PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il: 28-10-2012 |
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Commento |
La maniacale compulsività degli Inglesi verso le scommesse potrebbe
distruggere i loro mercati finanziari attraverso il “financial
spread betting”: per scommettere non serve comprare
titoli. La hybris della City punita
dagli dei. |
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IL
Sole 24 Ore 28-10-2012 A passeggio tra i resti del
boom
Leonardo Maisano «Ladies
and gentlemen, ci troviamo nel cuore della City di Londra. Alle vostre spalle
la Banca d'Inghilterra, the Old Lady, un poco più
avanti potete vedere ...». Doppiopetto di lino blu, camicia a righe ampie,
cravatta sorprendentemente vezzosa, David Buik è
l'affabulatore di una narrazione che caracolla fra il ricordo storico, la
memoria personale, l'ultimo pettegolezzo. Di «si dice» è piena la City, i rumors, talvolta in odore di insider trading,
attraversano da secoli un Miglio Quadrato (è l'estensione geografica del
distretto finanziario britannico) che aspira a spiegarsi. Vuol dar notizia di
se stessa, della propria esistenza oltre la crisi, rivolgendosi a una
ristretta platea di curiosi pronti a pagare 400 sterline per un giorno e
mezzo di camminata fra le macerie morali ed economiche della finanza
anglosassone nel quinto anno dell'era credit-crunch.
La
cupidigia umana, David Buik, la misura su se
stesso. «Se a 68 anni sono ancora al lavoro lo si deve proprio all'avidità di
tanti anni fa». In Leadenhall street,
la storia personale di un broker a caccia di un facile guadagno e quella di
un palazzo dall'incerto destino, s'incontrano. Il Cheesegrater,
ovvero il grattacielo progettato da Richard Rogers
che svetta dinnanzi all'edificio dei Lloyds di Londra,
rimase fermo per mesi a causa della crisi del 2008 senza più un padre e una
madre in grado di garantirgli un destino economico sufficiente a far
ripartire i lavori. Gli operai sono tornati sulle impalcature e da lì
guardano il palazzo che ospita il più grande mercato delle assicurazioni del
mondo dove si consumò un altro atto di umana hubris.
«Era il 1989 e sui Lloyds precipitò la crisi
dell'amianto. Migliaia di persone fallirono, case e risparmi di una vita
furono portati via. Accadde in una certa misura anche a me, anche per questo
continuo a lavorare. Ma è stato giusto così, erano margini enormi». E
nell'ubriachezza generata dall'odore del profitto, molto poco del rischio
sull'amianto fu riassicurato. Il conto finale fu enorme anche se misurato con
le tasche capienti dei singoli investitori. Erano gli
anni del boom innescato da Margaret Thatcher, il Big Bang finanziario
s'accompagnò all'abbattimento dell'imposizione fiscale e all'occhieggiare del
capital gain, balzello a lungo sconosciuto. L'opulenza londinese, molti la
fanno risalire a quella bizzarra, prolungata dimenticanza. Trent'anni fa, più
di un terzo degli investitori in Borsa erano privati, oggi al London stock exchange non più
di uno su dieci è singolo risparmiatore e questo significa che la ricchezza
delle famiglie [anni ‘80], quella nata da danaro esentasse, sbocciava dalla speculazione
finanziaria che è storia antica, come abbiamo visto, assai più delle consunte
insegne del Jamaica Coffe House che nel 1652 divenne storico punto d'incontro
di buyers and sellers. Allora
come ora. «Lo dicono i numeri: il 17% dell'economia britannica è nei servizi
finanziari ...». La finanza pesa ma non tanto, Nicholas Wood sa di esagerare
e presto si corregge. Non vuole dare sostanza al sospetto che fortissimamente
nega, ovvero di volere promuovere la City dando così un contributo alla
riabilitazione di ammaccati banker. «There is nothing
good or bad, but thinking makes it so», Chris Darbyshire ex uomo dei derivati Goldman Sachs, oggi
impegnato su prodotti non dissimili per Investment,
s'appella ad Amleto per ragionare su quanto sia opinabile la fama. «Non c'è
(davvero, n.d.r.) nulla di buono o di cattivo che
non sia reso tale dal pensiero»? Non lo era – lascia intendere Chris – quel
primo contratto future che un contadino della Mesopotamia firmò sette secoli
prima di Cristo per proteggere il proprio raccolto. Molto meno primitivo è l'abbrivio
successivo, quello dei giorni nostri, quando la cultura dei prodotti derivati
è esplosa accoppiandosi con il godimento dell'azzardo. È accaduto qui, in
queste strade, lucide d'ottone, molto più che in quelle di Wall street. È qui che
l'acrobatico edificio finanziario ha incontrato la britannica passione,
viscerale, per il rischio. Dove la finanza s'è fatta pura scommessa. «Lei dice che siamo solo bookmakers? È così, per tutti». Angus
Campbell replica senza ipocrisia alla più ovvia obiezione, lui che maneggia
il cosiddetto Financial spread betting [in calce la definizione], strumento non troppo diverso
dal far volare una moneta in attesa di una testa o di una croce. È vietato
negli Usa, ma minaccia di contaminare i mercati finanziari inglesi, innalzando
il rischio. È tanto apprezzato dagli «investitori» perché non c'è tassa sul
guadagno. «Perché? Semplice – replica Angus – in Inghilterra non ci sono
imposte sulle scommesse». Credevamo
di essere nella City e abbiamo la bizzarra sensazione di muoverci nel privè di un casinò. Ma, forse, come dice Angus, lo
stupore va messo via, perché le similitudini sono evidenti. Troppe, se è vero
quanto racconta Bill Hubard, a conclusione di
questa corsa a pennellate molto naive su e giù la
superficie di un quadrato che sembra molto più di un miglio capace, come è
stato, di allargarsi oltre i confini naturali. Ha molti ex nel suo curriculum
di maturo dealer\banker columnist, mister Hubard. S'avvicina con l'accento arrotato del sud degli
Stati Uniti e sussurra. «Mai vista una
situazione come quella degli ultimi anni, i mercati sono fuori controllo». E
se, invece, per qualcuno battono la fiacca, è motivo in più per inventarsi un
buon business, passeggiando, a pagamento, fra i resti del boom. Che cos’è il 'Financial Spread Betting'
Dice
Investopedia: |
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