Il Sole 24 Ore 4-8-2011
Un terzo del Mib fuori dall'Italia
Nicola Borzi
In base alla direttiva Mifid, Borsa Italiana ha perso il monopolio degli scambi
sulle azioni italiane. Dal primo luglio al 2 agosto - volumi per 127,5
miliardi -, Piazza Affari ha raccolto direttamente metà degli ordini,
gli altri tre principali Mtf il 15,6% e i canali Otc il 31%.
A fronte di mercati così globali,
ci si chiede dunque a cosa servano le misure prese da Consob
per arginare la speculazione ribassista.
«Scusa,
vado a cercare un bancomat», diceva in una scena clou il protagonista di un
famoso film dei fratelli Coen, "Il grande Lebowski". Con la Borsa in tempesta, sono in molti
(compresa la stessa Consob) a cercare di capire
quali siano i "bancomat" dai quali sono arrivati i 127,5 miliardi
di euro scambiati tra il primo luglio e il 2 agosto sui 40 principali titoli
dell'indice Ftse Mib. La risposta è
difficile: il controvalore arrivato direttamente su Borsa Italiana è
stato di 63,9 miliardi, "appena" il 50,11% del totale. È l'effetto
della Mifid, la direttiva 39 del 21 aprile 2004
(recepita in Italia nel 2007) che ha posto fine all'accentramento degli
scambi a Piazza Affari.
Una mappa la fornisce Fidessa, multinazionale
quotata a Londra che si occupa di piattaforme di trading e analisi di
portafoglio, attraverso il suo Fidessa Fragmentation Index (Ffi). L'Ffi è l'inverso dell'indice di Herfindahl
che misura la concentrazione di un settore. Maggiore è l'indice Ffi, maggiore è la competizione tra mercati
alternativi, mentre un valore dell'indice pari a 1 indicherebbe che tutti gli
scambi passano su un solo mercato. A luglio l'Ffi
dell'indice Ftse Mib ha toccato il massimo storico,
passando dall'1,56 di venerdì primo luglio all'1,73% di venerdì
15 luglio, per poi ripiegare nella seconda metà del mese di nuovo
sotto quota 1,6. Dunque è aumentata la frammentazione degli scambi e
la loro dispersione su canali diversi.
Dai book dei mercati regolamentati (Borse e multilateral
trading facilities, Mtf)
son transitati ben 84,7 miliardi, pari ai due terzi del totale. Il resto, 40
miliardi (il 31,5% del totale), è passato over the counter,
su canali di scambio fuori dei circuiti ufficiali, con contratti non
standardizzati. Solo le briciole, l'1% circa, è stato scambiato tanto
nelle dark pool (circuiti riservati a investitori professionali) quanto sugli
internalizzatori sistematici, piattaforme interne
alle imprese di investimento con incrocio diretto di ordini di clienti per
conto proprio.
Secondo Fidessa, dopo Piazza Affari, gli scambi
più consistenti (19,8 miliardi, il 15,5% del totale) sono transitati
dal canale Otc di Euronext.
Il mercato del gruppo New York Stock Exchange (Nyse)
con sedi a Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona e Londra ha raccolto anche
gli ordini di maggior valore medio (7,7 milioni di euro ciascuno): è
qui insomma che hanno lavorato i grandi operatori. Piazza Affari è
invece terreno di gioco dei piccoli risparmiatori, con un controvalore medio
unitario degli ordini pari a 12.400 euro circa.
Altri 17,1 miliardi sono passati sui circuiti Otc
di Boat, piattaforma di trading del gruppo Markit
utilizzata da una quarantina di case d'investimento (BofA
Merrill Lynch, Barclays, Bnp
Paribas, Citi, Credit Suisse,
Deutsche Bank, Goldman
Sachs, Hsbc, Ing, JP
Morgan, Morgan Stanley, Rbs e Ubs
per restare solo alle maggiori). Qui il controvalore medio dell'ordine era di
51.500 euro circa. Con 1,4 miliardi, Boat ha fatto la parte del leone anche
tra gli internalizzatori sistematici. È
stata invece di 1,9 milioni la media del valore unitario degli ordini
smistati sui circuiti Otc del London
Stock Exchange (del gruppo Lse fa parte la stessa
Borsa Italiana), che ha accumulato trading per 1,1 miliardi, lo 0,89% del
totale.
Tra gli altri mercati regolamentati, 12,5 miliardi sono arrivati da Chi-X, la
multilateral trading facility
controllata da Nomura, con ordini medi per 5.570
euro. Altri 4,7 miliardi (5.400 euro per ordine medio) sono transitati da Bats Europe, l'Mtf recentemente
acquisita da Chi-X. L'altra principale Mtf, Turquoise (gruppo Lse), ha
raccolto ordini per 2,6 miliardi circa. Staccatissima la Borsa di Parigi con
appena 811 milioni di controvalore.
Questi, dunque, i "bancomat" di partenza. Nulla sappiamo
però su chi abbia incassato i maggiori profitti dal trading sui 40
principali titoli di Piazza Affari. A fronte di mercati così globali,
ci si chiede dunque a cosa servano le misure prese da Consob
per arginare la speculazione ribassista. La risposta stavolta è
semplice: a ben poco, come mostrano le tabelle delle azioni che chiudono in
calo.
nicola.borzi@ilsole24ore.com
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