HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documentazione Inserito
il 7-6-2007 |
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Caso
Visco Speciale Il
testo della replica di Padoa Schioppa 6-6-2007 Le deleghe al Vice Ministro
Visco che comprendono anche l’esercizio dei poteri nei confronti della
Guardia di Finanza furono attribuite dal Consiglio dei Ministri il giorno 7
giugno Numerosi contatti anche
informali e indiretti avvennero con
altri ufficiali del Corpo. Tra questi fu ascoltato anche il compianto
Generale Mariella, già Capo di Stato Maggiore al tempo della precedente
esperienza governativa dell’Onorevole Visco. Per contestualizzare gli avvenimenti bisogna
anche ricordare che nei giorni immediatamente precedenti e successivi ai
colloqui del Vice Ministro Visco con i vertici del Corpo, sulla stampa nazionale erano state
pubblicate alcune intercettazioni riguardanti le indagini sullo scandalo del
calcio, in cui venivano citati fatti e
nomi di alti ufficiali della Guardia di Finanza per i rapporti con Luciano
Moggi; tra questi emergeva quello del Generale Speciale. Come si ricorderà dell’inchiesta
sportiva fu incaricato l’ex Procuratore Generale di Milano Francesco Saverio
Borrelli. È in questo contesto che
il Vice Ministro Visco avviò i colloqui con l’intero vertice del
Corpo. Così come aveva fatto con i gruppi dirigenti
dell’Amministrazione Civile. Ci fu un primo incontro il 9
giugno con il Comandante Generale che prospettò per prima cosa
l’opportunità di avvicendare il Capo di Stato Maggiore Generale
Spaziante, il quale - a suo dire - gli era stato imposto dal precedente
Ministro. In un successivo incontro, il 26
giugno, invece, il Generale Speciale presentò al Vice Ministro
un’ipotesi di impiego di dirigenti (generali e colonnelli) piuttosto ampia
che costituiva una robusta integrazione del tradizionale piano di impiego già diramato alcuni mesi
prima. Nel prospetto erano previsti tra gli altri, avvicendamenti presso
importanti comandi operativi alle sedi di Roma, Torino, Bologna, Firenze, e
Cagliari, ma non di Milano. Il Vice Ministro
sconsigliò la rimozione del Capo di Stato Maggiore – che infatti
rimase al suo posto – sia perché poco motivata sia per evitare che essa
potesse essere interpretata come una decisione politica del nuovo governo, e
si riservò di esprimere un parere sulle proposte di trasferimento, sia
per poter maturare le giuste convinzioni in proposito, sia per meglio
comprendere i criteri adottati nell’impiego degli Ufficiali nelle sedi
particolarmente significative. Gli incontri con gli Ufficiali
di vertice del Corpo facevano emergere profondi contrasti ai vertici del
Corpo. In particolare i Generali Pappa e Favaro lamentavano una gestione
personalistica del Corpo, un non sempre puntuale rispetto delle regole, e una
mancanza di valutazione e di consapevolezza
delle conseguenze giuridiche delle decisioni assunte. Forte era la polemica
nei confronti del Comandante Generale soprattutto in relazione alla politica
dei riconoscimenti di ordine morale (encomi) che avveniva, spesso, senza
rispettare le procedure previste e con una pubblicità interna molto
parziale e limitata. Infatti, nel corso della sua
permanenza al vertice della Guardia di Finanza si è assistito alla
concessioni da parte del Generale Speciale di decine di encomi solenni a
singoli Ufficiali, quasi sempre di grado elevato. Secondo quanto rappresentato al
Vice Ministro nella concessione degli encomi è mancata la trasparenza
che in passato si cercava di tutelare. Ci si riferisce, in altre parole, alla
mancanza di conoscenza “pubblica” degli encomi concessi che nelle gestioni
precedenti veniva assicurata dalla loro pubblicazione - anche se tardiva -
sui Fogli d’Ordine. Tale omissione, totale o parziale, non consentiva di
conoscere con esattezza il numero esatto né delle concessioni, né dei
beneficiari. Ed inevitabilmente il numero elevato
di tali concessioni ha influenzato i lavori della Commissione Superiore di
Avanzamento con particolare riferimento ai gradi più elevati. In occasione dei lavori della
Commissione Superiore di Avanzamento per l’anno 2006, alcuni membri avevano
rappresentato le discrasie prodottesi
e avevano chiesto che la materia costituisse oggetto di parere del Consiglio
Superiore della Guardia di Finanza, che infatti nella riunione del 2 marzo
2006 rilevò un conferimento di ricompense talora non in linea con i
parametri fissati dal Regolamento di Disciplina Militare e delle norme
interne di attuazione, tale da incidere sugli avanzamenti successivi. Dopo il 26 giugno,
comunque, il Vice Ministro
cercò di approfondire il motivo
per cui, mentre venivano cambiate le posizioni di vertice di diverse
importanti sedi, si mantenevano fermi tutti gli incarichi a Milano. Emersero
così alcune valutazioni negative, in particolare nei confronti del Generale Forchetti, Comandante Regionale
della Guardia di Finanza in Lombardia che,
secondo il Generale Favaro, non presentava un’adeguata corrispondenza ai
requisiti richiesti per l’incarico di comando ricoperto, da sempre affidato a
un Ufficiale Generale che avesse seguito il Corso Superiore di Polizia
Tributaria: fatto particolarmente rilevante dal momento che il compito
fondamentale della Guardia di Finanza è quello del contrasto agli
illeciti economici e tributari, tanto più in sedi come Milano e
l’intera Lombardia. Inoltre emergeva che sia il Generale
Forchetti che altri Ufficiali erano stati impiegati per molti anni in
Lombardia e/o a Milano (il Generale
Forchetti, prima a Milano come Capo Centro per la Lombardia del II reparto – informazioni - del Comando
Generale, poi Comandante del Gruppo di Milano, poi Comandante Provinciale di
Varese, e infine Comandante Regionale della Lombardia; il colonnello Lo Russo, comandante dal 2002 al 2004 al Comando
Provinciale di Milano era stato riassegnato - evento davvero inconsueto - dal
1° giugno 2006 allo stesso Comando, dopo un periodo trascorso sempre a
Milano, dal luglio 2004 al maggio 2006, come Comandante del Nucleo Regionale
di Polizia Tributaria della Lombardia). In conclusione, la lunga
permanenza “in loco” di alcuni
Ufficiali ed in particolar modo, in reparti operativi, nonché: la riassegnazione di uno dei 4
Ufficiali al medesimo incarico di Comando; le perplessità
manifestate dal Generale Favaro sulla assegnazione di uno di loro al Comando
Regionale Lombardia; le informazioni arrivate al
Gabinetto del Vice Ministro da altre fonti interne al Corpo che riguardavano
ulteriori dubbi sulla permanenza degli stessi Ufficiali
nella stessa sede - sia pure in diversi incarichi - per l’inevitabile cristallizzazione di amicizie e di
conoscenze con ambienti dell’economia, della politica e dell’informazione in
una sede particolarmente importante e delicata come Milano, rappresentavano, senza dubbio,
motivi legittimi e più che sufficienti per indurre il Vice Ministro, a
far valutare l’opportunità di inserire anche questi Ufficiali tra
quelli da avvicendare. Inoltre emerse che il Comandante
Generale Speciale non aveva portato all’attenzione del Consiglio Superiore
della Guardia di Finanza (presieduto
dal Comandante in Seconda e composto da tutti i Generali di Corpo d’Armata in
servizio) il piano di assestamento dei trasferimenti di alti ufficiali in
incarichi di primaria importanza.
Secondo l’art. 4 del D.P.R. 29.1.1999 nr. 34 “il Comandante Generale si avvale del Consiglio Superiore della
Guardia di Finanza per le questioni di rilevanza strategica concernenti
l’organizzazione, il personale, le operazioni e la pianificazione a medio e
lungo termine per l’acquisizione e l’impiego delle risorse. Il Consiglio
Superiore svolge un ruolo meramente consultivo….” Anche in un’altra occasione
risultò che il Consiglio Superiore della Guardia di Finanza non era
stato interessato. Infatti, in data 28
giugno 2006 con due circolari del I Reparto – Ufficio Ordinamento - il Generale
Speciale aveva soppresso ed istituito alcune articolazioni presso il Comando
Generale, l’Ufficio del Presidente della Commissione Permanente di
Avanzamento ed il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo dei Reparti Speciali. Per apportare tali
modifiche il Comandante Generale
avrebbe dovuto, ai sensi della normativa vigente ( art. 2
– comma 5 dello stesso D.P.R.
34/1999) acquisire il parere consultivo del Consiglio Superiore della Guardia
di Finanza, salvo casi di particolare urgenza. Da quanto appreso dal Vice Ministro e
secondo quanto risulta dallo stesso preambolo dei provvedimenti ricordati non
risulta che tale parere consultivo sia mai stato richiesto dal Generale
Speciale. In conseguenza in un successivo
incontro del 13 luglio il Vice Ministro Visco faceva presente al Comandante
Generale la opportunità di valutare il coinvolgimento anche di Milano
nei trasferimenti ipotizzati, o altrimenti ridimensionare drasticamente il
progetto di avvicendamento proposto. Ma soprattutto per garantire l’armonia all’interno del Corpo, il Vice Ministro
Visco suggeriva al Generale Speciale di consultare i Generali Pappa e Favaro
sulle ipotesi di avvicendamento, in
modo da trovare e ristabilire la concordia al vertice dell’Istituzione.
Precisava, inoltre (come peraltro confermato
dalle deposizioni rese dai Generali a
Milano) che in ogni caso si sarebbe dovuto tener conto delle esigenze degli ufficiali trasferiti,
di assecondarle, e di individuare essi stessi (Generali Speciale, Pappa e
Favaro) sostituti con profili pienamente adeguati agli incarichi da assumere.
Durante il colloquio con il Gen. Speciale non furono fatti nomi e non vi fu,
naturalmente, nessuna indebita pressione, né fu avanzata alcuna minaccia, né
esisteva, né veniva consegnato alcun “foglietto” con i nomi degli Ufficiali
da trasferire, né tantomeno si fece riferimento alla vicenda “Unipol”. Ed
infatti il “foglietto” di cui si è parlato in alcuni articoli di
stampa mai è stato esibito, pur essendo il Comandante Generale una
persona che ha dimostrato una rara attenzione a particolari e dati, fino al
punto di annotare l’orario delle telefonate o dei semplici contatti. Il Comandante Generale nel corso
del colloquio non avanzava nessuna obiezione, riserva o rimostranza, né
faceva presente l’esistenza di eventuali ragioni di carattere ostativo e di
mera opportunità che sconsigliassero di procedere. Al contrario il 14
luglio inviò un nuovo elenco di ipotesi di impiego di dirigenti che
comprendeva anche la sede di Milano. Nella stessa data il Vice Ministro
inviò una lettera al Comandante Generale in cui esprimeva il suo consenso ai
movimenti – fatta eccezione per un Generale (il cui nome era comparso nella
indagine di “calciopoli”), destinato ad un importante incarico al Comando
Generale e per il quale il Vice Ministro chiedeva di soprassedere per
questioni di opportunità in attesa che le indagini facessero il loro
corso. Ebbe così inizio la procedura di trasferimento: risulta che il
Generale Pappa comunicò, alla presenza del Generale Favaro, le ipotesi
di trasferimento agli Ufficiali interessati, ottenendo il loro consenso. Tutto sembrava procedere
regolarmente e in completa tranquillità. Viceversa due giorni dopo, la
domenica 16 luglio alle ore 22,19 l’Ansa dava notizia del fatto (senza
citarne la fonte), intitolando
“Unipol: azzerati i vertici della Guardia di Finanza della Lombardia”. Nel corso della stessa nottata,
il Vice Ministro Visco smentiva drasticamente qualsiasi collegamento con In proposito va chiarita una
volta per tutte l’estraneità
del caso “Unipol” rispetto a questa vicenda, contrariamente a quanto
accreditato da una campagna di stampa in corso da circa un anno. Sulla vicenda “Unipol” vi erano
due inchieste della Magistratura: una della Magistratura Romana ed un’altra
della Magistratura Milanese. Le indagini per conto della Magistratura Romana
risulta che fossero condotte dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di
Roma. Le indagini per conto della Magistratura Milanese risulta che fossero condotte dal Nucleo Speciale di
Polizia Valutaria di Roma che ha una sua articolazione anche a Milano e, solo
parzialmente, dal Nucleo di Polizia Tributaria di Milano. Se, dunque, anche per assurdo,
si fosse in qualche modo voluto davvero interferire sullo svolgimento dell’inchiesta
su Unipol, piuttosto che intervenire sui Comandi della sede milanese - che in
quell’indagine era solo parzialmente interessata – si sarebbero dovuti
coinvolgere nei trasferimenti soprattutto il Comandante del Nucleo Speciale
di Polizia Valutaria di Roma ed i suoi Ufficiali. Men che meno sarebbe stata
accettata la proposta di designare il Generale Minervini (che occupava un
posto di “staff” a Milano) a Comandante del Comando Tutela dell’Economia di
Roma da cui dipende proprio lo stesso Nucleo
Speciale di Polizia Valutaria. E, da ultimo, se ci fosse stato
da parte del Vice Ministro Visco un reale interesse alla vicenda Unipol non
si sarebbe lasciata alla discrezionalità dei Generali (Speciale, Pappa
e Favaro) la scelta dei sostituti (come risulta dalle deposizioni dei
Generali interessati, riportate dalla stampa). La mattina successiva (17
luglio) vi fu una telefonata tra il Vice Ministro e il Comandante Generale
dai toni molto accesi. Il Vice Ministro, infatti, contestò al Generale
Speciale di non aver posto in essere misure idonee ad impedire che
trapelassero sulla stampa notizie distorte e strumentali, mentre la decisione
dei trasferimenti era stata formalmente proposta al Vice Ministro dallo
stesso Speciale in pieno accordo con i vertici del Corpo. Gli chiese, quindi,
di procedere al completamento della procedura di trasferimento. Di analogo tenore era stata
un’altra telefonata avvenuta il 14 luglio pomeriggio, mentre il Comandante
Generale si trovava a Bari. In nessuna delle due telefonate furono avanzate
minacce, ma in ambedue fu sottolineato come il Vice Ministro considerasse una
gravissima mancanza etica e
deontologica l’aver interrotto immotivatamente una procedura partita per
iniziativa dello stesso Comando Generale e concordata senza obiezioni di
sorta, così come altrettanto
grave era il fatto che il Comandante Generale, il successivo giorno 17
non avesse in alcun modo smentito il collegamento della vicenda con il caso
Unipol, cosa che non ha fatto nemmeno nei mesi successivi. In sostanza il Vice Ministro
ebbe la sensazione che il comportamento del Generale Speciale non fosse
ispirato a quei criteri di lealtà e trasparenza che devono sempre
caratterizzare i rapporti tra un Comandante di un Corpo militare come la
Guardia di Finanza e l’Autorità Politica di vertice da cui
funzionalmente dipende e, pertanto, gli ricordò con tono deciso il
proprio ruolo di indirizzo e direzione. Leggendo i giornali nei giorni
passati sembrerebbe che le telefonate tra il Vice Ministro ed il Comandante
Generale possano essere state ascoltate da terze persone col sistema del
“viva voce”, se non addirittura registrate. In particolare è apparso
su diversi quotidiani nazionali che il
Generale Speciale avrebbe fatto ascoltare le telefonate a due dei suoi
più stretti collaboratori personali che avrebbero potuto riferire sul
loro contenuto. Premesso che non c’era, né c’è nulla da nascondere sul
contenuto di queste telefonate, anche in questo caso si tratterebbe di un
fatto gravissimo che denota una grave mancanza di correttezza in quanto i rapporti tra Autorità
Politica e Responsabili di importanti settori della Amministrazione
dovrebbero essere e rimanere riservati. In ogni caso, non si capisce perché il
Generale Speciale, quale pubblico ufficiale, nonché il Colonnello Carbone ed
il Maggiore Cosentino, presenti a quanto si dice alla telefonata, quali ufficiali di polizia
giudiziaria, non abbiano provveduto tempestivamente, in presenza di
un’ipotesi di reato (la presunta minaccia del Vice Ministro Visco) a dare
notizia dell’accaduto tempestivamente
e nelle dovute forme, all’Autorità Giudiziaria competente, cioè
alla Procura della Repubblica di Roma, come sarebbe stato loro preciso
dovere. In realtà si capisce benissimo perché non sia stata sporta
alcuna denuncia. Non è stata sporta denuncia semplicemente perché non
c’è mai stata alcuna minaccia da parte del Vice Ministro. Va anche
osservato che nei confronti di uno dei presunti testimoni delle pressioni
e minacce il Maggiore Cosentino pende
una richiesta di rinvio a giudizio da parte della Direzione Distrettuale
Antimafia presso la Procura della Repubblica di Salerno per “falsità
ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici” (art. 479 del
codice penale) e “peculato” (art. 314 del codice penale) e soppressione,
distruzione e occultamento di atti veri (art. 490 del codice penale). Tra
l’altro allo stesso Maggiore Cosentino, quale suo diretto collaboratore
(Aiutante di Campo), il Generale Speciale aveva concesso un numero
spropositato di encomi solenni che gli avevano consentito di classificarsi lo
scorso anno al primo posto nella graduatoria di merito per l’avanzamento al
grado di Maggiore scavalcando oltre trenta Ufficiali del suo corso di
Accademia che lo precedevano in graduatoria. È significativa l’informazione
riportata dalla stampa secondo la quale
dopo la richiesta di rinvio a giudizio è stato trasferito il
Comandante Provinciale, Colonnello Francesco Di Tommasi, il quale aveva
coordinato le indagini sul caso. Un’altra forzatura nella
propalazione di notizie fu il parlare di azzeramento dei vertici a Milano.
È ben noto a tutti, infatti, che gli Ufficiali Dirigenti, soprattutto
della Guardia di Finanza, hanno una
permanenza oltremodo breve nei rispettivi comandi (generalmente due tre anni,
ma in molti casi anche un solo anno). Ed infatti diversi sono i casi di
avvicendamenti simultanei di Ufficiali della stessa linea gerarchica. Uno dei casi più
significativi si è verificato nel 2002, quando fu cambiata l’intera
linea gerarchica di Milano. Qualche mese prima nel settembre del 2001, furono
azzerate le sedi periferiche del II Reparto “Informazioni” del Comando
Generale, compresa quella della Lombardia, e – dall’oggi al domani –
sostituito il Capo di Stato Maggiore “pro tempore” del Comando Generale del
Corpo, Generale Giovanni Mariella. Nel 2002 furono poi cambiati tutti
insieme: il Comandante Regionale della Lombardia che diventò il
Generale Emilio Spaziante, successivamente designato Capo di stato Maggiore
del Comando Generale; il Comandante Provinciale di Milano che diventò
il Colonnello Rosario Lo Russo; il Comandante del Nucleo Regionale di Polizia
Tributaria di Milano che diventò il Colonnello Stefano Grassi, allora
Aiutante di Campo del Ministro in carica. Ancora: nello scorso mese di
marzo 2007 il Generale Speciale ha disposto contestualmente il trasferimento
di tutta la linea gerarchica di Roma: Comandante Regionale, Comandante
Provinciale di Roma e Comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma. E
due anni fa nel 2005, lo stesso Generale Speciale aveva disposto, sempre
contestualmente, il trasferimento di quasi tutti gli Ufficiali della sede di Bologna che si erano occupati
della vicenda “Parmalat” (in particolare il Comandante Regionale dell’Emilia Romagna
e il Comandante del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria Emilia Romagna). Un’altra circostanza singolare,
e molto grave, consiste nel fatto che il Comandante Generale Roberto Speciale
non ha mai informato il Vice In conseguenza della notizia
apparsa in data 17 luglio sui principali quotidiani nazionali circa l’invio
di una lettera da parte del Procuratore della Repubblica di Milano, Dottor
Minale, al Comandante Generale Speciale il Vice Ministro, nello spirito della
leale cooperazione tra Istituzioni, telefonava direttamente al Dottor Minale
chiarendo ogni aspetto della questione e assicurando che sarebbe stata
riservata la massima cura nel garantire la continuità dell’azione di
indagine. Dal canto suo il Dottor Minale affermò che sarebbe stata
opportuna una gradualità
nell’esecuzione degli avvicendamenti e che in tal caso non vi sarebbe stato
nessun problema, né controindicazione agli avvicendamenti. Così fu
concordato e del colloquio fu data notizia in un apposito comunicato stampa. In data 18 luglio il Generale
Speciale, come si è appreso dalla lettura de “Il Giornale” del 31
maggio 2007, rispose con una sua lettera, omettendo, ancora una volta, di
farne cenno al Vice Ministro o di trasmettergliela per conoscenza. Lo stesso Dottor Minale qualche
giorno dopo, in relazione alla notizia diffusa dal quotidiano Italia Oggi, secondo cui vi sarebbero state indagini da parte della
Procura di Milano sul Vice Ministro Visco, diffondeva una nota con la quale
definiva destituite di qualsiasi fondamento tali notizie. Va ancora segnalato che
altrettanto inspiegabilmente il Comandante Generale non aveva né trasmesso,
né comunicato al Vice Ministro il contenuto di una precedente lettera del
Dottor Minale inviata il 1° giugno 2006 con la quale egli esprimeva apprezzamento per il lavoro svolto dagli uomini della Guardia di
Finanza. Nel verbale della sua
deposizione davanti alla Dottoressa Romei Pasetti del 17 luglio, lo stesso
Generale Speciale riferì di aver detto al Vice Ministro che sarebbe
stato opportuno informare dei trasferimenti l’Autorità Giudiziaria.
Nella realtà dei fatti ciò non avvenne, ma anche se fosse
avvenuto ancora più grave risulterebbe l’aver omesso di rendere noto
al Vice Ministro, e trasmettergli per conoscenza (come da prassi
costante), il contenuto di quella
lettera che, se conosciuto, gli avrebbe offerto ulteriori e diversi spunti di
valutazione. Nella stessa giornata del 17
luglio 2006 – come si è potuto apprendere solo dagli organi di stampa
dal momento che ancora una volta nessuna comunicazione era stata fatta al
Vice Ministro - il Comandante Generale Speciale ed il Capo di Stato Maggiore
“pro tempore” Generale Spaziante
venivano sentiti in atti dall’Avvocato Generale della Procura Generale di
Milano Dottoressa Romei Pasetti, presso la sede del Comando Regionale
Lombardia della Guardia di Finanza di Milano. L’indagine riguardava – a
quanto si è appreso- eventuali risvolti disciplinari nei confronti
degli Ufficiali trasferiti. I colloqui si sarebbero svolti, secondo la
minuziosa ricostruzione de “Il Giornale”, proprio nella stanza di uno di loro
(Generale Forchetti). Altrettanto singolare, nonché
irrituale appare il fatto che l’allora Comandante Interregionale per l’Italia
Nord Occidentale, Generale Ferraro, competente per materia anche sulla sede
di Milano, sia stato completamente escluso dal Generale Speciale dai contatti
con In data 24 ottobre e 6 dicembre
2006 venivano sentiti dalla Dottoressa
Romei Pasetti, presso gli uffici della Procura Generale di Milano, anche i
Generali Pappa e Favaro. Gli accertamenti posti in essere
dalla Procura Generale, sulla base delle dichiarazioni rilasciate dal
Procuratore Generale di Milano Dottor Mario Blandini alle Agenzie di Stampa
in data 23 maggio 2007, si sono conclusi senza l’individuazione di
comportamenti illegittimi da parte del Vice Ministro Visco, che, se
sussistenti, avrebbero consentito al Generale Speciale di non dar corso agli
stessi trasferimenti. Ha detto alla stampa il Dottor Blandini: “se il Comandante della Guardia di Finanza
avesse ritenuto di essere stato vittima
di un abuso d’ufficio, non avrebbe dovuto dare seguito all’ordine di
trasferimento dei quattro finanzieri perché questo sarebbe stato un ordine
illegittimo”. A sua volta la Dottoressa Romei Pasetti ha dichiarato “….è una faida preelettorale tra i
partiti. Per me è una faccenda sepolta” Da ultimo va sottolineato che
l’intera ipotesi di trasferimento fu ampiamente modificata a seguito della
consultazione con i Generali di Corpo d’Armata e in tale nuovo e più
limitato contesto non fu dato seguito ai trasferimenti degli Ufficiali di
Milano. Un ultimo elemento di rilievo si
può riscontrare nella circostanza
che ancora una volta nel marzo dell’anno corrente, il Generale
Speciale ha disposto una serie di trasferimenti e di assegnazioni di incarichi alcuni dei
quali decisi - come risulta dalla sua stessa comunicazione - “intuitu personae…..anche in temporanea
deroga ai livelli ordinativi previsti” (due colonnelli in incarichi
tradizionalmente assegnati a Generali). Il Vice Ministro, il 22 maggio
u.s. segnalava al Comandante Generale di considerare tale scelta un precedente
pericoloso che avrebbe inevitabilmente provocato malessere e malumore nel
Corpo. Il giorno successivo il quotidiano Italia
Oggi accusava il Vice Ministro di voler ancora una volta interferire
nelle nomine della Guardia di Finanza. È davvero assai singolare, ma
indubbiamente significativo, che il contenuto di una lettera così
delicata e riservata, inviata dal Vice Ministro alla personale attenzione del
Generale Speciale, dopo solo alcune ore fosse a conoscenza di un giornalista
di Italia Oggi. Così come
è singolare che lettere scritte da Ufficiali Generali del Corpo e
dirette per linee interne al Comandante Generale siano state pubblicate integralmente sulla
stampa. In sostanza nel corso
dell’ultimo anno tutti i trasferimenti e le attribuzioni di incarichi sono
stati decisi dal Comandante Generale nella sua responsabilità, e il
Vice Ministro si è limitato al suo compito istituzionale di indirizzo
e di valutazione politica. A tale riguardo giova ricordare che
la competenza a disporre i provvedimenti d’impiego degli Ufficiali del Corpo
della Guardia di Finanza spetta al Comandante Generale. Tali provvedimenti sono
preventivamente comunicati al Ministro dell’Economia e delle Finanze; tale
comunicazione preventiva è
conforme al riparto delle competenze tra Comandante Generale e
Ministro ed è effettuata in forma scritta quanto meno dal 1998. A tale prassi si è
attenuto anche il Generale Speciale fino al giugno 2006. La comunicazione preventiva
è orientata ad acquisire le valutazioni del Ministro ovvero del Vice
Ministro delegato. Da quanto esposto emerge con
chiarezza che, proprio tenuto conto delle rispettive prerogative del Comandante Generale e
dell’Autorità Politica, una volta che
il piano d’impiego degli ufficiali era stato: prospettato dal Comandante
Generale; discusso a più riprese
con il Vice Ministro; formalizzato con una
comunicazione del Comandante Generale al Vice Ministro; assentito espressamente con una
comunicazione del Vice Ministro; avviato con l’informazione ai
soggetti interessati, non poteva
ritenersi accettabile che improvvisamente, immotivatamente ed arbitrariamente
esso potesse essere sospeso. Da qui il fermo e motivato
richiamo da parte del Vice Ministro al Comandante Generale delle
responsabilità che egli si assumeva, sia pure nell’ambito delle sue
prerogative, rispetto ad un’iniziativa che pareva priva di qualsiasi
giustificazione. D’altra parte è di tutta
evidenza che l’autonomia che giustamente deve essere riconosciuta alla
dirigenza amministrativa – e tale ragionamento deve valere anche per le
autorità militari ( come ribadito dal Vice Ministro Visco in una
lettera inviata al Generale Speciale del luglio 2006 )- trova il suo
ragionevole bilanciamento nel principio di responsabilità. Ed il richiamare la dirigenza
alle responsabilità che essa si assume rispetto a decisioni immotivate
o sbagliate non può mai costituire una “minaccia” ma solo il
ragionevole e dovuto esercizio delle prerogative spettanti agli organi
titolari del potere di indirizzo politico. Questa è la linea che
è stata seguita sempre dal Vice Ministro, sia nei colloqui verbali sia
nelle comunicazioni effettuate per iscritto. Non è stata, quindi, mai
operata alcuna “intimidazione” da
parte del Vice Ministro, né sono state mai formulate osservazioni che non
costituissero il normale e corretto esercizio dei poteri di indirizzo
politico. In sintesi, da quanto
evidenziato sopra emergono alcuni punti incontrovertibili. Nel corso della
sua presenza ai vertici della Guardia di Finanza il Generale Speciale: ha gestito in modo
personalistico il Corpo, escludendo la catena gerarchica dalle scelte e dalle
decisioni; ha perseguito una discutibile
politica degli encomi idonea a modificare le graduatorie interne ai fini
dell’avanzamento; non ha tenuto un comportamento
leale nei confronti dell’Autorità politica, in particolare omettendo
di trasmettere o di comunicare le lettere inviategli dalla Procura di Milano; non è stato in grado di
vigilare e di impedire che fossero pubblicati dalla stampa documenti
riservati relativi a carteggi intercorsi tra lo stesso Comandante Generale ed
alti Ufficiali del Corpo e tra lui stesso ed il Vice Ministro Visco; ha forzato le regole di
attribuzione degli incarichi attribuendo su base fiduciaria e personale
funzioni importanti ad ufficiali carenti dei requisiti formali richiesti; ha mostrato una grave
inadeguatezza nello scegliere i collaboratori più stretti tanto che
per uno di essi è stato proposto di rinviarlo a giudizio per reati
gravissimi. Concludendo, la ricostruzione della vicenda dimostra in
modo inequivocabile che l’intervento
del Vice Ministro è stato più che legittimo, anzi doveroso date
le circostanze, senza nessuna forzatura
e nel pieno rispetto sia delle prerogative dell’Autorità
Politica e dei compiti di indirizzo ad essa spettanti, sia delle prerogative
e degli interessi della Guardia di Finanza e dell’Autorità
Giudiziaria. È infine
importante sottolineare come in un contesto, nel quale si era
gravemente incrinato il rapporto di fiducia del Vice Ministro nei confronti del Comandante
Generale, il Vice Ministro abbia operato con grande saggezza ed equilibrio in
modo da evitare pregiudizi alla funzionalità del Corpo cui tutti
dobbiamo essere grati per il lavoro, spesso faticoso e non sempre
adeguatamente valorizzato, che esso svolge. |