HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli BIBLIOTECA
VITA E
OPERE DI
GIORDANO
BRUNO
di Giorgio GIANNINI
INDICE
L’infanzia e
la formazione religiosa
Lascia
l’Ordine Domenicano e viaggia per l’Italia
Girovaga per
l’Europa
Il ritorno in
Italia
Mocenigo lo
denuncia all’Inquisizione Veneta
Il processo
davanti al S. Uffizio
La condanna
al rogo
Cronologia essenziale della vita di G. Bruno
Le opere di G. Bruno
BIBLIOGRAFIA
-
Giovanni Aquilecchia, Giordano
Bruno, Ist. d. Enciclopedia Italiana, Roma 1971.
-
Michele Ciliberto, Lessico di
Giordano Bruno, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1979.
-
Michele Ciliberto, La ruota del
tempo. Interpretazione di Giordano Bruno, Editori Riuniti, Roma 1986.
-
Michele Ciliberto, Giordano Bruno,
Laterza, Bari 1990.
-
I Michele Ciliberto, Introduzione a
Giordano Bruno, Laterza Bari 1996.
-
Eugen Dreweman, Giordano Bruno. Lo
specchio dell’infinito, Rizzoli, Milano 1994.
-
Eugen Dreweman, Giordano Bruno. Il
filosofo che morì per la libertà dello spirito, BUR Saggi
Rizzoli, 2000.
-
Anna Foa, Giordano Bruno, Il
Mulino, Bologna 1998.
-
Luigi Firpo, Il processo a Giordano Bruno, Salerno Editrice Roma 1993.
-
Giorgio Galli, La vita e il pensiero di Giordano Bruno,
Marzorati, Milano 1973.
-
Eugenio Garin, Giordano Bruno,
CEI, Milano 1996
-
Gabriele La Porta, Giordano Bruno,
Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero, Tascabili Bompiani,
Milano 2000.
-
Maria Mantello (a cura di), Memoria
di Giordano Bruno 1600-2000, Atti del Convegno omonimo, Liceo Scientifico
Statale “Francesco d’Assisi”, Roma 2000.
-
Antonio Mercati, Il sommario del
processo a Giordano Bruno, Biblioteca Apostolica vaticana, Città del
Vaticano 1942.
-
Jean Rocchi, Giordano Bruno.
L’eretico errante, Liber Internazionale, Pavia 1996.
-
Vittorio Spampanato, Vita di
Giordano Bruno, Gela editrice, Roma
1988.
L’INFANZIA
E LA FORMAZIONE
RELIGIOSA
Bruno nasce a
Nola, nel gennaio o febbraio 1548 da Giovanni, soldato di ventura al servizio
degli spagnoli, e da Fraulissa Savolino,
appartenente ad una famiglia di piccoli proprietari terrieri. E' battezzato con
il nome di Filippo.
Frequenta a
Nola i primi studi, alla scuola di Gian Domenico de Jannello ed a quella
di Bartolo Aloia delle Castelle ; quindi va a Napoli per proseguire gli studi in Lettere
umanistiche, in Logica ed in Dialettica nella Libera Università, ospite dello zio Agostino. Segue le
lezioni di Dialettica tenute da Giovanni Vincenzo Colle, detto il Sarnese.
Studia la Logica con l'agostiniano Teofilo da Vairano e si appassiona all’Arte
della memoria (Mnemotecnica) in seguito alla lettura di un'opera di Pietro
Ravennate.
Il 15.6.1563 entra come novizio
nell'Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani),presso il convento di S.
Domenico Maggiore a Napoli ed assume il nome di Giordano, forse in onore del suo maestro di Metafisica, il Domenicano
Giordano Crispo.[1]
Il 16 giugno 1566 conclude il
noviziato e prende i voti (diventando professo) davanti al Priore Ambrogio
Pasqua. Tiene però un comportamento “sospetto”; infatti toglie dalla
cella le immagini dei Santi, lasciando solo il crocefisso, e professa dubbi sul
dogma della Trinità . Il maestro
dei novizi Eugenio Gagliardo lo accusa di disprezzare il culto di Maria e le
immagini dei Santi, però non inoltra la denuncia ai superiori.
Dopo gli studi di Retorica, Bruno
frequenta quelli di Logica e di Metafisica.
Nel 1570
diventa sotto diacono e nel 1571 diacono. Nel 1572 è ordinato sacerdote
e celebra la prima messa in Provincia, nel convento di S. Bartolomeo. E'
avviato agli studi teologici superiori
presso lo stesso convento di S. Domenico a Napoli.
Nel 1575
ottiene la licenza in Teologia ed
è nominato docente di Teologia nell'Ordine dei Domenicani. In questo periodo, durante una
discussione con dei confratelli sull’eresia ariana esprime alcune
considerazioni non ortodosse sul dogma
della Trinità. Inoltre è trovato in possesso di una copia delle
opere di S.Crisostomo e di S. Girolamo con il commento di Erasmo da Rotterdam,
che però egli aveva cancellato. Poichè ha contravvenuto a quanto
specificamente stabilito nel Capitolo Generale dell'Ordine del 1569 contro le
opere erasmiane, il Padre Provinciale Domenico Vito avvia, all’inizio del 1576,
un processo contro di lui per eresia .
Nel febbraio
1576, Bruno, temendo di essere arrestato, fugge a Roma ,dove chiede
ospitalità al convento domenicano di S.Maria sopra Minerva. Roma però, dopo il Concilio di Trento,
è diventata il centro della Controriforma. Pertanto Bruno capisce che
non può trovare quella libertà di espressione che desidera.
Così, nel marzo 1576, lascia la città, vestendo abiti civili e diventando quindi apostata, e riprende il nome di Filippo; si reca a Noli (vicino a Savona-
appartenente alla Repubblica di Genova), dove rimane quattro mesi, insegnando
privatamente Grammatica e Astronomia.
Nel 1577 si
reca prima a Savona, poi a Torino e ,attraverso il Po, a Venezia, dove fa stampare
l'opuscolo De' segni de' tempi,
andato purtroppo perduto. Due mesi dopo, a causa della peste scoppiata nella
capitale della Serenissima Repubblica, si reca a Padova, forse attratto dalla
fama della locale Università, ed è convinto da alcuni confratelli,
a vestire di nuovo l'abito religioso ; poi va
a Brescia, a Bergamo, a Milano, sempre ospitato in conventi dei
Domenicani.
Ritornato a
Torino, Bruno si reca a piedi, attraverso i passi alpini, a Chambery
(Svizzera), dove trascorre l’inverno in un convento domenicano, intento a
riordinare i propri scritti. Però, la freddezza dei confratelli lo spinge, nella primavera
Il 20 maggio
1579 si iscrive nella locale Accademia e per vivere fa il correttore di bozze.
Il 6 agosto pubblica un volantino nel quale illustra venti errori nei quali
sarebbe incorso, durante una sola lezione, il docente di filosofia Antoine de
La Faye ( un calvinista fanatico), che
lo cita in giudizio per diffamazione. Bruno è arrestato insieme con il
tipografo ed al processo deve riconoscere di aver “gravemente errato”.
Bruno lascia
quindi Ginevra e si reca in Francia, prima a Lione (dove c’erano numerosi
tipografi italiani) e poi a Tolosa, alla cui Università consegue il
titolo di magister artium, discutendo
una tesi su Pietro Lombardo, e diventa lettore ordinario (docente) di Filosofia
presso la locale Università per circa due anni.
Nell’estate
1581 lascia Tolosa (probabilmente per l’acuirsi della lotta religiosa tra i
cattolici e gli ugonotti- riformatori ) e si reca a Parigi, dove si fa
conoscere, per la sua attività di studioso, dal Re Enrico III di Valois
, che lo protegge e lo nomina lettore
straordinario di Teologia presso il
Collège de Cambrai, concedendogli cosi’ ampia libertà di
insegnamento, senza dover subire i condizionamenti delle dottrine
filoaristoteliche dominanti all’Università parigina.
Nel 1582 pubblica a Parigi la sua prima importante
opera, il De umbris idearum, con
un'appendice sull'Ars memoriae, dedicata al Re Enrico III.
Durante il
soggiorno parigino, Bruno aderisce alla fazione
moderata dei politiques
(politici) ispirata dal Re, favorevole ad una pacifica convivenza tra cattolici
ed ugonotti. In questo periodo scrive altre opere, tra le quali la
commedia Candelaio, che è la sua prima opera in italiano volgare.
Pubblica anche altre opere: il Cantus
Circaeus ( dedicato al Re) ed il De
compendiosa architectura et complemento artis Lulli. Diventa amico di
Giovanni Moro , ambasciatore della Serenissima Repubblica Veneta.
Nel marzo
1583 si reca in Inghilterra, munito di una lettera di raccomandazione del Re
Enrico III, al seguito dell’ambasciatore francese presso la corte inglese
Michel de Castelnau, Signore de La Mauvissiere. Si fa conoscere dalla regina
Elisabetta. Dopo un breve soggiorno a Londra, va a vivere a Oxford, ospite del principe Lasky, presso
la cui famosa Università ottiene l'insegnamento di Teologia ed
Astronomia.
In seguito ad
una disputa, nella Chiesa della Vergine, con il teologo John Underhill e con
altri docenti oxoniensi filoaristotelici, è costretto a lasciare la
città e a trasferirsi a Londra, dove è ospitato per circa due
anni dall'ambasciatore francese .
Negli anni
1584-1585, durante il suo soggiorno a Londra, pubblica i cosiddetti
Dialoghi italiani: La cena delle Ceneri ( nella quale parla
del movimento della Terra intorno al Sole); il De l'Infinito universo et mondi (in cui illustra la sua teoria
cosmologica, in difesa della teoria copernicana); il De la causa, principio et uno (in cui espone la sua concezione
metafisica del mondo costituito da un “Universo uno, infinito, immobile,
impartibile”); lo Spaccio della Bestia
trionfante (in cui espone le sue idee sulla riforma morale della Chiesa);
la Cabala del cavallo Pegaseo, con
l’appendice su L’asino cillenico ( in
cui espone le sue idee contro la Teologia aristotelica allora dominante ed i
teologi che la sostengono); De gli
heroici furori (in cui illustra la sua dottrina etica).
Nella
primavera 1585 ritorna a Parigi con l’ambasciatore francese. Cerca di
rappacificarsi con la Chiesa, attraverso il Vescovo di Bergamo, Mons. Ragazzoni, Nunzio apostolico in Francia,
senza però essere costretto a rientrare nell’Ordine Domenicano, ma non
ottiene nulla.
A Parigi ,
per vivere, insegna privatamente. Frequenta la Biblioteca di Saint Victor,
diretta da Cotin, che raccoglie in un diario molte sue confidenze.
Nel giugno
1586 è costretto a lasciare Parigi, in seguito ad una accesa discussione
al Collège de Cambrai sulla filosofia aristotelica ed anche per il
prevalere del partito integralista cattolico, che fa capo al Duca di
Guisa. Si reca quindi in Germania. Dopo
brevi soggiorni a Magonza, Treviri e Wiesbaden, giunge a Marburgo,
probabilmente per insegnare all’Università, ma il Rettore Nigidius, il
25 luglio, non lo autorizza ad insegnare la Filosofia, poichè egli
è “dottore in teologia romana”.
Si reca,
quindi, nell’agosto
Anche l'anno
seguente cura altre pubblicazioni, a commento di opere aristoteliche e sulla
Mnemotecnica. Però, il nuovo sovrano calvinista della Sassonia,
Cristiano, succeduto ad Alberto, che era luterano, nomina una Commissione per
il controllo dell’Università, che mette all’Indice i libri di Bruno.
Così,
in seguito al prevalere della Chiesa Calvinista su quella luterana ( alla quale
appartenevano i suoi sostenitori), Bruno, l’otto marzo 1588 tiene il
discorso di commiato
all’Università con la famosa Oratio
valedictoria. Si reca quindi in battello, attraverso la Moldava, a Praga,
probabilmente attirato dalla politica liberale, a favore delle scienze,
dell'imperatore del Sacro Romano Impero, Rodolfo II d’Asburgo, al quale dedica
l’opera Centum et sexaginta articuli adversus huius tempestatis mathematicos
atque filosophos, ricevendo un compenso di 300 talleri. A Praga soggiorna
sei mesi e pubblica due altre opere.
Lasciata
Praga nell’autunno 1588, arriva il 13 gennaio
Poiché anche le autorità luterane lo considerano ora
un indesiderato, il primo luglio 1589 il Pastore Boethius lo espelle dalla
città. Bruno, si trasferisce quindi a Francoforte, il principale centro
editoriale tedesco, dove alloggia in un convento di Carmelitani, nel quale conosce
due librai veneziani: Giovanni Battista Ciotto e Giovanni Brictano. A
Francoforte pubblica i tre poemi latini dedicati al defunto Duca di
Braunschweig.
Nel luglio
1590 è costretto a lasciare Francoforte in seguito ad un provvedimento
del Senato e si trasferisce a Zurigo (Svizzera), dove per vivere
impartisce lezioni di Filosofia ad alcuni studenti, tra i quali Raphael Egli,
che le raccoglie in un opuscolo pubblicato nel
Nella
primavera 1591 ritorna a Francoforte, dove soggiorna 6 mesi e pubblica altre
opere presso lo stampatore J. Wechel. Si
tratta dei poemi latini De triplici
minimo et mensura, De monade, numero
et figura, De innumerabilibus et immenso et infigurabili.
Nella
primavera 1591 riceve , tramite il libraio Ciotto, conosciuto a Francoforte,
una lettera del nobile veneziano Giovanni Mocenigo che lo invita a Venezia per
apprendere l'Arte della memoria (Mnemotecnica).
Nell’agosto
1591, Bruno giunge a Padova, dove soggiorna tre mesi, impartendo lezioni a
studenti tedeschi. Forse spera di insegnare nella locale Università, ai
cui docenti è garantita ampia libertà dal Senato Veneto.
Però , nel settembre 1591, la sua domanda di insegnamento è
respinta. A Padova pubblica il De
vinculis in genere .
Nell’ottobre,
giunge a Venezia, ospite del nobile
Mocenigo, in Contrà S. Samuele.
All’inizio del 1592, dopo pochi mesi
al servizio del nobile veneziano, che è insoddisfatto del suo
insegnamento, chiede il permesso di andare a Francoforte per pubblicare alcune
sue opere, che però gli è negato.
BRUNO E’ DENUNCIATO ALL’INQUISIZIONE DA MOCENIGO
Nel mese di maggio, Bruno incontra a
Venezia il confratello Fra Domenico da
Nocera e gli racconta la sua vita per
sapere se poteva sperare nel perdono
della Chiesa e quindi poter andare a vivere tranquillamente a Roma. La
risposta è però evasiva.
Nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 maggio 1592, Giovanni Mocenigo lo fa rinchiudere da alcuni servitori in un solaio
della sua casa e quindi, su consiglio del suo confessore , lo denuncia
all'Inquisizione Veneta con l’accusa di affermazioni sospette di eresia.
Così Bruno è arrestato, nella notte tra il sabato 23 e la
domenica 24 maggio 1592, dal Capitano Matteo d’Avanzo e rinchiuso nelle carceri del
S. Uffizio in S. Domenico di Castello. Lunedì 25 maggio, Mocenigo
presenta una seconda denuncia, consegnando anche le opere di Bruno che ha
trovato nella sua abitazione.
Martedì 26 maggio depongono
davanti al Tribunale dell'Inquisizione, i librai Ciotto e Brictano . Quindi
viene interrogato Bruno, che
racconta la sua vita.
Il 29 maggio Mocenigo presenta una
terza denuncia, accusando Bruno di aver
duramente criticato la Chiesa Cattolica
e le sue istituzioni.
I capi di imputazione contro Bruno,
desunti dalle denuncie di Mocenigo sono ben 29.
Bruno subisce in pochissimi giorni,
fino al 4 giugno, sei interrogatori ed è interrogato per la settima
volta il 30 luglio. Sviluppa la propria difesa sostenendo che nelle sue opere
ha sempre voluto fare delle dissertazioni filosofiche e non teologiche.
Il 30 luglio
1592, Bruno si dichiara pentito e chiede perdono a Dio ed ai giudici del
Tribunale, promettendo di cambiare vita se gli fosse stato concesso di vivere. [2] A questo punto il processo sembrava mettersi
per il meglio, anche in seguito alle deposizioni, a lui favorevole, del nobile
veneziano Andrea Morosini e del libraio Ciotto.
Nell’agosto
1592, una copia degli atti del processo vengono inviati a Roma per il parere
del Tribunale Centrale dell’Inquisizione, come prescritto da un decreto del
Sant’Uffizio del 1581. Pero' il Cardinale di Sanseverina, Supremo Inquisitore a
Roma, chiede, probabilmente su
suggerimento del Pontefice, l'avocazione
del processo presso il Tribunale Centrale presieduto dallo stesso Papa ; ordina
quindi la consegna di Bruno al Governatore di Ancona affinchè sia
trasferito a Roma.
Il 7 gennaio
1593 il Senato della Repubblica Veneta, dopo aver tentato di resistere alla
pretesa del Sant'Uffizio, autorizza il trasferimento di Bruno a Roma e ne
ordina l’arresto nelle carceri criminali. Il 19 febbraio 1593, Bruno parte per
Ancona; quindi è trasferito a Roma, dove arriva il giorno 27 ed è
subito rinchiuso nel Palazzo Pucci, sede del S. Uffizio, vicino al Vaticano. Le
condizioni di vita nel carcere sono accettabili.[3]
Nell’autunno
1593, il S. Uffizio presenta 13 nuovi
capi d'accusa in seguito alla deposizione di Fra Celestino da Verona, compagno
di cella di Bruno nel carcere veneziano, che indica tre testimoni per
confermare le sue accuse. Un quarto testimone, chiamato in causa da uno degli
altri tre, accusa Bruno di disprezzare
il culto dei Santi.
Le nuove
gravi accuse, in parte diverse da quelle
formulate da Mocenigo nelle sue due denunce, danno nuovo vigore al processo.
Bruno viene interrogato altre otto volte nel corso dell’anno 1593 e si difende
dalle accuse affermando di aver sempre
discusso di filosofia, in un contesto colloquiale o scherzoso. E’
invitato più volte a mutar parere,
ma non cede agli inquisitori romani, diversamente da come aveva fatto a
Venezia, dove aveva mostrato la
volontà di riconoscere i propri errori e di abiurare. Pur consapevole
che lo attende una lunga prigionia , rimane fermo sulle sue posizioni,
dimostrando grande fermezza e dignità.
All’inizio del 1594, si apre la
seconda fase del processo: dopo il processo offensivo si passa al processo
ripetitivo, con il nuovo interrogatorio degli accusatori e dei
testimoni, che avviene tra il gennaio ed il marzo 1594.
Bruno rifiuta il difensore d’ufficio
assegnatogli dal Tribunale e si difende da solo.
Tutte le accuse sono confermate;
vengono quindi predisposti 23 Articuli , contenenti altrettanti
imputazioni, una copia dei quali , senza
il nome degli accusatori, è consegnata a Bruno affinchè possa
preparare la sua difesa attraverso gli Interrogatoria (domande da lui formulate
per i testimoni, ai quali sono però rivolte dai giudici).
Per la maggior parte dei capi di
imputazione (16 su 23) sono state raccolte almeno due testimonianze
concordanti, per cui, secondo la normativa, l’accusa si intende provata, anche
se l’imputato continua a negare.
Nel giugno 1594 l’Avvocato del Tribunale (il
Fiscal) consegna a Bruno una copia degli atti del processo e lo invita a
preparare la sua difesa. Il 20 dicembre, Bruno consegna un memoriale di difesa
di 80 pagine.
Il 16 febbraio 1595 il Papa Clemente
VIII, che presiedeva almeno una volta la settimana il Tribunale, dopo aver accertato che manca negli atti processuali
l’esame delle opere di Bruno, ordina che una Commissione di teologi ( di cui
è chiamato a far parte anche Roberto Bellarmino), esamini le opere di
Bruno per individuare le proposizioni eretiche e redigere l’atto di accusa. Nel
dicembre 1996 è presentato a Bruno l’elenco delle censure ricavate
dall’esame delle sue opere, affinché egli possa preparare la sua difesa.
A partire dal 24 marzo 1997, Bruno
è interrogato ripetutamente sulle censure formulate dai teologi (molto
probabilmente, il 27 marzo subisce anche la tortura); è più volte esortato ad
abbandonare le sue teorie , ma non
recede dalle sue posizioni. A dicembre gli viene chiesta una nuova memoria
difensiva.
Nel marzo
1598 è redatto un Sommario del processo per il Papa Clemente VIII
(Ippolito Aldobrandini, eletto nel 1592), che però si trova in quel
momento a Ferrara, da poco annessa allo Stato Pontificio. Così la causa
è sospesa per l'assenza del Papa e riprende il 12 gennaio 1599, quando, su indicazione del
neo Cardinale Roberto Bellarmino,
vengono sottoposte a Bruno otto proposizioni eretiche da abiurare, estratte dal
Sommario del processo. Una copia di
queste è consegnata a Bruno il 18 gennaio, per preparare la sua difesa,
e gli si concede un periodo di riflessione di 6 giorni.
Il 25
gennaio Bruno dichiara di essere disposto
all'abiura, a condizione che gli errori
nei quali è incorso siano
considerati tali “ex nunc”, come se su quelle questioni la Chiesa non aveva
espresso in precedenza un chiaro giudizio.
I giudici però non accettano la condizione di Bruno, ritenendo
che le sue affermazioni erano da sempre considerate eretiche dalla Chiesa
Cattolica.
Nell’udienza
del 4 febbraio, presieduta dal Papa , si decide di sottoporgli di nuovo le otto
proposizioni eretiche , cosa che viene fatta il 15, quando i giudici lo invitano
ad abiurare, ma Bruno non cede neppure questa volta.
Alla nuova udienza del Tribunale,
Bruno si dichiara pentito e disposto all’abiura,[4] ma il 5 aprile consegna
un’altra memoria difensiva, nella quale ,pur dichiarando di essere disposto a
riconoscere i propri errori, contesta la prima e la settima proposizione.
Nella nuova
udienza del 24 agosto, sono respinte le argomentazioni difensive di Bruno. E’ presente anche il Papa
che gli propone nuove proposizioni da abiurare. I giudici propongono di ricorrere alla tortura sulle
proposizioni che Bruno rifiuta di abiurare.
Il 10
settembre il Tribunale dell'Inquisizione
assegna a Bruno l’ultimo periodo di
riflessione di 40 giorni previsto per i pertinaci. Sei giorni dopo, Bruno
consegna una nuova memoria difensiva indirizzata al Papa, che irrita molto sia
i Giudici che il Pontefice, perché è una chiara dimostrazione della sua grande ostinazione.
Intanto
è giunta al S. Uffizio una nuova denuncia, relativa al contenuto
dello Spaccio della bestia trionfante, considerata un’opera offensiva
verso il Pontefice. Gli viene concesso un ulteriore periodo di 40 giorni per
pentirsi e fare un’abiura completa e incondizionata. Il 17 novembre, alla
scadenza del termine, Bruno rimane fermo nelle sue posizioni.
Il 21 dicembre
1599, nella 22° udienza, i Giudici lo invitano di nuovo a pentirsi, ma Bruno ancora una volta non
cede. Lo stesso giorno, nell’ estremo tentativo di persuaderlo a pentirsi,
parlano con lui il Superiore Generale dei Domenicani, fra Ippolito Maria Beccaria, ed il Procuratore
Generale dell’Ordine, fra Paolo Isaresio della Mirandola che cercano di convincerlo a riconoscere i
propri errori, promettendogli salva la vita, ma Bruno risponde che non deve, nè vuole pentirsi, non
ha di che pentirsi, non ha materia di
pentimento, non sa di che cosa si debba pentire.
Il 20 gennaio
dell'anno santo 1600,il Papa Clemente VIII , letta la relazione del Superiore
dei Domenicani, decide di concludere il
processo, ordinando di pronunciare la sentenza. Così, l’otto febbraio,
Bruno è condotto dal Palazzo del S. Uffizio nel Palazzo del Cardinale
Madruzzi, in Piazza Navona, vicino alla Chiesa di S. Agnese, dove il
Procuratore Giulio Materenzii legge la sentenza con la quale Bruno è
condannato come eretico impenitente, pertinace
e ostinato, è degradato dagli ordini ecclesiastici ed è
consegnato al Governatore di Roma per l’esecuzione della sentenza, pregandolo
però di mitigare il rigore della
pena .[5]
Bruno, che ha
ascoltato la sentenza in ginocchio, si alza in piedi ed attacca i Giudici
dicendo loro: forse avete più
timore voi nel pronunciare la mia condanna io nell'ascoltarla". [6]
Bruno viene
quindi consegnato al "braccio secolare" della Chiesa, cioè al
Governatore di Roma, ed è richiuso nel carcere criminale di Tor di Nona in
attesa dell’esecuzione della sentenza di morte, stabilita all’inizio per il 12 febbraio e poi rinviata al 17 febbraio, giovedì grasso.
All'alba del
17 febbraio 1600, Bruno è prelevato dal carcere di Tor di Nona dalla
Confraternita di S. Giovanni Decollato per essere condotto nella Piazza Campo de' Fiori. Gli fanno indossare l’abito penitenziale ( sanbenito) e gli
mettono la mordacchia [7] in modo che non possa
parlare. Sette confortatori cercano
di farlo pentire, ma invano. Giunto
sulla Piazza, è spogliato nudo e legato ad un palo posto sopra una
catasta di legna, sulla quale è bruciato vivo mentre la Confraternita di
S. Giovanni Decollato canta le litanie. I confortatori
cercano fino all’ultimo di farlo pentire, per avere una morte meno cruenta [8]; gli porgono il crocefisso
da baciare , ma Bruno si gira dall’altra parte.[9]
Nella stessa
sentenza, il S. Uffizio ordina di
bruciare tutte le opere e di metterle all’Indice
dei libri proibiti [10]
Così moltissime copie delle opere di Bruno sono bruciate in Piazza
S. Pietro.
Gli atti
originali del processo a Bruno non si sono trovati. Ci è però
pervenuto l’ampio Sommario del processo,
scritto nel marzo 1598 per riepilogare
al Papa Clemente VIII le varie fasi del lungo processo, che è stato
rinvenuto all’inizio del novecento nell’archivio personale del Papa Pio IX.[11]
Dell’esecuzione
di Bruno si da notizia in un avviso [12] di sabato 19 febbraio
1600 con queste parole:
”Da Roma 19 febbraio 1600. Giovedì in
Campo di Fiori fu abbruggiato vivo quello scellerato frate domenichino da Nolla, di che si scrisse con le passate: heretico obstinatissimo et
avendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro nostra fede et in
particolare contro la SS. Ma Vergine et i Santi, volse obstinatamente morire in
quelli lo scellerato; et diceva che moriva martire et volentieri et che se ne
sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo in paradiso; ma ora egli se ne avede
se diceva la verità”.
1566 Il 16 giugno conclude il noviziato e
prende i voti con il nome di Giordano
espresso dei dubbi sul dogma
della Trinità
1568
Va a Roma ed offre al Papa Pio V la
sua opera L’Arca di Noè,
andata perduta
1572 E’ ordinato sacerdote
1575
Consegue la Licenza in Teologia e
diventa Docente
1576
Nuovamente sospettato di eresia, fugge a Roma
dove è ospitato nel
monastero
domenicano di S. Maria sopra Minerva. Lascia l’Ordine dei Domenicani,
diventando apostata, e si reca a Novi (Savona)
1577
Soggiorna a: Savona,Torino,Venezia,
Padova,Brescia, Bergamo e Milano
1578
Dopo aver trascorso l’inverno in un convento
domenicano a Chambery (Svizzera), nella primavera si reca a Ginevra, dove
frequenta la comunità italiana evangelica (calvinista) costituita dal
Marchese di Vico
1579
Il 20 maggio si iscrive all’Accademia
di Ginevra. Nel mese di agosto, dopo un contrasto con il docente di filosofia
Antoine de la Faye, un fanatico calvinista, è costretto a lasciare la città e si reca a Tolosa,
passando per Lione
1580
A Tolosa diventa Magister Artium con una tesi su Pietro Lombardo e diventa
docente di Filosofia alla locale
Università
1581
Nell’estate si reca a Parigi, dove
viene protetto dal Re Enrico III, che lo nomina docente straordinario di
Teologia al Collège de Cambrai.
1582
A Parigi pubblica le sue prime opere importanti, dedicandone una al Re
1583
Si reca in Inghilterra al seguito
dell’ambasciatore francese Michel de Castelnau. Soggiorna prima a Londra e poi
a Oxford, dove insegna per un breve periodo
all’Università
1584
A Londra pubblica varie opere, tra i
quali i famosi Dialoghi italiani
1585
Ritorna a Parigi con Castelnau. Cerca
di rappacificarsi con la Chiesa attraverso il Vescovo di Bergamo, Ragazzoni
1586
Lascia Parigi in seguito ad un
contrasto con i filo aristotelici e si reca in Germania. Dopo aver brevemente soggiornato a Treviri, Magonza e Wiesbaden, raggiunge
Marburgo, dove cerca di insegnare
all’Università , ma il Rettore Nigidius non lo autorizza. Si reca quindi
a Wittemberg ( Sassonia), dove è nominato docente straordinario di
Filosofia dal Rettore Mylius.
1587
A Wittemberg pubblica altre opere.
Dopo la morte del principe Alberto di Sassonia, luterano, il successore
Cristiano, calvinista, nomina una Commissione che mette all’Indice le opere di Bruno, che deve
lasciare la città.
1588
Nel marzo si reca a Praga, dove
è ben accolto dall’Imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo II. A
Praga pubblica altre opere.
1589
Nel gennaio si reca ad Helmstadt,
dove insegna all’Università, ma il 1 luglio il Pastore Boetius
(luterano) lo espelle dalla città.
1590
Raggiunge Francoforte e risiede nel monastero dei
Carmelitani, dove incontra il libraio
veneziano Ciotto
1591
Dopo aver soggiornato nell’inverno a
Zurigo, in primavera ritorna a Francoforte, dove pubblica altre opere. Riceve
l’invito del nobile Giovanni Mocenigo a
recarsi a Venezia, che raggiunge a settembre, dopo un breve soggiorno a Padova,
dove non riesce ad insegnare alla locale Università.
1592
E’ al servizio di Mocenigo, che il 22
maggio lo denuncia all’Inquisizione veneta. E’ arrestato nella notte tra il 23
ed il 24 maggio. Il 25 maggio subisce il primo interrogatorio. Il 26 maggio
Mocenigo presenta una seconda denuncia ed il 29 una terza. Bruno subisce altri
interrogatori ed il 30 luglio abiura,
sperando di salvarsi dalla condanna per eresia. Il Tribunale Centrale dell’Inquisizione,
presieduto dal Papa, chiede il suo trasferimento a Roma.
1593
Il 19 febbraio parte per Roma, dove
arriva il 27 ed è rinchiuso nel Palazzo dell’Inquisizione. In pochi mesi
subisce numerosi interrogatori
1594
Si apre la seconda fase del
processo; tra gennaio e marzo sono interrogati gli accusatori ed i testimoni. Bruno rifiuta
il difensore di ufficio e si difende da solo. Vengono formulati contro di lui
23 capi di imputazione per eresia. A giugno è invitato a presentare la
difesa , che presenta a dicembre
1595
Il 16 febbraio il Papa Clemente VII
nomina una Commissione di teologi per esaminare le opere di Bruno e trovare le
affermazioni eretiche, che gli vengono contestate nel dicembre 1596
1597
Nel marzo riprendono le udienze del
Tribunale. Bruno è ripetutamente interrogato sulle censure formulate
dalla Commissione.
1598
Il Tribunale sospende le udienze
perché il Papa è a Ferrara
1599
Il 12 gennaio, il Tribunale contesta
a Bruno 8 affermazioni ritenute
eretiche, invitandolo ad abiurare. Una copia di queste è consegnata a
Bruno il 18 gennaio, concedendogli un periodo di riflessione di 6 giorni. Il 25
gennaio Bruno dichiara di essere disposto all’abiura ad alcune condizioni che
non vengono accettate. Il 5 aprile Bruno
consegna una nuova memoria difensiva, che è respinta il 24 agosto. Il 10
settembre il Tribunale assegna a Bruno un nuovo periodo di riflessione di 40
giorni, previsto per i pertinaci. Sei
giorni dopo Bruno si appella al Papa, irritando molto i giudici. Essendo giunta
una nuova denuncia, gli concedono un ulteriore
periodo di 40 giorni per pentirsi e fare una abiura completa ed incondizionata,
ma bruno, alla scadenza del termine, rimane fermo nelle sue posizioni. Il 21 dicembre, parlano con
Bruno i Superiori dell’Ordine Domenicano, nell’estremo tentativo di convincerlo
ad abiurare, ma invano.
1600
Il 20 gennaio, il Papa decide di
emanare la sentenza contro Bruno, che è pronunciata l’8 febbraio dal
Procuratore Giulio Materenzii. Bruno è condannato al rogo come eretico impenitente, pertinace e ostinato
. L’esecuzione della condanna è stabilita al 12 febbraio e poi rinviata
al 17, quando è eseguita, all’alba, in Campo de’ Fiori.
tentativi fatti dei sette confortatori, che lo accompagnano dal carcere di Tor
di Nona a Campo de’ Fiori.
[2] Bruno dichiara ai giudici, dopo aver confermato quanto
detto nei precedenti interrogartori: “può
esser che io in tanto corso di tempi abbi ancora errato e deviato dalla Santa
Chiesa in altre maniere di quelle che ho esposto…non però le riconosco. Ho
confessato e confesso ora li errori miei prontamente”. Quindi, inginocchiatosi
dice: “ Domando ulmimente perdono al S.r
Dio e alle SS. VV. Ill.me de tutti li errori da me commessi; et son 1uì
pronto per essequire quanto dalla loro
prudentia sarà deliberato et si giudicherà espediente
all’anima mia. E di più le supplico che mi diano più tosto castigo, che eccedano più tosto nella gravità del
castigo, che in far dimostrazione tale pubblica, dalla quale potesse ridondar
alcun dishonore al sacro abito della religione che ho portato; et se dalla
misericordia d’Iddio e delle SS. V:V. Ill.me mi sarà concssa la vita,
promnetto far riforma notabile della mia vita, chè ricompenserò
il scandalo che ho dato con altr’e tanta edificazione”.
[3] La cella nella
quale è rinchiuso Bruno è grande ed ha delle ampie finestre,
sbarrate però da fitte
inferriate. Bruno non può comunicare con
i detenuti delle altre celle, ma solo con i suoi compagni di cella. Non
può scrivere né leggere, né inviare o ricevere lettere. Ha invece il
cambio della biancheria ( lenzuola, asciugamano e tovaglia) due volte la
settimana; può usufruire del bagno, della lavanderia e delle riparazione del vestiario. Il vitto
è “buono, piuttosto curato” ed “inaffiato con vino”, come si legge negli
atti del processo. In quel momento, nel carcere dell’Inquisizione vi erano
altri 44 detenuti, per lo più religiosi.
I detenuti dell’Inquisizione
potevano presentare delle richieste ai
giudici , i quali dovevano visitarli ogni mese, ma in pratica le visite erano effettuate in occasione delle
feste più importanti. I religiosi ed i nobili potevano essere sottoposti
a tortura, solo se detenuti dall’Inquisizione.
[4] Negli atti del
processo , a proposito della sua abiura, si legge: “Et dicesti all’hora di riconoscere dette otto propositioni per
heretiche et essere pronto per detestarle et abiurarle in loco et tempo che
piacerà al Santo Officio et non solo le dette otto propositioni, ma nco che eri apparecchiato a
fare ogni obedienza circa l’altre che ti erano apposte”.
[5] Nella sentenza
è scritto:”…dicemo,
pronunciamo,sententiamo et dichiariamo te, fra Giordano Bruno predetto essere
eretico impenitente,ostinato e
pertinace…et dover essere rilasciato alla Corte secolare, si come ti rilasciamo alla Corte di voi monsignor
Governatore di Roma qui presente, per punirti delle debite pene, pregandolo
però efficacemente che voglia mitigare il rigore della legge circa la
pena della tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilazione di arto”.
[6] La frase
pronunciata da Bruno e riferita da Gaspare Schopp, presente all’udienza,
è :” maiori forsam cum timore
sententiam in me fertis quam ego accipiam”.
[7] La mordacchia è una specie di museruola di legno, con un grosso chiodo ricurvo
conficcato nella lingua per evitare che
chi la porta possa parlare.
[8] Chi si pentiva
all’ultimno momento, era strangolato e quindi bruciato; in questo modo evitava
di essere arso vivo.
[9]
Questo fatto è riportato nella lettera scritta lo stesso 17 febbraio da
Gaspare Schopp (detto Scioppius),
che era Comes Sacri Palatii del Papa
Clemente VII, a Corrado Rittenhausen,
Rettore dell’Università di Altorf.
Schopp scrive: “Ricondotto il reo
nella prigione dai littori del Governatorte fu di continuo tenuto a vista, se
per caso avesse voluto tuttora ritrattarsi, ma tutto indarno. Sicchè
oggi fu menato al rogo. Mostratoglisi, mentre era sul punto di rendere l’anima,
l’immagine del Crocifisso salvatore, inasprito, con torbido sguardo l’ha da sé
respinta. Ed è così miseramente morto combusto… In cotesto modo i
romani sono usi trattare i blasfematori
e gli empi.”
[10] L’indice dei libri proibiti (Index librorum
proibitorum) è istituito nel 1515
dal Papa Leone X e confermato dal Concilio di trento e dai Pontefici
successivi, Nel 1571 è istituita dal Papa la Congregazione dell’Indice con il compito di indicare i libri
proibiti.
[11] Il Sommario è
scritto in latino e si compone di 24 capitoli, uno per ciascuno dei 23 capi di
imputazione più una sintesi di tutte le varie fasi del processo; include
anche le censure fatte alle opere diu Bruno e le argomentazioni difensive di
Bruno.
[12] Gli avvisi sono delle
lettere scritte inviate da
informatori ai propri corrispondenti, anche in altri Paesi.