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DOCUMENTAZIONE SUI TEMPLARI
INDICE
1) I TEMPLARI DI GIANLUCA BARALDI
2) DALLA NASCITA DELL'ORDINE DEL TEMPIO ALLA STRAGE DI
SALADINO
3) I GRAN MAESTRI DELL' ORDINE DEL TEMPIO
5) CRONOLOGIA
DELL'ORDINE TEMPLARE
7) NASCITA DEI TEMPLARI A GERUSALEMME
8) RIABILITAZIONE LEGITTIMA DEI TEMPLARI: RITARDO INGIUSTIFICATO
10) I PAPI ALL'EPOCA DEI TEMPLARI
11) I SOVRANI DI FRANCIA (XI - XIV SECOLO)
Le origini
Gerusalemme, 1118
Sono trascorsi oramai 20 anni dalla
conquista della Terrasanta, da parte dei Crociati. Tutta Europa si era
infervorata all'appello di papa Urbano II al concilio di Clermont (1095) per la
'guerra all'infedele'. Partirono in tanti, da ogni regione e di qualsiasi ceto
sociale; pellegrini, povera gente, commercianti, principi e nobili cavalieri.
Proprio tra questi ultimi, troviamo un piccolo gruppo ,proveniente Dalla
regione della Champagne, con a capo il nobile Ugo di Payns. E' proprio da
questo nome che iniziamo il nostro viaggio alla scoperta dei Templari.
Proprio nel 1118 , Ugo di Payns
costituisce una milizia assolutamente inedita per quei tempi: l' Ordine dei
poveri cavalieri del Cristo. Per la prima volta nel mondo medievale assistiamo
ad una novità nel sistema sociale, fino ad allora suddiviso in Bellatores
(coloro che combattevano), Oratores (coloro che pregavano), e Laboratores
(coloro che lavoravano). Il nuovo ordine conciliava i principi base del
monachesimo(povertà, castità, obbedienza)all'uso delle armi a protezione dei
pellegrini che si recavano nei luoghi santi. Monaci e al tempo stesso soldati!
Questa, se volete contraddittorietà, sarà anche in seguito, il 'filo
conduttore' nella storia stessa dei Templari. Il re di Gerusalemme, Baldovino
II, accoglie i primi cavalieri nel suo palazzo, presso la moschea di Al-Aqsa,
dove in passato sorgeva il Tempio di Salomone.
Da questo momento la nuova milizia
prenderà il nome di Ordine del Tempio ed i suoi membri Templari. In pochi anni
i cavalieri Templari assunsero un ruolo sempre più incisivo dal punto di vista
militare, sia in Terrasanta che nella penisola iberica, ancora occupata dai
mori invasori. Nei primi tempi, lo sviluppo del nuovo ordine appare al quanto
modesto e pare anche per questo che Ugo di Payns, nel 1127, ritorna in Europa
alla ricerca di rinforzi e di sostegni sia morali che economici. Sarà proprio
grazie a questo intervento che i Templari vengono legittimati e riconosciuti in
tutta Europa.
Troyes, 1128
Ugo di Payns arriva a Troyes dopo
aver incontrato a Roma il papa Onorio II. Bisognava ammettere che la creazione
della nuovo milizia non aveva precedenti nella storia cristiana, e, anche il
papa stesso mostrava evidenti segni di imbarazzo. Era quindi necessario trovare
una posizione chiara e precisa, ricercando anche una regola che si adattasse
perfettamente alla situazione. Non è un caso se da questo momento entra nelle
vicende Templari, uno dei personaggi più carismatici ed autorevoli del tempo:
Bernardo di Chiaravalle.
Monaco cistercense, fondatore della
abbazia di Chiaravalle (1115), scrittore e successivamente Dottore della
Chiesa, sarà proprio per merito suo che nel Concilio di Troyes (1118), la nuova
milizia viene ufficialmente riconosciuta grazie al 'De laude novae militiae'
(elogio della nuova milizia),vero e proprio proclama di esaltazione dell'Ordine
Templare. Quindi viene redatta la prima regola di base denominata 'latina' ,
vero e proprio punto di partenza per lo sviluppo dell'ordine. A partire dal
1128 i cavalieri Templari conobbero un sorprendente e rapido sviluppo in tutta
Europa. Donazioni, lasciti e reclutamento di nuove forze rappresentarono il
passo decisivo per una trasformazione graduale dell'ordine in un esercito
'parallelo' a quello degli altri Re europei. Già nel 1129 ,per la prima volta,
i Templari combattono come veri soldati, pur subendo una sconfitta e molte
perdite umane.
Gerusalemme , 1129
Al momento della loro nascita non
c'era stata l' esigenza di creare una gerarchia ben definita. Ugo di Payns è il
maestro, gli altri primi cavalieri semplici monaci. Solo dopo la redazione
della 'regola' e degli 'statuti gerarchici', prende forma un organigramma
preciso ed efficiente. In linea di massima ritroviamo lo schema base della
società feudale, basata sulla netta distinzione tra chi combatte, chi prega e
chi lavora. Anche la posizione sociale nella vita di tutti i giorni determinava
il ruolo all'interno dei templari.
Il comando dell'Ordine ha sede a
Gerusalemme ed è proprio qui che troviamo il Maestro, vero e proprio
governatore della milizia. Pur occupandosi di tutte le questioni riguardanti
l'ordine, il suo potere non è 'assoluto' ma molto spesso vincolato al consenso
del capitolo dei monaci. Non è questa una novità, era una consuetudine del
sistema medievale che raramente lasciava spazio ad autoritarismi di qualsiasi
tipo. In caso di impedimenti o assenze il Maestro veniva sostituito dal
Siniscalco, ma di fatto è il Maresciallo il vero responsabile del convento,
oltre che comandante per le operazioni militari. Accanto a queste figure troviamo
il Commendatore del Regno di Gerusalemme, che si occupava anche delle funzioni
di tesoreria , amministrazione e mantenimento delle relazioni verso le altre
case Templari d'Occidente. Il Commendatore della Città di Gerusalemme, che
assolveva il primario compito di proteggere i pellegrini nei luoghi santi. Il
Commendatore di Tripoli ed Antiochia, che governava queste terre. I
Commendatori delle varie Case Templari e il Commendatore dei Cavalieri, veri
dignitari dell'Ordine, tutti disciplinati dallo statuto che ne regolava
funzioni e poteri. I Templari di ceto inferiore si suddividevano in Fratelli
Cavalieri e Fratelli Sergenti che ricoprivano le funzioni assegnate in base ai
loro compiti di combattimento o di preghiera. Oltre a queste distinzioni
l'ordine poteva contare su un elevato numero di Fratelli Servitori, vere e
proprie maestranze per le mansioni quotidiane all'interno delle loro dimore,
diventate sempre più centri di attività economica, spirituale e militare.
Gerusalemme, 1150
Le conseguenze del Concilio di Troyes
furono inattese e sorprendenti al tempo stesso. Un gran numero di persone si
'arruolarono' nella nuova milizia, ma fu soprattutto grazie a donazioni e lasciti
che i Templari riuscirono a creare una vera e propria struttura
economico-finanziaria adatta a sostenere la costosa permanenza in Terrasanta.
Con l'ulteriore aiuto di permute, acquisti e vendite i Cavalieri del Tempio
dettero omogeneità ed organicità all'organizzazione dei loro possedimenti.
Accanto alla sede centrale di Gerusalemme troviamo le province d' oltremare di Antiochia
e Tripoli. La principale risorsa economica e logistica per il buon
funzionamento dell'ordine restò comunque l'Occidente, dalla penisola Iberica
all'Ungheria. I conflitti tra cristiani e mori infedeli nel sud dell'Europa
elevarono i Cavalieri Templari ad un ruolo decisivo per la 'riconquista'
('reconquista'), ripagata, oltre che dall'onore, da ingenti proprietà fondiarie
sia nell'attuale Portogallo sia in Spagna, precisamente in Aragona. Lo sviluppo
trovò terreno fertile in Francia, specialmente in Provenza e nel Poitou, e
successivamente in tutte le regioni del paese. Si crearono dimore e magioni
anche in Inghilterra, Ungheria e nel resto del continente.
L'espansione Templare in Italia non fu fulminea come altrove e anche nei
decenni successivi il nostro paese non diventerà mai fondamentale per le sorti
dell'ordine. Come era nella logica Templare i possedimenti erano dislocati prevalentemente
lungo le vie di comunicazione terrestre (per esempio la via Emilia, la via
Francigena e la via di Postumia), nelle sedi di fiere e attività commerciali ed
in prossimità dei porti d'imbarco per l'oriente, specialmente in Puglia.
Questa, quindi, era la situazione delle Province Templari, non restava che
collegarle per sfruttare al meglio le loro risorse e, come vedremo, in questo i
Templari non furono inferiori a nessuno...
Da pochi anni Ugo di Payns è
ritornato dopo la lunga permanenza in Europa. E' vero, adesso l'ordine ha più
omogeneità, c'è una regola, ha ottenuto stima e rispetto, ma questo ha portato
anche l'inizio di una evoluzione. Qui a Baghras, fortezza situata a nord di
Antiochia, i Templari non svolgono più solo la difesa dei pellegrini ma anche
la protezione dei confini dei fragili stati latini. Quindi da missionari
diventano un vero e proprio esercito privato di supporto degli eserciti
franchi. Anche se poco numerosi, i cavalieri del Tempio si distinguono sempre
per l'addestramento e la disciplina che ne fanno la colonna portante di un esercito
crociato approssimativo e disorganizzato.
Le loro strategie abbinate ad un coraggio, che desta ammirazione e paura al
tempo stesso tra le file del nemico, è cosa risaputa. Malumori però serpeggiano
tra le loro file. Pur essendo stati creati per la permanenza in Terrasanta,
notevoli forze umane ed economiche vengono destinate nella Penisola Iberica
dove si lotta per la riconquista di quei territori ancora in mano agli
infedeli. La regola definisce in modo chiaro e preciso anche il comportamento
da tenere nei casi di scontri militari. Sotto il controllo del Maestro o del
Maresciallo ai cavalieri non è possibile usare singole iniziative. Severe
punizioni sono previste per chi non rispetta le consegne, per chi esce dai
ranghi, per chi abbandona il campo senza permesso. Per la prima volta gli
europei si trovano a combattere un nemico che attua una tattica fatta di
trappole, di imboscate, sfruttando le strette gole e vallate del territorio, o
di finte ritirate. È necessario quindi avere anche come proprie risorse anche
quella della mobilità, della rapidità e in questo i Templari erano davvero
maestri.
La permanenza in Terrasanta si sta
rivelando più faticosa del previsto. I Templari, pur con coraggio e abilità,non
hanno ottenuto grossi risultati militari. I vari scontri armati, tra cui quelli
di Damasco (1148) e Ascalona (1153),sono stati momenti di sofferenza, di enormi
perdite umane, maldicenze e accuse. Malgrado questi episodi i cavalieri del
tempio acquistano un sempre maggiore potere politico, diventando spesso i più
fidati consiglieri del Re di Gerusalemme. Ma il peggio doveva ancora arrivare….
La crisi politica del regno di
Gerusalemme e il crearsi di fazioni contribuisce ad indebolire il potere negli
stati latini d'oltremare. Siamo in Galilea, in piena estate del
Complice l'oscurità e ad una maggior freschezza fisica gli arabi risalgono
l'altopiano e, usando tecniche da guerriglia, gettano scompiglio tra gli
europei. Stanco, assetato e circondato dal nemico: per l'esercito cristiano è
la fine. Errori militari da parte del re e di Gerardo di Ridefort
contribuiscono alla disfatta completa delle forze latine. I Templari combattono
valorosamente ma vengono tutti catturati e trucidati senza pietà dal nemico.
Tra i pochi scampati al massacro i veri responsabili della sconfitta: il re e
il maestro dell'ordine stesso. Con questa vittoria Saladino si impadronisce di
tutto il regno ed entra a Gerusalemme da trionfatore.
San Giovanni d'Acri 1291 d.C.
La recente caduta della città di
Tripoli è stata un duro presagio per gli abitanti di San Giovanni d'Acri. Fino
ad allora il sultano non pareva intenzionato ad attaccare le città cristiane sulla
costa, in fondo facevano comodo anche per motivazioni commerciali e
finanziarie. San Giovanni in particolare veniva considerata come un centro
fondamentale e nel suo porto troviamo mercanti genovesi, pisani e veneziani, il
commercio procurava da sempre notevoli guadagni e anche il sultano ed i
Templari lo sapevano bene. Non è un caso se qui a San Giovanni d'Acri troviamo
notevoli fortificazioni a protezione del centro. La città è divisa per
quartieri ognuno dei quali viene 'controllato' da forze militari ben precise.
Il quartiere del Tempio, a picco sul mare e nelle vicinanze del porto, è uno
dei più importanti per il controllo delle posizioni. Anche in fatto di
strategie e di astuzie i cavalieri Templari non devono imparare da nessuno. I
preparativi per l'assedio alla città iniziarono diversi mesi prima e inutili
furono le richieste di aiuto verso l'Europa ormai rassegnata alla perdita degli
stati latini. Il 6 aprile inizia il vero assedio sotto le mura cittadine. La
differenza tra le forze in campo, sia numerica che di armamenti, risulta
davvero notevole a vantaggio degli arabi. Inutili sono le incursioni negli
accampamenti del nemico eseguite nel cuore della notte da valorosi Templari.
Accanto alle poderose catapulte che per oltre un mese devastano i quartieri
cristiani gli arabi fanno largo uso di mine per demolire le mura della città.
In poco tempo la prima cerchia inizia a cedere dando origine a varchi
d'ingresso per le truppe del nemico, ormai vicinissimo alle postazioni di
controllo. La lotta è durissima. Furiosi combattimenti sono segnalati in ogni
zona, i quartieri cadono uno dopo l'altro nelle mani del nemico, i Templari
rispondono con coraggio anche se il Maestro cade sul campo, ferito a morte. Il
28 maggio capitola l'ultimo baluardo della città: la torre dei Templari: il
sultano diventa padrone di San Giovanni d'Acri. Tutti i dignitari dell'ordine
periscono tra le mura della città, ' versando il proprio sangue nel nome di
Cristo e in difesa della fede cristiana….'. E' la fine degli stati latini e la
conclusione dell'epoca delle crociate.
Isolotto di Ruad - Tortosa 1303 d.C.
La sconfitta di San Giovanni d'Acri
aveva chiuse definitivamente ogni speranza di permanenza europea in Terrasanta.
I pochi Templari che riuscirono a scampare ai massacri dei trionfatori
musulmani si rifugiarono nell'isola di Cipro e precisamente a Limassol, dove
venne spostata la sede dell'ordine. Pur se in modesto numero, i cavalieri del
tempio riuscirono a trafugare dalla sede di San Giovanni il tesoro dell'ordine
e le preziose reliquie tralle quali probabilmente un 'sacro lenzuolo' . Nel
1301 papa Bonifacio VIII dona all'ordine un isolotto, quello dove ora ci
troviamo, situato a due miglia al largo di Tortosa.
Ruad è un isolotto inospitale, arido,
privo di acqua potabile ma strategicamente importante. Grazie all'arrivo di
nuove forze da Cipro e dall'Europa i Templari riescono a fortificarlo e a
creare una nuova guarnigione pronta a sfidare il vicino nemico infedele con
rapide e fastidiose incursioni navali. Il sultano d'Egitto, preoccupato della
tenacia dei Templari e da un eventuale ritorno degli eserciti europei, assale
l'isola-fortezza ma solo nel 1303 riesce ad ottenerne il pieno possesso. E'
l'ultima battaglia: quasi tutti i Templari cadono a protezione dell'isolotto,
come a voler difendere le ultime speranze della loro stessa esistenza. I pochi
prigionieri catturati vengono lasciati morire di fame nelle buie carceri
egiziane.
Il bilancio finale della missione in Terrasanta, anche per l'ordine dei
Templari, si può quindi definire disastroso. Enorme fu il sacrificio in vite
umane, ripagato solo in piccola parte dal coraggio e dalla tenacia che anche il
nemico riconobbe ai membri dell'ordine. Quasi tutti i massimi dignitari
perirono sul campo di battaglia, o in seguito per le ferite che riportarono,
sotto il vessillo bianco-nero chiamato 'bauceant' al grido di : NON NOBIS,
DOMINE, NON NOBIS SED NOMINI TUO DA GLORIAM (NON A NOI, SIGNORE, NON A NOI, MA
AL TUO NOME DONA LA GLORIA).
I luoghi
Ugo di Payns, fondatore dell'ordine,
non poteva certamente pensare ad un ruolo così impegnativo per i poveri
Cavalieri del Tempio. La permanenza in Terrasanta è piu' difficile del previsto
e la missione nella penisola iberica è diventata davvero lunga ed insidiosa.
Sono ormai diversi anni che i Templari ricoprono un ruolo fondamentale per la
'reconquista' dei territori dai mori invasori. Dimore e chiese, ma soprattutto
castelli e fortificazioni militari, sono presenti in tutta la regione. Non è un
caso se oggi siamo qui a Tomar, quartiere generale della milizia in Portogallo.
Edificato nel 1160 dal maestro
portoghese Gualdim Pais, di ritorno dalla terrasanta, è forse l' esempio piu'
importante della convivenza tra architettura militare e religiosa, quasi a
voler ricordare la duplice vocazione dell'ordine stesso. Accanto ad una
poderosa struttura muraria militare all'interno troviamo anche un convento,
dalle forme inusuali per questi anni, che con richiami gotici orientali ci
porta ricordi della Terrasanta e del suo misterioso fascino. E' passato appena
un anno dall'assedio di questa fortezza da parte degli arabi e ancora vediamo
le ferite che solo la capacita' militare Templare ne ha impedito la
capitolazione totale. Abili fratelli-muratori stanno provvedendo a consolidare
e rinforzare le mura, non si puo' mai sapere... Situate in diversi punti
strategici, anche sulle rive di corsi d' acqua, troviamo altre notevoli
fortezze da ricordare e, perchè no, da visitare in futuro. Almourol, Pombal,
Soure in Portogallo ma anche Ponferrada, Almansa, Belmonte, Peniscola e
Miravet, tutte situate nei vicini regni. Adesso dobbiamo ripartire, il
pellegrino non faceva mai lunghe soste anche se devo ammettere, e credo che
sarete d'accordo con me, il luogo è davvero affascinante.
Bologna 1249 d.C.
Lo sviluppo dei Templari sul
territorio italiano segue lo stesso percorso di evoluzione dell'ordine stesso.
Siamo non per caso in una Bologna ancora in festa per la vittoria sulle truppe
imperiali di re Enzo. La sede Templare di questa gioiosa citta' rispecchia
l'esempio migliore di come i monaci-soldati scelgano accuratamente dove
'mettere solide radici'. Normalmente i cavalieri hanno due 'domus' nelle citta'
considerate principali. Una all'interno delle mura, la sede primaria che funge
da coordinamento, e una fuori , per dare ospitalita' ai pellegrini, primo e
vero motivo della loro esistenza. L'Italia, fin dall'inizio, rappresenta un
paese importante ma non fondamentale.
E' la sede del papato, l'unico loro
vero tutore, ma e' principalmente per la posizione geografica che i Templari vi
si insediano stabilmente. Non solo attivita' di sostegno per i pellegrini
diretti a Gerusalemme ma anche azioni politiche, diplomatiche e finanziarie in
un paese che trova nuovo benessere dalle crociate. Tutte le vie di terra e
fluviali sono sedi di domus Templari piu' o meno importanti. La via Francigena,
ma anche la via di Postumia, la via Emilia e le altre antiche strade consolari
romane, da Torino alla Sicilia, passando per Milano, Piacenza, Modena, Bologna,
Ravenna, Firenze, Siena, Perugia, Viterbo e ovviamente Roma. Un discorso a
parte meritano le citta' portuali. Accanto a Venezia, Genova e Pisa, dove i
Templari hanno sedi di primaria importanza, legate dai traffici delle
repubbliche marinare con l'oriente, sono i porti di Barletta, Bari, Brindisi e
Messina a venire considerati veri e propri centri di smistamento per cavalieri,
cavalli e ogni genere necessario per la dura permanenza in terrasanta. A differenza
di altri paesi europei, dove condizioni particolari impongono quasi sempre
fortezze e castelli, in Italia trovano maggiormente spazio edifici civili,
magari frutto di precedenti donazioni, chiese e depositi saggiamente
ristrutturati e ben amministrati. I Templari dovevano autogestirsi e produrre
eccedenze per i confratelli lontani impegnati in battaglia: il reddito prima di
tutto. I compiti dei monaci vengono indirizzati anche alla bonifica di terreni
paludosi, alla costruzione di ponti e alla manutenzione di strade, diventate
ormai sempre piu' crocevia per lo scambio di idee e cultura con il mondo
orientale.
Castello di Athlit 1260 d.C.
La perdita di Gerusalemme, a seguito
della disastrosa sconfitta di Hattin (1187), modificò anche il pensiero
Templare in materia di
architettura militare. Da quel
momento i possedimenti Templari diventano vere e proprie roccaforti, in luoghi
strategici ed inespugnabili. Il castello di ATHLIT (o Chatel-Pelerin), dove
oggi ci troviamo, è il più significativo esempio della evoluzione Templare in
questo senso. Entriamo da questa maestosa porta. Situata sull'unico promontorio
della costa tra Jaffa e Haifa e collegata alla terraferma solo da un lato, la
fortezza appare imprendibile ed in grado di resistere a qualunque assedio
esterno. Gli assedi di Acri e Tiro hanno insegnato ai fratelli-costruttori,
l'importanza di rifornire i loro castelli attraverso il mare, della necessità
di dotarli di una doppia e spessa cinta muraria e di un fossato da riempire
d'acqua in caso di pericolo. Completano la costruzione poderose torri
rettangolari e sicure fondamenta sotto il mare. All'interno, come si può
vedere, troviamo palazzi, scuderie, cripte, un piccolo porto, passaggi
sotterranei più o meno segreti e la chiesa di forma circolare usata per le
normali funzioni religiose. Nel 1251 presso questo castello ha soggiornato la
regina di Francia, moglie di Luigi IX, dando alla luce il figlio Pietro. A poca
distanza da Acri è situato il castello di SAPHET, altra rinomata roccaforte in
grado di ospitare oltre 2000 Cavalieri. Anche in questo caso alte e spesse
mura, torri circolari e fossati garantiscono sicurezza per i monaci-Cavalieri e
i loro ospiti. La particolarità di questa fortezza è l'impressionante serie di
mulini di vario tipo, sia interni che esterni, che garantiscono
approvvigionamenti in abbondanza. Anche in questo caso possiamo notare la
perfetta e puntigliosa organizzazione Templare, sia militare sia economica. Da
molti anni i due castelli, Athlit e Saphet, rappresentano un sicuro punto di
riferimento per gli stati crociati, ormai abbandonati al loro destino.
L'attivita' in una Commanderie
Templare inizia sempre al mattino presto. La regola dell'ordine e' severa ma. .
. .ecco che la campana del mattutino suona, dobbiamo sbrigarci ad andare in
chiesa! Finita la preghiera inizia la vera giornata lavorativa dei
monaci-cavalieri. Le commanderies, come questa in cui ci troviamo, sono vere e
proprie aziende agricole anzi direi centri economici culturali, dove
l'attivita' produttiva si fonde sapientemente con la spiritualita'. Convento,
Chiesa ma pure stalle, mulini, forni, orti, scuderie, magazzini di ogni genere
per la conservazione dei prodotti che la terra ,come sempre generosa, ci offre.
La nascita di queste nuove realta' avviene dopo il Concilio di Troyes, grazie
al quale le donazioni ai Templari si moltiplicarono. Terreni, fondi
abbandonati, boschi, pascoli, terreni da bonificare, tutto contribuisce a
creare un solidissimo e florido patrimonio fondiario che non trova riscontri presso
altri ordini religiosi . Con una saggia gestione economica fatta anche di
permute, vendite, acquisti si creano vere unita' produttive concentrate e
gestite dal commendatore locale. Qui a Montsaunes, a poca distanza dai Pirenei
e sul percorso della via per Santiago de Compostela, i Templari si insediano in
un territorio strategicamente perfetto. L' attivita' deve provvedere non solo
all'autosufficienza di coloro che ci vivono ma anche a creare eccedenze
necessarie da avviare ai cavalieri impegnati in Terrasanta. Le coltivazioni
agricole rispecchiano la logica tradizione locale . Cereali e legumi ma anche
vite e, nella lontana Italia, l'olivo. L'allevamento del bestiame, che dona
saporita carne e gustosi formaggi e' la voce principale di un bilancio economico
che viene fatto annualmente con precisione. Le aziende devono rendere, la
guerra impegna notevoli sforzi economici. Accanto a queste entrate anche
riscossioni di decime (dalla quale i Templari sono esentati), tasse varie e gli
affitti di terreni lontani dati in gestione ai 'conductores' che pagavano in
denaro ed in prodotti della terra. La conduzione della commanderie non e'
semplice. Accanto ai monaci, impiegati secondo le loro attitudini e alla loro
esperienza, troviamo anche coloni esterni che godevano particolari vantaggi e
condizioni di lavoro migliori di quelle che il povero ma fondamentale mondo
agricolo di questi secoli puo' dare.
Parigi Domus templi 1297 d.C.
Dopo la fine della esperienza in
Terrasanta con la caduta di San Giovanni d'Acri, Parigi diventa il centro
principale e la sede del Maestro dell'Ordine del Tempio. L'attivita'
finanziaria continua anche terminata la costosa e disastrosa spedizione
d'Oltremare, a dire il vero la sua gestione non è esclusiva dei Templari ma
anche di altri ordini monastici che amministravano piu' o meno saggiamente
cospicue fortune patrimoniali. Il monastero o l'abbazia sono luoghi consacrati
a Dio e per questo ritenuti inviolabili e temuti da tutti, i monaci-cavalieri
contribuiscono pero' ad un forte sviluppo ed a grosse novita' in merito. Oggi
ci troviamo in uno dei luoghi piu' sicuri dell'attuale periodo storico: la sede
primaria del Banco del Tempio. Entriamo nei locali ordinati e rigorosi dei
monaci, mescolandoci tra persone di ogni categoria e ceto sociale; i Templari
non facevano troppe distinzioni, chiaramente da saggi mercanti valutavano
rischi e servizi ad essi rapportati. In fondo alla stanza troviamo diversi
sportelli gestiti da Templari-cassieri, ognuno dei quali con un registro di
cassa e' pronto a trascrivere ogni movimento di denaro. Raccolta di fondi da
gestire ma anche erogazioni di prestiti con garanzie date in pegno che potevano
essere anche bestiame, prodotti agricoli, schiavi, tutto poteva essere utile in
caso di insolvenza da parte del debitore. Per le persone importanti i Templari
hanno un prodotto finanziario su misura: il conto corrente. In qualsiasi
momento il cliente puo' disporre dei propri averi con semplici lettere inviate
al tesoriere del tempio. Il banco invia tre volte l'anno un estratto conto di
riepilogo dei movimenti. Non e' necessario recarsi nella sede principale ma si
puo' usufruire di questo servizio anche presso altre sedi Templari sparse in
giro per l'Europa, inoltre esistono vari finanziamenti specializzati per le categorie
di artigiani e contadini che possono avere bisogno di anticipi. Adesso veniamo
ai costi di questi servizi. La Chiesa ha sempre considerato l'interesse come
grave peccato 'non e' possibile arricchirsi speculando sul tempo che ci viene
donato da Dio!' per questo gli ebrei sono visti come usurai e peccatori. Per le
operazioni in questione l'interesse viene 'trasformato' con un operazione di
cambio da una moneta all'altra, infatti il problema di questo periodo e' la
variopinta quantita' di valute. Il Templare-cassiere nel rendiconto di fine
giornata provvede alla conversione di tutte le differenti monete entrate in
quella locale: la lira parisis. L'attivita' finanziaria dei Templari non si
limita qui, infatti vengono svolte anche mansioni di esattoria, di deposito del
tesoro reale, di gestione dei fondi e di patrimoni in genere, di riscossioni di
contratti privati, di mediazioni di qualsiasi genere e natura, di finanziamenti
di nuove idee ed attivita'. La contabilita' viene tenuta in maniera puntigliosa
e rigorosa perche' a fine anno i conti devono tornare sempre e possibilmente
anche dare elevati risultati economici...
La permanenza degli stati europei in
Terrasanta non significa solo costosa missione militare ma assume anche
risvolti politici ed economici. Le Repubbliche Marinare italiane hanno creato
solide basi per il commercio e il trasporto di pellegrini con l'Oriente; in
tutte le principali citta' orientali sono presenti importanti residenze
diplomatiche e magazzini per le merci. Nel 1204, con l'aiuto dei
crociati,Venezia conquista Costantinopoli e la supremazia nel Mediterraneo
Orientale a danno di Genova e Pisa: e' l'inizio di conflitti. La ricchezza di
questi anni, dovuta alla saggia amministrazione e alle continue donazioni, porta
anche i Templari ad avere una propria flotta autonoma e ben equipaggiata. 'La
buona ventura' 'La rosa del tempio' 'Il falco del tempio' sono alcuni dei nomi
delle piu' conosciute imbarcazioni Templari di questi anni. I principali porti
del Mediterraneo sono basi di partenza per l'Oriente e Venezia, dove noi oggi
ci troviamo, rappresenta uno dei piu'importanti. I rapporti con questa
repubblica marinara sono stati, negli anni scorsi, molto difficoltosi a causa
della comunita' templare di Brindisi che ha creato ostacoli nei traffici dei
mercanti veneziani, sovente fatti prigionieri e derubati dei loro averi. Con
l'intervento del doge e grazie alla notoria abilita' diplomatica templare si e'
giunti ad un accordo e ad un notevole risarcimento danni a favore dei veneziani
nell'interesse sicuramente anche degli stessi monaci-soldati. I cavalieri hanno
bisogno dei fondamentali appoggi logistici di Venezia sulla rotta per
l'Oriente. L'attivita' del porto, come possiamo notare, appare frenetica e
senza sosta, arrivi e partenze si susseguono in una incredibile ridda di razze
e dialetti lontani: il profitto genera sempre forze infinite! Le navi Templari
partono con i prodotti necessari, dal legname ai cavalli, dalle armi agli
indispensabili cereali per la permanenza in quei luoghi santi ma anche cariche
di pellegrini chiassosi ed impazienti. E' un ritorno allo scopo originario per
la quale i cavalieri sono stati creati ma anche incremento per l'attivita'
finanziaria e di custodia dei loro averi. I Templari garantiscono una maggior
sicurezza nel servizio di trasporto, essendo scortati per tutta la durata del
viaggio ma anche per la loro serieta' che rassicurava i passeggeri dal pericolo
di un loro possibile commercio come schiavi al porto di sbarco. Le tariffe sono
economiche e questo provoca piu' di un contrasto con armatori senza scrupoli
per i quali la rotta per Gerusalemme rappresenta solo una ulteriore fonte di
guadagno: il turismo di massa incominciava i suoi primi passi e poteva
risolvere notevoli questioni di bilancio e i monaci-Templari questo lo
sapevano. . . . . . .
Usi e costumi
Accompagnati dal maresciallo del
tempio, attraverso una lunga e buia scalinata, si arriva nei sotterranei del
castello. I portoni si spalancano su una enorme sala: l'armeria. I Templari,
anche nella organizzazione logistica non temono confronti. In questo castello
troviamo scorte alimentari e depositi di armi. La fiorente attività economica
Templare in Europa permette l'accumulo di notevoli ricchezze che vengono
destinate alla missione in Terrasanta per il mantenimento delle varie fortezze
e per la produzione di qualità e quantità di armi per combattere; un
riferimento sicuro anche per gli eserciti europei. Il Templare a cavallo
possiede come principale strumento la LANCIA, che viene però usata come mezzo
di urto, anche per disarcionare il nemico. Un cavaliere appiedato equivale ad
un duello vinto! A seconda del grado nella gerarchia dell'ordine questa lancia
viene adornata con una stoffa di colori e disegni diversi. Per i combattimenti
'corpo a corpo', troviamo la SPADA, che rimane comunque l'arma fondamentale di
questo periodo. Per i monaci-cavalieri, la spada assume un significato
particolare. Simbolo della lotta contro l'infedele, molto spesso nel pomo della
sua impugnatura può trovarvi posto anche una reliquia religiosa ad ulteriore
conferma della santità della guerra. Tra le altri armi che troviamo, la SCURE
semplice o a doppia lama, la MAZZA e il MARTELLO con lame di ferro, PUGNALI di
ogni dimensione. Nella fanteria, che comunque rappresentava un fondamentale
supporto, vengono usati ARCHI e BALESTRE di primissima qualità, indispensabili
a gettare scompiglio nelle file del nemico anche da notevole distanza.
Nonostante le difficili condizioni climatiche, l'abbigliamento del Templare
guerriero appare completo e ben disposto. Accanto ad una cotta di maglia che
arriva anche fino al ginocchio, i cavalieri indossano una resistente tunica di
tela, legata in vita con una cintura, rinforzata in certi punti da cuoio per
ulteriore protezione dai terribili urti. A completamento della tenuta troviamo
lo scudo di legno, l'elmo o cappello di ferro e le calzature di metallo
normalmentedotate di speroni. Sia lo scudo che l'elmo , per l'esperienza
acquisita in battaglia, subiscono varie modifiche nella forma e nella
dimensione, sempre mantenendo inalterata la presenza della croce rossa Templare,
vero e proprio simbolo della milizia dei monaci-guerrieri.
Domus Templi di Barletta, Puglia 1272
d.C.
' Pater noster, qui es in caelis:
sanctificetur nomen tuum; adveniat regnum tuum; fiat voluntas tua, sicut in
caelo, et in terra….'
Ore 12, refettorio. Con la
benedizione e la recita del 'pater noster' inizia il pranzo principale della
giornata. Per i Templari, ma anche per gli altri ordini monastici, questo è un
momento molto importante; la fame è uno dei problemi più gravi in questi
secoli. I monaci amano la buona tavola e la contemporanea lettura delle Sacre
Scritture permette di saziare corpo e anima . Le lunghe tavole del refettorio
sono ricoperte da una semplice tovaglia bianca. Per ogni commensale è ha
disposizione una ciotola di corno o legno di quercia, una coppa, un cucchiaio
ed un coltello.
Pane, fave e vino sono gli alimenti
fondamentali in questo periodo storico, ma i monasteri offrono anche diverse
alternative. Da un grosso camino acceso, ove lavora il frate-cuoco, provengono
odori e aromi che invadono tutta la grande sala del refettorio dove ci
troviamo. In perfetto silenzio, interrotto solo dalla'parola di Dio,' arrivano
sulle lunghe tavole enormi contenitori di stagno con le libagioni fumanti. E'
difficile resistere! Ai Templari viene permesso di mangiare carne 3 volte alla
settimana. Normalmente è carne di manzo, montone, vitello, capra ma anche
maiali e pollami che le fattorie del tempio allevano con grossa cura. La
permanenza in Terrasanta richiede abbondanti scorte alimentari e proprio oggi
pomeriggio salpa dal porto di Barletta una nave della flotta Templare carica di
rifornimenti, destinazione San Giovanni d'Acri. I Templari mangiano quello che
producono o che ricevono con donazioni. Anche quest'anno i granai sono pieni e
i mulini macinano a pieno ritmo, il pane non manca proprio. La generosità e la
cura del terreno danno verdure e frutta in abbondanza, persino da vendere al
mercato cittadino. Grande importanza viene data al locale olio di oliva,
all'uso di spezie e ad un aceto aromatizzato che pare piaccia molto. Pesce,
uova e formaggi concludono le possibili varianti nei loro pasti. Vino rosso di
ottima qualità è presente con moderazione sulle loro tavole, ma come ci ricorda
San Benedetto 'il vino fa traviare anche i saggi'. Inservienti dai modi
silenziosi e garbati non fanno mai mancare nulla anche perchè ai Templari non è
possibile chiedere, ma solo per mezzo di gesti convenzionali si può ottenere il
mancante. Eventuali rimanenze vengono poi donate ai poveri. Il pasto finisce
qui ma prima di levarci da tavola ringraziamo Dio per quello che abbiamo
ricevuto.
Commanderie
de Coulommiers, Francia 1290 d.C
Una campana scuote il silenzio quasi
surreale del dormitorio: e' l' ora del mattutino, la prima funzione nella lunga
giornata della vita conventuale. Alzarsi alle due della notte e' sempre
disagevole ma la Regola, tranne casi particolari, parla chiaro: il ritardo non
viene ammesso e sono previste severe punizioni. Coperti dagli abiti notturni,
dal mantello e dalle scarpe ci avviamo alla Cappella, rischiarati solo dal
bagliore di poche candele. Tranquilli e seduti ascoltiamo il primo ufficio
divino e le preghiere alla Vergine. Usciti dalla chiesa ci si reca alle
scuderie per controllare i cavalli, bene prezioso per i confratelli lontani,
pochi ma cortesi suggerimenti al fido scudiero e poi il ritorno in dormitorio.
Qualche ora di sonno e poi di nuovo in piedi a raggiungere la Chiesa per la
messa e nuove preghiere. La vita del monaco-templare appare quindi inizialmente
monotona ma ben presto il lavoro nella Commanderie raggiunge il suo apice e
l'attivita' dei poveri fratelli non conosce soste. Le attivita' agricole
richiedono costante attenzione, ma anche il fabbro con la sua fucina sempre in
funzione, il mulino che macina incessantemente frumento di buona qualita', il
commercio che va a gonfie vele e l'attivita' finanziaria, gia' proprio quella,
che produce redditi quasi insperati. 'Ora et labora' dice la regola di San
Benedetto e mai come nel caso dei templari tale detto appare appropriato. Il
primo dei vincoli dei poveri monaci, nonostante tutto, e' quello di 'servire
Dio con tutto l'intelletto e la partecipazione' e ancora 'se amiamo Dio,
ascolteremo ben volentieri le sue sante parole'. Ma quanta preghiera c'e' nella
giornata templare? . . .Intanto e' arrivata sera, la campana suona compieta e
dopo una modesta cena i monaci, disciplinati e silenziosi come al solito,
raggiungono la Cappella per l'ultima funzione diurna. Ringraziato il Signore,
per la sempre generosa giornata che ci ha dato, facciamo ritorno in dormitorio
perche' l'attivita' di domani inizia molto presto!
Il tramonto
Parigi, maggio 1307 d.C.
La definitiva conclusione della
crociata e la fine degli stati latini d'Oriente crea enormi problemi per gli
ordini militari che tanto hanno dato alla causa. I Templari hanno acquistato,
nonostante tutto, prestigio politico e diplomatico riconosciuto da tutti, le
ricchezze che avevano permesso la lunga permanenza in terrasanta ora sono a
loro completa disposizione in Europa. Lo stesso maestro Jacques de Molay ha
lasciato la sede di Cipro per recarsi a Parigi, nel nuovo quartiere generale e
decidere il da farsi, ma il ritorno definitivo dei monaci-cavalieri in Europa
crea anche parecchi malumori. Quasi tutti i re europei hanno fatto spesso
ricorso alle finanze Templari per le insaziabili esigenze di bilancio, la
Chiesa di Roma, anche se da poco trasferita in Francia, ha timore per la sua
potenza politica, il popolo li guarda sempre piu' con diffidenza: i Templari
incominciano a fare paura a tanti. In questi anni la situazione economica della
Francia e' molto delicata, il re Filippo IV, dopo aver tentato inutilmente di
entrare nell'ordine dei Templari, non appare in grado di risollevare le ormai
vuote casse dello Stato. Il popolo francese, stanco dei continui aumenti di
tasse, incomincia a dare segnali di turbolenza assai pericolosi. Voci di un
prestito fatto del tesoriere del Tempio senza autorizzazione di Molay contribuiscono
a creare una situazione di tensione tra il re francese e il maestro
dell'ordine. I Templari sono diventati scomodi per l'avido Filippo IV e per il
suo potere politico. Alla corte del re l''occasione per colpire i monaci non
tarda ad arrivare, da due anni un ex-Templare della Francia del sud, tale
Esquiu de Floryan, racconta cose a suo dire terribili sul rito d'iniziazione
dei monaci-soldati, parlando di oscure pratiche eretiche, idolatria e sodomia.
Pochi in verita' credono a queste affermazioni molto gravi ma per il re questa
opportunita' puo' aprire un'ottima strada per risolvere i suoi problemi. Sotto
la sapiente regia dei suoi scaltri e fidati consiglieri la questione assume
grande importanza per tutta Europa creando l'inevitabile intervento di papa
Clemente V e la protesta degli ordini gerarchici del tempio a partire proprio
dal maestro de Molay.
Castello di Chinon Francia, agosto
1308 d.C.
I frati dell'ordine della milizia del
Tempio, lupi nascosti sotto un aspetto da agnello e sotto l'abito dell'ordine,
insultando in modo sciagurato la religione della nostra fede, sono accusati di
rinnegare il Cristo, di sputare sulla croce, di lasciarsi andare ad atti osceni
al momento dell'ammissione all'ordine: essi si impegnano con il voto che
proferiscono, e senza timore di contravvenire alla legge umana, a darsi l'uno
all'altro, senza rifiutarsi, se vengono richiesti... Con queste parole il re
Filippo IV ha giustificato l'arresto in massa, all'insaputa del papa, dei
Templari nelle commende francesi avvenuto all'alba di un tenebroso venerdi 13
ottobre 1307. Quasi tutti i monaci sono stati imprigionati compreso il maestro Jacques
de Molay che si trovava nella commenda di Parigi, tutti i beni dell'ordine
confiscati compreso il tesoro e tutti i documenti. Le accuse sono pesanti ma
quello che preoccupa e' il sospetto che si nasconde dietro a questa manovra del
re: il desiderio di sopprimere l'ordine del Tempio. Incatenati, isolati dalla
vita conventuale, torturati ecco quello che accade ai poveri monaci-cavalieri
rinchiusi. Qui ,nel castello di Chinon, sono rinchiusi i dignitari dell'ordine
compreso de Molay, le loro condizioni fisiche precarie ne hanno impedito il
trasferimento per essere interrogati direttamente da papa Clemente V, sempre
piu' sottomesso alle strategie politiche del re di Francia. Accompagnati dai
piu' vicini consiglieri del re, di buon mattino, sono arrivati alcuni cardinali
inviati per raccogliere le loro sempre piu' stanche parole risultato di
continue torture crudeli ed ingiuste. Sono questi mesi difficili per i
Templari, il ricordo di epiche battaglie e' lontano e la confusione appare come
l'unica certezza, dove confessioni,precisazioni ma anche ritrattazioni e lo
spettro di gravi condanne avvicinano i bianchi mantelli al fuoco del rogo... le
torture incominciano a produrre gli effetti desiderati dal re di Francia
Filippo IV. Del coraggio dei temuti cavalieri ben poco e' rimasto e lo
scoramento nelle file della gerarchia dell'ordine , sembra confermare un triste
percorso gia' disegnato e dalla quale pare non ci sia proprio via di scampo…
Parigi 18 marzo 1314
Le eresie e i peccati che ci vengono
attribuiti non sono veri. La regola del tempio e' santa , giusta e cattolica.
Sono degno della morte e mi offro di sopportarla, perche' prima ho confessato,
per la paura delle torture, per le moine del papa e del re di Francia... Con
queste parole di ribellione Jacques de Molay, ultimo maestro del tempio, viene
condannato al rogo dal re di Francia. Sono passati sette anni da quella
maledetta alba in cui le magioni Templari vennero violate e quasi tutti i
fratelli arrestati. Sulla base di accuse pesanti e mai provate i monaci-soldati
sono stati processati e condannati ingiustamente. Clemente V, papa francese
molto vicino al re Filippo IV, non ha mantenuto il suo ruolo di garante alla
ricerca della verita' ma ha contribuito egli stesso, con la sua politica
indecisione, alla condanna definitiva dell'ordine. A seguito del concilio di
Vienne del 1312, il papa ha approvato, su richieste del re di Francia, la
soppressione dei Templari firmando la bolla 'vox in excelso' e la seguente 'ad
providam' dispone che tutti i beni Templari diventino proprieta' degli
Ospedalieri, altro ordine religioso-militare. La condanna dei dignitari
dell'ordine alla prigione perpetua pareva l'atto finale di un processo politico
che liberava da tutta Europa di un ordine diventato troppo potente ed
influente. La ritrattazione finale di Jacques de Molay e il suo sacrificio di
fronte alla cattedrale di Notre Dame sono la conclusione di una vicenda che
lascia un alone di mistero , di un segreto che forse non verra' mai svelato...
Il crepitio della catasta di legna ormai bruciata non spegne il ricordo della
fine tragica ed ingiusta di de Molay,e testimoni affermano che ...la morte lo
ha preso cosi' dolcemente che tutto il popolo ne e' rimasto meravigliato... Il
tramonto dei cavalieri dal bianco mantello e' arrivato ma, l'eco delle loro
spade, del loro coraggio e anche della infinita tragedia finale rimarra' vivo
per secoli e secoli.
Modena Settembre 2001
Il ricordo del rogo di de Molay e'
ancora vivissimo ma il nostro viaggio con i monaci-cavalieri e' davvero finito.
Ci siamo tolti i panni del pellegrino medievale, anche se in verita' questo mi
dispiace, per indossare quelli certamente piu' comodi e puliti del III°
millennio. Dopo il ritorno un attimo di riposo, seduti sui gradini esterni del
magnifico duomo di Modena, la mia
citta', in una giornata tiepida di settembre. Per un momento abbandono il ruolo
di studioso storico e provo a calarmi nei dubbi e nelle leggende del mito
Templare. La storia dell'ordine del tempio fin dall'inizio appare enigmatica e
contraddittoria. Monaci ma anche soldati; poveri diventati molto ricchi;
combattevano gli infedeli ma poi gli concedevano prestiti; paladini della fede
e alla fine soppressi come eretici. La storia ci ha detto che furono creati per
la difesa del pellegrino ma qualche studioso ipotizza che il vero obiettivo
fosse la ricerca di materiale fondamentale per la religione cristiana. Il santo
Graal? La sindone? L'arca dell'alleanza o magari manoscritti che minacciano le
basi fondamentali della religione cristiana? L'esplosione economica e' dovuta
solo a saggia amministrazione oppure anche a conoscenze esoteriche orientali e
geografiche? Esisteva un ramo occulto del Tempio? Quale ruolo hanno avuto i
Templari nella costruzione delle cattedrali gotiche? Il famoso tesoro, che non
fu mai trovato, dove e' sparito? In Scozia? In Italia? A Rennes le Chateaux? Il santo Graal esiste davvero oppure e' quello
stato di benessere interiore che ognuno di noi possiederebbe ma che ancora non
conosce e che i Templari potevano sapere? Come vedete i misteri nella storia
Templare sono tanti e decisamente tutti curiosi e forse proprio per questo che
affascinano ancora molte persone ma, credete a me, non sapremmo mai davvero chi
erano e la verita' della loro storia forse non ci arrivera' mai...
... I Templari ci hanno lasciato anche un messaggio decisamente interessante:
la societa' feudale viveva in un mondo isolato, ristretto, chiuso dalle loro
certezze, i Templari vivevano a contatto con tutti i popoli del Medioriente;
tante culture e religioni di ogni tipo. Questa convivenza ha portato ad una
apertura della mentalita' Templare e alla modifica nel tempo del loro modo di
agire e pensare. La cultura Templare, possiamo dire, e' l'insieme di due:
quella occidentale e quella orientale che possono tranquillamente convivere nel
rispetto reciproco. E' questa una indicazione curiosamente attuale anche per il
mondo d'oggi, non credete?
Gianluca Baraldi
TEMPLARI 2°
Nel
1099 i Crociati liberarono i Luoghi Santi della vita e della
morte di Cristo.
Nel 1120 nove cavalieri abbracciarono
la vita monacale consacrando la loro vita alla difesa dei pellegrini e della
Terrasanta.
Era nato l'Ordine del Tempio: Pauperes Commilitones Christi Templique Salomnici.
Nel 1187 Saladino sconfisse
l'esercito cristiano nella battaglia di Hattin.
Lo storico arabo Imad ad-Din,
testimone oculare, racconta:
"Saladino promise cinquanta denari a chiunque
portasse un templare o un ospitaliero prigioniero. Subito i soldati ne
portarono centinaia, ed egli li
fece decapitare perché preferì ucciderli piuttosto che ridurli
in schiavitù. Era circondato da un gruppo di dottori della legge e di mistici,
e da un certo numero di persone consacrate alla castità e all'ascetismo. Ognuno
di essi chiese il favore di uccidere un prigioniero, sguainò la spada e scoprì
l'avambraccio. Il sultano
stava seduto con la faccia sorridente, mentre quelle dei
miscredenti erano accigliate. Le truppe erano schierate, con gli emiri su due
file. Fra i religiosi, alcuni diedero un taglio netto ed ebbero ringraziamenti;
la spada di altri esitò e rimbalzò: furono scusati; altri ancora furono derisi
e sostituiti. Io ero presente
e osservavo il sultano che sorrideva al massacro, scorsi in lui
l'uomo di parola e d'azione. Quante promesse non adempì! Quante lodi non si
meritò! Quante ricompense durature a motivo del sangue da lui versato!
...".
Località: Terrasanta
Epoca: 1118-1187
d.C.
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INDICE
Everard des
Barres (1149-1152)
Bernard de
Trémelay (1152-1153)
Andrée de
Montbard (1154-1156)
Bertrand de
Blancfort (1156-1169)
Philippe de
Nablus (1169-1171)
Eudes de
Saint-Amand (1171-1179)
ORGANIZZAZIONE
I documenti
La vita dell'Ordine del Tempio era
regolata dai seguenti documenti:
- la Règle primitive, scritta in latino, approvata dal
Concilio di Troyes nel 1128;
- la versione francese, con varianti,
della Regola latina, scritta intorno al 1140;
- i Retraits, raccolta di usi e costumi dell'Ordine,
redatta intorno al 1165;
- gli Status hiérarchiques, che trattano principalmente
delle cerimonie, scritti intorno al 1240-1250;
- gli Egards relativi alla disciplina, scritti intorno al
1257-1267.
I membri
I membri dell'Ordine erano suddivisi
in: cavalieri, sergenti, cappellani.
I templari facevano voto di povertà,
castità ed obbedienza.
Ad ogni cavaliere erano concessi tre cavalli ed uno
scudiero. Potevano essere aggiunti un altro cavallo ed un altro scudiero. Il
colore bianco distingueva i cavalieri. La croce rossa del Tempio era
rappresentata sulle armi e sulle vesti.
I sergenti
avevano diritto ad un cavallo. Il colore bruno con croce rossa era proprio
delle vesti dei sergenti. Il sottomaresciallo, il gonfaloniere, il frate cuoco,
il maniscalco e il comandante della Volta di Acri erano sergenti ed avevano
diritto a due cavalli e ad uno scudiero.
I cappellani
erano addetti al servizio liturgico e all'assistenza spirituale dei
templari.
Era possibile far parte dell'ordine ad terminum ossia per un dato
periodo di tempo e poi ritornare alla vita secolare.
Erano ammessi anche fratres coniugati, ossia
sposati. In caso di morte alla moglie veniva riconosciuto il diritto ad una
parte dei possessi per il proprio sostentamento.
I templari alloggiavano in magioni. I commendatari o precettori erano a capo della
magioni.
Le magioni minori dipendevano dalle
maggioni maggiori. Ogni magione era insieme convento e caserma, a volte fortezza.
Le magioni erano riunite in province.
Il gran maestro ed il capitolo
Il gran
maestro era a capo dell'intero Ordine. In realtà il titolo era
"sovrano maestro", la dizione "gran maestro" si trova solo
negli atti del processo e nei documenti posteriori. Era il comandante
dell'esercito ed era equiparato ai più alti prelati e principi. Aveva diritto a
4 cavalli e ad un seguito costituito da un cappellano, due cavalieri, un
segretario, un servo, un interprete saraceno. In tempo di guerra aveva diritto
ad una scorta di dieci cavalieri.
Il gran maestro veniva eletto da
tredici elettori, di cui 8 cavalieri, 4 sergenti e 1 cappellano.
Le decisioni più importanti dovevano
essere prese consultando il capitolo
costituito da: il siniscalco, il maresciallo, il commendatario del regno di
Gerusalemme, il commendatario della città di Gerusalemme, il commendatario di
Acri, il drappiere e i commendatari di Tripoli e di Antiochia.
Le cariche
Il siniscalco
era il luogotenente del gran maestro, in assenza del quale esercitava i suoi
poteri e il suo diritto di controllo sulle commende.
Il maresciallo
era il responsabile militare. Decideva delle armi, delle macchine d'assedio,
dei cavalli, dei muli, delle munizioni. Mobilitava l'esercito e poteva guidarlo
in battaglia in assenza del gran maestro e del siniscalco. Aveva diversi
aiutanti tra cui: il turcopolerio,
responsabile dei sergenti e delle truppe ausiliarie locali, il sottomaresciallo, responsabile
dei fratelli artigiani, dei finimenti, della manutenzione e dello stato delle
armi, il gonfaloniere,
responsabile degli scudieri, l'infermiere
che si occupava della salute dei templari.
Il commendatario
del regno di Gerusalemme era il tesoriere supremo dell'Ordine con
diritto di controllo su tutte le proprietà di Oriente e di Occidente. Aveva
alcuni aiutanti tra cui il comandante
della Volta di Acri, responsabile dei vascelli templari e di tutte
le merci che venivano trasportate e il guardarobiere,
responsabile del vestiario dei templari.
I commendatari
di Tripoli e di Antiochia governavano l'Ordine nei due centri.
Il commendatario
della città di Gerusalemme era responsabile dei pellegrini e della
Vera Croce.
La diffusione
L'Ordine era suddiviso tra Oriente ed
Occidente. La parte occidentale aveva il compito di reperire i fondi ed il
personale necessario all'azione che si svolgeva in Oriente.
L'area di principale sviluppo fu
compresa tra la Francia, da dove provenivano i fondatori dell'Ordine, l'Italia
e l'Inghilterra.
Nella penisola iberica i templari si
trovarono impegnati nella crociata contro i musulmani che occupavano parte
della penisola.
L'Ordine non ebbe grande diffusione
nell'Europa nordorientale, dove operavano prevalentemente i cavalieri
teutonici.
L'Ordine non si sviluppò che molto
limitatamente in Grecia e solo quando questa divenne parte dell'Impero Latino.
In Oriente l'Ordine fu presente nella
fascia costiera compresa tra la Cilicia e l'Egitto.
Alla metà del XII secolo le province
più importanti, al di fuori del regno di Gerusalemme, erano: Tripoli,
Antiochia, Francia, Inghilterra, Poitiers, Aragona, Portogallo, Puglie ed
Ungheria. Per Puglie si intendeva la Sicilia e l'Italia meridionale. Per
Ungheria la costa dell'Adriatico corrispondente alla Dalmazia e all'Istria. In
seguito si aggiunsero Aquitania, Normandia e Alvernia.
L'Italia venne divisa in regioni:
Lombardia, Toscana, Patrimonio di San Pietro in Tuscia, Roma, Spoleto,
Campania, Marche di Ancona, Sardegna.
Sedi templari vennero costituite a:
Siracusa, Messina, Taranto, Brindisi, Bari, Troia, Penne, Vanna, Perugia,
Siena, Lucca, Albenga, Venezia, Vetralla, Civitavecchia, Viterbo, Pisa, Colle
di Baggiano (tra Pisa e Pistoia), Firenze, San Gimignano, Arezzo, Vignale,
Grosseto e Frosini (tra Siena e Massa Marittima).
La sede dell'Ordine fu Gerusalemme
dalla fondazione (1120) fino al
Sedi importanti furono Parigi e
Londra.
ECONOMIA
La missione
Per adempiere alla sua missione
l'Ordine doveva mantenere costantemente
un esercito in Terrasanta e negli altri luoghi dove venivano condotte le
crociate.
Il costo del cavaliere
Intorno al 1180 per mantenere un
cavaliere erano necessari
Nel 1267 il costo annuo di un
cavaliere per la difesa di Acri fu di 90 livres
tournois.
Cavalli
I cavalli erano essenziali per
l'esercito templare. Si stima che nel XIII secolo l'Ordine avesse in Terrasanta,
a fronte di 600 cavalieri e 2000 sergenti, circa 4000 cavalli.
Si stima che la razione giornaliera
di un cavallo fosse di circa
I cavalli erano soggetti a rimanere
azzoppati a causa del deserto di tipo roccioso.
Molte malattie colpivano i cavalli a
causa del clima inclemente. I cavalli che, in gran parte erano importati
dall'Europa, non sopportavano le alte temperature e l'aria del deserto.
I musulmani sapevano molto bene che
un cavaliere senza cavallo era una preda facile e pertanto in battaglia
miravano al cavallo. Il cavaliere avrebbe potuto essere riscattato con notevole
guadagno.
La perdita di combattenti
All'epoca le perdite in battaglia
assommavano mediamente al 30% dei combattenti. I templari dovevano quindi
rinnovare continuamente il loro esercito. La perdita non era misurabile solo in
vite umane ma anche nel costo degli armamenti perduti e dell'addestramento dei
soldati.
Rapporto combattenti-non combattenti
Si stima che per ogni combattente
fossero necessari almeno 4-5 non combattenti.
Produzione bellica
Per sostenere l'esercito era
necessaria la fornitura di armamenti, vestiario, cibi e animali. I templari
dovettero provvedere sia al reperimento dei beni che al loro trasporto
attraverso il Mediterraneo.
Trasporti
I templari importavano viveri ed
animali da Marsiglia e dai porti dell'Adriatico, in particolare da Brindisi e
Bari. Una importante base templare venne posta a Messina.
L'Ordine organizzò una propria flotta
che si affiancò ai navigli mercantili italiani e francesi. Navi templari
vennero costruite a Zara.
Commercio internazionale
Il commercio tra Occidente ed Oriente
era basato su: legno, ferro, cavalli, armi, grano, orzo, legumi. Tutti beni
indispensabili ai crociati.
Il commercio tra Oriente ed Occidente
comprendeva: tessuti, spezie, allume, cotone.
Responsiones delle
magioni
Le magioni occidentali dovevano
fornire all'Ordine un terzo delle loro entrate. In casi particolari venivano
stabiliti dei tributi (responsiones)
straordinari. Le responsiones
servivano a mantenere l'esercito in Oriente.
Per far fronte alla richiesta di
tributi le magioni occidentali dovevano avere un patrimonio con delle rendite.
Donazioni
Le donazioni costituirono la fonte
principale del patrimonio dell'Ordine in Occidente. Potevano essere di ogni
genere: terreni, case, mulini, denaro, ecc. Molto spesso gli eredi contestarono
le donazioni ed i templari si trovarono coinvolti in dispute legali. Le
donazioni venivano amministrate diligentemente in quanto era da queste che
derivavano le entrate necessarie a pagare le responsiones.
Le donazioni vennero progressivamente
ostacolate dalle autorità secolari che vedevano diminuire i loro introiti in quanto
le donazioni erano esenti da tributi.
Decime ecclesiastiche
Il papa aveva esentato l'ordine dalle
decime ecclesiastiche e dagli altri obblighi verso le autorità vescovili. Il
clero locale non sempre obbedì ai precetti del papa e le dispute legali furono
moltissime. Molto spesso si addivenne ad un arbitrato.
Concorrenza ecclesiastica
L'Ordine aveva necessità di fare
propaganda per attrarre personale e avere donazioni. Pertanto, a differenza di
altri ordini religiosi, i templari curarono molto l'aspetto pubblico delle loro
chiese: cerimonie, festeggiamenti, reliquie, decorazioni artistiche, ecc.
Le chiese e le cappelle dell'Ordine
attrassero molti fedeli. Il clero secolare venne privato delle offerte dei
fedeli e divenne nemico dell'Ordine.
Depositi, cassette di sicurezza
I conventi dell'Ordine erano anche
caserme e qualche volta fortezze. Vennero considerati da nobili e popolani
luoghi sicuri dove andare a depositare i loro beni: gioielli e denaro, ma anche
documenti. Esistevano dei forzieri o cassette di sicurezza di ogni persona o
istituzione. I forzieri potevano essere aperti solo con doppia chiave.
Enrico II consegnò all'Ordine
trentamila marchi per finanziare la crociata. Il fondo venne utilizzato per
pagare i mercenari in occasione della battaglia di Hattin nel 1187.
Conti correnti
Il denaro poteva essere prelevato in
loco o poteva essere prelevato in luoghi distinti da dove era stato versato.
Venne sviluppato un sistema di contabilità molto preciso. Si teneva conto del
cambio e si faceva riferimento a delle unità di conto. In un'epoca in cui i
trasporti erano molto pericolosi fare solo dei movimenti di carta era più
conveniente e più sicuro che portarsi dietro denaro contante, che in ogni caso
avrebbe dovuto essere cambiato.
Prestiti
La disponibilità di denaro in cassa
portò a fare dei prestiti. Lo stesso cambio divenne un modo per ottenere un
interesse nascosto. A volte veniva fatto un contratto che stabiliva ammende
molto alte in caso di insolvenza.
Chi voleva andare in pellegrinaggio
in Terrasanta poteva chiedere un prestito.
I prestiti venivano fatti anche ad
istituzioni secolari ed ecclesiastiche.
Nel 1148 Louis VII ricevette duemila
marchi d'argento e trentamila livres
parisis. Da tener presente che le rendite fondiarie dei capetingi
negli anni 70 non superavano le sessantamila livres.
Nel
Edoardo I prima di partire per
l'Oriente richiese ventottomila libbre.
Nel 1282 Filippo III fu autorizzato
da papa Martino IV a ritirare centomila livres
tournois.
Intermediazione
I templari non avevano grandi somme
in Oriente. Dovendo far fronte a improvvise richieste di prestiti si
rivolgevano ai banchieri italiani, con i quali era stato stabilito un buon
rapporto.
Garanti
A volte i templari vennero coinvolti
non in qualità di operatori, ma in qualità di testimoni e garanti di operazioni
finanziarie. In Terrasanta i banchieri italiani non conoscevano bene i loro
clienti e ricorsero spesso all'appoggio dei templari in qualità di garanti.
Il Tempio di Londra
Enrico II depositò nel Tempio di
Londra una parte del tesoro reale.
Enrico III, verso il 1230, pose a
capo della Wardrobe Goffredo il templare.
Il Tempio di Parigi
Il tempio di Parigi era il centro
dell'attività finanziaria dell'Ordine.
Il tesoro reale di Francia venne
affidato al Tempio di Parigi.
Filippo Augusto affidò al templare
Aymard, tesoriere del Tempio, la funzione di tesoriere regio.
Prima di partire per la crociata
Filippo Augusto stabilì che le imposte riscosse durante la sua assenza fossero
depositate presso il Tempio di Parigi.
Nel 1295 Filippo il Bello trasferì il
tesoro reale dal Tempio al Louvre e lo diede in amministrazione a banchieri
italiani. Il risultato non dovette essere soddisfacente e nel 1303 il tesoro
ritornò al Tempio.
STORIA
La storia dell'Ordine del Tempio può
essere suddivisa in tre parti:
I. Dalla fondazione dell'Ordine alla
battaglia di Hattin
II. Dalla terza crociata alla caduta
di Acri
III. Il processo e la fine
dell'Ordine
La trattazione della I Parte viene
fatta in questo documento seguendo il succedersi dei grandi maestri
dell'Ordine.
La II e la III Parte saranno trattate
in altro documento.
Quadro di riferimento
La Prima Crociata
Nel
Il 15 luglio 1099 un esercito di
volontari liberava Gerusalemme.
Vennero costituiti quattro Stati: il
regno di Gerusalemme, la contea di Tripoli, il principato di Antiochia e la
contea di Edessa. Tiro, fino al 1124, ed Ascalona, fino al 1153, rimasero in
mano ai musulmani.
I pericoli per i pellegrini
Il controllo del territorio al di
fuori della città non venne stabilito completamente. Bande di saraceni
aggredivano i pellegrini provenienti dal porto di Giaffa e diretti a
Gerusalemme, soprattutto nel tratto tra Ramla e Montjoie.
Egiziani a sud e Turchi a nord
minacciavano i Regni Latini e tendevano imboscate a chi si avventurava fuori
delle cinte fortificate.
Secondo Fulcherio di Chartres ogni
cristiano era in continua allerta. Lo squillo di tromba dell'allarme poteva
risuonare in ogni momento.
Ugo di Payns |
Champagne |
1118/19 |
24.05.1136 |
Roberto di Craon |
Maine (territorio di Vitré) |
1136/37 |
13.01.1149 |
Everardo
des Barres |
Champagne
(Meaux) |
1149 |
1152 |
Bernardo di Trémelay |
Franca Contea |
1152 |
16.08.1153 |
Andrea di Montbard |
Borgogna |
1153 |
17.01.1156 |
Bertrando di Blanquefort |
Berry o Regione di Bordeaux |
1156 |
02.01.1169 |
Filippo di Nablus |
Terra Santa |
1169 |
1171 |
Oddone di Saint-Amand |
Provenza |
1171 |
08.10.1179 |
Arnaldo di Toroga |
Aragona |
1180 |
30.09.1184 |
Gerardo di Ridfort |
Fiandre |
1185 |
04.10.1189 |
Roberto di Sablé |
Maine |
1191 |
28.09.1193 |
Gilberto Erail |
Aragona o Provenza |
1194 |
21.12.1200 |
Filippo di Le Plezzies |
Angiò |
1201 |
12.02.1209 |
Guglielmo di Chartres |
Chartres |
1210 |
25.08.1219 |
Pietro di Montaigu |
Arargona o Francia meridionale |
1219 |
28.01.1232 |
Armando di Périgord |
Périgord |
1232 |
17.10.1244 |
Riccardo di Bures |
Normandia o Terra Santa |
1244/45 |
09.05.1247 |
Guglielmo di Sonnac |
Rouergue |
1247 |
11.02.1250 |
Rinaldo di Vichiers |
Champagne? |
1250 |
20.05.1256 |
Tommaso Berard |
Italia o Inghilterra |
1256 |
25.05.1273 |
Guglielmo di Beaujeau |
Baujolais |
1273 |
18.05.1291 |
Tibaldo
Gaudin |
Chartres-Blois? |
1291 |
16.04.1293 |
Giacomo di Molay |
Franca Contea |
1294 |
18.03.1314 |
Hugues de Payns (1120-1136)
Strage di pellegrini
Nel 1119 una carovana di circa 700
pellegrini venne attaccata dai saraceni tra Gerusalemme ed il Giordano. 300
pellegrini vennero uccisi e 60 catturati.
Nel gennaio 1120, all'assemblea di
Nablus, cui parteciparono clero e nobili, il problema della sicurezza venne
affrontato e venne messa in evidenza la necessità di proteggere i pellegrini.
La fondazione dell'Ordine
Nel corso del 1120 nove nobili
cavalieri, tra cui Hugues de Payns, Godefroy di Saint-Omer, Arcimbaldo du
Saint-Aignan, Payen de Montdidier, Godefroy Bissot e un cavaliere chiamato
Rossal o Roland, fecero voto di povertà, castità ed obbedienza davanti a
Varmondo di Picquigny, patriarca di Gerusalemme.
Secondo Guillaume di Tiro alla nuova
cavalleria venne affidato il compito di "difendere i percorsi e le strade
dalle imboscate di ladri e assalitori, per una maggiore sicurezza dei
pellegrini".
I templari
Baudouin II, re di Gerusalemme, che
risiedeva in un edificio sul luogo dove si supponeva fosse stato costruito il
Tempio di Salomone, accanto alla moschea di al-Aqsa, accolse in un'ala del suo
palazzo la nuova milizia.
Nel 1120 Baudouin si trasferì nel
nuovo palazzo reale, presso la Torre di David, e lasciò la sua residenza ai
cavalieri consacrati, che da allora ricevettero il nome di templari.
Hugues de
Payns (1120-1136)
Il primo gran maestro dell'Ordine fu
Hugues, originario di Payns, località a circa
Cavaliere, signore di Montigny,
sposato, un figlio di nome Tebaldo che sarebbe diventato abate del monastero di
Sainte-Colombe di Troyes.
Hugues de Payns compì il suo primo
viaggio in Terrasanta nel 1104 al seguito del conte Hugues di Champagne e vi
ritornò, sempre insieme al conte, nel 1114.
Hugues morirà il 24 maggio 1136.
Adesioni
Il numero dei cavalieri crebbe
rapidamente. Aderirono personaggi di alto lignaggio.
Nel 1126 entrò nell'Ordine Hugues
conte di Champagne e nel 1130 vi entrò Raymond Roger conte di Barcellona.
In Europa
Nel 1127 Hugues de Payns accompagnato
da cinque cavalieri, tornò in Occidente con l'obiettivo di:
- dare all'Ordine una Regola
riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa;
- ottenere finanziamenti;
- arruolare volontari per l'Ordine e
per Baudouin.
Hugues portava una lettera di
Baudouin a Bernard di Clairvaux per l'accreditamento dei templari.
Il viaggio durò tre anni.
Prima del Concilio di Troyes
Probabilmente Hugues passò da Roma
per incontrare il papa Onorio II (1124-1130) e poi si recò in Francia. Fu nella
Champagne, nell'Anjou e nel Maine.
Hugues propose, a nome di Baudouin,
la corona del regno di Gerusalemme al conte Folco V d'Anjou. Folco accettò la
proposta.
Hugues passò quindi nel Poitou e in
Normandia dove incontrò il re Enrico I, che lo inviò in Inghilterra. Fu poi in
Scozia e nelle Fiandre, dove era stato preceduto da Guillaume de Saint-Omer,
figlio del Conte di Fiandra. Rientrò nella Champagne con un seguito di
cavalieri scozzesi e fiamminghi.
Intanto un'altra missione, guidata da
Payan de Montdidier, attraversava la Piccardia e il Beauveais.
Il Concilio di Troyes: la regola
latina
Il Concilio di Troyes si riunì il 13
gennaio del 1129. Era presente il cardinale Matteo d'Albano, legato del papa in
Francia, gli arcivescovi di Reims e di Sens e numerosi abati tra cui quelli di
Cîteaux e di Clairvaux. Assistevano anche autorità laiche come il conte di
Champagne e il conte di Nevers.
L'Ordine venne riconosciuto
ufficialmente e venne approvata la Regola latina, ispirata da Bernard de
Clairvaux.
Diffusione dell'Ordine
Godefroy Bisot si occupò di
diffondere l'Ordine in Provenza.
Hugues Rigaud, arruolato durante il
Concilio, si mise a percorrere il Mezzogiorno della Francia. Ebbe un grande
successo in Linguadoca.
Rigaud affidò a Raymond Bernard, un
altro templare arruolato recentemente, l'incarico di svolgere attività nella
penisola iberica.
Sulla via del ritorno
Alla fine del 1129 Hugues de Payns
discese per la vallata del Rodano e in compagnia di Folco raggiunse Avignone e
poi Marsiglia da dove si imbarcarono per la Terrasanta.
Hugues aveva ottenuto molte donazioni
di terre ed edifici, oltre a concessioni finanziarie e giurisdizionali. Gli
obiettivi del viaggio erano stati tutti raggiunti. Il Tempio era stato
formalmente riconosciuto in Europa, i cavalieri si arruolavano numerosi, le
autorità concedevano privilegi ed esenzioni, i nobili donavano terre ed
edifici.
Assistenza ai pellegrini
Fino al 1140 i militari cristiani in
Terrasanta furono sufficienti a difendere i territori liberati, unica eccezione
la contea di Edessa. I templari erano poco numerosi, non risaltavano in mezzo
alle diverse milizie.
Tra il 1131 e il 1138 il Tempio
ottenne la prima posizione importante: il castello di Baghras, a nord del
principato di Antiochia, al confine con la Cilicia armena.
In questo periodo l'opera militare
dei templari si svolse principalmente nell'area iberica.
In Europa i templari assistevano i
pellegrini presso i porti d'imbarco per l'Oriente e proteggevano i devoti che
percorrevano le vie dirette al santuario di San Giacomo di Compostella o a
Roma.
Il cronista inglese Matthew Paris
ricorda il loro primo intervento militare in Terrasanta nel 1133.
Robert de Craon (1136-1149)
Robert de
Craon (1136-1149)
Hugues de
Payns morì il 24 maggio 1136. Aveva governato il Tempio per oltre 16 anni.
Il successore fu Robert de Craon
(1136-1149).
Robert era di nobile famiglia.
Tramite suo nonno Robert de Bourgogne era imparentato con i Capetingi. Suo
padre era diventato signore de Craon sposando Domizia di Vitré.
Robert, figlio minore di Domizia,
conobbe il Tempio in Terrasanta e vi entrò nel 1126. Ritornò in Europa nel 1132
e nel 1136 con il grado di siniscalco.
Robert morirà il 13 gennaio 1149.
Azioni dei templari
Guillaume di Tiro riferisce di un
combattimento dei templari nel
La bolla Omne datum optimum
Il 29 marzo 1139 Innocenzo II
promulgò in Laterano la bolla Omne
datum optimum che sottrasse l'Ordine del Tempio alle autorità
ecclesiastiche locali e lo pose direttamente alle dipendenze del papa. L'Ordine
venne anche esentato dal pagare le decime al clero. La bolla fu all'origine dei
privilegi del Tempio, ma anche dell'odio che si riversò sull'Ordine.
La Regola francese
Nel 1140 Robert de Craon fece
tradurre la regola latina in francese. I cavalieri non conoscevano il latino.
Il fronte iberico
Nel 1131 Alfonso I il Battagliero, re
di Aragona e Navarra, lasciò in eredità il suo regno a tre Ordini militari: il
Tempio, l'Ospedale, il Santo Sepolcro. Ovviamente gli eredi non tennero conto
della volontà di Alfonso e alla sua morte si impadronirono del potere. Tuttavia
dovettero scendere a patti con i tre Ordini.
Nel 1143 si arrivò ad un accordo: i
tre Ordini militari avrebbero preso parte alla reconquista e avrebbero avuto la quinta parte di
tutte le terre liberate dal dominio dei musulmani. I templari ottennero anche
un certo numero di fortezze, l'esenzione da alcune tasse e un decimo delle
entrate reali.
La bolla Milites Templi
Nel 1144 Celestino II con la bolla Milites Templi sollecitò contributi
all'Ordine, diede facoltà ai cavalieri di raccogliere fondi e consentì ai
cappellani dell'Ordine di celebrare la messa, una volta l'anno, nelle regioni
colpite da interdetto.
La bolla Militia Dei
Nel 1145 Eugenio III con la bolla Militia Dei consentì al Tempio
di raccogliere decime, pagamenti e tasse di sepoltura. I cavalieri ottenevano
il permesso di possedere proprie chiese e propri cimiteri.
La caduta di Edessa
Nel 1144 Imad-ad-Din Zengi, atabeg di Mossul, pose l'assedio
a Edessa. La vigilia di Natale, dopo un mese di assedio, la città cadde in mano
ai musulmani. Il mancato coordinamento tra i cristiani aveva provocato la
catastrofe. Raymond di Antiochia non si era mosso in soccorso della città
perché aveva deciso di attendere l'arrivo dell'esercito del re di Gerusalemme.
L'indizione della seconda crociata
Il 1° dicembre 1145 papa Eugenio III
indisse la crociata.
Il 31 marzo del 1146 Bernard de
Clairvaux iniziò la predicazione della crociata.
L'inizio della seconda crociata
Furono organizzati due corpi di
spedizione: uno francese comandato dal re Louis VII e uno tedesco comandato da
Corrado III, imperatore di Germania. Si mossero prima i tedeschi.
Il 27 aprile 1147 centotrenta
cavalieri templari si riunirono a Parigi sotto il comando di Everard de Barres,
maestro di Francia dal 1143.
Francesi e tedeschi attraversarono
l'Ungheria e i Balcani giungendo a Costantinopoli, tra gli attacchi dei Cumani
e dei Peceneghi.
Nel giugno 1147 Louis VII
attraversava il Bosforo e giungeva a Nicea dove incontrava i resti
dell'esercito tedesco sconfitto dai Turchi Selgiuchidi a Dorileo. I due
contingenti si diressero verso sud ma ad Efeso Corrado si ammalò e decise di
tornare a Costantinopoli da dove raggiunse la Terrasanta via mare.
Louis decise di proseguire attraverso
l'Asia Minore.
La battaglia del Cadmos
Nel gennaio 1148, sulle montagne del
Cadmos (odierno Homaz), i Turchi attaccarono. I templari ebbero modo di
distinguersi nella battaglia per la disciplina e il coraggio con cui si
batterono, organizzarono la difesa dell'intero esercito e respinsero il nemico.
Louis ad Adalia (odierna Antalya) si
imbarcò con parte dell'esercito dirigendosi verso San Simeone nel principato di
Antiochia, dove giunse nel marzo del 1148.
Prestito al re di Francia
Il re di Francia era rimasto senza
denari per pagare le truppe ed il loro sostentamento. Allora Everard andò ad
Acri e raccolse il denaro necessario. Il re scrisse all'abate Suger di
restituire duemila marchi d'argento e a Raoul de Vermandois, conte di Péronne,
di restituire trentamila livres
parisis. Per pagare il debito venne imposta una tassa straordinaria
per la Crociata. Da notare che le rendite fondiarie dei capetingi fornivano
annualmente sessantamila livres.
Assedio di Damasco
Louis da Antiochia si spostò ad Acri
dove ritrovò Corrado.
Erano arrivati anche il marchese del
Monferrato e i conti di Auvergne e di Savoia. Contingenti di crociati
fiamminghi e inglesi, che avevano aiutato Alfonso Enriquez, re del Portogallo,
a liberare Lisbona dai Mori, si unirono alle altre milizie.
Il 24 giugno 1148 venne deciso di
porre l'assedio a Damasco.
Il 24 luglio
Discordie tra le diverse milizie, la
minaccia dell'arrivo di rinforzi musulmani e il tradimento indussero i crociati
a togliere l'assedio il 28 luglio.
La seconda crociata era fallita.
A novembre l'imperatore Corrado
lasciava la Terrasanta.
Re Louis VII durante il ritorno venne
attaccato dalla flotta bizantina che si impadronì di parte delle sue navi.
Everard des Barres (1149-1152)
Everard
des Barres (1149-1152)
Everard des Barres fu maestro di
Francia dal 1143.
Guidò i templari durante la seconda
crociata (1147-1148).
Divenne gran maestro del Tempio nel
1149, alla morte di Robert de Craon.
Nell'autunno del 1149 rientrò in
Francia al seguito di re Louis. In Terrasanta rimase il siniscalco Andrée de
Montbard.
In difesa del principato di Antiochia
Il 29 giugno Nur-ed-Din sconfisse i
cristiani ad Inab e il principe Raymond rimase ucciso. Baudouin III organizzò
una spedizione di soccorso. I templari inviarono 120 cavalieri e 1000 tra
scudieri e sergenti.
Everard rientrò in Terrasanta
portando nuove risorse in mezzi e uomini.
Nel 1152 si dimise dalla carica e si
ritirò nell'abbazia di Clairvaux dove prese l'abito cistercense.
Mori nel 1176.
Bernard de Trémelay (1152-1153)
Bernard
de Trémelay (1152-16 agosto 1153)
Bernard de Trémelay proveniva dalla
Franca Contea.
Fu eletto gran maestro del Tempio nel
1152 dopo le dimissioni di Everard des Barres.
Morì il 16 agosto
Assedio di Ascalona
Dopo la sconfitta di Damasco,
Baudouin III decise di rivolgersi contro Ascalona.
Fece ricostruire la fortezza di Gaza,
a sud di Ascalona, e tra 1149 e il
Il 16 agosto 1153 venne aperta una
breccia nelle mura di Ascalona. Quaranta templari guidati dal loro gran maestro
Bernard de Trémelay si riversarono sulla breccia e riuscirono ad entrare in
città. Non sostenuti dalle altre forze cristiane, furono tutti uccisi nel
contrattacco dei musulmani, che appesero i loro corpi senza testa alle mura
della città.
Il 22 agosto Ascalona si arrese. Gli
abitanti la evacuarono e furono accompagnati fino al confine con l'Egitto.
Andrée de Montbard (1154-1156)
Andrée de
Montbard (1154-1156)
Andrée de Montbard era lo zio di
Bernard de Clairvaux. Aleth, la madre di Bernard, era sorella maggiore di
Andrée.
Andrée era il sesto figlio del
signore di Montbard, in Borgogna.
Fu siniscalco ai tempi di Everard des
Barres.
Venne eletto gran maestro alla morte
di Bernard de Trémelay.
Morì il 17 gennaio 1156.
Nasir al-Din
Il 7 giugno 1154 i templari
catturarono Nasir al-Din, figlio di Abbas, visir dell'Egitto, mentre fuggiva
dopo un fallito colpo di stato. Venne rivenduto agli egiziani per 60.000 pezzi
d'oro.
Fortezze templari
A metà del secolo i templari erano
presenti, oltre che a Gaza:
- nel principato di Antiochia con le
fortezze di La Roche de Russole, La Roche Guillaume, a
- nella contea di Tripoli con le
fortezze di Tortosa (odierna Tartus) sul mare, e Chastel Blanc (odierna
Safitha) sui monti Nusairi.
Nel 1166 i templari si sarebbero
installati ad Ahamant (odierna Amman) nell'Oltregiordano, e nel
Il centro di deposito dei viveri e
delle armi era a La Fève (odierna al-Fula).
La strada da Gerusalemme a Gerico era
protetta dal castello di Maldoin. Su Gerico dominava il castello di Mont
Quarantaine. Un altro castello era sul luogo del battesimo di Cristo sul
Giordano.
Fino al 1187 il quartier generale
dell'Ordine rimase a Gerusalemme nell'area del Tempio.
Bertrand de Blancfort (1156-1169)
Bertrand
de Blancfort (1156-1169)
Venne eletto gran maestro alla morte
di Andrée de Montbard.
Il 18 giugno del 1157 venne catturato
insieme ad altri 87 templari da Nur ed-Din. Venne rilasciato solo nel maggio
del 1159 quando l'imperatore bizantino Manuele stipulò una tregua con Nur
ed-Din.
Il 10 agosto del 1164 sessanta
templari morirono combattendo con Boemondo di Antiochia presso Harim.
Nel 1164 e nel 1167 i templari
parteciparono alle spedizioni di re Amalrico contro l'Egitto.
Nel 1166 dodici templari che si erano
arresi ai musulmani e avevano consegnato un castello, vennero impiccati per
ordine di re Amalrico.
Nel 1168 Bertrand si rifiutò di
prendere parte alla campagna militare di Amalrico contro l'Egitto perché violava
il trattato concluso con il visir egiziano Shawar.
Bertrand morì il 2 gennaio del 1169.
Philippe de Nablus (1169-1171)
Philippe
de Nablus (1169-1171)
Venne eletto gran maestro nel mese di
agosto del 1169.
Philippe fu l'unico gran maestro nato
in Terrasanta. Proveniva dalla nobiltà del regno di Gerusalemme. Era figlio di
Guy de Milly, località della Piccardia. Aveva ereditato il feudo di Nablus
dallo zio Payan il Dispensiere.
Nel 1161 re Baudouin III sostituì il
suo feudo di Nablus con la signoria di Oltregiordano, meno importante.
Philippe entrò nell'Ordine il 17
gennaio del 1166.
La sua nomina a gran maestro venne
sostenuta da re Amalrico, che nel 1162 era succeduto a Baudouin. Il ritardo tra
la morte di Bertrand e l'elezione di Philippe potrebbe testimoniare una
resistenza dell'Ordine alla interferenza laica.
Philippe morì il 3 aprile del
Eudes de Saint-Amand (1171-1179)
Eudes de
Saint-Amand (1171-1179)
Venne eletto gran maestro nel 1171.
Nel 1155 Eudes era nell'elenco de hominibus regis.
Nel 1157, quando era maggiordomo
regio e ancora non era entrato nell'Ordine, fu catturato dai musulmani, che lo
rilasciarono nel 1159.
Tra il 1165 e il 1167 fu a
Costantinopoli in missione per il re. Combinò il matrimonio tra re Amalrico e
Maria Comnena, figlia dell'imperatore Manuele I.
Fino al 1169 non figura tra i membri
dell'Ordine.
Nel 1171 venne eletto gran maestro,
probabilmente con il forte appoggio di re Amalrico.
Nel 1173 re Amalrico avviò trattative
con la setta degli Assassini. Il negoziatore musulmano, mentre ritornava dal
suo capo con le proposte cristiane, venne intercettato da alcuni cavalieri
templari che lo misero a morte. Gauthier de Mesnil, il capo di questo gruppo di
cavalieri, venne imprigionato da re Amalrico, nonostante l'opposizione di
Eudes.
Nel giugno del 1179 Eudes venne fatto
prigioniero a Marj Ayun, presso il Guado di Giacobbe, dal Saladino. Morì in
prigionia l'8 ottobre.
Arnaud de Torroja (1180-1184)
Arnaud de
Torroja (1180-1184)
Venne eletto gran maestro alla morte
di Eudes de Saint-Amand.
Arnaud, originario dell'Aragona, era
stato maestro di Spagna e Provenza a partire dal 1167.
Un vero templare, dopo due uomini del
re, tornava a coprire la suprema carica dell'Ordine.
Nel 1184 insieme al patriarca Eraclio
e al gran maestro dell'Ordine dell'Ospedale partì per l'Europa allo scopo di
sensibilizzare i governanti. Erano previste visite in Italia, Francia e
inghilterra.
Arnaud morì a Verona il 30 settembre
1184.
Gérard de Ridfort (1185-1189)
Gérard de
Ridfort (1185-1189)
Venne eletto gran maestro all'inizio
del 1185.
Gérard, di origine fiamminga o
anglonormanna, giunse in Terrasanta intorno al 1170.
Nel 1179 divenne maresciallo del
regno di Gerusalemme.
Nel 1180 Guglielo Dorel, signore di
Botrun, morì. Raymond III, conte di Tripoli, assegnò il feudo ad mercante
pisano di nome Pilvano. Gérard, a cui Raymond aveva promesso il primo feudo
libero, ritenne di essere stato gravemente offeso.
Poco dopo Gérard entrò nell'Ordine.
Nel 1183 divenne siniscalco e gran maestro nel 1185.
Trono vacante
Nel settembre 1186 il Regno di
Gerusalemme si ritrovò senza re per la morte di Baudouin V, ancora bambino.
Secondo quanto era stato stabilito da
Baudouin IV, Raymond doveva diventare reggente e un nuovo re doveva essere
scelto dal papa, dall'imperatore e dai re di Francia ed Inghilterra.
Invece Sibylle, la sorella di
Baudouin IV, insieme al marito Guy de Lusignan si impadronì del trono. In tale
operazione venne aiutata da Gérard, che costrinse il gran maestro
dell'Ospedale, Roger de Les Moulins, a consegnare le chiavi della tesoreria
dove era conservata la corona.
Alle sorgenti di Cresson
Nell'inverno tra il 1186 e il 1187
Gérard indusse re Guy a prendere le armi contro Raymond. Questi negoziò una
tregua con Saladino.
Baliano di Ibelin cercò di riportare
la pace. Venne organizzata una missione che doveva recarsi a Tripoli per
avviare le trattative. Della missione facevano parte Giosia, arcivescovo di
Tiro, Gérard e Roger.
La notte del 29 aprile la missione
sostò a Nablus presso il castello di Baliano. Il giorno dopo l'ambasceria
ripartì.
Intanto al-Afdal, figlio di Saladino,
con 7000 cavalieri mamelucchi al seguito era stato autorizzato da Raymond ad
attraversare la contea di Tripoli.
L'ambasceria venne avvertita da
Raymond del movimento delle truppe musulmane.
Gérard chiese rinforzi al castello
templare più vicino.
Il primo maggio gli ambasciatori
giunsero a Nazareth. La guarnigione regia si unì al gruppo.
Alle sorgenti di Cresson musulmani e
cristiani si incontrarono. Le forze cristiane erano costituite da 140
cavalieri, di cui 90 templari.
Jaques de Mailly, maresciallo del
Tempio, e Roger de Les Moulins, gran maestro dell'Ospedale, proposero di
ritirarsi. Gérard volle attaccare. 140 contro 7000. Si salvarono Gérard e due
templari.
Hattin
Guy chiamò a raccolta tutte le forze
armate del regno. Anche Raymond accorse.
Il 2 luglio
Per smuovere l'esercito cristiano
dalla ottima posizione in cui si trovava Saladino attaccò Tiberiade, feudo di
Raymond. Nella rocca di Tiberiade si trovava anche la moglie di Raymond.
Il consiglio di guerra venne riunito
e si decise di non muoversi. Ma Gérard convinse Guy e il 3 luglio l'esercito
partì in direzione di Tiberiade. I templari, come d'uso, erano alla
retroguardia.
Saladino con azioni di disturbo
costrinse l'esercito a rallentare la marcia e poi a fermarsi ai Corni di Hattin
dove il 4 luglio l'esercito cristiano venne distrutto.
Guy e Gérard furono fatti
prigionieri. 230 templari, sfuggiti alla morte in battaglia, furono massacrati
dagli integralisti islamici davanti a Saladino sorridente.
Dopo Hattin
Nel settembre del 1187 Gérard venne
riscattato in cambio del castello templare di Gaza.
Gerusalemme cadde il 2 ottobre 1187.
Per due giorni la croce venne trascinata per la città e colpita con dei
bastoni.
Nell'agosto del 1189 Gérard e Guy si
ritrovarono uniti all'assedio di Acri.
Il 4 ottobre Gérard morì combattendo.
Premessa.
Le informazioni di seguito riportate,
hanno come unico scopo quello di fornire alcune indicazioni riguardanti la
Storia dell'Ordine Templare nei suoi aspetti salienti, ulteriori approfondimenti
saranno forniti in altre pagine del presente sito, oppure tramite altri
collegamenti a siti specifici, o consultando la Bibliografia.
Fondazione
L’Ordine dei Templari fu fondato
attorno al
Il compito iniziale del nuovo Ordine
era quello della protezione di coloro che attraversavano la Terra Santa per
recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme.
Ma nel breve volgere di pochi anni, i
Templari assunsero funzioni prettamente militari, partecipando a tutti i
combattimenti che coinvolsero i Crociati nelle lotte contro i Musulmani.
Alcuni hanno ipotizzato che i
Templari abbiano imitato l'istituzione musulmana del ribat, che rappresentava
una fortezza alle frontiere dell’Islam, dove i musulmani conducevano una vita
religiosa e militare. Ma quest'ipotesi è fortemente discutibile: non è,
infatti, certo che i Franchi in Oriente, durante i primi decenni del secolo.
XII, conoscessero l’esistenza del ribat.
Il cambiamento dei compiti originari
dei Templari non costituì uno stravolgimento radicale della loro vita;
conseguentemente, il cambiamento può essere collegato alla semplice necessità
degli Stati Crociati, di poter contare su un elevato numero di soldati.
L'incremento numerico dei Templari
nei primi anni di vita dell'Ordine fu molto modesto; e questo spiega le
motivazioni per cui Ugo di Payns si recò, nel
L'opera del nuovo Ordine raccolse
subito numerose simpatie in Occidente, in quanto come monaci combattenti, i
Templari lottavano contro gli infedeli in Terra Santa difendendo gli ideali
della Chiesa; furono, infatti, considerati come martiri della cristianità.
In occasione del Concilio di Troyes,
tenutosi nel gennaio
Ugo di Payns ed i suoi seguaci
iniziarono a viaggiare per l'Europa Occidentale alla ricerca di nuove reclute
ed offerte di natura economica; la loro opera incontrò il successo della
popolazione permettendo all'Ordine di accumulare numerose ricchezze nel breve
volgere di pochi anni.
Sviluppo.
In ragione delle notevoli esigenze
finanziarie, ai Templari fu concesso di acquisire proprietà materiali, in
contrasto con quanto stabilito per altri ordini monastici, ma similmente a
quanto previsto dagli altri Ordini Militari.
Sicuramente, i donatori confidavano
che i Templari avrebbero riservato a loro preghiere e benefici spirituali;
mentre alcuni, in cambio di versamenti in denaro, ottennero pensioni e
vitalizi.
La possibilità d'acquisto di
proprietà appartenenti ai laici fu consentita grazie a numerosi privilegi
stabiliti dai pontefici nel corso del secolo XII, a testimonianza del favore
riservato dai Papi all'Ordine Templare; nel dettaglio chi concedeva
un'oblazione annuale all'Ordine aveva diritto all'esenzione di un settimo della
penitenza ricevuta mentre era data facoltà di ricevere sepoltura nei cimiteri
dei Templari.
Il volume delle donazioni rivolte
all'Ordine iniziò a diminuire solo nel corso del secolo XIII. Bisogna inoltre
tenere conto che i Templari incrementarono il loro patrimonio mediante vendite
ed acquisti di proprietà. Le esenzioni fiscali, sia da parte civile sia
ecclesiastica, rappresentarono un'altra efficace formula per accrescere il loro
patrimonio.
L'esenzione dal pagamento delle
decime, e gli altri privilegi ottenuti dall'autorità pontificia (tra cui
l'esenzione dalla giurisdizione del vescovo), furono in ogni modo causa
d'ostilità nei confronti del clero secolare e causarono numerose controversie.
Molte controversie furono risolte con accordi locali (spesso contrastanti), che
in ogni caso limitarono le concessioni iniziali, fino ad arrivare alla
decisione di papa Innocenzo III di ridurre nel 1215 i privilegi delle decime.
Numerose erano, inoltre, le reclute
attirate nell'Europa Occidentale, in particolare i figli minori dei nobili che
diversamente sarebbero stati destinati ai monasteri.
Compiti bellici
La notevole consistenza patrimoniale
dell'Ordine era fondamentale per la sopravvivenza dei Regni Latini d'Oltre Mare
che non potevano contare su rendite finanziarie in loco e tanto meno sulla
possibilità di reclutare combattenti in Siria.
Conseguentemente la sopravvivenza, a
livello bellico, degli Stati Latini fu affidata quasi esclusivamente agli
Ordini Militari, e nonostante che gli effettivi dei Templari non raggiunsero
mai un numero adeguato alle reali esigenze, furono loro a fornire il contributo
più pesante, anche a livello di perdite umane come nella battaglia di Le Forbie
(1244) quando furono uccisi 312 Templari.
Non è possibile, a causa della
mancanza di documenti, tracciare una pianta esatta dei possedimenti dei
Templari in Terra Santa. Sappiamo da fonte certa, che la fortezza di Gaza fu
ceduta all'Ordine nel 1149, è fu tra i primi loro possedimenti. Nel secolo XII
buona parte della Contea di Tripoli era controllata dagli Ordini; ed in
particolare i Templari possedevano le fortezze di Tortosa, Chastel Blanc e
Hattin. Inoltre, essi stessi intrapresero la costruzione di fortezze come:
Athlit nel 1218 e Safed nel 1240.
L'organizzazione militare dei
Templari era abbastanza simile a quella degli altri Ordini Militari, prevedeva,
infatti, la presenza di Cavalieri e Sergenti, oltre alla possibilità di
assoldare in loco combattenti definiti "turcopoli". Lo schieramento
Templare garantiva esperienza e disciplina.
Le regole di combattimento erano
molto dettagliate, sia per quanto riguardava lo spostamento delle truppe sia
per quanto riguardava l'ingaggio del combattimento.
Nel momento della battaglia, lo
schieramento Templare, forniva sia l'avanguardia sia la retroguardia per
l'intero esercito crociato.
Molte volte i Templari prendevano
decisioni militari contrastanti con quelle dei Sovrani degli Stati Latini; ma
le loro scelte si rivelarono spesso dettate esclusivamente dal coraggio.
Infatti, ancora nel 1300, occuparono l'isolotto di Ruad difendendolo per due
anni, costituendo l'ultimo caposaldo latino in Terra Santa.
Importantissimo, anche se non
pertinente alla nostra analisi, è il ruolo militare svolto dai Templari nella
penisola Iberica; dove ebbero un ruolo decisivo nella "reconquista"
al fianco dei sovrani spagnoli.
La Struttura organizzativa.
L'amministrazione dei beni acquisiti,
rappresenta un aspetto prioritario nell'attività templare; infatti, esistevano
tre livelli amministrativi: la Commanderia (o convento), la Provincia e la Sede
Centrale dell'Ordine.
La Commanderia, rappresentava l'unità
base amministrativa, ed era retta dal Precettore; nel caso essa si trovasse in
zone di confine, poteva assumere una struttura prettamente militare.
All'interno della stessa il numero di Templari era spesso ridotto e gestiva
esclusivamente solo gli aspetti amministrativi. Il Precettore, assieme a
quattro o più colleghi, gestiva anche la parte giudiziaria della Commanderia.
Le Provincie raccoglievano le
Commanderie ed i loro confini corrispondevano a quelli dei regni. La gestione
della Provincia era affidata ad un Maestro Provinciale che nominava i superiori
delle Commanderie, ricevendone anche le rendite annuali. Le decisioni
riguardanti, la compravendita di proprietà era in ogni modo riservata alla Sede
centrale che provvedeva regolarmente a visitare le Provincie.
La Sede Centrale dell'Ordine, era
gestita dal Gran Maestro (che furono 23 dal 1119 al 1307) cui era affidato,
congiuntamente ad altri membri, il governo ordinario. Al Gran Maestro erano
affiancati: un siniscalco (fino al XII secolo), un Gran Commendatore, un
Maresciallo, un Tesoriere, un Drappiere ed un Turcopolo. Il capitolo generale
rappresentava l'altro organo di governo, e comprendeva i Templari scelti in
rappresentanza delle Provincie a formare l'Assemblea dell'Ordine, che si
riuniva mediamente con cadenza annuale, probabilmente emanando le variazioni
della Regola
Classi.
Inizialmente, il termine Frati
equivaleva a quello di Cavalieri. Successivamente i chierici furono considerati
come cappellani. I laici erano invece divisi tra Cavalieri e Sergenti; per i
primi l'ammissione era possibile solo in base alla discendenza nobiliare,
mentre i secondi dovevano semplicemente essere uomini liberi. I Sergenti erano
suddivisi in due categorie: coloro che erano combattenti e coloro che invece
erano adibiti a compiti in tempo di pace. L'uso della croce rossa Templare su
abito bianco, era riservata esclusivamente ai Cavalieri; mentre i Sergenti
indossavano abiti scuri.
Appare evidente che, all'interno
dell'Ordine, l'elemento clericale era subalterno a quello laico; infatti, per
l'elezione del Gran Maestro era previsto che uno soltanto dei tredici elettori
dovesse essere un cappellano.
Nelle magioni Templari erano spesso
ospitati anche persone non appartenenti all'Ordine, inoltre, l'Ordine disponeva
di servitori regolarmente pagati.
Aspetti Religiosi:
Le regole tipicamente monastiche,
furono adattare alle esigenze dei Templari e lo stesso noviziato non fu adottato
per molto tempo.
La pratica dell'oblazione dei bambini
fu scarsamente utilizzata.
La vita spirituale nelle Commanderie,
non assumeva un aspetto rilevante, ad esclusione di quelle in cui erano
numerosi i Cavalieri; in particolare i digiuni erano più limitati rispetto agli
altri Ordini Religiosi
Attività finanziaria.
I Templari, oltre ad amministrare
direttamente i propri beni, si occuparono anche di tenere in deposito beni
altrui utilizzando forme similari all'attuale conto corrente bancario, basti
ricordare come, nel corso del XIII secolo, essi funsero da tesorieri per il Re
di Francia. In molte occasioni i Templari fornirono mutui e prestiti alla
nobiltà del tempo; inoltre, erano indispensabili per i trasferimenti di valuta,
soprattutto in Oriente. Ai Templari è anche attribuita l'invenzione del moderno
assegno bancario.
Decadenza dell'Ordine.
Appare evidente che le notevoli
ricchezze ed i privilegi dei Templari furono oggetto di critiche ed invidie;
critiche che diventarono sempre più consistenti nel secolo XIII, quando gli
esiti dei combattimenti in Terra Santa furono sempre più sfavorevoli. Inoltre
non era possibile conoscere l'esatta consistenza del patrimonio dell'Ordine,
spesso dimenticando quanto fosse rilevante il loro ruolo per il sostentamento
dei Regni Latini.
Anche la rivalità esistente con gli
Ospedalieri fu enormemente sopravvalutata, e portò a prevedere la fusione dei
due Ordini attraverso un procedimento avversato da entrambe le parti.
Il clima creatosi favorì certamente
l'azione del Re di Francia, Filippo il Bello, e la conseguente abolizione
dell'Ordine con la Bolla Vox Clamantis in Excelso del 3 Aprile
Gli storici moderni sono concordi nel
ritenere le accuse d'eresia formulate nei confronti dell'Ordine, inconsistenti
e simili a quelle rivolte ad altri. Non furono mai trovate, all'interno delle
Commanderie, prove incriminanti, e tutte le confessioni furono estorte solo
grazie a minacce e torture; pur ammettendo che in alcune magioni si fossero
verificati casi di sodomia, per altro comuni ad altri Ordini Religiosi
dell'epoca.
Appare evidente che la spiegazione
più logica dell'accanimento contro i Templari sia da collegarsi alle difficoltà
finanziarie di Filippo il Bello, che in ogni caso non trasse vantaggio dalla
sua scellerata iniziativa di impadronirsi delle ricchezze dell'Ordine, in
quanto le stesse furono assegnate da papa Clemente V (con la Bolla Ad Providam
del 2 Maggio 1312) ai Cavalieri di Rodi, detti poi di Malta (che ebbero
comunque difficoltà a recuperare i beni) ad eccezione di quelli francesi,
spagnoli e portoghesi.
Nella penisola Iberica ed in Scozia,
i Templari non subirono alcuna persecuzione conservando anche le proprietà
patrimoniali; mutarono semplicemente il loro nome dando vita, ad esempio,
all'Ordine militare di Montesa ed all'Ordine militare del Cristo.
Per quanto riguardava i singoli
Templari riconosciuti innocenti, e sottomessi alla Chiesa, fu loro assegnato un
vitalizio e continuarono a vivere nelle loro magioni o presso altri istituti
religiosi.
1118 Ugo di Payns fonda l'Ordine a
Gerusalemme
1128 Il concilio di Troyes approva la
regola dell'Ordine, redatta da San Bernardo
1139 (29 marzo) Con la bolla Omne
datum optimum, Papa Innocenzo II riconosce l'Ordine dei Templari.
1188 Papa Clemente III approva la
prima raccolta degli ordinamenti integrativi della regola.
1241 Successi dell'Ordine in Terra
Santa e contro i mori in Spagna
1291 Capitolazione di San Giovanni
d'Acri.
1305 Serie di denunce fatte da Esquiu
de Floryan provocano sull'Ordine accuse di eresia, blasfemia e comportamenti
lascivi.
1307 (13 ottobre) In una sola
giornata, per ordine del grande inquisitore di Francia, Guglielmo Imbert, e del
consigliere del Re, Nogaret, vengono arrestati tutti i Templatri di Francia.
1312 (22 marzo) Al concilio di
Vienne, Papa Clemente V, condizionato dalle pressioni di Filippo IV di Francia,
sopprime l'Ordine.
1314 (18 marzo) L'ultimo Gran Maestro
dei Templari, Giacomo di Molay, per aver ritrattato le confessioni che
precedentemente gli erano state estorte, viene arso vivo a Parigi insieme a
Geoffroy de Charnay.
CRONOLOGIA DEL PROCESSO AI TEMPLARI
(tratto da "La Fine dei Templari
di Malcom Barber, ediz. Piemme 1994)
Fine 1306 - inizio 1307
Giacomo di Molay giunge in Francia.
1307
24 agosto: inizia l'inchiesta
pontificia, su preghiera di Molay
14 settembre: Filippo IV ordina
segretamente ai suoi siniscalchi di organizzare l'arresto dei Templari
13 ottobre: arrestati i Templari di
Francia
14 ottobre: Nogaret formula le accuse
contro i Templari. Le accuse vengono trasmesse alla Facoltà di Teologia della
Sorbona
16 ottobre: Filippo IV scrive a Jaime
II, re d'Aragona, per metterlo al corrente dell'arresto dei Templari.
19 ottobre: hanno inizio a Parigi i
primi interrogatori
24 ottobre: primo interrogatorio di
Molay
25 ottobre: Molay si difende dinnanzi
ad esponenti dell'Università di Parigi
26 ottobre: Filippo IV scrive
nuovamente a Jaime, per metterlo al corrente degli esiti degli interrogatori
27 ottobre: scritto di Clemente V a
Filippo IV, in cui il pontefice notifica al sovrano la propria riprovazione per
l'arresto dei Templari.
9 novembre: viene interrogato Ugo di
Pairaud
22 novembre: pontificia bolla
Pastoralis praeminentiae
24 dicembre: Molay dinnanzi ai legati
pontifici ritratta tutte le affermazioni fatte durante gli interrogatori
1308
febbraio: Clemente sospende
dall'incarico il grande inquisitore Guglielmo Imbert. Filippo pone sette
quesiti ai membri della Facoltà di Teologia della Sorbona.
9-24 marzo: Filippo convoca gli stati
generali
25 marzo: risposta della Facoltà di
Teologia della Sorbona ai sette quesiti del Re
5-15 maggio: gli stati generali si
riuniscono a Tours
26 maggio: Filippo s'incontra a
Poitiers con papa Clemente
29 maggio: prima allocuzione di
Plaisians al concistoro pontificio
14 giugno: seconda allocuzione di
Plaisians
27 giugno: Filippo consegna a papa
Clemente 72 Templari che deteneva
5 luglio: pontificia bolla Subit
assidue
12 agosto: pontificie bolle Faciens
misericordiam e Regnas in coelis
13 agosto: Clemente parte da Poitiers
17-20 agosto: due cardinali
interrogano a Chinon i Templari ivi detenuti.
1309
marzo: Clemente fissa la propria
residenza permanente ad Avignone. Ha inizio l'inchiesta vescovile sui singoli
cavalieri Templari.
8 agosto: la commissione pontificia
dà inizio al processo all'ordine
22 novembre: prime inchieste della
commissione pontificia
26 novembre: Molay compare per la
prima volta dinnanzi alla commissione
28 novembre: Molay compare per la
seconda volta dinnanzi alla commissione. La commissione dichiara chiusa la
prima seduta
1310
3 febbraio: la commissione si
riunisce per la seconda seduta
2 marzo: Molay compare per la terza
volta dinnanzi alla commissione
14 marzo: ai Templari vengono
recitati 127 capi d'accusa. I cavalieri intendono difendersi
28 marzo: i Templari convengono in
gran numero nei giardini del palazzo vescovile di Parigi.
4 aprile: pontificia bolla Alma Mater
7 aprile: difesa dell'Ordine da parte
dei 4 procuratori a ciò scelti dai cavalieri
12 maggio: 54 Templari vengono
condannati a morte dal sinodo dell'Arcivescovo di Sens e arsi vivi nelle
vicinanze di Parigi
3 novembre: la commissione pontificia
si riunisce per la terza seduta
1311
5 giugno: la commissione pontificia
dichiara chiuse le proprie indagini
16 ottobre: si apre il concilio di
Vienne. Sette cavalieri Templari vi compaiono con l'intenzione di difendere il
loro ordine
1312
20 marzo: Filippo IV giunge a Vienne,
unico sovrano a recarvisi
22 marzo: pontificia bolla Vox in
excelso
2 maggio: pontificia bolla Ad
providam
6 maggio: pontificia bolla
Considerantes dudum
1313
21 marzo: i gerosolimitani sono
disposti a pagare 200.000 lire tornesi a Filippo IV per i beni Templari. Il
sovrano porta la somma a 1.000.000 di lire tornesi.
1314
18 marzo: Giacomo di Molay e Geoffroy
de Charnay vengono arsi vivi sull'isola della Senna presso Notre Dame.
20 aprile: muore Clemente V
29 novembre: muore Filippo IV
Riceviamo e pubblichiamo un
interessante articolo di Giuseppe R. (grizzlyb@tin.it) riguardante la doppia figura
del Templare: Monaco e Cavaliere.
La nascita degli Ordini Militari,
nella storia del Monachesimo, s'inserisce in un più vasto capitolo, segnato
dalla forte esigenza di rinnovamento della tradizionale esperienza benedettina,
che aveva raggiunto il suo massimo, opulento splendore ma inesorabilmente anche
il proprio inaridimento spirituale, con Cluny .
In questo fervore di rinascita di
antichi ideali cristiani, quali la povertà, si riflettevano una generale
evoluzione del sentimento religioso e la progressiva attenzione prestata anche
alla natura umana del Cristo - basti vedere l'evoluzione nella raffigurazione
del Crocefisso - che videro naturalmente emergere, accanto alla rinascita
"more patrum" di forti esperienze eremitiche, l'esigenza nuova di
unire al servizio a Dio l'esercizio attivo della carità verso i fratelli:
poveri, malati, pellegrini...
E' in questa luce che va vista la
nascita dei vari ordini Ospitalieri, dai più importanti e conosciuti sino ai
più piccoli e locali , e anche quella dei cavalieri Templari che dovevano
proteggere il viaggio di quanti si recavano in pellegrinaggio in Terrasanta.
C'è tuttavia un aspetto del cavaliere
Templare che occorre sottolineare:
egli é un monaco ed è un cavaliere,
realizzando di fatto un paradosso. Egli infatti assomma in sè due delle tre
,ormai classiche, funzioni sociali individuate ed ampiamente studiate nelle
società indoeuropee dall'antropologo Georges Dumézil , e nelle quali si
articola anche la società medievale occidentale, e cioè: quella propria degli
"oratores", socialmente preminente, e quella propria dei
"bellatores". Uno dei rischi più insidiosi cui si espone chi affronti
un evento storico, soprattutto se così distante - nel senso più vasto del
termine - da noi, è quello di cedere alla tentazione di interpretarlo secondo
le categorie mentali proprie della cultura a lui contemporanea: alla luce della
nostra etica, che tende a vedere "colui che prega" come uomo di pace per
definizione, risulta sicuramente incomprensibile come potessero convivere nella
medesima istituzione due istanze così palesemente contraddittorie, opposte fra
loro, come quella religiosa e quella guerriera. Ma nella società medievale
occidentale del XII secolo, in cui fiorisce il fenomeno degli Ordini Militari,
era così ? e se tale carattere di "mostruosità sociale" esisteva
anche per la società loro contemporanea, è lecito chiedersi se e quanto tale
fatto possa sotteraneamente aver inciso sulla storia e sulla tragica fine
dell'Ordine Templare, che fra tutti gli Ordini Militari era sicuramente il più
spiccatamente guerriero, come sancito già dalla bolla papale "Omne datum
otium" emessa da Innocenzo II nel 1139 che, senza riferimento alcuno al
servizio di protezione dei pellegrini, sottolinea come i Templari ,
"immergendo le mani nel sangue dei miscredenti" le consacrassero di
fatto a Dio? Non abbiamo la pretesa di fornire risposte ma solo spunti di
riflessione, e proprio questa bolla papale - che segue di pochi anni il
concilio di Troyes (1128) che sancisce l'istituzione dell'Ordine - ratificando
autorevolmente lo status religioso dei Templari, potrebbe indirettamente
testimoniare della posizione contraddittoria in cui di fatto si trovavano i
monaci-guerrieri figli di Ugo di Payns, piccolo nobile della Champagne
infiammato da un amore tutto cavalleresco e terreno di Cristo. Un amore che ,
dal momento che la Chiesa vietava il passaggio dal Tempio ad altro Ordine
religioso monastico, pare rimanere nella considerazione ecclesiastica di un
gradino più basso rispetto a quello, puro e spirituale, di chi sceglieva di
servire il Nazareno fra le silenziose solitudini del "deserto", reale
o convenzionale che esso fosse, seguendo quella spinta assoluta di ricerca del
Cristo (che inizia già ad essere un po' meno Re ed un poco più Redentore) che
ha animato quella feconda stagione di rinascita del monachesimo iniziata al
volgere del millennio , di cui si diceva, e che avrebbe portato via via
Camaldoli, La Chartreuse, Cistercium...
Un amore dunque che aveva mani,
seppure consacrate a Dio, troppo grondanti sangue per non risultare
imbarazzanti fra le mura di un convento, riproponendo a suo modo l'antica
contrapposizione fra la militia Christi e la militia saeculi ( ricordiamo che
fra i mestieri illeciti proibiti ai chierici vi era anche quello del soldato,
segnato dal tabù del sangue). In realtà sarebbe interessante - e forse anche
stimolante e non così anacronistico - seguire lo svilupparsi del concetto di
"guerra", prima ancora che santa, "giusta", che da Aurelio
Agostino (" una guerra può dirsi giusta quando ci si propone di punire una
violazione del diritto... quando si tratta ad esempio di punire un popolo che
si rifiuta di riparare un'azione ingiusta" , tuttavia "colui che è in
grado di pensare alla guerra e sopportare questo pensiero senza provare in sé
un gran dolore, ha perduto veramente il senso umano" ) in poi si è
elaborato in una società, come quella occidentale, così fortemente influenzata
dal Cristianesimo, che sancisce l'irrinunciabile condanna dell'omicidio come
suprema colpa. Tale strada però ci porterebbe assai lontano, giungendo fra
l'altro a porci di fronte alla necessità di analisi di un altro concetto
evangelicamente "scandaloso", e cioè quello di "pace ingiusta".
Ci accontenteremo perciò di ricordare come la Chiesa, nel tentativo di arginare
la violenta turbolenza di una feudalità già agli albori della sua crisi , si
ponesse l'obiettivo di convertirla al servizio di Dio, indirizzando tale
potenziale aggressivo all'esterno della Cristianità - e gli scritti sulla
crociata di Bernardo di Clairvaux stesso, padre spirituale del Tempio, non
lasciano dubbi circa il suo pensiero al proposito! - trasportando così su di un
livello universale, cosmico la lotta intima di ciascun credente contro il Male.
La guerra contro i non cristiani - infedeli, ma non dimentichiamoci gli eretici
che videro anch'essi armare contro di loro una crociata - così acquistò un
significato escatologico di "malicidio" che, appoggiandosi più all'Antico
Testamento che non al Nuovo - dove pure la Chiesa leggeva " ... non veni
pace mittere, sed gladium"(Mt 10,34) a dimostrazione che non alla pace fra
gli uomini Cristo si riferiva, ma esclusivamente a quella con Dio - rendeva
legittimo anche l'omicidio, che non solo non era più una colpa ma diventata un
servizio meritevole reso alla causa divina. Nasceva così anche per il
Cristianesimo la guerra santa - paragonabile per certi versi alla jihad
islamica tuttora esistente - riassumibile nel pensiero di Bernardo: "Il
Cavaliere di Cristo uccide in piena coscienza e muore tranquillo: morendo si
salva, uccidendo lavora per il Cristo" e forse ancor più esemplarmente
nell'ormai proverbiale, giacché per noi inconcepibile, battuta attribuita da
Cesario di Heisterbach a Simon de Monfort di fronte all'eccidio dei cittadini
(catari e cristiani) di Béziers: "Uccideteli tutti: Dio riconoscerà i
suoi!" "Dio li distinguerà!".
Questo il panorama filosofico,
dominato dal pensiero agostiniano per il quale, nella guerra, ciò che è
condannabile per il vero cristiano non è tanto la morte di uomini comunque
votati ad essa dalla loro condizione mortale, quanto il colpevole desiderio di
nuocere ai propri simili; è il panorama restituitoci dai documenti scritti, di
fatto riferibili in genere solo a quella limitata cerchia di esseri umani -
costituita quasi esclusivamente dai rappresentanti colti dell' alto clero - che
finisce con l'essere l'unica di cui spesso si ha testimonianza diretta ,al
punto da scordare talvolta quanto poco rappresentativo campione dell'intera
società essa fosse.
Non ci è dato sapere quali fossero in
realtà i pensieri e i sentimenti al riguardo della restante popolazione, se non
attraverso quelle che potremmo definire "prove indiziarie": la voce,
sia pure pressoché isolata, di Pier Damiani, camaldolese (1007-1072) che
sosteneva come "in nessuna circostanza è consentito prendere le armi per
la difesa della fede della Chiesa Universale; ancor meno gli uomini possono dar
battaglia per beni terrestri e transitori" (Patr. Lat., CXLIV ); la
testimonianza muta ma eloquente di quanti, tornati dalla Crociata e segnati
nell'intimo dall'esperienza vissuta, davanti al notaio si spogliavano dei beni
materiali per votare la propria vita a Dio; infine le defezioni che, nonostante
la formale proibizione della Chiesa, dai ranghi del Tempio condussero numerosi
Templari a spogliarsi della loro anima guerriera per divenire monaci a tutti
gli effetti - un esempio eccellente per tutti: il terzo Gran Maestro
dell'Ordine Everardo des Barres (1149 - 52) che decise di entrare a Clairvaux.
Eppure, al di là di crisi di
coscienza da una parte e fanatismi (perlomeno fino alla definitiva perdita di
Gerusalemme, da poco riconquistata, nel 1244 e che venne letta da molti come
drammatico segno dello sfavore di Dio), incrollabilmente convinti dell'alleanza
divina dall'altra - non recitava forse il proverbio: arrogante, superbo come un
Templare? - questi temibili guerrieri votati a Dio dovevano esercitare già tra
i loro contemporanei parte di quel fascino che avrebbe fatto sopravvivere la
loro leggenda fino a noi, se il poeta Wolfram von Eschenbach nel suo
Parzival(1200 - 1210) decise di chiamare Templari i Cavalieri del Graal - e nel
descrivere il loro Castello secondo alcuni s'ispirò al monastero cistercense di
Clairvaux - e davvero, non riusciamo ad immaginare più nobile cavalleria di
questa!
C'è poi, a nostro avviso, tra il
Cavaliere e il Monaco, una terza figura importante nella genesi psicologica
degli Ordini Militari, la quale assomma in sé aspetti di entrambe e che, dopo
la ricca fioritura benedettina precedente, torna prepotentemente attuale a
partire dal X secolo tanto da divenire poi nell'immaginario cortese l'ideale
controparte religiosa del Cavaliere: l'Eremita. Chi infatti meglio dell'Eremita
può incarnare l'aspetto eroico della fede, l'anelito ad una dimensione eroica
nel vivere la fede?
Come resistere dunque al fascino
dell'immagine, offertaci da Cardini, di un giovane Ugo che seguendo la Crociata
fra sé medita come, in fondo, l'Uomo di Dio che affronta il Demonio
sconfiggendolo con la forza che gli deriva dalla sua fede non sia dissimile dal
Cavaliere che si arma per sconfiggere il Male incarnato dagli Infedeli deicidi?
Fonti e Bibliografia
Philippe Contamine- La guerra nel
Medioevo - Il Mulino 1986
Claudio Risè - Psicanalisi della
guerra - Immagini del profondo ed. RED 1997
Georges Dumézil - Gli dèi dei Germani
- Adelphi 1974
Aurelio Agostino - Contra Faustum;
Quaestiones in Heptateucum; Epistole
Aurelio Agostino - De Civitate Dei -
Rusconi 1995
Franco Cardini - Alle origini della
cavalleria medievale - La Nuova Italia 1997
Wolfram
von Eschenbach - Parzival - TEA,1989
Aaron Gurevic - Contadini e santi -
Einaudi Paperbacks, 1986
Trascriviamo un interessante articolo
di Oriano Granella, pubblicato sul numero 5 di Eteria, riguardante la
fondazione dell'Ordine Templare:
Quando si va a Gerusalemme e si sale
sulla spianata del Tempio per la solita frettolosa visita di gruppo alle due
moschee, non sempre viene ricordata la storia della nascita dei Templari legata
a quel luogo, in particolare alla moschea detta "El Aqsa".
A dire il vero nessun segno oggi
ricorda questo rapporto dei Cavalieri Templari con l'antica moschea: Saladino,
dopo aver riconquistato Gerusalemme (1187), soppresse il chiostro e le altre
costruzioni dei Templari, ad eccezione del refettorio dei cavalieri, lungo il
muro meridionale, ove ha sede il museo islamico.
Questa moschea costruita dal califfo
al-Walid (709-715), distrutta due volte da terremoti già nei suoi primi
sessant'anni di esistenza, ricostruita dal califfo al-Mahdi nel 780, dalle
quindici navate laterali iniziali fu poi ridotta alle attuali sette con la
ricostruzione fatta dal califfo az-Zahir dopo il terremoto del 1033, e si
presenta oggi un po' fredda, nel suo restauro realizzato tra il 1938 e il 1942,
con quella selva di lucide colonne marmoree (dono di Mussolini). Praticamente
quasi nulla, a parte la struttura generale, rimane dell'antica moschea del
tempo dei crociati.
Quando i cristiani conquistarono
Gerusalemme nel 1099, procedettero a proprie identificazioni riguardo alle
costruzioni che erano nella spianata del Tempio. Ritennero la Moschea di Omar,
o Cupola delle Rocce, il "Tempio del Signore" e perciò la trasformarono
in chiesa, ponendovi l'edificio. Mentre identificarono la moschea "El
Aqsa", con la sua grande area sotterranea, come la zona del "Tempio
di Salomone (Templum Salomonis)".
Originariamente il nome El Aqsa (la
più lontana) indicava tutta la spianata del Tempio, in quanto il luogo santo di
Gerusalemme era il "Santuario più lontano" in cui fu trasportato
Maometto nel suo famoso viaggio notturno. L'uso del nome venne poi limitato a
questa grande moschea della preghiera.
Essa divenne, dopo la conquista
crociata, la prima residenza del Re di Gerusalemme fino al 1128, quando il Re
Baldovino la cedette ai soldati-monaci che, appunto da questa sede (il loro
quartier generale), assunsero la denominazione di "Milites Templi" o
"Templari".
Al di là di tutte le vicende, molte
volte fantastiche e leggendarie, che circondarono quest'Ordine cavalleresco e
che, anche per calcoli politici ed economici, portarono alla sua soppressione e
al nascere, anche per calcoli politici ed economici, portarono alla sua
soppressione e al nascere, anche per i secoli successivi, del cosiddetto
fenomeno del "Templarismo", bisogna riconoscere che quest'Ordine, al
suo sorgere, rispondeva a esigenze precise della situazione che si era creata
nel Regno crociato e, soprattutto, che partiva da intenti profondamente
religiosi e nobili, anche se legati alla cultura del tempo.
Basti pensare che all'origine
dell'affermarsi di questa nuova figura di monaci-cavalieri, sta un grande
teologo e un grande santo: Bernardo, abate di Clairvaux. Ma procediamo con
ordine.
Conquistata Gerusalemme il 15 luglio
1099, con quei massacri e saccheggi che purtroppo seguirono, e instaurato un
potere centrale con Goffredo di Buglione, molti principi e cavalieri tornarono
a casa. Al re Baldovino, succeduto a Goffredo di Buglione, restarono solo
duecento cavalieri e mille fanti.
Pur avendo il sostegno delle flotte
delle città marinare, che permise ai crociati di conquistare varie città del
litorale (in cui potevano sbarcare pellegrini e rifornimenti), tuttavia
all'interno la situazione rimase instabile. Le scarse milizie crociate,
impegnate in guerra e asserragliate nei castelli, non erano in grado di
esercitare un adeguato compito di protezione nel territorio per l'incolumità
dei pellegrini e dei loro beni.
Ecco che allora, accanto agli ordini
religiosi tradizionali sorsero i cosiddetti ordini cavallereschi, come quello
degli Ospitalieri (così chiamati dall'Ospedale di S. Giovanni in Gerusalemme)
che si prendeva cura dei pellegrini e dei malati, ma che talvolta cingeva le
armi per difendere i suoi ospizi dagli attacchi dei musulmani o dare man forte
ai crociati nella difesa dei castelli e città. Questi saranno conosciuti anche
col nome di Cavalieri di Rodi e poi di Malta.
Ma un ordine in particolare sorse
proprio con lo scopo di difendere i Luoghi Santi: quello dei Templari appunto.
Le sue origini si fanno risalire a un
cavaliere francese, Ugo di Payns che verso il 1118-19, insieme al conte Ugo di
Champagne, raccogliendo intorno a sé un primo gruppo di cavalieri, pensò di
costituire una specie di "militia Christi" (milizia di Cristo) con il
compito di difendere i pellegrini dalle incursioni degli infedeli.
La novità però era nel fatto che di
questa milizia "scelta", per così dire, potevano far parte solo
cavalieri che prendevano i voti come religiosi. Persone quindi senza famiglia
(o che comunque avevano lasciato la famiglia, le loro terre e i loro privati
interessi) e che nel segno della vita religiosa - cioè con i voti di castità,
povertà e obbedienza - dovevano consacrarsi con tutte le loro energie alla
difesa dei Luoghi Santi. Anzi questo compito lo assumevano con un voto
apposito. Crociati di Cristo sino alla morte. Si aveva così, per la prima volta
e in forma ufficiale, la figura del monaco-soldato.
Sino a quel momento nella Chiesa era
parso inconciliabile questo doppio compito: fare il religioso con i tre voti,
in un ambiente quasi evangelico, di pace e pacificazione (per questo c'era il
divieto di portare armi e l'esenzione obbligatoria da ogni servizio militare),
e fare il militare, compito che apparteneva ai laici.
La nascita di questa religiosa
associazione di combattenti fu accolta favorevolmente da Baldovino, Re di
Gerusalemme, che subito si rese conto dell'aiuto che poteva avere da una truppa
così qualificata e completamente consacrata alla difesa del Regno crociato.
Concesse perciò a loro, che avevano inizialmente assunto il nome di
"Poveri Cavalieri di Cristo", la sua propria residenza sulla spianata
del Tempio, da cui, come detto, derivò il nuovo nome di "Templari".
Ma la loro posizione nella Chiesa non
era ancora tanto chiara e infatti subito affiorarono alcune critiche a questa
novità di una milizia formata da monaci.
Ugo di Payns, con alcuni nobili
compagni, pensò allora di venire a Roma per avere un riconoscimento papale.
Papa Onorio II, dopo averli ricevuti ed ascoltati, pensò di inviarli al
Concilio di Troyes, che aprì i suoi lavori il 14 gennaio
E fu proprio S. Bernardo che,
riscrivendo per loro la Regola, se ne fece supremo garante e ne motivò
teologicamente la scelta. Secondo il Santo abate il monaco-cavaliere non
soltanto combatte contro gli infedeli, ma anche contro il demonio e il Male in
ogni sua forma. E per questo le sue armi, oltre a quelle tradizionali dei
cavalieri laici, saranno la penitenza, la prudenza, la castità, la vita di
preghiera e l'obbedienza.
Al termine del Concilio di Troyes il
nuovo Ordine fu ufficialmente riconosciuto e il papa assegnò ai cavalieri come
divisa un mantello bianco, a cui fu poi aggiunta una croce rossa.
Il loro motto: "Non nobis
Domine, sed Nomini tuo da gloria" (Non a noi Signore, ma al tuo Nome dà
gloria) appariva con fierezza sugli stendardi e nelle loro dimore.
I membri dell'Ordine avevano il voto
di povertà ma - come era per tutti gli ordini monastici del tempo - l'Ordine in
quanto tale poteva avere possedimenti, per mantenere i suoi monaci e
raggiungere i suoi scopi, molto onerosi in questo caso, dovendo sostenere le
spese di guarnigioni, castelli e guerre vere e proprie.
Al termine del Concilio il gruppo dei
Cavalieri Templari si avviò per l'Europa per ricercare aiuti economici, fondare
case, trovare nuovi adepti e organizzare validi canali di approvvigionamento.
E' sorprendente lo straordinario
successo che ebbe la nuova istituzione, non solo per le adesioni di nuovi
cavalieri, ma per il favore che ebbe con innumerevoli lasciti e donazioni di
case e castelli, tanto da divenire, in breve tempo, una grande potenza
economica con anche una propria flotta marinara.
S. Bernardo, dal canto suo, continuò
ad esortare i cavalieri del suo tempo perché superando il loro inveterati vizi
di superbia, vanagloria, avidità, lussuria, si convertissero alla nuova
cavalleria di Dio, la milizia di Cristo, i Templari.
In Terra Santa pian piano i Templari,
come gli Ospitalieri (anch'essi sempre più assimilati all'ideale del
monaco-guerriero) e, più tardi, i cavalieri Teutonici, acquistarono
un'importanza decisiva per la difesa delle terre crociate, andando spesso ben
oltre al loro iniziale scopo e divenendo una vera forza militare indipendente,
qualche volta anche in contrasto con la monarchia e in lotta con gli altri
Ordini Cavallereschi.
Nato sotto il segno del servizio e
del coraggioso dono di sé, sino ad essere disposti a morire per il Cristo,
purtroppo la potenza e la ricchezza accumulate, suscitarono spesso
incomprensioni, gelosie e un sacco di accuse, soprattutto in Europa.
La fine della presenza crociata in
Terra Santa segnò comunque anche la loro fine. Il 18 maggio 1291, cadde in
Palestina S. Giovanni d'Acri, ultimo bastione crociato in Terra Santa. I
Templari, sino all'ultimo, resistettero nella loro cittadella, coprendosi di
gloria e mostrando estremo coraggio.
Ma pochi anni dopo, nel 1307, Filippo
il Bello, re di Francia, trama contro di loro e fa arrestare tutti i Templari
del suo regno.
Inizia così la lunga e tenebrosa
storia che porterà ad accuse, torture e processi e infine alla soppressione
dell'Ordine da parte di papa Clemente V nel 1312, e alla morte, bruciato sul
rogo come eretico nel 1314, dell'ultimo Gran Maestro: Giacomo di Molay.
Tra quelle fiamme terminò la gloriosa
storia dei Templari.
Riceviamo e pubblichiamo una
relazione stilata da Carlo Gualtieri, a cura delle Edizioni Templari dell'
S.M.T.H.O. di Roma, che riteniamo interessante per sviluppare un aspetto estremamente
controverso.
Proemio:
Con una certa frequenza negli ultimi
tempi, specialmente da quando è caduto il Muro di Berlino, si parla e si scrive
intorno all'Ordine dei Templari ed all'ingiustizia della Bolla "Ad
providam Christi Vicarii", con la quale il Pontefice Clemente V, pressato
dal Re Filippo IV il Bello e minacciato dai suoi consiglieri ebbe, in data 2
maggio
I giornalisti, i giuristi ed i
filosofi se ne occupano con serietà di intenti e di sforzi, e quasi sempre
proficuamente nel ristretto mondo della cultura.
Da parte mia si intende dare un
piccolo contributo per tentare di dimostrare che, contrariamente a quanto le
apparenze potrebbero far pensare (innegabile autorità di una bolla pontificia),
l'ingiustizia del provvedimento in questione non è una opinione personale o di
pochi, ma una verità scientificamente e filosoficamente acclarata.
Si ritiene opportuno non presentare
un'ulteriore ricostruzione storica del pensiero dei tanti studiosi, cattolici e
laici, che hanno eloquentemente dimostrato l'iniquità della Bolla Conciliare di
Vienna; occorre, però, precisare che uno studio giuridico non può seriamente
occuparsi di argomenti non scientifici, quale quello in esame, senza
prescindere dal diritto naturale, dal diritto canonica-ecclesiastico e dal
diritto positivo pubblico-privato.
Riabilitazione secondo il diritto
naturale.
L'attenzione va soffermata
principalmente sul tema come il cattolico in veste di semplice cittadino o di
giurista debba comportarsi, quando è chiamato ad osservare una sentenza
ritenuta ingiusta. Sorge, con evidente carattere di pregiudizialità, il più
grave e complesso problema di vedere che cosa si debba intendere per diritto
naturale, e se fino a qual punto sia possibile qualificare, in base al diritto
naturale, sicuramente ingiusto il provvedimento emesso dal Pontefice Clemente
V. Già Papa Pio XII, nel discorso tenuto in occasione del primo convegno
nazionale di studi dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha parlato di
contrarietà del diritto positivo e delle sentenze "alle leggi di Dio e
della Chiesa", offrendo ai cattolici di tutto il mondo preziose
precisazioni in materia di diritti dell'uomo, di giustizia sociale e di
giustizia internazionale, ma ha lasciato ai giuristi cattolici il compito di
determinare con maggiore precisazione quali leggi di Dio e della Chiesa debbano
considerarsi costitutive del contenuto del diritto naturale; quali siano, in
altri termini, "le norme di condotta universale che fanno parte
dell'ordine obiettivo umano e civile stabilito dalla mente altissima del Primo
Fattore". Certo non bisogna far ricorso alla cosiddetta legislazione del
cuore, perché è ben vero che nella coscienza dell'uomo esiste una certa
attitudine a distinguere in forma immediata il giusto dall'ingiusto, ed è anche
vero, per chi possiede la fede religiosa, che la predetta attitudine è una
potenza istintiva posta negli uomini da Dio, ma bisogna pur riconoscere che
nelle situazioni di lineare semplicità (aperte violazioni dei comandamenti
della legge di Dio, torture, responsabilità collettiva, persecuzioni, parità
dei diritti negata agli Ebrei ecc..) gli uomini riescono, sulla base della
predetta attitudine, a giudicare intorno alla giustizia ed all'ingiustizia di
sentenze non conformi alle leggi. A ciò si deve aggiungere che le ragioni del
cuore valgono, quando trattasi di dimostrare che una determinata decisione è
ingiusta, purché vengano espresse in termini accettabili dalla ragione. Con ciò
si intende assicurare l'esistenza del dono che Dio ha dato all'uomo
infondendogli il senso morale, dono che offre, col sussidio della grazia
divina, la possibilità di distinguere il bene dal male, nei limiti in cui tale
distinzione è necessaria ai fini della salvezza dell'anima, senza affermare la
possibilità di decidere in ogni caso intuitivamente se una sentenza sia giusta
od ingiusta rispetto ai precetti della giustizia naturale, che secondo S.
Tommaso è, si noti bene, soltanto un'ombra evanescente della giustizia divina.
L'indirizzo prevalente di elevare a dignità costitutiva del contenuto del
diritto naturale quel tanto di esso che è contenuto in Lege et in Evangelio e
nella dottrina morale e sociale della Chiesa, suscita delle perplessità anche
nella coscienza di un fervente cattolico, e ciò perché: a) le idealità
etico-giuridiche suggerite dalla Chiesa da transuenti vicissitudini storiche e
contrapposte, sotto la spinta di travolgenti crisi politiche ed economiche,
agli ordinamenti giuridici positivi, devono, per non togliere al diritto
naturale quei caratteri di universalità e di prennità che lo distinguono dallo
ius in civitate positum, restare soltanto nel ristretto dominio della politica
legislativa o Scienza della Legislazione (G. Filangieri), avente ad oggetto il
miglior modo di organizzare e disciplinare la convivenza per il bene materiale
e spirituale della collettività e dei suoi membri singolarmente considerati; b)
mentre si ammette l'esigenza etica che la legge non sia mai contraria alla
morale, non si ammette e non si riesce neppure a comprendere che ogni precetto
morale contenuto nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, ed in generale nelle
dottrine morali e sociali della Chiesa, possa entrare a far parte del contenuto
del diritto naturale. Il contenutismo anti-Kantiano non deve essere spinto al
punto di considerare precetti di diritto naturale anche il dovere morale di
sopportare pazientemente le offese ricevute e di offrire la guancia sinistra a
colui che ci ha colpito sulla guancia destra; o da considerare, nel problema in
esame, giusto il provvedimento di Clemente V, con il quale sono stati
condannati quei Templari che hanno peccato di idolatria, vizio e corruzione. Il
contenuto da dare al diritto naturale va ricercato, è vero, nel Vecchio e nel
Nuovo Testamento, nella morale cattolica ed in genere negli insegnamenti della
Chiesa Cattolica, ma in definitiva va poi fissato in pochi e generalissimi
principi diretti ad assicurare la permanenza di condizioni indispensabili per
la conservazione ed il perfezionamento della vita fisica e spirituale degli uomini
e della società di cui essi fanno parte.
Oggi, dopo molti secoli di
vicissitudini storiche, più o meno cruente, e di fronte al crollo definitivo
della rigida concezione liberale dello Stato ed alle istanze di una più
concreta giustizia umana, il diritto naturale non può essere neutrale fino al
punto di prescrivere la semplice sottomissione ai voleri di Dio (S. Agostino) o
all'amore universale (S. Ambrogio), e perciò non si può non arricchire il
diritto naturale tenendo conto dei nuovi valori spirituali affermatisi o
rivelatisi attraverso l'esperienza individuale e collettiva, e l'elaborazione
della dottrina. Non va dubbio pertanto che debbano far parte del contenuto del
diritto naturale, oltre i precetti morali contenuti in Lege et in Evangelio o
nelle dottrine della Chiesa, anche alcuni canoni fondamentali attinenti alla
persona, alla proprietà ed al contratto, non senza mettere in rilievo i diritti
che, sulla base degli attributi fondamentali della natura umana, ed in
conformità e senza opposizione agli insegnamenti della Chiesa Cattolica, furono
riconosciuti all'uomo con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948,
diritti che i Pontefici avevano in parte proclamato in una serie di messaggi ed
encicliche, e che la dottrina Cattolica italiana aveva preso in esame sotto il
profilo scientifico. Non illusoria pertanto, ma obiettiva è l'esistenza di
esigenze perenni di moralità e di giustizia, che ripetono la loro origine dalla
Giustizia divina, e sono come tali trascendenti ed immanenti insieme, e non è
senza valore dimostrativo, a tale riguardo, il fatto che colossi del pensiero
umano collocarono la giustizia nel cielo, raffigurandosela più bella delle
stelle mattutine e delle stelle della sera (Aristotele), o altrettanto bella
quanto il cielo stellato (Kant).
Detto e messo in luce tutto ciò, va
però rilevato che, anche quando il contenuto del diritto naturale sia stato
ampliato ed arricchito nel senso di cui si è detto, si ha pur sempre una serie
di precetti meramente orientativi, estremamente flessibili ed adattabili alle
più disparate circostanze storiche, di fronte alle quali è meno facile di
quanto generalmente si crede il decidere se l'Ordine dei Templari "Magnus
ordo in Ecclesia" (Papa Alessandro III), contro il quale fu proibito
"di pronunciare ogni e qualsiasi sentenza di scomunica o di
interdizione" (Papa Clemente IV), possa fianlmente, senza ulteriore
ritardo, ottenere la legittima riabilitazione. La critica della Bolla
Clementina, ritenuta ingiusta, è razionalmente fondata e va considerata con
molta serietà, attesa la dimostrazione che è contraria a chiari e precisi
dettami di diritto naturale, ed è provvista di adeguata giustificazione etico -
giuridica perché desume tale ingiustizia dalla contrarietà alle idealità dl
predetto diritto. E' incontestabile il contrasto fra il diritto naturale ed il
processo inquisitorio, cui furono sottoposti i Templari, incardinato in palese
violazione dei canoni fondamentali del contraddittorio, della difesa e della
sottomissione al Giudice naturale. Il diritto naturale altro non è che l'anima
della morale sociale. Esso non intende affatto fermare la storia, inquadrare in
astrali schemi le varie manifestazioni della vita, mummificare la realtà, ma
intende far sentire nelle varie contingenze storiche l'esigenza di un criterio
superiore di giustizia sulla base del principio neminem laedere, suum cuique
tribuere. Il diritto naturale, in definitiva, non può che consistere nella
riduzione del concetto di diritto al concetto di giustizia. Il diritto sta
nella libertà, che non è altro che l'atto finale della ragione che ha
determinato la volontà a manifestarsi all'esterno, ma se la ragione e la
volontà fanno difetto non può certamente darsi l'ordine del diritto.
L'ignoranza, l'errore, il dolo e la violenza che hanno consentito la
promulgazione della Bolla Clementina evidenziano la parvenza ma non già la
realtà della libertà e dell'atto giuridico in essa contenuta: Sotto il dominio
del dolo e della violenza la libertà nei giudicanti è completamente mancata, da
cui consegue che il provvedimento emanato è illegittimo; in particolare la
violenza, che si oppone alla spontaneità e la nega, destituisce l'uomo della
propria libertà, costringendolo a reprimere le sue aspirazioni religiose o
glorificarle nel martirio. E tale violenza non va dubbio che è stata una
realtà.
Riabilitazione secondo il diritto
canonico
Nell'ambito strettamente giuridico
tutto il diritto divino, sia naturale che positivo, sussiste indipendentemente
dalla sua recezione nel Codex juris canonici. Estratto da esso quel tenue
gruppo di precetti che i teologi ritengono di diritto divino, per tutto il
resto ci troviamo di fronte a raccomandazioni o a ordini di natura contingente.
Nell'ambito estraneo alla sua struttura, la Chiesa, dove non è limitata dal
diritto divino, non si lega mai a date forme politiche o a date strutture
sociali. Se c'è un insegnamento che emerge chiaro da tutta la storia della
Chiesa, è che essa ha potuto, di volta in volta, nella sua condotta pratica
favorire date forme politiche ed osteggiarne altre, favorire certe strutture ed
altre osteggiarne. Peraltro mai ha canonizzato il suo insegnamento nella
condanna definitiva di un regime: quelli che si è limitata a dichiarare
inattaccabili o invece a condannare, cono stati singoli punti, tratti dal
diritto naturale e divino positivo. Non si trova nel Codex la normazione
regolare dei rapporti tra cattolici e non cattolici, né la codificazione delle
norme sulla tolleranza religiosa, e sui suoi limiti. La storia millenaria della
Chiesa, in qualsiasi tempo la si consideri, ci mostra la sua estrema
adattabilità; i principi di diritto divino sono sempre rispettati e fatti
salvi. Le regole dettate da Bernardo di Chiaravalle scaturiscono dal diritto
divino, e come tali non possono essere disattese dalla mancata riabilitazione
dell'Ordine dei Templari da parte della Santa Sede. Il diritto pubblico e
privato delle associazioni, che per statuto diffondono tali regole, coesiste
con le prescrizioni del diritto divino interpretate dalla Chiesa.
L'Ordine dei Templari fu riconosciuto
da Papa Onorio II (1124-1130) che ne diede ufficialmente conferma a conclusione
del Sinodo di Troyes del 1 gennaio 1128, e fu preso sotto la protezione della Chiesa
con la Bolla del 18 giugno 1163 di Papa Alessandro III (1159-1181), e ciò con
forza del can. 100 - § 1 del Codex: "..ex speciali competentis
ecclesiastici concessione data per formale decretum…". Nella lettera di
Baldovino II, Re di Gerusalemme, a San Bernardo di Chiaravalle
"Constitutiones Templanorum taliter condide" si legge che l'Ordine
Sovrano e Militare del Tempio di Gerusalemme è un'istituzione mondiale elettiva
e non ereditaria secondo i principi iniziali dei Poveri Cavalieri di Cristo e
del tempio di Salomone. Il carattere religioso dell'Ordine fu confermato dalla
Santa Romana Chiesa con l'approvazione della Regola (Regula Pauperum
Commilitonum Christi, Templique Salomonici), secondo i dettami di San Bernardo
di Chiaravalle. Come tale l'Ordine venne incluso nei "Tertii ordines
saeculares" (can. 702), qui "ad perfectiorem vitam christianam inter
socios promovendam" ordinantur. Il diritto della Chiesa di acquisire, dopo
la soppressione dell'Ordine dei Templari i suoi beni temporali (can. 1495-1496)
e di disporne, per poi asegnarli all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme - ad
providam Christi Vicarii - non può far sorgere dubbi sulla collocazione del
primo (can. 691) tra le personae morales collegiales e precisamente tra le
Associationes (Tertii Ordines saeculares, Confraternitates, Piae Uniones),
istituite con formale decreto. L'Ordine dei Templari venne riconosciuto dal
diritto positivo dell'epoca, come anche la Chiesa ebbe a riconoscere la sua
capacità giuridica a guisa della capacità dei privati fedeli. Il Codex gli ha
riconosciuto il diritto al nome o ad un titolo proprio (can.688 e 710 e 492);
il diritto al sigillo ed al bollo (can.703); il diritto alla precedenza
onorifica (can.106) ed alla propria sede giuridica (can.1560 n°2 e 3). Va rilevato
che diversamente dal diritto civile, che non prevede la perpetuità delle
associazioni, il diritto canonico (can.102-§1) ha sempre ammesso un tale
principio per le persone morali e collegiali, e quindi per l'Ordine dei
templari: "Persona moralis, natura sua, perpetua est". Come è noto,
infatti, nel diritto canonico la soppressione di una persona morale può
avvenire solamente o in via amministrativa (per decretum) o per via giudiziaria
(per sententiam). In virtù del canone 102-§1 la persona morale si estingue se
viene soppressa dalla legittima autorità, o se per un periodo di cento anni è
venuta a mancare. Tuttavia ciò che di fatto viene a mancare, non può dirsi
estinto giuridicamente, e pertanto l'estinzione giuridica delle persone morali,
come la loro costituzione, non nasce da un fatto meramente fisico, ma soltanto
da un fatto giuridico, che certamente non è ravvisabile nel provvedimento
Clementino. Nel rispetto quindi della perpetuità delle persone morali, come la
loro costituzione non nasce da un fatto meramente fisico, ma soltanto da un
fatto giuridico, che certamente non è ravvisabile nel provvedimento Clementino.
Nel rispetto quindi della perpetuità delle persone morali il Papa Clemente V
non ha potuto che emanare un decreto amministrativo di soppressione dellOrdine,
e non già una sentenza (judicalitier) in mancanza dei presupposti di diritto
sostanziale e processuale canonico; non a caso infatti, in detto decreto si
legge "…non possum ferre de jure…", e lo stesso Pontefice aggiunge: "…Ora,
è vero che dai processi contro questo ordine, esso non può canonicamente essere
dichiarato eretico con sentenza definitiva"; a maggiore ragione, riteniamo
con un "decreto assoluto" formula questa scelta dal Pontefice, poteva
essere disposta la soppressione dell'Ordine, perché in contrasto con il
predetto principio della sua perpetuità. Non è configurabile, inoltre, nel
provvedimento Clementino un decreto amministrativo o a sentenza di soppressione
dell'Ordine, pur ammettendosi l'esistenza di una causa grave (can.699) o di una
vera, grande ed evidente utilità per la Chiesa (can.1423-§1), nella misura in
cui la soppressione è un istituto che comporta la definitività dei suoi
effetti, mentre nel provvedimento in questione si legge "…non per modum
definitivae sententiae…". Avverso, poi, i decreti o le sentenze di
soppressione delle persone morali collegiali appartenenti alla Chiesa, il
diritto canonico prevede il ricorso al legittimo superiore; nella specie, però
tale ricorso era improponibile dato che il legittimo superiore nell'occasione
era rappresentato dalla stessa massima autorità ecclesiastica che emise il
provvedimento, e cioè dalla assemblea conciliare presieduta dal Pontefice. Ne
consegue che l'interpretazione logica e dottrinale della Bolla Clementina non
può che portare all'esclusione di una sua qualificazione quale sentenza o
decreto definitivi ed esecutivi, essendo stato precluso il ricorso in appello
avverso gli stessi; ne consegue l'agile constatazione che il provvedimento in
questione è stato emesso nel pieno disprezzo della legalità, insita nei canoni
del diritto canonico. Ne consegue, altresì, che un tale provvedimento è da
ritenersi inesistente, essendo evidente che con esso non si ha alcun atto
giuridicamente rilevante o meglio rilevabile, che possa giustificare il
criterio decisionale contenuto nell'inciso "non per modum definitivae
sententiae". Anche il successivo inciso della Bolla "…sed per viam
provvisionis seu ordinationis apostolicae…", va interpretato nel senso
sopra detto, rilevandosi la sua non poca abnormaità nella sua concatenazione
logica-giuridica; se si vuole, poi, interpretare l'intero contenuto della Bolla
quale decisione individuale "motu proprio" (provvedimento apostolico)
del Pontefice, va rilevato ugualmente che essa non poteva scaturire da un
processo inquisitorio, irritualmente incardinato, nel quale l'accusa del potere
temporale si era affiancata a quella del potere spirituale. Seri dubbi, però,
possono nutrirsi sulla possibilità di considerare il provvedimento Clementino
come emesso "motu proprio", considerato che esso è seguito
all'approvazione dei partecipanti al Concilio "… sacro approbante
concilio…". Appare in definitiva alquanto arduo individuare in modo
preciso quelle che furono le reali intenzioni e volontà dei giudicanti:
"legittima pronuntiatio qua judex causam a litigantibus propositam et
judicali modo pertractatam definit" (can.1868 -§1).
Va inoltre osservato che nel diritto
processuale della Chiesa è stabilito il principio che le sentenze rese nelle
cause riguardanti lo stato delle persone non sono suscettive di passaggio in
giudicato (can.1903). Ne consegue che la cosa giudicata non si forma per le
sentenze relative all'ordinazione ed alla professione religiosa ed in genere
per tutte le sentenze limitatrici della libertà personale (es.: interdizione).
Per tali cause privilegiate è consentito il riesame giudiziale d'ufficio solo
sulla base di nuovi e gravi argomenti o documenti (can.1903). All'Ordine dei
Templari va pertanto riconosciuto (can.1687 -§1 e 1868) il privilegio della
riabilitazione: privilegium restitutionis in integrum", istituto questo di
estrema importanza sulla quale è necessario che si ponga la dovuta attenzione.
Un tale privilegio è dovuto in considerazione della profonda evoluzione che la
sovranità della Chiesa ha raggiunto nel tempo. All'epoca, infatti le alte
autorità ecclesiastiche si riunivano nei concili ecumenici; però soltanto
l'Imperatore aveva il diritto di convocare il Concilio e di presiederlo, nonché
di fissarne preventivamente le materie di discussione; non solo: ma i decreti
del Concilio non potevano avere valore se non in seguito alla sanzione
imperiale. Le lesioni di diritto scaturite dal provvedimento Clementino, pur
ammettendo la loro provenienza da atti validi ma rescindibili non valendo all'uopo
le ordinarie azioni, possono essere eliminate, o riparate ex aequitate, ad
istanza degli stessi Templari ed oggi d'ufficio, essendo scaduti i termini di
prescrizione o decadenza. La restitutio in integrum applicata alle sentenze
costituisce un rimedio straordinario di cui non è consentito fare uso se non
quando sia impossibile ricorrere ad altri mezzi di impugnativa. La condizione
generale perché possa essere richiesta la restitutio in integrum è che si abbia
una sentenza ingiusta, e come tale lesiva dei diritti di tutti i Templari; tale
ingiustizia consta in modo evidente, in aderenza ai motivi di evidenza previsti
dal Codex: a) Fondatezza su documenti, testimonianze ed interrogatori privati,
di cui sia stata, dopo l'emanazione della sentenza stessa e non importa ad
opera di chi, scoperta la falsità; trattasi nella specie di falsità
intellettuale relativa alle prove allegate, nulla importando se provocata dal
Re, dai suoi legisti o dallo stesso Pontefice, purchè l'assemblea Conciliare ne
fosse ignara. Questa ultima addirittura si oppose a una condanna dell'Ordine
senza che gli venisse accordato il diritto a un regolare processo,
precipuamente il diritto a una difesa (solo cinque prelati - francesi
ovviamente - concordarono di dichiararsi contrari ad ogni forma di difesa). Di
certo, dopo l'emissione della Bolla, i membri del Concilio sapevano che la
decisione Pontificia era stata il frutto delle trattative tra il papa ed il re.
Sotto il profilo di ogni più elementare e fondamentale principio giuridico non
va dubbio che la sentenza in esame è inficiata di un errore commesso dai
giudicanti, e ciò perché gli elementi istruttori raccolti e poi riconosciuti
falsi, e quindi inefficaci, costituiscono l'unica, esclusiva base probatoria
della sentenza (can.1905 §2 n.1). b) Altro errore di fatto in cui caddero i
giudicanti, provocando così il diritto alla restitutio in integrum, si ebbe
quando dopo la sentenza si scoprirono documenti da cui scaturì la prova di
fatti nuovi determinanti una decisione diversa da quella contenuta nella
sentenza (can.1905 §2 n.2). La copiosa postuma documentazione reperita e la
relativa interpretazione scientifica testimoniano in modo incontestabile gli
strumenti inumani, cui ricorsero il potere temporale prima e quello spirituale
poi, per inscenare un processo, della cui farsa probabilmente non era a
conoscenza l'assemblea Conciliare, ad eccezione certamente del Pontefice. Ne
consegue che il rapporto di casualità immediata e necessaria tra le prove
utilizzate e la loro quasi totale falsità non deve essere estraneo al concetto
di straordinarietà del rimedio della restitutio in integrum; esso deve operare
a posteriori e dall'esterno nel senso che il fatto nuovo, una volta provato,
esige una decisione diversa da quella resa dal Papa Clemente V. c) Terzo motivo
di restitutio in integrum si ha quando la sentenza sia il prodotto del dolo di
una parte in danno dell'altra. Questo, perché operi utilmente nel caso in
questione, non occorre che sia particolarmente qualificato né è necessario che
si abbia, tra esso e la sentenza, quello stretto rapporto di casualità che si è
visto condizionare la funzionalità dei precedenti due motivi di restitutio in
integrum. Poco importa che tale dolo incidens sia stato rivolto ai Templari o
direttamente alla Curia da parte del Re. d) Infine la restitutio in integrum si
può ottenere quando la sentenza è il prodotto di una inosservanza della legge.
E' questo l'unico motivo di diritto considerato dal codex. Il testo del canone
più che di violazione parla di inosservanza; ma non vi è dubbio che questa
debba intendersi sia quale falsa applicazione che quale violazione. Numerosi
sono i motivi di tale inosservanza, e giova ancora una volta enumerarli: d1)
Nel processo inquisitorio di cui trattasi il promotore di giustizia (Pubblico
Ministero nel processo penale) assume la funzione di difensore della
professione religiosa (can.665 §2 e 1589 §2), ed a lui è riservata l'inchiesta
sulle accuse fattegli dal terzo; nel processo ai Templari invece fu il grande
inquisitore di Francia Guglielmo Imbert, al servizio del Re Filippo il Bello,
che ottenne le confessioni di coloro qui semper negaverunt et negant e portò
avanti l'istruttoria, spesso con l'introdotto nuovo metodo legista della
tortura, pur di raggiungere il fine prefissato, e cioè quello di influenzare le
deposizioni dei Templari dinnanzi ai giudici ecclesiastici. Una tale
istruttoria svolta dall'inquisitore sia pure con legittimo potere nei confronti
dei singoli Templari eretici, pur se religiosi appartenenti ad un Ordine esente,
non poteva però costituire i cardini su cui poggiare contemporaneamente e
successivamente il processo inquisitorio riservato alla piena autonomia
dell'autorità ecclesiastica, e per di più non poteva valere in alcun modo per
l'intero Ordine, perché il Gran Maestro e le massime autorità del Tempio erano
dignitari di una istituzione sovrana, e come tali non potevano essere detenuti
dal re e dall'inquisitore, e per di più essere giustiziati. d2) Le prove
raccolte dalle commissioni ecclesiastiche con processo istruttorio del tutto
ispirato ai criteri assolutamente illegittimi applicati dall'inquisitore, sono
consistite in confessioni stragiudiziali, fatte senza la esatta cognizione di
quelle che potevano essere le loro ripercussioni sul terreno giudiziario. In
ogni caso, pur essendo la valutazione di tali elementi probatori rimessa al
giudizio discrezionale dei giudicanti (e siamo certi che non poté che essere
negativo, tranne naturalmente quello del Pontefice e di qualche suo seguace),
essa doveva essere espressa nei confronti del singolo accusato e giammai nei
confronti di tutti gli adepti, francesi e non, non destinatari delle infami
accuse. Tali confessioni, inoltre, necessitavano di una puntuale conferma in
sede conciliare per poter essere assunte quali uniche prove legali, visto che
le testimonianze raccolte dal Nogaret erano troppo inverosimili per poter
motivare la detenzione di più di mille cavalieri arrestati per eresia in virtù
del suo potere inquisitorio. Di contro lo stesso Pontefice Clemente V ha convalidato
le accuse fatte ai Templari basandosi: sulle informazioni ed istruzioni che
Filippo IV (già scomunicato per gli avvenimenti dolorosi di Anagni contro Papa
Bonifacio VIII e poi benevolmente liberato da Papa Benedetto XI) gli fece
pervenire per mezzo di ambasciatori o di lettere; sulle voci infamanti contro i
Templari ed il loro Ordine sempre più consistenti; sulle dichiarazioni a lui
fatte da un semplice soldato dello stesso ordine appartenente all'alta nobiltà
e come tale molto stimato, e sulle confessioni di molti priori, sacerdoti e
soldati confermate in Concistoro alla presenza di un Notaio. Nella bolla Vox in
excelso del 22 marzo 1312 si appalesa, tuttavia, lo stato d'animo
dell'incostante e pauroso Clemente, il quale, tra l'altro afferma di non
possedere gli elementi necessari per un'esplicita condanna dell'Ordine dei
Templari caduto in odio al re. Ciò affermando ammette implicitamente che non
esistevano la causa grave e la vera, grande ed evidente utilità per la Chiesa
che potessero giustificare un provvedimento di soppressione in base ai canoni
del diritto canonico. In definitiva l'esperito procedimento istruttorio di
assunzione di prove venne stigmatizzato o, se non altro, ritenuto inopportuno
negli immediatamente successivi decreti di rforma, nei quali in merito ai
"Frati minori" si legge: "Le persone che tendono in modo
particolare alla perfezione devono evitare non solo ciò che è ritenuto male, ma
anche l'apparenza del male… Non devono, quindi, quelli che hanno professato
questo voto e questa regola immischiarsi nei tribunali e nelle cause, perché
possano avere testimonianza da quelli che sono fuori, soddisfino alla purezza
del voto e si possa evitare con ciò lo scandalo del prossimo". d3) Il
diritto alla difesa negato agli accusati (sette templari che si presentarono
nella cattedrale di Vienna per patrocinare l'Ordine vennero arrestati) ha
comportato anche che gli stessi non hanno potuto pregiudizialmente sollevare
l'exceptio suspicionis (can.1614 -§3). Clemente V, infatti, nella sua commissione
nominò dei nemici dichiarati dell'Ordine, di concerto con gli strateghi del re:
Pierre Dubois e Guglielmo di Nogaret, quest'ultimo scomunicato da ben tre
Pontefici. d4) Illegale fu la condanna a morte dei cinquantaquattro Templari
emessa dall'Arcivescovo di Sens. Con questo massacro venne influenzato il
tribunale Pontificio, perché i testi ebbero modo di constatare che le loro
deposizioni non rimanevano segrete. d5) Contrario infine ad ogni principio
morale, giuridico e religioso è stato il comportamento del Pontefice
nell'incorrere nel grave reato di corruzione, per aver percepito dal Re quale
"donazione" per l'effettuata operazione la somma di centomila lire
tornesi; lo stesso dicasi per la somma che il papa riscosse dai gerosolimitani.
L'inspiegabile rifiuto da parte della
Santa Sede di procedere alla legittima riabilitazione dell'Ordine dei Templari,
pur consentendosi, con tanto di benedizione, che lo stesso continui a
professare la sua religiosa attività istituzionale (riconoscimenti non ufficiali
ed addirittura sacralizzazioni autorizzate di sacerdoti), viene, a quanto pare,
sommessamente giustificato con l'opportunità di non sconfessare la cosiddetta
infallibilità del Vicario di Cristo. Pur aderendo ad una siffatta impostazione,
va però osservato che la Bolla "ad providam" del 12 maggio 1312 non
può essere interpretata quale pronunziamento dogmatico, come tale perpetuamente
incensurabile. Il dogma non è che un vero religioso assunto a forma di verità
assoluta, tramite un processo logico che si svolge in tre successivi momenti:
il primo della spontaneità della coscienza del popolo credente in una verità
religiosa; il secondo della riflessione dei dottori elevante questa verità ai
gradi di scienza; il terzo della conferma di questa stessa verità per opera
delle superiori intelligenze raccolte nel sacro Concilio. Questo ultimo
momento, quindi, non potrà imprimere a tale accertata verità la legittima
sanzione e proclamarla come dogma se non scaturita dal predetto logico
processo, che solo vale a provare l'universalità e l'identità perpetua della
verità assunta a dogma, e quindi attribuirle il carattere dell'assoluto. E'
oggi incontestato che il citato processo logico non si è verificato in
occasione dell'emissione della Bolla Clementina, la quale pertanto, se intesa
quale dogma, non poteva essere pronunziata ed avere, quindi, alcuna efficacia
giuridica per il diritto canonico. Ciò perché: a) il popolo credente non è
stato testimone delle nefande ed infondate accuse lanciate dal Re nei confronti
dei Tempalri francesi, scaturite dalle confidenze, poi ritrattate, di certo
Noffo Dei e da quelle di Guglielmo di Nogaret, anima nera di Filippo il Bello,
accusatore anche del Papa Bonifacio VIII, le cui malefatte, anch'esse
inveritiere, vennero strumentalizzate a mò di ricatto per processare
successivamente i Templari; b) i dottori ordinari (in verità gli agenti ed i
magistrati del Re, incaricati di condurre l'inchiesta nelle rispettive
giurisdizioni, esclusa quella francese, non riuscirono nell'intento premeditato
di elevare a scienza la verità sulle terribili accuse rivolte ai Templari; c)
tale verità non venne confermata nell'ambito conciliare, i cui membri
partecipanti, almeno quello ecclesiastici, si videro costretti a prendere atto,
puramente e semplicemente, della decisione premeditata e programmata dal
Pontefice Clemente V, dopo essersi rifiutati di riconoscere negli elementi
probatori forniti, sia pure numerosi, la fondatezza giuridica delle accuse. Del
resto il Cibrario, insigne magistrato, ponendo l'accento, sotto il profilo
processuale, sull'assoluta incompetenza a procedere e giudicare del Re di
Francia, del suo Guardasigilli Nogaret, dei suoi cancellieri agenti e balivi,
ha evidenziato nel merito la mancanza di prove univoche e serie contro l'Ordine
e contro i singoli Templari. La Bolla in esame pertanto, se considerata quale
semplice provvedimento amministrativo e se condivisa la cennata tesi della sua
non dogmaticità, si rivela del tutto abnorme perché in contrasto con la
precedente Bolla (questa sì dogmatica!) dell'8 giugno 1265 di Papa Clemente IV,
con la quale venne proibito a tutti gli ecclesiastici "di pronunciar ogni
e qualsiasi sentenza di scomunica e di interdizione contro iTemplari".
Quantunque il Codex juris canonici (can. 699-2) preveda che le
"associationes ab ipsa Apostolica Sede erectae nonnisi ab eadem supprimi
possunt", lo stesso insegna anche che la estinzione giuridica delle
persone morali non può nascere da un fatto fisico ma solamente da un fatto
giuridico, presupposto questo, come detto, del tutto carente nel processo ai
Templari. Le regole di S. Bernardo sono ispirate a rigore, a disciplina, a
doveri che non lasciano spazio ad eresie, per cui la condanna dell'Ordine non
poteva certamente derivare dalla regola accettata dai cavalieri all'atto del
loro inserimento nell'Ordine. Quanto sopra si è argomentato sul presupposto
della appartenenza dell'Ordine dei Templari alle persone morali collegiali
della Chiesa; diversamente l'intera questione va valutata secondo l'aspetto del
diritto internazionale per riaffermare il sacrosanto diritto dell'Ordine ad
essere ricompreso sotto la protezione della Santa Sede, in virtù delle norme di
diritto ecclesiastico, dello stesso diritto canonico e soprattutto dello
spirito del Concilio Vaticano II°.
Si legge infatti, nel proemio della
Costituzione conciliare SACROSANTUM CONCILIUM sulla sacra liturgia del 4
dicembre 1963 "Il sacro Concilio si propone di far crescere ogni giorno
più la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro
tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; di favorire ciò che può
contribuire alla unione di tutti i credenti in Cristo; di rinvigorire ciò che
giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa". Nella Costituzione
dogmatica LUMEN GENTIUM sulla Chiesa del 21 novembre 1964, cap. II n°14 viene
affermato che tutti gli uomini sono chiamati alla cattolica unità del popolo di
Dio, che prefigura e promuove la pace universale, e che a tale unità
appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in
Cristo e sia infine gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama
alla salvezza. Nel successivo cap. IV n°33 si raccomanda: "Grava quindi su
tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza
raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la
terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinchè, secondo le loro forze e
le necessità dei tempi, anche essi partecipino all'opera salvifica della
Chiesa". I laici quindi, occupati in cure temprali, devono esercitare una
preziosa azione per l'evangelizzazione del mondo, ed a tale azione non vengono
certo meno i templari. Eloquente si appalesa l'inciso a proposito della riforma
della Chiesa (Decreto UNITATIS REDINTEGRATIO sull'ecumenismo del 21 novembre
1964 - cap. II n° 6): "Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste
essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza
dubbio la ragione del movimento presso l'unità. ..Se dunque alcune cose, sia
nei costumi che nella disciplina ecclesiastica ed anche nel modo di enunziare
la dottrina - che bisogna distinguere con cura dal deposito vero e proprio
della fede - sono state osservate meno accuratamente, a seguito delle
circostanze, siano opportunamente rimesse nel giusto e debito ordine. Questo
rinnovamento ha quindi un'importanza ecumenica singolare..". Nel
successivo cap. III, par. II, n°24 si esprime il desiderio del Concilio di
vedere procedere congiunte le iniziative dei figli della Chiesa con quelle dei
fratelli separati, senza che siano frapposti ostacoli alle vie della
Provvidenza o si rechi pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo. Ed
ancora nel Decreto PERFECTAE CARITATIS sul rinnovamento della vita religiosa
del 28 ottobre 1965, al punto 11 sulla vita religiosa laicale, viene affermato
che gli istituti secolari, pur non essendo istituti religiosi, tuttavia
comportano una vera e completa professione dei consigli evangelici nel mondo,
riconosciuta come tale dalla Chiesa. Tale professione conferisce una consacrazione
agli uomini e alle donne, ai laici e ai chierici che vivono nel mondo. I
predetti istituti debbono conservare la loro particolare fisionomia, cioè
quella secolare, per essere in grado di esercitare efficacemente e dovunque il
loro specifico apostolato nella vita secolare. Di certo non meno interessante è
il decreto APOSTOLICA ACTUASITATEM sull'apostolato dei laici del 18 novembre
1965, che al n° 6 del II cap. evidenzia l'esortazione del Concilio a tutti i
laici, perché secondo la misura dei loro talenti e della loro fondazione
dottrinale, e seguendo il pensiero della Chiesa, difendano ed applichino
rettamente i principi cristiani ai problemi attuali. E ciò siccome in questo
nostro tempo nascono nuove questioni e si diffondono gravissimi errori che
cercano di abbattere dalle fondamenta la religione, l'ordine morale e la stessa
società umana. Nel successivo punto n° 18 si legge: "I fedeli sono dunque
chiamati ad esercitare l'apostolato individuale nelle diverse condizioni della
loro vita; tuttavia ricordino che l'uomo, per natura sua, è sociale e che
piacque a Dio di riunire i credenti in Cristo per farne il popolo di Dio e un
unico corpo. Quindi l'apostolato associato corrisponde felicemente alle
esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno
della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse "Dove sono
due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro". Perciò i fedeli
esercitino il loro apostolato accordandosi su uno stesso fine (cfr. Pio XII,
Alloc. Al I° congresso mondiale dell'Apostolato dei Laici, 15 ottobre 1951).
Siano apostoli …in quelle libere istituzioni nelle quali si vorranno
riunire". Del tutto significativo è il successivo punto n°
La mancata riabilitazione ufficiale
dell'Ordine dei Templari costituisce, senza dubbio, un limite di tale diritto,
un innegabile condizionamento, a livello di inconscio, allo sviluppo della sua
professata attività religiosa, o meglio, al ritorno ai suoi antichi splendori
che la storia ci ha tramandato. E' pur vero che il decreto del Santo Ufficio
del 17 agosto 1893, approvato dal Papa Leone XIII, e con il quale venne
interdetto ai cattolici di far parte dell' Ordo independes bonorum Templariorum
perché di origine massonica, venne abolito dal successivo decreto del Papa
Paolo VI nel Congresso tenutosi il 15 luglio 1965: "Attese le attuali
circostanze dell'Associazione, il Sant'Uffizio non insiste sulla proibizione
precedente data ai cattolici di far parte dell'Ordine"; è pur vero,
ripetesi, quanto sopra, ma ciò non è sufficiente per fugare ogni incertezza su
quella che deve essere la precisa fisionomia e l'ufficiale natura
giuridico-religiosa dell'Ordine dei Templari. Pur tuttavia, per quanto possa
occorrere, è opportuno evidenziare che la scienza canonica nel determinare i
requisiti naturali ed oggettivi (elemento materiale ed elemento formale) per la
costituzione di una persona morale con decreto di concessione della competente
superiore autorità, fa prevalere la tesi che per la predetta costituzione è
sufficiente che nel relativo decreto formale sia concessa la personalità giuridica
implicitamente o in modo equivalente -implicite seu aequivalenter-. Tale
criterio è appunto applicabile nel predetto decreto di Papa Paolo VI, del 15
luglio
Riabilitazione secondo il diritto
internazionale
Le norme che sono poste non dalla
volontà di uno Stato, ma dalla volontà comune a più Stati manifestata mediante
accordi internazionali, costituiscono il diritto internazionale o diritto della
comunità internazionale. Il fenomeno religioso non è soltanto di natura morale:
la religione, specie quando comprende la totalità o quasi della popolazione di
un determinato Stato, dà vita ad organi, ad istituti, ad un complesso di mezzi
reali diretti a raggiungere taluni scopi pratici nei quali si concretano le
esigenze del culto e della fede religiosa. La religione si rivela, così, un
fenomeno eminentemente collettivo, che esce dalla sfera degli interessi privati
per incidere in quella degli interessi pubblici ed in quella stessa dello
Stato. A motivo di ciò, lo Stato indirizza una parte delle proprie norme alla
disciplina della condizione giuridica delle diverse religioni. Nel regolare
questa particolare classe di rapporti, gli Stati del mondo europeo si ispirano
a principi similari, in quanto si trovano di fronte alla religione cristiana.
Nell'ambito della fede cristiana, poi, la Chiesa cattolica rappresenta non solo
una grande istituzione, ma un ordinamento giuridico originario, il cosiddetto
diritto canonico. Occorre, quindi, differenziare nettamente il diritto proprio
della Chiesa cattolica (diritto canonico) dal diritto statuale in materia
ecclesiastica (diritto ecclesiastico), costituito dal complesso delle norme
emanate dallo Stato e l'ordinamento della Chiesa. Attraverso le forme
individuali di popoli, nazioni e stati indipendenti, si reintegra il concetto
dell'umanità, come la più alta forma della collettività umana. La più alta
realizzazione dell'uomo è nell'umanità. La stessa umanità non può disconoscere
la individualità degli Ordini, come espressione di individualità nazionali e
storiche dei popoli.
Il diritto internazionale è diritto,
la forma di idee giuridiche, di esigenze giuridiche, e non pura espressione di
idee morali e politiche, o di esigenze morali o politiche. L'apparizione del
Cristianesimo, mitigando l'odio verso il nemico ed opponendo come dovere
religioso diligite inimicos, apportò al diritto internazionale un più umano
carattere. Sviluppandosi nel seno della Chiesa il diritto canonico, che doveva
fondere l'elemento religioso, morale e giuridico, vennero a cessare gli empi
usi di guerra, e la cattività fu condannata. Nella lotta tra il Papa e
l'imperatore per la supremazia universale, si attuò il tentativo di comporre la
universale famiglia dei popoli. La Chiesa esercitò una benevola influenza nel
Medio Evo, apparendo come l'elemento unificatore in mezzo al disgregamento
feudale di quell'epoca. Ma il contatto delle due diverse potestà, per loro
natura diverse (temporale ed ecclesiastica), non tardò a generare il contrasto
fra le stesse, e l'unione non logica tra l'impero e la Chiesa partorì il conflitto
tra loro. La teocrazia individuata nella sovranità politica del papato si
rivelò alla coscienza dei popoli civili nella palese contraddizione con l'Idea
cristiana e con lo spirito della Chiesa fondata da Cristo. Non potè tale
situazione non far nascere dolorosi effetti per la Chiesa. Fu allora che
Diritto e Religione si appuntarono nell'uomo, ed infiniti furono i loro punti
d'incontro. Già nella pretesa della Chiesa di essere garantita dal diritto, si
rivelò evidente il punto di incontro tra queste due sfere della vita. La
formula libera Chiesa in libero Stato va pertanto determinata nel suo
contenuto, perché non vi è separazione assoluta tra Chiesa e Stato: azione
della Chiesa ed azione dello Stato concorrono al completamento etico dell'uomo
come universale (umanità). Lo Stato ha contratto con la Chiesa un rapporto di
unione, ponendo tra i suoi fini la cura degli interessi religiosi del suo
popolo, ed a tale cura non provvede unicamente da sé, cioè in modo unilaterale,
ma è addivenuto a preventivi accordi con la Chiesa, instaurando una
coordinazione di attività con la medesima.
Superato quindi l'aspetto teocratico
del sistema di unione fra Chiesa e Stato, la loro unione paritaria venne
consacrata in un esplicito accordo, detto concordato, che riflette le materie
così dette mixtae, cioè le materie di comune dominio: l'esercizio del culto, la
provvista dei benefici ecclesiastici, le prerogative e le esenzioni dei
ministri di culto, il riconoscimento della personalità giuridica agli enti
ecclesiastici e, ciò che ci riguarda da vicino, il riconoscimento degli atti e
delle sentenze delle autorità ecclesiastiche. Secondo la prevalente dottrina
che rileva la posizione paritaria assunta dallo Stato e dalla Santa Sede nella
stipulazione del concordato, quest'ultimo viene equiparato ad un trattato
internazionale, in forza del quale, secondo il carattere precipuo del laicismo,
è concesso ai cittadini, fedeli di una determinata religione, di potersi
associare secondo le comuni o particolari norme di diritto privato,
consentendosi, quindi, alle associazioni così formate di perseguire scopi di
culto. Le associazioni religiose, come qualsiasi altra associazione privata,
possono ottenere la personalità giuridica, e, in conseguenza, risultano
legittimate a possedere e gestire una chiesa, possedere un patrimonio o delle
rendite devoluti alle spese di culto. Tale personalità giuridica, stante la sua
sovranità non territoriale, ottenne l'Ordine Militare dei Templari, che non
sorse per fini di una sola generazione di uomini, perché i fattori che ne
determinarono la formazione e ne impongono oggi la conservazione sono stati la
religione, la difesa del Tempio, la cristianità, la cultura, la dignità, la
carità, la solidarietà, la fratellanza e principalmente la tradizione storica.
Tali fattori si fanno sentire per dei secoli, e nessuno può essere in grado di
determinare la durata massima della loro azione. Solo in tal senso va
interpretata la Bolla Clementina; non già quale provvedimento di soppressione o
estinzione dell'Ordine, bensì quale provvedimento temporaneo o provvisorio di
sospensione o interdizione a divinis. Certamente esistono prove sufficienti per
credere che i Cavalieri di Cristo del Tempio Giudeo non hanno considerato la
Bolla Clementina come una minaccia alla loro sovranità, ma come un atto di
ostilità politica che non solo li portò al rogo, ma anche alla perdita dei loro
beni materiali. Alcuni Cavalieri poterono continuare a vivere nell'Ordine
considerando la Bolla Clementina tamquam non esset, e ciò è stato possibile in
base alla presunzione assoluta della propria sovranità davanti alla Santa sede
e davanti al Re. L'esistenza di tale sovranità, infatti, è strettamente
connessa al principio dell'efficienza, ed esiste quando è ufficialmente e
concretamente riconosciuta dai soggetti di diritto internazionale. Tale
riconoscimento, nell'ambito europeo, si ebbe presso la Santa Sede nel corso del
15° e 19° secolo, presso il Re di Francia, l'Impero Napoleonico e la Repubblica
Francese dal secolo 15° al 20°, presso la Regina d'Inghilterra nel 19° secolo e
presso l'Impero Germanico intorno al 20° secolo. In particolare per quanto
riguarda la santa Sede, Robert de Lenoncourt, legato pontificio in Francia del
Papa Sisto IV, riconobbe la sovranità dell'Ordine e la nullità della Bolla
Clementina, accettando di essere eletto Gran Maestro nrl 1478. Detto
riconoscimento di sovranità non venne mai negato dalla Santa Sede fino al 19°
secolo; in data 13 marzo 1845, infatti, il Principe Alfonso di Chimay e di
Caramann venne nominato dall'Ordine Supremo e Militare del Tempio Giudeo quale
legato Pontificio Magistrale presso la Santa Sede. Si ritiene superfluo, come
ripromessoci all'inizio di questo studio, soffermarsi oltre (in questa sede)
sul riconoscimento che nel corso dei secoli ebbero da parte della Santa Sede i
Gran Maestri dell'Ordine che si succedettero, nonché le onorificenze attribuite
dall'Ordine a grandi capi di Stato. Il riconoscimento quindi per facta
concludentia riservato all'Ordine dalla storia, può essere ricompreso nello spirito
delle norme concordatarie, in forza delle quali la generazione vivente deve
considerarsi come investita del mandato di gestire un patrimonio spirituale e
religioso che non è suo e trasmetterlo, possibilmente ingrandito, alla
generazione successiva. Si può dire che la necessità che i membri di un
aggregato sociale religioso non disperdano i propri valori spirituali fa
sorgere l'Ordine, e la necessità che lo stesso sia posto sotto la protezione
della Chiesa esige a sua volta che nella Chiesa non vi sia altro sovrano
all'infuori della legge di Dio. Solo la legge di Dio è sovrana e nessun ordine
può essere dato che non si fondi sopra di essa. Ciò che non è proibito dalla
legge di Dio non può essere impedito.
Le norme contenute nel diritto
internazionale pubblico e privato (ed in particolare nel diritto ecclesiastico)
vanno osservate, in linea generale, senza indagare se esse siano giuste od
ingiuste, giacchè la moralità delle leggi sta nell'essere esse volute dalla
maggioranza (volontà divina). La volontà del tutto irrazionale ed arbitraria
contenuta nella Bolla Clementina è, dunque, del tutto eccezionale, da non poter
essere adottata come argomento contro la bontà del principio di maggioranza.
Certamente ciò che è bene e conforme all'ordine è tale per la natura delle cose
ed indipendentemente dalle convenzioni umane, ed ogni giustizia viene da Dio,
che ne è la sorgente; della natura delle cose e della giustizia di Dio gli
uomini, come pensavano i padri della Chiesa e lo stesso S. Tommaso, non possono
avere che una pallida idea; un'idea che in certi casi è come quella luce che il
filosofo Iacobi, a suo dire, portava nel cuore, ma si spegneva quando egli
cercava di afferrarla per trasportarla all'intelletto. In parte quindi aveva
ragione l'Hobbes quando scriveva: "Regulae quibus definuntur bonum, malum,
licitum, illicitum habente potestatem summam prescribendae sunt". Dovrebbe
essere consentito, contro la possibile iniquità della giustizia umana, invocare
le leggi non scritte contro la legge scritta, in quanto la mostruosità di una
sentenza costituisce la eccezione e non la regola; e ciò, anche se si è certi
della infallibilità dei principi morali insegnati dalla religione. Pur
riconoscendo che nell'immenso campo in cui agisce, il sovrano può dire come
disse un giorno Luigi XVI a proposito di un suo provvedimento: "E' legale
perché lo voglio!", in quanto parole del popolo, si deve pure ammettere
che la sovranità non può essere illimitata. Va rilevato che la Giustizia, data
l'assolutezza e la neutralità dei suoi precetti rispetto all'esperienza
giuridica, può giovare agli uomini solo a condizione che scenda dal cielo alla
terra. Occorre, in altri termini, che il verbo della Giustizia divenga, per
così dire carne, giustizia umanizzata, perdendo la sua assolutezza e la sua
perfezione, giacchè solo il Verbo Divino potè incarnarsi senza perdere la sua
divinità. Diversamente avremmo attentati alla libertà, alla Giustizia ed alla
Morale, che in tutti i tempi sono stati perpetrati ed oggi ancora si vanno
perpetrando nei paesi a regime dispotico in nome del diritto libero depositato
nella coscienza del partito dominante o di un diabolico pastore di popoli. E'
stato il Cristianesimo che, esaltando l'elemento spirituale dell'uomo, ed
assegnando allo stesso un'origine ed una destinazione entrambe divine, pose le
basi eterne della elevazione della personalità umana, e tanto efficacemente agì
in tal senso, da provocare la scomparsa di istituti giuridici millenari, come
quello della schiavitù. Ma l'uomo non deve limitarsi a ricordare di essere
dotato di una insopprimibile dignità umana; egli deve ricordare anche che la
sua volontà, quando è conforme alla legge, deve divenire azione. Sotto il
profilo del diritto internazionale e del diritto ecclesiastico quindi, L'Ordine
dei Templari va ancora oggi accreditato quale soggetto internazionale di natura
spirituale, ente giuridico primario, autonomo, sovrano, dotato di propria
personalità giuridica e va riconosciuto come libero membro della comunità
internazionale presso la Santa Sede e gli altri Stati. Ciò perché: per la sua
originaria personalità giuridica, provvista di un'autonoma giurisdizione, non
poteva essere sottoposto alla giurisdizione, o potestà giudiziale,
ecclesiastica per qualsiasi decisione sulla sua sopravvivenza o sui limiti da
imporre alla sua personalità giuridica; le relazioni con la Santa Sede erano di
natura particolare e relazioni speciali esistevano tra il codice delle leggi
dell'Ordine ed il diritto canonico; relazioni dovute al fatto che i cavalieri
avevano pronunziato i voti di sottomissione alla regola e che tra loro vi erano
cappellani ordinati sacerdoti. La Bolla "Magnus Ordo in Ecclesia" del
Papa Alessandro III, in data 18 giugno
La famiglia è una prima società
voluta dalla natura per garantire l'esistenza e rendere la vita degna
dell'uomo. La società civile, a sua volta, interviene per assicurare l'ordine
esterno, per supplire alla privata iniziativa là dove risultasse inefficiente.
A fianco di queste due società naturali prende posto, come società religiosa,
perfetta, universale e soprannaturale, la Chiesa di Gesù Cristo, che si fonda
sul diritto positivo divino. I due predetti ordini (civile e religioso o
ecclesiastico) sono destinati a svolgersi separatamente, ed ognuno entro il
limiti della propria sfera, ma non debbono opporsi fra di loro, né isolarsi
l'uno dall'altro, ma debbono coesistere armonicamente. Ciò comporta che le
forme dell'esistenza della Chiesa debbono armonizzare con lo sviluppo della
civiltà della nazione. Un tale sviluppo, progredendo nel tempo, è giunto alla
determinazione dello Stato di diritto, nel quale il processo inquisitorio
avvenuto in Francia nei confronti dei Templari non è assolutamente
ipotizzabile. Non può pertanto la Chiesa, e quindi la forma esterna della sua
esistenza, collocarsi e vivere in contraddizione facendo emergere l'opposizione
tra lo scopo etico e finale della società e la religione, tra questa e la
civiltà. In una sifatta contraddizione è appunto caduta la Chiesa quando ha
voluto allontanare dal suo grembo i Templari. I due grandi padri
dell'incivilimento del nostro pensiero letterario, filosofico e politico, Dante
e Machiavelli, ci hanno insegnato che il più forte ostacolo alla salute della
civiltà, della religione e dello Stato fu il papato politico. La triste
esperienza patita dai Templari non è mai caduta dalla mente e dall'animo di
tutti i credenti, i quali hanno lavorato, attraverso i secoli, perché la terra
possa essere un giorno illuminata dal chiaro sole della civiltà e della
religione. La religione è un particolare desiderio dello spirito del Templare,
è un lato speciale della sua vita, è una delle sue aspirazioni distinte dalle
altre alle quali tende per la varietà delle sue capacità. Questa particolare
sfera nella quale la facoltà religiosa del suo spirito è portata a svilupparsi
costituisce la causa per l'origine di un proprio diritto all'esplicazione del
proprio sentimento e pensiero religioso, e del culto divino in cui ama di
completarsi. La religione erompente dall'individuale coscienza del Templare, ed
il culto cristiano in cui la manifesta, costituiscono un suo diritto,
necessario ed inviolabile quanto la facoltà dello spirito che lo produce, e
come tale un diritto religioso. Consapevoli di tale diritto operano i Cavalieri
templari di oggi, nello spirito di quanto già affermò Baldovino II, Re di
Gerusalemme, saggiamente interpretato da Maria Lo Mastro, Dama Templare,:
"Non case, non castelli, non feudi né volontà di rivincita, ma Cavalieri
di una fede aperta, una fede profonda, libera e perenne, una fede che non volge
gli occhi a Dio solo nel momento del bisogno, ma sempre. Una fede che ha per
altare il cielo e la nuda terra in rappresentanza della polvere, quella polvere
a cui tutti ritorneranno, ricchi e poveri, laici e religiosi, potenti e miseri,
bianche i neri, gialli e rossi, senza alcuna distinzione".
Riabilitazione secondo il diritto
positivo privato
La coscienza religiosa dell'uomo lo
porta ad associarsi con quella che è determinata dalla stessa idea e dal
medesimo sentimento di altri. Da questa comunanza di idee e sentimenti nasce
una comunità religiosa che assume la forma organica di un'associazione di
medesimi credenti, di una corporazione di uomini legati da una stessa fede. La
comunità dei Templari si basa sulla spontaneità della individuale coscienza
religiosa, per cui ne consegue che il loro diritto religioso è essenzialmente
un diritto individuale, appartenente alla categoria del diritto
privato-sociale, appunto perché si svolge, si compie e si perfeziona nel seno
della religiosa comunità o della Chiesa. Tale diritto, come detto in precedenza,
è significativamente ed espressamente riconosciuto dal Concilio Vaticano II°:
Dichiarazione Dignitatis del 7 dicembre 1965. E pertanto la purezza di tale
diritto religioso rimane offesa nel momento in cui non le viene riconosciuto il
dovuto rispetto e riconoscimento. Tenendo conto del tempo appare innegabile che
le misure di disciplina, ordinate dalla Chiesa cattolica nei confronti
dell'Ordine dei Templari nell'età delle barbarie, non convengono più ai mutati
tempi civili, e l'ostinarsi a mantenerle cre a una certa dissonanza tra canoni
ecclesiastici e la coscienza dei fedeli. Lo spirito religioso dei tempi
moderni, essendo progredito rispetto a quello del medio evo, non è più in
armonia con gli istituti disciplinari di quell'epoca. Tutte le prescrizioni che
la disciplina del medio evo dettò sono ripugnanti per lo spirito religioso
moderno (Concilio Vaticano II°), che chiede che siano abolite. Ripugnanti sotto
il profilo del diritto privato in quanto il diritto del cittadino di associarsi
(riconosciuto anche all'epoca) non può essere soppresso, con la soppressione
dell'associazione di appartenenza, se con atto amministrativo o legge della
autorità dello Stato (un tale provvedimento il Re Filippo IV il Bello si guardò
bene dal prendere, ma si affidò opportunamente alla giurisdizione
ecclesiastica, incompetente secondo il diritto internazionale). Questo è un
principio cardine del diritto privato, per cui qualunque forma di relazioni
giuridiche, che contengono elementi di feudalità dovesse essere conservata, essa
dovrà cessare perché non vale la condizione del tempo a conservarla. E ciò
perché il cammino della civiltà avanza, esplicando in misura sempre più ampia
gli umani diritti di uguaglianza e di libertà, distruggendo le vestigia che
ancora rimangono delle istituzioni medioevali, che sono in contrasto con tali
diritti.
Il voler rispettare ancora oggi la
pretesa giuridica della Bolla Clementina, la quale contiene, non ci stancheremo
mai di evidenziarlo, lesioni ed attentati ai diritti dell'umana personalità, non
può aver per sé oggi altro argomento che quello del diritto storico, fondato
unicamente sulla ragione del tempo. Diritto che non è solo spogliato nel suo
ordine razionale della intrinseca legittimità, ma anche del diritto positivo,
perché quando la coscienza civile dei popoli è pervenuta alla ripugnanza di sé
stessa con un fatto che prima forse riteneva giuridico, intuendolo come opposto
al bene ed al giusto, a tale fatto viene addirittura meno la base storica. Non
ci pare, pertanto, azzardato sostenere la necessità della emanazione di un
provvedimento ecclesiastico che retroagisca sugli effetti deleteri ed
illegittimi della Bolla Clementina, per proibire che perdurino nel tempo,
siccome cominciarono ad esistere. Non è possibile l'ammettere delle verità e dei
principi assoluti nelle umane conoscenze quando si persiste a negare la verità
e l'essere reale per essenza. O non si danno dei principi necessari ma solo
delle impressioni puramente soggettive, o bisogna riconoscere che gli stessi
presuppongono come necessità logica un essere assoluto ed immutabile.
L'autorità civile proviene da Dio; perciò non appena si neghi questa sua
origine trascendentale, da una parte, non si spiega più il diritto di
comandare; dall'altra diventa un non senso il dovere ubbidire. L'empirismo
toglie al potere civile la sua base etico-giuridica, e, ciò che è peggio,
propaga tra le masse i principi della miscredenza e dell'ateismo. "Lo
spirito del Cristianesimo", nota Rosmini, "appunto perché qualcosa di
più che umano, non transige, non si fa connivente a nessun errore, a nessuna
debolezza, a nessuna inclinazione cieca e perniciosa (nella specie la Bolla
Clementina); egli ha il coraggio, ha la potenza di contrapporsi alle opinioni
delle masse, di guadagnare le stesse masse coll'illuminarle, di raffrenarle, di
guidarle: questo coraggio è sovrumano; questa potenza è misteriosa".
Ancorati ad una tale concezione di rifiuto dell'empirismo, da ritenersi ormai
universale, va osservato che secondo il diritto positivo, e specificatamente il
diritto civile, un provvedimento di misura interdittiva comminata nei confronti
di chiunque deve, se non è perpetua come quella contenuta nella Bolla
Clementina: non per modum definitivae sententiae, essere assoggettato ad un
termine finale, decorso il quale deve legittimamente seguire un provvedimento
di assoluzione o di condanna definitiva. Scartata quest'ultima ipotesi per il
generale consenso anche della Chiesa, ogni ritardo nel pronunciamento della
definitiva riabilitazione dell'Ordine dei Templari si manifesta del tutto
ingiustificato ed ingiustificabile, soprattutto perché contrario ai canoni
fondamentali sui quali si fondano la religione cristiana e la società civile.
Va osservato inoltre, sempre nello
spirito di armonia in cui le regole civili e religiose debbono convivere, che
il diritto soggettivo privato di un cittadino alla libertà religiosa rientra
nella categoria di quei diritti insopprimibili garantiti dalla Costituzione
dello Stato, e come tali non possono essere limitati od affievoliti se non da
misure del tutto eccezionali di natura pubblicistica-penalistica di competenza
esclusiva dello Stato. Ancora una volta corre il dovere di evidenziare come
tale diritto fosse sottratto, all'epoca, all'autorità ecclesiastica, il cui
intervento ha prodotto senza dubbio effetti deleteri sotto il profilo
morale-giuridico nella sfera giuridica del privato cittadino.
Altro aspetto da esaminare sotto il
profilo del diritto privato odierno, e non certo di quello dell'epoca non
contrapposto a quello pubblico, lo si riscontra nel criterio adottato nel
provvedimento Clementino di estensione della misura interdittiva a tutti i
Cavalieri dell'Ordine, ed in particolare a quest'ultimo, quale struttura
autonoma ed indipendente dalle persone dei suoi associati. A parte le riflessioni
precedentemente fatte sull'incompetenza del potere spirituale a giudicare
l'intero Ordine dei Templari, va sgombrato il campo da ogni dubbio sulla natura
ad personam di ogni provvedimento punitivo emesso nei confronti di ciascun
individuo, nell'esplicazione dei suoi rapporti civili, etico-sociali, politici
e religiosi. Ne consegue che, pur ammettendosi la fondatezza delle accuse
rivolte ai singoli Cavalieri che furono processati, il relativo provvedimento
disciplinare andava emesso esclusivamente nei confronti degli stessi, e non già
presuntivamente nei confronti di tutti gli appartenenti allOrdine, non
assoggettati personalmente al processo inquisitorio. A maggior ragione la
misura interdittiva non poteva colpire l'Ordine, quale struttura, ripetesi,
indipendente dai suoi associati nei confronti dei quali aveva lui l'esclusivo
potere disciplinare. A meno che non si voglia, commettendosi, però, in tal modo
un'evidente forzatura, intravedere nelle norme del diritto canonico e positivo
dell'epoca l'ipotesi moderna del crimine organizzato in forma associativa. Si è
confortati nell'esposizione della cennata tesi difensiva dalla certezza che la
Santa Sede oggi non adotterebbe un provvedimento di soppressione o di
interdizione nei confronti dell'eccellentissimo Ordine dei Cavalieri di Malta,
qualora dovessero emergere gravi accuse di eresia nei confronti di alcuni dei
suoi adepti.
Conclusione
Da quanto sopra esposto non pare
arduo trarre la conclusione, non senza prima evidenziare alcune riflessioni
finali che dovrebbero costituire il presupposto di ogni legittima istanza
dell'Ordine dei Templari. L'educazione del sentimento del Diritto deve essere
tale che ogni cittadino senta di dovere considerare la violazione della legge
come una violazione della sua personalità, anche quando non sia stato
direttamente colpito nei suoi interessi e nei suoi diritti. Poiché un così
elevato sentimento del Diritto non si trova e difficilmente si può far sorgere
mediante l'educazione in tutti gli uomini, bisogna provvedere ad educare, per
purificarlo quanto più è possibile dal calcolo interessato e dall'egoismo, quel
meno elevato sentimento del Diritto di chi non sa vedere l'ingiustizia se non
attraverso l'offesa arrecata dagli altri ai suoi diritti. Tale necessità di
educazione è fondamentale anche nel rapporto uomo-Chiesa, perché il credente
deve essere educato in modo da essere edotto e convinto non solo
dell'inviolabilità dei valori spirituali e religiosi e della doverosa necessità
di non rinunziare alla difesa degli stessi, ma anche all'intima connessione che
esiste tra la sua fede e gli insegnamenti della Chiesa, dai quali quella
scaturisce, e della necessità che egli difenda la sua fede tradita non solo per
ottenere la rimozione del torto che gli è stato fatto, ma anche per evitare che
s'indebolisca e crolli l'intero edificio su cui la stessa fede poggia. Per
ovviare quindi ad una siffatta inauspicabile evenienza la Santa Sede non può
ulteriormente sottrarsi al suo doveroso intervento per dissolvere
definitivamente ogni incertezza nell'opinione pubblica circa la legittimità
spirituale dell'opera umanistico-cristiana svolta dall'Ordine dei Templari, e
per evitare il tremendo imbarazzo ed avvilimento a quel Cavaliere Templare,
riconquistato alla fede, che nella sua opera di proselitismo, si vede, a volte,
ingiustamente additato a mo' di mercante di fede dall'interlocutore ignorante
ed infido, facentesi forte del suo ricordo vago e non preciso di un
provvedimento ecclesiastico equiparato alla scomunica. Il credente ha un fine da
raggiungere che è il suo perfezionamento. Ma tale fine non si può conseguire in
modo degno senza la Chiesa. Donde il credente è tenuto a vivere nell'unione
della comunità cristiana. E siccome non si concepisce la Chiesa senza un
principio unitivo, ne consegue il diritto di questa di comandare tutto ciò che
è necessario perché l'unione diventi efficace, mentre il credente ha il dovere
di cooperare, ubbidendo ai comandi della Chiesa; il tutto nello spirito degli
insegnamenti del Concilio Vaticano II°.
Roma 7 luglio 1994
Dal Portogallo, il nostro carissimo
amico Francesco Pratticò (e-mail prattico@ultimate.pt ) ci invia
una preziosa testimonianza sulla presenza Templare in questo Paese; si tratta
di una ricerca particolarmente interessante ed ottimamente documentata dal ns.
amico grazie anche a delle immagini fotografiche veramente preziose!!
Siamo certi che, come per le altre
collaborazioni, anche in questo caso Francesco avrà dato un contributo per una
migliore conoscenza della materia.
Sino a pochi anni fa si parlava dei
Templari come se si stesse affrontando un discorso scabroso e pieno di tabù. La
maggior parte delle persone, in quasi tutto il vecchio continente, immaginava
di trovarsi di fronte ad una setta segreta medioevale e questo stato di cose
era aggravato dalla mancanza quasi assoluta di una documentazione valida che
aiutasse a capire chi erano i componenti di quell’ordine religioso-militare
scomparso sotto i colpi di Filippo il Bello e la compiacenza di Papa Clemente Vº.
Anni fa, quasi come una moda, si
riprese a parlare della “Milizia dei Poveri Cavalieri di Cristo del Tempio” e
su di loro sono stati scritti numerosi libri che volevano avere il privilegio
di essere, ognuno di loro, la chiave che svelava il recondito arcano.
Ma esisteva veramente questo arcano?
Oppure sono esistiti ed esistono ancora oggi interessi tali da relegare i
Templari al loro oscuro destino dettato da una turpe sentenza?
Forse in gran parte d’Europa la
vicenda si riassume così, ma esiste un piccolo paese del nostro continente dove
il ricordo e il debito verso questi Cavalieri è sentito, dopo ottocento anni,
come una realtà, il Portogallo.
Il simbolismo della croce templare,
anche nella sua variante voluta dal re Diniz e ripetuta dai suoi successori ,
almeno sino al 1834, anno in cui la vittoria liberale nella guerra civile porta
all’estinzione di tutti gli ordini religiosi, vive nel quotidiano.
Questo è solo un piccolo aspetto di
quella grande sfaccettatura che è la tematica dei Templari.
Tutto inizia nel Medio Oriente,
nell’anno 1118, quando il desiderio di liberazione della Terra Santa, e non
solo, generare il concetto delle Crociate. In Gerusalemme nove cavalieri, con
l’autorizzazione di re Baldovino IIº, fondano un piccolo ordine religioso
militare:” La Milizia dei Poveri Cavalieri di Cristo del Tempio”, sotto la
guida di Ugo di Payns. Tra questi sembra che vi fosse un portoghese certo
Arnaldo da Rocha, forse originario della zona di Gondomar, alle spalle di
Oporto.
L’origine geografica di questo primo
cavaliere può essere stata un caso, ma segnaliamo che in quella zona da alcuni
decenni si sta verificando un fermento politico particolare che è l’innesco del
futuro regno del Portogallo. Lì sorge una delle prime cattedrali metropolitane
della penisola iberica, Braga, che contrasta il passo al grande santuario di
Santiago de Compostella (Spagna); una regione, quella di Oporto, dove secondo
una leggenda il S.Graal si ferma per un breve periodo e genera, secondo alcuni
storici, l’origine del toponimo di questa nazione:”Contea Portucralensis”,
vassallo del regno di Leone; un’area che confina con i territori cristiani
della Spagna e il Portogallo mussulmano.
La contea è in regime di vassallaggio
con l’imperatore di Leone Alfonso VIº che per tentare di ristabilire l’ordine
invia ad amministrare il territorio la figlia illegittima D.Teresa e lo sposo
di questa, il Conte Enrico di Borgogna. Dalla loro unione nasce Alfonso Henriques,
colui che diverrà il primo re del
Portogallo. La volontà dell’arcivescovo di Braga e della nobile famiglia
di Soero Mendes detterà i primi passi verso l’indipendenza.
In occasione del quattordicesimo
compleanno il giovane Alfonso Henriques viene investito Cavaliere del Tempio
nella chiesa del S.Salvatore di Zamora (Spagna), siamo nel 1124. Due anni più
tardi D.Teresa dona all’Ordine dei
Templari i terreni della Fonte da Arcada che vengono amministrati dal Gran
Maestro Guilherme Ricardo. I fasti portoghesi dell’Ordine crescono con
l’offerta del Castello di Soure dove ricevono il battesimo del “fuoco” nella
difesa del loro bastione contro un’offensiva araba.
L’importanza dei Cavalieri del Tempio
cresce in concomitanza con l’opera militare di conquista della regione della
valle del fiume Tago e raggiunge il suo
apogeo con la liberazione della città di Santarém. D’immediato Alfonso
Henriques dona alla Milizia del Tempio quel territorio , la valle del fiume
Zêzere e il castello di Ceras. È Gran Maestro delle Milizie del Tempio, Pedro
Arnaldo che morirà durante l’assedio di Álcacer do Sal (1157).
Dieci anni prima le forze portoghesi
, i crociati della “Seconda Crociata” e vari ordini, tra i quali i templari,
liberano la città di Lisbona ( questa è la settima volta che i cristiani
entrano in armi nella Roma del Tago).
Subito dopo diviene sede di vescovato e
il primo prelato, D.Gilberto, si oppone alle donazioni e alle rendite
che Alfonso Henriques ha costituito a favore dell’ordine del Tempio sostenendo che oltre che eccessive sarebbero
spettate di diritto alla sua diocesi.
Il futuro re del Portogallo non
prende una decisione immediata e facendo attendere il verdetto sino al 1159
anno nel quale riconferma il suo
operato. Nelle more della controversia i templari non restano con le mani in
mano, ma iniziano una vasta opera di fortificazione e di ristrutturazione
economico-amministrativa dei loro possedimenti.
Sorgono nuovi castelli: Pombal,
Almourol, Idanha e Monsanto, ma l’opera prima deve essere considerata il
Convento-Fortezza di Tomar, nato dall’accordo tra il primo re portoghese ed il
Gran Maestro, Gualdim Pais. Tomar è necessario sia per proteggere il fianco
alla città di Lisbona dal probabile ritorno dei mussulmani sia per dare una
nuova e più efficiente Casa Madre ai Templari in sostituzione dell’ormai
inutile castello di Ceras.
Gualdim Pais, tornato dalla Terra
Santa, porta con se i modelli costruttivi dei Templari sia per quanto riguarda
l’architettura religiosa sia per quella militare.
Il complesso religioso-militare è
messo a dura prova nel 1190 quando l’emiro arabo Iacub Iussuf tenta di
riaffermare il proprio dominio sui territori che erano stati mussulmani,. Dopo
una settimana d’assedio la furia araba prende d’assalto la fortezza, ma la
capacità militare templare riesce a trasformare
una possibile sconfitta in una
carneficina di mori.
Nel 1179 il Papa Alessandro IIIº, con
la Bolla “Manifestis Probatua”, riconosce il Regno del Portogallo e come re Alfonso Henriques, capostipite della
Casa Reale di Borgogna.
La nuova nazione del sud ovest
europeo tra i molti problemi ne aveva uno urgente: ripopolare il territorio.
Questa missione tocca anche ai Cavalieri
del Tempio.
Per riuscere nel loro compito il Re
li munisce di “forais” (autorizzazioni) destinati a provocare il sorgere di
nuove città e nel 1169 promettendo loro la donazione di un terzo dei territori liberati a sud del
corso del fiume Tago con la clausola che le rendite provenienti da quei
possedimenti dovevano restare in Portogallo almeno sino alla fine della
Reconquista.
Il vincolo non è rispettato e i
Templari destinano i proventi alle loro Case Madri all’estero. Il Re non pone in essere alcuna iniziativa legale per far rispettare
l’accordo siglato e questa inattività fa ritenere che lo stesso monarca ritiene
importante la presenza dell’Ordine in Portogallo e il suo obiettivo é quello di
renderli autonomi rispetto al territorio.
Come già detto alla fine del XIIº
secolo la Lusitania se la deve vedere con il ritorno in forza degli arabi
(Almohadi) che riportano il confine sulle sponde del Tago.
Nel frattempo, 1209, il Regno
Cristiano di Gerusalemme, cessa di esistere e gli Ordini che li erano sorti
devono prendere la strada del vecchio continente.
La figura spicco nella storia
dell’Ordine Templare in Portogallo fu il
Gran Maestro, Gualdim Pais (1157-1195) proveniente da una nobile
famiglia del Portogallo del nord il cui
contributo alla Reconquista e difesa della regione della valle del fiume Tago è
innegabile. Le grandi opere difensive di quella zona sono a lui attribuite e lo
stesso D. Alfonso Henriques gli affida ufficialmente tale compito che verrà
onoratamente portato a termine.
Il
desiderio del Portogallo di raggiungere sia l’unità sia la libertà è
molto forte, ma per raggiungerla deve
appoggiarsi ai Templari, all’Ordine spagnolo di S.Tiago della Spada, agli
Ospitalari, all’Ordine di Aviz e di
Calatrava. Nel 1249 l’ultima città algarvia in mano agli arabi, Faro,
cade in mano cristiana e il Re Alfonso IIIº, con il “Trattato di
Badajoz”(1265) diviene Re del Portogallo
e dell’Algarve. La Spagna dovrà attendere
il mese di gennaio del 1492 per vedere cadere l’ultimo caposaldo arabo
in terra andalusa: Granada.
In Lusitania, con la fine della
Reconquista, gli Ordini entrano in crisi. L’infedele è cacciato e poco resta
loro da fare. Siamo alla fine del XIIIº secolo e D. Diniz è il nuovo Re.
Monastero
Alcobaa Sala dei Re Diniz
Tra i molti problemi che deve
affrontare ve ne sono due legati alla presenza in Portogallo di varie
“congregazioni” di monaci-soldati:
1.- il legame di “vassallaggio “
assoggetta l’ordine al sovrano della terra d’origine;
2.- questa non sudditanza alla corte
portoghese genera attriti e alcuni Ordini si rivoltano.
La capacità del nuovo Re saprà risolvere
questo difficile momento.
La sua azione politica si fonda su
tre concetti: Nazione, Stato e Patria, secondo la definizione data da
S.Giovanni Battista, S.Agostino e S.Bernardo di Chiaravalle gettando le basi
del grande baluardo delle Scoperte.
Quest’opera di rifondazione del
Portogallo si basa sulla collaborazione dell’ammiraglio Emanuele Pessagno, un
genovese, che fondò la marina nazionale portoghese e sulla continuità della
fedeltà dei Templari alla Corona portoghese che viene resa ancor più solida,
nel 1288, quando costoro aiutano il re a sconfiggere sia il fratello Alfonso,
che anelava al trono, sia i castigliani.
Il mutamento di secolo segna la fine
dell’Ordine.
Limitiamoci agli avvenimenti portoghesi
del processo d’estinzione iniziato in Francia.
Sappiamo che sia il Re francese sia
il Papa informano le corti europee dell’accaduto invitandole a prendere
provvedimenti contro i Templari (bolle papali Regnans in Coeli e Callidi
Serpentis Vigil).
D.Diniz non può e non vuole
assecondare tali meschine volontà. Il rapporto tra le due parti (Re e Templari)
si è sempre fondato sulla reciproca lealtà, ma una minima apparenza, per gli
interessi di politica internazionale,
deve essere mantenuta. Il “Re Lavoratore” instaura il processo, ma con una
lentezza burocratica tale da poter permettere agli accusati di redigere valide
linee difensive. Nel frattempo sceglie il collegio giudicante che risulta
essere composto dal vescovo di Lisbona Giovanni, dal giureconsulto Giovanni
della Legge e dal priore dell’Ordine francescano in Portogallo.
La prima decisione presa è quella di
non imprigionare nessun Templare anche se nella sentenza del 27 novembre 1309 i
beni sono, ugualmente, confiscati ed integrati nella corona
portoghese.
L’idea del Re è quella di gettare la sabbia negli
occhi a di Filippo IVº e al Papa
Clemente Vº. tale espediente da i suoi risultati. Un nuovo problema batte alle
porte: con la possibile estinzione dell’Ordine la Chiesa portoghese e i reali
stranieri possono pretendere il possesso degli averi confiscati.
Il punto di forza di D. Diniz, in
questa lenta e astuta partita a scacchi, si basa su alcuni assi che tiene
pronti nella manica: la lontananza geografica del Portogallo dai grandi centri
di potere dell’Europa, il legame di
parentela con il re di Castiglia Fernando e l’indecisione dei monarchi iberici.
Il 21 gennaio 1310 riesce a stipulare
la “Convenzione di Salamanca” con la quale Castiglia e Portogallo diventano
alleati e alla quale in un secondo momento aderisce anche Jaime IIIº di
Aragona. La sostanza di questo Trattato internazionale permette la costituzione
di una doppia barriera difensiva sia a favore delle singole autorità
giurisdizionali sia a favore dei beni dei Templari.
Nelle more del processo, che si
svolge sia in Santarém sia in Salamanca, tutte le componenti sociali di questa nazione assolvono i
Templari consentendone il graduale rientro.
L’anno 1312 segna la fine
dell’Ordine, il Papa Clemente Vº lo dissolve e tra le autorità ecclesiastiche e
D.Diniz inizia la battaglia per il possesso dei beni relitti. Sua Santità
nomina come tutore degli averi portoghesi dell’estinto Ordine il vescovo della
città di Oporto, Stefano, che non è persona gradita al re lusitano che per ostacolare
i piani comincia nuovamente a temporeggiare obbligando il Papa a revocare gli
effetti di quella nomina.
I problemi per D.Diniz e i Templari
non sono ancora finiti perché nel 1317 il Papa
Giovanni XXIIº aveva donato
al cardinale Bertrand il castello e le
terre di Tomar. Nonostante il nuovo empasse il Re non abdica dal suo progetto.
Per non apparire di prima persona, organizza un’ambasciata di protesta nei
confronti del Papa. Il gruppo portoghese è formato dall’erede al trono e da un
folto gruppo di nobili locali che una volta giunti ad Avignone prendono
letteralmente d’assedio l’ufficio pontificio
costringendo il capo del dicastero a rinunciare ai diritti vantati su
Tomar.
Tomar ritornata ai suoi legittimi
proprietari. Il Portogallo vince la guerra diplomatica per la conservazione
dell’Ordine dei Templari, lasciando ai suoi poderosi avversari solo le briciole
e divenendo così il grande erede spirituale di quella tradizione.
La grande opera di D.Diniz viene però
trascurata dal nostro “Sommo Poeta” che, ironia della sorte, nel Canto XIXº del
Paradiso condanna ingiustamente il re portoghese affidando le sorti dell’Impero
dello Spirito Santo al debole Re lussemburghese Enrico VIIº.
La lunga partita a scacchi non è
ancora conclusa e D.Diniz si prepara a dare lo scacco matto.
La mossa finale prende il via quando
una nuova ambasciata arriva ad Avignone con l’intento di spiegare a Papa
Giovanni XXIIº le ragione che hanno indotto il re lusitano a conservare i beni
dei Templari. Gli inviati sono il Cavaliere di Monsaraz, João Lourenço e il
canonico di Coimbra Pedro Peres . Il piano di D:Diniz fa leva nelle Crociate:
la lotta all’infedele approfittando del
fatto che in Andalusia il pericolo mussulmano è ancora una realtà e confinando con l’Algarve è necessario
costituire una milizia che ne difenda i confini. Questo nuovo Ordine si deve
insediare nel castello di Castro Marim collocato su di un piccolo colle che
domina la parte finale del corso del fiume Guadiana, di fronte alla cittadina
spagnola di Ayamonte, e quindi in ottima posizione strategica .
Gli ambasciatori portoghesi, seguendo
le istruzioni ricevute dal loro monarca, sanno ravvivare nell’animo del Papa un
fuoco che si sta spegnendo, o forse gli danno un ottimo argomento per
seppellire uno scomodo cadavere. Il 14 marzo del 1319 viene emanata la bolla “
Ad ea exquibus cultus augeatur divinus” con la quale si battezza la nascita
dell’Ordo Militae Jesu Christi” o Ordine della Milizia di Gesù Cristo o
Cavalieri di Cristo ai quali è consegnato tutto il patrimonio templare
portoghese.
Il lungo viatico che porta dai
Templari ai Cavalieri di Cristo può essere paragonato alla metamorfosi del
bruco che diviene farfalla, ossia la continuità nel cambiamento. Infatti il
nuovo Ordine è legato all’antica regola della fedeltà cistercense e in
Portogallo all’abate di Alcobaça e al Re. Il 5 maggio del
Il loro simbolo è null’altro che la
modifica della conosciutissima croce a base quadrata che assume, ora, una pianta rettangolare con una seconda croce
bianca al suo interno che simbolizza
l’innocenza dell’Ordine dalle oltraggiose accuse che avevano provocato la sua
estinzione.
L’epoca d’oro della storia del
Portogallo non sa fare a meno dei Cavalieri di Cristo. Il simbolo che garrisce
sulle vele lusitane che sfidano lo sconosciuto è la Croce del Tempio!
Bibliografia
-
A Missão Templária nos Descobrimentos, Rainer Daehnhardt, Ed. Nova Acrópole
-
De Tomar , Amorim Rosa, Ed Gráfica de Tomar
-
Dicionário Enciclopédico da História de Portugal, Publ. Alfa articolo di Luis
Krus vol II
-
Portugal Razão e Mistério, António Quadros, voll I-II, Ed. Guimarães
-
La Divina Commedia “Il Paradiso” canto XIX, Ed. Espresso CDR Liz 1
-
Breve História da Igreja, August Franzen, Ed. Presença
-
La fine dei templari, Andreas Beck, Ed. Piemme
-
História de Portugal, José Mattoso, vol. II, Ed Estampa
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Gregorio VII |
Ildebrando di Soana |
1073 |
1085 |
Vittore III |
Desiderio di Benevento |
1086 |
1087 |
Urbano II |
Ottone di Lagery |
1088 |
1099 |
Pasquale II |
Ranieri di Bieda |
1099 |
1118 |
....... |
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Onorio II |
Lamberto Scannabecchi di Fagnano |
1124 |
1130 |
Innocenzo II |
Gregorio Papareschi |
1130 |
1143 |
....... |
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|
Eugenio III |
Bernardo Pignatelli |
1145 |
1153 |
Adriano IV |
Nicola Breakspear |
1154 |
1159 |
Alessandro III |
Orlando Bandinelli |
1159 |
1181 |
........ |
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Innocenzo III |
Lotario dei Conti di Segni |
1198 |
1216 |
Onorio III |
Cencio Savelli |
1216 |
1227 |
Gregorio IX |
Ugolino dei Conti di Segni |
1227 |
1241 |
Innocenzo IV |
Sinibaldo Fieschi |
1243 |
1254 |
Alessandro IV |
Rinaldo dei Conti di Segni |
1254 |
1261 |
Urbano IV |
Giacomo Pantaléon |
1261 |
1264 |
Clemente IV |
Guido Folques |
1265 |
1268 |
........ |
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Gregorio X |
Tebaldo Visconti |
1271 |
1276 |
........ |
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Martino IV |
Simone di Brie |
1281 |
1285 |
........ |
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Niccolò IV |
Girolamo Masci |
1288 |
1292 |
Celestino V |
Pietro da Morrone |
1294 |
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Bonifacio VIII |
Benedetto Caetani |
1294 |
1303 |
Benedetto XI |
Niccolò Boccasini |
1303 |
1304 |
Clemente V |
Bertrando de Got |
1305 |
1314 |
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........ |
= Anni senza Pontefice |
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FILIPPO I (1060-1108)
LUIGI VI Detto il Grosso (1108-1137)
LUIGI VII (1137-1180)
FILIPPO II Augusto (1180-1223)
LUIGI VIII (1223-1226)
LUIGI IX Il Santo (1226-1270)
FILIPPO III l'Ardito |
e |
CARLO D'ANGIO' re di Sicilia |
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(1270-1285) |
(1266-1285) |
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Filippo III ebbe due figli: FILIPPO
IV il Bello (1285-1314) e CARLO DI VALOIS.
Discendenza di Filippo il Bello: |
Discendenza di Carlo di Valois: |
LUIGI X l'Attaccabrighe (1314-1316) |
FILIPPO VI (1328-1350) |
FILIPPO V il Lungo (1316-1322) |
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CARLO IV il Bello (1322-1328) |
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