PRIVILEGIA NE IRROGANTO di
Mauro Novelli
Il
PuntO. “Non scoperchiate quella pignatta!” Di
Mauro Novelli mauro Raccolta
delle Pignatte dal n° 1 al n° 19 |
INDICE
Pignatta n° 19 Costo di un conto bancario. Chi ha fornito i dati a Draghi ?
Pignatta n° 18 Dallo
“sportello bestiame” al solo “bestiame.”
Pignatta n°
17 Prodi e
liberalizzazione nelle banche: perplessità e suggerimenti.
Pignatta n°
16 Antologia di
perle bancarie. Aggiornata
periodicamente. Ultimo
aggiornamento: 23-6-2006
Pignatta n°
15 I conti in
tasca alle banche.
Pignatta n°
14 Ma
dov’è il coperchio?
Pignatta n°
13 Liberisti alla
vaccinara
Pignatta n°
12 E’
scientifico: concorrenza
impossibile nel sistema bancario italiano
Pignatta n°
11 Dal cliente
avvisato al cliente gabbato. Lo scaltro uso della Gazzetta Ufficiale
Pignatta n°
10 Un programma
minimo per Draghi
Pignatta n°
9 UnipolBanca e
le scorciatoie”
Pignatta n°
8 “Lustrationes”
Pignatta n°
7 “…corri…presto…mettici
la fiducia!”
Pignatta n°
6 “….a
san Vitùr a ciapa i BOT”
Pignatta n°
5 La
mezz’ora di supplica.
Pignatta n°
4 Odorini.
Pignatta n°
3 Ehi! Funziona
!
Pignatta n°
2 2^ passata.
Pignatta n°
1 Non
scoperchiate quella pignatta !
Di Mauro Novelli –
4.8.2006
Nella sua prima Relazione semestrale al Parlamento ed al Governo,
Mario Draghi fornisce anche una veloce valutazione sui costi affrontati dai
clienti bancari per l’utilizzo del servizio di conto corrente.
Riportiamo l’informazione fornita da Bankitalia a
legislatore ed esecutivo (pag. 132 della Relazione):
Ci si permetta di esprimere qualche perplessità:
1) Alcune grandi
banche hanno azzerato le spese di estinzione del conto (spesso solo per i nuovi
rapporti) da circa un anno. Ciononostante, il campione scelto per la
rilevazione contempla già il 30 per cento di conti senza spese di
chiusura.
2) Poco meno della
metà dei conti (il 46 per cento) ha spese forfetarie di 76 euro
l’anno, comprensive del costo della tessera bancomat (tra i 15 ed i 25
euro annui). Circa 5 euro al mese più Bancomat. Tali conti non prevedono
costi per singola operazione, ma solo per i servizi accessori richiesti
(bonifici, Rid ecc.)
3)
Il restante 54 per cento dei conti ha un “canone” (??)
medio di 66 euro l’anno, con una franchigia di 70 operazioni. Al
“canone” va poi aggiunto il costo per singola operazione (oltre la
settantesima) e la spesa per i servizi accessori. In nota si sostiene che tali
costi si attesteranno in media sui 100 euro (oltre il “canone”). Ma
tale spesa aggiuntiva, avverte la nota, è addirittura sovrastimata.
4) In nota si sostiene
che un conto corrente effettua mediamente 125 operazioni l’anno.
Tutto ci saremmo aspettato dal neo governatore tranne
l’adozione del marketing del salame, oltretutto su dati irreali: per la
maggioranza dei conti si sostiene l’esistenza di un non meglio
specificato “canone”, ma (e comincia l’affettato) al netto
dei bolli (che vanno aggiunti) e “delle spese connesse con il rispetto
della normativa sulla trasparenza” (dobbiamo aggiungere anche queste);
poi, ma in nota, si dice di aggiungere anche il costo per ogni operazione
(cioè ogni riga di estratto conto).
le 55 operazioni (con le
[Per inciso, ricordiamo che alcune banche impongono per ogni
singola riga di estratto conto, oltre due euro di spesa.]
Forse sarebbe stato opportuno indicare non semplicemente le
dimensioni del campione osservato, ma anche le sue caratteristiche e chi ne ha
definito i confini. Sarebbe altresì interessante conoscere la data della
rilevazione ed i soggetti “intervistati”. E’ poi fondamentale
conoscere il numero di conti che Bankitalia ritiene costitutivo del sistema (30
milioni o 50 milioni?) per valutare l’effettivo numero medio di operazioni.
Nulla, oltretutto, è stato detto in merito allo jus
variandi, privilegio bancario conquistato sul campo. E il legislatore distratto
tira un sospiro di sollievo.
Consigli ai concittadini titolari di conto corrente bancario con
“spese forfetizzate”:
1) se la
banca richiede un canone superiore a 5 euro al mese, state pagando più
della media, e forse stanno
approfittando di voi. Reclamate.
Consigli ai concittadini titolari di conto corrente bancario con
spese non forfetizzate:
1) Verificate le operazioni gratis previste dal conto corrente:
se non sono previste o se sono al di sotto delle 70 operazioni franche, la
vostra banca sta approfittando della vostra ignoranza o della vostra scarsa
capacità (volontà) di
contrattazione. Fatevi sentire.
2) Contate il numero
di righe da cui è composto l’estratto di conto corrente: se supera
le 125 l’anno (trentuno righe a
trimestre), state usando il conto oltre la media. Limitate le operazioni
e risolvete diversamente (posta, conti on line, libretti di risparmio, carte
prepagate ecc.).
Appurato che Bankitalia “non può”, restiamo in
attesa dei risultati dell’indagine che l’Antitrust sta effettuando
sui conti correnti bancari.
Di Mauro Novelli 15-7-2006
A inizio d’anno, al neo
governatore della Banca d’Italia Mario Draghi suggerivamo (Il PuntO. Non
scoperchiate quella pignatta ! “
Il suggerimento al governatore
era d’obbligo, il suo intervento certamente no. Forse con un po’ di
ingenuità, ha preferito laisser faire, non conoscendo la
compulsività dei banchieri italiani nello spostare il confine della
legalità sempre più lontano da loro. Le cose, infatti, sono
andate velocemente peggiorando.
E’ accaduto che alcuni clienti di una agenzia della Banca
dell’Etruria di Albano (RM) si sono rivolti al ns. avv. Lucio Golino
(delegazione Adusbef di Roma) lamentando il fatto che tale Banca Lombarda ha
recapitato loro una semplice comunicazione - posta prioritaria - nella quale li
si informava che, da quel momento, la loro banca non era quella che avevano
scelto e con cui avevano stipulato il contratto, ma la Banca Lombarda appunto,
la quale aveva il piacere di dar
loro appuntamento presso i locali dell’agenzia per fare la gioiosa
conoscenza dei nuovi promotori finanziari.
Ricapitolo per gli increduli: correntisti di Banca Etruria, agenzia di Albano Laziale si son
visti comunicare da Banca Lombarda che non erano più in carico alle
scuderie di Banca Etruria ma a quelle di Banca Lombarda. Il fattore
dell’agenzia di Banca Etruria, coinvolto per dare giustificazioni, ha
confermato l’avvenuta transumanza, con un po’ d’imbarazzo ma,
vivaddio, è gente tosta.
Con una aggravante: alcuni transumanti erano anche soci di questa
banca, la cui ragione sociale é quella di cooperativa. Una domanda.
L’ Art. 35 - (Operatività) del Testo Unico bancario che recita:
“1. Le banche di credito cooperativo esercitano il credito
prevalentemente a favore dei soci”. Banca Etruria ha trasformato il
socio, riducendolo a capo di bestiame. Tale azione è in linea con i
dettami del predetto articolo? Bankitalia metterà in mora la vigilata,
la sanzionerà, le farà chiedere scusa, le revocherà
l’autorizzazione? Siamo
curiosi.
Non vogliamo neanche intrattenerci sulle implicazioni penali di
quanto è avvenuto ai Castelli (penso alla violazione del segreto
d’ufficio), né su situazioni soggettivamente penose che potrebbero
presentarsi (penso al cliente della banca X che chiude il conto per gravi
motivi, lo apre presso la banca Y e si ritrova da questa venduto alla primitiva
banca X con la quale aveva questionato).
Mi chiedo semplicemente: poiché i butteri allo stato brado
possono essere pericolosi e non sanno controllarsi, chi ha il compito di
imbrancarli ed eventualmente sanzionare il loro operato?
Dobbiamo sempre e solo ricorrere alla magistratura?
E’ vero, il nuovo governatore ha preso subito di petto il problema del tesoro di Savoia e ne
comprendiamo gli affanni e le ansie, ma - di grazia - è lecito chiedere
un po’ d’attenzione anche per le stalle.
Anche a tempo perso. Siamo di poche pretese.
Riportiamo il testo della
lettera inviata dall’avv. Lucio Golino ed il fac simile dell’esposto-denuncia che i correntisti
coinvolti possono inviare per denunciare l’accaduto.
Al Presidente e Legale rapp.te p.t Banca Etruria
Al Prof. Antonio Catricalà Presidente dell Antitrust
All’on.le Paolo Cento Sottosegretario all’Economia
Alla EBC – Banca Centrale Europea - Francoforte
Al on.le Pierluigi Bersani Ministro dello viluppo economico
Al dott. Marco Lattei
Sindaco di Albano Laziale
Al dott. Mario Draghi Governatore Bankitalia
Oggetto. Banca Etruria: svendita dei soci. Apertura della
procedura inibitoria ex art. 140 comma 5° d.lgs 206/2005 recante Codice del
Consumo
ADUSBEF -Associazione di utenti bancari, finanziari, assicurativi
e postali con sede legale a Roma in via Farini 62 , Associazione di Consumatori
di rilevanza nazionale ex art. 137 e seg d.lgs 206/05 - Codice del Consumo , in
persona del suo Delegato di Roma, Avv. Lucio Golino espone e denuncia quanto
segue.
Alcuni correntisti della Banca Etruria, Filiale di Albano Laziale
si sono rivolti alla scrivente associazione denunciando di essere stati
“venduti in blocco” alla Banca Lombarda.
Questa infatti ha recapitato loro una semplice comunicazione in
posta prioritaria nella quale li si informava che da quel momento la loro banca
non era quella con cui avevano stipulato il contratto, ma la Banca Lombarda
appunto dando loro appuntamento presso i locali della nuova agenzia per fare la
gioiosa conoscenza dei nuovi promotori finanziari.
Molti hanno pensato ad uno scherzo, qualcuno più
sofisticato a phising cartaceo: in ogni caso si sono recati inferociti in
agenzia (di B.E.) dove hanno ricevuto conferma dal molto imbarazzato direttore
che non aveva parole per spiegare l’accaduto.
La condotta di Banca Etruria non è priva di significativi precedenti
posto che nel recente passato, a seguito di fusioni, le banche hanno ceduto a
corpo locali, dipendenti e clienti che sono venuti a conoscenza del nuovo
operatore con lettera della direzione, dopo che era cambiata anche
l’insegna in agenzia (per tutte l’operazione Capitalia
–UNIPOL del 2002).
Solo che se in caso di fusioni tra banche, magari compresenti
nello stesso territorio, la vendita di pezzi di rete pur se non giustificabile
nell’ottica del consumatore (in quanto fonte di gravi disagi), risulta
comprensibile in quella di razionalizzazione complessiva, la mera cessione di
clientela appare il rifiuto indiscriminato di un operatore ad avere clienti di
un certo territorio che – a prescindere dalle conseguenze sul piano
contrattuale - nel vocabolario della lingua italiana assume una precisa
qualificazione lessicale: razzismo, razzismo bancario!!!
Il fatto é possibile in quanto la mente dei banchieri
italiani é infestata dal dogma di sistema: quello bancario appunto. In
Italia ci sono quasi 800 banche ma tutto sommato l’una vale
l’altra.
Come consumatori non possiamo che concordare con questa
impostazione: l’ADUSBEF lo denuncia da vent’anni! E’
l’ABI – Associazione bancaria Italiana che cerca di propinare senza
successo tesi contrarie.
Se una banca vale l’altra – ma comincia a non essere
più così dopo che alcuni grandi gruppi hanno recepito che il
danno d’immagine conseguente a comportamenti scorretti nei confronti
della clientela é superiore al vantaggio di bilancio-, il cambiamento di
banca inteso come estinzione di rapporto presso una e apertura di uno nuovo
presso un’altra rappresenta un fatto traumatico per il consumatore, posto
che il rapporto generalmente non si limita al conto corrente ma si estende alla
custodia titoli (che appare non interessato dal Decreto Bersani e come tale la
sua chiusura continua ad essere a titolo oneroso – molto oneroso), alla
domiciliazione delle utenze, agli affidamenti, al pagamento delle carte di
credito ecc.
In realtà la cessione di cliente dovrebbe essere qualificata
come la condotta anticoncorrenziale per eccellenza dato che nel concetto di
concorrenza c’è quello di essere più competitivi per
accaparrarsi lecitamente fette di mercato (cioè clienti).
Chi invece di vendere servizi, vende clienti merita di non averli
e vedersi revocate le autorizzazioni all’esercizio delle attività
di istituto di credito.
Inoltre, posto che nel rapporto di conto corrente e in quelli
accessori la banca é debitrice di liquidità o di servizi, la
cessione di pacchetti di clientela (che orrore!!!) deve qualificarsi come
autentica cessione di contratto (art. 1406 c.c), la cui la validità ed
efficacia é subordinata all’assenso del correntista contraente e
consumatore.
Esso appare inoltre contrario a quanto previsto dall’art. 2
comma 2° lett. E) del d.lgs 206/2005 recante “Codice del
consumo” che con fin troppa enfasi retorica qualifica come fondamentale
il diritto del consumatore “alla correttezza, alla trasparenza ed
all'equità nei rapporti contrattuali” senza poi stabilire le
sanzioni per le banche che lo violino spudoratamente.
In buona sostanza se per i soloni in abito blu notte fonda dei
piani alti delle banche, una banca vale l’altra, per il consumatore
così non é, e non dovrebbe essere.
Innanzitutto perché oggi più che mai comincia a prospettarsi
una differenziazione di trattamento praticata dai vari istituti nei confronti
dei consumatori e quindi cominciare a scegliere non è poi così
impossibile, ma anche perché la scelta e il mantenimento del rapporto
con una banca é legato al profilo fiduciario per cui si apre un conto ad
una banca piuttosto che ad un’altra perchè si conosce il
personale, si conosce il direttore si contrattano condizioni migliori, ci si
sente può sentire a proprio agio in una banca piuttosto che in
un’altra.
E questo vale a maggior ragione in un piccolo centro.
Dulcis in fundo si segnala che tra i forzati della Banca Lombarda
si annoverano anche soci di Banca Etruria, la cui ragione sociale é
quello di banca cooperativa, come la sig.ra F. F. che dunque prima é stata indotta
a divenire correntista, poi a divenire socia di una società cooperativa
(“per meglio godere dei servizi” diceva il direttore.....), infine
è stata cacciata in malo modo e senza motivo per il solo fatto di essere
correntista ad Albano Laziale !!!
TUTTO CIO’ PREMESSO E
CONSIDERATO
ADUSBEF -Associazione di utenti bancari, finanziari, assicurativi
e postali con sede legale a Roma in via Farini 62 , Associazione di Consumatori
di rilevanza nazionale ex art. 137 e seg d.lgs 206/05 - Codice del Consumo come
in epigrafe rappresentata diffida Banca Etruria in persona del legale
rappresentante pro tempore a ripristinare immediatamente e comunque entro i 15
giorno di legge lo status quo ante della socia Fancello Federica e di tutti i
correntisti di Albano Laziale ex art. 140 d.lgs. 206/2005 – recante
Codice del Consumo.
A nome e per conto della socia Federica Fancello chiede ex
art.2511 e seg. c.c. di poter esercitare il diritto di visura ed estrazione
copia delle delibere del consiglio di amministrazione di Banca Etruria a fini
impugnativi e/o di denuncia penale,
Si chiede alle autorità in indirizzo nell’ambito
delle rispettive competenze lo svolgimento di verifiche anche sub specie di
ispezioni volte all’accertamento delle ragioni autentiche alla base delle
condotte manifestamente illecite dei vertici di Banca Etruria.
Con osservanza
Roma, 13 luglio 2006
Avv. Lucio Golino
Delegato di Roma
ESPOSTO DIFFIDA
Raccomandata A.R.
Al Presidente e Legale
rapp.te p.t di Banca Etruria
Via Calamandrei 255
52100 – AREZZO
Posta normale
All’avv. Lucio
Golino
Via Farini, 62
00185 ROMA
Fax: +39 064818633
E,p.c. (posta normale)
Al Prof. Antonio Catricalà
Presidente Autorità
Garante Concorrenza e mercato
Piazza Verdi 6 /A
00199 ROMA
Fax: +39 0685821256
Al Ministero dell’economia / CICR
Via XX Settembre 97
00187 -ROMA
Fax n° +39 064820952
Al on.le Pierluigi Bersani - Ministro dello Sviluppo economico
Via Molise 2
00187 ROMA
Alla EBC – Banca Centrale Europea
Kaiserstrasse
29
D-60311 FRANKFURT am
Al dott. Mario Draghi - Governatore Bankitalia
Via Nazionale 91
00184 – ROMA
Fax n° +39 0647924594
BANCA ETRURIA: OPERAZIONE SVENDITA SOCI A BANCA LOMBARDA. ESPOSTO
DIFFIDA
Il sottoscritto/a___________________________________ nato/a
a______________________il _________ residente a________________________via
_____________________________n°______ C.F______________________________
titolare del conto corrente n°___________________con annesso deposito
titoli n°________________ presso Banca Etruria, Filiale
di__________________ di via/piazza ______________________a _____________
_____,avendo ricevuto vergognosa comunicazione di sua cessione a Banca Lombarda
e/o essendomi comunicato in data odierna dalla filiale l’azzeramento del
conto
POSTO CHE
nel rapporto di conto corrente e in quelli accessori la banca
é debitrice di liquidità o di servizi, la cessione di clientela
deve qualificarsi come autentica cessione di contratto (art. 1406 c.c), la cui
la validità ed efficacia é subordinata all’assenso del
correntista contraente e consumatore;
la cessione di clientela appare manifestamente contrario a quanto
previsto dall’art. 2 comma 2° lett. E) del d.lgs 206/2005 recante
“Codice del consumo” che con fin troppa enfasi retorica qualifica
come fondamentale il diritto del consumatore “alla correttezza, alla
trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali” senza poi
stabilire le sanzioni per le banche che lo violino spudoratamente;
che Banca Etruria è una società cooperativa e come
tale molti correntisti sono anche soci - essendo stati indotti a divenirlo (con
invito espresso persino sul sito www.bancaetruria.it)-
la cui espulsione non può essere disposta con mera svendita di posizione
ma esige una delibera assembleare motivata in quel senso
DIFFIDA
Banca Etruria in persona del legale rappresentante pro tempore a
ripristinare immediatamente e comunque entro 48 ore dal ricevimento della
presente lo status quo ante di correntista della Filiale di banca Etruria in
epigrafe;
(Attenzione: se ricorre) Nella qualità di socio di Banca
Etruria società cooperativa, chiede ex art.2511 e seg. c.c. di poter
esercitare il diritto di visura ed estrazione copia delle delibere del
consiglio di amministrazione di Banca Etruria che hanno disposto la svendita
dei propri correntisti a fini impugnativi e/o di denuncia penale,
Si chiede alle autorità in indirizzo nell’ambito
delle rispettive competenze lo svolgimento di verifiche anche sub specie di
ispezioni volte all’accertamento delle ragioni autentiche alla base delle
condotte manifestamente in conflitto con gli interessi della banca malamente
amministrata.
In fede
Luogo e data
Firma
Di Mauro Novelli 2-7-2006
L’iniziativa del governo nel settore creditizio è certamente da
apprezzare: l’eliminazione della possibilità di annunciare in
Gazzetta Ufficiale le vessazioni delle banche nei confronti dei clienti
è cosa di pregio. Ma tale iniziativa non può considerarsi una
liberalizzazione, una spinta verso la concorrenza nel settore bancario: essa,
piuttosto va a sanare una aberrazione giuridica di cui lo stesso legislatore si
fece complice tredici anni fa, distraendosi sul famigerato articolo 118 del
testo Unico e con il beneplacito di CICR e di Bankitalia.
Le banche dovranno comunicare al cliente ogni variazione di tassi,
prezzi ed altre condizioni contrattuali (commissioni, spese). Il correntista
dovrà essere avvisato 30 giorni prima ed avrà 60 giorni per
decidere se accettare le variazioni o chiudere il conto.
Riportiamo il testo dell’articolo 10 dello “Schema di
decreto legge recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale,
per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché
interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”:
Articolo 10 (Condizioni
contrattuali dei conti correnti bancari)
1. L'articolo 118 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385,
recante il testo unico bancario è sostituito dal seguente: " 1. Nei
contratti di durata può essere convenuta la facoltà di modificare
unilateralmente i tafsi, i prezzi e le altre condizioni di contratto qualora
sussista un giustificato motivo.
2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere
comunicata espressamente al cliente per iscritto, secondo modalità
immediatamente comprensibili, con preavviso minimo di trenta giorni.
3. Entro sessanta giorni dal ricevimento dalla comunicazione scritta, il
cliente ha diritto di recedere senza penalità e senza spese di chiusura
e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle
condizioni precedentemente praticate.
4. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le
prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se pregiudizievoli per il
consumatore.
5. Le variazioni dipendenti da modifiche del so di riferimento devono operare,
contestualmente in pari misura, sia sui si debitori sia su quelli
creditori."
I dubbi sui primi quattro punti dell’art. 10 .
Ci corre l’obbligo, però, di esprimere alcune perplessità:
è vero che se il cliente non accetta le variazioni proposte dalle banche
può chiudere il rapporto a “costo zero”, ma è anche
vero che nessuno può impedire agli istituti di credito di inserire nei
contratti la voce relativa alle spese di chiusura. Ci chiediamo:
1) Il cliente che decide di chiudere il conto d’iniziativa, cioè
in assenza di cambiamenti chiesti dalla banca, pagherà le spese
eventualmente previste dall’articolato per la chiusura del servizio?
2) Una buona metà di correntisti è sottoscrittore anche di altri
servizi bancari, di custodia titoli ad esempio. Se la banca cambia le
condizioni del conto corrente ma non quelle della custodia titoli, il cliente
può chiudere il primo senza spese; ma che succede al secondo? Il costo
di chiusura della custodia e di trasferimento titoli (uno dei servizi
più costosi in assoluto) possono essere pretesi dalla banca, visto che
si tratta di una iniziativa non susseguente a variazioni richieste
dall’azienda di credito?
3) In teoria, l’art. 10 elimina la “licenza” bancaria in cui
si è trasformato, nel tempo, lo jus variandi e sembra ridare
libertà di scelta al cliente. Si consideri però che la politica
di fidelizzazione del cliente (“un correntista, tanti servizi”) fa
si che, oggi, pochi siano i rapporti di conto non integrati da servizi
accessori (domiciliazioni di utenze, ordini permanenti per pagamenti
ricorrenti, Rid, rateizzazioni, regolamento di carte di credito) o forniti a
creditori quale destinazione di versamenti (stipendio, pensione, pagamenti di
affitti). Ne deriva che chiudere un conto comporta una penosità -
direttamente proporzionale agli accessori di cui è stato
“arricchito” – sia in termini di procedure di disattivazione
per le valenze che vanno abbandonate e poi ripristinate con l’eventuale
nuovo conto; sia in termini di tempi necessari ai due processi, soprattutto al
ripristino sul nuovo rapporto (si pensi alla nuova messa a regime
dell’accredito della pensione) come destinatario delle valenze da
ricostituire.
Domanda: quante volte, prima di essere domato, un utente bancario
chiuderà un conto perché non accetta l’ultima variazione
imposta dall’ultima sua banca? Quattro volte? Otto volte? E poi?
I suggerimenti.
1) Il testo definitivo del decreto richiami chiaramente l’
illegittimità di inserire nuove voci di costo, non presenti sul contratto
a suo tempo sottoscritto.
2) Si imponga la definizione delle entità di prezzo (in euro) e di tasso
(in percentuale) vietando le semplici indicazioni di aumenti monetari o in
percentuale da calcolare su entità non più conosciute
dall’utente e che non diano l’informazione precisa del costo del
servizio. Sapere, ad esempio, che la commissione di massimo scoperto aumenta
dello 0,250 per cento, ma non conoscere o non ricordare il livello a cui la
variazione va applicata, dà luogo ad una informazione “inutile”
ai fini della possibilità di comparazione tra più offerte.
3) Per promuovere una effettiva concorrenza nel settore bancario, si imponga
alla Banca d’Italia di accentrare e rendere consultabili (anche via
Internet) il testo dei contratti base e le condizioni base dei servizi offerti
da tutte le banche operanti in Italia. In caso di variazioni, Bankitalia
dovrebbe pretendere dalla banca, e rendere pubblica, una articolazione del
“giustificato motivo”.
4) Si dica chiaramente che in caso di mancata accettazione della variazione da
parte del cliente, costui ha la facoltà di chiudere, senza alcuna spesa
o penalità, ogni rapporto con la banca (conto corrente, custodia titoli,
cassette di sicurezza, ecc.).
5) Si imponga una valenza temporale (almeno di un anno) al contratto, alle
condizioni sottoscritte dal cliente e/o alle variazioni dei nuovi livelli
imposti dalla banca. Si introduca cioè la possibilità di rivedere
le condizioni ad ogni scadenza annuale del contratto.
I dubbi circa i dettami del punto 5 dell’art. 10
Il punto 5 impone alle banche di apportare variazioni equivalenti e contestuali
ai due tipi di tasso (attivo per la banca sui conti affidati e passivo sui
depositi) qualora intervengano modifiche del tasso di riferimento [è da
ritenere che si intenda il tafso gestito dalla Banca Centrale Europea].
Non so a chi sia imputabile questa superficialità. Certo offre il fianco
a coloro che cercheranno di minare il decreto nel suo complesso. Mi spiego.
Al di là delle caratteristiche da rapina che in Italia ha assunto la
leva dei tassi sui conti correnti, la gestione dei loro livelli è uno
strumento di politica aziendale: la banca con eccesso di liquidità
può incoraggiare la richiesta di fido diminuendo il tasso attivo e/o
scoraggiare ulteriori depositi diminuendo quello passivo di remunerazione. Al
contrario di ciò che farà una banca con carenza di
liquidità.
Possiamo anche obbligare le banche a variare in egual misura e
contemporaneamente i due tassi in occasione di variazioni del costo del denaro
imposto dalla BCE, ma nessuno potrà impedire loro di far precedere o
seguire quelle variazioni da loro decisioni autonome di modifica dei livelli di
tasso per il raggiungimento di obbiettivi aziendali, quindi indipendentemente
ed al di là della politica della Banca Centrale Europea.
I Suggerimenti.
Se col punto 5 dell’art. 10 si intende impedire alle banche l’uso
della leva sui tassi, la norma durerà poco: l’Europa ci
obbligherà a toglierla di mezzo.
Se non è quella l’intenzione, non si comprende perché si
ponga in essere uno strumento di facciata, inutilizzabile.
In entrambi i casi conviene cassarlo.
Anche per togliere ai maligni l’argomento secondo il quale le leggi sulle
banche le hanno sempre scritte e continuano a scriverle i banchieri, maestri
nell’approfittare delle distrazioni del legislatore.
di Mauro Novelli –
26-6-2006
Una vergogna giuridica appannaggio del legislatore, del Cicr e
della Banca d’Italia.
Ne riportiamo solo alcune, dalle più recenti:
Gazzetta Ufficiale del 26.5.2006.
La Banca di Credito Cooperativo di
Sant'Elena comunica che “dal
1 settembre l'importo massimo delle spese trimestrali di tenuta conto viene
fissato nella misura di Euro 250,00.” .
Si parla di 1.000 euro l’anno:
1.936.270 delle vecchie lire.
Per un attimo, abbiamo pensato che
l’annuncio del 3 maggio (riportato di seguito) fosse un errore: questo
del 25 maggio 2006 dimostra che – anzoeti poareti - stavamo sbagliando.
Gazzetta Ufficiale del 3.5.2006.
La Banca di Credito Cooperativo di Cartura - S.C. comunica, tra l’altro, che : “spese
fisse di chiusura trimestrale +
Euro 250,00; spese estinzione polizza titoli (???)
+ Euro 35,00.” Un errore?
Gazzetta Ufficiale del 16 maggio 2005.
La Banca Capasso comunica i costi di copia e duplicato di alcuni
documenti. “1) fotocopie
nostri assegni estinti e giacenti nei nostri archivi Euro 20,00 per ogni assegno; 2) copie di
estratti conto trimestrali: conto capitale - anno in corso Euro 25,00 ad estratto, sino a 5 anni precedenti la
data di richiesta Euro 50,00 ad
estratto, da 5 anni a 10 anni precedenti la data di richiesta Euro 100,00 ad
estratto; b) conto scalare - anno
in corso Euro 25,00 ad estratto,
sino a 5 anni precedenti la data di richiesta Euro 50,00 ad estratto, da 5 anni a 10
anni precedenti la data di richiesta Euro 100,00 ad estratto; 3) fotocopie di
contratti Euro 50,00; 4) fotocopie di contratti comprensivi di allegati Euro 100,00; 5) fotocopie di assegni
circolari e di assegni bancari in giacenza presso corrispondenti Euro 35,00 per ogni assegno, oltre le
eventuali spese reclamate dal corrispondente; 6) fotocopie di documentazione in genere diversa da
quella precedentemente indicata Euro 50,00 oltre un rimborso spese di Euro 2,50 per ogni foglio
fotocopiato.”
Gazzetta Ufficiale del 10.12.2004
La Banca Popolare di Lodi comunica: “[….] Servizi
vari.
La voce
'Spese telefoniche e telegrafiche: telefonate urbane, telefonate extra urbane e
verso telefonia mobile, telegrammi' e' ricondotta ad unica voce denominata
'Recupero spese postelegrafoniche'
con standard fissato a Euro 50,00 massime mensili.
La voce 'Commissioni analisi di fido' e' riclassificata in
'Commissione straordinaria impieghi e finanziamenti' con standard fissato al
2,50%, minimo Euro 200,00. Voce 'Recupero spese amministrative': nuovo standard
pari a Euro 50,00 mensili max.
Introduzione
di nuova voce denominata 'Commissione d'urgenza' con standard fissato a Euro
300,00 max per pratica e/o servizio. Introduzione di nuova voce denominata
'Recupero spese amministrative comparto titoli' con standard fissato in Euro
50,00 max mensile.”.
Gazzetta Ufficiale del 10.5.2005
Dalla Banca di Credito Cooperativo di Pianfei e Rocca De' Baldi
“…. si comunica che con decorrenza 9 maggio 2005 verranno aggiornate le spese
per il trasferimento titoli, elevandole fino ad un massimo di Euro 500,00 per
ogni codice trasferito. [….]”. Ancora una valenza retroattiva e 500
euro a codice trasferito. Certo,
devono proprio combinarla grossa per convincere un cliente a cambiare banca e
trasferire i suoi titoli al costo di 500 euro a codice.
Gazzetta Ufficiale del 3-9-2004
Il Banco di Sardegna S.p.a. comunica che, “avvalendosi della facolta' prevista dalla normativa
vigente, omettera' l'invio delle comunicazioni periodiche:
-per i rapporti che non registrano movimenti da oltre un anno
e presentano un saldo creditore non
superiore a Euro 2.500,00;
-per i contratti di deposito titoli e amministrazione, quando
il valore nominale titoli non
supera Euro 20.000,00 e non registrano
movimenti da oltre un anno.”. La banca sa benissimo che per i
contratti di durata - quali il C/C e la custodia titoli -, la legge impone
almeno un rendiconto l’anno. Quale sarà la normativa vigente per
il Banco di Sardegna che dà facoltà di omettere l’invio?
Gazzetta Ufficiale dell’8-7-2004
La Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo annuncia aumenti e nuove
voci di spesa per il cliente. Chi vuole essere edotto sulla quantità
delle voci di costo (vecchie) e sulla fantasia bancaria nell’inserirne di
nuove, trova nell’annuncio un elenco completissimo.
Gazzetta Ufficiale del 28-4-2004
La Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti comunica che:
“… Conti Free. Bottom Rate: il tasso minimo viene ridotto da 0,15%
a 0,00%. Con questo annuncio, CaRiChieti finisce di tribolare: a questo punto,
potrà applicare i tassi che vuole a chi vuole e variarli a suo
piacimento, senza ulteriori annunci.
Gazzetta Ufficiale del 3.2.1998
La Banca Nazionale dell’Agricoltura, comunica che:
“con decorrenza 1° gennaio 1995, è stato disposto quanto
segue:…..”. Seguono gli aumenti di un centinaio di voci di spesa.
Avete letto bene: nel febbraio 1998, l’annuncio con destrezza informa di
variazioni con decorrenza 1° gennaio 1995.
Questa Antologia è rivista periodicamente (ultimo
aggiornamento del 23-6-2006) e può essere arricchita con un “fai
da te” giornaliero. Basta collegarsi a:
http://www.gazzettaufficiale.it/gurifulcrum/dispatcher?service=6&task=elenco60GuFree
cliccare sul giorno interessato ed ancora su “Altri annunci
commerciali”. Compariranno tutti gli “annunci” che la banche
inseriscono per imporre ai correntisti
la modifica delle condizioni
di Mauro Novelli 13.6.2006
I “Supplementi al bollettino statistico della banca
d’Italia” sono preziosi ed offrono una miniera di dati anche sul
sistema bancario e finanziario di questo Paese.
Il supplemento “Istituti finanziari e monetari: banche e
fondi comuni monetari” riporta il conto economico del settore bancario.
In particolare, il n° 47/2002 (agosto 2002) ed il n° 32/2006 (giugno
2006) ci permettono di valutare l’andamento del conto economico delle
banche (dal 1999 al 2004 – ultimo anno riportato), permettendo un
raffronto finanziario prima e dopo l’introduzione dell’euro e col
succedersi dei governi, da quelli di centrosinistra e quello di Berlusconi.
Intanto meraviglia l’andamento dell’Utile netto: dal
1999 al 2004 è aumentato del 52,36 per cento, passando da 9,949 a 15,158 miliardi di euro. Per inciso,
l’utile netto del 1997 era pari a solo 1,392 miliardi di euro.
Con il paese quasi in apnea, il settore creditizio ha goduto di
una salute invidiabile.
Ma ancor di più meraviglia l’incidenza delle imposte
dirette sull’utile lordo: nel 1999 incidevano per il 39,48 per cento; nel
2004 solo del 27,35 per cento. In sei anni sono diminuite del 12,08 per cento.
Qui Berlusconi ha avuto ragione: meno tasse, forse non per tutti, ma per le
banche, si! Tanto più che le imposte indirette sono aumentate solo del
3,39 per cento nei sei anni considerati.
Utile del settore creditizio
(miliardi di euro) (Fonte
Bankitalia)
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
UTILE LORDO |
16,439 |
22,684 |
18,649 |
15,917 |
15,832 |
20,863 |
+ 26,91 % |
IMPOSTE DIRETTE |
6,490 |
8,586 |
7,416 |
6,022 |
4,737 |
5,706 |
- 12,08 % |
UTILE NETTO |
9,949 |
14,098 |
11,233 |
9,895 |
11,095 |
15,158 |
+ 52,36 % |
|
|
||||||
Incidenza % delle Imposte dirette
sull’ Utile lordo |
39,48 % |
37,85 % |
39,77 % |
37,83 % |
29,92 % |
27,35 % |
|
|
|||||||
MEMO: Imposte indirette |
2,274 |
2,357 |
2,341 |
2,320 |
2,325 |
2,351 |
+ 3,39 % |
MEMO: Dividendi |
6,046 |
7,727 |
7,439 |
6,582 |
7,341 |
8,938 |
+ 47,83 % |
MEMO: Numero Banche |
861 |
828 |
820 |
794 |
779 |
773 |
- 88 unità |
Ma come si forma l’ ”utile lordo” ?
Bankitalia fornisce tutte le voci di conto economico in grado di
permettere il calcolo.
Occorrerà valutare il “margine di interesse”
(interessi attivi per le banche - interessi passivi ±saldo derivati a
copertura); sommare a questo i ricavi (da negoziazione titoli, da
servizi, da altre operazioni) per giungere a quantificare il “margine
di intermediazione”; sottrarre a questo i “costi operativi”
(spese per il personale + spese amministrative + ammortamenti + imposte
indirette) per giungere al “risultato di gestione”.
Sottraendo a questo risultato le rettifiche e gli accantonamenti, perverremo
all’”utile lordo”.
La tabella seguente
quantifica le voci appena richiamate dal 1999 al 2004 e facilita la comprensione dei processi
finanziari.
Come si perviene all’Utile
netto del settore creditizio
(in miliardi di euro –
Fonte Bankitalia)
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
Interessi attivi |
67,421 |
80,728 |
88,775 |
81,109 |
75,456 |
74,834 |
+ 11,00 % |
Interessi passivi |
36,408 |
46,957 |
51,329 |
41,704 |
35,381 |
34,520 |
- 5,19 % |
Saldo derivati a copertura |
0,893 |
0,512 |
- 1,036 |
- 1,296 |
- 1,654 |
- 1,322 |
|
TOT. MARGINE D’INTERESSE |
31,907 |
34,283 |
36,411 |
38,108 |
38,420 |
38,992 |
+ 22,21 % |
Ricavi da negoziazione |
2,967 |
2,528 |
2,443 |
1,399 |
2,733 |
1,589 |
- 46,44 % |
Ricavi da servizi |
11,971 |
14,473 |
12,734 |
11,827 |
11,928 |
12,690 |
+ 6,01 % |
Ricavi da altre operazioni |
6,912 |
9,341 |
12,569 |
10,195 |
9,412 |
9,122 |
+ 31,97 % |
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE (*) |
58,025 |
65,656 |
69,570 |
67,388 |
69,343 |
69,702 |
+ 20,12 % |
segue tabella |
|
|
|
|
|
|
|
Spese per il personale |
20,503 |
20,621 |
20,966 |
22,011 |
23,166 |
22,859 |
+ 11,49 % |
MEMO: Numero dipendenti |
340.470 |
344.045 |
343.687 |
340.581 |
337.413 |
336.877 |
- 3.593 (unità) |
Spese amm.ve e ammortamenti |
12,331 |
13,686 |
15,140 |
15,974 |
16,784 |
17,012 |
+ 37,96 % |
Imposte indirette |
2,274 |
2,357 |
2,341 |
2,320 |
2,325 |
2,351 |
+ 3,39 % |
COSTI OPERATIVI |
35,108 |
36,664 |
38,447 |
40,304 |
42,275 |
42,221 |
+ 20,26 % |
|
|
|
|
|
|
|
|
RISULTATO DI GESTIONE (**) |
22,917 |
28,991 |
31,123 |
27,084 |
27,067 |
27,481 |
+ 19,92 % |
|
|
|
|
|
|
|
|
Rettifiche e accantonamenti |
6,478 |
6,307 |
12,473 |
11,167 |
11,235 |
6,618 |
+ 2,16 % |
UTILE LORDO (***) |
16,439 |
22,684 |
18,649 |
15,917 |
15,832 |
20,863 |
+ 26,91 % |
IMPOSTE DIRETTE |
6,490 |
8,586 |
7,416 |
6,022 |
4,737 |
5,706 |
- 12,08 % |
UTILE NETTO |
9,949 |
14,098 |
11,233 |
9,895 |
11,095 |
15,158 |
+ 52,36 % |
(*) Margine di intermediazione = Interessi attivi - interessi
passivi + saldo derivati + ricavi
(**) Risultato di gestione = margine di intermediazione –
Spese ed imposte indirette
(***) Utile lordo = Risultato di gestione –
Rettifiche e accantonamenti
A) MARGINE D’INTERESSE
Sia gli interessi attivi (per la
banca) che quelli passivi hanno avuto un andamento abbastanza simile negli anni
considerati, con una impennata per entrambi nel 2001. Di fatto però,
mentre gli interessi attivi sono cresciuti del +11,00 per cento in sei anni,
quelli passivi hanno subito un calo di – 5,19 per cento.
Tale andamento ha dato luogo ad
una crescita del margine d’interesse pari a + 22,21 per cento dal 1999 al
2004.
In soldoni, nel 2004 le banche
hanno introitato per interessi 38,992 miliardi di euro, oltre un quinto in
più rispetto al 1999 quando il saldo fu di 31,907.
MARGINE D’INTERESSE (Int.
Attivi - Int. Passivi ± saldo derivati)
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
Interessi attivi |
67,421 |
80,728 |
88,775 |
81,109 |
75,456 |
74,834 |
+ 11,00 % |
Interessi passivi |
36,408 |
46,957 |
51,329 |
41,704 |
35,381 |
34,520 |
- 5,19 % |
Saldo derivati a copertura |
0,893 |
0,512 |
- 1,036 |
- 1,296 |
- 1,654 |
- 1,322 |
|
TOT. MARGINE D’INTERESSE |
31,907 |
34,283 |
36,411 |
38,108 |
38,420 |
38,992 |
+ 22,21 % |
B) MARGINE DI INTERMEDIAZIONE.
Se al “margine
d’interesse” sommiamo i ricavi introitati per altre attività
bancarie (negoziazione titoli, servizi, altre operazioni) perveniamo al
“margine d’intermediazione”. In sei anni questo è
cresciuto del 20,12 per cento, passando da
58,025 miliardi di euro
a 69,702 miliardi di euro. Da notare il quasi
dimezzamento degli introiti per
negoziazione titoli.
Insomma, i ricavi per l’attività bancaria complessiva
sono cresciuti di oltre 11,5 miliardi di euro dal 1999 al 2004.
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE
(Margine d’interessi + ricavi)
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
TOT. MARGINE D’INTERESSE |
31,907 |
34,283 |
36,411 |
38,108 |
38,420 |
38,992 |
+ 22,21 % |
Ricavi da negoziazione |
2,967 |
2,528 |
2,443 |
1,399 |
2,733 |
1,589 |
- 46,44 % |
Ricavi da servizi |
11,971 |
14,473 |
12,734 |
11,827 |
11,928 |
12,690 |
+ 6,01 % |
Ricavi da altre operazioni |
6,912 |
9,341 |
12,569 |
10,195 |
9,412 |
9,122 |
+ 31,97 % |
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE |
58,025 |
65,656 |
69,570 |
67,388 |
69,343 |
69,702 |
+ 20,12 % |
C) COSTI OPERATIVI
Si tratta dei costi
“industriali” affrontati dalla banca.
Nel 1999 erano pari a 35,108
miliardi, passati a 42,221 miliardi nel 2004, con un incremento del 20,26 per
cento.
Di particolare entità le
spese per il personale passate da 20,503 miliardi a 22,859, con un aumento
dell’11,49 percento nonostante il calo di 3.593 unità dei
dipendenti bancari: dai 340.470 nel 1999, ai 336.877 nel 2004.
Nello stesso periodo le imposte
indirette sono aumentate solamente del 3,39 per cento.
Ricordiamo che le imposte
dirette sono diminuite di - 12,08 per cento nei sei anni.
COSTI OPERATIVI
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
Spese per il personale |
20,503 |
20,621 |
20,966 |
22,011 |
23,166 |
22,859 |
+ 11,49 % |
MEMO: Numero dipendenti |
340.470 |
344.045 |
343.687 |
340.581 |
337.413 |
336.877 |
- 3.593 (unità) |
Spese amm.ve e ammortamenti |
12,331 |
13,686 |
15,140 |
15,974 |
16,784 |
17,012 |
+ 37,96 % |
Imposte indirette |
2,274 |
2,357 |
2,341 |
2,320 |
2,325 |
2,351 |
+ 3,39 % |
COSTI OPERATIVI |
35,108 |
36,664 |
38,447 |
40,304 |
42,275 |
42,221 |
+ 20,26 % |
D) RISULTATO DI GESTIONE
Se si sottraggono i “costi
operativi” al “margine di intermediazione” perveniamo al
“risultato di gestione” dell’attività bancaria. In sei
anni questa voce è passata da 22,917 miliardi di euro del 1999 a 27,481 miliardi del 2004, con un
incremento del 19,92 per cento nei sei anni.
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE |
58,025 |
65,656 |
69,570 |
67,388 |
69,343 |
69,702 |
+ 20,12 % |
COSTI OPERATIVI |
35,108 |
36,664 |
38,447 |
40,304 |
42,275 |
42,221 |
+ 20,26 % |
RISULTATO DI GESTIONE |
22,917 |
28,991 |
31,123 |
27,084 |
27,067 |
27,481 |
+ 19,92 % |
E) UTILE LORDO e UTILE NETTO
Se al “risultato di
gestione” sottraiamo le “rettifiche e gli accantonamenti” perverremo
all’”utile lordo”. Questo è passato dai 16,439 miliardi di euro del 1999,
ai 20,863 miliardi del 2004, con un aumento del 26,91 per cento.
Detraendo infine le
“imposte dirette”, si avrà la quantificazione
dell’”utile netto” del settore bancario, aumentato di + 52,36 per cento, passato nei sei anni
da 9,949 miliardi a 15,158 miliardi
.
UTILE LORDO (Risultato di
gestione – rettifiche e accantonamenti)
UTILE NETTO (Utile lordo –
Imposte dirette)
|
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2004/1999 |
RISULTATO DI GESTIONE |
22,917 |
28,991 |
31,123 |
27,084 |
27,067 |
27,481 |
+ 19,92 % |
|
|
|
|
|
|
|
|
Rettifiche e accantonamenti |
6,478 |
6,307 |
12,473 |
11,167 |
11,235 |
6,618 |
+ 2,16 % |
UTILE LORDO |
16,439 |
22,684 |
18,649 |
15,917 |
15,832 |
20,863 |
+ 26,91 % |
IMPOSTE DIRETTE |
6,490 |
8,586 |
7,416 |
6,022 |
4,737 |
5,706 |
- 12,08 % |
UTILE NETTO |
9,949 |
14,098 |
11,233 |
9,895 |
11,095 |
15,158 |
+ 52,36 % |
Ricordiamo, in conclusione, che nel 2005 le prime 20 banche (delle 784 operative
a fine anno) hanno avuto utili “netti” pari ad oltre 10,7 miliardi
di euro.
di Mauro Novelli 27.5.2006
E’ bastata un po’ di buona volontà da parte delle
istituzioni ( in questo caso dell’Antitrust, che sull’argomento ha
audito due volte Adusbef) per evidenziare formalmente le storture giuridiche -
e i danni finanziari conseguenti – nel rapporto banca-cliente.
Intendiamoci: il potentato bancario, con l’Abi in testa, ha svolto il
ruolo che le singole banche hanno deciso di affidargli. Quello che meraviglia
è la propensione delle Autorità di controllo (Bankitalia gestione
Fazio) e del nostro legislatore a correre sempre in soccorso del vincitore, con
normative, regolamenti ed atteggiamenti ineffabilmente favorevoli. I cittadini,
come sempre, si sono dovuti arrabattare! Con coraggio – ed un po’
di amor proprio istituzionale – il presidente Catricalà ha
segnalato ai presidenti di Camera e Senato, al presidente del Consiglio, al
CICR, al ministro dell’Economia ed al governatore di Bankitalia che:
- la legislazione di settore ( in primis, l’art. 118 del
Testo Unico bancario) è a danno del cittadino, del mercato e della
nazione e contraria a normative quali il Codice del consumo.
- quella stessa legislazione
crea manifesti squilibri nel rapporto banca-cliente a favore delle aziende di
credito.
- i meccanismi adottati dalle
banche, addirittura forzando lo spirito di leggi comunque embedded, non
permette al mercato creditizio di operare in ambiente concorrenziale.
- quelle forzature, non
contrastate, hanno permesso alle banche di imporre nuove voci di costo mai
riportate dai contratti.
- le variazioni imposte dalle
banche ai costi dei loro servizi non soggiacciono ad alcun controllo in merito
all’eventuale “giustificato motivo” che li ha
“suggeriti”.
- non esiste valenza temporale per quelle variazioni: alcune
banche hanno modificato anche 20 volte in due anni (una volta ogni 5 settimane)
le loro condizioni con semplici annunci sulla Gazzetta Ufficiale.
- in altri paesi, legislazione sul credito e comportamenti delle
banche sono di ben altro livello di civiltà. Catricalà informa
(nota a pag. 3 della segnalazione) quanto avviene in Francia, Gran Bretagna e
Germania. La riportiamo integralmente:
“In particolare,
in Gran Bretagna la normativa riguardante l’ambito dei rapporti tra
intermediari bancari e clienti per l’offerta di prodotti e servizi
bancari si basa su un codice di autodisciplina adottato dalla British
Bankers’ Association: il Banking Code. Esso, con riferimento
all’ipotesi di variazione dei termini e delle condizioni contrattuali
sfavorevoli al cliente, prevede che la variazione debba essere annunciata al
cliente almeno trenta giorni prima mediante comunicazione personale. Il cliente
avrà diritto entro sessanta giorni dall’annuncio di poter optare
per un altro tipo di rapporto o di estinguere il rapporto esistente senza
preavviso, spese o interessi passivi aggiuntivi. In Francia, per quanto
concerne specificamente i conti di deposito, il Code monetaire et
financier prevede che qualunque
modifica delle condizioni economiche dei prodotti e servizi contemplati dalla
convenzione deve essere resa nota al cliente mediante comunicazione scritta,
almeno tre mesi prima della sua entrata in vigore. In mancanza di opposizione
nei successivi due mesi il nuovo regime tariffario si ritiene accettato dal
cliente. Inoltre, in caso di modifica sostanziale della convenzione e, in
particolare delle tariffe applicate, il cliente può chiedere la chiusura
o il trasferimento del proprio conto senza l’addebito di spese. Anche
nell’ambito del diritto tedesco si trovano previsioni analoghe a quelle
richiamate. In particolare, con riferimento alle modalità di modifica
dei prezzi relativi ai contratti di durata, è stabilito che per i
crediti a tasso variabile tale modifica avvenga nei termini previsti
dall’accordo raggiunto con il cliente, mentre per gli altri servizi (come
ad es. il conto corrente e il deposito titoli) la banca può disciplinare
unilateralmente secondo il principio del Billigem Ermessen. Le modifiche devono
essere comunicate al cliente, che in caso di modifica sfavorevole ha diritto di
recedere entro sei settimane dalla comunicazione.“ Per inciso, non è certo un caso se, nella
matrice dei costi per le imprese (con potere contrattuale ben superiore a
quello del semplice correntista) [Fonte Dipartimento del Ministero del tesoro
del novembre 2005], i servizi bancari ed assicurativi pesano per l’Italia
il 3,98 per cento; contro il 2,04 per le imprese inglesi, il 3,48 per le
francesi, il 2,72 per le tedesche. Meglio comunque non commentare. L’Abi, pronta ad
offrirsi come collaboratore di Antitrust, sostiene che le banche hanno
rispettato la legge (stessa linea difensiva di Fazio): i nostri legali
valuteranno la presenza di elementi giuridici civilmente e penalmente rilevanti
nelle azioni poste in essere dalle banche.
Ci auguriamo che il legislatore faccia definitivamente giustizia
di una normativa che permette alle banche arricchimenti immeritati, non per
successi mercantili conseguenti ad accorti e vincenti piani industriali, non
per recupero di efficienza e competitività. [Nella Pignattan° 11
– di seguito - la cronistoria della legislazione sull’argomento ed
una Antologia di perle bancarie.] Per decenni le istituzioni sono state
distratte, come le Autorità di controllo. Come i media: la notizia della
segnalazione dell’Antitrust è passata, oltre che su qualche
agenzia, solo su Radio 24 (veloce
flash di “Focus economia” del 26 maggio) e su qualche altro
notiziario.
di Mauro Novelli 8.2.2006
La vicenda delle Opa bancarie ha impietosamente messo in luce le
qualità dei nostri migliori liberisti. Abbiamo cioè scoperto che
la concorrenza, quella vera e non semplicemente nominale, deve valere solo per
gli “altri” ed è usata dai liberisti alla vaccinara come
arma dialogica e salottiera. Ma guai ad applicarla al settore mercantile dove
prosperano i loro grumi di potere. Vediamo in breve che cosa è accaduto.
La legge Amato-Carli - del 1990 - ha innescato il processo di privatizzazione
delle maggiori aziende bancarie attraverso la trasformazione degli enti
creditizi pubblici in società per azioni, ed alla nascita di nuovi
investitori istituzionali. Avrebbe dovuto favorire, inoltre, processi di
concentrazione bancaria promuovendo una specifica normativa fiscale; infine, ha
disciplinato i gruppi creditizi con l'introduzione di un nuovo modello
organizzativo. L’unico risultato concreto è stata la
privatizzazione delle banche italiane. La gestione Fazio ha dimenticato infatti
di sanare il problema della proprietà di Bankitalia, istituto di diritto
pubblico, ma posseduto da privati; ha centellinato la concentrazione bancaria,
favorendo quelle di piccoli istituti ed impedendo che si creassero banche
italiane di dimensione almeno europea. Ha infatti prima ostacolato le fusioni
di grandi istituti (Credito Italiano e Comit ad esempio) poi ha
“favorito” l’acquisizione di molte banche del sud da parte di
banche del nord; ha quindi promosso prima Bipop (dopo il crollo, acquisita da
Capitalia), poi Banca popolare di Lodi; ha impedito l’innesto nel settore
bancario di una vera concorrenza, in grado cioè di far crescere in
ambiente sano tutto il sistema.
Sulla distorta evoluzione del nostro credito, pilotata e viziata da
controlli indebiti e da divieti imprevidenti, non uno dei nostri liberisti ha
sollevato problemi di natura “mercantile”. Solo l’on. Tabacci
ha cercato di mantenersi in un alveo effettivamente liberale. Tutti gli altri
si sono accomodati al caldo; tutti si sono volentieri adeguati ai voleri dei
detentori del cordone della borsa. La storia è poi nota. La gestione Fazio,
certamente di bassa strategia, ha voluto tenere fino alla fine una barricata
ormai traballante, il cui crollo ha evidenziato le insuperabili
gracilità del nostro sistema creditizio, cresciuto all’ombra delle
protezioni delle Autorità di controllo, deferente il sistema politico
[ricordate? Da destra e da sinistra si commentava che “…il problema
non è la permanenza di Fazio in Bankitalia…], compiacente il
legislatore [si dia un’occhiata alla legge sul risparmio, approvata in
tutta fretta dopo l’arresto di Fiorani, grande banchiere di riferimento].
Oggi, incombenti i francesi di BNP Paribas e gli olandesi di ABN Amro, i nostri liberisti alla vaccinara,
richiamati dai detentori dei cordoni a difendere più attivamente l’apparato
messo in piedi ed utilizzato da tutti, si scoprono meno liberisti:
“occorre pensare al sistema Italia nel suo complesso.…. la concorrenza degli stranieri potrebbe
mettere in discussione l’intero settore….. si rischia di offrire i
nostri risparmi a banchieri che investiranno fuori
d’Italia……” e via spendendosi. [Per inciso, da sempre
le nostre banche sono un peso per l’apparato produttivo e per i
risparmiatori; da sempre le nostre banche drenano risparmio al Sud per
investirlo a Nord, ma nessuno dei liberisti alla vaccinara si è mai lamentato…]
In altri termini, invece di provvedere a che il sistema inizi ad irrobustirsi
col crescere sotto la spinta sana e vivificante della concorrenza finora
soffocata, si grida al crollo, al fuoco, alle armi, al fallimento, al
terremoto, alla ruina, all’accorr’uomo. Dobbiamo dire che le prime
dichiarazioni di BNP Paribas, dovrebbero permettere il recupero di
tranquillità a tutti : “…agiremo sulla qualità dei
servizi e non sui loro costi” ha esordito il signor Baudoin Prot,
dimostrando una invidiabile prontezza nel sapersi accomodare (come i nostri
potenti di riferimento) al caldo di
un sistema immune dalle ansie delle concorrenza. Speriamo negli olandesi!
di Mauro Novelli 29.1.2006
Un mercato non civilizzato, lasciato svilupparsi cioè
secondo le sue leggi “naurali”, tende a passare
dall’oligopolio al duopolio ed infine al monopolio. Un mercato
civilizzato, al quale cioè la società ha imposto delle norme per
mitigarne le istintive pulsioni verso il monopolio, deve operare in regime di
concorrenza. Tale civilizzazione è iniziata ed è oggi
particolarmente consolidata nei paesi anglosassoni. In altri termini, le
corrette regole di funzionamento (come le intendiamo – più o meno
in buona fede - in occidente) fanno si che il monopolio venga ormai considerato
deviazione patologica ed insopportabile del mercato, mentre la concorrenza ne
dovrebbe mette in evidenza un regolare andamento nell’alveo anche
giuridico imposto dalla società. Un mercato effettivamente
concorrenziale deve avere ben definite caratteristiche sia sul versante
dell’offerta (grande numero di aziende, libero ingresso, prodotti
omogenei, completa mobilità dei fattori, non influenzabilità del
prezzo ecc.) che su quello della domanda (ampia scelta tra più prodotti
o servizi omogenei, conoscenza delle loro caratteristiche, facile
identificazione del prezzo effettivo, libertà di contrattazione,
garanzia della inesistenza di cartelli). A differenza del settore dei prodotti,
la cui qualità può essere conosciuta dal consumatore (per
esperienza o informazione), il settore dei servizi (come quello bancario,
finanziario, assicurativo ecc.) ha una difficoltà aggiuntiva per la
formazione della volontà del potenziale utente: la loro qualità
è verificabile solo a posteriori, non potendosi garantire ferrei
standard finali dei servizi erogati. In molti settori del terziario, quindi,
all’utente resta solo un elemento oggettivo su cui puntare – a parità
di condizioni di incertezza sulla
qualità – per la scelta: il prezzo del servizio. Il settore
bancario italiano ha una peculiarità, forse unica nel mondo occidentale:
i prezzi imposti ai servizi offerti non sono assolutamente noti, nel senso che
quelli definiti in un certo istante, possono cambiare all’istante
successivo. Possiamo dire che il listino prezzi stilato dalle banche è
“orientativo ed in evoluzione”, di valenza temporale indefinita,
non soggetto ad alcuna limitazione mercantile. Per fare un parallelo illuminante,
è come se, entrati in un negozio per l’acquisto di un prodotto
esposto in vetrina ad un certo prezzo, al momento di pagare alla cassa, ci
sentissimo dire che il prezzo è nel frattempo aumentato. Il dramma tutto
italico deriva dal fatto che il legislatore stesso (dal 1992 ad oggi) ha
dettato una normativa che impone al versante della domanda queste
caratteristiche di privilegio garantite all’offerta.
[ Per l’evoluzione legislativa di tale scempio giuridico, si
veda la precedente Pignatta“
L’Atitrust vuole monitorare i prezzi dei servizi del credito
imposti dalle banche: iniziativa encomiabile e da supportare con ogni mezzo.
Purché non ci si limiti a fotografarne i livelli; purché
cioè si chiarisca che le storture di mercato non derivano esclusivamente
dall’altezza insopportabile dei costi per l’utenza bancaria: la
violenza giuridica e mercantile è data dal fatto che la definizione dei
prezzi imposti dalle banche non soggiace ad alcuna regola produttiva, non
è dettata da alcun piano industriale, ma è funzione diretta della volontà di aumentare i
guadagni e/o (si vedano le iniziative della BPI di Fiorani) mitigare gli effetti di
iniziative finanziarie fallimentari e/o costituire fondi per mantenere promesse
a clienti privilegiati e/o predisporre disponibilità agilmente gestibili
per iniziative impresentabili ecc. Insomma, finché l’Antitrust non
eliminerà il veicolo della Gazzetta Ufficiale (art. 118 del T.U.
bancario e norme di trasparenza del Cicr) quale strumento per informare sui
costi dei servizi bancari, l’utenza non potrà decidere liberamente
i suoi “acquisti” perché non è messa in grado di
conoscerne il prezzo. E’ ad essa impedito di procedere ad una comparazione
– tra varie opzioni - di
onerosità finanziaria del contratto, anche temporale. In altri termini,
così come stanno le cose, è impossibile solo parlare di
concorrenza nel settore creditizio italiano. Senza considerare la penosità
imposta nel superamento dell’ultimo baluardo (spese di chiusura dei
rapporti e spese di trasferimento
titoli) costruito dalle banca per evitare l’evasione del cliente. Ma, in
attesa di una soluzione effettivamente risolutiva circa la impossibilità
di innestare elementi di concorrenza nel settore bancario, riteniamo che
l’Antirust possa ripristinare – come misura minimale e tampone
- alcuni elementi giuridici (oggi
calpestati) nel meccanismo di informazione del listino bancario:
1) Vietare
l’introduzione di nuove voci di costo nei contratti già in essere.
2) Imporre
la definizione delle entità di prezzo (in euro) e di tasso (in
percentuale) vietando le semplici indicazioni di aumenti monetari o percentuali
da calcolare su entità non conosciute dall’utente e che non diano
l’informazione precisa del costo del servizio. Se del caso si imponga una
forma particolare agli annunci, fornendo un modello predefinito.
3) Vietare
l’indicazione di livelli di costo minimi o massimi: tali indicazioni
eludono le stesse “comprensive” leggi sui servizi bancari,
perché permettono alla banca di imporre livelli di costo ad libitum
all’interno del limite che essa stessa si è dato.
4) Imporre una valenza temporale (minimo di un anno)
all’indicazione dei nuovi livelli o, se improvvisa, necessaria ed
unilaterale, imporre alla banca di argomentarne il “giustificato
motivo”. 5) Imponga l’eliminazione di spese di chiusura del C/C e
di trasferimento di titoli se l’iniziativa del cliente è
dettata da un cambiamento delle condizioni di costi, spese,
commissioni, tassi imposti dalla banca.
Come al dott. Draghi (Pignatta“
ad allargare le braccia in caso di situazioni di impotenza: chieda
con forza al legislatore nuovi e più incisivi
strumenti. Insomma non i limiti a “rispettare le
leggi”, come ha detto di aver fatto Fazio, ma ci metta un po’ del
suo.
di Mauro Novelli 24.1.2006
Ricordo che, ancora una ventina di anni fa, quando la banca
decideva di cambiare le condizioni applicate ai conti correnti, dal centro
elettronico partivano milioni di avvisi indirizzati alla clientela con
l’invito a recarsi allo sportello. “Per informazioni che La
riguardano”, concludeva il foglietto grigio.. Allo sportello si informava
il correntista della decisione della banca e il cliente – se
“poderoso” o “interessante”- poteva contrattare
l’entità della variazione applicata alle condizioni, magari
recuperando in parte la diminuzione del tasso di remunerazione del deposito o
l’aumento delle spese. Poteva altresì non accettare la
novità e chiudere il rapporto. Il diritto era così rispettato: le
caratteristiche di costi, spese, commissioni, tassi del contratto si toccavano
solo dopo aver convocato il correntista che poteva rifiutare e cambiare
banca. Con la metà degli
anni ottanta, le convocazioni caddero in disuso. Le cose cambiarono
radicalmente nel momento in cui il rapporto banca-cliente fu oggetto delle
attenzioni del legislatore, obbligato ad intervenire per ridare (anche solo
nominalmente) una presentabilità a contratti manifestamente sbilanciati.
In particolare, con la legge “sulla trasparenza bancaria” (n°
154/1992), il Parlamento ha inteso normalizzare le variazioni delle condizioni
imposte ai correntisti: per le variazioni generalizzate dei tassi sarebbe stato
sufficiente un annuncio sulla Gazzetta Ufficiale; la formalizzazione e
l’informazione della modifica delle altre condizioni, era rinviata alla
Banca d’Italia ed al Cicr (Comitato interministeriale per il Credito e il
Risparmio). L’obbiettivo era evidente: per il cambiamento dei tassi e
solo di questi, si permetteva l’uso di uno strumento economico, anche se
non proprio pertinente, quale la G.U; per le altre variazioni, i “tecnici
di Bankitalia” avrebbero dovuto individuare altri canali.
Legge 17 febbraio 1992, n. 154 –
Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari
[…]
Articolo 6.
Modifica delle condizioni contrattuali.
1. I tassi di interesse, i prezzi e le
altre condizioni previsti nei contratti di durata possono essere variati in
senso sfavorevole al cliente, purché ne sia data al medesimo
comunicazione scritta presso l'ultimo domicilio notificato.
2. Nelle ipotesi in cui si proceda a
variazioni generalizzate della struttura dei TASSI, la comunicazione di cui al
comma 1 potrà avvenire in modo impersonale tramite inserzione di
appositi avvisi nella Gazzetta Ufficiale.
3. Su conforme delibera del CICR, la
Banca d'Italia può prevedere diverse modalità di comunicazione
per le variazioni riguardanti determinate categorie di operazioni e servizi ove
ciò sia giustificato da motivate ragioni tecniche.
[….]
Un anno dopo, veniva predisposto il Testo unico delle leggi in
materia bancaria, che recepiva completamente la legge 154 (tranne l’art.
10 sulle fideiussioni).
L’articolo 118 però dà il senso del successo della
lobby bancaria e dei compiaciuti sonni (più o meno ad occhi aperti)
della Banca d’Italia. Infatti, il legislatore (anch’esso sempre
distratto quando si tratta di banche) demandava al Cicr la individuazione dei
canali di informazione per la variazione delle totalità delle voci
onerose (dai tassi alle commissioni): con l’art. 118, l’economico e
inadeguato strumento della Gazzetta Ufficiale veniva dal Cicr adottato non
soltanto per informare sulle
variazioni generalizzate della struttura dei tassi, ma anche di ogni altra voce
di spesa inerente i servizi annessi al rapporto:
TESTO
UNICO BANCARIO.
Decreto legislativo 1.9.1993, n. 385 e successive modifiche
[…]
Art. 118 -(Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali)
1. Se nei contratti di durata è convenuta la facoltà di
modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, le
variazioni sfavorevoli sono comunicate al cliente nei modi e nei termini
stabiliti dal CICR.
[….]
Con l’Utilizzo della G.U. permesso dal
Legislatore/Cicr/Banca d’Italia inizia il periodo più buio per la
vita del diritto nei contratti bancari. La seconda parte della GU fu invasa
giornalmente dagli annunci con i quali le banche davano notizia degli aumenti
di tassi, spese ecc. (quasi sempre con valore retroattivo). Lo stesso canale fu
utilizzato per inventare nuove voci di spesa, del tutto estranee ai contratti
già in essere, ma ad essi imposte a danno del cliente e del diritto.
Neanche l’approvazione della legge comunitaria (52/1996) sulle clausole
vessatorie, fece destare la Banca d’Italia. Nella legge di recepimento,
la vessatorietà di alcune clausole era derogata per i contratti che
avessero ad oggetto servizi finanziari, concedendo al
“professionista” la facoltà di recedere senza preavviso e
di modificare le condizioni in
presenza di un “giustificato motivo”:
Legge 6 febbraio 1996, n. 52 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (Legge
comunitaria 1994) Art. 25.
[….]
Se il contratto ha ad oggetto la prestazione
di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista puo', in deroga
ai numeri 8) e 11) del terzo comma:
1) recedere, qualora vi sia un GIUSTIFICATO MOTIVO , senza
preavviso, dandone immediata omunicazione al consumatore; 2) modificare, qualora sussista un GIUSTIFICATO
MOTIVO , le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine
il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto. Se il contratto ha ad oggetto la
prestazione di servizi finanziari il professionista puo' modificare, senza
preavviso, sempreche' vi sia un GIUSTIFICATO MOTIVO in deroga ai numeri
12) e 13) del terzo comma, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro
onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone
immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal
contratto.
[….]
Il “giustificato motivo” non è lessico
conviviale, ma prettamente giuridico. Chi, se non Banca d’Italia, avrebbe
dovuto accollarsi il compito di chiedere giustificazione delle raffiche di
aumenti scaricate dalle banche (con cadenza a volte mensile) sulle spalle dei correntisti? Chi doveva impedire che
le variazioni annunciate in GU avessero addirittura valenza retroattiva? [si
veda in calce l’Antologia delle “perle” bancarie.]
Per inciso, il testo appena riportato è stato inserito -
praticamente senza modifiche e ribadendo la necessità
del giustificato motivo - nel Codice del Consumo, Decreto Legislativo del 6 settembre
2005, n. 206.
Nel marzo 2003, il CICR, consapevole della impresentabilità
del rapporto così come imposto dalle banche, ha
“commissionato” alla Banca d’Italia la revisione delle
vecchie norme sulla trasparenza nei rapporti
banca/cliente e l’impostazione di una nuova normativa. Questa è
entrata in vigore il 1° ottobre.
Diciamo subito che le “migliorie” apportate sono solo di facciata,
un po’ di fumo negli occhi dei membri del Cicr e dei cittadini.
Vediamo quali sono le novità circa le variazioni di costi,
spese, commissioni tassi:
1) Informazioni precontrattuali.
Banca d’Italia scopre che prima di firmare un contratto
è opportuno dargli un’occhiata, e dice alle sue vigilate che
devono fornirne il testo (a richiesta del cliente ed eventualmente a titolo
oneroso). Prima di firmare il contratto ( ad esempio di conto corrente) il
potenziale cliente ha il diritto di chiedere ed ottenere ( a titolo oneroso, un
aiutino) copia dell’articolato e delle condizioni che verrebbero
applicate in caso di accettazione. La banca dovrà fornire i documenti e
potrà pretendere il pagamento di una somma a titolo di rimborso spese.
Non solo, ma il cliente che intende chiedere quei documenti, dovrà
lasciare le sue generalità. Un aiutino per la costituzione di una banca
dati. Ricordiamo che le condizioni ( costi, spese, tassi, commissioni) indicate
dal documento sintetico consegnato con il testo del contratto possono comunque
cambiare anche il giorno successivo alla stipula.
2) Variazioni delle condizioni.
Non ci sono novità, se non di risulta.
Come in precedenza, se la banca apporta modifiche a singole posizioni, deve
scrivere all’interessato.
Se invece cambiano condizioni generali, le banche possono limitarsi a mettere
annunci commerciali sulla
Gazzetta Ufficiale (2^ Parte).
Come in precedenza, il cliente ha 15 giorni di tempo dalla notifica o dal
giorno di pubblicazione sulla
Gazzetta per chiudere il rapporto alle condizioni precedenti.
Ed ecco le novità:
- In caso di variazione generalizzata, la banca deve darne
indicazione apponendo comunicazioni nei locali delle agenzie. In tali
comunicati deve essere riportato il giorno di pubblicazione sulla G. U. ed il
giorno di decadenza, per il cliente, della facoltà di rescindere il
contratto alle vecchie condizioni.
- La banca deve inserire la comunicazione delle variazioni alla
prima occasione di invio di corrispondenza all’indirizzo del cliente. La
norma di cui si riporta di seguito il testo, indica nell’invio di
comunicazioni di legge e nelle comunicazioni per operazioni specifiche le
occasioni di cui sopra. Quindi, dovremo essere informati delle variazioni non
appena riceveremo estratti conto, contabili a credito o a debito, conferme di
esecuzioni di ordini, lettere di convocazione, informazioni pubblicitarie ecc.
Unica vera novità: non è più possibile dare valenza
retroattiva agli annunci, anche se alcune banche ancora approfittano del sonno
connaturato in Bankitalia.
Non ci resta che auspicare una drastica inversione di marcia
dell’Autorità di controllo sotto la guida del nuovo governatore
Draghi.
Antologia di perle bancarie (aggiornata periodicamente. Ultimo aggiornamento:
23-6-2006).
Una vergogna giuridica appannaggio del nostro legislatore, del
Cicr e della Banca d’Italia.
Ne riportiamo solo alcune:
Gazzetta Ufficiale del 3.2.1998
La Banca Nazionale dell’Agricoltura, comunica che:
“con decorrenza 1° gennaio 1995, è stato disposto quanto
segue:…..”. Seguono gli aumenti di un centinaio di voci di spesa.
Avete letto bene: nel febbraio 1998, l’annuncio con destrezza informa di
variazioni con decorrenza 1° gennaio 1995.
Gazzetta Ufficiale del 28-4-2004 La Cassa di Risparmio della Provincia di
Chieti comunica che: “… Conti Free. Bottom Rate: il tasso minimo
viene ridotto da 0,15% a 0,00%. Con questo annuncio, CaRiChieti finisce di
tribolare: a questo punto, potrà applicare i tassi che vuole a chi vuole
e variarli a suo piacimento, senza ulteriori annunci.
Gazzetta Ufficiale dell’8-7-2004 La Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
annuncia aumenti e nuove voci di spesa per il cliente. Chi vuole essere edotto
sulla quantità delle voci di costo (vecchie) e sulla fantasia bancaria
nell’inserirne di nuove, trova nell’annuncio un elenco
completissimo.
Gazzetta Ufficiale del 3-9-2004 Il Banco di Sardegna S.p.a.
comunica che, “avvalendosi
della facolta' prevista dalla normativa vigente, omettera' l'invio delle
comunicazioni periodiche:
-per i rapporti che non registrano movimenti da oltre un anno
e presentano un saldo creditore non
superiore a Euro 2.500,00;
-per i contratti di deposito titoli e amministrazione, quando
il valore nominale titoli non
supera Euro 20.000,00 e non registrano
movimenti da oltre un anno.”. La banca sa benissimo che per i
contratti di durata - quali il C/C e la custodia titoli -, la legge impone
almeno un rendiconto l’anno. Quale sarà la normativa vigente per
il Banco di Sardegna che dà facoltà di omettere l’invio?
Gazzetta Ufficiale del 10.12.2004 La Banca Popolare di Lodi comunica:
“[….]
Servizi vari.
La voce 'Spese
telefoniche e telegrafiche: telefonate urbane, telefonate extra urbane e verso
telefonia mobile, telegrammi' e' ricondotta ad unica voce denominata 'Recupero
spese postelegrafoniche' con
standard fissato a Euro 50,00 massime mensili.
La voce 'Commissioni analisi di fido' e' riclassificata in
'Commissione straordinaria impieghi e finanziamenti' con standard fissato al
2,50%, minimo Euro 200,00. Voce 'Recupero spese amministrative': nuovo standard
pari a Euro 50,00 mensili max.
Introduzione
di nuova voce denominata 'Commissione d'urgenza' con standard fissato a Euro
300,00 max per pratica e/o servizio. Introduzione di nuova voce denominata
'Recupero spese amministrative comparto titoli' con standard fissato in Euro
50,00 max mensile.”.
Gazzetta Ufficiale del 10.5.2005 Dalla Banca di Credito Cooperativo
di Pianfei e Rocca De' Baldi “…. si comunica che con decorrenza
9 maggio 2005 verranno aggiornate
le spese per il trasferimento titoli, elevandole fino ad un massimo di Euro 500,00
per ogni codice trasferito. [….]”. Ancora una valenza retroattiva e
500 euro a codice trasferito.
Certo, devono proprio combinarla grossa per convincere un cliente a
cambiare banca e trasferire i suoi titoli al costo di 500 euro a codice.
Gazzetta Ufficiale del 16 maggio 2005. La Banca Capasso comunica i
costi di copia e duplicato di alcuni documenti. “1) fotocopie nostri assegni
estinti e giacenti nei nostri archivi
Euro 20,00 per ogni assegno;
2) copie di estratti conto trimestrali: conto capitale - anno in corso Euro 25,00 ad estratto, sino a 5 anni precedenti la
data di richiesta Euro 50,00 ad
estratto, da 5 anni a 10 anni precedenti la data di richiesta Euro 100,00 ad
estratto; b) conto scalare - anno
in corso Euro 25,00 ad estratto,
sino a 5 anni precedenti la data di richiesta Euro 50,00 ad estratto, da 5 anni a 10
anni precedenti la data di richiesta Euro 100,00 ad estratto; 3) fotocopie di
contratti Euro 50,00; 4) fotocopie di contratti comprensivi di allegati Euro 100,00; 5) fotocopie di assegni
circolari e di assegni bancari in giacenza presso corrispondenti Euro 35,00 per ogni assegno, oltre le
eventuali spese reclamate dal corrispondente; 6) fotocopie di documentazione in genere diversa da
quella precedentemente indicata Euro 50,00 oltre un rimborso spese di Euro 2,50 per ogni foglio
fotocopiato.”
Gazzetta Ufficiale del 3.5.2006. La Banca di Credito Cooperativo di Cartura
- S.C. comunica, tra l’altro,
che : “spese fisse di chiusura trimestrale + Euro 250,00; spese estinzione polizza titoli (???)
+ Euro 35,00;
Gazzetta Ufficiale del 26.6.2006. La Banca di Credito
Cooperativo di Sant'Elena comunica
che “dal 1 settembre l'importo massimo delle spese trimestrali di
tenuta conto viene fissato nella misura di
Euro 250,00. “
Questa Antologia è rivista periodicamente (ultimo
aggiornamento del 23-6-2006) e può essere arricchita con un “fai
da te” giornaliero. Basta collegarsi a:
http://www.gazzettaufficiale.it/gurifulcrum/dispatcher?service=6&task=elenco60GuFree
cliccare sul giorno interessato ed ancora su “Altri annunci
commerciali”.
di Mauro Novelli 7.1.2006
La Guardia di Finanza sta cercando il tesoretto di Fiorani. Alcuni
media parlano di 800 milioni di euro, 1.550 miliardi di vecchie lire. Al netto
dei legittimi stipendi dell’interessato, la somma è notevole. Come
è possibile che un banchiere sia in grado di saccheggiare le somme
affidategli dai suoi creditori (i depositanti, svegli o dormienti che siano) e
le attività della banca che amministra senza che la Vigilanza di
Bankitalia sia in grado di monitorare tempestivamente gli strumenti finanziari
adottati dal mariuolo e denunciarlo? Come è stato possibile che la
Vigilanza, nella sua attività ispettiva, non abbia acquisito alcun
elemento per avvisare il Governatore Fazio che stava andando a braccetto con un
banchiere indegno? Che stava privilegiando un mariuolo di periferia rispetto a
banchieri esteri di primo piano? Che avrebbe offerto il fianco a chi sostiene
che “questa italica vicenda è la dimostrazione che, gratta gratta,
tanto gli Italiani sono tutti mafiosi, banchieri e Governatori
compresi”? Che, all’osteria,
Tonino possa essere stato ingannato dal falso amico Gianpy è già
difficile da accettare, ma è addirittura assurdo pensare che,
nell’esercizio delle loro funzioni, un banchierino abbia
“infilato” tanto facilmente il Governatore di Bankitalia. Se
così è stato, temiamo che altri banchierini si siano esercitati
nello stesso sport: invitiamo Fazio
a chiedere i danni ai suoi ispettori
che gli hanno taciuto i risultati delle ispezioni. Ci chiediamo:
possibile che i meccanismi truffaldini “scoperti” (anche se mai
seriamente contrastati) nella vicenda Bipop non abbiano insegnato nulla a
Bankitalia? Possibile che dopo il settembre 2001, si sia deciso semplicemente
di cambiare cavallo, passando dalla Bipop alla Banca Popolare di Lodi, per
rivedere l’assetto finanziario di questo paese, come se fosse “cosa
loro”? Possibile che quelle operazioni non abbiano creato il minimo
sospetto (seguito da denuncia, come impone la legge antiriciclaggio) nei
dipendenti bancari che quelle operazioni milionarie hanno dovute eseguire? Oppure, dobbiamo ipotizzare che fossero
ben conosciuti (da tutti gli addetti ai lavori) ma considerati naturalmente
insiti nel sistema economico-politico-finanziario messo in piedi a fine secolo
scorso e, pertanto, generalmente accettati e liberamente utilizzabili (da tutti
gli addetti ai lavori). Con moral
suasion o altri strumenti che provvederà ad impostare o a richiedere al
legislatore, il Governatore Draghi dovrebbe impegnarsi perché:
-non sia più così facile per il
debitore (banca) derubare i suoi creditori (clienti): fornisca alla Vigilanza
nuovi strumenti che ne supportino una capacità ispettiva , oggi in
veloce ed evidente declino; fornisca nuove professionalità
all’unica incombenza seria
rimasta a Bankitalia: può scegliere tra gli oltre ottomila dipendenti
dell’Istituto;
-renda desueto il punto 2 dell’art. 7 del TUB
(incostituzionale perché viola gli art. 3, 25 e 103 della Costituzione):
se viene informato dagli ispettori di ipotesi di reato rilevate
nell’attività di vigilanza, le sottoponga alla immediata valutazione
della magistratura e ne dia pubblica informazione; specie se si tratta di
violazioni delle norme antiriciclaggio a carico di banchieri mariuoli; si
impegni, inoltre, perché i 300 mila dipendenti bancari rispettino quelle
stesse norme, denunciando le operazioni sospette, anche se imposte dalla
direzione dell’azienda per cui operano;
-le variazioni di prezzi, spese e commissioni
permesse dal famigerato (e da abrogare)
art. 118 del Testo Unico Bancario siano almeno accompagnate da
“giustificato motivo”, come indica la legge n° 52 del 1996
sulle clausole vessatorie, e non siano più rivedibili almeno per un
anno;
-accentri in Banca d’Italia una banca dati
anagrafica di conti bancari e custodie titoli fermi da più di cinque
anni, perché i creditori aventi diritto (gli eredi del titolare, ad esempio)
possano avere accesso ai dati ed avere informazioni su semplice interrogazione.
Si potrà così evitare il loro saccheggio da parte di banchierini,
pronti ( se scoperti) a battersi il petto oltre le domenicali abitudini;
-siano denunciate e punite le banche che utilizzano
la Gazzetta Ufficiale per inserire nuove voci di costo da applicare a contratti
bancari già in essere, creando in tal modo una novazione unilaterale ed
illegittima;
-siano effettivamente applicati gli articoli del TUB
circa l’onorabilità degli amministratori delle banche; -non permetta più la
compra-vendita di “sportelli-bestiame”: i creditori siano avvisati
preventivamente del fatto che il debitore sta per cambiare, perché
possano in anticipo decidere se accettare o meno che i loro crediti siano a
carico di nuove entità debitrici. Trattandosi di cessione di debiti e
non di crediti, l’affidabilità e la solvibilità del nuovo
debitore deve poter essere valutata preventivamente;
-crei sul sito di Bankitalia spazi informativi per
gli utenti bancari (copi da quello della FED o da quello dalla Banca Centrale
Spagnola) su cui riportare - in tempo reale e per ogni banca - ogni variazione dei
termini finanziari dei contratti decisa dalla banca stessa, con
l’entità di costi, spese, commissioni e tassi definita in termini
assoluti e non come semplice indicazione di aumenti (in euro o in percentuale)
da applicare a grandezze precedenti e quasi sempre sconosciute ai correntisti;
-consideri l’ Antitrust e la Consob alleati di
cui approfittare e non concorrenti da sminuire; cominci a valutare la possibilità
di trasferimento di qualche migliaio di suoi dipendenti verso quelle
Autorità il cui personale è sottodimensionato;
-per scendere nei particolari, un solo suggerimento
dei mille che Adusbef può fornire: imponga alle banche di non eludere il
diritto del cliente a chiudere il rapporto attraverso l’applicazione di
spese di chiusura dei conti e di trasferimento di titoli di entità
inaudita ed insostenibile, oltretutto ingiustificata, vista ad esempio la
dematerializzazione dei titoli mobiliari;
-non si trinceri dietro la mancanza di strumenti
legislativi: imponga al legislatore di crearne di più incisivi ed
efficaci;
-insomma, operi perché il sistema bancario
italiano possa godere, come nel resto d’Europa, dei vantaggi e dei
benefici di una concorrenza corretta e trasparente, di cui non ha mai potuto
approfittare; non ceda all’abusato contrabbandare la non
concorrenzialità del sistema per sua stabilità.
Programma arduo e difficile? Di grazia, è solo minimale: in
un paese civile dovrebbe essere meno onerosa la sua realizzazione che mantenere
in piedi i meccanismi di rapina dei risparmiatori.
Buon lavoro, Governatore. Metta all’angolo i saccheggiatori e promuova i
coltivatori.
Con l’augurio – per
tutti – che chi ha il compito di mantenere efficiente il settore
bancario, lo mantenga in buona salute e lo bonifichi se necessario, non si
limiti a rispettare la legge.
di Mauro Novelli 4.1.2006
Banca Nazionale del Lavoro ha 698 sportelli, 8 filiali
all’estero (è presente in 21 paesi). Ha una struttura ben
consolidata, negozi finanziari ed una rete di promotori. Anche Unipol è
proprietaria di una banca: Unipol Banca (nata circa tre anni fa) ha 251
sportelli e 46 negozi finanziari presso altrettante agenzie assicurative. Ha
acquistato sul mercato agenzie da varie banche (Banca di Roma, Antonveneta
ecc.) con la soluzione “sportello bestiame” (soluzione appoggiata da
Bankitalia), accessoriato – oltre che da macchinari, sanitari e banche
dati – anche da impiegati e clienti, questi ultimi avvisati che il
debitore era cambiato, che con i loro depositi erano diventati creditori di
Unipol Banca, ma solo a cose fatte. Ha ben approfittato dei meccanismi di
variazione di costi, spese, commissioni, tassi mettendo semplici annunci sulla
Gazzetta Ufficiale, seconda parte, altri annunci commerciali. Ricordo una
imbarazzata meraviglia alla lettura dell’annuncio di Unipol Banca sulla
Gazzetta dell’8 settembre 2004, che tra l’altro imponeva 100 euro
per “Spese di estinzione
rapporto”: ai migliori livelli di ben più navigati istituti di
credito. Mi chiedo: perché
Unipol non ha continuato con le acquisizioni sul mercato? [Da tempo invece non
mi chiedo più perché Unipol Banca non abbia voluto portare una
ventata d’aria fresca nel nostro settore creditizio.] Perché si
è imbarcata nell’Opa BNL? Solo per recuperare sui tempi di
“avviamento/professionalizzazione”? L’iniziativa è
stata la naturale realizzazione di un piano industriale predisposto dagli
amministratori, oppure è stata suggerita dall’esterno, “per
far contro il nemico una barriera”?
di Mauro Novelli 20-12-2005
Tra i riti sacri della Roma antica, le lustrationes hanno sempre rivestito una
importanza rilevante. Scopo della
lustratio era la purificazione, la liberazione da influssi malefici della cosa
da “lustrare”. Si lustravano le armi, i campi, la città,
ecc. In particolare, ogni cinque anni, si procedeva alla lustratio populi, che aveva il censo
quale oggetto da purificare. In questo caso, gli operatori erano dei
magistrati, i censores appunto, che
ogni cinque anni (è il nostro “lustro”) celebravano il rito
con i tre animali maiale, ariete e toro ( suovetaurilia) fatti girare in
processione tre volte attorno al popolo riunito in Campo Marzio, per poi essere
immolati. Abbiamo mantenuto quel rito, rendendolo molto più efficace.
Oggi infatti, i nostri magistrati possono procedere alle lustrationes non
più ogni cinque anni, ma ogni dieci – dodici: nel 1982 con la
purificazione resa necessaria dall’aver scoperchiato la pignatta della
P2; dieci anni dopo, con
“Mani pulite”, per la pignatta politica (politici dominanti con
banche al seguito); oggi con la
callidunculo-argentaria lustratio per purificare il paese dai miasmi
della pignatta furbetto-bancaria (finanza dominante con politici al seguito). Non sempre il rito riesce; a volte occorre
ripeterlo.
Valuteremo l’efficacia della lustratio intrapresa in questi
giorni, e vorremmo non dare appuntamento ai magistrati officianti tra un paio
di legislature.
di Mauro Novelli 17-12-2005
“..Presto ….approva.... approva… se necessario
con la fiducia…ma facciamo presto….”.
Tutti i nostri notabili hanno scoperto che se si lascia
semiscoperchiata la pignatta, si
possono produrre danni irreparabili ai potenti, quelli veri, al sistema di
potere messo in piedi in anni di fatiche, ai sottosistemi gestiti da clientes
fidelizzati; che il trascinarsi della vicenda dei furbetti del concertino sta
rendendo edotto il mondo intero delle storture – normative, gestionali,
etiche - che regolano il nostro sistema creditizio, ed ha mostrato al pianeta
che, in Italia, nessuno può (vuole) rimuovere i direttori
d’orchestra anche se non sanno dirigere alcunché, solo
perché rispettano le leggi; hanno scoperto che permettendo di focalizzare
impietosamente l’attenzione sulla pignatta, la puteolenza raggiunge le
narici anche dell’ultimo cittadino di questo paese; che lasciando
incancrenire il problema per incapacità di governarlo, vengono a galla
tutte le inettitudini, le pochezze, l’assoluta assenza di
sensibilità istituzionale di provincialotti che si considerano classe
dirigente. Ed allora si faccia presto ad approvare la legge sul risparmio, la
versione poco importa! Certo, sarebbe meglio nella versione attuale, con l’Antitrust
tenuto fuori dalla pignatta, ma se è proprio necessario si può
tornare sulla decisione. Insomma, la pignattadeve essere prontamente richiusa,
anche con un coperchio rabberciato. Si faccia presto, perché altrimenti
molti cittadini, finora ignari, potrebbero apprendere che Banca d’Italia
e Consob possono costituirsi in tribunali speciali (vietati dalla Costituzione)
per gli operatori vigilati (banche, società ecc.) poiché se gli
ispettori delle due Autorità, nella loro attività di controllo,
vengono a conoscenza di reati, non
devono denunciare il fatto alla magistratura ma ESCLUSIVAMENTE al
Governatore di Banca d’Italia o alla
Commissione.
Ecco la normativa:
TESTO UNICO BANCARIO
Art. 7 - (Segreto d’ufficio e collaborazione tra autorità)
[..…]
2. I dipendenti della Banca d’Italia, nell’esercizio
delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e hanno l’obbligo di
riferire ESCLUSIVAMENTE AL
GOVERNATORE tutte le irregolarità constatate, ANCHE QUANDO ASSUMANO LA
VESTE DI REATI.
3. I dipendenti della Banca d’Italia sono vincolati dal
segreto d’ufficio.
TESTO UNICO DELLA
FINANZA Art. 4 (Collaborazione tra
autorità e segreto d’ufficio) [……] Punto 11. I
dipendenti della CONSOB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, sono
pubblici ufficiali e hanno l’obbligo di riferire ESCLUSIVAMENTE alla Commissione tutte le
irregolarità constatate, ANCHE QUANDO INTEGRINO IPOTESI DI REATO.
12. I dipendenti della CONSOB, i consulenti e gli esperti dei
quali la stessa si avvale sono vincolati dal segreto d’ufficio. Ci
chiediamo: quante irregolarità, integranti ipotesi di reato, sono state
notificate dai pubblici ufficiali di Bankitalia e Consob “al
superiore” ? Alcune si archiviano ed altre no? Quante e quali sono state
archiviate? Quale scrivania sta prendendo in considerazione quelle che è
conveniente non archiviare? Quali quelle da chiudere in fretta? I miracolati
dalle archiviazioni si limitano a tirare un sospiro di sollievo o si mettono a
disposizione del miracolante? Si
faccia presto, perché altrimenti molti cittadini, finora ignari,
potrebbero apprendere che per le valutazioni dei tassi usurari nelle aperture
di credito, Bankitalia ha deciso di fornire al Ministero dell’Economia
solo le entità di tasso medio, non considerando nel calcolo (come
“imporrebbe” la legge antiusura) ogni altra voce di dazione
affrontata da chi ha richiesto il prestito: la commissione di massimo scoperto,
i costi discendenti dall’applicazione dei giorni di valuta ecc.
Si faccia presto, perché altrimenti molti cittadini, finora
ignari, potrebbero apprendere che è una legge della Repubblica a
permettere alle banche - senza informare direttamente i correntisti - di
variare a loro piacimento tassi,
costi, commissioni applicati ai servizi venduti alla generalità della
clientela, con la cadenza che le banche stesse ritengono più funzionale,
con i rincari ritenuti più confacenti, al di fuori di ogni valutazione
economica aziendale, al di fuori di ogni piano industriale o finanziario, al di
fuori di ogni civiltà mercantile; che le banche possono decidere di
inventare di sana pianta nuove voci di costo, mai considerate dai contratti
già sottoscritti, ma in essi imposte ex novo a loro vantaggio, al di
fuori di ogni civiltà giuridica. Ed infatti, ad informare il correntista
degli aumenti di costo o delle nuove spese è l’ annuncio inserito
dalla sua banca sulla “Gazzetta Ufficiale - 2^ parte – altri
annunci commerciali”.
CICR: Deliberazione -
4.3.03 (trasparenza)
Gazzetta Ufficiale N. 72 del 27 Marzo 2003
COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO ED IL RISPARMIO
DELIBERAZIONE 4 marzo 2003
Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e
dei servizi bancari e finanziari.
[…]
SEZIONE III
Comunicazioni alla clientela
Art. 11.
Comunicazioni delle variazioni contrattuali sfavorevoli alla clientela
1. Nei contratti di durata, le variazioni sfavorevoli al cliente,
riguardanti tassi di interesse, prezzi e altre condizioni delle operazioni e
dei servizi, sono comunicate al cliente con la chiara evidenziazione delle
variazioni intervenute.
2. Le variazioni sfavorevoli generalizzate possono essere
comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, anche ai fini
dell’esercizio del diritto di
recesso previsto dall’art. 118, comma 3, del testo unico
bancario.
3. Le variazioni di cui al comma 2 sono in ogni caso comunicate
individualmente al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle
comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche.
4. Le modifiche di tasso conseguenti a variazioni di parametri
contrattualmente previsti e indipendenti dalla volontà delle parti non
sono soggette agli obblighi di comunicazione di cui al presente articolo.
5. La Banca d?Italia emana
disposizioni relative al contenuto e alle modalità delle comunicazioni.
Dalla Vigilanza di Bankitalia.
DALLE NUOVE NORME DEL CICR:
TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI E DEI SERVIZI FINANZIARI SEZIONE II - PUBBLICITÀ E
INFORMAZIONE PRECONTRATTUALE
[….]
2. COMUNICAZIONE DELLE VARIAZIONI CONTRATTUALI SFAVOREVOLI ALLA
CLIENTELA […omissis…] Le variazioni contrattuali sfavorevoli di
tipo generalizzato (35), come previsto dalla delibera del CICR del 4 marzo
2003, possono essere comunicate in forma impersonale, mediante
l’inserzione di appositi avvisi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana. “Veloci !!”,
perché l’elenco dei bond spazzatura venduti a danno di risparmiatori
può anche essere pubblicato, ma l’elenco di amici degli amici che
avevano investimenti garantiti nel capitale e nei rendimenti (vertiginosi), dei
capitani di finanza in auge perché beneficiati da notizie riservate, di
coloro che investivano lucrosamente soldi non loro, poffarre! quegli elenchi proprio non possono uscire, quantomeno
prima d’aver fatto finta di aver provveduto a salvaguardare il risparmio
degli italiani! “Scattare !!” altrimenti qualche cittadino –
visto quel che sta accadendo -
potrebbe cominciare a chiedersi a che servono, che cosa fanno, quanto
costano, oltre ottomila dipendenti di Bankitalia (governatore compreso) se non
sono neanche in grado di mantenere (anche solo nominalmente) presentabile il
settore creditizio italiano.
di Mauro Novelli 14-12-2005
Sulla vicenda delle aggressioni per OPA “barbare”,
della tenuta dei confini dell’impero da parte del governatorbankitalia
Fazio, dell’estate brava dei furbetti del quartierino, la coraggiosa nostra
classe politica ha sperato bene che prima BCE, poi la Commissione Europea, poi
ancora la magistratura le togliessero le castagne dal fuoco. Dopo la
pubblicazione delle famose intercettazioni d’affari, il massimo della
espressione di virilità dei nostri politici è stato una maschia
mossetta di supplica. Per tutti, il problema non era la permanenza di
Fazio…... La magistratura ancora una volta ha dovuto sopperire
all’assenza dei machi
della politica. I quali, visti i successi (nominali) delle accuse di
giustizialismo ed esibizionismo sparati addosso a chi, nel 1992, pensava bene
di fare il proprio lavoro mettendo sotto accusa i politici che forse avevano
rubato, cominciano a riproporre oggi le stesse accuse ai giudici per aver
scoperchiato l’altra maleodorante pignatta, stavolta bancaria. Per quei
giudici, aspettiamoci domani, nella vicenda dei banchieri, le stesse accuse di
“invasione di campo” effettuate dieci anni fa per la vicenda dei
politici. Con una variante: anche
stavolta (e siamo alla recidiva) molti politici saranno tirati in ballo a
fianco di banchieri benefattori, perché oggetto delle loro attenzioni
finanziarie. Cominciamo a capire
perché gli eventuali elenchi di miracolati non potevano essere lasciati
alla gestione di banchieri “barbari”. Meglio una gestione
“italiana”, magari con sportello interno a San Vitùr dove
ciapar i BOT.
di Mauro Novelli. 7.9.2005
La Banca d’Italia è un “Istituto di Diritto
pubblico” (art. 20 del Regio Decreto n°375/1936). L’emendamento
che presenterà il governo alla legge sul risparmio, ribadisce (anzitutto
al governo stesso) tale natura:
Punto 2) La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.
La maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca
d’Italia è detenuta dallo Stato; la restante parte delle quote
può essere detenuta esclusivamente da altri enti pubblici.
L’incancrenirsi della vicenda di un governatore dannoso per tutti, anche
per le istituzioni europee, che non se ne vuole andare perché “ha
rispettato le leggi”, sta mostrando la subalterna impotenza dei nostri
politici, ai quali non conviene “mettersi contro le banche” ed i
pezzi di carta conservati nei loro archivi. Nessuno ha osato fornire le
istituzioni di uno strumento che permetta di gestire le vicende di
straordinaria amministrazione di un “istituto di diritto pubblico”,
da lustri posseduto da privati. Ciascun politico spera che siano gli altri a
ledere le maestà creditizie. Tutti, però si mostrano impegnati, a
turno e senza troppo disturbare, in una virile mezz’oretta di supplica.
C’è omissione morale di atti d’ufficio? I risparmiatori si
arrangino ! Ora i nostri politici guardano speranzosi all’ Europa. Bella
figura per l’azienda Italia che alcuni testardi si affaticano a
promuovere nel mondo. Si arrangino anche loro ! Gli interessi nazionali si sono ridotti
a quelli personali: basta essere rubagalline con alibi. L’Italia si arrangi!
di Mauro Novelli. 4-9-2005
E così, abbiamo rischiato che la pignatta dove si
conservano le preziosità del sistema creditizio nostrano venisse
scoperchiata. Fortunatamente, chi poteva far saltare il coperchio aveva
l’interesse opposto, e la pignatta sta ancora sul fuoco, ben tappata. Il
genio della pignatta , però, se l’è vista brutta e,
ammaestrato dall’ingegno di Nicola Augusto Otto (inventore della versione
moderna del motore a scoppio), ha deciso di sollevare appena un po’ il
coperchio. Insomma, è giunto alla conclusione che è meglio
dominare ed ammaestrare la pressione interna alla pignatta – dandogli la possibilità
di uno sfiatino -piuttosto che essere investiti dalla deflagrazione. Tutti i
cointeressati sono avvisati. Accolta dal quotidiano Il Tempo, è comparsa
una rubrica a firma BanKoch. Gli argomenti trattati sono dichiarati, ma lo
pseudonimo lascia intuire anche l’autore, o il suggeritore. Ecco il
vernissage.
Da Il Tempo del 3-9-2005.
Banchieri, più numeri e meno giornali.
Inizia da oggi una rubrica, a firma BanKoch, sulle vicende
bancarie e finanziarie italiane. È il pensiero di un autorevole
esponente di quel mondo. NOTIZIE,
signori banchieri. Notizie: numeri, relazioni, documenti. Perché
è da lì che si possono formare opinioni e convincimenti anche su
questioni delicate come quelle bancarie. Dalla documentazione che le
istituzioni mettono a disposizione delle altre. Come accade ad esempio per i
banchieri centrali europei quando si incontrano, come è accaduto l’altro
giorno Francoforte. Curioso, ad esempio, che qualcuno abbia maturato opinioni e
convincimenti sulla situazione della Banca popolare italiana, un tempo Banca
popolare di Lodi, sulla base di un ritaglio di stampa del settimanale The
Economist e non sulla relazione del banchiere centrale italiano al Cicr.
Curioso che in altri Paesi europei vengano letti, tradotti, il
Corriere della Sera o Il Sole 24 Ore senza conoscerne le influenze della
proprietà. Senza conoscerne nemmeno gli azionisti. Anzi, apprendendone
solo negli ultimi giorni i solidi legami azionari con i vertici
dell’industria italiana. Curioso, ma essenziale spiegarlo a banchieri che
non capiscono l’assedio del governatore italiano davanti
all’albergo di Francoforte. Firme dei due principali quotidiani italiani
come Elena Polidori e Stefania Tamburello, giornalisti di agenzie di stampa,
fotografi, cineoperatori... Ma i numeri, le analisi, i dati, e le norme
contano. E alla fine prevalgono e prevarranno sempre sulle tensioni e le
campagne mediatiche. I banchieri non si fanno suggestionare dal pettegolezzo o
dalle intercettazioni. Da quei testi poco si può comprendere. Lì
si può fare dire quel che si vuole. Basta elidere parole, perfino
sillabe. E il senso di una frase cambia. Un termine diventa il suo contrario.
Ma i numeri no. Quelli resistono. Ci sono. Non si elidono, perché
ritornano. Cementano la verità. Danno tranquillità. Fotografano
quello che può fare o meno una banca. Avvertono che quell’altra
non è in grado di assicurare una sana e prudente gestione. La forza dei
numeri, della legge e dei dati è la forza di un banchiere.
BanKoch sabato 3 settembre 2005
Prima perla. Il Titolo: “Più numeri e meno
giornali”. D’accordo,
però anche le intercettazioni riportate dalla stampa trattano proprio di
numeri interessanti. Leggiamo che un ingrediente (della pignatta) fa
all’altro: “Io avrei bisogno di un affidamento di trenta milioni
… per comprare le ENI”. Oppure, scopriamo che l’altro
ingrediente, informandosi sullo stato di una pratica di fido, suggerisce al collaboratore:
“.. modifica l’importo e fallo anziché di 80 milioni…
fallo di 100 milioni”. . Di euro.
Seconda perla: “Curioso che in altri Paesi europei vengano
letti, tradotti, il Corriere della Sera o Il Sole 24 Ore senza conoscerne le
influenze della proprietà.”. La seconda perla non merita commenti.
Quanti sono interessati a mantenere ben tappata la pignatta , sappiano comunque
che dalla cucina si cominciano a sentire interessanti odorini: da questi, un
naso di media sensibilità può risalire agli ingredienti. Almeno a
quelli di cui il cuoco non è troppo geloso.
di Mauro Novelli – 2
aprile 2005
Se licenziamo qualche perfido ministro che vuole metterci il naso,
permetteremo il salvataggio (degli inventori) della Banca Sbrisolona.
Se poi la Consob commina multe a banche e banchieri per aver collocato con
destrezza titoli improponibili (Cirio, Argentina), i nuovi ammessi alla
cogestione della pignatta potrebbero, tra un ringraziamento e l’altro,
non trovare il tempo di notificare le penalità ai multati.
Infatti, le multe salteranno perché sono trascorsi inutilmente i termini
di legge, senza che gli scappellanti abbiano proceduto ai doverosi atti
d’ufficio. Ci vuole pazienza.
Un consiglio alla Consob: iniziative “fuori routine” mettono solo
in evidenza l’impreparazione del burocrate ! Si astenga dal creare
difficoltà a chi deve gestire la pignatta!
di Mauro Novelli 10-3-2005
Domani mattina (11.3.2005) il governo dovrebbe approvare il
provvedimento sulla competitività del sistema Italia.
Tra le misure, previste con decreto legge, vi è la riduzione (dimezzamento?)
dei tempi delle revocatorie fallimentari.
In particolare, dato che le maggiori azioni revocatorie (che permettono oggi al
curatore di ottenere la restituzione di somme incassate dai creditori negli
ultimi due anni) vengono esercitate nei confronti delle banche ( si veda
l’azione di Bondi per Parmalat), in questo modo esse saranno
particolarmente favorite, visto che sono in grado – prima di ogni altro -
di intuire la decozione delle aziende coinvolte da successivo fallimento.
Il tutto a svantaggio degli altri creditori (dipendenti, artigiani,
commercianti, altri fornitori, Inps).
E’ una prospettiva davvero avvilente. Anche per la pignatta, che
però non ha gli strumenti intellettuali per capirlo.
di Mauro Novelli 6.3.2005
Alla pignatta del sistema bancario italiano si è voluto
mantenere il coperchio a vita ed il controllo della concorrenza di settore. Si
ritiene generalmente che la conclusione della vicenda “legge sul
risparmio” (modifiche del Senato a parte) sia stata la prova
dell’esercizio e della manifestazione di possenti poteri, sempre
vittoriosi. In altri termini, tutti pensano che le fortune della gestione del
contenuto della pignatta siano talmente irrinunciabili da convincere chi oggi
li detiene ad impegnarsi ai migliori livelli per mantenere stretti quei
vantaggi. Al massimo si può accettare qualche altro compagno di
banchetti. Insomma, quella pignatta sarebbe sempre piena di monete d’oro
e continuamente riempita in caso di utilizzo del tesoro. Sono solo in minima
parte d’accordo con questa “visione”. E’ vero che la
pignatta del credito ha continui flussi di alimentazione, ma – secondo me
– essa o è vuota o ha un contenuto improponibile. A mio avviso,
anche se continuamente alimentato da flebo di mantenimento (si veda la
possibilità di variare le entrate bancarie con semplici annunci di
aumento di costi e servizi, al di sopra di ogni regola mercantile), il nostro
sistema creditizio è debolissimo, in termini di strutture, di risorse
umane, di capacità di stare sul mercato, di competere sui mercati
internazionali, di economicità ed efficacia dei servizi offerti, di
capacità di offrire supporto al sistema produttivo nazionale. Ed
è proprio tale debolezza a dover essere accuratamente mimetizzata da
bollettini medici che parlano di eccellente salute “industriale”
del settore. E per il raggiungimento di questo obbiettivo è necessario
che la pignatta abbia un coperchio tenuto chiuso “a vita”, che i
controlli sui livelli di concorrenza nel settore siano appannaggio della stessa
pignatta, che questa mantenga la sua italianità. Per inciso, è
commovente il tentativo di dimostrare che il sistema bancario italiano, in
termini di investimenti esterni, è più permeabile di quello di
altri paesi: “Gli stranieri posseggono il 7 per cento del nostro credito
– fummo informati – mentre noi possediamo solo il 2,5 per cento di
sistemi esteri”. Come se possedere il 7 per cento della Cassa Rurale di
Trebaseleghe costituisse partecipazione ben più incisiva del misero
possesso di un paio di punti percentuali della Barkleys Bank. Ma l’Europa
incombe e, prima o poi, la pignatta dovrà essere scoperchiata. Pur
ritardando l’evento, la soluzione alla vaccinara della legge sul
risparmio approvata alla Camera rischia di allontanare ulteriormente un
riassetto “vero” e propulsivo dell’intero settore del nostro
credito, in grado di farci competere sui mercati internazionali e di fornire un
buon lubrificante al motore produttivo del paese. Si spera solo che, nel
frattempo, la pignatta non esploda senza preavvisi. Nel qual caso, si
allungherebbe l’elenco dei settori andati in malora negli ultimi venti
anni perché non in grado di sussistere senza gli aiutini carpiti ai
cittadini: la grande chimica, l’informatica, l’alimentare, la
grande distribuzione, l’aviazione civile. Abbiamo invece mantenuto
l’auto: la GM ha preferito pagare miliardi di euro pur di lasciarcela. La
curiosità rimane: che cosa nasconde quella pignatta ?