HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documento d’interesse Inserito il 28-5-2007 |
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Sole 24 Ore 28-5-2007 Il
tesoretto in Europa 2) ANALISI Tre pilastri: crescita profitti e
petrolio di Fabrizio Galimberti 1) In quasi tutta la Zona euro l'extragettito del 2006 è stato utilizzato per ridurre o abbattere il deficit Il tesoretto Ue vale 54 miliardi Spagna, Italia e Olanda sono i Paesi con il maggiore surplus di tasse Chiara BussiConti pubblici. Nella zona euro superate
le previsioni per 54,3 miliardi Surplus di tasse in tutta Europa In Spagna
extragettito doppio rispetto all'Italia Boom di entrate fiscali inattese
nella Zona euro nel 2006. Un "tesoretto" che ammonta a 54,3 miliardi e nella maggioranza dei Paesi
è stato utilizzato per la riduzione o l'abbattimento del deficit. Con
un surplus di tasse di 15 miliardi la Spagna guida la classifica,
seguita da Italia (8,6 miliardi) e Olanda (7,6 miliardi).
Al quarto posto l'Austria, che segna anche il maggior rapporto tra gettito
(66,1 miliardi) ed extragettito (5,7 miliardi).
Bussi u pagina Vale 54,3 miliardi il "tesoretto" della Zona
euro nel 2006. Un gettito fiscale inatteso che dodici dei tredici Paesi unica
eccezione il Belgio hanno realizzato lo scorso anno in gran parte per una
crescita dell'economia superiore alle previsioni e utilizzato nella
maggioranza delle capitali per ridurre il deficit o per raggiungere il surplus
di bilancio. Con il risultato di una diminuzione del disavanzo aggregato dell'area dal 2,5 all'1,6 per cento. Sono numeri scritti
nero su bianco nei documenti ufficiali dei ministeri delle Finanze e ottenuti
dal Sole24 Ore del Lunedì. Un'inchiesta che mette a fuoco il fenomeno propriomentre in Italia prosegue il dibattito
sull'utilizzo di parte degli extra introitiattesi
per il 2007 per alcune voci di spesa prioritarie (2,5 miliardi sui 10 stimati
finora). La classifica dell'extragettito vede in testa la Spagna con
un "bottino" di 15 miliardi. Madrid, una delle capitali più
virtuose dell'area con un attivo di bilancio dell'1,8% nel 2) ANALISI Tre pilastri: crescita profitti e petrolio di Fabrizio GalimbertiChi trova un amico trova un tesoro,
dice il proverbio. E il gettito tributario è stato amico nei Paesi
dell'euro, col risultato di aver arricchito di molti tesori le casse degli
Stati. Da dove viene questa improvvisa affezione del gettito per i lombi
esausti delle finanze pubbliche? Durerà? E che cosa fare di queste
inattese cornucopie? Per rispondere alla prima domanda bisogna anzitutto
notare che questa allegrezza delle entrate non è confinata all'Europa.
Anche in America, per esempio, il gettito delle imposte è stato di gran lunga superiore alle attese. Una sorpresa
così corale deve avere cause comuni, e di queste cause
se ne possono indicare almeno tre. Primo, la crescita dell'economia, che
è stata ovunque superiore alle attese. Le entrate di solito hanno una elasticità superiore a 1, il che vuol dire che
se l'economia cresce del 5% le entrate crescono un po' dipiù.A
sua volta, questa elasticità dipende dal drenaggio fiscale (la crescita
spinge il reddito dei contribuenti negli scaglioni più elevati, e la
progressività fa il resto) e anche dal fatto che un po' in tutti i
Paesi euro l'Iva ha aliquote differenziate (più basse per i generi di
prima necessità, e la crescita porta a spendere una parte maggiore del
reddito per acquisti non di prima necessità). Secondo, i profitti. Una
caratteristica di questo insolito ciclo internazionale sta nel fatto che un
po' in tutti i Paesi è aumentata la quota dei profitti societari. Dato
che l'aliquota statutaria dei profitti è in genere superiore alle
aliquote medie delle imposte sul reddito personale, ecco che il gettito
riceve un impulso da questa redistribuzione a favore dei profitti. Terzo, il
petrolio. In Europa i prodotti petroliferi sono pesantemente tassati,
e l'aumento del prezzo del petrolio ha automaticamente portato ad aumenti di
entrate tributarie. In Italia il gettito addizionale è stato
particolarmente pronunciato, tanto da far sospettare l'esistenza di una
quarta ragione: una spontanea maggior disciplina fiscale, a sua volta
probabilmente da collegare a due fattori. Da una parte, l'emersione di
materia imponibile legata a passati condoni, avrebbe potuto immergersi di
nuovo, fidando in ulteriori amnistie fiscali; ma l'annuncio credibile di
"non più condoni" ha probabilmente reso permanente questa
emersione. Dall'altra e qui ci ricolleghiamo al "fattore
ripresa" quando i contiaziendali vanno
bene c'è meno spinta in direzione delle "tre e" (evasione,
elusione, erosione). Comunque sia, questo arrivo di soldi freschi nei
forzieri statali ha fatto sorgere un altro tipo di problemi: problemi che
Paesi felici come la Norvegia e l'Australia ben conoscono, e che si possono
riassumere sotto l'espressione anglosassone dell'embarrassment
of riches (l'imbarazzo delle ricchezze) ovvero:che cosa fare con i soldi in più? Per la
verità, questi piacevoli problemi si conoscono anche nella vecchia Europa.
Dei 13 Paesi dell'euro, sei (Belgio, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo,Olanda e Spagna) hanno bilanci pubblici in
pareggio o in surplus. Il che vuol dire che nel passato hanno preso una
storica decisione: di destinare risorse sia quelle ottenute col sudore della
fronte sia quelle piovute dal cielo a riduzione del deficit. Una decisione tanto più giustificata in quanto in tutti i Paesi
si preparano cattive notizie sulle finanze pubbliche: l'invecchiamento della
popolazione premerà, lento ma inesorabile, sui conti degli Stati e
porterà a innalzare la quota di spese pubbliche sul Pil dell'area euro di 34 punti al 2025 e di 89punti al
2050 (secondo un recente studio dell'Ocse). I
"tesoretti", insomma, sono stati già prenotati, e infatti in quasi tutti i Paesi il gettito in più
è stato destinato a "metter fieno in cascina" riducendo i
deficit pubblici e/o (per chi è già in surplus) abbassando il
debito o addirittura (tornando alla Norvegia e all'Australia) mettendo i
soldi sotto chiave in un "Government Pension Fund" o in un
"Future Fund". Una destinazione tanto più appropriata e doverosa per un Paese come
l'Italia, che geme tuttora sotto il peso di un debito pubblico superiore al
100% del Pil. IMPATTO DEMOGRAFICO I soldi in
più sono già stati "prenotati" dagli effetti sulla
spesa per l'invecchiamento della popolazione. |