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Report "crisi"   13-14 MARZO 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Partita a tre per il dominio in Asia ( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La tregua tra Washington e Mosca, entrambe alle prese con la crisi finanziaria, entrambe desiderose di una politica estera meno conflittuale che garantisca loro di concentrarsi sul terreno domestico, è solo temporanea. America e Russia, del resto, rimangono potenze e in quanto tali hanno interessi da difendere o tutelare.

Obama limita le restrizioni Usa e Cuba si avvicinano ( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interno della Finanziaria d?emergenza da 410 miliardi di dollari per il 2009 ? anche un progetto di legge che rimuove parecchie restrizioni verso Cuba, a cominciare da quelle sui voli tra Washington e L?Avana introdotte nel 2004 dalla prima presidenza di George W.

L'equità per arginare la crisi ( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: equità per arginare la crisi ENRICO FARINONE Dario Franceschini ha saputo imporre al governo un tema di assoluta rilevanza per gli italiani. È la prima volta che accade nella legislatura, e di questo bisogna rendergliene merito. La crisi finanziaria mondiale sta purtroppo invadendo il campo dell?

Barclays cerca di sfuggire all'abbraccio dello Stato ma le cifre dicono che cederà ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In più, il piano di protezione ha permesso a Lloyds e Rbs di raggiungere rapporti di patrimonializzazione ben superiori a quello di Barclays. Quest'ultima dichiara un portafoglio crediti qualitativamente migliore e ritiene di poter continuare a operare in attivo.

[FIRMA]CLAUDIO LAUGERI L' ammazza-allarmi era su un pullman ungherese rubato a Fi... ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come ulteriore misura di sicurezza a protezione degli spostamenti In Italia, è consentito l'acquisto dei «jammer», ma non l'utilizzo. Salvo autorizzazioni. Altrimenti, c'è il rischio dell'incriminazione in base all'articolo 617 bis del codice penale sull'«installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche»

Presto la task force sul credito ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: eventuale difficile posizione creditizia Mondo finanziario e produttivo devono collaborare con il massimo della concretezza ALESSANDRIA Francesco Castaldo Tonino Renzi Bruno Lulani [FIRMA]MASSIMO PUTZU ALESSANDRIA Anche il prefetto di Alessandria, Francesco Castaldo, è pronto a fare la propria parte dopo le dichiarazioni dell'altro giorno dei due ministri Tremonti e Maroni.

"Grande cautela ma nessun pericolo per l'ambiente" ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: l'Agenzia regionale per la protezione ambientale. Dottor Cagliero, perché anche i vostri tecnici sono intervenuti nell'incidente di Morozzo? «I vigili del fuoco hanno richiesto la nostra collaborazione, mercoledì sera, per verificare che le procedure potessero essere aderenti alla migliore tecnologia».

La crisi allunga la cassa integrazione ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha constatato Marzorati davanti ai rappresentanti sindacali - che la crisi generale industriale e finanziaria ha una durata temporale e una profondità superiori rispetto a quelle che si potevano prevedere alla fine dello scorso anno». La cassa integrazione alla Cogne coinvolge 600 operai ed è cominciata il 23 dicembre, per una durata di 13 settimane.

Binario Blu : evitare nuovi errori ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oasi di protezione della fauna, piccole superfici soggette a rotazione e modifica secondo gli umori dei cacciatori. Ed anche se Il parco ha un centro ornitologico, gli uccelli feriti o bisognosi di cure vengono soccorsi soltanto dai volontari della Protezione Animali, senza alcun aiuto di Provincia, Comunità del Giovo o Parco.

E' ancora e sempre l'oro il miglior investimento ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A causa delle violente e recenti turbolenze dei mercati finanziari, in questi ultimi mesi è cresciuto fortemente il desiderio di acquistare oro, in modo da avere sotto gli occhi in modo concreto qualcosa di tangibile. La moneta d'oro permette inoltre un rapido realizzo e ha conservato nel tempo il suo fascino;

I paletti del Governatore ai prefetti "indiscreti" ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: da un lato c'è il governo che si preoccupa - in un momento di grave crisi economica e finanziaria - di non far mancare alle aziende il credito necessario a sopravvivere. Dall'altra la Banca d'Italia vuole evitare che in questo modo si torni a quello che una volta si chiamava controllo amministrativo del credito.

Un calmiere mondiale sui salari dei banchieri ( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Uno dei compiti del Fsf sarà di istruire per la parte finanziaria i vertici del G-20. A quello di domani nelle colline a Sud di Londra, al quale parteciperanno ministri dell'Economia e banchieri centrali, Draghi farà rapporto anche sugli strumenti per la cooperazione internazionale nella crisi finanziaria, sulle modifiche ai principi contabili delle banche,

la ricetta anticrisi del governatore "ancora misure aggressive" - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Per fronteggiare la crisi finanziaria e la debolezza dell´economia reale «serviranno ancora misure aggressive e coerenti», dichiara a Londra Mario Draghi, governatore della Banca d´Italia e presidente del Financial Stability Forum, alla vigilia del G20. La crisi s´allarga e così pure il suo Fsf che ingloba 11 nuovi membri,

allarme fondi per i cassintegrati - tito boeri ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: introdotto una tassa ad hoc sulle banche proprio mentre la crisi finanziaria si aggravava. Virate a 180 gradi, dalle tasse agli aiuti alle banche, non si sono viste da nessun´altra parte. Non abbiamo introdotto subito misure di stimolo alla domanda, come negli altri paesi, col risultato che da noi il prodotto interno lordo sta scendendo più che negli Stati Uniti o nel Regno Unito,

i barbari - tzvetan todorov ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In nome della protezione delle donne e dei bambini (i nostri), sono stati massacrati un gran numero di uomini e donne, di anziani e bambini (degli altri). Quelli che vorremmo definire come dei mostri molto spesso hanno agito mossi dalla paura per i loro cari e per sé stessi.

aziende comunali, debiti alle stelle il buco supera il mezzo miliardo - antonio fraschilla ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: approvazione della finanziaria nazionale. Insomma al momento la soluzione per coprire i debiti delle società controllate è lontana. E a Sala delle Lapidi c´è chi si chiede che fine abbia fatto il progetto di affidare alla Medhelan il progetto di riorganizzazione delle aziende, con tanto di delibera votata dal Consiglio comunale nel febbraio del 2008:

"osa e meraviglia" al reloj con le acrobazie dei sonics ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della parte tecnica e della realizzazione delle strutture che li caratterizzano in maniera unica e originale. Tra suggestivi decolli e atterraggi emozionanti i Sonics si esibiscono come acrobati sospesi senza protezione e questa sera presenteranno alcune performance tratte dallo show "Osa e meraviglia". Ingresso 10 euro con consumazione. a. f.

regione, berlusconi pensa a cosenza - conchita sannino ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sia anche così vicino a Guido Bertolaso, capo della Protezione civile (sottosegretario all´emergenza rifiuti, e plenipotenziario dello stesso premier in Campania), che stima Cosenza come massimo esperto di Ingegneria sismica e lo ha chiamato tra i membri della Commissione nazionale grandi rischi, è il dettaglio che chiude un cerchio.

denuncio, dunque sono benvenuti nello spot - antonio filippetti ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Così come avviene per i previsori dei guai finanziari, delle crisi economiche e delle relative ricette, allo stesso modo i sostenitori dei rimedi sulla sicurezza e sulla civile convivenza appaiono inadeguati allo scopo. A conti fatti tutto sembra esser messo in piedi come la sceneggiatura di uno spot pubblicitario, un "consiglio per gli acquisti" pensato per durare solo un po´

bacula: ambulanza per sara, poi le ruspe - zita dazzi ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e ha aggiunto che questa volta «saranno installate protezioni anti-occupazione con una rete alta tre metri e mezzo fissata su un muro in cemento». Ma Valerio Pedroni, padri Somaschi, precisa: «Queste persone sono in questo quartiere da diversi anni, con molte di queste famiglie è stato avviato un percorso di integrazione.

RAZZISMO DI STATO ( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incoerenza dei sistemi di protezione sociale. Obama cerca d'indicare l'uscita della solidarietà e della coesione sociale, dell'incremento dei diritti dei più deboli, della difesa delle minoranze. La destra che ci governa e i poteri che rappresenta additano la strada della «cattiveria» e del razzismo, sperando così che rancori e conflitti orizzontali permettano loro di restare in sella.

L'uomo che si fece venditore di sogni ( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: onda di piena della crisi finanziaria le richieste di riscatto si stavano moltiplicando arrivando a 7 miliardi di dollari, a fronte dei quali dai nuovi sottoscrittori non arrivava un centesimo. Madoff non è un finanziere sfortunato: il suo impero era tutto costruito sull'imbroglio, il non rispetto delle leggi, la mancanza di controlli.

L'elemosina ai tempi della crisi. Sul nostro sito la polemica a sinistra ( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tassazione della rendita finanziaria». Aggiunge Ale: «Quella di Franceschini è solo demagogia per recuperare i voti. Ci vogliono interventi strutturali, non spot». «Sveglia!», grida Jonathan, «diamo retta a un democristiano, ora?». «Bizzarri questi commenti plaudenti verso la demagogia di Franceschini - ribadisce Guido - Peccato che nel pd ci siano Ichino e il giovane Colaninno»

Monito Bce all'Italia Crollo tedesco ( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: faccia carico di supervisionare i grandi gruppi bancari presenti in più paesi del Vecchio Continente e avere quindi una comune normativa finanziaria. La richiesta è un ulteriore vigilanza di fronte a un sistema che traballa. Il Bollettino infine conferma che «il Pil nella zona dell'euro registrerà un calo compreso tra il -3,2% e il -2,2% nel 2009 e fra -0,7% e più 0,7% nel 2010».

Così s'insegnano i diritti umani a chi non ne ha ( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma anche un punto di luce nel buio di un paesaggio istituzionale spesso opaco, a cominciare dal parlamento per finire negli uffici dei vari ministeri. Scommessa vera di democrazia, parola da declinare con cautela in questo paese. Gente così meriterebbe più attenzione. E più protezione. Non soltanto dai talebani.

I genitori in filiale come garanzia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ai tempi della grande crisi finanziaria che si è rapidamente trasformata in restrizione del credito, soprattutto per le piccole e le medie imprese. Ubaldo Libertino, insieme ad altri due soci, è titolare di una azienda specializzata in Ict, la Bjconsulting, che conta in Piemonte, fra Cuneo, Torino e Ivrea, diverse sedi operative.

Soffre un'azienda su quattro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oltre che da una crisi particolarmente cruenta. Una recessione che sta mettendo a dura prova la fisionomia finanziaria delle aziende, in particolare le piccole e le medie: secondo l'ultima analisi del Centro Studi Confindustria, è di 24,5 il saldo netto dei giudizi delle aziende che segnalano una restrizione di credito (in Spagna,

Draghi: rimettere in moto il credito ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziario. «Ho detto più volte - ha ricordato Draghi - che le banche dovranno uscire da questa crisi con più capitale, meno debito, più regole e più vigilanza. Ma questo non è il momento di aumentare il capitale, anzi i cuscinetti che alcuni istituti hanno creato oltre i requisiti di vigilanza devono proprio servire ad assorbire le perdite e sostenere la continua attività di prestito

Il rapporto de Larosière ci ha deluso ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sempre più internazionali e la crisi finanziaria ha mostrato quanto sia necessaria una vigilanza più centralizzata. In questa intervista, Lorenzo Bini Smaghi, 52 anni, membro del comitato esecutivo della Bce, esprime tutto il disappunto dell'istituto monetario per un rapporto troppo timido che non affronta con determinazione i nodi messi in luce dalla crisi di questi ultimi due anni.

Bce: i piani di rilancio vanno bene così ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nei Paesi in cui attualmente si osservano forti pressioni nei mercati finanziari - spiega la Bce riferendosi in modo particolare probabilmente all'Irlanda, alla Spagna e alla Grecia- l'impegno al risanamento dei conti pubblici dovrebbe essere più ambizioso e dovrebbe considerare altresì l'esigenza di ridurre l'esposizione ai rischi per il bilancio».

Crolla la ricchezza degli Usa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i direttori finanziari di grandi multinazionali ormai non ragionavano più in termini di necessità di cassa o di copertura di operazioni di tesoreria, ma solo in termini speculativi: un'eccedenza poteva essere messa a leva anche quattro o cinque volte. è stato in questo contesto, di sobrietà statistica del nostro tempo - ma non ancora del nostro futuro -

Le strade divergenti di Geithner e Summers ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sketch con un Geithner che offre 420 miliardia chiunque proponga una buona idea per risolvere la crisi bancaria. «è lento a prendere atto dei problemi fondamentali del nostro sistema finanziario e riluttante a fare scelte decisive e ad agire»,dice Thomas Hoenig,presidente della Federal Reserve di Kansas City, ed ex collega di Geithner quando quest'ultimo presiedeva la Fed di New York.

La Svizzera frena il franco ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sarebbe il peggio del peggio del protezionismo. riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com apagina44 L'oro si rafforza MANOVRA AGGRESSIVA La mossa punta a evitare il pericolo deflazione ma potrebbe spingere altri Paesi a imitarla avviando una corsa alla svalutazione l'articolo prosegue in altra pagina

Sarkozy chiede alla Merkel di bloccare i tagli Continental ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: cominciare dalla necessità di privilegiare regole finanziarie ad aiuti economici, Francia e Germania non mancano di mostrare piccole incomprensioni. Ieri l'occasione è stata data dalla chiusura di una fabbrica del produttore tedesco di pneumatici Continental a Clairoix, nell'Oise francese. La decisione, annunciata ufficialmente due giorni fa nel quadro di un piano di ristrutturazione,

Obama alla Cina: diritti da tutelare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dalla crisi economico-finanziaria ai dossier nordcoreano e afghano fino all'emergenza in Darfur, ma si è parlato anche delle relazioni spesso non semplici tra Washington e Pechino. Obama ha sottolineato la necessità di «rafforzare il dialogo militare » per evitare incidenti simili a quello che si è verificato martedì scorso nel Mar cinese meridionale,

Chi ha l'industria riparte meglio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con 3 milioni impiegati nel settore finanziario e 7 milioni nell'industria. In meno di una generazione e con un consenso quasi unanime si è compiuta una trasformazione che, per rapidità e ampiezza, non ha avuto confronti nemmeno ai tempi della prima rivoluzione industriale. Ancora più sorprendente, nel sottolineare la marginalità dell'industria nel sistema economico britannico,

Cinema, tre dimensioni per il rilancio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel pieno della più grave crisi economica e finanziaria dell'ultimo mezzo secolo. L'ultimo dilemma di Hollywood, potrebbe essere riassunto così. Esattamente fra due settimane, il 27 marzo, debutta nella sale cinematografiche americane Monsters vs. Aliens, il nuovo film della Dreamworks Animation –

Pronta l'Agenzia di valutazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dando ormai per acquisiti i «tagli lineari della finanziaria» il titolare di Viale Trastevere ha invitato tutte le parti in campoa fare uno sforzo in più «per cambiare alcuni meccanismi e colmare gap accumulati negli anni ». Senza di esso, ha spiegato, «anche avere più risorse sarebbe insufficiente per migliorare la nostra università».

Su Business l'analisi degli economisti di Eiu ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a causa dell'escalation della crisi finanziaria», scrivono gli analisti. Di qui la decisione di rivedere al ribasso le precedenti previsioni per tutti i maggiori paesi. Aggiungendo di prevedere anche «un rallentamento delcommercio mondiale insieme a una recessione negli Usa, in Europa e in Giappone ».

Rischio insolvenza per Nerviano ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria colpisce anche il Nerviano Medical Sciences, il polo di ricerca alle porte di Milano controllato interamente dai Figli dell'Immacolata Concezione, un ente di diritto vaticano con sede nella Capitale. Un problema di bilancio e non certo "industriale", visto che la struttura presieduta da Umberto Rosa,

Matteoli: Tirrenica al via nel 2009 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tirrenica al via nel 2009 Resta il nodo della copertura finanziaria - Forse in campo Cdp o Bei Silvia Pieraccini GROSSETO L'autostrada A12 LivornoCivitavecchia fa un passo avanti importante verso l'apertura dei cantieri,dopo l'approvazione (con prescrizioni) del progetto preliminare da parte del Cipe avvenuta nel dicembre scorso.

Anagrafe finanziaria aperta agli agenti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: campione presso gli agenti della riscossione per verificare il rispetto della convenzione e del Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003). E si impegna a riferirne all'Agenzia segnalando le eventuali criticità riscontrate. Le informazioni acquisite dovranno essere conservate – precisa l'articolo 10, comma 6 della convenzione –

L'Albo risponde con un decalogo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per metà anno – la direttiva Ue sulla revisione in maniera conforme all'impianto italiano». Gli economisti Stefano Fassina (consigliere economico del Pd) e Marco Onado hanno invece evidenziato le criticità non solo finanziarie dell'attuale congiuntura.

Benetton rinuncia alla cedola Autogrill ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: esposizione finanziaria. La società si concentrerà sull'efficienza e sul taglio dei costi ( salvaguardando l'occupazione). Gli investimenti scenderanno da 337 del 2008 ai 160 previsti per quest'anno. Nel quartier generale di Rozzano hanno in mente due scenari per quest'anno: se la «tempesta» rimarrà di questa portata Autogrill stima ricavi a 5,

Interpump batte la crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'indebitamento finanziario netto è passato da 175 milioni al 31 dicembre 2007 a 206,4 milioni a fine 2008, principalmente per il pagamento del dividendo straordinario, per l'acquisto di un'ulteriore quota di Nlb e per le acquisizioni di aziende del polo cilindri.

Maire aumenta il dividendo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale congiuntura economica mondiale negativa e delle incertezze sui mercati finanziari, ha deciso «di adeguare le linee strategiche del gruppo alle nuove opportunità, incluse quelle derivanti dalle politiche pubbliche di rilancio delle infrastrutture, nonché alla significativa crescita del gruppo in termini di risorse umane e di expertise».

Profitti Banca Generali in flessione del 48% ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tenuto conto soprattutto del miglioramento del risultato tecnico dei rami danni e della redditività ordinaria del ramo vita, nella prospettiva di una stabilizzazione dell'attuale crisi finanziaria, hanno indotto il cda a non penalizzare le aspettative dell'azionariato e pertanto a proporre la suddetta distribuzione gratuita di azioni».

Volkswagen aumenta la cedola ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attrezzata delle concorrenti per affrontare la crisi; la società è tornata sui mercati finanziari all'inizio dell'anno con un'emissione da 3,5 miliardi che ha già coperto «gran parte delle esigenze di rifinanziamento prevedibili per il 2009». Volkswagen ha anche fattoricorso per 2 miliardi di euro alle garanzie offerte dal Fondo pubblico per la stabilizzazione dei mercati finanziari (

Roche conquista il 100% di Genentech ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: acuirsi della crisi dei mercati finanziari, l'offerta all'inizio di quest'anno era scesa a 86,5 dollari ed era stata rivolta da Roche direttamente agli azionisti. Nelle ultime settimane la svolta, con la ripresa dei negoziati ed il «sì» di management e comitato, che ora consigliano agli azionisti di accettare i 95 dollari per azione,

Kerself scommette sulla Turchia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che dal punto di vista finanziario è più sano di altri mercati emergenti, vuole scommettere su nuove fonti di energia –ha detto il presidente di Kerself – l'accordo che firmeremo è molto sentito dal Ministero dell'Energia turco ». «In più – ha continuato Masselli - bisogna dire che in Turchia è molto apprezzata la qualità italiana»

La Svizzera ridà slancio all'oro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Infine, ci sono dubbi anche sull'evolvere dell'inflazione: il timore di un suo rialzo è favorevole all'oro,che offre una buona protezione. Solo alcuni economisti, tuttavia, temono oggi un'accelerazione dei prezzi, legata ai piani di stimolo dell'economia. Per altri lo spauracchio si chiama deflazione.

Copiamo Brown Aliquote più alte per i ricchi e aiuti ai poveri ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezioni sociali. «Sacconi si incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo,

Sempre di crisi si parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre... ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezioni sociali. «Sacconi si incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo,

Tra le misure per fronteggiare la crisi c'è anche la necessità di una super... ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tra le misure per fronteggiare la crisi c'è anche la necessità di una «supervisione sulle retribuizioni» dei manager. Lo ha detto a Londra il governatore della Banca d'Italia e presidente del Forum per la stabiliità finanziaria Mario Draghi, al termine di una riunione del Forum.

I TRIBUNALI SCOMODI ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è venuta progressivamente a restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del comportamento dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo territorio o alle quali si estende la sua giurisdizione.

Da qualunque lato si consideri il tema della guerra e del diritto, si arriva necessariamente a misur... ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è venuta progressivamente a restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del comportamento dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo territorio o alle quali si estende la sua giurisdizione.

IL GRAN SALUTO DI CLINT Un reduce dalla Corea circondato da asiatici: Gran Torino di un Eastwood magistrale ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma poi capisce che Thao è un pezzo di pane e ha solo bisogno di affetto e protezione. Il film diventa così un doppio bildungsroman, un «romanzo di formazione» a due livelli. Da un lato Thao apprende alcune utili nozioni su come si diventa adulti, dall'altro Walt si apre al «diverso» e comincia a guardare in modo diverso i «musi gialli» che infestano il quartiere.

Archeologi contro l'arrivo di Bertolaso ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: funzionari e sindacalisti delle soprintedenze di Roma e Ostia per protesta contro l'annunciato commissariamento affidato al capo della Protezione civile Bertolaso. Una delegazione sindacale ha incontrato il direttore Giuseppe Proietti che, essendo un tecnico e non un rappresentante politico, ha confermato che il commissariamento ci sarà e che non il ministero non torna indietro.

Berlusconi liquida il Parlamento: È superato, nacque dopo il fascismo ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sulla crisi dispensa ancora ottimismo contro la «canzone catastrofista dei media», pur ammettendo che «non si conosce la reale portata del disastro finanziario». E finge di non vedere quello dell'economia reale. Occasione ghiotta il premio come uomo dell'anno ricevuto dal Riformista: Berlusconi attacca il leader del Pd e getta nel cestino la Repubblica parlamentare «

Wall Street: arrestato Madoff il truffatore rischia 150 anni ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crollato sotto il peso della crisi finanziaria internazionale, i calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime parlavano di 50 miliardi di dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli annali come la più colossale frode della storia di Wall Street, ancora peggio del crack della Enron, ma l'accusa parla di 177 miliardi di dollari.

Il passaggio dal lussuoso attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non poteva essere... ( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crollato sotto il peso della crisi finanziaria internazionale, i calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime parlavano di 50 miliardi di dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli annali come la più colossale frode della storia di Wall Street, ancora peggio del crack della Enron, ma l'accusa parla di 177 miliardi di dollari.

"la crisi frena le riforme e aumenta i nazionalismi" ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi frena le riforme e aumenta i nazionalismi" Bruegel: "Oggi la priorità sono i piani di stimolo, su cui l´Europa si muove in ordine sparso" MILANO - La crisi finanziaria frena (almeno per ora) le riforme in Europa. Anzi. Oggi come oggi ha innescato un ritorno di fiamma del nazionalismo economico, forse inevitabile in un momento in cui per tutti l´

il commento l'emergenza e l'innovazione - vincenzo visco ( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: evoluzione della crisi originata nel settore immobiliare e subito trasferita a quello finanziario, inevitabilmente ricade, adesso, sul sistema produttivo industriale e quindi su tutta l´economia. Come sappiamo, si tratta di una crisi che coinvolge l´intero pianeta e che quindi non consente a nessuno di aspettarsi il traino altrui per uscirne.

Draghi: contro la crisi misure aggressive ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: contro la crisi misure aggressive LONDRA — Secondo il Governatore Mario Draghi, a Londra per il Financial stability forum, la crisi finanziaria «continuerà a richiedere misure di risposta aggressive e coerenti». Istruzioni. Nei giorni scorsi la Banca d'Italia ha inviato alle aziende di credito indicazioni su come comportarsi con gli Osservatori del credito presso le prefetture:

Draghi: <Contro la crisi servono misure aggressive> ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «le persistenti debolezze» nel sistema finanziario e nell'economia reale, sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti, continuano a richiedere l'adozione di «misure aggressive e coerenti». Anche se «le politiche monetarie e fiscali adottate finora hanno fornito uno stimolo macroeconomico sostanziale ».

Berlusconi: il leader pd è un cattocomunista ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: entità del disastro finanziario che esiste a causa dei prodotti derivati, ma io non sono pessimista, noi siamo i più indicati ad uscire prima e meglio dalla crisi. Un atteggiamento di fiducia farà sì che questa crisi possa non essere così grave come se dovessimo andare verso il catastrofismo, che è purtroppo una canzone ripetuta dai media tutti i giorni»

Crisi americana e nuovo ruolo del Fmi: la grande sfida della politica economica ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: domatori nazionali» dei rischi finanziari, Saccomanni è convinto che questa fase non si spieghi solo con l'ingordigia di Wall Street e la disonestà di alcuni. «C'è la realtà del mercato globale a cui si contrappongono misure basate su ragioni nazionali», dice. Saccomanni qui fa solo cenni indiretti ai tassi della Federal Reserve all' 1%,

Obama e la politica del rinvio ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Si potrebbe immaginare che davanti alla più grave crisi finanziaria di tutti i tempi, il presidente avrebbe cercato la collaborazione di grandi capitani d'impresa, con l'esperienza necessaria per manovrare immense organizzazioni in crisi. E invece no. Ecco la composizione del gabinetto di Obama, che appare subito assai poco imprenditoriale: al Tesoro,

AMBIENTE / 2 ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 13 num: - pag: 12 categoria: BREVI AMBIENTE / 2 Alberi senza protezione Da ormai più di 6 mesi su via Boncompagni, all'angolo con via Quintino Sella, due protezioni degli alberi sono completamente disintegrate a causa di un incidente stradale. Il I Municipio non si è mai occupato della sostituzione lasciando i resti divelti.

Dall'atomo all'ambiente la nuova vita di Ispra ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma l'ambiente, la protezione del cittadino consumatore, il supporto scientifico alla legislazione da introdurre in tutti gli stati membri dell'Unione. «Il centro si è trasformato da organizzazione concentrata sulla tecnologia nucleare — così lo definisce l'attuale direttore generale Roland Schenkel —

La banchiera di Vienna: la mia boutique all'asta ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La relativamente piccola boutique finanziaria creata da Frau Kohn — nata TÜrk, 60 anni fa, da sopravvissuti dell'Olocausto — è rimasta vittima del crac Madoff, il finanziere americano che aveva costruito uno schema di investimenti piramidali truffaldino e che ieri si è dichiarato colpevole di 11 imputazioni.

Giappone, il paese del Sol Calante ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è arrivato dallo scoppio della prima bolla finanziaria, nel 1990. Ma è stata la crisi partita dai mutui americani nel 2007 ad aver dato il colpo di grazia al sistema. Che ora appare refrattario a qualunque cura. «Ora tutti si consolano — sostiene ancora Tamamoto — con la consapevolezza che l'infelicità è equamente suddivisa tra tutti».

<I giovani inseguono sempre il mito del lavoro per la vita> ( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E la crisi finanziaria mondiale ha dato il colpo di grazia». Il motore è in panne: le esportazioni sono crollate... «Sì. Il governo vorrebbe pareggiare i conti stimolando il mercato interno, invogliare la gente ad acquistare beni e servizi. Invano: il paradosso della nostra situazione è che i giapponesi sono pieni di soldi,

Casa Bianca. Obama incontra il ministro degli Esteri cinese ( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per affrontare la crisi economica globale e di "rafforzare il dialogo in campo militare" per evitare il ripetersi di incidenti navali come quello di domenica scorsa. Obama e Yang hano discusso nell'Ufficio Ovale un'ampia agenda di temi: la crisi finanziaria internazionale, la Corea del Nord, l'Afghanistan e il Pakistan,

Long Island . Festa della Donna" a Franklin Square ( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezione e difesa della femminilità che spesso veniva calpestata se non addirittura umiliata. Nel 1910, nella città di Copenaghen, si tenne la prima conferenza internazionale delle donne. In quell'occasione, oltre 100 rappresentanti di 17 Paesi scelsero di istituire una festa per onorare la lotta femminile per l'uguaglianza sociale (

Morti bianche, tre vittime ieri al Nord: un marinaio russo e due operai edili ( da "Avvenire" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un operaio è morto ieri nella discarica di Gorla Maggiore, nel Varesotto, colpito dall'esplosione di un tubo ad aria compressa. L'impatto è stato così forte da spaccare in due il caschetto di protezione che indossava. E nel Mantovano, risulta disperso invece un operaio caduto nel Po mentre stava lavorando su un ponte ferroviario.

New York, le scuole cattoliche nel mirino ( da "Avvenire" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: infatti prevede la sospensione della prescrizione per gli abusi commessi nelle scuole private e religiose, mentre mantiene in vigore tutte le "protezioni" esistenti nelle normative statali per i dipendenti pubblici. Ad oggi infatti la denuncia di un impiegato pubblico deve avvenire entro 90 giorni dal compimento della maggiore età, contro i 10 anni previsti dalla normativa. ( R.E.)

QUANDO IL PROTEZIONISMO E' LEGITTIMO ( da "Lavoce.info" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: QUANDO IL PROTEZIONISMO E' LEGITTIMO di Claudio Dordi 13.03.2009 A parole, i leader mondiali sono contro il protezionismo, memori dei danni che ha causato all'epoca della grande depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi internazionali pone precisi vincoli alla libertà dell'esercizio della politica commerciale degli Stati.

INGHILTERRA: TRE SOLUZIONI PER OGNI INSOLVENZA ( da "Lavoce.info" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: istituto avrebbe bisogno di un aiuto finanziario straordinario da parte della banca centrale o del Tesoro. A quel punto la FSA deve consultarsi con la Banca d?Inghilterra (BoE) e il Tesoro e valutare il da farsi. Se nella scelta vengono in rilievo ragioni di pubblico interesse, quali la salvaguardia della stabilità o della fiducia dei cittadini nel sistema finanziario inglese,

Precari, sì del governo agli aiuti ( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: completamento e semplificazione a protezione dei lavoratori sospesi o licenziati'. Le norme saranno presentate sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra le misure principali il raddoppio dell'indennita' di disoccupazione per i co.co.pro, che passa al 20%, e la velocizzazione per l'erogazione degli ammortizzatori sociali.

Il welfare di facciata ( da "AprileOnline.info" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nel dopo crisi conterà nel curriculum il fatto di essersi messi in gioco". Sacconi ha poi tracciato un quadro delle ripercussioni della crisi finanziaria sull'occupazione. I dati relativi al mercato del lavoro che saranno forniti dall'Istat nei prossimi giorni mostreranno che "molto probabilmente il tasso di occupazione si attesterà intorno al 59 per cento"

Strumenti astronomici protagonisti in Seminario ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in collaborazione con il Gruppo Astrofili Galileo di Alessandria e con i volontari della Protezione civile tortonese, ha organizzato una giornata dal titolo «Alla scoperta del cielo». Dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19 sarà possibile osservare gli antichi strumenti ottici del Gabinetto scientifico del Seminario vescovile, guidati dai volontari dell'associazione.

Provincia: sos per i costi dell'inverno ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Protezione civile), ma soprattutto alla presenza di un gruppo dei tecnici e dei capi reparto che da quattro mesi lavorano a ritmi serrati, prima per tamponare le emergenze e poi per preventivare costosi e difficili recuperi. Un esempio per tutti: la frana sulla strada di Bubbio, l'unica che porta alla Langa Astigiana (ora percorribile a senso alternato con un semaforo solo da mezzi

Documentari. ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Yimer svolge l'attività di mediatore culturale per l'associazione Asinitas Onlus. Documentarista, vive in Italia dal 2006 grazie alla protezione umanitaria. La serata è organizzata con il patrocinio del Comune di Candelo e la collaborazione del Centro Servizi per il Volontariato.\

Gli incontri su violenza, maltrattamenti e pedofilia ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Ordini di protezione contro gli abusi familiari», «Rapporto che intercorre fra soggetti che hanno subito violenze in famiglia o sul lavoro e i servizi di assistenza esistenti», «Reato di violenza, molestie e pedofilia», il 17, 26 e 31 marzo, 2 aprile con Agata Armanetti, avvocato.

Aiuti ai precari licenziati ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: completamento e semplificazione a protezione dei lavoratori sospesi o licenziati». Le norme saranno presentate sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra gli interventi principali il raddoppio dell'indennità di disoccupazione per i co.co.pro che così passa al 20% e la velocizzazione delle procedure per la concessione e l'erogazione degli ammortizzatori sociali.

Ne usciremo solo insieme ( da "EUROPA ON-LINE" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: posto di lavoro e ha meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Il ministro Brunetta ha detto che va tutto bene, una meraviglia, lo ha ripetuto, con toni diversi, il ministro Sacconi: contemporaneamente, pochi minuti fa, la Cisl della Lombardia ha indicato che non ci sono più risorse per gli strumenti di cassa integrazione ordinaria e straordinaria.

Gli effetti perversi della Robin tax ( da "EUROPA ON-LINE" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in anticipo la crisi economico-finanziaria, è innegabile che abbia messo in campo una serie di provvedimenti ? a volte demagogici, a tratti contraddittori ? che a distanza di qualche mese rischiano di essere ostacoli ben più difficili da superare di quelli importati dalla congiuntura internazionale.

Bruxelles, eurocrati a lezione dalla reginetta degli 007 ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del Consiglio hanno scelto di affidarsi al celeberrimo MI5 per rafforzare la protezione interna, anche se i casi acclarati di tentato spionaggio si contano sulle dita di un uomo con una mano sola. L'ultimo risale al 2003, quando la sicurezza ha trovato delle cimici negli uffici di alcune delegazioni. Alcuni funzionari avevano notato che spesso i telefoni suonavano senza ragione.

Lussemburgo Austria e Svizzera aprono i forzieri ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria scatenatasi nella vischiosità dei comportamenti e delle regole ha convinto l'Unione europea e gli Stati Uniti a dichiarare una guerra senza quartiere a chi offre potenzialmente copertura legale a evasori e finanzieri senza scrupoli.

"Il nostro futuro è qui non ce ne andremo mai" ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Entro giugno dovete indicare la banca che gestirà la cessione della Pincar, la finanziaria di famiglia, avete individuato l'istituto? «Sarà comunicato nel consiglio di amministrazione del 23 marzo. Non c'è più molto da aspettare». Le cose stanno andando avanti come previsto? «Sì. Sul fronte delle banche abbiamo dovuto scalare una montagna;

Strada ancora bloccata Protestano i formazzini isolati da undici giorni ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In Formazza però la pazienza è al limite e i disagi pesano anche su chi deve raggiungere fondovalle per andare a scuola o a lavorare. «Se il pericolo c'è e l'isolamento permane, allora vogliamo essere assistiti in tutto dalla protezione civile» dicono i formazzini.

Cambio al vertice della Rav Marquis diventa presidente ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A dare l'allarme un compagno di lavoro che era poco distante. Immediati i soccorsi: è intervenuto l'elicottero della Protezione civile. Nel pomeriggio Ronc è stato sottoposto a intervento chirurgico. Nell'incidente ha riportato fratture e danni polmonari.

In discussione edilizia privata e protezione civile ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alcuni piani particolareggiati di edilizia privata, variazioni al bilancio di previsione del 2009 e ancora l'approvazione del piano comunale di protezione civile, del regolamento per la squadra comunale di antincendio boschivo e protezione civile. In discussione anche la realizzazione di una scala di sicurezza per l'asilo «I Cuccioli». \

Casi antenne, previsto consorzio di comitati ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: altezza della Protezione civile. L'assessore alla Viabilità Sergio Lanteri ha assucurato che provvederà a intervenire in via Acquarone e che un gran numero di strade stanno per accogliere dossi. Spiega: «Ottenuti i nulla osta da Croce Rossa, Vigili del fuoco e altri enti impegnati nei soccorsi, prevediamo quelli alti tre centimetri,

Non sicuri di che cos'altro possano fare per tenere in piedi le banche, i governi del G-20 risc... ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma le lobby finanziarie restano potenti, e riottose ai controlli. Ministri dell'Economia e banchieri centrali dei 20 maggiori paesi hanno cominciato a discutere ieri sera a cena, in un lussuoso albergo tra il verde dei Downs, le colline a sud di Londra. Oggi si terrà la riunione vera e propria, il cui principale esito concreto potrebbe essere l'

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani... ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Chiede al governo Usa, a protezione dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di «mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la Cina rivaluti la sua moneta.

Rai, Cappon ai dipendenti "Sacrifici per 60-70 miliardi" ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: affronta questa crisi con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici sostanzialmente equilibrati anche nel 2008. Le prospettive per i prossimi mesi appaiono tuttavia particolarmente difficili, con previsioni di ricavi nettamente inferiori a quelli considerati in sede di budget».

"Venaria è un contenitore vuoto" ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vuole un piano finanziario e l'impegno certo dello Stato». Quei famosi 12 milioni di cui non c'è traccia e dunque «non c'è un partito che sostiene la Venaria o il Polo reale ma al momento c'è solo il partito dei senza soldi». Il problema è che la decisione del governo deve arrivare in tempi brevi perché «con la crisi in atto è evidente che non possiamo tenere fermi quei soldi all'

Misure anti-crisi/Lo scontro fra Tremonti e Draghi. Un pasticcio all'italiana ( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non propriamente famosi per le loro conoscenze finanziarie? Nessuno, rispondiamo, se non quello di fare del Governo più liberista che può esserci (almeno sulla carta) il poliziotto del credito, attraverso le sue emanazioni territoriali più importanti. Il pericolo è che si crei attraverso questo meccanismo un diritto soggettivo ad avere credito.

salviamo il colosseo monumento in rovina - luca villoresi ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un patrimonio (in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del contendere di una guerra senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami? sovrintendenti, sottosegretari, commissari straordinari? Beni culturali, McDonald´s, Protezione civile. ALLE PAGINE 31, 32 E 33 CON UN ARTICOLO DI FRANCESCO ERBANI

pechino, paura per i bond americani - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sono disposti a creare contro l´Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni competitive.

tutti assenti al capezzale dell'economia usa, ancora vuote le poltrone al tesoro - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziario-politico democratico e liberal. Ci si aspettava una lotta a coltello, pur di ottenere uno dei posti disponibili al dicastero chiamato a guidare la rinascita dell´America economica. Niente di vero. A sette settimane dall´insediamento alla Casa Bianca, Obama (e Geithner) stanno incassando una incredibile serie di no e la vicenda sta passando dalle prime pagine dei giornali

"un omaggio al cinema che non è un mestiere ma un modo di vivere" - alessandro oppes madrid ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interpretato da José LuÍs Gomez - che deve la sua fortuna a spericolate operazioni di speculazione finanziaria. Possessivo fino all´estremo e convinto di poter manovrare la realtà a suo piacimento grazie al denaro, si improvvisa produttore di un film del quale Lena sarà protagonista, con l´obiettivo di poterne controllare tutti i movimenti.

bloccata la baby gang degli i-pod - emilio vettori ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: costretti a farsi scortare a scuola dai genitori e messi sotto protezione armata dal preside, con l´ingaggio di una guardia giurata schierata all´ora di uscita dalle lezioni. Andavano all´arrembaggio delle vittime prescelte fuori dal plesso scolastico, alla stazione ferroviaria del paese, alla fermata di bus e tram di piazza Bengasi, al centro commerciale Gallery.

buco amia, la procura va avanti l'inchiesta estesa fino al 2008 - antonio fraschilla ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: cittadine per mettere in piedi un corteo per le vie del centro non solo contro la crisi dell´Amia, ma anche per lanciare l´allarme sullo stato finanziario del Comune - dice il capogruppo del Partito democratico a Sala delle Lapidi, Davide Faraone - Speriamo di poter fissare la data del corteo, che partirà da piazza Croci e si concluderà a piazza Pretoria, nel più breve tempo possibile».

nerviano, sull'orlo del fallimento anche gli imprenditori in clergyman - ettore livini ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E i Figli dell´Immacolata Concezione, vittime della crisi finanziaria come tutti i comuni mortali, faticano a mettere mano al portafoglio. Rosa ci ha provato: l´anno scorso ha varato un aumento di capitale da 70 milioni. Ma dal Vaticano � che nell´avventura aveva messo allora solo 32mila euro � non è arrivato un centesimo.

un ponte sul mediterraneo "il dialogo parte da genova" - domemica canchano ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la protezione dell´ambiente e il partenariato culturale e umano, obiettivi concordati al vertice di Parigi del luglio scorso. Molti i progetti annunciati, in particolare l´annuncio del presidente della Provincia di Genova del prossimo Forum euromediterraneo delle Guardie Costiere che si terrà il prossimo sei e sette di maggio a Genova.

Fori, commissario anti-crolli ma è bufera Marrazzo-Pd ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: archeologici al direttore della protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita. Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai comoda situazione di controllato e controllore,

Il dispositivo non è ancora stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: i... ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: archeologici al direttore della protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita. Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai comoda situazione di controllato e controllore,

LA RISPOSTA ALLA CRISI? È NELLA DOMANDA ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Finalmente qualcuno comincia a fare una diagnosi più corretta di questa crisi devastante che è economica prima che finanziaria. Questa volta il crollo delle Borse è stato più grande del 1930 (-56% in 17 mesi contro il -48% di allora per le 500 big di Wall street) perché i derivati allora non c'erano ed il crollo della domanda è stato ancora più pesante.

Information tecnology: a rischio 40mila posti ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non hanno protezione». Secondo il vicepresidente mondiale della Microsoft «c'è bisogno di una convergenza tra maggioranza e opposizione per tutelare un patrimonio fondamentale. Il ritardo è notevole, anche perchè gli investimenti in Italia sono la metà di quanto stanziano Paesi come Francia, Germania e Inghilterra».

amianto, condannati 5 dirigenti fs ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: amianto al quale furono esposti senza le protezioni che le conoscenze scientifiche dell´epoca avrebbero dovuto imporre nell´ambiente di lavoro. Il giudice ha stabilito una provvisionale di 50mila euro da versare immediatamente alla Cgil Filt. Verrà devoluta alla associazione dei lavoratori bolognesi esposti all´amianto.

Paradisi fiscali, la Svizzera forse sarà meno segreta ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la doppia imposizione conformi al modello Ocse»

I bottini miliardari dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno p... ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la doppia imposizione conformi al modello Ocse»

Distretti in movimento Carpi spedisce 30mila cartoline al premier ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per sottolineare il bisogno di protezione del settore dalle "malattie" che possono arrivare nella stagione della crisi. Tutti insieme La peculiarità della manifestazione carpigiana, che segue le due di Biella e Prato, sta nel fatto che a scendere in piazza sono tutti gli attori: istituzioni locali, associazioni imprenditoriali industriali e artigiane,

Tremonti prende a picconate Draghi ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Unione europea si avvia compatta al confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la richiesta comune di nuove regole sui mercati finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della prossima settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle iniziative anti-crisi e destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia e le comunicazioni.

Banca d'Italia prova a smorzare. C'è la massima disponibilità a informare ... ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Unione europea si avvia compatta al confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la richiesta comune di nuove regole sui mercati finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della prossima settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle iniziative anti-crisi e destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia e le comunicazioni.

Troppi proclami, così non si tutela il risparmio ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma questa operazione non risolve il problema della vigilanza sui mercati finanziari e assicurativi, che resterebbero fuori dall'autorità della Bce. Senza contare il no di Gran Bretagna e Germania. Insomma, bisogna lavorare: non basta fare dichiarazioni. È inutile indicare modelli ideali». Cosa pensa della proposta sui prefetti?

nostalgia della città olimpica - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziarie. Le banche, principio e fine del terremoto mondiale, hanno stretto i cordoni della borsa, il governo ha fatto altrettanto inventandosi e mettendo in atto meccanismi che hanno impoverito le casse degli enti locali. E poiché quando non ci sono soldi si è costretti a rinunciare a certe spese si comincia a fare la selezione tra ciò che è indispensabile e ciò che è o sembra

le ong sono sempre più nel mirino scompare lo scudo della neutralità - anais ginori ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La protezione a chi presta soccorso è sempre meno garantita. E le ultime guerre hanno evidenziato una tendenza delle forze militari a scoraggiare le missioni umanitarie civili per poter agire indisturbate. Negli ultimi dieci anni le vittime tra gli operatori umanitari in zone di conflitto sono aumentate del 92%.

Ricetta Obama ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Buone notizie anche da Detroit: Ray Young, direttore finanziario di General Motors avverte che la società, almeno per ora, non ha bisogno del nuovo finanziamento federale da due miliardi di dollari grazie ai primi successi raggiunti con l'avvio del piano di ristrutturazione.

Google bussa per entrare nel Dow Jones Industrial Ma l'indice è tutto da rifare ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in una piazza finanziaria più centrale. A giudicare da queste mosse, le due banche comprendono il pericolo di una corsa sfrenata alle quote di mercato. \ È difficile immaginare l'indice Dow Jones Industrial senza Citigroup e General Motors, ma il difficile momento finanziario le ha declassate al rango di "penny stock",

- (segue dalla copertina) luca villoresi ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: area archeologica di Roma l´ex capo della protezione civile Guido Bertolaso e spinto alle dimissioni il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Salvatore Settis, prontamente sostituito dall´archeologo Andrea Carandini. Per delimitare i confini del campo di battaglia basta attenersi al biglietto d´ingresso.

le assicurazioni, fonsai e il fattore ligresti ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: intrinseca debolezza finanziaria del gruppo, imposta dal mantenimento del controllo da parte di Ligresti con il minimo impegno di capitali, e dall´uso degli attivi della compagnia per garantire al medesimo un posto al tavolo del capitalismo delle relazioni (Mediobanca, Rcs, Pirelli, Impregilo, Alitalia) e degli affari immobiliari,

paradisi fiscali, la svizzera si arrende - franco zantonelli ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con la crisi finanziaria in atto, non si possono più permettere alcuna fuga di capitali. «Ci siamo uniformati alle regole dell´Ocse, rinunciando alla distinzione tra evasione e frode fiscale», ha spiegato, ieri, nel corso di una conferenza stampa a Berna, il presidente della Confederazione, Hans Rudolf Merz.

e la sua - adriano prosperi ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: modello di ricerca che punti a capire il presente partendo da distanze lontane ADRIANO PROSPERI La violenza e il disordine dei mercati finanziari riempiono oggi le cronache di tutto il mondo di storie di truffe gigantesche, arricchimenti smisurati di pochi e miseria di molti. è difficile immaginare che tutto questo abbia un rapporto con lo spirito evangelico e con le virtù cristiane.

- luca villoresi ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: commissari straordinari� Beni culturali, McDonald´s, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro, «Camera e umbrella in the scanner» - partiamo dal più semplice: quello del turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza che corre tra una cartolina e un´istantanea.

"Ronde, ma i sindaci sul problema sicurezza non ascoltano la gente" ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: così come si fa nella Protezione civile, o nelle pubbliche assistenze. Anche perchè vedono lo stato di degrado che si sta raggiungendo e il lassismo dei sindaci che, nonostante abbiano gli strumenti per intervenire tramite ordinanze e quant'altro, non fanno che demandare tutti i compiti alle Forze dell'ordine».

Alzare l'età pensionabile, il momento è opportuno ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ci grava sulle spalle non ci permette sufficiente latitudine per attuare politiche fiscali espansive e di protezione sociale in un momento di grave recessione. Tutte cose così ovvie, dette e ridette. Finalmente il Governo ha riaperto il dossier pensioni, ma solo perché tirato per la giacca dall'Unione europea, altrimenti l'imbarazzante silenzio sull'argomento sarebbe continuato.

Grande impegno dei prefetti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: istituzioni finanziarie. Il secondo argomento affrontato ieri da Tremonti riguarda più direttamente la politica del credito in Italia. «Per me è stato un grande onore prendere la parola davanti a tutti i prefetti della Repubblica italiana» ha sottolineato, ricordando l'iniziativa congiunta con il ministro dell'Interno Roberto Maroni per dare attuazione a una disposizione del Dl anti-

Le aziende: emergenza liquidità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di razionalizzare la gestione finanziaria. E allora serve un fondo di garanzia con almeno 5 miliardi di dotazione, in modo da creare per le banche, grazie anche ai Confidi, le condizioni per immettere almeno 80 miliardi di liquidità nel sistema. Ma se le imprese chiedono soldi, dall'altra parte anche le banche hanno i loro problemi.

I Caraibi, l'ultima roccaforte dei paradisi fiscali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di fronte alla più grave crisi finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati come responsabili di aver favororito operazioni torbide senza alcun controllo e di aver fatto proliferare l'evasione fiscale.

Londra vara la tolleranza zero ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dal nostro corrispondente Dagli sconquassi del credit crunch prende forma una City molto meno elastica nell'approccio ai mercati finanziari e molto più allineata alle linee guida dell'autorità di controllo. Da giorni Financial service authority canta il requiem al cosiddetto «light touch », ovvero al tocco rilassato verso le regole e la supervisione dei mercati finanziari.

Riserve auree svizzere superate dal primo Etf ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oro una protezione contro le attuali turbolenze dei mercati stanno scuotendo la graduatoria dei grandi detentori di riserve auree.Nell'autunno scorso gli accantonamenti del più noto Exchange Traded Fund, l'americano Spdr Gold Trust, si erano spinti a 770 tonnellate, sorpassando il quantitativo della Banca nazionale del Giappone.

Lo spallone riporta i soldi a casa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quando anche Zurigo inizia ad affermarsi come piazza finanziaria. Nella crisi del 1929 molti europei misero al riparo i loro patrimoni, in Svizzera, mentre Franciae Germania tentavano di impedire l'evasione fiscale, facendo anche pressione sulle banche elvetiche. Negli anni Trenta in Germania si afferma il nazismo,i venti di guerra crescono e altri capitali,

Stretta per chi inquina le falde ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ce per la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento. Il Dlgs stabilisce standard di qualità più restrittivi sul monitoraggio dello stato di salute dei corpi idrici da parte delle Regioni e inasprisce i criteri di rilascio delle autorizzazioni per gli scarichi di impianti produttivi e attività agricole sia pure con specifiche deroghe per l'

Europa e Stati Uniti divisi al G-20 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la Ue sulle regole finanziarie HORSHAM. Dal nostro inviato Ministri e governatori del G-20 hanno iniziato ieri sera a cena un difficile tentativo di conciliare le posizioni, che nelle ore immediatamente precedenti la loro riunione apparivano ancora molto distanti, sulle priorità degli interventi per l'uscita dalla crisi globale.

Le banche occidentali devono aiutare l'Est ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: pessimista dei suoi colleghi delle istituzioni finanziarie internazionali, o forse più realista, nella valutazione dei tempi dell'uscita dalla recessione. «La crisi globale - dice - non finirà prima della fine del 2010». Ma è convinto che la regione abbia «tutte le carte, come costo del lavoro competitivo, abbondanza di risorse umane di qualità, importanza della "catena del valore"

Tokyo stanzia altri 200 miliardi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quelle relative alla regolamentazione del sistema finanziario). Logico che la bonanza in arrivo stia stimolando molti appetiti, tanto che nell'editoriale che comparirà questa mattina il quotidiano Nikkei mette in guardia dalle tentazioni di un finanziamento indiscriminato alle infrastrutture simile a quello che negli anni Novanta non evitò al Paese una prolungata fase di ristagno.

Wen: il debito Usa ci preoccupa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: continuare a sostenerlo finanziariamente per aiutarlo a uscire dalla crisi (e anche per evitare che crollino i prezzi dei Treasury Bond) e fare la sua parte affinché la congiuntura cinese mantenga tassi di crescita elevati, e compensi così parzialmente i vuoti di domanda creatisi nelle altre economie mondiali.

Primo, battere la deflazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tutto il sistema finanziario. E in secondo luogo invertirà il meccanismo delle aspettative dei consumatori, oggi paralizzati nelle loro scelte d'acquisto nella ragionevole attesa di una ulteriore riduzione dei prezzi. Io capisco che chi, dagli anni 70, si è esercitato soprattutto nella lotta all'inflazione, oggi abbia difficoltà a prendere le giuste misure a questa nuova realtà.

Imprese e banche: rispunta il modello Iri ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: emergenza contro la crisi economica. Per il momento, il crollo dei mercati finanziari e delle quotazioni di Borsa non ha ancora travolto l'economia reale ma le prime, pesanti conseguenze cominciano a delinearsi. E tutto lascia prevedere che il conto da pagare sarà salato sia per le grandi aziende sia per la piccola media impresa.

Cappon: Servono tagli per altri 60-70 milioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Rai affronta la crisi «con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici sostanzialmente equilibrati anche nel 2008» scrive Cappon. Nel 2009, tuttavia, «le previsioni di ricavi sono nettamente inferiori a quelli considerati in sede di budget, con la necessità di rilevanti investimenti in contenuti e tecnologia per il passaggio al digitale»

Ridare fiducia alle famiglie ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alla forte e prolungata riduzione della ricchezza finanziaria - crollata del 10% nel 2008 e che nel 2009 si po-trebbe abbattersi del 6% –,iconsumi e soprattutto i consumatori stanno reagendo bene. Se l'abbigliamento è uno dei settori più penalizzati, «gli italiani non sembrano rinunciare ai prodotti per la cura della persona e al pasto fuori casa»,

In Italease esplodono gli incagli ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a un gruppo ristretto di immobiliaristi hanno creato una concentrazione di rischi che con la crisi finanziaria di questi mesi ha deteriorato rapidamente il portafoglio crediti. Gli incagli per quasi 4 miliardi di euro fanno capo per il 90% a poche società attive nel settore immobiliare. Fra i nomi dei debitori ci sono le società di Danilo Coppola e la Risanamento di Luigi Zunino.

Deutsche Bank rinnova il board ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la società finanziaria bavarese in grave difficoltà. Il Governo ha minacciato l'esproprio,ma sta ancora cercando una soluzione di compromesso con il principale azionista, l'investitore americano J.C. Flowers. Ieri quest'ultimo ha spiegato che la banca, specializzata in obbligazioni immobiliari, ha bisogno di circa 10 miliardi di euro.

L'autocritica di Welch non tocca la pensione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi del sistema finanziario. Peccato che questa ossessione l'abbia inventata proprio lui: Welch, nel nome del valore degli azionisti, non solo è diventato miliardario (in dollari), ma ha gonfiato a dismisura le dimensioni e la struttura di General Electric, lanciandola in una diversificazione forzata che l'ha resa del tutto anelastica alle crisi e fondamentalmente dipendente dagli

Fintel porta l'eolico sull'Aim ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Se si chiacchiera con lui sembra che la crisi finanziaria, quella che ha mandato a picco le Borse, non esista. Ha voglia di investire, non ha paura della Borsa.Fintel –racconta –è nata nel 1997. Ma è nel 2006 che il gruppo ha iniziato a pensare al salto dimensionale: «è in quel periodo che abbiamo pianificato di diventare produttori di energia elettrica»

Poche regole, ma trasparenti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uscita dalla presente crisi economica e finanziaria e delinea i possibili scenari futuri. Temi questi che saranno al centro del convegno " Global economic perspectives" che si terrà a Milano lunedì 16 marzo a Piazza Affari (Palazzo Mezzanotte, con inizio alle 9,30), con gli interventi dell'ex capoeconomista del Fondo monetario internazionale,

Peggiora la crisi giapponese e lo yen scivola ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in questo caso la moneta unica si avvantaggia della ridotta ricerca del biglietto verde come valuta rifugio, dopo che gruppi finanziari come Bank of America hanno visto i conti di nuovo in utile. Così, ieri l'euro ha raggiunto un massimo di seduta di 1,2956 dollari (contro 1,2909 della chiusura di giovedì) e di 127,66 yen (da 126,22).

La crisi non frena il caro-casa, cresce la corsa all'affitto ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: malgrado la crisi economica.E così i rendimenti per chi investe nell'immobiliare con l'obiettivo di affittare migliorano. O, comunque, risultano più sicuri oggi rispetto agli anni scorsi, visto l'andamento dei mercati finanziari. Secondo uno studio recente di Ad Valorem i tassi medi di rendimento nel 2008 sono rimasti tra il 4,

Il livello idrico appeso a una diga ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si siano fermati a causa delle vicissitudini finanziarie della ditta appaltatrice: ultimati i 4 lotti di opere, si attende il completamento dell'ultimo, 3,5 chilometri di tubazioni fino a Borghetto sul Tuoro. Perché ciò avvenga, bisogna attendere un'altra gara per appaltare il lavoro a una nuova impresa.

Tremonti all'attacco di Draghi ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: siano essi banche o finanziarie, anche la vigilanza dev'essere sistemica», argomenta Tremonti. Ma provate a immaginare la Bce alle prese con il rischio credit crunch, e relativa denuncia, del bottegaio romano come del piccolo imprenditore del nord. Tremonti ha voluto rispondere alla circolare inviata da Draghi due giorni fa a tutte le filiali della Banca d'

Le belle statuine ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Una scelta avvenuta dopo il pressing del decreto della protezione civile che paventa possibili crolli nell'area del Palatino, resi più concreti dalle abbondanti piogge della stagione. A ruota, si sono congratulati con Marrazzo il sottosegretario Giro, il sindaco Alemanno, l'assessore Croppi. La sua è una posizione «non ideologica», hanno detto.

75 anni di caccia ai capitali stranieri ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nel quadro della crisi economica e finanziaria mondiale, gli Usa e l'Unione europea intensificano la lotta contro i paradisi fiscali. La pressione sulla Svizzera aumenta. Il 18 febbraio 2009, l'Ubs versa 780 milioni di dollari alla giustizia Usa e fornisce i dati bancari alle autorità nordamericane per metter fine al contenzioso fiscale.

La Svizzera e gli altri non lavano più bianco ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria c'è stata un'offensiva concertata. Dominique Strauss-Kahn, presidente dell'Fmi, ha minacciato «un'azione alla dinamite». Giovedi Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, che si sono incontrati a Berlino, hanno ribadito la richiesta di «sanzioni» contro i paesi che non rispetteranno le norme Ocse della trasparenza e che non accetteranno di seguire le richieste del rapporto

Pechino preoccupata dal rischio dei titoli Usa ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.

L'instabile equilibrio del capitalismo ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi sia essenzialmente di natura finanziaria e imputabile al comportamento dei banchieri; cosicché sarebbe sufficiente sperare che il nostro settore finanziario non manifesti le stesse criticità di quelli «dove si parla inglese». Il nostro ministro dell'economia non considera invece che quelle in crisi sono le modalità assunte dal processo di accumulazione negli ultimi tre decenni;

Banche, la mossa di Tremonti <Serve una vigilanza europea> ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: inizio della riunione del G20 finanziario e al termine di un incontro col Primo ministro britannico Gordon Brown e col presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, sui finanziamenti dei servizi sanitari nei Paesi poveri. Ma poi, argomento dopo argomento, in una conferenza stampa presso l'Ambasciata londinese, i riflessi sulle cose di casa non mancano.

Passera: prefetti, picconata un po' eccessiva a Bankitalia ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Oltre la crisi" — e sarebbe bellissimo se la politica recuperasse il tempo perso per creare un mercato unico finanziario in Europa, cosa che non è». Secondo Passera il percorso logico è il seguente: «Unico libro delle regole, unico mercato per i servizi bancari e poi supervisione sempre più coordinata» perché la Banca d'Italia ha un «

Summers: crisi, segnali incoraggianti ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma «la paura chiama la paura» e «questo è il paradosso al centro della crisi finanziaria». Un cambiamento di tono che riecheggia quello del giorno prima di Barack Obama. La crisi «non è negativa come pensiamo», aveva detto il presidente. Larry Summers

E Obama rigioca la carta militare ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è ora schierata a protezione della missione oceanografica. L'incidente è avvenuto non lontano dall'isola di Hainan, dove la marina cinese ha una base sotterranea per sommergibili. Il ricorso alla dissuasione militare non ha impedito al presidente Obama, nel suo incontro di giovedì con il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi,

Vola Autogrill, vendite su Enel ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Vola Autogrill, vendite su Enel Al rialzo per quasi tutta la seduta, Piazza Affari ha invertito il trend in extremis, con l'indice S&P/Mib terminato in ribasso dello 0,84% e il Mibtel dello 0,

L'interesse di Lufthansa trascina Sas ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Stoccolma L'interesse di Lufthansa trascina Sas (g.fer.) — La compagnia aerea scandinava Sas ha annunciato ieri i termini dell'aumento di capitale destinato al rilancio dell'attività dopo la chiusura in perdita del bilancio 2008.

Acea, il nodo francese frena il titolo ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano Acea, il nodo francese frena il titolo (s.agn.) — Il gruppo Caltagirone che supera ufficialmente la «soglia rilevante» del 7,5%. L'incontro in programma tra il numero uno di Gdf-Suez, Gerard Mestrallet, e il sindaco- azionista con il 51%

Rifiuti, due milioni di cittadini da monitorare ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: l'Agenzia protezione ambiente della regione, inizialmente maltrattata dalle dichiarazioni del presidente Piero Marrazzo e a cui è stato poi riconosciuto invece il lavoro di controllo sottotraccia effettuato proprio a fianco dei carabinieri del Noe, viene affidato il nocciolo più scottante: controllare i controllori,

Svizzera e Lussemburgo, ritirata sul segreto bancario ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In questa crisi, sotto pressione da Parigi e Berlino, Berna ne demolisce i muri portanti. Un concitato giro di consultazioni fra i ministri finanziari di Svizzera, Lussemburgo e Austria giovedì ha segnato una svolta per migliaia di miliardi in patrimoni privati nei prossimi anni.

Crisi USA: Obama è ottimista, ma gli americani sono sempre più poveri ( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le regole finanziarie" da rivedere, in un esercizio definito "a lungo termine". Infine, Obama ha citato il nuovo modello di crescita, quello post crisi. Al suo fianco, Volcker ha detto che dietro alla crisi finanziaria ci sono "grossi problemi economici": bisogna prenderli in considerazione e potrebbero richiedere più tempo di quelli finanziari per essere risolti.

Tremonti: necessaria una vigilanza sistemica sul settore bancario ( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: occasione di ieri è servita infine a Tremonti per ricordare come nell'attuale situazione di forte crisi finanziaria torni sempre più d'attualità la necessità di introdurre nuove regole, improntate al concetto di 'legal standard' caro allo stesso ministro. "Il diritto - ha ribadito infatti - deve e può completare il mercato perché non c'é mercato senza diritto".

I ministri del G20 si incontrano nel West Sussex. Frizioni tra USA ed Europa Continentale ( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia reale e quante invece al salvataggio di banche e finanziarie". "L'impressione - ha proseguito - è che solo una quantità residuale di risorse sia andata all'economia reale. Prima di una decisione europea ci sarà un'analisi di questo tipo. Il meccanismo europeo è molto più governativo che monetario, ed essendo intergovernativo è più forte politicamente".

Pechino <preoccupata> dal rischio dei titoli Usa ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.

La crisi taglia gli spot. Rai: ora sacrifici ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2009 La crisi taglia gli spot. Rai: ora sacrifici ROMA. La crisi finanziaria è più grave del previsto, incide sugli introiti pubblicitari e la Rai è chiamata ad ulteriori sacrifici. Pertanto occorre tagliare il budget di altri 60-70 milioni di euro nel 2009, che andranno ad aggiungersi ai 110 milioni già previsti quando a fine 2008 sono stati rifatti i conti di previsione dell'

<Ripresa lontana Ma il piano Obama sta dando frutti> ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il consigliere di Barack Obama è convinto che la crisi abbia spinto ad «un eccesso di paura», un sentimento da spezzare se si vuole che l'economia riparta. «La paura chiama la paura», ha detto Summers, secondo cui «questo è il paradosso al centro della crisi finanziaria ». Ma le famiglie americane restano dubbiose sulla capacità di Washington di risollevarle dalla crisi.

Crisi, la Cina tende la mano agli Usa ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra Pechino e la nuova amministrazione americana, il primo ministro ha leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi,

Un'economia allo stremo I timori per Pomigliano ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: stremo I timori per Pomigliano DA NAPOLI VALERIA CHIANESE P erdita di capacità produttiva, caduta della domanda, aggravio delle difficoltà finanziarie delle imprese, riduzione delle linee di credito da parte delle banche, aumento delle richieste di fallimento: sono le conseguenze della crisi sull'economia campana, secondo una ricerca del Centro regionale di analisi territoriale.

Il Sulcis scende in piazza per il futuro di Eurallumina ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: speculazione finanziaria» compiute da imprenditori internazionali (l'Eurallumina è di proprietà della società russa, Rusal). Ora la palla passa nelle mani del governo nazionale che ha il compito di trovare nuovi programmi di sviluppo economico e sociale, in grado di ridare dignità a un territorio che da sempre si è caratterizzato per la combattività e la voglia di non arrendersi.

<Banche, andate a ritirare i bond del Tesoro> ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in questo momento di crisi, con la domanda dei mercati in ritirata e la necessità di ristrutturare i debiti e rimodulare i pagamenti, la «priorità numero uno» delle piccole imprese italiane è quello della liquidità .Per questo le banche devono dare ossigeno finanziario ai mercati e se hanno problemi a farlo approfittino dei bond garantiti dal governo,

Tremonti: farei vigilare le banche dalla Bce ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno degli istituti più coinvolti nella crisi finanziaria. Il governatore non ha mai risposto a tono «non partecipo a scamni di battute» ha detto Draghi dopo quel vertice dell'Ecofin limitandosi ogni volta a chiarire istituzionalmente compiti e responsabilità. I prefetti che dalla fine del mese inizieranno a controllare i flussi di credito sono solo l'ultimo motivo d'

Colosseo, percorso a ostacoli il turista smarrito fra le rovine ( da "Repubblica.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Beni culturali, McDonald's, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro, "camera e umbrella in the scanner" - partiamo dal più semplice: quello del turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza che corre tra una cartolina e un'istantanea.

Berlusconi: "Libertà di coscienza nel Pdl" E annuncia: "Ora puntiamo al 51 %" ( da "Repubblica.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sono convinto che il quadro finanziario globale necessiti di strumenti straordinari. Ma non ho dubbi che dall'attuale crisi di mercato si potrà uscire solo rafforzando e, in parte, bonificando il funzionamento del mercato che deve rimanere il solo strumento adeguato alla creazione e diffusione della ricchezza nonché uno strumento di promozione umana ed uguaglianza"


Articoli

Partita a tre per il dominio in Asia (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Partita a tre per il dominio in Asia Il ruolo cinese nel confronto Usa-Russia MATTEO TACCONI Stagione nuova, tra Washington e Mosca, contraddistinta da reciproche aperture e toni più miti. Lo scudo stellare, il nucleare iraniano, l?Afghanistan e il disarmo: su queste problematiche, fino a ieri terreno di aspre divergenze, si sono aperti spiragli di collaborazione. L?impressione è che con Barack Obama e Dmitry Medvedev sulla plancia di comando, America e Russia vogliano lasciarsi alle spalle le animosità che avevano connotato i rapporti bilaterali al tempi di George W. Bush e Vladimir Putin (sempre che il tempo di Putin sia terminato). Ma attenzione: distensione non significa affatto azzeramento della competizione. La tregua tra Washington e Mosca, entrambe alle prese con la crisi finanziaria, entrambe desiderose di una politica estera meno conflittuale che garantisca loro di concentrarsi sul terreno domestico, è solo temporanea. America e Russia, del resto, rimangono potenze e in quanto tali hanno interessi da difendere o tutelare. Esempio: Hillary Clinton, nel corso del vertice Nato che ha dato disco verde alla riapertura dei canali di cooperazione tra l?Alleanza e la Russia, congelati dopo la guerra in Georgia, ha specificato che nonostante la volontà di ripristinare relazioni proficue con il Cremlino, gli Usa non rinunceranno a portare Georgia e Ucraina dentro la Nato. Opzione, questa, che confligge con gli interessi dei russi, mostratisi pronti a ricorrere ai mezzi dello smembramento territoriali e del ricatto energetico per giustificare il fine: evitare che il club atlantico piazzi la propria bandierina nel loro cortile di casa. Oriente, fronte principale Quello dell?Europa orientale è un fronte importante della competizione russo-americana, ma non il principale. Per gli esperti, il terreno su cui Mosca e Washington misureranno più seriamente le rispettive ambizioni è l?Asia centrale. Questa vasta regione, delimitata a ovest dal Caspio, a est dalla Cina, a nord dalla Russia e a sud da Pakistan, Afghanistan e Iran, si configura come un grande groviglio di interessi. In ballo c?è il controllo del ricchissimo bacino energetico e delle pipeline che attraversano questi territori. Ma non è solo questo. È che l?Asia centrale può svolgere due funzioni geopolitiche di prim?ordine, fungendo da baluardo nei confronti dell?avanzata della Cina e da avamposto per monitorare ? e fronteggiare ? le attività terroristiche lungo la dorsale afghano-pachistana e le intemperanze degli ayatollah iraniani. Esercitare influenza sui cinque ?stan? ? Kazahkstan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan ? che compongono l?ossatura statuale della regione è pertanto di vitale importanza. Bush e l?11 settembre Marginale negli anni ?90, l?Asia centrale è diventata di grande importanza strategica dopo l?11 settembre. Bush, sfruttando la solidarietà accordatale sul piano internazionale dopo gli attacchi alle Twin Towers, ha ottenuto il diritto a usare le strutture militari dell?area per sostenere l?offensiva in Afghanistan. Per gli esperti, la tattica di Bush sottendeva non solo l?intenzione di sgominare al Qaeda, ma anche una strategia mirata a ?controllare? il confine occidentale cinese e a indebolire la presenza russa nell?area centro-asiatica. Una strategia finalizzata a espandere l?influenza americana, in altre parole. Inizialmente, i propositi dei neocon hanno avuto successo e il quintetto centro-asiatico ha registrato un?oscillazione proamericana, alimentata anche da una consistente apertura dei rubinetti da parte di Washington. Il quadro ha iniziato a cambiare nel 2005, in seguito ai disordini di Andijan, località uzbeka dove il governo ha represso sanguinosamente (circa 200 le vittime) una manifestazione di protesta, facendola passare per rivolta islamica. Washington ha criticato severamente l?esecutivo di Tashkent, che indispettito ha imposto agli americani di lasciare la base aerea di Karshi-Khanabad, affittata a partire dal 2001. Da quel momento, i rapporti tra Washington e gli stati centroasiatici si sono sempre più allentati e qualche settimana fa anche il governo kirhgizo ha ?cacciato? i militari Usa, non rinnovando la concessione per l?utilizzo dell?aeroporto di Manas, alle porte della capitale Bishkek. Le carte di Mosca A decretare l?offuscamento americano nella regione è stata senz?altro la credibilità persa da Washington negli ultimi anni. Ma anche la ?resurrezione? politica della Russia, che rinvigorita dalla cura Putin ha lavorato per favorire il roll back americano. La prova? Il giorno dopo l?annuncio dell?espulsione degli americani da Manas, il quintetto centro-asiatico ha aderito al progetto russo di creare un contingente militare misto, addestrato da ufficiali di Mosca, per contrastare terrorismo e signori dei traffici d?esseri umani e narcotici. Ma questo patto di Varsavia in salsa centro-asiatica, corollario della ?dottrina Medvedev?, coniata dopo la guerra con la Georgia e incentrata sul concetto della difesa degli interessi russi nello spazio post-sovietico, riflette anche la determinatezza a non lasciarsi scippare il controllo della regione. Da qui l?idea di affiancare i legami militari a quelli energetici, gestiti con spregiudicatezza e grande efficacia da Gazprom. Non basta. Per gli analisti, Mosca sta cercando di (ri)radicarsi nella regione per rispondere tempestivamente alla ?minaccia cinese?. I buoni rapporti con Pechino non devono ingannare. Il Cremlino è infatti ossessionato dall?ipotesi che la Cina, specie alla luce del crollo demografico russo, possa in futuro ?mangiarsi? la Siberia e sancire il declino irreversibile della Federazione. Pechino, appunto. Gli americani hanno provato e provano ancora a piazzarsi sul confine dell?impero celeste. I russi tentano di costruire una muraglia. È che la Cina fa paura e in Asia centrale sta penetrando con grande intensità, a colpi di accordi commerciali e investimenti. La penetrazione cinese La regione trabocca ormai di prodotti cinesi e recentemente Pechino s?è offerta di finanziare l?esplorazione di nuovi bacini petroliferi in Uzbekistan e ha siglato con il Kazhakstan un?intesa per la costruzione di una pipeline di mille chilometri per rifornirsi di petrolio e metano. Come evolverà, il great game centro-asiatico? Annotava il sito di Radio Free Europe, qualche tempo fa: «I paesi della regione sono interessati a decrescere l?influenza russa e a potenziare i legami con la Cina. Ma è anche vero che nel corso degli anni hanno capito che avere una potenza dominante nell?area non è per loro positivo. Quindi vogliono più che altro diversificare l?influenza dei vari soggetti presenti in Asia centrale». In altre parole, il loro obiettivo è fare affari con tutti e trarne beneficio, evitando che l?uno o l?altro si accaparri troppe fette di torta. Il che non fa che complicare il groviglio.

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Obama limita le restrizioni Usa e Cuba si avvicinano (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Obama limita le restrizioni Usa e Cuba si avvicinano (paolo manzo da san paolo del brasile) Da martedì notte L?Avana e Washington sono più vicine. Quando in Italia era già l?alba di ieri, il Senato statunitense ha infatti approvato ? all?interno della Finanziaria d?emergenza da 410 miliardi di dollari per il 2009 ? anche un progetto di legge che rimuove parecchie restrizioni verso Cuba, a cominciare da quelle sui voli tra Washington e L?Avana introdotte nel 2004 dalla prima presidenza di George W. Bush. Il predecessore di Obama alla Casa Bianca aveva infatti imposto una limitazione molto rigida sui cubano-statunitensi: un viaggio ogni tre anni, con un massimo di permanenza a Cuba di due settimane e una spesa complessiva di 700 dollari, 50 dollari al giorno. Obama, grazie al voto del Senato che controlla, oltre a permettere che possano viaggiare verso l?Avana ogni anno, ha esteso la permanenza nell?isola caraibica dei cubani a stelle e strisce a tempo indeterminato, alzando il massimale di spesa giornaliero a 170 dollari, ? più del triplo di quanto stabilito da Bush cinque anni fa. Inoltre, se prima potevano viaggiare solo genitori, fratelli e nonni, da oggi potrà farlo chiunque abbia parenti a Cuba, essendo stato esteso il ?range parentale? anche a cugini e zii di vario grado. Ciò consentirà un maggior afflusso di risorse in valuta forte nell?isola, un obiettivo importante per Raúl Castro il cui governo è alle prese con una crisi economica senza precedenti. «Stiamo rivedendo la nostra politica verso Cuba per trovare il modo migliore per favorire un cambiamento democratico nell?isola e migliorare la vita del suo popolo», ha detto martedì sera, subito dopo il voto del Senato, Timothy Geithner, ministro dell?economia di Obama. Nella nuova legge, cui manca solo la firma del presidente Usa per entrare in vigore (ma è solo un ?pro forma?), sono state eliminate anche le restrizioni all?esportazione tramite i «parenti in visita» di cibi, derrate agricole e medicinali verso Cuba che, sino a ieri, erano limitate ad un massimo di 100 dollari per nucleo famigliare. Un ulteriore allentamento della ?dottrina Bush? da parte di Obama considerato dagli analisti il preludio ad una più profonda riduzione di quell?embargo economico che Washington impone all?Avana da quasi 47 anni. E proprio questa possibilità ha allarmato, prima del voto di ieri, alcuni senatori democratici, come Bill Nelson e Robert Menendez, eletti rispettivamente in Florida e New Jersey ed il cui bacino di voti classico è composto da cubano-statunitensi di fede anticomunista. Per rassicurarli (e convincerli a votare a favore), lo stesso Geithner ha scritto una lettera spiegando loro che, in realtà, la fine dell?embargo economico è ancora lontana e, soprattutto, vincolata alla democratizzazione di Cuba. Staremo a vedere. Di certo c?è che la nuova legge permetterà di viaggiare nell?isola caraibica anche ai cittadini Usa non di origine cubana (che dal 1962 non lo possono fare a scopi turistici), anche se la limitazione di spesa giornaliera a 130 euro eviterà l?esodo in massa di statunitensi negli hotel dell?Avana come, peraltro, auspica lo stesso governo cubano, impreparato ad accogliere milioni di nuovi turisti.

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L'equità per arginare la crisi (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

L?equità per arginare la crisi ENRICO FARINONE Dario Franceschini ha saputo imporre al governo un tema di assoluta rilevanza per gli italiani. È la prima volta che accade nella legislatura, e di questo bisogna rendergliene merito. La crisi finanziaria mondiale sta purtroppo invadendo il campo dell?economia reale, coinvolgendo il posto di lavoro di migliaia e migliaia di persone. L?assegno di disoccupazione, su cui oggi si vota alla camera, è uno strumento straordinario, indispensabile per arginare la crisi, poiché aiuta le persone e le famiglie più esposte al rischio povertà. Più propriamente, l?estensione al diffuso mondo del parasubordinato e ai dipendenti delle piccole e medie imprese di quelle forme di protezione che salvaguardano, almeno un po?, i lavoratori delle grandi aziende è un obiettivo di equità che qualsiasi governo dovrebbe mettere in agenda. La riforma degli ammortizzatori sociali, della quale si parla da troppo tempo, a questo punto si impone. Purtroppo l?attuale governo si mostra insensibile al tema. Ma c?è un altro aspetto della proposta di Franceschini che merita d?essere evidenziato, perché illustra meglio d?ogni altro lo ?spirito? del centrodestra oggi al potere in Italia. Il segretario del Pd ha sostenuto che il piano in favore dei disoccupati andrebbe finanziato attraverso i proventi che deriverebbero da una più determinata lotta all?evasione fiscale. Naturalmente sono scattate le accuse di genericismo, incompetenza e quant?altro. Ora, il punto che qui vorrei sottolineare è esattamente questo. Cambiato il governo, mandato a casa Visco, di lotta all?evasione non si è più parlato. E, quel che è peggio, non pare proprio esservi un grande impegno, al di là delle generiche affermazioni di routine, su questo versante. E dire che i dati sono disastrosi. ?Fisco, una fuga da 100 miliardi? titolava il Corriere della Sera qualche mese fa. Duecentomila miliardi di vecchie lire che ogni anno sfuggono all?Agenzia delle entrate. Una cifra imponente il cui recupero anche solo meno che parziale consentirebbe di affrontare l?emergenza economica e, nel medio tempo, di ridurre considerevolmente il peso fiscale e contributivo per aziende, enti, liberi professionisti e famiglie. Che qualcosa si possa fare lo ha dimostrato proprio Visco, con il sostegno convinto e decisivo di Prodi; indicati dalla destra al pubblico ludibrio, in realtà essi sono riusciti a invertire la tendenza: nel 2007 ? si legge sempre sul Corriere ? sono arrivati 6,3 miliardi di euro (il 50 per cento in più rispetto al 2006) provenienti da contribuenti disonesti. L?aria era cambiata e qualcuno aveva cambiato atteggiamento. Ora, però, Visco e Prodi non ci sono più. E il Pd, pur all?opposizione, solo adesso ha riproposto l?argomento dopo averlo ?nascosto? in campagna elettorale e anche oltre. Questo è, per inciso, un ulteriore merito di Franceschini. Riproporre temi scomodi è comunque un?operazione-verità nell?interesse del paese che prima o poi pagherà. È in ogni caso un segnale di buona politica. Adesso bisognerà insistere. Non mollare la presa. Si pensi che in nome della semplificazione in pochi mesi, fra i primi interventi di questo governo, si è alzato il tetto dei pagamenti in contante da cinquemila a 12.500 euro (in senso inverso a quanto richiesto in funzione antiriciclaggio dalla normativa europea); e si è eliminata la ?tracciabilità? dei pagamenti maggiori di cento euro per le prestazioni professionali (ricordate la reazione scomposta a questa norma da parte di liberi professionisti e artigiani? Ma era una norma volta ad aiutare i contribuenti fedeli che ci sono anche in queste categorie, oltre che tesa ad erodere ampie sacche di evasione). Insomma, questo governo ? sapendo tra l?altro come la pensa in argomento il premier ? ha dato l?impressione d?essere meno attento al tema, coerentemente del resto con l?attacco violentissimo portato dal centrodestra a Visco e Prodi a suo tempo. E invece, a maggior ragione in un momento di crisi dei redditi, occorrerebbe comprendere che a introito fiscale ridotto corrisponde minor capacità d?intervento dello stato in favore dei casi più sfortunati e quindi maggior ingiustizia sociale. Il peggior andamento dell?economia, combinato con la minor intransigenza nella lotta all?evasione produrrà nel 2009, secondo alcune stime, un gettito ridotto di almeno 20 miliardi rispetto al 2008. Che si fa, allora, nulla? Ecco perché è giusto riproporre l?argomento della lotta all?evasione in cima alle priorità dell?amministrazione. Il fisco, non lo si dimentichi, è il mezzo col quale la comunità nazionale recupera le risorse per garantire ai suoi membri servizi sociali adeguati e beni di interesse collettivo, dagli ospedali, alle scuole, alle università, alle infrastrutture. Il Partito democratico ora lo ricorda a questo governo. Una risposta positiva dovrebbe essere scontata. E invece così non è.

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Barclays cerca di sfuggire all'abbraccio dello Stato ma le cifre dicono che cederà (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Barclays cerca di sfuggire all'abbraccio dello Stato ma le cifre dicono che cederà Carrefour al contrattacco contro gli "hard discount" Lars Olofsson non era l'unico ad essere nervoso alla presentazione ufficiale come nuovo ad di Carrefour. Anche Bernard Arnault, il magnate del lusso che lo ha scelto per questa posizione, aveva i suoi motivi di preoccupazione. Arnault, principale azionista di Carrefour, ha visto dimezzarsi il valore del suo investimento da quando, due anni fa, ha acquistato la catena insieme all'hedge fund Colony Capital. Olofsson ha fatto una buona impressione, ma recuperare questa perdita sarà un'impresa ardua. Olofsson, che lascia un incarico direttivo in Nestlé, ha parlato senza mezzi termini, come era necessario. Gli utili ricorrenti di Carrefour sono scesi di un terzo nel 2008, mentre il taglio dei prezzi non è riuscito ad arginare la perdita di quote di mercato a vantaggio delle catene discount. Carrefour ha reagito destinando 600 miliardi di euro all'abbassamento dei prezzi, che saranno finanziati con la riduzione dei costi. Ma è il modello generale degli ipermercati, già piuttosto debole, che stenta a riprendersi. Olofsson sembra guardare in faccia la realtà, più di quanto abbia mai fatto il suo predecessore José Luis Duran. Il nuovo ad intende combattere l'agile concorrente locale Leclerc e le catene di hard discount Aldi e Lidl. Vorrebbe introdurre un maggior numero di prodotti a marchio Carrefour e magari eliminare prodotti di marca più costosi. Potrebbe così recuperare parte dei margini che l'anno scorso hanno subito una contrazione di 30 punti base. Un onere di svalutazione di quasi 400 milioni, attribuibile in gran parte alle attività italiane, potrebbe rendere meno doloroso lo scorporo di alcuni asset poco redditizi. Ma Olofsson ha un lungo lavoro da svolgere. Come ha giustamente osservato, Carrefour non è ancora riuscita a utilizzare correttamente i dati di acquisto relativi ai 12 milioni di titolari della sua carta fedeltà e questo è sintomatico della distanza che la separa da catene globali come Tesco e Wal-Mart. Il piano di ridimensionare alcuni degli ipermercati più grandi sembra ragionevole, ma servono maggiori dettagli. \ Barclays è in equilibrio sulla fune. La banca inglese sta ancora cercando di fare da sola, mentre le concorrenti si affidano sempre più al caldo abbraccio dello Stato. Un giorno, forse, l'indipendenza potrebbe rappresentare un vantaggio per Barclays. Ma il piano di garanzie del governo sui bilanci degli istituti sembra troppo favorevole per essere respinto. Se fosse confermata l'ipotesi più ottimistica, che prevede un deterioramento del credito dell'1,5% - nell'arco di due anni - e un'ulteriore svalutazione del 35% dei crediti strutturati e di altre categorie di debito a rischio, il tier 1 di Barclays scenderebbe sotto il 5% entro la fine del 2010. Un valore ancora accettabile per le autorità, ma poco rassicurante per gli azionisti. Se la recessione fosse relativamente morbida, il piano di garanzia non sarebbe così appetibile per Barclays. Ma esiste il rischio concreto che la crisi si aggravi. Se, ad esempio, il deterioramento dei crediti dovesse raggiungere il 2% in ognuno dei prossimi due anni, il core Tier 1 di Barclays scenderebbe sotto la soglia minima del 4% fissata dall'Fsa. Il piano di assicurazione degli asset (Aps) avanzato dal governo potrebbe rappresentare un buon affare. Supponiamo che Barclays paghi una commissione dell'8% su 75 miliardi di sterline di asset - un tasso superiore a quello concesso a Lloyds Banking Group e Royal Bank of Scotland, per una minore quantità di asset di qualità peggiore. Usando le ipotesi più prudenti, tra due anni il core tier 1 sarebbe ancora stabilmente al di sopra del 7%. In più, il piano di protezione ha permesso a Lloyds e Rbs di raggiungere rapporti di patrimonializzazione ben superiori a quello di Barclays. Quest'ultima dichiara un portafoglio crediti qualitativamente migliore e ritiene di poter continuare a operare in attivo. Ma il piano del governo rimane ugualmente una tentazione. Il management della banca continua a opporsi. Ma il prezzo dell'indipendenza sembra sempre più salato. \

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[FIRMA]CLAUDIO LAUGERI L' ammazza-allarmi era su un pullman ungherese rubato a Fi... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

[FIRMA]CLAUDIO LAUGERI L'«ammazza-allarmi» era su un pullman ungherese rubato a Firenze e lasciato in una via poco frequentata a Torino, in attesa di essere portato all'estero. Un piano quasi perfetto per ammutolire l'antifurto satellitare, collegato con la centrale di un'azienda specializzata in Ungheria. A rovinare la festa ai ladri è stata la batteria utilizzata per alimentare il marchingegno: si è spenta un giorno dopo il furto. L'allarme è rimbalzato dall'Ungheria agli operatori del «113» di Torino e da loro a una pattuglia del Commissariato Dora Vanchiglia. Il pullman Mercedes era parcheggiato in via Pirandello, zona Madonna di Campagna. Il rilevatore satellitare dell'antifurto installato sul bus aveva trasmesso la posizione con precisione. Gli agenti hanno aperto la portiera e hanno notato l'apparecchiatura, un parallelepipedo di metallo argentato, lungo una spanna e profondo una quindicina di centimetri, pesante poco più di mezzo chilo. Un mattoncino di metallo imbottito di circuiti stampati e farcito di antennine può cancellare le comunicazioni dei cellulari (compresi quelli di ultima generazione) nel raggio di 100-200 metri. Una settimana fa, la squadra mobile di Asti ne aveva trovato uno simile. Era nascosto nel portabagagli di una Audi «A4» guidata da un nomade. Sul sedile posteriore c'erano federe annodate da un lato a formare una sorta di sacco, passamontagna e arnesi da scasso. Il sospetto è che l'armamentario potesse servire per rendere inservibili sistemi d'allarme di ville, banche, supermercati e negozi, magari in combinazione con schiume particolari utilizzate per «soffocare» le sirene degli allarmi. Il nome di quell'arnese è «jammer», dall'inglese «jam» (pasticcio). E' stato ideato per salvaguardare ambienti come gli ospedali, dove i macchinari di alcuni reparti possono essere mandati in avaria dalle frequenze dei telefoni cellulari. Ci sono anche le sedi scelte per i concorsi pubblici, dove i candidati sono obbligati a consegnare i telefonini all'ingresso; ma qualche «furbo» c'è sempre e il «disturbatore» serve a vanificare le sue astuzie. Oltre a cinema, teatri, chiese e qualche ristorante, il «jammer» serve pure l'esercito. Nelle missioni di «peace keeping», in scenari come l'Afghanistan e l'Iraq: è vitale (in senso letterale) riuscire a limitare il più possibile l'eventualità di auto-bomba con innesco a distanza attraverso cellulari o apparati radio. Da anni, una tecnologia dello stesso tipo (ma molto più sofisticata) è utilizzata dalla scorta del presidente degli Stati Uniti, come ulteriore misura di sicurezza a protezione degli spostamenti In Italia, è consentito l'acquisto dei «jammer», ma non l'utilizzo. Salvo autorizzazioni. Altrimenti, c'è il rischio dell'incriminazione in base all'articolo 617 bis del codice penale sull'«installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche». Perché il pullman rubato a Firenze è stato lasciato a Torino? «Con ogni probabilità, era un parcheggio provvisorio, in attesa che qualcuno venisse a prenderlo per la parte finale del viaggio - spiega la polizia -. Di solito, auto, Tir e pullman rubati in quel modo finiscono all'estero, dai Paesi dell'Est, all'Africa, all'Arabia. Dipende dai veicoli. Abbiamo avviato un'indagine anche su questo aspetto, ma non possiamo dire altro».

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Presto la task force sul credito (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

CACCIA AL DENARO.REAZIONI ALLA STRATEGIA DEL GOVERNO Le frasi Analisi In provincia i dati forniti dalla Cgil Presto la task force sul credito Ricette flash contro la crisi GIORGIO LONGO Mille vertenze per fallimenti e licenziamenti Tutelare i principi fondamentali della Costituzione sul risparmio e la libera iniziativa Le ditte segnalino col giusto anticipo alla Centrale rischi l'eventuale difficile posizione creditizia Mondo finanziario e produttivo devono collaborare con il massimo della concretezza ALESSANDRIA Francesco Castaldo Tonino Renzi Bruno Lulani [FIRMA]MASSIMO PUTZU ALESSANDRIA Anche il prefetto di Alessandria, Francesco Castaldo, è pronto a fare la propria parte dopo le dichiarazioni dell'altro giorno dei due ministri Tremonti e Maroni. «Condivido quanto è stato detto dai due esponenti del governo - dice il prefetto di Alessandria - sulla necessità di intervenire per la tutela di alcuni principi fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione, la salvaguardia del risparmio e dell'iniziativa privata». Anche ad Alessandria si costituirà un osservatorio sul credito che, oltre al prefetto, comprenderà le banche, le associazioni di categoria ed i sindacati. «Importanti indicazione sull'attività dell'osservatorio locale - continua Castaldo - saranno fornite da quelli nazionale e regionale (per il Piemonte ha sede a Torino;Ndr). Si analizzeranno le criticità e dalla presenza di più voci allo stesso tavolo potranno scaturire proposte utili per affrontare nel migliore dei modi il momento di difficoltà che penalizza banche ed imprese». Una situazione che per il Piemonte, nell'incontro dell'altro giorno a Palazzo Monferrato con le associazioni di categoria, Tonino Renzi, segretario regionale della Commissione Abi, aveva definito «grave». Lo stesso Renzi aveva invitato le imprese a segnalare con giusto anticipo alla centrale rischi una eventuale difficile posizione creditizia: non a fine anno ma alcuni mesi prima per un intervento preventivo. Intanto è già attivo anche in provincia il protocollo d'intesa, sottoscritto a livello nazionale e regionale, fra Confindustria e Abi per migliorare le relazioni banca-impresa. Dice il presidente di Confindustria Alessandria, Bruno Lulani: «Una collaborazione che deve essere improntata al massimo della concretezza e che affermi il confronto e bandisca il latente conflitto tra banca e imprese. Si punta al recupero del ruolo originario e principe delle banche affinché tornino ad essere i motori dello sviluppo economico mentre le imprese dovranno impegnarsi a comunicare meglio attività e andamento aziendale».I l punto sulla crisi in provincia ieri alla Camera del Lavoro. «Il momento è gravissimo - è stato detto dalla segreteria della Cgil - e si fanno sempre più pressanti le richieste di tutela delle persone: di ogni età e nazionalità». Superlavoro per il patronato Inca (653 le domande di disoccupazione e mobilità presentate, dal 1° gennaio al 10 marzo 2009: più della metà di tutto il 2008), il Centro di assistenza fiscale (più 25% di richieste dell'Isee a fine 2008 - cioè 4000, in gran parte a dicembre collegate alla Social card -) rispetto al 2007 (3200) e per l'Ufficio vertenze (oltre 1000 le vertenze avviate per licenziamenti, procedure fallimentari e altro, con un aumento del contenzioso di circa il 20%). Le richieste di assistenza via telefono al Sunia sono state circa 2500. Poi, solo a gennaio e febbraio, le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate dall'Inps ai lavoratori dell'industria sono state 836.000 (un milione e 487.500 nel 2008 e 452.000 nel 2007) suddivise in 101.000 a gennaio e 735.000 a febbraio. Sempre solo a febbraio, per gli impiegati sono state autorizzate 115.000 ore. Per le ore di Cassa integrazione speciale, nei primi 2 mesi di quest'anno ne sono state autorizzate 311.340 (212.000 a gennaio, 99.340 a febbraio; nel 2008 in totale furono un milione e 687.500). Le ore di cigs in deroga che riguardano soprattutto le aziende artigiane, fra gennaio e febbraio 2009 sono state 547.200 ed hanno riguardato 1323 imprese, delle quali 297 orafe. Il settore dell'edilizia registra un calo di 500 lavoratori iscritti alla Cassa edile. Nelle cooperative su 1300 addetti, (solo secondo il rilievo di Cgil), 400 sono a zero ore. Circa le persone avviate al lavoro nell'ultimo trimestre del 2008, rispetto allo stesso periodio del 2007, nell'Alessandrino si registra un calo del 20,1% (da 12.632 a 10.093). Lunedì alle 17 in Provincia si riunirà un tavolo anti crisi. Gli Stati generali della Camera del Lavoro venerdì 27 marzo alle 9,30 in piazza Garibaldi, ad Alessandria, per una manifestazione; mentre sabato 4 aprile dalla provincia 40 pullman (più circa 300 persone in treno) diretti a a Roma, per la manifestazione nazionale.

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"Grande cautela ma nessun pericolo per l'ambiente" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

domande a Silvio Cagliero "Grande cautela ma nessun pericolo per l'ambiente" 4Silvio Cagliero è il direttore dell'Arpa di Cuneo, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale. Dottor Cagliero, perché anche i vostri tecnici sono intervenuti nell'incidente di Morozzo? «I vigili del fuoco hanno richiesto la nostra collaborazione, mercoledì sera, per verificare che le procedure potessero essere aderenti alla migliore tecnologia». Un ruolo di supporto quindi. «Sì, si trattava di far uscire il liquido con grande cautela per evitare pericoli. Per questo abbiamo mandato un chimico e un fisico che hanno supportato vigili e volontari fino a ieri». Ci sono stati pericoli per l'ambiente? «No, l'ossigeno è parte integrante dell'atmosfera, il pericolo poteva arrivare da un incendio o dall'alta pressione della cisterna. La calma e la lentezza dell'operazione sono state molto importanti, direi decisive». Che tipo di precauzioni avete adottato? «Si trattava di evitare il contatto con l'ossigeno. Quando è allo stato liquido ha lo stesso comportamento dell'acqua che bolle, con la differenza che l'acqua passa dallo stato liquido a quello gassoso a 100 gradi, l'ossigeno a -180. L'importante era farlo evaporare con calma, evitando passaggi di stato bruschi».

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La crisi allunga la cassa integrazione (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

FLESSIBILITA'. COINVOLTI 600 OPERAI E 200 «COLLETTI BIANCHI» La crisi allunga la cassa integrazione La Cogne Acciai Speciali prorogherà la cassa integrazione per gli operai e la «settimana corta» per il personale tecnico e amministrativo fino a giugno. Il vice presidente Roberto Marzorati lo ha annunciato ieri mattina ai sindacati, durante un incontro negli uffici di Confindustria. Lo stesso Marzorati, nei giorni scorsi, aveva fatto intendere che la proroga degli ammortizzatori era più che una semplice ipotesi: il mercato continua a stagnare e la siderurgia paga come e più di altri settori. L'effetto, per la Cogne, è il calo degli ordini di circa il 40 per cento rispetto all'ultimo biennio. «E' evidente - ha constatato Marzorati davanti ai rappresentanti sindacali - che la crisi generale industriale e finanziaria ha una durata temporale e una profondità superiori rispetto a quelle che si potevano prevedere alla fine dello scorso anno». La cassa integrazione alla Cogne coinvolge 600 operai ed è cominciata il 23 dicembre, per una durata di 13 settimane. La proroga durerà altrettanto e varrà anche per i 200 «colletti bianchi» che dall'inizio dell'anno hanno concentrato la loro attività in quattro giorni alla settimana, dal lunedì al giovedì, ricorrendo allo smaltimento delle ferie e ai permessi aziendali. Provvedimenti che la Cas definisce «strumenti di flessibilità, l'unica strada percorribile per conseguire gli obiettivi». Marzorati puntualizza: «Dalle nostre previsioni, solo con tale approccio la società è in grado di proseguire l'attività in modo economicamente sostenibile». Uno scenario dunque complicato, anche se né l'azienda né i sindacati vogliono drammatizzare. «Al contrario - commenta il segretario del Savt-Met Riccardo Borbey - proprio in questi momenti di difficoltà bisogna mantenere la calma e non perdere la lucidità. Da parte della Cogne abbiamo rilevato un atteggiamento aperto e disponibile al confronto. Questo è molto importante, perché le sfide si vincono quando tutti hanno lo stesso obiettivo». Prudenti rassicurazioni sono arrivate dallo stesso Marzorati: «Le indicazioni sono di un possibile miglioramento a partire dal secondo semestre, anche se pretendere di sapere cosa succederà per certo nel settore siderurgico è impossibile». Resta il fatto che la Cas, come ha spiegato l'amministratore delegato Monica Pirovano, porterà regolarmente a compimento gli investimenti già avviati e non bloccherà quelli nuovi, limitandosi a «rallentarli in misura proporzionata alla contrazione dell'attività produttiva». Problematico resta invece il futuro delle imprese dell'indotto, che occupano 200 lavoratori. Nei giorni scorsi i sindacati avevano lanciato l'allarme sulla tenuta del settore. «Anche in questo caso - ha ammesso Marzorati - si deve attendere una riduzione operativa in linea con il calo dell'attività industriale principale. Non si arriverà a una chiusura totale, ma di certo a un forte ridimensionamento delle commesse».

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Binario Blu : evitare nuovi errori (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

La parola ai lettori «Binario Blu»: evitare nuovi errori Lettere ed e-mail vanno inviate a:LA STAMPA REDAZIONE DI SAVONA p.za Marconi, 3/6 - 17100 Savona Fax: 019 810.971, e.mail: savona@lastampa.it Preghiamo i lettori di essere sintetici. I testi privi di generalità, indirizzo e recapito telefonico non saranno pubblicati.Leggo su la Stampa «Binario Blu-delibera approvata senza residenziale». Nel centro della piazza si potrà cementificare qualcosa di diverso dal residenziale. A conferma l'articolo conclude: «Non è escluso che dove c'era un tempo la stazione possa sorgere una scuola». Mi permetto di dissentire da tale ipotesi per questi motivi. Sarebbe bello far proseguire la passeggiata delle Trincee sino al mare e per quanto possibile lungo la sponda sinistra del Letimbro; contestualmente far proseguire i viali pedonali alberati di via Paleocapa fino a tale passeggiata. Del resto l'abbattimento della vecchia e bella stazione ferroviaria era stato motivato con l'impegno di proseguire via Paleocapa fino a Mongrifone. Signor sindaco, so che è inutile piangere sugli errori del passato, ma almeno evitiamone di nuovi. MARIO GUASTAVINO SAVONA Risponde Ivo Pastorino: «Le radicali trasformazioni urbanistiche di Savona stanno suscitando molte e diverse prese di posizione, per lo più tra ambientalisti e fautori dello sviluppo. Il progetto Binario Blu non poteva sottrarsi a questa regola, e per questo pubblichiamo volentieri l'opinione dei nostro lettore Mario Guastavino».Arenzano, il Giro sfratta 400 alunni Nel ridente paesino di Arenzano quest'anno passerà il Giro d'Italia, a fine maggio......e 400 bambini della scuola primaria «De Calboli» verranno sfrattati dalle loro aule per un minimo di tre giorni (19-20 e 21 maggio) che potrebbe diventare una settimana. Così dispone un'ordinanza del sindaco, Luigi Gambino, che requisisce i locali scolastici e li «cede» al comitato organizzatore dell'evento. Ovviamente resta il problema dei piccoli profughi per cui la scuola sta cercando di organizzare attività al di fuori dell'edificio scolastico in tali date. Non è dato sapere dove verranno collocate tante persone, soprattutto in caso di maltempo. I locali in cui eventualmente stiparli saranno a norma come sicurezza? I genitori che hanno scelto il tempo pieno e cui andrebbe garantito servizio mensa e lezioni si antimeridiane che pomeridiane come faranno? La segreteria della scuola si dichiara impotente di fronte ad un'ordinanza del sindaco: non sarà possibile l'accesso ai locali scolastici per tutto il periodo della «requisizione» . Ergo, niente lezioni, niente servizio mensa, niente servizio di pre-scuola per i genitori che necessitano un ingresso anticipato dei figli per motivi di lavoro. E' possibile che succeda una cosa del genere? Che all'interesse economico di chi spera di guadagnare qualcosa dall'evento vengano sacrificati gli interessi primari di così tanti bambini e famiglie? Il provveditore agli studi della provincia di Genova è d'accordo con tutto questo? Il direttore scolastico regionale cosa ne pensa? L'ingordigia degli adoratori del dio denaro non guarda in faccia nessuno.....soprattutto i bambini di Arenzano! RITA BETTAGLIO ARENZANO Il Biancone Day, ma la realtà è un'altra Ben venga il biancone day di domenica ma bisognerebbe conoscere un po' meglio la situazione della fauna selvatica nel cosiddetto parco del Beigua. In questa "oasi naturalistica" gli uccelli non sono protetti e la caccia vi viene svolta normalmente; esistono solo una zona di ripopolamento e cattura ed un'oasi di protezione della fauna, piccole superfici soggette a rotazione e modifica secondo gli umori dei cacciatori. Ed anche se Il parco ha un centro ornitologico, gli uccelli feriti o bisognosi di cure vengono soccorsi soltanto dai volontari della Protezione Animali, senza alcun aiuto di Provincia, Comunità del Giovo o Parco. La realtà è questa, perché non dirlo? PROSPERO FONDA Cairo M.

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E' ancora e sempre l'oro il miglior investimento (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

In monete o in lingotti nel tempo si rivaluta Lo si compra e se serve poi lo si può rivendere GIANDOMENICO VARALLO, BANCO DEI METALLI PREZIOSI E' ancora e sempre l'oro il miglior investimento In questi tempi di instabilità monetaria, la ricerca di beni rifugio che possano proteggere gli investimenti si è fatta ancora più pressante; d'altro canto, anche i momenti di difficoltà finanziaria possono essere superati in modo brillante vendendo a prezzi equi e soddisfacenti gli oggetti preziosi custoditi in famiglia. Per l'una e per l'altra esigenza - che in realtà si compenetrano e si completano a vicenda - l'importante è rivolgersi a ditte serie, il cui nome sia garanzia di onestà e di rispetto per la privacy. GIANDOMENICO VARALLO S.r.l. La moneta d'oro è un oggetto raffinato e importante che può avere un prezzo contenuto e che manterrà nel tempo il valore del metallo prezioso. Se pensate che un regalo possa anche offrire l'occasione per un investimento, la ditta Giandomenico Varallo di corso Vittorio Emanuele 27 ha interessanti proposte per voi. Forte della sua esperienza di oltre mezzo secolo, la ditta garantisce la conoscenza delle monete e dell'oro per tutte le occasioni e per tutti i gusti. Tutto ha avuto inizio nel 1949, quando Mario Varallo, padre di Giandomenico, intraprese l'attività di cambiavalute e di compra-vendita di monete d'oro. «Allora era il più giovane d'Italia - dice Giandomenico - e proseguì fino al 1991 quando mi trasmise l'azienda di famiglia. In tutti questi anni abbiamo visto già alcune generazioni nascere e avere in regalo la loro prima moneta d'oro, crescere e venderla per comprarsi il motorino o l'automobile, e, spesso, ritornare in coppia a comprarne una da regalare all'amico che si sposa o al neonato figlio di amici». L'investimento in monete d'oro o lingotti permette anche modesti impieghi mensili per accantonare il «gruzzoletto», senza pesare eccessivamente sul portafoglio. Nell'arco del tempo, silenzioso e nascosto, l'oro passerà fasi sonnolente di prezzi stabili per poi ricompensare in poco tempo il capitale investito. A causa delle violente e recenti turbolenze dei mercati finanziari, in questi ultimi mesi è cresciuto fortemente il desiderio di acquistare oro, in modo da avere sotto gli occhi in modo concreto qualcosa di tangibile. La moneta d'oro permette inoltre un rapido realizzo e ha conservato nel tempo il suo fascino; con le sue effigi, cifre e scritte, ci consente infatti di fare un salto indietro nell'arte e nella storia. Non è tutto. Ci si può rivolgere alla Varallo anche per vendere le monete ricevute in regalo o in premio e per valutazioni delle stesse. C'è anche un servizio di cambiavalute con acquisto e vendita di valuta estera senza necessità di prenotazione e il servizio rapido di trasferimento di denaro Western Union. Ulteriori informazioni si possono avere telfonando allo 011/669.29.94, oppure su www.cambiovarallo.it. BANCO DEI METALLI PREZIOSI Serietà, competenza, professionalità: il Banco dei Metalli Preziosi, con la sua attività decennale, è davvero una garanzia. Potrete andare a vendere - realizzando subito e in contanti - oggetti d'oro e d'argento, monete, pietre preziose. Due sono i punti vendita del Banco: uno a Torino, in corso Francia 9, aperto tutti i giorni dalle 9,30 alle 13,30 (tel. 011/85.77.71); e uno a Ivrea, in corso Massimo d'Azeglio 5, che accoglie la clientela tutti i giorni feriali, compreso il sabato, tranne il mercoledì e il venerdì pomeriggio (tel. 0125/62.74.01). Ulteriori informazioni, comprese le risposte alle domande più frequenti - possono essere ricavate dal sito www.comproro.net..

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I paletti del Governatore ai prefetti "indiscreti" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

I paletti del Governatore ai prefetti "indiscreti" A prima vista, sembra l'ennesima puntata del difficile rapporto fra il ministro dell'Economia e il Governatore della Banca d'Italia. Ma la sostanza della lettera, partita ieri mattina dagli uffici della vigilanza, solleva una questione piuttosto delicata e della quale a Via Nazionale si parla da tempo: i prefetti non possono chiedere alle banche qualunque informazione, dettagliata o confidenziale su clienti e linee di finanziamento. Mentre Giulio Tremonti lancia gli osservatori presso le prefetture sulla situazione del credito, Mario Draghi scrive ai direttori delle filiali provinciali della Banca d'Italia per fissare alcuni paletti. «Le direzioni di alcune filiali - si legge nella missiva - sono state invitate a partecipare ad incontri sull'andamento del credito. E in alcuni casi sono stati diffusi prospetti finalizzati a raccogliere direttamente dalle banche dati e informazioni sul volume dei prestiti erogati». Insomma, già da qualche tempo - benché manchi ancora la circolare applicativa - alcuni prefetti avrebbero chiesto a banche della propria zona di competenza informazioni dettagliate sull'andamento della situazione del credito. Ma per legge i direttori delle filiali possono concederle solo alla Banca d'Italia. E così alcuni di loro - spiegano da Palazzo Koch - si sarebbero rivolti agli uffici provinciali per chiedere maggiori delucidazioni. La risposta di Draghi è semplice: «Una richiesta di dati disaggregati (ovvero dettagliati, ndr) alle banche non appare giustificata». Saranno le filiali di Bankitalia «a gestire la trasmissione delle cifre, e dovranno farlo sulla base delle linee guida predisposte dai nostri uffici competenti». Fino ad allora le filiali saranno autorizzate a fornire dati solo su base regionale: ad esempio «tassi di crescita dei crediti, distintamente per famiglie e imprese», oppure «tassi di interesse sui prestiti e sui depositi di conto corrente». Dunque nulla di dettagliato, perché le regole di vigilanza non lo consentono. Insomma, da un lato c'è il governo che si preoccupa - in un momento di grave crisi economica e finanziaria - di non far mancare alle aziende il credito necessario a sopravvivere. Dall'altra la Banca d'Italia vuole evitare che in questo modo si torni a quello che una volta si chiamava controllo amministrativo del credito. Che qualche prefetto, magari spinto dalle richieste della politica, abbia la tentazione di chiedere conto alle banche di questo o quel cliente, o delle condizioni ad essi applicate. Oppure che le banche siano banalmente tentate di alzare l'entità dei finanziamenti e il rischio oltre i confini delle regole imposte dalla stessa Banca d'Italia. Una linea di confine ben precisa, fa capire il governatore di Bankitalia, andrà tracciata: «La posizione dell'istituto è stata portata a conoscenza del ministero dell'Economia, con il quale è in corso un confronto sulle modalità di monitoraggio».

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Un calmiere mondiale sui salari dei banchieri (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Un calmiere mondiale sui salari dei banchieri [FIRMA]STEFANO LEPRI INVIATO A LONDRA Sono davvero tempi nuovi, se delle paghe troppo laute dei banchieri si occupa un organismo internazionale. Il Forum per la stabilità finanziaria (Fsf) presieduto da Mario Draghi abbozzerà domani ai ministri del G-20 un quadro di regole per «pratiche di sana remunerazione nel settore finanziario» che poi verranno precisate entro qualche settimana. Lo scopo principale è di evitare che, come è successo fino a ieri, un banchiere tanto più guadagni quanto più si comporta sconsideratamente. Saranno regole mondiali. A Draghi pare «esagerato» che il Financial Times lo abbia collocato tra le 50 persone che salveranno l'economia mondiale; tuttavia è chiaro che il Fsf da lui guidato cresce molto di importanza, e diverrà un organismo cruciale - accanto al Fondo monetario e alla Banca dei Regolamenti internazionali - per governare la finanza globalizzata nel dopo-crisi. Insieme con il Fmi, anzi avrà un compito delicatissimo: decidere quando va suonato il campanello d'allarme per una crisi nuova. Finora il Fsf era formato da 12 paesi - i 7 grandi più Svizzera, Olanda, Hong Kong, Singapore e Australia - ora raddoppierà a 24, con Cina, India, Russia, Spagna, Brasile, Corea del Sud, Sud Africa, Turchia, Messico, Indonesia, Argentina, Arabia Saudita, anzi 25 con la Commissione europea. Il suo compito, spiega Draghi, sarà di delineare le nuove regole perché nella finanza non si ripetano disastri come quello che stiamo vivendo; «spetterà ovviamente alle autorità nazionali di metterle in pratica, e al Fondo monetario di controllare che siano messe in pratica». Uno dei compiti del Fsf sarà di istruire per la parte finanziaria i vertici del G-20. A quello di domani nelle colline a Sud di Londra, al quale parteciperanno ministri dell'Economia e banchieri centrali, Draghi farà rapporto anche sugli strumenti per la cooperazione internazionale nella crisi finanziaria, sulle modifiche ai principi contabili delle banche, sulla sorveglianza delle banche multinazionali (sono in corso di costituzione molti «collegi di vigilanza» misti, uno per ciascuna delle maggiori). Quanto alle retribuzioni dei banchieri, l'«insieme di principi» che il Fsf sta discutendo «mira a esercitare un effettivo controllo sui compensi, allineandoli a una prudente assunzione di rischi, sottomettendoli a un efficace controllo degli organi di vigilanza»; con una formula un po' cauta, si fa anche accenno a interessi più larghi, ovvero agli effetti negativi che compensi troppo alti possono avere sia sulla gestione delle banche sia sulla loro immagine presso il pubblico. Da noi la Banca d'Italia, ricorda Draghi, ha già fatto qualcosa del genere con apposite «istruzioni di vigilanza». Non è compito del Fsf decidere misure anti-crisi immediate, che spettano a organi politici come il G-20. Tuttavia c'è accordo che dalla crisi siamo tutt'altro che fuori; che anzi il sostegno alle economie «continuerà a richiedere risposte aggressive e coerenti». C'è accordo che le misure prese da ciascuno Stato a favore delle banche basate sul proprio territorio non dovranno «invertire il processo verso una maggiore integrazione finanziaria internazionale verificatosi negli ultimi anni». Almeno a parole, insomma, no alla de-globalizzazione, no al ripiegamento delle banche entro i confini nazionali. Se la finanza è globale, a rifondarne le regole dovrà essere un organismo più rappresentativo; l'inclusione di nuovi paesi, insiste Draghi, gli darà più autorità nel mondo. Un significato a sé pare averlo l'inclusione della Spagna, le cui banche sono rimaste solide nonostante lo scoppio di una bolla immobiliare assai grande, perché la Banca centrale spagnola le aveva obbligate a mettere da parte capitale nei tempi buoni: è probabile che le future regole mondiali copieranno quella intepretazione dinamica dei requisiti di capitale.

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la ricetta anticrisi del governatore "ancora misure aggressive" - elena polidori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Economia Nuovi 11 membri allo Stability Forum. La Bce: deterioramento dei conti diffuso La ricetta anticrisi del governatore "Ancora misure aggressive" Crolla il Pil italiano nel quarto trimestre: -2,7% rispetto all´anno precedente ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO LONDRA - Per fronteggiare la crisi finanziaria e la debolezza dell´economia reale «serviranno ancora misure aggressive e coerenti», dichiara a Londra Mario Draghi, governatore della Banca d´Italia e presidente del Financial Stability Forum, alla vigilia del G20. La crisi s´allarga e così pure il suo Fsf che ingloba 11 nuovi membri, in pratica tutti i paesi del G20 e dunque anche chi ha ancora risorse e può dare una mano, a cominciare da Cina e India. E´ un «contributo alla stabilità», assicura. Non fa stime, il banchiere che il Financial Times ha indicato tra i 50 big che ci porteranno fuori dal tunnel («io tra i salvatori dell´economia? che esagerazione») ma per lui parlano i nuovi, bui numeri in circolazione. Quelli della Bce, innanzitutto secondo cui l´Italia non rispetterà il parametro del 3% del deficit-Pil né quest´anno né il prossimo e come noi pure mezza Europa: «Il deterioramento dei conti pubblici è diffuso», si legge nel Bollettino di Francoforte. Troppe spese dei governi per i vari piani anti-crisi. Poi ci sono le stime Istat sul Pil nel quarto trimestre (-1,9% sui tre mesi precedenti, -2,9 rispetto allo stesso periodo del 2007): una flessione così non si vedeva dal 1980. Oppure anche il ricorso record alla cassa integrazione, validato dalla Confindustria. La crisi morde, non c´è dubbio. I ministri e i governatori del G20 si riuniscono nel week-end a Brighton, per cercare una terapia. Ci sarà anche Giulio Tremonti che già ieri sera è stato a cena con Gordon Brown, a Downing Street e oggi incontrerà il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick sul tema degli aiuti sanitari al Sud del Mondo. «Non sarà facile» superare questa fase dalle dimensioni «incognite», dichiara il ministro. «Ma il governo farà il massimo possibile per aiutare tutti e non lasciare indietro nessuno». Nell´attesa, dal suo osservatorio tecnico, Draghi disegna nuove regole e nuovi paletti per mettere ordine nel sistema finanziario malato. Dice che bisogna far ripartire il credito all´economia e che è giusto, in un momento in cui le banche sono sotto stress, non aumentare loro i requisiti minimi di capitale. Spiega che sta lavorando con il Fmi per creare un sistema di «early warning», capace di captare per tempo le crisi. Relativizza la paura di un crac dei nuovi paesi Ue perché «non sono un blocco, non hanno tutti lo stesso livello di rischio». Annuncia (nelle prossime ore?) un rapporto per sorvegliare e frenare le retribuzioni boom dei manager, tra gli aspetti più criticati della crisi finanziaria, «in modo da allineare i compensi ad una presa di rischio prudente». I nuovi «soci» del Financial Stability Forum sono: Argentina, Brasile, Cina, Russia India, Indonesia, Corea del Sud, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia. Sono invitati anche la Spagna e Commissione europea. La loro partecipazione «contribuirà molto alla legittimità delle nostre raccomandazioni, alla applicabilità ad altri mercati e all´universalità dell´approccio».

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allarme fondi per i cassintegrati - tito boeri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 27 - Commenti ALLARME FONDI PER I CASSINTEGRATI TITO BOERI Cominceremo ad uscire dalla crisi quando i Governi cominceranno davvero a capirne la gravità. Usciremo dalla crisi più forti di prima solo se i Governi cominceranno ad interrogarsi su come sarà il mondo dopo la crisi e a prendere contromisure per evitare che questo nuovo mondo sia peggiore del vecchio. Ovunque questo processo di apprendimento delle classi dirigenti e di costruzione del consenso, inevitabilmente graduale in regimi democratici, sta avvenendo troppo lentamente. C´è da chiedersi quanti milioni di disoccupati ci debbano essere in Europa prima che i Governi europei si accordino per coordinare le proprie politiche fiscali di risposta alla crisi, rendendole molto più efficaci, in virtù degli effetti moltiplicatori dei singoli provvedimenti sulla domanda anche negli altri paesi. Potrebbe stimolare di più le nostre economie per ogni dato livello di spesa con ricadute positive per tutti. Nonostante chi tiene le fila della nostra politica economica si vanti di avere previsto la crisi prima di tutti, da noi il processo di apprendimento è stato più lento che altrove. Abbiamo così introdotto per ultimi delle misure di sostegno al sistema bancario che saranno, proprio perché tardive, probabilmente insufficienti. Lo abbiamo fatto dopo avere introdotto una tassa ad hoc sulle banche proprio mentre la crisi finanziaria si aggravava. Virate a 180 gradi, dalle tasse agli aiuti alle banche, non si sono viste da nessun´altra parte. Non abbiamo introdotto subito misure di stimolo alla domanda, come negli altri paesi, col risultato che da noi il prodotto interno lordo sta scendendo più che negli Stati Uniti o nel Regno Unito, nell´epicentro della crisi, e la spesa delle famiglie residenti sta calando a un tasso dell´1,5 per cento. Mai visto prima. Nonostante l´esplosione delle ore di Cassa Integrazione (tornate ai livelli del 1993, come documentato ieri dal Centro Studi Confindustria) e il forte incremento delle domande di sussidi di disoccupazione (+50% nei primi due mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008), il Governo non si è ancora deciso a varare una riforma degli ammortizzatori sociali, razionalizzando i vari schemi esistenti e finanziandoli in modo adeguato e trasparente. Si potrebbe spendere di meno, ampliando la platea dei beneficiari, e dando certezze a chi perde il lavoro: saprà che verrà aiutato. Invece si lascia tutto com´è e si annuncia che ci sono fondi che in realtà sono sulla carta e per lo più concentrati nelle Regioni del Sud. Il risultato è che in Lombardia si sono già esauriti i fondi per la Cassa Integrazione, anche quelli originariamente previsti per Malpensa, e poi destinati ad altre imprese nell´emergenza. Problemi simili sarebbero già emersi anche in Piemonte. E siamo solo agli inizi della crisi occupazionale. Perché da noi il processo di apprendimento è così lento? Una possibile spiegazione è che l´opinione pubblica non è abbastanza informata sulle scelte di politica economica. Accade, ad esempio, in questi giorni di vedere riportate sui maggiori quotidiani nazionali le seguenti affermazioni del nostro ministro dell´Economia: «Abbiamo seguito la stessa strada intrapresa da Roosevelt durante la crisi americana. Sommando le cifre, quelle messe a disposizione dal governo italiano sono maggiori rispetto a quelle degli altri Paesi europei�» (�) «Noi siamo il Paese che per l´economia reale ha fatto più degli altri. Quello che hanno fatto gli altri Paesi è stato soprattutto per salvare le banche». Non stupisce vedere un ministro cercare di farsi pubblicità. Colpisce l´esagerazione (il parallelo con Roosevelt) e, soprattutto, il fatto che gli stessi organi di informazione che riportano queste dichiarazioni così impegnative non si preoccupino minimamente di verificarne la veridicità. Non ci vorrebbe molto perché esistono due autorevoli ricostruzioni della dimensione dei pacchetti fiscali a sostegno dell´economia nei diversi paesi. La prima è quella appena compiuta dal Fondo Monetario Internazionale che raccoglie queste informazioni nell´ambito delle sue funzioni istituzionali. Mostra come il pacchetto italiano nel 2009 sia appena dello 0,2 per cento del prodotto interno lordo, molto di meno di quanto messo in campo da paesi emergenti come Brasile (0,4%) e l´India (0,5%) e di paesi più indebitati di noi come il Giappone (1,4%). La seconda ricostruzione è quella compiuta dal Centro Bruegel in questi giorni sulle misure prese dai paesi dell´Unione Europea nel 2008. L´Italia è l´unico paese che dà un contributo negativo ai pacchetti di stimolo fiscale: solo da noi le misure "contro la crisi" hanno aumentato più le tasse delle spese. La crisi rende ancora più importante avere una informazione economica approfondita e indipendente. Serve a mantenere forte la pressione nei confronti dei Governi. Può rassicurare l´opinione pubblica, ma solo quando l´esecutivo prende le misure adeguate e non perché è il Governo a chiederle di dipingere la vie en rose. Oggi l´editoria è in una crisi ancora più profonda della nostra economia e questa la rende più vulnerabile alle pressioni dei gruppi di potere economici. L´assenza di critiche se non addirittura la celebrazione di nostri grandi banchieri sugli organi di informazione in mesi in cui i titoli dei loro istituti sono crollati del 50 per cento o più è un segnale molto preoccupante. Senza un´in-formazione adeguata la democrazia è poco reattiva, corregge con troppo ritardo gli errori che vengono, pressoché inevitabilmente, compiuti dalla classe politica. è un costo che in tempo di crisi proprio non possiamo permetterci.

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i barbari - tzvetan todorov (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 37 - Cultura I BARBARI anticipazioni / esce in italia un saggio di Tzvetan todorov le nuove paure dell´occidente e noi A vent´anni dal crollo del Muro, il mondo conosce inedite partizioni. Ci sono i paesi "dell´appetito", "quelli del risentimento" e chi vive nell´angoscia Nei paesi ricchi si teme di subire il predominio di chi per secoli è stato mortificato Ma il timore diventa un pericolo a sua volta e induce a comportamenti spesso disumani TZVETAN TODOROV Anticipiamo parte dell´introduzione al libro di La paura dei barbari. Oltre lo scontro delle civiltà (Garzanti, pagg. 288, euro 16,50) Il XX secolo è stato dominato, in Europa, dal conflitto tra regimi totalitari e democrazie liberali. All´indomani della seconda guerra mondiale, dopo la disfatta del nazismo, questo conflitto ha assunto la forma di una guerra fredda globale, rafforzata in periferia da alcuni confronti «caldi» ben delimitati. (...) Si trattava di una suddivisione della terra secondo criteri politici, anche se si aggiungevano altre caratteristiche: il terzo mondo era povero, l´Occidente ricco, mentre nei paesi comunisti l´esercito era ricco e la popolazione povera (ma non poteva dirlo). La situazione è rimasta immutata per più di mezzo secolo. Mi stava molto a cuore, perché sono nato nell´Europa dell´Est, in Bulgaria, dove sono cresciuto prima di trasferirmi in Francia all´età di ventiquattro anni. Questa ripartizione dei paesi del mondo mi sembrava destinata a durare in eterno ? o almeno per tutta la mia vita. Questa convinzione spiega, forse, la gioia da me provata quando, intorno al 1990, i regimi comunisti europei sono crollati, uno dopo l´altro. Non c´era più motivo di opporre l´Est all´Ovest, né di contendere per il dominio universale, perciò ogni speranza era lecita... (...) A distanza di circa vent´anni, siamo costretti a constatare che si trattava di una speranza illusoria: sembra che tensioni e violenze tra paesi non debbano scomparire dalla storia mondiale. Il grande confronto tra l´Est e l´Ovest aveva messo in secondo piano ostilità e opposizioni, che in breve tempo sono tornate di attualità. I conflitti non potevano svanire come per incanto, perché le loro cause profonde erano ancora presenti e forse si erano perfino intensificate. (...) Oggi è possibile dividere i paesi del mondo in diversi gruppi, a seconda di come reagiscono alla nuova congiuntura. (...) Per descrivere questa ripartizione, prenderò le mosse da una tipologia recentemente proposta da Dominique MoÏsi, completandola e adattandola al mio scopo, senza dimenticare le semplificazioni che impone. Definirò il sentimento dominante di un primo gruppo di paesi come l´appetito. La loro popolazione ha spesso la convinzione, per i motivi più diversi, di essere stata esclusa dalla ripartizione delle ricchezze; oggi è venuto il suo turno. Gli abitanti vogliono approfittare della mondializzazione, del consumismo, degli svaghi e per raggiungere tale scopo non badano a mezzi. è stato il Giappone, sono ormai trascorsi alcuni decenni, ad aprire questa via, nella quale è stato seguito da molti paesi del Sudest asiatico, ai quali si sono recentemente aggiunti Cina e India. Altri paesi, altre parti del mondo hanno la medesima intenzione: il Brasile, domani senza dubbio il Messico, il Sudafrica. (...) Il secondo gruppo di paesi è quello in cui il risentimento gioca un ruolo essenziale. Questo atteggiamento deriva da un´umiliazione, reale o presunta, che sarebbe stata loro inflitta dai paesi più ricchi e più potenti. è diffuso, a livelli diversi, in buona parte dei paesi che hanno una popolazione in maggioranza musulmana, dal Marocco al Pakistan. Da un po´ di tempo, è presente anche in altri paesi asiatici o dell´America latina. Il bersaglio del risentimento sono gli antichi paesi colonizzatori d´Europa e, in maniera crescente, gli Stati Uniti, considerati responsabili della miseria privata e dell´impotenza pubblica. (...) Il terzo gruppo di paesi si distingue per il ruolo che occupa in loro la paura. Sono i paesi che costituiscono l´Occidente e che hanno dominato il mondo per molti secoli. La loro paura riguarda i due gruppi che abbiamo descritto prima, ma non è della stessa natura. Dei «paesi dell´appetito» i paesi occidentali, soprattutto quelli europei, temono la forza economica, la capacità di produrre a minor costo e dunque di fare man bassa sui mercati, insomma, hanno paura di subirne il predominio economico. Dei «paesi del risentimento» temono invece gli attacchi fisici che ne deriverebbero, gli attentati terroristici, le esplosioni di violenza; e poi le misure di ritorsione di cui questi paesi sarebbero capaci sul piano energetico, dal momento che i più grandi giacimenti di petrolio si trovano nei loro territori. Un ultimo quarto gruppo di paesi, distribuiti su diversi continenti, potrebbe essere indicato come quello dell´indecisione: un gruppo residuale i cui membri rischiano di farsi dominare un giorno dall´appetito o dal risentimento, ma che per il momento rimangono estranei a questi sentimenti. Nel frattempo, le risorse naturali di questi territori sono razziate dai residenti degli altri gruppi di paesi, con la complicità attiva dei loro dirigenti corrotti; a ciò si aggiunge la desolazione causata dai conflitti etnici. Alcuni strati della loro popolazione, spesso ridotti in miseria, tentano di introdursi nei «paesi della paura», paesi più ricchi, per cercare di condurre una vita migliore. (...) I paesi occidentali hanno tutto il diritto di difendersi dalle aggressioni e dagli attacchi ai valori sui quali hanno scelto di fondare i loro regimi democratici. Soprattutto devono combattere con fermezza ogni minaccia terroristica e ogni forma di violenza. Peraltro, hanno tutto l´interesse a non lasciarsi coinvolgere in una reazione sproporzionata, eccessiva e abusiva, che darebbe luogo a risultati contrari a quelli attesi. La paura diventa un pericolo per coloro che la provano, perciò non bisogna lasciarle giocare il ruolo di sentimento dominante. è anche la principale giustificazione dei comportamenti spesso definiti «disumani». La paura della morte che minaccia la mia incolumità o, peggio ancora, persone a me care, mi rende capace di uccidere, mutilare, torturare. In nome della protezione delle donne e dei bambini (i nostri), sono stati massacrati un gran numero di uomini e donne, di anziani e bambini (degli altri). Quelli che vorremmo definire come dei mostri molto spesso hanno agito mossi dalla paura per i loro cari e per sé stessi. (...) E una volta accettato di uccidere, si approvano anche i passi successivi: la tortura (per ottenere informazioni sui «terroristi»), la mutilazione dei corpi (per mascherare gli omicidi con crimini a scopo di rapina o esplosioni accidentali): ogni mezzo è buono per ottenere la vittoria ? e, così facendo, allontanare la paura. La paura dei barbari è ciò che rischia di renderci barbari. E il male che ci faremo sarà maggiore di quello che temevamo di subire. La storia insegna: il rimedio può essere peggiore del male. I totalitarismi si sono presentati come un mezzo per guarire la società borghese dai suoi vizi, eppure hanno dato vita a un mondo più pericoloso di quello che combattevano. La situazione attuale senza dubbio non è così grave, ma rimane inquietante; c´è ancora tempo per mutare orientamento. Copyright Garzanti Libri ed Editions Robert Laffont Traduzione di Emanuele Lana

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aziende comunali, debiti alle stelle il buco supera il mezzo miliardo - antonio fraschilla (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina III - Palermo Tra esposizioni e crediti vantati nei confronti del socio unico, il deficit è di 648 milioni di euro Aziende comunali, debiti alle stelle il buco supera il mezzo miliardo Non c´è solo il crac dell´Amia, situazione a rischio anche nelle altre ex municipalizzate Perde quota l´ipotesi di un maxi mutuo. La trattativa per ottenere soldi da Tremonti ANTONIO FRASCHILLA Una voragine da 648 milioni di euro. Una voragine fatta di 385 milioni di debiti delle società partecipate, che a loro volta per evitare il fallimento hanno coperto inserendo nei propri bilanci 263 milioni di crediti vantati nei confronti di Palazzo delle Aquile: crediti al momento non esigibili, visto che il Comune non ha un euro in cassa. è questa la voragine che toglie il sonno al sindaco Diego Cammarata e ai presidenti di Amg, Amia, Amap, Amat e Gesip. I numeri lasciano poco spazio ai dubbi. In difficoltà non è solo l´Amia, che ha 150 milioni di euro di debiti certificati coperti in parte con 40 milioni di crediti con la società controllante, cioè il Comune. L´Amap ha debiti per 133 milioni di euro e un credito con il socio unico di 40 milioni. L´Amat ha debiti per 40 milioni ma vanta un credito con Palazzo delle Aquile di ben 109 milioni. Non va meglio sul fronte Gesip, azienda che ha debiti per 21 milioni, crediti con il Comune per 48 milioni e ha già dichiarato di perdere quasi 800 mila euro al mese. L´Amg, invece, ha 41 milioni di debiti e crediti con la controllante per 26 milioni di euro. La somma totale del buco supera di gran lunga il mezzo miliardo di euro. L´opposizione chiede un´operazione verità, anche alla luce della mancata querela del sindaco sul presunto falso in bilancio dell´Amia. «Occorre che finalmente il sindaco metta a conoscenza tutta la città della gravità della situazione - dice il consigliere del Partito democratico, Maurizio Pellegrino - Al momento di fronte a questa vera e propria voragine l´amministrazione non ha prospettato alcuna soluzione e i primi fondi arrivati da Roma per l´Amia sono stati già prosciugati». Da giorni il sindaco in persona, il suo capo di gabinetto Sergio Pollicita e il ragioniere generale Paolo Basile, stanno cercando di trovare una soluzione. Scartata quella di un mega mutuo per coprire i debiti delle controllate (i revisori dei conti hanno detto che è tecnicamente impossibile), sul tavolo rimangono diverse ipotesi: a partire da quella di attivare piccoli prestiti da caricare alle stesse società partecipate e da coprire aumentando i contratti di servizio a carico del Comune di quel che basta per pagarne le rate annuali e gli interessi. Ma come farà Palazzo delle Aquile, a corto di fondi, a trovare nel proprio bilancio i soldi necessari a garantire i mutui? Di certo c´è che, per evitare intanto che l´Amia vada nuovamente in crisi di liquidità e la città venga sommersa dai rifiuti, il primo cittadino è volato nei giorni scorsi a Roma per ottenere la seconda tranche del finanziamento per l´Amia: si tratta di 30 milioni di euro che garantirebbero il pagamento degli stipendi per i prossimi quattro-cinque mesi. Sul tavolo del sindaco rimane, comunque, anche l´opzione aumento della Tarsu, che però deve essere legata all´approvazione della previsione di bilancio 2009, che non avverrà prima di maggio. Nel frattempo Cammarata continua a lavorare per avere dal ministro dell´Economia Giulio Tremonti il via libera a nuovi finanziamenti ad hoc per Palermo. Il sindaco, oltre che con il presidente del Senato Renato Schifani, ne ha parlato anche con il ministro Angelino Alfano. Ma la trattativa è lunga, e comunque non si concretizzerà nulla prima dell´approvazione della finanziaria nazionale. Insomma al momento la soluzione per coprire i debiti delle società controllate è lontana. E a Sala delle Lapidi c´è chi si chiede che fine abbia fatto il progetto di affidare alla Medhelan il progetto di riorganizzazione delle aziende, con tanto di delibera votata dal Consiglio comunale nel febbraio del 2008: «Ho presentato un´interrogazione per chiedere che fine abbia fatto questo affidamento che sulla carta sarebbe costato 400 mila euro», dice il consigliere del Pd, Salvatore Orlando.

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"osa e meraviglia" al reloj con le acrobazie dei sonics (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XIII - Palermo La danza "Osa e meraviglia" al Reloj con le acrobazie dei Sonics Esibizioni acrobatiche a suon di musica. Sono i Sonics che questa sera alle 22,30 si esibiranno al Reloj di via Calvi. I Sonics nascono nel 2001 da un´idea di Ileana Prudente e Alessandro Pietrolini, e da allora, come raccontano gli organizzatori, «non sono più stati con i piedi per terra». Ileana Prudente, ex atleta di ginnastica artistica, si occupa della realizzazione dei costumi e delle coreografie aeree di tutti i loro spettacoli, mentre Alessandro Pietrolini, in arte «Alex Little Stone», si occupa della regia, dei progetti, della parte tecnica e della realizzazione delle strutture che li caratterizzano in maniera unica e originale. Tra suggestivi decolli e atterraggi emozionanti i Sonics si esibiscono come acrobati sospesi senza protezione e questa sera presenteranno alcune performance tratte dallo show "Osa e meraviglia". Ingresso 10 euro con consumazione. a. f.

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regione, berlusconi pensa a cosenza - conchita sannino (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina III - Napoli Indiscrezioni su un incontro romano tra il presidente del Consiglio e il docente napoletano che piace al centrodestra Regione, Berlusconi pensa a Cosenza Il preside del Politecnico possibile candidato a Santa Lucia Un profilo di spessore e l´amicizia con il sottosegretario Bertolaso Un sodalizio emerso con evidenza durante la recente mostra sui terremoti CONCHITA SANNINO (segue dalla prima di cronaca) Mentre gli occhi dei leader locali e di qualche parlamentare del Pdl sono infatti puntati su piazza Matteotti per le provinciali, da Palazzo Chigi lo sguardo si allunga su uno dei più prestigiosi, defilati e - in quanto tali, concreti - nomi partenopei in grado di correre per la poltrona della Regione. L´autorevole indiscrezione romana racconta di un incontro già avvenuto con il premier. Di un pressante "corteggiamento". Il Cavaliere avrebbe contattato il preside del Politecnico-gioiello di Napoli, Edoardo Cosenza, docente di rango che incarna il suo profilo di governatore: uomo di scienza, ma calato nella società civile; finora mai schierato per il centrodestra, e tuttavia sempre distante dal pur affollato parterre di "accademia" pro-sistema bassoliniano. Non a caso, è il suo nome a ricorrere come naturale "guida" del futuro Politecnico campano, l´idea dell´ottavo ateneo monovocazionale lanciata dal rettore Guido Trombetti, poi mediaticamente ribattezzata dal presidente Berlusconi in visita lo scorso ottobre a Napoli; e di recente riproposta dal capogruppo di An Enzo Rivellini con lo stesso Trombetti e il deputato Taglialatela a un tavolo bipartisan sulla "Napoli da riscattare contro le baronie". Il fatto che il preside Cosenza - omonimo del celebre Luigi Cosenza, anche progettista della bella facciata di Ingegneria - sia anche così vicino a Guido Bertolaso, capo della Protezione civile (sottosegretario all´emergenza rifiuti, e plenipotenziario dello stesso premier in Campania), che stima Cosenza come massimo esperto di Ingegneria sismica e lo ha chiamato tra i membri della Commissione nazionale grandi rischi, è il dettaglio che chiude un cerchio. E alimenta conflitti e ulteriori frustrazioni dentro il Pdl campano. Il provato sodalizio professionale e umano tra Bertolaso e Cosenza ha prodotto l´allestimento della mostra sui terremoti, che sta girando l´Italia ed è ora ospitata proprio al Politecnico. L´inaugurazione, venerdì scorso, è stata movimentata dalle proteste contro Chiaiano. Pubblicità che Cosenza non ama. Così come il gossip politico. «Smentisco qualunque contatto romano», sorride il preside. Che nega quanto a Roma danno per certo. E aggiunge: «Con Bertolaso, ci conosciamo dai tempi della tragedia di San Giuliano di Puglia. Onorato di collaborare, lo faccio da quando c´era Prodi, che pure lo scelse come commissario all´emergenza. Poi gli ho dato una mano sul disastro rifiuti». Sarebbe stata di Cosenza anche la sonora bocciatura dell´idea di un inceneritore sul suolo non idoneo di Agnano. Ma non confermerà, ha fama di riservato. Il preside fece un´unica eccezione, a ottobre, quando elogiò l´uscita del premier sul Politecnico campano del futuro. Oggi ribadisce: «Come idea bipartisan è felice, spezzerebbe l´immobilismo di Napoli e avrebbe ricadute di grande beneficio e prestigio sulla città». Dovesse scegliere tra due poltrone, si sa già quale sentirebbe più vicina.

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denuncio, dunque sono benvenuti nello spot - antonio filippetti (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XII - Napoli DENUNCIO, DUNQUE SONO BENVENUTI NELLO SPOT ANTONIO FILIPPETTI P er vivere meglio (o per vivere e basta) occorre denunciare. Sembra essere questo il punto d´arrivo di una convivenza che mostra sempre più segni di decadimento o di vero sfacelo. Anzi, per andare avanti (per progredire?) sembra sia indispensabile farsi protagonisti di qualcosa di più della denuncia legittima, e cioè fare ricorso alla vera e propria delazione: i medici dovranno denunciare i clandestini che ricorrono per necessità alle loro cure, i cittadini riuniti in ronde dovranno denunciare coloro che a loro giudizio si comportano in maniera sospetta (anche se poi una volta "debitamente indagati" si rivelano essere, com´è già successo, agenti di polizia), mentre altri dovranno documentare fotograficamente e ovviamente denunciare chi contravviene alle disposizioni del traffico; così gli amministratori di condominio dovranno a loro volta denunciare chi affitta agli stranieri sprovvisti di soggiorno e via di questo passo. Non molto tempo fa, l´allora ministro Giuliano Amato, inventò - per debellare definitivamente, a suo dire, il fenomeno della prostituzione - la contravvenzione delatoria, nel senso che i clienti delle lucciole venivano sanzionati con un verbale non contestato immediatamente, ma inviato a casa del trasgressore così che quest´ultimo, ignominiosamente scoperto, fosse d´allora in poi oggetto di vergogna imperitura (una specie di "lettera scarlatta" al maschile) agli occhi dei familiari. Ma in questo clima tutt´altro che rassicurante registriamo anche drammatiche incongruenze. Il nostro è stato da sempre infatti un paese omertoso, non solo per le connivenze e le paure imposte dalla criminalità organizzata per cui è prevalsa la logica del "non vedo, non sento, non parlo", ma anche perché carente in fatto di autentica solidarietà civile. In secondo luogo, mentre si spinge alla delazione o alla denuncia subdola o anonima, si fa di tutto per arginare o addirittura eliminare, anche nei casi più spinosi, il ricorso alle intercettazioni telefoniche, che guarda caso si sono dimostrate come lo strumento essenziale, forse anche il più efficace, per debellare alcuni episodi gravi di malaffare criminoso. A pensarci bene allora qualcosa non torna. E non torna in primo luogo per la scarsa o inesistente credibilità di coloro che si improvvisano a seconda dei casi paladini o moralizzatori della società. Per essere credibili occorre per prima cosa essere autorevoli. Così come avviene per i previsori dei guai finanziari, delle crisi economiche e delle relative ricette, allo stesso modo i sostenitori dei rimedi sulla sicurezza e sulla civile convivenza appaiono inadeguati allo scopo. A conti fatti tutto sembra esser messo in piedi come la sceneggiatura di uno spot pubblicitario, un "consiglio per gli acquisti" pensato per durare solo un po´, ma soprattutto per catturare l´immaginario collettivo per un arco di tempo assai breve e determinato e giusto per tirare a campare o forse solo per aver l´agio di caricare lo spot successivo.

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bacula: ambulanza per sara, poi le ruspe - zita dazzi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XIII - Milano Bacula: ambulanza per Sara, poi le ruspe La rom disabile di sette anni sarà portata al campo Triboniano La Camera del Lavoro e il Naga diffidano il Comune: prima dello sgombero si deve trovare una sistemazione per i 150 della favela ZITA DAZZI Il destino dell´accampamento rom sotto al Ponte Bacula è appeso a quello di Sara, una piccola di sette anni che la distrofia muscolare immobilizza al buio, su un vecchio materasso steso dentro a una baracca di legno e di cellophane. Quando un´ambulanza trasporterà Sara al campo comunale di via Triboniano - ed è questione di giorni, se non di ore - allora le ruspe arriveranno a tirar giù per la decima volta la favela della Ghisolfa. Ieri mattina sul posto c´erano molti di quelli che negli ultimi mesi si sono dati da fare per evitare tragedie fra i bambini che vivono in quell´inferno: Valerio Pedroni che coordina gli operatori mandati dai Padri Somaschi, don Massimo Mapelli della Casa della Carità, don Matteo Panzeri, parroco della chiesa di Sant´Elena che ogni sabato porta lì giovani volontari per far giocare i piccoli del ponte, la Caritas Ambrosiana. Tutti assieme per verificare la situazione e per capire come evitare che con l´imminente sgombero i 150 rom romeni del Bacula rimangano un´altra volta all´addiaccio, spinti a un´altra ancor più precaria sistemazione. E mentre sul portale della Diocesi di Milano è stato pubblicato un articolo sulla favela, la Camera del Lavoro, assieme al Naga e all´avvocato Livio Neri, hanno sottoscritto una diffida nei confronti del Comune e del prefetto Lombardi, commissario straordinario all´emergenza rom. «La nostra richiesta è che venga garantita un´alternativa a chi verrà sgomberato dal Bacula», spiega Corrado Mandreoli della Cgil. «Siamo tutti d´accordo che un accampamento così disumano e pericoloso vada smantellato - spiega don Mapelli - il problema è come farlo. Limitarsi ad abbattere le baracche, senza prevedere alternative e un percorso di aiuto alle persone, significa solo spostare il problema di poche centinaia di metri». In effetti i rom del Bacula - la metà dei quali sono bambini in età scolare - sono reduci da diversi sgomberi. L´ultimo, giusto un anno fa alla Bovisasca, dove erano approdati dopo esser stati cacciati dal Bacula. Il vicesindaco Riccardo De Corato ha promesso un intervento «entro la fine di marzo» e ha aggiunto che questa volta «saranno installate protezioni anti-occupazione con una rete alta tre metri e mezzo fissata su un muro in cemento». Ma Valerio Pedroni, padri Somaschi, precisa: «Queste persone sono in questo quartiere da diversi anni, con molte di queste famiglie è stato avviato un percorso di integrazione. I bambini vanno a scuola, sono seguiti da medici. Molti adulti cercano di lavorare nonostante la crisi. Si dovrebbe tenere conto di questi sforzi».

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RAZZISMO DI STATO (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

RAZZISMO DI STATO Anna Maria Rivera La «preferenza nazionale» era uno slogan del Front National francese in voga negli anni '80. Ma il Front National è un partito di estrema destra che mai è stato accolto in un governo. Che oggi siano due ministri della Repubblica italiana - prima Bossi, oggi il più compassato Sacconi - a proporre la preferenza nazionale, rispettivamente sulla casa e sui lavori stagionali, è cosa che fa rabbrividire. Non solo ci conferma ciò che temiamo: l'uscita a destra dalla crisi. Ma ci prospetta che la torsione reazionaria sarà perseguita attivamente e incoraggiata. Il disegno è chiaro e riecheggia le fasi più cupe della storia del Novecento. Già oggi ne è in atto un dispositivo fondamentale, quello che mira a dirottare l'incertezza del futuro e il disagio popolari verso i più deboli fra i deboli: i rom e i migranti più precari. La costruzione dell'«emergenza-stupri», con il corollario forcaiolo di innocenti mostrificati e additati tramite i media al pubblico ludibrio, a questo serve: ad aizzare il «razzismo dei piccoli bianchi», così che coloro che vedono minacciati i propri scarsi privilegi possano sfogare frustrazione e rabbia su coloro che sono socialmente più vicini ma un po' più in basso. La gestione autoritaria e razzista della crisi economica esige uno stato di eccezione permanente. E questo colpisce non solo stranieri e minoranze, ma gli stessi cittadini italiani maggioritari. Il pacchetto-sicurezza contiene misure persecutorie contro gli «estranei» ed anche norme miranti a reprimere il dissenso, il conflitto sociale, la libertà di espressione. Fino a conferire al ministro dell'Interno la facoltà di sciogliere gruppi «eversivi» e di oscurare siti telematici che invitino «a disobbedire alle leggi». In questa strategia, il circolo vizioso del razzismo di Stato - razzismo mediatico, xenofobia popolare - occupa un posto centrale: si reprime il dissenso e il conflitto sociale e nel contempo, con l'aiuto decisivo dei media, si additano capri espiatori verso i quali è possibile indirizzare la protesta di ceti popolari colpiti dalla crisi economica. I capri espiatori a loro volta sono resi più vulnerabili ed attaccabili dagli effetti della crisi, dalla privazione della casa e del lavoro, ma soprattutto da norme persecutorie che mirano ad umiliarli, emarginarli, de-umanizzarli, negando loro diritti umani elementari: il diritto alla salute e alla famiglia, il diritto di mandare del denaro a casa e perfino di riconoscere i propri figli... Ci sono modi e modi per uscire da una crisi che, certo, è globale ma si riflette in modo particolarmente pesante su paesi, come l'Italia, devastati da politiche neoliberiste e dalla debolezza e incoerenza dei sistemi di protezione sociale. Obama cerca d'indicare l'uscita della solidarietà e della coesione sociale, dell'incremento dei diritti dei più deboli, della difesa delle minoranze. La destra che ci governa e i poteri che rappresenta additano la strada della «cattiveria» e del razzismo, sperando così che rancori e conflitti orizzontali permettano loro di restare in sella. È accaduto più volte nel corso della storia. Ma il fatto che sia uno schema classico non ci rassicura affatto.

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L'uomo che si fece venditore di sogni (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

WALL STREET L'uomo che si fece venditore di sogni Galapagos Il giudice Denny Chin gli ha chiesto: «Come ti dichiari?». E il finanziere ha risposto: «colpevole». Con questa ammissione di colpevolezza, sta per concludersi con un condanna all'americana - probabilmente 150 anni di carcere - l'avventura finanziaria del settantenne Bernard Madoff, accusato di aver truffato, con una catena di Sant'Antonio, milioni di clienti, facendo sparire circa 50 miliardi di dollari con un metodo da tutti definito «Ponzi», in ricordo del finanziere di origini italiane che nel 1925 fece piangere mezza America. CONTINUA | PAGINA 3 A Central Park (all'ingresso del parco tra la 5° avenue e la 67°) ci sono quattro panchine con una bella targa di ottone con sopra inciso il nome del donatore: Bernard Madoff. Le ha regalate alla città di New York in ricordo dei suoi genitori e di quelli della moglie Ruth. Su quelle panchine dal 12 dicembre non siede più nessuno, la polizia teme che vengano distrutte e chiede che le targhe vengano rimosse perché il nome di Madoff è diventato una «vergogna». Ma il finanziere che ha accettato 11 capi di accusa (dal riciclaggio alla frode finanziaria, dallo spergiuro alla falsa testimonianza) per oltre 20 anni è stato quasi idolatrato e veniva considerato un benefattore. La sua reputazione, specialmente nella comunità ebraica, era fortissima. E i bond da lui emessi (che sembravano garantire sicurezza e stabilità) erano stati soprannominati Jewish bond. Madoff inizia la sua attività come broker negli anni '60. Sembra (come ha scritto Il sole 24 ore) reinvestendo gli utili della sua attività di bagnino a Long Island. Un po' per volta sale tutti i gradini sociali e economici e raggiunge l'apice con la nomina a presidente del Nasdaq, il listino dei titoli bacologici statunitensi. Come Saddam Hussein, Madoff ha sempre avuto fiducia nella famiglia. Mano a mano che la sua attività si sviluppava (la principale società si chiama Bernard Madoff Investment Securities) portava in ditta i suoi parenti: dal fratello Peter ai figli Mark e Andrew. Il sistema Madoff era basato su una serie di hedge fund. Ma erano fondi falsi (in totale 15, Feirfield e Kinggate i maggiori e più famosi) che a differenza degli altri non promettevano mirabolanti rendimenti (del 20-30% l'anno) ma profitti più «modesti»: un rendimento del 19% annuo, però costante. Comunque fosse l'andamento del mercato. Insomma, più che investimento in fondi si trattava quasi di obbligazioni a rendimento fisso e garantito. Ma come si reggeva il sistema Madoff, visto che i suoi fondi non guadagnavano assolutamente il 10% annuo? Semplicemente applicando il sistema della catena di Sant'Antonio. In pratica, il denaro che affluiva dai nuovi sottoscrittori copriva abbondantemente i riscatti richiesti da chi intendeva riavere indietro il proprio denaro. Questo significa che decine di migliaia di investitori con Madoff hanno guadagnato. Il problema è che sono molti, ma molti di più sono rimasti con il cerino acceso in mano. Ieri Madoff ha detto «ero sicuro che questo giorno sarebbe arrivato». La certezza gli era arrivata parecchi mesi fa, quando sotto l'onda di piena della crisi finanziaria le richieste di riscatto si stavano moltiplicando arrivando a 7 miliardi di dollari, a fronte dei quali dai nuovi sottoscrittori non arrivava un centesimo. Madoff non è un finanziere sfortunato: il suo impero era tutto costruito sull'imbroglio, il non rispetto delle leggi, la mancanza di controlli. I suoi hedge fund, ad esempio, non avevano di fatto una banca depositaria, ma si appoggiavano a uffici di contabilità, pseudobanche domiciliate alle Cayman, alle Barbados e negli altri paradisi fiscali. La cosa grave è che la Sec (la Consob statunitense) fin dall'inizio degli anni '90 aveva più volte ispezionato la capogruppo - Bernand Madoff Investement - senza rilevare violazioni gravi. I primi sospetti sono nati solo dopo una ispezione condotta poco prima del tracollo: ne emerse che solo 1 miliardo di dollari era investito in borsa. Troppo poco per poter onorare gli impegni presi. Gli unici ad aver «mangiato la foglia» e capito che c'era qualcosa che non funzionava erano stati gli hedge fund concorrenti, tanto che nel 2005 partì anche una denuncia all'autorità di controllo. Ma cadde nel vuoto. Nel sistema Madoff tutto era falso. Anche la società di revisione che era fittizia e controllata dallo stesso finanziere. Una replica di quanto era accaduto con la Parmalat. La cosa straordinaria è che i clienti di Madoff erano soprattutto investitori istituzionali e grandi istituti finanziari, mentre le famiglie direttamente coinvolte dovrebbero essere circa 4 mila. Ma indirettamente i privati coinvolti potrebbero essere 3 milioni, come sostiene la stampa statunitense. O anche di più, «grazie» al sistema dei derivati. Esistono, infatti, obbligazioni indicizzate ai fondi Madoff e polizze vita legate ai suoi fondi: questo significa che migliaia di persone che hanno acquistato una polizza o una obbligazione legata ai fondi del finanziere Usa ora si ritrovano per le mani carta straccia e hanno perso tutto. Nella nuova grande illusione sono coinvolte anche banche italiane: Unicredit per 75 milioni e il Banco popolare per 8. Esposizioni molto superiori quelle della spagnola Bbva (circa 300 milioni di euro), della britannica Bank of Scotland (445 milioni) e della francese Natxis (450 milioni). La figura del pollo la fa la società di gestione Fairfield Greenwich che avrebbe consegnato a Madoff metà del suo patrimonio: 7,5 miliardi di dollari.

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L'elemosina ai tempi della crisi. Sul nostro sito la polemica a sinistra (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

FERRERO-FRANCESCHINI L'elemosina ai tempi della crisi. Sul nostro sito la polemica a sinistra Alberto Piccinini L'eco del «no» di Ferrero alla proposta di Franceschini - l'una tantum a carico dei redditi più alti da destinare ai più poveri - arriva fino al sito del manifesto, increspato ieri pomeriggio dal dibattito tra chi contrappone «elemosina» (roba cattolica) e «redistribuzione dei redditi» (roba di sinistra). Cominciamo dai critici duri. Franceschini - scrive Piero Ancona - «non è Robin Hood, è un modesto postulante», difatti «si limita a stendere la mano guardandosi bene dal chiedere la tassazione della rendita finanziaria». Aggiunge Ale: «Quella di Franceschini è solo demagogia per recuperare i voti. Ci vogliono interventi strutturali, non spot». «Sveglia!», grida Jonathan, «diamo retta a un democristiano, ora?». «Bizzarri questi commenti plaudenti verso la demagogia di Franceschini - ribadisce Guido - Peccato che nel pd ci siano Ichino e il giovane Colaninno». «Sensata - aggiunge Walter P. - era la richiesta della Cgil di tassare strutturalmente i redditi sopra i 150.000 euro. Ancora più sensata sarebbe una reale lotta all'evasione». «Meglio tardi che mai!», apre invece a Franceschini, con un po' di necessaria ironia, Lucio. E Gianni insiste: «Forse Ferrero ha paura che il pd diventi di sinistra?». La sopresa per l'attivismo (mediatico, se non altro) del nuovo segretario del Pd colpisce positivamente una buona metà dei partecipanti al dibattito. «Mi dispiace che Ferrero e altri non si accorgano quando un ds finalmente dice cose sensate e comincia a minare la politica berlusconiana. - scrive Maria - A chiedere il cielo poi sono bravi tutti, ma da quando è stato eletto Franceschini le azzecca». Conclusione: «meglio tardi che mai». Di nuovo. «Grande delusione su Ferrero - aggiunge n.acca - vero che la misura non risolve la crisi, infatti non è una manovra per risolvere la crisi ma per cercare di garantire una vita dignitosa a chi non ha la possibilità». E ancora: «Il pd ha fatto tante cazzate ma se lo si attacca anche quando fa qualcosa di buono e per una volta di sinistra, non se ne esce». «Buone proposte di Franceschini anche se non risolutive - ammette anche Giovanni De Biasi - Cerchiamo di stare uniti il più possibile, le divisioni saranno la nostra rovina», ritornando in questo senso al grido disperato (quasi prepolitico, forse naif, ma sempre molto forte) che attraversa i nostri dibattiti ogni volta che si toccano i «grandi temi» della sinistra. Unità. No divisioni. Ida, che ripubblichiamo integralmente, centra in qualche modo questo stato d'animo: «Anch'io sono convinta come Ferrero che sono indispensabili riforme strutturali, ma a noi lavoratori ci sta cadendo addosso qualcosa di talmente grande e spaventoso, che qualunque misura, una pur minima tutela, va bene. In fondo è una proposta che toglie i ricchi per dare ai poveri: io, che lavoro, che ho un discreto lavoro, quel reddito lo raggiungo (lordo) in almeno 6 anni»". Diciamola così: è finito il tempo del benaltrismo, e dunque: a mali estremi, estremi rimedi. Aggiunge Annalisa, arrabbiata: «Ferrero risponde a Franceschini inneggiando all'elemosina di stato; eppure per quanto si è potuto vedere in questo ultimo periodo la tanto osannata figura dei Veri Comunisti è stata in silenzio». Ivan ripercorre le tracce di una vecchia polemica: «Lo sfascio della sinistra - scrive tutto maiuscolo - cominicia con la caduta del primo governo Prodi per opera di Bertinotti assistito da D'Alema». Risultato: il sito del manifesto «alimenta il pessimismo» di Maria Grazia Meriggi: «L'antipolitica e gli insulti - commenta - vi si manifestano quasi come nel mondo esterno». Da un certo punto di vista, aggiungiamo, non è neppure un gran male. Insomma, proviamo a parlarci chiaro. Maria Grazia spiega ancora che l'iniziativa di Rifondazione comunista della «vendita del pane», imputata da qualcuno a Ferrero come iniziativa «da elemosina» tanto quanto l'una tantum proposta da Franceschini, era in realtà ispirata «alla tradizione mutualistica del movimento operaio» e «non ha alcun rapporto con la carità pubblica». Tuttavia, i segnali che si colgono nel dibattito sul nostro sito sembrano andare da un'altra parte, come se la percezione della crisi stia facendo sbiadire certe tradizionali divisioni nelle analisi e nel senso comune tra sinistra moderata e sinistra estrema. Qualcuno ne tenga conto.

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Monito Bce all'Italia Crollo tedesco (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI Monito Bce all'Italia Crollo tedesco Maurizio Galvani Il Bollettino mensile della Bce è chiaro: nel 2010, 10 paesi su 16 dell'Unione europea sfonderanno il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil fissato a Maastricht. Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Portogallo e Slovenia saranno le prime (già nel 2009) a superare questa quota; seguiranno Belgio, Germania, Austria e Slovacchia. L'Italia è uno dei paesi in crisi per il quale la Bce prevede un deficit sopra il 3% sia per l'anno 2009 che 2010. I curatori del Bollettino trovano l'occasione per rilanciare un avvertimento e dire che «i governi hanno già impegnato importanti risorse a sostegno del sistema bancario». Azzardano che «non c'è nessun margine per nuove misure di stimolo poichè queste azioni nuocciono alla fiducia». Sul che fare, conta la dichiarazione fatta - ieri stesso a Vienna dal presidente della banca centrale Jean-Claude Trichet - secondo la quale «la Bce non ha deciso a priori che l'attuale livello dei tassi sia al minimo». Tradotto potrebbe voler dire un ritocco ancora verso il basso del costo del denaro bloccato all'1,5%. Mentre Trichet giura di non aver mai usato la parola default (ovvero rischio di insolvenza per un singolo paese), contestualmente, svela la sua contrarietà all'ipotesi di adottare degli eurobond emessi dai singoli dicasteri del tesoro. Boccia il progetto che vuole adottare il ministro Tremonti e la richiesta già avanzata, in Italia, da alcuni istituti di credito per accedere a questi bond. L'Eeag (commissione di otto economisti presso la Bce) chiede che la banca si faccia carico di supervisionare i grandi gruppi bancari presenti in più paesi del Vecchio Continente e avere quindi una comune normativa finanziaria. La richiesta è un ulteriore vigilanza di fronte a un sistema che traballa. Il Bollettino infine conferma che «il Pil nella zona dell'euro registrerà un calo compreso tra il -3,2% e il -2,2% nel 2009 e fra -0,7% e più 0,7% nel 2010». Non accenna a rallentare la richiesta di sussidi di disoccupazione in Usa. Nella settimana che si è chiusa il 7 marzo le richiete sono state 654 mila richieste, novemila in più rispetto alla settimana precedente con nuovo massimo per le registrazioni continuative a 5.317.000, il massimo storico, cioè da quando è iniziata la rilevazione nel 1967. Inoltre le imprese denunciano un calo delle scorte superiore all'1,1% nel mese di gennaio. Non «sorridono» nemmeno in Germania: il ministero dell'economia ha comunicato una caduta della produzione industriale è del 7,5% rispetto a dicembre. Il dettaglio per settori mostra una discesa della produzione nell'industria manifatturiera dell'8,4%, le costruzioni sono calate del 7,8% e l'energia del 3,2%. Passando alla crisi dell'auto, la Bmw, ha comunicato una discesa dell'89,5% dei propri utili. E La Volvo, ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo con i sindacati con il quale si congelano i salari con l'impegno di bloccare nuovi licenziamenti. I due colossi asiatici la Cina e il Giappone manifestano significativi rallentamenti: il Pil nipponico nel IV trimestre del 2008 ha subito una flessione del 3,2% pari al 12,1% su base annuale. Dalla Cina giungono segnali contrastanti con una brusca frenata della produzione industriale (3,8%) e una forte crescita dei prestiti bancari. Ciò è stato provocato dal calo delle esportazioni. I prestiti bancari sono scesi a 1.070 miliardi di yuan (157 miliardi di dollari) un dato inferiore al record storico di 1.620 miliardi di yuan di gennaio.

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Così s'insegnano i diritti umani a chi non ne ha (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

IL CASO Così s'insegnano i diritti umani a chi non ne ha Th. Gu. KABUL L'ufficio è una villetta nel quartiere meridionale di Karteseh. Il fusto della vite in giardino è antico e in attesa di buttare fuori le prime gemme. E' qui che ha sede il Civil Society & Human Rights Network (Cshrn), finanziamenti danesi e svizzeri e nome inglese. Ma afghanissimo e con un obiettivo ben preciso: occuparsi del tema dei diritti umani, locuzione molto utilizzata in Afghanistan ma i cui principi sono assai poco applicati. Naim Nazari, coordinatore di quest'ombrello che raccoglie sessanta organizzazioni nel paese che, a diverso titolo, si occupano di diritti, racconta di questa rete di associazioni registrata sia al ministero della giustizia, sia a quello dell'economia (può sembrar bizzarro, ma ogni burocrazia ha le sue regole). «Ci occupiamo del tema della giustizia e della democrazia in Afghanistan - spiega Nazari - ma non solo a livello teorico. Lavoriamo sulla formazione tecnica, il che significa sul piano dei valori, ma anche sulla capacità di incidere a livello istituzionale: i diritti umani bisogna conoscerli ma anche farli diventare pratica». Per farlo, questa rete della società civile afghana sa benissimo che occorre un lavoro di lobbing: «Per influenzare le istituzioni e consigliare le politiche del governo. Per dirla in tre parole: formazione, coordinamento e pressione». Un discorso molto articolato che non ti aspetteresti di sentire in Afghanistan. Il comitato ristretto del Cshrn è composto dai rappresentanti di undici delle sessanta organizzazioni che eleggono la rosa ridotta dell'esecutivo nell'Assemblea generale che si tiene ogni anno e alla quale appartiene il diritto di cambiare la strategia della rete. Al segretariato ristretto spetta invece un lavoro di elaborazione teorica che si nutre di incontri e dibattiti con funzionari dei vari ministeri, intellettuali, esponenti della società civile e che trova poi un veicolo nella rivista bimestrale «Angora» (per ora solo in pashtun e dari) e sul sito web della rete (anche quello in lingua). Ma il network è anche presente in un programma radiofonico che va in onda ogni venerdì pomeriggio tra le sei e le sette e con diverse altre pubblicazioni e brochure a tema, come testimoniano i pacchi che vediamo nell'ordinata biblioteca del centro. Kabul non è l'unica sede: il Centro ha uffici a Jalalabad, Herat, Mazar-i-sharif, da cui a loro volta dipendono 17 province afghane, oltre la metà di quelle in cui è diviso il paese. Al Sud la loro presenza è debolissima, «anche se per adesso i talebani non ci hanno preso direttamente di mira», dice Nazari. E non devono essere gli unici nemici che temono: quando si comincia a parlare di «opposizione democratica», delle linee etniche in cui è diviso il governo, delle leggi di amnistia varate per autoassolversi e della legittimità dell'esecutivo, si capisce che il terreno è minato. E che la battaglia per i diritti non si combatte solo nelle pianure meridionali dell'Helmand, ma anche nel nuovo parlamento di Kabul dove non tutti vedono con favore l'attività di una rete che si occupa di diritti umani. Il Cshrn è uno dei tanti punti luminosi nel magma informale di una società civile che, benché poco conosciuta, poco finanziata, poco ascoltata, esiste e si muove, anche se con fatica. Rappresenta forse solo un segmento ridotto della società afghana, ma anche un punto di luce nel buio di un paesaggio istituzionale spesso opaco, a cominciare dal parlamento per finire negli uffici dei vari ministeri. Scommessa vera di democrazia, parola da declinare con cautela in questo paese. Gente così meriterebbe più attenzione. E più protezione. Non soltanto dai talebani.

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I genitori in filiale come garanzia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 2 autore: Piemonte/Ict. Bjconsulting di Cuneo «I genitori in filiale come garanzia» «Stavo pensando a un progetto nuovo. Avevo bisogno di soldi freschi. Mi sono presentato alla Unicredit, mi hanno detto che per ampliare il fido occorreva che tornassi con i miei genitori. Con loro, avrei ottenuto le giuste garanzie. Non ci volevo credere. Per inciso, i miei genitori sono mancati da tempo. E, nelle ultime settimane, le cose hanno preso sempre più questa piega: in banca ti chiedono l'esame del sangue per qualunque richiesta. è un paradosso: il denaro formalmente costa poco, semplicemente non te lo danno». Cose che capitano a un padre di famiglia di 37 anni, ai tempi della grande crisi finanziaria che si è rapidamente trasformata in restrizione del credito, soprattutto per le piccole e le medie imprese. Ubaldo Libertino, insieme ad altri due soci, è titolare di una azienda specializzata in Ict, la Bjconsulting, che conta in Piemonte, fra Cuneo, Torino e Ivrea, diverse sedi operative. «Per fortuna - dice lui che ha un bambino di due annie mezzo, Jacopo - che la società è sana e che quindi, alla fine, non c'è stato bisogno di un particolare apporto di nuovi capitali per gestire il suo sviluppo. Abbiamo completato il nostro primo ciclo di investimenti tecnologici. Questo ci consente di avere una posizione finanziaria netta buona.Ma,certo,l'atteggiamento delle banche, oggi, non è semplice. Quando hai bisogno di pianificare una serie di viaggi all'estero per partecipare alle fiere dei nuovi servizi tecnologici, anche se hai i bilanci a posto e i criteri di Basilea 2 non dovrebbero costituire per te un grande problema, non incontri un grande entusiasmo all'esposizione dei tuoi piani. Dall'altra parte del vetro, nelle filiali, ti guardano come se tu fossi un problema a prescindere». E, così, ancora una volta, questo tipico esemplare di "artigianato high tech", la formula con cui si definisce la capacità tutta italiana di fare innovazione anche in forme imprenditoriali piccole, deve ricorrere all'autofinanziamento per sviluppare nuovi progetti. «Dopo i servizi anticatastrofe per la pubblica amministrazione italiana e i progetti di sicurezza per i pozzi petroliferi nel Medioriente - spiega - abbiamo brevettato un sistema di vigilanza condiviso fra cittadini, pubblica amministrazione e forze dell'ordine, destinato al mercato interno. Con un semplice telefonino, una persona normale potrà riprendere un reato e trasmetterlo in presa diretta a un centro di elaborazione dati che, a sua volta, avvertirà la poliziao i carabinieri. In questo momento, un atteggiamento meno respingente da parte delle banche sarebbe gradito». P. Br. RICHIESTE BIZZARRE «Non ci volevo credere, papà e mamma sono mancati da tempo Il denaro formalmente costa poco ma non te lo danno»

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Soffre un'azienda su quattro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 2 autore: Soffre un'azienda su quattro Per il Csc Confindustria il 9,9% delle imprese è ostacolato nell'attività Paolo Bricco MILANO Nessuno può più prescindere dai Brambilla e dagli Esposito. I piccoli e medi imprenditori hanno vinto la ritrosia ad apparire e,adesso, escono allo scoperto. Oggi e domani a Palermo,al convegno organizzato da Confindustria Piccola Industria, si discuterà lo studio «Oltre la crisi. Pmi classe dirigente». Un volume a più voci, curato dall'economista del Politecnico di Milano Giangiacomo Nardozzi e dal direttore del Centro Studi di Viale dell'Astronomia Luca Paolazzi, che analizza i punti di forza e i limiti di un tessuto industriale che, negli ultimi 15 anni, si è riconfigurato imperniandosi sempre più sulle Pmi, con il contestuale ridimensionamento delle ex partecipazioni statali e la minore centralità delle famiglie storiche del nostro capitalismo. Una realtà nascosta e poco appariscente, che non si sottrae però alle proprie crescenti responsabilità, dal momento che poco alla volta i suoi protagonisti hanno preso coscienza delle responsabilità a cui sono chiamati dai nuovi assetti strutturali dell'economia italiana, oltre che da una crisi particolarmente cruenta. Una recessione che sta mettendo a dura prova la fisionomia finanziaria delle aziende, in particolare le piccole e le medie: secondo l'ultima analisi del Centro Studi Confindustria, è di 24,5 il saldo netto dei giudizi delle aziende che segnalano una restrizione di credito (in Spagna, per citare un Paese competitor, è di 43,8%),mentre la carenza di prestiti ostacola l'attività del 9,9% delle imprese italiane (21,4% in Spagna). Sempre secondo il Centro Studi Confindustria, le difficoltà finanziarie fanno il paio con quelle industriali, ben rappresentate dall'esplodere della cassa integrazione, che si avvicina ai massimi del 1993: in febbraio il monte ore della Cig annualizzato è stato pari all'1,16% della forza-lavoro, contro lo 0,8% di gennaio. Il picco, nel 1993, era stato dell'1,4 per cento. Questa recessione sta picchiando su un tessuto industriale fondamentalmente sano. Un sistema a notevole caratura "molecolare", come la definisce lo studio che servirà da base alle discussioni di oggi e domani a Palermo, in cui i piccoli e i medi, con la loro vitalità un poco febbricitante, sono una parte essenziale. Basta osservare l'andamento del valore aggiunto industriale a prezzi correnti che, fatto 100 il livello del 1998, ha superato per l'Italia quota 120, dietro alla Germania (130 punti), ma davanti alla Francia (110). Oppure, il problema delle quote nazionali sul commercio mondiale, che se espresse in valore mostrano dal 2002 il costante netto calo di Regno Unito e Francia da un lato e, dall'altro, una discreta tenuta dell'Italia. La complessità di questo frangente è testimoniata dall'intrecciarsi di questi elementi positivi, cioè la capacità di creare valore aggiunto industriale e di esportare beni puntando su una qualità incorporata nei prezzi, con l'annosa questione della bassa produttività. La variazione media annua di quest'ultima, fra il 1997 e il 2007, è stata nulla per il nostro settore privato, a fronte di una media comunitaria vicina al 2 per cento. Tutto questo, però, non deve soltanto fare i conti con la recessione. C'è un problema di contesto generale: l'indice che calcola la facilità degli adempimenti amministrativi per le imprese vale 1 per gli Stati Uniti, 6 per il Regno Unito, 12 per il Giappone, 20 per la Germania, 31 per la Francia, 38 per la Spagna e addirittura 53 per l'Italia. In uno scenario così complesso, la crisi non ha compresso la spinta che viene dal basso: per il 53,9% degli imprenditori,molti dei quali saranno oggi e domani a Palermo, è necessario continuare a produrre e a lavorare. E bisogna farlo ponendo più attenzione di un tempo alla qualità dello sviluppo. paolo.bricco@ilsole24ore.com L'ALLARME OCCUPAZIONE A febbraio il monte ore della cassa integrazione annualizzato è stato pari all'1,16% della forza lavoro sfiorando i massimi del '93

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Draghi: rimettere in moto il credito (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 3 autore: Draghi: rimettere in moto il credito «Contro la crisi misure aggressive e coerenti» - No a una stretta sui requisiti di capitale degli istituti Rossella Bocciarelli Alessandro Merli LONDRA. Dai nostri inviati «La priorità deve essere quella di mantenere i flussi di credito all'economia». Promuovere l'uscita dal credit crunch, che si è ormai esteso dai Paesi avanzati agli emergenti, è l'obiettivo principale delle autorità di vigilanza bancaria e di controllo dei mercati, riunite nel Financial Stability Forum, ha spiegato il suo presidente, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi.Devono essere adottate misure «aggressive e coerenti» fra loro, in modo, ha aggiunto, che le iniziative adottate in un Paese non danneggino gli altri. «L'Fsf - ha detto Draghi ieri a Londra, al termine della riunione che ha visto l'allargamento del Forum a 12 nuovi membri e ha preceduto l'incontro di oggi e domani del G-20 in Sussex-vede un declino ovunque nell'ammontare e nella crescita del credito, anche a causa del calo della domanda, seppure con diversa intensità a seconda del modello di raccolta delle banche ». Quelle che puntano sulla raccolta dai depositi al dettaglio hanno sofferto meno di quelle che si approvvigionavano principalmente sul mercato all'ingrosso, ora quasi bloccato. «E se non tutti i Paesi hanno il problema de-gli asset tossici, tutti hanno però il problema di mantenere il credito », ha aggiunto Draghi, indicando anche fra i principali rischi il calo dei flussi internazionali di credito, per la pressione cui le banche sono sottoposte che le induce a estendere prestiti soprattutto sui rispettivi mercati nazionali. Tra l'altro, a una domanda sulle difficoltà dell'Europa centrale e orientale, il governatore ha precisato che i singoli Paesi della regione non hanno lo stesso grado di rischio e quindi le situazioni vanno viste caso per caso. La stabilizzazione dei sistemi finanziari e la ripresa del credito passano attraverso la ricapitalizzazione delle banche e il rafforzamento dei loro bilanci, ha ribadito l'Fsf. Il quale però dà il suo avallo a una nota diffusa ieri dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, secondo cui non è il momento di aumentare i requisiti patrimoniali in questo periodo di stress economico e finanziario. «Ho detto più volte - ha ricordato Draghi - che le banche dovranno uscire da questa crisi con più capitale, meno debito, più regole e più vigilanza. Ma questo non è il momento di aumentare il capitale, anzi i cuscinetti che alcuni istituti hanno creato oltre i requisiti di vigilanza devono proprio servire ad assorbire le perdite e sostenere la continua attività di prestito all'economia».Per il futuro,tuttavia, si dovrà andare verso un sistema di accantonamenti «dinamico » (maggiori negli anni buoni, minori in quelli negativi) che eviti un effetto prociclico, di accentuare cioè le oscillazioni del ciclo economico, come sta avvenendo ora. Si guarda con interesse al modello spagnolo. L'Fsf ha inoltre approvato un insieme di principi che regolino i compensi dei banchieri, in modo da evitare che siano incentivati a prendere rischi eccessivi. «è un punto importante - ha detto il governatore - e complementare al miglioramento della gestione del rischio». Autorità di vigilanza e altri stakeholders dovranno essere coinvolti su questo tema. Un altro rapporto che l'Fsf presenterà al G-20 riguarda la cooperazione nella gestione delle crisi. Sono già state identificate le banche che operano su scala globale e per le quali verrà attivato (in qualche caso è già stato fatto) un collegio di vigilanza. Ammaestrati dalle pesanti conseguenze del fallimento di Lehman Brothers, i membri dell'Fsf hanno ribadito l'impegno a sostenere le istituzioni con un'importanza «di sistema », quelle cioè il cui crollo potrebbe trascinare con sé l'intero sistema finanziario. Il comunicato sorvola sulla controversia degli ultimi giorni, in seguito all'appello degli Stati Uniti a prendere ulteriori misure di stimolo dell'economia,approccio rifiutato dagli europei, che ritengono invece si debba puntare soprattutto su una riscrittura delle regole della finanza. L'Fsf ricorda che le politiche monetarie e fiscali adottate a livello mondiale hanno fornito uno stimolo macroeconomico sostanzioso, ma anche che alcune sono ancora nella fase iniziale di realizzazione. E quindi vanno messe in atto in tempi rapidi. Ieri il Forum, che era stato creato dal G-7 nel 1999 dopo la crisi asiatica, si è allargato ad altri 11 Paesi più la Commissione europea. In pratica, i grandi emergenti, a partire dai Bric (Brasile, Russia, India, Cina) e gli altri membri del G-20 che ancora non ne facevano parte, oltre alla Spagna. «Il mondo è molto cambiato da allora », ha riconosciuto Draghi, secondo cui l'ampliamento servirà a rafforzare la capacità dell'Fsf di riformare il sistema finanziario internazionale. Infine, alla domanda su cosa pensasse del suo inserimento nella lista del Financial Times delle 50 persone che possono salvare il mondo dalla crisi economica, Draghi ha riposto, con un sorriso: «Che esagerazione». ECCESSI «Che esagerazione!», così il Governatore di Bankitalia ha commentato il suo inserimento nella lista dei 50 salvatori dell'economia REUTERS Il vertice del Forum. Al termine della due giorni di lavoro del Fsf, Mario Draghi ha sottolineato le persistenti debolezze dei sistemi finanziari e delle economie reali sia nei Paesi avanzati sia negli emergenti

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Il rapporto de Larosière ci ha deluso (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 3 autore: INTERVISTA Lorenzo Bini Smaghi Membro del board della Banca centrale europea «Il rapporto de Larosière ci ha deluso» Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Delusione. è questa la parola giusta con la quale definire la reazione della Banca centrale europea al rapporto presentato nei giorni scorsi da un gruppo di ottosaggi presieduto dall'ex governatore francese Jacques de Larosière. La relazione, 85 pagine, doveva proporre cambiamenti profondi a una sorveglianza bancaria che nella zona euro rimane troppo nazionale e decentrata allorché gli istituti di credito sono sempre più internazionali e la crisi finanziaria ha mostrato quanto sia necessaria una vigilanza più centralizzata. In questa intervista, Lorenzo Bini Smaghi, 52 anni, membro del comitato esecutivo della Bce, esprime tutto il disappunto dell'istituto monetario per un rapporto troppo timido che non affronta con determinazione i nodi messi in luce dalla crisi di questi ultimi due anni. è il primo commento pubblico della banca al rapporto presentato a fine febbraio. La parola passa ora alle autorità comunitarie: «Siamo pronti a collaborare con la Commissione europea per introdurre le correzioni che pensiamo necessarie», dice il banchiere centrale. Il rapporto Larosière propone modifiche al sistema di sorveglianza bancaria, ma non si esprime sull'ipotesi di trasferire alla Bce la vigilanza creditizia, almeno per i gruppi transnazionali, via l'articolo 105.6 del Trattato. Voi avevate chiesto l'applicazione di questa norma. Siete delusi? Quello che chiedevamo non era di fare direttamente la vigilanza sui grandi gruppi, ma di disporre di poteri in materia macro- prudenziale, simili a quelli che verranno attribuiti alla Federal Reserve americana, che consentono di avere una visione d'insieme dei rischi e di intervenire quando necessario sull'intero sistema. Questa è la raccomandazione del Financial Stability Forum e di altri gruppi come il G-20. E invece le proposte contenute nel rapporto Larosière in sostanza non cambiano nulla. Secondo me la Commissione Europea dovrà apportare alcune modifiche al rapporto per renderlo più concreto ed efficace. Il gruppo Larosière propone la creazione di un nuovo organismo dedicato all'analisi prudenziale macroeconomica, lo European Systemic Risk Committee (Esrc). Uno dei vantaggi è che avrebbe 31 membri rispetto ai 60 dei comitati attuali. Cosa ne pensa? Questo nuovo comitato sarà presieduto dalla Bce e collegato alla sua struttura, ma di fatto non ha veri poteri. Può solo produrre rapporti sulla situazione dei rischi, e riferire ad altri gruppi e comitati. Quello che ci vuole per evitare una nuova crisi è ben altro. L'organismo proposto da Larosière deve poter emanare regolamenti in materia macroprudenziale, relativi ad esempio alla gestione della liquidità o a misure anti-cicliche, che siano direttamente applicabili dalle autorità nazionali sulle banche di tutti i Paesi europei. Alcuni Paesi si sono opposti. Ma la crisi non doveva indurre gli Stati ad abbandonare la visione nazionale? Non voglio fare dietrologie, ma a me sembra che contro questa ipotesi si siano mossi soprattutto i Paesi fuori dalla zona euro. Capisco che gli inglesi, ad esempio, non vogliono un comitato europeo che emani direttive sulle banche inglesi. Loro hanno comunque la banca centrale e l'autorità di vigilanza nazionale che si possono coordinare tra loro per gestire eventuali problemi ( anche se la crisi ha dimostrato i limiti della gestione a livello solo nazionale). Ma nella zona euro non c'è alcun legame istituzionale tra le 16 autorità di vigilanza nazionale e la Bce. Il Rapporto Larosière non risolve questo elemento di debolezza. Insomma, neppure la zona euro è riuscita a fare passi avanti in questo campo. Secondo il rapporto Larosière, il comitato Esrc ha competenze per l'intera Unione a 27. Spero che i ministri dell'Economia dei Paesi dell'euro si rendano conto che ciò rischia di indebolire l'Unione monetaria. La proposta dovrebbe quindi essere modificata per consentire al nuovo organismo di emanare misure macro-prudenziali anche per la sola area euro, se necessario. Ma ci vuole anche altro. A che cosa pensate? Per fare una vigilanza macroprudenziale efficace è necessario disporre delle informazioni disaggregate sulla situazione del sistema bancario. è chiaro che le autorità di vigilanza nazionali non vogliono dare queste informazioni all'esterno se non hanno garanzia che verranno trattate in modo confidenziale. Il rapporto Larosière non affronta questo problema fondamentale. Che cosa proponete quindi? Si deve, da un lato stabilire un obbligo formale per le autorità di vigilanza nazionali di fornire le informazioni anche sulle singole banche e, dall'altro, assicurare che tali informazioni rimangano riservate, all'interno di una struttura della Bce, da utilizzare per fare valutazioni complessive. Lo stesso presidente della Bce potrebbe essere il garante di tale confidenzialità. Sul fronte dell'analisi microeconomica, il sistema di vigilanza bancaria proposto dal gruppo Larosière rimane decentrato. Come valutate la decisione di dare ai comitati Lamfalussy che oggi riuniscono i vari enti di sorveglianza nazionali, la natura di enti europei tali da prendere decisioni a maggioranza? In realtà i comitati Lamfalussy vengono trasformati in autorità amministrative con pochi poteri. Questo toglie l'incentivo ad armonizzare maggiormente le legislazioni nazionali. Lo stesso rapporto sostiene che l'armonizzazione non è un fine in se stesso e che i diversi approcci nazionali possono essere benefici. Ma sono pretesti che giustificano gli scarsi progressi compiuti in questi anni. Questo è il motivo per cui le banche vengono trattate diversamente da Paese a Paese, in materia contabile, di reporting, di metodologia per validare il rischio e così via. Se non si capisce che questi margini di discrezione sono stati usati per farsi concorrenza, anche all'interno dell'Europa, riducendo così la regolamentazione, non si capisce l'origine della crisi. E non la si risolve. beda.romano@ilsole24ore.com «La Commissione europea deve introdurre modifiche affinché le nuove regole siano molto più efficaci»

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Bce: i piani di rilancio vanno bene così (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 3 autore: Bce: i piani di rilancio vanno bene così FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Anche la Bce interviene nel dibattito euro-americano sulla necessità di nuovi stimoli alla domanda. Nel bollettino mensile di marzo, la banca spiega che non c'è spazio di manovra per nuovi aiuti pubblici all'economia. Le autorità monetarie sottolineano che alla luce degli aiuti decisi nei mesi scorsi «non c'è margine di manovra per adottare ulteriori misure di stimolo poiché potrebbero nuocere al clima di fiducia». La Bce ricorda che il piano di aiuti europei pesa per 200 miliardi di euro, l'1,5% del prodotto interno lordo dell'Unione. Molti banchieri centrali si rendono conto che in una crisi provocata da un fortissimo calo della domanda la mano pubblica deve agire per sostenere i consumi e gli investimenti. Al tempo stesso però il timore della Bce è di assistere a una deriva dei conti pubblici più forte di quella già in atto, che metta a repentaglio il Patto di stabilità e il futuro della zona euro. «Nei Paesi in cui attualmente si osservano forti pressioni nei mercati finanziari - spiega la Bce riferendosi in modo particolare probabilmente all'Irlanda, alla Spagna e alla Grecia- l'impegno al risanamento dei conti pubblici dovrebbe essere più ambizioso e dovrebbe considerare altresì l'esigenza di ridurre l'esposizione ai rischi per il bilancio». Mentre gli Stati Uniti sostengono la necessità di maggiori aiuti all'economia a livello nazionale, l'Europa, insieme alla stessa Bce, frena. Peraltro, ieri da Berlino, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel hanno parlato con una sola voce contro nuovi stimoli economici e a favore di un'applicazione rigorosa del Patto di stabilità. Infine, dipingendo un quadro fosco dell'economia, il bollettino mensile lascia la porta aperta a nuovi allentamenti dopo quello della settimana scorsa che ha portato il tasso di riferimento all'1,5 per cento, un'ipotesi confermata ieri dallo stesso Jean-Claude Trichet. In un lungo articolo dedicato alla situazione dell'inflazione, la Bce nega però ancora una volta che vi siano rischi deflazionistici e continua a parlare di disinflazione, peraltro temporanea. B.R. beda.romano@ilsole24ore.com

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Crolla la ricchezza degli Usa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 6 autore: Stati Uniti. Nel 2008 il patrimonio netto degli americani è sceso di 11.200 miliardi di dollari (-18%) Crolla la ricchezza degli Usa Ma nei dati della Federal Reserve l'indebitamento è quasi invariato Mario Platero WASHINGTON. Dal nostro inviato Il patrimonio netto degli americani nel 2008 è caduto verticalmente per la prima volta in quattro anni, addirittura del 18 per cento. Lo ha comunicato ieri la Federal Reserve. Il netto della differenza fra attività e passività è stato calcolato in 51.500 miliardi di dollari, una perdita di 11.200 miliardi di dollari rispetto ai 62.700 del 2007, che si traduce appunto in una caduta del 18% tenendo conto del valore complessivo di proprietà immobiliari, portafogli azionari, beni tangibili, contante in banca e investimenti monetari. Le statistiche dicono che si tratta del primo calo dei valori patrimoniali dal 2002, che siamo tornati ai valori del 2004. Il patrimonio lordo è stato calcolato in 65.700 miliardi di dollari, una caduta del 15%, il passivo, cioè l'esposizione esterna attraverso indebitamento è caduto di meno di un punto percentuale al livello di 14.200 miliardi di dollari. Dati questi che confermano la fine di un'era: finora gli americani erano abituati - e incoraggiati - a rifinanziare tutto, la casa, il fondo universtiario per i figli, il portafoglio titoli, le loro riserve pensionistiche. Bastava che ci fosse bisogno di qualcosa, una nuova auto, un viaggio ai Caraibi, una nuova scuola privata per i figli, che si andava a pescare nell'inesauribile rialzo dei valori. Le banche del resto erano prontissime a concedere un credito diciamo di 100mila dollari se il valore teorico della casa in cui si abitava era aumentato, sulla carta, dello stesso valore. Così si è andati avanti per anni: i direttori finanziari di grandi multinazionali ormai non ragionavano più in termini di necessità di cassa o di copertura di operazioni di tesoreria, ma solo in termini speculativi: un'eccedenza poteva essere messa a leva anche quattro o cinque volte. è stato in questo contesto, di sobrietà statistica del nostro tempo - ma non ancora del nostro futuro - che il presidente americano, Barack Obama, ha ieri parlato alla Business Roundtable, una delle associazioni confindustriali americane, affrontando proprio il tema del cambiamento strutturale del modo di vivere degli americani, non per libera scelta, ma per ne-cessità: «Non possiamo continuare ad andare avanti in cicli senza fine di bolle e di esplosioni di bolle. Non possiamo continuare a basare la nostra economia sulla speculazione a rotta di collo o spendendo ben al di là dei nostri mezzi; o su cattive valutazioni del credito e prezzi delle case inflazionati e banche esposte a leve multiple e insostenibili. Questa crisi ci insegna che questo tipo di attività, questo atteggiamento non sono i modi migliori per raggiungere una crescita duratura del nostro patrimonio. Si tratta piuttosto di una illusione di prosperità che alla fine danneggia tutti». Obama ha chiesto agli industriali di aiutarlo a costruire le nuove fondamenta «per il ventunesimo secolo attraverso investimenti strutturali, ponti, strade; attraverso una rivoluzione nell'ambiente. Cose che restano - ha concluso - per non vederle sciogliersi come la neve al sole». NUOVE FONDAMENTA Obama agli industriali: «è finita l'economia basata sulle speculazioni, servono investimenti in infrastrutture e ambiente» Insieme contro la crisi. Il ministro de Tesoro Tim Geithner (a sinistra) e il presidente della Fed Ben Bernanke REUTERS

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Le strade divergenti di Geithner e Summers (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 6 autore: La squadra della Casa Bianca. Contrasti tra le figure di punta Le strade divergenti di Geithner e Summers Mario Margiocco P artiti insieme per un faticoso viaggio, Timothy Geithner e Larry Summers difficilmente arriveranno insieme. Mentre il più giovane (47 anni) ministro del Tesoro è sulla graticola, oggetto di pesanti sketch tv che lo dipingono come un disperato a caccia di idee, il più anziano Summers (54 anni) direttore del National Economic Council, primo consigliere economico del presidente quindi, cerca di differenziarsi e, cosa per lui contro natura, ha rarefatto le uscite pubbliche negli Stati Uniti. Sul Financial Times due giornalisti (uno è il suo ex speechwriter di quando era ministro del Tesoro di Clinton, dal '99 al 2001, l'altra una sua ex allieva di Harvard)scrivono in questi giorni, con un'evidente sottolineatura, che «l'influenza di Summers alla Casa Bianca è centrale, particolarmente dato il difficile avvio dell'incarico di Tim Geithner, ministro del Tesoro, la cui nomina è stata offuscata dalla notizia che non aveva pagato a suo tempo più di 34mila dollari di imposte dovute».La storia fiscale era più che nota, inutile ripeterla.L'Huffington Post,il primo sito politico americano, molto liberal e pro Obama, dichiara sotto finzione di un ipotetico memo del presidente al suo capo di gabinetto Rahm Emanuel che «Larry tiene un profilo basso, e lascia che Tim si prenda tutta la contraerea... Tim è solo». E preso di mira.Sabato il Saturday Night Live della Nbc, lo stesso che scorticò Sarah Palin, ha mandato in onda uno sketch con un Geithner che offre 420 miliardia chiunque proponga una buona idea per risolvere la crisi bancaria. «è lento a prendere atto dei problemi fondamentali del nostro sistema finanziario e riluttante a fare scelte decisive e ad agire»,dice Thomas Hoenig,presidente della Federal Reserve di Kansas City, ed ex collega di Geithner quando quest'ultimo presiedeva la Fed di New York. Gli attacchi sul tema di gran lunga dominante, economia e finanza, indeboliscono l'intero team. Si capisce che le cose non vanno quando persino un sostenitore di Obama come Warren Buffett, lo ha fatto lunedì 9 in un'intervista tv, dichiara che «nessuno, se non il presidente, a questo punto può parlare al popolo americano ed essere creduto». «A differenziare Summers e Geithner sono le banche e Wall Street, e che cosa fare per risanarle », dice da Washington un economista del potente Financial services forum. Vi si ritrovano i 17 Ceo delle più importanti banche e assicurazioni, ed è attivissimo per cercare di limitare i danni dalle nuove regole finanziarie che sono in arrivo. Al centro c'è il nodo del salvataggio di alcune fra le maggiori banche. O la nazionalizzazione. O la bad bank cui travasare le perdite, cosa che alla fine implica ugualmente un massiccio esborso pubblico. Geithner è contrario alla nazionalizzazione, «poiché la sua filosofia è quella di non cancellare gli azionisti perché, se accade, per molto tempo non torneranno più» ha detto, all'agenzia Bloomberg, Paul Miller, analista presso Friedman, Billings,Ramsey ad Arlington, Virginia. A gennaio sia Summers che Geithner erano contro la nazionalizzazione (temporanea, naturalmente). Ma le spinte più forti sono in que-sta direzione, come ha riconosciuto lo stesso Greenspan. Summers ha così annunciato aperture. «L'idea che l'economia si stabilizza da sola è in genere giusta, maè sbagliata - ha detto l'8 marzo rinnegando un credo che ha sostenuto con forza fino a tre anni fa qualche volta in un secolo. E ora siamo in uno di questi casi.... con l'urgenza di una straordinaria azione della mano pubblica». Vale per lo stimolo all'economia,e vale per le banche. Geithner continua a sostenere, e lo ha fatto ancora in un'intervista del 10 marzo,meccanismi che coinvolgano i privati. «Poi c'è il macigno, che Paul Volcker ha messo giustamente sul tavolo,di un ritorno al nocciolo del Glass- Steagall Act del 1933; impediva alle banche che raccolgono depositi operazioni a rischio sui mercati finanziari", dice Roman Frydman, economista della New York University e uno dei più attenti analisti delle crisi attuale e delle possibili vie d'uscita. Volcker è per la GlassSteagall, Geithner contro, Summers ora non si sa. Volcker, consigliere part time di Obama, ha anche messo sul tavolo il problema dello staff di Geithner. Ci sono 17 nomine senior da fare, dal vice-ministro in giù. C'è uno staff informale, senza poteri quindi. «Il ministro se ne sta tutto solo... e questo in tempi di eccezionale crisi », ha detto Volcker. «Non si sa con chi parlare a Washington», ha protestato lunedì da Londra sir Gus O'Donnell, il capo della burocrazia britannica che sta preparando il G-20 di aprile, sollevando un vespaio. Una quasi vice c'era, Annette Nazareth, ma si è ritirata. Quando era alla Sec, come economista ( e poi commissario) ebbe un ruolo preciso nell'infausta decisione dell'aprile 2004 che tolse gli ultimi vincoli agli indebitamenti delle banche d'affari. mario.margiocco@ilsole24ore.com RUOLI DIFFICILI Il consigliere economico del presidente si differenzia, su banche e salvataggi, da un ministro del Tesoro solo e sempre più nel mirino

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La Svizzera frena il franco (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-13 - pag: 8 autore: Politiche monetarie. Intervento sulla valuta per scongiurare nuovi apprezzamenti sull'euro La Svizzera frena il franco La Banca centrale taglia i tassi allo 0,25% e acquista bond privati Riccardo Sorrentino Dopo i tassi, il cambio. La Banca nazionale svizzera ( Bns) ha preso una strada nuova: ha portato i tassiai minimi,ha annunciato l'acquisto di bond privati. Soprattutto, ha deciso di intervenire sul franco, una novità quasi assoluta. La mossa è aggressiva e complessa. Sul costo del denaro, l'obiettivo è di portare il Libor a tre mesi allo 0,25%, dallo 0,5, tenendolo in un corridoio compreso tra quota zero e lo 0,75% (prima era tra lo 0 e l'1%). Questo taglio sarà effettuato anche attraverso il quantitative easing, l'ampliamento del bilancio della Bns, già aumentato del 75% tra gennaio 2008 e gennaio 2009. La Bns acquisterà quindi titoli in franchi svizzeri, ma non quelli pubblici come fa la Banca d'Inghilterra o come potrebbe presto fare la Fed (e, forse, la Bce), ma quelli delle aziende private, come avviene in Giappone. Alle aziende di credito saranno poi offerti fondi allo 0,05%, con scadenze comprese fra tre e dodici mesi. La novità vera è l'intervento sul cambio. La Bns si è limitata a dire che vuole «evitare ulteriori apprezzamenti sull'euro». Per il mercato, e per gli analisti, Zurigo tenterà anche di far calare il franco, che ieri è infatti scivolato bruscamente. Non sarebbe stato però saggio annunciare una svalutazione senza rischiare di essere imitata, in una corsa verso la catastrofe, da altri Paesi. Con il controllo del cambio la Bns vuole evitare la deflazione: solo con le misure prese ieri, ha spiegato, i prezzi potranno restare fermi, in media, per due anni, dopo una fase in territorio negativo nel 2009. La Svizzera è una piccola economia molto aperta, le sue esportazioni sono pari al 57% del Pil, e il canale valutario è molto importante: ogni apprezzamento del cambio "simula" un rialzo dei tassi, qui più che altrove, e - al contrario per esempio di sterlina e corona svedese, in forte calo - il franco nelle ultime settimane ha guadagnato terreno. La scelta di Zurigo ha sorpreso tutti, anche se la Bns aveva annunciato a gennaio la possibilità di interventi sulla valuta, un'opzione adottata da anni a Singapore e ora presa in considerazione da altri. Alla Riksbank di Stoccolma, il vice governatore Lars E.O. Svensson- uno dei padri della moderna politica monetaria - ha proposto, con grande prudenza alla riunione del 25 febbraio, qualcosa di simile come strumento estremo ma infallibile - «a prova di stupido », sono le parole ufficiali - per evitare la trappola della liquidità: abbandonare momentaneamen-te l'obiettivo di inflazione, puntare a un predeterminato, e annunciato, livello dei prezzi, e deprezzare la valuta mantenendola temporaneamente a un livello fisso. Svensson ha subito detto che la mossa non è necessaria - e infatti non è stata adottata - ma che è bene averla a disposizione. Il problema della scelta svizzera sono le sue ricadute internazionali: aiuta Polonia e Ungheria, molto esposte in franchi, ma pone un rischio al sistema globale. Altri Paesi ora potrebbero svalutare il cambio, scatenando un beggarmy- neighbour ("rubamazzo"), una competizione che danneggerebbe tutti. Sarebbe il peggio del peggio del protezionismo. riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com apagina44 L'oro si rafforza MANOVRA AGGRESSIVA La mossa punta a evitare il pericolo deflazione ma potrebbe spingere altri Paesi a imitarla avviando una corsa alla svalutazione l'articolo prosegue in altra pagina

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Sarkozy chiede alla Merkel di bloccare i tagli Continental (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-13 - pag: 8 autore: Il colosso dei pneumatici vuole chiudere un impianto in Francia Sarkozy chiede alla Merkel di bloccare i tagli Continental FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Anche quando sono d'accordo su molti temi cruciali sul tappeto, a cominciare dalla necessità di privilegiare regole finanziarie ad aiuti economici, Francia e Germania non mancano di mostrare piccole incomprensioni. Ieri l'occasione è stata data dalla chiusura di una fabbrica del produttore tedesco di pneumatici Continental a Clairoix, nell'Oise francese. La decisione, annunciata ufficialmente due giorni fa nel quadro di un piano di ristrutturazione, è stata accolta malissimo da Parigi. Il sottosegretario al Lavoro, Laurent Wauquiez, ha accusato la società tedesca di non aver rispettato le regole nell'informare i dipendenti della scelta. Da Berlino, dov'era per un vertice con il cancelliere Angela Merkel, il presidente Nicolas Sarkozy non è stato da meno: «Capiamo i problemi di Continental, ma chiediamo prima di tutto che le promesse fatte a novembre siano rispettate e che le regole siano applicate». Alla fine del 2008, il direttore dell'impianto di Clairoix, che dà lavoro a 1.200 persone e dovrebbe essere chiuso entro marzo 2010, aveva negato l'ipotesi chiusura. Ieri è stato accolto dai lavoratori con il lancio di uova. «Credo di capire - ha aggiunto Sarkozy - che Continental è pronta a raddoppiare gli aiuti alla riconversione della fabbrica. è un primo passo in avanti». Per concludere, il presidente francese ha precisato: «Ho detto al cancelliere che saremo molto vigili: primo di tutto al rispetto delle regole e poi al rispetto delle promesse». Alle prese con la difficile fusione-integrazione con Schaeffler, Continental deve ridurre la capacità produttiva in un momento di fortissimo rallentamento della domanda. Dal canto suo la Merkel ha tentato di calmare le acque: «Parleremo con la società per capire se vi sono promesse che non sono state mantenute. Dobbiamo però notare che il piano non prevede di chiudere solo una fabbrica in Francia. Anche la Germania è colpita ». Il riferimento è allo stabilimento di Hannover, destinato alla chiusura. La crisi globale crea incomprensioni tra i Paesi dell'Unione, mettendo in pericolo il mercato unico. D'altro canto, mentre l'integrazione economica è forte, la politica rimane nazionale: ieri i sindacati in Francia hanno attaccato Continental. In passato proprio alcune misure economiche francesi, di aiuto al settore automobilistico, avevano provocato reazioni negative in Germania. Detto ciò, ieri i due partner hanno mostrato unità su altri temi, in particolare in opposizione alle tesi americane: la necessità di nuove regole finanziarie da approvare al G-20 del 2 aprile; l'opportunità di evitare nuovi stimoli economici; l'ipotesi di introdurre eventuali sanzioni contro i paradisi fiscali che non rispettassero gli accordi internazionali. B.R. PARIGI IN PRESSING L'Eliseo: saremo molto vigili sul rispetto delle regole, così come delle promesse fatte dalla multinazionale a novembre dell'anno scorso Vertice a Berlino. il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier tedesco Angela Merkel ANSA

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Obama alla Cina: diritti da tutelare (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-13 - pag: 11 autore: Stati Uniti. Washington spinge sulla cooperazione economica e militare, ma chiede il dialogo con Lhasa Obama alla Cina: diritti da tutelare Tibet al centro dell'incontro con il ministro degli Esteri di Pechino Eliana Di Caro «I diritti umani sono essenziali » nella politica estera degli Stati Uniti, che si augurano «progressi nel dialogo tra il Governo cinese e i rappresentanti del Dalai Lama». Il presidente americano Barack Obama lo ha ribadito ieri al ministro degli Esteri di Pechino Jang Jiechi in un lungo incontro alla Casa Bianca, dal quale è emersa la volontà di costruire «rapporti positivi e costruttivi » tra i due Paesi. Nel colloquio sono stati affrontati diversi temi, dalla crisi economico-finanziaria ai dossier nordcoreano e afghano fino all'emergenza in Darfur, ma si è parlato anche delle relazioni spesso non semplici tra Washington e Pechino. Obama ha sottolineato la necessità di «rafforzare il dialogo militare » per evitare incidenti simili a quello che si è verificato martedì scorso nel Mar cinese meridionale, quando cinque imbarcazioni cinesi hanno accerchiato la nave americana Impeccable ostacolandone le manovre. Un episodio cui era seguito un duro botta e risposta tra i due Governi e che rischia di avere degli strascichi: il Pentagono ha annunciato che le unità di sorveglianza della Marina scorteranno le navi quando opereranno in quelle acque. Una stretta cooperazione, hanno concordato Obama e Jiechi, va perseguita anche sul fronte economico: le «due economie più importanti del mondo » devono lavorare «a stretto contatto e con urgenza per stabilizzare l'economia mondiale, stimolando la domanda e riattivando il flusso di credito sui mercati». L'incontro è arrivato all'indomani di giorni non facili per i rapporti sino-americani. Nelle ultime tre settimane si sono susseguiti episodi che hanno provocato imbarazzo o netta contrapposizione tra i due Paesi. Il più eclatante è stato appunto quello dell'incidente nel Mar cinese, con la Casa Bianca che ha reagito con proteste formali, definendo l'accaduto «il più grave incidente diplomatico dal 2001 », e il Governo di Wen che ha replicato con altrettanta durezza, contestando la violazione delle leggi internazionali. Pochi giorni prima era stata la volta del capitolo diritti umani. Hillary Clinton (al fianco di Obama, ieri, nell'Ufficio Ovale), nella sua visita in Cina il 20 febbraio aveva esplicitamente ridimensionato la questione, dichiarando che «il dibattito sui diritti umani non può compromettere il dialogo tra Pechino e Washington». Una settimana dopo, però, il Rapporto annuale sul tema diffuso dal Dipartimento di Stato Usa ha suscitato imbarazzo: il Governo del gigante asiatico è stato accusato di pesanti violazioni, dalla repressione delle minoranze etniche alla detenzione dei dissidenti politici, fino alla mancata libertà di stampa. La risposta secca di Pechino non si è fatta attendere: gli Stati Uniti devono smetterla di interferire nelle vicende cinesi, e pensare piuttosto ai loro problemi, in materia di diritti umani. Ieri Obama ha puntualizzato in maniera definitiva la posizione americana, esprimendo ad esempio «profonda preoccupazione » per la situazione umanitaria in Darfur e per la decisione del Governo di Khartoum di espellere le maggiori organizzazioni non governative che hanno provveduto a prestare assistenza alla popolazione. Quanto al Tibet, come si diceva chiamato in causa dallo stesso presidente americano, proprio l'altro ieri la Camera dei deputati statunitense aveva approvato una risoluzione a sostegno della regione, nel 50esimo anniversario della rivoluzione contro la presenza cinese. Nel testo viene chiesto di «riconoscere la disperazione del popolo tibetano» e di fare «uno sforzo multilaterale per arrivare a una soluzione duratura e pacifica». Pechino non ha fatto passare sotto silenzio l'iniziativa. Il portavoce del ministro degli Esteri Ma Zhaoxu ha annuncia-to una protesta formale, lamentando «il profondo malcontento del Governo e del popolo della Cina». E lo stesso Jiechi, prima dell'incontro alla Casa Bianca, in un discorso pronunciato al Center for Strategic and International Studies ha dichiarato che «il Tibet è parte inalienabile della Cina» e che «le questioni tibetane sono esclusivamente questioni interne cinesi». eliana.dicaro@ilsole24ore.com SEGNALI CONTRASTANTI Ma Yang chiede agli Usa di non interferire E dopo gli incidenti navali il Pentagono annuncia la scorta di cacciatorpedinieri Michelle a Fort Bragg. La First Lady ha visitato ieri la scuola per i figli dei militari nella base del North Carolina REUTERS

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Chi ha l'industria riparte meglio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-13 - pag: 12 autore: Chi ha l'industria riparte meglio Pubblichiamo un ampio stralcio dell'intervento di Romano Prodi, fatto ieri a Barcellona, in occasione della cerimonia d'investitura a membro della Real Academia de Ciencias EconÓmicas y Financieras de EspaÑa. di Romano Prodi I l processo di deindustrializzazione e di terziarizzazione dell'economia è stato nella maggior parte dei casi interpretato come un passaggio naturale, identico nelle cause e nelle conseguenze a quello che si era manifestato con l'abbandono dell'agricoltura nelle generazioni precedenti. Gli indici del processo di terziarizzazione della società sono stati perciò considerati la misura e il segnale del progresso di tutti i Paesi a elevato livello di reddito. Più elevato era il tasso di terziarizzazione dell'economia di un Paese, più forte appariva il suo sistema economico. Tuttavia, se è valida l'affermazione che non vi è un'industria efficiente se non è supportata da un moderno settore terziario, è altrettanto valida l'affermazione opposta che, almeno in un grande Paese, non vi può essere nel lungo periodo un terziario prospero se non è sorretto e affiancato da una forte industria manifatturiera. Entrambe queste affermazioni sono compatibili con la continua diminuzione degli addetti all'industria, dato che nel comparto produttivo l'automazione gioca un ruolo ormai dominante. Il continuo aumento degli addetti al terziario è inoltre in parte esaltato dal fatto che la moderna organizzazione aziendale tende a decentrare all'esterno dell'impresa una parte sempre crescente del processo produttivo. Non solo servizi di pulizia, ristorazione e manutenzione, ma funzioni aziendali essenziali come la progettazione o la stessa contabilità. L'attività industriale cambia i suoi connotati nel tempo, mentre la medesima flessibilità non può evidentemente esistere nelle regole dei censimenti. Questo aspetto tecnico tende naturalmente ad accentuare ulteriormente, dal punto di vista statistico, il processo di deindustrializzazione, attribuendo al terziario addetti e fatturati che, in precedenza, venivano invece attribuiti all'industria. Anche tenendo conto di queste necessarie correzioni, si deve tuttavia convenire che il calo del peso dell'industria negli Stati Uniti e in alcuni grandi Paesi europei ha superato ogni previsione e, a mio parere, anche molte logiche di convenienza economica. Per svolgere questo ragionamento prendo come esempio la Gran Bretagna, Paese che è stato il protagonista e il simbolo della rivoluzione industriale. Non può non destare stupore constatare che oggi operano nell'industria britannica circa 3 milioni di addetti, mentre più di 6 milioni sono attivi nei servizi legati alla banca e alla finanza. Un dato quasi incredibile, se si pensa che all'inizio degli anni 80 il rapporto era esattamente inverso, con 3 milioni impiegati nel settore finanziario e 7 milioni nell'industria. In meno di una generazione e con un consenso quasi unanime si è compiuta una trasformazione che, per rapidità e ampiezza, non ha avuto confronti nemmeno ai tempi della prima rivoluzione industriale. Ancora più sorprendente, nel sottolineare la marginalità dell'industria nel sistema economico britannico, è constatare che il valore aggiunto dell'industria è pari al 12,6% del valore aggiunto dell'intera economia. Non dissimili sono i dati della Francia e degli Stati Uniti. Esaminando l'industria europea (si veda la tabella) si arriva al sorprendente risultato che essa si è sempre di più concentrata in una specie di cilindro che dal Nord Europa (ma soprattutto dalla Germania) scende fino a metà dell'Italia e lì si ferma. I grandi Paesi a Ovest di questo cilindro, segnatamente Francia e Regno Unito, pur possedendo campioni nazionali di grandissimo rilievo mondiale e di assoluta efficienza tecnologica, non hanno tuttavia unadiffusione dell'industria paragonabile a quella di Germania e Italia. Germania e Italia, inoltre, presentano nel 2007 non solo il più alto valore aggiunto totale nel settore manifatturiero (rispettivamente 519 e 251 miliardi di euro) ma anche il più alto valore aggiunto procapite. Anche questo dato merita ampia riflessione e studi più approfonditi perché sembrerebbe dimostrare che una più diffusa presenza dell'industria garantisce più elevati livelli di produttività e che quindi può diventare pericoloso scendere al di sotto di certi limiti. Anche se non è certo facile definire qua-lisianoquestilimiti, credochesianecessa-riodisporredistudipreliminariperelabo-rare una seria politica industriale. Mipre-meinfattimaggiormenteritornareariflet-tere sulle diversità della presenza dell'in-dustriainPaesieuropeiconunlivellosimi-lediredditoedisofisticazionedellasocie-tà. Parlo soprattutto del più alto tasso di presenza industriale della Germania, ma lo stesso discorso vale per l'Italia del Centro- Nord e per alcune aree ad esse vicine (e,al di fuori dell'Europa,per il Giappone). In Germania (e in Giappone) l'importanza dell'industria manifatturiera si colloca in un ordine quantitativo non lontano dal doppio di quello britannico, franceseo americano. Economisti, storici e sociologi si sono naturalmente affannati per spiegare queste differenze e io stesso vi ho dedicato una certa attenzione, forse esagerando ma forse no, nell'attribuire importanza primaria all'istruzione tecnica. In questa sede voglio limitarmi a sottolineare alcune conseguenze non trascurabili sull'economia del Paese ( e soprattutto sulla bilancia commerciale) di una presenza industriale particolarmente intensa. Le conclusioni mi sembrano abbastanza evidenti: tutti i Paesi con un alto indice di presenza industriale mostrano una bilancia commerciale molto più favorevole rispetto ai Paesi che più velocemente hanno proceduto verso un processo di deindustrializzazione, qualsiasi sia la dimensione del mercato e del grado di specializzazione settoriale. Prendendo come campione gli ultimi dodici mesi ( si veda l'Economist, «Economic and Financial Indicators » del 21 febbraio 2009) la bilancia commerciale degli Stati Uniti ha un passivo di 821 miliardi di dollari, la Gran Bretagna di 173, la Francia di 80 miliardi, e la Spagna di 149. La Germania presenta invece un attivo di 264 miliardi e il Giappone di 36, mentre l'Italia presenta un modesto passivo di 17 miliardi, pur essendo importatrice della quasi totalità del proprio fabbisogno energetico. Si tratta naturalmente di un quadro limitato alla bilancia commerciale. Esso non tiene evidentemente conto dei movimenti dei capitali e di tutte le altre voci che formano il totale della bilancia dei pagamenti. Se ritorniamo per un attimo alla bilancia commerciale e la depuriamo dalla bolletta energetica, troviamo che nel 2008 l'Italia ha mostrato un surplus commerciale pari a 61,4 miliardi di euro. E non sto certo parlando di un Paese privo di problemi, ma di un Paese sul quale hanno fortemente pesato in passato e ancora oggi pesano fattori particolarmente negativi che riguardano la pubblica amministrazione, le infrastrutture,l'energia,i servizi e il secolare problema del divario territoriale fra il Centro-Nord e il Sud del Paese. Ebbene, il fatto di avere conservato un apparato industriale di dimensioni ancora ragguardevoli ha permesso all'Italia di fare fronte a tutte le debolezze precedentemente elencate e di mantenere un elevato livello di competitività nonostante il suo grado complessivo di "attrattività" sia così basso da essere costantemente in coda in tutti gli indici che riguardano l'ammontare degli investimenti esteri ( si veda Marco Fortis,«L'Italia è seconda per competitività nel commercio mondiale. Il Trade Performance Index Unctad/ Wto 2006») . Naturalmente tutte queste riflessioni fotografano situazioni precedenti la crisi economica mentre, allo stato attuale, non abbiamo indicazioni soddisfacenti né sulla durata né sulla profondità della crisi. E nemmeno sappiamo come i diversi Paesi usciranno da questa crisi, anche se io penso che le evoluzioni e i dibattiti in corso spingano a pensare che il "problema industriale" avrà una nuova centralità sia nelle discussioni accademiche che nelle politiche governative di tutti i Paesi a elevato livello di sviluppo. Un fatto è già acquisito, che cioè dopo vent'anni nei quali il termine era stato bandito, si ritorna a parlare di "politica industriale", anche se ci auguriamo che questo indispensabile ritorno di saggezza e di buon senso non sia maldestramente usato per scopi protezionistici. MODELLI VINCENTI Il cilindro che dalla Germania scende fino all'Italia centrale è il più solido. La prova? Il surplus del nostro Paese nel 2008, al netto dell'energia

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Cinema, tre dimensioni per il rilancio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-13 - pag: 13 autore: Cinema, tre dimensioni per il rilancio A Hollywood 30 film in lavorazione, ma crescono i costi e mancano le sale di Marco Magrini L' avvento del sonoro (lasciamo stare che i primi esperimenti risalgono a Edison) è la prima rivoluzione del cinema, cominciata negli anni 20, nel generale sollievo per la fine della Prima guerra. Il colore (lasciamo stare che nel '39 Via col vento era in Technicolor) è la seconda rivoluzione, esplosa a metà anni 50, nel bel mezzo del boom economico. Il cinema a tre dimensioni (lasciamo stare i folcloristici occhialini di una volta) è la terza rivoluzione, attesa in questo 2009, nel pieno della più grave crisi economica e finanziaria dell'ultimo mezzo secolo. L'ultimo dilemma di Hollywood, potrebbe essere riassunto così. Esattamente fra due settimane, il 27 marzo, debutta nella sale cinematografiche americane Monsters vs. Aliens, il nuovo film della Dreamworks Animation – la casa dell'orco Shrek –che darà l'ultimo tocco di modernità all'invenzione dei fratelli Lumière:è il primo film interamente pensato e girato in tre dimensioni. Certo, House of wax, il primo film in 3-D di qualche successo, risale al 1953. Negli anni 70 ce ne sono stati altri. Ma quella di oggi è tutta un'altra storia: gli occhiali per la visione tridimensionale sono normali, non più con una lente rossa e una verde. La definizione del 3-D moderno, grazie ai proiettori digitali, è straordinaria. E da spettatori (abbiamo visto un'anteprima di 20 minuti della nuova opera Dreamworks) è un'esperienza decisamente più coinvolgente. Un solo film non fa una rivoluzione. Ma gli studios hanno almeno 30 film tridimensionali in preparazione. A maggio (ma il 28 ottobre in Italia) esce Up, il primo 3-D di Pixar-Disney, cui seguirà presto la terza puntata di Toy Story. Il vero evento dell'anno però, potrebbe essere Avatar di James Cameron, col quale la Fox spera di ripetere il trionfale successo di Titanic. Non è un lavoro di animazione, ma un lungometraggio di fantascienza con attori veri ( e computerizzati), girato direttamente in 3- D. E il calendario futuro, è già affollato. Peter Jackson, il pluripremiato regista del Signore degli Anelli, sta preparando Tintin (il protagonista dell'omonimo fumetto belga degli anni 30) in 3-D. Robert Zemeckis, il papà di Forrest Gump, si sta invece cimentando con Canto di Natale di Charles Dickens. Chi più ne ha, più ne metta. è ovvio che le case di produzione vedano nella terza rivoluzione del cinema una grandiosa opportunità per rinvigorire il loro business. Non che stia andando malissimo: fra gadget e Dvd (anche se esposti alla falla della pirateria), negli ultimi anni le major sono riuscite a tenere in alto i cuori e i bilanci. Ma il vecchio core business – la vendita di biglietti al botteghino – langue. Nel 2007, in America sono stati venduti un miliardo e mezzo di biglietti, come l'anno precedente.Nel 1950,prima della Tv di massa, furono 3 miliardi. Senza contare che oggi, a occupare gli spazi dell'entertainment,ci sono anche YouTube, la PlayStation e l'iPod. Dunque il 3-D – ovviamente messo in gestazione almeno cinque anni fa – era proprio quel che ci voleva. Peccato che nasca proprio nel momento sbagliato. Secondo gli analisti del settore, produrre un film in 3-D costa il 20% in più. Il che porterà a un prezzo del biglietto più alto ( in America si parla di 15 dollari), contribuendo a rendere imprevedibili le scelte del pubblico, ora che i consumi scendono. Del resto, anche a proiettarlo, costa di più. I sistemi in 3-D (prodotti perlopiù da due aziende: Real D e Dolby Laboratories) costano 20mila dollari. Ma a patto che tu abbia anche un proiettore digitale, che ne costa altri 75mila. Così, si stima che – fra le quasi 39mila sale americane – soltanto 1.700 siano già equipaggiate per mostrare al pubblico le meraviglie della visione con l'altezza, la larghezza e la profondità: troppo poche, per un debutto in grande come quello che s'imporrebbe per Monsters vs. Aliens. A settembre, gli studios e le tre grandi catene di sale (Regal, Cinemark e Amc) avevano raggiunto un'intesa per digitalizzare 15mila sale con un prestito da un miliardo di dollari di JP Morgan Chase. Poi a Wall Street è successo il finimondo e potete immaginare com'è finita. Poi, c'è qualche altro problema. Al giorno d'oggi, Hollywood realizza il 70% degli incassi fuori dai confini nazionali. E, fuori dagli Stati Uniti, le sale digitali sono proporzionalmente ancora meno. Aggiungiamo pure che all'ultimo Ces di Las Vegas – la grande fiera dell'elettronica – sono stati presentati i primi sistemi per la visione 3-D casalinga. Quando questa tecnologia sarà messa a punto e applicata ai monitor a 52 pol-lici, l'attrazione della sala potrebbe svanire di nuovo. Certo, gli studios faranno altri soldi vendendo i dischi 3-D ad alta definizione per l'home cinema, ma esponendosi ancora una volta alla pirateria. La segreta speranza delle case di produzione è che, mentre la realtà peggiora un po', gli spettatori abbiano un motivo in più per regalarsi due ore d'immersione totale dentro a un sogno, a costo di qualche dollaro in più. Ma se il debutto sarà difficile, sarà solo un guaio per qualche bilancio trimestrale delle major e nulla più. Lo spettacolo (e la rivoluzione) possono cominciare. ALTEZZA, LARGHEZZA E PROFONDITà Peter Jackson sta lavorando su «Tintin» e Robert Zemeckis su «Canto di Natale» di Dickens Gli occhiali (non più verdi e rossi) diventeranno ubiqui UP Uscita in Italia: 16 ottobre Uscita in America: 29 maggio Studio: Pixar Disney Regista: Pete Docter La trama: Un 78enne vuole fare il giro del mondo con la sua casa appesa a dei palloni. Ma per sbaglio imbarca un boyscout grassottello. MONSTER VS. ALIENS Uscita in Italia: 3 aprile Uscita in America: 27 marzo Studio: Dreamworks Animation Regista: Conrad Vernos La trama: Gli alieni attaccano la terra e il Pentagono tira fuori un esercito segreto: mostri. AVATAR Uscita in Italia: Non disponibile Uscita in America: 18 dicembre 2009 Studio: 20th Century Fox Regista: James Cameron La trama: Per il regista di Titanic un film di fantascienza con un cast stellare. Un gruppo di coloni umani alla ricerca di nuovi pianeti.

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Pronta l'Agenzia di valutazione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-13 - pag: 15 autore: Università. Gelmini: il regolamento sarà presentato al Cdm «Pronta l'Agenzia di valutazione» ROMA Approfittare della crisi economica e dei tagli all'orizzonte per varare il Ddl di riforma del sistema universitario. Di cui faranno parte valutazione, reclutamento, dottorati di ricerca, governance. Ma non l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Ad annunciarlo è stato ieri il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini intervenendo al convegno " Concorrenza e merito nelle università" organizzato a Roma dall'autorità Antitrust in collaborazione con l'ateneo di "Tor Vergata". Dando ormai per acquisiti i «tagli lineari della finanziaria» il titolare di Viale Trastevere ha invitato tutte le parti in campoa fare uno sforzo in più «per cambiare alcuni meccanismi e colmare gap accumulati negli anni ». Senza di esso, ha spiegato, «anche avere più risorse sarebbe insufficiente per migliorare la nostra università». Nel ravvisare un «clima sereno per il confronto » il ministro ha poi elencato i temi in agenda su cui «trovare soluzioni condivise». In cima alla lista la valutazione. Qui l'idea è di modificare l'Anvur voluta dall'allora ministro Fabio Mussi. Pur non essendo intenzionata a «disperdere» il lavoro del suo predecessore la Gelmini ha sottolineato come «questa agenzia debba ragionare in termini di obiettivi valutando i risultati e non burocratizzare i processi». Annunciando quindi che «in pochissime settimane» sarà presentato il provvedimento che la ridisegna e il regolamento. Più imminente la decisione sui concorsi che arriverà «entro una settimana » e sulla distribuzione dei 550 milioni in base al merito. Secondo il ministro, di tutti gli altri argomenti allo studio, di cui fa parte «la riforma del reclutamento che non è più rinviabile e dei dottorati di ricerca che devono essere spendibili sul mercato e garantire le aspettative dei giovani», quello più «delicato» riguarderà la governance degli atenei. A tal proposito la Gelmini ha dichiarato di apprezzare«l'apertura riformista della Crui» e si è detta pronta ad «accogliere la proposta di chi ha qualcosa da dire». Almeno per ora, niente da fare invece sull'abolizione del valore legale del titolo di studio. «Non chiedetemi di partire» da lì «per non svegliare la pantera che dorme», è stato il commento del responsabile dell'Istruzione. Ma è una frenata che non è piaciuta alla Lega. In occasione della conversione alla Camera del Dl Gelmini sull'università, proprio il Carroccio si era visto approvare un ordine del giorno, a prima firma Paolo Grimoldi, che impegnava il Governo ad abolirlo. Ritenendo «fondamentale per la meritocrazia» tale misura, lo stesso Grimoldi ha garantito ieri che «se il ministro, forse sotto la spinta delle solite lobby, ritiene di rallentare sarà la Lega come gruppo ad accelerare». Eu. B.

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Su Business l'analisi degli economisti di Eiu (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-13 - pag: 20 autore: Editoria. La pubblicazione da oggi in edicola Su «Business» l'analisi degli economisti di Eiu Il prezzo del greggio per tutto il 2009 «dovrebbe attestarsi sui 35 dollari al barile, rispetto ai 65 precedentemente ipotizzati, per poi raggiungere i 50 dollari nel 2010, a mano a mano che si rimetterà in moto l'economia e si avvertiranno gli effetti dei tagli alla produzione decisi dall'Opec». A sostenerlo sono gli analisti dell'Economist Intelligence Unit (Eiu) che hanno lavorato al report dedicato all'economia italiana e di cui ampi stralci sono riportati dal mensile "Business" oggi in edicola. «Lo scenario dell'economia mondiale si è deteriorato, a causa dell'escalation della crisi finanziaria», scrivono gli analisti. Di qui la decisione di rivedere al ribasso le precedenti previsioni per tutti i maggiori paesi. Aggiungendo di prevedere anche «un rallentamento delcommercio mondiale insieme a una recessione negli Usa, in Europa e in Giappone ». La conseguenza sarà un'economia globale che, ai tassi attuali di mercato, accuserà una contrazione dello 0,4%, vale a dire la maggiore dalla fine della seconda guerra mondiale. E la ripresa? Non è di oggi, ma bisognerà attendere la fine del 2010. E comunque «sarà più lenta di quelle seguite alle recessioni del 1991 e del 2001».

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Rischio insolvenza per Nerviano (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-13 - pag: 22 autore: Crisi di liquidità per il distretto medicale alle porte di Milano Rischio insolvenza per Nerviano Daniele Lepido MILANO è considerato in Europa un centro d'eccellenza nella lotta ai tumori, ma rischia di finire in default per mancanza di liquidità. La crisi finanziaria colpisce anche il Nerviano Medical Sciences, il polo di ricerca alle porte di Milano controllato interamente dai Figli dell'Immacolata Concezione, un ente di diritto vaticano con sede nella Capitale. Un problema di bilancio e non certo "industriale", visto che la struttura presieduta da Umberto Rosa, con i suoi 650 ricercatori, ha macinato dalla sua fondazione nel 2004, come spin-off di Pfizer, diversi successi. Primo fra tutti la messa a punto di molecole come il Danusertib, un inibitore di aurora, una proteina che ha un ruolo chiave nello sviluppo del cancro. L'11 febbraio l'azienda ha convocato Rsu e sindacati regionali avvertendo i dipendenti di avere in cassa disponibilità fino ad aprile. Il 5 marzo una rappresentanza del Medical Sciences si è fatta avanti presso la quarta commissione Attività produttive del Consiglio regionale della Lombardia, per sollevare il problema anche al Pirellone.E infine l'incontro settimana scorsa con don Raffaele Ciccone, responsabile della pastorale sociale e del lavoro di Milano. Dal punto di vista societario il gruppo oggi è diviso in quattro unità: la ricerca oncologica verae propria, che è di fatto l'attività in perdita con un passivo di 65 milioni di euro, l'unità di preclinica Accelera e PharmaScience, che produce farmaci iniettabili (entrambi in pareggio) e infine la Simis, l'immobiliare del gruppo che possiede asset per 130 milioni. Negli ultimi quattro anni sarebbero stati spesi 245 milioni lasciati da Pfizer, più 120 milioni di prestito misto concesso da Unicredit ( 60 milioni di mutuo ipotecario e altri 60 anticipati sempre dalla banca, dietro sovvenzionamento del ministero della Ricerca). «La società rischia in questo momento una grave crisi – spiega Umberto Rosa, il presidente del centro – ed è assurdo perché abbiamo tutta una serie di farmaci in fase 2, sperimentabili sull'uomo, che promettono molto bene». L'azionista, cioè la congregazione vaticana, aveva deliberato il 9 maggio del 2008 un aumento di capitale da 70 milioni di euro da realizzare come termine ultimo il 9 maggio 2010. Di questa cifra, sono stati messi nelle casse "solo" 5 milioni a gennaio. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore sarebbe stato dato mandato alla banca Rothschild di cercare possibile partner internazionali, con questo obiettivo: trasformare le quattro unità operative in società vere e proprie alle quali affiancare un socio forte, e trasformare il Nerviano Medical Sciences in una holding di partecipazione. daniele.lepido@ilsole24ore.com CAVALIERI BIANCHI L'azienda ha dato mandato alla banca Rothschild per cercare partner esteri Si teme per il posto di lavoro dei 650 addetti del centro

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Matteoli: Tirrenica al via nel 2009 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-13 - pag: 24 autore: Infrastrutture. Il ministro accelera l'apertura dei cantieri dell'autostrada Rosignano-Civitavecchia Matteoli: Tirrenica al via nel 2009 Resta il nodo della copertura finanziaria - Forse in campo Cdp o Bei Silvia Pieraccini GROSSETO L'autostrada A12 LivornoCivitavecchia fa un passo avanti importante verso l'apertura dei cantieri,dopo l'approvazione (con prescrizioni) del progetto preliminare da parte del Cipe avvenuta nel dicembre scorso. Mercoledì Anas e la concessionaria Sat (gruppo Autostrade- Atlantia) hanno firmato lo schema di convenzione che disciplina il completamento dell'opera- 206 km per un costo complessivo di 3,78 miliardi - attesa da 40 anni, e rimasta ferma ai 37 km del tratto Livorno- Rosignano. E ieri a Grosseto Governo, Regione Toscana e Sat, invitati da Confindustria e Ance a illustrare il progetto e i tempi di realizzazione, hanno spazzato via dubbi e polemiche che proprio dalla Maremma continuano a levarsi contro la costruzione dell'autostrada. «Indietro non si torna, questa volta la Tirrenica si farà», ha tuonato il ministro Altero Matteoli, deciso ad accelerare l'apertura dei cantieri, al punto da voler stralciare la variante di Rosignano (poco più di cinque chilometri per un costo di circa 80 milioni), in modo da partire con i lavori entro l'anno.La fattibilità dell'operazione, ha spiegato Sat, è facilitata dal decreto Milleproroghe che ammette l'affidamento di parte dei lavori a società controllate o collegate, ma dipenderà dal percorso autorizzativo (se la variante dovrà passare dal Cipe o solo dalla conferenza dei servizi). Per il resto, i tempi indicati dal presidente e dall'ad di Sat, Antonio Bargone e Franco Rapino, spostano l'avvio dei cantieri al 2011 (e la fine al 2016), anche per la necessità di ripetere la valutazione di impatto ambientale per il tratto laziale (38 km), che è stato ridisegnato pochi mesi fa dalla Regione Lazio con un tracciato che corre in gran parte parallelo alla statale Aurelia. Dunque soltanto all'inizio del 2010 sarà pronto il progetto definitivo,che nell'autunno 2010 dovrebbe essere approvato dal Cipe, in modo da avviare la progettazione esecutiva dell'autostrada che nascerà per metà (110,5 km da Rosignano a Grosseto sud) dall'ampliamento a tre corsie dell'attuale "Variante Aurelia", e per l'altra metà (95,5 km da Grosseto sud a Civitavecchia) dalla costruzione di un nuovo tracciato a tre corsie, in larga parte affiancato, lato monte, alla statale Aurelia, che sarà declassata a "strada parco". «Nel 2013 tutti i lavori dovranno essere finiti», si è sbilanciato Matteoli. «Finalmente parte l'opera più approvata d'Italia», ha detto l'assessore toscano ai Trasporti, Riccardo Conti. E la presidente di Confindustria Toscana, Antonella Mansi, ha sottolineato: «Mi raccomando di fare attenzione ai tempi, perchè la crisi ci costringe ad aprire la stagione del fare, e del fare in fretta e bene». Qualche ostacolo, in effetti, si intravede all'orizzonte dopo che alcuni parlamentari hanno segnalato al commissario Ue al Mercato interno la mancanza di una garad'appalto per assegnare la concessione autostradale.«Certamente l'Europa ci chiederà chiarimenti hanno spiegato ieri i vertici di Sat - ma siamo pronti a darle: la nostra non è una nuova concessione, ma un atto aggiuntivo a quella stipulata nel 1999». La convenzione siglata mercoledì prevede che Sat si accolli l'intero investimento, attraverso un'operazione di finanza di progetto. E su questo versante potrebbero forse sorgere dei problemi, visto che il 73% dell'investimento dovrebbe arrivare dalle banche: «è ipotizzabile l'intervento della Cassa depositi e prestiti o della Bei per finanziare una parte dell'investimento », ha spiegato Rapino.

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Anagrafe finanziaria aperta agli agenti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-03-13 - pag: 29 autore: Riscossione Anagrafe finanziaria aperta agli agenti Agenzia delle Entrate ed Equitalia rafforzano le sinergie per l'utilizzo dell'anagrafe dei conti correnti e dei rapporti finanziari. Lo fanno attraverso una convenzione di durata triennale, firmata il 2 marzo scorso, che permetterà a 250 agenti della riscossione di accedere alla speciale sezione dell'anagrafe tributaria. L'archivio potrà essere usato limitatamente ai fini della riscossione mediante ruolo e previa autorizzazione rilasciata dai direttori generali alla luce di quanto previsto dalla legge 248 del 2006 (articolo 35, comma 25). Per garantire un uso legittimo dei dati raccolti e che il loro trattamento sia conferme alla normativa sulla privacy, le procedure d'accesso al database dei rapporti finanziari saranno sottoposte a uno stretto controllo telematico e saranno sempre tracciabili. L'Agenzia renderà infatti disponibili i dati contenuti nell'archivio che si potranno ottenere interrogando il sistema solo grazie a specifiche credenziali di autenticazione " personali". Ciascun operatore quindi avrà la propria password. In ogni caso, Equitalia Spa si riserva la facoltà di effettuare controlli anche a campione presso gli agenti della riscossione per verificare il rispetto della convenzione e del Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003). E si impegna a riferirne all'Agenzia segnalando le eventuali criticità riscontrate. Le informazioni acquisite dovranno essere conservate – precisa l'articolo 10, comma 6 della convenzione – per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle funzioni di riscossione. Inoltre, «gli agenti dovranno assicurare che non si verifichino accessi, divulgazioni, comunicazioni, cessioni a terzi, né in alcun modo riproduzione dei dati nei casi diversi da quelli previsti dalla legge». Non è consentita, in particolare, «la riproduzione delle informazioni acquisite in altre applicazioni informatiche o banche dati». L'agenzia delle Entrate provvederà a formare gli agenti di Equitalia Spa e delle società da essa partecipate che gestiscono sul territorio l'attività di riscossione a mezzo ruolo.

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L'Albo risponde con un decalogo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-03-13 - pag: 31 autore: La risposta. Confermata anche la centralità del collegio sindacale L'Albo risponde con un decalogo TORINO Un decalogo da sottoporre al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, all'insegna della semplificazione. Cui fa da contrappunto un undicesimo elemento – a lungo dibattuto nella tavola rotonda pomeridiana di ieri – cioè la salvaguardia del collegio sindacale come organo di sorveglianza preventivo. Il documento del Consiglio nazionale comprende proposte sulla semplificazione quali il ruolo dei commercialisti nelle perizie sui beni per le separazioni consensuali e giudiziali tra coniugi; formalità sui trasferimenti di aziende e beni mobili registrati; archiviazione elettronica; scomputo delle ritenute da parte delle associazioni tra professionistie in caso di omessa certificazione del sostituto; qualifica di sostituto di imposta per il curatore fallimentare;periodicità di presentazione della comunicazione delle dichiarazioni di intento ricevute per la disapplicazione dell'Iva agli esportatori abituali; documentazione per la deducibilità di vitto e alloggio dei professionisti e formalità per la levata del protesto e degli assegni cambiari. Ma –soprattutto in tempi di crisi – è la tutela del collegio sindacale l'undicesima priorità. Lo ha riconosciuto come «modello interessante » anche il premio Nobel per l'Economia,Joseph Stiglitz,intervistato da Claudio Siciliotti, sottolineando che anche al sistema statunitense occorrerebbe «a monte un campanello d'allarme ». Si è detto d'accordo Luigi Casero,sottosegretario all'Economia, secondo cui «l'impegno dell'Esecutivo è di adottare – per metà anno – la direttiva Ue sulla revisione in maniera conforme all'impianto italiano». Gli economisti Stefano Fassina (consigliere economico del Pd) e Marco Onado hanno invece evidenziato le criticità non solo finanziarie dell'attuale congiuntura.

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Benetton rinuncia alla cedola Autogrill (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 38 autore: Retail. Più ricavi ma meno profitti per il gruppo di ristorazione Benetton rinuncia alla cedola Autogrill Simone Filippetti La famiglia Benetton rinuncia ai dividendi. Seguendo le orme degli Agnelli e dei Merloni, che hanno deciso di non far distribuire le cedole alle proprie aziende, un'altra famiglia del capitalismo ha scelto di lasciare in casa gli utili prodotti. In questo caso l'azienda è Autogrill, di proprietà del gruppo di Ponzano Veneto, che quest'anno lascerà all'asciutto gli azionisti, l'ultima volta era successo nel 2003. Il colosso mondiale della ristorazione concessioni aeroportuali (presente in oltre 20 Paesi del mondo) è già la settima «blue chip» di Piazza Affari a rinunciare alla cedola: hanno iniziato le due principali banche del Paese ( Intesa Sanpaolo e UniCredit), poi è toccato all'industria (con Fiat e Indesit) e al mondo dell'editoria ( Espresso e Seat). Ora al largo consumo (con Luxottica e la stessa Autogrill). La società l'anno scorso aveva distribuito ai suoi azionisti 76 milioni: circa 45 erano andati nelle casse della holding capogruppo Edizione che detiene quasi il 60% della società. La cassaforte della famiglia Benetton (la ex Ragione Sapa che a sua volta controlla le subholding Sintonia e Schema34) nel 2009 vedrà dunque assottigliarsi il fiume cedolare delle partecipate: se Atlantia, (la holding che controlla Autostrade) ha confermato la cedola, l'altra grande partecipazione della famiglia, Telecom Italia, ha tagliato i dividendi. Recessione e crisi dei consumi hanno colpito maggiormente il settore retail e i conti 2008 di Autogrill hanno evidenziato un quadro economico in deterioramento: l'utile è sceso del 22% a 123,2 milioni, ma il mercato ha apprezzato la scelta dell'azionista di controllo di voler tenere le risorse nelle casse dell'azienda per rafforzarla e tenere botta alla più grave crisi economica da decenni. Ieri Autogrill è stato il miglior titolo dell'S&PMib, segnando un balzo del 9,7% a 3,7 euro. Che il 2008 sarebbe stato difficile Autogrill lo aveva già lasciato intendere lo scorso luglio rivedendo al ribasso le stime sui dodici mesi. E che al giro di boa di fine anno quei numeri siano stati confermati è un risultato soddisfacente, alla luce della tempesta scoppiata nell'ultimo trimestre: i ricavi del gruppo sono saliti del 20% a 5,8 miliardi. Merito della maxi-acquisizione dell'inglese Wdf (World Duty Free) e delle minoranze di Aldeasa: il segmento food&beverage, che pure è la fetta più grossa del business (3,9 miliardi), è rimasto quasi fermo (+1,2%) mentre le attività di duty free e spazi commerciali ha più che raddoppiato i ricavi (+117% a 1,43 miliardi). La redditività, tuttavia, non si è mossa di pari passo coi ricavi perché sul Mol (+7% a 601,5 milioni) hanno pesato circa 20 milioni di costi di ristrutturazione (che hanno in parte eroso i 90 milioni di marginalità aggiuntiva portati dalle acquisizioni). Dopo l'impegnativo shopping su Wdf-Aldeasa (pari a quello fatto nel 1999 quando il gruppo entrò negli Usa rilevando la HmsHost), il 2009 sarà l'anno della riduzione del debito. «Negli ultimi anni siamo sempre cresciuti, con ritmi del 20% all'anno – ha annunciato ieri al mercato l'ad GianMario Tondato - ora la priorità è il deleverage ». Senza il salto dimensionale delle acquisizioni in Inghilterra e Spagna Autogrill sarebbe rimasta al palo nel 2008 (+2,5% la performance a parità di perimetro e addirittura negativa nel quarto trimestre), ma lo shopping ha anche appesantito la società, il cui debito è raddoppiato passando da 1,1 a 2,1 miliardi. L'esposizione verso le banche è pari a 3,3 volte il margine operativo lordo. «Nessuno dei covenant è stato superato e siamo fiduciosi che riusciremo a rispettarli» ha chiosato il manager. La strada è il recupero sui margini: più redditività e generazione di cassa per far scendere l'esposizione finanziaria. La società si concentrerà sull'efficienza e sul taglio dei costi ( salvaguardando l'occupazione). Gli investimenti scenderanno da 337 del 2008 ai 160 previsti per quest'anno. Nel quartier generale di Rozzano hanno in mente due scenari per quest'anno: se la «tempesta» rimarrà di questa portata Autogrill stima ricavi a 5,9 miliardi e un Mol a 625 milioni. Se le cose peggioreranno e ci sarà un «uragano», i ricavi saranno fermi a 5,7 miliardi e il Mol in calo (575 milioni). REAZIONI POSITIVE Piazza Affari ha apprezzato la scelta prudenziale: il titolo della società controllata è cresciuto del 9,7% fino a 3,7euro

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Interpump batte la crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 39 autore: Industria. Risultato netto in tenuta a 40 milioni di euro Interpump batte la crisi MILANO Interpump si prepara a cogliere opportunità sul mercato e a crescere per linee esterne. Il gruppo ha annunciato ieri di aver chiuso l'esercizio 2008 con un utile da 40,2 milioni (-6,5% rispetto al 2007) a fronte di ricavi in calo dell'1,8% a 424,5 milioni. Per l'anno in corso le previsioni sono però positive, tanto che il gruppo non esclude acquisti: «Malgrado il perdurare della negativa congiuntura economica e le grandi incertezze sulla sua possibile evoluzione, il gruppo ritiene di poter nel 2009 avere un andamento positivo grazie anche alla forza delle proprie posizioni competitive e alla propria solidità patrimoniale, anche se con fatturati e redditività probabilmente inferiori a quelli del 2008», si legge nella nota, che precisa inoltre che il gruppo «ritiene altresì che nei prossimi mesi possano presentarsi sul mercato interessanti opportunità di crescita esterna a condizioni particolarmente favorevoli». Proprio per questo il consiglio di amministrazione ha deciso di proporre alla prossima assemblea dei soci di destinare tutto l'utile a riserve: «Tale decisione è legata sì in parte all'eccezionalità ed alle incertezze della situazione economica, ma è soprattutto orientata all'ulteriore sviluppo del gruppo anche attraverso acquisizioni ». Tornando al bilancio 2008, il margine operativo lordo (Ebitda) è stato pari a 87 milioni, pari al 20,5% delle vendite, a fronte dei 94,3 milioni del 2007 che rappresentava il 21,8% delle vendite (- 7,7% e a parità di area di consolidamento -8,8%). Al netto di due eventi non ricorrenti, la diminuzione sarebbe stata del 6,6% (a parità di area di consolidamento- 7,8%). L'indebitamento finanziario netto è passato da 175 milioni al 31 dicembre 2007 a 206,4 milioni a fine 2008, principalmente per il pagamento del dividendo straordinario, per l'acquisto di un'ulteriore quota di Nlb e per le acquisizioni di aziende del polo cilindri. Mo.D.

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Maire aumenta il dividendo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 39 autore: Engineering. Guadagni in progresso a 117 milioni Maire aumenta il dividendo MILANO Maire Tecnimont conferma la politica di pay out al 30% e si prepara a distribuire una cedola di 11 centesimi, in aumento del 57% rispetto all'anno precedente. I risultati pre-consuntivi, approvati ieri dal cda, hanno evidenziato un utile netto 2008 di 117 milioni (al netto degli interessi di terzi), in incremento del 60% rispetto all'esercizio precedente. I ricavi del gruppo, attivo nell'engineering e construction, ha visto ricavi pari a 2,463 miliardi, in crescita del 24% rispetto all'esercizio 2007. Nel corso del 2008 il gruppo si è aggiudicato nuovi ordini, per un totale di 2,653 miliardi, in miglioramento dai 2,573 miliardi del 2007). Il portafoglio ordini al 31 dicembre 2008 ha raggiunto i 4,534 miliardi, in crescita dell'8% rispetto ai 4,196 miliardi al 31 dicembre 2007. Inoltre, nel corso dell'esercizio sono stati firmati diversi contratti di servizi per la fornitura di Open Book Cost Estimate ("Obce"), per un valore stimato in circa 900 milioni, non inclusi nel portafoglio ordini. Infine il cda, alla luce dell'attuale congiuntura economica mondiale negativa e delle incertezze sui mercati finanziari, ha deciso «di adeguare le linee strategiche del gruppo alle nuove opportunità, incluse quelle derivanti dalle politiche pubbliche di rilancio delle infrastrutture, nonché alla significativa crescita del gruppo in termini di risorse umane e di expertise». In altre parole tali linee strategiche hanno «l'obiettivo di mantenere elevati standard di performance, ottimizzando ulteriormente il modello multibusiness, in termini di espansione e consolidamento della presenza geografica, di diversificazione di settori d'attività, di miglioramento dell'efficienza dei processi operativi a livello di gruppo », secondo quanto si legge nel comunicato. Mo.D.

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Profitti Banca Generali in flessione del 48% (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 39 autore: Risparmio. Pesano le svalutazioni Profitti Banca Generali in flessione del 48% Banca Generali dimezza l'utile e avvia l'integrazione con la controllata Bsi Italia. Il cda dell'istituto ha esaminato ieri i conti dello scorso esercizio chiusi con un utile netto di 7,9 milioni di euro, in calo del 48% rispetto allo scorso anno, dopo svalutazioni di titoli per 8,1 milioni in gran parte già messe a bilancio nel terzo trimestre 2008. All'assemblea degli azionisti verrà proposto un dividendo di 6 centesimi per azione (rispetto a 18 centesimi dello scorso anno). La società –ha precisato una nota –ha anche avviato un progetto di potenziamento delle attività rivolte alla clientela privata (private banking). Banca Bsi Italia verrà integrata in Banca Generali, con sinergie stimate in 5-6 milioni, diventando divisione completamente separata e con marchio autonomo ma comunque collegabile al gruppo Generali. Ieri intanto, con le comunicazioni inviate all'autorità di vigilanza spagnola dei mercati (Cnmv), si è avuta conferma della partecipazione del gruppo Generali all'aumento di capitale lanciato dal Banco Santander per 7,19 miliardi. Il gruppo triestino ha speso 81,7 milioni, mantenendo sostanzialmente intatta la propria partecipazione- è stata leggermente limata da 1,61 a 1,36 per cento – suddivisa tra la capogruppo e le sue partecipate. Infine il gruppo Cattolica ha ieri annunciato che alla prossima assemblea degli azionisti ( 26 aprile, in seconda convocazione) verrà proposta ai soci la distribuzione di una nuova azione ogni 20 possedute, nell'ambito di un aumento gratuito del capitale per 7,7 milioni di euro. «La solida situazione patrimoniale della società – sottolinea una nota della compagnia – e la fiducia sulle sue prospettive economiche, tenuto conto soprattutto del miglioramento del risultato tecnico dei rami danni e della redditività ordinaria del ramo vita, nella prospettiva di una stabilizzazione dell'attuale crisi finanziaria, hanno indotto il cda a non penalizzare le aspettative dell'azionariato e pertanto a proporre la suddetta distribuzione gratuita di azioni».

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Volkswagen aumenta la cedola (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 41 autore: Auto. Il 2008 si chiude con risultati record ma per il 2009 la casa di Wolfsburg prevede utili in calo Volkswagen aumenta la cedola Cura dimagrante per i prossimi mesi: taglio di costi e investimenti Andrea Malan WOLFSBURG. Dal nostro inviato Volkswagen chiude un anno record e ricompensa azionisti, dipendenti e manager: i primi con un aumento del dividendo a 1,93 euro; i secondi con un bonus aumentato a 4.100 euro a testa; gli ultimi con un compenso quasi triplicato: con 12,7 milioni di euro Martin Winterkorn, il numero uno del gruppo, diventa il manager dell'auto più pagato d'Europa dopo il suo " diretto superiore",Wendelin Wiedeking della Porsche. La connazionale Bmw, invece, delude i mercati con un utile drasticamente ridotto dagli oneri straordinari. Nonostante il crollo dei mercati nell'ultima parte del 2008, Volkswagen è riuscita a migliorare - sia pure di poco - i conti dell'anno precedente: 6,3 milioni di vetture vendute, con un aumento dell' 1,3 per cento e un guadagno significativo di quote di mercato; fatturato in crescita del 4,5% a 113,8 miliardi di euro; utile operativo di 6,3 miliardi (+3%) e netto a 4,7, con un ritorno sul capitale investito che ha superato il 10 per cento. Bmw ha chiuso il 2008 con ricavi in discesa del 5% a 53,2 miliardi e un calo dei profitti operativi del 78% a 921 milioni di euro; il gruppo di Monaco ha risentito, come detto, di quasi 2 miliardi di accantonamenti straordinari a fronte della svalutazione di vetture usate e di debiti in sofferenza, oneri che hanno portato in rosso i conti del quarto trimestre. Nell'intero 2008 le vendite della casa bavarese sono scese del 4,3%; il calo delle consegne è stato del 5,8% per il marchio Bmw, mentre quelle della rivale Audi (gruppo Volkswagen) hanno superato per la prima volta il milione di unità. Rolls Royce (controllata da Bmw) con un +20% su base annua ha invece fatto meglio del -24% di Bentley (gruppo Vw). Le prospettive per il 2009? «Non abbiamo ancora toccato il fondo», ha detto ieri Hans Dieter PÖtsch- direttore finanziario della Volkswagen- in occasione della conferenza stampa annuale. Ad oggi «nessuno è in grado di fare previsioni su come finirà l'anno ». Uniche indicazioni, «i profitti saranno inferiori a quelli del 2008 ma il bilancio resterà in attivo ». Non altrettanto si può dire per il primo trimestre di quest'anno che - ha confermato PÖtsch potrebbe chiudersi in rosso. Alla luce del deterioramento della congiuntura, l'aumento di compensi e dividendi ha destato più di un dubbio; PÖtsch ha risposto ricordando che la quota degli utili distribuita dell'azienda è sempre stata bassa e che in ogni caso, con 8 miliardi di liquidità netta a fine 2008, Volkswagen è meglio attrezzata delle concorrenti per affrontare la crisi; la società è tornata sui mercati finanziari all'inizio dell'anno con un'emissione da 3,5 miliardi che ha già coperto «gran parte delle esigenze di rifinanziamento prevedibili per il 2009». Volkswagen ha anche fattoricorso per 2 miliardi di euro alle garanzie offerte dal Fondo pubblico per la stabilizzazione dei mercati finanziari (Soffin). Il colosso di Wolfsburg dovrà comunque sottoporsi quest'anno a una cura dimagrante: 2 miliardi di investimenti in meno rispetto al 2008 e taglio dei costi di un miliardo, pur senza chiusure di impianti. Non sono previsti licenziamenti, ma l'azienda ha già annunciato che non rinnoverà i contratti a termine a 16mila persone. La crisi in atto porterà a un consolidamento accelerato del settore, come afferma Sergio Marchionne della Fiat? Winterkorn risponde con una battuta: «Fiat e Chrysler si sono messe insieme perché ciascuna delle due non va tanto bene. Ma non basta per migliorare i conti. Noi ci abbiamo messo vent'anni –ha proseguito il manager – per far funzionare tutte le sinergie possibili». Winterkorn è scettico sulle previsioni di Marchionne secondo cui nel settore resteranno solo sei grandi gruppi, di cui due al massimo in Europa:«Vedo un grosso consolidamento in Cina, e credo che i cinesi faranno parte dei sopravvissuti alla fine della crisi. Ma ci sarà sicuramente più di un gruppo europeo ». Volkswagen conta di esserci e punta decisamente a diventare numero uno mondiale. BMW Negativi i conti dell'altro colosso tedesco: i profitti operativi sono scesi del 78% e i ricavi si sono fermati a 53,2 miliardi (-5%) Bilancio record. Il Ceo del gruppo Volkswagen Martin Winterkorn AFP

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Roche conquista il 100% di Genentech (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 41 autore: Farmaceutica. Il gruppo acquisirà il 44,2% che ancora non possiede nella società Usa Roche conquista il 100% di Genentech Lino Terlizzi GINEVRA Il gigante farmaceutico Roche ha raggiunto un accordo per l'acquisto della quota dell'americana Genentech che ancora non controllava, ponendo così fine ad una controversia interna che durava dall'estate scorsa. Il gruppo svizzero acquisirà il 44,2% di Genentech per 46,8 miliardi di dollari, cifra che rappresenta l'ammontare più elevato mai pagato da una società elvetica per un'acquisizione. Sulla base di questa offerta, l'impresa biotecnologica californiana viene quindi va-lutata nel suo complesso oltre 100 miliardi di dollari. Il prezzo per azione che ha sbloccato la trattativa è di 95 dol-lari, 2 dollari in più rispetto a quanto Roche, che da tempo possiede il 55,8% di Genentech, aveva offerto recentemente. All'inizio di questa storia tutta interna al gruppo, l'offerta era stata di 89 dollari. Il top management di Genentech ed il comitato speciale del cda dell'impresa l'evevano respinta. Poi,con l'acuirsi della crisi dei mercati finanziari, l'offerta all'inizio di quest'anno era scesa a 86,5 dollari ed era stata rivolta da Roche direttamente agli azionisti. Nelle ultime settimane la svolta, con la ripresa dei negoziati ed il «sì» di management e comitato, che ora consigliano agli azionisti di accettare i 95 dollari per azione, circa il 3% in più rispetto alla chiusura del titolo a New York mercoledì sera. Il titolo Roche ieri a Zurigo ha chiuso in rialzo dell'1,1%, a 147,1 franchi. Negli ultimi giorni vi sono state «trattative intense e fruttuose », ha affermato il presidente del cda di Roche, Franz Humer, il quale ha aggiunto che è intenzione del gruppo elvetico «preservare la cultura aziendale di Genentech». L'impresa californiana, in cui Roche è presente dal 1990, ha un posizione di forza soprattutto nel settore oncologico, in cui pure è presente il gruppo di Basilea. In questo settore dunque si svilupperà una parte significativa delle sinergie tra Roche e Genentech. Le attività di Ricerca e Sviluppo del gruppo negli Usa saranno concentrate nella sede principale di Genentech, a San Francisco. Le attività commerciali di Roche oltreoceano non avranno più sede nel New Jersey. Insieme, Roche e Genentech saranno la settima società farmaceutica negli Usa. Il modello di integrazione che Roche vuole applicare anche negli Usa, come aveva spiegato al «Sole-24 Ore» il Ceo Severin Schwan all'inizio di febbraio, è in pratica molto simile a quello già concretizzato in Giappone con la controllata Chugai. Pur conservando l'autonomia operativa di manager e ricercatori Genentech, Roche vuole ora ottenere sinergie più stringenti con l'impresa Usa. Secondo il gruppo elvetico, queste nuove sinergie con Genentech dovrebbero generare un effetto positivo misurabile in 750- 850 milioni di dollari ogni anno. La sfida per Roche adesso sarà tenere fede a questo obiettivo. Genentech ha 10.700 dipendenti e nel 2008 ha realizzato un fatturato di 13,4 miliardi di dollari (+14% sul 2007) ed un utile di 3,43 miliardi di dollari (+24%). Il gruppo Roche ha 80mila dipendenti e nel 2008 ha registrato un fatturato di 45,62 miliardi di franchi (-1%) ed un utile di 10,84 miliardi di franchi (-5%). CONTROVERSIA RISOLTA L'operazione pone fine a una diatriba che durava dalla scorsa estate: il controvalore raggiunge il record di 46,8 miliardi $

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Kerself scommette sulla Turchia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 43 autore: Operazione con il gruppo Projex per lo sviluppo del fotovoltaico Kerself scommette sulla Turchia Giovanni Vegezzi MILANO Kerself sbarca in Turchia per scommettere sullo sviluppo delle energie rinnovabili. Oggi ad Ankara Pierangelo Masselli, presidente del gruppo emiliano attivo nella realizzazione di impianti solari, siglerà presso il Ministero dell'Energia un accordo che darà il via ad una joint-venture italo-turca nel campo del fotovoltaico. La nuova società, che punta a beneficiare degli incentivi per la produzione di energia verde che stanno per essere approvati da Ankara, sarà controllata dal gruppo italiano con il 51%, mentre il restante 49% sarà nelle mani di Projex, una impresa privata locale. «Siamo fra i pionieri di questo settore in Turchia» ha dichiarato il presidente di Kerself, confermando l'interesse per un mercato che Masselli conosce bene, visto che il suo gruppo è da tempo attivo in quest'area nel campo dell'idraulica. «Questo paese, che dal punto di vista finanziario è più sano di altri mercati emergenti, vuole scommettere su nuove fonti di energia –ha detto il presidente di Kerself – l'accordo che firmeremo è molto sentito dal Ministero dell'Energia turco ». «In più – ha continuato Masselli - bisogna dire che in Turchia è molto apprezzata la qualità italiana». La nuova società, che pensa di realizzare un impianto da un Megawatt entro fine giugno, costituisce per Kerself la prima grande operazione nel fotovoltaico al di fuori dell'Italia e dovrebbe portare al gruppo emiliano 15 milioni in più di fatturato entro fine anno. Ma Kerself, forte della partnership stretta l'estate scorsa con i russi di Avelar Energy, non scommette solo sulla Turchia. Il gruppo spera entro la fine del 2009 di sbarcare in Spagna e in Grecia. «Nonostante la crisi bisogna pur continuare a lavorare » ha ribadito Masselli evidenziando il buon andamento dell'anno appena trascorso. La società emiliana infatti ha chiuso il 2008 con ricavi in crescita dell'87% a 202 milioni di euro, mentre per l'anno in corso mantiene l'obiettivo di raddoppiare il fatturato. «Non è facile – ha dichiarato Masselli – ma per il 2009 ci aspettiamo di fare quello che abbiamo detto». Per Kerself, insomma, a prescindere dalla congiuntura economica, la scommessa sulle rinnovabili rimane di estremo interesse: «Alla fine – sostiene Masselli – il sole è pur sempre gratuito». LE ATTESE Grazie all'accordo i ricavi aumenteranno di 15 milioni entro fine anno I prossimi obiettivi sono Spagna e Grecia

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La Svizzera ridà slancio all'oro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-03-13 - pag: 44 autore: Preziosi. Prezzi oltre 930 $/oncia dopo la vendita di franchi da parte delle autorità elvetiche La Svizzera ridà slancio all'oro Il metallo favorito dal doppio ruolo di bene rifugio e di valuta Sissi Bellomo Dopo un avvio di settimana un po' fiacco, l'oro ha ritrovato vigore, volando oltre 930 dollari l'oncia sul mercato spot londinese.Livelli già visti –e superati – anche in tempi recentissimi, ma che a giudizio di alcuni analisti potrebbero segnalare l'avvio di un nuovo trend rialzista, sia pure turbato da un'alta volatilità. A innescare gli acquisti è stata la decisione della Banca nazionale svizzera di vendere franchi, come parte della sua strategia di sostegno dell'economia confederale (si veda il servizio a pagina 8). Una mossa che ha destato un certo allarme: alcuni osservatori temono infatti che si tratti solo di un primo passo, cui potrebbero seguirne molti altri, da parte delle autorità monetarie elevetiche e non solo. «C'è preoccupazione»,osserva John Reade, analista di Ubs, la stessa banca (svizzera, guarda caso) che solo l'altro ieri aveva prospettato la possibilità che l'oro salisse a 2.500 $/oz nel giro di cinque anni. «I governi stanno già stampando molto denaro e ora potremmo essere sul punto di entrare in una fase di svalutazioni competitive». Di qui la reazione di molti investitori, che ieri si sono indirizzati sull'oro sia perché delusi dalle prospettive di un altro classico bene rifugio, il franco svizzero, sia perché il metallo giallo –esso stesso considerabile una valuta – uscirebbe vincente se le maggiori banche centrali ingaggiassero davvero una guerra a colpi di svalutazione. A favore dell'oro giocano anche altri fattori. A cominciare dalle difficoltà nel settore minerario (l'output del Sud Africa, secondo produttore aurifero mondiale, è crollato dell'8,7% in gennaio), per finire con le considerazioni di carattere prettamente economico e finanziario. La gravità della recessione e le rovinose performance delle Borse stanno incoraggiando gli investitori a parcheggiare il denaro in asset considerati più tranquilli. Forse non a caso il maggiore Etf sull'oro, l'SPDR Gold Trust, l'11 marzo è arrivo ad accumulare lingotti per 1.038,17 tonnellate: un record assoluto, che –tanto per restarein tema – lo porta ad insidiare la Banca nazionale svizzera, al sesto posto nella classifica mondiale dei detentori di oro con 1.040,1 tonnellate. Più controversa è la possibilità che il dollaro possa offrire un'ulteriore spinta propulsiva all'oro: a parte l'incertezza sul suo futuro andamento, il biglietto verde di recente si è spesso mosso nella stessa direzione dell'oro. Comportamento insolito, che probabilmente deriva dall'essere anch'esso un bene rifugio. Infine, ci sono dubbi anche sull'evolvere dell'inflazione: il timore di un suo rialzo è favorevole all'oro,che offre una buona protezione. Solo alcuni economisti, tuttavia, temono oggi un'accelerazione dei prezzi, legata ai piani di stimolo dell'economia. Per altri lo spauracchio si chiama deflazione.

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Copiamo Brown Aliquote più alte per i ricchi e aiuti ai poveri (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Copiamo Brown Aliquote più alte per i ricchi e aiuti ai poveri Il 4 aprile la grande manifestazione a Roma Con uno slogan che dice: «Futuro sì, indietro no» Una sfida alla crisi difendendo la democrazia ORESTE PIVETTA Sempre di crisi si parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre il paese reale paga licenziamenti, cassa integrazione e una grande incertezza, e cioè paura, per il futuro. Che si vorrebbe meno tetro, meno incerto. come dirà lo slogan della manifestazione del 4 aprile, a Roma, la Cgil in campo. Dirà lo slogan: «Futuro sì, indietro no». Cioè andiamo avanti, cercando di uscire dalla crisi con un paese migliore, più equo... Nel segno dell'equità, ha agitato le acque della politica la proposta del leader del Pd, Franceschini: la tassa dei ricchi per aiutare i poveri. Bocciata alla Camera. Partita chiusa? Lo chiediamo a Guglielmo Epifani, leader della Cgil. «Ripeto che si tratta di una proposta importante: in una fase transitoria chiedere un piccolo sacrificio ai redditi più alti, per ridimensionare i problemi di chi sta peggio». Qualcosa che assomiglia alla proposta Cgil: prelievo più forte, aliquota che sale del cinque per cento (dal 43 al 48 per cento) per i redditi superiori ai 150mila euro. Per due anni. Manca un dettaglio: per quali progetti? «Lo spiegheremo lunedì prossimo. Diremo che cosa si può fare con quei soldi, un miliardo e mezzo di gettito aggiuntivo, per sostenere la cassa integrazione, per introdurre tutele per i precari... Vogliamo dimostrare che cosa significherebbe una misura di quel genere, qui tanto contestata, adottata altrove, ad esempio in Gran Bretagna. Non è un atto contro i ricchi: in questa espressione si introducono una inutile malizia, una forzatura ideologica. Non è neppure una scelta dettata dalla filantropia. Sarebbe una dimostrazione di cultura civile, che sarebbe condivisa dalla maggioranza del paese. Però in questo caso non si fanno sondaggi». Bossi, dalla maggioranza, è tra quanti sono più sensibili a queste proposte. «Non mi stupisce. Abbiamo tanti motivi di dissenso con la Lega. Ma questo non ci impedisce di capire che Bossi conosce i sentimenti popolari e quindi sa che persino un governo di centrodestra non può pensare di favorire solo i ceti più abbienti, ma deve anche ispirarsi a un principio di equità». C'è stata una critica da sinistra: non è così che si fa, è beneficenza, bisogna far la lotta all'evasione fiscale... «La sinistra è sempre pronta a dividersi... È ovvio che una cosa si salda all'altra e che purtroppo la lotta all'evasione fiscale s'è indebolita. Pochissimo si è badato ad alcuni dati, che mostrano come il saldo finale delle entrate fiscali del 2008 indichi la crescita di una sola voce, di una sola imposta, quella che pagano lavoratori dipendenti e pensionati. Pagano sempre i lavoratori...». Anche con l'innalzamento dell'età pensionabile. Sacconi ieri ha messo lo stop, ma la questione gira e rischia di diventare davvero un grimaldello. «C'è chi sostiene che bisogna approfittare della crisi per decidere riforme importanti. Ma non si capisce perchè si alluda solo a riforme che peggiorano le condizioni dei lavoratori. La storia delle pensioni per le donne del pubblico impiego a 65 anni è priva di senso e per di più contraddice la realtà di richieste sempre più alte di pensionamenti e prepensionamenti. Siamo all'assurdo. Altra cosa è ragionare sulla flessibilità dell'età pensionabile, come ha proposto la Cgil. Vorrei precisare intanto che i conti dell'Inps sono floridi e resta risolvere la questione dei lavori usuranti e dei coefficienti». La Cgil ha posto con forza la questione della durata della cassa integrazione, mentre Sacconi si vanta d'aver messo insieme il sistema più evoluto, moderno, bello di protezioni sociali. «Sacconi si incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo, si vede che la domanda è costantemente ferma...». Sembra che l'unica ricetta anticrisi sia nel rilanciare i consumi... «Il governo italiano, solo tra i grandi paesi, ignora due questioni. La prima è quella ambientale: nessuna politica per il risparmio energetico, nulla sulle fonti rinnovabili, unico passo l'accordo francese sul nucleare per importare tecnologie arretrate, rimosso il tema delle bonifiche industriali. La seconda: il rilancio dei servizi, sanità, scuola, trasporti, università, ricerca per i quali l'unica misura adottata è quella del "taglio"». Berlusconi riscopre intanto la casa... «Una proposta molto furba, perchè parla a una parte del paese, anche a cittadini a basso reddito, ai quali dà facoltà di alzare un sopralzo, allargare la villetta... a breve porta un po' di soldi alle amministrazioni locali e fa lavorare uno stuolo di professioni, geometri, architetti, aprendo la strada ai veri speculatori, che potranno demolire, ricostruire, alzare, ampliare». Il 4 aprile la manifestazione della Cgil. «E sarà una grande manifestazione: "futuro sì, ma indietro no". Vuol dire che la Cgil si misura con la sfida del cambiamento e del futuro... ». Una sfida che si può vincere? «Il governo manifesta debolezze. Il blocco sociale che lo regge non è così compatto. Basterebbe considerare che cosa significa per la picccola e media impresa la sua politica». Vasco Rossi parteciperà al concerto del Primo Maggio. Per Cgil Cisl Uil sarà l'unico appuntamento unitario? «Ringrazio Vasco Rossi, per questo suo omaggio al mondo del lavoro. Il Primo Maggio è dedicato ai giovani e anche le divisioni arretrano di fronte ai giovani. Da Cisl e Uil molte cose ci dividono, a cominciare dal modello contrattuale. Con l'intesa raggiunta da Cisl e Uil si riduce la qualità e la dimensione della contrattazione, nazionale o decentrata. Così il sindacato è più debole». Intervista a Guglielmo Epifani

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Sempre di crisi si parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sempre di crisi si parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre il paese reale paga licenziamenti, cassa integrazione e una grande incertezza, e cioè paura, per il futuro. Che si vorrebbe meno tetro, meno incerto. come dirà lo slogan della manifestazione del 4 aprile, a Roma, la Cgil in campo. Dirà lo slogan: «Futuro sì, indietro no». Cioè andiamo avanti, cercando di uscire dalla crisi con un paese migliore, più equo... Nel segno dell'equità, ha agitato le acque della politica la proposta del leader del Pd, Franceschini: la tassa dei ricchi per aiutare i poveri. Bocciata alla Camera. Partita chiusa? Lo chiediamo a Guglielmo Epifani, leader della Cgil. «Ripeto che si tratta di una proposta importante: in una fase transitoria chiedere un piccolo sacrificio ai redditi più alti, per ridimensionare i problemi di chi sta peggio». Qualcosa che assomiglia alla proposta Cgil: prelievo più forte, aliquota che sale del cinque per cento (dal 43 al 48 per cento) per i redditi superiori ai 150mila euro. Per due anni. Manca un dettaglio: per quali progetti? «Lo spiegheremo lunedì prossimo. Diremo che cosa si può fare con quei soldi, un miliardo e mezzo di gettito aggiuntivo, per sostenere la cassa integrazione, per introdurre tutele per i precari... Vogliamo dimostrare che cosa significherebbe una misura di quel genere, qui tanto contestata, adottata altrove, ad esempio in Gran Bretagna. Non è un atto contro i ricchi: in questa espressione si introducono una inutile malizia, una forzatura ideologica. Non è neppure una scelta dettata dalla filantropia. Sarebbe una dimostrazione di cultura civile, che sarebbe condivisa dalla maggioranza del paese. Però in questo caso non si fanno sondaggi». Bossi, dalla maggioranza, è tra quanti sono più sensibili a queste proposte. «Non mi stupisce. Abbiamo tanti motivi di dissenso con la Lega. Ma questo non ci impedisce di capire che Bossi conosce i sentimenti popolari e quindi sa che persino un governo di centrodestra non può pensare di favorire solo i ceti più abbienti, ma deve anche ispirarsi a un principio di equità». C'è stata una critica da sinistra: non è così che si fa, è beneficenza, bisogna far la lotta all'evasione fiscale... «La sinistra è sempre pronta a dividersi... È ovvio che una cosa si salda all'altra e che purtroppo la lotta all'evasione fiscale s'è indebolita. Pochissimo si è badato ad alcuni dati, che mostrano come il saldo finale delle entrate fiscali del 2008 indichi la crescita di una sola voce, di una sola imposta, quella che pagano lavoratori dipendenti e pensionati. Pagano sempre i lavoratori...». Anche con l'innalzamento dell'età pensionabile. Sacconi ieri ha messo lo stop, ma la questione gira e rischia di diventare davvero un grimaldello. «C'è chi sostiene che bisogna approfittare della crisi per decidere riforme importanti. Ma non si capisce perchè si alluda solo a riforme che peggiorano le condizioni dei lavoratori. La storia delle pensioni per le donne del pubblico impiego a 65 anni è priva di senso e per di più contraddice la realtà di richieste sempre più alte di pensionamenti e prepensionamenti. Siamo all'assurdo. Altra cosa è ragionare sulla flessibilità dell'età pensionabile, come ha proposto la Cgil. Vorrei precisare intanto che i conti dell'Inps sono floridi e resta risolvere la questione dei lavori usuranti e dei coefficienti». La Cgil ha posto con forza la questione della durata della cassa integrazione, mentre Sacconi si vanta d'aver messo insieme il sistema più evoluto, moderno, bello di protezioni sociali. «Sacconi si incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo, si vede che la domanda è costantemente ferma...». Sembra che l'unica ricetta anticrisi sia nel rilanciare i consumi... «Il governo italiano, solo tra i grandi paesi, ignora due questioni. La prima è quella ambientale: nessuna politica per il risparmio energetico, nulla sulle fonti rinnovabili, unico passo l'accordo francese sul nucleare per importare tecnologie arretrate, rimosso il tema delle bonifiche industriali. La seconda: il rilancio dei servizi, sanità, scuola, trasporti, università, ricerca per i quali l'unica misura adottata è quella del "taglio"». Berlusconi riscopre intanto la casa... «Una proposta molto furba, perchè parla a una parte del paese, anche a cittadini a basso reddito, ai quali dà facoltà di alzare un sopralzo, allargare la villetta... a breve porta un po' di soldi alle amministrazioni locali e fa lavorare uno stuolo di professioni, geometri, architetti, aprendo la strada ai veri speculatori, che potranno demolire, ricostruire, alzare, ampliare». Il 4 aprile la manifestazione della Cgil. «E sarà una grande manifestazione: "futuro sì, ma indietro no". Vuol dire che la Cgil si misura con la sfida del cambiamento e del futuro... ». Una sfida che si può vincere? «Il governo manifesta debolezze. Il blocco sociale che lo regge non è così compatto. Basterebbe considerare che cosa significa per la picccola e media impresa la sua politica». Vasco Rossi parteciperà al concerto del Primo Maggio. Per Cgil Cisl Uil sarà l'unico appuntamento unitario? «Ringrazio Vasco Rossi, per questo suo omaggio al mondo del lavoro. Il Primo Maggio è dedicato ai giovani e anche le divisioni arretrano di fronte ai giovani. Da Cisl e Uil molte cose ci dividono, a cominciare dal modello contrattuale. Con l'intesa raggiunta da Cisl e Uil si riduce la qualità e la dimensione della contrattazione, nazionale o decentrata. Così il sindacato è più debole».

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Tra le misure per fronteggiare la crisi c'è anche la necessità di una super... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Tra le misure per fronteggiare la crisi c'è anche la necessità di una «supervisione sulle retribuizioni» dei manager. Lo ha detto a Londra il governatore della Banca d'Italia e presidente del Forum per la stabiliità finanziaria Mario Draghi, al termine di una riunione del Forum. «Le debolezze perduranti nelle economie dei paesi avanzati e di quelli emergenti - ha aggiunto Draghi - continuano a rendere necessarie misure aggressive e coerenti». Il Frum per la stabilità finanziaria, di cui fanno parte le autorità nazionali e le istanze di supervisione internazionale più la Bce, banche centrali, ministeri dell'economia, presenterà nei prossimi giorni una serie di rapporti con i quali farà il punto sull'attuazione delle raccomandazioni dell'anno scorso per un corretto funzionamento dei mercati finanziari.

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I TRIBUNALI SCOMODI (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

I TRIBUNALI SCOMODI UMBERTO DE GIOVANNANGELI Da qualunque lato si consideri il tema della guerra e del diritto, si arriva necessariamente a misurarsi con la questione dei tribunali internazionali. Qual è la loro giurisdizione? Che autonomia hanno effettivamente? Che possibilità hanno di rendere esecutive le sentenze che emettono? E ancora: quella pratica è vera Giustizia o è la «vendetta» dei Vincitori sui Vinti? Una cosa è certa: i tribunali internazionali sono oggi l'espressione di un Diritto internazionali che in troppi vorrebbero coartato nel nome della «indebita ingerenza» negli «affari interni» di uno Stato-nazionale. Da Slobodan Milosevic a Omar Al Bashir. Dall'inferno dei Balcani a quello del Darfur. Passando per il Rwanda, il Libano, la Sierra Leone. Nessun dittatore deve potersi considerare «impunibile» per crimini di guerra e contro l'umanità. È questa la sfida di una Giustizia internazionale che s'incardina nei Tribunali sovranazionali. Sono le Corti «scomode» perché nell'indagare su crimini efferati finiscono, spesso, per svelare la faccia impresentabile» di una real politik che molte volte, in nome di interessi economici o geopolitici, chiude gli occhi e concede impunità a regime che fanno spregio dei più elementari diritti della persone, a cominciare da quello più sacro: il diritto alla vita. Le prime esperienze di tribunali penali internazionali sono i tribunali militari di Norimberga e Tokyo del 1945, nei quali gli Alleati hanno processato i criminali di guerra nazisti e giapponesi. In seguito, già nel 1949 la Commissione di diritto internazionale dell'Onu cominciò a lavorare su una «bozza di codice sui crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità» e nominò un Comitato per codificare tali crimini; ma si dovette giungere al 1989 perché finalmente l'Assemblea generale ONU chiedesse alla Commissione di diritto internazionale di riprendere i lavori sulla Corte penale internazionale. Nel 1993 e nel 1994 scoppiarono i conflitti nella ex Jugoslavia e poi in Rwanda, e i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e il genocidio - nella forma di «pulizia etnica» - resero nuovamente urgente il tema del diritto penale internazionale. Il Consiglio di Sicurezza decise di battere la strada dei Tribunali «ad hoc»- all'Aia (1993) e ad Arusha (1994) - per giudicare i responsabili di quelle atrocità e scoraggiare il ripetersi di simili crimini. Nel loro agire, le Corti internazionali aprono dossier su pagine scioccanti della storia dell'oggi: pulizia etnica, deportazioni di massa. E stupri. Lo statuto del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia menziona esplicitamente lo stupro fra i crimini contro l'umanità, e quello del Tribunale di Arusha sul Rwanda elenca fra gli atti che il tribunale ha competenza di giudicare «stupro, prostituzione forzata e ogni forma di aggressione sessuale». I processi celebrati da questi due tribunali hanno già riconosciuto lo stupro come atto di tortura, grave violazione delle convenzioni di Ginevra e crimine di guerra, nonché come strumento di genocidio, ed entrambi i tribunali si sono dotati di una consulente sulle questioni di genere, ed hanno adottato un punto di vista di genere anche nel modo di affrontare questioni come l'ammissibilità delle prove e il trattamento dei/delle testimoni. Dal Darfur al Tibet, dal Congo ai Balcani. Spesso, quando si denuncia il mancato rispetto dei più elementari diritti della persona, a cominciare dal diritto alla vita, i governi nazionali investiti dalle critiche parlano di «indebita ingerenza» negli affari interni. Riflette Fausto Pocar, già presidente del Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex-Jugoslavia, e membro della Camera di Appello del Tribunale Internazionale per i Crimini nel Rwanda dal 2000: «A partire dalla Carta delle Nazioni Unite la nozione di affari interni dello Stato è venuta progressivamente a restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del comportamento dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo territorio o alle quali si estende la sua giurisdizione. Non si tratta quindi di indebita ingerenza negli affari interni perché quegli affari, o questioni, non sono interni ma oggetto di valutazione e di obblighi di carattere internazionale». Si pone così il l grande tema del diritto all'ingerenza umanitaria. Spiega ancora il professor Pocar: «Nel diritto internazionale si è venuta affermando negli ultimi anni la nozione di una "responsabilità di proteggere" le popolazioni dalle violazioni più gravi dei diritti fondamentali della persona: dal genocidio, la pulizia etnica, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Quando lo Stato in cui i crimini sono commessi non ha la volontà o la capacità di proteggere la sua popolazione, la comunità internazionale è autorizzata ad agire, o meglio ha l'obbligo di farlo. Tale obbligo è stato riconosciuto in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 2006, e dalla Corte internazionale di giustizia in una sua recente sentenza». Il mondo scopre la giustizia. I tribunali internazionali provano a praticarla.

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Da qualunque lato si consideri il tema della guerra e del diritto, si arriva necessariamente a misur... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Da qualunque lato si consideri il tema della guerra e del diritto, si arriva necessariamente a misurarsi con la questione dei tribunali internazionali. Qual è la loro giurisdizione? Che autonomia hanno effettivamente? Che possibilità hanno di rendere esecutive le sentenze che emettono? E ancora: quella pratica è vera Giustizia o è la «vendetta» dei Vincitori sui Vinti? Una cosa è certa: i tribunali internazionali sono oggi l'espressione di un Diritto internazionali che in troppi vorrebbero coartato nel nome della «indebita ingerenza» negli «affari interni» di uno Stato-nazionale. Da Slobodan Milosevic a Omar Al Bashir. Dall'inferno dei Balcani a quello del Darfur. Passando per il Rwanda, il Libano, la Sierra Leone. Nessun dittatore deve potersi considerare «impunibile» per crimini di guerra e contro l'umanità. È questa la sfida di una Giustizia internazionale che s'incardina nei Tribunali sovranazionali. Sono le Corti «scomode» perché nell'indagare su crimini efferati finiscono, spesso, per svelare la faccia impresentabile» di una real politik che molte volte, in nome di interessi economici o geopolitici, chiude gli occhi e concede impunità a regime che fanno spregio dei più elementari diritti della persone, a cominciare da quello più sacro: il diritto alla vita. Le prime esperienze di tribunali penali internazionali sono i tribunali militari di Norimberga e Tokyo del 1945, nei quali gli Alleati hanno processato i criminali di guerra nazisti e giapponesi. In seguito, già nel 1949 la Commissione di diritto internazionale dell'Onu cominciò a lavorare su una «bozza di codice sui crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità» e nominò un Comitato per codificare tali crimini; ma si dovette giungere al 1989 perché finalmente l'Assemblea generale ONU chiedesse alla Commissione di diritto internazionale di riprendere i lavori sulla Corte penale internazionale. Nel 1993 e nel 1994 scoppiarono i conflitti nella ex Jugoslavia e poi in Rwanda, e i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e il genocidio - nella forma di «pulizia etnica» - resero nuovamente urgente il tema del diritto penale internazionale. Il Consiglio di Sicurezza decise di battere la strada dei Tribunali «ad hoc»- all'Aia (1993) e ad Arusha (1994) - per giudicare i responsabili di quelle atrocità e scoraggiare il ripetersi di simili crimini. Nel loro agire, le Corti internazionali aprono dossier su pagine scioccanti della storia dell'oggi: pulizia etnica, deportazioni di massa. E stupri. Lo statuto del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia menziona esplicitamente lo stupro fra i crimini contro l'umanità, e quello del Tribunale di Arusha sul Rwanda elenca fra gli atti che il tribunale ha competenza di giudicare «stupro, prostituzione forzata e ogni forma di aggressione sessuale». I processi celebrati da questi due tribunali hanno già riconosciuto lo stupro come atto di tortura, grave violazione delle convenzioni di Ginevra e crimine di guerra, nonché come strumento di genocidio, ed entrambi i tribunali si sono dotati di una consulente sulle questioni di genere, ed hanno adottato un punto di vista di genere anche nel modo di affrontare questioni come l'ammissibilità delle prove e il trattamento dei/delle testimoni. Dal Darfur al Tibet, dal Congo ai Balcani. Spesso, quando si denuncia il mancato rispetto dei più elementari diritti della persona, a cominciare dal diritto alla vita, i governi nazionali investiti dalle critiche parlano di «indebita ingerenza» negli affari interni. Riflette Fausto Pocar, già presidente del Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex-Jugoslavia, e membro della Camera di Appello del Tribunale Internazionale per i Crimini nel Rwanda dal 2000: «A partire dalla Carta delle Nazioni Unite la nozione di affari interni dello Stato è venuta progressivamente a restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del comportamento dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo territorio o alle quali si estende la sua giurisdizione. Non si tratta quindi di indebita ingerenza negli affari interni perché quegli affari, o questioni, non sono interni ma oggetto di valutazione e di obblighi di carattere internazionale». Si pone così il l grande tema del diritto all'ingerenza umanitaria. Spiega ancora il professor Pocar: «Nel diritto internazionale si è venuta affermando negli ultimi anni la nozione di una "responsabilità di proteggere" le popolazioni dalle violazioni più gravi dei diritti fondamentali della persona: dal genocidio, la pulizia etnica, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Quando lo Stato in cui i crimini sono commessi non ha la volontà o la capacità di proteggere la sua popolazione, la comunità internazionale è autorizzata ad agire, o meglio ha l'obbligo di farlo. Tale obbligo è stato riconosciuto in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 2006, e dalla Corte internazionale di giustizia in una sua recente sentenza». Il mondo scopre la giustizia. I tribunali internazionali provano a praticarla.

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IL GRAN SALUTO DI CLINT Un reduce dalla Corea circondato da asiatici: Gran Torino di un Eastwood magistrale (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

IL GRAN SALUTO DI CLINT Un reduce dalla Corea circondato da asiatici: «Gran Torino» di un Eastwood magistrale ALBERTO CRESPI Callaghan in pensione, come ve lo immaginate? Solo, incazzato con il mondo e capace di rispolverare la 44 Magnum per mettere a posto i vicini importuni. Walt Kowalski, il personaggio interpretato da Clint Eastwood in Gran Torino, gli somiglia. È un reduce dalla Corea, è vedovo (la prima scena del film è il funerale della moglie), ha due figli e uno stuolo di nipoti che non capisce e non lo capiscono. Vive in un quartiere periferico di Detroit dove tutti, una volta, erano come lui: immigrati dall'Europa (Kowalski è un nome polacco) impiegati nell'industria automobilistica. Walt ha un unico affetto, oltre al cane vecchio quanto lui: la sua Gran Torino del '72, un modello fuoriserie della Ford. L'auto, il lavoro, la villetta a due piani, la bandiera a stelle e strisce: il Sogno Americano dei poveracci. Solo che, tutt'intorno a Walt, l'America è cambiata: le fabbriche stanno chiudendo, il quartiere è divenuto pericoloso, le gang giovanili impazzano e i vicini sono immigrati di etnia Hmong, un popolo che vive al confine tra Vietnam e Thailandia. «Che diavolo siete venuti a fare in America?», è la domanda di Walt: e la risposta è semplice, è tutta colpa della guerra del Vietnam, quindi dell'America stessa... I rapporti tra Walt e i Hmong cominciano quanto Thao, ragazzino timido che abita nella villetta accanto, viene spinto dai bulli di una gang a rubare, come «rito di iniziazione», la Gran Torino del titolo. Walt caccia i teppistelli con uno schioppo che è un cimelio della Corea, ma poi capisce che Thao è un pezzo di pane e ha solo bisogno di affetto e protezione. Il film diventa così un doppio bildungsroman, un «romanzo di formazione» a due livelli. Da un lato Thao apprende alcune utili nozioni su come si diventa adulti, dall'altro Walt si apre al «diverso» e comincia a guardare in modo diverso i «musi gialli» che infestano il quartiere. Ma l'ispettore Callaghan che è dentro di lui fatica a morire: e quando i balordi tornano alla carica, tentando nuovamente di reclutare Thao con la forza - è il loro modo di controllare il territorio -, il vecchio concepisce un piano per fare giustizia... L'aspetto più stupefacente di Gran Torino è che il copione di Nick Schenk è arrivato a Eastwood per caso. Può darsi che Clint se lo sia poi «cucito» addosso, ma può anche darsi che il dio del cinema abbia voluto compiere un miracolo. Non solo il film è stupendo, all'altezza dei capolavori che Eastwood realizza da quando siamo entrati nel XXI secolo (Mystic River, Million Dollar Baby, il dittico su Iwo-Jima, Changeling); ma è una summa del Clint-pensiero, una riflessione sulla violenza nell'America devastata dal liberismo sfrenato dell'era Reagan-Bush, una rilettura a 40 anni di distanza del mito del giustiziere solitario. Eastwood ha dichiarato che Walt Kowalski è il suo ultimo ruolo da attore: a vederlo così bravo, viene da dire che è un peccato, ma la verità è che Gran Torino è il vero testamento di questo immenso cineasta. E quando vedrete il finale - che non vi riveleremmo nemmeno sotto tortura - forse sarete d'accordo con noi.

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Archeologi contro l'arrivo di Bertolaso (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Archeologi contro l'arrivo di Bertolaso STEFANO MILIANI «Bondi, Bondi, senti 'sta poesia / Il commissario sta in polizia». Questo slogan, fuori programma, l'hanno intonato ieri davanti al ministero dei Beni culturali, archeologi, funzionari e sindacalisti delle soprintedenze di Roma e Ostia per protesta contro l'annunciato commissariamento affidato al capo della Protezione civile Bertolaso. Una delegazione sindacale ha incontrato il direttore Giuseppe Proietti che, essendo un tecnico e non un rappresentante politico, ha confermato che il commissariamento ci sarà e che non il ministero non torna indietro. Intanto il provvedimento, annunciato a fine gennaio, potrebbe approdare al Consiglio dei ministri di oggi. Se sì, Bertolaso entrerebbe in azione in pochi giorni. Innanzi tutto sul tavolo c'è l'ipotesi, molto concreta e in corso di discussione, di affiancare al commissario un comitato scientifico che dovrebbe guidare il soprintendente dei beni archeologici di Roma Angelo Bottini. Del gruppo di lavoro dovrebbero far parte anche esperti di amministrazione, che dovranno dar corso ai lavori impiegando fondi diretti a «Roma Capitale». Sempre sul tavolo delle ipotesi in corso d'opera, questo team di fatto andrebbe a sostituire il sub-commissario nonché assessore capitolino alla pianificazione Marco Corsini: un'anomalia perché la stessa persona si troverebbe a ricoprire il ruolo di controllore e controllato. Se così fosse, sarebbe una marcia indietro. Claudio Galli, della Cgil, della delegazione, non è soddisfatto. «Non lo siamo, questo atto umilia la professionalità e la competenza delle soprintendenze e del ministero stesso. Continuiamo la lotta». E Marco Sangiorgio, della Cgil di Ostia, rincara: «In tre anni abbiamo avuto 7 sovrintendenti a interim, cioè part time, non c'è alcuna motivazione logica per avere un commissario. Crediamo sia un escamotage per gestire i soldi aggirando il Codice dei beni culturali». Il provvedimento, annunciato a fine gennaio, di mettere Guido Bertolaso a capo della Sovrintendenze di Roma e Ostia dovrebbe arrivare a giorni. Vacilla l'idea di un assessore comunale come sub-commissario.

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Berlusconi liquida il Parlamento: È superato, nacque dopo il fascismo (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Berlusconi liquida il Parlamento: «È superato, nacque dopo il fascismo» NATALIA LOMBARDO A gamba tesa, il premier torna ad attaccare il «super Parlamento». Roba vecchia, obsoleta e «non in linea con i tempi» perché nata dopo il fascismo. Silvio Berlusconi, ospite del Riformista che lo ha premiato «Uomo dell'anno 2009», ha bollato Dario Franceschini: «È un leader cattocomunista». Il Parlamento, più che il bicameralismo, è un peso, per il premier sempre più proiettato in una deriva autoritaria verso un presidenzialismo che sostituisca la democrazia parlamentare, con l'intenzione di cambiare «in tempi rapidi» l'assetto istituzionale. Poi si smentisce come sempre: «mai parlato di presidenzialismo». Berlusconi spera che il Pd metta radici solide così da essere da contraltare al Pdl. L'obiettivo è arrivare al bipartitismo che «metterà fine allo «sminuzzamento del dibattito politico e a certi minestroni», ovvero il pluralismo. E peccato per lui che non può essere completo «perché c'è anche la Lega» e certo non può mandare a casa l'amico Bossi. L'ennesimo show tra i flash dei fotografi, le battute sulle belle ragazze individuate con il cannocchiale, premio Oscar della politica del quotidiano diretto da Antonio Polito. L'occasione, in un ambiente della sinistra, è ghiotta per attaccare il leader del Pd che avrebbe pensato solo a inutili «elemosine» volendo tassare i ricchi per dare qualcosa ai meno abbienti. A proposito di elemosine, il cavaliere vanta meriti celati: «Chi può dare già compie opere sociali e donazioni che vanno oltre il 2%: io non faccio sapere nulla, ma la mia famiglia è molto attiva, fa molto, per esempio, nella costruzione di ospedali e orfanotrofi». Super Parlamento da buttare La democrazia parlamentare è un ingombro, il presidente del Consiglio lamenta di essere «senza poteri», altro che «dittatore» in una stanza dei bottoni, «non ci sono bottoni e neppure una stanza», fa tutto quel «mostro» di Gianni Letta. Tutto ciò per giustificare la trasformazione a tempi rapidi delle istituzioni nel presidenzialismo «ormai obbligatorio». Berlusconi è infastidito dalla democrazia «super-parlamentare, non adeguata all'era presente» e non competitiva con gli altri paesi. La Repubblica parlamentare fu «una decisione sacrosanta assunta dai padri costituenti veniva dopo un ventennio dittatoriale», ma ora Berlusconi esige «percorsi più brevi» per ratificare le decisioni del governo. Questo dopo aver chiesto a Gianfranco Fini (sempre più distante) di accelerare sulla modifica dei regolamenti parlamentari. E peccato che oggi nel consiglio dei ministri sarà portato il disegno di legge per la cementificazione, «un decreto legge sarebbe stato più efficace». Sulla crisi dispensa ancora ottimismo contro la «canzone catastrofista dei media», pur ammettendo che «non si conosce la reale portata del disastro finanziario». E finge di non vedere quello dell'economia reale. Occasione ghiotta il premio come uomo dell'anno ricevuto dal Riformista: Berlusconi attacca il leader del Pd e getta nel cestino la Repubblica parlamentare «nata dopo il Ventennio», per correre verso il presidenzialismo.

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Wall Street: arrestato Madoff il truffatore rischia 150 anni (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Wall Street: arrestato Madoff il truffatore rischia 150 anni LUIGINA VENTURELLI Il passaggio dal lussuoso attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non poteva essere più repentino. «Come si dichiara l'imputato?» ha chiesto il giudice Denny Chin al termine dell'udienza al tribunale federale di Manhattan. «Colpevole» ha risposto Bernard Madoff, l'ex presidente Nasdaq accusato di aver orchestrato una truffa da almeno 50 miliardi di dollari, ammettendo tutti gli undici capi d'imputazione a suo carico tra cui frode, falsa testimonianza e truffa. Un attimo dopo sono scattate le manette. DIETRO LE SBARRE Il magistrato, accettando la dichiarazione di colpevolezza, ha rifiutato di prorogare dorati arresti domiciliari (concessi a gennaio a suon di 10 milioni di dollari di cauzione) a chi ha lasciato in braghe di tela migliaia d'ignari risparmiatori, disponendo la custodia cautelare del finanziere, che attenderà in carcere il verdetto 16 giugno. Tra tre mesi, infatti, giungerà a sentenza il processo sulla più grande frode mai compiuta a Wall Street, per la quale il 70enne uomo d'affari rischia una condanna a 150 anni di prigione e a 170 miliardi di dollari di risarcimento danni. La giustizia Usa si muove con passo fermo e veloce. Nulla di strano per l'opinione pubblica americana, ma la rapidità con cui ieri Madoff è stato spedito in carcere, probabilmente per non uscirne più, è strabiliante per un paese come l'Italia, dove il patron di Parmalat Calisto Tanzi - tanto per fare un nome - ha aperto di recente una pasticceria. Abito grigio e giubbotto antiproiettile, il trader è arrivato in tribunale sotto scorta, passando attraverso due ali di fotografi, curiosi e vittime inferocite. Nella rete di Madoff sono finiti investitori professionisti, associazioni di beneficenza, attori, perfino sopravvissuti all'Olocausto. Tra i nomi noti hanno fatto scalpore quelli del regista Steven Spielberg, dell'attore Kevin Bacon e della vecchia gloria di Hollywood Zsa Zsa Gabor, quelli del premio Nobel Elie Wiesel e della donna più ricca del mondo Liliane Bettencourt, erede dell'impero L'Oreal. Ma sono andati in fumo anche i soldi di migliaia di persone normali, lavoratori, anziani che ora si ritrovano senza una pensione con cui tirare a campare. Per loro il finanziere si è detto «profondamente dispiaciuto e pieno di vergogna» e ha ammesso di aver cominciato a costruire il suo castello di carte finanziario negli anni Novanta in reazione alla recessione di quel periodo: «Pensavo di essere in grado di concludere in fretta e di poter tirar fuori me stesso e i miei clienti, ma ciò si è rivelato difficile e, alla fine, impossibile». FRODE A CATENA La sua truffa si è rivelata una versione aggiornata e corretta del vecchio schema Ponzi, dal nome dell'italoamericano che nei primi anni del secolo scorso riuscì a fregare 40mila persone promettendo forti guadagni agli investitori a patto che questi ne reclutassero di nuovi. Il modello permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote: i guadagni, infatti, derivano esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Alla lunga gli ultimi arrivati restano a secco, essendo il sistema destinato ad accumulare perdite gigantesche. Così, quando Charles Ponzi fu arrestato nel 1920 aveva raccolto oltre 15 milioni di dollari. Sull'ammontare delle risorse bruciate dal fondo d'investimento Madoff Investment Securities Llc, crollato sotto il peso della crisi finanziaria internazionale, i calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime parlavano di 50 miliardi di dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli annali come la più colossale frode della storia di Wall Street, ancora peggio del crack della Enron, ma l'accusa parla di 177 miliardi di dollari. Per quasi tre milioni d'investitori coinvolti. Il finanziere ha ammesso in tribunale le sue responsabilità e il giudice di New York ne ha ordinato l'arresto immediato. È accusato di aver frodato almeno 50 miliardi di dollari e rischia 150 anni di carcere.

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Il passaggio dal lussuoso attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non poteva essere... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il passaggio dal lussuoso attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non poteva essere più repentino. «Come si dichiara l'imputato?» ha chiesto il giudice Denny Chin al termine dell'udienza al tribunale federale di Manhattan. «Colpevole» ha risposto Bernard Madoff, l'ex presidente Nasdaq accusato di aver orchestrato una truffa da almeno 50 miliardi di dollari, ammettendo tutti gli undici capi d'imputazione a suo carico tra cui frode, falsa testimonianza e truffa. Un attimo dopo sono scattate le manette. DIETRO LE SBARRE Il magistrato, accettando la dichiarazione di colpevolezza, ha rifiutato di prorogare dorati arresti domiciliari (concessi a gennaio a suon di 10 milioni di dollari di cauzione) a chi ha lasciato in braghe di tela migliaia d'ignari risparmiatori, disponendo la custodia cautelare del finanziere, che attenderà in carcere il verdetto 16 giugno. Tra tre mesi, infatti, giungerà a sentenza il processo sulla più grande frode mai compiuta a Wall Street, per la quale il 70enne uomo d'affari rischia una condanna a 150 anni di prigione e a 170 miliardi di dollari di risarcimento danni. La giustizia Usa si muove con passo fermo e veloce. Nulla di strano per l'opinione pubblica americana, ma la rapidità con cui ieri Madoff è stato spedito in carcere, probabilmente per non uscirne più, è strabiliante per un paese come l'Italia, dove il patron di Parmalat Calisto Tanzi - tanto per fare un nome - ha aperto di recente una pasticceria. Abito grigio e giubbotto antiproiettile, il trader è arrivato in tribunale sotto scorta, passando attraverso due ali di fotografi, curiosi e vittime inferocite. Nella rete di Madoff sono finiti investitori professionisti, associazioni di beneficenza, attori, perfino sopravvissuti all'Olocausto. Tra i nomi noti hanno fatto scalpore quelli del regista Steven Spielberg, dell'attore Kevin Bacon e della vecchia gloria di Hollywood Zsa Zsa Gabor, quelli del premio Nobel Elie Wiesel e della donna più ricca del mondo Liliane Bettencourt, erede dell'impero L'Oreal. Ma sono andati in fumo anche i soldi di migliaia di persone normali, lavoratori, anziani che ora si ritrovano senza una pensione con cui tirare a campare. Per loro il finanziere si è detto «profondamente dispiaciuto e pieno di vergogna» e ha ammesso di aver cominciato a costruire il suo castello di carte finanziario negli anni Novanta in reazione alla recessione di quel periodo: «Pensavo di essere in grado di concludere in fretta e di poter tirar fuori me stesso e i miei clienti, ma ciò si è rivelato difficile e, alla fine, impossibile». FRODE A CATENA La sua truffa si è rivelata una versione aggiornata e corretta del vecchio schema Ponzi, dal nome dell'italoamericano che nei primi anni del secolo scorso riuscì a fregare 40mila persone promettendo forti guadagni agli investitori a patto che questi ne reclutassero di nuovi. Il modello permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote: i guadagni, infatti, derivano esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Alla lunga gli ultimi arrivati restano a secco, essendo il sistema destinato ad accumulare perdite gigantesche. Così, quando Charles Ponzi fu arrestato nel 1920 aveva raccolto oltre 15 milioni di dollari. Sull'ammontare delle risorse bruciate dal fondo d'investimento Madoff Investment Securities Llc, crollato sotto il peso della crisi finanziaria internazionale, i calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime parlavano di 50 miliardi di dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli annali come la più colossale frode della storia di Wall Street, ancora peggio del crack della Enron, ma l'accusa parla di 177 miliardi di dollari. Per quasi tre milioni d'investitori coinvolti.

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"la crisi frena le riforme e aumenta i nazionalismi" (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Economia Economisti riuniti da Bocconi, Fmi, Fondazione Rodolfo Debenedetti e Cepr "La crisi frena le riforme e aumenta i nazionalismi" Bruegel: "Oggi la priorità sono i piani di stimolo, su cui l´Europa si muove in ordine sparso" MILANO - La crisi finanziaria frena (almeno per ora) le riforme in Europa. Anzi. Oggi come oggi ha innescato un ritorno di fiamma del nazionalismo economico, forse inevitabile in un momento in cui per tutti l´obbligo è quello di rilanciare la crescita. Non è consolante il bollettino di guerra stilato dagli economisti riuniti all´Università Bocconi dal Fondo Monetario internazionale, il Center for economic policy research e la Fondazione Rodolfo Debenedetti per parlare di riforme strutturali nell´era della recessione. «Il ritorno al protezionismo sta nei fatti ? dice Domenico Siniscalco, ex ministro del Tesoro e oggi vicepresidente Morgan Stanley Europa ?. Il governo francese aiuta Renault ma le chiede di non tagliare posti di lavoro in patria. Obama va in soccorso delle banche Usa ma è ovvio che queste si concentrino poi sul mercato domestico, con il risultato tra l´altro di sostenere il rialzo del dollaro». In parte, dice Jean Pisani-Ferry, direttore del think tank Bruegel, è comprensibile: «In questo momento la priorità sono i piani di stimolo ? spiega ?. E in questo campo l´Europa si muove in ordine sparso con effetti imprevisti: la nazionalizzazione delle banche ad esempio ha già ridotto in modo significativo i prestiti transnazionali». Anche se per Gert Jan Koopman, direttore dei servizi economici e delle riforme strutturali della Ue, «Bruxelles questa volta si è mossa velocemente e i provvedimenti nazionali rientrano in una cornice di flex-security accettabile». E le riforme? «Per quelle in una situazione come questa non c´è urgenza», ammette Koopman. «Si tornerà a parlarne tra un anno ? prevede Pisani-Berry ? forse iniziando da pensioni e liberalizzazione del mercato del lavoro». Anche se, come sostiene provocatoriamente Siniscalco, bisogna guardare al mondo con lenti nuove anche quando si pianificano le riforme da fare: «Fino a pochi mesi fa indicavamo come i paesi più virtuosi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Spagna e l´Irlanda. E tutti sappiamo cos´è successo. Forse persino un po´ di re-regulation non farebbe male...». Naturalmente la madre di tutte le riforme, con questi chiari di luna, è quella della supervisione del sistema finanziario: «è un problema serio ? dice Enrica Detragiache del Fondo Monetario ?. La finanza ormai è un organismo vivente in grado di sviluppare anticorpi alle regole, anche perché in ballo ci sono comportamenti individuali. La regolamentazione per questo mondo è una tassa, e per massimizzare i profitti le tasse vanno evitate o dribblate». Dunque? «Dunque non bastano regole nuove ? conclude ? forse bisogna creare una task force in grado di monitorare i mercati in tempo reale e tappare le falle che si aprono. E naturalmente serve più coordinamento». (e.l.)

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il commento l'emergenza e l'innovazione - vincenzo visco (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 40 - Cronaca il commento L´emergenza e l´innovazione VINCENZO VISCO L´evoluzione della crisi originata nel settore immobiliare e subito trasferita a quello finanziario, inevitabilmente ricade, adesso, sul sistema produttivo industriale e quindi su tutta l´economia. Come sappiamo, si tratta di una crisi che coinvolge l´intero pianeta e che quindi non consente a nessuno di aspettarsi il traino altrui per uscirne. Ognuno - ogni Paese, ogni governo, ogni struttura produttiva - è chiamato a rimboccarsi le maniche e a mobilitare le proprie capacità e il proprio ingegno per fronteggiare, coordinando i propri sforzi, per quanto possibile, con quelli degli altri, un´emergenza che davvero, stavolta, è epocale. Il nostro sistema produttivo - come è ben noto - fonda sul manifatturiero grande parte della sua consistenza. Si tratta di un settore che, accanto ad alcune - poche - grandi imprese, annovera una grandissima quantità di imprese medie, piccole e piccolissime. E secondo studi recenti, proprio le imprese di medie dimensioni sono, oggi, le più dinamiche, le più orientate all´innovazione, e quelle più esposte sui mercati internazionali. Quindi, in questo momento, sono le più esposte ai colpi della crisi. Per evitare di vanificare le prospettive di crescita futura del Paese, quindi, il sistema industriale italiano va difeso e sostenuto nello sforzo di superare le serissime difficoltà del momento. Queste giornate che abbiamo voluto promuovere a Pisa - scelta come luogo di eccellenza per la ricerca e l´innovazione - vogliono essere un contributo serio e concreto del nostro impegno in questa direzione. SEGUE A PAGINA 6

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Draghi: contro la crisi misure aggressive (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2009-03-13 num: - pag: 1 categoria: REDAZIONALE E sui prefetti istruzioni del Governatore alle banche Draghi: contro la crisi misure aggressive LONDRA — Secondo il Governatore Mario Draghi, a Londra per il Financial stability forum, la crisi finanziaria «continuerà a richiedere misure di risposta aggressive e coerenti». Istruzioni. Nei giorni scorsi la Banca d'Italia ha inviato alle aziende di credito indicazioni su come comportarsi con gli Osservatori del credito presso le prefetture: niente fornitura di dati disaggregati. A PAGINA 5 Bocconi e Tamburello

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Draghi: <Contro la crisi servono misure aggressive> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-13 num: - pag: 5 categoria: REDAZIONALE Draghi: «Contro la crisi servono misure aggressive» «G20, allarghiamo il Financial Stability Forum» Istruzioni Bankitalia alle filiali sui dati ai prefetti Nell'Fsf entrano nuovi Paesi, dalla Cina alla Spagna. Il governatore: occorre dare una forte priorità al credito DAL NOSTRO INVIATO LONDRA — Cina, India, Russia, Brasile e ancora Corea, Messico, Argentina, Arabia, Indonesia, Sudafrica, Turchia e Commissione europea. Il Financial stability forum, l'organismo internazionale presieduto dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, ha deciso di allargare la sua rappresentanza. Ed è diventato una sorta di G20 tecnico con in più la Spagna che fa così l'ingresso ufficiale nel gruppo allargato dei Paesi più ricchi. Un allargamento necessario visto che, come dice Draghi al termine della riunione del Fsf che si è svolta ieri a Londra, «le persistenti debolezze» nel sistema finanziario e nell'economia reale, sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti, continuano a richiedere l'adozione di «misure aggressive e coerenti». Anche se «le politiche monetarie e fiscali adottate finora hanno fornito uno stimolo macroeconomico sostanziale ». Fra le misure da adottare per Draghi non c'è quella di aumentare i livelli minimi di capitalizzazione delle banche, afferma, perché si aumenterebbe la pressione sulle banche e si comprimerebbe ancora di più la capacità di dare credito all'economia che, pur se diversa da Paese a Paese, resta sempre «una priorità». Al G20 che inizia oggi Draghi, oltre a fare il punto della situazione delle cose fatte, annuncerà nuove proposte. In particolare sulle regole per porre un freno alle retribuzioni dei manager: il principio, spiega, «è assicurare l'effettiva gestione delle retribuzioni allineando i compensi all'assunzione prudente dei rischi, e l'efficace supervisione». In quest'ottica, dice, gli azionisti devono essere direttamente coinvolti. Il governatore si sofferma anche sulla crisi dei Paesi dell'Europa centrale per dire che «non hanno tutti lo stesso livello di rischio: è un errore metterli in un unico blocco». Draghi parla come presidente del Fsf e non fa riferimento all'Italia. Ma è tutta italiana la circolare da lui inviata nei giorni scorsi ai responsabili delle filiali regionali per dire loro come comportarsi di fronte alle richieste di dati da parte dei prefetti, che entro la fine del mese metteranno in piedi appositi osservatori sull'andamento del credito bancario alle imprese. «Piena collaborazione » scrive Draghi avvertendo però che la Banca d'Italia potrà trasmettere «solo i dati aggregati» a livello territoriale e non quelli specifici di ogni banca. Perché su quelli esiste il segreto d'ufficio legato ai compiti di Vigilanza che appunto svolge l'istituto di Via Nazionale. Tale posizione, conclude la circolare, «è stata portata a conoscenza del ministero dell'Economia, con il quale è in corso un confronto sulle modalità del monitoraggio». Al G20 che inizia stasera a Brighton, Draghi parteciperà come presidente dell'Fsf e come governatore della Banca d'Italia al fianco del ministro dell'Economia. Tremonti è arrivato a Londra ieri sera per partecipare a una cena su invito personale del premier Gordon Brown al numero 10 di Downing Street, residenza ufficiale del primo ministro britannico. Stamane poi avrà un incontro con lo stesso Brown e col presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick sul finanziamento del sistema sanitario. Stefania Tamburello

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Berlusconi: il leader pd è un cattocomunista (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Politica - data: 2009-03-13 num: - pag: 10 categoria: REDAZIONALE Premiato dal «Riformista» Al capo del governo il riconoscimento di politico dell'anno. In serata, cena da Vespa con Bagnasco, Muti e Alemanno Berlusconi: il leader pd è un cattocomunista «La sua una tantum? Un'elemosina». Poi attacca: inadeguata la nostra democrazia superparlamentare Sulla situazione economica ribadisce: non sono pessimista, siamo i più indicati ad uscire prima e meglio dalla crisi ROMA — Dario Franceschini ha sorpreso il Cavaliere. Non per le sue proposte ma per essere diventato segretario del Pd: «Pensavo ci fosse una preminenza della sinistra e non del cattocomunismo». E invece il Partito democratico ha scelto «un leader cattocomunista; qualcosa di previsto? Forse, in ogni caso non ho ancora ben capito a quali principi e a quali tradizioni di riferisca». Silvio Berlusconi riceve un premio come miglior politico del 2008 dalle mani di Antonio Polito, direttore del quotidiano Il Riformista. Parla di buon grado dell'opposizione e della crisi economica. E soprattutto di Franceschini, venendo meno alla regola che ignorare il nuovo capo dell'opposizione è più opportuno che discuterne. Lo definisce inserendolo in uno schema politico superato, poi boccia la sua proposta di aumentare le tasse ai più ricchi per ridistribuire alle fasce sociali più povere: «è una ricetta sbagliata, non secondo me, ma secondo il parere della dottrina economica liberale. Non è con l'elemosina che si risolve il problema. Non è tanto il fatto che chi può fare e dare qualcosa in più lo faccia. Io ho fatto tanto, donazioni, beneficenza ma non lo pubblicizzo... ». E se il cattocomunismo è una casella della politica in cui il premier non rinviene idee chiare, comunque «auguro al Pd di mettere radici solide e diventare davvero la nostra controparte. Auspichiamo che diventi davvero socialdemocratico ». Il Cavaliere parla anche dei poteri del governo, del fatto che lui — un refrain che lo accompagna da quando è in politica — è soltanto «un primus inter pares» nella composizione dell'esecutivo: «Siamo una democrazia parlamentare vera, una democrazia superparlamentare, non adeguata alla concorrenza con gli altri governi europei e non. Quella presa dai padri costituenti è stata una decisione sacrosanta, ma è stata presa dopo un ventennio difficile perché diceva che c'era bisogno di una Repubblica parlamentare e non presidenziale. Ma ora i tempi sono cambiati. C'è anche chi mi accusa di avere atteggiamenti dittatoriali ma io non sto nella stanza dei bottoni. Non esistono i bottoni e non c'è alcuna stanza. Oggi il premier può contare solo sulla sua autorevolezza. Ha solo il potere di stilare l'ordine del giorno. Ma siccome da noi lo fa benissimo Gianni Letta, che peraltro mi crea anche un complesso di inferiorità per quanto è bravo, non ho nemmeno quel potere ». Sulla crisi economica il Cavaliere dice essenzialmente due cose: non è il governo, in quanto tale, a poterne condizionare la durata, perché la natura è globale e «non dipende dunque solo dalla nostra azione »; l'Italia è comunque messa meglio di altri Stati. Aggiunge: «Nessuno sa l'entità del disastro finanziario che esiste a causa dei prodotti derivati, ma io non sono pessimista, noi siamo i più indicati ad uscire prima e meglio dalla crisi. Un atteggiamento di fiducia farà sì che questa crisi possa non essere così grave come se dovessimo andare verso il catastrofismo, che è purtroppo una canzone ripetuta dai media tutti i giorni». Infine un accenno al piano sull'edilizia che oggi dovrebbe andare in Consiglio dei ministri: «Volevo un decreto, ma siamo in una coalizione e quindi si deve discutere». Sarà dunque un disegno di legge. In serata il premier va a casa di Bruno Vespa. Alla cena organizzata dal giornalista sono presenti il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il direttore d'orchestra Riccardo Muti, al quale è dedicato l'incontro. Marco Galluzzo

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Crisi americana e nuovo ruolo del Fmi: la grande sfida della politica economica (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-13 num: - pag: 27 categoria: REDAZIONALE Il caso Il dibattito alla presentazione del saggio «La valanga» di Massimo Gaggi Crisi americana e nuovo ruolo del Fmi: la grande sfida della politica economica MILANO — L'uscita dal tunnel magari non è vicina, ma anche ora che la crisi appare imbattibile c'è chi pensa al mondo che ne emergerà: più povero nell'immediato, ma allo stesso tempo più attento agli equilibri dell'economia reale e alla stabilità internazionale in un mondo dominato da flussi di capitale che ignorano le giurisdizioni degli Stati. Un'occasione per parlarne è arrivata ieri con la presentazione milanese de «La valanga», il saggio pubblicato da Massimo Gaggi per Laterza «dalla crisi americana alla recessione globale ». All'evento organizzato dalla Fondazione «Corriere della Sera», Fabrizio Saccomanni ha subito precisato che il suo contributo era non da direttore generale di Bankitalia, ma da economista semplice. Autore di un saggio sulle «tigri globali» e i «domatori nazionali» dei rischi finanziari, Saccomanni è convinto che questa fase non si spieghi solo con l'ingordigia di Wall Street e la disonestà di alcuni. «C'è la realtà del mercato globale a cui si contrappongono misure basate su ragioni nazionali», dice. Saccomanni qui fa solo cenni indiretti ai tassi della Federal Reserve all' 1%, che inondarono il mondo di liquidità, o agli squilibri esterni degli Stati Uniti nell'ultimo decennio. Ma proprio per questo il numero due di Bankitalia punta molto sui vertici del G20 di queste settimane. è da lì che può iniziare a emergere quel che lui definisce «un ancoraggio alla stabilità delle politiche macroeconomiche dei principali Paesi ». Saccomanni registra quanto a questo le attese di molti nella comunità finanziaria: il Fondo monetario internazionale, dice, potrebbe fornire «un'àncora per le politiche nazionali » e una sorveglianza su come queste interagiscono fra loro. Più attento alle realtà produttive Luca Barilla, vicepresidente del gruppo di famiglia. Senza mai dare segni di preoccupazione per l'impatto della crisi sulle sue vendite negli Stati Uniti, Barilla ha ripercorso le tappe dei suoi investimenti americani fino agli ottimi risultati anche attuali. Il segreto, insiste Barilla, «è non fare mai nulla di cui qualunque nostro dipendente debba arrossire». Il politologo Alberto Martinelli punta il dito invece sulla permeabilità delle democrazie alle lobby e «l'arroganza intellettuale » di certi accademici innamorati di modelli matematici applicati alla finanza. O più semplicemente, accusa l'economista Salvatore Bragantini, l'America di fine decennio dimostra una società diseguale all'estremo è un tessuto destinato a strapparsi. E, inevitabilmente, a correggere il proprio modello. F. Saccomanni Federico Fubini

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Obama e la politica del rinvio (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-13 num: - pag: 40 autore: di DAVID IGNATIUS categoria: REDAZIONALE RECESSIONE E IMMOBILISMO Obama e la politica del rinvio M algrado tutto lo sconquasso legislativo scatenato dalla crisi economica, viviamo ancora in una situazione che ricorda da vicino la guerra finta degli anni 1939 e 40. è stata dichiarata guerra alla Grande recessione, ma la politica va avanti per la sua strada. Le beghe e la cattiva gestione che hanno innescato il tracollo economico non danno segno di attenuarsi, pur avendo eletto un presidente che ci aveva promesso una nuova era. La storia ci dice che la guerra finta non dura per sempre e che quando finisce scoppia il finimondo. La Seconda guerra mondiale prese inizio ufficialmente con l'aggressione tedesca alla Polonia nel settembre del 1939, ma per mesi interi si erano susseguite schermaglie a bordo campo. Quell'intervallo finì il 10 maggio del 1940, quando Hitler invase il Belgio e i Paesi confinanti. Neville Chamberlain non era più il primo ministro britannico e al suo posto era subentrato Winston Churchill, nei panni dell'angelo vendicatore. Oggi siamo ancora nella fase di Neville Chamberlain, quando parliamo di crisi economica. Il governo discute di sacrifici e soluzioni, ma non ha ancora preso le difficili decisioni che lo aiuteranno a rimettere in sesto l'economia. L'economista David Smick vede giusto quando scrive sul «Washington Post» questa settimana che il governo americano ha messo in campo una strategia a tre punte: rimandare, rimandare e ancora rimandare. L'amministrazione annuncia un pacchetto di salvataggio, ma senza entrare nei dettagli; promette più disciplina nei conti pubblici, ma sposta sempre più in là le decisioni spinose. Se questa stagione appare pervasa dalla politica, il motivo è da ricercarsi nel fatto che Obama si è attorniato di politici ed ex funzionari del governo. Si potrebbe immaginare che davanti alla più grave crisi finanziaria di tutti i tempi, il presidente avrebbe cercato la collaborazione di grandi capitani d'impresa, con l'esperienza necessaria per manovrare immense organizzazioni in crisi. E invece no. Ecco la composizione del gabinetto di Obama, che appare subito assai poco imprenditoriale: al Tesoro, un ex funzionario del governo; agli Esteri, un'ex senatrice; al Commercio, un ex governatore; alla Difesa, un ex funzionario del governo e rettore universitario; all'Energia, un ex professore; alla Sicurezza interna, un ex governatore; alla Sanità e assistenza, un ex governatore; a capo dell'Ufficio della Casa Bianca, un ex deputato; alla Casa Bianca, come cervello economico, un ex rettore universitario e funzionario del governo. Tutta bravissima gente, per carità. Ma piuttosto carente in esperienza nel mondo degli affari. Forse per Obama i grandi dirigenti d'azienda sono stati troppo infangati e compromessi dalla crisi economica per rendersi utili in questo frangente, o per ottenere una carica governativa. Il suo tentativo più spinto è il Consiglio per la ripresa economica voluto da Paul Volcker, che comprende Jeffrey Immelt, direttore generale di GE; Jim Owens, capo della Caterpillar; e John Doerr, esperto di capitale di rischio. La cultura dell'immobilismo inizia in Campidoglio. I nostri politici lavorano ancora quattro giorni alla settimana, prendendosi il venerdì di libertà per correre a casa e spiegare ai loro elettori quanto sono stati diligenti. Parleranno pure di crisi economica, ma non si comportano come se la sentissero realmente sulla loro pelle. Repubblicani e democratici votano compatti secondo le istruzioni dei rispettivi partiti su molte istanze cruciali. I democratici hanno passato il segno, affollando il pacchetto di stimoli all'economia con progetti personali che non stimoleranno gran ché, tranne i contributi per la rielezione, e pretendendo stanziamenti speciali – uno scandalo simbolico, questo, che Obama aveva promesso di cancellare in campagna elettorale. Ma i repubblicani hanno fatto di peggio, nella strategia di ostacolare i piani di ripresa, incarnando di fatto il pessimo commento di Rush Limbaugh, «Spero che fallisca». Tanta meschinità legislativa è stata catturata dal titolo del «New York Times » questa settimana: «Il piano di Obama ostacolato dai baroni della politica: no a nuove tasse e sì alla riduzione della spesa pubblica». Basta con queste assurdità. La festa è finita. Che cosa accadrà se gli sforzi di Obama falliscono? è questa la domanda che mi preoccupa quando ripenso alla storia. Negli anni Trenta, i politici europei non riuscirono a risolvere la crisi economica tramite i normali canali democratici. I popoli allora si rivolsero altrove, imbufaliti a tal punto contro banchieri, magnati dell'economia e parlamentari impegnati esclusivamente a bisticciare tra di loro, che preferirono affidare le loro sorti a uomini autoritari, con la promessa di azione nazionale, e così nacque il fascismo. Quello scenario da incubo oggi appare molto lontano. Eppure avverto i primi segnali di un profondo malcontento, che cerca qualcuno cui addossare la colpa di questo marasma economico. Gli uomini di Obama al governo sono comprensibilmente restii a fare un salto nel buio, imponendo cioè misure finanziarie che potrebbero significare bancarotta e nazionalizzazione per le grandi case automobilistiche e i giganti del credito. Mi auguro che sapranno trovare approcci più creativi, orientati al mercato e capaci di frammentare i giganti, anziché impacchettarli tutti insieme per consegnarli allo Stato. Questa finta guerra deve finire. Da ogni parte si reclamano interventi forti e risolutivi, e se l'attuale compagine politica non sarà in grado di realizzarli, la gente potrebbe rivolgersi a una cricca di individui ben più allarmanti. © Washington Post Writers Group Traduzione di Rita Baldassarre

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AMBIENTE / 2 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - ROMA - sezione: Lettere - data: 2009-03-13 num: - pag: 12 categoria: BREVI AMBIENTE / 2 Alberi senza protezione Da ormai più di 6 mesi su via Boncompagni, all'angolo con via Quintino Sella, due protezioni degli alberi sono completamente disintegrate a causa di un incidente stradale. Il I Municipio non si è mai occupato della sostituzione lasciando i resti divelti. Fra l'altro uno dei due alberi è anche piegato sempre a causa del colpo. Quanto ancora bisognerà aspettare? Giorgio Carra

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Dall'atomo all'ambiente la nuova vita di Ispra (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Lombardia - data: 2009-03-13 num: - pag: 12 categoria: REDAZIONALE Varese Il centro europeo di ricerche sul Lago Maggiore festeggia 50 anni Dall'atomo all'ambiente la nuova vita di Ispra Nel '59 il primo reattore, ora si studiano clima e salute Alimenti, sicurezza, energie alternative: le direttive comunitarie vengono testate ed elaborate nel centro ISPRA (Varese) — In cinquant'anni l'energia nucleare è passata da orizzonte del progresso a fantasma da esorcizzare in nome della difesa dell'ambiente e di nuovo a fonte alternativa al petrolio in via di esaurimento. Nel medesimo arco di tempo il centro di ricerche dell'Unione Europea, il Ccr di Ispra, ha seguito tutte queste curve, tranne l'ultima. La «cittadella» della ricerca in riva al lago Maggiore compie infatti mezzo secolo di vita (venne inaugurata il 13 aprile del 1959) ma la sua missione per il futuro non seguirà il ritorno di interesse per l'atomo da più parti annunciato. Proprio oggi, invece, a Ispra s'inaugura un nuovo laboratorio che esplorerà nuovi metodi di controllo delle emissioni in atmosfera dei gas responsabili dei cambiamenti climatici. A ulteriore conferma che la vocazione del centro di ricerca è oggi radicalmente cambiata rispetto agli esordi di 50 anni fa. Nella primavera del '59 il futuro davvero sembrava passare da questo piccolo paese di 4.000 abitanti. Allora le bandiere che sventolavano sugli edifici del Ccr (o Euratom, come si chiamò agli inizi) non erano le 27 attuali ma quelle dei sei stati fondatori dell'Europa unita (Italia, Francia, Germania, Belgio Olanda e Lussemburgo); si trattava comunque di un passo avanti enorme. Il Vecchio Continente non solo univa le sue forze su un campo strategico come l'energia atomica ma soprattutto i popoli tornavano a dialogare (francesi e tedeschi non lo facevano in pratica dai tempi di Napoleone) pochi anni dopo la tragedia della seconda guerra mondiale: pace e progresso, insomma uniti sotto uno stesso tetto. Il primo reattore sperimentale (denominato Ispra 1) partì nel '59, tre anni dopo se ne aggiunse un secondo: in entrambi si studiava il comportamento del combustibile nucleare e il suo ciclo complessivo. Il grande progetto, tuttavia andò declinando, entrando in crisi negli anni '80, quando Ispra cambiò decisamente pelle. Non più l'uranio e i suoi derivati come «core business», ma l'ambiente, la protezione del cittadino consumatore, il supporto scientifico alla legislazione da introdurre in tutti gli stati membri dell'Unione. «Il centro si è trasformato da organizzazione concentrata sulla tecnologia nucleare — così lo definisce l'attuale direttore generale Roland Schenkel — in una organizzazione a supporto della politica, profondamente integrato nello spazio europeo e nel processo legislativo della Ue». Controllo degli alimenti ogm, vigilanza sull'inquinamento atmosferico, norme sulla sicurezza degli edifici o sull'introduzione delle energie alternative: i dati che vengono riversati nelle circolari comunitarie vengono elaborati in gran parte a Ispra. E l'atomo? A Ispra sono ancora stoccati i residui del combustibile radioattivo usato negli anni '60 e '70, la scorie sono in fase di smaltimento e con questo si chiuderà per sempre una pagina di storia. La Ue, dal canto suo, ha concentrato gli investimenti in questo campo nel centro di Karlsruhe, in Germania, dove il 19 marzo prossimo verrà presentato un nuovo programma di ricerca sui sistemi di sicurezza per le centrali nucleari. Se insomma ha ancora senso un'Europa dell'atomo, questa nascerà lontano dal lago Maggiore. Anni '60 Il personale del centro di ricerche di Ispra davanti ai laboratori in costruzione. Oggi l'intero centro occupa un'area di 166 ettari Claudio Del Frate

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La banchiera di Vienna: la mia boutique all'asta (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-13 num: - pag: 31 categoria: REDAZIONALE Il caso Gli oligarchi russi e la rivolta dei clienti La banchiera di Vienna: la mia boutique all'asta Frau Kohn (Bank Medici) cede la licenza L'irresistibile ascesa (e caduta) della signora della finanza viennese tra Milano, Svizzera e New York DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — Sotto la parrucca — rossa — un profondo tradizionalismo ebraico e un'infinita ambizione. Quest'ultima, probabilmente, Sonja Kohn l'ha vista crollare definitivamente ieri: la «sua» Bank Medici, fino a pochi mesi fa meraviglia della nuova finanza austriaca, ha messo in vendita la licenza bancaria. è il segno del fallimento del business tour di una vita — Vienna, Milano, Svizzera, New York, ancora Vienna —. Ormai, ha detto il legale di Bank Medici, Andreas Theiss, «l'asset maggiore (rimasto, ndr) è una licenza bancaria in uno Stato affluente dell'Unione europea ». La relativamente piccola boutique finanziaria creata da Frau Kohn — nata TÜrk, 60 anni fa, da sopravvissuti dell'Olocausto — è rimasta vittima del crac Madoff, il finanziere americano che aveva costruito uno schema di investimenti piramidali truffaldino e che ieri si è dichiarato colpevole di 11 imputazioni. Nei fondi di Bernard Madoff, Bank Medici aveva investito più di due miliardi di dollari dei suoi clienti, per lo più ricche famiglie europee. Il crollo del castello di carte messo in piedi dal finanziere americano ha bruciato l'investimento, ha costretto il governo di Vienna a nominare un amministratore della banca e ha portato sulla testa della signora Kohn una serie di iniziative penali da parte dei clienti che si sentono truffati. A un certo punto, il New York Times aveva sostenuto che la signora si fosse nascosta perché preoccupata dalle minacce di qualche oligarca russo, suo cliente: ipotesi smentita più volte. Negli Anni Settanta, Sonja TÜrk sposa Erwin Kohn, erede di una famiglia di piccoli imprenditori. Assieme, fondano una società di import-export e si trasferiscono da Vienna a Milano. Rimangono per un po' ma, preoccupati per il terrorismo in Italia, si spostano in Svizzera. Inizia il periodo della creazione di un'estesa rete di conoscenze sociali in Europa. Qualche anno dopo, la coppia trasloca a New York. Sono gli anni della finanza in fermento e la signora lavora in diverse banche d'investimento. La famiglia si stabilisce a Monsey, cittadina a Nord di New York abitata da una forte comunità ebraica tradizionalista. Sonja si taglia i capelli e inizia a indossare la parrucca, come vuole l'ortodossia ebraica. Chi l'ha conosciuta la descrive immancabilmente come ambiziosa, determinata, persino eccessiva. Tra i tanti, a Manhattan conosce Madoff. Cambia decennio e cambia continente: torna a Vienna, nel 1994 apre la Medici Finanz. Con i banchieri fiorentini non ha ovviamente nulla a che fare, ma il nome dà prestigio. Si stabilisce come società di private banking, vende soprattutto i prodotti di Madoff in Europa, anche orientale. Bank Austria (oggi di Unicredit) diventa sua socia al 25% e, nel 2003, conquista la licenza di banca, segno del prestigio definitivo. Anzi, quasi definitivo: ieri, vittima della crisi e forse di un amico che aveva sopravvalutato, l'ha messa in vendita. Danilo Taino

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Giappone, il paese del Sol Calante (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Focus Vuota - data: 2009-03-13 num: - pag: 8 categoria: REDAZIONALE Auto I colossi del mercato automobilistico hanno registrato un calo di vendite dal 21,1 per cento al 35,2 per cento Commercio Alla frana dell'export si affianca un deficit negli scambi che sfiora gli 8 miliardi di euro a gennaio Giappone, il paese del Sol Calante Dai record positivi al tracollo economico: Pil meno12,1%, esportazioni meno 45,7 % I l samurai dell'economia mondiale ha perso la sua vocazione. Anche se il suo spirito guerriero non sembra essersene ancora accorto. «Possiamo salvare il mondo con le nostre immense riserve valutarie — ha dichiarato Kotaro Tamura, deputato con un passato da responsabile di una banca di investimenti —. Siamo in una posizione speciale, possiamo farcela». Tamura è il leader di un gruppo di 65 rappresentanti parlamentari del Partito liberaldemocratico che recentemente ha proposto al premier Taro Aso di affrontare il collasso finanziario mondiale come «una enorme opportunità per il Giappone». Poco più tardi, Tokio ha annunciato che il Pil relativo al 2008 era crollato del 12,7 per cento (salvo correggere ieri la cifra a un meno «catastrofico» 12,1 per cento, un dato negativo comunque senza precedenti negli ultimi 35 anni). Quanto alla possibilità che il Giappone si ergesse a baluardo delle traballanti economie del mondo sviluppato, è bastato che il suo (ormai ex) ministro delle Finanze, Shoichi Nakagawa, si presentasse ubriaco al G7 di Roma per dare un'idea della fragilità del Sol Levante: l'economia a picco, un esecutivo che appare ogni giorno sull'orlo del collasso, il primo ministro Taro Aso — l'uomo che doveva dare nuova linfa al partito di governo — considerato un'anatra zoppa a meno di sei mesi dalla nomina. Che accade alla fortezza Giappone? «Be' — dice al Corriere lo studioso Gian Carlo Calza, autore di saggi come Genji, il principe splendente (Electa) o Stile Giappone (Einaudi) — in un certo senso il samurai è stanco». Altro che. Qualche dato sull'industria automobilistica, fino a poco tempo fa spina dorsale del sistema Giappone, ci aiuta a capire. I primi tre colossi dell'auto nipponica hanno avuto a febbraio un calo delle vendite a doppia cifra: Toyota, leader mondiale, ha perso (escludendo Lexus) il 32%; Honda ha ceduto terreno nella misura del 21,1%; Nissan, infine, ha avuto una frenata del 35,2%. Considerando l'altro settore forte del Paese, l'elettronica, l'export è franato del 45,7% su base annua, la contrazione più ampia dall'inizio della serie storica della statistica. Il tutto reso ancor più difficile da uno yen forte che paralizza ogni minima possibilità di ripresa. Così il Giappone registra a gennaio il deficit commerciale più pesante di sempre: 952,6 miliardi di yen (quasi 8 miliardi di euro), peggio degli 824,8 miliardi di gennaio 1980. è solo colpa della crisi mondiale, o è un sistema intero che si trova in affanno? «L'economia è un aspetto del problema — spiega ancora Calza —. In realtà a Tokyo c'è un establishment, una classe politica che non sa più dove andare». Aggiunge sull'International Herald Tribune Masaru Tamamoto, ricercatore del World Policy Institute: «Quello che la maggior parte della gente non comprende è che la nostra crisi non è tanto politica quanto psicologica. Dopo la nostra aggressione militare — e la conseguente sconfitta — nella Seconda guerra mondiale, lavoro sicuro e welfare sono diventati gli obiettivi della società. I burocrati hanno assunto il controllo di ogni dettaglio della vita quotidiana. Siamo diventati una nazione con impiego a vita, un sistema-azienda fondato sulla proprietà azionaria condivisa, un'immensa classe media di pari». Il primo colpo a questa chimera egalitaria (in Giappone c'è chi sostiene che la loro è «l'unica economia veramente socialista dell'area») è arrivato dallo scoppio della prima bolla finanziaria, nel 1990. Ma è stata la crisi partita dai mutui americani nel 2007 ad aver dato il colpo di grazia al sistema. Che ora appare refrattario a qualunque cura. «Ora tutti si consolano — sostiene ancora Tamamoto — con la consapevolezza che l'infelicità è equamente suddivisa tra tutti». Il Giappone è fermo, dunque. Bloccato. Un Paese costruito, dopo l'ubriacatura militarista della prima metà del Novecento, sulla conquista dei mercati del mondo attraverso l'arma dell'esportazione, scopre che non c'è più spazio per le proprie merci. Ma, come l'alce che infila la testa e il suo palco in una soglia, non è più capace né di fare retromarcia, né di trovare altre vie d'uscita. Persino il suo status di referente principale degli Stati Uniti nel Pacifico è messo in discussione, soprattutto all'interno. «Il Giappone — dice Gian Carlo Calza — si trova ora in un guado simile a quello attraversato al crepuscolo dell'era Tokugawa (prima metà dell'Ottocento), quando era chiaro a tutti che il sistema politico andava rinnovato ma nessuno sapeva come. Allora, con il potere in mano allo Shogun, il Paese era chiuso su se stesso, impermeabile al mondo. E in stallo, proprio come è oggi». Fu il commodoro americano Perry, forzando i porti e obbligando il Paese all'apertura (1853-1854), a innescare una serie di eventi che portarono alla restaurazione imperiale e alle riforme dell'era Meiji: un salto verso la modernità. «L'arrivo di Perry fu essenziale, certo — prosegue Calza —. Ma non era che il pretesto atteso dalle "forze giovani" per portare al governo una nuova classe politica. E cancellare la precedente: cosa che avvenne senza esitazioni. Ma il Giappone fece il passo decisivo verso lo sviluppo industriale con i germi che lo avrebbero portato al disastro militare: il nazionalismo e la spinta a dominare l'Asia». Uscita a pezzi dal confronto bellico con l'America, Tokyo sembrava aver ritrovato una vocazione nel miracolo economico e nel recuperato ruolo egemone — per quanto inoffensivo militarmente — nell'Asia del Dopoguerra. «Portaerei» americana verso Corea prima, e Vietnam poi, il Giappone era in realtà tornato a ragionare in termini di chiusura: inondare il mondo con le merci, cercare di proteggere quanto più possibile la «Japanese way of life», presentarsi come «faro» dello sviluppo asiatico, cercando di superare i fantasmi del recente passato. La classe politica, tuttavia, non era cambiata. Il passaggio, indolore o quasi, dal «prima» al «poi» era stato reso simbolicamente dalla permanenza sul trono dell'imperatore, il Tenno (Figlio del Cielo), con il placet di Washington. «Quella classe politica — conclude Calza — è ancora lì. Il potere è nelle stesse mani da decenni. Soltanto un uomo, in tempi recenti, ha osato provare una riforma alle radici: Junichiro Koizumi. Ma come ha toccato il sistema nei punti più sensibili, le rendite di posizione politiche ed economiche

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<I giovani inseguono sempre il mito del lavoro per la vita> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Focus - data: 2009-03-13 num: - pag: 9 categoria: REDAZIONALE Il sociologo Junji Tsuchiya «I giovani inseguono sempre il mito del lavoro per la vita» In Giappone hanno importato una nuova parola dal-l'Italia: purekariaato, una sintesi di precario e proletariato. Serve, questo termine, a descrivere una novità sociale nel Paese che un tempo vantava la piena occupazione come una vocazione naturale: sono sempre di più giovani e meno giovani con contratti a termine (spesso non rinnovati) e, soprattutto, i disoccupati (appunto: ex precari). La percentuale dei senza lavoro tocca il 4,1%, con previsioni in aumento e 160 mila posti bruciati entro il 31 marzo: «Un disastro per noi», dice al Corriere Junji Tsuchiya, direttore del dipartimento di Sociologia dell'Università Waseda di Tokyo. «C'è una profonda crisi di fiducia nel governo. Abbiamo copiato da voi i contratti a tempo determinato per favorire l'occupazione, una novità che avrebbe dovuto sostituire il "sistema Toyota", cioè l'assunzione per la vita. Ma ora i giovani vogliono tornare al sistema che li garantiva fino alla pensione». Il Giappone, però, sembra immobile: non va avanti né indietro. «Stiamo scontando vecchi errori. In passato Koizumi ha promosso la riforma del sistema sociale in un Paese che sembrava non aver scelta a causa dell'invecchiamento della popolazione. Pensioni, assistenza medica, assunzione a vita: il governo in prospettiva non potrà più permettersi di curare i suoi cittadini dalla nascita alla tomba. Ma i cambiamenti di Koizumi non hanno portato beneficio: sono stati parziali, subito rigettati. E la crisi finanziaria mondiale ha dato il colpo di grazia». Il motore è in panne: le esportazioni sono crollate... «Sì. Il governo vorrebbe pareggiare i conti stimolando il mercato interno, invogliare la gente ad acquistare beni e servizi. Invano: il paradosso della nostra situazione è che i giapponesi sono pieni di soldi, solo che non si fidano a spendere e li mettono — letteralmente — sotto il materasso. Abbiamo calcolato che la carta moneta "nascosta" in casa arrivi a trentamila miliardi di yen (250 miliardi di euro). Anche i conti bancari sono zeppi di risparmi: 120 mila miliardi di yen (poco meno di mille miliardi di euro). Niente. Non si muove una foglia». «Il punto è psicologico, direi. I giapponesi non si fidano più di chi li guida. Pessimismo e ansia per il futuro spingono la gente a difendere quello che ha, a non fare passi di cui potrebbe presto pentirsi». Il gradimento dell'attuale premier, Taro Aso, è ai minimi storici. Il Partito liberaldemocratico, al potere dal 1955 senza soluzione di continuità (a parte una parentesi di pochi mesi), è destinato a perdere la maggioranza? «Le elezioni dovrebbero cadere il prossimo settembre. Ma è quasi certo che saranno anticipate a maggio-giugno, se non prima. Penso che il Partito democratico di Ichiro Ozawa, ora all'opposizione, non avrà difficoltà a conquistare il potere». C'è una novità: il Partito comunista giapponese per la prima volta sta guadagnando consensi... «è l'effetto dell'insicurezza e dell'aumento del numero dei disoccupati. Ma i comunisti possono erodere consensi solo a sinistra, cioè al Partito democratico. Difficile pensare a una coalizione, tanto meno a una fusione tra i due partiti. Non escludo sorprese». La piena occupazione ormai non esiste più, i giovani hanno difficoltà a trovare un lavoro: come sta cambiando la mentalità dei giapponesi? «Il nostro miracolo economico è stato nel segno di un'economia di tipo "socialista", più socialista di quella cinese. è un fatto: un lavoratore entrava in azienda ancor prima di finire l'università e ne usciva in tempo per la pensione. Negli anni Ottanta e Novanta abbiamo provato ad avvicinarci al sistema globale, liberalizzando in parte il mercato del lavoro. è stato un fallimento: ora l'unico cambiamento che vogliono i giovani è tornare al sistema sicuro che c'era prima. Ma la crisi non lo consente. I licenziamenti aumenteranno ». Eppure, nonostante la gravità della situazione, non si vedono segni di contestazione, cortei di protesta: le piazze sono tranquille... «Il Giappone non era così: nell'Ottocento le rivolte erano all'ordine del giorno. è il nostro sistema così peculiare, costruito nel Dopoguerra, che ha favorito la calma sociale. Da una parte, i cittadini si attendono che sia il governo a decidere per loro. Dall'altra c'è un sistema egualitario — lo stipendio di un dirigente non si discosta molto da quello di un operaio — che è però sempre meno efficiente. Ora le disparità sono molte: pochi ricchi, molti poveri. Ma la gente non si ribella: è nel nostro Dna, forse». Che cosa intende? «è lo spirito dello Shinto, il fondamento della nostra cultura, non solo religiosa. Viviamo in simbiosi con la natura e 8 milioni di kami, divinità, che sono ovunque: nei boschi, in cielo, nel mare. Questo numero enorme di spiriti ci invoglia alla collaborazione: il sistema "Toyota", in fin dei conti, viene da qui, per questo non piace che sia abolito». Passata la crisi, quale sarà il nuovo posto del Giappone in Asia, nel mondo? «Il nostro futuro è nell'ecologia, meglio: nella tecnologia ecologica. Per esempio, la predisposizione dei giapponesi a vivere in armonia con la natura sta favorendo la ricerca di motori a bassa emissione di inquinanti. Dobbiamo condividere questa vocazione con i nostri vicini: il nostro destino è nella convivenza». \\ Al voto Le prossime elezioni? Il premier Taro Aso sarà punito P. Sa.

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Casa Bianca. Obama incontra il ministro degli Esteri cinese (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)

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Casa Bianca. Obama incontra il ministro degli Esteri cinese di Cristiano Del Riccio 13-03-2009 WASHINGTON. Il presidente americano Barack Obama ha ricevuto ieri alla Casa Bianca il ministro degli esteri cinese Yang Jiechi concordando sulla necessità di "cooperare strettamente" per affrontare la crisi economica globale e di "rafforzare il dialogo in campo militare" per evitare il ripetersi di incidenti navali come quello di domenica scorsa. Obama e Yang hano discusso nell'Ufficio Ovale un'ampia agenda di temi: la crisi finanziaria internazionale, la Corea del Nord, l'Afghanistan e il Pakistan, la situazione nel Sudan. E' stato sottolineato, durante il colloquio, che Stati Uniti e Cina "devono lavorare in stretto contatto e con urgenza" per stabilizzare l'economia mondiale "stimolando la domanda sul fronte interno e internazionale" e "riattivando il flusso del credito sui mercati". Nel primo incontro tra Obama ed un esponente cinese è stata sottolineato da entrambe le parti "il desiderio di rafforzare la cooperazione e di costruire relazioni positive e costruttive" tra i due paesi. Durante l'incontro è stato discusso l'incidente navale avvenuto domenica nel Mare della Cina dove cinque unità di Pechino hanno circondato una nave oceanografica americana che stava seguendo i movimenti dei sottomarini del governo di Pechino. Il presidente Obama ha sottolineato ieri a Yang "la importanza di aumentare il livello e la frequenza del dialogo militare tra i due paesi per evitare in futuro incidenti del genere", informa una dichiarazione della Casa Bianca. Il Pentagono ha comunque assegnato la protezione di un cacciatorpediniere della Navy alla nave oceanografica Impeccable', che ha un equipaggio civile ed è disarmata. Il ministro Yang aveva già incontrato il giorno prima il segretario di Stato Hillary Clinton, che ha partecipato anche ieri al colloquio nell'Ufficio Ovale, insieme al vice-presidente John Biden e al consigliere per la sicurezza nazionale James Jones. Durante l'incontro alla Casa Bianca il presidente Obama ha inoltre sottolineato che la promozione dei diritti umani "é un aspetto esenziale delle politica estera" americana. L'inquilino della Casa Bianca ha espresso al ministro cinese la "speranza" che "vi siano progressi nel dialogo tra il governo cinese e i rappresentanti del Dalai Lama". Mercoledì il Congresso americano aveva approvato una mozione dove si chiedeva a Pechino di "mettere fine alla repressione del popolo tibetano". La Cina aveva "condannato con fermezza" l'iniziativa accusando il Congresso di "cercare di imbellire le politiche secessioniste del Dalai Lama (il leader tibetano in esilio)" compiendo "un'inaccettabile interferenza negli affari interni della Cina". Durante l'incontro con Yang, Obama ha espresso "profonda preoccupazione" per la crisi umanitaria in Sudan e per la decisione del governo di Khartum di espellere le maggiori organizzazioni umanitarie che hanno finora provveduto a fornire assistenza e a salvare la vita alla popolazione del Darfur". La visita di Yang a Washington ha avuto anche lo scopo di preparare il primo incontro faccia a faccia tra Obama ed il leader cinese Hu Jintao previsto ai primi di aprile a Londra in margine ai lavori del G20.

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Long Island . Festa della Donna" a Franklin Square (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)

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Long Island . Festa della Donna" a Franklin Square 13-03-2009 L'8 marzo, giornata internazionale della donna, definita comunemente "Festa della Donna", è stata egregiamente celebrata a Franklin Square in Long Island grazie alla presenza di un gruppo di donne che onorano le conquiste sociali, politiche ed economiche, che nel corso degli anni sono state da loro ottenute. Iniziativa che nel corso degli anni è stata di stimolo a tanti altri gruppi femminili che hanno iniziato a festeggiare in allegria, ma semper con eleganza e cultura. Numerose le mamme che hanno portato le proprie figliolette, dando alla serata una genuina aria di brio e di festa. Volendo trovare l'origine di tale festa, non si può ovviamente dimenticare che questa è nata come giornata di lotta per ottenere migliori condizioni sul lavoro, protezione e difesa della femminilità che spesso veniva calpestata se non addirittura umiliata. Nel 1910, nella città di Copenaghen, si tenne la prima conferenza internazionale delle donne. In quell'occasione, oltre 100 rappresentanti di 17 Paesi scelsero di istituire una festa per onorare la lotta femminile per l'uguaglianza sociale (anche se la prima giornata internazionale era stata celebrata negli Stati Uniti un anno prima, il 28 Febbraio 1909). Ma l'esigenza di chiedere a gran voce il miglioramento delle condizioni di lavoro si presentò il 25 marzo 1911, dopo che l'incendio della Fabbrica Triangle uccise 146 donne, di cui moltissime di origine italiana. Da allora, annualmente, si celebra la Festa della Donna in mille modi diversi, sempre con speciale attenzione alle sue condizioni e conquiste sociali. Sono state 113 le donne che quest'anno hanno festeggiato la loro femminilità con gioia ed eleganza presso il Carmela's Restaurant di Franklin Square, sotto la preziosa guida di Josephine A. Maietta e in collaborazione con Giovanna Auriemma della radio WRHU della Hofstra. Ad inizio serata il Reverendo Fr. Edwards della Chiesa di Santa Caterina da Siena ha rivolto parole di auguri e congratulazioni e ha benedetto i presenti in sala. Fiore all'occhiello della serata la partecipazione di Simona Rodano, una giovane donna originaria di Torino che ha coinvolto tutti con le sue colorate creazioni artistiche. Bravissima sia come cantante sia come attrice, è amata tanto dal pubblico adulto quanto dai bambini, tra i quali è conosciuta come la "Fata Italiana". Un'artista dai mille volti, dalle tante voci, amante delle trasformazioni e dei cambi di costume, sempre vivaci e coloratissimi. Simona si è esibita accompagnata dal chitarrista Andrea Longato, giovane talento trevisano, arrivato a New York, dove suona per la Collective School of Music, grazie ad una borsa di studio. Maietta, in questa occasione, non poteva scegliere miglior messaggio per festeggiare la donna, "simbolo ancora oggi di magia e ideali nelle società di tutti i tempi. Proviamo ad immaginare la società senza la donna .. ! sarebbe come un mondo senza sole, senza le stagioni e il calore dell'amore, invece la donna c'è e, secondo la Bibbia, è stata creata addirittura prima che Dio si riposasse". Nel corso della serata Josephine A Maietta ha letto il presente messaggio, inviato dal Console Generale, Francesco Maria Talò: "La prego di salutarmi molto cordialmente tutte le amiche di Long Island che stasera si riuniscono per celebrare la festa della donna. So con quanto entusiasmo lei e Giovanna Auriemma siete impegnate per questa bella occasione di festa. Le donne di Long Island lo meritano! Il Consolato Generale apprezza molto l'impegno quotidiano delle donne nel mondo del lavoro e in famiglia per mantenere e sviluppare quanto di più prezioso abbiamo per noi e per le future generazioni: la ricchezza di una grande cultura che gli Stati Uniti e l'Italia condividono con orgoglio. Spesso il ruolo delle donne è determinante per spingere i giovani a rafforzare la loro educazione e oggi desidero in particolare invitare tutte a continuare e sviluppare ancora di più l'impegno a favore della cultura e in particolare della lingua italiana. Il Consolato Generale, attraverso l'Ufficio scolastico, è a disposizione ed invita tutti i giovani ad iscriversi subito agli esami AP di italiano che si svolgeranno tra pochi mesi. È una grande opportunità da non perdere e sono sicuro che grazie alle donne di Long Island molti giovani potranno cogliere questa importante occasione". Subito dopo è stato presentato un ricco programma che ha visto Francesca Cavaliere cantare alcun brani, la soprano Mina Woodward e il cantante Andrea Balducci reduce dai successi di Montecarlo e St Tropez. Al microfono aperto, a disposizione di quanti volevano raccontare le loro esperienze, si sono esibite Franca Ferri, la piccola Adriana Barbieri di appena 5 anni, Gina Fini con alcune delle sue più belle poesie, la giovane quindicenne Francesca Pisano, Sabrina Daraio di 11 anni, Antonietta Panariello e tante alter. Presenti in sala alcune donne di Boville Ernica della Prov. di Frosinone con i loro tradizionali costumi, che hanno ballato e cantato alcuni brani della ciociaria. A fine serata sono state onorate otto donne: la fotografa Anna Bevilacqua, Angelina Izzo (casaling), Michela Parigi (sarta), la cantante Francesca Cavaliere, l'imprenditrice Carmela Calia, Teresa Amato e Jet Gallegher (segretarie) ed infine Lucia Climenti, assistente in uno studio medico. A tutte loro è stato consegnato un "pacchetto bellezza" ed un omaggio floreale, mentre a tutte le presenti è stato donato un buono per una lezione di autodifesa a cura di Sheila istitutrice di Arte Marziali che si terrà la sera del 24 marzo presso il ristorante Carmela. Un Cd di Simona Sodano è stato consegnato a quanti in sala, assieme ad un arrivederci per il prossimo 8 marzo del 2010.

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Morti bianche, tre vittime ieri al Nord: un marinaio russo e due operai edili (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 13-03-2009)

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CRONACA 13-03-2009 Morti bianche, tre vittime ieri al Nord: un marinaio russo e due operai edili GENOVA. I sindacati hanno proclamato uno sciopero immediato nel porto di Genova di 24 ore, dopo la morte di un marittimo su di una nave cargo battente bandiera belga. La vittima, un russo di 49 anni che faceva parte dell'equipaggio, è rimasto schiacciato contro la paratia della stiva da un pesante cavalletto metallico. Il pm Alberto Lari ha aperto un fascicolo per omicidio colposo: al momento risulta iscritto il conducente della ' ralla', ovvero la motrice usata per muovere i container che avrebbe urtato il cavalletto, causando la tragica morte del lavoratore. Un operaio è morto ieri nella discarica di Gorla Maggiore, nel Varesotto, colpito dall'esplosione di un tubo ad aria compressa. L'impatto è stato così forte da spaccare in due il caschetto di protezione che indossava. E nel Mantovano, risulta disperso invece un operaio caduto nel Po mentre stava lavorando su un ponte ferroviario.

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New York, le scuole cattoliche nel mirino (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 13-03-2009)

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MONDO 13-03-2009 New York, le scuole cattoliche nel mirino l'affondo Il Parlamento statale è pronto ad approvare una legge che annulla la prescrizione per i casi di abusi sessuali sui minori Ma la norma prende di mira solo gli istituti privati e della Chiesa DA NEW YORK « C rediamo che questa legge sia pensata per mandare in bancarotta la Chiesa cattolica». Dennis Poust, portavoce della Conferenza episcopale dello Stato di New York, va dritto al bersaglio. Nel mirino c'è il "Child Victims Act", una legge che mira ad abolire temporaneamente la prescrizione nei casi di abuso sessuale sui minori compiuti nelle scuole e associazioni private e religiose. La proposta, in discussione la settimana prossima al Parlamento di Albany (Stato di New York), è rimasta per anni congelata. Ma le elezioni di novembre hanno riconsegnato il controllo dell'Assemblea ai democratici che subito hanno messo in calendario il Child Victims Act. La legge ha buone chance di essere approvata. Se il governatore David Paterson ratificherà il voto del Parlamento, centinaia di ricorsi per casi di abusi sessuali sui minori potranno essere accolti. Finora le rivendicazioni erano state respinte poiché giunte fuori tempo massimo. L'attuale legge infatti impone che qualsiasi denuncia avvenga non oltre i 5 anni da quando la presunta vittima ha compiuto 18 anni. Il nuovo testo prevede la sospensione della prescrizione per un anno (nel quale chiunque potrà denunciare fatti avvenuti decenni fa) e l'estensione a 10 anni del tempo entro il quale un maggiorenne può chiedere risarcimenti per aver subito abusi sessuali da bambino. Legislazioni simili sono state passate in Delaware e in California dove nel 2003 decine e decine di ricorsi e denunce sono costate quasi 1 miliardo di dollari fra danni e risarcimenti alla Chiesa. La settimana scorsa il cardinale di New York Edward E- gan e il vescovo di Brooklyn Nicholas Di Marzio, si sono recati ad Albany per spiegare la loro contrarietà al provvedimento. La Chiesa di New York ha trovato preziosi alleati nella sua battaglia. Su tutti gli ebrei ortodossi sefarditi di Brooklyn e la New York Civil Liberties Union, potente associazione dei diritti civili. Secondo i critici la legge è iniqua e crea disparità. Essa infatti prevede la sospensione della prescrizione per gli abusi commessi nelle scuole private e religiose, mentre mantiene in vigore tutte le "protezioni" esistenti nelle normative statali per i dipendenti pubblici. Ad oggi infatti la denuncia di un impiegato pubblico deve avvenire entro 90 giorni dal compimento della maggiore età, contro i 10 anni previsti dalla normativa. ( R.E.)

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QUANDO IL PROTEZIONISMO E' LEGITTIMO (sezione: crisi)

( da "Lavoce.info" del 13-03-2009)

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>QUANDO IL PROTEZIONISMO E' LEGITTIMO di Claudio Dordi 13.03.2009 A parole, i leader mondiali sono contro il protezionismo, memori dei danni che ha causato all'epoca della grande depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi internazionali pone precisi vincoli alla libertà dell'esercizio della politica commerciale degli Stati. Esistono però numerosi strumenti legittimi di protezione. Delle contraddizioni tra interessi nazionali e internazionalizzazione si parlerà a Trento nell'ambito del quarto Festival dell'Economia in programma dal 29 maggio al 1° giugno dedicato al tema "Identità e crisi globale".   Non passa giorno senza che qualche politico al termine di un vertice internazionale dichiari l?avversione e il rigetto del protezionismo: tutti hanno ben presenti i danni causati dalle politiche adottate da gran parte degli Stati in seguito alla crisi della fine degli anni Venti. IL 2009 NON È IL 1929 La situazione attuale, invero, è completamente differente: la comunità internazionale, sin dal secondo dopoguerra, si è dotata di una serie di accordi internazionali che pongono precisi vincoli alla libertà dell?esercizio della politica commerciale degli Stati. Si pensi agli accordi del Wto, alla supervisione delle politiche economiche del Fondo monetario internazionale e ai numerosi accordi regionali e bilaterali che promuovono la creazione di zone di libero scambio e che imbrigliano le decisioni di politica commerciale. In più, tutti questi accordi prevedono meccanismi di soluzione delle controversie che funzionano da deterrente contro le violazioni. (1) Gli Stati ne sono consapevoli: il ?buy american?, la recente controversa disposizione contenuta nello ?stimulus bill? degli Stati Uniti, che vincola l?erogazione degli aiuti statali per la promozione di lavori pubblici all?impiego di beni e materie prime di produzione statunitense, è potenzialmente contraria a due accordi del Wto, quello sui sussidi e quello sugli appalti pubblici. Nel timore di dover affrontare un procedimento per la soluzione delle controversie di fronte al Wto, il legislatore statunitense ha aggiunto che ?la presente disposizione si applicherà conformemente agli impegni internazionali degli Stati Uniti?. LE MISURE PROTEZIONISTICHE ?LEGITTIME? Le preoccupazioni maggiori vengono dalle cosiddette misure di protezione ?legittime?, quelle, cioè, conformi alle norme internazionali. Quali sono? In primo luogo, i sussidi pubblici: ne sono vietati solo due tipi, quelli all?esportazione e quelli erogati a condizione che il beneficiario si rifornisca di input locali, come il ?buy american?. In secondo luogo, le misure di difesa commerciale: l?antidumping (dazi aggiuntivi nei confronti di beni importati a prezzi eccessivamente ridotti), i dazi compensativi nei confronti di prodotti importati che, nel paese di origine, hanno beneficiato di un sussidio pubblico e le misure di salvaguardia (dazi o restrizioni all?importazione) applicabili a determinati prodotti in presenza di un recente, notevole incremento delle importazioni degli stessi che abbia danneggiato i produttori locali. In terzo luogo, i dazi doganali. Se, infatti, gli Stati si sono impegnati in sede Wto a non incrementare i dazi oltre una soglia concordata per ogni prodotto, quelli applicati sono spesso inferiori, molto inferiori nel caso dei paesi in via di sviluppo, rispetto agli impegni internazionali. La differenza tra soglia concordata e tariffa effettiva comporta che ogni paese ha la facoltà di innalzare i dazi applicati fino a concorrenza degli impegni internazionali senza violare alcuna norma Wto. La tabella sotto illustra la differenza fra i dazi applicati e  oggetto di impegno, sottolineando il ?margine protezionistico? legittimo a disposizione degli Stati.   Dazi applicati Dazi oggetto di impegno Margine protezionistico Tutti i paesi 3.7 9.9 6,2 Paesi sviluppati 2.5 5.2 2,7 Paesi in via di sviluppo 6.9 21.8 14,9 Fonte: Mattoo, Subramanian, 2008 PIÙ PROTEZIONISMO NEI PERIODI DI CRISI? I dati sembrano confermare due tendenze: un incremento del protezionismo nei periodi di crisi e il notevole attivismo dei paesi in via di sviluppo. Una recente ricerca conferma che le inchieste antidumping nei paesi membri del Wto sono aumentate nel 2008 del 31 per cento rispetto all?anno precedente. I paesi in via di sviluppo  dominano la scena con il 73 per cento delle nuove inchieste, anche se gran parte delle misure sembrano applicate nel commercio fra queste nazioni, il 78 per cento dei produttori colpiti. I paesi industrializzati, comunque, hanno più che raddoppiato il numero di misure antidumping imposte: 54 nel 2008 contro 23 nel 2007. I settori più colpiti sono quelli del ferro e acciaio seguiti dal tessile e abbigliamento. I dati attuali delle misure di difesa commerciale, tuttavia, illustrano solo parzialmente il fenomeno. Prima di imporre un dazio o una misura restrittiva provvisoria bisogna completare una procedura che dura circa un anno: il rischio, pertanto, è che le misure di difesa commerciale siano applicate troppo tardi. MISURE ?CONTROLLABILI? E ?NON CONTROLLABILI? Mentre le decisioni di limitare i sussidi e di non innalzare i dazi doganali fino a concorrenza degli impegni internazionali possono essere adottate in brevissimo tempo dai governi, le misure di difesa commerciale sfuggono in gran parte al loro controllo. Nell?Unione Europea, e in altri membri del Wto, per esempio, tali strumenti sono disciplinati da appositi regolamenti che attribuiscono diritti soggettivi ai singoli interessati. Ad esempio, alla presenza di tutti i requisiti previsti dal regolamento antidumping, l?Unione può rigettare la richiesta di dazi presentata dai produttori locali danneggiati dal dumping straniero solo in casi ben precisi e con motivazione adeguata. (2) Le decisioni degli organi competenti dell?Unione in materia possono essere oggetto di ricorso alla Corte di giustizia: la discrezionalità per limitare l?applicazione delle misure di difesa commerciale è, pertanto, limitata. L?unica possibilità consisterebbe nel modificare i testi dei regolamenti comunitari: il tempo necessario per gli emendamenti e la difficoltà di trovare adeguato consenso da parte degli Stati membri, poco propensi a rinunciare all?impiego di uno strumento di difesa, rendono tale scelta impraticabile. IL RISCHIO DEL PROTEZIONISMO ?ILLEGITTIMO? Non bisogna trascurare che esiste sempre il rischio che gli Stati adottino misure protezionistiche illegittime e siano pronti a sopportare le conseguenze di una decisione di condanna dell?organo di soluzione delle controversie del Wto. La forza deterrente di tale meccanismo è, infatti, molto limitata: la sanzione per uno Stato colto in violazione di una norma del Wto è l?eliminazione della misura illegittima che, peraltro, ha luogo normalmente almeno due anni e mezzo dopo l?inizio della procedura. Le sanzioni commerciali possono essere applicate solo se lo Stato violatore non si conforma alla decisione del Wto. Il sistema consente agli Stati di proteggere illegittimamente un determinato settore per un periodo di tempo assai dilatato, come è accaduto nel caso delle misure di salvaguardia statunitense contro l?importazione di acciaio, istituite nel marzo 2002 e abrogate, dopo essere state giudicate illegittime, nel dicembre 2004. Va detto, tuttavia, che numerose condanne da parte del Wto minano la credibilità negoziale dello Stato coinvolto e ciò, in un sistema basato sui continui negoziati, è un fattore che non può essere trascurato. Esistono numerosi strumenti legittimi di protezione a disposizione degli Stati; l?applicazione di molti di questi non può essere limitata da parte dei governi nel breve periodo. Gli unici che potrebbero realmente essere mantenuti sotto controllo dagli esecutivi sono i sussidi, proprio quelli maggiormente impiegati nell?attuale situazione di crisi economica internazionale. (1) Sono oltre 400 gli accordi istitutivi di zone di libero scambio notificati al Wto. (2) In materia commerciale gli Stati membri dell'Unione Europea hanno trasferito tutte le competenze agli organi di Bruxelles. Foto: da internet

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INGHILTERRA: TRE SOLUZIONI PER OGNI INSOLVENZA (sezione: crisi)

( da "Lavoce.info" del 13-03-2009)

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>INGHILTERRA: TRE SOLUZIONI PER OGNI INSOLVENZA di Costanza Russo 13.03.2009 Con il Banking Act 2009, appena varato, la Gran Bretagna regola i dissesti bancari. Prevedendo tre ipotesi di gestione delle crisi: trasferimento della banca insolvente ad un acquirente privato, oppure ad una "banca ponte" o ancora, temporaneamente, allo Stato. Ecco come dovrebbero funzionare le diverse opzioni, quali casi sono contemplati, e qual è il ruolo che la legge assegna in queste circostanze alle autorità competenti: Bank of England, Financial Services Authority, Tesoro.   Con il Banking Act 2009, appena varato, la Gran Bretagna regola i dissesti bancari. Prevedendo tre ipotesi di gestione delle crisi: trasferimento della banca insolvente ad un acquirente privato, oppure ad una ?banca ponte? o ancora, temporaneamente, allo Stato. Ecco come dovrebbero funzionare le diverse opzioni, quali casi sono contemplati, e qual è il ruolo che la legge assegna in queste circostanze alle autorità competenti: Bank of England, Financial Services Authority, Tesoro. D?ora in poi i sudditi di Sua Maestà non potranno più essere colti alla sprovvista nel caso in cui una banca dovesse fallire. Infatti, il governo inglese ha emanato la legge che disciplina le procedure di riorganizzazione o liquidazione di una banca insolvente. Con il Banking Act 2009 cambia un aspetto tipico del sistema britannico ?quello di trattare il fallimento di una banca alla stessa stregua di una società commerciale ?che tanto aveva fatto tribolare le Autorità competenti nella gestione della crisi della Northern Rock. Coerentemente con le proposte espresse nel documento di consultazione pubblica che la precede, la legge si occupa di disciplinare tre diverse ipotesi di risoluzione della crisi (stabilization options): a) trasferimento della banca o parte di essa ad un acquirente privato, oppure b) ad una ?banca ponte? o, ma solo a carattere temporaneo, c) allo Stato. Contestualmente è stato anche emanato un codice di condotta che serve a meglio specificare i casi in cui le Autorità possono utilizzare i poteri loro attribuiti e le modalità di utilizzo degli stessi, offrendo cosi un quadro di estrema chiarezza e completezza circa il da farsi in situazioni di emergenza. LE DIVERSE OPZIONI Il governo dunque, a seconda dell?interesse che emerge caso per caso e del tipo di istituto in crisi, può decidere o di favorire una soluzione di mercato (acquirente privato e bridge bank) o di intervenire direttamente (nazionalizzazione temporanea) o di farne cessare definitivamente l?attività (liquidazione). Il requisito di fondo affinchè una banca possa essere considerata insolvente, e quindi in crisi, è che non soddisfi più i requisiti regolamentari richiesti per l?accesso a quel tipo di attività. In tale valutazione, compiuta dalla Financial Services Authority (FSA), bisogna tener conto delle specifiche condizioni del momento e del fatto che per poter rientrare nei requisiti fissati, l?istituto avrebbe bisogno di un aiuto finanziario straordinario da parte della banca centrale o del Tesoro. A quel punto la FSA deve consultarsi con la Banca d?Inghilterra (BoE) e il Tesoro e valutare il da farsi. Se nella scelta vengono in rilievo ragioni di pubblico interesse, quali la salvaguardia  della stabilità o della fiducia dei cittadini nel sistema finanziario inglese, o la protezione dei depositanti, la BoE può decidere di vendere tutte o parte delle azioni e delle proprietà della banca ad un acquirente privato o di trasferirla ad una banca ponte (bridge bank), di proprietà della BoE, in attesa di trovare un compratore. Prima di prendere una decisione le Autorità devono però considerare l?impatto che la stessa avrà sulle finanze pubbliche. Infatti la BoE non può esercitare alcuna opzione senza l?autorizzazione del Tesoro, se da questa derivano oneri per lo Stato. Il codice di condotta ci spiega meglio cosa si intenda per stabilità del sistema, fiducia dei cittadini, protezione dei depositanti e fondi pubblici. Sostanzialmente dice che le Autorità devono valutare se il fallimento di quella banca potrebbe avere un impatto sistemico sulle infrastrutture di pagamento, trading e compensazione che sono alla base del sistema bancario e quali potrebbero essere invece le conseguenze se le Autorità decidessero di non intervenire affatto. L?impatto sulla fiducia dei cittadini va invece valutato sulla base delle percezioni che essi potrebbero avere quanto alla possibilità di perdere il denaro, o di subire un?interruzione del nomale funzionamento delle banche o quanto al verificarsi di un effetto contagio (come dire: se è fallita la banca X allora possono fallire anche le altre!). La protezione dei depositanti va valutata sulla base dell?efficienza del sistema di tutela applicabile nel caso specifico, mentre nel considerare l?impatto sulle finanze si deve tenere ben a mente la protezione dell?interesse dei taxpayers all?utilizzo efficiente dei soldi pubblici. La procedura di liquidazione, invece, si applica solo al caso di banca che esercita  attività di deposito quando non sia più in grado di ripagare i propri debiti, e se la cessazione delle attività della stessa sarebbe giusta (fair) o nel pubblico interesse. La legge autorizza poi il Tesoro a prevedere una procedura di insolvenza ad hoc per le banche di investimento. LA NAZIONALIZZAZIONE TEMPORANEA Se, invece, dal fallimento di quell?ente potesse derivare una seria minaccia alla stabilità del sistema finanziario inglese o se l?intervento della BoE fosse necessario per proteggere l?interesse pubblico nel caso in cui sia già intervenuto il Tesoro in aiuto della banca, è possibile nazionalizzare temporaneamente l?istituto, ossia trasferirne le azioni a una società controllata al 100 per cento dallo Stato o farle gestire da un esperto nominato dal Governo (per esempio l?Avvocato Generale del Tesoro). In questo caso, quale dovrebbe essere il comportamento del Governo nei confronti della banca? Di nuovo ci viene in aiuto il codice di condotta: la nazionalizzazione deve essere l?ultima opzione preferibile e, quando possibile, deve tendere a far ritornare la banca alla sua normale attività e non contrastare con le regole sulla concorrenza. Nel frattempo al Governo competono i normali diritti di un azionista e nell?immediato può anche intervenire sulla governance della banca con poteri che variano a seconda del tempo stimato di ritorno alla normalità. Se è previsto che la banca sia pubblica nel medio-lungo termine, allora il Tesoro potrà indicare agli amministratori gli obiettivi in base ai quali operare. A loro competerà, sulla base di quelle indicazioni, predisporre un businessplan completo da sottoporre all?approvazione del Tesoro. Ad ogni modo la banca dovrà operare a condizioni di mercato e mantenere gli stessi obblighi che gravano sulla banche commerciali. POSSIBILI APPLICAZIONI La legge dice un?altra cosa di non poco conto: l?unica opzione che può essere utilizzata per l?insolvenza delle società a capo di un gruppo bancario è la nazionalizzazione temporanea. La scelta parrebbe motivata dalla difficoltà per un compratore privato o per una banca ponte di acquistare o gestire un intero gruppo insolvente, per cui  la proprietà pubblica sembrerebbe dare più adeguate garanzie di continuità. Viene però in mente la situazione attuale, per cui il governo inglese ha già nazionalizzato la Northern Rock, è proprietario degli asset della Bradford&Bingley, ha il 70 per cento di RBS e il 65 per cento di Lloyds, per non contare i prestiti fatti alle banche nell?ambito dei piani di salvataggio. Ci si domanda: se queste non dovessero essere più in grado di pagare i propri debiti e una soluzione di mercato non fosse possibile, verranno nazionalizzate?  Foto: da internet

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Precari, sì del governo agli aiuti (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Precari, sì del governo agli aiuti 13-03-2009 Via libera del Consiglio dei ministri al nuovo pacchetto di misure a favore dei precari. Le norme saranno presentate sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra le misure principali il raddoppio dell'indennita' di disoccupazione per i co.co.pro che cosi' passa al 20% e la velocizzazione delle procedure per la concessione e l'erogazione degli ammortizzatori sociali ROMA. Via libera del Consiglio dei ministri al nuovo pacchetto di misure a favore dei precari. E' quanto si apprende da fonti di governo. Sono misure di 'completamento e semplificazione a protezione dei lavoratori sospesi o licenziati'. Le norme saranno presentate sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra le misure principali il raddoppio dell'indennita' di disoccupazione per i co.co.pro, che passa al 20%, e la velocizzazione per l'erogazione degli ammortizzatori sociali. In particolare si accorciano i tempi per accedere agli ammortizzatori sociali: dai 120-140 giorni che servivano si arrivera' ad appena 20-30 giorni. Cio' grazie 'a una drastica semplificazione delle procedure', ha detto il ministro del Lavoro Sacconi al termine della riunione del Cdm. E inoltre 'l'indennita' di reinserimento per i collaboratori a progetto(co.co.pro) con un solo committente e' stata innalzata al 20% di quanto percepito l'anno precedente in un intervallo che va da 1000 a 2600 euro circa'. Tra le misure messe in campo dal governo, ha spiegato Sacconi in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ci sono norme che 'vogliono incentivare la riassunzione'. Il ministro ha chiarito che i 'i lavoratori che hanno sussidi straordinari potranno portare con se' i sussidi e cosi' ci sara' un abbattimento del costo del lavoro'. Per loro e' prevista la possibilita' di accettare lavori per un massimo di tre mila euro per la parte restante del 2009. In questo modo, potranno fare un'integrazione all'80% del reddito che ricevono dagli ammortizzatori sociali. Il ministro Sacconi ha poi rivolto un appello ai giovani perche' accettino anche 'lavori semplici, umili, non desiderati, manuali, magari non corrispondenti al titolo di studio: in questa stagione -ha detto- e' bene accettare, non dico qualsiasi lavoro, ma anche lavori non coerenti con gli studi fatti'.

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Il welfare di facciata (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 13-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il welfare di facciata Andrea Scarchilli , 13 marzo 2009, 17:18 Il governo annuncia un'altra puntata del piano anti - crisi. Stavolta finiscono sul piatto cento milioni di euro per le indennità agli atipici monocommittenti. Se hanno perso il posto potranno, soddisfando certi requisiti, riscuotere il venti per cento dell'ultimo stipendio annuale. La Cgil: "Ne avrà diritto solo il dieci per cento della platea". C'è poi la possibilità per chi già percepisce l'assegno di disoccupazione di integrare il reddito con altri lavori. Sacconi si appella ai giovani: "Mettetevi in gioco" Proprio il giorno successivo al rifiuto parlamentare della proposta del Partito democratico di riconoscere a tutti i disoccupati un assegno pari al sessanta per cento dell'ultima retribuzione, il Consiglio dei ministri ha annunciato un mini piano a sostegno del lavoro, che i dati riconoscono ormai come vittima principale di questa crisi economica. Ne sono testimonianza l'aumento delle richieste, del 46 per cento, delle indennità di disoccupazione e le impennate continue, l'ultima di oltre il 500 per cento su base annuale, del ricorso alla cassa integrazione da parte delle imprese. Al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi è toccato di spiegare le contromisure dell'esecutivo. Poche risorse, e questo si sapeva. Spicca il raddoppio - rispetto all'ultimo provvedimento che stanziava risorse per gli ammortizzatori sociali - dei fondi a disposizione di una parte dei precari, i co.co.pro. con un solo committente. Se hanno perso il posto, avranno il diritto di percepire un'indennità pari non più al dieci, ma al venti per cento dell'ultima retribuzione annuale in una forchetta, ha spiegato Sacconi, "che va da 1000 a 2600 euro circa". I finanziamenti (cento milioni di euro aggiunti ai medesimi stanziati in precedenza) sono stati messi assieme raschiando dal bilancio del ministero del Welfare. Sacconi ha spiegato: ""Per ora i fondi stanziati sono soltanto per il 2009. Rinunceremo a qualche ricerca". L'intenzione è ripetere la procedura nel 2010. Di "ciccia" c'è solo questo, il resto della manovra è l'annuncio di una serie di semplificazioni burocratiche. C'è lo snellimento delle procedure per la concessione e l'erogazione degli ammortizzatori sociali. "Prima erano necessari dai 120 ai 140 giorni, noi miriamo ad arrivare ad erogarli in 20 - 30 giorni", ha detto Sacconi. Sono state inoltre estese le possibilità di ricorso ai voucher, cioè i buoni lavoro, per ampliare le forme di lavoro regolare. E, visto che il governo non scuce per gli assegni di disoccupazione, ha deciso di dare la possibilità a chi li incassa già di arrangiarsi meglio: per i lavoratori che percepiranno l'indennità di disoccupazione è data la possibilità di integrare il reddito con altri lavori per un massimo di 3000 euro, da calcolare nella parte restante dell'anno in corso. Infine alle regioni saranno anticipati 151 milioni messi a disposizione presso l'Inps "come conto aperto su cui le singole regioni in base a un primo riparto possono attingere" e "presto potremo ripartire altre risorse" ha aggiunto Sacconi. Le misure saranno introdotte, come già trapelato, sotto forma di emendamenti al decreto salva auto. Il ministro ha rivolto un appello ai giovani: "In questa stagione è bene accettare, non dico qualsiasi lavoro, ma anche lavori non coerenti con gli studi fatti o con le aspettative. Nel dopo crisi conterà nel curriculum il fatto di essersi messi in gioco". Sacconi ha poi tracciato un quadro delle ripercussioni della crisi finanziaria sull'occupazione. I dati relativi al mercato del lavoro che saranno forniti dall'Istat nei prossimi giorni mostreranno che "molto probabilmente il tasso di occupazione si attesterà intorno al 59 per cento" ha detto il ministro, e il numero di occupati stabilmente sarà di "circa 23 milioni". Sacconi ha anche ribadito la linea di cui si è fatto interprete all'interno del governo sulla riforma delle pensioni: "L'obiettivo rimane allungare la vita lavorativa ma non nel mezzo di una grande crisi sociale come questa". Poco dopo è arrivato l'annuncio del collega alle Politiche comunitarie Andrea Ronchi: a breve sarà a Bruxelles con Sacconi e il titolare della Funzione pubblica Renato Brunetta per discutere del dossier previdenza, limitato al settore del pubblico impiego. Su questo versante l'Unione europea sollecita da tempo una equiparazione delle età pensionabili di uomini e donne. Tornando alle misure annunciate stamattina la Cgil, attraverso il Nidil, la struttura sindacale che rappresenta i lavoratori atipici, ne ha subito criticato l'impostazione. Roberto D'Andrea della segreteria nazionale ha spiegato a "Repubblica", riferendosi al venti per cento ai co.co.pro: "Non hanno modificato i criteri d'accesso, ancora troppo stringenti, a questa una tantum". Eccoli i requisiti per accedere all'indennità "speciale": "Un solo datore di lavoro, avere guadagnato l'anno scorso un reddito annuo tra cinquemila e 13.800 euro, avere tra tre e dieci mesi di versamenti. E nell'ultimo anno in corso avere avuto versamenti per almeno tre mesi". D'Andrea ha stimato che solo il dieci per cento degli atipici monocommittenti, alla fine, riusciranno ad avere l'integrazione. Ottantamila su 800mila.

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Strumenti astronomici protagonisti in Seminario (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

DOMANI Strumenti astronomici protagonisti in Seminario Domani, l'Ufficio beni culturali della Diocesi di Tortona, in collaborazione con il Gruppo Astrofili Galileo di Alessandria e con i volontari della Protezione civile tortonese, ha organizzato una giornata dal titolo «Alla scoperta del cielo». Dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19 sarà possibile osservare gli antichi strumenti ottici del Gabinetto scientifico del Seminario vescovile, guidati dai volontari dell'associazione. L'iniziativa offrirà l'occasione di osservare dal vero alcuni orologi solari, sestanti, una carta e un globo stellari, telescopi di varie dimensioni, una macchina parallattica, un tacheometro. E' solo una parte della collezione di strumenti scientifici (di ottica e di fisica) del seminario, appartenenti al secolo XIX, che lo scorso anno sono stati oggetti di un intervento di recupero e di una pubblica esposizione da parte del gruppo di volontari della Protezione civile di Tortona.\

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Provincia: sos per i costi dell'inverno (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

VIABILITA'. PRESENTATO L'ELENCO DEI DANNI E DELLE SPESE. IN ATTESA DI FINANZIAMENTI DA ROMA Provincia: sos per i costi dell'inverno [FIRMA]ENRICA CERRATO ASTI E' un conto salato quello che l'inverno appena passato ha lasciato da pagare alla Provincia: 24 milioni e 730 mila euro è la cifra stimata come totale tra le spese già effettuate sotto le voci di sgombero neve, sale, emergenza acqua e allagamenti (e siamo già a oltre sei milioni) e quelle per gli interventi di sistemazione definitiva delle strade franate. In Provincia allargano le braccia: un inverno così mette in ginocchio qualsiasi bilancio ed è evidente che si attendono i contributi da Roma per poter pagare. Ieri mattina in una conferenza stampa l'assessore alla Viabilità Rosanna Valle ha fatto il punto della situazione, con il vicepresidente Giuseppe Cardona e i colleghi Piefranco Ferraris (Ambiente) e Antonio Baudo (Protezione civile), ma soprattutto alla presenza di un gruppo dei tecnici e dei capi reparto che da quattro mesi lavorano a ritmi serrati, prima per tamponare le emergenze e poi per preventivare costosi e difficili recuperi. Un esempio per tutti: la frana sulla strada di Bubbio, l'unica che porta alla Langa Astigiana (ora percorribile a senso alternato con un semaforo solo da mezzi di peso inferiore a 5 tonnellate), sarà oggetto di un delicato intervento da 500 mila euro, solo perché non peggiorino le cose e poi dovrà essere rifatta (stanno elaborando il progetto il geologo Vincenzo Bosco e l'ingegnere Stefania Morra). Per dar l'idea, «a spanne» il costo totale sarà di oltre due milioni di euro. Dalla ricognizione del Servizio viabilità nei cinque Reparti emerge un quadro sconfortante: nel quadrante del Nord Astigiano nella zona di Castelnuovo Don Bosco le spese per la sistemazione definitiva delle strade superano i 2 milioni di euro, nel quadrante Nord Est da Cocconato a Moncalvo, occorre spendere 3 milioni 735 mila euro, altri 3 milioni 150 mila sono preventivati nel reparto Sud Est da Castello d'Annone a Vaglio, Agliano e Mombaruzzo, mentre nel Sud ovest della provincia, occorrono interventi per 3 milioni 675 mila euro. «Ma il dramma vero - ha spiegato Valle - è nel quinto reparto, Valle Belbo e Bormida. Un elenco lungo di opere da realizzare per un totale di 12 milioni 160 mila euro. «E' una somma astronomica per una realtà come la nostra - aveva ricordato il presidente Armosino, che a Roma con il collega parlamentare Sebastiano Fogliato e altri piemontesi, aveva fatto approvare un ordine del giorno di impegno del Governo a finanziare per prime le vere emergenze. «Con spese documentate fino all'ultima lira come le nostre», ha aggiunto ieri Valle. Antonio Baudo e Pierfranco Ferraris hanno inoltre ricordato i problemi correlati ad una situazione di questo genere, dall'aumento dei costi del trasporto su gomma per i camion costretti a percorsi alternativi, ai danni ad impianti di illuminazione, tubature di acquedotti e infrastrutture travolti dalle frane che si stanno «mangiando» le colline astigiane.

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Documentari. (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Documentari. Roman Herzog e Dagmawi Yimer porteranno la propria testimonianza questa sera al salone polivalente del centro Culturale Le Rosminiane di Candelo, in occasione dell'appuntamento «Libero come un uomo sulla terra», organizzata da Apertamente e Il Mondo Capovolto. Introdotto da un aperitivo alle 19,30 l'incontro proseguirà con la proiezione di due documentari che danno voce ai migranti dal Nord Africa. Il primo, «Guerra nel Mediterraneo: dalla Cap Anamur a Frontex e ai nuovi campi europei» di Herzog, analizza le politiche europee in materia d'immigrazione. Dal 1999 queste s'incentrano intorno alla costruzione di oltre venti campi per migranti negli stati nord-africani e al rafforzamento di Frontex, l'agenzia europea che ha compiti di respingimento nel Mediterraneo. Nel secondo, «Come un uomo sulla terra», realizzato da Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene, si analizza la situazione in Libia. Dal 2003 l'Italia e l'Europa chiedono allo stato di Gheddafi di fermare i migranti africani. Ma che cosa fa davvero la polizia libica? Giornalista tedesco, Herzog collabora da dieci anni con la radio pubblica Ard e ha condotto diversi reportage nei centri di prima accoglienza presenti in Sicilia. Yimer svolge l'attività di mediatore culturale per l'associazione Asinitas Onlus. Documentarista, vive in Italia dal 2006 grazie alla protezione umanitaria. La serata è organizzata con il patrocinio del Comune di Candelo e la collaborazione del Centro Servizi per il Volontariato.\

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Gli incontri su violenza, maltrattamenti e pedofilia (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

MELOGRANO Gli incontri su violenza, maltrattamenti e pedofilia Donne violentate, bambini alla mercé di pedofili o, più semplicemente, donne costrette a subire maltrattamenti e violenze in famiglia e anche fuori. Se ne parla in un articolato progetto formativo che ha preso il via al «Melograno» di via Marsaglia, con partecipazione libera, promosso da Cespim, Aniep e i Servizi sociali del Comune. «Consapevolezza. Ascolto. Valorizzazione di sé» il 19, 26, 31 marzo e 9 aprile (a partire dalle 21) con Raffaella Rognoni esperta di training e sociologa. «Le conseguenze della violenza sulla salute della donna» il 17 e 19 marzo e il 2 e 7 aprile con Domenica Espugnato De Chiara, medico dell'Asl. «Ordini di protezione contro gli abusi familiari», «Rapporto che intercorre fra soggetti che hanno subito violenze in famiglia o sul lavoro e i servizi di assistenza esistenti», «Reato di violenza, molestie e pedofilia», il 17, 26 e 31 marzo, 2 aprile con Agata Armanetti, avvocato. «Le conseguenze psicologiche e psicopatologiche del maltrattamento nella violenza delle donne e nei loro bambini», il 24 marzo e il 2 aprile con Roberto Ravera direttore struttura complessa Psicologia Asl. Responsabile del progetto è l'assistente sociale Gianna Lisa Lajolo.\

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Aiuti ai precari licenziati (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

L'indennità aumentata al 20% dell'ultima retribuzione. Rinviato il piano casa, forse sarà approvato con un decreto Aiuti ai precari licenziati Tremonti: la vigilanza sulle banche dovrebbe essere affidata alla Bce Dal Consiglio dei ministri è arrivato ieri il via libera al nuovo «pacchetto» a favore dei precari. Si tratta di misure di «completamento e semplificazione a protezione dei lavoratori sospesi o licenziati». Le norme saranno presentate sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra gli interventi principali il raddoppio dell'indennità di disoccupazione per i co.co.pro che così passa al 20% e la velocizzazione delle procedure per la concessione e l'erogazione degli ammortizzatori sociali. Slitta invece il piano casa che prevede l'aumento delle volumetrie per le abitazioni e la semplificazione delle procedure per ottenere le autorizzazioni di ristrutturazione e sconti fiscali. Il testo è stato però solo presentato ai componenti dell'esecutivo. Per la prossima settimana sarà convocata la conferenza Stato-Regioni per un «ampio confronto» in modo da arrivare ad un via libera che potrebbe avvenire anche per decreto legge. E Tramonti replica a Draghi sulle banche: la vigilanza dovrebbe essere affidata alla Bce. Barbera, La Mattina, Lepri e Maggi DA PAGINA 2 A PAGINA 5

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Ne usciremo solo insieme (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Ne usciremo solo insieme DARIO FRANCESCHINI Abbiamo sentito spesso in questi giorni rivolgere al Partito democratico l?accusa di strumentalizzare la crisi per scaricare le responsabilità sul governo. Naturalmente nessuno di noi ha mai immaginato di farlo, perché sappiamo che la crisi è globale, attraversa tutti i paesi e va affrontata con risposte che vanno ben oltre i confini nazionali. Sappiamo anche che la crisi impatta in modo diverso sulle economie nazionali e sulla vita delle famiglie e delle persone, in base alla forza o alla fragilità della singola economia nazionale (la nostra purtroppo è tra le più fragili), ma soprattutto in base agli interventi che i singoli governi mettono in campo per fronteggiare l?emergenza della crisi. Abbiamo l?assoluta consapevolezza che le misure che abbiamo proposto non sono una risposta strutturale alla crisi. Ma sappiamo che, in un momento di difficoltà, chi guida un paese, al di là del colore politico, oltre che il dovere di cercare risposte strutturali e cominciare a lavorarci, ha quello di immaginare contemporaneamente come affrontare le situazioni drammatiche in cui rischiano di precipitare o sono già precipitate migliaia di persone alle quali non si può dire, in attesa che la crisi venga superata con interventi strutturali, di arrangiarsi. Molti di noi parlamentari, in particolare della Lega ma non solo, vengono come me dalla Pianura padana: quando il nostro grande fiume stava per straripare a causa di un?ondata di piena, la gente del Po, che viveva sotto gli argini, non discuteva su quali fossero gli interventi per ristrutturare gli argini, ma correva, in un meccanismo di solidarietà, a mettere pile di sacchi di sabbia che nell?emergenza impedissero al fiume di straripare. In seguito, dopo aver affrontato l?emergenza, si mettevano a discutere su come rafforzare gli argini. È esattamente quello che stiamo cercando di fare, sapendo che nel paese ci sono tante povertà e paure, una più grave dell?altra. Ci sono persone che non ce la fanno ad arrivare a fine mese, quelli che noi avevamo immaginato di aiutare da subito, se avessimo vinto le elezioni. Poi è scoppiata la crisi e sono emerse situazioni di gravità sempre maggiore (...). C?è chi ha perso il posto di lavoro e ha meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Il ministro Brunetta ha detto che va tutto bene, una meraviglia, lo ha ripetuto, con toni diversi, il ministro Sacconi: contemporaneamente, pochi minuti fa, la Cisl della Lombardia ha indicato che non ci sono più risorse per gli strumenti di cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Ci sono categorie di lavoratori che hanno un meccanismo che li aiuta nel momento della crisi della propria azienda o della perdita del posto di lavoro, ma ce ne sono centinaia di migliaia che, dopo aver vissuto già una situazione di precarietà, rischiano di precipitare a reddito zero. Poi c?è la povertà estrema, di cui non si parla. Nella politica italiana c?è la paura di usare la parola «poveri»: invece i poveri ci sono e purtroppo stanno crescendo. Persone, come ci hanno raccontato le associazioni di volontariato, che non hanno nulla da mangiare e molto spesso non hanno un posto dove dormire. Allora, come si affrontano queste diverse emergenze? Per quelli che perdono il posto di lavoro e non hanno ammortizzatori sociali, noi proponiamo due operazioni: interventi strutturali e interventi per l?emergenza 2009. Di interventi strutturali siamo pronti a discutere con il governo e le parti sociali, se avranno un qualche interesse. Pensiamo che entro il 2009 si debba lavorare per un ridisegno e una semplificazione di tutti gli ammortizzatori sociali, con l?obiettivo di rivolgerci a tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto che avevano quando lavoravano. Poi c?è l?emergenza, che impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito zero. Per questo abbiamo proposto un assegno mensile di disoccupazione del 60 per cento dell?ultima retribuzione mensile per tutti quelli che hanno perso o perderanno il posto di lavoro durante la crisi, cioè dal 10 settembre 2008 al 31 dicembre 2009, immaginando che questo periodo servirà per la riforma degli ammortizzatori sociali, evitando però intanto di lasciarli nella disperazione e nella paura del futuro. Anche perché non c?è cosa più sbagliata che immaginare che nella crisi le difficoltà personali possano essere messe le une contro le altre, facendo scontrare i diversi gradi di povertà tra di loro: questo fa esplodere il tessuto sociale del paese, questo rende una parte del territorio terreno fertile per la criminalità organizzata, perché quando ci sono migliaia di persone che non hanno i soldi per fare la spesa o per comprare i vestiti per i figli, forse cedono anche rispetto al loro livello di moralità o a quello che vorrebbero fare nella vita rispettando la legge. Ci si risponde che si tratta di demagogia. Qualsiasi cosa diciamo, in dieci dodici in televisione a dire: demagogia, demagogia! Se uno dice che domani è venerdì: è demagogia! Rispondete nel merito invece, dite di sì o di no! La nostra proposta ha coperture precise, è stata preparata da esperti, solo in questo ramo del parlamento da Bersani, Letta, Damiano: persone che hanno avuto responsabilità di governo. Non costa tanto, perché abbiamo calcolato ? e siamo stati prudenti ? 500 o 600 mila disoccupati; abbiamo detto che servono 5 miliardi di euro. Vorrei che diceste a quegli italiani che non siete in condizione di trovare 5 miliardi, dopo che li avete buttati dalla finestra con l?eliminazione dell?ici sui redditi alti e con il suicidio dell?operazione Air France-Alitalia. Quei 5 miliardi, in gran parte, ci sono già nei 9 miliardi degli ammortizzatori sociali. Quella è un?operazione giusta, ma richiede mesi per entrare in vigore. Noi diciamo: intanto, se ci sono, utilizziamo subito quelle risorse. Questo è il nostro primo problema ma ne abbiamo un altro, quello di aumentare i consumi: una persona che ha zero euro se gliene diamo 6, 7 o 800 non li mette nel risparmio, li mette tutti nel circuito dei consumi e questo è un modo per far ripartire l?economia. A meno che voi non pensiate che una persona che non ce la fa a vivere col suo stipendio abbia la preoccupazione di costruire il 20 per cento di cubatura in più nella sua casa. Se ha un po? di soldi in più li usa per i figli, per la spesa, per le urgenze della vita. Anche per la povertà estrema abbiamo proposto un meccanismo molto esplicito e chiaro. Per i comuni e per le associazioni di volontariato, 2 punti di Irpef sui redditi dai parlamentari compresi in su, sopra i 120 mila euro: un contributo di solidarietà straordinario per il 2009, in attesa che anche in questo campo si effettuino misure strutturali, come il reddito minimo garantito e il reddito di solidarietà attiva, un?idea di altri paesi a cui dobbiamo guardare. Abbiamo detto che per la seconda copertura (ne hanno parlato poco i giornali) bisogna andare sui soggetti che non raggiungono i 120 mila euro nella dichiarazione dei redditi, ma che magari li raggiungono nel reddito effettivo. Lì bisogna riprendere la lotta all?evasione, non in modo generico: bisogna tornare subito alla tracciabilità dei pagamenti, al limite massimo dei trasferimenti in contanti. C?è tra noi e voi una differenza di fondo, al di là delle singole scelte: noi pensiamo che nella crisi debbano scattare meccanismi di solidarietà, voi che sia inevitabile che qualcuno soccomba e qualcuno si salvi. Noi sappiamo che il paese si salva tutto assieme o non si salva nessuno. (Dichiarazione di voto in aula)

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Gli effetti perversi della Robin tax (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Gli effetti perversi della Robin tax RAFFAELLA CASCIOLI Nei dieci mesi di governo che vanta ormai alle spalle, Berlusconi ha sì dovuto affrontare gli effetti in Italia di una crisi economica mondiale dalle proporzioni ancora sconosciute, ma si è presentato all?appuntamento con una buona dose di improvvisazione che già avevano caratterizzato in passato il suo modo di guidare il paese. Per inesperienza o fors?anche incapacità, gli errori fin qui commessi da Berlusconi e dal ministro Tremonti ricordano da vicino quelli già consegnati alla storia all?inizio dell?avventura istituzionale del Cavaliere nel 1994. Una spruzzatina di interventi che non hanno solo prolungato la stitica agonia nella quale si muove da tempo l?economia italiana, con i risultati sul Pil certificati anche ieri dall?Istat ben lontani dalla pur deludente media Ue. E, questo, nonostante il ministro dell?economia si sia seduto alla scrivania di Quintino Sella con tutta l?intenzione di divenire stavolta uno dei più fedeli censori dei conti pubblici. Ha sbagliato tempi e modo. Perché se forse è vero che Tremonti ha ?visto? in anticipo la crisi economico-finanziaria, è innegabile che abbia messo in campo una serie di provvedimenti ? a volte demagogici, a tratti contraddittori ? che a distanza di qualche mese rischiano di essere ostacoli ben più difficili da superare di quelli importati dalla congiuntura internazionale. E di demagogico questo governo ha varato più di un provvedimento: Robin tax, taglio dell?Ici, ma anche la social card, solo per citare alcuni esempi. Proprio la Robin Tax rappresenta l?emblema dell?inadeguatezza di un governo, a fronteggiare una situazione che necessitava di misure ben più moderate e ragionevoli. E così il ministro, che oggi mostra al sistema bancario sofferente il volto ?buono? dei Tremonti Bond, salvo poi scoprire la mela avvelenata di una sorta di ?militarizzazione? non già del merito di credito ma del sistema bancario con il Viminale e i prefetti allo sportello, appena la scorsa estate ha indossato i panni di Robin Hood. Ufficialmente per togliere ai ricchi ? all?epoca banche e petrolieri ? per aiutare anziani e fasce deboli ad arrivare alla fine del mese con la social card. Una carta che per molti rimane ancora una promessa mentre per i fortunati che l?hanno ricevuta è spesso inutilizzabile presso i mercati più convenienti o addirittura vuota perché priva delle necessarie ricariche mensili da parte dello stato. Ora però Tremonti che, ad agosto, si vantava di voler colpire gli extraprofitti bancari salvo poi tra settembre e ottobre mettere insieme un piano di salvataggio per quegli stessi istituti di credito, rischia di aver minato profondamente i bilanci delle aziende di credito. Proprio in questi giorni, infatti, le aziende di credito impegnate nella stesura dei bilanci 2008 stanno avendo più di una sorpresa. La tassa su banche e petrolieri, quella per dirla con Tremonti che avrebbe portato a tagliare l?ingaggio dei vari Mourinho, sta rivelando tutta la sua pericolosità mostrando un incremento delle aliquote fiscali a due cifre che certo non giova a bilanci di banche che avrebbero bisogno già così dei Tremonti bond. Tanto più che ad essere penalizzati sono soprattutto quegli istituti di credito che più di altri hanno compresso i costi per essere concorrenziali visto che uno degli effetti perversi della norma è quello di aumentare i ricavi attraverso l?incremento delle commissioni a carico dei clienti. Il governo con la Robin tax dovrebbe portare a casa oltre un miliardo di euro e forse anche di più, mentre con i Tremonti bond potrebbe anche prestarne una dozzina salvo poi riaverli con interessi di tutto rispetto. Inutile dire che sarà la clientela, come peraltro aveva predetto Draghi lo scorso 10 luglio, a farne le spese. E in epoca di credit crunch non è difficile pensare come.

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Bruxelles, eurocrati a lezione dalla reginetta degli 007 (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

La storia Una pendolare molto speciale sul Tgv da Londra MARCO ZATTERIN Bruxelles, eurocrati a lezione dalla reginetta degli 007 CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Da tre mesi, all'inizio di ogni settimana, una donna inglese non giovanissima, dall'aria distinta e un look studiato per non dare nell'occhio, sale sull'Eurostar alla stazione londinese di St. Pancras con un biglietto a destinazione Bruxelles. Un'ora e cinquanta minuti più tardi, già si fa largo nel caos maleodorante della Gare du Midi, dove l'attende un passaggio per il palazzo del Consiglio europeo. Lì, superati i raggi X per il bagaglio, si mette in coda al bancone degli accrediti dove esibisce il tesserino che certifica l'appartenenza al MI5, l'agenzia per la sicurezza interna e il controspionaggio britannico. Il funzionario di turno non si sorprende alla vista dell'insolito documento. La donna è un ospite atteso e ormai noto. Inutile dire che si tratta di una missione Top Secret. L'agente che viene dal Tamigi è stata ingaggiata per insegnare agli uomini della burocrazia comunitaria come si tiene alla larga chi cerca informazioni a circolazione limitata, genìa che nella mente di chi ha voluto la Scuola Antispie comprende, oltre gli inviati sotto copertura di Paesi terzi, anche lobbisti e giornalisti. La dipingono come fredda e cortese. Con la sua azione aiuta a prevenire fughe di notizie sensibili e impostare una strategia di correzione di rotta qualora un documento prezioso finisca alla persona sbagliata. Tiene lezioni singole, in qualche caso forma dei piccoli gruppi. Un'ora, durano. La donna non ha licenza di uccidere, quella semmai l'avrebbero gli 007 dell'MI6, l'agenzia di Sua Maestà responsabile della sicurezza esterna. Non risulta che giri armata, non serve. Ai piani alti del Consiglio hanno scelto di affidarsi al celeberrimo MI5 per rafforzare la protezione interna, anche se i casi acclarati di tentato spionaggio si contano sulle dita di un uomo con una mano sola. L'ultimo risale al 2003, quando la sicurezza ha trovato delle cimici negli uffici di alcune delegazioni. Alcuni funzionari avevano notato che spesso i telefoni suonavano senza ragione. Dell'inchiesta aperta successivamente non s'è saputo nulla. Qui il problema è differente. L'agente dell'MI5 deve impostare le relazioni personali, spiegare alle signore cosa devono fare se qualcuno di sconosciuto la invita a colazione con secondi fini non tradizionali, e ai signori come devono comportarsi se un'avvenente presunta stagista domanda loro delle carte classificate. Nel suo compito rientra la lezione su cosa si può inviare per posta elettronica. Racconta un dirigente del Consiglio che la cosa più curiosa della Scuola Antispie è che la donna ricorda veramente l'ultima incarnazione cinematografica di «M», il capo di James Bond all'IM6. Severa come l'attrice Judi Dench, versione ingrugnita della bellezza british di Glenda Jackson, a cui Marc Forster, il regista di Quantum of Solace, ha dato un ruolo centrale quale «unica donna che 007 non vede con interesse sessuale». «Ho imparato molte cose», confessa l'alto funzionario. Tipo? «Da oggi ti scrivo dall'indirizzo gmail e non da quello del Consiglio». Viene da chiedersi se non sia una pura paranoia. La quantità di segreti commerciabili che gravita nei palazzi Ue è vicina allo zero. Le spie possono ambire a conoscere i dettagli delle decisioni sulle tariffe rilevanti con anticipo, o magari quelle sulla concorrenza che influenzano le attività delle imprese e i corsi di Borsa. Le altre carte finiscono in genere sui giornali con anticipo. Nonostante ciò a Bruxelles dicono che la sicurezza è prioritaria e i controlli sono stati stretti. La Donna che sembra Judi Dench è qui per questo. Almeno per dire che il possibile è stato fatto. Che serva veramente è un altro discorso.

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Lussemburgo Austria e Svizzera aprono i forzieri (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

il caso Lussemburgo Austria e Svizzera aprono i forzieri MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Alla fine hanno ceduto, appena d'un passo, ma tanto basta per dire che la marcia verso una più ampia trasparenza del credito è cominciata. Austria, Lussemburgo e Svizzera hanno deciso di rendere meno rigido il loro segreto bancario, e di scambiare maggiori informazioni con le altre amministrazioni sui conti correnti in odore di reato. Lo hanno fatto a malavoglia, messi alle strette dalla minaccia di finire sulla lista nera Ocse dei paradisi fiscali non cooperativi. Però è successo ed è una buona notizia, anche perché giovedì una mossa analoga è stata compiuta da Andorra, Belgio e Liechtenstein. Con la conseguenza che sulla mappa europea resta solo un luogo dove il conto corrente è blindato: il principato di Monaco. Finché dura. E potrebbe anche non essere per molto. La crisi finanziaria scatenatasi nella vischiosità dei comportamenti e delle regole ha convinto l'Unione europea e gli Stati Uniti a dichiarare una guerra senza quartiere a chi offre potenzialmente copertura legale a evasori e finanzieri senza scrupoli. Da questa parte dell'Atlantico, l'azione congiunta del presidente francese Sarkozy e della cancelliera tedesca Merkel ha posto sotto dura pressione i sistemi che garantiscono il pieno anonimato in banca. L'arma brandita di una messa al bando ha sortito i suoi effetti, eppure non ci si fermerà qui. Nella bozza di conclusioni del vertice Ue in programma giovedì a Bruxelles i Ventisette sono pronti a chiedere che «vengano messa a punto sanzioni da applicare contro i paradisi fiscali». Non è la rivoluzione, sia chiaro, e il caso svizzero lo dimostra. Bisognerebbe scardinarli sino in fondo i conti delle banche elvetiche, sono il più grande rifugio off-shore del pianeta in cui si stimano esserci 2000 miliardi di dollari depositati da non residenti. Invece il ministro delle Finanze di Berna e presidente della Confederazione, Hans-Rudolph Merz, ha fatto sapere ieri che non farà cadere del tutto il segreto bancario e che passerà soltanto informazioni sulla base di richieste dettagliate su casi individuali. «Non ci sarà scambio automatico di dati», ha puntualizzato l'esponente del governo federale. La Svizzera afferma che accoglierà gli standard per la cooperazione fiscale stabiliti nel quadro Ocse, ampliando in modo significativo il numero di informazioni condivise con gli altri paesi. «Il segreto bancario non protegge i crimini fiscali» ha assicurato Merz, aggiungendo che è allo studio una serie di misure transitorie per i clienti delle banche cantonali e che non si esclude un'amnistia. Tutto ciò, oltretutto, vale solo per gli stranieri, visto che il ministro ha indicato che il nuovo regime «non ha alcuna conseguenza per i residenti». La sfera privata dei clienti, si legge in una nota del governo, «continuerà a essere protetta da tentativi non autorizzati di conoscere le situazioni patrimoniali». Non diversa la situazione austriaca, paese dove il segreto bancario è sancito da una norma costituzionale. Il ministro delle Finanze Josef Pröll ha spiegato che la sua amministrazione fornirà notizie sui conti correnti «limitatamente ai casi di sospetti giustificati e argomentati». Il Lussemburgo, ha invece espresso la disponibilità a ridimensionare il campo di applicazione del segreto e a procedere allo scambio di informazioni nel quadro della lotta alle frodi fiscali. Con una condizione: che il principio sia rispettato anche da Paesi terzi extra-Ue per evitare fughe di capitali. È sufficiente? Sicuramente per il Belgio, che dal 2010 eliminerà ogni forma di segreto bancario come gli partner dell'Ue. Sarkozy ieri ha avuto modo per «prendere atto con soddisfazione di una serie di decisioni sagge» e invocare che anche Monaco faccia altrettanto. Non essendo brevi i tempi forse bisognerebbe attendere qualche mese per cantare vittoria. Data l'ooposizione registrata in partenza, già ora un brindisi alla lenta fine dei caveux senza titolari noti può tuttavia essere giustificato.

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"Il nostro futuro è qui non ce ne andremo mai" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Intervista Paolo Pininfarina "Il nostro futuro è qui non ce ne andremo mai" MARINA CASSI Il futuro si progetta qui, a Torino. Ne è convinto Paolo Pininfarina, presidente della società di famiglia dalla morte del fratello Andrea. Un futuro fatto di auto ecosostenibili. E per renderlo realtà serve che a Torino «si concentrino tutti gli aiuti possibili per sostenere innovazione e ricerca». Paolo Pininfarina condivide la proposta dei molti - tra cui il sindaco Chiamparino, il sindacato e il presidente dell'Unione industriale Gianfranco Carbonato - e di suo ci mette la Pininfarina Bluecar, l'auto elettrica che verrà prodotta con Bollorè dal 2011. E mentre torna da Ginevra, dove la piccola utilitaria ha avuto un gran successo, assicura: «Ce la faremo, abbiamo un mare procelloso davanti, ma l'importante è avere un sogno da realizzare e noi ce lo abbiamo». Il 2008 è stato un anno durissimo per voi; a fine dicembre avete raggiunto un accordo con le banche per riscadenzare il debito. Entro giugno dovete indicare la banca che gestirà la cessione della Pincar, la finanziaria di famiglia, avete individuato l'istituto? «Sarà comunicato nel consiglio di amministrazione del 23 marzo. Non c'è più molto da aspettare». Le cose stanno andando avanti come previsto? «Sì. Sul fronte delle banche abbiamo dovuto scalare una montagna; ma rispettiamo gli impegni e non ci sono imprevisti». Quanto vi costa il passo indietro della famiglia rispetto alla proprietà? «La nostra famiglia da sempre ha a cuore esclusivamente il bene dell'azienda ed il futuro dei propri lavoratori. E' inutile negare che fare un passo indietro ci sia costato, ma il nostro obiettivo era salvaguardare la continuità aziendale e, grazie al supporto delle banche, lo abbiamo raggiunto». A lungo c'è stato il timore che Vincent Bollorè si volesse sfilare dall'accordo che aveva con voi. Come stanno le cose? «Assolutamente no. Anzi. Al salone di Ginevra abbiamo lanciato insieme una battaglia culturale per far crescere l'auto elettrica come prodotto. Tra un anno verrà affittata per tre mesi. La novità di questi giorni è che potrebbe anche venir venduta già al termine del noleggio». Chi immaginate come acquirente dell'auto elettrica? «Per ora l'obiettivo primario sono gli utilizzatori privati che hanno a cuore l'ambiente, poi le flotte aziendali. Ho in mente un progetto pilota che realizzeremo qui a Cambiano: un parco di auto elettriche per i dirigenti con ricarica garantita da un impianto fotovoltaico». E con Tata? «Quando è morto Andrea, Ratan Tata mi ha scritto; un modo per starci vicino da famiglia a famiglia. A settembre sono andato in India e abbiamo deciso di fare insieme un progetto che non era nel nostro piano industriale». L'auto presentata a Ginevra? «Sì: la Tata Pr1ma da noi disegnata sulla piattaforma della Indigo. E' in memoria di mio fratello e per dimostrare le potenzialità del binomio Pininfarina-Tata. E' stata la prima auto nata sotto la mia responsabilità, e il nostro team di design ha fatto un ottimo lavoro. E' piaciuta, sarà prodotta dal 2011 da Tata, che intende portarla anche in Europa, e per noi si aprono opportunità concrete di collaborazione con il cliente indiano». I vostri dipendenti come devono pensare al proprio futuro? «Noi non delocalizzeremo. Produrremo qui, fa parte della responsabilità sociale dell'impresa in cui credeva Andrea e in cui crediamo noi. A fine traversata del deserto puntiamo a ridurre il più possibile l'impatto sociale abbattendo il numero degli esuberi attuali. Le auto elettriche partiranno a metà 2011 con 2 mila esemplari, diventeranno 8000 nel 2012, 10 mila nel 2013 per raggiungere una produzione di circa 60 mila entro il 2015. Nel medio periodo per le vetture elettriche c'è un mercato europeo di 1,5-2 milioni di auto». Non produrrete altro? «Sulla piattaforma dell'auto elettrica si possono fare diversi modelli a emissione zero; perchè, ad esempio, non un furgone?». Fino a agosto lei, per 20 anni, si è occupato di Pininfarina Extra, che in due anni ha raddoppiato il fatturato. Malgrado la crisi continua ad andar bene? «Il contesto è difficile, ma noi siamo impegnati su tutti i fronti dell'industrial design. Proprio l'altro giorno ho visto il cantiere del nuovo stadio della Juventus per il quale abbiamo progettato gli otto ristoranti, gli spogliatoi, le panchine, le sedute, le aree relax. Ero già tifoso bianconero, lo sono il doppio perchè è un bellissimo progetto. Ma è anche uno dei pochi grandi cantieri aperti adesso; la più grossa realtà dal dopo Olimpiadi».

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Strada ancora bloccata Protestano i formazzini isolati da undici giorni (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

PREMIA.POSTO DI BLOCCO SIMBOLICO Strada ancora bloccata Protestano i formazzini isolati da undici giorni Posto di blocco simbolico, oggi a Cadarese di Premia, per protestare contro l'isolamento causato dalla lunga interruzione della statale 659 per il pericolo di valanghe. «Se i turisti non possono raggiungere Formazza, andremo noi da loro. Scenderemo a Cadarese per accoglierli con vin brulé e dolci, prima che girino la loro auto e tornino indietro per l'impossibilità di raggiungere Formazza» spiega Danilo Anderlini, presidente dell'associazione albergatori e ristoratori della valle. Una forma di protesta emblematica per comprendere il malumore degli isolati: il blocco dell'Anas è arrivato martedì 3 e Formazza è isolata da undici giorni. La commissione valanghe, che la Comunità montana ha dovuto ricomporre nei giorni scorsi per raggiungere il minimo dei cinque componenti, ha effettuato diversi controlli sui versanti montani gravati dal peso della neve ma la non è stato possibile stilare quelle relazioni rassicuranti necessarie all'Anas per riaprire la strada. In Formazza però la pazienza è al limite e i disagi pesano anche su chi deve raggiungere fondovalle per andare a scuola o a lavorare. «Se il pericolo c'è e l'isolamento permane, allora vogliamo essere assistiti in tutto dalla protezione civile» dicono i formazzini.

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Cambio al vertice della Rav Marquis diventa presidente (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

RACCORDO AUTOSTRADALE INCIDENTE SUL LAVORO Cambio al vertice della Rav Marquis diventa presidente Allein, travolto da un albero operaio in gravi condizioni La giunta regionale ha nominato ieri Pierluigi Marquis presidente della Rav (Raccordo autostradale Valle d'Aosta». Architetto di 45 anni, Marquis (foto) è vice sindaco e assessore ai Lavori pubblici di Saint-Vincent, primo escluso nella lista di Stella alpina (1003 preferenze) alle regionali 2008. Sostituisce nell'incarico Ettore Marcoz che è stato presidente della Rav per vent'anni: dal 1985 ad oggi, tranne una parentesi di Beniamino De Lauretis dal 1991 al 1994.Gabriele Ronc, 59 anni, di Allein, è ricoverato in prognosi riservata nel reparto Rianimazione dell'ospedale di Aosta dopo essere stato travolto da un albero che stava tagliando in un bosco di località Allerod. L'incidente è accaduto ieri mattina. A dare l'allarme un compagno di lavoro che era poco distante. Immediati i soccorsi: è intervenuto l'elicottero della Protezione civile. Nel pomeriggio Ronc è stato sottoposto a intervento chirurgico. Nell'incidente ha riportato fratture e danni polmonari.

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In discussione edilizia privata e protezione civile (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Prossime sedute In discussione edilizia privata e protezione civile Il Consiglio comunale di Imperia tornerà a riunirsi nei giorni 23 e 30 marzo e 3 aprile, a partire dalle 19,30. All'ordine del giorno delle sedute, fra le varie pratiche, l'approvazione del rendiconto dell'esercizio finanziario 2008, alcuni piani particolareggiati di edilizia privata, variazioni al bilancio di previsione del 2009 e ancora l'approvazione del piano comunale di protezione civile, del regolamento per la squadra comunale di antincendio boschivo e protezione civile. In discussione anche la realizzazione di una scala di sicurezza per l'asilo «I Cuccioli». \

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Casi antenne, previsto consorzio di comitati (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

COMUNE L'ASSESSORE LANTERI HA PREANNUNCIATO LA COLLOCAZIONE DI DOSSI IN VARI QUARTIERI Casi antenne, previsto consorzio di comitati In Consiglio Cason della Guardia e via Don Minzoni [FIRMA]ENRICO FERRARI IMPERIA Le questioni legate a viabilità e ambiente sono sempre in primo piano nelle sedute di Consiglio comunale a Imperia. Fra i temi affrontati nelle interrogazioni del question time sono tornate le antenne, contestate da vari comitati di quartiere. Gli argomenti «sempreverdi» comprendono la collocazione di dossi per ridurre la velocità in diverse zone a rischio. Rispondendo al consigliere Pasquale Indulgenza, che ha chiesto di sospendere la realizzazione di ripetitori a Cason della Guardia e in via Don Minzoni, l'assessore all'Urbanistica Luca Lanteri ha rilevato come «le competenza per le autorizzazioni in materia siano passate alla Provincia dello scorso anno» e come la commissione della Provincia non abbia ancora rilasciato l'autorizzazione per l'impianto Cason della Guardia». Per l'antenna di via Don Minzoni, ha osservato che «è stata realizzata e che l'Arpal è stata invitata a compiere monitoraggi». Replica Alberto Poggi, del Comitato di via Don Minzoni: «In realtà l'antenna non è ancora collegata e le misurazioni compiute da Arpal e Itis non hanno valore. Abbiamo sollecitato una sospensione in attesa del parere della Procura e dell'incontro tra Vodafone, amministrazione e prefetto. La settimana prossima costituiremo un comitato unico con Cason della Guardia e abbiamo fissato un incontro anche con quello di Pini del Rosso, sempre legato alle antenne». Il consigliere Pd Sergio Barbagallo ha chiesto di inserire un altro dissusore della velocità nella parte a monte del rettilineo di via Acquarone, nella cui parte bassa sono già stati realizzati interventi analoghi, e in via Airenti, tra l'imbocco da via Martiri e la rotonda all'altezza della Protezione civile. L'assessore alla Viabilità Sergio Lanteri ha assucurato che provvederà a intervenire in via Acquarone e che un gran numero di strade stanno per accogliere dossi. Spiega: «Ottenuti i nulla osta da Croce Rossa, Vigili del fuoco e altri enti impegnati nei soccorsi, prevediamo quelli alti tre centimetri, per il rispetto del limite dei 50 chilometri orari, in corso Dante a Castelvecchio, viale Rimembranze, via Verdi, strada Colla, via Diano Calderina, via Moltedo, via Vianelli, via Vecchie Carceri al Prino. Quelli che fissano il limite a 40 chilometri all'ora sono invece in varie altre zone, tra cui via Vecchia Piemonte, via Strafforello, via Botta, via Artallo, corso Roosevelt».

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Non sicuri di che cos'altro possano fare per tenere in piedi le banche, i governi del G-20 risc... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Non sicuri di che cos'altro possano fare per tenere in piedi le banche, i governi del G-20 rischiano di dividersi su come far tornare la fiducia nell'economia mondiale. Americani e giapponesi preferiscono promettere altre misure anticrisi a carico dei bilanci pubblici; gli europei vogliono riformare le regole della finanza e evitare che i capitali si nascondano nei paradisi fiscali; i cinesi chissà. Al sodo si scopre che dei banchieri tutti parlano male, ma le lobby finanziarie restano potenti, e riottose ai controlli. Ministri dell'Economia e banchieri centrali dei 20 maggiori paesi hanno cominciato a discutere ieri sera a cena, in un lussuoso albergo tra il verde dei Downs, le colline a sud di Londra. Oggi si terrà la riunione vera e propria, il cui principale esito concreto potrebbe essere l'impegno a rifinanziare il Fondo monetario internazionale (fino a due anni fa sospettato di essere divenuto un ente inutile) in modo che aiuti i paesi in difficoltà, anche nell'Europa dell'Est; ma non passerà se i grandi paesi emergenti - come Cina, India, Brasile, che il G-20 rende protagonisti - non otterranno più potere al suo interno. Il ministro britannico Alistair Darling, presidente di turno, cercherà di mediare. Ma agli europei l'insistenza di americani e giapponesi su nuove misure anticrisi (Tokyo in effetti ne ha annunciate, per 15.000-20.000 miliardi di yen, 125-160 miliardi di euro) sembra una maniera per eludere il problema delle nuove regole da imporre ai banchieri. Mentre al Canada, dice il ministro Jim Flaherty, questa contrapposizione di priorità pare scantonare dal problema più urgente di tutti, risanare le banche (quelle canadesi stanno bene). Nei calcoli del Fmi le misure di bilancio della Germania, sia pur decise in ritardo, non sono di importo molto inferiore a quelle della Germania. Anche nuove decisioni, insiste la Commissione europea, ormai non salverebbero più il 2009, anno che ormai certamente per l'economia mondiale sarà di gran lunga il peggiore dal 1945. Insomma, esclama il presidente della Banca mondiale Robert Zoellick che pure è americano, «nuove misure di stimolo si limiterebbero all'effetto di una scarica di zuccheri nel sangue; passato l'effetto, l'economia tornerebbe a collassare». Ci sarà una posizione comune europea, accenna il ministro dell'Economia italiano Giulio Tremonti. Se ne deduce che il più ristretto vertice dei 7 grandi, un mese fa a Roma, non ha risolto nulla; anche perché l'amministrazione americana appare ancora in rodaggio, divisa al suo interno o incerta di fronte ai gravissimi problemi di Wall Street (è opportuna o no una temporanea nazionalizzazione delle banche più in crisi?). Anche l'Europa, tuttavia, stenta a concretare le sue proposte, rivela lo stesso Tremonti: «Aspettavamo un documento tedesco sui paradisi fiscali, ed è ancora un abbozzo; i francesi si erano già attivati sugli hedge funds, ma non ho visto nulla». Sono in Europa del resto alcuni dei più importanti paesi ritenuti troppo permissivi, ovvero Lussemburgo, Austria e Svizzera; «io sono stato sempre contrario - ricorda il ministro dell'Economia - all'accordo con cui gli si consentiva di mantenere il segreto bancario in cambio di una ritenuta più pesante». Ora i tre Paesi hanno fatto qualche concessione, promettono di cooperare «caso per caso, quando arriveranno richieste giustificate». Fino a ieri, le piazze finanziarie di New York e Londra attiravano capitali perché meno regolate; se si va a una stretta, occorre essere sicuri che non possano rifugiarsi altrove. \

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[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani avanti. Chiede al governo Usa, a protezione dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di «mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la Cina rivaluti la sua moneta. «Siamo pronti a fare la nostra parte per combattere la crisi», ha assicurato il premier Wen Jiabao alla fine dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, ma gli Usa devono «garantire» i mille miliardi di titoli di stato federali che costituiscono larga parte delle riserve valutarie cinesi. «Abbiamo prestato moltissimo denaro agli Usa. Onestamente, devo dire che qualche preoccupazione ce l'ho». Collegando il secco monito valutario ai titoli Usa nelle riserve cinesi, il leader di Pechino aveva in mente il ministro del Tesoro Usa Timothy Geithner che, appena insediato, accusò la Cina di «manipolare la moneta» al ribasso. «Al contrario, negli ultimi anni lo yuan è cresciuto del 21%. Nessuno può imporci di deprezzarlo o apprezzarlo», ha polemizzato Jiabao. La Cina sta attraversano un brutto momento, con le esportazioni di febbraio in calo del 21% da un anno e una ventina di milioni di lavoratori che hanno perso il posto per la crisi. L'obiettivo di crescitacontinua ad essere dell'8%, anche se analisti indipendenti pensano che sia più realistica una espansione del 5%, che sarebbe un boom nei Paesi avanzati ma non basta alla Cina per evitare un collasso. Anche la Cina si è messa sulla strada degli stimoli pubblici, e la solidità delle sue riserve è una premessa cruciale. Di qui la tirata d'orecchi a Washington, che suona però più come atto retorico che come minaccia concreta. Nel settembre scorso, Pechino ha superato il Giappone come primo detentore di obbligazioni pubbliche, perchè le alternative dello yen e dell'euro evidentemente non fornivano maggiori garanzie. Del resto, il biglietto verde ha dimostrato di essere un rifugio globale proprio nel secondo semestre 2008: mentre la recessione si faceva sempre più cupa, il cambio con l'euro è migliorato da 1,50 dollari per euro a 1,27 dollari circa. Dalla fine del 2007 alla fine del 2008, anche se il governo cinese ha scaricato sul mercato grandi quantità di titoli Fannie Mae e Freddie Mac - erano un quinto delle riserve cinesi in dollari - la crescita di certificati Usa detenuti da Pechino è salita del 46%. La minaccia di una vendita massiccia sarebbe un autogol: se inizia a mettere sul mercato volumi sensibili di titoli Usa, il governo cinese riduce il valore del resto del portafoglio.

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Rai, Cappon ai dipendenti "Sacrifici per 60-70 miliardi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

CALA LA PUBBLICITÀ Rai, Cappon ai dipendenti "Sacrifici per 60-70 miliardi" ROMA La crisi economica in atto, come dimostrano gli ultimi dati sul calo della pubblicità, è più grave del previsto e la Rai ha bisogno di tagliare i suoi budget di altri 60-70 milioni di euro. È quanto scrive, in sostanza, il direttore generale di Viale Mazzini, Claudio Cappon, in una lettera inviata ieri a tutti i dipendenti dell'azienda e a tutte le consociate. Cappon chiede di incidere anche sull'indotto, ovvero di caldeggiare ai fornitori dell'azienda (produttori, artisti, fornitori di servizi ecc.) il taglio di almeno il 10% delle loro richieste. Ai dipendenti il dg chiede anche «sacrifici personali», che riguardano in sostanza straordinari, trasferte, maggiorazioni orarie, incentivi e premi. Ma se da un lato chiede forti risparmi, nella lettera Cappon rassicura anche le strutture aziendali sulla solidità della società che - sottolinea - «affronta questa crisi con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici sostanzialmente equilibrati anche nel 2008. Le prospettive per i prossimi mesi appaiono tuttavia particolarmente difficili, con previsioni di ricavi nettamente inferiori a quelli considerati in sede di budget».

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"Venaria è un contenitore vuoto" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

IERI MATTINA DURANTE L'AUDIZIONE DAVANTI ALLA COMMISSIONE CULTURA DEL COMUNE "Venaria è un contenitore vuoto" [FIRMA]MAURIZIO TROPEANO «La Venaria Reale è uno splendido contenitore vuoto in attesa di trovare una sua missione. La Compagnia non finanzierà più esposizioni temporanee come quella attuale, accattivante ma dispendiosa (2,5 milioni), ma concentrerà i suoi investimenti nel completamento o nella realizzazione delle infrastrutture culturali». Angelo Benessia, presidente della Compagnia di San Paolo, sintetizza così davanti alla commissione cultura del Consiglio Comunale la filosofia che ispirerà gli interventi della fondazione bancaria nel prossimo futuro. E proprio davanti alla mancanza di una «missione chiara della Venaria» nasce la suggestione del professor Enrico Filippi, rappresentante della fondazione bancaria all'interno del Consorzio della Reggia, sulla possibilità di trasferire la Galleria sabauda nella residenza dei Savoia. Benessia, rispondendo ad una domanda del presidente della commissione Luca Cassiani, spiega che «sono stati accantonati 20 milioni per il progetto di trasferimento» ma che per trasformare la decisione in soldi cash ci «vuole un piano finanziario e l'impegno certo dello Stato». Quei famosi 12 milioni di cui non c'è traccia e dunque «non c'è un partito che sostiene la Venaria o il Polo reale ma al momento c'è solo il partito dei senza soldi». Il problema è che la decisione del governo deve arrivare in tempi brevi perché «con la crisi in atto è evidente che non possiamo tenere fermi quei soldi all'infinito e dunque io non so se l'anno prossimo saranno ancora disponibili». La Compagnia, insomma, è pronta a sostenere il trasferimento della Galleria sabauda e non ha sposato o sponsorizzato alcun sito anche se «il Polo reale nasce come suggestione nel 1999 e a quell'epoca non erano ancora partiti i lavori di ristrutturazione». L'audizione di ieri è servita al presidente della fondazione per tracciare, a grandi linee, gli interventi della Compagnia sulla città. Sollecitato dai consiglieri comunali Ventriglia, Grimaldi, Zanolini, Carossa, Rattazzi e Silvestrini, Benessia ha spiegato che «la nostra azione non si basa sulla sostituzione degli enti locali ma su interventi basati sulla sussidiarietà. Ecco perché non potremo mai entrare nelle gestione diretta dei musei». Una risposta indiretta all'idea lanciata dal sindaco, Sergio Chiamparino, alcune settimane fa nella conferenza nazionale delle città di Cultura. Benessia lascia poi al segretario generale, Piero Gastaldo, il compito di dare le cifre dei prossimi interventi. Nel 2009 ci saranno a disposizione 38 milioni. Confermate tutte le risorse per le celebrazioni del 2011 e cioè i 25 milioni per l'ampliamento del Museo Egizio e quelli per il completamento del museo del Risorgimento a palazzo Carignano e i 20 milioni per la Sabauda. Gastaldo ha anche spiegato che la «Compagnia è sicuramente interessata ai progetti per la realizzazione di una nuova biblioteca comunale ma possiamo finanziare soluzioni economicamente sostenibili diverse da quelle prospettate finora». La Compagnia, insomma, difficilmente contribuirà a finanziare il progetto predisposto da Bellini fortemente voluto dall'assessore Fiorenzo Alfieri. E per quanto riguarda i progetti il segretario ha sottolineato che saranno «privilegiate le proposte che possono favorire l'aggregazione delle associazioni culturali». Forse si spiegano così i 300 mila euro che la Compagnia ha affidato al teatro San Carlo di Napoli per una coproduzione con il teatro Regio con la prima dello spettacolo andrà in scena a Torino. Per quanto riguarda il rapporto tra la Compagnia San Paolo e il Grinzane Cavour nell'Antenna Culturale Europea la fondazione sottolinea come la partnership sia finita nel 2001 e che da allora la Fondazione ha contribuito con 25 mila euro l'anno tra il 2004 e il 2007. Contribuito sospeso nel 2008 e comunque «non sono un frequentatore del Premio e non ho mai partecipato - conclude Benessia - a feste sicuramente organizzate in modo ineccepibile».

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Misure anti-crisi/Lo scontro fra Tremonti e Draghi. Un pasticcio all'italiana (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Misure anti-crisi/Lo scontro fra Tremonti e Draghi. Un pasticcio all'italiana Di Emilio Manuelli 14-03-2009 Quella che doveva essere una "normale" operazione di rifinanziamento delle nostre banche, ferite ma non uccise dalla crisi mondiale, si sta trasformando nell'ennesimo pasticcio all'italiana, seguendo peraltro un copione già scritto molte volte che vede fra gli attori un protagonista fisso. La singolare tenzone che si sta sviluppando sul modo di "controllare" l'erogazione del credito alle imprese ha infatti coinvolto Giulio Tremonti e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi (negli anni passati era stato Antonio Fazio a fronteggiare il ministro dell'economia). Dopo settimane di indiscrezioni e voci è deflagrata rumorosamente l'opposizione di via Nazionale per la scelta dei prefetti, chiamati sul territorio a vigilare sui finanziamenti delle banche al sistema economico al posto di chi fa di questa vigilanza, la Banca d'Italia appunto, una delle sue principali attività quotidiane. Una premessa è utile per inquadrare il problema. Come è ormai stranoto l'intero capitalismo occidentale, a partire dall'ultracolpevole sistema americano, ha dovuto registrare il fallimento con successivo salvataggio pubblico delle più importanti banche nazionali e internazionali. In alcuni casi lo Stato è entrato direttamente nel capitale, in altri è subentrato ai maggiori azionisti, in altri ancora sono state adottate decisioni che hanno cercato solo di mascherare la nazionalizzazione delle aziende di credito. È stata una forma indispensabile di intervento per impedire una crisi sociale senza precedenti e tutelare il risparmio dei cittadini. Ricordiamoci che proprio il mancato salvataggio di una delle cosiddette big five, la Lehman Brothers, è stato individuato come motivo scatenante della drammatica situazione che stiamo tutti vivendo. Da noi tutto ciò non è successo: e solo questa incontrovertibile affermazione avrebbe dovuto rendere orgogliose le nostre istituzioni politiche e governative. Il modo di operare classico delle nostre banche che hanno continuato sempre a "fare le banche", raccogliendo il risparmio dei cittadini ed erogando credito, senza le inutili sbornie della nuova finanza anglosassone fatta di derivati e titoli tossici, le ha salvate dalla caduta. Questo è stato ampiamente riconosciuto da tutti, sul piano interno e su quello internazionale, da Bruxelles a Washington. E invece è scattata una massiccia campagna di attacchi, fatta di invocazioni alla galera per i banchieri, equiparati a zombie che hanno rubato. Tutto ciò ha trovato "felice" sintesi nelle dichiarazioni rilasciate sabato scorso a Busto Arsizio da Giulio Tremonti e Umberto Bossi. Ecco allora che la scelta dei prefetti (badate proprio quelli che la Lega vuole abolire) come guardiani del corretto operare delle banche nei confronti delle imprese (due categorie che peraltro da mesi si stanno confrontando direttamente fra loro sul territorio per la soluzione dei problemi concreti) è diventata lo spauracchio da agitare per "condizionare" l'erogazione dei cosiddetti Tremonti bond a quelle banche che vorranno usufruirne. Sia ben chiaro che nessuno, tanto meno le aziende di credito, può opporsi ad una verifica sul territorio della dinamica del credito cosi come è stato delineato nel progetto di creazione di questi osservatori regionali e provinciali. Ma ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere: la Banca d'Italia già raccoglie istituzionalmente le statistiche necessarie per questo monitoraggio. Che bisogno c'era di arrivare a introdurre queste nuove figure di supervigilantes affidandole ai prefetti, non propriamente famosi per le loro conoscenze finanziarie? Nessuno, rispondiamo, se non quello di fare del Governo più liberista che può esserci (almeno sulla carta) il poliziotto del credito, attraverso le sue emanazioni territoriali più importanti. Il pericolo è che si crei attraverso questo meccanismo un diritto soggettivo ad avere credito. Compito della banca, soprattutto in una fase critica come questa, è garantire la qualità dei finanziamenti per impedire l'insorgere delle sofferenze (in pratica prestiti che non possono essere poi restituiti). Bisogna allora stare attenti a non fare "credito cattivo", quello che potrebbe avvenire se la banca dovesse essere costretta ad erogare prestiti senza valutare con serenità il merito del credito, che è poi l'essenza stessa di fare banca. Sembra impossibile, ma questo potrebbe avvenire in Italia ai tempi della crisi.

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salviamo il colosseo monumento in rovina - luca villoresi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 1 - Prima Pagina La desolante visita all´anfiteatro Salviamo il Colosseo monumento in rovina LUCA VILLORESI Per entrare nella cartolina bisogna passare, uno alla volta, sotto le forche caudine dell´elettronica. I due metal detector fanno quello che possono. La fila, in questi giorni di bassa, dura una mezzora; ma già a Pasqua l´attesa raddoppia, triplica. Il Colosseo, si dice, è il monumento più visitato del mondo: 5 milioni e 700 mila ingressi in un anno. Il simbolo di Roma. E il biglietto da visita dell´area archeologica più ricca e incasinata della Terra. Un patrimonio (in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del contendere di una guerra senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami? sovrintendenti, sottosegretari, commissari straordinari? Beni culturali, McDonald´s, Protezione civile. ALLE PAGINE 31, 32 E 33 CON UN ARTICOLO DI FRANCESCO ERBANI

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pechino, paura per i bond americani - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Esteri Pechino, paura per i bond americani Il premier cinese: dateci garanzie. La Casa Bianca: "Da noi i soldi sono al sicuro" I mercati Wen Jiabao ha messo in dubbio la credibilità del debito pubblico di Washington La Repubblica popolare ha duemila miliardi di dollari piazzati in Treasury Bonds (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE federico rampini Allo stesso tempo però Wen ha rassicurato Washington sul fatto che il governo di Pechino è pronto a varare una seconda manovra di spesa pubblica, "anche immediatamente se necessario", per rilanciare la crescita. Mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, si è affrettato a dire: «Gli investimenti negli Stati Uniti sono i più sicuri al mondo» Non vi sono quasi precedenti di un leader straniero che osi mettere in dubbio la credibilità del debito pubblico americano. Bisogna risalire agli attacchi di Charles De Gaulle alla fine degli anni ?60 contro l´aggancio dollaro-oro, in piena guerra del Vietnam. Oggi il contesto è profondamente cambiato: la massima parte del debito pubblico Usa collocato all´estero finisce nei forzieri delle banche centrali asiatiche, prima fra tutte quella cinese. Nel corso del 2008 i volumi di Bot americani sottoscritti dalla banca centrale di Pechino sono aumentati del 46%, a quota 700 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza delle riserve ufficiali cinesi (2.000 miliardi di dollari) sono piazzate in Treasury Bonds e lo stesso vale per i portafogli degli istituti di credito pubblici e dei fondi sovrani che fanno sempre capo alla Repubblica Popolare. L´Amministrazione Obama sarà costretta a nuove maxi-emissioni di titoli pubblici nel 2009 (fino a 2.000 miliardi di dollari aggiuntivi) per finanziare i salvataggi bancari e le manovre di spesa pubblica. Di qui l´allarme lanciato ieri dal capo del governo cinese nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione legislativa del Congresso del Popolo. «Il presidente Obama - he detto Wen - ha varato misure per fronteggiare la crisi, che guardiamo con molte aspettative. Ma l´America deve tutelare la propria credibilità, deve onorare le sue promesse, deve garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». La clamorosa uscita di Wen rientra nelle manovre tattiche che preludono al vertice G-20 del 2 aprile a Londra. Di certo il premier cinese non ha voluto preannunciare un abbandono della politica cinese di investimenti nei titoli del Tesoro Usa. Non c´è nessun segnale che la banca centrale di Pechino stia diversificando il suo portafoglio, nel quale l´euro e lo yen e l´oro continuano a occupare uno spazio del tutto marginale. Smettere di finanziare il debito pubblico americano avrebbe per i cinesi una conseguenza catastrofica: il tracollo del dollaro, quindi una rovinosa caduta di competitività del made in China già sofferente per il calo della domanda mondiale. Dal 2005 la moneta cinese si è rivalutata del 26% sul paniere delle principali valute, e Pechino non ha interesse ad accelerare un apprezzamento che danneggia i suoi esportatori. Ma la preoccupazione per l´escalation del debito americano è reale. Da una parte Wen Jiabao deve rispondere a una constituency nazionale - l´ala "populista" del Partito comunista - che vorrebbe destinare a investimenti interni le risorse ingenti accumulate con gli attivi del commercio estero. Soprattutto, i leader cinesi temono che Washington stia costruendo le premesse per un´uscita dalla crisi basata sulla vecchia ricetta "inflazione più svalutazione". E´ una strategia che ha illustri precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è stampar moneta e creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa spregiudicata della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione del franco: un piccolo precedente che può segnare l´inizio di una catena di svalutazioni competitive. Uno scenario che naturalmente preoccupa il creditore di ultima istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di Pechino mettono sul tavolo le loro priorità. Sono disposti a creare contro l´Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni competitive.

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tutti assenti al capezzale dell'economia usa, ancora vuote le poltrone al tesoro - alberto flores d'arcais (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Esteri Timothy Geithner è stato il primo ministro annunciato da Obama. Ma nessuno è disposto a fargli da vice Tutti assenti al capezzale dell´economia Usa, ancora vuote le poltrone al Tesoro I candidati più autorevoli al ruolo di sottosegretario hanno ritirato la loro disponibilità Lamentele anche dall´Inghilterra: "Se chiamiamo nessuno risponde al telefono" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato NEW YORK - L´ultimo a rinunciare è stato H. Rodgin Cohen, presidente di Sullivan & Cromwel, uno dei più importanti studi legali di New York. Una settimana prima di lui aveva detto di no Annette Nazareth, noto avvocato e fino al gennaio 2008 commissario della Sec. Altri rifiuti sono arrivati da Lee Sachs (ex funzionario dell´amministrazione Clinton) e Caroline Atkinson, alto dirigente del Fmi. Trovare qualcuno disposto a fare il numero due del ministro del Tesoro Timothy Geithner, o a lavorare con lui in altri ruoli dirigenti, nella nuova America di Barack Obama pare stia diventando un problema. Quando il 24 novembre scorso Obama annunciò che avrebbe nominato a capo del Tesoro l´ex presidente della Federal Reserve di New York, l´unico ostacolo a una rapida scelta del suo numero due e degli altri sedici deputy in organigramma al Tesoro pareva essere il folto gruppo di candidati-aspiranti. Con l´economia diventata grande protagonista della vita politica, i diversi posti di deputy sembravano fatti su misura per qualche giovane rampante di Wall Street o dei think thank di Washington, abituato a muoversi nel mondo finanziario-politico democratico e liberal. Ci si aspettava una lotta a coltello, pur di ottenere uno dei posti disponibili al dicastero chiamato a guidare la rinascita dell´America economica. Niente di vero. A sette settimane dall´insediamento alla Casa Bianca, Obama (e Geithner) stanno incassando una incredibile serie di no e la vicenda sta passando dalle prime pagine dei giornali ai comici dei talk-show serali. Annette Nazareth ha declinato dopo diverse verifiche e colloqui riguardo la sua storia finanziaria (non meglio precisata), anche se sembrano esclusi problemi di tasse o simili. H. Hodgin Cohen ha fatto marcia indietro anche lui dopo vari «colloqui e verifiche», anche nel suo caso senza che i dettagli siano stati resi noti. E così è stato anche per i ritiri di Sachs e Atkinson. Non è una situazione facile per Timothy Geithner, lasciato a destreggiarsi da solo nella peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione. Paul Volcker (presidente della Federal Reserve con Carter e Reagan, oggi consigliere speciale di Obama) ha definito «vergognoso» quello che sta succedendo al Tesoro. Al Congresso, dove giovedì scorso ha difeso il budget e le spese, lo stesso Geithner è stato «messo sulla graticola» (questo il termine usato dai media americani) dai senatori repubblicani ma anche da qualche democratico. Un sondaggio di Wall Street Journal/Nbc tra quarantanove economisti gli ha dato una valutazione insufficiente. Un membro del governo britannico, Gus O´Donnell, ha dichiarato pubblicamente che parlare con il Tesoro Usa è «estremamente difficile perché nessuno risponde». Così Geithner è diventato suo malgrado una star di Saturday Night Live, dove un comico che lo imita offre a un premio di «420 miliardi in contanti» a chi telefona con un piano `credibile´ per aiutare le banche in crisi.

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"un omaggio al cinema che non è un mestiere ma un modo di vivere" - alessandro oppes madrid (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 42 - Spettacoli La commedia Tributo a me stesso Il grande regista ha presentato in anteprima mondiale a Madrid il suo 17mo film Si intitola "Los abrazos rotos" un thriller con licenza di ridere. Con Penelope Cruz "Un omaggio al cinema che non è un mestiere ma un modo di vivere" Il giallo è il tipo di cinema che mi va di fare in questo momento, ma non escludo di tornare alla commedia in futuro Ci ho messo sequenze di altri miei film perché fanno parte del mio bagaglio artistico ed emotivo, della mia biografia ALESSANDRO OPPES MADRID Un omaggio al cinema. O forse un tributo al «suo» cinema. Los abrazos rotos (Gli abbracci rotti), film numero diciassette di Pedro AlmodÓvar, è una pellicola grondante di riferimenti alle sedici precedenti. Uno su tutti: a "Donne sull´orlo di una crisi di nervi" si ispira direttamente il «film all´interno del film» che serve da pretesto per unire il thriller e il melodramma alla commedia. Come dire, un occhio al passato di "Pepi, Luci, Bom..." - con perle come un esilarante monologo di Carmen Machi - ma allo stesso tempo la conferma del nuovo corso di AlmodÓvar, che già aveva cominciato a cimentarsi con il thriller ne "La mala educacion". Un cammino senza ritorno? Davanti alle centinaia di giornalisti che hanno assistito all´anteprima mondiale del suo nuovo lavoro, il regista non conferma e non smentisce: «Questo è il tipo di cinema che mi va di fare in questo momento. Però non escludo di tornare, un giorno, a fare la commedia». Al centro della scena, ancora una volta, l´eroina ormai irrinunciabile della filmografia almodovariana, Penelope Cruz. Sbarcata da poche ore in Spagna con il suo Oscar appena conquistato con "Vicky Cristina Barcelona" di Woody Allen, non fa mistero che si tratta di un amore pienamente corrisposto: «Se mi dicessero: puoi lavorare con un solo regista per il resto della tua vita, non avrei dubbi. Sceglierei Pedro». Ma nessuno, ovviamente, le ha imposto un simile aut-aut. E così ammette di aver avviato contatti in Italia per un nuovo film con Castellitto («Non posso dire niente di più, abbiamo appena cominciato a parlarne») e confessa che le piacerebbe moltissimo lavorare con Muccino. Il personaggio di Penelope è Lena, una giovane aspirante attrice con un passato da prostituta e una vita piena di tormenti, che riesce a ottenere un ruolo da protagonista in un film grazie al suo amante, un anziano magnate, Ernesto Martel - interpretato da José LuÍs Gomez - che deve la sua fortuna a spericolate operazioni di speculazione finanziaria. Possessivo fino all´estremo e convinto di poter manovrare la realtà a suo piacimento grazie al denaro, si improvvisa produttore di un film del quale Lena sarà protagonista, con l´obiettivo di poterne controllare tutti i movimenti. Per questo incaricherà il figlio - un omosessuale frustrato e succube - di realizzare il «making of» della pellicola: una scusa per poter sapere nei dettagli tutto ciò che accade sul set. Con Martel, AlmodÓvar prende di mira in un sol colpo due tipi umani verso i quali nutre un profondo disprezzo: l´uomo d´affari senza scrupoli e il produttore improvvisato che non sa niente di cinema. Il personaggio è perfido ma la sua diffidenza è assolutamente fondata: grazie a una lettrice di labbra (AlmodÓvar racconta di essersi ispirato a una scena vista in tv quando, durante le nozze del principe Felipe, un esperto lesse sulle labbra di Letizia la banalissima frase: «è tutto così bello»), scopre la passione tra Lena e il regista del film Mateo Blanco (Lluis Homar). Ancora una volta, come nella "Legge del desiderio" e ne "La mala educacion", il protagonista è un regista cinematografico: protagonista della «storia all´interno della storia», perché dirige la pellicola "Chicas y maletas" (ragazze e valigie), nell´epoca della sua vita in cui è ancora in possesso della vista, ma anche tragico interprete della vicenda principale, cieco e intristito per la perdita dell´amore della sua vita. Così alieno al suo passato da decidere di rinunciare al suo nome («Mateo Blanco è morto») per assumere lo pseudonimo di Harry Caine. Accanto a lui, nei giorni più difficili, c´è l´inseparabile amica e direttrice di produzione, Judith, personaggio complesso interpretato in modo straordinario da Blanca Portillo, già sperimentata con successo da AlmodÓvar in "Volver". Non manca, è una costante del regista premio Oscar, un omaggio al cinema italiano, con una scena di "Viaggio in Italia" di Rossellini. Poco prima che la tragedia spezzi per sempre il loro amore, Lena e Mateo, in un bungalow di Lanzarote, si commuovono al vedere in tv quella sequenza in cui Ingrid Bergman e George Sanders assistono al ritrovamento, durante gli scavi a Pompei, di una coppia unita in un abbraccio eterno dalla lava del Vesuvio. Prendono una macchina e si scattano una foto, teneramente abbracciati. Ma il loro amore volge al termine. E quella foto molto presto finirà in mille pezzi. Un abbraccio rotto. «Quella per il cinema è una passione irrazionale - conclude Almodòvar - Il cinema è la mia realtà, non solo la mia professione. E´ la mia maniera di vivere».

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bloccata la baby gang degli i-pod - emilio vettori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IX - Torino Bloccata la baby gang degli I-pod Quattro arresti: prendevano di mira gli studenti del Pininfarina EMILIO VETTORI Erano diventati il terrore degli studenti dell´Itis Pininfarina di Moncalieri, intimoriti, costretti a farsi scortare a scuola dai genitori e messi sotto protezione armata dal preside, con l´ingaggio di una guardia giurata schierata all´ora di uscita dalle lezioni. Andavano all´arrembaggio delle vittime prescelte fuori dal plesso scolastico, alla stazione ferroviaria del paese, alla fermata di bus e tram di piazza Bengasi, al centro commerciale Gallery. Con una operazione in due tempi - due arresti facoltativi il 17 gennaio e due provvedimenti cautelari eseguiti a inizio settimana - sono stati bloccati e neutralizzati dai carabinieri della compagnia di Moncalieri, guidati dal capitano Domenico Barone. Si tratta di quattro minorenni terribili di 16 e 17 anni, tre ripetenti e ancora iscritti alle medie, accusati di aver inanellato nove rapine e un furto ai danni di coetanei dell´istituto tecnico alle porte di Torino, preferendo quelli più esili e apparentemente più vulnerabili. I giovanissimi aggressori, forti del numero e qualche volta anche dei taglierini impugnati contro gli studenti nel mirino, razziavano denaro e gli "oggetti del desiderio" della loro generazione: telefonini griffati ultimo modello e Ipod. I soldi, non molti, se li tenevano. I cellulari e i lettori di file musicali li vendevano per 20-30 euro al pezzo al titolare di un negozio torinese, uno straniero che ha bancarelle anche a Porta Palazzo e al mercato di Moncalieri, terminale di altre batterie di predoni metropolitani e di provincia. Complessivamente sono stati trovati nella sua disponibilità 213 telefoni portatili, definiti di "dubbia provenienza" dal personale dell´Arma. Il 17 gennaio, dopo l´ennesima denuncia, i carabinieri hanno fermato in flagranza di reato i primi due minorenni terribili. Le indagini hanno poi portato all´identificazione dei due compagni di scorribande, fermati qualche giorno fa. «Sono tutti ragazzi con famiglie difficili alle spalle - raccontano gli stessi militari - ma senza trascorsi penali. Adolescenti apparentemente come tanti, però capaci di diventare molto violenti e di farsi forza l´uno con l´altro, cementati in una banda a struttura orizzontale: non c´era un capo, stavano tutti sullo stesso piano». Il giudice minorile chiamato a firmare le ordinanze di custodia e a convalidare i due arresti in flagranza - provvedimenti estremi che per un minore non sono mai obbligatori - ha deciso per soluzioni diversificate, in attesa degli accertamenti sulla personalità degli indagati, sul contesto familiari e sociale e sul grado di maturità. Per due è stata disposta la "permanenza in casa", come si chiamano i domiciliari per gli under 18, mutatis mutandis. Uno, che era già in comunità, è stato collocato in una altra struttura, lontana da Torino. Il quarto, anche lui con un passato in comunità, è stato trasferito al Ferrante Aporti. Gli accertamenti hanno permesso di denunciare altre tre persone - due minorenni e un maggiorenne, in aggiunta al commerciante straniero - accusate di favoreggiamento del quartetto di ragazzi terribili e di ricettazione della roba da loro rapinata o rubata. SEGUE A PAGINA V

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buco amia, la procura va avanti l'inchiesta estesa fino al 2008 - antonio fraschilla (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IV - Palermo Buco Amia, la Procura va avanti l´inchiesta estesa fino al 2008 Arriva la Gdf, esame sui bilanci degli ultimi due anni Scambio d´accuse tra il Cda e Sala delle Lapidi, che ha approvato i conti municipali ANTONIO FRASCHILLA La procura della Repubblica continua a indagare sui conti dell´Amia. Nonostante la decisione del sindaco Diego Cammarata di non querelare l´ex cda dell´azienda guidato da Enzo Galioto (facendo così archiviare l´indagine sul falso in bilancio che vedeva indagati tutti gli amministratori dell´azienda in carica nel 2006), la Procura ha deciso di continuare l´acquisizione di atti per verificare l´ipotesi di altri reati, a partire dal quello del cosiddetto fallimento tecnico. Ieri nove militari della Guardia di finanza, su mandato del pm Carlo Marzella, si sono presentati nella direzione dell´Amia per acquisire i bilanci recenti, quello del 2007 e lo schema di quello del 2008, che ancora però non è stato approvato dal consiglio d´amministrazione. L´indagine, che per quanto riguarda il reato di falso in bilancio si era concentrata solo sul 2006 e in particolare sull´operazione di cartolarizzazione che avrebbe prodotto 50 milioni di entrate straordinarie fittizie, adesso si allarga anche agli anni successivi. Alla Guardia di finanza le bocche sono cucite su un´indagine molto delicata, che certamente richiederà l´acquisizione di atti anche nei prossimi giorni: al setaccio adesso saranno vagliati tutti i debiti e i crediti iscritti nei bilanci, ma anche gli atti sul trasferimento di 80 milioni di euro di fondi statali per salvare dal fallimento l´Amia, (che ha registrato perdite per 80 milioni di euro tra il 2007 e il 2008). Intanto l´opposizione continua a lavorare per organizzare un corteo cittadino «contro gli sprechi dell´Amia e la mala gestione del Comune». «Da lunedì inizieremo a incontrare tutte le associazioni cittadine per mettere in piedi un corteo per le vie del centro non solo contro la crisi dell´Amia, ma anche per lanciare l´allarme sullo stato finanziario del Comune - dice il capogruppo del Partito democratico a Sala delle Lapidi, Davide Faraone - Speriamo di poter fissare la data del corteo, che partirà da piazza Croci e si concluderà a piazza Pretoria, nel più breve tempo possibile». Al di là delle polemiche politiche e dell´indagine sulla gestione passata dell´azienda, di certo c´è che oggi l´Amia ha difficoltà croniche di liquidità e non riesce a garantire il regolare svolgimento della raccolta dei rifiuti. Inoltre è assalita dai decreti ingiuntivi: a Palazzo delle Aquile sono arrivate richieste di pignoramenti, per debiti non pagati dall´Amia, per oltre 24 milioni di euro. Il presidente Marcello Caruso inoltre ha scritto una nota durissima, inviata al ragioniere generale Paolo Basile e al collegio dei revisori dei conti, nella quale lancia l´allarme sulla situazione debitoria dell´Amia: un buco che supera i 150 milioni di euro e che in questo momento l´azienda non può coprire, visto che non è stato rinnovato il contratto di servizio con l´aumento richiesto dal presidente Caruso di almeno 36 milioni di euro (più 8 milioni per garantire un mutuo per far fronte ai decreti ingiuntivi e al crescere del debito). Il nuovo cda dell´azienda, nella nota, chiama in causa anche il Consiglio comunale che negli anni passati ha approvato il bilancio di Palazzo delle Aquile e quindi dovrebbe essere a conoscenza della situazione patrimoniale delle aziende partecipate. Ieri il presidente della commissione Bilancio, Sebastiano Drago, insieme al presidente di Sala delle Lapidi, Alberto Campagna, ha inviato una nota al sindaco Cammarata per chiedere «quali azioni sta intraprendendo per fra fronte alla situazione debitoria dell´Amia». Inoltre Drago ha chiesto ieri all´Amia tutti gli atti «sulla situazione contabile della società al 31 dicembre 2008», dopo la denuncia di Caruso che ha messo nero si bianco «la gravità della crisi finanziaria in cui verserebbe l´azienda».

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nerviano, sull'orlo del fallimento anche gli imprenditori in clergyman - ettore livini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina III - Milano Il glorioso centro di ricerca Nms, di proprietà dei Figli dell´Immacolata, ad aprile non avrà i soldi per gli stipendi Nerviano, sull´orlo del fallimento anche gli imprenditori in clergyman Bruciati oltre 300 milioni di dote, a rischio il posto di lavoro di 650 ricercatori ETTORE LIVINI «Serve un miracolo», prova a sdrammatizzare un dipendente. «Siamo nelle mani di Dio...», butta lì senza scherzare nemmeno troppo uno dei top manager del gruppo. In qualche modo è vero. Se la Congregazione dei Figli dell´Immacolata Concezione, socia al 100% del Nerviano Medical Sciences (Nms), non tirerà fuori entro fine mese una trentina di milioni, il centro di ricerca dell´hinterland milanese � uno dei gioielli tricolori nella sperimentazione oncologica � rischia di portare i libri in tribunale. Lasciando a casa 650 scienziati e archiviando con un clamoroso flop l´avventura capitalistica dei preti-imprenditori del Vaticano. L´annuncio è stato dato ai dipendenti, con laico pragmatismo, da Umberto Rosa, ad del gruppo ed ex-numero uno della Snia: «Ad aprile � ha confessato alla Rsu � non avremo più soldi in cassa». Non che le cose vadano male. In quattro anni di lavoro Nms � ceduta nel 2004 da Pfizer all´ente pontificio fondato dal Venerabile Luigi Maria Monti � ha inanellato un filotto di successi celebrati persino sulla prima pagina del Wall Street Journal: dai suoi laboratori sono usciti una ventina di farmaci sperimentali (cinque già in fase clinica), ha firmato accordi milionari con colossi come Genetech. Il mese scorso ha ottenuto l´ok dalla Fda � l´Authority sanitaria Usa � per accelerare lo sviluppo del Danusertib, una promettente molecola per la cura del tumore ai polmoni che tra un paio d´anni potrebbe essere in vendita in farmacia. Peccato che la ricerca costi e dia frutti (copiosi) solo quando i farmaci arrivano sul mercato. Nerviano Medical Science ha già bruciato i 200 milioni lasciati in dote dalla Pfizer e 130 milioni di prestiti ottenuti da Unicredit. E i Figli dell´Immacolata Concezione, vittime della crisi finanziaria come tutti i comuni mortali, faticano a mettere mano al portafoglio. Rosa ci ha provato: l´anno scorso ha varato un aumento di capitale da 70 milioni. Ma dal Vaticano � che nell´avventura aveva messo allora solo 32mila euro � non è arrivato un centesimo. Solo il mese scorso i vertici della Congregazione sono riusciti a racimolare 5 milioni. Quanto basta per allungare di qualche settimana la vita del gruppo. Che fare? Miracoli all´orizzonte � malgrado il curriculum e gli agganci dei protagonisti � non se ne intravedono. Un paio di politici con buoni rapporti oltretevere, il governatore Roberto Formigoni e il premier Silvio Berlusconi, si erano impegnati negli anni scorsi a «sostenere l´iniziativa imprenditoriale di Nerviano». Senza troppi risultati. In attesa di improbabili soluzioni divine (non di solo pane vive l´uomo, ma ad aprile ci sono 650 stipendi da pagare), Rosa si è rapidamente riconvertito al mercato, chiedendo a Rotschild un piano anti-crac. Il progetto è già stato messo nero su bianco: divisione in quattro del gruppo separando la ricerca, in perdita, dalle altre attività in grado di autosostenersi (immobiliare, test preclinici e produzione farmaci) il cui capitale sarebbe aperto a nuovi partner. Poi una decisa "laicizzazione" dell´azionariato Nms, affiancando ai preti-imprenditori a corto di capitali una più solvibile casa farmaceutica. Pfizer ha tempo fino a luglio per esercitare una prelazione sul lancio commerciale del Danusertib. Ma in coda � quando in estate scadrà quest´esclusiva � ci sarebbero altri big del settore pronti a scommettere sulle molecole inventate a Nerviano. Il problema adesso è non solo riuscire a far accettare il piano alla Congregazione ma soprattutto trovare i soldi per arrivare a luglio. Un´ipotesi è bussare di nuovo a Unicredit. In fondo Piazza Cordusio non ha alcun interesse a portare i libri in tribunale, perderebbe tutti i suoi soldi. E una trentina di milioni in più sul tavolo Nms, visti gli interessi imprenditoriali di queste settimane, non sarebbero soldi buttati via. «L´idolatria del dio denaro» � ha detto di recente Benedetto XVI � ha portato al crollo delle banche americane. Ma pecunia non olet. E questa volta, forse, il vil denaro di una banca potrebbe togliere le castagne dal fuoco al Vaticano, salvando i suoi (improvvisati) manager in tonaca dalla umanissima figuraccia di un fallimento.

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un ponte sul mediterraneo "il dialogo parte da genova" - domemica canchano (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XIII - Genova Ieri il primo forum tra i paesi arabi e quelli europei Un ponte sul Mediterraneo "Il dialogo parte da Genova" L´assessore comunale Andrea Ranieri: "Dal 2010 uno spazio anche all´interno del festival della Scienza" DOMEMICA CANCHANO Dal Mediterraneo "dell´essere" al Mediterraneo "del fare". E´ l´auspicio condiviso dai partecipanti al Forum "Dialoghi nel Mediterraneo occidentale", tenutosi per la prima volta a Genova con l´intento di contribuire a rafforzare la coesione territoriale e la cooperazione tra i 5 paesi del Mediterraneo occidentale che fanno parte dell´UMA (Unione del Maghreb arabo: Algeria, Libia, Tunisia, Marocco, Mauritania) e i 5 paesi dell´Europa mediterranea occidentale (Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Malta) attraverso in particolare il coinvolgimento attivo degli attori della società civile e delle autorità locali e regionali. "E´ un´iniziativa pilota ? spiega Giacomo Ronziti, presidente del Consiglio regionale - che mira a diventare permanente per fare di Genova e della Liguria il fulcro di processo di pace e di collaborazione fra le due sponde del nostro mare, diventando sede del Forum permanente del Mediterraneo". L´iniziativa, che ha visto il coinvolgimento di 20 organizzazioni partecipanti di 14 paesi europei, è promossa dalla delegazione italiana della Commissione europea e dalla Regione Liguria. E si colloca al centro dei temi centrali per lo sviluppo di un´area di democrazia e di pace come l´immigrazione e l´inclusione sociale, il ruolo della donna, la protezione dell´ambiente e il partenariato culturale e umano, obiettivi concordati al vertice di Parigi del luglio scorso. Molti i progetti annunciati, in particolare l´annuncio del presidente della Provincia di Genova del prossimo Forum euromediterraneo delle Guardie Costiere che si terrà il prossimo sei e sette di maggio a Genova. E ha rimarcato inoltre che la Provincia è al lavoro affinché Genova "abbia un ruolo attivo in Milano Expo 2015". Per l´assessore del Comune di Genova, Andrea Ranieri, la carta più importante che ha Genova in mano è proprio l´expo 2015, perché "può essere il mare di questa esposizione internazionale". Ranieri ha inoltre presentato due progetti: Genova del 2010, ampliando la natura del Festival della Scienza con "la biennale della Scienza del Mediterraneo"; e la biennale del cinema come festival dei festival per il 2010, otto giorni di cinema con grande attenzione verso la sponda sud". E ha aggiunto che Genova avrà la sua moschea sopra il Lagaccio dove affianco ci sarà un centro per anziani e uno per la cultura giovanile.

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Fori, commissario anti-crolli ma è bufera Marrazzo-Pd (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Fori, commissario anti-crolli ma è bufera Marrazzo-Pd LUCA DEL FRA Il dispositivo non è ancora stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: il commissariamento delle aree archeologiche di Roma e provincia per ora riguarda la soprintendenza dello Stato. Dunque sembra sfumare l'idea di commissariare anche la zona archeologica comunale - Roma è infatti l'unica città italiana ad avere una doppia sovrintendenza statale e comunale -, ma non è detto che in seguito il provvedimento non possa essere ampliato. Il commissario sarà Guido Bertolaso e affidare vasti siti archeologici al direttore della protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita. Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai comoda situazione di controllato e controllore, ma perché la zona archeologica del comune sembra per adesso fuori dalla partita. Anche l'annunciata presenza di Angelo Bottini, in quanto soprintendente di quelle aree, alla testa della commissione di esperti - una specie di cabina di regia - sembra in qualche modo singolare, ma non è l'ultimo dei fatti a sembrare tale, in questo ulteriore capitolo dello svuotamento della tutela ai beni cuturali. IL golpe annunciato Già da tempo il ministro della cultura Sandro Bondi aveva minacciato il provvedimento, giustificando la presenza di Bertolaso con il pericolo di crolli. Ma in realtà questo imminente rischio non era stato certificato, e perfino il soprintendete Bottini - favorevole al commissariamento - aveva parlato solo di degrado delle aree. Gli archeologi della soprintendenza si erano schierati contro, mettendo in campo varie iniziative e sit in, accompagnati in questo da associazioni culturali e anche da esponenti politici del centrosinistra. Paradossalmente ieri, mentre esponenti del Pd davano vita a una manifestazione contro questo provvedimento oramai nell'aria, il presidente della Regione Piero Marrazzo dava parere positivo al commissariamento. Il governatore del Lazio ha giustificato la sua scelta alla luce di una allarmante, ma forse allarmistica lettera di Bertolaso che parlava di «imminenti crolli», ma nei corridoi della Pisana si interpreta il gesto come parte di un «complesso» rapporto con il governo centrale, in cui un peso schiacciante riveste la partita della sanità. Di tutt'altro tenore le reazioni del centro sinistra: «È pronto il nuovo sacco di Roma - ha commentato il responsabile per la cultura del Pd Giovanna Melandri - e mi auguro che la regione Lazio abbia valutato a fondo tutti gli elementi prima di dare il suo assenso». Secondo il segretario regionale Roberto Morassut «così si stravolge l'ordinamento statale, un segnale al mondo economico: con meno passaggi è tutto più veloce». Plaude invece il centrodestra, incline a super prefetti con super poteri, sintomo dell'incapacità di governare con i normali mezzi. Il dispositivo arriverà la prossima settimana. Interessata la soprintendenza dello Stato di Roma e Provincia, non ancora quella del Comune. Morassut: in questo modo si stravolge l'ordinamento.

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Il dispositivo non è ancora stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: i... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il dispositivo non è ancora stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: il commissariamento delle aree archeologiche di Roma e provincia per ora riguarda la soprintendenza dello Stato. Dunque sembra sfumare l'idea di commissariare anche la zona archeologica comunale - Roma è infatti l'unica città italiana ad avere una doppia sovrintendenza statale e comunale -, ma non è detto che in seguito il provvedimento non possa essere ampliato. Il commissario sarà Guido Bertolaso e affidare vasti siti archeologici al direttore della protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita. Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai comoda situazione di controllato e controllore, ma perché la zona archeologica del comune sembra per adesso fuori dalla partita. Anche l'annunciata presenza di Angelo Bottini, in quanto soprintendente di quelle aree, alla testa della commissione di esperti - una specie di cabina di regia - sembra in qualche modo singolare, ma non è l'ultimo dei fatti a sembrare tale, in questo ulteriore capitolo dello svuotamento della tutela ai beni cuturali. IL golpe annunciato Già da tempo il ministro della cultura Sandro Bondi aveva minacciato il provvedimento, giustificando la presenza di Bertolaso con il pericolo di crolli. Ma in realtà questo imminente rischio non era stato certificato, e perfino il soprintendete Bottini - favorevole al commissariamento - aveva parlato solo di degrado delle aree. Gli archeologi della soprintendenza si erano schierati contro, mettendo in campo varie iniziative e sit in, accompagnati in questo da associazioni culturali e anche da esponenti politici del centrosinistra. Paradossalmente ieri, mentre esponenti del Pd davano vita a una manifestazione contro questo provvedimento oramai nell'aria, il presidente della Regione Piero Marrazzo dava parere positivo al commissariamento. Il governatore del Lazio ha giustificato la sua scelta alla luce di una allarmante, ma forse allarmistica lettera di Bertolaso che parlava di «imminenti crolli», ma nei corridoi della Pisana si interpreta il gesto come parte di un «complesso» rapporto con il governo centrale, in cui un peso schiacciante riveste la partita della sanità. Di tutt'altro tenore le reazioni del centro sinistra: «È pronto il nuovo sacco di Roma - ha commentato il responsabile per la cultura del Pd Giovanna Melandri - e mi auguro che la regione Lazio abbia valutato a fondo tutti gli elementi prima di dare il suo assenso». Secondo il segretario regionale Roberto Morassut «così si stravolge l'ordinamento statale, un segnale al mondo economico: con meno passaggi è tutto più veloce». Plaude invece il centrodestra, incline a super prefetti con super poteri, sintomo dell'incapacità di governare con i normali mezzi.

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LA RISPOSTA ALLA CRISI? È NELLA DOMANDA (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

LA RISPOSTA ALLA CRISI? È NELLA DOMANDA LE SCELTE DI OBAMA Larry Summers, capo dei consiglieri economici di Obama, ha chiesto che il prossimo G20 di Londra lanci un ambizioso programma di stimoli della domanda. Finalmente qualcuno comincia a fare una diagnosi più corretta di questa crisi devastante che è economica prima che finanziaria. Questa volta il crollo delle Borse è stato più grande del 1930 (-56% in 17 mesi contro il -48% di allora per le 500 big di Wall street) perché i derivati allora non c'erano ed il crollo della domanda è stato ancora più pesante. Il solo fallimento nel 2008 di una banca americana, la Leman Brothers e il salvataggio di una decina di altre, negli Stati Uniti e in Europa non potevano causare una crisi economica così fulminea e globale, da spingere la Banca mondiale a prevedere per il 2009 un andamento negativo di Pil ed export mondiali, cosa che non avveniva da 70 anni. Ma la crisi economica era iniziata un anno prima che la Bears Stern fosse salvata da JP Morgan con i soldi della Fed (marzo 2008). Decenni di globalizzazione liberista, positivi per la riduzione delle distanze tra paesi ricchi e poveri, hanno determinato un impoverimento di massa all'interno dei Paesi, che ha toccato il tetto nel 2007 avviando la crisi economica The Economist nel 2007 scriveva: «Gli Stati Uniti marciano verso la recessione ed Europa e Giappone sembrano avviate sulla stessa strada». Nel 2007 Pil ed export mondiali rallentano fortemente rispetto al 2006. Se la crescita economica non si fosse interrotta la bolla immobiliare non avrebbe "inguaiato" le banche americane e a ruota le altre, comunque colpevoli di comportamenti irresponsabili per uso spregiudicato della leva finanziaria e di prodotti "tossici". «L'America del '29 come quella di oggi, è un paese con una enorme concentrazione di ricchezza», ha scritto Paul Krugman. Così come l'Italia, dove il 50% della ricchezza nazionale è posseduta dal 10% delle famiglie (indagine 2007 Banca d'Italia.). La crescita delle diseguaglianze di reddito produce investimenti speculativi dei super ricchi e calo dei consumi da parte delle masse impoverite. Ed è quello che è successo! La crisi di oggi è resa più insidiosa per la diffusione dei derivati, dal valore nominale stimato in 13 volte il Pil mondiale, spesso "cartolarizzati", cioè impacchettati dalle banche e spediti nel mondo. E in Italia? Sembra che le banche italiane, più "provinciali" delle anglosassoni, soffrano meno delle altre. Sinora solo una banca ha chiesto i «Tremonti bonds», partita di giro con cui lo Stato presta euro all'8% riprendendoli al 4% dal mercato. Se, come ha detto il capo dei consiglieri di Obama, non si fa una diagnosi esatta della crisi, la cura («un aumento della domanda globale») sarà più difficile e la guarigione più lontana.

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Information tecnology: a rischio 40mila posti (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Information tecnology: a rischio 40mila posti Nel settore dell' Information Technology (IT) in Italia, con la crisi, 40 mila persone perderanno il posto di lavoro, il 10% del totale. Lo ha dichiarato Umberto Paolucci, vicepresidente di Microsoft Corporation, a margine del Forum della Confcommercio a Cernobbio. «Sul settore sta impattando una crisi drammatica - ha spiegato Paolucci - perchè le aziende sono molto frammentate e tra l'altro faticano ad accedere agli ammortizzatori sociali, non hanno protezione». Secondo il vicepresidente mondiale della Microsoft «c'è bisogno di una convergenza tra maggioranza e opposizione per tutelare un patrimonio fondamentale. Il ritardo è notevole, anche perchè gli investimenti in Italia sono la metà di quanto stanziano Paesi come Francia, Germania e Inghilterra». COMUNICAZIONI

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amianto, condannati 5 dirigenti fs (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina III - Bologna Il giudice ha riconosciuto anche una provvisionale di 50 mila euro alla Cgil che la devolverà all´associazione Amianto, condannati 5 dirigenti Fs Omicidio colposo per le 17 vittime della Officina Grandi Riparazioni Cinque ex dirigenti delle Officine grandi riparazioni delle Ferrovie sono stati condannati a pene che vanno dai due mesi ad un anno per omicidio colposo e lesioni. Le vittime sono 17 lavoratori morti o gravemente ammalati per colpa dell´amianto al quale furono esposti senza le protezioni che le conoscenze scientifiche dell´epoca avrebbero dovuto imporre nell´ambiente di lavoro. Il giudice ha stabilito una provvisionale di 50mila euro da versare immediatamente alla Cgil Filt. Verrà devoluta alla associazione dei lavoratori bolognesi esposti all´amianto. CASCELLA A PAGINA III

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Paradisi fiscali, la Svizzera forse sarà meno segreta (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Paradisi fiscali, la Svizzera forse sarà meno segreta MARCO MONGIELLO I bottini miliardari dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno più al riparo dai controlli. Dopo Belgio, Liechtenstein e Andorra, ieri hanno dichiarato di voler allentare le severe maglie del segreto bancario anche Svizzera, Austria e Lussemburgo. A convincere i rispettivi governi è stata la pressione internazionale contro i paradisi fiscali, che saranno tra i principali imputati nella riunione del G20 che si terrà il 2 aprile a Londra con l'accusa di essere tra i responsabili della crisi finanziaria ed economica. Paradisi fiscali L'Unione Europea, spinta soprattutto da Germania e Francia, è determinata a chiedere sanzioni contro i Paesi inseriti nella lista nera dei paradisi fiscali. Dopo una riunione dell'esecutivo ieri il Governo federale elvetico ha fatto sapere di essere pronto ad adottare le convenzioni Ocse, l'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo con sede a Parigi, in materia di cooperazione fiscale tra Stati. Niente automatismi però. Le richieste di informazioni saranno valutate caso per caso. Il segreto bancario svizzero è mantenuto, ha precisato il Governo, ma questo «non copre i reati fiscali» perché «sulla scia della globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la doppia imposizione conformi al modello Ocse» ma di essere disponibile a rivelare le preziose informazioni solamente «in casi specifici e sulla base di elementi di prova che rendano concreto il sospetto». Il Granducato ha sottolineato che per evitare fughe di capitali all'estero questi principi devono essere rispettato anche dai paradisi fiscali extra-europei. Il segreto Anche in Austria, ha fatto eco il ministro delle Finanze Erwin Proell, «rientriamo nelle norme dell'Ocse» e forniremo informazioni «in caso di sospetti giustificati», anche se non sarà abolito il segreto bancario previsto dalla costituzione. Dopo essere stati inseriti nella lista Ocse dei Paesi «non cooperativi» nei giorni scorsi Belgio, Liechtenstein e Andorra avevano fatto sapere di voler abolire il segreto bancario. Gli annunci sono stati accolti con soddisfazione dall'Ocse e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha rivendicato il merito della «fermezza» e della «volontà» di Francia e Germania, anche se «il diavolo si nasconde nei particolari», ha osservato scettica la responsabile dell'economia francese, Christine Lagarde. «Speriamo che una maggiore trasparenza possa ora aiutare la governance», ha commentato da Bruxelles la portavoce del commissario Ue al Fisco, Laszlo Kovacs, Maria Assimakopoulou. La caccia Intanto da Londra, dove i ministri delle Finanze stanno preparando il G20, Tremonti ha assicurato che l'Unione europea «ha deciso di coordinarsi» e parlerà con una voce sola. Le proposte, inserite nella bozza di conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 marzo, includono la redazione di una lista delle giurisdizioni non trasparenti e lo sviluppo «di un insieme di strumenti di sanzioni da usare contro di loro», un contributo Ue all'Fmi tra i 75 e i 100 miliardi di dollari, «un'adeguata regolamentazione o supervisione di tutti i mercati, prodotti e partecipanti finanziari che possano presentare rischi sistemici, senza eccezioni e senza considerare il loro Paese di domicilio», compresi gli hedge fond, e infine dei «princìpi comuni» sulla remunerazione dei manager «che impediscano che i modelli di compenso incentivino un'eccessiva assunzione di rischi». Passo dell'Unione europa, su sollecitazione di Francia e Germania, per colpire i paesi inseriti nella lista nera dei paradisi fiscali. La Svizzera mantiene il segreto bancario, ma questo non deve coprire i reati fiscali.

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I bottini miliardari dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno p... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

I bottini miliardari dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno più al riparo dai controlli. Dopo Belgio, Liechtenstein e Andorra, ieri hanno dichiarato di voler allentare le severe maglie del segreto bancario anche Svizzera, Austria e Lussemburgo. A convincere i rispettivi governi è stata la pressione internazionale contro i paradisi fiscali, che saranno tra i principali imputati nella riunione del G20 che si terrà il 2 aprile a Londra con l'accusa di essere tra i responsabili della crisi finanziaria ed economica. Paradisi fiscali L'Unione Europea, spinta soprattutto da Germania e Francia, è determinata a chiedere sanzioni contro i Paesi inseriti nella lista nera dei paradisi fiscali. Dopo una riunione dell'esecutivo ieri il Governo federale elvetico ha fatto sapere di essere pronto ad adottare le convenzioni Ocse, l'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo con sede a Parigi, in materia di cooperazione fiscale tra Stati. Niente automatismi però. Le richieste di informazioni saranno valutate caso per caso. Il segreto bancario svizzero è mantenuto, ha precisato il Governo, ma questo «non copre i reati fiscali» perché «sulla scia della globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la doppia imposizione conformi al modello Ocse» ma di essere disponibile a rivelare le preziose informazioni solamente «in casi specifici e sulla base di elementi di prova che rendano concreto il sospetto». Il Granducato ha sottolineato che per evitare fughe di capitali all'estero questi principi devono essere rispettato anche dai paradisi fiscali extra-europei. Il segreto Anche in Austria, ha fatto eco il ministro delle Finanze Erwin Proell, «rientriamo nelle norme dell'Ocse» e forniremo informazioni «in caso di sospetti giustificati», anche se non sarà abolito il segreto bancario previsto dalla costituzione. Dopo essere stati inseriti nella lista Ocse dei Paesi «non cooperativi» nei giorni scorsi Belgio, Liechtenstein e Andorra avevano fatto sapere di voler abolire il segreto bancario. Gli annunci sono stati accolti con soddisfazione dall'Ocse e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha rivendicato il merito della «fermezza» e della «volontà» di Francia e Germania, anche se «il diavolo si nasconde nei particolari», ha osservato scettica la responsabile dell'economia francese, Christine Lagarde. «Speriamo che una maggiore trasparenza possa ora aiutare la governance», ha commentato da Bruxelles la portavoce del commissario Ue al Fisco, Laszlo Kovacs, Maria Assimakopoulou. La caccia Intanto da Londra, dove i ministri delle Finanze stanno preparando il G20, Tremonti ha assicurato che l'Unione europea «ha deciso di coordinarsi» e parlerà con una voce sola. Le proposte, inserite nella bozza di conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 marzo, includono la redazione di una lista delle giurisdizioni non trasparenti e lo sviluppo «di un insieme di strumenti di sanzioni da usare contro di loro», un contributo Ue all'Fmi tra i 75 e i 100 miliardi di dollari, «un'adeguata regolamentazione o supervisione di tutti i mercati, prodotti e partecipanti finanziari che possano presentare rischi sistemici, senza eccezioni e senza considerare il loro Paese di domicilio», compresi gli hedge fond, e infine dei «princìpi comuni» sulla remunerazione dei manager «che impediscano che i modelli di compenso incentivino un'eccessiva assunzione di rischi».

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Distretti in movimento Carpi spedisce 30mila cartoline al premier (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Distretti in movimento Carpi spedisce 30mila cartoline al premier ROBERTO SERIO Contro "il grande freddo" del settore moda, srotoleranno in Piazza Martiri a Carpi, questa mattina alle 10, una maxisciarpa di cinquanta metri di lunghezza per uno di altezza, realizzata da imprese locali. Il decoro è tricolore, biancorossoeverde, a ricordare come la moda sia cuore del Made in Italy. Sulla sciarpa, uno slogan: "Scalda la Moda", per sottolineare il bisogno di protezione del settore dalle "malattie" che possono arrivare nella stagione della crisi. Tutti insieme La peculiarità della manifestazione carpigiana, che segue le due di Biella e Prato, sta nel fatto che a scendere in piazza sono tutti gli attori: istituzioni locali, associazioni imprenditoriali industriali e artigiane, e i sindacati. E l'invito è esteso a imprese, lavoratori, forze politiche. Tutti insieme per tutelare il sistema tessile-abbigliamento-calzaturiero di Carpi e di tutta la regione, e per mandare, insieme alla sciarpona, un messaggio al Governo. "In considerazione delle crescenti difficoltà del comparto moda italiano, che a tutt'oggi non hanno trovato risposte nei provvedimenti del decreto anticrisi del Governo - spiegano i promotori - abbiamo deciso di organizzare l' iniziativa per sostenere e rilanciare un settore manifatturiero tra i principali della regione. Chiediamo concrete risposte in materia di ammortizzatori sociali, credito, sostegno al reddito e ai consumi". "Non ci sono solo la Fiat e l'Alitalia - sintetizza Enrico Campedelli, sindaco di Carpi, ricandidato dal Pd alle prossime amministrative per il secondo mandato - il governo deve prestare attenzione anche alle piccole e medie imprese che sono la spina dorsale del paese. Nei documenti fin qui usciti da Palazzo Chigi sembra che il settore moda non esista". Il distretto tessile carpigiano di crisi e trasformazioni, anche profonde, ne ha conosciute. E Campedelli le ricorda bene. "Qui, dal 1995 al 2005, si sono dimezzati gli addetti: da 14mila a 7mila. Sono stati anni in cui la filiera ha sofferto molto, in particolare i piccoli artigiani, e hanno chiuso in tanti. Chi ha iniziato a investire sui marchi, l'immagine e il marketing, ha avuto ulteriori opportunità, ha innovato e fatto un salto di qualità. Fino a dicembre i nostri marchi hanno tenuto nell'export, ma ora il calo degli ordini si fa sentire". Ci sarà anche musica in Piazza Martiri, e saranno distribuite 30mila cartoline nelle quali si ricorda al Presidente del Consiglio Berlusconi l'impegno a proteggere un settore tanto importante per la nostra economia. Oggi manifestazione di lavoratori, imprese e istituzioni a Carpi per aiutare il polo della moda e dell'abbigliamento. Il sindaco Campedelli: «Ricordo al governo che non ci sono solo l'Alitalia e la Fiat».

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Tremonti prende a picconate Draghi (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Tremonti prende a picconate Draghi BIANCA DI GIOVANNI Banca d'Italia prova a smorzare. «C'è la massima disponibilità a informare le prefetture», si legge in una nota diramata nella serata di ieri. Ma il clima nei rapporti con Giulio Tremonti resta incandescente per tutta la giornata Dopo la diffusione delle notizie sui vincoli posti da Palazzo Koch alle banche impegnate ai tavoli con i prefetti negli osservatori sul credito, il ministro a Londra per il vertice di preparazione al G20 apre un fuoco di fila. Propone in due batturte di affidare a Francoforte la vigilanza bancaria, «espropriando» in qualche modo Via Nazionale. «Credo che ad un'attività sistemica debba corrispondere una vigilanza sistemica - argomenta parlando con i giornalisti - è una questione di mezzi. Se quelli che si devono controllare hanno la Ferrari, i controllori non possono avere la bicicletta. Io darei tutto alla Bce». Solo Parole Tremonti non va oltre, sapendo bene che quel passaggio richiede un iter molto difficoltoso. Sa che il Trattato Ue affida alla banca centrale compiti specifici di vigilanza macroprudenziale, ma non di più Solo interventi molto specifici. Allargare quel perimetro richiede un lavoro lungo e faticoso, già avviato in sede europea. Ma a Tremonti basta la battuta da rilanciare sui giornali, tanto per scrivere un altro capitolo del perenne duello Via Venti Settembre-Via Nazionale. L'ultimo round del match c'era stato con le previsioni economiche dell'Ufficio studi di Via nazionale, che stimavano una recessione nera. Tremonti aveva apostrofato gli economisti come «astrologi», salvo poi dover ammettere la catastrofe dopo qualche giorno. ma la conversione al pessimismo non durò molto. È bastata una bacchettata del premier, per far tornare l'ottimismo anche in campo economico. Archiviata la querelle sulle stime, nelle ultime ore è intervenuta la stampa internazionale a mandare ancora in fibrillazione i «duellanti». Il Financial Times ha indicato Mario Draghi tra i 50 uomini in grado di fermare la crisi globale. Non un cenno né al ministro, né al premier italiani. La cosa è rimbalzata sulle cronache italiane con ampio risalto, e questo non ha certo aiutato il dialogo tra i due. «Che esagerazione» si è limitato a commentare Draghi interpellato a Londra sulla lista dei top 50 del mondo. E dopo qualche ora la banca centrale ha diramato la nota dell'appeasement: «Massima disponibilità a «corrispondere alle esigenze informative delle Prefetture fornendo dati aggregati e analisi sull'andamento del credito a livello territoriale». dubbi Le reazioni all'ultima querelle non si sono fatte attendere. «Mi sembra una picconata eccessiva a Bankitalia», che ha tra l'altro «un ruolo importantissimo da giocare», dichiara Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa SanPaolo, sull'affidamento ai prefetti della supervisione sul credito. Quanto alla vigilanza europea, «prima bisogna unificare leggi e le norme a livello europeo. Sarebbe bellissimo - ha proseguito - se la politica recuperasse il grande tempo perduto in questi anni cercando di creare un unico mercato dei servizi in Europa, fatto che manca. Poi, quando ci saranno regole e norme uniche, sarà gioco forza parlare di controllo unificato a livello europeo». Anche il ministro Umberto Bossi nutre qualche dubbio sul ruolo dei prefetti. Ma Tremonti insiste. parla di grande impegno dei rappresentanti della Repubblica. «Per me è stata ragione di grande orgoglio prendere la parola davanti ai prefetti - dichiara - è stato un onore. Sono funzionari che operano con grandissimo impegno». Già la settimana prossima è previsto un incontro «con Confindustria, Abi, banche e sindacato - continua il ministro - Vorremmo riferire sull' avanzamento dei lavori, cosa ha fatto la Sace, la Cassa depositi, il governo sul flusso credito a economia». verso londra Intanto prosegue il cammino verso il vertice mondiale di Londra. l'Unione europea si avvia compatta al confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la richiesta comune di nuove regole sui mercati finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della prossima settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle iniziative anti-crisi e destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia e le comunicazioni.

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Banca d'Italia prova a smorzare. C'è la massima disponibilità a informare ... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Banca d'Italia prova a smorzare. «C'è la massima disponibilità a informare le prefetture», si legge in una nota diramata nella serata di ieri. Ma il clima nei rapporti con Giulio Tremonti resta incandescente per tutta la giornata Dopo la diffusione delle notizie sui vincoli posti da Palazzo Koch alle banche impegnate ai tavoli con i prefetti negli osservatori sul credito, il ministro a Londra per il vertice di preparazione al G20 apre un fuoco di fila. Propone in due batturte di affidare a Francoforte la vigilanza bancaria, «espropriando» in qualche modo Via Nazionale. «Credo che ad un'attività sistemica debba corrispondere una vigilanza sistemica - argomenta parlando con i giornalisti - è una questione di mezzi. Se quelli che si devono controllare hanno la Ferrari, i controllori non possono avere la bicicletta. Io darei tutto alla Bce». Solo Parole Tremonti non va oltre, sapendo bene che quel passaggio richiede un iter molto difficoltoso. Sa che il Trattato Ue affida alla banca centrale compiti specifici di vigilanza macroprudenziale, ma non di più Solo interventi molto specifici. Allargare quel perimetro richiede un lavoro lungo e faticoso, già avviato in sede europea. Ma a Tremonti basta la battuta da rilanciare sui giornali, tanto per scrivere un altro capitolo del perenne duello Via Venti Settembre-Via Nazionale. L'ultimo round del match c'era stato con le previsioni economiche dell'Ufficio studi di Via nazionale, che stimavano una recessione nera. Tremonti aveva apostrofato gli economisti come «astrologi», salvo poi dover ammettere la catastrofe dopo qualche giorno. ma la conversione al pessimismo non durò molto. È bastata una bacchettata del premier, per far tornare l'ottimismo anche in campo economico. Archiviata la querelle sulle stime, nelle ultime ore è intervenuta la stampa internazionale a mandare ancora in fibrillazione i «duellanti». Il Financial Times ha indicato Mario Draghi tra i 50 uomini in grado di fermare la crisi globale. Non un cenno né al ministro, né al premier italiani. La cosa è rimbalzata sulle cronache italiane con ampio risalto, e questo non ha certo aiutato il dialogo tra i due. «Che esagerazione» si è limitato a commentare Draghi interpellato a Londra sulla lista dei top 50 del mondo. E dopo qualche ora la banca centrale ha diramato la nota dell'appeasement: «Massima disponibilità a «corrispondere alle esigenze informative delle Prefetture fornendo dati aggregati e analisi sull'andamento del credito a livello territoriale». dubbi Le reazioni all'ultima querelle non si sono fatte attendere. «Mi sembra una picconata eccessiva a Bankitalia», che ha tra l'altro «un ruolo importantissimo da giocare», dichiara Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa SanPaolo, sull'affidamento ai prefetti della supervisione sul credito. Quanto alla vigilanza europea, «prima bisogna unificare leggi e le norme a livello europeo. Sarebbe bellissimo - ha proseguito - se la politica recuperasse il grande tempo perduto in questi anni cercando di creare un unico mercato dei servizi in Europa, fatto che manca. Poi, quando ci saranno regole e norme uniche, sarà gioco forza parlare di controllo unificato a livello europeo». Anche il ministro Umberto Bossi nutre qualche dubbio sul ruolo dei prefetti. Ma Tremonti insiste. parla di grande impegno dei rappresentanti della Repubblica. «Per me è stata ragione di grande orgoglio prendere la parola davanti ai prefetti - dichiara - è stato un onore. Sono funzionari che operano con grandissimo impegno». Già la settimana prossima è previsto un incontro «con Confindustria, Abi, banche e sindacato - continua il ministro - Vorremmo riferire sull' avanzamento dei lavori, cosa ha fatto la Sace, la Cassa depositi, il governo sul flusso credito a economia». verso londra Intanto prosegue il cammino verso il vertice mondiale di Londra. l'Unione europea si avvia compatta al confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la richiesta comune di nuove regole sui mercati finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della prossima settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle iniziative anti-crisi e destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia e le comunicazioni.

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Troppi proclami, così non si tutela il risparmio (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

«Troppi proclami, così non si tutela il risparmio» La proposta dei prefetti controllori è una buffonata questa è stata solo una trovata propagandistica B. DI G. Se Tremonti lavorasse di più a Bruxelles invece di fare proclami, forse i risparmiatori italiani sarebbero più tutelati». Sandro Gozi (Pd), presidente del comitato parlamentare sui rapporti con l'Ue, conosce tutti gli ostacoli sulla strada della vigilanza europea. Se non altro perché cerca di scioglierli da alcuni mesi. Tremonti vuol dare tutto alla Bce. «È uno slogan. Certamente serve una vigilanza integrata a livello europeo. Ma è inutile limitarsi a indicare la Bce come soluzione, se sappiamo che inglesi e tedeschi non ci stanno. Si tratta dei due mercati più importanti all'interno dell'Unione». Anche Bini Smaghi ne parla. «È evidente che c'è un'asimmetria tra la nuova moneta unica, le banche con un volume d'affari transfrontaliero e le autorità nazionali. La convergenza in Europa è necessaria: si pensi che coesistono 40 distinti organismi di vigilanza. Indicare oggi la Bce è un passo avanti, ma non risolve il problema. Si possono affidare a Francoforte alcune funzioni sulla vigilanza bancaria. Ma questa operazione non risolve il problema della vigilanza sui mercati finanziari e assicurativi, che resterebbero fuori dall'autorità della Bce. Senza contare il no di Gran Bretagna e Germania. Insomma, bisogna lavorare: non basta fare dichiarazioni. È inutile indicare modelli ideali». Cosa pensa della proposta sui prefetti? «È una buffonata. Basta parlare con gli stessi prefetti per capire che questa è soltanto una trovata propagandistica. Anche il riferimento ai prefetti francesi non sta in piedi: in Francia le prefetture hanno un ruolo più ampio di quello affidato agli omologhi italiani». Fin dove arriverà il duello Tremonti-Draghi? «Anche questo mi sembra irresponsabile. In un momento come questo ci vorrebbe collaborazione tra Tesoro e Banca centrale».

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nostalgia della città olimpica - salvatore tropea (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XVIII - Torino Nostalgia della città olimpica SALVATORE TROPEA (segue dalla prima di cronaca) La crisi ha offuscato il ricordo della Torino a cinque cerchi. Sarebbe inutile e sciocco negarlo. E non è più questione di essere ottimisti o pessimisti. A meno che non si voglia dar credito alla congiura mediatica che ossessiona Berlusconi i fatti sono quelli che sono. Le cronache dei giornali, che nell´inverno di tre anni fa descrivevano una città scintillante in grado di stupire il mondo per la sua capacità di organizzare un grande evento esibendolo sulla scena di un riscoperto patrimonio turistico e artistico, adesso riferiscono di aziende che tirano giù le serrande, si trasferiscono altrove, riducono le maestranze, ricorrono a dosi massicce di cassa. Una contabilità preoccupante contro la quale non bastano gli annunci di iniziative senza precisare come saranno finanziate. Perché in fondo è un problema di risorse finanziarie. Le banche, principio e fine del terremoto mondiale, hanno stretto i cordoni della borsa, il governo ha fatto altrettanto inventandosi e mettendo in atto meccanismi che hanno impoverito le casse degli enti locali. E poiché quando non ci sono soldi si è costretti a rinunciare a certe spese si comincia a fare la selezione tra ciò che è indispensabile e ciò che è o sembra superfluo. E così la città cambia aspetto. Ci si trova a dover fare i conti con una situazione della viabilità che, con la complicità di un inverno particolarmente inclemente, è diventata in poco tempo impresentabile oltre che pericolosa. In barba agli annunci del governo sembra essersi scatenata una nuova offensiva dei graffitari particolarmente agguerriti nelle strade del centro. I servizi di pulizia urbana che sembravano avviati verso livelli di eccellenza europea mostrano evidenti segni di stanchezza e in alcune zone hanno perduto la regolarità diventando episodici e occasionali. Si risparmia su tutto e la necessità di farlo in fretta induce a tagliare laddove si dovrebbe tentare di razionalizzare. Il risultato è una minor cura della città che si va diffondendo in forma più o meno visibile ma che alla fine porta a quella nostalgia della Torino olimpica per dire la città di una stagione non poi così lontana. Proprio nei giorni dell´inverno 2006, ospite di Torino alla quale aveva passato la fiaccola olimpica, il sindaco di Salt Lake City, il democratico Ross C. Anderson, in un´intervista a questo giornale, aveva sottolineato come, una volta spenti i riflettori sull´evento sportivo, il merito delle Olimpiadi sarebbe stato quello di lasciare in eredità un patrimonio di infrastrutture da gestire al meglio e una città rigenerata e rimessa a nuovo nella quale vivere. Ecco, quella città non c´è più o rischia di non esserci più. Sergio Chiamparino, che ha avuto in gran parte il merito di avere voluto e guidato quella stagione di rinascita, deve ora pensare a difenderla senza che la si debba rimpiangere. Magari facendo anche qualche riflessione di ordine politico - elettorale e considerando il rischio sintetizzato dal poeta e romanziere francese Alfred de Musset nel monito che «il bene perduto rende l´uomo avaro».

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le ong sono sempre più nel mirino scompare lo scudo della neutralità - anais ginori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Esteri Nel 2008 sono stati uccisi 89 operatori umanitari. E la tendenza dei primi mesi del 2009 è ancora peggiore Le Ong sono sempre più nel mirino scompare lo scudo della neutralità Nonostante le tutele della Convenzione di Ginevra, i rischi per chi presta aiuto sono in aumento ANAIS GINORI In principio ci fu la Convenzione di Ginevra, che nel 1949 riconosceva a chi prestava aiuti e soccorsi una neutralità tra le parti in conflitto. Sessant´anni dopo quel prezioso salvacondotto è quasi scomparso. Nessuna Ong è più al sicuro. Il 2008 è stato l´anno dei record. Tutti negativi. In dodici mesi sono stati uccisi 89 operatori umanitari, soprattutto in Somalia (36), Afghanistan (33), Darfur (11), Ciad (4). Quello appena trascorso è stato uno dei peggiori anni per la sicurezza. Bisogna risalire al 2003 per ritrovare un dato simile. E la tendenza del 2009 non è migliore. Durante la guerra a Gaza sono morti otto membri dell´agenzia Unrwa e un volontario di Care International. Altre due vittime ci sono già state in Pakistan, tre nello Sri Lanka e due in Somalia. "Sparare contro la Croce Rossa" non è più tabù. Il sequestro degli operatori di Medici Senza Frontiere è la conferma dell´aumentata insicurezza per chi deve curare e proteggere la popolazione civile. «è sempre più difficile lavorare in maniera indipendente», ammette il portavoce di Msf, Sergio Cecchini. Le fazioni in guerra non riconoscono la famosa neutralità. I cooperanti sono bersaglio di violenze, si ritrovano spesso al centro di strumentalizzazioni politiche. E anche un capo di Stato come Omar Bashir ha accusato qualche giorno fa alcune Ong di essere «spie e ladri». Tutto il personale di Medici Senza Frontiere è già stato evacuato dal Darfur dopo il rapimento di D´Ascanio e dei colleghi dell´ospedale di Serif Umra. Una decisione confermata anche dopo il rilascio degli ostaggi. Altre organizzazioni italiane vogliono rimanere. «Cerchiamo di mantenere un basso profilo per non mettere a repentaglio l´incolumità dei nostri operatori», dice Valentina Zita, che si occupa della missione in Sudan della Coopi. Anche Intersos non ha intenzione di smobilitare la sua presenza in Darfur. «Tuttavia - precisa Nino Sergi - siamo stati costretti per motivi di sicurezza a ridurre il personale da 25 a 12 persone». A preoccupare in questo momento è anche l´Afghanistan, dove l´ambasciata italiana ha invitato le Ong a lasciare il Paese. «Non è giusto che le istituzioni scarichino su di noi questa responsabilità - prosegue Sergi - abbiamo chiesto un incontro con la Farnesina». Gli attacchi stanno condizionando i progetti di molte Ong. La protezione a chi presta soccorso è sempre meno garantita. E le ultime guerre hanno evidenziato una tendenza delle forze militari a scoraggiare le missioni umanitarie civili per poter agire indisturbate. Negli ultimi dieci anni le vittime tra gli operatori umanitari in zone di conflitto sono aumentate del 92%. Il pericolo è rappresentato anche da banditismo e micro-criminalità. Secondo l´ufficio che si occupa della sicurezza del personale delle Nazioni Unite, durante il 2008 le azioni dirette contro le missioni Onu sono aumentate del 36%: 490 attacchi, 546 azioni di intimidazioni o minacce, 578 rapine, 263 assalti al personale, 119 sequestri, 160 arresti da parte di organi di polizia, 39 casi di detenzione illegali da parte di fazioni non governative. «Ma non possiamo scappare sotto la minaccia», conclude Sergi. «Il nostro obiettivo è rimanere vicino alla gente finché si può».

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Ricetta Obama (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

APPELLO ANCHE ALL'EUROPA PER UN INTERVENTO GLOBALE COORDINATO Ricetta Obama [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Basta pessimismo. Usa ritmi perentori Larry Summers esortando gli americani a voltare pagina e a lavorare sodo per la rinascita nazionale. L'appello del Consigliere economico della Casa Bianca arriva su precisa indicazione di Barack Obama che tenta di cavalcare i segnali di ripresa provenienti da Wall Street, che ha segnato il quarto rialzo consecutivo. La crisi ha portato a un generale «eccesso di paura» e «i timori creano solo altri timori», dice Summers ricordando la massima di Franklin D. Roosvelt ovvero «che l'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa». In un intervento alla Brookings Institutions, l'ex segretario al Tesoro di Bill Clinton cita alcuni recenti dati economici confortanti. Tra questi «la stabilizzazione delle spese per consumi», o l'indice di fiducia dei consumatori salito a metà marzo a 56,6 punti. E' il momento di investire a lungo termine, secondo Summers che agli imprenditori americani suggerisce di «non ragionare su orizzonti ridotti perché le opportunità di crescita sono oggi più ampie rispetto a due anni fa». E' un discorso a tutto campo quello del consigliere economico che sebbene preferisca non azzardare previsioni sulla durata della crisi, spiega che il piano di stimoli sta iniziando a sortire alcuni degli effetti sperati: «ora la priorità, anche per tutelare l'occupazione, è sostenere la domanda». Conferma la necessità di rimettere in moto il mercato del credito attraverso il Talf, la bonifica degli asset tossici e il potenziamento di liquidità e capitali delle banche, mentre sul fronte monetario dichiara guerra alla deflazione per le ricadute pericolose sul debito pubblico. Summers suona la carica nel giorno in cui Wall Street chiude di nuovo in rialzo, al termine di una seduta interlocutoria che ha visto il cardinale Edward Egan, arcivescovo emerito di New York, presenziare alla cerimonia di apertura delle contrattazioni. Il Dow Jones ha segnato +0,40% e il Nasdaq a +0,03% anche grazie al calo del deficit commerciale, passato in febbraio al minimo dall'ottobre 2002. Dietro la sortita del Brookings c'è la mano di Obama, che avendo appreso del calo dell'indice di gradimento ai livelli di Bush nel 2001, ha deciso di conferirsi il titolo di «capo promotore della fiducia». Dopo aver strigliato, poco prima della partenza per Londra, il segretario al Tesoro, Timothy Geithner a causa del suo pessimismo inconcludente e reiterato, Obama ha chiesto a Summers di suonare la carica nominandolo sul campo alfiere della riscossa. Dopo l'incontro col direttore del Consiglio per la ripresa economica, Paul Volcker, sullo stato di avanzamento dei 787 miliardi di dollari di stimoli fiscali, il presidente è intervenuto nuovamente dicendo che gli Usa devono «gettare le fondamenta per la crescita del dopo-bolla». E rivolgendosi agli alleati europei ha rilanciato l'appello per un intervento globale coordinato in vista del summit politico del G-20. Volcker invece, ha ribadito la necessità di riforme a lungo termine, perchè «l'economia ci metterà più tempo della finanza per ritornare a funzionare», anche se alcuni segnali fanno ben sperare. Sul versante bancario, ad esempio, il presidente di Citigroup, Richard Parsons, dice che l'istituto non ha bisogno di altre ricapitalizzazioni pubbliche ed esprime «grande fiducia» nel futuro del gruppo. Bank of America annuncia vuole restituire i prestiti federali e avverte che chiuderà il primo trimestre 2009 in attivo. Buone notizie anche da Detroit: Ray Young, direttore finanziario di General Motors avverte che la società, almeno per ora, non ha bisogno del nuovo finanziamento federale da due miliardi di dollari grazie ai primi successi raggiunti con l'avvio del piano di ristrutturazione.

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Google bussa per entrare nel Dow Jones Industrial Ma l'indice è tutto da rifare (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Google bussa per entrare nel Dow Jones Industrial Ma l'indice è tutto da rifare Deutsche Bank e Nomura a caccia di quote di mercato Le quote di mercato - e il loro incremento - sono la nuova parola d'ordine delle banche d'investimento. Quelle sopravvissute al terremoto del settore stanno facendo di tutto per crescere e le loro velleità sono testimoniate dai recenti spostamenti ai vertici in Deutsche Bank e Nomura. Deutsche Bank ha elevato i co-direttori della divisione investimenti - Michael Cohrs e Anshu Jain - a membri del Cda del gruppo. La scelta del momento è significativa perché ratifica l'interesse della banca verso il ramo investimenti dopo un anno disastroso, senza con ciò rinunciare all'espansione sul mercato retail tedesco. La promozione, inoltre, pone Cohrs e Jain nella ristretta cerchia dei possibili successori dell'ad Josef Ackermann, il cui mandato scadrà tra circa un anno. Anche Nomura intende sottolineare il suo sostegno al ramo investimenti dopo l'acquisto delle operazioni europee di Lehman Brothers, in preparazione di un probabile approdo negli Usa. Hiromi Yamaji, il responsabile globale della divisione investimenti, si sta trasferendo da Tokyo a Londra. Per la prima volta questo ruolo sarà esercitato fuori dal Giappone. Come Deutsche Bank, anche Nomura vede buone prospettive al di là dei depositi e dei prestiti locali. La crisi ha messo in ginocchio molte banche. È perfettamente ragionevole che gli istituti ancora in piedi cerchino di approfittarne occupando gli spazi vuoti. Per ora, le prospettive sono allettanti. Le commissioni sono salite alle stelle a compensazione dei rischi per le banche di investimenti. Ma un'azione di conquista selvaggia da parte di troppi concorrenti rischia di far dimenticare gli antichi errori. Ed è proprio per questo che gli spostamenti ai vertici di Deutsche Bank e Nomura sono significativi. Entrando nel Cda, Cohrs e Jain godranno di un punto di osservazione più ampio sui rischi di Deutsche Bank nel suo insieme. Yamaji si insedierà, portando con sé un approccio meno ardito, in una piazza finanziaria più centrale. A giudicare da queste mosse, le due banche comprendono il pericolo di una corsa sfrenata alle quote di mercato. \ È difficile immaginare l'indice Dow Jones Industrial senza Citigroup e General Motors, ma il difficile momento finanziario le ha declassate al rango di "penny stock", rendendo probabile un loro imminente depennamento. La storia insegna che i loro sostituti saranno espressione delle tecnologie e dell'economia dei tempi. In quest'ottica, Google sembrerebbe una scelta obbligata, ma il prezzo elevato del titolo pone un dilemma. Quando è stato istituito nel 1896, il Dow aveva l'obiettivo di fornire un'ampia panoramica dell'economia Usa. Oggi è difficile sostenere che Citi e GM siano qualificate per questo scopo. Ma chi dovrebbe sostituirle? Tradizionalmente, le variazioni del Dow tendono a riflettere le nuove tecnologie e i settori emergenti. Dei dodici titoli originari, solo General Electric è ancora in lista. Con il tempo, sono state aggiunte società rappresentative delle tendenze dell'epoca come Victor Talking Machine, American Can e Remington Typewriter. Sembra difficile escludere Google, una società che riflette lo spirito del tempo e vanta una capitalizzazione di 100 miliardi. Google ha creato un'intera economia di piccole società satellite che le ruotano intorno. Quest'inclusione avrebbe però l'effetto di distorcere l'intero indice. Poiché il Dow viene ponderato in base al prezzo dell'azione, le variazioni del titolo Google, che oggi vale 323 dollari, peserebbero 36 volte di più delle oscillazioni di Electric, oggi quotata a 9 dollari, nonostante le due aziende abbiano una capitalizzazione di mercato quasi identica. Anche senza Google, l'antiquato metodo di ponderazione del Dow lo espone a fluttuazioni bizzarre. Ma questa non è una buona ragione per escludere Google. Piuttosto, i custodi del Dow dovrebbero riconsiderare il proprio approccio, magari adottando un meccanismo di ponderazione basato sulla capitalizzazione di mercato, come nel caso dell'S&P 500 e di molti altri. Le aziende incluse nel Dow sono cambiate nel tempo. È ora che cambi anche il metodo di calcolo dell'indice. \

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- (segue dalla copertina) luca villoresi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 32 - Cronaca Il Colosseo è il monumento più visitato nel mondo. Ma l´anfiteatro romano è un percorso ad ostacoli: pochi metal detector creano code sfiancanti. All´ingresso si viene accolti da imbonitori di ogni tipo Dentro, una sequela di scavi e transenne, poche informazioni didattiche, ancor meno dépliant Senza contare le chiusure straordinarie e un biglietto non proprio a buon mercato La soprintendenza vuole istituire un senso unico per regolare i flussi di chi entra Il ticket comprende anche il Foro e il Palatino ma si vaga in assenza di riferimenti "La piantina? Ecco, prenda questa ma poi ce la riporti perché ne abbiamo una sola" (SEGUE DALLA COPERTINA) LUCA VILLORESI Terzo passaggio: la fila al metal detector, per accedere alla fila della biglietteria. Infine, il sospirato ticket. Fornito, nonostante a volte ce ne sia evidentemente bisogno («L´anfiteatro Flavio?! Ma non siamo venuti al Colosseo?»), senza l´accompagnamento di alcun dépliant informativo. Il quadro può essere arricchito da diverse varianti. Giovedì: rissa tra gladiatori per accaparrarsi un cliente. Venerdì: «Closed for union meeting. Il monumento resterà chiuso dalle 8,30 alle 12,30 per assemblea sindacale». Sabato, col sole, prima prova del pienone primaverile. Le due ragazze dell´ufficio informazioni, al pari dei due metal detector, fanno quello che possono. «Sì, assieme al biglietto dovrebbe esserci anche una piantina. Dispiace... Ecco, prenda questa... però poi ce la riporta, ché ne abbiamo una sola». Il serpentone dei visitatori avvolge nelle sue spire spalti e arena. Girovaga. Ogni tanto si blocca, comitiva contro comitiva, si contorce. Assorda. Per limitare l´inquinamento acustico l´uso degli altoparlanti è stato vietato. Le guide si arrangiano, a chi strilla di più. E non è ancora niente. «In estate a volte non riesco nemmeno a raggiungere l´ufficio. Un muro umano», racconta Rossella Rea, la soprintendente del monumento. «Fino agli anni Novanta avevamo meno di un milione di visitatori. Sono più che quintuplicati. Ogni tanto si blocca tutto. E stiamo pensando di istituire una specie di senso unico per irreggimentare i flussi». Il turista, però, sembra abbandonato a sé stesso. «A fine mese, in occasione della mostra sui Flavi, verrà finalmente allestito un percorso con dei pannelli esplicativi». I dépliant? «Certo, ci pensiamo. Ma bisogna trovare i soldi per stampare sei milioni di opuscoli». E poi, aggiunge, indicando l´ufficetto tutto accatastato, «toccherà trovare pure lo spazio per immagazzinarli». Quella dei cristiani mangiati dalla belve del Colosseo, a quanto pare, è un´invenzione. Ma separare storia e leggenda è più facile di quanto non lo sia camminare sul filo delle transenne che separano tutela e fruizione, cura e abbandono. Confine labile. Opinabile come una valutazione estetica: che giudizio dare, ad esempio, sulle cancellate dell´anfiteatro, montate (provvisoriamente) trent´anni or sono? Incerto come una ripartizione di poteri: nell´area del Colosseo, per dirne una, il piano di calpestio è competenza del Comune, quello che è sopraelevato della Soprintendenza archeologica. La materia per discutere, insomma, non manca; non è immune da interessi economici, rivalità accademiche, schieramenti; ed è ormai arrivata all´estremo bollore con l´escalation di Sandro Bondi, il ministro che, scelto come consigliere un ex manager della McDonald´s, ha scelto come commissario straordinario per l´area archeologica di Roma l´ex capo della protezione civile Guido Bertolaso e spinto alle dimissioni il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Salvatore Settis, prontamente sostituito dall´archeologo Andrea Carandini. Per delimitare i confini del campo di battaglia basta attenersi al biglietto d´ingresso. Il ticket è un riassunto essenziale. Dodici euro. Per accedere a «Colosseo + Foro + Palatino». Un tris. Messo lì anche per rammentarci che, in questo caso, molte complicazioni non nascono solo dalle responsabilità del presente, ma dall´eccesso di passato che ha accumulato in quest´area la massima concentrazione mondiale di storiche vestigia. Il Colosseo è solo un vertice, il più visibile e in un certo senso il più «facile», di un panorama molto complesso. Un monumento maestoso e glorificato; ma pur sempre un singolo monumento. Raccontare a un turista le vicende dell´anfiteatro Flavio, la fondazione (un disco di calcestruzzo spesso 14 metri), i giochi da sessantamila spettatori, la decadenza, i restauri, non è difficile. Ma provate ad affacciarvi sul Foro romano e a percorrerne l´asse centrale, la via Sacra. Capitelli, archi e colonne... Tizi, Cai e Semproni... Duemila e 750 anni di storia. E di una morale della storia dove una via Sacra è anche una via profana: templi e bordelli, basiliche e taverne. Strato su strato, dalla Cloaca massima agli affreschi bizantini, dalle rocche medioevali al piccone fascista. Difficile, in effetti, riepilogare tutto. Ma anche difficile credere che un turista debba restare abbandonato a se stesso, in un´assenza totale di riferimenti. Disorientato e confuso il visitatore vaga così, da marmo a marmo, in uno stato di sbigottimento simile a quello che il Belli aveva colto in Gregorio XVI venuto a visitare gli scavi del Foro: «Bene diceva er papa in quer macello� Ber bucio! Bella fossa! Ber grottino! Belli �sti serci! Tutto quanto bello!». A chiudere il tour dei Fori, accanto al Romano, andrebbero peraltro schierati anche i fori di Cesare, d´Augusto, di Nerva, di Traiano e della Pace. Ognuno con le sue vestigia e le sue stratificazioni. E ancora non siamo saliti sul Palatino, un prototipo del paesaggio con rovine sospeso tra l´Enea di Virgilio («Mira colà quella scoscesa rupe e quei rotti macigni�») e l´avviso affisso all´ingresso («In caso di avversità atmosferica alcuni monumenti potrebbero essere chiusi»). Dal primo re all´ultimo imperatore il Palatino ha interpretato per quasi un millennio la residenza ufficiale del potere (quello che noi chiamiamo il Palazzo deriva proprio dal nome del colle, il Palatium). Una miniera di anticaglia. E un cantiere, senza fine e senza fondo, aperto su un labirinto che non smette di stupire, in orizzontale e in verticale. Cade un albero? Dalle radici viene fuori un criptoportico. Uno smottamento? Ecco una casa di epoca repubblicana. La terra stessa è un impasto di frammenti di marmo, tufo, terracotta, ceramica, cenere, piombo. Da una parte si scava. Dall´altra si consolida, in una sequela di ponteggi, transenne e ammonimenti, ormai arrugginiti, o freschi di giornata: «Danger. No trespassing». Il Palatino è un panino di tufo imbottito d´argilla. Continua a smottare. E agli archeologi del futuro le tracce più evidenti della nostra epoca appariranno sotto forma di tubi, zeppe, toppe, puntelli, tiranti. Anche qui, tra queste traballanti, stupende vedute traballanti, l´assenza di informazioni è totale. Ma anche qui (anzi, ci si immagina, soprattutto qui) un eccesso di zelo didattico sponsorizzato potrebbe guastare irrimediabilmente un´atmosfera unica, rimasta miracolosamente fuori dal tempo e dallo spazio della metropoli. Comunque andrà, siamo agli epiloghi. Il 21 aprile, Natale di Roma (Capitale), cadrà il muro che separava (non è questione di una singola lettera) le competenze della Soprintendenza statale da quelle della Sovrintendenza comunale. L´evento, pare, sarà celebrato da una stretta di mano fra il ministro dei Beni culturali e il sindaco di Roma. Bondi e Alemanno, Romolo, Nerone e Ben Hur. Storia, leggenda, cronaca. Riunite, si direbbe, da una formula formato ticket: Colosseo + Foro + Palatino =?

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le assicurazioni, fonsai e il fattore ligresti (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 18 - Economia LE ASSICURAZIONI, FONSAI E IL FATTORE LIGRESTI Nel ramo vita è finita la pacchia dei prodotti mascherati, che hanno generato polizze complicate e commissioni spropositate Anche le assicurazioni piangono. Dai massimi, il settore in Europa ha perso il 70%: 27% più dell´indice del mercato. Le compagnie, in quanto investitori istituzionali, soffrono quando le Borse vanno male. Ma il loro sembra un lento declino: in 10 anni, il valore complessivo delle assicurazioni di Eurolandia, in percentuale sul totale delle società quotate, è calato dal 12% al 5%. Ai problemi del settore, Fonsai somma l´intrinseca debolezza finanziaria del gruppo, imposta dal mantenimento del controllo da parte di Ligresti con il minimo impegno di capitali, e dall´uso degli attivi della compagnia per garantire al medesimo un posto al tavolo del capitalismo delle relazioni (Mediobanca, Rcs, Pirelli, Impregilo, Alitalia) e degli affari immobiliari, anche se forse non sono gli investimenti migliori per gli assicurati. Per conoscere il bilancio Fonsai 2008 bisognerà attendere il 23 marzo. Quindi, faccio riferimento ai dati dei primi 9 mesi, che evidenziano già con chiarezza i problemi. Le prospettive per il settore automobilistico sono nere. E dato che la spesa per assicurare i veicoli segue quella per i beni assicurati, per Fonsai, leader italiano nell´Rc Auto, si annunciano tempi difficili. Aggravati dal Decreto Bersani 2 che, a detta di Fonsai, ha aumentato la concorrenza e ridotto il premio medio pagato. Così, i premi Rc Auto sono diminuiti del 3% (e il trend rimane negativo). Nel ramo vita, sembra finita la pacchia dei prodotti finanziari mascherati, che hanno generato polizze complicate, per giustificare commissioni spropositate, contabilizzate al collocamento pur essendo pluriennali, e vendute attraverso il quasi monopolio bancario nell´accesso al risparmio. E che spesso hanno scaricato il rischio sulle spalle dell´investitore: Fonsai ha 207 milioni di proventi finanziari netti, mentre ne contabilizza 597 di perdite sui prodotti a rischio degli assicurati. Per non parlare delle Index con titoli Lehman e dalle banche islandesi, poi fallite. Nel futuro di Fonsai ci dovrà essere il ritorno a prodotti vita tradizionali, meno redditizi, la perdita di rilevanza del canale bancario (oggi predominante), lo sviluppo in rami diversi da Rc Auto e un robusto taglio dei costi (1,4 miliardi di provvigioni e costi di gestione su 8 di premi). Non sarà breve, né indolore. Come tutte le assicurazioni, anche Fonsai deve convincere di avere i capitali per assorbire le perdite in borsa e fronteggiare il trend negativo dell´immobiliare. A settembre dichiarava 3,6 miliardi di attività immobiliari e 2,2 di titoli azionari. Quante perdite abbia cumulato a oggi, non è stimabile. Una parte del rischio azionario è stato coperto, ma non si sa a quale livello del mercato. Né si conoscono i criteri di valutazione degli immobili e delle partecipazioni "strategiche". E sorprende che abbia riclassificato 1,5 miliardi di investimenti, grazie a una deroga alle regole contabili pensata per i titoli "tossici", pur dichiarando di non averne in portafoglio. Ironicamente, però, sono le obbligazioni a basso rischio (80% degli investimenti) che alla lunga potrebbero costituire la principale minaccia alle fortune di Fonsai. Oggi limitano le perdite, ma in uno scenario prolungato di bassi tassi, la gestione finanziaria non riesce più a contribuire agli utili, e costringe la compagnia ad assumersi più rischi. Così gli investitori penalizzano Fonsai: in Borsa vale appena il 45% del suo patrimonio, uno sconto del 34% rispetto alla media mondiale di settore. Prima o poi, potrebbe essere necessario rafforzarsi patrimonialmente. Ma è un´opzione non percorribile, viste le risorse limitate a disposizione di Ligresti. Che, anzi, impegna capitali del gruppo assicurativo per facilitare il suo controllo, chiedendo a Fonsai di detenere l´11% di azioni proprie e il 6,7% della controllante Premafin. E nonostante la crisi, Fonsai dichiara di voler pagare un lauto dividendo. Forse bisogna far salire liquidità ai piani altri della piramide, per far fronte ai debiti.

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paradisi fiscali, la svizzera si arrende - franco zantonelli (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 21 - Economia Paradisi fiscali, la Svizzera si arrende Segreto bancario meno stringente. Si adeguano Austria e Lussemburgo La Confederazione ha risposto al pressing della Ue per non finire tra i Paesi canaglia FRANCO ZANTONELLI ZURIGO - Suonano di venerdì 13 le campane a morto, per il segreto bancario elvetico. Nel giro di meno di un mese, presa nella morsa di Germania, Francia Regno Unito e Stati Uniti, con la prospettiva concreta di finire, in breve tempo, sulla lista nera dei paradisi fiscali, la Confederazione ha deciso di cedere alle pressioni. Dopo aver resistito alle mire naziste sugli averi degli Ebrei, depositati nelle sue banche, il segreto bancario elvetico viene annichilito dall´azione congiunta di alcune grandi democrazie i cui governi, con la crisi finanziaria in atto, non si possono più permettere alcuna fuga di capitali. «Ci siamo uniformati alle regole dell´Ocse, rinunciando alla distinzione tra evasione e frode fiscale», ha spiegato, ieri, nel corso di una conferenza stampa a Berna, il presidente della Confederazione, Hans Rudolf Merz. «Il che significa - spiega Carlo Lombardini - avvocato di Ginevra, esperto in diritto bancario - che la assistenza giudiziaria, che prima veniva assicurata solo nel caso della frode, considerata anche dalla Svizzera un reato penale, verrà estesa all´evasione». Ma questo ammorbidimento del segreto bancario è un tabù che cade? «Più che altro - afferma Lombardini - è il segnale di un mondo che cambia. Quello che sarà importante è che tutte le piazze finanziarie applichino le medesime regole». Ciò che, puntualmente, si sta verificando. Dopo Liechtenstein e Belgio, infatti, ieri anche Austria e Lussemburgo hanno annunciato misure analoghe a quelle prese dalla Svizzera. «Non si è trattato di misure concertate», ha detto, tuttavia, il presidente della Confederazione, Hans Rudolf Merz. Resta il fatto che, nello spazio di pochissimi giorni, tutti quei Paesi su cui, al G 20 di Londra del prossimo 2 aprile, pendeva la minaccia di finire in una sorta di girone degli Stati canaglia, per la loro resistenza alla collaborazione internazionale, in tema di fiscalità, si sono messi in regola in fretta e furia. Il via, alle pressioni, è iniziato con la Svizzera, dopo che l´Ubs, la principale banca elvetica, era finita nel mirino della giustizia statunitense, per aver aiutato migliaia di clienti americani ad evadere le tasse, nascondendo i loro soldi su conti cifrati. La banca si è trovata con l´intimazione, pena la perdita della licenza, a consegnare ad un giudice della Florida i nominativi di 52 mila clienti con la prospettiva, oltretutto, di azioni legali da parte degli stessi clienti, infuriati da una eventuale violazione della loro sfera privata. Successivamente, all´azione di Washington, si sono accodati Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Gordon Brown, pretendendo la fine, pura e semplice, del segreto bancario. Una decisione su eventuali sanzioni, venne fatto presente, sarebbe stata presa al G 20 di Londra, a cui nessun rappresentante del Governo svizzero, nonostante una richiesta precisa di Berna, è stato invitato. Per l´esperto di diritto bancario di Ginevra, Carlo Lombardini «in un mese è precipitato tutto, più per l´azione americana che per quella dell´Ue».

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e la sua - adriano prosperi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 40 - Cultura E LA SUA Un saggio dello storico Paolo Prodi storia il furto "Settimo: non rubare" ribalta l´idea che la Chiesa medievale sia stata avversa al mercato e indaga le leggi e le predicazioni contro il ladrocinio La necessità di mettere d´accordo il settimo comandamento col crescente benessere Un modello di ricerca che punti a capire il presente partendo da distanze lontane ADRIANO PROSPERI La violenza e il disordine dei mercati finanziari riempiono oggi le cronache di tutto il mondo di storie di truffe gigantesche, arricchimenti smisurati di pochi e miseria di molti. è difficile immaginare che tutto questo abbia un rapporto con lo spirito evangelico e con le virtù cristiane. Eppure da quando Max Weber propose nel 1905 la sua celebre tesi di un nesso fra l´etica protestante e lo spirito del capitalismo non c´è questione storica più dibattuta di questa. Il problema nei suoi termini più semplici è quello di capire perché proprio in Europa abbia avuto origine la rivoluzionaria espansione del sistema capitalistico destinata a rompere le catene che avevano fino ad allora legato le energie prometeiche della specie umana. La proposta di Weber suscitò uno straordinario interesse perché spostava la questione dal capitale di cui aveva parlato Marx allo spirito capitalistico, cioè sul terreno della cultura e della religione. Ma quale religione? E perché proprio il calvinismo? Nel 1934 un giovane professore dell´Università Cattolica destinato a un grande futuro politico, Amintore Fanfani, candidò il cattolicesimo a vero padre del capitalismo. Poi gli studi si sono spostati sull´etica economica medievale. Oggi l´intera questione è riproposta in termini nuovi nell´ultimo libro di Paolo Prodi: Settimo: non rubare. Furto e mercato nella storia dell´Occidente (Il Mulino, pagg. 396, euro 29). Il comandamento biblico dà il titolo a una ricerca di grande respiro e di robusta costruzione che abbraccia l´intero Occidente cristiano dall´XI al XIX secolo. La storia che vi si racconta è quella delle discussioni e delle regole tese a fissare i confini tra il furto e il guadagno legittimo da quando nelle città dell´Europa si avviò lo sviluppo delle moderne attività mercantili. Lo sforzo di disciplinare gli spiriti animali del mercato dominò da allora le riflessioni sui rapporti tra guadagno privato e bene comune, ricchezza individuale e benessere della città, frode commerciale e corruzione politica. Dopo le regole fissate dalla Chiesa vennero quelle della repubblica internazionale del danaro e le leggi degli stati. Ma quali furono le precondizioni della rivoluzione commerciale avviatasi nelle città medievali? La tesi di Prodi è che il mercato come realtà autoregolantesi, dotata di una propria capacità di espansione, vide aprirsi per la prima volta uno spazio di libertà nel contrasto fra papato e impero. Fu quella la via che gli permise di sfuggire al controllo di un potere politico tendente per sua natura a coartare le straordinarie potenzialità di sviluppo del mercato. Il successo dell´Europa medievale spicca al confronto del mancato sviluppo del mercato dell´agorà ateniese dove, osservò una volta Karl Polanyi, era stata proprio quell´antica democrazia a soffocarne l´espansione. Invece, secondo Prodi, grazie al dualismo istituzionale di papato e impero si installò nel cuore dell´Europa quella fibrillazione o rivoluzione permanente che doveva sostentarne l´ascesa come centro propulsore dello sviluppo mondiale. è dunque dalla «rivoluzione papale» che nasce la rivoluzione commerciale, in sincronia con altri macroprocessi che ebbero un identico scenario: la piazza, luogo del giuramento costitutivo del patto politico ma anche luogo simbolico della giustizia e luogo infine del mercato, terzo e ultimo oggetto di questo volume che conclude una serrata trilogia. I caratteri originali della storia europea sono ricondotti alle comuni radici cristiane e agli spazi di libertà aperti dalla dialettica tra Chiesa e poteri politici. E non c´è solo questo. Viene qui messo in luce il contributo intellettuale degli uomini di Chiesa e in particolare dei nuovi ordini francescano e domenicano all´elaborazione delle regole del mercato con lo sviluppo dei concetti di tempo, prezzo, moneta, con le nuove definizioni del reato di furto, con l´esercizio della guida delle coscienze attraverso la predicazione e la confessione: ma anche, infine, con la creazione di moderne istituzioni bancarie (sotto il segno, ricordiamo, di un violento attacco a un protagonista di questa storia che qui rimane piuttosto in ombra, l´ebreo). Quelle ricchezze accumulate che inquietavano le coscienze di uomini come il celebre mercante di Prato Francesco di Marco Datini imponevano la necessità di mettere d´accordo il settimo comandamento col flusso di benessere portato dal commercio. La ricostruzione del lavoro intellettuale e pratico svolto a tal fine dagli uomini della Chiesa ha impegnato l´autore di queste pagine in una ricerca di cui affiora qui anche la sensazione di una grande fatica. L´esito è chiaro. Finora il contributo della Chiesa allo sviluppo del mercato è apparso in genere negativo, per le condanne del prestito a interesse come peccato di usura che alimentarono l´antigiudaismo cristiano e che nascevano dalla considerazione del tempo come qualcosa che apparteneva solo a Dio. Ma Prodi contesta la tesi formulata da Jacques Le Goff di un´opposizione fra l´immobile «tempo della Chiesa» e un «tempo del mercante» aperto all´azione umana e a valori laici e sottolinea invece l´importanza del volontarismo francescano e di teologi come Pietro di Giovanni Olivi. Non è possibile qui seguire l´intero disegno dell´opera, scandito dalle metamorfosi del furto da peccato religioso a colpa morale e a crimine e articolato nelle fasi di una storia dominata agli inizi dalla teologia e dalla casistica di coscienza, poi dalla autonomia delle leggi di mercato, infine dall´affermarsi nell´800 del dominio dello Stato sulla vita sociale con l´alleanza di potere politico e potere economico. Vediamo in prospettiva la globalizzazione dell´economia, quando la «repubblica internazionale del denaro» cancellerà i confini degli stati insieme ad ogni ricordo di quelle norme etiche dell´equità e del bene comune che la tradizione cristiana aveva lungamente elaborato. Sui temi e sulle tesi di questo libro ci sarà modo di discutere. Qui si dovrà almeno osservare che ancora una volta Paolo Prodi oppone a un consumo della storia oggi dominato dai contemporaneisti un modello di ricerca storica che punta a capire il presente partendo da distanze lontanissime: o meglio, partendo verso l´esplorazione di quelle terre lontane da una propria intuizione dei problemi del presente. Di fatto, è il ritorno conclusivo su questi problemi che è il presupposto e il premio del ricercatore. Ed è ai propri tempi che l´autore dedica l´ultimo capitolo di «riflessioni attuali» sui rapporti tra economia e politica, finanza e stato, etica e giustizia. La crisi economica mondiale in cui siamo immersi è l´esito, a suo avviso, di una dislocazione tettonica affiorante da profondità secolari, di cui solo una ricerca storica di adeguata ampiezza può rintracciare le cause profonde. Ma se i mali sono evidenti, se è vero che i confini tra il furto e il non furto sono diventati evanescenti e che nell´attuale situazione di dominio della finanza sulla politica le leggi della democrazia liberale esistono solo in apparenza, se è indiscutibile che la fragilità istituzionale dell´Italia rende più visibili qui da noi i disastri della privatizzazione del pubblico e la gravità del conflitto di interessi, la cura resta incerta e problematica: come si potrà reintrodurre l´auspicata distinzione fra il sacro, la politica e l´economia? Dobbiamo forse tornare a leggere la Rerum Novarum e a riflettere sulla dottrina sociale cristiana, secondo l´auspicio che chiude questo libro?

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- luca villoresi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 31 - R2 LUCA VILLORESI Per entrare nella cartolina bisogna passare, uno alla volta, sotto le forche caudine dell´elettronica. I due metal detector fanno quello che possono. La fila, in questi giorni di bassa, dura una mezzora; ma già a Pasqua l´attesa raddoppia, triplica. Il Colosseo, si dice, è il monumento più visitato del mondo: 5 milioni e 700 mila ingressi in un anno. Il simbolo di Roma. E il biglietto da visita dell´area archeologica più ricca e incasinata della Terra. Un patrimonio (in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del contendere di una guerra senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami� sovrintendenti, sottosegretari, commissari straordinari� Beni culturali, McDonald´s, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro, «Camera e umbrella in the scanner» - partiamo dal più semplice: quello del turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza che corre tra una cartolina e un´istantanea. Il primo impatto visivo è tipicamente romano: un´immagine maestosa e scaciata. Il Colosseo, prima di essere un monumento, è una rotatoria monumentale, il perno di un anello automobilistico che, sia detto per inciso, vanta l´attraversamento più falcidiato della Capitale (molti stranieri credono nelle strisce pedonali), nonché una svolta in discesa (la famosa curva Arco di Costantino) foriera di ripetute uscite di pista. Passate le strisce, sul piazzale, c´è il secondo passaggio obbligato: la corte dei miracoli (mezzo litro d´acqua due euro) delle bancarelle e dei furgoncini. A sua volta attorniata da torme di rapaci che, lanciando il tipico richiamo - «Hello! Hello!» - saltellano a pacche sulla spalla da una comitiva all´altra: guide abusive, pataccari, paratassisti, i lenoni dei night e delle hosterie, la zingara che questua, il gladiatore. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON UN ARTICOLO DI FRANCESCO ERBANI SEGUE A PAGINA 32

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"Ronde, ma i sindaci sul problema sicurezza non ascoltano la gente" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRONTA REPLICA DELLA LEGA NORD "Ronde, ma i sindaci sul problema sicurezza non ascoltano la gente" Questione ronde: «I sindaci della Val Bormida dovrebbero imparare ad ascoltare i propri cittadini». Dura replica del segretario provinciale della Lega Nord, Andrea Bronda, al coro compatto di commenti negativi da parte dei sindaci della Val Bormida, all'idea della «Ronde Padane». Un fronte pressochè compatto, quello di chi si oppone. Replica, però, Bronda: «I sindaci, soprattutto della sinistra, stanno evidenziando la propensione a non ascoltare più la gente, perchè quello che loro non capiscono, che denigrano parlando di sceriffi e facendo altra disinformazione, è una forte richiesta che ci arriva proprio dalla base. Gente che ha un forte rispetto del lavoro delle Forze dell'ordine, ma ha capito di dover dare il proprio contributo, così come si fa nella Protezione civile, o nelle pubbliche assistenze. Anche perchè vedono lo stato di degrado che si sta raggiungendo e il lassismo dei sindaci che, nonostante abbiano gli strumenti per intervenire tramite ordinanze e quant'altro, non fanno che demandare tutti i compiti alle Forze dell'ordine». Riguardo poi l'invito di attivarsi verso il ministro Maroni per ottenere un aumento degli organici dei carabinieri, Bronda ricorda, «che è proprio grazie alla Lega e al decreto Maroni se si sono sbloccati 100 milioni di euro, sequestrati alla mafia, ma che il precedente governo teneva ben chiusi in qualche cassetto. Soldi che verranno suddivisi tra Interno, Giustizia e Tesoro». Altro nodo scottante, la moschea, e qui interviene l'ex assessore cairese, Enrico Caviglia: «Il sindaco Briano è una contraddizione vivente: dice di essere favorevole al centro islamico, ma non ad una moschea, ma che differenza c'è? Briano dice che ci sarà opera di costante controllo, ma allora ammette che ci possono essere situazioni di potenziale pericolo. E come intende effettuare questi controlli?».

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Alzare l'età pensionabile, il momento è opportuno (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-03-14 - pag: 1 autore: SCELTE INEVITABILI Alzare l'età pensionabile, il momento è opportuno di Alberto Alesina L e donne italiane al lavoro tra i 55 e i 64 anni sono circa il 23% del totale. In Svezia il 70% delle donne di quell'età lavora, negli Stati Uniti il 50 per cento. La media europea (Ue-15) è di circa il 41 per cento. Per gli uomini nella stessa fascia di età le quote sono 46% in Italia, 76% in Svezia, 58% nella media Ue e 70% negli Stati Uniti (dati Ocse 2007). La Svezia è spesso citata a modello dalla sinistra italiana come un Paese equo e da imitare. Gli Usa sono al capo opposto con un welfare più limitato. In entrambi Paesi gli ultracinquantenni lavorano molto di più che in Italia. Questi dati davvero impressionanti sono il risultato di sciagurate politiche pensionistiche degli anni 80 che hanno abbassato sempre più l'età pensionabile differenziandola fra uomini e donne e, fino a non molto tempo fa, fra impiegati pubblici e non, a favore dei primi. L'innalzamento dell'età pensionabile dovrebbe quindi essere una delle priorità di questo Governo, dato che l'aspettativa di vita aumenta, la natalità è scesa e la montagna di debito pubblico che ci grava sulle spalle non ci permette sufficiente latitudine per attuare politiche fiscali espansive e di protezione sociale in un momento di grave recessione. Tutte cose così ovvie, dette e ridette. Finalmente il Governo ha riaperto il dossier pensioni, ma solo perché tirato per la giacca dall'Unione europea, altrimenti l'imbarazzante silenzio sull'argomento sarebbe continuato. Non si è fatta attendere la trita e scontata reazione negativa dei sindacati, che hanno parlato di "accanimento" del Governo contro i lavoratori anziani e le donne in particolare. Visti i dati sopra descritti, non si capisce come si possa usare questo termine. Ora inizieranno gli infiniti incontri tra Governo e sindacati con il solito teatrino della concertazione. Invece il Governo dovrebbe assumere questa riforma ( l'innalzamento dell'età pensionabile per uomini e donne) come un punto fermo, di scontro se necessario, con i sindacati, evitando la concertazione. è talmente ragionevole che si debba lavorare un po' più a lungo per offrire più protezione sociale a chi non l'ha, che i sindacati, se continuassero a opporsi, finirebbero per perdere ulteriore credibilità politica e prestigio. Continua u pagina 10 l'articolo prosegue in altra pagina

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Grande impegno dei prefetti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 2 autore: «Grande impegno dei prefetti» Tremonti rilancia gli Osservatori contro il credit crunch - «Vigilanza tutta alla Bce» Rossella Bocciarelli LONDRA. Dal nostro inviato Alla conferenza stampa convocata per presentare i primi, importanti risultati della riunione con il primo ministro inglese Gordon Brown, insieme alla task force per finanziare la lotta alle malattie nei paesi poveri attraverso la cosiddetta "detax", il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato ieri con le migliori intenzioni di lasciare a casa i temi della politica economica italiana. Poi, però, la conversazione con i giornalisti è scivolata su tematiche più vicine al nostro Paese, alle banche, al come fare vigilanza sui gruppi creditizi a raggio operativo multinazionale e ai modi più appropriati per far affluire il credito all'economia. E qui il ministro ha fatto due affermazioni: una in sostanziale sintonia con le posizioni espresse di recente anche dal Governatore di Banca d'Italia, Mario Draghi; l'altra sulla quale Via Nazionale, pur riaffermando la sua costante, massima disponibilità alla collaborazione, ha garbatamente puntualizzato (come riferiamo nell'articolo qui sotto). Per prima cosa, infatti, a chi chiedeva notizie sullo stato della discussione intorno al rapporto de Larosière, Tremonti ha spiegato che «la nostra posizione è molto simile a quella della Bce: ad attività sistemiche è opportuno che corrisponda una vigilanza sistemica ». E ha aggiunto: «Se quelli che devi controllare hanno la Ferrari, i controllori non possono avere la bicicletta. Io non so se questo tipo di modifica richieda un cambiamento del Trattato europeo, però io sono del parere che debba andare tutto alla Bce, se gli operatori sono sistemici». Il ministro ha poi spiegato che in fondo si tratta di un'osservazione basata sul senso comune: «Anche se si va al bar sport, che è una buona constituency, si sente osservare che se gli operatori sono europei, è giusto che i controlli si svolgano a quel livello». Con parole nella sostanza non troppo dissimili, Draghi nel suo recente intervento al Forex di Milano aveva sottolineato che la Banca centrale condivide l'esigenza, che sta emergendo nella discussione internazionale, di realizzare una «vigilanza macroprudenziale », a livello europeo e globale per i gruppi cross-border, da affiancare all'attività di controllo tradizionale sulle singole istituzioni finanziarie. Il secondo argomento affrontato ieri da Tremonti riguarda più direttamente la politica del credito in Italia. «Per me è stato un grande onore prendere la parola davanti a tutti i prefetti della Repubblica italiana» ha sottolineato, ricordando l'iniziativa congiunta con il ministro dell'Interno Roberto Maroni per dare attuazione a una disposizione del Dl anti-crisi che prevede l'istituzione di osservatori regionali per valutare a livello territoriale la dinamica del credito allo scopo di evitare effetti di stretta creditizia, e ha anche ricordato che intende convocare al più presto la seconda tornata di incontri con le categorie a via XX settembre. Ed è proprio la sua presa di posizione sui prefetti, ai quali Tremonti vorrebbe attribuire «un grandissimo impegno» nella lotta al credit crunch che ieri ha provocato una sorta di corto circuito con la politica italiana, dopo che le agenzie avevano riportato la notizia della circolare della Banca d'Italia ai direttori di filiale nella quale si spiega che in base alla normativa vigente Bankitalia è impossibilitata a fornire, anche ad altre amministrazioni pubbliche, notizie che riguardano singoli rapporti creditizi o posizioni banca per banca. Dopo le affermazioni del ministro, infatti, il leader della Lega Nord Umberto Bossi ha commentato che ritiene opportuno, sì, fare controlli sul credito «ma non con le prefetture, anche perché non tutti i prefetti capiscono di economia ». Ma anche Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, ha sottolineato che «dev'essere Banca d'Italia a vigilare sull'erogazione del credito, perché i prefetti non hanno le competenze per farlo». Apagina 13 Franceschini: «Bankitalia non si tocca» LA FRENATA DI BOSSI «Benissimo le verifiche sul sistema creditizio ma non con i prefetti che spesso non capiscono di economia» D'accordo Casini ANSA A Londra. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti

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Le aziende: emergenza liquidità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 3 autore: Le aziende: emergenza liquidità Morandini: fondo di garanzia da 5 miliardi - Passera: non si può fare cattivo credito Nicoletta Picchio PALERMO. Dal nostro inviato In sala suona un campanello, mentre Giuseppe Morandini è a metà del suo intervento.«Si invitano cortesemente le banche, tutte le banche, a ritirare i Tremonti bond ». Non è un annuncio esterno, è sempre il presidente della Piccola industria di Confindustria che parla. In platea c'è l'amministratore delegato di Intesa San Paolo, Corrado Passera: «Corrado, prendeteli, girateli a noi che sappiamo cosa farne». è la liquidità la priorità numero uno: le aziende, spiega Morandini, hanno bisogno di ristrutturare il debito, di rimodulare le scadenze dei mutui, di razionalizzare la gestione finanziaria. E allora serve un fondo di garanzia con almeno 5 miliardi di dotazione, in modo da creare per le banche, grazie anche ai Confidi, le condizioni per immettere almeno 80 miliardi di liquidità nel sistema. Ma se le imprese chiedono soldi, dall'altra parte anche le banche hanno i loro problemi. «Fare banca in questo momento è altrettanto complesso che fare impresa », aveva detto poco prima il numero uno di Intesa San Paolo. I 260 miliardi di impieghi, su un totale di 350,a favore della piccola industria stanno a testimoniare, secondo Passera, l'impegno del suo istituto. Ad una condizione, però: «Non ci si può chiedere di fare cattiva impresa e quindi cattivo credito, prestando i soldi quando non ci sono i presupposti. Dobbiamo avere la forza e la responsabilità di dire no». Al suo arco, ha una freccia formidabile: «La crisi deriva dal fatto che si è prestato troppo, quando non si doveva fare». Massima disponibilità, quindi. Ma dal mondo imprenditoriale fioccano le proteste sulla mancanza di credito: «Possiamo fare qualche errore –ammette Passera – ma quando giro per le nostre filiali sul territorio dico sempre di andare avanti, di crescere con le imprese».E,a riprova,l'amministratore delegato di Intesa San Paolo scandisce ad alta voce la sua e-mail: «scrivetemi, i problemi ce li risolviamo tra di noi», sollecitando un rapporto diretto, mentre è alta la polemica sul ricorso ai prefetti come controllori dell'andamento del credito e che Passera ritiene «una picconata eccessiva a Bankitalia » (vedi articolo a pagina 2). Le banche, continua, devono finanziare che aziende che ce la possono fare, che investono, che rafforzano il proprio patrimonio. è la spinta forte che Morandini ieri ha dato alla sua base, nel primo giorno del convegno biennale della Piccola, che si sta svolgendo a Palermo. "Oltre la crisi", è il titolo. E la parola "crisi" infatti, il presidente non la pronuncia mai. Guarda avanti: «Vinceremo anche questa volta », dice Morandini agli imprenditori seduti al teatro Politeama. Chiedendo di fare la propria parte: aggregazioni, fusioni, creare un sistema più forte e patrimonializzato. «Abbiamo ottenuto le agevolazioni fiscali sulle aggregazioni: usiamole». Imprese più solide possono essere più forti anche con le banche: è uno dei temi che Passera ha sollevato mercoledì sera, nella cena dei banchieri con Berlusconi: «La prima necessità è che vengano premiate le aziende che investono», con incentivi di carattere fiscale o con linee di credito garantite per chi ricapitalizza. E poi, altra richiesta, è mettere le banche in condizione di intervenire sull'enorme massa di credito che le aziende hanno nei confronti della Pubblica amministrazione. è anche la forte richiesta di Confindustria, sia che si tratti di 30 miliardi, come ha detto recentemente il ministro dell'Economia, o di 60-70, come sostengono le imprese. «Stavolta non vinciamo da soli, è il sistema Paese che deve vincere», ha incalzato Morandini. è vero, c'è il problema dei conti pubblici, ma «si può fare di più». Burocrazia, infrastrutture, capitale umano: con tre interventi, e senza spendere, le famiglie italiane si potrebbero trovare quasi 8 mila euro in più in tasca. «Serve uno Stato normale, che costi di meno e autorizzi di più». Uno stato, ha aggiunto il presidente della Piccola, dove non si debbano aspettare 1.210 giorni prima di avere una sentenza ingiuntiva di pagamento per un recupero crediti. Oggi concluderà il convegno la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che da settimane incalza il Governo ad agire subito su questi temi. Con un impegno che le è valso il ringraziamento pubblico di Morandini: «Grazie Emma per non mollare la presa, neanche un giorno». GIUSEPPE MORANDINI Presidente Piccola industria «Vinceremo anche questa volta, bisogna usare le agevolazioni fiscali sulle aggregazioni» GIANFELICE ROCCA Vicepresidente Confindustria «Segnali positivi da istituti tecnici e facoltà scientifiche, le medie imprese puntino su questi giovani» SALVATORE MONCADA Moncada Energy Group «Anche se non operiamo in un contesto facile i miei collaboratori sono molto motivati» STEFANO MICOSSI Assonime «Le energie imprenditoriali vanno liberate: i sussidi pubblici non colmano il gap tra redditi e produttività» “ LA PROPOSTA Burocrazia, infrastrutture e formazione: con tre interventi a costo zero le famiglie avrebbero in tasca 8mila euro in più STUDIOFRANCESCHIN Il dibattito. Sopra Giuseppe Morandini. Sotto da sinistra: Giangiacomo Nardozzi, Stefano Micossi, Gabriele Lualdi, Ferruccio de Bortoli, Gianfelice Rocca, Salvatore Moncada e Mario Saraceno STUDIOFRANCESCHIN

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I Caraibi, l'ultima roccaforte dei paradisi fiscali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: I Caraibi, l'ultima roccaforte dei paradisi fiscali Caraibi e fisco, binomio perfetto. Mete turistiche per milioni di viaggiatori in cerca di mari cristallini, le isole tropicali del centro-America sono uno dei tre (accanto ad alcune enclavi in Europa e a dei porti franchi in estremo oriente) centri mondiali dell'off-shore: ora, di fronte alla più grave crisi finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati come responsabili di aver favororito operazioni torbide senza alcun controllo e di aver fatto proliferare l'evasione fiscale. Mentre in Europa qualcosa si muove, dopo la decisione di Austria e Liechtenstein (e forse anche della Svizzera) di fare un passo indietro sul segreto bancario, per ora le località off-shore dei Caraibi, al riparo da governi avidi di entrate e da sguardi indiscreti, tengono ferma la loro linea. A partire dalle Isole Cayman, una delle mete preferite tra i paradisi fiscali. Proprio nel piccolo arcipelago nel mar delle Antille, a sud di Cuba, c'era la sede di Epicurum,il fondo da cui è il crack della Parmalat. La fortuna dell'ex colonia britannica più che dai turisti che affollano la Seven Mile Beach viene dall'esenzione dalle imposte, che si dice sia sta addirittura concessa fin dai tempi di re Giorgio III (fine del XVIII secolo. Una più recente regolamentazione, la mutual funds law del 2003, ha fatto poi delle Cayman un mercato deregolamentato per i fondi comuni di investimento. L'esenzione fiscale dalle imposte vale solo se i redditi non vengono fatti rientrare nel proprio paese di residenza. Alle Cayman erano domiciliati anche alcuni degli hedge fund di Bernard, «Bernie» per gli amici, Madoff, responsabile della più grande truffa ai danni dei risparmiatori (50 miliardi di dollari); e ancora, 90 società che fanno a capo a Citigroup, la più grande banca al mondo finitasull'orlo del dissesto e salvata da soldi pubblici dei contribuenti americani; e anche 59 veicoli riconducibili a Bank of America, il colosso che ah salvato Merrill Lynch. Isole Vergini Britanniche, Turks and Caicos fino ad Antigua, dove ha sede la omonima banca di proprietà di Allen Stanford, l'uomo d'affari texano protagonista di un caso «Madoff bis», sono altrettanto fiorenti paradisi fiscali. Gli Stati Uniti hanno da anni lanciato una guerra sotterranea contro le roccaforti dell'offshore: i top manager di banche e grandi corporation, già accusati dall'opinione pubblica di essere anche loro tra i responsabili della crisi e di aver percepito compensi spropositati, per anni hanno potuto farsi remunare con stock option che venivano puntualmente trasferite in società off-shore senza dover pagare un dollaro al fisco americano. Un recente report del Gao, il potente organismo di vigilanza sui conti pubblici Usa, ha censito 100 tra le big corporation americane e ne è venuto fuori che più di 80 hanno attività in località off-shore. Ma se per anni la lotta contro i paradisi caraibici non ha prodotto significativi risultati, ora la Casa Bianca ha in mente strategie più sottili. Inutile cercare di vietare il trasloco di attività nei paradisi fiscali, meglio contrastare il fenomeno con le stesse armi: invogliare le aziende a riportare capitali e affari in patria. Un po' come lo «scudo fiscale» voluto dal precedente governo Berlusconi: chi riporta a casa denaro dalle località off-shore, ottiene un condono tombale sul pregresso. Sarà la fine dei paradisi fiscali tropicali? S.Fi. OFF-SHORE AL BANDO La Casa Bianca, dopo anni di guerra senza successo, ora punta su più sottili strategie: condono per chi riporta a casa i capitali

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Londra vara la tolleranza zero (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: Vigilanza. Linea dura della Fsa sui reati dei colletti bianchi Londra vara la tolleranza zero Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente Dagli sconquassi del credit crunch prende forma una City molto meno elastica nell'approccio ai mercati finanziari e molto più allineata alle linee guida dell'autorità di controllo. Da giorni Financial service authority canta il requiem al cosiddetto «light touch », ovvero al tocco rilassato verso le regole e la supervisione dei mercati finanziari. «Affidarsi ai princìpi non funziona quando si ha a che fare con persone& senza princìpi», ha detto nei giorni scorsi Hector Sants, Ceo della Autorità sui servizi finanziari (Fsa) disegnando il profilo di un watchdog che dovrà essere, al contrario di oggi, fedele alla norma più che all'idea. Proprio questi nuovi connotati della Fsa saranno al centro del rapporto che la stessa Autorità britannica presenterà nei prossimi giorni facendone una pietra angolare della piattaforma che la presidenza britannica del G20 sottoporrà agli ospiti il 2 aprile. Sants ha lasciato intuire con nettezza la direzione che la Fsa predilige. Ovvero: addio all'approccio morbido, per un decennio vanto della City e uno dei motivi del successo di Londra come piazza-regina per la finanza. Il Ceo ha poi sostenuto che è ora di aver«paura dell'Fsa»rinvigorito deterrente seppure non investigatore «di possibili frodi». Ma Sants in questi giorni di continue esternazioni è andato oltre, entrando nel dettaglio dell'Autorità prossima ventura. Ha immaginato, infatti, che la supervisione sarà il cuore dell'attività di Fsa e ha aggiunto che già ora «l'Autorità è in grado di aumentare di almeno un terzo il potenziale d'azione». Sants ha invocato ripetutamente riforme nel sistema di regolamentazione dei mercati europei e un maggior coordinamento globale (tema centrale del G20) auspicando anche il superamento della frammentazione fra le istituzioni e in particolare fra Fsa e Banca d'Inghilterra. Un elenco di cose da fare a cui ha fatto seguire una postilla «non si può però stra-fare, andare, cioè, con eccessivo zelo nella direzione opposta perché si rischiano di gettare ora i semi della prossima crisi ». Mai come ora Hector Sants ha indicato una virata netta all'approccio britannico verso le regole dei mercati. Il suo "serrare le fila" riguarda anche gli azionisti che hanno avuto «un atteggiamento lasso e non hanno mai esercitato pressione» sul management delle società. Agli investitori istituzionali ha ricordato «doveri e obblighi» e fra essi quello di controllare, da vicino, l'operato dei manager. Per questo, secondo il Ceo di Fsa, consiglieri non executive devono crescere di ruolo ( e di retribuzione) nei board delle società assumendo a tutti gli effetti il ruolo di «membri indipendenti». Le mosse annunciate e in parte realizzate da Fsa cominciano a irritare. Piovono avvertimenti da varie associazioni che contestano, ad esempio, la proposta di nuove regole sulla liquidità, passaggio-chiave per capire le origini della crisi del credito. Financial service authority aveva proposto in dicembre e sta ribadendo in queste ore la necessità che le banche abbiano maggiori riserve di titoli pubblici e che le sussidiarie di banche estere in Gran Bretagna abbiano autonomia finanziaria se l'istituto a cui fanno capo non dà garanzie sufficienti. L'associazione bancaria e quella degli operatori sui derivati temono che tutto questo «possa innescare reazioni a catena nelle diverse giurisdizioni per accrescere la liquidità». E se così dovesse essere, concludono «Londra potrebbe scoprirsi molto meno concorrenziale e, quindi, appetibile di prima». E con Londra tutta l'Inghilterra.

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Riserve auree svizzere superate dal primo Etf (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: Riserve auree svizzere superate dal primo Etf Gli investitori che hanno cercato nell'oro una protezione contro le attuali turbolenze dei mercati stanno scuotendo la graduatoria dei grandi detentori di riserve auree.Nell'autunno scorso gli accantonamenti del più noto Exchange Traded Fund, l'americano Spdr Gold Trust, si erano spinti a 770 tonnellate, sorpassando il quantitativo della Banca nazionale del Giappone. Ieri sono state scavalcate le riserve auree della Svizzera: 1.040,10 tonnellate queste, 1.041,53 quelle dell'Spdr, superate a questo punto solo dai cinque big, Stati Uniti (8.133,50 tonnellate al 31 dicembre scorso), Germania (3.412,60), Fondo Monetario Internazionale (3.217,30), Francia (2.508,80) e Italia (2.451,80). Rispetto alla fine del 2008, l'Spdr ha visto salire del 33% le proprie scorte (ogni acquisto di un Etf comporta l'accantonamento di un decimo di oncia d'oro) e la scalata sembra destinata a proseguire, dopo la battuta d'arresto dell'ultima parte di febbraio. Se si considerano altri strumenti simili, il totale aumenta: il secondo di questi,l'Etf Securities inglese, ieri aveva in carico 215,5 tonn., 5 meno del massimo toccato il 27 febbraio. Chi invece non rinuncia al possesso fisico del metallo prezioso, sta facendo lavorare a pieno ritmo le maggiori zecche del mondo: quella canadese ha dovuto quadruplicare alla fine del 2008 il conio della sua moneta d'oro Maple Leaf,quella statunitense ha venduto lo scorso anno American Eagle per 710mila once, cinque volte più dell'anno precedente, e la zecca francese, che emette monete auree da 100 euro di valore nominale ha già venduto in anticipo tutta la produzione del 2009. R.C.

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Lo spallone riporta i soldi a casa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: Una storia lunga un secolo Lo «spallone» riporta i soldi a casa BERNA La storia del segreto bancario svizzero è lunga. Alcuni esperti la fanno risalire alla fine del Settecento, alla creazione delle prime banche private di gestione di patrimoni, soprattutto a Ginevra. Ma a quell'epoca non c'era ancora una legge a proteggere il segreto bancario. Per quella bisogna attendere il Novecento, e in particolare gli anni Trenta, quando anche Zurigo inizia ad affermarsi come piazza finanziaria. Nella crisi del 1929 molti europei misero al riparo i loro patrimoni, in Svizzera, mentre Franciae Germania tentavano di impedire l'evasione fiscale, facendo anche pressione sulle banche elvetiche. Negli anni Trenta in Germania si afferma il nazismo,i venti di guerra crescono e altri capitali, anche quelli di molti ebrei perseguitati,approdano in Svizzera. La Confederazione però, non solo non accetta le pressioni di Francia e Germania, ma nel 1934 fissa in una legge il segreto bancario. Più di recente, negli anni Sessanta, ci sono gli effetti del boom italiano: dalla vicina Penisola si infittiscono gli arrivi di capitali. Lugano diventa così la terza piazza finanziaria elvetica e si afferma il fenomeno degli “spalloni": termine con il quale sino ad allora venivano chiamati i contrabbandieri che portavano in sacchi sulle spalle merci tra Italia e Svizzera. Nel mondo finanziario gli "spalloni" diventano coloro che portano danaro in Svizzera, in auto o a piedi, sfuggendo ai controlli di frontiera. L'epoca degli "spalloni" si avvia a finire durante gli anni Ottanta, quando le restrizioni sull'export di valuta si attenuano e, soprattutto, quando molte operazioni finanziarie per il trasferimento di fondi in Svizzera si fanno più sofisticate, attraverso società e fiduciarie. La Confederazione, che nel frattempo ha rafforzato la sua leadership nella gestione di patrimoni, comincia modificare il segreto bancario:vengono fissate nuove regole per la conoscenza da parte delle banche dei beneficiari dei conti cifrati; Berna inizia inoltre un cammino che la porterà ad aderire alla lotta internazionale contro il riciclaggio. Negli anni Novanta esplode la vicenda dei fondi ebraici: Ubs e Credit Suisse pagano un indennizzo di 1,25 miliardi di dollari alle associazioni ebraiche; le banche elvetiche pubblicano liste di nomi relative a conti giacenti. Nel 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre, la Svizzera collabora alla ricerca dei finanziamenti al terrorismo. Negli anni Duemila entra inoltre in vigorel'importante accordo con l'Unione Europea sulla tassazione del risparmio: la Svizzera mantiene il segreto bancario, in cambio di una euroritenuta. Siamo a questi ultimi mesi, con l'offensiva di Usa ed Ue contro l'evasione fiscale ed i segreti bancari di varie piazze. La Svizzera, piazza leader, è più di altre nel mirino. Berna fa un passo indietro su uno dei confini principali: la distinzione tra evasione e frode fiscale. Con l'adesione allo schema Ocse anche per l'evasione, e non solo per la frode, potrà ora cadere il segreto bancario. Bisognerà però capire se si tratta di un cambiamento reale in questa lunga storia a cavallo tra le frontiere. L.Te. OLTRE LE ALPI Dopo la legge degli anni Trenta gli italiani elessero Lugano piazza finanziaria prediletta per trasferire capitali

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Stretta per chi inquina le falde (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 6 autore: Le altre disposizioni Stretta per chi inquina le falde Marco Gasparini ROMA Stretta del Governo sull'immissione di sostanze inquinanti nelle falde acquifere. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato in via definitiva il decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva 2006/118/Ce per la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento. Il Dlgs stabilisce standard di qualità più restrittivi sul monitoraggio dello stato di salute dei corpi idrici da parte delle Regioni e inasprisce i criteri di rilascio delle autorizzazioni per gli scarichi di impianti produttivi e attività agricole sia pure con specifiche deroghe per l'estrazione degli idrocarburi. L'applicazione dei parametri fissati in sede Ue sarà graduale, ma dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 22 dicembre 2013 l'iter per ottenere i permessi sarà in ogni caso assoggettato a specifiche procedure di valutazione sui rischi di tossicità legati, tra l'altro, alla presenza nelle acque di pesticidi e metalli pesanti. Le nuove norme individuano poi i criteri tecnici in base a cui le amministrazioni regionali dovranno effettuare la mappatura preventiva dei corpi idrici nell'ambito della predisposizione del primo piano di gestione da pubblicare entro il 22 dicembre di quest'anno. Via libera anche al Decreto per la dismissione della quota di partecipazione detenuta indirettamente dal Tesoro nel capitale di Tirrenia Spa e al Ddl di ratifica dell'accordo stipulato a Dubai nel 2003 con il Governo degli Emirati Arabi Uniti nel settore della difesa per semplificare tra l'altro, l'import- export di materiali d'armamento. Il Governo ha infine deciso di impugnare in Corte Costituzionale la legge della regione Calabria del 1Ú gennaio scorso contenente alcune disposizioni in materia sanitaria.

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Europa e Stati Uniti divisi al G-20 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: Il summit inglese. Ministri economici e governatori impegnati nel difficile tentativo di conciliare le posizioni Europa e Stati Uniti divisi al G-20 Gli americani insistono sugli stimoli, la Ue sulle regole finanziarie HORSHAM. Dal nostro inviato Ministri e governatori del G-20 hanno iniziato ieri sera a cena un difficile tentativo di conciliare le posizioni, che nelle ore immediatamente precedenti la loro riunione apparivano ancora molto distanti, sulle priorità degli interventi per l'uscita dalla crisi globale. La spaccatura era evidente fra gli Stati Uniti, che insistono perché i maggiori partner, e soprattutto gli europei, adottino ulteriori stimoli fiscali alla crescita, e gli europei stessi, che ritengono di aver già dato su questo fronte e secondo i quali le nuove regole della finanza globale debbono essere al centro della discussione. Il fatto però che al suo arrivo a Horsham, nelle campagne del Sussex, dove sono riuniti i rappresentanti delle grandi economie avanzate e dei principali Paesi emergenti, il ministro francese Christine Lagarde, che aveva assunto alla vigilia una linea molto dura sulle richieste americane, si sia dichiarata ottimista sugli esiti dell'incontro e sulla possibilità di un compromesso, è un segnale della consapevolezza da parte dei partecipanti che un comunicato, che pure comprenda entrambi gli elementi, ma che resti sul vago denotando le divisioni del gruppo, verrebbe "punito" pesantemente alla riapertura dei mercati finanziari, i quali hanno dato questa settimana qualche segno di ripresa. Il padrone di casa, il cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling, ha cercato di indicare una sintesi, affermando che tutti sono d'accordo nel fare «tutto quanto necessario » per trovare una via d'uscita e che gli obiettivi del G-20 sono tre: rilanciare la domanda; riformare il sistema finanziario globale; aumentare (probabilmente raddoppiare) le risorse a disposizione dell'Fmi per assistere i Paesi in difficoltà. L'ultimo punto è quello sul quale è più probabile un'intesa di massima già da oggi, con la definizione dei dettagli tecnici in tempi rapidi, come ha indicato il ministro brasiliano Guido Mantega. La stessa Casa Bianca ha fatto sapere, in vista del vertice dei capi di Stato e di Governo del G-20 del prossimo 2 aprile a Londra, di cui l'incontro di questo fine settimana costituisce una preparazione, che sia gli stimoli alla crescita sia la regolamentazione della finanza dovranno essere affrontati. E il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, mettendo sull'avviso che il 2009 sarà «un anno molto pericoloso», ha affermato che c'è bisogno di ulteriori azioni per far uscire l'economia mondiale dalla recessione (sia la Banca sia l'Fmi prevedono ora che, per la prima volta dal 1945, la crescita globale sarà negativa), perché «c'è il pericolo di fare troppo poco, troppo tardi» ma che «dare più soldi all'economia se non si stabilizzano le banche sarebbe come un'iniezione di zuccheri», con un breve effetto immediato di ripresa, seguito da una ricaduta. «è importante far ripartire l'economia - ha detto una fonte del Tesoro Usa al Sole-24 Ore - ed è quello che l'amministrazione ha fatto con il suo piano di stimolo. Ci aspettiamo che gli altri compiano uno sforzo analogo. Siamo tutti d'accordo che le le regole della finanza vanno riformate, anche se questo non aiuterà a risolvere il problema più immediato della caduta della crescita e della stabilizzazione dei sistemi finanziari. è un argomento che va certamente affrontato, ma che avrà un impatto sul medio termine». Il consigliere del presidente Barack Obama, Larry Summers, ha parlato ieri della necessità di piani di stimolo equivalenti al 2% del Pil nel 2009 e nel 2010 per la grande maggioranza dei Paesi. A giudicare dalle dichiarazioni da cui si era fatta precedere la signora Lagarde, avvicinare le posizioni non sarà facile. «Gli Usa insistono sullo stimolo ha detto in un'intervista a Les Echos- perché sono stati gli ultimi ad agire e sono di fronte a una crisi più grave». I Paesi dell'Europa continentale, ha sostenuto, vedono l'urgenza di sviluppare nuove regole e sottolineano la disciplina e le sanzioni per la finanza. Le prese di posizione della Cina e del Giappone, entrambi disponibili a nuove misure di stimolo fiscale, sono probabilmente più vicine a quella degli Stati Uniti. Il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, ha incontrato ieri nel pomeriggio le delegazioni dei due colossi asiatici, oltre a quella della Banca centrale europea. In una lettera al primo ministro inglese Gordon Brown, diffusa poche ore prima dell'incontro di ieri, l'associazione delle grandi banche internazionali, l'Institute of International Finance, ha dichiarato la disponibilità a collaborare con le autorità di vigilanza e di controllo dei mercati, proponendo un consiglio globale di monitoraggio della regolamentazione che comprenda esponenti del settore privato. A. Me. IN DISCUSSIONE Zoellick (World Bank): iniettare soldi senza stabilizzare il credito dà benefici di breve termine Intesa sui fondi all'Fmi Vigilia. Alistair Darling (a sinistra) riceve l'americano Tim Geithner AFP

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Le banche occidentali devono aiutare l'Est (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: INTERVISTA Thomas Mirow (Bers) «Le banche occidentali devono aiutare l'Est» Alessandro Merli HORSHAM. Dal nostro inviato In piena crisi dell'Europa centrale e orientale, il presidente della Bers, Thomas Mirow, fa un appello alla responsabilità delle 12 banche estere che hanno una presenza «di sistema » nella regione, incluse le italiane Unicredit e Intesa San Paolo. «Hanno beneficiato della fase di alta crescita degli ultimi anni - afferma Mirow in un'intervista al Sole-24 Oree ora, come tutti, devono fare la propria parte, mostrando solidarietà ». Senza voler commentare singoli casi, sostiene che la Bers ha un «dialogo attivo » con le banche italiane. L'Europa centrale e orientale è uno dei punti più caldi del deprimente scenario globale che il G-20 esaminerà oggi. E una delle ragioni per cui ministri e governatori sono al lavoro su un accordo per aumentare le risorse del Fondo monetario è proprio il boom nella richiesta di prestiti dei Paesi in difficoltà, fra i quali diverse economie della regione sono in testa alla fila. Il 56enne ex sottosegretario alle Finanze tedesco, da nove mesi alla guida del-la Bers, la banca londinese creata per pilotare verso l'economia di mercato i Paesi ex comunisti, è più pessimista dei suoi colleghi delle istituzioni finanziarie internazionali, o forse più realista, nella valutazione dei tempi dell'uscita dalla recessione. «La crisi globale - dice - non finirà prima della fine del 2010». Ma è convinto che la regione abbia «tutte le carte, come costo del lavoro competitivo, abbondanza di risorse umane di qualità, importanza della "catena del valore" per le imprese occidentali, per agganciare la ripresa non appena la domanda occidentale si metta in moto. E non credo, come dice qualcuno, che una nuova cortina di ferro stia per dividere nuovamente Est e Ovest». Per superare questa fase, ci sarà bisogno, secondo Mirow, di tutti, anche del settore privato. A partire dalle banche. Alla fine del 2008,sottolinea,c'è stato un drenaggio di liquidità dalle banche controllate nella regione verso le case madri, un fenomeno che ora sembra esersi arrestato, ma anche quando il credito è stato ristabilito per i clienti esistenti, resta carente per nuove imprese, soprattutto piccole medie, con un grave danno per l'economia reale. Il presidente della Bers contesta che si possa parlare di tutti i Paesi dell'Europa centrale e orientale come se fossero investiti allo stesso modo dalla crisi, opinione condivisa dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. «La Polonia per esempio- dice Mirow- è tuttora piuttosto stabile, mentre altri, come l'Ucraina o i Baltici, sono stati colpiti più pesantemente. Il problema è che, nella fase in cui era in corso il recupero verso i livelli di reddito dell'Europa occidentale, con un'alta integrazione nei mercati europeo e mondiale, la governance, sia in Europa, sia a livello globale, non si è adeguata, quindi non c'è stata la stessa integrazione a livello politico e istituzionale. In termini economici, poi, in questo sforzo di recupero, molti Paesi hanno accettato deficit esterni troppo alti, si sono affidati eccessivamente all'indebitamento in valuta, alla dipendenza dalle banche estere. Il blocco della liquidità e dei flussi di capitale ha determinato la crisi». L'Fmi,anche per le dimensioni delle necessità di finanziamento dei Paesi più problematici, dovrà essere in prima linea, ma «non c'è alternativa» a uno sforzo in stretto coordinamento con la Ue. Mirow è stato un assertore, per alcuni Paesi, della possibilità di accorciare i tempi della partecipazione ai meccanismi di cambio europei per poter entrare nell'euro, proposta già bocciata dall'Ecofin e dalla Bce. «è un tema delicato- ammette- ma non ho detto di cambiare i criteri di Maastricht. L'entrata nell'euro fa parte di tutti i trattati di ammissione dei Paesi nella Ue ed è un elemento importante per ristabilire la fiducia e ricreare il clima favorevole sui mercati dei capitali. Non è una questione tecnica, ma di mandare un messaggio che c'è la volontà di condividere la solidità della moneta unica. Guardiamo i benefici che ne hanno avuto in termini di stabilità Slovenia e Slovacchia e la pressione subita persino da un'economia robusta, come la Danimarca, che è fuoridall'euro». «Hanno beneficiato della fase di alta crescita, ora mostrino solidarietà Ripresa a fine 2010» Appello. Il presidente della Bers Thomas Mirow, 56 anni REUTERS

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Tokyo stanzia altri 200 miliardi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Giappone. Nuove misure di stimolo Tokyo stanzia altri 200 miliardi Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro inviato Prove di decisionismo del debole Governo di Taro Aso: ieri è stata annunciata una nuova manovra di stimolo all'economiagiapponese che potrebbe comportare nuove spese fiscali per oltre 200 miliardi di dollari e - per la prima volta nell'attuale crisi - lo Stato è intervenuto direttamente per ricapitalizzare tre banche regionali con 1,2 miliardi di dollari. L'Esecutivo ha anche approvato un disegno di legge che consentirà a navi da guerra giapponesi di proteggere imbarcazioni di altri Paesi e di sparare in circostanze più ampie di quanto finora consentito, ed è stato ordinato a due cacciatorpediniere di lasciare già oggi pomeriggio il porto di Kure (vicino a Hiroshima) per le acque al largo della Somalia nella prima missione di polizia internazionale mai fatta dalle Forze di Autodifesa. Aso stesso, inoltre, ha alzato la voce contro i piani della Corea del Nord per un lancio satellitare-missilistico, annunciando che Tokyo chiederà sanzioni al Consiglio di Sicurezza dell'Onu se Pyongyang non raccoglierà le esortazioni a rinunciare (comunque dal 4 all'8 aprile, date del possibile lancio, Japan Airlines cambierà alcune rotte, comprese quelle su Roma e Milano, con ritardi previsti fino a sette minuti). Mentre lo scandalo delle relazioni pericolose con l'industria delle costruzioni rende questione di tempo le dimissioni del leader dell'opposizione Ichiro Ozawa, Aso si prepara a varare un altro imponente pacchetto di spesa pubblica, con l'obiettivo di convocare le elezioni in condizioni più favorevoli e non prima dell'estate. La Borsa di Tokyo ha chiuso ieri con un balzo del 5,2% sulle anticipazioni delle nuova pioggia di aiuti statali in arrivo. Esponenti della maggioranza hanno dichiarato che la manovra addizionale dovrà essere di almeno 20mila miliardi di yen (oltre 205 miliardi di dollari) in spese effettive, con una finestra complessiva di disponibilità e garanzie pluriennali per 100mila miliardi di yen. Questo in aggiunta alle due manovre già varate oltre a un rinforzato budget statale di previsione, che comportano spese vive per 12mila miliardi di yen (125 miliardi di dollari) e un importo potenziale totale di 75mila miliardi di yen. Si tratta quindi di più che raddoppiare, anzi quasi triplicare, gli impegni presi finora, per presentarsi con le carte in regola al vertice G-20 di Londra fiancheggiando la tesi americana della priorità assoluta agli stimoli economici rispetto ad altre considerazioni (come quelle relative alla regolamentazione del sistema finanziario). Logico che la bonanza in arrivo stia stimolando molti appetiti, tanto che nell'editoriale che comparirà questa mattina il quotidiano Nikkei mette in guardia dalle tentazioni di un finanziamento indiscriminato alle infrastrutture simile a quello che negli anni Novanta non evitò al Paese una prolungata fase di ristagno. Tra le misure che lo stesso quotidiano invoca, c'è quella di eliminare una caratteristica del panorama urbano giapponese che fa a pugni con la modernità: i pali della luce, antiestetici e di impedimento alla circolazione anche pedonale, la cui persistente e inspiegabile onnipresenza viene attribuita da alcuni a una potente lobby che si è sempre opposta all'interramento. MANO PUBBLICA Il Governo in calo di fiducia intende triplicare le risorse mobilitate finora Lo Stato entra nel capitale di tre banche regionali

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Wen: il debito Usa ci preoccupa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Cina. Pechino è il primo creditore estero di Washington con quasi 730 miliardi di dollari di titoli del Tesoro Wen: il debito Usa ci preoccupa Il premier conferma ulteriori interventi a sostegno dell'economia cinese Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente La Cina non dorme tra due cuscini pensando alla montagna di soldi congelati nel debito pubblico americano. «Abbiamo prestato molto denaro agli Stati Uniti. è naturale, quindi, che ora siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti », ha detto ieri Wen Jiabao, parlando alla conferenza stampa di chiusura della sessione annuale dell'Assemblea nazionale del Popolo. «Per essere sincero, io stesso sono un po' preoccupato»,ha aggiunto il primo ministro cinese, facendo riferimento ai circa 730 miliardi di dollari di Treasury Bond detenuti in portafoglio di Pechino (una cifra pari a quasi un terzo delle riserve valutarie cinesi). In qualità di premier del principale creditore di Washington, Wen si è sentito in diritto di invitare l'Amministrazione Obama «a mantenere un buon livello di solvibilità, a onorare le sue promesse, e a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». Un mese fa il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva già dato ampie rassicurazioni in tal senso al Governo cinese, strappando in cambio da quest'ultimo un impegno formale a continuare a sostenere il debito pubblico americano. Ma da allora lo stato di salute dell'economia e della finanza statunitense è peggiorato ulteriormente. Così sul tavolo della Casa Bianca sono finite nuove ipotesi di onerosi piani di salvataggio, destinati a drenare ingenti risorse pubbliche. Con questa prospettiva, gli Stati Uniti potrebbero vedersi costretti a stampare dollari per creare la liquidità necessaria a mantenere le tante promesse scaccia-crisi. Il timore della Cina è che, nel medio termine, politiche monetarie troppo allegre facciano schizzare l'inflazione americana. In questo caso, il dollaro inizierebbe a indebolirsi e il massiccio investimento cinese sull'altra sponda del Pacifico finirebbe per svalutarsi. Ma questa è una dinamica sulla quale la Cina non ha alcun controllo. A Pechino, quindi, non resta che richiamare il suo grande debitore alle proprie responsabilità; continuare a sostenerlo finanziariamente per aiutarlo a uscire dalla crisi (e anche per evitare che crollino i prezzi dei Treasury Bond) e fare la sua parte affinché la congiuntura cinese mantenga tassi di crescita elevati, e compensi così parzialmente i vuoti di domanda creatisi nelle altre economie mondiali. «Se la crisi dovesse aggravarsi, potremmo varare nuove misure di stimolo all'economia in qualsiasi momento», ha annunciato Wen, confermando l'obiettivo di crescita del Pil dell'8% nel 2009. «è un target difficile, ma possibile. Faremo il massimo sforzo per centrarlo». Insomma, qualora Pechino avesse il fondato sospetto di non farcela, il Governo non esiterà a riaprire i cordoni della borsa per aggiungere altre risorse fresche al piano di rilancio dell'economia da 600 miliardi di dollari varato a novembre. «Abbiamo munizioni sufficienti», ha osservato il primo ministro. Nessuno ne dubita: con un debito pubblico che ammonta a circa il 20% del Pil, e 2mila miliardi di dollari di riserve valutarie nel cassetto, oggi la Cina è l'unico Paese al mondo che può permettersi di contrastare la crisi con massicce iniezioni di spesa pubblica, senza correre il rischio di mandare fuori controllo i conti. ganawar@gmail.com LO SCENARIO Un terzo delle riserve monetarie è investito in bond americani: un'impennata dell'inflazione e un calo del dollaro le svaluterebbero

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Primo, battere la deflazione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-14 - pag: 10 autore: Primo, battere la deflazione di Carlo De Benedetti u Continua dalla pagina 1 O , almeno, sarebbe utile che lo facessero i banchieri centrali che tessono i fili della politica monetaria. Il vero fantasma di cui avere paura, a questa fase della crisi, è la deflazione, non l'inflazione. In Italia sono stato tra i primi a segnalare il rischio di un avvitamento in una spirale deflattiva. E l'ho fatto, con un articolo pubblicato su questo giornale (si veda Il Sole 24 Ore del 29 ottobre 2008, ndr). Perciò, direttore, oggi torno a chiedere la sua ospitalità per sottolineare come il pericolo della deflazione non sia stato ancora compreso nella sua vera entità; e, soprattutto, non sia stata ancora avviata una seria politica per scongiurare quel rischio. è sconcertante constatare come un messaggio anti-deflattivo non sia stato ancora lanciato con chiarezza dai banchieri centrali. In questi mesi la debolezza dell'economia mondiale si è accentuata. Ed è diventata, soprattutto, una crisi di consumi. Nessuno, ormai, compra beni non strettamente necessari, nella ragionevole attesa di poterlo fare in futuro a prezzi più bassi. Una bella inchiesta del Sole 24 Ore, pubblicata domenica scorsa, ha dimostrato che non è il potere d'acquisto quello che oggi manca. Per una porzione importante d'italiani, questo è addirittura aumentato negli ultimi mesi. Se, quindi, nessuno compra, non è per una difficoltà oggettiva, ma per un problema d'aspettative. E fino a quando queste aspettative non troveranno sufficienti ragioni per cambiare, l'avvitamento della crisi nella deflazione farà peggiorare la situazione giorno dopo giorno. è una realtà che le autorità monetarie, preoccupate soprattutto dell'inflazione, non comprendono in tutta la reale portata. Eppure le grandi crisi del passato, e le strategie attuate per il loro superamento, ci mostrano con chiarezza quanto la deflazione possa essere dannosa e quanto serva quello che gli americani chiamano un reflationary shock, cioè una scossa inflattiva, per porre fine alle aspettative deflattive e rilanciare la crescita. Un contributo decisivo per superare la Grande depressione venne dalla decisione dell'amministrazione Roosevelt di aumentare tra il '33 e il '34 il prezzo dell'oro fino a 35 dollari per oncia. Questa mossa portò a una svalutazione della moneta americana e a un aumento dei prezzi di tutti i generi – in particolare quelli agricoli – che diede una spinta straordinaria per rendere i debiti meno onerosi e far riprendere l'economia. Qualcosa di analogo è avvenuto nel caso della depressione svedese del '92, quando un deprezzamento della moneta mise fine a un anno di pericoloso declino. Al contrario il Giappone, negli anni 90, ha trascinato la sua spirale depressiva anche perché la Banca nipponica, pur portando i tassi a zero, si è mossa con tale prudenza e riluttanza da non invertire le aspettative. Un errore, lo ricordo bene, che fu denunciato allora dai maggiori policymaker americani di oggi, a cominciare dal presidente della Fed Ben Bernanke e dal capo del Consiglio economico di Obama, Lawrence Summers. Eppure questi stessi uomini, oggi, non sembrano avere la necessaria determinazione nell'evitare quell'errore, trasmettendo all'economia la scossa inflazionistica che non è rinviabile. Quello shock permetterà, innanzi tutto, di ridurre il peso dei debiti, che le tendenze deflazionistiche tendono invece ad accentuare con conseguenze perverse su tutto il sistema finanziario. E in secondo luogo invertirà il meccanismo delle aspettative dei consumatori, oggi paralizzati nelle loro scelte d'acquisto nella ragionevole attesa di una ulteriore riduzione dei prezzi. Io capisco che chi, dagli anni 70, si è esercitato soprattutto nella lotta all'inflazione, oggi abbia difficoltà a prendere le giuste misure a questa nuova realtà. E capisco che, quando si sono conosciuti i disastri dell'inflazione a due cifre, ci sia una grande prudenza nell'usare leve inflattive. Ma davanti allo scenario della deflazione, il rischio di attivare un processo inflazionistico che possa sfuggire di mano è davvero un piccolo rischio che vale la pena correre. La Fed e la Bce, perciò, devono assicurare con forza e determinazione che il prossimo anno il livello dei prezzi sarà ben più alto di quello di quest'anno. Serve una politica - anche della comunicazione - trasparente, attiva e sistematica in questa direzione. Va fissato un target per un livello d'inflazione tra il 2 e il 3% e va annunciato che non si permetterà che il tasso scenda sotto quella soglia. Solo in questo modo chi oggi è indebitato - soprattutto i proprietari di casa - potrà avere una ragionevole attesa che il peso di quell'onere possa in futuro diminuire (o almeno non aumentare) e nessuno avrà più interesse a rinviare i consumi, per il semplice fatto che l'aspettativa sarà di un prezzo più alto e non più basso. «Il fatto che non serva una grande forza per bloccare la roccia che fa partire la frana non significa che questa non sarà di grandi proporzioni », sottolineavano Milton Friedman e Anna Schwartz nella loro storia monetaria degli Stati Uniti. Quella forza, a questo punto della nostra storia, non potrà essere così piccola come immaginavano quei giganti del pensiero economico, ma se non sapremo esercitarla subito la frana diventerà inarrestabile. L'ESEMPIO DI ROOSEVELT Svalutando il dollaro e aumentando i listini di tutti i generi, rese i debiti meno onerosi riavviando così la crescita

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Imprese e banche: rispunta il modello Iri (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-14 - pag: 10 autore: NO COMMENT ... Imprese e banche: rispunta il modello Iri A mali estremi, estremi rimedi. Il proverbio si presta perfettamente come punto di partenza per immaginare nuovi scenari che permettano interventi d'emergenza contro la crisi economica. Per il momento, il crollo dei mercati finanziari e delle quotazioni di Borsa non ha ancora travolto l'economia reale ma le prime, pesanti conseguenze cominciano a delinearsi. E tutto lascia prevedere che il conto da pagare sarà salato sia per le grandi aziende sia per la piccola media impresa. In proposito, un'inchiesta pubblicata giovedì scorso dal Sole 24 Ore ha dato spazio alle testimonianze degli imprenditori che, da Milano alla Sicilia, devono fare i conti con una parte del mondo bancario (fortunatamente non tutto) che sta riversando errori e difficoltà del sistema finanziario sulle aziende. Il rischio, come ha scritto uno di loro, è che «senza interventi sostanziali le previsioni su disoccupazione e recessione siano niente rispetto a quanto succederà realmente». Negli anni 30 la Grande Crisi fu l'occasione per due grandi novità di sistema: l'Imi (Istituto mobiliare italiano) e l'Iri (Istituto per la ricostruzione industriale). Il primo, almeno nelle intenzioni, doveva garantire l'afflusso del risparmio soprattutto alle imprese maggiori attraverso emissioni obbligazionarie. L'Iri nacque con la missione di selezionare quelle che Mussolini definiva come le “industrie chiave”, cioè quelle decisive per l'economia italiana, e tramite le tre banche passate sotto il suo controllo (Banca commerciale, Credito italiano, Banco di Roma) aveva il compito di garantire finanziamenti adeguati anche alle aziende minori. Poi, negli anni del dopoguerra, l'Iri diventò il cardine della ricostruzione realizzando progetti industriali decisivi nella siderurgia, nelle costruzioni, nelle grandi opere.Tanto da fare del sistema industriale e bancario italiano un modello innovativo tra quelli dei Paesi capitalisti dell'Europa occidentale. Naturalmente oggi i tempi sono profondamente cambiati e a nessuno viene in mente di riproporre tale modello, peraltro travolto negli anni 90 dai rapporti incestuosi tra partiti e affari. Ma la convinzione, sempre più diffusa, è che occorra inventarsi soluzioni adeguate. Anche perché nel frattempo la situazione sta precipitando, come confermano scelte impensabili soltanto fino a pochi mesi fa, e cioè la nazionalizzazione di buona parte delle maggiori banche internazionali, a partire da quelle americane e inglesi. Gli aspetti da considerare sono almeno due. Da una parte ci sono gli interventi all'ordine del giorno per quanto riguarda le principali banche. La cena di mercoledì scorso tra gli esponenti del Governo e i banchieri più conosciuti si è svolta in un clima cordiale ma, come confermano i rapporti tra il ministero dell'Economia Giulio Tremonti e il Governatore Mario Draghi, la richiesta di una svolta è forte. E avrebbe un certo consenso popolare in quanto, tra i piccoli imprenditori come tra i lavoratori, cresce l'insofferenza verso grandi banche e banchieri, ritenuti responsabili dei loro problemi. Il secondo aspetto riguarda i tentativi d'immaginare la versione moderna d'istituti come Imi e Iri. Per esempio, un fondo sovrano finanziato con capitale pubblico e dotato di strumenti d'intervento sia industriale sia finanziario. Certo non per finanziamentia pioggia stile Gepi,ma per diventare motore di sviluppo dell'economia, selezionando progetti industriali su scala almeno europea, dando impulso alla ricerca, ricreando le condizioni per la formazione d'una classe dirigente analoga alla scuola rappresentata dall'Iri degli anni della ricostruzione. fabio.tamburini@ilsole24ore.com PROGETTI DI SISTEMA Uno strumento dotato di capitale pubblico e capace di promuovere lo sviluppo di Fabio Tamburini

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Cappon: Servono tagli per altri 60-70 milioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-14 - pag: 13 autore: LA GIORNATA RAI Cappon: «Servono tagli per altri 60-70 milioni» La Consulta dà ragione alla Vigilanza: «Il Parlamento garantisce il pluralismo» Marco Mele La Rai e la crisi non possono attendere i tempi della politica per la nomina dei vertici. Claudio Cappon, direttore generale della Rai, scrive a tutte le strutture aziendali e alle consociate. Annuncia tagli ai costi per ulteriori 60-70 milioni di euro in aggiunta ai 100-110 già previsti dal budget 2009.Per l'intero indotto Raiè prospettata una riduzione del 10% dei contratti. La Rai affronta la crisi «con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici sostanzialmente equilibrati anche nel 2008» scrive Cappon. Nel 2009, tuttavia, «le previsioni di ricavi sono nettamente inferiori a quelli considerati in sede di budget, con la necessità di rilevanti investimenti in contenuti e tecnologia per il passaggio al digitale». La Rai ha avviato una revisione del budget nel quale saranno assegnate alle strutture «nuovi e più stringenti obiettivi di contenimento della spesa » per recuperare nel 2009 60- 70 milioni. Il grande sistema dell'indotto Rai «dovrà fare la sua parte, e significativamente, per sostenere quest'impegno». Si tratterebbe appunto – anche se la lettera di Cappon non lo esplicita – di una riduzione intorno al 10% di tutti i contratti e gli impegni della Rai nei confronti dei soggetti esterni. Intanto, la Corte Costituzionale dà ragione al Parlamento e alla Vigilanza sul caso Petroni. Nelle motivazioni si sottolinea: la Rai è «un servizio sociale che deve possedere un elevato tasso di democraticità rappresentativa» e, quindi, deve ruotare «nell'orbita del Parlamento ». Perché deve assicurare «il pluralismo delle fonti e degli orientamenti ideali, culturali e politici» che garantiscano «l'imparzialità e l'obiettività dell'informazione». La Consulta non prende in considerazione il formarsi nel Cda di maggioranze capaci di produrre effetti contraddittori con tali obiettivi. I principi che devono prevalere sono «la prevalenza numerica dei componenti designati dalla commissione parlamentare » e «il ruolo necessario di quest'ultima nelle procedure di rimozione dei membri del Cda medesimo». La revoca di Angelo Maria Petroni è stata quindi definitivamente annullata.

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Ridare fiducia alle famiglie (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-14 - pag: 17 autore: Forum Confcommercio. La ricetta di Sangalli a Cernobbio: meno tasse e un patto per uscire dalla crisi «Ridare fiducia alle famiglie» Per i consumi ancora un 2009 difficile (-1,1%) - Il recupero nel 2010 Cristina Casadei CERNOBBIO. Dal nostro inviato Più credito per le imprese. Meno fisco per le famiglie. Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, non vede altre strade per rilanciare i consumi e poter uscire dall'impasse di questa fase della congiuntura economica. Così da Cernobbio, dove è in corso il decimo forum dell'associazione, chiede un patto tra Governo, istituzioni e forze sociali per dare più fiducia al Paese, alle famiglie e alle imprese. Senza attendere troppo tempo, perché nonostante l'abbattimento di molti redditi dovuto alla cassa integrazione e alla perdita dei posti di lavoro, il pessimismo non ha ancora preso il sopravvento sulla fiducia delle famiglie. «Bisogna cercare rapidamente i modi per alimentarla. I consumi sono calati, ma non crollati – dice Sangalli –. C'è però una depressione del sentiment rispetto al futuro e proprio per questo chiediamo un abbassamento della pressione fiscale». Per i redditi 2009 Confcommercio ipotizza una riduzione della prima aliquota Irpef dal 23 al 22% e un aumento dell'ultima aliquota Irpef dal 43 al 44% oltre i 75mila euro di reddito imponibile. «L'operazione avrebbe un costo di 4,3 miliardi di euro –precisa il direttore del centro studi di Confcommercio, Mariano Bella – però in questo modo 10,8 milioni di contribuenti avrebbero un vantaggio complessivo annuale di 500 euro». Oltre a questa, da Confcommercio arriva anche una richiesta di raddoppio del sostegno al reddito dei disoccupati. La proposta è di una una tantum che da mille passi a 2mila euro per coloro che ricadono nei criteri del decreto anti crisi, ossia i 100mila co.co.pro che hanno perso il lavoro, ma anche per coloro che potrebbero perdere il posto e non sono coperti dal decreto anti crisi, ossia i 400mila lavoratori a progetto. In assenza di ulteriori interventi di politica economica o fiscale, secondo Confcommercio il Pil diminuirà del 2,3% nel 2009 e sarà piatto nel 2010, mentre con la disocccupazione che non oltrepassi l'8,5%, il calo dei consumi si arresterà all'1,1% nel 2009 e ci sarà una lievissima ripresa (+ 0,2%) per il 2010. Se però la fiducia delle famiglie dovesse contrarsi questo potrebbe comportare una riduzione dei consumi ben oltre quella stimata, con profonde ripercussioni anche sul Pil e allora «si potrebbe passare dalla recessione alla depressione – sostiene Sangalli –.Siccome tutto questo dipende dalla tenuta dei consumi delle famiglie, chiediamo un patto per il 2009. La nostra manovra potrebbe avere l'effetto di limitare il calo dei consumi allo 0,2%». Per Confcommercio appare davvero irrinunciabile la detassazione dei redditi da lavoro e il rafforzamento del sostegno ai soggetti privi di occupazione, per non disperdere quell'atteggiamento delle famiglie che è ancora molto solido. Rispetto alla stagnazione del reddito disponibilereale che si mantiene costantemente intorno allo zero - con una punta positiva dello 0,2% nel 2008 e una previsione negativa dello 0,1% nel 2009- , alla forte e prolungata riduzione della ricchezza finanziaria - crollata del 10% nel 2008 e che nel 2009 si po-trebbe abbattersi del 6% –,iconsumi e soprattutto i consumatori stanno reagendo bene. Se l'abbigliamento è uno dei settori più penalizzati, «gli italiani non sembrano rinunciare ai prodotti per la cura della persona e al pasto fuori casa», come emerge da una delle nostre ultime indagini, dice Mariano Bella. Dal confronto internazionale l'Italia esce fuori come uno dei paesi meno depressi in prospettiva. Se nel 2008 ha infatti avuto una contrazione dei consumi dell'1,1%, superiore a quella del Regno Unito (+1,3%), della Spagna (-0,9%), della Francia (+0,6%), della Germania (+0,1%), uscirà dal 2009 meglio di quei Paesi che hanno visto una chiusura repentina del credito a famiglie e imprese. Nel 2009, il calo dei consumi che nel Regno Unito sarà del 2,5% e in Spagna del 3,8% mentre in Italia si fermerà all'1,1%. Però, «la crescita lenta dell'Italia nel passato e la crisi estesa a tutti i sistemi economici maturi significherà perdere dieci anni di progresso, in termini di prodotto per abitante e soprattutto di consumi», osserva Sangalli. Sullo sfondo di queste previsioni c'è però un dato allarmante per il commercio: riguarda la natimortalità delle imprese. Nel 2008 il saldo negativo tra aziende che hanno aperto e cancellazioni è stato di 40 mila unità, come non si era mai visto in precedenza. Se è vero che il valore negativo del saldo nel decennio 1999-2008 è stato di 118.896 unità, questo significa che oltre un terzo si è concentrato lo scorso anno. E i segnali dei primi mesi dell'anno non sono incoraggianti al punto che Sangalli prevede «per il 2009 un ulteriore ampliamento del saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni». Confcommercio. Carlo Sangalli INFOPHOTO

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In Italease esplodono gli incagli (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 26 autore: Banche. L'istituto delibera 800 milioni di euro di rettifiche di valore su 4 miliardi di crediti problematici In Italease esplodono gli incagli Banco Popolare e Bper pronte al salvataggio: annuncio atteso per domenica Alberto Grassani MILANO Per due anni il nuovo management ha tenuto insieme i pezzi del gruppo, tentando di porre rimedio ai danni della vecchia gestione. Ma ora Banca Italease sembra giunta al capolinea: il portafoglio crediti ereditato dalla gestione di Massimo Faenza registra incagli per quasi 4 miliardi di euro. Un fenomeno esploso nei primi mesi del 2009 che riguarda in particolare i leasing erogati a una trentina di immobiliaristi. Per adesso le rate dei leasing non pagate alla banca valgono 190 milioni di euro, ma le rettifiche decise su quel portafoglio crediti superano gli 800 milioni e la società – che nel 2007 ha già varato un aumento di capitale da 700 milioni per compensare le perdite nel settore dei derivati – è pronta a lasciare Piazza Affari. Salvo ulteriori rinvii, domenica pomeriggio il Banco Popolare convocherà d'urgenza i consigli di gestione e di sorveglianza per deliberare il salvataggio della partecipata presieduta da Lino Benassi. Come ha spiegato nei giorni scorsi l'amministratore delegato del Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti, «si è molto vicini alla soluzione di una lunga e complessa trattativa per la definitiva sistemazione di Italease ». Un salvataggio di sistema voluto dalla Banca d'Italia e reso possibile «in tempi brevissimi » grazie alla «professionalità e disponibilità di tutte le banche pattiste». Insomma, in vista del consiglio d'amministrazione di Italease sui conti del 2008 (convocato al momento per il 19 marzo) i grandi soci bancari si apprestano ad annunciare lo smembramento in tre parti della società di leasing e il suo delisting da Piazza Affari. Al salvataggio, guidato dal Banco Popolare e dalla Bper, con il contributo di Popolare di Sondrio e Bpm, non dovrebbe partecipare la Reale Mutua, cui inizialmente era stata offerta una quota della Newco in cui verranno scorporati parte degli attivi di Italease. Un'impasse parzialmente attesa che aumenterà l'impegno del Banco Popolare nel salvataggio, ma senza conseguenze sostanziali per il gruppo di Verona. Saviotti ha già spiegato in settimana che «qualunque sia la soluzione finale, il Banco Popolare ha la forza patrimoniale e finanziaria per fronteggiarla ». Rassicurazioni – «non avrei mai portato a termine una trattativa del genere se non avessi avuto la capacità di poterla gestire oggi, domani e dopodomani con assoluta tranquillità» – che hanno contribuito a spingere al rialzo le quotazioni del Banco Popolare: +31% nelle ultime quattro sedute. Ieri il titolo di Verona ha chiuso in progresso del 2,93%, a 2,46 euro. Domenica, presumibilmente, si conosceranno le quote esatte con cui i grandi soci di Italease si divideranno le attività e le passività dell'istituto di leasing. Il piano messo a punto con la consulenza di Mediobanca prevede che il Banco Popolare acquisti il 100% del capitale di Banca Italease. Ma il leader italiano del leasing, guidato in questi due anni di emergenza da Massimo Mazzega, scorporerà prima in una newco una parte delle attività (5,9 miliardi di asset) così come conferirà ad una bad bank tutti i crediti problematici. Il Banco Popolare, che ha già fatto richiesta al Tesoro di 1,45 miliardi di euro di "Tremonti bond" per rafforzare i ratio patrimoniali, sarà dunque chiamato ad acquistare metà dei 20 miliardi di attività di Italease – circa 10 miliardi di euro che diventeranno 8 dopo la prevista vendita della società di factoring –e il 70%del capitale della "bad bank". Ieri un consiglio straordinario di Italease, cui è seguito in tarda notte la riunione del patto di sindacato, ha valutato il deterioramento degli attivi della banca. L'esplosione degli incagli di Italease è importante. Nonostante la riduzione delle attività nel settore immobiliare, voluta dal nuovo management a partire dal 2007, i finanziamenti della vecchia gestione a un gruppo ristretto di immobiliaristi hanno creato una concentrazione di rischi che con la crisi finanziaria di questi mesi ha deteriorato rapidamente il portafoglio crediti. Gli incagli per quasi 4 miliardi di euro fanno capo per il 90% a poche società attive nel settore immobiliare. Fra i nomi dei debitori ci sono le società di Danilo Coppola e la Risanamento di Luigi Zunino. L'EREDITà DI FAENZA La situazione si è aggravata nei primi due mesi del 2009 ma le posizioni a rischio riguardano leasing concessi dalla vecchia gestione Il presidente di Banca Italese. Lino Benassi IMAGOECONOMICA

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Deutsche Bank rinnova il board (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 26 autore: Verso la scelta del sostituto di Ackermann Deutsche Bank rinnova il board Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Deutsche bank si prepara lentamente a scegliere un nuovo presidente. L'attuale, Josef Ackermann, lascerà nel maggio del 2010, salvo sorprese. In questo contesto, la prima banca privata tedesca dovrebbe annunciare la settimana prossima cambiamenti nel proprio consiglio di gestione, un organismo dal quale potrebbe uscire il successore al banchiere svizzero. Secondo il mensile tedesco Manager Magazin, quattro nuove persone entreranno nel consiglio di gestione dell'istituto, tra questi il 46enne Anshu Jain e il 52enne Michael Cohrs,ambedue a capo dell'investiment banking di Deutsche Bank. Attualmente l'organismo, presieduto da Ackermann, è composto da appena quattro banchieri. Esponenti della city francofortese spiegavano ieri che il cambiamento è propedeutico alla ricerca di nuovo presidente. Certo l'arrivo di Jain e Cohrs al vertice della banca è anche un modo per segnalare all'esterno che l'investiment banking rimane importante per Deutsche Bank, nonostante la grave crisi di questi mesi. Ad entrare nel comitato esecutivo dovrebbero essere anche Rainer Neske, 45 anni, a capo del private banking, e JÜrgen Fitschen, 61 anni, che gestisce le attività regionali della banca. Il probabile raddoppio del numero dei membri del consiglio di gestione di Deutsche Bank fa sì che l'istituto avrà un vertice più numeroso, in linea con quello delle grandi imprese tedesche. Ackermann, 60 anni, lascerà la banca l'anno prossimo. Per ora non sono stati avanzati nomi sui probabili successori. Nel 2008, Deutsche Bank ha messo a segno la prima perdita in 50 anni. Nel quarto trimestre dell'anno scorso, il rosso è stato di 4,8 miliardi di euro. In gennaio, però, la banca ha registrato proventi per 2,8 miliardi di euro. I cambi al vertice del primo istituto di credito tedesco, che dovrebbero essere approvati dal consiglio di sorveglianza della banca la settimana prossima, giungono mentre la Germania è ancora alla ricerca di una soluzione per Hypo Real Estate, la società finanziaria bavarese in grave difficoltà. Il Governo ha minacciato l'esproprio,ma sta ancora cercando una soluzione di compromesso con il principale azionista, l'investitore americano J.C. Flowers. Ieri quest'ultimo ha spiegato che la banca, specializzata in obbligazioni immobiliari, ha bisogno di circa 10 miliardi di euro. Un ennesimo incontro tra le parti si svolgerà domani. J.C. Flowers, che ha una quota di circa il 25% in Hypo Real Estate, vorrebbe rimanere tra gli azionisti dell'istituto di credito. Ieri ha proposto che il Governo acquisti il 75% della banca al prezzo di tre euro ad azione (ieri il titolo ha chiuso a 0,87 euro) e garantisca una partecipazione silenziosa (senza diritto di voto quindi) tra i 4,1 e gli 8,1 miliardi. LE TAPPE L'attuale presidente lascerà nel maggio 2010 La prossima settimana previsti nuovi ingressi nel consiglio di sorveglianza

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L'autocritica di Welch non tocca la pensione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 27 autore: 000 L'autocritica di Welch non tocca la pensione L' au tocritica è sempre un gesto nobile, ma quando è troppo tardiva diventa un boomerang. E il boomerang, in questo caso, ha colpito la testa di Jack Welch: l'ex guru delle teorie di management ed ex amministratore delegato della General Electric ha rilasciato infatti una stupefacente intervista in cui definisce «una vera idiozia » l'ossessione dei manager per il «valore per gli azionisti», arrivando a dire che proprio la focalizzazione sulle relazioni trimestrali e sugli obiettivi di crescita del titolo è alla base dell'attuale crisi del sistema finanziario. Peccato che questa ossessione l'abbia inventata proprio lui: Welch, nel nome del valore degli azionisti, non solo è diventato miliardario (in dollari), ma ha gonfiato a dismisura le dimensioni e la struttura di General Electric, lanciandola in una diversificazione forzata che l'ha resa del tutto anelastica alle crisi e fondamentalmente dipendente dagli eccessi finanziari degli ultimi venti anni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Ge ha perso il rating tripla A e cerca invano compratori per le sue attività industriali più mature. Ma a Welch cosa importa? Lui il «valore per gli azionisti» l'ha già monetizzato con la pensione. (R.Fi.)

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Fintel porta l'eolico sull'Aim (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 27 autore: Matricole. Una piccola società avvia l'iter per la Borsa Fintel porta l'eolico sull'Aim MILANO La fase di mercato è pessima. Ma Tiziano Giovannetti, il trentatreenne amministratore delegato di Fintel Multiservizi, ha mille progetti in testa nel campo dell'energia eolica. Così ha deciso di portare la società, che attualmente vende energia elettrica, in Borsa. Fintel Multiservizi ha affidato a Banca Mb e a Intermonte il compito di portarla sull'Aim Italia, il nuovo mercato lanciato a Piazza Affari dedicato alle piccole imprese. L'obiettivo è di sbarcare sul listino subito dopo l'estate, a metà settembre. E di quotare il 25% della società, attualmente posseduta dalla holding Hopafi della famiglia Giovannetti. E, in un momento nero per tutti, il suo iter verso Piazza Affari si è appena arricchito con un fatto nuovo: pochi giorni fa il ministro Scajola ha firmato un accordo in Serbia secondo cui tutta l'energia rinnovabile prodotta nel Paese verrà ritirata in Italia a tariffe italiane. Ebbene: attualmente Fintel è l'unica società italiana ad avere già 7 campi eolici in Serbia in corso di sviluppo. «Questo – esulta Giovannetti – ci dà un grande vantaggio». Se si chiacchiera con lui sembra che la crisi finanziaria, quella che ha mandato a picco le Borse, non esista. Ha voglia di investire, non ha paura della Borsa.Fintel –racconta –è nata nel 1997. Ma è nel 2006 che il gruppo ha iniziato a pensare al salto dimensionale: «è in quel periodo che abbiamo pianificato di diventare produttori di energia elettrica». è così che, all'interno del gruppo,sono nate società che si occupano di produzione da energie rinnovabili: sole, acqua e vento. Attualmente il gruppo ha installazioni fotovoltaiche piccole, ma molti altri progetti sono in corso di sviluppo. «In Italia, dove il problema è una giungla normativa in questo settore, cantieremo il primo campo eolico nel giugno 2009 dopo una lunga istruttoria. Per di più siamo andati in Serbia e Montenegro, dove abbiamo progetti in corso per 330 megawatt di grande eolico. Siamo in fase di autorizzazioni e probabilmente nel 2010 produrremo il primo kilowattora di energia». My.L. LA SVOLTA Dopo l'accordo italo-serbo sulle energie rinnovabili, nuove opportunità: il gruppo ha già 7 campi in corso a Belgrado

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Poche regole, ma trasparenti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 29 autore: INTERVISTA Francesco Confuorti «Poche regole, ma trasparenti» Maximilian Cellino «Per superare la fase attuale occorre ripartire da regole chiare e affidarsi a quelle aziende solide che conoscono a fondo il territorio in cui operano e vi portano ricchezza e benessere ». Francesco Confuorti, presidente e amministratore delegato di Advantage Financial indica la possibile via d'uscita dalla presente crisi economica e finanziaria e delinea i possibili scenari futuri. Temi questi che saranno al centro del convegno " Global economic perspectives" che si terrà a Milano lunedì 16 marzo a Piazza Affari (Palazzo Mezzanotte, con inizio alle 9,30), con gli interventi dell'ex capoeconomista del Fondo monetario internazionale, Raghuram Rajan, e dell'amministratore delegato di Generali, Giovanni Perissinotto, e un successivo dibattito concluso dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Lei parla di regole, ma chi deve farle e in che modo? Devono essere poche, ma trasparenti e per prima cosa devono riguardare la cosiddetta accountability, vale a dire la necessità di dover rendere conto degli obblighi che derivano da una carica: chi sbaglia paga, ma da noi questo non sempre avviene in ambito finanziario. Le regole dovranno essere stabilite a livello internazionale, ma ciò non toglie che la spinta alla riforma possa arrivare dai ministeri del Tesoro o da altri organi ufficiali di ciascun singolo Paese. Non è importante chi sollevi per primo la questione, quanto che le nuove norme siano condivise ed effettivamente applicabili. Altrimenti? Il rischio è che si riproponga ciò che è successo finora, con banche e istituti di credito che si sono occupati più di alchimie finanziarie che di propiziare una crescita a medio lungo termine necessaria a favorire le aziende solide. è necessario tornare a concentrarsi sul territorio, concedendo prestiti nelle zone di origine e delle quali si conoscono i rischi intrinseci: solo così il sistema può migliorare. è una critica a chi ha cercato l'espansione verso est? Non necessariamente: molte banche italiane hanno cercato la diversificazione all'estero seguendo la strada tracciata dalle aziende del Nord Est e questo è un rischio industriale che mi sta bene. Non posso invece accettare chi ha diversificato andando ad acquistare fuori dal territorio strumenti finanziari che poi sono sfuggiti al controllo. è d'accordo nel sostegno di Stato alle banche? Aiutare chi non sta bene è inevitabile in un'ottica di interesse pubblico. Ma credo che sia giusto anche andare incontro a chi è sano e che in fin dei conti è in grado di creare valore e benessere sul territorio. Non parlo di incentivi, ma di un vero e proprio investimento da parte dello Stato in azioni di aziende che contribuiscono a mandare avanti il "Sistema Italia" e che adesso sono sottovalutate: mi riferisco a società come la stessa Mediobanca, Generali, Fiat, Tod's, Finmeccanica, Eni o Enel, partecipazioni che in futuro potrebbero dare anche importanti plusvalenze in grado di ridurre il debito pubblico. Quali sono i tempi di uscita dalla crisi? Credo che tutto dipenda dalla ripresa del settore immobiliare negli Stati Uniti: la nostra idea è che esistano ancora margini di discesa dei prezzi delle abitazioni Usa nell'ordine del 20-25% e che il fondo sarà toccato nel 2010. Soltanto nella seconda parte del prossimo anno potremo assistere a una sorta di recupero, ma occorrerà vedere se la crescita avrà la stessa rapidità del crollo o se invece dovremo attenderci un periodo più o meno prolungato di stagnazione prima della definitiva ripresa. «Le norme devono riguardare in particolare l'accountability: chi sbaglia deve pagare»

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Peggiora la crisi giapponese e lo yen scivola (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 31 autore: CAMBI E TASSI www.ilsole24ore.com COMMENTI E DATI IN TEMPO REALE Peggiora la crisi giapponese e lo yen scivola L o yen perde terreno nei confronti delle prinicipali valute e mette in fila la quarta flessione settimanale sull'euro, indebolito dalle speculazioni che ritengono non ancora arrivato il peggio della crisi bancaria. In retromarcia anche il franco svizzero, che ha registrato la maggiore perdita nei confronti della moneta unica dal 1999: le politiche adottate giovedì dalla Banca centrale di Zurigo stanno avendo l'effetto desiderato. Anche il dollaro ha ceduto nei confronti dell'euro: in questo caso la moneta unica si avvantaggia della ridotta ricerca del biglietto verde come valuta rifugio, dopo che gruppi finanziari come Bank of America hanno visto i conti di nuovo in utile. Così, ieri l'euro ha raggiunto un massimo di seduta di 1,2956 dollari (contro 1,2909 della chiusura di giovedì) e di 127,66 yen (da 126,22).

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La crisi non frena il caro-casa, cresce la corsa all'affitto (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: CASA E CASE data: 2009-03-14 - pag: 36 autore: QUI PARIGI La crisi non frena il caro-casa, cresce la corsa all'affitto Leonardo Martinelli PARIGI Aumenta il numero dei proprietari che decidono di affittare case e appartamenti nella capitale francese: un tipo d'investimento che in tempo di crisi torna d'attualità. Sicuramente in Francia cominciano a cedere anche gli affitti, così come nel settore delle compravendite, ma con rallentamento è meno pronunciato e con margini di crescita più ampi. Pochi giorni fa Clameur, l'osservatorio francese sulle tendenze delle locazioni, ha fornito i suoi ultimi dati. Ebbene, nel 2008 a livello nazionale l'aumento dei canoni di locazione è stato dell'1,8% contro il +2% del 2007 e una crescita media annua del 3,3% negli ultimi dieci anni (+43% cumulativo). Insomma, nonostante il ritmo meno serrato, il trend continua a essere positivo. Un dato confermato dalle statistiche relative ai primi due mesi del 2009, che registrano un incremento dello 0,2% su base annua a livello nazionale. Solo Parigi, con -1,8%, è già passata in territorio negativo, mentre in altre città la crescita continua, +3,3% a Lione e +4,1% a Nizza. Crollo in vista? «Non credo – osserva Michel Mouillart, economista e autore dello studio –. Esiste un rallentamento, ma il 2009 dovrebbe chiudersi con un aumento per tutta la Francia di poco inferiore all'1 per cento». Tutto ciò accade perché, a causa della stretta delle banche sui mutui, per molti nuclei familiari diventa più difficile finanziare l'acquisto previsto di un appartamento. E, in ogni caso, i possibili acquirenti ritardano il loro investimento, sperando che i prezzi vadano ancora più giù (in Francia, e soprattutto a Parigi, non si è ancora verificato il crollo registrato in varie città del Regno Unito o della Spagna). D'altra parte i proprietari che fino a qualche mese fa volevano vendere, se possono, cercano di aspettare, per non vedersi costretti, in una fase come quella attuale, a ridurre notevolmente il prezzo proposto. La conseguenza di un contesto di questo tipo è che molte famiglie, aspettando, decidono di affittare o sono costrette ad affittare. «Negli ultimi mesi notiamo un miglioramento evidente dei dossier di chi ricerca una locazione», sottolinea Loic Vollet, responsabile per il settore per la rete di agenzie immobiliari Foncia. Sì, aumentano i clienti solventi, malgrado la crisi economica.E così i rendimenti per chi investe nell'immobiliare con l'obiettivo di affittare migliorano. O, comunque, risultano più sicuri oggi rispetto agli anni scorsi, visto l'andamento dei mercati finanziari. Secondo uno studio recente di Ad Valorem i tassi medi di rendimento nel 2008 sono rimasti tra il 4,8 e il 5,4% a Parigi, tra il 5,1 e il 6,8% nella regione della capitale e fra il 5,5 e il 7,7% nel resto della Francia. Ovviamente, per questo tipo di investimento, soprattutto a Parigi, bisogna valutare attentamente la localizzazione: evitare le città di provincia o le aree della periferia parigina dove si è costruito troppo negli ultimi anni. Qui nel futuro i prezzi di acquisto potrebbero calare ulteriormente e l'eccessiva offerta potrebbe far abbassare sensibilmente gli affitti, anche rispetto al livello attuale. Da preferire, invece, i quartieri più centrali della capitale e delle altre città di provincia. LE PREVISIONI Nonostante la capitale abbia i rendimenti nazionali più bassi (in media il 5%) gli operatori consigliano di investire in città Nella Ville Lumière. A Parigi nel 2008 i canoni sono scesi dell'1,8% REA

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Il livello idrico appeso a una diga (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: CASA E CASE data: 2009-03-14 - pag: 37 autore: Lavori. Montedoglio Il livello idrico appeso a una diga L'annoso problema della crisi idrica del Trasimeno incide da tempo in modo negativo sul turismo locale, soprattutto a causa della presenza dei chironomidi, moscerini dall'aspetto innocuo ma molto fastidiosi, la cui presenza è favorita dall'abbassamento delle acque. Il progressivo prosciugamento del lago, quarto in Italia per estensione, negli ultimi due anni è stato sempre più grave: tra il 2007 e il 2008, infatti, il livello è calato di 78 centimetri, anche se recuperati in parte (25) agli inizi di marzo 2009. Oggi l'ancora di salvezza del Trasimeno si chiama Montedoglio, la diga che oltre all'acqua nel lago porterà anche una significativa rivalutazione della zona circostante, soprattutto dal punto di vista turistico ed edilizio. Costruita tra il 1977 e il 1993,ha dato vita all'omonimo lago, un bacino artificiale in terra toscana utilizzato per rifornire la rete idrica dei paesi circostanti, regolare il flusso del Tevere ed evitare le secche estive. Inizialmente avrebbe dovuto sopperire unicamente al fabbisogno agricolo. Di recente, però, è stato firmato dalle Regioni Umbria e Toscana un protocollo d'intesa per permettere il deflusso nel Trasimeno delle acque in eccesso della diga di Montedoglio. Peccato che i lavori, giuntia buon punto, si siano fermati a causa delle vicissitudini finanziarie della ditta appaltatrice: ultimati i 4 lotti di opere, si attende il completamento dell'ultimo, 3,5 chilometri di tubazioni fino a Borghetto sul Tuoro. Perché ciò avvenga, bisogna attendere un'altra gara per appaltare il lavoro a una nuova impresa. Così gli operatori turistici, che da anni attendono con impazienza il completamento dell'opera, per quest'estate dovranno sperare ancora nelle piogge.

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Tremonti all'attacco di Draghi (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

POTERI Il ministro dell'economia: «Darei la vigilanza alla Bce». Pd: «Autonomia per Bankitalia» Tremonti all'attacco di Draghi Ma sull'affidamento dei controlli sul credito ai prefetti, Bossi si smarca Sara Farolfi ROMA «Se fosse per me darei tutto in mano alla Bce». Alla Banca centrale europea, il ministro dell'economia Giulio Tremonti vorrebbe affidare - così ha detto ieri - la vigilanza sul credito dalle banche alle imprese. Così si è consumato l'ultimo atto dello scontro che (non da ieri) vede contrapporsi il ministro al governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. «Se gli operatori sono sistemici, siano essi banche o finanziarie, anche la vigilanza dev'essere sistemica», argomenta Tremonti. Ma provate a immaginare la Bce alle prese con il rischio credit crunch, e relativa denuncia, del bottegaio romano come del piccolo imprenditore del nord. Tremonti ha voluto rispondere alla circolare inviata da Draghi due giorni fa a tutte le filiali della Banca d'Italia. Circolare in cui il governatore mette i puntini sulle i, per dire che la vigilanza sul credito è questione seria e delicata che spetta alla banca nazionale. Ma andiamo con ordine. Tutto nasce con i Tremonti bond, quegli strumenti finanziari che potranno essere emessi dalle banche a corto di liquidità e che decideranno di ripatrimonializzarsi. Strumenti che saranno sottoscritti dallo stato (a interessi molto alti, ma senza vere contropartite in caso d'insolvenza o mancato rispetto degli impegni) in cambio dell'impegno degli istituti di credito a favorire il flusso creditizio a famiglie e imprese. La questione è delicata e la crisi imperversa: le banche dicono che i flussi di credito non hanno subìto alcuna variazione rispetto all'anno scorso, le imprese rispondono il contrario. A osservare i dati, il problema esiste, non riguarda le grandi imprese (che sono poche) ma quelle piccole e medie. Cosa fa dunque Tremonti? Decide, in accordo con il ministro degli interni Maroni, di istituire degli osservatori sul credito presso le prefetture, ben sapendo che la vigilanza sui flussi di credito è cosa che attiene ai compiti di Bankitalia. «Una picconata alla Banca d'Italia un po' eccessiva», suona l'affondo di Corrado Passera (Intesa san Paolo). E infatti la risposta di Draghi non si è fatta attendere a lungo. Due giorni fa, il messaggio inviato a tutti i responsabili locali di Bankitalia, in cui si chiarisce che a fornire dati e cifre saranno le filiali della Banca. Ieri la risposta di Tremonti - «ci sarà un grande impegno da parte dei prefetti» - e la controreplica di Bankitalia, che in un comunicato «conferma la massima disponibilità a corrispondere alle esigenze informative delle prefetture, fornendo e analisi sull'andamento del credito a livello territoriale». Chiarendo però che, per quanto riguarda le richieste di dati aziendali individuali, resta il «segreto d'ufficio». Che sia invidia quella del ministro Tremonti, per il fatto che non lui ma Draghi è stato di recente noverato, unico italiano, «tra i 50 uomini che ci salveranno dalla crisi»? O più probabilmente una partita politica di peso in cui un qualche ruolo lo veste anche il mandato del governatore, in scadenza tra due anni? Ad ogni modo, cosa centrino le prefetture con il controllo dei flussi di credito dalle banche alle imprese è questione su cui persino Bossi (leghista tanto quanto Maroni, e sensibilissimo al problema del credito, essendo in gioco la sua stessa base elettorale) si è domandato, concludendone che «serve un accordo tra il ministro e il governatore, ma in ogni caso non è che tutti i prefetti capiscono di economia, e gli imprenditori si fidano di più delle associazioni di categoria». Perciò, vanno anche bene le prefetture, ma non i prefetti. A scanso di illusioni comunque, ieri Corrado Passera si è fatto sentire. «Non mettiamoci in testa che bisogna fare credito a tutti, le aziende non sono tutte uguali e bisogna far crescere quelle che ce la fanno», spiega il banchiere. «Avere il coraggio di fare credito, e noi lo abbiamo, e di fare banca in questo momento è perlomeno altrettanto complesso che fare impresa». Quanto alla proposta di affidare la vigilanza alla Bce, «prima bisogna unificare le leggi e le norme a livello europeo». Dal fronte parlamentare la condanna alle parole di Tremonti (che contamina un pochino persino il senatùr) è pressoché unanime (tra Pd, Idv e Udc). «Lo dico a Tremonti, litighiamo tra maggioranza e opposizione, ma lasciamo fuori Bankitalia, non tocchiamo la sua libertà», dice il segretario Pd, Franceschini, aggiungendo poi di non condividere l'affidamento della vigilanza sul credito ai prefetti. L'Italia dei valori parla del rischio di un «commissariamento di Bankitalia». Il leghista Calderoli difende l'amico Maroni, nonostante le parole di Bossi: «Sulla questione del credito finalmente avremo i prefetti in funzione federalista e al servizio del territorio». La settimana prossima, ha annunciato ieri Tremonti, è in programma un incontro tra governo, Confindustria, Abi, banche e sindacato. Foto: IL GOVERNATORE DI BANKITALIA MARIO DRAGHI E IL MINISTRO GIULIO TREMONTI /FOTO REUTERS A SINISTRA ELIO VITO E UMBERTO BOSSI

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Le belle statuine (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Le belle statuine Beni culturali, opposizione in stato confusionale. Dalle opere a Palazzo Chigi all'ok per il commissariamento delle aree romane Arianna Di Genova Un'interrogazione al ministro Bondi per chiedere informazioni sul destino delle quattro statue che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha chiesto per sé e il suo parterre, a «decoro» delle stanze del potere a Palazzo Chigi. A perderle, sarebbe il Museo delle Terme di Diocleziano e a condurle fra gli scranni del Parlamento è stata ieri la capogruppo del Pd, Manuela Ghizzoni. Peccato che la questione del tour didattico (così come quello annunciato dei Bronzi per il G8) sia noto già da circa un mese e non si capisce perché l'opposizione se ne accorga solo in punta di primavera. Una delle statue richieste sarebbe in realtà un magnifico gruppo marmoreo, quello di Marte e Venere, rinvenuto durante gli scavi di Ostia. La «scusa pubblica» per quest'atto di spoliazione governativo è che le suddette sculture giacciono impolverate in bui depositi museali. La notizia è falsa: le opere sono allestite in sale chiuse e sprangate da tempo a causa della cronica mancanza di fondi, della carenza di guardiania e dell'impossibilità di far fronte ai costi di gestione del museo. E come ha risposto a tutto ciò il governo? Non certo offrendo alla fruizione collettiva (italiana e straniera) quei capolavori cercando di «oliare» la macchina dei beni culturali con un qualche flusso finanziario; al contrario, ha chiuso i rubinetti, tagliando ulteriormente le risorse del patrimonio culturale, lo stesso che a più riprese i suoi rappresentanti non perdono occasione di definire, con enfasi mediatica, «il grande giacimento petrolifero del nostro paese». In più, il trasferimento delle statue, in perfetto stile napoleonico, finisce per avere un alto valore simbolico, essendo il museo interessato da quella «rapina» il primo a costituirsi dopo l'unità d'Italia. Potrebbe essere uno degli ultimi atti dell'era Bondi - corta, incisiva e nefasta - prima che il ministro prenda il volo per coordinare le attività del Pdl. Dietro di sé, lascia in eredità ai posteri il direttore generale Mario Resca (esperto in hamburger e casinò) e probabilmente un'idea di trasformare i reperti in slot machine da far fruttare a ogni giro di manovella. Sull'uso di quelle manovelle si destreggerà, come ventilato, Quagliariello? Sicuro è invece che chi salirà al timone del dicastero dovrà farsi un viaggetto a Abu Dhabi. Certo, se l'arte deve fatalmente vagabondare per il mondo, Palazzo Chigi è una mèta meno impervia e più vicina degli Emirati... Sulle varie questioni scoppiate intorno al caso «beni culturali», la cosa pià grave è che l'opposizione sembra essere entrata in stato confusionale. Se l'archeologo Andrea Carandini, un tempo spirito libero della sinistra, risponde sollecito alla chiamata di Bondi, non perde un minuto e corre ad occupare la poltrona ancora calda dell'(ex) amico Salvatore Settis al Consiglio superiore, dall'altra parte, la Regione Lazio «crolla» sul commissariamento dell'area archeologica romana e di Ostia, ritenuta da molti un nuovo «sacco di Roma». Dopo una lotta quotidiana - fino a ieri mattina ancora in corso - condotta dall'assessora alla cultura Giulia Rodano contro l'emergenzialità che rischia di cancellare le figure dei soprintendenti (coadiuvata da Giovanna Melandri, responsabile cultura Pd e da Cecilia D'Elia, assessora alle politiche culturali della Provincia, pronte entrambe a non accettare la messa sotto «tutela politica» di insigni studiosi e esperti di settore), il presidente Piero Marrazzo ha pensato bene di sparigliare la sua stessa giunta - e quelle «amiche» - nel tardo pomeriggio. Con un lancio di agenzia ha fatto candidamente sapere a tutti di aver dato l'assenso al commissariamento, purché a tempo limitato e purché Bertolaso rispetti le regole, non spazzi via le competenze dei soprintendenti. Una scelta avvenuta dopo il pressing del decreto della protezione civile che paventa possibili crolli nell'area del Palatino, resi più concreti dalle abbondanti piogge della stagione. A ruota, si sono congratulati con Marrazzo il sottosegretario Giro, il sindaco Alemanno, l'assessore Croppi. La sua è una posizione «non ideologica», hanno detto. Resta il fatto che la Regione non ha poteri decisionali, elargisce solo pareri. Che bisogno c'era allora di srotolare quel tappeto rosso? «L'importante - afferma Giulia Rodano - è vigilare che non venga toccato l'equilibrio dei poteri sul territorio e che, surrettiziamente, il commissariamento non sia una consegna delle aree al Campidoglio». Infatti, il commissario esiste già e non è Bertolaso: si chiama Angelo Bottini, soprintendente statale.

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75 anni di caccia ai capitali stranieri (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

FORZIERI 75 anni di caccia ai capitali stranieri In 75 anni di esistenza, il segreto bancario è stato messo sotto accusa o trasformato a diverse riprese. Nel 1929, in piena crisi economica mondiale, le grandi fortune cercano riparo nei forzieri svizzeri. Francia e Germania aumentano la pressione sulle banche elvetiche per far fronte alla fuga di capitali. Nel 1934, la Svizzera protegge i soldi stranieri dagli assalti degli altri stati inserendo il segreto bancario nella legge sulle banche. Tra il '45-46, deve però cedere alla pressione degli Alleati e dare informazioni sui fondi tedeschi, soprattutto sull'oro rubato dai nazisti, nel quadro degli Accordi di Washington. Nel 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre, Zurigo accetta di aiutare gli Stati uniti nella ricerca di fondi destinati al terrorismo, ma senza ammorbidire il segreto bancario. Nel 2008, nel quadro della crisi economica e finanziaria mondiale, gli Usa e l'Unione europea intensificano la lotta contro i paradisi fiscali. La pressione sulla Svizzera aumenta. Il 18 febbraio 2009, l'Ubs versa 780 milioni di dollari alla giustizia Usa e fornisce i dati bancari alle autorità nordamericane per metter fine al contenzioso fiscale.

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La Svizzera e gli altri non lavano più bianco (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

SEGRETI BANCARI La Svizzera e gli altri non lavano più bianco L'ultimo bastione del segreto bancario resta il Principato di Monaco: dopo che la Svizzera e l'Austria hanno annunciato «concessioni» per evitare le sanzioni promesse da Germania, Francia, Gran Bretagna e Usa contro i paesi della finanza oscura e dei miliardi esentasasse. Anche il Fmi promette «azioni alla dinamite» Spinta dalla crisi, l' Europa va a caccia di evasori E i paradisi fiscali trattano per non finire sulla lista nera Anna Maria Merlo PARIGI Ieri pomeriggio l'ultimo bastione a non aver ancora ceduto alle ingiunzioni di Germania, Francia, Gran Bretagna e Usa a due settimane dal G20 di Londra era il Principato di Monaco. Montecarlo, uno dei paradisi fiscali «non cooperativi» della lista nera dell'Ocse, continua a battersi contro l'assedio. Ma i suoi alleati - di grado diverso - nelle cittadelle della non trasparenza finanziaria cominciano a mandare segnali al mondo e prevedono compromessi. L'ultima a dare segnali di cedimento è stata ieri l'Austria, che peraltro aveva organizzato solo la scorsa settimana un mini-summit con Lussemburgo e Belgio per cercare di organizzare la difesa. Il Lussemburgo ha assicurato di volersi conformare alle «norme Ocse», anche se il primo ministro (nonché ministro delle finanze del suo paese e presidente dell'eurogruppo) Jean-Claude Juncker finge di non capire: «Non posso immaginare che Lussemburgo, Austria e Belgio figurino sulla lista nera dei paradisi fiscali, mentre rispettano le norme europee». E ha precisato: «Il segreto bancario non è sinonimo di paradiso fiscale». E' su questa sottile differenza che i paesi del segreto bancario (di cui fa parte anche la Svizzera) cercano di differenziarsi dai paradisi fiscali che già figurano sulla lista nera dell'Ocse (una quarantina in tutto tra cui Monaco, Andorra, le Bermude, Caiman, Nauru eccetera). Ma il Gafi (Gruppo di azione finanziaria) è stato incaricato, prima del G20 del 2 aprile a Londra, di rivedere la lista nera e aggiungervi i paesi «non cooperativi» in materia fiscale. Di qui la corsa a mostrasi «cooperativi». Ieri la Svizzera, che teme di finite nella lista nera, ha assicurato di essere disposta a «migliorare la cooperazione» nel caso di persone sospettate di evasione dal fisco di un altro paese. Ma Berna ha precisato, come avevano già fatto Lussemburgo e Liechtenstein, che lo scambio di informazioni potrà avvenire solo «caso per caso», quando la giustizia del paese interessato fornisce prove concrete di sospetto di frode. Il Liechtenstein ha evocato la possibilità di concludere «accordi bilaterali» con alcuni paesi: in particolare, è in difficoltà con la Germania, dopo che Berlino ha svelato una frode fiscale di 800 contribuenti che avevano messo al sicuro 4 miliardi di euro a Vaduz. Il Belgio afferma che dal 2010 metterà in atto «un sistema di scambio di informazioni» con i partner dell'Ue. Andorra, sotto pressione della Francia, afferma di voler togliere il segreto bancario entro novembre. Anche l'isola di Jersey è ormai sulla difensiva e ha appena firmato un accordo minimo di scambio di informazioni con la Gran Bretagna, per cercare di salvare il salvabile dei suoi 500 miliardi di euro di attivi finanziari, le sue 47 banche (cioè una ogni 1.125 abitanti) e le imposte a tasso zero sui profitti delle società straniere. L'Ocse definisce «paradiso fiscale» dei luoghi «non cooperativi» con le amministrazioni fiscali degli altri paesi, dove le tasse sono inesistenti o quasi, dove il segreto bancario è assoluto e ne godono anche i non residenti. Sarebbero una cinquantina (ci sono anche Singapore e Hong Kong, che a febbraio hanno promesso concessioni). Secondo Transparency International più di 400 banche hanno sede in questi centri, che ospitano più di 2 milioni società fantasma, una buona fetta dei famigerati hedge funds e dove non c'é multinazionale che non abbia una filiale. Secondo un'inchiesta fatta dal magazine Alternatives économiques, il 100% delle multinazionali francesi (cioè tutto il Cac 40, le blue chips della Borsa di Parigi) hanno filiali in un paradiso fiscale, così non pagare tasse sugli utili e hanno liquidi pronti per eventuali corruzioni. In questi paradisi sarebbero dissimulati 10mila miliardi di dollari (non solo evasione e frode fiscale, ma anche denaro sporco di provenienza criminale). Con la crisi finanziaria c'è stata un'offensiva concertata. Dominique Strauss-Kahn, presidente dell'Fmi, ha minacciato «un'azione alla dinamite». Giovedi Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, che si sono incontrati a Berlino, hanno ribadito la richiesta di «sanzioni» contro i paesi che non rispetteranno le norme Ocse della trasparenza e che non accetteranno di seguire le richieste del rapporto di de Larosière sulla regolazione finanziaria in Europa. Il G20 di Londra (a differenza di quello di novembre, dove non è uscita una riga sui paradisi fiscali) vuole essere un appuntamento determinante per favorire la trasparenza, poiché per gli stati in deficit la perdita di entate fiscali è diventata intollerabile. 50 SONO CINQUANTA, almeno, i paradisi fiscali «ufficiali» dove il segreto bancario è assoluto e ne godono anche i non residenti Foto: ZURIGO, IL CAVEAU DI UNA BANCA. A SINISTRA IL DIRETTORE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE DOMINIQUIE STRAUSS-KHAN /AP

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Pechino preoccupata dal rischio dei titoli Usa (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

CINA L'economia domina la conferenza stampa del premier Wen Pechino «preoccupata» dal rischio dei titoli Usa Paola Desai Nessun capo di stato aveva mai avanzato pubblicamente dubbi sul «rischio» finanziario dei buoni del tesoro emessi dagli Stati uniti. Lo ha fatto ieri il premier cinese Wen Jiabao, durante la lunga conferenza stampa tenuta a conclusione della seduta annuale del Congresso del popolo (il parlamento) cinese, per tradizione l'unico incontro con i media ogni anno. «Abbiamo prestato un'enorme quantità di denaro agli Stati uniti. Certo siamo preoccupati dalla sicurezza dei nostri investimenti. In effetti sono davvero preoccupato», ha detto Wen, con un linguaggio insolitamente esplicito. Abbiamo chiesto agli Stati uniti di «mantenere il suo buon credito, onorare le promesse e garantire la sicurezza dell'investimento cinese», ha aggiunto: «Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.000 miliardi di dollari tra titoli emessi dal Tesoro americano (circa 750miliardi) e altri titoli sostenuti dal governo di Washington. Il premier non ha detto che la Cina non ne comprerà più, né tantomento ha minacciato di rimetterli sul mercato. Wen Jiabao ha aggiunto che la cina garantirà la stabilità della sua moneta (il renminbi, che si è apprezzato del 21% sul dollaro dal 2005), ma ha respinto le pressioni: «Nessun paese può spingerci a svalutare o rivalutare». Certo però Pechino vuol far pesare la sua potenza economica e il suo ruolo geopolitico: e questo è accentuato dal fatto che nonostante la crisi globale, la Cina è tra i pochi paesi ancora in grado di spendere perché ha le più grandi riserve di valuta straniera al mondo: sono stimate in circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di dollari. Circa metà di queste riserve sono investite appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è che Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa probabile: più il governo americano spenderà in misure di «stimolo», più avrà grandi deficit di bilancio e cercherà di rastrellare denaro offrendo buoni tassi d'interesse. La Cina ci perderebbe perché i titoli del tesoro Usa che possiede hanno interessi bassi. Pechino del resto non è al riparo dalla crisi globale, anche se la sua posizione è relativamente meno grave. Il premier Wen ha difeso le misure prese finora: un piano di sostegno all'economia di 585 miliardi di dollari, di cui 173 spesi direttamente dallo stato centrale (in welfare, innovazione tecnologica, infrastrutture e protezione ambientale) e il resto dai governi locali, banche e investitori privati. Il suo governo è pronto a aumentare ulteriormente la spesa pubblica se sarà necessario, ha detto il premier: la Cina avrà un deficit di bilancio del 3% quest'anno per finanziare queste misure. Wen ha ammesso però che sarà difficile mantenere l'obiettivo di crescita del Pil all'8% per il 2009, tasso che i pianificatori cinesi considerano necessario per evitare una disoccupazione disastrosa. Il fatto è che già si sono persi milioni di posti di lavoro negli ultimi mesi, 20 milioni solo nelle fabbriche e nelle costruzioni - altrettanti lavoratori migranti costretti a tornare nelle regioni rurali da cui provenivano. Mercoledì la Cina ha annunciato che le sue esportazioni sono scese del 26% in febbraio, un record. Le due ore di conferenza stampa del premier cinese hanno affrontato soprattutto temi economici, ma non solo. Altro tema notevole, il Tibet: dove Wen ha detto che Pechino è pronta a nuovi colloqui con gli inviati del Dalai lama, sequesti rinuncerà al «separatismo». I colloqui precedenti hanno dapo ben pochi risultati. ma il Tibet è «pacifico e stabile», ha detto Wen, e ciò dimostra che «sono corrette le politiche che abbiamo adottato». Foto: OPERATORI FINANZIARI ALLA BORSA DI SHANGAI. LA CINA E' PREOCCUPATA DAI BOND AMERICANI /AP

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L'instabile equilibrio del capitalismo (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

L'instabile equilibrio del capitalismo Felice Roberto Pizzuti Le carenze delle misure di sostegno al reddito sono già da anni sotto gli occhi di chi vuol vedere (o leggere: ad esempio, le periodiche edizioni del «Rapporto sullo stato sociale» elaborato presso il Dipartimento di economia pubblica della «Sapienza»). Fatta pari a 100 la spesa sociale procapite della media dell'Ue a 15, il dato italiano, dopo una riduzione di 7 punti negli ultimi dieci anni, è arrivato a 75. Se poi si fanno confronti statisticamente omogenei, emerge che il divario è sensibilemente superiore e, in particolare, che le prestazioni previdenziali sono sopravalutate (i dati ufficiali includono ingiustificatamente i trattamenti di fine rapporto e sono al lordo delle ritenute fiscali che in Italia sono più elevate) cosicché la nostra spesa pensionistica non è affatto anomala; non solo, ma le prestazioni previdenziali al netto delle ritenute fiscali sono inferiori alle entrate contributive per un ammontare pari allo 0,8% del Pil, cosicché il bilancio pubblico è migliorato (non appesantito) dal sistema pensionistico. Oltre all'inferiorità della spesa, la vera anomalia del nostro stato sociale è la grande insufficienza degli ammortizzatori sociali; per essi la spesa è pari a circa un terzo della media europea e, per di più, lascia scoperti proprio le categorie di lavoratori più precarie. Inoltre, mentre quasi tutti i sistemi di welfare sono dotati di misure di sostegno al reddito minimo, in Europa solo Italia e Grecia non garantiscono questo livello di protezione sociale. Si consideri poi che negli ultimi anni, la nostra distribuzione del reddito è peggiorata più che negli altri paesi. Adesso si aggiunge che stiamo attraversando la crisi economica più grave dai passati anni '30 e non sappiamo quanto ancora si aggraverà; dunque dovremmo affrettare, non frenare, l'adeguamento dei nostri ammortizzatori sociali. Certo, abbiamo un elevato debito pubblico e un suo aggravamento potrebbe penalizzarci nell'opinione dei mercati; ma una politica di bilancio che - come sta accadendo - facesse poco o nulla per frenare il calo particolarmente accentuato del nostro reddito nazionale produrrebbe comunque effetti negativi già nell'immediato sul bilancio (ad esempio per la riduzione delle entrate fiscali). L'aspetto «nuovo» da considerare è che le preoccupazioni dei mercati - come dimostrano le loro reazioni al mancato salvataggio pubblico della Lehman Brothers e agli interventi a sostegno dei settori reali e finanziari dell'economia ritenuti tardivi e insufficienti - sono legate più all'aggravamento degli indicatori connessi alla crescita che non al peggioramento dei bilanci pubblici. Negli Usa, patria del neoliberismo, il deficit di bilancio ha raggiunto il 12% del Pil, cioè 4 volte il limite imposto dai criteri di Maastricht, ma i mercati reputano ancora insufficiente l'intervento pubblico. La crisi in atto riguarda anche la teoria economica prevalente e la sua diffusione tra gli operatori e nell'opinione pubblica. I fatti ripropongono all'attenzione generale la categoria dell'incertezza, che è cosa diversa e più inafferrabile rispetto a quella del rischio probabilisticamente prevedibile, e evidenziano l'illusorietà delle analisi e delle politiche neoliberiste che avevano rimosso la prima identificandola sostanzialmente con la seconda. L'incertezza è una caratteristica qualificante dell'economia di mercato capitalistica, anzi è una delle sue contraddizioni principali: più il mercato si intensifica e si estende, più genera risultati fragili e equilibri instabili. L'incertezza è accresciuta dal mercato ma ne mina sempre più il funzionamento, e gli strumenti per compensarne gli effetti vanno cercati al suo esterno, in un ambito decisionale che non sia regolato dal profitto e dagli interessi individuali, ma dalle istituzioni collettive. Lo stato sociale - che da sempre ha tra le sue funzioni quella di sopperire ai fallimenti del mercato, e di fatto ne costituisce un superamento, - è l'istituzione che, debitamente usata, si presta particolarmente a affrontare e compensare l'incertezza. La crisi dunque, sia per i suoi effetti destabilizzanti immediati sia perché ripropone la questione dell'incertezza congenita del mercato, accresce l'esigenza anche economica della sicurezza sociale la quale può essere favorita, tra l'altro, dalle misure di sostegno ai redditi presenti (in particolare dei disoccupati e dei più bisognosi) e futuri (come le prestazioni pensionistiche attese). Sia sul piano sociale sia su quello economico, è dunque del tutto controproducente la posizione di non adeguare gli ammortizzatori sociali per salvaguardare il bilancio pubblico che, invece, mai come in questa fase critica deve svolgere una funzione anticiclica, peraltro richiesta a gran voce dagli stessi mercati. Proporre poi una nuova riduzione delle prestazioni pensionistiche equivale a gettare acqua bollente su un corpo (il sistema economico e sociale) già drammaticamente ustionato da una crisi al cui fondo c'è sfiducia e incertezza per il futuro. Ci si può chiedere, infine, come mai, in un contesto internazionale nel quale anche la «rigorosa» Germania ha dovuto superare le proprie idiosincrasie storiche per le politiche di bilancio espansive, proprio il nostro governo sia diventato «più realista del re» in materia di attenzione ai vincoli del bilancio pubblico. Il punto è che Tremonti, pur dichiarandosi molto critico verso il «mercatismo» (ma non verso il mercato), ritiene che questa crisi sia essenzialmente di natura finanziaria e imputabile al comportamento dei banchieri; cosicché sarebbe sufficiente sperare che il nostro settore finanziario non manifesti le stesse criticità di quelli «dove si parla inglese». Il nostro ministro dell'economia non considera invece che quelle in crisi sono le modalità assunte dal processo di accumulazione negli ultimi tre decenni; la stessa finanziarizzazione dell'economia che ha corroso il sistema è stata stimolata anche dall'esigenza di compensare le difficoltà di realizzare profitti nel settore reale dell'economia. E' qui che sta il nodo principale del problema e per affrontarlo occorrerà migliorare sia le condizioni della domanda (mediante un aumento dei salari e delle prestazioni sociali) sia quelle dell'offerta (favorite anche dalla capacità dello stato sociale di stimolare l'innovazione aumentando il capitale umano e offrendo reti di sicurezza) sia la distribuzione del reddito (uno dei compiti primari del welfare state). La gravità di questa crisi e l'analisi delle sue cause indicano che per uscirne bene e in fretta occorrerà liberarsi al più presto dalle visioni economiche e politiche dominanti negli ultimi decenni e che, in particolare, si dovranno costituire nuovi e più efficaci equilibri tra i mercati e le istituzioni pubbliche, nazionali e sovranazionali; un efficace contributo potrebbe essere fornito dal rinnovamento delle classi dirigenti in entrambi gli ambiti e, non ultimo, nelle rappresentanze politiche. (Una versione leggermente più estesa di questo articolo è su: www.sbilanciamoci.info; e www.eguaglianzaeliberta.it. Un saggio molto più ampio dello stesso autore su questi temi, «Lo stato sociale nella grande crisi del 2008», è in uscita sulla rivista «Quale stato»)

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Banche, la mossa di Tremonti <Serve una vigilanza europea> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-14 num: - pag: 2 categoria: REDAZIONALE Banche, la mossa di Tremonti «Serve una vigilanza europea» «Monitoraggio, ci sarà grande impegno da parte dei prefetti» DAL NOSTRO INVIATO LONDRA — «Non parlo dell'Italia»: il ministro dell' Economia, Giulio Tremonti, apre così la sua conferenza stampa a Londra, a poche ore dall'inizio della riunione del G20 finanziario e al termine di un incontro col Primo ministro britannico Gordon Brown e col presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, sui finanziamenti dei servizi sanitari nei Paesi poveri. Ma poi, argomento dopo argomento, in una conferenza stampa presso l'Ambasciata londinese, i riflessi sulle cose di casa non mancano. Così, parlando della Vigilanza bancaria, che in Italia spetta alla Banca d'Italia, Tremonti non ha dubbi nel dire che «va cambiata. Lo direbbero anche al bar: basterebbe chiedere se finora, viste le crisi e i salvataggi, i controlli sulle banche abbiano funzionato». E poi «se quelli da controllare hanno la Ferrari, chi sorveglia non può avere la bicicletta». Insomma «la vigilanza sull' attività sistemica io la darei tutta alla Bce» aggiunge precisando però che l'argomento andrebbe approfondito. Tremonti ripete di non voler fare polemiche, tantomeno con la Banca d'Italia, sul tema dei controlli. Compresi quelli sul flusso dei crediti all' economia che vedono un ruolo dei Prefetti. Che torna a lodare: «Sono orgoglioso di aver preso la parola davanti ai prefetti mercoledì scorso, è stato un onore. Ci sarà un grande impegno da parte loro», dice rimandando ad una prossima occasione l'approfondimento della questione. Pur confermando che gli uffici del ministero dell' Economia e quelli dell'Istituto di via Nazionale stanno lavorando assieme per trovare il modo migliore per far funzionare «gli osservatori» territoriali sul credito. In ogni caso la prossima settimana o quella dopo, Tremonti tornerà a riunire i rappresentanti di Confindustria e Abi per verificare i passi avanti fatti nell' individuazione di strumenti per favorire l'accesso al credito delle imprese. Un ultimo accenno a questioni italiane riguarda le risorse non spese reperibili all'interno del bilancio: «Stiamo facendo una stima, ma si tratta di capitali inimmaginabili». Si passa a questioni estere. Al G20 di Brighton, preparatorio del vertice del 2 aprile a Londra, iniziato ieri sera con una cena in un grande cottage di campagna, l'Europa «si presenta con una posizione comune» e agli Usa che insistono sul potenziamento dei pacchetti di stimolo all'economia, risponderà con l'invito «ad esaminare prima analiticamente gli interventi fatti finora, su quanto è andato al salvataggio delle banche e quanto al sostegno dell'economia locale». Il ministro dell'Economia rilancia quindi la proposta italiana dei global legal standard. E in generale l'esigenza di guardare ai principi sostanziali, al diritto, ai valori etici accanto ai profili tecnici del mercato. Nel G7-G8 è importante anche l'aspetto culturale e politico, dice confermando per la vigilia del vertice della Maddalena di luglio la convocazione di un «grande convegno culturale ». Stefania Tamburello

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Passera: prefetti, picconata un po' eccessiva a Bankitalia (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-14 num: - pag: 3 categoria: REDAZIONALE Passera: prefetti, picconata un po' eccessiva a Bankitalia «Non chiedeteci di fare cattivi prestiti». L'allarme di Marcegaglia Il banchiere agli industriali: prima di chiamare i prefetti scrivetemi una mail e ce l'aggiustiamo tra noi DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — «Mi sembra una picconata alla Banca d'Italia un po' eccessiva però siamo totalmente pronti a dare la più completa collaborazione». L'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera commenta così la decisione del governo di coinvolgere i prefetti per controllare l'erogazione del credito e usa parole diplomatiche per smontare la proposta lanciata dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti di affidare l'attività di vigilanza alla Banca centrale europea (Bce). «Penso che prima bisognerebbe unificare le leggi e le norme a livello Ue — ha spiegato intervenendo al convegno di Confindustria "Oltre la crisi" — e sarebbe bellissimo se la politica recuperasse il tempo perso per creare un mercato unico finanziario in Europa, cosa che non è». Secondo Passera il percorso logico è il seguente: «Unico libro delle regole, unico mercato per i servizi bancari e poi supervisione sempre più coordinata» perché la Banca d'Italia ha un «ruolo importantissimo da giocare». Banche e imprese unite nel chiedere al governo più attenzione per uscire dalla crisi. «Non chiedeteci di fare cattivo credito, devono essere premiate le aziende che investono e innovano», ha affermato ancora il manager rivelando cosa ha detto al premier Silvio Berlusconi alla cena dell'altra sera con i banchieri a Palazzo Madama che «si è svolta in un clima giusto». Intervistato dal direttore del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli, Passera ha raccontato di aver chiesto al premier anche di «mettere in condizione le banche di restituire alle aziende quella enorme massa di credito accumulata a causa dei ritardi della pubblica amministrazione». Stessa richiesta, poche ore dopo e per l'ennesima volta, è stata fatta dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia all'assemblea associativa di Rovigo (ricordando che all'appello mancano 60 miliardi) che si è rivolta a Berlusconi per un incontro urgente. «C'è un Paese diviso a metà— ha detto — dove c'è chi perde il lavoro e affronta la crisi e da un'altra parte chi non rischia nulla e vive di spesa improduttiva, una cosa non tollerabile». «Chiediamo alla politica poche cose — ha affermato ancora la Marcegaglia — ma che siano fatte subito». Il tema della liquidità è stato quasi sempre al centro dei lavori. E sull'uso dei Tremonti-Bond, l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo ha anticipato che la banca deciderà se fare ricorso o meno nel prossimo consiglio di amministrazione di venerdì prossimo. Sul fronte "prefetti", Passera ha ancora osservato che il tema credito «sta diventando molto ansiogeno» dentro le banche e alla fine ricorre a una battuta apprezzata dalla platea per sostenere che «non c'è bisogno di un'altra autorità» che faccia il controllo sul credito: «Prima di chiamare i prefetti scrivete a corrado. passera@intesa.com e ce l'aggiustiamo tra noi». Il ruolo delle piccole e medie aziende nel sistema Paese lo ha fotografato Passera con poche parole: su 350 miliardi di credito erogato, 270 sono delle Pmi. Partendo da questo dato il presidente della piccola impresa confindustriale Giuseppe Morandini ha lanciato un vero e proprio allarme di tenuta del sistema descrivendo il clima nelle piccole aziende — che l'anno scorso hanno fatto cifre importanti e straordinarie — mentre quest'anno «hanno i fax e i telefoni muti ». Una situazione spettrale contro la quale Morandini sollecita il governo a fare di tutto per dare ossigeno finanziario alle Pmi. Come l'istituzione di un «grande fondo di garanzia da almeno 5 miliardi in grado di immettere 80 miliardi di liquidità nel nostro sistema». Roberto Bagnoli Da sinistra, Giulio Tremonti con Jean-Claude Trichet Banche e regole Corrado Passera di Intesa Sanpaolo

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Summers: crisi, segnali incoraggianti (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-14 num: - pag: 3 categoria: REDAZIONALE Il consigliere economico di Obama Summers: crisi, segnali incoraggianti «Le spese delle famiglie sembrano essersi stabilizzate, un fatto moderatamente incoraggiante», ha detto ieri Larry Summers, il consigliere economico della Casa Bianca, convinto che la crisi abbia spinto ad «un eccesso di paura». Ma «la paura chiama la paura» e «questo è il paradosso al centro della crisi finanziaria». Un cambiamento di tono che riecheggia quello del giorno prima di Barack Obama. La crisi «non è negativa come pensiamo», aveva detto il presidente. Larry Summers

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E Obama rigioca la carta militare (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-14 num: - pag: 15 categoria: REDAZIONALE Strategie La nuova Casa Bianca non vuole scoprire il fianco ad accuse di debolezza o eccessiva cautela E Obama rigioca la carta militare Truppe al confine col Messico, navi da guerra nel Mar della Cina Il governo Usa non esclude di schierare la Guardia Nazionale o unità dell'esercito alla frontiera meridionale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Mentre il ministro dell'Interno, Janet Napolitano, sta moltiplicando il numero degli agenti federali al confine col Messico, il governo degli Stati Uniti non esclude di schierare la Guardia Nazionale o perfino unità dell'esercito alla frontiera meridionale, se la guerra in corso fra i cartelli della droga dovesse sfuggire di mano e minacciare le vicine città americane. Lo ha detto al Congresso Roger Rufe, capo delle operazioni dell'Homeland Security Department, precisando tuttavia che il ricorso alle truppe è visto come «risorsa di ultima istanza» e che al momento la militarizzazione del confine col Messico non è all' ordine del giorno. Ma anche la semplice formulazione dell'ipotesi segnala la crescente preoccupazione della nuova Amministrazione di fronte al dilagare della violenza nel Paese confinante. E conferma più in generale, insieme ad altri esempi recenti, che anche la Casa Bianca di Barack Obama intenda sempre lasciarsi aperta l'opzione militare. «L'intensificarsi dello scontro tra i cartelli della droga in Messico è allarmante - ha spiegato Rufe - e noi dobbiamo essere sempre in grado di rispondere, specie se la minaccia della violenza dovesse raggiungere livelli che le nostre forze sul posto non siano più in grado di fronteggiare». Nel 2008, sono stati 6 mila (fra cui 500 poliziotti) i morti della guerra fra le bande per il controllo delle vie della droga tra lo Stato centro-americano e gli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, la violenza ha cominciato a tracimare anche sul territorio americano, dove si sono registrati rapimenti, sparatorie e altri atti criminali. Non sarebbe la prima volta che Washington schiera delle truppe al confine col Messico. Ma l'annuncio dell'Amministrazione Obama serve anche a sfatare ogni dubbio sulla sua determinazione e prontezza a muoversi a tutto campo. Un altro esempio viene dal Mar della Cina, dove il Pentagono ha inviato un cacciatorpediniere lanciamissili, dopo l'incidente di una settimana fa, che ha visto cinque unità navali di Pechino circondare e bloccare una nave-laboratorio della marina americana per la sorveglianza oceanica. La USS Chung-Hoon, già nella regione per un regolare turno, è ora schierata a protezione della missione oceanografica. L'incidente è avvenuto non lontano dall'isola di Hainan, dove la marina cinese ha una base sotterranea per sommergibili. Il ricorso alla dissuasione militare non ha impedito al presidente Obama, nel suo incontro di giovedì con il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, di rinnovare l'offerta di cooperazione con Pechino, già formulata da Hillary Clinton nel suo recente viaggio in Oriente. «E' importante elevare il livello e la frequenza del dialogo tra i nostri eserciti per evitare futuri incidenti», ha detto il presidente. E' chiaro che l'Amministrazione democratica, pur decisa a rilanciare una politica estera fondata in primo luogo sulla diplomazia, non voglia in alcun caso scoprire il fianco ad accuse di debolezza o eccessiva cautela nel considerare eventuali opzioni militari, sul piano teorico e pratico. Suonano conferme la decisione di inviare altri 17 mila soldati in Afghanistan (che potrebbero raddoppiare entro la fine dell' anno) e l'intensificazione degli attacchi con i droni comandati a distanza contro le cellule terroristiche di al-Quaeda, nascoste al confine col Pakistan. Paolo Valentino Al fronte Obama in volo su Bagdad con il generale Petraeus a luglio Muro Un tratto della barriera lungo la frontiera Usa-Messico (di 3mila km il muro ne copre 500) Getty/Afp

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Vola Autogrill, vendite su Enel (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Vola Autogrill, vendite su Enel Al rialzo per quasi tutta la seduta, Piazza Affari ha invertito il trend in extremis, con l'indice S&P/Mib terminato in ribasso dello 0,84% e il Mibtel dello 0,40%. Sotto i 2 miliardi di euro il controvalore complessivo degli scambi. La giornata in realtà è stata dominata dal nervosismo anche riguardo ad alcuni singoli titoli. Fiat, per esempio, è schizzata in mattinata fino al 6% sul riemergere delle ipotesi di una possibile alleanza con Peugeot. Dopo la smentita di Torino, però, la speculazione è immediatamente uscita, provocando un calo dell'1,04% del prezzo di riferimento. Sul titolo del Lingotto hanno inoltre pesato i dati di vendita di auto in Europa, ancora in calo a febbraio ma con qualche segnale di recupero. In forte caduta, fra i titoli del paniere dell'S&P/Mib, l'Enel. Reduce da un forte rialzo, il titolo della società energetica ha ceduto il 7,23% dopo che molti analisti hanno corretto il giudizio, tagliando il target- price, in seguito all'operazione di aumento di capitale recentemente deliberato. Contrastato, nel suo complesso, il comparto energetico: Snam Rete Gas ha ceduto il 2,41%, ma ha tenuto l'Eni (+1,77%) e Saipem ha accelerato la corsa iniziata giovedì, guadagnando un ulteriore 4,44%. A correre di più fra i titoli principali è stato Autogrill, cresciuto del 6,81% dopo il +9,77% della vigilia seguito alla pubblicazione dei dati di bilancio. I conti di fine 2008 hanno invece penalizzato Luxottica: la delusione per i risultati inferiori alle attese e soprattutto per il taglio del dividendo ha determinato una caduta dell'8,14%. Significativi, infine, i ribassi di Geox (-5,19%) e Finmeccanica (-4,22%). Il gruppo elettrico L'aumento di capitale e le prese di profitto spingono l'azione giù del 7,23%

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L'interesse di Lufthansa trascina Sas (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Stoccolma L'interesse di Lufthansa trascina Sas (g.fer.) — La compagnia aerea scandinava Sas ha annunciato ieri i termini dell'aumento di capitale destinato al rilancio dell'attività dopo la chiusura in perdita del bilancio 2008. E il prezzo di 2,63 corone indicato per ciascuna azione di nuova emissione è stato giudicato particolarmente interessante dal mercato, che ha premiato il titolo con un progresso del 15,45%, a 25,4 corone. Particolarmente elevati gli scambi: sono stati trattati 1,2 milioni di titoli, contro i 353 mila registrati in media negli ultimi tre mesi. Ma a far scattare l'interesse della Borsa è stata soprattutto la dichiarazione di Lufthansa che si è detta interessata a sottoscrivere l'operazione.

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Acea, il nodo francese frena il titolo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano Acea, il nodo francese frena il titolo (s.agn.) — Il gruppo Caltagirone che supera ufficialmente la «soglia rilevante» del 7,5%. L'incontro in programma tra il numero uno di Gdf-Suez, Gerard Mestrallet, e il sindaco- azionista con il 51%, Gianni Alemanno. La situazione del-l'Acea, la ex municipalizzata di Roma, è in continuo movimento anche se il mercato, ieri, ha dimostrato ancora una freddezza che è costata al titolo un calo del 2,78%. I francesi avevano chiesto un chiarimento al socio di maggioranza, il Comune, dopo l'addio del ceo Andrea Mangoni. In discussione ora c'è il rilancio della partnership che è stata rimessa in discussione.

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Rifiuti, due milioni di cittadini da monitorare (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - ROMA - sezione: Cronaca di Roma - data: 2009-03-14 num: - pag: 3 categoria: REDAZIONALE Rifiuti, due milioni di cittadini da monitorare Dopo lo scandalo di Colleferro la Regione avvia un vasto screening: spesa, 28 milioni Ancora scottata dalla raffica di arresti sull'impianto di Colleferro, la giunta prova a correre ai ripari «Quanta popolazione del Lazio copriremo con la nuova rete di monitoraggio sanitario sull'intero ciclo di rifiuti? Almeno un quarto degli abitanti...». Carlo Perucci, epidemiologo dell'Asl RmE, veterano di campagne di monitoraggio e ricerca, valuta dunque in quasi due milioni (sui 5,6 dell'intero Lazio) gli abitanti interessati nella regione dall'intero ciclo di rifiuti e dai problemi che ne possono nascere. Persone che convivono con la raccolta dei rifiuti, come gli addetti delle municipalizzate, con la selezione, con lo stoccaggio, con le discariche, con gli impianti di combustione (non solo di rifiuti). Per tutti questi soggetti a rischio nasce dunque un programma mutuato dall'esperienza della Regione Emilia- Romagna, il Moniter, finanziato con sei milioni di euro. Altri 22 milioni sono stati invece destinati alla messa in sicurezza di 42 vecchi impianti, tra siti legati ai rifiuti e cimiteri industriali, che comportano gravi rischi ambientali. La Regione Lazio da ieri ha deciso un giro di vite sul fronte di controlli e tutela. L'ha fatto dopo le polemiche dei giorni scorsi e sull'onda del balletto di accuse e repliche innestato dal «caso Colleferro ». All'Arpa, l'Agenzia protezione ambiente della regione, inizialmente maltrattata dalle dichiarazioni del presidente Piero Marrazzo e a cui è stato poi riconosciuto invece il lavoro di controllo sottotraccia effettuato proprio a fianco dei carabinieri del Noe, viene affidato il nocciolo più scottante: controllare i controllori, adottando un sistema totalmente autionomo di verifica dei fattori inaquinanti. Il primo impiego in questo nuovo ruolo è l'allestimento di una «centralina» sul camino stesso dei termovalorizzatori di Colleferro, per un controllo sistematico delle polveri sottili. «Partiamo da Colleferro spiega il commissario dell'Arpa, Corrado Carrubba - , ma dovremo estendere presto il sistema anche al resto delle situazioni analoghe, da San Vittore nel cassinate a Malagrotta, a Roma. Altrimenti avremmo cittadini di serie A e cittadini di serie B». Spiega il vicepresidente regionale Esterino Montino: «L'Arpa faceva controlli da maggio 2008, anche carotaggi nelle balle di Cdr, però era legata al segreto istruttorio. Ora abbiamo deciso di potenziarla... ». Nasce dunque una sorta di Super-Arpa. E non manca certo la materia da regolare. Da una parte dunque ci sono i 42 cimiteri industriali e dei rifiuti da mettere al sicuro: tra i maggiori, posti come l'area Secosvim di Colleferro, Cantamerla a Torrice, Tavernola a Ripi, Pantanelle a Roccasecca. Dall'altra parte c'è il lavoro degli epidemiologi: consiste nel censimento dei siti del ciclo rifiuti, nella standardizzazione dei sistemi di monitoraggio, nella definizione delle popolazioni esposte. «Non partiamo dal nulla spiega Perucci - . Abbiamo già fatto le ricerche su Malagrotta e sull'Inviolata di Guidonia. Ma anche preventive su Albano, per il futuro impianto. Lì è emerso che la popolazione è già affetta da patologie respiratorie, dovute all'intenso traffico veicolare. Almeno così sappiamo cosa già c'è...». La mappa del rischio è molto ampia. Oltre agli addetti lavori, coinvolge impianti di trattamento e selezione rifiuti (a Roma, Rocca Cencia, via Salaria, Malagrotta, nel resto del Lazio ad Albano, Colfelice, Viterbo e Paliano), le discariche (Malagrotta, Bracciano, Inviolata, Civitavecchia, Borgo Montello, Colleferro, Albano, Viterbo), infine i tre termovalorizzatori esistenti (a Colleferro e San Vittore). «Puntiamo alla copertura sanitaria di tutti coloro che vivono intorno a queste strutture», questa la filosofia della Regione. Ma per la messa a punto ci vorrà del tempo. Paolo Brogi Regione Dopo le iniziali critiche del governatore Piero Marrazzo, oggi all'Arpa è riconosciuto un ruolo importante nella gestione rifiuti \\ L'epidemiologo Perucci fa due calcoli: «Quanta popolazione copriremo con la nuova rete di monitoraggio sanitario? Almeno un quarto degli abitanti». Nasce un programma Moniter per il Lazio

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Svizzera e Lussemburgo, ritirata sul segreto bancario (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-14 num: - pag: 35 categoria: REDAZIONALE Risparmio Il Fisco dei paesi d'origine dei depositanti potrà avere informazioni Svizzera e Lussemburgo, ritirata sul segreto bancario Anche l'Austria cede, sì alle regole dell'Ocse La sola Berna, prima piazza «off shore» al mondo, ha circa duemila miliardi di dollari di fondi esteri in gestione MILANO — Durante la depressione degli anni 30, la Svizzera creò il segreto bancario per difendersi dallo spionaggio francese e tedesco. In questa crisi, sotto pressione da Parigi e Berlino, Berna ne demolisce i muri portanti. Un concitato giro di consultazioni fra i ministri finanziari di Svizzera, Lussemburgo e Austria giovedì ha segnato una svolta per migliaia di miliardi in patrimoni privati nei prossimi anni. Pressati dai grandi Paesi europei, minacciati dal rischio di finire nella «lista nera » del G20, scossi loro stessi dall'instabilità finanziaria, i tre hanno deciso di fare insieme ciò che avevano rifiutato per oltre un decennio: arrendersi. Il segreto bancario di Svizzera, Austria e Lussemburgo, pietra di volta delle piazze finanziarie, cambia per almeno un aspetto determinante. Tecnicamente è un allineamento agli standard dell'Ocse, che proprio l'organismo multilaterale di Parigi negoziato in questi giorni. Nella pratica, tutto ciò offre nuove armi alle autorità fiscali di tutti i Paesi d'origine dei depositanti. Da Parigi, Roma, Berlino o Washington si potranno chiedere informazioni sulle posizioni bancarie di propri cittadini residenti con conti in banche svizzere, lussemburghesi o austriache. Basterà che le autorità tributarie dimostrino di avere sospetti credibili di evasione fiscale sul depositante. Per la Svizzera, prima piazza «off shore» al mondo con duemila miliardi di dollari di fondi esteri in gestione, può significare il crollo di un muro. Del resto la pressione era diventata insostenibile: l'esplodere dei deficit pubblici nei grandi Paesi avanzati ha accanito i governi nel mettere all'indice in tutto il mondo paradisi fiscali e centri finanziari «non pienamente cooperativi». In pochi giorni Liechtenstein, Andorra, isole di Man, Jersey e Guernsey, Singapore, Hong Kong, e poi ieri anche il Principato di Monaco si sono allineati alle richieste dell'Ocse e del G20 sullo scambio d'informazioni con il fisco del Paese d'origine. Cambia pelle così un'industria globale di gestione dei patrimoni «off shore» fra i settemila e i 12mila miliardi di dollari di depositi. Secondo Oxfam, l'evasione grazie ai paradisi fiscali sottrae ogni anno ai Paesi in via di sviluppo più del totale degli aiuti offerti dai Paesi ricchi: 124 miliardi di tasse non pagate, contro 103 miliardi di doni. Resta da vedere se funzionerà: la Svizzera, ha lasciato intendere ieri il presidente Hans-Rudolf Merz, applicherà le concessioni in modo restrittivo e farà tutto per difendere la propria sopravvivenza come piazza finanziaria. A patto, ovviamente, che ora non sia scavalcata da nuovi paradisi-canaglia del tutto disinteressati alla rispettabilità internazionale. Federico Fubini

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Crisi USA: Obama è ottimista, ma gli americani sono sempre più poveri (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi USA: Obama è ottimista, ma gli americani sono sempre più poveri 14-03-2009 NEW YORK. Nonostante il patrimonio degli americani sia diminuito di quasi il 20% in un anno a causa della crisi, il presidente Barack Obama ha voluto essere rassicurante e ieri ha lanciato una serie di messaggi cautamente ottimistici, dopo avere ricevuto il suo consigliere economico Paul Volcker. E' stato cauto anche l'altro consigliere economico di Obama, quello ufficiale della Casa Bianca, Larry Summers, secondo cui il pacchetto di stimolo comincia a dare qualche timido risultato, ma è impossibile sapere quanto durerà la crisi. Di crisi ha poi parlato il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, secondo cui l'America rimane il posto più sicuro al mondo per investire. Quella di Gibbs era una risposta alle preoccupazioni cinesi sul debito Usa, dato che di fatto sarà Pechino a finanziare le spese del pacchetto di stimolo, attraverso i titoli del debito pubblico Usa sottoscritti dai suoi cittadini. La frase del portavoce è suonata un po' come una beffa, 24 ore dopo l'ingresso in carcere del supertruffatore americano Bernard Madoff, e pochi mesi dopo il crollo di colossi come Lehman Brothers, la banca d'affari fallita l'anno scorso, o di Aig, l'ex numero uno mondiale delle assicurazioni, che alla bancarotta è sfuggito per un pelo grazie a massicci interventi pubblici. Obama sta premendo per quello che lui stesso ha definito "un modello di crescita post-bolla". Le sue ricette sono ormai note, e non vengono sempre condivise in Europa, dove ci sono ammortizzatori sociali che gli Usa non possiedono, e dove si punta più volentieri a una riscrittura delle regole di controllo finanziario. Obama ha citato quattro punti, ribadendo concetti già espressi nei giorni passati. Primo, ha detto il presidente, occorre "un pacchetto di stimolo: è sul punto di giungere e rimetterà la gente al lavoro. Secondo, bisogna garantire che non solo il sistema bancario, ma anche quello creditizio nel suo insieme funzioni, e dobbiamo ripararne alcune tubature". Il terzo punto citato dall'inquilino della Casa Bianca sono "le regole finanziarie" da rivedere, in un esercizio definito "a lungo termine". Infine, Obama ha citato il nuovo modello di crescita, quello post crisi. Al suo fianco, Volcker ha detto che dietro alla crisi finanziaria ci sono "grossi problemi economici": bisogna prenderli in considerazione e potrebbero richiedere più tempo di quelli finanziari per essere risolti. Secondo Summers le misure di stimolo stanno dando i primi, timidi frutti: lo ha detto in un discorso alla Brookings, uno dei più prestigiosi think-tank di Washington. Dopo un fine anno catastrofico per i consumi, ha aggiunto l'esperto, "in base ad una serie di indicatori le spese delle famiglie sembrano essersi stabilizzate, e si tratta di un fatto moderatamente incoraggiante". Il consigliere di Obama è convinto che la crisi abbia spinto ad "un eccesso di paura", un sentimento da spezzare se si vuole che l'economia riparta. "La paura chiama la paura", ha detto Summers, secondo cui "questo è il paradosso al centro della crisi finanziaria".

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Tremonti: necessaria una vigilanza sistemica sul settore bancario (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

Tremonti: necessaria una vigilanza sistemica sul settore bancario 14-03-2009 HORSHAM (Inghilterra). Le attività di banche e istituzioni finanziarie hanno ormai ampiamente superato i confini dei singoli Paesi: con operatori sistemici, dunque, anche la vigilanza dovrebbe diventare sistemica. A lanciare l'idea è il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che propone di affidare tutte le attività di controllo alla Banca Centrale europea. E all'indomani delle tensioni sorte tra Tesoro e Bankitalia, dopo che una circolare di Via Nazionale ha di fatto sconfessato il progetto di Tremonti di affidare ai prefetti il compito di monitorare sul territorio le attività creditizie delle banche, il ministro ha riaffermato "il grandissimo impegno dei prefetti". Il numero uno del dicastero dell'Economia, a Londra per partecipare ai lavori del G20, si è intrattenuto con i giornalisti in una conferenza stampa all'ambasciata italiana per presentare un nuovo progetto di finanziamento della sanità nei paesi più poveri. Ha preferito non replicare direttamente alla presa di posizione di giovedì della Banca d'Italia, ("all'estero preferisco non parlare di questioni nazionali", ha detto), ma ha assicurato che il tempo per esprimere la propria posizione ci sarà, nei luoghi preposti. Ed ha rimandato così l'appuntamento alla settimana prossima: "terremo una riunione con Confindustria, Abi, banche e sindacato. Vorremmo riferire sull'avanzamento dei lavori, cosa hanno fatto la Sace, la Cassa depositi, il governo sul flusso credito all'economia. Inoltre analizzeremo come avanzano gli osservatori, che funzionano con grandissimo impegno dei prefetti". Tremonti non si lancia in un aperto botta e risposta foriero di polemiche, anche se prospetta l'ipotesi di levare alla stessa Banca d'Italia, così come a tutti gli altri istituti centrali europei, la sua funzione cruciale, quella della vigilanza sul sistema bancario. "Credo che ad un'attività sistemica debba corrispondere una vigilanza sistemica", argomenta infatti il ministro osservando che "é una questione di mezzi. Se quelli che si devono controllare hanno la Ferrari, i controllori non possono avere la bicicletta". La sua conclusione è chiara: "io - dice - darei tutto alla Bce". Ma Tremonti non si inoltra negli eventuali problemi giuridici che tale misura potrebbe comportare: "non so se questo implica una revisione del Trattato", ha osservato infatti. E le parole del ministro non mancano di suscitare immediate reazioni: "mi sembra una picconata eccessiva a Bankitalia", che ha tra l'altro "un ruolo importantissimo da giocare", ha detto l'amministratore delegato di Intesa SanPaolo Corrado Passera. "Certo - ha aggiunto - un po' preoccupati siamo perché ci sono già varie autorità che vigilano sulla nostra attività". L'occasione di ieri è servita infine a Tremonti per ricordare come nell'attuale situazione di forte crisi finanziaria torni sempre più d'attualità la necessità di introdurre nuove regole, improntate al concetto di 'legal standard' caro allo stesso ministro. "Il diritto - ha ribadito infatti - deve e può completare il mercato perché non c'é mercato senza diritto".

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I ministri del G20 si incontrano nel West Sussex. Frizioni tra USA ed Europa Continentale (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

I ministri del G20 si incontrano nel West Sussex. Frizioni tra USA ed Europa Continentale 14-03-2009 HORSHAM (Inghilterra). I ministri dell'Economia e delle Finanze del G20 si sono incontrati ieri sera in un grande hotel di campagna del West Sussex, in Inghilterra, per una riunione (che durerà fino ad oggi) che deve preparare il terreno per il vertice di capi di stato e di governo del 2 aprile a Londra. Una riunione segnata da frizioni tra Usa ed Europa continentale - sull'entità dei piani di rilancio dell'economia - tensione che il cancelliere dello Scacchiere britannico Alistair Darling si è affrettato a minimizzare parlando di "lavoro in stretto contatto" con gli americani. L'idea della presidenza britannica è quella di dare un messaggio chiaro: i responsabili delle finanze del G20 lavorano insieme senza sosta per risolvere la peggior crisi economica degli ultimi 80 anni. Darling, parlando alla Bbc, ha spiegato che le azioni corali dei vari paesi dovrebbero dare "una significativa spinta all'economia...non c'é una soluzione rapida. Non c'é una soluzione da un giorno all'altro". Il G20 raggruppa i Paesi più industrializzati e le maggiori economie in via di sviluppo, che rappresentano l'85% dell'economia mondiale. Paesi che hanno già segnalato diversi punti di vista sulla quantità che di soldi che i governi dovrebbero spendere per tirarsi fuori dalla recessione, con l'Europa continentale che appare meno intenzionata degli Usa a spendere altri fondi per rilanciare l'economia. Se Washington insiste sugli stanziamenti (e il Giappone sembra allinearsi a questa posizione), l'Europa chiede essenzialmente nuove regole globali. "Dobbiamo accordarci su un approccio per risolvere i problemi del sistema bancario in tutto il mondo", ha detto Darling. Ma ad esempio, non c'é neanche accordo nel G20 su quale organismo internazionale debba regolare le banche. Arrivando a Horsham, il ministro dell'Economia francese Christine Lagarde si è comunque detta "molto ottimista sugli esiti del G20". "Dobbiamo tutti esporre le nostre posizioni, dobbiamo arrivare a condividere un'analisi sulla situazione e la valutazione delle misure già attuate", ha affermato Lagarde. In ogni caso, per affrontare la crisi in corso l'Europa "ha deciso di coordinarsi" e di adottare una posizione comune: lo ha sottolineato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, rispondendo ai giornalisti che in conferenza stampa a Londra gli chiedevano la risposta europea alle sollecitazioni americane per l'adozione di nuove misure di rilancio dell'economia. "E' un discorso che va visto in termini analitici - ha spiegato Tremonti - In primo luogo bisogna distinguere tra annunci di piani e fatti. In secondo luogo bisogna vedere, dentro i piani presentati nei parlamenti, quante risorse sono effettivamente andate all'economia reale e quante invece al salvataggio di banche e finanziarie". "L'impressione - ha proseguito - è che solo una quantità residuale di risorse sia andata all'economia reale. Prima di una decisione europea ci sarà un'analisi di questo tipo. Il meccanismo europeo è molto più governativo che monetario, ed essendo intergovernativo è più forte politicamente".

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Pechino <preoccupata> dal rischio dei titoli Usa (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

CINA Pechino «preoccupata» dal rischio dei titoli Usa L'economia domina la conferenza stampa del premier Wen Paola Desai Nessun capo di stato aveva mai avanzato pubblicamente dubbi sul «rischio» finanziario dei buoni del tesoro emessi dagli Stati uniti. Lo ha fatto ieri il premier cinese Wen Jiabao, durante la lunga conferenza stampa tenuta a conclusione della seduta annuale del Congresso del popolo (il parlamento) cinese, per tradizione l'unico incontro con i media ogni anno. «Abbiamo prestato un'enorme quantità di denaro agli Stati uniti. Certo siamo preoccupati dalla sicurezza dei nostri investimenti. In effetti sono davvero preoccupato», ha detto Wen, con un linguaggio insolitamente esplicito. Abbiamo chiesto agli Stati uniti di «mantenere il suo buon credito, onorare le promesse e garantire la sicurezza dell'investimento cinese», ha aggiunto: «Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.000 miliardi di dollari tra titoli emessi dal Tesoro americano (circa 750miliardi) e altri titoli sostenuti dal governo di Washington. Il premier non ha detto che la Cina non ne comprerà più, né tantomento ha minacciato di rimetterli sul mercato. Wen Jiabao ha aggiunto che la cina garantirà la stabilità della sua moneta (il renminbi, che si è apprezzato del 21% sul dollaro dal 2005), ma ha respinto le pressioni: «Nessun paese può spingerci a svalutare o rivalutare». Certo però Pechino vuol far pesare la sua potenza economica e il suo ruolo geopolitico: e questo è accentuato dal fatto che nonostante la crisi globale, la Cina è tra i pochi paesi ancora in grado di spendere perché ha le più grandi riserve di valuta straniera al mondo: sono stimate in circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di dollari. Circa metà di queste riserve sono investite appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è che Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa probabile: più il governo americano spenderà in misure di «stimolo», più avrà grandi deficit di bilancio e cercherà di rastrellare denaro offrendo buoni tassi d'interesse. La Cina ci perderebbe perché i titoli del tesoro Usa che possiede hanno interessi bassi. Pechino del resto non è al riparo dalla crisi globale, anche se la sua posizione è relativamente meno grave. Il premier Wen ha difeso le misure prese finora: un piano di sostegno all'economia di 585 miliardi di dollari, di cui 173 spesi direttamente dallo stato centrale (in welfare, innovazione tecnologica, infrastrutture e protezione ambientale) e il resto dai governi locali, banche e investitori privati. Il suo governo è pronto a aumentare ulteriormente la spesa pubblica se sarà necessario, ha detto il premier: la Cina avrà un deficit di bilancio del 3% quest'anno per finanziare queste misure. Wen ha ammesso però che sarà difficile mantenere l'obiettivo di crescita del Pil all'8% per il 2009, tasso che i pianificatori cinesi considerano necessario per evitare una disoccupazione disastrosa. Il fatto è che già si sono persi milioni di posti di lavoro negli ultimi mesi, 20 milioni solo nelle fabbriche e nelle costruzioni - altrettanti lavoratori migranti costretti a tornare nelle regioni rurali da cui provenivano. Mercoledì la Cina ha annunciato che le sue esportazioni sono scese del 26% in febbraio, un record. Le due ore di conferenza stampa del premier cinese hanno affrontato soprattutto temi economici, ma non solo. Altro tema notevole, il Tibet: dove Wen ha detto che Pechino è pronta a nuovi colloqui con gli inviati del Dalai lama, sequesti rinuncerà al «separatismo». I colloqui precedenti hanno dapo ben pochi risultati. ma il Tibet è «pacifico e stabile», ha detto Wen, e ciò dimostra che «sono corrette le politiche che abbiamo adottato».

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La crisi taglia gli spot. Rai: ora sacrifici (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 14-03-2009 La crisi taglia gli spot. Rai: ora sacrifici ROMA. La crisi finanziaria è più grave del previsto, incide sugli introiti pubblicitari e la Rai è chiamata ad ulteriori sacrifici. Pertanto occorre tagliare il budget di altri 60-70 milioni di euro nel 2009, che andranno ad aggiungersi ai 110 milioni già previsti quando a fine 2008 sono stati rifatti i conti di previsione dell'azienda radiotelevisiva pubblica. Lo afferma il direttore generale della Rai Claudio Cappon in una lettera inviata a tutti i dipendenti dell'azienda. Nella lettera si ricorda lo sforzo dei vertici aziendali, nonostante «la complessa fase di transizione del Cda», per continuare a garantire il ruolo di vertice della Rai nel panorama delle televisioni pubbliche europee, ma allo stesso tempo si chiede uno sforzo collettivo aziendale per affrontare la crisi. Sforzo che sarà necessario tradurre in «sacrifici personali» sugli straordinari, le trasferte, i premi e le maggiorazioni orarie. Sacrifici che dovranno essere sostenuti «anche dal sistema dell'indotto» e dalla varie strutture aziendali «con nuovi e più stringenti obiettivi di contenimento della spesa». Anche se, ha tenuto a sottolineare il dg giunto al termine del suo mandato, «la Rai affronta la crisi con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici equilibrati anche nel 2008». La sede Rai di viale Mazzini (Ansa)

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<Ripresa lontana Ma il piano Obama sta dando frutti> (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

MONDO 14-03-2009 LA SFIDA ECONOMICA Il consigliere della Casa Bianca, Larry Summers, è cauto sul rilancio. «Le spese delle famiglie però si stanno stabilizzando» E il capo statunitense vorrebbe un secondo pacchetto di stimoli «Ripresa lontana Ma il piano Obama sta dando frutti» DA NEW YORK ELENA MOLINARI « È È impossibile prevedere la fine di questa crisi economica». Il pessimismo arriva dal direttore del Consiglio nazionale economico della Casa Bianca, Lawrence Summers che ha parlato in un intervento alla Brookings Institution uno dei think tank più prestigiosi di Washington. «L'Amministrazione Obama ha varato un programma di riforme molto audace per rilanciare l'economia. Ma nessuno può dire quando si vedranno gli effetti », ha detto Summers nel suo discorso. Tuttavia il consigliere del presidente si è detto certo che le misure di stimolo prese per arginare la crisi e rilanciare la macchina, «stiano dando i primi timidi frutti». Secondo Summers, dopo un fine anno catastrofico per i consumi, «in base ad una serie di indicatori le spese delle famiglie sembrano essersi stabilizzate, un fatto moderatamente incoraggiante». Il consigliere di Barack Obama è convinto che la crisi abbia spinto ad «un eccesso di paura», un sentimento da spezzare se si vuole che l'economia riparta. «La paura chiama la paura», ha detto Summers, secondo cui «questo è il paradosso al centro della crisi finanziaria ». Ma le famiglie americane restano dubbiose sulla capacità di Washington di risollevarle dalla crisi. Un sondaggio Rasmussen mostra infatti che la maggioranza degli americani è convinta che il loro Paese sia avviato verso una nuova Depressione. Consapevole delle loro difficoltà e del rischio di perdere la fiducia popolare, Obama ha passato la giornata di ieri chiuso alla Casa Bianca, a consiglio con i suoi esperti economici, per capire quali effetti stia avendo il piano di stimolo economico da quasi 800 miliardi di dolla- ri approvato dal Congresso a febbraio e se sia necessario lanciarne un altro. Non è un mistero che la Casa Bianca stia valutando l'ipotesi di un secondo pacchetto di stimolo, mentre Obama ha già presentato al Congresso una finanziaria da 3mila 600 miliardi di dollari per il 2010, che ha avuto un'accoglienza glaciale da Camera e Senato. Anche ieri il presidente è emerso da una giornata di consultazioni sostenendo che «per far ripartire l'economia in crisi occorre un pacchetto di stimolo», oltre a rilanciare il sistema creditizio, la riscrittura nel lungo termine di regole finanziare, il coordinamento con gli altri Paesi. Accanto aveva il consigliere economico della Casa Bianca Paul Volcker che ha invitato gli americani ad avere pazienza: «È una materia molto complicata anche solo se ci si limita al settore finanziario ha detto l'ex capo della Federal Reserve ma ci sono problemi ancora più grandi dietro il sistema finanziario che richiederanno più tempo per risolversi e che non possiamo ignorare mentre lavoriamo per uscire dalla crisi immediata». Da una recente inchiesta condotta dal Wall Street Journal tra 49 diversi economisti è emerso inoltre che il 40 per cento ritiene che un secondo pacchetto sia effettivamente necessario per favorire la ripresa economica. Dal punto di vista politico è però terreno minato. Molti importanti esponenti democratici non appaiono entusiasti all'idea di mobilitare altre centinaia di miliardi dei contribuenti, dopo il pacchetto approvato con la quasi totale contrarietà dei repubblicani. E la stessa speaker della Camera Nancy Pelosi ieri è stata costretta ad aggiustare il tiro. Dopo essersi detta disposta a considerare un nuovo pacchetto per il rilancio economico, ha precisato che una tale misura non è «prevista a breve termine». Il leader americano ha lavorato tutto il giorno con i suoi consulenti. Volcker: «Serve pazienza» Lawrence Summers, capo del Consiglio economico della Casa Bianca (Reuters)

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Crisi, la Cina tende la mano agli Usa (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

MONDO 14-03-2009 Crisi, la Cina tende la mano agli Usa DA PECHINO L a Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. In due ore di conferenza nel Palazzo dell'Assemblea del popolo Wen ha parlato anche di Tibet, di Taiwan e di Corea del Nord. Pechino, ha affermato il premier, intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell' 8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà », la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra Pechino e la nuova amministrazione americana, il primo ministro ha leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, due giorni fa. La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama ha detto bisogna guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità ». Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato in Tibet in occasione dell'anniversario della rivolta anticinese del 10 marzo 1959, Wen ha affermato che la situazione nel territorio è «pacifica e stabile». Il primo ministro ha mostrato poi il suo volto preferito, quello "buonista", parlando di Taiwan, l'isola di fatto indipendente che Pechino rivendica come parte del proprio territorio. «Mi piacerebbe molto visitare Taiwan» . Wen Jiabao ha evitato di usare toni pesanti verso la Corea del Nord, il Paese tradizionalmente alleato della Cina che sta minacciando di effettuare un test missilistico all'inizio di aprile col rischio di far arretrare le trattative per la denuclearizzazione della penisola coreana. Pechino, ha detto, si augura che «tutte le parti in causa» si astengano da «azioni che possono aggravare le tensione». ( E.A.) Il premier Wen Jiabao assicura: faremo la nostra parte Sul Dalai Lama si è detto pronto a riprendere il dialogo se «rinuncerà all'indipendenza» Nuove aperture su Taiwan Il premier cinese Wen Jiabao (Epa)

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Un'economia allo stremo I timori per Pomigliano (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 14-03-2009 Campania Un'economia allo stremo I timori per Pomigliano DA NAPOLI VALERIA CHIANESE P erdita di capacità produttiva, caduta della domanda, aggravio delle difficoltà finanziarie delle imprese, riduzione delle linee di credito da parte delle banche, aumento delle richieste di fallimento: sono le conseguenze della crisi sull'economia campana, secondo una ricerca del Centro regionale di analisi territoriale. Lo studio fotografa la situazione campana nel 2008. Un'economia arretrata, superata sin dal 2006 per reddito pro capite anche dalla Calabria, storicamente una regione povera, in cui gli unici propulsori della domanda interna restano i consumi delle famiglie e la spesa pubblica. Il sistema industriale campano, fatto in massima parte di piccole e medie imprese, è allo stremo. Negli ultimi dodici mesi le ore di cassa integrazione sono più che raddoppiate (+200% solo nel primo bimestre di quest'anno rispetto al 2008) che inspessiscono le croniche sacche di disoccupazione. A soffrire le province di Caserta e Salerno, ma soprattutto quella napoletana. A Pomigliano d'Arco le vertenze simbolo, tra la Fiat Auto e l'Atitech che non è riuscita a salire sull'aereo della Cai. Il vescovo di Nola monsignor Beniamino Depalma, quale «Pastore di un gregge ferito», ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e all'ad di Fiat Sergio Marchionne. Al Capo dello Stato, già intervenuto per sollecitare una soluzione per Pomigliano, il vescovo si appella perché faccia «ancora quanto è nelle Sue possibilità per scongiurare la chiusura della fabbrica, che produrrebbe nel territorio una vera catastrofe sociale». A Marchionne ricorda che «il futuro di Pomigliano d'Arco non può essere lasciato solo nelle mani del mercato», che viene «prima l'uomo, poi il lavoro e infine il capitale».

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Il Sulcis scende in piazza per il futuro di Eurallumina (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 14-03-2009 Sardegna Il Sulcis scende in piazza per il futuro di Eurallumina DA CARBONIA MARCO CORRIAS I l popolo del Sulcis- Iglesiente è sceso in piazza. Circa 20 mila persone si sono date appuntamento a Carbonia, per dire no alla chiusura dell'Eurallumina, alla crisi dell'intero comparto industriale di Portovesme e di tutte le attività produttive dislocate in Provincia. O- perai e gli artigiani, i sindaci dei 23 Comuni del territorio (e non solo), le rappresentanze sindacali, gli studenti e i commercianti, i dipendenti pubblici e i coltivatori, le mamme con i loro bambini e i pensionati. Tutti in piazza per gridare il disappunto di un territorio che rischia di precipitare nel baratro della disperazione economicosociale. All'appuntamento non è voluta mancare la Chiesa diocesana. Il vescovo, monsignor Giovanni Paolo Zedda ha camminato, accompagnato da tanti sacerdoti, accanto alla gente, a testimonianza della presenza attenta e solidale della Chiesa. Ascoltando le voci dei presenti, oltre all'apprensione per un futuro assai incerto, si respirava però anche un barlume di speranza. Nessuno è disposto a pagare il prezzo di scelte altrui, o per dirla con le parole del Sindaco di Carbonia e presidente regionale dell'Anci, Salvatore Cherchi, «a veder ricadere sulle famiglie del territorio gli esiti negativi dettati dalla pura speculazione finanziaria» compiute da imprenditori internazionali (l'Eurallumina è di proprietà della società russa, Rusal). Ora la palla passa nelle mani del governo nazionale che ha il compito di trovare nuovi programmi di sviluppo economico e sociale, in grado di ridare dignità a un territorio che da sempre si è caratterizzato per la combattività e la voglia di non arrendersi.

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<Banche, andate a ritirare i bond del Tesoro> (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 14-03-2009 «Banche, andate a ritirare i bond del Tesoro» DAL NOSTRO INVIATO A PALERMO NICOLA PINI « I nvitiamo cortesemente le banche, tutte le banche, a passare a ritirare i Tremonti bond». Giuseppe Morandini, presidente della Piccola Industria di Confindustra, ieri ha mimato un annuncio stile grande magazzino, con tanto di avviso sonoro, per sottolineare il concetto: in questo momento di crisi, con la domanda dei mercati in ritirata e la necessità di ristrutturare i debiti e rimodulare i pagamenti, la «priorità numero uno» delle piccole imprese italiane è quello della liquidità .Per questo le banche devono dare ossigeno finanziario ai mercati e se hanno problemi a farlo approfittino dei bond garantiti dal governo, «li ritirino e li girino a noi che ne abbiamo bisogno». Morandini parlava al convegno «Pmi classe dirigente » organizzato dagli imprenditori a Palermo. Da dove ha rilanciato con forza la richiesta al governo di costituire un fondo con almeno 5 miliardi di dotazione per garantire i crediti, uno strumento che permetterebbe di far arrivare al sistema produttivo 80 miliardi di liquidità. Dei finanziamenti alle imprese aveva parlato poco prima di fronte alla stessa platea, il numero uno di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera «Non chiedeteci ha detto di fare cattivo credito e di prestare dove non ci sono le condizioni. Questa crisi deriva proprio dal fatto che in una parte del mondo si è prestato dove non si doveva». Passera ha raccontato di aver fatto a Berlusconi due proposte precise: «Premiare le aziende che investono e patrimonializzano, con premi di carattere fiscale o linee di credito garantite, e metterci in condizione, come banche, di restituire l'enorme massa di credito che le aziende attendono a causa dei ritardi dei pagamenti della Pa». Se per le piccole e medie imprese la liquidità è la necessità primaria, altre sfide le attendono. In un momento come questo, ha sottolineato Morandini, devono chiedersi se «un sistema produttivo frammentato come il nostro, ora in forte sovrapproduzione, possa reggere l'impatto della crisi». A fronte dell'inevitabile selezione che si annuncia «questo processo dobbiamo farlo noi, mettendoci insieme e andando verso un sistema più forte e patrimonializzato ». Un esplicito invito all'aggregazione delle imprese, ora anche agevolato fiscalmente. Le ricerche presentate al convegno hanno messo in rilievo come il sistema produttivo italiano abbia trovato sin qui la sua solidità nel sistema delle piccole imprese, nonostante gli svantaggi competitivi di una burocrazia inefficiente e di infrastrutture e un sistema di istruzione inadeguati. Elementi che pesano per 8mila euro in più a famiglia, mentre i soli costi della burocrazia sulle imprese, secondo il direttore del Centro studi di Confidustria Luca Paolazzi, valgono da noi il 4,6% contro l'1,5% del Regno Unito. Resta il fatto che una perdita di posizioni nel mondo c'è stata e dopo la recessione il trend potrebbe continuare. Da qui il grido d'allarme dei piccoli imprenditori: «Stavolta non possiamo vincere da soli, stavolta per vincere serve il sistema Paese». L'appello della Piccola Industria: «Ci serve liquidità». Morandini al governo: «Un fondo da cinque miliardi per garantire i crediti»

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Tremonti: farei vigilare le banche dalla Bce (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 14-03-2009 lo scontro «Necessario un controllo di sistema» Continua il duello a distanza fra Tesoro e Via Nazionale Tremonti: farei vigilare le banche dalla Bce DA MILANO PIETRO SACCÒ G iulio Tremonti e Mario Draghi restano fermi sulle loro posizioni. «Ci sarà un grande impegno dei prefetti» ribadisce da Londra il ministro dell'E- conomia, che vuole affidare alle Prefetture il compito di monitorare il flusso del credito dalle banche alle imprese e parla di «osservatori su banche e imprese» in arrivo. La Banca d'Italia conferma la «massima disponibilità» a dare ai prefetti «dati aggregati e analisi sull'andamento del credito a livello territoriale » ma ricorda che su singoli casi «l'articolo 7 del Testo unico bancario disciplina il segreto d'ufficio». Il ministero dell'Economia e la Banca d'Italia stanno trattando su come gestire il controllo del credito previsto dal decreto legge anticrisi. Ma i loro capi, due pezzi da novanta che non si sono mai amati, continuano a punzecchiarsi. Tremonti va avanti a colpi di battute e dichiarazioni. A Londra per un incontro organizzato da Downing Street, il ministro spiega che, se fosse per lui, tutta la vigilanza finanziaria andrebbe affidata alla Banca centrale europea. «È una questione di mezzi dice Tremonti se quelli che devono controllare hanno la Ferrari i controllori non possono avere la bicicletta. Se gli operatori sono sistemici, siano essi banche o finanziarie, anche la vigilanza deve essere sistemica». Nulla di rivoluzionario: l'idea di allargare il ruolo di sorveglianza della Bce è stata sostenuta pochi giorni fa anche da Lorenzo Bini Smaghi, consigliere esecutivo della banca centrale. Ma rispolverare questa possibilità in un momento di tensione con Palazzo Koch sembra un tentativo di indebolire ulteriormente il ruolo di Draghi. I rapporti tra i due sono quantomeno freddi. Alla riunione parigina di dicembre dell'Ecofin, dove il governatore è intervenuto come presidente del Financial Stability Forum, Tremonti ci è andato duro: «È demenziale stare ad ascoltare e a prendere lezioni da chi non ha capito niente o ha capito troppo ». Del Fsf il ministro pensa che sia «come mettere i topi a guardia del formaggio», e spesso Tremonti allude agli anni di Draghi in Goldman Sachs, uno degli istituti più coinvolti nella crisi finanziaria. Il governatore non ha mai risposto a tono «non partecipo a scamni di battute» ha detto Draghi dopo quel vertice dell'Ecofin limitandosi ogni volta a chiarire istituzionalmente compiti e responsabilità. I prefetti che dalla fine del mese inizieranno a controllare i flussi di credito sono solo l'ultimo motivo d'attrito. La proposta del ministro «è una picconata un po' eccessiva alla Banca d'Italia» commenta Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa San Paolo che si dice «pronto a collaborare» su un'idea che «un po' preoccupa ». E il governo non vuole che la polemica degeneri. «Serve un accordo spiega Umberto Bossi, ministro delle Riforme penso che si troverà il sistema». Per il capo della Lega il controllo sul credito «va fatto in Prefettura, ma non tutti i prefetti capiscono di economia». Sulla capacità dei prefetti di analizzare i flussi di credito nel Partito democratico hanno più di un dubbio. «Non hanno le competenze» secondo il segretario Dario Franceschini, che parla di «assurdità » e chiede a Tremonti di evitare di trascinare Bankitalia dentro lo scontro politico. Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, definisce «folle » l'idea del governo, e vuole che questo tipo di lavoro sia lasciato alla banca centrale. E i prefetti, al centro delle polemiche, aspettano di sapere che cosa si chiederà loro di fare. Giuseppe Forlani, presidente del Sinpref (il sindacato dei funzionari prefettizi) non si preoccupa delle accuse di incompetenza: «I prefetti sono al servizio del Paese, pronti a svolgere al meglio e con responsabilità i compiti affidati dal Governo in relazione agli Osservatori sul credito». Il ministro: grande impegno in Prefettura Bankitalia: massima disponibilità ma per certe informazioni resta il segreto d'ufficio Passera (Banca Intesa): «I prefetti? Picconata un po' eccessiva alla Banca d'Italia» Bossi: non tutti fra loro capiscono di economia

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Colosseo, percorso a ostacoli il turista smarrito fra le rovine (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA - Per entrare nella cartolina bisogna passare, uno alla volta, sotto le forche caudine dell'elettronica. I due metal detector fanno quello che possono. La fila, in questi giorni di bassa, dura una mezzora; ma già a Pasqua l'attesa raddoppia, triplica. Il Colosseo, si dice, è il monumento più visitato del mondo: 5 milioni e 700 mila ingressi in un anno. Il simbolo di Roma. E il biglietto da visita dell'area archeologica più ricca e incasinata della Terra. Un patrimonio (in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del contendere di una guerra senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami... sovrintendenti, sottosegretari, commissari straordinari... Beni culturali, McDonald's, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro, "camera e umbrella in the scanner" - partiamo dal più semplice: quello del turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza che corre tra una cartolina e un'istantanea. Il primo impatto visivo è tipicamente romano: un'immagine maestosa e scaciata. Il Colosseo, prima di essere un monumento, è una rotatoria monumentale, il perno di un anello automobilistico che, sia detto per inciso, vanta l'attraversamento più falcidiato della Capitale (molti stranieri credono nelle strisce pedonali), nonché una svolta in discesa (la famosa curva Arco di Costantino) foriera di ripetute uscite di pista. Passate le strisce, sul piazzale, c'è il secondo passaggio obbligato: la corte dei miracoli (mezzo litro d'acqua due euro) delle bancarelle e dei furgoncini. A sua volta attorniata da torme di rapaci che, lanciando il tipico richiamo - "Hello! Hello!" - saltellano a pacche sulla spalla da una comitiva all'altra: guide abusive, pataccari, paratassisti, i lenoni dei night e delle hosterie, la zingara che questua, il gladiatore. Terzo passaggio: la fila al metal detector, per accedere alla fila della biglietteria. Infine, il sospirato ticket. Fornito, nonostante a volte ce ne sia evidentemente bisogno ("L'anfiteatro Flavio?! Ma non siamo venuti al Colosseo?"), senza l'accompagnamento di alcun dépliant informativo. OAS_RICH('Middle'); Il quadro può essere arricchito da diverse varianti. Giovedì: rissa tra gladiatori per accaparrarsi un cliente. Venerdì: "Closed for union meeting. Il monumento resterà chiuso dalle 8,30 alle 12,30 per assemblea sindacale". Sabato, col sole, prima prova del pienone primaverile. Le due ragazze dell'ufficio informazioni, al pari dei due metal detector, fanno quello che possono. "Sì, assieme al biglietto dovrebbe esserci anche una piantina. Dispiace... Ecco, prenda questa... però poi ce la riporta, ché ne abbiamo una sola". Il serpentone dei visitatori avvolge nelle sue spire spalti e arena. Girovaga. Ogni tanto si blocca, comitiva contro comitiva, si contorce. Assorda. Per limitare l'inquinamento acustico l'uso degli altoparlanti è stato vietato. Le guide si arrangiano, a chi strilla di più. E non è ancora niente. "In estate a volte non riesco nemmeno a raggiungere l'ufficio. Un muro umano", racconta Rossella Rea, la soprintendente del monumento. "Fino agli anni Novanta avevamo meno di un milione di visitatori. Sono più che quintuplicati. Ogni tanto si blocca tutto. E stiamo pensando di istituire una specie di senso unico per irreggimentare i flussi". Il turista, però, sembra abbandonato a sé stesso. "A fine mese, in occasione della mostra sui Flavi, verrà finalmente allestito un percorso con dei pannelli esplicativi". I dépliant? "Certo, ci pensiamo. Ma bisogna trovare i soldi per stampare sei milioni di opuscoli". E poi, aggiunge, indicando l'ufficetto tutto accatastato, "toccherà trovare pure lo spazio per immagazzinarli". Quella dei cristiani mangiati dalla belve del Colosseo, a quanto pare, è un'invenzione. Ma separare storia e leggenda è più facile di quanto non lo sia camminare sul filo delle transenne che separano tutela e fruizione, cura e abbandono. Confine labile. Opinabile come una valutazione estetica: che giudizio dare, ad esempio, sulle cancellate dell'anfiteatro, montate (provvisoriamente) trent'anni or sono? Incerto come una ripartizione di poteri: nell'area del Colosseo, per dirne una, il piano di calpestio è competenza del Comune, quello che è sopraelevato della Soprintendenza archeologica. La materia per discutere, insomma, non manca; non è immune da interessi economici, rivalità accademiche, schieramenti; ed è ormai arrivata all'estremo bollore con l'escalation di Sandro Bondi, il ministro che, scelto come consigliere un ex manager della McDonald's, ha scelto come commissario straordinario per l'area archeologica di Roma l'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso e spinto alle dimissioni il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Salvatore Settis, prontamente sostituito dall'archeologo Andrea Carandini. Per delimitare i confini del campo di battaglia basta attenersi al biglietto d'ingresso. Il ticket è un riassunto essenziale. Dodici euro. Per accedere a "Colosseo + Foro + Palatino". Un tris. Messo lì anche per rammentarci che, in questo caso, molte complicazioni non nascono solo dalle responsabilità del presente, ma dall'eccesso di passato che ha accumulato in quest'area la massima concentrazione mondiale di storiche vestigia. Il Colosseo è solo un vertice, il più visibile e in un certo senso il più "facile", di un panorama molto complesso. Un monumento maestoso e glorificato; ma pur sempre un singolo monumento. Raccontare a un turista le vicende dell'anfiteatro Flavio, la fondazione (un disco di calcestruzzo spesso 14 metri), i giochi da sessantamila spettatori, la decadenza, i restauri, non è difficile. Ma provate ad affacciarvi sul Foro romano e a percorrerne l'asse centrale, la via Sacra. Capitelli, archi e colonne... Tizi, Cai e Semproni... Duemila e 750 anni di storia. E di una morale della storia dove una via Sacra è anche una via profana: templi e bordelli, basiliche e taverne. Strato su strato, dalla Cloaca massima agli affreschi bizantini, dalle rocche medioevali al piccone fascista. Difficile, in effetti, riepilogare tutto. Ma anche difficile credere che un turista debba restare abbandonato a se stesso, in un'assenza totale di riferimenti. Disorientato e confuso il visitatore vaga così, da marmo a marmo, in uno stato di sbigottimento simile a quello che il Belli aveva colto in Gregorio XVI venuto a visitare gli scavi del Foro: "Bene diceva er papa in quer macello... Ber bucio! Bella fossa! Ber grottino! Belli 'sti serci! Tutto quanto bello!". A chiudere il tour dei Fori, accanto al Romano, andrebbero peraltro schierati anche i fori di Cesare, d'Augusto, di Nerva, di Traiano e della Pace. Ognuno con le sue vestigia e le sue stratificazioni. E ancora non siamo saliti sul Palatino, un prototipo del paesaggio con rovine sospeso tra l'Enea di Virgilio ("Mira colà quella scoscesa rupe e quei rotti macigni..") e l'avviso affisso all'ingresso ("In caso di avversità atmosferica alcuni monumenti potrebbero essere chiusi"). Dal primo re all'ultimo imperatore il Palatino ha interpretato per quasi un millennio la residenza ufficiale del potere (quello che noi chiamiamo il Palazzo deriva proprio dal nome del colle, il Palatium). Una miniera di anticaglia. E un cantiere, senza fine e senza fondo, aperto su un labirinto che non smette di stupire, in orizzontale e in verticale. Cade un albero? Dalle radici viene fuori un criptoportico. Uno smottamento? Ecco una casa di epoca repubblicana. La terra stessa è un impasto di frammenti di marmo, tufo, terracotta, ceramica, cenere, piombo. Da una parte si scava. Dall'altra si consolida, in una sequela di ponteggi, transenne e ammonimenti, ormai arrugginiti, o freschi di giornata: "Danger. No trespassing". Il Palatino è un panino di tufo imbottito d'argilla. Continua a smottare. E agli archeologi del futuro le tracce più evidenti della nostra epoca appariranno sotto forma di tubi, zeppe, toppe, puntelli, tiranti. Anche qui, tra queste traballanti, stupende vedute traballanti, l'assenza di informazioni è totale. Ma anche qui (anzi, ci si immagina, soprattutto qui) un eccesso di zelo didattico sponsorizzato potrebbe guastare irrimediabilmente un'atmosfera unica, rimasta miracolosamente fuori dal tempo e dallo spazio della metropoli. Comunque andrà, siamo agli epiloghi. Il 21 aprile, Natale di Roma (Capitale), cadrà il muro che separava (non è questione di una singola lettera) le competenze della Soprintendenza statale da quelle della Sovrintendenza comunale. L'evento, pare, sarà celebrato da una stretta di mano fra il ministro dei Beni culturali e il sindaco di Roma. Bondi e Alemanno, Romolo, Nerone e Ben Hur. Storia, leggenda, cronaca. Riunite, si direbbe, da una formula formato ticket: Colosseo + Foro + Palatino =? (14 marzo 2009

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Berlusconi: "Libertà di coscienza nel Pdl" E annuncia: "Ora puntiamo al 51 %" (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 14-03-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA - La crisi e il congresso che vedrà la nascita del Pdl sono i temi dell'intervento di Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con l'assemblea dei Riformatori liberali che si apprestano appunto a confluire nel Pdl. "Sono convinto che il quadro finanziario globale necessiti di strumenti straordinari. Ma non ho dubbi che dall'attuale crisi di mercato si potrà uscire solo rafforzando e, in parte, bonificando il funzionamento del mercato che deve rimanere il solo strumento adeguato alla creazione e diffusione della ricchezza nonché uno strumento di promozione umana ed uguaglianza". E quindi è passato a parlare degli obiettivi del nascente partito: "I sondaggi dicono che i nostri elettori sono il 43% del Paese. Siamo partiti da una situazione in cui c'erano venti partiti. Il nostro lascito è un movimento che punta al 51% dell'elettorato. Il nostro movimento - aggiunge - non sarà un partito delle correnti, ma un partito aperto alle idee di tutti". E sul delicato tema delle questioni etiche conclude: "Voglio ribadire che su tutti i temi sensibili il rispetto della libertà di coscienza sarà un principio intangibile del nostro movimento politico". (14 marzo 2009

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