Il Sole 24 Ore 28-3-2008
Quell'angolo di Sud appestato dalla diossina.
di Mariano Maugeri
I
camorristi di Casal di Principe lo sterco di bufale lo scaricavano ogni notte
davanti alla casa del sindaco Renato Natale, un medico che aveva osato sfidarli
intitolando una piazza alla legalità: tonnellate di deizioni freschissime che maceravano sotto il cielo
invernale di quella che i latini avevano fregiato del titolo di Campania fertilis, terra grassa e concentrata come cioccolato. Le
bufale come misura del potere degli allevatori e del suo contrario.
Esibizione di floridezza e di purezza (il latte) ma anche di offesa e sfregio
(le loro deiezioni). Dal rifiuto come offesa al rifiuto come mezzo illecito
di arricchimento è tormentata questa terra, edilizia di rapina e
conati di cemento.
I paesi della camorra non si concedono neppure la civiltà di un
marciapiede: strade asfittiche, larghe solo cinque passi,
e poi case su case che hanno fagocitato spazi pubblici, quindi di nessuno.
Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Casapesenna,
Villa Literno, Santa Maria la Fossa. I cortili ci
sono, le palme e le buganvillae pure, ma ben
protetti dentro muri di cinta alti come quelli delle
carceri. Qui anche i muri spiano i passanti. Seicentoquarantasei omicidi di
camorra in vent'anni solo nella provincia di Caserta dimostrano che non si
tratta di paranoie. Le giornate scorrono spiando e con la paura di essere
spiati. Sembrano i sobborghi di Caracas o Bogotà, ma siamo tra Napoli
e Caserta, con epicentro nell'Agro aversano, capitale della Campania infelix. Carlo Aversano, parroco da trent'anni della
chiesa di San Salvatore, a Casal di Principe, accoglie gli ospiti mentre
ascolta Mozart e prepara i festeggiamenti della Madonna Preziosa. A lui
toccò correre nella chiesa di San Nicola dove il suo allievo
prediletto in seminario e viceparroco, don Peppino Diana, morì
fulminato da cinque colpi di pistola esplosi da un killer dei casalesi. Don
Carlo i componenti dei clan li conosce uno a uno. E racconta: «Quanto inutile
sfarzo nelle loro case: marmi costosissimi, drappeggi di seta finissima: ma a
che cosa serve circondarsi di cose inutili quando poi le strade di questo
paese sembrano appena bombardate?».
Tra ipotesi naufragate di un paese e l'altro si potrebbe coltivare l'illusione
che la natura riprenda il sopravvento, scampoli di terra sfuggiti non si sa
come a un saccheggio spontaneo e scientifico allo stesso tempo. Gli
elicotteri dei Nucleo operativo ecologico hanno
setacciato metro dopo metro questa terra grassa come cioccolato. Rilievi aerofotogrammetrici che misurano le alterazioni termiche
dei terreni.
Più alta è la temperatura, più è probabile che
sottoterra ci siano veleni. Un lavoro meticoloso coordinato dal Capitano
Ultimo, il carabiniere che strinse le manette ai polsi di Totò Riina.
Tra Napoli Nord e Caserta Sud c'è un'immensa necropoli di rifiuti
nocivi. Un tomo pieno zeppo di dati e cartine trasferito alle Prefetture.
L'organico dei Noe
è la summa della disorganizzazione statuale: otto carabinieri a
Caserta, ma fino a un anno fa erano solo due. A loro spetta un compito
immenso: setacciare vita, morte e miracoli di 2mila allevamenti di bufale,
istruire l'inchiesta sui rifiuti solidi urbani, inseguire gli untori che
hanno stivato rifiuti speciali. E, paradosso dei paradossi, l'istituto zooprofilattico di Portici, uno dei più antichi
d'Italia, non è attrezzato per eseguire le analisi sulla presenza di
diossina ne latte a differenza di quelli omologhi di
Teramo e Brescia. La diossina è una delle risultanti di uno scempio
sistematico. L'ex sindaco di Marcianise, Filippo Fecondo, nel 2003
decretò l'abbattimento di 3mila mucche che pascolavano vicino a un
impianto di smaltimenti di fanghi industriali. L'altro veicolo di
contaminazione sono le greggi di pecore, che nella loro perpetua migrazione
in cerca di foraggio ripuliscono chilometri su chilometri di campagne. La
morte delle pecore di Acerra è la
rappresentazione plastica di una implosione per
overdose di veleni. Da Acerra a Casal di Principe
si bordeggia una terra in bilico tra la diaspora psicologica e una impossibile secessione dalla parte più oscena
di sé. A pochi chilometri dalla parrocchia di Don Carlo si incrociano i
toponimi della discesa negli inferi: Santa Maria la Fossa, San Tammaro e Ferrandella.
Una montagna di rifiuti con tutti i colori dei nostri scarti quotidiani e
cinque escavatori che si muovono ritmicamente alla ricerca di un ordine
impossibile. Sopra di loro una nuvola di gabbiani trasformati in sciacalli
banchettano insaziabili ogni ora del giorno e della notte.
Cave, terra, edilizia, lavori pubblici, rifiuti tossici, camorra. Qui i
sillogismi procedono in base agli interessi della criminalità
organizzata. I camorristi riempiono con disinvoltura tutti gli spazi vuoti (e
pure quelli pieni) con i rifiuti, così come addormentano le coscienze
con la droga e sottomettono con la violenza. Perfino le aree di sosta sulla
superstrada Nola-Villa Literno,
l'arteria che taglia in due l'Agro-aversano, sono
discariche a cielo aperto. «E qui sotto, nei pali di fondazione, ci sono i
cadaveri della camorra e rifiuti tossici a volontà», ripetono tutti,
come se fosse la cosa più naturale del mondo. Che non fossero credenze
popolari, è stato chiaro quando l'Agenzia regionale per l'ambiente, su
richiesta della Procura, ha cominciato a misurare il tasso di diossina
presente nel latte delle mucche e delle bufale (questa è una delle
zone di produzione della mozzarella di bufala campana): tassi altissimi, che
hanno decretato l'abbattimento di migliaia di capi.
Ora
la situazione sembra sotto controllo, ma i magistrati continuano a indagare.
La diossina si produce in mille modi: la notte, i cumuli di copertoni
bruciano come pozzi di petrolio. Colonne di fumo che tingono di nero il cielo
e poi ricadono sui campi dove pascolano le pecore, le mucche e le bufale.
Tutte le fonti più autorevoli continuano a ripetere che la situazione
ambientale è drammatica. Un anno fa pure Lancet,
la storica rivista di medicina inglese, è scesa in campo con un articolo
durissimo di un fisiologo pisano del Cnr originario di Nola, Alfredo Mazza.
Scrive Mazza: «Migliaia di persone sono state
esposte a sostanze tossiche per decenni. Tutto è contaminato: gli
agenti inquinanti nell'aria, nella terra, nell'acqua e nei prodotti della
terra sono ben al di sopra dei livelli consentiti. A mio parere, il governo
italiano dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza».
Ma l'emergenza non è solo ambientale. Basta passeggiare lungo la domiziana, una strada di mare lunga trenta chilometri che
alla cinque di pomeriggio è popolata di nigeriani. Castel
Volturno era un borgo di poche migliaia di anime prima che da Pozzuoli
cominciasse la deportazione provocata dal bradisismo. Il terremoto dell'80,
con la seconda deportazione, ha dato il colpo di grazia: da 3.500 abitanti a
60mila. Le case di villeggiatura si sono trasformate in una riserva indiana
dove vivono gli immigrati rifiutati e sfruttati da tutti. La pineta con
centinaia di siringhe conficcate sui tronchi dei pini è un monumento
all'indifferenza. A pochi chilometri dalla pineta finisce la sua corsa
dolente il Volturno, una cloaca a cielo aperto che raccoglie i rifiuti di
mezza Campania. I Regi lagni, si spengono sullo
stesso mare, una sequenza di pozze purulente dove ribollono
gli scarichi dell'entroterra.
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