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Il PuntO n° 121 Il declino dell’Italia. La casta ha imposto una struttura sociale
diversamente mafiosa. Ai cittadini è tolta ogni speranza: non è più permesso “progettare”
il proprio futuro. Di Mauro Novelli 20-10-2008 La differenza
antropologica tra mondo antico e mondo moderno (vado “giù per le
trippe”) è l’ampliamento quantitativo del numero dei cittadini in
grado (di tentare) di progettare la propria vita, nella speranza di poter
governare il personale futuro attraverso scelte ed azioni in grado di
influenzarlo. Un tempo solo ai potenti
era permesso pensare alla vita come elongazione progettuale della
capacità di governarla, al resto dei cittadini (tali solo dal secolo
dei lumi) il vivere era limitato al sopravvivere: non si poteva andare oltre
il “campare alla giornata”. La maggiore diffusione di
tale possibilità progettuale si è manifestata massivamente nel trentennio successivo alla seconda
guerra mondiale: negli anni ’50 del secolo scorso tutti i ricostruttori del
paese, anche l’ultimo contadino della piana reatina, sapeva che se il figlio
avesse “studiato” avrebbe certamente affrontato una vita meno incerta e migliore
della sua. Anche se le vecchie posizioni di vantaggio sociale venivano
mantenute (il figlio del “signore” aveva chances
comunque superiori) cionondimeno la possibilità di promozione sociale
era nei fatti offerta ai più, perché la società progettante si
veniva strutturando in modo d’accogliere senza traumi – oltre ai predestinati sociali – anche
innesti di capacità espresse da elementi appartenenti a ceti fino ad
allora esclusi. La scuola di massa aveva
il ruolo di talent scout. Tale ruolo era ben compreso dalle famiglie: si
guardava agli educatori come a protesi potenziate ed efficaci dei genitori,
consapevoli ormai di una inadeguatezza nel tenere il passo del “progresso”:
se si “andava male” a scuola, la famiglia rincarava la dose nei confronti del
figlio svogliato. Insomma, la classe
dirigente analizzava i fenomeni e cercava di governarli gestendo le risorse,
anche se scarse, collocandole adottando un giusto (a loro avviso) mix di
produttività, equilibrato tra interessi personali ed interessi
nazionali. Per i governati alti non cambiava granché, le novità
intervenivano per i governati bassi, i quali erano consapevoli che l’impegno
e la capacità potevano costituire la leva per una svolta radicale
nella loro qualità della vita attraverso un miglioramento sociale
complessivo. Dopo il ’68, la classe
dirigente capì che i nuovi laureati non erano più rincalzi
affidabili. Erano anzi fortemente critici nei confronti del potere,
soprattutto sul versante intellettuale. Si decise quindi di distruggere la scuola:
tutti promossi, tutti ignoranti. Dalla metà degli
anni ’70 la scuola, il corpo insegnante, i docenti, la ricerca,
l’università furono abbandonati a loro stessi. Studiare non sarebbe più servito a nulla. Gli studenti e
le loro famiglie lo hanno compreso: “Visto che la meritocrazia è stata
abbandonata, visto che dobbiamo stare qui per forza, almeno promuoveteci
tutti!” Fatto. Era così saltata l’alleanza famiglia-insegnanti. Da
quel momento “..se bocciano mio figlio, ricorro al Tar…”.
La classe al potere avrebbe scelto i
rincalzi pescando in altri vivai; quelli di partito e di sottogoverno che,
oltretutto, garantivano il funzionamento di una eccellente macchina del
consenso. La quale macchina, affiancata dalla decisione di stampare titoli di
Stato per mantenere e accrescere la spesa pubblica, ha garantito il
mantenimento delle posizioni di potere fino ad oggi. La seconda generazione
dei potenti, al potere negli anni ’70 e ‘80 (la prima fu quella dei
costituenti), ha accelerato il processo di sfruttamento delle rendite di
posizione a danno di una società, che ha comunque avuto la tempra di
reggere l’urto di una classe diversamente mafiosa. Introdusse principi di
saccheggio sistematico, ma ancora estensivo. “Mani pulite” fu il prodotto di
anticorpi naturalmente presenti nel corpo sociale. Scrive Vittorio Foa in
“Questo novecento” (Einaudi – 1996): “Ci si è domandato
come mai i giudici non si erano mossi prima. L’avevano fatto: ma i partiti,
usando altri giudici, avevano fermato le inchieste….
Da molto tempo la Procura di Roma era chiamata “il porto delle nebbie”, un
porto dove le varie inchieste di ogni parte d’Italia venivano richiamate e
archiviate”. La terza generazione,
quella ancora oggi in sella, ha imparato – parzialmente - la lezione, ed ha introdotto soluzioni
legislative che traducessero da illegali a legali le azioni ed i
comportamenti che avevano portato, nei primi anni ’90, alla scomparsa dei predecessori. Il finanziamento dei
partiti doveva diventare istituzionale, i funzionari di partito non dovevano
più pesare sulle singole organizzazioni politiche ma su Pantalone: 1)
Furono cancellati i
risultati del referendum sul finanziamento pubblico del 18 aprile 1993 (il
90,3 per cento dei votanti si espresse per sopprimerlo) introducendo i
“rimborsi elettorali e referendari” e “finanziamenti agli organi di partito”
Dal 1995, i referendum svolti non raggiunsero più il quorum: aveva
vinto la Casta. Oggi bastano due parlamentari a formare un partitino, e
dotarlo di una televisioncina quale organo del partitino
per avere qualche milione di euro di finanziamenti. 2)
Le vecchie
“Partecipazioni statali” furono avvicinate alla base: divennero
“Partecipazioni locali”. Si costituirono società (oltre 26 mila)
partecipate da regioni, province, comuni e capitale privato, con perdite
imputate a Pantalone, e guadagni privatizzati. Decine di migliaia di
consiglieri, presidenti, revisori dei conti ecc. sostituirono il
finanziatore-partito attingendo “legalmente” alle casse dello Stato. 3)
Si impiantarono nuove
province (la Sardegna – 1,4 milioni di abitanti - ne ha otto) con
consiglieri, prefetture, questure, uffici amministrativi, aziende partecipate
al seguito. 4)
Si provvide a togliere
agli elettori la possibilità di esprimere preferenze sulle schede
elettorali. Fin dalle elezioni del 27 marzo 1994, i cittadini chiamati alle
urne non hanno la possibilità di scegliere. 5)
I partiti furono
trasformati in allevamenti di Satrapi: abbastanza capaci per alimentare il
consenso, ma non sufficientemente intelligenti da mettere in discussione i
capi bastone. In Italia, infatti, l’avvicendamento della casta avviene –oggi
- per vie naturali. E’ infatti normale l’ottantennne
al potere, ma non il quarantenne. La “fedeltà” rimpiazzò
definitivamente la “meritocrazia”. In tal modo sono stati eletti parenti,
amici, amanti, avvocati difensori, amici degli amici ecc. 6)
Si continuò a
caricare sulle famiglie ogni sorta di inefficienza, dalla burocratica alla
sanitaria, dalla politica alla amministrativa. E le famiglie sono state
costrette a reagire con l’unico strumento a loro disposizione: non consumando
e non facendo figli. 7)
Attraverso la TV si sono
fatti passare alcuni messaggi devastanti: -
Primo messaggio: “Tutto
è facile, soprattutto per chi è in grado di “prevaricare gli
altri”. Questo messaggio ha creato un profondo senso di insicurezza in campo
sociale e di inadeguatezza in quello personale: per sopravvivere occorre
rendersi scherano di qualche potente. -
Secondo messaggio: “I
problemi della società italiana non dipendono dai metodi di saccheggio
adottati dalla Casta, ma dall’apparato
normativo inadeguato in ogni settore; insomma da obbiettive difficoltà
giuridico-procedurali”. Si accavallano i
cambiamenti legislativi, nominalmente nell’interesse del paese, di fatto per
mantenere più utilmente vassalli, valvassori e valvassini. Dalle leggi
elettorali alle riforme della pubblica
istruzione, dalla giustizia alla sanità, dai rapporti sindacali alla
burocrazia è tutto un dibattere su proposte di cambiamento. Tutto
nella finzione perché l’attuale situazione è troppo vantaggiosa per i potenti, cioè per coloro che
dovrebbero cambiarla. -
Terzo messaggio: “La
giustizia non funziona per problemi oggettivi e comportamentali dei giudici”.
In Italia, il terzo potere (quello giudiziario) individuato da Montesquieu non è mai stato un vero potere. La
Casta è riuscita a renderlo un semplice servizio della pubblica
amministrazione, (il peggiore – per la verità), dipendente, per
finanziamenti e procedure, dal ministro
della giustizia. -
Quarto messaggio: “Gli
eletti dal popolo non possono essere giudicati da giudici (non eletti), e
devono rispondere solo al popolo”. Tale atteggiamento delegittimante cerca di
allontanare “mani pulite seconda passata”. -
Quinto
messaggio: “Rientrano nella normale e naturale attività politica gli
interventi a favore di Satrapi e sudditi”. Pertanto è cosa addirittura
giusta promuovere, nominare, offrire consulenze, far eleggere, estromettere,
favorire nei concorsi, ricattare, acquisire appalti ecc. Su questo fronte, nelle sue apparizioni TV
la Casta è compatta ed assolutamente univoca (l’ultima oggi 20-1- Insomma, sono stati costretti
ad abbandonare ogni impegno sulla questione morale, ormai impraticabile per
manifesta immoralità, e promuovono il “siamo tutti mariuoli, ma non
imputabili” per non creare tentativi di riesumazione dell’etica. -
Sesto messaggio: “E’
vero che i salari italiani sono tra i più bassi [L’OCSE rileva che
siamo scesi al 23° posto sui primi trenta paesi, anche dopo la Grecia] ma la
produttività è tra le più basse”. Quella
“produttività” non è qualificata e il messaggio lascia
intendere che sono i lavoratori italiani a produrre meno di quelli di altri
paesi. Per produttività bassa deve invece intendersi quella di
sistema, bloccata da una burocrazia ottusa, nullafacente ma in grado di
procurarsi “lavoro” a danno dei cittadini che con essa devono confrontarsi; da apparati retti da
raccomandati incapaci e spocchiosi; da ruoli professionali occupati da baroni
appesi alle palle del Satrapo di riferimento (si veda la sanità, si
scorrano le intercettazioni della signora Mastella); con strutture societarie
dominate da scatole cinesi talmente labirintiche ed impenetrabili da
scoraggiare anche il più audace investitore estero; con una spesa sociale più alta ma
meno efficace di quella di paesi concorrenti; senza veri elementi di
concorrenza reali in settori vitali come il bancario, l’assicurativo, dell’energia; -
Settimo messaggio:
“Abbiamo capito: diminuiremo il numero dei “politici”. Sono 429 mila gli
italiani che vivono (bene) di politica. 135 italiani “campano” un politico
(eletto, Satrapo, capo bastone, consigliere o cliente che sia). Hanno
comunque presa una decisione radicale: diminuiranno qualche cliente marginal, ma guai a parlare di cambiamento di metodo.
Tutti tengono – oltre che famiglia – una coalizione, un partito, una
corrente, un’azienda partecipata, un appaltino da mantenere. -
Ottavo messaggio: “Si
governa al centro, il centro è cattolico, ergo: se vogliamo vincere
dobbiamo avere la Curia alleata”. E
giù favoretti e favoroni,
legislativi e tributari agli apparati cattolici, offerta di alleanze tra
caste, pelose donazioni per i poveri. I quali apparati, cessata da tempo la
vendita delle indulgenze, hanno ben compreso che oggi è “consenso” da
essi gestito a riempire le casse.”. Ergo: si richiede in contropartita
immediata una assidua presenza mediatica, dal Papa all’ultimo pretino
strumentalizzato. Coccole e genuflessioni, formali ma ben accette anche se
provenienti da scomunicati ( i divorziati, tipo Casini e Berlusconi). Non è vero che la
Curia controlla un numero di voti così alto, ma è meglio non
rompere le scatole a chi può dotarsi di megafoni planetari. -
Nono messaggio: “Il
governo sta facendo molto, ma non sa comunicare… ha
la stampa contro”. E’ il refrain di tutti gli ultimi governi. I nostri concorrenti
procedono con accomodamenti continui e ragionati sulle loro azioni di
governo, nel tentativo di tenere ferma la barra e controllare dinamiche socio
economiche nuove ed impegnative.
Certamente fanno anche i loro interessi personali. I nostri governanti
procedono con mediazioni continue e ragionate con i cogestori
del potere, nel tentativo di mantenere immutate le rendite di posizione ed evitare che la Casta non soccomba sotto
i colpi di dinamiche nuove ed impegnative. Certamente non hanno né
capacità, né voglia, né tempo da dedicare agli interessi nazionali. Che fare? |