PRIVILEGIA NE IRROGANTO di
Mauro Novelli
Il PuntO Di Mauro Novelli Raccolta dal n° 28 al n° 48 (
dal 5-09-2003 al 18-05-2005) |
Il
PuntO n° 48. Revocatorie:
dimezzati i tempi e confuse le carte.
Il
PuntO n° 47. Contro gli
abusi di mercato, accorciare la filiera: “individuazione-…-rimozione /
punizione”
Il
PuntO n° 46. Banche e
concorrenza: e se venissero meno protezioni e raccomandazioni ?
Il
PuntO n° 45. Anatocismo.
Perché Bankitalia non butta giù un contrattino-tipo di conto corrente bancario?
Il
PuntO n° 44. Utili idioti.
L’idiozia è condizione necessaria, ma non sufficiente.
Il
PuntO n° 43. Anatocismo. Tre
casi di esclusione della possibilità di rimborso.
Il
PuntO n° 42. Illegittimo
l’anatocismo. Le banche chiedano i danni all’ABI !
Il
PuntO n° 41. Anatocismo.
Quando è possibile chiedere il rimborso. La definizione dei periodi.
Il
PuntO n° 40. Semplice: 2
euro per 30 milioni fa 60 milioni di euro.
Il
PuntO n° 39. A margine
della polemica sul costo di un Conto Corrente bancario.
Il
PuntO n° 38. “Rinnoviamo il
fido purché......”
Il
PuntO n° 37. Da non credere ! C’è ancora chi mette in rete – su semplice invito
– i suoi codici personali.
Il
PuntO n° 36. Come utilizzare il fumoso sito www.pattichiari.it
Il
PuntO n° 35. Le banche
“aboliscono” i conti a costo (quasi) zero. I consigli per la chiusura di un
Conto corrente bancario.
Aggiornamento del 21.11.03
Il
PuntO n° 34. Investimenti:
i quesiti che i risparmiatori/investitori devono porsi e ai quali devono dare
risposta.
Il
PuntO n° 33. Stiliamo un
elenco di “Stati finanziari canaglia” e combattiamoli.
Il
PuntO n° 32. Contratti
bancari: nuove norme di trasparenza.
Il
PuntO n° 31. E se i contratti
di conto corrente bancario fossero tutti nulli?
Il
PuntO n° 30. Banca inglese
obbligata a risarcire i risparmiatori non avvisati del rischio
dell’investimento.
Il
PuntO n° 29. Dallo sciopero
della spesa alla gestione comune dei consumi.
In memoria di Anna Lindh, Signora svedese, Cittadina della civiltà.
Il
PuntO n° 28. Il Bancomat è
clonabile? ‘Assolutamente no!..’ rispondono le banche.
Poi si scopre che….
Il 17 marzo, sono entrate in
vigore le “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale”. Riportiamo il testo di parte dell’art. 2
del DL 14.3.05, approvato l’11 marzo scorso dal Consiglio dei ministri, apparso
sulla Gazzetta Ufficiale del 16 marzo ed entrato in vigore il 17, ed il
relativo commento de Il Sole-24 Ore. Il quotidiano si astiene da valutazioni
circa il dimezzamento dei tempi dell’azione revocatoria, che per le operazioni
bancarie si riducono a 6 mesi, e circa l’esclusione di revocatoria per “le
rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in
maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei
confronti della banca”. Tale espressione non preoccupa per la sua avvilente
indeterminatezza, quanto perché sembra avere lo scopo di tagliare drasticamente
ogni saggia articolazione che, in materia di versamenti, ha prodotto la
Cassazione quando distingue tra “conto scoperto” (saldo passivo in assenza di
fido, o con saldo ultra fido) e “conto passivo”
(supportato da affidamento).
[…..]
Art. 2.
Disposizioni in materia fallimentare processuale civile e di libere professioni
1. Al regio decreto 16 marzo
1942, n. 267, di seguito denominato:«regio decreto n. 267 del 1942», sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 67 e’ sostituito dal seguente: «67. Atti a titolo oneroso,
pagamenti, garanzie. Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non
conosceva lo stato d’insolvenza del debitore:
1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione
di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal
fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui e’ stato dato o promesso;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati
con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno
anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno
anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti
non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro
sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti
scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo
stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili,
gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per
debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi
anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Non sono soggetti all’azione revocatoria:
a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività
d’impresa nei termini d’uso;
b) le rimesse effettuate su un
conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e
durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
c) le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso
abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di
suoi parenti e affini entro il terzo grado;
d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore perché
posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il
risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il
riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia
attestata ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del
concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo
omologato ai sensi dell’articolo 182-bis;
f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da
dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per
ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure
concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione,
alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le
disposizioni delle leggi speciali.»;
[…omissis…]
Il commento de Il Sole-24 Ore
ARTICOLO 2 - Disposizioni in
materia fallimentare, processuale civile e libere professioni
L’articolo in esame detta le prime urgenti
disposizioni finalizzate alla modifica della legge fallimentare in ordine
all’istituto della revocatoria e alle procedure di concordato preventivo. In
particolare, l’istituto della revocatoria fallimentare viene rimodulato,
attraverso un intervento che, da un lato, precisa meglio i presupposti per
l’esercizio dell’azione (oggi sovente fonte di incertezze applicative e di
contrasti giurisprudenziali) e, dall’altro, inserisce una completa disciplina
di esenzioni dalla revocatoria, al fine di evitare che situazioni che appaiono
meritevoli di tutela siano invece travolte dall’esercizio, sovente strumentale,
delle azioni giudiziarie conseguenti all’accertata insolvenza del destinatario
dei pagamenti. [….]
MERCATO: C’È UNA CARATTERISTICA
CHE NESSUNO VUOL VEDERE. La globalizzazione ha imposto una visione più corretta
ed unitaria del “mercato”. Di questo, fino a qualche anno fa, si privilegiava
il solo aspetto produttivo, come se l’attività di governo (di tutti i governi)
dovesse ricondursi alla buona salute del solo mondo industriale e commerciale.
Ma tutti abbiamo ormai compreso che quella visione era orba esattamente di
mezza realtà mercantile: quella del consumo. E’ perfettamente inutile favorire
i momenti produttivi se poi i cittadini, cioè i consumatori, non consumano (per
le ragioni più diverse) quanto prodotto. Per un secolo e mezzo, il mondo delle
ideologie si è combattuto con miopia, inneggiando alla propria visione “orba”
dell’altra metà: la destra, privilegiando esclusivamente il versante della
produzione; la sinistra, tentando di recuperare sul versante della
distribuzione del reddito e della redistribuzione ad opera dello stato. Gli
ultimi cinque anni, hanno dimostrato che tali visioni miopi, se prese a supporto
del governo di un paese non possono che condurre alla rovina economica. Ancora
oggi, le due metà del mercato tendono a non ricomporsi nell’attività delle
classi dirigenti. Si guardi alle vicende italiane: governo e Confindustria si
dicono fortemente preoccupate a causa dell’euro forte. Le imprese italiane
soffrono per via della buona salute della moneta unica, poiché questa ostacola
le esportazioni e favorisce l’invasione di prodotti esteri (si veda la polemica
sulla politica monetaria cinese). Tale visione è perdente perché monca,
esattamente come perdente perché monca è l’altra, che inneggia ai bassi prezzi
dei prodotti esteri che ne favoriscono l’importazione ed il consumo di beni e
servizi a danno della produzione nazionale. Nei fatti, da una ventina d’anni,
la concorrenza sui mercati internazionali si è fatta più seria. Per le imprese
italiane, tale maggiore incisività delle leggi di mercato rasenta la
spietatezza. Obbligata a misurarsi in mercati senza rete (senza cioè gli
aiutini di stato) la nostra imprenditoria ha visto soccombere la grande
chimica, l’informatica (Olivetti), un buon numero di grandi aziende alimentari,
la grande distribuzione, l’aviazione civile. E speriamo che non siano intaccati
altri settori vitali per la nostra economia (auto, telecomunicazioni, energia,
ecc). Sarebbe il fallimento della nostra borghesia imprenditrice, incapace di
andare oltre la fabrichètta di famiglia senza aiutini
istituzionali. Urge una ricomposizione organica delle due metà del mercato per
poterlo governare a favore di tutti, cioè per salvare questo nostro paese anche
dai “liberisti alla vaccinara”. I quali si sono affannati a dimostrare la
superiorità del “privato” sul “pubblico”, ma non sono in grado di sopravvivere
senza l’intervento di supporto (più o meno corretto) della pubblica
amministrazione, senza l’aiutino di quel “pubblico” tanto disprezzato in
salotto, quanto sollecitato in azienda.
LE CONSEGUENZE DELLA VISIONE
PARZIALE DEL MERCATO. In Italia, ci si ostina ancora, con una miopia ormai
colpevole, ad assumere decisioni di politica economica senza una visione
armonica delle due componenti. Ne consegue, oggi, una mortificazione del
versante inerente il consumo, con proposte fuori luogo (l’ampliamento dei mutui
di Tremonti, o la recente proposta mirante a promuovere la cessione del quinto
dello stipendio) che hanno avuto, come diretta conseguenza, quella di
preoccupare ancor di più i consumatori italiani. I quali da secoli si sono
adattati a “campare” senza riporre grande fiducia nei governi. Anche oggi, gli
italiani si autogovernano: saccheggiati nei loro risparmi, restringono i
consumi di tutti i giorni (azione di breve periodo) e non fanno figli (azione
di lungo periodo). Finché l’orizzonte non torna ad essere meno plumbeo questa è
la soluzione di autogoverno dei nostri concittadini. E non valgono le
rassicurazioni di facciata circa le
magnifiche sorti e progressive della nostra economia.
Ad aggravare la situazione, cioè a tingere ancor più di fosco l’orizzonte di
tutti, sembra particolarmente votato l’attuale governo, non in grado di
supportare né l’offerta (la produzione) con la stessa Confindustria su
posizioni critiche, né la domanda (il consumo), con i consumatori che, ad ogni
iniziativa estemporanea, riducono ancor più la loro propensione al consumo.
Sembra una trovata mediatica, ma la sindrome della quarta settimana è cosa
riscontrabile presso ogni esercizio commerciale.
INTUISCONO LE SOLUZIONI MA NON
HANNO LA FORZA DI CONCRETIZZARLE.
In effetti, i governanti più accorti hanno chiara questa situazione di stallo.
Si dirà: “…ma allora perché non operano di conseguenza?”. La risposta è
semplice: “Perché nella attuale situazione alcuni potentati si trovano a loro
perfetto agio, anche finanziario, e non tutti se la sentono di mettersi di traverso.”.
Prendiamo le banche. Hanno in pugno le due metà del mercato. La metà-offerta
(aziende industriali, di servizi, di distribuzione) e la metà-domanda (consumo
finale). Ogni cambiamento vedrebbe tali potentati in remissione secca rispetto
alle attuali rendite di posizione. Hanno, quindi, in mano i cordoni della
borsa, disgraziatamente anche quella che permette la vita ( o la sopravvivenza)
delle organizzazioni politiche (partiti indebitati con le banche;
organizzazioni sociali, magari in grado di sopravvivere solo con la
benevolenza delle fondazioni bancarie, organismi datoriali e/o sindacali ecc.).
Negli ultimi anni, il movimento dei consumatori ha raggiunto risultati
impensabili solo dieci anni fa, proprio contro le banche. Ma ogni iniziativa
mirante ad imporre sostanziali modifiche per rendere trasparente e serio il
mercato, anzitutto sul fronte legislativo, si è arenata nelle secche di un
Parlamento e di un governo entrambi particolarmente sensibili ai gestori dei
cordoni della borsa.
UNA DECISIONE INELUDIBILE: ACCORCIARE LA FILIERA
DELLE SOLUZIONI.
Invece di attendere le iniziative di legislatori e di governo forse è il caso
di porre mano direttamente alla rimozione dell’ultimo ostacolo offerto dalla
filiera del mercato attuale: passare da “abusi-battaglie-vittorie-proposte-soluzioni
mancate”, a: “abusi-battaglie-vittorie-soluzioni dirette”, accorciando la
prima, troppo allungata e sfilacciata, con l’eliminazione di ogni delega a
politici dalle mani legate e/o in pasta, sia avventizi che di professione.
Da una ventina d’anni, la
concorrenza sui mercati internazionali si è fatta più seria. Per le imprese
italiane, tale maggiore incisività rasenta la spietatezza. Obbligata a
misurarsi in mercati senza rete (senza cioè gli aiutini di stato)
l’imprenditoria italiana ha visto soccombere (nei fatti, anche se non
formalmente) la grande chimica, l’informatica (Olivetti), un buon numero di
grandi aziende alimentari, la grande distribuzione, l’aviazione civile. E
speriamo che non siano intaccati altri settori vitali per la nostra economia
(auto, telecomunicazioni, energia, ecc). Sarebbe il fallimento della nostra
borghesia imprenditrice, incapace di andare oltre la fabrichètta
di famiglia senza aiutini istituzionali.
E le banche?
Il nostro settore creditizio gode (soffre ?) di un ambiente particolare: Banca
d’Italia è ancora in grado di tenerlo lontano dalla vera concorrenza
internazionale. Ecco alcune componenti fondanti del mercato del credito in
Italia, imputabili all’azione premurosa di Via Nazionale:
-
l’aver
promosso l’assenza di concorrenza interna, contrabbandata per stabilità ( la loro) del sistema;
-
l’aver
“suggerito” al legislatore normative di favore, in grado di modificare – ad
esempio - le condizioni contrattuali con semplici annunci sulla Gazzetta
Ufficiale;
-
l’aver
accettato di non bloccare sul nascere (1952) la massacrante applicazione
dell’anatocismo;
-
la
capacità di impedire nel sistema l’ingresso di istituti e di imprenditori di
altri paesi;
-
la
capacità di imporre alla nazione interventi bancari in aiuto di aziende in fase
di predecozione a causa di erogazioni di denaro –
studiate con meticolosa oculatezza - ad amici e conoscenti inaffidabili (un
caso per tutti: l’Erario si accollò 12 mila miliardi che il Banco di Napoli non
era in grado (?) di esigere);
-
l’essersi
distratta mentre i controllati procedevano al saccheggio del risparmio delle
famiglie (Tango bond, Bond Cirio, Parmlat,
Giacomelli, Finmek, Finmatica
ecc.) per mantenere in piedi – liberisticamente “a
modo nostro” - aziende morte da tempo, e rientrare dei crediti spalmandoli su
centinaia di migliaia di risparmiatori;
-
l’aver
fatto digerire a tutti la posizione di un controllore ( ente
di diritto pubblico) i cui padroni (privati) sono gli stessi controllati;
-
il
non proferir verbo sulla recentissima conclusione della vicenda giudiziaria che
condanna definitivamente l’anatocismo – vicenda in grado di scardinare l’intero
apparato economico di questo paese;
-
il
non proferir verbo di fronte al crollo di fiducia dei cittadini nei confronti
dell’intero sistema bancario. (Ma la fiducia non era il pilastro su cui si
fonda l’attività creditizia?).
Alcune
domande:
-
I
convinti e lungimiranti liberisti “a modo nostro”, pronti a strapparsi i
capelli per convincere tutti a disseccare i costosi apparati del welfare state
(ultimo – ieri - il governatore Fazio) ed a privatizzare anche la forza
pubblica, hanno valutato i costi per l’intero sistema produttivo del welfare
credit, cioè di un apparato bancario artificialmente sotto tutela? Proprio quei
liberisti a modo nostro sono in grado di inventare aziende capaci di perdere
centinaia di miliardi di vecchie lire in 18 mesi e di ottenere l’intervento
statale prima ancora che siano conosciuti i motivi delle perdite.
-
Per
quanto tempo è ancora possibile evitare “contaminazioni esterne” al nostro
settore creditizio gestito da banchieri alla vaccinara e abituati a protezioni
e distrazioni?
-
Quale
impatto avrà sul sistema Italia il prossimo ed inevitabile crollo di illegittimi,
costosi ed ormai insostenibili baluardi contro la concorrenza internazionale?
-
I
liberisti “a modo nostro” sono di fatto alleati dei no-global, o sperano in una
loro ardua resistenza?
Sul fronte della produzione,
visto il discreto potere contrattuale, Montezemolo sta stringendo accordi col
sistema bancario. Ad esempio, sui meccanismi di variazione di costi, spese,
commissioni finora imposti dalle banche e da queste variati con nonchalance.
Ma chi protegge i privati? Per mantenere in buona salute il mercato, il
legislatore dovrebbe essere interessato a costruire meccanismi di difesa a
favore del contraente debole, cioè dell’utente privato. Visto, però, che
partiti politici e personaggi potenti (tutti convinti liberisti “a modo
nostro”) devono molto alla benevolenza dei banchieri alla vaccinara, il
Parlamento non azzarda iniziative contro chi potrebbe risentirsi, stringere i
cordoni della borsa ed imporre umilianti “rientri” ai debitori. In periodo
preelettorale?
Non scherziamo!
Ci resta solo la magistratura ? Come sempre, dipende
da noi……..
Di
Mauro Novelli ( 27.11.2004)
In merito alle conseguenze
franate sul sistema creditizio a seguito della definitiva sentenza della
Cassazione sull’anatocismo, non ci aspettavamo – né ci aspettiamo - grandi
iniziative dalla Banca d’Italia, Autorità di controllo del settore.
Attendevamo, però come minimo, un commentino, una iniziativa di bandiera, un
simulacro operativo da poter contrabbandare almeno come attività di “governo”
dell’Istituto centrale. Con molta probabilità, pudicamente, Banca d’Italia si
astiene da ogni azione per una serie di motivi, non ultimo quello relativo alla
sua decennale “distrazione” su tutte quelle “vicende” creditizie che, imposte
dalle banche agli utenti, hanno dato luogo allo strapotere del settore
creditizio sul sistema economico del paese nel suo complesso ed ai guasti che
tutti dobbiamo provvedere giornalmente a sistemare. Poi, ci disperiamo per la
perdita di competitività………… Probabilmente, Via Nazionale sta cercando – con un
po’ d’affanno - una via d’uscita alla triste e prevedibile situazione in cui
l’Abi ha cacciato l’intero settore; ma, come sempre, preferisce cercare
scorciatoie sul versante politico, in grado di mantenere le rendite di
posizione, piuttosto che sul fronte operativo, in grado di migliorare
l’efficienza del settore di sua competenza, e la competitività del sistema
Italia. Con un problema: fino al 2006, i politici saranno distratti da altri
impegni, e non sembrano molto attenti ai richiami di chi richiede qualche
favoretto di ritorno (salvo richieste ineludibili). E’ preferibile lasciare la
palla al prossimo governo (da chiunque formato), il quale può contare su un
maggior tempo a disposizione degli elettori per digerire l’eventuale intervento
somministrato d’imperio all’apparato economico (produzione e consumo) del
Paese. D’altra parte, anche la “legge sul risparmio” non vedrà la luce finché i
personaggi interessati non troveranno, attraverso una sistematina che nulla ha
a che fare con gli interessi del paese, nuovi equilibri puramente
interpersonali e di potere. In attesa di tempi meno elettorali, ci sentiamo
però di fare una richiesta minimalista all’Autorità di controllo (oggi, Banca
d’Italia, domani – speriamo - l’Antitrust). Eccola. L’art. 117 comma 8 del TUB
(Testo unico delle leggi in materia bancaria) definisce una precisa possibilità
per l’istituto di emissione:
“La Banca d’Italia può
prescrivere che determinati contratti o titoli, individuati attraverso una
particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi,
abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti e i titoli difformi sono
nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario
finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia.”
Alla luce dei disastri generati
da testi contrattuali “malfatti” ed imposti dall’ABI alle banche associate, la
Banca d’Italia fornisca la nazione di un articolato/traccia di contratto di
conto corrente più equilibrato, non dico orientato – come nei paesi civili - a
favore del cliente, la parte più debole, ma almeno in linea
con le leggi vigenti.
Solo questo chiediamo alla Banca d’Italia. Un piccolo scatto di efficacia, pur
consapevoli dei problemi e dei vincoli che ad essa derivano dai loro
proprietari: l’istituto di Via Nazionale è un “Istituto di diritto pubblico”
(art. 20 del Regio Decreto n°375/1936), ma le quote del suo capitale sociale
(155.000 euro circa, originari 300 milioni delle vecchie lire) sono possedute
da privati. Per inciso, i cinque maggiori azionisti (definiti “Partecipanti”)
sono: GRUPPO INTESA con il 27,2 % delle quote; GRUPPO SAN PAOLO con il 17,23 %;
GRUPPO CAPITALIA con l’11,15 %; GRUPPO UNICREDITO con il 10,97 % ( con le sole prime quattro banche siamo già al 66,90 per
cento del totale); ASSICURAZIONI GENERALI con il 6,33 % ( ed arriviamo al 73,23
per cento). Più altre banche, compagnie di assicurazione, INPS.
Anche utili ed aiutini sono privatizzati. Nel 2003 l’Istituto di diritto
pubblico “Banca d’Italia” ha distribuito utili ai Partecipanti per un importo
complessivo di € 45.234.600. Di questi, appena € 15.600 (quindicimila600) di
diritto, in base ad una percentuale sulla ripartizione degli utili. Il resto, €
45.219.000 (euro uaranticinquemilioniduecentodiciannovemila)
per atto di liberalità del Governatore e del Consiglio Superiore a favore dei
proprietari sulla scorta di una clausoletta dello statuto (art. 56). Allo Stato
solo € 31.422.757. (Fonte "Il bilancio della Banca d’Italia 2003" pag
Trascuriamo, in questa sede, i problemi del “signoraggio”[ si veda in altre
pagine del sito].
E’ evidente che, dopo aver italianamente accettato la proprietà privata di un
Istituto di diritto pubblico, altrettanto italianamente, non possiamo
pretendere che il controllore, i cui padroni sono i controllati, abbia una
attività rivolta agli interessi generali, prima che a quelli padronali.
Ma un tentativo di raddrizzar la schiena sul contrattino di conto corrente
potrebbe anche scappargli: saremmo disposti perfino a privarci degli
irrinunciabili richiami di Fazio all’etica finanziaria.
Nell’utile idiota, l’idiozia è caratteristica non
sufficiente perché oltre ad essere idiota, deve almeno fornire un minimo di
utilità. Esempio: in novembre, l’inflazione dovrebbe mantenere (almeno per
l’Istat) la sua velocità di crescita al 2 per cento su base annua. L’utile
idiota titola: “Prezzi fermi in novembre…” , dimostrando di essere idiota
(specifica rispettata) ma anche (sorpresa inaspettata) di inesorabile e costosa
disutilità per “la causa”. Infatti, quel paio di dozzine di concittadini
ipocondriaci, soggetti alla sindrome della “quarta settimana” (perché si
ostinano a non voler riconoscere di stare economicamente meglio di prima), si
…... ombrano, per via della manifesta discrepanza tra l’informazione, che vuole
i prezzi fermi, ed il loro portafogli, a fine mese vieppiù rachitico. Ed a
rimetterci è tutta la baracca. Mi auguro che, se e quando l’Istat dovesse
fissare dal 2 all’1,9 per cento la velocità di aumento annuo dei prezzi medi,
il disutile idiota non titoli: “Prezzi in calo…”. Un consiglio ai governanti (
unici e diretti soci pagatori per l’idiozia dei presunti utili): forniscano di
più precise specifiche i loro cacciatori di teste… L’idiozia di coloro che
prescelgono è condizione necessaria, ma – dommage ! –
non sufficiente.
In tre casi è esclusa la
possibilità di ottenere il rimborso delle somme addebitate illegittimamente
dalla
banca a seguito di calcoli anatocistici:
1) Se il correntista è addivenuto ad una transazione definitiva con la banca.
2) Se l’utente ha ricevuto decreti ingiuntivi e non ha fatto opposizione,
oppure l’ha fatta ma il giudice l’ha
rigettata.
3) Se il contratto è stato stipulato dopo il 7 luglio 2000, con testo adeguato
ed in linea con la delibera del CICR.
Con la recente sentenza della Cassazione a sezioni
riunite, dopo mezzo secolo, l’anatocismo applicato dalle banche sui conti
affidati ( o in rosso) viene defenestrato con ignominia. Fino al 1998, Adusbef
ha partecipato ai tavoli che l’Abi andava proponendo alle associazioni di
consumatori per la “revisione” di alcuni contratti bancari. Non ricordo in
quale circostanza, ma chi scrive sollevò il problema del calcolo anatocistico
degli interessi: uso del 1952 contro il Codice Civile di dieci anni più
vecchio. Un giovane avvocato dell’Abi rispose – piuttosto piccato – che
trattandosi di “uso” (??) quel meccanismo doveva essere legittimamente
mantenuto. Abbandonammo i tavoli ABI per una serie di motivi, non ultimo quello
ricordato. Oggi, la Cassazione sanziona definitivamente come “contra legem” quell’uso imposto dieci anni dopo le norme del
Codice civile dal sistema bancario al sistema economico di questo paese
(distratta Banca d’Italia). Forse quel giovane avvocato cambierà opinione. Amo
pensare, più benevolmente, che la sua opinione coincidesse già allora con la
mia, e che gli avevano imposto di non fare il professionista, ma solo
l’impiegato. Sappiamo che molti correntisti, soprattutto affidati, stanno
richiedendo alle banche copia della documentazione inerente il conto. Sappiamo
anche che molti direttori, intuendo l’azione giudiziaria che i loro clienti
stanno per porre in essere, cercano di scoraggiarli anche assumendo
atteggiamenti corrucciatamente dispiaciuti (“… ti sono stato e ti sono amico….
Ora mi vuoi denunciare…”) come se fosse una partita personale tra loro ed il
cliente. Ed ecco il suggerimento: poiché per 50 anni l’ABI ha praticamente
imposto alle banche associate un tipo contratto di conto corrente
manifestamente fuori legge; poiché la Banca d’Italia non ha mai sollevato
problemi sull’argomento (nel 1999, Fazio determinò in 100 mila miliardi la
somma che le banche avrebbero dovuto rimborsare in caso di ricalcalo con
eliminazione dell’anatocismo); poiché gli esborsi che dovrà subire il sistema
bancario, nel complesso, ammonteranno a decine di miliardi di euro, suggeriamo
ai responsabili delle banche di chiedere all’ABI il rimborso dei danni causati
dall’essere state obbligate ad adottare formulari uniformi e fuori legge ,
“suggeriti” dalla loro associazione, chiamando Banca d‘Italia a testimoniare
perché “informata sui fatti”. A meno che le banche non sperino nell’ennesimo
soccorso del legislatore e del governo. I precedenti ci sono. Ma forse non è
più così facile continuare il saccheggio del sistema economico
(produttori/consumatori) di questo Paese. Staremo a vedere. Intanto chiediamo
indietro i nostri soldi.
Le incertezze sui periodi per i
quali chiedere il rimborso derivante dalla eliminazione dell’anatocismo sul
calcolo degli interessi per i conti a debito, possono essere così superate: 1)
Se i contratti di conto corrente sono stati firmati prima del 1992 e non sono
mai stati modificati, il rimborso va richiesto fino ad oggi. Questi contratti
richiamavano, per le condizioni da applicare, l’ “uso piazza”: illegittimo. I
correntisti con tali contratti devono richiedere l’eliminazione, oltre che dei
meccanismi anatocistici, anche degli interessi ultra legali.
2) Se i contratti di conto
corrente sono stati firmati dopo il 1992 e prima della delibera del CICR del
2000 e non sono mai stati modificati, il rimborso va richiesto fino ad oggi con
ricalcali che eliminino l’anatocismo.
3) Se il contratto è stato
firmato dopo la modifica introdotta dal Cicr nel 2000 bisogna vedere che tipo
di contratto è stato firmato:
-
se
non esplicita le condizioni applicate (o se queste sono state aggiunte
successivamente ma non dal cliente), quindi se l’articolato è ancora
illegittimo, il rimborso dell’anatocismo va richiesto fino ad oggi;
-
se
il contratto esplicita tutte le condizioni (quindi è regolare) non si può
chiedere alcun rimborso.
Per concludere, è opportuno far ben valutare il
contratto che ci sta impegnando.
Da PubblicitàItalia n° 31
del 1° ottobre 2004, apprendiamo che, solo nel primo semestre 2004, le banche
hanno speso per pubblicità 59,123 milioni di euro (circa 115 miliardi di
vecchie lire) con un incremento del 24,8 per cento rispetto al primo semestre
2003 (47,3 milioni di euro). Gran parte di tale “investimento” ha come veicolo
i quotidiani di questo paese. Somma ragguardevole, si penserà. Ma non più di
tanto. Per mettere assieme l’importo di circa 60 milioni di euro, occorrono 30 milioni
di righe di estratto di conto corrente (al costo di 2 euro ciascuna). Numero
ragguardevole, si penserà. Ma non più di tanto. Giusto un’operazione in più a
semestre per ogni conto corrente in essere. Con due operazioni in più ogni
anno, i correntisti rimborsano abbondantemente alle banche i costi di
pubblicità per un intero anno. Queste osservazioni non intendono delegittimare
l’attività delle banche. Intendono solo evidenziare quanto sia facile per
queste “intraprendere”. Il rischio d’impresa è inesistente, potendo contare su
flussi in entrata inesauribili: basta annunciare sulla Gazzetta Ufficiale nuovi
livelli di spese, aumento di commissioni, maggiori costi per i servizi offerti.
O inventare nuove voci di costo. Il 29 settembre scorso, ad esempio, una Cassa
di Risparmio annunciava in Gazzetta l’introduzione di una commissione di 5,00
euro per ogni ordine di negoziazione di titoli inoltrato per telefono. Ma 5
euro non bastano. Tale scrittura comporta, infatti, anche una ulteriore riga di
estratto conto e l’addebito conseguente. Alcuni giorni fa, sempre la Gazzetta
riportava l’”iniziativa” di un paio di banche che avevano deciso di rendere
trimestrale l’invio dell’estratto conto titoli. Bel colpo: 6 operazioni in più
per ogni titolare di custodia titoli. L’Abi cerca di tenere ferreamente in
dibattito l’argomento degli alti costi bancari (contestandoli) e sostiene che
basta utilizzare il sito Pattichiari per poter
scegliere la banca più conveniente. Non dice che la banca più conveniente oggi
potrebbe non risultare tale domani (intendo proprio il giorno dopo). Ne
consegue che, ai fini dell’innesto e del sostegno di momenti veri di
concorrenza nel settore del credito, va riconosciuta l’assoluta inutilità di
tali informazioni. Anche perché chiudere un conto per cambiare banca è, di
norma, operazione costosissima e penosa. Alla fin fine, avremo speso qualche
centinaia di euro, risolveremo due problemi e ne subiremo tre nuovi. Tanto vale
proteggere i nostri diritti e dimostrare di saperlo fare con la nostra attuale
banca, ricordando che i nostri diritti sono i loro doveri e viceversa. Una
considerazione finale: più abbiamo contornato il nostro conto di servizi
accessori, più sarà tormentata la sua eventuale chiusura. Reagiamo ad ogni
fidelizzazione forzata. Facciamo un uso ragionato e francescano del nostro
conto. Ricordo interessanti riunioni di responsabili di Adusbef con la
Confindustria di Pininfarina (oltre 15 anni fa) proprio per cercare di
migliorare i rapporti di privati ed aziende con le banche. Oggi le aziende
(almeno quelle che contano) sembrano aver risolto i loro problemi (la
Confindustria di Montezemolo non dimostra di soffrire molto il rapporto con gli
istituti di credito). I quali, come un formicaio disturbato, lascia vecchi
tracciati per battere percorsi meno accidentati e raschiano il barile dei
privati. Ribadiamo: il meccanismo è perverso e solo il legislatore può
cambiarlo, perché le procedure adottate dalle banche sono in linea con i
dettami di Banca d’Italia, del CICR e del Testo Unico bancario. Sta a noi
evitare che stravincano. Vedremo chi avrà la forza civile così determinata e
solida da cancellare il monstrum giuridico costituito da un rapporto tanto
sbilanciato.
I costi di gestione di un conto corrente indicati da
Adusbef sono campati in aria, sostiene l’ABI. E giù a tenere desta l’attenzione
su “costo alto si, costo alto no”. Indipendentemente dal livello del costo
sopportato dal correntista, il problema vero è di civiltà giuridica, ma le
banche cercano di mimetizzarne la presenza. La questione vera risiede nella
possibilità, offerta dal Testo Unico bancario, di variare i parametri
finanziari di un contratto (costi, spese, commissioni ecc.) in senso
sfavorevole alla clientela, mettendo un semplice annuncio sulla Gazzetta
Ufficiale, Seconda parte, Altri annunci commerciali. Possiamo aprire un conto a
120 euro? Per quanto tempo le spese di gestione rimarranno a quel livello? Non
lo sa neanche il direttore che mi propone il servizio. Con molta probabilità,
il settore del credito è l’unico, in Italia, a godere di un rischio d’impresa
bassissimo, potendo contare sullo strumento della facile variazione delle spese
per fare bilanci con utili di centinaia di milioni di euro: basta rivedere i
costi applicati ai servizi, senza tema di scadere di competitività. Anche alla
luce del fatto che la concorrenza non alberga certo tra le banche. Tanto meno è
definita la valenza temporale di quelle modifiche. (Neanche le compagnie di assicurazione
sono arrivate ad ottenere tanto). Inoltre, le banche sanno benissimo che
chiudere un conto presso un istituto, vuol dire aprirlo presso un altro. Per
inciso, fino a qualche tempo fa, non esisteva neanche la concorrenza di
Bancoposta (comunque boicottato). Siamo giunti ad accollare all’Erario anche i
12 mila miliardi di vecchie lire di crediti del Banco di Napoli (più che
inesigibili, malamente esatti) pur di non sanzionare una pessima gestione
imprenditoriale. Non a caso i servizi bancari in assoluto più costosi sono
quelli che deve affrontare il cliente che ha deciso di cambiar banca, tanto è
ormai perso: la chiusura del conto ed il trasferimento titoli. Questa ultima
voce ha il costo più spropositato. Si arriva anche a 75 euro per tipo di titolo
trasferito (GU 12-7-04 Banca Di Credito Cooperativo di Cartura; GU del 31-8-04
CREDITO BERGAMASCO che, pudicamente impone un tetto massimo di 1.000 euro.
L’alto costo del servizio era giustificato fino al 1999, quando i titoli in
custodia erano costituiti da fogli cartacei (mantello e cedole): trasferire
materialmente quei documenti comportava la loro raccolta in plichi da
proteggere, da far viaggiare come “assicurata” ecc. Operazioni evidentemente
molto costose. Da quando però è stata imposta la dematerializzazione dei
titoli, mantello e cedole cartacei non esistono più: tutto è stato ridotto ad
una notazione informatica. E’ evidente che trasferire una tale notazione non
comporta più né alti rischi né alte spese. Di fatto (ulteriore vulnus
giuridico), gli alti livelli di spesa costituiscono un impedimento
all’esercizio del diritto di chiudere i rapporti con un istituto di credito per
aprirne con altri, poiché si arriva a spendere anche oltre 1000 euro. Questa
“mansalva” sull’imposizione dei livelli di spesa, al di là di ogni giustificato
motivo, non permette di valutare neanche spannometricamente
i costi che dovranno essere affrontati: dopo tre settimane si rischia di veder
imposte condizioni del tutto stravolte rispetto a quelle in base alle quali
decisi di firmare. Come uscirne?
Sempre più frequentemente, pervengono alla nostra associazion denunce di titolari di piccole e medie aziende
circa richieste pressanti, a volte ineludibili, di funzionari di banca perché accettino
di sottoscrivere particolari operazioni finanziarie. Siamo arrivati al punto
che imprenditori vengono minacciati di non rinnovo del fido qualora non
sottoscrivano operazioni, inventiamo, di “swap”. Lo swap è una particolare
operazione di ricopertura: ad esempio, il titolare di un mutuo a tasso
variabile potrebbe cautelarsi dal rischio di aumento dei tassi sottoscrivendo
un contratto swap che lo faccia guadagnare in caso di una loro crescita.
Viceversa, se i tassi di mercato scendono, ci rimetterà con lo swap, ma pagherà
rate di mutuo inferiori. A meno che il mutuo non abbia la trappola di tassi che
non possono scendere al di sotto di un livello individuato dal contratto. In
tale fattispecie, il malcapitato imprenditore ci rimette con lo swap e non può
approfittare della discesa della rata del mutuo, perché il tasso è bloccato
nella discesa. Incappa, così, in due trappole, entrambe conosciute dal trapper. Se, poi, l’operazione non ha neanche una nominale
giustificazione in contropartita (finanziamento, mutuo, prestito ecc), siamo al
suggerimento “pressante” di una vera e propria scommessa, con una delle due
parti (il trapper) che conosce quasi certamente il
risultato del lancio della monetina. Indipendentemente dal tipo di operazione
imposta “....altrimenti....”, l’azione di funzionari trapper
è particolarmente odiosa e vigliacca in momenti di crisi e configura un vero e
proprio tentativo di estorsione: se si hanno prove o testimonianze, si può
ricorrere al giudice denunciando il fatto. Tutti coloro che si riconoscono
nelle condizioni suesposte sono invitati a rivolgersi all’Adusbef. Ci auguriamo
che i trapper abbiano, con lungimiranza, ricercato e
messo da parte prove a loro discarico.
Di Mauro Novelli – 17.9.2004
Apprendiamo che uno dei maggiori
circuiti internazionali di carte di credito e la Name
Protect (società operativa nel settore antifrodi
digitali) hanno stipulato un accordo per contrastare il Phishing.
Il Pishing non è altro che una frode via Internet: si
riceve un messaggio di posta elettronica che sembra spedito dalla nostra banca.
Veniamo invitati a visitare un particolare sito dove ci viene richiesto di
indicare i nostri riferimenti anagrafici ed il numero della carta di credito.
Se diamo seguito alle indicazioni, i truffatori entrano in possesso dei dati
sufficienti a procedere ad addebiti illegittimi a valere sulle nostre posizioni
bancarie tramite il sistema di pagamento offerto dalla carta di credito. Chiedo
ai concittadini che mi leggono: “Quanti di voi sono disposti a fornire il
numero di carta di credito su Internet?” Possibile che i costi dei servi
finanziari debbano crescere per tutti gli utenti solo perché alcuni di questi
sono tanto co...llaborativi da inserire in rete i
loro dati finanziari sensibili? Da non credere.
Di Mauro Novelli
(16.2.2004)
Molti concittadini si stanno
rivolgendo a noi per denunciare la quasi impraticabilità del sito
www.pattichiari.it che l’ Associazione Bancaria Italiana ha inteso strutturare
per “facilitare” l’acquisizione di notizie e ragguagli sui servizi di base
offerti dal credito.
Abbiamo potuto verificare la effettiva irrazionalità dell’impostazione del
sito, tanto marcata da nonescludere giudizi di
irragionevolezza volontaria.
Vista l’incapacità del settore di offrire un prodotto impostandone la guida
nell’ottica delle esigenze dell’utente, come per tutti i servizi bancari, tocca
ad Adusbef il compito di fare da ufficio informazioni anche per la
consultazione di “patti chiari”.
1) La fincatura di sinistra della
homepage del sito www.pattichiari.it, presenta la voce ‘Conti correnti a confronto’. Cliccarla
2) La pagina che si apre presenta, in basso, la voce ‘ Accesso diretto a Conti
correnti a confronto’. Cliccarla.
3) La pagina che si apre presenta
‘ nella colonna di destra ‘ tre opzioni : a) Personalizzata; b) Per banca;
c)Offerta a distanza. Cliccare ‘Per banca’
4) Trascurate la finestra ‘Posizione geografica della banca’ perché i suoi
campi non sono attivi. In basso, cliccare invece la voce ‘Genera lista banche’
5) Si presenta la lista delle banche aderenti al servizio. Marcare la casella
relativa alla banca interessata. Scendere in fondo alla lista e cliccare la
voce ‘genera lista prodotti’.
6) La pagina che si apre presenta il nome della banca, cliccarlo.
Si srotola l’elenco per tipologia dei conti correnti offerti dalla banca che si
sta consultando.
7) Cliccare sul conto di cui si intende conoscere le caratteristiche.
8) Stampare e passare ad altri istituti ed altri conti correnti per una analisi
comparata.
1) Nella fincatura di sinistra
della home page di www.pattichiari.it , sottotitolo ‘Risparmio’, cliccare su
‘Obbligazioni a basso rischio’.
2) Cliccare sull’ultima riga della pagina che si presenta, voce ‘Accesso
diretto all’iniziativa’.
3) La nuova pagina presenta, sempre a sinistra, quattro opzioni: a) Ricerca
diretta ( se si ha il codice ISIN di un titolo che ci interessa); b) Ricerca
avanzata; c) Ricerca per Paese emittente; d) Guida pratica.
Cliccare su ‘Ricerca per paese emittente’.
4) Compare un elenco di paese emittenti obbligazioni a basso rischio. Cliccare
sul Paese che interessa e quindi pervenire al titolo che vogliamo acquistare.
Su http://www.uic.it/it/anagrafe-titoli/isin/codici.htm
i codici ISIN (International Securities
Identification Numbers) .
di
Mauro Novelli (29.9.2003)
Con gli ultimi scampoli di
credibilità, molte banche hanno convinto migliaia di famiglie e di singoli
cittadini ad aprire un conto corrente, allettandoli con il costo (quasi) zero.
Dopo alcuni mesi, molti di tali correntisti si son visti annunciare che quel
conto si sarebbe trasformato in un servizio oneroso, non più a ‘zero spese’. Da
tempo diciamo di non aprire conti bancari sullo slancio delle favorevoli
condizioni promesse da impiegati e direttori a perfetta conoscenza del fatto
che le loro ‘promesse’ sono scavalcate dagli annunci che la direzione della
banca apporrà in Gazzetta Ufficiale anche il giorno successivo, e con effetti
spesso retroattivi. Chi, a fronte di questo ennesimo saccheggio, ha deciso di
chiudere il conto corrente, non attenda dicembre per procedere all’estinzione.
A seguito del nostro ordine, le banche pongono "in chiusura" il
conto, ma non lo chiudono: restano in attesa del calcolo delle competenze di
estinzione che, sommate a quelle di gestione, daranno luogo all’ultimo addebito
a favore della banca. Il saldo risultante verrà destinato secondo le indicazioni
indicate dal titolare sul modulo o sulla lettera di estinzione. In alcuni casi
le lungaggini durano per settimane e, se l’ordine perviene a ridosso della fine
di dicembre, hanno l’obbiettivo di giungere al nuovo anno col conto ancora in
essere. Se, perciò, non procediamo per tempo, rischiamo di scavalcare il 31
dicembre col conto non chiuso. Ci vedremo addebitare le spese annue di gestione
e quelle di chiusura "dei conti" al 31 dicembre e, magari dopo alcuni
giorni, le commissioni di chiusura del rapporto, con la riproposizione di voci
di spesa già addebitate al 31 dicembre. Questa azione "scaltra" serve
a mantenere alte le statistiche di sportello di fine anno. Se abbiamo deciso di
cambiar banca, o di aprire un conto postale, è pertanto opportuno formalizzare
l’ordine non oltre il 15 novembre, ponendo in chiaro che non verranno accettate
procedure miranti a scavalcare il 31 dicembre. L’ordine può essere dato per
lettera raccomandata con A.R. o, allo sportello, riempiendo un modulo
predisposto dalla banca. Se il conto è contestato a firme disgiunte, è
sufficiente l’ordine di uno dei contestatari. A questo proposito, per allungare
i tempi, molto spesso i dipendenti richiedono anche la presenza del secondo
intestatario: è un abuso a cui ribellarsi e da denunciare alla presidenza della
banca, alla banca d’Italia e all’Adusbef. Come procedere:
-
staccare
un ultimo assegno a valere sul conto da chiudere e versarlo sul nuovo conto.
L’importo di tale assegno deve essere tale da lasciare un saldo sufficiente a
permettere alla banca di addebitare le commissioni di chiusura di cui abbiamo
parlato (per conti con movimentazione normale, 200 / 250 euro sono
sufficienti), ed alle quali vanno eventualmente aggiunti gli assegni già
emessi, le spese con bancomat, con carte di credito, gli ordini permanenti (che
avremo per tempo eliminato) ecc.;
-
accertato
l’addebito sul conto di questo ultimo assegno, e verificata la registrazione di
ogni altra nostra spesa, è possibile inoltrare l’ordine di messa in estinzione
(raccomandata o modulo allo sportello);
-
indicheremo
la numerazione degli assegni non utilizzati, che allegheremo dopo averli
mutilati della parte destinata alla firma di traenza;
-
allegheremo
bancomat e carta di credito, resi inutilizzabili graffiando la banda magnetica
e tagliandoli in due, indicandone la numerazione;
-
se utilizzeremo il modulo fornitoci allo sportello,
pretenderemo una copia.
Dopo alcuni giorni, o alcune
settimane, la banca invierà un ultimo estratto conto con gli addebiti di spese
e commissioni, e con l’indicazione del bonifico del capitale risultante a
favore del nuovo conto. Il saldo finale sarà pari a zero. Qualora nel giro di
un mese non si ricevessero informazioni dalla banca, recarsi allo sportello per
verificare lo stato dell’operazione di chiusura e chiedere una giustificazione
del ritardo. Attenzione: se il saldo finale dovesse risultare negativo (spese e
commissioni hanno superato l’importo lasciato sul conto), il rapporto non viene
chiuso: la banca attenderà il versamento dell’importo per riportare a zero il
saldo. In genere le banche più scorrette hanno la pessima abitudine di non
avvisare di tale circostanza e, al primo scadere del trimestre e dei
successivi, quella passività maturerà tassi passivi e commissioni di massimo
scoperto, aggravando la posizione debitoria dell’ignaro titolare, non ancora
"ex correntista". E’ quindi opportuno seguire la vicenda fino al
termine del rapporto: saldo pari a zero e conto chiuso.
Attenzione: pur di evitare la
chiusura del conto, alcuni direttori di banca inventano fandonie e cercano di
evitare l’esecuzione dell’ordine: 1) Non è vero che, per la chiusura di un
conto cointestato a più persone "a firma disgiunta", occorra che
l’ordine di chiusura sia sottoscritto da tutti gli intestatari. A tal
proposito, ricordiamo che i titolari di un conto possono addirittura fornire
all’eventuale delegato il potere di chiudere il conto corrente. Figuriamoci se
uno dei cointestatari non ha i poteri di porre in estinzione il rapporto. 2) Se
invece le firme sono congiunte, è inutile tentare individuali chiusure del
conto. 3) Non è vero che, se il conto corrente è di regolamento per una carta
di credito, occorra attendere 60 giorni di "quarantena" prima di
poter procedere alla chiusura "perché potrebbero arrivare spese effettutate con la carta ed ancora non addebitate".
Non accettate tali opposizioni. Sono campate in aria. Se avete certezza che
ogni addebito sia stato effettuato, imponete l’esecuzione dell’ordine di
estinzione. 4) Se allo sportello l’impiegato forza la mano per non accogliere
l’ordine di chiusura, si può inviare una raccomandata A.R. al direttore
dell’agenzia denunciando il fatto ed ordinando la messa in estinzione del
conto. Tale raccomandata va inviata per conoscenza (per posta normale) a:
p.c. Al presidente della
Banca___________________________
*
Via/Piazza________________________
Cap _______CITTA’________________
*
L’
indirizzo è quello della Direzione Generale e non quello della ns. Agenzia.
p.c.
Spett.
Banca Centrale Europea Kaiserstrasse, 29 D - 60311
FRANKFURT am MAIN
p.c.
Ministero
di Economia e Finanze / CICR Via XX Settembre, 97 00187 ROMA
(*)fax
del CICR: 064820952
p.c.
Ufficio
Vigilanza Banca d’Italia Via Nazionale, 91 00184 ROMA
p.c.
ADUSBEF
Via Farini, 62 00185 ROMA
Alla luce degli avvenimenti che
hanno sconvolto il mercato dei titoli mobiliari e danneggiato pesantemente i risparmiatori/investitori,
è opportuno che gli interessati coinvolti cerchino di fare il punto sui servizi
finanziari acquistati.
Riportiamo alcuni quesiti ai quali è opportuno trovare risposta .
Ricordiamo che, se non si è in possesso della documentazione inerente
l?investimento, l?art. 119 punto 4° del Testo Unico bancario, dà il diritto di
chiederla ed ottenerla in 90 giorni, a titolo oneroso (occorre cioè permettere
alla banca di introitare le commissioni per il servizio reso). Ricordiamo
altresì che la banca deve detenere in archivio la documentazione relativa agli
ultimi 10 anni.
-
Occorre
informarsi preventivamente del costo per ogni foglio richiesto in copia. Il
valore deve essere comunque riportato dai "fogli analitici" che, su
richiesta, devono essere messi a disposizione dalla banca.
-
La
richiesta va inoltrata per iscritto allo sportello (una copia verrà fatta
firmare per ricevuta), o per Raccomandata A.R. all?Ispettorato
Reclami della banca (all?indirizzo della Direzione
Centrale)
-
Oltre
alla definizione precisa della documentazione richiesta, nella lettera va
specificata la modalità di pagamento delle commissioni imposte al servizio:
addebito del conto, predisposizione di fondi, pagamento allo sportello.
[?omissis?]
4. Il cliente, colui che gli
succede a qualunque titolo e colui che subentra nell?amministrazione
dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo
termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione
inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni (*).
(*)Comma così sostituito dall?art. 24 del D. Lgs. 342/99.
Ed ecco i quesiti:
FORMALITÀ CONTRATTUALI RISPETTATE
? - Vanno verificate caso per caso. Non è raro incontrare contratti non firmati
dall?azienda, firmati dall?azienda
con data diversa ecc. Si incappa anche in contratti con firme manifestamente
false.
MODALITA? DI CONFERIMENTO ? - In
caso di contratto stipulato tramite promotore finanziario, la somma da
investire deve essere fornita tramite assegno NON TRASFERIBILE intestato alla
società di gestione. Mai consegnare contanti. Mai consegnare assegni con il
beneficiario in bianco.
ALLEGATI AL CONTRATTO ? - Spesso
i contratti fanno espresso riferimento ad allegati. Sono stati consegnati ?
SERVIZIO FINANZIARIO ? - E? stato
venduto come "prodotto finanziario" mo non esiste un prospetto
informativo autorizzato dalla Consob? Allora non è un prodotto finanziario.
Occorre chiedere spiegazioni.
SERVIZIO DI FINANZIAMENTO ? - Il
prodotto ha nel "prestito/mutuo/affidamento" uno dei due elementi
fondamentali, necessario per l?investimento? Tale finanziamento è stato
consapevolmente sottoscritto dai clienti ? Sono previste le modalità di recesso
dal contratto ?
CONFLITTO DI INTERESSI ? ? Se i
titoli acquistati sono obbligazioni e/o quote di fondo emesse dalla stessa
banca o dal Gruppo, sono state rispettate - non solo nominalmente - le norme
imposte dal TUF e dai regolamenti Consob ?
L?Articolo 21, lett. c) del Testo Unico della Finanza impone agli intermediari
finanziari, in situazioni di conflitto di interessi, di "agire in modo da
assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento".
EQUO TRATTAMENTO ? - Oltre alla
diligenza nella prestazione, l?intermediario non deve abusare della fiducia
concessagli dal cliente, o approfittare del fatto che il cliente "non può
dirgli di no". Il servizio collocato non deve privilegiare chi lo offre e
danneggiare il sottoscrittore.
DIRITTO DI RECESSO ? - E?
presente nei contratti sottoscritti tramite promozione finanziaria? Spesso,
quando è presente, non risulta evidenziato. In genere è richiamato solo il
diritto di recesso relativo all?investimento. Spesso
non è presente né per l?investimento, né per l?eventuale finanziamento.
PROFILO DI RISCHIO ? - Per le
pratiche sottoscritte in banca, sono state effettuate acquisizioni del
"profilo di rischio" ? Quelle acquisite tramite promozione
finanziaria, sono state stilate direttamente dagli stessi promotori ? Risultano
corrispondenti alla realtà ?
Nel documento denominato ?Questionario per l?investitore in servizi finanziari?
(Reg. Consob n° 11522/98) verificare l?apposizione
della firma aziendale. Troppo spesso, all?insaputa
del cliente, si fa sottoscrivere la clausola che lo stesso non vuole fornire
informazioni sulla sua situazione finanziaria.
TITOLI ACQUISTATI ? ? Nell?acquisto di prodotti finanziari non direttamente
quotati, il prezzo è stato stabilito dalla banca ? Spesso il titolo è uno
"zero coupon", ma non è segnalato come tale. Occorre verificare, nei
casi di specie, se vengono indicati - quale investimento - titoli di Stato a
tasso fisso (BTP) quando invece si tratta di "coupon stripping" su
quei titoli di Stato. E? notorio che la valorizzazione di titoli generati da
coupon stripping è molto più soggetta agli umori dei tassi di mercato ed all?andamento dei tassi medi correnti di quanto non sia il
titolo "madre" con le normali cedole.
Poiché il mercato di tali prodotti è ristrettissimo, in caso di liquidazione
ante scadenza risulterebbe disponibile all?acquisto
la sola stessa banca che "farebbe il prezzo" senza possibilità di
scelta.
Verificare se l?ordinativo per l?acquisto dei titoli è stato firmato dall?investitore.
RISPETTO DELLA NORMATIVA ? - Sono stati rispettati i
dettami individuati, tra gli altri, dagli articoli 21-32 del TUF in merito all?azione professionale dei "venditori"? Ci sono
persone in grado di testimoniare che il cliente ha deciso di sottoscrivere il
contratto seguendo informazioni false, carenti o assenti?
Si ricorda, comunque, che l?Articolo 23 punto 6) del Testo Unico Finanza
inverte l?onere della prova.
E? stata rispettata la normativa imposta dal Testo Unico bancario (Tan, Taeg, consegna del piano di ammortamento) ?
[?] TITOLO II - SERVIZI DI
INVESTIMENTO [?] CAPO II - SVOLGIMENTO DEI SERVIZI Articolo 21 Criteri generali
1.
Nella
prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell?interesse
dei clienti e per l?integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che
essi siano sempre adeguatamente informati;
c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di
interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare
comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;
d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad
assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi;
e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure
idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.
2.
Nello
svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di
gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio
e per conto del cliente.
Articolo 22 Separazione
patrimoniale
1.
Nella
prestazione dei servizi di investimento e accessori gli strumenti finanziari e le
somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’impresa
di investimento, dalla società di gestione del risparmio o dagli intermediari
finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario
nonché gli strumenti finanziari dei singoli clienti a qualsiasi titolo detenuti
dalla banca, costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello
dell’intermediario e da quello degli altri clienti. Su tale patrimonio non sono
ammesse azioni dei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, nè quelle dei creditori dell’eventuale depositario o
sub-depositario o nell’interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei
singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi
ultimi.
2.
Per
i conti relativi a strumenti finanziari e a somme di denaro depositati presso
terzi non operano le compensazioni legale e giudiziale e non può essere
pattuita la compensazione convenzionale rispetto ai crediti vantati dal
depositario o dal sub-depositario nei confronti dell’intermediario o del
depositario.
3.
Salvo
consenso scritto dei clienti, l?impresa di investimento, la società di gestione
del risparmio, l’intermediario finanziario iscritto nell’elenco previsto
dall’articolo 107 del T.U. bancario e la banca non possono utilizzare,
nell’interesse proprio o di terzi, gli strumenti finanziari di pertinenza dei
clienti, da esse detenuti a qualsiasi titolo. L’impresa di investimento,
l?intermediario finanziario iscritto nell’elenco previsto dall’articolo 107 del
T.U. bancario e la società di gestione del risparmio non possono inoltre
utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, le disponibilità liquide degli
investitori, da esse detenute a qualsiasi titolo.
Articolo 23 Contratti
1.
I
contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori
sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB,
sentita la Banca d?Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate
ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti,
particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra
forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.
2.
È
nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo
dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è
dovuto.
3.
Nei
casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal
cliente.
4.
Le
disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U. bancario non si applicano ai servizi
di investimento né al servizio accessorio previsto dall’articolo 1, comma 6,
lettera f).
5.
Nell?ambito della prestazione dei servizi di
investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi
individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica
l?articolo 1933 del codice civile.
6.
Nei
giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei
servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati
l?onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.
Articolo 24 Gestione di
portafogli di investimento
1.
Al
servizio di gestione di portafogli di investimento si applicano le seguenti
regole:
a) il contratto è redatto in forma scritta;
b) il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni
da compiere;
c) l?impresa di investimento, la società di gestione del risparmio o la
banca non possono, salvo specifica istruzione scritta, contrarre
obbligazioni per conto del cliente che lo impegnino oltre il patrimonio gestito;
d) il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il
diritto di recesso dell’impresa di investimento, della società di
gestione del risparmio o della banca ai sensi dell’articolo 1727 del codice
civile;
e) la rappresentanza per l’esercizio dei diritti di voto inerente agli
strumenti finanziari in gestione può essere conferita all’impresa di
investimento, alla banca o alla società di gestione del risparmio con procura
da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea nel rispetto dei limiti e
con le modalità stabiliti con regolamento dal Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sentite la Banca d?Italia e
la CONSOB;
f) l?esecuzione dell’incarico ricevuto può essere delegata, anche con
riferimento all’intero portafoglio, a soggetti autorizzati alla
prestazione del servizio di gestione di portafogli di investimento previa autorizzazione
scritta del cliente.
2.
Sono
nulli i patti contrari alle disposizioni del presente articolo; la nullità può
essere fatta valere solo dal cliente.
Articolo 25 Attività di
negoziazione nei mercati regolamentati
1.
Le
SIM e le banche italiane autorizzate all’esercizio dei servizi di negoziazione
per conto proprio e per conto terzi possono operare nei mercati regolamentati
italiani, nei mercati comunitari e nei mercati extracomunitari riconosciuti
dalla CONSOB ai sensi dell?articolo 67. Le imprese di
investimento comunitarie ed extracomunitarie e le banche comunitarie ed
extracomunitarie autorizzate all’esercizio dei medesimi servizi possono operare
nei mercati regolamentati italiani.
2.
La
CONSOB può disciplinare con regolamento le ipotesi in cui la negoziazione degli
strumenti finanziari trattati nei mercati regolamentati italiani deve essere
eseguita nei mercati regolamentati; in tale eventualità, conformemente alla
normativa comunitaria, stabilisce le condizioni in presenza delle quali
l’obbligo non sussiste.
3.
Il
comma 2 non si applica alle negoziazioni aventi a oggetto titoli di Stato o
garantiti dallo Stato.
[?] CAPO IV - OFFERTA FUORI SEDE
Articolo 30 Offerta fuori sede
1. Per offerta fuori sede si
intendono la promozione e il collocamento presso il pubblico:
a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle
dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto
incaricato della promozione o del collocamento;
b) di servizi di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle
dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio.
1.
Non
costituisce offerta fuori sede quella effettuata nei confronti di investitori
professionali, come
definiti con regolamento della CONSOB, sentita la Banca d’Italia.
2.
L?offerta
fuori sede di strumenti finanziari può essere effettuata:
a) dai soggetti autorizzati allo svolgimento del servizio previsto dall?articolo 1, comma 5, lettera c);
b) dalle società di gestione del risparmio e dalle SICAV, limitatamente alle
quote e alle azioni di OICR.
1.
Le
imprese di investimento, le banche, gli intermediari finanziari iscritti nell?elenco previsto dall?articolo
107 del T.U. bancario e le società di gestione del risparmio possono effettuare
l?offerta
2.
fuori
sede dei propri servizi d?investimento. Ove l’offerta abbia per oggetto servizi
prestati da altri intermediari, le imprese di investimento e le banche devono
essere autorizzate allo svolgimento del servizio previsto dall’articolo 1,
comma 5), lettera c).
3.
Le
imprese di investimento possono procedere all’offerta fuori sede di prodotti
diversi dagli strumenti finanziari e dai servizi d?investimento, le cui
caratteristiche sono stabilite con regolamento dalla CONSOB, sentita la Banca
d?Italia.
4.
L?efficacia
dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di
portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi
dell’articolo 32 è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data
di sottoscrizione da parte dell?investitore. Entro
detto termine l?investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né
corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è
indicata nei moduli o formulari consegnati all?investitore.
La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori
sede ovvero a distanza ai sensi dell’articolo 32.
5.
L’omessa
indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità
dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente.
6.
Il
comma 6 non si applica alle offerte pubbliche di vendita o di sottoscrizione di
azioni con diritto di voto o di altri strumenti finanziari che permettano di
acquisire o sottoscrivere tali azioni, purché le azioni o gli strumenti finanziari
siano negoziati in mercati regolamentati italiani o di paesi dell’Unione
Europea.
9. Il presente articolo si
applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai
prodotti indicati nell?articolo 100, comma 1, lettera
f).
Articolo 31 Promotori finanziari
1.
Per
l?offerta fuori sede, i soggetti abilitati si avvalgono di promotori
finanziari.
2.
È
promotore finanziario la persona fisica che, in qualità di dipendente, agente o
mandatario, esercita
professionalmente l?offerta fuori sede. L?attività
di promotore finanziario è svolta esclusivamente
nell?interesse di un solo soggetto.
3.
Il
soggetto abilitato che conferisce l?incarico è responsabile in solido dei danni
arrecati a terzi dal
promotore finanziario, anche se tali danni siano conseguenti a
responsabilità accertata in sede penale.
4.
È
istituito presso la CONSOB l?albo unico nazionale dei promotori finanziari. Per
la tenuta dell?albo,
la CONSOB può avvalersi della collaborazione di un organismo individuato
dalle associazioni
professionali dei promotori finanziari e dei soggetti abilitati.
5.
Il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con
regolamento adottato
sentita la CONSOB, determina i requisiti di onorabilità e di professionalità
per l?iscrizione all?albo
previsto dal comma 4. I requisiti di professionalità per l?iscrizione
all?albo sono accertati sulla base di
rigorosi criteri valutativi che tengano conto della pregressa esperienza
professionale, validamente
documentata, ovvero sulla base di prove valutative indette dalla CONSOB.
1.
La
CONSOB disciplina, con regolamento:
a) l’istituzione e il funzionamento su base territoriale di commissioni per
l?albo dei promotori finanziari.
Le commissioni si avvalgono per il proprio funzionamento delle strutture
delle Camere di commercio, industria e artigianato. Le commissioni
deliberano le iscrizioni negli elenchi territoriali dei soggetti iscritti
all?albo previsto dal comma 4, curano i relativi
aggiornamenti, esercitano compiti di natura
disciplinare e assolvono le altre funzioni a esse affidate;
2.
b)
le modalità di formazione dell’?albo previsto dal comma 4 e le relative forme
di pubblicità;
c) i compiti dell’?organismo indicato nel comma 4 e gli obblighi cui lo
stesso è soggetto;
d) le attività incompatibili con l?esercizio dell’?attività di promotore
finanziario;
e) le modalità per l?iscrizione all?albo previsto dal comma 4 dei soggetti che, alla data
di entrata in vigore del presente decreto, sono iscritti all’albo
previsto dall’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 23 luglio
1996, n. 415;
f) le regole di presentazione e di comportamento che i promotori finanziari
devono osservare nei rapporti
3.
con
la clientela;
g) le modalità di tenuta della documentazione concernente l’attività svolta;
h) le violazioni alle quali si applicano le sanzioni previste dall?articolo 196, comma 1.
6.
La
CONSOB può chiedere ai promotori finanziari o ai soggetti che si avvalgono di
promotori finanziari la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di
atti e documenti fissando i relativi termini. Essa può inoltre effettuare
ispezioni e richiedere l?esibizione di documenti e il compimento degli atti
ritenuti necessari.
Articolo 32 Promozione e
collocamento a distanza di servizi di investimento e strumenti finanziari
1.
Per
tecniche di comunicazione a distanza si intendono le tecniche di contatto con
la clientela, diverse dalla pubblicità, che non comportano la presenza fisica e
simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato.
2.
La
CONSOB, sentita la Banca d?Italia, può disciplinare con regolamento, in
conformità dei principi stabiliti nell?articolo 30,
la promozione e il collocamento mediante tecniche di comunicazione a distanza
di servizi di investimento e di prodotti finanziari, diversi da quelli indicati
nell?articolo 100, comma 1, lettera f), individuando
anche i casi in cui i soggetti abilitati devono avvalersi di promotori
finanziari.
Più del danno subito dai
concittadini risparmiatori (incappati in “professionisti finanziari” non
professionali) meravigliano i contenuti del dibattito/scontro tra autorità di
controllo, legislatore, governo, il cui obbiettivo unico è di annettere le
colpe del caso. Di provvedere con nuovi e più poderosi presidi a garanzia del
risparmio delle famiglie italiane nessuno parla; anzi, si afferma che le norme
ci sono, gli strumenti sono adatti, le procedure chiare.
In conclusione: “I risparmiatori abbiano pazienza e stiano tranquilli:
troveremo il colpevole !”. Pensavamo che i paradisi fiscali allignassero solo
nelle Bahamas, nelle Isole Cayman ecc.. Siamo venuti a conoscenza che il
Delaware (uno dei 51 stati USA) è un paradiso fiscale; che il Lussemburgo (uno
dei 15 stati dell?UE) è un paradiso fiscale; che il
Principato di Monaco, il Liechtenstein e San Marino sono trampolini per
tuffarsi in paradisi fiscali.
Politici, banchieri ed imprenditori si lamentano delle truffe organizzate
attraverso il passaggio sbiancante delle operazioni nella contabilità dei
paradisi finanziari e fiscali, ma nessuno li combatte concretamente: non i
politici, non i banchieri, non gli imprenditori. Perché ? Le dichiarazioni
scandalizzate di politici, banchieri ed imprenditori in merito agli strumenti a
disposizione degli speculatori non sono più credibili: banche e grandi imprese
hanno sedi, rappresentanze, società collegate residenti proprio in quegli stati
contro i quali gli stessi lanciano anatemi, ormai dimostratisi solo nominali.
Cominciamo con l?elenco stilato dall’OCSE: Monaco, Liechtenstein, Guernsey e Jersey (due isole inglesi della Manica
formalmente sotto la Corona ma semi indipendenti dal punto amministrativo),
Andorra, Gibilterra, Repubblica Domenicana, Belize, Panama, Bahamas, Liberia,
Isole Maldive, Isole Marshall, Isola di Nauru, Isole Vanuatu, Isole Tonga,
Isola di Niue, Isole Cook, Isole Samoa.
Da aggiornare con le ultime novità del Delaware e del Lussemburgo, emerse con
le vicende Cirio e Parmalat.
Non sarà il caso di buttar giù un elenco ragionato e
più preciso di “stati finanziari canaglia” ed intraprendere una guerra preventiva
per ripristinare le regole finanziarie democratiche ? 29/01/2004
Nel marzo 2003, il CICR (Comitato
interministeriale per il Credito e il Risparmio) (*) ha ?commissionato?
alla Banca d?Italia la revisione delle vecchie norme sulla trasparenza nei
rapporti banca/cliente e l?impostazione di una nuova normativa, entrata in
vigore il 1° ottobre.
Diciamo subito che le ?migliorie? apportate sono solo di facciata, un po? di fumo negli occhi dei membri del Cicr e dei
cittadini.
Vediamo di che si tratta e quali sono le novità.
Banca d?Italia scopre che prima di firmare un
contratto è opportuno dargli un?occhiata, e dice alle sue vigilate che devono
fornirne il testo (a richiesta del cliente ed eventualmente a titolo oneroso).
Prima di firmare il contratto ( ad esempio di conto corrente) il potenziale
cliente ha il diritto di chiedere ed ottenere ( a titolo oneroso, un aiutino)
copia dell?articolato e delle condizioni che
verrebbero applicate in caso di accettazione. La banca dovrà fornire i
documenti e potrà pretendere il pagamento di una somma a titolo di rimborso
spese. Non solo, ma il cliente che intende chiedere quei documenti, dovrà
lasciare le sue generalità. Un aiutino per la costituzione di una banca dati.
Ricordiamo che le condizioni ( costi, spese, tassi, commissioni) indicate dal
documento sintetico consegnato con il testo del contratto possono cambiare
anche il giorno successivo alla stipula. Consigliamo, quindi, di non decidere
sulla semplice comparazione di queste. Riportiamo il testo della normativa
appena illustrata.
TRASPARENZA
DELLE OPERAZIONI E DEI SERVIZI FINANZIARI
SEZIONE II
PUBBLICITÀ E INFORMAZIONE PRECONTRATTUALE
[///.]
1.
INFORMAZIONE
PRECONTRATTUALE (22)
Prima della conclusione del contratto, l’intermediario consegna al cliente che
ne abbia fatto richiesta una copia completa del testo contrattuale idonea per
la stipula (23).
La consegna della copia non impegna le parti alla stipula del contratto. Il
diritto del cliente di ottenere copia del testo contrattuale non può essere
sottoposto a termini o condizioni (24).
L’intermediario acquisisce un’apposita attestazione in calce allo schema
contrattuale nella quale il cliente dichiara se intende avvalersi o meno di
tale diritto. Ove le parti addivengano alla conclusione del contratto,
l’attestazione è conservata dall’intermediario.
In caso di modifica delle condizioni contrattuali indicate nella copia
consegnata al cliente, l’intermediario prima della stipula del contratto ne dà
informativa al cliente stesso e, su richiesta di quest’ultimo, consegna una
copia completa del nuovo testo contrattuale idonea per la stipula. In caso di
offerta fuori
sede attraverso soggetti terzi, questi ultimi sono sottoposti agli obblighi
previsti dal presente paragrafo.
2.
Quando
si adoperano tecniche di comunicazione a distanza, il testo contrattuale
comprensivo delle condizioni generali di contratto è fornito al cliente in
forma cartacea o su altro supporto durevole.
2.
DOCUMENTO
DI SINTESI Al contratto è unito un documento di sintesi, volto a fornire al
cliente una chiara evidenza delle più significative condizioni contrattuali ed
economiche. Il documento di sintesi costituisce il frontespizio del contratto
ed è redatto secondo modalità, anche grafiche, di immediata percezione e
comprensione. Esso riproduce lo schema del foglio informativo relativo allo
specifico tipo di operazione o servizio, con opportuni adattamenti, riportando
le condizioni economiche e le clausole contrattuali praticate al cliente;
possono essere omesse le informazioni riguardanti l?intermediario, quelle
relative alle caratteristiche e ai rischi dell?operazione
o del servizio. [///..]
Note:
(22) Le disposizioni in materia di informativa
precontrattuale e contrattuale non si applicano alle emissioni di moneta
elettronica realizzate attraverso carte ?usa e getta?.
(23) L?adempimento è necessario per i contratti
stipulati in forma scritta. La copia da consegnare al cliente comprende il
testo delle condizioni generali di contratto.
(24)
La consegna della copia del contratto idonea per la stipula può essere
subordinata al pagamento da parte del cliente di un rimborso delle spese.
Non ci sono novità, se non di
risulta.
Come in precedenza, se la banca apporta modifiche a singole posizioni, deve
scrivere all?interessato. Se invece cambiano
condizioni generali, le banche possono limitarsi a mettere annunci commerciali
sulla Gazzetta Ufficiale (2^ Parte).
Come in precedenza, il cliente ha 15 giorni di tempo dalla notifica o dal
giorno di pubblicazione sulla Gazzetta per chiudere il rapporto alle condizioni
precedenti.
Ed ecco le novità:
-
In
caso di variazione generalizzata, la banca deve darne indicazione apponendo
comunicazioni nei locali delle agenzie. In tali comunicati deve essere
riportato il giorno di pubblicazione sulla G. U. ed il giorno di decadenza, per
il cliente, della facoltà di rescindere il contratto alle vecchie condizioni.
-
La
banca deve inserire la comunicazione delle variazioni alla prima occasione di
invio di corrispondenza all?indirizzo del cliente. La
norma di cui si riporta di seguito il testo, indica nell?invio
di comunicazioni di legge e nelle comunicazioni per operazioni specifiche le
occasioni di cui sopra. Quindi, dovremo essere informati delle variazioni non
appena riceveremo estratti conto, contabili a credito o a debito, conferme di
esecuzioni di ordini, lettere di convocazione, informazioni pubblicitarie ecc.
E? sintomatico il fatto che la normativa debba
richiamare concetti di civiltà giuridica evidentemente non molto di moda nel
settore creditizio e forse poco conosciuti: ??Le variazioni unilaterali
sfavorevoli al cliente ? apportate al singolo rapporto ovvero generalizzate ?
non possono avere effetto anteriore a quello della loro comunicazione al
cliente ovvero per quelle generalizzate dalla loro pubblicazione.? Riportiamo
il testo della normativa appena illustrata.
SEZIONE IV
COMUNICAZIONI ALLA CLIENTELA
[?.]
2. COMUNICAZIONE DELLE VARIAZIONI
CONTRATTUALI SFAVOREVOLI ALLA CLIENTELA L?intermediario comunica per iscritto
presso il domicilio indicato dal cliente le variazioni unilaterali apportate
alle clausole del contratto, qualora sfavorevoli al cliente medesimo (34).
L?intermediario utilizza un documento di sintesi, che aggiorna quello unito al
contratto ai sensi della Sezione II, paragrafo 8 delle presenti disposizioni,
nel quale, anche mediante opportuni accorgimenti grafici (ad esempio, diverso
colore o formato del carattere), sono chiaramente poste in evidenza le
variazioni intervenute nelle singole condizioni economiche e/o contrattuali. Il
documento è datato e progressivamente numerato. Esso contiene l?avvertenza che
la comunicazione è effettuata ai sensi dell?art. 118
del T.U. bancario e l?indicazione del termine per l?esercizio del diritto di
recesso. Le variazioni contrattuali sfavorevoli di tipo generalizzato (35),
come previsto dalla delibera del CICR del 4 marzo 2003, possono essere
comunicate in forma impersonale, mediante l?inserzione di appositi avvisi nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Al fine di garantire l?effettiva
conoscenza delle variazioni, queste ultime sono rese note anche mediante
l?esposizione di appositi avvisi nei locali aperti al pubblico, con
l?indicazione degli estremi della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana ovvero con l?avvertenza che l?avviso è in corso di
pubblicazione. Le variazioni sono comunque comunicate individualmente al
cliente alla prima occasione utile, nell?ambito delle
comunicazioni periodiche (ad esempio, rendiconto) o di quelle riguardanti
operazioni specifiche (ad esempio, comunicazioni relative all?effettuazione
di bonifici). Le variazioni unilaterali sfavorevoli al cliente ? apportate al
singolo rapporto ovvero generalizzate ? non possono avere effetto anteriore a
quello della loro comunicazione al cliente ovvero per quelle generalizzate
dalla loro pubblicazione. Entro quindici giorni dal ricevimento della
comunicazione scritta, ovvero dalla pubblicazione, il cliente ha diritto di
recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione
del rapporto, l?applicazione delle condizioni precedentemente praticate. Per i
rapporti in cui non sia possibile l?individuazione del cliente (ad esempio,
moneta elettronica anonima), gli intermediari adempiono all?obbligo
di comunicazione mediante affissione di un avviso nei locali aperti al
pubblico. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le
prescrizioni del presente paragrafo sono inefficaci.
Note:
(34)
Le variazioni in senso sfavorevole sono valutate con
separato riferimento a ciascuna condizione o clausola, senza considerare
eventuali vantaggi compensativi derivanti dalla contestuale modifica di altre
condizioni o clausole. Le variazioni che riguardano parametri di indicizzazione
sono sempre comunicate al cliente. Non sono soggette all?obbligo
le variazioni di tasso conseguenti a variazioni di specifici parametri
prescelti dalle parti e la cui determinazione è sottratta alla volontà delle
medesime.
(35)
Per
variazioni generalizzate si intendono quelle relative a una categoria omogenea
di operazioni e servizi, accessibili da parte di tutti i clienti.
(*) Ministero di Economia e
Finanze / CICR Via XX Settembre, 97 00187 ROMA Fax del CICR: 064820952
23/10/2003
Di Mauro Novelli (18.9.2003)
Quando un cittadino apre un conto
corrente bancario, sottoscrive con l’istituto di credito un contratto. Senza
considerare la vessatorietà di molti articoli, un aspetto contrattuale rimane
indefinito: il costo a carico del correntista, risultato della somma di varie
voci onerose (spese fisse, commissioni, tassi passivi
ecc). La quantificazione di tali entità, infatti, è lasciata alla esclusiva
iniziativa della banca. Non solo questo aspetto è indeterminato, ma è
addirittura indeterminabile, non indicando il contratto una formula
oggettivamente riscontrabile per la variazione dei parametri.
E’ ipotizzabile una violazione dell’articolo 1346 del Codice civile? [art.1346
- Requisiti: L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato
o determinabile.].
C’è poi un’aggravante. Il
funzionario che, per conto della banca, sottoscrive il contratto dopo aver
definito l’aspetto dei costi (‘Le do: il tasso del 2 per cento, le offro 100
operazioni gratis, non le faccio pagare il blocchetto di assegni, il Bancomat
le costerà tot euro l’anno’ ecc.) sa benissimo che alcune ore, alcuni giorni o
alcune settimane dopo, quelle condizioni potranno subire variazioni. Ma lui
stesso non ne può conoscere l’entità. La direzione della banca, infatti, ha la
facoltà di modificare quei valori inserendo un semplice annuncio sulla Gazzetta
Ufficiale, spesso addirittura con valenza retroattiva rispetto al giorno
di pubblicazione.Anche di mesi.
Quindi, né il correntista né il
funzionario conoscono l’onerosità del contratto.
E’ ipotizzabile la violazione dell’articolo 1337 del Codice civile’ [art. 1337
‘ Trattative e responsabilità precontrattuale: Le parti, nello svolgimento
delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo
buona fede (1175, 1338, 1358, 1366, 1375, 1440, c.p.c.
88)].
Quel funzionario, fornendo al futuro correntista informazioni che sa del tutto
campate in aria circa l’onerosità del contratto, è in buona fede?
Il fatto che leggi successive al
Codice civile permettano alla banca comportamenti particolari nell’esecuzione
delle obbligazioni contrattuali, non è in violazione dell’articolo 1323 dello
stesso Codice?
[art. 1323 ‘ Norme regolatrici
dei contratti: Tutti i contratti, ancorché non appartengano ai tipi che hanno
una disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali contenute in
questo titolo (Titolo II ‘ Dei contratti in generale. n.d.r).]
Perché ai contratti di conto
corrente bancario stipulati a seguito della promessa, della definizione e
dell’accettazione di particolari condizioni, non è imposta una valenza
temporale (ad esempio, di un anno)?
Allo scadere del periodo si potranno rivedere costi, spese, commissioni, tassi.
Ma forse questo è chiedere troppo. Ingenuotto, va
là....
Rabbercio, disarticolatamene, alcuni concetti di diritto trasmessimi dal prof.
Mirabelli, docente di Diritto privato alla facoltà di Scienze politiche (fine
anni ‘60).
Dove sto sbagliando?
PS (19.9.93): Dopo aver letto il
pezzo, un amico bancario mi oppone che il cliente dovrà dimostrare d’aver
aperto il conto convinto dall’offerta fatta dal funzionario e risultata in
malafede. Bene. Vorrà dire che, come per trattare investimenti in titoli, sarà
opportuno attivare un registratore e farsi accompagnare da un testimone anche
quando si devono trattare le condizioni per aprire il nuovo conto.
PS (23.9.03): Un amico legale ha commentato: "Sarebbe troppo comodo !
".(?????) 27/09/2003
di Mauro Novelli. 26.9.2003
La Fsa
(Financial Services Authority), "normale" autorità inglese di
vigilanza sulle attività finanziarie, ha comminato una multa di 1,9 milioni di
sterline (2,74 milioni di euro, pari ad oltre 5,3 miliardi di vecchie lire)
alla Lloyds Tsb (quinta
banca inglese per dimensione) per aver collocato titoli senza spiegarne i
rischi elevati. La banca sarà obbligata a risarcire, inoltre, 98 milioni di
sterline (141 milioni di euro, pari a 273 miliardi di vecchie lire) ai
risparmiatori non informati del fatto che i prodotti strutturati offrivano
rendimenti ipotetici altissimi, ma non garantivano il capitale investito.
L’informazione sul sito della FSA
(http://www.fsa.gov.uk/pubs/press/2003/098.html).
Di Mauro Novelli 22.9.2003
L’adesione allo sciopero della
spesa, attuato il 16 settembre, ha dimostrato (inconfutabilmente) che il fronte
dei consumatori comincia a comporsi. Non interessano le percentuali di
adesione, quanto piuttosto la motivazione interiore che ha spinto tanti
cittadini ad attivarsi per dare una dimensione visibile e concreta
all’iniziativa. Ebbene, questa molla è risultata presente, diffusa e
commensurabile. Finalmente, anche in Italia, le due metà del
"mercato" cominciano ad avere connotati comparabili. E’ lo stesso
mercato che, per oltre 50 anni ed equivocando, abbiamo confuso con
l’antagonismo tra aziende produttrici (nella figura dei loro proprietari) e
lavoratori dipendenti. Per decenni, abbiamo ridotto gli attori a "datori
di lavoro", da una parte, e "lavoratori dipendenti", dall’altra.
Non a caso le strutture socio-politiche, costruite e cresciute su quelle false
metà, sono state le organizzazioni datoriali e quelle sindacali. I consumatori
si son dovuti rincantucciare nell’angolo dei soci paganti, senza alcuna
prerogativa. Con la nuova presa di coscienza, la "domanda" (quella
che decide di comprare e paga per la sua decisione) comincia ad avere
consapevolezza di se stessa, riappropriandosi del ruolo che, in economia,
l’unica legge di mercato con connotati scientifici (verificabile cioè in ogni
consesso umano), quella della domanda e dell’offerta, annette ai consumatori.
E’ da auspicare che sarà sempre più piacevole, per il versante della domanda
(cioè dei consumatori e degli utenti), decidere di contribuire con
atteggiamenti pur minimi, ma inseriti nella dinamica dei grandi numeri, a
razionalizzare prima, ed a gestire in comune, poi, i propri consumi in termini
di livello, quantità, qualità, frequenza. Magari godendo del piacere, quando si
deciderà, di passare una serata casalinga senza televisione e senza
illuminazione (con grande gioia dei piccoli saranno, esultanti per la novità
della candela accesa), o di non consumare per una settimana (o un mese) i
prodotti pubblicizzati dagli spot televisivi mandati in onda in un giorno
prestabilito, o ancora dei consorzi di caseggiato per la spesa di tutti i
giorni, in grado di spuntare minori prezzi -rispetto ai singoli - a seguito
della maggiore quantità "domandata". Stiamo per giungere alle
conclusioni di Leonardo da Vinci: "In questo universo, anche un granello di
sabbia ha il suo peso".
Barbari,
la civiltà ha bisogno di sentimento, di affetto, di slancio, di inventiva, di
coraggio, di contrappunti, di umanità, di tribolazioni, di fatica, di
contrasti, di emozioni.
Vogliamo i capelli scompigliati di Anna Lindh.
Non sappiamo che farcene delle
vostre budella piene di birra.
Se, per aggrapparvi alle vostre certezze, se, per sentirvi vivi, dovete
abbassarvi a quanto vi accompagna con noia dalla culla alla tomba ed avete
bisogno di uccidere coloro che vi terrorizzano perché mettono in discussione le
vostre poche idee, tenetevi le vostre sicurezze ed evitate di uccidere.
Barbari,
la civiltà e l’Europa non sanno che farsene del vostro fiato puzzolente: hanno
bisogno dei capelli scompigliati di Anna Lindh.
Vogliamo mille Anna Lindh. Abbiamo tempo, più tempo
di voi per trovarle.
E troveremo mille Anna Lindh. Anche in mille anni.
Voi esultate perché, oggi, noi abbiamo una Anna Lindh
in meno.
Su che cosa potete contare voi,
dopo le vostre coltellate ?
Viene l’inverno. Statevene al caldo.
Vi compiango.
Ciao Anna. Un barbaro pensa di
averci fatto incontrare alcuni giorni fa. Non sa che camminiamo a fianco da
mille e mille anni, insieme a mille e mille uomini e donne.
Anche per lui.
Mauro Novelli
Roma, 12.9.2003
‘Ma scherziamo’Il
Bancomat non è assolutamente clonabile! ‘ E’ questa la risposta fornita
assertivamente in agenzia, di fronte all’osservazione del cliente che denuncia
una truffa a suo danno tramite prelievi illegittimi presso sportelli automatici,
spesso di altre città o addirittura effettuati in paesi esteri. Non è raro che
lo zelante impiegato suggerisca maliziosamente. ‘‘ può darsi che suo figlio le
abbia carpito il codice ed utilizzato la carta a sua insaputa’.’ . Fino
all’offesa grave di complicità nella truffa:’’chi mi dice che non ha dato la
carta a qualcuno incaricato di prelevare in uno sportello distante
Da sempre sosteniamo la clonabilità delle carte con
banda magnetica. Da sempre la posizione delle banche è quella della
impossibilità assoluta di clonazione.
Riportiamo alcuni passi di un articolo di Claudia Silvestro e Pietro Ricciardi,
comparso nel numero di settembre 2003 di "Banca e Finanza",
periodico sul settore creditizio e certamente ad esso non ostile.
Titolo: Carte a prova di
clonazione.
Sottotitolo: La migrazione al microcircuito promette una drastica riduzione
di frodi [??]
Testo: L’ abbandono della banda plastica per il microchip risponde
soprattutto a esigenze di sicurezza.
Come ripetono da anni i responsabili dei principali circuiti di pagamento
internazionali, da Visa a Mastercard.
Le carte a microcircuito sono a prova di frode, mentre la vecchia banda
magnetica è molto più facile da clonare e falsificare. [ ?..] Gli esperti
informatici sostengono che non esista sicurezza assoluta nelle
tecnologie. [??] ?Anche la smart
card non è infallibile’ ha detto tempo fa Danilo Bruschi, presidente del
Clusit, associazione italiana per la sicurezza
informatica, ma ‘provare a carpirne i dati o a clonarla è troppo costoso
e complicato.’
Quindi, non solo le carte con
banda magnetica, oggi in circolazione, sono clonabili, ma sono tali anche
quelle dotate di chip di prossima emissione. Suggeriamo ai dipendenti di banca
di non credere ciecamente alle informative interne sugli insuperabili presidi
di sicurezza offerti dalle carte ed a non fornire più informazioni false sulla
loro inclonabilità. Si astengano, infine, dal
ventilare ipotesi diffamatorie di complicità a carico del cliente truffato.