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DOCUMENTAZIONE SUI TEMPLARI

 

 

 

INDICE

1) I TEMPLARI DI GIANLUCA BARALDI 1

2) DALLA NASCITA DELL'ORDINE DEL TEMPIO ALLA STRAGE DI SALADINO. 12

3) I GRAN MAESTRI DELL' ORDINE DEL TEMPIO. 18

4) STORIA DELL' ORDINE. 26

5) CRONOLOGIA  DELL'ORDINE TEMPLARE. 30

6) IL PARADOSSO TEMPLARE. 32

7) NASCITA DEI TEMPLARI A GERUSALEMME. 35

8) RIABILITAZIONE LEGITTIMA DEI TEMPLARI: RITARDO INGIUSTIFICATO. 38

9) IL PORTOGALLO E I TEMPLARI 52

10) I PAPI ALL'EPOCA DEI TEMPLARI 57

11) I SOVRANI DI FRANCIA (XI - XIV SECOLO) 58

 

 


 

 

1)     I Templari

Di Gianluca Baraldi

 

 

Le origini

 

Gerusalemme, 1118

 

Sono trascorsi oramai 20 anni dalla conquista della Terrasanta, da parte dei Crociati. Tutta Europa si era infervorata all'appello di papa Urbano II al concilio di Clermont (1095) per la 'guerra all'infedele'. Partirono in tanti, da ogni regione e di qualsiasi ceto sociale; pellegrini, povera gente, commercianti, principi e nobili cavalieri. Proprio tra questi ultimi, troviamo un piccolo gruppo ,proveniente Dalla regione della Champagne, con a capo il nobile Ugo di Payns. E' proprio da questo nome che iniziamo il nostro viaggio alla scoperta dei Templari.

Proprio nel 1118 , Ugo di Payns costituisce una milizia assolutamente inedita per quei tempi: l' Ordine dei poveri cavalieri del Cristo. Per la prima volta nel mondo medievale assistiamo ad una novità nel sistema sociale, fino ad allora suddiviso in Bellatores (coloro che combattevano), Oratores (coloro che pregavano), e Laboratores (coloro che lavoravano). Il nuovo ordine conciliava i principi base del monachesimo(povertà, castità, obbedienza)all'uso delle armi a protezione dei pellegrini che si recavano nei luoghi santi. Monaci e al tempo stesso soldati! Questa, se volete contraddittorietà, sarà anche in seguito, il 'filo conduttore' nella storia stessa dei Templari. Il re di Gerusalemme, Baldovino II, accoglie i primi cavalieri nel suo palazzo, presso la moschea di Al-Aqsa, dove in passato sorgeva il Tempio di Salomone.

Da questo momento la nuova milizia prenderà il nome di Ordine del Tempio ed i suoi membri Templari. In pochi anni i cavalieri Templari assunsero un ruolo sempre più incisivo dal punto di vista militare, sia in Terrasanta che nella penisola iberica, ancora occupata dai mori invasori. Nei primi tempi, lo sviluppo del nuovo ordine appare al quanto modesto e pare anche per questo che Ugo di Payns, nel 1127, ritorna in Europa alla ricerca di rinforzi e di sostegni sia morali che economici. Sarà proprio grazie a questo intervento che i Templari vengono legittimati e riconosciuti in tutta Europa.

Troyes, 1128

Ugo di Payns arriva a Troyes dopo aver incontrato a Roma il papa Onorio II. Bisognava ammettere che la creazione della nuovo milizia non aveva precedenti nella storia cristiana, e, anche il papa stesso mostrava evidenti segni di imbarazzo. Era quindi necessario trovare una posizione chiara e precisa, ricercando anche una regola che si adattasse perfettamente alla situazione. Non è un caso se da questo momento entra nelle vicende Templari, uno dei personaggi più carismatici ed autorevoli del tempo: Bernardo di Chiaravalle.

Monaco cistercense, fondatore della abbazia di Chiaravalle (1115), scrittore e successivamente Dottore della Chiesa, sarà proprio per merito suo che nel Concilio di Troyes (1118), la nuova milizia viene ufficialmente riconosciuta grazie al 'De laude novae militiae' (elogio della nuova milizia),vero e proprio proclama di esaltazione dell'Ordine Templare. Quindi viene redatta la prima regola di base denominata 'latina' , vero e proprio punto di partenza per lo sviluppo dell'ordine. A partire dal 1128 i cavalieri Templari conobbero un sorprendente e rapido sviluppo in tutta Europa. Donazioni, lasciti e reclutamento di nuove forze rappresentarono il passo decisivo per una trasformazione graduale dell'ordine in un esercito 'parallelo' a quello degli altri Re europei. Già nel 1129 ,per la prima volta, i Templari combattono come veri soldati, pur subendo una sconfitta e molte perdite umane.

Gerusalemme , 1129

Al momento della loro nascita non c'era stata l' esigenza di creare una gerarchia ben definita. Ugo di Payns è il maestro, gli altri primi cavalieri semplici monaci. Solo dopo la redazione della 'regola' e degli 'statuti gerarchici', prende forma un organigramma preciso ed efficiente. In linea di massima ritroviamo lo schema base della società feudale, basata sulla netta distinzione tra chi combatte, chi prega e chi lavora. Anche la posizione sociale nella vita di tutti i giorni determinava il ruolo all'interno dei templari.

Il comando dell'Ordine ha sede a Gerusalemme ed è proprio qui che troviamo il Maestro, vero e proprio governatore della milizia. Pur occupandosi di tutte le questioni riguardanti l'ordine, il suo potere non è 'assoluto' ma molto spesso vincolato al consenso del capitolo dei monaci. Non è questa una novità, era una consuetudine del sistema medievale che raramente lasciava spazio ad autoritarismi di qualsiasi tipo. In caso di impedimenti o assenze il Maestro veniva sostituito dal Siniscalco, ma di fatto è il Maresciallo il vero responsabile del convento, oltre che comandante per le operazioni militari. Accanto a queste figure troviamo il Commendatore del Regno di Gerusalemme, che si occupava anche delle funzioni di tesoreria , amministrazione e mantenimento delle relazioni verso le altre case Templari d'Occidente. Il Commendatore della Città di Gerusalemme, che assolveva il primario compito di proteggere i pellegrini nei luoghi santi. Il Commendatore di Tripoli ed Antiochia, che governava queste terre. I Commendatori delle varie Case Templari e il Commendatore dei Cavalieri, veri dignitari dell'Ordine, tutti disciplinati dallo statuto che ne regolava funzioni e poteri. I Templari di ceto inferiore si suddividevano in Fratelli Cavalieri e Fratelli Sergenti che ricoprivano le funzioni assegnate in base ai loro compiti di combattimento o di preghiera. Oltre a queste distinzioni l'ordine poteva contare su un elevato numero di Fratelli Servitori, vere e proprie maestranze per le mansioni quotidiane all'interno delle loro dimore, diventate sempre più centri di attività economica, spirituale e militare.

Gerusalemme, 1150

Le conseguenze del Concilio di Troyes furono inattese e sorprendenti al tempo stesso. Un gran numero di persone si 'arruolarono' nella nuova milizia, ma fu soprattutto grazie a donazioni e lasciti che i Templari riuscirono a creare una vera e propria struttura economico-finanziaria adatta a sostenere la costosa permanenza in Terrasanta. Con l'ulteriore aiuto di permute, acquisti e vendite i Cavalieri del Tempio dettero omogeneità ed organicità all'organizzazione dei loro possedimenti.

Accanto alla sede centrale di Gerusalemme troviamo le province d' oltremare di Antiochia e Tripoli. La principale risorsa economica e logistica per il buon funzionamento dell'ordine restò comunque l'Occidente, dalla penisola Iberica all'Ungheria. I conflitti tra cristiani e mori infedeli nel sud dell'Europa elevarono i Cavalieri Templari ad un ruolo decisivo per la 'riconquista' ('reconquista'), ripagata, oltre che dall'onore, da ingenti proprietà fondiarie sia nell'attuale Portogallo sia in Spagna, precisamente in Aragona. Lo sviluppo trovò terreno fertile in Francia, specialmente in Provenza e nel Poitou, e successivamente in tutte le regioni del paese. Si crearono dimore e magioni anche in Inghilterra, Ungheria e nel resto del continente.

L'espansione Templare in Italia non fu fulminea come altrove e anche nei decenni successivi il nostro paese non diventerà mai fondamentale per le sorti dell'ordine. Come era nella logica Templare i possedimenti erano dislocati prevalentemente lungo le vie di comunicazione terrestre (per esempio la via Emilia, la via Francigena e la via di Postumia), nelle sedi di fiere e attività commerciali ed in prossimità dei porti d'imbarco per l'oriente, specialmente in Puglia. Questa, quindi, era la situazione delle Province Templari, non restava che collegarle per sfruttare al meglio le loro risorse e, come vedremo, in questo i Templari non furono inferiori a nessuno...

 

Da pochi anni Ugo di Payns è ritornato dopo la lunga permanenza in Europa. E' vero, adesso l'ordine ha più omogeneità, c'è una regola, ha ottenuto stima e rispetto, ma questo ha portato anche l'inizio di una evoluzione. Qui a Baghras, fortezza situata a nord di Antiochia, i Templari non svolgono più solo la difesa dei pellegrini ma anche la protezione dei confini dei fragili stati latini. Quindi da missionari diventano un vero e proprio esercito privato di supporto degli eserciti franchi. Anche se poco numerosi, i cavalieri del Tempio si distinguono sempre per l'addestramento e la disciplina che ne fanno la colonna portante di un esercito crociato approssimativo e disorganizzato.
Le loro strategie abbinate ad un coraggio, che desta ammirazione e paura al tempo stesso tra le file del nemico, è cosa risaputa. Malumori però serpeggiano tra le loro file. Pur essendo stati creati per la permanenza in Terrasanta, notevoli forze umane ed economiche vengono destinate nella Penisola Iberica dove si lotta per la riconquista di quei territori ancora in mano agli infedeli. La regola definisce in modo chiaro e preciso anche il comportamento da tenere nei casi di scontri militari. Sotto il controllo del Maestro o del Maresciallo ai cavalieri non è possibile usare singole iniziative. Severe punizioni sono previste per chi non rispetta le consegne, per chi esce dai ranghi, per chi abbandona il campo senza permesso. Per la prima volta gli europei si trovano a combattere un nemico che attua una tattica fatta di trappole, di imboscate, sfruttando le strette gole e vallate del territorio, o di finte ritirate. È necessario quindi avere anche come proprie risorse anche quella della mobilità, della rapidità e in questo i Templari erano davvero maestri.

La permanenza in Terrasanta si sta rivelando più faticosa del previsto. I Templari, pur con coraggio e abilità,non hanno ottenuto grossi risultati militari. I vari scontri armati, tra cui quelli di Damasco (1148) e Ascalona (1153),sono stati momenti di sofferenza, di enormi perdite umane, maldicenze e accuse. Malgrado questi episodi i cavalieri del tempio acquistano un sempre maggiore potere politico, diventando spesso i più fidati consiglieri del Re di Gerusalemme. Ma il peggio doveva ancora arrivare….

La crisi politica del regno di Gerusalemme e il crearsi di fazioni contribuisce ad indebolire il potere negli stati latini d'oltremare. Siamo in Galilea, in piena estate del 1187. L'esercito cristiano con a capo il re Guido di Lusignano e supportato nelle retroguardie anche dai Templari, si accampa nelle vicinanze di Seforia, non lontano da Nazareth. La sosta giunge a proposito. Gli uomini e i cavalli hanno bisogno di riposo e di acqua per riprendere la marcia sulle tracce dell'armata araba. Il re, ascoltato il maestro dell'ordine dei Templari, tale Gerardo di Ridefort, decide di lanciarsi all'inseguimento del nemico. Dopo un giorno di dura marcia, con l'esercito ormai stremato, decide di accamparsi presso l'altopiano di Hattin, ma i pozzi di acqua purtroppo sono a secco e nella rigogliosa pianura sottostante è sistemato il grosso del nemico con a capo il temibile Saladino.

Complice l'oscurità e ad una maggior freschezza fisica gli arabi risalgono l'altopiano e, usando tecniche da guerriglia, gettano scompiglio tra gli europei. Stanco, assetato e circondato dal nemico: per l'esercito cristiano è la fine. Errori militari da parte del re e di Gerardo di Ridefort contribuiscono alla disfatta completa delle forze latine. I Templari combattono valorosamente ma vengono tutti catturati e trucidati senza pietà dal nemico. Tra i pochi scampati al massacro i veri responsabili della sconfitta: il re e il maestro dell'ordine stesso. Con questa vittoria Saladino si impadronisce di tutto il regno ed entra a Gerusalemme da trionfatore.

San Giovanni d'Acri 1291 d.C.

La recente caduta della città di Tripoli è stata un duro presagio per gli abitanti di San Giovanni d'Acri. Fino ad allora il sultano non pareva intenzionato ad attaccare le città cristiane sulla costa, in fondo facevano comodo anche per motivazioni commerciali e finanziarie. San Giovanni in particolare veniva considerata come un centro fondamentale e nel suo porto troviamo mercanti genovesi, pisani e veneziani, il commercio procurava da sempre notevoli guadagni e anche il sultano ed i Templari lo sapevano bene. Non è un caso se qui a San Giovanni d'Acri troviamo notevoli fortificazioni a protezione del centro. La città è divisa per quartieri ognuno dei quali viene 'controllato' da forze militari ben precise. Il quartiere del Tempio, a picco sul mare e nelle vicinanze del porto, è uno dei più importanti per il controllo delle posizioni. Anche in fatto di strategie e di astuzie i cavalieri Templari non devono imparare da nessuno. I preparativi per l'assedio alla città iniziarono diversi mesi prima e inutili furono le richieste di aiuto verso l'Europa ormai rassegnata alla perdita degli stati latini. Il 6 aprile inizia il vero assedio sotto le mura cittadine. La differenza tra le forze in campo, sia numerica che di armamenti, risulta davvero notevole a vantaggio degli arabi. Inutili sono le incursioni negli accampamenti del nemico eseguite nel cuore della notte da valorosi Templari. Accanto alle poderose catapulte che per oltre un mese devastano i quartieri cristiani gli arabi fanno largo uso di mine per demolire le mura della città. In poco tempo la prima cerchia inizia a cedere dando origine a varchi d'ingresso per le truppe del nemico, ormai vicinissimo alle postazioni di controllo. La lotta è durissima. Furiosi combattimenti sono segnalati in ogni zona, i quartieri cadono uno dopo l'altro nelle mani del nemico, i Templari rispondono con coraggio anche se il Maestro cade sul campo, ferito a morte. Il 28 maggio capitola l'ultimo baluardo della città: la torre dei Templari: il sultano diventa padrone di San Giovanni d'Acri. Tutti i dignitari dell'ordine periscono tra le mura della città, ' versando il proprio sangue nel nome di Cristo e in difesa della fede cristiana….'. E' la fine degli stati latini e la conclusione dell'epoca delle crociate.

Isolotto di Ruad - Tortosa 1303 d.C.

 

La sconfitta di San Giovanni d'Acri aveva chiuse definitivamente ogni speranza di permanenza europea in Terrasanta. I pochi Templari che riuscirono a scampare ai massacri dei trionfatori musulmani si rifugiarono nell'isola di Cipro e precisamente a Limassol, dove venne spostata la sede dell'ordine. Pur se in modesto numero, i cavalieri del tempio riuscirono a trafugare dalla sede di San Giovanni il tesoro dell'ordine e le preziose reliquie tralle quali probabilmente un 'sacro lenzuolo' . Nel 1301 papa Bonifacio VIII dona all'ordine un isolotto, quello dove ora ci troviamo, situato a due miglia al largo di Tortosa.

 

Ruad è un isolotto inospitale, arido, privo di acqua potabile ma strategicamente importante. Grazie all'arrivo di nuove forze da Cipro e dall'Europa i Templari riescono a fortificarlo e a creare una nuova guarnigione pronta a sfidare il vicino nemico infedele con rapide e fastidiose incursioni navali. Il sultano d'Egitto, preoccupato della tenacia dei Templari e da un eventuale ritorno degli eserciti europei, assale l'isola-fortezza ma solo nel 1303 riesce ad ottenerne il pieno possesso. E' l'ultima battaglia: quasi tutti i Templari cadono a protezione dell'isolotto, come a voler difendere le ultime speranze della loro stessa esistenza. I pochi prigionieri catturati vengono lasciati morire di fame nelle buie carceri egiziane.

Il bilancio finale della missione in Terrasanta, anche per l'ordine dei Templari, si può quindi definire disastroso. Enorme fu il sacrificio in vite umane, ripagato solo in piccola parte dal coraggio e dalla tenacia che anche il nemico riconobbe ai membri dell'ordine. Quasi tutti i massimi dignitari perirono sul campo di battaglia, o in seguito per le ferite che riportarono, sotto il vessillo bianco-nero chiamato 'bauceant' al grido di : NON NOBIS, DOMINE, NON NOBIS SED NOMINI TUO DA GLORIAM (NON A NOI, SIGNORE, NON A NOI, MA AL TUO NOME DONA LA GLORIA).

 

I luoghi

Ugo di Payns, fondatore dell'ordine, non poteva certamente pensare ad un ruolo così impegnativo per i poveri Cavalieri del Tempio. La permanenza in Terrasanta è piu' difficile del previsto e la missione nella penisola iberica è diventata davvero lunga ed insidiosa. Sono ormai diversi anni che i Templari ricoprono un ruolo fondamentale per la 'reconquista' dei territori dai mori invasori. Dimore e chiese, ma soprattutto castelli e fortificazioni militari, sono presenti in tutta la regione. Non è un caso se oggi siamo qui a Tomar, quartiere generale della milizia in Portogallo.

Edificato nel 1160 dal maestro portoghese Gualdim Pais, di ritorno dalla terrasanta, è forse l' esempio piu' importante della convivenza tra architettura militare e religiosa, quasi a voler ricordare la duplice vocazione dell'ordine stesso. Accanto ad una poderosa struttura muraria militare all'interno troviamo anche un convento, dalle forme inusuali per questi anni, che con richiami gotici orientali ci porta ricordi della Terrasanta e del suo misterioso fascino. E' passato appena un anno dall'assedio di questa fortezza da parte degli arabi e ancora vediamo le ferite che solo la capacita' militare Templare ne ha impedito la capitolazione totale. Abili fratelli-muratori stanno provvedendo a consolidare e rinforzare le mura, non si puo' mai sapere... Situate in diversi punti strategici, anche sulle rive di corsi d' acqua, troviamo altre notevoli fortezze da ricordare e, perchè no, da visitare in futuro. Almourol, Pombal, Soure in Portogallo ma anche Ponferrada, Almansa, Belmonte, Peniscola e Miravet, tutte situate nei vicini regni. Adesso dobbiamo ripartire, il pellegrino non faceva mai lunghe soste anche se devo ammettere, e credo che sarete d'accordo con me, il luogo è davvero affascinante.

Bologna 1249 d.C.

Lo sviluppo dei Templari sul territorio italiano segue lo stesso percorso di evoluzione dell'ordine stesso. Siamo non per caso in una Bologna ancora in festa per la vittoria sulle truppe imperiali di re Enzo. La sede Templare di questa gioiosa citta' rispecchia l'esempio migliore di come i monaci-soldati scelgano accuratamente dove 'mettere solide radici'. Normalmente i cavalieri hanno due 'domus' nelle citta' considerate principali. Una all'interno delle mura, la sede primaria che funge da coordinamento, e una fuori , per dare ospitalita' ai pellegrini, primo e vero motivo della loro esistenza. L'Italia, fin dall'inizio, rappresenta un paese importante ma non fondamentale.

E' la sede del papato, l'unico loro vero tutore, ma e' principalmente per la posizione geografica che i Templari vi si insediano stabilmente. Non solo attivita' di sostegno per i pellegrini diretti a Gerusalemme ma anche azioni politiche, diplomatiche e finanziarie in un paese che trova nuovo benessere dalle crociate. Tutte le vie di terra e fluviali sono sedi di domus Templari piu' o meno importanti. La via Francigena, ma anche la via di Postumia, la via Emilia e le altre antiche strade consolari romane, da Torino alla Sicilia, passando per Milano, Piacenza, Modena, Bologna, Ravenna, Firenze, Siena, Perugia, Viterbo e ovviamente Roma. Un discorso a parte meritano le citta' portuali. Accanto a Venezia, Genova e Pisa, dove i Templari hanno sedi di primaria importanza, legate dai traffici delle repubbliche marinare con l'oriente, sono i porti di Barletta, Bari, Brindisi e Messina a venire considerati veri e propri centri di smistamento per cavalieri, cavalli e ogni genere necessario per la dura permanenza in terrasanta. A differenza di altri paesi europei, dove condizioni particolari impongono quasi sempre fortezze e castelli, in Italia trovano maggiormente spazio edifici civili, magari frutto di precedenti donazioni, chiese e depositi saggiamente ristrutturati e ben amministrati. I Templari dovevano autogestirsi e produrre eccedenze per i confratelli lontani impegnati in battaglia: il reddito prima di tutto. I compiti dei monaci vengono indirizzati anche alla bonifica di terreni paludosi, alla costruzione di ponti e alla manutenzione di strade, diventate ormai sempre piu' crocevia per lo scambio di idee e cultura con il mondo orientale.

Castello di Athlit 1260 d.C.

La perdita di Gerusalemme, a seguito della disastrosa sconfitta di Hattin (1187), modificò anche il pensiero Templare in materia di

architettura militare. Da quel momento i possedimenti Templari diventano vere e proprie roccaforti, in luoghi strategici ed inespugnabili. Il castello di ATHLIT (o Chatel-Pelerin), dove oggi ci troviamo, è il più significativo esempio della evoluzione Templare in questo senso. Entriamo da questa maestosa porta. Situata sull'unico promontorio della costa tra Jaffa e Haifa e collegata alla terraferma solo da un lato, la fortezza appare imprendibile ed in grado di resistere a qualunque assedio esterno. Gli assedi di Acri e Tiro hanno insegnato ai fratelli-costruttori, l'importanza di rifornire i loro castelli attraverso il mare, della necessità di dotarli di una doppia e spessa cinta muraria e di un fossato da riempire d'acqua in caso di pericolo. Completano la costruzione poderose torri rettangolari e sicure fondamenta sotto il mare. All'interno, come si può vedere, troviamo palazzi, scuderie, cripte, un piccolo porto, passaggi sotterranei più o meno segreti e la chiesa di forma circolare usata per le normali funzioni religiose. Nel 1251 presso questo castello ha soggiornato la regina di Francia, moglie di Luigi IX, dando alla luce il figlio Pietro. A poca distanza da Acri è situato il castello di SAPHET, altra rinomata roccaforte in grado di ospitare oltre 2000 Cavalieri. Anche in questo caso alte e spesse mura, torri circolari e fossati garantiscono sicurezza per i monaci-Cavalieri e i loro ospiti. La particolarità di questa fortezza è l'impressionante serie di mulini di vario tipo, sia interni che esterni, che garantiscono approvvigionamenti in abbondanza. Anche in questo caso possiamo notare la perfetta e puntigliosa organizzazione Templare, sia militare sia economica. Da molti anni i due castelli, Athlit e Saphet, rappresentano un sicuro punto di riferimento per gli stati crociati, ormai abbandonati al loro destino.

 

L'attivita' in una Commanderie Templare inizia sempre al mattino presto. La regola dell'ordine e' severa ma. . . .ecco che la campana del mattutino suona, dobbiamo sbrigarci ad andare in chiesa! Finita la preghiera inizia la vera giornata lavorativa dei monaci-cavalieri. Le commanderies, come questa in cui ci troviamo, sono vere e proprie aziende agricole anzi direi centri economici culturali, dove l'attivita' produttiva si fonde sapientemente con la spiritualita'. Convento, Chiesa ma pure stalle, mulini, forni, orti, scuderie, magazzini di ogni genere per la conservazione dei prodotti che la terra ,come sempre generosa, ci offre. La nascita di queste nuove realta' avviene dopo il Concilio di Troyes, grazie al quale le donazioni ai Templari si moltiplicarono. Terreni, fondi abbandonati, boschi, pascoli, terreni da bonificare, tutto contribuisce a creare un solidissimo e florido patrimonio fondiario che non trova riscontri presso altri ordini religiosi . Con una saggia gestione economica fatta anche di permute, vendite, acquisti si creano vere unita' produttive concentrate e gestite dal commendatore locale. Qui a Montsaunes, a poca distanza dai Pirenei e sul percorso della via per Santiago de Compostela, i Templari si insediano in un territorio strategicamente perfetto. L' attivita' deve provvedere non solo all'autosufficienza di coloro che ci vivono ma anche a creare eccedenze necessarie da avviare ai cavalieri impegnati in Terrasanta. Le coltivazioni agricole rispecchiano la logica tradizione locale . Cereali e legumi ma anche vite e, nella lontana Italia, l'olivo. L'allevamento del bestiame, che dona saporita carne e gustosi formaggi e' la voce principale di un bilancio economico che viene fatto annualmente con precisione. Le aziende devono rendere, la guerra impegna notevoli sforzi economici. Accanto a queste entrate anche riscossioni di decime (dalla quale i Templari sono esentati), tasse varie e gli affitti di terreni lontani dati in gestione ai 'conductores' che pagavano in denaro ed in prodotti della terra. La conduzione della commanderie non e' semplice. Accanto ai monaci, impiegati secondo le loro attitudini e alla loro esperienza, troviamo anche coloni esterni che godevano particolari vantaggi e condizioni di lavoro migliori di quelle che il povero ma fondamentale mondo agricolo di questi secoli puo' dare.

Parigi Domus templi 1297 d.C.

 

Dopo la fine della esperienza in Terrasanta con la caduta di San Giovanni d'Acri, Parigi diventa il centro principale e la sede del Maestro dell'Ordine del Tempio. L'attivita' finanziaria continua anche terminata la costosa e disastrosa spedizione d'Oltremare, a dire il vero la sua gestione non è esclusiva dei Templari ma anche di altri ordini monastici che amministravano piu' o meno saggiamente cospicue fortune patrimoniali. Il monastero o l'abbazia sono luoghi consacrati a Dio e per questo ritenuti inviolabili e temuti da tutti, i monaci-cavalieri contribuiscono pero' ad un forte sviluppo ed a grosse novita' in merito. Oggi ci troviamo in uno dei luoghi piu' sicuri dell'attuale periodo storico: la sede primaria del Banco del Tempio. Entriamo nei locali ordinati e rigorosi dei monaci, mescolandoci tra persone di ogni categoria e ceto sociale; i Templari non facevano troppe distinzioni, chiaramente da saggi mercanti valutavano rischi e servizi ad essi rapportati. In fondo alla stanza troviamo diversi sportelli gestiti da Templari-cassieri, ognuno dei quali con un registro di cassa e' pronto a trascrivere ogni movimento di denaro. Raccolta di fondi da gestire ma anche erogazioni di prestiti con garanzie date in pegno che potevano essere anche bestiame, prodotti agricoli, schiavi, tutto poteva essere utile in caso di insolvenza da parte del debitore. Per le persone importanti i Templari hanno un prodotto finanziario su misura: il conto corrente. In qualsiasi momento il cliente puo' disporre dei propri averi con semplici lettere inviate al tesoriere del tempio. Il banco invia tre volte l'anno un estratto conto di riepilogo dei movimenti. Non e' necessario recarsi nella sede principale ma si puo' usufruire di questo servizio anche presso altre sedi Templari sparse in giro per l'Europa, inoltre esistono vari finanziamenti specializzati per le categorie di artigiani e contadini che possono avere bisogno di anticipi. Adesso veniamo ai costi di questi servizi. La Chiesa ha sempre considerato l'interesse come grave peccato 'non e' possibile arricchirsi speculando sul tempo che ci viene donato da Dio!' per questo gli ebrei sono visti come usurai e peccatori. Per le operazioni in questione l'interesse viene 'trasformato' con un operazione di cambio da una moneta all'altra, infatti il problema di questo periodo e' la variopinta quantita' di valute. Il Templare-cassiere nel rendiconto di fine giornata provvede alla conversione di tutte le differenti monete entrate in quella locale: la lira parisis. L'attivita' finanziaria dei Templari non si limita qui, infatti vengono svolte anche mansioni di esattoria, di deposito del tesoro reale, di gestione dei fondi e di patrimoni in genere, di riscossioni di contratti privati, di mediazioni di qualsiasi genere e natura, di finanziamenti di nuove idee ed attivita'. La contabilita' viene tenuta in maniera puntigliosa e rigorosa perche' a fine anno i conti devono tornare sempre e possibilmente anche dare elevati risultati economici...

 

La permanenza degli stati europei in Terrasanta non significa solo costosa missione militare ma assume anche risvolti politici ed economici. Le Repubbliche Marinare italiane hanno creato solide basi per il commercio e il trasporto di pellegrini con l'Oriente; in tutte le principali citta' orientali sono presenti importanti residenze diplomatiche e magazzini per le merci. Nel 1204, con l'aiuto dei crociati,Venezia conquista Costantinopoli e la supremazia nel Mediterraneo Orientale a danno di Genova e Pisa: e' l'inizio di conflitti. La ricchezza di questi anni, dovuta alla saggia amministrazione e alle continue donazioni, porta anche i Templari ad avere una propria flotta autonoma e ben equipaggiata. 'La buona ventura' 'La rosa del tempio' 'Il falco del tempio' sono alcuni dei nomi delle piu' conosciute imbarcazioni Templari di questi anni. I principali porti del Mediterraneo sono basi di partenza per l'Oriente e Venezia, dove noi oggi ci troviamo, rappresenta uno dei piu'importanti. I rapporti con questa repubblica marinara sono stati, negli anni scorsi, molto difficoltosi a causa della comunita' templare di Brindisi che ha creato ostacoli nei traffici dei mercanti veneziani, sovente fatti prigionieri e derubati dei loro averi. Con l'intervento del doge e grazie alla notoria abilita' diplomatica templare si e' giunti ad un accordo e ad un notevole risarcimento danni a favore dei veneziani nell'interesse sicuramente anche degli stessi monaci-soldati. I cavalieri hanno bisogno dei fondamentali appoggi logistici di Venezia sulla rotta per l'Oriente. L'attivita' del porto, come possiamo notare, appare frenetica e senza sosta, arrivi e partenze si susseguono in una incredibile ridda di razze e dialetti lontani: il profitto genera sempre forze infinite! Le navi Templari partono con i prodotti necessari, dal legname ai cavalli, dalle armi agli indispensabili cereali per la permanenza in quei luoghi santi ma anche cariche di pellegrini chiassosi ed impazienti. E' un ritorno allo scopo originario per la quale i cavalieri sono stati creati ma anche incremento per l'attivita' finanziaria e di custodia dei loro averi. I Templari garantiscono una maggior sicurezza nel servizio di trasporto, essendo scortati per tutta la durata del viaggio ma anche per la loro serieta' che rassicurava i passeggeri dal pericolo di un loro possibile commercio come schiavi al porto di sbarco. Le tariffe sono economiche e questo provoca piu' di un contrasto con armatori senza scrupoli per i quali la rotta per Gerusalemme rappresenta solo una ulteriore fonte di guadagno: il turismo di massa incominciava i suoi primi passi e poteva risolvere notevoli questioni di bilancio e i monaci-Templari questo lo sapevano. . . . . . .

 

Usi e costumi

Accompagnati dal maresciallo del tempio, attraverso una lunga e buia scalinata, si arriva nei sotterranei del castello. I portoni si spalancano su una enorme sala: l'armeria. I Templari, anche nella organizzazione logistica non temono confronti. In questo castello troviamo scorte alimentari e depositi di armi. La fiorente attività economica Templare in Europa permette l'accumulo di notevoli ricchezze che vengono destinate alla missione in Terrasanta per il mantenimento delle varie fortezze e per la produzione di qualità e quantità di armi per combattere; un riferimento sicuro anche per gli eserciti europei. Il Templare a cavallo possiede come principale strumento la LANCIA, che viene però usata come mezzo di urto, anche per disarcionare il nemico. Un cavaliere appiedato equivale ad un duello vinto! A seconda del grado nella gerarchia dell'ordine questa lancia viene adornata con una stoffa di colori e disegni diversi. Per i combattimenti 'corpo a corpo', troviamo la SPADA, che rimane comunque l'arma fondamentale di questo periodo. Per i monaci-cavalieri, la spada assume un significato particolare. Simbolo della lotta contro l'infedele, molto spesso nel pomo della sua impugnatura può trovarvi posto anche una reliquia religiosa ad ulteriore conferma della santità della guerra. Tra le altri armi che troviamo, la SCURE semplice o a doppia lama, la MAZZA e il MARTELLO con lame di ferro, PUGNALI di ogni dimensione. Nella fanteria, che comunque rappresentava un fondamentale supporto, vengono usati ARCHI e BALESTRE di primissima qualità, indispensabili a gettare scompiglio nelle file del nemico anche da notevole distanza. Nonostante le difficili condizioni climatiche, l'abbigliamento del Templare guerriero appare completo e ben disposto. Accanto ad una cotta di maglia che arriva anche fino al ginocchio, i cavalieri indossano una resistente tunica di tela, legata in vita con una cintura, rinforzata in certi punti da cuoio per ulteriore protezione dai terribili urti. A completamento della tenuta troviamo lo scudo di legno, l'elmo o cappello di ferro e le calzature di metallo normalmentedotate di speroni. Sia lo scudo che l'elmo , per l'esperienza acquisita in battaglia, subiscono varie modifiche nella forma e nella dimensione, sempre mantenendo inalterata la presenza della croce rossa Templare, vero e proprio simbolo della milizia dei monaci-guerrieri.

Domus Templi di Barletta, Puglia 1272 d.C.

' Pater noster, qui es in caelis: sanctificetur nomen tuum; adveniat regnum tuum; fiat voluntas tua, sicut in caelo, et in terra….'

 

Ore 12, refettorio. Con la benedizione e la recita del 'pater noster' inizia il pranzo principale della giornata. Per i Templari, ma anche per gli altri ordini monastici, questo è un momento molto importante; la fame è uno dei problemi più gravi in questi secoli. I monaci amano la buona tavola e la contemporanea lettura delle Sacre Scritture permette di saziare corpo e anima . Le lunghe tavole del refettorio sono ricoperte da una semplice tovaglia bianca. Per ogni commensale è ha disposizione una ciotola di corno o legno di quercia, una coppa, un cucchiaio ed un coltello.

Pane, fave e vino sono gli alimenti fondamentali in questo periodo storico, ma i monasteri offrono anche diverse alternative. Da un grosso camino acceso, ove lavora il frate-cuoco, provengono odori e aromi che invadono tutta la grande sala del refettorio dove ci troviamo. In perfetto silenzio, interrotto solo dalla'parola di Dio,' arrivano sulle lunghe tavole enormi contenitori di stagno con le libagioni fumanti. E' difficile resistere! Ai Templari viene permesso di mangiare carne 3 volte alla settimana. Normalmente è carne di manzo, montone, vitello, capra ma anche maiali e pollami che le fattorie del tempio allevano con grossa cura. La permanenza in Terrasanta richiede abbondanti scorte alimentari e proprio oggi pomeriggio salpa dal porto di Barletta una nave della flotta Templare carica di rifornimenti, destinazione San Giovanni d'Acri. I Templari mangiano quello che producono o che ricevono con donazioni. Anche quest'anno i granai sono pieni e i mulini macinano a pieno ritmo, il pane non manca proprio. La generosità e la cura del terreno danno verdure e frutta in abbondanza, persino da vendere al mercato cittadino. Grande importanza viene data al locale olio di oliva, all'uso di spezie e ad un aceto aromatizzato che pare piaccia molto. Pesce, uova e formaggi concludono le possibili varianti nei loro pasti. Vino rosso di ottima qualità è presente con moderazione sulle loro tavole, ma come ci ricorda San Benedetto 'il vino fa traviare anche i saggi'. Inservienti dai modi silenziosi e garbati non fanno mai mancare nulla anche perchè ai Templari non è possibile chiedere, ma solo per mezzo di gesti convenzionali si può ottenere il mancante. Eventuali rimanenze vengono poi donate ai poveri. Il pasto finisce qui ma prima di levarci da tavola ringraziamo Dio per quello che abbiamo ricevuto.

Commanderie de Coulommiers, Francia 1290 d.C

Una campana scuote il silenzio quasi surreale del dormitorio: e' l' ora del mattutino, la prima funzione nella lunga giornata della vita conventuale. Alzarsi alle due della notte e' sempre disagevole ma la Regola, tranne casi particolari, parla chiaro: il ritardo non viene ammesso e sono previste severe punizioni. Coperti dagli abiti notturni, dal mantello e dalle scarpe ci avviamo alla Cappella, rischiarati solo dal bagliore di poche candele. Tranquilli e seduti ascoltiamo il primo ufficio divino e le preghiere alla Vergine. Usciti dalla chiesa ci si reca alle scuderie per controllare i cavalli, bene prezioso per i confratelli lontani, pochi ma cortesi suggerimenti al fido scudiero e poi il ritorno in dormitorio. Qualche ora di sonno e poi di nuovo in piedi a raggiungere la Chiesa per la messa e nuove preghiere. La vita del monaco-templare appare quindi inizialmente monotona ma ben presto il lavoro nella Commanderie raggiunge il suo apice e l'attivita' dei poveri fratelli non conosce soste. Le attivita' agricole richiedono costante attenzione, ma anche il fabbro con la sua fucina sempre in funzione, il mulino che macina incessantemente frumento di buona qualita', il commercio che va a gonfie vele e l'attivita' finanziaria, gia' proprio quella, che produce redditi quasi insperati. 'Ora et labora' dice la regola di San Benedetto e mai come nel caso dei templari tale detto appare appropriato. Il primo dei vincoli dei poveri monaci, nonostante tutto, e' quello di 'servire Dio con tutto l'intelletto e la partecipazione' e ancora 'se amiamo Dio, ascolteremo ben volentieri le sue sante parole'. Ma quanta preghiera c'e' nella giornata templare? . . .Intanto e' arrivata sera, la campana suona compieta e dopo una modesta cena i monaci, disciplinati e silenziosi come al solito, raggiungono la Cappella per l'ultima funzione diurna. Ringraziato il Signore, per la sempre generosa giornata che ci ha dato, facciamo ritorno in dormitorio perche' l'attivita' di domani inizia molto presto!

 

Il tramonto

Parigi, maggio 1307 d.C.

La definitiva conclusione della crociata e la fine degli stati latini d'Oriente crea enormi problemi per gli ordini militari che tanto hanno dato alla causa. I Templari hanno acquistato, nonostante tutto, prestigio politico e diplomatico riconosciuto da tutti, le ricchezze che avevano permesso la lunga permanenza in terrasanta ora sono a loro completa disposizione in Europa. Lo stesso maestro Jacques de Molay ha lasciato la sede di Cipro per recarsi a Parigi, nel nuovo quartiere generale e decidere il da farsi, ma il ritorno definitivo dei monaci-cavalieri in Europa crea anche parecchi malumori. Quasi tutti i re europei hanno fatto spesso ricorso alle finanze Templari per le insaziabili esigenze di bilancio, la Chiesa di Roma, anche se da poco trasferita in Francia, ha timore per la sua potenza politica, il popolo li guarda sempre piu' con diffidenza: i Templari incominciano a fare paura a tanti. In questi anni la situazione economica della Francia e' molto delicata, il re Filippo IV, dopo aver tentato inutilmente di entrare nell'ordine dei Templari, non appare in grado di risollevare le ormai vuote casse dello Stato. Il popolo francese, stanco dei continui aumenti di tasse, incomincia a dare segnali di turbolenza assai pericolosi. Voci di un prestito fatto del tesoriere del Tempio senza autorizzazione di Molay contribuiscono a creare una situazione di tensione tra il re francese e il maestro dell'ordine. I Templari sono diventati scomodi per l'avido Filippo IV e per il suo potere politico. Alla corte del re l''occasione per colpire i monaci non tarda ad arrivare, da due anni un ex-Templare della Francia del sud, tale Esquiu de Floryan, racconta cose a suo dire terribili sul rito d'iniziazione dei monaci-soldati, parlando di oscure pratiche eretiche, idolatria e sodomia. Pochi in verita' credono a queste affermazioni molto gravi ma per il re questa opportunita' puo' aprire un'ottima strada per risolvere i suoi problemi. Sotto la sapiente regia dei suoi scaltri e fidati consiglieri la questione assume grande importanza per tutta Europa creando l'inevitabile intervento di papa Clemente V e la protesta degli ordini gerarchici del tempio a partire proprio dal maestro de Molay.

Castello di Chinon Francia, agosto 1308 d.C.

I frati dell'ordine della milizia del Tempio, lupi nascosti sotto un aspetto da agnello e sotto l'abito dell'ordine, insultando in modo sciagurato la religione della nostra fede, sono accusati di rinnegare il Cristo, di sputare sulla croce, di lasciarsi andare ad atti osceni al momento dell'ammissione all'ordine: essi si impegnano con il voto che proferiscono, e senza timore di contravvenire alla legge umana, a darsi l'uno all'altro, senza rifiutarsi, se vengono richiesti... Con queste parole il re Filippo IV ha giustificato l'arresto in massa, all'insaputa del papa, dei Templari nelle commende francesi avvenuto all'alba di un tenebroso venerdi 13 ottobre 1307. Quasi tutti i monaci sono stati imprigionati compreso il maestro Jacques de Molay che si trovava nella commenda di Parigi, tutti i beni dell'ordine confiscati compreso il tesoro e tutti i documenti. Le accuse sono pesanti ma quello che preoccupa e' il sospetto che si nasconde dietro a questa manovra del re: il desiderio di sopprimere l'ordine del Tempio. Incatenati, isolati dalla vita conventuale, torturati ecco quello che accade ai poveri monaci-cavalieri rinchiusi. Qui ,nel castello di Chinon, sono rinchiusi i dignitari dell'ordine compreso de Molay, le loro condizioni fisiche precarie ne hanno impedito il trasferimento per essere interrogati direttamente da papa Clemente V, sempre piu' sottomesso alle strategie politiche del re di Francia. Accompagnati dai piu' vicini consiglieri del re, di buon mattino, sono arrivati alcuni cardinali inviati per raccogliere le loro sempre piu' stanche parole risultato di continue torture crudeli ed ingiuste. Sono questi mesi difficili per i Templari, il ricordo di epiche battaglie e' lontano e la confusione appare come l'unica certezza, dove confessioni,precisazioni ma anche ritrattazioni e lo spettro di gravi condanne avvicinano i bianchi mantelli al fuoco del rogo... le torture incominciano a produrre gli effetti desiderati dal re di Francia Filippo IV. Del coraggio dei temuti cavalieri ben poco e' rimasto e lo scoramento nelle file della gerarchia dell'ordine , sembra confermare un triste percorso gia' disegnato e dalla quale pare non ci sia proprio via di scampo…

 

Parigi 18 marzo 1314

Le eresie e i peccati che ci vengono attribuiti non sono veri. La regola del tempio e' santa , giusta e cattolica. Sono degno della morte e mi offro di sopportarla, perche' prima ho confessato, per la paura delle torture, per le moine del papa e del re di Francia... Con queste parole di ribellione Jacques de Molay, ultimo maestro del tempio, viene condannato al rogo dal re di Francia. Sono passati sette anni da quella maledetta alba in cui le magioni Templari vennero violate e quasi tutti i fratelli arrestati. Sulla base di accuse pesanti e mai provate i monaci-soldati sono stati processati e condannati ingiustamente. Clemente V, papa francese molto vicino al re Filippo IV, non ha mantenuto il suo ruolo di garante alla ricerca della verita' ma ha contribuito egli stesso, con la sua politica indecisione, alla condanna definitiva dell'ordine. A seguito del concilio di Vienne del 1312, il papa ha approvato, su richieste del re di Francia, la soppressione dei Templari firmando la bolla 'vox in excelso' e la seguente 'ad providam' dispone che tutti i beni Templari diventino proprieta' degli Ospedalieri, altro ordine religioso-militare. La condanna dei dignitari dell'ordine alla prigione perpetua pareva l'atto finale di un processo politico che liberava da tutta Europa di un ordine diventato troppo potente ed influente. La ritrattazione finale di Jacques de Molay e il suo sacrificio di fronte alla cattedrale di Notre Dame sono la conclusione di una vicenda che lascia un alone di mistero , di un segreto che forse non verra' mai svelato... Il crepitio della catasta di legna ormai bruciata non spegne il ricordo della fine tragica ed ingiusta di de Molay,e testimoni affermano che ...la morte lo ha preso cosi' dolcemente che tutto il popolo ne e' rimasto meravigliato... Il tramonto dei cavalieri dal bianco mantello e' arrivato ma, l'eco delle loro spade, del loro coraggio e anche della infinita tragedia finale rimarra' vivo per secoli e secoli.

 

Modena Settembre 2001

Il ricordo del rogo di de Molay e' ancora vivissimo ma il nostro viaggio con i monaci-cavalieri e' davvero finito. Ci siamo tolti i panni del pellegrino medievale, anche se in verita' questo mi dispiace, per indossare quelli certamente piu' comodi e puliti del III° millennio. Dopo il ritorno un attimo di riposo, seduti sui gradini esterni del magnifico duomo di Modena, la mia citta', in una giornata tiepida di settembre. Per un momento abbandono il ruolo di studioso storico e provo a calarmi nei dubbi e nelle leggende del mito Templare. La storia dell'ordine del tempio fin dall'inizio appare enigmatica e contraddittoria. Monaci ma anche soldati; poveri diventati molto ricchi; combattevano gli infedeli ma poi gli concedevano prestiti; paladini della fede e alla fine soppressi come eretici. La storia ci ha detto che furono creati per la difesa del pellegrino ma qualche studioso ipotizza che il vero obiettivo fosse la ricerca di materiale fondamentale per la religione cristiana. Il santo Graal? La sindone? L'arca dell'alleanza o magari manoscritti che minacciano le basi fondamentali della religione cristiana? L'esplosione economica e' dovuta solo a saggia amministrazione oppure anche a conoscenze esoteriche orientali e geografiche? Esisteva un ramo occulto del Tempio? Quale ruolo hanno avuto i Templari nella costruzione delle cattedrali gotiche? Il famoso tesoro, che non fu mai trovato, dove e' sparito? In Scozia? In Italia? A Rennes le Chateaux? Il santo Graal esiste davvero oppure e' quello stato di benessere interiore che ognuno di noi possiederebbe ma che ancora non conosce e che i Templari potevano sapere? Come vedete i misteri nella storia Templare sono tanti e decisamente tutti curiosi e forse proprio per questo che affascinano ancora molte persone ma, credete a me, non sapremmo mai davvero chi erano e la verita' della loro storia forse non ci arrivera' mai...

... I Templari ci hanno lasciato anche un messaggio decisamente interessante: la societa' feudale viveva in un mondo isolato, ristretto, chiuso dalle loro certezze, i Templari vivevano a contatto con tutti i popoli del Medioriente; tante culture e religioni di ogni tipo. Questa convivenza ha portato ad una apertura della mentalita' Templare e alla modifica nel tempo del loro modo di agire e pensare. La cultura Templare, possiamo dire, e' l'insieme di due: quella occidentale e quella orientale che possono tranquillamente convivere nel rispetto reciproco. E' questa una indicazione curiosamente attuale anche per il mondo d'oggi, non credete?

Gianluca Baraldi

 

 


TEMPLARI 2°

 

 

2) Dalla nascita dell'Ordine del Tempio alla strage di Saladino

 

Nel 1099 i Crociati liberarono i Luoghi Santi della vita e della morte di Cristo.

Nel 1120 nove cavalieri abbracciarono la vita monacale consacrando la loro vita alla difesa dei pellegrini e della Terrasanta.

Era nato l'Ordine del Tempio: Pauperes Commilitones Christi Templique Salomnici.

Nel 1187 Saladino sconfisse l'esercito cristiano nella battaglia di Hattin.

Lo storico arabo Imad ad-Din, testimone oculare, racconta:

"Saladino promise cinquanta denari a chiunque portasse un templare o un ospitaliero prigioniero. Subito i soldati ne portarono centinaia, ed egli li fece decapitare perché preferì ucciderli piuttosto che ridurli in schiavitù. Era circondato da un gruppo di dottori della legge e di mistici, e da un certo numero di persone consacrate alla castità e all'ascetismo. Ognuno di essi chiese il favore di uccidere un prigioniero, sguainò la spada e scoprì l'avambraccio. Il sultano stava seduto con la faccia sorridente, mentre quelle dei miscredenti erano accigliate. Le truppe erano schierate, con gli emiri su due file. Fra i religiosi, alcuni diedero un taglio netto ed ebbero ringraziamenti; la spada di altri esitò e rimbalzò: furono scusati; altri ancora furono derisi e sostituiti. Io ero presente e osservavo il sultano che sorrideva al massacro, scorsi in lui l'uomo di parola e d'azione. Quante promesse non adempì! Quante lodi non si meritò! Quante ricompense durature a motivo del sangue da lui versato! ...".

 

NON NOBIS DOMINE, NON NOBIS, SED NOMINI TUO DA GLORIAM

 

Località: Terrasanta

Epoca: 1118-1187 d.C.

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INDICE

 ORGANIZZAZIONE

ECONOMIA

STORIA

Quadro di riferimento

Hugues de Payns (1120-1136)

Robert de Craon (1136-1149)

Everard des Barres (1149-1152)

Bernard de Trémelay (1152-1153)

Andrée de Montbard (1154-1156)

Bertrand de Blancfort (1156-1169)

Philippe de Nablus (1169-1171)

Eudes de Saint-Amand (1171-1179)

Arnaud de Torroja (1180-1184)

Gérard de Ridfort (1185-1189)


ORGANIZZAZIONE

I documenti

La vita dell'Ordine del Tempio era regolata dai seguenti documenti:

- la Règle primitive, scritta in latino, approvata dal Concilio di Troyes nel 1128;

- la versione francese, con varianti, della Regola latina, scritta intorno al 1140;

- i Retraits, raccolta di usi e costumi dell'Ordine, redatta intorno al 1165;

- gli Status hiérarchiques, che trattano principalmente delle cerimonie, scritti intorno al 1240-1250;

- gli Egards relativi alla disciplina, scritti intorno al 1257-1267.

I membri

I membri dell'Ordine erano suddivisi in: cavalieri, sergenti, cappellani.

I templari facevano voto di povertà, castità ed obbedienza.

Ad ogni cavaliere erano concessi tre cavalli ed uno scudiero. Potevano essere aggiunti un altro cavallo ed un altro scudiero. Il colore bianco distingueva i cavalieri. La croce rossa del Tempio era rappresentata sulle armi e sulle vesti.

I sergenti avevano diritto ad un cavallo. Il colore bruno con croce rossa era proprio delle vesti dei sergenti. Il sottomaresciallo, il gonfaloniere, il frate cuoco, il maniscalco e il comandante della Volta di Acri erano sergenti ed avevano diritto a due cavalli e ad uno scudiero.

I cappellani erano addetti al servizio liturgico e all'assistenza spirituale dei templari.

Era possibile far parte dell'ordine ad terminum ossia per un dato periodo di tempo e poi ritornare alla vita secolare.

Erano ammessi anche fratres coniugati, ossia sposati. In caso di morte alla moglie veniva riconosciuto il diritto ad una parte dei possessi per il proprio sostentamento.

I templari alloggiavano in magioni. I commendatari o precettori erano a capo della magioni.

Le magioni minori dipendevano dalle maggioni maggiori. Ogni magione era insieme convento e caserma, a volte fortezza.

Le magioni erano riunite in province.

Il gran maestro ed il capitolo

Il gran maestro era a capo dell'intero Ordine. In realtà il titolo era "sovrano maestro", la dizione "gran maestro" si trova solo negli atti del processo e nei documenti posteriori. Era il comandante dell'esercito ed era equiparato ai più alti prelati e principi. Aveva diritto a 4 cavalli e ad un seguito costituito da un cappellano, due cavalieri, un segretario, un servo, un interprete saraceno. In tempo di guerra aveva diritto ad una scorta di dieci cavalieri.

Il gran maestro veniva eletto da tredici elettori, di cui 8 cavalieri, 4 sergenti e 1 cappellano.

Le decisioni più importanti dovevano essere prese consultando il capitolo costituito da: il siniscalco, il maresciallo, il commendatario del regno di Gerusalemme, il commendatario della città di Gerusalemme, il commendatario di Acri, il drappiere e i commendatari di Tripoli e di Antiochia.

Le cariche

Il siniscalco era il luogotenente del gran maestro, in assenza del quale esercitava i suoi poteri e il suo diritto di controllo sulle commende.

Il maresciallo era il responsabile militare. Decideva delle armi, delle macchine d'assedio, dei cavalli, dei muli, delle munizioni. Mobilitava l'esercito e poteva guidarlo in battaglia in assenza del gran maestro e del siniscalco. Aveva diversi aiutanti tra cui: il turcopolerio, responsabile dei sergenti e delle truppe ausiliarie locali, il sottomaresciallo, responsabile dei fratelli artigiani, dei finimenti, della manutenzione e dello stato delle armi, il gonfaloniere, responsabile degli scudieri, l'infermiere che si occupava della salute dei templari.

Il commendatario del regno di Gerusalemme era il tesoriere supremo dell'Ordine con diritto di controllo su tutte le proprietà di Oriente e di Occidente. Aveva alcuni aiutanti tra cui il comandante della Volta di Acri, responsabile dei vascelli templari e di tutte le merci che venivano trasportate e il guardarobiere, responsabile del vestiario dei templari.

I commendatari di Tripoli e di Antiochia governavano l'Ordine nei due centri.

Il commendatario della città di Gerusalemme era responsabile dei pellegrini e della Vera Croce.

La diffusione

L'Ordine era suddiviso tra Oriente ed Occidente. La parte occidentale aveva il compito di reperire i fondi ed il personale necessario all'azione che si svolgeva in Oriente.

L'area di principale sviluppo fu compresa tra la Francia, da dove provenivano i fondatori dell'Ordine, l'Italia e l'Inghilterra.

Nella penisola iberica i templari si trovarono impegnati nella crociata contro i musulmani che occupavano parte della penisola.

L'Ordine non ebbe grande diffusione nell'Europa nordorientale, dove operavano prevalentemente i cavalieri teutonici.

L'Ordine non si sviluppò che molto limitatamente in Grecia e solo quando questa divenne parte dell'Impero Latino.

In Oriente l'Ordine fu presente nella fascia costiera compresa tra la Cilicia e l'Egitto.

Alla metà del XII secolo le province più importanti, al di fuori del regno di Gerusalemme, erano: Tripoli, Antiochia, Francia, Inghilterra, Poitiers, Aragona, Portogallo, Puglie ed Ungheria. Per Puglie si intendeva la Sicilia e l'Italia meridionale. Per Ungheria la costa dell'Adriatico corrispondente alla Dalmazia e all'Istria. In seguito si aggiunsero Aquitania, Normandia e Alvernia.

L'Italia venne divisa in regioni: Lombardia, Toscana, Patrimonio di San Pietro in Tuscia, Roma, Spoleto, Campania, Marche di Ancona, Sardegna.

Sedi templari vennero costituite a: Siracusa, Messina, Taranto, Brindisi, Bari, Troia, Penne, Vanna, Perugia, Siena, Lucca, Albenga, Venezia, Vetralla, Civitavecchia, Viterbo, Pisa, Colle di Baggiano (tra Pisa e Pistoia), Firenze, San Gimignano, Arezzo, Vignale, Grosseto e Frosini (tra Siena e Massa Marittima).

La sede dell'Ordine fu Gerusalemme dalla fondazione (1120) fino al 1187, Acri fino al 1291, e Cipro fino alla soppressione (1312).

Sedi importanti furono Parigi e Londra.

 


ECONOMIA

La missione

Per adempiere alla sua missione l'Ordine doveva mantenere costantemente un esercito in Terrasanta e negli altri luoghi dove venivano condotte le crociate.

Il costo del cavaliere

Intorno al 1180 per mantenere un cavaliere erano necessari 300 ettari di terreno. Intorno al 1260 gli ettari erano divenuti 1500 a causa dell'accrescimento del prezzo dei cavalli.

Nel 1267 il costo annuo di un cavaliere per la difesa di Acri fu di 90 livres tournois.

Cavalli

I cavalli erano essenziali per l'esercito templare. Si stima che nel XIII secolo l'Ordine avesse in Terrasanta, a fronte di 600 cavalieri e 2000 sergenti, circa 4000 cavalli.

Si stima che la razione giornaliera di un cavallo fosse di circa 12 chilogrammi di fieno e granaglie, e che l'acqua necessaria fosse di circa 27 litri. Essendo in Palestina molto scarsi i pascoli il cibo per i cavalli doveva essere importato via mare dall'Europa. Essendo il terreno in gran parte desertico si doveva provvedere a trasportare l'acqua ad ogni spostamento. La battaglia di Hattin venne persa proprio a causa della mancanza d'acqua.

I cavalli erano soggetti a rimanere azzoppati a causa del deserto di tipo roccioso.

Molte malattie colpivano i cavalli a causa del clima inclemente. I cavalli che, in gran parte erano importati dall'Europa, non sopportavano le alte temperature e l'aria del deserto.

I musulmani sapevano molto bene che un cavaliere senza cavallo era una preda facile e pertanto in battaglia miravano al cavallo. Il cavaliere avrebbe potuto essere riscattato con notevole guadagno.

La perdita di combattenti

All'epoca le perdite in battaglia assommavano mediamente al 30% dei combattenti. I templari dovevano quindi rinnovare continuamente il loro esercito. La perdita non era misurabile solo in vite umane ma anche nel costo degli armamenti perduti e dell'addestramento dei soldati.

Rapporto combattenti-non combattenti

Si stima che per ogni combattente fossero necessari almeno 4-5 non combattenti.

Produzione bellica

Per sostenere l'esercito era necessaria la fornitura di armamenti, vestiario, cibi e animali. I templari dovettero provvedere sia al reperimento dei beni che al loro trasporto attraverso il Mediterraneo.

Trasporti

I templari importavano viveri ed animali da Marsiglia e dai porti dell'Adriatico, in particolare da Brindisi e Bari. Una importante base templare venne posta a Messina.

L'Ordine organizzò una propria flotta che si affiancò ai navigli mercantili italiani e francesi. Navi templari vennero costruite a Zara.

Commercio internazionale

Il commercio tra Occidente ed Oriente era basato su: legno, ferro, cavalli, armi, grano, orzo, legumi. Tutti beni indispensabili ai crociati.

Il commercio tra Oriente ed Occidente comprendeva: tessuti, spezie, allume, cotone.

Responsiones delle magioni

Le magioni occidentali dovevano fornire all'Ordine un terzo delle loro entrate. In casi particolari venivano stabiliti dei tributi (responsiones) straordinari. Le responsiones servivano a mantenere l'esercito in Oriente.

Per far fronte alla richiesta di tributi le magioni occidentali dovevano avere un patrimonio con delle rendite.

Donazioni

Le donazioni costituirono la fonte principale del patrimonio dell'Ordine in Occidente. Potevano essere di ogni genere: terreni, case, mulini, denaro, ecc. Molto spesso gli eredi contestarono le donazioni ed i templari si trovarono coinvolti in dispute legali. Le donazioni venivano amministrate diligentemente in quanto era da queste che derivavano le entrate necessarie a pagare le responsiones.

Le donazioni vennero progressivamente ostacolate dalle autorità secolari che vedevano diminuire i loro introiti in quanto le donazioni erano esenti da tributi.

Decime ecclesiastiche

Il papa aveva esentato l'ordine dalle decime ecclesiastiche e dagli altri obblighi verso le autorità vescovili. Il clero locale non sempre obbedì ai precetti del papa e le dispute legali furono moltissime. Molto spesso si addivenne ad un arbitrato.

Concorrenza ecclesiastica

L'Ordine aveva necessità di fare propaganda per attrarre personale e avere donazioni. Pertanto, a differenza di altri ordini religiosi, i templari curarono molto l'aspetto pubblico delle loro chiese: cerimonie, festeggiamenti, reliquie, decorazioni artistiche, ecc.

Le chiese e le cappelle dell'Ordine attrassero molti fedeli. Il clero secolare venne privato delle offerte dei fedeli e divenne nemico dell'Ordine.

Depositi, cassette di sicurezza

I conventi dell'Ordine erano anche caserme e qualche volta fortezze. Vennero considerati da nobili e popolani luoghi sicuri dove andare a depositare i loro beni: gioielli e denaro, ma anche documenti. Esistevano dei forzieri o cassette di sicurezza di ogni persona o istituzione. I forzieri potevano essere aperti solo con doppia chiave.

Enrico II consegnò all'Ordine trentamila marchi per finanziare la crociata. Il fondo venne utilizzato per pagare i mercenari in occasione della battaglia di Hattin nel 1187.

Conti correnti

Il denaro poteva essere prelevato in loco o poteva essere prelevato in luoghi distinti da dove era stato versato. Venne sviluppato un sistema di contabilità molto preciso. Si teneva conto del cambio e si faceva riferimento a delle unità di conto. In un'epoca in cui i trasporti erano molto pericolosi fare solo dei movimenti di carta era più conveniente e più sicuro che portarsi dietro denaro contante, che in ogni caso avrebbe dovuto essere cambiato.

Prestiti

La disponibilità di denaro in cassa portò a fare dei prestiti. Lo stesso cambio divenne un modo per ottenere un interesse nascosto. A volte veniva fatto un contratto che stabiliva ammende molto alte in caso di insolvenza.

Chi voleva andare in pellegrinaggio in Terrasanta poteva chiedere un prestito.

I prestiti venivano fatti anche ad istituzioni secolari ed ecclesiastiche.

Nel 1148 Louis VII ricevette duemila marchi d'argento e trentamila livres parisis. Da tener presente che le rendite fondiarie dei capetingi negli anni 70 non superavano le sessantamila livres.

Nel 1216 l'abbazia di Cluny ricevette mille marchi d'argento.

Edoardo I prima di partire per l'Oriente richiese ventottomila libbre.

Nel 1282 Filippo III fu autorizzato da papa Martino IV a ritirare centomila livres tournois.

Intermediazione

I templari non avevano grandi somme in Oriente. Dovendo far fronte a improvvise richieste di prestiti si rivolgevano ai banchieri italiani, con i quali era stato stabilito un buon rapporto.

Garanti

A volte i templari vennero coinvolti non in qualità di operatori, ma in qualità di testimoni e garanti di operazioni finanziarie. In Terrasanta i banchieri italiani non conoscevano bene i loro clienti e ricorsero spesso all'appoggio dei templari in qualità di garanti.

Il Tempio di Londra

Enrico II depositò nel Tempio di Londra una parte del tesoro reale.

Enrico III, verso il 1230, pose a capo della Wardrobe Goffredo il templare.

Il Tempio di Parigi

Il tempio di Parigi era il centro dell'attività finanziaria dell'Ordine.

Il tesoro reale di Francia venne affidato al Tempio di Parigi.

Filippo Augusto affidò al templare Aymard, tesoriere del Tempio, la funzione di tesoriere regio.

Prima di partire per la crociata Filippo Augusto stabilì che le imposte riscosse durante la sua assenza fossero depositate presso il Tempio di Parigi.

Nel 1295 Filippo il Bello trasferì il tesoro reale dal Tempio al Louvre e lo diede in amministrazione a banchieri italiani. Il risultato non dovette essere soddisfacente e nel 1303 il tesoro ritornò al Tempio.

 


STORIA

 

La storia dell'Ordine del Tempio può essere suddivisa in tre parti:

I. Dalla fondazione dell'Ordine alla battaglia di Hattin

II. Dalla terza crociata alla caduta di Acri

III. Il processo e la fine dell'Ordine

La trattazione della I Parte viene fatta in questo documento seguendo il succedersi dei grandi maestri dell'Ordine.

La II e la III Parte saranno trattate in altro documento.


Quadro di riferimento

La Prima Crociata

Nel 1095 a Clermond in Alvernia papa Urbano II aveva esortato a prendere le armi per aiutare i cristiani orientali torturati ed uccisi dai musulmani.

Il 15 luglio 1099 un esercito di volontari liberava Gerusalemme.

Vennero costituiti quattro Stati: il regno di Gerusalemme, la contea di Tripoli, il principato di Antiochia e la contea di Edessa. Tiro, fino al 1124, ed Ascalona, fino al 1153, rimasero in mano ai musulmani.

I pericoli per i pellegrini

Il controllo del territorio al di fuori della città non venne stabilito completamente. Bande di saraceni aggredivano i pellegrini provenienti dal porto di Giaffa e diretti a Gerusalemme, soprattutto nel tratto tra Ramla e Montjoie.

Egiziani a sud e Turchi a nord minacciavano i Regni Latini e tendevano imboscate a chi si avventurava fuori delle cinte fortificate.

Secondo Fulcherio di Chartres ogni cristiano era in continua allerta. Lo squillo di tromba dell'allarme poteva risuonare in ogni momento.


 

 

3) I GRAN MAESTRI DELL' ORDINE DEL TEMPIO

 

Ugo di Payns

Champagne

1118/19

24.05.1136

Roberto di Craon

Maine (territorio di Vitré)

1136/37

13.01.1149

Everardo des Barres

Champagne (Meaux)

1149

1152

Bernardo di Trémelay

Franca Contea

1152

16.08.1153

Andrea di Montbard

Borgogna

1153

17.01.1156

Bertrando di Blanquefort

Berry o Regione di Bordeaux

1156

02.01.1169

Filippo di Nablus

Terra Santa

1169

1171

Oddone di Saint-Amand

Provenza

1171

08.10.1179

Arnaldo di Toroga

Aragona

1180

30.09.1184

Gerardo di Ridfort

Fiandre

1185

04.10.1189

Roberto di Sablé

Maine

1191

28.09.1193

Gilberto Erail

Aragona o Provenza

1194

21.12.1200

Filippo di Le Plezzies

Angiò

1201

12.02.1209

Guglielmo di Chartres

Chartres

1210

25.08.1219

Pietro di Montaigu

Arargona o Francia meridionale

1219

28.01.1232

Armando di Périgord

Périgord

1232

17.10.1244

Riccardo di Bures

Normandia o Terra Santa

1244/45

09.05.1247

Guglielmo di Sonnac

Rouergue

1247

11.02.1250

Rinaldo di Vichiers

Champagne?

1250

20.05.1256

Tommaso Berard

Italia o Inghilterra

1256

25.05.1273

Guglielmo di Beaujeau

Baujolais

1273

18.05.1291

Tibaldo Gaudin

Chartres-Blois?

1291

16.04.1293

Giacomo di Molay

Franca Contea

1294

18.03.1314

 


Hugues de Payns (1120-1136)

Strage di pellegrini

Nel 1119 una carovana di circa 700 pellegrini venne attaccata dai saraceni tra Gerusalemme ed il Giordano. 300 pellegrini vennero uccisi e 60 catturati.

Nel gennaio 1120, all'assemblea di Nablus, cui parteciparono clero e nobili, il problema della sicurezza venne affrontato e venne messa in evidenza la necessità di proteggere i pellegrini.

La fondazione dell'Ordine

Nel corso del 1120 nove nobili cavalieri, tra cui Hugues de Payns, Godefroy di Saint-Omer, Arcimbaldo du Saint-Aignan, Payen de Montdidier, Godefroy Bissot e un cavaliere chiamato Rossal o Roland, fecero voto di povertà, castità ed obbedienza davanti a Varmondo di Picquigny, patriarca di Gerusalemme.

Secondo Guillaume di Tiro alla nuova cavalleria venne affidato il compito di "difendere i percorsi e le strade dalle imboscate di ladri e assalitori, per una maggiore sicurezza dei pellegrini".

I templari

Baudouin II, re di Gerusalemme, che risiedeva in un edificio sul luogo dove si supponeva fosse stato costruito il Tempio di Salomone, accanto alla moschea di al-Aqsa, accolse in un'ala del suo palazzo la nuova milizia.

Nel 1120 Baudouin si trasferì nel nuovo palazzo reale, presso la Torre di David, e lasciò la sua residenza ai cavalieri consacrati, che da allora ricevettero il nome di templari.

Hugues de Payns (1120-1136)

Il primo gran maestro dell'Ordine fu Hugues, originario di Payns, località a circa 12 chilometri a nord di Troyes nella Champagne.

Cavaliere, signore di Montigny, sposato, un figlio di nome Tebaldo che sarebbe diventato abate del monastero di Sainte-Colombe di Troyes.

Hugues de Payns compì il suo primo viaggio in Terrasanta nel 1104 al seguito del conte Hugues di Champagne e vi ritornò, sempre insieme al conte, nel 1114.

Hugues morirà il 24 maggio 1136.

Adesioni

Il numero dei cavalieri crebbe rapidamente. Aderirono personaggi di alto lignaggio.

Nel 1126 entrò nell'Ordine Hugues conte di Champagne e nel 1130 vi entrò Raymond Roger conte di Barcellona.

In Europa

Nel 1127 Hugues de Payns accompagnato da cinque cavalieri, tornò in Occidente con l'obiettivo di:

- dare all'Ordine una Regola riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa;

- ottenere finanziamenti;

- arruolare volontari per l'Ordine e per Baudouin.

Hugues portava una lettera di Baudouin a Bernard di Clairvaux per l'accreditamento dei templari.

Il viaggio durò tre anni.

Prima del Concilio di Troyes

Probabilmente Hugues passò da Roma per incontrare il papa Onorio II (1124-1130) e poi si recò in Francia. Fu nella Champagne, nell'Anjou e nel Maine.

Hugues propose, a nome di Baudouin, la corona del regno di Gerusalemme al conte Folco V d'Anjou. Folco accettò la proposta.

Hugues passò quindi nel Poitou e in Normandia dove incontrò il re Enrico I, che lo inviò in Inghilterra. Fu poi in Scozia e nelle Fiandre, dove era stato preceduto da Guillaume de Saint-Omer, figlio del Conte di Fiandra. Rientrò nella Champagne con un seguito di cavalieri scozzesi e fiamminghi.

Intanto un'altra missione, guidata da Payan de Montdidier, attraversava la Piccardia e il Beauveais.

Il Concilio di Troyes: la regola latina

Il Concilio di Troyes si riunì il 13 gennaio del 1129. Era presente il cardinale Matteo d'Albano, legato del papa in Francia, gli arcivescovi di Reims e di Sens e numerosi abati tra cui quelli di Cîteaux e di Clairvaux. Assistevano anche autorità laiche come il conte di Champagne e il conte di Nevers.

L'Ordine venne riconosciuto ufficialmente e venne approvata la Regola latina, ispirata da Bernard de Clairvaux.

Diffusione dell'Ordine

Godefroy Bisot si occupò di diffondere l'Ordine in Provenza.

Hugues Rigaud, arruolato durante il Concilio, si mise a percorrere il Mezzogiorno della Francia. Ebbe un grande successo in Linguadoca.

Rigaud affidò a Raymond Bernard, un altro templare arruolato recentemente, l'incarico di svolgere attività nella penisola iberica.

Sulla via del ritorno

Alla fine del 1129 Hugues de Payns discese per la vallata del Rodano e in compagnia di Folco raggiunse Avignone e poi Marsiglia da dove si imbarcarono per la Terrasanta.

Hugues aveva ottenuto molte donazioni di terre ed edifici, oltre a concessioni finanziarie e giurisdizionali. Gli obiettivi del viaggio erano stati tutti raggiunti. Il Tempio era stato formalmente riconosciuto in Europa, i cavalieri si arruolavano numerosi, le autorità concedevano privilegi ed esenzioni, i nobili donavano terre ed edifici.

Assistenza ai pellegrini

Fino al 1140 i militari cristiani in Terrasanta furono sufficienti a difendere i territori liberati, unica eccezione la contea di Edessa. I templari erano poco numerosi, non risaltavano in mezzo alle diverse milizie.

Tra il 1131 e il 1138 il Tempio ottenne la prima posizione importante: il castello di Baghras, a nord del principato di Antiochia, al confine con la Cilicia armena.

In questo periodo l'opera militare dei templari si svolse principalmente nell'area iberica.

In Europa i templari assistevano i pellegrini presso i porti d'imbarco per l'Oriente e proteggevano i devoti che percorrevano le vie dirette al santuario di San Giacomo di Compostella o a Roma.

Il cronista inglese Matthew Paris ricorda il loro primo intervento militare in Terrasanta nel 1133.


Robert de Craon (1136-1149)

 

Robert de Craon (1136-1149)

Hugues de Payns morì il 24 maggio 1136. Aveva governato il Tempio per oltre 16 anni.

Il successore fu Robert de Craon (1136-1149).

Robert era di nobile famiglia. Tramite suo nonno Robert de Bourgogne era imparentato con i Capetingi. Suo padre era diventato signore de Craon sposando Domizia di Vitré.

Robert, figlio minore di Domizia, conobbe il Tempio in Terrasanta e vi entrò nel 1126. Ritornò in Europa nel 1132 e nel 1136 con il grado di siniscalco.

Robert morirà il 13 gennaio 1149.

Azioni dei templari

Guillaume di Tiro riferisce di un combattimento dei templari nel 1138. L'azione si volge contro beduini e turcomanni, provenienti dalla città di Teqoa sul Mar Morto, che depredano i pellegrini.

La bolla Omne datum optimum

Il 29 marzo 1139 Innocenzo II promulgò in Laterano la bolla Omne datum optimum che sottrasse l'Ordine del Tempio alle autorità ecclesiastiche locali e lo pose direttamente alle dipendenze del papa. L'Ordine venne anche esentato dal pagare le decime al clero. La bolla fu all'origine dei privilegi del Tempio, ma anche dell'odio che si riversò sull'Ordine.

La Regola francese

Nel 1140 Robert de Craon fece tradurre la regola latina in francese. I cavalieri non conoscevano il latino.

Il fronte iberico

Nel 1131 Alfonso I il Battagliero, re di Aragona e Navarra, lasciò in eredità il suo regno a tre Ordini militari: il Tempio, l'Ospedale, il Santo Sepolcro. Ovviamente gli eredi non tennero conto della volontà di Alfonso e alla sua morte si impadronirono del potere. Tuttavia dovettero scendere a patti con i tre Ordini.

Nel 1143 si arrivò ad un accordo: i tre Ordini militari avrebbero preso parte alla reconquista e avrebbero avuto la quinta parte di tutte le terre liberate dal dominio dei musulmani. I templari ottennero anche un certo numero di fortezze, l'esenzione da alcune tasse e un decimo delle entrate reali.

La bolla Milites Templi

Nel 1144 Celestino II con la bolla Milites Templi sollecitò contributi all'Ordine, diede facoltà ai cavalieri di raccogliere fondi e consentì ai cappellani dell'Ordine di celebrare la messa, una volta l'anno, nelle regioni colpite da interdetto.

La bolla Militia Dei

Nel 1145 Eugenio III con la bolla Militia Dei consentì al Tempio di raccogliere decime, pagamenti e tasse di sepoltura. I cavalieri ottenevano il permesso di possedere proprie chiese e propri cimiteri.

La caduta di Edessa

Nel 1144 Imad-ad-Din Zengi, atabeg di Mossul, pose l'assedio a Edessa. La vigilia di Natale, dopo un mese di assedio, la città cadde in mano ai musulmani. Il mancato coordinamento tra i cristiani aveva provocato la catastrofe. Raymond di Antiochia non si era mosso in soccorso della città perché aveva deciso di attendere l'arrivo dell'esercito del re di Gerusalemme.

L'indizione della seconda crociata

Il 1° dicembre 1145 papa Eugenio III indisse la crociata.

Il 31 marzo del 1146 Bernard de Clairvaux iniziò la predicazione della crociata.

L'inizio della seconda crociata

Furono organizzati due corpi di spedizione: uno francese comandato dal re Louis VII e uno tedesco comandato da Corrado III, imperatore di Germania. Si mossero prima i tedeschi.

Il 27 aprile 1147 centotrenta cavalieri templari si riunirono a Parigi sotto il comando di Everard de Barres, maestro di Francia dal 1143.

Francesi e tedeschi attraversarono l'Ungheria e i Balcani giungendo a Costantinopoli, tra gli attacchi dei Cumani e dei Peceneghi.

Nel giugno 1147 Louis VII attraversava il Bosforo e giungeva a Nicea dove incontrava i resti dell'esercito tedesco sconfitto dai Turchi Selgiuchidi a Dorileo. I due contingenti si diressero verso sud ma ad Efeso Corrado si ammalò e decise di tornare a Costantinopoli da dove raggiunse la Terrasanta via mare.

Louis decise di proseguire attraverso l'Asia Minore.

La battaglia del Cadmos

Nel gennaio 1148, sulle montagne del Cadmos (odierno Homaz), i Turchi attaccarono. I templari ebbero modo di distinguersi nella battaglia per la disciplina e il coraggio con cui si batterono, organizzarono la difesa dell'intero esercito e respinsero il nemico.

Louis ad Adalia (odierna Antalya) si imbarcò con parte dell'esercito dirigendosi verso San Simeone nel principato di Antiochia, dove giunse nel marzo del 1148.

Prestito al re di Francia

Il re di Francia era rimasto senza denari per pagare le truppe ed il loro sostentamento. Allora Everard andò ad Acri e raccolse il denaro necessario. Il re scrisse all'abate Suger di restituire duemila marchi d'argento e a Raoul de Vermandois, conte di Péronne, di restituire trentamila livres parisis. Per pagare il debito venne imposta una tassa straordinaria per la Crociata. Da notare che le rendite fondiarie dei capetingi fornivano annualmente sessantamila livres.

Assedio di Damasco

Louis da Antiochia si spostò ad Acri dove ritrovò Corrado.

Erano arrivati anche il marchese del Monferrato e i conti di Auvergne e di Savoia. Contingenti di crociati fiamminghi e inglesi, che avevano aiutato Alfonso Enriquez, re del Portogallo, a liberare Lisbona dai Mori, si unirono alle altre milizie.

Il 24 giugno 1148 venne deciso di porre l'assedio a Damasco.

Il 24 luglio 1148 l'assedio ebbe inizio.

Discordie tra le diverse milizie, la minaccia dell'arrivo di rinforzi musulmani e il tradimento indussero i crociati a togliere l'assedio il 28 luglio.

La seconda crociata era fallita.

A novembre l'imperatore Corrado lasciava la Terrasanta.

Re Louis VII durante il ritorno venne attaccato dalla flotta bizantina che si impadronì di parte delle sue navi.


Everard des Barres (1149-1152)

 

Everard des Barres (1149-1152)

Everard des Barres fu maestro di Francia dal 1143.

Guidò i templari durante la seconda crociata (1147-1148).

Divenne gran maestro del Tempio nel 1149, alla morte di Robert de Craon.

Nell'autunno del 1149 rientrò in Francia al seguito di re Louis. In Terrasanta rimase il siniscalco Andrée de Montbard.

In difesa del principato di Antiochia

Il 29 giugno Nur-ed-Din sconfisse i cristiani ad Inab e il principe Raymond rimase ucciso. Baudouin III organizzò una spedizione di soccorso. I templari inviarono 120 cavalieri e 1000 tra scudieri e sergenti.

Everard rientrò in Terrasanta portando nuove risorse in mezzi e uomini.

Nel 1152 si dimise dalla carica e si ritirò nell'abbazia di Clairvaux dove prese l'abito cistercense.

Mori nel 1176.


Bernard de Trémelay (1152-1153)

 

Bernard de Trémelay (1152-16 agosto 1153)

Bernard de Trémelay proveniva dalla Franca Contea.

Fu eletto gran maestro del Tempio nel 1152 dopo le dimissioni di Everard des Barres.

Morì il 16 agosto 1153 in combattimento.

Assedio di Ascalona

Dopo la sconfitta di Damasco, Baudouin III decise di rivolgersi contro Ascalona.

Fece ricostruire la fortezza di Gaza, a sud di Ascalona, e tra 1149 e il 1150 l'affidò ai templari.

Il 16 agosto 1153 venne aperta una breccia nelle mura di Ascalona. Quaranta templari guidati dal loro gran maestro Bernard de Trémelay si riversarono sulla breccia e riuscirono ad entrare in città. Non sostenuti dalle altre forze cristiane, furono tutti uccisi nel contrattacco dei musulmani, che appesero i loro corpi senza testa alle mura della città.

Il 22 agosto Ascalona si arrese. Gli abitanti la evacuarono e furono accompagnati fino al confine con l'Egitto.


Andrée de Montbard (1154-1156)

Andrée de Montbard (1154-1156)

Andrée de Montbard era lo zio di Bernard de Clairvaux. Aleth, la madre di Bernard, era sorella maggiore di Andrée.

Andrée era il sesto figlio del signore di Montbard, in Borgogna.

Fu siniscalco ai tempi di Everard des Barres.

Venne eletto gran maestro alla morte di Bernard de Trémelay.

Morì il 17 gennaio 1156.

Nasir al-Din

Il 7 giugno 1154 i templari catturarono Nasir al-Din, figlio di Abbas, visir dell'Egitto, mentre fuggiva dopo un fallito colpo di stato. Venne rivenduto agli egiziani per 60.000 pezzi d'oro.

Fortezze templari

A metà del secolo i templari erano presenti, oltre che a Gaza:

- nel principato di Antiochia con le fortezze di La Roche de Russole, La Roche Guillaume, a 1200 metri d'altezza, Darbsaq (odierna Trapesaq), Port Bonnel (odierna Arsouz) e soprattutto Gastun (odierna Baghras), 26 chilometri a nord di Antiochia, in prossimità del passo di Belen;

- nella contea di Tripoli con le fortezze di Tortosa (odierna Tartus) sul mare, e Chastel Blanc (odierna Safitha) sui monti Nusairi.

Nel 1166 i templari si sarebbero installati ad Ahamant (odierna Amman) nell'Oltregiordano, e nel 1168 a Safed in Galilea. Nel 1178 avrebbero controllato Chastellet, presso il Guado di Giacobbe, uno dei tre passaggi del Giordano.

Il centro di deposito dei viveri e delle armi era a La Fève (odierna al-Fula).

La strada da Gerusalemme a Gerico era protetta dal castello di Maldoin. Su Gerico dominava il castello di Mont Quarantaine. Un altro castello era sul luogo del battesimo di Cristo sul Giordano.

Fino al 1187 il quartier generale dell'Ordine rimase a Gerusalemme nell'area del Tempio.


Bertrand de Blancfort (1156-1169)

Bertrand de Blancfort (1156-1169)

Venne eletto gran maestro alla morte di Andrée de Montbard.

Il 18 giugno del 1157 venne catturato insieme ad altri 87 templari da Nur ed-Din. Venne rilasciato solo nel maggio del 1159 quando l'imperatore bizantino Manuele stipulò una tregua con Nur ed-Din.

Il 10 agosto del 1164 sessanta templari morirono combattendo con Boemondo di Antiochia presso Harim.

Nel 1164 e nel 1167 i templari parteciparono alle spedizioni di re Amalrico contro l'Egitto.

Nel 1166 dodici templari che si erano arresi ai musulmani e avevano consegnato un castello, vennero impiccati per ordine di re Amalrico.

Nel 1168 Bertrand si rifiutò di prendere parte alla campagna militare di Amalrico contro l'Egitto perché violava il trattato concluso con il visir egiziano Shawar.

Bertrand morì il 2 gennaio del 1169.


Philippe de Nablus (1169-1171)

Philippe de Nablus (1169-1171)

Venne eletto gran maestro nel mese di agosto del 1169.

Philippe fu l'unico gran maestro nato in Terrasanta. Proveniva dalla nobiltà del regno di Gerusalemme. Era figlio di Guy de Milly, località della Piccardia. Aveva ereditato il feudo di Nablus dallo zio Payan il Dispensiere.

Nel 1161 re Baudouin III sostituì il suo feudo di Nablus con la signoria di Oltregiordano, meno importante.

Philippe entrò nell'Ordine il 17 gennaio del 1166.

La sua nomina a gran maestro venne sostenuta da re Amalrico, che nel 1162 era succeduto a Baudouin. Il ritardo tra la morte di Bertrand e l'elezione di Philippe potrebbe testimoniare una resistenza dell'Ordine alla interferenza laica.

Philippe morì il 3 aprile del 1171 a Costantinopoli nel corso di una missione per il re. Si era dimesso dalla carica di gran maestro poco tempo prima.


Eudes de Saint-Amand (1171-1179)

Eudes de Saint-Amand (1171-1179)

Venne eletto gran maestro nel 1171.

Nel 1155 Eudes era nell'elenco de hominibus regis.

Nel 1157, quando era maggiordomo regio e ancora non era entrato nell'Ordine, fu catturato dai musulmani, che lo rilasciarono nel 1159.

Tra il 1165 e il 1167 fu a Costantinopoli in missione per il re. Combinò il matrimonio tra re Amalrico e Maria Comnena, figlia dell'imperatore Manuele I.

Fino al 1169 non figura tra i membri dell'Ordine.

Nel 1171 venne eletto gran maestro, probabilmente con il forte appoggio di re Amalrico.

Nel 1173 re Amalrico avviò trattative con la setta degli Assassini. Il negoziatore musulmano, mentre ritornava dal suo capo con le proposte cristiane, venne intercettato da alcuni cavalieri templari che lo misero a morte. Gauthier de Mesnil, il capo di questo gruppo di cavalieri, venne imprigionato da re Amalrico, nonostante l'opposizione di Eudes.

Nel giugno del 1179 Eudes venne fatto prigioniero a Marj Ayun, presso il Guado di Giacobbe, dal Saladino. Morì in prigionia l'8 ottobre.


Arnaud de Torroja (1180-1184)

Arnaud de Torroja (1180-1184)

Venne eletto gran maestro alla morte di Eudes de Saint-Amand.

Arnaud, originario dell'Aragona, era stato maestro di Spagna e Provenza a partire dal 1167.

Un vero templare, dopo due uomini del re, tornava a coprire la suprema carica dell'Ordine.

Nel 1184 insieme al patriarca Eraclio e al gran maestro dell'Ordine dell'Ospedale partì per l'Europa allo scopo di sensibilizzare i governanti. Erano previste visite in Italia, Francia e inghilterra.

Arnaud morì a Verona il 30 settembre 1184.


Gérard de Ridfort (1185-1189)

Gérard de Ridfort (1185-1189)

Venne eletto gran maestro all'inizio del 1185.

Gérard, di origine fiamminga o anglonormanna, giunse in Terrasanta intorno al 1170.

Nel 1179 divenne maresciallo del regno di Gerusalemme.

Nel 1180 Guglielo Dorel, signore di Botrun, morì. Raymond III, conte di Tripoli, assegnò il feudo ad mercante pisano di nome Pilvano. Gérard, a cui Raymond aveva promesso il primo feudo libero, ritenne di essere stato gravemente offeso.

Poco dopo Gérard entrò nell'Ordine. Nel 1183 divenne siniscalco e gran maestro nel 1185.

Trono vacante

Nel settembre 1186 il Regno di Gerusalemme si ritrovò senza re per la morte di Baudouin V, ancora bambino.

Secondo quanto era stato stabilito da Baudouin IV, Raymond doveva diventare reggente e un nuovo re doveva essere scelto dal papa, dall'imperatore e dai re di Francia ed Inghilterra.

Invece Sibylle, la sorella di Baudouin IV, insieme al marito Guy de Lusignan si impadronì del trono. In tale operazione venne aiutata da Gérard, che costrinse il gran maestro dell'Ospedale, Roger de Les Moulins, a consegnare le chiavi della tesoreria dove era conservata la corona.

Alle sorgenti di Cresson

Nell'inverno tra il 1186 e il 1187 Gérard indusse re Guy a prendere le armi contro Raymond. Questi negoziò una tregua con Saladino.

Baliano di Ibelin cercò di riportare la pace. Venne organizzata una missione che doveva recarsi a Tripoli per avviare le trattative. Della missione facevano parte Giosia, arcivescovo di Tiro, Gérard e Roger.

La notte del 29 aprile la missione sostò a Nablus presso il castello di Baliano. Il giorno dopo l'ambasceria ripartì.

Intanto al-Afdal, figlio di Saladino, con 7000 cavalieri mamelucchi al seguito era stato autorizzato da Raymond ad attraversare la contea di Tripoli.

L'ambasceria venne avvertita da Raymond del movimento delle truppe musulmane.

Gérard chiese rinforzi al castello templare più vicino.

Il primo maggio gli ambasciatori giunsero a Nazareth. La guarnigione regia si unì al gruppo.

Alle sorgenti di Cresson musulmani e cristiani si incontrarono. Le forze cristiane erano costituite da 140 cavalieri, di cui 90 templari.

Jaques de Mailly, maresciallo del Tempio, e Roger de Les Moulins, gran maestro dell'Ospedale, proposero di ritirarsi. Gérard volle attaccare. 140 contro 7000. Si salvarono Gérard e due templari.

Hattin

Guy chiamò a raccolta tutte le forze armate del regno. Anche Raymond accorse.

Il 2 luglio 1187 l'esercito cristiano venne schierato a Seforia pronto a respingere l'invasione guidata da Saladino.

Per smuovere l'esercito cristiano dalla ottima posizione in cui si trovava Saladino attaccò Tiberiade, feudo di Raymond. Nella rocca di Tiberiade si trovava anche la moglie di Raymond.

Il consiglio di guerra venne riunito e si decise di non muoversi. Ma Gérard convinse Guy e il 3 luglio l'esercito partì in direzione di Tiberiade. I templari, come d'uso, erano alla retroguardia.

Saladino con azioni di disturbo costrinse l'esercito a rallentare la marcia e poi a fermarsi ai Corni di Hattin dove il 4 luglio l'esercito cristiano venne distrutto.

Guy e Gérard furono fatti prigionieri. 230 templari, sfuggiti alla morte in battaglia, furono massacrati dagli integralisti islamici davanti a Saladino sorridente.

Dopo Hattin

Nel settembre del 1187 Gérard venne riscattato in cambio del castello templare di Gaza.

Gerusalemme cadde il 2 ottobre 1187. Per due giorni la croce venne trascinata per la città e colpita con dei bastoni.

Nell'agosto del 1189 Gérard e Guy si ritrovarono uniti all'assedio di Acri.

Il 4 ottobre Gérard morì combattendo.

 


 

 

 

4) STORIA DELL' ORDINE

 

 

Premessa.

Le informazioni di seguito riportate, hanno come unico scopo quello di fornire alcune indicazioni riguardanti la Storia dell'Ordine Templare nei suoi aspetti salienti, ulteriori approfondimenti saranno forniti in altre pagine del presente sito, oppure tramite altri collegamenti a siti specifici, o consultando la Bibliografia.

Fondazione

L’Ordine dei Templari fu fondato attorno al 1119 a Gerusalemme. Un nobile di ceto medio della regione francese della Champagne, Ugo di Payns e nove suoi compagni formularono i tradizionali voti religiosi di povertà, castità e obbedienza, creando ad una comunità che, grazie alla donazione del Re di Gerusalemme, Baldovino II, ebbe come propria residenza una parte del palazzo reale identificato dai crociati come il tempio di Salomone, da cui derivò il nome di Templari. Occorre precisare che numerose furono le donazioni , da parte di nobili e potenti, all'Ordine di navi per l'organizzazione delle Crociate. Allo stesso modo i possedimenti dei nobili, in caso di mancanza di eredi diretti, venivano donati all'Ordine, contribuendo così alla vittoria contro gli Infedeli e mantenendo buoni rapporti con la Chiesa.

Il compito iniziale del nuovo Ordine era quello della protezione di coloro che attraversavano la Terra Santa per recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme.

Ma nel breve volgere di pochi anni, i Templari assunsero funzioni prettamente militari, partecipando a tutti i combattimenti che coinvolsero i Crociati nelle lotte contro i Musulmani.

Alcuni hanno ipotizzato che i Templari abbiano imitato l'istituzione musulmana del ribat, che rappresentava una fortezza alle frontiere dell’Islam, dove i musulmani conducevano una vita religiosa e militare. Ma quest'ipotesi è fortemente discutibile: non è, infatti, certo che i Franchi in Oriente, durante i primi decenni del secolo. XII, conoscessero l’esistenza del ribat.

Il cambiamento dei compiti originari dei Templari non costituì uno stravolgimento radicale della loro vita; conseguentemente, il cambiamento può essere collegato alla semplice necessità degli Stati Crociati, di poter contare su un elevato numero di soldati.

L'incremento numerico dei Templari nei primi anni di vita dell'Ordine fu molto modesto; e questo spiega le motivazioni per cui Ugo di Payns si recò, nel 1127, in Francia appellandosi al sostegno di San Bernardo di Chiaravalle. A sostegno dell'iniziativa, San Bernardo compose il De laude novae Militiae.

L'opera del nuovo Ordine raccolse subito numerose simpatie in Occidente, in quanto come monaci combattenti, i Templari lottavano contro gli infedeli in Terra Santa difendendo gli ideali della Chiesa; furono, infatti, considerati come martiri della cristianità.

In occasione del Concilio di Troyes, tenutosi nel gennaio 1128, l'Ordine ottenne l'approvazione del Papa e, sotto la guida spirituale di San Bernardo, fu redatta la sua regola originaria. La regola era una derivazione delle usanze già consolidate dai Templari cui San Bernardo diede il proprio autorevole contributo.

Ugo di Payns ed i suoi seguaci iniziarono a viaggiare per l'Europa Occidentale alla ricerca di nuove reclute ed offerte di natura economica; la loro opera incontrò il successo della popolazione permettendo all'Ordine di accumulare numerose ricchezze nel breve volgere di pochi anni.

Sviluppo.

In ragione delle notevoli esigenze finanziarie, ai Templari fu concesso di acquisire proprietà materiali, in contrasto con quanto stabilito per altri ordini monastici, ma similmente a quanto previsto dagli altri Ordini Militari.

Sicuramente, i donatori confidavano che i Templari avrebbero riservato a loro preghiere e benefici spirituali; mentre alcuni, in cambio di versamenti in denaro, ottennero pensioni e vitalizi.

La possibilità d'acquisto di proprietà appartenenti ai laici fu consentita grazie a numerosi privilegi stabiliti dai pontefici nel corso del secolo XII, a testimonianza del favore riservato dai Papi all'Ordine Templare; nel dettaglio chi concedeva un'oblazione annuale all'Ordine aveva diritto all'esenzione di un settimo della penitenza ricevuta mentre era data facoltà di ricevere sepoltura nei cimiteri dei Templari.

Il volume delle donazioni rivolte all'Ordine iniziò a diminuire solo nel corso del secolo XIII. Bisogna inoltre tenere conto che i Templari incrementarono il loro patrimonio mediante vendite ed acquisti di proprietà. Le esenzioni fiscali, sia da parte civile sia ecclesiastica, rappresentarono un'altra efficace formula per accrescere il loro patrimonio.

L'esenzione dal pagamento delle decime, e gli altri privilegi ottenuti dall'autorità pontificia (tra cui l'esenzione dalla giurisdizione del vescovo), furono in ogni modo causa d'ostilità nei confronti del clero secolare e causarono numerose controversie. Molte controversie furono risolte con accordi locali (spesso contrastanti), che in ogni caso limitarono le concessioni iniziali, fino ad arrivare alla decisione di papa Innocenzo III di ridurre nel 1215 i privilegi delle decime.

Numerose erano, inoltre, le reclute attirate nell'Europa Occidentale, in particolare i figli minori dei nobili che diversamente sarebbero stati destinati ai monasteri.

Compiti bellici

La notevole consistenza patrimoniale dell'Ordine era fondamentale per la sopravvivenza dei Regni Latini d'Oltre Mare che non potevano contare su rendite finanziarie in loco e tanto meno sulla possibilità di reclutare combattenti in Siria.

Conseguentemente la sopravvivenza, a livello bellico, degli Stati Latini fu affidata quasi esclusivamente agli Ordini Militari, e nonostante che gli effettivi dei Templari non raggiunsero mai un numero adeguato alle reali esigenze, furono loro a fornire il contributo più pesante, anche a livello di perdite umane come nella battaglia di Le Forbie (1244) quando furono uccisi 312 Templari.

Non è possibile, a causa della mancanza di documenti, tracciare una pianta esatta dei possedimenti dei Templari in Terra Santa. Sappiamo da fonte certa, che la fortezza di Gaza fu ceduta all'Ordine nel 1149, è fu tra i primi loro possedimenti. Nel secolo XII buona parte della Contea di Tripoli era controllata dagli Ordini; ed in particolare i Templari possedevano le fortezze di Tortosa, Chastel Blanc e Hattin. Inoltre, essi stessi intrapresero la costruzione di fortezze come: Athlit nel 1218 e Safed nel 1240.

L'organizzazione militare dei Templari era abbastanza simile a quella degli altri Ordini Militari, prevedeva, infatti, la presenza di Cavalieri e Sergenti, oltre alla possibilità di assoldare in loco combattenti definiti "turcopoli". Lo schieramento Templare garantiva esperienza e disciplina.

Le regole di combattimento erano molto dettagliate, sia per quanto riguardava lo spostamento delle truppe sia per quanto riguardava l'ingaggio del combattimento.

Nel momento della battaglia, lo schieramento Templare, forniva sia l'avanguardia sia la retroguardia per l'intero esercito crociato.

Molte volte i Templari prendevano decisioni militari contrastanti con quelle dei Sovrani degli Stati Latini; ma le loro scelte si rivelarono spesso dettate esclusivamente dal coraggio. Infatti, ancora nel 1300, occuparono l'isolotto di Ruad difendendolo per due anni, costituendo l'ultimo caposaldo latino in Terra Santa.

Importantissimo, anche se non pertinente alla nostra analisi, è il ruolo militare svolto dai Templari nella penisola Iberica; dove ebbero un ruolo decisivo nella "reconquista" al fianco dei sovrani spagnoli.

La Struttura organizzativa.

L'amministrazione dei beni acquisiti, rappresenta un aspetto prioritario nell'attività templare; infatti, esistevano tre livelli amministrativi: la Commanderia (o convento), la Provincia e la Sede Centrale dell'Ordine.

La Commanderia, rappresentava l'unità base amministrativa, ed era retta dal Precettore; nel caso essa si trovasse in zone di confine, poteva assumere una struttura prettamente militare. All'interno della stessa il numero di Templari era spesso ridotto e gestiva esclusivamente solo gli aspetti amministrativi. Il Precettore, assieme a quattro o più colleghi, gestiva anche la parte giudiziaria della Commanderia.

Le Provincie raccoglievano le Commanderie ed i loro confini corrispondevano a quelli dei regni. La gestione della Provincia era affidata ad un Maestro Provinciale che nominava i superiori delle Commanderie, ricevendone anche le rendite annuali. Le decisioni riguardanti, la compravendita di proprietà era in ogni modo riservata alla Sede centrale che provvedeva regolarmente a visitare le Provincie.

La Sede Centrale dell'Ordine, era gestita dal Gran Maestro (che furono 23 dal 1119 al 1307) cui era affidato, congiuntamente ad altri membri, il governo ordinario. Al Gran Maestro erano affiancati: un siniscalco (fino al XII secolo), un Gran Commendatore, un Maresciallo, un Tesoriere, un Drappiere ed un Turcopolo. Il capitolo generale rappresentava l'altro organo di governo, e comprendeva i Templari scelti in rappresentanza delle Provincie a formare l'Assemblea dell'Ordine, che si riuniva mediamente con cadenza annuale, probabilmente emanando le variazioni della Regola

Classi.

Inizialmente, il termine Frati equivaleva a quello di Cavalieri. Successivamente i chierici furono considerati come cappellani. I laici erano invece divisi tra Cavalieri e Sergenti; per i primi l'ammissione era possibile solo in base alla discendenza nobiliare, mentre i secondi dovevano semplicemente essere uomini liberi. I Sergenti erano suddivisi in due categorie: coloro che erano combattenti e coloro che invece erano adibiti a compiti in tempo di pace. L'uso della croce rossa Templare su abito bianco, era riservata esclusivamente ai Cavalieri; mentre i Sergenti indossavano abiti scuri.

Appare evidente che, all'interno dell'Ordine, l'elemento clericale era subalterno a quello laico; infatti, per l'elezione del Gran Maestro era previsto che uno soltanto dei tredici elettori dovesse essere un cappellano.

Nelle magioni Templari erano spesso ospitati anche persone non appartenenti all'Ordine, inoltre, l'Ordine disponeva di servitori regolarmente pagati.

Aspetti Religiosi:

Le regole tipicamente monastiche, furono adattare alle esigenze dei Templari e lo stesso noviziato non fu adottato per molto tempo.

La pratica dell'oblazione dei bambini fu scarsamente utilizzata.

La vita spirituale nelle Commanderie, non assumeva un aspetto rilevante, ad esclusione di quelle in cui erano numerosi i Cavalieri; in particolare i digiuni erano più limitati rispetto agli altri Ordini Religiosi

Attività finanziaria.

I Templari, oltre ad amministrare direttamente i propri beni, si occuparono anche di tenere in deposito beni altrui utilizzando forme similari all'attuale conto corrente bancario, basti ricordare come, nel corso del XIII secolo, essi funsero da tesorieri per il Re di Francia. In molte occasioni i Templari fornirono mutui e prestiti alla nobiltà del tempo; inoltre, erano indispensabili per i trasferimenti di valuta, soprattutto in Oriente. Ai Templari è anche attribuita l'invenzione del moderno assegno bancario.

Decadenza dell'Ordine.

Appare evidente che le notevoli ricchezze ed i privilegi dei Templari furono oggetto di critiche ed invidie; critiche che diventarono sempre più consistenti nel secolo XIII, quando gli esiti dei combattimenti in Terra Santa furono sempre più sfavorevoli. Inoltre non era possibile conoscere l'esatta consistenza del patrimonio dell'Ordine, spesso dimenticando quanto fosse rilevante il loro ruolo per il sostentamento dei Regni Latini.

Anche la rivalità esistente con gli Ospedalieri fu enormemente sopravvalutata, e portò a prevedere la fusione dei due Ordini attraverso un procedimento avversato da entrambe le parti.

Il clima creatosi favorì certamente l'azione del Re di Francia, Filippo il Bello, e la conseguente abolizione dell'Ordine con la Bolla Vox Clamantis in Excelso del 3 Aprile 1312, in occasione del Concilio di Vienne.

Gli storici moderni sono concordi nel ritenere le accuse d'eresia formulate nei confronti dell'Ordine, inconsistenti e simili a quelle rivolte ad altri. Non furono mai trovate, all'interno delle Commanderie, prove incriminanti, e tutte le confessioni furono estorte solo grazie a minacce e torture; pur ammettendo che in alcune magioni si fossero verificati casi di sodomia, per altro comuni ad altri Ordini Religiosi dell'epoca.

Appare evidente che la spiegazione più logica dell'accanimento contro i Templari sia da collegarsi alle difficoltà finanziarie di Filippo il Bello, che in ogni caso non trasse vantaggio dalla sua scellerata iniziativa di impadronirsi delle ricchezze dell'Ordine, in quanto le stesse furono assegnate da papa Clemente V (con la Bolla Ad Providam del 2 Maggio 1312) ai Cavalieri di Rodi, detti poi di Malta (che ebbero comunque difficoltà a recuperare i beni) ad eccezione di quelli francesi, spagnoli e portoghesi.

Nella penisola Iberica ed in Scozia, i Templari non subirono alcuna persecuzione conservando anche le proprietà patrimoniali; mutarono semplicemente il loro nome dando vita, ad esempio, all'Ordine militare di Montesa ed all'Ordine militare del Cristo.

Per quanto riguardava i singoli Templari riconosciuti innocenti, e sottomessi alla Chiesa, fu loro assegnato un vitalizio e continuarono a vivere nelle loro magioni o presso altri istituti religiosi.


5) CRONOLOGIA  dell'Ordine Templare

 

1118 Ugo di Payns fonda l'Ordine a Gerusalemme

1128 Il concilio di Troyes approva la regola dell'Ordine, redatta da San Bernardo

1139 (29 marzo) Con la bolla Omne datum optimum, Papa Innocenzo II riconosce l'Ordine dei Templari.

1188 Papa Clemente III approva la prima raccolta degli ordinamenti integrativi della regola.

1241 Successi dell'Ordine in Terra Santa e contro i mori in Spagna

1291 Capitolazione di San Giovanni d'Acri.

1305 Serie di denunce fatte da Esquiu de Floryan provocano sull'Ordine accuse di eresia, blasfemia e comportamenti lascivi.

1307 (13 ottobre) In una sola giornata, per ordine del grande inquisitore di Francia, Guglielmo Imbert, e del consigliere del Re, Nogaret, vengono arrestati tutti i Templatri di Francia.

1312 (22 marzo) Al concilio di Vienne, Papa Clemente V, condizionato dalle pressioni di Filippo IV di Francia, sopprime l'Ordine.

1314 (18 marzo) L'ultimo Gran Maestro dei Templari, Giacomo di Molay, per aver ritrattato le confessioni che precedentemente gli erano state estorte, viene arso vivo a Parigi insieme a Geoffroy de Charnay.

 

 

CRONOLOGIA DEL PROCESSO AI TEMPLARI

 

(tratto da "La Fine dei Templari di Malcom Barber, ediz. Piemme 1994)

Fine 1306 - inizio 1307

Giacomo di Molay giunge in Francia.

1307

24 agosto: inizia l'inchiesta pontificia, su preghiera di Molay

14 settembre: Filippo IV ordina segretamente ai suoi siniscalchi di organizzare l'arresto dei Templari

13 ottobre: arrestati i Templari di Francia

14 ottobre: Nogaret formula le accuse contro i Templari. Le accuse vengono trasmesse alla Facoltà di Teologia della Sorbona

16 ottobre: Filippo IV scrive a Jaime II, re d'Aragona, per metterlo al corrente dell'arresto dei Templari.

19 ottobre: hanno inizio a Parigi i primi interrogatori

24 ottobre: primo interrogatorio di Molay

25 ottobre: Molay si difende dinnanzi ad esponenti dell'Università di Parigi

26 ottobre: Filippo IV scrive nuovamente a Jaime, per metterlo al corrente degli esiti degli interrogatori

27 ottobre: scritto di Clemente V a Filippo IV, in cui il pontefice notifica al sovrano la propria riprovazione per l'arresto dei Templari.

9 novembre: viene interrogato Ugo di Pairaud

22 novembre: pontificia bolla Pastoralis praeminentiae

24 dicembre: Molay dinnanzi ai legati pontifici ritratta tutte le affermazioni fatte durante gli interrogatori

1308

febbraio: Clemente sospende dall'incarico il grande inquisitore Guglielmo Imbert. Filippo pone sette quesiti ai membri della Facoltà di Teologia della Sorbona.

9-24 marzo: Filippo convoca gli stati generali

25 marzo: risposta della Facoltà di Teologia della Sorbona ai sette quesiti del Re

5-15 maggio: gli stati generali si riuniscono a Tours

26 maggio: Filippo s'incontra a Poitiers con papa Clemente

29 maggio: prima allocuzione di Plaisians al concistoro pontificio

14 giugno: seconda allocuzione di Plaisians

27 giugno: Filippo consegna a papa Clemente 72 Templari che deteneva

5 luglio: pontificia bolla Subit assidue

12 agosto: pontificie bolle Faciens misericordiam e Regnas in coelis

13 agosto: Clemente parte da Poitiers

17-20 agosto: due cardinali interrogano a Chinon i Templari ivi detenuti.

1309

marzo: Clemente fissa la propria residenza permanente ad Avignone. Ha inizio l'inchiesta vescovile sui singoli cavalieri Templari.

8 agosto: la commissione pontificia dà inizio al processo all'ordine

22 novembre: prime inchieste della commissione pontificia

26 novembre: Molay compare per la prima volta dinnanzi alla commissione

28 novembre: Molay compare per la seconda volta dinnanzi alla commissione. La commissione dichiara chiusa la prima seduta

1310

3 febbraio: la commissione si riunisce per la seconda seduta

2 marzo: Molay compare per la terza volta dinnanzi alla commissione

14 marzo: ai Templari vengono recitati 127 capi d'accusa. I cavalieri intendono difendersi

28 marzo: i Templari convengono in gran numero nei giardini del palazzo vescovile di Parigi.

4 aprile: pontificia bolla Alma Mater

7 aprile: difesa dell'Ordine da parte dei 4 procuratori a ciò scelti dai cavalieri

12 maggio: 54 Templari vengono condannati a morte dal sinodo dell'Arcivescovo di Sens e arsi vivi nelle vicinanze di Parigi

3 novembre: la commissione pontificia si riunisce per la terza seduta

1311

5 giugno: la commissione pontificia dichiara chiuse le proprie indagini

16 ottobre: si apre il concilio di Vienne. Sette cavalieri Templari vi compaiono con l'intenzione di difendere il loro ordine

1312

20 marzo: Filippo IV giunge a Vienne, unico sovrano a recarvisi

22 marzo: pontificia bolla Vox in excelso

2 maggio: pontificia bolla Ad providam

6 maggio: pontificia bolla Considerantes dudum

1313

21 marzo: i gerosolimitani sono disposti a pagare 200.000 lire tornesi a Filippo IV per i beni Templari. Il sovrano porta la somma a 1.000.000 di lire tornesi.

1314

18 marzo: Giacomo di Molay e Geoffroy de Charnay vengono arsi vivi sull'isola della Senna presso Notre Dame.

20 aprile: muore Clemente V

29 novembre: muore Filippo IV


 

6) Il Paradosso Templare

 

Riceviamo e pubblichiamo un interessante articolo di Giuseppe R. (grizzlyb@tin.it) riguardante la doppia figura del Templare: Monaco e Cavaliere.


La nascita degli Ordini Militari, nella storia del Monachesimo, s'inserisce in un più vasto capitolo, segnato dalla forte esigenza di rinnovamento della tradizionale esperienza benedettina, che aveva raggiunto il suo massimo, opulento splendore ma inesorabilmente anche il proprio inaridimento spirituale, con Cluny .

In questo fervore di rinascita di antichi ideali cristiani, quali la povertà, si riflettevano una generale evoluzione del sentimento religioso e la progressiva attenzione prestata anche alla natura umana del Cristo - basti vedere l'evoluzione nella raffigurazione del Crocefisso - che videro naturalmente emergere, accanto alla rinascita "more patrum" di forti esperienze eremitiche, l'esigenza nuova di unire al servizio a Dio l'esercizio attivo della carità verso i fratelli: poveri, malati, pellegrini...

E' in questa luce che va vista la nascita dei vari ordini Ospitalieri, dai più importanti e conosciuti sino ai più piccoli e locali , e anche quella dei cavalieri Templari che dovevano proteggere il viaggio di quanti si recavano in pellegrinaggio in Terrasanta.

C'è tuttavia un aspetto del cavaliere Templare che occorre sottolineare:

egli é un monaco ed è un cavaliere, realizzando di fatto un paradosso. Egli infatti assomma in sè due delle tre ,ormai classiche, funzioni sociali individuate ed ampiamente studiate nelle società indoeuropee dall'antropologo Georges Dumézil , e nelle quali si articola anche la società medievale occidentale, e cioè: quella propria degli "oratores", socialmente preminente, e quella propria dei "bellatores". Uno dei rischi più insidiosi cui si espone chi affronti un evento storico, soprattutto se così distante - nel senso più vasto del termine - da noi, è quello di cedere alla tentazione di interpretarlo secondo le categorie mentali proprie della cultura a lui contemporanea: alla luce della nostra etica, che tende a vedere "colui che prega" come uomo di pace per definizione, risulta sicuramente incomprensibile come potessero convivere nella medesima istituzione due istanze così palesemente contraddittorie, opposte fra loro, come quella religiosa e quella guerriera. Ma nella società medievale occidentale del XII secolo, in cui fiorisce il fenomeno degli Ordini Militari, era così ? e se tale carattere di "mostruosità sociale" esisteva anche per la società loro contemporanea, è lecito chiedersi se e quanto tale fatto possa sotteraneamente aver inciso sulla storia e sulla tragica fine dell'Ordine Templare, che fra tutti gli Ordini Militari era sicuramente il più spiccatamente guerriero, come sancito già dalla bolla papale "Omne datum otium" emessa da Innocenzo II nel 1139 che, senza riferimento alcuno al servizio di protezione dei pellegrini, sottolinea come i Templari , "immergendo le mani nel sangue dei miscredenti" le consacrassero di fatto a Dio? Non abbiamo la pretesa di fornire risposte ma solo spunti di riflessione, e proprio questa bolla papale - che segue di pochi anni il concilio di Troyes (1128) che sancisce l'istituzione dell'Ordine - ratificando autorevolmente lo status religioso dei Templari, potrebbe indirettamente testimoniare della posizione contraddittoria in cui di fatto si trovavano i monaci-guerrieri figli di Ugo di Payns, piccolo nobile della Champagne infiammato da un amore tutto cavalleresco e terreno di Cristo. Un amore che , dal momento che la Chiesa vietava il passaggio dal Tempio ad altro Ordine religioso monastico, pare rimanere nella considerazione ecclesiastica di un gradino più basso rispetto a quello, puro e spirituale, di chi sceglieva di servire il Nazareno fra le silenziose solitudini del "deserto", reale o convenzionale che esso fosse, seguendo quella spinta assoluta di ricerca del Cristo (che inizia già ad essere un po' meno Re ed un poco più Redentore) che ha animato quella feconda stagione di rinascita del monachesimo iniziata al volgere del millennio , di cui si diceva, e che avrebbe portato via via Camaldoli, La Chartreuse, Cistercium...

Un amore dunque che aveva mani, seppure consacrate a Dio, troppo grondanti sangue per non risultare imbarazzanti fra le mura di un convento, riproponendo a suo modo l'antica contrapposizione fra la militia Christi e la militia saeculi ( ricordiamo che fra i mestieri illeciti proibiti ai chierici vi era anche quello del soldato, segnato dal tabù del sangue). In realtà sarebbe interessante - e forse anche stimolante e non così anacronistico - seguire lo svilupparsi del concetto di "guerra", prima ancora che santa, "giusta", che da Aurelio Agostino (" una guerra può dirsi giusta quando ci si propone di punire una violazione del diritto... quando si tratta ad esempio di punire un popolo che si rifiuta di riparare un'azione ingiusta" , tuttavia "colui che è in grado di pensare alla guerra e sopportare questo pensiero senza provare in sé un gran dolore, ha perduto veramente il senso umano" ) in poi si è elaborato in una società, come quella occidentale, così fortemente influenzata dal Cristianesimo, che sancisce l'irrinunciabile condanna dell'omicidio come suprema colpa. Tale strada però ci porterebbe assai lontano, giungendo fra l'altro a porci di fronte alla necessità di analisi di un altro concetto evangelicamente "scandaloso", e cioè quello di "pace ingiusta". Ci accontenteremo perciò di ricordare come la Chiesa, nel tentativo di arginare la violenta turbolenza di una feudalità già agli albori della sua crisi , si ponesse l'obiettivo di convertirla al servizio di Dio, indirizzando tale potenziale aggressivo all'esterno della Cristianità - e gli scritti sulla crociata di Bernardo di Clairvaux stesso, padre spirituale del Tempio, non lasciano dubbi circa il suo pensiero al proposito! - trasportando così su di un livello universale, cosmico la lotta intima di ciascun credente contro il Male. La guerra contro i non cristiani - infedeli, ma non dimentichiamoci gli eretici che videro anch'essi armare contro di loro una crociata - così acquistò un significato escatologico di "malicidio" che, appoggiandosi più all'Antico Testamento che non al Nuovo - dove pure la Chiesa leggeva " ... non veni pace mittere, sed gladium"(Mt 10,34) a dimostrazione che non alla pace fra gli uomini Cristo si riferiva, ma esclusivamente a quella con Dio - rendeva legittimo anche l'omicidio, che non solo non era più una colpa ma diventata un servizio meritevole reso alla causa divina. Nasceva così anche per il Cristianesimo la guerra santa - paragonabile per certi versi alla jihad islamica tuttora esistente - riassumibile nel pensiero di Bernardo: "Il Cavaliere di Cristo uccide in piena coscienza e muore tranquillo: morendo si salva, uccidendo lavora per il Cristo" e forse ancor più esemplarmente nell'ormai proverbiale, giacché per noi inconcepibile, battuta attribuita da Cesario di Heisterbach a Simon de Monfort di fronte all'eccidio dei cittadini (catari e cristiani) di Béziers: "Uccideteli tutti: Dio riconoscerà i suoi!" "Dio li distinguerà!".

Questo il panorama filosofico, dominato dal pensiero agostiniano per il quale, nella guerra, ciò che è condannabile per il vero cristiano non è tanto la morte di uomini comunque votati ad essa dalla loro condizione mortale, quanto il colpevole desiderio di nuocere ai propri simili; è il panorama restituitoci dai documenti scritti, di fatto riferibili in genere solo a quella limitata cerchia di esseri umani - costituita quasi esclusivamente dai rappresentanti colti dell' alto clero - che finisce con l'essere l'unica di cui spesso si ha testimonianza diretta ,al punto da scordare talvolta quanto poco rappresentativo campione dell'intera società essa fosse.

Non ci è dato sapere quali fossero in realtà i pensieri e i sentimenti al riguardo della restante popolazione, se non attraverso quelle che potremmo definire "prove indiziarie": la voce, sia pure pressoché isolata, di Pier Damiani, camaldolese (1007-1072) che sosteneva come "in nessuna circostanza è consentito prendere le armi per la difesa della fede della Chiesa Universale; ancor meno gli uomini possono dar battaglia per beni terrestri e transitori" (Patr. Lat., CXLIV ); la testimonianza muta ma eloquente di quanti, tornati dalla Crociata e segnati nell'intimo dall'esperienza vissuta, davanti al notaio si spogliavano dei beni materiali per votare la propria vita a Dio; infine le defezioni che, nonostante la formale proibizione della Chiesa, dai ranghi del Tempio condussero numerosi Templari a spogliarsi della loro anima guerriera per divenire monaci a tutti gli effetti - un esempio eccellente per tutti: il terzo Gran Maestro dell'Ordine Everardo des Barres (1149 - 52) che decise di entrare a Clairvaux.

Eppure, al di là di crisi di coscienza da una parte e fanatismi (perlomeno fino alla definitiva perdita di Gerusalemme, da poco riconquistata, nel 1244 e che venne letta da molti come drammatico segno dello sfavore di Dio), incrollabilmente convinti dell'alleanza divina dall'altra - non recitava forse il proverbio: arrogante, superbo come un Templare? - questi temibili guerrieri votati a Dio dovevano esercitare già tra i loro contemporanei parte di quel fascino che avrebbe fatto sopravvivere la loro leggenda fino a noi, se il poeta Wolfram von Eschenbach nel suo Parzival(1200 - 1210) decise di chiamare Templari i Cavalieri del Graal - e nel descrivere il loro Castello secondo alcuni s'ispirò al monastero cistercense di Clairvaux - e davvero, non riusciamo ad immaginare più nobile cavalleria di questa!

C'è poi, a nostro avviso, tra il Cavaliere e il Monaco, una terza figura importante nella genesi psicologica degli Ordini Militari, la quale assomma in sé aspetti di entrambe e che, dopo la ricca fioritura benedettina precedente, torna prepotentemente attuale a partire dal X secolo tanto da divenire poi nell'immaginario cortese l'ideale controparte religiosa del Cavaliere: l'Eremita. Chi infatti meglio dell'Eremita può incarnare l'aspetto eroico della fede, l'anelito ad una dimensione eroica nel vivere la fede?

Come resistere dunque al fascino dell'immagine, offertaci da Cardini, di un giovane Ugo che seguendo la Crociata fra sé medita come, in fondo, l'Uomo di Dio che affronta il Demonio sconfiggendolo con la forza che gli deriva dalla sua fede non sia dissimile dal Cavaliere che si arma per sconfiggere il Male incarnato dagli Infedeli deicidi?

 

 

Fonti e Bibliografia

Philippe Contamine- La guerra nel Medioevo - Il Mulino 1986

Claudio Risè - Psicanalisi della guerra - Immagini del profondo ed. RED 1997

Georges Dumézil - Gli dèi dei Germani - Adelphi 1974

Aurelio Agostino - Contra Faustum; Quaestiones in Heptateucum; Epistole

Aurelio Agostino - De Civitate Dei - Rusconi 1995

Franco Cardini - Alle origini della cavalleria medievale - La Nuova Italia 1997

Wolfram von Eschenbach - Parzival - TEA,1989

Aaron Gurevic - Contadini e santi - Einaudi Paperbacks, 1986

 

 


 

 

7) Nascita dei Templari a Gerusalemme

 

Trascriviamo un interessante articolo di Oriano Granella, pubblicato sul numero 5 di Eteria, riguardante la fondazione dell'Ordine Templare:


Quando si va a Gerusalemme e si sale sulla spianata del Tempio per la solita frettolosa visita di gruppo alle due moschee, non sempre viene ricordata la storia della nascita dei Templari legata a quel luogo, in particolare alla moschea detta "El Aqsa".

A dire il vero nessun segno oggi ricorda questo rapporto dei Cavalieri Templari con l'antica moschea: Saladino, dopo aver riconquistato Gerusalemme (1187), soppresse il chiostro e le altre costruzioni dei Templari, ad eccezione del refettorio dei cavalieri, lungo il muro meridionale, ove ha sede il museo islamico.

Questa moschea costruita dal califfo al-Walid (709-715), distrutta due volte da terremoti già nei suoi primi sessant'anni di esistenza, ricostruita dal califfo al-Mahdi nel 780, dalle quindici navate laterali iniziali fu poi ridotta alle attuali sette con la ricostruzione fatta dal califfo az-Zahir dopo il terremoto del 1033, e si presenta oggi un po' fredda, nel suo restauro realizzato tra il 1938 e il 1942, con quella selva di lucide colonne marmoree (dono di Mussolini). Praticamente quasi nulla, a parte la struttura generale, rimane dell'antica moschea del tempo dei crociati.

Quando i cristiani conquistarono Gerusalemme nel 1099, procedettero a proprie identificazioni riguardo alle costruzioni che erano nella spianata del Tempio. Ritennero la Moschea di Omar, o Cupola delle Rocce, il "Tempio del Signore" e perciò la trasformarono in chiesa, ponendovi l'edificio. Mentre identificarono la moschea "El Aqsa", con la sua grande area sotterranea, come la zona del "Tempio di Salomone (Templum Salomonis)".

Originariamente il nome El Aqsa (la più lontana) indicava tutta la spianata del Tempio, in quanto il luogo santo di Gerusalemme era il "Santuario più lontano" in cui fu trasportato Maometto nel suo famoso viaggio notturno. L'uso del nome venne poi limitato a questa grande moschea della preghiera.

Essa divenne, dopo la conquista crociata, la prima residenza del Re di Gerusalemme fino al 1128, quando il Re Baldovino la cedette ai soldati-monaci che, appunto da questa sede (il loro quartier generale), assunsero la denominazione di "Milites Templi" o "Templari".

Al di là di tutte le vicende, molte volte fantastiche e leggendarie, che circondarono quest'Ordine cavalleresco e che, anche per calcoli politici ed economici, portarono alla sua soppressione e al nascere, anche per calcoli politici ed economici, portarono alla sua soppressione e al nascere, anche per i secoli successivi, del cosiddetto fenomeno del "Templarismo", bisogna riconoscere che quest'Ordine, al suo sorgere, rispondeva a esigenze precise della situazione che si era creata nel Regno crociato e, soprattutto, che partiva da intenti profondamente religiosi e nobili, anche se legati alla cultura del tempo.

Basti pensare che all'origine dell'affermarsi di questa nuova figura di monaci-cavalieri, sta un grande teologo e un grande santo: Bernardo, abate di Clairvaux. Ma procediamo con ordine.

Conquistata Gerusalemme il 15 luglio 1099, con quei massacri e saccheggi che purtroppo seguirono, e instaurato un potere centrale con Goffredo di Buglione, molti principi e cavalieri tornarono a casa. Al re Baldovino, succeduto a Goffredo di Buglione, restarono solo duecento cavalieri e mille fanti.

Pur avendo il sostegno delle flotte delle città marinare, che permise ai crociati di conquistare varie città del litorale (in cui potevano sbarcare pellegrini e rifornimenti), tuttavia all'interno la situazione rimase instabile. Le scarse milizie crociate, impegnate in guerra e asserragliate nei castelli, non erano in grado di esercitare un adeguato compito di protezione nel territorio per l'incolumità dei pellegrini e dei loro beni.

Ecco che allora, accanto agli ordini religiosi tradizionali sorsero i cosiddetti ordini cavallereschi, come quello degli Ospitalieri (così chiamati dall'Ospedale di S. Giovanni in Gerusalemme) che si prendeva cura dei pellegrini e dei malati, ma che talvolta cingeva le armi per difendere i suoi ospizi dagli attacchi dei musulmani o dare man forte ai crociati nella difesa dei castelli e città. Questi saranno conosciuti anche col nome di Cavalieri di Rodi e poi di Malta.

Ma un ordine in particolare sorse proprio con lo scopo di difendere i Luoghi Santi: quello dei Templari appunto.

Le sue origini si fanno risalire a un cavaliere francese, Ugo di Payns che verso il 1118-19, insieme al conte Ugo di Champagne, raccogliendo intorno a sé un primo gruppo di cavalieri, pensò di costituire una specie di "militia Christi" (milizia di Cristo) con il compito di difendere i pellegrini dalle incursioni degli infedeli.

La novità però era nel fatto che di questa milizia "scelta", per così dire, potevano far parte solo cavalieri che prendevano i voti come religiosi. Persone quindi senza famiglia (o che comunque avevano lasciato la famiglia, le loro terre e i loro privati interessi) e che nel segno della vita religiosa - cioè con i voti di castità, povertà e obbedienza - dovevano consacrarsi con tutte le loro energie alla difesa dei Luoghi Santi. Anzi questo compito lo assumevano con un voto apposito. Crociati di Cristo sino alla morte. Si aveva così, per la prima volta e in forma ufficiale, la figura del monaco-soldato.

Sino a quel momento nella Chiesa era parso inconciliabile questo doppio compito: fare il religioso con i tre voti, in un ambiente quasi evangelico, di pace e pacificazione (per questo c'era il divieto di portare armi e l'esenzione obbligatoria da ogni servizio militare), e fare il militare, compito che apparteneva ai laici.

La nascita di questa religiosa associazione di combattenti fu accolta favorevolmente da Baldovino, Re di Gerusalemme, che subito si rese conto dell'aiuto che poteva avere da una truppa così qualificata e completamente consacrata alla difesa del Regno crociato. Concesse perciò a loro, che avevano inizialmente assunto il nome di "Poveri Cavalieri di Cristo", la sua propria residenza sulla spianata del Tempio, da cui, come detto, derivò il nuovo nome di "Templari".

Ma la loro posizione nella Chiesa non era ancora tanto chiara e infatti subito affiorarono alcune critiche a questa novità di una milizia formata da monaci.

Ugo di Payns, con alcuni nobili compagni, pensò allora di venire a Roma per avere un riconoscimento papale. Papa Onorio II, dopo averli ricevuti ed ascoltati, pensò di inviarli al Concilio di Troyes, che aprì i suoi lavori il 14 gennaio 1128. A questo Concilio partecipò anche il grande Bernardo, abate di Clairvaux, che ebbe l'incarico dal Cardinale legato di revisionare la Regola dell'Ordine che Ugo di Payns si era portato dall'Oriente.

E fu proprio S. Bernardo che, riscrivendo per loro la Regola, se ne fece supremo garante e ne motivò teologicamente la scelta. Secondo il Santo abate il monaco-cavaliere non soltanto combatte contro gli infedeli, ma anche contro il demonio e il Male in ogni sua forma. E per questo le sue armi, oltre a quelle tradizionali dei cavalieri laici, saranno la penitenza, la prudenza, la castità, la vita di preghiera e l'obbedienza.

Al termine del Concilio di Troyes il nuovo Ordine fu ufficialmente riconosciuto e il papa assegnò ai cavalieri come divisa un mantello bianco, a cui fu poi aggiunta una croce rossa.

Il loro motto: "Non nobis Domine, sed Nomini tuo da gloria" (Non a noi Signore, ma al tuo Nome dà gloria) appariva con fierezza sugli stendardi e nelle loro dimore.

I membri dell'Ordine avevano il voto di povertà ma - come era per tutti gli ordini monastici del tempo - l'Ordine in quanto tale poteva avere possedimenti, per mantenere i suoi monaci e raggiungere i suoi scopi, molto onerosi in questo caso, dovendo sostenere le spese di guarnigioni, castelli e guerre vere e proprie.

Al termine del Concilio il gruppo dei Cavalieri Templari si avviò per l'Europa per ricercare aiuti economici, fondare case, trovare nuovi adepti e organizzare validi canali di approvvigionamento.

E' sorprendente lo straordinario successo che ebbe la nuova istituzione, non solo per le adesioni di nuovi cavalieri, ma per il favore che ebbe con innumerevoli lasciti e donazioni di case e castelli, tanto da divenire, in breve tempo, una grande potenza economica con anche una propria flotta marinara.

S. Bernardo, dal canto suo, continuò ad esortare i cavalieri del suo tempo perché superando il loro inveterati vizi di superbia, vanagloria, avidità, lussuria, si convertissero alla nuova cavalleria di Dio, la milizia di Cristo, i Templari.

In Terra Santa pian piano i Templari, come gli Ospitalieri (anch'essi sempre più assimilati all'ideale del monaco-guerriero) e, più tardi, i cavalieri Teutonici, acquistarono un'importanza decisiva per la difesa delle terre crociate, andando spesso ben oltre al loro iniziale scopo e divenendo una vera forza militare indipendente, qualche volta anche in contrasto con la monarchia e in lotta con gli altri Ordini Cavallereschi.

Nato sotto il segno del servizio e del coraggioso dono di sé, sino ad essere disposti a morire per il Cristo, purtroppo la potenza e la ricchezza accumulate, suscitarono spesso incomprensioni, gelosie e un sacco di accuse, soprattutto in Europa.

La fine della presenza crociata in Terra Santa segnò comunque anche la loro fine. Il 18 maggio 1291, cadde in Palestina S. Giovanni d'Acri, ultimo bastione crociato in Terra Santa. I Templari, sino all'ultimo, resistettero nella loro cittadella, coprendosi di gloria e mostrando estremo coraggio.

Ma pochi anni dopo, nel 1307, Filippo il Bello, re di Francia, trama contro di loro e fa arrestare tutti i Templari del suo regno.

Inizia così la lunga e tenebrosa storia che porterà ad accuse, torture e processi e infine alla soppressione dell'Ordine da parte di papa Clemente V nel 1312, e alla morte, bruciato sul rogo come eretico nel 1314, dell'ultimo Gran Maestro: Giacomo di Molay.

Tra quelle fiamme terminò la gloriosa storia dei Templari.


8) Riabilitazione legittima dei Templari:

ritardo ingiustificato


Riceviamo e pubblichiamo una relazione stilata da Carlo Gualtieri, a cura delle Edizioni Templari dell' S.M.T.H.O. di Roma, che riteniamo interessante per sviluppare un aspetto estremamente controverso.


Proemio:

Con una certa frequenza negli ultimi tempi, specialmente da quando è caduto il Muro di Berlino, si parla e si scrive intorno all'Ordine dei Templari ed all'ingiustizia della Bolla "Ad providam Christi Vicarii", con la quale il Pontefice Clemente V, pressato dal Re Filippo IV il Bello e minacciato dai suoi consiglieri ebbe, in data 2 maggio 1312, a disporne la interdizione.

I giornalisti, i giuristi ed i filosofi se ne occupano con serietà di intenti e di sforzi, e quasi sempre proficuamente nel ristretto mondo della cultura.

Da parte mia si intende dare un piccolo contributo per tentare di dimostrare che, contrariamente a quanto le apparenze potrebbero far pensare (innegabile autorità di una bolla pontificia), l'ingiustizia del provvedimento in questione non è una opinione personale o di pochi, ma una verità scientificamente e filosoficamente acclarata.

Si ritiene opportuno non presentare un'ulteriore ricostruzione storica del pensiero dei tanti studiosi, cattolici e laici, che hanno eloquentemente dimostrato l'iniquità della Bolla Conciliare di Vienna; occorre, però, precisare che uno studio giuridico non può seriamente occuparsi di argomenti non scientifici, quale quello in esame, senza prescindere dal diritto naturale, dal diritto canonica-ecclesiastico e dal diritto positivo pubblico-privato.

Riabilitazione secondo il diritto naturale.

L'attenzione va soffermata principalmente sul tema come il cattolico in veste di semplice cittadino o di giurista debba comportarsi, quando è chiamato ad osservare una sentenza ritenuta ingiusta. Sorge, con evidente carattere di pregiudizialità, il più grave e complesso problema di vedere che cosa si debba intendere per diritto naturale, e se fino a qual punto sia possibile qualificare, in base al diritto naturale, sicuramente ingiusto il provvedimento emesso dal Pontefice Clemente V. Già Papa Pio XII, nel discorso tenuto in occasione del primo convegno nazionale di studi dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha parlato di contrarietà del diritto positivo e delle sentenze "alle leggi di Dio e della Chiesa", offrendo ai cattolici di tutto il mondo preziose precisazioni in materia di diritti dell'uomo, di giustizia sociale e di giustizia internazionale, ma ha lasciato ai giuristi cattolici il compito di determinare con maggiore precisazione quali leggi di Dio e della Chiesa debbano considerarsi costitutive del contenuto del diritto naturale; quali siano, in altri termini, "le norme di condotta universale che fanno parte dell'ordine obiettivo umano e civile stabilito dalla mente altissima del Primo Fattore". Certo non bisogna far ricorso alla cosiddetta legislazione del cuore, perché è ben vero che nella coscienza dell'uomo esiste una certa attitudine a distinguere in forma immediata il giusto dall'ingiusto, ed è anche vero, per chi possiede la fede religiosa, che la predetta attitudine è una potenza istintiva posta negli uomini da Dio, ma bisogna pur riconoscere che nelle situazioni di lineare semplicità (aperte violazioni dei comandamenti della legge di Dio, torture, responsabilità collettiva, persecuzioni, parità dei diritti negata agli Ebrei ecc..) gli uomini riescono, sulla base della predetta attitudine, a giudicare intorno alla giustizia ed all'ingiustizia di sentenze non conformi alle leggi. A ciò si deve aggiungere che le ragioni del cuore valgono, quando trattasi di dimostrare che una determinata decisione è ingiusta, purché vengano espresse in termini accettabili dalla ragione. Con ciò si intende assicurare l'esistenza del dono che Dio ha dato all'uomo infondendogli il senso morale, dono che offre, col sussidio della grazia divina, la possibilità di distinguere il bene dal male, nei limiti in cui tale distinzione è necessaria ai fini della salvezza dell'anima, senza affermare la possibilità di decidere in ogni caso intuitivamente se una sentenza sia giusta od ingiusta rispetto ai precetti della giustizia naturale, che secondo S. Tommaso è, si noti bene, soltanto un'ombra evanescente della giustizia divina. L'indirizzo prevalente di elevare a dignità costitutiva del contenuto del diritto naturale quel tanto di esso che è contenuto in Lege et in Evangelio e nella dottrina morale e sociale della Chiesa, suscita delle perplessità anche nella coscienza di un fervente cattolico, e ciò perché: a) le idealità etico-giuridiche suggerite dalla Chiesa da transuenti vicissitudini storiche e contrapposte, sotto la spinta di travolgenti crisi politiche ed economiche, agli ordinamenti giuridici positivi, devono, per non togliere al diritto naturale quei caratteri di universalità e di prennità che lo distinguono dallo ius in civitate positum, restare soltanto nel ristretto dominio della politica legislativa o Scienza della Legislazione (G. Filangieri), avente ad oggetto il miglior modo di organizzare e disciplinare la convivenza per il bene materiale e spirituale della collettività e dei suoi membri singolarmente considerati; b) mentre si ammette l'esigenza etica che la legge non sia mai contraria alla morale, non si ammette e non si riesce neppure a comprendere che ogni precetto morale contenuto nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, ed in generale nelle dottrine morali e sociali della Chiesa, possa entrare a far parte del contenuto del diritto naturale. Il contenutismo anti-Kantiano non deve essere spinto al punto di considerare precetti di diritto naturale anche il dovere morale di sopportare pazientemente le offese ricevute e di offrire la guancia sinistra a colui che ci ha colpito sulla guancia destra; o da considerare, nel problema in esame, giusto il provvedimento di Clemente V, con il quale sono stati condannati quei Templari che hanno peccato di idolatria, vizio e corruzione. Il contenuto da dare al diritto naturale va ricercato, è vero, nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, nella morale cattolica ed in genere negli insegnamenti della Chiesa Cattolica, ma in definitiva va poi fissato in pochi e generalissimi principi diretti ad assicurare la permanenza di condizioni indispensabili per la conservazione ed il perfezionamento della vita fisica e spirituale degli uomini e della società di cui essi fanno parte.

Oggi, dopo molti secoli di vicissitudini storiche, più o meno cruente, e di fronte al crollo definitivo della rigida concezione liberale dello Stato ed alle istanze di una più concreta giustizia umana, il diritto naturale non può essere neutrale fino al punto di prescrivere la semplice sottomissione ai voleri di Dio (S. Agostino) o all'amore universale (S. Ambrogio), e perciò non si può non arricchire il diritto naturale tenendo conto dei nuovi valori spirituali affermatisi o rivelatisi attraverso l'esperienza individuale e collettiva, e l'elaborazione della dottrina. Non va dubbio pertanto che debbano far parte del contenuto del diritto naturale, oltre i precetti morali contenuti in Lege et in Evangelio o nelle dottrine della Chiesa, anche alcuni canoni fondamentali attinenti alla persona, alla proprietà ed al contratto, non senza mettere in rilievo i diritti che, sulla base degli attributi fondamentali della natura umana, ed in conformità e senza opposizione agli insegnamenti della Chiesa Cattolica, furono riconosciuti all'uomo con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, diritti che i Pontefici avevano in parte proclamato in una serie di messaggi ed encicliche, e che la dottrina Cattolica italiana aveva preso in esame sotto il profilo scientifico. Non illusoria pertanto, ma obiettiva è l'esistenza di esigenze perenni di moralità e di giustizia, che ripetono la loro origine dalla Giustizia divina, e sono come tali trascendenti ed immanenti insieme, e non è senza valore dimostrativo, a tale riguardo, il fatto che colossi del pensiero umano collocarono la giustizia nel cielo, raffigurandosela più bella delle stelle mattutine e delle stelle della sera (Aristotele), o altrettanto bella quanto il cielo stellato (Kant).

Detto e messo in luce tutto ciò, va però rilevato che, anche quando il contenuto del diritto naturale sia stato ampliato ed arricchito nel senso di cui si è detto, si ha pur sempre una serie di precetti meramente orientativi, estremamente flessibili ed adattabili alle più disparate circostanze storiche, di fronte alle quali è meno facile di quanto generalmente si crede il decidere se l'Ordine dei Templari "Magnus ordo in Ecclesia" (Papa Alessandro III), contro il quale fu proibito "di pronunciare ogni e qualsiasi sentenza di scomunica o di interdizione" (Papa Clemente IV), possa fianlmente, senza ulteriore ritardo, ottenere la legittima riabilitazione. La critica della Bolla Clementina, ritenuta ingiusta, è razionalmente fondata e va considerata con molta serietà, attesa la dimostrazione che è contraria a chiari e precisi dettami di diritto naturale, ed è provvista di adeguata giustificazione etico - giuridica perché desume tale ingiustizia dalla contrarietà alle idealità dl predetto diritto. E' incontestabile il contrasto fra il diritto naturale ed il processo inquisitorio, cui furono sottoposti i Templari, incardinato in palese violazione dei canoni fondamentali del contraddittorio, della difesa e della sottomissione al Giudice naturale. Il diritto naturale altro non è che l'anima della morale sociale. Esso non intende affatto fermare la storia, inquadrare in astrali schemi le varie manifestazioni della vita, mummificare la realtà, ma intende far sentire nelle varie contingenze storiche l'esigenza di un criterio superiore di giustizia sulla base del principio neminem laedere, suum cuique tribuere. Il diritto naturale, in definitiva, non può che consistere nella riduzione del concetto di diritto al concetto di giustizia. Il diritto sta nella libertà, che non è altro che l'atto finale della ragione che ha determinato la volontà a manifestarsi all'esterno, ma se la ragione e la volontà fanno difetto non può certamente darsi l'ordine del diritto. L'ignoranza, l'errore, il dolo e la violenza che hanno consentito la promulgazione della Bolla Clementina evidenziano la parvenza ma non già la realtà della libertà e dell'atto giuridico in essa contenuta: Sotto il dominio del dolo e della violenza la libertà nei giudicanti è completamente mancata, da cui consegue che il provvedimento emanato è illegittimo; in particolare la violenza, che si oppone alla spontaneità e la nega, destituisce l'uomo della propria libertà, costringendolo a reprimere le sue aspirazioni religiose o glorificarle nel martirio. E tale violenza non va dubbio che è stata una realtà.

Riabilitazione secondo il diritto canonico

Nell'ambito strettamente giuridico tutto il diritto divino, sia naturale che positivo, sussiste indipendentemente dalla sua recezione nel Codex juris canonici. Estratto da esso quel tenue gruppo di precetti che i teologi ritengono di diritto divino, per tutto il resto ci troviamo di fronte a raccomandazioni o a ordini di natura contingente. Nell'ambito estraneo alla sua struttura, la Chiesa, dove non è limitata dal diritto divino, non si lega mai a date forme politiche o a date strutture sociali. Se c'è un insegnamento che emerge chiaro da tutta la storia della Chiesa, è che essa ha potuto, di volta in volta, nella sua condotta pratica favorire date forme politiche ed osteggiarne altre, favorire certe strutture ed altre osteggiarne. Peraltro mai ha canonizzato il suo insegnamento nella condanna definitiva di un regime: quelli che si è limitata a dichiarare inattaccabili o invece a condannare, cono stati singoli punti, tratti dal diritto naturale e divino positivo. Non si trova nel Codex la normazione regolare dei rapporti tra cattolici e non cattolici, né la codificazione delle norme sulla tolleranza religiosa, e sui suoi limiti. La storia millenaria della Chiesa, in qualsiasi tempo la si consideri, ci mostra la sua estrema adattabilità; i principi di diritto divino sono sempre rispettati e fatti salvi. Le regole dettate da Bernardo di Chiaravalle scaturiscono dal diritto divino, e come tali non possono essere disattese dalla mancata riabilitazione dell'Ordine dei Templari da parte della Santa Sede. Il diritto pubblico e privato delle associazioni, che per statuto diffondono tali regole, coesiste con le prescrizioni del diritto divino interpretate dalla Chiesa.

L'Ordine dei Templari fu riconosciuto da Papa Onorio II (1124-1130) che ne diede ufficialmente conferma a conclusione del Sinodo di Troyes del 1 gennaio 1128, e fu preso sotto la protezione della Chiesa con la Bolla del 18 giugno 1163 di Papa Alessandro III (1159-1181), e ciò con forza del can. 100 - § 1 del Codex: "..ex speciali competentis ecclesiastici concessione data per formale decretum…". Nella lettera di Baldovino II, Re di Gerusalemme, a San Bernardo di Chiaravalle "Constitutiones Templanorum taliter condide" si legge che l'Ordine Sovrano e Militare del Tempio di Gerusalemme è un'istituzione mondiale elettiva e non ereditaria secondo i principi iniziali dei Poveri Cavalieri di Cristo e del tempio di Salomone. Il carattere religioso dell'Ordine fu confermato dalla Santa Romana Chiesa con l'approvazione della Regola (Regula Pauperum Commilitonum Christi, Templique Salomonici), secondo i dettami di San Bernardo di Chiaravalle. Come tale l'Ordine venne incluso nei "Tertii ordines saeculares" (can. 702), qui "ad perfectiorem vitam christianam inter socios promovendam" ordinantur. Il diritto della Chiesa di acquisire, dopo la soppressione dell'Ordine dei Templari i suoi beni temporali (can. 1495-1496) e di disporne, per poi asegnarli all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme - ad providam Christi Vicarii - non può far sorgere dubbi sulla collocazione del primo (can. 691) tra le personae morales collegiales e precisamente tra le Associationes (Tertii Ordines saeculares, Confraternitates, Piae Uniones), istituite con formale decreto. L'Ordine dei Templari venne riconosciuto dal diritto positivo dell'epoca, come anche la Chiesa ebbe a riconoscere la sua capacità giuridica a guisa della capacità dei privati fedeli. Il Codex gli ha riconosciuto il diritto al nome o ad un titolo proprio (can.688 e 710 e 492); il diritto al sigillo ed al bollo (can.703); il diritto alla precedenza onorifica (can.106) ed alla propria sede giuridica (can.1560 n°2 e 3). Va rilevato che diversamente dal diritto civile, che non prevede la perpetuità delle associazioni, il diritto canonico (can.102-§1) ha sempre ammesso un tale principio per le persone morali e collegiali, e quindi per l'Ordine dei templari: "Persona moralis, natura sua, perpetua est". Come è noto, infatti, nel diritto canonico la soppressione di una persona morale può avvenire solamente o in via amministrativa (per decretum) o per via giudiziaria (per sententiam). In virtù del canone 102-§1 la persona morale si estingue se viene soppressa dalla legittima autorità, o se per un periodo di cento anni è venuta a mancare. Tuttavia ciò che di fatto viene a mancare, non può dirsi estinto giuridicamente, e pertanto l'estinzione giuridica delle persone morali, come la loro costituzione, non nasce da un fatto meramente fisico, ma soltanto da un fatto giuridico, che certamente non è ravvisabile nel provvedimento Clementino. Nel rispetto quindi della perpetuità delle persone morali, come la loro costituzione non nasce da un fatto meramente fisico, ma soltanto da un fatto giuridico, che certamente non è ravvisabile nel provvedimento Clementino. Nel rispetto quindi della perpetuità delle persone morali il Papa Clemente V non ha potuto che emanare un decreto amministrativo di soppressione dellOrdine, e non già una sentenza (judicalitier) in mancanza dei presupposti di diritto sostanziale e processuale canonico; non a caso infatti, in detto decreto si legge "…non possum ferre de jure…", e lo stesso Pontefice aggiunge: "…Ora, è vero che dai processi contro questo ordine, esso non può canonicamente essere dichiarato eretico con sentenza definitiva"; a maggiore ragione, riteniamo con un "decreto assoluto" formula questa scelta dal Pontefice, poteva essere disposta la soppressione dell'Ordine, perché in contrasto con il predetto principio della sua perpetuità. Non è configurabile, inoltre, nel provvedimento Clementino un decreto amministrativo o a sentenza di soppressione dell'Ordine, pur ammettendosi l'esistenza di una causa grave (can.699) o di una vera, grande ed evidente utilità per la Chiesa (can.1423-§1), nella misura in cui la soppressione è un istituto che comporta la definitività dei suoi effetti, mentre nel provvedimento in questione si legge "…non per modum definitivae sententiae…". Avverso, poi, i decreti o le sentenze di soppressione delle persone morali collegiali appartenenti alla Chiesa, il diritto canonico prevede il ricorso al legittimo superiore; nella specie, però tale ricorso era improponibile dato che il legittimo superiore nell'occasione era rappresentato dalla stessa massima autorità ecclesiastica che emise il provvedimento, e cioè dalla assemblea conciliare presieduta dal Pontefice. Ne consegue che l'interpretazione logica e dottrinale della Bolla Clementina non può che portare all'esclusione di una sua qualificazione quale sentenza o decreto definitivi ed esecutivi, essendo stato precluso il ricorso in appello avverso gli stessi; ne consegue l'agile constatazione che il provvedimento in questione è stato emesso nel pieno disprezzo della legalità, insita nei canoni del diritto canonico. Ne consegue, altresì, che un tale provvedimento è da ritenersi inesistente, essendo evidente che con esso non si ha alcun atto giuridicamente rilevante o meglio rilevabile, che possa giustificare il criterio decisionale contenuto nell'inciso "non per modum definitivae sententiae". Anche il successivo inciso della Bolla "…sed per viam provvisionis seu ordinationis apostolicae…", va interpretato nel senso sopra detto, rilevandosi la sua non poca abnormaità nella sua concatenazione logica-giuridica; se si vuole, poi, interpretare l'intero contenuto della Bolla quale decisione individuale "motu proprio" (provvedimento apostolico) del Pontefice, va rilevato ugualmente che essa non poteva scaturire da un processo inquisitorio, irritualmente incardinato, nel quale l'accusa del potere temporale si era affiancata a quella del potere spirituale. Seri dubbi, però, possono nutrirsi sulla possibilità di considerare il provvedimento Clementino come emesso "motu proprio", considerato che esso è seguito all'approvazione dei partecipanti al Concilio "… sacro approbante concilio…". Appare in definitiva alquanto arduo individuare in modo preciso quelle che furono le reali intenzioni e volontà dei giudicanti: "legittima pronuntiatio qua judex causam a litigantibus propositam et judicali modo pertractatam definit" (can.1868 -§1).

Va inoltre osservato che nel diritto processuale della Chiesa è stabilito il principio che le sentenze rese nelle cause riguardanti lo stato delle persone non sono suscettive di passaggio in giudicato (can.1903). Ne consegue che la cosa giudicata non si forma per le sentenze relative all'ordinazione ed alla professione religiosa ed in genere per tutte le sentenze limitatrici della libertà personale (es.: interdizione). Per tali cause privilegiate è consentito il riesame giudiziale d'ufficio solo sulla base di nuovi e gravi argomenti o documenti (can.1903). All'Ordine dei Templari va pertanto riconosciuto (can.1687 -§1 e 1868) il privilegio della riabilitazione: privilegium restitutionis in integrum", istituto questo di estrema importanza sulla quale è necessario che si ponga la dovuta attenzione. Un tale privilegio è dovuto in considerazione della profonda evoluzione che la sovranità della Chiesa ha raggiunto nel tempo. All'epoca, infatti le alte autorità ecclesiastiche si riunivano nei concili ecumenici; però soltanto l'Imperatore aveva il diritto di convocare il Concilio e di presiederlo, nonché di fissarne preventivamente le materie di discussione; non solo: ma i decreti del Concilio non potevano avere valore se non in seguito alla sanzione imperiale. Le lesioni di diritto scaturite dal provvedimento Clementino, pur ammettendo la loro provenienza da atti validi ma rescindibili non valendo all'uopo le ordinarie azioni, possono essere eliminate, o riparate ex aequitate, ad istanza degli stessi Templari ed oggi d'ufficio, essendo scaduti i termini di prescrizione o decadenza. La restitutio in integrum applicata alle sentenze costituisce un rimedio straordinario di cui non è consentito fare uso se non quando sia impossibile ricorrere ad altri mezzi di impugnativa. La condizione generale perché possa essere richiesta la restitutio in integrum è che si abbia una sentenza ingiusta, e come tale lesiva dei diritti di tutti i Templari; tale ingiustizia consta in modo evidente, in aderenza ai motivi di evidenza previsti dal Codex: a) Fondatezza su documenti, testimonianze ed interrogatori privati, di cui sia stata, dopo l'emanazione della sentenza stessa e non importa ad opera di chi, scoperta la falsità; trattasi nella specie di falsità intellettuale relativa alle prove allegate, nulla importando se provocata dal Re, dai suoi legisti o dallo stesso Pontefice, purchè l'assemblea Conciliare ne fosse ignara. Questa ultima addirittura si oppose a una condanna dell'Ordine senza che gli venisse accordato il diritto a un regolare processo, precipuamente il diritto a una difesa (solo cinque prelati - francesi ovviamente - concordarono di dichiararsi contrari ad ogni forma di difesa). Di certo, dopo l'emissione della Bolla, i membri del Concilio sapevano che la decisione Pontificia era stata il frutto delle trattative tra il papa ed il re. Sotto il profilo di ogni più elementare e fondamentale principio giuridico non va dubbio che la sentenza in esame è inficiata di un errore commesso dai giudicanti, e ciò perché gli elementi istruttori raccolti e poi riconosciuti falsi, e quindi inefficaci, costituiscono l'unica, esclusiva base probatoria della sentenza (can.1905 §2 n.1). b) Altro errore di fatto in cui caddero i giudicanti, provocando così il diritto alla restitutio in integrum, si ebbe quando dopo la sentenza si scoprirono documenti da cui scaturì la prova di fatti nuovi determinanti una decisione diversa da quella contenuta nella sentenza (can.1905 §2 n.2). La copiosa postuma documentazione reperita e la relativa interpretazione scientifica testimoniano in modo incontestabile gli strumenti inumani, cui ricorsero il potere temporale prima e quello spirituale poi, per inscenare un processo, della cui farsa probabilmente non era a conoscenza l'assemblea Conciliare, ad eccezione certamente del Pontefice. Ne consegue che il rapporto di casualità immediata e necessaria tra le prove utilizzate e la loro quasi totale falsità non deve essere estraneo al concetto di straordinarietà del rimedio della restitutio in integrum; esso deve operare a posteriori e dall'esterno nel senso che il fatto nuovo, una volta provato, esige una decisione diversa da quella resa dal Papa Clemente V. c) Terzo motivo di restitutio in integrum si ha quando la sentenza sia il prodotto del dolo di una parte in danno dell'altra. Questo, perché operi utilmente nel caso in questione, non occorre che sia particolarmente qualificato né è necessario che si abbia, tra esso e la sentenza, quello stretto rapporto di casualità che si è visto condizionare la funzionalità dei precedenti due motivi di restitutio in integrum. Poco importa che tale dolo incidens sia stato rivolto ai Templari o direttamente alla Curia da parte del Re. d) Infine la restitutio in integrum si può ottenere quando la sentenza è il prodotto di una inosservanza della legge. E' questo l'unico motivo di diritto considerato dal codex. Il testo del canone più che di violazione parla di inosservanza; ma non vi è dubbio che questa debba intendersi sia quale falsa applicazione che quale violazione. Numerosi sono i motivi di tale inosservanza, e giova ancora una volta enumerarli: d1) Nel processo inquisitorio di cui trattasi il promotore di giustizia (Pubblico Ministero nel processo penale) assume la funzione di difensore della professione religiosa (can.665 §2 e 1589 §2), ed a lui è riservata l'inchiesta sulle accuse fattegli dal terzo; nel processo ai Templari invece fu il grande inquisitore di Francia Guglielmo Imbert, al servizio del Re Filippo il Bello, che ottenne le confessioni di coloro qui semper negaverunt et negant e portò avanti l'istruttoria, spesso con l'introdotto nuovo metodo legista della tortura, pur di raggiungere il fine prefissato, e cioè quello di influenzare le deposizioni dei Templari dinnanzi ai giudici ecclesiastici. Una tale istruttoria svolta dall'inquisitore sia pure con legittimo potere nei confronti dei singoli Templari eretici, pur se religiosi appartenenti ad un Ordine esente, non poteva però costituire i cardini su cui poggiare contemporaneamente e successivamente il processo inquisitorio riservato alla piena autonomia dell'autorità ecclesiastica, e per di più non poteva valere in alcun modo per l'intero Ordine, perché il Gran Maestro e le massime autorità del Tempio erano dignitari di una istituzione sovrana, e come tali non potevano essere detenuti dal re e dall'inquisitore, e per di più essere giustiziati. d2) Le prove raccolte dalle commissioni ecclesiastiche con processo istruttorio del tutto ispirato ai criteri assolutamente illegittimi applicati dall'inquisitore, sono consistite in confessioni stragiudiziali, fatte senza la esatta cognizione di quelle che potevano essere le loro ripercussioni sul terreno giudiziario. In ogni caso, pur essendo la valutazione di tali elementi probatori rimessa al giudizio discrezionale dei giudicanti (e siamo certi che non poté che essere negativo, tranne naturalmente quello del Pontefice e di qualche suo seguace), essa doveva essere espressa nei confronti del singolo accusato e giammai nei confronti di tutti gli adepti, francesi e non, non destinatari delle infami accuse. Tali confessioni, inoltre, necessitavano di una puntuale conferma in sede conciliare per poter essere assunte quali uniche prove legali, visto che le testimonianze raccolte dal Nogaret erano troppo inverosimili per poter motivare la detenzione di più di mille cavalieri arrestati per eresia in virtù del suo potere inquisitorio. Di contro lo stesso Pontefice Clemente V ha convalidato le accuse fatte ai Templari basandosi: sulle informazioni ed istruzioni che Filippo IV (già scomunicato per gli avvenimenti dolorosi di Anagni contro Papa Bonifacio VIII e poi benevolmente liberato da Papa Benedetto XI) gli fece pervenire per mezzo di ambasciatori o di lettere; sulle voci infamanti contro i Templari ed il loro Ordine sempre più consistenti; sulle dichiarazioni a lui fatte da un semplice soldato dello stesso ordine appartenente all'alta nobiltà e come tale molto stimato, e sulle confessioni di molti priori, sacerdoti e soldati confermate in Concistoro alla presenza di un Notaio. Nella bolla Vox in excelso del 22 marzo 1312 si appalesa, tuttavia, lo stato d'animo dell'incostante e pauroso Clemente, il quale, tra l'altro afferma di non possedere gli elementi necessari per un'esplicita condanna dell'Ordine dei Templari caduto in odio al re. Ciò affermando ammette implicitamente che non esistevano la causa grave e la vera, grande ed evidente utilità per la Chiesa che potessero giustificare un provvedimento di soppressione in base ai canoni del diritto canonico. In definitiva l'esperito procedimento istruttorio di assunzione di prove venne stigmatizzato o, se non altro, ritenuto inopportuno negli immediatamente successivi decreti di rforma, nei quali in merito ai "Frati minori" si legge: "Le persone che tendono in modo particolare alla perfezione devono evitare non solo ciò che è ritenuto male, ma anche l'apparenza del male… Non devono, quindi, quelli che hanno professato questo voto e questa regola immischiarsi nei tribunali e nelle cause, perché possano avere testimonianza da quelli che sono fuori, soddisfino alla purezza del voto e si possa evitare con ciò lo scandalo del prossimo". d3) Il diritto alla difesa negato agli accusati (sette templari che si presentarono nella cattedrale di Vienna per patrocinare l'Ordine vennero arrestati) ha comportato anche che gli stessi non hanno potuto pregiudizialmente sollevare l'exceptio suspicionis (can.1614 -§3). Clemente V, infatti, nella sua commissione nominò dei nemici dichiarati dell'Ordine, di concerto con gli strateghi del re: Pierre Dubois e Guglielmo di Nogaret, quest'ultimo scomunicato da ben tre Pontefici. d4) Illegale fu la condanna a morte dei cinquantaquattro Templari emessa dall'Arcivescovo di Sens. Con questo massacro venne influenzato il tribunale Pontificio, perché i testi ebbero modo di constatare che le loro deposizioni non rimanevano segrete. d5) Contrario infine ad ogni principio morale, giuridico e religioso è stato il comportamento del Pontefice nell'incorrere nel grave reato di corruzione, per aver percepito dal Re quale "donazione" per l'effettuata operazione la somma di centomila lire tornesi; lo stesso dicasi per la somma che il papa riscosse dai gerosolimitani.

L'inspiegabile rifiuto da parte della Santa Sede di procedere alla legittima riabilitazione dell'Ordine dei Templari, pur consentendosi, con tanto di benedizione, che lo stesso continui a professare la sua religiosa attività istituzionale (riconoscimenti non ufficiali ed addirittura sacralizzazioni autorizzate di sacerdoti), viene, a quanto pare, sommessamente giustificato con l'opportunità di non sconfessare la cosiddetta infallibilità del Vicario di Cristo. Pur aderendo ad una siffatta impostazione, va però osservato che la Bolla "ad providam" del 12 maggio 1312 non può essere interpretata quale pronunziamento dogmatico, come tale perpetuamente incensurabile. Il dogma non è che un vero religioso assunto a forma di verità assoluta, tramite un processo logico che si svolge in tre successivi momenti: il primo della spontaneità della coscienza del popolo credente in una verità religiosa; il secondo della riflessione dei dottori elevante questa verità ai gradi di scienza; il terzo della conferma di questa stessa verità per opera delle superiori intelligenze raccolte nel sacro Concilio. Questo ultimo momento, quindi, non potrà imprimere a tale accertata verità la legittima sanzione e proclamarla come dogma se non scaturita dal predetto logico processo, che solo vale a provare l'universalità e l'identità perpetua della verità assunta a dogma, e quindi attribuirle il carattere dell'assoluto. E' oggi incontestato che il citato processo logico non si è verificato in occasione dell'emissione della Bolla Clementina, la quale pertanto, se intesa quale dogma, non poteva essere pronunziata ed avere, quindi, alcuna efficacia giuridica per il diritto canonico. Ciò perché: a) il popolo credente non è stato testimone delle nefande ed infondate accuse lanciate dal Re nei confronti dei Tempalri francesi, scaturite dalle confidenze, poi ritrattate, di certo Noffo Dei e da quelle di Guglielmo di Nogaret, anima nera di Filippo il Bello, accusatore anche del Papa Bonifacio VIII, le cui malefatte, anch'esse inveritiere, vennero strumentalizzate a mò di ricatto per processare successivamente i Templari; b) i dottori ordinari (in verità gli agenti ed i magistrati del Re, incaricati di condurre l'inchiesta nelle rispettive giurisdizioni, esclusa quella francese, non riuscirono nell'intento premeditato di elevare a scienza la verità sulle terribili accuse rivolte ai Templari; c) tale verità non venne confermata nell'ambito conciliare, i cui membri partecipanti, almeno quello ecclesiastici, si videro costretti a prendere atto, puramente e semplicemente, della decisione premeditata e programmata dal Pontefice Clemente V, dopo essersi rifiutati di riconoscere negli elementi probatori forniti, sia pure numerosi, la fondatezza giuridica delle accuse. Del resto il Cibrario, insigne magistrato, ponendo l'accento, sotto il profilo processuale, sull'assoluta incompetenza a procedere e giudicare del Re di Francia, del suo Guardasigilli Nogaret, dei suoi cancellieri agenti e balivi, ha evidenziato nel merito la mancanza di prove univoche e serie contro l'Ordine e contro i singoli Templari. La Bolla in esame pertanto, se considerata quale semplice provvedimento amministrativo e se condivisa la cennata tesi della sua non dogmaticità, si rivela del tutto abnorme perché in contrasto con la precedente Bolla (questa sì dogmatica!) dell'8 giugno 1265 di Papa Clemente IV, con la quale venne proibito a tutti gli ecclesiastici "di pronunciar ogni e qualsiasi sentenza di scomunica e di interdizione contro iTemplari". Quantunque il Codex juris canonici (can. 699-2) preveda che le "associationes ab ipsa Apostolica Sede erectae nonnisi ab eadem supprimi possunt", lo stesso insegna anche che la estinzione giuridica delle persone morali non può nascere da un fatto fisico ma solamente da un fatto giuridico, presupposto questo, come detto, del tutto carente nel processo ai Templari. Le regole di S. Bernardo sono ispirate a rigore, a disciplina, a doveri che non lasciano spazio ad eresie, per cui la condanna dell'Ordine non poteva certamente derivare dalla regola accettata dai cavalieri all'atto del loro inserimento nell'Ordine. Quanto sopra si è argomentato sul presupposto della appartenenza dell'Ordine dei Templari alle persone morali collegiali della Chiesa; diversamente l'intera questione va valutata secondo l'aspetto del diritto internazionale per riaffermare il sacrosanto diritto dell'Ordine ad essere ricompreso sotto la protezione della Santa Sede, in virtù delle norme di diritto ecclesiastico, dello stesso diritto canonico e soprattutto dello spirito del Concilio Vaticano II°.

Si legge infatti, nel proemio della Costituzione conciliare SACROSANTUM CONCILIUM sulla sacra liturgia del 4 dicembre 1963 "Il sacro Concilio si propone di far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; di favorire ciò che può contribuire alla unione di tutti i credenti in Cristo; di rinvigorire ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa". Nella Costituzione dogmatica LUMEN GENTIUM sulla Chiesa del 21 novembre 1964, cap. II n°14 viene affermato che tutti gli uomini sono chiamati alla cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale, e che a tale unità appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo e sia infine gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza. Nel successivo cap. IV n°33 si raccomanda: "Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinchè, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anche essi partecipino all'opera salvifica della Chiesa". I laici quindi, occupati in cure temprali, devono esercitare una preziosa azione per l'evangelizzazione del mondo, ed a tale azione non vengono certo meno i templari. Eloquente si appalesa l'inciso a proposito della riforma della Chiesa (Decreto UNITATIS REDINTEGRATIO sull'ecumenismo del 21 novembre 1964 - cap. II n° 6): "Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento presso l'unità. ..Se dunque alcune cose, sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica ed anche nel modo di enunziare la dottrina - che bisogna distinguere con cura dal deposito vero e proprio della fede - sono state osservate meno accuratamente, a seguito delle circostanze, siano opportunamente rimesse nel giusto e debito ordine. Questo rinnovamento ha quindi un'importanza ecumenica singolare..". Nel successivo cap. III, par. II, n°24 si esprime il desiderio del Concilio di vedere procedere congiunte le iniziative dei figli della Chiesa con quelle dei fratelli separati, senza che siano frapposti ostacoli alle vie della Provvidenza o si rechi pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo. Ed ancora nel Decreto PERFECTAE CARITATIS sul rinnovamento della vita religiosa del 28 ottobre 1965, al punto 11 sulla vita religiosa laicale, viene affermato che gli istituti secolari, pur non essendo istituti religiosi, tuttavia comportano una vera e completa professione dei consigli evangelici nel mondo, riconosciuta come tale dalla Chiesa. Tale professione conferisce una consacrazione agli uomini e alle donne, ai laici e ai chierici che vivono nel mondo. I predetti istituti debbono conservare la loro particolare fisionomia, cioè quella secolare, per essere in grado di esercitare efficacemente e dovunque il loro specifico apostolato nella vita secolare. Di certo non meno interessante è il decreto APOSTOLICA ACTUASITATEM sull'apostolato dei laici del 18 novembre 1965, che al n° 6 del II cap. evidenzia l'esortazione del Concilio a tutti i laici, perché secondo la misura dei loro talenti e della loro fondazione dottrinale, e seguendo il pensiero della Chiesa, difendano ed applichino rettamente i principi cristiani ai problemi attuali. E ciò siccome in questo nostro tempo nascono nuove questioni e si diffondono gravissimi errori che cercano di abbattere dalle fondamenta la religione, l'ordine morale e la stessa società umana. Nel successivo punto n° 18 si legge: "I fedeli sono dunque chiamati ad esercitare l'apostolato individuale nelle diverse condizioni della loro vita; tuttavia ricordino che l'uomo, per natura sua, è sociale e che piacque a Dio di riunire i credenti in Cristo per farne il popolo di Dio e un unico corpo. Quindi l'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse "Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro". Perciò i fedeli esercitino il loro apostolato accordandosi su uno stesso fine (cfr. Pio XII, Alloc. Al I° congresso mondiale dell'Apostolato dei Laici, 15 ottobre 1951). Siano apostoli …in quelle libere istituzioni nelle quali si vorranno riunire". Del tutto significativo è il successivo punto n° 25, in cui si legge: "Ricordino i vescovi, i parroci e gli altri sacerdoti dell'uno e dell'altro clero, che il diritto e il dovere di esercitare l'apostolato è comune a tutti i fedeli, sia chierici, sia laici, e che anche i laici hanno compiti propri nell'edificazione della Chiesa. Per ciò lavorino fraternamente con i laici nella Chiesa e per la Chiesa, ed abbiano una cura speciale dei laici nel loro lavoro apostolico (cfr. Cost. dogm. Lumen gentium, n° 37). Nella dichiarazione DIGNITATIS HUMANAE sulla libertà religiosa del 7 dicembre 1965 viene esaltata l'esigenza di libertà nella convivenza umana con riferimento ai valori dello spirito, ed in particolare al libero esercizio della religione nella società. Con tale proposizione il Concilio Vaticano II° rimedita la tradizione sacra e la dottrina della Chiesa e, trattando di questa libertà religiosa, si propone di sviluppare la dottrina dei sommi Pontefici più recenti intorno ai diritti inviolabili della persona umana ed all'ordinamento giuridico della società. Il diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società. "…Si fa quindi ingiuria alla persona umana ed allo stesso ordine stabilito da Dio per gli esseri umani, quando si nega ad essi il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia". Ai gruppi religiosi deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema divinità il culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad esercitare la vita religiosa e nel sostenerli col proprio insegnamento. Deve essere riconosciuto il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede. Infine nella Costituzione pastorale GAUDIUM ET SPES sulla Chiesa nel mondo contemporaneo del 7 dicembre 1965, al punto n° 90 sulla partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali, tra l'altro viene affermato che "… le varie associazioni cattoliche internazionali possono servire in tanti modi all'edificazione della comunità dei popoli nella pace e nella fratellanza. Perciò bisognerà rafforzarle, aumentando il numero dei cooperatori ben formati, con i necessari sussidi e mediante un adeguato coordinamento delle forze. Ai nostri giorni, infatti, efficacia d'azione e necessità di dialogo esigono iniziative collettive. Per di più simili associazioni giovano non poco ad istillare quel senso universale, che tanto conviene ai cattolici, e a formare la coscienza di una responsabilità e di una solidarietà veramente universali". I predetti innovativi propositi Conciliari pertanto, vanno seriamente eseguiti nel modo più ampio e senza alcuno strumentalismo, nel senso che ai suoi preziosi intendimenti devono necessariamente seguire nella pratica comportamenti della Santa Sede, che in alcun modo possano limitare o condizionare il predetto diritto alla libertà religiosa.

La mancata riabilitazione ufficiale dell'Ordine dei Templari costituisce, senza dubbio, un limite di tale diritto, un innegabile condizionamento, a livello di inconscio, allo sviluppo della sua professata attività religiosa, o meglio, al ritorno ai suoi antichi splendori che la storia ci ha tramandato. E' pur vero che il decreto del Santo Ufficio del 17 agosto 1893, approvato dal Papa Leone XIII, e con il quale venne interdetto ai cattolici di far parte dell' Ordo independes bonorum Templariorum perché di origine massonica, venne abolito dal successivo decreto del Papa Paolo VI nel Congresso tenutosi il 15 luglio 1965: "Attese le attuali circostanze dell'Associazione, il Sant'Uffizio non insiste sulla proibizione precedente data ai cattolici di far parte dell'Ordine"; è pur vero, ripetesi, quanto sopra, ma ciò non è sufficiente per fugare ogni incertezza su quella che deve essere la precisa fisionomia e l'ufficiale natura giuridico-religiosa dell'Ordine dei Templari. Pur tuttavia, per quanto possa occorrere, è opportuno evidenziare che la scienza canonica nel determinare i requisiti naturali ed oggettivi (elemento materiale ed elemento formale) per la costituzione di una persona morale con decreto di concessione della competente superiore autorità, fa prevalere la tesi che per la predetta costituzione è sufficiente che nel relativo decreto formale sia concessa la personalità giuridica implicitamente o in modo equivalente -implicite seu aequivalenter-. Tale criterio è appunto applicabile nel predetto decreto di Papa Paolo VI, del 15 luglio 1965. In definitiva le deduzioni ed i rilievi sopra esposti non ci sembrano evidenziare precisi ed individuabili fatti giuridici ostativi a che l'Ordine dei Templari, considerate le sue dimensioni internazionali, venga nuovamente eretto sotto la protezione della Santa Sede, così come previsto dal can. 312 del Codex, con provvedimentodemandato alla competenza del Consiglio Pontificale per i laici, il quale ha già provveduto in tal senso ormai da qualche anno per l'Ordine dei Cavalieri di Notre-Dame.

Riabilitazione secondo il diritto internazionale

Le norme che sono poste non dalla volontà di uno Stato, ma dalla volontà comune a più Stati manifestata mediante accordi internazionali, costituiscono il diritto internazionale o diritto della comunità internazionale. Il fenomeno religioso non è soltanto di natura morale: la religione, specie quando comprende la totalità o quasi della popolazione di un determinato Stato, dà vita ad organi, ad istituti, ad un complesso di mezzi reali diretti a raggiungere taluni scopi pratici nei quali si concretano le esigenze del culto e della fede religiosa. La religione si rivela, così, un fenomeno eminentemente collettivo, che esce dalla sfera degli interessi privati per incidere in quella degli interessi pubblici ed in quella stessa dello Stato. A motivo di ciò, lo Stato indirizza una parte delle proprie norme alla disciplina della condizione giuridica delle diverse religioni. Nel regolare questa particolare classe di rapporti, gli Stati del mondo europeo si ispirano a principi similari, in quanto si trovano di fronte alla religione cristiana. Nell'ambito della fede cristiana, poi, la Chiesa cattolica rappresenta non solo una grande istituzione, ma un ordinamento giuridico originario, il cosiddetto diritto canonico. Occorre, quindi, differenziare nettamente il diritto proprio della Chiesa cattolica (diritto canonico) dal diritto statuale in materia ecclesiastica (diritto ecclesiastico), costituito dal complesso delle norme emanate dallo Stato e l'ordinamento della Chiesa. Attraverso le forme individuali di popoli, nazioni e stati indipendenti, si reintegra il concetto dell'umanità, come la più alta forma della collettività umana. La più alta realizzazione dell'uomo è nell'umanità. La stessa umanità non può disconoscere la individualità degli Ordini, come espressione di individualità nazionali e storiche dei popoli.

Il diritto internazionale è diritto, la forma di idee giuridiche, di esigenze giuridiche, e non pura espressione di idee morali e politiche, o di esigenze morali o politiche. L'apparizione del Cristianesimo, mitigando l'odio verso il nemico ed opponendo come dovere religioso diligite inimicos, apportò al diritto internazionale un più umano carattere. Sviluppandosi nel seno della Chiesa il diritto canonico, che doveva fondere l'elemento religioso, morale e giuridico, vennero a cessare gli empi usi di guerra, e la cattività fu condannata. Nella lotta tra il Papa e l'imperatore per la supremazia universale, si attuò il tentativo di comporre la universale famiglia dei popoli. La Chiesa esercitò una benevola influenza nel Medio Evo, apparendo come l'elemento unificatore in mezzo al disgregamento feudale di quell'epoca. Ma il contatto delle due diverse potestà, per loro natura diverse (temporale ed ecclesiastica), non tardò a generare il contrasto fra le stesse, e l'unione non logica tra l'impero e la Chiesa partorì il conflitto tra loro. La teocrazia individuata nella sovranità politica del papato si rivelò alla coscienza dei popoli civili nella palese contraddizione con l'Idea cristiana e con lo spirito della Chiesa fondata da Cristo. Non potè tale situazione non far nascere dolorosi effetti per la Chiesa. Fu allora che Diritto e Religione si appuntarono nell'uomo, ed infiniti furono i loro punti d'incontro. Già nella pretesa della Chiesa di essere garantita dal diritto, si rivelò evidente il punto di incontro tra queste due sfere della vita. La formula libera Chiesa in libero Stato va pertanto determinata nel suo contenuto, perché non vi è separazione assoluta tra Chiesa e Stato: azione della Chiesa ed azione dello Stato concorrono al completamento etico dell'uomo come universale (umanità). Lo Stato ha contratto con la Chiesa un rapporto di unione, ponendo tra i suoi fini la cura degli interessi religiosi del suo popolo, ed a tale cura non provvede unicamente da sé, cioè in modo unilaterale, ma è addivenuto a preventivi accordi con la Chiesa, instaurando una coordinazione di attività con la medesima.

Superato quindi l'aspetto teocratico del sistema di unione fra Chiesa e Stato, la loro unione paritaria venne consacrata in un esplicito accordo, detto concordato, che riflette le materie così dette mixtae, cioè le materie di comune dominio: l'esercizio del culto, la provvista dei benefici ecclesiastici, le prerogative e le esenzioni dei ministri di culto, il riconoscimento della personalità giuridica agli enti ecclesiastici e, ciò che ci riguarda da vicino, il riconoscimento degli atti e delle sentenze delle autorità ecclesiastiche. Secondo la prevalente dottrina che rileva la posizione paritaria assunta dallo Stato e dalla Santa Sede nella stipulazione del concordato, quest'ultimo viene equiparato ad un trattato internazionale, in forza del quale, secondo il carattere precipuo del laicismo, è concesso ai cittadini, fedeli di una determinata religione, di potersi associare secondo le comuni o particolari norme di diritto privato, consentendosi, quindi, alle associazioni così formate di perseguire scopi di culto. Le associazioni religiose, come qualsiasi altra associazione privata, possono ottenere la personalità giuridica, e, in conseguenza, risultano legittimate a possedere e gestire una chiesa, possedere un patrimonio o delle rendite devoluti alle spese di culto. Tale personalità giuridica, stante la sua sovranità non territoriale, ottenne l'Ordine Militare dei Templari, che non sorse per fini di una sola generazione di uomini, perché i fattori che ne determinarono la formazione e ne impongono oggi la conservazione sono stati la religione, la difesa del Tempio, la cristianità, la cultura, la dignità, la carità, la solidarietà, la fratellanza e principalmente la tradizione storica. Tali fattori si fanno sentire per dei secoli, e nessuno può essere in grado di determinare la durata massima della loro azione. Solo in tal senso va interpretata la Bolla Clementina; non già quale provvedimento di soppressione o estinzione dell'Ordine, bensì quale provvedimento temporaneo o provvisorio di sospensione o interdizione a divinis. Certamente esistono prove sufficienti per credere che i Cavalieri di Cristo del Tempio Giudeo non hanno considerato la Bolla Clementina come una minaccia alla loro sovranità, ma come un atto di ostilità politica che non solo li portò al rogo, ma anche alla perdita dei loro beni materiali. Alcuni Cavalieri poterono continuare a vivere nell'Ordine considerando la Bolla Clementina tamquam non esset, e ciò è stato possibile in base alla presunzione assoluta della propria sovranità davanti alla Santa sede e davanti al Re. L'esistenza di tale sovranità, infatti, è strettamente connessa al principio dell'efficienza, ed esiste quando è ufficialmente e concretamente riconosciuta dai soggetti di diritto internazionale. Tale riconoscimento, nell'ambito europeo, si ebbe presso la Santa Sede nel corso del 15° e 19° secolo, presso il Re di Francia, l'Impero Napoleonico e la Repubblica Francese dal secolo 15° al 20°, presso la Regina d'Inghilterra nel 19° secolo e presso l'Impero Germanico intorno al 20° secolo. In particolare per quanto riguarda la santa Sede, Robert de Lenoncourt, legato pontificio in Francia del Papa Sisto IV, riconobbe la sovranità dell'Ordine e la nullità della Bolla Clementina, accettando di essere eletto Gran Maestro nrl 1478. Detto riconoscimento di sovranità non venne mai negato dalla Santa Sede fino al 19° secolo; in data 13 marzo 1845, infatti, il Principe Alfonso di Chimay e di Caramann venne nominato dall'Ordine Supremo e Militare del Tempio Giudeo quale legato Pontificio Magistrale presso la Santa Sede. Si ritiene superfluo, come ripromessoci all'inizio di questo studio, soffermarsi oltre (in questa sede) sul riconoscimento che nel corso dei secoli ebbero da parte della Santa Sede i Gran Maestri dell'Ordine che si succedettero, nonché le onorificenze attribuite dall'Ordine a grandi capi di Stato. Il riconoscimento quindi per facta concludentia riservato all'Ordine dalla storia, può essere ricompreso nello spirito delle norme concordatarie, in forza delle quali la generazione vivente deve considerarsi come investita del mandato di gestire un patrimonio spirituale e religioso che non è suo e trasmetterlo, possibilmente ingrandito, alla generazione successiva. Si può dire che la necessità che i membri di un aggregato sociale religioso non disperdano i propri valori spirituali fa sorgere l'Ordine, e la necessità che lo stesso sia posto sotto la protezione della Chiesa esige a sua volta che nella Chiesa non vi sia altro sovrano all'infuori della legge di Dio. Solo la legge di Dio è sovrana e nessun ordine può essere dato che non si fondi sopra di essa. Ciò che non è proibito dalla legge di Dio non può essere impedito.

Le norme contenute nel diritto internazionale pubblico e privato (ed in particolare nel diritto ecclesiastico) vanno osservate, in linea generale, senza indagare se esse siano giuste od ingiuste, giacchè la moralità delle leggi sta nell'essere esse volute dalla maggioranza (volontà divina). La volontà del tutto irrazionale ed arbitraria contenuta nella Bolla Clementina è, dunque, del tutto eccezionale, da non poter essere adottata come argomento contro la bontà del principio di maggioranza. Certamente ciò che è bene e conforme all'ordine è tale per la natura delle cose ed indipendentemente dalle convenzioni umane, ed ogni giustizia viene da Dio, che ne è la sorgente; della natura delle cose e della giustizia di Dio gli uomini, come pensavano i padri della Chiesa e lo stesso S. Tommaso, non possono avere che una pallida idea; un'idea che in certi casi è come quella luce che il filosofo Iacobi, a suo dire, portava nel cuore, ma si spegneva quando egli cercava di afferrarla per trasportarla all'intelletto. In parte quindi aveva ragione l'Hobbes quando scriveva: "Regulae quibus definuntur bonum, malum, licitum, illicitum habente potestatem summam prescribendae sunt". Dovrebbe essere consentito, contro la possibile iniquità della giustizia umana, invocare le leggi non scritte contro la legge scritta, in quanto la mostruosità di una sentenza costituisce la eccezione e non la regola; e ciò, anche se si è certi della infallibilità dei principi morali insegnati dalla religione. Pur riconoscendo che nell'immenso campo in cui agisce, il sovrano può dire come disse un giorno Luigi XVI a proposito di un suo provvedimento: "E' legale perché lo voglio!", in quanto parole del popolo, si deve pure ammettere che la sovranità non può essere illimitata. Va rilevato che la Giustizia, data l'assolutezza e la neutralità dei suoi precetti rispetto all'esperienza giuridica, può giovare agli uomini solo a condizione che scenda dal cielo alla terra. Occorre, in altri termini, che il verbo della Giustizia divenga, per così dire carne, giustizia umanizzata, perdendo la sua assolutezza e la sua perfezione, giacchè solo il Verbo Divino potè incarnarsi senza perdere la sua divinità. Diversamente avremmo attentati alla libertà, alla Giustizia ed alla Morale, che in tutti i tempi sono stati perpetrati ed oggi ancora si vanno perpetrando nei paesi a regime dispotico in nome del diritto libero depositato nella coscienza del partito dominante o di un diabolico pastore di popoli. E' stato il Cristianesimo che, esaltando l'elemento spirituale dell'uomo, ed assegnando allo stesso un'origine ed una destinazione entrambe divine, pose le basi eterne della elevazione della personalità umana, e tanto efficacemente agì in tal senso, da provocare la scomparsa di istituti giuridici millenari, come quello della schiavitù. Ma l'uomo non deve limitarsi a ricordare di essere dotato di una insopprimibile dignità umana; egli deve ricordare anche che la sua volontà, quando è conforme alla legge, deve divenire azione. Sotto il profilo del diritto internazionale e del diritto ecclesiastico quindi, L'Ordine dei Templari va ancora oggi accreditato quale soggetto internazionale di natura spirituale, ente giuridico primario, autonomo, sovrano, dotato di propria personalità giuridica e va riconosciuto come libero membro della comunità internazionale presso la Santa Sede e gli altri Stati. Ciò perché: per la sua originaria personalità giuridica, provvista di un'autonoma giurisdizione, non poteva essere sottoposto alla giurisdizione, o potestà giudiziale, ecclesiastica per qualsiasi decisione sulla sua sopravvivenza o sui limiti da imporre alla sua personalità giuridica; le relazioni con la Santa Sede erano di natura particolare e relazioni speciali esistevano tra il codice delle leggi dell'Ordine ed il diritto canonico; relazioni dovute al fatto che i cavalieri avevano pronunziato i voti di sottomissione alla regola e che tra loro vi erano cappellani ordinati sacerdoti. La Bolla "Magnus Ordo in Ecclesia" del Papa Alessandro III, in data 18 giugno 1163, ha liberato l'Ordine da qualsiasi forma di sottomissione al sovrano temporale, mentre con la Bolla "Dignis esse conspicimus" del Papa Clemente IV, in data 8 giugno 1265, l'Ordine ha ottenuto anche la liberazione da qualsiasi forma di soggezione. L'Ordine infatti, ha goduto di sovranità assoluta fin da 1265 anche dal punto di vista religioso, da quando il Papa Clemente IV destituì tutte le autorità ecclesiastiche, compresa la Santa Sede, da qualsiasi potere sul Tempio. Ne conseguì che tra i due poteri esistettero soltanto relazioni di diritto internazionale non soggette al codice interno della Santa Sede, che potesse minare l'indipendenza dell'Ordine nel raggiungimento del proprio scopo istituzionale.

La famiglia è una prima società voluta dalla natura per garantire l'esistenza e rendere la vita degna dell'uomo. La società civile, a sua volta, interviene per assicurare l'ordine esterno, per supplire alla privata iniziativa là dove risultasse inefficiente. A fianco di queste due società naturali prende posto, come società religiosa, perfetta, universale e soprannaturale, la Chiesa di Gesù Cristo, che si fonda sul diritto positivo divino. I due predetti ordini (civile e religioso o ecclesiastico) sono destinati a svolgersi separatamente, ed ognuno entro il limiti della propria sfera, ma non debbono opporsi fra di loro, né isolarsi l'uno dall'altro, ma debbono coesistere armonicamente. Ciò comporta che le forme dell'esistenza della Chiesa debbono armonizzare con lo sviluppo della civiltà della nazione. Un tale sviluppo, progredendo nel tempo, è giunto alla determinazione dello Stato di diritto, nel quale il processo inquisitorio avvenuto in Francia nei confronti dei Templari non è assolutamente ipotizzabile. Non può pertanto la Chiesa, e quindi la forma esterna della sua esistenza, collocarsi e vivere in contraddizione facendo emergere l'opposizione tra lo scopo etico e finale della società e la religione, tra questa e la civiltà. In una sifatta contraddizione è appunto caduta la Chiesa quando ha voluto allontanare dal suo grembo i Templari. I due grandi padri dell'incivilimento del nostro pensiero letterario, filosofico e politico, Dante e Machiavelli, ci hanno insegnato che il più forte ostacolo alla salute della civiltà, della religione e dello Stato fu il papato politico. La triste esperienza patita dai Templari non è mai caduta dalla mente e dall'animo di tutti i credenti, i quali hanno lavorato, attraverso i secoli, perché la terra possa essere un giorno illuminata dal chiaro sole della civiltà e della religione. La religione è un particolare desiderio dello spirito del Templare, è un lato speciale della sua vita, è una delle sue aspirazioni distinte dalle altre alle quali tende per la varietà delle sue capacità. Questa particolare sfera nella quale la facoltà religiosa del suo spirito è portata a svilupparsi costituisce la causa per l'origine di un proprio diritto all'esplicazione del proprio sentimento e pensiero religioso, e del culto divino in cui ama di completarsi. La religione erompente dall'individuale coscienza del Templare, ed il culto cristiano in cui la manifesta, costituiscono un suo diritto, necessario ed inviolabile quanto la facoltà dello spirito che lo produce, e come tale un diritto religioso. Consapevoli di tale diritto operano i Cavalieri templari di oggi, nello spirito di quanto già affermò Baldovino II, Re di Gerusalemme, saggiamente interpretato da Maria Lo Mastro, Dama Templare,: "Non case, non castelli, non feudi né volontà di rivincita, ma Cavalieri di una fede aperta, una fede profonda, libera e perenne, una fede che non volge gli occhi a Dio solo nel momento del bisogno, ma sempre. Una fede che ha per altare il cielo e la nuda terra in rappresentanza della polvere, quella polvere a cui tutti ritorneranno, ricchi e poveri, laici e religiosi, potenti e miseri, bianche i neri, gialli e rossi, senza alcuna distinzione".

Riabilitazione secondo il diritto positivo privato

La coscienza religiosa dell'uomo lo porta ad associarsi con quella che è determinata dalla stessa idea e dal medesimo sentimento di altri. Da questa comunanza di idee e sentimenti nasce una comunità religiosa che assume la forma organica di un'associazione di medesimi credenti, di una corporazione di uomini legati da una stessa fede. La comunità dei Templari si basa sulla spontaneità della individuale coscienza religiosa, per cui ne consegue che il loro diritto religioso è essenzialmente un diritto individuale, appartenente alla categoria del diritto privato-sociale, appunto perché si svolge, si compie e si perfeziona nel seno della religiosa comunità o della Chiesa. Tale diritto, come detto in precedenza, è significativamente ed espressamente riconosciuto dal Concilio Vaticano II°: Dichiarazione Dignitatis del 7 dicembre 1965. E pertanto la purezza di tale diritto religioso rimane offesa nel momento in cui non le viene riconosciuto il dovuto rispetto e riconoscimento. Tenendo conto del tempo appare innegabile che le misure di disciplina, ordinate dalla Chiesa cattolica nei confronti dell'Ordine dei Templari nell'età delle barbarie, non convengono più ai mutati tempi civili, e l'ostinarsi a mantenerle cre a una certa dissonanza tra canoni ecclesiastici e la coscienza dei fedeli. Lo spirito religioso dei tempi moderni, essendo progredito rispetto a quello del medio evo, non è più in armonia con gli istituti disciplinari di quell'epoca. Tutte le prescrizioni che la disciplina del medio evo dettò sono ripugnanti per lo spirito religioso moderno (Concilio Vaticano II°), che chiede che siano abolite. Ripugnanti sotto il profilo del diritto privato in quanto il diritto del cittadino di associarsi (riconosciuto anche all'epoca) non può essere soppresso, con la soppressione dell'associazione di appartenenza, se con atto amministrativo o legge della autorità dello Stato (un tale provvedimento il Re Filippo IV il Bello si guardò bene dal prendere, ma si affidò opportunamente alla giurisdizione ecclesiastica, incompetente secondo il diritto internazionale). Questo è un principio cardine del diritto privato, per cui qualunque forma di relazioni giuridiche, che contengono elementi di feudalità dovesse essere conservata, essa dovrà cessare perché non vale la condizione del tempo a conservarla. E ciò perché il cammino della civiltà avanza, esplicando in misura sempre più ampia gli umani diritti di uguaglianza e di libertà, distruggendo le vestigia che ancora rimangono delle istituzioni medioevali, che sono in contrasto con tali diritti.

Il voler rispettare ancora oggi la pretesa giuridica della Bolla Clementina, la quale contiene, non ci stancheremo mai di evidenziarlo, lesioni ed attentati ai diritti dell'umana personalità, non può aver per sé oggi altro argomento che quello del diritto storico, fondato unicamente sulla ragione del tempo. Diritto che non è solo spogliato nel suo ordine razionale della intrinseca legittimità, ma anche del diritto positivo, perché quando la coscienza civile dei popoli è pervenuta alla ripugnanza di sé stessa con un fatto che prima forse riteneva giuridico, intuendolo come opposto al bene ed al giusto, a tale fatto viene addirittura meno la base storica. Non ci pare, pertanto, azzardato sostenere la necessità della emanazione di un provvedimento ecclesiastico che retroagisca sugli effetti deleteri ed illegittimi della Bolla Clementina, per proibire che perdurino nel tempo, siccome cominciarono ad esistere. Non è possibile l'ammettere delle verità e dei principi assoluti nelle umane conoscenze quando si persiste a negare la verità e l'essere reale per essenza. O non si danno dei principi necessari ma solo delle impressioni puramente soggettive, o bisogna riconoscere che gli stessi presuppongono come necessità logica un essere assoluto ed immutabile. L'autorità civile proviene da Dio; perciò non appena si neghi questa sua origine trascendentale, da una parte, non si spiega più il diritto di comandare; dall'altra diventa un non senso il dovere ubbidire. L'empirismo toglie al potere civile la sua base etico-giuridica, e, ciò che è peggio, propaga tra le masse i principi della miscredenza e dell'ateismo. "Lo spirito del Cristianesimo", nota Rosmini, "appunto perché qualcosa di più che umano, non transige, non si fa connivente a nessun errore, a nessuna debolezza, a nessuna inclinazione cieca e perniciosa (nella specie la Bolla Clementina); egli ha il coraggio, ha la potenza di contrapporsi alle opinioni delle masse, di guadagnare le stesse masse coll'illuminarle, di raffrenarle, di guidarle: questo coraggio è sovrumano; questa potenza è misteriosa". Ancorati ad una tale concezione di rifiuto dell'empirismo, da ritenersi ormai universale, va osservato che secondo il diritto positivo, e specificatamente il diritto civile, un provvedimento di misura interdittiva comminata nei confronti di chiunque deve, se non è perpetua come quella contenuta nella Bolla Clementina: non per modum definitivae sententiae, essere assoggettato ad un termine finale, decorso il quale deve legittimamente seguire un provvedimento di assoluzione o di condanna definitiva. Scartata quest'ultima ipotesi per il generale consenso anche della Chiesa, ogni ritardo nel pronunciamento della definitiva riabilitazione dell'Ordine dei Templari si manifesta del tutto ingiustificato ed ingiustificabile, soprattutto perché contrario ai canoni fondamentali sui quali si fondano la religione cristiana e la società civile.

Va osservato inoltre, sempre nello spirito di armonia in cui le regole civili e religiose debbono convivere, che il diritto soggettivo privato di un cittadino alla libertà religiosa rientra nella categoria di quei diritti insopprimibili garantiti dalla Costituzione dello Stato, e come tali non possono essere limitati od affievoliti se non da misure del tutto eccezionali di natura pubblicistica-penalistica di competenza esclusiva dello Stato. Ancora una volta corre il dovere di evidenziare come tale diritto fosse sottratto, all'epoca, all'autorità ecclesiastica, il cui intervento ha prodotto senza dubbio effetti deleteri sotto il profilo morale-giuridico nella sfera giuridica del privato cittadino.

Altro aspetto da esaminare sotto il profilo del diritto privato odierno, e non certo di quello dell'epoca non contrapposto a quello pubblico, lo si riscontra nel criterio adottato nel provvedimento Clementino di estensione della misura interdittiva a tutti i Cavalieri dell'Ordine, ed in particolare a quest'ultimo, quale struttura autonoma ed indipendente dalle persone dei suoi associati. A parte le riflessioni precedentemente fatte sull'incompetenza del potere spirituale a giudicare l'intero Ordine dei Templari, va sgombrato il campo da ogni dubbio sulla natura ad personam di ogni provvedimento punitivo emesso nei confronti di ciascun individuo, nell'esplicazione dei suoi rapporti civili, etico-sociali, politici e religiosi. Ne consegue che, pur ammettendosi la fondatezza delle accuse rivolte ai singoli Cavalieri che furono processati, il relativo provvedimento disciplinare andava emesso esclusivamente nei confronti degli stessi, e non già presuntivamente nei confronti di tutti gli appartenenti allOrdine, non assoggettati personalmente al processo inquisitorio. A maggior ragione la misura interdittiva non poteva colpire l'Ordine, quale struttura, ripetesi, indipendente dai suoi associati nei confronti dei quali aveva lui l'esclusivo potere disciplinare. A meno che non si voglia, commettendosi, però, in tal modo un'evidente forzatura, intravedere nelle norme del diritto canonico e positivo dell'epoca l'ipotesi moderna del crimine organizzato in forma associativa. Si è confortati nell'esposizione della cennata tesi difensiva dalla certezza che la Santa Sede oggi non adotterebbe un provvedimento di soppressione o di interdizione nei confronti dell'eccellentissimo Ordine dei Cavalieri di Malta, qualora dovessero emergere gravi accuse di eresia nei confronti di alcuni dei suoi adepti.

Conclusione

Da quanto sopra esposto non pare arduo trarre la conclusione, non senza prima evidenziare alcune riflessioni finali che dovrebbero costituire il presupposto di ogni legittima istanza dell'Ordine dei Templari. L'educazione del sentimento del Diritto deve essere tale che ogni cittadino senta di dovere considerare la violazione della legge come una violazione della sua personalità, anche quando non sia stato direttamente colpito nei suoi interessi e nei suoi diritti. Poiché un così elevato sentimento del Diritto non si trova e difficilmente si può far sorgere mediante l'educazione in tutti gli uomini, bisogna provvedere ad educare, per purificarlo quanto più è possibile dal calcolo interessato e dall'egoismo, quel meno elevato sentimento del Diritto di chi non sa vedere l'ingiustizia se non attraverso l'offesa arrecata dagli altri ai suoi diritti. Tale necessità di educazione è fondamentale anche nel rapporto uomo-Chiesa, perché il credente deve essere educato in modo da essere edotto e convinto non solo dell'inviolabilità dei valori spirituali e religiosi e della doverosa necessità di non rinunziare alla difesa degli stessi, ma anche all'intima connessione che esiste tra la sua fede e gli insegnamenti della Chiesa, dai quali quella scaturisce, e della necessità che egli difenda la sua fede tradita non solo per ottenere la rimozione del torto che gli è stato fatto, ma anche per evitare che s'indebolisca e crolli l'intero edificio su cui la stessa fede poggia. Per ovviare quindi ad una siffatta inauspicabile evenienza la Santa Sede non può ulteriormente sottrarsi al suo doveroso intervento per dissolvere definitivamente ogni incertezza nell'opinione pubblica circa la legittimità spirituale dell'opera umanistico-cristiana svolta dall'Ordine dei Templari, e per evitare il tremendo imbarazzo ed avvilimento a quel Cavaliere Templare, riconquistato alla fede, che nella sua opera di proselitismo, si vede, a volte, ingiustamente additato a mo' di mercante di fede dall'interlocutore ignorante ed infido, facentesi forte del suo ricordo vago e non preciso di un provvedimento ecclesiastico equiparato alla scomunica. Il credente ha un fine da raggiungere che è il suo perfezionamento. Ma tale fine non si può conseguire in modo degno senza la Chiesa. Donde il credente è tenuto a vivere nell'unione della comunità cristiana. E siccome non si concepisce la Chiesa senza un principio unitivo, ne consegue il diritto di questa di comandare tutto ciò che è necessario perché l'unione diventi efficace, mentre il credente ha il dovere di cooperare, ubbidendo ai comandi della Chiesa; il tutto nello spirito degli insegnamenti del Concilio Vaticano II°.

Roma 7 luglio 1994

 


 

 

9) Il Portogallo e i Templari





Dal Portogallo, il nostro carissimo amico Francesco Pratticò (e-mail prattico@ultimate.pt ) ci invia una preziosa testimonianza sulla presenza Templare in questo Paese; si tratta di una ricerca particolarmente interessante ed ottimamente documentata dal ns. amico grazie anche a delle immagini fotografiche veramente preziose!!

Siamo certi che, come per le altre collaborazioni, anche in questo caso Francesco avrà dato un contributo per una migliore conoscenza della materia.

 

 

 

Sino a pochi anni fa si parlava dei Templari come se si stesse affrontando un discorso scabroso e pieno di tabù. La maggior parte delle persone, in quasi tutto il vecchio continente, immaginava di trovarsi di fronte ad una setta segreta medioevale e questo stato di cose era aggravato dalla mancanza quasi assoluta di una documentazione valida che aiutasse a capire chi erano i componenti di quell’ordine religioso-militare scomparso sotto i colpi di Filippo il Bello e la  compiacenza di Papa Clemente Vº.

 

Anni fa, quasi come una moda, si riprese a parlare della “Milizia dei Poveri Cavalieri di Cristo del Tempio” e su di loro sono stati scritti numerosi libri che volevano avere il privilegio di essere, ognuno di loro, la chiave che svelava il recondito arcano.

 

Ma esisteva veramente questo arcano? Oppure sono esistiti ed esistono ancora oggi interessi tali da relegare i Templari al loro oscuro destino dettato da una turpe sentenza?

 

Forse in gran parte d’Europa la vicenda si riassume così, ma esiste un piccolo paese del nostro continente dove il ricordo e il debito verso questi Cavalieri è sentito, dopo ottocento anni, come una realtà, il Portogallo.

 

Il simbolismo della croce templare, anche nella sua variante voluta dal re Diniz e ripetuta dai suoi successori , almeno sino al 1834, anno in cui la vittoria liberale nella guerra civile porta all’estinzione di tutti gli ordini religiosi, vive nel quotidiano.

 

 

Questo è solo un piccolo aspetto di quella grande sfaccettatura che è la tematica dei Templari.

 

Tutto inizia nel Medio Oriente, nell’anno 1118, quando il desiderio di liberazione della Terra Santa, e non solo, generare il concetto delle Crociate. In Gerusalemme nove cavalieri, con l’autorizzazione di re Baldovino IIº, fondano un piccolo ordine religioso militare:” La Milizia dei Poveri Cavalieri di Cristo del Tempio”, sotto la guida di Ugo di Payns. Tra questi sembra che vi fosse un portoghese certo Arnaldo da Rocha, forse originario della zona di Gondomar, alle spalle di Oporto.

 

L’origine geografica di questo primo cavaliere può essere stata un caso, ma segnaliamo che in quella zona da alcuni decenni si sta verificando un fermento politico particolare che è l’innesco del futuro regno del Portogallo. Lì sorge una delle prime cattedrali metropolitane della penisola iberica, Braga, che contrasta il passo al grande santuario di Santiago de Compostella (Spagna); una regione, quella di Oporto, dove secondo una leggenda il S.Graal si ferma per un breve periodo e genera, secondo alcuni storici, l’origine del toponimo di questa nazione:”Contea Portucralensis”, vassallo del regno di Leone; un’area che confina con i territori cristiani della Spagna e il Portogallo  mussulmano.

 

La contea è in regime di vassallaggio con l’imperatore di Leone Alfonso VIº che per tentare di ristabilire l’ordine invia ad amministrare il territorio la figlia illegittima D.Teresa e lo sposo di questa, il Conte Enrico di Borgogna. Dalla loro unione nasce Alfonso Henriques, colui che diverrà il primo re del    Portogallo. La volontà dell’arcivescovo di Braga e della nobile famiglia di Soero Mendes detterà i primi passi verso l’indipendenza.

 

In occasione del quattordicesimo compleanno il giovane Alfonso Henriques viene investito Cavaliere del Tempio nella chiesa del S.Salvatore di Zamora (Spagna), siamo nel 1124. Due anni più tardi  D.Teresa dona all’Ordine dei Templari i terreni della Fonte da Arcada che vengono amministrati dal Gran Maestro Guilherme Ricardo. I fasti portoghesi dell’Ordine crescono con l’offerta del Castello di Soure dove ricevono il battesimo del “fuoco” nella difesa del loro bastione contro un’offensiva araba. 

 

L’importanza dei Cavalieri del Tempio cresce in concomitanza con l’opera militare di conquista della regione della valle del fiume Tago  e raggiunge il suo apogeo con la liberazione della città di Santarém. D’immediato Alfonso Henriques dona alla Milizia del Tempio quel territorio , la valle del fiume Zêzere e il castello di Ceras. È Gran Maestro delle Milizie del Tempio, Pedro Arnaldo che morirà durante l’assedio di Álcacer do Sal (1157).

 

Dieci anni prima le forze portoghesi , i crociati della “Seconda Crociata” e vari ordini, tra i quali i templari, liberano la città di Lisbona ( questa è la settima volta che i cristiani entrano in armi nella Roma del Tago).  Subito dopo diviene sede di vescovato e  il primo prelato, D.Gilberto, si oppone alle donazioni e alle rendite che Alfonso Henriques ha costituito a favore dell’ordine del Tempio  sostenendo che oltre che eccessive sarebbero spettate di diritto alla sua diocesi.

 

Il futuro re del Portogallo non prende una decisione immediata e facendo attendere il verdetto sino al 1159 anno nel quale riconferma  il suo operato. Nelle more della controversia i templari non restano con le mani in mano, ma iniziano una vasta opera di fortificazione e di ristrutturazione economico-amministrativa dei loro possedimenti.

 

Sorgono nuovi castelli: Pombal, Almourol, Idanha e Monsanto, ma l’opera prima deve essere considerata il Convento-Fortezza di Tomar, nato dall’accordo tra il primo re portoghese ed il Gran Maestro, Gualdim Pais. Tomar è necessario sia per proteggere il fianco alla città di Lisbona dal probabile ritorno dei mussulmani sia per dare una nuova e più efficiente Casa Madre ai Templari in sostituzione dell’ormai inutile castello di Ceras.

 

 

Gualdim Pais, tornato dalla Terra Santa, porta con se i modelli costruttivi dei Templari sia per quanto riguarda l’architettura religiosa sia per quella militare.

 

Il complesso religioso-militare è messo a dura prova nel 1190 quando l’emiro arabo Iacub Iussuf tenta di riaffermare il proprio dominio sui territori che erano stati mussulmani,. Dopo una settimana d’assedio la furia araba prende d’assalto la fortezza, ma la capacità militare templare riesce a trasformare  una possibile sconfitta in una  carneficina di mori.

 

Nel 1179 il Papa Alessandro IIIº, con la Bolla “Manifestis Probatua”, riconosce il Regno del Portogallo   e come re Alfonso Henriques, capostipite della Casa Reale di Borgogna.

 

La nuova nazione del sud ovest europeo tra i molti problemi ne aveva uno urgente: ripopolare il territorio. Questa missione  tocca anche ai Cavalieri del Tempio.

 

Per riuscere nel loro compito il Re li munisce di “forais” (autorizzazioni) destinati a provocare il sorgere di nuove città e nel 1169 promettendo loro la donazione di  un terzo dei territori liberati a sud del corso del fiume Tago con la clausola che le rendite provenienti da quei possedimenti dovevano restare in Portogallo almeno sino alla fine della Reconquista.

 

Il vincolo non è rispettato e i Templari destinano i proventi alle loro Case Madri all’estero.   Il Re non pone in essere  alcuna iniziativa legale per far rispettare l’accordo siglato e questa inattività fa ritenere che lo stesso monarca ritiene importante la presenza dell’Ordine in Portogallo e il suo obiettivo é quello di renderli autonomi rispetto al territorio.

 

Come già detto alla fine del XIIº secolo la Lusitania se la deve vedere con il ritorno in forza degli arabi (Almohadi) che riportano il confine sulle sponde del Tago.

 

Nel frattempo, 1209, il Regno Cristiano di Gerusalemme, cessa di esistere e gli Ordini che li erano sorti devono prendere la strada del vecchio continente.

 

La figura spicco nella storia dell’Ordine Templare in Portogallo fu il  Gran Maestro, Gualdim Pais (1157-1195) proveniente da una nobile famiglia del Portogallo del nord  il cui contributo alla Reconquista e difesa della regione della valle del fiume Tago è innegabile. Le grandi opere difensive di quella zona sono a lui attribuite e lo stesso D. Alfonso Henriques gli affida ufficialmente tale compito che verrà onoratamente portato a termine.

 

Il  desiderio del Portogallo di raggiungere sia l’unità sia la libertà è molto forte, ma per raggiungerla  deve appoggiarsi ai Templari, all’Ordine spagnolo di S.Tiago della Spada, agli Ospitalari, all’Ordine di Aviz e di  Calatrava. Nel 1249 l’ultima città algarvia in mano agli arabi, Faro, cade in mano cristiana e il Re Alfonso IIIº, con il “Trattato di Badajoz”(1265)  diviene Re del Portogallo e dell’Algarve. La Spagna dovrà attendere  il mese di gennaio del 1492 per vedere cadere l’ultimo caposaldo arabo in terra andalusa: Granada.

 

In Lusitania, con la fine della Reconquista, gli Ordini entrano in crisi. L’infedele è cacciato e poco resta loro da fare. Siamo alla fine del XIIIº secolo e D. Diniz è il nuovo Re. 

 

 

 

Monastero Alcobaa   Sala dei Re Diniz

 

Tra i molti problemi che deve affrontare ve ne sono due legati alla presenza in Portogallo di varie “congregazioni” di monaci-soldati:

1.- il legame di “vassallaggio “ assoggetta l’ordine al sovrano della terra d’origine;

2.- questa non sudditanza alla corte portoghese genera attriti e alcuni Ordini si rivoltano.

 

 La capacità del nuovo Re saprà risolvere questo difficile momento.

 

           

 

La sua azione politica si fonda su tre concetti: Nazione, Stato e Patria, secondo la definizione data da S.Giovanni Battista, S.Agostino e S.Bernardo di Chiaravalle gettando le basi del grande baluardo delle Scoperte.

 

Quest’opera di rifondazione del Portogallo si basa sulla collaborazione dell’ammiraglio Emanuele Pessagno, un genovese, che fondò la marina nazionale portoghese e sulla continuità della fedeltà dei Templari alla Corona portoghese che viene resa ancor più solida, nel 1288, quando costoro aiutano il re a sconfiggere sia il fratello Alfonso, che anelava al trono, sia i castigliani.

 

Il mutamento di secolo segna la fine dell’Ordine.

 

Limitiamoci agli avvenimenti portoghesi del processo d’estinzione iniziato in Francia.

 

Sappiamo che sia il Re francese sia il Papa informano le corti europee dell’accaduto invitandole a prendere provvedimenti contro i Templari (bolle papali Regnans in Coeli e Callidi Serpentis Vigil).

 

D.Diniz non può e non vuole assecondare tali meschine volontà. Il rapporto tra le due parti (Re e Templari) si è sempre fondato sulla reciproca lealtà, ma una minima apparenza, per gli interessi  di politica internazionale, deve essere mantenuta. Il “Re Lavoratore” instaura il processo, ma con una lentezza burocratica tale da poter permettere agli accusati di redigere valide linee difensive. Nel frattempo sceglie il collegio giudicante che risulta essere composto dal vescovo di Lisbona Giovanni, dal giureconsulto Giovanni della Legge e dal priore dell’Ordine francescano in Portogallo.

 

La prima decisione presa è quella di non imprigionare nessun Templare anche se nella sentenza del 27 novembre 1309 i beni  sono, ugualmente,  confiscati ed integrati nella corona portoghese.

 

L’idea  del Re è quella di gettare la sabbia negli occhi a di Filippo IVº e al  Papa Clemente Vº. tale espediente da i suoi risultati. Un nuovo problema batte alle porte: con la possibile estinzione dell’Ordine la Chiesa portoghese e i reali stranieri possono pretendere il possesso degli averi confiscati.

 

Il punto di forza di D. Diniz, in questa lenta e astuta partita a scacchi, si basa su alcuni assi che tiene pronti nella manica: la lontananza geografica del Portogallo dai grandi centri di potere dell’Europa,  il legame di parentela con il re di Castiglia Fernando e l’indecisione dei monarchi iberici.

 

Il 21 gennaio 1310 riesce a stipulare la “Convenzione di Salamanca” con la quale Castiglia e Portogallo diventano alleati e alla quale in un secondo momento aderisce anche Jaime IIIº di Aragona. La sostanza di questo Trattato internazionale permette la costituzione di una doppia barriera difensiva sia a favore delle singole autorità giurisdizionali sia a favore dei beni dei Templari.

  

Nelle more del processo, che si svolge sia in Santarém sia in Salamanca, tutte le componenti  sociali di questa nazione assolvono i Templari consentendone il graduale rientro.

 

L’anno 1312 segna la fine dell’Ordine, il Papa Clemente Vº lo dissolve e tra le autorità ecclesiastiche e D.Diniz inizia la battaglia per il possesso dei beni relitti. Sua Santità nomina come tutore degli averi portoghesi dell’estinto Ordine il vescovo della città di Oporto, Stefano, che non è persona gradita al re lusitano che per ostacolare i piani comincia nuovamente a temporeggiare obbligando il Papa a revocare gli effetti di quella nomina.

 

I problemi per D.Diniz e i Templari non sono ancora finiti perché nel 1317 il Papa  Giovanni XXIIº  aveva donato al  cardinale Bertrand il castello e le terre di Tomar. Nonostante il nuovo empasse il Re non abdica dal suo progetto. Per non apparire di prima persona, organizza un’ambasciata di protesta nei confronti del Papa. Il gruppo portoghese è formato dall’erede al trono e da un folto gruppo di nobili locali che una volta giunti ad Avignone prendono letteralmente d’assedio l’ufficio pontificio  costringendo il capo del dicastero a rinunciare ai diritti vantati su Tomar.

 

Tomar ritornata ai suoi legittimi proprietari. Il Portogallo vince la guerra diplomatica per la conservazione dell’Ordine dei Templari, lasciando ai suoi poderosi avversari solo le briciole e divenendo così il grande erede spirituale di quella tradizione.

 

 

La grande opera di D.Diniz viene però trascurata dal nostro “Sommo Poeta” che, ironia della sorte, nel Canto XIXº del Paradiso condanna ingiustamente il re portoghese affidando le sorti dell’Impero dello Spirito Santo al debole Re lussemburghese Enrico VIIº.

 

La lunga partita a scacchi non è ancora conclusa e D.Diniz si prepara a dare lo scacco matto.

 

La mossa finale prende il via quando una nuova ambasciata arriva ad Avignone con l’intento di spiegare a Papa Giovanni XXIIº le ragione che hanno indotto il re lusitano a conservare i beni dei Templari. Gli inviati sono il Cavaliere di Monsaraz, João Lourenço e il canonico di Coimbra Pedro Peres . Il piano di D:Diniz fa leva nelle Crociate: la lotta  all’infedele approfittando del fatto che in Andalusia il pericolo mussulmano è ancora una realtà e  confinando con l’Algarve è necessario costituire una milizia che ne difenda i confini. Questo nuovo Ordine si deve insediare nel castello di Castro Marim collocato su di un piccolo colle che domina la parte finale del corso del fiume Guadiana, di fronte alla cittadina spagnola di Ayamonte, e quindi in ottima posizione strategica .

 

Gli ambasciatori portoghesi, seguendo le istruzioni ricevute dal loro monarca, sanno ravvivare nell’animo del Papa un fuoco che si sta spegnendo, o forse gli danno un ottimo argomento per seppellire uno scomodo cadavere. Il 14 marzo del 1319 viene emanata la bolla “ Ad ea exquibus cultus augeatur divinus” con la quale si battezza la nascita dell’Ordo Militae Jesu Christi” o Ordine della Milizia di Gesù Cristo o Cavalieri di Cristo ai quali è consegnato tutto il patrimonio templare portoghese.

 

Il lungo viatico che porta dai Templari ai Cavalieri di Cristo può essere paragonato alla metamorfosi del bruco che diviene farfalla, ossia la continuità nel cambiamento. Infatti il nuovo Ordine è legato all’antica regola della fedeltà cistercense e in Portogallo all’abate di Alcobaça e al Re. Il 5 maggio del 1319, in Santarém, i nuovi Templari resuscitavano sotto la guida del Gran Maestro Gil Martins.

 

Il loro simbolo è null’altro che la modifica della conosciutissima croce a base quadrata che assume, ora,  una pianta rettangolare con una seconda croce bianca al suo interno che  simbolizza l’innocenza dell’Ordine dalle oltraggiose accuse che avevano provocato la sua estinzione.

 

L’epoca d’oro della storia del Portogallo non sa fare a meno dei Cavalieri di Cristo. Il simbolo che garrisce sulle vele lusitane che sfidano lo sconosciuto è la Croce del Tempio!

 

 

 

 Bibliografia


-         A Missão Templária nos Descobrimentos, Rainer Daehnhardt, Ed. Nova Acrópole

-         De Tomar , Amorim Rosa, Ed Gráfica de Tomar

-         Dicionário Enciclopédico da História de Portugal, Publ. Alfa articolo di Luis Krus vol II

-         Portugal Razão e Mistério, António Quadros, voll I-II, Ed. Guimarães

-         La Divina Commedia “Il Paradiso” canto XIX, Ed. Espresso CDR Liz 1

-         Breve História da Igreja, August Franzen, Ed. Presença

-         La fine dei templari, Andreas Beck, Ed. Piemme

-         História de Portugal, José Mattoso, vol. II, Ed Estampa

-         www.archeosofica.com


10) I PAPI ALL'EPOCA DEI TEMPLARI

 

 

 

 

 

Gregorio VII

Ildebrando di Soana

1073

1085

Vittore III

Desiderio di Benevento

1086

1087

Urbano II

Ottone di Lagery

1088

1099

Pasquale II

Ranieri di Bieda

1099

1118

.......

 

 

 

Onorio II

Lamberto Scannabecchi di Fagnano

1124

1130

Innocenzo II

Gregorio Papareschi

1130

1143

.......

 

 

 

Eugenio III

Bernardo Pignatelli

1145

1153

Adriano IV

Nicola Breakspear

1154

1159

Alessandro III

Orlando Bandinelli

1159

1181

........

 

 

 

Innocenzo III

Lotario dei Conti di Segni

1198

1216

Onorio III

Cencio Savelli

1216

1227

Gregorio IX

Ugolino dei Conti di Segni

1227

1241

Innocenzo IV

Sinibaldo Fieschi

1243

1254

Alessandro IV

Rinaldo dei Conti di Segni

1254

1261

Urbano IV

Giacomo Pantaléon

1261

1264

Clemente IV

Guido Folques

1265

1268

........

 

 

 

Gregorio X

Tebaldo Visconti

1271

1276

........

 

 

 

Martino IV

Simone di Brie

1281

1285

........

 

 

 

Niccolò IV

Girolamo Masci

1288

1292

Celestino V

Pietro da Morrone

1294

 

Bonifacio VIII

Benedetto Caetani

1294

1303

Benedetto XI

Niccolò Boccasini

1303

1304

Clemente V

Bertrando de Got

1305

1314

 

 

 

 

........

= Anni senza Pontefice

 

 

 


11) I SOVRANI DI FRANCIA (XI - XIV secolo)

 

FILIPPO I (1060-1108)

LUIGI VI Detto il Grosso (1108-1137)

LUIGI VII (1137-1180)

FILIPPO II Augusto (1180-1223)

LUIGI VIII (1223-1226)

LUIGI IX Il Santo (1226-1270)

FILIPPO III l'Ardito

e

CARLO D'ANGIO' re di Sicilia

(1270-1285)

(1266-1285)

 

Filippo III ebbe due figli: FILIPPO IV il Bello (1285-1314) e CARLO DI VALOIS.

Discendenza di Filippo il Bello:

Discendenza di Carlo di Valois:

LUIGI X l'Attaccabrighe (1314-1316)

FILIPPO VI (1328-1350)

FILIPPO V il Lungo (1316-1322)

 

CARLO IV il Bello (1322-1328)