Il Sole 24 Ore 26-8-2011
Il Messico è la Cina
d'America
dal corrispondente Roberto Da Rin
BUENOS AIRES - Parrebbe avvitato in una
spirale violenta e recessiva il Messico dei nostri giorni, insanguinato dalla
tragedia del narcotraffico. Il Messico, quello dei 40mila morti in 6 anni. Il
Messico, quello dei coyotes (trafficanti di uomini)
che, se non muori di sete, per 1.500 dollari ti portano dall'altra parte, al
di là del Rio Grande, per tentare la sorte negli Stati Uniti.
Il Messico, quello delle maquiladoras, le piccole
imprese manifatturiere, sprofondate in una crisi profonda conseguente alla
recessione americana. A guardarla così sembra senza speranza la
congiuntura politica ed economica di questo gigante latinoamericano. Eppure
qualcosa di positivo succede: un forte recupero di competitività
rispetto alla Cina. L'aumento dei salari cinesi e la rivalutazione dello yuan
offrono una nuova configurazione dello scenario geo-economico.
L'effetto chiaro è uno spostamento degli investimenti e degli impianti
industriali dalla Cina al Messico e al Centroamerica.
Dieci anni fa il settore manifatturiero
cinese era del 237% più economico di quello messicano. Oggi la Cina
è più competitiva solo del 14 per cento. Ciò significa
che i salari sono praticamente uguali se si tiene conto del fatto i costi di
trasporto dalla Cina agli Stati Uniti sono ben più cari di quelli dal
Messico agli Stati Uniti.
«Ecco perché, per la prima volta da molto tempo - spiega Gabriel Casillas, capoeconomista di JP
Morgan in Messico - stiamo assistendo a una ridefinizione dei rapporti di
scambio e di competitività».
Alcuni analisti di Standard & Poor's rafforzano
la teoria della progressiva perdita di competitività della Cina: la
diminuzione del rating di alcuni istituti creditizi americani, ma soprattutto
quello dell'intero sistema bancario, sono fattori che spingeranno ancora in
direzione di una rivalutazione dello yuan cinese. Una prima conferma arriva
dal fatto che le importazioni degli Stati Uniti, provenienti dal Messico,
sono già aumentate: dal l'11,3% del 2005 al 14% del 2010. Una tendenza
che si sta rafforzando nel 2011.
Un'altra conferma arriva dal l'industria
automobilistica, che ha ingranato la quarta: Fiat, Ford, Volkswagen, Toyota e
Mazda hanno annunciato nuovi impianti. Allo stesso tempo l'industria aerospaziale
rilancia gli investimenti: Airbus, Eurocopter, e Bombardier comunicano nuovi progetti.
Il timore è che l'ondata di violenza che affligge il Paese possa
condizionare gli investimenti di Europa e Nord America. La risposta degli
analisti è che la violenza è circoscritta agli Stati di Guerrero e Michoacan, nel nord.
Uno scenario dunque con qualche spiraglio di luce anche se il narcotraffico
resta la vera emergenza. Le cronache di ogni giorno riportano episodi di
inaudita violenza. Ieri, a Ciudad Juarez, alcuni
uomini armati ha sparato su un gruppo di genitori in attesa dei figli
all'uscita della scuola elementare Ricardo Flores Magon.
Il sospetto è che l'attacco sia legato a un caso di estorsione. Sempre
ieri il direttore del quotidiano messicano online La Discusion,
Humberto Millan Salazar,
è stato sequestrato a Culiacan, nello stato
di Sinaloa.
I VOLTI DELLO SVILUPPO
Messico fermo, Cina in corsa
Fatto 100 il costo unitario del lavoro nel 2005, i salari messicani negli
ultimi sei anni sono rimasti sostanzialmente fermi. Quelli cinesi sono invece
più che raddoppiati, colmando gran parte del gap che li separava dagli
stipendi messicani (si veda il grafico)
Il sistema manifatturiero cinese resta ancora più competitivo di
quello messicano, ma solo del 14%. Dieci anni fa era più conveniente
del 237%
Tenendo conto delle spese di trasporto, le esportazioni cinesi verso gli
Stati Uniti pertanto hanno perso il loro vantaggio rispetto a quelle
messicane, che infatti sono aumentate dall'11,3% del totale Usa nel 2005 al
14% nel 2010
Sul fenomeno influisce anche la rivalutazione dello yuan
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