che avrà sede a Milano, ma ancora non si sa dove è frutto della «reductio ad unum» (come l'ha chiamata il presidente Roberto Formigoni) delle due società che sino ad oggi si sono occupate della gestione del trasporto locale: la divisione lombarda di Trenitalia e Le Nord. Sono questi i due rami d'azienda che rispettivamente il gruppo Fs e Ferrovie Nord Milano affittano alla neonata società: tra 12 mesi ci sarà una verifica in vista del conferimento vero e proprio. «È un fidanzamento nel quale siamo confidenti» ha sottolineato Formigoni dal ventiseiesimo piano del Pirellone dove è avvenuto il «battesimo» con il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, il viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli, l'ad del gruppo Fs, Mauro Moretti, il presidente di Fnm, Norberto Achille. Soci alla pari, Trenitalia e Le Nord si dividono anche le cariche: presidente è l'ad di Trenitalia, Vincenzo Soprano («Faremo, ma oggi non parlo: la mia è una vita da mediano »), amministratore delegato è il direttore generale di Fnm, Giuseppe Biesuz («Cercheremo di restituire ai pendolari almeno un po' del loro tempo»). Con la nascita della nuova società, si sblocca anche il problema del contratto di servizio (quello con Trenitalia era scaduto a fine 2007 e mai più rinnovato) e dei fondi: a disposizione dal 2010 ci saranno 375 milioni, 110 in più rispetto a quelli sul piatto quest'anno. Di queste nuove risorse, 90 milioni saranno destinati ai servizi «storici», 20 ai nuovi. Già tra settembre e dicembre, tuttavia, saranno 174 le corse in più offerte ai viaggiatori lombardi. La nuova società rivolge soprattutto a loro le sue promesse di efficienza: «Dopo anni di investimenti nelle infrastrutture ha sottolineato Moretti è arrivato finalmente il momento di separare traffico locale e a lunga percorrenza. Da dicembre toccherà alla Milano-Novara ». E, forse, i treni regionali smetteranno di essere penalizzati dall'Alta Velocità: quella che l'inverno scorso ha provocato ritardi e proteste a non finire. «Il Passante sarà il fulcro del sistema pendolari, con 450 treni al giorno», ha ripetuto Moretti: il sogno dei collegamenti regionali veloci che, peraltro, la Lombardia attendeva già per il Duemila. Se l'attesa di materiale rotabile nuovo durerà almeno due anni, ieri ha trovato conferma anche l'annuncio di migliori pulizia e manutenzione per il parco mezzi della nuova società (126 locomotori elettrici, 6 locomotori diesel, 226 elettromotrici, 110 automotrici diesel, 35 Taf, 42 Tsr (più 36 in arrivo) e 1.127 carrozze). Lo stabilimento milanese di Fiorenza sarà interamente dedicato alla manutenzione dei convogli «lombardi», mentre ha detto l'assessore Cattaneo «tutti i mezzi a disposizione della società sono certificati e identificati. Ogni treno circolerà sempre sulla stessa linea, non ci saranno più spostamenti: e da subito, questo permetterà di migliorare la situazione». Sul «matrimonio» di Trenitalia e Le Nord diverse associazioni pendolari hanno già espresso scetticismo. «È ben difficile che due società inefficienti, unendosi, ne creino una efficiente » ha aggiunto ieri il presidente di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine: «Nel solo mese di luglio in Lombardia, Fs ha soppresso 900 treni pendolari, mentre per 200 treni guasti è stato necessario l'intervento di un locomotore di riserva ». E, dal Pd, il consigliere regionale Stefano Tosi dice che la nuova società «rischia di chiudere il servizio ferroviario regionale su se stesso, in una logica di protezionismo dell'esistente » . Ritardi e disagi I viaggiatori lombardi hanno sofferto a luglio la soppressione di 900 treni pendolari e 200 guasti Laura Guardini lguardini@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il mistero del pannolino e degli interessi per pagarlo (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Ago 09 4 Il mistero del pannolino e degli interessi per pagarlo Pubblicato da Domenico De Simone alle 07:00 in Abbondanza e scarsità Questo articolo è il testo riveduto, di un mio video nel corso sull'economia del debito che sto tenendo su You Tube, dove vi invito ad iscrivervi e sentire la versione originale. E' una storia che dà l'idea di cosa comporti l'applicazione dell'interesse composto. Nell'ambito della vita di una persona può sembrare anche ragionevole, e comunque siamo stati abituati a considerarlo tale. Ma guardate un po' che razza di effetti produce se facciamo un semplice calcolo commisurato sulla vita di una civiltà. Alla fine, pensate se la società che si basa sul debito e sull'interesse possa realmente andare avanti per molto tempo ancora... Sapete che cosa è successo a Natale? Ah beh, tutti gli anni a Natale nasce Gesù e insomma, lassù è un giorno speciale. Quest'anno, poi, con la crisi finanziaria e il conflitto in Palestina, c'era una particolare attenzione. La madre di Gesù, così si è ricordata che il giorno della nascita di suo figlio, aveva ottenuto un prestito che non aveva ancora restituito. Quel pannolino che in quasi tutte le rappresentazioni della natività, come in questa splendida di Pietro da Cortona, copre le pudenda di Nostro Signore l'aveva potuto acquistare grazie ad un prestito generosamente concessole da un banchiere del tempo. Ah, non una grande somma, certo, qualcosa che riportata ad oggi è valutabile in un centesimo di euro, ma allora i genitori di Gesù erano talmente poveri che non potevano disporre nemmeno di questa minima cifra. E poi dopo la nascita, sapete com'è andata: Erode, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto, e poi questo ragazzino che scappava da tutte le parti, prendendosela con i mercanti nel tempio, con i Farisei, e infine l'epilogo drammatico e glorioso allo stesso tempo... insomma la Madonna si era dimenticata di quel prestito. Così decise di tornare sulla terra per pagarlo, mica poteva lasciare che la sua memoria fosse offuscata da una simile macchia. Qualche risparmio l'aveva, si sa che le offerte votive sono spesso generose e provengono da tutto il mondo. Certo la Madonna qualche spesa l'ha fatta per viaggi e apparizioni, Medjugore, Fatima, Lourdes e tanti altri luoghi nel mondo, ma è persona oculata ed accorta e, a parte i viaggi, in Paradiso non ci sono molte occasioni per spendere. Prese il libretto degli assegni, la carta di credito e andò a cercare i discendenti di quel banchiere che gli aveva erogato a suo tempo il prestito. Si sa che il Vaticano ha informatori dappertutto e molto efficienti, e così la Madonna non ha avuto difficoltà a trovarli e gli ha chiesto di poter saldare il suo debito. Beh, c'erano da pagare gli interessi, ma erano molto ragionevoli, solo il 4% all'anno e capitalizzazione annuale. Dopo un po' i discendenti del banchiere le presentano il conto: l'occhio della Madre di Gesù corre subito ai momenti importanti della storia della Chiesa, ma la Madonna comincia a preoccuparsi quando vede che il giorno della vittoria di Costantino su Massenzio il debito era arrivato già a 2.145 euro, e quello dell'incoronazione di Carlo Magno a oltre 423 miliardi di euro. Se volete provare anche voi a fare questo calcolo è abbastanza semplice, basta avere un po' di dimestichezza con Excel. Se non ce l'avete, chiedetemi il file e ve lo mando. Qui non so come inserirlo. Poi non riesce più a leggere le cifre e si rende conto che difficilmente avrebbe potuto pagare il suo debito: Avete idea di quanti interessi hanno prodotto un centesimo di euro in 2008 anni? La cifra è questa: € 159.567.820.058.439.000.000.000.000.000.000 e come vedete è impronunziabile se non con una notazione scientifica che sarebbe comunque comprensibile a pochi. 1,60E+0,32 vi dice qualcosa? Possiamo tradurla, però, in un'immagine che possa rendere l'idea dell'ammontare. Il prezzo dell'oro è attualmente di circa 20 euro al grammo, e allora proviamo ad esprimere questa somma in tonnellate di oro a quel prezzo per grammo. E' una bella riduzione, no? Ecco la cifra è questa: Ton 79.783.910.029.219.300.000.000.000 ma anche così, espresso in tonnellate di oro, il numero risulta incomprensibile. Allora proviamo con un'altra immagine: sappiamo tutti che il peso della terra è di circa 5.976 milioni di milioni di milioni di tonnellate e quindi dividendo il numero che abbiamo ottenuto per il peso della terra, otteniamo che per pagare il suo debito la Madonna avrebbe dovuto versare 13.350,72 palle d'oro ciascuna del peso della terra, e che gli interessi di un anno sommavano a 493,74 palle d'oro ciascuna del peso della terra. Ora capite la preoccupazione della Madonna: tutte le sue offerte votive non erano nemmeno una goccia nel mare del debito che si era generato dal prestito di un centesimo al modico tasso di interesse del 4% all'anno a capitalizzazione annuale, nei 2008 anni dalla nascita di Gesù. L'unica soluzione era chiedere aiuto al Padreterno che tutto può, e chiedergli di fare quelle palle d'oro in qualche modo. Però una palla d'oro così non sta da nessuna parte e la Madonna pensò a quanti pianeti equivalenti la Terra il Padreterno avrebbe dovuto creare per ripagare il debito. Ecco questo è il conto. Sappiamo con approssimazione scientifica, che tutto l'oro sulla terra, che per la maggior parte è sciolto nelle acque degli oceani, somma circa 179.280.000.000.000 di Tonnellate, che equivalgono allo 0,000003% del peso della terra. Insomma, per restituire il debito occorrerebbero 44.502.404.076.985,30 pianeti equivalenti alla Terra. Leggiamola questa cifra: si tratta di quarantaquattromila cinquecentodue miliardi, 404 milioni, 76 mila 985 virgola 30 pianeti come la Terra. E dove stanno tutti questi pianeti? Gli astronomi hanno calcolato con soddisfacente (per loro) precisione che nella Via Lattea, che è la nostra galassia, ci sono circa 6 miliardi di pianeti equivalenti a Giove. Non hanno calcolato quanti pianeti Terra possano esserci perché non abbiamo ancora strumenti sufficientemente potenti per cercarli, ma supponiamo che ce ne possano essere altrettanti. Oddio, allora una galassia non basta! Eh già, occorrono infatti 7.417,07 galassie per raggiungere quella cifra. Insomma, chi glielo dice al Padreterno che deve lavorare almeno un paio di giorni per fare tutte quelle galassie e ripagare così il debito che una Madonnina bisognosa e un po' distratta ha contratto per prendere un pannolino a suo Figlio? In 2008 anni, un centesimo di euro, ad un tasso di interesse che a tutti noi sembra ragionevole (vi ricordate quando gli interessi erano al 20% a capitalizzazione trimestrale?), in un tempo che per una civiltà è relativamente breve, produce un risultato così assurdo. Ecco, ma si può andare avanti così? Può continuare a vivere una società che si fonda su calcoli così assurdi?

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Vite e miracoli dei nostri banchieri d'affari (sezione: crisi)

( da "Varesenews" del 04-08-2009)

Argomenti: Crisi

Libri Vite e miracoli dei nostri "italian bankster" Sono le eminenze grigie che dall'inizio degli anni Novanta a oggi hanno contribuito a tessere la trama delle più grandi operazioni finanziarie in Italia Zoom Testo Stampa | Invia | Scrivi “I banchieri non sono solo quelli che gestiscono conti correnti e prestano soldi. Schivi, discreti e riservati, spesso lontano dai riflettori, i banchieri d'affari sono le eminenze grigie che dall'inizio degli anni Novanta a oggi hanno contribuito a tessere la trama delle più grandi operazioni finanziarie in Italia: dal collocamento in Borsa di ENEL alla scalata di Olivetti su Telecom, dal crack Parmalat alle fusioni bancarie. Sono i consulenti silenziosi dei capi d'azienda, del governo e dei capitani di impresa che suggeriscono come trovare i fondi, anche a chi non ne ha. O come vendere obbigazioni e titoli a risparmiatori spesso inconsapevoli dei rischi che si assumono. La figura del banchiere d'affari conosce una prima stagione di gloria una quindicina d'anni fa, quando il governo, soffocato dal debito pubblico, decise di vendere i gioielli di famiglia: ebbero così inizio le privatizzazioni, attraverso le quali lo Stato ha incassato oltre 100 miliardi di euro e le banche commissioni per più di 2,5 miliardi. Ed è tornato alla ribalta all'indomani della crisi finanziaria, dopo che - come ha scritto il sociologo Ulrich Beck - "la sua immagine pubblica" ha cominciato "ad assumere le fattezze del bankster". Ma chi sono i personaggi che rappresentano in Italia le grandi banche come Lehman Brothers, Goldman Sachs, Jp Morgan, Mediobanca, Schroders? Quali sono le loro amicizie, i loro incontri “confidenziali”?. Laura Serafini, giornalista del “Sole24Ore” dove si occupa di finanza, Borse, privatizzazioni, banche, energia, ha provato a raccontare qualcosa di alcuni di loro, le vicende che li hanno visti protagonisti, i trucchi che adottano per muoversi nel delicato mondo della finanza. In un fantastico primo libro la Serafini ha raccolto alcune storie significative che costituiscono un valido strumento per sapersi orientare all’interno di quel mondo che in un modo o nell’altro controlla la maggior parte di tutto ciò che ci sta attorno.

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Sorpresa Unicredit: stime battute (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Sorpresa Unicredit: stime battute da Finanza&Mercati del 05-08-2009 Unicredit batte il consensus sui conti e vola a Piazza Affari, archiviando la seduta come migliore titolo del Ftse Mib e dell'indice settoriale europeo con un rialzo del 3,25% a 2,22 euro. Sul fronte della gestione operativa, Piazza Cordusio è tornata ai livelli precedenti la crisi finanziaria, superando i risultati del secondo trimestre 2007 grazie alla crescita del margine d'interesse, che contrariamente a molte attese non ha sofferto della pressione sugli spread, alle commissioni (che riprendono a salire dopo sei trimestri di trend discendenti) e agli utili da trading. Il mercato ha apprezzato, nonostante gli accantonamenti sui crediti maggiori del previsto, pari a 2,4 miliardi nel secondo trimestre contro attese per 1,9 miliardi. Sul fronte della patrimonializzazione, il core tier 1 (senza bond governativi) è salito a fine giugno a 6,85% da 6,69% a fine marzo. Proprio sui Tremonti bond si è espresso ieri l'ad Alessandro Profumo, precisando che «Unicredit sta negoziando» sull'emissione di bond governativi e che «la valutazione sarà chiusa «in settembre». L'obiettivo per il gruppo, tra T-bond e aiuti dello stato austriaco, è raccogliere 4 miliardi (portando così il tier 1 al 7,5%). Ancora nebbia, invece, sul dividendo: «Vedremo a fine anno», il commento del numero uno di Piazza Cordusio, che ha aggiunto che «la base di capitale sarà molto importante per la decisione che il board», prenderà a fine anno. Nel dettaglio, l'istituto guidato da Alessandro Profumo ha chiuso il primo semestre con utile netto consolidato a 937 milioni, in calo del 68,7% rispetto ai 2,97 miliardi dello stesso periodo del 2008 ma superiore agli 876 milioni stimati (secondo il consensus di Bloomberg). Il risultato di gestione è salito del 16,8% a 6,63 miliardi (5,6 secondo le stime), di cui 3,89 miliardi nel secondo trimestre. In leggera crescita il margine di intermediazione, che passa da 14 a 14,3 miliardi (+7,1%), grazie - si legge in una nota - «al recupero del risultato netto di intermediazione, copertura e fair value», alla crescita «degli interessi netti» (+5,6% a 9,3 miliardi) che, almeno a livello trimestrale, «delle commissioni nette» (pari a 1,89 miliardi). «Si tratta di buoni risultati - commenta un analista - il gruppo mostra di avere recuperato sul fronte dei ricavi e della gestione operativa, grazie anche alla riduzione dei costi. Ma resta il nodo degli accantonamenti sui crediti a rischio, che sono maggiori del previsto. Recuperata la reddittività, l'attenzione della banca deve ora concentrarsi sulla qualità degli asset». Nel secondo trimestre, il rapporto costi/ricavi è sceso sotto il 50%, mentre i titoli abs in portafoglio sono stati ridotti a 8,7 miliardi (dai 9,2 miliardi di fine anno).

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la crisi del turismo vista dai b&b "i tedeschi non passano più da qui" - alessandro mariscalco (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina X - Palermo Cali di prenotazioni, tratte low-cost che privilegiano Birgi e molte camere rimangono vuote La crisi del turismo vista dai B&B "I tedeschi non passano più da qui" Il gestore: "Ormai i visitatori stranieri non programmano la settimana ma soltanto giorni" ALESSANDRO MARISCALCO Dimenticate le fisionomie nordiche, le candide pelli ustionate dal sole; cancellate dalla memoria l´orrido abbinamento calza-sandalo che nel mondo li contraddistingue; i tedeschi non passano più da qui. Sarà la crisi, sarà la perdita di appeal di Palermo come meta turistica, sarà la politica delle compagnie low cost che avvantaggia molto di più l´aeroporto di Birgi e la costa trapanese (basti pensare che Ryanair vola solo su Trapani con partenze da Brema, Francoforte e DÜsseldorf a fronte della sola Windjet che consente la tratta Berlino-Palermo); saranno tutti questi fattori assieme, il risultato non cambia. Il calo dell´afflusso di tedeschi è la spia di una crisi generale. «Quest´anno abbiamo avuto il 30 per cento in meno di prenotazioni - confessa Giosuè Corrao, responsabile del Bed and Breakfast al Baglio, a due passi da piazza Mondello - i turisti non ragionano più a settimane, come si faceva un tempo, si prenota a giorni: è cambiata la concezione di villeggiatura». Complice la crisi finanziaria, il turista medio non ha più la possibilità di pianificare una vacanza che possa protrarsi oltre la settimana. Si preferisce optare per i brevi periodi, per un mordi e fuggi estemporaneo che consenta una sorta di pausa-caffè dalla vita di tutti i giorni. Se negli anni passati, specialmente nel mese di agosto, gli affittacamere e B&B del litorale di Mondello registravano il tutto esaurito, quest´anno sono parecchi i giorni vacanti, molte le notti senza camere prenotate e le mattine senza ospiti a cui preparare la colazione. Degli ultimi cinque anni questo è certamente il peggiore per le casse del Baglio. Se l´alta stagione soffre, la bassa certamente non sorride: «Negli anni scorsi già in primavera venivano parecchi olandesi, inglesi e svizzeri, quest´anno il numero delle prenotazioni si è ridotto drasticamente. Sovvenzioni per creare un´attività del genere non ne arrivano, bisogna provvedere a pagare tutto di tasca propria per poter aprire e mantenere un Bed and Breakfast», chiosa Corrao, Lascia intendere che, se la situazione non cambia, i rischi di vedere chiudere molte di queste strutture saranno alti. Non resta che attendere il passaggio di questa anomala estate di crisi per capire se questi ostelli a conduzione familiare sopravviveranno.

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Cala l'utile Fonsai e il titolo va giù del 5% (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Operazioni allo studio Cala l'utile Fonsai e il titolo va giù del 5% MILANO La crisi finanziaria e il terremoto in Abruzzo colpiscono i conti di Fondiaria-Sai, che ha chiuso il primo semestre con un crollo dei profitti dell'87%. E in Borsa il titolo è scivolato del 5%. L'ad Fausto Marchionni (foto) ha spiegato che «stiamo pensando a operazioni straordinarie», limitandosi a dire che «si tratta di un'operazione per esplicitare parte del valore del patrimonio immobiliare, per coniugare la soddisfazione degli azionisti e un'ottimale gestione degli attivi». La compagnia assicurativa della famiglia Ligresti ha registrato nei primi sei mesi 2009 un utile di 32,4 milioni di euro contro 261,3 milioni nel primo semestre 2008, mentre l'indice di redditività balza al 101,8% dal 93,8%, di cui circa due punti imputabili agli eventi catastrofali e naturali. \

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Un'opposizione debole è un danno per il governo (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: I commenti data: 05/08/2009 - pag: 2 autore: di Sergio Soave L'analisi Un'opposizione debole è un danno per il governo L'interruzione feriale consente di tentare un bilancio del primo anno reale di attività del governo e delle opposizioni. È stato un anno segnato da elementi straordinari, come il dispiegarsi della crisi finanziaria internazionale, il terremoto che ha devastato L'Aquila, la riunione in Italia del vertice mondiale del G8 poi allargato a parecchi altri stati. Il governo ha fornito risposte alle emergenze, comprese quelle ereditate dal passato, come la sensazione di insicurezza dei cittadini e la crisi dei rifiuti in Campania, naturalmente con gradi di efficienza diversi. Le opposizioni hanno sostenuto, con rare eccezioni, che pressoché tutte le misure adottate erano puramente speciose, effetto di una politica di immagine priva di contenuti concreti, ispirata a un ottimismo di facciata che sarebbe contraddetto dalla condizione reale del paese e dei cittadini. È abbastanza naturale che chi governa veda il bicchiere mezzo pieno e chi è in minoranza quello mezzo vuoto, ma le varie tornate elettorali locali e quella europea hanno sancito un aumento del distacco tra maggioranza e minoranze. In particolare si è più che raddoppiata la distanza tra il Popolo della libertà e il Partito democratico, nonostante ambedue abbiano sofferto il carattere particolare del voto europeo, che non aveva in palio una scelta di governo. Anche se si considera quel risultato attraverso un sofisticato sistema che depura il risultato dagli effetti della minore partecipazione al voto, si ha comunque una distanza attorno ai 10 punti. Recuperare un ruolo centrale nell'opposizione invece di essere territorio di caccia per quelle minori è il problema vitale del Partito democratico, che non sembra in grado di difendere i propri confini né a destra né a sinistra. Il suo spazio naturale sarebbe quello dell'opposizione costituzionale, che condivide i fondamenti della collocazione internazionale, della struttura economica e sociale e dell'assetto istituzionale, collaborando in questi campi mentre esercita un controllo critico dell'azione specifica dell'esecutivo. Si è fatto invece trascinare spesso in contestazioni di tipo delegittimante, adatte a partiti di nicchia, rendendo confuso e contraddittorio il suo messaggio, salvo doversi poi ricollocare sul suo terreno naturale dopo i richiami del presidente della Repubblica. L'incapacità di incalzare il governo sul piano delle riforme necessarie che ne consegue ha anche consentito all'esecutivo ritardi su questo terreno fondamentale, dove solo chi sa bene quel che vuole, come Umberto Bossi, ha ottenuto il federalismo fiscale e la legge sull'ordine pubblico. A dimostrazione che un'opposizione debole è un danno anche per la maggioranza.

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Gli agricoltori francesi: Non pagheremo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-08-05 - pag: 9 autore: AIUTI ILLEGALI Gli agricoltori francesi: «Non pagheremo» «Non pagheremo». Queste le uniche parole pronunciate ieri da Jean- Bernard Bayard, vice segretario generale della Fnsea, il maggiore sindacato agricolo francese, alla fine di una riunione fra i rappresentanti del settore (in particolare dell'ortofrutta) e Bruno Le Maire, ministro del'Agricoltura, in carica solo dal 23 di giugno. La questione: il rimborso di 500 milioni di euro di aiuti pubblici francesi, versati fra il 1992 e il 2002 ai produttori di frutta e verdura, imposto dal ministro sulla spinta delle richieste insistenti di Bruxelles. Questi fondi, resi disponibili oltre alle sovvenzioni europee, hanno rappresentato secondo la Commissione Ue una distorsione della libera concorrenza a livello europeo, soprattutto nei confronti dei principali rivali dei francesi, italiani e spagnoli. Ma i produttori ortofrutticoli francesi, adesso in difficoltà, non hanno alcuna intenzione di pagare. Da parte sua il ministro sembra già cedere in parte alle loro richieste. Ieri sera ha promesso al settore un «piano di sostegno immediato», soprattutto mediante una riduzione dei contributi sociali. Può essere che alla fine gli agricoltori da una parte paghino e dall'altra intaschino nuovi aiuti: i soliti paradossi di uno stato come quello francese, ad alto contenuto di protezionismo e di burocrazia. Il negoziato con il governo, intanto, continua. Le. M.

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Locarno resiste alla crisi di sponsor (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-08-05 - pag: 20 autore: Festival. Cresce il budget 2009 Locarno resiste alla crisi di sponsor Lino Terlizzi LOCARNO Un evento culturale, certo, ma anche economico. Il Festival del Film di Locarno, alla sua 62ma edizione, è un polo di cultura internazionale ma è anche un buon giro d'affari ed un robusto indotto economico per la città svizzera sul Lago Maggiore e per il Canton Ticino. Un indotto a cui contribuiscono non poco gli spettatori- turisti provenienti dall'Italia. Il budget della manifestazione, dal 5 al 15 agosto, è quest'anno di 11,3 milioni di franchi (circa 7,5 milioni di euro), in aumento rispetto agli 11,1 milioni del 2008. Un leggero incremento, ma significativo perché attuato in tempi di crisi finanziaria ed economica. Con questo budget l'organizzazione deve coprire tutti i costi relativi alle centinaia di film - proiettati all'aperto sul maxi schermo di Piazza Grande e al chiuso nelle sale della città – e poi ai dibattiti ed alle mostre. Il sostegno al budget è così ripartito: Confederazione, Cantone, Comuni, 47 per cento; sponsor privati 29 per cento; i mezzi propri (biglietti, pubblicazioni, riserve, quote dei membri) coprono il 24 per cento. Tra gli sponsor locali da segnalare Ubs, che ha tagliato altri eventi confermando invece qui il sostegno. L'obiettivo degli organizzatori è di ottenere anche quest'anno circa 180mila presenze. è chiaro che gli spettatori sono in parte anche turisti, che vengono da altri cantoni elvetici oppure da Italia, Germania, Francia, altri Paesi. Turisti per uno o più giorni. Le presenze straniere maggiori sono quella italiana e quella tedesca, non lontane dal 10% ciascuna. I francesi saranno attorno al 5 per cento. Gli svizzeri oltre il 70 per cento. L'indotto economico per Locarno e il Ticino, calcolando alberghi, ristoranti, negozi, trasporti, altri servizi è ora stimato dall'organizzazione in circa 25 milioni di franchi (16,5 milioni di euro). L'Italia è ben presente anche per quel che riguarda i film. Quest'anno le pellicole italiane sono una trentina, tra corti e lungometraggi. Tra gli ospiti d'onore, l'attore Toni Servillo che riceverà l'Excellence Award 2009, e Pippo Delbono che presenterà i suoi lavori per tv e cinema. Elisabetta Sgarbi è presente nella sezione Ici & Ailleurs, dedicata al documentario e al film d'arte. Il Festival ha instaurato una partnership con il Museo Nazionale del Cinema di Torino ed una collaborazione con la Cineteca Italiana di Milano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Profitti Bnp oltre le attese A Bnl 34mila nuovi clienti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-05 - pag: 33 autore: Credito. Risultato netto di 1,66 miliardi nel trimestre - Bene l'investment banking Profitti Bnp oltre le attese A Bnl 34mila nuovi clienti Per la prima volta l'istituto registra il contributo positivo di Fortis Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente Con un utile netto di 1,66 miliardi di euro nel secondo trimestre, Bnp Paribas dimostra la sua solidità di fondo nonostante un forte aumento degli accantonamenti contro i crediti inesigibili. Il gruppo guidato dall'amministratore delegato Baudouin Prot ha conseguito un risultato al di sopra delle aspettative degli analisti grazie soprattutto al buon andamento delle attività dell'investment banking e del contributo positivo di Fortis , acquisita la primavera scorsa al termine di un'operazione difficile e tormentata per l'opposizione di alcuni azionisti dell'istituto belga. Da sola la banca d'investimento e finanziamento (BFI) ha realizzato un utile lordo di 1,15 miliardi di euro, sulla scia della buona performance registrata dalle attività di mercato sul reddito fisso. Come altri istituti europei, Bnp Paribas ha beneficiato del massiccio ricorso al mercato da parte dei grandi gruppi attraverso emissioni obbligazionarie. Il buon andamento del settore aveva già permesso alla Bfi di tornare in positivo nel primo trimestre dell'anno dopo l'improvviso e drammatico calo di redditività che nell'ultimo trimestre del 2008 si era tradotto in una perdita lorda di 2 miliardi di euro a causa delle turbolenze registrate sui mercati finanziari, del fallimento di Lehman Brothers e del caso Madoff. Meno brillanti i risultati della divisione retail, che in generale ha sofferto di una situazione congiunturale difficile per le famiglie e le imprese. A fronte di un aumento del 5,4% degli impieghi, è aumentato sensibilmente il costo del rischio. Gli accantonamenti nel periodo sono saliti a poco più di 2 miliardi di euro soprattutto per i rischi di mancato pagamento delle piccole e medie imprese e delle imprese individuali (artigiani e liberi professionisti). L'utile ante-imposte della banca al dettaglio ha registrato una flessione del 15%. Per ragioni analoghe la controllata italiana Bnl, guidata dal presidente Luigi Abetee dall'ad Fabio Gallia,con un incremento notevole del costo del rischio, passato da 48 a 97 punti base, ha visto il proprio utile scendere del 22% a 145 milioni di euro. Fonti dell'istituto fanno tuttavia notare come questo incremento sia fisiologico in un contesto macroeconomico estremamente difficile e a fronte di un aumento degli impieghi del 6,7% nel secondo trimestre rispetto all'analogo periodo del 2008. In un comunicato la capogruppo sottolinea come la banca italiana mantenga e rafforzi la dinamica positiva per quanto riguarda la crescita dei ricavi (+ 5%)e l'acquisizione di nuova clientela, con un saldo positivo di 34mila nuovi conti aperti nel1Úsemestre. A chi in conferenza stampa gli ha fatto notare lo squilibrio tra l'andamento positivo della banca d'investimento e il colpo di freno del retail, Prot ha risposto che «il fatto di non avere tutte le uova in uno stesso paniere rappresenti piuttosto un fattore di resistenza, di forza». Quanto all'acquisizione di Fortis, l'integrazione procede secondo la tabella di marcia prestabilita e il piano industriale dovrebbe essere formalizzato all'inizio di dicembre.Con il gruppo bancario belga, Bnp Paribas ha inoltre migliorato il proprio coefficiente di solvibilità Tier 1, passato nel secondo trimestre a 9,3% dall'8,8% precedente. Con questa operazione, che ha fatto del gruppo francese il primo della zona euro per depositi ( 540 miliardi di euro), Prot parla ormai di quattro grandi mercati nazionali di riferimento, con 13 milioni di clienti: francese, italiano, belga e lussemburghese. L'amministratore delegato non ha escluso in futuro acquisizioni mirate, ma di taglia medio-piccola.Le priorità,ha detto, restano l'integrazione di Fortis e l'acquisizione di quote di mercato attraverso la crescita organica. Dopo aver registrato in mattinata un rialzo sostenuto (+5%) il titolo Bnp Paribas registrava a metà pomeriggio una flessione dell'1%a 51,97 euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Poco guadagno coi Bot Ma il capitale è garantito (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 05/08/2009 - pag: 35 Un risparmio al giorno Poco guadagno coi Bot Ma il capitale è garantito Vinta la sfida con i conti correnti bancari MILANO Investire in Bot significa portare a casa, quando va bene, interessi pari a un decimo di punto percentuale. Prendiamo l'ultima asta pubblica, effettuata dal Tesoro il 28 luglio con regolamento 31 luglio: si tratta di titoli semestrali, collocati a un prezzo medio ponderato di 99,701. Tenendo conto della ritenuta fiscale (pari al 12,5%, aliquota comune a tutti gli investimenti finanziari) il prezzo sale a 99,74 ogni 100 di valore nominale. A questo punto il rendimento che si calcola per differenza tra i 99,74 euro pagati oggi e i 100 che saranno rimborsati tra sei mesi sarebbe dello 0,52%. Ma non è finita. Occorre tenere conto delle commissioni bancarie, pari a un massimo dello 0,2%. Il rendimento, nell'ipotesi che venga applicata l'aliquota più alta, scende così allo 0,12%. E allora perché c'è la corsa a sottoscrivere i Bot? Non sarebbe più semplice lasciare i soldi sul conto corrente? Sì, ma anche in questo caso la remunerazione è vicina allo zero. «Apprendo con sorpresa e divertimento ha scritto un lettore del Corriere , Giovanni Donato, alla propria banca che il tasso di interesse applicato al mio conto corrente è stato ridotto dallo 0,144% allo 0,01%, il che corrisponde a un euro l'anno per ogni 10 mila euro di giacenza. Le spese di tenuta conto invece sono rimaste uguali...». Rilevato che la discesa dei tassi è ormai in atto da tempo, Donato osserva che «sarebbe più corretto dichiarare che non corrisponderete più interessi sui vostri depositi». Come dargli torto? Il confronto tra Bot e conto in banca è davvero una guerra fra poveri. Va detto tuttavia che il conto corrente ha smesso da tempo di essere considerato un approdo per i risparmi. Lo si apre e lo si utilizza per comodità: è uno dei tanti servizi offerti dalla banca, che per questo ha un costo. La preferenza per i Bot, a parità di rendimento, ha motivazioni soprattutto psicologiche: la crisi finanziaria ha inferto un duro colpo alla credibilità delle banche e rivalutato lo Stato-debitore . Giacomo Ferrari © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Credieuronord, ultimo atto per l'ex banca della Lega (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 05/08/2009 - pag: 35 Il caso Il salvataggio mancato con la Banca di Lodi di Giampiero Fiorani Credieuronord, ultimo atto per l'ex banca della Lega Il liquidatore cede gli asset al Banco Popolare per 1,6 milioni ROMA Unmilioneseicentomilacinquecentosessantaquattro euro. C'era scritta questa cifra sull'assegno che il 4 giugno Alberto Gasparri, alto dirigente del Banco Popolare, ha consegnato a Marcello Sala, il liquidatore della Euronord holding. Oggetto: l'acquisto di quello che resta dei beni aziendali della piccola società finanziaria in liquidazione. Un appartamento di quattro stanze a Bergamo con box, alcuni crediti fiscali e una serie di contenziosi attivi del valore stimato, insieme al non meglio specificato «avviamento commerciale », in un milione 100 mila euro. Totale: 1.600.564 euro. Una società piccola, la Euronord holding, ma con un pedigree ingombrante. Fino alla primavera del 2004 si chiamava Credieuronord ed era da tutti conosciuta come la banca della Lega di Umberto Bossi. Quando era nata il leader del Carroccio in persona ci aveva messo la faccia come testimonial per radunare l'azionariato popolare. La frase che campeggiava sul manifesto con il volto sorridente del senatùr diceva: «Anche io sono socio fondatore della Credi- Nord. E tu?» Ma qualche anno più tardi molti di quelli che ci avevano messi i soldi avrebbero distribuito volantini con l'eloquente immagine di un pollo spennato e la didascalia: «Azionista Credieuronord». Era successo che la piccola banca di tre sportelli, nel cui consiglio sedevano anche alcuni pezzi da Novanta del Carroccio, a causa di alcune operazioni scriteriate aveva accumulato 8 milioni di perdite e 12 milioni di sofferenze su 47 di impieghi. «Siamo state vittime e non cause di quella vicenda», avrebbe detto in seguito l'attuale ministro leghista Roberto Calderoli. Sull'orlo del crac, la banca aveva però trovato un possibile salvatore: Gianpiero Fiorani. Con l'appoggio del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio il capo della Popolare di Lodi si apprestava a conquistare l'Antonveneta. Ma l'operazione era contrastata anche politicamente. Sull'onda degli scandali Cirio e Parmalat, in particolare, la Lega non dava tregua a Fazio. Finché Fiorani non si offrì di togliergli le castagne dal fuoco. L'accordo venne siglato fulmineamente alla fine dell'estate del 2004. La Popolare di Lodi avrebbe rilevato prima di tutto i tre sportelli. Successivamente la denominazione di Credieuronord sarebbe stata cambiata in Euronord holding per arrivare entro fine 2005 alla fusione di questa scatola in Reti bancarie holding, la subholding quotata del gruppo lodigiano. Qualcosa, però, andò storto. L'ormai famosa estate dei «furbetti del quartierino» travolse Fiorani e Fazio. Mentre buona parte dei 2.850 soci che avevano messo soldi nella Credieuronord era già sul sentiero di guerra, i nuovi vertici della Popolare di Lodi (Piero Giarda e Divo Gronchi) decisero di non dare più corso alla fusione. E la situazione precipitò, fra rabbiose proteste della base e cause legali. Inevitabile, a fine 2006, la dolorosa scelta di mettere in liquidazione il sogno della banca padana. Con tanto di promesse dello stato maggiore leghista. «I soci non perderanno una lira», promise Bossi a Pontida. E Calderoli lanciò l'autotassazione dei responsabili politici del partito, dai parlamentari ai sindaci. Il 18 dicembre 2008 il presidente del comitato di soccorso dei soci Euronord holding, Bruno Caparini (padre del deputato leghista Davide Caparini) annunciava per Natale i primi risarcimenti a 1.069 dei 1.800 soci che ne avevano fatto richiesta. Giusto un mese prima che (il 27 gennaio 2009) il comitato di gestione del Banco popolare deliberasse l'acquisto dei beni aziendali della ex banca padana in liquidazione, formalizzato poi il 4 giugno. Quasi una replica dell'operazione sfumata fra il 2005 e il 2006, perché l'acquirente altro non è che il risultato della fusione fra Popolare di Novara e Verona e Popolare di Lodi. Con una notazione d'obbligo: la banca che ha acquistato ciò che resta della Euronord ha chiesto e ottenuto 1,45 milioni di Tremonti bond, i prestiti messi a disposizione dal governo per consentire alle banche di fronteggiare gli effetti della crisi finanziaria. Sopra: Bossi testimonial della banca padana. A destra: G. Fiorani Sergio Rizzo © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Toyota alza le stime. Ma il titolo cede (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 05/08/2009 - pag: 37 Il caso a Tokio Toyota alza le stime. Ma il titolo cede (g.r. ) A Tokio, poco prima di presentare i conti, il titolo Toyota ha ceduto l'1,5% e anche sulle piazze internazionali ha registrato ribassi fra lo 0,7 e l'1,6%. I mercati, insomma, hanno per ora accolto senza entusiasmo i dati presentati dal colosso nipponico per il terzo trimestre dell'anno fiscale, da aprile a giugno, chiuso con perdite nette per 77,82 miliardi di yen (circa 568 milioni di euro), che segnano comunque un miglioramento rispetto ai tre mesi precedenti dovuto alle buone vendite della ibrida Prius e agli incentivi dei governi. Tanto che per il resto del 2009 Toyota ha rivisto al rialzo le sue previsioni produttive e finanziarie. Akio Toyoda numero uno del gruppo

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Ubs vede l'uscita dello Stato (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 05/08/2009 - pag: 37 Il caso a Zurigo Ubs vede l'uscita dello Stato ( g.r. ) Per Ubs la crisi non è ancora finita. La banca svizzera, che sta chiudendo un accordo con le autorità Usa che l'accusano di aver favorito le frodi fiscali di alcuni suoi clienti, ha chiuso il terzo trimestre consecutivo in perdita, con un rosso di 1,4 miliardi di franchi. E alla Borsa di Zurigo, i titoli dell'istituto guidato da Oswald Grübel hanno perso il 4,31%. Pur se alcuni ricchi clienti hanno spostato altrove i loro conti per paura dell'inchiesta Usa, i deflussi netti per le gestioni dei grossi patrimoni sono comunque scesi a 16,5 miliardi di franchi. E Grü- bel confida nell'uscita dello Stato dal capitale entro fine anno. Oswald Grübel numero uno di Ubs

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Indici piatti. Giù Burani e Safilo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 05/08/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Indici piatti. Giù Burani e Safilo L'inchiesta La casa di moda si dice completamente estranea all'inchiesta giudiziaria milanese MILANO Dopo i rialzi dei giorni scorsi, con gli indici ai massimi dell'anno, ieri Piazza Affari ha mandato in porto una seduta piatta, scandita dai dati aziendali del trimestre, pochi spunti (in primo luogo la corsa di Unicredit), molte prese di beneficio e un'influenza altrettanto fiacca sia dalle altre piazze europee sia da Wall Street. A fine giornata l'indice Ftse Mib ha comunque racimolato un progresso dello 0,25%. Oltre alla performance di Unicredit , cresciuta del 3,2% grazie a conti semestrali migliori delle attese, fra le altre blue chip in territorio ampiamente positivo emergono Telecom (più 1,55%), seguita da Snam ( più 1,5%). Tiscali , infine, è tornata al centro di nuovi rumors su un presunto accordo, stavolta con Chl, che le ha consentito di guadagnare il 3,7%. Sul fronte opposto, forti cali hanno colpito FonSai (meno 5,1%), a causa dei deludenti conti semestrali, Prysmian (meno2,6%), Eni (meno 2,1%). Sul completo, c'è il nuovo crollo di Mariella Burani (meno 8,6%), ai cui problemi finanziari si sono ora aggiunti quelli giudiziari, con l'indagine della Procura di Milano sull'ex amministratore delegato Giovani Burani, accusato d'aggiotaggio e falso in bilancio. Ieri l'azienda ha fatto sapere di essere estranea alla vicenda. Un altro tonfo anche per Safilo (meno 7%), che nel semestre ha visto calare il fatturato dell' 11,2%, con perdite operative di 98,8 milioni. L'ad Roberto Vedovotto ha ribadito il supporto delle banche e ha smentito di aver bisogno di un investitore «a tutti i costi». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sinistra, ipotesi di (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Terza Pagina data: 05/08/2009 - pag: 39 Dibattiti Il caso tedesco riapre la discussione sul declino della socialdemocrazia in Europa Sinistra, ipotesi di «quarta via» Finita l'età d'oro del Welfare, in crisi la linea liberale del New Labour Ora si punta su ambiente e diritti individuali. Con un occhio all'Australia di ANTONIO CARIOTI R alf Dahrendorf, il noto sociologo tedesco appena scomparso, definì il Novecento «secolo socialdemocratico ». E in fondo lo scoccare del 2000 vedeva i partiti dell'Internazionale socialista ancora al governo in tutti i maggiori Paesi dell'Ue: Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia. Da allora però il vento è radicalmente mutato, come dimostra la dura sconfitta subita da quelle stesse forze alle elezioni europee di giugno. Quindi la decisione dei sindacati tedeschi di non appoggiare più la Spd, come ha notato Gian Enrico Rusconi sulla «Stampa» del 3 agosto, appare la spia di una crisi che investe tutta la sinistra riformista. Non a caso l'economista Giuseppe Berta ha intitolato Eclisse della socialdemocrazia un suo libro pubblicato dal Mulino e recensito il 7 maggio sul «Corriere» da Michele Salvati. «Lo sviluppo dello Stato sociale, l'espansione della domanda e la redistribuzione del reddito osserva Berta erano gli ingredienti della vecchia ricetta socialdemocratica, non più applicabile, dopo gli anni Ottanta, per via dell'aumento insostenibile della spesa pubblica e della pressione fiscale. Quindi negli anni Novanta c'è stato un rovesciamento, con la 'terza via' del New Labour di Tony Blair: una forza dall'identità vaga, che puntava ad assecondare la globalizzazione e accelerare la crescita, nella convinzione che anche gli strati svantaggiati ne avrebbero beneficiato. Ma questa politica non ha ridotto le disuguaglianze e si è scontrata con la crisi finanziaria mondiale, che ha lasciato la socialdemocrazia senza linee di riferimento, in uno stato di grave afasia». Non bisogna credere però che i partiti lontani dalla «terza via» se la passino meglio. «Il socialismo francese ricorda Marco Gervasoni, autore della biografia François Mitterrand , edita da Einaudi ha sempre voluto distinguersi dalla socialdemocrazia sul piano ideologico, ma le sue oscillazioni programmatiche e i suoi contrasti interni lo hanno reso poco credibile. Quando era al governo, ha spesso compiuto scelte contraddittorie rispetto alla sua retorica anticapitalista. Poi c'è il problema del ricambio: da quando Mitterrand è uscito di scena, il Ps manca di un leader forte e non è riuscito a rinnovare il suo gruppo dirigente. Inoltre soffre il dinamismo di Nicolas Sarkozy, che ora di fronte alla crisi non ha esitato a riscoprire la tradizione dirigista del gollismo». «Nella critica al capitalismo in senso protezionista oggi una certa destra, rappresentata in Italia da Giulio Tremonti, è più efficace della sinistra», conferma Andrea Romano, autore di una biografia di Blair intitolata The Boy (Mondadori). A suo avviso, «sarebbe un errore, da parte dei socialdemocratici, riesumare una visione statalista e diffidente verso il mercato: per avere le carte in regola quando la crisi finirà, non devono assecondare le tendenze alla chiusura e al ripiegamento, ma trasmettere un messaggio ottimista, di fiducia nel futuro». Uno slancio che sembra mancare alla Spd tedesca, nota Brunello Mantelli, autore di una storia della Germania intitolata Da Ottone di Sassonia ad Angela Merkel (Utet). «Oggi i socialdemocratici contendono alla Cdu-Csu lo spazio di centro. Ma nella gestione dell'esistente i moderati, per via della loro tradizione di governo, appaiono più affidabili, anche perché hanno dimostrato notevoli capacità di rinnovamento. Inoltre la Spd prosegue Mantelli è incalzata dalla concorrenza della Linke, una formazione nata dalla convergenza tra la sinistra socialista di Oskar Lafontaine e la Pds, erede del partito di governo della ex Germania orientale. Non si tratta più di una presenza confinata all'Est, perché ha ottenuto buoni risultati elettorali perfino nella Baviera conservatrice. Ne consegue che per la prima volta dagli anni del dopoguerra la Spd ha un forte antagonista a sinistra, il che ha contribuito a incrinare il suo legame esclusivo con il sindacato». Qui emerge il problema del radicamento sociale, su cui insiste Berta: «Il vecchio partito di massa non è riproponibile, ma la socialdemocrazia non può rassegnarsi ad avere i media come unico canale di comunicazione con i cittadini. Occorre trovare forme nuove d'interazione e di partecipazione popolare, magari usando il Web come ha fatto Barack Obama». Quanto ai contenuti, serve una sorta di «quarta via»: «Storicamente ricorda Berta la socialdemocrazia ha costruito la propria fortuna valorizzando un'identità collettiva, ma adesso deve recuperare la dimensione dei diritti individuali, superando la frontiera che ancora la separa dal liberalismo». Diversa la «quarta via» proposta da Romano: «Con Blair, Schröder e Zapatero, la socialdemocrazia ha già realizzato notevoli innovazioni in senso liberale. Ma ormai anche quel ciclo si è esaurito, come la fase precedente legata alla costruzione del Welfare. Bisogna battere strade nuove. Trovo interessante lo sforzo di quei laburisti che vogliono reinventare la missione del partito dando la priorità alla tutela dell'ambiente. Si tratta di adottare un ecologismo pragmatico, che non sia apocalittico né antisviluppista, seguendo l'esempio del primo ministro laburista australiano Kevin Rudd. Una rivoluzione verde, dopo quella liberale, può essere la via d'uscita dal vicolo cieco in cui si trova la socialdemocrazia, ma richiede un profondo rinnovamento del suo bagaglio culturale». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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FT: come la crisi ha cambiato lo scenario di Wall Street (sezione: crisi)

( da "BlueTG online" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

FT: come la crisi ha cambiato lo scenario di Wall Street 05-08-2009 13:12 - La crisi finanziaria che da due anni sta battendo i mercati finanziari ha prodotto rapidamente un mutamento dello scenario competitivo, facendo emergere nuovi campioni, secondo quanto ricorda oggi il Financial Times. Dalle macerie della "vecchia" Wall Street si levano ora colossi come Goldman Sachs, numero uno del trading, e Jp Morgan Chase, leader nelle attività bancarie, mentre restano alla ricerca di una propria ricetta vincente gruppi come Morgan Stanley, Barclays e Bank of America/Merrill Lynch. Altre "banche zombie" come Citigroup e Wells Fargo si sono salvate solo grazie agli aiuti di stato ricevuti. Infine boutique finanziarie come Lazard, Greenhill, Rotschild, Evercore e Jefferies sembrano essere risorte a nuova vita grazie alla crescita delle attività di ristrutturazione del debito, che con una pioggia di ricapitalizzazioni studiate dai team di banchieri d'affari di queste strutture altamente specializzate hanno evitato a molte società di dover portare i libri in tribunale. (l.s.)

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L'esercito delle auto blu record in Italia: quasi 650 mila (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 05-08-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA - Un aumento costante, che sembra non conoscere sosta. E' quello che viene fatto registrare dalle auto blu della Pubblica amministrazione italiana, arrivate a toccare la cifra record di 624.330 unità, con un +2,7% negli ultimi sei mesi. Un dato che conferma un trend in crescita, anno dopo anno. Nel dicembre del 2008, le auto blu erano 607.918, contro le 574.215 dell'anno precedente. L'Italia guida anche la poco invidiabile classifica mondiale dell'utilizzo di queste macchine: batte, tra gli altri, gli Stati Uniti e la Francia, rispettivamente al secondo e terzo posto. Le statistiche arrivano da Contribuenti.it, il sito dell'Associazione contribuenti italiani che, con il suo sportello, conduce annualmente un'analisi del parco delle auto blu. Nella ricerca vengono conteggiate sia le auto di proprietà delle amministrazioni che quelle in leasing, in noleggio operativo e noleggio lungo termine, presso lo Stato, Regioni, Province, Comuni, municipalità, Asl, comunità montane, enti pubblici, enti pubblici non economici, società misto pubblico-private e società per azioni a totale partecipazione pubblica. Duro il commento del presidente dell'associazione, Vittorio Carlomagno, secondo il quale "in Italia gli amministratori pubblici hanno superato ogni limite", e propone, come soluzione, quella di pubblicare sul sito internet "il nome degli utilizzatori e tassarli come fringe-benefit per ridurre drasticamente il parco auto della pubblica amministrazione". Anche "una norma che stabilisce il limite di cilindrata" di questi mezzi potrebbe servire a ridurre drasticamente il parco auto. L'associazione, tra l'altro, fa notare che questo trend in crescita contrasta con "la legge del 1991 che limitava l'uso esclusivo delle auto blu ai soli ministri, sottosegretari e ad alcuni direttori generali: da allora si sono sempre proposte regolamentazioni e tagli, mai effettuati". Il Codacons annuncia un esposto alla Corte dei Conti per "chiedere di verificare se siano state rispettate le norme vigenti che prevedono l'utilizzo delle auto blu da parte dei dirigenti apicali". Per il presidente dell'associazione, Carlo Rienzi, "siamo di fronte ad una vergogna nazionale. Bisognerebbe cambiare, nel nostro Paese, il modo di pensare dei politici, e di quanti lavorano nella Pubblica amministrazione. Se prendere i mezzi sarebbe impossibile per loro, che almeno salgano sui taxi: meno costosi di una macchina con autista, che passa ore ed ore ferma ad aspettare". OAS_RICH('Middle'); Anche l'Adoc critica "il trend di crescita costante nell'utilizzo delle auto blu" e sollecita "il governo a ridurre costi che vengono sostenuti inutilmente dai cittadini, in un periodo di crisi finanziaria. Le famiglie devono faticare per arrivare alla fine del mese, mentre gli autisti di queste auto scorrazzano per le città con il dirigente di turno". Il presidente, Carlo Pileri, si chiede come mai in Italia "non siano presenti statistiche ufficiali, sui siti delle pubbliche amministrazioni, relative a queste macchine. Quello che il ministro Renato Brunetta ha fatto con gli stipendi dei suoi collaboratori, pubblicati sul sito del ministero, andrebbe fatto anche con le auto blu. Invece notiamo che su questo tema c'è pochissima trasparenza. Cosa ci vogliono nascondere?". A livello mondiale, dunque, l'Italia, con le sue 624.330 unità è il primo Paese per utilizzo di auto blu, mentre in altri luoghi, come gli Stati Uniti, il dato è diminuito. Al secondo posto, proprio gli Usa, con 72mila (contro le 75mila del dicembre 2008), seguiti dalla Francia, con 63mila (rispetto alle 64mila di fine 2008). Al quarto posto il Regno Unito con 56.000, la Germania con 55.000, la Turchia con 51.000, la Spagna con 42.000 (nessuna variazione rispetto al 2008), il Giappone, con 30.000 (mille in meno rispetto al 2008), la Grecia con 30.000. Ultimo in classifica il Portogallo, con 22.000 auto blu (- 1000). (5 agosto 2009

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La casta militare contro Medvedev, si arena la riforma delle Forze armate (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Articolo Sei in Esteri 6 agosto 2009 La casta militare contro Medvedev, si arena la riforma delle Forze armate Malgrado il conflitto con Tbilisi si sia risolto rapidamente e trionfalmente, a un anno dalla guerra con la Georgia sono pochi i "dividendi" riscossi dalla Russia. Abkhazia e Ossezia del sud, le ex province ribelli georgiane elevate al rango di stati indipendenti dalla Russia, sono state riconosciute dal solo Nicaragua. Nonostante un'opposizione interna sempre più agguerrita, Mikhail Saakashvili, il presidente georgiano, è ancora lì al suo posto e gli americani, durante la recente visita di Joe Biden a Tbilisi, gli hanno rinnovato la fiducia (dettando comunque condizioni severe). La crisi finanziaria, poi, ha inciso duramente sulla salute economica della Federazione, afflosciandone di conseguenza lo slancio a livello internazionale che negli ultimi tempi aveva portato Mosca a rimettere piede, prepotentemente, sul palcoscenico globale. Infine, anche la riforma dell'apparato militare, che pareva una delle grandi doti che il conflitto con Tbilisi aveva portato, s'è arenata, a causa delle resistenze della casta militare. Fu proprio la "guerra dei cinque giorni" russo-georgiana a sollevare il problema della riforma delle Forze armate. Nonostante la schiacciante vittoria sui georgiani, la guerra-lampo svelò infatti che l'Armata russa, strutturata ancora su un concetto "pesante" di esercito e su un arsenale un po' datato, era inadatta a fronteggiare le nuove minacce del secolo. È da qui, dunque, che il presidente russo ha messo in campo il proposito di cambiarne l'architettura, scegliendo dopo il conflitto di procedere sulla strada di quella che l'Istituto di studi strategici di Londra ha definito «la più grande riforma militare dopo la fine della Seconda guerra mondiale». L'ipotesi ruota attorno alla modernizzazione delle dotazioni tecnologiche, con un ambizioso programma di acquisizione degli armamenti la spesa sarà di 110 miliardi di euro nell'arco di tempo che va dal 2011 al 2020. Ma si tratta anche di arrivare a un significativo alleggerimento dei ranghi. Le forze armate, sulla base del piano Medvedev, verranno infatti sfoltite di circa 400mila unità, a fronte di un numero complessivo di effettivi che attualmente, tra truppa e ufficiali, è pari a un milione e 400mila. Il piano dovrà superare lo scoglio dell'approvazione della Duma (la camera bassa della Federazione russa) entro il marzo prossimo. Ma non è un'operazione così semplice. È vero che Russia unita, partito che domina la Duma e che è espressione del gruppo di potere targato Medvedev-Putin, ha i voti e la forza per promuovere la riforma. Ma è altrettanto vero che la casta militare, una buona parte della quale è ancora sensibile alle logiche della Guerra fredda e tende inoltre a ragionare in maniera "corporativa", rema contro. Le posizioni degli altri graduati si rispecchiano nelle tesi del vice segretario del Consiglio nazionale di sicurezza, il generale Yury Baluyevsky, che ha espressamente dichiarato, in materia di armamenti, di puntare a «mantenere lo status quo». Baluyevsky, inoltre, forte del sostegno dell'establishment militare, ha recentemente incaricato un gruppo di lavoro di elaborare una nuova dottrina militare per il ventunesimo secolo e la tesi di fondo è che sia necessaria una strategia incentrata su un ruolo delle forze armate in politica estera, oltre che sull'impiego legittimo di forze nucleari come strumento di dissuasione. Un proposito questo, in netta antitesi con gli assunti riformatori alla base della dottrina Medvedev. Il rischio, quindi, è che il potere militare si metta d'ostacolo a quello politico. Il "new look" proposto da Dmitry Anatolevich sembra, davanti ai dubbi dei militari, essersi un po' inceppato e lo stesso governo, dopo i proclami di rinnovamento, appare più conciliante nei confronti di Baluyevsky e dei suoi numerosi sostenitori. A marzo, dopo un incontro con i pezzi grossi dell'establishment militare, il ministro della difesa Anatoly Serdiukov è stato "costretto" a sottolineare che «il passaggio di tutte le divisioni e le formazioni militari a uno stato di costante disponibilità al combattimento è all'ordine del giorno». Sempre in quell'incontro, Medvedev ha spiegato come «la Russia necessiti di un esercito efficace, perché i tentativi di espansione delle infrastrutture militari della Nato in prossimità delle nostre frontiere non cessano». L'impressione, dunque, è che presidente e ministro della difesa, in una certa misura, cerchino di non rompere con i falchi della casta militare, assecondandone la visione da "cittadella assediata", retaggio inestinto del conflitto freddo. Ma non sono i soli militari a pensarla così. Il fatto è che, come ha spiegato Nicolò Sartori, analista dell'Istituto affari internazionali, la riforma Medvedev cozza contro la concezione, tipica della Russia, secondo cui esiste una correlazione diretta tra politica estera e dimensioni delle forze armate. In altre parole, una strategia internazionale ambiziosa necessita di un esercito forte e numeroso. Secondo Alexander Golts, esperto di difesa e vice direttore dello Yezhednevny Zhurnal, «se la minaccia militare degli Stati Uniti e della Nato è crescente e se le loro forze militari sono più grandi, più qualificate e meglio attrezzate di quelle della Russia, come può Serdiukov parlare di tagli agli organici militari?». Insomma, per abbandonare la retorica da Guerra fredda e l'ottica dell'esercito pesante, si rende necessario un ampio consenso all'interno dello Stato maggiore. Medvedev, che cerca di giocare le sue credenziali riformiste anche sul versante militare, dovrà scendere necessariamente a compromessi, muovendosi nel solco scandito dalla necessaria modernizzazione da un lato e dallo lo status quo di comodo dall'altro. Matteo Tacconi Giulia Cerino

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La pax georgiana un anno dopo (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Articolo Sei in Esteri 6 agosto 2009 La pax georgiana un anno dopo Continua la ridefi nizione degli equilibri geopolitici nell'ex Urss Un anno fa la guerra in Caucaso con l'attacco georgiano all'Ossezia del Sud e alle truppe russe presenti in quei territori con un mandato internazionale di interposizione, a cui è seguita la decisa e massiccia risposta militare russa si è conclusa con il riconoscimento da parte del Cremlino dell'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud, ex province ribelli di Tbilisi. In questo anno la situazione internazionale è cambiata notevolmente. La crisi finanziaria ha modificato l'ordine delle priorità e ha costretto tutti i protagonisti della politica mondiale a misurarsi con una stagione di difficoltà economiche. L'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha segnato un sensibile spostamento dell'asse della politica estera di Washington. Il Cremlino ha dovuto fare i conti con una congiuntura economica che ne ha ridimensionato le ambizioni e lo ha reso più incline a sviluppare relazioni di cooperazione con i paesi occidentali. La Casa Bianca, anch'essa nelle strette della crisi, si è dovuta confrontare con la necessità di ridisegnare il profilo delle sue relazioni con Mosca in una chiave non più conflittuale. In un certo senso si potrebbe dire che ambedue gli eventi sono stati salutari al fine di riassorbire le conseguenze del conflitto in Georgia. Infatti, da entrambe le parti si è potuto o si è dovuto assumere un approccio volto al superamento di quelle tensioni che erano alla base dello scoppio della guerra nell'agosto scorso. La questione della ridefinizione degli equilibri geopolitici nell'area ex-sovietica continua, tuttavia, a essere un nodo particolarmente sensibile dell'agenda internazionale. Il valore strategico dei territori che costituiscono il cuore del continente euroasiatico concetto classico del pensiero geopolitico alimenta il confronto tra visioni e disegni, spesso contrastanti, elaborati da parte dei principali attori geopolitici e geoconomici globali. L'architettura di quest'area resta per molti versi indefinita o esposta a continue variazioni, con la difficoltà quasi fisiologica a raggiungere una sua stabilità. In questo contesto la guerra in Georgia ha mostrato il fallimento di una strategia che ha puntato sul binomio nazionalismo-democrazia per cercare un riassestamento degli equilibri regionali in un senso più favorevole agli interessi occidentali. Infatti la deriva politica a Tbilisi, seguita al conflitto, ma di cui vi erano stati non pochi segnali anche in precedenza, ha messo in evidenza l'inconsistenza dell'enfasi posta sull'orientamento democratico della leadership politica assurta al potere nel 2003 con la "rivoluzione delle rose". Le vicende politiche in Ucraina e Kirghizistan, per fortuna con minore dose di drammaticità, ne sono una conferma. La connessione tra democrazia e disegni di riorientamento geopolitico, quindi, ha dato un contributo di non poco conto al logoramento dei valori democratici di questo quadrante. Gli eventi georgiani hanno mostrato la miopia di progetti politici di carattere nazionalista, che fanno dell'omogeneizzazione nazionale e della contrapposizione alla Russia le principali ragioni d'essere della loro legittimità, culturale e politica. Sono progetti che il più delle volte vanno a discapito del consolidamento dell'identità e della stabilità degli stessi stati che li promuovono. Il caso georgiano è da questo punto di vista emblematico. Infatti in tali condizioni non possono che riaprirsi le fratture di carattere culturale, confessionale, linguistico e nazionale stratificate nel tessuto di questi territori. D'altro canto, in questa porzione geopolitica e geoculturale è la Russia, lo si voglia o no, a essere il centro egemone, per quanto contrastato. In un tale quadro è ingenuo ritenere che politiche impostate su una radicale opzione antirussa non suscitino la reazione negativa di Mosca, la quale, anche senza arrivare al conflitto bellico, può alimentare la destabilizzazione della situazione nell'area e nei paesi in questione. Il riconoscimento delle due repubbliche secessioniste da parte di Mosca non ha avuto grande successo a livello internazionale (solo il Nicaragua ha allacciato relazioni diplomatiche con Abkhazia e Ossezia del sud). È stata una scelta, probabilmente obbligata, che ha indebolito la posizione della Federazione russa riguardo ai temi dell'intangibilità dei confini. Ma ne ha, forse, rafforzato la sua posizione nel Caucaso. Resta aperto un punto interrogativo sul futuro di Abkhazia e Ossezia del Sud, che non può non porre al Cremlino quesiti decisivi sulle forme che la sua funzione nell'area dovrà assumere. Il Caucaso è una regione caratterizzata da dinamiche etnico-nazionali e politiche notevolmente intricate. Lo scenario di una sua frammentazione non va escluso. La Russia ha esercitato un ruolo nella regione di potenza egemone, sin dal XVIII secolo. Non sono mancate resistenze né conflitti sanguinosi. Eppure occorre chiedersi se la funzione di Mosca in uno spazio geopolitico di grande rilevanza e di estrema instabilità non sia necessaria a evitare scenari di conflittualità generalizzata, in un'areacerniera ai confini con il Medio Oriente, la regione del Golfo persico e l'Asia centrale. È una funzione, quella russa, che non va contrastata. Va casomai incanalata in un sistema di relazioni scandite dalla cooperazione. In altre parole, l'indebolimento della Russia in questa regione non è contrario agli interessi della stabilità e della sicurezza del mondo occidentale (e non solo quello occidentale) e quindi della pace? Adriano Roccucci

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Chiudere gli occhi non basta più (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Mario Deaglio Chiudere gli occhi non basta più Alle nazioni come agli individui succede spesso di chiudere gli occhi di fronte a un problema nella speranza che il problema scompaia, e di riaprirli per trovarlo irrisolto e ingigantito. Così ha fatto l'Italia con la questione meridionale: per quindici anni il Paese l'ha sostanzialmente rimossa, nella speranza che, grazie al mercato e alla globalizzazione, il problema dell'arretratezza del Mezzogiorno si risolvesse da solo. Ora che la crisi finanziaria ha dimostrato che mercato e globalizzazione non fanno miracoli, l'Italia scopre che la questione meridionale non è scomparsa ma si è, anzi, aggravata; che il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno nei redditi per abitante (e in quasi tutti gli altri aspetti della qualità della vita) è ai livelli massimi da almeno trent'anni, con la tendenza a crescere ancora; che, per quanto riguarda una vasta gamma di indicatori economici e sociali, il Mezzogiorno è stato superato o sta per esserlo da quasi tutti i Paesi dell'Europa mediterranea. Ma anche da un buon numero di Paesi dell'Europa centro-orientale diventando l'«ultimo della classe» nell'Unione Europea. Di fronte alla nuova virulenza di questo male grave e antico dell'Italia, la classe politica italiana sembra capace di proporre soltanto rimedi già sperimentati e di provata inefficacia. Si punta infatti su infrastrutture, intese più come stimolo produttivo nel momento della costruzione che come strumento di crescita nel lungo periodo; sulla spesa pubblica più per assorbire disoccupati che per rimuovere arretratezze strutturali; su una Banca del Sud, idea senz'altro lodevole, che rischia però di diventare una seconda Cassa del Mezzogiorno, ossia un veicolo di nuovi finanziamenti a pioggia con scarsa attenzione alla redditività. E intanto il Mezzogiorno rimane pieno di strade non completate che non portano da nessuna parte - triste metafora della sua condizione generale -, di dighe prive dei necessari allacciamenti idrici, di ospedali costruiti con sabbia al posto del cemento, come nel caso di Agrigento che movimenta le cronache di questi giorni; l'immondizia delle sue città viene accantonata da qualche parte per il ritardo nelle tecnologie di smaltimento, con la minaccia latente, come nel caso di Palermo, che venga lasciata marcire nelle strade; i suoi boschi vengono dati alle fiamme da «piromani» che distruggono un patrimonio secolare spesso con la speranza di essere pagati cifre modeste per spegnere i roghi da loro stessi appiccati. In questi aspetti patologici, Campania, Calabria e Sicilia si distinguono per la gravità della loro situazione. Non fa meraviglia la riluttanza crescente del Nord nel convogliare nuove risorse (e quindi nel pagare imposte sensibilmente più alte di quelle del resto d'Europa) per un progetto non chiaro di crescita che non offre alcuna speranza di un rapido decollo. Per uscire da questa situazione, che rende sempre più difficile parlare di un «sistema economico italiano», non bastano le ricette degli studiosi o i programmi, largamente carenti, dei politici. Il vero ingrediente mancante è il coinvolgimento dei meridionali e non servono partiti nuovi, espressione di una classe politica vecchia che ha difficoltà a gestire le risorse in funzione della crescita. Cari meridionali, potrebbero legittimamente dire gli altri italiani, non limitatevi a constatare che nel Mezzogiorno c'è molta povertà e molta disoccupazione e a chiedere che «lo Stato provveda»; individuate le carenze non dell'intervento pubblico ma di un sistema politico-sociale che ha finora reso vano, in termini di sviluppo e crescita economica relativa, qualsiasi intervento pubblico. Sta prima di tutto agli abitanti del Mezzogiorno delineare come dovrebbe essere il Mezzogiorno nei prossimi vent'anni. La prospettiva di una crescita trainata dall'industria tradizionale dovrebbe essere ormai tramontata, visto che l'industria tradizionale conta sempre meno nella produzione di ricchezza delle economie avanzate, eppure gran parte delle richieste riguarda precisamente l'apertura - o la non chiusura - di «fabbriche». La prospettiva turistica può rappresentare almeno una parte della risposta al problema, e lo stesso si può dire per certe produzioni agricole e per certe «nicchie» artigianali da reinterpretare in senso moderno, ma i progetti, talora coraggiosi e promettenti, naufragano regolarmente nelle pastoie di una burocrazia insensata. La strada dell'alta tecnologia pare la più allettante ma richiede forti investimenti in capitale umano, in marcato contrasto con la perdurante debolezza delle università meridionali, alimentate da un sistema scolastico con altissimi tassi di abbandono, i cui diplomati mostrano un livello di preparazione sempre più lontano non solo dai livelli europei ma anche da quelli raggiunti da numerosi Paesi emergenti. E' tempo, quindi, di un vero dibattito sul Mezzogiorno, incentrato sulle compatibilità economiche in tempi lunghi e tale da coinvolgere non solo la classe politica ma la società civile meridionale. In assenza di tale dibattito si continua a privilegiare «il mattone», ossia la costruzione di infrastrutture, e a vagheggiare di «una banca». Da almeno un secolo il binomio mattone-banca si è rivelato inadatto al decollo del Mezzogiorno ed è difficile che rappresenti la soluzione ideale nel mondo tecnologico di oggi; così come il decollo è difficile quando l'ufficio stampa di una Regione meridionale occupa più persone di un centro di ricerca e quando un usciere della stessa Regione è pagato di più di un ricercatore universitario. I contributi esterni non possono essere risolutivi se il Mezzogiorno non prende in mano il proprio destino; se non lo fa, nonostante nuovi partiti e (forse) nuovi fondi, il suo allontanamento dal resto d'Italia è destinato ad aggravarsi. mario.deaglio@unito.it

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Obama potrebbe tornare al New Deal di Roosevelt (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 06/08/2009 - pag: 4 autore: Mario Lettieri, sottosegretario all'Economia nel governo Prodi Paolo Raimondi, economista il Confronto storico Obama potrebbe tornare al New Deal di Roosevelt Inevitabile il paragone con il presidente che risollevò l'economia americana negli anni trenta Anche se successivamente si è corretto, Barack Obama è stato un po' imprudente a dichiarare che «siamo all'inizio della fine della crisi». Certo è che i suoi consiglieri lo hanno spinto a rassicurare l'elettorato che, colpito dalla disoccupazione e dalla insicurezza sociale, sta perdendo fiducia nel suo presidente. Si è sempre paragonato l'attuale crisi finanziaria ed economica con la Grande Depressione del 1929-33. Se analizzassimo sinteticamente quello che è stato fatto nei mesi passati con gli interventi messi in campo dal presidente Franklin Delano Roosevelt, vedremmo che c'è ancora molta strada da fare per rimettere la nave dell'economia americana sulla giusta rotta. Roosevelt lanciò il famoso New Deal, un pacchetto di programmi economici per realizzare le «tre R», Relief (assistenza per i disoccupati), Reform (del sistema bancario) e Recovery (ripresa dell'economia produttiva). L'economia americana annaspava con il 25% di disoccupazione, un crollo dei prezzi del 50%, con fallimenti di industrie e di famiglie con mutui impagabili. Realizzò la riforma della Emergency Banking Act e, dopo aver chiuso per alcuni giorni l'intero sistema bancario, lo rimise in moto sottoponendolo ad una sorta di riorganizzazione per bancarotta. Con la legge Glass-Steagall stabilì la separazione delle banche commerciali da quelle di investimento per porre fine alla speculazione. E introdusse una supervisione sulle operazioni bancarie, sui crediti e sugli investimenti. Favorì la creazione della «Commissione Pecora» (dal nome del senatore italo americano Ferdinand Pecora), che sfidò le lobby della finanza cominciando dal suo numero uno, J.P. Morgan. Nel contempo iniziò subito la guerra contro la Depressione rimettendo in moto l'economia reale e l'occupazione. Fu lanciata la Public Work Administration (l'agenzia per i lavori pubblici) che, con un fondo di partenza di 3,3 miliardi di dollari, iniziò una serie di lavori che ebbero un effetto moltiplicatore per l'economia e l'occupazione. Il New Deal mise in moto 50 mila progetti infrastrutturali. Poi Roosevelt realizzò il Social Security System che garantiva per la prima volta l'assicurazione contro la disoccupazione e un sistema pensionistico moderno, copiato poi da altri stati del mondo. Garantì anche il diritto di tutti i lavoratori di organizzarsi in sindacati. L'uscita dalla depressione non fu indolore e fu di lunga durata, fino a collegarsi con la seconda guerra mondiale. Oggi la crisi ha caratteristiche diverse, in primis la sua dimensione globale, il ruolo preponderante della finanza e una situazione geopolitica molto differente. Obama si trova di fronte a una lobby finanziaria molto più potente, quindi, la lotta contro gli speculatori è molto più complessa. Anche se la recente Financial Regulatory Reform indica alcune importanti regole e modifiche da apportare al sistema bancario e finanziario, lascia comunque quasi intatto l'apparato che ha prodotto le bolle dei derivati e del debito. Va bene sottoporre gli hedge fund speculativi alle stesse regole delle banche e delle assicurazioni ma poi, per modificare i meccanismi della crisi, bisognerebbe incidere il bisturi a fondo nelle operazioni in derivati Otc, nei titoli tossici. Ma il problema più ostico è la qualità degli interventi nell'economia reale. L'amministrazione di Obama ha sottoscritto pacchetti di stimoli economici per centinaia di milardi di dollari: 800 mld con un solo pacchetto e migliaia di mld di liquidità per le banche in crisi. Però, ha lasciato le banche a gestire gran parte di questi fondi, sperando che li trasformino in crediti e in nuovi investimenti. Roosevelt aveva, invece, creato delle nuove strutture sotto la direzione dello stato, per convogliare le risorse verso progetti strategici. Anche Obama dovrebbe cambiare metodo e tornare in modi moderni ai principi del New Deal, pilotando direttamente interventi contro la disoccupazione. Il presidente degli Stati Uniti sta giocando tutte le sue carte con la riforma del sistema sociale nazionale. Quando si opera su una riforma di così grande portata è inevitabile che ci siano delle differenze e delle polemiche, ma Obama intende affrontare una questione storica, quella di dare un servizio sanitario a tutti gli americani, anche ai quei 50 milioni di poveri, che la società del consumo ha lasciato fuori dalla porta. Di ciò e della sua capacità di riforma bisogna dargli atto.

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La crisi è al punto di svolta, ma la ripresa sarà lunga (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: I commenti data: 06/08/2009 - pag: 2 autore: di Giovanni Cossiga L'analisi La crisi è al punto di svolta, ma la ripresa sarà lunga La Fed aveva nei mesi scorsi previsto che entro l'anno la disoccupazione Usa avrebbe toccato il 10%. La conferma della discesa della disoccupazione sotto il tetto psicologico del 10% è per così dire stemperata della ripresa alle porte. Sarà in ogni caso una ripresa lenta e la riconquista del vigore dell'economia ante crisi sarà lungo. A guardare il passato, le conseguenze sull'economia di una crisi finanziaria hanno le caratteristiche citate dalla Fed: recovery lenta e tempi lunghi per riprendere il treno ante crisi. La crisi del '29 ha prodotto una recessione gravissima a livello mondiale che si è protratta dieci anni; il Giappone dopo la crisi finanziaria di fine anni 80 è caduto in una fase economica stagnante e deflazionistica durata fino all'inizio del secolo. Ma è davvero inevitabile che l'America e l'Europa cadano in una lunga fase di economia stagnante e non c'è rimedio a queste evenienze? Forse il problema non è posto in termini corretti. In concreto, la questione che ci angoscia, come per gli Aztechi la paura che il sole non sorga, è che la ripresa dell'economia, il sole dal quale fiorisce il lavoro e il benessere, non si presenti all'appuntamento. Ma siamo certi che l'economia ciclica, cioè l'attività economica che procede per riprese del ciclo seguite da crisi, sia tuttora la sequenza normale dello sviluppo dell'economia? Le recenti vicende dell'economia mondiale non seguono più il ciclo classico di Schumpeter e le crisi ricorrenti dell'economia mondiale non sono il ristagno creativo descritto dall'economista tedesco. Sono piuttosto l'esito di bolle speculative finanziarie che squassano l'andamento dell'economia reale. Se le cose stessero così, non dobbiamo attenderci che il sole dell'economia risplenda di nuovo forte salvo poi entrare di nuovo in recessione. In assenza del ciclo classico nel futuro dell'economia, le previsioni econometriche possono dare segnali contraddittori, compreso l'ipotesi di un ritardo pluriennale della forza della ripresa che indicherebbe solo l'inaffidabilità delle previsioni. In quest'incertezza, qualcosa appare certa. La terapia del sostegno dell'economia con poderosi apporti del bilancio pubblico ha indubbiamente evitato che la recessione si avvitasse su se stessa, ma non sembra avere buon gioco sulla fase del rimbalzo. La terapia di Obama è buona ma ha esaurito le sue potenzialità. Un aggravio ulteriore dei bilanci pubblici sarebbe deleteria per la fase di recupero in corso. A questo punto conviene avere fiducia nelle capacità dell'economia di curare i danni inferti dalla crisi speculativa e finanziaria.

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Sudcorea, polizia antisommossa espugna una fabbrica occupata (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Sudcorea, polizia antisommossa espugna una fabbrica occupata PYEONGTAEK (COREA DEL SUD) La polizia sudcoreana in tenuta antisommossa ha caricato duramente i lavoratori in sciopero della fabbrica di auto Ssangyong a Pyeongtaek, ad una ottantina di chilometri a sud di Seul. La polizia, che ha usato gli elicotteri per scendere sui tetti occupati dai lavoratori, ha disperso un sit-in di operai che chiedevano il salvataggio dei posti di lavoro. La Ssangyong, la più piccola delle case automobilistiche sudcoreane, è in grave crisi finanziaria e ha deciso di licenziare più di un terzo delle sue 2.600 maestranze. 600 licenziandi hanno occupato la fabbrica negli ultimi 70 giorni provocando un danno economico di oltre 245 milioni di dollari.

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I doveri del nuovo Mezzogiorno (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-08-06 - pag: 1 autore: NORD-SUD I doveri del nuovo Mezzogiorno di Ivan Lo Bello L' attribuzione dei fondi Fas alla Sicilia (con alcune discutibili utilizzazioni) è stata salutata da un coro di consensi, che rischia di generare nell'opinione pubblica del Sud pericolose illusioni e rilanciare un vecchio armamentario ideologico fatto di rivendicazionismo e vecchio meridionalismo. Acquista forza l'idea che un aumento delle risorse economiche possa favorire di per sé un riequilibrio tra Nord e Sud del paese; il vecchio "meridionalismo quantitativo" sembra celebrare la sconfitta delle migliori e più innovative riflessioni e proposte. La classe dirigente meridionale, con alcune rilevanti eccezioni, sembra del tutto ignara dei grandi cambiamenti che a partire dall'inizio degli anni 90 hanno sconvolto il nostro mondo e modificato in profondità gli equilibri economici, politici e sociali del nostro paese. A partire da quegli anni si rompe un patto non scritto tra Nord e Sud che con particolare rilievo negli anni 80, con l'ombrello del crescente debito pubblico, aveva garantito al Sud i trasferimenti necessari ad alimentare il dominante sistema assistenziale/ clientelare, e al Nord le svalutazioni competitive che allontanavano nel tempo le necessarie ristrutturazioni dell'apparato produttivo. Quel patto si rompe con tangentopoli e la crisi finanziaria e morale dei primi anni 90, con il rilancio del percorso d'integrazione europea, con la scommessa dell'euro; la rottura si approfondisce con il cambio repentino del paradigma tecnologico, con l'emergere dalla fine degli anni 90 della concorrenza dei grandi giganti asiatici. Continua u pagina 5 l'articolo prosegue in altra pagina

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California. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-08-06 - pag: 8 autore: California. Giornalista del Sole racconta come lo stato sull'orlo della bancarotta ha sostituito il suo credito fiscale con un «pagherò» La cambiale di Schwarzenegger Promesse di pagamento a centinaia di migliaia di contribuenti e fornitori Daniela Roveda LOS ANGELES Il fisco della California mi deve 2.737 dollari. Ma non li ha.E così venerdì scorso anch'io, come altri 228mila residenti californiani, ho ricevuto in una busta che porta il sigillo dell'economia più grande d'America e il nome del governatore più forte del mondo, Arnold Schwarzenegger, una cambiale con scadenza 2 ottobre 2009. A onor del vero la cambiale è accompagnata da una letterina di scuse, con richiesta di commiserazione, del tesoriere statale John Chiang: «Sono veramente spiacente di questo inconveniente, e apprezzo la sua comprensione: sono impegnato a gestire la crisi finanziaria più grave dalla Grande Depressione». John Chiang mi informa anche che "alcune" istituzioni finanziarie offrono ai propri clienti il servizio di incassare le cambiali prima della scadenza. La signorina allo sportello della mia banca, First Entertainment Credit Union, mi informa gentilmente che purtroppo loro non offrono questo servizio. «Provi altrove », mi dice senza convinzione. Sa benissimo che non c'è neanche una banca in California disposta ad accollarsi il rischio di incassare una cambiale- nemmeno del risibile importo di 2.737 dollari - e trovarsi in mano solo pugni di mosche. Lo stato della California è in rovina. Anche se non è del tutto vero che nessuno incassa i registered warrants californiani: i pescecani e gli usurai hanno fiutato l'affare. Seguo il consiglio di un conoscente e vado su eBay e Craigslist, cerco sotto Iou (acronimo onomatopeico di "I owe you", ovvero "ho un debito nei tuoi confronti") e trovo una lunga lista di annunci del tipo «I pay cash today... for your Ious» oppure «buying california Ious at 95 cents on the dollar». Al fine di una breve indagine concludo che nessuno è disposto a darmi più di 2.184 dollari, l'80% del valore nominale della mia cambiale. Una cambiale che frutta un tasso di interesse del 3,75% annuo. Eppure, penso, la crisi finanziaria dovrebbe essere stata risolta quindici giorni fa quando il Parlamento californiano aveva sanato un deficit da 26 miliardi di dollari con un mix di tagli alle spese e acrobazie contabili (essenzialmente rinvii di pagamenti al prossimo anno). Proprio per questo motivo i mercati finanziari e le banche non hanno creduto che la crisi sia risolta: le acrobazie contabili rimandano il problema al futuro. E quella manovra da 26 miliardi è la seconda dell'anno: il Parlamento aveva utilizzato previsioni irrealistiche sulla crescita economica a febbraio, quando aveva chiuso il precedente buco da 46 miliardi. Quattro mesi dopo ha dovuto fare i conti con entrate più basse del previsto; forse fra quattro mesi si troverà nella stessa situazione. Chiang, iltesoriere più umiliato d'America, ha già detto che dovrà emettere altri 2,2 miliardi di dollari di cambiali in agosto oltre al miliardo già emesso in luglio. Chissà se riuscirà a sopravvivere alla ribellione dei californiani: la proprietaria di una fabbrica tessile, Nancy Baird della EmbroidMe di Paso Robles, gli ha già fatto causa per avere ricevuto una cambiale da 28mila dollari come pagamento per le uniformi fornite alla California National Guard. La signora Baird ha pianto in macchina quando ha aperto la busta con la cambiale, non ha soldi per pagare i dipendenti e forse dovrà chiudere la fabbrica. Nel mio caso, il tesoriere Chiang mi deve soldi perché ho versato più tasse del dovuto: in California il primo di due pagamenti annui al fisco è basato su una stima delle tasse calcolata in base alle dichiarazioni passate; in un anno di recessione e di redditi in calo, sono migliaia i contribuenti che hanno pagato troppo. Alcuni californiani hanno escogitato una forma di disubbidienza civile adatta alla circostanza: in aprile pagheranno le tasse al fisco californiano con una cambiale. Forse mi conviene unirmi a loro. © RIPRODUZIONE RISERVATA SITUAZIONE IMBARAZZANTE Le banche non accettano il certificato e sul web si moltiplicano le offerte di acquisto con lo sconto: 2.184 dollari per un titolo da 2.737

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LE CASSE SONO VUOTE (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-08-06 - pag: 8 autore: LE CASSE SONO VUOTE Cambiali di stato Nell'immagine in alto,la cambiale inviata dallo stato della California a Daniela Roveda come forma di pagamento del rimborso fiscale da 2.737 dollari In basso, la lettera di accompagnamento del tesoriere dello stato, John Chiang, con le istruzioni per utilizzare la cambiale, le informazioni sugli interessi (3,75% annuo), i recapiti ai quali rivolgersi per avere assistenza e le scuse per il disagio causato ai contribuenti AP/ LAPRESSE Il tesoriere più sfortunato John Chiang ( nella fotoa sinistra), del Partito democratico, è stato eletto tesoriere della California alla fine del 2006 ed è in carica dal gennaio 2007. Nella lettera di accompagnamento delle cambiali spedite ai creditori, Chiang (47 anni) si scusa: «Sono veramente spiacente di questo inconveniente, e apprezzo la sua comprensione. Sono impegnato a gestire la crisi finanziaria più grave dalla Grande Depressione»

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Carceri costrette a liberare 43mila detenuti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-08-06 - pag: 8 autore: SOVRAFFOLLAMENTO Carceri costrette a liberare 43mila detenuti Los Angeles La crisi della California ha messo in mezzo a una strada insegnanti, infermieri, assistenti sociali e funzionari pubblici: adesso tocca a 43mila detenuti per ordine di un tribunale federale. Un rapporto di 185 pagine ha concluso che le condizioni inumane delle carceri californiane - letti a castello a tre piani stipati nelle palestre e nei corridoi, malattie infettive dilaganti, un decesso al mese imputabile al sovraffollamento - inducono i prigionieri a commettere ancor più crimini. L'ordine di abbassare del 27% i carcerati nei prossimi due anni è stato imposto da una commissione di tre giudici incaricati da Washington di indagare sulla questione, in seguito a una serie di cause contro le carceri avviate da numerosi prigionieri. L'ingerenza del governo Usa nelle questioni interne della California ha irritato le autorità locali, già impegnate a superare una ingestibile crisi finanziaria. Il Parlamento ha deciso tre settimane fa di tagliare 1,2 miliardi di dollari dagli stanziamenti per il sistema carcerario al fine di sanare il deficit da 26 miliardi di dollari. La California ha annunciato che farà appello e porterà il caso alla Corte Suprema. Nel frattempo dovrà presentare un piano su come intende obbedire alle direttive federali entro metà settembre. Nemmeno l'intervento del governo Usa potrà però risolvere il problema del sovraffollamento: anche dopo il rilascio dei 43mila carcerati, i detenuti scenderanno a 115.080, superando i posti disponibili del 37 per cento. D. Ro. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Intesa chiede tempo all'Antitrust (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-06 - pag: 27 autore: Governance. Lo slittamento a inizio 2010 consentirebbe alla Banque Verte di beneficiare delle modifiche ai principi Ias Intesa chiede tempo all'Antitrust La banca domanda una proroga della procedura sul patto tra Agricole e Generali MILANO Tutti d'accordo. Nel chiedere una proroga della procedura antitrust sull'ipotesi di accordo tra Crédit Agricole e Generali relativo a Intesa Sanpaolo . A presentare ufficialmente la richiesta è stata la banca italiana che è l'oggetto della procedura, nonchè soggetto interlocutore dell'Authority presieduta da Antonio Catricalà che dovrebbe decidere oggi se accoglierla. La richiesta, che è stata separatamente avanzata anche da Generali nella memoria depositata qualche giorno fa e condivisa nella sostanza dall'Agricole, prende spunto da una questione tecnica. Il procedimento di inottemperanza degli impegni presi in occasione della fusione tra Intesa e Sanpaolo era stato aperto dall'Antitrust lo scorso 14 maggio dopo la definizione, a fine aprile, di un patto di consultazione tra i due storici azionisti di Intesa. L'accordo, che prevedeva tra l'altro la presentazione di una lista comune per il rinnovo degli organi sociali dell'istituto partecipato, non aveva però passato il vaglio dell'Antitrust: non era compatibile con i paletti fissati ai tempi che prevedevano il progressivo disimpegno dal capitale di Intesa dei francesi e nel frattempo nessuna partecipazione alla governance della banca. L'Authority garante della concorrenza avrebbe dovuto concludere il procedimento, con una valutazione nel merito, entro il prossimo 10 ottobre. Poco dopo Agricole e Generali avevano deciso di sospendere l'efficacia del patto, mentre il presidente e l'amministratore delegato della compagnia triestina, Antoine Bernheim e Giovanni Perissinotto, avevano evitato, per opportunità, di partecipare ai consigli di Intesa. Nel frattempo, a fine giugno, era stata formulata una nuova ipotesi di accordo, di "preventiva consultazione" tra i due soci su argomenti di interesse strategico, che comunque l'Authority, di nuovo, non aveva ritenuto conforme agli impegni, estendendo anche a questa seconda versione "soft" la procedura già avviata. Proprio per questo Intesa Sanpaolo ha chiesto lo slittamento dei termini fino agli inizi del 2010. Nella sostanza, ciò dovrebbe permettere all'Agricole di poter beneficiare della modifica dei principi Ias, prevista entro fine anno, per evitare di dover registrare una minusvalenza dell'ordine di 1,5-2 miliardi sulla residua partecipazione in portafoglio della banca italiana. Dipenderà dalla formulazione esatta della modifica ai principi contabili se sarà possibile evitarlo. Tuttavia il problema per l'Agricole non sarebbe ancora risolto del tutto. Già oggi la sua partecipazione in Intesa avrebbe dovuto essere inferiore al 5% (è invece del 5,8%), ma soprattutto la quota dovrebbe scendere sotto il 2% entro fine anno. La banca francese potrebbe invocare l'eccezionalità del momento sui mercati finanziari (come in effetti ha fatto) e seguire le orme di UniCredit, che sulla quota in Generali ha chiesto e ottenuto una dilazione dei tempi stabiliti originariamente dall'Antitrust per la vendita del pacchetto. L'effetto sarebbe il congelamento dei diritti di voto sulle azioni oltre il 2% detenute dall'Agricole (la prossima primavera, tra l'altro, saranno da rinnovare i consigli di Intesa). Non è chiaro però chi dovrebbe chiedere la sospensione dell'obbligo di vendita, dal momento che formalmente è Intesa il garante degli impegni presi con l'Antitrust. E all'estremo, è la stessa Intesa che rischia una multa milionaria. L'Antitrust, dunque, deciderà oggi sulla proroga: non dovrebbero esserci motivi per non concederla. Guadagnando tempo, la speranza è che l'intricata matassa si possa sbrogliare da sola senza patti, nè pesanti nè leggeri. A.Ol. GLI SVILUPPI Anche Trieste e i francesi appoggiano la richiesta La decisione dell'Authority presieduta da Catricalà è attesa per oggi

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Deutsche punta a Sal Oppenheim (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-06 - pag: 28 autore: Credito. La banca privata specializzata nella gestione di patrimoni è azionista di Mediobanca con l'1,71% Deutsche punta a Sal Oppenheim Il colosso di Francoforte in trattative per una quota di minoranza Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente La Germania è in vacanza, ma la grave crisi finanziaria ed economica non lascia tregua al mondo bancario tedesco. Ieri Deutsche Bank ha annunciato che sta valutando la possibilità di acquistare una partecipazione nella banca privata Sal. Oppenheim, specializzata nella gestione di patrimoni. I negoziati sono a uno stadio preliminare. Deutsche Bank ha firmato un accordo non vincolante che le permetterà di effettuare un'analisi contabile del bilancio di Sal. Oppenheim. La banca tedesca con sedea Lussemburgo,azionista di Mediobanca con l'1,71%, è stata al centro di voci incontrollate negli ultimi mesi se è vero che non sono mancati dubbi sul suo stato di salute. «L'intesa strategica dovrebbe servire per permettere ai clienti di Sal. Oppenheim di avere accesso alla rete globale di Deutsche Bank. Nel contempo, l'accordo darebbe modo alla stessa Deutsche Bank di rafforzarsi nella gestione della clientela più benestante, soprattutto in Germania», ha detto l'istituto di credito francofortese in un comunicato. Ufficialmente, le due banche non hanno precisato l'ammontare della possibile quota di Deutsche Bank in Sal. Oppenheim. Ieri a Francoforte circolavano voci secondo le quali, almeno in un primo momento, la partecipazione potrebbe essere importante ma inferiore al 50%. La verità è che molto dipenderà dai risultati della due diligence. Sal. Oppenheim, la cui nascita risale al 1789, gestisce attività per 132 miliardi di euro e ha 4mila dipendenti. Il suo bilancio è di 41 miliardi di euro, e ha chiuso il 2008 con una perdita di 117 milioni di euro, la prima dalla fine della Seconda guerra mondiale. L'intesa con Deutsche Bank giunge quindi in un momento di difficoltà per Sal. Oppenheim. è da dire che i suoi proprietari nel dicembre dell'anno scorso hanno messo a disposizione della banca circa 200 milioni di euro. La società è stata coinvolta in alcuni investimenti rischiosi, in particolare con una quota del 24,9% nel gruppo di grandi magazzini Arcandor . Quest'ultimo ha annunciato nei mesi scorsi istanza di fallimento. L'annuncio di ieri si inserisce anche in una strategia di lungo termine per Deutsche Bank che negli ultimi anni sta rafforzando la sua presenza in Germania. Troppo esposto sui mercati finanziari internazionali, l'istituto francofortese vuole rafforzare le sue radici nel suo paese. Tra le altre cose ha acquistato una quota in Postbank, la prima banca tedesca per numero di clienti. è ancora troppo presto per prevedere il tipo di accordo tra Deutsche Bank e Sal. Oppenheim e individuare gli eventuali risvolti italiani, tenuto conto della quota di quest'ultima in Mediobanca e della già radicata presenza in Italia del gruppo guidato da Josef Ackermann. Per ora la partita è tutta tedesca, un nuovo tassello nel processo di consolidamento del mercato bancario. © RIPRODUZIONE RISERVATA LO SCENARIO Il gruppo nel mirino di Josef Ackermann ha chiuso il 2008 con perdite per 117 milioni ed è socio della catena Arcandor in fallimento Trattativa. Matthias von Krockow, Ceo di Sal Oppenheim: Deutsche Bank potrebbe entrare nel gruppo AP/ LAPRESSE

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Per SocGen risultati oltre le previsioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-06 - pag: 28 autore: Semestre in attivo per soli 31 milioni: pesano gli oneri dovuti alle perdite sui derivati Per SocGen risultati oltre le previsioni Leonardo Martinelli PARIGI Ha chiuso il primo semestre in attivo solo per un soffio (utile netto di 31 milioni di euro). Ma i dati finanziari presentati ieri da Société Générale , il colosso bancario francese, hanno soddisfatto gli analisti, che alla vigilia avevano previsto uno scenario decisamente peggiore. E così ieri il titolo è volato alla Borsa di Parigi, chiudendo la giornata in rialzo di oltre il 6%, a quota 49 euro. Numero due degli istituti francesi per la capitalizzazione, dietro a Bnp Paribas , che nel secondo trimestre ha realizzato un utile netto superiore a 1,6 miliardi di euro, SocGen sta perdendo per il momento la sfida con l'eterno rivale: nel periodo aprile-giugno i profitti prima delle imposte hanno raggiunto 309 milioni di euro, in flessione del 52% su base annua. La banca è stata penalizzata da oneri straordinari per 1,3 miliardi dovuti soprattutto alle perdite sui derivati e alle svalutazioni degli asset a rischio. Nello stesso periodo gli accantonamenti per i crediti in sofferenza hanno totalizzato 1,1 miliardi di euro, in calo rispetto al primo trimestre (1,3 miliardi), ma sempre una bella (e preoccupante) cifra. «Il costo del rischio resterà elevato pure nel secondo semestre, non ci dobbiamo fare illusioni», ha sottolineato ieri Frédéric Oudéa, amministratore delegato, che dal maggio ha preso le redini del gruppo al posto di Daniel Bouton, criticato per la gestione dello scandalo del «trader impazzito » Jerome Kerviel e del difficile periodo successivo di crisi finanziaria internazionale. Le sofferenze che gravano sulla banca riguardano sia il credito al consumo che il finanziamento delle forniture di beni strumentali alle imprese. In quest'ultimo settore SocGen si trova particolarmente esposta in Germania e soprattutto in Russia ( a questo Paese fa riferimento la metà dei crediti a rischio registrati fuori dai confini francesi). Quanto alle attività di investment banking, nell'occhio del ciclone a partire dal patatrac Kerviel, va detto che le cose stanno migliorando sempre più. Le perdite nel secondo trimestre si sono limitate a 12 milioni, invece dei 180 dello stesso periodo del 2008. Intanto SocGen non esclude nuove acquisizioni, nel campo delle banche private, «nei Paesi emergenti, se ci saranno le possibilità », ha specificato Oudéa. Ieri ha presentato i suoi conti anche il gruppo assicurativo Axa , che nel primo semestre ha realizzato un utile netto di 1,32 miliardi di euro, in calo del 38% su base annua: una performance comunque migliore del previsto. E davvero soddisfacente rispetto al rosso di oltre un miliardo accumulato negli ultimi sei mesi del 2008. Il titolo ha chiuso ieri a quota 15,6 euro, in rialzo dell'1,7 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA I CONTI AXA La compagnia assicurativa inverte la rotta e torna in positivo: profitti semestrali per 1,32 miliardi dopo il rosso dei sei mesi finali del 2008

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Il peso della politica nella crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-06 - pag: 31 autore: INTERVENTO Il peso della politica nella crisi di Antonello Zunino A distanza di due anni dallo scoppio della più grave crisi economica che abbia colpito l'intero pianeta, la ricerca sulle cause che l'hanno provocata e sui rimedi per risolverla non solo non sono terminati ma sembra voler individuare ogni giorno nuovi elementi emotivi. A questa affannosa ricerca sembra che manchi un tassello, specie per poter individuare meglio i rimedi futuri. è stato scritto che la crisi del 1929 ebbe origini eminentemente politiche e che, prima il presidente Hoover e poi anche F. D. Roosevelt commisero errori tali da trasformare una grande recessione in una depressione che la storia ci dice essere stata risolta soltanto con la necessità di ricostruire gran parte del mondo dal cataclisma della seconda guerra mondiale e dai bisogni di ogni genere da soddisfare che il conflitto stesso aveva generato. Una crisi economica che durò praticamente vent'anni e una caduta dei mercati finanziari che rividero i vecchi massimi nel 1951. Ci sembra un'analisi importante semplicemente perché se non si individuano correttamente tutte le cause di una crisi si rischia di apportare a quella che viviamo rimedi errati o insufficienti. Per questo non ci sembra inutile sottolineare che almeno altre due crisi "gravi", ossia la prima (1973-75) e la seconda (1979-81) crisi "petrolifere ebbero anch'esse una apparente miccia bellica ma una comune origine politica. Le micce belliche furono, nel primo caso la guerra del Kippur tra Israele e l'Egitto e, nel secondo, l'invasione dell'Iran da parte dell'Iraq. Ma la polveriera che saltò per aria era in realtà di origine politica ed aveva un nome famoso "Accordi di Bretton Woods", ossia un patto firmato dai futuri paesi vincitori sotto la pressione americana, per un nuovo ordine monetario e istituzionale mondiale, dopo un periodo di caos che durava dal 1931. Alcune delle maggiori crisi vissute dal capitalismo ebbero dunque radici specificamente politiche. Il dubbio che anche in questa crisi possa avere avuto almeno un certo ruolo sembra non sfiorare la mente di nessuno. Ma, attenzione, perché se la diagnosi della crisi fosse volutamente sbagliata per ridare alla politica un ruolo determinante, sarà il tempo a dimostrarci a che anche le cure più massicce non saranno servite a nulla. Innanzitutto concordiamo sul fatto che l'origine dello sconquasso sia stata la crisi immobiliare americana alla quale fu data specie dalla Federal Riserve, ma in parte, anche dal Congresso, un rilievo ben inferiore alla gravità che rappresentava, sostenendo per lungo tempo, sia che il settore rappresentando solo il 15% del Pil, non potesse causare danni seri all'economia, sia che molte aree fossero immuni da possibili "bolle". Un bell'errore politico - istituzionale. Quel che poi hanno fatto le banche per rovesciare i rischi assunti per incassare " bonus" stellari sul pubblico e sulle proprie controparti è storia nota che non possiamo che definire "pirateria finanziaria" per la cui punizione stiamo sempre attendendo un'applicazione del Codice Penale ben diversa da quella vista finora ma forse anche impossibile perché, risali, risali, forse finiremmo anche alla Casa Bianca. Dunque escludiamo questo legittimo desiderio dalle misura attese. Comunque, quel che hanno fatto le banche è stato possibile per la totale mancanza di controlli, soprattutto quantitativi, degli strumenti "innovativi" da parte della Federal Riserve, della Consob, per quanto concerne il mercato, delle Agenzie di rating per la disinvoltura (o ignoranza) nel dare i voti giusti alla carta che veniva messa in circolazione. A questo punto, creare un sistema di controlli efficiente, snello e quasi in tempo reale, sembrerebbe il minimo che si possa chiedere. Ma, di fatto, non è così semplice come sembra. Innanzitutto perché l'idea di castrarele banche proponendo che divengano "banche commerciali" il cui unico lucro sarebbe la differenza tra tassi attivi e tassi passivi avrebbe conseguenze disastrose specie per i risparmiatori. " In primis "vivrebbero in regime di usura", in secondo luogo, dato che gli utili crollerebbero, le azioni in loro possesso non potrebbero mai più sperare di rivedere neppure una parte del prezzo pagato nella fase di crescita,in terzo luogo perché assisteremmo anche a un'ingiustizia sospetta, visto che, in generale, i disastri maggiori li hanno provocati le banche d'affari che già sembrano riprosperare. Poiché abbiamo sempre pensato che la vendetta non paghi, la nostra visione è esattamente opposta. Le banche del futuro dovrebbero invece essere autorizzate a negoziare anche beni e servizi, purché quotati su un mercato regolamentato,integrando l'attività di fondo che deve mirare al medio - lungo termine con quella del normale trading che produce utili per la clientela. Detto questo, diciamo che, quantitativamente, tutti i Governi e le Banche Centrali hanno stanziato tutti i fondi necessari al superamento della crisi. Ora ne aspettiamo l'utilizzo che, se, pieno e saggio non potrà non dare una bella spinta per l'uscita definitiva dal tunnel; che sia prima l'America ed il Far Est o l'America Latina, ed ultima l'Europa, non ci sembra grave, anche perché lo sfasamento sarà di alcuni mesi. Quanto ai pericoli giudichiamo reale quello inflazionistico se il graduale rientro della colossale liquidità immessa nei mercati non marcerà in sintonia con i ritmi della ripresa. Se rimarrà inutilizzata troppa moneta in un mondo che ancora non conosciamo bene lo spettro di un piccolo "Weimar" non deve essere sottovalutato. Tuttavia per noi il pericolo maggiore è nel sentimento che la politica ritenga di aver ottenuto la sua rivincita sui mercati e che riescaa convincere i risparmiatori che in fondo, dove c'è di mezzo lo Stato c'è più sicurezza e protezione. Spesso la memoria è corta e nessuno si chiederebbe più come mai l'Italia ha raggiunto il più mostruoso rapporto Debito/Pil, né come visse il mondo sotto l'esperimento comunista. Perciò invitiamo tutti a ricordarsi che cosa ci ha dato il famoso modello anglosassone dalla rivoluzione industriale a oggi; oltre al benessere l'allungamento progressivo della vita media ed il godimento della libertà. Per ultimo, si pensi a collegare i famosi parametri di Maastricht, con altri parametri come, ad esempio, la crescita o decrescita del P.I.L. in modo che quei parametri possano, adattandosi alle mutevoli condizioni dei cicli, essere rispettati senza ridicolizzare, come sta accadendo, un Trattato che ha avuto anche dei meriti. L'autore è consigliere d'amministrazione di Mediolanum LE COLPE L'avvio è stato favorito dalla sottovalutazione data alla tempesta da Congresso Usa e Federal Reserve

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Boom di scambi su Unicredit (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 06/08/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Boom di scambi su Unicredit A tirare la volata è solo Unicredit , con una chiusura a più 3,93%. Per il resto Piazza Affari ha vissuto una giornata che, dall'avvio brillante in mattinata, si è via via spenta sulla scia delle altre piazze europee e soprattutto di Wall Street, penalizzata dalla discesa inferiore al previsto del numero di disoccupati negli Usa e dall'inatteso calo dell'indice sull'andamento dei servizi. L'Ftse Mib ha terminato a meno 0,02% e l'Ftse All Share a meno 0,08%. Fra le blue chip, gli scambi sono stati molto forti su Unicredit (con 747,6 milioni di pezzi trattati, pari al 4,4% del capitale) dopo che il gruppo guidato da Alessandro Profumo ha incassato i giudizi lusinghieri di Natixis, che ha alzato il prezzo obiettivo da 2 a 2,2 euro, e Chevreux, che ha indicato un giudizio «outperform» prevedendo un rendimento del titolo superiore all'indice di Borsa. Tra gli altri bancari, in difficoltà Ubi (meno 2,11%), Bpm (meno 0,92%), Mediobanca (meno 0,41%) e Intesa Sanpaolo (meno 0,38%). Di segno opposto l'andamento di Atlantia (più 2,25%) premiata dai buoni risultati del semestre e dai pareri degli analisti: Credit Suisse ha alzato il target price da 20 a 22 euro, con giudizio «outperform», e Natixis ha rivisto il prezzo obiettivo da 14,5 a 16,5 euro con giudizio «add». In evidenza anche Autogrill (più 3,63%), alla vigilia dei conti, Prysmian (più 3,30%), Astaldi (più 6,78%), Buongiorno (più 1,24%) dopo i conti del semestre e la «promozione » da parte di Intermonte. Effetto vacanze In forte progresso sia Atlantia (l'ex Autostrade) che Autogrill

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Dopo il salvataggio Aig torna a volare (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 06/08/2009 - pag: 39 Il caso a New York Dopo il salvataggio Aig torna a volare (fa. chi.) L'attesa per i risultati del trimestre terminato a giugno ha messo letteralmente le ali ad American International Group. Il colosso americano delle assicurazioni, che era leader mondiale prima della crisi ed è stato salvato dal fallimento grazie a 180 miliardi di dollari di aiuti pubblici, è balzato a Wall Street del 62,72%. I conti del periodo dovrebbero dare segnali di stabilizzazione per la prima volta in cinque trimestri. A fare da traino al titolo anche l'ottimismo sulla nomina del nuovo amministratore delegato, Robert Benmosche, che assumerà l'incarico il prossimo 10 agosto. Edward Liddy, ceo di Aig

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Gemina in rialzo sui risultati di Adr (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 06/08/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Gemina in rialzo sui risultati di Adr ( g.r. ) La riduzione del network Alitalia su Fiumicino si è fatta sentire sui conti di Aeroporti di Roma, che nel primo semestre ha visto diminuire il traffico passeggeri del 6,3%. I ricavi sono così diminuiti del 2,5%, a 263,1 milioni di euro, mentre l'utile operativo è calato del 5,8%, meno di quanto stimato dagli analisti finanziari. Tanto che a Piazza Affari i titoli del gruppo Gemina, cui fa capo Adr, hanno chiuso la giornata con un guadagno del 2,85% a 0,56 euro. La società però guarda avanti: dopo essersi assicurata il ritocco delle tariffe ha aperto la gara internazionale per il progetto di sviluppo di Fiumicino. Fabrizio Palenzona, presidente di Adr

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Lavoro e flessibilità (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Ago 09 6 Lavoro e flessibilità Pubblicato da Andrea Garbin alle 13:43 in Giovani e lavoro Lo spunto me lo offre la vicenda dell'Insse e il commento di Luciano Gallino su Repubblica. Fino all'anno scorso si discuteva animatamente di lavoro e flessibilità, sembrava la parola magica capace di cambiare la nostra situazione lavorativa. Se ne parlava tanto sopratutto come possibile risoluzione della disoccupazione giovanile, sicuramente è capitato anche a me di parlare della flessibilità e di esaltare questo concetto insieme ai discorsi sulla ricerca attiva del lavoro e alla definizione dell'obiettivo professionale. La crisi attuale ci ha messo con le spalle al muro e ci sta facendo scoprire come siamo totalmente scoperti di fronte alla perdita del posto di lavoro, è solo un problema attuale o è stato solo acutizzato dalla crisi finanziaria e dalle sue conseguenze? Propendo per questa seconda ipotesi e condivido anche l'assunto di Gallino sul lavorare meno ma lavorare tutti, ovviamente accompagnato da una riforma degli ammortizzatori sociali e anche dal reddito di cittadinanza, altrimenti perchè chiamarci stato sociale e condividere i dettati costituzionali?

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Unipol: nei primi sei mesi utile netto a 63 mln, +2,9% patrimonio netto (sezione: crisi)

( da "Finanza.com" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Unipol: nei primi sei mesi utile netto a 63 mln, +2,9% patrimonio netto (6 Agosto 2009 - 18:03) MILANO (Finanza.com) - Il gruppo Unipol chiude il semestre in nero. La compagnia di polizze di Bologna ha riportato nei primi sei mesi dell'anno un utile netto di 63 milioni. Il dato è decisamente più basso rispetto ai 250 milioni dei primi sei mesi di un anno fa. Bene il patrimonio netto di pertinenza cresciuto del 2,9% a 3.531 milioni. “In un semestre ancora profondamente segnato dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica – ha sottolineato l’Amministratore Delegato Carlo Salvatori - il Gruppo UGF ha saputo adattare con coerenza al nuovo contesto le strategie a suo tempo individuate". (Riproduzione riservata)

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Unipol, scende utile nel primo semestre (sezione: crisi)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 06-08-2009)

Argomenti: Crisi

Unipol, scende utile nel primo semestre (Teleborsa) - Roma, 6 ago - Il Consiglio di Amministrazione di Unipol Gruppo Finanziario, riunitosi oggi, ha approvato la relazione finanziaria semestrale consolidata al 30 giugno 2009. Lo si legge in una nota. Il semestre si è chiuso con un utile netto consolidato pari a 63 milioni di euro (-74,6% rispetto ai 250 del primo semestre 2008, realizzati in un contesto di mercato notevolmente diverso). Il risultato del conto economico complessivo, che considera anche gli utili/perdite sulle attività finanziarie disponibili per la vendita (AFS), è positivo per 133 milioni di euro, contro i 97 milioni negativi registrati al 30 giugno del 2008. Il patrimonio netto di pertinenza del gruppo è salito del 2,9% a 3.531 milioni. La situazione di solvibilità è rimasta in linea con quella registrata a fine 2008 (circa 1,25 volte i requisiti minimi richiesti). Il comparto Danni vede una crescita delle denunce dei sinistri Auto e un incremento, per oltre 30 milioni di euro rispetto al primo semestre 2008, dei sinistri per eventi atmosferici e calamità naturali (tra cui il terremoto che ha colpito l'Abruzzo). In particolare, il rapporto sinistri a premi si è attestato al 78,3% contro il 73,8% al 30 giugno 2008 e questo, pur in presenza di un contenimento dell'expense ratio dal 22,3% al 21,8%, ha condotto ad un peggioramento del combined ratio del lavoro diretto a 100,0% (contro il 96,1% del 30 giugno 2008) e del combined ratio al netto della riassicurazione al 100,9% (dal 96,2% del 30 giugno 2008). Forte crescita invece per la raccolta del comparto Vita, passata da 1.619 milioni di euro del primo semestre 2008 a 2.772 milioni di euro (+71,2%). Il Gruppo ha confermato prudenti politiche di investimento tese alla tutela del portafoglio, alla coerenza con le passività assunte nei confronti degli assicurati, alla conservazione del capitale economico e al mantenimento di un considerevole livello di liquidità. La consistenza degli investimenti e delle disponibilità liquide è pari nel complesso a 38,1 miliardi di euro (contro i 36,3 al 31 dicembre 2008) dei quali 20,9 relativi ai soli investimenti "assicurativi" (esclusi quelli della ex classe D), i cui redditi finanziari sono scesi a 426,8 milioni di euro (rispetto ai 447 milioni di euro del primo semestre 2008), in seguito ai minori incassi da cedole (causati dai cali dei rendimenti) e dividendi (in seguito ai minori utili distribuiti dalle società partecipate) solo parzialmente compensati dalle minori svalutazioni. "In un semestre ancora profondamente segnato dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica - sottolinea l'Amministratore Delegato Carlo Salvatori - il Gruppo UGF ha saputo adattare con coerenza al nuovo contesto le strategie a suo tempo individuate. Sui rami Danni si sono addensate nubi che sono in parte significativa dipendenti da fattori esterni, rispetto ai quali abbiamo forti azioni mirate di riforma del portafoglio e di razionalizzazione della rete distributiva. Naturalmente, poiché tutte le azioni messe in atto nel nostro settore dispiegano i loro risultati nel tempo e sono in parte condizionate dalla situazione economica, ci attendiamo di vedere i primi effetti positivi nella seconda parte dell'anno e di aver posto solide basi per un pieno recupero dal 2010. Abbiamo inoltre mantenuto il livello di margini attesi dalla nuova produzione Vita. Si sta realizzando con determinazione l'azione di rilancio di UGF Banca, sulla quale si vedono i primi effetti di recupero della redditività. Infine i movimenti di ripresa in atto sui mercati finanziari, seppure in un anno iniziato male e con tassi d'interesse molto bassi, ci stanno permettendo di ottimizzare la gestione finanziaria, rispetto alla quale resta confermata la linea guida della tutela del patrimonio di Gruppo". 06/08/2009 - 17:46

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La crisi peggiora, non perdiamo tempo (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Articolo Sei in Interni 7 agosto 2009 La crisi peggiora, non perdiamo tempo Si dice che il pessimista è un ottimista ben informato, perciò bisogna saper guardare in faccia la cruda realtà per poter proporre delle soluzioni realizzabili. Purtroppo dobbiamo riconoscere che alcuni tra i più importanti ma troppo poco considerati sviluppi globali indicano che è in arrivo una seconda e più pericolosa fase della crisi globale. Fase che andrà ad intaccare a fondo l'economia reale e la stabilità sociale. I grandi media, soprattutto negli Usa, riportano che i recenti profitti monetari registrati da quattro grandi banche americane proverebbero che la ripresa è incominciata. E Larry Summers, direttore del consiglio economico della Casa Bianca, ha sintetizzato che "la crisi è finita". Ma un recente rapporto della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea sottolinea che la «drastica riduzione dei movimenti finanziari internazionali in corso è senza precedenti e potrebbe porre dei rischi seri al commercio e alla finanzia internazionale ». Da ottobre a fine marzo, cioè in sei mesi, i flussi finanziari internazionali (cross-border) sono diminuiti di oltre 2.600 miliardi di dollari, invertendo una tendenza che nei passati decenni era sempre stata in crescita. In altre parole, a seguito della crisi finanziaria ed economica globale le grandi banche, in disperata ricerca di liquidità e con continui tentativi di limitare i rischi, stanno vendendo o abbandonando le loro posizioni estere per concentrarsi sul cosiddetto core business. Questo radicale cambiamento delle banche è poco legato alla decisione di chiudere le loro operazioni meramente speculative, quanto piuttosto alla scelta di operare dentro i confini nazionali al fine di usufruire degli aiuti stanziati dai governi per le megaoperazioni di salvataggio. Ciò forse potrà aiutare le banche a muoversi sui mercati dove il credito scarseggia, ma è senz'altro certo che impatterà negativamente l'economia globale facendo mancare liquidità all'industria e al commercio e minando la tanto attesa ripresa economica. La gravità di questa situazione ha portato persino The Wall Street Journal del 24 luglio a titolare: "Le banche potrebbero creare una minaccia globale". Infatti il commercio mondiale non sta migliorando. A fine maggio i container che muovono beni di consumo, prodotti lavorati e semi lavorati tra l'Europa e l'Asia erano il 20% in meno rispetto all'anno precedente. I dati parlano di un 24% in meno di movimento di container per il 2009, mentre gli armatori praticano già un prezzo per i noli pari alla metà di quello applicato nel 2008. In autunno c'è il rischio che la crisi colpisca ancor più forte le fabbriche, i servizi sociali e i redditi delle famiglie. La Cina resiste in quanto ha messo in campo investimenti importanti per lo sviluppo della sua economia interna, mentre la Russia sembra debba prepararsi a nuove emergenze economiche. Autorevoli fonti industriali russe denunciano l'arrivo di una seconda e più devastante fase della crisi economica che colpirà i settori produttivi e l'occupazione. L'aumento del debito estero dei paesi in via di sviluppo, ma anche dei paesi dell'Europa dell'Est, avrà un ulteriore grave effetto negativo sui loro bilanci e sulle loro economie. Per la prima volta dal 1933, negli Stati Uniti la disoccupazione ha superato la quota del 10%. Nello stato del Michigan, un tempo il centro della produzione dell'auto, il tasso è del 14,1% e nella California, che barcolla sul baratro della bancarotta, è dell'11,5%. Lo stesso vale per l'Europa e per il nostro paese. La Confapi parla di una perdita di 350-450.000 posti di lavoro e la chiusura certa del 2% delle Pmi e di un altro 8% a rischio di fallimento. Alcune banche operanti in Lombardia paventano il rischio di fallimento di una percentuale significativa di Pmi. Per non parlare del Sud dove, oltre alla difficoltà di accedere al credito, la carenza e l'inadeguatezza delle reti ferroviarie, viarie, telematiche, aeroportuali e portuali, accentuano la crisi e le difficoltà delle imprese. Al di là di ogni polemica, dobbiamo riconoscere che per l'economia reale non c'è più tempo da perdere e che è stato fatto troppo poco per sostenere l'occupazione. Gli stimoli non funzionano automaticamente e non nei tempi desiderati. Occorre che lo stato appronti nuovi strumenti per accelerare la concessione del credito necessario e la realizzazione degli investimenti pubblici. Occorre riscoprire non solo lo spirito keynesiano ma anche un ruolo più incisivo dello stato, come ai tempi di Enrico Mattei, per indirizzare e sostenere le strategie di sviluppo industriale e tecnologico sia sul mercato interno che su quello internazionale. Mario Lettieri Paolo Raimondi

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Esperienze di monete complementari (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Ago 09 7 Esperienze di monete complementari Pubblicato da Domenico De Simone alle 02:10 in monete complementari Questo articolo è un estratto dalla Relazione della Presidenza sulle MMLL redatta per il Consiglio del Municipio di Roma che sarà pubblicata per intero a settembre dopo la presentazione all'organo politico che l'ha richiesta. Tuttavia, questa parte è stata redatta da me ed alcuni miei collaboratori e riguarda una breve e sintetica storia delle Monete Complementari nel mondo. Storia certamente lacunosa e estremamente sintetica, ma che rende l'idea di come sia più diffusa di quanto si pensi la coscienza che questo sistema finanziario deve e può essere riformato. Quelle che vedete nella foto sono alcune delle monete complementari tedesche che operano nel circuito del RegioGeld diretto da Margrit Kennedy. Si tratta di monete vere e proprie, per lo più a tasso negativo che circolano in discreta misura ma non ancora tale da incidere in modo significativo sull'economia. Hanno avuto un grande successo se persino il Presidente del Bundestag Tedesco è stato riprso dalla Tv di Stato a fare la spesa con il Berliner. Per ora la Bundesbank e la BCE, che com'è noto stanno a Francoforte non hanno chiesto interventi per stroncare il fenomeno. In un report della Bundesbank si dice che finché la questione rimane in un ambito limitato e locale la circolazione di queste monete può essere tollerata. Nel frattempo, però, è arrivata la crisi.... Viviamo in questi mesi una crisi finanziaria globale i cui esiti, come le precedenti, sono incerti. Di sicuro ciò che viene compromesso in periodi come questo, sono il potere di acquisto delle persone, la capacità delle aziende di accedere al credito (diminuendo la produzione di beni e servizi) e la possibilità da parte degli enti locali territoriali di continuare a garantire servizi. Ed in Italia risulta evidente come siano proprio le comunità locali ad essere fortemente colpite da questa crisi. Negli anni trenta del secolo scorso, proprio per fare fronte localmente ai problemi generati dalla crisi finanziaria globale del 1929, dalle comunità locali nacquero sistemi di scambio non monetario, basati su monete complementari diverse dalla moneta nazionale corrente. In Germania fu fondata (1929) l'Associazione di scambio WÄra, con lo scopo di riattivare l'economia locale colpita dalla crisi. Il sistema di scambio, basato sulla teoria della "moneta libera"1, venne introdotto in una zona della Baviera dove, a seguito della chiusura per bancarotta di una grande miniera, si erano generati alti livelli di disoccupazione e povertà. Uno degli ingegneri dell'Impresa rilevò la miniera, ma poiché non aveva denaro sufficiente per pagare gli operai, decise di usare come forma di pagamento i "WÄra" al 90% ed i marchi tedeschi al 10%. I commercianti locali, vista la scarsità di marchi circolanti, furono forzati ad accettare i "WÄra" in pagamento e l'economia locale riprese a fiorire. La caratteristica tecnica di questa moneta complementare, che ne facilitava l'uso, consisteva nell'alta velocità di circolazione, data dall'obbligo per i portatori della "banconota" di acquistare mensilmente speciali bolli di rinnovo da apporre sulla stessa per mantenerla in validità. Cosa questa che stimolava i possessori a spendere il più velocemente possibile la "banconota", prima di dover pagare il bollo di rinnovo, influendo cosi positivamente sulla circolazione della stessa. Un esperimento simile venne realizzato nel 1932 nella città austriaca di WÖrgl, dove la disoccupazione era aumentata del 30% ed il Comune era indebitato a tal punto da non poter più eseguire la manutenzione ordinaria delle strade. Su iniziativa del sindaco Michael Unterguggenberger, furono stampati 32.000 certificati di lavoro, ad un tasso di interesse negativo (1% mese), che potevano essere convertiti in scellini austriaci al 98% del valore nominale. Meccanismo questo, simile concettualmente a quello della "bollatura" delle banconote nel caso dei Wara tedeschi. A copertura dei certificati venne depositato un importo di pari valore in scellini presso la banca locale, ma questo si rivelò puramente figurativo, perché la moneta complementare circolò autonomamente e nessuno ne chiese il rimborso. In base alla relazione del Sindaco e degli economisti dell'epoca, i certificati si diffusero rapidamente e circolarono tredici volte più velocemente degli scellini, a seguito del meccanismo di emissione a tasso negativo, generando effetti virtuosi su tutta l'economia locale. Il Comune, usando i certificati, poté riprendere a fare spesa pubblica e le imprese fornitrici, immettendo questi in circolazione, alimentarono la capacità di spesa delle famiglie e conseguentemente ridiedero vigore anche al commercio locale. In nemmeno un anno fu azzerata localmente la disoccupazione, ancora elevatissima nel resto del paese. Nello stesso periodo di esempi simili ve ne furono altri in altre parti del mondo, come in Canada, nello Stato di Alberta, dove nel 1936 il Governo locale adottò i "prosperity certificates", simili a quelli austriaci, per poter pagare parzialmente i dipendenti pubblici. Nelle monete "anticrisi" degli anni trenta, è quindi il cd. demurrage, teorizzato da Gesell (in forma di moneta bollata o moneta emessa a tasso negativo), il "motore di circolazione" monetario. Nello specifico, riguardo alla validità teorica e pratica dell'adozione del tasso negativo, va notato che già Keynes si mostrò interessato a questo meccanismo e che nel 2009 sulla stampa nord americana più autorevole - come il New York Times ed il Financial Times - sono apparsi articoli in favore della sua adozione per la moneta ordinaria da parte di esponenti della Federal Reserve statunitense e della Banca Centrale Europea, di famosi professori universitari e consulenti governativi. Inoltre a luglio 2009 la Banca Centrale Svedese ha adottato per la prima volta il tasso negativo sui depositi bancari per le banche commerciali, per scoraggiare il "credit crunch", ovvero l'accumulazione di denaro da parte di queste che strozza il credito a famiglie ed imprese. Dopo un lungo periodo di espansione economica, più recentemente, sempre in contesti di crisi e di conseguente mancanza di disponibilità della valuta nazionale corrente, ricominciarono a svilupparsi sistemi di moneta complementare. Negli anni ottanta, durante la crisi economica, in Inghilterra, dove una forte deindustrializzazione aveva aumentato i livelli di disoccupazione, si svilupparono i cosiddetti L.E.T.S. (Local Exchange and Trade Systems), per favorire gli scambi locali di beni e servizi. Questi sistemi furono in seguito sostenuti dallo stesso Governo inglese e si diffusero poi in tutti i Paesi di lingua inglese, quali gli SS.UU., il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda. Nello stesso periodo in Italia si svilupparono le Banche del Tempo, che però non divennero mai sistemi capaci di gestire oltre allo scambio di servizi anche quello di beni, come quelli diffusi negli altri Paesi2. Nei Paesi di lingua tedesca si svilupparono invece i WIR, come diretti eredi dei sistemi adottati in precedenza negli anni trenta. Negli anni novanta negli SS.UU., nello stato di New York su iniziativa di Paul Glover, nacque "Ithaca Hours", un sistema di moneta complementare che poi si diffuse in diverse migliaia di esperienze e variazioni simili in tutto il Paese e negli altri stati anglofoni. "Ithaca Hours" fu una delle prime monete a non basare la propria emissione sul cambio con la moneta nazionale, per evitare di subire l'inflazione connessa a questa, bensì su indici descrittivi della creazione di ricchezza generata dalla circolazione della moneta locale all'interno della Comunità. Fu inoltre uno dei primi sistemi non monetari a dotarsi di una Associazione di emissione, i cui dirigenti vengono eletti dai partecipanti al Sistema, e ad effettuare attraverso questa, finanziamenti ad interesse zero in moneta locale. Risultò anche molto innovativo uno dei modi con cui la moneta viene immessa nel circuito: infatti all'atto dell'iscrizione all'Associazione, ed ogni anno, al rinnovo di questa, tutti i membri ricevono gratuitamente un quantitativo di moneta locale per poter effettuare gli scambi. Dal 1991 a tutt'oggi sono state emessi diversi milioni di controvalore in dollari, accettati da migliaia di residenti e di aziende, incluso l'ospedale locale, la cui costruzione è stata finanziata in moneta locale. Inoltre, la locale banca federale di credito cooperativo (AFCU), permette ai propri soci di aprire conti correnti e di pagare prestiti e mutui anche in moneta locale. Nello stesso periodo anche in Giappone, si svilupparono moltissimi sistemi di scambio non monetario, sia generalisti, sia tematici, come il "Fureai Kippu", destinato all'assistenza agli anziani. Un altro esempio interessante di sistema tematico fu quello introdotto in Brasile dal Sindaco di Curitiba per facilitare la raccolta differenziata dei rifiuti nelle favelas. Nel nuovo millennio, dopo l'avvento dell'euro, sia per contrastare l'aumento locale dei prezzi, sia per favorire l'emergere di una economia locale ecologicamente sostenibile, in molte città della Germania, su impulso dell'economista Margrit Kennedy, rinacquero le monete locali, riunite poi nell'Associazione nazionale RegioGeld. Dal 2003, data di nascita della prima moneta "Chiemgauer" in Baviera, a tutt'oggi sono state realizzate più di trenta esperienze e tuttora ne sono in corso di progettazione e di realizzazione altre quaranta. Questi sistemi, promossi ognuno da Associazioni locali, hanno diversi sistemi di emissione, che prevedono meccanismi simili alla "Ithaca Hours" statunitense, oppure l'aggancio all'euro come moneta di riferimento. In questo ultimo caso, il più diffuso, l'emissione avviene in forma di buoni con cambio 1:1 rispetto all'euro. A questi vengono applicati diversi meccanismi per impedirne la successiva riconversione in moneta nazionale, come il tasso di cambio sfavorevole. Questo ne favorisce la circolazione esclusivamente locale, mentre l'adozione di una data di scadenza o di bollini di rinnovo mensili, come nel caso delle monete tedesche degli anni trenta, ne favorisce una circolazione veloce. Inoltre anche in Germania, come negli SS.UU., vi sono state banche locali che hanno offerto servizi in moneta locale. Il sistema si è diffuso a tal punto in alcune città, che a Berlino, il Presidente del Parlamento tedesco fu sorpreso qualche anno fa in una foto mentre usava il "Berliner" per fare acquisti al mercato locale. Da un punto di vista legale queste esperienze sono tollerate, in quanto, secondo quanto ha affermato il professor Gerhard Roesl, autore di una indagine per la Bundesbank, esse sono considerate una forma di "moneta sociale" non paragonabile all'euro. In seguito esperienze simili si sono diffuse in tutta Europa. La stessa Comunità Europea è intervenuta nel 2004 finanziando in Francia, con ottocentomila euro dai fondi comunitari "EQUAL", un progetto di moneta complementare elettronica, promosso da un grande Gruppo cooperativo e da tre Dipartimenti francesi. In Italia (1999) si sviluppò in Abruzzo la prima esperienza di moneta locale. A Guardiagrele, un professore universitario in pensione, Giacinto Auriti diede vita al "Simec", che velocemente ebbe un successo enorme in tutta la provincia, in quanto il meccanismo di emissione permetteva di fatto di raddoppiare il reddito di chi deteneva la moneta locale. L'esperimento fu però interrotto quasi subito dalla Guardia di Finanza e non riprese, nonostante Auriti fosse successivamente scagionato da ogni accusa nel processo giudiziario susseguente. Gli atti di quel processo divennero una pietra miliare per la costituzione di sistemi di moneta locale in Italia, in quanto delinearono con relativa certezza le caratteristiche che devono avere questi sistemi per non incorrere in problemi legali. In realtà, in Piemonte, nella comunità New Age di Damanhur, già prima della nascita del "Simec", era nata una moneta complementare chiamata "Credito", che però veniva emessa come moneta metallica numismatica ed aveva una circolazione limitata principalmente all'interno della comunità. Nel 2003 in Calabria viene introdotta la prima moneta locale emessa da un Ente pubblico, l'EcoAspromonte del Parco Nazionale dell'Aspromonte. E' una moneta a scadenza prefissata, che viene usata per pagare i rimborsi spese dei volontari del servizio antincendio del Parco e che viene accettata da tutti i commercianti che hanno sede all'interno dell'Area protetta. La moneta viene stampata dalla Zecca di Stato, viene cambiata contro euro ed, essendo di alta qualità estetica, viene anche venduta ai collezionisti, contribuendo cosi a generare entrate per il Parco Nazionale. L'esperienza termina con la fine del mandato del presidente del Parco, Tonino Perna. Nel 2007 a Napoli nasce lo "Scec", che non è una vera e propria moneta locale, ma una sorta di buono sconto applicato in varia misura sugli acquisti effettuati in euro, ma che, a differenza dei buoni sconto ordinari, continua a circolare tra gli aderenti al Sistema ed è usato da chi lo accetta dandolo successivamente ad un altro aderente, in forma di quota sconto su beni e servizi acquistati in moneta nazionale. Nel luglio del 2009, nella Legge Regione Lazio sull' "Altra Economia" viene definito il concetto di Sistemi di scambio non monetari3. Nei prossimi mesi, questo pronunciamento legislativo regionale, permetterà, a partire dal Lazio, di aprire nuovi scenari, forse totalmente legali, per le monete complementari. NOTE 1 Teoria sviluppata dall'economista Silvio Gesell (1862-1930), che era stato anche Ministro delle Finanze della Repubblica dei Consigli di Baviera (1919). 2 La regola di fondo che vige in tutte le B.T. è lo scambio; sinonimo di reciproca convenienza, lo scambio presuppone, per sua stessa definizione, che i soggetti che entrano in relazione siano attivi. Di conseguenza, diversamente che nel Volontariato (che si regge sul dono di aiuto ai bisognosi di assistenza), la solidarietà che circola nelle B.T. non è a senso unico. E' reciproca e alla pari. Il tempo scambiato è misurato in ore e l'ora è di 60 minuti per tutti, indipendentemente dalla professione, dalla classe sociale di appartenenza o dalle condizioni economiche delle singole persone. In questo senso, le Banche del Tempo realizzano un egualitarismo pressoché perfetto. Le B.T. servono a soddisfare bisogni materiali e bisogni immateriali. Tra i primi, prevalgono quelli legati all'organizzazione quotidiana della vita delle persone e delle famiglie; tra i secondi, il bisogno di compagnia e di allargare la rete delle amicizie. Le banche, infatti, sono luoghi di socializzazione, che favoriscono anche la messa in comune di saperi e conoscenze. L'elenco degli aiuti che vengono scambiati e misurati in ore è molto lungo. Può essere suddiviso in due grandi aree: la prima, la prevalente, è composta dalle prestazioni minute che riguardano lo svolgimento della vita quotidiana (la spesa, la cucina, la lavanderia, le relazioni con gli enti pubblici, i bambini, gli anziani, il tempo libero in compagnia...); la seconda, molto diffusa, anche perché favorisce la socializzazione, riguarda lo scambio dei saperi. Cioè, il baratto delle conoscenze che le singole persone possiedono. Questo secondo tipo di scambi mette sullo stesso piano saperi esistenti sul mercato (computer, lingue, pittura, fotografia...) e saperi "fuori mercato", nel senso che ad essi è più difficile attribuire un valore monetario. E' il caso dei saperi degli anziani (come si viveva anni fa, i vecchi mestieri, com'era la città...) e dei lavori domestici (ricette, ricami, pizzi, stiro...). L'organizzazione delle B.T., per quanto riguarda gli scambi di tempo e la loro contabilità, è copiata dalle banche vere. Ad esempio: gli scambi si pagano con assegni presi dal libretto in dotazione di ciascun socio; ciascun socio ha un proprio conto corrente sul quale la segreteria della banca segna i crediti (le ore date, cioè gli assegni depositati), sia i debiti (le ore ricevute, cioè gli assegni spesi). Rispetto alle banche vere, un particolare rende alquanto differenti le B.T.: non si maturano interessi sui depositi e neppure si pagano quando si va in rosso, ma c'è il vincolo del pareggio. Chi ritira soltanto, è richiamato con cortesia e comprensione a rientrare, ma se fa il furbo viene, sempre cortesemente, messo alla porta. Le Banche del Tempo hanno inventato anche un rapporto con le istituzioni differente da quello che di solito intrattengono con le altre associazioni. Esso prevede che l'istituzione (il comune, la scuola...) aderisca alla banca tramite un suo rappresentante. In cambio del sostegno offerto (sede, telefono, accesso al fax, alla fotocopiatrice, ad Internet.....), riceverà l'equivalente in tempo sotto forma di piccole prestazioni non continuative da destinare alla comunità (se si tratta di un Comune), oppure ai suoi utenti (se si tratta di una scuola, di un circolo culturale, eccetera). Il vincolo da rispettare è che tali prestazioni non sostituiscano lavoro pubblico e neppure servizi sociali. Le regole di scambio tra banca e istituzione o soggetto sostenitore sono definite in accordi scritti e vincolanti per entrambi i contraenti. Le BB.TT. sono normate dalla Legge n. 53/00 "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città" (G.U. 8 marzo 2000) - CAPO VII I TEMPI DELLA CITTA' all'Art. 27 - Banche dei tempi: l. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l'estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate "banche dei tempi". 2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali. Per maggiori informazioni sulle BB.TT.: in generale, si rimanda al sito internet http://www.tempomat.it/guida.asp e, in particolare, "Coordinamento delle Banche del Tempo di Roma", al sito internet http://www.banchedeltempodiroma.it/index.php?contenuto=guida_al_sito 3 Art. 13 (Sistemi di scambio non monetario) 1. Le attività inerenti i sistemi di scambio non monetario sono quelle in cui i soggetti, su base volontaria e secondo un rapporto di reciproca solidarietà, si scambiano a titolo gratuito beni o servizi, al fine di perseguire il benessere sociale e individuale privilegiando le relazioni interpersonali piuttosto che l'acquisto ed il consumo di prodotti.

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unipol, utile netto di 63 milioni ma in calo del 74% - sara scheggia (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IX - Bologna Il bilancio Unipol, utile netto di 63 milioni ma in calo del 74% SARA SCHEGGIA Il guadagno c´è, ma è ridotto all´osso. Il gruppo Unipol chiude il primo semestre 2009 con un utile netto di 63 milioni di euro: contro i 250 totalizzati nella prima parte del 2008, il calo è netto e segna un -74%. Tutta la holding risente della crisi finanziaria, e a soffrire di più, come volevasi dimostrare, sono le assicurazioni auto. «Confidiamo in una ripresa nella seconda parte dell´anno, e nel pieno recupero nel 2010» ha commentato Carlo Salvatori, amministratore delegato del gruppo bolognese, che sull´eventuale pagamento dei dividendi di fine anno, annullati per il 2008, si dice possibilista: «Sono favorevole, ma è presto per parlarne». Tutto il settore danni ha registrato una forte contrazione, tanto che Salvatori ha parlato di questa prima metà 2009 come del «peggior semestre mai visto negli ultimi 20-30 anni». A risollevare i conti, la controllata Bnl Vita, che ha incassato un +71% per le assicurazioni sulla vita. Smentite tutte le voci di un interessamento a Unipol Banca da parte del gruppo spagnolo Santander: «Sono balle - ha replicato l´ad - non la venderemo mai». A settembre verrà ratificato l´aumento di capitale del ramo bancario, mentre per quello dell´intera holding Salvatori chiarisce: «Siamo solidi, non ce n´è bisogno».

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la croazia in crisi vende le isole di tito - alessandra longo (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 19 - Esteri L´arcipelago Nel grande parco naturale dove girano liberi cervi e daini. Prima del leader jugoslavo vi soggiornarono gli Asburgo, Joyce e Mann La Croazia in crisi vende le isole di Tito All´asta Brioni: il Maresciallo ospitò i "non allineati" Nasser e Nehru ALESSANDRA LONGO Un arcipelago di 14 isole di fronte al mare di Pola, sulla costa istriana. Brioni: un luogo incantevole, un parco nazionale dove branchi di cervi e daini girano liberi nella cornice di tre templi romani, fra i resti del castrum bizantino e della fortezza veneziana, le ville di Joyce e Thomas Mann. Un luogo dove è passata la storia, gli Asburgo, la borghesia mitteleuropea Anni Trenta, ma soprattutto Josip Broz Tito, il padre-padrone della Jugoslavia, che sbarcò per la prima volta su questi lidi intatti il 20 giugno del 1947 e ne fece la sua residenza estiva. Suoi ospiti, per decenni, furono i Grandi della Terra, da Gamal Abdel Nasser al pandit Nehru (ispiratori, con lui, di quell´eresia fantasiosa e geniale che fu allora la «politica del non allineamento»), da Ho Chi Min a Kruscev, da Sadat a Fidel Castro, ad Aldo Moro, per non dire del tè sulla terrazza di villa Bianca, accarezzata dalla brezza marina, offerto a Eleanor Roosevelt e alla regina Elisabetta. La Croazia in crisi finanziaria sta pensando di vendere al miglior offerente. Quanto varrà l´arcipelago di Brioni? Dicono perlomeno 1,2 miliardi di euro. La tentazione di fare cassa è forte. Per ora è un sussurro, una voce (riportata da Il Piccolo di Trieste), ma che l´economia croata, molto legata al flusso turistico, sfiori il profondo rosso è invece una realtà accertata. L´istituto nazionale di statistica dà le cifre: nei primi cinque mesi dell´anno i turisti sono diminuiti del nove per cento nel quadro di un´economia che ha visto contrarsi il pil del 6,7 per cento nel primo semestre 2009. Se si decidesse di mettere in vendita queste isole l´asta non andrebbe certo deserta. Perché il luogo è speciale, evocativo, già scoperto nel 1893 dal magnate viennese dell´acciaio Paul Kupelwieser e poi eletto a buen retiro da Tito che, esattamente 40 anni fa, vi trascorse l´ultima estate, quella del ‘79 (morì il 4 maggio del 1980) partendo proprio da Brioni alla volta del sesto summit dei non allineati all´Avana. Tito e il suo cappello di paglia, Tito e la moglie Jovanka (che ora vive vecchia e sola a Belgrado in un alloggio popolare) radiosi sullo yacht bianco, ancorato davanti alla villa, Tito e le amanti (non ancora definite escort) portate sull´isola in un´altra residenza ad hoc, villa Jadranka. Tito in limousine che accoglie gli ospiti (90 capi di Stato e 100 capi di governo, registrano le cronache) e offre loro vino rosé di sua produzione, proveniente da una piccola vigna, benedetta dal clima. In bianco e nero: vita privata e grande storia, testimoniate da una mostra fotografica permanente, flash della Jugoslavia che fu. Ecco la stretta di mano con il compagno Fidel, ma anche i ritratti con la Loren, la Lollo, Elisabeth Taylor. Spesso le immagini le curava Tito in persona, con una delle sue 40 macchine fotografiche. Qui Josip Broz l´antistalinista si riposava, qui tesseva l´abilissima ragnatela di rapporti che gli consentì di congelare i conflitti etnici fino alla sua morte. Dicono che anche il dopo-Tito, con i piani di spartizione del Paese, si sia consumato tra le acque limpide dell´arcipelago, incluso un presunto patto segreto di "non belligeranza" tra la Slovenia di Kucan e la Serbia di Milosevic. Oggi Brioni, sempre bellissimo, è un po´ in affanno, nonostante le partite di polo, frequentate dal nipote di Winston Churchill, e le visite, sporadiche, di altre élite mondane, da Naomi Campbell a Placido Domingo, da Caroline di Monaco a Ottavio Missoni. Ci sarebbe bisogno di grandi investimenti, ma i soldi non ci sono. E allora ecco le voci della vendita. Nell´attesa, gli albergatori lanciano offerte speciali. Quella dell´ hotel Karmen vale fino al 17 agosto. Per un minimo di tre notti, il pacchetto prevede «il terzo letto gratis fino a 16 anni, una visita guidata con trenino turistico, e un letto francese per due persone al prezzo di una singola». Di più: «Non vi faremo pagare l´azzurro del mare», promettono a Brioni, già arcipelago della diplomazia mondiale.

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Super-multa di 15 milioni all'ex numero uno di Aig (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

UN ALTRO TOP MANAGER AMERICANO VIENE PUNITO PER I CRAC FINANZIARI Un nuovo scandalo Dal gigante assicurativo Wall Street spremerà un miliardo di dollari Super-multa di 15 milioni all'ex numero uno di Aig Le divisioni d'investimento invertono la tendenza Le banche tirano un sospiro Internet, quanti rischi con le news a pagamento Greenberg patteggia la condanna per frode contabile [FIRMA]LUIGI GRASSIA Un altro amministratore delegato americano finisce nel tritacarne della giustizia per uno scandalo finanziario: stavolta tocca all'ex numero uno del colosso assicurativo Aig, cioè di una delle società più colpite dalla crisi finanziaria di Wall Street esplosa lo scorso anno. Certo è possibile che per Maurice «Hank» Greenberg i 15 milioni di dollari di multa che dovrà pagare alla Sec (equivalente americano della nostra Consob) siano solo una parte di quel che ha messo al sicuro negli anni passati; però sarà bello, per i suoi connazionali, sapere che li ha dovuti sganciare e che il sistema, sul lato repressivo, almeno un po' funziona (a posteriori), mentre da noi, per i bancarottieri, oltre a essere evanescenti le pene in termini di permanenza in carcere sono mediamente scarsine (rispetto all'America) anche le sanzioni pecuniarie. Greenberg ha patteggiato la pena al termine dell'inchiesta per frode che portò al suo allontanamento dal gruppo. Aig come peso massimo delle assicurazioni è una colonna del sistema finanziario americano. Greenberg ha guidato il gruppo per decenni ma nel 2005 si è dovuto dimettere a seguito di uno scandalo contabile: secondo le autorità lui e altri manager avevano utilizzato dei trucchi illeciti per gonfiare le prestazioni finanziarie e imbellettare i bilanci della società. Nel 2006 Aig, come gruppo, pagò 1,6 miliardi di dollari alle autorità, ammettendo alcune pratiche improprie. In quel caso il conto fu pagato dagli azionisti. Ma restavano da punire i dirigenti. Nel 2008 la Sec comunicò a Greenberg che avrebbe potuto intentargli una causa civile per il suo presunto ruolo nella contabilità fraudolenta; l'esito della vicenda è arrivato ieri. Quello che più brucia all'opinione pubblica americana è che per evitare il collasso di un gigante assicurativo come Aig, che avrebbe potuto trascinare nel baratro l'intero settore, il governo di Washington è dovuto arrivare in soccorso con fiumi di denaro pubblico, tanto che attualmente detiene l'80% della società. La distribuzione di bonus milionari ai dipendenti quest'anno ha suscitato scandalo, e un'altra brutta notizia è che lo scorporo delle varie divisioni di Aig, richiesto dal piano di salvataggio del governo, genererà guadagni record per gli avvocati e le banche di Wall Street: addirittura un miliardo di dollari, secondo il Wall Street Journal, alla faccia dei contribuenti e sulle spoglie di una società sotto la tenda a ossigeno del denaro pubblico. Evidentemente il sistema funziona un po' sul lato repressivo ma non tanto bene su quello preventivo. Ieri a metà seduta a Wall Street il titolo Aig guadagnava il 26% dopo il 60% della vigilia. C'è fiducia nel futuro, ma bisogna fare in modo che quel passato non torni e un po' di sanzioni deterrenti sono d'aiuto. Le divisioni di investimento delle banche, dopo aver sopportato forti dissensi, iniziano forse a ricevere qualche segnale di apprezzamento dall'interno. Nel secondo trimestre, hanno sopportato il peso dei maggiori accantonamenti richiesti dalle divisioni commerciali segnando una netta inversione di tendenza rispetto all'anno scorso, come testimoniano i recenti risultati di Bnp Paribas, Société Générale e Unicredit. Le banche universali francesi e italiane hanno seguito un percorso simile a quello delle omologhe inglesi e americane. L'utile netto di Unicredit è calato del 74% nel secondo trimestre con accantonamenti quadruplicati rispetto a un anno fa. Il taglio dei costi ha contribuito a spingere i risultati economici oltre le aspettative degli analisti. Ma il sostegno più grande è venuto dall'area investimenti, che dal passivo è passata a un utile operativo di 1,2 miliardi di euro grazie agli ingenti guadagni derivanti dal trading. BnpP e SocGen hanno vissuto una vicenda analoga. Mentre i ricavi della prima, derivanti da obbligazioni e materie prime, sono scesi del 33% rispetto al trimestre precedente, i risultati straordinari del 1° trimestre avevano battuto l'intera performance annuale del 2007, riuscendo a compensare l'aumento degli accantonamenti dell'intero gruppo. Nello stesso periodo, la percentuale dei crediti irredimibili o in sofferenza ha continuato ad aumentare in SocGen, raggiungendo il 4,2%. Anche in questo caso, però, le perdite sono state abbondantemente compensate dai proventi del trading. La combinazione di attività commerciali e attività di investimento è sempre stata criticata come uno stratagemma per ottimizzare le vendite incrociate e trarre il massimo vantaggio da un modello bancario basato sull'idea di "produzione + distribuzione". Gli istituti possono ora citare i vantaggi della diversificazione come una ragione in più per rifiutare il ritorno alla separazione delle aree imposta dalla legge Glass-Steagall. \

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E la band canta contro le banche (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 07/08/2009 - pag: 11 «Uprising», nuovo singolo dei Muse E la band canta contro le banche C'è un invito alla rivolta che gira sulle radio italiane (e non solo). È «Uprising», il nuovo singolo della band inglese Muse, che prepara il terreno al suo quinto album «The Resistance», in uscita l'11 settembre. Ma rivolta contro chi o che cosa? Nel pezzo i Muse non lo dicono. Lo ha fatto però Matthew Bellamy, voce della band nonché ispiratore della maggior parte dei testi: «Uprising», ha dichiarato alla Bbc , è il loro urlo di protesta contro la crisi finanziaria e la politica scellerata delle banche su hedge fund, derivati e finanza «tossica».

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Accordo Enel-Sicilia Via al rigassificatore di Porto Empedocle (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 07/08/2009 - pag: 33 Panorama Accordo Enel-Sicilia Via al rigassificatore di Porto Empedocle Siglato ieri l'accordo tra Enel e Regione Sicilia per il progetto del rigassificatore. «I lavori inizieranno nei primi mesi del 2010» ha detto l'amministratore delegato Fulvio Conti. «La Sec dovrebbe autofinanziarsi» utilizzando liberamente le commissioni ottenute da banche e istituti finanziari. È questa la proposta , riportata dal Financial Times , lanciata da Mary Schapiro ( foto ), presidente dell'organismo di controllo dei mercati finanziari Usa. Questo sistema consentirebbe alla Sec di avere maggiori risorse per compiere indagini e investire in tecnologia. Caltagirone, perdita netta per 4,3 milioni nel primo semestre 2009. Ricavi giù per 187 milioni. Mariella Burani, pronto l'aumento di capitale di 100 milioni entro cinque anni.

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La trimestrale spinge Autogrill (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 07/08/2009 - pag: 35 Il caso a Milano La trimestrale spinge Autogrill (a.jac.) Nuovo rialzo per Autogrill a Piazza Affari (più 3,72%) dopo il passo avanti seguito al consolidamento della presenza nell'aeroporto londinese di Heathrow. A spingere il titolo i risultati che danno il gruppo guidato da Gianmario Tondato Da Ruos in ripresa per il secondo trimestre consecutivo. Con l'utile netto a 46,4 milioni, in crescita del 22,3% rispetto allo stesso periodo del 2008. I ricavi consolidati si sono attestati a 1.441,8 milioni (-0,8%) mentre l'ebitda è salito a 163,7 milioni (+3,3%). Marginalità cresciuta per «le azioni di efficienza avviate» spiega l'amministratore delegato. Gianmario Tondato ceo di Autogrill

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Vola Pirelli, la discesa di Seat (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 07/08/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa Vola Pirelli, la discesa di Seat di Giancarlo Radice Made in Italy Rialzo del 6,2% per Bulgari Pininfarina recupera il 2,9% Wall Street non ha giocato di certo a favore. Ma, nonostante la debole seduta newyorkese, le Borse europee sono comunque riuscite a chiudere in zona positiva. Con Piazza Affari fra le migliori. Al più 0,93% dell'Ftse100 di Londra, il più 0,56% del Cac40 a Parigi, il più 0,32% del Dax30 di Francoforte, Milano ha risposto con l'indice Ftse Mib in rialzo dello 0,79% e l'Ftse All Share più 0,70%. Sotto i riflettori, in particolare, il titolo Pirelli , che sulla scia dei risultati semestrali ha incassato un più 6,86%, con volumi di scambio doppi rispetto alla norma. Molto buone anche le performance di Autogrill (più 3,72%), StMicroelectronics ( più 2,99%), Edison (più 2,36%), Bulgari ( più 6,2%) e Pininfarina , che ha chiuso positiva del 2,87% dopo aver raggiunto durante la seduta guadagni del 7%. Di segno completamente opposto l'andamento di A2a , crollata del 5,38% per i deludenti risultati del semestre, così come Telecom Italia (meno 4,6%, con scambi doppi rispetto al consueto) e Seat Pagine Gialle, che continua la sua discesa (meno 5,16%) cominciata con i conti del semestre e alimentata ieri dalla decisione degli analisti di Ubs di abbassare il giudizio da « neutral » a « sell », vendere. A dare il tono alla giornata sono state poi le banche, sulla scia della «linea morbida» ribadita dalla Bce e dalla conferma della politica espansiva della Bank of England. Così Intesa Sanpaolo ha chiuso su del 3,53% e Unicredit ha messo a segno il quarto rialzo consecutivo (più 0,54%) grazie anche all'aumento del target price deciso da Nomura.

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Da Lloyds a Hsbc, banche da record (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 07/08/2009 - pag: 35 Il caso a Londra Da Lloyds a Hsbc, banche da record ( g.r. ) Una giornata così, l'industria britannica del credito non la vedeva in Borsa da lunghi mesi. Il primato spetta a Lloyds Banking Group, che ha chiuso la seduta all'Ftse100 con un guadagno del 12,34%. Appena sotto s'è collocata Royal Bank of Scotland, con un più 9,75%. Ma non possono lamentarsi neanche Barclays e Hsbc che hanno messo a segno un progresso, rispettivamente, del 5,20% e del 5,39%. Ad alimentare tanto ottimismo è soprattutto il proseguimento della politica espansiva della Bank of England, che ha addirittura alzato da 125 a 175 miliardi di sterline le risorse per l'acquisto di bond societari. Eric Daniels ceo di Lloyds

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Multa da 15 milioni di dollari per ex ceo Aig (sezione: crisi)

( da "Finanza.com" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Multa da 15 milioni di dollari per ex ceo Aig (7 Agosto 2009 - 08:51) MILANO (Finanza.com) - Multa da 15 milioni di dollari all'ex amministratore delegato di Aig, Maurice “Hank” Greenberg, una cifra che dovrà pagare alla Sec (equivalente americano della nostra Consob). È l'ennesimo top manager statunitense che viene punito per i crac finanziari. E soprattutto tocca il colosso assicurativo a stelle e strisce Aig, uno dei più colpiti dalla crisi finanziaria di Wall Street. Greenberg ha patteggiato la pena al termine dell'inchiesta per frode che portò al suo allontanamento dal gruppo finanziario nel 2005. Secondo le autorità lui e altri manager avevano utilizzato dei trucchi illeciti per gonfiare prestazioni finanziarie e i bilanci della società. (Riproduzione riservata)

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Avanti senza timori sulla strada della ricerca (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-07 - pag: 10 autore: Avanti senza timori sulla strada della ricerca di Innocenzo Cipolletta L a ricerca e l'innovazione sono i motori dello sviluppo economico dei paesi. Questo è ancora più vero per i paesi industrializzati che non possono competere con quelli emergenti in base ai costi di produzione. L'uscita da questa crisi finanziaria globale sarà sicuramente trainata dalle innovazioni che si stanno manifestando, al punto che difficilmente la ripresa si baserà sugli stessi consumi e sugli stessi investimenti presenti prima di essa. Le imprese lo sanno e si stanno attrezzando. Quelle che saranno costrette a ripetere lo stesso ciclo di prodotto, dovranno fare molta attenzione ai costi e alla qualità della produzione, perché saranno attaccate dalle imprese dei paesi emergenti che hanno fatto passi da gigante. Come sostenere la ricerca e l'innovazione per permettere al nostro paese di agganciare anche in modo qualitativo la prossima ripresa? I soldi sono necessari e il governo, malgrado un contenimento complessivo dei fondi alle università, ha avviato un meccanismo, per ora solo marginale, che premia la ricerca. Ma la ricerca vive anche di un clima ad essa favorevole, fatto di tolleranza per chi s'inoltra in terreni sconosciuti e di flessibilità per recepire le innovazioni. Ogni innovazione che deriva da una ricerca genera una piccola rivoluzione, perché rende obsoleti vecchi sistemi, fa decadere alcuni centri di profitto a favore di altri, mette fuori competizione chi si attarda su vecchi sistemi, rovescia le gerarchie facendo spesso emergere le nuove generazioni a danno di quelle vecchie, abbatte convinzioni consolidate e durea morire.In altre parole,la ricerca e l'innovazione sono spesso eversive, proprio perché modificano gli equilibri consolidati. Per questo motivo sono spesso osteggiate in vario modo dagli interessi costituiti: corporazioni d'imprese che vedono cadere le loro posizioni di vantaggio, dirigenti e professori che si vedono scavalcati dalle nuove leve, ideologi e politici che temono di perdere la loro capacità d'influenza.La storia è piena di racconti relativi ai milleostacoli che spesso s'incontrano sulla via dell'innovazione. Ma la storia ci dice anche che i paesi più aperti all'innovazione sono quelli che crescono di più e dove la democrazia ha basi più solide. Per questo è bene aprire il campo all'innovazione e creare attorno ad essa un clima favorevole e non ostativo. Ed è per questo che va vista con preoccupazione la recente vicenda, in Italia, della pillola Ru486 la cui introduzione nel nostro paese è ostacolata da più soggetti. Questo ritrovato, che evita l'aborto chirurgico, è ormai disponibile nei maggiori paesi ed è stato abbondantemente testato.L'opposizione della Chiesa cattolica è nota. Nessuno contesta il diritto della Chiesa cattolica ad esprimere le proprie posizioni e ad emanarei propri divieti. Semmai c'è da dubitare della sua capacità di autorevolezza, se essa ritiene che sia necessaria una legge dello stato perché i credenti rispettino i suoi precetti. Il problema sta nella risposta dello stato italiano a queste pressioni. Se esse prevarranno, allora si saprà che sui temi legati alla vita l'Italia non sarà mai un campo di sperimentazione e di ricerca. Potrebbe sembrare questa una limitazione di poco canto. Ma non è così. La ricerca e l'innovazione stanno proprio invadendo i campi della vita e quelli del corpo umano. Nuovi materiali biologici, interconnessioni tra biologia e Ict, nuovi medicinali mirati sui singoli individui, sistemi per potenziare specifiche funzioni del corpo, progressi nel campo del concepimento, della nascita, della prevenzione di malattie genetiche, della durata della vita, sono tutti ambiti che intersecano questioni morali ed etiche. Saremo chiamati in continuazione a dare risposte ai progressi della scienza, volti al miglioramento delle condizioni di vita delle genti. Si aprono quesiti fondamentali per il mondo della ricerca, per quello della politica e per quello delle religioni. Ma anche per ognuno di noi che dovrà nel suo intimo esprimere delle opinioni su temi che mai avevamo affrontato prima. Se l'Italia e gli italiani vorranno far parte di quanti nel mondo stanno cercando nuove soluzioni e se vorremo restare agganciati al mondo della ricerca e dello sviluppo, dovranno avere un sistema tollerante che non sia regolato dal conformismo religioso, politico o economico, ma che sia aperto alle sperimentazioni, nell'ambito e con la collaborazione dei centri della ricerca mondiale, ciò che ci tutela da rischi di eccessi e ci evita l'esclusione dal progresso. Se invece prevarranno il timore per il futuro e la paura di chi vede nel progresso la perdita delle sue posizioni dominanti, allora il paese accumulerà ritardi e gli italiani dovranno riprendere la strada dell'estero per restare agganciati alla modernità. icipoll@tin.it © RIPRODUZIONE RISERVATA CHIESA E STATO Nessuno contesta il diritto del Vaticano ad esprimersi, il problema sta tutto nella risposta alle pressioni: ne va del nostro futuro

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C'era una volta l'economia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-07 - pag: 11 autore: Ripensare la teoria. Modelli ancorati alla realtà C'era una volta l'economia Meno matematica, più storia e politica per ripartire su nuove basi u Continua da pagina 1 di Robert Skidelsky è la base della cosiddetta teoria del mercato efficiente, che domina da anni nel settore dell'economia finanziaria, e che ha spinto i banchieri a fidarsi ciecamente dei loro modelli matematici previsionali, ha spinto i governi e le autorità di regolamentazione a sottovalutare la possibilità di un''mplosione dei mercati finanziari e ha portato a quello che Alan Greenspan (dopo aver lasciato il timone della Federal Reserve) ha chiamato un "underpricing mondiale del rischio". E ha portato allo screditamento della corrente principale della scienza macroeconomica. La teoria del mercato efficiente è semplicemente un'applicazione della scuola neoclassica, la corrente di pensiero che negli ultimi decenni è andata per la maggiore e che sostiene che un sistema di mercato decentralizzato raggiungerà sempre la piena occupazione. Ossessionati dalla volontà di estromettere lo stato dalla vita economica, gli economisti di Chicago sostenevano che una popolazione apprenderà e anticiperà qualunque insieme coerente di misure, che dunque risulteranno inefficaci. Dal momento che le persone- includendo apparentemente quel 10% circa di disoccupati- si trovano già nella loro posizione preferita in quanto capaci di effettuare previsioni corrette e aggiustare immediatamente il tiro, le politiche di "stimolo" sono destinate a falliree a peggiorare ancora di più le cose. Le recessioni, in quest'ottica, sono "ottimali". Quasi tutti quelli che hanno poca dimestichezza con l'economia neoclassica danno per scontato che John Maynard Keynes abbia demolito queste convinzioni infondate settant'anni fa. Se sono rispuntate fuori non è solo per effetto dell'incapacità delle politiche macroeconomiche keynesiane di prevedere o affrontare la "stagflazione" degli anni 70, ma anche perché riflettono una persistente inclinazione dell'economia a descrivere in modo idealizzato il comportamento umano, quello che Joseph Schumpeter chiamava il "vizio ricardiano" dell'astrazione eccessiva. Solo immaginando un mondo meccanico di robot che interagiscono fra di loro l'economia si è conquistata il suo status di scienza esatta, previsionale. Ma a che possono servire le sue costruzioni meccaniche, che affondano le radici nella fisica newtoniana, per comprendere le molle che determinano il comportamento umano? Uno dei contributi più interessanti al dibattito sul sito Ft. com è stata l'argomentazione di chi sosteneva che dopo Keynes gli economisti avrebbero dovuto allineare la propria disciplina alle altre scienze sociali che s'interessano del comportamento umano. Keynes aprì la strada all'economia politica, ma gli economisti seguirono un altro percorso, optando per un programma di ricerca regressivo, mascherato da sofisticati modelli matematici.La situazione attuale ci offre l'occasione per riprovarci. La ricostruzione della scienza economica deve partire dalle università. Per cominciare, i corsi di laurea in economia devono allargare lo sguardo, prendendo a esempio il motto keynesiano "L'economia è una scienza morale, e non naturale". Oltre alle materie consuete, microeconomia e macroeconomia di base, si devono studiare la storia economica e politica, la storia del pensiero economico, la filosofia morale e politica e la sociologia. Il peso della componente matematica dev'essere drasticamente limitato (pur consentendo una certa specializzazione nell'ultimo anno).Bisogna tornare alla tradizione del Ppe (politics, philosophy and economics) di Oxford e della laurea in scienze morali di Cambridge. Oltre a questo, sarebbe proficuo separare gli studi di specializzazione postlaurea di macroeconomia da quelli di microeconomia. I corsi di microeconomia dovrebbero concentrarsi, com'è ora,sull'elaborazione e la sperimentazione di modelli basati su un insieme ristretto di presupposti. Il loro campo d'applicazione riguarda ambiti dove abbiamo una visione affidabile del futuro. La macroeconomia invece è un elemento essenziale dell'arte di governo, e andrebbe sempre insegnata parallelamente alle materie pertinenti a tale arte. Lo scopo evidente di una riorganizzazione di questo genere è proteggere la scienza macroeconomica dall'intromissione dei metodi e delle consuetudini dei matematici. Solo allargando nel modo descritto il campo d'azione della scienza economica possiamo sperare d'offrire un'istruzione adeguata a persone la cui utilità per la società risiede non solo nell'efficienza matematica, ma anche nella competenza filosofica e politica. Il libro di Robert Skidelsky «Keynes: The Return of the Master» uscirà a settembre (Traduzione di Fabio Galimberti)

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Scontro sui bonus: Fillon convoca le banche francesi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-07 - pag: 33 autore: Palazzo Matignon nella polemica Scontro sui bonus: Fillon convoca le banche francesi Polemica sui bonus bancari. Il primo ministro francese, Francois Fillon (nella foto), convoca a palazzo Matignon i rappresentanti degli istituti francesi insieme alla Banca di Francia e al ministero dell'Economia. Fillon chiede alle banche di rispettare gli impegni presi dagli stessi istituti quando sono state adottate dal Governo le misure per aiutarle a superare la crisi finanziaria. AP/ LAPRESSE

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Berlino riforma i salvataggi bancari (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-07 - pag: 33 autore: Credito. Progetto di legge per dare alla BaFin più autorità di intervento sugli istituti Berlino riforma i salvataggi bancari Beda Romano FRACOFORTE. Dal nostro corrispondente La situazione bancaria tedesca continua a rimanere molto fragile, rispetto a quella di altri paesi della zona euro, come hanno confermato le perdite trimestrali di Commerzbank . Non sorprende quindi se il governo stia mettendo a punto un progetto di legge che permetterebbe di gestire d'autorità gli istituti in crisi, evitando la nazionalizzazione. L'ipotesi è stata pubblicata ieri dal quotidiano SÜddeutsche Zeitung ed è stata poi confermata dal governo federale guidato dal cancelliere Angela Merkel. Il progetto di legge, ancora da discutere a livello interministeriale, darebbe alle autorità di vigilanza il potere di ristrutturare una banca in difficoltà, strategicamente importante, e se necessario licenziarne il management. Prima di agire il BaFin avrebbe bisogno del benestare di un comitato che raggrupperebbe i rappresentanti della Cancelleria, del ministero dell'Economia e del dicastero delle Finanze. Il progetto di legge è al tempo stesso una reazione alla crisi finanziaria e un gesto politico dopo la nazionalizzazione controversa di Hypo Real Estate. La scelta di salvare Hre nazionalizzando la banca ha provocato reazioni negative in Germania. Molti hanno visto di cattivo occhio l'intervento dello Stato nell'economia, nonostante la situazione d'emergenza. Il progetto di legge,messo a punto dal mi-nistero dell'Economia, permetterebbe di evitare situazioni altrettanto controverse. Il piano potrebbe anche servire da deterrente alle banche pronte a prendere nuovi eccessivi rischi convinte che lo Stato è comunque pronto ad aiutarle. A questo punto è difficile immaginare un'approvazione del progetto di legge prima delle elezioni di settembre. Peraltro c'è da chiedersi se l'iniziativa provocherà una reazione delle autorità comunitarie. Il fatto che la Germania stia discutendo di questi temi dà la misura di come la situazione sul mercato creditizio tedesco sia tutt'altro che risolta, a quasi un anno dal fallimento di Lehman Brothers. Nei giorni scorsi Deutsche Bank ha annunciato risultati positivi per il secondo trimestre, come altre banche internazionali, ma ieri Commerzbank ha pubblicati dati deludenti. La banca, controllata per il 25% dallo Stato, ha messo a segno perdite tra aprile e giugno per 746 milioni di euro. Commerzbank ha accumulato accantonamenti per il 2009 pari a 3,6 miliardi di euro. Sul fronte operativo i risultati sono stati leggermente migliori del previsto con un rosso di 201 milioni di euro, in calo rispetto alla perdita di 591 milioni nel trimestre precedente. A differenza di altre banche, l'investment banking dell'istituto francofortese ha registrato una perdita operativa di 231 milioni. Commerzbank non deve fari i conti soltanto con la crisi finanziaria e le sue conseguenze economiche. è anche alle prese con una difficile integrazione con Dresdner Bank, che negli anni della bolla speculativa si è dimostrata particolarmente spericolata. Commerzbank, che ha ricevuto 18 miliardi di euro in capitale fresco dallo Stato, ha chiuso ieri in calo dello 0,59%, per terminare le contrattazioni a 5,89 euro. Il direttore finanziario Eric Strutz spera in un ritorno ai profitti nel 2010, ma ha ammesso che molto dipenderà dall'andamento dei mercati. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO CRITICO Il settore in Germania resta in difficoltà come dimostrano le perdite trimestrali di Commerzbank: 746 milioni nel trimestre

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Il made in Italy paga il conto della crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-08-07 - pag: 34 autore: Indagine Mediobanca. Il 2008 si è chiuso con un aumento del fatturato (+6%) ma la congiuntura ha eroso i margini - Tagliati 9mila posti di lavoro Il made in Italy paga il conto della crisi Nel primo semestre dell'anno l'utile corrente delle imprese manifatturiere italiane crolla dell'80% Antonella Olivieri Nel 2008, tutto sommato, le imprese italiane se la sono cavata. Ma la crisi ha picchiato duro, durissimo, nella prima metà di quest'anno, quando, secondo i dati elaborati dall'ufficio studi di Mediobanca, il risultato corrente delle aziende manifatturiere è crollato dell'80%. Un'indicazione preoccupante perché il campione analizzato da Mediobanca rappresenta il 48% dell'intera industria italiana. L'indagine "Dati cumulativi" comprende 2022 società medio-grandi: oltre all'industria, anche i servizi (66% di copertura), i trasporti (32%) e la distribuzione al dettaglio (22%). La crisi presenta il conto La prima metà del 2009 ha dunque sofferto del deflagrare della crisi finanziaria sull'economia reale. Tra gennaio e giugno si sono registrati cali di fatturato compresi tra il 14% dell'industria manifatturiera e il 17% del comparto energetico, ma soprattutto il margine operativo netto è sceso del 60% nel settore manifatturiero e del 30% nell'energia. Preoccupante soprattutto, come detto, il crollo del risultato corrente (margine operativo netto meno il saldo tra oneri e proventi finanziari) dell'industria manifatturiera, dato che risente in particolare dell'effetto-domino del calo dei dividendi. Brutti risultati che riflettono in particolare la brusca discesa del primo trimestre, mentre nel secondo il peggioramento è rallentato fino a fermarsi. Per fortuna però le aziende italiane non hanno intaccato il patrimonio, dato che comunque il contesto generale è di diminuzione degli utili, non di aumento delle perdite, e grazie anche a qualche opportuna ricapitalizzazione. In aumento invece, del 3% nel semestre, i debiti finanziari. Ma il 2008 ha tenuto Nel 2008 le aziende italiane hanno tenuto botta, anche perché fino al crack Lehman le cose non andavano poi così male. Tant'è che lo scorso anno è stato ancora di crescita, per lo meno per il giro d'affari aumentato, per le oltre 2mila imprese considerate, del 6%. Certo, lo scivolone dell'ultima parte dell'anno qualche sacrificio l'ha imposto. In termini di minori guadagni: i margini operativi sono infatti scesi del 13,5%, gli utili netti del 16,1%. Tasse ai minimi Per fortuna il Fisco ha aiutato: l'aliquota media è infatti diminuita dal 29% al 23%, in gran parte per effetto della riduzione di Ires e Irap decisa nel settembre 2007 con entrata in vigore dal 2008 che ha contribuito ad alleggerire il peso delle imposte societarie a livelli competitivi nel quadro internazionale se si considera che la media è del 30,5% in Europa, del 31% negli Usa, del 35,6% in Giappone, e di circa il 25% nel blocco russo-asiatico. Negli ultimi due anni gli oneri tributari in Italia sono diminuiti del 40%, per i sei decimi grazie alla riduzione delle aliquote, per il resto a causa dei minori utili imponibili. Ma restano penalizzate le medie imprese che pagano 9 punti percentuali più della media. L'incognita occupazione Nel 2008 sono stati tagliati 9mila posti di lavoro, quasi tre volte la variazione positiva dell'anno prima. Tuttavia a ridurre l'organico sono stati i gruppi pubblici (-6.758 unità) e le filiali italiane delle multinazionali estere (-4.899 unità) che stanno progressivamente ritirandosi dalla Penisola. Perché le imprese private hanno continuato ad assumere, aumentando i dipendenti di 2.552 unità. La domanda è se le imprese potranno resistere al peggioramento congiunturale mantenendo gli attuali livelli di occupazione, considerato il calo della produttività già accusato. La produzione per addetto è scesa infatti nel 2008 del 6,7% (il peggior dato del decennio), il valore della produzione per dipendente è diminuito del 4,9%. Considerato anche l'aumento del costo del lavoro (+1,5%,comunque inferiore all'inflazione), la produttività per addetto è calata del 6,4%, rimangiandosi i tre quarti dei guadagni degli otto anni precedenti. Nell'arco di un decennio il recupero di produttività resta positivo per il 3%, tuttavia con molte differenze tra i settori. Il metallurgico, grazie all'effetto prezzi, ha mantenuto un progresso della produttività di 42 punti, bene anche l'aggregato meccanicoelettronico (+14,4 punti) per i recuperi dell'auto. Male invece carta- stampa-editoria (-23 punti) e beni per la persona e la casa (-16). L'export Le imprese italiane hanno sempre reagito alla debolezza della domanda interna spingendo sull'export. Anche lo scorso anno, se si guarda all'industria manifatturiera, le vendite sul mercato domestico sono scese dell'1,2%, mentre l'export è salito del 2%. Ma mentre le esportazioni alimentari sono cresciute del 9%, quelle del comparto chimicagomme sono invece diminuite del 3,4%. Per il comparto delle medie imprese è andata meglio: le vendite interne sono aumentate dell'1,4%, quelle estere del 4%. Male le filiali delle multinaziona-li straniere, che hanno visto scendere sia i ricavi domestici che l'export dell'1%. I flussi finanziari Stabili nel 2008 gli investimenti tecnici a livelli elevati, mentre si sono fortemente ridimensionati gli investimenti finanziari, da 47,5 a 9,3 miliardi. Il cash flow è calato di 3,6 miliardi a 57 miliardi. Negativo da record il saldo tra dividendi distribuiti e risorse apportate dagli azionisti: -27,2 miliardi. I debiti finanziari sono aumentati di 17,4 miliardi: per il 75% la variazione è spiegata dalle banche e per i due terzi i finanziamenti sono andati ai grandi gruppi. Pronti ad affrontare la crisi? Dal 2008 le imprese italiane sono uscite con una struttura finanziaria sostanzialmente equilibrata. Meglio le pubbliche delle private, perché più patrimonializzate e più liquide: il loro margine di liquidità, cioè la differenza tra attivi e passivi a un anno è del 14% contro l'8% delle private. E meglio l'industria dei servizi, che hanno la componente di patrimonio netto tangibile più bassa. Però lo scorso anno a creare valore in Italia è stato solo il comparto dell'energia, che tra l'altro vanta il Roi (return on investment) più elevato con il 14,5%. In coda il terziario con un Roi del 7,7 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL FATTORE FISCALE L'aliquota media è diminuita dal 29% al 23% in gran parte per effetto della riduzione di Ires e Irap decisa nel settembre 2007 Manifattura in sofferenza. Un'industria tessile italiana MARKA

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La Croazia in crisi (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

Un arcipelago di 14 isole di fronte al mare di Pola, sulla costa istriana. Brioni: un luogo incantevole, un parco nazionale dove branchi di cervi e daini girano liberi nella cornice di tre templi romani, fra i resti del castrum bizantino e della fortezza veneziana, le ville di Joyce e Thomas Mann. Un luogo dove è passata la storia, gli Asburgo, la borghesia mitteleuropea Anni Trenta, ma soprattutto Josip Broz Tito, il padre-padrone della Jugoslavia, che sbarcò per la prima volta su questi lidi intatti il 20 giugno del 1947 e ne fece la sua residenza estiva. Suoi ospiti, per decenni, furono i Grandi della Terra, da Gamal Abdel Nasser al pandit Nehru (ispiratori, con lui, di quell'eresia fantasiosa e geniale che fu allora la "politica del non allineamento"), da Ho Chi Min a Kruscev, da Sadat a Fidel Castro, ad Aldo Moro, per non dire del tè sulla terrazza di villa Bianca, accarezzata dalla brezza marina, offerto a Eleanor Roosevelt e alla regina Elisabetta. La Croazia in crisi finanziaria sta pensando di vendere al miglior offerente. Quanto varrà l'arcipelago di Brioni? Dicono perlomeno 1,2 miliardi di euro. La tentazione di fare cassa è forte. Per ora è un sussurro, una voce (riportata da Il Piccolo di Trieste), ma che l'economia croata, molto legata al flusso turistico, sfiori il profondo rosso è invece una realtà accertata. L'istituto nazionale di statistica dà le cifre: nei primi cinque mesi dell'anno i turisti sono diminuiti del nove per cento nel quadro di un'economia che ha visto contrarsi il pil del 6,7 per cento nel primo semestre 2009. OAS_RICH('Middle'); Se si decidesse di mettere in vendita queste isole l'asta non andrebbe certo deserta. Perché il luogo è speciale, evocativo, già scoperto nel 1893 dal magnate viennese dell'acciaio Paul Kupelwieser e poi eletto a buen retiro da Tito che, esattamente 40 anni fa, vi trascorse l'ultima estate, quella del '79 (morì il 4 maggio del 1980) partendo proprio da Brioni alla volta del sesto summit dei non allineati all'Avana. Tito e il suo cappello di paglia, Tito e la moglie Jovanka (che ora vive vecchia e sola a Belgrado in un alloggio popolare) radiosi sullo yacht bianco, ancorato davanti alla villa, Tito e le amanti (non ancora definite escort) portate sull'isola in un'altra residenza ad hoc, villa Jadranka. Tito in limousine che accoglie gli ospiti (90 capi di Stato e 100 capi di governo, registrano le cronache) e offre loro vino rosé di sua produzione, proveniente da una piccola vigna, benedetta dal clima. In bianco e nero: vita privata e grande storia, testimoniate da una mostra fotografica permanente, flash della Jugoslavia che fu. Ecco la stretta di mano con il compagno Fidel, ma anche i ritratti con la Loren, la Lollo, Elisabeth Taylor. Spesso le immagini le curava Tito in persona, con una delle sue 40 macchine fotografiche. Qui Josip Broz l'antistalinista si riposava, qui tesseva l'abilissima ragnatela di rapporti che gli consentì di congelare i conflitti etnici fino alla sua morte. Dicono che anche il dopo-Tito, con i piani di spartizione del Paese, si sia consumato tra le acque limpide dell'arcipelago, incluso un presunto patto segreto di "non belligeranza" tra la Slovenia di Kucan e la Serbia di Milosevic. Oggi Brioni, sempre bellissimo, è un po' in affanno, nonostante le partite di polo, frequentate dal nipote di Winston Churchill, e le visite, sporadiche, di altre élite mondane, da Naomi Campbell a Placido Domingo, da Caroline di Monaco a Ottavio Missoni. Ci sarebbe bisogno di grandi investimenti, ma i soldi non ci sono. E allora ecco le voci della vendita. Nell'attesa, gli albergatori lanciano offerte speciali. Quella dell'hotel Karmen vale fino al 17 agosto. Per un minimo di tre notti, il pacchetto prevede "il terzo letto gratis fino a 16 anni, una visita guidata con trenino turistico, e un letto francese per due persone al prezzo di una singola". Di più: "Non vi faremo pagare l'azzurro del mare", promettono a Brioni, già arcipelago della diplomazia mondiale. (7 agosto 2009

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(sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 07-08-2009 «La crisi? Non è ancora a bilancio» MILANO. La crisi finanziaria che ha sconvolto l'economia mondiale non è ancora stata scritta sui libri contabili delle aziende italiane, ci arriverà infatti solo a fine 2009. I bilanci 2008 di 2.022 grandi e medie imprese italiane, escluse banche e assicurazioni, analizzati dal centro studi di Mediobanca presentano, anzi, un incremento dei ricavi totale del 6%, trainati dal comparto energetico. La distribuzione capitale agli azionisti ha superaro i 27 miliardi di euro. Questa pioggia di dividendi è arrivata infatti prima dell'inizio della crisi come redistribuzione degli utili record del 2007. In realtà scorrendo i conti economici 2008 i primi segnali della recessione già si notano sui margini operativi che scendono del 13,5% e gli utili netti, -16,5%. Inoltre nel 2008 in Italia si è distrutta ricchezza dato che il costo del capitale a 7,9% ha superato, seppur di poco, il suo rendimento, pari a 7,8%. Indicatori che lasciano presagire conti ben peggiori per il 2009 quando la crisi si abbatterrà sui bilanci italiani. Lo dimostrano i dati semestrali 2009 delle aziende quotate, le uniche che li hanno già pubblicati, che presentano una forte riduzione del fatturato, -17% per il comparto energetico e -14% per il manifatturiero, e degli utili, addirittura - 60% nel manifatturiero. Continua a crescere l'indebitamento delle aziende, che nel solo primo trimestre è salito del 3%. Come in tutti i periodi in cui il Pil gira sotto lo zero, nel 2008 l'industria ha reagito puntando sulle esportazioni che sono cresciute fino al 42,2% del fatturato totale. Il 2008 ha visto anche il calo dell'occupazione con una diminuzione totale di 9.105 occupati. Per l'occupazione il calo medio, nel triennio tra il 2006 e il 2008, è dello 0,5%.

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Crisi, il mondo guarda alla Cina Così Pechino guida il rilancio (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 07-08-2009 Crisi, il mondo guarda alla Cina Così Pechino guida il rilancio DA M ILANO G IUSEPPE M ATARAZZO P arte da Pechino la locomotiva che ci porterà fuori dalla crisi. Esperti e analisti di tutto il mondo confidano nel «miracolo » cinese per la ripresa. «Di fronte agli Stati Uniti ancora con il motore spento la Cina si mostra un mercato aperto, in crescita, con tutte le credenziali per trainare l'economia mondiale», afferma Thomas Rosenthal, professore di Economia e istituzioni della Cina all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. In un momento di crisi globale è previsto che il Pil della Repubblica Popolare Cinese cresca secondo le stime più conservative come quella del Fmi, nel World Economic Outlook di aprile 2009 al 6,5% annuo; l'8% circa per il governo cinese. «La risposta del governo di Pechino di fronte alla recessione mondiale è stata efficace. Il piano di stimolo da 4 trilioni di yuan/Rmb (circa 460 milioni di euro) è il più significativo intervento pubblico anti-ciclico sin dalla seconda guerra mondiale continua Rosenthal, che è anche responsabile delle relazioni pubbliche della Fondazione Italia Cina, nata nel 2003 per imprimere maggiore impulso ai rapporti fra i due Paesi . Emergono opportunità in ogni settore e gli effetti benefici si sono già manifestati nell'economia domestica. Nell'aprile 2009 la crescita dell'indice di produzione industriale è stata infatti dell'8,3% rispetto allo stesso periodo del 2008». Riprende dunque la marcia della Cina, cresciuta sin dall'aper- tura degli investimenti esteri negli anni Settanta, a un tasso medio annuo del 9%. La terza economia del mondo (la seconda a parità di potere d'acquisto), con il 6,4% del Pil assoluto, è così destinata a dominare lo scacchiere economico postcrisi. Tutte le principali potenze non possono fare a meno di confrontarsi con Pechino, come dimostrato anche dal recente G2 con gli Usa. E per il made in Italy, toccato ancora fortemente dalla crisi, proprio dalla Cina arrivano segnali di recupero. A maggio, mentre con i Paesi europei le esportazioni registrano andamenti fortemente negativi (-31,7%), verso la Cina c'è un incremento del 19%. «È la riprova che dobbiamo continuare a puntare su Pechino per crescere», ha rilevato il viceministro al commercio estero, Adolfo Urso. Per stimolare e rafforzare il legame con la Cina nei mesi scorsi si sono intrecciate forti relazioni commerciali, culminate nella visita in Italia, lo scorso 6 luglio, di trecento imprenditori cinesi, con una delegazione guidata dal presidente Hu Jintao. A Roma si sono incontrati con 500 imprenditori italiani, siglando 38 «grandi accordi», per un valore complessivo di due miliardi di dollari. «Un evento storico», per il presidente degli industriali Emma Marcegaglia. Il preludio di un futuro in cui le relazioni commerciali fra i due Paesi sono destinati a crescere. «Per l'opinione pubblica italiana e per le nostre imprese, la Cina è sempre meno considerata una minaccia da cui proteggersi e sempre più un'opportunità da cogliere», ha commentato il presidente della Fondazione Italia Cina, Cesare Romiti, uno dei primi a credere nelle potenzialità della Cina. Con l'integrazione fra la Fondazione e la Camera di Commercio Italo-Cinese, c'è adesso anche un'unica voce per parlare alla Cina, un'unica cabina di regia per indirizzare e coordinare le attività strategiche e commerciali, soprattutto delle piccole e medie imprese italiane che incontrano non poche difficoltà ad affrontare questo mercato. «Finora è prevalsa la diffidenza, l'immagine di una Cina competitiva, un rischio per le imprese italiane evidenzia ancora il professore Rosenthal . C'è chi invoca anacronistiche politiche di protezionismo. Bisogna invece superare il pregiudizio. La Cina è fondamentale per l'economia mondiale. Occorre lavorare in un'ottica di partenariato. Non dimenticando che forse la Cina può vivere senza di noi. Siamo noi ad avere sempre più bisogno della Cina». ( 4 - fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate l'11, il 12 e il 16 luglio) Con gli Stati Uniti ancora col motore spento, il mercato asiatico trainerà l'economia globale Il Pil 2009 atteso in crescita dell'8%

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STELLA: SODDISFAZIONE PER INTESA SOSTEGNO ALLE IMPRESE (sezione: crisi)

( da "Basilicanet.it" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

STELLA: SODDISFAZIONE PER INTESA SOSTEGNO ALLE IMPRESE 07/08/2009 12.39.50 [Basilicata] “L'attenzione nei confronti delle imprese cresce e, soprattutto, si traduce in fatti importantiâ€. E’ quanto afferma il presidente della Provincia di Matera, Franco Stella esprimendo “soddisfazione per l'intesa raggiunta tra Casartigiani, Cna, Confartigianato e Confcommercio con UniCredit Groupâ€. “Ringrazio i rappresentanti delle associazioni e i vertici della UniCredit Group –dichiara Stella – per questo nuovo accordo. Un segnale concreto che consentirà  a oltre 10 mila imprese a rischio chiusura, di venire fuori dalla sfavorevole congiuntura. Questo nuovo importantissimo progetto pro imprese, va inserito in un quadro più¹ ampio di aiuti all'imprenditoria locale di cui riesco a leggere il filo conduttore nella rinnovata disponibilità  delle banche a sostenere lo sviluppo di questo territorio. Già  un altro istituto di credito, la Banca Popolare di Bari, aveva avviato, qualche tempo fa – sottolinea il presidente – un'altra importante iniziativa: l'incremento del plafond, al Consorzio dei Cofidi di Basilicata, di dieci milioni di euro. Un gesto concreto e immediato per sostenere lo sviluppo del tessuto imprenditoriale locale delle piccole e medie imprese. Questi istituti di credito, anche grazie alle numerose sollecitazioni delle associazioni di categoria, stanno dimostrando – prosegue – di volere stare accanto alle imprese. Auspico, pertanto, che i gesti di grande responsabilità  sociale di cui sono stati protagonisti possano venire emulati da altri istituti di credito. Ben vengano interventi come quello della Banca Popolare di Bari e della UniCredit Group, ma ribadisco l'urgenza di moltiplicare anche gli interventi a sostegno delle famiglie colpite pesantemente dalla crisi. L'emergenza, su cui è¨ intervenuta alcune settimane fa la Banca Popolare del Mezzogiorno sospendendo i mutui ai cassintegrati e ai senza lavoro, deve essere ascoltata da tutti. Ribadisco, abbiamo l'obbligo, morale e sociale, di intensificare il sostegno, perché© i costi e i tassi bancari sono ancora troppo alti e penalizzano fortemente aziende e famiglie. Ȉ necessario continuare a mantenere alta l'attenzione nei confronti di imprese e famiglie, purtroppo ancora ostaggio di una crisi finanziaria imponente, per essere capaci di farsi interprete delle loro esigenze e costruire, in sinergia con le stesse, proposte dedicate. Richiamo – conclude Stella - quindi alla ottimizzazione di quella dimensione partecipata e di relazione, che vede insieme associazioni, banche, imprese e istituzioni unite nella ricerca di soluzioni innovative e strategiche per uscire dalla recessione.â

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TRITTICO VENETO (sezione: crisi)

( da "Azione, L'" del 07-08-2009)

Argomenti: Crisi

L'AZIONE - Articoli - Trittico veneto TRITTICO VENETO Giacinto Bevilacqua Nonostante i tagli imposti dalla crisi finanziaria, sarà un'edizione scoppiettante come le precedenti quella del Trittico Veneto-Memorial Mino Bariviera. La gara nazionale a tappe per juniores, organizzata dal Veloce Club Orsago con Lillo Zussa, Ermenegildo Turchet ed Ennio Benedet, è in calendario dal 27 al 30 agosto. 26 le squadre al via, comprese la nazionale della Danimarca, la francese Amicale Cycliste Bisontine di Besançon, la slovena Sava Kranj e le diocesane Rinascita Ormelle, Cieffe Vittorio Veneto-Orsago e Caneva. Si parte giovedì 27 con il cronoprologo Sacile-Sacile di 1,3 chilometri con partenza alle 16 e arrivo in piazza del Popolo. Venerdì 28 è in programma la prima tappa: Cornadella di Sacile (stabilimento Rdz)-Tarzo di 95,2 km. Dopo la partenza, alle 13.30, bisognerà affrontare ben 10 Gpm. Sabato 29, la seconda tappa porta da Vittorio Veneto (via alle 13.30) a Col San Martino per 103,3 km con il Combai e il Guietta. Domenica 30 si disputeranno due semitappe: la Brugnera-Orsago di 68,7 km (8.45) e la cronometro individuale Orsago-Orsago di 13,4 km (14).

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Dato peggiore dall'80, quando si cresceva (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

LE SERIE STORICHE Dato peggiore dall'80, quando si cresceva I dati calcolati dall'Istat sul calo del prodotto interno lordo nei primi mesi del 2009 sono i più negativi dal 1980, anno di inizio della serie storica, quando invece si era registrato un aumento del 3,4%. La crisi che ha investito il nostro Paese, con una diminuzione del Pil nel 2008 dello 0,9% e, se le stime del Fondo monetario internazionale saranno confermate, del 5,1% quest'anno, è dunque la peggiore da almeno trent'anni, persino del biennio 1992-1993. All'epoca il mondo politico ed economico italiano fu travolto dalle inchieste di Mani Pulite e da una gravissima crisi finanziaria internazionale che costrinse la Lira (insieme alla Sterlina) a uscire dallo Sme, il sistema monetario europeo, nel quale rientrò solo quattro anni dopo, nel novembre del 1996. Anche negli anni di stagnazione successivi agli attacchi terroristici dell'11 settembre e all'inizio della guerra in Afghanistan, quando il prodotto interno lordo crebbe dello 0,5% nel 2002 e rimase costante nel 2003, andò decisamente meglio.

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FonSai studia un fondo da 600 milioni (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

LA NUOVA STRUTTURA Retroscena Il progetto delle Fondazioni e di Profumo LA COMPAGNIA ASSICURATIVA POTREBBE CREARE GIÀ IN AUTUNNO LA STRUTTURA DOVE FAR CONFLUIRE GLI IMMOBILI DEL GRUPPO L'Ad: «La gestione toccherà a una Sgr Stiamo pensando alla società Fimit» Aboliti i cda delle divisioni retail, corporate e private banking Verso una sola superbanca, più poteri ai territori Unicredit prepara la riorganizzazione FRANCESCO MANACORDA FonSai studia un fondo da 600 milioni MILANO Unicredit è pronto a cambiare in modo radicale il suo modello organizzativo. In particolare i grandi soci stanno esaminando un progetto che, tra l'altro, abolirebbe le tre banche oggi sotto la holding - dedicate rispettivamente al pubblico retail, a quello corporate e al private banking - come entità societarie autonome e punterebbe invece a un maggior radicamento del gruppo sul territorio, attraverso un sensibile rafforzamento di direzioni locali nelle quali sarebbero integrate le tre divisioni, che farebbero capo alla holding. Possibile, ma non scontato, che nella riorganizzazione spariscano i singoli marchi bancari, da Banco di Sicilia a Banca di Roma, oggi ancora presenti assieme al logo Unicredit. La decisione definitiva arriverà probabilmente l'anno prossimo. È un dibattito che si svolge ancora sottotraccia, infatti, quello tra il management del gruppo guidato da Alessandro Profumo e i grandi azionisti che pochi mesi fa hanno messo mano al portafoglio - Fondazione Cariverona esclusa - per l'operazione «cashes» che ha portato 3 miliardi nelle casse di Unicredit. Ma se da una parte l'amministratore delegato è ben conscio del fatto che per il 2009 i soci si aspettando da lui un dividendo in contanti, e non in azioni come l'anno scorso, Profumo appare anche convinto del fatto che una delle eredità della crisi finanziaria (forse) passata, debba essere un ripensamento del modello di banca adottato finora. Lo aveva già annunciato subito dopo la tempesta dei mercati, spiegando che per Unicredit era finito il tempo del modello «Otd», ossia quell'«Originate to distribute», che consentiva alle banche di distribuire il rischio attraverso strumenti finanziari sempre più complessi. Adesso il passo sarebbe ulteriore, andando verso una semplificazione del modello di banca, con l'obiettivo di avvicinarsi ai clienti, e tornando per l'appunto sul territorio. Qualche passaggio formale c'è già stato. È agli atti, ad esempio, uno studio presentato da Paolo Fiorentino, uno dei tre deputy-Ceo o «vice-Profumo» tra le cui competenze rientra appunto anche la definizione di nuovi possibili modelli. Studio dal quale emergono, spiega chi lo ha visto, «significativi risparmi a livello di struttura». Chi ha seguito il dossier in questi mesi parla comunque di un dibattito ancora aperto e di un progetto che non tradirà in alcun modo il modello «divisionale» del gruppo, quello che taglia appunto verticalmente la struttura a seconda che ci si occupi di retail, corporate o private, e che quando nacque nel 2001 fu battezzato S3. Dunque, le tre divisioni resteranno in ogni caso, così come è destinata a rimanere quella proiezione internazionale che proprio nel corso dell'ultimo trimestre ha dato qualche soddisfazione in bilancio. Ma come reagiranno i poteri locali delle Fondazioni - accanto ai quali, in verità, sono arrivati nel corso dell'ultima ricapitalizzazione anche i libici con un solido 5% - a un eventuale modello che tagli drasticamente consigli, cariche e presenza diffusa di sedi legali sul territorio? Oggi a Verona, «patria» appunto di Cariverona, c'è la sede della finanza d'impresa, a Torino, dove c'è la Fondazione Crt, sta il private banking, a Bologna convivono la Fondazione Carimonte e la sede legale di Unicredit Banca che si occupa della clientela al dettaglio. Ma dalle prime opinioni che si raccolgono, le maggiori Fondazioni non sono pregiudizialmente contrarie all'idea di abolire entità legali e relativi consigli. Anche perché per «compensarle» sul piatto ci sarebbe un modello assai diverso da quello attuale che ricorda un po' lo schema della - absit iniuria verbis - Banca dei Territori messa in pratica da Intesa-Sanpaolo. A livello locale, insomma - probabilmente con una divisione in macroregioni - la banca potrebbe avere dei plenipotenziari con deleghe piene che avrebbero la capacità di agire in modo più efficace nei rapporti con la clientela retail e soprattutto con quella costituita da piccole e medie imprese. Le riflessioni, forse anche i negoziati, tra gli azionisti sul nuovo modello sono già partite nei mesi scorsi. Se ne ridiscuterà a settembre, al rientro dalle vacanze, con l'obiettivo di definire al più presto l'identikit del nuovo Unicredit. [FIRMA]LUCA FORNOVO TORINO Fondiaria Sai si sta preparando a lanciare in autunno un fondo immobiliare da circa 600 milioni di euro dove far confluire parte degli immobili strumentali del gruppo assicurativo controllato dalla Premafin, la holding della famiglia Ligresti. A confermarlo è lo stesso amministratore delegato di FonSai, il professore Fausto Marchionni, che a La Stampa precisa «la costituzione di un fondo immobiliare è una delle ipotesi allo studio e altre operazioni straordinarie sono in corso di valutazione». L'obiettivo, spiega Marchionni è quello di «fare in modo che chi abbia investito in Fondiaria Sai rimanga nel capitale e quindi per soddisfare i nostri azionisti, attraverso operazioni straordinarie, riusciremo a distribuire loro il dividendo, nonostante la crisi economica e finanziaria». Anche sulla tempistica sembra esserci un'idea di massima. «La compagnia potrebbe creare il fondo già quest'autunno o al massimo entro l'anno» dice l'Ad di FonSai che però sottolinea che «finora nessuna delibera è stata presa sull'argomento e quando verrà presa sarà tempestivamente comunicata al mercato». Ma chi si occuperà concretamente del fondo? «La gestione del fondo - risponde Marchionni - sarà affidata ad una Società di gestione del risparmio e stiamo pensando alla Fimit», la Sgr di Massimo Caputi, la stessa dei fondi nati con l'apporto di parte degli immobili strumentali di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Tuttavia, fa sapere l'Ad di Fondiaria Sai «le technicality devono essere ancora definite: per esempio dobbiamo ancora valutare la composizione del fondo e quale sarà l'apporto degli immobili strumentali». Il perché l'operazione straordinaria di FonSai per distribuire il dividendo venga realizzata nel mercato del mattone è, per la verità, piuttosto semplice. «In questo momento di incertezza sui mercati finanziari è più facile attingere dall' immobiliare, un settore in cui il nostro gruppo in questo momento è presente più della media europea e di quella italiana». Sempre in tema di operazioni straordinarie Marchionni tiene una porta aperta anche sulla fusione di Milano Assicurazioni in FonSai: «Non posso dire che non la faremo mai, è una ipotesi». Ma il professore ci tiene anche a precisare che «ora non ne abbiamo bisogno, non ci servirebbe né dal punto di vista industriale, nè da quello gestionale nè da quello finanziario». Dove invece la compagnia vuole premere l'acceleratore è sulla BancaSai. «Abbiamo già aperto sportelli - conclude Marchionni - in quattro grandi città, Torino, Firenze, Genova e Milano, e stiamo marciando verso il modello di banca classica e online. Intendiamo poi aprire un network in cui associare alcuni nostri agenti e creare nelle piazze dove siamo molto presenti filiali del network in modo tale da sfruttare la massa della nostra clientela». Intanto dopo i conti semestrali di FonSai (l'utile è sceso a 32,4 milioni dai 261 milioni del 2008) peggiori delle attese del mercato, ieri l'agenzia di rating Standard & Poor`s ha tagliato da stabile a negativo l'outlook del gruppo e della sua controllata Milano Assicurazioni e ha confermato il rating «A-». La variazione nell'outlook, spiega l'agenzia «riflette sia la riduzione del risultato operativo sia della patrimonializzazione e l'aspettativa di una compressione sui risultati nel medio termine. Resta tuttavia evidenziata la forte leadership nei rami danni in Italia». S&P ha, poi, assegnato alla controllata BancaSai il rating a lungo BBB e a breve «A-3» counterparty credit, con outlook negativo.

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A caccia di ripresa (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Mario Deaglio A caccia di ripresa CONTINUA A PAGINA 33In tutto il mondo si è aperta la caccia ai segnali della prossima ripresa così come qualche decennio fa si andava accanitamente a caccia di tracce dello Yeti, il mitico Uomo delle Nevi. Ma lo Yeti nessuno l'ha mai visto e una ripresa sicura nessuno l'ha vista ancora. Eppure molti addetti ai lavori sembrano entusiasmarsi di fronte a segnali di rallentamento della caduta così come le dubbie fotografie di impronte dello Yeti venivano scambiate per prove sicure dell'esistenza di questo mitico abitatore dei ghiacciai himalayani: le Borse americane fanno faville per un rallentamento nella crescita del numero dei disoccupati e molti si entusiasmano per il miglioramento del superindice Ocse che, per sua natura, cerca di misurare non la situazione presente ma condizioni future che si verificheranno, se tutto va bene, tra qualche mese. È opportuno quindi ribadire che non siamo ancora al giro di boa, non abbiamo ancora cominciato a risalire dalle profondità della crisi economica, e quando la risalita comincerà non ci saranno scorciatoie, per cui nessuno sa bene quando potrà avvenire il sospirato raggiungimento dei livelli produttivi di un anno fa, quando di crisi non si parlava ancora. A confermare questa situazione di fondo sono i dati congiunturali più recenti, ossia quelli italiani relativi al prodotto lordo del secondo trimestre e quelli americani relativi all'occupazione. Entrambi mostrano una caduta rallentata nel periodo più recente, ma anche la continuazione della tendenza all'allontanamento dal livello di «normalità», ossia dalle condizioni di circa un anno fa, prima che la crisi finanziaria si estendesse, con una violenza imprevista, all'economia reale di tutto il pianeta. L'esperienza del Giappone - unico Paese ad aver sperimentato con anticipo sugli altri qualcosa di simile alla crisi attuale - mostra chiaramente che quando la caduta sarà terminata non c'è nessuna garanzia di una ripresa duratura mentre potrebbe verificarsi una serie di sussulti su un fondo consolidato di debolezza. Invece di una sobria constatazione di questo stato insoddisfacente dell'economia e della ricerca paziente di misure di contrasto e di ricette per il rilancio, si assiste a un curioso e dannoso fenomeno psicologico. Si confida in maniera scarsamente razionale in una prossima, totale e quasi miracolosa uscita dalle difficoltà senza domandarsi quale potrà essere il «motore» della ripresa futura, senza ragionare delle possibilità di costruire una ripresa diversa, più credibile di quella che eventualmente scaturirà dal semplice gioco delle forze di mercato. Una simile ripresa di tipo nuovo può richiedere un cambiamento delle regole non solo all'interno dei sistemi economici e dell'intera economia globale ma anche nei rapporti tra gli Stati e l'economia. Di questa riflessione, purtroppo, non sembrano esserci molte tracce in nessuno dei Paesi avanzati dell'Occidente. Il problema è particolarmente grave per l'Italia, un Paese dove la crisi ha «coronato» un quindicennio di non crescita e che deve riflettere ancora più seriamente degli altri sul proprio futuro. I settori produttivi italiani sono particolarmente vulnerabili alla caduta della domanda mondiale: i due terzi della riduzione del prodotto lordo (5-6 per cento) prevista per il 2009, derivano dalla debolezza della domanda estera. La scarsità di turisti stranieri in queste settimane è un esempio evidente della difficoltà a collocare il «prodotto» italiano in un mondo in crisi. Queste carenze di domanda non si colmano soltanto con l'ottimismo, più volte invocato dal presidente del Consiglio, anche se un atteggiamento positivo nei confronti della spesa è sicuramente un ingrediente importante per il sostegno della domanda interna. L'eventuale, e oggi sicuramente assente, ottimismo degli italiani non fa aumentare le presenze dei turisti esteri o l'esportazione del «made in Italy» e neppure, in tempi brevi, le vendite di macchine utensili. Che cosa può quindi fare l'Italia in una situazione di questo genere? Si tratta di muoversi contemporaneamente lungo tre direttrici. La prima dovrebbe essere un'azione da compiersi presso la Commissione a Bruxelles - e anche presso la Banca Centrale a Francoforte - per ottenere un atteggiamento più aggressivo nei confronti della crisi; la seconda dovrebbe comportare maggiori aiuti ai settori economici a rischio, cercando di evitare di sostenere buoni e cattivi allo stesso modo ma favorendo invece un miglioramento strutturale di cui l'economia ha molto bisogno; la terza direttrice dovrebbe essere volta a sostenere i consumi dei ceti con i redditi maggiormente a rischio. Qualcosa in queste direzioni è stato fatto, ma la violenza della crisi impone che anche ragionamenti recenti, come quelli del Documento di Politica Economica e Finanziaria, vengano rivisitati ed eventualmente corretti. Senza correr dietro alla speranza di veder miracolosamente comparire dietro l'angolo un sorridente Uomo delle Nevi che annuncia che la crisi è stata soltanto un brutto sogno. mario.deaglio@unito.it

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La disfatta di Francoforte (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Ago 09 8 La disfatta di Francoforte Pubblicato da Domenico De Simone alle 02:21 in Crisi finanziaria Repubblica e Massimo Giannini tornano sulla tassazione dell'oro proposta da Tremonti con due articoli, dei quali quello di Giannini porta l'immaginifica intestazione che fa da titolo anche a questo blog. Da buon tifoso, Giannini è assolutamente certo della vittoria della sua squadra, e la dà per avvenuta nonostante, per sua stessa ammissione, la partita non sia ancora cominciata. Ma si sa che il tifo e cieco, mentre l'influenza suina ci vede benissimo: i miliardi di dollari che saremo costretti a pagare per rimpinguare i profitti delle multinazionali della farmaceutica, sono un'ottima cura per la loro vista. Scherzi a parte, vediamo che altro è successo. Repubblica mette in prima pagina le frementi dichiarazioni di Trichet che bolla come illegale, incostituzionale, blasfema e quant'altro la norma introdotta da Tremonti a proposito dell'oro cosiddetto di Bankitalia, perché che a Trichet o a Giannini piaccia o no, quell'oro non appartiene a nessuna banca ma al popolo italiano. Comunque, Trichet almeno un po' di prudenza nelle sue dichiarazioni l'ha mostrata: dice che non sa se sarà fatto ricorso contro la norma italiana, visto che prevede il preventivo assenso della BCE e di Bankitalia (e quindi il ricorso sarebbe perso in partenza perché non potrebbe essere dimostrata la violazione dell'autonomia delle due istituzioni finanziarie). Giannini, invece, ci va giù duro e parla ripetutamente di "disfatta di Francoforte". Ohibò, ma che è successo sulle rive del Meno? L'ultima disfatta italica in quella terra risale a 2000 anni fa esatti il prossimo settembre, ma è avvenuta per mano di Arminio ben trecento chilometri più a nord di Francoforte. E poi di Tremonti si può dire tutto, ma paragonarlo al burocrate Quintilio Varo sarebbe fargli un grave torto. Anche paragonare Berlusconi ad Augusto, nonostante la passione di entrambi per le minorenni, sembra eccessivo. Naturalmente non è sucesso nulla, se non che Trichet ha ribadito il niet dei giorni scorsi. Si sapeva, l'aveva già detto, e allora dov'è la notizia? Lo stesso Giannini ha scritto che l'obiettivo di Tremonti non poteva certo essere economico, vista l'esiguità delle cifre in gioco (300 milioni di euro sono niente nel mare del debito), e che probabilmente era politico: cercare di coinvolgere altri Governanti europei in una battaglia contro lo strampotere della BCE. Beh se di questo si tratta, la battaglia non è nemmeno iniziata: ma Giannini da buon tifoso, legge le dichiarazioni del Presidente della sua squadra e voce alta enuntiat rovina alle truppe del ghibellino Tremonti disfatte dal novello Castruccio Castracane forte della sentenza di Frankfurt di Lodovico il Bavaro che, preso atto delle sue vittorie contro i Fiorentini, lo elesse signore di Pistoia, Lucca e quant'altro fosse in grado di conquistare agli odiati Guelfi. (sarà per questo che parla di disfatta di Francoforte? Ma secondo voi, Tremonti è più guelfo o ghibellino?) Ma si tratta di vox clamans in deserto: dalla rocca di Altopascio (dalla quale Castruccio diresse le manovre delle truppe lucchesi contro i fiorentini) non si vede nulla e nessuno. Nè Fiorentini né Ghibellini, e nemmeno nelle brume del nord i fantasmi della XVII legione Fortunata (ed è per questo che il 17 porta male, visto che la XVII Legione, dedicata alla Dea Fortuna, fu travolta nella disfatta di Teutoburgo). Niente di niente. Il cavallo di Troia voluto da Tremonti sta lì in attesa di qualcosa che non sappiamo ancora se avverà o meno. Ma nessuno è uscito a combattere finora e l'aria di battaglia c'è solo nella testa di Giannini. Se ci sarà battaglia, questa avverrà con l'acuirsi della crisi. Perché questo è l'oggetto del contendere, come uscire da questa maledetta crisi cui dobbiamo il meno 6% del Pil rilevato oggi dall'Istat. E nonostante le rassicurazioni dell'Ocse, qui tira una brutta aria, difficile da interpretare con i comuni metodi di indagine (che infatti nei mesi passati non hanno interpretato alcunché). E allora, dov'è la disfatta? Ahhhh, il tifo, insieme al caldo di questi giorni, gioca brutti scherzi!

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la crisi, keynes e gli stimoli - joseph e. stiglitz (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 27 - Commenti LA CRISI, KEYNES E GLI STIMOLI JOSEPH E. STIGLITZ Da quando i germogli della ripresa economica, che molti avevano intravisto questa primavera, sono rinsecchiti, qualcuno si è chiesto se la politica di rilancio dell´economia a mezzo di uno stimolo fiscale massiccio non sia fallita. Ora che è stata messa alla prova, l´economia keynesiana dimostra di non essere corretta? Porsi questa domanda sarebbe logico se l´economia keynesiana fosse stata davvero tentata. Difatti, ciò che occorre adesso è un´altra dose di stimolo fiscale. In caso contrario, davanti a noi si apre un periodo ancora più prolungato durante il quale l´economia opererà al di sotto della capacità, con una forte disoccupazione. Il governo Obama appare sorpreso e deluso dall´alto e crescente numero di disoccupati. Non dovrebbe perché tutto questo era prevedibile. La vera misura del successo di uno stimolo non è il livello della disoccupazione in quel dato momento, ma quali sarebbero state le sue dimensioni se lo stimolo non fosse stato messo in atto. L´amministrazione Obama si è detta certa fin dall´inizio che avrebbe creato circa 3 milioni di posti di lavoro in più rispetto a quelli prevedibili altrimenti. Il problema è che l´impatto della crisi finanziaria sull´economia è stato così devastante che persino uno stimolo fiscale come quello del presidente Obama ritenuto enorme non è stato sufficiente. A ciò si aggiunge un altro problema: per quanto riguarda gli Stati Uniti, è previsto che soltanto un quarto dei quasi 800 miliardi di dollari di stimolo allocati sia speso nell´anno corrente e spenderli anche in progetti d´immediata cantierabilità si è rivelato un processo lento. Nel frattempo, gli Stati americani si trovano ad affrontare un calo delle entrate che supera i 200 miliardi di dollari. La maggior parte degli Stati deve inoltre ottemperare a esigenze normative di bilanci in pari e ciò implica che questi Stati ora hanno come sole alternative alzare l´imposizione fiscale o tagliare la spesa – uno stimolo negativo che abbatte, almeno in parte, lo stimolo positivo del governo federale. Al tempo stesso, quasi un terzo dello stimolo complessivo è stato destinato ad abbassare le tasse, una misura che, come predice correttamente l´economia keynesiana, ha una efficacia relativa. Le famiglie, oberate dai debiti e preoccupate per il restringersi dei risparmi destinati alla pensione e per le prospettive cupe quanto al lavoro, hanno speso soltanto una minima parte del denaro che si sono ritrovate in più grazie alle tasse ridotte. Negli Stati Uniti e altrove, è stata dedicata molta attenzione a rimettere in sesto il sistema bancario. Ciò è necessario perché la crescita sia robusta, ma non è sufficiente. Le banche non faranno credito se l´economia ristagna e le famiglie americane saranno particolarmente restie a chiedere prestiti, almeno nel modo dissoluto di prima della crisi. L´onnipotente consumatore americano ha fatto da traino alla crescita globale, ma in questo caso è molto probabile che continui ad arrancare anche dopo che le banche saranno state rimesse in sesto. Nel frattempo, una qualche forma di stimolo da parte del governo sarà necessaria. Un´altra preoccupazione riguarda l´aumento del debito nazionale, ma se il nuovo pacchetto di stimolo sarà ben concepito, prevedendo quindi che una parte delle risorse sia destinata ad acquisire degli asset, la situazione fiscale e la crescita futura potrebbero essere ancora più robuste. è un errore considerare soltanto le passività di un paese ignorando le sue attività e questo costituisce naturalmente un argomento contro i salvataggi delle banche concepiti male quali quelli messi in atto negli Stati Uniti, costati ai contribuenti centinaia di miliardi di dollari di cui buona parte non sarà mai recuperata. A fronte di un dilatarsi del debito nazionale, nel bilancio dello Stato Federale non sono stati iscritti nuovi asset. E, inoltre, è bene non confondere lo stimolo keynesiano con una condizione salutare delle aziende. Pochi (non molti) temono che questo periodo di ingente spesa da parte del governo crei inflazione. Il problema immediato, tuttavia, resta la deflazione che è dovuta alla forte disoccupazione e a un eccesso di capacità. Se l´economia, rispetto alle mie previsioni, si riprendesse in maniera più robusta, la spesa per il nuovo stimolo potrebbe essere cancellata. Meglio ancora sarebbe se una parte consistente della prossima tornata di stimoli mirasse agli stabilizzatori automatici, quali il compenso delle minori entrate degli Stati, e, dato che in caso di effettiva ripresa dell´economia la spesa dello stimolo potrebbe essere azzerata non si corre un grande rischio. Sussiste però una certa preoccupazione che le crescenti aspettative di inflazione portino a un rialzo dei tassi di interesse a lungo termine il che annullerebbe i benefici dello stimolo. Su questo punto, le autorità monetarie devono restare vigili e non interrompere gli interventi "non convenzionali" per tenere sotto controllo sia i tassi d´interesse a breve sia quelli a lungo termine. Ogni scelta politica comporta del rischio, ma non prevedere una seconda tornata di stimoli ora comporterebbe il rischio di una economia debole e quello di non avere a disposizione le risorse quando si renderanno necessarie. Per registrare i risultati di uno stimolo nell´economia occorre del tempo come dimostrano le difficoltà che incontra il governo Obama nello spendere le risorse allocate. Perché l´effetto pieno di questi sforzi sia sentito potrebbero volerci sei mesi o più. Un´economia più debole implica ulteriori fallimenti, una disoccupazione più alta e un numero più elevato di famiglie che perdono la casa trasferendo la proprietà alle banche. Tralasciando la sofferenza dei singoli, ciò comporta a sua volta ulteriori problemi per il sistema finanziario e, come abbiamo visto, un sistema finanziario debole implica un´economia debole e forse la necessità di ulteriori fondi di emergenza per salvarlo da un´altra catastrofe. Tentando di risparmiare adesso si rischia di spendere molto di più avanti. L´amministrazione Obama ha sbagliato richiedendo uno stimolo troppo contenuto, in particolare dopo aver stretto alcuni compromessi politici che lo hanno reso meno efficace di quello che avrebbe potuto essere altrimenti. Inoltre, concependo un salvataggio per le banche che ha concesso troppo denaro con vincoli troppo limitati e a condizioni troppo favorevoli a coloro che sono stati la causa del dissesto economico, ha commesso un altro errore: questa politica ha ridimensionato l´appetito dei contribuenti per il consumo. Questo è l´aspetto politico. Quello economico è chiaro: al mondo occorre che i paesi industriali avanzati si impegnino in un´altra tornata di stimolo reale con una spesa importante e questo dovrebbe costituire uno dei temi centrali del prossimo G20 a Pittsburgh. L´autore è professore di economia presso la Columbia University, presiede la Commissione di esperti per le riforme del sistema monetario e finanziario internazionale nominata dall´Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il tema di un nuovo sistema mondiale di riserva valutaria era già stato affrontato nel suo libro del 2006, La globalizzazione che funziona. Copyright Project Syndicate, 2009. Traduzione di Guiomar Parada

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Girelli (Banca Generali): Ottimista sui prossimi mesi (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Girelli (Banca Generali): «Ottimista sui prossimi mesi» Semestrale strabiliante. Il titolo è sui massimi da fine 2007. Un trend che potrebbe proseguire anche in futuro. Grazie anche allo scudo fiscale di Redazione - 08-08-2009 MONDO RETI Banca Generali, in futuro, punterà sempre di più sull'architettura aperta e sul multibrand, anche con nuovi partner, oltre che sulle occasioni che si dovessero presentare nel private banking e nelle reti. «I risultati ci stanno dando ragione», commenta soddisfatto Giorgio Angelo Girelli, ad di Banca Generali dal 2000. E in effetti il gruppo controllato dal Leone di Trieste (che in settimana ha rilevato il 7% in capo a Intesa Sanpaolo salendo così al 67% del capitale) ha chiuso i primi sei mesi con un utile netto di 23,9 milioni di euro, più che quadruplicato rispetto al corrispondente periodo del 2008 (5,5 milioni di euro). Il margine di intermediazione si è attestato a 128,5 milioni (+53%), il risultato operativo è stato di 53,4 milioni (+113%). In discesa il cost/income ratio (rapporto tra costi di gestione e il margine di intermediazione) che si attesta al 56% dal 67% del primo semestre 2008. «Soprattutto è da sottolineare che la crescita avviene su tutte le componenti del conto economico - dice il manager, che aggiunge - E il mercato se ne sta accorgendo». Il titolo infatti, da inizio anno, ha messo a segno una performance di prim'ordine: +148% (+48% nei dodici mesi) e, dall'annuncio dei sorprendenti dati trimestrali, non passa giorno che non metta a segno un nuovo record sull'ultimo anno e mezzo (l'ultimo, giovedì 6 agosto, a 6,985 euro). È risultato abbastanza evidente nel semestre anche l'aumento dei costi rispetto alla prima metà del 2008. A cosa è dovuto? In parte agli aggiornamenti richiesti dalla Mifid e in parte la lancio di una piattaforma di trading molto avanzata. Riuscirete a mantenere questo trend anche nei prossimi mesi? Sono molto fiducioso in proposito. Il nostro modello di business, in cui siamo per ora unici in Italia, sta raccogliendo i frutti. Lo evidenziano anche gli ultimi dati relativi alla raccolta netta registrata a luglio: 52 milioni (290 milioni complessivamente da inizio anno, ndr), di cui 5 realizzati da Bsi Italia (16 da gennaio 2009 ndr). Un dato quest'ultimo in miglioramento rispetto al nostro trend da inizio anno e ancora più soddisfacente per la qualità della raccolta, grazie alla crescita di fondi comuni e prodotti assicurativi. Quali benefici vi attendete dalla approvazione dello scudo fiscale? Sarà rilevante la presenza della ticinese Bsi? Ritengo che Banca Generali sia in una posizione ottimale per avvantaggiarsi della normativa grazie alla sua dislocazione geografica e la sua appartenenza al gruppo Generali. Stiamo studiano, in team con i migliori studi di commercialisti, soluzioni e proposte da offrire alle clientela. Alcune case d'affari stimano per voi un business da 2 miliardi derivante dallo scudo fiscale... Si parla anche di cifre superiori. Ma al momento è difficile fare qualsiasi previsione. Se ne riparlerà a fine anno. Come sta andando il recente progetto di Sicav lussemburghese Bg Selection? A luglio ha realizzato una raccolta di 71 milioni anche grazie al traino dei cinque nuovi comparti gestiti in delega da Blackrock, Credit Agricole, Invesco, Morgan Stanley e Vontobel, che hanno raccolto complessivamente 60 milioni. Ci saranno ulteriori partnership nella Sicav? Quattro saranno già annunciate a settembre e altre tre o quattro dovrebbero arrivare entro fine anno. Dalla crisi finanziaria del 2001 siete usciti con dimensioni raddoppiate. E da quest'ultima? Ritengo che assisteremo a una nuova ondata di consolidamento nei prossimi mesi, così come è accaduto nel 2003. Quanto a noi siamo soddisfatti delle dimensioni raggiunte anche se continuiamo a guardare con molta attenzione alle occasioni che si dovessero presentare sul mercato italiano nel private banking e nelle reti.

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tremonti, la bce e l'oro del tevere - alessandro penati (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 20 - Economia IL MERCATO TREMONTI, LA BCE E L´ORO DEL TEVERE Le banche centrali di Eurolandia hanno troppe riserve auree immobilizzate ALESSANDRO PENATI Sulle rive del Tevere, come nell´Oro del Reno, Wotan/Tremonti va in guerra contro Alberich/Trichet e i Nibelunghi della Bce pur di mettere le mani sull´oro della Banca d´Italia, tassandolo, come previsto nel decreto "anticrisi". Secondo la Bce questa imposta vìola il Trattato comunitario che la istituisce: il decreto tassa plusvalenze pregresse non realizzate, che sono profitti teorici; quindi l´imposta è pagata creando base monetaria, che equivale a un finanziamento forzoso al Tesoro, espressamente vietato dal Trattato. Inoltre, tassando le plusvalenze future con una speciale imposizione, il decreto condiziona le scelte di investimento della Banca Centrale, violando il principio di indipendenza finanziaria; oltre a quella istituzionale, entrambe garantite da Trattato. Non era poi difficile immaginare la strenua opposizione della Bce al provvedimento italiano che potrebbe costituire un precedente, e scatenare la corsa dei governi europei, affamati di risorse, all´oro delle riserve. Come già commentato in questo giornale, non si capisce perché si sia voluto rischiare un incidente diplomatico internazionale per i 300 milioni di gettito quest´anno; né perché il Governo abbia emanato un decreto che non decreta, subordinando la tassa sull´oro al parere favorevole della Bce, che però lo ha già bocciato sonoramente. "L´oro appartiene al popolo", ha proclamato Tremonti nello stile che ultimamente lo contraddistingue. Già vedo contadini e operai, armati di forconi e martelli, stringere d´assedio Palazzo Koch. A parte la retorica bolscevica, Tremonti ha ragione: l´oro rappresenta i risparmi che gli italiani hanno accumulato esportando beni negli Usa nel dopoguerra fino a quando il dollaro è stato convertibile in oro. Ma se lo si usa per finanziare spesa pubblica corrente, come vorrebbe il decreto, non lo si restituisce "al popolo"; piuttosto bisognerebbe destinarlo al fondo di ammortamento del debito pubblico. La guerra per l´oro del Tevere richiama però l´attenzione su un problema vero, al quale Bce e le banche centrali di Eurolandia dovrebbero offrire una soluzione: le enormi risorse immobilizzate nelle riserve ufficiali, e la percentuale spropositata di queste detenuta in oro. Le riserve dell´Eurosistema ammontano complessivamente a 530 miliardi di dollari, di cui ben 335 investiti in oro. In confronto, gli Usa detengono riserve molto inferiori: 290 miliardi in totale, di cui 251 in oro. L´euro non è la lira o la dracma che dovevano essere difese da crisi valutarie ricorrenti. Anzi, ambisce a scalzare il dollaro come moneta internazionale. Non si capisce dunque a cosa servano tante riserve; e ancor meno perché siano prevalentemente immobilizzate in oro. L´idea che l´oro possa servire domani come garanzia di prestiti internazionali contratti per difendere l´euro da attacchi speculativi è fantascienza. E infatti, meno del 5% dell´oro di Eurolandia è stato conferito alla Bce al momento della sua costituzione, segno che non era rilevante. Così, ben 250 miliardi di oro sono rimasti nei caveau di tre banche centrali: Germania, Francia e Italia. Trovo ironico che le autorità monetarie investano massicciamente in un´attività che ha lo scopo di proteggere contro l´inflazione e le crisi finanziarie: i due rischi che proprio loro dovrebbero scongiurare. Ma, ironia a parte, la recente crisi finanziaria ha ingigantito il ruolo delle banche centrali, che ora devono essere flessibili, pronte ad aumentare la dimensione dei propri bilanci e allargare lo spettro delle attività nelle quali investono, per evitare tracolli del sistema creditizio e, indirettamente, dell´economia. Finora gli investimenti sono stati finanziati con base monetaria; in prospettiva si dovrebbe operare anche attraverso una ricomposizione dell´attivo delle banche centrali, a scapito dell´oro. AAA, cercasi urgentemente piano coordinato per smobilizzo oro di Eurolandia.

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Per i bond offerti allo sportello si cercano formule più semplici (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-08-08 - pag: 6 autore: Investimenti. Le caratteristiche delle strutturate in collocamento Per i bond offerti allo sportello si cercano formule più semplici Rendimento fisso e sicurezza sono le ultime parole d'ordine A lle Poste, è cosa nota, sono stati sempre particolarmente amanti delle obbligazioni strutturate, tanto meritarsi in passato il premio come miglior distributore di questi prodotti che si sono manifestati di sicuro molto redditizi per il gruppo guidato da Massimo Sarmi, un po' meno per i clienti che se li sono ritrovati (più o meno consapevolmente) nel portafoglio. I prezzi di molti dei 27 titoli in circolazione viaggiano sotto la pari, in particolare le emissioni del 2007, vittime della crisi finanziaria che ha indebolito sia gli indici sottostanti, sia il merito di credito degli emittenti ( Morgan Stanley , Goldman Sachs e UniCredit ). Adesso però alle Poste si punta su strutture più semplici: l'emissione «Tasso Fisso Plus» in collocamento al momento (fino al 22 agosto) offre un coupon annuo lordo del 3,75% per i prossimi 6 anni e un'eventuale cedola premio del 9,25% a scadenza se i 3 indici azionari di riferimento (l'EuroStoxx 50, l'S&P 500 e l'Hang Seng) avranno un valore almeno pari al 70% dell'attuale. L'obbligazione (analizzata da Norisk in «Plus24» del 18 luglio) è in realta emessa, e quindi garantita, da Credit Suisse . Un particolare chiaramente espresso sui depliant che abbondano in ogni ufficio postale, ma che forse non rende altrettanto chiaro alla clientela a cui si rivolgono un particolare fondamentale: in caso di nuove bufere sui mercati finanziari sarà alla solidità dell'istituto svizzero che si dovrà guardare con timore e non alle Poste o alla controllante Cassa depositi e prestiti . Fra l'altro lo stesso opuscolo informativo mette a confronto, non del tutto correttamente, i rendimenti possibili di «Tasso Fisso Plus» con quelli del BTp pari scadenza e non con quelli più elevati di un'obbligazione Credit Suisse. Il rialzo dei prezzi dei bond delle ultime settimane (e il conseguente calo dei tassi) ha tuttavia dato una certa appetibilità al titolo collocato dalle Poste: il BTp pari scadenza offre soltanto il 3,22% lordo e il rendimento teorico di un titolo Credit Suisse (non esistono emissioni analoghe) può essere stimato attorno al 3,8 per cento. «In pratica il ribasso dei tassi – sostiene Carlo Mazzola di Norisk – ha finito per regalare al sottoscrittore l'opzione per il premio a scadenza». A patto di riuscire a sottoscrivere il titolo, visto che le Poste non escludono la chiusura dell'offerta prima di ferragosto al raggiungimento del massimale disponibile pari a 900 milioni di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Woodstock, magari (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Woodstock, magari Il quarantennale non si fa, mancano sponsor e soldi. Peccato, perché i ragazzi suonano ancora quella musica Francesco Paternò Andò come andò, beato chi c'era, grazie per quel nutrimento culturale di generazioni. Ma Woodstock quarant'anni dopo non si celebra per mancanza di sponsor e di soldi. E la Stampa di ieri mattina, incautamente scrive in prima pagina: «finalmente!», sostenendo che i ragazzi di oggi non ne sanno nulla, che Woodstock ricorda loro tutto al più l'uccellino di Snoopy, che dentro gli iPod dei nostri figli circola altro. Errore. Grande errore. Quella storia vibra ancora come una corda pizzicata da Jimi. E mica tra noi vecchietti (il collega de la Stampa così si autodefinisce e al buio ci associamo subito), ma proprio tra i ragazzi che cita, dai 14 anni in su. Woodstock, magari. «Se ci ispirassimo a loro, potremmo superare quelle avversità che sono i problemi attuali dell'America, nella speranza di un futuro più luminoso e pacifico». Non è l'onnipresente Barack Obama a parlare ma Max Yasgur, l'allevatore che per 75.000 dollari affittò i terreni a Bethel, nello stato di New York, dove tra il 15 e il 18 agosto del 1969 si svolse il più famoso festival della storia del rock. Servirono altri 25.000 dollari per prendersi terreni circostanti, perché lo spazio era diventato insufficiente appena si sparse la voce dell'evento. Le highway americane rimasero bloccate sul serio, mica per colpa di passanti fasulli fatti per non passare. Jimi Hendrix suonò di lunedì 18 con la sua strato bianca quando molti se ne erano già andati e la storia finisce. O comincia. Quarant'anni dopo? Certo, le celebrazioni un po' puzzano sempre. Michael Lang, uno dei quattro organizzatori di Woodstock 1969, ha dato forfait per il concerto del quarantennale che avrebbe voluto tenere a Brooklyn (mica sui campi fangosi di Yasgur, è la televisione bellezza), perché non ha trovato 10 milioni di dollari di sponsor. Nel 1969, 100.000 dollari al cambio allora fisso con la lira (1 dollaro=625 lire) valevano 62,5 milioni, che teletrasportati a oggi senza contare svalutazioni etc, fanno circa 30.000 euro. Una bella differenza, altri tempi, le leggi dello spettacolo hanno fatto da allora mille capriole. Usare però il flop di Lang come strumento per suonare il requiem per il rock e per il suo concerto-idolo è troppo. Piuttosto, andrebbe ricordato che il quarantennale è precipitato dentro il buco nero della crisi finanziaria ed economica mondiale più grave da un ottantennio, cioè dal grande crack del 1929. Un colpo di sfortuna verrebbe da dire, se non fosse che i milioni di posti di lavoro persi in giro per il mondo a causa del crack gridano vendetta. Eppoi, valli a trovare due tipi come Joel Rosenman e John Roberts (il quarto degli organizzatori era Artie Komfeld) che in un annuncio sul New York Times e sul Wall Street Journal si presentavano così: «Uomini giovani con capitale illimitato cercano interessanti opportunità, legali, di investimento e di proposte d'affari», ecco come nacque Woodstock Ventures. Per Lang, farsi dare oggi 10 milioni di dollari per un festival da banche, assicurazioni, costruttori di automobili e produttori di yogurt è stata troppo dura. Ne hanno sperperati così tanti negli anni scorsi, che adesso sono costretti a cambiare musica. Non i nostri ragazzi. Che magari non leggono la Stampa (e nemmeno il manifesto) ma che di Woodstock sanno tutto, o quasi. Bisogna ascoltarli suonare nelle salette che pullulano in città, si sentono ancora Jimi Hendrix e i Led Zeppelin che a Woodstock non ci andarono, dirottati dal loro agente in un'altra tournée americana. Certo, Joe Cocker sì, Joan Baez proprio no. Sarà che chi scrive ha trovato nell'iPod di un figlio di 8 anni Stairway to Heaven, Jimmy Page a fianco dei Red Hot Chili Peppers nonché dei Deep Purple. Sarà che il fratello poco più grande suona una Gibson e usa Internet, cosa che nel 1969 - e nemmeno nel 1979 e nemmeno nel 1989 - noi sapevamo cosa fosse, e che con un click su un motore di ricerca, Woodstock è servito per filo e per segno, e per filmati. Di sicuro, è più facile che questa generazione conosca meglio chi sono gli «eroi di Woodstock», per citare ancora il collega, che quelli «dei Mille, del Piave, della Guerra d'Etiopia e pure - diciamolo francamente - della Resistenza». Nel caso, semmai è colpa nostra.

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L'impatto su povertà e salari (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

COMMENTO L'impatto su povertà e salari Antonio Frenda In Italia, nel secondo trimestre del 2009, il Pil è diminuito del 6% rispetto al secondo trimestre del 2008. Nello stesso trimestre il Pil è diminuito, in termini tendenziali, del 5,6% nel Regno Unito e del 3,9% negli Stati Uniti. Ma la stasi nella crescita del Pil comporta un aumento della povertà? Alcuni dati particolarmente significativi dall'ultima indagine Istat sulla povertà: la stima dell'incidenza della povertà assoluta, cioè la percentuale di famiglie e di persone povere sul rispettivo totale delle famiglie e delle persone residenti in Italia, è aumentata significativamente dal 2005 al 2008 per le famiglie con almeno un figlio minore, a fronte di una sostanziale stabilità statistica del fenomeno povertà per gli altri nuclei familiari considerati, con un'incidenza evidentemente più elevata al Sud dove è passata dal 5,8% del 2007 al 7,9% nel 2008. Circa un 1/5 delle famiglie che non hanno un reddito da lavoro né un reddito derivante da una pregressa attività lavorativa è in condizione di povertà assoluta. Altri utili dati Istat sulla povertà, quelli cioè quelli sulla povertà relativa (in cui le soglie di povertà sono definite solo rispetto all'ampiezza familiare e non al territorio), presentano dal 2003 al 2008 una sostanziale stabilità della povertà in Italia nel periodo considerato (circa l'11%), con un Sud in cui essa si presenta con valori prossimi al 24%. I dati citati evidenziano il ben conosciuto problema di un Sud depresso e di chi non ha un lavoro: questi ultimi sono impoveriti dall'assenza di un organico sistema di welfare state. I fattori alla base dell'attuale crisi finanziaria mondiale sono stati individuati in una rilevante sottovalutazione dei rischi, nella crescente complessità dei prodotti nella finanza strutturata, nell'euforia che ha contaminato i mercati finanziari per troppo tempo (ed è talvolta inevitabile), nella forte interconnessione della finanza globalizzata. La crisi è quindi finanziaria, a livello mondiale, ma strutturale ed endemica per l'Italia, dove la crescita del paese è più o meno ferma da anni: nel 1995, il reddito italiano pro capite era superiore di circa il 4% a quello medio relativo ai quindici paesi dell'UE; nel 2008 è invece sceso sotto la media circa del 10%: «l'italiano medio» si è quindi impoverito quasi di 1 punto percentuale all'anno in rapporto agli altri partecipanti alla Ue e le retribuzioni medie italiane si collocano solamente al 23esimo posto della classifica dei 30 paesi dell'area Ocse. Le buste paga sono più pesanti in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia, ma anche in Grecia e Spagna, come risulta dal rapporto Ocse sul prelievo fiscale sui salari, aggiornato al 2008. Ed anche il fatto che in Italia non vi sia deflazione, mentre i prezzi al consumo nei paesi dall'area Ocse sono calati in giugno su base annua dello 0,1% rappresenta un segnale da considerare per l'analisi delle problematiche strutturali del nostro grande paese. Per analizzare le condizioni di vita delle collettività, è bene operare confronti tra Paesi con caratteristiche economiche comuni (come ad esempio l'appartenenza all'area Euro), per avere confronti omogenei ed esaustivi. Infatti, le persone, le famiglie, nel giudicare l'adeguatezza del proprio reddito familiare per condurre una vita considerata dignitosa, osservano, grazie ai mass media, ad Internet, alla sempre maggiore mobilità, territori anche lontani, e sono soggetti a prezzi (come quelli dei beni durevoli) che spesso tendono a convergere in presenza di politiche monetarie comuni.

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Su Intesa, Telecom recupera (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 08/08/2009 - pag: 31 La Giornata in Borsa di Giancarlo Radice Su Intesa, Telecom recupera Un brutto avvio, seguito da una netta ripresa sull'onda dei buoni dati di luglio sulla disoccupazione negli Usa. Per Piazza Affari, così come per le altre Borse europee, la settimana si è chiusa con una seduta dal doppio volto. Alla fine, l'indice Ftse Mib è avanzato dell'1,29% e l'Ftse All Share dell'1,13%, in una giornata estiva caratterizzata dagli scarsi scambi. I volumi hanno raggiunto i 2,7 miliardi di euro. Il cambio di passo si è visto soprattutto per i titoli finanziari: partiti male a causa delle forti perdite semestrali registrate da Royal Bank of Scotland (Rbs), hanno poi invertito rotta fino a terminare in consistente rialzo. Intesa Sanpaolo ha addirittura guadagnato il 4,5%, ma positive sono anche le performance di Bpm (più 2,4%), Mps (più 1,8%), Unicredit (più 1,7%) e Ubi (più 1,5%). Di tutt'altro tenore l'andamento delle banche alla Borsa londinese, dove Rbs è crollata del 13,6% e Lloyds ha perso il 5,4%. A Milano è tornata a salire Telecom Italia, che dopo lo scivolone di giovedì ieri ha messo a segno un rialzo dell'1,5% nonostante il downgrading degli analisti di Exane e Bank of America. Non ce la fatta, invece, il titolo Fiat , che ha sì recuperato terreno ma senza riuscire ad azzerare le perdite collezionate in mattinata, quando l'intero settore auto europeo ha pagato caro il «declassamento» di Psa Renault Citroen . E in flessione hanno terminato anche Unipol (meno 1,1%), Atlantia (meno 1,1%), Autogrill (meno 1%). Sul completo, infine, gran balzo di Olidata (più 15,2%), Saras (più 11,2%) e Mariella Burani (più 7,9%), mentre Aedes ha ceduto il 7,6%). Banche Seduta positiva per il settore bancario, dalla Popolare Milano a Montepaschi e Ubi

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Fastweb sale dopo il patto con Wind (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 08/08/2009 - pag: 31 Il caso a Milano Fastweb sale dopo il patto con Wind Giovedì sera l'annuncio di risultati semestrali oltre le attese, con utili netti di 17,9 milioni di euro. E ieri l'intesa con Wind per la condivisione della rete di telecomunicazioni, secondo lo stesso schema utilizzato per l'accordo siglato l'anno scorso con Telecom Italia. Così Fastweb è partita ieri di gran carriera in Borsa, arrivando a guadagnare oltre il 4%. Ed ha tenuto un buon ritmo fino alla fine delle contrattazioni, chiudendo a più 2,6%. In particolare gli analisti hanno sottolineato come, per effetto dell'intesa con Wind, la società guidata da Stefano Parigi potrà contare su ricavi aggiuntivi per 15 milioni di euro. Stefano Parisi numero uno di Fastweb

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Peugeot Citroën nel mirino di S&P's (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 08/08/2009 - pag: 31 Il caso a Parigi Peugeot Citroën nel mirino di S&P's Giornata difficile, ieri alla Borsa di Parigi, per Psa Peugeot Citroën. I titoli del gruppo automobilistico francese hanno vissuto una seduta tutta in ribasso, terminando a meno 5,4%, dopo che l'agenzia di rating Standard & Poor's ne ha declassato il debito da BB+ a BBB-, cioè a livello di junk bond. Secondo gli analisti di S&P's la situazione finanziaria di Psa potrebbe «deteriorarsi in modo significativo» se non ci sarà una ripresa delle vendite nel 2010. Un giudizio che ieri ha condizionato l'andamento dell'intero settore sui mercati finanziari. In forte ribasso hanno infatti chiuso anche Renault e altre grandi case europee. Philippe Varin , ceo del gruppo Psa

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Wall Street in preda all'esuberanza (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SETTIMANA FINANZIARIA data: 2009-08-08 - pag: 26 autore: Borse. Il dato sull'occupazione, migliore delle attese, ha generato ottimismo sulla ripresa e costretto molti operatori a chiudere le posizioni scoperte Wall Street in preda all'esuberanza Goldman Sachs vede rosa per l'economia Usa, ma JP Morgan e Pimco restano scettici di Walter Riolfi S trana reazione quella vista alle 14.30 di ieri sui mercati finanziari dopo il sorprendente dato sull'occupazione Usa: solo 247mila posti di lavoro persi a luglio, contro i 467mila del mese precedente e i 320mila stimati dagli economisti. Il future sull'S&P500 accenna solo a un modesto rialzo e, quando apre Wall Street, l'indice corregge ulteriormente i guadagni del future. Per una buona ora e mezza, si ha l'impressione che tra gli investitori prevalgano timori indefiniti più che una comprensibile soddisfazione. Lo stesso avviene sul mercato delle materie prime: il petrolio s'impenna per un attimo, ricade, oscilla e si ritrova infine a un livello più basso di quando era stato annunciato il dato sull'occupazione. Non è facile capire esattamente di cosa avessero paura i mercati. Non si va lontani dal vero nell'immaginare che gli investitori fossero tormentati da un insieme di preoccupazioni: prima, quella che i numeri del ministero del Lavoro, potessero spingere la Fed ad aumentare i tassi d'interesse. C'è anche una spiegazione convenzionale: ossia che parecchi abbiano venduto sulla notizia, visto che broker di primo piano come Goldman Sachs e JP Morgan avevano pronosticato tra mercoledì e giovedì un netto calo dei disoccupati. Ma la sensazione di un iniziale disappunto troverebbe giustificazione nel fatto che buona parte degli investitori era pronta a monetizzare i guadagni delle ultime due settimane, poiché il clima di Wall Street stava diventando alquanto surriscaldato. Numeri sui disoccupati in linea con le previsioni o addirittura superiori avrebbero scatenato quanto meno una correzione. E per tutti quelli che in settimana avevano iniziato a vendere allo scoperto, sarebbero stati il pretesto per un ribasso della Borsa. S'è vista quasi una congiura tra i cultori dell'analisi tecnica: tutti a spiegare, grafici alla mano, che l'S&P era in «ipercomprato », che rimbalzi degli indici come si sono visti da metà luglio e dai minimi di marzo (+50% a New York e +46% in Europa) sono («storicamente») il preludio di una forte correzione, che quota mille dell'S&P, o via di lì, rappresentava un limite quasi invalicabile. E poi si sono aggiunti gli scettici che hanno notato come, dal 10 luglio, siano stati i titoli a rating BB o ancor più basso a essere saliti maggiormente: tra il 21 e il 30%, contro una media di 9,5-19% di quelli a miglior rating. E questo fino al 4 agosto, senza contare dunque gli ulteriori rialzi e lo spettacolare volo di Aig, alimentato per buona parte dalle ricoperture. Insomma sarebbero state le società con la peggior qualità degli attivi (come le banche) ad aver fatto crescere la Borsa: segno di un mercato speculativo e di una tendenza non destinata a durare a lungo. Il rialzo di ieri ha deluso tutti costoro ed è probabile che sia costato parecchio a quanti avevano aperto posizioni ribassiste, costringendo molti a ricomprarsi i titoli. Tuttavia questa esuberanza dei mercati è davvero motivo di preoccupazione. è assai probabile che le borse abbiano imboccato una tendenza rialzista di lungo periodo ( un mercato Toro, come si dice a Wall Street), come del resto si sostiene da tempo su questa pagina. Si può concordare con l'ottimismo ribadito da BlackRock («segni che promettono bene per le azioni nel medio e lungo periodo»), e con quello di Goldman Sachs che stima una crescita del Pil Usa del 3% nel secondo semestre. Ma non si può trascurare il cauto scetticismo di JP Morgan che sottolinea come questa ripresa dell'economia sia drogata da una ultra espansiva politica monetaria, dagli stimoli fiscali e dalla ricostituzione delle scorte. Cosa che agli uomini di Pimco, suggerisce la quasi certezza che «questo mercato Toro non può durare». Intanto qualcosa d'insolito s'è visto ieri sui mercati e non è rassicurante nel breve periodo: l'ascesa di Wall Street è avvenuta in solitaria, con le materie prime questa volta in calo e con il dollaro in recupero su tutte le valute, come quasi mai s'era visto negli ultimi 5 mesi. In settimana l'S&P è salito del 2,3% (+1,1% il Nasdaq) e lo Stoxx del 2,6% (+4% Milano, +2,8% Parigi, +2,4% Francoforte, +2,5% Londra).

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Il filo forte di una famiglia delicato come la seta (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Letti per voi Romanzo A CURA DI Libri Il filo forte di una famiglia delicato come la seta GIANNI MARTINI Un legame, un filo forte e delicato come la seta a tenere legata una famiglia. Isabella Garavagno lo srotola con intelligente pazienza per narrare, attraverso più generazioni, la vita nelle campagne, dove non avere maschi era una maledizione, dove si emigrava, si partiva soldati, si era poveri e solidali. Con la Storia dei potenti a far da sfondo e incidere su una vita già «grama» di suo. Teatro è la Racconigi del '900 dove si favoleggia dello Zar e dei re. C'è un uomo scampato all'affondamento della Mafalda. E un figlio segreto e insperato.Personaggio Storia e ricette di Zola dei cocktail Massobrio per Papillon ha realizzato un libro in ricordo di Angelo Zola, «l'Angelo dello shaker nato a Viverone su quel lago piemontese dentro cui si specchia la serra morenica, ripercorrendo un pezzo di storia del nostro Paese, quando si era tutti più poveri, ma con una tensione al gusto e alle relazioni che, come una ricetta di cocktail, sono forse state il segreto della rinascita». In calce le ricette di Zola. Saggio Fare i conti con la sofferenza «Il pensiero di poter evitare tutte le battaglie, le delusioni, i dispiaceri, è un pensiero folle perché la vita non è così. Anzi: la vita è fatta di combattimento». Questo l'incipit al saggio breve di don Pino Pellegrino indirizzato agli educatori. Un tascabile per combattere gli eccessi di protezionismo verso i più piccoli; la rivalutazione dei «no», l'educazione al «sacrificio». Discutibile, ma chiaro.Saggio I volontari e le regole per sopravvivere Chi fa volontariato, chi ha messo in piedi servizi che il Pubblico non garantisce, finisce per scontrarsi con la burocrazia. Una marea di norme, leggi, circolari da conoscere, rispettare, seguire. Di qui l'opera di Giorgio Groppo (Centro Servizi per il volontariato di Cuneo) che ha raccolto e ordinato la normativa. Il quaderno è distribuito gratuitamente su richiesta (al numero 0171605660).TITOLO: L'ANGELO DELLO SHAKER AUTORI: MASSOBRIO, MOLINARI E QUARTERO EDITORE: PAPILLONTITOLO: EDUCARE ALLA SOFFERENZA AUTORE:PINO PELLEGRINO EDITORE: ASTEGIANOTITOLO: SOLAMENTE VITA AUTRICE: ISABELLA GARAVAGNO EDITORE: ARABA FENICE TITOLO: LA NORMATIVA SUL VOLONTARIATO AUTORE: GIORGIO GROPPO EDITORE: SOCIETÀ SOLIDALE

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Preoccupazione anche al Comune eporediese Sulla società ancora pesa la crisi finanziaria (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Preoccupazione anche al Comune eporediese Sulla società ancora pesa la crisi finanziaria Non c'è pace per i 250 dipendenti delle sedi di Ivrea e Torino di Omnia Network. Se nel mese di maggio Regione, Provincia e Comune di Ivrea avevano annunciato che la proprietà si impegnava a mantenere la propria presenza e prospettato una ricapitalizzazione finanziaria con tanto di nuovo piano industriale, ora i timori di chiusura o se non altro di ridimensionamento ritornano. In una nota, il Comune scrive che «il Cda di Omnia Network del 31 luglio scorso ha paventato il possibile ricorso a procedure straordinarie, concorsuali e/o liquidatorie dinanzi al mancato versamento previsto da parte del socio di riferimento e nel caso non si dovessero trovare a breve soluzioni alternative. Industriali o finanziarie». Intanto si è dimesso dalla carica di vice presidente e di membro del consiglio di amministrazione Sebastiano Liori, che aveva rappresentato l'azienda nell'ultimo incontro - quello in cui si parlava di rilancio - con gli enti pubblici. L'assessore allo Sviluppo e al Lavoro, Enrico Capirone, si è messo subito con i contatto con le organizzazioni sindacali e sta cercando di fare lo stesso con i vertici di Omnia. «Purtroppo - si legge nella nota del Comune di Ivrea - gli eventi degli ultimi giorni hanno riproposto il problema della crisi finanziaria della società, che rischia ancora una volta di avere pesantissime conseguenze sull'ambito produttivo dell'Eporediese». Quella di Omnia, infatti, è un'odissea che dura da almeno dieci anni, ovvero da quando la ex Opc (diventata poi Op Computer) finì in amministrazione controllata. \

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TITOLO: EDUCARE ALLA SOFFERENZA AUTORE:PINO PELLEGRINO EDITORE: ASTEGIANO... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Saggio Fare i conti con la sofferenza «Il pensiero di poter evitare tutte le battaglie, le delusioni, i dispiaceri, è un pensiero folle perché la vita non è così. Anzi: la vita è fatta di combattimento». Questo l'incipit al saggio breve di don Pino Pellegrino indirizzato agli educatori. Un tascabile per combattere gli eccessi di protezionismo verso i più piccoli; la rivalutazione dei «no», l'educazione al «sacrificio». Discutibile ma chiaro.TITOLO: EDUCARE ALLA SOFFERENZA AUTORE:PINO PELLEGRINO EDITORE: ASTEGIANO

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gli usa in crisi comprano americano messico e canada: obama ci ripensi - federico rampini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 21 - Economia Oggi vertice a Guadalajara con i due partner commerciali. Protezionismo, narcos e ambiente in agenda Gli Usa in crisi comprano americano Messico e Canada: Obama ci ripensi FEDERICO RAMPINI dal nostro corrispondente NEW YORK - Il primo partner commerciale degli Stati Uniti non è la Cina (solo seconda) ma il Canada. Al terzo posto per l´import-export con gli Stati Uniti non c´è la Germania bensì il Messico. L´intensità dei legami fra i tre partner nordamericani, legati dal trattato di liberoscambio Nafta, spiega l´importanza del vertice di due giorni che si apre oggi a Guadalajara, in Messico. Un appuntamento delicato per Barack Obama. Malgrado la sua popolarità personale nei Paesi vicini, il leader Usa arriva a Guadalajara nella posizione dell´imputato. L´accusa: protezionismo. Il premier canadese Stephen Harper e il presidente messicano Felipe Calderòn lo incalzeranno sulla famigerata clausola "Buy American", inserita dal Congresso dentro la manovra di spesa pubblica a sostegno della crescita. Il ministro canadese del Commercio estero, Stockwell Day, ha lanciato un avvertimento esplicito alla vigilia del summit. «L´America - ha detto - deve aprire gli occhi su quel che rischia: di questo passo scatteranno le nostre contromisure. E nel gioco delle rappresaglie protezioniste tutti finiscono impoveriti». "Buy American" ha già creato danni notevoli a molte aziende canadesi, escluse dalle gare d´appalto per lavori pubblici e forniture alla Pubblica Amministrazione negli Stati Uniti. La formulazione di "Buy American" è insidiosa, perché anche le aziende Usa che lavorano per un committente pubblico rischiano di perdere i concorsi se usano materiale importato. La difficoltà di isolare un´economia globalizzata come gli Stati Uniti provoca effetti-boomerang e conseguenze autolesioniste. Un caso estremo è quello di alcune città americane rimaste a corto di filtri per gli impianti di depurazione dell´acqua potabile. Quei filtri sono prodotti da un colosso "made in Usa" per eccellenza, la General Electric. Però vengono da stabilimenti collocati sul suolo canadese, e includono componenti importati dall´Ungheria. Il Messico ha una lista di recriminazioni ancora più lunga. Non c´è solo "Buy American". A marzo il Congresso di Washington ha sospeso unilateralmente la libertà di circolazione dei Tir messicani, introdotta dal trattato Nafta. L´hanno travolta due campagne parallele. Da una parte il potente sindacato dei camionisti Usa, i Teamsters (generosi finanziatori della campagna elettorale di Obama) da anni denunciano la violazione delle norme di sicurezza da parte dei concorrenti messicani. Dall´altra i movimenti ambientalisti - da Sierra Club a Greenpeace - accusano i Tir messicani di non rispettare le regole anti-smog. Anche in questo caso, il Congresso a maggioranza democratica si è mostrato sensibile alle sirene del protezionismo. Un disastro per l´industria messicana: dovendo trasbordare tutte le merci al confine su Tir Usa, gli esportatori sono "tassati" per un costo aggiuntivo di 400 milioni di dollari all´anno. Le tensioni Usa-Messico vanno ben oltre la sfera commerciale. In cima al dialogo tra Obama e Calderòn ci sarà l´emergenza-narcos. In una spaventosa escalation di violenza, intere zone del Messico sono sottratte di fatto al controllo dello Stato. I sanguinosi regolamenti di conti tra le gang "sconfinano" sempre più spesso oltre la frontiera Usa, preoccupando l´opinione pubblica dall´Arizona al Texas. I messicani accusano gli Usa di non assumersi tutte le proprie responsabilità: da una parte è a Nord il principale mercato di sbocco che traina il business degli stupefacenti dal lato dei consumi; d´altra parte per il lassismo della legislazione sulle armi è sempre negli Stati Uniti che i narcotrafficanti riforniscono i propri arsenali da guerra. Un tasto dolente nelle relazioni Usa-Messico è anche la politica dell´immigrazione. Obama ha fatto un gesto distensivo importante, con le nuove norme sulla detenzione "civile ed umana" dei clandestini, varate due giorni fa dal suo segretario alla Homeland Security, Janet Napolitano. E´ un progresso significativo per voltare pagina rispetto agli abusi contro i diritti umani dei clandestini. Ma resta tutta da definire la riforma delle regole sull´immigrazione. Anche su questo terreno, Obama deve fare i conti con le spinte protezioniste di una parte del Partito democratico, accentuate dagli effetti della recessione. Con 15 milioni di disoccupati, il clima politico non è ideale per liberalizzare i permessi di residenza.

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censura di stato sull'informazione - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Commenti CENSURA DI STATO SULL´INFORMAZIONE Più che un nuovo "editto bulgaro", come lamenta l´opposizione, questo è in realtà un diktat di stampo sovietico (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Perché diffonde le notizie, tutte le notizie, anche quelle sgradite al governo. Ma è gravissimo che in questo si tratti anche del principale concorrente della tv di Stato, il proprietario di quel polo televisivo privato che sta ormai fagocitando l´intero sistema dell´informazione e monopolizzando di fatto la libertà di stampa nel nostro Paese. Più che un nuovo "editto bulgaro", come lamenta l´opposizione riferendosi all´intervento con cui Silvio Berlusconi da Sofia chiese (e ottenne) a suo tempo il licenziamento di Enzo Biagi e di Michele Santoro, questo è in realtà un diktat sovietico. La pretesa di una neutralità assoluta, ovvero di un´informazione asettica, con l´invito esplicito a non attaccare "né governo né opposizione", equivale in pratica a una censura di Stato, come accade nei regimi anti-democratici, totalitari o dittatoriali. E per smentire l´affermazione secondo cui la nostra sarebbe "l´unica tv al mondo che con i soldi pubblici attacca il governo", basterebbe citare il modello della Bbc, il cui vertice viene nominato dalla Corona e non da Downing Street: fu proprio la televisione pubblica inglese che denunciò le responsabilità del governo di Tony Blair in ordine ai falsi dossier sulle presunte armi di distruzione di massa in Iraq. L´Italia, semmai, resta l´unico Paese al mondo in cui il premier in carica continua a controllare direttamente tre reti private e indirettamente le tre pubbliche, insediando non solo i vertici della Rai ma anche i direttori e i vice-direttori delle testate, con una proliferazione di posti e di poltrone che proprio nei giorni scorsi ha superato il limite della decenza, all´insegna della più vieta lottizzazione. Un asservimento pressoché totale alla logica del partito-azienda. In questo clima di regime strisciante, tanto più apprezzabile risulta la reazione con cui il presidente della Rai, Paolo Garimberti, ha replicato al presidente del Consiglio per rivendicare la funzione e il ruolo del servizio pubblico. Ma evidentemente non può essere lasciato solo il presidente Garimberti a difendere il fortino assediato di viale Mazzini. Né possono essere abbandonati al proprio destino i giornalisti dell´azienda. Ha ragione allora l´associazione "Libertà e Giustizia" a lanciare pubblicamente un "disperato allarme" e a sollecitare un segnale, forte e autorevole, dalle più alte cariche istituzionali: a cominciare dal capo dello Stato, affiancato magari dai presidenti delle due Camere. Anche se il presidente Napolitano era già intervenuto nei giorni scorsi su questo terreno, ora sarebbe quanto mai opportuno un altolà fermo e deciso per impedire lo smantellamento o la demolizione del servizio pubblico televisivo. Divenuto ormai bersaglio privilegiato di tutta la stampa e di tutte le tv del mondo, a causa di quella che un giornale straniero ha efficacemente definito la sua "libidine geriatrica", il presidente del Consiglio non può pensare di sfuggire alle critiche in virtù di un protezionismo dell´informazione interna. Non sarà attraverso la definitiva normalizzazione della Rai che Berlusconi riuscirà a salvaguardare la sua immagine, la sua credibilità e la sua affidabilità personale. Né tantomeno l´immagine, la credibilità e l´affidabilità dell´Italia sul piano internazionale.

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Paulson, l'uomo dal tocco d'oro Adesso scommette sui lingotti (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 09/08/2009 - pag: 31 Storie Anticipò il crollo dei subprime. L'investimento sulle miniere Paulson, l'uomo dal tocco d'oro Adesso scommette sui lingotti Il suo hedge fund agganciato all'andamento del bene rifugio MILANO La grande corsa dell'oro ha un vincitore, il multimiliardario finanziere John Paulson, a capo dell'hedge fund newyorkese che porta il suo nome. E l'ultima mossa sul metallo giallo è quella delle Banche centrali europee che visto il rialzo delle quotazioni, hanno deciso di mettere un tetto di 2 mila tonnellate alle vendite di oro nel prossimo quinquennio, a un ritmo massimo di 400 tonnellate all'anno. Al programma partecipa anche il Fondo monetario internazionale. Un'intesa che, a partire dal prossimo 27 settembre, mira a garantire una vendita coordinata delle riserve. Una mossa che con tutta probabilità manterrà alte le quotazioni del metallo prezioso in una fase in cui gli investitori (dagli hedge funds ai Paperon de' Paperoni, dai fondi pensione ai risparmiatori), dopo il crollo dei mercati finanziari, si sono rivolti in massa all'oro acquistando a piene mani contratti future legati al metallo giallo ma anche lingotti e monete. Ma chi è John Paulson? Un finanziere capace di guardare lontano. Uno «speculatore» che ha saputo prevedere già a metà del 2006 che quella immobiliare era una bolla che sarebbe scoppiata in fretta e ha cominciato già da allora a scommettere (e a guadagnare) sul declino dei mutui subprime. E d'altro canto il timore di un'inflazione galoppante l'ha portato a investire in oro, il bene rifugio per eccellenza, la cui domanda tende a salire in momenti di crisi finanziaria ed economica. Questo manager newyorkese di 53 anni che nel 1994 fondò la Paulson & Co., ha così tanta attenzione per il metallo prezioso da aver agganciato all'oro una classe di azioni di uno dei suoi 12 fondi in modo che la perfomance della quota tenga conto sia dell'andamento del lingotto sia di quello degli altri valori sottostanti. Salito al settantottesimo posto nella lista Forbes (2008) dei 400 più ricchi d'America con un patrimonio netto di 4,5 miliardi di dollari, Paulson, dopo aver macinato profitti scommettendo sulla debolezza del mercato immobiliare (uno dei suoi fondi, Credit Opportunities, ha guadagnato il 590% nel 2007) ha deciso di devolvere parte di questi utili (15 milioni di dollari) nell'Institute for Foreclosure legal assistance, un'istituzione non profit che aiuta chi ha sofferto della morsa predatoria dei subprime. Ma il manager dal tocco d'oro non si è fermato qui. E nel marzo di quest'anno ha investito 1,28 miliardi di dollari per acquisire dal gruppo minerario Anglo American l'11,3% di AngloGold Ashanti, operazione che gli ha permesso di diventare il secondo più grosso azionista della miniera d'oro sudafricana. «Crediamo che AngloGold Ashanti, terza miniera d'oro al mondo, sia una di quelle meglio gestite ma ancora sottovalutate ha detto il finanziere in quell'occasione . E non vediamo l'ora che si realizzi la loro strategia di espansione globale ». Intanto a fronte di un calo del 15% dell'indice Standard & Poor's 500, il prezzo dell'oro è salito in un anno del 3,5%. Laureato con lode alla New York University, con dottorato in finanza, poi Master in business administration ad Harvard (tra i migliori della classe), Paulson è, per chi lo conosce da vicino, un uomo modesto e riservato. La sua più grande stravaganza è la casa, un edificio da cinque piani a Manhattan, sull'86esima strada (angolo 5th avenue) acquistato nel 2004 per 14,7 milioni di dollari (la stessa casa costruita nel 1916 per il banchiere William Woodward, la cui famiglia ispirò il libro di Truman Capote «Answered prayers»). Per il resto lui è un uomo di famiglia. Ha due figlie. Gli piace la barca a vela, fare jogging a Central park. E l'oro. Goldfinger John Paulson, settantottesimo tra i 400 più ricchi d'America secondo «Forbes» Antonia Jacchia © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Meglio il libro di un cronista di un saggio accademico: i consigli del Nobel Krugman (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 09-08-2009)

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Corriere della Sera sezione: Cultura data: 09/08/2009 - pag: 34 UNA RECENSIONE SUL «NEW YORK TIMES» Meglio il libro di un cronista di un saggio accademico: i consigli del Nobel Krugman Appare curioso che un premio Nobel per l'economia recensisca con calorosi elogi l'opera prima di un giornalista. Ma evidentemente Paul Krugman considera di grande utilità il libro di Justin Fox (editorialista del settimanale «Time») «The Myth of the Rational Market» (Harper Collins). Infatti a questo saggio, in cui l'autore esplora le origini intellettuali della teoria che postula la razionalità dei mercati finanziari, l'economista americano ha dedicato un articolo (uscito il 6 agosto sul «New York Times» e ripreso ieri dall'«International Herald Tribune») che lo definisce «lettura obbligatoria per chiunque voglia capire il disastro nel quale ci troviamo». Secondo Krugman, le vicende narrate da Fox dimostrano come le idee di una scuola accademica possano sposarsi con gli interessi del mondo degli affari fino a imporre una certa visione della realtà quasi come un dogma, capace di reggere a ripetute e sonore smentite. Del resto Krugman, a differenza di Fox e dell'autore di un altro libro che recensisce nello stesso articolo («The Sages» di Charles Morris), è convinto che il mito del mercato razionale, nonostante i terremoti in Borsa, non sia destinato a dissolversi tanto presto. A. Car. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 09/08/2009 - pag: 11 La lettera «Ora il Pd per vincere aiuti il soldato Galan» Caro direttore il prossimo anno a questa data il Veneto conoscerà il suo governatore. Se disporrà anche di un programma adeguato a gestire quella che augurabilmente sarà l'uscita dalla crisi globale sarà dipeso dalla nostra capacità di identificare, oggi, le poche cose che veramente occorrerà fare a Venezia, o pretendere vengano fatte a Roma e Bruxelles, e le avrà affidate a protagonisti capaci di raccogliere su queste il consenso. Un obiettivo difficilmente raggiungibile limitandosi a cercar di ridurre il conflitto permanente tra Pdl e Lega. La storia insegna che la fusione a tavolino di programmi che rispondono a strategie politiche divergenti porta prima o dopo a disastri politici. Alla ricerca di una «alleanza compatibile con il programma» occorre invece un atto di vera autonomia regionale che ci liberi dal vincolo di dover rispettare gli steccati nazionali: Pdl-Lega, da un lato, e Pd-IdV e Sinistra radicale, dall'altro. Con il Pdl al 29%, la Lega al 28% e il Pd al 20%, secondo il dato della regione restituitoci dalle europee, il perno di ogni futura alleanza per il Veneto può essere teoricamente costituito da ogni coppia dei tre partiti maggiori: Pdl-Lega, Pd-Lega, ma anche Pdl-Pd. È qui che entra in ballo il merito delle politiche da portare avanti nell'interesse del Veneto. Il Mose, il Passante e il rigassificatore, i simboli della politica del fare dei quali va fiero Galan, sono stati ottenuti tutti «contro» la Lega. Sull'altro lato, senza dover inseguire l'antipolitica e il giustizialismo alla Di Pietro, il Pd si sarebbe rattrappito su una opposizione senza identità? Il Veneto di domani non ha bisogno di essere tirato un giorno verso un riformismo di stampo europeo e il giorno dopo sulla strada opposta del protezionismo localista, intrinsecamente separatista. Il Veneto ha bisogno di politiche «nazionali» delle infrastrutture, della giustizia civile, dell'Università e della ricerca, dell' «immigrazione-accoglienzaintegrazione» e non solo «immigrazione-sicurezza», ma anche di una rivoluzione fiscale «nazionale» di lotta all'evasione e di efficienza ed equità nella spesa. Tutti risultati che non si otterranno mai proponendosi spocchiosamente di fare da soli, pretendendo che Roma devolva a Venezia poteri nazionali che a Venezia non si potrebbero esercitare utilmente. Il Veneto deve al contrario coltivare le alleanze politiche e territoriali che portino prima di tutto il Paese a darsi quella strategia di modernizzazione di stampo europeo che è nelle corde riformiste del miglior Pdl e del miglior Pd. Questo non postula alcun abbandono del bipolarismo e della democrazia dell'alternanza, anche se potrebbe richiedere un passaggio da «grande coalizione » alla tedesca. Solo che per «salvare (il meglio della politica de) il soldato Galan» il discrimine deve passare tra i «ponti abbassati» della modernizzazione ancorata ai valori europei contro i «muri eretti» dalla miopia localista o dallo sciacallaggio antipolitico. Paolo Costa e x sindaco di Venezia e membro federale del Pd

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Censura di Stato sull'informazione (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

SAREBBE già grave che un presidente del Consiglio, di centrodestra o di centrosinistra, mettessero sotto accusa il servizio pubblico radiotelevisivo perchè fa il suo dovere: cioè informazione. Perché diffonde le notizie, tutte le notizie, anche quelle sgradite al governo. Ma è gravissimo che in questo si tratti anche del principale concorrente della tv di Stato, il proprietario di quel polo televisivo privato che sta ormai fagocitando l'intero sistema dell'informazione e monopolizzando di fatto la libertà di stampa nel nostro Paese. Più che un nuovo "editto bulgaro", come lamenta l'opposizione riferendosi all'intervento con cui Silvio Berlusconi da Sofia chiese (e ottenne) a suo tempo il licenziamento di Enzo Biagi e di Michele Santoro, questo è in realtà un diktat sovietico. La pretesa di una neutralità assoluta, ovvero di un'informazione asettica, con l'invito esplicito a non attaccare "né governo né opposizione", equivale in pratica a una censura di Stato, come accade nei regimi anti-democratici, totalitari o dittatoriali. E per smentire l'affermazione secondo cui la nostra sarebbe "l'unica tv al mondo che con i soldi pubblici attacca il governo", basterebbe citare il modello della Bbc, il cui vertice viene nominato dalla Corona e non da Downing Street: fu proprio la televisione pubblica inglese che denunciò le responsabilità del governo di Tony Blair in ordine ai falsi dossier sulle presunte armi di distruzione di massa in Iraq. L'Italia, semmai, resta l'unico Paese al mondo in cui il premier in carica continua a controllare direttamente tre reti private e indirettamente le tre pubbliche, insediando non solo i vertici della Rai ma anche i direttori e i vice-direttori delle testate, con una proliferazione di posti e di poltrone che proprio nei giorni scorsi ha superato il limite della decenza, all'insegna della più vieta lottizzazione. Un asservimento pressoché totale alla logica del partito-azienda. OAS_RICH('Middle'); In questo clima di regime strisciante, tanto più apprezzabile risulta la reazione con cui il presidente della Rai, Paolo Garimberti, ha replicato al presidente del Consiglio per rivendicare la funzione e il ruolo del servizio pubblico. Ma evidentemente non può essere lasciato solo il presidente Garimberti a difendere il fortino assediato di viale Mazzini. Né possono essere abbandonati al proprio destino i giornalisti dell'azienda. Ha ragione allora l'associazione "Libertà e Giustizia" a lanciare pubblicamente un "disperato allarme" e a sollecitare un segnale, forte e autorevole, dalle più alte cariche istituzionali: a cominciare dal capo dello Stato, affiancato magari dai presidenti delle due Camere. Anche se il presidente Napolitano era già intervenuto nei giorni scorsi su questo terreno, ora sarebbe quanto mai opportuno un altolà fermo e deciso per impedire lo smantellamento o la demolizione del servizio pubblico televisivo. Divenuto ormai bersaglio privilegiato di tutta la stampa e di tutte le tv del mondo, a causa di quella che un giornale straniero ha efficacemente definito la sua "libidine geriatrica", il presidente del Consiglio non può pensare di sfuggire alle critiche in virtù di un protezionismo dell'informazione interna. Non sarà attraverso la definitiva normalizzazione della Rai che Berlusconi riuscirà a salvaguardare la sua immagine, la sua credibilità e la sua affidabilità personale. Né tantomeno l'immagine, la credibilità e l'affidabilità dell'Italia sul piano internazionale. (9 agosto 2009

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Berlusconi: "Ecco il piano per il Mezzogiorno, guiderò io l'agenzia" (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA Il presidente del Consiglio Berlusconi annuncia in un’intervista al Mattino i contenuti principali del piano per il Mezzogiorno, premettendo che «il Sud è sempre stato tra le priorità del nostro governo», come dimostra l’impegno sulla questione rifiuti a Napoli, e aggiunge che sarà lui a guidare la Agenzia per il Sud. «Dobbiamo concepire l’intervento straordinario come un grande "New Deal rooseveltiano", come un "piano Marshall" per il Sud. Negli Stati Uniti gli squilibri territoriali furono rimossi nel periodo del new deal attraverso un’agenzia di livello federale, non dei singoli Stati: la Tennessee Valley Authority fu messa in piedi dal governo di Washington e non dal governatore del Tennessee. Anche nel nostro caso il ruolo di guida non può essere che del premier». In ogni caso in progetto la concretizzazione di un Istituto molto diverso dalla precedente «Cassa per il Mezzogiorno» di Gabriele Pescatore,di cui non sarà una riedizione, nonostante in passato abbia ottenuto risultati straordinari, tra cui la cancellazione della malaria, il risanamento di 500mila ettari di palude, la costruzione di circa 30mila km di strade e la possibilità per 12 milioni di persone di uscufruire dell’acqua potabile. «Fu un ventennio straordinario cui seguì, purtroppo, un periodo di degenerazione». Berlusconi lancia poi un’accusa alla classe dirigente del meridione e sottolinea l’importanza del federalismo fiscale. «Tra il 1998 (anno di avvio della "nuova programmazione") e il 2004 è stata conferita al sud una massa di risorse pari a 120 miliardi di euro di spesa pubblica in conto capitale, di cui poco più di 55 miliardi di euro di spesa straordinaria. A fronte di tante risorse, le distanze fra il Centro-Nord e il Sud del paese sono rimaste inalterate; anzi l’economia meridionale è diventata, in questi anni, meno competitiva. Evidente la responsabilità delle classi dirigenti meridionali e del cattivo funzionamento del Titolo V della Costituzione. Solo con il federalismo fiscale che avremo una effettiva assunzione di responsabilità da parte delle classi dirigenti delle regioni meridionali». Alla nuova Banca del Mezzogiorno, che il governo spera di rendere operativa sin dalla ripresa dopo la pausa estiva, sta lavorando il ministro Tremonti, che ha già reso note alcune coordinate dell’iniziativa ed è fermamente convinto che «le banche che operano nel territorio ma non sono del territorio non bastano» perchè «solo un ceto bancario radicato nel territorio ed espressione della classe imprenditoriale locale è in grado di effettuare una politica selettiva del credito» tale da rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno. Il progetto si fonderà sulla rete creditizia delle banche di Credito cooperativo, che nelle regioni del Sud sono presenti con oltre 600 sportelli che nel 2008 hanno raccolto 14,6 miliardi e ne hanno impiegati 10». Quanto alla vicenda dei fondi Fas, Berlusconi respinge le accuse: »I fondi non mancano, mancano i progetti in cui impiegare questi fondi. Il governo ha preferito utilizzare per servizi e attività a beneficio di tutto il Paese fondi che sarebbero rimasti ancora a lungo inutilizzati invece di introdurre nuove tasse ed alzare la pressione fiscale. Quanto al rapporto con le Regioni, siamo sempre aperti al dialogo. C’è piuttosto un atteggiamento preconcetto delle Regioni guidate dalla sinistra nei confronti del governo: è accaduto con il Piano Casa, sta accadendo con la riforma della Pubblica Amministrazione e con il piano per il Sud». «Conosco imprenditori straordinari - aggiunge il premier - che hanno realizzato cose eccellenti al Sud e sono pronti a investire ancora per creare nuovi posti di lavoro. Quello che ci chiedono è un efficiente sistema di infrastrutture, un contrasto efficace alla criminalità organizzata (e non l’antimafia delle chiacchiere e della retorica) e una fiscalità di vantaggio che attiri nuovi investimenti. Sono tre obiettivi che abbiamo fatto nostri». I settori su cui punterà il piano? «Infrastrutture, turismo, innovazione - risponde il presidente del Consiglio - Tutti settori che possono creare un gran numero di posti di lavoro anche per diplomati e laureati». E poi ottimista per quanto riguarda la crisi. «L'Italia sembra in una situazione migliore di altri paesi. Le stime relative al secondo trimestre del 2009 - afferma - mettono in rilievo un calo dello 0,5% del Pil rispetto al primo trimestre e del 6% rispetto a un anno fa. Se nei prossimi due trimestri non si dovessero registrare variazioni, il Pil del 2009 dovrebbe chiudere al -5,1%, mentre le nostre stime prevedevano una diminuzione del 5,2%. Il calo si è rivelato inferiore alle previsioni di molti analisti che stimavano una contrazione dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e una flessione del 6,1% su base annuale«. Stiamo facendo meglio del previsto, e questo viene considerato in Europa un buon segno per tutta quanta l’area euro. Inoltre tra le principali economie dell’area Ocse, Italia e Francia danno segnali di ripresa. Il "superindice" Ocse (quello che anticipa le fasi di espansione o rallentamento delle economie) ha registrato a giugno una crescita di 4,8 punti su base annua per l’Italia e di 2,7 punti per la Francia. Rispetto al mese di maggio, l’indicatore è cresciuto di 2,2 punti per il nostro Paese e di 1,4 punti per la Francia«. »Il nostro Paese - conclude - è quello che sembra andare meglio in Europa. E noi riteniamo che il dovere del governo continui ad essere quello di invitare i cittadini a non avere paura e a non cambiare il loro stile di vita e le loro abitudini di acquisto. Solo così si potrà diminuire la profondità della crisi e la sua estensione temporale. I catastrofisti che imperversano sulle gazzette della sinistra non fanno che peggiorare la situazione perchè, superato il momento più drammatico della crisi finanziaria, è proprio il fattore psicologico che condiziona la domanda dei consumatori e quindi la produzione. Ancora una volta dunque forza e coraggio«.

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Sud e salari, il piano di Berlusconi: "Agganciare paghe al costo della vita" (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 09-08-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA Il presidente del Consiglio Berlusconi annuncia in un’intervista al Mattino i contenuti principali del piano per il Mezzogiorno, premettendo che «il Sud è sempre stato tra le priorità del nostro governo», come dimostra l’impegno sulla questione rifiuti a Napoli, e aggiunge che sarà lui a guidare la Agenzia per il Sud. «Dobbiamo concepire l’intervento straordinario come un grande "New Deal rooseveltiano", come un "piano Marshall" per il Sud. Negli Stati Uniti gli squilibri territoriali furono rimossi nel periodo del new deal attraverso un’agenzia di livello federale, non dei singoli Stati: la Tennessee Valley Authority fu messa in piedi dal governo di Washington e non dal governatore del Tennessee. Anche nel nostro caso il ruolo di guida non può essere che del premier». In ogni caso in progetto la concretizzazione di un Istituto molto diverso dalla precedente «Cassa per il Mezzogiorno» di Gabriele Pescatore,di cui non sarà una riedizione, nonostante in passato abbia ottenuto risultati straordinari, tra cui la cancellazione della malaria, il risanamento di 500mila ettari di palude, la costruzione di circa 30mila km di strade e la possibilità per 12 milioni di persone di uscufruire dell’acqua potabile. «Fu un ventennio straordinario cui seguì, purtroppo, un periodo di degenerazione». Berlusconi lancia poi un’accusa alla classe dirigente del meridione e sottolinea l’importanza del federalismo fiscale. «Tra il 1998 (anno di avvio della "nuova programmazione") e il 2004 è stata conferita al sud una massa di risorse pari a 120 miliardi di euro di spesa pubblica in conto capitale, di cui poco più di 55 miliardi di euro di spesa straordinaria. A fronte di tante risorse, le distanze fra il Centro-Nord e il Sud del paese sono rimaste inalterate; anzi l’economia meridionale è diventata, in questi anni, meno competitiva. Evidente la responsabilità delle classi dirigenti meridionali e del cattivo funzionamento del Titolo V della Costituzione. Solo con il federalismo fiscale che avremo una effettiva assunzione di responsabilità da parte delle classi dirigenti delle regioni meridionali». Alla nuova Banca del Mezzogiorno, che il governo spera di rendere operativa sin dalla ripresa dopo la pausa estiva, sta lavorando il ministro Tremonti, che ha già reso note alcune coordinate dell’iniziativa ed è fermamente convinto che «le banche che operano nel territorio ma non sono del territorio non bastano» perchè «solo un ceto bancario radicato nel territorio ed espressione della classe imprenditoriale locale è in grado di effettuare una politica selettiva del credito» tale da rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno. Il progetto si fonderà sulla rete creditizia delle banche di Credito cooperativo, che nelle regioni del Sud sono presenti con oltre 600 sportelli che nel 2008 hanno raccolto 14,6 miliardi e ne hanno impiegati 10». Quanto alla vicenda dei fondi Fas, Berlusconi respinge le accuse: »I fondi non mancano, mancano i progetti in cui impiegare questi fondi. Il governo ha preferito utilizzare per servizi e attività a beneficio di tutto il Paese fondi che sarebbero rimasti ancora a lungo inutilizzati invece di introdurre nuove tasse ed alzare la pressione fiscale. Quanto al rapporto con le Regioni, siamo sempre aperti al dialogo. C’è piuttosto un atteggiamento preconcetto delle Regioni guidate dalla sinistra nei confronti del governo: è accaduto con il Piano Casa, sta accadendo con la riforma della Pubblica Amministrazione e con il piano per il Sud». «Conosco imprenditori straordinari - aggiunge il premier - che hanno realizzato cose eccellenti al Sud e sono pronti a investire ancora per creare nuovi posti di lavoro. Quello che ci chiedono è un efficiente sistema di infrastrutture, un contrasto efficace alla criminalità organizzata (e non l’antimafia delle chiacchiere e della retorica) e una fiscalità di vantaggio che attiri nuovi investimenti. Sono tre obiettivi che abbiamo fatto nostri». I settori su cui punterà il piano? «Infrastrutture, turismo, innovazione - risponde il presidente del Consiglio - Tutti settori che possono creare un gran numero di posti di lavoro anche per diplomati e laureati». E poi ottimista per quanto riguarda la crisi. «L'Italia sembra in una situazione migliore di altri paesi. Le stime relative al secondo trimestre del 2009 - afferma - mettono in rilievo un calo dello 0,5% del Pil rispetto al primo trimestre e del 6% rispetto a un anno fa. Se nei prossimi due trimestri non si dovessero registrare variazioni, il Pil del 2009 dovrebbe chiudere al -5,1%, mentre le nostre stime prevedevano una diminuzione del 5,2%. Il calo si è rivelato inferiore alle previsioni di molti analisti che stimavano una contrazione dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e una flessione del 6,1% su base annuale«. Stiamo facendo meglio del previsto, e questo viene considerato in Europa un buon segno per tutta quanta l’area euro. Inoltre tra le principali economie dell’area Ocse, Italia e Francia danno segnali di ripresa. Il "superindice" Ocse (quello che anticipa le fasi di espansione o rallentamento delle economie) ha registrato a giugno una crescita di 4,8 punti su base annua per l’Italia e di 2,7 punti per la Francia. Rispetto al mese di maggio, l’indicatore è cresciuto di 2,2 punti per il nostro Paese e di 1,4 punti per la Francia«. »Il nostro Paese - conclude - è quello che sembra andare meglio in Europa. E noi riteniamo che il dovere del governo continui ad essere quello di invitare i cittadini a non avere paura e a non cambiare il loro stile di vita e le loro abitudini di acquisto. Solo così si potrà diminuire la profondità della crisi e la sua estensione temporale. I catastrofisti che imperversano sulle gazzette della sinistra non fanno che peggiorare la situazione perchè, superato il momento più drammatico della crisi finanziaria, è proprio il fattore psicologico che condiziona la domanda dei consumatori e quindi la produzione. Ancora una volta dunque forza e coraggio». «Un’altra volta Berlusconi si è piegato alle richieste della Lega». Così ha detto prima di parlare a Suzzara alla festa regionale del Pd, e dopo avere visitato altre due feste dei democratici nel mantovano a Torriana e a Cerese, il segretario nazionale del Pd, Dario Franceschini, commentando l’assenso del premier Berlusconi alle gabbie salariali. «I salari - ha aggiunto - non si regolano per legge, ma si affidano alla contrattazione, magari a quella decentrata. Le gabbie salariali significherebbero benefici per nessuno, e lasciare gli stipendi uguali al nord e vederli calare al sud. Un’altra volta quindi - ha concluso - Berlusconi si piega alle richieste della Lega».

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Marx e Keynes per uscire dalla crisi E poi andare oltre (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Sbilanciamoci .info Marx e Keynes per uscire dalla crisi E poi andare oltre Claudio Sardoni La crisi che sta colpendo l'intero globo fa sorgere in molti ambienti, anche assai diversi fra loro, domande sulla validità della teoria economica. (...). A dispetto di quanto teorizzato e assicurato da molti economisti anche nel recente passato, l'economia mondiale è precipitata nella crisi più grave dagli anni '30 della Grande Depressione. Il continuo processo di deregolamentazione, liberalizzazione e assottigliamento degli interventi pubblici non ha prodotto quello che la teoria diceva. La fede incondizionata dell'economia nel mercato e nelle sue capacità autoregolative è stata violentemente messa in crisi dalla realtà. Non è quindi il caso di andare al di là dell'economia e affidarsi ad altri strumenti per comprendere quello che avviene e come uscire dalla crisi? Ma che cos'è l'economia? È davvero possibile pensare questa disciplina come un corpo monolitico che condivide metodi, analisi e ideologie? La risposta da dare è decisamente negativa e per dimostrarlo si possono richiamare i contributi di tre economisti che non sono assimilabili al mainstream attuale e che offrono importanti indicazioni per la comprensione della reale dinamica delle economie di mercato e delle loro inerenti contraddizioni. Sono tre economisti che appartengono al passato più o meno recente: Marx (1818-1883), Keynes (1883-1946) e Minsky (1919-1996). Marx analizza il modo in cui l'ineliminabile conflitto distributivo tra redditi da capitale e redditi da lavoro spiega in ultima analisi le crisi che periodicamente colpiscono le economie di mercato. Keynes mostra come le economie capitalistiche possano precipitare in una trappola di persistente stagnazione, o semi-stagnazione, da cui è difficile uscire se non grazie a significativi interventi pubblici di diverso tipo e natura. Minsky, infine, analizza il funzionamento di complessi e sofisticati mercati finanziari e mostra come le economie di mercato siano periodicamente attraversate da fasi di grande ottimismo che portano a esposizioni debitorie non sostenibili e il conseguente insorgere di crisi. Il patrimonio analitico e teorico lasciatoci da questi economisti, così come da altri, non dovrebbe essere sottovalutato, né tantomeno dimenticato. Questi economisti sono stati largamente ignorati dall'economia mainstream per molto tempo. Oggi, nel mezzo dell'attuale crisi, alcuni cominciano, seppur timidamente, a rifarsi ai loro contributi (...). Questo però non può giustificare alcun tipo di compiacimento. Va bene richiamare i "giganti" del passato e trarre ispirazione dai loro contributi, ma sarebbe errato pensare che il semplice studio delle loro opere e la diffusione del loro pensiero siano sufficienti per far fronte alla crisi attuale e per condurre efficacemente un dibattito critico con il mainstream. Al contrario, è necessario un grande impegno innovativo e creativo per far fronte ai problemi di oggi (...). La semplice enumerazione di alcuni dei pressanti problemi odierni ci dà un'idea di ciò. Il ruolo delle nuove grandi economie emergenti (Cina, India, Brasile), la natura pervasiva dei problemi ambientali e climatici, i problemi di genere sia nel mondo ricco che in quello povero sono tutte questioni su cui gli economisti del passato hanno poco da offrirci. Per affrontare questi e altri problemi ci si può "sedere sulle spalle dei giganti", ma per andare più lontano e non semplicemente per una comoda passeggiata disquisendo sulla loro grandezza.

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Il Guardian brucia 28 milioni in Borsa (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

IL QUOTIDIANO INGLESE PAGA PER LE SPECULAZIONI SBAGLIATE Il Guardian brucia 28 milioni in Borsa [FIRMA]SANDRA RICCIO TORINO L'annus horribilis delle Borse non ha risparmiato nomi e patrimoni prestigiosi. Nella lista delle vittime più blasonate, si scopre ora, ci è finito pure The Guardian. Al gruppo Guardian Media Group (GMG), che edita l'autorevole quotidiano britannico insieme al settimanale The Observer, la speculazione in derivati è costata, infatti, la bellezza di 24 milioni di sterline. Tradotto in euro fanno oltre 28 milioni, in un colpo solo. Il mega buco risale ai primi mesi dell'anno, ma la notizia è trapelata soltanto in questi giorni. A diffonderla, neanche a dirlo, è stata la testata rivale The Sunday Times, citando anche numeri e fonti vicine all'investimento andato male. Stando alle rivelazioni, il gruppo editoriale di Londra ha bruciato la piccola fortuna scommettendo tutto sul cambio dollaro sterlina, soltanto che la giocata è arrivata nel momento sbagliato, vale a dire proprio quando il biglietto verde, a sorpresa, ha ripreso a guadagnare rapidamente terreno sulla sterlina. Di solito i mercati valutari sono governati da movimenti molto lenti, e le operazioni non sono propriamente considerate tra le più spericolate. Eppure la mazzata non è mancata. Per di più, l'investimento faceva parte di un fondo più corposo dell'ammontare di 200 milioni di sterline che aveva l'obiettivo di diversificare i rischi del gruppo e di equilibrare le perdite legate a un mercato della pubblicità sempre più ballerino. Tutto il settore dei media sta, infatti, soffrendo per il pesante crollo delle entrate pubblicitarie. L'editore aveva quindi pensato bene di mettersi al riparo da perdite già preannunciate investendo una parte del proprio patrimonio in derivati. Le cose però non sono andate secondo i piani e ora la casa di Londra si trova con un buco in più in una già massiccia voragine di fine anno. La scorsa settimana i conti sull'intero esercizio hanno, infatti, rivelato perdite per 90 milioni di sterline (105 milioni di euro) a fronte di un calo del fatturato sceso a 405 milioni di sterline dai 502 dell'anno prima per il gruppo. La brutta notizia lascia perplessa la comunità dei lettori che tradizionalmente è orientata a sinistra ed è abituata a leggere editoriali contro le speculazioni finanziarie. In più, la brutta batosta arriva proprio nel momento in cui GMG si sta preparando a dolorosi tagli per riuscire a ridurre i costi. La settimana scorsa, sempre sulle pagine del Sunday Times, era addirittura stata annunciata la possibile chiusura dell'Observer, l'altra colonna portante del gruppo. Paradossalmente il sacrificio dell'Observer, stando alle indiscrezioni di stampa, avrebbe proprio l'obiettivo di garantire la sopravvivenza di The Guardian. Finirebbe così triturato dalla crisi finanziaria il più antico giornale della domenica al mondo. La prima copia dell'Observer uscì, infatti, il 4 dicembre del 1791. Per aprirlo, il suo editore di allora, il londinese W. Bourne, si fece prestare 100 sterline, dicendo a tutti che avrebbe avuto una «fortuna veloce».

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Al Crazy Horse nudi "d'attualità" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

IL LATO B Intervista Philippe Decouflé Al Crazy Horse nudi "d'attualità" Il coreografo intellettuale si converte all'eros "Mi ispiro alla crisi e alle nuove tecnologie" «È la specialità della maison Costumi? Pochi, le ragazze sono vestite soltanto di luce» SERGIO TROMBETTA PARIGI La bella manager nel suo lussuoso ufficio osserva in preda al panico il calare a picco delle quotazioni. La crisi finanziaria è devastante e lei, sempre più accaldata e disperata, comincia a spogliarsi. A mano a mano che si sveste, però, le quotazioni riprendono quota, l'economia torna a tirare. Figurarsi quando sarà completamente nuda. Voilà: effetto striptease. Nel salottino tutto velluto rosso e legno laccato rosso e nero che fu di Alain Bernardin, il mitico padre fondatore, dietro le quinte del «Crazy Horse» in Avenue George V, Philippe Decouflé, acclamato coreografo della «nouvelle danse», famoso oltre i confini ballerini per avere messo in scena lo spettacolo di apertura delle Olimpiadi invernali di Albertville, una grande propensione per la multimedialità, racconta Désirs, «Desideri», il prossimo spettacolo che firma come regista al «Crazy Horse» e che va in scena il 21 settembre. Un «intellò» nel tempio del nudo fra i più famosi di Parigi, fondato nel '51, che ha visto passare stuoli di belle donne, comprese Dita Von Teese, Pamela Anderson e Arielle Dombasle. Luogo speciale, i cui spettacoli sono sempre stati profumati di avanguardia. Lo circondano ragazze dai nomi evocativi come Jade Or, Liv Menot, Psykko Tico o Zula Zazou. Sono le nipotine di Rosa Fumetto, nostra gloria nazionale, per chi se la ricorda. Corpi lisci, statuari, sodi, la schiena arcuata in una vertiginosa «cambrure» che, in parole povere, vuol dire il petto in fuori e il di dietro spinto molto indietro. Le musiche originali sono di Fred Pallem, design di Hilton McConnico. Perché una «revue érotique», monsieur Decouflé? «Per il piacere. Da molto tempo sono interessato al nudo. Ho fatto cose astratte per i primi 15 anni della mia carriera. Dopo i giochi olimpici di Albertville mi avevano proposto uno spettacolo per le "Folies Bergère". Ho lavorato a un progetto per il "Cirque du Soleil". Mi sono convinto che sulla mia strada c'era il nudo totale». Com'è articolato lo spettacolo? «Sono 14 numeri, tutti fissi tranne uno: l'attrazione che cambia spesso». Ogni numero ha una tematica precisa, come la crisi finanziaria? «Sono argomenti d'attualità. La crisi finanziaria è una cosa che può coinvolgere il pubblico del "Crazy Horse", in genere facoltoso, disposto a pagare cifre alte per un posto in sala. Poi c'è un quadro basato sul gioco di specchi che trasforma il corpo della donna in qualche cosa di meraviglioso e fantastico. Ed è anche molto erotico, perché quando si moltiplicano nello specchio, ai fondoschiena si aggiunge potere di seduzione. In un altro quadro, uso una tecnologia che ho scoperto da poco. L'idea è di dipingere il corpo con la luce: la ragazza si passa una mano sul corpo e questo poco per volta cambia colore. Poi ho lavorato sull'idea dello scanner che elabora le parti delle ballerine: man mano che scende verso i punti erotici, manda segnali sempre più nervosi. C'è un quadro sullo spazio con una cosmonauta che scopre sensazioni nuove fuori dall'atmosfera terrestre. C'è anche un piccolo balletto classico. È molto forte il potere erotico della danza sulle punte». E i costumi? «I costumi sono soprattutto scarpe e parrucche, perché per il resto c'è poco o niente. Le ragazze sono vestite di luce». Sono suoi anche i video che inframmezzano i diversi numeri? «Sì, sono degli interludi filmati che permettono di cambiare le scenografie. Sono dei film sui corpi delle ballerine, perché questa è la materia con cui lavoro qui. Quindi un film sui loro occhi, uno sui piedi, uno sulle natiche». Già le natiche, la specialità della casa. «Certo il "Crazy" è molto speciale, lontano dallo standard dello spettacolo erotico "made in Playboy". In realtà si può essere creativi nel nudo come in altri campi. Mi piacere lavorare con gente diversa e su progetti diversi, cambiare in continuazione il mezzo di espressivo». Senza fare distinzione fra cultura alta e bassa? «È una delle mie caratteristiche. Ho sempre tentato di gettare passerelle fra le arti popolari e quelle più intellettuali». Strano destino per un coreografo la cui formazione risale all'americano Alvin Nikolais, il re dell'astrazione. «Niente affatto, c'è molto in comune fra Nikolais e il nudo. Per esempio, la possibilità di trasformare e scomporre i corpi con la luce. Con le tecnologie di oggi c'è modo di fare molto». Che differenza c'è fra lavorare in un teatro di cabaret e con la sua compagnia di danza? «La differenza sta nel fatto che qui quel che conta è incontrare il favore del pubblico. La mia compagnia fa cento, 150 spettacoli l'anno. Qui se ne fanno 700: tutte le sere due volte per sera, tutti i giorni. Con le ballerine che si alternano, ovviamente. Vuol dire cambiare metodo di lavoro». Sensualità, seduzione non devono mancare, è quel che il pubblico vuole. «Ho cercato di ascoltare le ragazze. Mi sono calato in questo stile molto particolare della maison. Mi servo della mia sensibilità di uomo eterosessuale e se una cosa mi eccita, seguo quella strada. Lavoro sulle mie sensazioni».

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Costringere le banche alla ricapitalizzazione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-08-09 - pag: 5 autore: INTERVISTA Lorenzo Bini Smaghi Bce Costringere le banche alla ricapitalizzazione Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente La crisi finanziaria è scoppiata esattamente due anni fa, nell'agosto del 2007.Nonostante i recenti segnali incoraggianti la situazione rimane incerta. Lorenzo Bini Smaghi, 52 anni, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, è cauto sulle prospettive economiche ed esorta i governi a ricapitalizzare d'autorità le banche, sempre troppo fragili. Gli ultimi dati economici sono stati positivi. La ripresa è vicina? Gli ultimi indicatori di fiducia segnalano un arresto della fase di caduta dell'attività economica avviata alla fine dello scorso anno. Ma è ancora presto per parlare di una ripresa sostenuta. Tra qualche giorno avremo i dati relativi al prodotto interno lordo del secondo trimestre e ci aspettiamo una contrazione, anche se più lieve di quella dei trimestri precedenti. Nella seconda metà dell'anno ci dovrebbe essere una progressiva stabilizzazione. Quali sono i rischi più importanti per il futuro dell'economia? Vedo tre pericoli. Il primo è la disoccupazione, che dovrebbeaumentare ulteriormente dopo l'estate, quando molti meccanismi di sostegno andranno a scadere. Ciò rischia di minare la fiducia e di pesare ulteriormente sui consumi. Il secondo rischio è l'aumento dei prezzi delle materie prime, che riduce il potere d'acquisto dei paesi avanzati come il nostro. Le quotazioni hanno ripreso a crescere sulla spinta delle importazioni delle economie emergenti ma anche della speculazione, alimentata dall'ampia liquidità. A questo pericolo si aggiunge un terzo rischio per l'economia: quello di un continuo rallentamento del credito bancario, che potrebbe impedire la ripresa degli investimenti. L'andamento delle valute non è anch'esso un pericolo per l'economia europea? Sul fronte degli squilibri globali, non è cambiato molto rispetto alla situazione precedente la crisi. Gli Stati Uniti continuano a registrare un disavanzo esterno, anche se in calo, mentre i paesi asiatici, in particolare la Cina, continuano a registrare un avanzo e ad accumulare riserve. Lo yuan ha mantenuto un legame stretto con il dollaro, anche negli ultimi sette mesi quando la moneta american si è indebolita. Così la valuta cinese si deprezza, nonostante l'avanzo commerciale della Cina, dando al suo export un vantaggio competitivo. Il rischio è che l'aggiustamento ricada sull'euro. Gettiamo lo sguardo nel futuro. Come intende agire la Bce per uscire dalla situazione di emergenza? Il drenaggio della liquidità coinciderà con i primi rialzi del costo del denaro? è giusto iniziare a parlare di exit strategy, cioè di come riassorbire tutta la liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali per chiarire da subito che la Bce non tollererà un aumento dell'inflazione. Il drenaggio della liquidità coinciderà con il miglioramento della situazione economica perché saranno le stesse banche a ridurre la richiesta di rifinanziamento presso la Bce. Detto ciò, siamo ancora lontani da questa situazione. Torniamo a oggi. Lei ha citato il problema del credito tra i rischi per l'economia. Come stanno realmente le cose? I dati statistici e i risultati delle inchieste mostrano che le condizioni di accesso al credito bancario per le aziende e le famiglie rimarranno difficili nei prossimi mesi. In questa fase economica, il calo della domanda e la rischiosità dei debitori possono in parte giustificare la prudenza delle banche. Ma quando la situazione si stabilizzerà, c'è il rischio che i bilanci bancari oberati di titoli tossici rappresentino un ostacolo all'erogazione di nuovo credito. Ciò potrebbe compromettere la ripresa. Ma allora perché in Italia i Tremonti Bond non vengono utilizzati? è un vero dilemma.L'utilizzo dei Tremonti Bond comporta un vantaggio per l'intera economia. è un vantaggio per l'erario, poiché lo stato ricaverebbe dalle banche un tasso ben più alto di quello che deve a sua volta pagaresui titoli da emettere per finanziare queste obbligazioni, un gettito che potrebbe far comodo di questi tempi. è un vantaggio anche per le banche, che avrebbero più capitale e dunque potrebbero prestare più denaro. è infine un vantaggio per le aziende e le famiglie che potrebbero ricevere più credito. Eppure vengono ignorati. Come mai? Perché c'è un problema di coordinamento. Nessuna banca vuole essere la prima a far ricorso ai Tremonti Bond, perché ciò verrebbe visto come un segnale di debolezza. E poi forse alcuni amministratori, e anche gli azionisti che hanno paura di essere diluiti, sperano che il peggio sia passato e di non aver bisogno quindi del capitale pubblico. I buoni risultati bancari degli ultimi mesi sembrano confermare questa opinione. Esaminando con attenzione i bilanci bancari, si nota che i profitti vengono principalmente dalle attività di trading, favorite in parte dai bassi tassid'interesse che rendono attraenti le attività a rischio. C'è il pericolo che i bassi tassi d'interesse incoraggino nuovamente le banche a prendere rischi eccessivi, dato che è più difficile aumentare i ricavi in altri settori, alla luce della situazione economica. C'è nell'aria una voglia diffusa degli operatori di ripartire come prima, come se nulla fosse accaduto, allettati dalla prospettiva di riprendersi i bonus di una volta. Come si risolve il dilemma? Quando c'è un problema di coordinamento, c'è bisogno dell'autorità pubblica. Solo lo Stato può riunire intorno al tavolo le principali banche del paese e non farle uscire dalla stanza fin quando tutte non hanno sottoscritto alla loro quota di capitale pubblico. In questo modo tutto il sistema bancario viene ricapitalizzato e nessuna banca è individualmente penalizzata. Così fece l'allora segretario al Tesoro americano, Henry Paulson, all'apice della crisi, nel 2008, obbligando anche le banche d'investimento a prendere capitale pubblico. La verità è che c'è oramai poco che la politica monetaria possa ancora fare per indurre le banche a prestare i fondi, anche tra di loro. La partita è nelle mani delle autorità di vigilanza e dei Tesori nazionali. D'accordo per le ricapitalizzazioni, ma riusciranno i governi a imporre al sistema bancario anche regole più stringenti? L'impressione è che le cose possano rimanere immutate. Sta alle autorità politiche mettere in atto le raccomandazioni emesse dai principali fori internazionali, e cambiare la regolamentazione, incluso per quel che riguarda i settori finora non regolamentati come gli hedge fund e le remunerazioni degli amministratori. In Europa ci sono delle proposte di direttiva sul tavolo, e già si sono scatenate le lobby finanziarie per contrastarle. Vedremo se la politica saprà resistere. © RIPRODUZIONE RISERVATA COME A WASHINGTON Lo Stato deve riunire gli istituti e forzarli a sottoscrivere quote pubbliche

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I conti con la Cina (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-09 - pag: 8 autore: I conti con la Cina Inesorabile arriva il voto proprio come al termine dalle maturità,l'Istat ha staccato un bel-6%di variazione del Pil. Le imprese italiane nel frattempo chiudono e quelle che sopravvivono lo fanno con un massiccio ricorsi alla cassa integrazione. Fino a pochi anni fa per spiegare la difficoltà di competere sui mercati internazionali si dava la colpa all'aggressività della Cina.Oraa Pechino non ci pensa più nessuno proprio come se da laggiù non arrivasse più nulla o come se i prezzi di quelle merci improvvisamente fossero non più concorrenziali. Potrebbe essere la volta buona per iniziare le rivendicazioni nei confronti di quella Cina che ha gettato le basi per mandare in rovina molte aziende italiane. è giunto il momento di presentare il conto dei danni a Pechino. Lettera firmata è f atale che in tempi di crisi cresca la voglia di menar le mani. Ma sarei particolarmente prudente, in particolare con la Cina, della quale ha bisogno tutto il mondo. Hanno bisogno i governi, a partire da quello americano, per vendere ai cinesi un po' di titoli pubblici, che occorre piazzare a tutti i costi per affrontare i costi della crisi e degli interventi decisi finora. Hanno bisogno i paesi esportatori e le loro industrie (quelle italiane in testa) per trovare nuovi sbocchi e ovviare alla contrazione severa della domanda interna. Insomma, mettere in moto un meccanismo di sanzioni sarebbe fortemente controproducente e avvierebbe un'ondata di protezionismo diffuso che èl'ultima cosa di cui l'economia mondiale, mai così interdipendente, ha bisogno. Se abbiamo (e ne abbiamo) motivi di lagnanza contro Pechino, l'unica soluzione è cercare d'integrare quel paese sempre di più in una rete di accordi e intese internazionali, più che fantasticare di sanzioni che si ritorcerebbero rapidamente contro di noi.Potrebbe essere anche l'occasione perporre seriamente la questione dei diritti umani. • Carceri e dignità L'Italia è stata condannaa risarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella in cui è stato recluso nel carcere di Rebibbia. Nei primi cinque mesi dell'anno,da gennaio a maggio, nelle carceri italiane sono avvenuti 28 suicidi. Involontariamente lo stato italiano condanna a una sorta di tortura la maggior parte dei detenuti, e alla pena di morte alcuni dei più deboli. Chissà perché nel nostro bel Paese la dignità della persona viene evocata solo quando si parla di embrioni. Lettera firmata I lavori dell'Anas Quando ho visto sul giornale la pubblicità dell'Anas in cui si legge, fra l'altro, che i lavori sull'autostrada Salerno/Reggio Calabria procedono a ritmo serrato eccetera eccetera, miè venuto da pensare che il caldo mi aveva dato alla testa o che si trattava di uno scherzo. Poi, rileggendo il contenuto, ho concluso che il caldo aveva dato alla testa di qualcuno dell'Anas. Luigi Maderna e-mail Le origini dell'uomo La diceria dell'uomo discendente dalla scimmia ha facile presa su persone superficiali, che ne diventano poi anche vittime. Ad esso va opposto il dato più logico dell'uomo della Bibbia,dell'uomo persona, «fatto a immaginee somiglianza di Dio». Bruno Mardegan Milano Cambi strutturali Non bisogna illudere ulteriormente gli italiani. Senza riforme strutturali non ci sarà alcuna ripresa. Il mercato del lavoro è paralizzato, la produzione è flebile. Tuttavia non mi pare ci sia alcuna intenzione di avviare una discussione sulla situazione dell'economia, preferendo affidarsi a pochi interventi scarsi e non incisivi. Ciò di cui l'Italia ha bisogno è l'avvio di un programma di riforme, ma non se questo governo è davvero adeguato a sostenerle. Cristiano Martorella e-mail

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Quella retorica che condanna l'Africa nera (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-08-09 - pag: 8 autore: LA MANO VISIBILE ... Quella retorica che condanna l'Africa nera di Alessandro De Nicola P overa Hillary, da quando Obama l'ha sconfitta alle primarie non gliene va bene una. Certo, è il segretario di stato, ma il discorso più importante di politica estera americana l'ha fatto il Presidente al Cairo parlando al mondo musulmano. Le guerre in Iraq e in Afghanistan sono gestite dal segretario alla Difesa Bob Gates, un repubblicano molto abile che si sta conquistando stima generalizzata. Finalmente - pur sempre dopo un primo viaggio del suo boss - Hillary ha l'occasione di uno spazio tutto per sé con il suo tour africano, e chi le ruba la scena? Quel diavolo del marito, Bill, che sbarca in Corea del Nord, si fa riprendere con il dittatore Kim in una foto degna di un film di Mel Brooks e se ne torna a casa con due giornaliste americane imprigionate dal regime comunista. La Mano visibile è però generosa e vuole plaudire a ciò che la signora Rodham Clinton ha detto durante la sua visita. Infatti, contravvenendo alle usuali litanie politicamente corrette che si odono in Europa sulla necessità di aiutare con sempre più soldi il Continente nero, Hillary ha sentenziato: «L'assenza d'istituzioni democratiche efficienti ha permesso l'attuale corruzione, impunità, violenza politicamente motivata, abusi dei diritti umani a una mancanza di rispetto per la legge». Barack Obama, durante la sua visita in Ghana, aveva espresso concetti simili: «Nessun paese potrà creare ricchezza se i suoi leader sfruttano l'economia per arricchirsi o se la polizia può essere comprata... Nessuno vuole vivere in un società in cui l'imperio della legge cede il passo all'imperio della brutalità e della corruzione». Insomma, questi due politici liberal hanno ricordato che non sono i sussidi ai paesi africani che li toglieranno dalla povertà, ma una profonda riforma delle loro istituzioni e sistemi economici. Se negli ultimi 50 anni circa 2.300 miliardi di dollari sono stati donati dai governi occidentali ai paesi sottosviluppati, di cui almeno 600 all'Africa, qual è la ragione della trappola di povertà in cui ancora si trova questo continente? è abbastanza semplice: tirannia e dirigismo locale nonché protezionismo occidentale. Quest'ultimo è una piaga: se le nazioni ricche togliessero le barriere doganali che impediscono sia il flusso di merci africane verso il resto del mondo sia una politica di investimenti del settore privato (gli imprenditori non intraprendono se sanno che i loro prodotti non potranno essere esportati a causa di alte tariffe) il miglioramento delle condizioni di vita sarebbe immediato e senza alcuna intermediazione delle corrotte classi politiche locali. Perché i governi occidentali non lo fanno? Per i politici è più comodo proteggere le loro lobby organizzate (gli agricoltori, ad esempio) e distribuire i soldi dei contribuenti creando burocrazie, clientele e vincoli di riconoscenza (da parte delle Ong che prendono finanziamenti pubblici) e favorendo all'estero i propri amichetti preferiti (che magari, in cambio, gli faranno qualche bel regalo). Controprova? I tre stati africani con l'indice più alto di libertà economica, le isole Mauritius, il Botswana e il Sudafrica, sono democrazie e stati di diritto relativamente stabili, hanno un reddito 5/6 volte superiore a quello del resto dell'Africa nera, una media di crescita degli ultimi anni del 4-5% e, secondo le statistiche della Banca Mondia-le, scarsissimi aiuti esteri. Salvo che a Bob Geldof e Bono, questi concetti dovrebbero essere comprensibili a tutti& adenicola@adamsmith.it © RIPRODUZIONE RISERVATA VISIONE NUOVA Ha ragione Hillary Clinton: gli aiuti a pioggia alimentano la corruzione

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Valore-titoli salvo nel mercato volubile (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-08-09 - pag: 15 autore: Bilanci. La deroga sulla svalutazione concessa anche per l'esercizio 2009 Valore-titoli salvo nel mercato volubile Franco Roscini Vitali La deroga bis relativa alle svalutazioni dei titoli, disposta dal decreto del ministro dell'Economia del 24 luglio 2009, pone alcuni problemi operativi. Il decreto, attuando quanto previsto dal comma 13 dell'articolo 15 del Dl 185/08 (legge 2/09), proroga per l'esercizio 2009 la possibilità di non svalutare i titoli iscritti nell'attivo circolante dei bilanci delle imprese che seguono le norme del Codice civile (si veda «Il Sole 24 Ore» del 2 agosto), mantenendo l'iscrizione al valore dell'esercizio precedente. La disposizione, tuttavia, è applicabile a condizione che la perdita di valore non sia durevole. L'Oic,nel documento interpretativo n. 3, ha precisato che per la verifica della durevolezza della perdita si deve fare riferimento al principio contabile Oic 20, relativo a titoli e partecipazioni (si veda la scheda). Il principio contabile Oic 20, dopo aver richiamato il principio generale della prudenza, indica per i titoli quotati, seppure a titolo esemplificativo, un arco temporaledi sei mesi per verificare la durevolezza della perdita. La situazione che si è creata sui mercato internazionali e nazionali, può far ritenere non applicabili alcune delle condizioni richieste dal documento, in quanto riferite a «normali condizioni di mercato », sicuramente assenti, in tutto o in parte, nel periodo attuale. Inoltre, la relazione al Dl 185/08 precisa che le disposizioni, coerenti con il quadro contabi-le internazionale, rivestono carattere transitorio commisurato al perdurare della crisi finanziaria ed alla significatività dei valori espressi dal mercato. Tuttavia, la cosa più importante che il redattore del bilancio deve valutare è relativa ai rischi di illiquidità o di insolvenza dell'emittente che possono rendere definitiva la perdita. Questo, perché la legge sterilizza l'inattendibilità delle valutazioni espresse dal mercato, ma non sterilizza il rischio derivante dalla situazione economica della controparte. Per i titoli, in particolare quotati, iscritti nel bilancio al 31 dicembre 2007, non svalutati nel bilancio 2008 e che si trovano nella medesima situazione nel 2009, si pone il problema della verifica dei valori espressi dal mercato in tale ultimo esercizio. Gli amministratori dovranno decidere se, data l'eccezionale situazione, i valori di mercato non sono attendibili così da mantenere i titoli alla valutazione precedente. Il tutto, ovviamente, in assenza del rischio di controparte. L'Oic ha precisato che la deroga, anche se letteralmente riferita ai valori espressi dall'ultimo bilancio approvato (in genere, al 31 dicembre 2007), si ritiene applicabile anche ai titoli acquistati durante l'esercizio 2008, mantenendo l'iscrizione degli stessi al costo di acquisto. Tra l'altro, il bilancio più problematico, per recepire l'impatto contabile della crisi, potrebbe essere proprio quello relativo al 2009, dal momento che nel 2008 la crisi è esplosa soltanto nel secondo semestre. Infine, una situazione, probabilmente non ricorrente, potrebbe riguardare i titoli acquistati nel 2009. La norma che dispone la proroga non entra nel dettaglio, limitandosi a precisare che il provvedimento può essere esteso all'esercizio successivo, in relazione all'evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari. I titoli acquistati nel 2009, nella generalità dei casi, non dovrebbero subire ribassi entro la data di redazione del bilancio, ma se questo dovesse verificarsi la possibilità di applicare la deroga è, probabilmente, accettabile alle condizioni descritte. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA CONDIZIONE La possibilità di indicare nell'attivo circolante i prezzi precedenti è subordinata a perdite temporanee

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Le telefonate tra Paulson e la Goldman Sachs (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/08/2009 - pag: 6 «New York Times» Le telefonate tra Paulson e la Goldman Sachs MILANO L'ex segretario del Tesoro americano Henry Paulson ha avuto frequenti colloqui telefonici con il presidente della Goldman Sachs durante la recente crisi finanziaria, tanto da sollevare seri dubbi circa il suo legame con la sua ex società. La notizia è emersa da un'inchiesta del New York Times , secondo la quale Paulson, ex amministratore di Goldman Sachs, ha parlato molto più spesso con Lloyd Blankfein, suo sostituto alla poltrona di ceo della banca d'affari, che con i dirigenti di altre banche. L'inchiesta fa riferimento ad almeno una ventina di telefonate che sono state fatte da Paulson e che sono state registrate attraverso una semplice richiesta fatta all'amministrazione Usa in base al «Freedom of Information Act», che consente a giornalisti e studiosi di accedere a documenti, spesso riservati e coperti da segreto di Stato, per garantire la trasparenza della pubblica amministrazione e il diritto di cronaca. Al centro dell'inchiesta del New York Times figurano le telefonate intercorse lo scorso mese di settembre, nella stessa settimana in cui crollava Lehman Brothers, storica rivale di Goldman Sachs. E più in particolare quando, lo scorso 16 settembre, il governo americano ha concesso un prestito di 85 miliardi di dollari al colosso assicurativo Aig (American international group). E Goldman è stata uno dei principali beneficiari del governo proprio in seguito al salvataggio di Aig.

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I Muse tornano e protestano contro la crisi finanziaria (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 10-08-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Spettacoli data: 10/08/2009 - pag: 39 Singolo «Uprising» (rivolta) anticipa il nuovo album I Muse tornano e protestano contro la crisi finanziaria MILANO Cercano di mandarci in paranoia, in depressione, di bombardarci di droghe con la speranza di nasconderci la verità. Ma «non riusciranno a costringerci, a umiliarci, a controllarci: noi li sconfiggeremo ». A tre anni dall'ultimo album, «Black Holes and Revelations », i Muse sono pronti a tornare. Più duri e arrabbiati che mai, come dimostrano le parole di «Uprising», il nuovo singolo in circolazione sulle radio. «Uprising», ovvero la rivolta, che serve a lanciare l'attesissimo «The Resistance». Rivolta e resistenza contro l'apocalisse che incombe, per «riprenderci il potere, perché è arrivato il momento che i gatti grassi abbiano un attacco di cuore: il loro tempo sta per finire ». Chi siano «i gatti grassi », i Muse non lo dicono nella canzone. Ci ha pensato però Matthew Bellamy, voce della band inglese, nonché ispiratore della maggior parte dei testi, a farlo: dichiarando che «Uprising» è il loro urlo di protesta contro la crisi finanziaria e la politica scellerata delle banche su hedge fund, derivati e finanza «tossica». Chiarissima è anche la data scelta per l'uscita dell'album: l'11 settembre. Una data simbolica, quella dell'attacco alle Twin Towers di New York nel 2001 e della conseguente «guerra al terrore» scatenata in risposta dal presidente Bush e dall'allora premier britannico Tony Blair. Personaggi già finiti nel mirino di Bellamy: basti pensare a «Take a Bow» o ad «Assassin» nella tracklist di «Black Holes and Revelations». Messaggi a parte, cosa aspettarsi musicalmente da «The Resistance»? Il singolo «Uprising» è sano, robusto, duro rock, che trae ispirazione (Bellamy dixit) dalle basi del duo inglese di musica elettronica Goldfrapp. Ma per capire meglio l'anima dell'album bisogna rifarsi alle (poche) indiscrezioni uscite dal blindatissimo studio dove è stato registrato, le Officine Meccaniche di Mauro Pagani sui Navigli milanesi. Sembra che un'intera orchestra sia stata convocata (o più probabilmente evocata grazie a tracce digitali e sintetizzatori) per le sessioni di registrazione con la band. Il risultato è un'opera rock-sinfonica. Maurizio Pluda © RIPRODUZIONE RISERVATA La band Da sinistra, Matthew Bellamy (chitarra), Dominic Howard (batteria) e Chris Wolstenholme (basso): il nuovo album dei Muse, «The Resistance», uscirà il prossimo 11 settembre

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Super-multa di 15 milioni all'ex numero uno di Aig (sezione: crisi)

( da "Finanza.com" del 10-08-2009)

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Super-multa di 15 milioni all'ex numero uno di Aig (7 Agosto 2009 - 08:01) MILANO (Finanza.com) - Da La Stampa: Multa da 15 milioni di dollari all'ex amministratore delegato di Aig, Maurice “Hank” Greenberg, una cifra che dovrà pagare alla Sec (equivalente americano della nostra Consob). È l'ennesimo top manager statunitense che viene punito per i crac finanziari. E soprattutto tocca il colosso assicurativo a stelle e strisce, uno dei più colpiti dalla crisi finanziaria di Wall Street. Greenberg ha patteggiato la pena al termine dell'inchiesta per frode che portò al suo allontanamento dal gruppo finanziario nel 2005. Secondo le autorità lui e altri manager avevano utilizzato dei trucchi illeciti per gonfiare prestazioni finanziarie e i bilanci della società. (Riproduzione riservata)

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