<Il
nuovo fronte di Hamas> ( da "EUROPA.it" del
26-01-2008)
Nonostante
tutto il raìs continua a essere un elemento di stabilità nell'area ( da "EUROPA.it" del
26-01-2008)
Teatro, a
Biella è una fatica ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
Via libera
alle missioni all'estero. Ma la Sinistra Arcobaleno si sfila Sì del Cdm al
rifinanziamento. Intanto c'è un nuovo caso Mastella: Inopportune le nomine alla
Scuola di magi ( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Per
ricordare l'Olocausto ed evitarne di nuovi ( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Peres
attacca gli estremisti "noi costretti a difenderci" - marco panara ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Gaza, la
battaglia del confine cani e idranti per fermare l'esodo - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Così il
piano di pace di bush si infrange nella miseria della striscia - daoud kuttab ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Gaza, Hamas
apre altri varchi nel muro Il movimento integralista islamico lancia la sfida:
I passaggi alla frontiera con l'Egitto resteranno per permettere ai palestinesi
l'assiste ( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Gaza,
l'Egitto non ferma Hamas pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Vivere la
memoria ( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Gaza,
l'Egitto non ferma Hamas ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Lo straordinario
passato dell'avvenire pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Cultura
Anche a nome del governo tedesco, posso dire che ci assumiamo appieno questa
responsabilità.... ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Nel
supermarket Italia squadre senza identità ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
BREVI ( da "Secolo XIX, Il" del
26-01-2008)
L'Italia partecipa
al Giorno della Memoria tenutosi a Gerusalemme ( da "Voce d'Italia, La" del
26-01-2008)
"L'Egitto
ci ha venduto come sempre" ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
Dollaro Usa1,4705<TD
class= ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
Shoah, la
lezione di trani "la nostra sfida è il dialogo" - giovanni di
benedetto ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Baharier polemico
"contro la shoah la memoria non basta" - simona spaventa ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Shylock
l'ebreo errante fuori dal ghetto narrativo - apollonia striano ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Film di
gheddafi sui deportati libici - leandro palestini roma ( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
LE IENE,
CENSURA PRO MASTELLA ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Da Sahar
Khalifah scorci sulla storia palestinese ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Notizie ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
In piazza
senza il Prc ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Gaza, la
sfida di Hamas: terremo aperta la frontiera ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Ma la
sporca guerra è appena cominciata ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Giornata
della memoria 1 un esempio di come sia politicamente attuale e necessaria ( da "Riformista, Il" del
26-01-2008)
Giornata
della memoria 2 l'ambasciatore tedesco ( da "Riformista, Il" del
26-01-2008)
IL diario
di una ragazza trovato a Gerusalemme; uno studio sulle Donne e la Shoà; i ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
C'E' il partigiano
che, nottetempo, fa ubriacare i soldati tedeschi, per aprire un var ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Un'opera
contemporanea sulla drammatica parabola del primo re d'Israele: André Gide n ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Come diceva
Flaiano, Roma è una grande capitalee una città di provincia ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Domani
all'Auditorium, in occasione delle manifestazioni per la "Giornata della
memoria ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Hamas sta
sfidando, ora, anche l'Egitto. Le truppe cairote si sono nuovamente ritirate
dalla ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
L'obiettivo
di fondo a Gaza è di neutralizzare il blocco allestito da Israele intorno alla ( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Shoah, 700
studenti sul treno per Auschwitz ( da "Corriere della Sera" del
26-01-2008)
Un monito a
quelli che verranno ( da "Corriere della Sera" del
26-01-2008)
<Caro
Zawahiri, per la Jihad devo avere il permesso di mamma?> ( da "Corriere della Sera" del
26-01-2008)
Gli arabi
ci guardano, in tv ( da "Corriere della Sera" del
26-01-2008)
Interventi
e Repliche ( da "Corriere della Sera" del
26-01-2008)
GAZA Ieri
mattina l'Egitto ha chiuso la frontiera la ( da "Tempo, Il" del
26-01-2008)
Le donne
che quattro giorni fa hanno buttato giù il muro di ( da "Tempo, Il" del
26-01-2008)
Gaza,
ancora palestinesi verso l'Egitto ( da "Voce d'Italia, La" del
26-01-2008)
GEOPOLITICA ( da "Libero" del
26-01-2008)
Patto
antisemita fra nazi, islamici e comunisti ( da "Libero" del
26-01-2008)
I kamikaze
di Gaza minacciano il Mar Rosso ( da "Libero" del
26-01-2008)
Vogliono la
pace e preparano la guerra ( da "Libero" del
26-01-2008)
Poesie e
musica per non dimenticare l'Olocausto ( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del 26-01-2008)
Rutka,
l'Anna Frank polacca ( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del 26-01-2008)
UN PASSO
INDIETRO ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
Venerdì 25
gennaio alle ore 21 al Teatro Giacosa di Ivrea debutta in prima nazionale Rose ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
Omaggio del
Comune alle lapidi dei caduti ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
IN CITTA'
Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ ( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
Gaza,
l'Egitto non ferma Hamas di Gian Micalessin - sabato 26 gennaio 2008, 09:11 Era
un'insormontab... ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Attentato a
una colonna militare Dieci morti nel quartiere cristiano ( da "Quotidiano.net" del
26-01-2008)
Striscia,
il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Striscia,
il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
PRIMO
CONSIGLIO DEI MINISTRI DOPO LA CRISI: Sì AL DECRETO DI RIFINANZIAMENTO MA SENZA
I VOTI DI PRC E COSA ROSSA ( da "Mattino, Il
(Nazionale)" del 26-01-2008)
<In
piazza senza il Prc> ( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Dopo due
giorni in cui centinaia di migliaia di palestinesi si sono liberamente spostati
fra Gaza e il Sinai, le autorità egiziane hanno ieri dislocato ingenti reparti
militari nel ( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Tullia
Zevi: <Quel giorno del 1938 in cui scoprimmo di essere diversi> ( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Tiziana
Barrucci ( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Agenda ( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Iniziative
Gennaio Antifascista 2008 seconda edizione Difendere la Costituzione nata dalla
Resistenza giovedì 31 Ancona Ore 18,30 Sala Mediateca via Bernabei ,
Conversazione tra Ca ( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Il coraggio
di rifiutare ( da "Liberazione" del
26-01-2008)
( da "EUROPA.it" del
26-01-2008)
STRISCIA DI GAZA Arnon Regular, columnist di Haaretz.
"Il gruppo islamico sabota la coesistenza tra Egitto e Israele"
"Il nuovo fronte di Hamas" DANIELE CASTELLANI PERELLI "La
situazione di Gaza è terribile, è vero, ma i politici israeliani hanno il
dovere di pensare anzitutto ai propri cittadini, che non
tollerano più i lanci di razzi effettuati da Hamas verso Israele". Arnon Regular, opinionista del quotidiano liberal
israeliano Haaretz, non si nasconde dietro giri di parole. Riconosce le
sofferenze che Israele impone ai palestinesi, la "durissima punizione collettiva"
inflitta alla popolazione di Gaza. Ma ci aiuta a capire perché il
governo israeliano sembra oggi sordo alle dure critiche che gli piovono da
tutto il mondo, e sia oggi anzi pronto ad un'operazione militare in grande
scala su Gaza (lo ha rivelato ieri il ministro della difesa Ehud Barak).
"Hamas ? conclude Regular ? sta cercando di seminare zizzania tra Israele e l'Egitto ". Qual è la sua reazione davanti
alle immagini provenienti da Gaza? Certo, le immagini dei palestinesi che
valicano il confine egiziano sono scioccanti, sono terribili, ma spesso a chi
le guarda sfugge un dato politico importante, derivante dalle manovre politiche
che sono alla base della triangolazione Israele-Hamas-Egitto.
Quello che sta succedendo, e che quelle immagini non dicono, è che Hamas sta
cercando di mettersi tra Israele ed Egitto, sta
cercando di mandare all'aria quasi trent'anni di tranquilla coesistenza tra
questi due paesi. Se Hamas, che controlla la striscia di Gaza, rende
impossibili i rapporti con il vicino settentrionale, è inevitabile che la
frustrazione dei palestinesi di Gaza si sfoghi sul fronte meridionale, quello
egiziano. Intende dire che la rottura del muro della frontiera non è stata
spontanea, ma che sarebbe stata organizzata da Hamas? È chiaro che dopo un certo
numero di ore la gente è defluita spontaneamente, ma alla fonte di tutto ciò
c'è una manovra politica progettata da tempo. Prima ci sono stati i lanci di
missili su Sderot, cui ha fatto seguito la risposta israeliana. Poi gli uomini
di Hamas hanno forzato il valico di confine con l'Egitto. Era tutto così
organizzato (ben organizzato, aggiungerei), che gli stessi media ne erano al
corrente, come ha mostrato la presenza delle telecamere di Al Jazeera. Il
viceministro della difesa israeliana Matan Vilnai ha affermato che Israele dovrebbe disimpegnarsi completamente da Gaza, e
smettere di fornire elettricità e acqua. È questa la posizione del governo? Mi
ascolti, il governo israeliano ha raggiunto un punto in cui, politicamente
parlando, non può più tollerare il lancio di missili Qassam nel sud. La sua
popolazione non lo tollera più, e il governo sente in questo senso la pressione
dell'opposizione. Il dovere del gabinetto Olmert è rispondere ai propri
cittadini, e la sua posizione è quella di disimpegnarsi da Gaza finché non
cesseranno i lanci di razzi. Ma questo atteggiamento impietoso di Israele non rischia di rafforzare Hamas e di indebolire il
presidente Abbas? E così di allontanare la pace? La priorità di Israele, della sua opinione pubblica e del suo governo, è
quella dei razzi nel sud del paese. La politica quotidiana non può occuparsi di
questione astratte e che non interessano più di tanto la gente, come
"l'aiutare Abbas". Le cose concrete di cui vuole occuparsi il governo
sono i razzi lanciati sulla sua popolazione. Queste sono le minacce concrete
per una classe politica che è già sotto pressione per gli attesi risultati
della commissione Winograd (commissione d'inchiesta che sta indagando sugli
errori nella conduzione della guerra israeliano-libanese del luglio 2006, ndr).
Come giudica il comportamento dell'Egitto? L'Egitto ha degli obblighi da
rispettare. Ha firmato con Israele un accordo che ha
visto anche la supervisione europea, e che lo obbliga al controllo della
frontiera. Si tratta di un accordo che finora ha funzionato, ma che viene
rimesso in discussione dai fatti dell'altro giorno. Egitto e Israele
avevano raggiunto un equilibrio, e ora c'è il rischio che una provocazione di
Hamas, ingigantita dai media, possa creare frizioni tra i due paesi. E sarebbe
un colpo gravissimo per la stabilità dell'intera regione mediorientale. Resta
il fatto che la vita a Gaza è ormai impossibile. Non crede che Israele stia punendo un'intera popolazione per i lanci di
razzi effettuati da pochi terroristi? I razzi non vengono lanciati da un
gruppuscolo qualsiasi, ma da gruppi militari di Hamas. Lo so, la situazione a
Gaza è gravissima. E lo so, quella israeliana è una punizione collettiva molto
dura. Ma l'opinione pubblica israeliana è stanca, e chiede ai suoi politici una
risposta netta.
( da "EUROPA.it" del
26-01-2008)
MUBARAK IL CAPO DI STATO EGIZIANO ARRIVA A ROMA
LUNEDÌ E PUNTA A CONSOLIDARE IL SUO RUOLO DI INTERLOCUTORE AFFIDABILE NELLE
VARIE CRISI REGIONALI Nonostante tutto il raìs continua a essere un elemento di
stabilità nell'area FRANCO TEMPESTA Il presidente egiziano Hosni Mubarak
arriverà a Roma lunedì, per una visita di due giorni che inizierà con un
colloquio con al Quirinale con Giorgio Napolitano. La visita di Mubarak cade in
un momento critico, che registra forti tensioni nella striscia di Gaza e
l'abbattimento della barriera che delimita il confine tra la stessa Gaza e
l'Egitto, dove si sono riversati centinaia di migliaia di abitanti della
striscia, duramente colpiti, a livello economico, dal
blocco che Israele ha imposto, in seguito ai contini lanci di missili Qassam su
Sderot, organizzati da Hamas, che dal giugno scorso detiene il potere nella
striscia. Il vertice italo-egiziano non sarà quindi un semplice appuntamento
protocollare. Di Gaza se ne parlerà, eccome. Anche perché il capo dello
stato egiziano, che ha partecipato al vertice sul Medio Oriente tenutosi lo
scorso novembre ad Annapolis su invito di Bush, è un osservatore autorevole e
privilegiato. Circa la situazione politica nella regione mediorientale,
l'Egitto non ha mai nascosto il proprio orientamento largamente favorevole al
raggiungimento di soluzioni improntate a pace e sicurezza. Soluzioni che
permetterebbero al Cairo di proseguire nel suo cammino di sviluppo economico e
sociale, favorendo gli investimenti in tutta la regione e promuovendo i flussi
turistici, da sempre legati alle condizioni di sicurezza. L'Egitto ? che
assieme alla Giordania è l'unico paese arabo a intrattenere relazioni
diplomatiche con Israele e, con Arabia Saudita,
Giordania ed Emirati Arabi Uniti, compone il "Quartetto arabo
moderato"? non vuole rinunciare al suo ruolo di protagonista nel processo
di pace in Medio Oriente, a partire dalla definizione della questione
palestinese. Ruolo che il Cairo sembra sempre più dover condividere con Ryiadh,
che in seno alla lega araba ha promosso una proposta volta a vincolare la
normalizzazione delle relazioni con Israele ai
progressi sostanziali nella questione palestinese. Anche a riguardo di Siria,
Libano, Iran e Iraq, l'Egitto detiene posizioni particolarmente interessanti,
che saranno certamente oggetto delle conversazioni romane. Mubarak sostiene in
maniera convinta il governo Siniora a Beirut, lavora nei riguardi delle
autorità siriane affinché collaborino con le Nazioni Unite nelle indagini
sull'assassinio dell'ex premier libanese Rafik Hariri, segue da vicino la crisi
irachena, convinto che il ritiro delle forze militari della coalizione debba
coincidere con la rafforzata capacità delle autorità di Bagdad di controllare
il proprio territorio, è decisamente contrario allo sviluppo di armamenti
nucleari da parte di Teheran. Tornando alla questione palestinese: il convinto
sostegno del Cairo ? vicina a Al Fatah ? alla figura moderata di Abu Mazen,
presidente dell'Anp, è dettato anche da ragioni di politica interna. Mubarak
non può ignorare il crescente peso in Egitto dei fratelli musulmani,
organizzazione che, anche se considerata ancora illegale, ha conseguito un
significativo successo nelle elezioni per il rinnovo dell'assemblea del popolo
(dicembre 2005), conquistando 88 seggi, su un totale di 311. La gestione del
voto per la Camera alta (Consiglio della Shura), registratosi nel 2007 e non
esente da critiche dal punto di vista della trasparenza, ha fatto sì che i
candidati affiliati alla fratellanza ? molti militanti sono stati arrestati e
detenuti a partire dalla fine del 2006 ? non ottenessero nemmeno solo seggio.
Il "faraone" Hosni Mubarak conserva il potere dal 1981, è stato
rieletto nel settembre 2005 e non s'intravedono, all'orizzonte, figure di peso
per la sua successione. Fanno eccezione Omar Suleiman, militare di alto rango a
capo dei servizi, e Gamal Mubarak, figlio del presidente. Quest'ultimo, al
vertice del Partito nazionale democratico, segue in prima persona il cammino
delle riforme volute dal padre, ma ha lo svantaggio di non provenire dalla
casta militare, contrariamente a tutti i capi di stato che hanno governato
l'Egitto repubblicano: Neguib, Nasser, Sadat e lo stesso Mubarak. Il danno
d'immagine sofferto dall'Egitto con gli attentati di Luxor del 1997, del Cairo
e di Sharm El Sheik del 2005, del Sinai del 2006, è stato ingente, data
l'importanza della voce turismo nell'economia egiziana. Il primo attentato era
stato rivendicato da terroristi vicini a Jamaa Islamica, gruppo che nel corso
degli ultimi anni ha mitigato la propria radicalità. Insiste invece su
posizioni oltranziste la Jihad Islamica, che mantiene contatti con Al Qaeda.
C'è però da sottolineare come uno dei suoi esponenti, l'ideologo Sayed al
Sharif, abbia rivisto le sue teorie estremiste dal carcere egiziano dove è detenuto,
schierandosi su posizioni più moderate. Questi sviluppi, positivi, hanno
portato a una diminuzione considerevole di quella parte di popolazione
carceraria affilata ai movimenti islamici, che dalle 20mila unità nel 1990,
conta oggi circa 5000 detenuti. È sperabile che si assista anche a una
diminuzione degli attentati. Il settore turistico e l'economia ne
beneficerebbero. Molti degli attuali problemi che il Cairo fronteggia
potrebbero risolversi se la crescita economica fosse in grado di continuare ai
ritmi attuali del 6 ? 7 per cento per almeno ancora un quinquennio. Allo
sviluppo egiziano contribuiscono anche gli aiuti. Quelli statunitensi hanno
raggiunto 1,7 miliardi di dollari nel corrente biennio. L'Unione europea ha
erogato oltre un miliardo di euro, dal
( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
[FIRMA]SIMONA ROMAGNOLI BIELLA La passione per il teatro
nasce a Biella, dove vive in forma amatoriale e testimoniata dalla presenza di
numerose compagnie, ma se vuole trovare sbocco professionale deve emigrare,
anche solo nelle vicine Ivrea a Torino. Che cosa manca alla città per
rispondere a un sano desiderio di espressione artistica, attraverso la nobile e
antica arte della recitazione? Provano a rispondere, ciascuno rispetto alla
propria esperienza, quattro attori e registi biellesi: Oliviero Corbetta,
Annachiara Sarteur,Gigi Piana e Manuela Tamietti. "Premetto che da tanti
anni mi sono allontanato, anche se non di molto, da Biella - spiega Corbetta, regista di "Rose di sangue" di Israel Horovitz, in
scena questa sera alle 21 al Teatro Giacosa di Ivrea -. Ricordo però che negli
Anni 70, quando decisi di dedicarmi alla professione di attore, il limite era
dato soprattutto dalla volontà politica. Io credo che il pubblico vada formato,
non ci si deve limitare ad accontentarlo. Intorno al teatro si deve
creare un progetto più ampio e importante che coinvolga cittadini e appassionati.
Il limite di Biella rimane, a mio avviso, il suo isolamento". Parlando dei
suoi esordi biellesi Corbetta ricorda come con l'amico Giorgio Lanza, si
avvicinò alla Filodrammatica di Chiavazza (che all'epoca vedeva tra i suoi
protagonisti l'ex-professionista Isabelli), dove decise di fare della
recitazione una professione. Per concretizzare il suo sogno non poté far altro
che lasciare la sua città d'origine. "A Biella non si può vivere di teatro
- sembra fargli eco Annachiara Sarteur -. Recitare rimane un hobby cui ci si
dedica con passione e impegno, ma per vivere si deve fare altro: io insegno.
Chi vuole fare l'attore professionista deve andare altrove, sia per formarsi
che per lavorare. Un altro limite della nostra città sono i costi troppo elevati:
gli affitti di palestre o locali per lo prove, ma anche degli spazi e dei
teatri sono troppo alti. Così diventa più semplice proporre i lavori in altre
città". Con altri due biellesi (Isadora Pei e Gianfilippo Caligaris),
Annachiara Sarteur, giovedì alle 21 alle Fonderie Teatrali Limone di
Moncalieri, sarà impegnata nella prima di "And now: apocalypse in
mahagonny", tratto da un'opera lirica di Bertold Brecht. Anima della
Residenza multidisciplinare biellese, nata come opportunità d'incontro e
confronto, Gigi Piana, attore di Stalker Teatro, conferma le difficoltà:
"Io lavoro anche a Torino e mi rendo conto delle differenze. Tutto qui è
più faticoso, dal recupero dei fondi che a preventivo sono di una certa entità
e a consuntivo risultano sempre inferiori, alla stessa mentalità. Nello spirito
che anima la residenza, abbiamo cercato di fare rete con le altre compagnie, ma
percepiamo una forte chiusura. Ciascun gruppo pensa a se stesso, ma ciò diventa
controproducente per il territorio: nascono proposte isolate che si perdono nel
marasma. Credo che manchi una progettazione, capace di incanalare le energie e
le idee, che sono tante e molto interessanti". Intravede un positivo
cambiamento in corso, invece, Manuela Tamietti: "Rispetto ad una decina di
anni fa, mi sembra che la situazione stia cambiando. Forse la malaugurata crisi
del tessile ha permesso di volgere lo sguardo verso altri orizzonti. Non esiste
sul territorio una vera cultura teatrale, ma esistono tradizioni e forti
identità. Da parte mia, con il progetto di ''Storie di piazza sto cercando di
utilizzare il teatro come linguaggio per raccontare e riscoprire queste
identità. È vero che la formazione professionale deve avvenire fuori da Biella,
ma penso che poi si possa ritornare, come ho fatto io, e trovare uno spazio per
esprimersi e per vivere di teatro".
( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Stai consultando l'edizione del Via libera alle missioni
all'estero. Ma la Sinistra Arcobaleno si sfila Sì del Cdm al rifinanziamento. Intanto
c'è un nuovo caso Mastella: "Inopportune le nomine alla Scuola di
magistratura" di Toni Fontana / Roma Sul filo di lana,a pochi giorni dalla
scadenza dei termine per il rifinanziamento (31 gennaio), il Consiglio dei
ministri che si è riunito ieri mattina ha licenziato il decreto di
rifinanziamento delle missioni militari e di cooperazione all'estero. Come
nelle altre occasioni, con le stesse modalità e con le stesse argomentazioni si
sono riproposte le fratture e le diversità di valutazione che hanno creato non
pochi problemi al governo da ieri dimissionario. Problemi a cui si è aggiunto
un nuovo attacco di Di Pietro a Mastella, quando il Cdm ha approvato il decreto
sulla supplenza negli incarichi direttivi negli uffici giudiziari: il ministro
per le Infrastrutture, infatti, ha puntato l'indice sull'ex guardasigilli per
le nomine al direttivo della Scuola della magistratura che sarebbero, a suo
avviso, non opportune "per il modo e il momento in cui sono state
fatte", ovvero prima che Mastella lasciasse il ministero. Di Pietro ha
quindi chiesto a Prodi di aprire un'istruttoria, Il premier si è riservato di
raccogliere informazioni in merito. Insomma, è stata tutt'altro che fiacca la
riunione di ieri. I ministri della Sinistra Arcobaleno non hanno votato il
decreto che rifinanzia le missioni italiane all'estero. Lo ha fatto sapere il
ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, al
termine della riunione, spiegando che la Sinistra Arcobaleno chiederà in
Parlamento una verifica della missione in Afghanistan ed una discussione su
ogni singola missione. Più tardi poi lo stesso presidente del gruppo al Senato,
Russo Spena, ha fatto sapere che chiederà una "verifica" su tutti gli
impegni militari all'estero, dal Kosovo al Libano. Come in altre occasioni il
vero nodo che scatena i dissensi della sinistra radicale è però l'impegno
militare in Afghanistan. Poco dopo l'annuncio del via libera al decreto fatto
in mattinata dal portavoce del governo Sircana, il ministro Ferrero ha spiegato
che il suo partito "chiederà una verifica" sulla spedizione a Kabul e
che la questione non è stata affrontata ieri "perché il governo è
dimissionario", ma che il problema di valutare obiettivi e impegni in
Afghanistan si riproporrà "in Parlamento" quando si tratterà di
convertire in legge il decreto. Più esplicito è stato Russo Spena che ha messo
l'accento sul fatto che le missioni all'estero "sono troppo diverse tra
loro" e ciascuna di esse va analizzata nel contesto geopolitico nel quale
si svolge. Ma anche il presidente del gruppo della Sinistra Arcobaleno al
Senato non ha mancato di ricordare che il punto dolente è sempre quello
dell'Afghanistan. Il decreto sulle missioni, che era stato posto al primo punto
dell'ordine del giorno della riunione del Consiglio dei ministri, è stato
comunque licenziato evitando in tal modo una situazione difficile per i
militari schierati nei diversi teatri di crisi ed in particolare in Libano dove
ieri è esplosa l'ennesima autobomba e dove sono schierati, ai
confini con Israele, tremila caschi blu italiani. La Sinistra Arcobaleno non si
oppone alla permanenza dei militari in Libano e in Kosovo dove i contingenti
sono inquadrati nelle forze di pace delle Nazioni Unite o dell'Unione Europea.
Il dissenso riguarda la missione in Afghanistan che si svolge su mandato delle
Nazioni Unite, ma è a guida Nato.
( da "Unita, L'" del 26-01-2008)
Stai consultando l'edizione del APPUNTAMENTI Nel Giorno
della Memoria: da David Grossman a Firenze ai "giusti" di Fossa Per
ricordare l'Olocausto ed evitarne di nuovi di Davide Vannucci "Vedi alla
voce amore". Così, nel 1988, David Grossman chiamò il proprio romanzo più
intenso, quello in cui cercava di spiegare l'Olocausto alle giovani
generazioni, attraverso gli occhi e le parole del piccolo Momik, figlio di
deportati sopravvissuti all'orrore. Adesso Grossman non è solo un grande
scrittore, ma una delle voci più ascoltate di Israele, uno che non fugge dalla realtà, la interpreta, cerca di
modificarla. E la realtà di Israele, oggi, è fatta di un
equilibrio fragile, perennemente in bilico tra la guerra e la pace. Ecco perché
nel giorno in cui l'Italia celebra la Giornata della Memoria, ricordando che
cosa fu la Shoah, Grossman viene chiamato a parlare dell'orrore che fu e
di quelli che bisogna evitare. L'Università di Firenze ha deciso di conferire
al romanziere israeliano una laurea honoris causa, in Studi Letterari e
Culturali Internazionali, e la cerimonia avverrà proprio domani, il 27 gennaio,
quando, sessantré anni fa, l'Armata Rossa mise i sigilli sul campo di
concentramento simbolo, quello di Auschwitz. Grossman terrà una lectio
magistralis nell'Aula Magna dell'università e parteciperà a un dibattito il
giorno successivo, al Mandela Forum. Forse parlerà del figlio Uri, morto nella
guerra col Libano dell'estate 2006. Sicuramente cercherà di spiegare perché
"lo sterminio è successo" e perché "può succedere di
nuovo". L'incontro di Firenze è solo una delle tante iniziative con cui
l'Italia invita "a non dimenticare". A Roma, nel marzo 2006, è nata
la Casa della Memoria, dove la storia cerca di essere maestra di vita per i
contemporanei. A Trastevere domani si ricorderà Primo Levi, lo scrittore che in
Italia seppe raccontare più di altri l'Olocausto e la sua capacità di
calpestare la dignità umana. In programma film e documentari, tra i quali La
strada di Levi, in cui Davide Ferrario e Marco Belpoliti ripercorrono il
viaggio di ritorno compiuto da Levi nel 1945, seimila chilometri da Auschwitz
fino alla natia Torino. A rendere omaggio allo scrittore piemontese ci sarà
anche uno degli attori italiani più in voga del momento, Toni Servillo,che a
Bari leggerà alcuni brani tratti da Se questo è un uomo e I sommersi e i
salvati. Sempre a Roma, nelle stanze restaurate di Palazzo Barberini, si terrà
una conferenza su "Anti-semitismo e negazione dell'Olocausto". A
chiedersi se "il mondo ha imparato la lezione" o meno, saranno in
tanti, un vero e proprio parterre de roi. Rappresentanti del governo
dimissionario, da Romano Prodi a Giuliano Amato passando per Francesco Rutelli.
Ma anche membri del centro destra, come il vicepresidente della Commissione Ue,
Franco Frattini. O autorevoli esponenti dell'ebraismo, come il presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna. La giornata della
Memoria si celebrerà in tutto il Paese, da Trento a Siracusa. A Milano si
onoreranno le vittime dell'Olocausto con le musiche di Ernest Bloch, Max Bruch
e Dimitri Shostakovich. A Genova le porte di Palazzo Ducale saranno aperte agli
studenti vincitori del concorso "I giovani ricordano la Shoah". Le
commemorazioni più imponenti avverranno nell'unico lager italiano, quello di
Risiera di San Sabba, a Trieste, con la marcia silenziosa dei deportati
sopravvissuti, le visite guidate per le scolaresche, i concerti. A Siracusa
sarà il giorno della "Testimonianza dei giusti". Interverrà, tra gli
altri, Franco Perlasca, figlio di Giorgio, lo Schindler italiano che salvò
oltre cinquemila ebrei ungheresi fingendosi un diplomatico spagnolo.
Personaggio che ha ispirato una fiction televisiva di successo, interpretata da
Luca Zingaretti. In provincia de L'Aquila, invece, a Fossa, Ottaviano del
Turco, presidente della Regione Abruzzo, e Marco Pannella prenderanno spunto
dalla commemorazione dell'Olocausto per dibattere di diritti umani, e della
loro continua violazione in gran parte del pianeta. Si parlerà della moratoria
sulla pena di morte votata a dicembre dall'assemblea generale dell'Onu, vecchio
cavallo di battaglia dei radicali. Se la moratoria si dovesse estendere a tutti
gli Olocausti, e a tutti i diritti calpestati ogni giorno, ad ogni latitudine,
allora sì che si tratterebbe di una vittoria epocale.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Il presidente a Davos: "Vogliono solo distruggere,
hanno diviso la Palestina" Peres attacca gli
estremisti "Noi costretti a difenderci" Nessuna punizione che
colpisca indiscriminatamente ma risponderemo alla violenza
MARCO PANARA DAL NOSTRO INVIATO DAVOS - Al World Economic Forum, Shimon Peres,
il presidente d'Israele, è un protagonista da sempre. Questo è un appuntamento al quale
non rinuncia mai, tanto meno in un momento nel quale sino solo a pochi giorni
fa la situazione gli consentiva di dire "la pace non è mai stata così
vicina". Adesso qualcosa è cambiato. A Gaza. Con la sua dolente
eleganza Peres si ferma a conversare brevemente all'ingresso di una cena in suo
onore organizzata nell'hotel di Davos dove il presidente ha il suo
blindatissimo quartier generale. Nella stessa hall c'è anche il premier
palestinese Salam Fayyad. Presidente, Gaza ha sconvolto l'agenda del processo
di pace? "Finché Hamas non smette di sparare razzi contro di noi, nulla
tornerà in ordine". Ma non pensa che la situazione si sia ulteriormente complicata?
"Loro hanno creato il caos, devono smetterla: solo così si può mettere
fine al caos di questi giorni e queste ore". Le vicende di Gaza
bloccheranno i progressi che solo giorni fa la rendevano più ottimista sul
processo di pace? "Io so solo che Hamas si è rivoltata contro il governo
di Abu Mazen che perciò li considera dei ribelli. E' un grave errore da parte
di Hamas. Non creano progresso, non hanno obiettivi. Vogliono solo distruggere.
Chi li sosterrà?". Però hanno ancora una base di consenso. "Hanno
diviso la Palestina e la gente di Gaza, hanno prodotto
violenza senza scopo, hanno fatto soffrire la gente senza offrire loro un
progetto". Quale sarà la reazione di Israele?
"Noi non vogliamo che la gente della Palestina
soffra, né alcuna punizione collettiva". Come se ne esce? "Lo ripeto,
non vogliamo nessuna punizione che colpisca indiscriminatamente, però dobbiamo
rispondere alla violenza contro di noi". Peres si allontana. Non vuole
rispondere ad altre domande, la sua delegazione lo aspetta per una cena a porte
chiuse. Ma il ministro degli Esteri Tzipi Livni, che pure ha parlato a Davos
illustrando al gotha della finanza e della diplomazia internazionale la grave
crisi di Gaza, è rientrata in patria. Segno evidente che l'impatto di queste
ore sulla delicatissima fase negoziale richiede la massima allerta.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Gaza, la battaglia del confine cani e idranti per
fermare l'esodo Ma Hamas sfonda con i bulldozer. Mubarak: Israele riporti
l'ordine Gli uomini di Haniyeh vogliono che il transito di beni e persone sia
reso legale Mesha'l accetta l'invito al Cairo per un incontro con il presidente
Abu Mazen ALBERTO STABILE DAL NOSTRO INVIATO RAFAH - I caschi neri e gli scudi
trasparenti dei poliziotti antisommossa egiziani assorbono la pioggia di pietre
con stoica fermezza. Ma anche la folla dei palestinesi che premono sul
reticolato è irremovibile. Improvvisamente, fra urla di ringraziamento,
"Allah u akbar!", Dio è grande, un bulldozer giallo che sembra un
mostro venuto da un altro mondo si fa largo in mezzo alla gente. A guidarne i
movimenti affannosi è un gruppo di alieni nascosti da tute e passamontagna
neri. Sono gli uomini delle Brigate Ezzeddin el Qassam, che hanno deciso per
conto di Hamas che il confine tra Gaza e l'Egitto deve restare aperto. Fino a
quel momento, i poliziotti mandati dal Cairo in gran numero, ma non tale da
poter arginare la fiumana, con l'ordine di cominciare a sigillare il confine,
ma senza usare maniere troppo forti con "i fratelli palestinesi",
avevano cercato di tamponare le molte falle aperte sulla frontiera egiziana.
Qui, risistemando il filo spinato sulla barriera di cemento. Lì, formando una
catena umana. Altrove opponendosi a testuggine, con scudi e bastoni, e
minacciando di lanciare i cani. Ad Al-Arish, la città del gran commercio di
questi giorni, era stata imposta la chiusura dei negozi. Ma la folla, gonfiata
dai rinforzi del venerdì, giornata di festa, continuava a premere sui varchi
aperti. Invano, un altoparlante gracchiava: "Fratelli palestinesi tornate
indietro, il confine chiuderà alle tre". Ma non c'è peggior sordo di chi
non vuole sentire e molti irridevano a quell'ordine. "Questa frontiera
dovrà restare per sempre così com'è", s'augurava Samia Kassas, 54 anni,
egiziana sposata ad un palestinese, venuta con marito e figli a rivedere i
suoceri dopo otto anni dall'ultimo incontro. Raffiche sparate in aria, la
gragnuola dei sassi sugli scudi, un cannone ad acqua che fa flop e quando
prende vigore supera le teste per perdersi tra le macchine in sosta. Sarebbe
potuta andare avanti per ore questa specie di guerriglia fredda, senza la
volontà di affondare i colpi. Ma ecco arrivare il mostro, sbuffando fumo e
rabbia. Gli egiziani lo vedono, si dispongono su molte file per fermarlo. I
miliziani al seguito sparano in aria, un poliziotto viene ferito ad una gamba e
portato via. Tre colpi d'ariete bastano ad aprire una nuova breccia laddove la
barriera era ancora intatta. Le truppe di Mubarak si fanno da parte. A migliaia
i palestinesi che nei giorni scorsi non avevano potuto alleviare la loro fame
di beni essenziali, invadono la Rafah egiziana. Fine di un tentativo inglorioso
di rimettere ordine alla frontiera tra Gaza e l'Egitto. Altri sicuramente ne
seguiranno, ma non saranno le decisioni unilaterali del Cairo, prese sotto le
pressioni degli Stati Uniti e di Israele, a risolvere
questa crisi. Dopo l'ennesimo sfondamento, Hamas detta le sue condizioni:
"Noi insistiamo ed esortiamo i fratelli egiziani - dice il portavoce del
movimento islamico, Tahar al-Nono - perché venga stabilito un meccanismo per
permettere il transito dei beni e delle persone attraverso il posto di
frontiera ufficiale di Rafah, in una maniera legale ed organizzata". Nel
frattempo, se necessario, Hamas non esiterà a ricorrere ad altri "fatti
compiuti". In giornata il rais egiziano Mubarak spedisce al leader supremo
di Hamas, Khaled Mesha'l, l'invito a un summit al Cairo con il presidente
palestinese Abu Mazen per ricomporre la frattura fra i due rivali. Mesha'l
dall'esilio di Damasco accetta. La risposta di Abu Mazen si fa aspettare. Il
crollo del muro di Rafah minaccia d'aprire una crisi tra Egitto e Israele. Mubarak, si vede stretto in un angolo. Da una parte
non vuole passare per uno strumento nelle mani dello Stato ebraico, dall'altra
teme che l'invasione possa favorire l'ingresso illegale in Egitto di militanti
clandestini. Il pugno di ferro è, comunque, escluso perché significherebbe
provocare la reazione dei Fratelli Musulmani, la spina nel fianco del regime
egiziano, di cui Hamas è un'emanazione. Quanto all'idea vagheggiata dal vice
ministro della Difesa israeliano Matan Vilnai di liberarsi di ogni
responsabilità su Gaza per scaricarla sull'Egitto, Mubarak ha risposto che
"loro (gli israeliani) devono riportare la normalità a Gaza secondo le
intese e gli accordi precedenti". Qui, a Rafah, di queste manovre giunge
solo una pallida eco. In mezzo alla folla tornata finalmente libera di entrare
ed uscire dall'Egitto (un incubo per i servizi segreti israeliani, che temono
infiltrazioni di terroristi attraverso il Sinai) spunta anche un cammello giovane
che sarà servito ad un pranzo di nozze a Gaza e molte motociclette cinesi, il
massimo del consumismo abbordabile da queste parti. "Credo che adesso a
Gaza ci sia abbastanza cibo per un mese", dice Said al-Helo, dopo aver
attraversato stracarico di pacchi la frontiera sbriciolata. Ma gli uomini di
Hamas non sono d'accordo. "La mancanza di combustibile e di energia
elettrica c'è ancora - risponde un loro portavoce - e quello che la gente ha
comprato nelle ultime 48 ore non può compensare la terribile penuria degli
ultimi sette mesi".
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Così il piano di pace di Bush si infrange nella miseria
della Striscia Gaza non è solo Hamas. Il 74% degli abitanti
vuole un accordo con Israele Questa crisi mostra quanto fosse irrealistico l'ottimismo dopo
Annapolis DAOUD KUTTAB Quando Gaza è piombata nell'oscurità, a causa del blocco
imposto da Israele, il mondo è stato colto di sorpresa. Eppure l'ottimismo seguito
ad Annapolis, con la promessa fatta da Bush di un accordo entro il 2008 per la
creazione dello Stato palestinese, era chiaramente irrealistico. Quando
si pensa a Gaza, viene in mente il consenso di cui gode Hamas, ma la realtà è
assai differente. I sondaggi realizzati nella Striscia indicano un consenso del
74 per cento a un accordo di pace per Israele. Solo il
15 per cento si dice pronto a votare per Hamas, contro un 55 per cento a favore
di Fatah. Il processo di pace ispirato da Annapolis è appoggiato dall'81 per
cento della popolazione. Gaza ha una lunga storia di occupazione straniera, fin
da epoche lontane. Nel 1949, la guerra arabo-israeliana si concluse con un
armistizio che divise la Palestina in tre parti,
ognuna sotto il controllo politico di una diversa entità. Israele
governava oltre il 77 per cento del territorio, alla Giordania fu lasciato il
controllo su Gerusalemme Est e la Cisgiordania , e all'Egitto quello di Gaza.
Lo Stato arabo palestinese previsto dal piano di spartizione delle Nazioni
Unite del 1947, che doveva includere Gaza, non nacque mai. Sotto il governo
egiziano, lo sviluppo economico della Striscia fu limitato, anche per le maree
di rifugiati palestinesi riversatisi a Gaza in fuga dal territorio che sarebbe
diventato Israele. La forza lavoro della Striscia,
composta in larga misura da lavoratori non qualificati, dipendeva
dall'assistenza dell'Unrwa, l'agenzia Onu incaricata di allestire i campi
profughi. La guerra del 1967 lasciò tutta la Palestina
del mandato britannico (più il Sinai e il Golan) sotto l'occupazione militare
israeliana. In Cisgiordania, tuttavia, nonostante un terzo del territorio fosse
interdetto ai palestinesi per far posto a qualche migliaio di coloni ebrei,
solo il 10 per cento della popolazione palestinese, in gran parte rurale, era
composto da rifugiati: molti possedevano la terra che lavoravano e il lavoro
non mancava. A Gaza, al contrario, il 70 per cento della popolazione era
composto da profughi, assiepati in condizioni difficili in decine e decine di
campi profughi e per il lavoro dipendevano da Israele.
Ogni giorno dalla Striscia erano in 150 mila ad attraversare il confine, al
valico di Erez. La povertà di Gaza è stato terreno fertile per il radicalismo
islamico. Lo sceicco Ahmad Yasin, un profugo paraplegico del villaggio di Jora
(che ora si trova sulla costa meridionale di Israele),
costruì un movimento dal basso, con l'assenso d'Israele
deciso a favorire l'emergere di un'alternativa all'Olp. Ma con l'intifada del
1987, nacque il Movimento di resistenza islamico. L'intifada del
( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Stai consultando l'edizione del Gaza, Hamas apre altri
varchi nel muro Il movimento integralista islamico lancia la sfida: "I passaggi
alla frontiera con l'Egitto resteranno per permettere ai palestinesi
l'assistenza". Israele: nel Sinai è allarme
terrorismo di Umberto De Giovannangeli A RAFAH scatta l'"Intifada delle
ruspe". Quelle che servono ai miliziani di Hamas per aprire nuove brecce
nella barriera che segna il confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto. Il
miracolo in cui qualcuno sperava, è puntualmente svanito. L'accordo raggiunto
l'altra notte fra i responsabili di Hamas e le autorità egiziane, è durato
appena cinque ore: il tempo di far credere che la breccia aperta tre giorni fa
con le bombe nel muro di confine fra la Striscia di Gaza e l'Egitto, potesse
essere richiusa con una semplice stretta di mano. E così, dopo che per l'intera
mattinata la polizia egiziana protetta da scudi ed elmetti era riuscita ad
impedire ai palestinesi di continuare a varcare il confine, fronteggiando
appena qualche breve sassaiola, la battaglia è riesplosa. Nel primo pomeriggio
una potente ruspa condotta da un miliziano con il volto nascosto dentro un
passamontagna, ha fatto irruzione sulla scena, attaccando e sfondando un'altra
zona del muro che delimita la linea di frontiera. Sotto i calcinacci è stato
coperto anche il filo spinato destinato a rinforzare la protezione, spianando
così ai palestinesi una nuova strada per superare il confine. I poliziotti
egiziani, spiazzati da quell'ulteriore, improvvisa breccia, hanno abbozzato una
debole reazione, prima sparando in aria qualche colpo e poi sguinzagliando
verso i miliziani che proteggevano la ruspa tre cani antisommossa. Le bestie
sono state abbattute in pochi istanti dalle raffiche dei mitra palestinesi.
Poco distante la ruspa di Hamas ha poi aperto una terza breccia nel muro di
confine. I poliziotti questa volta sono interventi provando a respingere la
folla con gas lacrimogeni e cannoni d'acqua, ma i palestinesi hanno risposto
tirando pietre alla maniera dell'Intifada. Alla fine gli egiziani hanno deciso
di ritirarsi nella propria base a difesa della quale, come ulteriore smacco, si
sono disposti i poliziotti di Hamas. Fra gli egiziani si conta un ferito dai
colpi dei miliziani, e cinque contusi dal lancio di sassi. Eppure l'intesa
raggiunta nella notte di giovedì fra ufficiali della sicurezza egiziana ed
esponenti della sicurezza di Hamas (ai quali i vertici politici avevano
delegato il negoziato), all'inizio era sembrata funzionare: Hamas concedeva
agli egiziani il proprio sostegno per costringere i palestinesi a non
attraversare più il varco illegale aperto sul confine di Rafah. In cambio gli egiziani
avrebbero dovuto "costringere" l'Autorità nazionale palestinese di
Ramallah a sedersi ad un tavolo di negoziato da tenersi forse al Cairo, ma al
quale sicuramente avrebbe dovuto partecipare anche Hamas. "Entro due
giorni - conferma Islam Shawhan, portavoce della polizia del movimento
integralista - si sarebbe dovuta raggiungere un'intesa per aprire il valico di
Rafah", così da riportare gli ingressi in Egitto in un corridoio legale e
consentire ugualmente ai palestinesi di sottrarsi al rigido embargo imposto da Israele. Vero obiettivo di Hamas sarebbe stato naturalmente
quello di avviare in condizioni di parità un negoziato con il partito al Fatah
del presidente Abu Mazen il primo dai tempi dell'occupazione di Gaza. Ma
qualcosa non ha funzionato. O meglio: da Ramallah è giunto un "no"
secco. "Nessun tavolo con Hamas fino a quando non ci avrà riconsegnato le
istituzioni della Striscia" hanno ribadito dall'Anp. Gli egiziani, stretti
fra i due fuochi, mostravano di non poter garantire l'impegno di un incontro
per il diniego dell'altra parte. È bastato un attimo e Hamas ha reagito
d'impeto, rompendo l'intesa raggiunta e riaprendo le brecce sul confine. Fonti
palestinesi sostengono che la mossa (forse disperata) potrebbe aver sortito
qualche effetto: il presidente Hosni Mubarak, questa volta con maggiore
determinazione, sarebbe infatti tornato in serata ad invitare i rappresentanti
dell'Anp ad un incontro insieme con Hamas "per risolvere la questione del
confine". Ora si attende la nuova risposta da Ramallah. "Con
l'apertura dei nuovi varchi, nonostante il sopraggiungere dell'oscurità,
migliaia di palestinesi hanno ricominciato a riversarsi oltre confine nella
loro disperata corsa all'acquisto. Il livellamento del muro che delimitava la
frontiera, consente ormai non solo a pedoni e piccoli carretti di raggiungere
il territorio egiziano, ma anche a grandi autocarri che ritornano nella
Striscia trasportando non più carichi contenuti ma tonnellate di merci.
"Adesso possiamo finalmente dire che la frontiera non esiste più -
commenta sorridendo un giornalista palestinese - in fondo abbiamo realizzato
anche noi il modello Schengen, si pure in versione araba".
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Gaza, l'Egitto non ferma Hamas di
Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Israele intanto
deve fronteggiare nuove incursioni armate palestinesi alle porte di
Gerusalemme. Giovedì sera un commando delle Brigate Al Aqsa ha attaccato un
posto di blocco ai margini dei quartieri arabi orientali uccidendo un
poliziotto e ferendo gravemente una sua collega. Contemporaneamente due
palestinesi armati hanno fatto irruzione in una scuola religiosa tentando di
prendere in ostaggio studenti ed insegnanti, ma sono stati disarmati e uccisi
da una delle guardie dell'istituto.
( da "Unita, L'" del
26-01-2008)
Stai consultando l'edizione del Vivere la memoria Moni
Ovadia Il giorno della Memoria ha preso a ripetersi con cadenza regolare,
uscendo da quel tratto di eccezionalità che lo caratterizzava nei primissimi
anni. E ora siamo tenuti a confrontarci con alcuni problemi: i testimoni
diretti, per ragioni anagrafiche, ci lasceranno ben presto e questo comporterà
un incremento dell'aspetto celebrativo e la celebrazione cela sempre
un'insidia, quella di trasformarsi nel ricettacolo della falsa coscienza. Per
il Giorno della Liberazione, festa del 25 aprile, una parte della classe
politica italiana, all'ombra di quella celebrazione rituale e stinta, si è data
con furore incontrastato alla demolizione della Resistenza Antifascista, alla
riabilitazione dell'infame e criminale regime fascista e ha persino tentato di
demolire la Costituzione Repubblicana. Il Giorno della Memoria non troverà mai
il suo senso compiuto in Italia se non verranno stigmatizzati i terribili
crimini del fascismo italiano, crimini compiuti in proprio: non solo le
fascistissime leggi razziali, ma anche i genocidi compiuti contro i popoli
africani e la pulizia etnica e i crimini, incluso l'uso dell'infoibamento
compiuti contro le popolazioni slave. Solo quando la natura criminale e
genocida del nostro fascismo verrà riconosciuta da tutta la classe politica
italiana, allora anche le vittime italiane delle foibe e i profughi istriani
con il loro calvario troveranno giustizia e pace. Un altro problema è l'enfasi
che nel giorno della memoria viene posta sulla Shoa intesa come sterminio degli
Ebrei, tenendo su un piano troppo defilato gli altri obiettivi di morte del
nazifascismo a partire del popolo dei Rom e dei Sinti, anch'essi destinati allo
sterminio per il solo fatto di esistere come gli Ebrei. Ora, lungi da me voler
mettere in ombra lo specifico antisemita del nazifascismo, l'antisemitismo in
associazione con l'antibolscevismo fu da sempre il primo punto nell'agenda del
progetto criminale dei nazisti, ma la domanda che ci dobbiamo porre è il perché
di tanta disponibilità nei confronti della memoria dello sterminio ebraico,
mentre quello dei Rom e dei Sinti non sembra ricevere attenzione. Per varie
ragioni strumentali e di facciata, oggi essere "carini" con gli Ebrei
costa poco. Quando si tratta però di zingari, omosessuali, oppositori politici,
Testimoni di Geova, disabili, slavi, la cosa cambia molto. In quest'epoca,
l'alterità ebraica è poco perturbante rispetto ad alterità più scomode. Se non
ci si concentra su questi temi, il "generoso" impegno di facciata
verso la memoria dello sterminio degli Ebrei, finirà per diventare una scorza
vuota al cui interno potranno prosperare revisionismi, negazionismi e
atteggiamenti discriminatori abilmente contrabbandati, pronti a trasformarsi
anche in brodo di cultura per il futuro antisemitismo. L'altro tema cruciale, è
la necessità urgente di collegare quella memoria con i genocidi, gli orrori dei
nostri tempi e le guerre criminali odierne. Ma non basta. È mia ferma opinione che nulla apparenti il contesto
israelo-palestinese con la Shoa e che proporre paragoni in tal senso sia
sconcio e deteriore in particolare per la causa palestinese. Tuttavia, le
immagini di migliaia di profughi di quel popolo che fanno brecce in uno dei
muri voluti dagli israeliani per potere provvedere alla propria sopravvivenza,
non possono non riverberarsi, piaccia o non piaccia, sia giusto o sia
sbagliato, sul Giorno della Memoria visto che accadono mentre in tutto il mondo
cresce il ritmo delle celebrazioni e degli eventi legati al 27 Gennaio. Lo so e
lo capisco, gli israeliani continuano a ricevere lo stillicidio dei missili
quassam su Sderot, sui villaggi e le cittadine del confine con Gaza, ma
quarant'anni di occupazione, di colonizzazione, lustri di repressione, di
omicidi mirati, di ignobili punizioni collettive, non sono riusciti a impedire
l'opzione armata di Hamas. È davvero venuta ora di cambiare strada e non posso
pensare che un Paese avanzato, ricco di intelligenze come Israele,
non possa trovare una via alternativa a quella che produce intollerabili
vessazioni contro un altro popolo, solo e abbandonato. L'attuale prassi
politico-militare, quali che ne siano le ragioni, corrompe progressivamente i
migliori valori e sgretola i più temprati statuti etici. Mala Tempora.
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Era
un'insormontabile frontiera, è diventato un confine aperto, sembra pronto a
trasformarsi un un'irreversibile realtà. L'unico deciso a negarla con ogni
forza è l'Egitto, ma di fronte a quell'esodo che ricorda a tratti un'intifada
fuori rotta e a tratti una gioiosa corsa ai saldi, il governo del presidente
Hosni Mubarak e il suo esercito appaiono confusi e smarriti. Una delle grandi
nazioni medio-orientali si scopre impotente di fronte alla macchinazioni di
Hamas e ai bulldozer dei suoi militanti pronti ad aprire nuovi varchi non appena
i soldati in tenuta antisommossa tentano di arrestare l'esodo palestinese da
Gaza. In questa strana guerra di confine l'Egitto deve far i conti anche con l'esausta strategia di Israele, con la
rassegnazione di uno Stato ebraico pronto a scaricare nelle mani di Mubarak una
Striscia ormai aperta e fuori controllo. Le immagini sono eloquenti. Gli
egiziani mandano l'esercito a bloccare i varchi, avvisano i palestinesi che il
tempo degli acquisti e dei ricongiungimenti con le famiglie in terra d'Egitto è
terminato, fissano le sette di ieri sera come termine ultimo per il
ritorno a Gaza. Dall'altra parte il portavoce fondamentalista Sami Abu Zuhri
spiega che i varchi non si possono chiudere perché servono a "fornire
assistenza urgente" al suo popolo. Intanto militanti mascherati muovono un
paio di bulldozer verso le zone dove la barriera è ancora in piedi e aprono
nuovi varchi. I palestinesi defluiscono come un fiume in piena sopravanzando e
circondando gli esterrefatti soldati egiziani. Quando cannoni ad acqua e
bastoni entrano in azione i palestinesi si comportano come con gli israeliani.
Prima mettono mano ai sassi, poi lasciano partire qualche raffica di
kalashnikov. I proietti azzoppano un soldato, costringono gli ufficiali
egiziani a ritirare i propri uomini per evitare una risposta che nelle immagini
delle emittenti arabe diventerebbe la strage di "fratelli"
palestinesi. Alla fine saranno sei i militari egiziani feriti. La nuova realtà
prende così forma. Egitto e Gaza diventano un'unica permeabile entità, lo Stato
ebraico si appresta far i conti con un Sinai trasformato in terreno di battuta
per militanti alla caccia di turisti israeliani o retroterra per infiltrazioni
armate tra i kibbutz del Negev. Certo Mubarak non si dà per vinto. "Devono
riportare le cose alla normalità, devono rispettare i precedenti accordi",
strilla rivolgendosi ad Hamas e agli israeliani accusati di non mettere fine al
blocco della Striscia.
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Lo straordinario passato dell'avvenire di Giuseppe
Bernardi - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Per Sumeri e Accadi, la conoscenza del
futuro si fonda su una combinazione tra rivelazioni divine (di cui sono
destinatari naturalmente gli esperti) e conoscenza del mondo naturale. In
Mesopotamia, infatti, se con l'astrologia si cerca di prevedere l'avvento di
catastrofi ed epidemie, oppure di raccolti abbondanti e di prosperità, o se si
tiene d'occhio Marte, simbolo del dio Amurru, nemico dei babilonesi, ciò
avviene in concomitanza con lo sviluppo di studi matematici e astronomici. Così
come lo sviluppo della diagnostica e della pratica medica consentiva un
pronostico attendibile. Rivendicando una voce di Dio che li spinge, talvolta
loro malgrado, ad annunciare la sua volontà, i grandi
profeti d'Israele combattono contro i falsi profeti, che distolgono il popolo
dall'indispensabile riforma morale, dal pentimento necessario, e questi grandi
profeti "indipendenti", come Geremia, messo in prigione per aver
predetto la rovina di Gerusalemme, diventano a volte dei guastafeste, il potere
può usarli o distruggerli. È a Delfi, nella Grecia classica popolata di
oracoli, che si compie una svolta importante: la divinazione induttiva. Gli dèi
parlano agli uomini attraverso segni ed enigmi che solo gli indovini
particolarmente illuminati possono comprendere e interpretare. Un salto
successivo è forse quello che si svolge a Roma dove, una volta stabilizzato
l'impero, il futuro diventa un affare di Stato, e l'esito dell'oracolo
dipenderà dalla capacità di decifrarlo e magari di guidarne ad arte
l'interpretazione. Il contadino o il mercante potranno pure, in privato e in
segreto, interpretare il volo degli uccelli o le viscere di un animale
sacrificale, ma, per le spedizioni e le guerre, le politiche economiche e
sociali, le alleanze e i colpi proditorii, è solo l'imperatore che deve sapere,
attraverso un vero e proprio ministero, creato all'uopo, e costretto al
segreto. Per secoli, dall'Alto al Basso Medioevo, il duro lavoro della Chiesa
per disciplinare il futuro deve far fronte a trasgressioni e a severi assalti
anche al suo interno. Malgrado il ragionevole e forse abbastanza spontaneo sincretismo
avviato fra le diverse tradizioni profetiche, le ossessioni di un futuro
crudele, di un'apocalisse millenarista s'impossessa della gente comune, e anche
di preti e monaci che credono nei sogni, nelle visioni e nei presagi più
paurosi. Solo con san Tommaso d'Aquino si compirà una regolamentazione della
profezia.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Cultura Anche a nome del governo tedesco, posso dire che
ci assumiamo appieno questa responsabilità. E che naturalmente affrontiamo la
questione aperta: come potremo, di generazione in generazione, essere
all'altezza di questa responsabilità? Come potremo esserne all'altezza, quando
i testimoni di allora non saranno più tra noi? Trovare vie e forme giuste per
questo compito è una responsabilità del tutto speciale anche per chi oggi ha
responsabilità politiche. Ma al tempo stesso c'è una molteplicità di iniziative
di persone, voci di tutta la società civile, che a fianco del mondo politico
fanno proprio questo tema. E ciò è sempre molto, molto incoraggiante. In questi
giorni, ho premiato i giovani vincitori di un concorso, la cosiddetta
"Azione macchie bianche": giovani di oggi che nelle loro patrie sono
andati a ricercare le più piccole tracce, memoria, ricordi storici del rogo dei
libri e dei campi di concentramento, ricordi che non sono al centro dell'attenzione
e anzi sono quasi dimenticati. è incoraggiante. C'è un miracolo, di cui noi
tedeschi possiamo solo essere grati: la vita e la comunità ebraica sono tornate
in Germania. Sono sorte tante nuove Sinagoghe. A Berlino penso alla Sinagoga
della Rykestrasse. Vita e cultura ebraica da noi hanno assunto un volto del
tutto nuovo attraverso gli ebrei venuti dalla Russia a vivere da noi. è un
compito incredibile, enorme, per la comunità ebraica in Germania, un compito in
cui noi abbiamo il dovere di portare aiuto, dovere legato alla comune
responsabilità verso la società intera. Se guardiamo a quale lavoro
d'integrazione dei nuovi arrivati viene affrontato dalla comunità ebraica
tedesca, sappiamo che non possiamo in nessun caso lasciarla sola. Nell'ora del ricordo,
come oggi, nel momento in cui le Vergogne della Germania sono davanti ai nostri
occhi, tanto più è spaventosamente inconcepibile che antisemitismo, xenofobia e
razzismo esistano oggi nel nostro Paese e si mostrino presenti nella pratica. E
non serve dire che ciò accade anche in altri paesi: occorre un regolamento dei
conti con questa realtà. Certo, è lecito dire che affrontiamo questa
responsabilità. Credo che lo facciamo davvero. Combattiamo contro le violenze
razziste e le ideologie dell'estrema destra con gli strumenti dello Stato di
diritto. A volte discutiamo, e ci dividiamo, su quali strumenti di lotta siano
i migliori, se vietare un partito sia possibile o no, se ciò rafforzi o no uno
Stato di diritto. Ci sono programmi d'azione e informazione contro l'estremismo
di destra, e abbiamo reagito alla violenza d'estrema destra aumentando gli
aiuti finanziari a questi programmi. Ma mentre ricordo questo, non voglio
nascondere che facendo ciò non abbiamo ancora, minimamente, trovato la
ricetta-panacea per affrontare queste sfide. Dobbiamo guardare in faccia una
realtà. Cioè il fatto che di fronte alle paure provate verso la
globalizzazione, o verso un presunto eccesso di apertura delle società
democratiche, l'estremismo di destra e l'antisemitismo ritrovano una
possibilità di farsi strada nelle menti di persone da cui piuttosto non ci si
aspetterebbe che cadano vittima di queste tendenze. Un modello di spiegazione
di questo fenomeno è a volte - e bisogna seguirlo - quello che ci dice che
naturalmente il pericolo di questa seduzione è specialmente grande quando le
persone stesse che vi sono coinvolte vivono in una situazione sociale
difficile. Ciò nonostante, sottolineo che io chiedo sempre di non giustificare
mai certe scelte evocando quelle difficoltà sociali. Eppure, ancora, è certo
che le società che vengono percepite come giuste sono difese da anticorpi più
forti contro simili sfide. Insisto, tensioni e problemi sociali non sono mai
una scusa per certe derive. Ma a volte io ho anche l'esperienza diretta del
fatto che negli strati sociali e ceti più istruiti della popolazione si
manifestano chiaramente crudi, duri modi di pensare, e un antisemitismo molto
ben mascherato, che non è facilmente riconoscibile. Ma con questa forma di
antisemitismo si torna sempre a tentare di definire fenomeni sociali di gruppo,
e in base a quelle definizioni dei fenomeni sociali si può dichiarare
l'emarginazione in un modo o nell'altro. una delle realtà più insostenibili è
il fatto che in Germania non esiste nessuna istituzione o sede ebraica che
possa vivere senza protezione della polizia. Nessun Kindergarten ebraico,
nessuna scuola ebraica è priva di agenti schierati sul posto per proteggerla.
Ciò non riguarda solo le Sinagoghe. Quello che quasi mi preoccupa di più, è il
fatto che anche in vasti strati della popolazione, malgrado tutta la formazione
e l'istruzione sulla Storia, e malgrado tutto quanto è accaduto, regna una
certa Sprachlosigkeit, una tendenza e voglia di silenzio, a proposito della
nostra propria Storia. E dove c'è voglia di silenzio, c'è sempre anche il
pericolo che non si parli di temi e problemi, che si taccia o si minimizza. Per esempio: si può criticare Israele? Criticare
Israele è antisemitismo? Alcuni si spingono persino fino a dire "la
cosa migliore è non parlare più degli ebrei, così almeno non fai nulla di
sbagliato". Questo è il fenomeno con cui noi dobbiamo fare i conti nel
modo più urgente nell'educazione politica. Dobbiamo incoraggiare la
gente a parlare. Perché quel modo di pensare che spinge al silenzio, a non
discutere più, può trasformarsi e rafforzarsi con il volto dell'antisemitismo e
del razzismo. Già vediamo diversi fenomeni di questo tipo: dagli episodi di
violenza, fino alle forme davvero borghesi dell'antisemitismo. Per questa
ragione questa conferenza internazionale sul problema qui a Berlino è così
importante. Perché ci può aiutare nello scambio di idee e testimonianze,
specialmente in Germania, ci può aiutare a riflettere su cosa si possa fare al
meglio e su come al meglio si possa dare una testimonianza, senza cadere nelle
accuse e nei sospetti di colpa reciproci. Per questo auspico un dialogo franco
e onesto, in cui nessuno nasconda qualcosa sotto il tappeto. Ho menzionato i
problemi, ma non per dare un umore depressivo. Però mi auguro che riusciremo -
e con la nostra società democratica abbiamo questa possibilità, se riusciremo
ad avere un po' più coraggio e a non schivare più i confronti - se riusciremo a
rendere tabù e mettere al bando l'antisemitismo e la violenza e a chiarire bene
tutto ciò anche alle giovani generazioni, con la nostra azione.
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Di Roberto Gotta - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Una
volta si faceva presto: lo straniero della Forst Cantù era Bob Lienhard e
quello dell'Ignis era Bob Morse, con l'aggiunta esotica dello "straniero
di coppa" da metà anni Sessanta e, dal 1977, il passaggio al doppio
straniero. Straniero tout court: non comunitario, extracomunitario, biondo di
passaporto congolese o mulatto-norvegese, assimilato, oriundo (anche se ce
n'erano, segnati quasi a dito nei palasport come creature bizzarre, ed esotici
perché parlavano un italiano massacrante e vestivano come quelli di Saturday
Night Fever), come invece capita dal 1996, anno della liberalizzazione. Si
faceva male lo straniero, o deludeva, e lo sostituivi una volta sola. Per il
resto, mercato chiuso per gli italiani il 31 luglio e per gli altri una
settimana prima dell'inizio del campionato. Adesso siamo all'opposto, ed è un
opposto che potrà anche non produrre risultati numerici disastrosi, se si
considera l'aumento di pubblico (0,6%), ma causa confusione in chiunque non
segua il basket con assiduità: ogni club può effettuare fino a diciotto
tesseramenti di atleti professionisti, compresi quattro extracomunitari secondo
il sistema 4+2 che permette due cambi, e il suddetto sistema viene spremuto
fino all'ultimo numero per sostituire giocatori al primo, massimo secondo
segnale di scarso rendimento. Godimento massimo di statistici e agenti, molto
meno di un pubblico che resta emotivamente legato al nome che compare sul
davanti della maglietta, anche nella continua giravolta di sponsor a volte
divisi tra campionato e Coppe, ma fatica a familiarizzare con i cognomi di
giocatori che una settimana ci sono e quella successiva vanno alla tua grande
rivale: a ranghi completi, la Cimberio Varese avrebbe ora quattro giocatori del
quintetto base diversi da quelli che hanno iniziato la stagione. Fanno fatica i
tifosi a creare complicità con porte girevoli, fanno fatica gli allenatori a
gestire le situazioni. Con la consueta precisione, sull'argomento interviene
Dan Peterson: "Prima domanda, vogliamo un campionato italiano o un
campionato che si gioca in Italia? Seconda domanda: le squadre di oggi sono più
forti, comparativamente, con quelle del periodo dei due americani e mercato
chiuso a fine luglio? No! E non dico di prendere come esempio una Milano di
metà anni Ottanta, va bene anche una Varese, Cantù, Pesaro, Bologna. In più,
ora ci sono molte più squadre NBA, per un totale di 450 giocatori sotto
contratto con loro, ovvero oltre il doppio di quelli del 1980. Dunque quelli
che vengono da noi valgono di meno, anche perché alcuni vanno anche nella NBDL
e ora c'è la concorrenza di Francia, Russia, Spagna,
Grecia, Turchia, Israele... E cambiare in continuazione fa perdere al pubblico il
concetto di continuità e la toglie anche nello spogliatoio, perché poi in campo
non riesci a trovare ad occhi chiusi un compagno di squadra che conosci a
malapena perché è arrivato da pochi giorni. Io sono il primo a dire che
molti allenatori in passato erano più bravi, ma dico anche che oggi è dieci
volte più complicato allenare squadre che cambiano continuamente, in cui non
puoi lavorare su un gruppo compatto. Mettiamoci anche gli agenti che per i
giocatori italiani chiedono cifre altissime facendo dirottare i club su un
danese che magari costa meno. Io dico che l'ideale è mercato chiuso presto,
due-tre giocatori di buon livello in ogni squadra piuttosto che sette
brocchi".
( da "Secolo XIX, Il" del 26-01-2008)
Libano Beirut, autobomba uccide investigatore BEIRUT. Un
capitano della polizia libanese, che indagava sulla strage del San Valentino
2005 costata la vita all'ex premier Rafik Hariri, è stato ucciso con
un'autobomba a Beirut; insieme a lui sono morti la sua guardia del corpo e due
ignari passanti; trentotto i feriti. L'esplosione è avvenuta a Furn al-Shebak,
nella zona est di Beirut a maggioranza cristiana. Il nuovo attentato- a dieci
giorni da quello contro un fuoristrada dell'ambasciata Usa (tre morti) -
rischia d'infiammare la già incandescente crisi libanese. Il leader sunnita
della maggioranza parlamentare antisiriana Saad Hariri ha implicitamente
accusato la vicina Siria, a cui ha imputato di utilizzare il Libano come
"teatro per i regolamenti di conti del regime siriano". Ma Damasco ha
condannato l'attentato, addossandone la responsabilità ai "nemici del
Libano" e affermando che "la Siria sarà sempre a fianco della
sicurezza e stabilità" del Paese. israele Hamas pronta
a trattare ma l'attacco continua DAMASCO. Hamas ha accettato l'invito del
presidente egiziano Hosni Mubarak per un incontro al Cairo con il presidente
del Fatah Abu Mazen al fine di risolvere la crisi fra le opposte fazioni
palestinesi. Lo ha detto il leader del movimento fondamentalista
palestinese Khaled Meshaal in esilio a Damasco. Il clima nella Striscia di Gaza
tuttavia resta tesissimo: dopo che gli egiziani avevano richiuso il varco di
Rafah, una potente ruspa condotta da un miliziano di Hamas ha attaccato e
sfondato un'altra zona del muro che delimita la linea di frontiera, spianando
ai palestinesi una nuova strada per superare il confine. I poliziotti egiziani
non sono riusciti a respingere la folla e hanno deciso di ritirarsi nella
propria base a difesa della quale, come ulteriore smacco, si sono disposti i
poliziotti di Hamas. Militanti delle Brigate Ezzedin al-Qassam hanno attaccato
la colonia ebraica di Kfar Etzion. 26/01/2008.
( da "Voce d'Italia, La" del
26-01-2008)
La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.131 del
26/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura
Sport Focus Esteri Accesa la fiamma perenne e deposta una corona d'alloro
L'Italia partecipa al Giorno della Memoria tenutosi a Gerusalemme Voluta
dall'ambasciata italiana a Gerusalemme, la commemorazione ha visto la
partecipazione di diverse organizzazioni italiane operanti nel Paese
Gerusalemme, 26 gen.- Con una grande affluenza di pubblico giunto per
l'occasione da tutta Israele, e' stato celebrato e
ricordato venerdi' 25 gennaio a Gerusalemme il Giorno della Memoria, con un
evento organizzato dall'Ambasciata d'Italia in Israele.
La cerimonia e' stata celebrata nel Mausoleo della Shoa' di Yad Vashem a
Gerusalemme; il pubblico si e' raccolto nell'Ohel Izkor (la Tenda della
Rimembranza) ove l'Ambasciatore d'Italia Sandro De Bernardin ha acceso la
fiamma perenne, ponendo poi una corona d'alloro, accompagnato dall'Addetto
Militare il Gen. Brig. Nicola Gelao e da una rappresentanza dell'Arma dei
Carabinieri. Dopo la breve, ma commovente cerimonia, il pubblico si e' raccolto
nell'Auditorium di Yad Vashem, ove vi e' stato il discorso dell'Ambasciatore De
Bernardin che ha ricordato l'impegno delle diverse istituzioni italiane
nell'organizzare tutta una serie di cerimonie in concomitanza con il Giorno
della Memoria e tra queste, la cerimonia che si e' tenuta ieri al Quirinale
alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e poi
esaminando anche i fenomeni di antisemitismo in Europa e in Italia. Discorso
molto seguito, ed applaudito lungamente dal pubblico presente. Presente tutto
lo staff dei funzionari e degli impiegati dell'Ambasciata a Tel Aviv e una
rappresentanza del Consolato Generale d'Italia a Gerusalemme con il Vice
Console il dr. Francesco Santillo e il dr. Sergio Bianchi; presenti i
rappresentanti di tutte le organizzazioni italiane operanti nel Paese, e tra
queste la Dante Alighieri, la Casa d'Italia a Giaffa, il FAIB, l'Associazione
Immigranti dall'Italia, l'Associazione ebrei italiani di Gerusalemme , del
Com.It.Es. e dell'I.C.E.
( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
IN SETTECENTOMILA HANNO PASSATO IL CONFINE DELLA
STRISCIA, CHIUSA DA ISRAELE, PER RIFORNIRSI DI BENI DI
PRIMA NECESSITÀ "L'Egitto ci ha venduto come sempre" [FIRMA]FRANCESCA
PACI INVIATA A RAFAH (Gaza) "L'accordo tra Hamas e il presidente Mubarak
per la chiusura del valico egiziano ha retto quanto il muro, è bastata una
spallata a buttarlo giù" commenta Mahmoud Shaar tornando a casa, a
Khan Younis, a bordo della sua moto nuova di zecca, una Dayun cromata pagata
mille dollari: mercoledì mattina l'avrebbe avuta per 350. Al mercato senza
frontiere di Rafah i prezzi lievitano con la tensione. Il tentativo del governo
egiziano di ripristinare il confine tra Gaza e il Sinai contando sulla
collaborazione di Hamas è stato travolto ieri da migliaia di palestinesi per
nulla disposti a farsi richiudere dentro la Striscia dopo tre giorni di
libertà. A niente sono valsi i tentativi della polizia egiziana schierata a
testuggine, sin dall'alba, a difesa dei varchi: dopo una sassaiola durata
diverse ore, una grossa ruspa guidata da un giovane con il passamontagna ha
provveduto a spazzare via i potenti idranti e la resistenza, per la verità poco
convinta, dei fratelli arabi in tenuta da guerra. Il braccio di ferro tra
l'Egitto e Hamas termina così il primo round in favore del movimento radicale
islamico che in serata accetta la proposta di Mubarak d'incontrare al Cairo il
presidente dell'Autorità Nazionale Abu Mazen per risolvere il conflitto
intestino che si trascina da giugno. Sul terreno restano sei poliziotti
egiziani feriti e tre cani antisommossa abbattuti a raffiche di mitra dai
miliziani palestinesi, un fotografo lievemente colpito alla testa da una
pietra, diversi contusi da entrambe le parti. Ma, soprattutto, resta il fiume
in piena di uomini donne, ragazzini (circa 700 mila) che comprano e vendono
mesi d'astinenza, avanti e indietro attraverso la lamiera aperta, con le
scatole di patatine Lions in equilibrio sulla testa, formiche infaticabili,
quasi sapessero che presto o tardi dovranno fare i conti con la storicamente
poco affidabile solidarietà araba. La giornata ha un avvio elettrico quanto
l'epilogo di quella precedente, con gli agenti sempre più nervosi e un'atmosfera
grave da prima del temporale. A Rafah la notizia dell'intesa raggiunta nella
notte fra l'intelligence egiziana e ufficiali della sicurezza di Hamas arriva
contemporaneamente alle prime cariche della polizia contro chi tenta di forzare
il blocco. "Ero sicuro che gli egiziani ci avrebbero venduto come hanno
fatto sempre, ma non pensavo così presto" dice Nafiz Gheisi mettendo in
salvo da una scarica di pietre il frullatore da regalare a sua moglie. A
"vendere" Gheisi in realtà sono stati gli stessi palestinesi mentre
nelle piazze del Cairo e Damasco centinaia di manifestanti protestano contro
l'embargo israeliano. Secondo l'accordo, conferma il portavoce della polizia
del movimento islamico Islam Shawhan, Hamas dovrebbe sostenere gli egiziani nel
ripristino della frontiera in cambio dell'impegno a portare al tavolo delle
trattative l'Autorità nazionale palestinese. Ma qualcosa va storto. Ramallah
non ci sta, a meno che Hamas faccia mea culpa per il golpe di giugno. La
risposta dei signori di Gaza è il via libera all'assalto dello sguarnito
presidio egiziano che battaglia un po', arretra e si arrende. I palestinesi di
Gaza City, Jabalya, Beit Hanun, le famiglie che come i Majul hanno impegnato i
regali di nozze del primogenito Khaled per lo shopping "all'estero",
tirano un sospiro di sollievo: una vittoria dei consumatori che potrebbe
trasformarsi però in una vittoria di Pirro, come sanno bene i vertici di Hamas.
La porta sul Sinai per ora resta spalancata per gli acquirenti di materassi,
sigarette, armi. Ma non è detto che Abu Mazen accetti l'invito egiziano e la
proposta di conciliazione con i ribelli di Gaza. Prima di prenotare un volo per
il Cairo il presidente palestinese deve affrontare il premier israeliano Olmert
che domattina, nel primo appuntamento ufficiale dopo la visita di George W.
Bush, gli chiederà conto dell'attacco di giovedì alla colonia ebraica di Kfar
Etzion rivendicato dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas.
Il percorso è accidentato e l'andatura incerta quanto quella di Mahmoud che
cavalca tronfio la sua Dayun fiammante senza sapere se lo porterà fino a casa.
( da "Stampa, La" del 26-01-2008)
Quot. BCE x Euro Var. % Dollaro Usa 1,4705 1 0,6800
-0.29 Yen giapponese 158,3500 100 0,6315 -1.29 Sterlina inglese 0,7425 1 1,3468
0,59 Franco Svizzero 1,6136 1 0,6197 -0.97 Corona ceca 25,912 100 3,859 0,24
Corona danese 7,452 10 1,342 0,01 Corona estone 15,647 100 6,391 0,00 Corona
islandese 95,760 100 1,044 0,90 Corona norvegese 8,024 10 1,246 0,15 Corona
slovacca 33,489 100 2,986 0,11 Corona svedese 9,460 10 1,057 0,27 Dollaro
australiano 1,665 1 0,601 0,67 Dollaro canadese 1,482 1 0,675 0,50 Dollaro Hong
Kong 11,486 1 0,087 -0.34 Dollaro neozelandese 1,901 1 0,526 0,28 Dollaro
Singapore 2,094 1 0,478 0,16 Fiorino ungherese 257,620 100 0,388 -0.04 Lat
lettone 0,698 1 1,433 0,03 Leu rumeno 4 10000 2614,379 -1.76 Lev bulgaro 1,956
1 0,511 0,00 Lira cipriota 1 Lira maltese 1 Lira turca 1,738 1 0,575 0,83 Litas
lituano 3,453 1 0,290 0,00 Rand sudafricano 10,459 1 0,096 -1.34 Won Sud
coreano 1392,420 1000 0,718 0,01 Zloty polacco 3,618 10 2,764 -0.05 Bolivar
venezuelano 3,158 1000 316,696 -0.29 Dinaro algerino 98,177 100 1,019 -0.19
Dinaro giordano 1,043 1 0,959 -0.29 Dirham Emirati Arabi 5,397 10 1,853 -0.22
Dollaro bermuda 1,470 1 0,680 -0.29 Dollaro giamaicano 104,553 100 0,956 -0.29
Gourde haitiano 55,040 100 1,817 -0.45 Lek albanese 122,163 1000 8,186 0,21
Lira egiziana 8,141 10 1,228 -0.16 Peso argentino 4,631 1 0,216 -0.15 Peso
colombiano 2882,748 10000 3,469 0,50 Peso cubano 1,470 100 68,004 -0.29 Peso
filippino 60,018 100 1,666 0,48 Peso messicano 16,003 10 0,625 -0.04 Real brasiliano 2,623 10 3,812 0,40 Rublo bielorusso 3166,722
10000 3,158 -0.30 Rublo russia 36,058 100 2,773 -0.16 Rupia pakistana 91,883
100 1,088 -0.33 Rupia indiana 57,903 100 1,727 -0.09 Scellino keniota 102,568
100 0,975 2,27 Shekel israeliano 5,430 10 1,841 -0.50.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Pagina XV - Bari Shoah, la lezione di Trani "La
nostra sfida è il dialogo" Viaggio nella sinagoga più antica d'Europa la
giornata In tutta la regione un denso calendario di appuntamenti fra mostre,
dibattiti e reading La comunità ebraica tranese: "Domani ricorderemo
l'Olocausto con un concerto" Il portavoce Francesco Lotoro: "Vogliamo
far capire cosa è successo perché la tolleranza è una pratica oggi più che mai
necessaria" GIOVANNI DI BENEDETTO Il vero "miracolo" avviene in
un dedalo di stradine strette nel cuore della città vecchia di Trani, all'ombra
della Cattedrale romanica che si affaccia sul mare. è qui la nuova culla
dell'incontro e del dialogo ecumenico, in queste viuzze dove si ritrovano
insieme gli ebrei con i cristiani, gli ortodossi con i musulmani. Un posto in
cui le differenze si superano in un abbraccio ideale che la storia attende da
secoli. "Un piccolo miracolo, è vero, o chiamatelo pure un laboratorio di
idee", dice il portavoce della comunità ebraica di Trani Francesco Lotoro,
di professione musicista, che alla vigilia della Giornata della memoria tende
una mano alle altre confessioni religiose. Perché proprio il ricordo della
Shoah, lo sterminio di oltre 6 milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti
durante la II guerra mondiale, diventi un momento di riflessione ma anche di
convivenza pacifica, "anche con chi si ostina a negare", afferma
Lotoro, "facendo più male di chi si professa antisemita". Il
ragionamento ha una sua logica, "comprendere la storia della Shoah",
a detta del portavoce della comunità ebraica di Trani, la seconda del
Mezzogiorno dopo quella di Napoli, "significa accettare l'esistenza di un
popolo e soprattutto di uno Stato, quello di Israele". La città di Trani dunque è un microcosmo, "se
succede qui", dice Lotoro, "può succedere anche altrove, noi abbiamo
voglia di fare di più, magari far comprendere agli arabi e ai musulmani la
nostra storia". Il sogno della comunità ebraica, nella Giornata della
memoria, è proprio quello di spiegare cosa è stato l'Olocausto per il
popolo ebraico, far capire cosa c'era dietro il disegno della soluzione finale
del Reich che, secondo Lotoro, avrebbe prima o poi interessato altri popoli,
magari anche quello arabo, destinati a soccombere di fronte all'idea della
supremazia della razza ariana. La conoscenza della Shoah aiuterebbe dunque a
comprendere che l'esistenza di Israele è l'unica
possibilità per gli ebrei di condurre una vita "tranquilla, anche al di
fuori di quei confini territoriali". La Giornata della memoria non è solo
un momento di commemorazione delle vittime morte nelle camere a gas, ma è
l'inizio di un nuovo dialogo. Fondamentale, secondo Lotoro, recuperare le
tracce del passato, "anche attraverso la musica, per esempio".
Proprio come Francesco Lotoro fa da anni ricercando tracce di quelle melodie
nate dietro il filo spinato dei lager, "il grande testamento che ci ha
lasciato gente che andava a morire, migliaia di opere che non possono essere
state inventate". E così il momento più importante delle celebrazioni a
Trani sarà proprio domani quando il coro dell'Università di Foggia eseguirà un
concerto incentrato sulla produzione vocale e corale dal 1933 al 1945 di
musicisti imprigionati, deportati, uccisi nei campi di concentramento di tutta
l'Europa (alle 19; info 0883.95.06.39). Avverrà all'interno della piccola sinagoga
di Scolanova, la più antica del vecchio continente, epicentro della cultura
ebraica fino alla cacciata di questo popolo da Trani. Sono passati quasi 500
anni e la sinagoga è tornata ad essere il luogo di culto degli ebrei, in forza
anche di un protocollo d'intesa con il Comune, proprietario della struttura.
Era rimasta sconsacrata per decenni, il compromesso con la chiesa e con la
Soprintendenza ha voluto che fosse coperta la figura della Madonna, ora c'è un
telo raffigurante la stella di David. Appena lo scorso anno si è celebrato il
momento più importante della vita ebraica della comunità, l'ingresso nella
sinagoga della "Sefer Torah", la più autentica testimonianza di
quella legge acquisita sul monte Sinai che ha garantito la sopravvivenza millenaria
di un popolo. Da quel giorno la città di Trani è entrata a pieno titolo nella
vita ebraica italiana, il culto si è come rafforzato, e da allora nella
Sinagoga si tengono i culti religiosi e le attività di studio della Legge. Il
rabbino è la figura più importante della comunità, colui che sorveglia
sull'osservanza delle regole, la persona che deve cercare di mediare, trovare
una soluzione alla rigidità della Torah (non imposta, ma accettata liberamente)
con quelle della vita di ogni giorno. Ci sono oltre una quarantina di gruppi
familiari che fanno capo alla comunità di Trani, osservano lo Shabbat una volta
la settimana, tutti i precetti e le tradizioni che non sono mai andate perdute.
Nonostante tutto.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Pagina XXII - Milano Domani al Parenti lettura biblica
Baharier polemico "Contro la Shoah la memoria non basta" SIMONA
SPAVENTA Le sue lezioni bibliche, due anni fa al Teatro dal Verme, avevano
richiamato una tale, sorprendente folla di spettatori da esser replicate l'anno
scorso con una seconda serie di incontri. Ora Haim Baharier, l'ormai celebre maestro
talmudico, allievo di Levinas e di Léon Askenazi, torna a spiegare la Bibbia al
pubblico. L'occasione è la Giornata della memoria, il luogo è la Sala Grande
del Teatro Franco Parenti, fresca di restauro. Per ora l'incontro sarà unico,
domenica alle 11, ma Andrée Ruth Shammah sta pensando a una nuova serie, che
non è escluso possa concretizzarsi a breve. Ma veniamo alla lezione. Il titolo,
"Cinque verbi per sollevarsi dall'Egitto, per uscire da Auschwitz",
riporta esplicitamente alla Shoah. Ma, come sempre succede con Baharier,
spirito provocatorio per definizione, per arrivare al nocciolo occorre
capovolgere ogni pensiero preconfezionato: "Sulla Giornata della memoria
sono scettico ? spiega polemico ? è una ricorrenza voluta dalle nazioni europee
per ripensare al loro silenzio assenso sulla Shoah. In
origine il popolo di Israele c'entrava poco, era la vittima e non poteva partecipare a questa
riflessione. Poi si è lasciato coinvolgere, e la memoria è diventata pretesto
per celebrare le vittime, per ricordare la crudeltà umana. Un errore di
valutazione, fuori tema e pericoloso: la memoria come informazione non serve,
non impedisce nuovi genocidi. Anzi il genocidio primario, quello degli
ebrei, ha fatto scuola". Allora qual è la giusta via? "è chiaro che non
posso prescindere da Auschwitz, ce l'ho sempre sotto gli occhi. Mio padre ci ha
passato quattro anni. Il problema però non è ricordare le stragi, ma trovare il
modo di uscirne, trovare la strada per uscire da Auschwitz. Per farlo io leggo
la Bibbia. Senza pensarla come Antico Testamento, ma come indicazione di
percorso. Domenica spiegherò l'Esodo, il primo genocidio degli ebrei: l'uscita
dall'Egitto. Analizzerò i cinque verbi usati da Mosè, le cinque promesse di
Eloim per portare il popolo d'Israele fuori
dall'Egitto. Verbi che ci possono aiutare, oggi, a uscire dalla logica dello
sterminio". Teatro Franco Parenti, Sala Grande, via Pier Lombardo 14,
domani, ore 11, ingresso libero, prenotazioni 02599944700.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Pagina XX - Napoli Una raccolta di saggi edita da
Liguori alla vigilia del 27 gennaio Shylock l'ebreo errante fuori dal ghetto
narrativo Il volume curato dai docenti Stefano Manferlotti e Marisa Squillante
APOLLONIA STRIANO L'emblema naturalmente è Shylock, il mercante di Venezia che
impegnò Shakespeare nel difficile equilibrismo di creare un personaggio ai suoi
tempi tutt'altro che universalmente accettato. Ci riuscì lui, e così anche
molti altri autori della letteratura che si è misurata con il tema.
"Ebraismo e letteratura" è un insieme di intensi saggi di professori
e di giovani ricercatori (Bruno Bureau, Arianna Sacerdoti, Marisa Squillante,
Romilda Ucciero, Stefano Manferlotti, Angela Leonardi, Massimo Paravizzini,
Annalisa Carbone, Virginia di Martino) quasi tutti dell'Università
"Federico II", sul rapporto complesso, che nel corso dei secoli la
letteratura occidentale ha stabilito con l'ebraismo. Nato da un progetto di
Stefano Manferlotti e di Marisa Squillante, che hanno curato il volume, per
partecipare con una testimonianza diversa alle celebrazioni della
"Giornata della Memoria", "Ebraismo e letteratura" va oltre
l'intento commemorativo. Secondo il rettore dell'università Guido Trombetti,
infatti, su questo saggio s'addensa il valore di una profonda riflessione sulla
coscienza della nostra civiltà, per verificare, attraverso il filtro delle
opere letterarie, l'atteggiamento perpetrato verso la cultura ebraica. Non è
casuale che, nella nota introduttiva, i curatori leghino le motivazioni sottese
al libro alle parole di Imre Kertész, ebreo ungherese e premio Nobel 2002 per
la letteratura, che, osservando gli esiti disumani delle procedure totalitarie
della storia, ha saputo indicare nella Conoscenza "l'unico rifugio
dignitoso". In questa prospettiva sono stati raccolti gli studi che
recuperano alcune delle esperienze più significative in cui si è svolto il
confronto con l'ebraismo a partire dalle pagine degli autori dell'età dei
Flavii sino a quelle della tarda latinità, ma anche attraverso le parole di
James Joyce, di Saul Bellow, di Giorgio Bassani, di Primo Levi. L'intervento di
Bruno Bureau dell'Università di Lione ha ricostruito il percorso compiuto da
Ambrogio da Milano, che, per dare prova della completezza della cultura
cristiana, elaborò il proprio "De Officiis", contrapposto a quello di
Cicerone, acquisendo gli elementi della Bibbia e della
storia del popolo di Israele come dati di un'unica tradizione, confluente in quella
cristiana. Marisa Squillante si è soffermata sulle dinamiche mutevoli del
rapporto tra i romani e gli ebrei. Tolleranti verso le altre fedi, a lungo i
romani non si opposero alla religione ebraica; piuttosto maturarono
ostilità per un popolo che difendeva strenuamente la propria identità. Nel V
secolo, tuttavia, nella produzione letteraria romana iniziarono a ricorrere
frequenti stilemi negativi sugli ebrei, forse conseguenza della forte
sedimentazione del cristianesimo. In "Cristianesimo ed Ebraismo
nell'Ulisse di Joyce", Stefano Manferlotti, ingaggiando un serrato
confronto tra le figure dell'ebreo, libero pensatore, Bloom e del cristiano
"apostata" Stephen, diverse ma complementari, impegnate nel definire
la propria distanza, analizza il dualismo in cui Joyce, con gli strumenti
dell'ironia, seziona il difficile tema religioso. Massimo Paravizzini ha
soprattutto approfondito quel legame indissolubile che unisce l'ebraismo e
l'umanesimo, intorno al quale è stato sviluppato il romanzo di Bellow "Mr.
Sammler's Planet", fino ad una conclusione conciliatrice, per
l'inclinazione a credere nella "potenza mistica dell'umanità".
"Ebraismo e letteratura" sarà presentato lunedì (alle 9 nell'aula
Pessina in corso Umberto I) da Bruno Bureau, Antonio Saccone e Guido Trombetti;
parteciperanno anche Don Gaetano Castello, Vicario generale per
L'Evangelizzazione e la Catechesi e Pierpaolo Punturello, capo spirituale della
Comunità Ebraica di Napoli.
( da "Repubblica, La" del
26-01-2008)
Spettacoli Il regista Najdat Anzour rivela: "Primo
ciak alle Tremiti tra un mese" Film di Gheddafi sui deportati libici
"Ingiustizia" nasce da un soggetto del Colonnello, si basa su fatti
veri Non è propaganda, non vogliamo offendere gli italiani
LEANDRO PALESTINI ROMA Il siriano Najdat Anzour è un regista in bilico tra soap
opera e temi scottanti. Campione d'ascolti con le sue popolari musalsalat (le
soap delle tv arabe), minacciato di morte nel 2005 dagli jhadisti per la
fiction Il tetto del mondo (sugli attentati islamici in Arabia Saudita), questa
volta sta realizzando un film che creerà polemiche in Italia:
Dhulm-Ingiustizia, nato da un soggetto del colonnello Muammar Gheddafi,
racconta la storia poco conosciuta dei deportati libici in Italia. "Il
primo ciak sarà il mese prossimo alle isole Tremiti: è lì che venivano raccolti
i deportati libici in Italia. Il film racconta fatti realmente accaduti, eventi
storici che vanno dal 1911 al 1943", spiega Anzour, precisando che
"il punto di partenza è un testo originale scritto da Gheddafi: mi ha chiamato
lui per realizzare il film, l'ho incontrato diverse volte in Libia e ho
lavorato per 18 mesi allo script con un team di storici, compreso l'italiano
Angelo Del Boca, la storia si basa su fatti veri". Il film prende il via
nel 1911 con l'invasione italiana nei territori della Tripolitania e della
Cirenaica e va avanti fino al ritiro degli italiani nel 1943. Con migliaia di
persone deportate. Ma Gheddafi che vuole un film sui deportati libici non è
sospetto? "Ingiustizia è un film lontano dalla propaganda. La
sceneggiatura è dal punto di vista occidentale, forse non sarà amato da molti
arabi. Senza battaglie o sentimentalismi, si vuole ricordare la storia alle
giovani generazioni. Gheddafi ha dato consigli, ha detto che preferiva il
doppiaggio ai sottotitoli, perché il film è stato pensato per il pubblico
internazionale. Ma non ha intenzione di offendere gli italiani proprio ora che
c'è una apertura tra le due sponde del Mediterraneo: Italia e la Libia sono
paesi amici". Najdat Anzour è tra i registi che, oggi e domani,
interverranno alla rassegna "L'Occidente visto dai media arabi"
(Palladium Università Roma Tre, con il sostegno di RomaEuropa), in cui verranno
proposte trasmissioni tv mai viste in Italia e che hanno scatenato polemiche
nel mondo arabo. "Ci muoviamo spesso in campi minati, cercando un
equilibrio tra temi proibiti e argomenti d'attualità", dice Anzour.
"In Occidente pensate che le nostre tv sono arretrate. Ma i canali
trasmettono fiction come Lost, Prison Break o CSI, c'è un cartoon South Park
all'araba, le nostre musalsalat si sono evolute. Non posso far vedere baci osé
o storie gay, ma parlo del terrorismo della jihad: anche se in Arabia Saudita
la Mbc mi ha boicottato. Vanno forte i reality show (La sposa perfetta), ma nel
Bahrein il Grande Fratello è stato bocciato: uomini e donne nella stessa casa
non vanno bene". L'Auditel? "Ce l'abbiamo. Gli indici di ascolto
delle soap si impennano nel Ramadam, in quel mese ci vedono a milioni, lì si
concentrano le inserzioni pubblicitarie".
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Calibro 9 LE IENE, CENSURA PRO MASTELLA Alessandro
Sortino, giornalista nella redazione delle Iene, si è dimesso dalla
trasmissione in onda su Italia 1, denunciando la censura di Mediaset del suo
servizio incentrato su un incontro-scontro con il figlio di Mastella e lo
stesso Sortino. Ma il contenuto del servizio è già in rete: "Non ci sono
più le condizioni per fare le Iene - spiega l'inviato - cioè la libertà e la
leggerezza". MEDIA ARABI A ROMA Parte al Palladium la rassegna (oggi e
domani) che racconta come il mondo televisivo arabo "vede"
l'occidente. A cura di Donatella Della Ratta, prevede incontri, dibattiti e
proiezioni di film, fiction e tv movie. In apertura oggi (17-19) un dibattito a
cui prendono parte fra gli altri N. Anzour, regista (Siria), F. Al Kasim,
giornalista Al Jazeera (Siria), H. Al Maliki, sceneggiatore (Iraq), A. Al Otibi,
autore tv (Arabia Saudita). BACCHELLI PER TRINCALE Franco Trincale, 73 anni,
cantastorie siciliano (la sua chitarra venne costruita negli anni '60 dal
liutaio milanese Antonio Monzino e gli fu donata nel 1968 dagli operai
dell'Alfa Romeo) costretto per malanni fisici a interrompere la sua
professione, ha ottenuto dal Consiglio dei ministri la concessione dell'assegno
vitalizio previsto dalla legge n.440 del 1985. Nato a Militello (Catania),
arrivò a Milano nel 1957 e nei filobus, le piazze cantò i pupi siciliani ma
anche i costumi dei lavoratori, emigranti e i il malcostume della classe
politica. VERSO I CESAR "La vie en rose" di Olivier Dahan e "Un
Secret" di Claude Millerm, con 11 nomination ciascuna, dominano la lista
dei candidati ai César 2008, che saranno consegnati il 22 febbraio prossimo.
Nella lista delle candidature: "Lo scafandro e la farfalla" di Julian
Schnabel (7), "Persepolis" del duo Marjane Satrapi - Vincent
Paronnaud (6) e "Cous cous" di Abdellatif Kechiche (5). Tutti in
lizza come miglior film francese dell'anno. Marion Cotillard, già trionfatrice
ai Golden Globe e candidata all'Oscar, si disputerà il titolo di migliore
attrice con Cécile de France ("Un Secret"), Isabelle Carré
("Anna M."), Marina Foïs ("Darling") e Catherine Frot
("Odette Toutlemonde"). Tra gli attori anche Mathieu Amalric
("Lo scafandro e la farfalla"), Jean-Pierre Darroussin ("ll mio
amico giardiniere"). Nella cinquina dei miglior film stranieri troviamo
David Cronenberg con "La promessa dell'assassino". ARRIVA IL FILM "MADRI" Verrà proiettato oggi a Pesaro
(ore 16) presso il Circolo Arci Villa Fastiggi, il film "Madri" di
Barbara Cupisti, un documentario girato in Israele e Palestina. Alle 17,30, dibattito su "Diritti e resistenze" con
Gianni Tognoni della Fondazione Basso.
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
In "Primavera di fuoco", appena uscito per
Giunti, la scrittrice palestinese descrive due fratelli che si ritrovano su
fronti opposti sullo sfondo della seconda intifada Monica Ruocco La centralità
delle donne palestinesi nella formazione dell'identità nazionale, e il loro
prezioso ruolo di custodi della memoria storica di un popolo sono gli elementi
alla base del romanzo Primavera di fuoco della scrittrice Sahar Khalifah, che
esce in questi giorni per Giunti nella coinvolgente traduzione di Leila Mattar
(pp. 333, euro 14,50) Alla fine del libro la scrittrice dichiara la propria
riconoscenza alle donne di un quartiere della vecchia Nablus - città che fa da
sfondo alle vicende narrate - che "hanno spalancato le loro memorie come
finestre" regalandole racconti "colmi di particolari e di sentimenti
profondi". Ma da parte sua Sahar Khalifah, le donne palestinesi le conosce
molto bene. È stata infatti proprio lei a fondare nel 1989, dopo avere
conseguito negli Stati Uniti un dottorato in Women's Studies, il primo centro
di ricerche sulla condizione femminile nei Territori Occupati. Alla sede di
Nablus (la città dove la scrittrice è nata nel 1941) se ne sono poi aggiunte
altre due, a Gaza (nel '91) e ad Amman (nel '94). La sua carriera letteraria
era invece iniziata subito dopo il 1967, con la pubblicazione di un romanzo, Non
saremo più le vostre schiave (Lan na'ud giawari lakum, 1972), considerato il
primo testo palestinese ad affrontare apertamente temi legati alla questione
femminile. Un impegno sociale e politico che, di pari passo con quello
letterario, ha portato Khalifah - insignita nel 2006 del premio Mahfuz per la
narrativa al Cairo - a diventare l'autore palestinese più tradotto dopo Mahmud
Darwish. Ideale seguito di Terra di fichi d'India (Jouvence 1996) e La porta
della piazza (Jouvence 1994), Primavera di fuoco è ambientato nel 2002 nel
pieno della seconda intifada quando i Territori Occupati erano sconvolti dagli
attacchi israeliani a Nablus, dall'assedio alla Muqata, residenza di Arafat e
sede dell'Autorità palestinese a Ramallah, e dalla costruzione del Muro. Sahar
Khalifah racconta le vicende di una famiglia che vive nel campo profughi di
'Ein al-Murgian e, anche qui, seguendo una abituale strategia narrativa della
scrittrice, i protagonisti del romanzo si ritrovano su fronti opposti. Se in
Terra di Fichi d'India i due cugini rappresentavano il conflitto tra i
palestinesi della diaspora e quelli costretti a convivere con gli occupanti, e
nella Porta della piazza Sahar Khalifah riproduceva il dualismo tra uomini e
donne durante la prima intifada, Primavera di fuoco ruota intorno al rapporto
di due fratelli che rappresentano la nuova realtà sociale della Palestina: entrambi vorrebbero trovare riscatto
dall'occupazione nell'arte, Magid nella musica e Ahmad nella pittura e nella
fotografia, ma si ritrovano coinvolti, forse loro malgrado, nella resistenza.
Magid, che sognava di diventare una star al pari dei cantanti egiziani, viene
ferito in uno scontro a fuoco e troverà rifugio nella residenza di Arafat
durante l'assedio mentre Ahmad, in seguito a varie disavventure, conoscerà il
carcere e dovrà affrontare l'occupante. Sahar Khalifah non ritrae però in in
modo schematico né i protagonisti (intensi in particolare gli incontri tra
Ahmad e Mira, una giovane israeliana figlia di coloni), né gli altri
personaggi, resi sempre con realismo e partecipazione. L'attenzione della
scrittrice alle sfumature e ai dettagli riesce a dare vita a uno scenario
complesso. Complesso come il territorio palestinese che, dal punto di vista
geografico, pare "una camicia fatta a brandelli: il colletto qui e la
manica laggiù", oppure come il suo popolo che comprende "un contadino
di Tubas, un beduino di Khan Yunis, un intellettuale di Ramallah, uno che dice
una parola in arabo e una in inglese, e poi ragazze che giocano in pantaloncini
corti e spose avvolte in tuniche e veli". Dal lato
israeliano il miscuglio appare altrettanto ricco: "un colono canadese,
altri che arrivano da Parigi, Roma, Londra, e poi dalla Bulgaria e dalla
Romania, neri che vengono dall'Abissinia e dall'Etiopia". Su tutti irrompe
la storia: da una parte gli israeliani che occupano, o meglio rioccupano i
Territori palestinesi e, dall'altra parte, l'establishment corrotto
dell'Autorità e i vari gruppi più o meno armati che si contendono il potere e
costringono i palestinesi a combattere una doppia occupazione, esterna e
interna. Le vite di Magid e Ahmad si incrociano con quelle delle donne, inermi
di fronte a quelle ruspe che, come bestie mitologiche, sprofondano nelle
viscere della terra sradicando gli ulivi e divorando ogni cosa. Alle ruspe si
oppongono anche i pacifisti israeliani e stranieri, ed è chiaro l'omaggio a
Rachel Corrie, la pacifista americana uccisa da un bulldozer israeliano. Fin
dai suoi primi romanzi, Sahar Khalifah persegue fermamente lo scopo di
registrare con scrupolo e sincerità i diversi periodi della storia palestinese.
In Primavera di fuoco questa cronaca assume una connotazione estremamente
realistica grazie al carattere colloquiale della parola scritta e alla
misteriosa voce narrante che, forse, appartiene a uno dei personaggi della
scrittrice o alle donne della vecchia Nablus. E la saga continua: al-Mirath,
"L'eredità", il romanzo che Sahar Khalifah ha scritto dopo gli
accordi di Oslo, è in preparazione presso la casa editrice Ilisso di Nuoro.
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Notizie Zimbabwe Profumo e gas Profumo e gas Arrestato a
Mosca boss ucraino ricercato dal Fbi In una clamorosa operazione anti-evasione
fiscale la polizia russa ha arrestato tra gli altri tal Semyon Mogilevic, da 15
anni ricercato negli Usa per vari reati. L'uomo, con molti passaporti (ucraino,
israeliano, russo, ecc.) è - pare - coproprietario di una
famosissima catena di profumerie russe; ma è anche proprietario di una società
cui il governo ucraino aveva nel 2006 affidato la lucrosa gestione del gas
importato da Mosca. Nessuna reazione a Kiev, che proprio ieri ha ricevuto l'ok
per l'adesione al Wto, con i complimenti per la trasparenza della
propria economia... Afghanistan Afghanistan Attentato contro la coalizione,
morti 4 soldati afghani Quattro combattenti afghani della coalizione guidata
dagli Usa sono rimasti uccisi per l'esplosione di una bomba nell'Afghanistan
sudorientale che ha distrutto il veicolo sul quale viaggiavano. L'attentato è
avvenuto su una strada della provincia di Khost, non lontano dal confine
pachistano. Secondo fonti ufficiali gli autori sarebbero
"terroristi", termine usato dai responsabili afghani per indicare la
guerriglia taleban e di Al Qaeda. Kenya L'Ue spinge per una soluzione e
minaccia sospensione aiuti L'assenza di una soluzione politica "duratura e
basata sul consenso" in Kenya avrebbe un impatto sull'impegno dei donatori
e sulle relazioni con l'Ue. È quanto afferma la bozza di conclusioni in vista
della riunione dei ministri degli esteri Ue, a proposito della crisi in Kenya,
che l'Ue segue da vicino e con "grande preoccupazione" per
"l'incertezza, l'instabilità e la grave crisi generata dalle recenti
elezioni presidenziali". I capi delle diplomazie europei decideranno il
corso delle iniziative europee a seconda dell'evolversi della situazione nel
paese africano e anche dell'impegno dei dirigenti politici kenyani per una
soluzione politica "duratura". La scorsa settimana anche il
Parlamento europeo ha chiesto uno stop ad ulteriori fondi Ue al governo del
Kenya di Mwai Kibaki "fino a quando non si sarà trovata una soluzione
politica dell'attuale crisi". Zimbabwe Fissata la data delle elezioni Si terranno
a fine marzo Si terranno il prossimo 29 marzo, come aveva anticipato il
presidente Robert Mugabe, le elezioni presidenziali e legislative: lo hanno
riferito fonti ufficiali di Harare riportate dalla stampa internazionale.
Secondo le stesse fonti l'attuale Parlamento sarà sciolto alla vigilia del voto
che vedrà concorrere Mugabe, 83 anni, per il suo sesto mandato dal 1980, anno
in cui l'allora Rhodesia ha raggiunto la piena indipendenza e Mugabe è salito
al potere. Alle elezioni dovrebbe partecipare anche il Movimento per il
cambiamento democratico (Mdc), principale partito di opposizione.
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
I no war non credono alla "svolta". Corteo l'1
marzo a Roma "In piazza senza il Prc" Stefano Milani Roma Troppo
tardi, bisognava pensarci prima. I movimenti no war non ci cascano, puntano i
piedi e sbattono la porta in faccia a chi, fino a ieri, era in parlamento a
recitare il signorsì a Prodi sul rifinanziamento delle missioni militari
all'estero mentre ora, che il premier è caduto, si affannano a rinnegare quelle
"scomode" posizioni. Sul banco degli imputati la sinistra arcobaleno
tutta. Nessuno escluso. Nemmeno Rifondazione comunista che proprio ieri ha
rotto gli indugi e col suo capogruppo al senato, Giovanni Russo Spena, ha
dichiarato il proprio "no" al rifinanziamento delle missioni previsto
entro il mese di marzo. Fuori tempo massimo. E anche questo dietrofront
dell'ultim'ora sa tanto di "opportunismo" per chi contro il
rifinanziamento lo è stato, "sempre e comunque". E per ribadirlo
ancora una volta sta organizzando (probabilmente per il prossimo 1 marzo a
Roma) una grande manifestazione nazionale contro "tutte" le guerre.
L'invito a partecipare sarà rivolto alla società civile e a tutte quelle
associazioni che da anni si battono per il cessate il fuoco incondizionato. E
solo a loro. Nessuna forza politica (ormai ex) governista sarà infatti ben
accetta al corteo. "E ci mancherebbe altro", chiarisce Piero
Bernocchi. "Per noi nulla è cambiato. La differenza tra noi e loro
continua ad essere sostanziale", sottolinea il portavoce dei Cobas che poi
spiega: "Noi siamo contro tutte le guerre. Loro fanno ancora dei
distinguo". E se infatti sul "no" all'Afghanistan tutti
concordano, basta nominare il Libano o il Kosovo perché tutti i nodi ritornino
al pettine. "Non si può mercanteggiare la politica estera - conclude
Bernocchi - a seconda degli interessi politici del momento. Lo trovo di un
cinismo aberrante. E per quanto mi riguarda la sinistra arcobaleno continua a
volere la guerra, anche ora che non è più al governo". Ma il primo marzo è
ancora lontano, meglio allora pensare al presente. Alla giornata di oggi che
per il popolo no war sarà fitta di mobilitazioni, in occasione della Giornata
d'Azione globale in cui new global, movimenti e sindacati celebrano il Social
Forum Mondiale
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
I palestinesi aprono altri due varchi nel muro che li
divide dall'Egitto. Mubarak: Abu Mazen e Haniyeh dialogate. Da Bush risoluzione
Onu che condanna i Qassam Michele Giorgio Gerusalemme Dopo aver assaporato la
libertà spostandosi liberamente per tutto il Sinai, i palestinesi di Gaza non
accettano di essere chiusi di nuovo nella prigione in cui è stata trasformata
la loro terra. E Hamas ripete che non darà la sua approvazione alla chiusura
della frontiera da parte dell'Egitto, senza aver prima ottenuto la garanzia
della riapertura in tempi brevi di tutti valichi tra Gaza e l'esterno. In un
clima di caos e di forte tensione, ieri migliaia di abitanti di Rafah e di
altre città hanno cercato di opporsi alle centinaia di agenti dei reparti
antisommossa egiziani schierati lungo il confine per impedire nuovi ingressi in
territorio egiziano e permettere il passaggio solo ai palestinesi che rientrano
a Gaza. La festa è finita, dicono gli egiziani, sottoposti in questi ultimi due giorni alle pressioni fortissime di Israele che ha anche ipotizzato una Gaza da "regalare"
all'Egitto dopo che il presidente Mubarak si era mostrato generoso nel lasciare
passare i palestinesi. Israele intanto si prepara a conseguire, proprio sulla crisi di Gaza,
una vittoria devastante al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, grazie
all'intervento degli Stati Uniti. La bozza di risoluzione che circolava
ieri al Palazzo di Vetro condanna il lancio dei razzi artigianali verso lo
Stato ebraico mentre non impone a Israele la fine del
blocco totale di Gaza, ma solo di revocare alcune misure restrittive. Se questa
bozza diventerà risoluzione, Ehud Olmert e i suoi ministri avranno più di un
motivo per brindare. Ci sono state sassaiole ieri a Rafah, anche qualche colpo
d'arma da fuoco (un poliziotto è rimasto ferito in modo grave) e le forze
egiziane sono ricorse agli idranti per respingere la folla contro la quale, ad
un certo punto, sono intervenute anche le forze di sicurezza di Hamas. Nel giro
di un paio d'ore sono state aperte una seconda e una terza breccia nella
barriera che per
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
Attacco all'intelligence nel Paese sempre più diviso Ma
la sporca guerra è appena cominciata Alfredo Moriani Beirut L'attentato di
Beirut di ieri è l'ennesimo episodio della "sporca guerra" che si
combatte in Libano dall'autunno 2004 tra alleati del fronte
israelo-americano e quelli del fronte siro-iraniano. Non si attendano
rivendicazioni da oscure sigle fondamentaliste sunnite sedicenti affiliate ad
al-Qaida, né si limiti lo sguardo allo scontro politico in atto nel paese dei
Cedri. L'omicidio del capitano di polizia Wissam Eid è da inserire nella lunga
lista di sangue avviata nell'ottobre 2004 con il tentato omicidio del
druso Marwan Hamade, esponente politico di spicco della coalizione anti-siriana
delle "Forze del 14 marzo" e, dal giugno 2005, ministro nel governo
ancora in carica guidato dal premier sunnita Fuad Siniora. Da quell'ottobre
2004, più di trenta attentati hanno sconvolto il Libano: di questi, 13 sono
stati omicidi mirati contro politici, giornalisti, appartenenti alle forze
armate, per lo più vicini alla maggioranza parlamentare ostile all'influenza
siriana nel paese dei Cedri. Prima di Eid, l'ultima vittima eccellente era
stato, il 12 dicembre scorso alla periferia orientale della capitale, il
generale dell'esercito François al-Hajj, capo delle operazioni militari e
papabile successore alla guida delle forze armate in caso che il suo superiore,
il generale Michel Suleiman, fosse stato eletto presidente della Repubblica.
Proprio attorno alla questione della più alta carica dello Stato si sono
addensate negli ultimi mesi le più fosche nubi di guerra tra i due
schieramenti: il 24 novembre scorso è scaduto infatti il mandato del presidente
Emile Lahud, noto per esser vicino alla Siria e la cui permanenza ai vertici
istituzionali era stata prorogata per altri tre anni nell'autunno 2004, un mese
prima del fallito attentato a Hamade. Damasco, allora ancora presente in Libano
con 15.000 soldati, riuscì a imporre la proroga del mandato a Lahud, dando di
fatto fuoco alle polveri. La Francia da un lato e gli Stati Uniti dall'altro,
da tempo cercavano infatti di metter fine al tradizionale protettorato siriano
sul Libano: Parigi per gli storici interessi che detiene nel suo ex
protettorato, Washington in funzione tutta anti-irianiana. Soffiando sul fuoco
delle proteste popolari seguite, nella primavera 2005, all'uccisione - nel
febbraio dello stesso anno - dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, Francia e
Stati Uniti sono riuscite a costringere la Siria a ritirare le sue divise dal
Libano e a smantellare, almeno formalmente, il suo apparato di sicurezza a
Beirut. Nel corso di questi due anni e mezzo, tutti quelli che allora gridarono
alla "fine della presenza siriana in Libano", si sono dovuti però
ricredere e oggi assistono alla rimonta dell'influenza politica siriana che è
iscritta nel passato ma anche nel futuro del Libano. L'attuale stallo politico
(la poltrona presidenziale è vacante dal 24 novembre) e le tensioni che ne
derivano sono il frutto di questo confronto: la maggioranza parlamentare
anti-siriana, sostenuta da Usa, Unione Europea e paesi arabi del Golfo, ha per
mesi premuto per l'elezione "senza condizioni" del presidente della
Repubblica, mentre l'opposizione, espressione del fronte siro-iraniano e in
patria guidata dal movimento sciita Hezbollah e dall'ex generale cristiano
Michel Aoun, chiede che oltre al capo dello Stato il "consenso" si
raggiunga anche sulla formazione del prossimo governo "di unità
nazionale" e sulla spartizione delle cariche amministrative e di sicurezza
dello Stato. A dicembre scorso, sembrava che le due parti avessero trovato un
accordo sull'elezione di Michel Suleiman alla presidenza, ma pochi giorni dopo
l'abbassamento dei toni di Washington riguardo alle presunte minacce nucleari
iraniane (pubblicazione del rapporto delle agenzie d'intelligence Usa sul piano
nucleare di Tehran), l'opposizione libanese ha di fatto bloccato ogni intesa,
inserendo nell'agenda del "consenso" anche la formazione del nuovo
esecutivo. Né va dimenticato che il capitano delle Forze di sicurezza interna
ucciso ieri a Beirut, oltre a esser un ufficiale-chiave nelle indagini degli
attentati che hanno insanguinato il paese negli ultimi tre anni, era anche un
uomo-simbolo delle Fsi, braccio di sicurezza della maggioranza parlamentare,
opposto all'altro servizio di sicurezza guidato invece da un generale in quota
Hezbollah. La "sporca guerra" libanese non è certo finita.
( da "Riformista, Il" del
26-01-2008)
Giornata della memoria 1 un esempio di come sia
politicamente attuale e necessaria In volo con un negazionista, tra hostess e
kosher semifreddi Fallita la rivoluzione nera, vende frigoriferi in giro per il
mondo Da Dubai a Roma incontro un imprenditore attento osservatore della
politica. Tra conversazioni amene e altre più impegnate, si scoprono le carte.
Lui ha un passato estremista e un culto per Irving. Un pasto ebraico, invece,
gli rivela la mia identità Ci unisce, prima di tutto, la corsa ad accaparrarci
i posti in prima fila. Con la prospettiva di cinque ore di volo da Dubai a
Roma, poter allungare le gambe è fondamentale. Io me ne sono già sorbite 11 tra
l'Australia e Dubai, e sono piuttosto provato. Ma anche lui, appena si siede,
mi racconta di non poterne più: "Questa compagnia..." esordisce un
po' sudato per gli spostamenti con le borse a tracolla, con un tono da signora
mia... "peggiora di anno in anno. C'ho volato dappertutto, ma questa volta
è troppo". Non gli faccio domande, ma lui risponde comunque, è un fiume in
piena. Sostanzialmente si è persa la sua valigia all'arrivo in Arabia Saudita,
e i tecnici della compagnia non si sono mai presentati puntuali agli
appuntamenti concordati per restituire il bagaglio. Solo che il mio vicino,
quando viaggia per lavoro, si sposta velocemente da un posto all'altro per
concentrare molti appuntamenti in pochi giorni. "Il maggior numero di
contratti" è la sua dizione esatta. Mi spiega di essere un imprenditore
campano (dettaglio già tradito da un accento inconfondibile), responsabile
export per una ditta del nord che fornisce frigoriferi agli alberghi di mezzo
mondo. Hotel che scova personalmente e dove poi si reca in lunghe trasferte
divise per continenti. "In Medioriente vado dopo il Ramadam, che è il
periodo migliore" sentenzia: in effetti in anni di contatti con i paesi
dell'area ha messo a punto una conoscenza approfondita di usi, persone e,
ovviamente, tecniche commerciali. Ha visitato ogni paese arabo, spesso Israele, e sa descrivere in maniera colorita pregi e difetti
di ciascuno. Siccome si accenna alla Campania, e visto che dopo giorni ho
conquistato un giornale italiano, partono un paio di battute sulla politica
nostrana. Mastella, De Mita, la situazione del Mezzogiorno. Mi stupiscono le
sue considerazioni ed alcuni episodi che racconta, perché mi sembrano da
addetto ai lavori. O, almeno, da osservatore assai interessato.
"L'approccio dei vecchi democristiani, da noi, è straordinario, altro che
i nuovi arrivati. I dirigenti locali Dc avevano una lista dei compleanni, e ti
chiamavano tutti gli anni, senza mancarne uno". Ce l'ha soprattutto con il
centrodestra locale, con An, ma non riesco ad inquadrarlo politicamente. Provo
ad immaginarmelo a sinistra, ma qualcosa non mi torna. "Una volta l'ho
pure votata An, ma proprio perché non c'era alternativa" argomenta, mentre
dice peste e corna di tutti i principali leader del partito di Fini. Mi viene
un sospetto, che prende corpo nel nome di Alessandra Mussolini. È il tasto
giusto: mi lascia intendere di appartenere alla galassia dell'estrema destra, e
dopo un paio di mie incursioni interlocutorie mi spiega di essere un attivista
storico di Forza Nuova, ex Nar. Io sono ancora rigorosamente in incognito, ma
la situazione mi pare singolare. A diecimila metri dal suolo e senza le
consuete interruzioni del telefono, mi trovo fianco a fianco con un vero
fascista. Uno col quale, nella vita reale, non avrei accettato di confrontarmi:
mesi fa mi cercarono da un canale satellitare della Rai per partecipare ad una
puntata con un esponente di estrema destra. Io rifiutai pacatamente dicendo che
non ritenevo ci fossero, tra noi, le premesse comuni necessarie per intrecciare
un dialogo. "Non ho mai avuto alcun problema con la giustizia, ed anche
nei Nar non ho mai partecipato a fatti di sangue" si premura di
rassicurarmi, mentre impallidisco al nome della formazione estremistica anni
Settanta. L'aspetto più incredibile è che mi devo sforzare per ricordare chi ho
di fronte e non far prevalere l'impressione positiva suscitata da un uomo
decisamente simpatico. L'immagine del militante di estrema destra che
spadroneggia allo stadio, escluso dall'arena politica che conta, è assai
distante da questo imprenditore meridionale stropicciato dai troppi voli, abile
nel suo campo ("siamo diventati la terza azienda in Europa"), che ha
anticipato il ritorno a casa per la nascita di un figlio. Continuiamo sulla
politica: mi dice di non avere tempo da perdere in prima persona, che nessuno
dovrebbe campare di politica, ma si coglie che invece è un vero appassionato.
Nella sua regione mi racconta di aver fatto eleggere alcuni consiglieri
comunali e persino un sindaco. Non ho ancora detto nulla, ma si è fatto l'idea
che io sia di sinistra. Non confermo ma gli chiedo se non prova disagio, non
essendo un "disperato estremista", a non aver neanche diritto di
tribuna nella politica vera. "Guarda che con noi nessuno parla perché
abbiamo l'1%. Siamo in Italia, con l'otto per cento anche D'Alema verrebbe in
tv a confrontarsi". Penso all'esempio tedesco, con tutti i partiti che
hanno rifiutato alleanze con le estreme, e alla differenza con la politica
italiana. "E poi" annuncia fieramente "Berlusconi sa bene che
nel '96 e anche dieci anni dopo ha perso per la mancata alleanza con noi.
24mila voti servivano, e noi ne abbiamo presi molti di più. Colpa di Fini. Per
questo adesso Silvio appoggia l'operazione di Storace". Il nemico numero
uno, comunque, è Fini, per ideologia ma anche per stile. Lui alla convention
della Destra ci è andato, un po' per curiosità e un po' per passione. Mi apro
il minimo indispensabile. Racconto che i miei nonni erano ebrei, del Partito
d'Azione e anche di alcune mie idee politiche. Lui è sorpreso ma rimane
impassibile. Butto là il tema del conflitto israelo-palestinese. Mi spiazza con
la sua posizione: niente a che vedere con l'estremismo filo-palestinese
tradizionalmente della destra fascista: "Ritengo che si debbano formare i
due Stati, ognuno sovrano ed indipendente. Quello che gli israeliani hanno
fatto in pochi decenni è un miracolo della storia. Però bisogna pure occuparsi
di quello che i palestinesi hanno subìto. I profughi non
possono ritornare in Israele, ma devono essere loro concesse delle compensazioni. Ma se ne
deve fare carico la Comunità internazionale, perché Israele è uno
stato troppo piccolo per accollarsi costi simili!". La conoscenza è una
tappa fondamentale nella comprensione reciproca: il fatto di essere stato più
volte in Israele, e di esservisi trovato bene, ha chiaramente mitigato di
molto le sue posizioni. "Che non sono" ammette quasi dispiaciuto
"quelle dell'organizzazione". La svolta arriva con il mio pranzo
kosher, congelato e riscaldato al microonde come nella migliore tradizione. Un
attimo di silenzio, che si stempera con un diversivo: mi spiega come ci si
conosce tra uomini d'affari ed hostess nei paesi mediorientali. Come ci si
scambia il numero fugacemente, per poi incontrarsi, due solitudini a contatto,
una sera in qualche ristorante dal menù internazionale. È molto preparato su
questo tema, anche se lui è fedele. "Ma sono tanti" mi spiega
"che dopo qualche giorno o qualche settimana si fanno la fidanzata in ogni
città dove vanno". Mi racconta dello scherzo di un suo collaboratore ebreo
di Parigi, con cui lavora da anni ma che ignora le sue idee politiche. "Fa
sempre il test sull'antisemitismo". Ridacchia. Va da qualcuno e gli fa:
"Se domani ci fosse nuovamente Hitler, perseguirebbe ebrei e parrucchieri.
E alla domanda dell'altro "e i parrucchieri che c'entrano?",
controbatte rabbiosamente: "E perché, gli ebrei?"". Ormai, dopo
aver discusso su molti argomenti, penso di poter fare la domanda che più mi sta
a cuore. "Qual è la vostra posizione sulla Shoah?" domando semplicemente.
"Negazionismo assoluto" afferma senza esitazione. Ha tratto le sue
convinzioni dai testi di Irving, che considera ovviamente un martire della
libertà d'espressione. Indago in maniera puntigliosa ed in effetti nella tesi
lapidaria, sua e dell'organizzazione, c'è un difetto di logica: più che di
negazionismo si tratta infatti di un profondo revisionismo. Le argomentazioni,
trite e ritrite, sono quelle tristemente note: come mai quasi tutti i lager
erano in Europa orientale, liberata dai comunisti? Come sarebbero potute
bastare le linee ferroviarie e i campi di concentramento ad ammazzare milioni
di persone? "Ci sono molti dubbi? Ci sono molti dubbi?" è il refrain
continuo. Mi sento confuso e deluso: immigrazione, libertà religiosa, diritti.
Su ogni cosa la pensiamo in maniera diametralmente opposta, ma il filo del
dialogo non si era spezzato. Un uomo internazionale, che viaggia in tutto il
mondo, parla varie lingue (persino un po' di arabo) ed ha vissuto all'estero,
mi sembra uno con cui, nonostante tutto, si debba poter discutere. Ma sulla
Shoah no, non si possono fare compromessi. Mi concentro sul mio kosher, si è
raffreddato. 26/01/2008.
( da "Riformista, Il" del
26-01-2008)
Giornata della memoria
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Diari, dai Ghetti e dai Lager, di bambini e ragazzi
dell'Europa Orientale; il romanzo di una sopravvissuta; le riflessioni profonde
di un intellettuale tornato da Auschwitz e morto suicida nel 1978, che non può
non rievocare lo strazio di Primo Levi; ma, soprattutto, il primo diario
fotografico dal più feroce e celebre tra tutti i campi di sterminio: per chi
vuole approfondire, o anche soltanto coltivare la memoria, il materiale non
manca. Ecco allora qualche segnalazione. Marcello Pezzetti, da tempo studia la
materia; ed ecco che, con Bella Gutterman e Israel Gutman,
cura Album-Auschwitz, le foto scattate dai nazisti nel 1944, ritrovate da una
tra le detenute che solo nel 1980 le dona a Yad Vashem, usate come prova in
molti processi; il libro, già pubblicato dal Museo che è diventato quel Lager e
dallo Yad Vashem, esce ora anche da noi (Einaudi, 255 pag., 35 euro),
per la prima volta. Il diario ritrovato è d'un'ebrea polacca di 14 anni, che
vive in un ghetto, poi muore ad Auschwitz, con tutti i suoi. Salvo solo il
padre Yaakov, che rimuove, si risposa, non parla. Ma Zehava Scherz, figlia di
seconde nozze, viene a sapere; a Gerusalemme, recupera lo scritto della
sorella: Diario di Rutka Laskier è di Bompiani (176 pag., 12 euro). Esce
finalmente anche in Italia un libro "che da molti anni vorrei vedere
tradotto", affermava Primo Levi: Jean Améry, pseudonimo del viennese Hans
Mayer, trascorre due anni, lui pure, ad Auschwitz; si salva, fa lo scrittore,
s'uccide nel 1978; Intellettuale a Auschwitz (Bollati Boringhieri, 150 pag., 12
euro) è corredati di una presentazione di Claudio Magris. Una ricerca
particolare è quella che Giovanna De Angelis dedica a Le donne e la Shoà
(Avagliano, 178 pag., 13 euro), oggetto di molti incontri in tutt'Italia
proprio in questi giorni. Baldini Castoldi Dalai pubblica invece Raccontami un
altro mattino, di Zdena Berger (317 pag., 18,50 euro): il romanzo di una donna
di Praga, che vive a Los Angeles, e s'è salvata dai Lager di Terezin, Auschwitz
e Bergen Belsen, uscito per la prima volota 40 anni fa, ora ristampato negli States,
e finalmente giunto anche da noi. Analogamente remoto (1995), e inedito per
l'Italia, è, a cura di Laurel Holliday per Tropea editore (310 pag., 16,90
euro), Ragazzi in guerra nell'Olocausto, i loro diari segreti: 22 storie dai
Paesi dell'Est, che fanno davvero accapponare la pelle. E non meno attuale,
infine, di Eric Salerno che i lettori conoscono per le cronache dal Medio
Oriente, Uccideteli tutti. Libia 1943: gli ebrei nel campo di concentramento
fascista di Giado, una storia italiana (Saggiatore, 238 pag, 17 euro): ma è
degno, quanto prima, di un articolo a parte, tutto per lui, anche per le
scoperte e le rivelazioni che contiene. F.I.
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Di FABIO ISMAN C'E' il partigiano che, nottetempo, fa
ubriacare i soldati tedeschi, per aprire un varco nella rete alla frontiera con
la Svizzera e far passare un gruppo d'ebrei (anche Valeria Ancona di Milano,
che verrà a ricordarlo): ne manda di là a centinaia, finché salva un ex
prigioniero inglese; viene perquisito, ha addosso le prove del contatto, lo
fucilano. Un altro, teneva i rapporti tra gl'internati in Svizzera e le loro
famiglie: è anch'egli nella Resistenza, e finisce a Mauthausen. Un terzo, ne fa
espatriare alcuni di Milano; aiuta anche degli ebrei cecoslovacchi; porta in
Svizzera un capitano, che da Praga doveva raggiungere il suo comando, a Londra;
organizza la fuga di un apolide della Transilvania, prelevandolo in ospedale
quando già stavano per arrestarlo, e consegnandolo a dei conoscenti, che, ha
detto il salvato, "per otto ore m'hanno portato in montagna dentro una gerla,
finché non mi hanno consegnato alle autorità elvetiche". Martedì, due
giorni dopo quello della Memoria, davanti a Carlo Azeglio Ciampi, ex Presidente
della Repubblica, al presidente del Senato Franco Marini, al generale Cosimo
D'Arrigo che comanda la Guardia di Finanza, l'Ambasciatore
d'Israele in Italia, Gideon Meir, consegnerà sei medaglie di Giusto tra le
Nazioni a dei famigliari di finanzieri, per ciò che hanno fatto durante la
guerra. I Giusti, l'unica onorificenza attribuita da Israele, sono i
non ebrei che, disinteressatamente, hanno salvato qualcuno dalla Shoà: finora,
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
E narrò i dubbi e le angosce in un dramma a cui si è
ispirato il compositore Flavio Testi per il suo Saül (1991), partitura che
punta sulla ricercatezza di suoni e timbri. Ha debuttato al Nazionale giovedì
con successo; applausi soprattutto per il suggestivo allestimento di Pier Luigi
Pizzi, già apprezzato a Macerata. Sul podio, Federico Longo; tra i cantanti,
Vincent La Texier ed Elena Zilio.Oggi replica alle ore 18; tel. 064817517.
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Come diceva Flaiano, Roma è una grande capitale e una
città di provincia ASPETTANDO Sanremo, 35 giorni all'alba. Quella del 25
febbraio quando dal Teatro Ariston andrà in onda la prima puntata del 58°
Festival della Canzone Italiana, il kolossal nazionalpopolare di mamma Rai.
Come si sa a presentarlo saranno in due, Baudo il totem e quel genietto di
Chiambretti, più la Bionda (Andrea Osvart) e la Mora (Bianca Guaccero). E
proprio a proposito delle due girls, val la pena ricordare che Pippo nel suo
ruolo di direttore artistico del festival aveva messo gli occhi su Laura
Chiatti, era lei che voleva perché sulla cresta dell'onda, attrice emergente
dopo il successo del film "Ho voglia di te" con Riccardo Scamarcio. E
stava per spuntarla Baudo, tanto è vero che fino a qualche tempo fa si diceva e
si scriveva che sarebbe stata proprio la mini vamp perugina dagli occhi blu a
salire sul palco dell'Ariston. Poi, contrordine compagni: la Chiatti non c'è. E
oggi, stando agli spifferi che circolano ai piani alti di viale Mazzini, la
Chiatti non sarà a Sanremo perché costa troppo. Avrebbe sparato un botto di
euro, una cifra da capogiro per la borsa della Rai. "Voleva più della
Hunziker...", è stato aggiunto. La Hunziker lo scorso Sanremo avrebbe
messo in tasca trecentomila e dintorni. Ma Laura ancora non è famosa come
Michelle. ACCATAN Little Tony sta vivendo un tempo felice. Per una fortunata
coincidenza tornerà a Sanremo proprio nell'anno che segna il suo mezzo secolo
di carriera: che festeggerà con l'uscita di 7 pezzi nuovi, un dvd che racconta
la sua storia di cantante, più un libro, una sorta di album fotografico dalla
culla in poi. E verrà festeggiato anche in Israele dov'è famoso quasi come in Italia e dove lo chiamano Accatan,
che nella lingua di quella terra vuol dire piccolo. E allora, festa sia
Accatan: con ventiquattromila baci, pardon, auguri... ZEQUILA Finito nella
black list della Rai dopo l'indimenticabile lite-trash con Pappalardo a
Domenica In del 2005, Antonio Zequila, pentitissimo, si flagella da
allora. Sperando nel miracolo: essere perdonato e riammesso davanti alle
telecamere della tv di Stato. E miracolo fu, con la sua apparizione a Tintoria,
Rai3. Una tantum?.
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Domani all'Auditorium, in occasione delle manifestazioni
per la "Giornata della memoria", interverrà con
il sindaco Veltroni e l'ambasciatore israeliano anche l'ambasciatore tedesco in
Italia Steiner, pronunciando un discorso su "La memoria degli altri",
in ricordo dei malati psichici e dei disabili uccisi durante la tirannia nazista.
Nel suo discorso il diplomatico dirà: "Negare l'Olocausto è un
insulto". E a proposito dele 70esimo anniversario delle famigerate
leggi razziali controfirmate dal re Vittorio Emanuele III senza tanti problemi,
per non dimenticare una delle pagine peggiori della storia italiana Manuela
Kustermann ha adattato per teatro il bellissimo romanzo di Lia Levi, L'amore
mio non può che è in scena al Teatro Vascello di Roma fino al domani. 1939, Un
uomo vola giù dal muraglione del Pincio a Roma. Non ha retto lo shock di aver
perduto il lavoro a causa delle leggi razziali. Ha lasciato un biglietto dove
chiede alla giovane moglie di pensare a lei e a salvare la loro bambina.
Salvarla sì, ma come? Da questo antefatto prende le mosse il monologo di Elisa,
la moglie che, rimasta sola, è costretta a cercare di cavarsela in mezzo a
difficoltà di ogni genere mentre sempre di più incombono le vicende della
guerra fino all'invasione nazista dell'Italia.
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Di ERIC SALERNO Hamas sta sfidando, ora, anche l'Egitto.
Le truppe cairote si sono nuovamente ritirate dalla frontiera dopo aver invano
tentato di chiudere i varchi, due dei quali aperti nella mattinata dai
miliziani islamici. Sami Abu Zuhri, un portavoce del movimento che ha assunto
il controllo di Gaza l'anno scorso dopo una specie di golpe contro l'Autorità
palestinese, ha spiegato che "i varchi non saranno chiusi, perché
attraverso di loro si fornisce assistenza urgente ai palestinesi". E un
altro esponente di Hamas ha chiarito: "Si potrà
tornare alla situazione di prima soltanto quando saranno riaperti i varchi tra
Gaza e Israele". Per ora, quest'ipotesi non è sull'ordine del giorno. Al
contrario. Le truppe israeliane hanno rafforzato il blocco di tutti i passaggi
impedendo il transito di numerosi camion carichi di medicinali, carburante e beni
di prima necessità. L'esercito, nel frattempo, sta concentrando la sua
attenzione sulla frontiera comune con l'Egitto per timore che militanti
palestinesi usciti da Gaza ed entrati in Sinai possano infiltrare e attaccare
le comunità del sud. Nelle prime ore della mattina, soldati egiziani dei
reparti antisommossa e guardie di frontiere avevano cominciato a chiudere il
grande varco aperto due giorni fa e attraverso il quale si calcola siano
transitate almeno 350 mila persone. I palestinesi ancora sul territorio
egiziano venivano invitati a uscire entro ieri sera. La situazione è
precipitata quando militanti mascherati e armati delle brigate Izzidin al
Qassam hanno divelto altre due porzioni della barriera ed è ripreso il flusso
dei palestinesi in direzione dell'Egitto e dei negozi che stavano facendo
affari d'oro. Non sono serviti né i cani delle guardie di frontiera, né l'acqua
degli idranti a fermare la nuova onda. Una possibile via d'uscita dalla
drammatica situazione è stata abbozzata dal ministro della difesa israeliano.
Senza fare promesse, Ehud Barak non esclude di poter affidare alle forze
dell'Autorità palestinese i varchi di Gaza. Per poterlo fare, ovviamente, vuole
la certezza che sono capaci di garantire la sicurezza e impedire il passaggio
di terroristi. Perché Abbas possa farlo, deve avere il beneplacito di Hamas. Le
preoccupazioni per la situazione a Gaza sono aumentate dopo l'attentato alla
periferia di Gerusalemme dove l'altra notte una guardia è stata uccisa e
un'altra ferita gravemente. L'operazione è stata rivendicata da Hamas e è vista
come una sfida tanto a Israele quanto ad Abbas che
negli ultimi mesi aveva fatto arrestare decine d'attivisti islamici. In questo
quadro sempre più confuso, Hamas e Fatah (il movimento di Abbas) hanno accettato
l'invito del presidente egiziano Mubarak: si incontreranno al Cairo per tentare
di risolvere la crisi tra le opposte fazioni palestinesi.
( da "Messaggero, Il" del
26-01-2008)
Striscia dando sfogo ai palestinesi verso l'Egitto. Con
la certezza che Mubarak non può permettersi di fronte al mondo arabo di
respingere la popolazione affamata.
( da "Corriere della
Sera" del 26-01-2008)
Corriere della Sera - MILANO - sezione: Cronaca di
Milano - data: 2008-01-26 num: - pag: 4 categoria: REDAZIONALE Giornata della
memoria Domani serie di iniziative. Cerimonia al Parco Nord e concerto al
Conservatorio Shoah, 700 studenti sul treno per Auschwitz Partirà dal Binario
21. Corteo da piazza San Babila e mostra per il ricordo Serie di appuntamenti a
Milano per ricordare lo sterminio nazista, le persecuzioni del popolo ebraico e
le deportazioni Un corteo, proiezioni e dibattiti, concerti, testimonianze di
sopravvissuti ai lager. Domani iniziano le celebrazioni dell'VIII Giornata
della Memoria, per ricordare lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico
e dei deportati militari e politici italiani. E per il quarto anno consecutivo,
dal Binario 21 di via Ferrante Aporti, dove c'era una "stazione
invisibile" da cui il 30 gennaio del '44 partirono 15 treni diretti ai
campi di sterminio nazisti e in quei vagoni a spinte, calci e sputi, vennero
stipati 700 ebrei, partiranno altrettanti studenti con l'iniziativa "Il
treno per Auschwitz". L'ha organizzata la Provincia in collaborazione con
la Fondazione per il Memoriale della Shoah, l'Anpi, l'Aned e la Camera del
Lavoro. A salutarli, alle 16, accanto al presidente della Provincia, Filippo
Penati, ci sarà anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti.
All'esterno sarà allestito un maxischermo. Altri due i momenti clou della
giornata: il corteo con partenza da piazza San Babila (alle 14.45) che si
concluderà in piazza dei Mercanti, organizzato dall'Associazione Figli della
Shoah, al quale parteciperanno le autorità, la Comunità ebraica, le
organizzazioni sindacali e l'Associazione Amici di Israele con le bandiere israeliane. Alle 20.30, nella Sala Verdi del
Conservatorio, incontro con Liliana Segre e concerto (ingresso libero fino a
esaurimento dei posti), al quale saranno presenti il sindaco Letizia Moratti e
il vice Riccardo De Corato e il presidente della Fondazione Memoriale della
Shoah, Ferruccio de Bortoli. In mattinata, altri momenti scandiranno il
viaggio nella memoria dell'Olocausto: alle 10, cerimonia di commemorazione
organizzata dall'Anpi presso il monumento dei Deportati al parco Nord; alle 11
al cinema Gnomo proiezione gratuita di "Hotel Meina" di Carlo
Lizzani, una pellicola sulla prima strage di ebrei avvenuta dopo l'8 settembre;
sempre alle 11, al Museo di Storia contemporanea di via Sant'Andrea,
l'inaugurazione della mostra "Lager-disegni di Lodovico Belgiojoso "
e, ancora, al Teatro Parenti, una lezione di Haim Baharier. Un messaggio a più
voci, perché sulla memoria non prevalga quella che Primo Levi ha definito
"zona grigia", quella parte del nostro animo che cerca di sfuggire
alle responsabilità. Le celebrazioni proseguono per tutta la settimana, con la
commemorazione del 30 gennaio in Centrale, altri due concerti in Conservatorio,
lunedì 28 e giovedì 31. Intanto non si spegne la polemica su Il Giardino dei
Giusti. Con lo scrittore Gabriele Nissim, uno dei promotori, perplesso di
fronte allo statuto uscito dal dibattito del Consiglio comunale, che annuncia:
"Abbiamo raccolto più di 1000 firme per intitolare un albero ad Anna
Politkovskaja e un altro al console italiano Pierantonio Costa, un Perlasca dei
tempi moderni". Paola D'Amico MOSTRA "Milano-Auschwitz",
un'immagine dalla mostra sulla Shoah del
( da "Corriere della
Sera" del 26-01-2008)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri -
data: 2008-01-26 num: - pag: 16 autore: di ANTONIO FERRARI categoria:
REDAZIONALE L'analisi Un monito a quelli che verranno Nel Libano dei fantasmi,
dove molti generali vivono blindati e quasi invisibili dopo l'assassinio del
loro collega Francois el Hajj, alla fine del 2007, e dove numerosi leader
politici hanno deciso di limitare i rischi con lunghe permanenze all'estero, il
capitano dei servizi speciali delle forze di sicurezza Wissim Eid continuava
instancabile a fare il suo lavoro di segugio, con la passione, l'orgoglio e
forse l'incoscienza dei suoi trentun anni. Eid indagava sulla catena di stragi
e di delitti che dal giorno dell'assassinio dell' ex premier Rafic Hariri (14
febbraio 2005), insanguinano il Paese. Seguiva piste, studiava dossier,
confrontava testimonianze, ascoltava registrazioni telefoniche. Aveva poi
raddoppiato gli sforzi dopo che un suo collega e superiore, sfuggito
miracolosamente a un attentato, aveva lasciato il Libano per trovare un po' di
pace in Canada. Ma chi penetra i retroscena del delitto Hariri, e dei crimini
che ne sono seguiti, mette in gioco la propria vita, anche perché ogni
frammento di verità può essere essenziale per il processo internazionale,
voluto dalle Nazioni Unite. La commissione d'inchiesta-Onu, dopo oltre due anni
di lavoro, sospetta infatti pesanti responsabilità dei vertici dei servizi
segreti siriani, e non esclude di dover lambire le stanze del potere politico
di Damasco. Lo 007 Wissim Eid è stato ammazzato, ma ora più che i suoi segreti
pesa il contraccolpo psicologico che il sacrificio del giovane ufficiale avrà
su coloro che dovranno raccoglierne l'eredità. Certo, quella di ieri non è
stata una strage "politica" in senso stretto, ma probabilmente è
ancora più grave, perché esercito e forze di sicurezza, cioè gli ultimi obiettivi
della campagna terroristica, sono pur sempre le uniche istituzioni credibili e
rispettate del Paese. Il Libano era vicino alla soluzione di gran parte del
suoi problemi con il compromesso raggiunto dalla maggioranza filo- occidentale
e dalla minoranza filo-siriana sul nome del nuovo presidente, il capo delle
forze armate Michel Suleyman. L'accordo è stato fatto saltare, e ora la
repubblica naviga a vista, in balia di una tempesta di cui non si vede la fine.
Ciascuno, nel Paese e fuori, lancia segnali velenosi. Il leader di Hezbollah,
Nasrallah, alza il tono delle minacce. La crisi di Gaza riaccende le passioni.
Per il povero Libano, consapevole d'essere il terreno più fragile, e quindi più
adatto per colpire impunemente, regolare conti, e sperimentare i più arditi
ricatti, l'immediato futuro è decisamente buio. Non è certo
rassicurante per i caschi blu delle forze multinazionali di pace, tra cui il
contingente italiano, che vigilano a ridosso della frontiera con Israele. Contraccolpo Pesa il contraccolpo psicologico che il sacrificio
del giovane ufficiale avrà su coloro che dovranno raccoglierne l'eredità.
( da "Corriere della
Sera" del 26-01-2008)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri -
data: 2008-01-26 num: - pag: 16 categoria: REDAZIONALE Forum online Aspiranti
qaedisti interrogano via web il braccio destro di Osama Bin Laden su questioni
pratiche, operative e teologiche "Caro Zawahiri, per la Jihad devo avere
il permesso di mamma?" MIAMI - Le donne che scrivono alla "posta del
cuore" chiedono consigli su amori, mariti, figli. E sperano di trovare una
risposta che le aiuti a risolvere un problema. Le aspiranti qaediste in cerca
di una missione hanno fatto lo stesso e hanno rivolto i loro quesiti ad Ayman
Al Zawahiri, il braccio destro di Osama. è questa l'ultima mossa
propagandistica ideata da Azzam l'americano, un californiano convertito
all'Islam radicale e portavoce del movimento. Il 16 dicembre ha invitato
simpatizzanti e giornalisti a inoltrare, su alcuni siti affiliati, le domande.
Termine limite il 16 gennaio. Le risposte di Al Zawahiri, ha aggiunto,
arriveranno "prima possibile". La trovata si è rivelata un successo
con migliaia di quesiti giunti dall'Europa al Medio Oriente. "Quale ruolo
può svolgere una donna in Al Qaeda? Siamo qui sedute con il cuore infranto e
non facciamo nulla", ha scritto una simpatizzante. "Se una donna nel
Maghreb è obbligata alla Jihad, può lasciare i figli a qualcun altro e partire
per la guerra santa"? si chiede un'altra. "Dobbiamo limitarci ad
assistere i combattenti sul campo o possiamo assumere compiti più
diretti?" si interroga una terza. La lotta armata finisce per condizionare
anche i rapporti familiari. Un ragazzo di 23 anni, che vive con la mamma
divorziata, è angosciato: "Volevo unirmi alla Jihad e ho chiesto il
permesso a mia mamma, ma lei si è opposta. Posso farlo lo stesso?". Le
considerazioni pratiche si aggiungono a quelle operative e teologiche. Dalle
osservazioni di chi scrive risulta chiaro che i simpatizzanti, al pari delle
intelligence occidentali, non hanno idee precise su come funzioni il movimento.
"Come sta lo sceicco Osama? Lo incontri? è in buone condizioni?", è
la curiosità di un presunto militante. "Un musulmano inglese può uccidere
dei non credenti o dei musulmani inglesi che appoggiano la guerra in Iraq e in
Afghanistan?". Una domanda che tradisce il dibattito, intenso, nelle file
islamiste sulle uccisioni indiscriminate. Un algerino, presunto membro di Al
Qaeda nella terra del Maghreb, presentatosi con lo pseudonimo di
"Phenixshadow " è interessato ai risvolti strategici. "Cosa vi
aspettate da noi? Dobbiamo seguire le istruzioni dell'organizzazione madre
colpendo il nemico lontano (gli Usa, ndr) o concentrare gli sforzi sul regime
apostata (Algeria)? Oppure preferisci che stiamo nel mezzo colpendo
entrambi?". Il mujahed "Alfirati60" manifesta, invece, il
disappunto per la nascita del cosiddetto "Stato Islamico iracheno",
il cartello che riunisce gruppi di ispirazione qaedista in Iraq. "Le cose
sono andate peggiorando - osserva -. Perché i militanti iracheni sono solo
interessati alla liberazione del Paese e non all'instaurazione della legge di
Dio". Interessante la domanda di un presunto seguace sul funzionamento del
network. "Abbiamo sentito parlare di una Al Qaeda non centralizzata. Vuol
dire che la leadership ha perso il controllo diretto sulle cellule? E questo è
un danno? Al Qaeda vuole riaffermare il suo ruolo centrale? State esaminando le
conseguenze e siete pronti a correggere?". Raji Al Quboul vuole sapere se
la "casa madre" sta seguendo un obiettivo di lungo termine o se
invece si limita a "firmare" attacco dopo attacco. Altro tema sentito
- e non da oggi - è quello di Israele:
"Quando vedremo agire i nostri uomini in Palestina? Perché
francamente la situazione è pessima. Perché non colpite gli ebrei in tutto il
mondo?". Scenari bellicosi che nella testa di una tale Abu Arsad vengono
dopo la questione ecologica: "Cosa pensate del problema dell'effetto serra
e quali conseguenze potrà avere sul nostro movimento? ". è
ovviamente difficile capire chi siano realmente gli autori delle domande. Ci
sono sicuramente giorna-listi, militanti veri e presunti, provocatori, uomini
dell'intelligence. Qualche esperto ha sostenuto che il filo diretto permetterà
agli 007 di identificare qualche militante. Ma sono dettagli che non
preoccupano la Al Qaeda centrale, sempre di più macchina mediatica. Ciò che
conta è stare sul palcoscenico. Con le bombe o con la parola. Guido Olimpio
Propaganda Lo scorso mese siti web legati ad Al Qaeda hanno invitato i lettori
a inviare domande a Zawahiri (sopra). Per le risposte, ci vorranno alcuni giorni
Le donne "Quale ruolo può svolgere una donna in Al Qaeda?".
( da "Corriere della
Sera" del 26-01-2008)
Corriere della Sera - ROMA - sezione: Tempo Libero -
data: 2008-01-26 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Palladium Una rassegna
indaga sul rapporto con l'Occidente fra dialogo e conflitto Gli arabi ci
guardano, in tv Dai canali mediorientali soap-opere, reality show e incontri
Musalsalat, ovvero soap opera con turbante e hejab: sono le fiction i programmi
più innovativi del panorama televisivo mediorientale. Milioni di persone
seguono gli sceneggiati su temi di attualità e spesso tabù: il ruolo della
donna, la ricerca di una religiosità moderna, il terrorismo. "L'Occidente
visto dai media arabi" rassegna curata da Donatella Della Ratta (oggi e
domani dalle ore 16 alle 24, ingresso libero) e realizzata con il sostegno
della Fondazione Romaeuropa - indaga sui mass media mediorientali e si apre
oggi pomeriggio con una tavola rotonda guidata dal giornalista Khaled Fouam
Allam . "Esiste un confronto continuo tra Oriente e Occidente - spiega
Della Ratta - che va in onda quotidianamente su oltre 400 canali satellitari
gratuiti. I media arabi sono ormai arrivati a un'età matura. Le tv trasmettono
intrattenimento, cartoni animati, videoclip e persino reality show".
Linguaggi e format si avvicinano a quelli occidentali, a volte li emulano: in
Libano, per esempio, la rete Lbc ha in palinsesto reality show come "La
sposa perfetta" e "Star Academy". In altri casi, è la satira
l'elemento prevalente. Basti pensare alla versione kuwaitiana di "South
Park", ambientata in una città del Golfo dove i ragazzi sognano il
paradiso occidentale fatto di alcol e divertimenti. Oppure la serie satirica
"L'accademia del terrorismo " di Abdallah Bijad Al Otibi che racconta
di campi di addestramento dove gli aspiranti kamikaze organizzano sfilate di
cinture esplosive. Tra gli ospiti della rassegna, c'è Tareq Al Swaidan, uno dei
più famosi telepredicatori, che per la rete Al-Risala realizza videoclip
"islamici" pensati per attirare i giovani. "Gli sguardi più
attenti sul nostro mondo - aggiunge Della Ratta - sono però quelli che
incoraggiano al dialogo. Abbiamo invitato Faisal Al Kasim, conduttore di
"Direzioni opposte", il talk show di Al Jazeera
che mette a confronto tesi contrastanti su temi come la guerra
israelo-palestinese. Ci sarà anche il regista siriano Najdat Anzour, che con la
soap opera "Il tetto del mondo" ha analizzato il perché della
reazione così violenta alla pubblicazione delle vignette danesi su
Maometto". Carlotta De Leo Palladium, tel. 06.42296316 "South
Park" , nella versione satirica del Kuwait, ambientata in una città del
Golfo dove i ragazzi sognano il paradiso occidentale fatto di alcol e
divertimenti.
( da "Corriere della
Sera" del 26-01-2008)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Lettere al
Corriere - data: 2008-01-26 num: - pag: 45 categoria: BREVI Interventi e
Repliche La moschea del Comune di Bologna In merito all'articolo di Magdi Allam
( Corriere, 19 gennaio) faccio alcune precisazioni. 1) è privo di fondamento
affermare che si tratta di una mega-moschea. Il nuovo edificio di culto in
totale sarà di circa 2.800 mq. La sala di preghiera (la moschea) sarà di
1.000/1.200 mq. Per il resto servizi, sala lettura, biblioteca. Infatti la
struttura non sarà, come dice erroneamente l'occhiello dell'articolo, di 19.000
mq. Questa è la superficie territoriale, non quella edificabile che è di 2.800
mq. 2) Le stime di permuta fatte da Finanziaria Bologna Metropolitana sono
state convalidate da un ente terzo (l'Agenzia Territoriale). Non c'è nessun
regalo del Comune, ma una permuta. Pur avendo il Comune, in seguito alla
consultazione con i cittadini cambiato area, la stima del terreno di proprietà
del Centro Islamico è stata confermata come congrua. è falso perciò dire che
c'è un costo per il Comune di oltre un milione e mezzo di euro. 3) L'accordo di
permuta sarà fatto con il Centro Culturale Islamico che darà vita ad una
Fondazione, non con l'Ucoii, che non figurerà nel Direttivo del Centro né negli
Organi della Fondazione. 4) Gli associati e i frequentatori di una struttura
sono due cose diverse così come i fedeli e i praticanti. Il Centro Culturale
Islamico ha già una propria moschea, da tempo. Non è una novità per Bologna.
Chiude la sede vecchia e ne apre una nuova. Ci sono altre sale di preghiera,
appunto. Non spetta al Comune entrare nel merito della rappresentatività
religiosa. 5) Insieme alla permuta ci sarà un protocollo di intesa e una
Fondazione. Si accetta cioè un confronto e un controllo trasparente. Qual è l'alternativa?
Per essere coerente Magdi Allam dovrebbe sostenere la chiusura della moschea
attuale. L'applicazione di un protocollo permette di verificare in concreto il
rispetto delle nostre leggi (cosa fare concretamente nell'attuale Centro).
L'Ucoii partecipa a riunioni con il ministro degli Interni: non è una
organizzazione fuori legge. Quindi l'adesione del Centro Islamico all'Ucoii non
può essere un motivo per non fare accordi con il Centro Culturale Islamico. è
ora di affrontare i problemi, non di esasperarli. Di governare la paura, non di
alimentarla. Virginio Merola Assessore all'Urbanistica del Comune di Bologna 1)
Una moschea con una superficie di 2800 mq e una sala di preghiera di 1200 mq
non è una mega-moschea? Certamente non lo è in assoluto, qualora ad esempio ci
trovassimo alla Mecca o al Cairo. Ma lo è per Bologna dove il numero di
musulmani che frequentano abitualmente la moschea è di circa 800 fedeli.
Ebbene, considerando che in un mq pregano due fedeli, si ricava il totale di
2400 fedeli, tre volte tanto la necessità di tutta Bologna, dove oltretutto ci
sono già 6 sale di preghiera islamica. 2) Nel mio articolo del 19 gennaio, si
specificava che l'abbattimento del 50% concerneva la permuta del primo terreno
da 52 mila mq, non l'attuale da 19 mila mq. Non c'è stata nessuna consultazione
con i cittadini bolognesi, ma una interlocuzione con un solo quartiere, mentre
i sondaggi confermano che la maggioranza dei bolognesi è contraria alla
mega-moschea. 3) Sia il Centro di cultura islamico di Bologna sia l'Ente di
gestione dei Beni islamici in Italia, proprietario del terreno di via Felsina
oggetto della permuta, sono parte integrante dell'Ucoii. Una Fondazione da loro
creata resterà dell'Ucoii anche se assumerà una denominazione diversa. 4) Il Comune
l'accordo lo fa con gli associati del Centro islamico, che sono in tutto 21,
non con i frequentatori della moschea. 5) Io sostengo non la chiusura ma la
liberazione di tutte le moschee d'Italia dalle organizzazioni estremiste
islamiche, che predicano la distruzione di Israele e legittimano il terrorismo palestinese, tra cui si situa
l'Ucoii. Non è un caso che il ministro dell'Interno Amato abbia sospeso la
convocazione della Consulta per l'islam d'Italia proprio per la presenza del
presidente dell'Ucoii Nour Dachan e che si stia adoperando per creare un
organismo alternativo. Così come non si può non tener conto che i due
principali leader dell'Ucoii, Dachan e Hamza Roberto Piccardo, sono stati
rinviati a giudizio per istigazione all'odio razziale. I problemi si risolvono
guardando in faccia la realtà dei fatti e avendo il coraggio di assumersi le
proprie responsabilità fino in fondo nell'interesse dei bolognesi. Magdi Allam.
( da "Tempo, Il" del
26-01-2008)
GAZA Ieri mattina l'Egitto ha chiuso la frontiera la
frontiera con la Striscia di Gaza. Ma i militari egiziani si sono ritirati
dalla frontiera così a contenere l'ingresso dei palestinesi da Rafah, dopo che
militanti di Hamas hanno aperto nuovi varchi sul muro di confine. Home Interni
Esteri prec succ Contenuti correlati Gaza, l'Egitto apre i varchi ai
palestinesi Gaza, ucciso figlio del leader di Hamas Olivieri, via alla cassa
integrazione Ranieri saluta Tiago, Almiron e Boumsong "Uno Mattina"
vince la sfida con Mediaset GERUSALEMME Quello di Rafah, crollato l'atro ieri
sotto le ... è ripreso così il flusso di persone che a centinaia entrano in
Egitto in cerca di cibo, combustibile e medicinali, introvabili a causa dell'embargo israeliano. In mattinata un centinaio di militari
egiziani in tenuta antisommossa avevano presidiato la breccia aperta due giorni
fa, in seguito alle proteste scoppiate dopo l'annuncio della chiusura del
passaggio. Mentre i soldati impedivano l'ingresso dei palestinesi in Egitto,
poco distante gli abitanti di Gaza hanno fatto crollare il muro. Per
demolirlo è stata usata una ruspa, alla cui guida, secondo diversi testimoni,
c'erano miliziani di Hamas. La polizia egiziana, che era intervenuta tentando
di bloccare l'apertura della seconda breccia, è stata respinta da una fitta
sassaiola iniziata dai palestinesi e sostenuta anche da colpi d'arma da fuoco
in aria esplosi da miliziani. Poco dopo gli egiziani si sono ritirati e
centinaia di palestinesi hanno oltrepassato il confine approfittando dei nuovi
varchi poco distanti dalla barricata che era stata demolita nei giorni scorsi
con l'esplosivo. In base a un accordo raggiunto nella notte tra Hamas e le
autorità egiziane, entro domani si terrà un incontro fra le due parti per
discutere della riapertura formale del valico di Rafah, rimasto chiuso dopo che
a luglio Per domenica a Gerusalemme è stato fissato un vertice tra il premier israeliano,
Ehud Olmert, e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen,
che sarà dedicato alla crisi nella Striscia di Gaza e lungo il confine con
l'Egitto. Sul nuovo incontro pesano gli attentati della notte scorsa a
Gerusalemme nei quali è morta una guardia di frontiera. Vai alla homepage
26/01/2008.
( da "Tempo, Il" del
26-01-2008)
Le donne che quattro giorni fa hanno buttato giù il muro
di cemento e lamiera che divide la Striscia di Gaza e il Sinai sono le stesse
per le quali Leila Shahid si batte da quand'era ragazza. Da quando cominciò a
preparare la prima intifada. Sono passati 40 anni, quelle donne ancora stentano
a vivere. Home Spettacoli prec succ Contenuti correlati Donne incinte, esami
impossibili I controlli? Solo dopo il parto Un'altro accordo è stato approvato,
in questi giorni, per ... Per ventidue giorni il Ghana sarà ... Carrizo, giorni
decisivi Spunta l'ipotesi Corradi Travolge due donne, picchia passante e
minaccia i vigili Elezioni in Usa: la sfida delle donne Non c'è solo la paura
di morire. C'è il gas che manca, come la farina e il latte. Come le medicine. è
il nuovo embargo di Israele. è la nuova polveriera in
una terra di
( da "Voce d'Italia, La" del
26-01-2008)
La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.131 del
26/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura
Sport Focus Esteri Mubarak: nella striscia situazione "inaccettabile"
Gaza, ancora palestinesi verso l'Egitto Chiusa la frontiera, aperto un altro
varco Gaza, 26 gen.- Pane, sigarette, medicine, carburante, acqua, sapone. La
breccia aperta nel muro che separa, a Rafah, il territorio palestinese da
quello egiziano ha permesso ai palestinesi di andare a fare rifornimento oltre
confine, procurandosi tutti quei beni che l'embargo imposto da Israele non rende più disponibili. La frontiera era stata
chiusa ieri mattina (il passaggio era possibile solo verso Gaza), quindi era
stato riaperto a singhiozzo e infine definitivamente chiuso alle 14 ora
italiana. Subito dopo, comunque, la folla ha aperto un altro varco nel muro.
All'inizio la polizia egiziana è intervenuta con gli idranti, ma quando i
miliziani di Hamas hanno aperto due nuove brecce, si è ritirata, portando via i
mezzi blindati che aveva sul posto e lasciando libero il varco. è ripreso,
quindi, il viavai di palestinesi che si recano in Egitto per acquistare generi
di prima necessità, iniziato mercoledì, quando miliziani palestinesi hanno
fatto saltare in più punti il muro che divide i due Paesi. è ancora poco
chiaro, tuttavia, chi sia stato ad aprire i varchi nel muro. Hamas, infatti, ha
subito negato di essere coinvolta nell'azione, ma proprio i suoi militanti
stanno pattugliando la frontiera regolando l'afflusso dei palestinesi e
perquisendo chi rientra, per evitare che vengano immesse in territorio
palestinese le “merci proibite”. I poliziotti palestinesi hanno infatti
l'ordine di non far passare “droga, armi ed alcolici”. Da quando, lo scorso
giugno, Gaza è stata sottoposta al controllo politico e militare di Hamas
(mentre la Cisgiordania è controllata da Fatah), nella Striscia è infatti
vietato, per motivi religiosi, il consumo di bevande alcoliche. Ma la
preoccupazione più grande, comunque, riguarda le armi che potrebbero entrare
insieme ai generi di prima necessità. L'ipotesi di un aumento delle armi nella
Striscia preoccupa Tel Aviv, secondo il cui ministro della Difesa la
fuoriuscita di massa da Gaza sarebbe servita a gruppi terroristi per armarsi, e
in futuro per tentare di attaccare Israele dal Sinai.
Le forze di sicurezza israeliane hanno quindi aumentato la vigilanza,
soprattutto intorno ai luoghi santi islamici, dopo che nella notte tra giovedì
e venerdì si sono registrati due attentati palestinesi vicino a Gerusalemme.
Secondo gli analisti, comunque, il timore più profondo di
Tel Aviv è che quanto accaduto al confine con l'Egitto possa ripetersi lungo
quello israeliano: in questo caso, l'esercito israeliano si troverebbe a
contatto con una folla di palestinesi frustrata e impoverita dall'embargo.
Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente egiziano Hosni Mubarak, che in
un'intervista ha definito “inaccettabile” quanto sta avvenendo a Gaza e
ha lanciato un appello a Israele, affinché ponga fine
all'assedio del territorio palestinese. Mubarak, secondo cui si dovrebbero
“portare le cose alla normalità secondo i precedenti accordi”, ha anche
invitato al Cairo gli esponenti delle diverse fazioni palestinesi per dei
colloqui, senza però specificare una data. L'Egitto, infatti, è impegnato in
prima linea nella crisi causata, a Gaza, dall'embargo imposto da Israele 7 mesi fa (in concomitanza con la presa di potere di
Hamas nella Striscia), in risposta al fitto lancio di razzi Qassam che
quotidianamente si abbatte su Negev (250 solo la scorsa settimana). Sia da
parte del Cairo che di Tel Aviv la circolazione di merci e persone da e per
Gaza era già stata ridotta con la vittoria di Hamas alle elezioni del 2006, ma
la presa di potere del partito islamico nella Striscia, la scorsa estate, ha
fatto aumentare queste restrizioni. In questi giorni, però, l'Egitto ha
permesso ad almeno 700 mila persone di uscire da Gaza: alcuni, con i loro
effetti personali, hanno lasciato la Palestina; altri,
invece, hanno solamente fatto rifornimento di generi di prima necessità.
Intanto domenica a Gerusalemme si terrà un incontro tra il premier israeliano,
Ehud Olmert, e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen,
per discutere della crisi lungo il confine tra la Striscia e l'Egitto. Simone
Storti simone.storti@voceditalia.it.
( da "Libero" del 26-01-2008)
Attualità 26-01-2008 GEOPOLITICA L'Occidente un po'
distratto Mentre Usa, Ue e Wto discutono di Borse&Mercati delle valute,
Russia, India e Cina accumulano energia e supremazia nucleare. Le
incomprensibili sorti dei governi euro-americani sono davvero il tavolo da
gioco di questa grande geopolitica? Sinai, Israele, striscia
di Gaza, Libano, Cisgiordania, Giordania, Kurdistan iracheno, l'Aral e i
territori tribali pachistani sono piccoli teatri di una geopolitica minore?
Suez, oleodotti, rotte aeree, navali e terrestri tra Asia, Africa, Oceania ed
Europa incrociano casualmente in quelle terre martoriate la più¹ alta densità
di eserciti antigovernativi e di immigrazione terroristica e mercenaria del
momento nel mondo? Matteo Maria Martinoli Milano Salvo per uso personale è
vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Libero" del
26-01-2008)
Esteri 26-01-2008 Patto antisemita fra nazi, islamici e
comunisti di GUGLIELMO SASININI Nell'ultimo anno sono vertiginosamente
aumentati in tutto il vecchio Continente le aggressioni, gli attacchi
antisemiti, oltre a diffondersi un rinnovato sentimento antiebraico. La fonte
non è di parte, è nientemeno che l'Agenzia per i diritti fondamentali
dell'Unione Europea, la quale, dopo aver attentamente "os servato" 9
Paesi comunitari, ha fornito dati incontrovertibili e ha stabilito che l'antisemitismo
è in crescita in tutta Europa, tranne che in Gran Bretagna, dove la percentuale
di chi si sente più vicino alla causa israeliana è aumentata dal 28 al 31% e in
Belgio, dal 27 al 32%. Le aggressioni contro gli ebrei crescono in Danimarca,
Olanda, Svezia, Repubblica Ceca, Austria, raggiungendo il picco di oltre 1.600
"episodi" in Germania. Secondo il Viminale i reati a sfondo
antisemita commessi in Italia sarebbero 62. INTELLETTUALI Non potendo
apertamente dichiararsi antiebrei e antisemiti i raffinati intellettuali
europei, che esprimono il loro incondizionato appoggio alla "causa
palestinese" e la loro indignazione contro la "lobby ebraica" si
sfogano contro Israele, non riconoscendolo come il
legittimo Stato degli ebrei, ma definendolo nella loro crassa ignoranza,
un'entità artificiosa. Il nuovo vento antisemita ha origini antiche, a partire
dalla riproposta del "deicidio", delle teorie di Hitler che
ispirandosi alle menzogne dei "Protocolli di Sion" eliminò Dio come
centro del mondo per sostituirlo con l'uomo perfetto, ariano. Tesi vecchie,
superate? Niente affatto. L'antisemitismo è estremamente attuale. GUERRIERI I
nuovi "guerrieri antisemiti" provengono non solo dalle fila delle
organizzazioni neonaziste, ma anche da quei movimenti che si riconoscono nelle
frange della sinistra più estrema. Il denominare comune sono gli stereotipi
antisemiti abbinati con la "soluzione finale" del problema
palestinese: la distruzione dell' "entità sionista", cioè lo Stato di
Israele. Il che li rende preziosi alleati dei
terroristi islamici. Ahmadinejad ringrazia sentitamente questi fans europei,
offre contributi, organizza viaggi e corsi di "aggiornamento
culturale" a Teheran, Beirut, Damasco. L'ultimo incontro si è svolto il
21-22 gennaio in una discreta località alla periferia della capitale siriana.
In cattedra gli uomini del Dipartimento informazioni e propaganda di Teheran, i
"professori" della Jihad islamica, di Hamas, di Hezbollah. Tra i
componenti della delegazione europea: tedeschi, danesi, olandesi, svedesi,
austriaci. La rappresentanza italiana era formata da appartenenti ai movimenti
dell'estrema destra neonazista (personaggi convertitesi all'Islam, che
dispongono di un secondo passaporto rilasciato da Paesi arabi amici dell'Iran)
ma il nucleo più numeroso era quello degli appartenenti alle frange della
sinistra estrema. Un'alleanza all'insegna dell' antiamericani smo,
antisionismo, appoggio agli "eroici combattenti islamici", cioè i
terroristi. "I grandi quotidiani arabi, egiziani, sauditi, palestinesi,
siriani", dice Alessandro Ruben, presidente dell'Anti defamation league
italiana; "pubblicano ogni giorno editoriali e
caricature antisemite che incitano all'odio contro Israele. Ma anche
i media europei a volte pubblicano vignette che demonizzano gli ebrei e Israele. Queste raffigurazioni possono diffondere e supportare il
convincimento della legittimità degli attacchi antisemiti nonchè delle azioni
violente contro gli ebrei e Israele. Anche durante il
periodo nazista giravano vignette di questo genere". Salvo per uso
personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza
autorizzazione.
( da "Libero" del
26-01-2008)
Esteri 26-01-2008 I kamikaze di Gaza minacciano il Mar
Rosso HAMZA BOCCOLINI GERUSALEMME Dopo due giorni in cui centinaia di migliaia
di palestinesi si sono liberamente spostati fra Gaza e il Sinai, le autorità
egiziane hanno tentato ieri, senza successo, di chiudere il confine di Rafah.
La decisione era stata presa in seguito ad un accordo raggiunto durante la
notte tra Hamas e le autorità egiziane. Per renderlo esecutivo ieri mattina
ingenti reparti militari sono stati dispiegati nella zona di Rafah. Si trattava
di una chiusura graduale. Nella mattinata, fra le proteste di migliaia di
palestinesi provenienti da varie località della striscia di Gaza, sono stati
impediti nuovi ingressi in territorio egiziano. Ci sono state sassaiole e
spari. Le forze egiziane sono ricorse ad idranti per respingere la folla. Ma
mentre tentavano di gestire la difficile situazione, altri miliziani hanno di
nuovo sfondato la frontiera con l'Egitto. BARRIERA DISTRUTTA Sfidando gli
agenti, decine di palestinesi hanno fatto crollare il muro di confine. Uomini
vestiti di nero, alcuni mascherati, a bordo del bulldozer hanno distrutto la
barriera sotto gli occhi dei soldati egiziani. Di conseguenza la polizia, che
dalla mattina presidiava la prima breccia aperta sul muro di confine tra la
Striscia di Gaza e la città egiziana di Rafah, si è ritirata riaprendo così il
passaggio a migliaia di palestinesi. Poco dopo i miliziani delle Brigate
Ezzedin al-Qassam hanno aperto addirittura un terzo varco, poco distante dai primi
due. Per evitare un bagno di sangue, gli agenti egiziani che presidiavano la
zona in tenuta antisommossa si sono allontanati portando via i mezzi blindati
che sostavano sul posto. Migliaia di palestinesi hanno ripreso ad entrare in
territorio egiziano, dal quale tornano indietro con camion carichi di merce. La
breccia aperta da miliziani palestinesi due giorni fa nel muro fra Gaza ed
Egitto ha provocato forte instabilità nella Regione. Numerosi terroristi
palestinesi, secondo Israele, sono già
penetrati nel Sinai e si accingono a compiere attentati. Dalle località
turistiche del mar Rosso stanno per questo uscendo centinaia di gitanti
israeliani, che temono di subire attacchi. Non potendo risolvere questa
situazione con la forza, il presidente egiziano Hosni Mubarak tenta di giocare
la carta della mediazione per porre fine all'embargo israeliano. Per
questo ha proposto un nuovo vertice tra il partito di al-Fatah del presidente
palestinese Abu Mazen e gli islamisti di Hamas da tenersi al Cairo.
"L'Egitto è sempre pronto a cicatrizzare le piaghe esistenti tra i
fratelli palestinesi al fine di garantire la loro unità" ha indicato
Mubarak in un'intervista concessa al settimanale "al-Usbua",
rinnovando i suoi appelli ai Palestinesi affinché oltrepassino le loro
divergenze dopo il colpo di mano di Hamas nel giugno 2007 nella Striscia di
Gaza. LE ACCUSE Due giorni fa Mubarak aveva implicitamente accusato Hamas di
voler tentare di implicare l'Egitto nelle divergenze interpalestinesi e creare
una crisi con le forze di sicurezza sulla frontiera tra la Striscia di Gaza e
l'Egitto. "È necessario che si ascoltino reciprocamente perché una parte
non deve poter controllare in modo unilaterale una piccola parcella del
territorio palestinese" aveva indicato Mubarak, sembrando mettere sullo
stesso piano Hamas e l'Autorità palestinese. Resta alto lo stato d'allerta
anche lungo i valichi fra Israele e Gaza che sono
ancora chiusi. I soldati ieri hanno ricevuto mezzi anti-sommossa per affrontare
possibili emergenze, nel caso in cui Hamas cercasse di sfondare anche quei
valichi dirigendovi masse di dimostranti. Su questo fronte, fonti dell'Anp
hanno annunciato che il presidente palestinese Abu Mazen dovrebbe incontrare il
premier israeliano Ehud Olmert domenica prossima per discutere proprio della
crisi di Gaza. Foto: CONFINE FUORI CONTROLLO Agenti di Hamas fronteggiano i
militari egiziani che ieri hanno tentato, invano, di fermare il continuo
passaggio di palestinesi dal valico di Rafah. Intanto la polizia egiziana sta
imponendo la chiusura sistematica dei negozi per dissuadere i palestinesi dal
cercare di forzare il confine, nella speranza di compiere nuovi acquisti. Sul
fronte sicurezza infine numerosi terroristi palestinesi, secondo Israele, sono già penetrati nel Sinai e si accingono a
compiere attentati Ap Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di
riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Libero" del
26-01-2008)
Attualità 26-01-2008 Vogliono la pace e preparano la
guerra Mentre Usa, Ue e Wto discutono di Borse&Mercati delle valute,
Russia, India e Cina accumulano energia e supremazia nucleare. Le
incomprensibili sorti dei nostri governi euro-americani sono davvero il tavolo
da gioco di questa grande geopolitica? Sinai, Israele, striscia
di Gaza, Libano, Cisgiordania, Giordania, Kurdistan iracheno, l'Aral e i
territori tribali pachistani sono piccoli teatri di una geopolitica minore?
Suez, oleodotti, rotte aeree, navali e terrestri tra Asia, Africa, Oceania ed
Europa incrociano casualmente in quelle terre martoriate la più alta densità di
eserciti antigovernativi e di immigrazione terroristica e mercenaria del
momento nel mondo? Matteo Maria Martinoli Milano Salvo per uso personale è
vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del 26-01-2008)
Cronaca di Cagliari Pagina 1024 Ghetto. Alle 10,30 la
mostra degli elaborati degli studenti della scuola Alfieri Poesie e musica per
non dimenticare l'Olocausto Ghetto.. Alle 10,30 la mostra degli elaborati degli
studenti della scuola Alfieri --> Le riflessioni e le poesie degli alunni
della scuola media Vittorio Alfieri, una lezione dello storico Marcello Tuveri
su "Hannah Arendt e la banalità del male", la musica kletzmer
dell'Emsemble Sophar. È il programma cagliaritano della Giornata della memoria,
con cui anche a Cagliari, oggi, si commemoreranno le vittime del nazismo e
dell'Olocausto. Le celebrazioni, organizzate dal sindaco Emilio Floris e
dall'assessore comunale alla Cultura Giorgio Pellegrini, dalla
scuola Vittorio Alfieri e dall'associazione Italia-Israele, in
collaborazione con il consorzio Camù, si terranno nella sala delle Mura del
centro comunale d'arte e cultura Il Ghetto, in via Santa Croce, a partire dalle
10,30 con la lettura delle riflessioni e poesie degli alunni e l'inaugurazione
della mostra di elaborati dei ragazzi. Con lo storico Marcello Tuveri e
la musica dell'Ensemble Sophar, diretto da Marcello Gallus, l'appuntamento è
alle 18. La mostra degli elaborati sarà visitabile fino a domenica 3 febbraio:
dal martedì alla domenica dalle ore 9,30 alle 13 e dalle 16 alle 19,30. Chiuso
il lunedì per riposo settimanale. Per informazioni, telefonare al numero
070/6402115.
( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del 26-01-2008)
Il Diario ritrovato nel Ghetto pubblicato sessant'anni
dopo --> Il Diario ritrovato nel Ghetto pubblicato sessant'anni dopo La
tragedia della Shoah - che si celebra domani con la Giornata della Memoria -
non è stata, non sarà forse mai indagata completamente. Testimonianze intime,
protette dal pudore dei sopravvissuti o nascoste sino a oggi dalla colpevole
indifferenza di alcuni, riappaiono sempre più numerose e urgenti. Se il Diario
di Anna Frank ha colpito ormai da decenni l'immaginazione con il suo straziante
messaggio, e continua a essere un caso esemplare, quante sono le voci che
finora non sono state ascoltate e meriterebbero uguale ascolto? È il caso di
Rutka Laskier, quattordicenne polacca di cui la Bompiani propone il toccante
" Diario" (pagine 172, ? 12) nella bella traduzione di Laura
Quercioli Mincer, ritrovato sessant'anni dopo. Il Diario documenta alcuni mesi
di vita del 1943 della giovane Rutka costretta con i suoi famigliari nel ghetto
di Bedzin, fino quando i nazisti non li deportarono ad Auschwitz. La ragazza,
il fratello Henius di sei anni e la madre Dorka vennero portati direttamente
nelle camere a gas. Solo il padre, un uomo forte che godeva di buona salute, fu
avviato ai campi di lavoro e si salvò. Dopo la guerra l'uomo
si trasferì in Israele e si ricostruì una famiglia. Zahava, nata dal secondo
matrimonio, aveva 14 anni come la sorellastra morta nell'Olocausto, quando il
padre le raccontò il suo passato. Ma nessuno sapeva niente del diario che
Rutka, una ragazza di spiccata intelligenza e di straordinaria abilità nello
scrivere, nei primi mesi del 1943 aveva iniziato a compilare. Ne aveva
parlato con un'amica non ebrea, Stanislawa, alla quale aveva rivelato il
nascondiglio in cui lo teneva per recuperarlo qualora fosse successo quello che
temeva. Ruth sapeva infatti, quello che stava succedendo; sapeva che la morte
aveva il nome di Auschwitz nelle immediate vicinanze di Cracovia, non lontano
da Bedzin. Sapeva delle camere a gas e ogni notte vedeva scomparire intere
famiglie, intuendo dove finivano. Il ghetto che lei descrive come una sorta di
girone infernale. La neve cadeva a grandi fiocchi bianchi e "l'inverno per
la maggior parte degli abitanti del ghetto è lo spettro della miseria e della
fame. Ovunque file di gente, file per il pane, per la colza, per il carbone.
Bambini vestiti miseramente tendono la mano ai passanti. Questi bambini sono il
marchio del grigio ghetto". Dopo il racconto del padre Zahava pensò molto
alla sorella più grande e al fratello che non avrebbe mai conosciuti, e di ciò
si rammaricava, ma il destino aveva in serbo per lei una bella sorpresa. Che
cosa? Lo racconta lei stessa, venuta a Milano per presentare il Diario della
sorellastra. "Nel gennaio del 2006 - dice - ricevetti una telefonata da un
uomo che non conoscevo. Mi ha chiesto se ero la figlia di Yaacov Laskier e alla
risposta affermativa mi disse che avevano ritrovato un diario di una ragazza
scritto durante l'Olocausto: il diario di Rutka Laskier. Il diario, mi disse,
era stato consegnato a un giornalista da una donna, Stanislawa Sapinska, che lo
aveva custodito per 62 anni. La donna, da giovane era amica di Rutka che le
aveva indicato dove teneva nascosto il diario che stava scrivendo:
un'intercapedine del pavimento della casa nel ghetto chiuso. Rutka morì ad
Auschwitz alla fine dell'agosto del 1943, e l'amica, alla fine della guerra,
andò nel ghetto per cercare il diario nell'appartamento distrutto e
saccheggiato. Trovò il diario nel punto indicato e lo portò a casa sua
mettendolo al sicuro per più di sessant'anni come un ricordo caro". Due
anni fa la signora, durante il suo ottantesimo compleanno, ne parlò con un nipote
e gli mostrò il diario. Il giovane lesse e disse alla nonna che si trattava di
una grande testimonianza storica che non poteva essere tenuta nascosta al
mondo. E così il libro venne pubblicato. FRANCESCO MANNONI.
( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
DI la settimana GABRIELE FERRARIS UN PASSO INDIETRO
Abbiamo anche noi la nostra Sapienza. Nel senso dell'università romana, perché
in quanto a virtù sapienziali ne scorgiamo poche, nell'alzata d'ingegno di
Vincenzo Chieppa, consigliere regionale dei Comunisti Italiani: egli ha pensato bene di sindacare la decisione della Fiera del
Libro, che ha scelto Israele come ospite d'onore della prossima edizione. Chieppa ha scritto
al presidente della Fiera, Rolando Picchioni, chiedendogli di invitare (per una
sorta di "par condicio": è un dramma, quando i politici apprendono
uno straccio di latinorum...) anche l'Autorità Palestinese, sempre come
ospite d'onore. A far buon peso, un altrimenti ignoto "presidente della
Lega degli scrittori giordani" ha invitato gli intellettuali italiani a
boicottare la Fiera. Il presidente Picchioni e il direttore Ferrero hanno dato
prova di civiltà prendendo quasi sul serio Chieppa (il giordano, era proprio
impossibile...), e rispondendogli che il ruolo particolare di Israele alla Fiera di quest'anno non esclude la
partecipazione di nessuno, neppure dell'Autorità Palestinese. Ma si sono ben
guardati dal considerare l'ipotesi di un "invito cerchiobottista"
che, a questo punto, suonerebbe quantomeno imbarazzante. Peccano però
d'ottimismo, ritenendo bastevole tale spiegazione. Bisognava partire dai
fondamentali, spiegando che: 1) certe derive portano dritte al grottesco (se in
futuro l'ospite d'onore fossero gli Stati Uniti, chi convocare per
"contrappeso"? L'Iran? La guerriglia irachena?); 2) Israele può avere, come ogni governo, torti gravi, ma è uno
Stato democratico, riconosciuto dal consorzio civile; 3) tra i tanti scrittori
israeliani di talento, molti manifestano liberamente nel loro Paese dissenso
dalle politiche del loro Paese. Le ingerenze dei politici devastano ogni sfera
della vita sociale; ancor più quando aggrediscono - spregiando logica, buon
senso e sintassi - la cultura. Almeno lì, facciano un passo indietro, non
essendo attrezzati per avventurarsi in quei territori. La Fiera è sana e ben
gestita: la lascino in pace, baloccandosi piuttosto con i numerosi carrozzoni
che sono già riusciti a mandare a ramengo.
( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
25 gennaio alle ore 21 al Teatro Giacosa di Ivrea
debutta in prima nazionale "Rose di sangue", nuovo allestimento
dell'Associazione Culturale Liberipensatori "Paul Valery". Autore della piece è Israel Horovitz, scrittore americano dedito
con ugual talento al cinema e al teatro (suoi ad esempio il soggetto e la
sceneggiatura del film "Fragole e sangue"), amico e grande estimatore
di Samuel Beckett, pluripremiato e molto rappresentato nei teatri di tutto il
mondo, con opere tradotte in più di 30 lingue. Della cinquantina di
testi composti dall'autore, molti dei quali risalenti agli Anni Settanta,
Oliviero Corbetta ha scelto una commedia a due personaggi, non nuova in Italia
ma lontana dalla grande notorietà raggiunta in Francia grazie
all'interpretazione che ne diedero Pierre Dux e Jane Birkin. Il titolo
originale è "Park your car in Harvard yard", e ha per protagonisti un
anziano professore un poco scorbutico e una giovane donna apparentemente
sprovveduta che fa irruzione nella vita di lui dando nuova vita ad antichi
rancori mal sopiti. Protagonisti dell'allestimento diretto da Corbetta, Mario
Brusa ed Elena Canone; le scene sono state curate da Daniela Vassallo, mentre i
costumi sono di Elena Bedino. Si replica il giorno dopo, sabato 26, nuovamente
alle ore 21. \.
( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
COMMEMORAZIONI Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti
Commemorazione ufficiale domenica 27 al cimitero monumentale. Il Comune, in
collaborazione con l'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi
nazisti, Associazione nazionale ex internati, Comunità Ebraica di Torino e la
Fondazione Teatro Stabile organizza infatti tre momenti di riflessione per il
giorno della memoria. Alle 9,30 commemorazione e omaggio alle lapidi dei
caduti. Sempre domenica, ma alle
( da "Stampa, La" del
26-01-2008)
IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI
ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ 14,30/19,30, DA MARTEDÌ A DOMENICA
9,30/19,30, GIOVEDÌ E SABATO 9,30/22,30, INGRESSO: INTERO 7,50, RIDOTTO 5,50,
BAMBINI (6-14 ANNI) 3,50, TEL 011/5711811, WWW.PALAZZOBRICHERASIO.IT Dal 25
gennaio al 24 febbraio, le sale espositive ospitano un'antologica, curata da
Luca Beatrice e organizzata in collaborazione con il Mamac di Nizza, che
ripercorre attraverso 70 opere le vicende artistiche del principale esponente
del Nouveau Realisme. Francisco Goya BIBLIOTECA NAZIONALE UNIVERSITARIA DI
TORINO, PIAZZA CARLO ALBERTO 3, ORARI: LUNEDI', MERCOLEDI', VENERDI' E SABATO
9/13, MARTEDI' E GIOVEDI' 9/18 E' aperta sino al 15 marzo "Los Caprichos. Goya
Illuminista fra Settecento ed Europa napoleonica". In mostra, l'intera
opera di Francisco Goya "Los Caprichos": un insieme di tavole in
perfetto stato di conservazione, cui è affiancato un importante nucleo di
reperti librari di proprietà della biblioteca. Lo Spazio dell'uomo FONDAZIONE
MERZ, VIA LIMONE 24, ORARI: MARTEDI'-DOMENICA 11/19. INGRESSO: INTERO 5 EURO,
RIDOTTO 3,50, GRATIS BAMBINI SOTTO I 10 ANNI, MAGGIORI DI 65 , DISABILI E OGNI
PRIMA DOMENICA DEL MESE Fino all'11 maggio, un'indagine sulla scena artistica
contemporanea cilena, attraverso l'incontro tra storia del passato e realtà del
presente. Werner Herzog FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO, VIA MODANE 16, OR.:
12/20, GIOVEDI' 12/23, CHIUSO LUNEDI' Nell'ambito della manifestazione "Segni
di Vita. Werner Herzog e il cinema", la Fondazione ospita una mostra ricca
di strumenti che permettono di approfondire l'idea di cinema dell'artista
tedesco. Accanto alla sezione fotografica, l'esposizione, aperta fino 10
febbraio, segue un itinerario composto da una serie di video. Novecento -
Trilogia dell'automobile TORINO ESPOSIZIONI, CORSO MASSIMO D'AZEGLIO 15, OR:
MARTEDI'-DOMENICA 10/18,30. Le più belle auto del '900; fino al 30 marzo. Why
Africa? PINACOTECA AGNELLI, VIA NIZZA 230, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/19. INGR.:
INT. 7 EURO, RID. E GRUPPI 6, SCUOLE E BAMBINI 6/12 ANNI 3,50. VISITE GUIDATE
011/0062713. WWW.PINACOTECA-AGNELLI.IT Esposta per la prima volta in Italia una
parte della più importante collezione al mondo di arte contemporanea africana.
Il tema più ricorrente nelle opere è il profondo legame con il territorio al
quale gli artisti si rivolgono proponendo la loro personale esperienza della
realtà. La mostra rimane aperta fino al 3 febbraio. Acquisizioni GAM, VIA
MAGENTA 31, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/18, LA BIGLIETTERIA CHIUDE UN'ORA PRIMA.
INGRESSO: 7,50 EURO, RIDOTTO 6; INFO 011/4429518. WWW.GAMTORINO.IT Fino al 27
gennaio, sono esposte 50 delle mille opere acquisite negli ultimi 5 lustri.
Tempeste polari MUSEO DELLA MONTAGNA, P.LE MONTE DEI CAPPUCCINI 7, OR.: 9/19,
LUNEDI' CHIUSO. WWW.MUSEOMONTAGNA.ORG Manifesti e film dei primi trent'anni di
cinema sulla grande avventura esplorativa in Artide e Antartide. Fino al 10
febbraio. Splendide preziosità quotidiane MUSEO DI ANTROPOLOGIA, VIA ACCADEMIA
ALBERTINA 17 La collezione si arricchisce di un centinaio di reperti del primo
'900 dell'Asia Centrale. Le opere rimarranno in esposizione sino al 31 marzo.
Torino inedita ARCHIVIO STORICO DELLA CITTÀ DI TORINO, VIA BARBAROUX 32, OR.:
LUNEDI'-VENERDI' 8,30/16,30 Quattro panorami di Luigi Vacca; in esposizione
fino al 31 marzo. (R)esistere per immagini MUSEO DIFFUSO DELLA RESISTENZA,
CORSO VALDOCCO 4/A, TUTTI I GIORNI DALLE 10 ALLE 18, IL GIOVEDÌ DALLE 14 ALLE
22; CHIUSURA IL LUNEDÌ; INGRESSO LIBERO Mostra in omaggio a Germano Facetti:
all'uomo sopravvissuto alla Deportazione, al grafico che ha rivoluzionato la
Penguin Books, al creativo, attraverso i documenti privati e professionali del
ricco fondo acquisito dall'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e
della società contemporanea "Giorgio Agosti". La mostra sarà aperta
al pubblico sino al 25 aprile. Capitàn Germàn MIAAO, VIA MARIA VITTORIA 5, DAL
MARTEDÌ AL VENERDÌ ORE 16-19,30 SABATO E DOMENICA ORE 11/19, LUNEDÌ CHIUSO
Artefatti astrali di Germàn Impache, fino al 24 febbraio. Mario Lattes ARCHIVIO
DI STATO, PIAZZA CASTELLO 209, ORARIO: DA MARTEDÌ A SABATO 10/19; DOMENICA
10/14; INGRESSO LIBERO "Di me e di altri possibili: Mario Lattes pittore,
scrittore, editore". La mostra è composta di tre parti: una parte
pittorica con un'antologia di quadri dipinti tra il 1960 e il 1995, una parte
narrativa comprendente le opere pubblicate (romanzi, poesie, autografi e diari)
ed una parte editoriale con alcune opere significative pubblicate nel periodo
in cui l'artista era amministratore delegato della casa editrice Lattes.
L'esposizione è aperta fino al 12 marzo. Paolo Guasco Cinque personali PIEMONTE
ARTISTICO CULTURALE, VIA ROMA 264, ORARI: LUNEDI' - SABATO 15,30/19,30,
INGRESSO LIBERO Fino al 26 gennaio, Piemonte Artistico Culturale propone una
antologica del pittore torinese Paolo Guasco. La mostra segue quella tenuta
alla Civica Galleria d'Arte Filippo Scroppo di Torre Pellice. Alle opere già
esposte si aggiunge un importante nucleo appartenente agli anni '70. Martedì 29
gennaio alle 18 s'inaugurano, poi, cinque mini-personali con opere di: Enrica
Berardi, Cristina Botta, Jessy Jacob, Giancarlo Morra e Rosella Porrati.
Resteranno esposte sino al 13 febbraio. Massimo Ghiotti RETTORATO, V. PO 17.
OR: 7.30/18 INGR. VIA PO E 7.30/19.30 INGR.V. VERDI.; SAB. E DOM. INGR. VIA PO
15.30/19.30. Sette sculture di grandi dimensioni (fino al 31 gennaio).
Un'ottava scultura è in Piazza Castello, tra le vie Po e Verdi. Mi è sembrato
di vedere un U.F.O. EX SCUDERIE DEL PARCO DELLA TESORIERA, CORSO FRANCIA 192,
ORARIO: TUTTI I GIORNI 15/18 Siamo soli nell'universo? Una libera e vivace
interpretazione di questa riflessione da parte degli artisti: Stefano
Gradaschi, Anna Bordignon, Giuseppe Scollo, Elena Mora, Fabio Mattia, Simona
Ilaria Di Michele, Teresa Bonaventura, Silvana Gatti, Vincenzo Vanin e Akira
Zakamoto. Sino al 31 gennaio. IoEspongo XI PASTIS, P.ZZA EMANUELE FILIBERTO 9B,
WWW.ASSOCIAZIONEAZIMUT.NET Fino al 29 gennaio, sono esposte le opere che
partecipano alla seconda tornata del concorso; il giorno successivo, dalle ore
22, serata di selezione e votazione del pubblico, con inaugurazione
dell'esposizione successiva. Love Artom FROM SPOON TO CITY, CORSO MORTARA 46
Giovedì 31 gennaio alle 18,30, verranno messi all'asta pannelli, tele ed
oggetti di design realizzati per il progetto "Love Artom". Il
ricavato sarà devoluto all'iniziativa Tredicesima dell'Amicizia della
Fondazione La Stampa - Specchio dei Tempi, a favore degli anziani del
quartiere. Stili a confronto San Valentino in galleria ARTEINCORNICE, VIA
VANCHIGLIA 11, OR.: 9/13 E 15/19, ESCLUSO FEST. E LUN. MATTINA Da sabato 26
gennaio e fino all'8 marzo, la collettiva "Stili a confronto"
presenta ventiquattro opere di Piero Gilardi, Giorgio Griffa ed Enrico Paulucci.
Prosegue inoltre, sempre sino all'8 marzo, una esposizione pensata per
l'avvicinarsi della festa di San Valentino e la Festa della Donna, con una
selezione rinnovata di opere degli artisti più importanti della galleria. Mario
Schifano - Gli anni '80 GALLERIA IN ARCO, PIAZZA VITTORIO VENETO 3, ORARIO:
MARTEDI'-SABATO 10/12,30 E 16/19,30 Dopo la più nota produzione degli anni '60
e '70, Schifano negli anni '80 è stato precursore di un cambiamento che ha
segnato la storia dell'arte italiana, promuovendo un recupero della tradizione
pittorica. Le sue opere di questo periodo sono in mostra fino al 15 marzo.
Daniel Glaser Magdalena Kuntz Miha Strukelj GAGLIARDI ART SYSTEM, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 90, ORARIO: 15/20 Daniel Glaser e Magdalena Kuntz
presentano tre installazioni, mentre Miha Strukelj indaga i confini tra pittura
e disegno nell'era della tecnologia. Entrambe le esposizioni terminano il 26
febbraio. Pierre-Yves Le Duc 41 ARTECONTEMPORANEA, VIA MAZZINI 41, ORARI:
MARTEDI'-SABATO 15/19, MATTINO E LUNEDI' SU APPUNTAMENTO 011/8129544
"Opera", prima personale a Torino dell'artista francese.
L'esposizione di disegni prosegue sino al 28 marzo. Neve PIRRA, C.SO V.
EMANUELE 82, OR.:LUN-SAB 9,30/12,30 E 15,30/19,30. DOM. 9,30/12,30 "Neve.
Nel mondo di un solo colore", rassegna di post-impressionisti russi; sino
a fine gennaio. Ernesto Jannini e Fausto Morviducci FUSION ART GALLERY, PIAZZA
PEYRON 9/G, ORARIO: MARTEDI', GIOVEDI' E VENERDI' 16,30/19,30 O SU APPUNTAMENTO
335/6398351 Personali a cura di Edoardo Di Mauro e Walter Vallini; proseguono
sino al 29 gennaio. Stanze-Salvatore Astore ALLEGRETTI, VIA SAN FRANCESCO
D'ASSISI 14, ORARIO: MAR-SAB 10/13 E 14/19 Personale; sino al 31 gennaio. Le
opere del calendario SALOTTO DELL'ARTE, VIA ARGONNE 1/C, ORARI: LUNEDÌ -
VENERDÌ 16,30/19, SABATO 10,30/19,30 Esposizione delle opere pittoriche e
sculture pubblicate sul calendario 2008 del "Corriere dell'arte". A
queste, si aggiungono alcune altre di: Giancarlo Aleardo Gasparin, Martino
Bislacco, Alberto Maria Marchetti, Adri Mazzetti, Lia Laterza, Anna Borgarelli,
Adelma Mapelli, Massimo Alfano, Ines Daniela Bertolino, Giorgio Flis, Dolores
Dosio e Tatiana Veremejenko. Sino al 26 gennaio. Anni '60 ARTEREGINA, CORSO
REGINA MARGHERITA 191, ORARI: MARTEDI' - VENERDI' 15/19, SAB. 9,30/12,30 E
15/19 "Frammenti di storia - Anni '60 - Artisti torinesi ", in
esposizione sino al 31 gennaio. Opere di Sergio Agosti, Nino Aimone, Alfredo
Billetto, Romano Campagnoli, Antonio Carena, Francesco Casorati, Mauro Chessa,
Mario Davico, Pietro Gallina, Gino Gorza, Horiki Katsutomi, Angelo Maggia, Pino
Mantovani, Adriano Parisot, Piero Rambaudi, Piero Ruggeri, Sergio Saroni,
Giacomo Soffiantino e Mario Surbone. Marcello Giovannone FOGLIATO, VIA MAZZINI
9, OR.: 10/12,30 E 16/19,30, CHIUSO FESTIVI E LUNEDI' MATTINA Fino al 29
gennaio, personale dal titolo: "Impronte del tempo". David Gerstein
ERMANNO TEDESCHI, VIA C. I. GIULIO 6, ORARI: MARTEDI'-SABATO 11/13 E 16/20 O SU
APP. 011/4369917 Personale dell'artista israeliano; sino al
29 febbraio. Sisto Giriodi Pangolino VIRANDO, C.SO LANZA 105, OR.: LUN-SAB
16,30/20 Sino al 26 gennaio, personale di Giriodi; dal 22 al 26 gennaio, è
inoltre esposta una serie di carboncini che ritraggono maschere tipiche della
Sardegna. Mercoledì 30 gennaio, dalle 18 alle 23, s'inaugura "Cieli
interiori", di Tiziano Bergamini, in arte Pangolino; sino al 16 febbraio.
Silvio Brunetto GALLERIA D'ARTE BERMAN, VIA ARCIVESCOVADO 9/18, ORARIO:
MARTEDI' - SABATO 10/12,30 E 16/19 "Inverno bianco", personale in esposizione
sino al 9 febbraio. Incisioni GALLERIA IL CALAMO, VIA DELLA ROCCA 4/L. ORARIO:
10,30/12,30 E 16,30/19,30 "Incisioni dal XV al XX secolo", rassegna
di opere grafiche di maestri antichi e moderni, tra cui alcuni giapponesi.
Esposizione sino a fine febbraio. Pippo Leocata FOGOLA, PIAZZA CARLO FELICE 15,
ORARIO: LUNEDI' 15,30/19,30, DAL MARTEDI' AL SABATO 10,30/19,30, DOMENICA
10,30/13 Esposizione di olii su tela ed acqueforti del pittore catanese; sino
al 31 gennaio. Collezioni GALLERIA DEL PONTE, CORSO MONCALIERI 3, OR.: MAR-SAB
10/12,30 E 16/19,30 . Dai Sei di Torino a Carol Rama; le opere rimarranno in
esposizione fino al 26 gennaio. Sospensione GIORGIO PERSANO, VIA P. CLOTILDE
45, OR.: MAR.-SAB. 10/13 E 15,30/19 Installazioni di Marco Gastini ed Eliseo
Mattiacci. Fino al 29 marzo. Mathew Sawyer GALLERIA SONIA ROSSO, VIA GIULIA DI
BAROLO 11/H, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 15/19 O SU APPUNTAMENTO 011/8172478 Sino
al 31 gennaio prosegue la personale di collages "Don't tell the others
what we were singing". Quadreria GALLERIA MICRO', PIAZZA VITTORIO VENETO
10, ORARI: MARTEDI' - VENERDI' 16/19,30, SABATO 10,30/12,30 E 16/19,30
Esposizione di Natale della galleria, fino al 26 gennaio. Gabriele Arruzzo
GALLERIA ALBERTO PEOLA, VIA DELLA ROCCA 29, ORARIO: LUNEDI'-SABATO 15,30/19,30 O
SU APPUNTAMENTO 011/8124460 "Hortus conclusus", personale pittorica;
in esposizione sino a sabato 26 gennaio. Paul Fryer GUIDO COSTA PROJECTS, VIA
MAZZINI 24, ORARIO: LUNEDI'-SABATO 11/13 E 15/19 "In Loving Memory",
prima personale italiana dell'artista britannico Paul Fryer. Le opere
rimarranno in esposizione sino al 31 gennaio. Incisioni IN-FOLIO, C.SO AGNELLI
34 (2°PIANO), ORARIO: 10,30/12,30 E 15,30/19 200 opere originali di maestri dal
XV al XIX secolo; in esposizionesino al 31 gennaio. Enzo Briscese GALLERIA
ARIELE, VIA LAURO ROSSI 9, ANGOLO CORSO GIULIO CESARE, ORARIO: DAL LUNEDI' AL
SABATO DALLE 16 ALLE 19,30 "Paesaggio Urbano", personale di tecniche
miste e oli del 2006 e del
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Gaza, l'Egitto non ferma Hamas di Gian Micalessin -
sabato 26 gennaio 2008, 09:11 Era un'insormontabile frontiera, è diventato un
confine aperto, sembra pronto a trasformarsi un un'irreversibile realtà.
L'unico deciso a negarla con ogni forza è l'Egitto, ma di fronte a quell'esodo
che ricorda a tratti un'intifada fuori rotta e a tratti una gioiosa corsa ai
saldi, il governo del presidente Hosni Mubarak e il suo esercito appaiono
confusi e smarriti. Una delle grandi nazioni medio-orientali si scopre impotente
di fronte alla macchinazioni di Hamas e ai bulldozer dei suoi militanti pronti
ad aprire nuovi varchi non appena i soldati in tenuta antisommossa tentano di
arrestare l'esodo palestinese da Gaza. In questa strana guerra di confine
l'Egitto deve far i conti anche con l'esausta strategia di Israele, con la rassegnazione di uno Stato ebraico pronto a scaricare
nelle mani di Mubarak una Striscia ormai aperta e fuori controllo. Le immagini
sono eloquenti. Gli egiziani mandano l'esercito a bloccare i varchi, avvisano i
palestinesi che il tempo degli acquisti e dei ricongiungimenti con le famiglie
in terra d'Egitto è terminato, fissano le sette di ieri sera come
termine ultimo per il ritorno a Gaza. Dall'altra parte il portavoce
fondamentalista Sami Abu Zuhri spiega che i varchi non si possono chiudere
perché servono a "fornire assistenza urgente" al suo popolo. Intanto
militanti mascherati muovono un paio di bulldozer verso le zone dove la
barriera è ancora in piedi e aprono nuovi varchi. I palestinesi defluiscono
come un fiume in piena sopravanzando e circondando gli esterrefatti soldati
egiziani. Quando cannoni ad acqua e bastoni entrano in azione i palestinesi si
comportano come con gli israeliani. Prima mettono mano ai sassi, poi lasciano
partire qualche raffica di kalashnikov. I proietti azzoppano un soldato,
costringono gli ufficiali egiziani a ritirare i propri uomini per evitare una
risposta che nelle immagini delle emittenti arabe diventerebbe la strage di
“fratelli” palestinesi. Alla fine saranno sei i militari egiziani feriti. La
nuova realtà prende così forma. Egitto e Gaza diventano un'unica permeabile
entità, lo Stato ebraico si appresta far i conti con un Sinai trasformato in
terreno di battuta per militanti alla caccia di turisti israeliani o retroterra
per infiltrazioni armate tra i kibbutz del Negev. Certo Mubarak non si dà per
vinto. "Devono riportare le cose alla normalità, devono rispettare i
precedenti accordi", strilla rivolgendosi ad Hamas e agli israeliani
accusati di non mettere fine al blocco della Striscia.
( da "Quotidiano.net" del
26-01-2008)
Mobile email stampa PAURA A BEIRUT Attentato a una
colonna militare Dieci morti nel quartiere cristiano Fra le vittime anche un
alto ufficiale delle forze di sicurezza libanesi, obiettivo principale
dell'attentato. Ma il bilancio potrebbe aggravarsi Home Esteri prec succ Contenuti
correlati Razzi Qassam su Sderot, una donna ferita Israele:
"Stop a raid se Hamas sospende lanci" Ancora pioggia di razzi su Israele Raid a Gaza, ucciso anche un bambino Annapolis, intesa raggiunta
Bush: "Momento giusto per la pace" Olmert: "Due Stati per due
popoli" Beirut, 25 gennaio 2008 - Sono almeno dieci le persone rimaste
uccise a causa della violentissima esplosione risuonata in mattinata nel
quartiere cristiano di Furn al-Shebbak, alla periferia est di Beirut:
tra loro anche un alto ufficiale delle forze di sicurezza libanesi, la cui auto
è stata presa di mira con un attentato dinamitardo. Lo hanno riferito le tv
libanesi, secondo cui i feriti sono numerosi. L'emittente televisiva 'al-Manar'
ha trasmesso le immagini di alcuni cadaveri carbonizzati accasciati sulla
carreggiata, e di diversi veicoli distrutti dalla potente onda d'urto. Stando
alle stesse fonti, il computo delle vittime potrebbe ulteriormente aumentare.
Sangue nella capitale libaneseMEDIO ORIENTE L'Egitto chiude la frontiera con Gaza.
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 12:23 Gaza - Per
la prima volta da quando hanno travolto mercoledì il confine, molti abitanti di
Gaza hanno iniziato stamattina a superare in automobile il valico di Rafah con
l'Egitto. Il passaggio delle macchine è ora possibile dopo che militanti di
Hamas hanno ulteriormente spianato la barriera di confine con bulldozer, riferisce il sito israeliano di Haaretz. Dopo il fallito
tentativo di riportare ieri ordine al valico, le guardie egiziane sembrano aver
abbandonato ogni iniziativa. Questa mattina al confine vi erano solo due
guardie sedute ai piedi di una torretta di sorveglianza, che osservavano il
passaggio di auto con targa di Gaza ed egiziana, scrive ancora il sito.
E gli egiziani "invadono" Gaza Centinaia di egiziani si stanno
riversando nella Striscia di Gaza cogliendo l'occasione del crollo del muro che
chiudeva il confine e che impediva anche a loro fin dal 1967 di poter
raggiungere il territorio palestinese. Dalla breccia aperta sulla linea di
confine di Rafah le auto con targa egiziana si incrociano in un ingorgo con le
auto con targa palestinese che viaggiano verso El-Arish, cittadina egiziana sul
mare. "Stanno arrivando tantissimi egiziani e noi li accogliamo come
fratelli così come loro stanno accogliendo noi", dice all'Ansa un agente della
polizia di Hamas, Abu Taufik, che pattuglia con altri colleghi la centralissima
piazza Sahaa, nel cuore della città di Gaza. Il poliziotto conferma che
l'ordine è di non effettuare nessun controllo e non porre alcun intralcio agli
egiziani che intendono recarsi all'interno della Striscia. Nessun controllo Un
egiziano Ahmed Ahmed proveniente dalla cittadina di Ismailia ci conferma di
aver raggiunto Gaza senza aver passato alcun controllo di polizia: "Sono
partito alle nove di ieri sera e sono arrivato a Gaza dopo quasi dodici ore di
viaggio - racconta l'uomo all'Ansa - e sia in territorio egiziano che in quello
palestinese nessun poliziotto mi ha chiesto documenti, e io ora spero di poter
vendere qui la mia merce". Sul cassone del suo pick-up trasporta due moto
di fabbricazione cinese nuove e fiammanti. Accanto a lui la moglie che lo ha
voluto accompagnare "per la curiosità di vedere Gaza per la prima volta
nella mia vita". Dalla stessa piazza Sahaa centinaia di palestinesi si
arrampicano intanto sui cassoni dei camion preparandosi al viaggio che li
porterà in terra egiziana, poichè ormai non si trova neppure più un taxi, tutti
già prenotati e partiti sin dal primo mattino.
( da "Giornale.it, Il" del
26-01-2008)
Striscia, il confine resta aperto e gli egiziani
"invadono" Gaza di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 12:23 Corse i
taxi a 40 shekel Da Gaza vengono anche organizzate corse in taxi collettivi per
un itinerario mai offerto prima: fino a El Arish, la località egiziana sul mare
(a
( da "Mattino, Il
(Nazionale)" del 26-01-2008)
Primo consiglio dei ministri dopo la crisi: sì al
decreto di rifinanziamento ma senza i voti di Prc e Cosa rossa ELENA ROMANAZZI
Roma. Romano Prodi non tenta neanche di mediare nel corso della riunione
dell'esecutivo dimissionario quando il ministro per la Solidarietà sociale,
Paolo Ferrero, non vota il decreto che rifinanzia le missioni dei militari
all'estero per il 2008. Un atto dovuto, necessario per evitare che la crisi
possa incrinare i rapporti internazionali, un decreto che consente il
proseguimento degli "interventi di cooperazione allo sviluppo ed a
sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione - si legge nel comunicato
della presidenza del Consiglio - in Afghanistan, Iraq, Libano, Sudan e
Somalia". Il no di Prc è scontato. Le missioni all'estero sono state per
il governo una delle note dolenti nel corso dei diciotto mesi di lavoro. La
sinistra si defila e chiede sul tema una verifica in Parlamento. "Il decreto
legge - spiega Ferrero - licenziato dal governo è simile a dello scorso anno,
con l'indicazione delle stesse missioni, e con gli stessi finanziamenti".
Tutto, aggiunge, dovrà essere messo in discussione in aula a partire dalla
missione in Afghanistan, e poi missione per missione si deciderà cosa fare.
Sulla stessa linea Giovanni Russo Spena: "Ritengo che i gruppi
parlamentari di Prc e dell'intera Sinistra arcobaleno non voteranno a favore
del rifinanziamento". Le situazioni in Afghanistan - aggiunge - Kosovo,
Libano, Sudan, Somalia sono troppo diverse tra loro: occorre analizzare ognuna
di queste missioni per verificare se e dove è necessario un cambiamento delle
strategie internazionali. Anche i comunisti italiani fanno sentire la loro
voce. Iacopo Venier, responsabile esteri del partito, annuncia che in aula
voteranno contro il rinnovo della missione militare in Afghanistan: "La
caduta del governo Prodi - sostiene - ci impone oggi di manifestare anche con
il voto in Parlamento la nostra contrarietà di fondo al coinvolgimento del
nostro paese nel conflitto in Afghanistan". Ora - aggiunge - non c'è più
alcuna garanzia che in futuro le nostre truppe conservino i limiti territoriali
e di ingaggio garantiti dal premier: la Nato e gli Usa chiedono all'Italia di
rompere gli indugi e di combattere fino in fondo una guerra persa e che è
servita solo a moltiplicare la produzione di eroina. Tana De Zelueta dei Verdi,
rammenta come appena una settimana fa tra i rappresentati della Sinistra
arcobaleno in commissione Difesa e Esteri della Camera si era raggiunto un
accordo per il voto disgiunto delle missioni, un impegno che va mantenuto. Sono
circa 8mila i militari impegnati all'estero secondo i dati della Difesa
aggiornati alla fine del 2007, ventisette le missioni svolte in diciannove
Paesi. In Afghanistan il contingente della missione Nato Isaf, distribuito tra
Kabul ed Herat, è composto da 2.160 militari, ai quali se ne aggiungono poche
decine della missione Eupol. Alla missione Nato Joint Enterprise nei Balcani
l'Italia contribuisce invece con 2.255 militari, in gran parte schierati in
Kosovo, mentre a quelle della Ue in Bosnia con
( da "Manifesto, Il" del
26-01-2008)
"In piazza senza il Prc" I no war non credono
alla "svolta". Corteo l'1 marzo a Roma Stefano Milani Roma Troppo
tardi, bisognava pensarci prima. I movimenti no war non ci cascano, puntano i
piedi e sbattono la porta in faccia a chi, fino a ieri, era in parlamento a
recitare il signorsì a Prodi sul rifinanziamento delle missioni militari
all'estero mentre ora, che il premier è caduto, si affannano a rinnegare quelle
"scomode" posizioni. Sul banco degli imputati la sinistra arcobaleno
tutta. Nessuno escluso. Nemmeno Rifondazione comunista che proprio ieri ha
rotto gli indugi e col suo capogruppo al senato, Giovanni Russo Spena, ha
dichiarato il proprio "no" al rifinanziamento delle missioni previsto
entro il mese di marzo. Fuori tempo massimo. E anche questo dietrofront dell'ultim'ora
sa tanto di "opportunismo" per chi contro il rifinanziamento lo è
stato, "sempre e comunque". E per ribadirlo ancora una volta sta
organizzando (probabilmente per il prossimo 1 marzo a Roma) una grande
manifestazione nazionale contro "tutte" le guerre. L'invito a
partecipare sarà rivolto alla società civile e a tutte quelle associazioni che
da anni si battono per il cessate il fuoco incondizionato. E solo a loro.
Nessuna forza politica (ormai ex) governista sarà infatti ben accetta al
corteo. "E ci mancherebbe altro", chiarisce Piero Bernocchi.
"Per noi nulla è cambiato. La differenza tra noi e loro continua ad essere
sostanziale", sottolinea il portavoce dei Cobas che poi spiega: "Noi
siamo contro tutte le guerre. Loro fanno ancora dei distinguo". E se
infatti sul "no" all'Afghanistan tutti concordano, basta nominare il
Libano o il Kosovo perché tutti i nodi ritornino al pettine. "Non si può
mercanteggiare la politica estera - conclude Bernocchi - a seconda degli
interessi politici del momento. Lo trovo di un cinismo aberrante. E per quanto
mi riguarda la sinistra arcobaleno continua a volere la guerra, anche ora che
non è più al governo". Ma il primo marzo è ancora lontano, meglio allora
pensare al presente. Alla giornata di oggi che per il popolo no war sarà fitta
di mobilitazioni, in occasione della Giornata d'Azione globale in cui new
global, movimenti e sindacati celebrano il Social Forum Mondiale
( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Gaza, l'Egitto chiude la frontiera ma Hamas apre nuove
breccie Dopo due giorni in cui centinaia di migliaia di palestinesi si sono
liberamente spostati fra Gaza e il Sinai, le autorità egiziane hanno ieri
dislocato ingenti reparti militari nella zona di Rafah e preparano la chiusura
del confine. Ieri, fra le proteste di migliaia di palestinesi, i militari
avevano cercato di fermare il fiume umano che cercava beni di prima necessità
nella cittadina di frontiera. Ci sono state sassaiole e le forze egiziane sono
ricorse ad idranti per respingere la folla. Da parte loro, le forze di
sicurezza di Hamas sono pure intervenute per disperdere gli assembramenti di
folla. Il portavoce di quelle unità ha detto all'ANSA che è stato raggiunto un
accordo fra Hamas e autorità egiziane per chiudere in maniera concordata il
confine. Nel frattempo prosegue il rientro a Gaza di chi è riuscito ad entrare
in Egitto nelle ore passate. Sul versante egiziano del confine, è stato
riferito, la polizia egiziana sta imponendo la chiusura sistematica dei negozi
per dissuadere i palestinesi dal cercare di forzare il confine, nella speranza
di compiere nuovi acquisti. Restano peraltro chiusi i
valichi fra Israele e Gaza. I soldati nelle ultime ore hanno ricevuto mezzi
anti-somossa per affrontare possibili emergenze se Hamas cercasse di sfondare
quei valichi. Nella zona resta alto il livello di violenza. Quattro palestinesi
(due miliziani di Hamas e due civili) sono rimasti uccisi in due raid
israeliani nel sud della Striscia di Gaza. servizio di Tiziana Barrucci
a pagina 9 26/01/2008.
( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Tullia Zevi: "Quel giorno del
( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Il Cairo prova a sigillare la breccia nel muro con la
Striscia provocando proteste e reazioni dei palestinesi in fuga Bulldozer con
uomini vestiti di nero intanto danno l'assalto ad altri tratti della barriera
verso tra la Striscia e il Sinai Rafah, l'Egitto invia l'esercito al confine Ma
Hamas apre nuovi varchi da Gaza Tiziana Barrucci La breccia di Gaza è stata
chiusa ma non per molto. Alle tre di pomeriggio di ieri i militari egiziani si
apprestavano a bloccare l'accesso nell'area di Rafah: sotto le sassate di
palestinesi innervositi, in migliaia di militari vestiti di verde con i loro
giubbotti antiproiettile e gli elmetti formavano catene umane per tenere gli
abitanti di Gaza lontani dal Sinai dopo che mercoledì i
miliziani avevano distrutto lunghi tratti della barriera di divisione per
eludere il blocco israeliano ed entrare. Ma ieri mentre gli egiziani tentavano
di regolare il flusso in entrata per Gaza, migliaia di palestinesi, secondo le
stesse agenzia di stampa locali, erano ancora nel villaggio di al Arsh, a
cinquanta chilometri dal confine. E nel frattempo, già in altre parti
del muro uomini vestiti di nero, alcuni col volto coperto e a bordo di
bulldozer si davano da fare per sfondare la barriera: il flusso di palestinesi
verso il Sinai non si è così mai interrotto. Per il momento, non è chiaro quale
posizione l'Egitto assumerà dopo la riapertura forzata - ufficialmente il
ministero degli Esteri rifiuta di commentare - ma secondo testimoni, mentre
scriviamo i soldati egiziani si stanno allontanando dal confine. L'Egitto è
stretto da un lato dalle pressioni di Hamas che vuole mantenere il confine
aperto e dall'altro da Israele, che se giovedì
dichiarava ufficialmente di voler delegare al Cairo la gestione di quella parte
di confine, teme che possano entrare gruppi terroristici e armi. Nella
mattinata di ieri a Rafah i militari egiziani avevano pre avvertito con i
megafoni i migliaia di palestinesi impegnati a far compere nell'area del Sinai,
nella porzione egiziana di Rafah e, più a ovest, nel villaggio di el-Arish, di
rientrare a Gaza. Alle proteste della popolazione avevano risposto con gli
idranti respingendo così anche le persone che ancora tentavano di entrare in
Egitto. La chiusura del confine era stata decisa dopo un accordo raggiunto
nella notte tra giovedì e venerdì tra Hamas e le autorità egiziane che prevede
entro domenica un incontro fra le due parti per discutere della riapertura
formale del valico di Rafah, rimasto chiuso dopo che a luglio il movimento
islamico aveva assunto il pieno controllo del territorio palestinese cacciando
gli uomini di Fatah e del presidente Abu Mazen. Anche se secondo molti la
decisione di richiudere il confine è stata presa dall'Egitto sotto pressione
Usa. Giovedì il segretario di Stato statunitense aveva invitato il Cairo ad
assicurare l'inviolabilità di un confine internazionalmente riconosciuto come
quello con il settore sud di Gaza. "L'accordo raggiunto prevede che entro
due giorni la leadership di Hamas, quella egiziana e rappresentanti
dell'Autorità nazionale palestinese di Ramallah, si incontrino per discutere
sulla riapertura formale del valico di Rafah" hanno fatto sapere dal
Cairo. E da Gaza il leader di Hamas Ismail Haniyah si è detto pronto
all'incontro che è decisamente "urgente". Il valico, tuttora chiuso,
è regolamentato da un'intesa del novembre 2005, che implica il coinvolgimento
delle autorità israeliane e la presenza di osservatori dell'Ue. Per domenica a
Gerusalemme è stato anche fissato un vertice tra il premier israeliano, Ehud
Olmert, e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, che
sarà dedicato alla crisi nella Striscia di Gaza e lungo il confine con
l'Egitto. Intanto a Gaza la tensione resta alta. Quattro palestinesi, due
miliziani di Hamas e due civili, sono stati uccisi nella notte in due raid
israeliani. Che ha lanciato l'allarme per alcuni terroristi palestinesi che
sarebbero entrati nel Sinai per compiere attentati. Per questo motivo lo stesso
ministro della Difesa, Ehud Barak, ha ordinato da Davos dove si trova per il
Word Economic Forum, lo stato d'allerta a Erez ordinando ai soldati di usare
"i mezzi più duri" per disperdere qualsiasi manifestazione in modo da
prevenire così ogni tentativo di Hamas di incitare la popolazione di Gaza a
prendere d'assalto la frontiera. Mentre, dalla parte egiziana, molti turisti
israeliani stanno rientrando dalla penisola del Sinai, considerata ora
"estremamente pericolosa". E sempre ieri al Cairo migliaia di persone
hanno manifestato per dimostrare il loro sostegno allapopolazione palestinese
della Striscia di Gaza obbligata dalle forze di sicurezza egiziane a rientrare
nei territori palestinesi. I visitatori alla Fiera internazionale del libro del
Cairo, inaugurata mercoledì scorso, hanno organizzato cortei a sostegno dei
palestinesi così come i fedeli riuniti nelle moschee per il venerdì di
preghiera. In particolare nella moschea di Al Azhar, la massima autorità
religiosa sunnita, i fedeli hanno manifestato all'interno delle cinta
dell'edificio, con intorno una forte presenza delle forze di polizia, che hanno
circondato la moschea per impedire che la folla dilagasse nelle strade. Nelle
preghiere pronunciate in tutte le moschee gli imam hanno fatto appello ai
palestinesi perché eliminino ogni discordia e si uniscano per il loro
benessere. 26/01/2008.
( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Iniziative Gennaio Antifascista 2008 seconda edizione Difendere
la Costituzione nata dalla Resistenza giovedì 31 Ancona Ore 18,30 Sala
Mediateca via Bernabei , Conversazione tra Carlo Smuraglia professore emerito e
Vito D'Ambrosio magistrato. Ore 21,30 proiezione del film In questo mondo
libero di Ken Loach venerdì 1 Ancona Ore 18 Salone Anpi via Palestro I
partigiani consegnano le tessere Anpi 2008 ai giovani antifascisti Senigallia
(An). Ore 22,30 Club Mamamia Concerto della Banda Bassotti sabato 26 Pesaro -
Circolo arci Villa Fastiggi Giornata Globale di Mobilitazione del Forum Sociale
Mondiale Ore 16,00 - proiezione del film Madri di Barbara Cupisti, girato e
documentato in Israele e Palestina.
Ore 17,30 - conferenza dibattito su Diritti e Resistenze con il prof. Gianni
Tognoni della Fondazione Internazionale "Lelio Basso", Segretario del
Tribunale Permanente dei Popoli. In occasione della conferenza verranno
raccolte firme per la proposta di legge di iniziativa popolare "Per
un futuro senza atomiche" promossa da: Arci Provinciale Resistenza
Solidale Circolo Arci Villa Fastiggi giovedì 31 Sant'Elpidio a Mare (Ap). Alle
21, Un futuro senza atomiche con Francesco Montanari, Gruppo Fuoritempo,
Piergiorgio Caria. Gruppo Megachip. Raccolta di firme legge iniziativa popolare
venerdì 1 Ancona Sede Arci via Veneto 11alle 21 riunione del Tavolo tecnico
sulla proposta di legge urbanistica e piano paesaggistico . Per la raccolta
delle firme delle associazioni paesaggio.marche@gmail.com Incontri sabato 26
Moie di Maiolati Spontini (An) - Alle 16.00 Inaugurazione della nuova sede del
Gruppo Solidarietà - presso i locali della Biblioteca Comunale "La
Fornace" via Fornace 23 -; Saluto del Sindaco di Maiolati Spontini,
Giancarlo Carbini seguirà conversazione con Andrea Canevaro, Dipartimento
Scienze dell'Educazione, Università di Bologna e visita della nuova sede con
buffet per tutti gli intervenuti. domenica 27 Monterubbiano (Ap ) Alle 17 al
teatro "Il vicolo" La biblioteca di Garcia Lorca con Luciano Santoni
26/01/2008.
( da "Liberazione" del 26-01-2008)
Agenda iniziative Gennaio Antifascista 2008 seconda
edizione Difendere la Costituzione nata dalla Resistenza giovedì 31 Ancona Ore
18,30 Sala Mediateca via Bernabei , Conversazione tra Carlo Smuraglia
professore emerito e Vito D'Ambrosio magistrato. Ore 21,30 proiezione del film
In questo mondo libero di Ken Loach venerdì 1 Ancona Ore 18 Salone Anpi via
Palestro I partigiani consegnano le tessere Anpi 2008 ai giovani antifascisti
Senigallia (An). Ore 22,30 Club Mamamia Concerto della Banda Bassotti sabato 26
Pesaro - Circolo arci Villa Fastiggi Giornata Globale di Mobilitazione del
Forum Sociale Mondiale Ore 16,00 - proiezione del film Madri di Barbara
Cupisti, girato e documentato in Israele e Palestina. Ore 17,30 - conferenza dibattito su Diritti e
Resistenze con il prof. Gianni Tognoni della Fondazione Internazionale
"Lelio Basso", Segretario del Tribunale Permanente dei Popoli. In
occasione della conferenza verranno raccolte firme per la proposta di
legge di iniziativa popolare "Per un futuro senza atomiche" promossa
da: Arci Provinciale Resistenza Solidale Circolo Arci Villa Fastiggi giovedì 31
Sant'Elpidio a Mare (Ap). Alle 21, Un futuro senza atomiche con Francesco
Montanari, Gruppo Fuoritempo, Piergiorgio Caria. Gruppo Megachip. Raccolta di
firme legge iniziativa popolare venerdì 1 Ancona Sede Arci via Veneto 11alle 21
riunione del Tavolo tecnico sulla proposta di legge urbanistica e piano
paesaggistico . Per la raccolta delle firme delle associazioni
paesaggio.marche@gmail.com Incontri sabato 26 Moie di Maiolati Spontini (An) -
Alle 16.00 Inaugurazione della nuova sede del Gruppo Solidarietà - presso i
locali della Biblioteca Comunale "La Fornace" via Fornace 23 -;
Saluto del Sindaco di Maiolati Spontini, Giancarlo Carbini seguirà conversazione
con Andrea Canevaro, Dipartimento Scienze dell'Educazione, Università di
Bologna e visita della nuova sede con buffet per tutti gli intervenuti.
domenica 27 Monterubbiano (Ap ) Alle 17 al teatro "Il vicolo" La
biblioteca di Garcia Lorca con Luciano Santoni 26/01/2008.
( da "Liberazione" del
26-01-2008)
Il coraggio di rifiutare E' la Giornata internazionale
per la fine dell'assedio di Gaza: alle 10 nella sala di Carta in via dello
Scalo di San Lorenzo 67 di ROMA con Alessandra Mecozzi della Cgil, Basel
Mansour, Comitato popolare per la resistenza contro il Muro Bil'in-Palestina, Noam Livne di Courage to
Refuse, Tel Aviv Israele, Lama Hourani di International women commission, Gaza-Palestina, Luisa Morgantini vicepresidente del Parlamento europeo e Samir
Al-Qaryouti della Comunità palestinese Roma e Lazio. La Fondazione Basso,
inoltre, presenta la borsa di studio "Daniel Amit". 26/01/2008.