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Il PuntO n° 219
Debito USA: ha ragione Dagghy
a declassare la superpotenza.
Il telos della storia per il
terzo millennio?
Ci pensano le
società di rating a definircelo.
Di Mauro Novelli 9-8-2011
Da circa un anno ai tre porcellini del rating, Purry, Muddy e Ficchy, si è aggiunto Dagghy, il porcellino cinese. E' stato sufficiente questo piccolo elemento di "concorrenza" nel dare pagelle ed il sistema finanziario anglosassone si è scoperto parziale, con voti alti non proprio meritati. I tre porcellini hanno avuto un ruolo simile ai film western, con gli anglosassoni sempre bravi e vincenti, contro i latini (messicani) sempre poveracci, vigliacchi ed incapaci di far da soli; bisognosi sempre di aiuti yankee. Gli anglosassoni hanno messo in piedi un sistema finanziario senza regole o, meglio, con le regole dettate da loro, pagelle comprese. Questo meccanismo – è passato anche il messaggio che sia naturale, con una infinita capacità di tendere al meglio per l’umanità - ha permesso loro di arricchirsi alle spalle del resto del mondo. Da sempre contrari a che si pongano limiti alla (loro) libertà finanziaria globale, hanno fatto breccia anche nei cuori (e nel portafogli) di governanti di altri paesi occidentali, miopi e/o interessati (Berlusconi è contrario ad una introduzione di qualsivoglia regolamentazione contro la finanza corsara).
In effetti, Dagghy aveva ed ha avuto ragione a declassare ad “A” gli Stati Uniti: vediamo perché.
Si ritiene comunemente che il maggior detentore di titoli del
debito del Tesoro USA sia la Cina. In effetti questo primato è crollato
a fine febbraio 2011, quando con una impennata iniziata a fine estate del 2010,
la FED ha sopravanzato tutti gli altri detentori, compresa Pechino.
La figura che segue mette in chiara evidenza le
difficoltà di collocamento dei titoli americani ed i massicci acquisti
da parte della Federal Reserve (riga chiara nel
grafico). Gli acquisti di Bernanke furono decisi per
sopperire alla cessazione degli acquisti da parte della Cina (riga rossa), che
addirittura aveva cominciato ad alleggerire la sua posizione. Ma neanche alla
luce di questi massicci interventi della FED i mercati finanziari vollero
rendersi conto dei seri problemi che si sarebbero aperti nella capacità
di rimborso degli USA
La tabella successiva evidenzia le consistenze, a gennaio 2006 e
a luglio 2011, dei titoli Usa per
detentore.
Fino all’estate scorsa, la Cina è stata rispettosa degli
accordi con gli Stati Uniti: acquisto dei titoli USA a fronte della libera
esportazione in America di suoi prodotti senza pericolo di imposizione di dazi
da parte di Washington. Nel periodo considerato, la Cina ha aumentato di oltre
il 250 per cento i bond del Tesoro in portafoglio, passando dai 313,9 a
1.159,8 miliardi di dollari di luglio
2011 (+ 269,5 per cento)
Nello stesso periodo, la FED ha più che raddoppiato la
sua posizione portando da 743,8 a 1635 miliardi di dollari (+ 119 per cento).
Anche la fedele Gran Bretagna ha più che raddoppiato il portafoglio (+
120,4 per cento).
Ma le performance più eclatanti sono state quella del
Brasile, passato da 30,1 miliardi a 211,4 (+602,3 per cento) e soprattutto
quella della Russia, passata dai 6,4 miliardi di dollari del 2006 ai 115,2 del
2011 (+ 1.700 per cento).
Per via di questo andamento del debito pubblico americano, nell’autunno scorso la società di rating cinese aveva valutato molto probabile il declino nella capacità di rimborso del suo debito da parte di Washington, passando il rating da “AA” ad “A+” (la stessa che i tre porcellini attribuiscono all’Italia). Le recenti decisioni del Parlamento USA non hanno dato luogo ad ipotesi di miglioramento nella capacità di rimborso americana, tanto da convincere la Dagong ad abbassare ulteriormente il rating degli Stati Uniti, da “A+” ad “A”. Secondo i cinesi, infatti occorrerebbe un ritocco non di 2.400 miliardi di dollari, ma di 4 mila miliardi.
A ciò si aggiunga che il debito pubblico Usa, normalmente indicato in oltre 14 mila miliardi di dollari, è prossimo invece a 20 mila miliardi se si considerano le posizioni garantite di Fraddy Mac e di Fannie Mae e degli altri impegno del Tesoro americano.
Ora il sistema impostato per favorire gli anglosassoni sta crollando. Purry non può farsi scavalcare da Dagghy, deve continuare a bastonare Obama (l’obbiettivo iniziale forse si limitava a questo) ed avvisa di un outlook negativo per gli USA.
Gli effetti di questa improvvisa, intempestiva e sospetta resipiscenza sta portando il sistema verso situazioni convulsive. E questa disarticolazione va ben oltre il versante finanziario. Si sostiene che ad essere messo sotto accusa da S&P sia stato il noioso e troppo lungo balletto democratici vs repubblicani, che ha evidenziato l’incapacità di assumere decisioni – anche finanziarie – appropriate ed utili. Se così è, dovremo aspettarci una supervalutazione della situazione cinese, dove il governo è in grado di prendere, in mezz’ora, decisioni ed iniziative seguite poi da tutti i cinesi, cioè da un sesto della popolazione mondiale, mettendo in grado gli investitori di prendere decisioni rapide e ragionate, secondo i criteri impostati dai tre porcellini: un mondo ideale.
Che i “mercati” stiano cercando di influenzare pesantemente e di occupare i sistemi di comando politici, è cosa ormai evidente a tutti. Che ci suggeriscano di cancellare ogni componente etica dalle valutazioni, anche ideologiche, dei sistemi politici preoccupa un po’: scopriamo forse che, per i super potentati finanziari planetari - e secondo loro anche per l’umanità - è più “utile, anche eticamente“ il sistema accentrato cinese rispetto a quello democratico americano? Con esso le decisioni sono chiare e rapide e le rotture di palle dei saccheggiati, quando e se dovessero sorgere, sono velocemente “assorbite”.
C’è
comunque da chiedersi ancora una volta perché la UE non dia seguito al progetto
di attrezzare una propria società di rating, senza alcuna valenza
commerciale, senza clienti ed investitori da “informare” tramite previsioni ed
analisi finanziarie, in grado, magari, di fornire pagelle anche
all’attività dei quattro porcellini.