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NE IRROGANTO di Mauro Novelli
… ictus …
Un doveroso ringraziamento va a quanti, con serio e minuzioso lavoro, permettono la fruizione di testi informatizzati attraverso l’opera di siti come www.liberliber.it. Molti degli scritti che seguono sono il prodotto della loro encomiabile azione.
S. Bernardo
La Regola
dell'Ordine del Tempio
I 72 articoli
della Regola
I - Quale divino
ufficio debbano udire
Voi che rinunciate alla propria volontà, e tutti gli altri che per la salvezza
della anime con coi militano per un certo tempo, con cavalli e armi per il
sommo re, abbiate cura di udire con pio e puro desiderio nella sua totalità Matutini e l'Integro Servizio, secondo l'istituzione
canonica e la consuetudine dei dottori regolari della Santa Città. Soprattutto
da voi, venerabili fratelli, è dovuto il sommo grado, poiché disprezzata la
luce di questa vita, e superata la preoccupazione dei vostri corpi, avete promesso
di disprezzare il mondo incalzante per amore di Dio per sempre: rifocillati e
saziati dal divino cibo, istituiti e confermati dai precetti del Signore, dopo
la consumazione del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia preparato
alla corona.
II - Dicano le
preghiere del Signore, se non hanno potuto udire il servizio di Dio
Inoltre se un fratello lontano per caso per un impegno della cristianità
orientale (e questo più spesso non dubitiamo sia avvenuto) non potesse udire
per tale assenza il servizio di Dio: per Matutini
dica tredici orazioni del Signore e per le singole ore, sette; per i Vespri,
riteniamo se ne debbano dire nove, e questo lo affermiamo unanimemente a libera
voce: Questi infatti impegnati così in un lavoro di preservazione, non possono
accorrere nell'ora opportuna al Divino Ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora
stabilita non trascurino quanto dovuto per istituzione.
III - Che cosa fare
per i fratelli defunti
Quando uno dei fratelli professi sacrifica ciò che è impossibile strappare alla
morte, che non risparmia nessuno, ciò che è impossibile strappare: ai
cappellani e ai sacerdoti che con voi caritatevolmente e temporaneamente
servono al Sommo Sacerdote comandiamo con carità di offrire per la sua anima a
Cristo con purezza di spirito l'ufficio e la Messa solenne. I fratelli ivi
presenti, che pernottano pregando per la salvezza del fratello defunto, dicano
cento orazioni del Signore fino al settimo giorno per il fratello defunto: dal
giorno in cui fu annunciata la morte del fratello, fino al predetto giorno, il
numero centenario venga rispettato con fraterna osservanza nella sua integrità
con divina e misericordiosa carità scongiuriamo, e con pastorale autorità,
comandiamo, che ogni giorno, come al fratello si dava e si doveva nelle
necessità così si dia ad un povero fino al quarantesimo giorno ciò che è
necessario al sostentamento di questa vita, per quanto riguarda cibo e bevanda.
Del tutto proibiamo ogni altra offerta, che nella morte dei fratelli, e nella
solennità di Pasqua, inoltre nelle altre solennità, la spontanea povertà dei
poveri commilitoni di Cristo era solita in modo esagerato dare al Signore.
IV - I cappellani
abbiano soltanto vitto e vestito
Comandiamo che per comune accordo del capitolo le altre offerte e tutte le
altre specie di elemosine, in qualunque modo siano, vengano date con attenta
cura ai cappellani o gli altri che restano temporaneamente. Perciò i servitori
della Chiesa abbiano soltanto vitto e vestito secondo l'autorità, e non
pretendano di avere nulla di più, tranne che i maestri spontaneamente e
caritatevolmente abbiano dato.
V - I soldati
temporanei defunti
Vi sono tra di noi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente
rimangono della casa di Dio, e Tempio di Salomone. Perciò con ineffabile
supplica vi preghiamo, scongiuriamo, e anche con insistenza comandiamo, che nel
frattanto la tremenda potestà avesse condotto qualcuno all'ultimo giorno, per
amore di Dio, fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di sostentamento per
la sua anima.
VI - Nessun
fratello professo faccia un'offerta
Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi
presuma di trattare un'altra offerta: ma giorno e notte con cuore puro rimanga
nella sua professione, perché sia in grado di eguagliare il più santo dei
profeti in questo: prenderò il calice della salvezza, e nella mia morte imiterò
la morte del Signore: poiché come Cristo diede la sua anima per me, così anche
io sono pronto a dare l'anima per i fratelli,, ecco l'offerta giusta: ecco
l'ostia viva gradita a Dio.
VII - Non esagerare
nello stare in piedi
Abbiamo sentito con le nostre orecchie un teste sincerissimo, che voi assistete
al divino ufficio stando costantemente in piedi: questo non comandiamo anzi
vituperiamo: comandiamo che finito il salmo, "Venite esultiamo al
Signore" con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto ai
deboli, per evitare scandalo. Voi che siete presenti, terminato ogni salmo, nel
dire "Gloria al Padre", con atteggiamento supplice alzatevi dai vostri
scanni verso gli altari, per riverenza alla Santa Trinità ivi nominata, e
insegnammo ai deboli il modo di chinarsi. Così anche nella proclamazione del
Vangelo, e al "Te Deum laudamus",
e durante tutte le Lodi, finché finito "Benediciamo il Signore",
cessiamo di stare in piedi, comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta
nei Matutini di S. Maria.
VIII - Il riunirsi
per il pasto
In un palazzo, ma sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo
che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una necessità, a causa della
non conoscenza dei segni, sottovoce e privatamente è opportuno chiedere. Così
in ogni momento le cose che vi sono necessarie con ogni umiltà e soggezione di
reverenza chiedete durante la mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane
in silenzio. E il Salmista vi deve animare, quando dice: Ho posto un freno alla
mia bocca, cioè ho deciso dentro di me, perché non venissi meno nella lingua
cioè custodivo la mia bocca perché non parlassi malamente.
IX - La lettura
Nel pranzo e nella cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il
signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salutifere
e i suoi precetti. Il lettore vi intima il silenzio.
X - Uso della carne
Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la
festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte la
carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione del
corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della carne è
proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Nel giorno del
Signore appare senza dubbio, opportuno dare due portate a tutti i soldati
professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli altri invece,
cioè gli armigeri e gli aggregati, rimangono contenti di uno, ringraziando.
XI - Come debbono
mangiare i soldati
È opportuno generalmente che mangino due per due, perché l'uno sollecitamente
provveda all'altro, affinché la durezza della vita, o una furtiva astinenza non
si mescoli in ogni pranzo. Questo giudichiamo giustamente, che ogni soldato o
fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.
XII - Negli altri
giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi
Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato,
riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di
altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si
comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro.
XIII - Con quale
cibo è necessario cibarsi nella feria sesta
Nella feria sesta riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un
unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto conto però della
debolezza dei malati, a partire dalla festa dei santi fino a Pasqua, tranne che
capiti il Natale del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli
altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si rifocillino due volte.
XIV - Dopo il
pranzo sempre rendano grazie
Dopo il pranzo e la cena sempre nella chiesa, se è vicina, o, se così non è,
nello stesso luogo, come conviene, comandiamo che con cuore umiliato
immediatamente rendano grazie al sommo procuratore nostro: che è Cristo: messi
in disparte in pani interi, si comanda di distribuire come dovuto per fraterna
carità ai servi o ai poveri i resti.
XV - Il decimo del
pane sia sempre dato all'elemosiniere
Benché il premio della povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti ai
poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiano vi confessa indubitabilmente
parte di quelli, comandiamo che il decimo di tutto il pane quotidianamente
consegniate al vostro elemosiniere.
XVI - La colazione
sia secondo il parere del maestro
Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il
segnale, come è consuetudine di quella regione, è necessario che tutti voi vi
rechiate a Compieta, ma prima desideriamo che assumiate un convivio generale.
Questo convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione del maestro,
perché quando voglia sia composto di acqua; quando con benevolenza comanderà,
di vino opportunamente diluito. Questo non è necessario che conduca a grande
sazietà o avvenga nel lusso, ma si parco; infatti vediamo apostatare anche i
sapienti.
XVII - Terminata la
Compieta si conservi il silenzio
Finita la Compieta è necessario recarsi al giaciglio. Ai fratelli che escono da
Compieta non venga data licenza di parlare in pubblico, se non per una
necessità impellente; quanto sta per dire al suo scudiero sia detto
sommessamente. Forse può capitare che in tale intervallo per voi che uscite da
Compieta, per grandissima necessità di un affare militare, o dello stato della
nostra casa, perché il giorno non è stato sufficiente, sia necessario che lo
stesso maestro parli con una parte dei fratelli, oppure colui al quale è dovuto
il comando della casa come maestro. Così questo comandiamo che avvenga; poiché
è scritto: Nel molto parlare non sfuggirai al peccato. E altrove: La morte e la
vita nelle mani della lingua. In questo colloquio proibiamo la scurrilità, le
parole inutili e ciò che porta al riso: e a voi che vi recate a letto, se
qualcuno ha detto qualcosa di stolto, comandiamo di dire l'orazione del Signore
con umiltà e devota purezza.
XVIII - Gli stanchi
non si alzino per i Matutini
Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per i Matutini,
come è a voi evidente: ma con l'approvazione del maestro, o di colui al quale
fu conferito dal maestro, riteniamo unanimemente che essi debbano riposare e
cantare le tredici orazioni costituite, in modo che la loro mente concordi con
la voce secondo quanto detto dal profeta: Salmeggiate al Signore con sapienza:
e ancora: al cospetto degli angeli salmeggerò a te. Ma questo deve dipendere
dal consiglio del maestro.
XIX - Sia
conservata comunità di vitto tra i fratelli
Si legge nella pagina Divina: Si divideva ai singoli, come era necessario per
ciascuno. Perciò non diciamo che vi sia accezione di persone ma vi deve essere
considerazione delle malattie. Quando uno ha meno bisogno, ringrazi Dio, e non
si rattristi: colui che ha bisogno si umili per l'infermità, non si innalzi per
la misericordia, e così tutte le membra saranno in pace. Ma questo proibiamo
ché a nessuno sia lecito abbracciare una astinenza fuori posto, ma conducano
una vita comune costantemente.
XX - Qualità e
stile del vestito
Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio bianchi, o
neri, o, per così dire, bigi. A tutti i soldati professi in inverno e in
estate, se è possibile, concediamo vesti bianche, cosicché coloro che avranno
posposto una vita tenebrosa, riconoscano di doversi riconciliare con il loro
Creatore, mediante una vita trasparente e bianca. Che cosa di bianco, se non
l'integra castità? La castità è sicurezza della mente, e sanità del corpo.
Infatti ogni militare, se non avrà preservato nella castità, non potrà
raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come attesta l'apostolo San Paolo:
Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il Signore. Ma
perché una sia di questo stile deve essere privo della nota arroganza e del
superfluo; comandiamo a tutti che abbiano tali cose affinché ciascuno da solo
sia capace senza clamore di vestirsi e svestirsi, mettersi i calzari e
levarseli. Il procuratore di questo ministero con vigile cura sia attento
nell'evitare questo, coloro che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i
vecchi, da riporre in camera, o dove il fratello ci spetta il compito avesse
deciso, perché possano servire agli scudieri o agli aggregati, oppure ai
poveri.
XXI - I servi non
portino vesti bianche, cioè pallii
Decisamente disapproviamo quanto era nella casa di Dio e del tempio dei suoi
soldati, senza discrezione e decisione del comune capitolo, e comandiamo, che
venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio proprio. I servi e gli
scudieri portavano una volta vestiti bianchi, donde derivavano danni. Sorsero
infatti in zone ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed altri, che
dissero di appartenere al Tempio, mentre sono del mondo. Costoro procurarono
tante ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e gli aggregati presuntuosi
come professi insuperbendo fecero nascere numerosi scandali. Portino quindi
sempre vestiti neri: nel caso in cui questi non possano essere trovati, abbiano
quelli che si possano trovare nella provincia in cui abitano, o quanto può
essere avvicinato alla più semplice di un unico colore, cioè bigio.
XXII - I soldati
professi portino solo vestiti bianchi
A nessuno è concesso portare tuniche candide, o avere pallii
bianchi, se non ai nominati soldati.
XXIII - Si usino
solo pelli di agnelli
Abbiamo deciso di comune accordo, che nessun fratello professo abbia pelli di
lunga durata perenne o pelliccia o qualcosa di simile, e che serva al corpo,
anche per coprirlo se non di agnelli o arieti.
XXIV - I vecchi
vestiti siano dati agli scudieri
Il procuratore o datore dei vestiti con ogni attenzione dia i vecchi abiti sempre
agli scudieri e agli aggregati, e talvolta ai poveri, agendo con fedeltà ed
equità.
XXV - Chi brama le
cose migliori abbia le peggiori
Se un fratello professo, o perché gli è dovuto o perché mosso da superbia
volesse abiti belli o ottimi, meriterebbe per tale presunzione senza dubbio
quelli più umili.
XXVI - Sia
rispettata la qualità e la quantità dei vestiti
È necessario osservare la quantità secondo la grandezza dei corpi e la
larghezza dei vestiti: colui che consegna gli abiti sia in questo attento.
XXVII - Colui che
consegna i vestiti conservi innanzitutto l'uguaglianza
Il procuratore con fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu
detto, con la stessa attenzione, perché l'occhio dei sussurratori o dei
calunniatori non presuma di notare alcunché: e in tutte queste cose, umilmente
mediti la ricompensa di Dio.
XXVIII -
L'inutilità dei capelli
Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino capelli in modo
che possano essere considerati regolari davanti e dietro e ordinati; e nella
barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si
mostri o superficialità o il vizio della frivolezza.
XXIX - Circa gli
speroni e le collane
Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché
questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo
l'autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che
prestano servizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane, né
capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto
proibiamo. A coloro che servono al sommo creatore è sommamente necessaria la
mondezza interna ed esterna, come egli stesso attesta, dicendo: Siate mondi,
perché Io sono mondo.
XXX - Numero dei
cavalli e degli scudieri
A ciascun soldato è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà
della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di aumentare oltre, se
non per licenza del maestro.
XXXI - Nessuno
ferisca uno scudiero che serve gratuitamente
Concediamo ai singoli militari per la stessa ragione un solo scudiero. Ma se
gratuitamente e caritatevolmente quello scudiero appartiene a un soldato, a
costui non è lecito flagellarlo, e neppure percuoterlo per qualsiasi colpa.
XXXII - In che modo
siano ricevuti coloro che restano a tempo
Comandiamo a tutti i soldati che desiderano servire a tempo a Gesù Cristo con
purezza d'animo nella stessa casa, di comprare fedelmente cavalli idonei in
questo impegno quotidiano, e armi e quanto è necessario. Abbiamo anche giudicato,
tutto considerato, che sia cosa buona e utile valutare i cavalli. Si conservi
perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato: quanto sarà
necessario al soldato, o ai suoi cavalli, o allo scudiero, aggiunti i ferri dei
cavalli secondo la facoltà della casa, sia acquistato dalla stessa casa con
fraterna carità. Se frattanto il soldato per qualche evento perdesse i suoi
cavalli in questo servizio, il maestro per quanto può la casa, ne procurerà
altri. Al giungere del momento di rimpatriare, lo stesso soldato conceda la
metà del prezzo per amore divino, e se a lui piace, riceva l'altra dalla
comunità dei fratelli.
XXXIII - Nessuno
agisca secondo la propria volontà
È conveniente a questi soldati, che stimano niente di più caro loro di Cristo,
che per il servizio, secondo il quale sono professi, e per la gloria della
somma beatitudine, o il timore della geenna, prestino continuamente obbedienza
al maestro. Occorre quindi che immediatamente, se qualcosa sia stato comandato
dal maestro, o da colui al quale è stato dato mandato dal maestro, senza
indugio, come fosse divinamente comandato, nel fare non conoscano indugio. Di
questi tali la stessa verità dice: Per l'ascolto dell'orecchio mi ha obbedito.
XXXIV - Se è lecito
andare senza comando del maestro in un luogo isolato
Scongiuriamo, e fermamente loro comandiamo, che i generosi soldati che hanno
rinunciato alla propria volontà, e quanti sono aggregati, senza la licenza del
maestro, o di colui cui fu conferito, di non permettersi di andare in un luogo
isolato, eccetto di notte al sepolcro, in armi, e sorvegliare, poiché l'astuto
nemico colpisce di giorno e di notte, o a quei luoghi che sono inclusi nelle
mura della santa città.
XXXV - Se è lecito
camminare da soli
Coloro che viaggiano, non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di
notte, senza un custode, cioè un soldato o un fratello professo. Infatti dopo
che furono ospitati nella milizia, nessun militare, o scudiero o altro, si
permetta di andare per vedere negli atri degli altri militari, o per parlare
con qualcuno, senza permesso, come fu detto sopra. Perciò affermiamo
saggiamente, che in tale casa ordinata da Dio, nessuno secondo il suo possesso
svolga il proprio servizio o riposi; ma secondo il comando del maestro ciascuno
agisca così che imiti la sentenza del Signore, con cui ha detto: Non sono
venuto a fare la mia volontà, ma di Colui che mi ha mandato.
XXXVI - Nessuno
chieda singolarmente ciò che è a lui necessario
Comandiamo, che sia scritta tra le altre come propria questa consuetudine e
posta ogni attenzione confermiamo perché si eviti di cercare il vizio. Nessun
fratello professo, deve chiedere che gli sia assegnato personalmente un cavallo
o una cavalcatura o delle armi. In che modo? Se la sua malattia, o la debolezza
dei sui cavalli, o la scarsezza delle sue armi, fosse riconosciuta tale, che
avanzare così sia un danno comune: si rechi dal maestro, o da colui chi è
dovuto il ministero dopo il maestro, e gli esponga la causa con sincerità e
purezza: infatti la cosa va risolta nella decisione del maestro, o del suo
procuratore.
XXXVII - I morsi e
gli speroni
Non vogliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano nei
morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun
fratello professo acquistarli. Se per caso tali vecchi strumenti fossero stati
dati in dono, l'oro o l'argento siano colorati in modo che il colore o il
decoro non appaia arroganza in mezzo agli altri. Se fossero stati dati nuovi,
il maestro faccia ciò che vuole di queste cose.
XXXVIII - Sulle
aste e sugli scudi non venga posta una copertura
Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi questo
non è proficuo, anzi dannoso.
XXXIX -
L'autorizzazione del maestro
Al maestro è lecito dare cavalli o armi a chiunque, o a chi ritiene opportuno
qualunque altra cosa.
XL - Sacco e baule
Non sono permessi sacco e baule con il lucchetto: così siano presentati, perché
non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a cui furono
affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa norma sono
esclusi i procuratori e coloro che abitano in provincie diverse, e neppure è
inteso lo stesso maestro.
XLI -
L'autorizzazione scritta
In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere, o dare, dai propri parenti,
né qualsiasi uomo, né dall'uno all'altro, senza il permesso del maestro o del
procuratore. Dopo che un fratello avrà avuto licenza, alla presenza del
maestro, se così a lui piace, siano registrati. Nel caso che dai parenti sia
indirizzato a lui qualcosa, non si permetta riceverla, se prima non è stato
segnalato al maestro. In questa norma non sono inclusi il maestro e i
procuratori della casa.
XLII - La
confessione delle proprie colpe
Poiché ogni parola oziosa si sa che genera il peccato, che cosa essi diranno
ostentatamente riguardo alle proprie colpe davanti al severo giudice. Dice bene
il profeta che se occorre astenersi dai buoni discorsi per il silenzio, quanto
più occorre astenersi dalle cattive parole per la penda del peccato. Vietiamo quindi
che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello, o con qualcun
altro, per meglio dire, le stoltezze, che nel secolo nel servizio militare
compì in modo enorme, e i piaceri della carne con sciaguratissime donne, o
qualsiasi altra cosa: e se per caso avesse sentito qualcuno che riferisce tali
cose, lo faccia tacere, o appena può si allontani per obbedienza, e al
venditore d'olio non offra il cuore.
XLIII - Questua e
accettazione
Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza averla chiesta, la consegni al
maestro o all'economo: se un altro suo amico o parente non volesse che fosse
usata se non da lui, questa non riceva fino a quando abbia il permesso del
maestro. Colui al quale sarà stata data la cosa, non dispiaccia che venga data
ad un altro: sappia per certo, che se si arrabbiasse per questo, agisce contro
Dio. Nella sopraddetta regola non sono contenuti gli amministratori ai quali in
modo speciale è affidato e concesso il ministero riguardo al sacco e al baule.
XLIV - I sacchi per
il cibo sui cavalli
È utile a tutti che questo ordine da noi stabilito sia rispettato senza
eccezioni. Nessun fratello presuma di confezionare sacchi per il cibo di lino o
di lana, preparati con troppa cura: non ne abbia se non di panno grezzo.
XLV - Nessuno osi
cambiare o domandare
Nessuno presuma di cambiare le sue cose, fratello con il fratello, senza
l'autorizzazione del maestro, e chiedere qualcosa, se non fratello al fratello,
purché la cosa sia piccola, vile, non grande.
XLVI - Nessuno
catturi un uccello con un uccello, neppure proceda con il richiamo
Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con un
uccello. Non conviene infatti aderire alla religione conservando i piaceri
mondani, ma ascoltare volentieri i comandamenti del Signore, frequentemente
applicarsi alle preghiere, confessare a Dio i propri peccati con lacrime e
gemito quotidianamente nella preghiera. Nessun fratello professo per questa
causa principale presuma di accompagnarsi con un uomo che opera con il falco o con
qualche altro uccello.
XLVII - Nessuno
colpisca una fiera con l'arco o la balestra
È conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere,
umilmente, non pronunciando molte parole, ma ragionando, e non con voce troppo
elevata. Specialmente imponiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non
osare entrare in un bosco con arco o balestra o lanciare dardi: non vada con
colui che fece tali cose se non per poterlo salvare da uno sciagurato pagano:
né osi gridare con un cane né garrire; né spinga il suo cavallo per la bramosia
di catturare la fiera.
XLVIII - Il leone
sia sempre colpito
Infatti è certo, che a voi fu specialmente affidato il compito di offrire la
vita per i vostri fratelli, e eliminare dalla terra gli increduli, che sempre
minacciano il Figlio della Vergine. Del leone questo leggiamo, perché egli
circuisce cercando chi divorare, e le sue mani contro tutti, e le mani di tutti
contro lui.
XLIX - Ascoltate il
giudizio riguardo a quanto è chiesto su di voi
Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono senza numero, e si
affrettano incessantemente e sempre più crudelmente ad inquietare coloro che
non amano le contese. In questo si tenga la sentenza del Concilio fatta con
serena considerazione, che se qualcuno nelle parti della regione orientale, o
in qualunque altro luogo chiedesse qualcosa su di voi, a voi comandiamo di
ascoltare il giudizio emesso da giudici fedeli e amanti del vero; e ciò che
sarà giusto, comandiamo che voi compiate senza esitazione.
L - In ogni cosa
sia tenuta questa regola
Questa stessa regola comandiamo che venga tenuta per sempre in tutte le cose
che immeritatamente sono state a voli tolte.
LI - Quando è
lecito a tutti i militari professi avere una terra e degli uomini
Crediamo che per divina provvidenza nei santi luoghi prese inizio da voi questo
genere nuovo di religione che cioè alla religione sia unita la milizia e così
per la religione proceda armata mediante la milizia, o senza colpa colpisca il
nemico. Giustamente quindi giudichiamo, poiché siamo chiamati soldati del
Tempio che voi stessi per l'insigne e speciale merito di probità abbiate casa,
terra, uomini, contadini e giustamente li governate: e a voi è dovuto in modo
particolare quanto stabilito.
LII - Ai malati sia
dedicata un'attenzione particolare
Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura attentissima, come si
servisse a Cristo in loro: il detto evangelico, sono stato infermo e mi
visitaste sia attentamente ricordato. Costoro vanno sopportati pazientemente,
perché mediante loro senza dubbio si acquista una retribuzione superiore.
LIII - Agli infermi
sia sempre dato ciò che è necessario
Agli assistenti degli infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura,
che quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e diligentemente,
secondo le possibilità della casa sia loro amministrato, ad esempio, carne e
volatili ed altro, fino quando siano restituiti alla sanità.
LIV - Nessuno
provochi l'altro all'ira
Massima attenzione va posta perché qualcuno non presuma di provocare l'altro
all'ira: infatti la somma clemenza della vicina divina fraternità congiunse
tanto i poveri quanto i potenti.
LV - In che modo
siano accolti i fratelli sposati
Permettiamo a voi di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se chiedono
il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità, entrambi concedano
una parte della loro sostanza e quanto avessero ad acquistare lo diano
all'unità del comune capitolo dopo la loro morte, e frattanto conducano una
vita onesta, e si studino di agire bene verso i fratelli, ma non portino la
veste candida e il mantello bianco. Se il marito fosse morto prima, lasci la
sua parte ai fratelli: la moglie ricavi il sostegno della vita dall'altra
parte. Consideriamo infatti questo ingiusto che fratelli di questo tipo
risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno promesso la castità a Dio.
LVI - Non si
abbiano più sorelle
Riunire ancora sorelle è pericoloso: l'antico nemico a causa della compagnia
femminile cacciò molti dalla retta via del paradiso. Perciò, fratelli
carissimi, perché sempre tra voi sia visibile il fiore dell'integrità, non è
lecito mantenere ancora questa consuetudine.
LVII - I fratelli
del Tempio non abbiano parte con gli scomunicati
Questo, fratelli è da evitare e da temere, che qualcuno dei soldati di Cristo
in qualche modo si unisca ad una persona scomunicata singolarmente e
pubblicamente, o presuma di ricevere le sue cose, perché la scomunica non sia
simile al marantha (vieni Signore). Ma se fosse
soltanto interdetto, non sarà fuori posto avere parte con lui, e ricevere
caritatevolmente le sue cose.
LVIII - In che modo
vanno ricevuti i soldati secolari
Se un soldato dalla massa della perdizione, o un altro secolare, volendo
rinunziare al mondo, volesse scegliere la nostra comunione e vita, non si dia a
lui subito l'assenso, ma secondo la parola di Paolo, provate gli spiriti se
sono da Dio così a lui sia concesso l'ingresso. Si legga dunque la Regola in
sua presenza: e se costui ottempererà diligentemente ai comandi di questa
esimia Regola, allora se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto riceverlo,
convocati i fratelli esponga con purezza d'animo a tutti il suo desiderio e la
sua richiesta. In seguito il termine della prova dipenda in tutto dalla
considerazione e dalla decisione del maestro, secondo l'onestà di vita del
richiedente.
LIX - Non siano
chiamati tutti i fratelli al consiglio privato
Comandiamo che non sempre siano convocati al consiglio tutti i fratelli, ma
solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali per il
consiglio. Quando volesse trattare le questioni maggiori, quale dare la terra
comune, o discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un fratello: allora è
opportuno convocare tutta la congregazione, se così ritiene il maestro; udito
il parere di tutto il capitolo, quanto di meglio e di più utile il maestro avrà
ritenuto opportuno, questo si faccia.
LX - Devono pregare
in silenzio
Comandiamo con parere concorde che, come avrà richiesto la propensione
dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o seduti: tuttavia con
massima riverenza con semplicità, senza chiasso, perché uno non disturbi
l'altro.
LXI - Ricevere la
fede dei serventi
Abbiamo saputo che molti da diverse province, tanto aggregati, quanto scudieri desiderano
vincolarsi nella nostra casa a tempo con animo fervoroso per la salvezza delle
anime. È utile che riceviate la fede loro, affinché per caso l'antico nemico
non intimi loro nel servizio di Dio alcunché furtivamente o indecentemente, o
li distolga improvvisamente dal buon proposito.
LXII - I fanciulli,
fin quando sono piccoli, non siano ricevuti tra i fratelli del Tempio
Quantunque la Regola dei Santi Padri permetta di avere dei fanciulli in una
congregazione, noi non riteniamo di dover caricare voi di tale peso. Chi
volesse dare in perpetuo suo figlio, o un suo congiunto, nella religione
militare: lo nutra fino agli anni, in cui virilmente con mano armata possa
eliminare dalla Terra Santa i nemici di Cristo: in seguito secondo la Regola il
padre o i genitori lo pongano in mezzo ai fratelli, e rendano nota la sua
richiesta. È meglio nella fanciullezza non giurare, piuttosto che diventato
uomo ritirarsi in modo clamoroso.
LXIII- Sempre i
vecchi siano venerati
È bene che i vecchi con pia considerazione, secondo la debolezza delle forze
siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo si usi severità in
quanto la tolleranza è necessaria per il corpo, salva tuttavia l'autorità della
Regola.
LXIV - I fratelli
che partono per diverse province
I fratelli che si incamminano per diverse province, per quanto lo permettano le
forze, si impegnino a osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e nelle
altre cose, e vivano in modo irreprensibile, perché abbiano buona testimonianza
da coloro che stanno fuori: non macchino il proposito di religione né con
parola né con atto, ma soprattutto a coloro, con i quali si sono incontrati,
offrano esempio e sostanza di sapienza e di buone opere. Colui presso il quale
avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e, se è possibile, la casa
dell'ospite in quella notte non manchi della candela, affinché il nemico
tenebroso non procuri la morte, Dio non voglia. Quando avranno sentito di
riunire soldati non scomunicati, diciamo che colà devono andare non
preoccupandosi di una utilità temporale, quanto piuttosto della salvezza eterna
delle loro anime. Ai fratelli diretti nelle zone aldilà del mare con la
speranza di essere trasportati, raccomandiamo di ricevere con questa
convenzione coloro che avessero voluto unirsi in perpetuo all'Ordine militare:
entrambi si presentino al Vescovo di quella provincia e il presule ascolti la
volontà di colui che chiede. Ascoltata la richiesta, il fratello lo invii al
maestro e ai fratelli che si trovano nel Tempio che è in Gerusalemme: e se la
sua vita è onesta e degna di tale appartenenza, misericordiosamente sia
accolto, se questo sembra bene al maestro e ai fratelli. Se nel frattempo
morisse, a causa del lavoro e della fatica, come a un fratello, a lui sia
riconosciuto tutto il beneficio e la fraternità dei poveri e dei commilitoni di
Cristo.
LXV- A tutti sia
distribuito in modo uguale il vitto
Riteniamo anche che questo in modo congruo e ragionevole sia rispettato, che a
tutti i fratelli professi sia dato cibo in eguale misura secondo la possibilità
del luogo: non è infatti utile l'accezione delle persone, ma è necessario
considerare le indisposizioni.
LXVI - I soldati
abbiano le decime del Tempio
Crediamo che avendo abbandonato le ricchezze a voi donate abbiate ad essere
soggetti alla spontanea povertà, per cui in questo modo abbiamo dimostrato in
quale modo spettino a voi che vivete in vita comune le decime. Se il Vescovo
della chiesa, al quale è dovuta giustamente la decima, avrà voluto darla a voi
caritatevolmente: deve dare a voi le decime che allora la Chiesa sembra
possedere con il consenso del capitolo comune. Se un laico dovesse
impossessarsi di essa (decima) o sottrarla dal suo patrimonio in modo
condannabile, e confessando la propria colpa avrà voluto lasciare a voi la
stessa: secondo la discrezione di colui che presiede questo può essere fatto,
senza il consenso del capitolo.
LXVII - Le colpe
leggere e gravi
Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o
altrimenti, egli stesso confessi al maestro il suo peccato con l'impegno della
soddisfazione. Per le cose lievi, se non esiste una consuetudine, ci sia una
lieve penitenza. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta attraverso
un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad una riparazione maggiore e più
evidente. Se la colpa sarà grave, si allontani dalla familiarità dei fratelli,
né mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo assuma il pasto. Il tutto
dipenda dalla decisione e dall'indicazione del maestro, affinché sia salvo nel
giorno del giudizio.
LXVIII - Per quale
colpa il fratello non sia più accolto
Soprattutto occorre provvedere che, nessun fratello, sia potente o impotente,
forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco insuperbire, difendere la
propria colpa, possa rimanere indisciplinato: ma, se non avrà voluto
correggersi, a lui venga data una correzione più severa. Che se non avrà voluto
correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere a lui innalzate, ma si sarà
innalzato sempre più nella superbia: allora secondo l'apostolo, sia sradicato
dal pio gregge: togliete il male da voi: è necessario che la pecora malata sia
allontanata dalla società dei fratelli fedeli. Inoltre il maestro che deve
tenere in mano il bastone e la verga (cioè il bastone, con cui sostenga le
debolezze delle altre forze, la verga con cui colpisca con lo zelo della
rettitudine i vizi di coloro che vengono meno) con il consiglio del Patriarca e
con una considerazione spirituale sul da farsi affinché, come dice il beato
Massimo, la più libera clemenza non approvi l'arroganza del peccatore, né
l'esagerata severità non richiami dall'errore chi sbaglia.
LXIX - Dalla
solennità di Pasqua fino a Tutti i Santi si possa soltanto portare una camicia
di lino
Per il grande caldo della regione orientale, consideriamo compassionevolmente,
che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Tutti i Santi, si dia a
ciascuno una unica camicia di lino, non per il dovuto, ma per sola grazia, e
questo dico per chi vorrà usufruire di essa. Negli altri tempi generalmente
tutti portino camicie di lana.
LXX - Quanti e
quali panni siano necessari nel letto
Per coloro che dormono nei singoli letti riteniamo di comune consiglio, se non
sopravviene qualche grave causa o necessità: ciascuno abbia biancheria secondo
la discreta assegnazione del maestro: crediamo infatti che a ciascuno sia
sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che manca di uno
di questi, prenda una stuoia, e in ogni tempo sarà lecito usufruire di una
coperta di lino, cioè un panno: dormano vestiti con la camicia, e sempre
dormano indossando gli stivali. Mentre i fratelli dormono, fino al mattino non
manchi la lucerna.
LXXI - Va evitata
la mormorazione
Comandiamo a voi, per divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire, le
emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le detrazioni. Si
impegni ciascuno con animo vigile, a non incolpare o riprendere il suo fratello
ma ricordi tra se la parola dell'apostolo: non essere un accusatore, né
diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto che un fratello ha
peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore,
lo corregga tra sé e lui solo: e se non lo avrà ascoltato prenda un altro
fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in riunione davanti al capitolo
tutto sia rimproverato. Soffrono di grave cecità, coloro che calunniano gli
altri; sono di grande infelicità coloro che non si guardano dal livore: da qui
sono immersi nell'antica iniquità dell'astuto nemico.
LXXII - Si evitino
i baci di tutte le donne
Riteniamo pericoloso per ogni religioso fissare lungamente il volto delle
donne: perciò un fratello non osi baciare né una vedova, né una nubile, né la
madre, né la sorella, né un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque la
milizia di Cristo i baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono
in pericolo: così con coscienza pura e vita libera può perennemente conversare
al cospetto del Signore.