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inserito il 6-4-2008 |
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Il Riformista
31-03-2008 Storia il
sult affossò la compagnia, ora tocca a cgil-cisl-uil salvarla. Quando il CentroDestra tarpò le
ali ad Alitalia
Di Pietro Ichino Lo stesso
Silvio Berlusconi, che oggi deliberatamente intralcia la trattativa in corso
tra Alitalia ed Air France con annunci
fantasiosi di cordate italiane inesistenti (poi derubricati ad "appelli
patriottici"), nel 1994 era a capo del governo che mise il primo grosso
bastone nelle ruote del risanamento di Alitalia, imponendole di accreditare al
proprio interno il peggiore sindacalismo autonomo. E, nel 2005, era a capo
del governo che al piano di risanamento diede il colpo di grazia con un
intervento sostanzialmente identico; e non mosse neppure un passo sulla via
della privatizzazione. Le note che seguono sono una sintesi delle pagine
dedicate a quella vicenda nel mio libro A che cosa serve il sindacato?
(Mondadori, 2005; Oscar Bestsellers, 2007). Nel 1994 la nostra compagnia di
bandiera, già in situazione economica critica, avvia con Cgil, Cisl e
Uil una difficile trattativa sulle misure necessarie per riallineare la
propria organizzazione e i propri costi del lavoro rispetto alle compagnie
concorrenti. Una parte - ancora piccola - dei suoi assistenti di volo
abbandonano i sindacati confederali, rifiutando la loro disponibilità
per quella trattativa, e danno vita al sindacato autonomo Sulta. Alitalia, esercitando una facoltà pacificamente
attribuitale dallo Statuto dei lavoratori, rifiuta di riconoscere il nuovo
sindacato autonomo, anche per non favorire una pericolosa frammentazione del
fronte sindacale. Senonché il ministro dei trasporti del governo Berlusconi,
Publio Fiori, interviene a imporre il riconoscimento del Sulta,
presumibilmente con l'intento di indebolire i sindacati confederali e di
guadagnare qualche consenso elettorale tra i lavoratori dissenzienti.
Rafforzato dal riconoscimento e dal godimento dei conseguenti diritti
sindacali privilegiati, il Sulta - che nel 2002 cambia la propria sigla in
Sult - incomincia a crescere in seno ad Alitalia; e
incomincia a praticare una linea via via più aggressiva. Un uso sempre
più spregiudicato dello sciopero, in contrapposizione alla maggiore
moderazione dei sindacati confederali, gli consente di presentarsi ai
lavoratori come difensore più intransigente ed efficace dei loro
interessi. 1999 - La compagnia olandese Klm, che ha firmato un preliminare di
fusione paritaria con Alitalia, paga una penale
molto elevata per sottrarsi a quella che ora considera una trappola. Con fair
play nordico, il suo amministratore delegato commenta: "Non siamo adatti
al vostro sistema di relazioni industriali". Giugno 2003 - Un episodio
emblematico: il Sult respinge seccamente, per l'ennesima volta, la proposta
di ridurre di una unità il numero degli assistenti di volo in cabina,
al fine di allineare per questo aspetto l'Alitalia
alle altre maggiori compagnie aeree europee. La direzione aziendale adotta
quella misura con un atto unilaterale. Il giorno successivo, poiché le norme
vigenti non consentono la proclamazione dello sciopero senza preavviso, viene
lanciata la parola d'ordine sostitutiva: mettersi in malattia. Un migliaio di
assistenti di volo aderiscono. Centinaia di voli vengono cancellati senza
preavviso. 24 settembre 2004 - Il Sult è il solo sindacato a rifiutare
il piano di riassetto industriale di Alitalia. Ma la
sua capacità di interdizione è forte, perché ha l'adesione di
circa il 20% dei 4000 assistenti di volo Alitalia
(nonostante che questi siano soltanto il 4% rispetto ai 22000 dipendenti
della compagnia). 26 febbraio 2005 - Il Sult è il solo sindacato a
rifiutare di sottoscrivere un nuovo accordo aziendale volto a salvare 900
posti di lavoro mediante un contributo di solidarietà di tutti gli
assistenti di volo. Mentre i conti peggiorano la conflittualità
aumenta: nel solo primo semestre del 2005 all'Alitalia
vengono proclamati scioperi per un totale di 496 ore, a fronte delle 248 del
primo semestre 2004; ed effettuati scioperi per un totale di 96 ore, a fronte
delle 52 del primo semestre 2004. Di questi, alcuni scioperi proclamati dal
Sult vengono sanzionati come illegittimi dalla commissione di garanzia. La direzione Alitalia, forte anche
di una sentenza favorevole del Tribunale di Roma, comunica la decisione di
sospendere ogni rapporto negoziale con il Sult, in quanto sindacato non
firmatario di alcun contratto collettivo applicato in azienda, nonché a causa
della sua indisponibilità a rispettare le regole poste dalla
Commissione di Garanzia. 11 agosto 2005 - Il Sult reagisce proclamando
provocatoriamente uno sciopero di due giorni di fila, il 30 e il 31 agosto,
in pieno periodo di franchigia e nel momento più critico dell'estate.
20 agosto 2005 - Il ministro del lavoro del governo Berlusconi Roberto Maroni
rilascia una dichiarazione pubblica nella quale bolla come "inaudita"
la scelta di Alitalia di interrompere le relazioni
sindacali con il Sult. E due giorni dopo, in aperta polemica con il consiglio
di amministrazione di Alitalia, convoca il sindacato
autonomo. 28 agosto 2005 - Dichiarazione del ministro Maroni riportata dalla
stampa: "Se l'azienda [Alitalia] ha deciso di
escludere dal dialogo il Sult, allora si becchi gli scioperi. È una
sua responsabilità". Nel frattempo, le perdite di Alitalia hanno raggiunto e superato il livello di un
milione di euro al giorno; ma quello stesso governo Berlusconi, che si attiva
con tanta determinazione in difesa del peggiore sindacalismo autonomo dentro Alitalia, non muove un dito per avviare la privatizzazione
dell'impresa. Nei due anni della legislatura successiva, lo stesso Silvio
Berlusconi - in veste di grande imprenditore privato - non mostra alcun
interesse nei confronti della gara internazionale aperta a questo scopo dal
governo Prodi. E si capisce: neanche lui può improvvisarsi grande
vettore aereo internazionale da un giorno all'altro. Come può pensare,
dunque, con questa storia recente alle spalle come politico e come
imprenditore di essere credibile oggi quando chiede agli italiani di fidarsi
delle sue strategie per il salvataggio di Alitalia?
Quanto ai sindacati, è tempo che le confederazioni maggiori voltino
pagina rispetto a un quindicennio di cattivo sindacalismo innescato e difeso
dalla cattiva politica. Esse agiscano davvero come intelligenza collettiva
dei lavoratori - nei grandi momenti critici esse hanno sempre saputo farlo -
valutando freddamente tutte le prospettive che hanno di fronte e guidando i
propri rappresentati nella scelta della scommessa migliore, tra quelle
possibili. Qui la scelta è dura, perché è disastrosa la
situazione dell'impresa; ma non è oggi una scelta sulla quale possano
esservi dubbi. I lavoratori devono scegliere tra il piano assai ben definito
proposto da un grande imprenditore in carne e ossa, dotato di eccellente
competenza tecnica nel settore, e il nulla per ora proposto da una
fantomatica cordata di imprenditori ancora non individuati, dei quali si sa
una sola cosa con certezza: che di quella competenza sono totalmente privi.
www.pietroichino.it 31/03/2008. |