CENACOLO DEI COGITANTI |
Partita a tre per il
dominio in Asia ( da "EUROPA
ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La tregua tra Washington e Mosca,
entrambe alle prese con la crisi finanziaria, entrambe desiderose di una
politica estera meno conflittuale che garantisca loro di concentrarsi sul
terreno domestico, è solo temporanea. America e Russia, del resto, rimangono
potenze e in quanto tali hanno interessi da difendere o tutelare.
Obama limita le
restrizioni Usa e Cuba si avvicinano
( da "EUROPA ON-LINE"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: interno della Finanziaria
d?emergenza da 410 miliardi di dollari per il 2009 ? anche un progetto di legge
che rimuove parecchie restrizioni verso Cuba, a cominciare da quelle sui voli
tra Washington e L?Avana introdotte nel 2004 dalla prima presidenza di George
W.
L'equità per arginare la
crisi ( da "EUROPA
ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: equità per arginare la crisi ENRICO
FARINONE Dario Franceschini ha saputo imporre al governo un tema di assoluta
rilevanza per gli italiani. È la prima volta che accade nella legislatura, e di
questo bisogna rendergliene merito. La crisi finanziaria mondiale sta purtroppo
invadendo il campo dell?
Barclays cerca di sfuggire
all'abbraccio dello Stato ma le cifre dicono che cederà
( da "Stampa, La" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In più, il piano di protezione ha
permesso a Lloyds e Rbs di raggiungere rapporti di patrimonializzazione ben
superiori a quello di Barclays. Quest'ultima dichiara un portafoglio crediti
qualitativamente migliore e ritiene di poter continuare a operare in attivo.
[FIRMA]CLAUDIO LAUGERI L'
ammazza-allarmi era su un pullman ungherese rubato a Fi...
( da "Stampa, La" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: come ulteriore misura di sicurezza
a protezione degli spostamenti In Italia, è consentito l'acquisto dei «jammer»,
ma non l'utilizzo. Salvo autorizzazioni. Altrimenti, c'è il rischio
dell'incriminazione in base all'articolo 617 bis del codice penale
sull'«installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni
o conversazioni telegrafiche o telefoniche»
Presto la task force sul
credito ( da "Stampa,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: eventuale difficile posizione
creditizia Mondo finanziario e produttivo devono collaborare con il massimo
della concretezza ALESSANDRIA Francesco Castaldo Tonino Renzi Bruno Lulani
[FIRMA]MASSIMO PUTZU ALESSANDRIA Anche il prefetto di Alessandria, Francesco
Castaldo, è pronto a fare la propria parte dopo le dichiarazioni dell'altro
giorno dei due ministri Tremonti e Maroni.
"Grande cautela ma
nessun pericolo per l'ambiente"
( da "Stampa, La" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: l'Agenzia regionale per la
protezione ambientale. Dottor Cagliero, perché anche i vostri tecnici sono
intervenuti nell'incidente di Morozzo? «I vigili del fuoco hanno richiesto la
nostra collaborazione, mercoledì sera, per verificare che le procedure potessero
essere aderenti alla migliore tecnologia».
La crisi allunga la cassa
integrazione ( da "Stampa,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha constatato Marzorati davanti ai
rappresentanti sindacali - che la crisi generale industriale e finanziaria ha
una durata temporale e una profondità superiori rispetto a quelle che si
potevano prevedere alla fine dello scorso anno». La cassa integrazione alla
Cogne coinvolge 600 operai ed è cominciata il 23 dicembre, per una durata di 13
settimane.
Binario Blu : evitare
nuovi errori ( da "Stampa,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: oasi di protezione della fauna,
piccole superfici soggette a rotazione e modifica secondo gli umori dei
cacciatori. Ed anche se Il parco ha un centro ornitologico, gli uccelli feriti
o bisognosi di cure vengono soccorsi soltanto dai volontari della Protezione
Animali, senza alcun aiuto di Provincia, Comunità del Giovo o Parco.
E' ancora e sempre l'oro
il miglior investimento ( da "Stampa,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A causa delle violente e recenti
turbolenze dei mercati finanziari, in questi ultimi mesi è cresciuto fortemente
il desiderio di acquistare oro, in modo da avere sotto gli occhi in modo
concreto qualcosa di tangibile. La moneta d'oro permette inoltre un rapido
realizzo e ha conservato nel tempo il suo fascino;
I paletti del Governatore
ai prefetti "indiscreti"
( da "Stampa, La" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: da un lato c'è il governo che si
preoccupa - in un momento di grave crisi economica e finanziaria - di non far
mancare alle aziende il credito necessario a sopravvivere. Dall'altra la Banca
d'Italia vuole evitare che in questo modo si torni a quello che una volta si
chiamava controllo amministrativo del credito.
Un calmiere mondiale sui
salari dei banchieri ( da "Stampa,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Uno dei compiti del Fsf sarà di
istruire per la parte finanziaria i vertici del G-
la ricetta anticrisi del
governatore "ancora misure aggressive" - elena polidori
( da "Repubblica, La"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Per fronteggiare la crisi
finanziaria e la debolezza dell´economia reale «serviranno ancora misure
aggressive e coerenti», dichiara a Londra Mario Draghi, governatore della Banca
d´Italia e presidente del Financial Stability Forum, alla vigilia del G20. La
crisi s´allarga e così pure il suo Fsf che ingloba 11 nuovi membri,
allarme fondi per i
cassintegrati - tito boeri ( da "Repubblica,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: introdotto una tassa ad hoc sulle
banche proprio mentre la crisi finanziaria si aggravava. Virate a 180 gradi,
dalle tasse agli aiuti alle banche, non si sono viste da nessun´altra parte.
Non abbiamo introdotto subito misure di stimolo alla domanda, come negli altri
paesi, col risultato che da noi il prodotto interno lordo sta scendendo più che
negli Stati Uniti o nel Regno Unito,
i barbari - tzvetan
todorov ( da "Repubblica,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In nome della protezione delle
donne e dei bambini (i nostri), sono stati massacrati un gran numero di uomini
e donne, di anziani e bambini (degli altri). Quelli che vorremmo definire come
dei mostri molto spesso hanno agito mossi dalla paura per i loro cari e per sé
stessi.
aziende comunali, debiti
alle stelle il buco supera il mezzo miliardo - antonio fraschilla
( da "Repubblica, La"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: approvazione della finanziaria
nazionale. Insomma al momento la soluzione per coprire i debiti delle società
controllate è lontana. E a Sala delle Lapidi c´è chi si chiede che fine abbia
fatto il progetto di affidare alla Medhelan il progetto di riorganizzazione
delle aziende, con tanto di delibera votata dal Consiglio comunale nel febbraio
del 2008:
"osa e
meraviglia" al reloj con le acrobazie dei sonics
( da "Repubblica, La"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: della parte tecnica e della
realizzazione delle strutture che li caratterizzano in maniera unica e
originale. Tra suggestivi decolli e atterraggi emozionanti i Sonics si
esibiscono come acrobati sospesi senza protezione e questa sera presenteranno
alcune performance tratte dallo show "Osa e meraviglia". Ingresso 10
euro con consumazione. a. f.
regione, berlusconi pensa
a cosenza - conchita sannino ( da "Repubblica,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sia anche così vicino a Guido
Bertolaso, capo della Protezione civile (sottosegretario all´emergenza rifiuti,
e plenipotenziario dello stesso premier in Campania), che stima Cosenza come
massimo esperto di Ingegneria sismica e lo ha chiamato tra i membri della
Commissione nazionale grandi rischi, è il dettaglio che chiude un cerchio.
denuncio, dunque sono
benvenuti nello spot - antonio filippetti
( da "Repubblica, La"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Così come avviene per i previsori
dei guai finanziari, delle crisi economiche e delle relative ricette, allo
stesso modo i sostenitori dei rimedi sulla sicurezza e sulla civile convivenza
appaiono inadeguati allo scopo. A conti fatti tutto sembra esser messo in piedi
come la sceneggiatura di uno spot pubblicitario, un "consiglio per gli
acquisti" pensato per durare solo un po´
bacula: ambulanza per
sara, poi le ruspe - zita dazzi ( da "Repubblica,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: e ha aggiunto che questa volta
«saranno installate protezioni anti-occupazione con una rete alta tre metri e
mezzo fissata su un muro in cemento». Ma Valerio Pedroni, padri Somaschi,
precisa: «Queste persone sono in questo quartiere da diversi anni, con molte di
queste famiglie è stato avviato un percorso di integrazione.
RAZZISMO DI STATO
( da "Manifesto, Il"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incoerenza dei sistemi di
protezione sociale. Obama cerca d'indicare l'uscita della solidarietà e della
coesione sociale, dell'incremento dei diritti dei più deboli, della difesa
delle minoranze. La destra che ci governa e i poteri che rappresenta additano
la strada della «cattiveria» e del razzismo, sperando così che rancori e
conflitti orizzontali permettano loro di restare in sella.
L'uomo che si fece
venditore di sogni ( da "Manifesto,
Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: onda di piena della crisi
finanziaria le richieste di riscatto si stavano moltiplicando arrivando a 7
miliardi di dollari, a fronte dei quali dai nuovi sottoscrittori non arrivava
un centesimo. Madoff non è un finanziere sfortunato: il suo impero era tutto
costruito sull'imbroglio, il non rispetto delle leggi, la mancanza di
controlli.
L'elemosina ai tempi della
crisi. Sul nostro sito la polemica a sinistra
( da "Manifesto, Il"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tassazione della rendita
finanziaria». Aggiunge Ale: «Quella di Franceschini è solo demagogia per
recuperare i voti. Ci vogliono interventi strutturali, non spot». «Sveglia!»,
grida Jonathan, «diamo retta a un democristiano, ora?». «Bizzarri questi
commenti plaudenti verso la demagogia di Franceschini - ribadisce Guido -
Peccato che nel pd ci siano Ichino e il giovane Colaninno»
Monito Bce all'Italia
Crollo tedesco ( da "Manifesto,
Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: faccia carico di supervisionare i
grandi gruppi bancari presenti in più paesi del Vecchio Continente e avere
quindi una comune normativa finanziaria. La richiesta è un ulteriore vigilanza
di fronte a un sistema che traballa. Il Bollettino infine conferma che «il Pil
nella zona dell'euro registrerà un calo compreso tra il -3,2% e il -2,2% nel
2009 e fra -0,7% e più 0,7% nel 2010».
Così s'insegnano i diritti
umani a chi non ne ha ( da "Manifesto,
Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma anche un punto di luce nel buio
di un paesaggio istituzionale spesso opaco, a cominciare dal parlamento per
finire negli uffici dei vari ministeri. Scommessa vera di democrazia, parola da
declinare con cautela in questo paese. Gente così meriterebbe più attenzione. E
più protezione. Non soltanto dai talebani.
I genitori in filiale come
garanzia ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ai tempi della grande crisi
finanziaria che si è rapidamente trasformata in restrizione del credito,
soprattutto per le piccole e le medie imprese. Ubaldo Libertino, insieme ad
altri due soci, è titolare di una azienda specializzata in Ict, la
Bjconsulting, che conta in Piemonte, fra Cuneo, Torino e Ivrea, diverse sedi
operative.
Soffre un'azienda su
quattro ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: oltre che da una crisi
particolarmente cruenta. Una recessione che sta mettendo a dura prova la
fisionomia finanziaria delle aziende, in particolare le piccole e le medie:
secondo l'ultima analisi del Centro Studi Confindustria, è di 24,5 il saldo
netto dei giudizi delle aziende che segnalano una restrizione di credito (in
Spagna,
Draghi: rimettere in moto
il credito ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziario. «Ho detto più volte -
ha ricordato Draghi - che le banche dovranno uscire da questa crisi con più
capitale, meno debito, più regole e più vigilanza. Ma questo non è il momento
di aumentare il capitale, anzi i cuscinetti che alcuni istituti hanno creato
oltre i requisiti di vigilanza devono proprio servire ad assorbire le perdite e
sostenere la continua attività di prestito
Il rapporto de Larosière
ci ha deluso ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sempre più internazionali e la
crisi finanziaria ha mostrato quanto sia necessaria una vigilanza più
centralizzata. In questa intervista, Lorenzo Bini Smaghi, 52 anni, membro del
comitato esecutivo della Bce, esprime tutto il disappunto dell'istituto
monetario per un rapporto troppo timido che non affronta con determinazione i
nodi messi in luce dalla crisi di questi ultimi due anni.
Bce: i piani di rilancio
vanno bene così ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nei Paesi in cui attualmente si
osservano forti pressioni nei mercati finanziari - spiega la Bce riferendosi in
modo particolare probabilmente all'Irlanda, alla Spagna e alla Grecia-
l'impegno al risanamento dei conti pubblici dovrebbe essere più ambizioso e
dovrebbe considerare altresì l'esigenza di ridurre l'esposizione ai rischi per
il bilancio».
Crolla la ricchezza degli
Usa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: i direttori finanziari di grandi
multinazionali ormai non ragionavano più in termini di necessità di cassa o di
copertura di operazioni di tesoreria, ma solo in termini speculativi:
un'eccedenza poteva essere messa a leva anche quattro o cinque volte. è stato
in questo contesto, di sobrietà statistica del nostro tempo - ma non ancora del
nostro futuro -
Le strade divergenti di
Geithner e Summers ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sketch con un Geithner che offre
420 miliardia chiunque proponga una buona idea per risolvere la crisi bancaria.
«è lento a prendere atto dei problemi fondamentali del nostro sistema
finanziario e riluttante a fare scelte decisive e ad agire»,dice Thomas
Hoenig,presidente della Federal Reserve di Kansas City, ed ex collega di
Geithner quando quest'ultimo presiedeva la Fed di New York.
La Svizzera frena il
franco ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sarebbe il peggio del peggio del
protezionismo. riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com apagina44 L'oro si rafforza
MANOVRA AGGRESSIVA La mossa punta a evitare il pericolo deflazione ma potrebbe
spingere altri Paesi a imitarla avviando una corsa alla svalutazione l'articolo
prosegue in altra pagina
Sarkozy chiede alla Merkel
di bloccare i tagli Continental ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: cominciare dalla necessità di
privilegiare regole finanziarie ad aiuti economici, Francia e Germania non
mancano di mostrare piccole incomprensioni. Ieri l'occasione è stata data dalla
chiusura di una fabbrica del produttore tedesco di pneumatici Continental a
Clairoix, nell'Oise francese. La decisione, annunciata ufficialmente due giorni
fa nel quadro di un piano di ristrutturazione,
Obama alla Cina: diritti
da tutelare ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dalla crisi economico-finanziaria
ai dossier nordcoreano e afghano fino all'emergenza in Darfur, ma si è parlato
anche delle relazioni spesso non semplici tra Washington e Pechino. Obama ha
sottolineato la necessità di «rafforzare il dialogo militare » per evitare
incidenti simili a quello che si è verificato martedì scorso nel Mar cinese
meridionale,
Chi ha l'industria riparte
meglio ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: con 3 milioni impiegati nel settore
finanziario e 7 milioni nell'industria. In meno di una generazione e con un
consenso quasi unanime si è compiuta una trasformazione che, per rapidità e
ampiezza, non ha avuto confronti nemmeno ai tempi della prima rivoluzione
industriale. Ancora più sorprendente, nel sottolineare la marginalità
dell'industria nel sistema economico britannico,
Cinema, tre dimensioni per
il rilancio ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nel pieno della più grave crisi
economica e finanziaria dell'ultimo mezzo secolo. L'ultimo dilemma di
Hollywood, potrebbe essere riassunto così. Esattamente fra due settimane, il 27
marzo, debutta nella sale cinematografiche americane Monsters vs. Aliens, il
nuovo film della Dreamworks Animation –
Pronta l'Agenzia di
valutazione ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dando ormai per acquisiti i «tagli
lineari della finanziaria» il titolare di Viale Trastevere ha invitato tutte le
parti in campoa fare uno sforzo in più «per cambiare alcuni meccanismi e colmare
gap accumulati negli anni ». Senza di esso, ha spiegato, «anche avere più
risorse sarebbe insufficiente per migliorare la nostra università».
Su Business l'analisi
degli economisti di Eiu ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a causa dell'escalation della crisi
finanziaria», scrivono gli analisti. Di qui la decisione di rivedere al ribasso
le precedenti previsioni per tutti i maggiori paesi. Aggiungendo di prevedere
anche «un rallentamento delcommercio mondiale insieme a una recessione negli
Usa, in Europa e in Giappone ».
Rischio insolvenza per
Nerviano ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria colpisce anche
il Nerviano Medical Sciences, il polo di ricerca alle porte di Milano
controllato interamente dai Figli dell'Immacolata Concezione, un ente di
diritto vaticano con sede nella Capitale. Un problema di bilancio e non certo
"industriale", visto che la struttura presieduta da Umberto Rosa,
Matteoli: Tirrenica al via
nel 2009 ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Tirrenica al via nel 2009 Resta il
nodo della copertura finanziaria - Forse in campo Cdp o Bei Silvia Pieraccini
GROSSETO L'autostrada A12 LivornoCivitavecchia fa un passo avanti importante
verso l'apertura dei cantieri,dopo l'approvazione (con prescrizioni) del
progetto preliminare da parte del Cipe avvenuta nel dicembre scorso.
Anagrafe finanziaria
aperta agli agenti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: campione presso gli agenti della
riscossione per verificare il rispetto della convenzione e del Codice in
materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003).
E si impegna a riferirne all'Agenzia segnalando le eventuali criticità
riscontrate. Le informazioni acquisite dovranno essere conservate – precisa
l'articolo 10, comma 6 della convenzione –
L'Albo risponde con un
decalogo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per metà anno – la direttiva Ue
sulla revisione in maniera conforme all'impianto italiano». Gli economisti
Stefano Fassina (consigliere economico del Pd) e Marco Onado hanno invece
evidenziato le criticità non solo finanziarie dell'attuale congiuntura.
Benetton rinuncia alla
cedola Autogrill ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: esposizione finanziaria. La società
si concentrerà sull'efficienza e sul taglio dei costi ( salvaguardando
l'occupazione). Gli investimenti scenderanno da 337 del 2008 ai 160 previsti
per quest'anno. Nel quartier generale di Rozzano hanno in mente due scenari per
quest'anno: se la «tempesta» rimarrà di questa portata Autogrill stima ricavi a
5,
Interpump batte la crisi
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: L'indebitamento finanziario netto è
passato da 175 milioni al 31 dicembre
Maire aumenta il dividendo
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale congiuntura economica
mondiale negativa e delle incertezze sui mercati finanziari, ha deciso «di
adeguare le linee strategiche del gruppo alle nuove opportunità, incluse quelle
derivanti dalle politiche pubbliche di rilancio delle infrastrutture, nonché
alla significativa crescita del gruppo in termini di risorse umane e di
expertise».
Profitti Banca Generali in
flessione del 48% ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tenuto conto soprattutto del miglioramento
del risultato tecnico dei rami danni e della redditività ordinaria del ramo
vita, nella prospettiva di una stabilizzazione dell'attuale crisi finanziaria,
hanno indotto il cda a non penalizzare le aspettative dell'azionariato e
pertanto a proporre la suddetta distribuzione gratuita di azioni».
Volkswagen aumenta la
cedola ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attrezzata delle concorrenti per
affrontare la crisi; la società è tornata sui mercati finanziari all'inizio
dell'anno con un'emissione da 3,5 miliardi che ha già coperto «gran parte delle
esigenze di rifinanziamento prevedibili per il 2009». Volkswagen ha anche
fattoricorso per 2 miliardi di euro alle garanzie offerte dal Fondo pubblico
per la stabilizzazione dei mercati finanziari (
Roche conquista il 100% di
Genentech ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: acuirsi della crisi dei mercati
finanziari, l'offerta all'inizio di quest'anno era scesa a 86,5 dollari ed era
stata rivolta da Roche direttamente agli azionisti. Nelle ultime settimane la
svolta, con la ripresa dei negoziati ed il «sì» di management e comitato, che
ora consigliano agli azionisti di accettare i 95 dollari per azione,
Kerself scommette sulla
Turchia ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che dal punto di vista finanziario
è più sano di altri mercati emergenti, vuole scommettere su nuove fonti di
energia –ha detto il presidente di Kerself – l'accordo che firmeremo è molto
sentito dal Ministero dell'Energia turco ». «In più – ha continuato Masselli -
bisogna dire che in Turchia è molto apprezzata la qualità italiana»
La Svizzera ridà slancio
all'oro ( da "Sole
24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Infine, ci sono dubbi anche
sull'evolvere dell'inflazione: il timore di un suo rialzo è favorevole
all'oro,che offre una buona protezione. Solo alcuni economisti, tuttavia,
temono oggi un'accelerazione dei prezzi, legata ai piani di stimolo
dell'economia. Per altri lo spauracchio si chiama deflazione.
Copiamo Brown Aliquote più
alte per i ricchi e aiuti ai poveri
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezioni sociali. «Sacconi si
incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna
stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più
quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per
molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate
per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo,
Sempre di crisi si parla,
malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre...
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezioni sociali. «Sacconi si
incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna
stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più
quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per
molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate
per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo,
Tra le misure per
fronteggiare la crisi c'è anche la necessità di una super...
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Tra le misure per fronteggiare la
crisi c'è anche la necessità di una «supervisione sulle retribuizioni» dei
manager. Lo ha detto a Londra il governatore della Banca d'Italia e presidente
del Forum per la stabiliità finanziaria Mario Draghi, al termine di una
riunione del Forum.
I TRIBUNALI SCOMODI
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è venuta progressivamente a
restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la
protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto
di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del
comportamento dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo
territorio o alle quali si estende la sua giurisdizione.
Da qualunque lato si
consideri il tema della guerra e del diritto, si arriva necessariamente a
misur... ( da "Unita,
L'" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è venuta progressivamente a
restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la
protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto
di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del comportamento
dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo territorio o
alle quali si estende la sua giurisdizione.
IL GRAN SALUTO DI CLINT Un
reduce dalla Corea circondato da asiatici: Gran Torino di un Eastwood
magistrale ( da "Unita,
L'" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma poi capisce che Thao è un pezzo
di pane e ha solo bisogno di affetto e protezione. Il film diventa così un
doppio bildungsroman, un «romanzo di formazione» a due livelli. Da un lato Thao
apprende alcune utili nozioni su come si diventa adulti, dall'altro Walt si
apre al «diverso» e comincia a guardare in modo diverso i «musi gialli» che
infestano il quartiere.
Archeologi contro l'arrivo
di Bertolaso ( da "Unita,
L'" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: funzionari e sindacalisti delle
soprintedenze di Roma e Ostia per protesta contro l'annunciato commissariamento
affidato al capo della Protezione civile Bertolaso. Una delegazione sindacale ha
incontrato il direttore Giuseppe Proietti che, essendo un tecnico e non un
rappresentante politico, ha confermato che il commissariamento ci sarà e che
non il ministero non torna indietro.
Berlusconi liquida il
Parlamento: È superato, nacque dopo il fascismo
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sulla crisi dispensa ancora
ottimismo contro la «canzone catastrofista dei media», pur ammettendo che «non
si conosce la reale portata del disastro finanziario». E finge di non vedere
quello dell'economia reale. Occasione ghiotta il premio come uomo dell'anno
ricevuto dal Riformista: Berlusconi attacca il leader del Pd e getta nel
cestino la Repubblica parlamentare «
Wall Street: arrestato
Madoff il truffatore rischia 150 anni
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crollato sotto il peso della crisi
finanziaria internazionale, i calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime
parlavano di 50 miliardi di dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli
annali come la più colossale frode della storia di Wall Street, ancora peggio
del crack della Enron, ma l'accusa parla di 177 miliardi di dollari.
Il passaggio dal lussuoso
attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non poteva essere...
( da "Unita, L'" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crollato sotto il peso della crisi
finanziaria internazionale, i calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime
parlavano di 50 miliardi di dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli
annali come la più colossale frode della storia di Wall Street, ancora peggio
del crack della Enron, ma l'accusa parla di 177 miliardi di dollari.
"la crisi frena le
riforme e aumenta i nazionalismi"
( da "Repubblica, La"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi frena le riforme e aumenta
i nazionalismi" Bruegel: "Oggi la priorità sono i piani di stimolo,
su cui l´Europa si muove in ordine sparso" MILANO - La crisi finanziaria
frena (almeno per ora) le riforme in Europa. Anzi. Oggi come oggi ha innescato un
ritorno di fiamma del nazionalismo economico, forse inevitabile in un momento
in cui per tutti l´
il commento l'emergenza e
l'innovazione - vincenzo visco ( da "Repubblica,
La" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: evoluzione della crisi originata
nel settore immobiliare e subito trasferita a quello finanziario,
inevitabilmente ricade, adesso, sul sistema produttivo industriale e quindi su
tutta l´economia. Come sappiamo, si tratta di una crisi che coinvolge l´intero
pianeta e che quindi non consente a nessuno di aspettarsi il traino altrui per
uscirne.
Draghi: contro la crisi
misure aggressive ( da "Corriere
della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: contro la crisi misure aggressive
LONDRA — Secondo il Governatore Mario Draghi, a Londra per il Financial
stability forum, la crisi finanziaria «continuerà a richiedere misure di
risposta aggressive e coerenti». Istruzioni. Nei giorni scorsi la Banca
d'Italia ha inviato alle aziende di credito indicazioni su come comportarsi con
gli Osservatori del credito presso le prefetture:
Draghi: <Contro la
crisi servono misure aggressive>
( da "Corriere della Sera"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «le persistenti debolezze» nel
sistema finanziario e nell'economia reale, sia nelle economie avanzate che in
quelle emergenti, continuano a richiedere l'adozione di «misure aggressive e
coerenti». Anche se «le politiche monetarie e fiscali adottate finora hanno
fornito uno stimolo macroeconomico sostanziale ».
Berlusconi: il leader pd è
un cattocomunista ( da "Corriere
della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: entità del disastro finanziario che
esiste a causa dei prodotti derivati, ma io non sono pessimista, noi siamo i
più indicati ad uscire prima e meglio dalla crisi. Un atteggiamento di fiducia
farà sì che questa crisi possa non essere così grave come se dovessimo andare
verso il catastrofismo, che è purtroppo una canzone ripetuta dai media tutti i
giorni»
Crisi americana e nuovo
ruolo del Fmi: la grande sfida della politica economica
( da "Corriere della Sera"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: domatori nazionali» dei rischi
finanziari, Saccomanni è convinto che questa fase non si spieghi solo con
l'ingordigia di Wall Street e la disonestà di alcuni. «C'è la realtà del
mercato globale a cui si contrappongono misure basate su ragioni nazionali»,
dice. Saccomanni qui fa solo cenni indiretti ai tassi della Federal Reserve
all' 1%,
Obama e la politica del
rinvio ( da "Corriere
della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Si potrebbe immaginare che davanti
alla più grave crisi finanziaria di tutti i tempi, il presidente avrebbe
cercato la collaborazione di grandi capitani d'impresa, con l'esperienza
necessaria per manovrare immense organizzazioni in crisi. E invece no. Ecco la
composizione del gabinetto di Obama, che appare subito assai poco
imprenditoriale: al Tesoro,
AMBIENTE / 2
( da "Corriere della Sera"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 13 num: - pag: 12 categoria: BREVI
AMBIENTE / 2 Alberi senza protezione Da ormai più di 6 mesi su via Boncompagni,
all'angolo con via Quintino Sella, due protezioni degli alberi sono
completamente disintegrate a causa di un incidente stradale. Il I Municipio non
si è mai occupato della sostituzione lasciando i resti divelti.
Dall'atomo all'ambiente la
nuova vita di Ispra ( da "Corriere
della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma l'ambiente, la protezione del
cittadino consumatore, il supporto scientifico alla legislazione da introdurre
in tutti gli stati membri dell'Unione. «Il centro si è trasformato da
organizzazione concentrata sulla tecnologia nucleare — così lo definisce
l'attuale direttore generale Roland Schenkel —
La banchiera di Vienna: la
mia boutique all'asta ( da "Corriere
della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La relativamente piccola boutique
finanziaria creata da Frau Kohn — nata TÜrk, 60 anni fa, da sopravvissuti
dell'Olocausto — è rimasta vittima del crac Madoff, il finanziere americano che
aveva costruito uno schema di investimenti piramidali truffaldino e che ieri si
è dichiarato colpevole di 11 imputazioni.
Giappone, il paese del Sol
Calante ( da "Corriere
della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è arrivato dallo scoppio della
prima bolla finanziaria, nel 1990. Ma è stata la crisi partita dai mutui
americani nel 2007 ad aver dato il colpo di grazia al sistema. Che ora appare refrattario
a qualunque cura. «Ora tutti si consolano — sostiene ancora Tamamoto — con la
consapevolezza che l'infelicità è equamente suddivisa tra tutti».
<I giovani inseguono
sempre il mito del lavoro per la vita>
( da "Corriere della Sera"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E la crisi finanziaria mondiale ha
dato il colpo di grazia». Il motore è in panne: le esportazioni sono
crollate... «Sì. Il governo vorrebbe pareggiare i conti stimolando il mercato
interno, invogliare la gente ad acquistare beni e servizi. Invano: il paradosso
della nostra situazione è che i giapponesi sono pieni di soldi,
Casa Bianca. Obama
incontra il ministro degli Esteri cinese
( da "AmericaOggi Online"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per affrontare la crisi economica
globale e di "rafforzare il dialogo in campo militare" per evitare il
ripetersi di incidenti navali come quello di domenica scorsa. Obama e Yang hano
discusso nell'Ufficio Ovale un'ampia agenda di temi: la crisi finanziaria
internazionale, la Corea del Nord, l'Afghanistan e il Pakistan,
Long Island . Festa della
Donna" a Franklin Square ( da "AmericaOggi
Online" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: protezione e difesa della
femminilità che spesso veniva calpestata se non addirittura umiliata. Nel 1910,
nella città di Copenaghen, si tenne la prima conferenza internazionale delle
donne. In quell'occasione, oltre 100 rappresentanti di 17 Paesi scelsero di
istituire una festa per onorare la lotta femminile per l'uguaglianza sociale (
Morti bianche, tre vittime
ieri al Nord: un marinaio russo e due operai edili
( da "Avvenire" del
13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Un operaio è morto ieri nella
discarica di Gorla Maggiore, nel Varesotto, colpito dall'esplosione di un tubo
ad aria compressa. L'impatto è stato così forte da spaccare in due il caschetto
di protezione che indossava. E nel Mantovano, risulta disperso invece un
operaio caduto nel Po mentre stava lavorando su un ponte ferroviario.
New York, le scuole
cattoliche nel mirino ( da "Avvenire"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: infatti prevede la sospensione
della prescrizione per gli abusi commessi nelle scuole private e religiose,
mentre mantiene in vigore tutte le "protezioni" esistenti nelle
normative statali per i dipendenti pubblici. Ad oggi infatti la denuncia di un
impiegato pubblico deve avvenire entro 90 giorni dal compimento della maggiore
età, contro i 10 anni previsti dalla normativa. ( R.E.)
QUANDO IL PROTEZIONISMO E'
LEGITTIMO ( da "Lavoce.info"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: QUANDO IL PROTEZIONISMO E'
LEGITTIMO di Claudio Dordi 13.03.2009 A parole, i leader mondiali sono contro
il protezionismo, memori dei danni che ha causato all'epoca della grande
depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi internazionali
pone precisi vincoli alla libertà dell'esercizio della politica commerciale
degli Stati.
INGHILTERRA: TRE SOLUZIONI
PER OGNI INSOLVENZA ( da "Lavoce.info"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: istituto avrebbe bisogno di un
aiuto finanziario straordinario da parte della banca centrale o del Tesoro. A
quel punto la FSA deve consultarsi con la Banca d?Inghilterra (BoE) e il Tesoro
e valutare il da farsi. Se nella scelta vengono in rilievo ragioni di pubblico
interesse, quali la salvaguardia della stabilità o della fiducia dei cittadini
nel sistema finanziario inglese,
Precari, sì del governo
agli aiuti ( da "AmericaOggi
Online" del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: completamento e semplificazione a
protezione dei lavoratori sospesi o licenziati'. Le norme saranno presentate
sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra le misure
principali il raddoppio dell'indennita' di disoccupazione per i co.co.pro, che
passa al 20%, e la velocizzazione per l'erogazione degli ammortizzatori
sociali.
Il welfare di facciata
( da "AprileOnline.info"
del 13-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nel dopo crisi conterà nel
curriculum il fatto di essersi messi in gioco". Sacconi ha poi tracciato
un quadro delle ripercussioni della crisi finanziaria sull'occupazione. I dati
relativi al mercato del lavoro che saranno forniti dall'Istat nei prossimi
giorni mostreranno che "molto probabilmente il tasso di occupazione si
attesterà intorno al 59 per cento"
Strumenti astronomici
protagonisti in Seminario ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in collaborazione con il Gruppo
Astrofili Galileo di Alessandria e con i volontari della Protezione civile
tortonese, ha organizzato una giornata dal titolo «Alla scoperta del cielo».
Dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19 sarà possibile osservare gli antichi
strumenti ottici del Gabinetto scientifico del Seminario vescovile, guidati dai
volontari dell'associazione.
Provincia: sos per i costi
dell'inverno ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Protezione civile), ma soprattutto
alla presenza di un gruppo dei tecnici e dei capi reparto che da quattro mesi
lavorano a ritmi serrati, prima per tamponare le emergenze e poi per
preventivare costosi e difficili recuperi. Un esempio per tutti: la frana sulla
strada di Bubbio, l'unica che porta alla Langa Astigiana (ora percorribile a
senso alternato con un semaforo solo da mezzi
Documentari.
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Yimer svolge l'attività di
mediatore culturale per l'associazione Asinitas Onlus. Documentarista, vive in
Italia dal 2006 grazie alla protezione umanitaria. La serata è organizzata con
il patrocinio del Comune di Candelo e la collaborazione del Centro Servizi per
il Volontariato.\
Gli incontri su violenza,
maltrattamenti e pedofilia ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «Ordini di protezione contro gli
abusi familiari», «Rapporto che intercorre fra soggetti che hanno subito
violenze in famiglia o sul lavoro e i servizi di assistenza esistenti», «Reato
di violenza, molestie e pedofilia», il 17, 26 e 31 marzo, 2 aprile con Agata
Armanetti, avvocato.
Aiuti ai precari
licenziati ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: completamento e semplificazione a
protezione dei lavoratori sospesi o licenziati». Le norme saranno presentate
sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra gli interventi
principali il raddoppio dell'indennità di disoccupazione per i co.co.pro che
così passa al 20% e la velocizzazione delle procedure per la concessione e
l'erogazione degli ammortizzatori sociali.
Ne usciremo solo insieme
( da "EUROPA ON-LINE"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: posto di lavoro e ha meccanismi di
protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Il ministro Brunetta
ha detto che va tutto bene, una meraviglia, lo ha ripetuto, con toni diversi,
il ministro Sacconi: contemporaneamente, pochi minuti fa, la Cisl della
Lombardia ha indicato che non ci sono più risorse per gli strumenti di cassa
integrazione ordinaria e straordinaria.
Gli effetti perversi della
Robin tax ( da "EUROPA
ON-LINE" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in anticipo la crisi
economico-finanziaria, è innegabile che abbia messo in campo una serie di
provvedimenti ? a volte demagogici, a tratti contraddittori ? che a distanza di
qualche mese rischiano di essere ostacoli ben più difficili da superare di
quelli importati dalla congiuntura internazionale.
Bruxelles, eurocrati a
lezione dalla reginetta degli 007
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: del Consiglio hanno scelto di
affidarsi al celeberrimo MI5 per rafforzare la protezione interna, anche se i
casi acclarati di tentato spionaggio si contano sulle dita di un uomo con una
mano sola. L'ultimo risale al 2003, quando la sicurezza ha trovato delle cimici
negli uffici di alcune delegazioni. Alcuni funzionari avevano notato che spesso
i telefoni suonavano senza ragione.
Lussemburgo Austria e
Svizzera aprono i forzieri ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria scatenatasi
nella vischiosità dei comportamenti e delle regole ha convinto l'Unione europea
e gli Stati Uniti a dichiarare una guerra senza quartiere a chi offre
potenzialmente copertura legale a evasori e finanzieri senza scrupoli.
"Il nostro futuro è
qui non ce ne andremo mai" ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Entro giugno dovete indicare la
banca che gestirà la cessione della Pincar, la finanziaria di famiglia, avete
individuato l'istituto? «Sarà comunicato nel consiglio di amministrazione del
23 marzo. Non c'è più molto da aspettare». Le cose stanno andando avanti come
previsto? «Sì. Sul fronte delle banche abbiamo dovuto scalare una montagna;
Strada ancora bloccata
Protestano i formazzini isolati da undici giorni
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In Formazza però la pazienza è al
limite e i disagi pesano anche su chi deve raggiungere fondovalle per andare a
scuola o a lavorare. «Se il pericolo c'è e l'isolamento permane, allora
vogliamo essere assistiti in tutto dalla protezione civile» dicono i
formazzini.
Cambio al vertice della
Rav Marquis diventa presidente ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A dare l'allarme un compagno di
lavoro che era poco distante. Immediati i soccorsi: è intervenuto l'elicottero
della Protezione civile. Nel pomeriggio Ronc è stato sottoposto a intervento
chirurgico. Nell'incidente ha riportato fratture e danni polmonari.
In discussione edilizia
privata e protezione civile ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: alcuni piani particolareggiati di
edilizia privata, variazioni al bilancio di previsione del 2009 e ancora
l'approvazione del piano comunale di protezione civile, del regolamento per la
squadra comunale di antincendio boschivo e protezione civile. In discussione anche
la realizzazione di una scala di sicurezza per l'asilo «I Cuccioli». \
Casi antenne, previsto
consorzio di comitati ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: altezza della Protezione civile.
L'assessore alla Viabilità Sergio Lanteri ha assucurato che provvederà a
intervenire in via Acquarone e che un gran numero di strade stanno per
accogliere dossi. Spiega: «Ottenuti i nulla osta da Croce Rossa, Vigili del
fuoco e altri enti impegnati nei soccorsi, prevediamo quelli alti tre
centimetri,
Non sicuri di che
cos'altro possano fare per tenere in piedi le banche, i governi del G-20
risc... ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma le lobby finanziarie restano
potenti, e riottose ai controlli. Ministri dell'Economia e banchieri centrali
dei 20 maggiori paesi hanno cominciato a discutere ieri sera a cena, in un
lussuoso albergo tra il verde dei Downs, le colline a sud di Londra. Oggi si
terrà la riunione vera e propria, il cui principale esito concreto potrebbe
essere l'
[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW
YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani...
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Chiede al governo Usa, a protezione
dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di
«mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere
all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la
Cina rivaluti la sua moneta.
Rai, Cappon ai dipendenti
"Sacrifici per 60-70 miliardi"
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: affronta questa crisi con una
posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati
economici sostanzialmente equilibrati anche nel 2008. Le prospettive per i
prossimi mesi appaiono tuttavia particolarmente difficili, con previsioni di
ricavi nettamente inferiori a quelli considerati in sede di budget».
"Venaria è un
contenitore vuoto" ( da "Stampa,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: vuole un piano finanziario e
l'impegno certo dello Stato». Quei famosi 12 milioni di cui non c'è traccia e
dunque «non c'è un partito che sostiene la Venaria o il Polo reale ma al
momento c'è solo il partito dei senza soldi». Il problema è che la decisione
del governo deve arrivare in tempi brevi perché «con la crisi in atto è
evidente che non possiamo tenere fermi quei soldi all'
Misure anti-crisi/Lo
scontro fra Tremonti e Draghi. Un pasticcio all'italiana
( da "AmericaOggi Online"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: non propriamente famosi per le loro
conoscenze finanziarie? Nessuno, rispondiamo, se non quello di fare del Governo
più liberista che può esserci (almeno sulla carta) il poliziotto del credito,
attraverso le sue emanazioni territoriali più importanti. Il pericolo è che si
crei attraverso questo meccanismo un diritto soggettivo ad avere credito.
salviamo il colosseo
monumento in rovina - luca villoresi
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Un patrimonio (in vari sensi),
recentemente assurto a oggetto del contendere di una guerra senza quartiere:
scioperi, dimissioni, proclami? sovrintendenti, sottosegretari, commissari
straordinari? Beni culturali, McDonald´s, Protezione civile. ALLE PAGINE 31, 32
E 33 CON UN ARTICOLO DI FRANCESCO ERBANI
pechino, paura per i bond
americani - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sono disposti a creare contro
l´Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a
ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però
vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American,
e no alle svalutazioni competitive.
tutti assenti al capezzale
dell'economia usa, ancora vuote le poltrone al tesoro - alberto flores d'arcais
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziario-politico democratico e
liberal. Ci si aspettava una lotta a coltello, pur di ottenere uno dei posti
disponibili al dicastero chiamato a guidare la rinascita dell´America
economica. Niente di vero. A sette settimane dall´insediamento alla Casa
Bianca, Obama (e Geithner) stanno incassando una incredibile serie di no e la
vicenda sta passando dalle prime pagine dei giornali
"un omaggio al cinema
che non è un mestiere ma un modo di vivere" - alessandro oppes madrid
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: interpretato da José LuÍs Gomez -
che deve la sua fortuna a spericolate operazioni di speculazione finanziaria.
Possessivo fino all´estremo e convinto di poter manovrare la realtà a suo
piacimento grazie al denaro, si improvvisa produttore di un film del quale Lena
sarà protagonista, con l´obiettivo di poterne controllare tutti i movimenti.
bloccata la baby gang
degli i-pod - emilio vettori ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: costretti a farsi scortare a scuola
dai genitori e messi sotto protezione armata dal preside, con l´ingaggio di una
guardia giurata schierata all´ora di uscita dalle lezioni. Andavano
all´arrembaggio delle vittime prescelte fuori dal plesso scolastico, alla
stazione ferroviaria del paese, alla fermata di bus e tram di piazza Bengasi,
al centro commerciale Gallery.
buco amia, la procura va
avanti l'inchiesta estesa fino al 2008 - antonio fraschilla
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: cittadine per mettere in piedi un
corteo per le vie del centro non solo contro la crisi dell´Amia, ma anche per
lanciare l´allarme sullo stato finanziario del Comune - dice il capogruppo del
Partito democratico a Sala delle Lapidi, Davide Faraone - Speriamo di poter
fissare la data del corteo, che partirà da piazza Croci e si concluderà a
piazza Pretoria, nel più breve tempo possibile».
nerviano, sull'orlo del
fallimento anche gli imprenditori in clergyman - ettore livini
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E i Figli dell´Immacolata
Concezione, vittime della crisi finanziaria come tutti i comuni mortali,
faticano a mettere mano al portafoglio. Rosa ci ha provato: l´anno scorso ha
varato un aumento di capitale da 70 milioni. Ma dal Vaticano � che
nell´avventura aveva messo allora solo 32mila euro � non è arrivato un
centesimo.
un ponte sul mediterraneo
"il dialogo parte da genova" - domemica canchano
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la protezione dell´ambiente e il
partenariato culturale e umano, obiettivi concordati al vertice di Parigi del
luglio scorso. Molti i progetti annunciati, in particolare l´annuncio del
presidente della Provincia di Genova del prossimo Forum euromediterraneo delle
Guardie Costiere che si terrà il prossimo sei e sette di maggio a Genova.
Fori, commissario
anti-crolli ma è bufera Marrazzo-Pd
( da "Unita, L'" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: archeologici al direttore della
protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita.
Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era
pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi
sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai
comoda situazione di controllato e controllore,
Il dispositivo non è
ancora stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: i...
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: archeologici al direttore della
protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita.
Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era
pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi
sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai
comoda situazione di controllato e controllore,
LA RISPOSTA ALLA CRISI? È
NELLA DOMANDA ( da "Unita,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Finalmente qualcuno comincia a fare
una diagnosi più corretta di questa crisi devastante che è economica prima che
finanziaria. Questa volta il crollo delle Borse è stato più grande del 1930
(-56% in 17 mesi contro il -48% di allora per le 500 big di Wall street) perché
i derivati allora non c'erano ed il crollo della domanda è stato ancora più
pesante.
Information tecnology: a
rischio 40mila posti ( da "Unita,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: non hanno protezione». Secondo il
vicepresidente mondiale della Microsoft «c'è bisogno di una convergenza tra
maggioranza e opposizione per tutelare un patrimonio fondamentale. Il ritardo è
notevole, anche perchè gli investimenti in Italia sono la metà di quanto
stanziano Paesi come Francia, Germania e Inghilterra».
amianto, condannati 5
dirigenti fs ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: amianto al quale furono esposti
senza le protezioni che le conoscenze scientifiche dell´epoca avrebbero dovuto
imporre nell´ambiente di lavoro. Il giudice ha stabilito una provvisionale di
50mila euro da versare immediatamente alla Cgil Filt. Verrà devoluta alla
associazione dei lavoratori bolognesi esposti all´amianto.
Paradisi fiscali, la
Svizzera forse sarà meno segreta ( da "Unita,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: globalizzazione dei mercati
finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione
internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio
seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc
Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la
doppia imposizione conformi al modello Ocse»
I bottini miliardari
dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno p...
( da "Unita, L'" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: globalizzazione dei mercati
finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione
internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio
seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc
Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la
doppia imposizione conformi al modello Ocse»
Distretti in movimento
Carpi spedisce 30mila cartoline al premier
( da "Unita, L'" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per sottolineare il bisogno di
protezione del settore dalle "malattie" che possono arrivare nella
stagione della crisi. Tutti insieme La peculiarità della manifestazione
carpigiana, che segue le due di Biella e Prato, sta nel fatto che a scendere in
piazza sono tutti gli attori: istituzioni locali, associazioni imprenditoriali
industriali e artigiane,
Tremonti prende a
picconate Draghi ( da "Unita,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Unione europea si avvia compatta al
confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la richiesta comune di nuove
regole sui mercati finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della prossima
settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle iniziative
anti-crisi e destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia
e le comunicazioni.
Banca d'Italia prova a
smorzare. C'è la massima disponibilità a informare ...
( da "Unita, L'" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Unione europea si avvia compatta al
confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la richiesta comune di nuove
regole sui mercati finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della prossima
settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle iniziative
anti-crisi e destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia
e le comunicazioni.
Troppi proclami, così non
si tutela il risparmio ( da "Unita,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma questa operazione non risolve il
problema della vigilanza sui mercati finanziari e assicurativi, che
resterebbero fuori dall'autorità della Bce. Senza contare il no di Gran
Bretagna e Germania. Insomma, bisogna lavorare: non basta fare dichiarazioni. È
inutile indicare modelli ideali». Cosa pensa della proposta sui prefetti?
nostalgia della città
olimpica - salvatore tropea ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziarie. Le banche, principio e
fine del terremoto mondiale, hanno stretto i cordoni della borsa, il governo ha
fatto altrettanto inventandosi e mettendo in atto meccanismi che hanno
impoverito le casse degli enti locali. E poiché quando non ci sono soldi si è
costretti a rinunciare a certe spese si comincia a fare la selezione tra ciò
che è indispensabile e ciò che è o sembra
le ong sono sempre più nel
mirino scompare lo scudo della neutralità - anais ginori
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La protezione a chi presta soccorso
è sempre meno garantita. E le ultime guerre hanno evidenziato una tendenza
delle forze militari a scoraggiare le missioni umanitarie civili per poter
agire indisturbate. Negli ultimi dieci anni le vittime tra gli operatori
umanitari in zone di conflitto sono aumentate del 92%.
Ricetta Obama
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Buone notizie anche da Detroit: Ray
Young, direttore finanziario di General Motors avverte che la società, almeno
per ora, non ha bisogno del nuovo finanziamento federale da due miliardi di
dollari grazie ai primi successi raggiunti con l'avvio del piano di
ristrutturazione.
Google bussa per entrare
nel Dow Jones Industrial Ma l'indice è tutto da rifare
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in una piazza finanziaria più
centrale. A giudicare da queste mosse, le due banche comprendono il pericolo di
una corsa sfrenata alle quote di mercato. \ È difficile immaginare l'indice Dow
Jones Industrial senza Citigroup e General Motors, ma il difficile momento
finanziario le ha declassate al rango di "penny stock",
- (segue dalla copertina)
luca villoresi ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: area archeologica di Roma l´ex capo
della protezione civile Guido Bertolaso e spinto alle dimissioni il presidente
del Consiglio superiore dei Beni culturali, Salvatore Settis, prontamente
sostituito dall´archeologo Andrea Carandini. Per delimitare i confini del campo
di battaglia basta attenersi al biglietto d´ingresso.
le assicurazioni, fonsai e
il fattore ligresti ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: intrinseca debolezza finanziaria
del gruppo, imposta dal mantenimento del controllo da parte di Ligresti con il
minimo impegno di capitali, e dall´uso degli attivi della compagnia per garantire
al medesimo un posto al tavolo del capitalismo delle relazioni (Mediobanca,
Rcs, Pirelli, Impregilo, Alitalia) e degli affari immobiliari,
paradisi fiscali, la
svizzera si arrende - franco zantonelli
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: con la crisi finanziaria in atto,
non si possono più permettere alcuna fuga di capitali. «Ci siamo uniformati
alle regole dell´Ocse, rinunciando alla distinzione tra evasione e frode
fiscale», ha spiegato, ieri, nel corso di una conferenza stampa a Berna, il
presidente della Confederazione, Hans Rudolf Merz.
e la sua - adriano
prosperi ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: modello di ricerca che punti a
capire il presente partendo da distanze lontane ADRIANO PROSPERI La violenza e
il disordine dei mercati finanziari riempiono oggi le cronache di tutto il
mondo di storie di truffe gigantesche, arricchimenti smisurati di pochi e
miseria di molti. è difficile immaginare che tutto questo abbia un rapporto con
lo spirito evangelico e con le virtù cristiane.
- luca villoresi
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: commissari straordinari� Beni
culturali, McDonald´s, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un
altro, «Camera e umbrella in the scanner» - partiamo dal più semplice: quello
del turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza
che corre tra una cartolina e un´istantanea.
"Ronde, ma i sindaci
sul problema sicurezza non ascoltano la gente"
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: così come si fa nella Protezione civile,
o nelle pubbliche assistenze. Anche perchè vedono lo stato di degrado che si
sta raggiungendo e il lassismo dei sindaci che, nonostante abbiano gli
strumenti per intervenire tramite ordinanze e quant'altro, non fanno che
demandare tutti i compiti alle Forze dell'ordine».
Alzare l'età pensionabile,
il momento è opportuno ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ci grava sulle spalle non ci
permette sufficiente latitudine per attuare politiche fiscali espansive e di
protezione sociale in un momento di grave recessione. Tutte cose così ovvie,
dette e ridette. Finalmente il Governo ha riaperto il dossier pensioni, ma solo
perché tirato per la giacca dall'Unione europea, altrimenti l'imbarazzante
silenzio sull'argomento sarebbe continuato.
Grande impegno dei
prefetti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: istituzioni finanziarie. Il secondo
argomento affrontato ieri da Tremonti riguarda più direttamente la politica del
credito in Italia. «Per me è stato un grande onore prendere la parola davanti a
tutti i prefetti della Repubblica italiana» ha sottolineato, ricordando
l'iniziativa congiunta con il ministro dell'Interno Roberto Maroni per dare
attuazione a una disposizione del Dl anti-
Le aziende: emergenza
liquidità ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di razionalizzare la gestione
finanziaria. E allora serve un fondo di garanzia con almeno 5 miliardi di
dotazione, in modo da creare per le banche, grazie anche ai Confidi, le
condizioni per immettere almeno 80 miliardi di liquidità nel sistema. Ma se le
imprese chiedono soldi, dall'altra parte anche le banche hanno i loro problemi.
I Caraibi, l'ultima
roccaforte dei paradisi fiscali ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di fronte alla più grave crisi
finanziaria da quasi un secolo che sta mettendo in ginocchio l'economia
mondiale, i paradisi fiscali sono finiti sul banco degli imputati, additati
come responsabili di aver favororito operazioni torbide senza alcun controllo e
di aver fatto proliferare l'evasione fiscale.
Londra vara la tolleranza
zero ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dal nostro corrispondente Dagli
sconquassi del credit crunch prende forma una City molto meno elastica
nell'approccio ai mercati finanziari e molto più allineata alle linee guida
dell'autorità di controllo. Da giorni Financial service authority canta il
requiem al cosiddetto «light touch », ovvero al tocco rilassato verso le regole
e la supervisione dei mercati finanziari.
Riserve auree svizzere
superate dal primo Etf ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: oro una protezione contro le
attuali turbolenze dei mercati stanno scuotendo la graduatoria dei grandi
detentori di riserve auree.Nell'autunno scorso gli accantonamenti del più noto
Exchange Traded Fund, l'americano Spdr Gold Trust, si erano spinti a 770
tonnellate, sorpassando il quantitativo della Banca nazionale del Giappone.
Lo spallone riporta i
soldi a casa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: quando anche Zurigo inizia ad
affermarsi come piazza finanziaria. Nella crisi del 1929 molti europei misero
al riparo i loro patrimoni, in Svizzera, mentre Franciae Germania tentavano di
impedire l'evasione fiscale, facendo anche pressione sulle banche elvetiche.
Negli anni Trenta in Germania si afferma il nazismo,i venti di guerra crescono
e altri capitali,
Stretta per chi inquina le
falde ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ce per la protezione delle acque
sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento. Il Dlgs stabilisce standard
di qualità più restrittivi sul monitoraggio dello stato di salute dei corpi
idrici da parte delle Regioni e inasprisce i criteri di rilascio delle
autorizzazioni per gli scarichi di impianti produttivi e attività agricole sia
pure con specifiche deroghe per l'
Europa e Stati Uniti
divisi al G-20 ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la Ue sulle regole finanziarie
HORSHAM. Dal nostro inviato Ministri e governatori del G-20 hanno iniziato ieri
sera a cena un difficile tentativo di conciliare le posizioni, che nelle ore
immediatamente precedenti la loro riunione apparivano ancora molto distanti,
sulle priorità degli interventi per l'uscita dalla crisi globale.
Le banche occidentali
devono aiutare l'Est ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: pessimista dei suoi colleghi delle
istituzioni finanziarie internazionali, o forse più realista, nella valutazione
dei tempi dell'uscita dalla recessione. «La crisi globale - dice - non finirà
prima della fine del 2010». Ma è convinto che la regione abbia «tutte le carte,
come costo del lavoro competitivo, abbondanza di risorse umane di qualità,
importanza della "catena del valore"
Tokyo stanzia altri 200
miliardi ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: quelle relative alla
regolamentazione del sistema finanziario). Logico che la bonanza in arrivo stia
stimolando molti appetiti, tanto che nell'editoriale che comparirà questa
mattina il quotidiano Nikkei mette in guardia dalle tentazioni di un finanziamento
indiscriminato alle infrastrutture simile a quello che negli anni Novanta non
evitò al Paese una prolungata fase di ristagno.
Wen: il debito Usa ci
preoccupa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: continuare a sostenerlo
finanziariamente per aiutarlo a uscire dalla crisi (e anche per evitare che
crollino i prezzi dei Treasury Bond) e fare la sua parte affinché la
congiuntura cinese mantenga tassi di crescita elevati, e compensi così parzialmente
i vuoti di domanda creatisi nelle altre economie mondiali.
Primo, battere la
deflazione ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tutto il sistema finanziario. E in
secondo luogo invertirà il meccanismo delle aspettative dei consumatori, oggi
paralizzati nelle loro scelte d'acquisto nella ragionevole attesa di una
ulteriore riduzione dei prezzi. Io capisco che chi, dagli anni 70, si è
esercitato soprattutto nella lotta all'inflazione, oggi abbia difficoltà a
prendere le giuste misure a questa nuova realtà.
Imprese e banche: rispunta
il modello Iri ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: emergenza contro la crisi
economica. Per il momento, il crollo dei mercati finanziari e delle quotazioni
di Borsa non ha ancora travolto l'economia reale ma le prime, pesanti
conseguenze cominciano a delinearsi. E tutto lascia prevedere che il conto da
pagare sarà salato sia per le grandi aziende sia per la piccola media impresa.
Cappon: Servono tagli per
altri 60-70 milioni ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Rai affronta la crisi «con una
posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati
economici sostanzialmente equilibrati anche nel 2008» scrive Cappon. Nel 2009,
tuttavia, «le previsioni di ricavi sono nettamente inferiori a quelli
considerati in sede di budget, con la necessità di rilevanti investimenti in
contenuti e tecnologia per il passaggio al digitale»
Ridare fiducia alle
famiglie ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: alla forte e prolungata riduzione
della ricchezza finanziaria - crollata del 10% nel 2008 e che nel 2009 si
po-trebbe abbattersi del 6% –,iconsumi e soprattutto i consumatori stanno
reagendo bene. Se l'abbigliamento è uno dei settori più penalizzati, «gli italiani
non sembrano rinunciare ai prodotti per la cura della persona e al pasto fuori
casa»,
In Italease esplodono gli
incagli ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a un gruppo ristretto di
immobiliaristi hanno creato una concentrazione di rischi che con la crisi
finanziaria di questi mesi ha deteriorato rapidamente il portafoglio crediti.
Gli incagli per quasi 4 miliardi di euro fanno capo per il 90% a poche società
attive nel settore immobiliare. Fra i nomi dei debitori ci sono le società di
Danilo Coppola e la Risanamento di Luigi Zunino.
Deutsche Bank rinnova il
board ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la società finanziaria bavarese in
grave difficoltà. Il Governo ha minacciato l'esproprio,ma sta ancora cercando
una soluzione di compromesso con il principale azionista, l'investitore
americano J.C. Flowers. Ieri quest'ultimo ha spiegato che la banca,
specializzata in obbligazioni immobiliari, ha bisogno di circa 10 miliardi di
euro.
L'autocritica di Welch non
tocca la pensione ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi del sistema finanziario.
Peccato che questa ossessione l'abbia inventata proprio lui: Welch, nel nome
del valore degli azionisti, non solo è diventato miliardario (in dollari), ma
ha gonfiato a dismisura le dimensioni e la struttura di General Electric,
lanciandola in una diversificazione forzata che l'ha resa del tutto anelastica
alle crisi e fondamentalmente dipendente dagli
Fintel porta l'eolico
sull'Aim ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Se si chiacchiera con lui sembra
che la crisi finanziaria, quella che ha mandato a picco le Borse, non esista.
Ha voglia di investire, non ha paura della Borsa.Fintel –racconta –è nata nel
1997. Ma è nel 2006 che il gruppo ha iniziato a pensare al salto dimensionale:
«è in quel periodo che abbiamo pianificato di diventare produttori di energia
elettrica»
Poche regole, ma
trasparenti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uscita dalla presente crisi
economica e finanziaria e delinea i possibili scenari futuri. Temi questi che
saranno al centro del convegno " Global economic perspectives" che si
terrà a Milano lunedì 16 marzo a Piazza Affari (Palazzo Mezzanotte, con inizio
alle 9,30), con gli interventi dell'ex capoeconomista del Fondo monetario
internazionale,
Peggiora la crisi
giapponese e lo yen scivola ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in questo caso la moneta unica si
avvantaggia della ridotta ricerca del biglietto verde come valuta rifugio, dopo
che gruppi finanziari come Bank of America hanno visto i conti di nuovo in
utile. Così, ieri l'euro ha raggiunto un massimo di seduta di 1,2956 dollari
(contro 1,2909 della chiusura di giovedì) e di 127,66 yen (da 126,22).
La crisi non frena il
caro-casa, cresce la corsa all'affitto
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: malgrado la crisi economica.E così
i rendimenti per chi investe nell'immobiliare con l'obiettivo di affittare
migliorano. O, comunque, risultano più sicuri oggi rispetto agli anni scorsi,
visto l'andamento dei mercati finanziari. Secondo uno studio recente di Ad Valorem
i tassi medi di rendimento nel 2008 sono rimasti tra il 4,
Il livello idrico appeso a
una diga ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: si siano fermati a causa delle
vicissitudini finanziarie della ditta appaltatrice: ultimati i 4 lotti di
opere, si attende il completamento dell'ultimo,
Tremonti all'attacco di
Draghi ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: siano essi banche o finanziarie,
anche la vigilanza dev'essere sistemica», argomenta Tremonti. Ma provate a
immaginare la Bce alle prese con il rischio credit crunch, e relativa denuncia,
del bottegaio romano come del piccolo imprenditore del nord. Tremonti ha voluto
rispondere alla circolare inviata da Draghi due giorni fa a tutte le filiali
della Banca d'
Le belle statuine
( da "Manifesto, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Una scelta avvenuta dopo il
pressing del decreto della protezione civile che paventa possibili crolli
nell'area del Palatino, resi più concreti dalle abbondanti piogge della
stagione. A ruota, si sono congratulati con Marrazzo il sottosegretario Giro,
il sindaco Alemanno, l'assessore Croppi. La sua è una posizione «non
ideologica», hanno detto.
75 anni di caccia ai
capitali stranieri ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nel quadro della crisi economica e
finanziaria mondiale, gli Usa e l'Unione europea intensificano la lotta contro
i paradisi fiscali. La pressione sulla Svizzera aumenta. Il 18 febbraio
La Svizzera e gli altri
non lavano più bianco ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria c'è stata
un'offensiva concertata. Dominique Strauss-Kahn, presidente dell'Fmi, ha
minacciato «un'azione alla dinamite». Giovedi Nicolas Sarkozy e Angela Merkel,
che si sono incontrati a Berlino, hanno ribadito la richiesta di «sanzioni»
contro i paesi che non rispetteranno le norme Ocse della trasparenza e che non
accetteranno di seguire le richieste del rapporto
Pechino preoccupata dal
rischio dei titoli Usa ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il presidente Obama e il suo
governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria.
Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese
detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del
debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o
di chiunque altro: si tratta di circa 1.
L'instabile equilibrio del
capitalismo ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi sia essenzialmente di natura
finanziaria e imputabile al comportamento dei banchieri; cosicché sarebbe
sufficiente sperare che il nostro settore finanziario non manifesti le stesse
criticità di quelli «dove si parla inglese». Il nostro ministro dell'economia
non considera invece che quelle in crisi sono le modalità assunte dal processo
di accumulazione negli ultimi tre decenni;
Banche, la mossa di
Tremonti <Serve una vigilanza europea>
( da "Corriere della Sera"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: inizio della riunione del G20
finanziario e al termine di un incontro col Primo ministro britannico Gordon
Brown e col presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, sui finanziamenti
dei servizi sanitari nei Paesi poveri. Ma poi, argomento dopo argomento, in una
conferenza stampa presso l'Ambasciata londinese, i riflessi sulle cose di casa
non mancano.
Passera: prefetti,
picconata un po' eccessiva a Bankitalia
( da "Corriere della Sera"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Oltre la crisi" — e sarebbe
bellissimo se la politica recuperasse il tempo perso per creare un mercato
unico finanziario in Europa, cosa che non è». Secondo Passera il percorso
logico è il seguente: «Unico libro delle regole, unico mercato per i servizi
bancari e poi supervisione sempre più coordinata» perché la Banca d'Italia ha
un «
Summers: crisi, segnali
incoraggianti ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma «la paura chiama la paura» e
«questo è il paradosso al centro della crisi finanziaria». Un cambiamento di
tono che riecheggia quello del giorno prima di Barack Obama. La crisi «non è
negativa come pensiamo», aveva detto il presidente. Larry Summers
E Obama rigioca la carta
militare ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è ora schierata a protezione della
missione oceanografica. L'incidente è avvenuto non lontano dall'isola di
Hainan, dove la marina cinese ha una base sotterranea per sommergibili. Il
ricorso alla dissuasione militare non ha impedito al presidente Obama, nel suo
incontro di giovedì con il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi,
Vola Autogrill, vendite su
Enel ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sezione: Economia Mercati
Finanziari - data: 2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE La Giornata
in Borsa di Giacomo Ferrari Vola Autogrill, vendite su Enel Al rialzo per quasi
tutta la seduta, Piazza Affari ha invertito il trend in extremis, con l'indice
S&P/Mib terminato in ribasso dello 0,84% e il Mibtel dello 0,
L'interesse di Lufthansa
trascina Sas ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari - data:
2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Stoccolma
L'interesse di Lufthansa trascina Sas (g.fer.) — La compagnia aerea scandinava
Sas ha annunciato ieri i termini dell'aumento di capitale destinato al rilancio
dell'attività dopo la chiusura in perdita del bilancio 2008.
Acea, il nodo francese
frena il titolo ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari - data:
2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano Acea, il nodo
francese frena il titolo (s.agn.) — Il gruppo Caltagirone che supera
ufficialmente la «soglia rilevante» del 7,5%. L'incontro in programma tra il
numero uno di Gdf-Suez, Gerard Mestrallet, e il sindaco- azionista con il 51%
Rifiuti, due milioni di
cittadini da monitorare ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: l'Agenzia protezione ambiente della
regione, inizialmente maltrattata dalle dichiarazioni del presidente Piero
Marrazzo e a cui è stato poi riconosciuto invece il lavoro di controllo
sottotraccia effettuato proprio a fianco dei carabinieri del Noe, viene affidato
il nocciolo più scottante: controllare i controllori,
Svizzera e Lussemburgo,
ritirata sul segreto bancario ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In questa crisi, sotto pressione da
Parigi e Berlino, Berna ne demolisce i muri portanti. Un concitato giro di
consultazioni fra i ministri finanziari di Svizzera, Lussemburgo e Austria
giovedì ha segnato una svolta per migliaia di miliardi in patrimoni privati nei
prossimi anni.
Crisi USA: Obama è
ottimista, ma gli americani sono sempre più poveri
( da "AmericaOggi Online"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le regole finanziarie" da
rivedere, in un esercizio definito "a lungo termine". Infine, Obama
ha citato il nuovo modello di crescita, quello post crisi. Al suo fianco,
Volcker ha detto che dietro alla crisi finanziaria ci sono "grossi
problemi economici": bisogna prenderli in considerazione e potrebbero
richiedere più tempo di quelli finanziari per essere risolti.
Tremonti: necessaria una
vigilanza sistemica sul settore bancario
( da "AmericaOggi Online"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: occasione di ieri è servita infine
a Tremonti per ricordare come nell'attuale situazione di forte crisi
finanziaria torni sempre più d'attualità la necessità di introdurre nuove
regole, improntate al concetto di 'legal standard' caro allo stesso ministro.
"Il diritto - ha ribadito infatti - deve e può completare il mercato
perché non c'é mercato senza diritto".
I ministri del G20 si
incontrano nel West Sussex. Frizioni tra USA ed Europa Continentale
( da "AmericaOggi Online"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: economia reale e quante invece al
salvataggio di banche e finanziarie". "L'impressione - ha proseguito
- è che solo una quantità residuale di risorse sia andata all'economia reale.
Prima di una decisione europea ci sarà un'analisi di questo tipo. Il meccanismo
europeo è molto più governativo che monetario, ed essendo intergovernativo è
più forte politicamente".
Pechino
<preoccupata> dal rischio dei titoli Usa
( da "Manifesto, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il presidente Obama e il suo
governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria.
Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese
detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del
debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o
di chiunque altro: si tratta di circa 1.
La crisi taglia gli spot.
Rai: ora sacrifici ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 2009 La crisi taglia gli spot. Rai:
ora sacrifici ROMA. La crisi finanziaria è più grave del previsto, incide sugli
introiti pubblicitari e la Rai è chiamata ad ulteriori sacrifici. Pertanto
occorre tagliare il budget di altri 60-70 milioni di euro nel 2009, che
andranno ad aggiungersi ai 110 milioni già previsti quando a fine 2008 sono
stati rifatti i conti di previsione dell'
<Ripresa lontana Ma il
piano Obama sta dando frutti> ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il consigliere di Barack Obama è
convinto che la crisi abbia spinto ad «un eccesso di paura», un sentimento da
spezzare se si vuole che l'economia riparta. «La paura chiama la paura», ha
detto Summers, secondo cui «questo è il paradosso al centro della crisi
finanziaria ». Ma le famiglie americane restano dubbiose sulla capacità di
Washington di risollevarle dalla crisi.
Crisi, la Cina tende la
mano agli Usa ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziarie per affrontare i
prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni
tra Pechino e la nuova amministrazione americana, il primo ministro ha
leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato
ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi,
Un'economia allo stremo I
timori per Pomigliano ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: stremo I timori per Pomigliano DA
NAPOLI VALERIA CHIANESE P erdita di capacità produttiva, caduta della domanda,
aggravio delle difficoltà finanziarie delle imprese, riduzione delle linee di
credito da parte delle banche, aumento delle richieste di fallimento: sono le
conseguenze della crisi sull'economia campana, secondo una ricerca del Centro
regionale di analisi territoriale.
Il Sulcis scende in piazza
per il futuro di Eurallumina ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: speculazione finanziaria» compiute
da imprenditori internazionali (l'Eurallumina è di proprietà della società
russa, Rusal). Ora la palla passa nelle mani del governo nazionale che ha il
compito di trovare nuovi programmi di sviluppo economico e sociale, in grado di
ridare dignità a un territorio che da sempre si è caratterizzato per la
combattività e la voglia di non arrendersi.
<Banche, andate a
ritirare i bond del Tesoro> ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in questo momento di crisi, con la
domanda dei mercati in ritirata e la necessità di ristrutturare i debiti e
rimodulare i pagamenti, la «priorità numero uno» delle piccole imprese italiane
è quello della liquidità .Per questo le banche devono dare ossigeno finanziario
ai mercati e se hanno problemi a farlo approfittino dei bond garantiti dal
governo,
Tremonti: farei vigilare
le banche dalla Bce ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno degli istituti più coinvolti
nella crisi finanziaria. Il governatore non ha mai risposto a tono «non
partecipo a scamni di battute» ha detto Draghi dopo quel vertice dell'Ecofin
limitandosi ogni volta a chiarire istituzionalmente compiti e responsabilità. I
prefetti che dalla fine del mese inizieranno a controllare i flussi di credito
sono solo l'ultimo motivo d'
Colosseo, percorso a
ostacoli il turista smarrito fra le rovine
( da "Repubblica.it"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Beni culturali, McDonald's,
Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro, "camera e
umbrella in the scanner" - partiamo dal più semplice: quello del turista
che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza che corre tra
una cartolina e un'istantanea.
Berlusconi: "Libertà
di coscienza nel Pdl" E annuncia: "Ora puntiamo al 51 %"
( da "Repubblica.it"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sono convinto che il quadro
finanziario globale necessiti di strumenti straordinari. Ma non ho dubbi che
dall'attuale crisi di mercato si potrà uscire solo rafforzando e, in parte,
bonificando il funzionamento del mercato che deve rimanere il solo strumento
adeguato alla creazione e diffusione della ricchezza nonché uno strumento di
promozione umana ed uguaglianza"
( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Partita a tre per il
dominio in Asia Il ruolo cinese nel confronto Usa-Russia MATTEO TACCONI
Stagione nuova, tra Washington e Mosca, contraddistinta da reciproche aperture
e toni più miti. Lo scudo stellare, il nucleare iraniano, l?Afghanistan e il
disarmo: su queste problematiche, fino a ieri terreno di aspre divergenze, si
sono aperti spiragli di collaborazione. L?impressione è che con Barack Obama e
Dmitry Medvedev sulla plancia di comando, America e Russia vogliano lasciarsi
alle spalle le animosità che avevano connotato i rapporti bilaterali al tempi
di George W. Bush e Vladimir Putin (sempre che il tempo di Putin sia
terminato). Ma attenzione: distensione non significa affatto azzeramento della
competizione. La tregua tra Washington e Mosca, entrambe
alle prese con la crisi finanziaria, entrambe desiderose di una politica estera meno conflittuale
che garantisca loro di concentrarsi sul terreno domestico, è solo temporanea.
America e Russia, del resto, rimangono potenze e in quanto tali hanno interessi
da difendere o tutelare. Esempio: Hillary Clinton, nel corso del vertice
Nato che ha dato disco verde alla riapertura dei canali di cooperazione tra
l?Alleanza e la Russia, congelati dopo la guerra in Georgia, ha specificato che
nonostante la volontà di ripristinare relazioni proficue con il Cremlino, gli
Usa non rinunceranno a portare Georgia e Ucraina dentro la Nato. Opzione,
questa, che confligge con gli interessi dei russi, mostratisi pronti a
ricorrere ai mezzi dello smembramento territoriali e del ricatto energetico per
giustificare il fine: evitare che il club atlantico piazzi la propria
bandierina nel loro cortile di casa. Oriente, fronte principale Quello
dell?Europa orientale è un fronte importante della competizione
russo-americana, ma non il principale. Per gli esperti, il terreno su cui Mosca
e Washington misureranno più seriamente le rispettive ambizioni è l?Asia
centrale. Questa vasta regione, delimitata a ovest dal Caspio, a est dalla
Cina, a nord dalla Russia e a sud da Pakistan, Afghanistan e Iran, si configura
come un grande groviglio di interessi. In ballo c?è il controllo del
ricchissimo bacino energetico e delle pipeline che attraversano questi
territori. Ma non è solo questo. È che l?Asia centrale può svolgere due
funzioni geopolitiche di prim?ordine, fungendo da baluardo nei confronti
dell?avanzata della Cina e da avamposto per monitorare ? e fronteggiare ? le
attività terroristiche lungo la dorsale afghano-pachistana e le intemperanze
degli ayatollah iraniani. Esercitare influenza sui cinque ?stan? ? Kazahkstan,
Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan ? che compongono l?ossatura
statuale della regione è pertanto di vitale importanza. Bush e l?11 settembre
Marginale negli anni ?
( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Obama limita le
restrizioni Usa e Cuba si avvicinano (paolo manzo da san paolo del brasile) Da
martedì notte L?Avana e Washington sono più vicine. Quando in Italia era già
l?alba di ieri, il Senato statunitense ha infatti approvato ? all?interno della
Finanziaria d?emergenza da 410 miliardi di dollari per il 2009 ? anche un
progetto di legge che rimuove parecchie restrizioni verso Cuba, a cominciare da
quelle sui voli tra Washington e L?Avana introdotte nel 2004 dalla prima
presidenza di George W. Bush. Il predecessore di Obama alla Casa Bianca aveva
infatti imposto una limitazione molto rigida sui cubano-statunitensi: un
viaggio ogni tre anni, con un massimo di permanenza a Cuba di due settimane e
una spesa complessiva di 700 dollari, 50 dollari al giorno. Obama, grazie al
voto del Senato che controlla, oltre a permettere che possano viaggiare verso
l?Avana ogni anno, ha esteso la permanenza nell?isola caraibica dei cubani a
stelle e strisce a tempo indeterminato, alzando il massimale di spesa
giornaliero a 170 dollari, ? più del triplo di quanto stabilito da Bush cinque
anni fa. Inoltre, se prima potevano viaggiare solo genitori, fratelli e nonni,
da oggi potrà farlo chiunque abbia parenti a Cuba, essendo stato esteso il
?range parentale? anche a cugini e zii di vario grado. Ciò consentirà un
maggior afflusso di risorse in valuta forte nell?isola, un obiettivo importante
per Raúl Castro il cui governo è alle prese con una crisi
economica senza precedenti. «Stiamo rivedendo la nostra politica verso Cuba per
trovare il modo migliore per favorire un cambiamento democratico nell?isola e
migliorare la vita del suo popolo», ha detto martedì sera, subito dopo il voto
del Senato, Timothy Geithner, ministro dell?economia di Obama. Nella nuova
legge, cui manca solo la firma del presidente Usa per entrare in vigore (ma è
solo un ?pro forma?), sono state eliminate anche le restrizioni
all?esportazione tramite i «parenti in visita» di cibi, derrate agricole e
medicinali verso Cuba che, sino a ieri, erano limitate ad un massimo di 100
dollari per nucleo famigliare. Un ulteriore allentamento della ?dottrina Bush?
da parte di Obama considerato dagli analisti il preludio ad una più profonda
riduzione di quell?embargo economico che Washington impone all?Avana da quasi
47 anni. E proprio questa possibilità ha allarmato, prima del voto di ieri,
alcuni senatori democratici, come Bill Nelson e Robert Menendez, eletti
rispettivamente in Florida e New Jersey ed il cui bacino di voti classico è
composto da cubano-statunitensi di fede anticomunista. Per rassicurarli (e
convincerli a votare a favore), lo stesso Geithner ha scritto una lettera
spiegando loro che, in realtà, la fine dell?embargo economico è ancora lontana
e, soprattutto, vincolata alla democratizzazione di Cuba. Staremo a vedere. Di
certo c?è che la nuova legge permetterà di viaggiare nell?isola caraibica anche
ai cittadini Usa non di origine cubana (che dal 1962 non lo possono fare a
scopi turistici), anche se la limitazione di spesa giornaliera a 130 euro
eviterà l?esodo in massa di statunitensi negli hotel dell?Avana come, peraltro,
auspica lo stesso governo cubano, impreparato ad accogliere milioni di nuovi
turisti.
( da "EUROPA ON-LINE" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
L?equità per
arginare la crisi ENRICO FARINONE Dario Franceschini
ha saputo imporre al governo un tema di assoluta rilevanza per gli italiani. È
la prima volta che accade nella legislatura, e di questo bisogna rendergliene
merito. La crisi finanziaria mondiale sta purtroppo
invadendo il campo dell?economia reale, coinvolgendo il posto di lavoro di
migliaia e migliaia di persone. L?assegno di disoccupazione, su cui oggi si
vota alla camera, è uno strumento straordinario, indispensabile per arginare la
crisi, poiché aiuta le persone e le famiglie più
esposte al rischio povertà. Più propriamente, l?estensione al diffuso mondo del
parasubordinato e ai dipendenti delle piccole e medie imprese di quelle forme
di protezione che salvaguardano, almeno un po?, i lavoratori delle grandi
aziende è un obiettivo di equità che qualsiasi governo dovrebbe mettere in
agenda. La riforma degli ammortizzatori sociali, della quale si parla da troppo
tempo, a questo punto si impone. Purtroppo l?attuale governo si mostra
insensibile al tema. Ma c?è un altro aspetto della proposta di Franceschini che
merita d?essere evidenziato, perché illustra meglio d?ogni altro lo ?spirito?
del centrodestra oggi al potere in Italia. Il segretario del Pd ha sostenuto
che il piano in favore dei disoccupati andrebbe finanziato attraverso i
proventi che deriverebbero da una più determinata lotta all?evasione fiscale.
Naturalmente sono scattate le accuse di genericismo, incompetenza e quant?altro.
Ora, il punto che qui vorrei sottolineare è esattamente questo. Cambiato il
governo, mandato a casa Visco, di lotta all?evasione non si è più parlato. E,
quel che è peggio, non pare proprio esservi un grande impegno, al di là delle
generiche affermazioni di routine, su questo versante. E dire che i dati sono
disastrosi. ?Fisco, una fuga da 100 miliardi? titolava il Corriere della Sera
qualche mese fa. Duecentomila miliardi di vecchie lire che ogni anno sfuggono
all?Agenzia delle entrate. Una cifra imponente il cui recupero anche solo meno
che parziale consentirebbe di affrontare l?emergenza economica e, nel medio
tempo, di ridurre considerevolmente il peso fiscale e contributivo per aziende,
enti, liberi professionisti e famiglie. Che qualcosa si possa fare lo ha
dimostrato proprio Visco, con il sostegno convinto e decisivo di Prodi;
indicati dalla destra al pubblico ludibrio, in realtà essi sono riusciti a
invertire la tendenza: nel 2007 ? si legge sempre sul Corriere ? sono arrivati
6,3 miliardi di euro (il 50 per cento in più rispetto al 2006) provenienti da
contribuenti disonesti. L?aria era cambiata e qualcuno aveva cambiato
atteggiamento. Ora, però, Visco e Prodi non ci sono più. E il Pd, pur
all?opposizione, solo adesso ha riproposto l?argomento dopo averlo ?nascosto?
in campagna elettorale e anche oltre. Questo è, per inciso, un ulteriore merito
di Franceschini. Riproporre temi scomodi è comunque un?operazione-verità
nell?interesse del paese che prima o poi pagherà. È in ogni caso un segnale di
buona politica. Adesso bisognerà insistere. Non mollare la presa. Si pensi che
in nome della semplificazione in pochi mesi, fra i primi interventi di questo
governo, si è alzato il tetto dei pagamenti in contante da cinquemila a 12.500
euro (in senso inverso a quanto richiesto in funzione antiriciclaggio dalla
normativa europea); e si è eliminata la ?tracciabilità? dei pagamenti maggiori
di cento euro per le prestazioni professionali (ricordate la reazione scomposta
a questa norma da parte di liberi professionisti e artigiani? Ma era una norma
volta ad aiutare i contribuenti fedeli che ci sono anche in queste categorie,
oltre che tesa ad erodere ampie sacche di evasione). Insomma, questo governo ?
sapendo tra l?altro come la pensa in argomento il premier ? ha dato
l?impressione d?essere meno attento al tema, coerentemente del resto con
l?attacco violentissimo portato dal centrodestra a Visco e Prodi a suo tempo. E
invece, a maggior ragione in un momento di crisi dei
redditi, occorrerebbe comprendere che a introito fiscale ridotto corrisponde
minor capacità d?intervento dello stato in favore dei casi più sfortunati e
quindi maggior ingiustizia sociale. Il peggior andamento dell?economia,
combinato con la minor intransigenza nella lotta all?evasione produrrà nel
2009, secondo alcune stime, un gettito ridotto di almeno 20 miliardi rispetto
al 2008. Che si fa, allora, nulla? Ecco perché è giusto riproporre l?argomento
della lotta all?evasione in cima alle priorità dell?amministrazione. Il fisco,
non lo si dimentichi, è il mezzo col quale la comunità nazionale recupera le
risorse per garantire ai suoi membri servizi sociali adeguati e beni di
interesse collettivo, dagli ospedali, alle scuole, alle università, alle
infrastrutture. Il Partito democratico ora lo ricorda a questo governo. Una
risposta positiva dovrebbe essere scontata. E invece così non è.
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Barclays cerca di
sfuggire all'abbraccio dello Stato ma le cifre dicono che cederà Carrefour al
contrattacco contro gli "hard discount" Lars Olofsson non era l'unico
ad essere nervoso alla presentazione ufficiale come nuovo ad di Carrefour.
Anche Bernard Arnault, il magnate del lusso che lo ha scelto per questa
posizione, aveva i suoi motivi di preoccupazione. Arnault, principale azionista
di Carrefour, ha visto dimezzarsi il valore del suo investimento da quando, due
anni fa, ha acquistato la catena insieme all'hedge fund Colony Capital.
Olofsson ha fatto una buona impressione, ma recuperare questa perdita sarà
un'impresa ardua. Olofsson, che lascia un incarico direttivo in Nestlé, ha
parlato senza mezzi termini, come era necessario. Gli utili ricorrenti di
Carrefour sono scesi di un terzo nel 2008, mentre il taglio dei prezzi non è
riuscito ad arginare la perdita di quote di mercato a vantaggio delle catene
discount. Carrefour ha reagito destinando 600 miliardi di euro all'abbassamento
dei prezzi, che saranno finanziati con la riduzione dei costi. Ma è il modello
generale degli ipermercati, già piuttosto debole, che stenta a riprendersi.
Olofsson sembra guardare in faccia la realtà, più di quanto abbia mai fatto il
suo predecessore José Luis Duran. Il nuovo ad intende combattere l'agile
concorrente locale Leclerc e le catene di hard discount Aldi e Lidl. Vorrebbe
introdurre un maggior numero di prodotti a marchio Carrefour e magari eliminare
prodotti di marca più costosi. Potrebbe così recuperare parte dei margini che
l'anno scorso hanno subito una contrazione di 30 punti base. Un onere di svalutazione
di quasi 400 milioni, attribuibile in gran parte alle attività italiane,
potrebbe rendere meno doloroso lo scorporo di alcuni asset poco redditizi. Ma
Olofsson ha un lungo lavoro da svolgere. Come ha giustamente osservato,
Carrefour non è ancora riuscita a utilizzare correttamente i dati di acquisto
relativi ai 12 milioni di titolari della sua carta fedeltà e questo è
sintomatico della distanza che la separa da catene globali come Tesco e
Wal-Mart. Il piano di ridimensionare alcuni degli ipermercati più grandi sembra
ragionevole, ma servono maggiori dettagli. \ Barclays è in equilibrio sulla
fune. La banca inglese sta ancora cercando di fare da sola, mentre le
concorrenti si affidano sempre più al caldo abbraccio dello Stato. Un giorno,
forse, l'indipendenza potrebbe rappresentare un vantaggio per Barclays. Ma il
piano di garanzie del governo sui bilanci degli istituti sembra troppo
favorevole per essere respinto. Se fosse confermata l'ipotesi più ottimistica,
che prevede un deterioramento del credito dell'1,5% - nell'arco di due anni - e
un'ulteriore svalutazione del 35% dei crediti strutturati e di altre categorie
di debito a rischio, il tier 1 di Barclays scenderebbe sotto il 5% entro la
fine del 2010. Un valore ancora accettabile per le autorità, ma poco
rassicurante per gli azionisti. Se la recessione fosse relativamente morbida,
il piano di garanzia non sarebbe così appetibile per Barclays. Ma esiste il
rischio concreto che la crisi si aggravi. Se, ad esempio, il deterioramento dei
crediti dovesse raggiungere il 2% in ognuno dei prossimi due anni, il core Tier
1 di Barclays scenderebbe sotto la soglia minima del 4% fissata dall'Fsa. Il
piano di assicurazione degli asset (Aps) avanzato dal governo potrebbe
rappresentare un buon affare. Supponiamo che Barclays paghi una commissione
dell'8% su 75 miliardi di sterline di asset - un tasso superiore a quello
concesso a Lloyds Banking Group e Royal Bank of Scotland, per una minore
quantità di asset di qualità peggiore. Usando le ipotesi più prudenti, tra due
anni il core tier 1 sarebbe ancora stabilmente al di sopra del 7%. In più, il piano di protezione ha permesso a Lloyds e Rbs di
raggiungere rapporti di patrimonializzazione ben superiori a quello di
Barclays. Quest'ultima dichiara un portafoglio crediti qualitativamente
migliore e ritiene di poter continuare a operare in attivo. Ma il piano
del governo rimane ugualmente una tentazione. Il management della banca
continua a opporsi. Ma il prezzo dell'indipendenza sembra sempre più salato. \
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
[FIRMA]CLAUDIO
LAUGERI L'«ammazza-allarmi» era su un pullman ungherese rubato a Firenze e
lasciato in una via poco frequentata a Torino, in attesa di essere portato
all'estero. Un piano quasi perfetto per ammutolire l'antifurto satellitare,
collegato con la centrale di un'azienda specializzata in Ungheria. A rovinare
la festa ai ladri è stata la batteria utilizzata per alimentare il
marchingegno: si è spenta un giorno dopo il furto. L'allarme è rimbalzato
dall'Ungheria agli operatori del «113» di Torino e da loro a una pattuglia del
Commissariato Dora Vanchiglia. Il pullman Mercedes era parcheggiato in via
Pirandello, zona Madonna di Campagna. Il rilevatore satellitare dell'antifurto
installato sul bus aveva trasmesso la posizione con precisione. Gli agenti
hanno aperto la portiera e hanno notato l'apparecchiatura, un parallelepipedo
di metallo argentato, lungo una spanna e profondo una quindicina di centimetri,
pesante poco più di mezzo chilo. Un mattoncino di metallo imbottito di circuiti
stampati e farcito di antennine può cancellare le comunicazioni dei cellulari
(compresi quelli di ultima generazione) nel raggio di 100-
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
CACCIA AL
DENARO.REAZIONI ALLA STRATEGIA DEL GOVERNO Le frasi Analisi In provincia i dati
forniti dalla Cgil Presto la task force sul credito Ricette flash contro la crisi GIORGIO LONGO Mille vertenze per fallimenti e
licenziamenti Tutelare i principi fondamentali della Costituzione sul risparmio
e la libera iniziativa Le ditte segnalino col giusto anticipo alla Centrale
rischi l'eventuale difficile posizione creditizia Mondo
finanziario e produttivo devono collaborare con il massimo della concretezza
ALESSANDRIA Francesco Castaldo Tonino Renzi Bruno Lulani [FIRMA]MASSIMO PUTZU
ALESSANDRIA Anche il prefetto di Alessandria, Francesco Castaldo, è pronto a
fare la propria parte dopo le dichiarazioni dell'altro giorno dei due ministri
Tremonti e Maroni. «Condivido quanto è stato detto dai due esponenti del
governo - dice il prefetto di Alessandria - sulla necessità di intervenire per
la tutela di alcuni principi fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione,
la salvaguardia del risparmio e dell'iniziativa privata». Anche ad Alessandria
si costituirà un osservatorio sul credito che, oltre al prefetto, comprenderà
le banche, le associazioni di categoria ed i sindacati. «Importanti indicazione
sull'attività dell'osservatorio locale - continua Castaldo - saranno fornite da
quelli nazionale e regionale (per il Piemonte ha sede a Torino;Ndr). Si
analizzeranno le criticità e dalla presenza di più voci allo stesso tavolo
potranno scaturire proposte utili per affrontare nel migliore dei modi il
momento di difficoltà che penalizza banche ed imprese». Una situazione che per
il Piemonte, nell'incontro dell'altro giorno a Palazzo Monferrato con le
associazioni di categoria, Tonino Renzi, segretario regionale della Commissione
Abi, aveva definito «grave». Lo stesso Renzi aveva invitato le imprese a
segnalare con giusto anticipo alla centrale rischi una eventuale difficile
posizione creditizia: non a fine anno ma alcuni mesi prima per un intervento
preventivo. Intanto è già attivo anche in provincia il protocollo d'intesa, sottoscritto
a livello nazionale e regionale, fra Confindustria e Abi per migliorare le
relazioni banca-impresa. Dice il presidente di Confindustria Alessandria, Bruno
Lulani: «Una collaborazione che deve essere improntata al massimo della
concretezza e che affermi il confronto e bandisca il latente conflitto tra
banca e imprese. Si punta al recupero del ruolo originario e principe delle
banche affinché tornino ad essere i motori dello sviluppo economico mentre le
imprese dovranno impegnarsi a comunicare meglio attività e andamento
aziendale».I l punto sulla crisi in provincia ieri
alla Camera del Lavoro. «Il momento è gravissimo - è stato detto dalla
segreteria della Cgil - e si fanno sempre più pressanti le richieste di tutela
delle persone: di ogni età e nazionalità». Superlavoro per il patronato Inca
(653 le domande di disoccupazione e mobilità presentate, dal 1° gennaio al 10
marzo 2009: più della metà di tutto il 2008), il Centro di assistenza fiscale
(più 25% di richieste dell'Isee a fine 2008 - cioè
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
domande a Silvio
Cagliero "Grande cautela ma nessun pericolo per l'ambiente" 4Silvio
Cagliero è il direttore dell'Arpa di Cuneo, l'Agenzia
regionale per la protezione ambientale. Dottor Cagliero, perché anche i vostri
tecnici sono intervenuti nell'incidente di Morozzo? «I vigili del fuoco hanno
richiesto la nostra collaborazione, mercoledì sera, per verificare che le
procedure potessero essere aderenti alla migliore tecnologia». Un ruolo
di supporto quindi. «Sì, si trattava di far uscire il liquido con grande
cautela per evitare pericoli. Per questo abbiamo mandato un chimico e un fisico
che hanno supportato vigili e volontari fino a ieri». Ci sono stati pericoli
per l'ambiente? «No, l'ossigeno è parte integrante dell'atmosfera, il pericolo
poteva arrivare da un incendio o dall'alta pressione della cisterna. La calma e
la lentezza dell'operazione sono state molto importanti, direi decisive». Che
tipo di precauzioni avete adottato? «Si trattava di evitare il contatto con
l'ossigeno. Quando è allo stato liquido ha lo stesso comportamento dell'acqua
che bolle, con la differenza che l'acqua passa dallo stato liquido a quello
gassoso a 100 gradi, l'ossigeno a
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
FLESSIBILITA'.
COINVOLTI 600 OPERAI E 200 «COLLETTI BIANCHI» La crisi
allunga la cassa integrazione La Cogne Acciai Speciali prorogherà la cassa
integrazione per gli operai e la «settimana corta» per il personale tecnico e
amministrativo fino a giugno. Il vice presidente Roberto Marzorati lo ha
annunciato ieri mattina ai sindacati, durante un incontro negli uffici di
Confindustria. Lo stesso Marzorati, nei giorni scorsi, aveva fatto intendere
che la proroga degli ammortizzatori era più che una semplice ipotesi: il
mercato continua a stagnare e la siderurgia paga come e più di altri settori.
L'effetto, per la Cogne, è il calo degli ordini di circa il 40 per cento
rispetto all'ultimo biennio. «E' evidente - ha constatato
Marzorati davanti ai rappresentanti sindacali - che la crisi generale industriale e finanziaria ha una durata temporale e
una profondità superiori rispetto a quelle che si potevano prevedere alla fine
dello scorso anno». La cassa integrazione alla Cogne coinvolge 600 operai ed è
cominciata il 23 dicembre, per una durata di 13 settimane. La proroga
durerà altrettanto e varrà anche per i 200 «colletti bianchi» che dall'inizio
dell'anno hanno concentrato la loro attività in quattro giorni alla settimana,
dal lunedì al giovedì, ricorrendo allo smaltimento delle ferie e ai permessi
aziendali. Provvedimenti che la Cas definisce «strumenti di flessibilità,
l'unica strada percorribile per conseguire gli obiettivi». Marzorati
puntualizza: «Dalle nostre previsioni, solo con tale approccio la società è in
grado di proseguire l'attività in modo economicamente sostenibile». Uno
scenario dunque complicato, anche se né l'azienda né i sindacati vogliono
drammatizzare. «Al contrario - commenta il segretario del Savt-Met Riccardo
Borbey - proprio in questi momenti di difficoltà bisogna mantenere la calma e
non perdere la lucidità. Da parte della Cogne abbiamo rilevato un atteggiamento
aperto e disponibile al confronto. Questo è molto importante, perché le sfide
si vincono quando tutti hanno lo stesso obiettivo». Prudenti rassicurazioni
sono arrivate dallo stesso Marzorati: «Le indicazioni sono di un possibile
miglioramento a partire dal secondo semestre, anche se pretendere di sapere
cosa succederà per certo nel settore siderurgico è impossibile». Resta il fatto
che la Cas, come ha spiegato l'amministratore delegato Monica Pirovano, porterà
regolarmente a compimento gli investimenti già avviati e non bloccherà quelli
nuovi, limitandosi a «rallentarli in misura proporzionata alla contrazione
dell'attività produttiva». Problematico resta invece il futuro delle imprese
dell'indotto, che occupano 200 lavoratori. Nei giorni scorsi i sindacati
avevano lanciato l'allarme sulla tenuta del settore. «Anche in questo caso - ha
ammesso Marzorati - si deve attendere una riduzione operativa in linea con il
calo dell'attività industriale principale. Non si arriverà a una chiusura
totale, ma di certo a un forte ridimensionamento delle commesse».
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
La parola ai lettori
«Binario Blu»: evitare nuovi errori Lettere ed e-mail vanno inviate a:LA STAMPA
REDAZIONE DI SAVONA p.za Marconi, 3/6 - 17100 Savona Fax: 019 810.971, e.mail:
savona@lastampa.it Preghiamo i lettori di essere sintetici. I testi privi di
generalità, indirizzo e recapito telefonico non saranno pubblicati.Leggo su la
Stampa «Binario Blu-delibera approvata senza residenziale». Nel centro della
piazza si potrà cementificare qualcosa di diverso dal residenziale. A conferma
l'articolo conclude: «Non è escluso che dove c'era un tempo la stazione possa
sorgere una scuola». Mi permetto di dissentire da tale ipotesi per questi
motivi. Sarebbe bello far proseguire la passeggiata delle Trincee sino al mare
e per quanto possibile lungo la sponda sinistra del Letimbro; contestualmente far
proseguire i viali pedonali alberati di via Paleocapa fino a tale passeggiata.
Del resto l'abbattimento della vecchia e bella stazione ferroviaria era stato
motivato con l'impegno di proseguire via Paleocapa fino a Mongrifone. Signor
sindaco, so che è inutile piangere sugli errori del passato, ma almeno
evitiamone di nuovi. MARIO GUASTAVINO SAVONA Risponde Ivo Pastorino: «Le
radicali trasformazioni urbanistiche di Savona stanno suscitando molte e
diverse prese di posizione, per lo più tra ambientalisti e fautori dello
sviluppo. Il progetto Binario Blu non poteva sottrarsi a questa regola, e per
questo pubblichiamo volentieri l'opinione dei nostro lettore Mario
Guastavino».Arenzano, il Giro sfratta 400 alunni Nel ridente paesino di
Arenzano quest'anno passerà il Giro d'Italia, a fine maggio......e 400 bambini
della scuola primaria «De Calboli» verranno sfrattati dalle loro aule per un
minimo di tre giorni (19-20 e 21 maggio) che potrebbe diventare una settimana.
Così dispone un'ordinanza del sindaco, Luigi Gambino, che requisisce i locali
scolastici e li «cede» al comitato organizzatore dell'evento. Ovviamente resta
il problema dei piccoli profughi per cui la scuola sta cercando di organizzare
attività al di fuori dell'edificio scolastico in tali date. Non è dato sapere
dove verranno collocate tante persone, soprattutto in caso di maltempo. I
locali in cui eventualmente stiparli saranno a norma come sicurezza? I genitori
che hanno scelto il tempo pieno e cui andrebbe garantito servizio mensa e
lezioni si antimeridiane che pomeridiane come faranno? La segreteria della
scuola si dichiara impotente di fronte ad un'ordinanza del sindaco: non sarà
possibile l'accesso ai locali scolastici per tutto il periodo della
«requisizione» . Ergo, niente lezioni, niente servizio mensa, niente servizio
di pre-scuola per i genitori che necessitano un ingresso anticipato dei figli
per motivi di lavoro. E' possibile che succeda una cosa del genere? Che
all'interesse economico di chi spera di guadagnare qualcosa dall'evento vengano
sacrificati gli interessi primari di così tanti bambini e famiglie? Il
provveditore agli studi della provincia di Genova è d'accordo con tutto questo?
Il direttore scolastico regionale cosa ne pensa? L'ingordigia degli adoratori
del dio denaro non guarda in faccia nessuno.....soprattutto i bambini di
Arenzano! RITA BETTAGLIO ARENZANO Il Biancone Day, ma la realtà è un'altra Ben
venga il biancone day di domenica ma bisognerebbe conoscere un po' meglio la
situazione della fauna selvatica nel cosiddetto parco del Beigua. In questa
"oasi naturalistica" gli uccelli non sono protetti e la caccia vi
viene svolta normalmente; esistono solo una zona di ripopolamento e cattura ed
un'oasi di protezione della fauna, piccole superfici
soggette a rotazione e modifica secondo gli umori dei cacciatori. Ed anche se
Il parco ha un centro ornitologico, gli uccelli feriti o bisognosi di cure
vengono soccorsi soltanto dai volontari della Protezione Animali, senza alcun
aiuto di Provincia, Comunità del Giovo o Parco. La realtà è questa,
perché non dirlo? PROSPERO FONDA Cairo M.
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
In monete o in lingotti
nel tempo si rivaluta Lo si compra e se serve poi lo si può rivendere
GIANDOMENICO VARALLO, BANCO DEI METALLI PREZIOSI E' ancora e sempre l'oro il
miglior investimento In questi tempi di instabilità monetaria, la ricerca di
beni rifugio che possano proteggere gli investimenti si è fatta ancora più
pressante; d'altro canto, anche i momenti di difficoltà finanziaria
possono essere superati in modo brillante vendendo a prezzi equi e
soddisfacenti gli oggetti preziosi custoditi in famiglia. Per l'una e per
l'altra esigenza - che in realtà si compenetrano e si completano a vicenda -
l'importante è rivolgersi a ditte serie, il cui nome sia garanzia di onestà e
di rispetto per la privacy. GIANDOMENICO VARALLO S.r.l. La moneta d'oro è un
oggetto raffinato e importante che può avere un prezzo contenuto e che manterrà
nel tempo il valore del metallo prezioso. Se pensate che un regalo possa anche
offrire l'occasione per un investimento, la ditta Giandomenico Varallo di corso
Vittorio Emanuele
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
I paletti del
Governatore ai prefetti "indiscreti" A prima vista, sembra l'ennesima
puntata del difficile rapporto fra il ministro dell'Economia e il Governatore
della Banca d'Italia. Ma la sostanza della lettera, partita ieri mattina dagli
uffici della vigilanza, solleva una questione piuttosto delicata e della quale
a Via Nazionale si parla da tempo: i prefetti non possono chiedere alle banche
qualunque informazione, dettagliata o confidenziale su clienti e linee di
finanziamento. Mentre Giulio Tremonti lancia gli osservatori presso le
prefetture sulla situazione del credito, Mario Draghi scrive ai direttori delle
filiali provinciali della Banca d'Italia per fissare alcuni paletti. «Le
direzioni di alcune filiali - si legge nella missiva - sono state invitate a
partecipare ad incontri sull'andamento del credito. E in alcuni casi sono stati
diffusi prospetti finalizzati a raccogliere direttamente dalle banche dati e
informazioni sul volume dei prestiti erogati». Insomma, già da qualche tempo -
benché manchi ancora la circolare applicativa - alcuni prefetti avrebbero
chiesto a banche della propria zona di competenza informazioni dettagliate
sull'andamento della situazione del credito. Ma per legge i direttori delle
filiali possono concederle solo alla Banca d'Italia. E così alcuni di loro -
spiegano da Palazzo Koch - si sarebbero rivolti agli uffici provinciali per
chiedere maggiori delucidazioni. La risposta di Draghi è semplice: «Una
richiesta di dati disaggregati (ovvero dettagliati, ndr) alle banche non appare
giustificata». Saranno le filiali di Bankitalia «a gestire la trasmissione
delle cifre, e dovranno farlo sulla base delle linee guida predisposte dai
nostri uffici competenti». Fino ad allora le filiali saranno autorizzate a
fornire dati solo su base regionale: ad esempio «tassi di crescita dei crediti,
distintamente per famiglie e imprese», oppure «tassi di interesse sui prestiti
e sui depositi di conto corrente». Dunque nulla di dettagliato, perché le
regole di vigilanza non lo consentono. Insomma, da un lato
c'è il governo che si preoccupa - in un momento di grave crisi economica e finanziaria - di non far mancare alle
aziende il credito necessario a sopravvivere. Dall'altra la Banca d'Italia
vuole evitare che in questo modo si torni a quello che una volta si chiamava
controllo amministrativo del credito. Che qualche prefetto, magari
spinto dalle richieste della politica, abbia la tentazione di chiedere conto
alle banche di questo o quel cliente, o delle condizioni ad essi applicate.
Oppure che le banche siano banalmente tentate di alzare l'entità dei
finanziamenti e il rischio oltre i confini delle regole imposte dalla stessa
Banca d'Italia. Una linea di confine ben precisa, fa capire il governatore di
Bankitalia, andrà tracciata: «La posizione dell'istituto è stata portata a
conoscenza del ministero dell'Economia, con il quale è in corso un confronto
sulle modalità di monitoraggio».
( da "Stampa, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Un calmiere mondiale
sui salari dei banchieri [FIRMA]STEFANO LEPRI INVIATO A LONDRA Sono davvero
tempi nuovi, se delle paghe troppo laute dei banchieri si occupa un organismo
internazionale. Il Forum per la stabilità finanziaria
(Fsf) presieduto da Mario Draghi abbozzerà domani ai ministri del G-20 un
quadro di regole per «pratiche di sana remunerazione nel settore finanziario»
che poi verranno precisate entro qualche settimana. Lo scopo principale è di
evitare che, come è successo fino a ieri, un banchiere tanto più guadagni
quanto più si comporta sconsideratamente. Saranno regole mondiali. A Draghi
pare «esagerato» che il Financial Times lo abbia collocato tra le 50 persone
che salveranno l'economia mondiale; tuttavia è chiaro che il Fsf da lui guidato
cresce molto di importanza, e diverrà un organismo cruciale - accanto al Fondo
monetario e alla Banca dei Regolamenti internazionali - per governare la
finanza globalizzata nel dopo-crisi. Insieme con il
Fmi, anzi avrà un compito delicatissimo: decidere quando va suonato il
campanello d'allarme per una crisi nuova. Finora il
Fsf era formato da 12 paesi - i 7 grandi più Svizzera, Olanda, Hong Kong,
Singapore e Australia - ora raddoppierà a 24, con Cina, India, Russia, Spagna,
Brasile, Corea del Sud, Sud Africa, Turchia, Messico, Indonesia, Argentina,
Arabia Saudita, anzi 25 con la Commissione europea. Il suo compito, spiega
Draghi, sarà di delineare le nuove regole perché nella finanza non si ripetano
disastri come quello che stiamo vivendo; «spetterà ovviamente alle autorità
nazionali di metterle in pratica, e al Fondo monetario di controllare che siano
messe in pratica». Uno dei compiti del Fsf sarà di istruire
per la parte finanziaria i
vertici del G-
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 2 - Economia
Nuovi 11 membri allo Stability Forum. La Bce: deterioramento dei conti diffuso
La ricetta anticrisi del governatore "Ancora
misure aggressive" Crolla il Pil italiano nel quarto trimestre: -2,7%
rispetto all´anno precedente ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO LONDRA - Per fronteggiare la crisi finanziaria e la debolezza dell´economia reale «serviranno ancora misure
aggressive e coerenti», dichiara a Londra Mario Draghi, governatore della Banca
d´Italia e presidente del Financial Stability Forum, alla vigilia del G20. La crisi s´allarga e così pure il suo Fsf
che ingloba 11 nuovi membri, in pratica tutti i paesi del G20 e dunque
anche chi ha ancora risorse e può dare una mano, a cominciare da Cina e India.
E´ un «contributo alla stabilità», assicura. Non fa stime, il banchiere che il
Financial Times ha indicato tra i 50 big che ci porteranno fuori dal tunnel
(«io tra i salvatori dell´economia? che esagerazione») ma per lui parlano i
nuovi, bui numeri in circolazione. Quelli della Bce, innanzitutto secondo cui
l´Italia non rispetterà il parametro del 3% del deficit-Pil né quest´anno né il
prossimo e come noi pure mezza Europa: «Il deterioramento dei conti pubblici è
diffuso», si legge nel Bollettino di Francoforte. Troppe spese dei governi per
i vari piani anti-crisi. Poi ci sono le stime Istat
sul Pil nel quarto trimestre (-1,9% sui tre mesi precedenti, -2,9 rispetto allo
stesso periodo del 2007): una flessione così non si vedeva dal 1980. Oppure
anche il ricorso record alla cassa integrazione, validato dalla Confindustria.
La crisi morde, non c´è dubbio. I ministri e i
governatori del G20 si riuniscono nel week-end a Brighton, per cercare una
terapia. Ci sarà anche Giulio Tremonti che già ieri sera è stato a cena con
Gordon Brown, a Downing Street e oggi incontrerà il presidente della Banca
Mondiale, Robert Zoellick sul tema degli aiuti sanitari al Sud del Mondo. «Non
sarà facile» superare questa fase dalle dimensioni «incognite», dichiara il
ministro. «Ma il governo farà il massimo possibile per aiutare tutti e non
lasciare indietro nessuno». Nell´attesa, dal suo osservatorio tecnico, Draghi
disegna nuove regole e nuovi paletti per mettere ordine nel sistema finanziario
malato. Dice che bisogna far ripartire il credito all´economia e che è giusto,
in un momento in cui le banche sono sotto stress, non aumentare loro i
requisiti minimi di capitale. Spiega che sta lavorando con il Fmi per creare un
sistema di «early warning», capace di captare per tempo le crisi.
Relativizza la paura di un crac dei nuovi paesi Ue perché «non sono un blocco,
non hanno tutti lo stesso livello di rischio». Annuncia (nelle prossime ore?)
un rapporto per sorvegliare e frenare le retribuzioni boom dei manager, tra gli
aspetti più criticati della crisi finanziaria, «in
modo da allineare i compensi ad una presa di rischio prudente». I nuovi «soci»
del Financial Stability Forum sono: Argentina, Brasile, Cina, Russia India,
Indonesia, Corea del Sud, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia. Sono
invitati anche la Spagna e Commissione europea. La loro partecipazione
«contribuirà molto alla legittimità delle nostre raccomandazioni, alla
applicabilità ad altri mercati e all´universalità dell´approccio».
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 27 - Commenti
ALLARME FONDI PER I CASSINTEGRATI TITO BOERI Cominceremo ad uscire dalla crisi quando i Governi cominceranno davvero a capirne la
gravità. Usciremo dalla crisi più forti di prima solo
se i Governi cominceranno ad interrogarsi su come sarà il mondo dopo la crisi e a prendere contromisure per evitare che questo nuovo
mondo sia peggiore del vecchio. Ovunque questo processo di apprendimento delle
classi dirigenti e di costruzione del consenso, inevitabilmente graduale in
regimi democratici, sta avvenendo troppo lentamente. C´è da chiedersi quanti
milioni di disoccupati ci debbano essere in Europa prima che i Governi europei
si accordino per coordinare le proprie politiche fiscali di risposta alla crisi, rendendole molto più efficaci, in virtù degli effetti
moltiplicatori dei singoli provvedimenti sulla domanda anche negli altri paesi.
Potrebbe stimolare di più le nostre economie per ogni dato livello di spesa con
ricadute positive per tutti. Nonostante chi tiene le fila della nostra politica
economica si vanti di avere previsto la crisi prima di
tutti, da noi il processo di apprendimento è stato più lento che altrove.
Abbiamo così introdotto per ultimi delle misure di sostegno al sistema bancario
che saranno, proprio perché tardive, probabilmente insufficienti. Lo abbiamo
fatto dopo avere introdotto una tassa ad hoc sulle banche
proprio mentre la crisi finanziaria si aggravava. Virate a 180 gradi, dalle tasse agli aiuti alle
banche, non si sono viste da nessun´altra parte. Non abbiamo introdotto subito
misure di stimolo alla domanda, come negli altri paesi, col risultato che da
noi il prodotto interno lordo sta scendendo più che negli Stati Uniti o nel
Regno Unito, nell´epicentro della crisi, e la
spesa delle famiglie residenti sta calando a un tasso dell´1,5 per cento. Mai
visto prima. Nonostante l´esplosione delle ore di Cassa Integrazione (tornate
ai livelli del 1993, come documentato ieri dal Centro Studi Confindustria) e il
forte incremento delle domande di sussidi di disoccupazione (+50% nei primi due
mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008), il Governo non si è
ancora deciso a varare una riforma degli ammortizzatori sociali,
razionalizzando i vari schemi esistenti e finanziandoli in modo adeguato e
trasparente. Si potrebbe spendere di meno, ampliando la platea dei beneficiari,
e dando certezze a chi perde il lavoro: saprà che verrà aiutato. Invece si
lascia tutto com´è e si annuncia che ci sono fondi che in realtà sono sulla
carta e per lo più concentrati nelle Regioni del Sud. Il risultato è che in
Lombardia si sono già esauriti i fondi per la Cassa Integrazione, anche quelli
originariamente previsti per Malpensa, e poi destinati ad altre imprese
nell´emergenza. Problemi simili sarebbero già emersi anche in Piemonte. E siamo
solo agli inizi della crisi occupazionale. Perché da
noi il processo di apprendimento è così lento? Una possibile spiegazione è che
l´opinione pubblica non è abbastanza informata sulle scelte di politica
economica. Accade, ad esempio, in questi giorni di vedere riportate sui
maggiori quotidiani nazionali le seguenti affermazioni del nostro ministro
dell´Economia: «Abbiamo seguito la stessa strada intrapresa da Roosevelt
durante la crisi americana. Sommando le cifre, quelle
messe a disposizione dal governo italiano sono maggiori rispetto a quelle degli
altri Paesi europei�» (�) «Noi siamo il Paese che per l´economia reale ha
fatto più degli altri. Quello che hanno fatto gli altri Paesi è stato
soprattutto per salvare le banche». Non stupisce vedere un ministro cercare di
farsi pubblicità. Colpisce l´esagerazione (il parallelo con Roosevelt) e,
soprattutto, il fatto che gli stessi organi di informazione che riportano
queste dichiarazioni così impegnative non si preoccupino minimamente di
verificarne la veridicità. Non ci vorrebbe molto perché esistono due autorevoli
ricostruzioni della dimensione dei pacchetti fiscali a sostegno dell´economia
nei diversi paesi. La prima è quella appena compiuta dal Fondo Monetario
Internazionale che raccoglie queste informazioni nell´ambito delle sue funzioni
istituzionali. Mostra come il pacchetto italiano nel 2009 sia appena dello 0,2
per cento del prodotto interno lordo, molto di meno di quanto messo in campo da
paesi emergenti come Brasile (0,4%) e l´India (0,5%) e di paesi più indebitati
di noi come il Giappone (1,4%). La seconda ricostruzione è quella compiuta dal
Centro Bruegel in questi giorni sulle misure prese dai paesi dell´Unione
Europea nel 2008. L´Italia è l´unico paese che dà un contributo negativo ai
pacchetti di stimolo fiscale: solo da noi le misure "contro la crisi" hanno aumentato più le tasse delle spese. La crisi rende ancora più importante avere una informazione
economica approfondita e indipendente. Serve a mantenere forte la pressione nei
confronti dei Governi. Può rassicurare l´opinione pubblica, ma solo quando
l´esecutivo prende le misure adeguate e non perché è il Governo a chiederle di
dipingere la vie en rose. Oggi l´editoria è in una crisi
ancora più profonda della nostra economia e questa la rende più vulnerabile
alle pressioni dei gruppi di potere economici. L´assenza di critiche se non
addirittura la celebrazione di nostri grandi banchieri sugli organi di
informazione in mesi in cui i titoli dei loro istituti sono crollati del 50 per
cento o più è un segnale molto preoccupante. Senza un´in-formazione adeguata la
democrazia è poco reattiva, corregge con troppo ritardo gli errori che vengono,
pressoché inevitabilmente, compiuti dalla classe politica. è un costo che in
tempo di crisi proprio non possiamo permetterci.
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 37 - Cultura
I BARBARI anticipazioni / esce in italia un saggio di Tzvetan todorov le nuove
paure dell´occidente e noi A vent´anni dal crollo del Muro, il mondo conosce
inedite partizioni. Ci sono i paesi "dell´appetito", "quelli del
risentimento" e chi vive nell´angoscia Nei paesi ricchi si teme di subire
il predominio di chi per secoli è stato mortificato Ma il timore diventa un
pericolo a sua volta e induce a comportamenti spesso disumani TZVETAN TODOROV
Anticipiamo parte dell´introduzione al libro di La paura dei barbari. Oltre lo
scontro delle civiltà (Garzanti, pagg. 288, euro 16,50) Il XX secolo è stato
dominato, in Europa, dal conflitto tra regimi totalitari e democrazie liberali.
All´indomani della seconda guerra mondiale, dopo la disfatta del nazismo,
questo conflitto ha assunto la forma di una guerra fredda globale, rafforzata
in periferia da alcuni confronti «caldi» ben delimitati. (...) Si trattava di
una suddivisione della terra secondo criteri politici, anche se si aggiungevano
altre caratteristiche: il terzo mondo era povero, l´Occidente ricco, mentre nei
paesi comunisti l´esercito era ricco e la popolazione povera (ma non poteva
dirlo). La situazione è rimasta immutata per più di mezzo secolo. Mi stava
molto a cuore, perché sono nato nell´Europa dell´Est, in Bulgaria, dove sono
cresciuto prima di trasferirmi in Francia all´età di ventiquattro anni. Questa
ripartizione dei paesi del mondo mi sembrava destinata a durare in eterno ? o
almeno per tutta la mia vita. Questa convinzione spiega, forse, la gioia da me
provata quando, intorno al 1990, i regimi comunisti europei sono crollati, uno
dopo l´altro. Non c´era più motivo di opporre l´Est all´Ovest, né di contendere
per il dominio universale, perciò ogni speranza era lecita... (...) A distanza
di circa vent´anni, siamo costretti a constatare che si trattava di una
speranza illusoria: sembra che tensioni e violenze tra paesi non debbano
scomparire dalla storia mondiale. Il grande confronto tra l´Est e l´Ovest aveva
messo in secondo piano ostilità e opposizioni, che in breve tempo sono tornate
di attualità. I conflitti non potevano svanire come per incanto, perché le loro
cause profonde erano ancora presenti e forse si erano perfino intensificate.
(...) Oggi è possibile dividere i paesi del mondo in diversi gruppi, a seconda
di come reagiscono alla nuova congiuntura. (...) Per descrivere questa
ripartizione, prenderò le mosse da una tipologia recentemente proposta da
Dominique MoÏsi, completandola e adattandola al mio scopo, senza dimenticare le
semplificazioni che impone. Definirò il sentimento dominante di un primo gruppo
di paesi come l´appetito. La loro popolazione ha spesso la convinzione, per i
motivi più diversi, di essere stata esclusa dalla ripartizione delle ricchezze;
oggi è venuto il suo turno. Gli abitanti vogliono approfittare della
mondializzazione, del consumismo, degli svaghi e per raggiungere tale scopo non
badano a mezzi. è stato il Giappone, sono ormai trascorsi alcuni decenni, ad
aprire questa via, nella quale è stato seguito da molti paesi del Sudest
asiatico, ai quali si sono recentemente aggiunti Cina e India. Altri paesi,
altre parti del mondo hanno la medesima intenzione: il Brasile, domani senza
dubbio il Messico, il Sudafrica. (...) Il secondo gruppo di paesi è quello in
cui il risentimento gioca un ruolo essenziale. Questo atteggiamento deriva da
un´umiliazione, reale o presunta, che sarebbe stata loro inflitta dai paesi più
ricchi e più potenti. è diffuso, a livelli diversi, in buona parte dei paesi
che hanno una popolazione in maggioranza musulmana, dal Marocco al Pakistan. Da
un po´ di tempo, è presente anche in altri paesi asiatici o dell´America
latina. Il bersaglio del risentimento sono gli antichi paesi colonizzatori
d´Europa e, in maniera crescente, gli Stati Uniti, considerati responsabili
della miseria privata e dell´impotenza pubblica. (...) Il terzo gruppo di paesi
si distingue per il ruolo che occupa in loro la paura. Sono i paesi che
costituiscono l´Occidente e che hanno dominato il mondo per molti secoli. La
loro paura riguarda i due gruppi che abbiamo descritto prima, ma non è della
stessa natura. Dei «paesi dell´appetito» i paesi occidentali, soprattutto
quelli europei, temono la forza economica, la capacità di produrre a minor
costo e dunque di fare man bassa sui mercati, insomma, hanno paura di subirne
il predominio economico. Dei «paesi del risentimento» temono invece gli
attacchi fisici che ne deriverebbero, gli attentati terroristici, le esplosioni
di violenza; e poi le misure di ritorsione di cui questi paesi sarebbero capaci
sul piano energetico, dal momento che i più grandi giacimenti di petrolio si
trovano nei loro territori. Un ultimo quarto gruppo di paesi, distribuiti su
diversi continenti, potrebbe essere indicato come quello dell´indecisione: un
gruppo residuale i cui membri rischiano di farsi dominare un giorno
dall´appetito o dal risentimento, ma che per il momento rimangono estranei a
questi sentimenti. Nel frattempo, le risorse naturali di questi territori sono
razziate dai residenti degli altri gruppi di paesi, con la complicità attiva
dei loro dirigenti corrotti; a ciò si aggiunge la desolazione causata dai
conflitti etnici. Alcuni strati della loro popolazione, spesso ridotti in
miseria, tentano di introdursi nei «paesi della paura», paesi più ricchi, per
cercare di condurre una vita migliore. (...) I paesi occidentali hanno tutto il
diritto di difendersi dalle aggressioni e dagli attacchi ai valori sui quali
hanno scelto di fondare i loro regimi democratici. Soprattutto devono
combattere con fermezza ogni minaccia terroristica e ogni forma di violenza. Peraltro,
hanno tutto l´interesse a non lasciarsi coinvolgere in una reazione
sproporzionata, eccessiva e abusiva, che darebbe luogo a risultati contrari a
quelli attesi. La paura diventa un pericolo per coloro che la provano, perciò
non bisogna lasciarle giocare il ruolo di sentimento dominante. è anche la
principale giustificazione dei comportamenti spesso definiti «disumani». La
paura della morte che minaccia la mia incolumità o, peggio ancora, persone a me
care, mi rende capace di uccidere, mutilare, torturare. In
nome della protezione delle donne e dei bambini (i nostri), sono stati
massacrati un gran numero di uomini e donne, di anziani e bambini (degli
altri). Quelli che vorremmo definire come dei mostri molto spesso hanno agito
mossi dalla paura per i loro cari e per sé stessi. (...) E una volta
accettato di uccidere, si approvano anche i passi successivi: la tortura (per
ottenere informazioni sui «terroristi»), la mutilazione dei corpi (per
mascherare gli omicidi con crimini a scopo di rapina o esplosioni accidentali):
ogni mezzo è buono per ottenere la vittoria ? e, così facendo, allontanare la
paura. La paura dei barbari è ciò che rischia di renderci barbari. E il male
che ci faremo sarà maggiore di quello che temevamo di subire. La storia
insegna: il rimedio può essere peggiore del male. I totalitarismi si sono
presentati come un mezzo per guarire la società borghese dai suoi vizi, eppure
hanno dato vita a un mondo più pericoloso di quello che combattevano. La
situazione attuale senza dubbio non è così grave, ma rimane inquietante; c´è
ancora tempo per mutare orientamento. Copyright Garzanti Libri ed Editions
Robert Laffont Traduzione di Emanuele Lana
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina III - Palermo
Tra esposizioni e crediti vantati nei confronti del socio unico, il deficit è di
648 milioni di euro Aziende comunali, debiti alle stelle il buco supera il
mezzo miliardo Non c´è solo il crac dell´Amia, situazione a rischio anche nelle
altre ex municipalizzate Perde quota l´ipotesi di un maxi mutuo. La trattativa
per ottenere soldi da Tremonti ANTONIO FRASCHILLA Una voragine da 648 milioni
di euro. Una voragine fatta di 385 milioni di debiti delle società partecipate,
che a loro volta per evitare il fallimento hanno coperto inserendo nei propri
bilanci 263 milioni di crediti vantati nei confronti di Palazzo delle Aquile:
crediti al momento non esigibili, visto che il Comune non ha un euro in cassa.
è questa la voragine che toglie il sonno al sindaco Diego Cammarata e ai
presidenti di Amg, Amia, Amap, Amat e Gesip. I numeri lasciano poco spazio ai
dubbi. In difficoltà non è solo l´Amia, che ha 150 milioni di euro di debiti
certificati coperti in parte con 40 milioni di crediti con la società
controllante, cioè il Comune. L´Amap ha debiti per 133 milioni di euro e un
credito con il socio unico di 40 milioni. L´Amat ha debiti per 40 milioni ma
vanta un credito con Palazzo delle Aquile di ben 109 milioni. Non va meglio sul
fronte Gesip, azienda che ha debiti per 21 milioni, crediti con il Comune per
48 milioni e ha già dichiarato di perdere quasi 800 mila euro al mese. L´Amg,
invece, ha 41 milioni di debiti e crediti con la controllante per 26 milioni di
euro. La somma totale del buco supera di gran lunga il mezzo miliardo di euro.
L´opposizione chiede un´operazione verità, anche alla luce della mancata
querela del sindaco sul presunto falso in bilancio dell´Amia. «Occorre che
finalmente il sindaco metta a conoscenza tutta la città della gravità della
situazione - dice il consigliere del Partito democratico, Maurizio Pellegrino -
Al momento di fronte a questa vera e propria voragine l´amministrazione non ha
prospettato alcuna soluzione e i primi fondi arrivati da Roma per l´Amia sono
stati già prosciugati». Da giorni il sindaco in persona, il suo capo di
gabinetto Sergio Pollicita e il ragioniere generale Paolo Basile, stanno
cercando di trovare una soluzione. Scartata quella di un mega mutuo per coprire
i debiti delle controllate (i revisori dei conti hanno detto che è tecnicamente
impossibile), sul tavolo rimangono diverse ipotesi: a partire da quella di
attivare piccoli prestiti da caricare alle stesse società partecipate e da
coprire aumentando i contratti di servizio a carico del Comune di quel che
basta per pagarne le rate annuali e gli interessi. Ma come farà Palazzo delle
Aquile, a corto di fondi, a trovare nel proprio bilancio i soldi necessari a
garantire i mutui? Di certo c´è che, per evitare intanto che l´Amia vada
nuovamente in crisi di liquidità e la città venga
sommersa dai rifiuti, il primo cittadino è volato nei giorni scorsi a Roma per
ottenere la seconda tranche del finanziamento per l´Amia: si tratta di 30
milioni di euro che garantirebbero il pagamento degli stipendi per i prossimi
quattro-cinque mesi. Sul tavolo del sindaco rimane, comunque, anche l´opzione
aumento della Tarsu, che però deve essere legata all´approvazione della
previsione di bilancio 2009, che non avverrà prima di maggio. Nel frattempo
Cammarata continua a lavorare per avere dal ministro dell´Economia Giulio
Tremonti il via libera a nuovi finanziamenti ad hoc per Palermo. Il sindaco,
oltre che con il presidente del Senato Renato Schifani, ne ha parlato anche con
il ministro Angelino Alfano. Ma la trattativa è lunga, e comunque non si
concretizzerà nulla prima dell´approvazione della finanziaria nazionale. Insomma al
momento la soluzione per coprire i debiti delle società controllate è lontana.
E a Sala delle Lapidi c´è chi si chiede che fine abbia fatto il progetto di
affidare alla Medhelan il progetto di riorganizzazione delle aziende, con tanto
di delibera votata dal Consiglio comunale nel febbraio del 2008: «Ho
presentato un´interrogazione per chiedere che fine abbia fatto questo
affidamento che sulla carta sarebbe costato 400 mila euro», dice il consigliere
del Pd, Salvatore Orlando.
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XIII -
Palermo La danza "Osa e meraviglia" al Reloj con le acrobazie dei
Sonics Esibizioni acrobatiche a suon di musica. Sono i Sonics che questa sera
alle 22,30 si esibiranno al Reloj di via Calvi. I Sonics nascono nel 2001 da
un´idea di Ileana Prudente e Alessandro Pietrolini, e da allora, come
raccontano gli organizzatori, «non sono più stati con i piedi per terra».
Ileana Prudente, ex atleta di ginnastica artistica, si occupa della
realizzazione dei costumi e delle coreografie aeree di tutti i loro spettacoli,
mentre Alessandro Pietrolini, in arte «Alex Little Stone», si occupa della
regia, dei progetti, della parte tecnica e della
realizzazione delle strutture che li caratterizzano in maniera unica e
originale. Tra suggestivi decolli e atterraggi emozionanti i Sonics si
esibiscono come acrobati sospesi senza protezione e questa sera presenteranno
alcune performance tratte dallo show "Osa e meraviglia". Ingresso 10
euro con consumazione. a. f.
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina III - Napoli
Indiscrezioni su un incontro romano tra il presidente del Consiglio e il docente
napoletano che piace al centrodestra Regione, Berlusconi pensa a Cosenza Il
preside del Politecnico possibile candidato a Santa Lucia Un profilo di
spessore e l´amicizia con il sottosegretario Bertolaso Un sodalizio emerso con
evidenza durante la recente mostra sui terremoti CONCHITA SANNINO (segue dalla
prima di cronaca) Mentre gli occhi dei leader locali e di qualche parlamentare
del Pdl sono infatti puntati su piazza Matteotti per le provinciali, da Palazzo
Chigi lo sguardo si allunga su uno dei più prestigiosi, defilati e - in quanto
tali, concreti - nomi partenopei in grado di correre per la poltrona della
Regione. L´autorevole indiscrezione romana racconta di un incontro già avvenuto
con il premier. Di un pressante "corteggiamento". Il Cavaliere avrebbe
contattato il preside del Politecnico-gioiello di Napoli, Edoardo Cosenza,
docente di rango che incarna il suo profilo di governatore: uomo di scienza, ma
calato nella società civile; finora mai schierato per il centrodestra, e
tuttavia sempre distante dal pur affollato parterre di "accademia"
pro-sistema bassoliniano. Non a caso, è il suo nome a ricorrere come naturale
"guida" del futuro Politecnico campano, l´idea dell´ottavo ateneo
monovocazionale lanciata dal rettore Guido Trombetti, poi mediaticamente
ribattezzata dal presidente Berlusconi in visita lo scorso ottobre a Napoli; e
di recente riproposta dal capogruppo di An Enzo Rivellini con lo stesso
Trombetti e il deputato Taglialatela a un tavolo bipartisan sulla "Napoli
da riscattare contro le baronie". Il fatto che il preside Cosenza -
omonimo del celebre Luigi Cosenza, anche progettista della bella facciata di
Ingegneria - sia anche così vicino a Guido Bertolaso, capo
della Protezione civile (sottosegretario all´emergenza rifiuti, e plenipotenziario
dello stesso premier in Campania), che stima Cosenza come massimo esperto di
Ingegneria sismica e lo ha chiamato tra i membri della Commissione nazionale
grandi rischi, è il dettaglio che chiude un cerchio. E alimenta
conflitti e ulteriori frustrazioni dentro il Pdl campano. Il provato sodalizio
professionale e umano tra Bertolaso e Cosenza ha prodotto l´allestimento della
mostra sui terremoti, che sta girando l´Italia ed è ora ospitata proprio al
Politecnico. L´inaugurazione, venerdì scorso, è stata movimentata dalle
proteste contro Chiaiano. Pubblicità che Cosenza non ama. Così come il gossip
politico. «Smentisco qualunque contatto romano», sorride il preside. Che nega
quanto a Roma danno per certo. E aggiunge: «Con Bertolaso, ci conosciamo dai
tempi della tragedia di San Giuliano di Puglia. Onorato di collaborare, lo
faccio da quando c´era Prodi, che pure lo scelse come commissario
all´emergenza. Poi gli ho dato una mano sul disastro rifiuti». Sarebbe stata di
Cosenza anche la sonora bocciatura dell´idea di un inceneritore sul suolo non
idoneo di Agnano. Ma non confermerà, ha fama di riservato. Il preside fece
un´unica eccezione, a ottobre, quando elogiò l´uscita del premier sul
Politecnico campano del futuro. Oggi ribadisce: «Come idea bipartisan è felice,
spezzerebbe l´immobilismo di Napoli e avrebbe ricadute di grande beneficio e
prestigio sulla città». Dovesse scegliere tra due poltrone, si sa già quale
sentirebbe più vicina.
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XII - Napoli
DENUNCIO, DUNQUE SONO BENVENUTI NELLO SPOT ANTONIO FILIPPETTI P er vivere
meglio (o per vivere e basta) occorre denunciare. Sembra essere questo il punto
d´arrivo di una convivenza che mostra sempre più segni di decadimento o di vero
sfacelo. Anzi, per andare avanti (per progredire?) sembra sia indispensabile
farsi protagonisti di qualcosa di più della denuncia legittima, e cioè fare
ricorso alla vera e propria delazione: i medici dovranno denunciare i
clandestini che ricorrono per necessità alle loro cure, i cittadini riuniti in
ronde dovranno denunciare coloro che a loro giudizio si comportano in maniera
sospetta (anche se poi una volta "debitamente indagati" si rivelano
essere, com´è già successo, agenti di polizia), mentre altri dovranno
documentare fotograficamente e ovviamente denunciare chi contravviene alle
disposizioni del traffico; così gli amministratori di condominio dovranno a
loro volta denunciare chi affitta agli stranieri sprovvisti di soggiorno e via
di questo passo. Non molto tempo fa, l´allora ministro Giuliano Amato, inventò
- per debellare definitivamente, a suo dire, il fenomeno della prostituzione -
la contravvenzione delatoria, nel senso che i clienti delle lucciole venivano
sanzionati con un verbale non contestato immediatamente, ma inviato a casa del
trasgressore così che quest´ultimo, ignominiosamente scoperto, fosse d´allora
in poi oggetto di vergogna imperitura (una specie di "lettera
scarlatta" al maschile) agli occhi dei familiari. Ma in questo clima
tutt´altro che rassicurante registriamo anche drammatiche incongruenze. Il
nostro è stato da sempre infatti un paese omertoso, non solo per le connivenze
e le paure imposte dalla criminalità organizzata per cui è prevalsa la logica
del "non vedo, non sento, non parlo", ma anche perché carente in
fatto di autentica solidarietà civile. In secondo luogo, mentre si spinge alla
delazione o alla denuncia subdola o anonima, si fa di tutto per arginare o
addirittura eliminare, anche nei casi più spinosi, il ricorso alle
intercettazioni telefoniche, che guarda caso si sono dimostrate come lo
strumento essenziale, forse anche il più efficace, per debellare alcuni episodi
gravi di malaffare criminoso. A pensarci bene allora qualcosa non torna. E non
torna in primo luogo per la scarsa o inesistente credibilità di coloro che si
improvvisano a seconda dei casi paladini o moralizzatori della società. Per
essere credibili occorre per prima cosa essere autorevoli. Così
come avviene per i previsori dei guai finanziari, delle crisi economiche e delle relative
ricette, allo stesso modo i sostenitori dei rimedi sulla sicurezza e sulla
civile convivenza appaiono inadeguati allo scopo. A conti fatti tutto sembra
esser messo in piedi come la sceneggiatura di uno spot pubblicitario, un "consiglio
per gli acquisti" pensato per durare solo un po´, ma soprattutto
per catturare l´immaginario collettivo per un arco di tempo assai breve e
determinato e giusto per tirare a campare o forse solo per aver l´agio di
caricare lo spot successivo.
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XIII - Milano
Bacula: ambulanza per Sara, poi le ruspe La rom disabile di sette anni sarà
portata al campo Triboniano La Camera del Lavoro e il Naga diffidano il Comune:
prima dello sgombero si deve trovare una sistemazione per i 150 della favela
ZITA DAZZI Il destino dell´accampamento rom sotto al Ponte Bacula è appeso a
quello di Sara, una piccola di sette anni che la distrofia muscolare
immobilizza al buio, su un vecchio materasso steso dentro a una baracca di
legno e di cellophane. Quando un´ambulanza trasporterà Sara al campo comunale
di via Triboniano - ed è questione di giorni, se non di ore - allora le ruspe
arriveranno a tirar giù per la decima volta la favela della Ghisolfa. Ieri
mattina sul posto c´erano molti di quelli che negli ultimi mesi si sono dati da
fare per evitare tragedie fra i bambini che vivono in quell´inferno: Valerio
Pedroni che coordina gli operatori mandati dai Padri Somaschi, don Massimo
Mapelli della Casa della Carità, don Matteo Panzeri, parroco della chiesa di
Sant´Elena che ogni sabato porta lì giovani volontari per far giocare i piccoli
del ponte, la Caritas Ambrosiana. Tutti assieme per verificare la situazione e
per capire come evitare che con l´imminente sgombero i 150 rom romeni del
Bacula rimangano un´altra volta all´addiaccio, spinti a un´altra ancor più
precaria sistemazione. E mentre sul portale della Diocesi di Milano è stato
pubblicato un articolo sulla favela, la Camera del Lavoro, assieme al Naga e
all´avvocato Livio Neri, hanno sottoscritto una diffida nei confronti del
Comune e del prefetto Lombardi, commissario straordinario all´emergenza rom.
«La nostra richiesta è che venga garantita un´alternativa a chi verrà
sgomberato dal Bacula», spiega Corrado Mandreoli della Cgil. «Siamo tutti
d´accordo che un accampamento così disumano e pericoloso vada smantellato -
spiega don Mapelli - il problema è come farlo. Limitarsi ad abbattere le
baracche, senza prevedere alternative e un percorso di aiuto alle persone,
significa solo spostare il problema di poche centinaia di metri». In effetti i
rom del Bacula - la metà dei quali sono bambini in età scolare - sono reduci da
diversi sgomberi. L´ultimo, giusto un anno fa alla Bovisasca, dove erano
approdati dopo esser stati cacciati dal Bacula. Il vicesindaco Riccardo De
Corato ha promesso un intervento «entro la fine di marzo» e
ha aggiunto che questa volta «saranno installate protezioni anti-occupazione
con una rete alta tre metri e mezzo fissata su un muro in cemento». Ma Valerio
Pedroni, padri Somaschi, precisa: «Queste persone sono in questo quartiere da
diversi anni, con molte di queste famiglie è stato avviato un percorso di
integrazione. I bambini vanno a scuola, sono seguiti da medici. Molti
adulti cercano di lavorare nonostante la crisi. Si dovrebbe tenere conto di
questi sforzi».
( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
RAZZISMO DI STATO
Anna Maria Rivera La «preferenza nazionale» era uno slogan del Front National
francese in voga negli anni '80. Ma il Front National è un partito di estrema
destra che mai è stato accolto in un governo. Che oggi siano due ministri della
Repubblica italiana - prima Bossi, oggi il più compassato Sacconi - a proporre
la preferenza nazionale, rispettivamente sulla casa e sui lavori stagionali, è
cosa che fa rabbrividire. Non solo ci conferma ciò che temiamo: l'uscita a
destra dalla crisi. Ma ci prospetta che la torsione reazionaria sarà perseguita
attivamente e incoraggiata. Il disegno è chiaro e riecheggia le fasi più cupe
della storia del Novecento. Già oggi ne è in atto un dispositivo fondamentale,
quello che mira a dirottare l'incertezza del futuro e il disagio popolari verso
i più deboli fra i deboli: i rom e i migranti più precari. La costruzione
dell'«emergenza-stupri», con il corollario forcaiolo di innocenti mostrificati
e additati tramite i media al pubblico ludibrio, a questo serve: ad aizzare il
«razzismo dei piccoli bianchi», così che coloro che vedono minacciati i propri
scarsi privilegi possano sfogare frustrazione e rabbia su coloro che sono
socialmente più vicini ma un po' più in basso. La gestione autoritaria e
razzista della crisi economica esige uno stato di eccezione permanente. E questo
colpisce non solo stranieri e minoranze, ma gli stessi cittadini italiani
maggioritari. Il pacchetto-sicurezza contiene misure persecutorie contro gli
«estranei» ed anche norme miranti a reprimere il dissenso, il conflitto
sociale, la libertà di espressione. Fino a conferire al ministro dell'Interno
la facoltà di sciogliere gruppi «eversivi» e di oscurare siti telematici che
invitino «a disobbedire alle leggi». In questa strategia, il circolo vizioso
del razzismo di Stato - razzismo mediatico, xenofobia popolare - occupa un
posto centrale: si reprime il dissenso e il conflitto sociale e nel contempo,
con l'aiuto decisivo dei media, si additano capri espiatori verso i quali è
possibile indirizzare la protesta di ceti popolari colpiti dalla crisi
economica. I capri espiatori a loro volta sono resi più vulnerabili ed
attaccabili dagli effetti della crisi, dalla privazione della casa e del
lavoro, ma soprattutto da norme persecutorie che mirano ad umiliarli,
emarginarli, de-umanizzarli, negando loro diritti umani elementari: il diritto
alla salute e alla famiglia, il diritto di mandare del denaro a casa e perfino
di riconoscere i propri figli... Ci sono modi e modi per uscire da una crisi
che, certo, è globale ma si riflette in modo particolarmente pesante su paesi,
come l'Italia, devastati da politiche neoliberiste e dalla debolezza e incoerenza dei sistemi di protezione sociale. Obama cerca
d'indicare l'uscita della solidarietà e della coesione sociale, dell'incremento
dei diritti dei più deboli, della difesa delle minoranze. La destra che ci
governa e i poteri che rappresenta additano la strada della «cattiveria» e del
razzismo, sperando così che rancori e conflitti orizzontali permettano loro di
restare in sella. È accaduto più volte nel corso della storia. Ma il
fatto che sia uno schema classico non ci rassicura affatto.
( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
WALL STREET L'uomo
che si fece venditore di sogni Galapagos Il giudice Denny Chin gli ha chiesto:
«Come ti dichiari?». E il finanziere ha risposto: «colpevole». Con questa
ammissione di colpevolezza, sta per concludersi con un condanna all'americana -
probabilmente 150 anni di carcere - l'avventura finanziaria
del settantenne Bernard Madoff, accusato di aver truffato, con una catena di
Sant'Antonio, milioni di clienti, facendo sparire circa 50 miliardi di dollari
con un metodo da tutti definito «Ponzi», in ricordo del finanziere di origini
italiane che nel 1925 fece piangere mezza America. CONTINUA | PAGINA
( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
FERRERO-FRANCESCHINI
L'elemosina ai tempi della crisi. Sul nostro sito la
polemica a sinistra Alberto Piccinini L'eco del «no» di Ferrero alla proposta
di Franceschini - l'una tantum a carico dei redditi più alti da destinare ai
più poveri - arriva fino al sito del manifesto, increspato ieri pomeriggio dal
dibattito tra chi contrappone «elemosina» (roba cattolica) e «redistribuzione
dei redditi» (roba di sinistra). Cominciamo dai critici duri. Franceschini -
scrive Piero Ancona - «non è Robin Hood, è un modesto postulante», difatti «si
limita a stendere la mano guardandosi bene dal chiedere la tassazione
della rendita finanziaria».
Aggiunge Ale: «Quella di Franceschini è solo demagogia per recuperare i voti.
Ci vogliono interventi strutturali, non spot». «Sveglia!», grida Jonathan,
«diamo retta a un democristiano, ora?». «Bizzarri questi commenti plaudenti
verso la demagogia di Franceschini - ribadisce Guido - Peccato che nel pd ci
siano Ichino e il giovane Colaninno». «Sensata - aggiunge Walter P. -
era la richiesta della Cgil di tassare strutturalmente i redditi sopra i
150.000 euro. Ancora più sensata sarebbe una reale lotta all'evasione». «Meglio
tardi che mai!», apre invece a Franceschini, con un po' di necessaria ironia,
Lucio. E Gianni insiste: «Forse Ferrero ha paura che il pd diventi di
sinistra?». La sopresa per l'attivismo (mediatico, se non altro) del nuovo
segretario del Pd colpisce positivamente una buona metà dei partecipanti al
dibattito. «Mi dispiace che Ferrero e altri non si accorgano quando un ds
finalmente dice cose sensate e comincia a minare la politica berlusconiana. -
scrive Maria - A chiedere il cielo poi sono bravi tutti, ma da quando è stato
eletto Franceschini le azzecca». Conclusione: «meglio tardi che mai». Di nuovo.
«Grande delusione su Ferrero - aggiunge n.acca - vero che la misura non risolve
la crisi, infatti non è una manovra per risolvere la crisi ma per cercare di garantire una vita dignitosa a chi
non ha la possibilità». E ancora: «Il pd ha fatto tante cazzate ma se lo si
attacca anche quando fa qualcosa di buono e per una volta di sinistra, non se
ne esce». «Buone proposte di Franceschini anche se non risolutive - ammette
anche Giovanni De Biasi - Cerchiamo di stare uniti il più possibile, le
divisioni saranno la nostra rovina», ritornando in questo senso al grido
disperato (quasi prepolitico, forse naif, ma sempre molto forte) che attraversa
i nostri dibattiti ogni volta che si toccano i «grandi temi» della sinistra.
Unità. No divisioni. Ida, che ripubblichiamo integralmente, centra in qualche
modo questo stato d'animo: «Anch'io sono convinta come Ferrero che sono
indispensabili riforme strutturali, ma a noi lavoratori ci sta cadendo addosso
qualcosa di talmente grande e spaventoso, che qualunque misura, una pur minima
tutela, va bene. In fondo è una proposta che toglie i ricchi per dare ai
poveri: io, che lavoro, che ho un discreto lavoro, quel reddito lo raggiungo
(lordo) in almeno 6 anni»". Diciamola così: è finito il tempo del
benaltrismo, e dunque: a mali estremi, estremi rimedi. Aggiunge Annalisa,
arrabbiata: «Ferrero risponde a Franceschini inneggiando all'elemosina di
stato; eppure per quanto si è potuto vedere in questo ultimo periodo la tanto
osannata figura dei Veri Comunisti è stata in silenzio». Ivan ripercorre le
tracce di una vecchia polemica: «Lo sfascio della sinistra - scrive tutto
maiuscolo - cominicia con la caduta del primo governo Prodi per opera di
Bertinotti assistito da D'Alema». Risultato: il sito del manifesto «alimenta il
pessimismo» di Maria Grazia Meriggi: «L'antipolitica e gli insulti - commenta -
vi si manifestano quasi come nel mondo esterno». Da un certo punto di vista,
aggiungiamo, non è neppure un gran male. Insomma, proviamo a parlarci chiaro.
Maria Grazia spiega ancora che l'iniziativa di Rifondazione comunista della
«vendita del pane», imputata da qualcuno a Ferrero come iniziativa «da
elemosina» tanto quanto l'una tantum proposta da Franceschini, era in realtà
ispirata «alla tradizione mutualistica del movimento operaio» e «non ha alcun
rapporto con la carità pubblica». Tuttavia, i segnali che si colgono nel
dibattito sul nostro sito sembrano andare da un'altra parte, come se la
percezione della crisi stia facendo sbiadire certe
tradizionali divisioni nelle analisi e nel senso comune tra sinistra moderata e
sinistra estrema. Qualcuno ne tenga conto.
( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
DIARIO DELLA CRISI
Monito Bce all'Italia Crollo tedesco Maurizio Galvani Il Bollettino mensile
della Bce è chiaro: nel 2010, 10 paesi su 16 dell'Unione europea sfonderanno il
tetto del 3% del rapporto deficit/Pil fissato a Maastricht. Irlanda, Grecia,
Spagna, Francia, Italia, Portogallo e Slovenia saranno le prime (già nel 2009)
a superare questa quota; seguiranno Belgio, Germania, Austria e Slovacchia.
L'Italia è uno dei paesi in crisi per il quale la Bce
prevede un deficit sopra il 3% sia per l'anno 2009 che 2010. I curatori del
Bollettino trovano l'occasione per rilanciare un avvertimento e dire che «i
governi hanno già impegnato importanti risorse a sostegno del sistema bancario».
Azzardano che «non c'è nessun margine per nuove misure di stimolo poichè queste
azioni nuocciono alla fiducia». Sul che fare, conta la dichiarazione fatta -
ieri stesso a Vienna dal presidente della banca centrale Jean-Claude Trichet -
secondo la quale «la Bce non ha deciso a priori che l'attuale livello dei tassi
sia al minimo». Tradotto potrebbe voler dire un ritocco ancora verso il basso
del costo del denaro bloccato all'1,5%. Mentre Trichet giura di non aver mai
usato la parola default (ovvero rischio di insolvenza per un singolo paese),
contestualmente, svela la sua contrarietà all'ipotesi di adottare degli
eurobond emessi dai singoli dicasteri del tesoro. Boccia il progetto che vuole
adottare il ministro Tremonti e la richiesta già avanzata, in Italia, da alcuni
istituti di credito per accedere a questi bond. L'Eeag (commissione di otto
economisti presso la Bce) chiede che la banca si faccia
carico di supervisionare i grandi gruppi bancari presenti in più paesi del
Vecchio Continente e avere quindi una comune normativa finanziaria. La richiesta è un ulteriore
vigilanza di fronte a un sistema che traballa. Il Bollettino infine conferma
che «il Pil nella zona dell'euro registrerà un calo compreso tra il -3,2% e il
-2,2% nel 2009 e fra -0,7% e più 0,7% nel 2010». Non accenna a
rallentare la richiesta di sussidi di disoccupazione in Usa. Nella settimana
che si è chiusa il 7 marzo le richiete sono state 654 mila richieste, novemila
in più rispetto alla settimana precedente con nuovo massimo per le registrazioni
continuative a 5.317.000, il massimo storico, cioè da quando è iniziata la
rilevazione nel 1967. Inoltre le imprese denunciano un calo delle scorte
superiore all'1,1% nel mese di gennaio. Non «sorridono» nemmeno in Germania: il
ministero dell'economia ha comunicato una caduta della produzione industriale è
del 7,5% rispetto a dicembre. Il dettaglio per settori mostra una discesa della
produzione nell'industria manifatturiera dell'8,4%, le costruzioni sono calate
del 7,8% e l'energia del 3,2%. Passando alla crisi
dell'auto, la Bmw, ha comunicato una discesa dell'89,5% dei propri utili. E La
Volvo, ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo con i sindacati con il
quale si congelano i salari con l'impegno di bloccare nuovi licenziamenti. I
due colossi asiatici la Cina e il Giappone manifestano significativi
rallentamenti: il Pil nipponico nel IV trimestre del
( da "Manifesto, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
IL CASO Così s'insegnano
i diritti umani a chi non ne ha Th. Gu. KABUL L'ufficio è una villetta nel
quartiere meridionale di Karteseh. Il fusto della vite in giardino è antico e
in attesa di buttare fuori le prime gemme. E' qui che ha sede il Civil Society
& Human Rights Network (Cshrn), finanziamenti danesi e svizzeri e nome
inglese. Ma afghanissimo e con un obiettivo ben preciso: occuparsi del tema dei
diritti umani, locuzione molto utilizzata in Afghanistan ma i cui principi sono
assai poco applicati. Naim Nazari, coordinatore di quest'ombrello che raccoglie
sessanta organizzazioni nel paese che, a diverso titolo, si occupano di
diritti, racconta di questa rete di associazioni registrata sia al ministero
della giustizia, sia a quello dell'economia (può sembrar bizzarro, ma ogni
burocrazia ha le sue regole). «Ci occupiamo del tema della giustizia e della
democrazia in Afghanistan - spiega Nazari - ma non solo a livello teorico.
Lavoriamo sulla formazione tecnica, il che significa sul piano dei valori, ma
anche sulla capacità di incidere a livello istituzionale: i diritti umani
bisogna conoscerli ma anche farli diventare pratica». Per farlo, questa rete
della società civile afghana sa benissimo che occorre un lavoro di lobbing:
«Per influenzare le istituzioni e consigliare le politiche del governo. Per
dirla in tre parole: formazione, coordinamento e pressione». Un discorso molto
articolato che non ti aspetteresti di sentire in Afghanistan. Il comitato
ristretto del Cshrn è composto dai rappresentanti di undici delle sessanta
organizzazioni che eleggono la rosa ridotta dell'esecutivo nell'Assemblea
generale che si tiene ogni anno e alla quale appartiene il diritto di cambiare
la strategia della rete. Al segretariato ristretto spetta invece un lavoro di
elaborazione teorica che si nutre di incontri e dibattiti con funzionari dei
vari ministeri, intellettuali, esponenti della società civile e che trova poi
un veicolo nella rivista bimestrale «Angora» (per ora solo in pashtun e dari) e
sul sito web della rete (anche quello in lingua). Ma il network è anche
presente in un programma radiofonico che va in onda ogni venerdì pomeriggio tra
le sei e le sette e con diverse altre pubblicazioni e brochure a tema, come
testimoniano i pacchi che vediamo nell'ordinata biblioteca del centro. Kabul
non è l'unica sede: il Centro ha uffici a Jalalabad, Herat, Mazar-i-sharif, da
cui a loro volta dipendono 17 province afghane, oltre la metà di quelle in cui
è diviso il paese. Al Sud la loro presenza è debolissima, «anche se per adesso
i talebani non ci hanno preso direttamente di mira», dice Nazari. E non devono
essere gli unici nemici che temono: quando si comincia a parlare di
«opposizione democratica», delle linee etniche in cui è diviso il governo,
delle leggi di amnistia varate per autoassolversi e della legittimità
dell'esecutivo, si capisce che il terreno è minato. E che la battaglia per i
diritti non si combatte solo nelle pianure meridionali dell'Helmand, ma anche
nel nuovo parlamento di Kabul dove non tutti vedono con favore l'attività di una
rete che si occupa di diritti umani. Il Cshrn è uno dei tanti punti luminosi
nel magma informale di una società civile che, benché poco conosciuta, poco
finanziata, poco ascoltata, esiste e si muove, anche se con fatica. Rappresenta
forse solo un segmento ridotto della società afghana, ma
anche un punto di luce nel buio di un paesaggio istituzionale spesso opaco, a
cominciare dal parlamento per finire negli uffici dei vari ministeri. Scommessa
vera di democrazia, parola da declinare con cautela in questo paese. Gente così
meriterebbe più attenzione. E più protezione. Non soltanto dai talebani.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 2 autore: Piemonte/Ict.
Bjconsulting di Cuneo «I genitori in filiale come garanzia» «Stavo pensando a
un progetto nuovo. Avevo bisogno di soldi freschi. Mi sono presentato alla
Unicredit, mi hanno detto che per ampliare il fido occorreva che tornassi con i
miei genitori. Con loro, avrei ottenuto le giuste garanzie. Non ci volevo
credere. Per inciso, i miei genitori sono mancati da tempo. E, nelle ultime
settimane, le cose hanno preso sempre più questa piega: in banca ti chiedono
l'esame del sangue per qualunque richiesta. è un paradosso: il denaro
formalmente costa poco, semplicemente non te lo danno». Cose che capitano a un
padre di famiglia di 37 anni, ai tempi della grande crisi finanziaria che si è rapidamente
trasformata in restrizione del credito, soprattutto per le piccole e le medie
imprese. Ubaldo Libertino, insieme ad altri due soci, è titolare di una azienda
specializzata in Ict, la Bjconsulting, che conta in Piemonte, fra Cuneo, Torino
e Ivrea, diverse sedi operative. «Per fortuna - dice lui che ha un
bambino di due annie mezzo, Jacopo - che la società è sana e che quindi, alla
fine, non c'è stato bisogno di un particolare apporto di nuovi capitali per
gestire il suo sviluppo. Abbiamo completato il nostro primo ciclo di
investimenti tecnologici. Questo ci consente di avere una posizione finanziaria netta buona.Ma,certo,l'atteggiamento delle
banche, oggi, non è semplice. Quando hai bisogno di pianificare una serie di
viaggi all'estero per partecipare alle fiere dei nuovi servizi tecnologici,
anche se hai i bilanci a posto e i criteri di Basilea 2 non dovrebbero
costituire per te un grande problema, non incontri un grande entusiasmo
all'esposizione dei tuoi piani. Dall'altra parte del vetro, nelle filiali, ti
guardano come se tu fossi un problema a prescindere». E, così, ancora una
volta, questo tipico esemplare di "artigianato high tech", la formula
con cui si definisce la capacità tutta italiana di fare innovazione anche in
forme imprenditoriali piccole, deve ricorrere all'autofinanziamento per
sviluppare nuovi progetti. «Dopo i servizi anticatastrofe per la pubblica
amministrazione italiana e i progetti di sicurezza per i pozzi petroliferi nel
Medioriente - spiega - abbiamo brevettato un sistema di vigilanza condiviso fra
cittadini, pubblica amministrazione e forze dell'ordine, destinato al mercato
interno. Con un semplice telefonino, una persona normale potrà riprendere un
reato e trasmetterlo in presa diretta a un centro di elaborazione dati che, a
sua volta, avvertirà la poliziao i carabinieri. In questo momento, un
atteggiamento meno respingente da parte delle banche sarebbe gradito». P. Br.
RICHIESTE BIZZARRE «Non ci volevo credere, papà e mamma sono mancati da tempo
Il denaro formalmente costa poco ma non te lo danno»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 2 autore: Soffre un'azienda su
quattro Per il Csc Confindustria il 9,9% delle imprese è ostacolato
nell'attività Paolo Bricco MILANO Nessuno può più prescindere dai Brambilla e
dagli Esposito. I piccoli e medi imprenditori hanno vinto la ritrosia ad
apparire e,adesso, escono allo scoperto. Oggi e domani a Palermo,al convegno
organizzato da Confindustria Piccola Industria, si discuterà lo studio «Oltre
la crisi. Pmi classe dirigente». Un volume a più voci,
curato dall'economista del Politecnico di Milano Giangiacomo Nardozzi e dal
direttore del Centro Studi di Viale dell'Astronomia Luca Paolazzi, che analizza
i punti di forza e i limiti di un tessuto industriale che, negli ultimi 15
anni, si è riconfigurato imperniandosi sempre più sulle Pmi, con il contestuale
ridimensionamento delle ex partecipazioni statali e la minore centralità delle
famiglie storiche del nostro capitalismo. Una realtà nascosta e poco
appariscente, che non si sottrae però alle proprie crescenti responsabilità,
dal momento che poco alla volta i suoi protagonisti hanno preso coscienza delle
responsabilità a cui sono chiamati dai nuovi assetti strutturali dell'economia
italiana, oltre che da una crisi particolarmente cruenta. Una recessione che sta mettendo a dura
prova la fisionomia finanziaria delle aziende, in particolare le piccole e le medie: secondo
l'ultima analisi del Centro Studi Confindustria, è di 24,5 il saldo netto dei
giudizi delle aziende che segnalano una restrizione di credito (in Spagna,
per citare un Paese competitor, è di 43,8%),mentre la carenza di prestiti
ostacola l'attività del 9,9% delle imprese italiane (21,4% in Spagna). Sempre
secondo il Centro Studi Confindustria, le difficoltà finanziarie fanno il paio
con quelle industriali, ben rappresentate dall'esplodere della cassa
integrazione, che si avvicina ai massimi del 1993: in febbraio il monte ore
della Cig annualizzato è stato pari all'1,16% della forza-lavoro, contro lo
0,8% di gennaio. Il picco, nel 1993, era stato dell'1,4 per cento. Questa
recessione sta picchiando su un tessuto industriale fondamentalmente sano. Un
sistema a notevole caratura "molecolare", come la definisce lo studio
che servirà da base alle discussioni di oggi e domani a Palermo, in cui i
piccoli e i medi, con la loro vitalità un poco febbricitante, sono una parte
essenziale. Basta osservare l'andamento del valore aggiunto industriale a
prezzi correnti che, fatto 100 il livello del
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore sezione:
IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 3 autore: Draghi: rimettere in moto il
credito «Contro la crisi misure aggressive e coerenti»
- No a una stretta sui requisiti di capitale degli istituti Rossella
Bocciarelli Alessandro Merli LONDRA. Dai nostri inviati «La priorità deve
essere quella di mantenere i flussi di credito all'economia». Promuovere
l'uscita dal credit crunch, che si è ormai esteso dai Paesi avanzati agli
emergenti, è l'obiettivo principale delle autorità di vigilanza bancaria e di controllo
dei mercati, riunite nel Financial Stability Forum, ha spiegato il suo
presidente, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi.Devono essere
adottate misure «aggressive e coerenti» fra loro, in modo, ha aggiunto, che le
iniziative adottate in un Paese non danneggino gli altri. «L'Fsf - ha detto
Draghi ieri a Londra, al termine della riunione che ha visto l'allargamento del
Forum a 12 nuovi membri e ha preceduto l'incontro di oggi e domani del G-
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 3 autore: INTERVISTA Lorenzo
Bini Smaghi Membro del board della Banca centrale europea «Il rapporto de
Larosière ci ha deluso» Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
Delusione. è questa la parola giusta con la quale definire la reazione della
Banca centrale europea al rapporto presentato nei giorni scorsi da un gruppo di
ottosaggi presieduto dall'ex governatore francese Jacques de Larosière. La
relazione, 85 pagine, doveva proporre cambiamenti profondi a una sorveglianza
bancaria che nella zona euro rimane troppo nazionale e decentrata allorché gli
istituti di credito sono sempre più internazionali e la crisi finanziaria ha mostrato quanto sia
necessaria una vigilanza più centralizzata. In questa intervista, Lorenzo Bini
Smaghi, 52 anni, membro del comitato esecutivo della Bce, esprime tutto il
disappunto dell'istituto monetario per un rapporto troppo timido che non
affronta con determinazione i nodi messi in luce dalla crisi di questi ultimi due anni.
è il primo commento pubblico della banca al rapporto presentato a fine
febbraio. La parola passa ora alle autorità comunitarie: «Siamo pronti a
collaborare con la Commissione europea per introdurre le correzioni che
pensiamo necessarie», dice il banchiere centrale. Il rapporto Larosière propone
modifiche al sistema di sorveglianza bancaria, ma non si esprime sull'ipotesi
di trasferire alla Bce la vigilanza creditizia, almeno per i gruppi transnazionali,
via l'articolo 105.6 del Trattato. Voi avevate chiesto l'applicazione di questa
norma. Siete delusi? Quello che chiedevamo non era di fare direttamente la
vigilanza sui grandi gruppi, ma di disporre di poteri in materia macro-
prudenziale, simili a quelli che verranno attribuiti alla Federal Reserve
americana, che consentono di avere una visione d'insieme dei rischi e di
intervenire quando necessario sull'intero sistema. Questa è la raccomandazione
del Financial Stability Forum e di altri gruppi come il G-20. E invece le
proposte contenute nel rapporto Larosière in sostanza non cambiano nulla.
Secondo me la Commissione Europea dovrà apportare alcune modifiche al rapporto
per renderlo più concreto ed efficace. Il gruppo Larosière propone la creazione
di un nuovo organismo dedicato all'analisi prudenziale macroeconomica, lo
European Systemic Risk Committee (Esrc). Uno dei vantaggi è che avrebbe 31
membri rispetto ai 60 dei comitati attuali. Cosa ne pensa? Questo nuovo
comitato sarà presieduto dalla Bce e collegato alla sua struttura, ma di fatto
non ha veri poteri. Può solo produrre rapporti sulla situazione dei rischi, e
riferire ad altri gruppi e comitati. Quello che ci vuole per evitare una nuova crisi è ben altro. L'organismo proposto da Larosière deve
poter emanare regolamenti in materia macroprudenziale, relativi ad esempio alla
gestione della liquidità o a misure anti-cicliche, che siano direttamente
applicabili dalle autorità nazionali sulle banche di tutti i Paesi europei.
Alcuni Paesi si sono opposti. Ma la crisi non doveva
indurre gli Stati ad abbandonare la visione nazionale? Non voglio fare
dietrologie, ma a me sembra che contro questa ipotesi si siano mossi
soprattutto i Paesi fuori dalla zona euro. Capisco che gli inglesi, ad esempio,
non vogliono un comitato europeo che emani direttive sulle banche inglesi. Loro
hanno comunque la banca centrale e l'autorità di vigilanza nazionale che si
possono coordinare tra loro per gestire eventuali problemi ( anche se la crisi ha dimostrato i limiti della gestione a livello solo
nazionale). Ma nella zona euro non c'è alcun legame istituzionale tra le 16
autorità di vigilanza nazionale e la Bce. Il Rapporto Larosière non risolve
questo elemento di debolezza. Insomma, neppure la zona euro è riuscita a fare
passi avanti in questo campo. Secondo il rapporto Larosière, il comitato Esrc
ha competenze per l'intera Unione a 27. Spero che i ministri dell'Economia dei
Paesi dell'euro si rendano conto che ciò rischia di indebolire l'Unione monetaria.
La proposta dovrebbe quindi essere modificata per consentire al nuovo organismo
di emanare misure macro-prudenziali anche per la sola area euro, se necessario.
Ma ci vuole anche altro. A che cosa pensate? Per fare una vigilanza
macroprudenziale efficace è necessario disporre delle informazioni disaggregate
sulla situazione del sistema bancario. è chiaro che le autorità di vigilanza
nazionali non vogliono dare queste informazioni all'esterno se non hanno
garanzia che verranno trattate in modo confidenziale. Il rapporto Larosière non
affronta questo problema fondamentale. Che cosa proponete quindi? Si deve, da
un lato stabilire un obbligo formale per le autorità di vigilanza nazionali di
fornire le informazioni anche sulle singole banche e, dall'altro, assicurare
che tali informazioni rimangano riservate, all'interno di una struttura della
Bce, da utilizzare per fare valutazioni complessive. Lo stesso presidente della
Bce potrebbe essere il garante di tale confidenzialità. Sul fronte dell'analisi
microeconomica, il sistema di vigilanza bancaria proposto dal gruppo Larosière
rimane decentrato. Come valutate la decisione di dare ai comitati Lamfalussy
che oggi riuniscono i vari enti di sorveglianza nazionali, la natura di enti
europei tali da prendere decisioni a maggioranza? In realtà i comitati
Lamfalussy vengono trasformati in autorità amministrative con pochi poteri.
Questo toglie l'incentivo ad armonizzare maggiormente le legislazioni
nazionali. Lo stesso rapporto sostiene che l'armonizzazione non è un fine in se
stesso e che i diversi approcci nazionali possono essere benefici. Ma sono
pretesti che giustificano gli scarsi progressi compiuti in questi anni. Questo
è il motivo per cui le banche vengono trattate diversamente da Paese a Paese,
in materia contabile, di reporting, di metodologia per validare il rischio e
così via. Se non si capisce che questi margini di discrezione sono stati usati
per farsi concorrenza, anche all'interno dell'Europa, riducendo così la
regolamentazione, non si capisce l'origine della crisi.
E non la si risolve. beda.romano@ilsole24ore.com «La Commissione europea deve
introdurre modifiche affinché le nuove regole siano molto più efficaci»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
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Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 3 autore: Bce: i piani di
rilancio vanno bene così FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Anche la Bce
interviene nel dibattito euro-americano sulla necessità di nuovi stimoli alla
domanda. Nel bollettino mensile di marzo, la banca spiega che non c'è spazio di
manovra per nuovi aiuti pubblici all'economia. Le autorità monetarie
sottolineano che alla luce degli aiuti decisi nei mesi scorsi «non c'è margine
di manovra per adottare ulteriori misure di stimolo poiché potrebbero nuocere
al clima di fiducia». La Bce ricorda che il piano di aiuti europei pesa per 200
miliardi di euro, l'1,5% del prodotto interno lordo dell'Unione. Molti
banchieri centrali si rendono conto che in una crisi
provocata da un fortissimo calo della domanda la mano pubblica deve agire per
sostenere i consumi e gli investimenti. Al tempo stesso però il timore della
Bce è di assistere a una deriva dei conti pubblici più forte di quella già in
atto, che metta a repentaglio il Patto di stabilità e il futuro della zona
euro. «Nei Paesi in cui attualmente si osservano forti
pressioni nei mercati finanziari - spiega la Bce riferendosi in modo particolare probabilmente
all'Irlanda, alla Spagna e alla Grecia- l'impegno al risanamento dei conti
pubblici dovrebbe essere più ambizioso e dovrebbe considerare altresì
l'esigenza di ridurre l'esposizione ai rischi per il bilancio». Mentre
gli Stati Uniti sostengono la necessità di maggiori aiuti all'economia a
livello nazionale, l'Europa, insieme alla stessa Bce, frena. Peraltro, ieri da
Berlino, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela
Merkel hanno parlato con una sola voce contro nuovi stimoli economici e a
favore di un'applicazione rigorosa del Patto di stabilità. Infine, dipingendo
un quadro fosco dell'economia, il bollettino mensile lascia la porta aperta a
nuovi allentamenti dopo quello della settimana scorsa che ha portato il tasso
di riferimento all'1,5 per cento, un'ipotesi confermata ieri dallo stesso
Jean-Claude Trichet. In un lungo articolo dedicato alla situazione
dell'inflazione, la Bce nega però ancora una volta che vi siano rischi
deflazionistici e continua a parlare di disinflazione, peraltro temporanea.
B.R. beda.romano@ilsole24ore.com
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
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Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 6 autore: Stati Uniti. Nel 2008
il patrimonio netto degli americani è sceso di 11.200 miliardi di dollari
(-18%) Crolla la ricchezza degli Usa Ma nei dati della Federal Reserve
l'indebitamento è quasi invariato Mario Platero WASHINGTON. Dal nostro inviato
Il patrimonio netto degli americani nel 2008 è caduto verticalmente per la
prima volta in quattro anni, addirittura del 18 per cento. Lo ha comunicato
ieri la Federal Reserve. Il netto della differenza fra attività e passività è
stato calcolato in 51.500 miliardi di dollari, una perdita di 11.200 miliardi
di dollari rispetto ai 62.700 del 2007, che si traduce appunto in una caduta
del 18% tenendo conto del valore complessivo di proprietà immobiliari,
portafogli azionari, beni tangibili, contante in banca e investimenti monetari.
Le statistiche dicono che si tratta del primo calo dei valori patrimoniali dal
2002, che siamo tornati ai valori del 2004. Il patrimonio lordo è stato calcolato
in 65.700 miliardi di dollari, una caduta del 15%, il passivo, cioè
l'esposizione esterna attraverso indebitamento è caduto di meno di un punto
percentuale al livello di 14.200 miliardi di dollari. Dati questi che
confermano la fine di un'era: finora gli americani erano abituati - e
incoraggiati - a rifinanziare tutto, la casa, il fondo universtiario per i
figli, il portafoglio titoli, le loro riserve pensionistiche. Bastava che ci
fosse bisogno di qualcosa, una nuova auto, un viaggio ai Caraibi, una nuova
scuola privata per i figli, che si andava a pescare nell'inesauribile rialzo
dei valori. Le banche del resto erano prontissime a concedere un credito
diciamo di 100mila dollari se il valore teorico della casa in cui si abitava
era aumentato, sulla carta, dello stesso valore. Così si è andati avanti per
anni: i direttori finanziari di grandi multinazionali ormai
non ragionavano più in termini di necessità di cassa o di copertura di
operazioni di tesoreria, ma solo in termini speculativi: un'eccedenza poteva
essere messa a leva anche quattro o cinque volte. è stato in questo contesto,
di sobrietà statistica del nostro tempo - ma non ancora del nostro futuro -
che il presidente americano, Barack Obama, ha ieri parlato alla Business
Roundtable, una delle associazioni confindustriali americane, affrontando
proprio il tema del cambiamento strutturale del modo di vivere degli americani,
non per libera scelta, ma per ne-cessità: «Non possiamo continuare ad andare
avanti in cicli senza fine di bolle e di esplosioni di bolle. Non possiamo
continuare a basare la nostra economia sulla speculazione a rotta di collo o
spendendo ben al di là dei nostri mezzi; o su cattive valutazioni del credito e
prezzi delle case inflazionati e banche esposte a leve multiple e insostenibili.
Questa crisi ci insegna che questo tipo di attività,
questo atteggiamento non sono i modi migliori per raggiungere una crescita
duratura del nostro patrimonio. Si tratta piuttosto di una illusione di
prosperità che alla fine danneggia tutti». Obama ha chiesto agli industriali di
aiutarlo a costruire le nuove fondamenta «per il ventunesimo secolo attraverso
investimenti strutturali, ponti, strade; attraverso una rivoluzione
nell'ambiente. Cose che restano - ha concluso - per non vederle sciogliersi
come la neve al sole». NUOVE FONDAMENTA Obama agli industriali: «è finita
l'economia basata sulle speculazioni, servono investimenti in infrastrutture e
ambiente» Insieme contro la crisi. Il ministro de
Tesoro Tim Geithner (a sinistra) e il presidente della Fed Ben Bernanke REUTERS
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
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Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-13 - pag: 6 autore: La squadra della Casa
Bianca. Contrasti tra le figure di punta Le strade divergenti di Geithner e
Summers Mario Margiocco P artiti insieme per un faticoso viaggio, Timothy
Geithner e Larry Summers difficilmente arriveranno insieme. Mentre il più
giovane (47 anni) ministro del Tesoro è sulla graticola, oggetto di pesanti
sketch tv che lo dipingono come un disperato a caccia di idee, il più anziano
Summers (54 anni) direttore del National Economic Council, primo consigliere
economico del presidente quindi, cerca di differenziarsi e, cosa per lui contro
natura, ha rarefatto le uscite pubbliche negli Stati Uniti. Sul Financial Times
due giornalisti (uno è il suo ex speechwriter di quando era ministro del Tesoro
di Clinton, dal '99 al
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-13 - pag: 8 autore: Politiche monetarie.
Intervento sulla valuta per scongiurare nuovi apprezzamenti sull'euro La
Svizzera frena il franco La Banca centrale taglia i tassi allo 0,25% e acquista
bond privati Riccardo Sorrentino Dopo i tassi, il cambio. La Banca nazionale
svizzera ( Bns) ha preso una strada nuova: ha portato i tassiai minimi,ha
annunciato l'acquisto di bond privati. Soprattutto, ha deciso di intervenire
sul franco, una novità quasi assoluta. La mossa è aggressiva e complessa. Sul
costo del denaro, l'obiettivo è di portare il Libor a tre mesi allo 0,25%,
dallo 0,5, tenendolo in un corridoio compreso tra quota zero e lo 0,75% (prima
era tra lo 0 e l'1%). Questo taglio sarà effettuato anche attraverso il
quantitative easing, l'ampliamento del bilancio della Bns, già aumentato del
75% tra gennaio 2008 e gennaio 2009. La Bns acquisterà quindi titoli in franchi
svizzeri, ma non quelli pubblici come fa la Banca d'Inghilterra o come potrebbe
presto fare la Fed (e, forse, la Bce), ma quelli delle aziende private, come
avviene in Giappone. Alle aziende di credito saranno poi offerti fondi allo
0,05%, con scadenze comprese fra tre e dodici mesi. La novità vera è
l'intervento sul cambio. La Bns si è limitata a dire che vuole «evitare
ulteriori apprezzamenti sull'euro». Per il mercato, e per gli analisti, Zurigo
tenterà anche di far calare il franco, che ieri è infatti scivolato
bruscamente. Non sarebbe stato però saggio annunciare una svalutazione senza
rischiare di essere imitata, in una corsa verso la catastrofe, da altri Paesi.
Con il controllo del cambio la Bns vuole evitare la deflazione: solo con le
misure prese ieri, ha spiegato, i prezzi potranno restare fermi, in media, per
due anni, dopo una fase in territorio negativo nel 2009. La Svizzera è una
piccola economia molto aperta, le sue esportazioni sono pari al 57% del Pil, e
il canale valutario è molto importante: ogni apprezzamento del cambio
"simula" un rialzo dei tassi, qui più che altrove, e - al contrario
per esempio di sterlina e corona svedese, in forte calo - il franco nelle
ultime settimane ha guadagnato terreno. La scelta di Zurigo ha sorpreso tutti,
anche se la Bns aveva annunciato a gennaio la possibilità di interventi sulla
valuta, un'opzione adottata da anni a Singapore e ora presa in considerazione
da altri. Alla Riksbank di Stoccolma, il vice governatore Lars E.O. Svensson-
uno dei padri della moderna politica monetaria - ha proposto, con grande
prudenza alla riunione del 25 febbraio, qualcosa di simile come strumento
estremo ma infallibile - «a prova di stupido », sono le parole ufficiali - per
evitare la trappola della liquidità: abbandonare momentaneamen-te l'obiettivo
di inflazione, puntare a un predeterminato, e annunciato, livello dei prezzi, e
deprezzare la valuta mantenendola temporaneamente a un livello fisso. Svensson
ha subito detto che la mossa non è necessaria - e infatti non è stata adottata
- ma che è bene averla a disposizione. Il problema della scelta svizzera sono
le sue ricadute internazionali: aiuta Polonia e Ungheria, molto esposte in
franchi, ma pone un rischio al sistema globale. Altri Paesi ora potrebbero
svalutare il cambio, scatenando un beggarmy- neighbour ("rubamazzo"),
una competizione che danneggerebbe tutti. Sarebbe il peggio
del peggio del protezionismo. riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com apagina44 L'oro si rafforza
MANOVRA AGGRESSIVA La mossa punta a evitare il pericolo deflazione ma potrebbe
spingere altri Paesi a imitarla avviando una corsa alla svalutazione l'articolo
prosegue in altra pagina
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
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Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-13 - pag: 8 autore: Il colosso dei pneumatici
vuole chiudere un impianto in Francia Sarkozy chiede alla Merkel di bloccare i
tagli Continental FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Anche quando sono
d'accordo su molti temi cruciali sul tappeto, a cominciare
dalla necessità di privilegiare regole finanziarie ad aiuti economici, Francia
e Germania non mancano di mostrare piccole incomprensioni. Ieri l'occasione è
stata data dalla chiusura di una fabbrica del produttore tedesco di pneumatici
Continental a Clairoix, nell'Oise francese. La decisione, annunciata
ufficialmente due giorni fa nel quadro di un piano di ristrutturazione,
è stata accolta malissimo da Parigi. Il sottosegretario al Lavoro, Laurent
Wauquiez, ha accusato la società tedesca di non aver rispettato le regole
nell'informare i dipendenti della scelta. Da Berlino, dov'era per un vertice
con il cancelliere Angela Merkel, il presidente Nicolas Sarkozy non è stato da
meno: «Capiamo i problemi di Continental, ma chiediamo prima di tutto che le
promesse fatte a novembre siano rispettate e che le regole siano applicate».
Alla fine del 2008, il direttore dell'impianto di Clairoix, che dà lavoro a
1.200 persone e dovrebbe essere chiuso entro marzo 2010, aveva negato l'ipotesi
chiusura. Ieri è stato accolto dai lavoratori con il lancio di uova. «Credo di
capire - ha aggiunto Sarkozy - che Continental è pronta a raddoppiare gli aiuti
alla riconversione della fabbrica. è un primo passo in avanti». Per concludere,
il presidente francese ha precisato: «Ho detto al cancelliere che saremo molto
vigili: primo di tutto al rispetto delle regole e poi al rispetto delle
promesse». Alle prese con la difficile fusione-integrazione con Schaeffler,
Continental deve ridurre la capacità produttiva in un momento di fortissimo
rallentamento della domanda. Dal canto suo la Merkel ha tentato di calmare le
acque: «Parleremo con la società per capire se vi sono promesse che non sono
state mantenute. Dobbiamo però notare che il piano non prevede di chiudere solo
una fabbrica in Francia. Anche la Germania è colpita ». Il riferimento è allo
stabilimento di Hannover, destinato alla chiusura. La crisi
globale crea incomprensioni tra i Paesi dell'Unione, mettendo in pericolo il
mercato unico. D'altro canto, mentre l'integrazione economica è forte, la
politica rimane nazionale: ieri i sindacati in Francia hanno attaccato
Continental. In passato proprio alcune misure economiche francesi, di aiuto al
settore automobilistico, avevano provocato reazioni negative in Germania. Detto
ciò, ieri i due partner hanno mostrato unità su altri temi, in particolare in
opposizione alle tesi americane: la necessità di nuove regole finanziarie da
approvare al G-20 del 2 aprile; l'opportunità di evitare nuovi stimoli
economici; l'ipotesi di introdurre eventuali sanzioni contro i paradisi fiscali
che non rispettassero gli accordi internazionali. B.R. PARIGI IN PRESSING
L'Eliseo: saremo molto vigili sul rispetto delle regole, così come delle
promesse fatte dalla multinazionale a novembre dell'anno scorso Vertice a
Berlino. il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier tedesco Angela
Merkel ANSA
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-13 - pag: 11 autore: Stati Uniti. Washington
spinge sulla cooperazione economica e militare, ma chiede il dialogo con Lhasa
Obama alla Cina: diritti da tutelare Tibet al centro dell'incontro con il
ministro degli Esteri di Pechino Eliana Di Caro «I diritti umani sono
essenziali » nella politica estera degli Stati Uniti, che si augurano
«progressi nel dialogo tra il Governo cinese e i rappresentanti del Dalai
Lama». Il presidente americano Barack Obama lo ha ribadito ieri al ministro
degli Esteri di Pechino Jang Jiechi in un lungo incontro alla Casa Bianca, dal
quale è emersa la volontà di costruire «rapporti positivi e costruttivi » tra i
due Paesi. Nel colloquio sono stati affrontati diversi temi, dalla crisi
economico-finanziaria ai
dossier nordcoreano e afghano fino all'emergenza in Darfur, ma si è parlato
anche delle relazioni spesso non semplici tra Washington e Pechino. Obama ha
sottolineato la necessità di «rafforzare il dialogo militare » per evitare
incidenti simili a quello che si è verificato martedì scorso nel Mar cinese
meridionale, quando cinque imbarcazioni cinesi hanno accerchiato la nave
americana Impeccable ostacolandone le manovre. Un episodio cui era seguito un
duro botta e risposta tra i due Governi e che rischia di avere degli
strascichi: il Pentagono ha annunciato che le unità di sorveglianza della
Marina scorteranno le navi quando opereranno in quelle acque. Una stretta
cooperazione, hanno concordato Obama e Jiechi, va perseguita anche sul fronte
economico: le «due economie più importanti del mondo » devono lavorare «a
stretto contatto e con urgenza per stabilizzare l'economia mondiale, stimolando
la domanda e riattivando il flusso di credito sui mercati». L'incontro è
arrivato all'indomani di giorni non facili per i rapporti sino-americani. Nelle
ultime tre settimane si sono susseguiti episodi che hanno provocato imbarazzo o
netta contrapposizione tra i due Paesi. Il più eclatante è stato appunto quello
dell'incidente nel Mar cinese, con la Casa Bianca che ha reagito con proteste
formali, definendo l'accaduto «il più grave incidente diplomatico dal 2001 », e
il Governo di Wen che ha replicato con altrettanta durezza, contestando la
violazione delle leggi internazionali. Pochi giorni prima era stata la volta
del capitolo diritti umani. Hillary Clinton (al fianco di Obama, ieri,
nell'Ufficio Ovale), nella sua visita in Cina il 20 febbraio aveva
esplicitamente ridimensionato la questione, dichiarando che «il dibattito sui
diritti umani non può compromettere il dialogo tra Pechino e Washington». Una
settimana dopo, però, il Rapporto annuale sul tema diffuso dal Dipartimento di
Stato Usa ha suscitato imbarazzo: il Governo del gigante asiatico è stato
accusato di pesanti violazioni, dalla repressione delle minoranze etniche alla
detenzione dei dissidenti politici, fino alla mancata libertà di stampa. La
risposta secca di Pechino non si è fatta attendere: gli Stati Uniti devono
smetterla di interferire nelle vicende cinesi, e pensare piuttosto ai loro
problemi, in materia di diritti umani. Ieri Obama ha puntualizzato in maniera
definitiva la posizione americana, esprimendo ad esempio «profonda
preoccupazione » per la situazione umanitaria in Darfur e per la decisione del
Governo di Khartoum di espellere le maggiori organizzazioni non governative che
hanno provveduto a prestare assistenza alla popolazione. Quanto al Tibet, come
si diceva chiamato in causa dallo stesso presidente americano, proprio l'altro
ieri la Camera dei deputati statunitense aveva approvato una risoluzione a
sostegno della regione, nel 50esimo anniversario della rivoluzione contro la
presenza cinese. Nel testo viene chiesto di «riconoscere la disperazione del
popolo tibetano» e di fare «uno sforzo multilaterale per arrivare a una
soluzione duratura e pacifica». Pechino non ha fatto passare sotto silenzio
l'iniziativa. Il portavoce del ministro degli Esteri Ma Zhaoxu ha annuncia-to
una protesta formale, lamentando «il profondo malcontento del Governo e del
popolo della Cina». E lo stesso Jiechi, prima dell'incontro alla Casa Bianca,
in un discorso pronunciato al Center for Strategic and International Studies ha
dichiarato che «il Tibet è parte inalienabile della Cina» e che «le questioni
tibetane sono esclusivamente questioni interne cinesi».
eliana.dicaro@ilsole24ore.com SEGNALI CONTRASTANTI Ma Yang chiede agli Usa di
non interferire E dopo gli incidenti navali il Pentagono annuncia la scorta di
cacciatorpedinieri Michelle a Fort Bragg. La First Lady ha visitato ieri la
scuola per i figli dei militari nella base del North Carolina REUTERS
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-13 - pag: 12 autore: Chi ha
l'industria riparte meglio Pubblichiamo un ampio stralcio dell'intervento di
Romano Prodi, fatto ieri a Barcellona, in occasione della cerimonia
d'investitura a membro della Real Academia de Ciencias EconÓmicas y Financieras
de EspaÑa. di Romano Prodi I l processo di deindustrializzazione e di
terziarizzazione dell'economia è stato nella maggior parte dei casi
interpretato come un passaggio naturale, identico nelle cause e nelle
conseguenze a quello che si era manifestato con l'abbandono dell'agricoltura
nelle generazioni precedenti. Gli indici del processo di terziarizzazione della
società sono stati perciò considerati la misura e il segnale del progresso di
tutti i Paesi a elevato livello di reddito. Più elevato era il tasso di
terziarizzazione dell'economia di un Paese, più forte appariva il suo sistema
economico. Tuttavia, se è valida l'affermazione che non vi è un'industria
efficiente se non è supportata da un moderno settore terziario, è altrettanto
valida l'affermazione opposta che, almeno in un grande Paese, non vi può essere
nel lungo periodo un terziario prospero se non è sorretto e affiancato da una
forte industria manifatturiera. Entrambe queste affermazioni sono compatibili
con la continua diminuzione degli addetti all'industria, dato che nel comparto
produttivo l'automazione gioca un ruolo ormai dominante. Il continuo aumento
degli addetti al terziario è inoltre in parte esaltato dal fatto che la moderna
organizzazione aziendale tende a decentrare all'esterno dell'impresa una parte
sempre crescente del processo produttivo. Non solo servizi di pulizia,
ristorazione e manutenzione, ma funzioni aziendali essenziali come la
progettazione o la stessa contabilità. L'attività industriale cambia i suoi
connotati nel tempo, mentre la medesima flessibilità non può evidentemente
esistere nelle regole dei censimenti. Questo aspetto tecnico tende naturalmente
ad accentuare ulteriormente, dal punto di vista statistico, il processo di
deindustrializzazione, attribuendo al terziario addetti e fatturati che, in
precedenza, venivano invece attribuiti all'industria. Anche tenendo conto di
queste necessarie correzioni, si deve tuttavia convenire che il calo del peso
dell'industria negli Stati Uniti e in alcuni grandi Paesi europei ha superato
ogni previsione e, a mio parere, anche molte logiche di convenienza economica.
Per svolgere questo ragionamento prendo come esempio la Gran Bretagna, Paese
che è stato il protagonista e il simbolo della rivoluzione industriale. Non può
non destare stupore constatare che oggi operano nell'industria britannica circa
3 milioni di addetti, mentre più di 6 milioni sono attivi nei servizi legati
alla banca e alla finanza. Un dato quasi incredibile, se si pensa che
all'inizio degli anni 80 il rapporto era esattamente inverso, con 3 milioni impiegati nel settore finanziario e 7 milioni
nell'industria. In meno di una generazione e con un consenso quasi unanime si è
compiuta una trasformazione che, per rapidità e ampiezza, non ha avuto
confronti nemmeno ai tempi della prima rivoluzione industriale. Ancora più
sorprendente, nel sottolineare la marginalità dell'industria nel sistema
economico britannico, è constatare che il valore aggiunto dell'industria
è pari al 12,6% del valore aggiunto dell'intera economia. Non dissimili sono i
dati della Francia e degli Stati Uniti. Esaminando l'industria europea (si veda
la tabella) si arriva al sorprendente risultato che essa si è sempre di più
concentrata in una specie di cilindro che dal Nord Europa (ma soprattutto dalla
Germania) scende fino a metà dell'Italia e lì si ferma. I grandi Paesi a Ovest
di questo cilindro, segnatamente Francia e Regno Unito, pur possedendo campioni
nazionali di grandissimo rilievo mondiale e di assoluta efficienza tecnologica,
non hanno tuttavia unadiffusione dell'industria paragonabile a quella di
Germania e Italia. Germania e Italia, inoltre, presentano nel 2007 non solo il
più alto valore aggiunto totale nel settore manifatturiero (rispettivamente 519
e 251 miliardi di euro) ma anche il più alto valore aggiunto procapite. Anche
questo dato merita ampia riflessione e studi più approfonditi perché
sembrerebbe dimostrare che una più diffusa presenza dell'industria garantisce
più elevati livelli di produttività e che quindi può diventare pericoloso
scendere al di sotto di certi limiti. Anche se non è certo facile definire
qua-lisianoquestilimiti,
credochesianecessa-riodisporredistudipreliminariperelabo-rare una seria
politica industriale. Mipre-meinfattimaggiormenteritornareariflet-tere sulle
diversità della presenza
dell'in-dustriainPaesieuropeiconunlivellosimi-lediredditoedisofisticazionedellasocie-tà.
Parlo soprattutto del più alto tasso di presenza industriale della Germania, ma
lo stesso discorso vale per l'Italia del Centro- Nord e per alcune aree ad esse
vicine (e,al di fuori dell'Europa,per il Giappone). In Germania (e in Giappone)
l'importanza dell'industria manifatturiera si colloca in un ordine quantitativo
non lontano dal doppio di quello britannico, franceseo americano. Economisti,
storici e sociologi si sono naturalmente affannati per spiegare queste
differenze e io stesso vi ho dedicato una certa attenzione, forse esagerando ma
forse no, nell'attribuire importanza primaria all'istruzione tecnica. In questa
sede voglio limitarmi a sottolineare alcune conseguenze non trascurabili
sull'economia del Paese ( e soprattutto sulla bilancia commerciale) di una
presenza industriale particolarmente intensa. Le conclusioni mi sembrano
abbastanza evidenti: tutti i Paesi con un alto indice di presenza industriale
mostrano una bilancia commerciale molto più favorevole rispetto ai Paesi che
più velocemente hanno proceduto verso un processo di deindustrializzazione,
qualsiasi sia la dimensione del mercato e del grado di specializzazione
settoriale. Prendendo come campione gli ultimi dodici mesi ( si veda
l'Economist, «Economic and Financial Indicators » del 21 febbraio 2009) la
bilancia commerciale degli Stati Uniti ha un passivo di 821 miliardi di dollari,
la Gran Bretagna di 173, la Francia di 80 miliardi, e la Spagna di 149. La
Germania presenta invece un attivo di 264 miliardi e il Giappone di 36, mentre
l'Italia presenta un modesto passivo di 17 miliardi, pur essendo importatrice
della quasi totalità del proprio fabbisogno energetico. Si tratta naturalmente
di un quadro limitato alla bilancia commerciale. Esso non tiene evidentemente
conto dei movimenti dei capitali e di tutte le altre voci che formano il totale
della bilancia dei pagamenti. Se ritorniamo per un attimo alla bilancia
commerciale e la depuriamo dalla bolletta energetica, troviamo che nel
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-13 - pag: 13 autore: Cinema, tre dimensioni
per il rilancio A Hollywood 30 film in lavorazione, ma crescono i costi e
mancano le sale di Marco Magrini L' avvento del sonoro (lasciamo stare che i
primi esperimenti risalgono a Edison) è la prima rivoluzione del cinema,
cominciata negli anni 20, nel generale sollievo per la fine della Prima guerra.
Il colore (lasciamo stare che nel '39 Via col vento era in Technicolor) è la
seconda rivoluzione, esplosa a metà anni 50, nel bel mezzo del boom economico.
Il cinema a tre dimensioni (lasciamo stare i folcloristici occhialini di una
volta) è la terza rivoluzione, attesa in questo 2009, nel pieno della più grave
crisi economica e finanziaria
dell'ultimo mezzo secolo. L'ultimo dilemma di Hollywood, potrebbe essere
riassunto così. Esattamente fra due settimane, il 27 marzo, debutta nella sale
cinematografiche americane Monsters vs. Aliens, il nuovo film della Dreamworks
Animation – la casa dell'orco Shrek –che darà l'ultimo tocco di modernità
all'invenzione dei fratelli Lumière:è il primo film interamente pensato e
girato in tre dimensioni. Certo, House of wax, il primo film in 3-D di qualche
successo, risale al 1953. Negli anni 70 ce ne sono stati altri. Ma quella di
oggi è tutta un'altra storia: gli occhiali per la visione tridimensionale sono
normali, non più con una lente rossa e una verde. La definizione del 3-D
moderno, grazie ai proiettori digitali, è straordinaria. E da spettatori
(abbiamo visto un'anteprima di 20 minuti della nuova opera Dreamworks) è
un'esperienza decisamente più coinvolgente. Un solo film non fa una
rivoluzione. Ma gli studios hanno almeno 30 film tridimensionali in
preparazione. A maggio (ma il 28 ottobre in Italia) esce Up, il primo 3-D di
Pixar-Disney, cui seguirà presto la terza puntata di Toy Story. Il vero evento
dell'anno però, potrebbe essere Avatar di James Cameron, col quale la Fox spera
di ripetere il trionfale successo di Titanic. Non è un lavoro di animazione, ma
un lungometraggio di fantascienza con attori veri ( e computerizzati), girato
direttamente in 3- D. E il calendario futuro, è già affollato. Peter Jackson,
il pluripremiato regista del Signore degli Anelli, sta preparando Tintin (il
protagonista dell'omonimo fumetto belga degli anni 30) in 3-D. Robert Zemeckis,
il papà di Forrest Gump, si sta invece cimentando con Canto di Natale di
Charles Dickens. Chi più ne ha, più ne metta. è ovvio che le case di produzione
vedano nella terza rivoluzione del cinema una grandiosa opportunità per
rinvigorire il loro business. Non che stia andando malissimo: fra gadget e Dvd
(anche se esposti alla falla della pirateria), negli ultimi anni le major sono
riuscite a tenere in alto i cuori e i bilanci. Ma il vecchio core business – la
vendita di biglietti al botteghino – langue. Nel
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-13 - pag: 15 autore: Università.
Gelmini: il regolamento sarà presentato al Cdm «Pronta l'Agenzia di
valutazione» ROMA Approfittare della crisi economica e
dei tagli all'orizzonte per varare il Ddl di riforma del sistema universitario.
Di cui faranno parte valutazione, reclutamento, dottorati di ricerca,
governance. Ma non l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Ad
annunciarlo è stato ieri il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini intervenendo
al convegno " Concorrenza e merito nelle università" organizzato a
Roma dall'autorità Antitrust in collaborazione con l'ateneo di "Tor
Vergata". Dando ormai per acquisiti i «tagli lineari
della finanziaria» il
titolare di Viale Trastevere ha invitato tutte le parti in campoa fare uno
sforzo in più «per cambiare alcuni meccanismi e colmare gap accumulati negli
anni ». Senza di esso, ha spiegato, «anche avere più risorse sarebbe
insufficiente per migliorare la nostra università». Nel ravvisare un «clima
sereno per il confronto » il ministro ha poi elencato i temi in agenda su cui
«trovare soluzioni condivise». In cima alla lista la valutazione. Qui l'idea è
di modificare l'Anvur voluta dall'allora ministro Fabio Mussi. Pur non essendo
intenzionata a «disperdere» il lavoro del suo predecessore la Gelmini ha
sottolineato come «questa agenzia debba ragionare in termini di obiettivi
valutando i risultati e non burocratizzare i processi». Annunciando quindi che
«in pochissime settimane» sarà presentato il provvedimento che la ridisegna e
il regolamento. Più imminente la decisione sui concorsi che arriverà «entro una
settimana » e sulla distribuzione dei 550 milioni in base al merito. Secondo il
ministro, di tutti gli altri argomenti allo studio, di cui fa parte «la riforma
del reclutamento che non è più rinviabile e dei dottorati di ricerca che devono
essere spendibili sul mercato e garantire le aspettative dei giovani», quello
più «delicato» riguarderà la governance degli atenei. A tal proposito la Gelmini
ha dichiarato di apprezzare«l'apertura riformista della Crui» e si è detta
pronta ad «accogliere la proposta di chi ha qualcosa da dire». Almeno per ora,
niente da fare invece sull'abolizione del valore legale del titolo di studio.
«Non chiedetemi di partire» da lì «per non svegliare la pantera che dorme», è
stato il commento del responsabile dell'Istruzione. Ma è una frenata che non è
piaciuta alla Lega. In occasione della conversione alla Camera del Dl Gelmini
sull'università, proprio il Carroccio si era visto approvare un ordine del
giorno, a prima firma Paolo Grimoldi, che impegnava il Governo ad abolirlo.
Ritenendo «fondamentale per la meritocrazia» tale misura, lo stesso Grimoldi ha
garantito ieri che «se il ministro, forse sotto la spinta delle solite lobby,
ritiene di rallentare sarà la Lega come gruppo ad accelerare». Eu. B.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-13 - pag: 20 autore: Editoria. La
pubblicazione da oggi in edicola Su «Business» l'analisi degli economisti di
Eiu Il prezzo del greggio per tutto il 2009 «dovrebbe attestarsi sui 35 dollari
al barile, rispetto ai 65 precedentemente ipotizzati, per poi raggiungere i 50
dollari nel
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-13 - pag: 22 autore: Crisi di
liquidità per il distretto medicale alle porte di Milano Rischio insolvenza per
Nerviano Daniele Lepido MILANO è considerato in Europa un centro d'eccellenza
nella lotta ai tumori, ma rischia di finire in default per mancanza di
liquidità. La crisi finanziaria colpisce anche il Nerviano Medical Sciences, il polo di ricerca
alle porte di Milano controllato interamente dai Figli dell'Immacolata Concezione,
un ente di diritto vaticano con sede nella Capitale. Un problema di bilancio e
non certo "industriale", visto che la struttura presieduta da Umberto
Rosa, con i suoi 650 ricercatori, ha macinato dalla sua fondazione nel
2004, come spin-off di Pfizer, diversi successi. Primo fra tutti la messa a
punto di molecole come il Danusertib, un inibitore di aurora, una proteina che
ha un ruolo chiave nello sviluppo del cancro. L'11 febbraio l'azienda ha
convocato Rsu e sindacati regionali avvertendo i dipendenti di avere in cassa
disponibilità fino ad aprile. Il 5 marzo una rappresentanza del Medical
Sciences si è fatta avanti presso la quarta commissione Attività produttive del
Consiglio regionale della Lombardia, per sollevare il problema anche al
Pirellone.E infine l'incontro settimana scorsa con don Raffaele Ciccone,
responsabile della pastorale sociale e del lavoro di Milano. Dal punto di vista
societario il gruppo oggi è diviso in quattro unità: la ricerca oncologica
verae propria, che è di fatto l'attività in perdita con un passivo di 65
milioni di euro, l'unità di preclinica Accelera e PharmaScience, che produce
farmaci iniettabili (entrambi in pareggio) e infine la Simis, l'immobiliare del
gruppo che possiede asset per 130 milioni. Negli ultimi quattro anni sarebbero
stati spesi 245 milioni lasciati da Pfizer, più 120 milioni di prestito misto
concesso da Unicredit ( 60 milioni di mutuo ipotecario e altri 60 anticipati
sempre dalla banca, dietro sovvenzionamento del ministero della Ricerca). «La
società rischia in questo momento una grave crisi –
spiega Umberto Rosa, il presidente del centro – ed è assurdo perché abbiamo
tutta una serie di farmaci in fase 2, sperimentabili sull'uomo, che promettono
molto bene». L'azionista, cioè la congregazione vaticana, aveva deliberato il 9
maggio del 2008 un aumento di capitale da 70 milioni di euro da realizzare come
termine ultimo il 9 maggio 2010. Di questa cifra, sono stati messi nelle casse
"solo" 5 milioni a gennaio. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore
sarebbe stato dato mandato alla banca Rothschild di cercare possibile partner
internazionali, con questo obiettivo: trasformare le quattro unità operative in
società vere e proprie alle quali affiancare un socio forte, e trasformare il Nerviano
Medical Sciences in una holding di partecipazione.
daniele.lepido@ilsole24ore.com CAVALIERI BIANCHI L'azienda ha dato mandato alla
banca Rothschild per cercare partner esteri Si teme per il posto di lavoro dei
650 addetti del centro
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-13 - pag: 24 autore: Infrastrutture.
Il ministro accelera l'apertura dei cantieri dell'autostrada
Rosignano-Civitavecchia Matteoli: Tirrenica al via nel 2009
Resta il nodo della copertura finanziaria - Forse in campo Cdp o Bei Silvia Pieraccini GROSSETO
L'autostrada A12 LivornoCivitavecchia fa un passo avanti importante verso
l'apertura dei cantieri,dopo l'approvazione (con prescrizioni) del progetto
preliminare da parte del Cipe avvenuta nel dicembre scorso. Mercoledì
Anas e la concessionaria Sat (gruppo Autostrade- Atlantia) hanno firmato lo
schema di convenzione che disciplina il completamento dell'opera-
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-03-13 - pag: 29 autore: Riscossione
Anagrafe finanziaria aperta agli agenti Agenzia delle Entrate ed Equitalia
rafforzano le sinergie per l'utilizzo dell'anagrafe dei conti correnti e dei
rapporti finanziari. Lo fanno attraverso una convenzione di durata triennale,
firmata il 2 marzo scorso, che permetterà a 250 agenti della riscossione di
accedere alla speciale sezione dell'anagrafe tributaria. L'archivio potrà
essere usato limitatamente ai fini della riscossione mediante ruolo e previa
autorizzazione rilasciata dai direttori generali alla luce di quanto previsto
dalla legge 248 del 2006 (articolo 35, comma 25). Per garantire un uso
legittimo dei dati raccolti e che il loro trattamento sia conferme alla normativa
sulla privacy, le procedure d'accesso al database dei rapporti finanziari
saranno sottoposte a uno stretto controllo telematico e saranno sempre
tracciabili. L'Agenzia renderà infatti disponibili i dati contenuti
nell'archivio che si potranno ottenere interrogando il sistema solo grazie a
specifiche credenziali di autenticazione " personali". Ciascun
operatore quindi avrà la propria password. In ogni caso, Equitalia Spa si
riserva la facoltà di effettuare controlli anche a campione presso gli agenti della
riscossione per verificare il rispetto della convenzione e del Codice in
materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003).
E si impegna a riferirne all'Agenzia segnalando le eventuali criticità
riscontrate. Le informazioni acquisite dovranno essere conservate – precisa
l'articolo 10, comma 6 della convenzione – per il tempo strettamente necessario
allo svolgimento delle funzioni di riscossione. Inoltre, «gli agenti dovranno
assicurare che non si verifichino accessi, divulgazioni, comunicazioni,
cessioni a terzi, né in alcun modo riproduzione dei dati nei casi diversi da
quelli previsti dalla legge». Non è consentita, in particolare, «la
riproduzione delle informazioni acquisite in altre applicazioni informatiche o
banche dati». L'agenzia delle Entrate provvederà a formare gli agenti di
Equitalia Spa e delle società da essa partecipate che gestiscono sul territorio
l'attività di riscossione a mezzo ruolo.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-03-13 - pag: 31 autore: La risposta.
Confermata anche la centralità del collegio sindacale L'Albo risponde con un
decalogo TORINO Un decalogo da sottoporre al presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi, all'insegna della semplificazione. Cui fa da contrappunto un
undicesimo elemento – a lungo dibattuto nella tavola rotonda pomeridiana di
ieri – cioè la salvaguardia del collegio sindacale come organo di sorveglianza
preventivo. Il documento del Consiglio nazionale comprende proposte sulla
semplificazione quali il ruolo dei commercialisti nelle perizie sui beni per le
separazioni consensuali e giudiziali tra coniugi; formalità sui trasferimenti
di aziende e beni mobili registrati; archiviazione elettronica; scomputo delle
ritenute da parte delle associazioni tra professionistie in caso di omessa
certificazione del sostituto; qualifica di sostituto di imposta per il curatore
fallimentare;periodicità di presentazione della comunicazione delle
dichiarazioni di intento ricevute per la disapplicazione dell'Iva agli
esportatori abituali; documentazione per la deducibilità di vitto e alloggio
dei professionisti e formalità per la levata del protesto e degli assegni
cambiari. Ma –soprattutto in tempi di crisi – è la
tutela del collegio sindacale l'undicesima priorità. Lo ha riconosciuto come
«modello interessante » anche il premio Nobel per l'Economia,Joseph Stiglitz,intervistato
da Claudio Siciliotti, sottolineando che anche al sistema statunitense
occorrerebbe «a monte un campanello d'allarme ». Si è detto d'accordo Luigi
Casero,sottosegretario all'Economia, secondo cui «l'impegno dell'Esecutivo è di
adottare – per metà anno – la direttiva Ue sulla revisione in maniera conforme
all'impianto italiano». Gli economisti Stefano Fassina (consigliere economico
del Pd) e Marco Onado hanno invece evidenziato le criticità non solo
finanziarie dell'attuale congiuntura.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 38 autore: Retail. Più
ricavi ma meno profitti per il gruppo di ristorazione Benetton rinuncia alla
cedola Autogrill Simone Filippetti La famiglia Benetton rinuncia ai dividendi.
Seguendo le orme degli Agnelli e dei Merloni, che hanno deciso di non far
distribuire le cedole alle proprie aziende, un'altra famiglia del capitalismo
ha scelto di lasciare in casa gli utili prodotti. In questo caso l'azienda è
Autogrill, di proprietà del gruppo di Ponzano Veneto, che quest'anno lascerà
all'asciutto gli azionisti, l'ultima volta era successo nel 2003. Il colosso
mondiale della ristorazione concessioni aeroportuali (presente in oltre 20
Paesi del mondo) è già la settima «blue chip» di Piazza Affari a rinunciare
alla cedola: hanno iniziato le due principali banche del Paese ( Intesa
Sanpaolo e UniCredit), poi è toccato all'industria (con Fiat e Indesit) e al
mondo dell'editoria ( Espresso e Seat). Ora al largo consumo (con Luxottica e
la stessa Autogrill). La società l'anno scorso aveva distribuito ai suoi
azionisti 76 milioni: circa 45 erano andati nelle casse della holding
capogruppo Edizione che detiene quasi il 60% della società. La cassaforte della
famiglia Benetton (la ex Ragione Sapa che a sua volta controlla le subholding
Sintonia e Schema34) nel 2009 vedrà dunque assottigliarsi il fiume cedolare
delle partecipate: se Atlantia, (la holding che controlla Autostrade) ha
confermato la cedola, l'altra grande partecipazione della famiglia, Telecom Italia,
ha tagliato i dividendi. Recessione e crisi dei
consumi hanno colpito maggiormente il settore retail e i conti 2008 di
Autogrill hanno evidenziato un quadro economico in deterioramento: l'utile è
sceso del 22% a 123,2 milioni, ma il mercato ha apprezzato la scelta
dell'azionista di controllo di voler tenere le risorse nelle casse dell'azienda
per rafforzarla e tenere botta alla più grave crisi
economica da decenni. Ieri Autogrill è stato il miglior titolo dell'S&PMib,
segnando un balzo del 9,7% a 3,7 euro. Che il 2008 sarebbe stato difficile
Autogrill lo aveva già lasciato intendere lo scorso luglio rivedendo al ribasso
le stime sui dodici mesi. E che al giro di boa di fine anno quei numeri siano
stati confermati è un risultato soddisfacente, alla luce della tempesta
scoppiata nell'ultimo trimestre: i ricavi del gruppo sono saliti del 20% a 5,8
miliardi. Merito della maxi-acquisizione dell'inglese Wdf (World Duty Free) e
delle minoranze di Aldeasa: il segmento food&beverage, che pure è la fetta
più grossa del business (3,9 miliardi), è rimasto quasi fermo (+1,2%) mentre le
attività di duty free e spazi commerciali ha più che raddoppiato i ricavi
(+117% a 1,43 miliardi). La redditività, tuttavia, non si è mossa di pari passo
coi ricavi perché sul Mol (+7% a 601,5 milioni) hanno pesato circa 20 milioni
di costi di ristrutturazione (che hanno in parte eroso i 90 milioni di
marginalità aggiuntiva portati dalle acquisizioni). Dopo l'impegnativo shopping
su Wdf-Aldeasa (pari a quello fatto nel 1999 quando il gruppo entrò negli Usa
rilevando la HmsHost), il 2009 sarà l'anno della riduzione del debito. «Negli
ultimi anni siamo sempre cresciuti, con ritmi del 20% all'anno – ha annunciato
ieri al mercato l'ad GianMario Tondato - ora la priorità è il deleverage ». Senza
il salto dimensionale delle acquisizioni in Inghilterra e Spagna Autogrill
sarebbe rimasta al palo nel 2008 (+2,5% la performance a parità di perimetro e
addirittura negativa nel quarto trimestre), ma lo shopping ha anche appesantito
la società, il cui debito è raddoppiato passando da
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 39 autore: Industria.
Risultato netto in tenuta a 40 milioni di euro Interpump batte la crisi MILANO Interpump si prepara a cogliere opportunità sul
mercato e a crescere per linee esterne. Il gruppo ha annunciato ieri di aver
chiuso l'esercizio 2008 con un utile da 40,2 milioni (-6,5% rispetto al 2007) a
fronte di ricavi in calo dell'1,8% a 424,5 milioni. Per l'anno in corso le
previsioni sono però positive, tanto che il gruppo non esclude acquisti:
«Malgrado il perdurare della negativa congiuntura economica e le grandi
incertezze sulla sua possibile evoluzione, il gruppo ritiene di poter nel 2009
avere un andamento positivo grazie anche alla forza delle proprie posizioni
competitive e alla propria solidità patrimoniale, anche se con fatturati e
redditività probabilmente inferiori a quelli del 2008», si legge nella nota,
che precisa inoltre che il gruppo «ritiene altresì che nei prossimi mesi
possano presentarsi sul mercato interessanti opportunità di crescita esterna a
condizioni particolarmente favorevoli». Proprio per questo il consiglio di
amministrazione ha deciso di proporre alla prossima assemblea dei soci di
destinare tutto l'utile a riserve: «Tale decisione è legata sì in parte all'eccezionalità
ed alle incertezze della situazione economica, ma è soprattutto orientata
all'ulteriore sviluppo del gruppo anche attraverso acquisizioni ». Tornando al
bilancio 2008, il margine operativo lordo (Ebitda) è stato pari a 87 milioni,
pari al 20,5% delle vendite, a fronte dei 94,3 milioni del 2007 che
rappresentava il 21,8% delle vendite (- 7,7% e a parità di area di
consolidamento -8,8%). Al netto di due eventi non ricorrenti, la diminuzione
sarebbe stata del 6,6% (a parità di area di consolidamento- 7,8%). L'indebitamento finanziario netto è passato da 175 milioni al 31
dicembre
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 39 autore: Engineering.
Guadagni in progresso a 117 milioni Maire aumenta il dividendo MILANO Maire
Tecnimont conferma la politica di pay out al 30% e si prepara a distribuire una
cedola di 11 centesimi, in aumento del 57% rispetto all'anno precedente. I
risultati pre-consuntivi, approvati ieri dal cda, hanno evidenziato un utile
netto 2008 di 117 milioni (al netto degli interessi di terzi), in incremento
del 60% rispetto all'esercizio precedente. I ricavi del gruppo, attivo
nell'engineering e construction, ha visto ricavi pari a 2,463 miliardi, in
crescita del 24% rispetto all'esercizio 2007. Nel corso del 2008 il gruppo si è
aggiudicato nuovi ordini, per un totale di 2,653 miliardi, in miglioramento dai
2,573 miliardi del 2007). Il portafoglio ordini al 31 dicembre
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 39 autore: Risparmio. Pesano
le svalutazioni Profitti Banca Generali in flessione del 48% Banca Generali
dimezza l'utile e avvia l'integrazione con la controllata Bsi Italia. Il cda
dell'istituto ha esaminato ieri i conti dello scorso esercizio chiusi con un
utile netto di 7,9 milioni di euro, in calo del 48% rispetto allo scorso anno,
dopo svalutazioni di titoli per 8,1 milioni in gran parte già messe a bilancio
nel terzo trimestre 2008. All'assemblea degli azionisti verrà proposto un
dividendo di 6 centesimi per azione (rispetto a 18 centesimi dello scorso
anno). La società –ha precisato una nota –ha anche avviato un progetto di
potenziamento delle attività rivolte alla clientela privata (private banking).
Banca Bsi Italia verrà integrata in Banca Generali, con sinergie stimate in 5-6
milioni, diventando divisione completamente separata e con marchio autonomo ma
comunque collegabile al gruppo Generali. Ieri intanto, con le comunicazioni
inviate all'autorità di vigilanza spagnola dei mercati (Cnmv), si è avuta
conferma della partecipazione del gruppo Generali all'aumento di capitale
lanciato dal Banco Santander per 7,19 miliardi. Il gruppo triestino ha speso
81,7 milioni, mantenendo sostanzialmente intatta la propria partecipazione- è
stata leggermente limata da
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 41 autore: Auto. Il 2008 si
chiude con risultati record ma per il 2009 la casa di Wolfsburg prevede utili
in calo Volkswagen aumenta la cedola Cura dimagrante per i prossimi mesi:
taglio di costi e investimenti Andrea Malan WOLFSBURG. Dal nostro inviato
Volkswagen chiude un anno record e ricompensa azionisti, dipendenti e manager:
i primi con un aumento del dividendo a 1,93 euro; i secondi con un bonus
aumentato a 4.100 euro a testa; gli ultimi con un compenso quasi triplicato:
con 12,7 milioni di euro Martin Winterkorn, il numero uno del gruppo, diventa
il manager dell'auto più pagato d'Europa dopo il suo " diretto
superiore",Wendelin Wiedeking della Porsche. La connazionale Bmw, invece,
delude i mercati con un utile drasticamente ridotto
dagli oneri straordinari. Nonostante il crollo dei mercati
nell'ultima parte del 2008, Volkswagen è riuscita a migliorare - sia pure di
poco - i conti dell'anno precedente: 6,3 milioni di vetture vendute, con un
aumento dell' 1,3 per cento e un guadagno significativo di quote di mercato;
fatturato in crescita del 4,5% a 113,8 miliardi di euro; utile operativo di 6,3
miliardi (+3%) e netto a 4,7, con un ritorno sul capitale investito che ha
superato il 10 per cento. Bmw ha chiuso il 2008 con ricavi in discesa del 5% a
53,2 miliardi e un calo dei profitti operativi del 78% a 921 milioni di euro;
il gruppo di Monaco ha risentito, come detto, di quasi 2 miliardi di
accantonamenti straordinari a fronte della svalutazione di vetture usate e di
debiti in sofferenza, oneri che hanno portato in rosso i conti del quarto
trimestre. Nell'intero 2008 le vendite della casa bavarese sono scese del 4,3%;
il calo delle consegne è stato del 5,8% per il marchio Bmw, mentre quelle della
rivale Audi (gruppo Volkswagen) hanno superato per la prima volta il milione di
unità. Rolls Royce (controllata da Bmw) con un +20% su base annua ha invece
fatto meglio del -24% di Bentley (gruppo Vw). Le prospettive per il 2009? «Non
abbiamo ancora toccato il fondo», ha detto ieri Hans Dieter PÖtsch- direttore finanziario della Volkswagen- in occasione della conferenza
stampa annuale. Ad oggi «nessuno è in grado di fare previsioni su come finirà
l'anno ». Uniche indicazioni, «i profitti saranno inferiori a quelli del 2008
ma il bilancio resterà in attivo ». Non altrettanto si può dire per il primo
trimestre di quest'anno che - ha confermato PÖtsch potrebbe chiudersi in rosso.
Alla luce del deterioramento della congiuntura, l'aumento di compensi e dividendi
ha destato più di un dubbio; PÖtsch ha risposto ricordando che la quota degli
utili distribuita dell'azienda è sempre stata bassa e che in ogni caso, con 8
miliardi di liquidità netta a fine 2008, Volkswagen è meglio attrezzata delle concorrenti per affrontare la crisi; la società è tornata sui mercati finanziari all'inizio dell'anno
con un'emissione da 3,5 miliardi che ha già coperto «gran parte delle esigenze
di rifinanziamento prevedibili per il 2009». Volkswagen ha anche fattoricorso
per 2 miliardi di euro alle garanzie offerte dal Fondo pubblico per la
stabilizzazione dei mercati finanziari (Soffin). Il colosso di Wolfsburg dovrà comunque
sottoporsi quest'anno a una cura dimagrante: 2 miliardi di investimenti in meno
rispetto al 2008 e taglio dei costi di un miliardo, pur senza chiusure di
impianti. Non sono previsti licenziamenti, ma l'azienda ha già annunciato che
non rinnoverà i contratti a termine a 16mila persone. La crisi
in atto porterà a un consolidamento accelerato del settore, come afferma Sergio
Marchionne della Fiat? Winterkorn risponde con una battuta: «Fiat e Chrysler si
sono messe insieme perché ciascuna delle due non va tanto bene. Ma non basta
per migliorare i conti. Noi ci abbiamo messo vent'anni –ha proseguito il
manager – per far funzionare tutte le sinergie possibili». Winterkorn è
scettico sulle previsioni di Marchionne secondo cui nel settore resteranno solo
sei grandi gruppi, di cui due al massimo in Europa:«Vedo un grosso
consolidamento in Cina, e credo che i cinesi faranno parte dei sopravvissuti
alla fine della crisi. Ma ci sarà sicuramente più di
un gruppo europeo ». Volkswagen conta di esserci e punta decisamente a
diventare numero uno mondiale. BMW Negativi i conti dell'altro colosso tedesco:
i profitti operativi sono scesi del 78% e i ricavi si sono fermati a 53,2
miliardi (-5%) Bilancio record. Il Ceo del gruppo Volkswagen Martin Winterkorn
AFP
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 41 autore: Farmaceutica. Il
gruppo acquisirà il 44,2% che ancora non possiede nella società Usa Roche
conquista il 100% di Genentech Lino Terlizzi GINEVRA Il gigante farmaceutico
Roche ha raggiunto un accordo per l'acquisto della quota dell'americana
Genentech che ancora non controllava, ponendo così fine ad una controversia
interna che durava dall'estate scorsa. Il gruppo svizzero acquisirà il 44,2% di
Genentech per 46,8 miliardi di dollari, cifra che rappresenta l'ammontare più
elevato mai pagato da una società elvetica per un'acquisizione. Sulla base di
questa offerta, l'impresa biotecnologica californiana viene quindi va-lutata
nel suo complesso oltre 100 miliardi di dollari. Il prezzo per azione che ha
sbloccato la trattativa è di 95 dol-lari, 2 dollari in più rispetto a quanto
Roche, che da tempo possiede il 55,8% di Genentech, aveva offerto recentemente.
All'inizio di questa storia tutta interna al gruppo, l'offerta era stata di 89
dollari. Il top management di Genentech ed il comitato speciale del cda
dell'impresa l'evevano respinta. Poi,con l'acuirsi della crisi dei mercati
finanziari, l'offerta all'inizio di quest'anno era
scesa a 86,5 dollari ed era stata rivolta da Roche direttamente agli azionisti.
Nelle ultime settimane la svolta, con la ripresa dei negoziati ed il «sì» di
management e comitato, che ora consigliano agli azionisti di accettare i 95
dollari per azione, circa il 3% in più rispetto alla chiusura del titolo
a New York mercoledì sera. Il titolo Roche ieri a Zurigo ha chiuso in rialzo
dell'1,1%, a 147,1 franchi. Negli ultimi giorni vi sono state «trattative
intense e fruttuose », ha affermato il presidente del cda di Roche, Franz
Humer, il quale ha aggiunto che è intenzione del gruppo elvetico «preservare la
cultura aziendale di Genentech». L'impresa californiana, in cui Roche è
presente dal
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-13 - pag: 43 autore: Operazione con il
gruppo Projex per lo sviluppo del fotovoltaico Kerself scommette sulla Turchia
Giovanni Vegezzi MILANO Kerself sbarca in Turchia per scommettere sullo
sviluppo delle energie rinnovabili. Oggi ad Ankara Pierangelo Masselli,
presidente del gruppo emiliano attivo nella realizzazione di impianti solari,
siglerà presso il Ministero dell'Energia un accordo che darà il via ad una
joint-venture italo-turca nel campo del fotovoltaico. La nuova società, che
punta a beneficiare degli incentivi per la produzione di energia verde che
stanno per essere approvati da Ankara, sarà controllata dal gruppo italiano con
il 51%, mentre il restante 49% sarà nelle mani di Projex, una impresa privata
locale. «Siamo fra i pionieri di questo settore in Turchia» ha dichiarato il
presidente di Kerself, confermando l'interesse per un mercato che Masselli
conosce bene, visto che il suo gruppo è da tempo attivo in quest'area nel campo
dell'idraulica. «Questo paese, che dal punto di vista finanziario è più sano di
altri mercati emergenti, vuole scommettere su nuove fonti di energia –ha detto
il presidente di Kerself – l'accordo che firmeremo è molto sentito dal
Ministero dell'Energia turco ». «In più – ha continuato Masselli - bisogna dire
che in Turchia è molto apprezzata la qualità italiana». La nuova società, che
pensa di realizzare un impianto da un Megawatt entro fine giugno, costituisce
per Kerself la prima grande operazione nel fotovoltaico al di fuori dell'Italia
e dovrebbe portare al gruppo emiliano 15 milioni in più di fatturato entro fine
anno. Ma Kerself, forte della partnership stretta l'estate scorsa con i russi
di Avelar Energy, non scommette solo sulla Turchia. Il gruppo spera entro la
fine del 2009 di sbarcare in Spagna e in Grecia. «Nonostante la crisi bisogna pur continuare a lavorare » ha ribadito
Masselli evidenziando il buon andamento dell'anno appena trascorso. La società
emiliana infatti ha chiuso il 2008 con ricavi in crescita dell'87% a 202
milioni di euro, mentre per l'anno in corso mantiene l'obiettivo di raddoppiare
il fatturato. «Non è facile – ha dichiarato Masselli – ma per il 2009 ci
aspettiamo di fare quello che abbiamo detto». Per Kerself, insomma, a
prescindere dalla congiuntura economica, la scommessa sulle rinnovabili rimane
di estremo interesse: «Alla fine – sostiene Masselli – il sole è pur sempre
gratuito». LE ATTESE Grazie all'accordo i ricavi aumenteranno di 15 milioni
entro fine anno I prossimi obiettivi sono Spagna e Grecia
( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MATERIE PRIME data: 2009-03-13 - pag: 44 autore: Preziosi. Prezzi
oltre 930 $/oncia dopo la vendita di franchi da parte delle autorità elvetiche
La Svizzera ridà slancio all'oro Il metallo favorito dal doppio ruolo di bene
rifugio e di valuta Sissi Bellomo Dopo un avvio di settimana un po' fiacco,
l'oro ha ritrovato vigore, volando oltre 930 dollari l'oncia sul mercato spot
londinese.Livelli già visti –e superati – anche in tempi recentissimi, ma che a
giudizio di alcuni analisti potrebbero segnalare l'avvio di un nuovo trend
rialzista, sia pure turbato da un'alta volatilità. A innescare gli acquisti è
stata la decisione della Banca nazionale svizzera di vendere franchi, come
parte della sua strategia di sostegno dell'economia confederale (si veda il
servizio a pagina 8). Una mossa che ha destato un certo allarme: alcuni
osservatori temono infatti che si tratti solo di un primo passo, cui potrebbero
seguirne molti altri, da parte delle autorità monetarie elevetiche e non solo.
«C'è preoccupazione»,osserva John Reade, analista di Ubs, la stessa banca
(svizzera, guarda caso) che solo l'altro ieri aveva prospettato la possibilità
che l'oro salisse a 2.500 $/oz nel giro di cinque anni. «I governi stanno già
stampando molto denaro e ora potremmo essere sul punto di entrare in una fase
di svalutazioni competitive». Di qui la reazione di molti investitori, che ieri
si sono indirizzati sull'oro sia perché delusi dalle prospettive di un altro
classico bene rifugio, il franco svizzero, sia perché il metallo giallo –esso
stesso considerabile una valuta – uscirebbe vincente se le maggiori banche
centrali ingaggiassero davvero una guerra a colpi di svalutazione. A favore
dell'oro giocano anche altri fattori. A cominciare dalle difficoltà nel settore
minerario (l'output del Sud Africa, secondo produttore aurifero mondiale, è
crollato dell'8,7% in gennaio), per finire con le considerazioni di carattere
prettamente economico e finanziario. La gravità della recessione e le rovinose
performance delle Borse stanno incoraggiando gli investitori a parcheggiare il
denaro in asset considerati più tranquilli. Forse non a caso il maggiore Etf
sull'oro, l'SPDR Gold Trust, l'11 marzo è arrivo ad accumulare lingotti per
1.038,17 tonnellate: un record assoluto, che –tanto per restarein tema – lo
porta ad insidiare la Banca nazionale svizzera, al sesto posto nella classifica
mondiale dei detentori di oro con 1.040,1 tonnellate. Più controversa è la
possibilità che il dollaro possa offrire un'ulteriore spinta propulsiva
all'oro: a parte l'incertezza sul suo futuro andamento, il biglietto verde di
recente si è spesso mosso nella stessa direzione dell'oro. Comportamento
insolito, che probabilmente deriva dall'essere anch'esso un bene rifugio. Infine, ci sono dubbi anche sull'evolvere dell'inflazione: il
timore di un suo rialzo è favorevole all'oro,che offre una buona protezione.
Solo alcuni economisti, tuttavia, temono oggi un'accelerazione dei prezzi,
legata ai piani di stimolo dell'economia. Per altri lo spauracchio si chiama
deflazione.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Copiamo Brown
Aliquote più alte per i ricchi e aiuti ai poveri Il 4 aprile la grande
manifestazione a Roma Con uno slogan che dice: «Futuro sì, indietro no» Una
sfida alla crisi difendendo la democrazia ORESTE PIVETTA Sempre di crisi si
parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre il
paese reale paga licenziamenti, cassa integrazione e una grande incertezza, e
cioè paura, per il futuro. Che si vorrebbe meno tetro, meno incerto. come dirà
lo slogan della manifestazione del 4 aprile, a Roma, la Cgil in campo. Dirà lo
slogan: «Futuro sì, indietro no». Cioè andiamo avanti, cercando di uscire dalla
crisi con un paese migliore, più equo... Nel segno dell'equità, ha agitato le
acque della politica la proposta del leader del Pd, Franceschini: la tassa dei
ricchi per aiutare i poveri. Bocciata alla Camera. Partita chiusa? Lo chiediamo
a Guglielmo Epifani, leader della Cgil. «Ripeto che si tratta di una proposta
importante: in una fase transitoria chiedere un piccolo sacrificio ai redditi
più alti, per ridimensionare i problemi di chi sta peggio». Qualcosa che
assomiglia alla proposta Cgil: prelievo più forte, aliquota che sale del cinque
per cento (dal 43 al 48 per cento) per i redditi superiori ai 150mila euro. Per
due anni. Manca un dettaglio: per quali progetti? «Lo spiegheremo lunedì
prossimo. Diremo che cosa si può fare con quei soldi, un miliardo e mezzo di
gettito aggiuntivo, per sostenere la cassa integrazione, per introdurre tutele
per i precari... Vogliamo dimostrare che cosa significherebbe una misura di
quel genere, qui tanto contestata, adottata altrove, ad esempio in Gran
Bretagna. Non è un atto contro i ricchi: in questa espressione si introducono
una inutile malizia, una forzatura ideologica. Non è neppure una scelta dettata
dalla filantropia. Sarebbe una dimostrazione di cultura civile, che sarebbe
condivisa dalla maggioranza del paese. Però in questo caso non si fanno sondaggi».
Bossi, dalla maggioranza, è tra quanti sono più sensibili a queste proposte.
«Non mi stupisce. Abbiamo tanti motivi di dissenso con la Lega. Ma questo non
ci impedisce di capire che Bossi conosce i sentimenti popolari e quindi sa che
persino un governo di centrodestra non può pensare di favorire solo i ceti più
abbienti, ma deve anche ispirarsi a un principio di equità». C'è stata una
critica da sinistra: non è così che si fa, è beneficenza, bisogna far la lotta
all'evasione fiscale... «La sinistra è sempre pronta a dividersi... È ovvio che
una cosa si salda all'altra e che purtroppo la lotta all'evasione fiscale s'è
indebolita. Pochissimo si è badato ad alcuni dati, che mostrano come il saldo
finale delle entrate fiscali del 2008 indichi la crescita di una sola voce, di
una sola imposta, quella che pagano lavoratori dipendenti e pensionati. Pagano
sempre i lavoratori...». Anche con l'innalzamento dell'età pensionabile.
Sacconi ieri ha messo lo stop, ma la questione gira e rischia di diventare
davvero un grimaldello. «C'è chi sostiene che bisogna approfittare della crisi
per decidere riforme importanti. Ma non si capisce perchè si alluda solo a
riforme che peggiorano le condizioni dei lavoratori. La storia delle pensioni
per le donne del pubblico impiego a 65 anni è priva di senso e per di più
contraddice la realtà di richieste sempre più alte di pensionamenti e
prepensionamenti. Siamo all'assurdo. Altra cosa è ragionare sulla flessibilità
dell'età pensionabile, come ha proposto la Cgil. Vorrei precisare intanto che i
conti dell'Inps sono floridi e resta risolvere la questione dei lavori usuranti
e dei coefficienti». La Cgil ha posto con forza la questione della durata della
cassa integrazione, mentre Sacconi si vanta d'aver messo insieme il sistema più
evoluto, moderno, bello di protezioni sociali. «Sacconi si
incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna
stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più
quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per
molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate
per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo, si vede che la
domanda è costantemente ferma...». Sembra che l'unica ricetta anticrisi sia nel
rilanciare i consumi... «Il governo italiano, solo tra i grandi paesi, ignora
due questioni. La prima è quella ambientale: nessuna politica per il risparmio
energetico, nulla sulle fonti rinnovabili, unico passo l'accordo francese sul
nucleare per importare tecnologie arretrate, rimosso il tema delle bonifiche
industriali. La seconda: il rilancio dei servizi, sanità, scuola, trasporti,
università, ricerca per i quali l'unica misura adottata è quella del
"taglio"». Berlusconi riscopre intanto la casa... «Una proposta molto
furba, perchè parla a una parte del paese, anche a cittadini a basso reddito,
ai quali dà facoltà di alzare un sopralzo, allargare la villetta... a breve
porta un po' di soldi alle amministrazioni locali e fa lavorare uno stuolo di
professioni, geometri, architetti, aprendo la strada ai veri speculatori, che
potranno demolire, ricostruire, alzare, ampliare». Il 4 aprile la
manifestazione della Cgil. «E sarà una grande manifestazione: "futuro sì,
ma indietro no". Vuol dire che la Cgil si misura con la sfida del
cambiamento e del futuro... ». Una sfida che si può vincere? «Il governo
manifesta debolezze. Il blocco sociale che lo regge non è così compatto.
Basterebbe considerare che cosa significa per la picccola e media impresa la
sua politica». Vasco Rossi parteciperà al concerto del Primo Maggio. Per Cgil
Cisl Uil sarà l'unico appuntamento unitario? «Ringrazio Vasco Rossi, per questo
suo omaggio al mondo del lavoro. Il Primo Maggio è dedicato ai giovani e anche
le divisioni arretrano di fronte ai giovani. Da Cisl e Uil molte cose ci
dividono, a cominciare dal modello contrattuale. Con l'intesa raggiunta da Cisl
e Uil si riduce la qualità e la dimensione della contrattazione, nazionale o
decentrata. Così il sindacato è più debole». Intervista a Guglielmo Epifani
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Sempre di crisi si
parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell'ottimismo, mentre il
paese reale paga licenziamenti, cassa integrazione e una grande incertezza, e
cioè paura, per il futuro. Che si vorrebbe meno tetro, meno incerto. come dirà
lo slogan della manifestazione del 4 aprile, a Roma, la Cgil in campo. Dirà lo
slogan: «Futuro sì, indietro no». Cioè andiamo avanti, cercando di uscire dalla
crisi con un paese migliore, più equo... Nel segno dell'equità, ha agitato le
acque della politica la proposta del leader del Pd, Franceschini: la tassa dei
ricchi per aiutare i poveri. Bocciata alla Camera. Partita chiusa? Lo chiediamo
a Guglielmo Epifani, leader della Cgil. «Ripeto che si tratta di una proposta
importante: in una fase transitoria chiedere un piccolo sacrificio ai redditi
più alti, per ridimensionare i problemi di chi sta peggio». Qualcosa che
assomiglia alla proposta Cgil: prelievo più forte, aliquota che sale del cinque
per cento (dal 43 al 48 per cento) per i redditi superiori ai 150mila euro. Per
due anni. Manca un dettaglio: per quali progetti? «Lo spiegheremo lunedì
prossimo. Diremo che cosa si può fare con quei soldi, un miliardo e mezzo di
gettito aggiuntivo, per sostenere la cassa integrazione, per introdurre tutele
per i precari... Vogliamo dimostrare che cosa significherebbe una misura di
quel genere, qui tanto contestata, adottata altrove, ad esempio in Gran
Bretagna. Non è un atto contro i ricchi: in questa espressione si introducono
una inutile malizia, una forzatura ideologica. Non è neppure una scelta dettata
dalla filantropia. Sarebbe una dimostrazione di cultura civile, che sarebbe
condivisa dalla maggioranza del paese. Però in questo caso non si fanno
sondaggi». Bossi, dalla maggioranza, è tra quanti sono più sensibili a queste
proposte. «Non mi stupisce. Abbiamo tanti motivi di dissenso con la Lega. Ma
questo non ci impedisce di capire che Bossi conosce i sentimenti popolari e
quindi sa che persino un governo di centrodestra non può pensare di favorire
solo i ceti più abbienti, ma deve anche ispirarsi a un principio di equità».
C'è stata una critica da sinistra: non è così che si fa, è beneficenza, bisogna
far la lotta all'evasione fiscale... «La sinistra è sempre pronta a
dividersi... È ovvio che una cosa si salda all'altra e che purtroppo la lotta
all'evasione fiscale s'è indebolita. Pochissimo si è badato ad alcuni dati, che
mostrano come il saldo finale delle entrate fiscali del 2008 indichi la
crescita di una sola voce, di una sola imposta, quella che pagano lavoratori dipendenti
e pensionati. Pagano sempre i lavoratori...». Anche con l'innalzamento dell'età
pensionabile. Sacconi ieri ha messo lo stop, ma la questione gira e rischia di
diventare davvero un grimaldello. «C'è chi sostiene che bisogna approfittare
della crisi per decidere riforme importanti. Ma non si capisce perchè si alluda
solo a riforme che peggiorano le condizioni dei lavoratori. La storia delle
pensioni per le donne del pubblico impiego a 65 anni è priva di senso e per di
più contraddice la realtà di richieste sempre più alte di pensionamenti e
prepensionamenti. Siamo all'assurdo. Altra cosa è ragionare sulla flessibilità
dell'età pensionabile, come ha proposto la Cgil. Vorrei precisare intanto che i
conti dell'Inps sono floridi e resta risolvere la questione dei lavori usuranti
e dei coefficienti». La Cgil ha posto con forza la questione della durata della
cassa integrazione, mentre Sacconi si vanta d'aver messo insieme il sistema più
evoluto, moderno, bello di protezioni sociali. «Sacconi si
incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna
stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più
quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per
molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate
per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo, si vede che la
domanda è costantemente ferma...». Sembra che l'unica ricetta anticrisi sia nel
rilanciare i consumi... «Il governo italiano, solo tra i grandi paesi, ignora
due questioni. La prima è quella ambientale: nessuna politica per il risparmio
energetico, nulla sulle fonti rinnovabili, unico passo l'accordo francese sul
nucleare per importare tecnologie arretrate, rimosso il tema delle bonifiche
industriali. La seconda: il rilancio dei servizi, sanità, scuola, trasporti,
università, ricerca per i quali l'unica misura adottata è quella del
"taglio"». Berlusconi riscopre intanto la casa... «Una proposta molto
furba, perchè parla a una parte del paese, anche a cittadini a basso reddito,
ai quali dà facoltà di alzare un sopralzo, allargare la villetta... a breve
porta un po' di soldi alle amministrazioni locali e fa lavorare uno stuolo di
professioni, geometri, architetti, aprendo la strada ai veri speculatori, che potranno
demolire, ricostruire, alzare, ampliare». Il 4 aprile la manifestazione della
Cgil. «E sarà una grande manifestazione: "futuro sì, ma indietro no".
Vuol dire che la Cgil si misura con la sfida del cambiamento e del futuro... ».
Una sfida che si può vincere? «Il governo manifesta debolezze. Il blocco
sociale che lo regge non è così compatto. Basterebbe considerare che cosa
significa per la picccola e media impresa la sua politica». Vasco Rossi
parteciperà al concerto del Primo Maggio. Per Cgil Cisl Uil sarà l'unico
appuntamento unitario? «Ringrazio Vasco Rossi, per questo suo omaggio al mondo
del lavoro. Il Primo Maggio è dedicato ai giovani e anche le divisioni
arretrano di fronte ai giovani. Da Cisl e Uil molte cose ci dividono, a
cominciare dal modello contrattuale. Con l'intesa raggiunta da Cisl e Uil si
riduce la qualità e la dimensione della contrattazione, nazionale o decentrata.
Così il sindacato è più debole».
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Tra
le misure per fronteggiare la crisi c'è anche la
necessità di una «supervisione sulle retribuizioni» dei manager. Lo ha detto a
Londra il governatore della Banca d'Italia e presidente del Forum per la
stabiliità finanziaria Mario Draghi, al termine di una
riunione del Forum.
«Le debolezze perduranti nelle economie dei paesi avanzati e di quelli
emergenti - ha aggiunto Draghi - continuano a rendere necessarie misure
aggressive e coerenti». Il Frum per la stabilità finanziaria,
di cui fanno parte le autorità nazionali e le istanze di supervisione
internazionale più la Bce, banche centrali, ministeri dell'economia, presenterà
nei prossimi giorni una serie di rapporti con i quali farà il punto
sull'attuazione delle raccomandazioni dell'anno scorso per un corretto
funzionamento dei mercati finanziari.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
I TRIBUNALI SCOMODI
UMBERTO DE GIOVANNANGELI Da qualunque lato si consideri il tema della guerra e
del diritto, si arriva necessariamente a misurarsi con la questione dei
tribunali internazionali. Qual è la loro giurisdizione? Che autonomia hanno
effettivamente? Che possibilità hanno di rendere esecutive le sentenze che
emettono? E ancora: quella pratica è vera Giustizia o è la «vendetta» dei
Vincitori sui Vinti? Una cosa è certa: i tribunali internazionali sono oggi
l'espressione di un Diritto internazionali che in troppi vorrebbero coartato
nel nome della «indebita ingerenza» negli «affari interni» di uno
Stato-nazionale. Da Slobodan Milosevic a Omar Al Bashir. Dall'inferno dei
Balcani a quello del Darfur. Passando per il Rwanda, il Libano, la Sierra
Leone. Nessun dittatore deve potersi considerare «impunibile» per crimini di
guerra e contro l'umanità. È questa la sfida di una Giustizia internazionale
che s'incardina nei Tribunali sovranazionali. Sono le Corti «scomode» perché
nell'indagare su crimini efferati finiscono, spesso, per svelare la faccia
impresentabile» di una real politik che molte volte, in nome di interessi
economici o geopolitici, chiude gli occhi e concede impunità a regime che fanno
spregio dei più elementari diritti della persone, a cominciare da quello più
sacro: il diritto alla vita. Le prime esperienze di tribunali penali
internazionali sono i tribunali militari di Norimberga e Tokyo del 1945, nei
quali gli Alleati hanno processato i criminali di guerra nazisti e giapponesi.
In seguito, già nel 1949 la Commissione di diritto internazionale dell'Onu
cominciò a lavorare su una «bozza di codice sui crimini contro la pace e la
sicurezza dell'umanità» e nominò un Comitato per codificare tali crimini; ma si
dovette giungere al 1989 perché finalmente l'Assemblea generale ONU chiedesse
alla Commissione di diritto internazionale di riprendere i lavori sulla Corte
penale internazionale. Nel 1993 e nel 1994 scoppiarono i conflitti nella ex
Jugoslavia e poi in Rwanda, e i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e
il genocidio - nella forma di «pulizia etnica» - resero nuovamente urgente il
tema del diritto penale internazionale. Il Consiglio di Sicurezza decise di
battere la strada dei Tribunali «ad hoc»- all'Aia (1993) e ad Arusha (1994) -
per giudicare i responsabili di quelle atrocità e scoraggiare il ripetersi di
simili crimini. Nel loro agire, le Corti internazionali aprono dossier su
pagine scioccanti della storia dell'oggi: pulizia etnica, deportazioni di
massa. E stupri. Lo statuto del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia
menziona esplicitamente lo stupro fra i crimini contro l'umanità, e quello del
Tribunale di Arusha sul Rwanda elenca fra gli atti che il tribunale ha
competenza di giudicare «stupro, prostituzione forzata e ogni forma di
aggressione sessuale». I processi celebrati da questi due tribunali hanno già
riconosciuto lo stupro come atto di tortura, grave violazione delle convenzioni
di Ginevra e crimine di guerra, nonché come strumento di genocidio, ed entrambi
i tribunali si sono dotati di una consulente sulle questioni di genere, ed
hanno adottato un punto di vista di genere anche nel modo di affrontare questioni
come l'ammissibilità delle prove e il trattamento dei/delle testimoni. Dal
Darfur al Tibet, dal Congo ai Balcani. Spesso, quando si denuncia il mancato
rispetto dei più elementari diritti della persona, a cominciare dal diritto
alla vita, i governi nazionali investiti dalle critiche parlano di «indebita
ingerenza» negli affari interni. Riflette Fausto Pocar, già presidente del
Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex-Jugoslavia, e membro della
Camera di Appello del Tribunale Internazionale per i Crimini nel Rwanda dal
2000: «A partire dalla Carta delle Nazioni Unite la nozione di affari interni
dello Stato è venuta progressivamente a restringersi in
conseguenza della disposizione della Carta che considera la protezione dei
diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto di obblighi di
carattere internazionale anche quando si tratti del comportamento dello Stato
nei confronti delle persone che si trovano sul suo territorio o alle quali si
estende la sua giurisdizione. Non si tratta quindi di indebita ingerenza
negli affari interni perché quegli affari, o questioni, non sono interni ma
oggetto di valutazione e di obblighi di carattere internazionale». Si pone così
il l grande tema del diritto all'ingerenza umanitaria. Spiega ancora il
professor Pocar: «Nel diritto internazionale si è venuta affermando negli
ultimi anni la nozione di una "responsabilità di proteggere" le
popolazioni dalle violazioni più gravi dei diritti fondamentali della persona:
dal genocidio, la pulizia etnica, i crimini di guerra e i crimini contro
l'umanità. Quando lo Stato in cui i crimini sono commessi non ha la volontà o
la capacità di proteggere la sua popolazione, la comunità internazionale è
autorizzata ad agire, o meglio ha l'obbligo di farlo. Tale obbligo è stato
riconosciuto in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 2006, e dalla
Corte internazionale di giustizia in una sua recente sentenza». Il mondo scopre
la giustizia. I tribunali internazionali provano a praticarla.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Da qualunque lato si
consideri il tema della guerra e del diritto, si arriva necessariamente a
misurarsi con la questione dei tribunali internazionali. Qual è la loro
giurisdizione? Che autonomia hanno effettivamente? Che possibilità hanno di
rendere esecutive le sentenze che emettono? E ancora: quella pratica è vera
Giustizia o è la «vendetta» dei Vincitori sui Vinti? Una cosa è certa: i
tribunali internazionali sono oggi l'espressione di un Diritto internazionali
che in troppi vorrebbero coartato nel nome della «indebita ingerenza» negli «affari
interni» di uno Stato-nazionale. Da Slobodan Milosevic a Omar Al Bashir.
Dall'inferno dei Balcani a quello del Darfur. Passando per il Rwanda, il
Libano, la Sierra Leone. Nessun dittatore deve potersi considerare «impunibile»
per crimini di guerra e contro l'umanità. È questa la sfida di una Giustizia
internazionale che s'incardina nei Tribunali sovranazionali. Sono le Corti
«scomode» perché nell'indagare su crimini efferati finiscono, spesso, per
svelare la faccia impresentabile» di una real politik che molte volte, in nome
di interessi economici o geopolitici, chiude gli occhi e concede impunità a
regime che fanno spregio dei più elementari diritti della persone, a cominciare
da quello più sacro: il diritto alla vita. Le prime esperienze di tribunali penali
internazionali sono i tribunali militari di Norimberga e Tokyo del 1945, nei
quali gli Alleati hanno processato i criminali di guerra nazisti e giapponesi.
In seguito, già nel 1949 la Commissione di diritto internazionale dell'Onu
cominciò a lavorare su una «bozza di codice sui crimini contro la pace e la
sicurezza dell'umanità» e nominò un Comitato per codificare tali crimini; ma si
dovette giungere al 1989 perché finalmente l'Assemblea generale ONU chiedesse
alla Commissione di diritto internazionale di riprendere i lavori sulla Corte
penale internazionale. Nel 1993 e nel 1994 scoppiarono i conflitti nella ex
Jugoslavia e poi in Rwanda, e i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e
il genocidio - nella forma di «pulizia etnica» - resero nuovamente urgente il
tema del diritto penale internazionale. Il Consiglio di Sicurezza decise di
battere la strada dei Tribunali «ad hoc»- all'Aia (1993) e ad Arusha (1994) -
per giudicare i responsabili di quelle atrocità e scoraggiare il ripetersi di
simili crimini. Nel loro agire, le Corti internazionali aprono dossier su
pagine scioccanti della storia dell'oggi: pulizia etnica, deportazioni di
massa. E stupri. Lo statuto del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia
menziona esplicitamente lo stupro fra i crimini contro l'umanità, e quello del
Tribunale di Arusha sul Rwanda elenca fra gli atti che il tribunale ha
competenza di giudicare «stupro, prostituzione forzata e ogni forma di
aggressione sessuale». I processi celebrati da questi due tribunali hanno già
riconosciuto lo stupro come atto di tortura, grave violazione delle convenzioni
di Ginevra e crimine di guerra, nonché come strumento di genocidio, ed entrambi
i tribunali si sono dotati di una consulente sulle questioni di genere, ed
hanno adottato un punto di vista di genere anche nel modo di affrontare
questioni come l'ammissibilità delle prove e il trattamento dei/delle
testimoni. Dal Darfur al Tibet, dal Congo ai Balcani. Spesso, quando si
denuncia il mancato rispetto dei più elementari diritti della persona, a
cominciare dal diritto alla vita, i governi nazionali investiti dalle critiche
parlano di «indebita ingerenza» negli affari interni. Riflette Fausto Pocar,
già presidente del Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex-Jugoslavia,
e membro della Camera di Appello del Tribunale Internazionale per i Crimini nel
Rwanda dal 2000: «A partire dalla Carta delle Nazioni Unite la nozione di
affari interni dello Stato è venuta progressivamente a
restringersi in conseguenza della disposizione della Carta che considera la
protezione dei diritti fondamentali senza alcuna discriminazione come oggetto
di obblighi di carattere internazionale anche quando si tratti del
comportamento dello Stato nei confronti delle persone che si trovano sul suo
territorio o alle quali si estende la sua giurisdizione. Non si tratta
quindi di indebita ingerenza negli affari interni perché quegli affari, o
questioni, non sono interni ma oggetto di valutazione e di obblighi di
carattere internazionale». Si pone così il l grande tema del diritto
all'ingerenza umanitaria. Spiega ancora il professor Pocar: «Nel diritto
internazionale si è venuta affermando negli ultimi anni la nozione di una
"responsabilità di proteggere" le popolazioni dalle violazioni più
gravi dei diritti fondamentali della persona: dal genocidio, la pulizia etnica,
i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Quando lo Stato in cui i
crimini sono commessi non ha la volontà o la capacità di proteggere la sua
popolazione, la comunità internazionale è autorizzata ad agire, o meglio ha
l'obbligo di farlo. Tale obbligo è stato riconosciuto in una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza del 2006, e dalla Corte internazionale di giustizia in
una sua recente sentenza». Il mondo scopre la giustizia. I tribunali internazionali
provano a praticarla.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
IL GRAN SALUTO DI
CLINT Un reduce dalla Corea circondato da asiatici: «Gran Torino» di un
Eastwood magistrale ALBERTO CRESPI Callaghan in pensione, come ve lo
immaginate? Solo, incazzato con il mondo e capace di rispolverare la 44 Magnum
per mettere a posto i vicini importuni. Walt Kowalski, il personaggio
interpretato da Clint Eastwood in Gran Torino, gli somiglia. È un reduce dalla
Corea, è vedovo (la prima scena del film è il funerale della moglie), ha due
figli e uno stuolo di nipoti che non capisce e non lo capiscono. Vive in un
quartiere periferico di Detroit dove tutti, una volta, erano come lui:
immigrati dall'Europa (Kowalski è un nome polacco) impiegati nell'industria
automobilistica. Walt ha un unico affetto, oltre al cane vecchio quanto lui: la
sua Gran Torino del '72, un modello fuoriserie della Ford. L'auto, il lavoro,
la villetta a due piani, la bandiera a stelle e strisce: il Sogno Americano dei
poveracci. Solo che, tutt'intorno a Walt, l'America è cambiata: le fabbriche
stanno chiudendo, il quartiere è divenuto pericoloso, le gang giovanili
impazzano e i vicini sono immigrati di etnia Hmong, un popolo che vive al
confine tra Vietnam e Thailandia. «Che diavolo siete venuti a fare in
America?», è la domanda di Walt: e la risposta è semplice, è tutta colpa della
guerra del Vietnam, quindi dell'America stessa... I rapporti tra Walt e i Hmong
cominciano quanto Thao, ragazzino timido che abita nella villetta accanto,
viene spinto dai bulli di una gang a rubare, come «rito di iniziazione», la
Gran Torino del titolo. Walt caccia i teppistelli con uno schioppo che è un
cimelio della Corea, ma poi capisce che Thao è un pezzo di
pane e ha solo bisogno di affetto e protezione. Il film diventa così un doppio
bildungsroman, un «romanzo di formazione» a due livelli. Da un lato Thao
apprende alcune utili nozioni su come si diventa adulti, dall'altro Walt si
apre al «diverso» e comincia a guardare in modo diverso i «musi gialli» che
infestano il quartiere. Ma l'ispettore Callaghan che è dentro di lui
fatica a morire: e quando i balordi tornano alla carica, tentando nuovamente di
reclutare Thao con la forza - è il loro modo di controllare il territorio -, il
vecchio concepisce un piano per fare giustizia... L'aspetto più stupefacente di
Gran Torino è che il copione di Nick Schenk è arrivato a Eastwood per caso. Può
darsi che Clint se lo sia poi «cucito» addosso, ma può anche darsi che il dio
del cinema abbia voluto compiere un miracolo. Non solo il film è stupendo,
all'altezza dei capolavori che Eastwood realizza da quando siamo entrati nel
XXI secolo (Mystic River, Million Dollar Baby, il dittico su Iwo-Jima,
Changeling); ma è una summa del Clint-pensiero, una riflessione sulla violenza
nell'America devastata dal liberismo sfrenato dell'era Reagan-Bush, una
rilettura a 40 anni di distanza del mito del giustiziere solitario. Eastwood ha
dichiarato che Walt Kowalski è il suo ultimo ruolo da attore: a vederlo così
bravo, viene da dire che è un peccato, ma la verità è che Gran Torino è il vero
testamento di questo immenso cineasta. E quando vedrete il finale - che non vi
riveleremmo nemmeno sotto tortura - forse sarete d'accordo con noi.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Archeologi contro
l'arrivo di Bertolaso STEFANO MILIANI «Bondi, Bondi, senti 'sta poesia / Il
commissario sta in polizia». Questo slogan, fuori programma, l'hanno intonato
ieri davanti al ministero dei Beni culturali, archeologi, funzionari
e sindacalisti delle soprintedenze di Roma e Ostia per protesta contro
l'annunciato commissariamento affidato al capo della Protezione civile
Bertolaso. Una delegazione sindacale ha incontrato il direttore Giuseppe
Proietti che, essendo un tecnico e non un rappresentante politico, ha
confermato che il commissariamento ci sarà e che non il ministero non torna
indietro. Intanto il provvedimento, annunciato a fine gennaio, potrebbe
approdare al Consiglio dei ministri di oggi. Se sì, Bertolaso entrerebbe in
azione in pochi giorni. Innanzi tutto sul tavolo c'è l'ipotesi, molto concreta
e in corso di discussione, di affiancare al commissario un comitato scientifico
che dovrebbe guidare il soprintendente dei beni archeologici di Roma Angelo
Bottini. Del gruppo di lavoro dovrebbero far parte anche esperti di
amministrazione, che dovranno dar corso ai lavori impiegando fondi diretti a
«Roma Capitale». Sempre sul tavolo delle ipotesi in corso d'opera, questo team
di fatto andrebbe a sostituire il sub-commissario nonché assessore capitolino
alla pianificazione Marco Corsini: un'anomalia perché la stessa persona si
troverebbe a ricoprire il ruolo di controllore e controllato. Se così fosse,
sarebbe una marcia indietro. Claudio Galli, della Cgil, della delegazione, non
è soddisfatto. «Non lo siamo, questo atto umilia la professionalità e la
competenza delle soprintendenze e del ministero stesso. Continuiamo la lotta».
E Marco Sangiorgio, della Cgil di Ostia, rincara: «In tre anni abbiamo avuto 7
sovrintendenti a interim, cioè part time, non c'è alcuna motivazione logica per
avere un commissario. Crediamo sia un escamotage per gestire i soldi aggirando
il Codice dei beni culturali». Il provvedimento, annunciato a fine gennaio, di
mettere Guido Bertolaso a capo della Sovrintendenze di Roma e Ostia dovrebbe
arrivare a giorni. Vacilla l'idea di un assessore comunale come
sub-commissario.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Berlusconi liquida
il Parlamento: «È superato, nacque dopo il fascismo» NATALIA LOMBARDO A gamba
tesa, il premier torna ad attaccare il «super Parlamento». Roba vecchia,
obsoleta e «non in linea con i tempi» perché nata dopo il fascismo. Silvio
Berlusconi, ospite del Riformista che lo ha premiato «Uomo dell'anno 2009», ha
bollato Dario Franceschini: «È un leader cattocomunista». Il Parlamento, più
che il bicameralismo, è un peso, per il premier sempre più proiettato in una
deriva autoritaria verso un presidenzialismo che sostituisca la democrazia
parlamentare, con l'intenzione di cambiare «in tempi rapidi» l'assetto
istituzionale. Poi si smentisce come sempre: «mai parlato di presidenzialismo».
Berlusconi spera che il Pd metta radici solide così da essere da contraltare al
Pdl. L'obiettivo è arrivare al bipartitismo che «metterà fine allo «sminuzzamento
del dibattito politico e a certi minestroni», ovvero il pluralismo. E peccato
per lui che non può essere completo «perché c'è anche la Lega» e certo non può
mandare a casa l'amico Bossi. L'ennesimo show tra i flash dei fotografi, le
battute sulle belle ragazze individuate con il cannocchiale, premio Oscar della
politica del quotidiano diretto da Antonio Polito. L'occasione, in un ambiente
della sinistra, è ghiotta per attaccare il leader del Pd che avrebbe pensato
solo a inutili «elemosine» volendo tassare i ricchi per dare qualcosa ai meno
abbienti. A proposito di elemosine, il cavaliere vanta meriti celati: «Chi può
dare già compie opere sociali e donazioni che vanno oltre il 2%: io non faccio
sapere nulla, ma la mia famiglia è molto attiva, fa molto, per esempio, nella
costruzione di ospedali e orfanotrofi». Super Parlamento da buttare La
democrazia parlamentare è un ingombro, il presidente del Consiglio lamenta di
essere «senza poteri», altro che «dittatore» in una stanza dei bottoni, «non ci
sono bottoni e neppure una stanza», fa tutto quel «mostro» di Gianni Letta.
Tutto ciò per giustificare la trasformazione a tempi rapidi delle istituzioni
nel presidenzialismo «ormai obbligatorio». Berlusconi è infastidito dalla
democrazia «super-parlamentare, non adeguata all'era presente» e non
competitiva con gli altri paesi. La Repubblica parlamentare fu «una decisione
sacrosanta assunta dai padri costituenti veniva dopo un ventennio
dittatoriale», ma ora Berlusconi esige «percorsi più brevi» per ratificare le
decisioni del governo. Questo dopo aver chiesto a Gianfranco Fini (sempre più
distante) di accelerare sulla modifica dei regolamenti parlamentari. E peccato
che oggi nel consiglio dei ministri sarà portato il disegno di legge per la
cementificazione, «un decreto legge sarebbe stato più efficace». Sulla crisi
dispensa ancora ottimismo contro la «canzone catastrofista dei media», pur
ammettendo che «non si conosce la reale portata del disastro finanziario». E
finge di non vedere quello dell'economia reale. Occasione ghiotta il premio
come uomo dell'anno ricevuto dal Riformista: Berlusconi attacca il leader del
Pd e getta nel cestino la Repubblica parlamentare «nata dopo il
Ventennio», per correre verso il presidenzialismo.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Wall Street:
arrestato Madoff il truffatore rischia 150 anni LUIGINA VENTURELLI Il passaggio
dal lussuoso attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non
poteva essere più repentino. «Come si dichiara l'imputato?» ha chiesto il
giudice Denny Chin al termine dell'udienza al tribunale federale di Manhattan.
«Colpevole» ha risposto Bernard Madoff, l'ex presidente Nasdaq accusato di aver
orchestrato una truffa da almeno 50 miliardi di dollari, ammettendo tutti gli
undici capi d'imputazione a suo carico tra cui frode, falsa testimonianza e
truffa. Un attimo dopo sono scattate le manette. DIETRO LE SBARRE Il
magistrato, accettando la dichiarazione di colpevolezza, ha rifiutato di
prorogare dorati arresti domiciliari (concessi a gennaio a suon di 10 milioni
di dollari di cauzione) a chi ha lasciato in braghe di tela migliaia d'ignari
risparmiatori, disponendo la custodia cautelare del finanziere, che attenderà
in carcere il verdetto 16 giugno. Tra tre mesi, infatti, giungerà a sentenza il
processo sulla più grande frode mai compiuta a Wall Street, per la quale il
70enne uomo d'affari rischia una condanna a 150 anni di prigione e a 170
miliardi di dollari di risarcimento danni. La giustizia Usa si muove con passo
fermo e veloce. Nulla di strano per l'opinione pubblica americana, ma la
rapidità con cui ieri Madoff è stato spedito in carcere, probabilmente per non
uscirne più, è strabiliante per un paese come l'Italia, dove il patron di
Parmalat Calisto Tanzi - tanto per fare un nome - ha aperto di recente una
pasticceria. Abito grigio e giubbotto antiproiettile, il trader è arrivato in
tribunale sotto scorta, passando attraverso due ali di fotografi, curiosi e
vittime inferocite. Nella rete di Madoff sono finiti investitori
professionisti, associazioni di beneficenza, attori, perfino sopravvissuti
all'Olocausto. Tra i nomi noti hanno fatto scalpore quelli del regista Steven
Spielberg, dell'attore Kevin Bacon e della vecchia gloria di Hollywood Zsa Zsa
Gabor, quelli del premio Nobel Elie Wiesel e della donna più ricca del mondo
Liliane Bettencourt, erede dell'impero L'Oreal. Ma sono andati in fumo anche i
soldi di migliaia di persone normali, lavoratori, anziani che ora si ritrovano
senza una pensione con cui tirare a campare. Per loro il finanziere si è detto
«profondamente dispiaciuto e pieno di vergogna» e ha ammesso di aver cominciato
a costruire il suo castello di carte finanziario negli anni Novanta in reazione
alla recessione di quel periodo: «Pensavo di essere in grado di concludere in
fretta e di poter tirar fuori me stesso e i miei clienti, ma ciò si è rivelato
difficile e, alla fine, impossibile». FRODE A CATENA La sua truffa si è
rivelata una versione aggiornata e corretta del vecchio schema Ponzi, dal nome
dell'italoamericano che nei primi anni del secolo scorso riuscì a fregare
40mila persone promettendo forti guadagni agli investitori a patto che questi
ne reclutassero di nuovi. Il modello permette a chi comincia la catena e ai
primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede
continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote: i guadagni, infatti,
derivano esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da
attività produttive o finanziarie. Alla lunga gli ultimi arrivati restano a
secco, essendo il sistema destinato ad accumulare perdite gigantesche. Così,
quando Charles Ponzi fu arrestato nel 1920 aveva raccolto oltre 15 milioni di
dollari. Sull'ammontare delle risorse bruciate dal fondo d'investimento Madoff
Investment Securities Llc, crollato sotto il peso della crisi finanziaria internazionale, i
calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime parlavano di 50 miliardi di
dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli annali come la più colossale
frode della storia di Wall Street, ancora peggio del crack della Enron, ma
l'accusa parla di 177 miliardi di dollari. Per quasi tre milioni
d'investitori coinvolti. Il finanziere ha ammesso in tribunale le sue
responsabilità e il giudice di New York ne ha ordinato l'arresto immediato. È
accusato di aver frodato almeno 50 miliardi di dollari e rischia 150 anni di
carcere.
( da "Unita, L'" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il passaggio dal
lussuoso attico in Park Avenue alla cella del carcere di New York non poteva
essere più repentino. «Come si dichiara l'imputato?» ha chiesto il giudice
Denny Chin al termine dell'udienza al tribunale federale di Manhattan.
«Colpevole» ha risposto Bernard Madoff, l'ex presidente Nasdaq accusato di aver
orchestrato una truffa da almeno 50 miliardi di dollari, ammettendo tutti gli
undici capi d'imputazione a suo carico tra cui frode, falsa testimonianza e
truffa. Un attimo dopo sono scattate le manette. DIETRO LE SBARRE Il
magistrato, accettando la dichiarazione di colpevolezza, ha rifiutato di
prorogare dorati arresti domiciliari (concessi a gennaio a suon di 10 milioni
di dollari di cauzione) a chi ha lasciato in braghe di tela migliaia d'ignari
risparmiatori, disponendo la custodia cautelare del finanziere, che attenderà
in carcere il verdetto 16 giugno. Tra tre mesi, infatti, giungerà a sentenza il
processo sulla più grande frode mai compiuta a Wall Street, per la quale il
70enne uomo d'affari rischia una condanna a 150 anni di prigione e a 170
miliardi di dollari di risarcimento danni. La giustizia Usa si muove con passo
fermo e veloce. Nulla di strano per l'opinione pubblica americana, ma la
rapidità con cui ieri Madoff è stato spedito in carcere, probabilmente per non
uscirne più, è strabiliante per un paese come l'Italia, dove il patron di
Parmalat Calisto Tanzi - tanto per fare un nome - ha aperto di recente una
pasticceria. Abito grigio e giubbotto antiproiettile, il trader è arrivato in
tribunale sotto scorta, passando attraverso due ali di fotografi, curiosi e
vittime inferocite. Nella rete di Madoff sono finiti investitori
professionisti, associazioni di beneficenza, attori, perfino sopravvissuti
all'Olocausto. Tra i nomi noti hanno fatto scalpore quelli del regista Steven
Spielberg, dell'attore Kevin Bacon e della vecchia gloria di Hollywood Zsa Zsa
Gabor, quelli del premio Nobel Elie Wiesel e della donna più ricca del mondo
Liliane Bettencourt, erede dell'impero L'Oreal. Ma sono andati in fumo anche i
soldi di migliaia di persone normali, lavoratori, anziani che ora si ritrovano
senza una pensione con cui tirare a campare. Per loro il finanziere si è detto
«profondamente dispiaciuto e pieno di vergogna» e ha ammesso di aver cominciato
a costruire il suo castello di carte finanziario negli anni Novanta in reazione
alla recessione di quel periodo: «Pensavo di essere in grado di concludere in
fretta e di poter tirar fuori me stesso e i miei clienti, ma ciò si è rivelato
difficile e, alla fine, impossibile». FRODE A CATENA La sua truffa si è
rivelata una versione aggiornata e corretta del vecchio schema Ponzi, dal nome
dell'italoamericano che nei primi anni del secolo scorso riuscì a fregare
40mila persone promettendo forti guadagni agli investitori a patto che questi
ne reclutassero di nuovi. Il modello permette a chi comincia la catena e ai
primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede
continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote: i guadagni, infatti,
derivano esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da
attività produttive o finanziarie. Alla lunga gli ultimi arrivati restano a
secco, essendo il sistema destinato ad accumulare perdite gigantesche. Così,
quando Charles Ponzi fu arrestato nel 1920 aveva raccolto oltre 15 milioni di
dollari. Sull'ammontare delle risorse bruciate dal fondo d'investimento Madoff
Investment Securities Llc, crollato sotto il peso della crisi finanziaria internazionale, i
calcoli sono ancora provvisori. Le prime stime parlavano di 50 miliardi di
dollari, sufficienti a far passare l'affaire agli annali come la più colossale
frode della storia di Wall Street, ancora peggio del crack della Enron, ma
l'accusa parla di 177 miliardi di dollari. Per quasi tre milioni
d'investitori coinvolti.
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 22 - Economia
Economisti riuniti da Bocconi, Fmi, Fondazione Rodolfo Debenedetti e Cepr
"La crisi frena le riforme e aumenta i nazionalismi" Bruegel:
"Oggi la priorità sono i piani di stimolo, su cui l´Europa si muove in
ordine sparso" MILANO - La crisi finanziaria frena (almeno per ora) le riforme in Europa. Anzi. Oggi come
oggi ha innescato un ritorno di fiamma del nazionalismo economico, forse
inevitabile in un momento in cui per tutti l´obbligo è quello di
rilanciare la crescita. Non è consolante il bollettino di guerra stilato dagli
economisti riuniti all´Università Bocconi dal Fondo Monetario internazionale,
il Center for economic policy research e la Fondazione Rodolfo Debenedetti per
parlare di riforme strutturali nell´era della recessione. «Il ritorno al protezionismo sta nei fatti ? dice Domenico Siniscalco, ex
ministro del Tesoro e oggi vicepresidente Morgan Stanley Europa ?. Il governo
francese aiuta Renault ma le chiede di non tagliare posti di lavoro in patria.
Obama va in soccorso delle banche Usa ma è ovvio che queste si concentrino poi
sul mercato domestico, con il risultato tra l´altro di sostenere il rialzo del
dollaro». In parte, dice Jean Pisani-Ferry, direttore del think tank Bruegel, è
comprensibile: «In questo momento la priorità sono i piani di stimolo ? spiega
?. E in questo campo l´Europa si muove in ordine sparso con effetti imprevisti:
la nazionalizzazione delle banche ad esempio ha già ridotto in modo
significativo i prestiti transnazionali». Anche se per Gert Jan Koopman,
direttore dei servizi economici e delle riforme strutturali della Ue,
«Bruxelles questa volta si è mossa velocemente e i provvedimenti nazionali
rientrano in una cornice di flex-security accettabile». E le riforme? «Per
quelle in una situazione come questa non c´è urgenza», ammette Koopman. «Si
tornerà a parlarne tra un anno ? prevede Pisani-Berry ? forse iniziando da
pensioni e liberalizzazione del mercato del lavoro». Anche se, come sostiene
provocatoriamente Siniscalco, bisogna guardare al mondo con lenti nuove anche quando
si pianificano le riforme da fare: «Fino a pochi mesi fa indicavamo come i
paesi più virtuosi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Spagna e l´Irlanda. E
tutti sappiamo cos´è successo. Forse persino un po´ di re-regulation non
farebbe male...». Naturalmente la madre di tutte le riforme, con questi chiari
di luna, è quella della supervisione del sistema finanziario: «è un problema
serio ? dice Enrica Detragiache del Fondo Monetario ?. La finanza ormai è un
organismo vivente in grado di sviluppare anticorpi alle regole, anche perché in
ballo ci sono comportamenti individuali. La regolamentazione per questo mondo è
una tassa, e per massimizzare i profitti le tasse vanno evitate o dribblate».
Dunque? «Dunque non bastano regole nuove ? conclude ? forse bisogna creare una
task force in grado di monitorare i mercati in tempo reale e tappare le falle
che si aprono. E naturalmente serve più coordinamento». (e.l.)
( da "Repubblica, La" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 40 - Cronaca
il commento L´emergenza e l´innovazione VINCENZO VISCO L´evoluzione
della crisi originata nel
settore immobiliare e subito trasferita a quello finanziario, inevitabilmente
ricade, adesso, sul sistema produttivo industriale e quindi su tutta
l´economia. Come sappiamo, si tratta di una crisi che coinvolge l´intero pianeta e che quindi non consente a
nessuno di aspettarsi il traino altrui per uscirne. Ognuno - ogni Paese,
ogni governo, ogni struttura produttiva - è chiamato a rimboccarsi le maniche e
a mobilitare le proprie capacità e il proprio ingegno per fronteggiare,
coordinando i propri sforzi, per quanto possibile, con quelli degli altri,
un´emergenza che davvero, stavolta, è epocale. Il nostro sistema produttivo -
come è ben noto - fonda sul manifatturiero grande parte della sua consistenza.
Si tratta di un settore che, accanto ad alcune - poche - grandi imprese,
annovera una grandissima quantità di imprese medie, piccole e piccolissime. E
secondo studi recenti, proprio le imprese di medie dimensioni sono, oggi, le
più dinamiche, le più orientate all´innovazione, e quelle più esposte sui
mercati internazionali. Quindi, in questo momento, sono le più esposte ai colpi
della crisi. Per evitare di vanificare le prospettive
di crescita futura del Paese, quindi, il sistema industriale italiano va difeso
e sostenuto nello sforzo di superare le serissime difficoltà del momento.
Queste giornate che abbiamo voluto promuovere a Pisa - scelta come luogo di
eccellenza per la ricerca e l´innovazione - vogliono essere un contributo serio
e concreto del nostro impegno in questa direzione. SEGUE A PAGINA 6
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2009-03-13 num: - pag: 1 categoria:
REDAZIONALE E sui prefetti istruzioni del Governatore alle banche Draghi:
contro la crisi misure aggressive LONDRA — Secondo il
Governatore Mario Draghi, a Londra per il Financial stability forum, la crisi finanziaria «continuerà a richiedere misure di
risposta aggressive e coerenti». Istruzioni. Nei giorni scorsi la Banca
d'Italia ha inviato alle aziende di credito indicazioni su come comportarsi con
gli Osservatori del credito presso le prefetture: niente fornitura di dati
disaggregati. A PAGINA 5 Bocconi e Tamburello
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-13 num: - pag: 5 categoria:
REDAZIONALE Draghi: «Contro la crisi servono misure
aggressive» «G20, allarghiamo il Financial Stability Forum» Istruzioni
Bankitalia alle filiali sui dati ai prefetti Nell'Fsf entrano nuovi Paesi,
dalla Cina alla Spagna. Il governatore: occorre dare una forte priorità al
credito DAL NOSTRO INVIATO LONDRA — Cina, India, Russia, Brasile e ancora Corea,
Messico, Argentina, Arabia, Indonesia, Sudafrica, Turchia e Commissione
europea. Il Financial stability forum, l'organismo internazionale presieduto
dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, ha deciso di allargare la
sua rappresentanza. Ed è diventato una sorta di G20 tecnico con in più la
Spagna che fa così l'ingresso ufficiale nel gruppo allargato dei Paesi più
ricchi. Un allargamento necessario visto che, come dice Draghi al termine della
riunione del Fsf che si è svolta ieri a Londra, «le persistenti
debolezze» nel sistema finanziario e nell'economia reale, sia nelle economie
avanzate che in quelle emergenti, continuano a richiedere l'adozione di «misure
aggressive e coerenti». Anche se «le politiche monetarie e fiscali adottate
finora hanno fornito uno stimolo macroeconomico sostanziale ». Fra le
misure da adottare per Draghi non c'è quella di aumentare i livelli minimi di
capitalizzazione delle banche, afferma, perché si aumenterebbe la pressione
sulle banche e si comprimerebbe ancora di più la capacità di dare credito
all'economia che, pur se diversa da Paese a Paese, resta sempre «una priorità».
Al G20 che inizia oggi Draghi, oltre a fare il punto della situazione delle
cose fatte, annuncerà nuove proposte. In particolare sulle regole per porre un
freno alle retribuzioni dei manager: il principio, spiega, «è assicurare
l'effettiva gestione delle retribuzioni allineando i compensi all'assunzione
prudente dei rischi, e l'efficace supervisione». In quest'ottica, dice, gli
azionisti devono essere direttamente coinvolti. Il governatore si sofferma
anche sulla crisi dei Paesi dell'Europa centrale per
dire che «non hanno tutti lo stesso livello di rischio: è un errore metterli in
un unico blocco». Draghi parla come presidente del Fsf e non fa riferimento
all'Italia. Ma è tutta italiana la circolare da lui inviata nei giorni scorsi
ai responsabili delle filiali regionali per dire loro come comportarsi di
fronte alle richieste di dati da parte dei prefetti, che entro la fine del mese
metteranno in piedi appositi osservatori sull'andamento del credito bancario
alle imprese. «Piena collaborazione » scrive Draghi avvertendo però che la
Banca d'Italia potrà trasmettere «solo i dati aggregati» a livello territoriale
e non quelli specifici di ogni banca. Perché su quelli esiste il segreto
d'ufficio legato ai compiti di Vigilanza che appunto svolge l'istituto di Via
Nazionale. Tale posizione, conclude la circolare, «è stata portata a conoscenza
del ministero dell'Economia, con il quale è in corso un confronto sulle
modalità del monitoraggio». Al G20 che inizia stasera a Brighton, Draghi
parteciperà come presidente dell'Fsf e come governatore della Banca d'Italia al
fianco del ministro dell'Economia. Tremonti è arrivato a Londra ieri sera per
partecipare a una cena su invito personale del premier Gordon Brown al numero
10 di Downing Street, residenza ufficiale del primo ministro britannico.
Stamane poi avrà un incontro con lo stesso Brown e col presidente della Banca
Mondiale Robert Zoellick sul finanziamento del sistema sanitario. Stefania
Tamburello
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Politica - data: 2009-03-13 num: - pag: 10 categoria:
REDAZIONALE Premiato dal «Riformista» Al capo del governo il riconoscimento di
politico dell'anno. In serata, cena da Vespa con Bagnasco, Muti e Alemanno
Berlusconi: il leader pd è un cattocomunista «La sua una tantum? Un'elemosina».
Poi attacca: inadeguata la nostra democrazia superparlamentare Sulla situazione
economica ribadisce: non sono pessimista, siamo i più indicati ad uscire prima
e meglio dalla crisi ROMA — Dario Franceschini ha
sorpreso il Cavaliere. Non per le sue proposte ma per essere diventato
segretario del Pd: «Pensavo ci fosse una preminenza della sinistra e non del
cattocomunismo». E invece il Partito democratico ha scelto «un leader
cattocomunista; qualcosa di previsto? Forse, in ogni caso non ho ancora ben
capito a quali principi e a quali tradizioni di riferisca». Silvio Berlusconi
riceve un premio come miglior politico del 2008 dalle mani di Antonio Polito,
direttore del quotidiano Il Riformista. Parla di buon grado dell'opposizione e
della crisi economica. E soprattutto di Franceschini,
venendo meno alla regola che ignorare il nuovo capo dell'opposizione è più
opportuno che discuterne. Lo definisce inserendolo in uno schema politico
superato, poi boccia la sua proposta di aumentare le tasse ai più ricchi per
ridistribuire alle fasce sociali più povere: «è una ricetta sbagliata, non
secondo me, ma secondo il parere della dottrina economica liberale. Non è con
l'elemosina che si risolve il problema. Non è tanto il fatto che chi può fare e
dare qualcosa in più lo faccia. Io ho fatto tanto, donazioni, beneficenza ma
non lo pubblicizzo... ». E se il cattocomunismo è una casella della politica in
cui il premier non rinviene idee chiare, comunque «auguro al Pd di mettere radici
solide e diventare davvero la nostra controparte. Auspichiamo che diventi
davvero socialdemocratico ». Il Cavaliere parla anche dei poteri del governo,
del fatto che lui — un refrain che lo accompagna da quando è in politica — è
soltanto «un primus inter pares» nella composizione dell'esecutivo: «Siamo una
democrazia parlamentare vera, una democrazia superparlamentare, non adeguata
alla concorrenza con gli altri governi europei e non. Quella presa dai padri
costituenti è stata una decisione sacrosanta, ma è stata presa dopo un
ventennio difficile perché diceva che c'era bisogno di una Repubblica
parlamentare e non presidenziale. Ma ora i tempi sono cambiati. C'è anche chi
mi accusa di avere atteggiamenti dittatoriali ma io non sto nella stanza dei bottoni.
Non esistono i bottoni e non c'è alcuna stanza. Oggi il premier può contare
solo sulla sua autorevolezza. Ha solo il potere di stilare l'ordine del giorno.
Ma siccome da noi lo fa benissimo Gianni Letta, che peraltro mi crea anche un
complesso di inferiorità per quanto è bravo, non ho nemmeno quel potere ».
Sulla crisi economica il Cavaliere dice essenzialmente
due cose: non è il governo, in quanto tale, a poterne condizionare la durata,
perché la natura è globale e «non dipende dunque solo dalla nostra azione »;
l'Italia è comunque messa meglio di altri Stati. Aggiunge: «Nessuno sa l'entità del disastro finanziario che esiste a causa dei prodotti
derivati, ma io non sono pessimista, noi siamo i più indicati ad uscire prima e
meglio dalla crisi. Un atteggiamento
di fiducia farà sì che questa crisi possa non essere così grave come se dovessimo andare verso il
catastrofismo, che è purtroppo una canzone ripetuta dai media tutti i giorni».
Infine un accenno al piano sull'edilizia che oggi dovrebbe andare in Consiglio
dei ministri: «Volevo un decreto, ma siamo in una coalizione e quindi si deve
discutere». Sarà dunque un disegno di legge. In serata il premier va a casa di
Bruno Vespa. Alla cena organizzata dal giornalista sono presenti il cardinale
Angelo Bagnasco, presidente della Cei, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il
direttore d'orchestra Riccardo Muti, al quale è dedicato l'incontro. Marco
Galluzzo
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-13 num: - pag: 27 categoria:
REDAZIONALE Il caso Il dibattito alla presentazione del saggio «La valanga» di
Massimo Gaggi Crisi americana e nuovo ruolo del Fmi: la grande sfida della politica
economica MILANO — L'uscita dal tunnel magari non è vicina, ma anche ora che la
crisi appare imbattibile c'è chi pensa al mondo che ne
emergerà: più povero nell'immediato, ma allo stesso tempo più attento agli
equilibri dell'economia reale e alla stabilità internazionale in un mondo
dominato da flussi di capitale che ignorano le giurisdizioni degli Stati.
Un'occasione per parlarne è arrivata ieri con la presentazione milanese de «La
valanga», il saggio pubblicato da Massimo Gaggi per Laterza «dalla crisi americana alla recessione globale ». All'evento
organizzato dalla Fondazione «Corriere della Sera», Fabrizio Saccomanni ha
subito precisato che il suo contributo era non da direttore generale di
Bankitalia, ma da economista semplice. Autore di un saggio sulle «tigri
globali» e i «domatori nazionali» dei rischi finanziari,
Saccomanni è convinto che questa fase non si spieghi solo con l'ingordigia di
Wall Street e la disonestà di alcuni. «C'è la realtà del mercato globale a cui
si contrappongono misure basate su ragioni nazionali», dice. Saccomanni qui fa
solo cenni indiretti ai tassi della Federal Reserve all' 1%, che
inondarono il mondo di liquidità, o agli squilibri esterni degli Stati Uniti
nell'ultimo decennio. Ma proprio per questo il numero due di Bankitalia punta
molto sui vertici del G20 di queste settimane. è da lì che può iniziare a
emergere quel che lui definisce «un ancoraggio alla stabilità delle politiche
macroeconomiche dei principali Paesi ». Saccomanni registra quanto a questo le
attese di molti nella comunità finanziaria: il Fondo
monetario internazionale, dice, potrebbe fornire «un'àncora per le politiche
nazionali » e una sorveglianza su come queste interagiscono fra loro. Più
attento alle realtà produttive Luca Barilla, vicepresidente del gruppo di
famiglia. Senza mai dare segni di preoccupazione per l'impatto della crisi sulle sue vendite negli Stati Uniti, Barilla ha
ripercorso le tappe dei suoi investimenti americani fino agli ottimi risultati
anche attuali. Il segreto, insiste Barilla, «è non fare mai nulla di cui
qualunque nostro dipendente debba arrossire». Il politologo Alberto Martinelli
punta il dito invece sulla permeabilità delle democrazie alle lobby e
«l'arroganza intellettuale » di certi accademici innamorati di modelli matematici
applicati alla finanza. O più semplicemente, accusa l'economista Salvatore
Bragantini, l'America di fine decennio dimostra una società diseguale
all'estremo è un tessuto destinato a strapparsi. E, inevitabilmente, a
correggere il proprio modello. F. Saccomanni Federico Fubini
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-13 num: - pag: 40 autore: di
DAVID IGNATIUS categoria: REDAZIONALE RECESSIONE E IMMOBILISMO Obama e la
politica del rinvio M algrado tutto lo sconquasso legislativo scatenato dalla crisi economica, viviamo ancora in una situazione che ricorda
da vicino la guerra finta degli anni 1939 e 40. è stata dichiarata guerra alla
Grande recessione, ma la politica va avanti per la sua strada. Le beghe e la
cattiva gestione che hanno innescato il tracollo economico non danno segno di
attenuarsi, pur avendo eletto un presidente che ci aveva promesso una nuova
era. La storia ci dice che la guerra finta non dura per sempre e che quando
finisce scoppia il finimondo. La Seconda guerra mondiale prese inizio
ufficialmente con l'aggressione tedesca alla Polonia nel settembre del 1939, ma
per mesi interi si erano susseguite schermaglie a bordo campo. Quell'intervallo
finì il 10 maggio del 1940, quando Hitler invase il Belgio e i Paesi
confinanti. Neville Chamberlain non era più il primo ministro britannico e al
suo posto era subentrato Winston Churchill, nei panni dell'angelo vendicatore.
Oggi siamo ancora nella fase di Neville Chamberlain, quando parliamo di crisi economica. Il governo discute di sacrifici e
soluzioni, ma non ha ancora preso le difficili decisioni che lo aiuteranno a
rimettere in sesto l'economia. L'economista David Smick vede giusto quando
scrive sul «Washington Post» questa settimana che il governo americano ha messo
in campo una strategia a tre punte: rimandare, rimandare e ancora rimandare.
L'amministrazione annuncia un pacchetto di salvataggio, ma senza entrare nei
dettagli; promette più disciplina nei conti pubblici, ma sposta sempre più in
là le decisioni spinose. Se questa stagione appare pervasa dalla politica, il
motivo è da ricercarsi nel fatto che Obama si è attorniato di politici ed ex
funzionari del governo. Si potrebbe immaginare che davanti
alla più grave crisi finanziaria di tutti i tempi, il presidente avrebbe cercato la
collaborazione di grandi capitani d'impresa, con l'esperienza necessaria per
manovrare immense organizzazioni in crisi. E invece no. Ecco la composizione del gabinetto di Obama, che
appare subito assai poco imprenditoriale: al Tesoro, un ex funzionario
del governo; agli Esteri, un'ex senatrice; al Commercio, un ex governatore;
alla Difesa, un ex funzionario del governo e rettore universitario;
all'Energia, un ex professore; alla Sicurezza interna, un ex governatore; alla
Sanità e assistenza, un ex governatore; a capo dell'Ufficio della Casa Bianca,
un ex deputato; alla Casa Bianca, come cervello economico, un ex rettore
universitario e funzionario del governo. Tutta bravissima gente, per carità. Ma
piuttosto carente in esperienza nel mondo degli affari. Forse per Obama i
grandi dirigenti d'azienda sono stati troppo infangati e compromessi dalla crisi economica per rendersi utili in questo frangente, o
per ottenere una carica governativa. Il suo tentativo più spinto è il Consiglio
per la ripresa economica voluto da Paul Volcker, che comprende Jeffrey Immelt,
direttore generale di GE; Jim Owens, capo della Caterpillar; e John Doerr,
esperto di capitale di rischio. La cultura dell'immobilismo inizia in
Campidoglio. I nostri politici lavorano ancora quattro giorni alla settimana,
prendendosi il venerdì di libertà per correre a casa e spiegare ai loro
elettori quanto sono stati diligenti. Parleranno pure di crisi
economica, ma non si comportano come se la sentissero realmente sulla loro
pelle. Repubblicani e democratici votano compatti secondo le istruzioni dei
rispettivi partiti su molte istanze cruciali. I democratici hanno passato il
segno, affollando il pacchetto di stimoli all'economia con progetti personali
che non stimoleranno gran ché, tranne i contributi per la rielezione, e
pretendendo stanziamenti speciali – uno scandalo simbolico, questo, che Obama
aveva promesso di cancellare in campagna elettorale. Ma i repubblicani hanno
fatto di peggio, nella strategia di ostacolare i piani di ripresa, incarnando
di fatto il pessimo commento di Rush Limbaugh, «Spero che fallisca». Tanta
meschinità legislativa è stata catturata dal titolo del «New York Times »
questa settimana: «Il piano di Obama ostacolato dai baroni della politica: no a
nuove tasse e sì alla riduzione della spesa pubblica». Basta con queste
assurdità. La festa è finita. Che cosa accadrà se gli sforzi di Obama
falliscono? è questa la domanda che mi preoccupa quando ripenso alla storia.
Negli anni Trenta, i politici europei non riuscirono a risolvere la crisi economica tramite i normali canali democratici. I
popoli allora si rivolsero altrove, imbufaliti a tal punto contro banchieri,
magnati dell'economia e parlamentari impegnati esclusivamente a bisticciare tra
di loro, che preferirono affidare le loro sorti a uomini autoritari, con la
promessa di azione nazionale, e così nacque il fascismo. Quello scenario da
incubo oggi appare molto lontano. Eppure avverto i primi segnali di un profondo
malcontento, che cerca qualcuno cui addossare la colpa di questo marasma
economico. Gli uomini di Obama al governo sono comprensibilmente restii a fare
un salto nel buio, imponendo cioè misure finanziarie che potrebbero significare
bancarotta e nazionalizzazione per le grandi case automobilistiche e i giganti
del credito. Mi auguro che sapranno trovare approcci più creativi, orientati al
mercato e capaci di frammentare i giganti, anziché impacchettarli tutti insieme
per consegnarli allo Stato. Questa finta guerra deve finire. Da ogni parte si
reclamano interventi forti e risolutivi, e se l'attuale compagine politica non
sarà in grado di realizzarli, la gente potrebbe rivolgersi a una cricca di
individui ben più allarmanti. © Washington Post Writers Group Traduzione di
Rita Baldassarre
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- ROMA - sezione: Lettere - data: 2009-03-13 num: - pag: 12
categoria: BREVI AMBIENTE / 2 Alberi senza protezione Da ormai più di 6 mesi su
via Boncompagni, all'angolo con via Quintino Sella, due protezioni degli alberi
sono completamente disintegrate a causa di un incidente stradale. Il I
Municipio non si è mai occupato della sostituzione lasciando i resti divelti.
Fra l'altro uno dei due alberi è anche piegato sempre a causa del colpo. Quanto
ancora bisognerà aspettare? Giorgio Carra
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
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- MILANO - sezione: Lombardia - data: 2009-03-13 num: - pag: 12 categoria:
REDAZIONALE Varese Il centro europeo di ricerche sul Lago Maggiore festeggia 50
anni Dall'atomo all'ambiente la nuova vita di Ispra Nel '59 il primo reattore, ora
si studiano clima e salute Alimenti, sicurezza, energie alternative: le
direttive comunitarie vengono testate ed elaborate nel centro ISPRA (Varese) —
In cinquant'anni l'energia nucleare è passata da orizzonte del progresso a
fantasma da esorcizzare in nome della difesa dell'ambiente e di nuovo a fonte
alternativa al petrolio in via di esaurimento. Nel medesimo arco di tempo il
centro di ricerche dell'Unione Europea, il Ccr di Ispra, ha seguito tutte
queste curve, tranne l'ultima. La «cittadella» della ricerca in riva al lago
Maggiore compie infatti mezzo secolo di vita (venne inaugurata il 13 aprile del
1959) ma la sua missione per il futuro non seguirà il ritorno di interesse per
l'atomo da più parti annunciato. Proprio oggi, invece, a Ispra s'inaugura un
nuovo laboratorio che esplorerà nuovi metodi di controllo delle emissioni in
atmosfera dei gas responsabili dei cambiamenti climatici. A ulteriore conferma
che la vocazione del centro di ricerca è oggi radicalmente cambiata rispetto
agli esordi di 50 anni fa. Nella primavera del '59 il futuro davvero sembrava
passare da questo piccolo paese di 4.000 abitanti. Allora le bandiere che
sventolavano sugli edifici del Ccr (o Euratom, come si chiamò agli inizi) non
erano le 27 attuali ma quelle dei sei stati fondatori dell'Europa unita
(Italia, Francia, Germania, Belgio Olanda e Lussemburgo); si trattava comunque
di un passo avanti enorme. Il Vecchio Continente non solo univa le sue forze su
un campo strategico come l'energia atomica ma soprattutto i popoli tornavano a
dialogare (francesi e tedeschi non lo facevano in pratica dai tempi di
Napoleone) pochi anni dopo la tragedia della seconda guerra mondiale: pace e
progresso, insomma uniti sotto uno stesso tetto. Il primo reattore sperimentale
(denominato Ispra 1) partì nel '59, tre anni dopo se ne aggiunse un secondo: in
entrambi si studiava il comportamento del combustibile nucleare e il suo ciclo
complessivo. Il grande progetto, tuttavia andò declinando, entrando in crisi
negli anni '80, quando Ispra cambiò decisamente pelle. Non più l'uranio e i
suoi derivati come «core business», ma l'ambiente, la protezione del cittadino
consumatore, il supporto scientifico alla legislazione da introdurre in tutti
gli stati membri dell'Unione. «Il centro si è trasformato da organizzazione
concentrata sulla tecnologia nucleare — così lo definisce l'attuale direttore
generale Roland Schenkel — in una organizzazione a supporto della politica,
profondamente integrato nello spazio europeo e nel processo legislativo della
Ue». Controllo degli alimenti ogm, vigilanza sull'inquinamento atmosferico,
norme sulla sicurezza degli edifici o sull'introduzione delle energie
alternative: i dati che vengono riversati nelle circolari comunitarie vengono
elaborati in gran parte a Ispra. E l'atomo? A Ispra sono ancora stoccati i
residui del combustibile radioattivo usato negli anni '60 e '70, la scorie sono
in fase di smaltimento e con questo si chiuderà per sempre una pagina di
storia. La Ue, dal canto suo, ha concentrato gli investimenti in questo campo
nel centro di Karlsruhe, in Germania, dove il 19 marzo prossimo verrà
presentato un nuovo programma di ricerca sui sistemi di sicurezza per le
centrali nucleari. Se insomma ha ancora senso un'Europa dell'atomo, questa
nascerà lontano dal lago Maggiore. Anni '60 Il personale del centro di ricerche
di Ispra davanti ai laboratori in costruzione. Oggi l'intero centro occupa
un'area di
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
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- NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-13 num: - pag: 31 categoria:
REDAZIONALE Il caso Gli oligarchi russi e la rivolta dei clienti La banchiera
di Vienna: la mia boutique all'asta Frau Kohn (Bank Medici) cede la licenza L'irresistibile
ascesa (e caduta) della signora della finanza viennese tra Milano, Svizzera e
New York DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — Sotto la parrucca — rossa — un
profondo tradizionalismo ebraico e un'infinita ambizione. Quest'ultima,
probabilmente, Sonja Kohn l'ha vista crollare definitivamente ieri: la «sua»
Bank Medici, fino a pochi mesi fa meraviglia della nuova finanza austriaca, ha
messo in vendita la licenza bancaria. è il segno del fallimento del business
tour di una vita — Vienna, Milano, Svizzera, New York, ancora Vienna —. Ormai,
ha detto il legale di Bank Medici, Andreas Theiss, «l'asset maggiore (rimasto,
ndr) è una licenza bancaria in uno Stato affluente dell'Unione europea ». La
relativamente piccola boutique finanziaria creata da
Frau Kohn — nata TÜrk, 60 anni fa, da sopravvissuti dell'Olocausto — è rimasta
vittima del crac Madoff, il finanziere americano che aveva costruito uno schema
di investimenti piramidali truffaldino e che ieri si è dichiarato colpevole di
11 imputazioni. Nei fondi di Bernard Madoff, Bank Medici aveva investito più di
due miliardi di dollari dei suoi clienti, per lo più ricche famiglie europee.
Il crollo del castello di carte messo in piedi dal finanziere americano ha
bruciato l'investimento, ha costretto il governo di Vienna a nominare un
amministratore della banca e ha portato sulla testa della signora Kohn una
serie di iniziative penali da parte dei clienti che si sentono truffati. A un
certo punto, il New York Times aveva sostenuto che la signora si fosse nascosta
perché preoccupata dalle minacce di qualche oligarca russo, suo cliente:
ipotesi smentita più volte. Negli Anni Settanta, Sonja TÜrk sposa Erwin Kohn,
erede di una famiglia di piccoli imprenditori. Assieme, fondano una società di
import-export e si trasferiscono da Vienna a Milano. Rimangono per un po' ma,
preoccupati per il terrorismo in Italia, si spostano in Svizzera. Inizia il
periodo della creazione di un'estesa rete di conoscenze sociali in Europa.
Qualche anno dopo, la coppia trasloca a New York. Sono gli anni della finanza
in fermento e la signora lavora in diverse banche d'investimento. La famiglia
si stabilisce a Monsey, cittadina a Nord di New York abitata da una forte
comunità ebraica tradizionalista. Sonja si taglia i capelli e inizia a indossare
la parrucca, come vuole l'ortodossia ebraica. Chi l'ha conosciuta la descrive
immancabilmente come ambiziosa, determinata, persino eccessiva. Tra i tanti, a
Manhattan conosce Madoff. Cambia decennio e cambia continente: torna a Vienna,
nel 1994 apre la Medici Finanz. Con i banchieri fiorentini non ha ovviamente
nulla a che fare, ma il nome dà prestigio. Si stabilisce come società di
private banking, vende soprattutto i prodotti di Madoff in Europa, anche
orientale. Bank Austria (oggi di Unicredit) diventa sua socia al 25% e, nel
2003, conquista la licenza di banca, segno del prestigio definitivo. Anzi,
quasi definitivo: ieri, vittima della crisi e forse di
un amico che aveva sopravvalutato, l'ha messa in vendita. Danilo Taino
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
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- NAZIONALE - sezione: Focus Vuota - data: 2009-03-13 num: - pag: 8 categoria:
REDAZIONALE Auto I colossi del mercato automobilistico hanno registrato un calo
di vendite dal 21,1 per cento al 35,2 per cento Commercio Alla frana dell'export
si affianca un deficit negli scambi che sfiora gli 8 miliardi di euro a gennaio
Giappone, il paese del Sol Calante Dai record positivi al tracollo economico:
Pil meno12,1%, esportazioni meno 45,7 % I l samurai dell'economia mondiale ha
perso la sua vocazione. Anche se il suo spirito guerriero non sembra essersene
ancora accorto. «Possiamo salvare il mondo con le nostre immense riserve
valutarie — ha dichiarato Kotaro Tamura, deputato con un passato da
responsabile di una banca di investimenti —. Siamo in una posizione speciale,
possiamo farcela». Tamura è il leader di un gruppo di 65 rappresentanti
parlamentari del Partito liberaldemocratico che recentemente ha proposto al
premier Taro Aso di affrontare il collasso finanziario mondiale come «una
enorme opportunità per il Giappone». Poco più tardi, Tokio ha annunciato che il
Pil relativo al 2008 era crollato del 12,7 per cento (salvo correggere ieri la
cifra a un meno «catastrofico» 12,1 per cento, un dato negativo comunque senza
precedenti negli ultimi 35 anni). Quanto alla possibilità che il Giappone si
ergesse a baluardo delle traballanti economie del mondo sviluppato, è bastato
che il suo (ormai ex) ministro delle Finanze, Shoichi Nakagawa, si presentasse
ubriaco al G7 di Roma per dare un'idea della fragilità del Sol Levante:
l'economia a picco, un esecutivo che appare ogni giorno sull'orlo del collasso,
il primo ministro Taro Aso — l'uomo che doveva dare nuova linfa al partito di
governo — considerato un'anatra zoppa a meno di sei mesi dalla nomina. Che
accade alla fortezza Giappone? «Be' — dice al Corriere lo studioso Gian Carlo
Calza, autore di saggi come Genji, il principe splendente (Electa) o Stile
Giappone (Einaudi) — in un certo senso il samurai è stanco». Altro che. Qualche
dato sull'industria automobilistica, fino a poco tempo fa spina dorsale del
sistema Giappone, ci aiuta a capire. I primi tre colossi dell'auto nipponica
hanno avuto a febbraio un calo delle vendite a doppia cifra: Toyota, leader
mondiale, ha perso (escludendo Lexus) il 32%; Honda ha ceduto terreno nella
misura del 21,1%; Nissan, infine, ha avuto una frenata del 35,2%. Considerando
l'altro settore forte del Paese, l'elettronica, l'export è franato del 45,7% su
base annua, la contrazione più ampia dall'inizio della serie storica della
statistica. Il tutto reso ancor più difficile da uno yen forte che paralizza
ogni minima possibilità di ripresa. Così il Giappone registra a gennaio il
deficit commerciale più pesante di sempre: 952,6 miliardi di yen (quasi 8
miliardi di euro), peggio degli 824,8 miliardi di gennaio 1980. è solo colpa
della crisi mondiale, o è un sistema intero che si
trova in affanno? «L'economia è un aspetto del problema — spiega ancora Calza
—. In realtà a Tokyo c'è un establishment, una classe politica che non sa più
dove andare». Aggiunge sull'International Herald Tribune Masaru Tamamoto,
ricercatore del World Policy Institute: «Quello che la maggior parte della
gente non comprende è che la nostra crisi non è tanto
politica quanto psicologica. Dopo la nostra aggressione militare — e la
conseguente sconfitta — nella Seconda guerra mondiale, lavoro sicuro e welfare
sono diventati gli obiettivi della società. I burocrati hanno assunto il
controllo di ogni dettaglio della vita quotidiana. Siamo diventati una nazione
con impiego a vita, un sistema-azienda fondato sulla proprietà azionaria
condivisa, un'immensa classe media di pari». Il primo colpo a questa chimera
egalitaria (in Giappone c'è chi sostiene che la loro è «l'unica economia
veramente socialista dell'area») è arrivato dallo scoppio della prima bolla finanziaria, nel 1990. Ma è stata la crisi
partita dai mutui americani nel 2007 ad aver dato il colpo di grazia al
sistema. Che ora appare refrattario a qualunque cura. «Ora tutti si consolano —
sostiene ancora Tamamoto — con la consapevolezza che l'infelicità è equamente
suddivisa tra tutti». Il Giappone è fermo, dunque. Bloccato. Un Paese
costruito, dopo l'ubriacatura militarista della prima metà del Novecento, sulla
conquista dei mercati del mondo attraverso l'arma dell'esportazione, scopre che
non c'è più spazio per le proprie merci. Ma, come l'alce che infila la testa e
il suo palco in una soglia, non è più capace né di fare retromarcia, né di
trovare altre vie d'uscita. Persino il suo status di referente principale degli
Stati Uniti nel Pacifico è messo in discussione, soprattutto all'interno. «Il
Giappone — dice Gian Carlo Calza — si trova ora in un guado simile a quello
attraversato al crepuscolo dell'era Tokugawa (prima metà dell'Ottocento),
quando era chiaro a tutti che il sistema politico andava rinnovato ma nessuno
sapeva come. Allora, con il potere in mano allo Shogun, il Paese era chiuso su
se stesso, impermeabile al mondo. E in stallo, proprio come è oggi». Fu il
commodoro americano Perry, forzando i porti e obbligando il Paese all'apertura
(1853-1854), a innescare una serie di eventi che portarono alla restaurazione
imperiale e alle riforme dell'era Meiji: un salto verso la modernità. «L'arrivo
di Perry fu essenziale, certo — prosegue Calza —. Ma non era che il pretesto
atteso dalle "forze giovani" per portare al governo una nuova classe
politica. E cancellare la precedente: cosa che avvenne senza esitazioni. Ma il
Giappone fece il passo decisivo verso lo sviluppo industriale con i germi che
lo avrebbero portato al disastro militare: il nazionalismo e la spinta a
dominare l'Asia». Uscita a pezzi dal confronto bellico con l'America, Tokyo
sembrava aver ritrovato una vocazione nel miracolo economico e nel recuperato
ruolo egemone — per quanto inoffensivo militarmente — nell'Asia del Dopoguerra.
«Portaerei» americana verso Corea prima, e Vietnam poi, il Giappone era in
realtà tornato a ragionare in termini di chiusura: inondare il mondo con le
merci, cercare di proteggere quanto più possibile la «Japanese way of life»,
presentarsi come «faro» dello sviluppo asiatico, cercando di superare i
fantasmi del recente passato. La classe politica, tuttavia, non era cambiata.
Il passaggio, indolore o quasi, dal «prima» al «poi» era stato reso
simbolicamente dalla permanenza sul trono dell'imperatore, il Tenno (Figlio del
Cielo), con il placet di Washington. «Quella classe politica — conclude Calza —
è ancora lì. Il potere è nelle stesse mani da decenni. Soltanto un uomo, in
tempi recenti, ha osato provare una riforma alle radici: Junichiro Koizumi. Ma
come ha toccato il sistema nei punti più sensibili, le rendite di posizione
politiche ed economiche
( da "Corriere della Sera" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
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- NAZIONALE - sezione: Focus - data: 2009-03-13 num: - pag: 9 categoria:
REDAZIONALE Il sociologo Junji Tsuchiya «I giovani inseguono sempre il mito del
lavoro per la vita» In Giappone hanno importato una nuova parola dal-l'Italia:
purekariaato, una sintesi di precario e proletariato. Serve, questo termine, a
descrivere una novità sociale nel Paese che un tempo vantava la piena
occupazione come una vocazione naturale: sono sempre di più giovani e meno
giovani con contratti a termine (spesso non rinnovati) e, soprattutto, i
disoccupati (appunto: ex precari). La percentuale dei senza lavoro tocca il
4,1%, con previsioni in aumento e 160 mila posti bruciati entro il 31 marzo:
«Un disastro per noi», dice al Corriere Junji Tsuchiya, direttore del
dipartimento di Sociologia dell'Università Waseda di Tokyo. «C'è una profonda crisi di fiducia nel governo. Abbiamo copiato da voi i
contratti a tempo determinato per favorire l'occupazione, una novità che
avrebbe dovuto sostituire il "sistema Toyota", cioè l'assunzione per
la vita. Ma ora i giovani vogliono tornare al sistema che li garantiva fino
alla pensione». Il Giappone, però, sembra immobile: non va avanti né indietro.
«Stiamo scontando vecchi errori. In passato Koizumi ha promosso la riforma del
sistema sociale in un Paese che sembrava non aver scelta a causa
dell'invecchiamento della popolazione. Pensioni, assistenza medica, assunzione
a vita: il governo in prospettiva non potrà più permettersi di curare i suoi
cittadini dalla nascita alla tomba. Ma i cambiamenti di Koizumi non hanno
portato beneficio: sono stati parziali, subito rigettati. E
la crisi finanziaria
mondiale ha dato il colpo di grazia». Il motore è in panne: le esportazioni
sono crollate... «Sì. Il governo vorrebbe pareggiare i conti stimolando il
mercato interno, invogliare la gente ad acquistare beni e servizi. Invano: il
paradosso della nostra situazione è che i giapponesi sono pieni di soldi,
solo che non si fidano a spendere e li mettono — letteralmente — sotto il
materasso. Abbiamo calcolato che la carta moneta "nascosta" in casa
arrivi a trentamila miliardi di yen (250 miliardi di euro). Anche i conti
bancari sono zeppi di risparmi: 120 mila miliardi di yen (poco meno di mille
miliardi di euro). Niente. Non si muove una foglia». «Il punto è psicologico,
direi. I giapponesi non si fidano più di chi li guida. Pessimismo e ansia per
il futuro spingono la gente a difendere quello che ha, a non fare passi di cui
potrebbe presto pentirsi». Il gradimento dell'attuale premier, Taro Aso, è ai
minimi storici. Il Partito liberaldemocratico, al potere dal 1955 senza
soluzione di continuità (a parte una parentesi di pochi mesi), è destinato a
perdere la maggioranza? «Le elezioni dovrebbero cadere il prossimo settembre.
Ma è quasi certo che saranno anticipate a maggio-giugno, se non prima. Penso
che il Partito democratico di Ichiro Ozawa, ora all'opposizione, non avrà
difficoltà a conquistare il potere». C'è una novità: il Partito comunista
giapponese per la prima volta sta guadagnando consensi... «è l'effetto
dell'insicurezza e dell'aumento del numero dei disoccupati. Ma i comunisti
possono erodere consensi solo a sinistra, cioè al Partito democratico. Difficile
pensare a una coalizione, tanto meno a una fusione tra i due partiti. Non
escludo sorprese». La piena occupazione ormai non esiste più, i giovani hanno
difficoltà a trovare un lavoro: come sta cambiando la mentalità dei giapponesi?
«Il nostro miracolo economico è stato nel segno di un'economia di tipo
"socialista", più socialista di quella cinese. è un fatto: un
lavoratore entrava in azienda ancor prima di finire l'università e ne usciva in
tempo per la pensione. Negli anni Ottanta e Novanta abbiamo provato ad
avvicinarci al sistema globale, liberalizzando in parte il mercato del lavoro.
è stato un fallimento: ora l'unico cambiamento che vogliono i giovani è tornare
al sistema sicuro che c'era prima. Ma la crisi non lo
consente. I licenziamenti aumenteranno ». Eppure, nonostante la gravità della
situazione, non si vedono segni di contestazione, cortei di protesta: le piazze
sono tranquille... «Il Giappone non era così: nell'Ottocento le rivolte erano
all'ordine del giorno. è il nostro sistema così peculiare, costruito nel
Dopoguerra, che ha favorito la calma sociale. Da una parte, i cittadini si
attendono che sia il governo a decidere per loro. Dall'altra c'è un sistema
egualitario — lo stipendio di un dirigente non si discosta molto da quello di
un operaio — che è però sempre meno efficiente. Ora le disparità sono molte:
pochi ricchi, molti poveri. Ma la gente non si ribella: è nel nostro Dna,
forse». Che cosa intende? «è lo spirito dello Shinto, il fondamento della
nostra cultura, non solo religiosa. Viviamo in simbiosi con la natura e 8
milioni di kami, divinità, che sono ovunque: nei boschi, in cielo, nel mare.
Questo numero enorme di spiriti ci invoglia alla collaborazione: il sistema
"Toyota", in fin dei conti, viene da qui, per questo non piace che
sia abolito». Passata la crisi, quale sarà il nuovo
posto del Giappone in Asia, nel mondo? «Il nostro futuro è nell'ecologia,
meglio: nella tecnologia ecologica. Per esempio, la predisposizione dei
giapponesi a vivere in armonia con la natura sta favorendo la ricerca di motori
a bassa emissione di inquinanti. Dobbiamo condividere questa vocazione con i
nostri vicini: il nostro destino è nella convivenza». \\ Al voto Le prossime
elezioni? Il premier Taro Aso sarà punito P. Sa.
( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Casa Bianca. Obama
incontra il ministro degli Esteri cinese di Cristiano Del Riccio 13-03-2009
WASHINGTON. Il presidente americano Barack Obama ha ricevuto ieri alla Casa
Bianca il ministro degli esteri cinese Yang Jiechi concordando sulla necessità
di "cooperare strettamente" per affrontare la crisi economica globale e di
"rafforzare il dialogo in campo militare" per evitare il ripetersi di
incidenti navali come quello di domenica scorsa. Obama e Yang hano discusso
nell'Ufficio Ovale un'ampia agenda di temi: la crisi
finanziaria internazionale, la Corea del Nord,
l'Afghanistan e il Pakistan, la situazione nel Sudan. E' stato
sottolineato, durante il colloquio, che Stati Uniti e Cina "devono
lavorare in stretto contatto e con urgenza" per stabilizzare l'economia
mondiale "stimolando la domanda sul fronte interno e internazionale"
e "riattivando il flusso del credito sui mercati". Nel primo incontro
tra Obama ed un esponente cinese è stata sottolineato da entrambe le parti
"il desiderio di rafforzare la cooperazione e di costruire relazioni
positive e costruttive" tra i due paesi. Durante l'incontro è stato
discusso l'incidente navale avvenuto domenica nel Mare della Cina dove cinque
unità di Pechino hanno circondato una nave oceanografica americana che stava
seguendo i movimenti dei sottomarini del governo di Pechino. Il presidente
Obama ha sottolineato ieri a Yang "la importanza di aumentare il livello e
la frequenza del dialogo militare tra i due paesi per evitare in futuro
incidenti del genere", informa una dichiarazione della Casa Bianca. Il
Pentagono ha comunque assegnato la protezione di un cacciatorpediniere della
Navy alla nave oceanografica Impeccable', che ha un equipaggio civile ed è
disarmata. Il ministro Yang aveva già incontrato il giorno prima il segretario
di Stato Hillary Clinton, che ha partecipato anche ieri al colloquio nell'Ufficio
Ovale, insieme al vice-presidente John Biden e al consigliere per la sicurezza
nazionale James Jones. Durante l'incontro alla Casa Bianca il presidente Obama
ha inoltre sottolineato che la promozione dei diritti umani "é un aspetto
esenziale delle politica estera" americana. L'inquilino della Casa Bianca
ha espresso al ministro cinese la "speranza" che "vi siano
progressi nel dialogo tra il governo cinese e i rappresentanti del Dalai
Lama". Mercoledì il Congresso americano aveva approvato una mozione dove
si chiedeva a Pechino di "mettere fine alla repressione del popolo
tibetano". La Cina aveva "condannato con fermezza" l'iniziativa
accusando il Congresso di "cercare di imbellire le politiche secessioniste
del Dalai Lama (il leader tibetano in esilio)" compiendo
"un'inaccettabile interferenza negli affari interni della Cina".
Durante l'incontro con Yang, Obama ha espresso "profonda
preoccupazione" per la crisi umanitaria in Sudan
e per la decisione del governo di Khartum di espellere le maggiori
organizzazioni umanitarie che hanno finora provveduto a fornire assistenza e a
salvare la vita alla popolazione del Darfur". La visita di Yang a
Washington ha avuto anche lo scopo di preparare il primo incontro faccia a
faccia tra Obama ed il leader cinese Hu Jintao previsto ai primi di aprile a
Londra in margine ai lavori del G20.
( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Long Island . Festa
della Donna" a Franklin Square 13-03-
( da "Avvenire" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA 13-03-2009
Morti bianche, tre vittime ieri al Nord: un marinaio russo e due operai edili
GENOVA. I sindacati hanno proclamato uno sciopero immediato nel porto di Genova
di 24 ore, dopo la morte di un marittimo su di una nave cargo battente bandiera
belga. La vittima, un russo di 49 anni che faceva parte dell'equipaggio, è
rimasto schiacciato contro la paratia della stiva da un pesante cavalletto
metallico. Il pm Alberto Lari ha aperto un fascicolo per omicidio colposo: al
momento risulta iscritto il conducente della ' ralla', ovvero la motrice usata
per muovere i container che avrebbe urtato il cavalletto, causando la tragica
morte del lavoratore. Un operaio è morto ieri nella
discarica di Gorla Maggiore, nel Varesotto, colpito dall'esplosione di un tubo
ad aria compressa. L'impatto è stato così forte da spaccare in due il caschetto
di protezione che indossava. E nel Mantovano, risulta disperso invece un
operaio caduto nel Po mentre stava lavorando su un ponte ferroviario.
( da "Avvenire" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
MONDO 13-03-2009 New
York, le scuole cattoliche nel mirino l'affondo Il Parlamento statale è pronto
ad approvare una legge che annulla la prescrizione per i casi di abusi sessuali
sui minori Ma la norma prende di mira solo gli istituti privati e della Chiesa
DA NEW YORK « C rediamo che questa legge sia pensata per mandare in bancarotta
la Chiesa cattolica». Dennis Poust, portavoce della Conferenza episcopale dello
Stato di New York, va dritto al bersaglio. Nel mirino c'è il "Child
Victims Act", una legge che mira ad abolire temporaneamente la
prescrizione nei casi di abuso sessuale sui minori compiuti nelle scuole e
associazioni private e religiose. La proposta, in discussione la settimana
prossima al Parlamento di Albany (Stato di New York), è rimasta per anni
congelata. Ma le elezioni di novembre hanno riconsegnato il controllo
dell'Assemblea ai democratici che subito hanno messo in calendario il Child
Victims Act. La legge ha buone chance di essere approvata. Se il governatore
David Paterson ratificherà il voto del Parlamento, centinaia di ricorsi per
casi di abusi sessuali sui minori potranno essere accolti. Finora le
rivendicazioni erano state respinte poiché giunte fuori tempo massimo.
L'attuale legge infatti impone che qualsiasi denuncia avvenga non oltre i 5
anni da quando la presunta vittima ha compiuto 18 anni. Il nuovo testo prevede
la sospensione della prescrizione per un anno (nel quale chiunque potrà
denunciare fatti avvenuti decenni fa) e l'estensione a 10 anni del tempo entro
il quale un maggiorenne può chiedere risarcimenti per aver subito abusi
sessuali da bambino. Legislazioni simili sono state passate in Delaware e in
California dove nel 2003 decine e decine di ricorsi e denunce sono costate
quasi 1 miliardo di dollari fra danni e risarcimenti alla Chiesa. La settimana
scorsa il cardinale di New York Edward E- gan e il vescovo di Brooklyn Nicholas
Di Marzio, si sono recati ad Albany per spiegare la loro contrarietà al
provvedimento. La Chiesa di New York ha trovato preziosi alleati nella sua
battaglia. Su tutti gli ebrei ortodossi sefarditi di Brooklyn e la New York
Civil Liberties Union, potente associazione dei diritti civili. Secondo i
critici la legge è iniqua e crea disparità. Essa infatti
prevede la sospensione della prescrizione per gli abusi commessi nelle scuole
private e religiose, mentre mantiene in vigore tutte le "protezioni"
esistenti nelle normative statali per i dipendenti pubblici. Ad oggi infatti la
denuncia di un impiegato pubblico deve avvenire entro 90 giorni dal compimento
della maggiore età, contro i 10 anni previsti dalla normativa. ( R.E.)
( da "Lavoce.info" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
>QUANDO IL PROTEZIONISMO E' LEGITTIMO di Claudio Dordi 13.03.2009
A parole, i leader mondiali sono contro il protezionismo, memori dei danni che ha causato all'epoca della grande
depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi
internazionali pone precisi vincoli alla libertà dell'esercizio della politica
commerciale degli Stati. Esistono però numerosi strumenti legittimi di
protezione. Delle contraddizioni tra interessi nazionali e
internazionalizzazione si parlerà a Trento nell'ambito del quarto Festival
dell'Economia in programma dal 29 maggio al 1° giugno dedicato al tema
"Identità e crisi globale". Non passa giorno senza che qualche
politico al termine di un vertice internazionale dichiari l?avversione e il
rigetto del protezionismo: tutti hanno ben presenti i
danni causati dalle politiche adottate da gran parte degli Stati in seguito alla
crisi della fine degli anni Venti. IL 2009 NON È IL 1929 La situazione attuale,
invero, è completamente differente: la comunità internazionale, sin dal secondo
dopoguerra, si è dotata di una serie di accordi internazionali che pongono
precisi vincoli alla libertà dell?esercizio della politica commerciale degli
Stati. Si pensi agli accordi del Wto, alla supervisione delle politiche
economiche del Fondo monetario internazionale e ai numerosi accordi regionali e
bilaterali che promuovono la creazione di zone di libero scambio e che
imbrigliano le decisioni di politica commerciale. In più, tutti questi accordi
prevedono meccanismi di soluzione delle controversie che funzionano da
deterrente contro le violazioni. (1) Gli Stati ne sono consapevoli: il ?buy american?,
la recente controversa disposizione contenuta nello ?stimulus bill? degli Stati
Uniti, che vincola l?erogazione degli aiuti statali per la promozione di lavori
pubblici all?impiego di beni e materie prime di produzione statunitense, è
potenzialmente contraria a due accordi del Wto, quello sui sussidi e quello
sugli appalti pubblici. Nel timore di dover affrontare un procedimento per la
soluzione delle controversie di fronte al Wto, il legislatore statunitense ha
aggiunto che ?la presente disposizione si applicherà conformemente agli impegni
internazionali degli Stati Uniti?. LE MISURE PROTEZIONISTICHE ?LEGITTIME? Le
preoccupazioni maggiori vengono dalle cosiddette misure di protezione
?legittime?, quelle, cioè, conformi alle norme internazionali. Quali sono? In
primo luogo, i sussidi pubblici: ne sono vietati solo due tipi, quelli
all?esportazione e quelli erogati a condizione che il beneficiario si
rifornisca di input locali, come il ?buy american?. In secondo luogo, le misure
di difesa commerciale: l?antidumping (dazi aggiuntivi nei confronti di beni
importati a prezzi eccessivamente ridotti), i dazi compensativi nei confronti
di prodotti importati che, nel paese di origine, hanno beneficiato di un
sussidio pubblico e le misure di salvaguardia (dazi o restrizioni
all?importazione) applicabili a determinati prodotti in presenza di un recente,
notevole incremento delle importazioni degli stessi che abbia danneggiato i
produttori locali. In terzo luogo, i dazi doganali. Se, infatti, gli Stati si
sono impegnati in sede Wto a non incrementare i dazi oltre una soglia
concordata per ogni prodotto, quelli applicati sono spesso inferiori, molto
inferiori nel caso dei paesi in via di sviluppo, rispetto agli impegni
internazionali. La differenza tra soglia concordata e tariffa effettiva
comporta che ogni paese ha la facoltà di innalzare i dazi applicati fino a
concorrenza degli impegni internazionali senza violare alcuna norma Wto. La
tabella sotto illustra la differenza fra i dazi applicati e oggetto di
impegno, sottolineando il ?margine protezionistico? legittimo a disposizione
degli Stati. Dazi applicati Dazi oggetto di impegno Margine
protezionistico Tutti i paesi 3.7 9.9 6,2 Paesi sviluppati 2.5 5.2 2,7 Paesi in
via di sviluppo 6.9 21.8 14,9 Fonte: Mattoo, Subramanian, 2008 PIÙ
PROTEZIONISMO NEI PERIODI DI CRISI? I dati sembrano confermare due tendenze: un
incremento del protezionismo nei periodi di crisi e il
notevole attivismo dei paesi in via di sviluppo. Una recente ricerca conferma
che le inchieste antidumping nei paesi membri del Wto sono aumentate nel 2008
del 31 per cento rispetto all?anno precedente. I paesi in via di sviluppo
dominano la scena con il 73 per cento delle nuove inchieste, anche se gran
parte delle misure sembrano applicate nel commercio fra queste nazioni, il 78
per cento dei produttori colpiti. I paesi industrializzati, comunque, hanno più
che raddoppiato il numero di misure antidumping imposte: 54 nel 2008 contro 23
nel 2007. I settori più colpiti sono quelli del ferro e acciaio seguiti dal
tessile e abbigliamento. I dati attuali delle misure di difesa commerciale,
tuttavia, illustrano solo parzialmente il fenomeno. Prima di imporre un dazio o
una misura restrittiva provvisoria bisogna completare una procedura che dura
circa un anno: il rischio, pertanto, è che le misure di difesa commerciale
siano applicate troppo tardi. MISURE ?CONTROLLABILI? E ?NON CONTROLLABILI?
Mentre le decisioni di limitare i sussidi e di non innalzare i dazi doganali
fino a concorrenza degli impegni internazionali possono essere adottate in
brevissimo tempo dai governi, le misure di difesa commerciale sfuggono in gran
parte al loro controllo. Nell?Unione Europea, e in altri membri del Wto, per
esempio, tali strumenti sono disciplinati da appositi regolamenti che attribuiscono
diritti soggettivi ai singoli interessati. Ad esempio, alla presenza di tutti i
requisiti previsti dal regolamento antidumping, l?Unione può rigettare la
richiesta di dazi presentata dai produttori locali danneggiati dal dumping
straniero solo in casi ben precisi e con motivazione adeguata. (2) Le decisioni
degli organi competenti dell?Unione in materia possono essere oggetto di
ricorso alla Corte di giustizia: la discrezionalità per limitare l?applicazione
delle misure di difesa commerciale è, pertanto, limitata. L?unica possibilità
consisterebbe nel modificare i testi dei regolamenti comunitari: il tempo
necessario per gli emendamenti e la difficoltà di trovare adeguato consenso da
parte degli Stati membri, poco propensi a rinunciare all?impiego di uno
strumento di difesa, rendono tale scelta impraticabile. IL RISCHIO DEL
PROTEZIONISMO ?ILLEGITTIMO? Non bisogna trascurare che esiste sempre il rischio
che gli Stati adottino misure protezionistiche illegittime e siano pronti a
sopportare le conseguenze di una decisione di condanna dell?organo di soluzione
delle controversie del Wto. La forza deterrente di tale meccanismo è, infatti,
molto limitata: la sanzione per uno Stato colto in violazione di una norma del
Wto è l?eliminazione della misura illegittima che, peraltro, ha luogo
normalmente almeno due anni e mezzo dopo l?inizio della procedura. Le sanzioni
commerciali possono essere applicate solo se lo Stato violatore non si conforma
alla decisione del Wto. Il sistema consente agli Stati di proteggere
illegittimamente un determinato settore per un periodo di tempo assai dilatato,
come è accaduto nel caso delle misure di salvaguardia statunitense contro
l?importazione di acciaio, istituite nel marzo 2002 e abrogate, dopo essere
state giudicate illegittime, nel dicembre 2004. Va detto, tuttavia, che
numerose condanne da parte del Wto minano la credibilità negoziale dello Stato
coinvolto e ciò, in un sistema basato sui continui negoziati, è un fattore che
non può essere trascurato. Esistono numerosi strumenti legittimi di protezione
a disposizione degli Stati; l?applicazione di molti di questi non può essere
limitata da parte dei governi nel breve periodo. Gli unici che potrebbero
realmente essere mantenuti sotto controllo dagli esecutivi sono i sussidi,
proprio quelli maggiormente impiegati nell?attuale situazione di crisi
economica internazionale. (1) Sono oltre 400 gli accordi istitutivi di zone di
libero scambio notificati al Wto. (2) In materia commerciale gli Stati membri
dell'Unione Europea hanno trasferito tutte le competenze agli organi di
Bruxelles. Foto: da internet
( da "Lavoce.info" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
>INGHILTERRA: TRE
SOLUZIONI PER OGNI INSOLVENZA di Costanza Russo 13.03.2009 Con il Banking Act
2009, appena varato, la Gran Bretagna regola i dissesti bancari. Prevedendo tre
ipotesi di gestione delle crisi: trasferimento della
banca insolvente ad un acquirente privato, oppure ad una "banca
ponte" o ancora, temporaneamente, allo Stato. Ecco come dovrebbero
funzionare le diverse opzioni, quali casi sono contemplati, e qual è il ruolo
che la legge assegna in queste circostanze alle autorità competenti: Bank of
England, Financial Services Authority, Tesoro. Con il Banking Act 2009,
appena varato, la Gran Bretagna regola i dissesti bancari. Prevedendo tre
ipotesi di gestione delle crisi: trasferimento della
banca insolvente ad un acquirente privato, oppure ad una ?banca ponte? o
ancora, temporaneamente, allo Stato. Ecco come dovrebbero funzionare le diverse
opzioni, quali casi sono contemplati, e qual è il ruolo che la legge assegna in
queste circostanze alle autorità competenti: Bank of England, Financial
Services Authority, Tesoro. D?ora in poi i sudditi di Sua Maestà non potranno
più essere colti alla sprovvista nel caso in cui una banca dovesse fallire.
Infatti, il governo inglese ha emanato la legge che disciplina le procedure di
riorganizzazione o liquidazione di una banca insolvente. Con il Banking Act
2009 cambia un aspetto tipico del sistema britannico ?quello di trattare il
fallimento di una banca alla stessa stregua di una società commerciale ?che
tanto aveva fatto tribolare le Autorità competenti nella gestione della crisi della Northern Rock. Coerentemente con le proposte
espresse nel documento di consultazione pubblica che la precede, la legge si
occupa di disciplinare tre diverse ipotesi di risoluzione della crisi (stabilization options): a) trasferimento della banca
o parte di essa ad un acquirente privato, oppure b) ad una ?banca ponte? o, ma
solo a carattere temporaneo, c) allo Stato. Contestualmente è stato anche
emanato un codice di condotta che serve a meglio specificare i casi in cui le
Autorità possono utilizzare i poteri loro attribuiti e le modalità di utilizzo
degli stessi, offrendo cosi un quadro di estrema chiarezza e completezza circa
il da farsi in situazioni di emergenza. LE DIVERSE OPZIONI Il governo dunque, a
seconda dell?interesse che emerge caso per caso e del tipo di istituto in crisi, può decidere o di favorire una soluzione di mercato
(acquirente privato e bridge bank) o di intervenire direttamente
(nazionalizzazione temporanea) o di farne cessare definitivamente l?attività
(liquidazione). Il requisito di fondo affinchè una banca possa essere
considerata insolvente, e quindi in crisi, è che non
soddisfi più i requisiti regolamentari richiesti per l?accesso a quel tipo di
attività. In tale valutazione, compiuta dalla Financial Services Authority
(FSA), bisogna tener conto delle specifiche condizioni del momento e del fatto
che per poter rientrare nei requisiti fissati, l?istituto avrebbe bisogno di un
aiuto finanziario straordinario da parte della banca centrale o del Tesoro. A
quel punto la FSA deve consultarsi con la Banca d?Inghilterra (BoE) e il Tesoro
e valutare il da farsi. Se nella scelta vengono in rilievo ragioni di pubblico
interesse, quali la salvaguardia della stabilità o della fiducia dei
cittadini nel sistema finanziario inglese, o la protezione dei depositanti, la
BoE può decidere di vendere tutte o parte delle azioni e delle proprietà della
banca ad un acquirente privato o di trasferirla ad una banca ponte (bridge
bank), di proprietà della BoE, in attesa di trovare un compratore. Prima di
prendere una decisione le Autorità devono però considerare l?impatto che la
stessa avrà sulle finanze pubbliche. Infatti la BoE non può esercitare alcuna
opzione senza l?autorizzazione del Tesoro, se da questa derivano oneri per lo
Stato. Il codice di condotta ci spiega meglio cosa si intenda per stabilità del
sistema, fiducia dei cittadini, protezione dei depositanti e fondi pubblici.
Sostanzialmente dice che le Autorità devono valutare se il fallimento di quella
banca potrebbe avere un impatto sistemico sulle infrastrutture di pagamento,
trading e compensazione che sono alla base del sistema bancario e quali
potrebbero essere invece le conseguenze se le Autorità decidessero di non
intervenire affatto. L?impatto sulla fiducia dei cittadini va invece valutato
sulla base delle percezioni che essi potrebbero avere quanto alla possibilità
di perdere il denaro, o di subire un?interruzione del nomale funzionamento
delle banche o quanto al verificarsi di un effetto contagio (come dire: se è
fallita la banca X allora possono fallire anche le altre!). La protezione dei
depositanti va valutata sulla base dell?efficienza del sistema di tutela
applicabile nel caso specifico, mentre nel considerare l?impatto sulle finanze
si deve tenere ben a mente la protezione dell?interesse dei taxpayers
all?utilizzo efficiente dei soldi pubblici. La procedura di liquidazione,
invece, si applica solo al caso di banca che esercita attività di
deposito quando non sia più in grado di ripagare i propri debiti, e se la
cessazione delle attività della stessa sarebbe giusta (fair) o nel pubblico
interesse. La legge autorizza poi il Tesoro a prevedere una procedura di
insolvenza ad hoc per le banche di investimento. LA NAZIONALIZZAZIONE TEMPORANEA
Se, invece, dal fallimento di quell?ente potesse derivare una seria minaccia
alla stabilità del sistema finanziario inglese o se l?intervento della BoE
fosse necessario per proteggere l?interesse pubblico nel caso in cui sia già
intervenuto il Tesoro in aiuto della banca, è possibile nazionalizzare
temporaneamente l?istituto, ossia trasferirne le azioni a una società
controllata al 100 per cento dallo Stato o farle gestire da un esperto nominato
dal Governo (per esempio l?Avvocato Generale del Tesoro). In questo caso, quale
dovrebbe essere il comportamento del Governo nei confronti della banca? Di
nuovo ci viene in aiuto il codice di condotta: la nazionalizzazione deve essere
l?ultima opzione preferibile e, quando possibile, deve tendere a far ritornare
la banca alla sua normale attività e non contrastare con le regole sulla
concorrenza. Nel frattempo al Governo competono i normali diritti di un
azionista e nell?immediato può anche intervenire sulla governance della banca
con poteri che variano a seconda del tempo stimato di ritorno alla normalità.
Se è previsto che la banca sia pubblica nel medio-lungo termine, allora il
Tesoro potrà indicare agli amministratori gli obiettivi in base ai quali
operare. A loro competerà, sulla base di quelle indicazioni, predisporre un
businessplan completo da sottoporre all?approvazione del Tesoro. Ad ogni modo
la banca dovrà operare a condizioni di mercato e mantenere gli stessi obblighi
che gravano sulla banche commerciali. POSSIBILI APPLICAZIONI La legge dice un?altra
cosa di non poco conto: l?unica opzione che può essere utilizzata per
l?insolvenza delle società a capo di un gruppo bancario è la nazionalizzazione
temporanea. La scelta parrebbe motivata dalla difficoltà per un compratore
privato o per una banca ponte di acquistare o gestire un intero gruppo
insolvente, per cui la proprietà pubblica sembrerebbe dare più adeguate
garanzie di continuità. Viene però in mente la situazione attuale, per cui il
governo inglese ha già nazionalizzato la Northern Rock, è proprietario degli
asset della Bradford&Bingley, ha il 70 per cento di RBS e il 65 per cento
di Lloyds, per non contare i prestiti fatti alle banche nell?ambito dei piani
di salvataggio. Ci si domanda: se queste non dovessero essere più in grado di
pagare i propri debiti e una soluzione di mercato non fosse possibile, verranno
nazionalizzate? Foto: da internet
( da "AmericaOggi Online" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Precari, sì del
governo agli aiuti 13-03-2009 Via libera del Consiglio dei ministri al nuovo
pacchetto di misure a favore dei precari. Le norme saranno presentate sotto
forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra le misure principali il
raddoppio dell'indennita' di disoccupazione per i co.co.pro che cosi' passa al
20% e la velocizzazione delle procedure per la concessione e l'erogazione degli
ammortizzatori sociali ROMA. Via libera del Consiglio dei ministri al nuovo
pacchetto di misure a favore dei precari. E' quanto si apprende da fonti di
governo. Sono misure di 'completamento e semplificazione a
protezione dei lavoratori sospesi o licenziati'. Le norme saranno presentate
sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra le misure
principali il raddoppio dell'indennita' di disoccupazione per i co.co.pro, che
passa al 20%, e la velocizzazione per l'erogazione degli ammortizzatori
sociali. In particolare si accorciano i tempi per accedere agli
ammortizzatori sociali: dai 120-140 giorni che servivano si arrivera' ad appena
20-30 giorni. Cio' grazie 'a una drastica semplificazione delle procedure', ha
detto il ministro del Lavoro Sacconi al termine della riunione del Cdm. E
inoltre 'l'indennita' di reinserimento per i collaboratori a
progetto(co.co.pro) con un solo committente e' stata innalzata al 20% di quanto
percepito l'anno precedente in un intervallo che va da
( da "AprileOnline.info" del 13-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il welfare di
facciata Andrea Scarchilli , 13 marzo 2009, 17:18 Il governo annuncia un'altra
puntata del piano anti - crisi. Stavolta finiscono sul
piatto cento milioni di euro per le indennità agli atipici monocommittenti. Se
hanno perso il posto potranno, soddisfando certi requisiti, riscuotere il venti
per cento dell'ultimo stipendio annuale. La Cgil: "Ne avrà diritto solo il
dieci per cento della platea". C'è poi la possibilità per chi già
percepisce l'assegno di disoccupazione di integrare il reddito con altri
lavori. Sacconi si appella ai giovani: "Mettetevi in gioco" Proprio
il giorno successivo al rifiuto parlamentare della proposta del Partito
democratico di riconoscere a tutti i disoccupati un assegno pari al sessanta
per cento dell'ultima retribuzione, il Consiglio dei ministri ha annunciato un
mini piano a sostegno del lavoro, che i dati riconoscono ormai come vittima
principale di questa crisi economica. Ne sono
testimonianza l'aumento delle richieste, del 46 per cento, delle indennità di
disoccupazione e le impennate continue, l'ultima di oltre il 500 per cento su
base annuale, del ricorso alla cassa integrazione da parte delle imprese. Al
ministro del Lavoro Maurizio Sacconi è toccato di spiegare le contromisure
dell'esecutivo. Poche risorse, e questo si sapeva. Spicca il raddoppio -
rispetto all'ultimo provvedimento che stanziava risorse per gli ammortizzatori
sociali - dei fondi a disposizione di una parte dei precari, i co.co.pro. con
un solo committente. Se hanno perso il posto, avranno il diritto di percepire
un'indennità pari non più al dieci, ma al venti per cento dell'ultima
retribuzione annuale in una forchetta, ha spiegato Sacconi, "che va da
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
DOMANI Strumenti
astronomici protagonisti in Seminario Domani, l'Ufficio beni culturali della
Diocesi di Tortona, in collaborazione con il Gruppo
Astrofili Galileo di Alessandria e con i volontari della Protezione civile
tortonese, ha organizzato una giornata dal titolo «Alla scoperta del cielo».
Dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19 sarà possibile osservare gli antichi
strumenti ottici del Gabinetto scientifico del Seminario vescovile, guidati dai
volontari dell'associazione. L'iniziativa offrirà l'occasione di
osservare dal vero alcuni orologi solari, sestanti, una carta e un globo
stellari, telescopi di varie dimensioni, una macchina parallattica, un
tacheometro. E' solo una parte della collezione di strumenti scientifici (di
ottica e di fisica) del seminario, appartenenti al secolo XIX, che lo scorso
anno sono stati oggetti di un intervento di recupero e di una pubblica
esposizione da parte del gruppo di volontari della Protezione civile di
Tortona.\
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
VIABILITA'.
PRESENTATO L'ELENCO DEI DANNI E DELLE SPESE. IN ATTESA DI FINANZIAMENTI DA ROMA
Provincia: sos per i costi dell'inverno [FIRMA]ENRICA CERRATO ASTI E' un conto
salato quello che l'inverno appena passato ha lasciato da pagare alla
Provincia: 24 milioni e 730 mila euro è la cifra stimata come totale tra le
spese già effettuate sotto le voci di sgombero neve, sale, emergenza acqua e
allagamenti (e siamo già a oltre sei milioni) e quelle per gli interventi di
sistemazione definitiva delle strade franate. In Provincia allargano le
braccia: un inverno così mette in ginocchio qualsiasi bilancio ed è evidente
che si attendono i contributi da Roma per poter pagare. Ieri mattina in una
conferenza stampa l'assessore alla Viabilità Rosanna Valle ha fatto il punto
della situazione, con il vicepresidente Giuseppe Cardona e i colleghi Piefranco
Ferraris (Ambiente) e Antonio Baudo (Protezione civile), ma
soprattutto alla presenza di un gruppo dei tecnici e dei capi reparto che da
quattro mesi lavorano a ritmi serrati, prima per tamponare le emergenze e poi
per preventivare costosi e difficili recuperi. Un esempio per tutti: la frana
sulla strada di Bubbio, l'unica che porta alla Langa Astigiana (ora
percorribile a senso alternato con un semaforo solo da mezzi di peso
inferiore a 5 tonnellate), sarà oggetto di un delicato intervento da 500 mila
euro, solo perché non peggiorino le cose e poi dovrà essere rifatta (stanno
elaborando il progetto il geologo Vincenzo Bosco e l'ingegnere Stefania Morra).
Per dar l'idea, «a spanne» il costo totale sarà di oltre due milioni di euro.
Dalla ricognizione del Servizio viabilità nei cinque Reparti emerge un quadro
sconfortante: nel quadrante del Nord Astigiano nella zona di Castelnuovo Don
Bosco le spese per la sistemazione definitiva delle strade superano i 2 milioni
di euro, nel quadrante Nord Est da Cocconato a Moncalvo, occorre spendere 3
milioni 735 mila euro, altri 3 milioni 150 mila sono preventivati nel reparto
Sud Est da Castello d'Annone a Vaglio, Agliano e Mombaruzzo, mentre nel Sud
ovest della provincia, occorrono interventi per 3 milioni 675 mila euro. «Ma il
dramma vero - ha spiegato Valle - è nel quinto reparto, Valle Belbo e Bormida.
Un elenco lungo di opere da realizzare per un totale di 12 milioni 160 mila
euro. «E' una somma astronomica per una realtà come la nostra - aveva ricordato
il presidente Armosino, che a Roma con il collega parlamentare Sebastiano
Fogliato e altri piemontesi, aveva fatto approvare un ordine del giorno di
impegno del Governo a finanziare per prime le vere emergenze. «Con spese
documentate fino all'ultima lira come le nostre», ha aggiunto ieri Valle.
Antonio Baudo e Pierfranco Ferraris hanno inoltre ricordato i problemi
correlati ad una situazione di questo genere, dall'aumento dei costi del
trasporto su gomma per i camion costretti a percorsi alternativi, ai danni ad
impianti di illuminazione, tubature di acquedotti e infrastrutture travolti
dalle frane che si stanno «mangiando» le colline astigiane.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Documentari. Roman
Herzog e Dagmawi Yimer porteranno la propria testimonianza questa sera al
salone polivalente del centro Culturale Le Rosminiane di Candelo, in occasione
dell'appuntamento «Libero come un uomo sulla terra», organizzata da Apertamente
e Il Mondo Capovolto. Introdotto da un aperitivo alle
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
MELOGRANO Gli
incontri su violenza, maltrattamenti e pedofilia Donne violentate, bambini alla
mercé di pedofili o, più semplicemente, donne costrette a subire maltrattamenti
e violenze in famiglia e anche fuori. Se ne parla in un articolato progetto
formativo che ha preso il via al «Melograno» di via Marsaglia, con
partecipazione libera, promosso da Cespim, Aniep e i Servizi sociali del
Comune. «Consapevolezza. Ascolto. Valorizzazione di sé» il 19, 26, 31 marzo e 9
aprile (a partire dalle 21) con Raffaella Rognoni esperta di training e
sociologa. «Le conseguenze della violenza sulla salute della donna» il 17 e 19
marzo e il 2 e 7 aprile con Domenica Espugnato De Chiara, medico dell'Asl. «Ordini di protezione contro gli abusi familiari», «Rapporto che
intercorre fra soggetti che hanno subito violenze in famiglia o sul lavoro e i
servizi di assistenza esistenti», «Reato di violenza, molestie e pedofilia», il
17, 26 e 31 marzo, 2 aprile con Agata Armanetti, avvocato. «Le
conseguenze psicologiche e psicopatologiche del maltrattamento nella violenza
delle donne e nei loro bambini», il 24 marzo e il 2 aprile con Roberto Ravera
direttore struttura complessa Psicologia Asl. Responsabile del progetto è
l'assistente sociale Gianna Lisa Lajolo.\
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
L'indennità
aumentata al 20% dell'ultima retribuzione. Rinviato il piano casa, forse sarà
approvato con un decreto Aiuti ai precari licenziati Tremonti: la vigilanza
sulle banche dovrebbe essere affidata alla Bce Dal Consiglio dei ministri è
arrivato ieri il via libera al nuovo «pacchetto» a favore dei precari. Si
tratta di misure di «completamento e semplificazione a
protezione dei lavoratori sospesi o licenziati». Le norme saranno presentate
sotto forma di emendamenti al decreto legge salva-auto. Tra gli interventi
principali il raddoppio dell'indennità di disoccupazione per i co.co.pro che
così passa al 20% e la velocizzazione delle procedure per la concessione e
l'erogazione degli ammortizzatori sociali. Slitta invece il piano casa
che prevede l'aumento delle volumetrie per le abitazioni e la semplificazione
delle procedure per ottenere le autorizzazioni di ristrutturazione e sconti
fiscali. Il testo è stato però solo presentato ai componenti dell'esecutivo.
Per la prossima settimana sarà convocata la conferenza Stato-Regioni per un
«ampio confronto» in modo da arrivare ad un via libera che potrebbe avvenire
anche per decreto legge. E Tramonti replica a Draghi sulle banche: la vigilanza
dovrebbe essere affidata alla Bce. Barbera, La Mattina, Lepri e Maggi DA PAGINA
( da "EUROPA ON-LINE" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Ne usciremo solo
insieme DARIO FRANCESCHINI Abbiamo sentito spesso in questi giorni rivolgere al
Partito democratico l?accusa di strumentalizzare la crisi per scaricare le
responsabilità sul governo. Naturalmente nessuno di noi ha mai immaginato di
farlo, perché sappiamo che la crisi è globale, attraversa tutti i paesi e va
affrontata con risposte che vanno ben oltre i confini nazionali. Sappiamo anche
che la crisi impatta in modo diverso sulle economie nazionali e sulla vita
delle famiglie e delle persone, in base alla forza o alla fragilità della
singola economia nazionale (la nostra purtroppo è tra le più fragili), ma
soprattutto in base agli interventi che i singoli governi mettono in campo per
fronteggiare l?emergenza della crisi. Abbiamo l?assoluta consapevolezza che le
misure che abbiamo proposto non sono una risposta strutturale alla crisi. Ma
sappiamo che, in un momento di difficoltà, chi guida un paese, al di là del
colore politico, oltre che il dovere di cercare risposte strutturali e
cominciare a lavorarci, ha quello di immaginare contemporaneamente come
affrontare le situazioni drammatiche in cui rischiano di precipitare o sono già
precipitate migliaia di persone alle quali non si può dire, in attesa che la
crisi venga superata con interventi strutturali, di arrangiarsi. Molti di noi
parlamentari, in particolare della Lega ma non solo, vengono come me dalla
Pianura padana: quando il nostro grande fiume stava per straripare a causa di
un?ondata di piena, la gente del Po, che viveva sotto gli argini, non discuteva
su quali fossero gli interventi per ristrutturare gli argini, ma correva, in un
meccanismo di solidarietà, a mettere pile di sacchi di sabbia che
nell?emergenza impedissero al fiume di straripare. In seguito, dopo aver
affrontato l?emergenza, si mettevano a discutere su come rafforzare gli argini.
È esattamente quello che stiamo cercando di fare, sapendo che nel paese ci sono
tante povertà e paure, una più grave dell?altra. Ci sono persone che non ce la
fanno ad arrivare a fine mese, quelli che noi avevamo immaginato di aiutare da
subito, se avessimo vinto le elezioni. Poi è scoppiata la crisi e sono emerse
situazioni di gravità sempre maggiore (...). C?è chi ha perso il posto di lavoro e ha meccanismi di protezione sociale, a
cominciare dalla cassa integrazione. Il ministro Brunetta ha detto che va tutto
bene, una meraviglia, lo ha ripetuto, con toni diversi, il ministro Sacconi:
contemporaneamente, pochi minuti fa, la Cisl della Lombardia ha indicato che non
ci sono più risorse per gli strumenti di cassa integrazione ordinaria e
straordinaria. Ci sono categorie di lavoratori che hanno un meccanismo
che li aiuta nel momento della crisi della propria azienda o della perdita del
posto di lavoro, ma ce ne sono centinaia di migliaia che, dopo aver vissuto già
una situazione di precarietà, rischiano di precipitare a reddito zero. Poi c?è
la povertà estrema, di cui non si parla. Nella politica italiana c?è la paura
di usare la parola «poveri»: invece i poveri ci sono e purtroppo stanno
crescendo. Persone, come ci hanno raccontato le associazioni di volontariato,
che non hanno nulla da mangiare e molto spesso non hanno un posto dove dormire.
Allora, come si affrontano queste diverse emergenze? Per quelli che perdono il
posto di lavoro e non hanno ammortizzatori sociali, noi proponiamo due
operazioni: interventi strutturali e interventi per l?emergenza 2009. Di
interventi strutturali siamo pronti a discutere con il governo e le parti
sociali, se avranno un qualche interesse. Pensiamo che entro il 2009 si debba
lavorare per un ridisegno e una semplificazione di tutti gli ammortizzatori
sociali, con l?obiettivo di rivolgerci a tutti i lavoratori, indipendentemente
dal tipo di contratto che avevano quando lavoravano. Poi c?è l?emergenza, che
impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito
zero. Per questo abbiamo proposto un assegno mensile di disoccupazione del 60
per cento dell?ultima retribuzione mensile per tutti quelli che hanno perso o
perderanno il posto di lavoro durante la crisi, cioè dal 10 settembre 2008 al
31 dicembre 2009, immaginando che questo periodo servirà per la riforma degli
ammortizzatori sociali, evitando però intanto di lasciarli nella disperazione e
nella paura del futuro. Anche perché non c?è cosa più sbagliata che immaginare
che nella crisi le difficoltà personali possano essere messe le une contro le
altre, facendo scontrare i diversi gradi di povertà tra di loro: questo fa
esplodere il tessuto sociale del paese, questo rende una parte del territorio
terreno fertile per la criminalità organizzata, perché quando ci sono migliaia
di persone che non hanno i soldi per fare la spesa o per comprare i vestiti per
i figli, forse cedono anche rispetto al loro livello di moralità o a quello che
vorrebbero fare nella vita rispettando la legge. Ci si risponde che si tratta
di demagogia. Qualsiasi cosa diciamo, in dieci dodici in televisione a dire:
demagogia, demagogia! Se uno dice che domani è venerdì: è demagogia! Rispondete
nel merito invece, dite di sì o di no! La nostra proposta ha coperture precise,
è stata preparata da esperti, solo in questo ramo del parlamento da Bersani,
Letta, Damiano: persone che hanno avuto responsabilità di governo. Non costa
tanto, perché abbiamo calcolato ? e siamo stati prudenti ? 500 o 600 mila
disoccupati; abbiamo detto che servono 5 miliardi di euro. Vorrei che diceste a
quegli italiani che non siete in condizione di trovare 5 miliardi, dopo che li
avete buttati dalla finestra con l?eliminazione dell?ici sui redditi alti e con
il suicidio dell?operazione Air France-Alitalia. Quei 5 miliardi, in gran
parte, ci sono già nei 9 miliardi degli ammortizzatori sociali. Quella è
un?operazione giusta, ma richiede mesi per entrare in vigore. Noi diciamo:
intanto, se ci sono, utilizziamo subito quelle risorse. Questo è il nostro
primo problema ma ne abbiamo un altro, quello di aumentare i consumi: una
persona che ha zero euro se gliene diamo 6, 7 o 800 non li mette nel risparmio,
li mette tutti nel circuito dei consumi e questo è un modo per far ripartire
l?economia. A meno che voi non pensiate che una persona che non ce la fa a
vivere col suo stipendio abbia la preoccupazione di costruire il 20 per cento
di cubatura in più nella sua casa. Se ha un po? di soldi in più li usa per i
figli, per la spesa, per le urgenze della vita. Anche per la povertà estrema
abbiamo proposto un meccanismo molto esplicito e chiaro. Per i comuni e per le
associazioni di volontariato, 2 punti di Irpef sui redditi dai parlamentari
compresi in su, sopra i 120 mila euro: un contributo di solidarietà
straordinario per il
( da "EUROPA ON-LINE" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Gli effetti perversi
della Robin tax RAFFAELLA CASCIOLI Nei dieci mesi di governo che vanta ormai
alle spalle, Berlusconi ha sì dovuto affrontare gli effetti in Italia di una crisi economica mondiale dalle proporzioni ancora
sconosciute, ma si è presentato all?appuntamento con una buona dose di
improvvisazione che già avevano caratterizzato in passato il suo modo di
guidare il paese. Per inesperienza o fors?anche incapacità, gli errori fin qui
commessi da Berlusconi e dal ministro Tremonti ricordano da vicino quelli già
consegnati alla storia all?inizio dell?avventura istituzionale del Cavaliere
nel 1994. Una spruzzatina di interventi che non hanno solo prolungato la
stitica agonia nella quale si muove da tempo l?economia italiana, con i
risultati sul Pil certificati anche ieri dall?Istat ben lontani dalla pur
deludente media Ue. E, questo, nonostante il ministro dell?economia si sia
seduto alla scrivania di Quintino Sella con tutta l?intenzione di divenire
stavolta uno dei più fedeli censori dei conti pubblici. Ha sbagliato tempi e
modo. Perché se forse è vero che Tremonti ha ?visto? in anticipo la crisi economico-finanziaria, è innegabile
che abbia messo in campo una serie di provvedimenti ? a volte demagogici, a
tratti contraddittori ? che a distanza di qualche mese rischiano di essere
ostacoli ben più difficili da superare di quelli importati dalla congiuntura
internazionale. E di demagogico questo governo ha varato più di un
provvedimento: Robin tax, taglio dell?Ici, ma anche la social card, solo per
citare alcuni esempi. Proprio la Robin Tax rappresenta l?emblema
dell?inadeguatezza di un governo, a fronteggiare una situazione che necessitava
di misure ben più moderate e ragionevoli. E così il ministro, che oggi mostra
al sistema bancario sofferente il volto ?buono? dei Tremonti Bond, salvo poi
scoprire la mela avvelenata di una sorta di ?militarizzazione? non già del
merito di credito ma del sistema bancario con il Viminale e i prefetti allo
sportello, appena la scorsa estate ha indossato i panni di Robin Hood.
Ufficialmente per togliere ai ricchi ? all?epoca banche e petrolieri ? per
aiutare anziani e fasce deboli ad arrivare alla fine del mese con la social
card. Una carta che per molti rimane ancora una promessa mentre per i fortunati
che l?hanno ricevuta è spesso inutilizzabile presso i mercati più convenienti o
addirittura vuota perché priva delle necessarie ricariche mensili da parte
dello stato. Ora però Tremonti che, ad agosto, si vantava di voler colpire gli
extraprofitti bancari salvo poi tra settembre e ottobre mettere insieme un
piano di salvataggio per quegli stessi istituti di credito, rischia di aver
minato profondamente i bilanci delle aziende di credito. Proprio in questi
giorni, infatti, le aziende di credito impegnate nella stesura dei bilanci 2008
stanno avendo più di una sorpresa. La tassa su banche e petrolieri, quella per
dirla con Tremonti che avrebbe portato a tagliare l?ingaggio dei vari Mourinho,
sta rivelando tutta la sua pericolosità mostrando un incremento delle aliquote
fiscali a due cifre che certo non giova a bilanci di banche che avrebbero
bisogno già così dei Tremonti bond. Tanto più che ad essere penalizzati sono
soprattutto quegli istituti di credito che più di altri hanno compresso i costi
per essere concorrenziali visto che uno degli effetti perversi della norma è
quello di aumentare i ricavi attraverso l?incremento delle commissioni a carico
dei clienti. Il governo con la Robin tax dovrebbe portare a casa oltre un
miliardo di euro e forse anche di più, mentre con i Tremonti bond potrebbe
anche prestarne una dozzina salvo poi riaverli con interessi di tutto rispetto.
Inutile dire che sarà la clientela, come peraltro aveva predetto Draghi lo
scorso 10 luglio, a farne le spese. E in epoca di credit crunch non è difficile
pensare come.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
La storia Una
pendolare molto speciale sul Tgv da Londra MARCO ZATTERIN Bruxelles, eurocrati
a lezione dalla reginetta degli 007 CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Da tre mesi,
all'inizio di ogni settimana, una donna inglese non giovanissima, dall'aria
distinta e un look studiato per non dare nell'occhio, sale sull'Eurostar alla
stazione londinese di St. Pancras con un biglietto a destinazione Bruxelles.
Un'ora e cinquanta minuti più tardi, già si fa largo nel caos maleodorante
della Gare du Midi, dove l'attende un passaggio per il palazzo del Consiglio
europeo. Lì, superati i raggi X per il bagaglio, si mette in coda al bancone
degli accrediti dove esibisce il tesserino che certifica l'appartenenza al MI5,
l'agenzia per la sicurezza interna e il controspionaggio britannico. Il
funzionario di turno non si sorprende alla vista dell'insolito documento. La
donna è un ospite atteso e ormai noto. Inutile dire che si tratta di una
missione Top Secret. L'agente che viene dal Tamigi è stata ingaggiata per
insegnare agli uomini della burocrazia comunitaria come si tiene alla larga chi
cerca informazioni a circolazione limitata, genìa che nella mente di chi ha
voluto la Scuola Antispie comprende, oltre gli inviati sotto copertura di Paesi
terzi, anche lobbisti e giornalisti. La dipingono come fredda e cortese. Con la
sua azione aiuta a prevenire fughe di notizie sensibili e impostare una
strategia di correzione di rotta qualora un documento prezioso finisca alla
persona sbagliata. Tiene lezioni singole, in qualche caso forma dei piccoli
gruppi. Un'ora, durano. La donna non ha licenza di uccidere, quella semmai
l'avrebbero gli 007 dell'MI6, l'agenzia di Sua Maestà responsabile della
sicurezza esterna. Non risulta che giri armata, non serve. Ai piani alti del Consiglio hanno scelto di affidarsi al celeberrimo MI5 per
rafforzare la protezione interna, anche se i casi acclarati di tentato
spionaggio si contano sulle dita di un uomo con una mano sola. L'ultimo risale
al 2003, quando la sicurezza ha trovato delle cimici negli uffici di alcune
delegazioni. Alcuni funzionari avevano notato che spesso i telefoni suonavano
senza ragione. Dell'inchiesta aperta successivamente non s'è saputo
nulla. Qui il problema è differente. L'agente dell'MI5 deve impostare le
relazioni personali, spiegare alle signore cosa devono fare se qualcuno di
sconosciuto la invita a colazione con secondi fini non tradizionali, e ai
signori come devono comportarsi se un'avvenente presunta stagista domanda loro
delle carte classificate. Nel suo compito rientra la lezione su cosa si può
inviare per posta elettronica. Racconta un dirigente del Consiglio che la cosa
più curiosa della Scuola Antispie è che la donna ricorda veramente l'ultima
incarnazione cinematografica di «M», il capo di James Bond all'IM6. Severa come
l'attrice Judi Dench, versione ingrugnita della bellezza british di Glenda
Jackson, a cui Marc Forster, il regista di Quantum of Solace, ha dato un ruolo
centrale quale «unica donna che 007 non vede con interesse sessuale». «Ho
imparato molte cose», confessa l'alto funzionario. Tipo? «Da oggi ti scrivo
dall'indirizzo gmail e non da quello del Consiglio». Viene da chiedersi se non
sia una pura paranoia. La quantità di segreti commerciabili che gravita nei
palazzi Ue è vicina allo zero. Le spie possono ambire a conoscere i dettagli
delle decisioni sulle tariffe rilevanti con anticipo, o magari quelle sulla
concorrenza che influenzano le attività delle imprese e i corsi di Borsa. Le
altre carte finiscono in genere sui giornali con anticipo. Nonostante ciò a
Bruxelles dicono che la sicurezza è prioritaria e i controlli sono stati
stretti. La Donna che sembra Judi Dench è qui per questo. Almeno per dire che
il possibile è stato fatto. Che serva veramente è un altro discorso.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
il caso Lussemburgo
Austria e Svizzera aprono i forzieri MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Alla fine hanno ceduto, appena d'un passo, ma tanto basta per dire che la
marcia verso una più ampia trasparenza del credito è cominciata. Austria,
Lussemburgo e Svizzera hanno deciso di rendere meno rigido il loro segreto
bancario, e di scambiare maggiori informazioni con le altre amministrazioni sui
conti correnti in odore di reato. Lo hanno fatto a malavoglia, messi alle
strette dalla minaccia di finire sulla lista nera Ocse dei paradisi fiscali non
cooperativi. Però è successo ed è una buona notizia, anche perché giovedì una
mossa analoga è stata compiuta da Andorra, Belgio e Liechtenstein. Con la
conseguenza che sulla mappa europea resta solo un luogo dove il conto corrente
è blindato: il principato di Monaco. Finché dura. E potrebbe anche non essere
per molto. La crisi finanziaria scatenatasi nella vischiosità dei comportamenti e delle regole
ha convinto l'Unione europea e gli Stati Uniti a dichiarare una guerra senza
quartiere a chi offre potenzialmente copertura legale a evasori e finanzieri
senza scrupoli. Da questa parte dell'Atlantico, l'azione congiunta del
presidente francese Sarkozy e della cancelliera tedesca Merkel ha posto sotto
dura pressione i sistemi che garantiscono il pieno anonimato in banca. L'arma
brandita di una messa al bando ha sortito i suoi effetti, eppure non ci si
fermerà qui. Nella bozza di conclusioni del vertice Ue in programma giovedì a
Bruxelles i Ventisette sono pronti a chiedere che «vengano messa a punto
sanzioni da applicare contro i paradisi fiscali». Non è la rivoluzione, sia
chiaro, e il caso svizzero lo dimostra. Bisognerebbe scardinarli sino in fondo
i conti delle banche elvetiche, sono il più grande rifugio off-shore del
pianeta in cui si stimano esserci 2000 miliardi di dollari depositati da non
residenti. Invece il ministro delle Finanze di Berna e presidente della
Confederazione, Hans-Rudolph Merz, ha fatto sapere ieri che non farà cadere del
tutto il segreto bancario e che passerà soltanto informazioni sulla base di
richieste dettagliate su casi individuali. «Non ci sarà scambio automatico di
dati», ha puntualizzato l'esponente del governo federale. La Svizzera afferma
che accoglierà gli standard per la cooperazione fiscale stabiliti nel quadro
Ocse, ampliando in modo significativo il numero di informazioni condivise con
gli altri paesi. «Il segreto bancario non protegge i crimini fiscali» ha
assicurato Merz, aggiungendo che è allo studio una serie di misure transitorie
per i clienti delle banche cantonali e che non si esclude un'amnistia. Tutto
ciò, oltretutto, vale solo per gli stranieri, visto che il ministro ha indicato
che il nuovo regime «non ha alcuna conseguenza per i residenti». La sfera
privata dei clienti, si legge in una nota del governo, «continuerà a essere
protetta da tentativi non autorizzati di conoscere le situazioni patrimoniali».
Non diversa la situazione austriaca, paese dove il segreto bancario è sancito
da una norma costituzionale. Il ministro delle Finanze Josef Pröll ha spiegato
che la sua amministrazione fornirà notizie sui conti correnti «limitatamente ai
casi di sospetti giustificati e argomentati». Il Lussemburgo, ha invece
espresso la disponibilità a ridimensionare il campo di applicazione del segreto
e a procedere allo scambio di informazioni nel quadro della lotta alle frodi
fiscali. Con una condizione: che il principio sia rispettato anche da Paesi
terzi extra-Ue per evitare fughe di capitali. È sufficiente? Sicuramente per il
Belgio, che dal 2010 eliminerà ogni forma di segreto bancario come gli partner
dell'Ue. Sarkozy ieri ha avuto modo per «prendere atto con soddisfazione di una
serie di decisioni sagge» e invocare che anche Monaco faccia altrettanto. Non
essendo brevi i tempi forse bisognerebbe attendere qualche mese per cantare
vittoria. Data l'ooposizione registrata in partenza, già ora un brindisi alla
lenta fine dei caveux senza titolari noti può tuttavia essere giustificato.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Intervista Paolo
Pininfarina "Il nostro futuro è qui non ce ne andremo mai" MARINA
CASSI Il futuro si progetta qui, a Torino. Ne è convinto Paolo Pininfarina,
presidente della società di famiglia dalla morte del fratello Andrea. Un futuro
fatto di auto ecosostenibili. E per renderlo realtà serve che a Torino «si
concentrino tutti gli aiuti possibili per sostenere innovazione e ricerca».
Paolo Pininfarina condivide la proposta dei molti - tra cui il sindaco
Chiamparino, il sindacato e il presidente dell'Unione industriale Gianfranco
Carbonato - e di suo ci mette la Pininfarina Bluecar, l'auto elettrica che
verrà prodotta con Bollorè dal 2011. E mentre torna da Ginevra, dove la piccola
utilitaria ha avuto un gran successo, assicura: «Ce la faremo, abbiamo un mare
procelloso davanti, ma l'importante è avere un sogno da realizzare e noi ce lo
abbiamo». Il 2008 è stato un anno durissimo per voi; a fine dicembre avete
raggiunto un accordo con le banche per riscadenzare il debito. Entro giugno dovete indicare la banca che gestirà la cessione
della Pincar, la finanziaria di famiglia, avete individuato l'istituto? «Sarà comunicato nel
consiglio di amministrazione del 23 marzo. Non c'è più molto da aspettare». Le
cose stanno andando avanti come previsto? «Sì. Sul fronte delle banche abbiamo
dovuto scalare una montagna; ma rispettiamo gli impegni e non ci sono
imprevisti». Quanto vi costa il passo indietro della famiglia rispetto alla
proprietà? «La nostra famiglia da sempre ha a cuore esclusivamente il bene
dell'azienda ed il futuro dei propri lavoratori. E' inutile negare che fare un
passo indietro ci sia costato, ma il nostro obiettivo era salvaguardare la
continuità aziendale e, grazie al supporto delle banche, lo abbiamo raggiunto».
A lungo c'è stato il timore che Vincent Bollorè si volesse sfilare dall'accordo
che aveva con voi. Come stanno le cose? «Assolutamente no. Anzi. Al salone di Ginevra
abbiamo lanciato insieme una battaglia culturale per far crescere l'auto
elettrica come prodotto. Tra un anno verrà affittata per tre mesi. La novità di
questi giorni è che potrebbe anche venir venduta già al termine del noleggio».
Chi immaginate come acquirente dell'auto elettrica? «Per ora l'obiettivo
primario sono gli utilizzatori privati che hanno a cuore l'ambiente, poi le
flotte aziendali. Ho in mente un progetto pilota che realizzeremo qui a
Cambiano: un parco di auto elettriche per i dirigenti con ricarica garantita da
un impianto fotovoltaico». E con Tata? «Quando è morto Andrea, Ratan Tata mi ha
scritto; un modo per starci vicino da famiglia a famiglia. A settembre sono
andato in India e abbiamo deciso di fare insieme un progetto che non era nel
nostro piano industriale». L'auto presentata a Ginevra? «Sì: la Tata Pr1ma da
noi disegnata sulla piattaforma della Indigo. E' in memoria di mio fratello e
per dimostrare le potenzialità del binomio Pininfarina-Tata. E' stata la prima
auto nata sotto la mia responsabilità, e il nostro team di design ha fatto un
ottimo lavoro. E' piaciuta, sarà prodotta dal 2011 da Tata, che intende
portarla anche in Europa, e per noi si aprono opportunità concrete di
collaborazione con il cliente indiano». I vostri dipendenti come devono pensare
al proprio futuro? «Noi non delocalizzeremo. Produrremo qui, fa parte della
responsabilità sociale dell'impresa in cui credeva Andrea e in cui crediamo
noi. A fine traversata del deserto puntiamo a ridurre il più possibile l'impatto
sociale abbattendo il numero degli esuberi attuali. Le auto elettriche
partiranno a metà 2011 con 2 mila esemplari, diventeranno 8000 nel 2012, 10
mila nel 2013 per raggiungere una produzione di circa 60 mila entro il 2015.
Nel medio periodo per le vetture elettriche c'è un mercato europeo di 1,5-2
milioni di auto». Non produrrete altro? «Sulla piattaforma dell'auto elettrica
si possono fare diversi modelli a emissione zero; perchè, ad esempio, non un
furgone?». Fino a agosto lei, per 20 anni, si è occupato di Pininfarina Extra,
che in due anni ha raddoppiato il fatturato. Malgrado la crisi
continua ad andar bene? «Il contesto è difficile, ma noi siamo impegnati su
tutti i fronti dell'industrial design. Proprio l'altro giorno ho visto il
cantiere del nuovo stadio della Juventus per il quale abbiamo progettato gli
otto ristoranti, gli spogliatoi, le panchine, le sedute, le aree relax. Ero già
tifoso bianconero, lo sono il doppio perchè è un bellissimo progetto. Ma è
anche uno dei pochi grandi cantieri aperti adesso; la più grossa realtà dal
dopo Olimpiadi».
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
PREMIA.POSTO DI
BLOCCO SIMBOLICO Strada ancora bloccata Protestano i formazzini isolati da
undici giorni Posto di blocco simbolico, oggi a Cadarese di Premia, per
protestare contro l'isolamento causato dalla lunga interruzione della statale
659 per il pericolo di valanghe. «Se i turisti non possono raggiungere
Formazza, andremo noi da loro. Scenderemo a Cadarese per accoglierli con vin
brulé e dolci, prima che girino la loro auto e tornino indietro per
l'impossibilità di raggiungere Formazza» spiega Danilo Anderlini, presidente
dell'associazione albergatori e ristoratori della valle. Una forma di protesta
emblematica per comprendere il malumore degli isolati: il blocco dell'Anas è
arrivato martedì 3 e Formazza è isolata da undici giorni. La commissione valanghe,
che la Comunità montana ha dovuto ricomporre nei giorni scorsi per raggiungere
il minimo dei cinque componenti, ha effettuato diversi controlli sui versanti
montani gravati dal peso della neve ma la non è stato possibile stilare quelle
relazioni rassicuranti necessarie all'Anas per riaprire la strada. In Formazza però la pazienza è al limite e i disagi pesano anche
su chi deve raggiungere fondovalle per andare a scuola o a lavorare. «Se il
pericolo c'è e l'isolamento permane, allora vogliamo essere assistiti in tutto
dalla protezione civile» dicono i formazzini.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
RACCORDO
AUTOSTRADALE INCIDENTE SUL LAVORO Cambio al vertice della Rav Marquis diventa
presidente Allein, travolto da un albero operaio in gravi condizioni La giunta
regionale ha nominato ieri Pierluigi Marquis presidente della Rav (Raccordo
autostradale Valle d'Aosta». Architetto di 45 anni, Marquis (foto) è vice
sindaco e assessore ai Lavori pubblici di Saint-Vincent, primo escluso nella
lista di Stella alpina (1003 preferenze) alle regionali 2008. Sostituisce
nell'incarico Ettore Marcoz che è stato presidente della Rav per vent'anni: dal
1985 ad oggi, tranne una parentesi di Beniamino De Lauretis dal 1991 al
1994.Gabriele Ronc, 59 anni, di Allein, è ricoverato in prognosi riservata nel
reparto Rianimazione dell'ospedale di Aosta dopo essere stato travolto da un
albero che stava tagliando in un bosco di località Allerod. L'incidente è
accaduto ieri mattina. A dare l'allarme un compagno di
lavoro che era poco distante. Immediati i soccorsi: è intervenuto l'elicottero
della Protezione civile. Nel pomeriggio Ronc è stato sottoposto a intervento
chirurgico. Nell'incidente ha riportato fratture e danni polmonari.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Prossime sedute In
discussione edilizia privata e protezione civile Il Consiglio comunale di
Imperia tornerà a riunirsi nei giorni 23 e 30 marzo e 3 aprile, a partire dalle
19,30. All'ordine del giorno delle sedute, fra le varie pratiche,
l'approvazione del rendiconto dell'esercizio finanziario 2008, alcuni piani particolareggiati di edilizia privata, variazioni al
bilancio di previsione del 2009 e ancora l'approvazione del piano comunale di
protezione civile, del regolamento per la squadra comunale di antincendio
boschivo e protezione civile. In discussione anche la realizzazione di una
scala di sicurezza per l'asilo «I Cuccioli». \
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
COMUNE L'ASSESSORE
LANTERI HA PREANNUNCIATO LA COLLOCAZIONE DI DOSSI IN VARI QUARTIERI Casi
antenne, previsto consorzio di comitati In Consiglio Cason della Guardia e via
Don Minzoni [FIRMA]ENRICO FERRARI IMPERIA Le questioni legate a viabilità e
ambiente sono sempre in primo piano nelle sedute di Consiglio comunale a
Imperia. Fra i temi affrontati nelle interrogazioni del question time sono
tornate le antenne, contestate da vari comitati di quartiere. Gli argomenti
«sempreverdi» comprendono la collocazione di dossi per ridurre la velocità in
diverse zone a rischio. Rispondendo al consigliere Pasquale Indulgenza, che ha
chiesto di sospendere la realizzazione di ripetitori a Cason della Guardia e in
via Don Minzoni, l'assessore all'Urbanistica Luca Lanteri ha rilevato come «le
competenza per le autorizzazioni in materia siano passate alla Provincia dello
scorso anno» e come la commissione della Provincia non abbia ancora rilasciato
l'autorizzazione per l'impianto Cason della Guardia». Per l'antenna di via Don
Minzoni, ha osservato che «è stata realizzata e che l'Arpal è stata invitata a
compiere monitoraggi». Replica Alberto Poggi, del Comitato di via Don Minzoni:
«In realtà l'antenna non è ancora collegata e le misurazioni compiute da Arpal
e Itis non hanno valore. Abbiamo sollecitato una sospensione in attesa del
parere della Procura e dell'incontro tra Vodafone, amministrazione e prefetto.
La settimana prossima costituiremo un comitato unico con Cason della Guardia e
abbiamo fissato un incontro anche con quello di Pini del Rosso, sempre legato
alle antenne». Il consigliere Pd Sergio Barbagallo ha chiesto di inserire un
altro dissusore della velocità nella parte a monte del rettilineo di via
Acquarone, nella cui parte bassa sono già stati realizzati interventi analoghi,
e in via Airenti, tra l'imbocco da via Martiri e la rotonda all'altezza della Protezione civile. L'assessore alla Viabilità
Sergio Lanteri ha assucurato che provvederà a intervenire in via Acquarone e
che un gran numero di strade stanno per accogliere dossi. Spiega: «Ottenuti i
nulla osta da Croce Rossa, Vigili del fuoco e altri enti impegnati nei
soccorsi, prevediamo quelli alti tre centimetri, per il rispetto del
limite dei
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Non sicuri di che
cos'altro possano fare per tenere in piedi le banche, i governi del G-20
rischiano di dividersi su come far tornare la fiducia nell'economia mondiale.
Americani e giapponesi preferiscono promettere altre misure anticrisi a carico dei bilanci pubblici; gli europei vogliono
riformare le regole della finanza e evitare che i capitali si nascondano nei
paradisi fiscali; i cinesi chissà. Al sodo si scopre che dei banchieri tutti
parlano male, ma le lobby finanziarie restano potenti, e
riottose ai controlli. Ministri dell'Economia e banchieri centrali dei 20
maggiori paesi hanno cominciato a discutere ieri sera a cena, in un lussuoso
albergo tra il verde dei Downs, le colline a sud di Londra. Oggi si terrà la
riunione vera e propria, il cui principale esito concreto potrebbe essere l'impegno
a rifinanziare il Fondo monetario internazionale (fino a due anni fa sospettato
di essere divenuto un ente inutile) in modo che aiuti i paesi in difficoltà,
anche nell'Europa dell'Est; ma non passerà se i grandi paesi emergenti - come
Cina, India, Brasile, che il G-20 rende protagonisti - non otterranno più
potere al suo interno. Il ministro britannico Alistair Darling, presidente di
turno, cercherà di mediare. Ma agli europei l'insistenza di americani e giapponesi
su nuove misure anticrisi (Tokyo in effetti ne ha
annunciate, per 15.000-20.000 miliardi di yen, 125-160 miliardi di euro) sembra
una maniera per eludere il problema delle nuove regole da imporre ai banchieri.
Mentre al Canada, dice il ministro Jim Flaherty, questa contrapposizione di
priorità pare scantonare dal problema più urgente di tutti, risanare le banche
(quelle canadesi stanno bene). Nei calcoli del Fmi le misure di bilancio della
Germania, sia pur decise in ritardo, non sono di importo molto inferiore a
quelle della Germania. Anche nuove decisioni, insiste la Commissione europea,
ormai non salverebbero più il 2009, anno che ormai certamente per l'economia
mondiale sarà di gran lunga il peggiore dal 1945. Insomma, esclama il
presidente della Banca mondiale Robert Zoellick che pure è americano, «nuove
misure di stimolo si limiterebbero all'effetto di una scarica di zuccheri nel
sangue; passato l'effetto, l'economia tornerebbe a collassare». Ci sarà una
posizione comune europea, accenna il ministro dell'Economia italiano Giulio
Tremonti. Se ne deduce che il più ristretto vertice dei 7 grandi, un mese fa a
Roma, non ha risolto nulla; anche perché l'amministrazione americana appare
ancora in rodaggio, divisa al suo interno o incerta di fronte ai gravissimi
problemi di Wall Street (è opportuna o no una temporanea nazionalizzazione
delle banche più in crisi?). Anche l'Europa, tuttavia,
stenta a concretare le sue proposte, rivela lo stesso Tremonti: «Aspettavamo un
documento tedesco sui paradisi fiscali, ed è ancora un abbozzo; i francesi si
erano già attivati sugli hedge funds, ma non ho visto nulla». Sono in Europa
del resto alcuni dei più importanti paesi ritenuti troppo permissivi, ovvero
Lussemburgo, Austria e Svizzera; «io sono stato sempre contrario - ricorda il
ministro dell'Economia - all'accordo con cui gli si consentiva di mantenere il
segreto bancario in cambio di una ritenuta più pesante». Ora i tre Paesi hanno
fatto qualche concessione, promettono di cooperare «caso per caso, quando
arriveranno richieste giustificate». Fino a ieri, le piazze finanziarie di New
York e Londra attiravano capitali perché meno regolate; se si va a una stretta,
occorre essere sicuri che non possano rifugiarsi altrove. \
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
[FIRMA]GLAUCO MAGGI
NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani
avanti. Chiede al governo Usa, a protezione
dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di
«mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere
all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la
Cina rivaluti la sua moneta. «Siamo pronti a fare la nostra parte per
combattere la crisi», ha assicurato il premier Wen Jiabao alla fine dei lavori
dell'Assemblea nazionale del popolo, ma gli Usa devono «garantire» i mille
miliardi di titoli di stato federali che costituiscono larga parte delle
riserve valutarie cinesi. «Abbiamo prestato moltissimo denaro agli Usa.
Onestamente, devo dire che qualche preoccupazione ce l'ho». Collegando il secco
monito valutario ai titoli Usa nelle riserve cinesi, il leader di Pechino aveva
in mente il ministro del Tesoro Usa Timothy Geithner che, appena insediato,
accusò la Cina di «manipolare la moneta» al ribasso. «Al contrario, negli
ultimi anni lo yuan è cresciuto del 21%. Nessuno può imporci di deprezzarlo o
apprezzarlo», ha polemizzato Jiabao. La Cina sta attraversano un brutto
momento, con le esportazioni di febbraio in calo del 21% da un anno e una
ventina di milioni di lavoratori che hanno perso il posto per la crisi.
L'obiettivo di crescitacontinua ad essere dell'8%, anche se analisti
indipendenti pensano che sia più realistica una espansione del 5%, che sarebbe
un boom nei Paesi avanzati ma non basta alla Cina per evitare un collasso.
Anche la Cina si è messa sulla strada degli stimoli pubblici, e la solidità
delle sue riserve è una premessa cruciale. Di qui la tirata d'orecchi a
Washington, che suona però più come atto retorico che come minaccia concreta.
Nel settembre scorso, Pechino ha superato il Giappone come primo detentore di
obbligazioni pubbliche, perchè le alternative dello yen e dell'euro
evidentemente non fornivano maggiori garanzie. Del resto, il biglietto verde ha
dimostrato di essere un rifugio globale proprio nel secondo semestre 2008:
mentre la recessione si faceva sempre più cupa, il cambio con l'euro è
migliorato da 1,50 dollari per euro a 1,27 dollari circa. Dalla fine del 2007
alla fine del 2008, anche se il governo cinese ha scaricato sul mercato grandi
quantità di titoli Fannie Mae e Freddie Mac - erano un quinto delle riserve
cinesi in dollari - la crescita di certificati Usa detenuti da Pechino è salita
del 46%. La minaccia di una vendita massiccia sarebbe un autogol: se inizia a
mettere sul mercato volumi sensibili di titoli Usa, il governo cinese riduce il
valore del resto del portafoglio.
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
CALA LA PUBBLICITÀ
Rai, Cappon ai dipendenti "Sacrifici per 60-70 miliardi" ROMA La crisi economica in atto, come dimostrano gli ultimi dati sul
calo della pubblicità, è più grave del previsto e la Rai ha bisogno di tagliare
i suoi budget di altri 60-70 milioni di euro. È quanto scrive, in sostanza, il
direttore generale di Viale Mazzini, Claudio Cappon, in una lettera inviata
ieri a tutti i dipendenti dell'azienda e a tutte le consociate. Cappon chiede
di incidere anche sull'indotto, ovvero di caldeggiare ai fornitori dell'azienda
(produttori, artisti, fornitori di servizi ecc.) il taglio di almeno il 10%
delle loro richieste. Ai dipendenti il dg chiede anche «sacrifici personali»,
che riguardano in sostanza straordinari, trasferte, maggiorazioni orarie,
incentivi e premi. Ma se da un lato chiede forti risparmi, nella lettera Cappon
rassicura anche le strutture aziendali sulla solidità della società che -
sottolinea - «affronta questa crisi con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici
sostanzialmente equilibrati anche nel 2008. Le prospettive per i prossimi mesi
appaiono tuttavia particolarmente difficili, con previsioni di ricavi
nettamente inferiori a quelli considerati in sede di budget».
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
IERI MATTINA DURANTE
L'AUDIZIONE DAVANTI ALLA COMMISSIONE CULTURA DEL COMUNE "Venaria è un contenitore
vuoto" [FIRMA]MAURIZIO TROPEANO «La Venaria Reale è uno splendido
contenitore vuoto in attesa di trovare una sua missione. La Compagnia non
finanzierà più esposizioni temporanee come quella attuale, accattivante ma
dispendiosa (2,5 milioni), ma concentrerà i suoi investimenti nel completamento
o nella realizzazione delle infrastrutture culturali». Angelo Benessia,
presidente della Compagnia di San Paolo, sintetizza così davanti alla
commissione cultura del Consiglio Comunale la filosofia che ispirerà gli
interventi della fondazione bancaria nel prossimo futuro. E proprio davanti
alla mancanza di una «missione chiara della Venaria» nasce la suggestione del
professor Enrico Filippi, rappresentante della fondazione bancaria all'interno
del Consorzio della Reggia, sulla possibilità di trasferire la Galleria sabauda
nella residenza dei Savoia. Benessia, rispondendo ad una domanda del presidente
della commissione Luca Cassiani, spiega che «sono stati accantonati 20 milioni
per il progetto di trasferimento» ma che per trasformare la decisione in soldi
cash ci «vuole un piano finanziario e l'impegno certo dello
Stato». Quei famosi 12 milioni di cui non c'è traccia e dunque «non c'è un
partito che sostiene la Venaria o il Polo reale ma al momento c'è solo il
partito dei senza soldi». Il problema è che la decisione del governo deve
arrivare in tempi brevi perché «con la crisi in atto è evidente che non possiamo tenere fermi quei soldi all'infinito
e dunque io non so se l'anno prossimo saranno ancora disponibili». La
Compagnia, insomma, è pronta a sostenere il trasferimento della Galleria
sabauda e non ha sposato o sponsorizzato alcun sito anche se «il Polo reale
nasce come suggestione nel 1999 e a quell'epoca non erano ancora partiti i
lavori di ristrutturazione». L'audizione di ieri è servita al presidente della
fondazione per tracciare, a grandi linee, gli interventi della Compagnia sulla
città. Sollecitato dai consiglieri comunali Ventriglia, Grimaldi, Zanolini,
Carossa, Rattazzi e Silvestrini, Benessia ha spiegato che «la nostra azione non
si basa sulla sostituzione degli enti locali ma su interventi basati sulla
sussidiarietà. Ecco perché non potremo mai entrare nelle gestione diretta dei
musei». Una risposta indiretta all'idea lanciata dal sindaco, Sergio Chiamparino,
alcune settimane fa nella conferenza nazionale delle città di Cultura. Benessia
lascia poi al segretario generale, Piero Gastaldo, il compito di dare le cifre
dei prossimi interventi. Nel 2009 ci saranno a disposizione 38 milioni.
Confermate tutte le risorse per le celebrazioni del 2011 e cioè i 25 milioni
per l'ampliamento del Museo Egizio e quelli per il completamento del museo del
Risorgimento a palazzo Carignano e i 20 milioni per la Sabauda. Gastaldo ha
anche spiegato che la «Compagnia è sicuramente interessata ai progetti per la
realizzazione di una nuova biblioteca comunale ma possiamo finanziare soluzioni
economicamente sostenibili diverse da quelle prospettate finora». La Compagnia,
insomma, difficilmente contribuirà a finanziare il progetto predisposto da
Bellini fortemente voluto dall'assessore Fiorenzo Alfieri. E per quanto
riguarda i progetti il segretario ha sottolineato che saranno «privilegiate le
proposte che possono favorire l'aggregazione delle associazioni culturali».
Forse si spiegano così i 300 mila euro che la Compagnia ha affidato al teatro
San Carlo di Napoli per una coproduzione con il teatro Regio con la prima dello
spettacolo andrà in scena a Torino. Per quanto riguarda il rapporto tra la
Compagnia San Paolo e il Grinzane Cavour nell'Antenna Culturale Europea la
fondazione sottolinea come la partnership sia finita nel 2001 e che da allora
la Fondazione ha contribuito con 25 mila euro l'anno tra il 2004 e il 2007.
Contribuito sospeso nel 2008 e comunque «non sono un frequentatore del Premio e
non ho mai partecipato - conclude Benessia - a feste sicuramente organizzate in
modo ineccepibile».
( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Misure anti-crisi/Lo scontro fra Tremonti e Draghi. Un pasticcio
all'italiana Di Emilio Manuelli 14-03-2009 Quella che doveva essere una
"normale" operazione di rifinanziamento delle nostre banche, ferite
ma non uccise dalla crisi mondiale, si sta
trasformando nell'ennesimo pasticcio all'italiana, seguendo peraltro un copione
già scritto molte volte che vede fra gli attori un protagonista fisso. La
singolare tenzone che si sta sviluppando sul modo di "controllare"
l'erogazione del credito alle imprese ha infatti coinvolto Giulio Tremonti e il
governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi (negli anni passati era stato
Antonio Fazio a fronteggiare il ministro dell'economia). Dopo settimane di
indiscrezioni e voci è deflagrata rumorosamente l'opposizione di via Nazionale
per la scelta dei prefetti, chiamati sul territorio a vigilare sui
finanziamenti delle banche al sistema economico al posto di chi fa di questa
vigilanza, la Banca d'Italia appunto, una delle sue principali attività
quotidiane. Una premessa è utile per inquadrare il problema. Come è ormai
stranoto l'intero capitalismo occidentale, a partire dall'ultracolpevole
sistema americano, ha dovuto registrare il fallimento con successivo
salvataggio pubblico delle più importanti banche nazionali e internazionali. In
alcuni casi lo Stato è entrato direttamente nel capitale, in altri è subentrato
ai maggiori azionisti, in altri ancora sono state adottate decisioni che hanno
cercato solo di mascherare la nazionalizzazione delle aziende di credito. È
stata una forma indispensabile di intervento per impedire una crisi sociale senza precedenti e tutelare il risparmio dei
cittadini. Ricordiamoci che proprio il mancato salvataggio di una delle
cosiddette big five, la Lehman Brothers, è stato individuato come motivo
scatenante della drammatica situazione che stiamo tutti vivendo. Da noi tutto
ciò non è successo: e solo questa incontrovertibile affermazione avrebbe dovuto
rendere orgogliose le nostre istituzioni politiche e governative. Il modo di
operare classico delle nostre banche che hanno continuato sempre a "fare
le banche", raccogliendo il risparmio dei cittadini ed erogando credito,
senza le inutili sbornie della nuova finanza anglosassone fatta di derivati e
titoli tossici, le ha salvate dalla caduta. Questo è stato ampiamente
riconosciuto da tutti, sul piano interno e su quello internazionale, da
Bruxelles a Washington. E invece è scattata una massiccia campagna di attacchi,
fatta di invocazioni alla galera per i banchieri, equiparati a zombie che hanno
rubato. Tutto ciò ha trovato "felice" sintesi nelle dichiarazioni
rilasciate sabato scorso a Busto Arsizio da Giulio Tremonti e Umberto Bossi.
Ecco allora che la scelta dei prefetti (badate proprio quelli che la Lega vuole
abolire) come guardiani del corretto operare delle banche nei confronti delle
imprese (due categorie che peraltro da mesi si stanno confrontando direttamente
fra loro sul territorio per la soluzione dei problemi concreti) è diventata lo
spauracchio da agitare per "condizionare" l'erogazione dei cosiddetti
Tremonti bond a quelle banche che vorranno usufruirne. Sia ben chiaro che
nessuno, tanto meno le aziende di credito, può opporsi ad una verifica sul
territorio della dinamica del credito cosi come è stato delineato nel progetto
di creazione di questi osservatori regionali e provinciali. Ma ognuno dovrebbe
fare il proprio mestiere: la Banca d'Italia già raccoglie istituzionalmente le
statistiche necessarie per questo monitoraggio. Che bisogno c'era di arrivare a
introdurre queste nuove figure di supervigilantes affidandole ai prefetti, non propriamente famosi per le loro conoscenze finanziarie?
Nessuno, rispondiamo, se non quello di fare del Governo più liberista che può
esserci (almeno sulla carta) il poliziotto del credito, attraverso le sue
emanazioni territoriali più importanti. Il pericolo è che si crei attraverso
questo meccanismo un diritto soggettivo ad avere credito. Compito della
banca, soprattutto in una fase critica come questa, è garantire la qualità dei
finanziamenti per impedire l'insorgere delle sofferenze (in pratica prestiti
che non possono essere poi restituiti). Bisogna allora stare attenti a non fare
"credito cattivo", quello che potrebbe avvenire se la banca dovesse
essere costretta ad erogare prestiti senza valutare con serenità il merito del credito,
che è poi l'essenza stessa di fare banca. Sembra impossibile, ma questo
potrebbe avvenire in Italia ai tempi della crisi.
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 1 - Prima
Pagina La desolante visita all´anfiteatro Salviamo il Colosseo monumento in
rovina LUCA VILLORESI Per entrare nella cartolina bisogna passare, uno alla
volta, sotto le forche caudine dell´elettronica. I due metal detector fanno
quello che possono. La fila, in questi giorni di bassa, dura una mezzora; ma
già a Pasqua l´attesa raddoppia, triplica. Il Colosseo, si dice, è il monumento
più visitato del mondo: 5 milioni e 700 mila ingressi in un anno. Il simbolo di
Roma. E il biglietto da visita dell´area archeologica più ricca e incasinata
della Terra. Un patrimonio (in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del
contendere di una guerra senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami?
sovrintendenti, sottosegretari, commissari straordinari? Beni culturali,
McDonald´s, Protezione civile. ALLE PAGINE 31, 32 E 33 CON UN ARTICOLO DI
FRANCESCO ERBANI
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 4 - Esteri
Pechino, paura per i bond americani Il premier cinese: dateci garanzie. La Casa
Bianca: "Da noi i soldi sono al sicuro" I mercati Wen Jiabao ha messo
in dubbio la credibilità del debito pubblico di Washington La Repubblica
popolare ha duemila miliardi di dollari piazzati in Treasury Bonds (SEGUE DALLA
PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE federico rampini Allo stesso tempo però
Wen ha rassicurato Washington sul fatto che il governo di Pechino è pronto a
varare una seconda manovra di spesa pubblica, "anche immediatamente se
necessario", per rilanciare la crescita. Mentre il portavoce della Casa
Bianca, Robert Gibbs, si è affrettato a dire: «Gli investimenti negli Stati
Uniti sono i più sicuri al mondo» Non vi sono quasi precedenti di un leader
straniero che osi mettere in dubbio la credibilità del debito pubblico
americano. Bisogna risalire agli attacchi di Charles De Gaulle alla fine degli
anni ?60 contro l´aggancio dollaro-oro, in piena guerra del Vietnam. Oggi il
contesto è profondamente cambiato: la massima parte del debito pubblico Usa
collocato all´estero finisce nei forzieri delle banche centrali asiatiche,
prima fra tutte quella cinese. Nel corso del 2008 i volumi di Bot americani
sottoscritti dalla banca centrale di Pechino sono aumentati del 46%, a quota
700 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza delle riserve ufficiali
cinesi (2.000 miliardi di dollari) sono piazzate in Treasury Bonds e lo stesso
vale per i portafogli degli istituti di credito pubblici e dei fondi sovrani
che fanno sempre capo alla Repubblica Popolare. L´Amministrazione Obama sarà
costretta a nuove maxi-emissioni di titoli pubblici nel 2009 (fino a 2.000
miliardi di dollari aggiuntivi) per finanziare i salvataggi bancari e le
manovre di spesa pubblica. Di qui l´allarme lanciato ieri dal capo del governo
cinese nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione legislativa del
Congresso del Popolo. «Il presidente Obama - he detto Wen - ha varato misure
per fronteggiare la crisi, che guardiamo con molte aspettative. Ma l´America
deve tutelare la propria credibilità, deve onorare le sue promesse, deve
garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». La clamorosa uscita di Wen
rientra nelle manovre tattiche che preludono al vertice G-20 del 2 aprile a
Londra. Di certo il premier cinese non ha voluto preannunciare un abbandono
della politica cinese di investimenti nei titoli del Tesoro Usa. Non c´è nessun
segnale che la banca centrale di Pechino stia diversificando il suo
portafoglio, nel quale l´euro e lo yen e l´oro continuano a occupare uno spazio
del tutto marginale. Smettere di finanziare il debito pubblico americano
avrebbe per i cinesi una conseguenza catastrofica: il tracollo del dollaro,
quindi una rovinosa caduta di competitività del made in China già sofferente
per il calo della domanda mondiale. Dal 2005 la moneta cinese si è rivalutata
del 26% sul paniere delle principali valute, e Pechino non ha interesse ad
accelerare un apprezzamento che danneggia i suoi esportatori. Ma la
preoccupazione per l´escalation del debito americano è reale. Da una parte Wen
Jiabao deve rispondere a una constituency nazionale - l´ala
"populista" del Partito comunista - che vorrebbe destinare a
investimenti interni le risorse ingenti accumulate con gli attivi del commercio
estero. Soprattutto, i leader cinesi temono che Washington stia costruendo le
premesse per un´uscita dalla crisi basata sulla vecchia ricetta
"inflazione più svalutazione". E´ una strategia che ha illustri
precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è stampar moneta e
creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa spregiudicata
della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione del franco: un
piccolo precedente che può segnare l´inizio di una catena di svalutazioni
competitive. Uno scenario che naturalmente preoccupa il creditore di ultima
istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di Pechino mettono sul tavolo le
loro priorità. Sono disposti a creare contro l´Europa un
fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni
di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però vogliono da Washington
delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni
competitive.
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 4 - Esteri
Timothy Geithner è stato il primo ministro annunciato da Obama. Ma nessuno è
disposto a fargli da vice Tutti assenti al capezzale dell´economia Usa, ancora
vuote le poltrone al Tesoro I candidati più autorevoli al ruolo di
sottosegretario hanno ritirato la loro disponibilità Lamentele anche
dall´Inghilterra: "Se chiamiamo nessuno risponde al telefono" ALBERTO
FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato NEW YORK - L´ultimo a rinunciare è stato H.
Rodgin Cohen, presidente di Sullivan & Cromwel, uno dei più importanti
studi legali di New York. Una settimana prima di lui aveva detto di no Annette
Nazareth, noto avvocato e fino al gennaio 2008 commissario della Sec. Altri
rifiuti sono arrivati da Lee Sachs (ex funzionario dell´amministrazione
Clinton) e Caroline Atkinson, alto dirigente del Fmi. Trovare qualcuno disposto
a fare il numero due del ministro del Tesoro Timothy Geithner, o a lavorare con
lui in altri ruoli dirigenti, nella nuova America di Barack Obama pare stia
diventando un problema. Quando il 24 novembre scorso Obama annunciò che avrebbe
nominato a capo del Tesoro l´ex presidente della Federal Reserve di New York,
l´unico ostacolo a una rapida scelta del suo numero due e degli altri sedici
deputy in organigramma al Tesoro pareva essere il folto gruppo di
candidati-aspiranti. Con l´economia diventata grande protagonista della vita
politica, i diversi posti di deputy sembravano fatti su misura per qualche
giovane rampante di Wall Street o dei think thank di Washington, abituato a
muoversi nel mondo finanziario-politico democratico e
liberal. Ci si aspettava una lotta a coltello, pur di ottenere uno dei posti
disponibili al dicastero chiamato a guidare la rinascita dell´America
economica. Niente di vero. A sette settimane dall´insediamento alla Casa
Bianca, Obama (e Geithner) stanno incassando una incredibile serie di no e la
vicenda sta passando dalle prime pagine dei giornali ai comici dei
talk-show serali. Annette Nazareth ha declinato dopo diverse verifiche e
colloqui riguardo la sua storia finanziaria (non
meglio precisata), anche se sembrano esclusi problemi di tasse o simili. H.
Hodgin Cohen ha fatto marcia indietro anche lui dopo vari «colloqui e
verifiche», anche nel suo caso senza che i dettagli siano stati resi noti. E
così è stato anche per i ritiri di Sachs e Atkinson. Non è una situazione
facile per Timothy Geithner, lasciato a destreggiarsi da solo nella peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione. Paul
Volcker (presidente della Federal Reserve con Carter e Reagan, oggi consigliere
speciale di Obama) ha definito «vergognoso» quello che sta succedendo al
Tesoro. Al Congresso, dove giovedì scorso ha difeso il budget e le spese, lo
stesso Geithner è stato «messo sulla graticola» (questo il termine usato dai
media americani) dai senatori repubblicani ma anche da qualche democratico. Un
sondaggio di Wall Street Journal/Nbc tra quarantanove economisti gli ha dato
una valutazione insufficiente. Un membro del governo britannico, Gus O´Donnell,
ha dichiarato pubblicamente che parlare con il Tesoro Usa è «estremamente
difficile perché nessuno risponde». Così Geithner è diventato suo malgrado una
star di Saturday Night Live, dove un comico che lo imita offre a un premio di
«420 miliardi in contanti» a chi telefona con un piano `credibile´ per aiutare
le banche in crisi.
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 42 -
Spettacoli La commedia Tributo a me stesso Il grande regista ha presentato in
anteprima mondiale a Madrid il suo 17mo film Si intitola "Los abrazos
rotos" un thriller con licenza di ridere. Con Penelope Cruz "Un
omaggio al cinema che non è un mestiere ma un modo di vivere" Il giallo è
il tipo di cinema che mi va di fare in questo momento, ma non escludo di
tornare alla commedia in futuro Ci ho messo sequenze di altri miei film perché
fanno parte del mio bagaglio artistico ed emotivo, della mia biografia
ALESSANDRO OPPES MADRID Un omaggio al cinema. O forse un tributo al «suo»
cinema. Los abrazos rotos (Gli abbracci rotti), film numero diciassette di
Pedro AlmodÓvar, è una pellicola grondante di riferimenti alle sedici
precedenti. Uno su tutti: a "Donne sull´orlo di una crisi
di nervi" si ispira direttamente il «film all´interno del film» che serve
da pretesto per unire il thriller e il melodramma alla commedia. Come dire, un
occhio al passato di "Pepi, Luci, Bom..." - con perle come un
esilarante monologo di Carmen Machi - ma allo stesso tempo la conferma del
nuovo corso di AlmodÓvar, che già aveva cominciato a cimentarsi con il thriller
ne "La mala educacion". Un cammino senza ritorno? Davanti alle
centinaia di giornalisti che hanno assistito all´anteprima mondiale del suo
nuovo lavoro, il regista non conferma e non smentisce: «Questo è il tipo di
cinema che mi va di fare in questo momento. Però non escludo di tornare, un
giorno, a fare la commedia». Al centro della scena, ancora una volta, l´eroina
ormai irrinunciabile della filmografia almodovariana, Penelope Cruz. Sbarcata
da poche ore in Spagna con il suo Oscar appena conquistato con "Vicky
Cristina Barcelona" di Woody Allen, non fa mistero che si tratta di un
amore pienamente corrisposto: «Se mi dicessero: puoi lavorare con un solo
regista per il resto della tua vita, non avrei dubbi. Sceglierei Pedro». Ma
nessuno, ovviamente, le ha imposto un simile aut-aut. E così ammette di aver
avviato contatti in Italia per un nuovo film con Castellitto («Non posso dire
niente di più, abbiamo appena cominciato a parlarne») e confessa che le
piacerebbe moltissimo lavorare con Muccino. Il personaggio di Penelope è Lena,
una giovane aspirante attrice con un passato da prostituta e una vita piena di
tormenti, che riesce a ottenere un ruolo da protagonista in un film grazie al
suo amante, un anziano magnate, Ernesto Martel - interpretato
da José LuÍs Gomez - che deve la sua fortuna a spericolate operazioni di
speculazione finanziaria.
Possessivo fino all´estremo e convinto di poter manovrare la realtà a suo
piacimento grazie al denaro, si improvvisa produttore di un film del quale Lena
sarà protagonista, con l´obiettivo di poterne controllare tutti i movimenti.
Per questo incaricherà il figlio - un omosessuale frustrato e succube - di
realizzare il «making of» della pellicola: una scusa per poter sapere nei
dettagli tutto ciò che accade sul set. Con Martel, AlmodÓvar prende di mira in
un sol colpo due tipi umani verso i quali nutre un profondo disprezzo: l´uomo
d´affari senza scrupoli e il produttore improvvisato che non sa niente di
cinema. Il personaggio è perfido ma la sua diffidenza è assolutamente fondata:
grazie a una lettrice di labbra (AlmodÓvar racconta di essersi ispirato a una
scena vista in tv quando, durante le nozze del principe Felipe, un esperto
lesse sulle labbra di Letizia la banalissima frase: «è tutto così bello»),
scopre la passione tra Lena e il regista del film Mateo Blanco (Lluis Homar).
Ancora una volta, come nella "Legge del desiderio" e ne "La mala
educacion", il protagonista è un regista cinematografico: protagonista
della «storia all´interno della storia», perché dirige la pellicola
"Chicas y maletas" (ragazze e valigie), nell´epoca della sua vita in
cui è ancora in possesso della vista, ma anche tragico interprete della vicenda
principale, cieco e intristito per la perdita dell´amore della sua vita. Così
alieno al suo passato da decidere di rinunciare al suo nome («Mateo Blanco è
morto») per assumere lo pseudonimo di Harry Caine. Accanto a lui, nei giorni
più difficili, c´è l´inseparabile amica e direttrice di produzione, Judith,
personaggio complesso interpretato in modo straordinario da Blanca Portillo,
già sperimentata con successo da AlmodÓvar in "Volver". Non manca, è
una costante del regista premio Oscar, un omaggio al cinema italiano, con una
scena di "Viaggio in Italia" di Rossellini. Poco prima che la
tragedia spezzi per sempre il loro amore, Lena e Mateo, in un bungalow di
Lanzarote, si commuovono al vedere in tv quella sequenza in cui Ingrid Bergman
e George Sanders assistono al ritrovamento, durante gli scavi a Pompei, di una
coppia unita in un abbraccio eterno dalla lava del Vesuvio. Prendono una
macchina e si scattano una foto, teneramente abbracciati. Ma il loro amore
volge al termine. E quella foto molto presto finirà in mille pezzi. Un
abbraccio rotto. «Quella per il cinema è una passione irrazionale - conclude
Almodòvar - Il cinema è la mia realtà, non solo la mia professione. E´ la mia
maniera di vivere».
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina IX - Torino
Bloccata la baby gang degli I-pod Quattro arresti: prendevano di mira gli
studenti del Pininfarina EMILIO VETTORI Erano diventati il terrore degli
studenti dell´Itis Pininfarina di Moncalieri, intimoriti, costretti
a farsi scortare a scuola dai genitori e messi sotto protezione armata dal
preside, con l´ingaggio di una guardia giurata schierata all´ora di uscita
dalle lezioni. Andavano all´arrembaggio delle vittime prescelte fuori dal
plesso scolastico, alla stazione ferroviaria del paese, alla fermata di bus e
tram di piazza Bengasi, al centro commerciale Gallery. Con una
operazione in due tempi - due arresti facoltativi il 17 gennaio e due
provvedimenti cautelari eseguiti a inizio settimana - sono stati bloccati e
neutralizzati dai carabinieri della compagnia di Moncalieri, guidati dal
capitano Domenico Barone. Si tratta di quattro minorenni terribili di 16 e 17
anni, tre ripetenti e ancora iscritti alle medie, accusati di aver inanellato
nove rapine e un furto ai danni di coetanei dell´istituto tecnico alle porte di
Torino, preferendo quelli più esili e apparentemente più vulnerabili. I giovanissimi
aggressori, forti del numero e qualche volta anche dei taglierini impugnati
contro gli studenti nel mirino, razziavano denaro e gli "oggetti del
desiderio" della loro generazione: telefonini griffati ultimo modello e
Ipod. I soldi, non molti, se li tenevano. I cellulari e i lettori di file
musicali li vendevano per 20-30 euro al pezzo al titolare di un negozio
torinese, uno straniero che ha bancarelle anche a Porta Palazzo e al mercato di
Moncalieri, terminale di altre batterie di predoni metropolitani e di
provincia. Complessivamente sono stati trovati nella sua disponibilità 213
telefoni portatili, definiti di "dubbia provenienza" dal personale
dell´Arma. Il 17 gennaio, dopo l´ennesima denuncia, i carabinieri hanno fermato
in flagranza di reato i primi due minorenni terribili. Le indagini hanno poi
portato all´identificazione dei due compagni di scorribande, fermati qualche
giorno fa. «Sono tutti ragazzi con famiglie difficili alle spalle - raccontano
gli stessi militari - ma senza trascorsi penali. Adolescenti apparentemente
come tanti, però capaci di diventare molto violenti e di farsi forza l´uno con
l´altro, cementati in una banda a struttura orizzontale: non c´era un capo,
stavano tutti sullo stesso piano». Il giudice minorile chiamato a firmare le
ordinanze di custodia e a convalidare i due arresti in flagranza -
provvedimenti estremi che per un minore non sono mai obbligatori - ha deciso
per soluzioni diversificate, in attesa degli accertamenti sulla personalità
degli indagati, sul contesto familiari e sociale e sul grado di maturità. Per
due è stata disposta la "permanenza in casa", come si chiamano i
domiciliari per gli under 18, mutatis mutandis. Uno, che era già in comunità, è
stato collocato in una altra struttura, lontana da Torino. Il quarto, anche lui
con un passato in comunità, è stato trasferito al Ferrante Aporti. Gli
accertamenti hanno permesso di denunciare altre tre persone - due minorenni e
un maggiorenne, in aggiunta al commerciante straniero - accusate di
favoreggiamento del quartetto di ragazzi terribili e di ricettazione della roba
da loro rapinata o rubata. SEGUE A PAGINA V
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina IV - Palermo
Buco Amia, la Procura va avanti l´inchiesta estesa fino al 2008 Arriva la Gdf,
esame sui bilanci degli ultimi due anni Scambio d´accuse tra il Cda e Sala delle
Lapidi, che ha approvato i conti municipali ANTONIO FRASCHILLA La procura della
Repubblica continua a indagare sui conti dell´Amia. Nonostante la decisione del
sindaco Diego Cammarata di non querelare l´ex cda dell´azienda guidato da Enzo
Galioto (facendo così archiviare l´indagine sul falso in bilancio che vedeva
indagati tutti gli amministratori dell´azienda in carica nel 2006), la Procura
ha deciso di continuare l´acquisizione di atti per verificare l´ipotesi di
altri reati, a partire dal quello del cosiddetto fallimento tecnico. Ieri nove
militari della Guardia di finanza, su mandato del pm Carlo Marzella, si sono
presentati nella direzione dell´Amia per acquisire i bilanci recenti, quello
del 2007 e lo schema di quello del 2008, che ancora però non è stato approvato
dal consiglio d´amministrazione. L´indagine, che per quanto riguarda il reato
di falso in bilancio si era concentrata solo sul 2006 e in particolare
sull´operazione di cartolarizzazione che avrebbe prodotto 50 milioni di entrate
straordinarie fittizie, adesso si allarga anche agli anni successivi. Alla
Guardia di finanza le bocche sono cucite su un´indagine molto delicata, che
certamente richiederà l´acquisizione di atti anche nei prossimi giorni: al
setaccio adesso saranno vagliati tutti i debiti e i crediti iscritti nei
bilanci, ma anche gli atti sul trasferimento di 80 milioni di euro di fondi
statali per salvare dal fallimento l´Amia, (che ha registrato perdite per 80
milioni di euro tra il 2007 e il 2008). Intanto l´opposizione continua a
lavorare per organizzare un corteo cittadino «contro gli sprechi dell´Amia e la
mala gestione del Comune». «Da lunedì inizieremo a incontrare tutte le
associazioni cittadine per mettere in piedi un corteo per
le vie del centro non solo contro la crisi dell´Amia, ma anche per lanciare l´allarme sullo stato
finanziario del Comune - dice il capogruppo del Partito democratico a Sala
delle Lapidi, Davide Faraone - Speriamo di poter fissare la data del corteo,
che partirà da piazza Croci e si concluderà a piazza Pretoria, nel più breve
tempo possibile». Al di là delle polemiche politiche e dell´indagine
sulla gestione passata dell´azienda, di certo c´è che oggi l´Amia ha difficoltà
croniche di liquidità e non riesce a garantire il regolare svolgimento della raccolta
dei rifiuti. Inoltre è assalita dai decreti ingiuntivi: a Palazzo delle Aquile
sono arrivate richieste di pignoramenti, per debiti non pagati dall´Amia, per
oltre 24 milioni di euro. Il presidente Marcello Caruso inoltre ha scritto una
nota durissima, inviata al ragioniere generale Paolo Basile e al collegio dei
revisori dei conti, nella quale lancia l´allarme sulla situazione debitoria
dell´Amia: un buco che supera i 150 milioni di euro e che in questo momento
l´azienda non può coprire, visto che non è stato rinnovato il contratto di
servizio con l´aumento richiesto dal presidente Caruso di almeno 36 milioni di
euro (più 8 milioni per garantire un mutuo per far fronte ai decreti ingiuntivi
e al crescere del debito). Il nuovo cda dell´azienda, nella nota, chiama in
causa anche il Consiglio comunale che negli anni passati ha approvato il
bilancio di Palazzo delle Aquile e quindi dovrebbe essere a conoscenza della
situazione patrimoniale delle aziende partecipate. Ieri il presidente della
commissione Bilancio, Sebastiano Drago, insieme al presidente di Sala delle
Lapidi, Alberto Campagna, ha inviato una nota al sindaco Cammarata per chiedere
«quali azioni sta intraprendendo per fra fronte alla situazione debitoria
dell´Amia». Inoltre Drago ha chiesto ieri all´Amia tutti gli atti «sulla
situazione contabile della società al 31 dicembre 2008», dopo la denuncia di
Caruso che ha messo nero si bianco «la gravità della crisi
finanziaria in cui verserebbe l´azienda».
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina III - Milano
Il glorioso centro di ricerca Nms, di proprietà dei Figli dell´Immacolata, ad
aprile non avrà i soldi per gli stipendi Nerviano, sull´orlo del fallimento
anche gli imprenditori in clergyman Bruciati oltre 300 milioni di dote, a
rischio il posto di lavoro di 650 ricercatori ETTORE LIVINI «Serve un miracolo»,
prova a sdrammatizzare un dipendente. «Siamo nelle mani di Dio...», butta lì
senza scherzare nemmeno troppo uno dei top manager del gruppo. In qualche modo
è vero. Se la Congregazione dei Figli dell´Immacolata Concezione, socia al 100%
del Nerviano Medical Sciences (Nms), non tirerà fuori entro fine mese una
trentina di milioni, il centro di ricerca dell´hinterland milanese � uno dei
gioielli tricolori nella sperimentazione oncologica � rischia di portare i
libri in tribunale. Lasciando a casa 650 scienziati e archiviando con un
clamoroso flop l´avventura capitalistica dei preti-imprenditori del Vaticano.
L´annuncio è stato dato ai dipendenti, con laico pragmatismo, da Umberto Rosa,
ad del gruppo ed ex-numero uno della Snia: «Ad aprile � ha confessato alla
Rsu � non avremo più soldi in cassa». Non che le cose vadano male. In quattro
anni di lavoro Nms � ceduta nel 2004 da Pfizer all´ente pontificio fondato
dal Venerabile Luigi Maria Monti � ha inanellato un filotto di successi
celebrati persino sulla prima pagina del Wall Street Journal: dai suoi
laboratori sono usciti una ventina di farmaci sperimentali (cinque già in fase
clinica), ha firmato accordi milionari con colossi come Genetech. Il mese
scorso ha ottenuto l´ok dalla Fda � l´Authority sanitaria Usa � per
accelerare lo sviluppo del Danusertib, una promettente molecola per la cura del
tumore ai polmoni che tra un paio d´anni potrebbe essere in vendita in
farmacia. Peccato che la ricerca costi e dia frutti (copiosi) solo quando i farmaci
arrivano sul mercato. Nerviano Medical Science ha già bruciato i 200 milioni
lasciati in dote dalla Pfizer e 130 milioni di prestiti ottenuti da Unicredit. E i Figli dell´Immacolata Concezione, vittime della crisi finanziaria come tutti i comuni
mortali, faticano a mettere mano al portafoglio. Rosa ci ha provato: l´anno
scorso ha varato un aumento di capitale da 70 milioni. Ma dal Vaticano � che
nell´avventura aveva messo allora solo 32mila euro � non è arrivato un
centesimo. Solo il mese scorso i vertici della Congregazione sono
riusciti a racimolare 5 milioni. Quanto basta per allungare di qualche
settimana la vita del gruppo. Che fare? Miracoli all´orizzonte � malgrado il
curriculum e gli agganci dei protagonisti � non se ne intravedono. Un paio di
politici con buoni rapporti oltretevere, il governatore Roberto Formigoni e il
premier Silvio Berlusconi, si erano impegnati negli anni scorsi a «sostenere
l´iniziativa imprenditoriale di Nerviano». Senza troppi risultati. In attesa di
improbabili soluzioni divine (non di solo pane vive l´uomo, ma ad aprile ci
sono 650 stipendi da pagare), Rosa si è rapidamente riconvertito al mercato,
chiedendo a Rotschild un piano anti-crac. Il progetto è già stato messo nero su
bianco: divisione in quattro del gruppo separando la ricerca, in perdita, dalle
altre attività in grado di autosostenersi (immobiliare, test preclinici e
produzione farmaci) il cui capitale sarebbe aperto a nuovi partner. Poi una
decisa "laicizzazione" dell´azionariato Nms, affiancando ai preti-imprenditori
a corto di capitali una più solvibile casa farmaceutica. Pfizer ha tempo fino a
luglio per esercitare una prelazione sul lancio commerciale del Danusertib. Ma
in coda � quando in estate scadrà quest´esclusiva � ci sarebbero altri big
del settore pronti a scommettere sulle molecole inventate a Nerviano. Il
problema adesso è non solo riuscire a far accettare il piano alla Congregazione
ma soprattutto trovare i soldi per arrivare a luglio. Un´ipotesi è bussare di
nuovo a Unicredit. In fondo Piazza Cordusio non ha alcun interesse a portare i
libri in tribunale, perderebbe tutti i suoi soldi. E una trentina di milioni in
più sul tavolo Nms, visti gli interessi imprenditoriali di queste settimane,
non sarebbero soldi buttati via. «L´idolatria del dio denaro» � ha detto di
recente Benedetto XVI � ha portato al crollo delle banche americane. Ma
pecunia non olet. E questa volta, forse, il vil denaro di una banca potrebbe
togliere le castagne dal fuoco al Vaticano, salvando i suoi (improvvisati) manager
in tonaca dalla umanissima figuraccia di un fallimento.
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XIII - Genova
Ieri il primo forum tra i paesi arabi e quelli europei Un ponte sul
Mediterraneo "Il dialogo parte da Genova" L´assessore comunale Andrea
Ranieri: "Dal 2010 uno spazio anche all´interno del festival della
Scienza" DOMEMICA CANCHANO Dal Mediterraneo "dell´essere" al
Mediterraneo "del fare". E´ l´auspicio condiviso dai partecipanti al
Forum "Dialoghi nel Mediterraneo occidentale", tenutosi per la prima
volta a Genova con l´intento di contribuire a rafforzare la coesione
territoriale e la cooperazione tra i 5 paesi del Mediterraneo occidentale che
fanno parte dell´UMA (Unione del Maghreb arabo: Algeria, Libia, Tunisia,
Marocco, Mauritania) e i 5 paesi dell´Europa mediterranea occidentale
(Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Malta) attraverso in particolare il
coinvolgimento attivo degli attori della società civile e delle autorità locali
e regionali. "E´ un´iniziativa pilota ? spiega Giacomo Ronziti, presidente
del Consiglio regionale - che mira a diventare permanente per fare di Genova e
della Liguria il fulcro di processo di pace e di collaborazione fra le due
sponde del nostro mare, diventando sede del Forum permanente del
Mediterraneo". L´iniziativa, che ha visto il coinvolgimento di 20 organizzazioni
partecipanti di 14 paesi europei, è promossa dalla delegazione italiana della
Commissione europea e dalla Regione Liguria. E si colloca al centro dei temi
centrali per lo sviluppo di un´area di democrazia e di pace come l´immigrazione
e l´inclusione sociale, il ruolo della donna, la protezione
dell´ambiente e il partenariato culturale e umano, obiettivi concordati al
vertice di Parigi del luglio scorso. Molti i progetti annunciati, in
particolare l´annuncio del presidente della Provincia di Genova del prossimo
Forum euromediterraneo delle Guardie Costiere che si terrà il prossimo sei e
sette di maggio a Genova. E ha rimarcato inoltre che la Provincia è al
lavoro affinché Genova "abbia un ruolo attivo in Milano Expo 2015".
Per l´assessore del Comune di Genova, Andrea Ranieri, la carta più importante
che ha Genova in mano è proprio l´expo 2015, perché "può essere il mare di
questa esposizione internazionale". Ranieri ha inoltre presentato due
progetti: Genova del 2010, ampliando la natura del Festival della Scienza con
"la biennale della Scienza del Mediterraneo"; e la biennale del
cinema come festival dei festival per il 2010, otto giorni di cinema con grande
attenzione verso la sponda sud". E ha aggiunto che Genova avrà la sua
moschea sopra il Lagaccio dove affianco ci sarà un centro per anziani e uno per
la cultura giovanile.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Fori, commissario
anti-crolli ma è bufera Marrazzo-Pd LUCA DEL FRA Il dispositivo non è ancora
stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: il
commissariamento delle aree archeologiche di Roma e provincia per ora riguarda
la soprintendenza dello Stato. Dunque sembra sfumare l'idea di commissariare
anche la zona archeologica comunale - Roma è infatti l'unica città italiana ad
avere una doppia sovrintendenza statale e comunale -, ma non è detto che in
seguito il provvedimento non possa essere ampliato. Il commissario sarà Guido
Bertolaso e affidare vasti siti archeologici al direttore
della protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita.
Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era
pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi
sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai
comoda situazione di controllato e controllore, ma perché la zona
archeologica del comune sembra per adesso fuori dalla partita. Anche
l'annunciata presenza di Angelo Bottini, in quanto soprintendente di quelle
aree, alla testa della commissione di esperti - una specie di cabina di regia -
sembra in qualche modo singolare, ma non è l'ultimo dei fatti a sembrare tale,
in questo ulteriore capitolo dello svuotamento della tutela ai beni cuturali.
IL golpe annunciato Già da tempo il ministro della cultura Sandro Bondi aveva
minacciato il provvedimento, giustificando la presenza di Bertolaso con il pericolo
di crolli. Ma in realtà questo imminente rischio non era stato certificato, e
perfino il soprintendete Bottini - favorevole al commissariamento - aveva
parlato solo di degrado delle aree. Gli archeologi della soprintendenza si
erano schierati contro, mettendo in campo varie iniziative e sit in,
accompagnati in questo da associazioni culturali e anche da esponenti politici
del centrosinistra. Paradossalmente ieri, mentre esponenti del Pd davano vita a
una manifestazione contro questo provvedimento oramai nell'aria, il presidente
della Regione Piero Marrazzo dava parere positivo al commissariamento. Il
governatore del Lazio ha giustificato la sua scelta alla luce di una
allarmante, ma forse allarmistica lettera di Bertolaso che parlava di
«imminenti crolli», ma nei corridoi della Pisana si interpreta il gesto come
parte di un «complesso» rapporto con il governo centrale, in cui un peso
schiacciante riveste la partita della sanità. Di tutt'altro tenore le reazioni
del centro sinistra: «È pronto il nuovo sacco di Roma - ha commentato il
responsabile per la cultura del Pd Giovanna Melandri - e mi auguro che la
regione Lazio abbia valutato a fondo tutti gli elementi prima di dare il suo
assenso». Secondo il segretario regionale Roberto Morassut «così si stravolge
l'ordinamento statale, un segnale al mondo economico: con meno passaggi è tutto
più veloce». Plaude invece il centrodestra, incline a super prefetti con super
poteri, sintomo dell'incapacità di governare con i normali mezzi. Il
dispositivo arriverà la prossima settimana. Interessata la soprintendenza dello
Stato di Roma e Provincia, non ancora quella del Comune. Morassut: in questo
modo si stravolge l'ordinamento.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il dispositivo non è
ancora stato reso noto, ma trapelano dei contorni già ben definiti: il
commissariamento delle aree archeologiche di Roma e provincia per ora riguarda
la soprintendenza dello Stato. Dunque sembra sfumare l'idea di commissariare
anche la zona archeologica comunale - Roma è infatti l'unica città italiana ad
avere una doppia sovrintendenza statale e comunale -, ma non è detto che in
seguito il provvedimento non possa essere ampliato. Il commissario sarà Guido
Bertolaso e affidare vasti siti archeologici al direttore
della protezione civile è una decisione politica singolare, oltre che insolita.
Ancora incerto il nome del vicecommissario attuatore: inizialmente si era
pensato all'assessore all'urbanistica del comune Marco Corsini. Ma l'ipotesi
sembra sfumata, non certo perché come assessore si sarebbe trovato nella assai
comoda situazione di controllato e controllore, ma perché la zona
archeologica del comune sembra per adesso fuori dalla partita. Anche
l'annunciata presenza di Angelo Bottini, in quanto soprintendente di quelle
aree, alla testa della commissione di esperti - una specie di cabina di regia -
sembra in qualche modo singolare, ma non è l'ultimo dei fatti a sembrare tale,
in questo ulteriore capitolo dello svuotamento della tutela ai beni cuturali.
IL golpe annunciato Già da tempo il ministro della cultura Sandro Bondi aveva
minacciato il provvedimento, giustificando la presenza di Bertolaso con il
pericolo di crolli. Ma in realtà questo imminente rischio non era stato
certificato, e perfino il soprintendete Bottini - favorevole al
commissariamento - aveva parlato solo di degrado delle aree. Gli archeologi
della soprintendenza si erano schierati contro, mettendo in campo varie
iniziative e sit in, accompagnati in questo da associazioni culturali e anche
da esponenti politici del centrosinistra. Paradossalmente ieri, mentre
esponenti del Pd davano vita a una manifestazione contro questo provvedimento
oramai nell'aria, il presidente della Regione Piero Marrazzo dava parere
positivo al commissariamento. Il governatore del Lazio ha giustificato la sua
scelta alla luce di una allarmante, ma forse allarmistica lettera di Bertolaso
che parlava di «imminenti crolli», ma nei corridoi della Pisana si interpreta
il gesto come parte di un «complesso» rapporto con il governo centrale, in cui
un peso schiacciante riveste la partita della sanità. Di tutt'altro tenore le
reazioni del centro sinistra: «È pronto il nuovo sacco di Roma - ha commentato
il responsabile per la cultura del Pd Giovanna Melandri - e mi auguro che la
regione Lazio abbia valutato a fondo tutti gli elementi prima di dare il suo
assenso». Secondo il segretario regionale Roberto Morassut «così si stravolge
l'ordinamento statale, un segnale al mondo economico: con meno passaggi è tutto
più veloce». Plaude invece il centrodestra, incline a super prefetti con super
poteri, sintomo dell'incapacità di governare con i normali mezzi.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
LA RISPOSTA ALLA
CRISI? È NELLA DOMANDA LE SCELTE DI OBAMA Larry Summers, capo dei consiglieri
economici di Obama, ha chiesto che il prossimo G20 di Londra lanci un ambizioso
programma di stimoli della domanda. Finalmente qualcuno
comincia a fare una diagnosi più corretta di questa crisi devastante che è economica prima che finanziaria. Questa volta il crollo delle Borse è stato più grande del 1930
(-56% in 17 mesi contro il -48% di allora per le 500 big di Wall street) perché
i derivati allora non c'erano ed il crollo della domanda è stato ancora più
pesante. Il solo fallimento nel 2008 di una banca americana, la Leman
Brothers e il salvataggio di una decina di altre, negli Stati Uniti e in Europa
non potevano causare una crisi economica così fulminea
e globale, da spingere la Banca mondiale a prevedere per il 2009 un andamento
negativo di Pil ed export mondiali, cosa che non avveniva da 70 anni. Ma la crisi economica era iniziata un anno prima che la Bears
Stern fosse salvata da JP Morgan con i soldi della Fed (marzo 2008). Decenni di
globalizzazione liberista, positivi per la riduzione delle distanze tra paesi
ricchi e poveri, hanno determinato un impoverimento di massa all'interno dei
Paesi, che ha toccato il tetto nel 2007 avviando la crisi
economica The Economist nel 2007 scriveva: «Gli Stati Uniti marciano verso la
recessione ed Europa e Giappone sembrano avviate sulla stessa strada». Nel 2007
Pil ed export mondiali rallentano fortemente rispetto al 2006. Se la crescita
economica non si fosse interrotta la bolla immobiliare non avrebbe
"inguaiato" le banche americane e a ruota le altre, comunque
colpevoli di comportamenti irresponsabili per uso spregiudicato della leva finanziaria e di prodotti "tossici". «L'America
del '29 come quella di oggi, è un paese con una enorme concentrazione di
ricchezza», ha scritto Paul Krugman. Così come l'Italia, dove il 50% della
ricchezza nazionale è posseduta dal 10% delle famiglie (indagine 2007 Banca
d'Italia.). La crescita delle diseguaglianze di reddito produce investimenti
speculativi dei super ricchi e calo dei consumi da parte delle masse
impoverite. Ed è quello che è successo! La crisi di
oggi è resa più insidiosa per la diffusione dei derivati, dal valore nominale
stimato in 13 volte il Pil mondiale, spesso "cartolarizzati", cioè
impacchettati dalle banche e spediti nel mondo. E in Italia? Sembra che le
banche italiane, più "provinciali" delle anglosassoni, soffrano meno
delle altre. Sinora solo una banca ha chiesto i «Tremonti bonds», partita di
giro con cui lo Stato presta euro all'8% riprendendoli al 4% dal mercato. Se,
come ha detto il capo dei consiglieri di Obama, non si fa una diagnosi esatta
della crisi, la cura («un aumento della domanda
globale») sarà più difficile e la guarigione più lontana.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Information
tecnology: a rischio 40mila posti Nel settore dell' Information Technology (IT)
in Italia, con la crisi, 40 mila persone perderanno il posto di lavoro, il 10%
del totale. Lo ha dichiarato Umberto Paolucci, vicepresidente di Microsoft
Corporation, a margine del Forum della Confcommercio a Cernobbio. «Sul settore
sta impattando una crisi drammatica - ha spiegato Paolucci - perchè le aziende
sono molto frammentate e tra l'altro faticano ad accedere agli ammortizzatori
sociali, non hanno protezione». Secondo il vicepresidente
mondiale della Microsoft «c'è bisogno di una convergenza tra maggioranza e
opposizione per tutelare un patrimonio fondamentale. Il ritardo è notevole,
anche perchè gli investimenti in Italia sono la metà di quanto stanziano Paesi
come Francia, Germania e Inghilterra». COMUNICAZIONI
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina III - Bologna
Il giudice ha riconosciuto anche una provvisionale di 50 mila euro alla Cgil
che la devolverà all´associazione Amianto, condannati 5 dirigenti Fs Omicidio
colposo per le 17 vittime della Officina Grandi Riparazioni Cinque ex dirigenti
delle Officine grandi riparazioni delle Ferrovie sono stati condannati a pene
che vanno dai due mesi ad un anno per omicidio colposo e lesioni. Le vittime
sono 17 lavoratori morti o gravemente ammalati per colpa dell´amianto al quale furono esposti senza le protezioni che le
conoscenze scientifiche dell´epoca avrebbero dovuto imporre nell´ambiente di
lavoro. Il giudice ha stabilito una provvisionale di 50mila euro da versare
immediatamente alla Cgil Filt. Verrà devoluta alla associazione dei lavoratori
bolognesi esposti all´amianto. CASCELLA A PAGINA III
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Paradisi fiscali, la
Svizzera forse sarà meno segreta MARCO MONGIELLO I bottini miliardari
dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno più al
riparo dai controlli. Dopo Belgio, Liechtenstein e Andorra, ieri hanno
dichiarato di voler allentare le severe maglie del segreto bancario anche
Svizzera, Austria e Lussemburgo. A convincere i rispettivi governi è stata la
pressione internazionale contro i paradisi fiscali, che saranno tra i
principali imputati nella riunione del G20 che si terrà il 2 aprile a Londra
con l'accusa di essere tra i responsabili della crisi
finanziaria ed economica. Paradisi fiscali L'Unione Europea, spinta
soprattutto da Germania e Francia, è determinata a chiedere sanzioni contro i
Paesi inseriti nella lista nera dei paradisi fiscali. Dopo una riunione
dell'esecutivo ieri il Governo federale elvetico ha fatto sapere di essere
pronto ad adottare le convenzioni Ocse, l'Organizzazione internazionale per la
cooperazione e lo sviluppo con sede a Parigi, in materia di cooperazione
fiscale tra Stati. Niente automatismi però. Le richieste di informazioni
saranno valutate caso per caso. Il segreto bancario svizzero è mantenuto, ha
precisato il Governo, ma questo «non copre i reati fiscali» perché «sulla scia
della globalizzazione dei mercati
finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione
internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio
seguito anche dal Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc
Frieden, ha annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la
doppia imposizione conformi al modello Ocse» ma di essere disponibile a
rivelare le preziose informazioni solamente «in casi specifici e sulla base di
elementi di prova che rendano concreto il sospetto». Il Granducato ha
sottolineato che per evitare fughe di capitali all'estero questi principi
devono essere rispettato anche dai paradisi fiscali extra-europei. Il segreto
Anche in Austria, ha fatto eco il ministro delle Finanze Erwin Proell,
«rientriamo nelle norme dell'Ocse» e forniremo informazioni «in caso di
sospetti giustificati», anche se non sarà abolito il segreto bancario previsto
dalla costituzione. Dopo essere stati inseriti nella lista Ocse dei Paesi «non
cooperativi» nei giorni scorsi Belgio, Liechtenstein e Andorra avevano fatto
sapere di voler abolire il segreto bancario. Gli annunci sono stati accolti con
soddisfazione dall'Ocse e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha
rivendicato il merito della «fermezza» e della «volontà» di Francia e Germania,
anche se «il diavolo si nasconde nei particolari», ha osservato scettica la
responsabile dell'economia francese, Christine Lagarde. «Speriamo che una
maggiore trasparenza possa ora aiutare la governance», ha commentato da
Bruxelles la portavoce del commissario Ue al Fisco, Laszlo Kovacs, Maria
Assimakopoulou. La caccia Intanto da Londra, dove i ministri delle Finanze
stanno preparando il G20, Tremonti ha assicurato che l'Unione europea «ha
deciso di coordinarsi» e parlerà con una voce sola. Le proposte, inserite nella
bozza di conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 marzo, includono la
redazione di una lista delle giurisdizioni non trasparenti e lo sviluppo «di un
insieme di strumenti di sanzioni da usare contro di loro», un contributo Ue
all'Fmi tra i 75 e i 100 miliardi di dollari, «un'adeguata regolamentazione o
supervisione di tutti i mercati, prodotti e
partecipanti finanziari che possano presentare rischi
sistemici, senza eccezioni e senza considerare il loro Paese di domicilio»,
compresi gli hedge fond, e infine dei «princìpi comuni» sulla remunerazione dei
manager «che impediscano che i modelli di compenso incentivino un'eccessiva
assunzione di rischi». Passo dell'Unione europa, su sollecitazione di Francia e
Germania, per colpire i paesi inseriti nella lista nera dei paradisi fiscali.
La Svizzera mantiene il segreto bancario, ma questo non deve coprire i reati
fiscali.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
I bottini miliardari
dell'evasione fiscale imboscati nei forzieri di mezza Europa non saranno più al
riparo dai controlli. Dopo Belgio, Liechtenstein e Andorra, ieri hanno
dichiarato di voler allentare le severe maglie del segreto bancario anche
Svizzera, Austria e Lussemburgo. A convincere i rispettivi governi è stata la
pressione internazionale contro i paradisi fiscali, che saranno tra i
principali imputati nella riunione del G20 che si terrà il 2 aprile a Londra
con l'accusa di essere tra i responsabili della crisi finanziaria
ed economica. Paradisi fiscali L'Unione Europea, spinta soprattutto da Germania
e Francia, è determinata a chiedere sanzioni contro i Paesi inseriti nella
lista nera dei paradisi fiscali. Dopo una riunione dell'esecutivo ieri il
Governo federale elvetico ha fatto sapere di essere pronto ad adottare le
convenzioni Ocse, l'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo
sviluppo con sede a Parigi, in materia di cooperazione fiscale tra Stati.
Niente automatismi però. Le richieste di informazioni saranno valutate caso per
caso. Il segreto bancario svizzero è mantenuto, ha precisato il Governo, ma
questo «non copre i reati fiscali» perché «sulla scia della globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi
finanziaria, la cooperazione internazionale in
ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». Un approccio seguito anche dal
Lussemburgo che ieri, per bocca del ministro del Tesoro Luc Frieden, ha
annunciato di aver deciso «di stipulare accordi che evitano la doppia
imposizione conformi al modello Ocse» ma di essere disponibile a
rivelare le preziose informazioni solamente «in casi specifici e sulla base di
elementi di prova che rendano concreto il sospetto». Il Granducato ha
sottolineato che per evitare fughe di capitali all'estero questi principi
devono essere rispettato anche dai paradisi fiscali extra-europei. Il segreto
Anche in Austria, ha fatto eco il ministro delle Finanze Erwin Proell,
«rientriamo nelle norme dell'Ocse» e forniremo informazioni «in caso di sospetti
giustificati», anche se non sarà abolito il segreto bancario previsto dalla
costituzione. Dopo essere stati inseriti nella lista Ocse dei Paesi «non
cooperativi» nei giorni scorsi Belgio, Liechtenstein e Andorra avevano fatto
sapere di voler abolire il segreto bancario. Gli annunci sono stati accolti con
soddisfazione dall'Ocse e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha
rivendicato il merito della «fermezza» e della «volontà» di Francia e Germania,
anche se «il diavolo si nasconde nei particolari», ha osservato scettica la
responsabile dell'economia francese, Christine Lagarde. «Speriamo che una
maggiore trasparenza possa ora aiutare la governance», ha commentato da
Bruxelles la portavoce del commissario Ue al Fisco, Laszlo Kovacs, Maria Assimakopoulou.
La caccia Intanto da Londra, dove i ministri delle Finanze stanno preparando il
G20, Tremonti ha assicurato che l'Unione europea «ha deciso di coordinarsi» e
parlerà con una voce sola. Le proposte, inserite nella bozza di conclusioni del
Consiglio europeo del 19 e 20 marzo, includono la redazione di una lista delle
giurisdizioni non trasparenti e lo sviluppo «di un insieme di strumenti di
sanzioni da usare contro di loro», un contributo Ue all'Fmi tra i 75 e i 100
miliardi di dollari, «un'adeguata regolamentazione o supervisione di tutti i mercati, prodotti e partecipanti finanziari
che possano presentare rischi sistemici, senza eccezioni e senza considerare il
loro Paese di domicilio», compresi gli hedge fond, e infine dei «princìpi
comuni» sulla remunerazione dei manager «che impediscano che i modelli di
compenso incentivino un'eccessiva assunzione di rischi».
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Distretti in
movimento Carpi spedisce 30mila cartoline al premier ROBERTO SERIO Contro
"il grande freddo" del settore moda, srotoleranno in Piazza Martiri a
Carpi, questa mattina alle 10, una maxisciarpa di cinquanta metri di lunghezza
per uno di altezza, realizzata da imprese locali. Il decoro è tricolore,
biancorossoeverde, a ricordare come la moda sia cuore del Made in Italy. Sulla
sciarpa, uno slogan: "Scalda la Moda", per
sottolineare il bisogno di protezione del settore dalle "malattie"
che possono arrivare nella stagione della crisi. Tutti insieme La peculiarità
della manifestazione carpigiana, che segue le due di Biella e Prato, sta nel
fatto che a scendere in piazza sono tutti gli attori: istituzioni locali,
associazioni imprenditoriali industriali e artigiane, e i sindacati. E
l'invito è esteso a imprese, lavoratori, forze politiche. Tutti insieme per
tutelare il sistema tessile-abbigliamento-calzaturiero di Carpi e di tutta la
regione, e per mandare, insieme alla sciarpona, un messaggio al Governo.
"In considerazione delle crescenti difficoltà del comparto moda italiano,
che a tutt'oggi non hanno trovato risposte nei provvedimenti del decreto
anticrisi del Governo - spiegano i promotori - abbiamo deciso di organizzare l'
iniziativa per sostenere e rilanciare un settore manifatturiero tra i
principali della regione. Chiediamo concrete risposte in materia di
ammortizzatori sociali, credito, sostegno al reddito e ai consumi". "Non
ci sono solo la Fiat e l'Alitalia - sintetizza Enrico Campedelli, sindaco di
Carpi, ricandidato dal Pd alle prossime amministrative per il secondo mandato -
il governo deve prestare attenzione anche alle piccole e medie imprese che sono
la spina dorsale del paese. Nei documenti fin qui usciti da Palazzo Chigi
sembra che il settore moda non esista". Il distretto tessile carpigiano di
crisi e trasformazioni, anche profonde, ne ha conosciute. E Campedelli le
ricorda bene. "Qui, dal 1995 al 2005, si sono dimezzati gli addetti: da
14mila a 7mila. Sono stati anni in cui la filiera ha sofferto molto, in
particolare i piccoli artigiani, e hanno chiuso in tanti. Chi ha iniziato a
investire sui marchi, l'immagine e il marketing, ha avuto ulteriori
opportunità, ha innovato e fatto un salto di qualità. Fino a dicembre i nostri
marchi hanno tenuto nell'export, ma ora il calo degli ordini si fa
sentire". Ci sarà anche musica in Piazza Martiri, e saranno distribuite
30mila cartoline nelle quali si ricorda al Presidente del Consiglio Berlusconi
l'impegno a proteggere un settore tanto importante per la nostra economia. Oggi
manifestazione di lavoratori, imprese e istituzioni a Carpi per aiutare il polo
della moda e dell'abbigliamento. Il sindaco Campedelli: «Ricordo al governo che
non ci sono solo l'Alitalia e la Fiat».
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Tremonti prende a
picconate Draghi BIANCA DI GIOVANNI Banca d'Italia prova a smorzare. «C'è la
massima disponibilità a informare le prefetture», si legge in una nota diramata
nella serata di ieri. Ma il clima nei rapporti con Giulio Tremonti resta incandescente
per tutta la giornata Dopo la diffusione delle notizie sui vincoli posti da
Palazzo Koch alle banche impegnate ai tavoli con i prefetti negli osservatori
sul credito, il ministro a Londra per il vertice di preparazione al G20 apre un
fuoco di fila. Propone in due batturte di affidare a Francoforte la vigilanza
bancaria, «espropriando» in qualche modo Via Nazionale. «Credo che ad
un'attività sistemica debba corrispondere una vigilanza sistemica - argomenta
parlando con i giornalisti - è una questione di mezzi. Se quelli che si devono
controllare hanno la Ferrari, i controllori non possono avere la bicicletta. Io
darei tutto alla Bce». Solo Parole Tremonti non va oltre, sapendo bene che quel
passaggio richiede un iter molto difficoltoso. Sa che il Trattato Ue affida
alla banca centrale compiti specifici di vigilanza macroprudenziale, ma non di
più Solo interventi molto specifici. Allargare quel perimetro richiede un
lavoro lungo e faticoso, già avviato in sede europea. Ma a Tremonti basta la
battuta da rilanciare sui giornali, tanto per scrivere un altro capitolo del
perenne duello Via Venti Settembre-Via Nazionale. L'ultimo round del match
c'era stato con le previsioni economiche dell'Ufficio studi di Via nazionale,
che stimavano una recessione nera. Tremonti aveva apostrofato gli economisti
come «astrologi», salvo poi dover ammettere la catastrofe dopo qualche giorno.
ma la conversione al pessimismo non durò molto. È bastata una bacchettata del
premier, per far tornare l'ottimismo anche in campo economico. Archiviata la
querelle sulle stime, nelle ultime ore è intervenuta la stampa internazionale a
mandare ancora in fibrillazione i «duellanti». Il Financial Times ha indicato
Mario Draghi tra i 50 uomini in grado di fermare la crisi
globale. Non un cenno né al ministro, né al premier italiani. La cosa è
rimbalzata sulle cronache italiane con ampio risalto, e questo non ha certo
aiutato il dialogo tra i due. «Che esagerazione» si è limitato a commentare
Draghi interpellato a Londra sulla lista dei top 50 del mondo. E dopo qualche
ora la banca centrale ha diramato la nota dell'appeasement: «Massima
disponibilità a «corrispondere alle esigenze informative delle Prefetture
fornendo dati aggregati e analisi sull'andamento del credito a livello
territoriale». dubbi Le reazioni all'ultima querelle non si sono fatte
attendere. «Mi sembra una picconata eccessiva a Bankitalia», che ha tra l'altro
«un ruolo importantissimo da giocare», dichiara Corrado Passera, amministratore
delegato di Intesa SanPaolo, sull'affidamento ai prefetti della supervisione
sul credito. Quanto alla vigilanza europea, «prima bisogna unificare leggi e le
norme a livello europeo. Sarebbe bellissimo - ha proseguito - se la politica
recuperasse il grande tempo perduto in questi anni cercando di creare un unico
mercato dei servizi in Europa, fatto che manca. Poi, quando ci saranno regole e
norme uniche, sarà gioco forza parlare di controllo unificato a livello
europeo». Anche il ministro Umberto Bossi nutre qualche dubbio sul ruolo dei
prefetti. Ma Tremonti insiste. parla di grande impegno dei rappresentanti della
Repubblica. «Per me è stata ragione di grande orgoglio prendere la parola
davanti ai prefetti - dichiara - è stato un onore. Sono funzionari che operano
con grandissimo impegno». Già la settimana prossima è previsto un incontro «con
Confindustria, Abi, banche e sindacato - continua il ministro - Vorremmo
riferire sull' avanzamento dei lavori, cosa ha fatto la Sace, la Cassa
depositi, il governo sul flusso credito a economia». verso londra Intanto
prosegue il cammino verso il vertice mondiale di Londra. l'Unione
europea si avvia compatta al confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la
richiesta comune di nuove regole sui mercati
finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della
prossima settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle
iniziative anti-crisi e
destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia e le
comunicazioni.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Banca d'Italia prova
a smorzare. «C'è la massima disponibilità a informare le prefetture», si legge
in una nota diramata nella serata di ieri. Ma il clima nei rapporti con Giulio
Tremonti resta incandescente per tutta la giornata Dopo la diffusione delle
notizie sui vincoli posti da Palazzo Koch alle banche impegnate ai tavoli con i
prefetti negli osservatori sul credito, il ministro a Londra per il vertice di
preparazione al G20 apre un fuoco di fila. Propone in due batturte di affidare
a Francoforte la vigilanza bancaria, «espropriando» in qualche modo Via
Nazionale. «Credo che ad un'attività sistemica debba corrispondere una
vigilanza sistemica - argomenta parlando con i giornalisti - è una questione di
mezzi. Se quelli che si devono controllare hanno la Ferrari, i controllori non
possono avere la bicicletta. Io darei tutto alla Bce». Solo Parole Tremonti non
va oltre, sapendo bene che quel passaggio richiede un iter molto difficoltoso.
Sa che il Trattato Ue affida alla banca centrale compiti specifici di vigilanza
macroprudenziale, ma non di più Solo interventi molto specifici. Allargare quel
perimetro richiede un lavoro lungo e faticoso, già avviato in sede europea. Ma
a Tremonti basta la battuta da rilanciare sui giornali, tanto per scrivere un
altro capitolo del perenne duello Via Venti Settembre-Via Nazionale. L'ultimo
round del match c'era stato con le previsioni economiche dell'Ufficio studi di
Via nazionale, che stimavano una recessione nera. Tremonti aveva apostrofato
gli economisti come «astrologi», salvo poi dover ammettere la catastrofe dopo
qualche giorno. ma la conversione al pessimismo non durò molto. È bastata una
bacchettata del premier, per far tornare l'ottimismo anche in campo economico.
Archiviata la querelle sulle stime, nelle ultime ore è intervenuta la stampa
internazionale a mandare ancora in fibrillazione i «duellanti». Il Financial
Times ha indicato Mario Draghi tra i 50 uomini in grado di fermare la crisi globale. Non un cenno né al ministro, né al premier
italiani. La cosa è rimbalzata sulle cronache italiane con ampio risalto, e
questo non ha certo aiutato il dialogo tra i due. «Che esagerazione» si è
limitato a commentare Draghi interpellato a Londra sulla lista dei top 50 del
mondo. E dopo qualche ora la banca centrale ha diramato la nota
dell'appeasement: «Massima disponibilità a «corrispondere alle esigenze informative
delle Prefetture fornendo dati aggregati e analisi sull'andamento del credito a
livello territoriale». dubbi Le reazioni all'ultima querelle non si sono fatte
attendere. «Mi sembra una picconata eccessiva a Bankitalia», che ha tra l'altro
«un ruolo importantissimo da giocare», dichiara Corrado Passera, amministratore
delegato di Intesa SanPaolo, sull'affidamento ai prefetti della supervisione
sul credito. Quanto alla vigilanza europea, «prima bisogna unificare leggi e le
norme a livello europeo. Sarebbe bellissimo - ha proseguito - se la politica
recuperasse il grande tempo perduto in questi anni cercando di creare un unico
mercato dei servizi in Europa, fatto che manca. Poi, quando ci saranno regole e
norme uniche, sarà gioco forza parlare di controllo unificato a livello
europeo». Anche il ministro Umberto Bossi nutre qualche dubbio sul ruolo dei
prefetti. Ma Tremonti insiste. parla di grande impegno dei rappresentanti della
Repubblica. «Per me è stata ragione di grande orgoglio prendere la parola davanti
ai prefetti - dichiara - è stato un onore. Sono funzionari che operano con
grandissimo impegno». Già la settimana prossima è previsto un incontro «con
Confindustria, Abi, banche e sindacato - continua il ministro - Vorremmo
riferire sull' avanzamento dei lavori, cosa ha fatto la Sace, la Cassa
depositi, il governo sul flusso credito a economia». verso londra Intanto
prosegue il cammino verso il vertice mondiale di Londra. l'Unione
europea si avvia compatta al confronto con gli Usa nel G20 di aprile, con la
richiesta comune di nuove regole sui mercati
finanziari. Ma in vista del Consiglio europeo della
prossima settimana i 27 sono ancora divisi sui 5 miliardi previsti dalle
iniziative anti-crisi e
destinati al finanziamento di grandi infrastrutture per l'energia e le
comunicazioni.
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
«Troppi proclami,
così non si tutela il risparmio» La proposta dei prefetti controllori è una
buffonata questa è stata solo una trovata propagandistica B. DI G. Se Tremonti
lavorasse di più a Bruxelles invece di fare proclami, forse i risparmiatori
italiani sarebbero più tutelati». Sandro Gozi (Pd), presidente del comitato
parlamentare sui rapporti con l'Ue, conosce tutti gli ostacoli sulla strada
della vigilanza europea. Se non altro perché cerca di scioglierli da alcuni
mesi. Tremonti vuol dare tutto alla Bce. «È uno slogan. Certamente serve una
vigilanza integrata a livello europeo. Ma è inutile limitarsi a indicare la Bce
come soluzione, se sappiamo che inglesi e tedeschi non ci stanno. Si tratta dei
due mercati più importanti all'interno dell'Unione».
Anche Bini Smaghi ne parla. «È evidente che c'è un'asimmetria tra la nuova
moneta unica, le banche con un volume d'affari transfrontaliero e le autorità
nazionali. La convergenza in Europa è necessaria: si pensi che coesistono 40
distinti organismi di vigilanza. Indicare oggi la Bce è un passo avanti, ma non
risolve il problema. Si possono affidare a Francoforte alcune funzioni sulla
vigilanza bancaria. Ma questa operazione non risolve il
problema della vigilanza sui mercati finanziari e assicurativi, che resterebbero fuori dall'autorità della Bce.
Senza contare il no di Gran Bretagna e Germania. Insomma, bisogna lavorare: non
basta fare dichiarazioni. È inutile indicare modelli ideali». Cosa pensa della
proposta sui prefetti? «È una buffonata. Basta parlare con gli stessi
prefetti per capire che questa è soltanto una trovata propagandistica. Anche il
riferimento ai prefetti francesi non sta in piedi: in Francia le prefetture
hanno un ruolo più ampio di quello affidato agli omologhi italiani». Fin dove
arriverà il duello Tremonti-Draghi? «Anche questo mi sembra irresponsabile. In
un momento come questo ci vorrebbe collaborazione tra Tesoro e Banca centrale».
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XVIII -
Torino Nostalgia della città olimpica SALVATORE TROPEA (segue dalla prima di
cronaca) La crisi ha offuscato il ricordo della Torino
a cinque cerchi. Sarebbe inutile e sciocco negarlo. E non è più questione di
essere ottimisti o pessimisti. A meno che non si voglia dar credito alla
congiura mediatica che ossessiona Berlusconi i fatti sono quelli che sono. Le
cronache dei giornali, che nell´inverno di tre anni fa descrivevano una città
scintillante in grado di stupire il mondo per la sua capacità di organizzare un
grande evento esibendolo sulla scena di un riscoperto patrimonio turistico e
artistico, adesso riferiscono di aziende che tirano giù le serrande, si
trasferiscono altrove, riducono le maestranze, ricorrono a dosi massicce di
cassa. Una contabilità preoccupante contro la quale non bastano gli annunci di
iniziative senza precisare come saranno finanziate. Perché in fondo è un
problema di risorse finanziarie. Le banche, principio e
fine del terremoto mondiale, hanno stretto i cordoni della borsa, il governo ha
fatto altrettanto inventandosi e mettendo in atto meccanismi che hanno
impoverito le casse degli enti locali. E poiché quando non ci sono soldi si è
costretti a rinunciare a certe spese si comincia a fare la selezione tra ciò
che è indispensabile e ciò che è o sembra superfluo. E così la città
cambia aspetto. Ci si trova a dover fare i conti con una situazione della
viabilità che, con la complicità di un inverno particolarmente inclemente, è
diventata in poco tempo impresentabile oltre che pericolosa. In barba agli
annunci del governo sembra essersi scatenata una nuova offensiva dei graffitari
particolarmente agguerriti nelle strade del centro. I servizi di pulizia urbana
che sembravano avviati verso livelli di eccellenza europea mostrano evidenti
segni di stanchezza e in alcune zone hanno perduto la regolarità diventando
episodici e occasionali. Si risparmia su tutto e la necessità di farlo in
fretta induce a tagliare laddove si dovrebbe tentare di razionalizzare. Il
risultato è una minor cura della città che si va diffondendo in forma più o
meno visibile ma che alla fine porta a quella nostalgia della Torino olimpica
per dire la città di una stagione non poi così lontana. Proprio nei giorni
dell´inverno 2006, ospite di Torino alla quale aveva passato la fiaccola
olimpica, il sindaco di Salt Lake City, il democratico Ross C. Anderson, in
un´intervista a questo giornale, aveva sottolineato come, una volta spenti i
riflettori sull´evento sportivo, il merito delle Olimpiadi sarebbe stato quello
di lasciare in eredità un patrimonio di infrastrutture da gestire al meglio e
una città rigenerata e rimessa a nuovo nella quale vivere. Ecco, quella città
non c´è più o rischia di non esserci più. Sergio Chiamparino, che ha avuto in
gran parte il merito di avere voluto e guidato quella stagione di rinascita,
deve ora pensare a difenderla senza che la si debba rimpiangere. Magari facendo
anche qualche riflessione di ordine politico - elettorale e considerando il
rischio sintetizzato dal poeta e romanziere francese Alfred de Musset nel
monito che «il bene perduto rende l´uomo avaro».
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9 - Esteri
Nel 2008 sono stati uccisi 89 operatori umanitari. E la tendenza dei primi mesi
del 2009 è ancora peggiore Le Ong sono sempre più nel mirino scompare lo scudo
della neutralità Nonostante le tutele della Convenzione di Ginevra, i rischi per
chi presta aiuto sono in aumento ANAIS GINORI In principio ci fu la Convenzione
di Ginevra, che nel 1949 riconosceva a chi prestava aiuti e soccorsi una
neutralità tra le parti in conflitto. Sessant´anni dopo quel prezioso
salvacondotto è quasi scomparso. Nessuna Ong è più al sicuro. Il 2008 è stato
l´anno dei record. Tutti negativi. In dodici mesi sono stati uccisi 89
operatori umanitari, soprattutto in Somalia (36), Afghanistan (33), Darfur
(11), Ciad (4). Quello appena trascorso è stato uno dei peggiori anni per la
sicurezza. Bisogna risalire al 2003 per ritrovare un dato simile. E la tendenza
del 2009 non è migliore. Durante la guerra a Gaza sono morti otto membri
dell´agenzia Unrwa e un volontario di Care International. Altre due vittime ci
sono già state in Pakistan, tre nello Sri Lanka e due in Somalia. "Sparare
contro la Croce Rossa" non è più tabù. Il sequestro degli operatori di
Medici Senza Frontiere è la conferma dell´aumentata insicurezza per chi deve
curare e proteggere la popolazione civile. «è sempre più difficile lavorare in
maniera indipendente», ammette il portavoce di Msf, Sergio Cecchini. Le fazioni
in guerra non riconoscono la famosa neutralità. I cooperanti sono bersaglio di
violenze, si ritrovano spesso al centro di strumentalizzazioni politiche. E
anche un capo di Stato come Omar Bashir ha accusato qualche giorno fa alcune
Ong di essere «spie e ladri». Tutto il personale di Medici Senza Frontiere è
già stato evacuato dal Darfur dopo il rapimento di D´Ascanio e dei colleghi
dell´ospedale di Serif Umra. Una decisione confermata anche dopo il rilascio
degli ostaggi. Altre organizzazioni italiane vogliono rimanere. «Cerchiamo di
mantenere un basso profilo per non mettere a repentaglio l´incolumità dei
nostri operatori», dice Valentina Zita, che si occupa della missione in Sudan
della Coopi. Anche Intersos non ha intenzione di smobilitare la sua presenza in
Darfur. «Tuttavia - precisa Nino Sergi - siamo stati costretti per motivi di
sicurezza a ridurre il personale da
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
APPELLO ANCHE
ALL'EUROPA PER UN INTERVENTO GLOBALE COORDINATO Ricetta Obama [FIRMA]FRANCESCO
SEMPRINI NEW YORK Basta pessimismo. Usa ritmi perentori Larry Summers esortando
gli americani a voltare pagina e a lavorare sodo per la rinascita nazionale.
L'appello del Consigliere economico della Casa Bianca arriva su precisa
indicazione di Barack Obama che tenta di cavalcare i segnali di ripresa
provenienti da Wall Street, che ha segnato il quarto rialzo consecutivo. La crisi ha portato a un generale «eccesso di paura» e «i
timori creano solo altri timori», dice Summers ricordando la massima di
Franklin D. Roosvelt ovvero «che l'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la
paura stessa». In un intervento alla Brookings Institutions, l'ex segretario al
Tesoro di Bill Clinton cita alcuni recenti dati economici confortanti. Tra
questi «la stabilizzazione delle spese per consumi», o l'indice di fiducia dei
consumatori salito a metà marzo a 56,6 punti. E' il momento di investire a
lungo termine, secondo Summers che agli imprenditori americani suggerisce di
«non ragionare su orizzonti ridotti perché le opportunità di crescita sono oggi
più ampie rispetto a due anni fa». E' un discorso a tutto campo quello del
consigliere economico che sebbene preferisca non azzardare previsioni sulla
durata della crisi, spiega che il piano di stimoli sta
iniziando a sortire alcuni degli effetti sperati: «ora la priorità, anche per
tutelare l'occupazione, è sostenere la domanda». Conferma la necessità di
rimettere in moto il mercato del credito attraverso il Talf, la bonifica degli
asset tossici e il potenziamento di liquidità e capitali delle banche, mentre
sul fronte monetario dichiara guerra alla deflazione per le ricadute pericolose
sul debito pubblico. Summers suona la carica nel giorno in cui Wall Street
chiude di nuovo in rialzo, al termine di una seduta interlocutoria che ha visto
il cardinale Edward Egan, arcivescovo emerito di New York, presenziare alla
cerimonia di apertura delle contrattazioni. Il Dow Jones ha segnato +0,40% e il
Nasdaq a +0,03% anche grazie al calo del deficit commerciale, passato in
febbraio al minimo dall'ottobre 2002. Dietro la sortita del Brookings c'è la
mano di Obama, che avendo appreso del calo dell'indice di gradimento ai livelli
di Bush nel
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Google bussa per
entrare nel Dow Jones Industrial Ma l'indice è tutto da rifare Deutsche Bank e
Nomura a caccia di quote di mercato Le quote di mercato - e il loro incremento
- sono la nuova parola d'ordine delle banche d'investimento. Quelle
sopravvissute al terremoto del settore stanno facendo di tutto per crescere e
le loro velleità sono testimoniate dai recenti spostamenti ai vertici in
Deutsche Bank e Nomura. Deutsche Bank ha elevato i co-direttori della divisione
investimenti - Michael Cohrs e Anshu Jain - a membri del Cda del gruppo. La
scelta del momento è significativa perché ratifica l'interesse della banca
verso il ramo investimenti dopo un anno disastroso, senza con ciò rinunciare
all'espansione sul mercato retail tedesco. La promozione, inoltre, pone Cohrs e
Jain nella ristretta cerchia dei possibili successori dell'ad Josef Ackermann,
il cui mandato scadrà tra circa un anno. Anche Nomura intende sottolineare il
suo sostegno al ramo investimenti dopo l'acquisto delle operazioni europee di
Lehman Brothers, in preparazione di un probabile approdo negli Usa. Hiromi
Yamaji, il responsabile globale della divisione investimenti, si sta
trasferendo da Tokyo a Londra. Per la prima volta questo ruolo sarà esercitato
fuori dal Giappone. Come Deutsche Bank, anche Nomura vede buone prospettive al
di là dei depositi e dei prestiti locali. La crisi ha
messo in ginocchio molte banche. È perfettamente ragionevole che gli istituti
ancora in piedi cerchino di approfittarne occupando gli spazi vuoti. Per ora,
le prospettive sono allettanti. Le commissioni sono salite alle stelle a
compensazione dei rischi per le banche di investimenti. Ma un'azione di
conquista selvaggia da parte di troppi concorrenti rischia di far dimenticare
gli antichi errori. Ed è proprio per questo che gli spostamenti ai vertici di
Deutsche Bank e Nomura sono significativi. Entrando nel Cda, Cohrs e Jain
godranno di un punto di osservazione più ampio sui rischi di Deutsche Bank nel
suo insieme. Yamaji si insedierà, portando con sé un approccio meno ardito, in una piazza finanziaria più centrale. A giudicare da queste mosse, le due banche
comprendono il pericolo di una corsa sfrenata alle quote di mercato. \ È
difficile immaginare l'indice Dow Jones Industrial senza Citigroup e General
Motors, ma il difficile momento finanziario le ha declassate al rango di
"penny stock", rendendo probabile un loro imminente
depennamento. La storia insegna che i loro sostituti saranno espressione delle
tecnologie e dell'economia dei tempi. In quest'ottica, Google sembrerebbe una
scelta obbligata, ma il prezzo elevato del titolo pone un dilemma. Quando è
stato istituito nel 1896, il Dow aveva l'obiettivo di fornire un'ampia
panoramica dell'economia Usa. Oggi è difficile sostenere che Citi e GM siano
qualificate per questo scopo. Ma chi dovrebbe sostituirle? Tradizionalmente, le
variazioni del Dow tendono a riflettere le nuove tecnologie e i settori
emergenti. Dei dodici titoli originari, solo General Electric è ancora in
lista. Con il tempo, sono state aggiunte società rappresentative delle tendenze
dell'epoca come Victor Talking Machine, American Can e Remington Typewriter.
Sembra difficile escludere Google, una società che riflette lo spirito del
tempo e vanta una capitalizzazione di 100 miliardi. Google ha creato un'intera
economia di piccole società satellite che le ruotano intorno. Quest'inclusione
avrebbe però l'effetto di distorcere l'intero indice. Poiché il Dow viene
ponderato in base al prezzo dell'azione, le variazioni del titolo Google, che
oggi vale 323 dollari, peserebbero 36 volte di più delle oscillazioni di
Electric, oggi quotata a 9 dollari, nonostante le due aziende abbiano una
capitalizzazione di mercato quasi identica. Anche senza Google, l'antiquato
metodo di ponderazione del Dow lo espone a fluttuazioni bizzarre. Ma questa non
è una buona ragione per escludere Google. Piuttosto, i custodi del Dow
dovrebbero riconsiderare il proprio approccio, magari adottando un meccanismo
di ponderazione basato sulla capitalizzazione di mercato, come nel caso
dell'S&P 500 e di molti altri. Le aziende incluse nel Dow sono cambiate nel
tempo. È ora che cambi anche il metodo di calcolo dell'indice. \
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 32 - Cronaca
Il Colosseo è il monumento più visitato nel mondo. Ma l´anfiteatro romano è un
percorso ad ostacoli: pochi metal detector creano code sfiancanti. All´ingresso
si viene accolti da imbonitori di ogni tipo Dentro, una sequela di scavi e
transenne, poche informazioni didattiche, ancor meno dépliant Senza contare le
chiusure straordinarie e un biglietto non proprio a buon mercato La
soprintendenza vuole istituire un senso unico per regolare i flussi di chi
entra Il ticket comprende anche il Foro e il Palatino ma si vaga in assenza di
riferimenti "La piantina? Ecco, prenda questa ma poi ce la riporti perché
ne abbiamo una sola" (SEGUE DALLA COPERTINA) LUCA VILLORESI Terzo
passaggio: la fila al metal detector, per accedere alla fila della
biglietteria. Infine, il sospirato ticket. Fornito, nonostante a volte ce ne
sia evidentemente bisogno («L´anfiteatro Flavio?! Ma non siamo venuti al
Colosseo?»), senza l´accompagnamento di alcun dépliant informativo. Il quadro
può essere arricchito da diverse varianti. Giovedì: rissa tra gladiatori per
accaparrarsi un cliente. Venerdì: «Closed for union meeting. Il monumento
resterà chiuso dalle 8,30 alle 12,30 per assemblea sindacale». Sabato, col
sole, prima prova del pienone primaverile. Le due ragazze dell´ufficio
informazioni, al pari dei due metal detector, fanno quello che possono. «Sì,
assieme al biglietto dovrebbe esserci anche una piantina. Dispiace... Ecco,
prenda questa... però poi ce la riporta, ché ne abbiamo una sola». Il serpentone
dei visitatori avvolge nelle sue spire spalti e arena. Girovaga. Ogni tanto si
blocca, comitiva contro comitiva, si contorce. Assorda. Per limitare
l´inquinamento acustico l´uso degli altoparlanti è stato vietato. Le guide si
arrangiano, a chi strilla di più. E non è ancora niente. «In estate a volte non
riesco nemmeno a raggiungere l´ufficio. Un muro umano», racconta Rossella Rea,
la soprintendente del monumento. «Fino agli anni Novanta avevamo meno di un
milione di visitatori. Sono più che quintuplicati. Ogni tanto si blocca tutto.
E stiamo pensando di istituire una specie di senso unico per irreggimentare i
flussi». Il turista, però, sembra abbandonato a sé stesso. «A fine mese, in
occasione della mostra sui Flavi, verrà finalmente allestito un percorso con
dei pannelli esplicativi». I dépliant? «Certo, ci pensiamo. Ma bisogna trovare
i soldi per stampare sei milioni di opuscoli». E poi, aggiunge, indicando
l´ufficetto tutto accatastato, «toccherà trovare pure lo spazio per
immagazzinarli». Quella dei cristiani mangiati dalla belve del Colosseo, a
quanto pare, è un´invenzione. Ma separare storia e leggenda è più facile di
quanto non lo sia camminare sul filo delle transenne che separano tutela e
fruizione, cura e abbandono. Confine labile. Opinabile come una valutazione
estetica: che giudizio dare, ad esempio, sulle cancellate dell´anfiteatro,
montate (provvisoriamente) trent´anni or sono? Incerto come una ripartizione di
poteri: nell´area del Colosseo, per dirne una, il piano di calpestio è competenza
del Comune, quello che è sopraelevato della Soprintendenza archeologica. La
materia per discutere, insomma, non manca; non è immune da interessi economici,
rivalità accademiche, schieramenti; ed è ormai arrivata all´estremo bollore con
l´escalation di Sandro Bondi, il ministro che, scelto come consigliere un ex
manager della McDonald´s, ha scelto come commissario straordinario per l´area archeologica di Roma l´ex capo della protezione civile Guido
Bertolaso e spinto alle dimissioni il presidente del Consiglio superiore dei
Beni culturali, Salvatore Settis, prontamente sostituito dall´archeologo Andrea
Carandini. Per delimitare i confini del campo di battaglia basta attenersi al
biglietto d´ingresso. Il ticket è un riassunto essenziale. Dodici euro.
Per accedere a «Colosseo + Foro + Palatino». Un tris. Messo lì anche per
rammentarci che, in questo caso, molte complicazioni non nascono solo dalle
responsabilità del presente, ma dall´eccesso di passato che ha accumulato in
quest´area la massima concentrazione mondiale di storiche vestigia. Il Colosseo
è solo un vertice, il più visibile e in un certo senso il più «facile», di un
panorama molto complesso. Un monumento maestoso e glorificato; ma pur sempre un
singolo monumento. Raccontare a un turista le vicende dell´anfiteatro Flavio,
la fondazione (un disco di calcestruzzo spesso
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 18 - Economia
LE ASSICURAZIONI, FONSAI E IL FATTORE LIGRESTI Nel ramo vita è finita la
pacchia dei prodotti mascherati, che hanno generato polizze complicate e
commissioni spropositate Anche le assicurazioni piangono. Dai massimi, il
settore in Europa ha perso il 70%: 27% più dell´indice del mercato. Le
compagnie, in quanto investitori istituzionali, soffrono quando le Borse vanno
male. Ma il loro sembra un lento declino: in 10 anni, il valore complessivo
delle assicurazioni di Eurolandia, in percentuale sul totale delle società
quotate, è calato dal 12% al 5%. Ai problemi del settore, Fonsai somma l´intrinseca debolezza finanziaria del gruppo, imposta dal mantenimento del controllo da parte di
Ligresti con il minimo impegno di capitali, e dall´uso degli attivi della
compagnia per garantire al medesimo un posto al tavolo del capitalismo delle
relazioni (Mediobanca, Rcs, Pirelli, Impregilo, Alitalia) e degli affari
immobiliari, anche se forse non sono gli investimenti migliori per gli
assicurati. Per conoscere il bilancio Fonsai 2008 bisognerà attendere il 23
marzo. Quindi, faccio riferimento ai dati dei primi 9 mesi, che evidenziano già
con chiarezza i problemi. Le prospettive per il settore automobilistico sono
nere. E dato che la spesa per assicurare i veicoli segue quella per i beni
assicurati, per Fonsai, leader italiano nell´Rc Auto, si annunciano tempi
difficili. Aggravati dal Decreto Bersani 2 che, a detta di Fonsai, ha aumentato
la concorrenza e ridotto il premio medio pagato. Così, i premi Rc Auto sono
diminuiti del 3% (e il trend rimane negativo). Nel ramo vita, sembra finita la
pacchia dei prodotti finanziari mascherati, che hanno generato polizze
complicate, per giustificare commissioni spropositate, contabilizzate al
collocamento pur essendo pluriennali, e vendute attraverso il quasi monopolio
bancario nell´accesso al risparmio. E che spesso hanno scaricato il rischio
sulle spalle dell´investitore: Fonsai ha 207 milioni di proventi finanziari
netti, mentre ne contabilizza 597 di perdite sui prodotti a rischio degli
assicurati. Per non parlare delle Index con titoli Lehman e dalle banche
islandesi, poi fallite. Nel futuro di Fonsai ci dovrà essere il ritorno a
prodotti vita tradizionali, meno redditizi, la perdita di rilevanza del canale
bancario (oggi predominante), lo sviluppo in rami diversi da Rc Auto e un
robusto taglio dei costi (1,4 miliardi di provvigioni e costi di gestione su 8
di premi). Non sarà breve, né indolore. Come tutte le assicurazioni, anche
Fonsai deve convincere di avere i capitali per assorbire le perdite in borsa e
fronteggiare il trend negativo dell´immobiliare. A settembre dichiarava 3,6
miliardi di attività immobiliari e 2,2 di titoli azionari. Quante perdite abbia
cumulato a oggi, non è stimabile. Una parte del rischio azionario è stato
coperto, ma non si sa a quale livello del mercato. Né si conoscono i criteri di
valutazione degli immobili e delle partecipazioni "strategiche". E
sorprende che abbia riclassificato 1,5 miliardi di investimenti, grazie a una
deroga alle regole contabili pensata per i titoli "tossici", pur
dichiarando di non averne in portafoglio. Ironicamente, però, sono le
obbligazioni a basso rischio (80% degli investimenti) che alla lunga potrebbero
costituire la principale minaccia alle fortune di Fonsai. Oggi limitano le
perdite, ma in uno scenario prolungato di bassi tassi, la gestione finanziaria non riesce più a contribuire agli utili, e
costringe la compagnia ad assumersi più rischi. Così gli investitori
penalizzano Fonsai: in Borsa vale appena il 45% del suo patrimonio, uno sconto
del 34% rispetto alla media mondiale di settore. Prima o poi, potrebbe essere
necessario rafforzarsi patrimonialmente. Ma è un´opzione non percorribile,
viste le risorse limitate a disposizione di Ligresti. Che, anzi, impegna
capitali del gruppo assicurativo per facilitare il suo controllo, chiedendo a Fonsai
di detenere l´11% di azioni proprie e il 6,7% della controllante Premafin. E
nonostante la crisi, Fonsai dichiara di voler pagare
un lauto dividendo. Forse bisogna far salire liquidità ai piani altri della
piramide, per far fronte ai debiti.
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 21 - Economia
Paradisi fiscali, la Svizzera si arrende Segreto bancario meno stringente. Si
adeguano Austria e Lussemburgo La Confederazione ha risposto al pressing della
Ue per non finire tra i Paesi canaglia FRANCO ZANTONELLI ZURIGO - Suonano di
venerdì 13 le campane a morto, per il segreto bancario elvetico. Nel giro di
meno di un mese, presa nella morsa di Germania, Francia Regno Unito e Stati
Uniti, con la prospettiva concreta di finire, in breve tempo, sulla lista nera
dei paradisi fiscali, la Confederazione ha deciso di cedere alle pressioni.
Dopo aver resistito alle mire naziste sugli averi degli Ebrei, depositati nelle
sue banche, il segreto bancario elvetico viene annichilito dall´azione
congiunta di alcune grandi democrazie i cui governi, con la
crisi finanziaria in atto,
non si possono più permettere alcuna fuga di capitali. «Ci siamo uniformati
alle regole dell´Ocse, rinunciando alla distinzione tra evasione e frode
fiscale», ha spiegato, ieri, nel corso di una conferenza stampa a Berna, il
presidente della Confederazione, Hans Rudolf Merz. «Il che significa -
spiega Carlo Lombardini - avvocato di Ginevra, esperto in diritto bancario -
che la assistenza giudiziaria, che prima veniva assicurata solo nel caso della
frode, considerata anche dalla Svizzera un reato penale, verrà estesa
all´evasione». Ma questo ammorbidimento del segreto bancario è un tabù che
cade? «Più che altro - afferma Lombardini - è il segnale di un mondo che
cambia. Quello che sarà importante è che tutte le piazze finanziarie applichino
le medesime regole». Ciò che, puntualmente, si sta verificando. Dopo
Liechtenstein e Belgio, infatti, ieri anche Austria e Lussemburgo hanno
annunciato misure analoghe a quelle prese dalla Svizzera. «Non si è trattato di
misure concertate», ha detto, tuttavia, il presidente della Confederazione,
Hans Rudolf Merz. Resta il fatto che, nello spazio di pochissimi giorni, tutti
quei Paesi su cui, al G 20 di Londra del prossimo 2 aprile, pendeva la minaccia
di finire in una sorta di girone degli Stati canaglia, per la loro resistenza
alla collaborazione internazionale, in tema di fiscalità, si sono messi in
regola in fretta e furia. Il via, alle pressioni, è iniziato con la Svizzera,
dopo che l´Ubs, la principale banca elvetica, era finita nel mirino della
giustizia statunitense, per aver aiutato migliaia di clienti americani ad
evadere le tasse, nascondendo i loro soldi su conti cifrati. La banca si è
trovata con l´intimazione, pena la perdita della licenza, a consegnare ad un
giudice della Florida i nominativi di 52 mila clienti con la prospettiva,
oltretutto, di azioni legali da parte degli stessi clienti, infuriati da una
eventuale violazione della loro sfera privata. Successivamente, all´azione di
Washington, si sono accodati Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Gordon Brown,
pretendendo la fine, pura e semplice, del segreto bancario. Una decisione su
eventuali sanzioni, venne fatto presente, sarebbe stata presa al G 20 di
Londra, a cui nessun rappresentante del Governo svizzero, nonostante una
richiesta precisa di Berna, è stato invitato. Per l´esperto di diritto bancario
di Ginevra, Carlo Lombardini «in un mese è precipitato tutto, più per l´azione
americana che per quella dell´Ue».
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 40 - Cultura
E LA SUA Un saggio dello storico Paolo Prodi storia il furto "Settimo: non
rubare" ribalta l´idea che la Chiesa medievale sia stata avversa al
mercato e indaga le leggi e le predicazioni contro il ladrocinio La necessità
di mettere d´accordo il settimo comandamento col crescente benessere Un modello di ricerca che punti a capire il presente partendo da
distanze lontane ADRIANO PROSPERI La violenza e il disordine dei mercati finanziari riempiono oggi le
cronache di tutto il mondo di storie di truffe gigantesche, arricchimenti
smisurati di pochi e miseria di molti. è difficile immaginare che tutto questo
abbia un rapporto con lo spirito evangelico e con le virtù cristiane.
Eppure da quando Max Weber propose nel 1905 la sua celebre tesi di un nesso fra
l´etica protestante e lo spirito del capitalismo non c´è questione storica più
dibattuta di questa. Il problema nei suoi termini più semplici è quello di
capire perché proprio in Europa abbia avuto origine la rivoluzionaria
espansione del sistema capitalistico destinata a rompere le catene che avevano
fino ad allora legato le energie prometeiche della specie umana. La proposta di
Weber suscitò uno straordinario interesse perché spostava la questione dal
capitale di cui aveva parlato Marx allo spirito capitalistico, cioè sul terreno
della cultura e della religione. Ma quale religione? E perché proprio il
calvinismo? Nel 1934 un giovane professore dell´Università Cattolica destinato
a un grande futuro politico, Amintore Fanfani, candidò il cattolicesimo a vero
padre del capitalismo. Poi gli studi si sono spostati sull´etica economica
medievale. Oggi l´intera questione è riproposta in termini nuovi nell´ultimo
libro di Paolo Prodi: Settimo: non rubare. Furto e mercato nella storia
dell´Occidente (Il Mulino, pagg. 396, euro 29). Il comandamento biblico dà il
titolo a una ricerca di grande respiro e di robusta costruzione che abbraccia
l´intero Occidente cristiano dall´XI al XIX secolo. La storia che vi si
racconta è quella delle discussioni e delle regole tese a fissare i confini tra
il furto e il guadagno legittimo da quando nelle città dell´Europa si avviò lo
sviluppo delle moderne attività mercantili. Lo sforzo di disciplinare gli
spiriti animali del mercato dominò da allora le riflessioni sui rapporti tra
guadagno privato e bene comune, ricchezza individuale e benessere della città,
frode commerciale e corruzione politica. Dopo le regole fissate dalla Chiesa
vennero quelle della repubblica internazionale del danaro e le leggi degli
stati. Ma quali furono le precondizioni della rivoluzione commerciale avviatasi
nelle città medievali? La tesi di Prodi è che il mercato come realtà
autoregolantesi, dotata di una propria capacità di espansione, vide aprirsi per
la prima volta uno spazio di libertà nel contrasto fra papato e impero. Fu
quella la via che gli permise di sfuggire al controllo di un potere politico
tendente per sua natura a coartare le straordinarie potenzialità di sviluppo
del mercato. Il successo dell´Europa medievale spicca al confronto del mancato
sviluppo del mercato dell´agorà ateniese dove, osservò una volta Karl Polanyi,
era stata proprio quell´antica democrazia a soffocarne l´espansione. Invece,
secondo Prodi, grazie al dualismo istituzionale di papato e impero si installò
nel cuore dell´Europa quella fibrillazione o rivoluzione permanente che doveva
sostentarne l´ascesa come centro propulsore dello sviluppo mondiale. è dunque
dalla «rivoluzione papale» che nasce la rivoluzione commerciale, in sincronia
con altri macroprocessi che ebbero un identico scenario: la piazza, luogo del
giuramento costitutivo del patto politico ma anche luogo simbolico della
giustizia e luogo infine del mercato, terzo e ultimo oggetto di questo volume
che conclude una serrata trilogia. I caratteri originali della storia europea
sono ricondotti alle comuni radici cristiane e agli spazi di libertà aperti
dalla dialettica tra Chiesa e poteri politici. E non c´è solo questo. Viene qui
messo in luce il contributo intellettuale degli uomini di Chiesa e in
particolare dei nuovi ordini francescano e domenicano all´elaborazione delle
regole del mercato con lo sviluppo dei concetti di tempo, prezzo, moneta, con
le nuove definizioni del reato di furto, con l´esercizio della guida delle
coscienze attraverso la predicazione e la confessione: ma anche, infine, con la
creazione di moderne istituzioni bancarie (sotto il segno, ricordiamo, di un
violento attacco a un protagonista di questa storia che qui rimane piuttosto in
ombra, l´ebreo). Quelle ricchezze accumulate che inquietavano le coscienze di
uomini come il celebre mercante di Prato Francesco di Marco Datini imponevano
la necessità di mettere d´accordo il settimo comandamento col flusso di benessere
portato dal commercio. La ricostruzione del lavoro intellettuale e pratico
svolto a tal fine dagli uomini della Chiesa ha impegnato l´autore di queste
pagine in una ricerca di cui affiora qui anche la sensazione di una grande
fatica. L´esito è chiaro. Finora il contributo della Chiesa allo sviluppo del
mercato è apparso in genere negativo, per le condanne del prestito a interesse
come peccato di usura che alimentarono l´antigiudaismo cristiano e che
nascevano dalla considerazione del tempo come qualcosa che apparteneva solo a
Dio. Ma Prodi contesta la tesi formulata da Jacques Le Goff di un´opposizione
fra l´immobile «tempo della Chiesa» e un «tempo del mercante» aperto all´azione
umana e a valori laici e sottolinea invece l´importanza del volontarismo francescano
e di teologi come Pietro di Giovanni Olivi. Non è possibile qui seguire
l´intero disegno dell´opera, scandito dalle metamorfosi del furto da peccato
religioso a colpa morale e a crimine e articolato nelle fasi di una storia
dominata agli inizi dalla teologia e dalla casistica di coscienza, poi dalla
autonomia delle leggi di mercato, infine dall´affermarsi nell´800 del dominio
dello Stato sulla vita sociale con l´alleanza di potere politico e potere
economico. Vediamo in prospettiva la globalizzazione dell´economia, quando la
«repubblica internazionale del denaro» cancellerà i confini degli stati insieme
ad ogni ricordo di quelle norme etiche dell´equità e del bene comune che la
tradizione cristiana aveva lungamente elaborato. Sui temi e sulle tesi di
questo libro ci sarà modo di discutere. Qui si dovrà almeno osservare che
ancora una volta Paolo Prodi oppone a un consumo della storia oggi dominato dai
contemporaneisti un modello di ricerca storica che punta a capire il presente
partendo da distanze lontanissime: o meglio, partendo verso l´esplorazione di
quelle terre lontane da una propria intuizione dei problemi del presente. Di
fatto, è il ritorno conclusivo su questi problemi che è il presupposto e il
premio del ricercatore. Ed è ai propri tempi che l´autore dedica l´ultimo
capitolo di «riflessioni attuali» sui rapporti tra economia e politica, finanza
e stato, etica e giustizia. La crisi economica mondiale in cui siamo immersi è
l´esito, a suo avviso, di una dislocazione tettonica affiorante da profondità
secolari, di cui solo una ricerca storica di adeguata ampiezza può rintracciare
le cause profonde. Ma se i mali sono evidenti, se è vero che i confini tra il
furto e il non furto sono diventati evanescenti e che nell´attuale situazione
di dominio della finanza sulla politica le leggi della democrazia liberale
esistono solo in apparenza, se è indiscutibile che la fragilità istituzionale
dell´Italia rende più visibili qui da noi i disastri della privatizzazione del
pubblico e la gravità del conflitto di interessi, la cura resta incerta e
problematica: come si potrà reintrodurre l´auspicata distinzione fra il sacro,
la politica e l´economia? Dobbiamo forse tornare a leggere la Rerum Novarum e a
riflettere sulla dottrina sociale cristiana, secondo l´auspicio che chiude
questo libro?
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 31 - R2 LUCA
VILLORESI Per entrare nella cartolina bisogna passare, uno alla volta, sotto le
forche caudine dell´elettronica. I due metal detector fanno quello che possono.
La fila, in questi giorni di bassa, dura una mezzora; ma già a Pasqua l´attesa
raddoppia, triplica. Il Colosseo, si dice, è il monumento più visitato del
mondo: 5 milioni e 700 mila ingressi in un anno. Il simbolo di Roma. E il
biglietto da visita dell´area archeologica più ricca e incasinata della Terra.
Un patrimonio (in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del contendere di
una guerra senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami� sovrintendenti,
sottosegretari, commissari straordinari� Beni culturali,
McDonald´s, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro,
«Camera e umbrella in the scanner» - partiamo dal più semplice: quello del
turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la differenza che
corre tra una cartolina e un´istantanea. Il primo impatto visivo è
tipicamente romano: un´immagine maestosa e scaciata. Il Colosseo, prima di
essere un monumento, è una rotatoria monumentale, il perno di un anello
automobilistico che, sia detto per inciso, vanta l´attraversamento più
falcidiato della Capitale (molti stranieri credono nelle strisce pedonali),
nonché una svolta in discesa (la famosa curva Arco di Costantino) foriera di
ripetute uscite di pista. Passate le strisce, sul piazzale, c´è il secondo
passaggio obbligato: la corte dei miracoli (mezzo litro d´acqua due euro) delle
bancarelle e dei furgoncini. A sua volta attorniata da torme di rapaci che,
lanciando il tipico richiamo - «Hello! Hello!» - saltellano a pacche sulla
spalla da una comitiva all´altra: guide abusive, pataccari, paratassisti, i
lenoni dei night e delle hosterie, la zingara che questua, il gladiatore. SEGUE
NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON UN ARTICOLO DI FRANCESCO ERBANI SEGUE A PAGINA 32
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
PRONTA REPLICA DELLA
LEGA NORD "Ronde, ma i sindaci sul problema sicurezza non ascoltano la
gente" Questione ronde: «I sindaci della Val Bormida dovrebbero imparare
ad ascoltare i propri cittadini». Dura replica del segretario provinciale della
Lega Nord, Andrea Bronda, al coro compatto di commenti negativi da parte dei
sindaci della Val Bormida, all'idea della «Ronde Padane». Un fronte pressochè
compatto, quello di chi si oppone. Replica, però, Bronda: «I sindaci,
soprattutto della sinistra, stanno evidenziando la propensione a non ascoltare
più la gente, perchè quello che loro non capiscono, che denigrano parlando di
sceriffi e facendo altra disinformazione, è una forte richiesta che ci arriva
proprio dalla base. Gente che ha un forte rispetto del lavoro delle Forze
dell'ordine, ma ha capito di dover dare il proprio contributo, così come si fa nella Protezione civile, o nelle pubbliche
assistenze. Anche perchè vedono lo stato di degrado che si sta raggiungendo e
il lassismo dei sindaci che, nonostante abbiano gli strumenti per intervenire
tramite ordinanze e quant'altro, non fanno che demandare tutti i compiti alle
Forze dell'ordine». Riguardo poi l'invito di attivarsi verso il ministro
Maroni per ottenere un aumento degli organici dei carabinieri, Bronda ricorda,
«che è proprio grazie alla Lega e al decreto Maroni se si sono sbloccati 100
milioni di euro, sequestrati alla mafia, ma che il precedente governo teneva
ben chiusi in qualche cassetto. Soldi che verranno suddivisi tra Interno,
Giustizia e Tesoro». Altro nodo scottante, la moschea, e qui interviene l'ex
assessore cairese, Enrico Caviglia: «Il sindaco Briano è una contraddizione
vivente: dice di essere favorevole al centro islamico, ma non ad una moschea,
ma che differenza c'è? Briano dice che ci sarà opera di costante controllo, ma
allora ammette che ci possono essere situazioni di potenziale pericolo. E come
intende effettuare questi controlli?».
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-03-14 - pag: 1 autore: SCELTE INEVITABILI Alzare
l'età pensionabile, il momento è opportuno di Alberto Alesina L e donne
italiane al lavoro tra i 55 e i 64 anni sono circa il 23% del totale. In Svezia
il 70% delle donne di quell'età lavora, negli Stati Uniti il 50 per cento. La
media europea (Ue-15) è di circa il 41 per cento. Per gli uomini nella stessa
fascia di età le quote sono 46% in Italia, 76% in Svezia, 58% nella media Ue e
70% negli Stati Uniti (dati Ocse 2007). La Svezia è spesso citata a modello
dalla sinistra italiana come un Paese equo e da imitare. Gli Usa sono al capo
opposto con un welfare più limitato. In entrambi Paesi gli ultracinquantenni
lavorano molto di più che in Italia. Questi dati davvero impressionanti sono il
risultato di sciagurate politiche pensionistiche degli anni 80 che hanno
abbassato sempre più l'età pensionabile differenziandola fra uomini e donne e,
fino a non molto tempo fa, fra impiegati pubblici e non, a favore dei primi.
L'innalzamento dell'età pensionabile dovrebbe quindi essere una delle priorità
di questo Governo, dato che l'aspettativa di vita aumenta, la natalità è scesa
e la montagna di debito pubblico che ci grava sulle spalle
non ci permette sufficiente latitudine per attuare politiche fiscali espansive
e di protezione sociale in un momento di grave recessione. Tutte cose così
ovvie, dette e ridette. Finalmente il Governo ha riaperto il dossier pensioni,
ma solo perché tirato per la giacca dall'Unione europea, altrimenti l'imbarazzante
silenzio sull'argomento sarebbe continuato. Non si è fatta attendere la
trita e scontata reazione negativa dei sindacati, che hanno parlato di
"accanimento" del Governo contro i lavoratori anziani e le donne in
particolare. Visti i dati sopra descritti, non si capisce come si possa usare
questo termine. Ora inizieranno gli infiniti incontri tra Governo e sindacati
con il solito teatrino della concertazione. Invece il Governo dovrebbe assumere
questa riforma ( l'innalzamento dell'età pensionabile per uomini e donne) come
un punto fermo, di scontro se necessario, con i sindacati, evitando la
concertazione. è talmente ragionevole che si debba lavorare un po' più a lungo
per offrire più protezione sociale a chi non l'ha, che i sindacati, se continuassero
a opporsi, finirebbero per perdere ulteriore credibilità politica e prestigio.
Continua u pagina
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 2 autore: «Grande impegno dei
prefetti» Tremonti rilancia gli Osservatori contro il credit crunch -
«Vigilanza tutta alla Bce» Rossella Bocciarelli LONDRA. Dal nostro inviato Alla
conferenza stampa convocata per presentare i primi, importanti risultati della
riunione con il primo ministro inglese Gordon Brown, insieme alla task force
per finanziare la lotta alle malattie nei paesi poveri attraverso la cosiddetta
"detax", il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato ieri
con le migliori intenzioni di lasciare a casa i temi della politica economica
italiana. Poi, però, la conversazione con i giornalisti è scivolata su
tematiche più vicine al nostro Paese, alle banche, al come fare vigilanza sui
gruppi creditizi a raggio operativo multinazionale e ai modi più appropriati
per far affluire il credito all'economia. E qui il ministro ha fatto due
affermazioni: una in sostanziale sintonia con le posizioni espresse di recente
anche dal Governatore di Banca d'Italia, Mario Draghi; l'altra sulla quale Via
Nazionale, pur riaffermando la sua costante, massima disponibilità alla
collaborazione, ha garbatamente puntualizzato (come riferiamo nell'articolo qui
sotto). Per prima cosa, infatti, a chi chiedeva notizie sullo stato della
discussione intorno al rapporto de Larosière, Tremonti ha spiegato che «la
nostra posizione è molto simile a quella della Bce: ad attività sistemiche è
opportuno che corrisponda una vigilanza sistemica ». E ha aggiunto: «Se quelli
che devi controllare hanno la Ferrari, i controllori non possono avere la
bicicletta. Io non so se questo tipo di modifica richieda un cambiamento del
Trattato europeo, però io sono del parere che debba andare tutto alla Bce, se
gli operatori sono sistemici». Il ministro ha poi spiegato che in fondo si
tratta di un'osservazione basata sul senso comune: «Anche se si va al bar
sport, che è una buona constituency, si sente osservare che se gli operatori
sono europei, è giusto che i controlli si svolgano a quel livello». Con parole
nella sostanza non troppo dissimili, Draghi nel suo recente intervento al Forex
di Milano aveva sottolineato che la Banca centrale condivide l'esigenza, che
sta emergendo nella discussione internazionale, di realizzare una «vigilanza
macroprudenziale », a livello europeo e globale per i gruppi cross-border, da
affiancare all'attività di controllo tradizionale sulle singole istituzioni finanziarie. Il secondo argomento affrontato ieri da
Tremonti riguarda più direttamente la politica del credito in Italia. «Per me è
stato un grande onore prendere la parola davanti a tutti i prefetti della
Repubblica italiana» ha sottolineato, ricordando l'iniziativa congiunta con il
ministro dell'Interno Roberto Maroni per dare attuazione a una disposizione del
Dl anti-crisi che prevede l'istituzione di
osservatori regionali per valutare a livello territoriale la dinamica del
credito allo scopo di evitare effetti di stretta creditizia, e ha anche
ricordato che intende convocare al più presto la seconda tornata di incontri
con le categorie a via XX settembre. Ed è proprio la sua presa di posizione sui
prefetti, ai quali Tremonti vorrebbe attribuire «un grandissimo impegno» nella
lotta al credit crunch che ieri ha provocato una sorta di corto circuito con la
politica italiana, dopo che le agenzie avevano riportato la notizia della
circolare della Banca d'Italia ai direttori di filiale nella quale si spiega
che in base alla normativa vigente Bankitalia è impossibilitata a fornire,
anche ad altre amministrazioni pubbliche, notizie che riguardano singoli
rapporti creditizi o posizioni banca per banca. Dopo le affermazioni del
ministro, infatti, il leader della Lega Nord Umberto Bossi ha commentato che
ritiene opportuno, sì, fare controlli sul credito «ma non con le prefetture,
anche perché non tutti i prefetti capiscono di economia ». Ma anche Pier
Ferdinando Casini, leader dell'Udc, ha sottolineato che «dev'essere Banca
d'Italia a vigilare sull'erogazione del credito, perché i prefetti non hanno le
competenze per farlo». Apagina 13 Franceschini: «Bankitalia non si tocca» LA
FRENATA DI BOSSI «Benissimo le verifiche sul sistema creditizio ma non con i
prefetti che spesso non capiscono di economia» D'accordo Casini ANSA A Londra.
Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 3 autore: Le aziende: emergenza
liquidità Morandini: fondo di garanzia da 5 miliardi - Passera: non si può fare
cattivo credito Nicoletta Picchio PALERMO. Dal nostro inviato In sala suona un campanello,
mentre Giuseppe Morandini è a metà del suo intervento.«Si invitano cortesemente
le banche, tutte le banche, a ritirare i Tremonti bond ». Non è un annuncio
esterno, è sempre il presidente della Piccola industria di Confindustria che
parla. In platea c'è l'amministratore delegato di Intesa San Paolo, Corrado
Passera: «Corrado, prendeteli, girateli a noi che sappiamo cosa farne». è la
liquidità la priorità numero uno: le aziende, spiega Morandini, hanno bisogno
di ristrutturare il debito, di rimodulare le scadenze dei mutui, di razionalizzare la gestione finanziaria. E allora serve un fondo di garanzia con almeno 5 miliardi di
dotazione, in modo da creare per le banche, grazie anche ai Confidi, le
condizioni per immettere almeno 80 miliardi di liquidità nel sistema. Ma se le
imprese chiedono soldi, dall'altra parte anche le banche hanno i loro problemi.
«Fare banca in questo momento è altrettanto complesso che fare impresa », aveva
detto poco prima il numero uno di Intesa San Paolo. I 260 miliardi di impieghi,
su un totale di 350,a favore della piccola industria stanno a testimoniare,
secondo Passera, l'impegno del suo istituto. Ad una condizione, però: «Non ci
si può chiedere di fare cattiva impresa e quindi cattivo credito, prestando i
soldi quando non ci sono i presupposti. Dobbiamo avere la forza e la
responsabilità di dire no». Al suo arco, ha una freccia formidabile: «La crisi deriva dal fatto che si è prestato troppo, quando non
si doveva fare». Massima disponibilità, quindi. Ma dal mondo imprenditoriale
fioccano le proteste sulla mancanza di credito: «Possiamo fare qualche errore
–ammette Passera – ma quando giro per le nostre filiali sul territorio dico
sempre di andare avanti, di crescere con le imprese».E,a
riprova,l'amministratore delegato di Intesa San Paolo scandisce ad alta voce la
sua e-mail: «scrivetemi, i problemi ce li risolviamo tra di noi», sollecitando
un rapporto diretto, mentre è alta la polemica sul ricorso ai prefetti come
controllori dell'andamento del credito e che Passera ritiene «una picconata
eccessiva a Bankitalia » (vedi articolo a pagina 2). Le banche, continua,
devono finanziare che aziende che ce la possono fare, che investono, che
rafforzano il proprio patrimonio. è la spinta forte che Morandini ieri ha dato
alla sua base, nel primo giorno del convegno biennale della Piccola, che si sta
svolgendo a Palermo. "Oltre la crisi", è il
titolo. E la parola "crisi" infatti, il
presidente non la pronuncia mai. Guarda avanti: «Vinceremo anche questa volta
», dice Morandini agli imprenditori seduti al teatro Politeama. Chiedendo di
fare la propria parte: aggregazioni, fusioni, creare un sistema più forte e
patrimonializzato. «Abbiamo ottenuto le agevolazioni fiscali sulle
aggregazioni: usiamole». Imprese più solide possono essere più forti anche con
le banche: è uno dei temi che Passera ha sollevato mercoledì sera, nella cena
dei banchieri con Berlusconi: «La prima necessità è che vengano premiate le
aziende che investono», con incentivi di carattere fiscale o con linee di
credito garantite per chi ricapitalizza. E poi, altra richiesta, è mettere le
banche in condizione di intervenire sull'enorme massa di credito che le aziende
hanno nei confronti della Pubblica amministrazione. è anche la forte richiesta
di Confindustria, sia che si tratti di 30 miliardi, come ha detto recentemente
il ministro dell'Economia, o di 60-70, come sostengono le imprese. «Stavolta
non vinciamo da soli, è il sistema Paese che deve vincere», ha incalzato
Morandini. è vero, c'è il problema dei conti pubblici, ma «si può fare di più».
Burocrazia, infrastrutture, capitale umano: con tre interventi, e senza
spendere, le famiglie italiane si potrebbero trovare quasi 8 mila euro in più
in tasca. «Serve uno Stato normale, che costi di meno e autorizzi di più». Uno
stato, ha aggiunto il presidente della Piccola, dove non si debbano aspettare
1.210 giorni prima di avere una sentenza ingiuntiva di pagamento per un
recupero crediti. Oggi concluderà il convegno la presidente di Confindustria,
Emma Marcegaglia, che da settimane incalza il Governo ad agire subito su questi
temi. Con un impegno che le è valso il ringraziamento pubblico di Morandini:
«Grazie Emma per non mollare la presa, neanche un giorno». GIUSEPPE MORANDINI
Presidente Piccola industria «Vinceremo anche questa volta, bisogna usare le
agevolazioni fiscali sulle aggregazioni» GIANFELICE ROCCA Vicepresidente
Confindustria «Segnali positivi da istituti tecnici e facoltà scientifiche, le
medie imprese puntino su questi giovani» SALVATORE MONCADA Moncada Energy Group
«Anche se non operiamo in un contesto facile i miei collaboratori sono molto
motivati» STEFANO MICOSSI Assonime «Le energie imprenditoriali vanno liberate:
i sussidi pubblici non colmano il gap tra redditi e produttività» “ LA PROPOSTA
Burocrazia, infrastrutture e formazione: con tre interventi a costo zero le
famiglie avrebbero in tasca 8mila euro in più STUDIOFRANCESCHIN Il dibattito.
Sopra Giuseppe Morandini. Sotto da sinistra: Giangiacomo Nardozzi, Stefano
Micossi, Gabriele Lualdi, Ferruccio de Bortoli, Gianfelice Rocca, Salvatore
Moncada e Mario Saraceno STUDIOFRANCESCHIN
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sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: I Caraibi, l'ultima
roccaforte dei paradisi fiscali Caraibi e fisco, binomio perfetto. Mete
turistiche per milioni di viaggiatori in cerca di mari cristallini, le isole
tropicali del centro-America sono uno dei tre (accanto ad alcune enclavi in
Europa e a dei porti franchi in estremo oriente) centri mondiali
dell'off-shore: ora, di fronte alla più grave crisi finanziaria da quasi un secolo che
sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale, i paradisi fiscali sono finiti
sul banco degli imputati, additati come responsabili di aver favororito
operazioni torbide senza alcun controllo e di aver fatto proliferare l'evasione
fiscale. Mentre in Europa qualcosa si muove, dopo la decisione di
Austria e Liechtenstein (e forse anche della Svizzera) di fare un passo
indietro sul segreto bancario, per ora le località off-shore dei Caraibi, al
riparo da governi avidi di entrate e da sguardi indiscreti, tengono ferma la
loro linea. A partire dalle Isole Cayman, una delle mete preferite tra i
paradisi fiscali. Proprio nel piccolo arcipelago nel mar delle Antille, a sud
di Cuba, c'era la sede di Epicurum,il fondo da cui è il crack della Parmalat.
La fortuna dell'ex colonia britannica più che dai turisti che affollano la
Seven Mile Beach viene dall'esenzione dalle imposte, che si dice sia sta
addirittura concessa fin dai tempi di re Giorgio III (fine del XVIII secolo.
Una più recente regolamentazione, la mutual funds law del
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sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: Vigilanza. Linea dura
della Fsa sui reati dei colletti bianchi Londra vara la tolleranza zero
Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente Dagli
sconquassi del credit crunch prende forma una City molto meno elastica
nell'approccio ai mercati finanziari e molto più allineata alle linee guida dell'autorità di
controllo. Da giorni Financial service authority canta il requiem al cosiddetto
«light touch », ovvero al tocco rilassato verso le regole e la supervisione dei
mercati finanziari.
«Affidarsi ai princìpi non funziona quando si ha a che fare con persone& senza
princìpi», ha detto nei giorni scorsi Hector Sants, Ceo della Autorità sui
servizi finanziari (Fsa) disegnando il profilo di un
watchdog che dovrà essere, al contrario di oggi, fedele alla norma più che
all'idea. Proprio questi nuovi connotati della Fsa saranno al centro del
rapporto che la stessa Autorità britannica presenterà nei prossimi giorni
facendone una pietra angolare della piattaforma che la presidenza britannica
del G20 sottoporrà agli ospiti il 2 aprile. Sants ha lasciato intuire con nettezza
la direzione che la Fsa predilige. Ovvero: addio all'approccio morbido, per un
decennio vanto della City e uno dei motivi del successo di Londra come
piazza-regina per la finanza. Il Ceo ha poi sostenuto che è ora di aver«paura
dell'Fsa»rinvigorito deterrente seppure non investigatore «di possibili frodi».
Ma Sants in questi giorni di continue esternazioni è andato oltre, entrando nel
dettaglio dell'Autorità prossima ventura. Ha immaginato, infatti, che la
supervisione sarà il cuore dell'attività di Fsa e ha aggiunto che già ora
«l'Autorità è in grado di aumentare di almeno un terzo il potenziale d'azione».
Sants ha invocato ripetutamente riforme nel sistema di regolamentazione dei mercati europei e un maggior coordinamento globale (tema
centrale del G20) auspicando anche il superamento della frammentazione fra le
istituzioni e in particolare fra Fsa e Banca d'Inghilterra. Un elenco di cose
da fare a cui ha fatto seguire una postilla «non si può però stra-fare, andare,
cioè, con eccessivo zelo nella direzione opposta perché si rischiano di gettare
ora i semi della prossima crisi ». Mai come ora Hector
Sants ha indicato una virata netta all'approccio britannico verso le regole dei
mercati. Il suo "serrare le fila" riguarda
anche gli azionisti che hanno avuto «un atteggiamento lasso e non hanno mai
esercitato pressione» sul management delle società. Agli investitori
istituzionali ha ricordato «doveri e obblighi» e fra essi quello di
controllare, da vicino, l'operato dei manager. Per questo, secondo il Ceo di Fsa,
consiglieri non executive devono crescere di ruolo ( e di retribuzione) nei
board delle società assumendo a tutti gli effetti il ruolo di «membri
indipendenti». Le mosse annunciate e in parte realizzate da Fsa cominciano a
irritare. Piovono avvertimenti da varie associazioni che contestano, ad
esempio, la proposta di nuove regole sulla liquidità, passaggio-chiave per
capire le origini della crisi del credito. Financial
service authority aveva proposto in dicembre e sta ribadendo in queste ore la
necessità che le banche abbiano maggiori riserve di titoli pubblici e che le
sussidiarie di banche estere in Gran Bretagna abbiano autonomia finanziaria se l'istituto a cui fanno capo non dà garanzie
sufficienti. L'associazione bancaria e quella degli operatori sui derivati
temono che tutto questo «possa innescare reazioni a catena nelle diverse
giurisdizioni per accrescere la liquidità». E se così dovesse essere,
concludono «Londra potrebbe scoprirsi molto meno concorrenziale e, quindi,
appetibile di prima». E con Londra tutta l'Inghilterra.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: Riserve auree
svizzere superate dal primo Etf Gli investitori che hanno cercato nell'oro una protezione contro le attuali turbolenze dei mercati
stanno scuotendo la graduatoria dei grandi detentori di riserve
auree.Nell'autunno scorso gli accantonamenti del più noto Exchange Traded Fund,
l'americano Spdr Gold Trust, si erano spinti a 770 tonnellate, sorpassando il
quantitativo della Banca nazionale del Giappone. Ieri sono state scavalcate
le riserve auree della Svizzera: 1.040,10 tonnellate queste, 1.041,53 quelle
dell'Spdr, superate a questo punto solo dai cinque big, Stati Uniti (8.133,50
tonnellate al 31 dicembre scorso), Germania (3.412,60), Fondo Monetario
Internazionale (3.217,30), Francia (2.508,80) e Italia (2.451,80). Rispetto
alla fine del
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sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 5 autore: Una storia lunga un
secolo Lo «spallone» riporta i soldi a casa BERNA La storia del segreto
bancario svizzero è lunga. Alcuni esperti la fanno risalire alla fine del
Settecento, alla creazione delle prime banche private di gestione di patrimoni,
soprattutto a Ginevra. Ma a quell'epoca non c'era ancora una legge a proteggere
il segreto bancario. Per quella bisogna attendere il Novecento, e in
particolare gli anni Trenta, quando anche Zurigo inizia ad
affermarsi come piazza finanziaria. Nella crisi
del 1929 molti europei misero al riparo i loro patrimoni, in Svizzera, mentre
Franciae Germania tentavano di impedire l'evasione fiscale, facendo anche
pressione sulle banche elvetiche. Negli anni Trenta in Germania si afferma il
nazismo,i venti di guerra crescono e altri capitali, anche quelli di
molti ebrei perseguitati,approdano in Svizzera. La Confederazione però, non
solo non accetta le pressioni di Francia e Germania, ma nel 1934 fissa in una
legge il segreto bancario. Più di recente, negli anni Sessanta, ci sono gli
effetti del boom italiano: dalla vicina Penisola si infittiscono gli arrivi di
capitali. Lugano diventa così la terza piazza finanziaria
elvetica e si afferma il fenomeno degli “spalloni": termine con il quale
sino ad allora venivano chiamati i contrabbandieri che portavano in sacchi
sulle spalle merci tra Italia e Svizzera. Nel mondo finanziario gli
"spalloni" diventano coloro che portano danaro in Svizzera, in auto o
a piedi, sfuggendo ai controlli di frontiera. L'epoca degli
"spalloni" si avvia a finire durante gli anni Ottanta, quando le
restrizioni sull'export di valuta si attenuano e, soprattutto, quando molte
operazioni finanziarie per il trasferimento di fondi in Svizzera si fanno più
sofisticate, attraverso società e fiduciarie. La Confederazione, che nel
frattempo ha rafforzato la sua leadership nella gestione di patrimoni, comincia
modificare il segreto bancario:vengono fissate nuove regole per la conoscenza
da parte delle banche dei beneficiari dei conti cifrati; Berna inizia inoltre
un cammino che la porterà ad aderire alla lotta internazionale contro il
riciclaggio. Negli anni Novanta esplode la vicenda dei fondi ebraici: Ubs e
Credit Suisse pagano un indennizzo di 1,25 miliardi di dollari alle
associazioni ebraiche; le banche elvetiche pubblicano liste di nomi relative a
conti giacenti. Nel 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre, la Svizzera
collabora alla ricerca dei finanziamenti al terrorismo. Negli anni Duemila
entra inoltre in vigorel'importante accordo con l'Unione Europea sulla
tassazione del risparmio: la Svizzera mantiene il segreto bancario, in cambio
di una euroritenuta. Siamo a questi ultimi mesi, con l'offensiva di Usa ed Ue
contro l'evasione fiscale ed i segreti bancari di varie piazze. La Svizzera,
piazza leader, è più di altre nel mirino. Berna fa un passo indietro su uno dei
confini principali: la distinzione tra evasione e frode fiscale. Con l'adesione
allo schema Ocse anche per l'evasione, e non solo per la frode, potrà ora
cadere il segreto bancario. Bisognerà però capire se si tratta di un
cambiamento reale in questa lunga storia a cavallo tra le frontiere. L.Te.
OLTRE LE ALPI Dopo la legge degli anni Trenta gli italiani elessero Lugano
piazza finanziaria prediletta per trasferire capitali
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 6 autore: Le altre disposizioni
Stretta per chi inquina le falde Marco Gasparini ROMA Stretta del Governo
sull'immissione di sostanze inquinanti nelle falde acquifere. Il Consiglio dei
ministri ha infatti approvato in via definitiva il decreto legislativo che dà
attuazione alla direttiva 2006/118/Ce per la protezione
delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento. Il Dlgs
stabilisce standard di qualità più restrittivi sul monitoraggio dello stato di
salute dei corpi idrici da parte delle Regioni e inasprisce i criteri di
rilascio delle autorizzazioni per gli scarichi di impianti produttivi e
attività agricole sia pure con specifiche deroghe per l'estrazione degli
idrocarburi. L'applicazione dei parametri fissati in sede Ue sarà graduale, ma
dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 22 dicembre
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: Il summit inglese. Ministri
economici e governatori impegnati nel difficile tentativo di conciliare le
posizioni Europa e Stati Uniti divisi al G-20 Gli americani insistono sugli
stimoli, la Ue sulle regole finanziarie HORSHAM. Dal nostro inviato Ministri e governatori del G-20
hanno iniziato ieri sera a cena un difficile tentativo di conciliare le
posizioni, che nelle ore immediatamente precedenti la loro riunione apparivano
ancora molto distanti, sulle priorità degli interventi per l'uscita dalla crisi globale. La spaccatura era
evidente fra gli Stati Uniti, che insistono perché i maggiori partner, e
soprattutto gli europei, adottino ulteriori stimoli fiscali alla crescita, e
gli europei stessi, che ritengono di aver già dato su questo fronte e secondo i
quali le nuove regole della finanza globale debbono essere al centro della
discussione. Il fatto però che al suo arrivo a Horsham, nelle campagne del
Sussex, dove sono riuniti i rappresentanti delle grandi economie avanzate e dei
principali Paesi emergenti, il ministro francese Christine Lagarde, che aveva
assunto alla vigilia una linea molto dura sulle richieste americane, si sia
dichiarata ottimista sugli esiti dell'incontro e sulla possibilità di un
compromesso, è un segnale della consapevolezza da parte dei partecipanti che un
comunicato, che pure comprenda entrambi gli elementi, ma che resti sul vago
denotando le divisioni del gruppo, verrebbe "punito" pesantemente
alla riapertura dei mercati finanziari, i quali hanno
dato questa settimana qualche segno di ripresa. Il padrone di casa, il
cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling, ha cercato di
indicare una sintesi, affermando che tutti sono d'accordo nel fare «tutto
quanto necessario » per trovare una via d'uscita e che gli obiettivi del G-20
sono tre: rilanciare la domanda; riformare il sistema finanziario
globale; aumentare (probabilmente raddoppiare) le risorse a disposizione
dell'Fmi per assistere i Paesi in difficoltà. L'ultimo punto è quello sul quale
è più probabile un'intesa di massima già da oggi, con la definizione dei
dettagli tecnici in tempi rapidi, come ha indicato il ministro brasiliano Guido
Mantega. La stessa Casa Bianca ha fatto sapere, in vista del vertice dei capi
di Stato e di Governo del G-20 del prossimo 2 aprile a Londra, di cui
l'incontro di questo fine settimana costituisce una preparazione, che sia gli
stimoli alla crescita sia la regolamentazione della finanza dovranno essere
affrontati. E il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, mettendo
sull'avviso che il 2009 sarà «un anno molto pericoloso», ha affermato che c'è
bisogno di ulteriori azioni per far uscire l'economia mondiale dalla recessione
(sia la Banca sia l'Fmi prevedono ora che, per la prima volta dal 1945, la
crescita globale sarà negativa), perché «c'è il pericolo di fare troppo poco,
troppo tardi» ma che «dare più soldi all'economia se non si stabilizzano le
banche sarebbe come un'iniezione di zuccheri», con un breve effetto immediato
di ripresa, seguito da una ricaduta. «è importante far ripartire l'economia -
ha detto una fonte del Tesoro Usa al Sole-24 Ore - ed è quello che
l'amministrazione ha fatto con il suo piano di stimolo. Ci aspettiamo che gli
altri compiano uno sforzo analogo. Siamo tutti d'accordo che le le regole della
finanza vanno riformate, anche se questo non aiuterà a risolvere il problema
più immediato della caduta della crescita e della stabilizzazione dei sistemi finanziari. è un argomento che va certamente affrontato, ma
che avrà un impatto sul medio termine». Il consigliere del presidente Barack
Obama, Larry Summers, ha parlato ieri della necessità di piani di stimolo
equivalenti al 2% del Pil nel 2009 e nel 2010 per la grande maggioranza dei
Paesi. A giudicare dalle dichiarazioni da cui si era fatta precedere la signora
Lagarde, avvicinare le posizioni non sarà facile. «Gli Usa insistono sullo
stimolo ha detto in un'intervista a Les Echos- perché sono stati gli ultimi ad
agire e sono di fronte a una crisi più grave». I Paesi
dell'Europa continentale, ha sostenuto, vedono l'urgenza di sviluppare nuove
regole e sottolineano la disciplina e le sanzioni per la finanza. Le prese di
posizione della Cina e del Giappone, entrambi disponibili a nuove misure di
stimolo fiscale, sono probabilmente più vicine a quella degli Stati Uniti. Il
segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, ha incontrato ieri nel pomeriggio
le delegazioni dei due colossi asiatici, oltre a quella della Banca centrale
europea. In una lettera al primo ministro inglese Gordon Brown, diffusa poche
ore prima dell'incontro di ieri, l'associazione delle grandi banche
internazionali, l'Institute of International Finance, ha dichiarato la
disponibilità a collaborare con le autorità di vigilanza e di controllo dei mercati, proponendo un consiglio globale di monitoraggio
della regolamentazione che comprenda esponenti del settore privato. A. Me. IN
DISCUSSIONE Zoellick (World Bank): iniettare soldi senza stabilizzare il
credito dà benefici di breve termine Intesa sui fondi all'Fmi Vigilia. Alistair
Darling (a sinistra) riceve l'americano Tim Geithner AFP
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: INTERVISTA Thomas Mirow (Bers)
«Le banche occidentali devono aiutare l'Est» Alessandro Merli HORSHAM. Dal
nostro inviato In piena crisi dell'Europa centrale e
orientale, il presidente della Bers, Thomas Mirow, fa un appello alla
responsabilità delle 12 banche estere che hanno una presenza «di sistema »
nella regione, incluse le italiane Unicredit e Intesa San Paolo. «Hanno
beneficiato della fase di alta crescita degli ultimi anni - afferma Mirow in
un'intervista al Sole-24 Oree ora, come tutti, devono fare la propria parte,
mostrando solidarietà ». Senza voler commentare singoli casi, sostiene che la
Bers ha un «dialogo attivo » con le banche italiane. L'Europa centrale e
orientale è uno dei punti più caldi del deprimente scenario globale che il G-20
esaminerà oggi. E una delle ragioni per cui ministri e governatori sono al
lavoro su un accordo per aumentare le risorse del Fondo monetario è proprio il
boom nella richiesta di prestiti dei Paesi in difficoltà, fra i quali diverse
economie della regione sono in testa alla fila. Il 56enne ex sottosegretario
alle Finanze tedesco, da nove mesi alla guida del-la Bers, la banca londinese
creata per pilotare verso l'economia di mercato i Paesi ex comunisti, è più pessimista dei suoi colleghi delle istituzioni finanziarie
internazionali, o forse più realista, nella valutazione dei tempi dell'uscita
dalla recessione. «La crisi
globale - dice - non finirà prima della fine del 2010». Ma è convinto che la
regione abbia «tutte le carte, come costo del lavoro competitivo, abbondanza di
risorse umane di qualità, importanza della "catena del valore"
per le imprese occidentali, per agganciare la ripresa non appena la domanda
occidentale si metta in moto. E non credo, come dice qualcuno, che una nuova
cortina di ferro stia per dividere nuovamente Est e Ovest». Per superare questa
fase, ci sarà bisogno, secondo Mirow, di tutti, anche del settore privato. A
partire dalle banche. Alla fine del 2008,sottolinea,c'è stato un drenaggio di
liquidità dalle banche controllate nella regione verso le case madri, un
fenomeno che ora sembra esersi arrestato, ma anche quando il credito è stato
ristabilito per i clienti esistenti, resta carente per nuove imprese,
soprattutto piccole medie, con un grave danno per l'economia reale. Il
presidente della Bers contesta che si possa parlare di tutti i Paesi
dell'Europa centrale e orientale come se fossero investiti allo stesso modo
dalla crisi, opinione condivisa dal governatore della
Banca d'Italia, Mario Draghi. «La Polonia per esempio- dice Mirow- è tuttora
piuttosto stabile, mentre altri, come l'Ucraina o i Baltici, sono stati colpiti
più pesantemente. Il problema è che, nella fase in cui era in corso il recupero
verso i livelli di reddito dell'Europa occidentale, con un'alta integrazione
nei mercati europeo e mondiale, la governance, sia in Europa, sia a livello
globale, non si è adeguata, quindi non c'è stata la stessa integrazione a livello
politico e istituzionale. In termini economici, poi, in questo sforzo di
recupero, molti Paesi hanno accettato deficit esterni troppo alti, si sono
affidati eccessivamente all'indebitamento in valuta, alla dipendenza dalle
banche estere. Il blocco della liquidità e dei flussi di capitale ha
determinato la crisi». L'Fmi,anche per le dimensioni
delle necessità di finanziamento dei Paesi più problematici, dovrà essere in
prima linea, ma «non c'è alternativa» a uno sforzo in stretto coordinamento con
la Ue. Mirow è stato un assertore, per alcuni Paesi, della possibilità di
accorciare i tempi della partecipazione ai meccanismi di cambio europei per
poter entrare nell'euro, proposta già bocciata dall'Ecofin e dalla Bce. «è un
tema delicato- ammette- ma non ho detto di cambiare i criteri di Maastricht.
L'entrata nell'euro fa parte di tutti i trattati di ammissione dei Paesi nella
Ue ed è un elemento importante per ristabilire la fiducia e ricreare il clima
favorevole sui mercati dei capitali. Non è una questione tecnica, ma di mandare
un messaggio che c'è la volontà di condividere la solidità della moneta unica.
Guardiamo i benefici che ne hanno avuto in termini di stabilità Slovenia e
Slovacchia e la pressione subita persino da un'economia robusta, come la Danimarca,
che è fuoridall'euro». «Hanno beneficiato della fase di alta crescita, ora
mostrino solidarietà Ripresa a fine 2010» Appello. Il presidente della Bers
Thomas Mirow, 56 anni REUTERS
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Giappone. Nuove misure di
stimolo Tokyo stanzia altri 200 miliardi Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro
inviato Prove di decisionismo del debole Governo di Taro Aso: ieri è stata
annunciata una nuova manovra di stimolo all'economiagiapponese che potrebbe
comportare nuove spese fiscali per oltre 200 miliardi di dollari e - per la
prima volta nell'attuale crisi - lo Stato è
intervenuto direttamente per ricapitalizzare tre banche regionali con 1,2
miliardi di dollari. L'Esecutivo ha anche approvato un disegno di legge che
consentirà a navi da guerra giapponesi di proteggere imbarcazioni di altri
Paesi e di sparare in circostanze più ampie di quanto finora consentito, ed è
stato ordinato a due cacciatorpediniere di lasciare già oggi pomeriggio il
porto di Kure (vicino a Hiroshima) per le acque al largo della Somalia nella
prima missione di polizia internazionale mai fatta dalle Forze di Autodifesa.
Aso stesso, inoltre, ha alzato la voce contro i piani della Corea del Nord per
un lancio satellitare-missilistico, annunciando che Tokyo chiederà sanzioni al
Consiglio di Sicurezza dell'Onu se Pyongyang non raccoglierà le esortazioni a
rinunciare (comunque dal 4 all'8 aprile, date del possibile lancio, Japan
Airlines cambierà alcune rotte, comprese quelle su Roma e Milano, con ritardi
previsti fino a sette minuti). Mentre lo scandalo delle relazioni pericolose
con l'industria delle costruzioni rende questione di tempo le dimissioni del
leader dell'opposizione Ichiro Ozawa, Aso si prepara a varare un altro
imponente pacchetto di spesa pubblica, con l'obiettivo di convocare le elezioni
in condizioni più favorevoli e non prima dell'estate. La Borsa di Tokyo ha
chiuso ieri con un balzo del 5,2% sulle anticipazioni delle nuova pioggia di
aiuti statali in arrivo. Esponenti della maggioranza hanno dichiarato che la
manovra addizionale dovrà essere di almeno 20mila miliardi di yen (oltre 205
miliardi di dollari) in spese effettive, con una finestra complessiva di
disponibilità e garanzie pluriennali per 100mila miliardi di yen. Questo in
aggiunta alle due manovre già varate oltre a un rinforzato budget statale di
previsione, che comportano spese vive per 12mila miliardi di yen (125 miliardi
di dollari) e un importo potenziale totale di 75mila miliardi di yen. Si tratta
quindi di più che raddoppiare, anzi quasi triplicare, gli impegni presi finora,
per presentarsi con le carte in regola al vertice G-20 di Londra fiancheggiando
la tesi americana della priorità assoluta agli stimoli economici rispetto ad
altre considerazioni (come quelle relative alla regolamentazione
del sistema finanziario). Logico che la bonanza in arrivo stia stimolando molti
appetiti, tanto che nell'editoriale che comparirà questa mattina il quotidiano
Nikkei mette in guardia dalle tentazioni di un finanziamento indiscriminato
alle infrastrutture simile a quello che negli anni Novanta non evitò al Paese
una prolungata fase di ristagno. Tra le misure che lo stesso quotidiano
invoca, c'è quella di eliminare una caratteristica del panorama urbano
giapponese che fa a pugni con la modernità: i pali della luce, antiestetici e
di impedimento alla circolazione anche pedonale, la cui persistente e
inspiegabile onnipresenza viene attribuita da alcuni a una potente lobby che si
è sempre opposta all'interramento. MANO PUBBLICA Il Governo in calo di fiducia
intende triplicare le risorse mobilitate finora Lo Stato entra nel capitale di
tre banche regionali
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Cina. Pechino è il primo
creditore estero di Washington con quasi 730 miliardi di dollari di titoli del
Tesoro Wen: il debito Usa ci preoccupa Il premier conferma ulteriori interventi
a sostegno dell'economia cinese Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro
corrispondente La Cina non dorme tra due cuscini pensando alla montagna di
soldi congelati nel debito pubblico americano. «Abbiamo prestato molto denaro
agli Stati Uniti. è naturale, quindi, che ora siamo preoccupati per la
sicurezza dei nostri investimenti », ha detto ieri Wen Jiabao, parlando alla
conferenza stampa di chiusura della sessione annuale dell'Assemblea nazionale
del Popolo. «Per essere sincero, io stesso sono un po' preoccupato»,ha aggiunto
il primo ministro cinese, facendo riferimento ai circa 730 miliardi di dollari
di Treasury Bond detenuti in portafoglio di Pechino (una cifra pari a quasi un
terzo delle riserve valutarie cinesi). In qualità di premier del principale
creditore di Washington, Wen si è sentito in diritto di invitare
l'Amministrazione Obama «a mantenere un buon livello di solvibilità, a onorare
le sue promesse, e a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». Un mese
fa il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva già dato ampie
rassicurazioni in tal senso al Governo cinese, strappando in cambio da
quest'ultimo un impegno formale a continuare a sostenere il debito pubblico
americano. Ma da allora lo stato di salute dell'economia e della finanza
statunitense è peggiorato ulteriormente. Così sul tavolo della Casa Bianca sono
finite nuove ipotesi di onerosi piani di salvataggio, destinati a drenare
ingenti risorse pubbliche. Con questa prospettiva, gli Stati Uniti potrebbero
vedersi costretti a stampare dollari per creare la liquidità necessaria a
mantenere le tante promesse scaccia-crisi. Il timore
della Cina è che, nel medio termine, politiche monetarie troppo allegre
facciano schizzare l'inflazione americana. In questo caso, il dollaro
inizierebbe a indebolirsi e il massiccio investimento cinese sull'altra sponda
del Pacifico finirebbe per svalutarsi. Ma questa è una dinamica sulla quale la
Cina non ha alcun controllo. A Pechino, quindi, non resta che richiamare il suo
grande debitore alle proprie responsabilità; continuare a
sostenerlo finanziariamente
per aiutarlo a uscire dalla crisi (e anche per evitare che crollino i prezzi dei Treasury Bond) e
fare la sua parte affinché la congiuntura cinese mantenga tassi di crescita
elevati, e compensi così parzialmente i vuoti di domanda creatisi nelle altre
economie mondiali. «Se la crisi dovesse
aggravarsi, potremmo varare nuove misure di stimolo all'economia in qualsiasi
momento», ha annunciato Wen, confermando l'obiettivo di crescita del Pil
dell'8% nel 2009. «è un target difficile, ma possibile. Faremo il massimo
sforzo per centrarlo». Insomma, qualora Pechino avesse il fondato sospetto di
non farcela, il Governo non esiterà a riaprire i cordoni della borsa per
aggiungere altre risorse fresche al piano di rilancio dell'economia da 600
miliardi di dollari varato a novembre. «Abbiamo munizioni sufficienti», ha
osservato il primo ministro. Nessuno ne dubita: con un debito pubblico che
ammonta a circa il 20% del Pil, e 2mila miliardi di dollari di riserve
valutarie nel cassetto, oggi la Cina è l'unico Paese al mondo che può
permettersi di contrastare la crisi con massicce
iniezioni di spesa pubblica, senza correre il rischio di mandare fuori
controllo i conti. ganawar@gmail.com LO SCENARIO Un terzo delle riserve
monetarie è investito in bond americani: un'impennata dell'inflazione e un calo
del dollaro le svaluterebbero
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-14 - pag: 10 autore: Primo, battere
la deflazione di Carlo De Benedetti u Continua dalla pagina 1 O , almeno,
sarebbe utile che lo facessero i banchieri centrali che tessono i fili della
politica monetaria. Il vero fantasma di cui avere paura, a questa fase della crisi, è la deflazione, non l'inflazione. In Italia sono
stato tra i primi a segnalare il rischio di un avvitamento in una spirale
deflattiva. E l'ho fatto, con un articolo pubblicato su questo giornale (si
veda Il Sole 24 Ore del 29 ottobre 2008, ndr). Perciò, direttore, oggi torno a
chiedere la sua ospitalità per sottolineare come il pericolo della deflazione
non sia stato ancora compreso nella sua vera entità; e, soprattutto, non sia stata
ancora avviata una seria politica per scongiurare quel rischio. è sconcertante
constatare come un messaggio anti-deflattivo non sia stato ancora lanciato con
chiarezza dai banchieri centrali. In questi mesi la debolezza dell'economia
mondiale si è accentuata. Ed è diventata, soprattutto, una crisi
di consumi. Nessuno, ormai, compra beni non strettamente necessari, nella
ragionevole attesa di poterlo fare in futuro a prezzi più bassi. Una bella
inchiesta del Sole 24 Ore, pubblicata domenica scorsa, ha dimostrato che non è
il potere d'acquisto quello che oggi manca. Per una porzione importante
d'italiani, questo è addirittura aumentato negli ultimi mesi. Se, quindi,
nessuno compra, non è per una difficoltà oggettiva, ma per un problema
d'aspettative. E fino a quando queste aspettative non troveranno sufficienti
ragioni per cambiare, l'avvitamento della crisi nella
deflazione farà peggiorare la situazione giorno dopo giorno. è una realtà che
le autorità monetarie, preoccupate soprattutto dell'inflazione, non comprendono
in tutta la reale portata. Eppure le grandi crisi del
passato, e le strategie attuate per il loro superamento, ci mostrano con
chiarezza quanto la deflazione possa essere dannosa e quanto serva quello che
gli americani chiamano un reflationary shock, cioè una scossa inflattiva, per
porre fine alle aspettative deflattive e rilanciare la crescita. Un contributo
decisivo per superare la Grande depressione venne dalla decisione
dell'amministrazione Roosevelt di aumentare tra il '33 e il '34 il prezzo
dell'oro fino a 35 dollari per oncia. Questa mossa portò a una svalutazione
della moneta americana e a un aumento dei prezzi di tutti i generi – in
particolare quelli agricoli – che diede una spinta straordinaria per rendere i
debiti meno onerosi e far riprendere l'economia. Qualcosa di analogo è avvenuto
nel caso della depressione svedese del '92, quando un deprezzamento della
moneta mise fine a un anno di pericoloso declino. Al contrario il Giappone,
negli anni 90, ha trascinato la sua spirale depressiva anche perché la Banca
nipponica, pur portando i tassi a zero, si è mossa con tale prudenza e
riluttanza da non invertire le aspettative. Un errore, lo ricordo bene, che fu
denunciato allora dai maggiori policymaker americani di oggi, a cominciare dal
presidente della Fed Ben Bernanke e dal capo del Consiglio economico di Obama,
Lawrence Summers. Eppure questi stessi uomini, oggi, non sembrano avere la
necessaria determinazione nell'evitare quell'errore, trasmettendo all'economia
la scossa inflazionistica che non è rinviabile. Quello shock permetterà,
innanzi tutto, di ridurre il peso dei debiti, che le tendenze deflazionistiche
tendono invece ad accentuare con conseguenze perverse su tutto
il sistema finanziario. E in secondo luogo invertirà il meccanismo delle
aspettative dei consumatori, oggi paralizzati nelle loro scelte d'acquisto
nella ragionevole attesa di una ulteriore riduzione dei prezzi. Io capisco che
chi, dagli anni 70, si è esercitato soprattutto nella lotta all'inflazione,
oggi abbia difficoltà a prendere le giuste misure a questa nuova realtà.
E capisco che, quando si sono conosciuti i disastri dell'inflazione a due
cifre, ci sia una grande prudenza nell'usare leve inflattive. Ma davanti allo
scenario della deflazione, il rischio di attivare un processo inflazionistico
che possa sfuggire di mano è davvero un piccolo rischio che vale la pena
correre. La Fed e la Bce, perciò, devono assicurare con forza e determinazione
che il prossimo anno il livello dei prezzi sarà ben più alto di quello di quest'anno.
Serve una politica - anche della comunicazione - trasparente, attiva e
sistematica in questa direzione. Va fissato un target per un livello
d'inflazione tra il 2 e il 3% e va annunciato che non si permetterà che il
tasso scenda sotto quella soglia. Solo in questo modo chi oggi è indebitato -
soprattutto i proprietari di casa - potrà avere una ragionevole attesa che il
peso di quell'onere possa in futuro diminuire (o almeno non aumentare) e
nessuno avrà più interesse a rinviare i consumi, per il semplice fatto che
l'aspettativa sarà di un prezzo più alto e non più basso. «Il fatto che non
serva una grande forza per bloccare la roccia che fa partire la frana non
significa che questa non sarà di grandi proporzioni », sottolineavano Milton
Friedman e Anna Schwartz nella loro storia monetaria degli Stati Uniti. Quella
forza, a questo punto della nostra storia, non potrà essere così piccola come
immaginavano quei giganti del pensiero economico, ma se non sapremo esercitarla
subito la frana diventerà inarrestabile. L'ESEMPIO DI ROOSEVELT Svalutando il
dollaro e aumentando i listini di tutti i generi, rese i debiti meno onerosi
riavviando così la crescita
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-14 - pag: 10 autore: NO COMMENT ...
Imprese e banche: rispunta il modello Iri A mali estremi, estremi rimedi. Il
proverbio si presta perfettamente come punto di partenza per immaginare nuovi
scenari che permettano interventi d'emergenza contro la crisi economica. Per il momento, il
crollo dei mercati finanziari e delle quotazioni di Borsa non ha ancora travolto l'economia
reale ma le prime, pesanti conseguenze cominciano a delinearsi. E tutto lascia
prevedere che il conto da pagare sarà salato sia per le grandi aziende sia per
la piccola media impresa. In proposito, un'inchiesta pubblicata giovedì
scorso dal Sole 24 Ore ha dato spazio alle testimonianze degli imprenditori
che, da Milano alla Sicilia, devono fare i conti con una parte del mondo
bancario (fortunatamente non tutto) che sta riversando errori e difficoltà del
sistema finanziario sulle aziende. Il rischio, come ha
scritto uno di loro, è che «senza interventi sostanziali le previsioni su disoccupazione
e recessione siano niente rispetto a quanto succederà realmente». Negli anni 30
la Grande Crisi fu l'occasione per due grandi novità di sistema: l'Imi
(Istituto mobiliare italiano) e l'Iri (Istituto per la ricostruzione
industriale). Il primo, almeno nelle intenzioni, doveva garantire l'afflusso
del risparmio soprattutto alle imprese maggiori attraverso emissioni
obbligazionarie. L'Iri nacque con la missione di selezionare quelle che
Mussolini definiva come le “industrie chiave”, cioè quelle decisive per
l'economia italiana, e tramite le tre banche passate sotto il suo controllo
(Banca commerciale, Credito italiano, Banco di Roma) aveva il compito di
garantire finanziamenti adeguati anche alle aziende minori. Poi, negli anni del
dopoguerra, l'Iri diventò il cardine della ricostruzione realizzando progetti
industriali decisivi nella siderurgia, nelle costruzioni, nelle grandi
opere.Tanto da fare del sistema industriale e bancario italiano un modello
innovativo tra quelli dei Paesi capitalisti dell'Europa occidentale.
Naturalmente oggi i tempi sono profondamente cambiati e a nessuno viene in
mente di riproporre tale modello, peraltro travolto negli anni 90 dai rapporti
incestuosi tra partiti e affari. Ma la convinzione, sempre più diffusa, è che
occorra inventarsi soluzioni adeguate. Anche perché nel frattempo la situazione
sta precipitando, come confermano scelte impensabili soltanto fino a pochi mesi
fa, e cioè la nazionalizzazione di buona parte delle maggiori banche
internazionali, a partire da quelle americane e inglesi. Gli aspetti da
considerare sono almeno due. Da una parte ci sono gli interventi all'ordine del
giorno per quanto riguarda le principali banche. La cena di mercoledì scorso
tra gli esponenti del Governo e i banchieri più conosciuti si è svolta in un
clima cordiale ma, come confermano i rapporti tra il ministero dell'Economia
Giulio Tremonti e il Governatore Mario Draghi, la richiesta di una svolta è
forte. E avrebbe un certo consenso popolare in quanto, tra i piccoli
imprenditori come tra i lavoratori, cresce l'insofferenza verso grandi banche e
banchieri, ritenuti responsabili dei loro problemi. Il secondo aspetto riguarda
i tentativi d'immaginare la versione moderna d'istituti come Imi e Iri. Per
esempio, un fondo sovrano finanziato con capitale pubblico e dotato di
strumenti d'intervento sia industriale sia finanziario.
Certo non per finanziamentia pioggia stile Gepi,ma per diventare motore di
sviluppo dell'economia, selezionando progetti industriali su scala almeno
europea, dando impulso alla ricerca, ricreando le condizioni per la formazione
d'una classe dirigente analoga alla scuola rappresentata dall'Iri degli anni
della ricostruzione. fabio.tamburini@ilsole24ore.com PROGETTI DI SISTEMA Uno
strumento dotato di capitale pubblico e capace di promuovere lo sviluppo di
Fabio Tamburini
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-14 - pag: 13 autore: LA GIORNATA RAI
Cappon: «Servono tagli per altri 60-70 milioni» La Consulta dà ragione alla
Vigilanza: «Il Parlamento garantisce il pluralismo» Marco Mele La Rai e la crisi non possono attendere i tempi della politica per la
nomina dei vertici. Claudio Cappon, direttore generale della Rai, scrive a
tutte le strutture aziendali e alle consociate. Annuncia tagli ai costi per
ulteriori 60-70 milioni di euro in aggiunta ai 100-110 già previsti dal budget
2009.Per l'intero indotto Raiè prospettata una riduzione del 10% dei contratti.
La Rai affronta la crisi «con una posizione finanziaria sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici
sostanzialmente equilibrati anche nel 2008» scrive Cappon. Nel 2009, tuttavia,
«le previsioni di ricavi sono nettamente inferiori a quelli considerati in sede
di budget, con la necessità di rilevanti investimenti in contenuti e tecnologia
per il passaggio al digitale». La Rai ha avviato una revisione del
budget nel quale saranno assegnate alle strutture «nuovi e più stringenti
obiettivi di contenimento della spesa » per recuperare nel 2009 60- 70 milioni.
Il grande sistema dell'indotto Rai «dovrà fare la sua parte, e
significativamente, per sostenere quest'impegno». Si tratterebbe appunto –
anche se la lettera di Cappon non lo esplicita – di una riduzione intorno al
10% di tutti i contratti e gli impegni della Rai nei confronti dei soggetti
esterni. Intanto, la Corte Costituzionale dà ragione al Parlamento e alla
Vigilanza sul caso Petroni. Nelle motivazioni si sottolinea: la Rai è «un
servizio sociale che deve possedere un elevato tasso di democraticità
rappresentativa» e, quindi, deve ruotare «nell'orbita del Parlamento ». Perché
deve assicurare «il pluralismo delle fonti e degli orientamenti ideali,
culturali e politici» che garantiscano «l'imparzialità e l'obiettività
dell'informazione». La Consulta non prende in considerazione il formarsi nel
Cda di maggioranze capaci di produrre effetti contraddittori con tali
obiettivi. I principi che devono prevalere sono «la prevalenza numerica dei
componenti designati dalla commissione parlamentare » e «il ruolo necessario di
quest'ultima nelle procedure di rimozione dei membri del Cda medesimo». La revoca
di Angelo Maria Petroni è stata quindi definitivamente annullata.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-14 - pag: 17 autore: Forum
Confcommercio. La ricetta di Sangalli a Cernobbio: meno tasse e un patto per
uscire dalla crisi «Ridare fiducia alle famiglie» Per
i consumi ancora un 2009 difficile (-1,1%) - Il recupero nel 2010 Cristina
Casadei CERNOBBIO. Dal nostro inviato Più credito per le imprese. Meno fisco
per le famiglie. Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, non vede altre
strade per rilanciare i consumi e poter uscire dall'impasse di questa fase
della congiuntura economica. Così da Cernobbio, dove è in corso il decimo forum
dell'associazione, chiede un patto tra Governo, istituzioni e forze sociali per
dare più fiducia al Paese, alle famiglie e alle imprese. Senza attendere troppo
tempo, perché nonostante l'abbattimento di molti redditi dovuto alla cassa
integrazione e alla perdita dei posti di lavoro, il pessimismo non ha ancora
preso il sopravvento sulla fiducia delle famiglie. «Bisogna cercare rapidamente
i modi per alimentarla. I consumi sono calati, ma non crollati – dice Sangalli
–. C'è però una depressione del sentiment rispetto al futuro e proprio per
questo chiediamo un abbassamento della pressione fiscale». Per i redditi 2009
Confcommercio ipotizza una riduzione della prima aliquota Irpef dal 23 al 22% e
un aumento dell'ultima aliquota Irpef dal 43 al 44% oltre i 75mila euro di
reddito imponibile. «L'operazione avrebbe un costo di 4,3 miliardi di euro
–precisa il direttore del centro studi di Confcommercio, Mariano Bella – però in
questo modo 10,8 milioni di contribuenti avrebbero un vantaggio complessivo
annuale di 500 euro». Oltre a questa, da Confcommercio arriva anche una
richiesta di raddoppio del sostegno al reddito dei disoccupati. La proposta è
di una una tantum che da mille passi a 2mila euro per coloro che ricadono nei
criteri del decreto anti crisi, ossia i 100mila
co.co.pro che hanno perso il lavoro, ma anche per coloro che potrebbero perdere
il posto e non sono coperti dal decreto anti crisi,
ossia i 400mila lavoratori a progetto. In assenza di ulteriori interventi di
politica economica o fiscale, secondo Confcommercio il Pil diminuirà del 2,3%
nel 2009 e sarà piatto nel 2010, mentre con la disocccupazione che non
oltrepassi l'8,5%, il calo dei consumi si arresterà all'1,1% nel 2009 e ci sarà
una lievissima ripresa (+ 0,2%) per il 2010. Se però la fiducia delle famiglie
dovesse contrarsi questo potrebbe comportare una riduzione dei consumi ben
oltre quella stimata, con profonde ripercussioni anche sul Pil e allora «si potrebbe
passare dalla recessione alla depressione – sostiene Sangalli –.Siccome tutto
questo dipende dalla tenuta dei consumi delle famiglie, chiediamo un patto per
il 2009. La nostra manovra potrebbe avere l'effetto di limitare il calo dei
consumi allo 0,2%». Per Confcommercio appare davvero irrinunciabile la
detassazione dei redditi da lavoro e il rafforzamento del sostegno ai soggetti
privi di occupazione, per non disperdere quell'atteggiamento delle famiglie che
è ancora molto solido. Rispetto alla stagnazione del reddito disponibilereale
che si mantiene costantemente intorno allo zero - con una punta positiva dello
0,2% nel 2008 e una previsione negativa dello 0,1% nel 2009- , alla forte e
prolungata riduzione della ricchezza finanziaria -
crollata del 10% nel 2008 e che nel 2009 si po-trebbe abbattersi del 6%
–,iconsumi e soprattutto i consumatori stanno reagendo bene. Se l'abbigliamento
è uno dei settori più penalizzati, «gli italiani non sembrano rinunciare ai
prodotti per la cura della persona e al pasto fuori casa», come emerge da una
delle nostre ultime indagini, dice Mariano Bella. Dal confronto internazionale
l'Italia esce fuori come uno dei paesi meno depressi in prospettiva. Se nel
2008 ha infatti avuto una contrazione dei consumi dell'1,1%, superiore a quella
del Regno Unito (+1,3%), della Spagna (-0,9%), della Francia (+0,6%), della
Germania (+0,1%), uscirà dal 2009 meglio di quei Paesi che hanno visto una
chiusura repentina del credito a famiglie e imprese. Nel 2009, il calo dei
consumi che nel Regno Unito sarà del 2,5% e in Spagna del 3,8% mentre in Italia
si fermerà all'1,1%. Però, «la crescita lenta dell'Italia nel passato e la crisi estesa a tutti i sistemi economici maturi significherà
perdere dieci anni di progresso, in termini di prodotto per abitante e
soprattutto di consumi», osserva Sangalli. Sullo sfondo di queste previsioni
c'è però un dato allarmante per il commercio: riguarda la natimortalità delle
imprese. Nel 2008 il saldo negativo tra aziende che hanno aperto e
cancellazioni è stato di 40 mila unità, come non si era mai visto in
precedenza. Se è vero che il valore negativo del saldo nel decennio 1999-2008 è
stato di 118.896 unità, questo significa che oltre un terzo si è concentrato lo
scorso anno. E i segnali dei primi mesi dell'anno non sono incoraggianti al
punto che Sangalli prevede «per il 2009 un ulteriore ampliamento del saldo
negativo tra iscrizioni e cessazioni». Confcommercio. Carlo Sangalli INFOPHOTO
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 26 autore: Banche.
L'istituto delibera 800 milioni di euro di rettifiche di valore su 4 miliardi
di crediti problematici In Italease esplodono gli incagli Banco Popolare e Bper
pronte al salvataggio: annuncio atteso per domenica Alberto Grassani MILANO Per
due anni il nuovo management ha tenuto insieme i pezzi del gruppo, tentando di
porre rimedio ai danni della vecchia gestione. Ma ora Banca Italease sembra
giunta al capolinea: il portafoglio crediti ereditato dalla gestione di Massimo
Faenza registra incagli per quasi 4 miliardi di euro. Un fenomeno esploso nei
primi mesi del 2009 che riguarda in particolare i leasing erogati a una
trentina di immobiliaristi. Per adesso le rate dei leasing non pagate alla
banca valgono 190 milioni di euro, ma le rettifiche decise su quel portafoglio
crediti superano gli 800 milioni e la società – che nel 2007 ha già varato un
aumento di capitale da 700 milioni per compensare le perdite nel settore dei
derivati – è pronta a lasciare Piazza Affari. Salvo ulteriori rinvii, domenica
pomeriggio il Banco Popolare convocherà d'urgenza i consigli di gestione e di
sorveglianza per deliberare il salvataggio della partecipata presieduta da Lino
Benassi. Come ha spiegato nei giorni scorsi l'amministratore delegato del Banco
Popolare, Pier Francesco Saviotti, «si è molto vicini alla soluzione di una
lunga e complessa trattativa per la definitiva sistemazione di Italease ». Un
salvataggio di sistema voluto dalla Banca d'Italia e reso possibile «in tempi
brevissimi » grazie alla «professionalità e disponibilità di tutte le banche
pattiste». Insomma, in vista del consiglio d'amministrazione di Italease sui
conti del 2008 (convocato al momento per il 19 marzo) i grandi soci bancari si
apprestano ad annunciare lo smembramento in tre parti della società di leasing
e il suo delisting da Piazza Affari. Al salvataggio, guidato dal Banco Popolare
e dalla Bper, con il contributo di Popolare di Sondrio e Bpm, non dovrebbe
partecipare la Reale Mutua, cui inizialmente era stata offerta una quota della
Newco in cui verranno scorporati parte degli attivi di Italease. Un'impasse
parzialmente attesa che aumenterà l'impegno del Banco Popolare nel salvataggio,
ma senza conseguenze sostanziali per il gruppo di Verona. Saviotti ha già
spiegato in settimana che «qualunque sia la soluzione finale, il Banco Popolare
ha la forza patrimoniale e finanziaria per
fronteggiarla ». Rassicurazioni – «non avrei mai portato a termine una
trattativa del genere se non avessi avuto la capacità di poterla gestire oggi,
domani e dopodomani con assoluta tranquillità» – che hanno contribuito a
spingere al rialzo le quotazioni del Banco Popolare: +31% nelle ultime quattro
sedute. Ieri il titolo di Verona ha chiuso in progresso del 2,93%, a 2,46 euro.
Domenica, presumibilmente, si conosceranno le quote esatte con cui i grandi
soci di Italease si divideranno le attività e le passività dell'istituto di
leasing. Il piano messo a punto con la consulenza di Mediobanca prevede che il
Banco Popolare acquisti il 100% del capitale di Banca Italease. Ma il leader
italiano del leasing, guidato in questi due anni di emergenza da Massimo
Mazzega, scorporerà prima in una newco una parte delle attività (5,9 miliardi
di asset) così come conferirà ad una bad bank tutti i crediti problematici. Il
Banco Popolare, che ha già fatto richiesta al Tesoro di 1,45 miliardi di euro
di "Tremonti bond" per rafforzare i ratio patrimoniali, sarà dunque
chiamato ad acquistare metà dei 20 miliardi di attività di Italease – circa 10
miliardi di euro che diventeranno 8 dopo la prevista vendita della società di
factoring –e il 70%del capitale della "bad bank". Ieri un consiglio
straordinario di Italease, cui è seguito in tarda notte la riunione del patto
di sindacato, ha valutato il deterioramento degli attivi della banca.
L'esplosione degli incagli di Italease è importante. Nonostante la riduzione
delle attività nel settore immobiliare, voluta dal nuovo management a partire
dal 2007, i finanziamenti della vecchia gestione a un
gruppo ristretto di immobiliaristi hanno creato una concentrazione di rischi
che con la crisi finanziaria di questi mesi ha deteriorato rapidamente il portafoglio
crediti. Gli incagli per quasi 4 miliardi di euro fanno capo per il 90% a poche
società attive nel settore immobiliare. Fra i nomi dei debitori ci sono le
società di Danilo Coppola e la Risanamento di Luigi Zunino. L'EREDITà DI
FAENZA La situazione si è aggravata nei primi due mesi del 2009 ma le posizioni
a rischio riguardano leasing concessi dalla vecchia gestione Il presidente di
Banca Italese. Lino Benassi IMAGOECONOMICA
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 26 autore: Verso la scelta
del sostituto di Ackermann Deutsche Bank rinnova il board Beda Romano
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Deutsche bank si prepara lentamente a
scegliere un nuovo presidente. L'attuale, Josef Ackermann, lascerà nel maggio
del 2010, salvo sorprese. In questo contesto, la prima banca privata tedesca
dovrebbe annunciare la settimana prossima cambiamenti nel proprio consiglio di
gestione, un organismo dal quale potrebbe uscire il successore al banchiere
svizzero. Secondo il mensile tedesco Manager Magazin, quattro nuove persone
entreranno nel consiglio di gestione dell'istituto, tra questi il 46enne Anshu
Jain e il 52enne Michael Cohrs,ambedue a capo dell'investiment banking di
Deutsche Bank. Attualmente l'organismo, presieduto da Ackermann, è composto da
appena quattro banchieri. Esponenti della city francofortese spiegavano ieri
che il cambiamento è propedeutico alla ricerca di nuovo presidente. Certo
l'arrivo di Jain e Cohrs al vertice della banca è anche un modo per segnalare
all'esterno che l'investiment banking rimane importante per Deutsche Bank,
nonostante la grave crisi di questi mesi. Ad entrare
nel comitato esecutivo dovrebbero essere anche Rainer Neske, 45 anni, a capo
del private banking, e JÜrgen Fitschen, 61 anni, che gestisce le attività
regionali della banca. Il probabile raddoppio del numero dei membri del
consiglio di gestione di Deutsche Bank fa sì che l'istituto avrà un vertice più
numeroso, in linea con quello delle grandi imprese tedesche. Ackermann, 60
anni, lascerà la banca l'anno prossimo. Per ora non sono stati avanzati nomi
sui probabili successori. Nel 2008, Deutsche Bank ha messo a segno la prima
perdita in 50 anni. Nel quarto trimestre dell'anno scorso, il rosso è stato di
4,8 miliardi di euro. In gennaio, però, la banca ha registrato proventi per 2,8
miliardi di euro. I cambi al vertice del primo istituto di credito tedesco, che
dovrebbero essere approvati dal consiglio di sorveglianza della banca la
settimana prossima, giungono mentre la Germania è ancora alla ricerca di una
soluzione per Hypo Real Estate, la società finanziaria bavarese in grave
difficoltà. Il Governo ha minacciato l'esproprio,ma sta ancora cercando una
soluzione di compromesso con il principale azionista, l'investitore americano
J.C. Flowers. Ieri quest'ultimo ha spiegato che la banca, specializzata in
obbligazioni immobiliari, ha bisogno di circa 10 miliardi di euro. Un
ennesimo incontro tra le parti si svolgerà domani. J.C. Flowers, che ha una
quota di circa il 25% in Hypo Real Estate, vorrebbe rimanere tra gli azionisti
dell'istituto di credito. Ieri ha proposto che il Governo acquisti il 75% della
banca al prezzo di tre euro ad azione (ieri il titolo ha chiuso a 0,87 euro) e
garantisca una partecipazione silenziosa (senza diritto di voto quindi) tra i
4,1 e gli 8,1 miliardi. LE TAPPE L'attuale presidente lascerà nel maggio 2010
La prossima settimana previsti nuovi ingressi nel consiglio di sorveglianza
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
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sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 27 autore: 000 L'autocritica
di Welch non tocca la pensione L' au tocritica è sempre un gesto nobile, ma
quando è troppo tardiva diventa un boomerang. E il boomerang, in questo caso,
ha colpito la testa di Jack Welch: l'ex guru delle teorie di management ed ex
amministratore delegato della General Electric ha rilasciato infatti una
stupefacente intervista in cui definisce «una vera idiozia » l'ossessione dei
manager per il «valore per gli azionisti», arrivando a dire che proprio la
focalizzazione sulle relazioni trimestrali e sugli obiettivi di crescita del
titolo è alla base dell'attuale crisi del sistema finanziario. Peccato che questa ossessione l'abbia
inventata proprio lui: Welch, nel nome del valore degli azionisti, non solo è
diventato miliardario (in dollari), ma ha gonfiato a dismisura le dimensioni e
la struttura di General Electric, lanciandola in una diversificazione forzata
che l'ha resa del tutto anelastica alle crisi e fondamentalmente dipendente dagli eccessi finanziari
degli ultimi venti anni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Ge ha perso
il rating tripla A e cerca invano compratori per le sue attività industriali
più mature. Ma a Welch cosa importa? Lui il «valore per gli azionisti» l'ha già
monetizzato con la pensione. (R.Fi.)
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 27 autore: Matricole. Una
piccola società avvia l'iter per la Borsa Fintel porta l'eolico sull'Aim MILANO
La fase di mercato è pessima. Ma Tiziano Giovannetti, il trentatreenne
amministratore delegato di Fintel Multiservizi, ha mille progetti in testa nel
campo dell'energia eolica. Così ha deciso di portare la società, che
attualmente vende energia elettrica, in Borsa. Fintel Multiservizi ha affidato
a Banca Mb e a Intermonte il compito di portarla sull'Aim Italia, il nuovo
mercato lanciato a Piazza Affari dedicato alle piccole imprese. L'obiettivo è
di sbarcare sul listino subito dopo l'estate, a metà settembre. E di quotare il
25% della società, attualmente posseduta dalla holding Hopafi della famiglia
Giovannetti. E, in un momento nero per tutti, il suo iter verso Piazza Affari
si è appena arricchito con un fatto nuovo: pochi giorni fa il ministro Scajola
ha firmato un accordo in Serbia secondo cui tutta l'energia rinnovabile
prodotta nel Paese verrà ritirata in Italia a tariffe italiane. Ebbene:
attualmente Fintel è l'unica società italiana ad avere già 7 campi eolici in
Serbia in corso di sviluppo. «Questo – esulta Giovannetti – ci dà un grande
vantaggio». Se si chiacchiera con lui sembra che la crisi
finanziaria, quella che ha mandato a picco le Borse, non esista. Ha
voglia di investire, non ha paura della Borsa.Fintel –racconta –è nata nel
1997. Ma è nel 2006 che il gruppo ha iniziato a pensare al salto dimensionale:
«è in quel periodo che abbiamo pianificato di diventare produttori di energia
elettrica». è così che, all'interno del gruppo,sono nate società che si
occupano di produzione da energie rinnovabili: sole, acqua e vento. Attualmente
il gruppo ha installazioni fotovoltaiche piccole, ma molti altri progetti sono
in corso di sviluppo. «In Italia, dove il problema è una giungla normativa in
questo settore, cantieremo il primo campo eolico nel giugno 2009 dopo una lunga
istruttoria. Per di più siamo andati in Serbia e Montenegro, dove abbiamo
progetti in corso per 330 megawatt di grande eolico. Siamo in fase di
autorizzazioni e probabilmente nel 2010 produrremo il primo kilowattora di
energia». My.L. LA SVOLTA Dopo l'accordo italo-serbo sulle energie rinnovabili,
nuove opportunità: il gruppo ha già 7 campi in corso a Belgrado
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 29 autore: INTERVISTA
Francesco Confuorti «Poche regole, ma trasparenti» Maximilian Cellino «Per
superare la fase attuale occorre ripartire da regole chiare e affidarsi a
quelle aziende solide che conoscono a fondo il territorio in cui operano e vi
portano ricchezza e benessere ». Francesco Confuorti, presidente e
amministratore delegato di Advantage Financial indica la possibile via d'uscita dalla presente crisi economica e finanziaria e delinea i possibili scenari futuri. Temi questi che saranno al
centro del convegno " Global economic perspectives" che si terrà a
Milano lunedì 16 marzo a Piazza Affari (Palazzo Mezzanotte, con inizio alle
9,30), con gli interventi dell'ex capoeconomista del Fondo monetario
internazionale, Raghuram Rajan, e dell'amministratore delegato di
Generali, Giovanni Perissinotto, e un successivo dibattito concluso dal
ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Lei parla di regole, ma chi deve farle
e in che modo? Devono essere poche, ma trasparenti e per prima cosa devono
riguardare la cosiddetta accountability, vale a dire la necessità di dover
rendere conto degli obblighi che derivano da una carica: chi sbaglia paga, ma
da noi questo non sempre avviene in ambito finanziario. Le regole dovranno
essere stabilite a livello internazionale, ma ciò non toglie che la spinta alla
riforma possa arrivare dai ministeri del Tesoro o da altri organi ufficiali di
ciascun singolo Paese. Non è importante chi sollevi per primo la questione,
quanto che le nuove norme siano condivise ed effettivamente applicabili.
Altrimenti? Il rischio è che si riproponga ciò che è successo finora, con
banche e istituti di credito che si sono occupati più di alchimie finanziarie
che di propiziare una crescita a medio lungo termine necessaria a favorire le
aziende solide. è necessario tornare a concentrarsi sul territorio, concedendo
prestiti nelle zone di origine e delle quali si conoscono i rischi intrinseci:
solo così il sistema può migliorare. è una critica a chi ha cercato
l'espansione verso est? Non necessariamente: molte banche italiane hanno
cercato la diversificazione all'estero seguendo la strada tracciata dalle
aziende del Nord Est e questo è un rischio industriale che mi sta bene. Non
posso invece accettare chi ha diversificato andando ad acquistare fuori dal
territorio strumenti finanziari che poi sono sfuggiti al controllo. è d'accordo
nel sostegno di Stato alle banche? Aiutare chi non sta bene è inevitabile in
un'ottica di interesse pubblico. Ma credo che sia giusto anche andare incontro
a chi è sano e che in fin dei conti è in grado di creare valore e benessere sul
territorio. Non parlo di incentivi, ma di un vero e proprio investimento da
parte dello Stato in azioni di aziende che contribuiscono a mandare avanti il
"Sistema Italia" e che adesso sono sottovalutate: mi riferisco a
società come la stessa Mediobanca, Generali, Fiat, Tod's, Finmeccanica, Eni o
Enel, partecipazioni che in futuro potrebbero dare anche importanti plusvalenze
in grado di ridurre il debito pubblico. Quali sono i tempi di uscita dalla crisi? Credo che tutto dipenda dalla ripresa del settore
immobiliare negli Stati Uniti: la nostra idea è che esistano ancora margini di
discesa dei prezzi delle abitazioni Usa nell'ordine del 20-25% e che il fondo
sarà toccato nel 2010. Soltanto nella seconda parte del prossimo anno potremo
assistere a una sorta di recupero, ma occorrerà vedere se la crescita avrà la
stessa rapidità del crollo o se invece dovremo attenderci un periodo più o meno
prolungato di stagnazione prima della definitiva ripresa. «Le norme devono
riguardare in particolare l'accountability: chi sbaglia deve pagare»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-14 - pag: 31 autore: CAMBI E TASSI
www.ilsole24ore.com COMMENTI E DATI IN TEMPO REALE Peggiora la crisi giapponese e lo yen scivola L o yen perde terreno nei
confronti delle prinicipali valute e mette in fila la quarta flessione
settimanale sull'euro, indebolito dalle speculazioni che ritengono non ancora arrivato
il peggio della crisi bancaria. In retromarcia anche
il franco svizzero, che ha registrato la maggiore perdita nei confronti della
moneta unica dal 1999: le politiche adottate giovedì dalla Banca centrale di
Zurigo stanno avendo l'effetto desiderato. Anche il dollaro ha ceduto nei
confronti dell'euro: in questo caso la moneta unica si
avvantaggia della ridotta ricerca del biglietto verde come valuta rifugio, dopo
che gruppi finanziari come Bank of America hanno visto i conti di nuovo in
utile. Così, ieri l'euro ha raggiunto un massimo di seduta di 1,2956 dollari
(contro 1,2909 della chiusura di giovedì) e di 127,66 yen (da 126,22).
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: CASA E CASE data: 2009-03-14 - pag: 36 autore: QUI PARIGI La crisi non frena il caro-casa, cresce la corsa all'affitto
Leonardo Martinelli PARIGI Aumenta il numero dei proprietari che decidono di
affittare case e appartamenti nella capitale francese: un tipo d'investimento
che in tempo di crisi torna d'attualità. Sicuramente
in Francia cominciano a cedere anche gli affitti, così come nel settore delle
compravendite, ma con rallentamento è meno pronunciato e con margini di
crescita più ampi. Pochi giorni fa Clameur, l'osservatorio francese sulle
tendenze delle locazioni, ha fornito i suoi ultimi dati. Ebbene, nel 2008 a
livello nazionale l'aumento dei canoni di locazione è stato dell'1,8% contro il
+2% del 2007 e una crescita media annua del 3,3% negli ultimi dieci anni (+43%
cumulativo). Insomma, nonostante il ritmo meno serrato, il trend continua a
essere positivo. Un dato confermato dalle statistiche relative ai primi due
mesi del 2009, che registrano un incremento dello 0,2% su base annua a livello
nazionale. Solo Parigi, con -1,8%, è già passata in territorio negativo, mentre
in altre città la crescita continua, +3,3% a Lione e +4,1% a Nizza. Crollo in
vista? «Non credo – osserva Michel Mouillart, economista e autore dello studio
–. Esiste un rallentamento, ma il 2009 dovrebbe chiudersi con un aumento per
tutta la Francia di poco inferiore all'1 per cento». Tutto ciò accade perché, a
causa della stretta delle banche sui mutui, per molti nuclei familiari diventa
più difficile finanziare l'acquisto previsto di un appartamento. E, in ogni
caso, i possibili acquirenti ritardano il loro investimento, sperando che i
prezzi vadano ancora più giù (in Francia, e soprattutto a Parigi, non si è
ancora verificato il crollo registrato in varie città del Regno Unito o della
Spagna). D'altra parte i proprietari che fino a qualche mese fa volevano
vendere, se possono, cercano di aspettare, per non vedersi costretti, in una
fase come quella attuale, a ridurre notevolmente il prezzo proposto. La
conseguenza di un contesto di questo tipo è che molte famiglie, aspettando,
decidono di affittare o sono costrette ad affittare. «Negli ultimi mesi notiamo
un miglioramento evidente dei dossier di chi ricerca una locazione», sottolinea
Loic Vollet, responsabile per il settore per la rete di agenzie immobiliari
Foncia. Sì, aumentano i clienti solventi, malgrado la crisi economica.E così i rendimenti per
chi investe nell'immobiliare con l'obiettivo di affittare migliorano. O,
comunque, risultano più sicuri oggi rispetto agli anni scorsi, visto
l'andamento dei mercati finanziari. Secondo uno studio recente di Ad Valorem i tassi medi di
rendimento nel 2008 sono rimasti tra il 4,8 e il 5,4% a Parigi, tra il
5,1 e il 6,8% nella regione della capitale e fra il 5,5 e il 7,7% nel resto
della Francia. Ovviamente, per questo tipo di investimento, soprattutto a Parigi,
bisogna valutare attentamente la localizzazione: evitare le città di provincia
o le aree della periferia parigina dove si è costruito troppo negli ultimi
anni. Qui nel futuro i prezzi di acquisto potrebbero calare ulteriormente e
l'eccessiva offerta potrebbe far abbassare sensibilmente gli affitti, anche
rispetto al livello attuale. Da preferire, invece, i quartieri più centrali
della capitale e delle altre città di provincia. LE PREVISIONI Nonostante la
capitale abbia i rendimenti nazionali più bassi (in media il 5%) gli operatori
consigliano di investire in città Nella Ville Lumière. A Parigi nel 2008 i
canoni sono scesi dell'1,8% REA
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: CASA E CASE data: 2009-03-14 - pag: 37 autore: Lavori. Montedoglio Il
livello idrico appeso a una diga L'annoso problema della crisi
idrica del Trasimeno incide da tempo in modo negativo sul turismo locale,
soprattutto a causa della presenza dei chironomidi, moscerini dall'aspetto
innocuo ma molto fastidiosi, la cui presenza è favorita dall'abbassamento delle
acque. Il progressivo prosciugamento del lago, quarto in Italia per estensione,
negli ultimi due anni è stato sempre più grave: tra il 2007 e il 2008, infatti,
il livello è calato di 78 centimetri, anche se recuperati in parte (25) agli
inizi di marzo 2009. Oggi l'ancora di salvezza del Trasimeno si chiama
Montedoglio, la diga che oltre all'acqua nel lago porterà anche una
significativa rivalutazione della zona circostante, soprattutto dal punto di
vista turistico ed edilizio. Costruita tra il 1977 e il 1993,ha dato vita
all'omonimo lago, un bacino artificiale in terra toscana utilizzato per
rifornire la rete idrica dei paesi circostanti, regolare il flusso del Tevere
ed evitare le secche estive. Inizialmente avrebbe dovuto sopperire unicamente
al fabbisogno agricolo. Di recente, però, è stato firmato dalle Regioni Umbria
e Toscana un protocollo d'intesa per permettere il deflusso nel Trasimeno delle
acque in eccesso della diga di Montedoglio. Peccato che i lavori, giuntia buon
punto, si siano fermati a causa delle vicissitudini finanziarie
della ditta appaltatrice: ultimati i 4 lotti di opere, si attende il
completamento dell'ultimo, 3,5 chilometri di tubazioni fino a Borghetto sul
Tuoro. Perché ciò avvenga, bisogna attendere un'altra gara per appaltare il
lavoro a una nuova impresa. Così gli operatori turistici, che da anni
attendono con impazienza il completamento dell'opera, per quest'estate dovranno
sperare ancora nelle piogge.
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
POTERI Il ministro
dell'economia: «Darei la vigilanza alla Bce». Pd: «Autonomia per Bankitalia»
Tremonti all'attacco di Draghi Ma sull'affidamento dei controlli sul credito ai
prefetti, Bossi si smarca Sara Farolfi ROMA «Se fosse per me darei tutto in
mano alla Bce». Alla Banca centrale europea, il ministro dell'economia Giulio
Tremonti vorrebbe affidare - così ha detto ieri - la vigilanza sul credito
dalle banche alle imprese. Così si è consumato l'ultimo atto dello scontro che
(non da ieri) vede contrapporsi il ministro al governatore della Banca d'Italia
Mario Draghi. «Se gli operatori sono sistemici, siano essi
banche o finanziarie, anche la vigilanza dev'essere sistemica», argomenta Tremonti.
Ma provate a immaginare la Bce alle prese con il rischio credit crunch, e
relativa denuncia, del bottegaio romano come del piccolo imprenditore del nord.
Tremonti ha voluto rispondere alla circolare inviata da Draghi due giorni fa a
tutte le filiali della Banca d'Italia. Circolare in cui il governatore
mette i puntini sulle i, per dire che la vigilanza sul credito è questione
seria e delicata che spetta alla banca nazionale. Ma andiamo con ordine. Tutto
nasce con i Tremonti bond, quegli strumenti finanziari che potranno essere
emessi dalle banche a corto di liquidità e che decideranno di
ripatrimonializzarsi. Strumenti che saranno sottoscritti dallo stato (a
interessi molto alti, ma senza vere contropartite in caso d'insolvenza o
mancato rispetto degli impegni) in cambio dell'impegno degli istituti di
credito a favorire il flusso creditizio a famiglie e imprese. La questione è
delicata e la crisi imperversa: le banche dicono che i
flussi di credito non hanno subìto alcuna variazione rispetto all'anno scorso,
le imprese rispondono il contrario. A osservare i dati, il problema esiste, non
riguarda le grandi imprese (che sono poche) ma quelle piccole e medie. Cosa fa
dunque Tremonti? Decide, in accordo con il ministro degli interni Maroni, di
istituire degli osservatori sul credito presso le prefetture, ben sapendo che
la vigilanza sui flussi di credito è cosa che attiene ai compiti di Bankitalia.
«Una picconata alla Banca d'Italia un po' eccessiva», suona l'affondo di
Corrado Passera (Intesa san Paolo). E infatti la risposta di Draghi non si è
fatta attendere a lungo. Due giorni fa, il messaggio inviato a tutti i
responsabili locali di Bankitalia, in cui si chiarisce che a fornire dati e
cifre saranno le filiali della Banca. Ieri la risposta di Tremonti - «ci sarà
un grande impegno da parte dei prefetti» - e la controreplica di Bankitalia,
che in un comunicato «conferma la massima disponibilità a corrispondere alle
esigenze informative delle prefetture, fornendo e analisi sull'andamento del
credito a livello territoriale». Chiarendo però che, per quanto riguarda le
richieste di dati aziendali individuali, resta il «segreto d'ufficio». Che sia
invidia quella del ministro Tremonti, per il fatto che non lui ma Draghi è
stato di recente noverato, unico italiano, «tra i 50 uomini che ci salveranno
dalla crisi»? O più probabilmente una partita politica
di peso in cui un qualche ruolo lo veste anche il mandato del governatore, in
scadenza tra due anni? Ad ogni modo, cosa centrino le prefetture con il
controllo dei flussi di credito dalle banche alle imprese è questione su cui
persino Bossi (leghista tanto quanto Maroni, e sensibilissimo al problema del
credito, essendo in gioco la sua stessa base elettorale) si è domandato,
concludendone che «serve un accordo tra il ministro e il governatore, ma in
ogni caso non è che tutti i prefetti capiscono di economia, e gli imprenditori
si fidano di più delle associazioni di categoria». Perciò, vanno anche bene le
prefetture, ma non i prefetti. A scanso di illusioni comunque, ieri Corrado
Passera si è fatto sentire. «Non mettiamoci in testa che bisogna fare credito a
tutti, le aziende non sono tutte uguali e bisogna far crescere quelle che ce la
fanno», spiega il banchiere. «Avere il coraggio di fare credito, e noi lo
abbiamo, e di fare banca in questo momento è perlomeno altrettanto complesso
che fare impresa». Quanto alla proposta di affidare la vigilanza alla Bce,
«prima bisogna unificare le leggi e le norme a livello europeo». Dal fronte
parlamentare la condanna alle parole di Tremonti (che contamina un pochino
persino il senatùr) è pressoché unanime (tra Pd, Idv e Udc). «Lo dico a
Tremonti, litighiamo tra maggioranza e opposizione, ma lasciamo fuori
Bankitalia, non tocchiamo la sua libertà», dice il segretario Pd, Franceschini,
aggiungendo poi di non condividere l'affidamento della vigilanza sul credito ai
prefetti. L'Italia dei valori parla del rischio di un «commissariamento di
Bankitalia». Il leghista Calderoli difende l'amico Maroni, nonostante le parole
di Bossi: «Sulla questione del credito finalmente avremo i prefetti in funzione
federalista e al servizio del territorio». La settimana prossima, ha annunciato
ieri Tremonti, è in programma un incontro tra governo, Confindustria, Abi,
banche e sindacato. Foto: IL GOVERNATORE DI BANKITALIA MARIO DRAGHI E IL
MINISTRO GIULIO TREMONTI /FOTO REUTERS A SINISTRA ELIO VITO E UMBERTO BOSSI
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Le belle statuine
Beni culturali, opposizione in stato confusionale. Dalle opere a Palazzo Chigi
all'ok per il commissariamento delle aree romane Arianna Di Genova
Un'interrogazione al ministro Bondi per chiedere informazioni sul destino delle
quattro statue che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha chiesto per
sé e il suo parterre, a «decoro» delle stanze del potere a Palazzo Chigi. A
perderle, sarebbe il Museo delle Terme di Diocleziano e a condurle fra gli
scranni del Parlamento è stata ieri la capogruppo del Pd, Manuela Ghizzoni.
Peccato che la questione del tour didattico (così come quello annunciato dei
Bronzi per il G8) sia noto già da circa un mese e non si capisce perché
l'opposizione se ne accorga solo in punta di primavera. Una delle statue
richieste sarebbe in realtà un magnifico gruppo marmoreo, quello di Marte e
Venere, rinvenuto durante gli scavi di Ostia. La «scusa pubblica» per
quest'atto di spoliazione governativo è che le suddette sculture giacciono
impolverate in bui depositi museali. La notizia è falsa: le opere sono
allestite in sale chiuse e sprangate da tempo a causa della cronica mancanza di
fondi, della carenza di guardiania e dell'impossibilità di far fronte ai costi
di gestione del museo. E come ha risposto a tutto ciò il governo? Non certo
offrendo alla fruizione collettiva (italiana e straniera) quei capolavori
cercando di «oliare» la macchina dei beni culturali con un qualche flusso
finanziario; al contrario, ha chiuso i rubinetti, tagliando ulteriormente le
risorse del patrimonio culturale, lo stesso che a più riprese i suoi
rappresentanti non perdono occasione di definire, con enfasi mediatica, «il
grande giacimento petrolifero del nostro paese». In più, il trasferimento delle
statue, in perfetto stile napoleonico, finisce per avere un alto valore
simbolico, essendo il museo interessato da quella «rapina» il primo a
costituirsi dopo l'unità d'Italia. Potrebbe essere uno degli ultimi atti
dell'era Bondi - corta, incisiva e nefasta - prima che il ministro prenda il
volo per coordinare le attività del Pdl. Dietro di sé, lascia in eredità ai
posteri il direttore generale Mario Resca (esperto in hamburger e casinò) e
probabilmente un'idea di trasformare i reperti in slot machine da far fruttare
a ogni giro di manovella. Sull'uso di quelle manovelle si destreggerà, come
ventilato, Quagliariello? Sicuro è invece che chi salirà al timone del
dicastero dovrà farsi un viaggetto a Abu Dhabi. Certo, se l'arte deve
fatalmente vagabondare per il mondo, Palazzo Chigi è una mèta meno impervia e
più vicina degli Emirati... Sulle varie questioni scoppiate intorno al caso
«beni culturali», la cosa pià grave è che l'opposizione sembra essere entrata
in stato confusionale. Se l'archeologo Andrea Carandini, un tempo spirito libero
della sinistra, risponde sollecito alla chiamata di Bondi, non perde un minuto
e corre ad occupare la poltrona ancora calda dell'(ex) amico Salvatore Settis
al Consiglio superiore, dall'altra parte, la Regione Lazio «crolla» sul
commissariamento dell'area archeologica romana e di Ostia, ritenuta da molti un
nuovo «sacco di Roma». Dopo una lotta quotidiana - fino a ieri mattina ancora
in corso - condotta dall'assessora alla cultura Giulia Rodano contro
l'emergenzialità che rischia di cancellare le figure dei soprintendenti
(coadiuvata da Giovanna Melandri, responsabile cultura Pd e da Cecilia D'Elia,
assessora alle politiche culturali della Provincia, pronte entrambe a non
accettare la messa sotto «tutela politica» di insigni studiosi e esperti di
settore), il presidente Piero Marrazzo ha pensato bene di sparigliare la sua
stessa giunta - e quelle «amiche» - nel tardo pomeriggio. Con un lancio di
agenzia ha fatto candidamente sapere a tutti di aver dato l'assenso al
commissariamento, purché a tempo limitato e purché Bertolaso rispetti le
regole, non spazzi via le competenze dei soprintendenti. Una
scelta avvenuta dopo il pressing del decreto della protezione civile che
paventa possibili crolli nell'area del Palatino, resi più concreti dalle
abbondanti piogge della stagione. A ruota, si sono congratulati con Marrazzo il
sottosegretario Giro, il sindaco Alemanno, l'assessore Croppi. La sua è una
posizione «non ideologica», hanno detto. Resta il fatto che la Regione
non ha poteri decisionali, elargisce solo pareri. Che bisogno c'era allora di
srotolare quel tappeto rosso? «L'importante - afferma Giulia Rodano - è
vigilare che non venga toccato l'equilibrio dei poteri sul territorio e che,
surrettiziamente, il commissariamento non sia una consegna delle aree al Campidoglio».
Infatti, il commissario esiste già e non è Bertolaso: si chiama Angelo Bottini,
soprintendente statale.
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
FORZIERI 75 anni di
caccia ai capitali stranieri In 75 anni di esistenza, il segreto bancario è
stato messo sotto accusa o trasformato a diverse riprese. Nel 1929, in piena crisi economica mondiale, le grandi fortune cercano riparo
nei forzieri svizzeri. Francia e Germania aumentano la pressione sulle banche
elvetiche per far fronte alla fuga di capitali. Nel 1934, la Svizzera protegge
i soldi stranieri dagli assalti degli altri stati inserendo il segreto bancario
nella legge sulle banche. Tra il '45-46, deve però cedere alla pressione degli
Alleati e dare informazioni sui fondi tedeschi, soprattutto sull'oro rubato dai
nazisti, nel quadro degli Accordi di Washington. Nel 2001, dopo gli attentati
dell'11 settembre, Zurigo accetta di aiutare gli Stati uniti nella ricerca di
fondi destinati al terrorismo, ma senza ammorbidire il segreto bancario. Nel
2008, nel quadro della crisi economica e finanziaria mondiale, gli Usa e l'Unione europea intensificano la lotta
contro i paradisi fiscali. La pressione sulla Svizzera aumenta. Il 18 febbraio
2009, l'Ubs versa 780 milioni di dollari alla giustizia Usa e fornisce i dati
bancari alle autorità nordamericane per metter fine al contenzioso fiscale.
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
SEGRETI BANCARI La
Svizzera e gli altri non lavano più bianco L'ultimo bastione del segreto
bancario resta il Principato di Monaco: dopo che la Svizzera e l'Austria hanno
annunciato «concessioni» per evitare le sanzioni promesse da Germania, Francia,
Gran Bretagna e Usa contro i paesi della finanza oscura e dei miliardi
esentasasse. Anche il Fmi promette «azioni alla dinamite» Spinta dalla crisi, l' Europa va a caccia di evasori E i paradisi fiscali
trattano per non finire sulla lista nera Anna Maria Merlo PARIGI Ieri
pomeriggio l'ultimo bastione a non aver ancora ceduto alle ingiunzioni di
Germania, Francia, Gran Bretagna e Usa a due settimane dal G20 di Londra era il
Principato di Monaco. Montecarlo, uno dei paradisi fiscali «non cooperativi»
della lista nera dell'Ocse, continua a battersi contro l'assedio. Ma i suoi
alleati - di grado diverso - nelle cittadelle della non trasparenza finanziaria cominciano a mandare segnali al mondo e
prevedono compromessi. L'ultima a dare segnali di cedimento è stata ieri
l'Austria, che peraltro aveva organizzato solo la scorsa settimana un
mini-summit con Lussemburgo e Belgio per cercare di organizzare la difesa. Il
Lussemburgo ha assicurato di volersi conformare alle «norme Ocse», anche se il
primo ministro (nonché ministro delle finanze del suo paese e presidente
dell'eurogruppo) Jean-Claude Juncker finge di non capire: «Non posso immaginare
che Lussemburgo, Austria e Belgio figurino sulla lista nera dei paradisi
fiscali, mentre rispettano le norme europee». E ha precisato: «Il segreto
bancario non è sinonimo di paradiso fiscale». E' su questa sottile differenza
che i paesi del segreto bancario (di cui fa parte anche la Svizzera) cercano di
differenziarsi dai paradisi fiscali che già figurano sulla lista nera dell'Ocse
(una quarantina in tutto tra cui Monaco, Andorra, le Bermude, Caiman, Nauru
eccetera). Ma il Gafi (Gruppo di azione finanziaria) è
stato incaricato, prima del G20 del 2 aprile a Londra, di rivedere la lista
nera e aggiungervi i paesi «non cooperativi» in materia fiscale. Di qui la
corsa a mostrasi «cooperativi». Ieri la Svizzera, che teme di finite nella
lista nera, ha assicurato di essere disposta a «migliorare la cooperazione» nel
caso di persone sospettate di evasione dal fisco di un altro paese. Ma Berna ha
precisato, come avevano già fatto Lussemburgo e Liechtenstein, che lo scambio
di informazioni potrà avvenire solo «caso per caso», quando la giustizia del
paese interessato fornisce prove concrete di sospetto di frode. Il
Liechtenstein ha evocato la possibilità di concludere «accordi bilaterali» con
alcuni paesi: in particolare, è in difficoltà con la Germania, dopo che Berlino
ha svelato una frode fiscale di 800 contribuenti che avevano messo al sicuro 4
miliardi di euro a Vaduz. Il Belgio afferma che dal 2010 metterà in atto «un sistema
di scambio di informazioni» con i partner dell'Ue. Andorra, sotto pressione
della Francia, afferma di voler togliere il segreto bancario entro novembre.
Anche l'isola di Jersey è ormai sulla difensiva e ha appena firmato un accordo
minimo di scambio di informazioni con la Gran Bretagna, per cercare di salvare
il salvabile dei suoi 500 miliardi di euro di attivi finanziari, le sue 47
banche (cioè una ogni 1.125 abitanti) e le imposte a tasso zero sui profitti
delle società straniere. L'Ocse definisce «paradiso fiscale» dei luoghi «non
cooperativi» con le amministrazioni fiscali degli altri paesi, dove le tasse
sono inesistenti o quasi, dove il segreto bancario è assoluto e ne godono anche
i non residenti. Sarebbero una cinquantina (ci sono anche Singapore e Hong
Kong, che a febbraio hanno promesso concessioni). Secondo Transparency
International più di 400 banche hanno sede in questi centri, che ospitano più
di 2 milioni società fantasma, una buona fetta dei famigerati hedge funds e
dove non c'é multinazionale che non abbia una filiale. Secondo un'inchiesta
fatta dal magazine Alternatives économiques, il 100% delle multinazionali
francesi (cioè tutto il Cac 40, le blue chips della Borsa di Parigi) hanno
filiali in un paradiso fiscale, così non pagare tasse sugli utili e hanno
liquidi pronti per eventuali corruzioni. In questi paradisi sarebbero
dissimulati 10mila miliardi di dollari (non solo evasione e frode fiscale, ma
anche denaro sporco di provenienza criminale). Con la crisi
finanziaria c'è stata un'offensiva concertata.
Dominique Strauss-Kahn, presidente dell'Fmi, ha minacciato «un'azione alla
dinamite». Giovedi Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, che si sono incontrati a
Berlino, hanno ribadito la richiesta di «sanzioni» contro i paesi che non
rispetteranno le norme Ocse della trasparenza e che non accetteranno di seguire
le richieste del rapporto di de Larosière sulla regolazione finanziaria in Europa. Il G20 di Londra (a differenza di
quello di novembre, dove non è uscita una riga sui paradisi fiscali) vuole
essere un appuntamento determinante per favorire la trasparenza, poiché per gli
stati in deficit la perdita di entate fiscali è diventata intollerabile. 50
SONO CINQUANTA, almeno, i paradisi fiscali «ufficiali» dove il segreto bancario
è assoluto e ne godono anche i non residenti Foto: ZURIGO, IL CAVEAU DI UNA
BANCA. A SINISTRA IL DIRETTORE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE DOMINIQUIE
STRAUSS-KHAN /AP
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
CINA L'economia
domina la conferenza stampa del premier Wen Pechino «preoccupata» dal rischio
dei titoli Usa Paola Desai Nessun capo di stato aveva mai avanzato
pubblicamente dubbi sul «rischio» finanziario dei buoni del tesoro emessi dagli
Stati uniti. Lo ha fatto ieri il premier cinese Wen Jiabao, durante la lunga
conferenza stampa tenuta a conclusione della seduta annuale del Congresso del
popolo (il parlamento) cinese, per tradizione l'unico incontro con i media ogni
anno. «Abbiamo prestato un'enorme quantità di denaro agli Stati uniti. Certo
siamo preoccupati dalla sicurezza dei nostri investimenti. In effetti sono
davvero preoccupato», ha detto Wen, con un linguaggio insolitamente esplicito.
Abbiamo chiesto agli Stati uniti di «mantenere il suo buon credito, onorare le
promesse e garantire la sicurezza dell'investimento cinese», ha aggiunto: «Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di
misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina
è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande
finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di
petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.000
miliardi di dollari tra titoli emessi dal Tesoro americano (circa 750miliardi)
e altri titoli sostenuti dal governo di Washington. Il premier non ha detto che
la Cina non ne comprerà più, né tantomento ha minacciato di rimetterli sul
mercato. Wen Jiabao ha aggiunto che la cina garantirà la stabilità della sua
moneta (il renminbi, che si è apprezzato del 21% sul dollaro dal 2005), ma ha
respinto le pressioni: «Nessun paese può spingerci a svalutare o rivalutare».
Certo però Pechino vuol far pesare la sua potenza economica e il suo ruolo
geopolitico: e questo è accentuato dal fatto che nonostante la crisi globale, la Cina è tra i pochi paesi ancora in grado
di spendere perché ha le più grandi riserve di valuta straniera al mondo: sono
stimate in circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di dollari. Circa metà di queste
riserve sono investite appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca
centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi
troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è
che Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa
probabile: più il governo americano spenderà in misure di «stimolo», più avrà
grandi deficit di bilancio e cercherà di rastrellare denaro offrendo buoni
tassi d'interesse. La Cina ci perderebbe perché i titoli del tesoro Usa che
possiede hanno interessi bassi. Pechino del resto non è al riparo dalla crisi globale, anche se la sua posizione è relativamente
meno grave. Il premier Wen ha difeso le misure prese finora: un piano di
sostegno all'economia di 585 miliardi di dollari, di cui 173 spesi direttamente
dallo stato centrale (in welfare, innovazione tecnologica, infrastrutture e
protezione ambientale) e il resto dai governi locali, banche e investitori
privati. Il suo governo è pronto a aumentare ulteriormente la spesa pubblica se
sarà necessario, ha detto il premier: la Cina avrà un deficit di bilancio del
3% quest'anno per finanziare queste misure. Wen ha ammesso però che sarà
difficile mantenere l'obiettivo di crescita del Pil all'8% per il 2009, tasso
che i pianificatori cinesi considerano necessario per evitare una
disoccupazione disastrosa. Il fatto è che già si sono persi milioni di posti di
lavoro negli ultimi mesi, 20 milioni solo nelle fabbriche e nelle costruzioni -
altrettanti lavoratori migranti costretti a tornare nelle regioni rurali da cui
provenivano. Mercoledì la Cina ha annunciato che le sue esportazioni sono scese
del 26% in febbraio, un record. Le due ore di conferenza stampa del premier
cinese hanno affrontato soprattutto temi economici, ma non solo. Altro tema
notevole, il Tibet: dove Wen ha detto che Pechino è pronta a nuovi colloqui con
gli inviati del Dalai lama, sequesti rinuncerà al «separatismo». I colloqui
precedenti hanno dapo ben pochi risultati. ma il Tibet è «pacifico e stabile»,
ha detto Wen, e ciò dimostra che «sono corrette le politiche che abbiamo
adottato». Foto: OPERATORI FINANZIARI ALLA BORSA DI SHANGAI. LA CINA E'
PREOCCUPATA DAI BOND AMERICANI /AP
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
L'instabile
equilibrio del capitalismo Felice Roberto Pizzuti Le carenze delle misure di
sostegno al reddito sono già da anni sotto gli occhi di chi vuol vedere (o
leggere: ad esempio, le periodiche edizioni del «Rapporto sullo stato sociale»
elaborato presso il Dipartimento di economia pubblica della «Sapienza»). Fatta
pari a 100 la spesa sociale procapite della media dell'Ue a 15, il dato
italiano, dopo una riduzione di 7 punti negli ultimi dieci anni, è arrivato a
75. Se poi si fanno confronti statisticamente omogenei, emerge che il divario è
sensibilemente superiore e, in particolare, che le prestazioni previdenziali
sono sopravalutate (i dati ufficiali includono ingiustificatamente i
trattamenti di fine rapporto e sono al lordo delle ritenute fiscali che in
Italia sono più elevate) cosicché la nostra spesa pensionistica non è affatto
anomala; non solo, ma le prestazioni previdenziali al netto delle ritenute
fiscali sono inferiori alle entrate contributive per un ammontare pari allo
0,8% del Pil, cosicché il bilancio pubblico è migliorato (non appesantito) dal
sistema pensionistico. Oltre all'inferiorità della spesa, la vera anomalia del
nostro stato sociale è la grande insufficienza degli ammortizzatori sociali;
per essi la spesa è pari a circa un terzo della media europea e, per di più,
lascia scoperti proprio le categorie di lavoratori più precarie. Inoltre,
mentre quasi tutti i sistemi di welfare sono dotati di misure di sostegno al
reddito minimo, in Europa solo Italia e Grecia non garantiscono questo livello
di protezione sociale. Si consideri poi che negli ultimi anni, la nostra
distribuzione del reddito è peggiorata più che negli altri paesi. Adesso si
aggiunge che stiamo attraversando la crisi economica
più grave dai passati anni '30 e non sappiamo quanto ancora si aggraverà;
dunque dovremmo affrettare, non frenare, l'adeguamento dei nostri
ammortizzatori sociali. Certo, abbiamo un elevato debito pubblico e un suo
aggravamento potrebbe penalizzarci nell'opinione dei mercati; ma una politica di
bilancio che - come sta accadendo - facesse poco o nulla per frenare il calo
particolarmente accentuato del nostro reddito nazionale produrrebbe comunque
effetti negativi già nell'immediato sul bilancio (ad esempio per la riduzione
delle entrate fiscali). L'aspetto «nuovo» da considerare è che le
preoccupazioni dei mercati - come dimostrano le loro reazioni al mancato
salvataggio pubblico della Lehman Brothers e agli interventi a sostegno dei
settori reali e finanziari dell'economia ritenuti tardivi e insufficienti -
sono legate più all'aggravamento degli indicatori connessi alla crescita che
non al peggioramento dei bilanci pubblici. Negli Usa, patria del neoliberismo,
il deficit di bilancio ha raggiunto il 12% del Pil, cioè 4 volte il limite
imposto dai criteri di Maastricht, ma i mercati reputano ancora insufficiente
l'intervento pubblico. La crisi in atto riguarda anche
la teoria economica prevalente e la sua diffusione tra gli operatori e
nell'opinione pubblica. I fatti ripropongono all'attenzione generale la
categoria dell'incertezza, che è cosa diversa e più inafferrabile rispetto a
quella del rischio probabilisticamente prevedibile, e evidenziano l'illusorietà
delle analisi e delle politiche neoliberiste che avevano rimosso la prima
identificandola sostanzialmente con la seconda. L'incertezza è una
caratteristica qualificante dell'economia di mercato capitalistica, anzi è una
delle sue contraddizioni principali: più il mercato si intensifica e si
estende, più genera risultati fragili e equilibri instabili. L'incertezza è
accresciuta dal mercato ma ne mina sempre più il funzionamento, e gli strumenti
per compensarne gli effetti vanno cercati al suo esterno, in un ambito
decisionale che non sia regolato dal profitto e dagli interessi individuali, ma
dalle istituzioni collettive. Lo stato sociale - che da sempre ha tra le sue
funzioni quella di sopperire ai fallimenti del mercato, e di fatto ne
costituisce un superamento, - è l'istituzione che, debitamente usata, si presta
particolarmente a affrontare e compensare l'incertezza. La crisi
dunque, sia per i suoi effetti destabilizzanti immediati sia perché ripropone
la questione dell'incertezza congenita del mercato, accresce l'esigenza anche
economica della sicurezza sociale la quale può essere favorita, tra l'altro,
dalle misure di sostegno ai redditi presenti (in particolare dei disoccupati e
dei più bisognosi) e futuri (come le prestazioni pensionistiche attese). Sia
sul piano sociale sia su quello economico, è dunque del tutto controproducente
la posizione di non adeguare gli ammortizzatori sociali per salvaguardare il
bilancio pubblico che, invece, mai come in questa fase critica deve svolgere
una funzione anticiclica, peraltro richiesta a gran voce dagli stessi mercati.
Proporre poi una nuova riduzione delle prestazioni pensionistiche equivale a
gettare acqua bollente su un corpo (il sistema economico e sociale) già
drammaticamente ustionato da una crisi al cui fondo
c'è sfiducia e incertezza per il futuro. Ci si può chiedere, infine, come mai,
in un contesto internazionale nel quale anche la «rigorosa» Germania ha dovuto
superare le proprie idiosincrasie storiche per le politiche di bilancio
espansive, proprio il nostro governo sia diventato «più realista del re» in
materia di attenzione ai vincoli del bilancio pubblico. Il punto è che
Tremonti, pur dichiarandosi molto critico verso il «mercatismo» (ma non verso
il mercato), ritiene che questa crisi sia essenzialmente di natura finanziaria e imputabile al comportamento dei banchieri; cosicché sarebbe
sufficiente sperare che il nostro settore finanziario non manifesti le stesse
criticità di quelli «dove si parla inglese». Il nostro ministro dell'economia
non considera invece che quelle in crisi sono le modalità assunte dal processo di accumulazione negli
ultimi tre decenni; la stessa finanziarizzazione dell'economia che ha
corroso il sistema è stata stimolata anche dall'esigenza di compensare le
difficoltà di realizzare profitti nel settore reale dell'economia. E' qui che
sta il nodo principale del problema e per affrontarlo occorrerà migliorare sia
le condizioni della domanda (mediante un aumento dei salari e delle prestazioni
sociali) sia quelle dell'offerta (favorite anche dalla capacità dello stato
sociale di stimolare l'innovazione aumentando il capitale umano e offrendo reti
di sicurezza) sia la distribuzione del reddito (uno dei compiti primari del
welfare state). La gravità di questa crisi e l'analisi
delle sue cause indicano che per uscirne bene e in fretta occorrerà liberarsi
al più presto dalle visioni economiche e politiche dominanti negli ultimi
decenni e che, in particolare, si dovranno costituire nuovi e più efficaci
equilibri tra i mercati e le istituzioni pubbliche, nazionali e sovranazionali;
un efficace contributo potrebbe essere fornito dal rinnovamento delle classi
dirigenti in entrambi gli ambiti e, non ultimo, nelle rappresentanze politiche.
(Una versione leggermente più estesa di questo articolo è su:
www.sbilanciamoci.info; e www.eguaglianzaeliberta.it. Un saggio molto più ampio
dello stesso autore su questi temi, «Lo stato sociale nella grande crisi del 2008», è in uscita sulla rivista «Quale stato»)
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-14 num: - pag: 2 categoria:
REDAZIONALE Banche, la mossa di Tremonti «Serve una vigilanza europea»
«Monitoraggio, ci sarà grande impegno da parte dei prefetti» DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA — «Non parlo dell'Italia»: il ministro dell' Economia, Giulio Tremonti,
apre così la sua conferenza stampa a Londra, a poche ore dall'inizio della riunione del G20 finanziario e al termine di un
incontro col Primo ministro britannico Gordon Brown e col presidente della
Banca mondiale, Robert Zoellick, sui finanziamenti dei servizi sanitari nei
Paesi poveri. Ma poi, argomento dopo argomento, in una conferenza stampa presso
l'Ambasciata londinese, i riflessi sulle cose di casa non mancano. Così,
parlando della Vigilanza bancaria, che in Italia spetta alla Banca d'Italia,
Tremonti non ha dubbi nel dire che «va cambiata. Lo direbbero anche al bar:
basterebbe chiedere se finora, viste le crisi e i
salvataggi, i controlli sulle banche abbiano funzionato». E poi «se quelli da
controllare hanno la Ferrari, chi sorveglia non può avere la bicicletta».
Insomma «la vigilanza sull' attività sistemica io la darei tutta alla Bce»
aggiunge precisando però che l'argomento andrebbe approfondito. Tremonti ripete
di non voler fare polemiche, tantomeno con la Banca d'Italia, sul tema dei
controlli. Compresi quelli sul flusso dei crediti all' economia che vedono un
ruolo dei Prefetti. Che torna a lodare: «Sono orgoglioso di aver preso la
parola davanti ai prefetti mercoledì scorso, è stato un onore. Ci sarà un
grande impegno da parte loro», dice rimandando ad una prossima occasione
l'approfondimento della questione. Pur confermando che gli uffici del ministero
dell' Economia e quelli dell'Istituto di via Nazionale stanno lavorando assieme
per trovare il modo migliore per far funzionare «gli osservatori» territoriali
sul credito. In ogni caso la prossima settimana o quella dopo, Tremonti tornerà
a riunire i rappresentanti di Confindustria e Abi per verificare i passi avanti
fatti nell' individuazione di strumenti per favorire l'accesso al credito delle
imprese. Un ultimo accenno a questioni italiane riguarda le risorse non spese
reperibili all'interno del bilancio: «Stiamo facendo una stima, ma si tratta di
capitali inimmaginabili». Si passa a questioni estere. Al G20 di Brighton,
preparatorio del vertice del 2 aprile a Londra, iniziato ieri sera con una cena
in un grande cottage di campagna, l'Europa «si presenta con una posizione
comune» e agli Usa che insistono sul potenziamento dei pacchetti di stimolo
all'economia, risponderà con l'invito «ad esaminare prima analiticamente gli
interventi fatti finora, su quanto è andato al salvataggio delle banche e
quanto al sostegno dell'economia locale». Il ministro dell'Economia rilancia
quindi la proposta italiana dei global legal standard. E in generale l'esigenza
di guardare ai principi sostanziali, al diritto, ai valori etici accanto ai
profili tecnici del mercato. Nel G7-G8 è importante anche l'aspetto culturale e
politico, dice confermando per la vigilia del vertice della Maddalena di luglio
la convocazione di un «grande convegno culturale ». Stefania Tamburello
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-14 num: - pag: 3 categoria:
REDAZIONALE Passera: prefetti, picconata un po' eccessiva a Bankitalia «Non
chiedeteci di fare cattivi prestiti». L'allarme di Marcegaglia Il banchiere agli
industriali: prima di chiamare i prefetti scrivetemi una mail e ce
l'aggiustiamo tra noi DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — «Mi sembra una picconata
alla Banca d'Italia un po' eccessiva però siamo totalmente pronti a dare la più
completa collaborazione». L'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado
Passera commenta così la decisione del governo di coinvolgere i prefetti per
controllare l'erogazione del credito e usa parole diplomatiche per smontare la
proposta lanciata dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti di affidare
l'attività di vigilanza alla Banca centrale europea (Bce). «Penso che prima
bisognerebbe unificare le leggi e le norme a livello Ue — ha spiegato
intervenendo al convegno di Confindustria "Oltre la crisi"
— e sarebbe bellissimo se la politica recuperasse il tempo perso per creare un
mercato unico finanziario in Europa, cosa che non è». Secondo Passera il
percorso logico è il seguente: «Unico libro delle regole, unico mercato per i
servizi bancari e poi supervisione sempre più coordinata» perché la Banca
d'Italia ha un «ruolo importantissimo da giocare». Banche e imprese unite nel
chiedere al governo più attenzione per uscire dalla crisi.
«Non chiedeteci di fare cattivo credito, devono essere premiate le aziende che
investono e innovano», ha affermato ancora il manager rivelando cosa ha detto
al premier Silvio Berlusconi alla cena dell'altra sera con i banchieri a
Palazzo Madama che «si è svolta in un clima giusto». Intervistato dal direttore
del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli, Passera ha raccontato di aver chiesto al
premier anche di «mettere in condizione le banche di restituire alle aziende
quella enorme massa di credito accumulata a causa dei ritardi della pubblica
amministrazione». Stessa richiesta, poche ore dopo e per l'ennesima volta, è
stata fatta dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia all'assemblea
associativa di Rovigo (ricordando che all'appello mancano 60 miliardi) che si è
rivolta a Berlusconi per un incontro urgente. «C'è un Paese diviso a metà— ha
detto — dove c'è chi perde il lavoro e affronta la crisi
e da un'altra parte chi non rischia nulla e vive di spesa improduttiva, una
cosa non tollerabile». «Chiediamo alla politica poche cose — ha affermato
ancora la Marcegaglia — ma che siano fatte subito». Il tema della liquidità è
stato quasi sempre al centro dei lavori. E sull'uso dei Tremonti-Bond,
l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo ha anticipato che la banca
deciderà se fare ricorso o meno nel prossimo consiglio di amministrazione di
venerdì prossimo. Sul fronte "prefetti", Passera ha ancora osservato
che il tema credito «sta diventando molto ansiogeno» dentro le banche e alla
fine ricorre a una battuta apprezzata dalla platea per sostenere che «non c'è
bisogno di un'altra autorità» che faccia il controllo sul credito: «Prima di
chiamare i prefetti scrivete a corrado. passera@intesa.com e ce l'aggiustiamo
tra noi». Il ruolo delle piccole e medie aziende nel sistema Paese lo ha
fotografato Passera con poche parole: su 350 miliardi di credito erogato, 270
sono delle Pmi. Partendo da questo dato il presidente della piccola impresa
confindustriale Giuseppe Morandini ha lanciato un vero e proprio allarme di
tenuta del sistema descrivendo il clima nelle piccole aziende — che l'anno
scorso hanno fatto cifre importanti e straordinarie — mentre quest'anno «hanno
i fax e i telefoni muti ». Una situazione spettrale contro la quale Morandini
sollecita il governo a fare di tutto per dare ossigeno finanziario alle Pmi.
Come l'istituzione di un «grande fondo di garanzia da almeno 5 miliardi in
grado di immettere 80 miliardi di liquidità nel nostro sistema». Roberto
Bagnoli Da sinistra, Giulio Tremonti con Jean-Claude Trichet Banche e regole
Corrado Passera di Intesa Sanpaolo
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-14 num: - pag: 3 categoria:
REDAZIONALE Il consigliere economico di Obama Summers: crisi,
segnali incoraggianti «Le spese delle famiglie sembrano essersi stabilizzate,
un fatto moderatamente incoraggiante», ha detto ieri Larry Summers, il
consigliere economico della Casa Bianca, convinto che la crisi
abbia spinto ad «un eccesso di paura». Ma «la paura chiama
la paura» e «questo è il paradosso al centro della crisi
finanziaria». Un cambiamento di tono che riecheggia
quello del giorno prima di Barack Obama. La crisi «non è negativa come pensiamo», aveva detto il presidente. Larry
Summers
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
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- NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-14 num: - pag: 15 categoria:
REDAZIONALE Strategie La nuova Casa Bianca non vuole scoprire il fianco ad
accuse di debolezza o eccessiva cautela E Obama rigioca la carta militare
Truppe al confine col Messico, navi da guerra nel Mar della Cina Il governo Usa
non esclude di schierare la Guardia Nazionale o unità dell'esercito alla
frontiera meridionale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Mentre il ministro
dell'Interno, Janet Napolitano, sta moltiplicando il numero degli agenti
federali al confine col Messico, il governo degli Stati Uniti non esclude di
schierare la Guardia Nazionale o perfino unità dell'esercito alla frontiera
meridionale, se la guerra in corso fra i cartelli della droga dovesse sfuggire
di mano e minacciare le vicine città americane. Lo ha detto al Congresso Roger
Rufe, capo delle operazioni dell'Homeland Security Department, precisando
tuttavia che il ricorso alle truppe è visto come «risorsa di ultima istanza» e
che al momento la militarizzazione del confine col Messico non è all' ordine
del giorno. Ma anche la semplice formulazione dell'ipotesi segnala la crescente
preoccupazione della nuova Amministrazione di fronte al dilagare della violenza
nel Paese confinante. E conferma più in generale, insieme ad altri esempi
recenti, che anche la Casa Bianca di Barack Obama intenda sempre lasciarsi
aperta l'opzione militare. «L'intensificarsi dello scontro tra i cartelli della
droga in Messico è allarmante - ha spiegato Rufe - e noi dobbiamo essere sempre
in grado di rispondere, specie se la minaccia della violenza dovesse
raggiungere livelli che le nostre forze sul posto non siano più in grado di
fronteggiare». Nel 2008, sono stati 6 mila (fra cui 500 poliziotti) i morti
della guerra fra le bande per il controllo delle vie della droga tra lo Stato
centro-americano e gli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, la violenza ha
cominciato a tracimare anche sul territorio americano, dove si sono registrati
rapimenti, sparatorie e altri atti criminali. Non sarebbe la prima volta che
Washington schiera delle truppe al confine col Messico. Ma l'annuncio
dell'Amministrazione Obama serve anche a sfatare ogni dubbio sulla sua
determinazione e prontezza a muoversi a tutto campo. Un altro esempio viene dal
Mar della Cina, dove il Pentagono ha inviato un cacciatorpediniere
lanciamissili, dopo l'incidente di una settimana fa, che ha visto cinque unità
navali di Pechino circondare e bloccare una nave-laboratorio della marina
americana per la sorveglianza oceanica. La USS Chung-Hoon, già nella regione
per un regolare turno, è ora schierata a protezione della
missione oceanografica. L'incidente è avvenuto non lontano dall'isola di
Hainan, dove la marina cinese ha una base sotterranea per sommergibili. Il
ricorso alla dissuasione militare non ha impedito al presidente Obama, nel suo
incontro di giovedì con il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, di
rinnovare l'offerta di cooperazione con Pechino, già formulata da Hillary
Clinton nel suo recente viaggio in Oriente. «E' importante elevare il livello e
la frequenza del dialogo tra i nostri eserciti per evitare futuri incidenti»,
ha detto il presidente. E' chiaro che l'Amministrazione democratica, pur decisa
a rilanciare una politica estera fondata in primo luogo sulla diplomazia, non
voglia in alcun caso scoprire il fianco ad accuse di debolezza o eccessiva
cautela nel considerare eventuali opzioni militari, sul piano teorico e
pratico. Suonano conferme la decisione di inviare altri 17 mila soldati in
Afghanistan (che potrebbero raddoppiare entro la fine dell' anno) e
l'intensificazione degli attacchi con i droni comandati a distanza contro le
cellule terroristiche di al-Quaeda, nascoste al confine col Pakistan. Paolo
Valentino Al fronte Obama in volo su Bagdad con il generale Petraeus a luglio
Muro Un tratto della barriera lungo la frontiera Usa-Messico (di 3mila km il
muro ne copre 500) Getty/Afp
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data:
2009-03-14 num: - pag: 37 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa di
Giacomo Ferrari Vola Autogrill, vendite su Enel Al rialzo per quasi tutta la
seduta, Piazza Affari ha invertito il trend in extremis, con l'indice
S&P/Mib terminato in ribasso dello 0,84% e il Mibtel dello 0,40%.
Sotto i 2 miliardi di euro il controvalore complessivo degli scambi. La
giornata in realtà è stata dominata dal nervosismo anche riguardo ad alcuni
singoli titoli. Fiat, per esempio, è schizzata in mattinata fino al 6% sul
riemergere delle ipotesi di una possibile alleanza con Peugeot. Dopo la
smentita di Torino, però, la speculazione è immediatamente uscita, provocando
un calo dell'1,04% del prezzo di riferimento. Sul titolo del Lingotto hanno
inoltre pesato i dati di vendita di auto in Europa, ancora in calo a febbraio
ma con qualche segnale di recupero. In forte caduta, fra i titoli del paniere
dell'S&P/Mib, l'Enel. Reduce da un forte rialzo, il titolo della società
energetica ha ceduto il 7,23% dopo che molti analisti hanno corretto il
giudizio, tagliando il target- price, in seguito all'operazione di aumento di
capitale recentemente deliberato. Contrastato, nel suo complesso, il comparto
energetico: Snam Rete Gas ha ceduto il 2,41%, ma ha tenuto l'Eni (+1,77%) e
Saipem ha accelerato la corsa iniziata giovedì, guadagnando un ulteriore 4,44%.
A correre di più fra i titoli principali è stato Autogrill, cresciuto del 6,81%
dopo il +9,77% della vigilia seguito alla pubblicazione dei dati di bilancio. I
conti di fine 2008 hanno invece penalizzato Luxottica: la delusione per i
risultati inferiori alle attese e soprattutto per il taglio del dividendo ha
determinato una caduta dell'8,14%. Significativi, infine, i ribassi di Geox
(-5,19%) e Finmeccanica (-4,22%). Il gruppo elettrico L'aumento di capitale e
le prese di profitto spingono l'azione giù del 7,23%
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: -
pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Stoccolma L'interesse di Lufthansa
trascina Sas (g.fer.) — La compagnia aerea scandinava Sas ha annunciato ieri i
termini dell'aumento di capitale destinato al rilancio dell'attività dopo la
chiusura in perdita del bilancio 2008. E il prezzo di 2,63 corone indicato per
ciascuna azione di nuova emissione è stato giudicato particolarmente
interessante dal mercato, che ha premiato il titolo con un progresso del
15,45%, a 25,4 corone. Particolarmente elevati gli scambi: sono stati trattati
1,2 milioni di titoli, contro i 353 mila registrati in media negli ultimi tre
mesi. Ma a far scattare l'interesse della Borsa è stata soprattutto la
dichiarazione di Lufthansa che si è detta interessata a sottoscrivere
l'operazione.
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-14 num: -
pag: 37 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano Acea, il nodo francese frena il
titolo (s.agn.) — Il gruppo Caltagirone che supera ufficialmente la «soglia rilevante»
del 7,5%. L'incontro in programma tra il numero uno di Gdf-Suez, Gerard
Mestrallet, e il sindaco- azionista con il 51%, Gianni Alemanno. La situazione
del-l'Acea, la ex municipalizzata di Roma, è in continuo movimento anche se il
mercato, ieri, ha dimostrato ancora una freddezza che è costata al titolo un
calo del 2,78%. I francesi avevano chiesto un chiarimento al socio di
maggioranza, il Comune, dopo l'addio del ceo Andrea Mangoni. In discussione ora
c'è il rilancio della partnership che è stata rimessa in discussione.
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- ROMA - sezione: Cronaca di Roma - data: 2009-03-14 num: - pag: 3 categoria:
REDAZIONALE Rifiuti, due milioni di cittadini da monitorare Dopo lo scandalo di
Colleferro la Regione avvia un vasto screening: spesa, 28 milioni Ancora scottata
dalla raffica di arresti sull'impianto di Colleferro, la giunta prova a correre
ai ripari «Quanta popolazione del Lazio copriremo con la nuova rete di
monitoraggio sanitario sull'intero ciclo di rifiuti? Almeno un quarto degli
abitanti...». Carlo Perucci, epidemiologo dell'Asl RmE, veterano di campagne di
monitoraggio e ricerca, valuta dunque in quasi due milioni (sui 5,6 dell'intero
Lazio) gli abitanti interessati nella regione dall'intero ciclo di rifiuti e
dai problemi che ne possono nascere. Persone che convivono con la raccolta dei
rifiuti, come gli addetti delle municipalizzate, con la selezione, con lo
stoccaggio, con le discariche, con gli impianti di combustione (non solo di
rifiuti). Per tutti questi soggetti a rischio nasce dunque un programma mutuato
dall'esperienza della Regione Emilia- Romagna, il Moniter, finanziato con sei
milioni di euro. Altri 22 milioni sono stati invece destinati alla messa in
sicurezza di 42 vecchi impianti, tra siti legati ai rifiuti e cimiteri
industriali, che comportano gravi rischi ambientali. La Regione Lazio da ieri
ha deciso un giro di vite sul fronte di controlli e tutela. L'ha fatto dopo le
polemiche dei giorni scorsi e sull'onda del balletto di accuse e repliche
innestato dal «caso Colleferro ». All'Arpa, l'Agenzia
protezione ambiente della regione, inizialmente maltrattata dalle dichiarazioni
del presidente Piero Marrazzo e a cui è stato poi riconosciuto invece il lavoro
di controllo sottotraccia effettuato proprio a fianco dei carabinieri del Noe,
viene affidato il nocciolo più scottante: controllare i controllori,
adottando un sistema totalmente autionomo di verifica dei fattori inaquinanti.
Il primo impiego in questo nuovo ruolo è l'allestimento di una «centralina» sul
camino stesso dei termovalorizzatori di Colleferro, per un controllo
sistematico delle polveri sottili. «Partiamo da Colleferro spiega il
commissario dell'Arpa, Corrado Carrubba - , ma dovremo estendere presto il
sistema anche al resto delle situazioni analoghe, da San Vittore nel cassinate a
Malagrotta, a Roma. Altrimenti avremmo cittadini di serie A e cittadini di
serie B». Spiega il vicepresidente regionale Esterino Montino: «L'Arpa faceva
controlli da maggio 2008, anche carotaggi nelle balle di Cdr, però era legata
al segreto istruttorio. Ora abbiamo deciso di potenziarla... ». Nasce dunque
una sorta di Super-Arpa. E non manca certo la materia da regolare. Da una parte
dunque ci sono i 42 cimiteri industriali e dei rifiuti da mettere al sicuro:
tra i maggiori, posti come l'area Secosvim di Colleferro, Cantamerla a Torrice,
Tavernola a Ripi, Pantanelle a Roccasecca. Dall'altra parte c'è il lavoro degli
epidemiologi: consiste nel censimento dei siti del ciclo rifiuti, nella
standardizzazione dei sistemi di monitoraggio, nella definizione delle popolazioni
esposte. «Non partiamo dal nulla spiega Perucci - . Abbiamo già fatto le
ricerche su Malagrotta e sull'Inviolata di Guidonia. Ma anche preventive su
Albano, per il futuro impianto. Lì è emerso che la popolazione è già affetta da
patologie respiratorie, dovute all'intenso traffico veicolare. Almeno così
sappiamo cosa già c'è...». La mappa del rischio è molto ampia. Oltre agli
addetti lavori, coinvolge impianti di trattamento e selezione rifiuti (a Roma,
Rocca Cencia, via Salaria, Malagrotta, nel resto del Lazio ad Albano,
Colfelice, Viterbo e Paliano), le discariche (Malagrotta, Bracciano, Inviolata,
Civitavecchia, Borgo Montello, Colleferro, Albano, Viterbo), infine i tre
termovalorizzatori esistenti (a Colleferro e San Vittore). «Puntiamo alla copertura
sanitaria di tutti coloro che vivono intorno a queste strutture», questa la
filosofia della Regione. Ma per la messa a punto ci vorrà del tempo. Paolo
Brogi Regione Dopo le iniziali critiche del governatore Piero Marrazzo, oggi
all'Arpa è riconosciuto un ruolo importante nella gestione rifiuti \\
L'epidemiologo Perucci fa due calcoli: «Quanta popolazione copriremo con la
nuova rete di monitoraggio sanitario? Almeno un quarto degli abitanti». Nasce
un programma Moniter per il Lazio
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-14 num: - pag: 35 categoria:
REDAZIONALE Risparmio Il Fisco dei paesi d'origine dei depositanti potrà avere
informazioni Svizzera e Lussemburgo, ritirata sul segreto bancario Anche
l'Austria cede, sì alle regole dell'Ocse La sola Berna, prima piazza «off shore»
al mondo, ha circa duemila miliardi di dollari di fondi esteri in gestione
MILANO — Durante la depressione degli anni 30, la Svizzera creò il segreto
bancario per difendersi dallo spionaggio francese e tedesco. In questa crisi, sotto pressione da Parigi e Berlino, Berna ne demolisce i muri
portanti. Un concitato giro di consultazioni fra i ministri finanziari di
Svizzera, Lussemburgo e Austria giovedì ha segnato una svolta per migliaia di
miliardi in patrimoni privati nei prossimi anni. Pressati dai grandi
Paesi europei, minacciati dal rischio di finire nella «lista nera » del G20,
scossi loro stessi dall'instabilità finanziaria, i tre
hanno deciso di fare insieme ciò che avevano rifiutato per oltre un decennio:
arrendersi. Il segreto bancario di Svizzera, Austria e Lussemburgo, pietra di
volta delle piazze finanziarie, cambia per almeno un aspetto determinante.
Tecnicamente è un allineamento agli standard dell'Ocse, che proprio l'organismo
multilaterale di Parigi negoziato in questi giorni. Nella pratica, tutto ciò
offre nuove armi alle autorità fiscali di tutti i Paesi d'origine dei
depositanti. Da Parigi, Roma, Berlino o Washington si potranno chiedere
informazioni sulle posizioni bancarie di propri cittadini residenti con conti
in banche svizzere, lussemburghesi o austriache. Basterà che le autorità
tributarie dimostrino di avere sospetti credibili di evasione fiscale sul
depositante. Per la Svizzera, prima piazza «off shore» al mondo con duemila
miliardi di dollari di fondi esteri in gestione, può significare il crollo di
un muro. Del resto la pressione era diventata insostenibile: l'esplodere dei
deficit pubblici nei grandi Paesi avanzati ha accanito i governi nel mettere
all'indice in tutto il mondo paradisi fiscali e centri finanziari «non
pienamente cooperativi». In pochi giorni Liechtenstein, Andorra, isole di Man,
Jersey e Guernsey, Singapore, Hong Kong, e poi ieri anche il Principato di
Monaco si sono allineati alle richieste dell'Ocse e del G20 sullo scambio
d'informazioni con il fisco del Paese d'origine. Cambia pelle così un'industria
globale di gestione dei patrimoni «off shore» fra i settemila e i 12mila
miliardi di dollari di depositi. Secondo Oxfam, l'evasione grazie ai paradisi
fiscali sottrae ogni anno ai Paesi in via di sviluppo più del totale degli
aiuti offerti dai Paesi ricchi: 124 miliardi di tasse non pagate, contro 103
miliardi di doni. Resta da vedere se funzionerà: la Svizzera, ha lasciato
intendere ieri il presidente Hans-Rudolf Merz, applicherà le concessioni in
modo restrittivo e farà tutto per difendere la propria sopravvivenza come
piazza finanziaria. A patto, ovviamente, che ora non
sia scavalcata da nuovi paradisi-canaglia del tutto disinteressati alla
rispettabilità internazionale. Federico Fubini
( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi USA: Obama è
ottimista, ma gli americani sono sempre più poveri 14-03-2009 NEW YORK.
Nonostante il patrimonio degli americani sia diminuito di quasi il 20% in un
anno a causa della crisi, il presidente Barack Obama
ha voluto essere rassicurante e ieri ha lanciato una serie di messaggi cautamente
ottimistici, dopo avere ricevuto il suo consigliere economico Paul Volcker. E'
stato cauto anche l'altro consigliere economico di Obama, quello ufficiale
della Casa Bianca, Larry Summers, secondo cui il pacchetto di stimolo comincia
a dare qualche timido risultato, ma è impossibile sapere quanto durerà la crisi. Di crisi ha poi parlato il
portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, secondo cui l'America rimane il
posto più sicuro al mondo per investire. Quella di Gibbs era una risposta alle
preoccupazioni cinesi sul debito Usa, dato che di fatto sarà Pechino a
finanziare le spese del pacchetto di stimolo, attraverso i titoli del debito
pubblico Usa sottoscritti dai suoi cittadini. La frase del portavoce è suonata
un po' come una beffa, 24 ore dopo l'ingresso in carcere del supertruffatore
americano Bernard Madoff, e pochi mesi dopo il crollo di colossi come Lehman
Brothers, la banca d'affari fallita l'anno scorso, o di Aig, l'ex numero uno
mondiale delle assicurazioni, che alla bancarotta è sfuggito per un pelo grazie
a massicci interventi pubblici. Obama sta premendo per quello che lui stesso ha
definito "un modello di crescita post-bolla". Le sue ricette sono
ormai note, e non vengono sempre condivise in Europa, dove ci sono ammortizzatori
sociali che gli Usa non possiedono, e dove si punta più volentieri a una
riscrittura delle regole di controllo finanziario. Obama ha citato quattro
punti, ribadendo concetti già espressi nei giorni passati. Primo, ha detto il
presidente, occorre "un pacchetto di stimolo: è sul punto di giungere e
rimetterà la gente al lavoro. Secondo, bisogna garantire che non solo il
sistema bancario, ma anche quello creditizio nel suo insieme funzioni, e
dobbiamo ripararne alcune tubature". Il terzo punto citato dall'inquilino
della Casa Bianca sono "le regole finanziarie" da
rivedere, in un esercizio definito "a lungo termine". Infine, Obama
ha citato il nuovo modello di crescita, quello post crisi. Al suo fianco, Volcker ha detto che dietro alla crisi finanziaria ci sono "grossi
problemi economici": bisogna prenderli in considerazione e potrebbero
richiedere più tempo di quelli finanziari per essere risolti. Secondo
Summers le misure di stimolo stanno dando i primi, timidi frutti: lo ha detto
in un discorso alla Brookings, uno dei più prestigiosi think-tank di
Washington. Dopo un fine anno catastrofico per i consumi, ha aggiunto
l'esperto, "in base ad una serie di indicatori le spese delle famiglie
sembrano essersi stabilizzate, e si tratta di un fatto moderatamente
incoraggiante". Il consigliere di Obama è convinto che la crisi abbia spinto ad "un eccesso di paura", un
sentimento da spezzare se si vuole che l'economia riparta. "La paura
chiama la paura", ha detto Summers, secondo cui "questo è il
paradosso al centro della crisi finanziaria".
( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
Tremonti: necessaria
una vigilanza sistemica sul settore bancario 14-03-2009 HORSHAM (Inghilterra).
Le attività di banche e istituzioni finanziarie hanno ormai ampiamente superato
i confini dei singoli Paesi: con operatori sistemici, dunque, anche la
vigilanza dovrebbe diventare sistemica. A lanciare l'idea è il ministro
dell'Economia Giulio Tremonti che propone di affidare tutte le attività di
controllo alla Banca Centrale europea. E all'indomani delle tensioni sorte tra
Tesoro e Bankitalia, dopo che una circolare di Via Nazionale ha di fatto
sconfessato il progetto di Tremonti di affidare ai prefetti il compito di
monitorare sul territorio le attività creditizie delle banche, il ministro ha
riaffermato "il grandissimo impegno dei prefetti". Il numero uno del
dicastero dell'Economia, a Londra per partecipare ai lavori del G20, si è
intrattenuto con i giornalisti in una conferenza stampa all'ambasciata italiana
per presentare un nuovo progetto di finanziamento della sanità nei paesi più
poveri. Ha preferito non replicare direttamente alla presa di posizione di
giovedì della Banca d'Italia, ("all'estero preferisco non parlare di
questioni nazionali", ha detto), ma ha assicurato che il tempo per
esprimere la propria posizione ci sarà, nei luoghi preposti. Ed ha rimandato
così l'appuntamento alla settimana prossima: "terremo una riunione con
Confindustria, Abi, banche e sindacato. Vorremmo riferire sull'avanzamento dei
lavori, cosa hanno fatto la Sace, la Cassa depositi, il governo sul flusso
credito all'economia. Inoltre analizzeremo come avanzano gli osservatori, che
funzionano con grandissimo impegno dei prefetti". Tremonti non si lancia
in un aperto botta e risposta foriero di polemiche, anche se prospetta
l'ipotesi di levare alla stessa Banca d'Italia, così come a tutti gli altri
istituti centrali europei, la sua funzione cruciale, quella della vigilanza sul
sistema bancario. "Credo che ad un'attività sistemica debba corrispondere
una vigilanza sistemica", argomenta infatti il ministro osservando che
"é una questione di mezzi. Se quelli che si devono controllare hanno la
Ferrari, i controllori non possono avere la bicicletta". La sua
conclusione è chiara: "io - dice - darei tutto alla Bce". Ma Tremonti
non si inoltra negli eventuali problemi giuridici che tale misura potrebbe
comportare: "non so se questo implica una revisione del Trattato", ha
osservato infatti. E le parole del ministro non mancano di suscitare immediate
reazioni: "mi sembra una picconata eccessiva a Bankitalia", che ha
tra l'altro "un ruolo importantissimo da giocare", ha detto
l'amministratore delegato di Intesa SanPaolo Corrado Passera. "Certo - ha
aggiunto - un po' preoccupati siamo perché ci sono già varie autorità che
vigilano sulla nostra attività". L'occasione di ieri è
servita infine a Tremonti per ricordare come nell'attuale situazione di forte crisi finanziaria torni sempre più
d'attualità la necessità di introdurre nuove regole, improntate al concetto di
'legal standard' caro allo stesso ministro. "Il diritto - ha ribadito
infatti - deve e può completare il mercato perché non c'é mercato senza
diritto".
( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
I ministri del G20
si incontrano nel West Sussex. Frizioni tra USA ed Europa Continentale
14-03-2009 HORSHAM (Inghilterra). I ministri dell'Economia e delle Finanze del
G20 si sono incontrati ieri sera in un grande hotel di campagna del West
Sussex, in Inghilterra, per una riunione (che durerà fino ad oggi) che deve
preparare il terreno per il vertice di capi di stato e di governo del 2 aprile
a Londra. Una riunione segnata da frizioni tra Usa ed Europa continentale -
sull'entità dei piani di rilancio dell'economia - tensione che il cancelliere
dello Scacchiere britannico Alistair Darling si è affrettato a minimizzare
parlando di "lavoro in stretto contatto" con gli americani. L'idea
della presidenza britannica è quella di dare un messaggio chiaro: i responsabili
delle finanze del G20 lavorano insieme senza sosta per risolvere la peggior crisi economica degli ultimi 80 anni. Darling, parlando alla
Bbc, ha spiegato che le azioni corali dei vari paesi dovrebbero dare "una
significativa spinta all'economia...non c'é una soluzione rapida. Non c'é una
soluzione da un giorno all'altro". Il G20 raggruppa i Paesi più
industrializzati e le maggiori economie in via di sviluppo, che rappresentano
l'85% dell'economia mondiale. Paesi che hanno già segnalato diversi punti di
vista sulla quantità che di soldi che i governi dovrebbero spendere per tirarsi
fuori dalla recessione, con l'Europa continentale che appare meno intenzionata
degli Usa a spendere altri fondi per rilanciare l'economia. Se Washington
insiste sugli stanziamenti (e il Giappone sembra allinearsi a questa
posizione), l'Europa chiede essenzialmente nuove regole globali. "Dobbiamo
accordarci su un approccio per risolvere i problemi del sistema bancario in
tutto il mondo", ha detto Darling. Ma ad esempio, non c'é neanche accordo
nel G20 su quale organismo internazionale debba regolare le banche. Arrivando a
Horsham, il ministro dell'Economia francese Christine Lagarde si è comunque
detta "molto ottimista sugli esiti del G20". "Dobbiamo tutti
esporre le nostre posizioni, dobbiamo arrivare a condividere un'analisi sulla
situazione e la valutazione delle misure già attuate", ha affermato
Lagarde. In ogni caso, per affrontare la crisi in
corso l'Europa "ha deciso di coordinarsi" e di adottare una posizione
comune: lo ha sottolineato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti,
rispondendo ai giornalisti che in conferenza stampa a Londra gli chiedevano la
risposta europea alle sollecitazioni americane per l'adozione di nuove misure
di rilancio dell'economia. "E' un discorso che va visto in termini
analitici - ha spiegato Tremonti - In primo luogo bisogna distinguere tra
annunci di piani e fatti. In secondo luogo bisogna vedere, dentro i piani
presentati nei parlamenti, quante risorse sono effettivamente andate all'economia reale e quante invece al salvataggio di banche e
finanziarie". "L'impressione - ha proseguito - è che solo una
quantità residuale di risorse sia andata all'economia reale. Prima di una
decisione europea ci sarà un'analisi di questo tipo. Il meccanismo europeo è
molto più governativo che monetario, ed essendo intergovernativo è più forte
politicamente".
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
CINA Pechino
«preoccupata» dal rischio dei titoli Usa L'economia domina la conferenza stampa
del premier Wen Paola Desai Nessun capo di stato aveva mai avanzato
pubblicamente dubbi sul «rischio» finanziario dei buoni del tesoro emessi dagli
Stati uniti. Lo ha fatto ieri il premier cinese Wen Jiabao, durante la lunga
conferenza stampa tenuta a conclusione della seduta annuale del Congresso del
popolo (il parlamento) cinese, per tradizione l'unico incontro con i media ogni
anno. «Abbiamo prestato un'enorme quantità di denaro agli Stati uniti. Certo
siamo preoccupati dalla sicurezza dei nostri investimenti. In effetti sono
davvero preoccupato», ha detto Wen, con un linguaggio insolitamente esplicito.
Abbiamo chiesto agli Stati uniti di «mantenere il suo buon credito, onorare le
promesse e garantire la sicurezza dell'investimento cinese», ha aggiunto: «Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di
misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina
è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande
finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di
petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.000
miliardi di dollari tra titoli emessi dal Tesoro americano (circa 750miliardi)
e altri titoli sostenuti dal governo di Washington. Il premier non ha detto che
la Cina non ne comprerà più, né tantomento ha minacciato di rimetterli sul
mercato. Wen Jiabao ha aggiunto che la cina garantirà la stabilità della sua
moneta (il renminbi, che si è apprezzato del 21% sul dollaro dal 2005), ma ha
respinto le pressioni: «Nessun paese può spingerci a svalutare o rivalutare».
Certo però Pechino vuol far pesare la sua potenza economica e il suo ruolo
geopolitico: e questo è accentuato dal fatto che nonostante la crisi globale, la Cina è tra i pochi paesi ancora in grado
di spendere perché ha le più grandi riserve di valuta straniera al mondo: sono
stimate in circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di dollari. Circa metà di queste
riserve sono investite appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca
centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi
troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è
che Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa
probabile: più il governo americano spenderà in misure di «stimolo», più avrà
grandi deficit di bilancio e cercherà di rastrellare denaro offrendo buoni
tassi d'interesse. La Cina ci perderebbe perché i titoli del tesoro Usa che
possiede hanno interessi bassi. Pechino del resto non è al riparo dalla crisi globale, anche se la sua posizione è relativamente
meno grave. Il premier Wen ha difeso le misure prese finora: un piano di
sostegno all'economia di 585 miliardi di dollari, di cui 173 spesi direttamente
dallo stato centrale (in welfare, innovazione tecnologica, infrastrutture e
protezione ambientale) e il resto dai governi locali, banche e investitori privati.
Il suo governo è pronto a aumentare ulteriormente la spesa pubblica se sarà
necessario, ha detto il premier: la Cina avrà un deficit di bilancio del 3%
quest'anno per finanziare queste misure. Wen ha ammesso però che sarà difficile
mantenere l'obiettivo di crescita del Pil all'8% per il 2009, tasso che i
pianificatori cinesi considerano necessario per evitare una disoccupazione
disastrosa. Il fatto è che già si sono persi milioni di posti di lavoro negli
ultimi mesi, 20 milioni solo nelle fabbriche e nelle costruzioni - altrettanti
lavoratori migranti costretti a tornare nelle regioni rurali da cui
provenivano. Mercoledì la Cina ha annunciato che le sue esportazioni sono scese
del 26% in febbraio, un record. Le due ore di conferenza stampa del premier
cinese hanno affrontato soprattutto temi economici, ma non solo. Altro tema
notevole, il Tibet: dove Wen ha detto che Pechino è pronta a nuovi colloqui con
gli inviati del Dalai lama, sequesti rinuncerà al «separatismo». I colloqui
precedenti hanno dapo ben pochi risultati. ma il Tibet è «pacifico e stabile»,
ha detto Wen, e ciò dimostra che «sono corrette le politiche che abbiamo
adottato».
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA 14-03-2009 La crisi
taglia gli spot. Rai: ora sacrifici ROMA. La crisi
finanziaria è più grave del previsto, incide sugli
introiti pubblicitari e la Rai è chiamata ad ulteriori sacrifici. Pertanto
occorre tagliare il budget di altri 60-70 milioni di euro nel 2009, che
andranno ad aggiungersi ai 110 milioni già previsti quando a fine 2008 sono
stati rifatti i conti di previsione dell'azienda radiotelevisiva pubblica.
Lo afferma il direttore generale della Rai Claudio Cappon in una lettera
inviata a tutti i dipendenti dell'azienda. Nella lettera si ricorda lo sforzo
dei vertici aziendali, nonostante «la complessa fase di transizione del Cda»,
per continuare a garantire il ruolo di vertice della Rai nel panorama delle
televisioni pubbliche europee, ma allo stesso tempo si chiede uno sforzo
collettivo aziendale per affrontare la crisi. Sforzo
che sarà necessario tradurre in «sacrifici personali» sugli straordinari, le
trasferte, i premi e le maggiorazioni orarie. Sacrifici che dovranno essere
sostenuti «anche dal sistema dell'indotto» e dalla varie strutture aziendali
«con nuovi e più stringenti obiettivi di contenimento della spesa». Anche se,
ha tenuto a sottolineare il dg giunto al termine del suo mandato, «la Rai
affronta la crisi con una posizione finanziaria
sana, una buona solidità patrimoniale e risultati economici equilibrati anche
nel 2008». La sede Rai di viale Mazzini (Ansa)
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
MONDO 14-03-2009 LA
SFIDA ECONOMICA Il consigliere della Casa Bianca, Larry Summers, è cauto sul
rilancio. «Le spese delle famiglie però si stanno stabilizzando» E il capo
statunitense vorrebbe un secondo pacchetto di stimoli «Ripresa lontana Ma il
piano Obama sta dando frutti» DA NEW YORK ELENA MOLINARI « È È impossibile
prevedere la fine di questa crisi economica». Il
pessimismo arriva dal direttore del Consiglio nazionale economico della Casa
Bianca, Lawrence Summers che ha parlato in un intervento alla Brookings
Institution uno dei think tank più prestigiosi di Washington. «L'Amministrazione
Obama ha varato un programma di riforme molto audace per rilanciare l'economia.
Ma nessuno può dire quando si vedranno gli effetti », ha detto Summers nel suo
discorso. Tuttavia il consigliere del presidente si è detto certo che le misure
di stimolo prese per arginare la crisi e rilanciare la
macchina, «stiano dando i primi timidi frutti». Secondo Summers, dopo un fine
anno catastrofico per i consumi, «in base ad una serie di indicatori le spese
delle famiglie sembrano essersi stabilizzate, un fatto moderatamente
incoraggiante». Il consigliere di Barack Obama è convinto
che la crisi abbia spinto
ad «un eccesso di paura», un sentimento da spezzare se si vuole che l'economia
riparta. «La paura chiama la paura», ha detto Summers, secondo cui «questo è il
paradosso al centro della crisi finanziaria ». Ma le famiglie americane restano dubbiose sulla capacità di
Washington di risollevarle dalla crisi. Un sondaggio Rasmussen mostra infatti che la maggioranza
degli americani è convinta che il loro Paese sia avviato verso una nuova
Depressione. Consapevole delle loro difficoltà e del rischio di perdere la
fiducia popolare, Obama ha passato la giornata di ieri chiuso alla Casa Bianca,
a consiglio con i suoi esperti economici, per capire quali effetti stia avendo
il piano di stimolo economico da quasi 800 miliardi di dolla- ri approvato dal
Congresso a febbraio e se sia necessario lanciarne un altro. Non è un mistero
che la Casa Bianca stia valutando l'ipotesi di un secondo pacchetto di stimolo,
mentre Obama ha già presentato al Congresso una finanziaria
da 3mila 600 miliardi di dollari per il 2010, che ha avuto un'accoglienza
glaciale da Camera e Senato. Anche ieri il presidente è emerso da una giornata
di consultazioni sostenendo che «per far ripartire l'economia in crisi occorre un pacchetto di stimolo», oltre a rilanciare
il sistema creditizio, la riscrittura nel lungo termine di regole finanziare,
il coordinamento con gli altri Paesi. Accanto aveva il consigliere economico
della Casa Bianca Paul Volcker che ha invitato gli americani ad avere pazienza:
«È una materia molto complicata anche solo se ci si limita al settore
finanziario ha detto l'ex capo della Federal Reserve ma ci sono problemi ancora
più grandi dietro il sistema finanziario che richiederanno più tempo per
risolversi e che non possiamo ignorare mentre lavoriamo per uscire dalla crisi immediata». Da una recente inchiesta condotta dal Wall
Street Journal tra 49 diversi economisti è emerso inoltre che il 40 per cento
ritiene che un secondo pacchetto sia effettivamente necessario per favorire la
ripresa economica. Dal punto di vista politico è però terreno minato. Molti
importanti esponenti democratici non appaiono entusiasti all'idea di mobilitare
altre centinaia di miliardi dei contribuenti, dopo il pacchetto approvato con
la quasi totale contrarietà dei repubblicani. E la stessa speaker della Camera
Nancy Pelosi ieri è stata costretta ad aggiustare il tiro. Dopo essersi detta
disposta a considerare un nuovo pacchetto per il rilancio economico, ha
precisato che una tale misura non è «prevista a breve termine». Il leader
americano ha lavorato tutto il giorno con i suoi consulenti. Volcker: «Serve
pazienza» Lawrence Summers, capo del Consiglio economico della Casa Bianca
(Reuters)
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
MONDO 14-03-2009
Crisi, la Cina tende la mano agli Usa DA PECHINO L a Cina è pronta a fare la
sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in
titoli di Stato americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao
parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei
lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto
dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri.
In due ore di conferenza nel Palazzo dell'Assemblea del popolo Wen ha parlato
anche di Tibet, di Taiwan e di Corea del Nord. Pechino, ha affermato il
premier, intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita
dell'economia dell' 8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà », la
Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie
per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra
Pechino e la nuova amministrazione americana, il primo ministro ha leggermente
ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a
Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, due giorni fa.
La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il
leader tibetano in esilio, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza»
del Tibet. «Con il Dalai Lama ha detto bisogna guardare quello che dice ma
anche quello che fa, la chiave è la sincerità ». Il leader tibetano chiede per
il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», ma Pechino ritiene
che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina.
Secondo Wen «i fatti» hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in
Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di
sicurezza dispiegato in Tibet in occasione dell'anniversario della rivolta
anticinese del 10 marzo 1959, Wen ha affermato che la situazione nel territorio
è «pacifica e stabile». Il primo ministro ha mostrato poi il suo volto
preferito, quello "buonista", parlando di Taiwan, l'isola di fatto indipendente
che Pechino rivendica come parte del proprio territorio. «Mi piacerebbe molto
visitare Taiwan» . Wen Jiabao ha evitato di usare toni pesanti verso la Corea
del Nord, il Paese tradizionalmente alleato della Cina che sta minacciando di
effettuare un test missilistico all'inizio di aprile col rischio di far
arretrare le trattative per la denuclearizzazione della penisola coreana.
Pechino, ha detto, si augura che «tutte le parti in causa» si astengano da
«azioni che possono aggravare le tensione». ( E.A.) Il premier Wen Jiabao
assicura: faremo la nostra parte Sul Dalai Lama si è detto pronto a riprendere
il dialogo se «rinuncerà all'indipendenza» Nuove aperture su Taiwan Il premier
cinese Wen Jiabao (Epa)
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 14-03-2009
Campania Un'economia allo stremo I timori per Pomigliano DA
NAPOLI VALERIA CHIANESE P erdita di capacità produttiva, caduta della domanda,
aggravio delle difficoltà finanziarie delle imprese, riduzione delle linee di
credito da parte delle banche, aumento delle richieste di fallimento: sono le
conseguenze della crisi
sull'economia campana, secondo una ricerca del Centro regionale di analisi
territoriale. Lo studio fotografa la situazione campana nel 2008.
Un'economia arretrata, superata sin dal 2006 per reddito pro capite anche dalla
Calabria, storicamente una regione povera, in cui gli unici propulsori della
domanda interna restano i consumi delle famiglie e la spesa pubblica. Il
sistema industriale campano, fatto in massima parte di piccole e medie imprese,
è allo stremo. Negli ultimi dodici mesi le ore di cassa integrazione sono più
che raddoppiate (+200% solo nel primo bimestre di quest'anno rispetto al 2008)
che inspessiscono le croniche sacche di disoccupazione. A soffrire le province
di Caserta e Salerno, ma soprattutto quella napoletana. A Pomigliano d'Arco le
vertenze simbolo, tra la Fiat Auto e l'Atitech che non è riuscita a salire
sull'aereo della Cai. Il vescovo di Nola monsignor Beniamino Depalma, quale
«Pastore di un gregge ferito», ha scritto al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano e all'ad di Fiat Sergio Marchionne. Al Capo dello Stato, già
intervenuto per sollecitare una soluzione per Pomigliano, il vescovo si appella
perché faccia «ancora quanto è nelle Sue possibilità per scongiurare la
chiusura della fabbrica, che produrrebbe nel territorio una vera catastrofe
sociale». A Marchionne ricorda che «il futuro di Pomigliano d'Arco non può
essere lasciato solo nelle mani del mercato», che viene «prima l'uomo, poi il
lavoro e infine il capitale».
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 14-03-2009
Sardegna Il Sulcis scende in piazza per il futuro di Eurallumina DA CARBONIA
MARCO CORRIAS I l popolo del Sulcis- Iglesiente è sceso in piazza. Circa 20
mila persone si sono date appuntamento a Carbonia, per dire no alla chiusura
dell'Eurallumina, alla crisi dell'intero comparto
industriale di Portovesme e di tutte le attività produttive dislocate in
Provincia. O- perai e gli artigiani, i sindaci dei 23 Comuni del territorio (e
non solo), le rappresentanze sindacali, gli studenti e i commercianti, i
dipendenti pubblici e i coltivatori, le mamme con i loro bambini e i
pensionati. Tutti in piazza per gridare il disappunto di un territorio che
rischia di precipitare nel baratro della disperazione economicosociale.
All'appuntamento non è voluta mancare la Chiesa diocesana. Il vescovo,
monsignor Giovanni Paolo Zedda ha camminato, accompagnato da tanti sacerdoti,
accanto alla gente, a testimonianza della presenza attenta e solidale della
Chiesa. Ascoltando le voci dei presenti, oltre all'apprensione per un futuro
assai incerto, si respirava però anche un barlume di speranza. Nessuno è
disposto a pagare il prezzo di scelte altrui, o per dirla con le parole del
Sindaco di Carbonia e presidente regionale dell'Anci, Salvatore Cherchi, «a
veder ricadere sulle famiglie del territorio gli esiti negativi dettati dalla
pura speculazione finanziaria» compiute da imprenditori internazionali (l'Eurallumina è di
proprietà della società russa, Rusal). Ora la palla passa nelle mani del
governo nazionale che ha il compito di trovare nuovi programmi di sviluppo
economico e sociale, in grado di ridare dignità a un territorio che da sempre
si è caratterizzato per la combattività e la voglia di non arrendersi.
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 14-03-2009
«Banche, andate a ritirare i bond del Tesoro» DAL NOSTRO INVIATO A PALERMO
NICOLA PINI « I nvitiamo cortesemente le banche, tutte le banche, a passare a
ritirare i Tremonti bond». Giuseppe Morandini, presidente della Piccola
Industria di Confindustra, ieri ha mimato un annuncio stile grande magazzino,
con tanto di avviso sonoro, per sottolineare il concetto: in
questo momento di crisi,
con la domanda dei mercati in ritirata e la necessità di ristrutturare i debiti
e rimodulare i pagamenti, la «priorità numero uno» delle piccole imprese
italiane è quello della liquidità .Per questo le banche devono dare ossigeno
finanziario ai mercati e se hanno problemi a farlo approfittino dei bond
garantiti dal governo, «li ritirino e li girino a noi che ne abbiamo
bisogno». Morandini parlava al convegno «Pmi classe dirigente » organizzato
dagli imprenditori a Palermo. Da dove ha rilanciato con forza la richiesta al
governo di costituire un fondo con almeno 5 miliardi di dotazione per garantire
i crediti, uno strumento che permetterebbe di far arrivare al sistema
produttivo 80 miliardi di liquidità. Dei finanziamenti alle imprese aveva
parlato poco prima di fronte alla stessa platea, il numero uno di Intesa
Sanpaolo, Corrado Passera «Non chiedeteci ha detto di fare cattivo credito e di
prestare dove non ci sono le condizioni. Questa crisi
deriva proprio dal fatto che in una parte del mondo si è prestato dove non si
doveva». Passera ha raccontato di aver fatto a Berlusconi due proposte precise:
«Premiare le aziende che investono e patrimonializzano, con premi di carattere
fiscale o linee di credito garantite, e metterci in condizione, come banche, di
restituire l'enorme massa di credito che le aziende attendono a causa dei ritardi
dei pagamenti della Pa». Se per le piccole e medie imprese la liquidità è la
necessità primaria, altre sfide le attendono. In un momento come questo, ha
sottolineato Morandini, devono chiedersi se «un sistema produttivo frammentato
come il nostro, ora in forte sovrapproduzione, possa reggere l'impatto della crisi». A fronte dell'inevitabile selezione che si annuncia
«questo processo dobbiamo farlo noi, mettendoci insieme e andando verso un
sistema più forte e patrimonializzato ». Un esplicito invito all'aggregazione
delle imprese, ora anche agevolato fiscalmente. Le ricerche presentate al
convegno hanno messo in rilievo come il sistema produttivo italiano abbia
trovato sin qui la sua solidità nel sistema delle piccole imprese, nonostante
gli svantaggi competitivi di una burocrazia inefficiente e di infrastrutture e
un sistema di istruzione inadeguati. Elementi che pesano per 8mila euro in più
a famiglia, mentre i soli costi della burocrazia sulle imprese, secondo il
direttore del Centro studi di Confidustria Luca Paolazzi, valgono da noi il
4,6% contro l'1,5% del Regno Unito. Resta il fatto che una perdita di posizioni
nel mondo c'è stata e dopo la recessione il trend potrebbe continuare. Da qui
il grido d'allarme dei piccoli imprenditori: «Stavolta non possiamo vincere da
soli, stavolta per vincere serve il sistema Paese». L'appello della Piccola
Industria: «Ci serve liquidità». Morandini al governo: «Un fondo da cinque
miliardi per garantire i crediti»
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 14-03-2009
lo scontro «Necessario un controllo di sistema» Continua il duello a distanza
fra Tesoro e Via Nazionale Tremonti: farei vigilare le banche dalla Bce DA
MILANO PIETRO SACCÒ G iulio Tremonti e Mario Draghi restano fermi sulle loro
posizioni. «Ci sarà un grande impegno dei prefetti» ribadisce da Londra il
ministro dell'E- conomia, che vuole affidare alle Prefetture il compito di
monitorare il flusso del credito dalle banche alle imprese e parla di
«osservatori su banche e imprese» in arrivo. La Banca d'Italia conferma la
«massima disponibilità» a dare ai prefetti «dati aggregati e analisi
sull'andamento del credito a livello territoriale » ma ricorda che su singoli
casi «l'articolo 7 del Testo unico bancario disciplina il segreto d'ufficio».
Il ministero dell'Economia e la Banca d'Italia stanno trattando su come gestire
il controllo del credito previsto dal decreto legge anticrisi.
Ma i loro capi, due pezzi da novanta che non si sono mai amati, continuano a
punzecchiarsi. Tremonti va avanti a colpi di battute e dichiarazioni. A Londra
per un incontro organizzato da Downing Street, il ministro spiega che, se fosse
per lui, tutta la vigilanza finanziaria andrebbe
affidata alla Banca centrale europea. «È una questione di mezzi dice Tremonti
se quelli che devono controllare hanno la Ferrari i controllori non possono
avere la bicicletta. Se gli operatori sono sistemici, siano essi banche o
finanziarie, anche la vigilanza deve essere sistemica». Nulla di
rivoluzionario: l'idea di allargare il ruolo di sorveglianza della Bce è stata
sostenuta pochi giorni fa anche da Lorenzo Bini Smaghi, consigliere esecutivo
della banca centrale. Ma rispolverare questa possibilità in un momento di
tensione con Palazzo Koch sembra un tentativo di indebolire ulteriormente il
ruolo di Draghi. I rapporti tra i due sono quantomeno freddi. Alla riunione
parigina di dicembre dell'Ecofin, dove il governatore è intervenuto come
presidente del Financial Stability Forum, Tremonti ci è andato duro: «È
demenziale stare ad ascoltare e a prendere lezioni da chi non ha capito niente
o ha capito troppo ». Del Fsf il ministro pensa che sia «come mettere i topi a
guardia del formaggio», e spesso Tremonti allude agli anni di Draghi in Goldman
Sachs, uno degli istituti più coinvolti nella crisi finanziaria. Il governatore non ha
mai risposto a tono «non partecipo a scamni di battute» ha detto Draghi dopo
quel vertice dell'Ecofin limitandosi ogni volta a chiarire istituzionalmente
compiti e responsabilità. I prefetti che dalla fine del mese inizieranno a
controllare i flussi di credito sono solo l'ultimo motivo d'attrito. La
proposta del ministro «è una picconata un po' eccessiva alla Banca d'Italia»
commenta Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa San Paolo che si
dice «pronto a collaborare» su un'idea che «un po' preoccupa ». E il governo
non vuole che la polemica degeneri. «Serve un accordo spiega Umberto Bossi,
ministro delle Riforme penso che si troverà il sistema». Per il capo della Lega
il controllo sul credito «va fatto in Prefettura, ma non tutti i prefetti
capiscono di economia». Sulla capacità dei prefetti di analizzare i flussi di
credito nel Partito democratico hanno più di un dubbio. «Non hanno le
competenze» secondo il segretario Dario Franceschini, che parla di «assurdità »
e chiede a Tremonti di evitare di trascinare Bankitalia dentro lo scontro
politico. Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, definisce «folle » l'idea del
governo, e vuole che questo tipo di lavoro sia lasciato alla banca centrale. E
i prefetti, al centro delle polemiche, aspettano di sapere che cosa si chiederà
loro di fare. Giuseppe Forlani, presidente del Sinpref (il sindacato dei
funzionari prefettizi) non si preoccupa delle accuse di incompetenza: «I
prefetti sono al servizio del Paese, pronti a svolgere al meglio e con
responsabilità i compiti affidati dal Governo in relazione agli Osservatori sul
credito». Il ministro: grande impegno in Prefettura Bankitalia: massima
disponibilità ma per certe informazioni resta il segreto d'ufficio Passera
(Banca Intesa): «I prefetti? Picconata un po' eccessiva alla Banca d'Italia»
Bossi: non tutti fra loro capiscono di economia
( da "Repubblica.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
ROMA - Per entrare
nella cartolina bisogna passare, uno alla volta, sotto le forche caudine
dell'elettronica. I due metal detector fanno quello che possono. La fila, in
questi giorni di bassa, dura una mezzora; ma già a Pasqua l'attesa raddoppia,
triplica. Il Colosseo, si dice, è il monumento più visitato del mondo: 5
milioni e 700 mila ingressi in un anno. Il simbolo di Roma. E il biglietto da
visita dell'area archeologica più ricca e incasinata della Terra. Un patrimonio
(in vari sensi), recentemente assurto a oggetto del contendere di una guerra
senza quartiere: scioperi, dimissioni, proclami... sovrintendenti,
sottosegretari, commissari straordinari... Beni culturali,
McDonald's, Protezione civile. Tra tanti punti di vista - avanti un altro,
"camera e umbrella in the scanner" - partiamo dal più semplice:
quello del turista che si affaccia sul Colosseo e comincia a cogliere la
differenza che corre tra una cartolina e un'istantanea. Il primo impatto
visivo è tipicamente romano: un'immagine maestosa e scaciata. Il Colosseo,
prima di essere un monumento, è una rotatoria monumentale, il perno di un
anello automobilistico che, sia detto per inciso, vanta l'attraversamento più
falcidiato della Capitale (molti stranieri credono nelle strisce pedonali), nonché
una svolta in discesa (la famosa curva Arco di Costantino) foriera di ripetute
uscite di pista. Passate le strisce, sul piazzale, c'è il secondo passaggio
obbligato: la corte dei miracoli (mezzo litro d'acqua due euro) delle
bancarelle e dei furgoncini. A sua volta attorniata da torme di rapaci che,
lanciando il tipico richiamo - "Hello! Hello!" - saltellano a pacche
sulla spalla da una comitiva all'altra: guide abusive, pataccari, paratassisti,
i lenoni dei night e delle hosterie, la zingara che questua, il gladiatore.
Terzo passaggio: la fila al metal detector, per accedere alla fila della
biglietteria. Infine, il sospirato ticket. Fornito, nonostante a volte ce ne
sia evidentemente bisogno ("L'anfiteatro Flavio?! Ma non siamo venuti al
Colosseo?"), senza l'accompagnamento di alcun dépliant informativo.
OAS_RICH('Middle'); Il quadro può essere arricchito da diverse varianti.
Giovedì: rissa tra gladiatori per accaparrarsi un cliente. Venerdì:
"Closed for union meeting. Il monumento resterà chiuso dalle 8,30 alle
12,30 per assemblea sindacale". Sabato, col sole, prima prova del pienone
primaverile. Le due ragazze dell'ufficio informazioni, al pari dei due metal
detector, fanno quello che possono. "Sì, assieme al biglietto dovrebbe
esserci anche una piantina. Dispiace... Ecco, prenda questa... però poi ce la
riporta, ché ne abbiamo una sola". Il serpentone dei visitatori avvolge
nelle sue spire spalti e arena. Girovaga. Ogni tanto si blocca, comitiva contro
comitiva, si contorce. Assorda. Per limitare l'inquinamento acustico l'uso
degli altoparlanti è stato vietato. Le guide si arrangiano, a chi strilla di
più. E non è ancora niente. "In estate a volte non riesco nemmeno a
raggiungere l'ufficio. Un muro umano", racconta Rossella Rea, la
soprintendente del monumento. "Fino agli anni Novanta avevamo meno di un
milione di visitatori. Sono più che quintuplicati. Ogni tanto si blocca tutto.
E stiamo pensando di istituire una specie di senso unico per irreggimentare i
flussi". Il turista, però, sembra abbandonato a sé stesso. "A fine
mese, in occasione della mostra sui Flavi, verrà finalmente allestito un
percorso con dei pannelli esplicativi". I dépliant? "Certo, ci
pensiamo. Ma bisogna trovare i soldi per stampare sei milioni di
opuscoli". E poi, aggiunge, indicando l'ufficetto tutto accatastato,
"toccherà trovare pure lo spazio per immagazzinarli". Quella dei
cristiani mangiati dalla belve del Colosseo, a quanto pare, è un'invenzione. Ma
separare storia e leggenda è più facile di quanto non lo sia camminare sul filo
delle transenne che separano tutela e fruizione, cura e abbandono. Confine
labile. Opinabile come una valutazione estetica: che giudizio dare, ad esempio,
sulle cancellate dell'anfiteatro, montate (provvisoriamente) trent'anni or
sono? Incerto come una ripartizione di poteri: nell'area del Colosseo, per
dirne una, il piano di calpestio è competenza del Comune, quello che è
sopraelevato della Soprintendenza archeologica. La materia per discutere,
insomma, non manca; non è immune da interessi economici, rivalità accademiche,
schieramenti; ed è ormai arrivata all'estremo bollore con l'escalation di
Sandro Bondi, il ministro che, scelto come consigliere un ex manager della
McDonald's, ha scelto come commissario straordinario per l'area archeologica di
Roma l'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso e spinto alle dimissioni
il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Salvatore Settis,
prontamente sostituito dall'archeologo Andrea Carandini. Per delimitare i
confini del campo di battaglia basta attenersi al biglietto d'ingresso. Il
ticket è un riassunto essenziale. Dodici euro. Per accedere a "Colosseo +
Foro + Palatino". Un tris. Messo lì anche per rammentarci che, in questo
caso, molte complicazioni non nascono solo dalle responsabilità del presente,
ma dall'eccesso di passato che ha accumulato in quest'area la massima
concentrazione mondiale di storiche vestigia. Il Colosseo è solo un vertice, il
più visibile e in un certo senso il più "facile", di un panorama
molto complesso. Un monumento maestoso e glorificato; ma pur sempre un singolo
monumento. Raccontare a un turista le vicende dell'anfiteatro Flavio, la
fondazione (un disco di calcestruzzo spesso
( da "Repubblica.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Crisi
ROMA - La crisi e il congresso che vedrà la nascita del Pdl sono i
temi dell'intervento di Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con
l'assemblea dei Riformatori liberali che si apprestano appunto a confluire nel
Pdl. "Sono convinto che il quadro finanziario globale
necessiti di strumenti straordinari. Ma non ho dubbi che dall'attuale crisi di mercato si potrà uscire solo
rafforzando e, in parte, bonificando il funzionamento del mercato che deve
rimanere il solo strumento adeguato alla creazione e diffusione della ricchezza
nonché uno strumento di promozione umana ed uguaglianza". E quindi
è passato a parlare degli obiettivi del nascente partito: "I sondaggi
dicono che i nostri elettori sono il 43% del Paese. Siamo partiti da una
situazione in cui c'erano venti partiti. Il nostro lascito è un movimento che
punta al 51% dell'elettorato. Il nostro movimento - aggiunge - non sarà un
partito delle correnti, ma un partito aperto alle idee di tutti". E sul
delicato tema delle questioni etiche conclude: "Voglio ribadire che su
tutti i temi sensibili il rispetto della libertà di coscienza sarà un principio
intangibile del nostro movimento politico". (14 marzo 2009