Il PuntO n° 230
Che cosa hanno scoperto i Lussemburghesi?
Di Mauro Novelli 25-4-2012
A
seguire: Da www.lettera43.it
2)
San
Marino. Paradiso Fiscale addio! (Più prudentemente avrei usato il
punto interrogativo. MN)
I Lussemburghesi, si sa, sono i più ricchi di Eurolandia.
Eurostat ci informa che hanno la
retribuzione media annua lorda più alta, come più alti
risultano il loro Pil pro capite e il Consumo pro
capite tradotti in Capacità di spesa (Tab.
2-).
Ma è particolarmente interessante rilevare, per i
Lussemburghesi, il drastico cambiamento avuto dai suoi cittadini nell’uso dei
sistemi di pagamento negli anni della crisi. Tale cambiamento di “abitudini”
è intervenuto in un solo anno, dal 2008 al 2009 (TAB. 1-).
In un anno, i Lussemburghesi hanno abbandonato l’uso del
contante per rivedere radicalmente l’adozione di altri strumenti di pagamento
per le loro transazioni: sono passati dalle 265 operazioni annue senza l’uso
della moneta del 2008, alle 1.092 effettuate nel 2009: da meno di una
operazione al giorno a 3 operazioni al giorno pro capite senza usare l’euro.
Tale impennata è quasi esclusivamente imputabile all’uso delle carte
di pagamento: dalle 107 operazioni del
2008 (una ogni tre giorni circa) sono passati ad oltre 930 nel 2009 (2,5 al
giorno).
Riportiamo una tabella (di nostra elaborazione) ricavata
dai dati forniti dalle Relazioni del Governatore della Banca d’Italia (maggio
2010 e maggio 2011).
TAB. 1-
[In calce, le due tabelle integrali di Bankitalia.]
In termini di retribuzione i Lussemburghesi sopravanzano gli
Italiani di oltre il doppio: 48.914 euro, contro i 23.406 degli italiani. Ma sappiamo che i
Lussemburghesi sono maestri nel produrre PIL.
In termini di PIL pro capite tradotto in Capacità
di spesa ci superano di oltre 2,5 volte. Fatta pari a 100 la media UE, noi ci collochiamo a
104, il Lussemburgo a 266.
In termini di Consumi effettivi pro capite tradotti in Capacità di spesa, stanno meglio
di noi del 50 per cento. Fatta pari a
100 la media UE, noi ci collochiamo a 103, il Lussemburgo a 153.
Ecco la tabella relativa:
TAB 2 - Anno 2009. Redditi
annui medi lordi.
Anni 2008-2009-2012. PIL pro capite (GDP) e Consumi
pro capite (AIC)
tradotti in Capacità di spesa. Fonte Eurostat.
|
Anno 2009. Eurolandia. Redditi annui medi lordi.
In euro
|
GDP per capita in PPS
[PIL pro capite tradotto in
Capacità di spesa]
|
AIC per capita in PPS
[Consumo pro capite tradotto in
Capacità di spesa]
|
|
2009
|
2008
|
2009
|
2010
|
2008
|
2009
|
2010
|
EU27
|
|
100
|
100
|
100
|
100
|
100
|
100
|
Euro area (EA17)
|
|
109
|
109
|
108
|
107
|
107
|
107
|
Luxembourg
|
48.914
|
279
|
266
|
271
|
151
|
153
|
150
|
Netherlands
|
44.412
|
134
|
132
|
133
|
119
|
118
|
116
|
Ireland
|
39.858
|
133
|
128
|
128
|
109
|
103
|
102
|
Denmark
|
|
125
|
123
|
127
|
114
|
113
|
114
|
Austria
|
33.384
|
124
|
125
|
126
|
113
|
115
|
116
|
Sweden
|
|
124
|
119
|
123
|
115
|
115
|
114
|
Belgium
|
40.698
|
116
|
118
|
119
|
108
|
109
|
110
|
Germany
|
41.100
|
116
|
116
|
118
|
113
|
116
|
117
|
Finland
|
39.197
|
119
|
115
|
115
|
110
|
110
|
111
|
United Kingdom
|
|
112
|
111
|
112
|
124
|
121
|
121
|
France
|
33.574
|
107
|
108
|
108
|
111
|
113
|
113
|
Italy
|
23.406
|
104
|
104
|
101
|
103
|
103
|
102
|
Spain
|
26.316
|
104
|
103
|
100
|
99
|
95
|
95
|
Cyprus
|
24.775
|
99
|
100
|
99
|
108
|
101
|
103
|
Greece
|
29.160
|
92
|
94
|
90
|
104
|
104
|
101
|
Slovenia
|
16.282
|
91
|
87
|
85
|
82
|
82
|
80
|
Malta
|
16.158
|
79
|
82
|
83
|
81
|
85
|
83
|
Portugal
|
17.129
|
78
|
80
|
80
|
83
|
84
|
84
|
Czech Republic
|
|
81
|
82
|
80
|
69
|
72
|
71
|
Slovakia
|
10.387
|
73
|
73
|
74
|
70
|
72
|
71
|
Hungary
|
|
64
|
65
|
65
|
62
|
62
|
60
|
Estonia
|
|
69
|
64
|
64
|
64
|
58
|
57
|
Poland
|
|
56
|
61
|
63
|
61
|
64
|
66
|
Lithuania
|
|
61
|
55
|
57
|
70
|
63
|
61
|
Latvia
|
|
56
|
51
|
51
|
59
|
50
|
50
|
Romania
|
|
47
|
47
|
46
|
49
|
46
|
45
|
Bulgaria
|
|
44
|
44
|
44
|
45
|
43
|
42
|
Sappiamo che i potentati finanziari europei non permettono
che il Lussemburgo sia definito
apertamente “stato finanziario canaglia”. E’ comunque interessante chiedersi se le
rilevazioni dell’andamento appena evidenziato, relativo ad un anno di
violenta crisi finanziaria, siano imputabili a strumenti di pagamento
in mano a cittadini del Granducato per le loro transazioni “normali” o se
quelle operazioni siano anche appannaggio di cittadini e/o aziende radicate
in Lussemburgo ma “non lussemburghesi”.
Da www.paradisi-fiscali.com:
In base a quanto risulta dall'ultimo
rapporto dell'istituto statistico europeo (Eurostat),
gli abitanti del Lussemburgo hanno il più alto standard di vita
dell'Unione. Nella borsa del Gran ducato sono quotati circa i due terzi delle
obbligazioni emesse nel mercato europeo. Il carattere di area offshore
è dovuto al fatto che i non residenti non sono soggetti ad alcun tipo
di tassa sul reddito, ritenute su dividendi e su capital gain. Inoltre non
esiste alcuna tassa di successione sui beni posseduti. Le forme societarie
utilizzate sono le holding e lo Soparfi. Altra
importante attrattiva è costituita dall'attività bancaria,
dall'amministrazione dei fondi e dai servizi di custodia. Sul territorio sono
presenti più di 200 banche, con depositi totali pari a 568 miliardi di
dollari, di cui l'85% in valute estere. Le banche Usa e giapponesi, pur
essendo presenti in minor misura, gestiscono il 50% dei depositi totali.
Ciò è dovuto anche al fatto che il paese è stato il
primo ad assimilare la direttiva Ue sulle imprese per gli investimenti
collettivi in attività finanziarie trasferibili (Ucits),
secondo la quale i fondi regolati possono essere venduti in tutta l'Unione, e
il Lussemburgo è obbligato a effettuare le regolazioni della
compensazione dei depositi. I fondi monetari "lussemburghesi" sono
1.400 e i secondari sono 3.658, per un totale di 412 miliardi di dollari, di
cui 239 miliardi sono i dollari gestiti in fondi Ucits.
Peter Steinbrück, ministro delle
Finanze tedesco fino all’ottobre 2009, ha paragonato il Lussemburgo a Ouagadougou.
E qualche anno fa, l’allora presidente dell'Spd,
Franz Müntefering, ha detto che in altri tempi
Berlino avrebbe risolto il problema "inviando soldati". Non aveva
l’aria di scherzare.
"Hanno i giorni contati", ha ripetuto per anni,
Giulio Tremonti. "Portare o tenere i soldi nei paradisi fiscali non
conviene più."
Ne è ancora sicuro?
Da
www.lettera43.it
2)
Sono un riciclatore pentito. Esclusivo:
così vengono lavati i soldi sporchi della malavita. di Galwan Martedì, 08 Marzo 2011
Se fosse un film
si chiamerebbe Confessions of a criminal mind. Trama da
successo hollywoodiano: un uomo che ha dedicato la propria vita al malaffare
si scopre gravemente malato e decide di raccontare la sua storia.
Questa però non è finzione. Lettera43.it ha incontrato
un riciclatore di denaro. Un professionista, che per molti anni ha lavato
soldi sporchi. Milioni di euro, di qualsiasi provenienza: dalla mafia
all’evasione fiscale. A volte reinvestiti in attività pulite:
alberghi, ristoranti, imprese. In altri casi, risciacquati e intascati per
godersi un po’ la vita. Oppure ancora lasciati in sonno, a fruttare interessi
o cedole, in posti sicuri lontani dai radar della Finanza. «Molti
crimini, molte possibilità», ha spiegato. «Esistono diversi tipi di
denaro e conseguenti sistemi di lavaggio. Non si fa sparire allo stesso modo
tutto il contante». Sotto garanzia dell’anonimato, il riciclatore ha
accettato di spiegarci come funziona l’attività. Senza omettere nulla,
ma anzi con velata soddisfazione per essere stato «sempre un metro avanti:
della polizia, dei controlli incrociati, dei colleghi». Oggi è in
pensione e, senza timore di conseguenze penali, ha potuto fornirci esempi
dettagliati di operazioni. Ve le racconteremo in una serie di
interviste. Nella prima, il nostro uomo ci fornisce un caso «molto semplice e
comune»: proventi milionari di estorsioni da trasformare in una rendita
pulita per il resto della vita.
Domanda. Partiamo dall’inizio. Come fanno i clienti a trovarla? Non
sarà sulle Pagine Gialle.
R. Chi mi cerca lo fa tramite canali di fiducia. Non
lavoro con perfetti sconosciuti: ci deve sempre essere qualcuno che fa da
‘cambiale’. I miei sono solo clienti selezionati: praticamente, la quasi
totalità arrivano dalla Sicilia e dalla Calabria.
D. Mafia?
R. Dentro alla mafia c’è tutto: io per regola non ho
mai accettato denaro del narcotraffico. C’è un’etica anche in questo
mestiere, a suo modo. Io con la droga non ho mai voluto averci a che fare.
D. E come fa ad accertarsi della provenienza dei soldi?
R. Prima di accettare l’incarico si fa qualche ricerca.
Diciamo una due diligence personale sul
potenziale cliente. Basta solo chiedere in giro chi sia e di cosa si occupi.
Insomma, prendere un po’ di informazioni riservate e confidenziali.
D. Decidiamo che il cliente le vada bene. Come procede?
R. La prima cosa che faccio è creare una casella
email e un’utenza skype, assolutamente
anonime. Poi comunico al cliente di fare lo stesso. Nel momento in cui lui lo
fa, parte quello che viene definito “ingaggio”: 1.000 euro al giorno,
più le spese.
D. Tariffa fissa?
R. Sì, ma ovviamente non c’è un contratto,
si fa tutto sulla parola. Questo è un ambiente dove un errore, una
parola non mantenuta, costano la pelle. Pretendo e do, a mio modo, la massima
correttezza e trasparenza nei rapporti. Il cliente paga in anticipo, prima di
avere in mano la soluzione del suo problema.
D. Facciamo un passo alla volta. Dopo il contatto cosa succede?
R. Intanto metto al sicuro le comunicazioni telefoniche.
Spedisco al cliente, presso una mail box, un cellulare munito di una scheda
del Liechtenstein, le cosiddette schede internazionali. Sono già
attivate e si acquistano in un negozio di Chiasso, perfettamente anonime. Nel
plico non gli allego il mio numero: lo chiamo io la prima volta. Il
cellulare, invece, lo compro in Italia, in qualche centro commerciale.
D. Ok, e poi?
R. Il cliente mi invia a mezzo mail la descrizione delle
sue necessità. Se accetto l’incarico gli richiedo il versamento di un
fondo per avviare la pratica. Facciamo un esempio: per il lavaggio di 5
milioni di euro in contanti, proventi di estorsioni effettuate in Meridione,
ci vuole una base iniziale di 50 mila euro. Che mi deve dare subito.
D. Dove le consegna i soldi? Vi incontrate faccia a faccia?
R. Non amo gli incontri nei bar o nei luoghi chiusi: troppe telecamere di
sorveglianza, troppi potenziali testimoni. Fisso l’incontro in posti
inusuali, normalmente al cimitero degli inglesi di Roma.
D. Cupi presagi.
R. No, è un angolo di Paradiso e soprattutto poco
frequentato. La panchina a lato della lapide di Shelley è il mio
posto. Mi siedo lì vicino e poco distante a me si mettono due complici
fidatissimi. Controlliamo che il cliente infili la busta con i soldi in un cestino
che abbiamo stabilito, poi i miei aiutanti la recuperano ed escono dal retro.
Il cancello è chiuso al pubblico, ma abbiamo un duplicato della
chiave.
D. A questo punto può mettersi a lavorare.
R. Proseguiamo con l’esempio – reale – dei 5 milioni di euro. Il cliente
è una persona seria, non vuole sperperarli in champagne e festini.
Vuole investirli in immobili, poniamo un albergo e un ristorante, in modo
tale da avere un continuo flusso di contante da gestire. Una sorta di
pensione.
D. Come gliela assicura?
R. Primo passo, deposito il denaro in un conto
fiduciario in Lussemburgo, dove verrà costituita e capitalizzata, con
quei fondi, una Soparfi.
D. Cos’è una Soparfi?
R. Società di partecipazione finanziaria. Sono
società commerciali il cui principale obiettivo è la gestione
di partecipazioni in altre società di capitali. L’alternativa
lussemburghese alle holding.
D. Per questo porta i soldi in Lussemburgo?
R. La ragione è molto più banale: in Lussemburgo si arriva in
auto senza attraversare frontiere. Ci sono meno rischi nel trasporto del
denaro e dal nord Italia ci vogliono poche ore. Il passaggio in
Lussemburgo è fondamentale perché da qui in avanti il contante
scomparirà. Avverranno soltanto transazioni bancarie, con regolari contratti.
D. Ce le spieghi.
R. Lo schema è costruire una serie di società una dentro
all’altra, sempre più pulite. La prima è la Soparfi in Lussemburgo. A sua volta, la Soparfi acquisisce una società di diritto inglese,
una limited, che chiameremo DOG,
con azioni al portatore.
D. E siamo a due.
R. Aspetti. Per operare, la DOG deve disporre di una linea di credito passiva
presso una banca, diciamo la HSBC di Londra. Ma la HSBC non concede il
credito senza una garanzia bancaria.
D. Quindi come si fa?
R. Si reperisce la garanzia sul mercato finanziario svizzero. Se ne occupano
normalmente alcuni trader di Zurigo: i più affidabili sono gli ebrei.
Trovano un istituto che, remunerato con una percentuale del valore
della garanzia, ‘assicura’ le operazioni del richiedente, in questo caso
la Soparfi.
D. Una volta trovata la garanzia?
R. Con quei soldi si capitalizza la società inglese, la DOG. La banca
inglese, garantita dagli svizzeri, monetizza alla società un
controvalore pari al 75% del valore facciale della garanzia. Se questa valeva
5 milioni di euro, tanti quanti sono i soldi che vogliamo riciclare, si
tratta di 3,75 milioni.
D. Tutto limpido?
R. Certo, sono passaggi bancari. Ma non siamo ancora arrivati al punto. Il
fulcro dell’operazione è la CAT, una terza società che viene
costituita dalla DOG.
D. A cosa serve la CAT?
R. La CAT è cruciale perché ha un codice fiscale italiano,
quindi può operare in Italia. Per farlo crea una quarta
società, un srl. Ma ha bisogno di un
rappresentante fiscale.
D. Dove lo trova?
R. È banale, normalmente basta uno studio di commercialisti. Ci
vuole poi un procuratore speciale, che sarà, in questo caso, un
avvocato di fiducia del cliente.
D. Ritorniamo alla CAT.
R. Giusto. La società CAT, finanziata dalla società DOG,
costituisce la Pinco Pallino srl. Questa,
finalmente, riceve dalla CAT i soldi per acquistare il complesso hotel
più su cui il cliente aveva messo gli occhi.
D. Finisce qui?
R. Non ancora. Intanto il cliente viene assunto come direttore generale o con
un ruolo simile, con uno stipendio consono, auto aziendale e tutti i benefit.
Poi, bisogna considerare che la Pinco Pallino srl
deve restituire il prestito alla CAT.
D. Cosa significa?
R. Che pagherà meno tasse, perché l’utile sarà defalcato della
quota di restituzione. Quota, oltretutto, attestata da un contratto validato
da un notaio inglese, e tradotto e controfirmato da un notaio italiano.
D. Alla fine del giro il cliente-estorsore cosa ha in mano?
R. Facciamo due conti. La garanzia bancaria ci è costata 750 mila
euro, l’acquisizione della struttura 3,5 milioni. Con notai, interessi e
capitale d’esercizio della società italiana Pinco Pallino srl, le spese totali sono di circa 4,7 milioni di euro. I
5 milioni di denaro sporco iniziale, di cui alla Soparfi
resta ancora qualcosa per future operazioni, sono serviti ad acquistare un
controvalore immobiliare di 3,5 milioni. Che nel futuro potrà generare
altro denaro.
D. Tutto pulito.
R. Certo: la provenienza del denaro in tutti i suoi percorsi è
certificata da una banca. I 5 milioni di provenienza illecita sono stati
dimenticati, cancellati. Il cliente ha la sua struttura che gli
permetterà di lavare gratis altro denaro. Avrà il suo stipendio
e degli immobili da portare come asset.
Avrà, infine, anche il suo carosello societario e il suo conto lussemburghese
sul quale continuare a versare i frutti di altre estorsioni.
D. E il riciclatore quanto si mette in tasca per l’intera operazione?
R. Ideare il tutto mi è costato 65 giorni di lavoro. Quindi la
parcella è 65 mila euro più 102 mila di spese. Totale, 167.000,
da cui defalcare l’acconto di 50 mila. Il cliente salda al momento della
consegna dello schema, secondo le modalità che gli vengono comunicate.
D. Lei lo segue passo passo nelle
operazioni?
R. Io mi invento lo schema e trovo i contatti. Al cliente fornisco solo le
indicazioni scritte su cosa fare. Praticamente, il diagramma di quello che le
ho appena descritto. Le azioni al portatore delle varie società,
così come i dati di contatto con i fiduciari, restano in mani
sicure. Gli saranno spedite quando avrà saldato l’intera parcella.
D. Su un conto in Lussemburgo?
R. O magari versandoli a una società anonima del Liechtenstein che
fornisce consulenze internazionali. Che a sua volta può essere il ramo
operativo di una fondazione anonima…
San Marino. Paradiso Fiscale addio!….Scritto da La Redazione -
martedì, 23 aprile 2012 (Più prudentemente avrei usato
il punto interrogativo. MN)
Una riforma
così sul Titano non la vedevano da tempo. Segno che la crisi
c’è e si sente anche in un paradiso fiscale coma la Repubblica di San
Marino. Il Fondo
monetario internazionale, d’altronde, lo chiedeva già da tempo: se San
Marino vuole
uscire dalla black list dovrà adeguare il
proprio regime fiscale e aprire alla trasparenza. Detto fatto. Dal 2013 i
sammarinesi dovranno pagare di più, e maggiori saranno i controlli
anti evasione. Non si tratta di una riforma lacrime e sangue, ma è
certamente la più dura degli ultimi 30 anni.
ALIQUOTA MASSIMA DEL 35%. A cominciare dalle aliquote
da applicare alle dichiarazioni dei redditi. Le persone che guadagno meno di
14 mila euro non saranno tassate; l’aliquota più alta invece è
del 35% applicabile ai redditi superiori ai 77 mila euro. Novità anche
per i frontalieri, ovvero i lavoratori stranieri che producono reddito a San
Marino ma non ne hanno la residenza.
ANCHE GLI STRANIERI EQUIPARATI. Saranno equiparati per
la prima volta ai sammarinesi: nel 2013, dunque, non saranno più
soggetti alla doppia imposizione fiscale (prelievo italiano più
prelievo sammarinese) ma potranno pagare direttamente allo Stato italiano
senza subire decurtazioni sammarinesi.
Una questione che finalmente equipara tutti i lavoratori, andando così
a colmare la differenza di stipendio che fino ad oggi avvantaggiava i
residenti rispetto agli stranieri che, proprio per questa doppia imposizione,
a parità di salario lordo avevano un netto in busta più basso.
Il controllo telematico con la carta fedeltà
Ma la vera
novità riguarda l’applicazione della tecnologia al sistema di
controllo e deduzioni fiscali. A San Marino esiste una carta elettronica di
pagamento che garantisce sconti e vantaggi sia per i consumatori sia per i
commercianti: si chiama Smac card ed è una sorta di carta fedeltà
che consente di accumulare denaro in percentuale a quanto si spende sul
territorio della Repubblica.
Ad esempio, facendo rifornimento si raccolgono 15 centesimi ogni litro di
carburante; nei supermercati invece la percentuale di ricarica è di
circa 5 centesimi ogni 5 euro di spesa.
ACQUISTI UTILIZZANDO IL BONUS. La tessera è
utilizzabile anche per effettuare acquisti scaricando il bonus accumulato.
Attualmente sono circa 45 mila le tessere distribuite, equamente suddivise
tra sammarinesi e stranieri. Il governo ha introdotto questo strumento per
incentivare la spesa all’interno dei confini sammarinesi limitando allo
stesso tempo la circolazione di denaro contante.
TRACCIABILITÀ DELLE OPERAZIONI. Dal 2013 la
carta sarà utilizzata anche a fini fiscali grazie alla
tracciabilità delle operazioni. La riforma fiscale ha infatti
stabilito che potrà essere dedotto dalle tasse il 10% delle spese per
beni o servizi documentate attraverso la Smac card. Secondo il governo la
tessera elettronica potrebbe trasformarsi in una maniera concreta per
disincentivare l’evasione fiscale. E, allo stesso tempo, avere dati certi
sull’andamento economico nella Repubblica di San Marino.
Per San Marino questa riforma fiscale rappresenta un primo passo di
avvicinamento all’Europa. I prossimi tasselli saranno le riforme del mondo
del lavoro e della Pubblica amministrazione. L’esecutivo sta incontrando le
parti sociali e a giorni ne presenterà i contenuti.
Lunedì, 23
Aprile 2012
Elenco abbastanza attendibile, anche se manca San Marino.
Relazioni del Governatore di Bankitalia
anno 2010 e anno 2011
|