<Il nuovo fronte di Hamas> ( da "EUROPA.it" del 26-01-2008)

Nonostante tutto il raìs continua a essere un elemento di stabilità nell'area ( da "EUROPA.it" del 26-01-2008)

Teatro, a Biella è una fatica ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

Via libera alle missioni all'estero. Ma la Sinistra Arcobaleno si sfila Sì del Cdm al rifinanziamento. Intanto c'è un nuovo caso Mastella: Inopportune le nomine alla Scuola di magi ( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

Per ricordare l'Olocausto ed evitarne di nuovi ( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

Peres attacca gli estremisti "noi costretti a difenderci" - marco panara ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Gaza, la battaglia del confine cani e idranti per fermare l'esodo - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Così il piano di pace di bush si infrange nella miseria della striscia - daoud kuttab ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Gaza, Hamas apre altri varchi nel muro Il movimento integralista islamico lancia la sfida: I passaggi alla frontiera con l'Egitto resteranno per permettere ai palestinesi l'assiste ( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

Gaza, l'Egitto non ferma Hamas pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

Vivere la memoria ( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

Gaza, l'Egitto non ferma Hamas ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

Lo straordinario passato dell'avvenire pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

Cultura Anche a nome del governo tedesco, posso dire che ci assumiamo appieno questa responsabilità.... ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Nel supermarket Italia squadre senza identità ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

BREVI ( da "Secolo XIX, Il" del 26-01-2008)

L'Italia partecipa al Giorno della Memoria tenutosi a Gerusalemme ( da "Voce d'Italia, La" del 26-01-2008)

"L'Egitto ci ha venduto come sempre" ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

Dollaro Usa1,4705<TD class= ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

Shoah, la lezione di trani "la nostra sfida è il dialogo" - giovanni di benedetto ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Baharier polemico "contro la shoah la memoria non basta" - simona spaventa ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Shylock l'ebreo errante fuori dal ghetto narrativo - apollonia striano ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

Film di gheddafi sui deportati libici - leandro palestini roma ( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

LE IENE, CENSURA PRO MASTELLA ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

Da Sahar Khalifah scorci sulla storia palestinese ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

Notizie ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

In piazza senza il Prc ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

Gaza, la sfida di Hamas: terremo aperta la frontiera ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

Ma la sporca guerra è appena cominciata ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

Giornata della memoria 1 un esempio di come sia politicamente attuale e necessaria ( da "Riformista, Il" del 26-01-2008)

Giornata della memoria 2 l'ambasciatore tedesco ( da "Riformista, Il" del 26-01-2008)

IL diario di una ragazza trovato a Gerusalemme; uno studio sulle Donne e la Shoà; i ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

C'E' il partigiano che, nottetempo, fa ubriacare i soldati tedeschi, per aprire un var ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

Un'opera contemporanea sulla drammatica parabola del primo re d'Israele: André Gide n ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

Come diceva Flaiano, Roma è una grande capitalee una città di provincia ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

Domani all'Auditorium, in occasione delle manifestazioni per la "Giornata della memoria ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

Hamas sta sfidando, ora, anche l'Egitto. Le truppe cairote si sono nuovamente ritirate dalla ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

L'obiettivo di fondo a Gaza è di neutralizzare il blocco allestito da Israele intorno alla ( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

Shoah, 700 studenti sul treno per Auschwitz ( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

Un monito a quelli che verranno ( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

<Caro Zawahiri, per la Jihad devo avere il permesso di mamma?> ( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

Gli arabi ci guardano, in tv ( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

Interventi e Repliche ( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

GAZA Ieri mattina l'Egitto ha chiuso la frontiera la ( da "Tempo, Il" del 26-01-2008)

Le donne che quattro giorni fa hanno buttato giù il muro di ( da "Tempo, Il" del 26-01-2008)

Gaza, ancora palestinesi verso l'Egitto ( da "Voce d'Italia, La" del 26-01-2008)

GEOPOLITICA ( da "Libero" del 26-01-2008)

Patto antisemita fra nazi, islamici e comunisti ( da "Libero" del 26-01-2008)

I kamikaze di Gaza minacciano il Mar Rosso ( da "Libero" del 26-01-2008)

Vogliono la pace e preparano la guerra ( da "Libero" del 26-01-2008)

Poesie e musica per non dimenticare l'Olocausto ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 26-01-2008)

Rutka, l'Anna Frank polacca ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 26-01-2008)

UN PASSO INDIETRO ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

Venerdì 25 gennaio alle ore 21 al Teatro Giacosa di Ivrea debutta in prima nazionale Rose ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ ( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

Gaza, l'Egitto non ferma Hamas di Gian Micalessin - sabato 26 gennaio 2008, 09:11 Era un'insormontab... ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

Attentato a una colonna militare Dieci morti nel quartiere cristiano ( da "Quotidiano.net" del 26-01-2008)

Striscia, il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

Striscia, il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DOPO LA CRISI: Sì AL DECRETO DI RIFINANZIAMENTO MA SENZA I VOTI DI PRC E COSA ROSSA ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 26-01-2008)

<In piazza senza il Prc> ( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

Dopo due giorni in cui centinaia di migliaia di palestinesi si sono liberamente spostati fra Gaza e il Sinai, le autorità egiziane hanno ieri dislocato ingenti reparti militari nel ( da "Liberazione" del 26-01-2008)

Tullia Zevi: <Quel giorno del 1938 in cui scoprimmo di essere diversi> ( da "Liberazione" del 26-01-2008)

Tiziana Barrucci ( da "Liberazione" del 26-01-2008)

Agenda ( da "Liberazione" del 26-01-2008)

Iniziative Gennaio Antifascista 2008 seconda edizione Difendere la Costituzione nata dalla Resistenza giovedì 31 Ancona Ore 18,30 Sala Mediateca via Bernabei , Conversazione tra Ca ( da "Liberazione" del 26-01-2008)

Il coraggio di rifiutare ( da "Liberazione" del 26-01-2008)


Articoli

<Il nuovo fronte di Hamas> (sezione: Israele/Palestina)

( da "EUROPA.it" del 26-01-2008)

 

STRISCIA DI GAZA Arnon Regular, columnist di Haaretz. "Il gruppo islamico sabota la coesistenza tra Egitto e Israele" "Il nuovo fronte di Hamas" DANIELE CASTELLANI PERELLI "La situazione di Gaza è terribile, è vero, ma i politici israeliani hanno il dovere di pensare anzitutto ai propri cittadini, che non tollerano più i lanci di razzi effettuati da Hamas verso Israele". Arnon Regular, opinionista del quotidiano liberal israeliano Haaretz, non si nasconde dietro giri di parole. Riconosce le sofferenze che Israele impone ai palestinesi, la "durissima punizione collettiva" inflitta alla popolazione di Gaza. Ma ci aiuta a capire perché il governo israeliano sembra oggi sordo alle dure critiche che gli piovono da tutto il mondo, e sia oggi anzi pronto ad un'operazione militare in grande scala su Gaza (lo ha rivelato ieri il ministro della difesa Ehud Barak). "Hamas ? conclude Regular ? sta cercando di seminare zizzania tra Israele e l'Egitto ". Qual è la sua reazione davanti alle immagini provenienti da Gaza? Certo, le immagini dei palestinesi che valicano il confine egiziano sono scioccanti, sono terribili, ma spesso a chi le guarda sfugge un dato politico importante, derivante dalle manovre politiche che sono alla base della triangolazione Israele-Hamas-Egitto. Quello che sta succedendo, e che quelle immagini non dicono, è che Hamas sta cercando di mettersi tra Israele ed Egitto, sta cercando di mandare all'aria quasi trent'anni di tranquilla coesistenza tra questi due paesi. Se Hamas, che controlla la striscia di Gaza, rende impossibili i rapporti con il vicino settentrionale, è inevitabile che la frustrazione dei palestinesi di Gaza si sfoghi sul fronte meridionale, quello egiziano. Intende dire che la rottura del muro della frontiera non è stata spontanea, ma che sarebbe stata organizzata da Hamas? È chiaro che dopo un certo numero di ore la gente è defluita spontaneamente, ma alla fonte di tutto ciò c'è una manovra politica progettata da tempo. Prima ci sono stati i lanci di missili su Sderot, cui ha fatto seguito la risposta israeliana. Poi gli uomini di Hamas hanno forzato il valico di confine con l'Egitto. Era tutto così organizzato (ben organizzato, aggiungerei), che gli stessi media ne erano al corrente, come ha mostrato la presenza delle telecamere di Al Jazeera. Il viceministro della difesa israeliana Matan Vilnai ha affermato che Israele dovrebbe disimpegnarsi completamente da Gaza, e smettere di fornire elettricità e acqua. È questa la posizione del governo? Mi ascolti, il governo israeliano ha raggiunto un punto in cui, politicamente parlando, non può più tollerare il lancio di missili Qassam nel sud. La sua popolazione non lo tollera più, e il governo sente in questo senso la pressione dell'opposizione. Il dovere del gabinetto Olmert è rispondere ai propri cittadini, e la sua posizione è quella di disimpegnarsi da Gaza finché non cesseranno i lanci di razzi. Ma questo atteggiamento impietoso di Israele non rischia di rafforzare Hamas e di indebolire il presidente Abbas? E così di allontanare la pace? La priorità di Israele, della sua opinione pubblica e del suo governo, è quella dei razzi nel sud del paese. La politica quotidiana non può occuparsi di questione astratte e che non interessano più di tanto la gente, come "l'aiutare Abbas". Le cose concrete di cui vuole occuparsi il governo sono i razzi lanciati sulla sua popolazione. Queste sono le minacce concrete per una classe politica che è già sotto pressione per gli attesi risultati della commissione Winograd (commissione d'inchiesta che sta indagando sugli errori nella conduzione della guerra israeliano-libanese del luglio 2006, ndr). Come giudica il comportamento dell'Egitto? L'Egitto ha degli obblighi da rispettare. Ha firmato con Israele un accordo che ha visto anche la supervisione europea, e che lo obbliga al controllo della frontiera. Si tratta di un accordo che finora ha funzionato, ma che viene rimesso in discussione dai fatti dell'altro giorno. Egitto e Israele avevano raggiunto un equilibrio, e ora c'è il rischio che una provocazione di Hamas, ingigantita dai media, possa creare frizioni tra i due paesi. E sarebbe un colpo gravissimo per la stabilità dell'intera regione mediorientale. Resta il fatto che la vita a Gaza è ormai impossibile. Non crede che Israele stia punendo un'intera popolazione per i lanci di razzi effettuati da pochi terroristi? I razzi non vengono lanciati da un gruppuscolo qualsiasi, ma da gruppi militari di Hamas. Lo so, la situazione a Gaza è gravissima. E lo so, quella israeliana è una punizione collettiva molto dura. Ma l'opinione pubblica israeliana è stanca, e chiede ai suoi politici una risposta netta.

Torna all'inizio


Nonostante tutto il raìs continua a essere un elemento di stabilità nell'area (sezione: Israele/Palestina)

( da "EUROPA.it" del 26-01-2008)

 

MUBARAK   IL CAPO DI STATO EGIZIANO ARRIVA A ROMA LUNEDÌ E PUNTA A CONSOLIDARE IL SUO RUOLO DI INTERLOCUTORE AFFIDABILE NELLE VARIE CRISI REGIONALI Nonostante tutto il raìs continua a essere un elemento di stabilità nell'area FRANCO TEMPESTA Il presidente egiziano Hosni Mubarak arriverà a Roma lunedì, per una visita di due giorni che inizierà con un colloquio con al Quirinale con Giorgio Napolitano. La visita di Mubarak cade in un momento critico, che registra forti tensioni nella striscia di Gaza e l'abbattimento della barriera che delimita il confine tra la stessa Gaza e l'Egitto, dove si sono riversati centinaia di migliaia di abitanti della striscia, duramente colpiti, a livello economico, dal blocco che Israele ha imposto, in seguito ai contini lanci di missili Qassam su Sderot, organizzati da Hamas, che dal giugno scorso detiene il potere nella striscia. Il vertice italo-egiziano non sarà quindi un semplice appuntamento protocollare. Di Gaza se ne parlerà, eccome. Anche perché il capo dello stato egiziano, che ha partecipato al vertice sul Medio Oriente tenutosi lo scorso novembre ad Annapolis su invito di Bush, è un osservatore autorevole e privilegiato. Circa la situazione politica nella regione mediorientale, l'Egitto non ha mai nascosto il proprio orientamento largamente favorevole al raggiungimento di soluzioni improntate a pace e sicurezza. Soluzioni che permetterebbero al Cairo di proseguire nel suo cammino di sviluppo economico e sociale, favorendo gli investimenti in tutta la regione e promuovendo i flussi turistici, da sempre legati alle condizioni di sicurezza. L'Egitto ? che assieme alla Giordania è l'unico paese arabo a intrattenere relazioni diplomatiche con Israele e, con Arabia Saudita, Giordania ed Emirati Arabi Uniti, compone il "Quartetto arabo moderato"? non vuole rinunciare al suo ruolo di protagonista nel processo di pace in Medio Oriente, a partire dalla definizione della questione palestinese. Ruolo che il Cairo sembra sempre più dover condividere con Ryiadh, che in seno alla lega araba ha promosso una proposta volta a vincolare la normalizzazione delle relazioni con Israele ai progressi sostanziali nella questione palestinese. Anche a riguardo di Siria, Libano, Iran e Iraq, l'Egitto detiene posizioni particolarmente interessanti, che saranno certamente oggetto delle conversazioni romane. Mubarak sostiene in maniera convinta il governo Siniora a Beirut, lavora nei riguardi delle autorità siriane affinché collaborino con le Nazioni Unite nelle indagini sull'assassinio dell'ex premier libanese Rafik Hariri, segue da vicino la crisi irachena, convinto che il ritiro delle forze militari della coalizione debba coincidere con la rafforzata capacità delle autorità di Bagdad di controllare il proprio territorio, è decisamente contrario allo sviluppo di armamenti nucleari da parte di Teheran. Tornando alla questione palestinese: il convinto sostegno del Cairo ? vicina a Al Fatah ? alla figura moderata di Abu Mazen, presidente dell'Anp, è dettato anche da ragioni di politica interna. Mubarak non può ignorare il crescente peso in Egitto dei fratelli musulmani, organizzazione che, anche se considerata ancora illegale, ha conseguito un significativo successo nelle elezioni per il rinnovo dell'assemblea del popolo (dicembre 2005), conquistando 88 seggi, su un totale di 311. La gestione del voto per la Camera alta (Consiglio della Shura), registratosi nel 2007 e non esente da critiche dal punto di vista della trasparenza, ha fatto sì che i candidati affiliati alla fratellanza ? molti militanti sono stati arrestati e detenuti a partire dalla fine del 2006 ? non ottenessero nemmeno solo seggio. Il "faraone" Hosni Mubarak conserva il potere dal 1981, è stato rieletto nel settembre 2005 e non s'intravedono, all'orizzonte, figure di peso per la sua successione. Fanno eccezione Omar Suleiman, militare di alto rango a capo dei servizi, e Gamal Mubarak, figlio del presidente. Quest'ultimo, al vertice del Partito nazionale democratico, segue in prima persona il cammino delle riforme volute dal padre, ma ha lo svantaggio di non provenire dalla casta militare, contrariamente a tutti i capi di stato che hanno governato l'Egitto repubblicano: Neguib, Nasser, Sadat e lo stesso Mubarak. Il danno d'immagine sofferto dall'Egitto con gli attentati di Luxor del 1997, del Cairo e di Sharm El Sheik del 2005, del Sinai del 2006, è stato ingente, data l'importanza della voce turismo nell'economia egiziana. Il primo attentato era stato rivendicato da terroristi vicini a Jamaa Islamica, gruppo che nel corso degli ultimi anni ha mitigato la propria radicalità. Insiste invece su posizioni oltranziste la Jihad Islamica, che mantiene contatti con Al Qaeda. C'è però da sottolineare come uno dei suoi esponenti, l'ideologo Sayed al Sharif, abbia rivisto le sue teorie estremiste dal carcere egiziano dove è detenuto, schierandosi su posizioni più moderate. Questi sviluppi, positivi, hanno portato a una diminuzione considerevole di quella parte di popolazione carceraria affilata ai movimenti islamici, che dalle 20mila unità nel 1990, conta oggi circa 5000 detenuti. È sperabile che si assista anche a una diminuzione degli attentati. Il settore turistico e l'economia ne beneficerebbero. Molti degli attuali problemi che il Cairo fronteggia potrebbero risolversi se la crescita economica fosse in grado di continuare ai ritmi attuali del 6 ? 7 per cento per almeno ancora un quinquennio. Allo sviluppo egiziano contribuiscono anche gli aiuti. Quelli statunitensi hanno raggiunto 1,7 miliardi di dollari nel corrente biennio. L'Unione europea ha erogato oltre un miliardo di euro, dal 1996 a oggi.

Torna all'inizio


Teatro, a Biella è una fatica (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

[FIRMA]SIMONA ROMAGNOLI BIELLA La passione per il teatro nasce a Biella, dove vive in forma amatoriale e testimoniata dalla presenza di numerose compagnie, ma se vuole trovare sbocco professionale deve emigrare, anche solo nelle vicine Ivrea a Torino. Che cosa manca alla città per rispondere a un sano desiderio di espressione artistica, attraverso la nobile e antica arte della recitazione? Provano a rispondere, ciascuno rispetto alla propria esperienza, quattro attori e registi biellesi: Oliviero Corbetta, Annachiara Sarteur,Gigi Piana e Manuela Tamietti. "Premetto che da tanti anni mi sono allontanato, anche se non di molto, da Biella - spiega Corbetta, regista di "Rose di sangue" di Israel Horovitz, in scena questa sera alle 21 al Teatro Giacosa di Ivrea -. Ricordo però che negli Anni 70, quando decisi di dedicarmi alla professione di attore, il limite era dato soprattutto dalla volontà politica. Io credo che il pubblico vada formato, non ci si deve limitare ad accontentarlo. Intorno al teatro si deve creare un progetto più ampio e importante che coinvolga cittadini e appassionati. Il limite di Biella rimane, a mio avviso, il suo isolamento". Parlando dei suoi esordi biellesi Corbetta ricorda come con l'amico Giorgio Lanza, si avvicinò alla Filodrammatica di Chiavazza (che all'epoca vedeva tra i suoi protagonisti l'ex-professionista Isabelli), dove decise di fare della recitazione una professione. Per concretizzare il suo sogno non poté far altro che lasciare la sua città d'origine. "A Biella non si può vivere di teatro - sembra fargli eco Annachiara Sarteur -. Recitare rimane un hobby cui ci si dedica con passione e impegno, ma per vivere si deve fare altro: io insegno. Chi vuole fare l'attore professionista deve andare altrove, sia per formarsi che per lavorare. Un altro limite della nostra città sono i costi troppo elevati: gli affitti di palestre o locali per lo prove, ma anche degli spazi e dei teatri sono troppo alti. Così diventa più semplice proporre i lavori in altre città". Con altri due biellesi (Isadora Pei e Gianfilippo Caligaris), Annachiara Sarteur, giovedì alle 21 alle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri, sarà impegnata nella prima di "And now: apocalypse in mahagonny", tratto da un'opera lirica di Bertold Brecht. Anima della Residenza multidisciplinare biellese, nata come opportunità d'incontro e confronto, Gigi Piana, attore di Stalker Teatro, conferma le difficoltà: "Io lavoro anche a Torino e mi rendo conto delle differenze. Tutto qui è più faticoso, dal recupero dei fondi che a preventivo sono di una certa entità e a consuntivo risultano sempre inferiori, alla stessa mentalità. Nello spirito che anima la residenza, abbiamo cercato di fare rete con le altre compagnie, ma percepiamo una forte chiusura. Ciascun gruppo pensa a se stesso, ma ciò diventa controproducente per il territorio: nascono proposte isolate che si perdono nel marasma. Credo che manchi una progettazione, capace di incanalare le energie e le idee, che sono tante e molto interessanti". Intravede un positivo cambiamento in corso, invece, Manuela Tamietti: "Rispetto ad una decina di anni fa, mi sembra che la situazione stia cambiando. Forse la malaugurata crisi del tessile ha permesso di volgere lo sguardo verso altri orizzonti. Non esiste sul territorio una vera cultura teatrale, ma esistono tradizioni e forti identità. Da parte mia, con il progetto di ''Storie di piazza sto cercando di utilizzare il teatro come linguaggio per raccontare e riscoprire queste identità. È vero che la formazione professionale deve avvenire fuori da Biella, ma penso che poi si possa ritornare, come ho fatto io, e trovare uno spazio per esprimersi e per vivere di teatro".

Torna all'inizio


Via libera alle missioni all'estero. Ma la Sinistra Arcobaleno si sfila Sì del Cdm al rifinanziamento. Intanto c'è un nuovo caso Mastella: Inopportune le nomine alla Scuola di magi (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

 

Stai consultando l'edizione del Via libera alle missioni all'estero. Ma la Sinistra Arcobaleno si sfila Sì del Cdm al rifinanziamento. Intanto c'è un nuovo caso Mastella: "Inopportune le nomine alla Scuola di magistratura" di Toni Fontana / Roma Sul filo di lana,a pochi giorni dalla scadenza dei termine per il rifinanziamento (31 gennaio), il Consiglio dei ministri che si è riunito ieri mattina ha licenziato il decreto di rifinanziamento delle missioni militari e di cooperazione all'estero. Come nelle altre occasioni, con le stesse modalità e con le stesse argomentazioni si sono riproposte le fratture e le diversità di valutazione che hanno creato non pochi problemi al governo da ieri dimissionario. Problemi a cui si è aggiunto un nuovo attacco di Di Pietro a Mastella, quando il Cdm ha approvato il decreto sulla supplenza negli incarichi direttivi negli uffici giudiziari: il ministro per le Infrastrutture, infatti, ha puntato l'indice sull'ex guardasigilli per le nomine al direttivo della Scuola della magistratura che sarebbero, a suo avviso, non opportune "per il modo e il momento in cui sono state fatte", ovvero prima che Mastella lasciasse il ministero. Di Pietro ha quindi chiesto a Prodi di aprire un'istruttoria, Il premier si è riservato di raccogliere informazioni in merito. Insomma, è stata tutt'altro che fiacca la riunione di ieri. I ministri della Sinistra Arcobaleno non hanno votato il decreto che rifinanzia le missioni italiane all'estero. Lo ha fatto sapere il ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, al termine della riunione, spiegando che la Sinistra Arcobaleno chiederà in Parlamento una verifica della missione in Afghanistan ed una discussione su ogni singola missione. Più tardi poi lo stesso presidente del gruppo al Senato, Russo Spena, ha fatto sapere che chiederà una "verifica" su tutti gli impegni militari all'estero, dal Kosovo al Libano. Come in altre occasioni il vero nodo che scatena i dissensi della sinistra radicale è però l'impegno militare in Afghanistan. Poco dopo l'annuncio del via libera al decreto fatto in mattinata dal portavoce del governo Sircana, il ministro Ferrero ha spiegato che il suo partito "chiederà una verifica" sulla spedizione a Kabul e che la questione non è stata affrontata ieri "perché il governo è dimissionario", ma che il problema di valutare obiettivi e impegni in Afghanistan si riproporrà "in Parlamento" quando si tratterà di convertire in legge il decreto. Più esplicito è stato Russo Spena che ha messo l'accento sul fatto che le missioni all'estero "sono troppo diverse tra loro" e ciascuna di esse va analizzata nel contesto geopolitico nel quale si svolge. Ma anche il presidente del gruppo della Sinistra Arcobaleno al Senato non ha mancato di ricordare che il punto dolente è sempre quello dell'Afghanistan. Il decreto sulle missioni, che era stato posto al primo punto dell'ordine del giorno della riunione del Consiglio dei ministri, è stato comunque licenziato evitando in tal modo una situazione difficile per i militari schierati nei diversi teatri di crisi ed in particolare in Libano dove ieri è esplosa l'ennesima autobomba e dove sono schierati, ai confini con Israele, tremila caschi blu italiani. La Sinistra Arcobaleno non si oppone alla permanenza dei militari in Libano e in Kosovo dove i contingenti sono inquadrati nelle forze di pace delle Nazioni Unite o dell'Unione Europea. Il dissenso riguarda la missione in Afghanistan che si svolge su mandato delle Nazioni Unite, ma è a guida Nato.

Torna all'inizio


Per ricordare l'Olocausto ed evitarne di nuovi (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

 

Stai consultando l'edizione del APPUNTAMENTI Nel Giorno della Memoria: da David Grossman a Firenze ai "giusti" di Fossa Per ricordare l'Olocausto ed evitarne di nuovi di Davide Vannucci "Vedi alla voce amore". Così, nel 1988, David Grossman chiamò il proprio romanzo più intenso, quello in cui cercava di spiegare l'Olocausto alle giovani generazioni, attraverso gli occhi e le parole del piccolo Momik, figlio di deportati sopravvissuti all'orrore. Adesso Grossman non è solo un grande scrittore, ma una delle voci più ascoltate di Israele, uno che non fugge dalla realtà, la interpreta, cerca di modificarla. E la realtà di Israele, oggi, è fatta di un equilibrio fragile, perennemente in bilico tra la guerra e la pace. Ecco perché nel giorno in cui l'Italia celebra la Giornata della Memoria, ricordando che cosa fu la Shoah, Grossman viene chiamato a parlare dell'orrore che fu e di quelli che bisogna evitare. L'Università di Firenze ha deciso di conferire al romanziere israeliano una laurea honoris causa, in Studi Letterari e Culturali Internazionali, e la cerimonia avverrà proprio domani, il 27 gennaio, quando, sessantré anni fa, l'Armata Rossa mise i sigilli sul campo di concentramento simbolo, quello di Auschwitz. Grossman terrà una lectio magistralis nell'Aula Magna dell'università e parteciperà a un dibattito il giorno successivo, al Mandela Forum. Forse parlerà del figlio Uri, morto nella guerra col Libano dell'estate 2006. Sicuramente cercherà di spiegare perché "lo sterminio è successo" e perché "può succedere di nuovo". L'incontro di Firenze è solo una delle tante iniziative con cui l'Italia invita "a non dimenticare". A Roma, nel marzo 2006, è nata la Casa della Memoria, dove la storia cerca di essere maestra di vita per i contemporanei. A Trastevere domani si ricorderà Primo Levi, lo scrittore che in Italia seppe raccontare più di altri l'Olocausto e la sua capacità di calpestare la dignità umana. In programma film e documentari, tra i quali La strada di Levi, in cui Davide Ferrario e Marco Belpoliti ripercorrono il viaggio di ritorno compiuto da Levi nel 1945, seimila chilometri da Auschwitz fino alla natia Torino. A rendere omaggio allo scrittore piemontese ci sarà anche uno degli attori italiani più in voga del momento, Toni Servillo,che a Bari leggerà alcuni brani tratti da Se questo è un uomo e I sommersi e i salvati. Sempre a Roma, nelle stanze restaurate di Palazzo Barberini, si terrà una conferenza su "Anti-semitismo e negazione dell'Olocausto". A chiedersi se "il mondo ha imparato la lezione" o meno, saranno in tanti, un vero e proprio parterre de roi. Rappresentanti del governo dimissionario, da Romano Prodi a Giuliano Amato passando per Francesco Rutelli. Ma anche membri del centro destra, come il vicepresidente della Commissione Ue, Franco Frattini. O autorevoli esponenti dell'ebraismo, come il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna. La giornata della Memoria si celebrerà in tutto il Paese, da Trento a Siracusa. A Milano si onoreranno le vittime dell'Olocausto con le musiche di Ernest Bloch, Max Bruch e Dimitri Shostakovich. A Genova le porte di Palazzo Ducale saranno aperte agli studenti vincitori del concorso "I giovani ricordano la Shoah". Le commemorazioni più imponenti avverranno nell'unico lager italiano, quello di Risiera di San Sabba, a Trieste, con la marcia silenziosa dei deportati sopravvissuti, le visite guidate per le scolaresche, i concerti. A Siracusa sarà il giorno della "Testimonianza dei giusti". Interverrà, tra gli altri, Franco Perlasca, figlio di Giorgio, lo Schindler italiano che salvò oltre cinquemila ebrei ungheresi fingendosi un diplomatico spagnolo. Personaggio che ha ispirato una fiction televisiva di successo, interpretata da Luca Zingaretti. In provincia de L'Aquila, invece, a Fossa, Ottaviano del Turco, presidente della Regione Abruzzo, e Marco Pannella prenderanno spunto dalla commemorazione dell'Olocausto per dibattere di diritti umani, e della loro continua violazione in gran parte del pianeta. Si parlerà della moratoria sulla pena di morte votata a dicembre dall'assemblea generale dell'Onu, vecchio cavallo di battaglia dei radicali. Se la moratoria si dovesse estendere a tutti gli Olocausti, e a tutti i diritti calpestati ogni giorno, ad ogni latitudine, allora sì che si tratterebbe di una vittoria epocale.

Torna all'inizio


Peres attacca gli estremisti "noi costretti a difenderci" - marco panara (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Il presidente a Davos: "Vogliono solo distruggere, hanno diviso la Palestina" Peres attacca gli estremisti "Noi costretti a difenderci" Nessuna punizione che colpisca indiscriminatamente ma risponderemo alla violenza MARCO PANARA DAL NOSTRO INVIATO DAVOS - Al World Economic Forum, Shimon Peres, il presidente d'Israele, è un protagonista da sempre. Questo è un appuntamento al quale non rinuncia mai, tanto meno in un momento nel quale sino solo a pochi giorni fa la situazione gli consentiva di dire "la pace non è mai stata così vicina". Adesso qualcosa è cambiato. A Gaza. Con la sua dolente eleganza Peres si ferma a conversare brevemente all'ingresso di una cena in suo onore organizzata nell'hotel di Davos dove il presidente ha il suo blindatissimo quartier generale. Nella stessa hall c'è anche il premier palestinese Salam Fayyad. Presidente, Gaza ha sconvolto l'agenda del processo di pace? "Finché Hamas non smette di sparare razzi contro di noi, nulla tornerà in ordine". Ma non pensa che la situazione si sia ulteriormente complicata? "Loro hanno creato il caos, devono smetterla: solo così si può mettere fine al caos di questi giorni e queste ore". Le vicende di Gaza bloccheranno i progressi che solo giorni fa la rendevano più ottimista sul processo di pace? "Io so solo che Hamas si è rivoltata contro il governo di Abu Mazen che perciò li considera dei ribelli. E' un grave errore da parte di Hamas. Non creano progresso, non hanno obiettivi. Vogliono solo distruggere. Chi li sosterrà?". Però hanno ancora una base di consenso. "Hanno diviso la Palestina e la gente di Gaza, hanno prodotto violenza senza scopo, hanno fatto soffrire la gente senza offrire loro un progetto". Quale sarà la reazione di Israele? "Noi non vogliamo che la gente della Palestina soffra, né alcuna punizione collettiva". Come se ne esce? "Lo ripeto, non vogliamo nessuna punizione che colpisca indiscriminatamente, però dobbiamo rispondere alla violenza contro di noi". Peres si allontana. Non vuole rispondere ad altre domande, la sua delegazione lo aspetta per una cena a porte chiuse. Ma il ministro degli Esteri Tzipi Livni, che pure ha parlato a Davos illustrando al gotha della finanza e della diplomazia internazionale la grave crisi di Gaza, è rientrata in patria. Segno evidente che l'impatto di queste ore sulla delicatissima fase negoziale richiede la massima allerta.

Torna all'inizio


Gaza, la battaglia del confine cani e idranti per fermare l'esodo - alberto stabile (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Gaza, la battaglia del confine cani e idranti per fermare l'esodo Ma Hamas sfonda con i bulldozer. Mubarak: Israele riporti l'ordine Gli uomini di Haniyeh vogliono che il transito di beni e persone sia reso legale Mesha'l accetta l'invito al Cairo per un incontro con il presidente Abu Mazen ALBERTO STABILE DAL NOSTRO INVIATO RAFAH - I caschi neri e gli scudi trasparenti dei poliziotti antisommossa egiziani assorbono la pioggia di pietre con stoica fermezza. Ma anche la folla dei palestinesi che premono sul reticolato è irremovibile. Improvvisamente, fra urla di ringraziamento, "Allah u akbar!", Dio è grande, un bulldozer giallo che sembra un mostro venuto da un altro mondo si fa largo in mezzo alla gente. A guidarne i movimenti affannosi è un gruppo di alieni nascosti da tute e passamontagna neri. Sono gli uomini delle Brigate Ezzeddin el Qassam, che hanno deciso per conto di Hamas che il confine tra Gaza e l'Egitto deve restare aperto. Fino a quel momento, i poliziotti mandati dal Cairo in gran numero, ma non tale da poter arginare la fiumana, con l'ordine di cominciare a sigillare il confine, ma senza usare maniere troppo forti con "i fratelli palestinesi", avevano cercato di tamponare le molte falle aperte sulla frontiera egiziana. Qui, risistemando il filo spinato sulla barriera di cemento. Lì, formando una catena umana. Altrove opponendosi a testuggine, con scudi e bastoni, e minacciando di lanciare i cani. Ad Al-Arish, la città del gran commercio di questi giorni, era stata imposta la chiusura dei negozi. Ma la folla, gonfiata dai rinforzi del venerdì, giornata di festa, continuava a premere sui varchi aperti. Invano, un altoparlante gracchiava: "Fratelli palestinesi tornate indietro, il confine chiuderà alle tre". Ma non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire e molti irridevano a quell'ordine. "Questa frontiera dovrà restare per sempre così com'è", s'augurava Samia Kassas, 54 anni, egiziana sposata ad un palestinese, venuta con marito e figli a rivedere i suoceri dopo otto anni dall'ultimo incontro. Raffiche sparate in aria, la gragnuola dei sassi sugli scudi, un cannone ad acqua che fa flop e quando prende vigore supera le teste per perdersi tra le macchine in sosta. Sarebbe potuta andare avanti per ore questa specie di guerriglia fredda, senza la volontà di affondare i colpi. Ma ecco arrivare il mostro, sbuffando fumo e rabbia. Gli egiziani lo vedono, si dispongono su molte file per fermarlo. I miliziani al seguito sparano in aria, un poliziotto viene ferito ad una gamba e portato via. Tre colpi d'ariete bastano ad aprire una nuova breccia laddove la barriera era ancora intatta. Le truppe di Mubarak si fanno da parte. A migliaia i palestinesi che nei giorni scorsi non avevano potuto alleviare la loro fame di beni essenziali, invadono la Rafah egiziana. Fine di un tentativo inglorioso di rimettere ordine alla frontiera tra Gaza e l'Egitto. Altri sicuramente ne seguiranno, ma non saranno le decisioni unilaterali del Cairo, prese sotto le pressioni degli Stati Uniti e di Israele, a risolvere questa crisi. Dopo l'ennesimo sfondamento, Hamas detta le sue condizioni: "Noi insistiamo ed esortiamo i fratelli egiziani - dice il portavoce del movimento islamico, Tahar al-Nono - perché venga stabilito un meccanismo per permettere il transito dei beni e delle persone attraverso il posto di frontiera ufficiale di Rafah, in una maniera legale ed organizzata". Nel frattempo, se necessario, Hamas non esiterà a ricorrere ad altri "fatti compiuti". In giornata il rais egiziano Mubarak spedisce al leader supremo di Hamas, Khaled Mesha'l, l'invito a un summit al Cairo con il presidente palestinese Abu Mazen per ricomporre la frattura fra i due rivali. Mesha'l dall'esilio di Damasco accetta. La risposta di Abu Mazen si fa aspettare. Il crollo del muro di Rafah minaccia d'aprire una crisi tra Egitto e Israele. Mubarak, si vede stretto in un angolo. Da una parte non vuole passare per uno strumento nelle mani dello Stato ebraico, dall'altra teme che l'invasione possa favorire l'ingresso illegale in Egitto di militanti clandestini. Il pugno di ferro è, comunque, escluso perché significherebbe provocare la reazione dei Fratelli Musulmani, la spina nel fianco del regime egiziano, di cui Hamas è un'emanazione. Quanto all'idea vagheggiata dal vice ministro della Difesa israeliano Matan Vilnai di liberarsi di ogni responsabilità su Gaza per scaricarla sull'Egitto, Mubarak ha risposto che "loro (gli israeliani) devono riportare la normalità a Gaza secondo le intese e gli accordi precedenti". Qui, a Rafah, di queste manovre giunge solo una pallida eco. In mezzo alla folla tornata finalmente libera di entrare ed uscire dall'Egitto (un incubo per i servizi segreti israeliani, che temono infiltrazioni di terroristi attraverso il Sinai) spunta anche un cammello giovane che sarà servito ad un pranzo di nozze a Gaza e molte motociclette cinesi, il massimo del consumismo abbordabile da queste parti. "Credo che adesso a Gaza ci sia abbastanza cibo per un mese", dice Said al-Helo, dopo aver attraversato stracarico di pacchi la frontiera sbriciolata. Ma gli uomini di Hamas non sono d'accordo. "La mancanza di combustibile e di energia elettrica c'è ancora - risponde un loro portavoce - e quello che la gente ha comprato nelle ultime 48 ore non può compensare la terribile penuria degli ultimi sette mesi".

Torna all'inizio


Così il piano di pace di bush si infrange nella miseria della striscia - daoud kuttab (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Così il piano di pace di Bush si infrange nella miseria della Striscia Gaza non è solo Hamas. Il 74% degli abitanti vuole un accordo con Israele Questa crisi mostra quanto fosse irrealistico l'ottimismo dopo Annapolis DAOUD KUTTAB Quando Gaza è piombata nell'oscurità, a causa del blocco imposto da Israele, il mondo è stato colto di sorpresa. Eppure l'ottimismo seguito ad Annapolis, con la promessa fatta da Bush di un accordo entro il 2008 per la creazione dello Stato palestinese, era chiaramente irrealistico. Quando si pensa a Gaza, viene in mente il consenso di cui gode Hamas, ma la realtà è assai differente. I sondaggi realizzati nella Striscia indicano un consenso del 74 per cento a un accordo di pace per Israele. Solo il 15 per cento si dice pronto a votare per Hamas, contro un 55 per cento a favore di Fatah. Il processo di pace ispirato da Annapolis è appoggiato dall'81 per cento della popolazione. Gaza ha una lunga storia di occupazione straniera, fin da epoche lontane. Nel 1949, la guerra arabo-israeliana si concluse con un armistizio che divise la Palestina in tre parti, ognuna sotto il controllo politico di una diversa entità. Israele governava oltre il 77 per cento del territorio, alla Giordania fu lasciato il controllo su Gerusalemme Est e la Cisgiordania , e all'Egitto quello di Gaza. Lo Stato arabo palestinese previsto dal piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947, che doveva includere Gaza, non nacque mai. Sotto il governo egiziano, lo sviluppo economico della Striscia fu limitato, anche per le maree di rifugiati palestinesi riversatisi a Gaza in fuga dal territorio che sarebbe diventato Israele. La forza lavoro della Striscia, composta in larga misura da lavoratori non qualificati, dipendeva dall'assistenza dell'Unrwa, l'agenzia Onu incaricata di allestire i campi profughi. La guerra del 1967 lasciò tutta la Palestina del mandato britannico (più il Sinai e il Golan) sotto l'occupazione militare israeliana. In Cisgiordania, tuttavia, nonostante un terzo del territorio fosse interdetto ai palestinesi per far posto a qualche migliaio di coloni ebrei, solo il 10 per cento della popolazione palestinese, in gran parte rurale, era composto da rifugiati: molti possedevano la terra che lavoravano e il lavoro non mancava. A Gaza, al contrario, il 70 per cento della popolazione era composto da profughi, assiepati in condizioni difficili in decine e decine di campi profughi e per il lavoro dipendevano da Israele. Ogni giorno dalla Striscia erano in 150 mila ad attraversare il confine, al valico di Erez. La povertà di Gaza è stato terreno fertile per il radicalismo islamico. Lo sceicco Ahmad Yasin, un profugo paraplegico del villaggio di Jora (che ora si trova sulla costa meridionale di Israele), costruì un movimento dal basso, con l'assenso d'Israele deciso a favorire l'emergere di un'alternativa all'Olp. Ma con l'intifada del 1987, nacque il Movimento di resistenza islamico. L'intifada del 1987 ha prodotto il processo di pace di Oslo e il ritorno della leadership dell'Olp, ma non una vera struttura economica a Gaza. Il flusso di denaro nelle casse dell'Autorità palestinese si è tradotto per lo più nella costruzione di palazzoni, eretti dall'Ap per affrontare il sovraffollamento. I gruppi esterni all'Ap, come Hamas, si sono procurati le armi acquistandole da soldati israeliani o sul mercato nero in Israele. Dopo il ritiro da Gaza dell'esercito di Tel Aviv, armi, munizioni e contanti sono entrati di contrabbando dal Sinai, attraverso tunnel sotterranei. Nella seconda intifada del 2000, Hamas ha usato le sue armi per attaccare gli israeliani e crearsi il proprio miniprotettorato. Ma più Hamas e gli altri attaccavano gli israeliani, più Israele irrigidiva l'assedio alla Striscia. Il numero di palestinesi di Gaza che vanno a lavorare in Israele si è ridotto a poche centinaia, e l'aumento della disoccupazione e della povertà ha dato più potere alle fazioni armate, alle bande criminali e ai signori della guerra, un'evoluzione che ha preso ancora più slancio dopo la vittoria elettorale di Hamas nel 2006, seguita da un embargo internazionale. Poiché in gran parte profughi, gli abitanti della Striscia hanno scarso radicamento sociale. Chi ha un livello d'istruzione universitario è a lavorare in Cisgiordania o nel Golfo, mentre i gruppi armati di Gaza diventano una calamita per i giovani: il solo lavoro che gli dà potere. La parvenza di Stato garantita da Oslo si è tradotta in cambiamenti assai poco tangibili per i palestinesi. Non c'è stata, cioè, una sovranità reale, senza cui è difficile immaginare qualsiasi miglioramento. La storia di Gaza e il calo del consenso per Hamas dicono anche che l'assedio in corso serve soltanto a punire una popolazione amante della pace, e rafforza, al contempo, il controllo sulla società da parte dei peggiori elementi. (Copyright: Project Syndicate, 2008 - la Repubblica. Traduzione di Fabio Galimberti).

Torna all'inizio


Gaza, Hamas apre altri varchi nel muro Il movimento integralista islamico lancia la sfida: I passaggi alla frontiera con l'Egitto resteranno per permettere ai palestinesi l'assiste (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

 

Stai consultando l'edizione del Gaza, Hamas apre altri varchi nel muro Il movimento integralista islamico lancia la sfida: "I passaggi alla frontiera con l'Egitto resteranno per permettere ai palestinesi l'assistenza". Israele: nel Sinai è allarme terrorismo di Umberto De Giovannangeli A RAFAH scatta l'"Intifada delle ruspe". Quelle che servono ai miliziani di Hamas per aprire nuove brecce nella barriera che segna il confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto. Il miracolo in cui qualcuno sperava, è puntualmente svanito. L'accordo raggiunto l'altra notte fra i responsabili di Hamas e le autorità egiziane, è durato appena cinque ore: il tempo di far credere che la breccia aperta tre giorni fa con le bombe nel muro di confine fra la Striscia di Gaza e l'Egitto, potesse essere richiusa con una semplice stretta di mano. E così, dopo che per l'intera mattinata la polizia egiziana protetta da scudi ed elmetti era riuscita ad impedire ai palestinesi di continuare a varcare il confine, fronteggiando appena qualche breve sassaiola, la battaglia è riesplosa. Nel primo pomeriggio una potente ruspa condotta da un miliziano con il volto nascosto dentro un passamontagna, ha fatto irruzione sulla scena, attaccando e sfondando un'altra zona del muro che delimita la linea di frontiera. Sotto i calcinacci è stato coperto anche il filo spinato destinato a rinforzare la protezione, spianando così ai palestinesi una nuova strada per superare il confine. I poliziotti egiziani, spiazzati da quell'ulteriore, improvvisa breccia, hanno abbozzato una debole reazione, prima sparando in aria qualche colpo e poi sguinzagliando verso i miliziani che proteggevano la ruspa tre cani antisommossa. Le bestie sono state abbattute in pochi istanti dalle raffiche dei mitra palestinesi. Poco distante la ruspa di Hamas ha poi aperto una terza breccia nel muro di confine. I poliziotti questa volta sono interventi provando a respingere la folla con gas lacrimogeni e cannoni d'acqua, ma i palestinesi hanno risposto tirando pietre alla maniera dell'Intifada. Alla fine gli egiziani hanno deciso di ritirarsi nella propria base a difesa della quale, come ulteriore smacco, si sono disposti i poliziotti di Hamas. Fra gli egiziani si conta un ferito dai colpi dei miliziani, e cinque contusi dal lancio di sassi. Eppure l'intesa raggiunta nella notte di giovedì fra ufficiali della sicurezza egiziana ed esponenti della sicurezza di Hamas (ai quali i vertici politici avevano delegato il negoziato), all'inizio era sembrata funzionare: Hamas concedeva agli egiziani il proprio sostegno per costringere i palestinesi a non attraversare più il varco illegale aperto sul confine di Rafah. In cambio gli egiziani avrebbero dovuto "costringere" l'Autorità nazionale palestinese di Ramallah a sedersi ad un tavolo di negoziato da tenersi forse al Cairo, ma al quale sicuramente avrebbe dovuto partecipare anche Hamas. "Entro due giorni - conferma Islam Shawhan, portavoce della polizia del movimento integralista - si sarebbe dovuta raggiungere un'intesa per aprire il valico di Rafah", così da riportare gli ingressi in Egitto in un corridoio legale e consentire ugualmente ai palestinesi di sottrarsi al rigido embargo imposto da Israele. Vero obiettivo di Hamas sarebbe stato naturalmente quello di avviare in condizioni di parità un negoziato con il partito al Fatah del presidente Abu Mazen il primo dai tempi dell'occupazione di Gaza. Ma qualcosa non ha funzionato. O meglio: da Ramallah è giunto un "no" secco. "Nessun tavolo con Hamas fino a quando non ci avrà riconsegnato le istituzioni della Striscia" hanno ribadito dall'Anp. Gli egiziani, stretti fra i due fuochi, mostravano di non poter garantire l'impegno di un incontro per il diniego dell'altra parte. È bastato un attimo e Hamas ha reagito d'impeto, rompendo l'intesa raggiunta e riaprendo le brecce sul confine. Fonti palestinesi sostengono che la mossa (forse disperata) potrebbe aver sortito qualche effetto: il presidente Hosni Mubarak, questa volta con maggiore determinazione, sarebbe infatti tornato in serata ad invitare i rappresentanti dell'Anp ad un incontro insieme con Hamas "per risolvere la questione del confine". Ora si attende la nuova risposta da Ramallah. "Con l'apertura dei nuovi varchi, nonostante il sopraggiungere dell'oscurità, migliaia di palestinesi hanno ricominciato a riversarsi oltre confine nella loro disperata corsa all'acquisto. Il livellamento del muro che delimitava la frontiera, consente ormai non solo a pedoni e piccoli carretti di raggiungere il territorio egiziano, ma anche a grandi autocarri che ritornano nella Striscia trasportando non più carichi contenuti ma tonnellate di merci. "Adesso possiamo finalmente dire che la frontiera non esiste più - commenta sorridendo un giornalista palestinese - in fondo abbiamo realizzato anche noi il modello Schengen, si pure in versione araba".

Torna all'inizio


Gaza, l'Egitto non ferma Hamas pag.1 (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Gaza, l'Egitto non ferma Hamas di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Israele intanto deve fronteggiare nuove incursioni armate palestinesi alle porte di Gerusalemme. Giovedì sera un commando delle Brigate Al Aqsa ha attaccato un posto di blocco ai margini dei quartieri arabi orientali uccidendo un poliziotto e ferendo gravemente una sua collega. Contemporaneamente due palestinesi armati hanno fatto irruzione in una scuola religiosa tentando di prendere in ostaggio studenti ed insegnanti, ma sono stati disarmati e uccisi da una delle guardie dell'istituto.

Torna all'inizio


Vivere la memoria (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 26-01-2008)

 

Stai consultando l'edizione del Vivere la memoria Moni Ovadia Il giorno della Memoria ha preso a ripetersi con cadenza regolare, uscendo da quel tratto di eccezionalità che lo caratterizzava nei primissimi anni. E ora siamo tenuti a confrontarci con alcuni problemi: i testimoni diretti, per ragioni anagrafiche, ci lasceranno ben presto e questo comporterà un incremento dell'aspetto celebrativo e la celebrazione cela sempre un'insidia, quella di trasformarsi nel ricettacolo della falsa coscienza. Per il Giorno della Liberazione, festa del 25 aprile, una parte della classe politica italiana, all'ombra di quella celebrazione rituale e stinta, si è data con furore incontrastato alla demolizione della Resistenza Antifascista, alla riabilitazione dell'infame e criminale regime fascista e ha persino tentato di demolire la Costituzione Repubblicana. Il Giorno della Memoria non troverà mai il suo senso compiuto in Italia se non verranno stigmatizzati i terribili crimini del fascismo italiano, crimini compiuti in proprio: non solo le fascistissime leggi razziali, ma anche i genocidi compiuti contro i popoli africani e la pulizia etnica e i crimini, incluso l'uso dell'infoibamento compiuti contro le popolazioni slave. Solo quando la natura criminale e genocida del nostro fascismo verrà riconosciuta da tutta la classe politica italiana, allora anche le vittime italiane delle foibe e i profughi istriani con il loro calvario troveranno giustizia e pace. Un altro problema è l'enfasi che nel giorno della memoria viene posta sulla Shoa intesa come sterminio degli Ebrei, tenendo su un piano troppo defilato gli altri obiettivi di morte del nazifascismo a partire del popolo dei Rom e dei Sinti, anch'essi destinati allo sterminio per il solo fatto di esistere come gli Ebrei. Ora, lungi da me voler mettere in ombra lo specifico antisemita del nazifascismo, l'antisemitismo in associazione con l'antibolscevismo fu da sempre il primo punto nell'agenda del progetto criminale dei nazisti, ma la domanda che ci dobbiamo porre è il perché di tanta disponibilità nei confronti della memoria dello sterminio ebraico, mentre quello dei Rom e dei Sinti non sembra ricevere attenzione. Per varie ragioni strumentali e di facciata, oggi essere "carini" con gli Ebrei costa poco. Quando si tratta però di zingari, omosessuali, oppositori politici, Testimoni di Geova, disabili, slavi, la cosa cambia molto. In quest'epoca, l'alterità ebraica è poco perturbante rispetto ad alterità più scomode. Se non ci si concentra su questi temi, il "generoso" impegno di facciata verso la memoria dello sterminio degli Ebrei, finirà per diventare una scorza vuota al cui interno potranno prosperare revisionismi, negazionismi e atteggiamenti discriminatori abilmente contrabbandati, pronti a trasformarsi anche in brodo di cultura per il futuro antisemitismo. L'altro tema cruciale, è la necessità urgente di collegare quella memoria con i genocidi, gli orrori dei nostri tempi e le guerre criminali odierne. Ma non basta. È mia ferma opinione che nulla apparenti il contesto israelo-palestinese con la Shoa e che proporre paragoni in tal senso sia sconcio e deteriore in particolare per la causa palestinese. Tuttavia, le immagini di migliaia di profughi di quel popolo che fanno brecce in uno dei muri voluti dagli israeliani per potere provvedere alla propria sopravvivenza, non possono non riverberarsi, piaccia o non piaccia, sia giusto o sia sbagliato, sul Giorno della Memoria visto che accadono mentre in tutto il mondo cresce il ritmo delle celebrazioni e degli eventi legati al 27 Gennaio. Lo so e lo capisco, gli israeliani continuano a ricevere lo stillicidio dei missili quassam su Sderot, sui villaggi e le cittadine del confine con Gaza, ma quarant'anni di occupazione, di colonizzazione, lustri di repressione, di omicidi mirati, di ignobili punizioni collettive, non sono riusciti a impedire l'opzione armata di Hamas. È davvero venuta ora di cambiare strada e non posso pensare che un Paese avanzato, ricco di intelligenze come Israele, non possa trovare una via alternativa a quella che produce intollerabili vessazioni contro un altro popolo, solo e abbandonato. L'attuale prassi politico-militare, quali che ne siano le ragioni, corrompe progressivamente i migliori valori e sgretola i più temprati statuti etici. Mala Tempora.

Torna all'inizio


Gaza, l'Egitto non ferma Hamas (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Era un'insormontabile frontiera, è diventato un confine aperto, sembra pronto a trasformarsi un un'irreversibile realtà. L'unico deciso a negarla con ogni forza è l'Egitto, ma di fronte a quell'esodo che ricorda a tratti un'intifada fuori rotta e a tratti una gioiosa corsa ai saldi, il governo del presidente Hosni Mubarak e il suo esercito appaiono confusi e smarriti. Una delle grandi nazioni medio-orientali si scopre impotente di fronte alla macchinazioni di Hamas e ai bulldozer dei suoi militanti pronti ad aprire nuovi varchi non appena i soldati in tenuta antisommossa tentano di arrestare l'esodo palestinese da Gaza. In questa strana guerra di confine l'Egitto deve far i conti anche con l'esausta strategia di Israele, con la rassegnazione di uno Stato ebraico pronto a scaricare nelle mani di Mubarak una Striscia ormai aperta e fuori controllo. Le immagini sono eloquenti. Gli egiziani mandano l'esercito a bloccare i varchi, avvisano i palestinesi che il tempo degli acquisti e dei ricongiungimenti con le famiglie in terra d'Egitto è terminato, fissano le sette di ieri sera come termine ultimo per il ritorno a Gaza. Dall'altra parte il portavoce fondamentalista Sami Abu Zuhri spiega che i varchi non si possono chiudere perché servono a "fornire assistenza urgente" al suo popolo. Intanto militanti mascherati muovono un paio di bulldozer verso le zone dove la barriera è ancora in piedi e aprono nuovi varchi. I palestinesi defluiscono come un fiume in piena sopravanzando e circondando gli esterrefatti soldati egiziani. Quando cannoni ad acqua e bastoni entrano in azione i palestinesi si comportano come con gli israeliani. Prima mettono mano ai sassi, poi lasciano partire qualche raffica di kalashnikov. I proietti azzoppano un soldato, costringono gli ufficiali egiziani a ritirare i propri uomini per evitare una risposta che nelle immagini delle emittenti arabe diventerebbe la strage di "fratelli" palestinesi. Alla fine saranno sei i militari egiziani feriti. La nuova realtà prende così forma. Egitto e Gaza diventano un'unica permeabile entità, lo Stato ebraico si appresta far i conti con un Sinai trasformato in terreno di battuta per militanti alla caccia di turisti israeliani o retroterra per infiltrazioni armate tra i kibbutz del Negev. Certo Mubarak non si dà per vinto. "Devono riportare le cose alla normalità, devono rispettare i precedenti accordi", strilla rivolgendosi ad Hamas e agli israeliani accusati di non mettere fine al blocco della Striscia.

Torna all'inizio


Lo straordinario passato dell'avvenire pag.1 (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Lo straordinario passato dell'avvenire di Giuseppe Bernardi - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Per Sumeri e Accadi, la conoscenza del futuro si fonda su una combinazione tra rivelazioni divine (di cui sono destinatari naturalmente gli esperti) e conoscenza del mondo naturale. In Mesopotamia, infatti, se con l'astrologia si cerca di prevedere l'avvento di catastrofi ed epidemie, oppure di raccolti abbondanti e di prosperità, o se si tiene d'occhio Marte, simbolo del dio Amurru, nemico dei babilonesi, ciò avviene in concomitanza con lo sviluppo di studi matematici e astronomici. Così come lo sviluppo della diagnostica e della pratica medica consentiva un pronostico attendibile. Rivendicando una voce di Dio che li spinge, talvolta loro malgrado, ad annunciare la sua volontà, i grandi profeti d'Israele combattono contro i falsi profeti, che distolgono il popolo dall'indispensabile riforma morale, dal pentimento necessario, e questi grandi profeti "indipendenti", come Geremia, messo in prigione per aver predetto la rovina di Gerusalemme, diventano a volte dei guastafeste, il potere può usarli o distruggerli. È a Delfi, nella Grecia classica popolata di oracoli, che si compie una svolta importante: la divinazione induttiva. Gli dèi parlano agli uomini attraverso segni ed enigmi che solo gli indovini particolarmente illuminati possono comprendere e interpretare. Un salto successivo è forse quello che si svolge a Roma dove, una volta stabilizzato l'impero, il futuro diventa un affare di Stato, e l'esito dell'oracolo dipenderà dalla capacità di decifrarlo e magari di guidarne ad arte l'interpretazione. Il contadino o il mercante potranno pure, in privato e in segreto, interpretare il volo degli uccelli o le viscere di un animale sacrificale, ma, per le spedizioni e le guerre, le politiche economiche e sociali, le alleanze e i colpi proditorii, è solo l'imperatore che deve sapere, attraverso un vero e proprio ministero, creato all'uopo, e costretto al segreto. Per secoli, dall'Alto al Basso Medioevo, il duro lavoro della Chiesa per disciplinare il futuro deve far fronte a trasgressioni e a severi assalti anche al suo interno. Malgrado il ragionevole e forse abbastanza spontaneo sincretismo avviato fra le diverse tradizioni profetiche, le ossessioni di un futuro crudele, di un'apocalisse millenarista s'impossessa della gente comune, e anche di preti e monaci che credono nei sogni, nelle visioni e nei presagi più paurosi. Solo con san Tommaso d'Aquino si compirà una regolamentazione della profezia.

Torna all'inizio


Cultura Anche a nome del governo tedesco, posso dire che ci assumiamo appieno questa responsabilità.... (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Cultura Anche a nome del governo tedesco, posso dire che ci assumiamo appieno questa responsabilità. E che naturalmente affrontiamo la questione aperta: come potremo, di generazione in generazione, essere all'altezza di questa responsabilità? Come potremo esserne all'altezza, quando i testimoni di allora non saranno più tra noi? Trovare vie e forme giuste per questo compito è una responsabilità del tutto speciale anche per chi oggi ha responsabilità politiche. Ma al tempo stesso c'è una molteplicità di iniziative di persone, voci di tutta la società civile, che a fianco del mondo politico fanno proprio questo tema. E ciò è sempre molto, molto incoraggiante. In questi giorni, ho premiato i giovani vincitori di un concorso, la cosiddetta "Azione macchie bianche": giovani di oggi che nelle loro patrie sono andati a ricercare le più piccole tracce, memoria, ricordi storici del rogo dei libri e dei campi di concentramento, ricordi che non sono al centro dell'attenzione e anzi sono quasi dimenticati. è incoraggiante. C'è un miracolo, di cui noi tedeschi possiamo solo essere grati: la vita e la comunità ebraica sono tornate in Germania. Sono sorte tante nuove Sinagoghe. A Berlino penso alla Sinagoga della Rykestrasse. Vita e cultura ebraica da noi hanno assunto un volto del tutto nuovo attraverso gli ebrei venuti dalla Russia a vivere da noi. è un compito incredibile, enorme, per la comunità ebraica in Germania, un compito in cui noi abbiamo il dovere di portare aiuto, dovere legato alla comune responsabilità verso la società intera. Se guardiamo a quale lavoro d'integrazione dei nuovi arrivati viene affrontato dalla comunità ebraica tedesca, sappiamo che non possiamo in nessun caso lasciarla sola. Nell'ora del ricordo, come oggi, nel momento in cui le Vergogne della Germania sono davanti ai nostri occhi, tanto più è spaventosamente inconcepibile che antisemitismo, xenofobia e razzismo esistano oggi nel nostro Paese e si mostrino presenti nella pratica. E non serve dire che ciò accade anche in altri paesi: occorre un regolamento dei conti con questa realtà. Certo, è lecito dire che affrontiamo questa responsabilità. Credo che lo facciamo davvero. Combattiamo contro le violenze razziste e le ideologie dell'estrema destra con gli strumenti dello Stato di diritto. A volte discutiamo, e ci dividiamo, su quali strumenti di lotta siano i migliori, se vietare un partito sia possibile o no, se ciò rafforzi o no uno Stato di diritto. Ci sono programmi d'azione e informazione contro l'estremismo di destra, e abbiamo reagito alla violenza d'estrema destra aumentando gli aiuti finanziari a questi programmi. Ma mentre ricordo questo, non voglio nascondere che facendo ciò non abbiamo ancora, minimamente, trovato la ricetta-panacea per affrontare queste sfide. Dobbiamo guardare in faccia una realtà. Cioè il fatto che di fronte alle paure provate verso la globalizzazione, o verso un presunto eccesso di apertura delle società democratiche, l'estremismo di destra e l'antisemitismo ritrovano una possibilità di farsi strada nelle menti di persone da cui piuttosto non ci si aspetterebbe che cadano vittima di queste tendenze. Un modello di spiegazione di questo fenomeno è a volte - e bisogna seguirlo - quello che ci dice che naturalmente il pericolo di questa seduzione è specialmente grande quando le persone stesse che vi sono coinvolte vivono in una situazione sociale difficile. Ciò nonostante, sottolineo che io chiedo sempre di non giustificare mai certe scelte evocando quelle difficoltà sociali. Eppure, ancora, è certo che le società che vengono percepite come giuste sono difese da anticorpi più forti contro simili sfide. Insisto, tensioni e problemi sociali non sono mai una scusa per certe derive. Ma a volte io ho anche l'esperienza diretta del fatto che negli strati sociali e ceti più istruiti della popolazione si manifestano chiaramente crudi, duri modi di pensare, e un antisemitismo molto ben mascherato, che non è facilmente riconoscibile. Ma con questa forma di antisemitismo si torna sempre a tentare di definire fenomeni sociali di gruppo, e in base a quelle definizioni dei fenomeni sociali si può dichiarare l'emarginazione in un modo o nell'altro. una delle realtà più insostenibili è il fatto che in Germania non esiste nessuna istituzione o sede ebraica che possa vivere senza protezione della polizia. Nessun Kindergarten ebraico, nessuna scuola ebraica è priva di agenti schierati sul posto per proteggerla. Ciò non riguarda solo le Sinagoghe. Quello che quasi mi preoccupa di più, è il fatto che anche in vasti strati della popolazione, malgrado tutta la formazione e l'istruzione sulla Storia, e malgrado tutto quanto è accaduto, regna una certa Sprachlosigkeit, una tendenza e voglia di silenzio, a proposito della nostra propria Storia. E dove c'è voglia di silenzio, c'è sempre anche il pericolo che non si parli di temi e problemi, che si taccia o si minimizza. Per esempio: si può criticare Israele? Criticare Israele è antisemitismo? Alcuni si spingono persino fino a dire "la cosa migliore è non parlare più degli ebrei, così almeno non fai nulla di sbagliato". Questo è il fenomeno con cui noi dobbiamo fare i conti nel modo più urgente nell'educazione politica. Dobbiamo incoraggiare la gente a parlare. Perché quel modo di pensare che spinge al silenzio, a non discutere più, può trasformarsi e rafforzarsi con il volto dell'antisemitismo e del razzismo. Già vediamo diversi fenomeni di questo tipo: dagli episodi di violenza, fino alle forme davvero borghesi dell'antisemitismo. Per questa ragione questa conferenza internazionale sul problema qui a Berlino è così importante. Perché ci può aiutare nello scambio di idee e testimonianze, specialmente in Germania, ci può aiutare a riflettere su cosa si possa fare al meglio e su come al meglio si possa dare una testimonianza, senza cadere nelle accuse e nei sospetti di colpa reciproci. Per questo auspico un dialogo franco e onesto, in cui nessuno nasconda qualcosa sotto il tappeto. Ho menzionato i problemi, ma non per dare un umore depressivo. Però mi auguro che riusciremo - e con la nostra società democratica abbiamo questa possibilità, se riusciremo ad avere un po' più coraggio e a non schivare più i confronti - se riusciremo a rendere tabù e mettere al bando l'antisemitismo e la violenza e a chiarire bene tutto ciò anche alle giovani generazioni, con la nostra azione.

Torna all'inizio


Nel supermarket Italia squadre senza identità (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Di Roberto Gotta - sabato 26 gennaio 2008, 07:00 Una volta si faceva presto: lo straniero della Forst Cantù era Bob Lienhard e quello dell'Ignis era Bob Morse, con l'aggiunta esotica dello "straniero di coppa" da metà anni Sessanta e, dal 1977, il passaggio al doppio straniero. Straniero tout court: non comunitario, extracomunitario, biondo di passaporto congolese o mulatto-norvegese, assimilato, oriundo (anche se ce n'erano, segnati quasi a dito nei palasport come creature bizzarre, ed esotici perché parlavano un italiano massacrante e vestivano come quelli di Saturday Night Fever), come invece capita dal 1996, anno della liberalizzazione. Si faceva male lo straniero, o deludeva, e lo sostituivi una volta sola. Per il resto, mercato chiuso per gli italiani il 31 luglio e per gli altri una settimana prima dell'inizio del campionato. Adesso siamo all'opposto, ed è un opposto che potrà anche non produrre risultati numerici disastrosi, se si considera l'aumento di pubblico (0,6%), ma causa confusione in chiunque non segua il basket con assiduità: ogni club può effettuare fino a diciotto tesseramenti di atleti professionisti, compresi quattro extracomunitari secondo il sistema 4+2 che permette due cambi, e il suddetto sistema viene spremuto fino all'ultimo numero per sostituire giocatori al primo, massimo secondo segnale di scarso rendimento. Godimento massimo di statistici e agenti, molto meno di un pubblico che resta emotivamente legato al nome che compare sul davanti della maglietta, anche nella continua giravolta di sponsor a volte divisi tra campionato e Coppe, ma fatica a familiarizzare con i cognomi di giocatori che una settimana ci sono e quella successiva vanno alla tua grande rivale: a ranghi completi, la Cimberio Varese avrebbe ora quattro giocatori del quintetto base diversi da quelli che hanno iniziato la stagione. Fanno fatica i tifosi a creare complicità con porte girevoli, fanno fatica gli allenatori a gestire le situazioni. Con la consueta precisione, sull'argomento interviene Dan Peterson: "Prima domanda, vogliamo un campionato italiano o un campionato che si gioca in Italia? Seconda domanda: le squadre di oggi sono più forti, comparativamente, con quelle del periodo dei due americani e mercato chiuso a fine luglio? No! E non dico di prendere come esempio una Milano di metà anni Ottanta, va bene anche una Varese, Cantù, Pesaro, Bologna. In più, ora ci sono molte più squadre NBA, per un totale di 450 giocatori sotto contratto con loro, ovvero oltre il doppio di quelli del 1980. Dunque quelli che vengono da noi valgono di meno, anche perché alcuni vanno anche nella NBDL e ora c'è la concorrenza di Francia, Russia, Spagna, Grecia, Turchia, Israele... E cambiare in continuazione fa perdere al pubblico il concetto di continuità e la toglie anche nello spogliatoio, perché poi in campo non riesci a trovare ad occhi chiusi un compagno di squadra che conosci a malapena perché è arrivato da pochi giorni. Io sono il primo a dire che molti allenatori in passato erano più bravi, ma dico anche che oggi è dieci volte più complicato allenare squadre che cambiano continuamente, in cui non puoi lavorare su un gruppo compatto. Mettiamoci anche gli agenti che per i giocatori italiani chiedono cifre altissime facendo dirottare i club su un danese che magari costa meno. Io dico che l'ideale è mercato chiuso presto, due-tre giocatori di buon livello in ogni squadra piuttosto che sette brocchi".

Torna all'inizio


BREVI (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 26-01-2008)

 

Libano Beirut, autobomba uccide investigatore BEIRUT. Un capitano della polizia libanese, che indagava sulla strage del San Valentino 2005 costata la vita all'ex premier Rafik Hariri, è stato ucciso con un'autobomba a Beirut; insieme a lui sono morti la sua guardia del corpo e due ignari passanti; trentotto i feriti. L'esplosione è avvenuta a Furn al-Shebak, nella zona est di Beirut a maggioranza cristiana. Il nuovo attentato- a dieci giorni da quello contro un fuoristrada dell'ambasciata Usa (tre morti) - rischia d'infiammare la già incandescente crisi libanese. Il leader sunnita della maggioranza parlamentare antisiriana Saad Hariri ha implicitamente accusato la vicina Siria, a cui ha imputato di utilizzare il Libano come "teatro per i regolamenti di conti del regime siriano". Ma Damasco ha condannato l'attentato, addossandone la responsabilità ai "nemici del Libano" e affermando che "la Siria sarà sempre a fianco della sicurezza e stabilità" del Paese. israele Hamas pronta a trattare ma l'attacco continua DAMASCO. Hamas ha accettato l'invito del presidente egiziano Hosni Mubarak per un incontro al Cairo con il presidente del Fatah Abu Mazen al fine di risolvere la crisi fra le opposte fazioni palestinesi. Lo ha detto il leader del movimento fondamentalista palestinese Khaled Meshaal in esilio a Damasco. Il clima nella Striscia di Gaza tuttavia resta tesissimo: dopo che gli egiziani avevano richiuso il varco di Rafah, una potente ruspa condotta da un miliziano di Hamas ha attaccato e sfondato un'altra zona del muro che delimita la linea di frontiera, spianando ai palestinesi una nuova strada per superare il confine. I poliziotti egiziani non sono riusciti a respingere la folla e hanno deciso di ritirarsi nella propria base a difesa della quale, come ulteriore smacco, si sono disposti i poliziotti di Hamas. Militanti delle Brigate Ezzedin al-Qassam hanno attaccato la colonia ebraica di Kfar Etzion. 26/01/2008.

Torna all'inizio


L'Italia partecipa al Giorno della Memoria tenutosi a Gerusalemme (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 26-01-2008)

 

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.131 del 26/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Esteri Accesa la fiamma perenne e deposta una corona d'alloro L'Italia partecipa al Giorno della Memoria tenutosi a Gerusalemme Voluta dall'ambasciata italiana a Gerusalemme, la commemorazione ha visto la partecipazione di diverse organizzazioni italiane operanti nel Paese Gerusalemme, 26 gen.- Con una grande affluenza di pubblico giunto per l'occasione da tutta Israele, e' stato celebrato e ricordato venerdi' 25 gennaio a Gerusalemme il Giorno della Memoria, con un evento organizzato dall'Ambasciata d'Italia in Israele. La cerimonia e' stata celebrata nel Mausoleo della Shoa' di Yad Vashem a Gerusalemme; il pubblico si e' raccolto nell'Ohel Izkor (la Tenda della Rimembranza) ove l'Ambasciatore d'Italia Sandro De Bernardin ha acceso la fiamma perenne, ponendo poi una corona d'alloro, accompagnato dall'Addetto Militare il Gen. Brig. Nicola Gelao e da una rappresentanza dell'Arma dei Carabinieri. Dopo la breve, ma commovente cerimonia, il pubblico si e' raccolto nell'Auditorium di Yad Vashem, ove vi e' stato il discorso dell'Ambasciatore De Bernardin che ha ricordato l'impegno delle diverse istituzioni italiane nell'organizzare tutta una serie di cerimonie in concomitanza con il Giorno della Memoria e tra queste, la cerimonia che si e' tenuta ieri al Quirinale alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e poi esaminando anche i fenomeni di antisemitismo in Europa e in Italia. Discorso molto seguito, ed applaudito lungamente dal pubblico presente. Presente tutto lo staff dei funzionari e degli impiegati dell'Ambasciata a Tel Aviv e una rappresentanza del Consolato Generale d'Italia a Gerusalemme con il Vice Console il dr. Francesco Santillo e il dr. Sergio Bianchi; presenti i rappresentanti di tutte le organizzazioni italiane operanti nel Paese, e tra queste la Dante Alighieri, la Casa d'Italia a Giaffa, il FAIB, l'Associazione Immigranti dall'Italia, l'Associazione ebrei italiani di Gerusalemme , del Com.It.Es. e dell'I.C.E.

Torna all'inizio


"L'Egitto ci ha venduto come sempre" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

IN SETTECENTOMILA HANNO PASSATO IL CONFINE DELLA STRISCIA, CHIUSA DA ISRAELE, PER RIFORNIRSI DI BENI DI PRIMA NECESSITÀ "L'Egitto ci ha venduto come sempre" [FIRMA]FRANCESCA PACI INVIATA A RAFAH (Gaza) "L'accordo tra Hamas e il presidente Mubarak per la chiusura del valico egiziano ha retto quanto il muro, è bastata una spallata a buttarlo giù" commenta Mahmoud Shaar tornando a casa, a Khan Younis, a bordo della sua moto nuova di zecca, una Dayun cromata pagata mille dollari: mercoledì mattina l'avrebbe avuta per 350. Al mercato senza frontiere di Rafah i prezzi lievitano con la tensione. Il tentativo del governo egiziano di ripristinare il confine tra Gaza e il Sinai contando sulla collaborazione di Hamas è stato travolto ieri da migliaia di palestinesi per nulla disposti a farsi richiudere dentro la Striscia dopo tre giorni di libertà. A niente sono valsi i tentativi della polizia egiziana schierata a testuggine, sin dall'alba, a difesa dei varchi: dopo una sassaiola durata diverse ore, una grossa ruspa guidata da un giovane con il passamontagna ha provveduto a spazzare via i potenti idranti e la resistenza, per la verità poco convinta, dei fratelli arabi in tenuta da guerra. Il braccio di ferro tra l'Egitto e Hamas termina così il primo round in favore del movimento radicale islamico che in serata accetta la proposta di Mubarak d'incontrare al Cairo il presidente dell'Autorità Nazionale Abu Mazen per risolvere il conflitto intestino che si trascina da giugno. Sul terreno restano sei poliziotti egiziani feriti e tre cani antisommossa abbattuti a raffiche di mitra dai miliziani palestinesi, un fotografo lievemente colpito alla testa da una pietra, diversi contusi da entrambe le parti. Ma, soprattutto, resta il fiume in piena di uomini donne, ragazzini (circa 700 mila) che comprano e vendono mesi d'astinenza, avanti e indietro attraverso la lamiera aperta, con le scatole di patatine Lions in equilibrio sulla testa, formiche infaticabili, quasi sapessero che presto o tardi dovranno fare i conti con la storicamente poco affidabile solidarietà araba. La giornata ha un avvio elettrico quanto l'epilogo di quella precedente, con gli agenti sempre più nervosi e un'atmosfera grave da prima del temporale. A Rafah la notizia dell'intesa raggiunta nella notte fra l'intelligence egiziana e ufficiali della sicurezza di Hamas arriva contemporaneamente alle prime cariche della polizia contro chi tenta di forzare il blocco. "Ero sicuro che gli egiziani ci avrebbero venduto come hanno fatto sempre, ma non pensavo così presto" dice Nafiz Gheisi mettendo in salvo da una scarica di pietre il frullatore da regalare a sua moglie. A "vendere" Gheisi in realtà sono stati gli stessi palestinesi mentre nelle piazze del Cairo e Damasco centinaia di manifestanti protestano contro l'embargo israeliano. Secondo l'accordo, conferma il portavoce della polizia del movimento islamico Islam Shawhan, Hamas dovrebbe sostenere gli egiziani nel ripristino della frontiera in cambio dell'impegno a portare al tavolo delle trattative l'Autorità nazionale palestinese. Ma qualcosa va storto. Ramallah non ci sta, a meno che Hamas faccia mea culpa per il golpe di giugno. La risposta dei signori di Gaza è il via libera all'assalto dello sguarnito presidio egiziano che battaglia un po', arretra e si arrende. I palestinesi di Gaza City, Jabalya, Beit Hanun, le famiglie che come i Majul hanno impegnato i regali di nozze del primogenito Khaled per lo shopping "all'estero", tirano un sospiro di sollievo: una vittoria dei consumatori che potrebbe trasformarsi però in una vittoria di Pirro, come sanno bene i vertici di Hamas. La porta sul Sinai per ora resta spalancata per gli acquirenti di materassi, sigarette, armi. Ma non è detto che Abu Mazen accetti l'invito egiziano e la proposta di conciliazione con i ribelli di Gaza. Prima di prenotare un volo per il Cairo il presidente palestinese deve affrontare il premier israeliano Olmert che domattina, nel primo appuntamento ufficiale dopo la visita di George W. Bush, gli chiederà conto dell'attacco di giovedì alla colonia ebraica di Kfar Etzion rivendicato dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas. Il percorso è accidentato e l'andatura incerta quanto quella di Mahmoud che cavalca tronfio la sua Dayun fiammante senza sapere se lo porterà fino a casa.

Torna all'inizio


Dollaro Usa1,4705<TD class= (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

Quot. BCE x Euro Var. % Dollaro Usa 1,4705 1 0,6800 -0.29 Yen giapponese 158,3500 100 0,6315 -1.29 Sterlina inglese 0,7425 1 1,3468 0,59 Franco Svizzero 1,6136 1 0,6197 -0.97 Corona ceca 25,912 100 3,859 0,24 Corona danese 7,452 10 1,342 0,01 Corona estone 15,647 100 6,391 0,00 Corona islandese 95,760 100 1,044 0,90 Corona norvegese 8,024 10 1,246 0,15 Corona slovacca 33,489 100 2,986 0,11 Corona svedese 9,460 10 1,057 0,27 Dollaro australiano 1,665 1 0,601 0,67 Dollaro canadese 1,482 1 0,675 0,50 Dollaro Hong Kong 11,486 1 0,087 -0.34 Dollaro neozelandese 1,901 1 0,526 0,28 Dollaro Singapore 2,094 1 0,478 0,16 Fiorino ungherese 257,620 100 0,388 -0.04 Lat lettone 0,698 1 1,433 0,03 Leu rumeno 4 10000 2614,379 -1.76 Lev bulgaro 1,956 1 0,511 0,00 Lira cipriota 1 Lira maltese 1 Lira turca 1,738 1 0,575 0,83 Litas lituano 3,453 1 0,290 0,00 Rand sudafricano 10,459 1 0,096 -1.34 Won Sud coreano 1392,420 1000 0,718 0,01 Zloty polacco 3,618 10 2,764 -0.05 Bolivar venezuelano 3,158 1000 316,696 -0.29 Dinaro algerino 98,177 100 1,019 -0.19 Dinaro giordano 1,043 1 0,959 -0.29 Dirham Emirati Arabi 5,397 10 1,853 -0.22 Dollaro bermuda 1,470 1 0,680 -0.29 Dollaro giamaicano 104,553 100 0,956 -0.29 Gourde haitiano 55,040 100 1,817 -0.45 Lek albanese 122,163 1000 8,186 0,21 Lira egiziana 8,141 10 1,228 -0.16 Peso argentino 4,631 1 0,216 -0.15 Peso colombiano 2882,748 10000 3,469 0,50 Peso cubano 1,470 100 68,004 -0.29 Peso filippino 60,018 100 1,666 0,48 Peso messicano 16,003 10 0,625 -0.04 Real brasiliano 2,623 10 3,812 0,40 Rublo bielorusso 3166,722 10000 3,158 -0.30 Rublo russia 36,058 100 2,773 -0.16 Rupia pakistana 91,883 100 1,088 -0.33 Rupia indiana 57,903 100 1,727 -0.09 Scellino keniota 102,568 100 0,975 2,27 Shekel israeliano 5,430 10 1,841 -0.50.

Torna all'inizio


Shoah, la lezione di trani "la nostra sfida è il dialogo" - giovanni di benedetto (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Pagina XV - Bari Shoah, la lezione di Trani "La nostra sfida è il dialogo" Viaggio nella sinagoga più antica d'Europa la giornata In tutta la regione un denso calendario di appuntamenti fra mostre, dibattiti e reading La comunità ebraica tranese: "Domani ricorderemo l'Olocausto con un concerto" Il portavoce Francesco Lotoro: "Vogliamo far capire cosa è successo perché la tolleranza è una pratica oggi più che mai necessaria" GIOVANNI DI BENEDETTO Il vero "miracolo" avviene in un dedalo di stradine strette nel cuore della città vecchia di Trani, all'ombra della Cattedrale romanica che si affaccia sul mare. è qui la nuova culla dell'incontro e del dialogo ecumenico, in queste viuzze dove si ritrovano insieme gli ebrei con i cristiani, gli ortodossi con i musulmani. Un posto in cui le differenze si superano in un abbraccio ideale che la storia attende da secoli. "Un piccolo miracolo, è vero, o chiamatelo pure un laboratorio di idee", dice il portavoce della comunità ebraica di Trani Francesco Lotoro, di professione musicista, che alla vigilia della Giornata della memoria tende una mano alle altre confessioni religiose. Perché proprio il ricordo della Shoah, lo sterminio di oltre 6 milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti durante la II guerra mondiale, diventi un momento di riflessione ma anche di convivenza pacifica, "anche con chi si ostina a negare", afferma Lotoro, "facendo più male di chi si professa antisemita". Il ragionamento ha una sua logica, "comprendere la storia della Shoah", a detta del portavoce della comunità ebraica di Trani, la seconda del Mezzogiorno dopo quella di Napoli, "significa accettare l'esistenza di un popolo e soprattutto di uno Stato, quello di Israele". La città di Trani dunque è un microcosmo, "se succede qui", dice Lotoro, "può succedere anche altrove, noi abbiamo voglia di fare di più, magari far comprendere agli arabi e ai musulmani la nostra storia". Il sogno della comunità ebraica, nella Giornata della memoria, è proprio quello di spiegare cosa è stato l'Olocausto per il popolo ebraico, far capire cosa c'era dietro il disegno della soluzione finale del Reich che, secondo Lotoro, avrebbe prima o poi interessato altri popoli, magari anche quello arabo, destinati a soccombere di fronte all'idea della supremazia della razza ariana. La conoscenza della Shoah aiuterebbe dunque a comprendere che l'esistenza di Israele è l'unica possibilità per gli ebrei di condurre una vita "tranquilla, anche al di fuori di quei confini territoriali". La Giornata della memoria non è solo un momento di commemorazione delle vittime morte nelle camere a gas, ma è l'inizio di un nuovo dialogo. Fondamentale, secondo Lotoro, recuperare le tracce del passato, "anche attraverso la musica, per esempio". Proprio come Francesco Lotoro fa da anni ricercando tracce di quelle melodie nate dietro il filo spinato dei lager, "il grande testamento che ci ha lasciato gente che andava a morire, migliaia di opere che non possono essere state inventate". E così il momento più importante delle celebrazioni a Trani sarà proprio domani quando il coro dell'Università di Foggia eseguirà un concerto incentrato sulla produzione vocale e corale dal 1933 al 1945 di musicisti imprigionati, deportati, uccisi nei campi di concentramento di tutta l'Europa (alle 19; info 0883.95.06.39). Avverrà all'interno della piccola sinagoga di Scolanova, la più antica del vecchio continente, epicentro della cultura ebraica fino alla cacciata di questo popolo da Trani. Sono passati quasi 500 anni e la sinagoga è tornata ad essere il luogo di culto degli ebrei, in forza anche di un protocollo d'intesa con il Comune, proprietario della struttura. Era rimasta sconsacrata per decenni, il compromesso con la chiesa e con la Soprintendenza ha voluto che fosse coperta la figura della Madonna, ora c'è un telo raffigurante la stella di David. Appena lo scorso anno si è celebrato il momento più importante della vita ebraica della comunità, l'ingresso nella sinagoga della "Sefer Torah", la più autentica testimonianza di quella legge acquisita sul monte Sinai che ha garantito la sopravvivenza millenaria di un popolo. Da quel giorno la città di Trani è entrata a pieno titolo nella vita ebraica italiana, il culto si è come rafforzato, e da allora nella Sinagoga si tengono i culti religiosi e le attività di studio della Legge. Il rabbino è la figura più importante della comunità, colui che sorveglia sull'osservanza delle regole, la persona che deve cercare di mediare, trovare una soluzione alla rigidità della Torah (non imposta, ma accettata liberamente) con quelle della vita di ogni giorno. Ci sono oltre una quarantina di gruppi familiari che fanno capo alla comunità di Trani, osservano lo Shabbat una volta la settimana, tutti i precetti e le tradizioni che non sono mai andate perdute. Nonostante tutto.

Torna all'inizio


Baharier polemico "contro la shoah la memoria non basta" - simona spaventa (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Pagina XXII - Milano Domani al Parenti lettura biblica Baharier polemico "Contro la Shoah la memoria non basta" SIMONA SPAVENTA Le sue lezioni bibliche, due anni fa al Teatro dal Verme, avevano richiamato una tale, sorprendente folla di spettatori da esser replicate l'anno scorso con una seconda serie di incontri. Ora Haim Baharier, l'ormai celebre maestro talmudico, allievo di Levinas e di Léon Askenazi, torna a spiegare la Bibbia al pubblico. L'occasione è la Giornata della memoria, il luogo è la Sala Grande del Teatro Franco Parenti, fresca di restauro. Per ora l'incontro sarà unico, domenica alle 11, ma Andrée Ruth Shammah sta pensando a una nuova serie, che non è escluso possa concretizzarsi a breve. Ma veniamo alla lezione. Il titolo, "Cinque verbi per sollevarsi dall'Egitto, per uscire da Auschwitz", riporta esplicitamente alla Shoah. Ma, come sempre succede con Baharier, spirito provocatorio per definizione, per arrivare al nocciolo occorre capovolgere ogni pensiero preconfezionato: "Sulla Giornata della memoria sono scettico ? spiega polemico ? è una ricorrenza voluta dalle nazioni europee per ripensare al loro silenzio assenso sulla Shoah. In origine il popolo di Israele c'entrava poco, era la vittima e non poteva partecipare a questa riflessione. Poi si è lasciato coinvolgere, e la memoria è diventata pretesto per celebrare le vittime, per ricordare la crudeltà umana. Un errore di valutazione, fuori tema e pericoloso: la memoria come informazione non serve, non impedisce nuovi genocidi. Anzi il genocidio primario, quello degli ebrei, ha fatto scuola". Allora qual è la giusta via? "è chiaro che non posso prescindere da Auschwitz, ce l'ho sempre sotto gli occhi. Mio padre ci ha passato quattro anni. Il problema però non è ricordare le stragi, ma trovare il modo di uscirne, trovare la strada per uscire da Auschwitz. Per farlo io leggo la Bibbia. Senza pensarla come Antico Testamento, ma come indicazione di percorso. Domenica spiegherò l'Esodo, il primo genocidio degli ebrei: l'uscita dall'Egitto. Analizzerò i cinque verbi usati da Mosè, le cinque promesse di Eloim per portare il popolo d'Israele fuori dall'Egitto. Verbi che ci possono aiutare, oggi, a uscire dalla logica dello sterminio". Teatro Franco Parenti, Sala Grande, via Pier Lombardo 14, domani, ore 11, ingresso libero, prenotazioni 02599944700.

Torna all'inizio


Shylock l'ebreo errante fuori dal ghetto narrativo - apollonia striano (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Pagina XX - Napoli Una raccolta di saggi edita da Liguori alla vigilia del 27 gennaio Shylock l'ebreo errante fuori dal ghetto narrativo Il volume curato dai docenti Stefano Manferlotti e Marisa Squillante APOLLONIA STRIANO L'emblema naturalmente è Shylock, il mercante di Venezia che impegnò Shakespeare nel difficile equilibrismo di creare un personaggio ai suoi tempi tutt'altro che universalmente accettato. Ci riuscì lui, e così anche molti altri autori della letteratura che si è misurata con il tema. "Ebraismo e letteratura" è un insieme di intensi saggi di professori e di giovani ricercatori (Bruno Bureau, Arianna Sacerdoti, Marisa Squillante, Romilda Ucciero, Stefano Manferlotti, Angela Leonardi, Massimo Paravizzini, Annalisa Carbone, Virginia di Martino) quasi tutti dell'Università "Federico II", sul rapporto complesso, che nel corso dei secoli la letteratura occidentale ha stabilito con l'ebraismo. Nato da un progetto di Stefano Manferlotti e di Marisa Squillante, che hanno curato il volume, per partecipare con una testimonianza diversa alle celebrazioni della "Giornata della Memoria", "Ebraismo e letteratura" va oltre l'intento commemorativo. Secondo il rettore dell'università Guido Trombetti, infatti, su questo saggio s'addensa il valore di una profonda riflessione sulla coscienza della nostra civiltà, per verificare, attraverso il filtro delle opere letterarie, l'atteggiamento perpetrato verso la cultura ebraica. Non è casuale che, nella nota introduttiva, i curatori leghino le motivazioni sottese al libro alle parole di Imre Kertész, ebreo ungherese e premio Nobel 2002 per la letteratura, che, osservando gli esiti disumani delle procedure totalitarie della storia, ha saputo indicare nella Conoscenza "l'unico rifugio dignitoso". In questa prospettiva sono stati raccolti gli studi che recuperano alcune delle esperienze più significative in cui si è svolto il confronto con l'ebraismo a partire dalle pagine degli autori dell'età dei Flavii sino a quelle della tarda latinità, ma anche attraverso le parole di James Joyce, di Saul Bellow, di Giorgio Bassani, di Primo Levi. L'intervento di Bruno Bureau dell'Università di Lione ha ricostruito il percorso compiuto da Ambrogio da Milano, che, per dare prova della completezza della cultura cristiana, elaborò il proprio "De Officiis", contrapposto a quello di Cicerone, acquisendo gli elementi della Bibbia e della storia del popolo di Israele come dati di un'unica tradizione, confluente in quella cristiana. Marisa Squillante si è soffermata sulle dinamiche mutevoli del rapporto tra i romani e gli ebrei. Tolleranti verso le altre fedi, a lungo i romani non si opposero alla religione ebraica; piuttosto maturarono ostilità per un popolo che difendeva strenuamente la propria identità. Nel V secolo, tuttavia, nella produzione letteraria romana iniziarono a ricorrere frequenti stilemi negativi sugli ebrei, forse conseguenza della forte sedimentazione del cristianesimo. In "Cristianesimo ed Ebraismo nell'Ulisse di Joyce", Stefano Manferlotti, ingaggiando un serrato confronto tra le figure dell'ebreo, libero pensatore, Bloom e del cristiano "apostata" Stephen, diverse ma complementari, impegnate nel definire la propria distanza, analizza il dualismo in cui Joyce, con gli strumenti dell'ironia, seziona il difficile tema religioso. Massimo Paravizzini ha soprattutto approfondito quel legame indissolubile che unisce l'ebraismo e l'umanesimo, intorno al quale è stato sviluppato il romanzo di Bellow "Mr. Sammler's Planet", fino ad una conclusione conciliatrice, per l'inclinazione a credere nella "potenza mistica dell'umanità". "Ebraismo e letteratura" sarà presentato lunedì (alle 9 nell'aula Pessina in corso Umberto I) da Bruno Bureau, Antonio Saccone e Guido Trombetti; parteciperanno anche Don Gaetano Castello, Vicario generale per L'Evangelizzazione e la Catechesi e Pierpaolo Punturello, capo spirituale della Comunità Ebraica di Napoli.

Torna all'inizio


Film di gheddafi sui deportati libici - leandro palestini roma (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 26-01-2008)

 

Spettacoli Il regista Najdat Anzour rivela: "Primo ciak alle Tremiti tra un mese" Film di Gheddafi sui deportati libici "Ingiustizia" nasce da un soggetto del Colonnello, si basa su fatti veri Non è propaganda, non vogliamo offendere gli italiani LEANDRO PALESTINI ROMA Il siriano Najdat Anzour è un regista in bilico tra soap opera e temi scottanti. Campione d'ascolti con le sue popolari musalsalat (le soap delle tv arabe), minacciato di morte nel 2005 dagli jhadisti per la fiction Il tetto del mondo (sugli attentati islamici in Arabia Saudita), questa volta sta realizzando un film che creerà polemiche in Italia: Dhulm-Ingiustizia, nato da un soggetto del colonnello Muammar Gheddafi, racconta la storia poco conosciuta dei deportati libici in Italia. "Il primo ciak sarà il mese prossimo alle isole Tremiti: è lì che venivano raccolti i deportati libici in Italia. Il film racconta fatti realmente accaduti, eventi storici che vanno dal 1911 al 1943", spiega Anzour, precisando che "il punto di partenza è un testo originale scritto da Gheddafi: mi ha chiamato lui per realizzare il film, l'ho incontrato diverse volte in Libia e ho lavorato per 18 mesi allo script con un team di storici, compreso l'italiano Angelo Del Boca, la storia si basa su fatti veri". Il film prende il via nel 1911 con l'invasione italiana nei territori della Tripolitania e della Cirenaica e va avanti fino al ritiro degli italiani nel 1943. Con migliaia di persone deportate. Ma Gheddafi che vuole un film sui deportati libici non è sospetto? "Ingiustizia è un film lontano dalla propaganda. La sceneggiatura è dal punto di vista occidentale, forse non sarà amato da molti arabi. Senza battaglie o sentimentalismi, si vuole ricordare la storia alle giovani generazioni. Gheddafi ha dato consigli, ha detto che preferiva il doppiaggio ai sottotitoli, perché il film è stato pensato per il pubblico internazionale. Ma non ha intenzione di offendere gli italiani proprio ora che c'è una apertura tra le due sponde del Mediterraneo: Italia e la Libia sono paesi amici". Najdat Anzour è tra i registi che, oggi e domani, interverranno alla rassegna "L'Occidente visto dai media arabi" (Palladium Università Roma Tre, con il sostegno di RomaEuropa), in cui verranno proposte trasmissioni tv mai viste in Italia e che hanno scatenato polemiche nel mondo arabo. "Ci muoviamo spesso in campi minati, cercando un equilibrio tra temi proibiti e argomenti d'attualità", dice Anzour. "In Occidente pensate che le nostre tv sono arretrate. Ma i canali trasmettono fiction come Lost, Prison Break o CSI, c'è un cartoon South Park all'araba, le nostre musalsalat si sono evolute. Non posso far vedere baci osé o storie gay, ma parlo del terrorismo della jihad: anche se in Arabia Saudita la Mbc mi ha boicottato. Vanno forte i reality show (La sposa perfetta), ma nel Bahrein il Grande Fratello è stato bocciato: uomini e donne nella stessa casa non vanno bene". L'Auditel? "Ce l'abbiamo. Gli indici di ascolto delle soap si impennano nel Ramadam, in quel mese ci vedono a milioni, lì si concentrano le inserzioni pubblicitarie".

Torna all'inizio


LE IENE, CENSURA PRO MASTELLA (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

Calibro 9 LE IENE, CENSURA PRO MASTELLA Alessandro Sortino, giornalista nella redazione delle Iene, si è dimesso dalla trasmissione in onda su Italia 1, denunciando la censura di Mediaset del suo servizio incentrato su un incontro-scontro con il figlio di Mastella e lo stesso Sortino. Ma il contenuto del servizio è già in rete: "Non ci sono più le condizioni per fare le Iene - spiega l'inviato - cioè la libertà e la leggerezza". MEDIA ARABI A ROMA Parte al Palladium la rassegna (oggi e domani) che racconta come il mondo televisivo arabo "vede" l'occidente. A cura di Donatella Della Ratta, prevede incontri, dibattiti e proiezioni di film, fiction e tv movie. In apertura oggi (17-19) un dibattito a cui prendono parte fra gli altri N. Anzour, regista (Siria), F. Al Kasim, giornalista Al Jazeera (Siria), H. Al Maliki, sceneggiatore (Iraq), A. Al Otibi, autore tv (Arabia Saudita). BACCHELLI PER TRINCALE Franco Trincale, 73 anni, cantastorie siciliano (la sua chitarra venne costruita negli anni '60 dal liutaio milanese Antonio Monzino e gli fu donata nel 1968 dagli operai dell'Alfa Romeo) costretto per malanni fisici a interrompere la sua professione, ha ottenuto dal Consiglio dei ministri la concessione dell'assegno vitalizio previsto dalla legge n.440 del 1985. Nato a Militello (Catania), arrivò a Milano nel 1957 e nei filobus, le piazze cantò i pupi siciliani ma anche i costumi dei lavoratori, emigranti e i il malcostume della classe politica. VERSO I CESAR "La vie en rose" di Olivier Dahan e "Un Secret" di Claude Millerm, con 11 nomination ciascuna, dominano la lista dei candidati ai César 2008, che saranno consegnati il 22 febbraio prossimo. Nella lista delle candidature: "Lo scafandro e la farfalla" di Julian Schnabel (7), "Persepolis" del duo Marjane Satrapi - Vincent Paronnaud (6) e "Cous cous" di Abdellatif Kechiche (5). Tutti in lizza come miglior film francese dell'anno. Marion Cotillard, già trionfatrice ai Golden Globe e candidata all'Oscar, si disputerà il titolo di migliore attrice con Cécile de France ("Un Secret"), Isabelle Carré ("Anna M."), Marina Foïs ("Darling") e Catherine Frot ("Odette Toutlemonde"). Tra gli attori anche Mathieu Amalric ("Lo scafandro e la farfalla"), Jean-Pierre Darroussin ("ll mio amico giardiniere"). Nella cinquina dei miglior film stranieri troviamo David Cronenberg con "La promessa dell'assassino". ARRIVA IL FILM "MADRI" Verrà proiettato oggi a Pesaro (ore 16) presso il Circolo Arci Villa Fastiggi, il film "Madri" di Barbara Cupisti, un documentario girato in Israele e Palestina. Alle 17,30, dibattito su "Diritti e resistenze" con Gianni Tognoni della Fondazione Basso.

Torna all'inizio


Da Sahar Khalifah scorci sulla storia palestinese (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

In "Primavera di fuoco", appena uscito per Giunti, la scrittrice palestinese descrive due fratelli che si ritrovano su fronti opposti sullo sfondo della seconda intifada Monica Ruocco La centralità delle donne palestinesi nella formazione dell'identità nazionale, e il loro prezioso ruolo di custodi della memoria storica di un popolo sono gli elementi alla base del romanzo Primavera di fuoco della scrittrice Sahar Khalifah, che esce in questi giorni per Giunti nella coinvolgente traduzione di Leila Mattar (pp. 333, euro 14,50) Alla fine del libro la scrittrice dichiara la propria riconoscenza alle donne di un quartiere della vecchia Nablus - città che fa da sfondo alle vicende narrate - che "hanno spalancato le loro memorie come finestre" regalandole racconti "colmi di particolari e di sentimenti profondi". Ma da parte sua Sahar Khalifah, le donne palestinesi le conosce molto bene. È stata infatti proprio lei a fondare nel 1989, dopo avere conseguito negli Stati Uniti un dottorato in Women's Studies, il primo centro di ricerche sulla condizione femminile nei Territori Occupati. Alla sede di Nablus (la città dove la scrittrice è nata nel 1941) se ne sono poi aggiunte altre due, a Gaza (nel '91) e ad Amman (nel '94). La sua carriera letteraria era invece iniziata subito dopo il 1967, con la pubblicazione di un romanzo, Non saremo più le vostre schiave (Lan na'ud giawari lakum, 1972), considerato il primo testo palestinese ad affrontare apertamente temi legati alla questione femminile. Un impegno sociale e politico che, di pari passo con quello letterario, ha portato Khalifah - insignita nel 2006 del premio Mahfuz per la narrativa al Cairo - a diventare l'autore palestinese più tradotto dopo Mahmud Darwish. Ideale seguito di Terra di fichi d'India (Jouvence 1996) e La porta della piazza (Jouvence 1994), Primavera di fuoco è ambientato nel 2002 nel pieno della seconda intifada quando i Territori Occupati erano sconvolti dagli attacchi israeliani a Nablus, dall'assedio alla Muqata, residenza di Arafat e sede dell'Autorità palestinese a Ramallah, e dalla costruzione del Muro. Sahar Khalifah racconta le vicende di una famiglia che vive nel campo profughi di 'Ein al-Murgian e, anche qui, seguendo una abituale strategia narrativa della scrittrice, i protagonisti del romanzo si ritrovano su fronti opposti. Se in Terra di Fichi d'India i due cugini rappresentavano il conflitto tra i palestinesi della diaspora e quelli costretti a convivere con gli occupanti, e nella Porta della piazza Sahar Khalifah riproduceva il dualismo tra uomini e donne durante la prima intifada, Primavera di fuoco ruota intorno al rapporto di due fratelli che rappresentano la nuova realtà sociale della Palestina: entrambi vorrebbero trovare riscatto dall'occupazione nell'arte, Magid nella musica e Ahmad nella pittura e nella fotografia, ma si ritrovano coinvolti, forse loro malgrado, nella resistenza. Magid, che sognava di diventare una star al pari dei cantanti egiziani, viene ferito in uno scontro a fuoco e troverà rifugio nella residenza di Arafat durante l'assedio mentre Ahmad, in seguito a varie disavventure, conoscerà il carcere e dovrà affrontare l'occupante. Sahar Khalifah non ritrae però in in modo schematico né i protagonisti (intensi in particolare gli incontri tra Ahmad e Mira, una giovane israeliana figlia di coloni), né gli altri personaggi, resi sempre con realismo e partecipazione. L'attenzione della scrittrice alle sfumature e ai dettagli riesce a dare vita a uno scenario complesso. Complesso come il territorio palestinese che, dal punto di vista geografico, pare "una camicia fatta a brandelli: il colletto qui e la manica laggiù", oppure come il suo popolo che comprende "un contadino di Tubas, un beduino di Khan Yunis, un intellettuale di Ramallah, uno che dice una parola in arabo e una in inglese, e poi ragazze che giocano in pantaloncini corti e spose avvolte in tuniche e veli". Dal lato israeliano il miscuglio appare altrettanto ricco: "un colono canadese, altri che arrivano da Parigi, Roma, Londra, e poi dalla Bulgaria e dalla Romania, neri che vengono dall'Abissinia e dall'Etiopia". Su tutti irrompe la storia: da una parte gli israeliani che occupano, o meglio rioccupano i Territori palestinesi e, dall'altra parte, l'establishment corrotto dell'Autorità e i vari gruppi più o meno armati che si contendono il potere e costringono i palestinesi a combattere una doppia occupazione, esterna e interna. Le vite di Magid e Ahmad si incrociano con quelle delle donne, inermi di fronte a quelle ruspe che, come bestie mitologiche, sprofondano nelle viscere della terra sradicando gli ulivi e divorando ogni cosa. Alle ruspe si oppongono anche i pacifisti israeliani e stranieri, ed è chiaro l'omaggio a Rachel Corrie, la pacifista americana uccisa da un bulldozer israeliano. Fin dai suoi primi romanzi, Sahar Khalifah persegue fermamente lo scopo di registrare con scrupolo e sincerità i diversi periodi della storia palestinese. In Primavera di fuoco questa cronaca assume una connotazione estremamente realistica grazie al carattere colloquiale della parola scritta e alla misteriosa voce narrante che, forse, appartiene a uno dei personaggi della scrittrice o alle donne della vecchia Nablus. E la saga continua: al-Mirath, "L'eredità", il romanzo che Sahar Khalifah ha scritto dopo gli accordi di Oslo, è in preparazione presso la casa editrice Ilisso di Nuoro.

Torna all'inizio


Notizie (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

Notizie Zimbabwe Profumo e gas Profumo e gas Arrestato a Mosca boss ucraino ricercato dal Fbi In una clamorosa operazione anti-evasione fiscale la polizia russa ha arrestato tra gli altri tal Semyon Mogilevic, da 15 anni ricercato negli Usa per vari reati. L'uomo, con molti passaporti (ucraino, israeliano, russo, ecc.) è - pare - coproprietario di una famosissima catena di profumerie russe; ma è anche proprietario di una società cui il governo ucraino aveva nel 2006 affidato la lucrosa gestione del gas importato da Mosca. Nessuna reazione a Kiev, che proprio ieri ha ricevuto l'ok per l'adesione al Wto, con i complimenti per la trasparenza della propria economia... Afghanistan Afghanistan Attentato contro la coalizione, morti 4 soldati afghani Quattro combattenti afghani della coalizione guidata dagli Usa sono rimasti uccisi per l'esplosione di una bomba nell'Afghanistan sudorientale che ha distrutto il veicolo sul quale viaggiavano. L'attentato è avvenuto su una strada della provincia di Khost, non lontano dal confine pachistano. Secondo fonti ufficiali gli autori sarebbero "terroristi", termine usato dai responsabili afghani per indicare la guerriglia taleban e di Al Qaeda. Kenya L'Ue spinge per una soluzione e minaccia sospensione aiuti L'assenza di una soluzione politica "duratura e basata sul consenso" in Kenya avrebbe un impatto sull'impegno dei donatori e sulle relazioni con l'Ue. È quanto afferma la bozza di conclusioni in vista della riunione dei ministri degli esteri Ue, a proposito della crisi in Kenya, che l'Ue segue da vicino e con "grande preoccupazione" per "l'incertezza, l'instabilità e la grave crisi generata dalle recenti elezioni presidenziali". I capi delle diplomazie europei decideranno il corso delle iniziative europee a seconda dell'evolversi della situazione nel paese africano e anche dell'impegno dei dirigenti politici kenyani per una soluzione politica "duratura". La scorsa settimana anche il Parlamento europeo ha chiesto uno stop ad ulteriori fondi Ue al governo del Kenya di Mwai Kibaki "fino a quando non si sarà trovata una soluzione politica dell'attuale crisi". Zimbabwe Fissata la data delle elezioni Si terranno a fine marzo Si terranno il prossimo 29 marzo, come aveva anticipato il presidente Robert Mugabe, le elezioni presidenziali e legislative: lo hanno riferito fonti ufficiali di Harare riportate dalla stampa internazionale. Secondo le stesse fonti l'attuale Parlamento sarà sciolto alla vigilia del voto che vedrà concorrere Mugabe, 83 anni, per il suo sesto mandato dal 1980, anno in cui l'allora Rhodesia ha raggiunto la piena indipendenza e Mugabe è salito al potere. Alle elezioni dovrebbe partecipare anche il Movimento per il cambiamento democratico (Mdc), principale partito di opposizione.

Torna all'inizio


In piazza senza il Prc (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

I no war non credono alla "svolta". Corteo l'1 marzo a Roma "In piazza senza il Prc" Stefano Milani Roma Troppo tardi, bisognava pensarci prima. I movimenti no war non ci cascano, puntano i piedi e sbattono la porta in faccia a chi, fino a ieri, era in parlamento a recitare il signorsì a Prodi sul rifinanziamento delle missioni militari all'estero mentre ora, che il premier è caduto, si affannano a rinnegare quelle "scomode" posizioni. Sul banco degli imputati la sinistra arcobaleno tutta. Nessuno escluso. Nemmeno Rifondazione comunista che proprio ieri ha rotto gli indugi e col suo capogruppo al senato, Giovanni Russo Spena, ha dichiarato il proprio "no" al rifinanziamento delle missioni previsto entro il mese di marzo. Fuori tempo massimo. E anche questo dietrofront dell'ultim'ora sa tanto di "opportunismo" per chi contro il rifinanziamento lo è stato, "sempre e comunque". E per ribadirlo ancora una volta sta organizzando (probabilmente per il prossimo 1 marzo a Roma) una grande manifestazione nazionale contro "tutte" le guerre. L'invito a partecipare sarà rivolto alla società civile e a tutte quelle associazioni che da anni si battono per il cessate il fuoco incondizionato. E solo a loro. Nessuna forza politica (ormai ex) governista sarà infatti ben accetta al corteo. "E ci mancherebbe altro", chiarisce Piero Bernocchi. "Per noi nulla è cambiato. La differenza tra noi e loro continua ad essere sostanziale", sottolinea il portavoce dei Cobas che poi spiega: "Noi siamo contro tutte le guerre. Loro fanno ancora dei distinguo". E se infatti sul "no" all'Afghanistan tutti concordano, basta nominare il Libano o il Kosovo perché tutti i nodi ritornino al pettine. "Non si può mercanteggiare la politica estera - conclude Bernocchi - a seconda degli interessi politici del momento. Lo trovo di un cinismo aberrante. E per quanto mi riguarda la sinistra arcobaleno continua a volere la guerra, anche ora che non è più al governo". Ma il primo marzo è ancora lontano, meglio allora pensare al presente. Alla giornata di oggi che per il popolo no war sarà fitta di mobilitazioni, in occasione della Giornata d'Azione globale in cui new global, movimenti e sindacati celebrano il Social Forum Mondiale 2008. In Italia, come nel resto del mondo, la risposta è stata altissima, sottolineano gli organizzatori: in poco più di un mese dal lancio dell'idea, sono stati organizzati oltre 300 tra incontri, manifestazioni, picchetti, fiere, mercati solidali e mediattività. Da Aosta a Siracusa i movimenti hanno scelto di lavorare su "cavalli di battaglia" del Forum, ma anche sulla stretta attualità. E la questione della guerra sarà centrale. Impossibile elencare tutti gli eventi in programma (la lista completa su www.wsf2008.net). Per citarne alcuni: Action for Peace conclude a Roma il ciclo di incontri con pacifisti israeliani e palestinesi sui percorsi possibili di convivenza tra Palestina e Israele. Gli attivisti non violenti della Rete Lilliput daranno vita ad azioni simboliche per la pace e il disarmo. L'Arci sarà in piazza con oltre 100 iniziative. Il Patto permanente contro la guerra, i Cobas e i Disobbedienti organizzeranno un presidio alla base militare di Ghedi (Brescia), contro la presenza di armi atomiche sul territorio italiano, mentre a Vicenza il comitato No Dal Molin presidierà la base Usa. A Roma, infine, è previsto un doppio sit-in: alle 16 davanti al ministero della Difesa e alle 17:30 di fronte all'Ambasciata statunitense.

Torna all'inizio


Gaza, la sfida di Hamas: terremo aperta la frontiera (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

I palestinesi aprono altri due varchi nel muro che li divide dall'Egitto. Mubarak: Abu Mazen e Haniyeh dialogate. Da Bush risoluzione Onu che condanna i Qassam Michele Giorgio Gerusalemme Dopo aver assaporato la libertà spostandosi liberamente per tutto il Sinai, i palestinesi di Gaza non accettano di essere chiusi di nuovo nella prigione in cui è stata trasformata la loro terra. E Hamas ripete che non darà la sua approvazione alla chiusura della frontiera da parte dell'Egitto, senza aver prima ottenuto la garanzia della riapertura in tempi brevi di tutti valichi tra Gaza e l'esterno. In un clima di caos e di forte tensione, ieri migliaia di abitanti di Rafah e di altre città hanno cercato di opporsi alle centinaia di agenti dei reparti antisommossa egiziani schierati lungo il confine per impedire nuovi ingressi in territorio egiziano e permettere il passaggio solo ai palestinesi che rientrano a Gaza. La festa è finita, dicono gli egiziani, sottoposti in questi ultimi due giorni alle pressioni fortissime di Israele che ha anche ipotizzato una Gaza da "regalare" all'Egitto dopo che il presidente Mubarak si era mostrato generoso nel lasciare passare i palestinesi. Israele intanto si prepara a conseguire, proprio sulla crisi di Gaza, una vittoria devastante al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, grazie all'intervento degli Stati Uniti. La bozza di risoluzione che circolava ieri al Palazzo di Vetro condanna il lancio dei razzi artigianali verso lo Stato ebraico mentre non impone a Israele la fine del blocco totale di Gaza, ma solo di revocare alcune misure restrittive. Se questa bozza diventerà risoluzione, Ehud Olmert e i suoi ministri avranno più di un motivo per brindare. Ci sono state sassaiole ieri a Rafah, anche qualche colpo d'arma da fuoco (un poliziotto è rimasto ferito in modo grave) e le forze egiziane sono ricorse agli idranti per respingere la folla contro la quale, ad un certo punto, sono intervenute anche le forze di sicurezza di Hamas. Nel giro di un paio d'ore sono state aperte una seconda e una terza breccia nella barriera che per 14 km separa Gaza dall'Egitto. Decine, forse migliaia, di palestinesi si sono immediatamente riversati sull'altro versante del confine. In serata, dopo ore di tensione, sassaiole e tafferugli, assieme all'oscurità è scesa una calma carica di tensione in tutta la zona. Gli egiziani nelle prossime ore saranno con ogni probabilità in grado di bloccare la frontiera ma impiegheranno molti giorni a rispedire indietro i tanti palestinesi, migliaia secondo stime non ufficiali, che ancora si trovano nel Sinai a godersi la libertà. Gli abitanti di Gaza in ogni caso sanno di non essere soli. Anche ieri gli egiziani hanno manifestato in massa in loro sostegno. Lo stesso è accaduto in Giordania e oggi, Giornata internazionale contro l'assedio israeliano di Gaza, scenderanno in strada anche a Beirut e in altre capitali arabe. Al transito di Erez invece si raduneranno centinaia di pacifisti ebrei, attivisti internazionali e di associazioni ed Ong palestinesi. La protesta si sta espandendo e mette in difficoltà Mubarak, preso tra due fuochi. Da un lato deve tenere conto dell'ampio sostegno delle popolazioni arabe e della sua gente ai palestinesi, dall'altro deve affrontare la rabbia di Israele che lo accusa di lasciar muovere liberamente i "terroristi palestinesi" che ora, dice Tel Aviv, potrebbero attaccare dal Sinai. Il presidente egiziano perciò cerca di dare un colpo alla botte e uno al cerchio. Ieri mentre ordinava ai suoi poliziotti di bastonare i palestinesi a Rafah, si è anche detto pronto a riprendere la sua mediazione tra Fatah, il partito di Abu Mazen, e Hamas. "L'Egitto è sempre pronto a cicatrizzare le piaghe esistenti tra i fratelli palestinesi al fine di garantire la loro unità. Le due parti devono parlarsi", ha detto in un'intervista al settimanale al-Usbua. Il leader di Hamas in esilio, Khaled Mashaal, ha subito accettato l'invito. Come replicherà l'Anp di Ramallah? Abu Mazen nel frattempo sceglie Olmert che tornerà ad incontrare domani a Gerusalemme, in un clima reso teso dalle sparatorie intorno a Gerusalemme in cui tra giovedì sera e ieri sono morti un poliziotto e due palestinesi. Un quarto palestinese è stato ucciso in Cisgiordania, altri quattro sono morti in due distinti raid israeliani a Gaza.

Torna all'inizio


Ma la sporca guerra è appena cominciata (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

Attacco all'intelligence nel Paese sempre più diviso Ma la sporca guerra è appena cominciata Alfredo Moriani Beirut L'attentato di Beirut di ieri è l'ennesimo episodio della "sporca guerra" che si combatte in Libano dall'autunno 2004 tra alleati del fronte israelo-americano e quelli del fronte siro-iraniano. Non si attendano rivendicazioni da oscure sigle fondamentaliste sunnite sedicenti affiliate ad al-Qaida, né si limiti lo sguardo allo scontro politico in atto nel paese dei Cedri. L'omicidio del capitano di polizia Wissam Eid è da inserire nella lunga lista di sangue avviata nell'ottobre 2004 con il tentato omicidio del druso Marwan Hamade, esponente politico di spicco della coalizione anti-siriana delle "Forze del 14 marzo" e, dal giugno 2005, ministro nel governo ancora in carica guidato dal premier sunnita Fuad Siniora. Da quell'ottobre 2004, più di trenta attentati hanno sconvolto il Libano: di questi, 13 sono stati omicidi mirati contro politici, giornalisti, appartenenti alle forze armate, per lo più vicini alla maggioranza parlamentare ostile all'influenza siriana nel paese dei Cedri. Prima di Eid, l'ultima vittima eccellente era stato, il 12 dicembre scorso alla periferia orientale della capitale, il generale dell'esercito François al-Hajj, capo delle operazioni militari e papabile successore alla guida delle forze armate in caso che il suo superiore, il generale Michel Suleiman, fosse stato eletto presidente della Repubblica. Proprio attorno alla questione della più alta carica dello Stato si sono addensate negli ultimi mesi le più fosche nubi di guerra tra i due schieramenti: il 24 novembre scorso è scaduto infatti il mandato del presidente Emile Lahud, noto per esser vicino alla Siria e la cui permanenza ai vertici istituzionali era stata prorogata per altri tre anni nell'autunno 2004, un mese prima del fallito attentato a Hamade. Damasco, allora ancora presente in Libano con 15.000 soldati, riuscì a imporre la proroga del mandato a Lahud, dando di fatto fuoco alle polveri. La Francia da un lato e gli Stati Uniti dall'altro, da tempo cercavano infatti di metter fine al tradizionale protettorato siriano sul Libano: Parigi per gli storici interessi che detiene nel suo ex protettorato, Washington in funzione tutta anti-irianiana. Soffiando sul fuoco delle proteste popolari seguite, nella primavera 2005, all'uccisione - nel febbraio dello stesso anno - dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, Francia e Stati Uniti sono riuscite a costringere la Siria a ritirare le sue divise dal Libano e a smantellare, almeno formalmente, il suo apparato di sicurezza a Beirut. Nel corso di questi due anni e mezzo, tutti quelli che allora gridarono alla "fine della presenza siriana in Libano", si sono dovuti però ricredere e oggi assistono alla rimonta dell'influenza politica siriana che è iscritta nel passato ma anche nel futuro del Libano. L'attuale stallo politico (la poltrona presidenziale è vacante dal 24 novembre) e le tensioni che ne derivano sono il frutto di questo confronto: la maggioranza parlamentare anti-siriana, sostenuta da Usa, Unione Europea e paesi arabi del Golfo, ha per mesi premuto per l'elezione "senza condizioni" del presidente della Repubblica, mentre l'opposizione, espressione del fronte siro-iraniano e in patria guidata dal movimento sciita Hezbollah e dall'ex generale cristiano Michel Aoun, chiede che oltre al capo dello Stato il "consenso" si raggiunga anche sulla formazione del prossimo governo "di unità nazionale" e sulla spartizione delle cariche amministrative e di sicurezza dello Stato. A dicembre scorso, sembrava che le due parti avessero trovato un accordo sull'elezione di Michel Suleiman alla presidenza, ma pochi giorni dopo l'abbassamento dei toni di Washington riguardo alle presunte minacce nucleari iraniane (pubblicazione del rapporto delle agenzie d'intelligence Usa sul piano nucleare di Tehran), l'opposizione libanese ha di fatto bloccato ogni intesa, inserendo nell'agenda del "consenso" anche la formazione del nuovo esecutivo. Né va dimenticato che il capitano delle Forze di sicurezza interna ucciso ieri a Beirut, oltre a esser un ufficiale-chiave nelle indagini degli attentati che hanno insanguinato il paese negli ultimi tre anni, era anche un uomo-simbolo delle Fsi, braccio di sicurezza della maggioranza parlamentare, opposto all'altro servizio di sicurezza guidato invece da un generale in quota Hezbollah. La "sporca guerra" libanese non è certo finita.

Torna all'inizio


Giornata della memoria 1 un esempio di come sia politicamente attuale e necessaria (sezione: Israele/Palestina)

( da "Riformista, Il" del 26-01-2008)

 

Giornata della memoria 1 un esempio di come sia politicamente attuale e necessaria In volo con un negazionista, tra hostess e kosher semifreddi Fallita la rivoluzione nera, vende frigoriferi in giro per il mondo Da Dubai a Roma incontro un imprenditore attento osservatore della politica. Tra conversazioni amene e altre più impegnate, si scoprono le carte. Lui ha un passato estremista e un culto per Irving. Un pasto ebraico, invece, gli rivela la mia identità Ci unisce, prima di tutto, la corsa ad accaparrarci i posti in prima fila. Con la prospettiva di cinque ore di volo da Dubai a Roma, poter allungare le gambe è fondamentale. Io me ne sono già sorbite 11 tra l'Australia e Dubai, e sono piuttosto provato. Ma anche lui, appena si siede, mi racconta di non poterne più: "Questa compagnia..." esordisce un po' sudato per gli spostamenti con le borse a tracolla, con un tono da signora mia... "peggiora di anno in anno. C'ho volato dappertutto, ma questa volta è troppo". Non gli faccio domande, ma lui risponde comunque, è un fiume in piena. Sostanzialmente si è persa la sua valigia all'arrivo in Arabia Saudita, e i tecnici della compagnia non si sono mai presentati puntuali agli appuntamenti concordati per restituire il bagaglio. Solo che il mio vicino, quando viaggia per lavoro, si sposta velocemente da un posto all'altro per concentrare molti appuntamenti in pochi giorni. "Il maggior numero di contratti" è la sua dizione esatta. Mi spiega di essere un imprenditore campano (dettaglio già tradito da un accento inconfondibile), responsabile export per una ditta del nord che fornisce frigoriferi agli alberghi di mezzo mondo. Hotel che scova personalmente e dove poi si reca in lunghe trasferte divise per continenti. "In Medioriente vado dopo il Ramadam, che è il periodo migliore" sentenzia: in effetti in anni di contatti con i paesi dell'area ha messo a punto una conoscenza approfondita di usi, persone e, ovviamente, tecniche commerciali. Ha visitato ogni paese arabo, spesso Israele, e sa descrivere in maniera colorita pregi e difetti di ciascuno. Siccome si accenna alla Campania, e visto che dopo giorni ho conquistato un giornale italiano, partono un paio di battute sulla politica nostrana. Mastella, De Mita, la situazione del Mezzogiorno. Mi stupiscono le sue considerazioni ed alcuni episodi che racconta, perché mi sembrano da addetto ai lavori. O, almeno, da osservatore assai interessato. "L'approccio dei vecchi democristiani, da noi, è straordinario, altro che i nuovi arrivati. I dirigenti locali Dc avevano una lista dei compleanni, e ti chiamavano tutti gli anni, senza mancarne uno". Ce l'ha soprattutto con il centrodestra locale, con An, ma non riesco ad inquadrarlo politicamente. Provo ad immaginarmelo a sinistra, ma qualcosa non mi torna. "Una volta l'ho pure votata An, ma proprio perché non c'era alternativa" argomenta, mentre dice peste e corna di tutti i principali leader del partito di Fini. Mi viene un sospetto, che prende corpo nel nome di Alessandra Mussolini. È il tasto giusto: mi lascia intendere di appartenere alla galassia dell'estrema destra, e dopo un paio di mie incursioni interlocutorie mi spiega di essere un attivista storico di Forza Nuova, ex Nar. Io sono ancora rigorosamente in incognito, ma la situazione mi pare singolare. A diecimila metri dal suolo e senza le consuete interruzioni del telefono, mi trovo fianco a fianco con un vero fascista. Uno col quale, nella vita reale, non avrei accettato di confrontarmi: mesi fa mi cercarono da un canale satellitare della Rai per partecipare ad una puntata con un esponente di estrema destra. Io rifiutai pacatamente dicendo che non ritenevo ci fossero, tra noi, le premesse comuni necessarie per intrecciare un dialogo. "Non ho mai avuto alcun problema con la giustizia, ed anche nei Nar non ho mai partecipato a fatti di sangue" si premura di rassicurarmi, mentre impallidisco al nome della formazione estremistica anni Settanta. L'aspetto più incredibile è che mi devo sforzare per ricordare chi ho di fronte e non far prevalere l'impressione positiva suscitata da un uomo decisamente simpatico. L'immagine del militante di estrema destra che spadroneggia allo stadio, escluso dall'arena politica che conta, è assai distante da questo imprenditore meridionale stropicciato dai troppi voli, abile nel suo campo ("siamo diventati la terza azienda in Europa"), che ha anticipato il ritorno a casa per la nascita di un figlio. Continuiamo sulla politica: mi dice di non avere tempo da perdere in prima persona, che nessuno dovrebbe campare di politica, ma si coglie che invece è un vero appassionato. Nella sua regione mi racconta di aver fatto eleggere alcuni consiglieri comunali e persino un sindaco. Non ho ancora detto nulla, ma si è fatto l'idea che io sia di sinistra. Non confermo ma gli chiedo se non prova disagio, non essendo un "disperato estremista", a non aver neanche diritto di tribuna nella politica vera. "Guarda che con noi nessuno parla perché abbiamo l'1%. Siamo in Italia, con l'otto per cento anche D'Alema verrebbe in tv a confrontarsi". Penso all'esempio tedesco, con tutti i partiti che hanno rifiutato alleanze con le estreme, e alla differenza con la politica italiana. "E poi" annuncia fieramente "Berlusconi sa bene che nel '96 e anche dieci anni dopo ha perso per la mancata alleanza con noi. 24mila voti servivano, e noi ne abbiamo presi molti di più. Colpa di Fini. Per questo adesso Silvio appoggia l'operazione di Storace". Il nemico numero uno, comunque, è Fini, per ideologia ma anche per stile. Lui alla convention della Destra ci è andato, un po' per curiosità e un po' per passione. Mi apro il minimo indispensabile. Racconto che i miei nonni erano ebrei, del Partito d'Azione e anche di alcune mie idee politiche. Lui è sorpreso ma rimane impassibile. Butto là il tema del conflitto israelo-palestinese. Mi spiazza con la sua posizione: niente a che vedere con l'estremismo filo-palestinese tradizionalmente della destra fascista: "Ritengo che si debbano formare i due Stati, ognuno sovrano ed indipendente. Quello che gli israeliani hanno fatto in pochi decenni è un miracolo della storia. Però bisogna pure occuparsi di quello che i palestinesi hanno subìto. I profughi non possono ritornare in Israele, ma devono essere loro concesse delle compensazioni. Ma se ne deve fare carico la Comunità internazionale, perché Israele è uno stato troppo piccolo per accollarsi costi simili!". La conoscenza è una tappa fondamentale nella comprensione reciproca: il fatto di essere stato più volte in Israele, e di esservisi trovato bene, ha chiaramente mitigato di molto le sue posizioni. "Che non sono" ammette quasi dispiaciuto "quelle dell'organizzazione". La svolta arriva con il mio pranzo kosher, congelato e riscaldato al microonde come nella migliore tradizione. Un attimo di silenzio, che si stempera con un diversivo: mi spiega come ci si conosce tra uomini d'affari ed hostess nei paesi mediorientali. Come ci si scambia il numero fugacemente, per poi incontrarsi, due solitudini a contatto, una sera in qualche ristorante dal menù internazionale. È molto preparato su questo tema, anche se lui è fedele. "Ma sono tanti" mi spiega "che dopo qualche giorno o qualche settimana si fanno la fidanzata in ogni città dove vanno". Mi racconta dello scherzo di un suo collaboratore ebreo di Parigi, con cui lavora da anni ma che ignora le sue idee politiche. "Fa sempre il test sull'antisemitismo". Ridacchia. Va da qualcuno e gli fa: "Se domani ci fosse nuovamente Hitler, perseguirebbe ebrei e parrucchieri. E alla domanda dell'altro "e i parrucchieri che c'entrano?", controbatte rabbiosamente: "E perché, gli ebrei?"". Ormai, dopo aver discusso su molti argomenti, penso di poter fare la domanda che più mi sta a cuore. "Qual è la vostra posizione sulla Shoah?" domando semplicemente. "Negazionismo assoluto" afferma senza esitazione. Ha tratto le sue convinzioni dai testi di Irving, che considera ovviamente un martire della libertà d'espressione. Indago in maniera puntigliosa ed in effetti nella tesi lapidaria, sua e dell'organizzazione, c'è un difetto di logica: più che di negazionismo si tratta infatti di un profondo revisionismo. Le argomentazioni, trite e ritrite, sono quelle tristemente note: come mai quasi tutti i lager erano in Europa orientale, liberata dai comunisti? Come sarebbero potute bastare le linee ferroviarie e i campi di concentramento ad ammazzare milioni di persone? "Ci sono molti dubbi? Ci sono molti dubbi?" è il refrain continuo. Mi sento confuso e deluso: immigrazione, libertà religiosa, diritti. Su ogni cosa la pensiamo in maniera diametralmente opposta, ma il filo del dialogo non si era spezzato. Un uomo internazionale, che viaggia in tutto il mondo, parla varie lingue (persino un po' di arabo) ed ha vissuto all'estero, mi sembra uno con cui, nonostante tutto, si debba poter discutere. Ma sulla Shoah no, non si possono fare compromessi. Mi concentro sul mio kosher, si è raffreddato. 26/01/2008.

Torna all'inizio


Giornata della memoria 2 l'ambasciatore tedesco (sezione: Israele/Palestina)

( da "Riformista, Il" del 26-01-2008)

 

Giornata della memoria 2 l'ambasciatore tedesco Il dovere di ricordare il grigio di quegli autobus Pubblichiamo il discorso dell'Ambasciatore Steiner in occasione della giornata della memoria il 27 gennaio. A "La Memoria degli altri", sarà presente anche Walter Veltroni. Da pochi giorni a Berlino c'è il "monumento in ricordo degli autobus grigi". Esso ricorda l'assassinio di uomini e donne malati psichici e disabili durante la tirannia nazista. Si trova in un luogo in cui furono organizzati gli assassinii di massa e dove oggi si trova la Filarmonica di Berlino. Con gli autobus grigi centinaia di disabili furono trasportati nei luoghi dello sterminio. A solo poche centinaia di metri si trova, vicino alla Potsdamer Platz, il monumento agli ebrei assassinati dell'Europa. Anche l'Auditorium a Roma è oggi un luogo della memoria comune delle vittime del terrore nazista: Ebrei e disabili ricordano insieme. "La memoria degli altri". Nel sessantatreesimo anniversario della liberazione dei sopravvissuti del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau ci inchiniamo dinnanzi a tutte le vittime della tirannia nazista. Il nostro pensiero va anche a coloro che come sopravvissuti dei campi di sterminio sono segnati dal trauma della sopravvivenza e per i quali l'orrore dei campi di concentramento, con la perdita dei propri familiari e amici, è rimasto vivo. Lo scrittore italiano Primo Levi, uno dei sopravvissuti all'Olocausto, trae il bilancio del suo straziante confronto con l'esperienza di Auschwitz-Birkenau con una constatazione che egli rivolge anche alle generazioni che non hanno vissuto la Shoah: "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario". Non si tratta solo di passato; si tratta soprattutto di responsabilità, che noi abbiamo per il presente e per l'avvenire. Sapere ciò che è avvenuto ci rende consapevoli che la libertà e la democrazia, la tolleranza e l'umanità non sono cose acquisite. Ognuno di noi è chiamato a difendere questi valori. È un segno di speranza che in Germania, in Italia, nel mondo intero di giorno in giorno singoli cittadini ed anche iniziative civiche si impegnano con coraggio contro l'oblio e per la tolleranza e la dignità dell'Uomo. Sono soprattutto i giovani che si adoperano sempre di più per la libertà, la democrazia e la tolleranza opponendosi all'estremismo, al razzismo e all'antisemitismo. E facendo così si uniscono senza conoscere confini. Pochi giorni fa, in occasione della festa del Tu Bishvát qui a Roma, gli studenti della scuola tedesca e quelli della scuola ebraica, bambini e giovani da Israele, dall'Italia e dalla Germania hanno piantato insieme un ulivo nel giardino della scuola tedesca. Lo hanno fatto quale segno della memoria della Shoah e nel contempo quale segno di riconciliazione, di speranza e di fiducia. Sapere ciò che è avvenuto significa inoltre che le nostre democrazie - tramite l'educazione e l'informazione, ma se non è possibile diversamente anche con il codice penale - si oppongano a tutti coloro che vogliono negare o relativizzare la terribile verità storica dell'Olocausto insultando le vittime della dittatura nazista. Sapere ciò che è avvenuto significa per noi tedeschi anche assumere una nostra particolare responsabilità e un obbligo nei confronti dello Stato di Israele. Insieme ai nostri partner ci opponiamo a coloro che contestano il diritto all'esistenza di Israele .Il diritto all'autodeterminazione dei palestinesi va realizzato. Ma Israele deve poter vivere, con lo stesso diritto dei suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti, libera da terrorismo, da paura e da violenza. Concludo permettetemi di usare ancora una volta le parole di Primo Levi: "Chi dimentica è condannato a rivivere". Insieme conserveremo il ricordo di quanto è avvenuto. 26/01/2008.

Torna all'inizio


IL diario di una ragazza trovato a Gerusalemme; uno studio sulle Donne e la Shoà; i (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

Diari, dai Ghetti e dai Lager, di bambini e ragazzi dell'Europa Orientale; il romanzo di una sopravvissuta; le riflessioni profonde di un intellettuale tornato da Auschwitz e morto suicida nel 1978, che non può non rievocare lo strazio di Primo Levi; ma, soprattutto, il primo diario fotografico dal più feroce e celebre tra tutti i campi di sterminio: per chi vuole approfondire, o anche soltanto coltivare la memoria, il materiale non manca. Ecco allora qualche segnalazione. Marcello Pezzetti, da tempo studia la materia; ed ecco che, con Bella Gutterman e Israel Gutman, cura Album-Auschwitz, le foto scattate dai nazisti nel 1944, ritrovate da una tra le detenute che solo nel 1980 le dona a Yad Vashem, usate come prova in molti processi; il libro, già pubblicato dal Museo che è diventato quel Lager e dallo Yad Vashem, esce ora anche da noi (Einaudi, 255 pag., 35 euro), per la prima volta. Il diario ritrovato è d'un'ebrea polacca di 14 anni, che vive in un ghetto, poi muore ad Auschwitz, con tutti i suoi. Salvo solo il padre Yaakov, che rimuove, si risposa, non parla. Ma Zehava Scherz, figlia di seconde nozze, viene a sapere; a Gerusalemme, recupera lo scritto della sorella: Diario di Rutka Laskier è di Bompiani (176 pag., 12 euro). Esce finalmente anche in Italia un libro "che da molti anni vorrei vedere tradotto", affermava Primo Levi: Jean Améry, pseudonimo del viennese Hans Mayer, trascorre due anni, lui pure, ad Auschwitz; si salva, fa lo scrittore, s'uccide nel 1978; Intellettuale a Auschwitz (Bollati Boringhieri, 150 pag., 12 euro) è corredati di una presentazione di Claudio Magris. Una ricerca particolare è quella che Giovanna De Angelis dedica a Le donne e la Shoà (Avagliano, 178 pag., 13 euro), oggetto di molti incontri in tutt'Italia proprio in questi giorni. Baldini Castoldi Dalai pubblica invece Raccontami un altro mattino, di Zdena Berger (317 pag., 18,50 euro): il romanzo di una donna di Praga, che vive a Los Angeles, e s'è salvata dai Lager di Terezin, Auschwitz e Bergen Belsen, uscito per la prima volota 40 anni fa, ora ristampato negli States, e finalmente giunto anche da noi. Analogamente remoto (1995), e inedito per l'Italia, è, a cura di Laurel Holliday per Tropea editore (310 pag., 16,90 euro), Ragazzi in guerra nell'Olocausto, i loro diari segreti: 22 storie dai Paesi dell'Est, che fanno davvero accapponare la pelle. E non meno attuale, infine, di Eric Salerno che i lettori conoscono per le cronache dal Medio Oriente, Uccideteli tutti. Libia 1943: gli ebrei nel campo di concentramento fascista di Giado, una storia italiana (Saggiatore, 238 pag, 17 euro): ma è degno, quanto prima, di un articolo a parte, tutto per lui, anche per le scoperte e le rivelazioni che contiene. F.I.

Torna all'inizio


C'E' il partigiano che, nottetempo, fa ubriacare i soldati tedeschi, per aprire un var (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

Di FABIO ISMAN C'E' il partigiano che, nottetempo, fa ubriacare i soldati tedeschi, per aprire un varco nella rete alla frontiera con la Svizzera e far passare un gruppo d'ebrei (anche Valeria Ancona di Milano, che verrà a ricordarlo): ne manda di là a centinaia, finché salva un ex prigioniero inglese; viene perquisito, ha addosso le prove del contatto, lo fucilano. Un altro, teneva i rapporti tra gl'internati in Svizzera e le loro famiglie: è anch'egli nella Resistenza, e finisce a Mauthausen. Un terzo, ne fa espatriare alcuni di Milano; aiuta anche degli ebrei cecoslovacchi; porta in Svizzera un capitano, che da Praga doveva raggiungere il suo comando, a Londra; organizza la fuga di un apolide della Transilvania, prelevandolo in ospedale quando già stavano per arrestarlo, e consegnandolo a dei conoscenti, che, ha detto il salvato, "per otto ore m'hanno portato in montagna dentro una gerla, finché non mi hanno consegnato alle autorità elvetiche". Martedì, due giorni dopo quello della Memoria, davanti a Carlo Azeglio Ciampi, ex Presidente della Repubblica, al presidente del Senato Franco Marini, al generale Cosimo D'Arrigo che comanda la Guardia di Finanza, l'Ambasciatore d'Israele in Italia, Gideon Meir, consegnerà sei medaglie di Giusto tra le Nazioni a dei famigliari di finanzieri, per ciò che hanno fatto durante la guerra. I Giusti, l'unica onorificenza attribuita da Israele, sono i non ebrei che, disinteressatamente, hanno salvato qualcuno dalla Shoà: finora, 417 in Italia, e 21.758 nel mondo. La Guardia di Finanza ha svolto un'indagine storica: per anni, un suo nucleo di sette persone, guidato dai generali Corrado Dimartina e Luciano Luciani e dal tenente Gerardo Severino, ha scandagliato tra antichi documenti, e raccolto testimonianze; anche in tutt'Europa e perfino in Canadà. Ha così ricostruito pagine assai nobili e quasi ignote, che ha raccontato in un libro di Luciani e Severino, Gli aiuti ai profughi ebrei e ai perseguitati: il ruolo della Guardia di Finanza, 1943-45, di cui è apparsa una nuova edizione. Due protagonisti, il maresciallo Luigi Cortile, morto in Lager, e il finanziere scelto Salvatore Corrias, fucilato, avevano già ricevuto la medaglia d'oro; degli altri, quasi nulla si sapeva. "Il periodo era poco studiato anche da noi" dice il generale Luciani; "c'è pure un capitano che fa espatriare 300 ebrei slavi, internati all'Aprica; però, nonostante un appello su Shalom, non abbiamo ancora trovato testimoni a riscontro", dice Severino, che dirige il Museo storico del Corpo, presieduto da Luciani. "Sul confine, all'epoca c'era un nostro presidio ogni due chilometri; poi, i nazisti li hanno fatti arretrare di 10, e sostituiti con la Milizia". Il finanziere Giulio Massarelli, di Terni, è quello che salva l'ebreo apolide, nell'ospedale di Busto Arsizio, nel Varesotto; è nella Resistenza, "Divisione Alfredo Di Dio"; partecipa all'insurrezione di Milano; prima, però, mette al sicuro, all'estero, numerosi antifascisti ed ebrei; anche "Giacomo De Benedetti con la moglie, Nora Pugliese", di Milano. Del tenente Giuseppe Pollo, inserito nel Cnl di Venezia, già si sapeva qualcosa; ma non che avesse sempre informato alcuni ebrei veneziani, quand'erano in pericolo, e nascosto in casa Aldo Temin con il cugino Adolfo Hanau, scampato da un eccidio di 11 persone, a Ferrara, per una rappresaglia; non l'aveva raccontato neppure alla moglie, e lei, ormai vedova, fino a poco tempo fa lo ignorava. Anche il maggiore Raffaello Tani e la moglie Jolanda Salvi, a Roma, ospitano un ebreo: così, Renzo Ajò, si salva dalla deportazione del 16 ottobre 1943; poi, il maggiore "penetrò nella mia abitazione", ha spiegato a suo tempo Ajò stesso, "posta sotto controllo dall'ambasciata germanica; recuperò tutti i miei averi, biancheria, vestiario, argenteria: li conservò e me li ha poi restituiti senza compenso alcuno". Il figlio di Ajò se ne ricorda ancora, e martedì ci sarà. Infine, il tenente Giorgio Cevoli, napoletano, comandante a Gironico, sopra Como, e mandato a reggere anche la tenenza di Chiavenna (Sondrio) quando il comandante e il vice erano stati arrestati dai tedeschi, perché partigiani. Partigiano lo era anche Cevoli: a Milano parteciperà alla Liberazione. Prima, però, salva Bruno Ditz, ebreo milanese, giurando al comandante tedesco di Chiavenna, forse sul proprio onore di ufficiale, che lo conosceva bene, ed era un "puro ariano". Forte della sua conoscenza del tedesco, fa liberare altri due finanzieri, accusati di espatri clandestini e pronti ad essere deportati, dal carcere di San Vittore. Disobbedisce all'ordine di consegnare ai tedeschi un'ebrea, fermata al confine. Salva poi Mario e Bice Finzi, ebrei triestini: li va a prendere dov'erano rifugiati, ma ormai in pericolo; li fa passare per suoi zii; con tanto d'attendente al seguito, li porta a Gironico; cede loro il proprio appartamento e va a stare in caserma; li frequenta assiduamente: anche quando Mario Finzi è ricoverato in ospedale. Alla loro figlia, Clara Finzi, aveva già fornito un falso documento: così trasformandola in "Anna Marini", quando un'altra identità fittizia (una conoscente di Monza, Carla Molteni, le aveva prestato le proprie generalità) era divenuta pericolante, a causa d'una verifica compiuta in Brianza. Umberto Isman, il marito di "Anna", allora era "l'ingegner Umberto Salvi". Quando sono nato, un mese prima che la guerra finisse, io mi chiamavo "Fabio Marini". Grazie per sempre.

Torna all'inizio


Un'opera contemporanea sulla drammatica parabola del primo re d'Israele: André Gide n (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

E narrò i dubbi e le angosce in un dramma a cui si è ispirato il compositore Flavio Testi per il suo Saül (1991), partitura che punta sulla ricercatezza di suoni e timbri. Ha debuttato al Nazionale giovedì con successo; applausi soprattutto per il suggestivo allestimento di Pier Luigi Pizzi, già apprezzato a Macerata. Sul podio, Federico Longo; tra i cantanti, Vincent La Texier ed Elena Zilio.Oggi replica alle ore 18; tel. 064817517.

Torna all'inizio


Come diceva Flaiano, Roma è una grande capitalee una città di provincia (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

Come diceva Flaiano, Roma è una grande capitale e una città di provincia ASPETTANDO Sanremo, 35 giorni all'alba. Quella del 25 febbraio quando dal Teatro Ariston andrà in onda la prima puntata del 58° Festival della Canzone Italiana, il kolossal nazionalpopolare di mamma Rai. Come si sa a presentarlo saranno in due, Baudo il totem e quel genietto di Chiambretti, più la Bionda (Andrea Osvart) e la Mora (Bianca Guaccero). E proprio a proposito delle due girls, val la pena ricordare che Pippo nel suo ruolo di direttore artistico del festival aveva messo gli occhi su Laura Chiatti, era lei che voleva perché sulla cresta dell'onda, attrice emergente dopo il successo del film "Ho voglia di te" con Riccardo Scamarcio. E stava per spuntarla Baudo, tanto è vero che fino a qualche tempo fa si diceva e si scriveva che sarebbe stata proprio la mini vamp perugina dagli occhi blu a salire sul palco dell'Ariston. Poi, contrordine compagni: la Chiatti non c'è. E oggi, stando agli spifferi che circolano ai piani alti di viale Mazzini, la Chiatti non sarà a Sanremo perché costa troppo. Avrebbe sparato un botto di euro, una cifra da capogiro per la borsa della Rai. "Voleva più della Hunziker...", è stato aggiunto. La Hunziker lo scorso Sanremo avrebbe messo in tasca trecentomila e dintorni. Ma Laura ancora non è famosa come Michelle. ACCATAN Little Tony sta vivendo un tempo felice. Per una fortunata coincidenza tornerà a Sanremo proprio nell'anno che segna il suo mezzo secolo di carriera: che festeggerà con l'uscita di 7 pezzi nuovi, un dvd che racconta la sua storia di cantante, più un libro, una sorta di album fotografico dalla culla in poi. E verrà festeggiato anche in Israele dov'è famoso quasi come in Italia e dove lo chiamano Accatan, che nella lingua di quella terra vuol dire piccolo. E allora, festa sia Accatan: con ventiquattromila baci, pardon, auguri... ZEQUILA Finito nella black list della Rai dopo l'indimenticabile lite-trash con Pappalardo a Domenica In del 2005, Antonio Zequila, pentitissimo, si flagella da allora. Sperando nel miracolo: essere perdonato e riammesso davanti alle telecamere della tv di Stato. E miracolo fu, con la sua apparizione a Tintoria, Rai3. Una tantum?.

Torna all'inizio


Domani all'Auditorium, in occasione delle manifestazioni per la "Giornata della memoria (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

Domani all'Auditorium, in occasione delle manifestazioni per la "Giornata della memoria", interverrà con il sindaco Veltroni e l'ambasciatore israeliano anche l'ambasciatore tedesco in Italia Steiner, pronunciando un discorso su "La memoria degli altri", in ricordo dei malati psichici e dei disabili uccisi durante la tirannia nazista. Nel suo discorso il diplomatico dirà: "Negare l'Olocausto è un insulto". E a proposito dele 70esimo anniversario delle famigerate leggi razziali controfirmate dal re Vittorio Emanuele III senza tanti problemi, per non dimenticare una delle pagine peggiori della storia italiana Manuela Kustermann ha adattato per teatro il bellissimo romanzo di Lia Levi, L'amore mio non può che è in scena al Teatro Vascello di Roma fino al domani. 1939, Un uomo vola giù dal muraglione del Pincio a Roma. Non ha retto lo shock di aver perduto il lavoro a causa delle leggi razziali. Ha lasciato un biglietto dove chiede alla giovane moglie di pensare a lei e a salvare la loro bambina. Salvarla sì, ma come? Da questo antefatto prende le mosse il monologo di Elisa, la moglie che, rimasta sola, è costretta a cercare di cavarsela in mezzo a difficoltà di ogni genere mentre sempre di più incombono le vicende della guerra fino all'invasione nazista dell'Italia.

Torna all'inizio


Hamas sta sfidando, ora, anche l'Egitto. Le truppe cairote si sono nuovamente ritirate dalla (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

Di ERIC SALERNO Hamas sta sfidando, ora, anche l'Egitto. Le truppe cairote si sono nuovamente ritirate dalla frontiera dopo aver invano tentato di chiudere i varchi, due dei quali aperti nella mattinata dai miliziani islamici. Sami Abu Zuhri, un portavoce del movimento che ha assunto il controllo di Gaza l'anno scorso dopo una specie di golpe contro l'Autorità palestinese, ha spiegato che "i varchi non saranno chiusi, perché attraverso di loro si fornisce assistenza urgente ai palestinesi". E un altro esponente di Hamas ha chiarito: "Si potrà tornare alla situazione di prima soltanto quando saranno riaperti i varchi tra Gaza e Israele". Per ora, quest'ipotesi non è sull'ordine del giorno. Al contrario. Le truppe israeliane hanno rafforzato il blocco di tutti i passaggi impedendo il transito di numerosi camion carichi di medicinali, carburante e beni di prima necessità. L'esercito, nel frattempo, sta concentrando la sua attenzione sulla frontiera comune con l'Egitto per timore che militanti palestinesi usciti da Gaza ed entrati in Sinai possano infiltrare e attaccare le comunità del sud. Nelle prime ore della mattina, soldati egiziani dei reparti antisommossa e guardie di frontiere avevano cominciato a chiudere il grande varco aperto due giorni fa e attraverso il quale si calcola siano transitate almeno 350 mila persone. I palestinesi ancora sul territorio egiziano venivano invitati a uscire entro ieri sera. La situazione è precipitata quando militanti mascherati e armati delle brigate Izzidin al Qassam hanno divelto altre due porzioni della barriera ed è ripreso il flusso dei palestinesi in direzione dell'Egitto e dei negozi che stavano facendo affari d'oro. Non sono serviti né i cani delle guardie di frontiera, né l'acqua degli idranti a fermare la nuova onda. Una possibile via d'uscita dalla drammatica situazione è stata abbozzata dal ministro della difesa israeliano. Senza fare promesse, Ehud Barak non esclude di poter affidare alle forze dell'Autorità palestinese i varchi di Gaza. Per poterlo fare, ovviamente, vuole la certezza che sono capaci di garantire la sicurezza e impedire il passaggio di terroristi. Perché Abbas possa farlo, deve avere il beneplacito di Hamas. Le preoccupazioni per la situazione a Gaza sono aumentate dopo l'attentato alla periferia di Gerusalemme dove l'altra notte una guardia è stata uccisa e un'altra ferita gravemente. L'operazione è stata rivendicata da Hamas e è vista come una sfida tanto a Israele quanto ad Abbas che negli ultimi mesi aveva fatto arrestare decine d'attivisti islamici. In questo quadro sempre più confuso, Hamas e Fatah (il movimento di Abbas) hanno accettato l'invito del presidente egiziano Mubarak: si incontreranno al Cairo per tentare di risolvere la crisi tra le opposte fazioni palestinesi.

Torna all'inizio


L'obiettivo di fondo a Gaza è di neutralizzare il blocco allestito da Israele intorno alla (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 26-01-2008)

 

Striscia dando sfogo ai palestinesi verso l'Egitto. Con la certezza che Mubarak non può permettersi di fronte al mondo arabo di respingere la popolazione affamata.

Torna all'inizio


Shoah, 700 studenti sul treno per Auschwitz (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

 

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Cronaca di Milano - data: 2008-01-26 num: - pag: 4 categoria: REDAZIONALE Giornata della memoria Domani serie di iniziative. Cerimonia al Parco Nord e concerto al Conservatorio Shoah, 700 studenti sul treno per Auschwitz Partirà dal Binario 21. Corteo da piazza San Babila e mostra per il ricordo Serie di appuntamenti a Milano per ricordare lo sterminio nazista, le persecuzioni del popolo ebraico e le deportazioni Un corteo, proiezioni e dibattiti, concerti, testimonianze di sopravvissuti ai lager. Domani iniziano le celebrazioni dell'VIII Giornata della Memoria, per ricordare lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani. E per il quarto anno consecutivo, dal Binario 21 di via Ferrante Aporti, dove c'era una "stazione invisibile" da cui il 30 gennaio del '44 partirono 15 treni diretti ai campi di sterminio nazisti e in quei vagoni a spinte, calci e sputi, vennero stipati 700 ebrei, partiranno altrettanti studenti con l'iniziativa "Il treno per Auschwitz". L'ha organizzata la Provincia in collaborazione con la Fondazione per il Memoriale della Shoah, l'Anpi, l'Aned e la Camera del Lavoro. A salutarli, alle 16, accanto al presidente della Provincia, Filippo Penati, ci sarà anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti. All'esterno sarà allestito un maxischermo. Altri due i momenti clou della giornata: il corteo con partenza da piazza San Babila (alle 14.45) che si concluderà in piazza dei Mercanti, organizzato dall'Associazione Figli della Shoah, al quale parteciperanno le autorità, la Comunità ebraica, le organizzazioni sindacali e l'Associazione Amici di Israele con le bandiere israeliane. Alle 20.30, nella Sala Verdi del Conservatorio, incontro con Liliana Segre e concerto (ingresso libero fino a esaurimento dei posti), al quale saranno presenti il sindaco Letizia Moratti e il vice Riccardo De Corato e il presidente della Fondazione Memoriale della Shoah, Ferruccio de Bortoli. In mattinata, altri momenti scandiranno il viaggio nella memoria dell'Olocausto: alle 10, cerimonia di commemorazione organizzata dall'Anpi presso il monumento dei Deportati al parco Nord; alle 11 al cinema Gnomo proiezione gratuita di "Hotel Meina" di Carlo Lizzani, una pellicola sulla prima strage di ebrei avvenuta dopo l'8 settembre; sempre alle 11, al Museo di Storia contemporanea di via Sant'Andrea, l'inaugurazione della mostra "Lager-disegni di Lodovico Belgiojoso " e, ancora, al Teatro Parenti, una lezione di Haim Baharier. Un messaggio a più voci, perché sulla memoria non prevalga quella che Primo Levi ha definito "zona grigia", quella parte del nostro animo che cerca di sfuggire alle responsabilità. Le celebrazioni proseguono per tutta la settimana, con la commemorazione del 30 gennaio in Centrale, altri due concerti in Conservatorio, lunedì 28 e giovedì 31. Intanto non si spegne la polemica su Il Giardino dei Giusti. Con lo scrittore Gabriele Nissim, uno dei promotori, perplesso di fronte allo statuto uscito dal dibattito del Consiglio comunale, che annuncia: "Abbiamo raccolto più di 1000 firme per intitolare un albero ad Anna Politkovskaja e un altro al console italiano Pierantonio Costa, un Perlasca dei tempi moderni". Paola D'Amico MOSTRA "Milano-Auschwitz", un'immagine dalla mostra sulla Shoah del 2007, a Palazzo della Ragione.

Torna all'inizio


Un monito a quelli che verranno (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-01-26 num: - pag: 16 autore: di ANTONIO FERRARI categoria: REDAZIONALE L'analisi Un monito a quelli che verranno Nel Libano dei fantasmi, dove molti generali vivono blindati e quasi invisibili dopo l'assassinio del loro collega Francois el Hajj, alla fine del 2007, e dove numerosi leader politici hanno deciso di limitare i rischi con lunghe permanenze all'estero, il capitano dei servizi speciali delle forze di sicurezza Wissim Eid continuava instancabile a fare il suo lavoro di segugio, con la passione, l'orgoglio e forse l'incoscienza dei suoi trentun anni. Eid indagava sulla catena di stragi e di delitti che dal giorno dell'assassinio dell' ex premier Rafic Hariri (14 febbraio 2005), insanguinano il Paese. Seguiva piste, studiava dossier, confrontava testimonianze, ascoltava registrazioni telefoniche. Aveva poi raddoppiato gli sforzi dopo che un suo collega e superiore, sfuggito miracolosamente a un attentato, aveva lasciato il Libano per trovare un po' di pace in Canada. Ma chi penetra i retroscena del delitto Hariri, e dei crimini che ne sono seguiti, mette in gioco la propria vita, anche perché ogni frammento di verità può essere essenziale per il processo internazionale, voluto dalle Nazioni Unite. La commissione d'inchiesta-Onu, dopo oltre due anni di lavoro, sospetta infatti pesanti responsabilità dei vertici dei servizi segreti siriani, e non esclude di dover lambire le stanze del potere politico di Damasco. Lo 007 Wissim Eid è stato ammazzato, ma ora più che i suoi segreti pesa il contraccolpo psicologico che il sacrificio del giovane ufficiale avrà su coloro che dovranno raccoglierne l'eredità. Certo, quella di ieri non è stata una strage "politica" in senso stretto, ma probabilmente è ancora più grave, perché esercito e forze di sicurezza, cioè gli ultimi obiettivi della campagna terroristica, sono pur sempre le uniche istituzioni credibili e rispettate del Paese. Il Libano era vicino alla soluzione di gran parte del suoi problemi con il compromesso raggiunto dalla maggioranza filo- occidentale e dalla minoranza filo-siriana sul nome del nuovo presidente, il capo delle forze armate Michel Suleyman. L'accordo è stato fatto saltare, e ora la repubblica naviga a vista, in balia di una tempesta di cui non si vede la fine. Ciascuno, nel Paese e fuori, lancia segnali velenosi. Il leader di Hezbollah, Nasrallah, alza il tono delle minacce. La crisi di Gaza riaccende le passioni. Per il povero Libano, consapevole d'essere il terreno più fragile, e quindi più adatto per colpire impunemente, regolare conti, e sperimentare i più arditi ricatti, l'immediato futuro è decisamente buio. Non è certo rassicurante per i caschi blu delle forze multinazionali di pace, tra cui il contingente italiano, che vigilano a ridosso della frontiera con Israele. Contraccolpo Pesa il contraccolpo psicologico che il sacrificio del giovane ufficiale avrà su coloro che dovranno raccoglierne l'eredità.

Torna all'inizio


<Caro Zawahiri, per la Jihad devo avere il permesso di mamma?> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-01-26 num: - pag: 16 categoria: REDAZIONALE Forum online Aspiranti qaedisti interrogano via web il braccio destro di Osama Bin Laden su questioni pratiche, operative e teologiche "Caro Zawahiri, per la Jihad devo avere il permesso di mamma?" MIAMI - Le donne che scrivono alla "posta del cuore" chiedono consigli su amori, mariti, figli. E sperano di trovare una risposta che le aiuti a risolvere un problema. Le aspiranti qaediste in cerca di una missione hanno fatto lo stesso e hanno rivolto i loro quesiti ad Ayman Al Zawahiri, il braccio destro di Osama. è questa l'ultima mossa propagandistica ideata da Azzam l'americano, un californiano convertito all'Islam radicale e portavoce del movimento. Il 16 dicembre ha invitato simpatizzanti e giornalisti a inoltrare, su alcuni siti affiliati, le domande. Termine limite il 16 gennaio. Le risposte di Al Zawahiri, ha aggiunto, arriveranno "prima possibile". La trovata si è rivelata un successo con migliaia di quesiti giunti dall'Europa al Medio Oriente. "Quale ruolo può svolgere una donna in Al Qaeda? Siamo qui sedute con il cuore infranto e non facciamo nulla", ha scritto una simpatizzante. "Se una donna nel Maghreb è obbligata alla Jihad, può lasciare i figli a qualcun altro e partire per la guerra santa"? si chiede un'altra. "Dobbiamo limitarci ad assistere i combattenti sul campo o possiamo assumere compiti più diretti?" si interroga una terza. La lotta armata finisce per condizionare anche i rapporti familiari. Un ragazzo di 23 anni, che vive con la mamma divorziata, è angosciato: "Volevo unirmi alla Jihad e ho chiesto il permesso a mia mamma, ma lei si è opposta. Posso farlo lo stesso?". Le considerazioni pratiche si aggiungono a quelle operative e teologiche. Dalle osservazioni di chi scrive risulta chiaro che i simpatizzanti, al pari delle intelligence occidentali, non hanno idee precise su come funzioni il movimento. "Come sta lo sceicco Osama? Lo incontri? è in buone condizioni?", è la curiosità di un presunto militante. "Un musulmano inglese può uccidere dei non credenti o dei musulmani inglesi che appoggiano la guerra in Iraq e in Afghanistan?". Una domanda che tradisce il dibattito, intenso, nelle file islamiste sulle uccisioni indiscriminate. Un algerino, presunto membro di Al Qaeda nella terra del Maghreb, presentatosi con lo pseudonimo di "Phenixshadow " è interessato ai risvolti strategici. "Cosa vi aspettate da noi? Dobbiamo seguire le istruzioni dell'organizzazione madre colpendo il nemico lontano (gli Usa, ndr) o concentrare gli sforzi sul regime apostata (Algeria)? Oppure preferisci che stiamo nel mezzo colpendo entrambi?". Il mujahed "Alfirati60" manifesta, invece, il disappunto per la nascita del cosiddetto "Stato Islamico iracheno", il cartello che riunisce gruppi di ispirazione qaedista in Iraq. "Le cose sono andate peggiorando - osserva -. Perché i militanti iracheni sono solo interessati alla liberazione del Paese e non all'instaurazione della legge di Dio". Interessante la domanda di un presunto seguace sul funzionamento del network. "Abbiamo sentito parlare di una Al Qaeda non centralizzata. Vuol dire che la leadership ha perso il controllo diretto sulle cellule? E questo è un danno? Al Qaeda vuole riaffermare il suo ruolo centrale? State esaminando le conseguenze e siete pronti a correggere?". Raji Al Quboul vuole sapere se la "casa madre" sta seguendo un obiettivo di lungo termine o se invece si limita a "firmare" attacco dopo attacco. Altro tema sentito - e non da oggi - è quello di Israele: "Quando vedremo agire i nostri uomini in Palestina? Perché francamente la situazione è pessima. Perché non colpite gli ebrei in tutto il mondo?". Scenari bellicosi che nella testa di una tale Abu Arsad vengono dopo la questione ecologica: "Cosa pensate del problema dell'effetto serra e quali conseguenze potrà avere sul nostro movimento? ". è ovviamente difficile capire chi siano realmente gli autori delle domande. Ci sono sicuramente giorna-listi, militanti veri e presunti, provocatori, uomini dell'intelligence. Qualche esperto ha sostenuto che il filo diretto permetterà agli 007 di identificare qualche militante. Ma sono dettagli che non preoccupano la Al Qaeda centrale, sempre di più macchina mediatica. Ciò che conta è stare sul palcoscenico. Con le bombe o con la parola. Guido Olimpio Propaganda Lo scorso mese siti web legati ad Al Qaeda hanno invitato i lettori a inviare domande a Zawahiri (sopra). Per le risposte, ci vorranno alcuni giorni Le donne "Quale ruolo può svolgere una donna in Al Qaeda?".

Torna all'inizio


Gli arabi ci guardano, in tv (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

 

Corriere della Sera - ROMA - sezione: Tempo Libero - data: 2008-01-26 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Palladium Una rassegna indaga sul rapporto con l'Occidente fra dialogo e conflitto Gli arabi ci guardano, in tv Dai canali mediorientali soap-opere, reality show e incontri Musalsalat, ovvero soap opera con turbante e hejab: sono le fiction i programmi più innovativi del panorama televisivo mediorientale. Milioni di persone seguono gli sceneggiati su temi di attualità e spesso tabù: il ruolo della donna, la ricerca di una religiosità moderna, il terrorismo. "L'Occidente visto dai media arabi" rassegna curata da Donatella Della Ratta (oggi e domani dalle ore 16 alle 24, ingresso libero) e realizzata con il sostegno della Fondazione Romaeuropa - indaga sui mass media mediorientali e si apre oggi pomeriggio con una tavola rotonda guidata dal giornalista Khaled Fouam Allam . "Esiste un confronto continuo tra Oriente e Occidente - spiega Della Ratta - che va in onda quotidianamente su oltre 400 canali satellitari gratuiti. I media arabi sono ormai arrivati a un'età matura. Le tv trasmettono intrattenimento, cartoni animati, videoclip e persino reality show". Linguaggi e format si avvicinano a quelli occidentali, a volte li emulano: in Libano, per esempio, la rete Lbc ha in palinsesto reality show come "La sposa perfetta" e "Star Academy". In altri casi, è la satira l'elemento prevalente. Basti pensare alla versione kuwaitiana di "South Park", ambientata in una città del Golfo dove i ragazzi sognano il paradiso occidentale fatto di alcol e divertimenti. Oppure la serie satirica "L'accademia del terrorismo " di Abdallah Bijad Al Otibi che racconta di campi di addestramento dove gli aspiranti kamikaze organizzano sfilate di cinture esplosive. Tra gli ospiti della rassegna, c'è Tareq Al Swaidan, uno dei più famosi telepredicatori, che per la rete Al-Risala realizza videoclip "islamici" pensati per attirare i giovani. "Gli sguardi più attenti sul nostro mondo - aggiunge Della Ratta - sono però quelli che incoraggiano al dialogo. Abbiamo invitato Faisal Al Kasim, conduttore di "Direzioni opposte", il talk show di Al Jazeera che mette a confronto tesi contrastanti su temi come la guerra israelo-palestinese. Ci sarà anche il regista siriano Najdat Anzour, che con la soap opera "Il tetto del mondo" ha analizzato il perché della reazione così violenta alla pubblicazione delle vignette danesi su Maometto". Carlotta De Leo Palladium, tel. 06.42296316 "South Park" , nella versione satirica del Kuwait, ambientata in una città del Golfo dove i ragazzi sognano il paradiso occidentale fatto di alcol e divertimenti.

Torna all'inizio


Interventi e Repliche (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 26-01-2008)

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Lettere al Corriere - data: 2008-01-26 num: - pag: 45 categoria: BREVI Interventi e Repliche La moschea del Comune di Bologna In merito all'articolo di Magdi Allam ( Corriere, 19 gennaio) faccio alcune precisazioni. 1) è privo di fondamento affermare che si tratta di una mega-moschea. Il nuovo edificio di culto in totale sarà di circa 2.800 mq. La sala di preghiera (la moschea) sarà di 1.000/1.200 mq. Per il resto servizi, sala lettura, biblioteca. Infatti la struttura non sarà, come dice erroneamente l'occhiello dell'articolo, di 19.000 mq. Questa è la superficie territoriale, non quella edificabile che è di 2.800 mq. 2) Le stime di permuta fatte da Finanziaria Bologna Metropolitana sono state convalidate da un ente terzo (l'Agenzia Territoriale). Non c'è nessun regalo del Comune, ma una permuta. Pur avendo il Comune, in seguito alla consultazione con i cittadini cambiato area, la stima del terreno di proprietà del Centro Islamico è stata confermata come congrua. è falso perciò dire che c'è un costo per il Comune di oltre un milione e mezzo di euro. 3) L'accordo di permuta sarà fatto con il Centro Culturale Islamico che darà vita ad una Fondazione, non con l'Ucoii, che non figurerà nel Direttivo del Centro né negli Organi della Fondazione. 4) Gli associati e i frequentatori di una struttura sono due cose diverse così come i fedeli e i praticanti. Il Centro Culturale Islamico ha già una propria moschea, da tempo. Non è una novità per Bologna. Chiude la sede vecchia e ne apre una nuova. Ci sono altre sale di preghiera, appunto. Non spetta al Comune entrare nel merito della rappresentatività religiosa. 5) Insieme alla permuta ci sarà un protocollo di intesa e una Fondazione. Si accetta cioè un confronto e un controllo trasparente. Qual è l'alternativa? Per essere coerente Magdi Allam dovrebbe sostenere la chiusura della moschea attuale. L'applicazione di un protocollo permette di verificare in concreto il rispetto delle nostre leggi (cosa fare concretamente nell'attuale Centro). L'Ucoii partecipa a riunioni con il ministro degli Interni: non è una organizzazione fuori legge. Quindi l'adesione del Centro Islamico all'Ucoii non può essere un motivo per non fare accordi con il Centro Culturale Islamico. è ora di affrontare i problemi, non di esasperarli. Di governare la paura, non di alimentarla. Virginio Merola Assessore all'Urbanistica del Comune di Bologna 1) Una moschea con una superficie di 2800 mq e una sala di preghiera di 1200 mq non è una mega-moschea? Certamente non lo è in assoluto, qualora ad esempio ci trovassimo alla Mecca o al Cairo. Ma lo è per Bologna dove il numero di musulmani che frequentano abitualmente la moschea è di circa 800 fedeli. Ebbene, considerando che in un mq pregano due fedeli, si ricava il totale di 2400 fedeli, tre volte tanto la necessità di tutta Bologna, dove oltretutto ci sono già 6 sale di preghiera islamica. 2) Nel mio articolo del 19 gennaio, si specificava che l'abbattimento del 50% concerneva la permuta del primo terreno da 52 mila mq, non l'attuale da 19 mila mq. Non c'è stata nessuna consultazione con i cittadini bolognesi, ma una interlocuzione con un solo quartiere, mentre i sondaggi confermano che la maggioranza dei bolognesi è contraria alla mega-moschea. 3) Sia il Centro di cultura islamico di Bologna sia l'Ente di gestione dei Beni islamici in Italia, proprietario del terreno di via Felsina oggetto della permuta, sono parte integrante dell'Ucoii. Una Fondazione da loro creata resterà dell'Ucoii anche se assumerà una denominazione diversa. 4) Il Comune l'accordo lo fa con gli associati del Centro islamico, che sono in tutto 21, non con i frequentatori della moschea. 5) Io sostengo non la chiusura ma la liberazione di tutte le moschee d'Italia dalle organizzazioni estremiste islamiche, che predicano la distruzione di Israele e legittimano il terrorismo palestinese, tra cui si situa l'Ucoii. Non è un caso che il ministro dell'Interno Amato abbia sospeso la convocazione della Consulta per l'islam d'Italia proprio per la presenza del presidente dell'Ucoii Nour Dachan e che si stia adoperando per creare un organismo alternativo. Così come non si può non tener conto che i due principali leader dell'Ucoii, Dachan e Hamza Roberto Piccardo, sono stati rinviati a giudizio per istigazione all'odio razziale. I problemi si risolvono guardando in faccia la realtà dei fatti e avendo il coraggio di assumersi le proprie responsabilità fino in fondo nell'interesse dei bolognesi. Magdi Allam.

Torna all'inizio


GAZA Ieri mattina l'Egitto ha chiuso la frontiera la (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 26-01-2008)

 

GAZA Ieri mattina l'Egitto ha chiuso la frontiera la frontiera con la Striscia di Gaza. Ma i militari egiziani si sono ritirati dalla frontiera così a contenere l'ingresso dei palestinesi da Rafah, dopo che militanti di Hamas hanno aperto nuovi varchi sul muro di confine. Home Interni Esteri prec succ Contenuti correlati Gaza, l'Egitto apre i varchi ai palestinesi Gaza, ucciso figlio del leader di Hamas Olivieri, via alla cassa integrazione Ranieri saluta Tiago, Almiron e Boumsong "Uno Mattina" vince la sfida con Mediaset GERUSALEMME Quello di Rafah, crollato l'atro ieri sotto le ... è ripreso così il flusso di persone che a centinaia entrano in Egitto in cerca di cibo, combustibile e medicinali, introvabili a causa dell'embargo israeliano. In mattinata un centinaio di militari egiziani in tenuta antisommossa avevano presidiato la breccia aperta due giorni fa, in seguito alle proteste scoppiate dopo l'annuncio della chiusura del passaggio. Mentre i soldati impedivano l'ingresso dei palestinesi in Egitto, poco distante gli abitanti di Gaza hanno fatto crollare il muro. Per demolirlo è stata usata una ruspa, alla cui guida, secondo diversi testimoni, c'erano miliziani di Hamas. La polizia egiziana, che era intervenuta tentando di bloccare l'apertura della seconda breccia, è stata respinta da una fitta sassaiola iniziata dai palestinesi e sostenuta anche da colpi d'arma da fuoco in aria esplosi da miliziani. Poco dopo gli egiziani si sono ritirati e centinaia di palestinesi hanno oltrepassato il confine approfittando dei nuovi varchi poco distanti dalla barricata che era stata demolita nei giorni scorsi con l'esplosivo. In base a un accordo raggiunto nella notte tra Hamas e le autorità egiziane, entro domani si terrà un incontro fra le due parti per discutere della riapertura formale del valico di Rafah, rimasto chiuso dopo che a luglio Per domenica a Gerusalemme è stato fissato un vertice tra il premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, che sarà dedicato alla crisi nella Striscia di Gaza e lungo il confine con l'Egitto. Sul nuovo incontro pesano gli attentati della notte scorsa a Gerusalemme nei quali è morta una guardia di frontiera. Vai alla homepage 26/01/2008.

Torna all'inizio


Le donne che quattro giorni fa hanno buttato giù il muro di (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 26-01-2008)

 

Le donne che quattro giorni fa hanno buttato giù il muro di cemento e lamiera che divide la Striscia di Gaza e il Sinai sono le stesse per le quali Leila Shahid si batte da quand'era ragazza. Da quando cominciò a preparare la prima intifada. Sono passati 40 anni, quelle donne ancora stentano a vivere. Home Spettacoli prec succ Contenuti correlati Donne incinte, esami impossibili I controlli? Solo dopo il parto Un'altro accordo è stato approvato, in questi giorni, per ... Per ventidue giorni il Ghana sarà ... Carrizo, giorni decisivi Spunta l'ipotesi Corradi Travolge due donne, picchia passante e minaccia i vigili Elezioni in Usa: la sfida delle donne Non c'è solo la paura di morire. C'è il gas che manca, come la farina e il latte. Come le medicine. è il nuovo embargo di Israele. è la nuova polveriera in una terra di 500 chilometri quadrati, tra le più densamente popolate del mondo. Per questo la gente è tracimata in Egitto. Un'invasione di disperati per comprare generi da mangiare. Gestita da Hamas, che controlla Gaza. E lei, Leila Shahid, antropologa, scelta nel 1989 da Arafat per rappresentare l'Olp a Parigi e ora ambasciatrice dell'Anp alla Commissione Europea, dopo 40 anni ancora deve mediare, smorzare le contrapposizioni (ora con Hamas) e spiegare le ragioni della sua gente al mondo. Lo farà anche oggi in Italia, a Percoto, nelle distillerie della famiglia Nonino, dove riceverà dalle mani di Peter Brook il prestigioso Premio Nonino 2008 "A un maestro del nostro tempo". Perché "si batte integra per il luogo da lei così amato da considerare ogni bambino nato in quel suolo suo figlio". Leila Shahid, sono state proprio le madri con i piccoli in braccio a varcare per prime il confine egiziano. "è significativo: il valico violato dalla figura simbolo della famiglia. Perché sono le famiglie che stanno pagando il tributo pesante delle sanzioni imposte al milione e mezzo di abitanti di Gaza. Israele ha tagliato l'elettricità, interrotto l'arrivo di derrate alimentari inviate dalle Nazioni Unite a una popolazione che per il 69 per cento vive sotto la soglia della povertà. La caduta del muro è il segno di una voglia di vivere più forte della volontà di soffocare Gaza". Ma Hamas ha gestito l'invasione, è sempre di più nel circuito internazionale e ciò allarma Israele. L'embargo di Tel Aviv, poi, è una reazione al lancio dei razzi Qassam. "Hamas non gestisce l'invasione, ne ha approfittato. Un'occasione che Israele ha fornito su un piatto d'argento. Tuttavia il leader di Hamas giovedì a Damasco si è detto pronto a negoziare con gli egiziani, con il primo ministro di Anp Salam Fayyad e con gli europei. Anche per questo l'impegno europeo è importante". Come uscire dall'anarchia pericolosa di questi giorni? "Riaprendo il valico di Rafah, chiuso dagli egiziani unilateralmente dopo il rapimento, nel giugno 2006, del soldato israeliano. Era impossibile nel 2007, quando Hamas ha preso il potere. Ora Fayyad ritiene che si possa fare. Propone di riassumere il controllo delle frontiere svincolandole da Hamas. Rafah tornerebbe il valico per i cittadini, Karme per le merci. Un accordo fra israeliani, europei, l'inviato Tony Blair, gli egiziani e Anp. Se vi si arriva, l'emergenza di queste ore diventerebbe una svolta". Ma questa emergenza potrebbe anche favorire il proselitismo di Al Qaeda. "No. Nella regione Al Qaeda non ha una rete, è un'idea che attecchisce tra gente povera. La collera contro l'occupazione fa proseliti, non il fatto che si possano superare i valichi". Lei è nata a Beirut da profughi palestinesi, ha sposato un marocchino, vive a Bruxelles. Spera di risiedere un giorno in Palestina? "Lo voglio. E a Gerusalemme, la città di mia madre". Vai alla homepage 26/01/2008.

Torna all'inizio


Gaza, ancora palestinesi verso l'Egitto (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 26-01-2008)

 

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.131 del 26/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Esteri Mubarak: nella striscia situazione "inaccettabile" Gaza, ancora palestinesi verso l'Egitto Chiusa la frontiera, aperto un altro varco Gaza, 26 gen.- Pane, sigarette, medicine, carburante, acqua, sapone. La breccia aperta nel muro che separa, a Rafah, il territorio palestinese da quello egiziano ha permesso ai palestinesi di andare a fare rifornimento oltre confine, procurandosi tutti quei beni che l'embargo imposto da Israele non rende più disponibili. La frontiera era stata chiusa ieri mattina (il passaggio era possibile solo verso Gaza), quindi era stato riaperto a singhiozzo e infine definitivamente chiuso alle 14 ora italiana. Subito dopo, comunque, la folla ha aperto un altro varco nel muro. All'inizio la polizia egiziana è intervenuta con gli idranti, ma quando i miliziani di Hamas hanno aperto due nuove brecce, si è ritirata, portando via i mezzi blindati che aveva sul posto e lasciando libero il varco. è ripreso, quindi, il viavai di palestinesi che si recano in Egitto per acquistare generi di prima necessità, iniziato mercoledì, quando miliziani palestinesi hanno fatto saltare in più punti il muro che divide i due Paesi. è ancora poco chiaro, tuttavia, chi sia stato ad aprire i varchi nel muro. Hamas, infatti, ha subito negato di essere coinvolta nell'azione, ma proprio i suoi militanti stanno pattugliando la frontiera regolando l'afflusso dei palestinesi e perquisendo chi rientra, per evitare che vengano immesse in territorio palestinese le “merci proibite”. I poliziotti palestinesi hanno infatti l'ordine di non far passare “droga, armi ed alcolici”. Da quando, lo scorso giugno, Gaza è stata sottoposta al controllo politico e militare di Hamas (mentre la Cisgiordania è controllata da Fatah), nella Striscia è infatti vietato, per motivi religiosi, il consumo di bevande alcoliche. Ma la preoccupazione più grande, comunque, riguarda le armi che potrebbero entrare insieme ai generi di prima necessità. L'ipotesi di un aumento delle armi nella Striscia preoccupa Tel Aviv, secondo il cui ministro della Difesa la fuoriuscita di massa da Gaza sarebbe servita a gruppi terroristi per armarsi, e in futuro per tentare di attaccare Israele dal Sinai. Le forze di sicurezza israeliane hanno quindi aumentato la vigilanza, soprattutto intorno ai luoghi santi islamici, dopo che nella notte tra giovedì e venerdì si sono registrati due attentati palestinesi vicino a Gerusalemme. Secondo gli analisti, comunque, il timore più profondo di Tel Aviv è che quanto accaduto al confine con l'Egitto possa ripetersi lungo quello israeliano: in questo caso, l'esercito israeliano si troverebbe a contatto con una folla di palestinesi frustrata e impoverita dall'embargo. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente egiziano Hosni Mubarak, che in un'intervista ha definito “inaccettabile” quanto sta avvenendo a Gaza e ha lanciato un appello a Israele, affinché ponga fine all'assedio del territorio palestinese. Mubarak, secondo cui si dovrebbero “portare le cose alla normalità secondo i precedenti accordi”, ha anche invitato al Cairo gli esponenti delle diverse fazioni palestinesi per dei colloqui, senza però specificare una data. L'Egitto, infatti, è impegnato in prima linea nella crisi causata, a Gaza, dall'embargo imposto da Israele 7 mesi fa (in concomitanza con la presa di potere di Hamas nella Striscia), in risposta al fitto lancio di razzi Qassam che quotidianamente si abbatte su Negev (250 solo la scorsa settimana). Sia da parte del Cairo che di Tel Aviv la circolazione di merci e persone da e per Gaza era già stata ridotta con la vittoria di Hamas alle elezioni del 2006, ma la presa di potere del partito islamico nella Striscia, la scorsa estate, ha fatto aumentare queste restrizioni. In questi giorni, però, l'Egitto ha permesso ad almeno 700 mila persone di uscire da Gaza: alcuni, con i loro effetti personali, hanno lasciato la Palestina; altri, invece, hanno solamente fatto rifornimento di generi di prima necessità. Intanto domenica a Gerusalemme si terrà un incontro tra il premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, per discutere della crisi lungo il confine tra la Striscia e l'Egitto. Simone Storti simone.storti@voceditalia.it.

Torna all'inizio


GEOPOLITICA (sezione: Israele/Palestina)

( da "Libero" del 26-01-2008)

 

Attualità 26-01-2008 GEOPOLITICA L'Occidente un po' distratto Mentre Usa, Ue e Wto discutono di Borse&Mercati delle valute, Russia, India e Cina accumulano energia e supremazia nucleare. Le incomprensibili sorti dei governi euro-americani sono davvero il tavolo da gioco di questa grande geopolitica? Sinai, Israele, striscia di Gaza, Libano, Cisgiordania, Giordania, Kurdistan iracheno, l'Aral e i territori tribali pachistani sono piccoli teatri di una geopolitica minore? Suez, oleodotti, rotte aeree, navali e terrestri tra Asia, Africa, Oceania ed Europa incrociano casualmente in quelle terre martoriate la più¹ alta densità  di eserciti antigovernativi e di immigrazione terroristica e mercenaria del momento nel mondo? Matteo Maria Martinoli Milano Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

Torna all'inizio


Patto antisemita fra nazi, islamici e comunisti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Libero" del 26-01-2008)

 

Esteri 26-01-2008 Patto antisemita fra nazi, islamici e comunisti di GUGLIELMO SASININI Nell'ultimo anno sono vertiginosamente aumentati in tutto il vecchio Continente le aggressioni, gli attacchi antisemiti, oltre a diffondersi un rinnovato sentimento antiebraico. La fonte non è di parte, è nientemeno che l'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione Europea, la quale, dopo aver attentamente "os servato" 9 Paesi comunitari, ha fornito dati incontrovertibili e ha stabilito che l'antisemitismo è in crescita in tutta Europa, tranne che in Gran Bretagna, dove la percentuale di chi si sente più vicino alla causa israeliana è aumentata dal 28 al 31% e in Belgio, dal 27 al 32%. Le aggressioni contro gli ebrei crescono in Danimarca, Olanda, Svezia, Repubblica Ceca, Austria, raggiungendo il picco di oltre 1.600 "episodi" in Germania. Secondo il Viminale i reati a sfondo antisemita commessi in Italia sarebbero 62. INTELLETTUALI Non potendo apertamente dichiararsi antiebrei e antisemiti i raffinati intellettuali europei, che esprimono il loro incondizionato appoggio alla "causa palestinese" e la loro indignazione contro la "lobby ebraica" si sfogano contro Israele, non riconoscendolo come il legittimo Stato degli ebrei, ma definendolo nella loro crassa ignoranza, un'entità artificiosa. Il nuovo vento antisemita ha origini antiche, a partire dalla riproposta del "deicidio", delle teorie di Hitler che ispirandosi alle menzogne dei "Protocolli di Sion" eliminò Dio come centro del mondo per sostituirlo con l'uomo perfetto, ariano. Tesi vecchie, superate? Niente affatto. L'antisemitismo è estremamente attuale. GUERRIERI I nuovi "guerrieri antisemiti" provengono non solo dalle fila delle organizzazioni neonaziste, ma anche da quei movimenti che si riconoscono nelle frange della sinistra più estrema. Il denominare comune sono gli stereotipi antisemiti abbinati con la "soluzione finale" del problema palestinese: la distruzione dell' "entità sionista", cioè lo Stato di Israele. Il che li rende preziosi alleati dei terroristi islamici. Ahmadinejad ringrazia sentitamente questi fans europei, offre contributi, organizza viaggi e corsi di "aggiornamento culturale" a Teheran, Beirut, Damasco. L'ultimo incontro si è svolto il 21-22 gennaio in una discreta località alla periferia della capitale siriana. In cattedra gli uomini del Dipartimento informazioni e propaganda di Teheran, i "professori" della Jihad islamica, di Hamas, di Hezbollah. Tra i componenti della delegazione europea: tedeschi, danesi, olandesi, svedesi, austriaci. La rappresentanza italiana era formata da appartenenti ai movimenti dell'estrema destra neonazista (personaggi convertitesi all'Islam, che dispongono di un secondo passaporto rilasciato da Paesi arabi amici dell'Iran) ma il nucleo più numeroso era quello degli appartenenti alle frange della sinistra estrema. Un'alleanza all'insegna dell' antiamericani smo, antisionismo, appoggio agli "eroici combattenti islamici", cioè i terroristi. "I grandi quotidiani arabi, egiziani, sauditi, palestinesi, siriani", dice Alessandro Ruben, presidente dell'Anti defamation league italiana; "pubblicano ogni giorno editoriali e caricature antisemite che incitano all'odio contro Israele. Ma anche i media europei a volte pubblicano vignette che demonizzano gli ebrei e Israele. Queste raffigurazioni possono diffondere e supportare il convincimento della legittimità degli attacchi antisemiti nonchè delle azioni violente contro gli ebrei e Israele. Anche durante il periodo nazista giravano vignette di questo genere". Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

Torna all'inizio


I kamikaze di Gaza minacciano il Mar Rosso (sezione: Israele/Palestina)

( da "Libero" del 26-01-2008)

 

Esteri 26-01-2008 I kamikaze di Gaza minacciano il Mar Rosso HAMZA BOCCOLINI GERUSALEMME Dopo due giorni in cui centinaia di migliaia di palestinesi si sono liberamente spostati fra Gaza e il Sinai, le autorità egiziane hanno tentato ieri, senza successo, di chiudere il confine di Rafah. La decisione era stata presa in seguito ad un accordo raggiunto durante la notte tra Hamas e le autorità egiziane. Per renderlo esecutivo ieri mattina ingenti reparti militari sono stati dispiegati nella zona di Rafah. Si trattava di una chiusura graduale. Nella mattinata, fra le proteste di migliaia di palestinesi provenienti da varie località della striscia di Gaza, sono stati impediti nuovi ingressi in territorio egiziano. Ci sono state sassaiole e spari. Le forze egiziane sono ricorse ad idranti per respingere la folla. Ma mentre tentavano di gestire la difficile situazione, altri miliziani hanno di nuovo sfondato la frontiera con l'Egitto. BARRIERA DISTRUTTA Sfidando gli agenti, decine di palestinesi hanno fatto crollare il muro di confine. Uomini vestiti di nero, alcuni mascherati, a bordo del bulldozer hanno distrutto la barriera sotto gli occhi dei soldati egiziani. Di conseguenza la polizia, che dalla mattina presidiava la prima breccia aperta sul muro di confine tra la Striscia di Gaza e la città egiziana di Rafah, si è ritirata riaprendo così il passaggio a migliaia di palestinesi. Poco dopo i miliziani delle Brigate Ezzedin al-Qassam hanno aperto addirittura un terzo varco, poco distante dai primi due. Per evitare un bagno di sangue, gli agenti egiziani che presidiavano la zona in tenuta antisommossa si sono allontanati portando via i mezzi blindati che sostavano sul posto. Migliaia di palestinesi hanno ripreso ad entrare in territorio egiziano, dal quale tornano indietro con camion carichi di merce. La breccia aperta da miliziani palestinesi due giorni fa nel muro fra Gaza ed Egitto ha provocato forte instabilità nella Regione. Numerosi terroristi palestinesi, secondo Israele, sono già penetrati nel Sinai e si accingono a compiere attentati. Dalle località turistiche del mar Rosso stanno per questo uscendo centinaia di gitanti israeliani, che temono di subire attacchi. Non potendo risolvere questa situazione con la forza, il presidente egiziano Hosni Mubarak tenta di giocare la carta della mediazione per porre fine all'embargo israeliano. Per questo ha proposto un nuovo vertice tra il partito di al-Fatah del presidente palestinese Abu Mazen e gli islamisti di Hamas da tenersi al Cairo. "L'Egitto è sempre pronto a cicatrizzare le piaghe esistenti tra i fratelli palestinesi al fine di garantire la loro unità" ha indicato Mubarak in un'intervista concessa al settimanale "al-Usbua", rinnovando i suoi appelli ai Palestinesi affinché oltrepassino le loro divergenze dopo il colpo di mano di Hamas nel giugno 2007 nella Striscia di Gaza. LE ACCUSE Due giorni fa Mubarak aveva implicitamente accusato Hamas di voler tentare di implicare l'Egitto nelle divergenze interpalestinesi e creare una crisi con le forze di sicurezza sulla frontiera tra la Striscia di Gaza e l'Egitto. "È necessario che si ascoltino reciprocamente perché una parte non deve poter controllare in modo unilaterale una piccola parcella del territorio palestinese" aveva indicato Mubarak, sembrando mettere sullo stesso piano Hamas e l'Autorità palestinese. Resta alto lo stato d'allerta anche lungo i valichi fra Israele e Gaza che sono ancora chiusi. I soldati ieri hanno ricevuto mezzi anti-sommossa per affrontare possibili emergenze, nel caso in cui Hamas cercasse di sfondare anche quei valichi dirigendovi masse di dimostranti. Su questo fronte, fonti dell'Anp hanno annunciato che il presidente palestinese Abu Mazen dovrebbe incontrare il premier israeliano Ehud Olmert domenica prossima per discutere proprio della crisi di Gaza. Foto: CONFINE FUORI CONTROLLO Agenti di Hamas fronteggiano i militari egiziani che ieri hanno tentato, invano, di fermare il continuo passaggio di palestinesi dal valico di Rafah. Intanto la polizia egiziana sta imponendo la chiusura sistematica dei negozi per dissuadere i palestinesi dal cercare di forzare il confine, nella speranza di compiere nuovi acquisti. Sul fronte sicurezza infine numerosi terroristi palestinesi, secondo Israele, sono già penetrati nel Sinai e si accingono a compiere attentati Ap Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

Torna all'inizio


Vogliono la pace e preparano la guerra (sezione: Israele/Palestina)

( da "Libero" del 26-01-2008)

 

Attualità 26-01-2008 Vogliono la pace e preparano la guerra Mentre Usa, Ue e Wto discutono di Borse&Mercati delle valute, Russia, India e Cina accumulano energia e supremazia nucleare. Le incomprensibili sorti dei nostri governi euro-americani sono davvero il tavolo da gioco di questa grande geopolitica? Sinai, Israele, striscia di Gaza, Libano, Cisgiordania, Giordania, Kurdistan iracheno, l'Aral e i territori tribali pachistani sono piccoli teatri di una geopolitica minore? Suez, oleodotti, rotte aeree, navali e terrestri tra Asia, Africa, Oceania ed Europa incrociano casualmente in quelle terre martoriate la più alta densità di eserciti antigovernativi e di immigrazione terroristica e mercenaria del momento nel mondo? Matteo Maria Martinoli Milano Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

Torna all'inizio


Poesie e musica per non dimenticare l'Olocausto (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 26-01-2008)

 

Cronaca di Cagliari Pagina 1024 Ghetto. Alle 10,30 la mostra degli elaborati degli studenti della scuola Alfieri Poesie e musica per non dimenticare l'Olocausto Ghetto.. Alle 10,30 la mostra degli elaborati degli studenti della scuola Alfieri --> Le riflessioni e le poesie degli alunni della scuola media Vittorio Alfieri, una lezione dello storico Marcello Tuveri su "Hannah Arendt e la banalità del male", la musica kletzmer dell'Emsemble Sophar. È il programma cagliaritano della Giornata della memoria, con cui anche a Cagliari, oggi, si commemoreranno le vittime del nazismo e dell'Olocausto. Le celebrazioni, organizzate dal sindaco Emilio Floris e dall'assessore comunale alla Cultura Giorgio Pellegrini, dalla scuola Vittorio Alfieri e dall'associazione Italia-Israele, in collaborazione con il consorzio Camù, si terranno nella sala delle Mura del centro comunale d'arte e cultura Il Ghetto, in via Santa Croce, a partire dalle 10,30 con la lettura delle riflessioni e poesie degli alunni e l'inaugurazione della mostra di elaborati dei ragazzi. Con lo storico Marcello Tuveri e la musica dell'Ensemble Sophar, diretto da Marcello Gallus, l'appuntamento è alle 18. La mostra degli elaborati sarà visitabile fino a domenica 3 febbraio: dal martedì alla domenica dalle ore 9,30 alle 13 e dalle 16 alle 19,30. Chiuso il lunedì per riposo settimanale. Per informazioni, telefonare al numero 070/6402115.

Torna all'inizio


Rutka, l'Anna Frank polacca (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 26-01-2008)

 

Il Diario ritrovato nel Ghetto pubblicato sessant'anni dopo --> Il Diario ritrovato nel Ghetto pubblicato sessant'anni dopo La tragedia della Shoah - che si celebra domani con la Giornata della Memoria - non è stata, non sarà forse mai indagata completamente. Testimonianze intime, protette dal pudore dei sopravvissuti o nascoste sino a oggi dalla colpevole indifferenza di alcuni, riappaiono sempre più numerose e urgenti. Se il Diario di Anna Frank ha colpito ormai da decenni l'immaginazione con il suo straziante messaggio, e continua a essere un caso esemplare, quante sono le voci che finora non sono state ascoltate e meriterebbero uguale ascolto? È il caso di Rutka Laskier, quattordicenne polacca di cui la Bompiani propone il toccante " Diario" (pagine 172, ? 12) nella bella traduzione di Laura Quercioli Mincer, ritrovato sessant'anni dopo. Il Diario documenta alcuni mesi di vita del 1943 della giovane Rutka costretta con i suoi famigliari nel ghetto di Bedzin, fino quando i nazisti non li deportarono ad Auschwitz. La ragazza, il fratello Henius di sei anni e la madre Dorka vennero portati direttamente nelle camere a gas. Solo il padre, un uomo forte che godeva di buona salute, fu avviato ai campi di lavoro e si salvò. Dopo la guerra l'uomo si trasferì in Israele e si ricostruì una famiglia. Zahava, nata dal secondo matrimonio, aveva 14 anni come la sorellastra morta nell'Olocausto, quando il padre le raccontò il suo passato. Ma nessuno sapeva niente del diario che Rutka, una ragazza di spiccata intelligenza e di straordinaria abilità nello scrivere, nei primi mesi del 1943 aveva iniziato a compilare. Ne aveva parlato con un'amica non ebrea, Stanislawa, alla quale aveva rivelato il nascondiglio in cui lo teneva per recuperarlo qualora fosse successo quello che temeva. Ruth sapeva infatti, quello che stava succedendo; sapeva che la morte aveva il nome di Auschwitz nelle immediate vicinanze di Cracovia, non lontano da Bedzin. Sapeva delle camere a gas e ogni notte vedeva scomparire intere famiglie, intuendo dove finivano. Il ghetto che lei descrive come una sorta di girone infernale. La neve cadeva a grandi fiocchi bianchi e "l'inverno per la maggior parte degli abitanti del ghetto è lo spettro della miseria e della fame. Ovunque file di gente, file per il pane, per la colza, per il carbone. Bambini vestiti miseramente tendono la mano ai passanti. Questi bambini sono il marchio del grigio ghetto". Dopo il racconto del padre Zahava pensò molto alla sorella più grande e al fratello che non avrebbe mai conosciuti, e di ciò si rammaricava, ma il destino aveva in serbo per lei una bella sorpresa. Che cosa? Lo racconta lei stessa, venuta a Milano per presentare il Diario della sorellastra. "Nel gennaio del 2006 - dice - ricevetti una telefonata da un uomo che non conoscevo. Mi ha chiesto se ero la figlia di Yaacov Laskier e alla risposta affermativa mi disse che avevano ritrovato un diario di una ragazza scritto durante l'Olocausto: il diario di Rutka Laskier. Il diario, mi disse, era stato consegnato a un giornalista da una donna, Stanislawa Sapinska, che lo aveva custodito per 62 anni. La donna, da giovane era amica di Rutka che le aveva indicato dove teneva nascosto il diario che stava scrivendo: un'intercapedine del pavimento della casa nel ghetto chiuso. Rutka morì ad Auschwitz alla fine dell'agosto del 1943, e l'amica, alla fine della guerra, andò nel ghetto per cercare il diario nell'appartamento distrutto e saccheggiato. Trovò il diario nel punto indicato e lo portò a casa sua mettendolo al sicuro per più di sessant'anni come un ricordo caro". Due anni fa la signora, durante il suo ottantesimo compleanno, ne parlò con un nipote e gli mostrò il diario. Il giovane lesse e disse alla nonna che si trattava di una grande testimonianza storica che non poteva essere tenuta nascosta al mondo. E così il libro venne pubblicato. FRANCESCO MANNONI.

Torna all'inizio


UN PASSO INDIETRO (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

DI la settimana GABRIELE FERRARIS UN PASSO INDIETRO Abbiamo anche noi la nostra Sapienza. Nel senso dell'università romana, perché in quanto a virtù sapienziali ne scorgiamo poche, nell'alzata d'ingegno di Vincenzo Chieppa, consigliere regionale dei Comunisti Italiani: egli ha pensato bene di sindacare la decisione della Fiera del Libro, che ha scelto Israele come ospite d'onore della prossima edizione. Chieppa ha scritto al presidente della Fiera, Rolando Picchioni, chiedendogli di invitare (per una sorta di "par condicio": è un dramma, quando i politici apprendono uno straccio di latinorum...) anche l'Autorità Palestinese, sempre come ospite d'onore. A far buon peso, un altrimenti ignoto "presidente della Lega degli scrittori giordani" ha invitato gli intellettuali italiani a boicottare la Fiera. Il presidente Picchioni e il direttore Ferrero hanno dato prova di civiltà prendendo quasi sul serio Chieppa (il giordano, era proprio impossibile...), e rispondendogli che il ruolo particolare di Israele alla Fiera di quest'anno non esclude la partecipazione di nessuno, neppure dell'Autorità Palestinese. Ma si sono ben guardati dal considerare l'ipotesi di un "invito cerchiobottista" che, a questo punto, suonerebbe quantomeno imbarazzante. Peccano però d'ottimismo, ritenendo bastevole tale spiegazione. Bisognava partire dai fondamentali, spiegando che: 1) certe derive portano dritte al grottesco (se in futuro l'ospite d'onore fossero gli Stati Uniti, chi convocare per "contrappeso"? L'Iran? La guerriglia irachena?); 2) Israele può avere, come ogni governo, torti gravi, ma è uno Stato democratico, riconosciuto dal consorzio civile; 3) tra i tanti scrittori israeliani di talento, molti manifestano liberamente nel loro Paese dissenso dalle politiche del loro Paese. Le ingerenze dei politici devastano ogni sfera della vita sociale; ancor più quando aggrediscono - spregiando logica, buon senso e sintassi - la cultura. Almeno lì, facciano un passo indietro, non essendo attrezzati per avventurarsi in quei territori. La Fiera è sana e ben gestita: la lascino in pace, baloccandosi piuttosto con i numerosi carrozzoni che sono già riusciti a mandare a ramengo.

Torna all'inizio


Venerdì 25 gennaio alle ore 21 al Teatro Giacosa di Ivrea debutta in prima nazionale Rose (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

25 gennaio alle ore 21 al Teatro Giacosa di Ivrea debutta in prima nazionale "Rose di sangue", nuovo allestimento dell'Associazione Culturale Liberipensatori "Paul Valery". Autore della piece è Israel Horovitz, scrittore americano dedito con ugual talento al cinema e al teatro (suoi ad esempio il soggetto e la sceneggiatura del film "Fragole e sangue"), amico e grande estimatore di Samuel Beckett, pluripremiato e molto rappresentato nei teatri di tutto il mondo, con opere tradotte in più di 30 lingue. Della cinquantina di testi composti dall'autore, molti dei quali risalenti agli Anni Settanta, Oliviero Corbetta ha scelto una commedia a due personaggi, non nuova in Italia ma lontana dalla grande notorietà raggiunta in Francia grazie all'interpretazione che ne diedero Pierre Dux e Jane Birkin. Il titolo originale è "Park your car in Harvard yard", e ha per protagonisti un anziano professore un poco scorbutico e una giovane donna apparentemente sprovveduta che fa irruzione nella vita di lui dando nuova vita ad antichi rancori mal sopiti. Protagonisti dell'allestimento diretto da Corbetta, Mario Brusa ed Elena Canone; le scene sono state curate da Daniela Vassallo, mentre i costumi sono di Elena Bedino. Si replica il giorno dopo, sabato 26, nuovamente alle ore 21. \.

Torna all'inizio


Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

COMMEMORAZIONI Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti Commemorazione ufficiale domenica 27 al cimitero monumentale. Il Comune, in collaborazione con l'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, Associazione nazionale ex internati, Comunità Ebraica di Torino e la Fondazione Teatro Stabile organizza infatti tre momenti di riflessione per il giorno della memoria. Alle 9,30 commemorazione e omaggio alle lapidi dei caduti. Sempre domenica, ma alle 11, a Palazzo Civico, invece, "Celebrazioni in Sala Rossa" alla presenza del sindaco Sergio Chiamparino e del presidente del consiglio comunale Giuseppe Castronovo: è prevista la testimonianza di Pensiero Acutis, presidente regionale Anei, e di Tullio Levi, presidente della Comunità ebraica. Segue un momento musicale "In memoriam" con l'Ensemble da Camera Meitar, che viene da Israele. Partecipa anche il mandolinista Avi Avital. Lunedì 28 alle 17,30 al Teatro Vittoria, via Gramsci 4, si conclude con lo spettacolo "Zingari: l'Olocausto dimenticato", un monologo di e con Pino Petruzzelli a cura del Centro Teatro Ipotesi. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Per info Gabinetto del Sindaco 011/442.32.05. \.

Torna all'inizio


IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 26-01-2008)

 

IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ 14,30/19,30, DA MARTEDÌ A DOMENICA 9,30/19,30, GIOVEDÌ E SABATO 9,30/22,30, INGRESSO: INTERO 7,50, RIDOTTO 5,50, BAMBINI (6-14 ANNI) 3,50, TEL 011/5711811, WWW.PALAZZOBRICHERASIO.IT Dal 25 gennaio al 24 febbraio, le sale espositive ospitano un'antologica, curata da Luca Beatrice e organizzata in collaborazione con il Mamac di Nizza, che ripercorre attraverso 70 opere le vicende artistiche del principale esponente del Nouveau Realisme. Francisco Goya BIBLIOTECA NAZIONALE UNIVERSITARIA DI TORINO, PIAZZA CARLO ALBERTO 3, ORARI: LUNEDI', MERCOLEDI', VENERDI' E SABATO 9/13, MARTEDI' E GIOVEDI' 9/18 E' aperta sino al 15 marzo "Los Caprichos. Goya Illuminista fra Settecento ed Europa napoleonica". In mostra, l'intera opera di Francisco Goya "Los Caprichos": un insieme di tavole in perfetto stato di conservazione, cui è affiancato un importante nucleo di reperti librari di proprietà della biblioteca. Lo Spazio dell'uomo FONDAZIONE MERZ, VIA LIMONE 24, ORARI: MARTEDI'-DOMENICA 11/19. INGRESSO: INTERO 5 EURO, RIDOTTO 3,50, GRATIS BAMBINI SOTTO I 10 ANNI, MAGGIORI DI 65 , DISABILI E OGNI PRIMA DOMENICA DEL MESE Fino all'11 maggio, un'indagine sulla scena artistica contemporanea cilena, attraverso l'incontro tra storia del passato e realtà del presente. Werner Herzog FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO, VIA MODANE 16, OR.: 12/20, GIOVEDI' 12/23, CHIUSO LUNEDI' Nell'ambito della manifestazione "Segni di Vita. Werner Herzog e il cinema", la Fondazione ospita una mostra ricca di strumenti che permettono di approfondire l'idea di cinema dell'artista tedesco. Accanto alla sezione fotografica, l'esposizione, aperta fino 10 febbraio, segue un itinerario composto da una serie di video. Novecento - Trilogia dell'automobile TORINO ESPOSIZIONI, CORSO MASSIMO D'AZEGLIO 15, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/18,30. Le più belle auto del '900; fino al 30 marzo. Why Africa? PINACOTECA AGNELLI, VIA NIZZA 230, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/19. INGR.: INT. 7 EURO, RID. E GRUPPI 6, SCUOLE E BAMBINI 6/12 ANNI 3,50. VISITE GUIDATE 011/0062713. WWW.PINACOTECA-AGNELLI.IT Esposta per la prima volta in Italia una parte della più importante collezione al mondo di arte contemporanea africana. Il tema più ricorrente nelle opere è il profondo legame con il territorio al quale gli artisti si rivolgono proponendo la loro personale esperienza della realtà. La mostra rimane aperta fino al 3 febbraio. Acquisizioni GAM, VIA MAGENTA 31, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/18, LA BIGLIETTERIA CHIUDE UN'ORA PRIMA. INGRESSO: 7,50 EURO, RIDOTTO 6; INFO 011/4429518. WWW.GAMTORINO.IT Fino al 27 gennaio, sono esposte 50 delle mille opere acquisite negli ultimi 5 lustri. Tempeste polari MUSEO DELLA MONTAGNA, P.LE MONTE DEI CAPPUCCINI 7, OR.: 9/19, LUNEDI' CHIUSO. WWW.MUSEOMONTAGNA.ORG Manifesti e film dei primi trent'anni di cinema sulla grande avventura esplorativa in Artide e Antartide. Fino al 10 febbraio. Splendide preziosità quotidiane MUSEO DI ANTROPOLOGIA, VIA ACCADEMIA ALBERTINA 17 La collezione si arricchisce di un centinaio di reperti del primo '900 dell'Asia Centrale. Le opere rimarranno in esposizione sino al 31 marzo. Torino inedita ARCHIVIO STORICO DELLA CITTÀ DI TORINO, VIA BARBAROUX 32, OR.: LUNEDI'-VENERDI' 8,30/16,30 Quattro panorami di Luigi Vacca; in esposizione fino al 31 marzo. (R)esistere per immagini MUSEO DIFFUSO DELLA RESISTENZA, CORSO VALDOCCO 4/A, TUTTI I GIORNI DALLE 10 ALLE 18, IL GIOVEDÌ DALLE 14 ALLE 22; CHIUSURA IL LUNEDÌ; INGRESSO LIBERO Mostra in omaggio a Germano Facetti: all'uomo sopravvissuto alla Deportazione, al grafico che ha rivoluzionato la Penguin Books, al creativo, attraverso i documenti privati e professionali del ricco fondo acquisito dall'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti". La mostra sarà aperta al pubblico sino al 25 aprile. Capitàn Germàn MIAAO, VIA MARIA VITTORIA 5, DAL MARTEDÌ AL VENERDÌ ORE 16-19,30 SABATO E DOMENICA ORE 11/19, LUNEDÌ CHIUSO Artefatti astrali di Germàn Impache, fino al 24 febbraio. Mario Lattes ARCHIVIO DI STATO, PIAZZA CASTELLO 209, ORARIO: DA MARTEDÌ A SABATO 10/19; DOMENICA 10/14; INGRESSO LIBERO "Di me e di altri possibili: Mario Lattes pittore, scrittore, editore". La mostra è composta di tre parti: una parte pittorica con un'antologia di quadri dipinti tra il 1960 e il 1995, una parte narrativa comprendente le opere pubblicate (romanzi, poesie, autografi e diari) ed una parte editoriale con alcune opere significative pubblicate nel periodo in cui l'artista era amministratore delegato della casa editrice Lattes. L'esposizione è aperta fino al 12 marzo. Paolo Guasco Cinque personali PIEMONTE ARTISTICO CULTURALE, VIA ROMA 264, ORARI: LUNEDI' - SABATO 15,30/19,30, INGRESSO LIBERO Fino al 26 gennaio, Piemonte Artistico Culturale propone una antologica del pittore torinese Paolo Guasco. La mostra segue quella tenuta alla Civica Galleria d'Arte Filippo Scroppo di Torre Pellice. Alle opere già esposte si aggiunge un importante nucleo appartenente agli anni '70. Martedì 29 gennaio alle 18 s'inaugurano, poi, cinque mini-personali con opere di: Enrica Berardi, Cristina Botta, Jessy Jacob, Giancarlo Morra e Rosella Porrati. Resteranno esposte sino al 13 febbraio. Massimo Ghiotti RETTORATO, V. PO 17. OR: 7.30/18 INGR. VIA PO E 7.30/19.30 INGR.V. VERDI.; SAB. E DOM. INGR. VIA PO 15.30/19.30. Sette sculture di grandi dimensioni (fino al 31 gennaio). Un'ottava scultura è in Piazza Castello, tra le vie Po e Verdi. Mi è sembrato di vedere un U.F.O. EX SCUDERIE DEL PARCO DELLA TESORIERA, CORSO FRANCIA 192, ORARIO: TUTTI I GIORNI 15/18 Siamo soli nell'universo? Una libera e vivace interpretazione di questa riflessione da parte degli artisti: Stefano Gradaschi, Anna Bordignon, Giuseppe Scollo, Elena Mora, Fabio Mattia, Simona Ilaria Di Michele, Teresa Bonaventura, Silvana Gatti, Vincenzo Vanin e Akira Zakamoto. Sino al 31 gennaio. IoEspongo XI PASTIS, P.ZZA EMANUELE FILIBERTO 9B, WWW.ASSOCIAZIONEAZIMUT.NET Fino al 29 gennaio, sono esposte le opere che partecipano alla seconda tornata del concorso; il giorno successivo, dalle ore 22, serata di selezione e votazione del pubblico, con inaugurazione dell'esposizione successiva. Love Artom FROM SPOON TO CITY, CORSO MORTARA 46 Giovedì 31 gennaio alle 18,30, verranno messi all'asta pannelli, tele ed oggetti di design realizzati per il progetto "Love Artom". Il ricavato sarà devoluto all'iniziativa Tredicesima dell'Amicizia della Fondazione La Stampa - Specchio dei Tempi, a favore degli anziani del quartiere. Stili a confronto San Valentino in galleria ARTEINCORNICE, VIA VANCHIGLIA 11, OR.: 9/13 E 15/19, ESCLUSO FEST. E LUN. MATTINA Da sabato 26 gennaio e fino all'8 marzo, la collettiva "Stili a confronto" presenta ventiquattro opere di Piero Gilardi, Giorgio Griffa ed Enrico Paulucci. Prosegue inoltre, sempre sino all'8 marzo, una esposizione pensata per l'avvicinarsi della festa di San Valentino e la Festa della Donna, con una selezione rinnovata di opere degli artisti più importanti della galleria. Mario Schifano - Gli anni '80 GALLERIA IN ARCO, PIAZZA VITTORIO VENETO 3, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 10/12,30 E 16/19,30 Dopo la più nota produzione degli anni '60 e '70, Schifano negli anni '80 è stato precursore di un cambiamento che ha segnato la storia dell'arte italiana, promuovendo un recupero della tradizione pittorica. Le sue opere di questo periodo sono in mostra fino al 15 marzo. Daniel Glaser Magdalena Kuntz Miha Strukelj GAGLIARDI ART SYSTEM, CORSO VITTORIO EMANUELE II 90, ORARIO: 15/20 Daniel Glaser e Magdalena Kuntz presentano tre installazioni, mentre Miha Strukelj indaga i confini tra pittura e disegno nell'era della tecnologia. Entrambe le esposizioni terminano il 26 febbraio. Pierre-Yves Le Duc 41 ARTECONTEMPORANEA, VIA MAZZINI 41, ORARI: MARTEDI'-SABATO 15/19, MATTINO E LUNEDI' SU APPUNTAMENTO 011/8129544 "Opera", prima personale a Torino dell'artista francese. L'esposizione di disegni prosegue sino al 28 marzo. Neve PIRRA, C.SO V. EMANUELE 82, OR.:LUN-SAB 9,30/12,30 E 15,30/19,30. DOM. 9,30/12,30 "Neve. Nel mondo di un solo colore", rassegna di post-impressionisti russi; sino a fine gennaio. Ernesto Jannini e Fausto Morviducci FUSION ART GALLERY, PIAZZA PEYRON 9/G, ORARIO: MARTEDI', GIOVEDI' E VENERDI' 16,30/19,30 O SU APPUNTAMENTO 335/6398351 Personali a cura di Edoardo Di Mauro e Walter Vallini; proseguono sino al 29 gennaio. Stanze-Salvatore Astore ALLEGRETTI, VIA SAN FRANCESCO D'ASSISI 14, ORARIO: MAR-SAB 10/13 E 14/19 Personale; sino al 31 gennaio. Le opere del calendario SALOTTO DELL'ARTE, VIA ARGONNE 1/C, ORARI: LUNEDÌ - VENERDÌ 16,30/19, SABATO 10,30/19,30 Esposizione delle opere pittoriche e sculture pubblicate sul calendario 2008 del "Corriere dell'arte". A queste, si aggiungono alcune altre di: Giancarlo Aleardo Gasparin, Martino Bislacco, Alberto Maria Marchetti, Adri Mazzetti, Lia Laterza, Anna Borgarelli, Adelma Mapelli, Massimo Alfano, Ines Daniela Bertolino, Giorgio Flis, Dolores Dosio e Tatiana Veremejenko. Sino al 26 gennaio. Anni '60 ARTEREGINA, CORSO REGINA MARGHERITA 191, ORARI: MARTEDI' - VENERDI' 15/19, SAB. 9,30/12,30 E 15/19 "Frammenti di storia - Anni '60 - Artisti torinesi ", in esposizione sino al 31 gennaio. Opere di Sergio Agosti, Nino Aimone, Alfredo Billetto, Romano Campagnoli, Antonio Carena, Francesco Casorati, Mauro Chessa, Mario Davico, Pietro Gallina, Gino Gorza, Horiki Katsutomi, Angelo Maggia, Pino Mantovani, Adriano Parisot, Piero Rambaudi, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino e Mario Surbone. Marcello Giovannone FOGLIATO, VIA MAZZINI 9, OR.: 10/12,30 E 16/19,30, CHIUSO FESTIVI E LUNEDI' MATTINA Fino al 29 gennaio, personale dal titolo: "Impronte del tempo". David Gerstein ERMANNO TEDESCHI, VIA C. I. GIULIO 6, ORARI: MARTEDI'-SABATO 11/13 E 16/20 O SU APP. 011/4369917 Personale dell'artista israeliano; sino al 29 febbraio. Sisto Giriodi Pangolino VIRANDO, C.SO LANZA 105, OR.: LUN-SAB 16,30/20 Sino al 26 gennaio, personale di Giriodi; dal 22 al 26 gennaio, è inoltre esposta una serie di carboncini che ritraggono maschere tipiche della Sardegna. Mercoledì 30 gennaio, dalle 18 alle 23, s'inaugura "Cieli interiori", di Tiziano Bergamini, in arte Pangolino; sino al 16 febbraio. Silvio Brunetto GALLERIA D'ARTE BERMAN, VIA ARCIVESCOVADO 9/18, ORARIO: MARTEDI' - SABATO 10/12,30 E 16/19 "Inverno bianco", personale in esposizione sino al 9 febbraio. Incisioni GALLERIA IL CALAMO, VIA DELLA ROCCA 4/L. ORARIO: 10,30/12,30 E 16,30/19,30 "Incisioni dal XV al XX secolo", rassegna di opere grafiche di maestri antichi e moderni, tra cui alcuni giapponesi. Esposizione sino a fine febbraio. Pippo Leocata FOGOLA, PIAZZA CARLO FELICE 15, ORARIO: LUNEDI' 15,30/19,30, DAL MARTEDI' AL SABATO 10,30/19,30, DOMENICA 10,30/13 Esposizione di olii su tela ed acqueforti del pittore catanese; sino al 31 gennaio. Collezioni GALLERIA DEL PONTE, CORSO MONCALIERI 3, OR.: MAR-SAB 10/12,30 E 16/19,30 . Dai Sei di Torino a Carol Rama; le opere rimarranno in esposizione fino al 26 gennaio. Sospensione GIORGIO PERSANO, VIA P. CLOTILDE 45, OR.: MAR.-SAB. 10/13 E 15,30/19 Installazioni di Marco Gastini ed Eliseo Mattiacci. Fino al 29 marzo. Mathew Sawyer GALLERIA SONIA ROSSO, VIA GIULIA DI BAROLO 11/H, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 15/19 O SU APPUNTAMENTO 011/8172478 Sino al 31 gennaio prosegue la personale di collages "Don't tell the others what we were singing". Quadreria GALLERIA MICRO', PIAZZA VITTORIO VENETO 10, ORARI: MARTEDI' - VENERDI' 16/19,30, SABATO 10,30/12,30 E 16/19,30 Esposizione di Natale della galleria, fino al 26 gennaio. Gabriele Arruzzo GALLERIA ALBERTO PEOLA, VIA DELLA ROCCA 29, ORARIO: LUNEDI'-SABATO 15,30/19,30 O SU APPUNTAMENTO 011/8124460 "Hortus conclusus", personale pittorica; in esposizione sino a sabato 26 gennaio. Paul Fryer GUIDO COSTA PROJECTS, VIA MAZZINI 24, ORARIO: LUNEDI'-SABATO 11/13 E 15/19 "In Loving Memory", prima personale italiana dell'artista britannico Paul Fryer. Le opere rimarranno in esposizione sino al 31 gennaio. Incisioni IN-FOLIO, C.SO AGNELLI 34 (2°PIANO), ORARIO: 10,30/12,30 E 15,30/19 200 opere originali di maestri dal XV al XIX secolo; in esposizionesino al 31 gennaio. Enzo Briscese GALLERIA ARIELE, VIA LAURO ROSSI 9, ANGOLO CORSO GIULIO CESARE, ORARIO: DAL LUNEDI' AL SABATO DALLE 16 ALLE 19,30 "Paesaggio Urbano", personale di tecniche miste e oli del 2006 e del 2007. L'esposizione è aperta sino al 19 febbraio. Incisioni di Grandi Maestri SALAMON, VIA VOLTA 9, ORARIO: 10/12,30 E 16/19,30, CHIUSO DOMENICA E LUNEDI' MATTINA Fino al 26 gennaio, stampe di M. Schongauer, I. Van Meckenem, Durer, Rembrandt, Casorati e altri. Segno forma e colore BIASUTTI, VIA DELLA ROCCA 6/B, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 10,30/12,30 E 15,30/19,30 Collettiva, fino al 29 febbraio. Giorgio Laveri GALLERIA TERRE D'ARTE, VIA M. VITTORIA 20/A, OR.: 10,30/12,30 E 16,30/19,30 Giovedì 31 gennaio alle 18 s'inaugura la mostra personale di opere in ceramica, dal titolo: "Effetti personali" che resterà in esposizione sino all'8 marzo. Eraldo Taliano GALLERIA PAOLO TONIN, VIA SAN TOMMASO 6, ORARIO: LUNEDI'-VENERDI' 10,30/12,30 E 15,30/19,30 Personale, sino al 31 gennaio. L'insostenibile leggerezza dell'eros Leonardo Pivi Paolo Schmidlin MARENA ROOMS, VIA DEI MILLE 38, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 15,30/19,30 Sino al 26, collettiva sull'eros. Giovedì 31 (19-21), presenti gli artisti, inaugurazione delle sculture di Leonardo Pivi e Paolo Schmidlin (quest'ultima sino all'1/3). Art away NON PERMANENT GALLERY, VIA MONTEMAGNO 37, ORARIO: MARTEDI' - SABATO 15,30/19,30 OPPURE SU APPUNTAMENTO 011/3724084 Collettiva pittorica e fotografica dal titolo: "Sit number 7: Art away - non conventional Xmas". Espongono: Fernando Montà, Mariella Bogliacino, Mauro Trucano, Nëri Ceccarelli, Nicola Boursier, Oscar Bagnoli, Paolo Cotza, Piero Ariotti, Pier De Felice, Radà e Umberto Grati. Sino al 26 gennaio. Non è tutto oro quello che luccica CATARTICA, VIA GARIBALDI 9 BIS, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 16/20 Mostra-boutique con gioielli e bijoux di 15 artisti. Fino al 26.. Rambaudi GALLERIA ROCCATRE, VIA DELLA ROCCA 3 Prosegue fino a sabato 26 la personale di Piero Rambaudi. Incisioni TEART, VIA GIOTTO 14, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 17/19 O SU APPUNTAMENTO 011/6966422 Fino al 9 febbraio, è esposta una collettiva d'incisioni . Gli autori: I. Barth, L. Caprioglio, A. Ciocca, L. Caravella, E. Guerra, A. Guasco, G. Maccioni, E. Monaco, A. Nalli, C. Parsani Motti, L. Porporato, E. Saraceno. Sergio Spagnolo ATELIER "ARTUPART" VIA MASSENA 42/A Prosegue fino al 28 febbraio la personale dell'artista. Dalla Romania AMICI PER L'ARTE, VIA PO 45 Venerdì 25 gennaio è l'ultimo giorno per visitare la mostra collettiva di artisti rumeni. Illustrazione SPAZIO STEINER, LUNGO DORA AGRIGENTO 20/A, ORARI: LUNEDI'-SABATO 9/13, FESTIVI ESCLUSI "Cosa fanno le befane il resto dell'anno", viaggio fantastico nell'illustrazione per l'infanzia; sino all'8 febbraio. Segno, traccia, simbolo LIBRERIA LEGOLIBRI, VIA M. VITTORIA 31, OR.: MAR.-SAB. 9,30/13 E 15,30/19,30 Sino a fine gennaio, una collettiva ispirata al libro "L'uomo senza paura" di Rosanna Rutigliano. Oscar Bagnoli Neri Ceccarelli ALLOCCO ARREDAMENTI, CORSO GALILEO FERRARIS 26 Doppia personale pittorica; sino al 26 gennaio. Carlotta Tararbra CAFFE' FIORIO, VIA PO 8 Dipinti su Torino ed interpretazioni dei grandi maestri; l'esposizione prosegue fino al 10 febbraio. Kurt Mair COOPERATIVA BORGO PO E DECORATORI, VIA LANFRANCHI 28. ORARIO: 10/30/12,30 E 15/19,30, CHIUSO MERCOLEDI' Incisioni a colori; sino al 12/2. Pink art UNICREDIT, C.SO GIULIO CESARE 109 Collettiva, sino a fine gennaio. UniRebum UNICREDIT, V. NIZZA 148 Collettiva, fino al 30 gennaio. IN PROVINCIA Marc Chagall SALA DELLE ARTI, CERTOSA REALE DI COLLEGNO, VIA TORINO 9, OR.: MAR-VEN 15/18,30 E FESTIVI 10/12 E 15/18,30 "Nicolaj Gogol' - Le anime morte", esposizione di 96 acqueforti, dal 1925 al 1948. Sino al 17 febbraio. Clizia e la femminilità PALAZZO EINAUDI, PIAZZA D'ARMI 6, CHIVASSO E' stato da poco aperto al pubblico il nuovo Museo Clizia di Chivasso. Il primo allestimento è dedicato al tema della figura femminile. Clizia e la natura MUSEO ETNOGRAFICO DEL MULINO NUOVO, VIA ARIOSTO 36 BIS, SETTIMO TORINESE. ORARIO: DOMENICA 15/19, LUNEDI'-VENERDI' VISITE GUIDATE PER GRUPPI E SCUOLE SU PRENOTAZIONE 011/9103591 - 339/4673821 Sino al 23 marzo, prosegue la mostra dedicata al rapporto di Clizia (Mario Giani) con la natura e gli animali. Enrico Reycend VILLA VALLERO, CORSO INDIPENDENZA 168, RIVAROLO CANAVESE ORARIO: SABATO16/19 E DOMENICA15/19; SCUOLE E GRUPPI 0124/454680 Retrospettiva; nato a Torino nel 1855, dove è morto nel 1928, Reycend ha inizialmente studiato con Enrico Ghisolfi all'Accademia Albertina e successivamente ha incontrato Lorenzo Delleani, Antonio Fontanesi, Marco Calderini, Filippo Carcano e Leonardo Bazzaro a Milano. Abbandonata l'Accademia, ha esordito nel 1873 alla Promotrice delle Belle Arti di Torino. L'esposizione che lo riguarda è aperta sino al 27 gennaio. 2008. infinite emozioni! GALLERIA CIVICA PALAZZO OPESSO, VIA SAN GIORGIO 3, CHIERI. ORARIO: FERIALE 16/19, SABATO E FESTIVI 10,30/12,30 E 16/19 Inconsueti calendari fotografici per il 2008. Sono presentati, inoltre, alcuni "incontri" tra fotografia ed incisione. Le immagini sono di: Enrico Aliberti, Maurizio Bachis, Elisabetta Bersezio & Federico Ponzetto, Dino Mammola, Matteo Maso, Cesare Matta, Renato Paviglianiti, Andrea Quaglino & Sophie Ancel. Le opere rimarranno in esposizione sino al 27 gennaio. Body and soul BIBLIOTECA ARDUINO, MONCALIERI. OR.: LUN.-VEN. 14/19, SAB. 9,30/13,30, SCUOLE SU PRENOTAZIONE 011/6401603 Il tema della corporeità nella visione di 40 artisti. Le opere rimarranno in esposizione siino al 23/2. Tony Cragg TUCCI RUSSO, V. STAMPERIA 9, T. PELLICE. OR.: ME-DO 10,30/13-15/19 "Sculptures and Drawings", di Tony Cragg, uno tra i più importanti interpreti dell'arte contemporanea internazionale; sino al 30 gennaio. Nelle sale 1 e 2, opere di Merz, Paolini, Penone, Vercruysse e altri. Dario Grasso CASCINA ROLAND, V. ANTICA DI FRANCIA 11, VILLAR FOCCHIARDO, OR: VEN 15/19, MER, GIO, SAB. E FEST. SU APP. 328/8649957. INGR. LIBERO Sino al 1/2 "Il colore delle mie emozioni", acquerelli. Francesco Preverino RELAIS BARRAGE, STR. SAN SECONDO, PINEROLO Personale, le opere rimarranno in esposizione sino al 28 febbraio. Franco Frassoni PALAZZO COMUNALE, PIAZZA MATTEOTTI 50, GRUGLIASCO. ORARIO: LUNEDI'-VENERDI' 9/18, SABATO 9/12 Mostra personale di arte figurativa a settanta anni dall'esordio dell'artista, avvenuto nel 1938. Inaugurazione venerdì 25 gennaio alle 12; prosegue sino al 23 febbraio. Maurizio Sicchiero GALLERIA IL QUADRATO, VIA DELLA PACE 8, CHIERI Sabato 26 gennaio alle 18 s'inaugura la mostra personale d'incisioni di Maurizio Sicchiero. Resterà aperta sino al 26 febbraio. Roberto Simone DINOITRE LIBRERIA, VIA CAVOUR 2, ORBASSANO. ORARI DI APERTURA: LUN 15,30 - 19,30, MAR-SAB 9,30 - 12,30 ; 15,30 - 19,30 Esposizione personale di dipinti a olio. Aperta sino a giovedì 7 febbraio. Opere Recenti GRAN CAFFÈ ROMA, PIAZZA S. LORENZO 23, GIAVENO. ORARI: LUNEDÌ- SABATO 8/21, MARTEDÌ CHIUSO Espongono: Giuseppe Arizio, Pippo Ciarlo, Adriano Franco e Giorgio Viotto. Aperta sino al 25 gennaio. Franco Galetto CAFFE' DELLA RIVA, PASSEGGIATA MARCONI 6, POIRINO. CHIUSO IL MARTEDI' Sino al 3 febbraio, mostra personale di opere astratte.

Torna all'inizio


Gaza, l'Egitto non ferma Hamas di Gian Micalessin - sabato 26 gennaio 2008, 09:11 Era un'insormontab... (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Gaza, l'Egitto non ferma Hamas di Gian Micalessin - sabato 26 gennaio 2008, 09:11 Era un'insormontabile frontiera, è diventato un confine aperto, sembra pronto a trasformarsi un un'irreversibile realtà. L'unico deciso a negarla con ogni forza è l'Egitto, ma di fronte a quell'esodo che ricorda a tratti un'intifada fuori rotta e a tratti una gioiosa corsa ai saldi, il governo del presidente Hosni Mubarak e il suo esercito appaiono confusi e smarriti. Una delle grandi nazioni medio-orientali si scopre impotente di fronte alla macchinazioni di Hamas e ai bulldozer dei suoi militanti pronti ad aprire nuovi varchi non appena i soldati in tenuta antisommossa tentano di arrestare l'esodo palestinese da Gaza. In questa strana guerra di confine l'Egitto deve far i conti anche con l'esausta strategia di Israele, con la rassegnazione di uno Stato ebraico pronto a scaricare nelle mani di Mubarak una Striscia ormai aperta e fuori controllo. Le immagini sono eloquenti. Gli egiziani mandano l'esercito a bloccare i varchi, avvisano i palestinesi che il tempo degli acquisti e dei ricongiungimenti con le famiglie in terra d'Egitto è terminato, fissano le sette di ieri sera come termine ultimo per il ritorno a Gaza. Dall'altra parte il portavoce fondamentalista Sami Abu Zuhri spiega che i varchi non si possono chiudere perché servono a "fornire assistenza urgente" al suo popolo. Intanto militanti mascherati muovono un paio di bulldozer verso le zone dove la barriera è ancora in piedi e aprono nuovi varchi. I palestinesi defluiscono come un fiume in piena sopravanzando e circondando gli esterrefatti soldati egiziani. Quando cannoni ad acqua e bastoni entrano in azione i palestinesi si comportano come con gli israeliani. Prima mettono mano ai sassi, poi lasciano partire qualche raffica di kalashnikov. I proietti azzoppano un soldato, costringono gli ufficiali egiziani a ritirare i propri uomini per evitare una risposta che nelle immagini delle emittenti arabe diventerebbe la strage di “fratelli” palestinesi. Alla fine saranno sei i militari egiziani feriti. La nuova realtà prende così forma. Egitto e Gaza diventano un'unica permeabile entità, lo Stato ebraico si appresta far i conti con un Sinai trasformato in terreno di battuta per militanti alla caccia di turisti israeliani o retroterra per infiltrazioni armate tra i kibbutz del Negev. Certo Mubarak non si dà per vinto. "Devono riportare le cose alla normalità, devono rispettare i precedenti accordi", strilla rivolgendosi ad Hamas e agli israeliani accusati di non mettere fine al blocco della Striscia.

Torna all'inizio


Attentato a una colonna militare Dieci morti nel quartiere cristiano (sezione: Israele/Palestina)

( da "Quotidiano.net" del 26-01-2008)

 

Mobile email stampa PAURA A BEIRUT Attentato a una colonna militare Dieci morti nel quartiere cristiano Fra le vittime anche un alto ufficiale delle forze di sicurezza libanesi, obiettivo principale dell'attentato. Ma il bilancio potrebbe aggravarsi Home Esteri prec succ Contenuti correlati Razzi Qassam su Sderot, una donna ferita Israele: "Stop a raid se Hamas sospende lanci" Ancora pioggia di razzi su Israele Raid a Gaza, ucciso anche un bambino Annapolis, intesa raggiunta Bush: "Momento giusto per la pace" Olmert: "Due Stati per due popoli" Beirut, 25 gennaio 2008 - Sono almeno dieci le persone rimaste uccise a causa della violentissima esplosione risuonata in mattinata nel quartiere cristiano di Furn al-Shebbak, alla periferia est di Beirut: tra loro anche un alto ufficiale delle forze di sicurezza libanesi, la cui auto è stata presa di mira con un attentato dinamitardo. Lo hanno riferito le tv libanesi, secondo cui i feriti sono numerosi. L'emittente televisiva 'al-Manar' ha trasmesso le immagini di alcuni cadaveri carbonizzati accasciati sulla carreggiata, e di diversi veicoli distrutti dalla potente onda d'urto. Stando alle stesse fonti, il computo delle vittime potrebbe ulteriormente aumentare. Sangue nella capitale libaneseMEDIO ORIENTE L'Egitto chiude la frontiera con Gaza.

Torna all'inizio


Striscia, il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 12:23 Gaza - Per la prima volta da quando hanno travolto mercoledì il confine, molti abitanti di Gaza hanno iniziato stamattina a superare in automobile il valico di Rafah con l'Egitto. Il passaggio delle macchine è ora possibile dopo che militanti di Hamas hanno ulteriormente spianato la barriera di confine con bulldozer, riferisce il sito israeliano di Haaretz. Dopo il fallito tentativo di riportare ieri ordine al valico, le guardie egiziane sembrano aver abbandonato ogni iniziativa. Questa mattina al confine vi erano solo due guardie sedute ai piedi di una torretta di sorveglianza, che osservavano il passaggio di auto con targa di Gaza ed egiziana, scrive ancora il sito. E gli egiziani "invadono" Gaza Centinaia di egiziani si stanno riversando nella Striscia di Gaza cogliendo l'occasione del crollo del muro che chiudeva il confine e che impediva anche a loro fin dal 1967 di poter raggiungere il territorio palestinese. Dalla breccia aperta sulla linea di confine di Rafah le auto con targa egiziana si incrociano in un ingorgo con le auto con targa palestinese che viaggiano verso El-Arish, cittadina egiziana sul mare. "Stanno arrivando tantissimi egiziani e noi li accogliamo come fratelli così come loro stanno accogliendo noi", dice all'Ansa un agente della polizia di Hamas, Abu Taufik, che pattuglia con altri colleghi la centralissima piazza Sahaa, nel cuore della città di Gaza. Il poliziotto conferma che l'ordine è di non effettuare nessun controllo e non porre alcun intralcio agli egiziani che intendono recarsi all'interno della Striscia. Nessun controllo Un egiziano Ahmed Ahmed proveniente dalla cittadina di Ismailia ci conferma di aver raggiunto Gaza senza aver passato alcun controllo di polizia: "Sono partito alle nove di ieri sera e sono arrivato a Gaza dopo quasi dodici ore di viaggio - racconta l'uomo all'Ansa - e sia in territorio egiziano che in quello palestinese nessun poliziotto mi ha chiesto documenti, e io ora spero di poter vendere qui la mia merce". Sul cassone del suo pick-up trasporta due moto di fabbricazione cinese nuove e fiammanti. Accanto a lui la moglie che lo ha voluto accompagnare "per la curiosità di vedere Gaza per la prima volta nella mia vita". Dalla stessa piazza Sahaa centinaia di palestinesi si arrampicano intanto sui cassoni dei camion preparandosi al viaggio che li porterà in terra egiziana, poichè ormai non si trova neppure più un taxi, tutti già prenotati e partiti sin dal primo mattino.

Torna all'inizio


Striscia, il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza pag.1 (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 26-01-2008)

 

Striscia, il confine resta aperto e gli egiziani "invadono" Gaza di Redazione - sabato 26 gennaio 2008, 12:23 Corse i taxi a 40 shekel Da Gaza vengono anche organizzate corse in taxi collettivi per un itinerario mai offerto prima: fino a El Arish, la località egiziana sul mare (a 40 chilometri da Rafah che costituisce da sempre il sogno di tutti i palestinesi. Lo ha constatato un giornalista dell'ANSA nella città di Gaza. Fino a quattro giorni fa irragiungibile per la quasi totalità degli abitanti della Striscia, chiusi al di quà del confine, oggi è un sogno realizzabile al prezzo di appena 40 shekel, il corrispettivo di sette euro. Alle partenze dei taxi si stanno già creando le code nonostante la pioggia battente che dalla notte scorsa cade sulla città. L'Egitto: autorizziamo ancora il transito L'Egitto continuerà ad autorizzare i palestinesi di Gaza a varcare la sua frontiera per permettere loro di rifornirsi di cibo, carburante e beni di prima necessità. Lo ha riferito oggi l'agenzia ufficiale egiziana Mena. "I palestinesi continueranno a passare fino a che abbiano soddisfatto tutti i loro fabbisogni di cibo e beni", ha affermato il governatore del Sinai del nord, Ahmed Abdel Hamid. Le forze di sicurezza egiziane hanno ricevuto l'ordine "di facilitare il passaggio dei palestinesi e di condurli fino al luogo in cui possono trovare i beni di cui hanno bisogno", ha aggiunto. Abu Mazen: un crimine Hamas al potere Il presidente palestinese Abu Mazen ha denunciato come "un crimine" la presa del potere nella Striscia di Gaza da parte di Hamas, spiegando di non volere dialogare con il movimento radicale palestinese a meno che il gruppo non torni sui suoi passi. Abu Mazen non ha fatto alcun riferimento all'offerta avanzata dal presidente egiziano Hosni Mubarak di un incontro al Cairo tra i rappresentanti di Fatah e Hamas, al fine di ricomporre le divisioni e arrestare il caos provocato nella Striscia di Gaza dalla chiusura dei valichi di transito da parte di Israele.

Torna all'inizio


PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DOPO LA CRISI: Sì AL DECRETO DI RIFINANZIAMENTO MA SENZA I VOTI DI PRC E COSA ROSSA (sezione: Israele/Palestina)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 26-01-2008)

 

Primo consiglio dei ministri dopo la crisi: sì al decreto di rifinanziamento ma senza i voti di Prc e Cosa rossa ELENA ROMANAZZI Roma. Romano Prodi non tenta neanche di mediare nel corso della riunione dell'esecutivo dimissionario quando il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, non vota il decreto che rifinanzia le missioni dei militari all'estero per il 2008. Un atto dovuto, necessario per evitare che la crisi possa incrinare i rapporti internazionali, un decreto che consente il proseguimento degli "interventi di cooperazione allo sviluppo ed a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione - si legge nel comunicato della presidenza del Consiglio - in Afghanistan, Iraq, Libano, Sudan e Somalia". Il no di Prc è scontato. Le missioni all'estero sono state per il governo una delle note dolenti nel corso dei diciotto mesi di lavoro. La sinistra si defila e chiede sul tema una verifica in Parlamento. "Il decreto legge - spiega Ferrero - licenziato dal governo è simile a dello scorso anno, con l'indicazione delle stesse missioni, e con gli stessi finanziamenti". Tutto, aggiunge, dovrà essere messo in discussione in aula a partire dalla missione in Afghanistan, e poi missione per missione si deciderà cosa fare. Sulla stessa linea Giovanni Russo Spena: "Ritengo che i gruppi parlamentari di Prc e dell'intera Sinistra arcobaleno non voteranno a favore del rifinanziamento". Le situazioni in Afghanistan - aggiunge - Kosovo, Libano, Sudan, Somalia sono troppo diverse tra loro: occorre analizzare ognuna di queste missioni per verificare se e dove è necessario un cambiamento delle strategie internazionali. Anche i comunisti italiani fanno sentire la loro voce. Iacopo Venier, responsabile esteri del partito, annuncia che in aula voteranno contro il rinnovo della missione militare in Afghanistan: "La caduta del governo Prodi - sostiene - ci impone oggi di manifestare anche con il voto in Parlamento la nostra contrarietà di fondo al coinvolgimento del nostro paese nel conflitto in Afghanistan". Ora - aggiunge - non c'è più alcuna garanzia che in futuro le nostre truppe conservino i limiti territoriali e di ingaggio garantiti dal premier: la Nato e gli Usa chiedono all'Italia di rompere gli indugi e di combattere fino in fondo una guerra persa e che è servita solo a moltiplicare la produzione di eroina. Tana De Zelueta dei Verdi, rammenta come appena una settimana fa tra i rappresentati della Sinistra arcobaleno in commissione Difesa e Esteri della Camera si era raggiunto un accordo per il voto disgiunto delle missioni, un impegno che va mantenuto. Sono circa 8mila i militari impegnati all'estero secondo i dati della Difesa aggiornati alla fine del 2007, ventisette le missioni svolte in diciannove Paesi. In Afghanistan il contingente della missione Nato Isaf, distribuito tra Kabul ed Herat, è composto da 2.160 militari, ai quali se ne aggiungono poche decine della missione Eupol. Alla missione Nato Joint Enterprise nei Balcani l'Italia contribuisce invece con 2.255 militari, in gran parte schierati in Kosovo, mentre a quelle della Ue in Bosnia con 378. In Libano il contingente è di 2.450 militari, che partecipano alla missione dell'Onu Unifil. In Iraq sono presenti poco meno di un centinaio di carabinieri che svolgono attività di consulenza, formazione e addestramento delle forze di sicurezza irachene. Di 80 militari è il contributo italiano alla missione Mfo in Egitto, mentre sono 17 quelli autorizzati a partecipare alla missione Eu Bam al valico di Rafah, 17 a Hebron e 7 in Israele. Quaranta, invece, i militari italiani della Miatm, la missione di assistenza tecnico-militare a Malta. Diverse le missioni alle quali l'Italia contribuisce con solo qualche unità, ad esempio in Marocco (5), a Cipro (4), in Congo (5), in India e Pakistan (7), in Sudan (6), in Somalia (2).

Torna all'inizio


<In piazza senza il Prc> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 26-01-2008)

 

"In piazza senza il Prc" I no war non credono alla "svolta". Corteo l'1 marzo a Roma Stefano Milani Roma Troppo tardi, bisognava pensarci prima. I movimenti no war non ci cascano, puntano i piedi e sbattono la porta in faccia a chi, fino a ieri, era in parlamento a recitare il signorsì a Prodi sul rifinanziamento delle missioni militari all'estero mentre ora, che il premier è caduto, si affannano a rinnegare quelle "scomode" posizioni. Sul banco degli imputati la sinistra arcobaleno tutta. Nessuno escluso. Nemmeno Rifondazione comunista che proprio ieri ha rotto gli indugi e col suo capogruppo al senato, Giovanni Russo Spena, ha dichiarato il proprio "no" al rifinanziamento delle missioni previsto entro il mese di marzo. Fuori tempo massimo. E anche questo dietrofront dell'ultim'ora sa tanto di "opportunismo" per chi contro il rifinanziamento lo è stato, "sempre e comunque". E per ribadirlo ancora una volta sta organizzando (probabilmente per il prossimo 1 marzo a Roma) una grande manifestazione nazionale contro "tutte" le guerre. L'invito a partecipare sarà rivolto alla società civile e a tutte quelle associazioni che da anni si battono per il cessate il fuoco incondizionato. E solo a loro. Nessuna forza politica (ormai ex) governista sarà infatti ben accetta al corteo. "E ci mancherebbe altro", chiarisce Piero Bernocchi. "Per noi nulla è cambiato. La differenza tra noi e loro continua ad essere sostanziale", sottolinea il portavoce dei Cobas che poi spiega: "Noi siamo contro tutte le guerre. Loro fanno ancora dei distinguo". E se infatti sul "no" all'Afghanistan tutti concordano, basta nominare il Libano o il Kosovo perché tutti i nodi ritornino al pettine. "Non si può mercanteggiare la politica estera - conclude Bernocchi - a seconda degli interessi politici del momento. Lo trovo di un cinismo aberrante. E per quanto mi riguarda la sinistra arcobaleno continua a volere la guerra, anche ora che non è più al governo". Ma il primo marzo è ancora lontano, meglio allora pensare al presente. Alla giornata di oggi che per il popolo no war sarà fitta di mobilitazioni, in occasione della Giornata d'Azione globale in cui new global, movimenti e sindacati celebrano il Social Forum Mondiale 2008. In Italia, come nel resto del mondo, la risposta è stata altissima, sottolineano gli organizzatori: in poco più di un mese dal lancio dell'idea, sono stati organizzati oltre 300 tra incontri, manifestazioni, picchetti, fiere, mercati solidali e mediattività. Da Aosta a Siracusa i movimenti hanno scelto di lavorare su "cavalli di battaglia" del Forum, ma anche sulla stretta attualità. E la questione della guerra sarà centrale. Impossibile elencare tutti gli eventi in programma (la lista completa su www.wsf2008.net). Per citarne alcuni: Action for Peace conclude a Roma il ciclo di incontri con pacifisti israeliani e palestinesi sui percorsi possibili di convivenza tra Palestina e Israele. Gli attivisti non violenti della Rete Lilliput daranno vita ad azioni simboliche per la pace e il disarmo. L'Arci sarà in piazza con oltre 100 iniziative. Il Patto permanente contro la guerra, i Cobas e i Disobbedienti organizzeranno un presidio alla base militare di Ghedi (Brescia), contro la presenza di armi atomiche sul territorio italiano, mentre a Vicenza il comitato No Dal Molin presidierà la base Usa. A Roma, infine, è previsto un doppio sit-in: alle 16 davanti al ministero della Difesa e alle 17:30 di fronte all'Ambasciata statunitense.

Torna all'inizio


Dopo due giorni in cui centinaia di migliaia di palestinesi si sono liberamente spostati fra Gaza e il Sinai, le autorità egiziane hanno ieri dislocato ingenti reparti militari nel (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 26-01-2008)

 

Gaza, l'Egitto chiude la frontiera ma Hamas apre nuove breccie Dopo due giorni in cui centinaia di migliaia di palestinesi si sono liberamente spostati fra Gaza e il Sinai, le autorità egiziane hanno ieri dislocato ingenti reparti militari nella zona di Rafah e preparano la chiusura del confine. Ieri, fra le proteste di migliaia di palestinesi, i militari avevano cercato di fermare il fiume umano che cercava beni di prima necessità nella cittadina di frontiera. Ci sono state sassaiole e le forze egiziane sono ricorse ad idranti per respingere la folla. Da parte loro, le forze di sicurezza di Hamas sono pure intervenute per disperdere gli assembramenti di folla. Il portavoce di quelle unità ha detto all'ANSA che è stato raggiunto un accordo fra Hamas e autorità egiziane per chiudere in maniera concordata il confine. Nel frattempo prosegue il rientro a Gaza di chi è riuscito ad entrare in Egitto nelle ore passate. Sul versante egiziano del confine, è stato riferito, la polizia egiziana sta imponendo la chiusura sistematica dei negozi per dissuadere i palestinesi dal cercare di forzare il confine, nella speranza di compiere nuovi acquisti. Restano peraltro chiusi i valichi fra Israele e Gaza. I soldati nelle ultime ore hanno ricevuto mezzi anti-somossa per affrontare possibili emergenze se Hamas cercasse di sfondare quei valichi. Nella zona resta alto il livello di violenza. Quattro palestinesi (due miliziani di Hamas e due civili) sono rimasti uccisi in due raid israeliani nel sud della Striscia di Gaza. servizio di Tiziana Barrucci a pagina 9 26/01/2008.

Torna all'inizio


Tullia Zevi: <Quel giorno del 1938 in cui scoprimmo di essere diversi> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 26-01-2008)

 

Tullia Zevi: "Quel giorno del 1938 in cui scoprimmo di essere diversi" Alla vigilia della Giornata della memoria del 27 gennaio e nell'anniversario delle Leggi razziali varate dal fascismo. A colloquio con una delle grandi figure dell'ebraismo italiano, prima donna nel ruolo di presidente dell'Ucei per quindici anni Guido Caldiron " Quel giorno abbiamo scoperto la diversità. Cosa volesse dire essere considerati e apparire come "diversi". E direi che abbiamo misurato sulle nostre vite, quasi sui nostri corpi, questa sensazione: ci è entrata nella pelle". Tullia Zevi ricorda così l'estate del 1938 e il momento in cui apprese che il Regime fascista aveva promulgato le leggi razziali. Per lei, poco più che maggiorenne, la vacanza che stava trascorrendo in Svizzera con la famiglia si tramutò così nell'inizio di un lungo esodo forzato che l'avrebbe portata, fino alla fine della guerra, prima a Parigi e quindi negli Stati Uniti. E' stata la prima donna a diventare presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha guidato per oltre quindici anni. Ha conosciuto e frequentato molti antifascisti, partecipato alla vita del Partito d'Azione ed è stata legata da una profonda amicizia con Amelia Rosselli. Giornalista, ha seguito per la stampa americana il processo di Norimberga ai gerarchi nazisti e più tardi quello contro Adolf Eichmann che si è svolto a Gerusalemme, ed è stata per molti anni corrispondente del quotidiano israeliano Ma'ariv . Tullia Zevi non ha mai smesso di animare la vita culturale e politica italiana continuando a rappresentare un punto di riferimento per l'ebraismo e per la cultura laica e progressista. La sua storia l'ha affidata recentemente a Ti racconto la mia storia (Mondadori) un libro intervista realizzato da sua nipote Nathania Zevi che attraversa oltre settant'anni di storia a partire dalle Leggi razziali dell'estate del 1938. Alla vigilia della Giornata della Memoria che ricorda il 27 gennaio la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau avvenuta nel 1945 le abbiamo chiesto di riflettere per Liberazione sul significato di questa data e sul valore della memoria storica per combattere il razzismo che ha attraversato l'Europa e l'Italia e che torna oggi nel dibattito pubblico e nella nostra società. Signora Zevi, ricordando l'anniversario della liberazione di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio del 1945, il Presidente Napoltiano ha spiegato come la strada per i campi nazisti si è aperta con le Leggi razziali del 1938. Come ricorda quel momento? Non potrò mai dimenticare l'estate del 1938. Ero in vacanza in Svizzera con i miei genitori e i miei tre fratelli. Seduto davanti a me, mio padre leggeva i giornali italiani a voce alta, al tempo stesso sconvolto e incredulo, Quasi non credeva a ciò che stava leggendo: "Ma che cos'è questa storia, vogliono farci fare la fine dei topi?". La sensazione di paura e di pericolo cominciò a insinuarsi in me: dovevo temere che mi potesse accadere qualcosa solo perché ero ebrea. Ero "diversa" e per questo ero in pericolo. Non c'era soltanto la sensazione di essere emarginati, ma quella ancora più terribile di non essere proprio considerati degli esseri umani. All'epoca, pur costretta all'esilio, come percepì la reazione della società italiana alle Leggi razziali? All'epoca avevo l'impressione che nel resto della società non ci fosse percezione di quanto stava accadendo, come se chi non era direttamente coinvolto non si rendesse conto dell'impatto concreto di quelle decisioni, di quelle norme, sulle vite di tante persone. Credo di poter dire che il concetto di "razza" non era radicato nella cultura italiana e questo salto improvviso lasciò molti quasi increduli. Certo il Fascismo esisteva già da molti anni e le guerre in Africa avevano già mostrato tutta la brutalità del colonialismo italiano, ma con le Leggi razziali si aprì una nuova profonda ferita nella nostra società. Dopo la guerra lei rientrò nel nostro paese solo nel 1946. Quale realtà trovò nella comunità ebraica, una delle più antiche d'Europa? Era una realtà sconvolta, ferita dal marchio di diversità che le leggi razziali avevano cercato di imporle. Gli ebrei erano e si sentivano italiani. La mia famiglia era italiana da sempre e non avremmo saputo dove trovare altrove la nostra origine. Eravamo talmente integrati, ci sentivamo a tutti gli effetti "oriundi" che quando si aprì questa sorta di enorme spartiacque tra noi e il resto della società fu prima di tutto una terribile e drammatica sorpresa. L'ebraismo era talmente radicato nella cultura italiana che non si riusciva nemmeno a immaginare ciò che invece era accaduto. Certo, prima delle Leggi razziali e di Auschwitz c'erano state le misure contro gli ebrei assunte dalla Germania e l'intera politica di Hitler fin dall'inizio. Quindi nel 1946 trovai le tracce visibili di questa ferita e del dolore che aveva lasciato dietro di sé. A tanti anni di distanza da quella tragedia nel nostro paese c'è chi arriva a parlare di popoli geneticamente propensi a delinquere o di altri che non si possono integrare. Che effetto le fanno queste parole? Il razzismo come il nazionalismo sono come virus da quali ci si deve difendere. Sempre. L'unica razza che conosco è la razza umana. E l'unico orizzonte che conosco e che giudico possibile è quello del confronto e dell'integrazione. Perciò quando nella civilissima Europa, la stessa nella quale si è realizzata la Shoah, sento che qualcuno torna a inoculare il veleno della razza non posso che preoccuparmi. Ma torno ancora una volta a essere vigile. Credo che ciascuno di noi debba farsi custode del grado di civiltà espresso dalla società in cui vive. Dobbiamo vigilare perché la società in cui viviamo sia davvero multiculturale, perché la diversità non diventi un marchio infamante. Quella diversità che veniva agitata, e viene agitata ancora oggi, dai razzisti come un pericolo può diventare perciò anche il luogo dell'incontro, della convivenza? Il concetto di diversità deve essere sviluppato e accolto. La consapevolezza delle diversità deve rimanere ma come elemento di libertà dell'individuo. Sono però la coesistenza e l'integrazione delle diversità che vanno curate e sviluppate. E in un certo senso arriverei a dire anche amate. Credo che una società civile metta al centro della sua esistenza l'integrazione armonica delle diversità che si nutrono l'un l'altra e insieme crescono. Da questo punto di vista quale può essere oggi il significato della Giornata della memoria? Noi ebrei sopravvissuti alla Shoah abbiamo dovuto imparare a coesistere con questa ferita. Ma la ferita si riapre ad ogni sollecitazione. Ci sono cose nella vita che non vanno dimenticate e non per un desiderio di vendetta, ma perché la conoscenza del passato è l'unico antidoto per la tutela dei diritti umani. E nuovi campi di concentramento possono tornare a esistere dovunque se i diritti di tutte le minoranze non trovano un terreno fertile sul quale attecchire. Per questo credo si possa affermare che gli ebrei ricoprono lo scomodo ruolo di cartina di tornasole e coscienza critica della democrazia. 26/01/2008.

Torna all'inizio


Tiziana Barrucci (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 26-01-2008)

 

Il Cairo prova a sigillare la breccia nel muro con la Striscia provocando proteste e reazioni dei palestinesi in fuga Bulldozer con uomini vestiti di nero intanto danno l'assalto ad altri tratti della barriera verso tra la Striscia e il Sinai Rafah, l'Egitto invia l'esercito al confine Ma Hamas apre nuovi varchi da Gaza Tiziana Barrucci La breccia di Gaza è stata chiusa ma non per molto. Alle tre di pomeriggio di ieri i militari egiziani si apprestavano a bloccare l'accesso nell'area di Rafah: sotto le sassate di palestinesi innervositi, in migliaia di militari vestiti di verde con i loro giubbotti antiproiettile e gli elmetti formavano catene umane per tenere gli abitanti di Gaza lontani dal Sinai dopo che mercoledì i miliziani avevano distrutto lunghi tratti della barriera di divisione per eludere il blocco israeliano ed entrare. Ma ieri mentre gli egiziani tentavano di regolare il flusso in entrata per Gaza, migliaia di palestinesi, secondo le stesse agenzia di stampa locali, erano ancora nel villaggio di al Arsh, a cinquanta chilometri dal confine. E nel frattempo, già in altre parti del muro uomini vestiti di nero, alcuni col volto coperto e a bordo di bulldozer si davano da fare per sfondare la barriera: il flusso di palestinesi verso il Sinai non si è così mai interrotto. Per il momento, non è chiaro quale posizione l'Egitto assumerà dopo la riapertura forzata - ufficialmente il ministero degli Esteri rifiuta di commentare - ma secondo testimoni, mentre scriviamo i soldati egiziani si stanno allontanando dal confine. L'Egitto è stretto da un lato dalle pressioni di Hamas che vuole mantenere il confine aperto e dall'altro da Israele, che se giovedì dichiarava ufficialmente di voler delegare al Cairo la gestione di quella parte di confine, teme che possano entrare gruppi terroristici e armi. Nella mattinata di ieri a Rafah i militari egiziani avevano pre avvertito con i megafoni i migliaia di palestinesi impegnati a far compere nell'area del Sinai, nella porzione egiziana di Rafah e, più a ovest, nel villaggio di el-Arish, di rientrare a Gaza. Alle proteste della popolazione avevano risposto con gli idranti respingendo così anche le persone che ancora tentavano di entrare in Egitto. La chiusura del confine era stata decisa dopo un accordo raggiunto nella notte tra giovedì e venerdì tra Hamas e le autorità egiziane che prevede entro domenica un incontro fra le due parti per discutere della riapertura formale del valico di Rafah, rimasto chiuso dopo che a luglio il movimento islamico aveva assunto il pieno controllo del territorio palestinese cacciando gli uomini di Fatah e del presidente Abu Mazen. Anche se secondo molti la decisione di richiudere il confine è stata presa dall'Egitto sotto pressione Usa. Giovedì il segretario di Stato statunitense aveva invitato il Cairo ad assicurare l'inviolabilità di un confine internazionalmente riconosciuto come quello con il settore sud di Gaza. "L'accordo raggiunto prevede che entro due giorni la leadership di Hamas, quella egiziana e rappresentanti dell'Autorità nazionale palestinese di Ramallah, si incontrino per discutere sulla riapertura formale del valico di Rafah" hanno fatto sapere dal Cairo. E da Gaza il leader di Hamas Ismail Haniyah si è detto pronto all'incontro che è decisamente "urgente". Il valico, tuttora chiuso, è regolamentato da un'intesa del novembre 2005, che implica il coinvolgimento delle autorità israeliane e la presenza di osservatori dell'Ue. Per domenica a Gerusalemme è stato anche fissato un vertice tra il premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, che sarà dedicato alla crisi nella Striscia di Gaza e lungo il confine con l'Egitto. Intanto a Gaza la tensione resta alta. Quattro palestinesi, due miliziani di Hamas e due civili, sono stati uccisi nella notte in due raid israeliani. Che ha lanciato l'allarme per alcuni terroristi palestinesi che sarebbero entrati nel Sinai per compiere attentati. Per questo motivo lo stesso ministro della Difesa, Ehud Barak, ha ordinato da Davos dove si trova per il Word Economic Forum, lo stato d'allerta a Erez ordinando ai soldati di usare "i mezzi più duri" per disperdere qualsiasi manifestazione in modo da prevenire così ogni tentativo di Hamas di incitare la popolazione di Gaza a prendere d'assalto la frontiera. Mentre, dalla parte egiziana, molti turisti israeliani stanno rientrando dalla penisola del Sinai, considerata ora "estremamente pericolosa". E sempre ieri al Cairo migliaia di persone hanno manifestato per dimostrare il loro sostegno allapopolazione palestinese della Striscia di Gaza obbligata dalle forze di sicurezza egiziane a rientrare nei territori palestinesi. I visitatori alla Fiera internazionale del libro del Cairo, inaugurata mercoledì scorso, hanno organizzato cortei a sostegno dei palestinesi così come i fedeli riuniti nelle moschee per il venerdì di preghiera. In particolare nella moschea di Al Azhar, la massima autorità religiosa sunnita, i fedeli hanno manifestato all'interno delle cinta dell'edificio, con intorno una forte presenza delle forze di polizia, che hanno circondato la moschea per impedire che la folla dilagasse nelle strade. Nelle preghiere pronunciate in tutte le moschee gli imam hanno fatto appello ai palestinesi perché eliminino ogni discordia e si uniscano per il loro benessere. 26/01/2008.

Torna all'inizio


Agenda (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 26-01-2008)

 

Iniziative Gennaio Antifascista 2008 seconda edizione Difendere la Costituzione nata dalla Resistenza giovedì 31 Ancona Ore 18,30 Sala Mediateca via Bernabei , Conversazione tra Carlo Smuraglia professore emerito e Vito D'Ambrosio magistrato. Ore 21,30 proiezione del film In questo mondo libero di Ken Loach venerdì 1 Ancona Ore 18 Salone Anpi via Palestro I partigiani consegnano le tessere Anpi 2008 ai giovani antifascisti Senigallia (An). Ore 22,30 Club Mamamia Concerto della Banda Bassotti sabato 26 Pesaro - Circolo arci Villa Fastiggi Giornata Globale di Mobilitazione del Forum Sociale Mondiale Ore 16,00 - proiezione del film Madri di Barbara Cupisti, girato e documentato in Israele e Palestina. Ore 17,30 - conferenza dibattito su Diritti e Resistenze con il prof. Gianni Tognoni della Fondazione Internazionale "Lelio Basso", Segretario del Tribunale Permanente dei Popoli. In occasione della conferenza verranno raccolte  firme per la proposta di legge di iniziativa popolare "Per un futuro senza atomiche" promossa da: Arci Provinciale Resistenza Solidale Circolo Arci Villa Fastiggi giovedì 31 Sant'Elpidio a Mare (Ap). Alle 21, Un futuro senza atomiche con Francesco Montanari, Gruppo Fuoritempo, Piergiorgio Caria. Gruppo Megachip. Raccolta di firme legge iniziativa popolare venerdì 1 Ancona Sede Arci via Veneto 11alle 21 riunione del Tavolo tecnico sulla proposta di legge urbanistica e piano paesaggistico . Per la raccolta delle firme delle associazioni paesaggio.marche@gmail.com Incontri sabato 26 Moie di Maiolati Spontini (An) - Alle 16.00 Inaugurazione della nuova sede del Gruppo Solidarietà - presso i locali della Biblioteca Comunale "La Fornace" via Fornace 23 -; Saluto del Sindaco di Maiolati Spontini, Giancarlo Carbini seguirà conversazione con Andrea Canevaro, Dipartimento Scienze dell'Educazione, Università di Bologna e visita della nuova sede con buffet per tutti gli intervenuti. domenica 27 Monterubbiano (Ap ) Alle 17 al teatro "Il vicolo" La biblioteca di Garcia Lorca con Luciano Santoni 26/01/2008.

Torna all'inizio


Iniziative Gennaio Antifascista 2008 seconda edizione Difendere la Costituzione nata dalla Resistenza giovedì 31 Ancona Ore 18,30 Sala Mediateca via Bernabei , Conversazione tra Ca (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 26-01-2008)

 

Agenda iniziative Gennaio Antifascista 2008 seconda edizione Difendere la Costituzione nata dalla Resistenza giovedì 31 Ancona Ore 18,30 Sala Mediateca via Bernabei , Conversazione tra Carlo Smuraglia professore emerito e Vito D'Ambrosio magistrato. Ore 21,30 proiezione del film In questo mondo libero di Ken Loach venerdì 1 Ancona Ore 18 Salone Anpi via Palestro I partigiani consegnano le tessere Anpi 2008 ai giovani antifascisti Senigallia (An). Ore 22,30 Club Mamamia Concerto della Banda Bassotti sabato 26 Pesaro - Circolo arci Villa Fastiggi Giornata Globale di Mobilitazione del Forum Sociale Mondiale Ore 16,00 - proiezione del film Madri di Barbara Cupisti, girato e documentato in Israele e Palestina. Ore 17,30 - conferenza dibattito su Diritti e Resistenze con il prof. Gianni Tognoni della Fondazione Internazionale "Lelio Basso", Segretario del Tribunale Permanente dei Popoli. In occasione della conferenza verranno raccolte  firme per la proposta di legge di iniziativa popolare "Per un futuro senza atomiche" promossa da: Arci Provinciale Resistenza Solidale Circolo Arci Villa Fastiggi giovedì 31 Sant'Elpidio a Mare (Ap). Alle 21, Un futuro senza atomiche con Francesco Montanari, Gruppo Fuoritempo, Piergiorgio Caria. Gruppo Megachip. Raccolta di firme legge iniziativa popolare venerdì 1 Ancona Sede Arci via Veneto 11alle 21 riunione del Tavolo tecnico sulla proposta di legge urbanistica e piano paesaggistico . Per la raccolta delle firme delle associazioni paesaggio.marche@gmail.com Incontri sabato 26 Moie di Maiolati Spontini (An) - Alle 16.00 Inaugurazione della nuova sede del Gruppo Solidarietà - presso i locali della Biblioteca Comunale "La Fornace" via Fornace 23 -; Saluto del Sindaco di Maiolati Spontini, Giancarlo Carbini seguirà conversazione con Andrea Canevaro, Dipartimento Scienze dell'Educazione, Università di Bologna e visita della nuova sede con buffet per tutti gli intervenuti. domenica 27 Monterubbiano (Ap ) Alle 17 al teatro "Il vicolo" La biblioteca di Garcia Lorca con Luciano Santoni 26/01/2008.

Torna all'inizio


Il coraggio di rifiutare (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 26-01-2008)

 

Il coraggio di rifiutare E' la Giornata internazionale per la fine dell'assedio di Gaza: alle 10 nella sala di Carta in via dello Scalo di San Lorenzo 67 di ROMA con Alessandra Mecozzi della Cgil, Basel Mansour, Comitato popolare per la resistenza contro il Muro Bil'in-Palestina, Noam Livne di Courage to Refuse, Tel Aviv Israele, Lama Hourani di International women commission, Gaza-Palestina, Luisa Morgantini vicepresidente del Parlamento europeo e Samir Al-Qaryouti della Comunità palestinese Roma e Lazio. La Fondazione Basso, inoltre, presenta la borsa di studio "Daniel Amit". 26/01/2008.

Torna all'inizio