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Documento inserito: 3-2-2020

 

Il PuntO n° 386

Auto elettriche? Inquinamento? Motore ad idrogeno?

Di Mauro Novelli 3-2-2020

 

Entriamo subito in argomento. Perché non si dice che non è assolutamente vero che se il parco auto (40 milioni di pezzi) venisse tutto trasformato da motore a scoppio  in elettrico avremmo fortemente diminuito l’inquinamento? Ricaricare ogni notte le batterie di 40 milioni di auto elettriche obbliga alla costruzione di nuove centrali. Quindi, l’inquinamento è solo spostato: da “diffuso”, a causa delle auto circolanti, a  concentrato” nelle zone di costruzione delle nuove centrali.  Non solo, ma nessuno informa che ogni 5 – 7 anni occorre procedere allo smaltimento di 40 milioni di batterie esaurite. Già, perché le batterie elettriche durano al massimo circa 8 anni, purché non si lasci l’auto parcheggiata al sole per molto tempo, altrimenti arrivano a mala pena ai 5 anni. E il degrado dovuto al tempo è inesorabile, nel senso che, anche se abbiamo osservato ogni accortezza nel parcheggiare l’auto, con gli anni l’autonomia declina costantemente.

Ancora, perché nessuno informa che per andare da Roma a Milano con un’auto elettrica occorrono circa 8 ore? Occorre infatti procedere almeno una volta nel tragitto – se le batterie sono nuove -  alla loro  ricarica. Se poi le batterie hanno qualche anno di vita, occorrerà fermarsi almeno due volte. E per  ricaricare le batterie non basta qualche minuto, ma se si usa la rete domestica  ci si impiega  normalmente sette o otto ore; se invece si è dotati di  un sistema che possa accogliere la ricarica da alimentatori potenti occorre, comunque, più di un’ora  per fare il “pieno”.

C’è però da chiedersi: se nel 2019 si sono immatricolate circa 8.000 auto elettriche, è remunerativo un investimento massiccio in punti di rifornimento?

Così come stanno le cose, molto più funzionale risulta l’ibrido.

La migliore soluzione alternativa al motore a combustione interna è costituita, comunque, dal motore ad idrogeno, come adottato da comune di Bolzano per i bus pubblici. Ma credo che prima di commercializzare l’idrogeno gli automobilisti di tutto il mondo debbano ripagare i costi della ricerca sull’elettrico, propulsione che ci terremo almeno per un decennio.

Credo che andrà a finire come per l’eliminazione delle lampade a incandescenza: prima di arrivare ai quasi eterni led (per i quali l’unico problema è la durata della scatoletta elettronica di supporto) dovemmo passare per le costosissime lampade a lunga durata (diciamo così) e basso consumo

In ogni caso, un paese come l’Italia, dove il turismo rappresenta (potenzialmente) la prima industria, non può esimersi dall’impiantare un più che adeguato numero di punti di rifornimento elettrico, specie in autostrada. In caso contrario, se il motore totalmente elettrico dovesse prender piede nei paesi europei e  se si dovessero creare problemi di rifornimento per la scarsità delle italiche colonnine di ricarica, potremmo veder diminuire i flussi turistici per la difficoltà che incontrerebbero gli stranieri dotati di auto elettriche

Facciamoci bene i calcoli.

Per i costi di rifornimento rimandiamo al preciso articolo di qualEnergia.it

 


 

Da qualenergia.it

 

Ricaricare l’auto elettrica: dove, come e quanto costa

Redazione QualEnergia.it  22 Ottobre 2019  

Mini-guida di orientamento per fare il pieno alle batterie dei veicoli. Prezzi, tempi e modi delle ricariche, sviluppo delle infrastrutture in Italia.

Quando si parla di automobili, spesso si cita il previsto boom di vendite di modelli elettrici che dovrebbe scattare nel 2020-2021; sarà così anche per le colonnine di ricarica? Quante sono in Italia e come si sta sviluppando la rete per il rifornimento “alla spina”? Quanto costa ricaricare una vettura plug-in? E quanto tempo ci vuole?

Colonnine, quante sono e dove

Secondo le ultime stime diffuse dall’Energy & Strategy Group del Politecnico milanese, in Italia finora si sono installate circa 8.200 colonnine tra quelle pubbliche nelle strade, piazze, parcheggi eccetera (circa 3.500 in totale) e quelle private ad accesso pubblico, ad esempio negli alberghi e nei supermercati.

La distribuzione dei punti di ricarica però è disomogenea, perché una buona metà si concentra nelle regioni del nord; la Lombardia, in particolare, è l’unica regione con oltre mille colonnine sul suo territorio.

Da notare, poi, che il 70-75% delle colonnine si trova nelle città e nelle aree urbane; ancora poche (meno del 5% del totale), invece, sono quelle disponibili sulle strade extraurbane e sulle autostrade italiane, mentre un 20-30% dei punti di ricarica complessivi si trova nei “punti d’interesse”, soprattutto centri commerciali e concessionari auto.

Per quanto riguarda le stazioni di ricarica private, le stime più recenti oscillano tra 11.000-13.000.

È bene precisare che tutti questi numeri sono in costante e rapida evoluzione, perché sono in corso numerosi progetti di diversi operatori per sviluppare l’infrastruttura dedicata alle vetture elettriche.

Ricarica a casa: prezzi e tempi

Il modo più conveniente per ricaricare l’auto elettrica è a casa, avendo un garage/box o un posto auto collegato all’impianto elettrico dell’abitazione.

Ipotizzando un costo medio unitario dell’energia tra 0,20-0,23 €/kWh con un contratto domestico residente nel servizio di maggior tutela, e ipotizzando di dover caricare completamente una batteria di taglia media da 40 kWh (è la batteria “base” della Nissan Leaf, una delle auto elettriche più vendute nel nostro paese), si spenderanno 8-9 euro per un pieno con un’autonomia intorno ai 270 km.

Poi è possibile risparmiare grazie alle offerte sul mercato libero che prevedono sconti sulla componente energia rispetto al servizio di tutela.

chi ha il fotovoltaico può spendere ancora meno, perché usa direttamente l’energia “fatta in casa”, in autoconsumo: non spenderà dunque sui 20 centesimi a kWh come chi preleva dalla rete, che deve pagare anche oneri di rete e di sistema e tasse, ma calcolando i costi di installazione dell’impianto, ricaricare gli costerà indicativamente circa 7-10 centesimi di euro per kWh , cioè il valore indicativo LCOE (Levelized Cost of Electricity) del fotovoltaico residenziale in Italia.

Per questo motivo diverse aziende propongono inverter specifici, programmati per gestire la ricarica dei veicoli quando c’è un eccesso di produzione dai pannelli solari, ottimizzando ancora di più l’autoconsumo.

Per la ricarica domestica è consigliabile installare una presa di tipo industriale; inoltre, conviene valutare l’acquisto di una wall-box” (letteralmente: scatola a muro), un dispositivo che permette di gestire in modo intelligente il rifornimento del veicolo secondo diversi parametri, come il livello dei diversi carichi elettrici domestici, l’eventuale produzione di energia del proprio impianto fotovoltaico e così via.

A casa però il tempo di ricarica è molto lungo: con un classico contatore da 3,3 kW di potenza impegnata, per la nostra batteria da 40 kWh – ipotizzando che sia quasi completamente “a terra” – serviranno circa 12 ore per riportarla al 100% della sua capacità.

Quindi è bene rifornire l’auto di notte quando le altre utenze domestiche sono spente/inutilizzate.

Ricordiamo poi che l’Autorità per l’energia ha lanciato di recente una consultazione per aggiornare le tariffe di ricarica pubblica e privata.

Un punto molto importante è l’ipotesi di applicare la tariffa “domestica-residente” ai punti di ricarica installati nei garage/box di pertinenza dell’abitazione principale oppure nei box non pertinenziali, ma la cui proprietà (o il contratto di affitto) sia intestato a una persona che è proprietaria di un veicolo elettrico.

Ricarica fuori casa: prezzi e tempi

Per la ricarica fuori casa il quadro è più complesso. Partiamo dai costi, che possono essere a consumo oppure “flat con un pagamento fisso mensile/annuale per un certo numero di ricariche o di energia complessivamente prelevata.

Le tariffe variano moltissimo, secondo il tipo di colonnina, la velocità della ricarica e l’operatore che gestisce il servizio. In media, in base alle varie offerte presenti in questa fase sul mercato, bisogna calcolare 0,45-0,50 € per kWh per utilizzare, rispettivamente, i punti di ricarica rapida sotto 50 kW e veloce da 50 kW.

In pratica, guardando sempre alla batteria di taglia media da 40 kWh, la spesa si aggira sui 18-20 euro per un pieno completo, quindi circa il doppio in confronto a quello che si spende a casa.

Per chi viaggia molto può convenire una tariffa forfettaria mensile: ci sono diverse taglie e prezzi, ad esempio Enel X – il principale operatore coinvolto nella realizzazione di punti di ricarica in Italia – propone un canone mensile da 25 euro con 60 kWh inclusi e un canone da 45 euro con 120 kWh.

A livello di tempi di rifornimento, se l’automobilista usa una colonnina “rapida” in corrente alternata da 22 kW deve calcolare quasi due ore per guadagnare la completa autonomia della batteria da 40 kWh.

Con una colonnina da 50 kW il tempo per un pieno scende a circa un’ora; sopra 50 kW si entra nel campo dei rifornimenti super-veloci con punti di ricarica da 150 kW o anche più potenti, come quelli da 350 kW del consorzio Ionity che permettono di ricaricare la batteria in pochi minuti.

Per quanto riguarda lo standard di connessione tra auto elettrica e colonnina pubblica, infine, ricordiamo che si può utilizzare un connettore di Tipo 2 per la ricarica in corrente alternata (AC) fino a 22 kW, mentre la ricarica più veloce in corrente continua (DC) richiede un connettore CHAdeMO (adottato dai veicoli Nissan, Mitsubishi, Peugeot, Citroen) oppure CCS Combo 2 (presente sui modelli dei costruttori tedeschi ad esempio) che consente sia la ricarica rapida DC sia quella più lenta in corrente alternata.

I nodi da risolvere: pagamenti “facili” e V2G

Tra i principali nodi da sciogliere in tema di ricariche, c’è l’omogeneità dei sistemi di pagamento.

Il punto, infatti, è che oggi caricare l’auto elettrica non è semplice come fare il pieno di benzina al distributore di carburante, perché la diffusione delle colonnine è avvenuta in modo un po’ frammentario, con molteplici operatori e diverse iniziative regionali-locali.

In sostanza: è quasi impossibile pagare direttamente con banconote o carte di debito/credito come a un self-service, perché è necessario dotarsi della tessera o dell’applicazione del singolo servizio che si vuole utilizzare. Insomma c’è ancora da lavorare parecchio per raggiungere la cosiddetta “interoperabilità”, cioè la possibilità di fare il pieno ovunque con una stessa tessera o con un pagamento diretto in contanti o tramite carta bancaria, senza l’obbligo di autenticazione a un dato servizio-operatore.

E tra le sfide future ci sono le tecnologie V2G (Vehicle-to-Grid), quelle che permettono di gestire in modo intelligente il flusso di energia dalla colonnina all’auto elettrica e viceversa, in modo da trasformare la batteria in un dispositivo di accumulo per la rete (vedi qui il parere dell’Autorità sullo schema di decreto ministeriale che dovrà abilitare queste tecnologie ancora off-limits in Italia).