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Documento inserito il:21-10-2012

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15-9-2012   Il PuntO n° 246. Le finanze delle famiglie italiane. L’unico vero baluardo finanziario del paese si va sgretolando.

 

 

 

La Stampa 21-10-2012

Unioncamere: gli italiani si mangiano i risparmi

Marco Sodano

 

“Il calo dell’occupazione azzererà il patrimonio delle famiglie in 20 anni”

 

TORINO

Ottomila e cinquecento miliardi di euro: lo stock della ricchezza degli italiani vale quattro volte il Pil del Paese. Siamo santi, navigatori e poeti. Ma - per quanto spesso governati da cicale - siamo soprattutto un popolo di formiche che dal Dopoguerra in poi è stato capace di mettere da parte un vero e proprio tesoro: case di proprietà e titoli di Stato innanzitutto. Alla fine di quattro anni di crisi pesantissima, però, gli italiani stanno cominciando a intaccare questo zoccolo duro. Nel 2011, dice un accurato studio di Unioncamere sul tema, «il 60% delle famiglie italiane ha cominciato a far ricorso al proprio patrimonio per fronteggiare le spese di ordinaria amministrazione». 

 Il campanello d’allarme  

Un campanello d’allarme grave. I numeri sono chiari: già nel corso del 2011 quattro famiglie su dieci non sono riuscite a risparmiare nulla, mentre una quota analoga è riuscita a mettere da parte solo il 5% del reddito disponibile. Il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello è categorico: «La congiuntura difficile sta durando da troppo tempo. Ora vediamo che ha interrotto una capacità storica di risparmiare che è sempre stata una risorsa preziosissima per il sistema Italia. Il problema è grave dal punto di vista dei risparmi delle famiglie, che vedono assottigliarsi le risorse con cui - per esempio - possono garantire un buon corso di studi e quindi un buon futuro ai loro figli. Ed è altrettanto delicato quando pensiamo al sistema delle piccole e medie imprese italiane, quelle che il più delle volte nascono o finanziano il loro sviluppo proprio grazie all’impiego di risorse private che l’imprenditore mette a disposizione di tasca propria».  

Vista in questa luce, insomma, l’erosione della capacità di risparmio degli italiani (e la necessità di intaccare la ricchezza messa da parte) diventa, spiega ancora Dardanello «l’ennesimo fattore di freno alla ripresa». 

 I numeri  

Per capire la portata del fenomeno bisogna mettere nero su bianco le cifre. Nel 2008, l’anno nero, il reddito nominale delle famiglie è diminuito. Fra 2009 e 2010 la tendenza si è invertita, ma la crescita si è fermata sotto l’1% (0,9). Nello stesso periodo l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto dell’1,5%. Tirando una riga nera in fondo all’operazione si scopre che tra 2008 e 2010, in media, ogni italiano poteva disporre di un reddito di poco più di 17 mila euro, circa 500 in meno rispetto al 2008. 

Inutile aggiungere che ci sono zone del Paese nelle quali è andata decisamente peggio: sempre tra il 2009 e il 2010, nel Mezzogiorno il reddito è cresciuto solo dello 0,5% fermandosi a 12.800 euro.  

 Il lavoro che si riduce  

Dalle dinamiche del reddito dipende direttamente la capacità di risparmiare: dal 2007 ad oggi lo stock nazionale del risparmio è andato sempre calando. Questo succede soprattutto perché, spiega lo studio di Unioncamere, la capacità di accumulo degli italiani dipende essenzialmente dal reddito da lavoro. La simulazione messa a punto dai tecnici delle Camere di commercio valuta che l’occupazione dipendente si sia ridotta mediamente di un punto percentuale l’anno.  

Se il trend dovesse continuare di questo passo, conclude il documento, nella media nazionale basterebbero poco più di dieci anni per azzerare completamente la capacità di risparmiare delle famiglie e altri nove per azzerare lo stock del capitale risparmiato. Se non si trovano contromisure efficaci alla stretta della crisi - soprattutto sul piano della creazione di nuovi posti di lavoro - dice Unioncamere «la speranza di vita media della ricchezza delle famiglie italiane è di vent’anni». Lo spazio di una generazione, insomma, potrebbe portarci al fallimento collettivo.  

 Lo spettro del crac  

Non bisogna dimenticare, naturalmente, che il paese è fatto di realtà molto lontane quanto a ricchezza disponibile. E che come al solito il Mezzogiorno è quella nella quale l’emergenza è più vicina: la ricchezza delle famiglie che vivono nel Sud è circa del 30% più bassa della media nazionale. In Calabria (regione abbonata alla maglia nera quando si compilano classifiche come queste) basterebbero 12 anni di congiuntura simile a quella attuale per azzerare i patrimoni delle famiglie: e azzerare, attenzione, significa arrivare a vendersi la casa per riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena. Sotto questa luce forse si capisce meglio l’urgenza di misure capaci di fermare l’emorragia di posti di lavoro dovuta alla crisi. In Italia come in Grecia e in Spagna. E come in tutta Europa.