HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Il PuntO Documento
inserito il 3-6-2007 |
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Il PuntO n° 110 Abusivismo politico: “Dimezziamo il numero dei
saccheggiodipendenti, ma non toccate i metodi di gestione del
potere! ” Di Mauro Novelli 3-6-2007 Touchés? Sì.
Alcuni di costoro hanno capito: non possono continuare a lungo con una gestione
mascalzonesca del potere, lasciata a malfattori con indubbie capacità
pervasive ed autoreplicanti. Gli
abusivi hanno annesso al potere ogni vantaggio, impunità compresa.
Sono riusciti ad estromettere dal potere ogni coinvolgimento,
responsabilità compresa. Sono riusciti ad imporre meccanismi di
cooptazione gestiti dai pochi capataz veramente potenti: similes a similibus
cooptantur. Hanno voluto “strafare”. Diceva
un saggio: “Chi sa regolarsi, non ha bisogno di regole”. E costoro hanno
dimostrato di non sapersi regolare, perché per evitare di mettere in crisi il
comodo sistema, hanno dovuto scegliere scherani omologhi, cioè in continua crisi di astinenza. E poiché le
vacche sono ancora magre anche se i capataz
si sbracciano ad annunciare l’ arrivo della mandria delle giovenche
grasse, la plebe in difficoltà e sempre più precaria sta
cercando di trovare la strada per imporre un minimo di regole nel tentativo
di mitigare i danni di questi “saccheggiodipendenti”. (Si veda il fondo di Sartori
sul Corriere del 2-6-2007 riportato di seguito). Hanno
cercato di mistificare questa presa di coscienza sguinzagliando capi bastone
mediatici nel tentativo di spostare il mirino dei cittadini dagli “sprechi della
politica” ai “costi della democrazia”, paventando cadute verso qualunquismi e
populismi, preannunciando pericolosi smottamenti antidemocratici. Senza
successo, perché i capibastone sono tali non per intelligenza e
capacità, ma per fedeltà: controllano il sistema se in
equilibrio, ma non sanno come gestirlo quando tale equilibrio comincia ad
essere instabile. Vista
la mal parata, i capataz scendono direttamente in campo e propongono
coraggiosamente una transazione: sono disposti a diminuire gli abusivi al
seguito, i clientes meno organici. Nulla dicono circa metodi, principi,
valori, procedure di gestione del potere, meccanismi di scelta dei gestori
ecc. Questa
proposta ricalca pedissequamente i dispositivi adottati – con successo - dai
manager di Stato (non più di qualche centinaio, sempre gli stessi) i
quali, messi a capo di aziende, enti, settori
in crisi, ne riducono quantitativamente la dimensione (spezzatini,
licenziamenti, prepensionamenti a carico dell’Erario ecc.) senza incidere su
procedure, operatività, scelte strategiche. Possono in tal modo
sbandierare di aver ridotto oneri a carico dello Stato, dissanguamenti
finanziari, deficit, costo del lavoro: successi da imputare alla loro
gestione. Quando poi passano ad altro incarico, si appropriano di
liquidazioni milionarie. Le
proposte – tutte sul versante della quantità - si sprecano: deputati
da I
capataz buttano a mare gli scherani più deboli e meno adeguati ben sapendo che i meccanismi, da loro stessi
imposti, permetteranno loro di restare comunque in sella. Si
pensi alla legge elettorale (qualificata dagli stessi proponenti come
“porcata”, non nei confronti della fazione opposta, ma nei confronti dei
cittadini): la plebe deve “scegliere” liste precostituite dai capataz, con
scherani indicati dai capataz. Insomma, deve eleggere in prima battuta i
capataz, se poi avanzano poltrone qualche scherano si può cooptare.
Prendere o lasciare. Si
pensi ai meccanismi di finanziamento degli abusivi a danno dell’Erario e in
barba ai referendum di qualche anno fa. Il
versante dell’offerta politica, ormai impresentabile, cerca di ripittarsi con
operazioni di marketing di facciata. E’ commovente il tentativo di ritirare
dal mercato “offerte” politiche che non possono più puntare su
una “domanda” vivace (DS e Margherita,
FI berlusconiana e Alleanza Nazionale finiana) per riproporle spacciandole come prodotti innovativi (il
PD, i Moderati), ma che di nuovo hanno solo la confezione. Si pensi al
Movimento della Sinistra: i capataz
assicurano: “Non vi deluderemo!” Intanto si sono riproposti come capataz,
“Venghino, venghino, cerchiamo vicecapataz e sottovicecapataz !”. Nulla
che coinvolga la qualità progettuale ed operativa, l’intelligenza
(personale, sociale, collettiva, economica, civica, mercantile); la
qualità dei principi ispiratori dell’azione politica; la
ricomposizione di potere e responsabilità; la capacità di
analisi, di governo e di dominio della realtà; la meritocrazia; la
certezza del diritto e della pena per chi viola la legge; l’importanza di
perseguire l’interesse nazionale, del proiettare strategie oltre il
contingente. In una
parola, l’utilità della politica nella gestione del futuro del paese. Ma
poiché i capataz sono qualitofobi, è opportuno non suggerire alla
plebe l’importanza dirimente delle caratteristiche di qualità. Dovesse
procedere a qualche esamino estemporaneo..! Il Corriere della Sera del 2-6-2007Elezioni, una proposta contro la casta.In Parlamento a turni alternidi Giovanni Sartori La crisi della politica
è anche, più propriamente, crisi della democrazia? Direi di sì. La democrazia non sta progredendo,
sta retrocedendo. E se non funziona non è perché sia superata (da una
fantomatica post democrazia), ma perché l'abbiamo sciupata. Benjamin
Franklin, uno dei costituenti di Filadelfia, rispose così alla domanda
su cosa la Convenzione avesse partorito: «Una repubblica, se sarete capaci di
mantenerla». Appunto: se sarete capaci di tenerla in vita. Uno dei principi
fondamentali di qualsiasi organizzazione — e anche la democrazia lo è
— è di saper premiare e di poter punire. Se una organizzazione
contiene sacche di impunibilità, queste sacche diventano lestamente
aree di inefficienza e di parassitismo. Pertanto una democrazia che diventa
una «repubblica degli impuniti» è sicuramente una pessima democrazia.
E l'Italia sopravanza tutte le tradizionali democrazie occidentali
nell'essere caratterizzata dal premiare chi non merita premi (nel settore
pubblico le promozioni sono per lo più automatiche) e dal proteggere
chi invece merita castighi. Tempo fa Pietro Ichino ha osato chiedere su
queste colonne che gli statali «fannulloni» vengano licenziati o comunque
puniti. Ma a tutt'oggi non mi risulta che nemmeno uno degli assenteisti di
professione sia stato licenziato o che nemmeno uno dei fannulloni sia stato
punito. E' normale che i sindacati proteggano l'occupazione. Ma è nocivo per tutti,
e iniquo, che proteggano il cattivo
lavoratore a danno del buon lavoratore disoccupato. Ma torniamo alla democrazia
e veniamo al caso specifico dei politici, di chi gestisce la democrazia.
Domanda: i nostri eletti in Parlamento sono punibili? Nella teoria della
democrazia rappresentativa la punizione è la non rielezione: gli
elettori scontenti del candidato o del partito per il quale hanno votato si
vendicano cambiando voto. Questa sanzione in passato era efficace. Non lo
è più. E questo è il problema. La «casta» magistralmente
raffigurata da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo fa soltanto finta, il
più delle volte, di servire l'interesse pubblico. In realtà il
«politico gentiluomo» è pressoché sparito, sostituito dal politico che
«fa per sé», soltanto per sé e per la poltrona. Il che equivale a dire che il
movente che più lo muove è la propria rielezione. E siccome
siamo arrivati a un sistema elettorale senza preferenze che sottopone
all'elettorato soltanto due listoni preconfezionati, a questo punto
l'elettorato è impotente. Può soltanto scegliere tra una
coalizione di destra oppure di sinistra; ma così non ha alcun modo di
punire o premiare uno specifico partito o persona. E meno democrazia
(elettorale) di così si muore. Il rimedio ci sarebbe: vietare la
rielezione consecutiva, il che implica che viene consentita a intervallo.
L'idea non è balzana perché è anche stata, seppur raramente,
attuata. E anche se si presta a obiezioni, i vantaggi ne superano i difetti.
Primo vantaggio: rende inutile l'elettoralismo acchiappa- voti. Chi promette
mari e monti promette senza tornaconto. Secondo vantaggio: così apriamo
davvero le porte al rinnovamento della classe politica. I nuovi entranti non
saranno tutti nuovi, perché ci saranno sempre dei rientranti delle penultime
elezioni; ma questo è un riequilibrio positivo. Non mi faccio
illusioni. La proposta verrà seppellita dal silenzio oppure da
acutissimi strilli di dolore. Serve però a mostrare che, volendo, i
rimedi esistono. Appunto, volendo. 02 giugno 2007 |