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Documento d’interesse   Inserito il 15-12-2008


 

 

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Catastrofe finanziaria. Origini e cause del disastro. Alcune proposte. Di Mauro Novelli 9-11-2008

 

 

Il Sole 24 Ore

 

13-14 DICEMBRE 2008

Dossier Crac Madoff


 

INDICE DEL DOSSIER CRAC MADOFF

Così Bernie ha ideato una truffa da 50 miliardi (13-12-2008) 1

Crac Madoff, le esposizioni delle banche in Europa e Italia. 1

Il crack Madoff spaventa l'Italia.  Scatta l'allarme hedge funds 1 di Monica D'Ascenzo. 1

Uragano Madoff su Wall Street 1 dal nostro corrispondente Mario Platero. 1

Ponzi, l'italo-americano che  inventò la truffa negli anni '20. 1 di Mara Monti 1

Gran Bretagna, Varley (Barclays): «2009, un altro anno di crisi». 1 di Nicol Degli Innocenti 1

 


 

Così Bernie ha ideato una truffa da 50 miliardi (13-12-2008)

Per quasi 50 anni Bernard Madoff, "Bernie" per gli amici, ha gestito la sua attività di brokeraggio a New York come "family business". E come un affare di famiglia questo settantenne dall'aspetto bonario pensava di concludere la sua onorata carriera prima di consegnarsi alle autorità per quello che potrebbe rivelarsi come il più grande scandalo della storia di Wall Street. All'alba di giovedì, quando gli agenti federali sono entrati nel suo appartamento nel cuore di Manhattan per arrestarlo, Bernie ha dichiarato candidamente di non avere «spiegazioni innocenti» per giustificare un buco che, per sua stessa ammissione, ammonta ad almeno 50 miliardi di dollari, cinque volte, per avere un paragone, il crack di Worldcom del 2002.

La spiegazione "autentica" è quella che ha fornito lui stesso ad alcuni dei suoi più fidati collaboratori, quando, secondo l'atto di accusa depositato dalla Sec, li ha chiamati a raccolta per una confessione shock: la sua attività di investment advisory era semplicemente «una gigantesca bugia» dietro la quale si nascondeva la più classica delle truffe, la catena di Sant'Antonio meglio conosciuta negli Usa come il «Ponzi scheme».

La Bernard Madoff Investment Securities, società di cui Madoff risulta essere l'unico titolare, faceva leva su una solida reputazione costruita a partire dal 1960 quando, Bernie, un ex bagnino di Lond Island (la spiaggia dei newyorkesi facoltosi), si era lanciato nell'attività di brokeraggio. Dieci anni dopo lo aveva raggiunto il fratello Peter, anche lui laureato in legge, e via via erano arrivati a lavorare nella società anche i nipoti Charles e Shana e i figli Mark e Andrew. Il family business andava a gonfie vele, tant'è che la BMSI è arrivata a occupare centinaia di trader, mentre Bernard Madoff aveva saputo ritagliarsi un ruolo di spicco nella comunità finanziaria newyorkese, diventando anche presidente del Nasdaq, il listino tecnologico di cui si vantava di aver accompagnato lo sviluppo negli anni del boom della new economy.

L'attività della sua casa di brokeraggio spaziava dall'attività di negoziazione titoli, fino allo sviluppo di piattaforme elettroniche di trading per azioni e derivati, per le quali aveva avuto come partner le più prestigiose firme di Wall Street, da Goldman Sachs a Merrill Lynch. Nell'83 era sbarcato anche a Londra, diventando uno dei primi membri americani del London Stock Exchange.
Ma i guai sono arrivati dopo, quando il broker, contando sulla sua buona reputazione, decise di inventarsi un futuro nel settore degli hedge fund, ufficialmente come advisor di alto profilo. Già nel 2001 sulla stampa specializzata erano emersi i primi dubbi per questa nuova attività di Madoff.

Dubbi fomentati dai concorrenti che si chiedevano come fosse possibile che lo schema di gestione di fondi dei fondi hedge inventato da Madoff non solo riuscisse a produrre rendimenti costanti dell'ordine del 15% all'anno, ma sorprendentemente azzeccasse sempre il timing degli acquisti e delle vendite, ponendosi al contempo al riparo della volatilità. Come fa? «Too good to be true», troppo buono per essere vero, insinuavano i detrattori. Ma Madoff rispondeva di meritarsi un po' di credibilità dopo decenni di attività sul mercato come trader: «La strategia è la strategia - diceva - e i risultati sono i risultati».

Nel 2001, quando era stato lanciato il primo allarme - caduto nel vuoto - la consulenza per i fondi aveva già assunto dimensioni internazionali. Tra chi si appoggiava alla sua esperienza c'erano gli hedge newyorkesi Fairfield e Tremont; Kingate, gestito dalla Fim di Londra; la svizzera Thema. E la caccia ai clienti facoltosi, istituzioni, hedge e ricchi privati, era aperta ovunque ci fosse l'opportunità: dal Country Club di Palm Beach a Londra, da Milano a Lugano, dove molti, si dice, rischiano di pagare a caro prezzo la sorprendente stangata di Madoff.

All'inizio di dicembre, dunque, pressato da 7 miliardi di riscatti, Madoff ha deciso di gettare la spugna rivelando ai suoi collaboratori quello che avrebbe poi confessato agli agenti dell'Fbi. E cioè che fino ad allora aveva garantito alti ritorni agli investitori utilizzando le somme versate da nuovi clienti, il Ponzi scheme appunto. Finchè le nuove sottoscrizioni superavano le richieste di rimborso tutto è filato liscio, ma la crisi finanziaria ha fatto saltare il gioco.

Con un gesto che la dice lunga sul personaggio, Madoff ha persino tentato di conservare la simpatia dei suoi più stretti collaboratori: prima che scattassero le manette, ha promesso che avrebbe distribuito gli ultimi "spiccioli" rimasti in cassa, 200-300 milioni di dollari. L'intervento dell'Fbi ha evitato l'ultima truffa. In caso di condanna, Madoff rischia fino a 20 anni di carcere. Ora bisognerà vedere quale prezzo pagheranno i suoi clienti.


 

Crac Madoff, le esposizioni delle banche in Europa e Italia

I mercati finanziari europei risentono della frode da 50 miliardi di dollari messa in piedi dall'ex presidente del Nasdaq, Bernard Madoff. Gli annunci delle banche che danno i numeri della loro esposizione si susseguono. E l'andamento dei titoli ne risente.

La situazione italiana. In Italia la Consob ha avviato una serie di accertamenti finalizzati proprio a valutare l'impatto del crac sul sistema finanziario italiano. Unicredit ha comunicato di avere un'esposizione propria di circa 75 milioni di euro. «Relativamente alla divisione di asset management Pioneer Investments - dice il comunicato - UniCredit conferma che alcuni fondi della sua unità dedicata agli investimenti alternativi sono esposti a Madoff indirettamente tramite feeder funds.» Questi ultimi «non sono tuttavia presenti in alcun portafoglio dei fondi di fondi hedge di diritto italiano». Pertanto, «l'esposizione dei clienti italiani è pari a zero». Banco Popolare in mattinata è invece in netto calo a Piazza Affari sulle incertezze legate alla possibile esposizione. Secondo quanto riportato da «Il Sole 24 Ore» di sabato, Aletti Gestielle (controllata dal Banco Popolare) sarebbe tra i clienti di Ubion Bancaire Privèe, gruppo tra i più esposti in Europa sugli strumenti del fondo Madoff. La banca, in un comunicato, ha sottolineato che Aletti Gestielle Alternative ha esclusivamente una esposizione indiretta su Madoff tramite fondi feeder inseriti nei propri fondi di fondi hedge. Il fallimento del Fondo Madoff, dunque, comporterà una perdita massima, relativa al patrimonio del Banco Popolare, non superiore - al cambio attuale - a 8 milioni di euro. La perdita massima sui fondi distribuiti alla clientela istituzionale e private ammonta a circa 60 milioni. Generali ha invece confermato le indiscrezioni dell'agenzia di stampa «Radiocor-Il Sole 24 Ore»: l'istituto non ha alcuna esposizione.

Le banche europee. Sono molte le banche europee esposte. Tra queste troviamo il Santander, Bnp Paribas, Rbs, Natixis. La britannica Royal Bank of Scotland fa sapere che le sue perdite potenziali legate allo scandalo sono di 400 miliooni sterline (450 milioni di euro). La spagnola Santander ieri ha detto che i clienti di Optimal, il suo hedge fund, sono esposti per addirittura 2,33 miliardi di euro. La banca spagnola Bbva, la seconda del Paese, non ha invece investimenti diretti in asset del truffatore statunitense, ma potrebbe avere «circa 300 milioni di euro di perdite» se alcuni fondi Madoff si rivelassero del tutto privi di valore. Bbva ha infatti agito su questi fondi solo come gestore per conto di altre banche e investitori istituzionali. La francese Bnp Paribas annuncia possibili perdite per 350 milioni di euro. Anche la banca d'investimento francese Natixis, controllata dalla Caisse d'Epargne e dalla Banque Populaire, rischia di perdere 450 milioni di euro. L'esposizione di Union Bancaire Privèe (Ubp) rappresenta invece meno dell'1% del totale degli asset in gestione. La solidità finanziaria della banca è ai livelli più alti - spiega Ubp in un comunicato - «non solo Ubp ha un Tier 1 ratio del 16% in termini di shareholder equity, il doppio rispetto al minimo legale richiesto dell'8%, ma lo stato patrimoniale ha mostrato una struttura costante per diversi anni, senza investimenti a rischio». Il gruppo britannico Hsbc secondo il Financial Times potrebbe accusare perdite per oltre un miliardo di dollari, il fondo d'investimento britannico Man Group invece presenta una esposizione di 360 milioni di dollari e quello giapponese Nomura ammette un'esposizione di 27,5 miliardi di yen (302 milioni di dollari). Axa ha invece fatto sapere che la sua esposizione netta «è molto inferiore» ai 100 milioni di euro. Il gruppo Credit Agricole Sa ha invece un'esposizione inferiore a 10 milioni di euro.

 


 

Il crack Madoff spaventa l'Italia.
Scatta l'allarme hedge funds

di Monica D'Ascenzo


A 48 ore dall'esplosione del caso Madoff è ancora difficile quantificare gli effetti che la truffa del secolo avrà sui fondi di fondi hedge. Una cosa, però, è già chiara: il crack di Madoff rischia di scatenare un effetto domino sui gestori delle più importanti piazze finanziarie europee, da Londra a Ginevra, da Madrid a Milano. In cifre, il falò da 50 miliardi di dollari acceso a Wall Street potrebbe mandare in fumo il 5% degli asset europei dei fondi di fondi hedge. Per quanto riguarda l'Italia, i rapporti con Madoff sono certi, ma il danno subito dagli investitori è difficile da quantificare: c'è chi parla di un'esposizione complessiva di oltre 3 miliardi, ma dai gestori non arrivano conferme.

Sul sito web di Pioneer del gruppo UniCredit, ad esempio, è scritto che «sostanzialmente tutti» i 280 milioni di dollari del fondo Primeo Select sono stati investiti sui fondi di Madoff. Dalla società fanno sapere che «come molti altri asset manager Pioneer Alternative Investments (Pai) sta valutando il potenziale impatto di questa situazione: Pai non è un investitore diretto in Madoff, ma alcuni fondi sono esposti indirettamente tramite feeder funds ». Il danno, se ci sarà, potrebbe riguardare solo in minima parte gli investitori privati: «Questi fondi sono distribuiti principalmente a investitori istituzionali e wholesale. L'esposizione per i clienti retail è molto limitata e pari a zero in Italia. Continueremo a monitorare la situazione, per assicurare che vengano messe in atto tutte le procedure necessarie a rappresentare gli interessi dei nostri clienti », prosegue la fonte di Pioneer.
Stesso discorso per il Banco Popolare, socio in Aletti Gestielle Alternative di Union Bancaire Privée, la banca svizzera coinvolta nel caso Madoff per un'esposizione valutata in oltre un miliardo di euro.

Il gruppo bancario italiano ha fatto sapere che si tratta di «un impatto minimo nei nostri fondi di fondi hedge ». Ma anche in questo caso, le cifre non vengono fornite. Un caso tutto da accertare riguarda la Fim, la società londinese di advisory gestita da due manager italiani, Federico Ceretti e Carlo Grosso. Secondo alcune indiscrezioni, la Fim avrebbe investito somme molto ingenti per conto di clienti italiani in Kingate, un hedge della galassia Madoff con asset per 2,8 miliardi di dollari: ebbene, la sorte di queste risorse è quanto meno incerta. In questa situazione confusa, molte società di gestione si sono affrettate a tranquillizzare i propri investitori. Hedge Invest, della famiglia Manuli, ha inviato una email a tutti i suoi clienti: «Caro Investitore - è scritto nella lettera - in seguito alla notizia dell'arresto di Bernard Madoff, Ceo di Madoff Investment Securities, società di brokeraggio operativa presso il New York Stock Exchange e advisor di alcuni fondi hedge (tra i quali ci risultano i seguenti: Kingate, Fairfield Sentry, M&B Equity Plus, M&B LIF US Equity Luxalpha, Thema International, Herald Fund, Dakota Global Investment

e Rafale Partners Inc) vi confermiano di non avere esposizione in nessun portafoglio o fondo supervisionato dalla stessa società ». Anche Albertini Syz ha scritto ai clienti: «Gentili investitori, facendo riferimento alla notizia diffusa relativa alla Madoff Investment Securities LLC e alle numerose richieste a noi pervenute (...) desideriamo comunicare che Albertini Syz SGR non ha alcuna esposizione a fondi ricollegabili a Madoff Investment Securities LLC». Dello stesso tenore la mail di Kairos, il fondo del finanziere Paolo Basilico, che ha negato esposizioni con Madoff. In Svizzera, dove la situazione appare molto più tesa, il fondo di fondi hedge Harcourt ha detto di non avere«alcuna esposizione con fondi feeder legati a Madoff» e quindi di non essere stato toccato «da questo presunto caso di frode». Ciò che sorprende tutti in questa storia sono comunque i segnali inascoltati. In particolare, molti risk manager dei fondi guardavano con sospetto il fatto che gli investimenti non avvenissero attraverso una banca depositaria, che comunque rappresenta una garanzia, ma direttamente con l'asset management della società di Madoff, Bmis. Altro fattore sospetto era il rendimento mensile costante, sempre alto indipendentemente dai movimenti del mercato.

 


 

 

Uragano Madoff su Wall Street

dal nostro corrispondente Mario Platero

Ieri c'è stato il terrore delle perdite individuali, il terrore di molti protagonisti del jet set internazionale che con il fallimento Bernard Madoff e il buco da 50 miliardi di dollari hanno perso gran parte delle loro fortune. Oggi, con l'avvicinarsi delle aperture dei mercati di domani, c'è il terrore per l'effetto domino: chi sarà il prossimo fondo a cadere? Come finirà il settore hedge funds sull'onda delle redemption, che dalle prossime ore saranno inevitabili e travolgenti? Che cosa succederà a uno dei più remunerativi business delle banche, quello appunto che serviva gli hedge funds? Dove si andranno a recuperare i soldi perduti?

La storia di questo buco colossale, che vale tre volte quello di Parmalat ed è persino più grande del fallimento Lehman insomma, è appena cominciata. Il fondo più a rischio oggi è il Fairfield Greenwich Group, circa 16 miliardi di dollari in gestione, uno dei fondi gestione più conosciuti nel jet set internazionale grazie allo straordinario lavoro di marketing della famiglia Noel. Fairfield aveva investito ben 7,5 miliardi di dollari del suo patrimonio in gestione nel fondo di Madoff, circa la metà della sua dotazione totale. E quando un fondo perde anche il 30% del suo valore, in genere ha il destino segnato. Pare che nel crack subiranno perdite colossali molti protagonisti della comunità ebraica di New York e alcune organizzazioni istituzionali, ad esempio la Yeshiva University, che aveva Madoff fra i suoi consiglieri. Fra gli altri fondi colpiti, in Europa c'è il King Gate,2,8 miliari di dollari investiti esclusivamente con Madoff, sembra in buona parte in provenienza dall'Italia grazie all'intermediazione di Federico Ceretti e Carlo Grosso da Londra. In America, Ascot Partners, gestito da Ezra Merkin, presidente della ex Gmac, la divisione finanziaria della Gm. Ascot aveva 1,8 miliardi di dollari in gestione, di fatto tutti investiti con Madoff. Ci sono poi il fondo Sterling Equities, di Fred Wilpon, il proprietario dei Mets e quello di Norman Braman, l'ex proprietario della squadra di footbal Eagles di Filadelfia. Il fondo Tremont, che avrebbe investito un miliardo di dollari con Madoff e il Maxam Capital Management. Proprio il Maxam ci dà la dimensione di uno dei più grossi problemi con cui si confronteranno managers e fondi a partire da domani mattina: la richiesta da parte delle autorità di restituire un rimborso che potrebbe essere stato illegale.

A novembre, quando le cose erano ancora in apparenza tranquille, Maxam chiede a Madoff la restituzione di 30 milioni di dollari. Madoff paga immediatamente. La sua puntualità nei rimborsi era leggendaria, fino a quando negli ultimi giorni, le richieste di rimborsi non sono salite a 7 miliardi di dollari. A quel punto Madoff si è reso conto che non ce l'avrebbe più fatta e che il suo schema di ripagare i vecchi clienti con i fondi investiti dai nuovi sarebbe saltato. La domanda centrale a questo punto è chiara: Maxam e altre centinaia di investitori che come lui avevano recuperato i fondi prima del fallimento, possono tirare un sospiro di sollievo o dovranno restituire i loro rimborsi? Pare che non ci siano dubbi: chi ha ottenuto rimborsi dopo che Madoff era tecnicamente fallito dovrà quasi certamente restituirli. La legge americana infatti prevede il recupero di fondi erogati da una istituzione finanziaria dopo il fallimento "tecnico" per proteggere egli altri investitori. Se ad esempio un investitore aveva dato 100 milioni a Madoff cinque anni fa, ne ottiene in restituzione oggi circa 200 grazie a un ritorno composto medio del 10% all'anno. In realtà i 100 milioni originari erano stati investiti male e si erano ridotti diciamo a 25 milioni di dollari. Per proteggere la sua immagine e evitare il panico, Madoff continuava a rimborsare i vecchi clienti con i fondi dei nuovi investitori, in coda per avere accesso ai suoi prodotti, leggendari per stabilità dei ritorni, circa il 10% all'anno. Non un ritorno strabiliante dunque, non il 20 il 30%all'anno come riuscivano a fare alcuni fondi hedge prendendo più rischi, ma proprio per questo, per la stabilità e la continuità dei ritorni, il fondo di Madoff sembrava più conservatore e sicuro.

Gli investigatori ora dovranno ricostruire il momento preciso del fallimento tecnico di Madoff e riallocare le perdite, andando a chiedere quattrini a chi li aveva incassati ignaro (e felice) magari cinque anni fa. Per questo le ramificazioni di questo fallimento saranno catastrofiche. Si partirà sul piano degli investimenti privati, ma le conseguenze saranno anche sistemiche: chi ha perso i soldi con Madoff e dovrà far fronte a pagamenti avrà due possibilità: dovrà dichiarare fallimento e dovrà prelevare soldi da altri fondi che si troveranno a loro volta in difficoltà. Per questo, e per l'improvvisa paura che oltre al mercato debolissimo vi sia il rischio di truffe, l'intero settore dei fondi hedge, già debole, oggi è ad altissimo rischio sul piano sistemico. Il terzo capitolo che si aprirà domani sarà quello delle cause, e delle vendette personali. Decine di studi legali a New York sono stati mobilitati per procedere con recupero crediti. Ma c'è chi teme anche la vendetta fisica: si dice che molti investitori nei fondi americani che appoggiavano Madoff fossero sudamericani e colombiani in particolare.


Ponzi, l'italo-americano che
inventò la truffa negli anni '20

di Mara Monti

È un bancarottiere italiano, emigrato negli Stati Uniti all'inizio del secolo scorso, l'uomo che ha dato il nome al meccanismo delle piramidi finanziarie, società organizzate come catene di S. Antonio, la cui unica finalità è truffare ignari investitori.

Sebbene si tratti di un genere di truffa praticata da secoli, il nome di Ponzi ne è diventato il sinonimo nella tradizione americana. Lo schema del "maestro di Boston", ampiamente utilizzato anche oggi come il caso Madoff insegna, è molto semplice: il denaro versato dagli azionisti non è reinvestito in alcuna impresa, e gli utili vengono pagati utilizzando i versamenti dei successivi acquirenti di nuove azioni. L'intero castello crolla quando le risorse in entrata non riescono più a coprire gli impegni presi. Se Carlo Ponzi avesse depositato il brevetto dello schema che prese il suo nome, i discendenti avrebbero incassato royalties milionarie.

Nato a Parma nel 1882, emigrò in Canada nel 1903. La sua natura «truffaldina»non tardò ad emergere e di lì a poco subì una condanna per falsificazione di banconote. Dal Canada, dopo la scarcerazione, arrivò negli Stati Uniti, dove fu nuovamente condannato, ma questa volta per contrabbando. L'anno della svolta è il 1919 quando a Boston escogitò un innovativo meccanismo per arricchirsi velocemente. Sposato con Rose Gnecco, giocatore d'azzardo, Ponzi applicò lo schema piramidiale ai francobolli internazionali prepagati: i "tagliandi internazionali di risposta", creati nel 1906 dai Paesi aderenti all'Unione Postale Universale, venivano acquistati dal mittente di una lettera, in genere gli emigrati negli Stati Uniti, che così pagavano in anticipo il francobollo per la risposta. A quell'epoca il costo della vita in Europa era molto basso e il prezzo d'acquisto di un francobolloequivaleva a un centesimo di dollaro, ma le Poste americane restituivano francobolli locali per un controvalore di sei centesimi. Ponzi fiutò il business, ma anche la truffa. Il progetto prevedeva un investimento in denaro a 90 giorni, con un interesse del 45% sul capitale. Nel giro di pochi mesi furono circa 10mila i cittadini di Boston che gli affidarono risparmi per un valore complessivo di circa 9 milioni e mezzo di dollari, una cifra enorme per quell'epoca. Ma lui non cercò mai di avviare la società. Si limitò ad utilizzare parte del denaro per pagare quanto pattuito ai primi investitori per dare credibilità al business.

Il personaggio, con precedenti penali, balzò agli onori delle cronache, diventando perfino un guru della finanza tanto da riuscire a comperare una quota della Hanover Trust Company, una importante banca locale. Ben presto il business si rivelò una truffa. Ponzi, accortosi che le richieste di uscita erano maggiori delle nuove entrate e che la sua piramide stava per crollare, riuscì a distrarre e a utilizzare anche i fondi della Banca della quale era socio. La bolla finanziaria scoppiò nell'agosto del 1920 portandosi dietro un buco di circa 6 milioni di dollari nei confronti dei risparmiatori. Ponzi venne nuovamente arrestato e condannato a 7 anni e mezzo di reclusione per frode postale. Quando uscì di carcere il 14 febbraio 1934, si rifugiò in Florida dove tentò una nuova speculazione questa volta sui terreni edificabili che in realtà erano paludi. Finì i suoi giorni in un ospedale per poveri a Rio de Janerio dove morì nel 1949 completamente povero.
In anni recenti, truffatori di varia natura hanno messo in pratica lo schema Ponzi in qualsiasi campo, da quello dei fondi di investimento, alle operazioni a premio, a quello delle proprietà immobiliari, ai contratti di acquisto, alle monete d'oro. Tra i tanti scandali si ricorda quello della Home Stake che si occupava di perforazioni di pozzi petroliferi, ovviamente ine-sistenti: per ingannare i compratori dei titoli della società, i truffatori arrivarono a dipingere di arancione i tubi per l'irrigazione di una fattoria in California, per farla sembrare un giacimento di petrolio. Quando la compagnia andò in bancarotta, gli ingnari azionisti persero cento milioni di dollari.Nell'elenco dei truffati anche Bob Dylan, Barbra Streisand, Liza Minnelli, Walter Matthau.


 

Gran Bretagna, Varley (Barclays):
«2009, un altro anno di crisi»

di Nicol Degli Innocenti

LONDRA - La crisi economica in Gran Bretagna potrà solo aggravarsi nel 2009: questa la previsione di John Varley, chief executive di Barclays. I prezzi delle case crolleranno del 15% nel 2009 e continueranno a calare anche nel 2010, mentre il tasso di disoccupazione salirà anche oltre il 7 per cento. In un'intervista televisiva in diretta stamattina, lunedi 15 dicembre, Varley ha dipinto un quadro a fosche tinte dell'economia britannica, ma ha detto che dopo un 2009 all'insegna della recessione la crescita tornerà nel 2010.

Per quanto riguarda il settore immobiliare, Varley prevede che il calo dei prezzi tra 2007 e 2010 sia intorno al 30%: «Probabilmente siamo a meà del periodo (di calo), quindi in altre parole abbiamo ancora il 10-15% di flessione da attenderci tra ora e la fine del prossimo anno» ha detto. Per l'occupazione non ci saranno notizie positive almeno fino al 2010: «Credo sia possibile che ci saranno altri 700mila licenziamenti nei prossimi dodici mesi» ha detto il chief executive della banca, sottolineando che il numero potrebbe salire ulteriormente l'anno successivo. Mercoledì 17 gennaio verranno resi noti i dati ufficiali sull'occupazione e si prevede un ulteriore incremento dei senza lavoro sopra quota 2 milioni.

Le banche hanno "indubbiamente" giocato un ruolo nel creare e accelerare la crisi attuale e sono in parte responsabili per la recessione in corso, ha ammesso Varley, però vanno riconosciute anche le responsabilità delle banche centrali e dei governi dei Paesi coinvolti. «Le banche devono essere pronte ad avere l'umiltà di riconoscere e accettare questo e di dire "mi dispiace"» ha detto ancora, definendo "follia" la fase dei mutui facili.

Varley ha anche spiegato che la ragione principale per cui Barclays ha respinto gli aiuti di stato offerti da Londra al settore bancario è stata la volontà di restare indipendente e continuare a crescere ed espandersi all'estero. «Se i soldi dei contribuenti britannici vengono investiti in una banca perché il Governo ha acquistato azioni, chiaramente gran parte del capitale e delle attività delle banche devono restare in Gran Bretagna, - ha detto. – Le nostre attività in Gran Bretagna sono estremamente importanti per noi, ma noi abbiamo più dipendenti fuori dal Paese che dentro, abbiamo più clienti fuori dal Paese che dentro e quindi è molto importante per me che la nostra strategia di crescita fuori dalla Gran Bretagna non venga ostacolata». Barclays ha preferito essere "salvata" dall'intervento di investitori mediorientali.