Il Sole 24 Ore
27-8-2011
Attacco alla Corporate Germania, i molti
perché dei crolli in Borsa
articoli di Fabio
Pavesi e Beda Romano - analisi di Carlo Bastasin
di Fabio Pavesi
Che c'entra il Dax30, l'indice delle blue chip
tedesche, e di fatto la Borsa più rappresentativa dell'eurozona, con
la morìa greca e in generale con gli affanni
legati alla sostenibilità dei debiti pubblici dell'Europa meridionale?
Poco o nulla in effetti. Nelle folate di tempesta che hanno travolto negli
ultimi mesi le banche italiane e quindi il FTSE MIB, ma anche i listini di
Grecia e Spagna, il Dax ha finito per fare da
argine. Di fatto fino a tutto luglio l'indice ha tenuto con perseveranza la
quota intorno ai 7mila punti recuperando velocemente lo scivolone a 6.500
punti del marzo scorso. Poi improvvisamente il patatrac: con il Dax a inanellare cadute su cadute che hanno portato in
soli 30 giorni l'indice a quota 5.537 con cui ha chiuso ieri. Una secca
perdita del 23%, oltre un quinto dell'intera capitalizzazione in un mese.
Vista così l'episodio dell'altro ieri
con quel maxi-ordine di vendita che ha fatto cadere l'indice del 4% (per poi
chiudere a -1,7%) e che ha precipitato per una buona mezz'ora gli operatori
di tutto il mondo nel panico, si iscrive in un contesto ben più ampio.
C'è davvero, e non per lo spazio di un mattino, una vera e propria
fuga degli investitori dalla locomotiva borsistica tedesca.
E questo apre una luce nuova sui mercati, che
esula dal nervosismo per la sorte di Grecia e affini. Non si vende il Dax per la paura del debito tedesco ovviamente e neppure
per le sorti greche che pur continuano a tenere con il fiato sospeso Berlino
così come le altre capitali. Ci si libera dei migliori titoli tedeschi
in realtà per due motivi che si sono concatenati.
Paura delle recessione, ciclici venduti
Il primo è il timore del rallentamento della crescita mondiale. Che
sia recessione o meno cosa fa un operatore di Borsa? Si libera di quei titoli
più legati al ciclo economico. E il listino tedesco è perfetto,
pieno com'è di titoli di società manifatturiere che fanno della
Germania il primo esportatore dell'eurozona. Vista in quest'ottica ci si
può spiegare il crollo di un colosso dell'acciaio come Thyssen Krupp, scivolata di un 29% da inizio agosto e di
un 39% da inizio luglio. Ma anche la chimica è caduta: Basf segna un rosso del
22% a un mese; la Bayer
del 20%. Venduti a piene mani i cementieri come Heidelberg
(-26%) e che dire dell'auto che pur raccoglie ancora, come nel caso di Volkswagen,
margini e utili in Estremo Oriente? La casa di Wolfsburg
perde da inizio agosto il 21% e Daimler il 27%.
Tutta roba di cui disfarsi perché pericolosa
o perché i conti societari hanno fortemente deluso? Affatto.
Il maggior produttore di auto in Europa ha
chiuso il primo semestre dell'anno con ricavi in crescita del 25,8% a 77,8
miliardi un utile netto salito a 6,5 miliardi dagli 1,8 miliardi. E il
consenso prevede tuttora utili netti a 8 miliardi dai 5 miliardi del 2010. Su
Basf sono sì state tagliate le stime, ma nonostante ciò le
aspettative sono per utili per azione a 6,3 euro quest'anno e a 7,15 per il 2012.
Insomma per ora niente che faccia pensare a un capitombolo sui bilanci.
Eppure si vende. La spiegazione anche qui ha una sua ragion d'essere: se si
teme l'arrivo di una recessione globale si prende profitto sui titoli che
rischiano di rallentare e che hanno corso molto. Volkswagen è reduce
da un rally del 250% dai minimi del marzo 2009. Siemens guadagna
tuttora il 64% dal marzo 2009; la stessa Basf ha regalato finora agli
investitori un buon 108% dai minimi del 2009.
Dax
terreno di caccia per gli shortisti
Ma c'è un secondo elemento che s'intreccia con la paura della
recessione che fa vendere gli industriali (e non solo) del Dax. È il fatto che con il divieto delle vendite
allo scoperto sugli altri listini continentali, Francoforte resta l'unica
vera piazza dell'eurozona a calamitare chi vuole giocare al ribasso. Spiega
un operatore di vecchia data come Gian Luca Bolengo,
direttore generale di Intermonte: «Con il bando sullo short in mezza Europa,
il Dax è divenuto nei fatti l'unico indice
su cui andare corti sulle azioni europee. Non si possono usare gli indici
nazionali degli altri Paesi e neanche l'EuroStoxx
data la presenza di titoli francesi e italiani. E così la scelta del Dax è quasi obbligata». Unisci a questo fatto
tecnico la prevalenza su Francoforte di titoli fortemente legati al ciclo
economico e il mix per l'attacco alla Corporate Germania è perfetto.
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