HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documentazione Inserito il 19-7-2007 |
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Da Il Sole
24 Ore 18-7-2007 I
derivati, questi sconosciuti Per la maggior parte degli investitori
non professionali, i derivati sono oggetti misteriosi. Strumenti finanziari
complessi, di cui si sente parlare – con toni spesso allarmistici – solo quando le cronache economiche conquistano la prima
pagina. In realtà, la categoria dei derivati è un contenitore
nel quale si trovano “oggetti” molto diversi per caratteristiche, destinatari
e disciplina. In generale, un derivato
è uno strumento finanziario – quasi sempre un contratto – il cui
valore dipende da un’attività finanziaria o reale, che prende il nome
di sottostante (in inglese: underlying asset). Sono tipici esempi di sottostante
finanziario: un’azione, un indice di Borsa, un tasso di cambio tra due
valute. Sono esempi sottostanti reali: il petrolio, l’oro, il caffè. A cosa servono i derivati I diversi tipi di derivati hanno
finalità differenti, che possono essere raggruppate in tre categorie. 1) La copertura di posizioni (in
inglese: hedging),
quando i derivati servono a proteggere il valore di una posizione da
variazioni indesiderate dei prezzi di mercato. Ad esempio,
molte piccole e medie imprese italiane negli anni scorsi hanno sottoscritto
derivati per mettere al riparo i propri debiti da un aumento dei tassi
d’interesse, in modo da mantenere costante il flusso di cassa delle rate da
pagare a rimborso dei prestiti. 2) La speculazione, quando i
derivati vengono sottoscritti per ricavare un
profitto scommettendo sull’evoluzione del prezzo dell’attività
sottostante. Molti derivati sfruttano il cosiddetto effetto leva, che permette di ottenere
guadagni più che proporzionali alle somme investite. In questo caso, tuttavia,
se la scommessa non va a buon fine anche le perdite diventano molto elevate. 3) L’arbitraggio, quando i
derivati sfruttano un momentaneo disallineamento
tra l’andamento del prezzo del derivato e quello del sottostante (destinati a
coincidere alla scadenza del contratto), vendendo lo strumento sopravvalutato
e acquistando quello sottovalutato e ottenendo, così, un profitto
privo di rischio. Mercati regolamentati e derivati Otc Nel campo dei
derivati, una grande distinzione da tenere presente è quella tra gli
strumenti negoziati sui mercati regolamentati e gli strumenti trattati al di
fuori del mercato (in inglese: over the
counter; in sigla: Otc). I derivati negoziati su mercati
regolamentati hanno caratteristiche standard definite
dalle autorità di mercato, che disciplinano tutta una serie di
elementi quali il sottostante, il moltiplicatore in euro, le scadenze di negoziazione,
il movimento minimo di prezzo, i prezzi di chiusura, i prezzi finali per il
regolamento, i valori e le quotazioni in punti indice e l’orario di
negoziazione. In Italia il mercato
regolamentato degli strumenti derivati è l’Idem gestito da Borsa Italiana.
Inoltre, Al contrario, i derivati Otc non sono negoziati in un ambiente regolamentato, ma
direttamente tra le parti – ad esempio, una banca e un’impresa – e hanno
caratteristiche che possono essere decise in sede di trattativa. Dal momento
che questi prodotti non hanno specifiche predefinite, la loro sottoscrizione
è molto più complessa e richiede un elevato grado di competenza
finanziaria. In particolare, è importante verificare la corrispondenza
tra la struttura del prodotto e le finalità che si vogliono perseguire. Idem e SeDeX L’Idem è il mercato telematico di Borsa Italiana dedicato agli strumenti
derivati e su di esso oggi sono quotate diverse
categorie di strumenti: 1) i future, sull’indice
S&P/Mib e su singoli
titoli; 2) i minifuture,
sull’indice S&P/Mib e
su singoli titoli; 3) le opzioni sull’indice S&P/Mib e su singoli titoli. Secondo gli ultimi dati di Borsa
Italiana, nei primi sei mesi di quest’anno sono stati registrati i massimi
storici per controvalore, open interest e volumi su quasi tutti i prodotti
dell’Idem. In particolare, nel mese di maggio i contratti sono stati 4
milioni e 505mila, per un controvalore di 140,5 miliardi di euro (ad aprile
erano stati 3 milioni e 568mila, per un controvalore di 111,6 miliardi). Il SeDeX
è il mercato di Borsa Italiana dedicato ai derivati cartolarizzati. La caratteristica che li distingue dagli
altri derivati è il fatto che i derivati cartolarizzati non sono contratti, ma titoli. Questo
implica alcune conseguenze sul loro regime di emissione e circolazione. In
particolare, questi titoli possono essere emessi solo da un intermediario
finanziario o comunque da società con particolari requisiti
patrimoniali e di vigilanza, oppure da Stati e organismi internazionali. E
comunque, per evitare conflitti di interesse, il soggetto che emette il
titolo non può essere lo stesso che emette l’attività
sottostante. Sul SeDeX
si trovano due tipologie di strumenti, i covered warrant e i certificate,
e il mercato è suddiviso nei quattro segmenti seguenti. 1) Covered
warrant plain vanilla; 2) Covered
warrant strutturati/esotici; 3) Investment certificate; 4) Leverage certificate. La pagina principale del mercato Idem sul sito di Borsa Italiana http://www.borsaitaliana.it/bitApp/quotes.bit?target=IdemHome La pagina principale del mercato SeDeX
sul sito di Borsa Italiana http://www.borsaitaliana.it/bitApp/quotes.bit?target=MCWHome Derivati Otc e imprese I derivati Otc
sono balzati agli onori della cronaca nell’estate 2005, quando si è
scoperto che molte piccole e medie imprese italiane avevano sottoscritto
presso le banche derivati inadeguati alle proprie esigenze, trovandosi a
registrare posizioni passive anche molto pesanti. In realtà, il
fenomeno era iniziato a partire dal 2000, assumendo proporzioni via via crescenti, e si era aggravato in concomitanza con
l’aumento del costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea. Di fatto, con il rialzo dei
tassi d’interesse, prodotti acquistati dalle imprese per neutralizzare il
costo del denaro o il rischio di cambio si rivelavano per ciò che
erano in realtà: strumenti altamente
speculativi, che in alcuni casi davano luogo a forti guadagni, ma che spesso
si traducevano in una posizione negativa. Il tema è finito
all’attenzione del Parlamento e non sono mancati esposti alle Autorità
di controllo, cause giudiziarie e tentativi di rinegoziare i contratti
stipulati. Poco meno di due anni dopo, nella primavera di quest’anno, i derivati hanno riconquistato le prime pagine della
stampa economica con il caso di Banca Italease,
istituto che ha venduto in modo massiccio strumenti speculativi alle imprese. Agli strumenti Otc ha dedicato un passaggio del proprio discorso il
presidente della Consob, Lamberto Cardia, nell’incontro annuale con il
mercato finanziario del 9 luglio. «Il ricorso agli strumenti derivati – ha
affermato Cardia – rappresenta un fenomeno di crescente diffusione ed
è oggetto di attenzione da parte delle Autorità di vigilanza per gli effetti sul livello complessivo di
rischio per il sistema e la sua distribuzione tra i singoli utilizzatori». Uno dei casi tipici di
disfunzione nella scelta dei derivati si verifica quando
un soggetto che ha l’obiettivo di proteggersi dal rischio di cambio
sottoscrive un derivato che punta a speculare sull’andamento di quello stesso
cambio. La differenza non è da poco: nel secondo caso si assume un
rischio maggiore, a fronte di commissioni più elevate e di una esposizione al rischio superflua in relazione agli
obiettivi che ci si è posti. Un esempio concreto, che ha dato
vita a una causa in tribunale tuttora in corso, è quello di un’impresa
che acquistava merci all’estero e le rivendeva in Italia. La società
voleva proteggersi dalle fluttuazioni del cambio dollaro-euro e si è
trovata pesantemente in perdita dopo aver acquistato uno strumento
speculativo. Il richiamo del Governatore Pochi giorni dopo il discorso
del presidente della Consob, ha parlato di derivati anche il Governatore
della Banca d’Italia, Mario Draghi, nel suo intervento all’assemblea
dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, dell’11 luglio. Draghi ha
ricordato che i servizi finanziari innovativi possono accrescere l’efficienza
del sistema «purché l’informazione del cliente sia completa, piena la
comprensione del prodotto venduto da parte di chi lo propone, chiara la
consapevolezza dell’alta direzione della banca, che deve apprezzare appieno
la complessità di questi prodotti». Riferendosi al tema dei derivati
collocati dagli istituti di credito, Draghi ha spiegato: «Le banche
forniscono un servizio importante alle imprese se le assistono nella scelta
degli strumenti adatti alle loro caratteristiche. La finalità deve
essere la copertura del rischio, non altra. Spingere i clienti ad assumere rischi
finanziari anziché a coprirli accresce il rischio di controparte, con
possibili perdite cospicue; fa emergere rischi legali e di reputazione, che
minano le prospettive di sviluppo dell’intermediario, possono giungere a
metterne in discussione la stabilità». Il Governatore ha fatto
riferimento anche al caso di Banca Italease:
«Grazie a un’ispezione che la Banca d’Italia aveva avviato nel gennaio di
quest’anno presso una banca, è emerso che la banca in questione aveva
venduto a imprese clienti complessi prodotti derivati fortemente
esposti a un rialzo dei tassi di interesse. A seguito degli andamenti del
mercato, tali derivati hanno determinato una forte,
repentina crescita nell’indebitamento dei clienti che li avevano acquistati.
Oltre ai rischi legali e di reputazione, è cresciuta di conseguenza
l’esposizione della banca al rischio di controparte». Draghi ha poi chiuso il suo
passaggio in tema di derivati con un richiamo di ordine generale:
«Correttezza, trasparenza, organizzazione adeguata sono essenziali per ogni banca
che, accanto alle tradizionali operazioni di credito, venda
prodotti complessi. Vi deve essere una chiara linea decisionale che lega
l’alta direzione alle scelte operative e alle richieste dei clienti». Le regole per il collocamento Al di là degli scandali e
dei richiami ufficiali delle Autorità, quali sono le regole vigenti
per la scelta dei derivati Otc? La disciplina – che
è destinata a cambiare entro il 1° novembre con il recepimento della
direttiva europea Mifid – si trova in due testi normativi di riferimento. Il primo è
il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria
(decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58), che agli articoli dal 21 al
25-bis detta le regole per lo svolgimento dei servizi di investimento. Il
secondo è il regolamento di attuazione dello stesso decreto (numero
11522/98), adottato dalla Consob, che agli articoli dal 25 al 70 disciplina
nel dettaglio la prestazione dei servizi di investimento. La normativa attualmente in
vigore prevede una serie di protezioni a favore degli investitori, che
includono tra l’altro obblighi di informazione a
carico delle imprese che vendono i prodotti finanziari, tutele contro i
conflitti d’interesse e verifiche sull’adeguatezza dei servizi offerti. Tuttavia
queste garanzie – e altre analoghe – vengono meno per gli «investitori
qualificati», che la legge considera capaci di orientarsi da soli e quindi
meno bisognosi di tutela. Secondo l’articolo 31 del
regolamento di attuazione del Testo unico, sono
investitori qualificati – tra gli altri – gli intermediari autorizzati, le
società di gestione del risparmio, i fondi pensione e le compagnie di
assicurazione. Ma anche «ogni società o persona giuridica in possesso
di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in
strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale
rappresentante». Quest’ultima disposizione ha
creato più di un problema, secondo quanto documentato dalle cronache
del «Sole-24 Ore». In molti casi, i titolari di piccole e medie imprese,
prima di sottoscrivere derivati Otc, hanno firmato una autocertificazione in cui dichiaravano alla banca di
essere operatori qualificati. Esonerando in questo modo l’istituto di credito
dal controllare se lo strumento finanziario era realmente adeguato alle loro
esigenze. Ma ora alcuni giudici – come i tribunali di Verona e Novara – hanno
cominciato ad affermare che questa autocertificazione è «inefficace»,
o comunque assimilabile a una semplice «operazione personale», se non
è accompagnata da riscontri «concreti e obiettivi» che dimostrano
l’effettiva capacità dell’imprenditore di comprendere operazioni
finanziarie complesse. Il testo aggiornato del decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58: “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. http://www.consob.it/main/documenti/Regolamentazione/normativa/dlgs58_2004.htm#Art._21 Il testo del regolamento di attuazione del decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, riguardante la disciplina degli intermediari http://www.consob.it/main/documenti/Regolamentazione/normativa/reg11522.htm Gli investitori qualificati nella Mifid La Mifid
è la direttiva europea sui servizi di investimento e cambierà,
tra l’altro, alcune regole in materia di derivati Otc.
In particolare, la normativa comunitaria interviene sul punto discusso della
definizione «operatore qualificato». Secondo la direttiva «qualunque
riduzione della protezione è considerata valida solo dopo aver
effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle
conoscenze del cliente». Come dire: ad abbassare il livello di protezione e
informazione non sarà più sufficiente una autocertificazione
firmata dall’investitore, sia esso un imprenditore o un risparmiatore. Vediamo ora qual è il
percorso che la nuova normativa dovrà affrontare prima di entrare in
vigore. Il 6 luglio il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare
il decreto attuativo della direttiva Mifid. Un
testo che contiene una serie di modifiche al Testo unico delle disposizioni
in materia di intermediazione finanziaria e che ora passa alle commissioni
parlamentari competenti per l’acquisizione dei pareri. L’approvazione
definitiva del decreto dovrà avvenire entro settembre e le nuove
regole entreranno in vigore entro il 1° novembre. Glossario Certificate. Strumento
finanziario cartolarizzati che riproduce
l’andamento di un’attività sottostante. A seconda
del tipo, può avere o no effetto leva. Covered warrant. Strumento finanziario emesso da un intermediario finanziario
che conferisce all’acquirente il diritto di acquistare (call)
o vendere (put) un’attività sottostante a un
prezzo di esercizio predefinito (in inglese: strike price) entro una certa
scadenza o a una data prestabilita. Covered warrant plain vanilla. È un
covered warrant del tipo più semplice e
incorpora solo la facoltà
di acquisto (call) o vendita (put). Covered warrant strutturati/esotici. È un covered warrant
del tipo più complesso e prevede combinazioni di opzioni call e/o put, alle quali si
possono aggiungere una o più opzioni esotiche, con forme di
remunerazione articolate. Effetto leva.
Caratteristica in base alla quale il prezzo di un derivato riflette in modo
più che proporzionale le variazioni del sottostante. L’effetto leva
offre l’opportunità di ritorni molto elevati, ma implica il rischio di
perdite ingenti. Future e minifuture.
Contratto a termine con cui le parti si impegnano a scambiarsi una certa
attività (finanziaria o reale) a un prezzo prestabilito e in una data
futura (oppure entro una certa data). A seconda dei casi, l’attività sottostante
può essere un’azione, un’obbligazione, un tasso d’interesse, una
valuta, un indice azionario o una merce. Sul mercato Idem di Borsa Italiana
ci sono tre tipi di contratti future: a) S&P/Mib future (contratto future scritto
sull’indice S&P/Mib,
ogni punto indice vale 5 euro); b) Mini S&P/Mib (analogo al precedente, ma con un valore di un euro
per ciascun punto indice); c) Single Stock Future (future scritti su titoli azionari). Investment certificate. Derivato senza effetto leva. Sul mercato SeDeX di Borsa italiana ne sono quotate diverse
tipologie. Alcuni di esse seguono in modo lineare il
valore del sottostante (Benchmark e Quanto), altre
includono opzioni accessorie (Discount, Certificates
a Capitale Protetto, Strutturati). Leverage certificate. Strumento derivato che replica l’andamento del
sottostante amplificandone i movimenti con l’effetto leva. Opzione. Contratto
derivato che conferisce al compratore il diritto di acquistare o vendere
un’attività sottostante a un prezzo prestabilito e in una data
futura (oppure entro una certa data). Al pari degli altri derivati, anche le
opzioni possono essere utilizzate dagli operatori finanziari con
finalità di speculazione, copertura e arbitraggio. Sul mercato Idem
sono negoziate opzioni sull’indice S&P/Mib e sui singoli titoli azionari (in inglese: single
stock options). Il glossario sul sito di Borsa Italiana per
approfondimenti |