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NE IRROGANTO Documento
inserito il: 27-12-2012 |
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Il Sole 24 Ore del 27-12-2012 Sulla
crescita solo principi senza proposte Luigi Zingales E l' agenda Monti si
fece carne. Con qualche ora di anticipo sul Santo Natale, la buona novella
centrista è apparsa sul Web: 24 pagine di linee programmatiche, divise in
quattro capitoli: Europa, Crescita, Welfare, e un interessante "Cambiare
mentalità e comportamenti." A grandi linee le proposte sono
assolutamente condivisibili e in alcuni casi, come quello della scuola,
addirittura rivoluzionarie per l' Italia. Ma l' agenda è priva di numeri e di
dettagli. Più che un programma economico di rilancio, è un manifesto
politico, che rigetta le posizioni delle estreme (Berlusconi e Vendola), per
ritagliarsi un grande spazio al centro. L' agenda comincia non
sorprendentemente con l' Europa. Al di là di dichiarazioni di principio (
"L' Italia deve battersi per un' Europa più comunitaria e meno
intergovernativa, più unita e non a più velocità, più democratica e meno
distante dai cittadini") non ci sono ne' nuove idee, ne' proposte
concrete su come realizzare questi obiettivi. C' e' solo una dichiarazione di
metodo: dall' Europa non si ottiene sbattendo i pugni sul tavolo, ma
convincendo gli altri delle nostre ragioni. Un' affermazione profondamente
giusta, ma anche una rivendicazione dello stile Monti in contrapposizione a
quello Berlusconi. La parte più deludente è quella sulla crescita: non per i
principi enunciati (altamente condivisibili), ma per l' assenza di proposte
concrete. Si apre con una importante dichiarazione anti Fassina e Vendola:
«Non si può seriamente pensare che la crescita si faccia creando altri
debiti». Ma l' enfasi è sul pareggio di bilancio, non sul taglio delle spese
e delle imposte. Si dice che la spesa pubblica va riqualificata, non
necessariamente ridotta. E la riduzione delle imposte viene ritenuta
«possibile», non necessaria e neppure probabile. C' è anche un accenno alla
possibilità di una patrimoniale, come metodo per redistribuire (non ridurre)
il carico fiscale. Non sembra un programma di riforme per un rilancio dell'
economia, ma un programma per la protezione dei diritti acquisiti e di chi
vive di spesa pubblica. Per non urtare la sensibilità dei boiardi di stato si
parla addirittura di valorizzazione/dismissione del patrimonio pubblico, non
di "privatizzazioni" delle imprese pubbliche e di quelle
municipali. Più audace e chiaro è invece il piano sull' istruzione, che vuole
premiare il merito tra gli insegnanti e riconosce il valore delle valutazioni
nazionali tipo Invalsi da usare per incentivare docenti e dirigenti scolastici.
Una proposta sacrosanta, ma molto osteggiata dai sindacati, perfino quelli
americani. Interessante è l' enfasi sulle liberalizzazioni, viste come «parte
integrante di una politica economica che ha messo al centro l' interesse dei
cittadini-consumatori piuttosto che quello delle singole categorie economiche
o dei produttori». Purtroppo mancano le proposte concrete. Sul capitolo del
welfare non ci sono novità. Spicca solo la giusta enfasi su misure per
favorire il lavoro femminile e sulla meritocrazia nella pubblica
amministrazione. Fa un po' sorridere l' uso della nuova dirigenza Rai come
esempio della riduzione «dei condizionamenti della politica nelle carriere
amministrative e professionali». Forse che la Tarantola è stata scelta per la
sua competenza nel settore? Il capitolo più nuovo e importante è quello
intitolato «cambiare mentalità e comportamenti». Qui l' agenda Monti esce dal
tracciato dell' economia neoclassica tradizionale ed abbraccia l' importanza
delle istituzioni, della cultura, e dell' etica. Monti propone una
regolamentazione seria dell' attività di lobby, una trasparenza dei
finanziamenti ai partiti politici, una tolleranza zero per l' evasione
fiscale e la corruzione, una seria legge sul conflitto di interesse, ed una
reintroduzione del falso in bilancio. Si rivendica anche l' importanza della
trasparenza della pubblica amministrazione, proponendo anche per l' Italia un
"Freedom of Information Act", ovvero un diritto dei cittadini di
conoscere i dati a disposizione della Pubblica Amministrazione. Se
introdotto, questo principio potrebbe trasformare non solo la Pubblica
Amministrazione, ma anche la visione che il cittadino italiano ha della
stessa. In questo capitolo si rivendica giustamente la politica come un
servizio ai cittadini, invece che come metodo di arricchimento personale. Ma
ci si dimentica che per moralizzare la politica bisogna impoverirla:
privatizzazioni e tagli di spesa sono elementi necessari. Ma soprattutto ci
si dimentica che un cambiamento di mentalità e comportamenti deve cominciare
con un cambiamento di uomini. Questo ricambio non è sufficiente, ma è
necessario. Ed questo è il vero buco dell' agenda Monti: proposte concrete
per un ricambio delle classe politica e dirigenziale. Monti pensa che la sua
ambiziosa agenda possa essere implementabile con quella stessa classe
politica e dirigente che ha portato al fallimento la Seconda Repubblica? Al
di là delle differenze lessicali (salita in politica, invece che discesa in
campo), la manovra di Monti ricorda molto quella di Berlusconi nel 1994.
Anche il Berlusconi del '94 aveva una agenda liberale, agenda che aveva
ricevuto il plauso dello stesso Monti. Aveva perfino gli stessi alleati: Fini
e Casini. Perché Monti dovrebbe riuscire laddove Berlusconi ha fallito? Se
pensiamo che la colpa del fallimento sia solo di Berlusconi, allora forse la
salita in politica di Monti è destinata ad avere effetti migliori. Io invece
ritengo che il fallimento di Berlusconi sia dovuto a tre motivi.
Innanzitutto, la struttura padronale del suo partito, fatto di stipendiati,
che non rappresentano un' idea, ma operano nell' interesse del datore di
lavoro, qualunque esso sia. Secondo, conflitti di interesse insanabili, che,
in un partito padronale, trasformano il partito in una gigantesca organizzazione
di lobby. Terzo, il desiderio di vincere a tutti i costi, anche ai costi
degli stessi principi per cui si vuole vincere, che ha spinto Berlusconi ad
allearsi con cani e porci. Se Monti vuole riuscire dove Berlusconi ha fallito
deve evitare gli errori commessi dal suo predecessore. Deve costruire un
partito che si differenzi dall' Udc ma anche da Italia Futura, che è un
partito padronale, come lo era a suo tempo Forza Italia. Deve ridimensionare
il ruolo di chi è portatore di conflitti di interesse. Ma soprattutto deve
imporre che i suoi candidati siano persone nuove, non membri di quella casse
politica che ha fallito. Ai miei studenti di private equity insegno che nel
giudicare la credibilità di un fondo di investimento non basta valutare la
strategia, ma bisogna valutare la coerenza della strategia con le persone che
andranno ad implementarla. La migliore strategia di investimento nel settore
delle biotecnologie non è credibile se i partner del fondo non hanno
conoscenza, esperienza, e una storia di successo nel settore. Lo stesso vale
per le agende politiche. Non si può parlare credibilmente di trasparenza dei
finanziamenti ai partiti, con chi non ha oggi la massima trasparenza sui suoi
finanziamenti. Non si può parlare credibilmente di regolamentazione delle
lobby e dei conflitti di interesse, con chi organizza un partito personale ed
è portatore di conflitti di interesse. Non si può parlare credibilmente di
etica della politica con chi ha portato in parlamento Totò Cuffaro e Saverio
Romano. Pur con tutti i suoi limiti l' agenda Monti è troppo importante per
essere lasciata in mano a questi Montiani, perché dopo il tradimento di
Berlusconi la cosa peggiore per gli italiani non sarebbe la sconfitta dell'
agenda Monti, ma un suo ulteriore tradimento. Se un' altra volta l' agenda
liberale viene usata come foglia di fico per difendere gli interessi di
pochi, a soffrirne non sarebbe solo l' economia del nostro Paese, ma la sua
stessa democrazia. Luigi Zingales © RIPRODUZIONE RISERVATA. |
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