P A G I N E     L I B E R E

Di Federico Fedenovus Novelli

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E L A B O R A T I

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SCUOLA ED ISTRUZIONE

IN ITALIA (25-10-2008) e NELL’ UNIONE EUROPEA (2-12-2008)

 

 

 

Sommario

 

A) LA NORMATIVA EUROPEA SU ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE. 1

1.1 LA NORMATIVA DEL TRATTATO DI ROMA.. 1

1.2 LA NORMATIVA COMUNITARIA DOPO IL TRATTATO DI ROMA.. 1

 

B) SCUOLA E ISTRUZIONE IN ITALIA.. 1

1) INTRODUZIONE. 1

2. LA LEGISLAZIONE SCOLASTICA NELL’ ITALIA UNITA.. 1

3. LA SCUOLA NELL’ ORDINAMENTO COSTITUZIONALE REPUBBLICANO E NELLA LEGISLAZIONE VIGENTE. 1

4. 1 LA RIFORMA MORATTI

5. L’ ATTUAZIONE DELLA RIFORMA MORATTI 1

6. L’ ANALISI DELLE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLA NEL VIGENTE SISTEMA.. 1

6.1 LA SCUOLA DELL’ INFANZIA.. 1

6.2 LA SCUOLA PRIMARIA.. 1

6.3 LA SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO.. 1

6.4 LA SCUOLA SECONDARIA DI 2° GRADO.. 1

6.4.1 I PERCORSI LICEALI 1

6.4.2 GLI ISTITUTI TECNICI E GLI ISTITUTI PROFESSIONALI 1

7. IL SISTEMA DI ISTRUZIONE NON STATALE. 1

7.1 LE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLE NON STATALI 1

8. L’ AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE. 1

8.1 L’ AUTONOMIA FINANZIARIA E CONTABILE. 1

8.2 L’ AUTONOMIA DIDATTICA.. 1

8.3 L’ AUTONOMIA ORGANIZZATIVA.. 1

8.4 L’ AUTONOMIA DI RICERCA, SPERIMENTAZIONE E SVILUPPO.. 1

8.5 L’ AUTONOMIA FUNZIONALE. 1

9. SITUAZIONE ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE PER IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO.. 1

 

C)  IL SISTEMA SCOLASTICO IN ALCUNI PAESI DELL’ UNIONE EUROPEA.. 1

2.1 LA SCUOLA IN FRANCIA.. 1

2.2 LA SCUOLA IN GERMANIA.. 1

2.3 LA SCUOLA IN GRAN BRETAGNA.. 1

2.4  LA SCUOLA IN SPAGNA.. 1

2.5 LA SCUOLA IN SVEZIA.. 1

2.6 LA SCUOLA IN GRECIA.. 1

3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. 1

 

BIBLIOGRAFIA.. 1

SITI INTERNET. 1

 

 


A)  LA NORMATIVA EUROPEA SU ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE

 

1.1 LA NORMATIVA DEL TRATTATO DI ROMA

 

Il processo di integrazione europea abbraccia ormai ogni settore dell’ amministrazione e della vita degli stati membri, anche quello dell’ istruzione e della formazione professionale. Questo settore viene ritenuto di cruciale importanza dall’ Unione Europea, come testimoniano le numerose misure normative adottate a partire fin dai primi anni 60.

Già nel Trattato di Roma del 1957, atto istitutivo delle Comunità Europee e ancora oggi, opportunamente modificato nel tempo, pilastro fondamentale del processo di integrazione, sono contenute norme sull’ istruzione e la formazione professionale. Si tratta degli artt. 149 e 150. Il primo comma dell’ art. 149 sancisce che “la Comunità contribuisce allo sviluppo di un' istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell'insegnamento e l'organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche”. Di seguito l’ art. 149 stabilisce che l' azione della Comunità è intesa:

-

 

a sviluppare la dimensione europea dell'istruzione, segnatamente con l'apprendimento e la diffusione delle lingue degli Stati membri,

 

-

 

a favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti, promuovendo tra l'altro il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio,

 

-

 

a promuovere la cooperazione tra gli istituti di insegnamento,

 

-

 

a sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di istruzione degli Stati membri,

 

-

 

a favorire lo sviluppo degli scambi di giovani e di animatori di attività socioeducative,

 

-

 

a incoraggiare lo sviluppo dell'istruzione a distanza.

 

Inoltre (comma 3), la Comunità e gli stati membri favoriscono la cooperazione con gli stati terzi e con le organizzazioni internazionali (in primis il Consiglio d’ Europa) in materia di istruzione.

Per quanto concerne la formazione professionale, si deve fare riferimento all’ art. 150, il quale stabilisce che la Comunità rafforza ed integra l’ azione degli stati membri in materia nel rispetto della loro responsabilità per quanto riguarda il contenuto e l’ organizzazione della formazione professionale. In particolare il comma 2 dell’ art. 150 sancisce che l’ azione della Comunità è volta:

-

 

a facilitare l'adeguamento alle trasformazioni industriali, in particolare attraverso la formazione e la riconversione professionale,

 

-

 

a migliorare la formazione professionale iniziale e la formazione permanente, per agevolare l'inserimento e il reinserimento professionale sul mercato del lavoro,

 

-

 

a facilitare l'accesso alla formazione professionale ed a favorire la mobilità degli istruttori e delle persone in formazione, in particolare dei giovani,

 

-

 

a stimolare la cooperazione in materia di formazione tra istituti di insegnamento o di formazione professionale e imprese,

 

-

 

a sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di formazione degli Stati membri.

 

Infine (comma 3), anche per quanto riguarda la formazione professionale è stabilito che la Comunità e gli stati membri favoriscano la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali in materia di formazione professionale.

 

1.2 LA NORMATIVA COMUNITARIA DOPO IL TRATTATO DI ROMA

 

Subito dopo il Trattato di Roma, il primo provvedimento normativo della Comunità Economica Europea in materia di istruzione è costituito dalla decisione del Consiglio del 2 aprile 1963, n. 266, relativa alla determinazione di una politica comune in materia di formazione professionale. Il primo principio contenuto nella decisione definisce la politica comune di formazione professionale, la quale consiste in “una coerente e progressiva azione comune che implichi, da parte di ciascuno stato membro, la definizione di programmi e assicuri realizzazioni che siano conformi ai presenti principi generali e alle disposizioni di applicazione che ne deriveranno”.

Il secondo principio indica gli scopi fondamentali della politica comune di formazione professionale, tra i quali ricordiamo i seguenti:

·       Realizzare le condizioni che rendano effettivo per tutti il diritto a ricevere una adeguata formazione professionale;

·       Sulla base dell’ insegnamento generale, rendere la formazione professionale sufficientemente ampia per favorire lo sviluppo armonioso della persona e per soddisfare le esigenze derivanti dal progresso tecnico, dalle innovazioni nell’ organizzazione della produzione e dall’ evoluzione sociale ed economica;

·       Permettere a ciascuno di acquisire le conoscenze e le capacità tecniche necessarie per l’ esercizio di una determinata attività professionale e di conseguire il più alto livello di formazione possibile favorendo, nel contempo, particolarmente per quanto riguarda i giovani, l’ evoluzione intellettuale e morale, l’ educazione civica e lo sviluppo fisico;

·       Offrire a ciascuno, secondo le proprie aspirazioni, attitudini, conoscenze ed esperienze di lavoro, con i mezzi permanenti atti a permettere un miglioramento sul piano professionale, sia l’ accesso a un livello professionale superiore, sia la preparazione per una nuova attività di livello più elevato.

Importante è poi il settimo principio, che pone le basi per la formazione degli insegnanti, la quale viene ritenuta strumento fondamentale per una efficace politica di formazione professionale.

L’ ottavo principio sancisce che la politica di formazione comune deve essere orientata al progressivo ravvicinamento dei livelli di formazione. Inoltre esso stabilisce, tra l’ altro, che gli stati membri e la Commissione europea incoraggeranno la realizzazione di concorsi e prove su scala europea.

Il 6 giugno 1974 sono stati adottati due importanti provvedimenti: il primo è una risoluzione del Consiglio sul reciproco riconoscimento dei diplomi. Il secondo è una risoluzione dei Ministri della Pubblica Istruzione riuniti in sede di Consiglio sulla cooperazione in materia di istruzione. Essa, in base al provvedimento in questione, risulta basata sui seguenti principi:

·       L’ instaurazione di una cooperazione nel settore dell’ istruzione, che pur corrispondendo alla progressiva armonizzazione delle politiche economiche e sociali nella Comunità, dovrà rispondere agli obiettivi e agli interessi specifici del settore;

·       In nessun caso l’ istruzione deve essere considerata come una semplice componente della vita economica;

·       La cooperazione nel settore dell’ istruzione deve tener conto delle tradizioni di ogni paese, nonché delle diversità politiche e dei sistemi vigenti in materia.

Pertanto, in base alla risoluzione, la cooperazione verte su settori prioritari d’ azione, quali, ad esempio:

·       Miglioramento della corrispondenza tra i sistemi di istruzione in Europa;

·       Intensificazione della cooperazione tra istituti di insegnamento superiore;

·       Miglioramento delle possibilità di riconoscimento accademico dei diplomi e dei titoli di studio.

Questo provvedimento è particolarmente significativo in quanto afferma che la cooperazione nel settore dell’ istruzione non deve essere semplicemente finalizzata all’ integrazione economica. L’ istruzione ha infatti una sua dignità e non può essere considerata semplicemente come componente della vita economica di uno Stato o della Comunità.

Altro provvedimento importante è la risoluzione del Consiglio del 16 luglio 1985, che tratta della corrispondenza tra le qualifiche professionali nei vari stati membri delle Comunità Europee.

La disposizione più significativa è quella contenuta nell’ art. 1, che stabilisce che è necessaria un’ iniziativa congiunta degli stati membri e della Commissione per stabilire la corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale nella Comunità e conseguire un miglioramento dell’ informazione al riguardo.

Fra i provvedimenti normativi europei in materia di istruzione ricordiamo anche la risoluzione del Consiglio e dei Ministri della pubblica istruzione riuniti in sede di Consiglio del 9 giugno 1986 sull’ educazione del consumatore. E’ significativo che sia sancito l’ inserimento dell’ educazione del consumatore fin dagli anni dell’ istruzione primaria.

Molto importante è anche la risoluzione del Consiglio e dei Ministri dell’ istruzione riuniti in sede di Consiglio adottata il 14 dicembre 1989 contro l’ insuccesso scolastico.

Un’ altra risoluzione del Consiglio è stata adottata il 27 giugno 2002 e riguarda le strategie fondamentali per l’ apprendimento permanente: questo concetto è importante nella politica europea dell’ istruzione; infatti l’ Unione Europea propone una formazione continua che deve essere assicurata dalla tenera età fino a dopo il raggiungimento dell’ età pensionabile. L’ apprendimento permanente serve per formare cittadini attivi, aperti, democratici e capaci di migliorare le proprie conoscenze, competenze e capacità in una prospettiva civica, sociale ed occupazionale.

Infine ricordiamo la risoluzione del Consiglio del 25 novembre 2003, di conclusioni su “Lo sviluppo del capitale umano per la coesione sociale e la competitività nella società dei saperi”. In questo provvedimento si dà giustamente grande importanza al capitale umano, ritenuto strategico per lo sviluppo complessivo dell’ Europa. Per questo è fondamentale investire e trovare le risorse necessarie per favorire lo sviluppo del capitale umano, tanto necessario per il progresso della competitività e dell’ economia.

L’ Unione Europea, come si può comprendere dall’ analisi della normativa, considera fondamentale l’ istruzione e la formazione professionale; e ciò sia dal punto di vista civico, sociale e  culturale, sia dal punto di vista più strettamente economico. Infatti un’ istruzione di buona qualità e basata sull’ apprendimento permanente serve a formare cittadini attivi ed aperti, favorisce la coesione sociale e culturale e contribuisce affinché l’ Europa divenga, secondo quanto stabilito dal Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000, l’ economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica al mondo.    

 

 

B) SCUOLA E ISTRUZIONE IN ITALIA

 

 

1) INTRODUZIONE

 

Il termine “scuola” deriva dal greco scholè, parola che significa ozio, tempo libero, ossia tempo dedicato agli studi.

Oggi la scuola costituisce l’ istituzione ed il luogo nel quale si studia, ci si istruisce e si cresce culturalmente, si acquista spirito critico e ci si prepara alla vita.

Se queste sono le finalità dell’ istituzione scolastica allora si comprende l’ importanza di essa per tutti gli individui.

Con l’ avvento dello stato moderno e, soprattutto, contemporaneo, sono aumentati i compiti e le funzioni dello stato stesso, sicché esso ha assunto il ruolo di perseguire interessi generali. Fra i pubblici interessi è entrato a pieno titolo, a partire dagli anni 60 del ‘700, quello dell’ istruzione, che è divenuta, appunto, pubblica[1]. Al 1763 risale, infatti, l’ emanazione, da parte di Federico 2° di Prussia, di un regolamento che riservava all’ autorità pubblica l’ attività di programmazione e quella ispettiva.

La Costituzione francese rivoluzionaria del 1793 (la più radicale tra quelle nate durante l’ epoca rivoluzionaria, non fu mai attuata) riconosceva, all’ interno della sua Dichiarazione dei Diritti, il diritto all’ istruzione.

Nel corso del 19° secolo l’ istruzione è divenuta funzione pubblica statale ed ha assunto i caratteri fondamentali della gratuità e della obbligatorietà.

Anche in Italia si è presa coscienza della necessità di organizzare un sistema di istruzione pubblica, e ciò già prima del conseguimento dell’ unità. Infatti risale al 1847 l’ istituzione del Ministero della Pubblica Istruzione nel Regno di Piemonte e Sardegna. Proprio l’ assetto dell’ istruzione costruito in Piemonte dal 1847 è stato esteso al Regno d’ Italia.

 

 

2. LA LEGISLAZIONE SCOLASTICA NELL’ ITALIA UNITA

 

A partire dal 1848 si sono susseguiti provvedimenti normativi in materia di istruzione, fra i quali il più importante è il r.d.l. n. 3725 del 13 novembre 1859, la cosiddetta legge Casati[2].

Essa prevedeva un’ istruzione elementare quadriennale, obbligatoria per i primi due anni; successivamente gli studenti potevano scegliere tra più vie:

 

·       il ginnasio (5 anni) che dava sbocco al liceo classico (3 anni);

 

·       la scuola normale per la preparazione degli insegnanti elementari (3 anni);

 

·       un canale di istruzione professionale che comprendeva le scuole biennali tecniche e gli istituti tecnici.

 

E’ opportuno domandarsi, a questo punto, quale fosse, nell’ Italia che aveva da poco raggiunto l’ unità, la consapevolezza dell’ importanza della scuola e dell’ istruzione e quali fossero le strategie per rendere il sistema efficiente. Per quanto riguarda il primo punto si potrebbe dire che, vista l’ istituzione del Ministero della Pubblica Istruzione fin dal 1847, la classe dirigente fosse cosciente del fatto che l’ istruzione dovesse essere garantita ai cittadini attraverso un sistema pubblico; ciò rappresenta una vera scelta di civiltà. Inoltre la legge Casati del 1859 prevedeva un sistema scolastico abbastanza razionale in quanto cercava di assicurare a tutti un minimo di scolarizzazione calibrando la tipologia del corso di studi superiori sulle diversificate capacità e potenzialità degli studenti.

Modificazioni alla legge Casati sono state apportate dal Ministro Coppino attraverso la legge 15 luglio 1877, n. 3968, che aumentò gli anni di istruzione elementare portandoli a 5 e stabilendo l’ obbligo a 3 anni (dai 6 ai 9 anni di età), in luogo dei soli 2 previsti dalla legge Casati.

Se da una parte la classe dirigente del neonato stato italiano aveva coscienza della necessità di garantire un minimo di istruzione a tutti i cittadini, dall’ altra sorgevano contrasti in seno ad essa per quanto riguardava la gestione delle diverse tipologie di studi: tale problema si pose nel 1861, allorquando fu creato il Ministero dell’ Agricoltura, dell’ Industria e del Commercio. Si decise, allora, di porre gli istituti tecnici sotto la gestione di questo Ministero, in quanto si credeva che nell’ ambito dell’ istruzione tecnica esso potesse agire meglio rispetto al Ministero della Pubblica Istruzione. Quando, nel 1877, fu abolito temporaneamente il Ministero dell’ Agricoltura, dell’ Industria e del Commercio, gli istituti tecnici tornarono sotto la gestione del Ministero della Pubblica Istruzione con r.d. 20 dicembre 1877, n. 4220.

Nel 1878 (legge 30 giugno 1878, n. 4449), fu ripristinato il Ministero dell’ Agricoltura, dell’ Industria e del Commercio e di nuovo si ricostruì un’ istruzione tecnica più specializzata e autonoma dalla formazione scolastica.

Emergeva, così, il dualismo tra formazione scolastica, più alta e finalizzata al proseguimento degli studi fino ai massimi livelli, e formazione tecnico-professionale, di livello più basso, finalizzata all’ apprendimento dei mestieri.

Altra tappa importante nella storia della scuola italiana è costituita dalla legge Orlando dell’ 8 luglio 1904, la quale estendeva l’ obbligo scolastico dal 9° al 12° anno d’ età e riduceva a 4 anni l’ istruzione elementare.

Per quanto riguarda, invece,  l’ impostazione dei corsi di studi superiori occorre segnalare l’ istituzione, nel 1911, della sezione moderna dei licei ginnasi, trasformata nel 1923 nei licei scientifici.

Considerando gli aspetti gestionali del sistema dell’ istruzione occorre notare che, a partire dai primi anni del ‘900 e fino agli anni 30 lo Stato assunse gradualmente la gestione dei vari istituti sia elementari, sia secondari, mentre gli enti locali erano solamente tenuti a dare il loro contributo fornendo beni e servizi. A tale proposito si deve fare riferimento alla legge 4 luglio 1911, n. 487 (legge Daneo-Credaro), la quale sancì il passaggio allo Stato delle competenze in materia di scuole elementari; i comuni capoluoghi di provincia e quelli che ne avessero fatto richiesta avrebbero continuato a mantenere le proprie competenze.

Veniva così ribaltata l’ impostazione originaria che vedeva gli enti locali gestire la scuola elementare, mentre il controllo amministrativo dello Stato interessava solamente le Università e alcuni ginnasi e scuole normali. 

Non si può prescindere, in questo excursus, dalla riforma operata negli anni 20 da Giovanni Gentile. L’ impostazione che Gentile diede al sistema fu piuttosto elitaria e tendente a far confluire nell’ ambito scolastico (o, meglio, nell’ ambito del Ministero dell’ Istruzione) ogni istituzione formativa, anche tecnica. Elementi fondamentali della riforma furono:

·       l’ elevazione dell’ obbligo scolastico fino a 14 anni d’ età; in tal modo l’ istruzione elementare veniva portata a 5 anni;

·       l’ introduzione di corsi integrativi di avviamento professionale della durata di 3 anni, da effettuarsi dopo le elementari (la sesta, la settima e l’ ottava elementare);

·       la trasformazione delle scuole tecniche in scuole complementari, integrative delle elementari;

·       la fusione della sezione fisico-matematica dell’ istituto tecnico con la sezione moderna del ginnasio, che diede vita al liceo scientifico;

·       l’ istituzione dell’ istituto magistrale per la preparazione dei maestri elementari;

·       la previsione di controlli per l’ inadempimento dell’ obbligo scolastico;

·       l’ insegnamento obbligatorio della religione cattolica;

·       l’ istituzione di scuole speciali per gli handicappati sensoriali della vista e dell’ udito;

·       il passaggio al Ministero dell’ economia nazionale della sezione industriale dell’ istituto tecnico;

·       il passaggio al Ministero dell’ Istruzione delle scuole artistiche.

 

Nel 1928, con r.d.l. 17 giugno 1928 n. 1314, ogni istituzione formativa fu posta sotto la gestione del Ministero dell’ Educazione Nazionale (ex Ministero dell’ Istruzione).

Negli anni 30 rimasero fuori della gestione del Ministero dell’ Educazione Nazionale (ma comunque sotto la sua vigilanza) solamente i corsi a carattere meramente addestrativo e l’ istruzione professionale delle maestranze occupate.

Durante il Fascismo il ruolo totalizzante del Partito Nazionale Fascista investì anche la scuola, tanto che ad esso venne affidata l’ assistenza scolastica, come anche l’ educazione fisica.

Alla caduta del Fascismo, il Ministero della Pubblica Istruzione riacquistò le proprie competenze in materia di:

·       assistenza scolastica ed educazione fisica (r.d.l. 2 agosto 1943, n. 704);

·       vigilanza sulle scuole private (durante il Fascismo essa era di competenza dell’ ente nazionale per l’ insegnamento medio e superiore, soppresso con d.lg.lt. 24 maggio 1945, n. 412).

Venne poi istituita la scuola popolare per gli adulti, gestita dal Ministero della Pubblica Istruzione, con d.lg.C.p.S. 17 dicembre 1947, n. 1599.

 

3. LA SCUOLA NELL’ ORDINAMENTO COSTITUZIONALE REPUBBLICANO E NELLA LEGISLAZIONE VIGENTE

 

La Costituzione Repubblicana del 1948 ha sancito i capisaldi del sistema dell’ istruzione nel nuovo ordinamento democratico. Essi si trovano negli artt. 33 e 34. Il principio più importante sancito nell’ art. 33 della Costituzione è la libertà di insegnamento. Di seguito l’ art. 33 prescrive che la Repubblica ponga le norme generali sull’ istruzione ed istituisca scuole per ogni ordine e grado. Ancora,  l’ art. 33 stabilisce che anche istituzioni private possono costituire scuole senza oneri per lo Stato.  

L’ art. 34 stabilisce, invece, che la scuola è aperta a tutti e che l’ istruzione inferiore è obbligatoria, gratuita e impartita per un periodo di almeno otto anni. Inoltre, sempre in base all’ art. 34, i capaci e meritevoli hanno diritto di raggiungere i più alti livelli negli studi, anche se privi di mezzi. A tal fine sono istituite borse di studio. Dunque all’ interno della Costituzione Repubblicana sono consacrati due principi che potremmo definire speculari: da un lato la libertà dell’ insegnamento, dall’ altro il diritto di tutti ad essere istruiti (“La scuola è aperta a tutti”, come recita l’ art. 34, comma 1).

Il fatto che nella Costituzione siano sanciti i principi fondamentali riguardanti il sistema dell’ istruzione dimostra l’ importanza che lo Stato assegna alla scuola: infatti è lo Stato stesso che assume l’ onere di garantire il diritto all’ istruzione  per tutti. Ciò perché la scuola ha il compito di formare i futuri cittadini e la futura società.

Tanto è considerata fondamentale l’ istruzione che la Costituzione ha stabilito che essa debba essere, almeno per un primo periodo, obbligatoria e gratuita; ciò significa che il cittadino, per un certo periodo di tempo della sua vita, deve necessariamente essere istruito anche, eventualmente, contro la sua volontà. Ciò fa sì che si parli di servizio pubblico sociale a fruizione coattiva[3]. L’ obbligo scolastico, sancito in Costituzione (l’ art. 34 fa riferimento ad un periodo di almeno 8 anni) si giustifica anche alla luce di altre importanti disposizioni costituzionali, ossia gli artt. 3 e 4. Con riferimento all’ art. 3 si può dire che l’ obbligo scolastico permette la realizzazione dell’ uguaglianza sostanziale e del pieno sviluppo della persona umana; consente, inoltre, la partecipazione all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Per quanto riguarda, invece, la disposizione dell’ art. 4 si deve considerare il fatto che l’ istruzione costituisce un dovere sociale: infatti l’ assolvimento dell’ obbligo scolastico è un’ azione propedeutica allo svolgimento, “secondo le proprie possibilità e la propria scelta, di un’ attività o di una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Dunque l’ istruzione è, da una parte, diritto soggettivo, dall’ altra dovere sociale.

Nell’ analisi delle norme costituzionali che trattano di scuola e istruzione si deve anche fare riferimento alla riforma del Titolo 5° ed al nuovo art. 117. Come è noto, la Costituzione Repubblicana prevede il decentramento amministrativo nei servizi che dipendono dallo Stato (art. 5); tra questi va certamente annoverato quello dell’ istruzione.

L’ art. 117, come riformato nel 2001 dalla legge costituzionale n. 3, sancisce che:

·       lo Stato ha potestà legislativa esclusiva per quanto riguarda le norme generali sull’ istruzione (cfr. anche l’ art. 33);

·       Stato e Regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di istruzione, salva l’ autonomia delle istituzioni scolastiche e con l’ esclusione dell’ istruzione e della formazione professionale.

    

Sebbene l’ istruzione sia da garantire come servizio pubblico, il costituente, ha lasciato anche ai privati la possibilità di offrire il servizio dell’ istruzione, creando un equilibrio tra pubblico e privato e  favorendo il pluralismo nell’ istruzione, fondamentale in una società aperta e democratica. Tuttavia l’ art. 33 della Costituzione pone un limite preciso alla possibilità per i privati di offrire il servizio: che essi istituiscano scuole senza oneri per lo Stato; inoltre gli istituti creati da privati devono chiedere la parità e la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi per le scuole non statali deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello riservato a coloro che frequentano istituti statali.

Dopo l’ entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, la riforma della scuola operata da Giovanni Gentile nel 1923 rimase sostanzialmente in vigore fino a quando, nel 1962, il Parlamento approvò la legge istitutiva della scuola media unica (legge 31 dicembre 1962, n. 1859). Veniva in tal modo attuata la disposizione dell’ art. 34 della Costituzione in base alla quale l’ istruzione deve essere impartita per almeno 8 anni e deve essere obbligatoria e gratuita. La legge del 1962 aboliva le scuole di avviamento professionale, i primi 3 anni del ginnasio, i primi 4 anni degli istituti magistrali e tecnici, i corsi inferiori dei conservatori di musica e delle scuole d’ arte e le classi post-elementari previste dal T.U. n. 577 del 1928.

La scuola media unica, che è scuola secondaria di 1° grado, garantisce a una formazione di base uguale per tutti.

Altro elemento di novità nel periodo repubblicano è costituito dall’ introduzione, nel 1968, della scuola materna statale (legge 18 marzo 1968, n. 444), la quale accoglie i bambini dai 3 ai 6 anni di età preparandoli alla scuola dell’ obbligo e contribuendo con la famiglia allo sviluppo della loro personalità.

Nel 1971 venne istituito il tempo pieno (legge 24 settembre 1971, n. 820).

Nel 1973 venne emanata una legge delega (legge 30 luglio 1973, n. 477) con la quale il Parlamento delegava il Governo all’ emanazione di norme sul riordinamento dell’ organizzazione della scuola e sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola dello Stato. La risultante furono i decreti legislativi nn. 416, 417, 418, 419, 420, emanati il 31 maggio 1974. Le norme in essi contenute riguardavano, tra l’ altro:

·       Istituzione e riordinamento degli organi collegiali della scuola

·       Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e professionale;

·       Stato giuridico del personale della scuola statale.

Nel 1977, con la legge n. 517, si sancì che, in una scuola realmente aperta a tutti devono trovare posto anche alunni portatori di handicap.

Nel 1990, con la legge 5 giugno 1990, n. 148 si attuò la riforma della scuola elementare. L’ art. 1, comma 1 della legge stabilisce che la scuola elementare provvede alla formazione dell’ uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. In base al comma 2 dell’ art. 1 la scuola elementare assicura la continuità del processo formativo mediante opportuni raccordi con la scuola materna e con quella media.

L’ art. 3 stabilisce che le classi non possono essere formate da più di 25 alunni, salvo il limite di 20 sancito per le classi nelle quali ci sono portatori di handicap.

Novità importante è prevista nell’ art. 10, il quale sancisce che nella scuola elementare deve essere insegnata una lingua straniera.

Molti dei provvedimenti normativi su scuola e istruzione sono stati raccolti in un Testo Unico (decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994). Tuttavia il quadro normativo non si esaurisce con il T.U. Occorre infatti considerare altre norme che completano il quadro, come ad esempio la normativa contrattuale, quella sul pubblico impiego e le norme intervenute dopo l’ emanazione del T.U. a regolare la materia.

Tra queste consideriamo le più significative:

·       La legge 10 dicembre 1997, n. 425, che ha riformato gli esami di maturità;

·       La legge 10 febbraio 2000, n. 30, che ha riformato i cicli d’ istruzione;

·       La legge 20 gennaio 1999, n. 9, che ha innalzato l’ obbligo scolastico;

·       La legge 17 maggio 1999, n. 144, che ha introdotto l’ obbligo formativo.

Con riferimento al primo provvedimento, esso ha articolato il nuovo esame di Stato su 3 prove scritte di cui una a carattere multidisciplinare, e una prova orale. La legge ha inoltre introdotto la valutazione in centesimi ed il parametro valutativo del credito scolastico.

Il secondo strumento normativo menzionato, ossia la legge n. 30 del 2000 ha basato il sistema scolastico su 2 cicli d’ istruzione (scuola di base e scuola secondaria) in luogo dei precedenti 3. Tale legge non è stata sostanzialmente attuata ed è stata completamente superata dalla legge 28 marzo 2003, n. 53 (riforma Moratti).

Il terzo provvedimento (l. 9 del 1999) ha portato l’ obbligo scolastico da 8 a 10 anni.

L’ ultimo provvedimento menzionato (legge 144 del 1999) prevede, a partire dall’ anno scolastico 1999-2000, l’ obbligo di frequentare attività formative fino al compimento del 18° anno d’ età. Tale obbligo può essere assolto nel sistema scolastico, in quello della formazione professionale di competenza regionale e nell’ esercizio dell’ apprendistato.

 

4. LA RIFORMA MORATTI

 

La riforma operata dal Ministro dell’ Istruzione Letizia Moratti si è concretizzata nella legge 28 marzo 2003, n. 53. Detta legge contiene la “delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’ istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”.

L’ art. 1 comma 1 della legge stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dall’ entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull’ istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni. Ciò al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’ età evolutiva, delle differenze e dell’ identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione  tra scuola e genitori, in coerenza con il principio dell’ autonomia scolastica e con i principi della Costituzione.

L’ art. 2 stabilisce i principi ed i criteri direttivi su cui si devono basare i decreti legislativi. I più significativi sono:

·       Promozione dell’ apprendimento in tutto l’ arco della vita; pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze;

·       Promozione del conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione;

·       Deve essere assicurato a tutti il diritto all’ istruzione ed alla formazione per almeno 12 anni  e comunque sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno d’ età;

·       Il sistema di istruzione e formazione professionale si basa su una scuola dell’ infanzia, su un primo ciclo (scuola primaria e scuola secondaria di 1° grado) e su un secondo ciclo (licei e sistema di istruzione e formazione professionale);

·       La scuola dell’ infanzia dura 3 anni e concorre all’ educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale dei bambini e delle bambine dai 3 ai 6 anni;

·       Il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria che dura 5 anni e dalla scuola secondaria di 1° grado, che dura 3 anni. La scuola primaria è strutturata in un primo anno nel quale si devono raggiungere le strumentalità di base e in due periodi didattici biennali. La scuola secondaria di primo grado è articolata in un biennio e in un terzo anno che completa prioritariamente il percorso e assicura il raccordo con il secondo ciclo; la scuola primaria promuove lo sviluppo della personalità nel rispetto delle diversità individuali, fa acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche. Inoltre deve far conoscere almeno una lingua dell’ Unione Europea oltre la lingua italiana;

·       Il secondo ciclo è finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani, allo sviluppo dell’ autonoma capacità di giudizio e all’ esercizio della responsabilità personale e sociale.

L’ art. 4 della legge prevede l’ alternanza scuola-lavoro. Gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno d’ età possono frequentare i corsi del 2° ciclo in alternanza scuola-lavoro. Anche per quanto riguarda questa materia il Governo è delegato all’ emanazione di un apposito decreto legislativo, secondo principi e criteri direttivi, tra cui:

·       Svolgimento dell’ intera formazione dai 15 ai 18 anni attraverso l’ alternanza scuola-lavoro sotto la responsabilità dell’ istituzione scolastica o formativa sulla base di convenzioni con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le Camere di Commercio

·       Fornire indicazioni generali per il reperimento e l’ assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di alternanza.

Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti, l’ art. 5 stabilisce principi e criteri direttivi ai quali si devono uniformare i decreti legislativi di cui all’ art. 1. Tra questi ricordiamo:

·       La formazione di base per gli insegnanti deve essere di pari dignità per tutti i docenti e avviene nei corsi universitari di laurea specialistica.

 

5. L’ ATTUAZIONE DELLA RIFORMA MORATTI

 

Il primo provvedimento normativo attuativo della riforma Moratti è il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59. Esso contiene norme di carattere generale sulla scuola dell’ infanzia, sul primo ciclo d’ istruzione e sulle prestazioni essenziali che devono essere fornite da tutte le istituzioni scolastiche.

Il decreto è abbastanza schematico e contiene disposizioni riguardanti le finalità, l’ accesso, le attività educative e didattiche ed il sistema di valutazione nella scuola dell’ infanzia e nel primo ciclo d’ istruzione (scuola primaria e scuola secondaria di 1° grado). Per quanto concerne il termine del primo ciclo d’ istruzione, sono previsti esami di stato. 

Nel decreto sono anche contenuti degli allegati indicanti le indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’ infanzia (allegato A), le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria (allegato B) e in quella secondaria di 1° grado (allegato C).

Infine, l’ allegato D contiene il “profilo educativo, professionale e culturale dello studente alla fine del primo ciclo d’ istruzione (6-14 anni)”.

Le scuole devono attenersi ai piani suddetti, agendo però in autonomia. Ciò significa che hanno valore vincolante solamente gli obiettivi generali e quelli specifici di apprendimento.

Altro decreto di attuazione della riforma Moratti è il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, il quale contiene le norme generali sul diritto-dovere all’ istruzione e alla formazione professionale. 

Il diritto-dovere dell’ istruzione si realizza nei 2 cicli di scuola primaria e scuola secondaria.

Poiché, come è stato già detto, l’ istruzione costituisce anche un dovere sociale (cfr. l’ art. 4 della Costituzione), è necessario anche porre delle norme riguardanti la vigilanza sul rispetto dell’ obbligo scolastico. In base all’ art. 7 del decreto sono previsti meccanismi sanzionatori per gli inadempimenti. La responsabilità per l’ adempimento dell’ obbligo spetta ai genitori dei minori o a coloro che ne fanno le veci. Alla vigilanza, invece, provvedono:

·       Il comune di residenza dei giovani soggetti all’ adempimento;

·       I dirigenti scolastici o i responsabili;

·       I servizi per l’ impiego.

Gli studenti possono assolvere all’ obbligo scolastico, per quanto riguarda il 2° ciclo, anche attraverso il percorso formativo di alternanza scuola-lavoro, tra i 15 ed i 18 anni d’ età. Ciò in base al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77. I percorsi di alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’ istituzione scolastica, sulla base di accordi con le imprese, con le associazioni di rappresentanza di queste, le camere di commercio e altri enti, pubblici o privati. I percorsi di alternanza si svolgono alternando, appunto, periodi di apprendimento in aula e periodi di lavoro in imprese.

L’ ultimo dei decreti attuativi della riforma Moratti è il d. lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, il quale ha riformato il secondo ciclo d’ istruzione ossia quello riguardante la scuola secondaria superiore.

L’ art. 1, comma 3, del decreto sancisce che nel secondo ciclo di istruzione si persegue la formazione intellettuale, spirituale e morale degli studenti, anche ispirata ai principi della Costituzione, lo sviluppo della coscienza storica, dell’ appartenenza alla comunità locale, alla collettività nazionale e alla civiltà europea. Il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e della formazione professionale. Esso realizza il secondo grado dell’ obbligo (del diritto-dovere) di istruzione e formazione professionale.

Sempre in base all’ art. 1 del decreto, lo Stato garantisce i livelli essenziali delle prestazioni relative al secondo ciclo d’ istruzione e formazione professionale.

In base all’ art. 2 del decreto, la finalità essenziale del secondo ciclo è quella di fornire gli strumenti metodologici e culturali per una comprensione approfondita ed elevata dei temi legati alla società e alla persona nella realtà contemporanea. Ciò affinché lo studente si ponga di fronte ad essa con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico.

I percorsi liceali hanno durata quinquennale e si concludono con un esame di Stato. Il sistema dei licei si sviluppa in 8 articolazioni:

·       Liceo classico;

·       Liceo scientifico;

·       Liceo artistico;

·       Liceo linguistico;

·       Liceo economico;

·       Liceo musicale e coreutico;

·       Liceo delle scienze umane;

·       Liceo tecnologico.

Ognuna di queste articolazioni approfondisce la cultura liceale nei vari ambiti specifici[4].

 

6. L’ ANALISI DELLE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLA NEL VIGENTE SISTEMA

 

6.1 La scuola dell’ infanzia

 

Come abbiamo avuto modo di vedere, la scuola dell’ infanzia fu istituita nel 1968, con la legge n. 444 ed ha finalità di educazione, sviluppo della personalità infantile e preparazione alla scuola dell’ obbligo, integrando l’ opera della famiglia. La scuola dell’ infanzia non è obbligatoria, ma facoltativa; la frequenza è gratuita.

In base a quanto stabilito dalla riforma Moratti e dal decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, la scuola materna ha durata triennale e concorre allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale dei bambini dai 3 ai 6 anni.

L’ orario di funzionamento varia da un minimo di 875 ore annuali ad un massimo di 1700, comprensive della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all’ insegnamento della religione cattolica.

 

 

6.2 La scuola primaria

 

La scuola primaria dura 5 anni ed è articolata in un anno di raccordo con la scuola dell’ infanzia e teso al conseguimento delle strumentalità di base. Gli altri 4 anni costituiscono due periodi didattici biennali.

La scuola elementare ha la finalità di promuovere la formazione dell’ uomo e del cittadino secondo i principi della Costituzione, di dare la prima alfabetizzazione culturale e di sviluppare la personalità del fanciullo.

Per quanto concerne gli insegnanti, fino ad oggi operano, dopo un primo periodo in cui c’ era l’ insegnante unico, 3 docenti su 2 classi. La prospettiva che si pone oggi, invece, è quella di un ritorno al maestro unico.

L’ orario annuale delle lezioni, comprensivo della quota riservata alle regioni, all’ autonomia delle istituzioni scolastiche e all’ insegnamento della religione cattolica è di 891 ore. Il tempo dedicato alla mensa e al dopo mensa è di 330 ore massime.

Per quanto riguarda la valutazione, essa è affidata ai docenti responsabili delle attività didattiche ed educative previste dai piani di studio personalizzati; essa è periodica e annuale.

L’ art. 7, commi 5, 6, 7, del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, prevede che per le attività di cui al comma 2, ossia quelle attività legate alla personalizzazione del piano di studi, un docente tutor in possesso di una specifica formazione svolga una funzione di orientamento in ordine alla scelta delle stesse.

 

6.3 La scuola secondaria di 1° grado

 

La scuola secondaria di primo grado (scuola media), è articolata in tre anni. Come abbiamo già avuto modo di vedere, la scuola media unica fu istituita nel 1962; prima di questo anno esistevano la scuola media e la scuola per l’ avviamento professionale.

La scuola media è di formazione dell’ uomo e del cittadino, che colloca nel mondo, orientativa e secondaria.

La riforma Moratti e il decreto legislativo n. 59 del 2004, attuativo della stessa, hanno sancito che la scuola media:

·       È finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio e al rafforzamento delle attitudini all’ interazione sociale;

·       Organizza ed accresce, anche attraverso l’ alfabetizzazione e l’ approfondimento delle tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità;

·       È caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’ allievo;

·       Cura la dimensione sistematica delle discipline;

·       Sviluppa progressivamente le competenze e le capacità di scelta in base alle attitudini;

·       Fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di istruzione e formazione;

·       Introduce lo studio di una seconda lingua dell’ Unione Europea;

·       Orienta le successive scelte di istruzione e di formazione.

L’ orario annuale della scuola media è di 891 ore. Possono essere organizzati altri insegnamenti ed attività per ulteriori 198 ore annue.

Anche per la scuola secondaria di 1° grado è previsto il docente tutor per l’ organizzazione e la scelta delle attività dei piani di studio personalizzati.

La valutazione avviene da parte dei docenti su tutti gli apprendimenti, sia obbligatori sia opzionali; ai fini della validità dell’ anno scolastico, l’ alunno deve aver frequentato almeno i ¾ dell’ orario annuale obbligatorio e facoltativo prescelto.

Il primo ciclo di istruzione si conclude con un esame di Stato.

 

6.4 La scuola secondaria di 2° grado

 

La scuola secondaria di 2° grado ha lo scopo di preparare gli studenti agli studi universitari o all’ entrata nel mondo del lavoro.

Prima che nel 2003 intervenisse la riforma Moratti, la scuola superiore era organizzata nel sistema dei licei, che prevedeva:

·       Il liceo classico;

·       Il liceo scientifico;

·       L’ istituto magistrale (per la preparazione degli insegnanti elementari);

·       La scuola magistrale (per la preparazione all’ insegnamento nella scuola materna);

·       Gli istituti tecnici;

·       Gli istituti professionali;

·       I licei artistici;

·       Gli istituti d’ arte.

La riforma Moratti (legge n. 53 del 2003) ha ridisegnato il secondo ciclo d’ istruzione, che ora risulta disciplinato dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.

Il secondo ciclo è articolato nel sistema dei licei e in quello dell’ istruzione e della formazione professionale, che sono considerati di pari dignità; essi si propongono il fine di promuovere l’ educazione alla convivenza civile, la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani.

 

6.4.1 I percorsi liceali

 

La parola “liceo” deriva dalla scuola che Aristotele fondò nel 336 a.C. nel ginnasio dedicato ad Apollo Licio. Il liceo di Aristotele è considerato la prima scuola superiore della storia e costituisce forse la massima istituzione culturale dell’ antichità. I licei sono dunque le fondamentali scuole che trasmettono la cultura più alta.

In base all’ art. 2 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, “i percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita ed elevata dei temi legati alla persona ed alla società contemporanea, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai suoi fenomeni e ai problemi che la investono, ed acquisisca la padronanza di conoscenze, competenze, abilità e capacità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, e le competenze adeguate all’ inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”.

I percorsi liceali hanno durata quinquennale e si concludono con l’esame di Stato.

 

6.4.2 Gli istituti tecnici e gli istituti professionali

 

In base alla legge 2 aprile 2007, n. 40, gli istituti tecnici e professionali sono considerati parte del sistema di istruzione secondaria in luogo dei percorsi liceali economico e tecnologico.

Prescrive l’ art. 13, comma 1-bis del decreto coordinato con la legge di conversione, che gli istituti tecnici e professionali sono finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore e attivano ogni opportuno collegamento con il mondo del lavoro e dell'impresa, ivi compresi il volontariato e il privato sociale, con la formazione professionale, con l' universita' e la ricerca e con gli enti locali.

Esistono varie tipologie di istituti tecnici e professionali. Per quanto riguarda i primi ricordiamo:

·       Istituto tecnico commerciale;

·       Istituto tecnico industriale;

·       Istituto tecnico per geometri;

·       Istituto tecnico agrario;

·       Istituto tecnico turistico;

·       Istituto tecnico per le attività sociali;

·       Istituto tecnico aeronautico;

·       Istituto tecnico per perito aziendale e corrispondente in lingue estere.

Fra i secondi:

·       Istituto professionale agrario;

·       Istituto professionale abbigliamento e moda;

·       Istituto professionale chimico e biologico;

·       Istituto professionale elettrico ed elettronico;

·       Istituto professionale meccanico-termico;

·       Istituto professionale alberghiero e della ristorazione;

·       Istituto professionale economico aziendale e turistico;

·       Istituto professionale per la pubblicità;

·       Istituto professionale per i servizi sociali.

Anche il percorso degli istituti tecnici e professionali si conclude con l’ esame di Stato.

 

7. IL SISTEMA DI ISTRUZIONE NON STATALE

 

L’ art. 33 della Costituzione sancisce che enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituzioni educative senza oneri per lo Stato. Questo è il principio del pluralismo nell’ istruzione: oltre lo Stato, infatti, anche altre istituzioni (anche private e religiose, per esempio), possono istituire scuole a determinate condizioni. Tali condizioni sono stabilite sia in Costituzione, sia anche da fonti legislative ordinarie, quali la legge sulla parità scolastica (legge 10 marzo 2000, n. 62). Per quanto concerne la Costituzione si è già detto che essa prescrive che le istituzioni educative non statali devono essere istituite senza oneri per lo Stato. Per quanto riguarda invece la legge sulla parità scolastica, essa stabilisce all’ art. 1, comma 4, che le scuole non statali (definite paritarie) siano in linea con i seguenti principi:

 

a)    un progetto educativo in armonia con i princípi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci;
b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti;
c) l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica;
d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare;
e) l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
f) l'organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe;
g) personale docente fornito del titolo di abilitazione;
h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore.

I direttori scolastici regionali hanno la facoltà di eseguire controlli sull’ esistenza dei succitati requisiti con una periodicità non eccedente il triennio.

Possiamo notare, dunque, che il sia il Costituente che il legislatore ordinario hanno inteso stabilire un sistema di istruzione misto, basato sul pubblico e sul privato, in modo da realizzare un sano ed equilibrato pluralismo, congeniale ad una società aperta e democratica.

Tuttavia, però, siccome l’ istruzione costituisce un settore importante e di dimensione pubblica, lo Stato pone comunque dei vincoli e delle condizioni per il suo corretto esercizio da parte di altri enti.

 

7.1 LE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLE NON STATALI

 

La suddivisione delle scuole non statali in varie tipologie non vale per la scuola materna.

Invece le scuole elementari non statali si dividono in:

- scuole parificate: sono quelle create da enti ed associazioni aventi personalità giuridica ed equipollenti a quelle statali. Lo Stato contribuisce tramite convenzione per le spese dovute al compenso dei docenti, che devono percepire lo stipendio legale;

- scuole sussidiate: sono scuole aperte da privati con l’autorizzazione dell’ ufficio scolastico regionale nelle località dove non esistono altre scuole statali o parificate. Esse percepiscono un sussidio dallo Stato, in forma di premio ai docenti;

- scuole private autorizzate: sono autorizzate con un provvedimento del Direttore didattico competente per territorio e gestite da cittadini che siano in possesso di diploma di maturità magistrale, classica o tecnica. Esse devono uniformarsi agli obiettivi dei programmi in vigore per la scuola elementare statale e sono sottoposte alla vigilanza dell’ ufficio scolastico regionale.

Le scuole secondarie non statali sono suddivise in:

 

- scuole legalmente riconosciute: sono istituite da enti o privati cittadini che rilasciano titoli di studio legali; il riconoscimento è accordato se sussistono determinate condizioni, quali: sede scolastica con caratteristiche di sicurezza, igieniche, didattiche consone; insegnamenti ed esercitazioni dello stesso tipo di quelle impartite nelle scuole statali dello stesso tipo; docenti e personale direttivo con gli stessi requisiti di quelli della scuola statale; alunni provvisti di titoli di studio per le classi che frequentano.

    - scuole pareggiate: sono quelle mantenute da enti pubblici o da enti          

ecclesiastici indicati dall’ art. 29 del Concordato. Per il pareggiamento sono previsti determinati requisiti, quali: numero e tipo di cattedre uguali a quelli delle corrispondenti scuole statali; personale docente nominato a seguito di pubblico concorso; trattamento economico iniziale per il personale di ruolo pari a quello delle scuole statali.

- scuole private: sono create da enti o privati con presa d’ atto da parte del Ministero della Pubblica Istruzione. Possono svolgere la loro attività senza l’ autorizzazione del Ministero, ma il Ministro può disporre la loro chiusura per motivi di ordine morale o didattico. Le scuole private non possono rilasciare titoli di studio con valore legale, possono essere aperte alla generalità dei cittadini ed i loro piani di studi possono non essere conformi a quelli delle scuole statali.    

 

8. L’ AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE

 

Il nostro ordinamento costituzionale riconosce e garantisce alle istituzioni scolastiche l’ autonomia, che si concretizza in vari ambiti: essa è autonomia finanziaria, contabile, didattica, organizzativa, di sperimentazione e funzionale.

In base a quanto sancito dall’ art. 21 della legge 59 del 1997, si attua prima di tutto attraverso l’ attribuzione della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche. La personalità giuridica viene accordata alle scuole che raggiungano, entro e non oltre il 31 dicembre 2000, una ben precisa dimensione, definita come dimensione ottimale sulla base di precisi parametri economici, sociali, demografici e geografici dei relativi bacini di utenza[5].

 

8.1 L’ autonomia finanziaria e contabile

 

Il comma 5 dell’ art. 21 della legge 59 del 1997, come modificato dal decreto-legge 28-8-2000, n. 240, convertito nella legge 27-10-2000, n. 306, ha previsto che lo Stato eroghi alle scuole una dotazione finanziaria ordinaria determinata sulla base di parametri fissi e, in particolari casi, un’ assegnazione perequativa.

Le risorse assegnate dallo Stato hanno come unico vincolo di destinazione quello dello svolgimento delle attività di istruzione, formazione, orientamento.

L’ autonomia contabile, come prevista dal d.m. 1-2-2001, n. 44, si concretizza nell’ autonoma allocazione delle risorse.

 

8.2 L’ autonomia didattica

 

Trattando di autonomia didattica occorre premettere che esiste un sistema nazionale di istruzione. Ciò implica che il nucleo essenziale dell’ istruzione costituisce materia di interesse nazionale e non può essere frammentato. Ciò detto, tuttavia, bisogna dire che il perseguimento degli scopi del sistema nazionale di istruzione viene raggiunto anche attraverso l’ autonomia didattica delle istituzioni scolastiche.

L’ autonomia didattica si traduce nella scelta libera e programmata delle metodologie, degli strumenti, dell’ organizzazione e dei tempi di insegnamento. In attuazione dell’ autonomia didattica possono anche essere offerti insegnamenti opzionali, facoltativi ed aggiuntivi.

Il documento fondamentale attraverso il quale si esplica l’ autonomia didattica è il Piano dell’ offerta formativa (POF). Esso viene elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e sulla base delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo e di istituto. Nell’ elaborazione del POF il collegio dei docenti deve anche tenere in considerazione i pareri delle associazioni dei genitori e, per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, degli studenti.

Attraverso il POF, l’ istituzione scolastica esprime la propria identità culturale e progettuale delineando gli itinerari curricolari, extracurricolari ed educativi.

 

8.3 L’ autonomia organizzativa

 

L’ autonomia organizzativa consente alle istituzioni scolastiche di organizzarsi liberamente al fine di realizzare la flessibilità, la diversificazione, l’ efficienza e l’ efficacia del servizio scolastico, la migliore utilizzazione delle risorse e delle strutture.

 

8.4 L’ autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo

 

Le scuole esercitano anche, singolarmente o in forma associata, l’ autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo in armonia con le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali.

L’ autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo si esplica, per esempio, attraverso l’ innovazione metodologica e disciplinare, la formazione e l’ aggiornamento culturale del personale, gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici. 

 

8.5 L’ autonomia funzionale

 

La scuola vede riconosciuto anche l’ esercizio di funzioni e competenze in precedenza proprie delle istituzioni dell’ amministrazione centrale e periferica relative a:

- carriera scolastica e rapporto con gli alunni;

- amministrazione e gestione del patrimonio e delle risorse finanziarie;

- stato giuridico ed economico del personale.

 

9. SITUAZIONE ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE PER IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO

 

Attualmente e già a partire dal 2006, il sistema scolastico italiano vive un momento di profondo rinnovamento o, almeno, di tentativo di rinnovamento, pur tra molte resistenze.

L’ inizio di questo grande cambiamento, a giudizio di chi scrive positivo, è iniziato a partire dal 2006, ed è dovuto all’ azione del Ministro dell’ epoca, Giuseppe Fioroni, il quale ha avuto il merito di riportare nell’ istituzione scolastica il necessario rigore, la meritocrazia e la serietà. I provvedimenti più significativi che sono stati posti in essere durante la gestione del Ministro Fioroni sono:

·       la legge 11 gennaio 2007, n. 1;

·       il decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito nella legge 25 ottobre 2007, n. 176.

Il primo provvedimento reca “Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università”.

Con tale strumento normativo l’ esame di Stato conclusivo della scuola secondaria superiore (cosiddetto esame di maturità) è stato reso più serio; infatti sono stati resi più rigidi i criteri di ammissione all’ esame stesso, non essendo più sufficiente che gli studenti abbiano frequentato l’ ultimo anno di corso, ma essendo necessario che essi siano stati valutati positivamente nello scrutinio finale ed abbiano comunque saldato i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici. Coloro che vogliono anticipare l’ esame per merito dovranno non solo avere conseguito 8/10 in tutte le materie nel penultimo anno, ma anche 7/10 nei due anni precedenti.

Il secondo provvedimento, o meglio la legge di conversione, reca, tra l’ altro, “disposizioni urgenti per l’ ordinato avvio dell’ anno scolastico 2007-2008” e ha ristabilito il tempo pieno. Inoltre ha stretto le maglie per i provvedimenti disciplinari nei confronti:

·       dei docenti assenteisti, per i quali si abbassa il termine per l’ irrogazione di sanzioni;

·       dei docenti che si sono resi colpevoli di reati gravi che possono essere sospesi cautelativamente dal Capo d’ istituto;

Per quanto riguarda i candidati esterni agli esami di maturità, essi potranno esprimere preferenze per gli istituti nei quali sostenere l’esame, ma sarà comunque il dirigente preposto all’ ufficio scolastico regionale ad assegnare la sede d’ esame.

Il “decreto Fioroni” prevede poi regole più severe per l’ ammissione all’ esame di terza media, che è a tutti gli effetti esame di Stato: è infatti previsto un giudizio di ammissione.

Tra gli interventi positivi realizzati dal Ministro Fioroni, ricordiamo anche il suo impegno contro il bullismo nelle scuole come testimonia, per esempio, la direttiva n. 16 del 5 febbraio 2007, e il decalogo del 15 marzo 2007 con cui si vieta l’ uso dei cellulari  nelle scuole, sia da parte degli studenti che da parte dei docenti.  Dobbiamo considerare, poi, che il Ministro Fioroni ha stabilito tempi più certi per il recupero dei debiti formativi degli studenti delle scuole superiori, per cui se uno studente non colma le sue lacune entro il 31 agosto o, comunque, prima che inizi il nuovo anno scolastico, dovrà ripetere l’ anno. Da ultimo, e ciò non sembri soltanto un formalismo di poco conto, egli ha reintrodotto la definizione di “Ministero della Pubblica Istruzione”, in luogo della precedente definizione, che qualificava il Dicastero come “Ministero dell’ Istruzione, dell’ Università e della Ricerca”.

La positiva azione portata avanti dal Ministro Fioroni sembra continuare anche con il nuovo responsabile dell’ istruzione, Mariastella Gelmini.

Il provvedimento più significativo del nuovo Ministro è il decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137, recante “disposizioni urgenti in materia di istruzione ed Università”. Il decreto è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 9 ottobre scorso ed il Senato ha tempo fino al prossimo 31 ottobre per approvarlo.

Le disposizioni più importanti contenute nel decreto sono le seguenti:

- Assegnazione delle classi elementari ad un insegnante unico;

- deve essere espressa una valutazione sulla condotta degli studenti e solamente se questa è positiva (non inferiore ai 6 decimi), l’ alunno sarà ammesso a frequentare l’ anno successivo;

- nella scuola secondaria di primo grado la valutazione periodica ed annuale dell’ apprendimento degli alunni è espressa in decimi (ossia, c’ è un ritorno ai voti numerici);

- adozione dei libri di testo con cadenza quinquennale per evitare spese ingiustificate;

- studio dell’ educazione civica e della Costituzione;

- finanziamento per interventi nell’ edilizia scolastica e per la messa in sicurezza degli istituti.

Questo provvedimento, ancora non divenuto legge, viene proprio in questi giorni contestato, spesso aspramente, da più parti, ma a parere di chi scrive è positivo e segue la via già tracciata dal precedente Ministro, Giuseppe Fioroni, riportando rigore e serietà nel sistema d istruzione italiano.

Particolarmente positivo risulta il fatto che il decreto Gelmini reintroduca lo studio dell’ educazione civica e della Costituzione, indispensabile affinché si formi una coscienza nazionale nei cittadini fin dalla tenera età.

Qualche perplessità si potrebbe forse manifestare a proposito della reintroduzione del maestro unico, ma del resto è forse più opportuno che i bambini abbiano una sola figura alla quale fare riferimento. Il problema deriva semmai dal fatto che molti insegnanti resteranno senza lavoro, ma bisogna considerare il fatto che la scuola deve essere a misura dei discenti, e non a misura dei docenti. Il problema degli insegnanti in più deve essere certamente risolto, ma non di tutto può farsi carico la scuola.

Le perplessità sulla gestione del sistema dell’ istruzione da parte dell’ attuale amministrazione possono manifestarsi anche con riferimento ai tagli che l’ attuale Governo sta operando. A proposito di ciò si devono svolgere alcune considerazioni; da una parte bisogna tenere presente che il sistema scolastico va razionalizzato eliminando inutili sprechi, rendite di posizione e privilegi; ciò soprattutto in tempi di crisi internazionale quali sono quelli che stiamo vivendo oggi. Tuttavia la giusta opera di razionalizzazione e snellimento delle spese va contestualizzata in un ambito più ampio: infatti, se è vero che si sta vivendo un periodo di crisi grave, ciò vale per ogni settore della vita pubblica: questo implica che, se si deve procedere a tagli finanziari, non possono essere solo alcuni settori, per di più di capitale importanza (l’ istruzione e la sanità che oggi non può contare più nemmeno su un Ministero ad hoc, per esempio) a sopportarne il peso; i tagli dovrebbero, per quanto possibile, distribuiti su tutti i settori. Oggi, invece, si ridimensionano le risorse per l’ istruzione da una parte e si danno aiuti a piene mani alle banche ed alle industrie in difficoltà per la crisi finanziaria in atto dall’ altra, rispondendo positivamente ai diktat della Confindustria che assomiglia oggi più ad una lobby di affaristi che a quella borghesia illuminata e lungimirante che forse l’ Italia non ha mai avuto.    

A conclusione del nostro discorso possiamo dire che il sistema di istruzione italiano ha un grande bisogno di rigore e di serietà se vuole formare una classe dirigente degna e preparare le giovani generazioni a vivere e lavorare in un mondo selettivo e globalizzato quale è quello nel quale viviamo oggi. L’ azione iniziata da  Giuseppe Fioroni nel 2006 e proseguita da Mariastella Gelmini oggi sembra essere, pur tra le inevitabili ombre, quella giusta per il raggiungimento di questo obiettivo.  

 

 

 

 

C) IL SISTEMA SCOLASTICO IN ALCUNI PAESI DELL’ UNIONE EUROPEA

 

 

2.1 LA SCUOLA IN FRANCIA

 

La Costituzione francese del 1958, che ha dato origine alla Quinta Repubblica, pone una sorta di “norma in bianco” riguardo all’ istruzione: l’ art. 34 stabilisce, tra l’ altro, che la legge determina i principi fondamentali in materia di insegnamento. L’ impostazione costituzionale francese è assai diversa da quella italiana, che sancisce, invece, norme più ampie e dettagliate sul sistema scolastico, dedicando alla materia ben 2 articoli (il 33 e il 34) e trattandone anche nell’ ambito di un terzo articolo (il 117), riguardante l’ assetto delle competenze legislative di Stato e Regioni.

Per quanto concerne il sistema di istruzione francese ci si deve perciò riferire soprattutto alle fonti normative diverse dalla Costituzione.

La caratteristica fondamentale dell’ assetto scolastico francese è costituita dal fatto che esso è, per quanto riguarda l’ istruzione pubblica, completamente sotto il controllo dello Stato; ciò a partire dall’ epoca napoleonica: fu infatti Napoleone ad attribuire allo Stato i poteri in materia di istruzione tra il 1806 ed il 1808.

Tra il 1880 ed il 1882, il Ministro della Pubblica Istruzione Jules Ferry, operò una riforma della scuola che tendeva ad affrancarla dall’ influenza delle istituzioni ecclesiastiche ed a laicizzarla, coerentemente con il suo ideale di Stato laico nel quale il progresso sociale sarebbe venuto dalle scienze e dai Lumi. Ferry rese, così, la scuola laica, gratuita, mista e obbligatoria fino a 13 anni di età. In seguito venne istituito l’ insegnamento gratuito nelle scuole secondarie e tecniche e, il 9 dicembre 1905, fu emanata la nota legge di separazione tra Stato e Chiesa (che ovviamente investì anche l’ ambito dell’ educazione).

Nel 1951 e nel 1959 la legislazione permise il sovvenzionamento delle scuole private, comprese quelle religiose.

Nel 1959 l’ obbligo scolastico venne esteso fino ai 16 anni di età. 

Nel 1975 il Ministro Haby modificò i programmi per la scuola elementare.

L’ ultima riforma della scuola in Francia è arrivata nel 1992; essa ha unito la scuola materna e quella elementare. La scuola materna dura 3 anni e deve preparare il bambino all’ ingresso nel ciclo di istruzione elementare; quest’ ultimo dura dai 6 agli 11 anni di età, ma c’ è la possibilità di frequentare un anno in più o uno in meno. Alla scuola media (collège di insegnamento generale) accedono i ragazzi di 11 anni, che completano il ciclo a 15 anni. La scuola media deve fornire agli studenti i saperi fondamentali per costituzione di una cultura comune.

E’ prevista una sezione speciale della scuola media per i ragazzi che hanno gravi difficoltà (Section d’ Enseignement Generàl et Professionel Adapté).

Alla fine della scuola media è previsto un esame nazionale superato il quale si ottiene un brevetto.

Dopo la scuola media (15 anni di età) i ragazzi accedono al liceo, che ha durata triennale. Esso può essere generale e tecnologico o professionale. C’ è anche la possibilità di iscriversi in un centre de formation d’ apprentis, che fornisce una formazione professionale. 

L’ esame di maturità (baccalauréat) può essere generale o tecnologico.

Il liceo professionale prepara al conseguimento di diplomi professionali e alla maturità professionale (BAC pro), finalizzata all’ entrata nel mondo del lavoro.

La formazione superiore avviene nelle Università o in altre istituzioni (lycées e grandes écoles).

 

2.2 LA SCUOLA IN GERMANIA  

 

Il sistema educativo vigente nella Repubblica Federale Tedesca è influenzato dal fatto che la Germania è uno stato federale; ciò significa che i poteri in materia di istruzione sono suddivisi tra il Governo centrale e i 16 Länder. L’ obbligo scolastico ha durata di 12 anni, dal 6° al 18° anno di età. E’ prevista una scuola per l’ infanzia, non obbligatoria (Kindergarten).

La Costituzione (o, meglio, la Grundgesetz) del 23 maggio 1949 stabilisce i principi fondamentali sull’ istruzione scolastica nell’ art. 7. Esso sancisce che “l’ intera organizzazione scolastica è sottoposta alla sorveglianza dello Stato” (comma 1). Il comma 4 dell’ art. 7 garantisce il diritto di istituire scuole private. Le scuole private necessitano dell’ autorizzazione dello Stato e sono sottoposte alle leggi dei Länder; esse sostituiscono le scuole pubbliche. L’ autorizzazione deve essere accordata qualora gli istituti privati non siano inferiori a quelli pubblici con riferimento alle finalità didattiche e ai sistemi di organizzazione, nonché alla formazione scientifica degli insegnanti. Inoltre l’ autorizzazione non deve essere negata se le scuole private non favoriscono la separazione degli alunni in base alle condizioni economiche dei genitori. Invece l’ autorizzazione deve essere negata quando la posizione economica e giuridica degli insegnanti non è sufficientemente assicurata.

Per quanto riguarda l’ insegnamento religioso, in base all’ art. 7, comma 2, spetta alle persone che hanno la patria potestà decidere se il fanciullo debba partecipare o meno a detto insegnamento. Il comma 3 sancisce che l’ insegnamento religioso è materia ordinaria negli istituti pubblici, ad eccezione di quelli non confessionali. Lo Stato ha diritto di sorveglianza sull’ insegnamento religioso, il quale però viene impartito conformemente ai principi delle comunità religiose.   

Esaminiamo ora nel dettaglio il sistema scolastico.

L’ istruzione primaria (Grundschule) dura 4 anni e inizia dal 6° anno di età. Ogni Land regola il passaggio dalla Grundschule al successivo grado di istruzione, ossia l’ istruzione secondaria inferiore. Quest’ ultima si divide in:

·       Hauptschule: dura 5 anni, in alcuni Länder 6 e assicura una formazione generale di carattere pratico. Nel corso degli ultimi due anni sono previsti stage in azienda. Al termine si consegue una licenza (Hauptschulabschluss). Dopo la Hauptschule è comunque possibile proseguire negli studi secondari, a condizione che si superi un particolare esame. 

·       Realschule: dura 6 anni, in alcuni Länder 4. Assicura un’ offerta  formativa più ampia rispetto alla Hauptschule. E’ rivolta a coloro che svolgeranno un apprendistato in campo economico. Il diploma che si consegue al termine della Realschule dà accesso agli studi secondari superiori e ad altri percorsi professionalmente qualificati (Fachoberschule, Berufsfachschule);

·       Gesamtschule: questa struttura comprende 3 diversi livelli di istruzione. Frequentando quello più alto si ottiene una qualifica che dà accesso alle Fachhochschule (scuole di specializzazione inferiori all’ Università). 

L’ istruzione secondaria superiore (Fachoberschule, Berufsfachschule, sistema duale) completa il curriculum scolastico per coloro che non hanno scelto il Gymnasium ed è rivolta a coloro che svolgeranno un’ attività professionale. Queste tipologie di scuola permettono l’ alternanza scuola-lavoro e preparano al conseguimento della maturità professionale.

Una particolarità del sistema tedesco è rappresentata dal Gymnasium, che riassume in sé l’ istruzione secondaria inferiore e quella superiore. Il Gymnasium si divide in classi inferiori e superiori;  dura 9 anni, in alcuni Länder 8. E’ l’ insieme delle scuole che assicurano una formazione di livello più alto, si concludono con l’ esame di maturità e permettono l’ accesso ai corsi universitari. E’ simile al nostro liceo.

Altra particolarità del sistema d’ istruzione tedesco è costituita dal cosiddetto sistema duale, ossia l’ alternanza scuola-lavoro. Ad esso possono accedere tutti i giovani che sono in possesso di un diploma di Hauptschule (Hauptschulabschluss).

Nel periodo di alternanza scuola-lavoro la formazione del giovane avviene in parte nelle aziende e nei centri professionali nei quali si apprendono i mestieri, in parte, per 1 o 2 giorni alla settimana, la scuola.   

 

2.3 LA SCUOLA IN GRAN BRETAGNA

 

Il sistema d’ istruzione britannico ha una grande tradizione ed un notevole prestigio che risalgono al Medio Evo, quando istituzioni caritatevoli fondarono scuole per assicurare la scolarizzazione ai bambini indigenti. Tali scuole furono dette public schools; nonostante la denominazione questi istituti sono privati ed indipendenti.

Il sistema scolastico è simile in tutta la Gran Bretagna, dunque anche per il Galles, la Scozia e l’ Irlanda del Nord. Tuttavia quanto si dirà nel prosieguo di questa analisi farà riferimento all’ Inghilterra ed al Galles.

La politica educativa è stata affidata, fino al 28 giugno 2007, al Department for education and skills; il 28 giugno 2007 quest’ ultimo è stato “spacchettato” in due diversi departments: il Department for children, school and families ed il Department for innovation, universities and skills. Il primo dei due departments può essere considerato l’ equivalente del nostro Ministero della pubblica istruzione e si limita a svolgere un’ azione di controllo; infatti le scuole statali sono gestite a livello locale dalle Local Education Authorities.  

L’ istruzione prescolastica è effettuata presso asili o gruppi di gioco e dura fino ai 5 anni di età. Dai 5 ai 16 anni di età vige l’ obbligo scolastico. A 5 anni i bambini inglesi iniziano il loro percorso di istruzione primaria (primary education). Tale prima fase dura fino a 11 anni di età. Dagli 11 ai 16 anni di età viene effettuata l’ istruzione secondaria (secondary education).

Terminato l’ arco temporale dell’ istruzione obbligatoria, a partire dai 16 anni di età circa il 90% degli studenti accede alla tertiary education, che dura fino ai 18 anni di età e fa conseguire il titolo necessario per entrare all’ università.

Nel 1988 fu emanato l’ Education Reform Act, legge che ha istituito il curriculum nazionale concernente le materie fondamentali. In base all’ Act del 1988 gli studenti devono sostenere esami nelle 3 materie fondamentali, ossia inglese, matematica e scienze, rispettivamente all’ età di 7 e 11 anni. Oltre le 3 materie fondamentali, il National curriculum ne prevede 7 propedeutiche: tecnologia/informatica, storia, geografia, musica, arte, educazione motoria e lingua straniera.

Il passaggio dalla primary education alla secondary education avviene ad 11 anni non tramite un esame finale, bensì attraverso lo Standard assessment task, un sistema di valutazione che prevede verifiche periodiche effettuate in tre stadi (a 7, 11 e 14 anni).

Al termine del periodo dell’ obbligo scolastico, ossia a 16 anni, gli studenti inglesi sostengono un esame finale (General Certificate of Secondary Education) il quale dà accesso ad alcuni impieghi, ai corsi professionali. Per accedere all’ università occorre che gli studenti sostengano, a 18 anni di età, il General Certificate of education Advanced level. Questo è un esame di alto livello. A 18 anni lo studente si specializza nelle materie del corso universitario al quale pensa di iscriversi. Per accedere all’ università è necessario che lo studente sostenga il GCE A-level in almeno due materie oggetto del futuro corso di laurea.

In alternativa al GCE A-level gli studenti possono sostenere, sempre a 18 anni, l’ International Baccalaureate, esame di alto livello riconosciuto internazionalmente che dà accesso all’ università.

 

 

2.4  LA SCUOLA IN SPAGNA

 

La Costituzione spagnola del 27 dicembre 1978, entrata in vigore dopo la fine del regime franchista, sancì il ritorno della Spagna alla democrazia. In essa è dato grande spazio ai diritti di libertà. Tra questi l’ art. 27 riconosce il diritto all’ istruzione per tutti e la libertà d’ insegnamento. L’ istruzione ha per oggetto il pieno sviluppo della personalità umana. L’ istruzione primaria è obbligatoria e gratuita. I pubblici poteri garantiscono il diritto all’ istruzione mediante una programmazione generale dell’ insegnamento e la creazione di centri di insegnamento. Nel rispetto dei principi costituzionali, le persone fisiche e giuridiche hanno il diritto di creare detti centri.

Gli insegnanti, i genitori e gli alunni possono partecipare al controllo ed alla gestione dei centri finanziati dall’ amministrazione con fondi pubblici. E’ riconosciuta l’ autonomia alle Università.

Per quanto riguarda la gestione della scuola dobbiamo tenere presente che la Spagna riconosce un ampio grado di autonomia alle Comunità Autonome. Secondo questo schema il Governo centrale ha competenza, tra l’ altro,  per l’ organizzazione generale, la definizione degli elementi essenziali del curriculum, lo sviluppo della ricerca, la regolamentazione delle qualifiche, il controllo e la valutazione del sistema. Spettano, invece, alle Comunità Autonome le responsabilità amministrative, l’ organizzazione delle istituzioni locali, la gestione del personale, la pianificazione dei progetti educativi. Residue competenze, come ad esempio il mantenimento delle scuole infantili e primarie, sono affidate alle amministrazioni locali.  

A partire dal 1985 l’ obbligatorietà e gratuità dell’ istruzione vengono portate fino al raggiungimento dei 16 anni di età.

La legge di base sull’ istruzione è oggi la Ley Orgánica de Educación (LOE) approvata il 3 maggio 2006.

E’ previsto un primo periodo di scolarità non obbligatoria, fino ai 6 anni di età (Educación infantil). In base all’ art. 12 della LOE la finalità essenziale della educación infantil  è lo sviluppo fisico, affettivo, intellettuale e sociale dei bambini. Di fondamentale importanza in questa primissima fase dell’ educazione è la collaborazione tra scuola e famiglie.

L’ educazione primaria (artt. 16 e ss.) dura 6 anni e si svolge, ordinariamente, tra i 6 ed i 12 anni di età. Essa fornisce ai ragazzi gli elementi culturali di base: lettura, scrittura, espressione e comprensione orale e calcolo aritmetico. E’ organizzata secondo 3 cicli di 2 anni ciascuno.

Le materie che fanno parte del curriculum in questa fase sono: lingua e letteratura castigliana e, nel caso, lingua e letteratura della Comunità Autonoma di residenza, matematica, educazione fisica, educazione artistica, lingua straniera. Durante il 3° ciclo si aggiungerà l’ educazione alla cittadinanza ed ai diritti umani ed una seconda lingua straniera. 

La valutazione degli alunni è continua e globale. Al termine del 2° ciclo è previsto un esame (art. 21).

Al termine della fase di educazione primaria si prosegue con l’ educazione secondaria obbligatoria (artt. 22 e ss. LOE), la quale si svolge in 4 anni , dai 12 ai 16 anni di età. Le materie sono: lingua e letteratura castigliana e, nel caso, lingua e letteratura della Comunità Autonoma di residenza, matematica, lingua straniera, scienze sociali, storia, geografia, educazione visiva e plastica, scienze naturali, musica e tecnologia, educazione fisica. In uno dei primi 3 corsi si aggiungeranno educazione alla cittadinanza e diritti umani. Inoltre, nel prosieguo dei corsi si aggiungeranno altre materie, come ad esempio biologia, geologia, educazione civica, fisica, chimica, latino.

La valutazione sarà continua e differenziata per materia. Sono previste prove speciali per il recupero di materie nelle quali si è conseguita una valutazione negativa. Al termine del secondo corso è previsto un esame.

La fase dell’ educazione secondaria obbligatoria è terminata con il conseguimento del Graduado en Educación Secundaria  (art. 31 LOE).

Lo studente in possesso di tale titolo può scegliere tra varie opzioni:

·       Il Bachillerato

·       La formazione professionale di grado medio

·       I cicli di grado medio delle arti plastiche e del disegno

·       I cicli di grado medio degli insegnamenti sportivi

·       Il grado medio degli insegnamenti a regime speciale (cfr. art. 3, comma 6)

·       Il mercato del lavoro.

Il Bachillerato dura 2 anni, dai 16 ai 18 anni di età e assicura agli studenti l’ approfondimento delle conoscenze in settori specifici della cultura universitaria. Il Bachillerato comprende 3 indirizzi: artistico, scientifico e tecnologico, umanistico e delle scienze sociali.

Terminato il Bachillerato lo studente ottiene il titolo di  Bachiller. Esso dà accesso alla educación superior, ossia:

·       L’ università

·       la formazione professionale di grado superiore

·       gli insegnamenti professionali di grado superiore di arte plastica e disegno

·       gli insegnamenti sportivi di grado superiore.

·       Il grado superiore degli insegnamenti a regime speciale.

La formazione professionale si concretizza in un insieme di insegnamenti che preparano all’ esercizio qualificato di una professione ed è articolata in 2 cicli: il grado medio e il grado superiore. Accedono alla formazione professionale di grado medio coloro che sono in possesso del titolo di Graduado en educación secundaria obligatoria. Accedono al grado superiore della formazione professionale coloro che sono in possesso del titolo di bachiller. E’ prevista anche la formazione pratica presso le aziende. La valutazione è effettuata per moduli professionali. Chi consegue il titolo al termine della formazione professionale di grado medio può accedere al Bachillerato. Coloro che invece conseguono il titolo al termine del grado superiore della formazione professionale divengono “técnico superior”.  

L’ art. 3, comma 6 della LOE prevede gli insegnamenti cosiddetti “a regime speciale”, tra cui gli insegnamenti artistici. Essi, in base all’ art. 45, hanno lo scopo di formare i futuri professionisti della musica, della danza, del teatro, delle arti plastiche e del disegno.

Gli insegnamenti artistici possono essere di grado medio o di grado superiore. In genere, per accedere agli insegnamenti di grado medio è necessario essere in possesso del Graduado de educación secondaria obligatoria, mentre per accedere al grado superiore bisogna avere il titolo di bachiller. Sono previste anche prove di accesso specifiche, che a volte possono anche sostituire i titoli accademici (Graduado en educación secundaria obligatoria o bachillerato).

 

 

2.5 LA SCUOLA IN SVEZIA

 

Il sistema scolastico svedese prevede una fase di istruzione prescolastica da 1 a 5 anni di età (Förskola). A 6 anni di età i bambini frequentano la Förskoleklass, una scuola pre-elementare, per un anno.

Dai 7 anni di età inizia la fase dell’ istruzione vera e propria. Infatti, dai 7 ai 16 anni di età i ragazzi svedesi frequentano la scuola elementare e quella media, che danno un’ istruzione di base (Grundskola).

L’ educazione superiore (Gymnasieskola) dura 3 anni, dai 16 ai 20 anni di età.

L’ Università ha durata, in media, dai 2 ai 5 anni; è prevista anche un’ educazione post-universitaria.

Caratteristica importante e degna di nota del sistema educativo vigente in Svezia è che esso è esente dal pagamento delle iscrizioni. Solo per l’ Università è obbligatoria l’ iscrizione alle Unioni studentesche, da effettuarsi a pagamento.

 

 

2.6 LA SCUOLA IN GRECIA

 

In Grecia l’ istruzione è obbligatoria per tutti i ragazzi dai 6 ai 15 anni di età. Questo primo ciclo è articolato in 2 fasi: scuola primaria (Dimotiko) e scuola secondaria di primo grado (Gymnasio). I bambini greci possono, tuttavia, iniziare la loro vita scolastica già a 2 anni e mezzo, frequentando l’ istruzione pre-scolastica.

La frequenza del Dimotiko inizia a 6 anni di età e dura 6 anni, dunque fino ai 12 anni di età.

L’ educazione secondaria post-obbligatoria, secondo la riforma del 1997, è articolata in 2 tipi di scuola: l’ Eniaia Lykeia (Scuola secondaria superiore unificata) e le scuole tecniche. L’ Eniaia Lykeia ha durata di 3 anni. Per quanto riguarda le scuole tecniche, il corso di studi dura 2 anni per il livello “A” e 3 per il livello “B”.

L’ istruzione secondaria post-obbligatoria comprende anche gli istituti per l’ insegnamento, che forniscono un’ educazione formale, ma non classificata; questi istituti non sono classificati come un livello di educazione in quanto accettano sia i diplomati del Gymnasio, sia quelli del Lykeio, a seconda del tipo di specializzazione che forniscono.

Per quanto concerne il livello più alto dell’ educazione pubblica, esso è costituito dalle Università  e dagli istituti tecnologici. Sono ammessi a tali istituzioni educative coloro che superano l’ esame che si tiene al 2° o al 3° anno del Lykeio. Inoltre, gli studenti sono ammessi all’ Università Ellenica aperta dopo il compimento dei 22 anni di età, mediante sorteggio. 

Una particolarità del sistema educativo greco è costituita dal fatto che il Ministero dell’ Educazione è anche il Ministero dei culti e degli affari religiosi.

 

3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

Come si può vedere dall’ analisi delle normative sui sistemi di istruzione in Europa,  i vari stati hanno adottato legislazioni abbastanza  simili tra loro. Infatti in ogni paese è presente una fase di istruzione pre-scolastica prima dei 6 anni di età. Successivamente sono previste scuole di base (primarie) e scuole secondarie. Nell’ ambito dell’ educazione superiore, poi, è possibile scegliere tra una formazione di più alto livello culturale e una più tecnico-professinale. Superata la fase della formazione superiore è possibile, in genere, accedere agli studi universitari.

In linea di massima è questo lo schema generale su cui si basano i vari sistemi scolastici presenti in Europa. Possiamo, tuttavia, osservare alcune particolarità; ad esempio, in Spagna ed in Germania il sistema educativo non è gestito esclusivamente dallo Stato, bensì anche dalle circoscrizioni del decentramento amministrativo (le Comunità Autonome in Spagna, i Länder in Germania). In Spagna esiste anche la particolarità del bachillerato, una sorta di “ponte” tra l’ istruzione superiore e l’ Università.

In Germania, poi, il periodo dell’ istruzione di base termina a 10 anni di età. Ciò implica che la scelta dell’ indirizzo di studi fondamentale per il futuro deve essere fatta molto presto.

Il sistema svedese ha come nota significativa il fatto che è completamente gratuito (tranne per quanto riguarda l’ Università).

Per quanto concerne la normativa dell’ Unione Europea abbiamo avuto modo di vedere che essa, fin dal Trattato di Roma del 1957, ha previsto l’ integrazione anche in materia di istruzione e scuola. Inoltre le istituzioni europee hanno anche tenuto a specificare che l’ istruzione non può essere considerata semplicemente come una componente della vita economica (vedi la risoluzione dei Ministri della Pubblica istruzione del 6 giugno 1974). Attraverso una politica comune anche nel campo della scuola è possibile realizzare una più completa integrazione ed una maggiore coesione economica, sociale e culturale.

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

·       CALCERANO (L.), MARTINEZ Y CABRERA (G.), Scuola, voce tratta da Enciclopedia del diritto, vol. XLI, CEDAM, Padova, 1989;

 

·       SANDULLI (A.), Istruzione, voce tratta dal Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, vol. IV, Giuffré, Milano, 2006;

 

·       Manuale di preparazione al concorso per 100 assistenti al Ministero della Pubblica Istruzione, Simone, 2007.

 

 

SITI INTERNET

        

·       www.asca.it;

·       www.camera.it;

·       www.comune.san-piero-a-sieve.fi.it;

·       www.corriere.it;

·       www.ilsole24ore.com

·       www.istruzione.it;

·       www.lastampa.it;

·       www.liceoamaldi.it;

·       www.parlamento.it;

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·       http://encarta.msn.com/

·       www.associazionedeicostituzionalisti.it

·       www.britishcouncil.org

·       www.comitatigenitori.it

·       www.comune.torino.it

·       www.europa.eu.int

·       www.svezia.cc

·       www.wikipedia.it 

·       www.ypepth.gr

 

 

 



[1] Dobbiamo, però, dare conto di due importanti eccezioni che si sono avute nel Medio Evo, quando vigeva il sistema di dominio feudale e non esisteva ancora un’ istituzione che perseguisse il pubblico interesse. Ci si riferisce alla costituzione del primo Ateneo di stato, creato a Napoli da Federico 2° di Svevia nel 12° secolo e alla Scuola Palatina, istituita da Carlo Magno tra l’ 8° ed il 9° secolo.

[2]  Gabrio Casati è stato il Ministro della pubblica istruzione del Regno di Sardegna dal 1859 al 1860.

[3] Cfr. Aldo Sandulli, Istruzione, voce tratta dal Dizionario di diritto pubblico diretto da Sabino Cassese, vol. IV, Milano, Giuffré, 2006.

[4] Il liceo economico e quello tecnologico sono sostituiti con gli istituti professionali e gli istituti tecnici.

[5] Si confronti, per i parametri, il D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233.