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Documentazione    Documento inserito il 23-8-2011   Agg. 8-9-2011

 

COMMENTO

 

Quanto hanno guadagnato e fatto guadagnare con le loro pagelline interessate? 

Quanto hanno bottinato dalle finananze dei risparmiatori?

Da quanto tempo?

 

Documenti correlati

Il Punto 218  6-8-2011 Assetto proprietario delle società di rating. Tutte private ed in conflitto di interessi. DOSSIER.

Il PuntO 219  9-8-2011. Debito USA: ha ragione Dagghy a declassare la superpotenza. Il telos della storia per il terzo millennio? Ci pensano le  società di rating a definircelo.

Il PuntO 220 24-8-2011. Moody's taglia rating del Giappone a AA3. Continua l’arricchimento dei ribassisti, o è il segnale dell’inversione di tendenza? Dagong, società di rating cinese, si adegua alla strana struttura dei voti.

AGG.TO del 29-8-2011 L’Espresso (29-8-11). Poteri forti: i signori del rating. di Leonardo Martinelli

 

 

 

Ancora sulle società di rating. 23-8-2011

 

Le rilevazioni di un analista di Moody’s.

Si dimette il presidente di S&P

 

ADNKronos  23-8-2011,

Business Insider 19-7-2011,

 Il Fatto quotidiano 23-8-2011 Usa, Harrington svela gli inganni delle agenzie di rating.

 La Repubblica 23-8-2011 Standard & Poor's, ribaltone ai vertici dopo il declassamento del debito Usa

 

 


 

23-08-11 MOODY'S: HARRINGTON, VI SVELO TUTTA LA VERITA' (FINANZA E MERCATI)

(ASCA) - Roma, 23 ago - ''Silenzio pressoche' totale, fatta salva l'eccezione del Washington Post: questa la reazione dei media allo scoop di venerdi' scorso di Business Insider, primo a pubblicare le confessioni di William J. Harrington, per 11 anni analista di Moody's (dal 1999 alle dimissioni lo scorso anno), che confermano le accuse sollevate in piu' occasioni anche alle rivali S&P e Fitch e riassunte dal sito d'informazione finanziaria Usa con l'eloquente titolo di ''marci fino al midollo''. A oggi, Moody's non ha denunciato Harrington per calunnia o diffamazione e si e' rifiutata di rispondere alle richieste di commento e chiarimento di businessinsider.com (anche se il portavoce Michael Adler ha difeso l'integrita' di Moody's in un comunicato riportato dal Washington Post). Quasi un'ammissione di responsabilita': se quelle frasi risultassero veritiere e nulla cambiera' nei criteri valutati e nella governance delle agenzie, anche con risvolti penali e civili, parlare di complicita' di Wall Street non sara' piu' tabu'''. E' quanto scrive il quotidiano economico Finanza e Mercati che apre il giornale con questo servizio. Oggi intanto, novita' anche all'agenzia Standard & Poor's, che ha tagliato il rating della tripla A agli Usa, sostituisce infatti il presiente Deven Sharma con l'amministratore delegato di Citibank Douglas Peterson. Dal 2006 al 2010, Harrington e' stato senior vicepresident della divisione prodotti derivati, la stessa responsabile per la produzione di molti dei disastrosi rating pubblicati da Moody's durante la bolla immobiliare. Harrington ha vuotato il sacco - scrive ancora Finanza e Mercati - rendendo pubblica la sua storia attraverso un commento di 78 pagine alla riforma delle agenzie di rating proposta dalla Sec, documento recapitato all'ente regolatore della Borsa l'8 agosto scorso. ''Il primo conflitto d'interessi sottolineato da Harrington e' che Moody's e' pagata dagli stessi soggetti emettitori (banche e aziende) le cui security si suppone che debbano essere analizzate oggettivamente dall'agenzia. Questo conflitto pervade ogni aspetto dell'operativita' di Moody's, ha dichiarato Harrington, attraverso l'incentivazione di tutto il personale, inclusi gli analisti, affinche' i clienti ottengano il giudizio che desiderano, onde evitare che questi licenzino Moody's e si rivolgano ad altre piu' compiacenti agenzie'', si legge ancora.

red-ram/rf/bra


 

Ecco l’articolo di Business Insider

 


MOODY'S ANALYST BREAKS SILENCE: Says Ratings Agency Rotten To Core With Conflicts

Henry Blodget | Aug. 19, 2011, 11:33 AM

 

A former senior analyst at Moody's has gone public with his story of how one of the country's most important rating agencies is corrupted to the core.

The analyst, William J. Harrington, worked for Moody's for 11 years, from 1999 until his resignation last year.

From 2006 to 2010, Harrington was a Senior Vice President in the derivative products group, which was responsible for producing many of the disastrous ratings Moody's issued during the housing bubble.

Harrington has made his story public in the form of a 78-page "comment" to the SEC's proposed rules about rating agency reform, which he submitted to the agency on August 8th. The comment is a scathing indictment of Moody's processes, conflicts of interests, and management, and it will likely make Harrington a star witness at any future litigation or hearings on this topic.

The primary conflict of interest at Moody's is well known: The company is paid by the same "issuers" (banks and companies) whose securities it is supposed to objectively rate. This conflict pervades every aspect of Moody's operations, Harrington says. It incentivizes everyone at the company, including analysts, to give Moody's clients the ratings they want, lest the clients fire Moody's and take their business to other ratings agencies.

Moody's analysts whose conclusions prevent Moody's clients from getting what they want, Harrington says, are viewed as "impeding deals" and, thus, harming Moody's business. These analysts are often transferred, disciplined, "harassed," or fired.

In short, Harrington describes a culture of conflict that is so pervasive that it often renders Moody's ratings useless at best and harmful at worst.

Harrington believes the SEC's proposed rules will make the integrity of Moody's ratings worse, not better. He also believes that Moody's recent attempts to reform itself are nothing more than a pretty-looking PR campaign.

We've included highlights of Harrington's story below. Here are some key points:

  • Moody's ratings often do not reflect its analysts' private conclusions. Instead, rating committees privately conclude that certain securities deserve certain ratings--but then vote with management to give the securities the higher ratings that issuer clients want.
  • Moody's management and "compliance" officers do everything possible to make issuer clients happy--and they view analysts who do not do the same as "troublesome." Management employs a variety of tactics to transform these troublesome analysts into "pliant corporate citizens" who have Moody's best interests at heart.
  • Moody's product managers participate in--and vote on--ratings decisions. These product managers are the same people who are directly responsible for keeping clients happy and growing Moody's business.
  • At least one senior executive lied under oath at the hearings into rating agency conduct. Another executive, who Harrington says exemplified management's emphasis on giving issuers what they wanted, skipped the hearings altogether.

Harrington's story at times reads like score-settling: The constant conflicts and pressures at Moody's clearly grated on him, especially as it became ever clearer that his only incentive not to "cave" to an issuer's every demand was his own self-respect.

But Harrington's story also makes clear just how imperative it is that the ratings-agency problem be addressed and fixed. The current system, in which the government blesses organizations as deeply conflicted as Moody's with the power to determine sanctioned bond ratings is untenable. And the SEC's proposed rule changes won't fix a thing.

Harrington's story is startling, both in its allegations and specificity. (He names many Moody's executives and describes many instances that regulators and plaintiffs will probably want to take a closer look at.)

Given this, we expected Moody's might want to say it has full confidence in its processes or denounce Harrington as a disgruntled ex-employee or something. Instead, Moody's did not return multiple calls seeking comment.

Here are key highlights from Harrington's story >


Read more:
http://www.businessinsider.com/moodys-analyst-conflicts-corruption-and-greed-2011-8#ixzz1VrkHVCRJ

 

 

Il Fatto quotidiano 23-8-2011

Usa, Harrington svela gli inganni delle agenzie di rating

 

Inaffidabili nella migliore delle ipotesi, distruttive nel peggiore dei casi. La confessione pubblica dell'ex vicepresidente di Moody’s giunge in uno dei momenti più critici nella storia di questi arbitri del mercato. Mai come oggi nell’occhio del ciclone

 

“Mi chiamo William J. Harrington, sono stato impiegato da Moody’s Investor Service (Moody’s) come analista nella divisione derivati dal giugno del 1999 fino alle mie dimissioni del luglio 2010. Nel 2006 sono stato nominato vice presidente senior, il titolo più elevato cui un analista puro possa aspirare”. Inizia così la “confessione” aperta dell’uomo che promette di diventare il più interessante insider d’America. La gola profonda, ma non anonima, che tutti si attendevano in un momento chiave: con la Sec impegnata a disegnare le nuove regole di disciplina delle agenzie di rating nel momento di massima collera collettiva nei confronti di queste ultime. Un astio emerso già all’alba della crisi ma ora divenuto pressoché incontrollabile su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Corrotte da un peccato originale, il conflitto di interesse, intrinseco alla loro stessa struttura, chiamate “a far felice il cliente” nonostante sia quest’ultimo a chiedere loro un giudizio “obiettivo”. Insomma, inaffidabili nella migliore delle ipotesi, distruttive nel peggiore dei casi. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, nel panorama delle critiche sul ruolo e il potere di queste agenzie. Se non fosse, particolare non da poco, che ad esprimersi in questo modo è uno che le agenzie le conosce fin troppo bene. Harrington, 11 anni di esperienza nelle file di Moody’s, è un insider di primissimo livello. Nel corso della sua carriera, l’ex vice presidente ha maturato una notevole esperienza nel campo dei prodotti strutturati. Titoli derivati conosciuti con l’espressione generica di asset backed securities, dove le Securities in questione sono i famigerati Cdo’s (Collateralized debt obligations) o simili, e gli asset da cui sono “backed”, i collaterali insomma, non sono altro che i crediti a rischio insolvenza. Ovvero i mutui subprime, gli agenti patogeni primari della più colossale crisi finanziaria del dopoguerra.

Una crisi, spiega Harrington in un report pubblico sottoposto alla Sec lo scorso 8 agosto, ma emerso solo nei giorni scorsi grazie all’attenta analisi di Business Insider, che la stessa Moody’s aveva previsto in anticipo pur affermando, in via ufficiale, l’esatto contrario. Non stupisce, dunque, che la stessa agenzia avesse preteso, come spiega il suo numero due, di essere pagata in anticipo dai suoi clienti (gli emittenti dei prodotti derivati che la stessa era chiamata a valutare) a prescindere dai risultati finanziari, ovvero dall’eventuale fallimento dei prodotti stessi e, conseguentemente, della credibilità stessa dei giudizi.

La vicenda, in realtà, appare piuttosto semplice. Le agenzie, spiega Harrington, devono dare giudizi obiettivi ma anche, ed è questo il punto, fare contenti i propri clienti. Per questo le valutazioni tendono spesso ad essere eccessivamente positive. Non mancano i dissidi, certo, peccato però che gli analisti scettici tendano ad essere bollati come “molesti” (troublesome) subendo di conseguenza vari tipi di pressione. Un esempio su tutti: quando un analista sollevava dubbi sulla bontà di un prodotto, i suoi superiori si affrettavano a comunicarlo direttamente al cliente facendo sì che quest’ultimo si mobilitasse per cercare di far cambiare idea al loro collega. Nei mesi del boom immobiliare si intensificarono le assunzioni di analisti giovani e inesperti, persone del tutto inadatte a giudicare con precisione il valore reale dei titoli ma al tempo stesso candidati ideali per un processo di auto convincimento collettivo che avrebbe permesso all’agenzia di raggiungere il suo obiettivo: la soddisfazione del cliente. Una verità scomoda che la stessa Moody’s continua a negare. Secondo Harrington, alcuni dipendenti dell’agenzia avrebbero mentito pubblicamente una volta chiamati a testimoniare di fronte alla commissione governativa che indagava sul collasso finanziario e sulle responsabilità degli analisti.

La credibilità dei giudizi sui titoli “tossici” espresso da un’altra agenzia del settore, Standard & Poor’s, è finita in questi giorni sotto inchiesta su iniziativa della Sec, la stessa commissione di controllo impegnata oggi a studiare nuove regole per disciplinare l’attività degli arbitri del mercato. Ma proprio queste nuove regole – rapporti sui controlli interni, protezione dai conflitti di interesse (il come non è specificato), pubblicazione di relazioni dettagliate sui metodi di analisi utilizzati – non sembrerebbero secondo Harrington minimamente efficaci. E’ la struttura stessa delle agenzie, in altre parole, a rendere queste ultime del tutto inaffidabili. E fintantoché saranno gli emittenti dei titoli a stipendiare i loro giudici, difficilmente questi ultimi potranno essere giudicati attendibili. Un ragionamento talmente ovvio da suggerire una riforma autenticamente radicale piuttosto che una semplice stretta sulla regolamentazione. Resta da capire, ora, se la Sec avrà davvero il coraggio e soprattutto la forza per andare a fondo in questa direzione.

 


 

La Repubblica 23-8-2011

Standard & Poor's, ribaltone ai vertici
dopo il declassamento del debito Usa

Il presidente Deven Sharma si dimette e lascerà l'agenzia a fine anno. Al suo posto all'ad di Citigroup, Peterson. La decisione non sarebbe legata al downgrade di Washington: "Sostituzione dovuta alla scissione della società"

Deven Sharma, presidente di Standard & Poor's dal 2007

NEW YORK - Terremoto ai vertici di Standard & Poor's. Il presidente Deven Sharma presenterà le dimissioni e sarà sostituito da Douglas Peterson, attuale amministratore delegato di Citigroup, Douglas Peterson. L'avvicendamento, anticipato dal Financial Times, arriva a meno di tre settimane dalla decisione di S&P di declassare il debito Usa e dalla polemica diretta della Casa Bianca contro l'agenzia di rating.

Secondo il quotidiano britannico, che cita fonti vicine alla vicenda, le dimissioni di Sharma non sarebbero però legate al declassamento della tripla A del debito Usa per la prima volta nella storia del Paese ed alle conseguenze pesantissime avute dalla decisione sui mercati mondiali. Come spiega una nota della casa madre Mcgraw-Hill, l'avvicendamento ai vertici di S&P è la conseguenza della scelta di separare le attività di rating da quelle di analisi e di raccolta dati.

"Come annunciato alla fine dell'anno scorso - ha spiegato nella nota il numero uno di Mcgraw-Hill, Harol Mcgraw - Standard & Poor's è stata scissa in due società distinte:  S&P, che raggruppa le attività di rating e Mcgraw-Hill financial. Deven ci ha aiutato nella creazione di queste due attività a forte crescita e noi abbiamo iniziato a cercare una nuova guida per S&P".

Sharma, presidente dal 2007, secondo l'agenzia Bloomberg, assumerà un incarico speciale sulla revisione strategica del portafoglio della società fino alla fine dell'anno, quando lascerà la società per "cogliere altre opportunità". Peterson, 53 anni, diventerà presidente di S&P a partire dal 12 settembre.

(23 agosto 2011)

 

 

Il Corriere della Sera 8-9-2011

Le licenze del rating

La Consob boccia anche Fitch: è fuori norma

Anche l' agenzia di rating Fitch, come Moody' s e Standard & Poor' s, non ha non tutte le carte in regola per operare in Europa. Per questo motivo la Consob - secondo quanto risulta a Radiocor - ha indicato all' Esma, l' Agenzia europea per la sicurezza del mercato finanziario, che anche Fitch, come le altre due maggiori agenzie di rating, al momento non soddisfa integralmente i requisiti richiesti dalla direttiva dell' Unione Europea. La Commissione ha quindi ritenuto di non poter esprimere un parere preliminare positivo, necessario alla registrazione dell' agenzia di rating presso l' Esma (European Securities and Markets Authority) e alla conseguente autorizzazione a operare. Lo stesso trattamento era stato riservato a Moody' s e Standard & Poor' s, che dovranno adeguare le proprie procedure, per renderle pienamente aderenti alle regole europee.


Il Corriere della Sera 7-9-2011

La Cina sfida i giganti del rating Superagenzia con l' aiuto di Prodi

SHANGHAI - Troppo dollaro, troppa America. E troppo potere alla trimurti del rating, Fitch, Moody' s e Standard & Poor' s. Il convincimento della Cina trova una eco nell' annuncio che la maggiore agenzia di rating made in China , Dagong, sta muovendo i suoi pezzi. Prepara, cioè, un' offensiva sotto forma di «un' agenzia supersovrana» con l' obiettivo di «ridurre la dipendenza» dalle influentissime «tre sorelle». Dagong, secondo un' anticipazione del China Daily , starebbe infatti contattando con quest' obiettivo diverse «organizzazioni» in Europa, negli stessi Stati Uniti e nei paesi Brics, l' associazione che oltre alla Repubblica Popolare mette insieme Brasile, India, Russia e Sudafrica. E, per l' operazione, Dagong guarda a Romano Prodi che - ha scritto il quotidiano - «ha aiutato a formulare i piani per fondare l' agenzia» del futuro. Dagong, che diffonde a pieno regime le sue valutazioni dall' anno scorso, ha saputo cogliere l' attimo un mese fa, quando ha anticipato di pochi giorni il brusco downgrading imposto da Standard & Poor' s al Tesoro statunitense con una bocciatura analoga. Adesso, dal giornale che si rivolge alla comunità internazionale, l' amministratore delegato Guan Jianzhong spiega di «sperare che l' agenzia possa guadagnare una posizione leader nel mercato globale del rating nel giro di cinque anni» e poiché «siamo perfettamente consapevoli che un' organizzazione internazionale non può essere spinta da una sola agenzia, dunque dobbiamo coinvolgere altri Paesi». La strategia di Dagong, in realtà, sarebbe a due livelli. Da una parte coinvolgere più partner (si parla di otto attori), pescando appunto fra chi ritiene necessario, se non urgente, contenere il monopolio della triade Fitch-Moody' s-Standard & Poor' s, che da sole saturano il 95% del mercato. Il secondo canale consisterebbe invece nel muoversi, da parte di Dagong, autonomamente sulla scena europea, e qui, tra le possibilità concrete, c' è quella di una partecipazione del fondo Mandarin (al quale contribuiscono Intesa Sanpaolo, la China Development Bank e la Export-Import Bank of China). All' inizio del 2012 la Esma - l' autorità europea competente per gli strumenti finanziari e i mercati - dovrebbe valutare il piano di Dagong e, se non sorgono problemi, la nuova agenzia di rating potrebbe essere operativa entro la metà dell' anno. Romano Prodi non ha alcun ruolo formale in queste operazioni. Gli interlocutori cinesi, piuttosto, sembrano ansiosi di attingere alla sua esperienza. Il passato di ex presidente della Commissione europea ed ex premier italiano fa del Professore una voce che la sua rete di contatti, coltivata negli anni, considera credibile e utile. A Pechino le sue posizioni favorevoli a un maggior coinvolgimento della Cina su scala globale trovano attenzione. Dagong intanto guarda all' Europa. Potrebbe scegliere Francoforte come sede, starebbe già selezionando personale. E sogna che la partita del rating, ora un affare a tre, possa diventare presto un poker globale. Marco Del Corona leviedellasia.corriere

Marco Del Corona


 

Il Corriere del mezzogiorno 8-9-2011

 

L'INCHIESTA Rating, Trani chiama Washington «Carte di Obama su Standard & Poor’s»

Dalla Puglia vogliono il rapporto che il presidente ha inviato al dipartimento di Giustizia americano

TRANI - Da Trani a Washington. I magistrati tranesi, per mettere un punto fermo nell’inchiesta sulle agenzie di rating, questa volta chiamano in causa il governo americano: vogliono esaminare il rapporto che il presidente Barack Obama ha inviato al dipartimento di Giustizia americano per confutare il declassamento degli Usa fatto da Standard & Poor’s il 5 agosto scorso. La richiesta ufficiale del pm Michele Ruggiero e del procuratore Carlo Maria Capristo partirà a giorni. Ma il rapporto di Obama è considerato centrale per capire come abbia operato una delle «tre sorelle» (le altre sono Moody’s e Fitch) del rating internazionale che, un mese fa, ha abbassato per la prima volta il rating sovrano del Paese da AAA ad AA+. La reazione negli States fu immediata, perché il primo downgrade nella storia degli Usa fu un colpo anche alla solidità e all’autorevolezza della presidenza Obama. La Casa Bianca definì quella dell’agenzia un’analisi tutta sbagliata per un errore da duemila miliardi di dollari. Cifre impressionanti, che portarono a una richiesta di spiegazioni da parte della Cina, il maggior Paese creditore degli Stati Uniti. E tre settimane dopo il presidente di S&P, Deven Sharma, annunciò anche le dimissioni.

Un’inchiesta però era già stata avviata dal ministero di Giustizia sui giudizi attribuiti da S&P ai mutui immobiliari concessi negli Stati Uniti prima dello scoppio della crisi dei subprime nel 2007 e spesso ricollocati sul mercato sotto forma di cartolarizzazioni dotate dei migliori voti da parte delle agenzie di rating. Secondo quanto riportato dal New York Times, l’inchiesta, che avrebbe comunque rilevanza civile e non penale, sarebbe iniziata qualche mese prima che S&P si facesse molti nemici anche negli Usa abbassando il rating sovrano. A Trani, invece, nel mirino della magistratura è finito il «taglio dell’outlook del debito sovrano dell’Italia da stabile a negativo», da parte di S&P, risalente al 20 maggio. Questa valutazione venne puntualmente smentita dal ministro Tremonti, ma il report ebbe l’effetto di causare perdite di titoli azionari, obbligazioni e titoli di Stato italiani. L’1 luglio i giudizi negativi di Standard & Poor’s riguardarono persino la manovra finanziaria presentata in Consiglio dei ministri da Tremonti, «quando il testo della stessa - spiegò la procura - non era ancora ufficiale e definitivo, determinando ulteriori turbolenze sul mercato dei titoli e sulle aste dei titoli di Stato».

Da qui l’iscrizione nel registro degli indagati di Standard & Poor’s (in qualità di persona giuridica) e dei suoi tre analisti Eileen Zhang, Frank Gill e Moritz Kraemer. Questi ultimi tre sono indagati per i reati di insider trading (abuso di informazioni privilegiate) e market abuse, mentre la società (nella persona del suo legale rappresentante in Italia, Alex Cataldo) risponde del reato amministrativo conseguenza dell’illecito penale. Quello su S&P è, però, solo il secondo atto dell’inchiesta della procura tranese sulle agenzie di rating. Dal 2010 c’è, infatti, un fascicolo anche su Moody’s, partito dopo una denuncia di Adusbef e Federconsumatori in seguito al report del 6 maggio 2010 che definiva il sistema economico-bancario italiano «a rischio»: indagato l’analista Ross Abercromby per aggiotaggio e market abuse e la stessa Moody’s come persona giuridica (nella persona di Maria Pierdicchi, rappresentante legale per l’Italia e il Sud Europa). Un mese fa la procura ha fatto anche acquisire (in originale) dalla Consob a Roma e sequestrato (in copia) dalle sedi italiane delle due agenzie a Milano, la documentazione presentata alla Commissione per le società e la Borsa per ottenere l’autorizzazione comunitaria dell’Esma, ovvero l’Agenzia Europea per la sicurezza del mercato finanziario.

Carmen Carbonara


Il Corriere del Mezzogiorno 8-9-2011 LE REAZIONI

E il popolo dei fax tifa per i magistrati Tante mail spedite anche dalla Grecia

La manipolazione dei mercati non è un caso solo italiano
«Atto criminoso della mafia finanziaria internazionale»

Il pm Michele RuggieroIl pm Michele Ruggiero

TRANI - «Nutro una grande stima per il vostro lavoro, grazie». E ancora: «Non mi vergogno e non ho paura nel dichiarare che queste agenzie usano dei sistemi di tipo terroristico finanziario, creando danni irreparabili alle economie e alle persone». Ma anche: «Le agenzie di rating stanno attentando a tutta l’Europa e in particolare all’Italia, infischiandosene di tutte le manovre che il governo italiano sta attuando». Sono di questo tenore le molte mail arrivate, nelle ultime settimane, alla procura di Trani che indaga sui giudizi negativi che Moody’s e Standard & Poor’s hanno fatto del debito sovrano italiano, provocando in alcune giornate pesanti ripercussioni sui titoli in Borsa. Qualcuno ha anche ricordato che Moody’s ha come socio un noto speculatore internazionale, il che inficerebbe pesantemente l’attendibilità delle sue valutazioni. Tutte si concludono, in ogni caso, con un ringraziamento per il coraggio avuto nell’avviare una simile inchiesta e con l’esortazione a continuare.

Ma oltre a questo, non mancano contributi e tracce specifiche che qualcuno ha inviato all’attenzione dei magistrati tranesi, che hanno aperto il fascicolo sulle agenzie americano dopo le denunce di Elio Lannutti, presidente di Adusbef, e di Rosario Trefiletti, responsabile nazionale di Federconsumatori, presentate a diverse procure italiane. Un loro omologo in Grecia, Kiriakos Tobras, ha sentito il dovere di scrivere alla procura di Trani, dopo aver presentato una dettagliata denuncia al procuratore capo presso la Corte di Cassazione di Atene, contro gli speculatori, già nell’aprile 2010. Tobras, innanzitutto, ribadisce che la manipolazione dei mercati non è un caso solo italiano e parla anche lui, senza mezzi termini, di «atto criminoso organizzato dalla mafia finanziaria internazionale».

Infatti, ha rimarcato come gli stessi reati sui quali indaga ora la procura tranese sarebbero stati commessi e denunciati precedentemente in Grecia e Spagna. Non a caso, nei mesi scorsi il pm Michele Ruggiero ha chiesto alla Consob di acquisire proprio in Spagna atti relativi a una indagine in corso sulle agenzie di rating, al fine di rafforzare l’ipotesi accusatoria della procura di Trani. E a questo servirebbe, in buona sostanza, anche il rapporto di Obama sul declassamento degli Usa operato da S&P un mese fa. Ma il difensore dei consumatori greci è disponibile anche a mettere a disposizione dei magistrati tranesi tutto il materiale probatorio raccolto negli ultimi due anni, proprio per denunciare il caso delle agenzie di rating alle autorità giudiziarie del proprio Paese. Il caso italiano, approdato quasi per caso sulle scrivanie di Palazzo Torres, da Trani sembra fare già molto rumore. Ben oltre i confini dell’Italia.

Carmen Carbonara    


 

Radiocor 7-9-2011

Malta: Moody's taglia rating da A1 ad A2, outlook negativo

 (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 07 set - Moody's ha tagliato di una nota il rating di Malta, da A1 ad A2 con outlook negativo, a causa di prospettive di crescita meno buone del previsto nel medio termine, per effetto della crisi economica 2008-2009. L'agenzia di rating si basa sulle stime del governo maltese, che si aspetta un incremento del Pil del 2,3% rispetto al 3% previsto prima della crisi. Peggiori le previsioni del Fmi, con una crescita stimata al 2% nel medio termine (2,5% quest'anno e 2,2% nel 2012). liz (RADIOCOR) 07-09-11 08:38:50 (0058) 5 NNNN




Il Sole 24 Ore 6-9-2011

S&P's: rating più basso agli eurobond

di Vittorio Da Rold

Standard & Poor's affonda gli Eurobond prima ancora che vengano alla luce? Un'intervento a freddo e per di più a gamba tesa che darà fiato a tutti coloro che pensano vi sia da tempo una volontà da parte delle agenzie di rating di esasperare le tensioni dei mercati? «No, non è affatto così», assicurano alla S&P's. Si tratta solo della spiegazione delle nostre regole in vigore per i cosiddetti bond plurimi, norme nate per le obbligazioni municipali con la partecipazione di più Comuni. Regole risalenti al maggio 2009.

Resta il fatto che secondo un'applicazione puramente meccanicistica, S&P's darebbe per gli eurobond un voto basato sulla più bassa valutazione del credito tra quella dei Paesi partecipanti, ma all'agenzia spiegano che non avviene mai così, perché l'apposito comitato decide anche qualitativamente.

«Se c'è un eurobond garantito per il 27% dalla Germania, per il 20% dalla Francia e per il 2% dalla Grecia, il rating sarebbe CC, che riflette il rating sul credito della Grecia», ha spiegato Moritz Kraemer, responsabile di S&P's di Europa, Medio Oriente e Africa, in una conferenza in Austria, riportata dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung.

Se così fosse, ma l'agenzia frena, la società di rating americana avrebbe bucato le gomme degli euro-pompieri (gli eurobond), risorsa ultima che potrebbe spegnere l'incendio dei debiti sovrani della Ue. Chi comprerebbe bond europei con un rating greco? Non caso ieri dopo la diffusione della notizia il rendimento dei titoli di Stato greci a due anni sono andati per la prima volta sopra al loro prezzo. Il rendimento è aumentato di 298 punti base al 50,19%, mentre il prezzo è sceso al 49,82% del valore nominale.

Ma cosa dicono queste regole di Standard & Poor's? Le norme per i bond plurimi si applicano «quando un certo numero di Stati emettono insieme un bond per i quali sono solidalmente responsabili». Mentre per ora S&P's non ha mai espresso il rating a questo tipo di collocamenti, le discussioni sul tema hanno preso forza quando sono iniziati ad aumentare gli spread tra gli stati dell'Unione monetaria dalla fine del 2008. I sostenitori di questo tipo di emissioni hanno ricordato i potenziali vantaggi di una maggiore liquidità per i piccoli emittenti sovrani e oneri finanziari inferiori per chi, alla fine della scala dello spettro del credito, avrebbe potuto godere del rating AAA anche se collocati in classi inferiori.

Ma S&P's frena: «Prevediamo che queste emissioni siano molto improbabili da realizzare su scala significativa al di là di un gruppo di Stati sovrani con rating simili», dice uno studio S&P's. «Se dovessero arrivare questi bond multipli allora S&P's darebbe il rating del partecipante più in basso, indipendentemente da quanto grande o piccola sia la quota».

Ecco perché Moritz Kraemer ha detto che gli eurobond verrebbero giudicati a livello spazzatura. Un'uscita però che provocato la reazione del vicepresidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella (Pd), secondo cui le dichiarazioni di Kraemer rendono «evidente, semmai qualcuno avesse ancora dubbi, il tentativo in atto da parte delle agenzie di rating di condizionare la politica in un momento di scelte difficili e delicate per il futuro dell'euro». Più fiducioso l'ex cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, ieri a Bruxelles secondo cui prima o poi «ci sarà un ripensamento suigli eurobond» in Germania.