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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il: 3-8-2012 |
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CONTRO I PREGIUDIZI Anche Madrid si
impegna maggiormente di Berlino e i Paesi in difficoltà hanno compiuto
notevoli aggiustamenti fiscali Alessandro Merli FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
Dalla lettura della stampa tedesca,
sembrerebbe che la Germania stia sopportando tutto il peso dei salvataggi dei
Paesi in difficoltà nell'area dell'euro e che questi (seguito da un epiteto a
piacere: corrotti, fannulloni, approfittatori) vogliano solo mettere le mani
sui soldi del contribuente tedesco per poter continuare a fare la bella vita.
E comunque non abbiano alcuna intenzione di mettere in ordine la propria casa
(fare i compiti, si dice eufemisticamente) in cambio di queste benevole
elargizioni. «Questa percezione è falsa per tre ragioni», sostiene il capo
economista di Unicredit, Erik Nielsen, che di recente ha pubblicato uno
studio sulle prospettive dell'Eurozona nella seconda metà dell'anno. Anzi tutto, non si tratta di regali,
ma di prestiti; in secondo luogo, il contribuente principale alle operazioni
di salvataggio, in base a dati del Fondo monetario in termini di accresciuto
peso sul debito pubblico, non è la Germania, ma l'Italia, seguita dalla Spagna;
infine, i Paesi destinatari stanno comunque compiendo uno sforzo notevole per
aggiustare i propri conti. Il primo elemento è che nessun
contribuente europeo ha finora fornito soldi fondo perduto ai Paesi in ci si.
Questi non ricevono d doni, ma dei prestiti sui qua pagano gli interessi.
Persino il quotidiano popolare Bild, uno dei più
accaniti nella difesa dell'interesse del contribuente della Germania,
riconosce finalmente che le casse di Berlino stanno anzi beneficiando della
crisi, in quanto i rendimenti che il Governo tedesco paga sul debito pubblico
sono molto più bassi del normale, grazie all'effetto di ricerca della
sicurezza da parte dei capitali internazionali. Mentre i tassi d'interesse
che pagano ai partner europei Grecia, Irlanda e Portogallo sui prestiti
ricevuti sono ben più alti. L'Eurozona, sostiene Nielsen, è diversa dalle
altre unioni fiscali, come la stessa Germania, o gli Stati Uniti, dove i
soldi sono trasferiti dalle Regioni più ricche a quelle più povere senza
condizioni e senza che ci si aspetti un rimborso. Di fatto, come dimostra il
caso degli aiuti alla ex Germania Est, i flussi quasi mai invertono la
direzione. Nell'Eurozona, invece, il denaro è dato a prestito, quindi
nell'aspettativa che venga rimborsato, e con precise condizioni da
rispettare, in termini di obiettivi fiscali e riforme strutturali. Dati pubblicati dal Fondo monetario
internazionale nel recente aggiornamento del "World Economic
Outlook" mostrano inoltre che, se è la Germania a fornire, in valore
assoluto, più aiuti di tutti ai Paesi in difficoltà, non è però Berlino a
sopportare il peso maggiore della somma dei prestiti bilaterali alla Grecia,
dei finanziamenti concessi alla stessa Grecia, all'Irlanda e al Portogallo, e
ora alla Spagna per le sue banche, attraverso il fondo salva-Stati Efsf. Chi ha sopportato il maggior aumento del debito
pubblico, in percentuale del prodotto interno lordo, per fornire questi aiuti
è l'Italia, seguita dalla Spagna. La Germania è solo al terzo posto, seguita
dalla Francia. Sempre sulla base di cifre dell'ultimo
rapporto del Fondo monetario internazionale, Nielsen argomenta poi che, lungi
dall'essersi semplicemente goduti i prestiti europei e dell'Fmi,
i Paesi destinatari dei salvataggi, ma anche Italia e Spagna, hanno compiuto
un aggiustamento fiscale durissimo. In tutti questi Paesi, infatti, il saldo
primario (la differenza fra entrate e spesa pubblica, con l'esclusione dei
costi del servizio del debito) è migliorato, dal 2009 a oggi, fra il 9 e il
10% del Pil. L'Italia in particolare dovrebbe
raggiungere un surplus primario di circa il 3%, il più alto fra i Paesi
industrializzati dell'Ocse. Una ragione in più per ritenere che i
tassi d'interesse che paga sul debito pubblico dovrebbero ridimensionarsi. Fonte: UniCredit Research |
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