PRIVILEGIA NE IRROGANTO di
Mauro Novelli
IL PUNTO Di Mauro Novelli Raccolta dal n°
1 al
n° 27
(1996 – 2003) |
INDICE
Il PuntO n° 27. Energia e fonti di energia: alcuni dati quantitativi
Il PuntO n° 26. Il Punto n 26 . Dazi e non solo: la
creativita’ dei postliberisti
Di Mauro Novelli -
22.08.2003
Il PuntO n° 25. “Libero da canone”
Il PuntO n° 24. Un chiarimento sul tasso
d’inflazione.
Il punto n° 23. “Tirare la
cinghia” e “impennata dei consumi” mal si conciliano se non
ipotizziamo “prezzi in forte crescita”.
Il punto n° 22. Economia e mercati: certezze
? Meglio qualche vantaggio.
Il punto n° 21. Gazzella o leone, comincia a
correre.
Il punto n° 20. Il Punto n 20 .
Uno, cento, mille Antitrust.
Il punto n° 19. L’ euro: una cura
(finalmente) non palliativa.
Il punto n° 18. Autorità monetarie.i
controlli: non vogliamo, non
possiamo, non sappiamo.
Il punto n° 17. Marketing d’immagine e
illegalità.
Il punto n° 16. Borsini: investimenti e
"consigli per gli acquisti": le banche indagheranno.
Il punto n° 15. Gli inviti a consumare
Il punto n° 14. Unione europea: per fortuna ci
sono i PIGS.
Il punto n° 13. Euro: ancora soli, ad
arrangiarci. Ed a pagare.
Il punto n° 12. Operazioni con Pagobancomat:
si pagano? No! Si! Veramente...........
Il punto n° 11. Titoli, investimenti,
congelamenti di mezza estate e mercato
Il punto n° 10. Euro e bottegai. Il cattivo
esempio delle scaltre Autorita’ monetarie e il perche’ delle
preoccupazioni di Adusbef
Il punto n° 9. L’Italia, la guerra e le
rogatorie. Ancora problemi di schieramento?
Il punto n° 8. La BCE striglia il sistema
bancario italiano sugli assegni. C’e’ un giudice a Francoforte !
Il punto n° 7. Il sistema bancario nel Lazio.
Il punto n° 6. Mutui fondiari
Il punto n° 5. La polizza vita rendita
Il punto n° 4. Per investire i nostri
risparmi e’ bene sapere che……
Il punto n° 3. Cenni sul sistema bancario
italiano.
Il punto n° 2. Il cammino dell’euro
Il punto n° 1. Dizionario dei termini bancari
e finanziari (Guida all'uso della banca - Editori Riuniti)
Di Mauro
Novelli (2.10.2003)
Tre quarti del consumo mondiale di
energia è appannaggio di Nord America, Estremo Oriente ed Europa
Occidentale. Le stesse aree geopolitiche hanno, invece, solo il 13,5 per cento
delle riserve mondiali conosciute di petrolio, il 15,5 delle riserve di gas
naturale, il 67 per cento delle riserve di carbone.
Circa l’energia utilizzata,
è da notare la posizione assolutamente marginale dell’America del
Sud e, soprattutto, dell’Africa.
IL CONSUMO DI ENERGIA NEL MONDO
DATI 1999 - Fonte: http://eia.doe.gov.2001
America del
Nord |
30,9 % |
Estremo
Oriente |
25,5 % |
Europa
occidentale |
18,3 % |
Europa
orientale |
12,7 % |
America del
Sud |
5,3 % |
Medio Oriente |
4,2 % |
Africa |
3,1 % |
RISERVE
MONDIALI DI COMBUSTIBILI
Fonte: Bp Amoco
|
PE (miliardi di barili) |
GAS (migliaia di mld
di m. cubi) |
CARBONE (miliardi di tonnellate) |
Nord America |
63,7 |
7,3 |
256,5 |
Asia Pacifico |
44,0 |
10,3 |
292,3 |
Europa |
20,6 |
5,1 |
122,1 |
Medio Oriente +
Africa |
--- |
--- |
61,6 |
Medio Oriente |
675,7 |
49,5 |
-- |
Africa |
74,9 |
11,2 |
-- |
Ex Urss |
65,4 |
56,7 |
230,2 |
Centro e Sud
America |
89,5 |
6,3 |
21,6 |
Per quanto riguarda il consumo di
petrolio, va rimarcata la necessità degli USA di importare giornalmente
oltre dieci milioni di barili al giorno per far fronte al
differenziale produzione-consumo nazionale.
PRODUZIONE E
CONSUMO DI PETROLIO NEL MONDO
Fonte: Il mondo
in cifre – The Economist – 2001 –
migliaia di barili/giorno
MAGGIORI PRODUTTORI |
MAGGIORI CONSUMATORI |
||
Arabia Saudita |
9.230 |
Stati Uniti |
17.810 |
Stati Uniti |
7.995 |
Giappone |
5.850 |
Russia |
6.170 |
Cina |
4.110 |
Iran |
3.800 |
Germania |
2.915 |
Messico |
3.500 |
Russia |
2.455 |
Venezuela |
3.335 |
Corea del Sud |
2.020 |
Norvegia |
3.215 |
Francia |
2.010 |
Cina |
3.205 |
Italia |
1.975 |
Regno Unito |
2.800 |
India |
1.820 |
Emirati Arabi Uniti |
2.710 |
Canada |
1.815 |
Canada |
2.670 |
Brasile |
1.800 |
Kuwait |
2.180 |
Messico |
1.780 |
Iraq (pre
2^ guerra) |
2.165 |
Regno Unito |
1.735 |
Nigeria |
2.155 |
Spagna |
1.380 |
Indonesia |
1.525 |
Iran |
1.200 |
Totale Paesi
considerati |
56.655 |
Totale Paesi
considerati |
50.675 |
PRINCIPALI
GRUPPI PETROLIFERI
Fonte: Il
Sole-24 Ore – 1999 – Vendite di milioni di barili/giorno
Exxon –
Mobil |
USA |
8,80 |
Royal Dutch/Shell |
GB – Olanda |
6,50 |
BP-Amoco |
GB – USA |
4,50 |
Saudi-Aramco |
Arabia Saudita |
2,80 |
Texaco |
USA |
2,60 |
PDVSA |
Venezuela |
2,50 |
Total-Petrofina |
Francia-Belgio |
2,20 |
Chevron |
USA |
2,10 |
Petrobras |
Brasile |
1,60 |
Pemex |
Messico |
1,55 |
KPC |
Kuwait |
1,23 |
Partamna |
Indonesia |
1,20 |
NIOC |
Iran |
1,06 |
ENI |
Italia |
0,98 |
ELF |
Francia |
0,86 |
Inoc |
Iraq (pre
2^ guerra) |
0,63 |
Sonatrach |
Algeria |
0,62 |
Arco |
USA |
0,55 |
Cnpc |
Cina |
0,36 |
L’immaginario collettivo
suggerisce la centrale ad olio combustibile come la soluzione più
seguita per produrre elettricità. Non è così.
Circa la generazione di energia
elettrica in Europa, infatti, meraviglia proprio il dato relativo all’uso
del petrolio: solo il 6,2 per cento della elettricità
complessiva europea è
prodotta utilizzando olio combustibile, mentre oltre 1/3 viene prodotta
utilizzando il nucleare, più di ¼ bruciando carbone e torba; il
17 per cento utilizzando gas, il 12 per cento è di origine
idroelettrica.
Fa inoltre riflettere il dato relativo
all’Italia: metà dell’energia europea prodotta tramite
petrolio è
di origine italiana. Siamo invece praticamente gli unici a poter
utilizzare la forza geotermica.
GENERAZIONE
ELETTRICA LORDA NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA
TWh (miliardi di kW/ora) Anno 2000
|
Nucleare |
Carbone e torba |
Gas |
Idro |
Petrolio |
Biomasse e rifiuti |
Solare ed eolico |
Geo-termica |
Totale |
Austria |
0,0 |
6,7 |
7,8 |
42,0 |
2,0 |
1,7 |
0,1 |
0,0 |
60,3 |
Belgio |
48,1 |
16,0 |
16,0 |
0,5 |
0,8 |
1,2 |
0,0 |
0,0 |
82,7 |
Danimarca |
0,0 |
16,7 |
8,8 |
0,0 |
4,4 |
1,8 |
4,5 |
0,0 |
36,2 |
Finlandia |
22,5 |
13,2 |
10,1 |
14,6 |
0,6 |
8,9 |
0,1 |
0,0 |
70,0 |
Francia |
415,2 |
31,1 |
11,3 |
67,0 |
7,5 |
3,2 |
0,5 |
0,0 |
535,8 |
Germania |
169,6 |
298,9 |
52,7 |
21,5 |
4,5 |
10,2 |
9,6 |
0,0 |
567,1 |
Grecia |
0,0 |
34,4 |
5,9 |
3,7 |
8,9 |
0,2 |
0,4 |
0,0 |
53,4 |
Irlanda |
0,0 |
8,6 |
9,3 |
0,9 |
4,6 |
0,1 |
0,2 |
0,0 |
23,7 |
Italia |
0,0 |
30,5 |
101,4 |
44,3 |
85,9 |
1,9 |
1,3 |
4,6 |
269,9 |
Lussemburgo |
0,0 |
0,0 |
0,2 |
0,1 |
0,0 |
0,1 |
0,0 |
0,0 |
0,4 |
Olanda |
3,9 |
25,4 |
51,6 |
0,2 |
3,1 |
4,2 |
1,1 |
0,0 |
89,6 |
Portogallo |
0,0 |
14,7 |
7,2 |
11,3 |
8,4 |
1,6 |
0,2 |
0,1 |
43,4 |
Spagna |
62,3 |
80,7 |
20,2 |
28,4 |
22,6 |
2,9 |
4,7 |
0,0 |
221,7 |
Svezia |
57,3 |
2,9 |
0,4 |
79,1 |
1,8 |
3,9 |
0,4 |
0,0 |
145,9 |
Regno Unito |
85,2 |
124,1 |
146,5 |
5,2 |
5,6 |
4,5 |
1,1 |
0,0 |
372,2 |
Totale UE |
864,2 |
703,8 |
449,3 |
318,8 |
160,8 |
46,3 |
24,3 |
4,7 |
2.572,3 |
Valori percentuali |
33,6 % |
27,4 % |
17,5 % |
12,4 % |
6,2 % |
1,8 % |
0,9 % |
0,2 % |
100 % |
Fonte: Energy Policies of AIE Countries.
I creativi hanno ragione: innovare non vuol solo dire creare cose nuove; vuole
anche dire riattare vecchi strumenti ed utilizzarli per governare la
realtà attuale.
Riteniamo far cosa utile elencando una serie di strumenti fiscali, alcuni
vecchi di mille anni e più, in parte già abbandonati da secoli o
da pochi decenni, molti ancora in essere. Potrebbero essere fertile materia di
studio per i creativi. Tutti, infatti, furono il prodotto della
umana - ed interessata - fantasia.
Quali strumenti per fare cassa, oltre al "DAZIO" (abolito in Italia
nel 1930 e sostituito dalle Imposte comunali di consumo, abolite
definitivamente nel 1973) ricordiamo:
- il PEDAGGIO: tassa per aver diritto di transito su terreni di
proprietà altrui.
- il PONTATICO: tassa per ottenere il diritto ad attraver5sare un ponte.
- il PORTATICO: tassa per ottenere il diritto ad attraversare una porta di
cinta, o per entrare in porto.
- il CAMPATICO: tassa sulla produzione agraria di un podere.
- l’ IMBOTTATO: tassa sulla produzione di vino.
- il FODRO: contribuzione obbligatoria in foraggio per gli animali al seguito
di un esercito di passaggio.
- il RIPATICO: tassa per transitare sulla riva del fiume.
- il FIENATICO: tassa per ottenere il diritto di far fieno nei campi del
feudatario.
- l’ ERBATICO: tassa per l’erba mangiata
ai bordi della strada o in poderi da buoi trainanti carri
- il MOLINATICO: tassa per l’uso del molino.
- il FORNATICO: tassa per l’uso del forno.
- il ROTATICO: tassa per il danno arrecato al fondo stradale dal passaggio dei
carri.
- il POLVERATICO: tassa per il danno arrecato dalla polvere sollevata dal
passaggio di carri e carrozze.
- IUS PRIMÆ NOCTIS: tassa per ottenere il diritto di prender moglie,
imposta al colono intenzionato a sposarsi
C’era, inoltre, una multa a carico del colono il cui figlio avesse deciso
di andare in seminario togliendo braccia alla terra ed al feudatario (non ne
ricordo il nome).
Il signore aveva, infine, la possibilità di scegliere il criterio di
imposizione. Era definita "focatico" l’imposizione per nucleo
familiare, per focolare; "testatico" se gravava sulla testa dei
singoli.
Il "banno", cioè il diritto del
feudatario ad imporre "corvè" (lavoro agricolo obbligatorio),
"collette" (tasse straordinarie "una
tantum") oltre ai balzelli ricordati, aveva una contropartita: in caso di
pericolo, gli era fatto obbligo di difendere e accogliere all’interno del
castello i coloni di sua "proprietà". Insomma, doveva
mantenere in buono stato le sue "cose".
Una semplice questione di manutenzione, oggi superata.
Di Mauro
Novelli ‘
16.7.2003
Vista la secolare e costante mancanza di fiducia degli Italiani nelle classi
dirigenti - avvicendatesi alla guida della loro ‘sorte’ - e alla
luce dei problemi cui tutti andranno incontro invecchiando, si è
inserito nel nostro dna il gene che spinge al risparmio: la prima lira, il
primo centesimo messo da parte ‘per’ la famiglia, servirà
per l’acquisto della casa.
Per noi italiani, è questa la forma archetipa
della ‘pensione’ (cioè della base minima di protezione per
la vecchiaia)
Nel 1991, le famiglie italiane erano 19.736.000. Il 25,3 per cento viveva in
abitazioni prese in affitto; il 74,7 per cento in abitazioni di
proprietà o con altro diritto (usufrutto ecc.).
Nel 2000, le famiglie hanno raggiunto il numero di 21.932.798; il 19,2 per
cento viveva in affitto, mentre era in abitazioni di proprietà - o per
altro diritto - l’ 80,8 per cento. La tendenza
è costante.
Il risparmio si è quindi orientato verso il settore immobiliare, con un
coinvolgimento familiare (morale e fisico) di lungo e lunghissimo periodo.
Obbiettivo: avere un tetto per la vecchiaia, non gravare sulle finanze dei
figli ed, anzi, lasciare loro un bene pregiato. Quanto prima ‘libero da
canone’. Ancora oggi, è possibile trovare tale informazione
scolpita in bella forma sulla facciata principale di molti immobili della Roma
del ‘700 e ‘800. Tale obbiettivo è generalizzato: in Italia,
la vita media dei mutui è di 11 anni; nel nord Europa di oltre
Questa è la psicologia di fondo delle famiglie italiane e, in momenti di
difficoltà, tali convincimenti tendono ad irrobustirsi: proprio
perché la nostra visione non è generazionale, ma ha un orizzonte
familiare coinvolgente più generazioni, i progetti di risparmio/spesa/
investimento/consumo hanno un respiro che giunge almeno ai figli e, spesso, ai
nipoti.
Non si comprende, quindi, come possa considerasi ricevibile il consiglio
mirante a stravolgere quelle basi psicologiche: liquidare la casa per avere
più soldi da spendere e per accettare, con migliore entusiasmo, gli
aumenti imposti da chi oggi si lamenta per i consumi che languono.
Ricapitolando. Nella maggioranza dei casi, due sono le risorse familiari certe:
la pensione dei vecchi e la loro casa di proprietà. Il futuro dei figli
è certamente ‘elastico’, come il mercato del lavoro che si
va impostando e, vista la loro situazione reddituale, le banche nostrane, con
la loro cultura delle supergaranzie, non li finanzieranno neanche per
l’acquisto di un frigorifero, figuriamoci per comprar casa.
Se questa è la situazione nuova (è irrilevante il giudizio che se
ne dà) le proposte di ampliare mutui esistenti o di vendere la nuda
proprietà risolveranno i problemi di chi è in una situazione
familiare prefallimentare, di chi, cioè, ha
l’acqua alla gola (sperando che la banca non si accorga delle
difficoltà).
Tutti gli altri tireranno ulteriormente la cinghia, limando ancor di più
la propensione al consumo.
Occorre ridare speranza, non ampliare mutui.
16.7.2003
Palio delle contrade creative
Concorso per assegnare l’esecuzione del drappellone.
Venuto a conoscenza della vittoria certa di Maria Antonietta (opera presentata:
" Se manca il pane, passa alle brioches "),
si è ritirato l’autore dell’estempore
di finanza creativa " Enfia il mutuo, se il consumo è floscio
!"
di Mauro
Novelli ‘ 15.7.2003
I titoli di molti articoli inerenti l’andamento dei prezzi, specie in
occasione dei comunicati mensili dell’Istat, tendono a disinformare.
Se l’inflazione cresce allo stesso livello della rilevazione precedente
si tende a titolare ‘Prezzi fermi: x,y % come nel mese passato’.
Titoli di tal fatta creano confusione e generano sfiducia e rancore:
l’inflazione è una crescita e finché la sua dimensione
è superiore allo zero, i prezzi medi sono in ascesa. Se resta al 2,6 o
cala al 2,0 rispetto alla precedente rilevazione, vuol dire che i prezzi
crescono a quelle velocità: nel primo caso crescono con pari
velocità, nel secondo crescono con velocità più bassa. Ma
risultano sempre in lievitazione.
Oggi, l’Istat ha comunicato l’andamento dell’inflazione a
giugno, pari al 2,6 per cento su base annua, rispetto al 2,7 del maggio 2003.
Ecco alcuni titoli proposti da siti Internet:
Prezzi al palo. Inflazione al 2,6%
Prezzi in discesa: a giugno +2,6%
Prezzi in frenata: confermato il 2,6 per giugno
Mentre, dopo un titolo corretto: ‘ Inflazione: Istat conferma + 2,6 % a
giugno’ si può leggere:
‘.. Prezzi dunque in calo, dal 2,7 al 2,6%, nonostante l’aumento su
base mensile dello 0,5% registrato nei capitoli di spesa .’???????
Chi ha poca dimestichezza con le definizioni di termini economici, ma fa la
spesa tutti i giorni, ha forse buone ragioni per imbufalirsi nel leggere quelle
informazioni.
Meglio essere più precisi e/o meno inclini a captatio
benevolentiae certamente controproducente.
(di Mauro Novelli - 30.6.2003)
Questi i dati macroeconomici del Paese:
Iva. - Il gettito dell’Iva gravante sugli utenti finali di beni e servizi
è cresciuto fortemente nei primi mesi dell’anno. Ciò
è la conseguenza esclusiva di un aumento di prezzi e tariffe pagate dai
consumatori.
Istat. - Nel mese di aprile 2003 l’indice generale del valore delle
vendite del commercio fisso al dettaglio, con base 2000=100, ottenuto dalla
sintesi degli indici della grande distribuzione e delle imprese operanti su
piccole superfici, è risultato pari a 107,5, segnando un aumento tendenziale
del 5,7 per cento. Le vendite di prodotti alimentari hanno registrato una
crescita del 9,0 per cento, mentre quelle di prodotti non alimentari hanno
registrato una crescita del 3,3 per cento.
Istat. - Nel mese di maggio 2003 l’indice delle retribuzioni contrattuali
orarie dei lavoratori dipendenti, con base dicembre 2000=100, è
risultato pari a 105,6 con una variazione nulla rispetto ad aprile 2003 e di
più 1,7 per cento rispetto a maggio 2002. L’aumento registrato nel
periodo gennaio-maggio 2003, rispetto al corrispondente periodo dell’anno
precedente, è dell’1,9 per cento.
Isae. - Secondo l’inchiesta (3 e il 16 giugno),
su un campione di 2.000 intervistati, il calo della fiducia dei consumatori
riguarda soprattutto ‘le attese sulla propria situazione economica e le
valutazioni sulla convenienza e possibilità del risparmio’.
Restano stazionari i giudizi sul bilancio familiare, sulla situazione economica
della famiglia e sulla convenienza all’acquisto di beni durevoli.
Riguardo a valutazione sull’andamento dei prezzi, resta stabile la
percentuale di coloro che li ritengono ‘molto’ aumentati (49% come
a maggio) e cresce la quota di coloro che li ritengono ‘abbastanza’
aumentati (40% in giugno, 38% in maggio).
Ricapitolando: cresce fortemente il gettito dell’Iva; in aprile, si
impenna il ‘valore’ dei consumi (+5,7%); in maggio, l’indice
annuale delle retribuzioni contrattuali è cresciuto solo dell’1,7
per cento (inflazione, su base annua: + 2,7 %); in giugno, la fiducia dei
consumatori è in netto calo.
La contraddizione è evidente: cala la propensione al consumo; è
minore la capacità di spesa; crescono consumi e gettito Iva.
C’è una sola giustificazione: non sono i consumi a crescere, ma
solo il loro valore. In altri termini, e più semplicemente, la gente
spende di più per consumare come prima.
Ma come la mettiamo con l’inflazione di giugno 2003 scesa al 2,6 per
cento ‘ E’ evidente che ‘inflazione in calo’
non significa ‘prezzi in calo’, ma prezzi
in aumento rallentato. Ma anche tale ‘aumento rallentato’ è
difficile da giustificare.
di Mauro Novelli 9.6.2003
La teoria economica liberista sostiene che per favorire lo sviluppo, occorre
creare un ambiente tale da convincere ad investire nei settori più
convenienti e produttivi; afferma che gli investitori decidono di impegnarsi
solo in presenza di situazioni (politiche, economiche, fiscali e sociali)
stabili, chiare e, nei limiti del possibile, certe, in grado cioè di
permettere una adeguata valutazione del rischio. La stessa teoria ribadisce che
l’imprenditore gioca la sua partita per lo sviluppo solo se operante in
ambiente (politico economico, fiscale e sociale) sufficientemente definito,
senza imprevisti oltre i normali livelli fisiologici, in grado di permettere la
quantificazione di variabili da non lasciarle fuori controllo.
La stessa teoria approfondisce poco o nulla sulla componente psicologica della
domanda e, quando lo fa, ne esplicita le implicazioni solo in via di risulta,
non si impegna ad indagare le caratteristiche ambientali in grado di favorire
la propensione al consumo dei cittadini, si limita a legare i consumi alle
variabili di mercato (prezzi ecc.): gli approfondimenti analitici preponderanti
sono svolti quasi esclusivamente sul versante dell’offerta. Fino ad
arrivare alla teoria monetarista che, considerando come un qualsiasi altro
prodotto la moneta (succedaneo perfetto di ogni bene in circolazione), ritiene
di poter regolare il mercato attraverso la variazione della quantità
denaro a disposizione degli operatori, e la sua velocità di
circolazione; agendo sul suo prezzo (tasso di sconto), riducendolo in presenza
di segni di stanchezza, o alzandolo in presenza di surriscaldamenti.
La ritualistica economica corrente ( versione deteriore della teoria liberista)
ritiene che non le relative certezze "ambientali e mercantili"
favoriscano investitori e produttori, ma l’introduzione a loro favore di
situazioni di vantaggio; che tali azioni (in mancanza di altre vie) consistano
nello svantaggiare le controparti, cioè il resto dei cittadini
(concorrenti, lavoratori dipendenti, consumatori, utenti): via lacci e lacciuoli nel mondo del lavoro e suo "salutare"
ritorno alla elasticità; diminuzione dell’imposizione fiscale e,
conseguente, contrazione della spesa pubblica, in particolare sul fronte
pensionistico; eliminazione tendenziale dell’azione dello Stato su ogni
versante (non solo economico) ecc. Come se le società più
avanzate non avessero goduto, negli ultimi 50 anni (con i vincoli che
conosciamo), di uno sviluppo nettamente superiore di quello riscontrato nei due
secoli precedenti (in ambiente praticamente brado).
In una situazione che trascura ogni attenzione nei confronti dei consumatori,
che non sa imporre una vera concorrenza in settori primari di mercato, che
ritiene il miglioramento di rendite di posizione o il vantaggio fiscale uniche
molle per agitare l’attuale morta gora e tornare ad espandersi, non
è difficile prevedere il decadere della propensione al consumo, una sua
contrazione a favore di una più rassicurante propensione al risparmio
(almeno quando il reddito lo permette). In ultima analisi, se non si comprende
che una tendenziale riduzione dei consumi è indice di problemi di lungo
periodo (una crisi di fiducia e di speranza, per sé e per i figli),
assisteremo ad declino dell’economia di questo paese.
Per l’Italia c’è, infatti, un’aggravante: il sistema
bancario fornisce capitali a chi già li ha e può, quindi,
presentare garanzie reali. Si creeranno inevitabili strozzature. E’
sempre più frequente, ad esempio, che la richiesta di un mutuo avanzata
da un giovane (dal reddito non brillante o dal lavoro non fisso) sia
subordinata alla garanzia fornita dalla pensione del genitore, oggi unico
reddito certo per molti nuclei familiari: possiamo chiedere a quel giovane
speranza e fiducia nel futuro, se nessuno è disposto ad aver fiducia nel
futuro insieme a lui ‘ Figuriamoci le difficoltà ad ottenere
finanziamenti bancari per una iniziativa imprenditoriale, se chi osa
richiederli non è poderosamente "presentato".
Sul versante della domanda, i cittadini hanno bisogno di parallele, trasparenti
certezze e non di "buoni spesa pelosi ed occasionali", né di
lacci e lacciuoli a loro favore: rapporti
contrattuali non vessatori ed in buona fede, certezza del diritto e adeguate
informazioni a base delle decisioni, mercato effettivamente concorrenziale e
stabile, costante possibilità di scelta tra almeno due opzioni,
contrasto di cartelli e monopoli, classe politica neutrale e capace di offrire
azioni di buon governo, non obbligata a pagare cambiali ai vari potentati,
composta non da uomini della provvidenza, ma da coscienziosi amministratori di
condominio, neanche troppo zelanti, suggeriva Tocqueville.
Da qualche lustro, la vedo dura.
Ecco gli ultimi dati macroeconomici:
- Roma, 30 maggio - La "rigidità" dei prezzi dei servizi e
dei prodotti industriali in Italia e’ "particolarmente preoccupante,
in quanto contribuisce a mantenere l’inflazione nazionale al di sopra
della media europea anche in assenza di spinte esogene". Lo scrive
l’Isae (Istituto di Studi e Analisi Economica)
nella nota mensile di maggio.
- Bruxelles, 02 giugno - Miglioramenti del superindice sono stati registrati
in Portogallo (+0,5 punti), Regno Unito (+0,3) e Belgio (+0,1). Riduzioni in
Danimarca (- 0,3), Germania, Spagna e Olanda (tutti e tre - 0,2) e Italia,
Irlanda e Svezia (- 0,1). Invariato in Francia?????.La fiducia dei consumatori
ha registrato una diminuzione di 1 punto.
- Buenos Aires, 03 giugno - Il calo dei prezzi per due mesi di fila in
Germania indica "un elevato rischio" di deflazione per quel paese.
Così Kenneth Rogoff, capo degli economisti del
Fondo Monetario, che rimprovera alla Bce, alla Fed e alla Banca del Giappone (BoJ) di non aver fornito agli investitori segnali chiari a
livello di politica di stabilità dei prezzi.
- Bruxelles, 04 giugno - Il volume del commercio al dettaglio nella zona
euro a marzo, rispetto allo stesso mese del 2002, e’ diminuito
dell’1,6% (-0,7% intera Ue). Lo rende noto Eurostat. A livello mensile si
rileva una riduzione dell’1,2% in Eurolandia
(-1% intera Ue).
In Italia la variazione annua è stata -1,6% mentre quella mensile -0,4%.
Francoforte, 07 giugno - Per la prima volta dopo anni, ricompaiono a
Francoforte cartelli di "Affittasi ufficio"
di Mauro Novelli 2.6.2003
Da qualche giorno, è iniziata la campagna (per il momento solo
terroristica) sui pericoli della deflazione, cioè della diminuzione dei
prezzi medi, delle cause e delle conseguenze del fenomeno. Stati Uniti e
Germania sono già considerati a rischio.
Entrare in ambiente deflattivo è effettivamente un serio pericolo. Il
meccanismo è perverso: il crollo dei consumi causa tagli ai prezzi, un
ristagno della produzione, con conseguente diminuzione di redditi e
capacità di spesa. Inoltre, sapere che col tempo i prezzi si
abbasseranno, suggerisce ulteriori rinvii nei consumi. Il meccanismo deve
essere assolutamente interrotto senza aspettare soluzioni "naturali",
obbligate e drammatiche: l’ultimo grave periodo di deflazione (esploso
con la crisi del ‘29) fu praticamente risolto dalla seconda guerra
mondiale.
In effetti, in Italia si stanno creando alcuni focolai dal potenziale
deflazionistico, di cui va scongiurata la congiuntura:
1) Il nostro partner commerciale più importante, la Germania, è
entrato in recessione (da due trimestri il suo Pil è in calo). Oltre il
16 per cento delle nostre esportazioni si orienta verso quel paese. Esporteremo
di meno Rispetto alla Germania, la nostra inflazione (ufficiale) è
più che doppia: l’impossibilità di svalutazione (abbiamo
ormai la stessa moneta) causa una decadenza della nostra competitività
nei suoi confronti. Circa il 20 per cento delle nostre importazioni proviene da
quel paese e la minor crescita dei loro prezzi tenderà a far aumentare
la nostra richiesta Importeremo di più. Nel complesso, la produzione
domestica potrà diminuire, la disoccupazione aumentare, i redditi
contrarsi.
3) In contemporanea, i nostri consumi ristagnano per vari motivi:
3.a) Sul versante della produzione e dell’offerta di servizi,
approfittando del passaggio all’euro, troppi "operatori" sono
stati in grado di depredare parte della quota di reddito destinata ai consumi.
In troppi casi, le mille lire sono state trasformate (quasi) in un euro: dai
costi di molte prestazioni professionali, ai prezzi di prodotti di occasionale
consumo e, quindi, di difficile comparazione per il consumatore ecc..
3.b) Si stanno aiutando alcuni settori produttivi in crisi. Si pensi alle
provvidenze Fiat attraverso la "rottamazione". In questo caso due
sono le implicazioni economiche con gravi ripercussioni negative sulla
capacità di spesa delle famiglie: il reddito destinato all’acquisto
di automobili supera mediamente i 10 mila euro, quindi "prenota" i
risparmi familiari di più anni ed obbliga a minori consumi per lungo
tempo; l’aiuto di Stato è andato per oltre il 50 per cento a
costruttori stranieri, visto che la quota di mercato di quelli domestici non
arriva alla metà del totale di vetture vendute. Buona parte dei capitali
destinati alla rottamazione è quindi emigrato, affari dei concessionari
a parte.
3.c) In presenza di reddito adeguato, la nostra propensione al consumo è
sempre stata battuta dalla propensione al risparmio. Ma negli ultimi anni, il
risparmio è stato massacrato (bond Argentina, bond Cirio, My Way-4You) ed i rendimenti dei titoli di Stato sono ai
minimi. Tali serie rovesci finanziari o più bassi introiti da interessi
suggeriscono una ulteriore contrazione dei consumi.
La nostra voglia di risparmiare risulta particolarmente evidente in momenti
socio-economici di difficoltà. D’altra parte, da sempre, la nostra
classe dirigente è risultata incapace di prospettare ai cittadini un
futuro dagli orizzonti limpidi (ci riferiamo alle scoraggianti sconfitte per i
diritti dei cittadini - non parliamo di interessi - conseguenza di iniziative
governative a favore dei potentati (anatocismo-D’Alema-1998,
mutui-Amato-2000, RC Auto-Berlusconi-2003). Ne è conseguita la forzata
capacità degli italiani di autogovernarsi. Tale rassegnato autogoverno
si realizza nella sfera diretta d’intervento, la famiglia, e si
concretizza - in soldoni - nel ridurre i consumi e
nel non fare figli. Oltre a previsioni fosche, il crollo della natalità
denota una bassissima propensione al consumo nel lungo periodo e genera gravi
ripercussioni sul sistema pensionistico. Il fenomeno ha avuto inizio circa 20
anni fa e va aggravandosi: per la prima volta nella nostra storia, molti
genitori pensano che i figli avranno una vita più "tribolata"
della loro. Non era mai successo.
Non basterà imporre la rottamazione di frigo e lavatrici, offrire
qualche buono acquisto o un pugno di euro per un figlio in più; non
serve ridurre le tasse alle fasce alte della popolazione, che non
aumenterà consumi già alti. Se la speranza non ridipinge
l’orizzonte, le cose non potranno che peggiorare. E la speranza non
può essere imposta per decreto.
Ci arrangeremo. Ci distingueva una buona dose di umanità. Ma, oggi
è imperativo scendere in competizione (e vincere), guardare ai
risultati, battere gli avversari, anzi, i nemici, essere performanti.
Nei corsi di vendita si offre questo orrendo suggerimento: nella giungla ogni
mattina la gazzella si sveglia e deve preoccuparsi di mangiare e di non essere
mangiata; nella giungla ogni mattina il leone si sveglia e deve preoccuparsi di
mangiare per non morire di fame. Ogni mattina, sia tu gazzella o leone, appena
sveglio comincia a correre: sei nella giungla.
L’italico umanesimo deve lasciare il posto alle pagelle (tipico strumento
di chi ha complessi di inferiorità). Ma le bocciature o le promozioni
della vita sono senza appello.
Finalmente un po’ d’igiene ! Basta con i deboli ed i malati !
La legge 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato)
istituisce l’Antitrust perché vigili sulla corretta applicazione
delle leggi di mercato e contrasti ogni stortura indotta nel normale
funzionamento dei meccanismi mercantili (posizioni dominanti, cartelli,
accordi, pubblicità ingannevole ecc.).
Tredici anni fa, tale legge ci riallineava ai paesi più avanzati.
Ma non per tutti i settori. L’estro italico ebbe l’ennesimo lampo
di genio. Le aziende di credito imposero al legislatore la "mansalva"
per il settore bancario: l’Antitrust si sarebbe interessato di ogni
ambito produttivo/mercantile, tranne che di quello creditizio (art.20). Li, la
"vigilanza" sarebbe stata ancora appannaggio incontrastato della
Banca d’Italia. Se richiesto, l’Antitrust avrebbe espresso un
semplice parere.
Non solo. Con crudeltà, la lobby di riferimento impose al legislatore di
entrare in contraddizione con se stesso, dettandogli il punto 5 dell’art.
20, che lasciava a Banca d’Italia la possibilità di autorizzare
intese tra banche "per esigenze di stabilità del sistema
monetario".
Il legislatore subì. Ma con uno scatto d’orgoglio raddrizzò
la schiena ed inserì una limitazione. Nel punto 5, autorizza, è
vero, le intese, ma ha aggiunto: "per un tempo limitato". Forse
voleva intendere "per un tempo determinato", ma le discopatie, si sa,
obnubilano anche la mente più limpida.
Un referendum ? Maggioranza ed opposizione si tranquillizzino: stiamo
scherzando !
E’ doverosa, invece, un po’ di comprensione per la lobby delle
assicurazioni che non riuscì a bottinare con
altrettanto successo. Ma il legislatore è comprensivo e di manica larga:
un decreto "salvacompagnie" non si nega a
nessuno.
LEGGE 287 DEL
10.10.1990
[..omissis’]
CAPO IV
Disposizioni speciali
20. Aziende ed istituti di credito, imprese assicurative e dei settori della
radiodiffusione e dell’editoria.
[1. - abrogato - Nei confronti delle imprese ope-ranti nei settori della
radiodiffusione e dell’edito-ria l’applicazione degli artt. 2, 3, 4
e 6 spetta al-l’autorità garante
prevista dalla legislazione vigen-te per i settori della radiodiffusione e
dell’edito-ria] (1).
2. Nei confronti delle aziende ed istituti di credito l’applicazione
degli articoli 2, 3, 4 e 6 spet-ta alla competente autorità di
vigilanza. [ndr. Banca d’Italia]
3. I provvedimenti delle autorità di vigilanza [ndr. Banca
d’Italia] di cui ai commi 1 e
4. Nel caso di operazioni che coinvolgano im-prese assicurative, i
provvedimenti dell’Autorità di cui all’art. 10 [ndr
Antitrust] sono adottati sentito il parere del-l’Istituto
per la vigilanza sulle assicurazioni pri-vate e d’interesse collettivo
(ISVAP), che si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento della
documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale
termine, l’Au-torità di cui all’art. 10 [ndr Antitrust]
può adottare il provvedi-mento di sua competenza.
5. L’autorità di vigilanza sulle aziende ed isti-tuti di credito
[ndr. Banca d’Italia] può altresì autorizzare, per un
tem-po limitato, intese in deroga al divieto dell’art. 2 per esigenze di
stabilità del sistema monetario, te-nendo conto dei criteri di cui
all’art. 4, comma 1. Detta autorizzazione è adottata
d’intesa con l’Au-torità di cui all’art. 10 che valuta
se l’intesa com-porti o meno l’eliminazione della concorrenza.
6. L’Autorità di cui all’art. 10 [ndr Antitrust] può
segnalare alle autorità di vigilanza di cui ai commi 1 e 2 [ndr. Banca
d’Italia] la sussistenza di ipotesi di violazione degli artt. 2 e 3.
7. Fatto salvo quanto disposto nei comuni pre-cedenti, allorché l’intesa,
l’abuso di posizione dominante o la concentrazione riguardano imprese
operanti in settori sottoposti alla vigilanza di più autorità,
ciascuna di esse può adottare i provvedi-menti di propria competenza.
8. Le autorità di vigilanza di cui al presente articolo [ndr. Banca
d’Italia e Isvap] operano secondo le procedure previste per
l’autorità di cui all’art. 10. [ndr Antitrust]
9. Le disposizioni della presente legge in ma-teria di concentrazione non
costituiscono deroga alle norme vigenti nei settori bancario, assicurati-vo,
della radiodiffusione e dell’editoria.
(1) Comma abrogato ex art. 1, I. 31-7-1997, n. 249.
(di Mauro
Novelli 15.5.2003)
L’avvento dell’euro ha eliminato dalla cassetta degli strumenti a
disposizione dei governanti dei paesi di Eurolandia,
le possibilità di accomodamento degli squilibri tramite l’azione
sul cambio: in caso di perdita di competitività, la svalutazione della
moneta nazionale ricostituiva alcuni margini di competizione, anche se
artificialmente e senza stimolare ristrutturazioni operative, aggiornamenti
tecnologici, riorganizzazioni ecc.
Almeno fino ai primi anni ‘90, più volte, le autorità
governative e monetarie italiane hanno usato quella leva come clava: si
svalutava la lira per ridare fiato (finanziariamente) al settore produttivo,
almeno quello operante sul versante delle esportazioni. La maggiore
onerosità delle importazioni (prodotti petroliferi, elettronici,
tecnologici ecc.) sarebbe stata poi riversata sulle spalle dei cittadini,
consumatori finali. Ogni strumento diverso dal cambio e mirante a ricostituire
margini di competitività, sarebbe stato meno ‘economico’.
Per decenni, le nostre aziende più importanti hanno rinviato quelle
ristrutturazioni produttive che avrebbero permesso loro di stare al passo dei
competitori internazionali, impigrendosi e puntando sulla benevolenza delle
autorità. L’ambiente politico-socio-economico non le ha
assolutamente stimolate verso una maggiore efficienza. Abbiamo visto i
risultati sulla Olivetti, ma anche sulla Fiat, sulle banche, sulle
assicurazioni: gli ‘aiutini’ periodici
hanno fatto di alcuni settori una vera e propria palla al piede del sistema
Italia.
Con l’euro, tali manovre non sono più realizzabili e occorre
confrontarsi con realtà produttive ben più avanzate.
Gli imprenditori più accorti ed intelligenti hanno intuito per tempo
questa novità e, dal 1999, si sono timidamente riaffacciati sul versante
della ricerca aziendale, per una migliore allocazione delle risorse produttive,
umane, finanziarie.
Ma il neonato processo è gracilissimo. C’è solo da
augurarsi che non si reintroducano ‘aiutini’,
magari mutanti, a favore di settori amici e ‘disaiutini’
contro settori non amici: sarebbe il ritorno alla peggiore economia di stato,
adottata in Italia negli anni ‘70 ‘ ‘80.
Il nostro settore produttivo ha bisogno di una cosa: una effettiva concorrenza.
Ma ci rendiamo conto che non fa comodo quasi a nessuno. In Italia, la legge di
mercato n°1 risulterebbe eversiva anzi, rivoluzionaria.
di Mauro
Novelli 24.4.2003
1) Firmo un contratto di conto corrente con la banca X ed effettuo dei
depositi. Nel rapporto io risulto il creditore, la banca è il debitore..
Quindi, io ho scelto il mio debitore.
Dopo qualche tempo, detta banca vende l’agenzia dove è radicato il
mio conto ad altro istituto di credito. La clientela non è stata
avvertita e si ritrova con un debitore diverso da quello scelto
originariamente.
In altri termini il cliente-creditore si trova ad avere come controparte una
banca-debitore le cui caratteristiche possono essere completamente diverse da
quelle del debitore iniziale: scelsi la prima banca perché la mia attività
aveva bisogno di servizi con valenze internazionali, mi ritrovo ad avere
rapporti con la banca rurale e artigiana di Collelungo,
simpatica, ma del tutto inadeguata per la mia attività.
Giustificazione: " Banca d’Italia ha approvato l’operazione di
vendita e tutto è stato fatto secondo i suoi dettami".
C’è o non c’è violazione dell’art. 1406 del
codice civile ? Il codice regola la cessione dei crediti, non certo dei debiti.
Se poi si scopre che la prima banca-debitore ha incassato dall’istituto
acquirente una percentuale sul mio deposito-credito, è possibile pensare
ad un illecito arricchimento?
2) Il mio contratto di conto corrente è regolato da particolari
condizioni (tasso, spese, commissioni, ecc.) So che la banca può
variarle a sua discrezione limitandosi ad inserire un annuncio commerciale
sulla Gazzetta Ufficiale (non diciamolo in giro per Bruxelles, altrimenti ci
cacciano dall’Europa).
Ma chi ha fornito alle banche la licenza (aggiuntiva rispetto a quella
richiamata) di far decorrere con valenza retroattiva gli effetti di dette
variazioni?
E’, infatti, ormai generalizzata la seguente struttura degli annunci
commerciali inseriti in Gazzetta dalle banche: in data 20 del mese si comunica
che, a far tempo dal 1° dello stesso mese, intervengono le seguenti
variazioni sulle condizioni.’..
Tale retroattività è anche di mesi.
3) Mi rubano un blocchetto d’assegni. Faccio la mia denuncia in
Commissariato e blocco la numerazione presso la mia banca: quegli assegni non
verranno mai pagati. Tutto a posto.
Dopo qualche tempo scopro di essere stato protestato. Mi informo. Risposta:
"Uno degli assegni rubati è stato presentato all’incasso. Non
è stato pagato, ma abbiamo protestato il titolare del conto".
Se il titolare fosse un commerciante, sarebbe rovinato.
(di Mauro
Novelli ) 17.4.2003
I cultori del marketing d’immagine sanno benissimo quanto sia importante
evitare - fino alla maniacalità - che il pubblico (utenti, consumatori,
votanti, acquirenti che siano) abbini il loro nome o la loro immagine a
situazioni, eventi o fatti negativi, ansiogeni o semplicemente scostanti.
A conferma della validità di questa regola basti notare come, prima e
durante la seconda guerra del Golfo, molti dei nostri governanti abbiano
accuratamente evitato di esprimersi sulle vicende belliche per scongiurare
qualsiasi loro presenza mediatica che accomunasse la loro immagine ed il loro
nome ai bombardamenti: i talk show sull’Iraq avevano quasi esclusivamente
esponenti della sinistra, esperti a parte. Insomma, meglio sentirsi accusare di
latitanza dalla metà dei votanti (l’altra metà apprezza la
scaltrezza)piuttosto che offrire viso e dichiarazioni contaminate da immagini
di soldati che sparano, case che saltano in aria e morti in terra.
Certamente nulla di scandaloso, visto che anche la pubblicità della
propria immagine anima il commercio.
È di gran lunga più preoccupante, invece, la pessima abitudine,
invalsa in banca, di rifuggire - altrettanto maniacalmente
- l’abbinamento dell’immagine dell’istituto a gravi reati
commessi da impiegati infedeli. Anche a costo di non denunciarli: troppo
spesso, invece di chiamare in tribunale quei dipendenti, si fa loro
sottoscrivere la lettera di dimissioni e si allontanano. L’immagine della
banca è salva, ma tale costume, oltre a danneggiare la società
civile, crea danni agli azionisti dell’istituto di credito.
E torniamo all’articolo 7 del Testo unico delle leggi in materia
bancaria.
(di Mauro
Novelli -15.4.2003)
Le banche hanno scoperto la scarsa professionalità dei loro addetti al
servizio titoli e verificheranno la correttezza dei ‘consigli per gli
acquisti’ che gli impiegati forniranno agli investitori.
A lamentare una scarsa attenzione degli operatori nei riguardi dei titoli
suggeriti agli investitori, sono stati Fazio, Desario
e Spaventa. Poiché il loro è un mestiere che, evidentemente, si
impara ‘in progress’, abbiamo dovuto attendere la messa a frutto
professionale dei disastri cui i risparmiatori sono andati incontro
nell’ultimo lustro.
Messa così, la vicenda dei bond argentini, dei bond Cirio, di My Way - 4 You, di Viatel, delle polizze linked ecc.
sembrerebbe generata da estemporanee quanto improvvide iniziative di poco
preparati borsinisti o di rapaci promotori finanziari
e non, invece, da specifiche e ineludibili indicazioni di politica aziendale,
imposte dalla dirigenza ai suoi dipendenti. Infatti, i ‘consigli per gli
acquisti’ non sono altro che la conseguenza obbligata di ferrei budget
(con annessi benefit per i bravi venditori e ‘punizioni’ per i
recalcitranti) relativi a titoli che devono essere spalmati sulla clientela (in
barba ad ogni normativa, all’etica professionale, al buonsenso)
perché divenuti ‘spazzatura’, o perché è
interesse della banca fornire un aiutino a qualche amico, o perché
fornitori di buone provvigioni (come i prodotti assicurativi).
Con eccellente tempismo (ma anche questo è un mestiere che si impara in
progress) S.Paolo-IMI verificherà
l’attività di promozione degli investimenti operata dai suoi
dipendenti. Ci auguriamo che vada e ripescare le indicazioni (più o meno
formalizzate) fornite dai loro dirigenti agli sportelli circa
l’’opportunità’ di vendere Argentina, Cirio ecc., per
sanzionarne gli autori iniziali.
In altra sede, abbiamo suggerito agli utenti bancari di farsi accompagnare da
testimoni, qualora venissero invitati dalla banca all’acquisto di titoli
per l’affare del secolo. Abbiamo suggerito altresì, in caso di
visita del promotore finanziario, di porre in bella evidenza sul tavolo un
registratore in grado di fissare quanto detto nell’incontro.
Suggeriamo, oggi, ai borsinisti ed agli addetti al
servizio titoli delle banche, di consigliare la clientela con accortezza,
prudenza e (per quanto possibile) professionalità circa la collocazione
del risparmio. Per chi ( succube di un insuperabile timore reverenziale) non si
sente di rispettare se stesso, la propria dignità e la legge - prima
ancora delle scaltre indicazioni aziendali - consigliamo comunque di conservare
ogni documento/testimonianza riguardante i suggerimenti che la dirigenza
somministra ‘ loro tramite - agli investitori.
(di Mauro
Novelli 25/09/2002)
Nei momenti di acute crisi socio-economiche, gli italiani hanno sempre cercato
di proteggersi con iniziative individuali o familiari. Non avendo mai avuto
gran fiducia nella classe dirigente, hanno sempre provveduto ad incidere in
ciò che è di loro stretta pertinenza: livello dei consumi
(soluzione anche di brevissimo periodo), numero di figli (soluzione di lungo
periodo). [ Per inciso, il vecchio triangolo industriale presenta il più
basso livello di natalità. Nel mondo.]
E’ in linea con questo atteggiamento è il dato relativo agli
immobili di proprietà: solo il 21 per cento degli italiani abita case in
affitto; il 79 per cento ne è proprietario o risulta in altre posizioni
(usufrutto, riscatto ecc.). Occorre ‘pensare alla vecchiaia’ e la
prima lira o il primo centesimo di euro risparmiati è per
l’acquisto della casa. Per gli Italiani, è così da sempre.
Non cade in terreno fertile, quindi, l’esortazione a
‘consumare’. Anzi, potrebbe ottenere l’effetto contrario: che
cosa nasconde quell’invito? E giù, altri pensieri preoccupati, con
l’orizzonte che, invece di rischiararsi, da fosco diventa plumbeo.
A conferma di quanto affermato, elaboriamo i dati sulle attività e sulle
passività delle famiglie italiane fornite dalle relazioni del
Governatore Fazio: calano le attività (col risparmio massacrato dagli
affari mobiliari suggeriti da banche, Sim e Sgr) e
crescono le passività.
Si potrebbe ipotizzare un crollo del risparmio finanziario delle famiglie
italiane. In tutto il mondo l’andamento del risparmio sarebbe in declino.
In Italia? Sorpresa ! Il risparmio delle famiglie italiane cresce: dai 71
miliardi di euro risparmiati nel 1999, si passa ai 104 del 2001. Calano le
disponibilità, aumentano gli impegni, ma la parola d’ordine
è ‘stringere ulteriormente - ed in anticipo - la cinghia’:
con questi scenari???.
(di Mauro
Novelli 30/07/2002)
I prudenti, saggi e valenti governanti dei paesi del Nord salutarono con
soddisfazione - anni fa - alcuni cancelletti finanziari per l’accesso
all’euro: i paesi non in grado di rispettare quei parametri sarebbero
stati duramente puniti. Ne andava del buon nome della nascente moneta unica.
L’obbiettivo dei saggi governanti era quello di ricondurre gli sregolati
paesi del sud Europa a miglior consiglio.
Tra gli altri parametri, il deficit non avrebbe dovuto superare il 3 per cento
del prodotto interno lordo.
I "PIGS" - [dalle iniziali di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna,
"maiali", in inglese] come i nordici chiamano i paesi del sud - erano
avvisati: "Scantonate da quel parametro e sarete fuori da Eurolandia".
Nel 2002, la Commissione europea ha fornito valutazioni sul rapporto deficit/pil dei dodici di Eurolandia: dei
PIGS, la Grecia non ha deficit; l’Italia è a 1,2 per cento (come
nel 2001); la Spagna è a 0,2; il Portogallo è all’ 1,6 per
cento (era al 2 nel 2001).
Molti Paesi non PIGS stanno peggio. Soprattutto la Germania (2,7) si avvicina
pericolosamente al quel 3 per cento che l’avvia verso la Vergine di
Norimberga.
Morale: Chi guarda troppi film anglossassoni, dove i
mascalzoni hanno - in genere - nomi latini, mentre i bravi/buoni/giusti godono
di nomi - tassativamente - nordici, rischia di farsi un’idea falsa della
realtà.
Se si devono sostenere esami periodici, non conviene lasciarsi influenzare
dall’immaginario collettivo.
Di Mauro Novelli 12/01/2002
Changeover in teoria: il primo dicembre 2001, monete e banconote in euro alla grande
distribuzione. Il 15 dicembre agli esercizi normali. Lo stesso giorno, monete
ai cittadini consumatori.
Forse la grande distribuzione si è approvvigionata, ma la maggior parte
dei dettaglianti no: su 3 milioni di sacchetti predisposti, neanche un decimo
era stato ritirato a fine dicembre.
Due le motivazioni:
1) la penalizzazione di oltre 50 milioni di lire per quegli esercenti che
avessero smarrito banconote in euro o che ne avessero subito il furto.
2) gli atteggiamenti di molti direttori di agenzie bancarie miranti a
scoraggiare (se non ad impedire) il ritiro delle nuove banconote:
"‘e’ troppo rischioso per voi e comunque nessuno
toccherà il pacco-euro di sua spettanza’ sta qui, è
suo,’’.. quando decide’’".
Con la prima, il burocrate ha salvaguardato i suoi obbiettivi (non avere noie
dal changeover) scaricando sui negozianti l’abnorme penalità in
caso di problemi. Con la seconda le banche hanno limitato fortemente la
diffusione di euro i primi giorni di doppia circolazione: i cittadini sono
dovuti ricorrere ai loro servizi, non certo gratuiti. Infatti, chi ha voluto
avere a disposizione la nuova moneta, non ottenendola quale resto dei loro
pagamenti, si è arrangiato in vari modi.
Changeover in pratica: poiché sono risultate impraticabili le
"naturali" fonti gratuite di approvvigionamento, le banconote in euro
sono state immesse nel circuito nazionale dai cittadini-consumatori-correntisti,
col ricorso obbligato al Bancomat (al costo di una riga di estratto conto),
spesso di altri istituti (al costo aggiuntivo della commissione per aver
utilizzato ATM di altre banche). [ Chi scrive ha verificato che nelle due
agenzie della propria banca vicino casa, lo sportello Bancomat non ha
funzionato dal 23 dicembre al 2 gennaio. Compresi.]
Non a caso si sono avute impennate sia nel prelievo di contante, che
nell’uso del PagoBancomat.
[A fine trimestre i correntisti faranno i conti dei costi affrontati].
Ma le banche ringraziano anche l’insipiente decisione della BCE di non
permettere la consegna di banconote ai cittadini di Eurolandia
prima del 1° gennaio 2002 (la Commissione ha premuto fino alla fine per
cercare di far rivedere tale infantile decisione). "Per evitare ai falsari
di avere, con quindici giorni d’anticipo, la possibilità di
entrare in possesso di originali…” si è sostenuto dai
banchieri di Francoforte. Come se la criminalità organizzata avesse
bisogno della banconota consegnata al cittadino Rossi il 15 dicembre per avere
un pezzo da 5 euro da copiare; come se la totalità delle unità di
grande distribuzione europea fosse immune da contatti/pressioni/controlli della
mala; come se già dal primo dicembre i falsari non stessero analizzando
il "materiale".
Poi, le pagelle: "I cittadini italiani utilizzano l’euro molto meno
degli altri....anche la Grecia ci ha sorpassato nelle transazioni con la nuova
moneta… !!!" E giù a mettere fretta ed a stilare quelle
liste, tanto care a chi soffre di complessi di inferiorità ed ha bisogno
di veder ribadita, sbandierandola, la sua alta posizione in graduatoria.
Risultato: l’euro sta rimpiazzando la lira a costi non indifferenti per i
cittadini; le banconote da 5 euro (che potevano essere, in numero adeguato,
consegnate ai consumatori fin dal 15 dicembre) scarseggiano; le banche
rifiutano di cambiare i sacchetti di lire portati da clienti e non, ma il
direttore di un ufficio postale di Messina ha pagato anche cinque chili di
pensione ai titolari in fila.
Ci siamo arrangiati, ma abbiamo il dovere di fare i conti di quanto ci è
costato, di chi ci ha guadagnato (lecitamente o meno) e quanto.
Per i "mercanti" l’euro, evento storico ed epocale, è
una occasione di arraffo-business come altre. Compatiamoli.
(di Mauro Novelli 14/12/2001)
Ogni prodotto bancario ha, generalmente, due voci di costo: la prima, inerente
al servizio in sé; la seconda relativa alla registrazione contabile sul
conto corrente, evidenziata dalle righe dell’estratto conto.
C’è poi una terza voce di costo, applicata quando possibile: i
giorni di valuta, per l’individuazione del giorno effettivo dal quale
cominciano a decorrere gli interessi (operazioni attive per il cliente), o da
quando cessano gli interessi (operazioni passive, di addebito).
La prima voce di costo è sempre indicata, specie se gratuita; la seconda
quasi mai, limitandosi gli istituti di credito ad indicare il costo per singola
operazione nei tabelloni sintetici relativi o nei fogli analitici relativi al
servizio di C/corrente.
Ad esempio: il versamento sul conto (di contanti, di assegni, ecc.) non costa
come servizio in sé, ma verrà computato (a fine periodo,
cioè alla "chiusura dei conti") come "una"
operazione (una riga dell’estratto/conto): costo medio per singola
operazione lire 3.500/3600, cioè 1,81/1,86 euro. La domiciliazione delle
bollette non costa come servizio in sé, ma alla chiusura dei conti, le
operazioni verranno pagate, e come ! Per le tre utenze classiche (telefono,
gas, elettricità) si pagheranno 18 operazioni l’anno.
In occasione dell’introduzione dell’euro, si è scatenato un
battage senza precedenti, mirante a convincere i correntisti che, se non
vogliono avere problemi di conversione, mancanza di spiccioli, resti, ecc. la
soluzione più economica per il pagamento è offerta dall’uso
del PagoBancomat.
Si afferma infatti (ABI, Banche ecc.) che pagare col PagoBancomat
non costerà assolutamente nulla (costo annuo della tessera a parte).
Sappiamo però che la registrazione -ad esempio- del prelievo di contante
da sportelli automatici costa sempre una operazione, sia che si prelevi da ATM
della nostra banca, che da ATM di altre banche (in questo secondo caso, il
servizio non è gratuito e si pagano subito altre 3.500 lire, in media).
Chiariamo: sedevo pagare 87,12 euro al supermercato, mi vedrò addebitare,
saldando col PagoBancomat, esattamente
quell’importo sul conto corrente. Quindi il servizio in sé
è effettivamente gratuito. Ma, alla chiusura dei conti (ogni trimestre,
in genere) quella registrazione verrà computata come una operazione e
pagata come da indicazioni esposte in agenzia per il costo della singola riga
di estratto conto. O no ?
La cosa non è chiara: una personale indagine ha dato luogo ad una
risposta affermativa da parte di un dipendente di una primaria banca romana
(.."ogni registrazione si paga...."). Una veloce indagine su
Internet, porta nei siti più corretti, ad una indicazione del tipo:
TRATTAMENTO ECONOMICO
A fronte dei vantaggi legati all’uso del PagoBancomat
il cliente deve sostenere solo i seguenti costi:
- commissioni di prelievo Bancomat da sportelli di altre banche;
- quota associativa annua;
- costo registrazione dell’addebito sul c/c .
Poiché l’ABI ha minacciato sfracelli contro chi oserà
affermare che l’uso del PagoBancomat non
è gratuito, riteniamo opportuno consigliare i correntisti - intenzionati
ad usare quel sistema nel periodo di doppia circolazione - a richiedere alla
propria banca (è sempre buona regola farsi accompagnare da un testimone)
se per gratuità si intenda l’effettivo azzeramento dei due tipi di
costo: quello del servizio in sé e quello della singola operazione.
Chiarimento opportuno, soprattutto prima di fare un uso massiccio del PagoBancomat. Non si dimentichi, infine, di chiedere
conferma se l’addebito ha valuta il giorno del pagamento o se la banca
applica giorni di valuta, retrodatandolo.
Sarebbe stato molto più semplice ed economico un chiaro comunicato delle
banche interessate (tutte), anche attraverso la loro associazione di categoria
(ABI), ma (non è cattiveria) non sanno da dove iniziare per fare un
po’ di chiarezza su spese, commissioni e giorni di valuta applicati ai
loro servizi: parlare di costo per singola operazione farebbe drizzare molte
orecchie, oggi sonnolenti.
Meglio minacciare sfracelli.
(di Mauro
Novelli 19-10-2001)
Ricordate ? Negli anni ‘ 80, da più parti si accusava il Tesoro
(divenuto il più grande banchiere di questo paese per la dimensione
raggiunta dalla massa dei titoli del debito pubblico) di tenere imprigionati
centinaia di migliaia di miliardi che avrebbero potuto essere investiti in
capitale di rischio piuttosto che alimentare pigramente le aste di BOT, BTP,
CCT. "Il Tesoro sottrae linfa vitale al settore produttivo del Paese...!"
Ricordate? Agli inizi degli anni ‘90, alcuni addetti ai lavori senza
scrupoli, insinuavano subdoli e minacciosi messaggi miranti a convincere il
popolo dei BOT ad abbandonare i tranquilli titoli di Stato per investimenti
alternativi (fondi, obbligazioni, gestioni ecc.): "Lo Stato non ce la fa
più - sussurravano - prima o poi congelerà i titoli del debito
pubblico!"
Ricordate? Tre o quattro anni fa le lusinghe degli stessi addetti ai lavori
miranti a mostrare gli abbacinanti rendimenti degli investimenti in borsa a
fronte delle misere rendite dei titoli di Stato: " I titoli di Stato non
rendono più, “venghino” a fare
l’affare con noi. Offriamo ricchi premi, fondi, obbligazioni, azioni,
gestioni ! Ancora con i miseri BTP ? Svegliatevi ! Fate gestire a noi i vostri
risparmi... Per i vostri obbiettivi abbiamo 10 mila scenari, 20 mila
scenari...."
Decine di migliaia di miliardi di lire hanno abbandonato i tranquilli lidi dei
titoli di Stato per approdare alle obbligazioni bancarie (ad aprile 2001, pari
ad oltre 570 mila miliardi di lire), ai Fondi di investimento (a dicembre 2000,
circa 870 mila miliardi), alle Gestioni patrimoniali (a dicembre 2000, circa
776 mila miliardi). Al lordo delle svalutazioni di quest’ultimo periodo.
Risultati:
· Molti risparmiatori italiani, mal consigliati e ben pressati, hanno
abbandonato i titoli di Stato che, per il 41,2 per cento, sono ormai in mano ad
investitori non residenti.
· La propensione ad investire in capitale di rischio del sistema Italia
è aumentata. A fine 2000, oltre il 20 per cento delle attività
delle famiglie era investito in titoli azionari italiani; il 4,2 per cento in
azioni e partecipazioni estere; il 16, 1 per cento in quote di fondi comuni.
· Il risparmio delle famiglie, vanto e salvaguardia finanziaria di
questo paese, è stato saccheggiato. Il nostro "monte risparmi"
nazionale si è fortemente svalutato. Altro che congelamento !
· Le autorità monetarie e di controllo (si scelga) non vogliono /
non possono / non sanno / non devono controllare un settore costituzionalmente
rilevante.
Salta su il pierino: "Ma queste sono le leggi
del mercato! Volete dare la colpa al mercato? Osate mortificare il mercato?
"
Già, il mercato. Ma le regole - concorrenza, buona fede, domanda/offerta
ecc.- sembrano valere sempre e solo per gli altri. Si
scopre, infatti, che i primi a violarne i fondamenti sono proprio gli addetti
ai lavori, "quelli che venghino.".
19/10/2001
L’ultima puntuale analisi Adusbef su prezzi e tariffe, effettuata alla
luce della prossima adozione dell’euro, ha causato la reazione stizzita del
signor Venturi, preoccupato rappresentante degli esercenti. Lo studio in
questione evidenzia un aggravio di 250.000 lire a famiglia causato da rincari
già attuati o previsti a partire dal 1° gennaio 2002, ma non si
comprende il fastidio degli addetti ai lavori nei confronti di chi invita i
cittadini a vigilare perché i loro diritti vengano rispettati, o
perché i furbi abbiano -quanto meno- una vita complicata. Non basta la
lunga coda di paglia dei corifei, interessati difensori d’ufficio
("stiamo lavorando con il Governo, non disturbate !") per garantire i
consumatori da rincari annunciati o sottaciuti, consumati col pretesto
dell’introduzione della moneta unica. Adusbef sta scoprendo, infatti, una
serie di "Euro-profittatori" di
professione! A cominciare dallo Stato !
A fine 1998, il valore dei titoli del debito pubblico italiano fu tradotto da
lire in euro. Si definì il meccanismo di trasformazione e, fatti i
calcoli, lo Stato italiano vide diminuire di oltre 3 miliardi di lire il suo
debito, a danno della generalità dei sottoscrittori.
Vediamo perché.
1) PROCEDIMENTO ADOTTATO:
Il procedimento che fu adottato per ridenominare in
euro i titoli di Stato in portafoglio fu il seguente:
Si decise di frazionare il monte titoli di Stato in lotti di 5 milioni di lire.
Si è proceduto quindi a calcolare il valore in euro (arrotondato) del
lotto di 5 milioni:
Valore del taglio minimo di lire 5.000.000 diviso 1936,27 = euro 2.582,284
arrotondato a euro 2.582,28
Per tradurre in Euro il valore del portafoglio titoli di un qualsiasi
sottoscrittore, si è seguito il seguente procedimento:
Valore del portafoglio in lire diviso taglio minimo di 5.000.000 = Numero di
tagli minimi in Lire.
Numero dei tagli minimi in Lire moltiplicato euro 2.582,28 = Valore del
portafoglio espresso in euro.
Esempio: Portafoglio titoli di Lire
lire 200.000.000 diviso 5.000.000 = 40 lotti minimi
40 lotti moltiplicato euro 2.582,28 (lotto in euro) = euro 103.291,20 (Valore
del portafoglio di 200 milioni espresso in Euro).
Se si procede in senso inverso, per tornare al valore in lire, otterremo un
importo inferiore di 349 lire rispetto ai 200 milioni, precisamente 199.999.651
lire (euro 103.291,20 x 1936,27), con un ammanco di 8,725 Lire per ogni lotto.
I sottoscrittori si son visti quindi diminuire di 8, 725 lire il valore di
ciascun lotto di 5 milioni.
2) UN PROCEDIMENTO PIÙ CORRETTO (MA NON ADOTTATO):
Poiché chi acquista più prodotti dallo stesso negoziante ha il
diritto di vedersi effettuare un unico arrotondamento alla fine della lista e
non per singolo prodotto, avremmo gradito lo stesso procedimento da parte delle
nostre Autorità monetarie: invece di frazionare in lotti da 5 milioni il
monte titoli, o il portafoglio dei singoli sottoscrittori, si poteva procedere
alla espressione diretta in euro e ad arrotondare il risultato una sola volta,
invece che per ogni lotto minimo da 5 milioni di lire.
Valore del portafoglio in Lire diviso 1936,27 = Valore del portafoglio in Euro
con unico arrotondamento finale.
Per tornare all’esempio precedente:
Lire 200.000.000 diviso 1936,27 = euro 103.291, 379
arrotondato a 103.291,38 Euro
Il procedendo in senso inverso, per ritornare alle lire, darebbe luogo al
valore di 200.000.000,40 Lire.
Il titolare avrebbe lucrato in totale 40 centesimi di lira su 200 milioni di
titoli di Stato
3) IL DANNO PER I SOTTOSCRITTORI:
A fine 1998, circolavano titoli di Stato per un ammontare complessivo di oltre
1.700.000 miliardi (dati Bankitalia dell’agosto 1998), frazionabili in
oltre 340.570.000 lotti minimi di 5.000.000. Adusbef ha calcolato (per difetto)
in 3.065.135.000 lire il danno ricevuto dai risparmiatori per la
ridenominazione in Euro dei titoli del debito pubblico, attuata col meccanismo
richiamato al punto 1).
4) FIGURACCE
Il Governo di allora, ben consigliato da scaltre e meritorie Autorità
monetarie, ha colto la palla al balzo per dimostrare la sua sciatteria: si
è qualificato come cattivo maestro per tutti gli operatori economici che
dovranno gli arrotondamenti da apportare ai loro prezzi in euro e, al tempo
stesso, non si è minimamente preoccupato di seguire le raccomandazioni
della Commissione europea circa i meccanismi di traduzione in euro dei prezzi
in lire, miranti ad evitare arrotondamenti intermedie parziali, a favore di un
unico arrotondamento finale.
La Francia adottò un meccanismo "neutro" perché
né lo Stato né i suoi finanziatori dovessero rimetterci. Ma
l’Italia è altra cosa.
11/10/2001
(di Mauro Novelli -27/09/2001)
L’Italia è famosa nel mondo per cominciare le guerre con un
alleato e terminarle combattendo a fianco del vecchio nemico ed avendo per
nemico il primitivo alleato.
Oggi il mondo occidentale, colpito dai fatti dell’11 settembre, sta -
finalmente ! - cercando di individuare ed essiccare i flussi finanziari che, in
un modo o nell’altro, alimentano gli apparati terroristici: la nuova
guerra si combatte soprattutto così. Tale azione è, per le
società più avanzate (ad economia di mercato libero),
particolarmente "penosa" dal momento che tende a far chiarezza ed a
creare controlli sulle procedure che la finanza mondiale pone a base delle sue
operazioni e che, a detta degli interessati, dovrebbero invece avere il minor numero
possibile di ostacoli, cancelletti, controlli, riscontri, evidenze, sguardi
indiscreti. Si vedano i paradisi fiscali, le azioni al portatore, le
"fiduciarie" ecc.
Bush sta cercando di far emergere (limitando fortemente anche i livelli di
libertà annessi alle sue concezioni di liberista superconvinto) i luoghi
e le forme di alimentazione finanziaria del terrorismo mondiale. Luoghi e forme
tutte occidentali, visto che i capitali non nascono sulle montagne
dell’Afghanistan o intorno ai pozzi petroliferi, ma si formano attraverso
i consumi delle nazioni ricche. A questa azione di trasparenza, il presidente
americano, chiama ogni operatore bancario e finanziario del mondo libero
desideroso di continuare ad avere rapporti economici con gli Stati Uniti.
A fronte di questa iniziativa tendente a dissolvere le nebbie che avvolgono il
settore, in Italia si stanno invece ponendo nuove fumosità e nuovi
ostacoli (solo formali, per carità !) che ne mortificheranno
ulteriormente la trasparenza. Le recenti iniziative legislative sulle rogatorie
internazionali, infatti, vengono definite dai proponenti come "miranti
all’introduzione di più precise garanzie per gli imputati".
Speriamo che non ne approfittino i terroristi ! Né l’Italia
può offrire un sistema bancario particolarmente efficace nella
individuazione e nella denuncia di operazioni di dubbia provenienza e/o
destinazione.
Siamo proprio certi di andare nella stessa direzione dei nostri alleati ?
(di Mauro Novelli
– 30/8/2001)
Per il riconoscimento di valuta e disponibilità sui versamenti di
assegni, il servizio di pagamento imposto dal sistema bancario italiano impiega
mediamente 7- 8 GIORNI LAVORATIVI. " Tempi troppo lunghi ! " sostiene
la BCE. La critica alle banche italiane è inserita nel capitolo
"italiano" dell’ultimo Rapporto sui sistemi di pagamento, dove
si legge:
" Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni (sic), il tempo che le
banche impiegano per accreditare gli assegni versati ai propri clienti resta
significativamente maggiore rispetto a quanto sarebbe possibile fare grazie
alla riforma del sistema interbancario dei pagamenti intervenuta
nell’ultimo decennio. Il notevole numero di giorni per garantire la
disponibilità dei fondi ai correntisti è mediamente di 7- 8
giorni lavorativi, con punte anche di 10 giorni".
A Francoforte, sede della Banca Centrale Europea, i tecnici dell’Istituto
si dicono "seriamente preoccupati".
Non sappiamo se le stesse preoccupazioni serpeggino in Bankitalia, diligente e
premurosa nel compiacere i governanti di turno (che s’ha da fa’ pe’ continua’ a campa’ ! ) piuttosto che
nel sorvegliare un settore di rilevanza costituzionale come quello del
credito/risparmio. Prendiamo comunque atto con sollievo della dimensione
europea raggiunta (anche per merito di Adusbef) dai problemi bancari del sesto
Paese di questo pianeta e del ruolo di controllo acquisito nei fatti dalla BCE,
vista la compiacente latitanza della distratta Banca d’Italia. Vorremmo
solo chiedere alla Banca Centrale Europea chi abbia fornito le informazioni in
base alle quali sostiene che negli ultimi anni si sono avuti miglioramenti nel
settore italiano. Ci corre l’obbligo di ricordare, infatti che, circa
quattro anni fa, il sistema bancario si accordò per allungare i giorni
di valuta degli assegni su piazza equiparandoli al superiore numero di giorni
imposti per i versamenti di titoli fuori piazza.
Negli ultimi dieci anni, quindi, per il sistema di pagamento degli assegni, le
cose sono peggiorate, non migliorate: i giorni di valuta e disponibilità
sono mediamente più alti oggi rispetto a quelli riscontrabili nella
prima metà degli anni ‘90.
E’ opportuno che il giudice di Francoforte valuti bene gli informatori.
Di Mauro
Novelli (2000)
IL
S I S T E M A
B A N C A R I O
NEL
L A Z I O
Fonti: BANCA
D'ITALIA - ISTAT - ABI - IL LIBRO DEI FATTI
ADN-KRONOS 2000
Elaborazioni: maggio 2001
Il sistema bancario nel Lazio
I N D I C E
INDICE
DELLE TABELLE 21
PRESENTAZIONE 21
P A R T E P R I M A 23
L'AMBIENTE ECONOMICO REGIONALE 23
REGIONE LAZIO: DATI GENERALI 24
PRODUTTIVITA' REGIONALE (PRODUZIONE REGIONALE / POPOLAZIONE
REGIONALE) 26
O C C U P A Z I O N E 30
DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE 32
P A R T E S E C O N D A 33
IL SETTORE BANCARIO 33
DATI SUL SISTEMA BANCARIO DEL LAZIO 34
I TASSI BANCARI 35
IMPIEGHI E DEPOSITI BANCARI REGIONALI 38
I DATI DELLA CENTRALE RISCHI 42
SOFFERENZE 42
CONCENTRAZIONE DEL RISCHIO 43
P A R T E T E R Z A 44
IMPIEGHI E DEPOSITI DELLE
PROVINCIE E DEI PRINCIPALI COMUNI 44
PROVINCIA DI F R O S I N O N E 45
PROVINCIA DI L A T I N A 46
PROVINCIA DI R I E T I 47
PROVINCIA DI R O M A 48
PROVINCIA DI V I T E R B O 49
PARTE PRIMA: L'ambiente economico.
TAB. 1 *
Produttività regionale - dati 1990 - Andamento POPOLAZIONE / PRODUZIONE
TAB. 2 *
Produttività regionale - dati 1994 - Andamento POPOLAZIONE / PRODUZIONE
TAB. 3 *
Produttività regionale - dati 1995 - Andamento POPOLAZIONE / PRODUZIONE
TAB: 4 * Anno 1991: Occupati per settore
economico - Disoccupati su forze di lavoro
TAB: 5 * Anno 1996: Occupati per settore
economico - Disoccupati su forze di lavoro
TAB: 6 * Anno 1998: Occupati per settore economico
- Disoccupati su forze di lavoro
TAB: 7 * Distribuzione della popolazioni per
classi di età
TAB: 8 * Popolazione residente nei capoluoghi
di prov. e nei comuni non capoluogo
di prov.
PARTE SECONDA: Il settore bancario
TAB. 9 * Numero dei
comuni per provincia e numero dei comuni serviti da banche
TAB. 10 * Aziende di credito con sede centrale nel Lazio
TAB. 11 * Numero di sportelli : disaggregazione
TAB. 12 * Tassi medi applicati a Impieghi e Depositi
TAB. 13 * Tassi attivi sui finanziamenti per cassa. Per
attività economica
TAB. 14 * Tassi attivi sui finanziamenti per cassa. Per classi di
grandezza
TAB. 15 * Tassi passivi sui depositi. Per attività economica
TAB. 16 * Tassi passivi sui conti correnti. Per classi di grandezza
TAB. 17 * Impieghi per localizzazione degli sportelli
TAB. 18 * Depositi per localizzazione degli sportelli
TAB. 19 * Impieghi per settori di attività economica
TAB. 20 * Depositi per settori di attività economica
TAB. 21 * Finanziamenti "non agevolati"
TAB. 22 * Finanziamenti "agevolati"
TAB. 23 * Posizioni di rischio per cassa
TAB. 24 * Concentrazione dei rischi per cassa sui primi 20/50 clienti
TAB. 25 * Numero di affidati e pluriaffidamenti
PARTE TERZA: Approfondimenti per provincia
TAB. 26 * FROSINONE :
Depositi e Impieghi dei principali comuni
TAB. 27 * LATINA: Depositi
e Impieghi dei principali comuni
TAB. 28 * RIETI: Depositi
e Impieghi dei principali comuni
TAB. 29 * ROMA: Depositi e
Impieghi dei principali comuni
TAB. 30 * VITERBO:
Depositi e Impieghi dei principali comuni
Come per le
passate edizioni dello studio,
l'aggiornamento 2000 mantiene l'obbiettivo di favorire la comparazione,
per il settore bancario laziale, con i dati nazionali, fornendo gli ambiti
quantitativi del fenomeno regionale.
Dal punto di
vista metodologico, la ricerca è ancora suddivisa in tre parti al
fine di offrire una semplicità e, al tempo stesso, una
completezza di analisi nei settori oggetto dell'indagine. Ma
cominciano a scarseggiare i dati disaggregati per provincia. Ad esempio, la
Banca d'Italia non fornisce più (sul Bollettino Statistico) i dati
provinciali di depositi ed impieghi per attività economica. Pur
mantenendo il massimo delle informazioni sul sistema bancario per provincia,
abbiamo perciò inserito nuove elaborazioni
1) L'ambiente economico.
Abbiamo
ulteriormente ampliato i dati di geopolitica e vengono forniti i dati generali
relativi alla popolazione del Lazio, con valutazioni sul bilancio demografico,
immigrazione compresa.
Siamo riusciti
a reperire dati Istat 1995. Ci permettono di mettere a confronto la
produttività delle 20 regioni con gli indici più recenti a
disposizione. Abbiamo deciso di lasciare comunque le comparazioni riportate
nella precedente edizione dello studio (1990 e 1994): per le 20 regioni
italiane, si mettono poi a confronto i dati relativi al peso demografico e
al peso produttivo (Prodotto
interno regionale). Il raffronto individua la produttività delle
varie regioni (produzione regionale diviso popolazione
regionale).
L'aggiornamento
dei dati sull'occupazione
permettono poi di valutare la situazione della nostra regione rispetto al
resto d'Italia, anche in termini di addetti per settore economico (agricoltura,
industria, terziario).
Si è
deciso di mantenere, accanto all'aggiornamento 1998, le tabelle 1991 e 1996.
Nella tabella
relativa alla distribuzione per classi di età, abbiamo riportato i dati
1999 lasciando quelli 1998. La comparazione evidenzia l'aggravarsi del fenomeno
dell'invecchiamento della popolazione: negli anni '90, per la prima volta nella
storia del nostro Paese, una generazione più giovane è meno
numerosa di quella più anziana che la precede. Nel 1999, il fenomeno si
è addirittura aggravato.
L'ultima
tabella di questa prima parte disaggrega la popolazione per
residenza ( nel capoluogo e nel resto dei comuni della provincia),
permettendoci di ricavare il peso demografico per i capoluoghi
e per ognuna delle cinque
province, evidenziando la dimensione del macroscopico
sbilanciamento in termini di popolazione del comune di Roma.
2) Il settore bancario.
Come in
precedenza, la seconda parte dello studio inizia dalla rilevazione dei comuni
del Lazio "serviti da banche" sul totale dei comuni
regionali.
Approfondendo
l'indagine, si passa a rilevare l'andamento degli sportelli
bancari e si disaggrega per dimensione di istituti di credito la
presenza di banche e di casse di risparmio.
La presente edizione
"2000" affronta il problema dei tassi bancari applicati a depositi e
finanziamenti.
Spicca la
scarsa "attenzione" della Pubblica Amministrazione del Lazio che, pur
avendo una dimensione "finanziaria" inferiore solo alla regione
Lombardia ed alla regione Campania, spunta tassi peggiori alla media sui
finanziamenti e non ottiene tassi migliori sui depositi.
Si aggiornano
quindi i valori provinciali e regionali di depositi e impieghi distinguendoli
per "residenza degli sportelli", per " residenza della
clientela" e, successivamente, per "settori di
attività economica" e per destinazione del finanziamento (fondiario,
opere pubbliche, ecc.) evidenziando e pesando la quota di
credito agevolato sul totale.
Seguono i dati
della Centrale dei Rischi della Banca d'Italia relativi alle sofferenze ed agli
affidamenti.
L'analisi
della concentrazione degli affidamenti sui primi 20 e sui
primi 50 clienti conferma la
situazione del tutto peculiare del Lazio rispetto al dato
nazionale: i primi 20 clienti del sistema creditizio laziale
assorbono quasi la metà del monte affidamenti; i primi
50 si avvicinano al 60 per cento. Per entrambi siamo oltre il triplo del
dato nazionale.
3) Il settore
bancario: un approfondimento per provincia.
L' ggiornamento "2000" comprende solo
l'andamento di impieghi e
depositi dei principali comuni.
Alcune serie di
dati, infatti, forniti in precedenza dai Bollettini statistici della Banca
d'Italia, non compaiono nelle ultime edizioni. Ci riferiamo alla disaggregazione
per provincia di Depositi e Impieghi per categoria.
Tutte le
elaborazioni sono comunque state effettuate sui dati più recenti di
Banca d'Italia, ISTAT ecc.
Roma, maggio
2000
(Annuario Stat.
Italiano 2000- Libro dei fatti ADN Kronos 2001- ISTAT
- Compendio statistico 1999)
* SUPERFICIE: 17.207 Kmq, pari
al 5,71 per cento del dato nazionale (301.341 Kmq).
Il
32 per cento (5.506 Kmq) appartengono alla provincia di Roma.
* SUPERFICIE AGRARIA E FORESTALE: 14.688 Kmq ( 85,26 % del totale).
* SUPERFICIE AGRARIA UTILIZZATA: 7.997 Kmq. (46,42 % del totale)
* AZIENDE AGRICOLE OPERANTI (1998) : 178.690 pari al 7,76 per cento del totale
nazionale di 2.300.410 aziende agricole.
* NUMERO DI COMUNI: 377 pari al 4,65 per cento
del totale nazionale di 8.100 comuni.
* ABITANTI: 5.264.077 (al
1°.1.2000), pari al 9,12 % del totale nazionale di 57.679.895.
* DENSITÀ: 305,9 abitanti per Kmq. 711 per la provincia di Roma.
* MEDIA COMPONENTI PER FAMIGLIA: 2,59 . Madia nazionale di 2,69.
* NUMERO DELLE FAMIGLIE (1999): 2.029.000, pari al 9,47 % del totale nazionale di
21.420.000 di famiglie.
* NUMERO MEDIO DEI FIGLI PER DONNA (1996) : 1,12. Dato
nazionale: 1,2
* SALDO TRA NATI VIVI E MORTI
(1998): -
3.108 (Nati vivi= 46.246; morti=
49.354).
Saldo nazionale: - 44.068
(Nati vivi= 532.843; morti=
576.911)
* MOVIMENTO. MIGRATORIO (1998): Saldo tra iscritti e cancellati: + 15.427. Saldo nazionale: + 93.329
* CITTADINI STRANIERI (1998): Lazio: 241.243 ( il 19,3 per cento di 1.250.214, dato naz.).
* ALFABETIZZAZIONE (dati 1996)
Senza titolo di studio o Licenza elementare 31,2
%
[di cui Analfabeti 1,4 % (dato
nazionale: 2,9 %)]
Media inferiore 31,5
%
Media superiore 29,3
%
Diploma universitario
0,4 %
Laurea/Dottorato
7,6 %
* LAUREATI NELLE UNIVERSITA’ STATALI (ANNO 1996):
Università della TUSCIA (VT): 198 (+ 52,3 % rispetto al 1995)
Università TOR VERGATA (RM) 865 (+ 20,3 % “
“ )
Università ROMA TRE (RM) 1.550 (+
239,2 %
“
“ )
Università LA SAPIENZA (RM) 12.040 (+ 34,6 % “
“ )
Università di CASSINO (FR)
15.162 (+ 41,8 % “
“ )
* AUTOVETTURE CIRC.TI (1999): 3.241.655, pari al 10,15 % del totale nazionale di
31.953.247. Autovetture per 100 abitanti: n°
61,6.
* MOTOCICLI CIRC.TI (1997) : 262.136, pari all'8,83 % del totale nazionale di 2.967.906.
Motocicli
per 100 abitanti: n° 4,98.
* RETE STRADALE (1995): Km. 19.036 pari al 6,2 % del totale nazionale di Km. 307.711
di cui Autostrade: Km. 478 pari al 7,4 % del
totale nazionale di Km. 6.473
* INCIDENTI STRADALI (1998): 24.572 pari al 12 % del
totale nazionale di 204.615.
-
Persone infortunate morte: 625 pari al
10,7 % del totale nazionale di 5.857.
-
Persone infortunate ferite: 34.442
pari all’ 11,7 % del totale nazionale di 293.842.
* TRASPORTO MERCI (per origine o destinazione):
- Su strada: 105.780.970 Tonn. Pari al 72,6 % del totale nazionale di 145.646.679 Tonn.
- Su ferrovia: 59.400 Tonn. Pari al
2,6 % del totale nazionale di 2.281.200 Tonn.
* UNITA' DI LAVORO (Media
annua 1996):
DIPENDENTI: 1.499.800 unità, il
9,8 % di 15.288.800, dato nazionale
INDIPENDENTI: 583.600 unità, l'8,4 % di 6.951.100, dato nazionale.
* NUMERO DI PENSIONI EROGATE
(dati 1999): 1.753.906, l' 8,13 % del totale nazionale
di 21.567.996
* IMPORTO DELLE PENSIONI EROGATE (dati 1999): Lit. 30.465,203 miliardi, il
9,51 %
del totale nazionale di 320.035,749 miliardi di lire
* IMPORT (dati 1999): 33.081
miliardi di lire, il 8,4 per cento dell'import totale
nazionale
di 394.149 miliardi di lire.
* EXPORT (dati 1999): 18.555
miliardi di lire, il 4,43 per cento dell'export totale
nazionale di 418.750.
* BILANCIA COMMERCIALE REGIONALE (import meno export
1999): deficit regionale di
- 14.526 miliardi di lire, contro un dato
nazionale
di + 24.601 miliardi di lire
di surplus.
* PRODOTTO INTERNO LORDO (1995): 177.427 miliardi di lire (Prezzi correnti)
* CONSUMI FINALI (1995): 128.032,9 miliardi di lire,
pari al 9,24 del totale nazionale di
1.397.088 miliardi di lire.
FAMIGLIE: 102.134,9 MLD di
lire. Il 9,2 % del dato nazionale di 1.108.165 MLD.
PUBBLICA AMM: 25.511 MLD di
lire. L'8,96 % del dato nazionale di 284.633 MLD.
IST. SOCIALI PRIV.: 387 MLD di lire. Il 9,02 % del dasto nazionale
di 4.290 MLD.
* SPESA MEDIA MENSILE PER FAMIGLIA (1998): 4.180.000 lire (Media nazionale di 4.043.140)
* RETRIBUZIONI LORDE COMPLESSIVE (1995): 58.450,5 MLD di lire. L'11,47 % del dato nazionale di 509.752 MLD di lire.
* INVESTIMENTI: 32.433,7 miliardi di lire (dati 1995), pari al
13,15 del totale nazionale di
246.659 miliardi di lire. (Valori a Prezzi 1990).
*CONSUMO DI ENERGIA ELETTRICA:
18,94 MILIARDI DI kWh, pari al
7,08 % del totale
nazionale di 267,284 miliardi di kWh.
* ISCRITTI AL COLLOCAMENTO: 1995: N° 415.595 1996: N° 456.775 1997: N° 486.454
* ESERCIZI COMMERCIALI AL DETTAGLIO (1999): n° 55.840 pari all’ 8,95 % del
totale
nazionale
di 623.984 esercizi commerciali
* SUPERMERCATI+GRANDI MAGAZZINI+IPERMERCATI
(1999): n° 597, pari all’ 8,4 % del
totale nazionale
di 7.114.
* FALLIMENTI
(1999): N° 2.098, il 16,8 % del totale
nazionale di 12.486
* TITOLI PROTESTATI (1998): N° 411.002, il 13,3 % per cento dei
3.097.068 protesti naz.li
* DELITTI E PERSONE DENUNCIATE (1999):
DELITTI: 182.932 – Il 7,7 % del totale
nazionale di 2.373.966
PERSONE: 77.194 – Il 9,7 % del totale nazionale di 797.488
Per la produzione
regionale, manteniamo i dati del
1990, del 1994 ed inseriamo quelli del 1995 (ultimo anno reso noto
dall'ISTAT con la pubblicazione "I numeri del Lazio - 1999).
Nelle Tabelle 1,
2 e 3 abbiamo riportato in parentesi la classifica regionale.
Nel raffronto, si
nota un recupero nella produttività del Piemonte (era passato dal 5°
all'8° posto, nel 1994, sopravanzato anche da Veneto e Liguria).
Il balzo in avanti più eclatante
è quello della Val d'Aosta che dal centro classifica passa al primo
posto nel 1994, sopravanzando la Lombardia, e lo mantiene nel 1995.
I lombardi
migliorano comunque il livello di produttività rispetto al 1994.
Il Veneto
incrementa notevolmente il valore.
Il Lazio, secondo
per valore assoluto del prodotto interno regionale, sceso dall'8° al 9° posto
per produttività nel 1994,
è appesantito dall
TAB. 1 * (1991)
ANDAMENTO REGIONALE
POPOLAZIONE (dati '91) / PRODUZIONE (dati '91)
Fonte Istat-
Conoscere l'Italia-1995 (classifiche in parentesi)
| %
POPOLAZIONE||
|
||PRODUTTIVITA'|
| REGIONALE ||PRODUZIONE|
% SUL PRODOTTO || rapporto |
| SU TOTALE ||COMPLESS. | INTERNO NAZION.||%
Produzione/|
| ITALIA ||(MLD lire)|
||% Popolazione|
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
| - A - ||
| -
B - || B / A |
R E G I O N
E | peso ||
|
peso
||
|
| demografico ||
|
produttivo ||produttività
|
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
PIEMONTE | 7,530 ( 6°)|| 117.236 | 8,9 ( 3°) || 1,182 ( 5°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
VAL
D'AOSTA | 0,200 (20°)|| 3.244 | 0,2 (20°) || 1,000 (11°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
LOMBARDIA |15,480 ( 1°)|| 261.888 | 20,0 ( 1°) || 1,292 ( 1°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
LIGURIA |
2,977 (11°)|| 44.178 | 3,4 (10°) || 1,142 ( 7°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
TRENTINO
A.A. | 1,543 (16°)|| 24.436 | 1,9 (17°) || 1,231 ( 3°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
VENETO |
7,616 ( 5°)||
114.199 | 8,7 ( 4°) || 1,142 ( 6°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
FRIULI
V.G. | 2,079 (15°)|| 32.339 | 2,5 (12°) || 1,202 ( 4°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
EMILIA
ROM. | 6,803 ( 8°)|| 110.105 | 8,4 ( 5°) || 1,235 ( 2°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
TOSCANA |
6,169 ( 9°)|| 86.096 | 6,6 ( 7°) || 1,070 ( 9°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
MARCHE |
2,486 (13°)|| 34.124 | 2,6 (11°) || 1,046 (10°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
UMBRIA |
1,424 (17°)|| 17.291 | 1,3 (15°) || 0,913 (12°) |
**************|**************||**********|****************||*************|
|
||
| ||
|
L A Z I O | 8,990 ( 4°)|| 133.735 | 10,2 ( 2°) || 1,134 ( 8°) |
|
||
|
||
|
**************|**************||**********|****************||*************|
ABRUZZO |
2,203 (14°)|| 25.329 | 1,9 (16°) || 0,862 (13°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
MOLISE |
0,582 (19°)|| 5.504 | 0,4 (19°) || 0,687 (17°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
CAMPANIA |10,137 ( 2°)|| 92.497 | 7,0 ( 6°) || 0,691 (16°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
PUGLIA |
7,068 ( 7°)|| 67.637 | 5,2 ( 9°) || 0,735 (14°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
BASILICATA | 1,081 (18°)|| 8.523 | 0,6 (18°) || 0,555 (20°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
CALABRIA | 3,729 (10°)|| 27.214 |
2,1 (14°) || 0,563
(19°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
SICILIA |
8,999 ( 3°)|| 78.592 | 6,0 ( 8°) || 0,666 (18°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
SARDEGNA | 2,882 (12°)|| 27.899 | 2,1 (13°) || 0,729 (15°) |
==============|==============||==========|================||=============|
TAB. 2 * (1994)
ANDAMENTO REGIONALE
POPOLAZIONE (dati '94) / PRODUZIONE (dati '94)
Fonte Istat-
Conoscere l'Italia-1997 (classifiche in parentesi)
|
|| PRODOTTO INTERNO
REGIONALE (dati '94) |
| % POPOLAZIONE||
|
||PRODUTTIVITA'|
| REGIONALE ||PRODUZIONE|
% SUL PRODOTTO || rapporto |
| SU TOTALE ||COMPLESS. | INTERNO NAZION.||%
Produzione/|
| ITALIA ||(MLD lire)|
||% Popolazione|
|--------------||----------|----------------||-------------|
| - A - ||
| -
B - || B / A |
R E G I O N
E | peso ||
|
peso
||
|
| demografico ||
|
produttivo ||produttività
|
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
PIEMONTE | 7,504 ( 6°)|| 140.032 | 8,5 ( 5°) || 1,133 ( 8°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
VAL
D'AOSTA | 0,207 (20°)|| 4.377 | 0,3 (20°) || 1,449 ( 1°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
LOMBARDIA |15,560 ( 1°)|| 326.950 | 20,0 ( 1°) || 1,285 ( 2°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
LIGURIA |
2,905 (11°)|| 55.494 | 3,4 (10°) || 1,170 ( 7°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
TRENTINO
A.A. | 1,586 (16°)|| 32.462 | 2,0 (15°) || 1,261 ( 4°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
VENETO |
7,722 ( 5°)||
149.990 | 9,2 ( 3°) || 1,191 ( 6°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
FRIULI
V.G. | 2,080 (15°)|| 40.939 | 2,5 (12°) || 1,202 ( 5°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
EMILIA
ROM. | 6,849 ( 8°)|| 142.650 | 8,7 ( 4°) || 1,270 ( 3°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
TOSCANA |
6,157 ( 9°)||
108.041 | 6,6 ( 7°) || 1,072 (10°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
MARCHE |
2,516 (13°)|| 42.282 | 2,6 (11°) || 1,033 (11°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
UMBRIA |
1,436 (17°)|| 22.473 | 1,4 (17°) || 0,975 (12°) |
**************|**************||**********|****************||*************|
| ||
|
||
|
L A Z I O | 9,068 ( 3°)|| 166.229 | 10,1 ( 2°) || 1,114 ( 9°) |
|
||
|
||
|
**************|**************||**********|****************||*************|
ABRUZZO |
2,214 (14°)|| 32.027 | 2,0 (16°) || 0,903 (13°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
MOLISE |
0,579 (19°)|| 7.108 | 0,4 (19°) || 0,690 (15°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
CAMPANIA |10,033 ( 2°)|| 108.522 | 6,6 ( 6°) || 0,658 (18°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
PUGLIA |
7,117 ( 7°)|| 80.855 | 4,9 ( 9°) || 0,688 (16°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
BASILICATA | 1,066 (18°)|| 11.081 | 0,7 (18°) || 0,656 (19°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
CALABRIA | 3,625 (10°)|| 34.827 | 2,1 (14°) || 0,579 (20°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
SICILIA |
8,875 ( 4°)|| 96.189 | 5,9 ( 8°) || 0,664 (17°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
SARDEGNA | 2,897 (12°)|| 35.970 | 2,2 (13°) || 0,759 (14°) |
==============|==============||==========|================||=============|
TAB. 3 * (1995)
ANDAMENTO REGIONALE
POPOLAZIONE (dati 31.12.'95) / PRODUZIONE (dati '95)
Fonte Istat-
Conoscere l'Italia-1997 - L'economia delle regioni 1999
(classifiche in parentesi)
|
|| PRODOTTO INTERNO
REGIONALE (dati '94) |
| % POPOLAZIONE||
| ||PRODUTTIVITA'|
| REGIONALE ||PRODUZIONE|
% SUL PRODOTTO || rapporto |
| SU TOTALE ||COMPLESS. | INTERNO NAZION.||%
Produzione/|
| ITALIA ||(MLD lire)|
||% Popolazione|
|--------------||----------|----------------||-------------|
| - A - ||
| -
B - || B / A |
R E G I O N
E | peso ||
|
peso
||
|
|
demografico ||
|
produttivo
||PRODUTTIVITÀ |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
PIEMONTE | 7,480 ( 6°)|| 152.316,4| 8,6 ( 5°) || 1,149 ( 8°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
VAL
D'AOSTA | 0,207 (20°)|| 4.766,7| 0,3 (20°) || 1,449 ( 1°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
LOMBARDIA |15,566 ( 1°)|| 356.084,7| 20,1 ( 1°) || 1,291 ( 2°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
LIGURIA |
2,892 (11°)|| 59.930,7| 3,4 (10°) || 1,175 ( 7°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
TRENTINO
A.A. | 1,592 (16°)|| 35.214,0| 2,0 (15°) || 1,256 ( 4°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
VENETO |
7,732 ( 5°)||
165.093,5| 9,3 ( 3°) || 1,202 ( 6°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
FRIULI
V.G. | 2,073 (15°)|| 45.321,4| 2,6 (12°) || 1,254 ( 5°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
EMILIA
ROM. | 6,845 ( 8°)|| 156.323,6| 8,8 ( 4°) || 1,285 ( 3°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
TOSCANA |
6,145 ( 9°)||
116.996,8| 6,6 ( 6°) || 1,074 (10°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
MARCHE |
2,517 (13°)|| 46.071,1| 2,6 (11°) || 1,033 (11°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
UMBRIA |
1,440 (17°)|| 24.494,2| 1,4 (17°) || 0,972 (12°) |
**************|**************||**********|****************||*************|
|
||
|
||
|
L A Z I O | 9,073 ( 3°)|| 177.145, | 10,0 ( 2°) || 1,102 ( 9°) |
|
||
|
||
|
**************|**************||**********|****************||*************|
ABRUZZO |
2,216 (14°)|| 34.664,1| 2,0 (16°) || 0,902 (13°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
MOLISE |
0,578 (19°)|| 7.590,6| 0,4 (19°) || 0,692 (15°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
CAMPANIA |10,050 ( 2°)|| 114.256,7| 6,4 ( 7°) || 0,636 (19°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
PUGLIA | 7,121 ( 7°)|| 86.532,6| 4,9 ( 9°) || 0,688 (16°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
BASILICATA | 1,062 (18°)|| 12.201,5| 0,7 (18°) || 0,659 (17°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
CALABRIA | 3,620 (10°)|| 37.577,7| 2,1 (14°) || 0,580 (20°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
SICILIA |
8,886 ( 4°)||
102.074,9| 5,8 ( 8°) || 0,652 (18°) |
--------------|--------------||----------|----------------||------------
|
SARDEGNA | 2,896 (12°)|| 37.596,9| 2,1 (13°) || 0,725 (14°) |
==============|==============||==========|================||=============|
Un raffronto tra
i dati del 1991, quelli del 1996 e quelli del 1998 (successive tre tabelle)
evidenzia come, a causa della presenza massiccia delle attività legate
all'amministrazione dello Stato, la regione Lazio si collochi al di fuori
dell'andamento nazionale in termini di occupati per settore di attività.
Infatti, nel 1991, il dato relativo al terziario (76,8 per cento) supera di
quasi 16 punti percentuali la media nazionale (61,2 %). Quello relativo
all'occupazione nell'industria colloca la regione al di sotto della media non
solo nazionale, ma dello stesso
Mezzogiorno. L'occupazione in agricoltura è poco più della
metà rispetto ai livelli nazionali.
Il dato relativo
alla disoccupazione mostrava, per il 1991, una dimensione superiore a quello
nazionale ( 11,4 % contro il 10,9 del Paese).
TAB. 4 *
ANNO 1991 - OCCUPATI PER
SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA
SUL TOTALE OCCUPATI e
DISOCCUPATI SULLE FORZE DI LAVORO
(Fonte ISTAT -
Dati 1991) Valori percentuali
|
OCCUPATI PER SETTORE
|| IN CERCA DI |
|
|
| ALTRE || OCCUPAZIONE |
|AGRICOLTURA | INDUSTRIA |
ATTIVITA' ||SU FORZE LAVORO |
-------------------|------------|------------|------------||--------------|
L A Z I
O
| 4,6 | 20,2 | 75,2 || 11,4 |
-------------------|------------|------------|-----------
||--------------|
ITALIA
NORD-CENTRO |
5,8 | 35,7 | 58,5 || 6,5 |
-------------------|------------|------------|-----------
||--------------|
ITALIA
MEZZOGIORNO | 14,6 | 23,6 | 61,8 || 19,9 |
-------------------|------------|------------|-----------
||--------------|
| |
|
||
|
ITALIA
| 8,4 | 32,0 | 59,6 || 10,9 |
-------------------|------------|------------|-----------
||---------------
Nella successiva
tabella 5, riportiamo, per confrontarli
con la precedente, i dati relativi
al 1996.
Come per la
rilevazione precedente, nel 1996 il Lazio sopportava un livello di
disoccupazione superiore rispetto a quello nazionale (12,8 % contro il 12,1 %), avendo una percentuale quasi
doppia rispetto a quella del dato Centro-Nord.
In termini nazionali, è da rilevare
la diminuzione degli occupati in agricoltura, passati dall'8,4 al 7,0
per cento in cinque anni.
TAB. 5 *
ANNO 1996-OCCUPATI PER
SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA
SUL TOTALE OCCUPATI e
DISOCCUPATI SULLE FORZE DI LAVORO
(Fonte ISTAT -
Dati 1996) Valori percentuali
|
OCCUPATI PER SETTORE
|| IN CERCA DI
|
|
| ALTRE || OCCUPAZIONE
|AGRICOLTURA
|INDUSTRIA | ATTIVITA' ||SU
FORZE LAVORO
-------------------|------------|----------|-------------||-------------
L A Z I
O
| 4,5 | 20,1 | 75,5 || 12,8
-------------------|------------|----------|-------------||-------------
ITALIA
NORD-CENTRO |
4,9 | 35,7 | 9,41 || 6,6
-------------------|------------|----------|-------------||-------------
ITALIA
MEZZOGIORNO | 12,3 | 23,5 | 64,2 || 20,1
-------------------|------------|----------|-------------||-------------
|
|
|
||
ITALIA
| 7,0 | 32,2 | 60,8 || 12,1
-------------------|------------|----------|-------------||-------------
Nel il 1998, le
forze di lavoro regionali risultano pari a 2.114.000, gli occupati raggiungono
1.865.000 unità, i disoccupati 249.000. Assistiamo ad una inversione di
tendenza: la percentuale dei cittadini laziali in cerca di occupazione, per la
prima volta dopo anni, non è superiore al valore nazionale (11,8 %), ma
coincide con esso.
Continua invece
la discesa degli occupati nei settori Agricoltura ed Industria, mentre cresce
il Terziario: l'andamento regionale è pertanto in linea con quello
nazionale.
TAB. 6 *
DICEMBRE 1998-OCCUPATI PER
SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA
SUL TOTALE OCCUPATI e
DISOCCUPATI SULLE FORZE DI LAVORO
(Fonte ISTAT -
Dati 31.12.1998) Valori percentuali in grassetto
| OCCUPATI PER
SETTORE
|| IN CERCA DI
|
|
|
ALTRE || OCCUPAZIONE
|AGRICOLTURA | INDUSTRIA
| ATTIVITA' ||SU
FORZE LAVORO
-------------------|------------|------------|--------------||--------------
| 59.000 | 372.000 | 1.433.000 || 249.000
L A Z I
O
| 3,1 | 19,9 | 76,8 || 11,8
-------------------|------------|------------|-------------
||--------------
| 594.000 |
5.337.000 |
8.688.000 ||
1.110.000
ITALIA
NORD-CENTRO | 4,1 | 36,5 | 59,4 || 7,1
-------------------|------------|------------|-------------
||--------------
| 607.000 | 1.393.000 | 3.816.000 || 1.634.000
ITALIA
MEZZOGIORNO | 10,4 | 23,9 | 65,6 || 21,9
-------------------|------------|------------|-------------
||--------------
| 1.201.000 | 6.730.000 |
12.504.000 || 2.745.000
ITALIA
| 5,9 | 32,9 | 61,2 || 11,8
-------------------|------------|------------|-------------
||--------------
Per il Lazio
l'invecchiamento cui sta andando incontro la popolazione, già evidente
con i dati '98, si è fatto più marcato nel 1999: la generazione
dai 5 ai 24 anni contava, nel 1998, 482.000 persone in meno di quella di 25-44
anni; nel 1999, la minore consistenza della generazione più giovane
è passata ad oltre 515.000. A livello nazionale, il differenziale risultava di 4.413.000 nel 1998, passato
a meno 4.838.460 nel 1999.
Quanto al
"movimento naturale" della popolazione, nel 1998, esso è stato
negativo. Per il Lazio: 46.246 nati vivi contro 49.354 decessi (bilancio: -
3.108); per l'Italia: 532.843 nati vivi, contro 576.911 di morti (bilancio: -
44.068). Il leggero aumento di popolazione nazionale complessiva è
assicurato dalla sola immigrazione.
Questo andamento
demografico incide fortemente in alcuni settori: dal sistema pensionistico (nel
1998, erano 21.606.000 le pensioni
pagate dal sistema, di importo medio unitario pari a 14.158.000 [12.980.000
lire, nel 1996] per un totale di oltre 308.898 miliardi di lire) a quello del
mercato delle case.
TAB. 7 *
POPOLAZIONE RESIDENTE PER
CLASSI D'ETA' (Fonte ISTAT 1.1.1999)
| DA
---------------|----------------|--------------------|---------------------|
LAZIO
(1.1998) | 1.165.000 | 1.647.000 |
1.331.000 |
LAZIO
(1.1999) | 1.136.642 | 1.652.785 |
1.350.341 |
---------------|----------------|--------------------|---------------------|
ITALIA
(1.1998)| 13.087.000 | 17.500.000 |
14.275.000 |
ITALIA
(1.1999)| 12.786.098 | 17.624.558 |
14.353.275 |
---------------|----------------|--------------------|---------------------|
La successiva
tabella 8 mostra la distribuzione della popolazione regionale del Lazio.
Spicca il dato
del Comune di Roma dove risiede il 50,32 per cento degli abitanti del Lazio, comunque
in calo rispetto al 1990, quando
superava il 53 per cento.
In termini nazionali, nel Lazio risiede il
9,11 della popolazione italiana;
nella provincia di Roma il 6,60; nel solo
comune di Roma il 4,58 per
cento del totale nazionale.
TAB. 8 *
POPOLAZIONE RESIDENTE NEI
CAPOLUOGHI DI PROVINCIA E NEI COMUNI DELLA PROVINCIA
DIVERSI DAL CAPOLUOGO [ dati ISTAT
al 4.1998]
| CAPOLUOGHI |ALTRI COMUNI| | POPOLAZIONE|
| DI
|DIVERSI DAL | |TOTALE DELLA|
| PROVINCIA | CAPOLUOGO | |
PROVINCIA |
-----------|------------|------------| |------------|
FROSINONE | 47.725 | 446.829 | | 494.554 |
-----------|------------|------------| |------------|
LATINA
| 113.239 | 394.755 | | 507.994 |
-----------|------------|------------| |------------|
RIETI
| 45.971
| 104.641 | | 150.612 |
-----------|------------|------------| |------------|
ROMA
| 2.640.454 | 1.161.495 | | 3.801.949 |
-----------|------------|------------| |------------|
VITERBO | 60.235 | 231.777 | | 291.277 |
-----------|------------|------------| |------------|
LAZIO
| 2.907.624 | 2.339.4970 |
| 5.247.121 |
-----------|------------|------------| |------------|
ITALIA
| ////// | /////// | | 57.563.354 |
La tabella 9 mostra i dati relativi al
rapporto tra il numero dei comuni e quello dei comuni serviti da banche. Il dato regionale medio è appena
inferiore a quello nazionale ( 71,35 per cento contro il 73,37 dell'Italia).
Tra i dati provinciali sui comuni "bancati"
spiccano, in positivo, quelli di Viterbo (95 per cento) e di Latina
(oltre il 90); in negativo ancora quello di Rieti con solo il 46,57 per
cento dei comuni servito da banche.
TAB. 9 *
NUMERO DI COMUNI PER
PROVINCIA E
NUMERO DI COMUNI SERVITI
DA BANCHE
[ Fonti: ISTAT (1.1.1998) e Bankitalia Bollettino
statistico n°1-2000 ]
| COMUNI DELLA PROVINCIA| |COMUNI SERVITI DA BANCHE|
| % Comuni |
|-----------------------| |------------------------| |serviti su|
| Numero|
% su | % su | | Comuni|
% su | % su | |tot.comuni|
| comuni| LAZIO | ITALIA|
|serviti| LAZIO | ITALIA | |della prov.
-------------|-------|-------|-------|
|-------|-------|--------| |----------|
FROSINONE | 91 | 24,20| 1,12 | | 64 |
23,79| 1,14 | | 70,30 |
-------------|-------|-------|-------|
|-------|-------|--------| |----------|
LATINA | 33 | 8,77| 0,40 | | 30 |
11,15| 0,50 | | 90,91 |
-------------|-------|-------|-------|
|-------|-------|--------| |----------|
RIETI
| 73 | 19,41| 0,90 | | 34 |
12,63| 0,57 | | 46,57 |
-------------|-------|-------|-------|
|-------|-------|--------| |----------|
ROMA
| 120 | 31,65| 1,47 | | 84 |
31,22| 1,41 | | 70,00 |
-------------|-------|-------|-------|
|-------|-------|--------| |----------|
VITERBO | 60 | 15,95| 0,74 | | 57 |
21,19| 0,96 | | 95,00 |
=============|=======|=======|=======|
|=======|=======|========| |==========|
LAZIO
| 377 | ///// | 4,64 | | 269 | ///// | 4,52 | | 71,35 |
-------------|-------|-------|-------|
|-------|-------|--------| |----------|
ITALIA | 8.100 |
///// | ///// | | 5.943 | ////
| ///// | | 73,37 |
------------------------------------------------------------------------------
Le 2 tabelle che seguono (10 e 11)
forniscono la distribuzione di banche con sede nel Lazio e la
distribuzione degli sportelli relativi. Per entrambe è
fortemente dominante la Capitale.
TAB. 10 *
AZIENDE DI CREDITO CON
SEDE CENTRALE NEL LAZIO
Fonte Bankitalia - Bollettino statistico n° 1-2000
| TOTALE | % SU | % SU|
| BANCHE |LAZIO |ITALIA|
------------
|--------|------|------|
FROSINONE | 6 |
8,2 | 0,64 |
-------------|--------|------|------|
LATINA | 4 |
5,5 | 0,42 |
-------------|--------|------|------|
RIETI
| 2 |
5,5 | 0,53 |
-------------|--------|------|------|
ROMA
| 47 | 68,5 | 5,00 |
-------------|--------|------|------|
VITERBO | 8 | 12,3 | 1,06 |
-------------|--------|------|------|
LAZIO | 67 | //// | 7,63 |
-------------|--------|------|------|
ITALIA | 877 |
////| //// |
TAB. 11 *
AZIENDE DI CREDITO
NUMERO DI SPORTELLI NEL
LAZIO - Disaggregazione
(Fonte Bankitalia-
Bollettino statistico n° 1-2000)
| BANCHE |
BANCHE | BANCHE | BANCHE | IST.CENTR.| |
|MEDIO/LUNGO| S.P.A. | POPOLARI |CRED.COOP.
|DI CATEGORIA |
|NUM. | % SU| NUM.| % SU|NUM.
| % SU|NUM. | % SU|NUM. | %
SU| | TOTALE | % SU | %
SU |
|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|
| SPORTELLI| LAZIO | ITALIA |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
FROSINONE | 0 | 0 | 111| 6,7| 29 | 11,9| 14| 9,8| 0 | 0| | 154 | 7,5 | 0,6 |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
LATINA | 0 | 0 | 104| 6,3| 29 | 11,9| 8| 5,6| 0 | 0| | 141 | 6,8 | 0,5 |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
RIETI
| 0 | 0 | 57| 3,4| 10 | 4,1| 8| 5,6| 0 | 0| | 75 | 3,6 | 0,3 |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
ROMA
| 14 | 100 |1.251| 75,5| 166
| 68,0| 86| 60,1| 4 | 100| | 1.523 |
73,8 | 5,6 |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
VITERBO | 0 | 0 | 134| 8,4| 10 | 4,1| 27| 18,9| 0 | 0| | 171 | 8,3 | 0,6 |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
LAZIO
| 14 | 13,9|1.657| 8,30| 244
| 5,8| 143| 5,0| 4 | 13,3| | 2.064 |
//// | 7,6 |
-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|
|----------|-------|--------|
ITALIA | 108 | //
|19.947| // |4.205| // |2.862| // | 30 | // | | 27.132 |
//// | //// |
-------------------------------------------------------------------------|
|----------|-------|--------|
La tabella n°
12 riporta i tassi medi applicati dal sistema bancario agli impieghi ed ai
depositi.
Il Lazio sopporta un maggior onere per
i livelli di tasso sugli affidamenti (quasi il 2 per cento in più rispetto
al dato nazionale) e migliora leggermente il dato sulla remunerazione dei
depositi (più 0,4 per cento).
TAB. 12*
TASSI DI INTERESSE MEDI
APPLICATI AL DICEMBRE 1999
(Fonte Bankitalia-Bollettino
Stat. 1/2000)
|TASSI SU IMPIEGHI
TASSI SU DEPOSITI
passivi per
attivi per
il cliente | il cliente
-------------|------------------|--------------------|
LAZIO
12,44 %
1,84 %
-------------|------------------|--------------------|
ITALIA
10,48 %
1,45 %
-------------|------------------|--------------------|
La tabella successiva evidenzia lo scarso peso contrattuale
degli operatori economici laziali (famiglie comprese) rispetto ai livelli nazionali. I tassi
applicati sono sempre superiori alla media.
Perfino la Pubblica amministrazione,
che ha nel Lazio, un peso preponderante rispetto al resto del Paese (inferiore
solo a Lombardia e Campanioa), non ha la forza o non
sembra interessata a spuntare tassi adeguati (6 per cento contro il 5,3 del
dato nazionale.
TAB. 13 *
TASSI A BREVE ATTIVI (PER LE BANCHE)
SU FINANZIAMENTI PER CASSA - PER ATTIVITA'
ECONOMICA
(Fonte Bankitalia-Bollettino
Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)
LAZIO
ITALIA
----------------------|------------------|--------------------|
PUBBLICA AMM.NE
6,01 %
5,30 %
----------------------|------------------|--------------------|
SOCIETA' FINANZIARIE 4,60 %
4,61 %
----------------------|------------------|--------------------|
INDUSTRIA
5,46 %
5,13 %
----------------------|------------------|--------------------|
EDILIZIA
7,37 %
7,08 %
----------------------|------------------|--------------------|
SERVIZI
6,72 %
5,99 %
----------------------|------------------|--------------------|
FAMIGLIE PRODUTTRICI 9,62 %
8,16 %
----------------------|------------------|--------------------|
FAMIGLIE CONSUMATRICI 8,50 %
6,79 %
----------------------|------------------|--------------------|
La tabella 14 conferma quanto
evidenziato in precedenza: gli operatori del Lazio sono gravati da tassi
superiori (da
TAB. 14 *
TASSI A BREVE ATTIVI (PER LE BANCHE)
SU FINANZIAMENTI PER CASSA - PER CLASSI DI GRANDEZZA
(Fonte Bankitalia-Bollettino
Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)
LAZIO
ITALIA
----------------------|------------------|--------------------|
FINO A 250 MLN
12,44 %
10,48 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 250 MLN A 500 MLN 10,85 %
8,99 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 500 MLN A 1 MLD
9,70 %
7,78 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 1 MLD A 2 MLD
8,81 %
6,86 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 2 MLD A 5 MLD
7,93 %
6,03 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 5 MLD A 10 MLD
6,79 %
5,38 %
----------------------|------------------|--------------------|
OLTRE 10 MLD
5,76 %
4,89 %
----------------------|------------------|--------------------|
Nella tabella 15 riportiamo i tassi di
remunerazione dei depositi (passivi per la banca).
Il Lazio recupera su tutte le voci di
attività economica tranne che per i depositi della Pubblica
amministrazione, il cui tasso coincide con quello nazionale (2,55 per cento).
TAB. 15 *
TASSI NOMINALI PASSIVI (PER LE BANCHE)
SUI DEPOSITI - PER ATTIVITA' ECONOMICA
(Fonte Bankitalia-Bollettino
Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)
LAZIO
ITALIA
----------------------|------------------|--------------------|
PUBBLICA AMM.NE
2,55 %
2,55 %
----------------------|------------------|--------------------|
SOCIETA' FINANZIARIE 3,08 %
2,53 %
----------------------|------------------|--------------------|
INDUSTRIA
1,72 %
1,63 %
----------------------|------------------|--------------------|
EDILIZIA
1,50 %
1,36 %
----------------------|------------------|--------------------|
SERVIZI
1,80 %
1,64 %
----------------------|------------------|--------------------|
FAMIGLIE PRODUTTRICI 1,46 %
1,32 %
----------------------|------------------|--------------------|
FAMIGLIE CONSUMATRICI 1,61 %
1,69 %
----------------------|------------------|--------------------|
La successiva tabella 16 evidenzia il
recupero, in termini di remunerazione del conto, dei correntisti laziali su
quelli nazionali. Notevole il dato relativo ai depositi superiori al miliardo:
i depositanti laziali spuntano una remunerazione del 2,60 per cento, contro il
2,25 nazionale.
TAB. 16 *
TASSI NOMINALI PASSIVI (PER LE BANCHE)
SUI DEPOSITI IN CONTO CORRENTE - PER CLASSI DI GRANDEZZA
(Fonte Bankitalia-Bollettino
Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)
LAZIO
ITALIA
----------------------|------------------|--------------------|
FINO A 50 MLN
0,96 %
0,86 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 50 MLN A 100 MLN
1,10 %
0,98 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA 100 MLN A 250 MLN 1,25 %
1,12 %
----------------------|------------------|--------------------|
DA
----------------------|------------------|--------------------|
DA 500 MLN A 1 MLD 1,46 %
1,42 %
----------------------|------------------|--------------------|
OLTRE 1 MLD
2,60 %
2,25 %
----------------------|------------------|--------------------|
(Fonte
Bankitalia - Bollettino Statistico n° 1/2000 -
dati al 12.1999)
Le tabelle relative ad Impieghi e
Depositi (Tabb. n° 13 e
14) evidenziano la posizione della provincia di Roma con
l'aggregazione di oltre il 93 per cento della voce "impieghi"
(era dell' 82 per cento nel '98) e di oltre l' 88 per cento dei depositi (era
dell' 86 per cento).
Evidenziano altresì il calo percentuale degli impieghi regionali su
quelli nazionali (16,12 per cento contro il 17,35 del 1998). Ciò
dimostra che il Lazio ancora non riesce ad approfittare della ripresa in via di
realizzazione. Leggermente in crescita il peso dei depositi (11,86 per cento
contro l'11,15 del 1998).
Le successive specifiche tabelle (n° 15 e 16)
per settore di attività economica permettono di
rilevare la evidente maggiore incidenza della Pubblica
amministrazione su Impieghi e Depositi della regione rispetto al
dato nazionale.
Diminuisce rispetto al 1998 il peso
degli "impieghi" (63,28 per cento, contro il 66,88 del 1998) della
Pubblica Amministrazione, ma aumenta il corrispondente valore dei
"depositi" ( 45,9 per cento, contro il 42,48 del 1998).
Continua la posizione di "disinteresse"
mostrato dalle banche operanti nella Capitale nei confronti dei problemi
del territorio, della scarsa attenzione e di un ancora minore
supporto verso gli operatori
economici e produttivi della zona di influenza, tessuto produttivo e della
piccola utenza, essendo più redditizio e meno impegnativo dedicare
attenzione e cura ai grandi enti statali e parastatali, per altro in via di
ridimensionamento (privatizzazioni, eliminazioni ecc.).
TAB. 17 *
I M P I E G H I B A N C A R I
in
miliardi di lire
(Fonte Bankitalia Boll.
Statistico n° 1-2000 -dati dicembre 1999)
PER LOCALIZZAZIONE DEGLI SPORTELLI (provincia)
| % su | % su |
| TOTALE | LAZIO |ITALIA |
----------|------------|-------|-------|
FROSINONE
| 4.689
| 1,85 | 0,30 |
----------|------------|-------|-------|
LATINA | 6.383 | 2,51 | 0,40 |
----------|------------|-------|-------|
RIETI | 1.171 | 0,46 | 0,07 |
----------|------------|-------|-------|
ROMA | 237.404 | 93,64 | 15,13 |
----------|------------|-------|-------|
VITERBO | 3.873 | 1,53 | 0,25 |
----------|------------|-------|-------|
LAZIO | 253.520 | ///// | 16,12 |
----------|------------|-------|-------|
ITALIA | 1.572.495
|
TAB. 18 *
D E P O S I T I B A N C A R I
(in miliardi di lire)
(Fonte Bankitalia Boll.no
statistico n° 1-2000 - dati dicembre 1999)
PER LOCALIZZAZIONE DEGLI SPORTELLI (provincia)
|
| % su | % su |
| TOTALE | LAZIO |ITALIA |
----------|------------|-------|-------|
FROSINONE
| 4.374
| 3,67 | 0,43 |
----------|------------|-------|-------|
LATINA | 5.001 | 4,20 | 0,50 |
----------|------------|-------|-------|
RIETI | 1.452 | 1,22 | 0,14 |
----------|------------|-------|-------|
ROMA | 104.833 | 88,07 | 10,45 |
----------|------------|-------|-------|
VITERBO | 3.370 | 2,83 | 0,34 |
----------|------------|-------|-------|
LAZIO | 119.030 | ///// | 11,86 |
----------|------------|-------|-------|
ITALIA
1.003.228
|
----------------------------------------
Nelle due tabelle che seguono,
riportiamo impieghi e depositi disaggregati per settori di
attività economica. La
"pubblica amministrazione" conferma i due terzi del totale degli impieghi nazionali di
settore (anche se in calo), ed il
40 per cento dei depositi. La somma delle relative colonne non coincide con il
TOTALE riportato perché questo è comprensivo di "Dati non
ripartibili".
TAB. 19 *
IMPIEGHI
PER SETTORI DI ATTIVITA'
ECONOMICA
(Fonte Bankitalia - Boll.no
statistico n° 1-2000)
(Dati al 12.1999 - in miliardi di lire)
SETTORE ECONOM. |
|
| % LAZIO SU |
| LAZIO | ITALIA | ITALIA |
================|============|=============|============|
AMMINISTRAZIONI
|
|
|
|
PUBBLICHE | 75.749 | 119.695 | 63.28 |
----------------|------------|-------------|------------|
IMPRESE e
IST.NI|
|
|
|
SOCIALI PRIVATE
| 123.210 | 1.026.135 | 12,01 |
----------------|------------|-------------|------------|
FAMIGLIE
| |
|
|
PRODUTTRICI | 6.675 | 112.248 | 5,94 |
----------------|------------|-------------|------------|
FAMIGLIE
|
|
|
|
CONSUMATRICI+ALTRI 38.963 | 314.406 | 12.39 |
================|============|=============|============|
|
|
|
|
TOTALE
| 244.596 | 1.572.495 | 15,55 |
----------------|------------|-------------|------------|
TAB. 20 *
DEPOSITI
PER SETTORI DI ATTIVITA'
ECONOMICA
(per localizzazione degli sportelli)
(DATI al 12.1999- in miliardi di lire)
SETTORE ECONOM. |
|
| % LAZIO SU |
| LAZIO | ITALIA | ITALIA |
================|============|=============|============|
AMMINISTRAZIONI
|
|
|
|
PUBBLICHE | 16.586 | 36.130 | 45,9 |
----------------|------------|-------------|------------|
IMPRESE e
IST.NI|
|
|
|
SOCIALI PRIVATE
| 32.720 | 234.919 | 13,93 |
----------------|------------|-------------|------------|
FAMIGLIE
|
|
|
|
PRODUTTRICI | 3.790 | 53.170 | 7,13 |
----------------|------------|-------------|------------|
FAMIGLIE
|
|
|
|
CONSUMATRICI+ALTRI 70.806 | 678.947 | 10,43 |
================|============|=============|============|
|
|
|
|
TOTALE
| 123.914 | 1.003.228| 12,35 |
----------------|------------|-------------|------------|
Le due tabelle che seguono,
forniscono i dati (dicembre 1999)
relativi ai finanziamenti non di breve termine.
Per il Lazio, essi ammontano ad
oltre 134mila miliardi di lire, di cui circa 130 "non
agevolati" e 4 mila "agevolati". Va notato il calo
generale dei finanziamenti "agevolati" (meno 4 mila miliardi circa a livello
nazionale, e meno 758 per il Lazio). Il dato regionale risulta pari al 5,95 per cento (in calo rispetto al
1998: 6,6 ) dei finanziamenti "agevolati" nazionali, che
superano i 74 mila miliardi
di lire.
Il dato nazionale dei finanziamenti
"agevolati" è pari al 10 per cento (in calo rispetto al
13,7 del 1998) del totale finanziamenti, che ammontano a 741.810
miliardi.
La regione Lazio acquisisce
quindi agevolazioni ben al di sotto della media nazionale (circa il
6 per cento, contro il 10).
Fa riflettere, ancor di più il dato regionale relativo ai
finanziamenti agevolati per l'acquisto di immobili, pari all' 1,45 per cento
del valore nazionale, addirittura in calo rispetto all' 1,92 del 1998.
TAB. N° 21 *
FINANZIAMENTI
N O N A G E V O L A T
I -
OLTRE IL BREVE TERMINE - PER DESTINAZIONE
(Fonte Bankitalia - Dati dicembre 1999 - in
miliardi di lire)
| LAZIO | ITALIA | PERCENTUALE |
|
|
| LAZIO/ITALIA |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
COSTRUZIONI | 26.356 |
127.745 | 20,63 % |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
ATTREZZATURE | 25.392 | 123.261 | 20,60 % |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
ACQ. IMMOBILI | 20.751 |
167.886 | 12,36 % |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
ALTRE DESTINAZ.| 57.037 |
248.801 | 22,92 % |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
TOTALE
|
129.536 |
667.693 | 19,40 % |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
TAB. N° 22 *
FINANZIAMENTI A G E V O L A T I
OLTRE IL BREVE TERMINE - PER DESTINAZIONE
(Fonte Bankitalia - Dati dicembre 1999- in miliardi
di lire)
| LAZIO | ITALIA | PERCENTUALE |
|
|
| LAZIO/ITALIA |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
COSTRUZIONI | 1.388 |
22.133 | 6,27
% |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
ATTREZZATURE | 2.292 |
32.926 | 6,96
% |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
ACQ. IMMOBILI |
83 |
5.722 | 1,45
% |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
ALTRE DESTINAZ.|
647 |
13.336 | 4,85
% |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
TOTALE
|
4.410 |
74.117 | 5,95
% |
---------------|---------------|------------------|-----------------|
(Fonte
Bankitalia: Bollettini statistici - Dati
dicembre 1999)
Affidamenti, sofferenze
bancarie, concentrazione del rischio.
La tabella che segue
riporta la situazione disaggregata del Lazio in termini di
affidamenti.
Si può notare come la regione
continui a cedere rispetto al dato nazionale per gli affidamenti
tra i 500 milioni ed i 50 miliardi, fascia tipica di utilizzo del settore
industriale, mentre recupera al di sotto ed al di sopra di quei limiti.
TAB. 23 *
CENTRALE DEI RISCHI
DISTRIBUZIONE PER CLASSI DI
GRANDEZZA
DELLE POSIZIONI GLOBALI DI
RISCHIO PER CASSA
(Numeri in unità - Consistenze in miliardi
di lire - Dati 12.1999)
|
NUMERO DI | FIDI ACCORDATI | FIDI UTILIZZATI
|
AFFIDATI
|
consistenze
| consistenze
|-----------------------|-----------------------|-----------------------
CLASSI DI | | |% LAZIO| | |% LAZIO| | |% LAZIO
AFFIDAMENTO | LAZIO | ITALIA|SU
ITAL| LAZIO | ITALIA|SU ITAL| LAZIO | ITALIA|SU ITAL
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 150 MIL. |
|
|
A 250 MIL. | 34.287|387.952| 8,80 | 6.328| 71.822| 8,81 | 5.652| 60.017| 9,41
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 250 MIL. |
|
|
A 500 MIL. | 15.735|214.309| 7,34 | 5.274| 72.945| 7,23 | 4.299| 55.652| 7,72
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 500 MIL. |
|
|
A 999 MIL. | 7.742|127.193| 6,08 | 5.271| 87.707| 6,01 | 4.029| 61.666| 6,53
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 1 MLD |
|
|
A 5 MLD | 7.638|130.849| 5,83 | 15.701|269.924| 5,82 | 12.121|182.534| 6,64
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 5 MLD |
|
|
A 9,9 MLD | 1.176| 18.674| 6,30 | 8.094|128.632| 6,29 | 6.269| 83.904| 7,47
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 10 MLD |
|
|
A 50
MLD | 1.081| 114.583 7,41 | 20.399|289.702| 7,05 | 15.620|177.579| 8,80
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
DA 50 MLD |
|
|
E OLTRE | 319| 3.082| 10.35 |178.997|851.622| 21,01
|136.255|552.768| 24,65
--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------
I dati al dicembre 1999 della Banca
d'Italia indicano in 114.292
miliardi di lire le sofferenze "rettificate" del sistema bancario. Di
questi, 98.686 miliardi sono appannaggio delle banche a breve termine, mentre 15.556 ad
istituti a medio-lungo termine. 27.935 miliardi sono
assistiti da garanzie reali.
Non siamo riusciti a reperire dati
disaggregati sulla consistenza delle sofferenze laziali.
Il Bollettino statistico della Banca
d'Italia riporta, per regione, grandezze relative ai flussi:
in Italia, nell'ultimo trimestre 1999, si sono
avuti 3.998 miliardi di nuove sofferenze, mentre sono ne cessate per 5.365. Nel
Lazio i dati si attestano su 1.255 miliardi di nuove, e su 2.645 miliardi di
cessate. Nello stesso periodo, sono 4.415 i nuovi clienti in sofferenza; 12.666
hanno invece cessato di esserlo.
Anche per il 1999, la tabella
successiva mette in evidenza un aspetto peculiare delle banche operanti
nella nostra regione per quanto riguarda la concentrazione degli
affidamenti sui primi 20 o 50 clienti.
Il confronto con il dato nazionale
è illuminante: i grandi enti statali e parastatali, primari
clienti delle banche operanti nella capitale, accentrano oltre la
metà del monte fidi accordato ed utilizzato. Gli stessi dati, per
l'Italia, non superano il 18 per cento.
Scrivevamo nello "Studio sul
sistema bancario nel Lazio" di due anno fa: "Questo dato fornisce
ulteriori elementi probanti al giudizio che da più parti viene
espresso circa la scarsa attenzione del sistema bancario
particolarmente nel Lazio) nei confronti del tessuto economico e
produttivo della "zona di influenza": Quando i primi 50
affidati della regione Lazio accentrano quasi il 60 per cento delle
somme accordate in affidamento, perché spendere energie (in
studi, supporti finanziari, consulenze, cure) per gli oltre 75.000
affidati rimanenti?"
TAB. 24 *
CONCENTRAZIONE DEI FINANZIAMENTI CASSA
CLASSIFICATI SECONDO IL RISCHIO GLOBALE
(Localizzazione dell'affidato- Miliardi di lire)
(Fonte Bankitalia- Dati:
Dicembre 1999)
|
MONTE-FIDI ACCORDATO
| |
MONTE-FIDI UTILIZZATO |
-----------|-----------------||------------------|
|-----------------||------------------|
| REGIONE | % SU ||
| % SU | | REGIONE | %
SU ||
| % SU |
| LAZIO |TOTALE || ITALIA(*)| TOTALE| |
LAZIO | TOTALE|| ITALIA(*)| TOTALE|
-----------|---------|-------||----------|-------|
|---------|-------||----------|-------|
PRIMI 20 |
|
||
|
| |
|
||
|
|
AFFIDATI | 120.618 | 50,10 || 203.603 | 11,43 | | 96.548 | 51,50 || 157.244 | 13,20 |
-----------|---------|-------||----------|-------|
|---------|-------||----------|-------|
PRIMI 50 |
|
||
|
| |
|
||
|
|
AFFIDATI | 142.271 | 59,11 || 288.839 | 16,21 | | 109.581 | 58,40
|| 218.969 | 18,38 |
-----------|---------|-------||----------|-------|
|---------|-------||----------|-------|
TOTALE |
|
||
|
| |
|
||
|
|
AFFIDATI | 240.798 | ///
||1.780.917 | /// | | 187.553 | ///
||1.191.459 | /// |
-----------|---------|-------||----------|-------|
|---------|-------||----------|-------|
(*) Comprende anche i rischi
segnalati dalle filiali estere di enti creditizi italiani.
La tabella che segue mette in
evidenza come decadano velocemente i rapporti di fido con più
banche: i monoaffidati laziali sono
l' 8,45 per cento rispetto al totale nazionale, mentre coloro che sono
affidati con più di quattro banche si collocano al di sotto del 4.
Il pluriaffidamento
è infatti tipico del tessuto industriale, non pesantissimo nella
regione.
TAB. 25 *
PLURIAFFIDAMENTO - NUMERO DI
AFFIDATI
(Fonte Bankitalia - Dati Dicembre 1999)
| LAZIO | ITALIA | LAZIO SU ITALIA |
----------------|-----------|-------------|-----------------|
MONOAFFIDATI | 67.251 | 795.425 | 8,45 % |
----------------|-----------|-------------|-----------------|
2 AFFIDAMENTI | 8.728 | 134.804 | 6,47 % |
----------------|-----------|-------------|-----------------|
3/4 AFFID. | 4.392 | 84.599 | 5,19 % |
----------------|-----------|-------------|-----------------|
OLTRE 4 AFFID. | 1.950 | 50.241 | 3,88 % |
----------------|-----------|-------------|-----------------|
TOTALE
AFFIDATI | 82.321 | 1.065.069 | 7,73 % |
TAB. 26 *
PROVINCIA DI FROSINONE
DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI
(Fonte Bankitalia - Bollettino statistico 1/2000
Dati 12.1999)
(In
miliardi di lire)
|
IMPIEGHI
| |
DEPOSITI
|
COMUNE |
| % su | % su | |
| % su | % su |
| TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO | | TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
FROSINONE | 2.141 | 45,6 | 0,84 | | 1.127 | 25,76 | 0,95 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ALATRI | 148
| 3,15 |
0,06 | | 153
| 3,50 | 0,13 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ANAGNI | 280
| 5,97 |
0,11 | | 240
| 5,48 | 0,20 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ATINA |
28 | 0,60 |
0,01 | | 120
| 2,74 | 0,10 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
CASSINO | 673
| 14,35 |
0,27 | | 500
| 11,43 | 0,42 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
FIUGGI | (*) |
|
| | (*)
|
|
|
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
PONTECORVO|
68 | 1,45 |
0,03 | | 131
| 2,99 | 0,11 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
SORA | 374
| 7,98 |
0,16 | | 383
| 8,76 | 0,32 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
PROVINCIA | 4.689 | //// | 1,85 | | 4.374 | ///// | 3,67 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LAZIO | 253.520 | //// | //// | | 119.030 | ///// | //// |
---------------------------------------------------------------------------|
(*) Per il comune di Fiuggi,
fino al Dicembre 1995 i dati sono stati coperti da vincolo di
riservatezza.
Dal Bollettino Statistico 1/1999
la voce relativa al comune di Fiuggi non esiste più.
TAB. 27 *
DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI
(Fonte Bankitalia -Bollettino Stat.1/2000
Dati Dicembre 1999)
(in miliardi di lire)
|
IMPIEGHI
| |
DEPOSITI
|
COMUNE |
| % su | % su | |
| % su | % su |
| TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO | | TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LATINA | 3.263 | 51,12 |
1,28 | | 1.501 | 30,01 | 1,26 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
APRILIA | 679
| 10,63 |
0,27 | | 594
| 11,88 | 0,50 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
CISTERNA | 339
| 5,31 |
0,13 | | 253
| 5,06 | 0,21 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
FORMIA | 337
| 5,28 |
0,13 | | 402
| 8,04 | 0,34 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
GAETA | 172
| 2,70 |
0,06 | | 224
| 4,48 | 0,19 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
TERRACINA | 477
| 7,47 |
0,19 | | 393
| 7,86 | 0,33 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
PROVINCIA | 6.383 | //// | 2,51 | | 5.001 | ///// | 4,20 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LAZIO | 253.520 | //// | //// | | 119.030 | ///// | //// |
---------------------------------------------------------------------------|
TAB. 28 *
DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI
(Fonte Bankitalia -Bollettino Stat.
1/2000 - Dati dicembre 1999)
(in miliardi di lire)
|
IMPIEGHI
| |
DEPOSITI
|
COMUNE |
| % su | % su | |
| % su | % su |
| TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO | | TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO |
-----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
RIETI | 825
| 70,45 |
0,33 | | 734
| 50,55 | 0,61 |
-----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
CITTADUCALE|
30 | 2,56 |
0,01 | |
72 | 4,96 | 0,06 |
-----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
P.MIRTETO |
77 | 6,58 |
0,03 | | 106
| 7,30 | 0,09 |
-----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
PROVINCIA | 1.171 | //// | 0,46 | | 1.452 | ///// | 1,22 |
-----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LAZIO | 253.520 | //// | //// | | 119.030 | ///// | //// |
----------------------------------------------------------------------------|
TAB. 29 *
DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI
(Fonte
Bankitalia -Bollettino Stat. 1/2000 Dati dicembre
1999)
(in miliardi di lire)
|
IMPIEGHI
| |
DEPOSITI
|
COMUNE |
| % su | % su | | | % su | % su |
| TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO | | TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ROMA | 226.526 | 95,41 | 89,35 | | 94.223 | 89,88 | 79,16 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ALBANO L. | 1.144 | 0,48 |
0,45 | | 421
| 0,40 | 0,35 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ANZIO | 302 | 0,13 |
0,12 | | 303
| 0,29 | 0,25 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ARICCIA | 237
| 0,10 |
0,09 | | 163
| 0,16 | 0,14 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
CERVETERI | 137
| 0,05 |
0,04 | | 182
| 0,17 | 0,15 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
CIAMPINO | 338
| 0,14 |
0,13 | | 444
| 0,42 | 0,37 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
C.VECCHIA | 843
| 0,36 |
0,33 | | 568
| 0,54 | 0,48 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
FIUMICIN0 | 354
| 0,15 |
0,14 | | 469
| 0,45 | 0,39 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
FRASCATI | 695
| 0,29 |
0,27 | | 451
| 0,43 | 0,38 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
GENZANO | 220
| 0,09 |
0,08 | | 283
| 0,27 | 0,24 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
GUIDONIA M| 564
| 0,24 |
0,22 | | 575
| 0,55 | 0,48 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LADISPOLI | 284
| 0,12 |
0,11 | | 186
| 0,18 | 0,16 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
MARINO | 273
| 0,11 |
0,10 | | 411
| 0,39 | 0,35 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------| M.ROTONDO | 310
| 0,13 |
0,12 | | 302
| 0,29 | 0,25 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
NETTUNO | 238
| 0,10 |
0,09 | | 376
| 0,36 | 0,32 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
POMEZIA | 1.241 | 0,52 |
0,49 | | 790
| 0,75 | 0,66 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
TIVOLI | 439
| 0,18 |
0,17 | | 491
| 0,47 | 0,41 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
VELLETRI | 597
| 0,25 |
0,24 | | 568
| 0,54 | 0,48 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
PROVINCIA | 237.404 | //// | 93,64 | | 104.833 | ///// | 88,07 |
----------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LAZIO | 253.529 | //// | //// | | 119.030 | ///// | //// |
TAB. 30 *
DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI
(Fonte Bankitalia - Bollettino Stat.
1/2000 - Dati dicembre 1999)
(in miliardi di lire)
|
IMPIEGHI
| |
DEPOSITI
|
COMUNE |
| % su | % su | |
| % su | % su |
| TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO | | TOTALE |PROVINCIA|
LAZIO |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
VITERBO | 1.764 | 45,55 |
0,70 | |
1.013| 30,05 | 0,85 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
ACQUAPENDENTE 134
| 3,46 |
0,05 | | 102
| 3,03 | 0,09 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
C.CASTELLANA| 311
| 8,03 |
0,12 | | 202
| 6,00 | 0,17 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
MONTALTO d.C|
78 | 2,03 |
0,03 | |
68 | 2,02 | 0,06 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
M.FIASCONE | 148
| 3,82 |
0,06 | | 164
| 4,87 | 0,14 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
TARQUINIA | 252 | 6,51 |
0,10 | | 192
| 5,70 | 0,16 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
TUSCANIA |
90 | 2,32 |
0,04 | |
71 | 2,11 | 0,06 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
VETRALLA | 103
| 2,66 |
0,04 | | 108
| 3,20 | 0,09 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
PROVINCIA | 3.873 | //// | 1,53 | | 3.370 | ///// | 2,83 |
------------|------------|---------|-------| |------------|---------|-------|
LAZIO | 253.520 | //// | //// | | 119.030 | ///// | //// |
-----------------------------------------------------------------------------|
Di Mauro
Novelli (1998)
A. CARATTERISTICHE
Con il mutuo fondiario una banca concede al cliente un prestito per
l’acquisto di un immobile sul quale accendera’
una ipoteca a garanzia del rimborso di quanto dovuto secondo il contratto di
mutuo sottoscritto.
I tassi di interesse che le banche richiedono per finanziare l?acquisto di una
casa tramite l’accensione di un mutuo sono attualmente, in media, del
5,75 / 7 per cento sia per tassi variabili che fissi.
La durata di un mutuo varia, in Italia, dai 5 ai 20 anni, con una media di 11 anni.Nei paesi del nord Europa la media si aggira attorno
ai 25 anni). Una curiosità: in Giappone la vita media di un mutuo
è di circa 35 anni; esistono mutui di 75 anni.
(B) SPESE DA AFFRONTARE
Oltre al tasso di interesse l’acquirente deve affrontare altre spese:
1) Spese di istruttoria ( cioè per dare inizio alla pratica) oggi in
media tra le 400.000 e le 600.000 lire;
2) Spese di perizia effettuata dalla banca per valutare il valore, costo
attorno alle 400.000 lire; 3) Pagamento del notaio, in media del 2 / 2,5 per
cento del valore del mutuo;
4) Imposta sostitutiva dello 0,25 per cento del valore dichiarato
dell’immobile;
5) Imposte a carico dell?acquirente (IVA ecc.).
Si ricordi che, se si tratta dell?acquisto della
prima casa, una parte degli interessi pagati possono essere detratti dal
reddito imponibile e pagare meno IRPEF. Il futuro proprietario dovra’ pagare al comune di appartenenza
l’Imposta Comunale sugli Immobili ( ICI ).
(C) SI DEVE SAPERE CHE......
Prima di sottoscrivere il "compromesso" con il venditore,
l’acquirente deve sapere:
- che per ottenere il finanziamento possono passare anche due mesi (salvo
imprevisti), perciò non è opportuno indicare tempi troppo stretti
per il saldo della quota da pagare al venditore tramite l’accensione del
mutuo;
- che chi ha in corso di rimborso precedenti protesti difficilmente
verrà finanziato
- che alcune banche respingono la domanda di mutuo se l’immobile
interessato:
a) è pervenuto al proprietario attuale o ai precedenti (fino a 20 anni
prima) tramite "donazione" perchè
potrebbero sempre sorgere problemi di impugnazione della donazione stessa.
b) ha subito ristrutturazioni per le quali la domanda di condono edilizio (per
interventi in variazione del progetto costruttivo iniziale) non ha ancora una
risposta affermativa dal Comune.
(D) DECISIONI DA PRENDERE. IL TIPO DI TASSO:FISSO O
VARIABILE?
Occorre decidere l?importo da richiedere, sapendo (ad esempio in Italia) che :
a) il finanziamento di norma non va oltre il 75/85 per cento del valore stimato
da un perito della banca ( può superarlo per l’acquisto della
prima casa).
b) le banche, in genere, non concedono mutui se l?importo annuo delle rate
è superiore al 30 per cento del reddito annuo netto del richiedente.
c) occorre decidere il tipo di tasso, considerando che non esiste una
valutazione "a priori" che ci permetta di decidere se è
più conveniente il fisso o quello variabile.
Si tenga comunque presente che optando per un tasso fisso si avrà un
vantaggio qualora il mercato sospinga i saggi di interesse oltre il limite
fissato dal nostro mutuo, mentre si pagherà di più della media
qualora i suddetti saggi discendano sotto quel livello. Tutto ciò non
accade con un tasso indicizzato: in nessun caso ci si troverà
"fuori mercato" (né in positivo, né in negativo). Dal
punto di vista psicologico invece, con il tasso fisso si conosce a priori
l?entità anche dell’ultima rata da pagare, mentre con quello variabile
questa informazione non è concepibile ed inoltre occorre
"ferrarsi" sul criterio di indicizzazione, cioè su i parametri
che causano le variazioni, per poterne quanto meno comprenderne il meccanismo.
L?introduzione dell’euro dovrebbe veder diminuire i tassi vigenti in
Italia, fino al raggiungimento della media europea.
In caso di opzione per il tasso variabile, quale accortezze occorre usare ?
Anzitutto occorre cercare di comprendere gli elementi che concorrono alla
indicizzazione del tasso (obbligatoriamente indicati nel contratto di mutuo) ed
escludere tassativamente quegli istituti o enti finanziari che non indicano con
precisione le variabili da prendere in considerazione. In alcuni casi, non
molti e comunque da cancellare dall?elenco delle
opzioni, vengono infatti indicati indefiniti criteri che verrebbero adottati in
apposite sedute di appositi "comitati" che comunicheranno le
variazioni di tasso; in altri, con vessazione vera e propria, il tasso viene
definito come variabile, ma la banca impone un limite minimo sotto il quale il
tasso non potrà mai scendere. E? bene ricordare che alcuni istituti di
credito offrono mutui fondiari con particolari tipologie di ammortamento come,
ad esempio, quelli a rate crescenti (indicati per le giovani coppie che, si
presume, hanno una ridotta capacità di rimborso all?inizio
della vita coniugale) con rate iniziali più basse e rate finali
più alte. A questo proposito è opportuno informarsi.
Si sappia che:
a) con il tasso fisso l?entità della rata non varia per l?intero periodo
di rimborso: l?ultima sarà uguale alla prima;
b) con il tasso variabile la rata muta seguendo, grosso modo, l?andamento delle
variabili del mercato finanziario.
c) con l?introduzione dell?Euro, i tassi europei
dovrebbero essere mediati. Siccome quelli italiani sono, in genere, più
alti, essi dovrebbero tendere verso il basso.
(F) I DOCUMENTI DA PRESENTARE
La domanda di mutuo (il modulo e? fornito dalla banca) prevede la presentazione
di una serie di documenti:
-"Compromesso" e copia del precedente atto di acquisto
-Dichiarazione dei redditi del richiedente
- Certificato di residenza
-Certificato di matrimonio con le annotazioni a margine
- Certificati catastali tipici
- Certificato di abitabilità
- Certificato "Storico ventennale" per verificare la presenza di
passaggi di proprietà per "donazione".
(G) ACCORTEZZE
Si consiglia:
-di richiedere il testo del contratto di mutuo, qualche giorno prima della
stipula, per poterne prendere attentamente visione;
- di non sottoscrivere contratti che prevedano tassi liberi di crescere ma
bloccati verso il basso ( non diminuiranno sotto un limite prefissato dalla
banca);
- di non sottoscrivere mutui a tasso variabile se non è indicato in base
a quali meccanismi questo varia: in loro assenza, la variazione è lasciata
alla completa discrezione della banca;
- di interessarsi periodicamente in banca dell?
andamento della pratica di mutuo, verificando che le caratteristiche siano
quelle richieste ( tipo di tasso, durata, periodicità delle rate ecc.)
per non avere spiacevoli sorprese all?atto della
firma.
(H) L? ITER BUROCRATICO DELLA PRATICA
a) Acquirente e venditore formalizzano l?incontro delle due rispettive
volontà sottoscrivendo un atto preliminare (compromesso) dove si
individuano: l?immobile, il prezzo, le modalità di pagamento, l?importo
versato come anticipo, le eventuali penalità a carico di chi recede.
b) L?acquirente inoltra alla banca la domanda di mutuo, definendo la somma
richiesta, il tipo di finanziamento (se in lire o in valuta), il tipo di tasso
di interesse (se fisso o variabile), la durata del piano di ammortamento
(minimo 5 anni), la cadenza delle rate (mensili, trimestrali o semestrali) [ la
valutazione delle varie tipologie verrà svolta a parte]. Al modulo di
domanda verrà allegato il "compromesso" e, meglio anticipare
la richiesta, tutta la documentazione da cui si possa definire la
"capacità di rimborso " del futuro mutuatario (modello 740 con
le relative quietanze di versamento ILOR/Irpef, cedolino dello stipendio ecc.)
e i principali documenti catastali relativi all?immobile.
c) L?ente erogante inizia l?istruttoria della pratica: valuterà la
congruità della somma richiesta con il reddito del mutuatario e con il
valore dell?immobile, definito da suoi periti o con
valutazioni "a tavolino", o tramite sopralluogo tecnico.
Valuterà altresì la presenza di eventuali "elementi"
potenzialmente ostativi: abusivismo, acquisizioni per "donazione",
mancanza di abitabilità ecc.
Durante questa fase è opportuno definire con puntigliosità e
pignoleria l?elenco dei documenti necessari per il buon fine del finanziamento:
una delle cause di allungamento dei tempi di erogazione deriva proprio dallo
"stillicidio" circa i documenti che, ad ogni visita o telefonata per
conoscere lo stato della pratica, vengono immancabilmente domandati dall?ufficio che sta istruendo la pratica. Al limite,
suggeriamo noi eventuali certificati che, pur se in un primo momento non
vengono richiesti, potrebbero risultare indispensabili nel corso dell?istruttoria (abitabilità, eventuale domanda di
condono, storico ventennale ecc.). Non si dimentichi che i termini temporali di
erogazione indicati dalle banche decorrono dalla presentazione dell?ultimo documento richiesto, non dalla data della
domanda.
d) Valutata positivamente la pratica ed esaurite le formalità
necessarie, l?ente mutuante prima di procedere all?erogazione
chiede, alla parte venditrice l?autorizzazione ad iscrivere ipoteca sull?immobile. Questa richiesta (del tutto non
giustificata)causa spesso una forte perplessit&
nel venditore, il quale si domanda perchè mai,
sull?immobile ancora di sua proprietà e senza
avere definitive certezze sul risultato finale della trattativa, dovrebbe
permettere l?inserimento del pesante vincolo ipotecario. Ad esso puo opporsi. Va detto comunque che se la banca richiede
quella autorizzazione al venditore vuol dire che la domanda di mutuo è
praticamente accolta e l?accensione dell?ipoteca
prima dell?atto di compravendita e? il tentativo di
acquisire un eccesso di garanzia, derivando esclusivamente dalla
necessità di far trascorrere alcuni giorni (undici) perchè
il vincolo sia operativo. La decisione di finanziare l?acquirente egrave;, infatti, già stata presa e l?iscrizione del
vincolo la renderà operativa.
e) A volte i due atti (di compravendita e di concessione del mutuo) sono
contemporanei ed effettuati nella stessa seduta che vede presenti, oltre alle
due parti direttamente & interessate, la banca e il notaio. Dopo la lettura
e le sottoscrizioni d?obbligo, il funzionario, tramite il notaio, consegna
l?assegno al venditore; in genere l?acquirente non è formalmente
coinvolto nell?atto che conclude l?erogazione dell?importo mutuato, la somma cioè non è
consegnata a lui.
La sottoscrizione da parte dell?acquirente dell?atto d?acquisto può risultare, al di là
del passo che si sta per compiere, momento delicatissimo: può accadere,
infatti, che ci si trovi di fronte a variazioni non contrattate nelle
caratteristiche del mutuo stesso, ad esempio, circa la durata, il tasso, il
tipo di ammortamento; o addirittura si possono scoprire" clausole non ben
puntualizzate in precedenza.
Scoprire queste "novità" all?ultimo
momento, cioè di;fronte;al notaio che legge in fretta, alla banca che
non vuole ripensamenti, al venditore che vuole concludere ed incassare, vuol
dire dover valutare, in situazione psicologica di difficoltà e in pochi
secondi, le conseguenze delle variazioni scoperte e decidere se rinunciare all?acquisto o meno.
(I) QUANDO CONVIENE "ESTINGUERE IL VECCHIO E RIACCENDERNE UNO NUOVO?
La diminuzione dei tassi di interesse è costante e coinvolge anche i
mutui fondiari, oggi offerti al 5,75 / 7 per cento. Abbiamo calcolato che, ai
livelli attuali, "risulterebbe" conveniente estinguere e sostituire
vecchi mutui a tasso fisso, purché il differenziale di tasso sia
superiore ai 3,5 punti percentuali, la vita del mutuo non abbia superato la
metà del periodo e la "penale" per la rescissione anticipata
non superi il 3 per cento del capitale residuo.
Abbiamo usato il condizionale perché chi estingue un vecchio mutuo - per
il quale, in termini di tassazione, defalca parte degli interessi dal reddito
imponibile - e lo sostituisce con uno nuovo a tassi più bassi, non
potrà ancora approfittare del vantaggio fiscale (la norma è
inserita nell?ambito della "Finanziaria
1999" in attesa di Governo e di approvazione), a meno che il nuovo non sia
stipulato con la stessa banca e per un importo pari al capitale residuo del
vecchio (eventualmente maggiorato dalle rate impagate).
(L) DAL GENNAIO
La possibilità (se agevole e non resa artificialmente complessa) di
accedere ai servizi degli istituti di credito di altri paesi europei,
causerà una mediazione dei tassi oggi in vigore nelle singole nazioni.
E? evidente che l?introduzione dell?euro
permetterà una comparazione immediata e senza problemi di valutazione
circa il rischio di cambio, oggi necessariamente presenti nei calcoli dei
cittadini europei.
Di Mauro
Novelli – 1998
E? un prodotto assicurativo cosi? strutturato: la compagnia di assicurazione
investe in un fondo apposito i premi pagati periodicamente (mese/anno) o in
unica soluzione (premio unico), dai sottoscrittori di polizze
"vita-rendita". Una percentuale del rendimento annuo di quel fondo
viene riconosciuta alla posizione del cliente. Al termine del periodo
contrattato in polizza (10/25 anni ed oltre), la compagnia riconosce all?assicurato o l?intero capitale nel frattempo maturato,
o una rendita rivalutabile finche? esso e? in vita.
Il cliente può? scegliere tra polizze a premio fisso, definito per tutto
il periodo, oppure a premio crescente. Inoltre le polizze pensionistiche
possono prevedere anche il rimborso di un capitale, quale indennizzo per il
beneficiario indicato dal cliente, in caso di morte dell?assicurato
durante il periodo di pagamento dei premi. Sono le polizze cosiddette
"miste".
E? evidente che, nel caso di polizze miste, il risultato finanziario finale
sarà? inferiore a quello che avrebbe avuto una polizza che non avesse
dovuto assicurare la ulteriore prestazione in caso di premorienza: questa
copertura viene garantita tramite acquisizione di una parte del premio.
IL RISULTATO FINANZIARIO DI UNA POLIZZA VITA
Il risultato finanziario della polizza dipende da tre variabili, le prime due
conosciute, la terza accuratamente tenuta nascosta da quasi tutte le compagnie
di assicurazione.
Prima variabile: Rendimento del fondo per la compagnia. Viene reso noto alla
clientela annualmente tramite comunicati e articoli di stampa.
Seconda variabile: Quota percentuale del rendimento (voce 1) retrocessa al
cliente. Infatti gli interessi maturati non vengono integralmente girati sulla
posizione dell?assicurato. La parte riconosciuta e?
indicata in polizza e si aggira attorno al 75/90 per cento (nel caso di
convenzioni con grandi enti arriva anche al 95 per cento). Il restante 10/25
per cento del rendimento viene trattenuto dalla compagnia.
La variabile nascosta: Non e? a tutti noto che il premio versato annualmente dall?assicurato non viene investito interamente, ma una
parte e? trattenuta dalla compagnia per "spese". Questa quota,
definita "caricamento", va da un 5 per cento ad oltre il 20 per cento
del premio versato e viene, in genere, percepita subito, attraverso
l?incameramento dei premi iniziali (o frazioni di essi) fino al raggiungimento dell?importo complessivo della voce.
Solo poche compagnie lo indicano spontaneamente. L?ISVAP (Istituto di Vigilanza
sulle Assicurazioni Private - Via V. Colonna n.39 - 00193 Roma) impone che,
qualora il cliente lo richieda (e solo in questo caso), le compagnie forniscano
il valore dei caricamenti.
Sarebbe opportuno, invece, che le autorità? di controllo imponessero
alle compagnie assicuratrici di comunicare al cliente (sempre e comunque) la
specifica minuziosa di come viene destinato il premio pagato:
- percentuale incamerata per "oneri di acquisizione"
- percentuale incamerata per "spese generali"
- percentuale destinata a coperture assicurative collaterali (ad esempio, il
"caso morte" nelle polizze miste);
- percentuale destinata all?investimento finanziario.
Le polizze vita vendute in banca hanno "caricamenti" più?
bassi di quelle vendute sul mercato assicurativo, per via dei minori costi di
acquisizione.
ALTRE CARATTERISTICHE DELLA POLIZZA VITA
Accesso a prestiti.
L?assicurato in regola con il pagamento dei premi può? chiedere un
prestito alla propria compagnia. L?entità? dipende dal capitale maturato
fino a quel momento dal cliente (in genere e? pari al valore di riscatto della
polizza - vedi oltre); il tasso e le modalità? di rimborso verranno
indicate nell?atto di concessione del prestito.
Vantaggi fiscali.
Per chi ha sottoscritto una polizza pensionistica, e? possibile defalcare dal
reddito imponibile, all?aliquota del 19 per cento,
l?importo dei premi annui limitatamente ai primi 2,5 milioni di lire.
Le compagnie inviano un attestato di pagamento da allegare alla dichiarazione
dei redditi.
Se si intende approfittare di questo vantaggio fiscale occorre sottoscrivere
una clausola in base alla quale ci si impegna a non richiedere prestiti alla
compagnia nei primi 5 anni di vita della polizza. Se, nonostante la
sottoscrizione della clausola, il cliente ricorresse a finanziamenti, l?erario
pretenderà? il ricalcolo delle imposte senza l?abbattimento del reddito
imponibile, recupererà? cioè? le somme relativa al
"vantaggio fiscale" del 19 per cento premi primi 2,5 milioni di
premio.
Opzione capitale o rendita.
Il cliente deve decidere se richiedere l?intero capitale maturato o se optare
per la rendita vitalizia.
Le due opzioni hanno un trattamento fiscale diverso:
a) Opzione "capitale": In questo caso, sulla differenza tra capitale
finale maturato e totale dei premi versati si applica una aliquota del 12,5 per
cento, se la polizza era di durata decennale. Detta aliquota diminuisce dello
0,25 per cento per ogni anno di durata oltre il decimo.
b) Opzione "rendita": In questo caso, il 60 per cento della rendita
entra a far parte del reddito imponibile e quindi tassata cumulandosi con gli
altri redditi dell?assicurato.
E? POSSIBILE CESSARE I PAGAMENTI?
Sottoscritto il contratto, e? obbligatorio pagare la prima annualità? di
premio (anche se frazionato).
Se si cessano i pagamenti prima del saldo di due /tre annualità?
(verificare caso per caso) la compagnia risolve il contratto e incamera i premi
pagati (e? questa una della clausole chiaramente vessatorie).Se si sono pagate
più? di due/tre annualità? e? possibile richiedere:
La "riduzione" del contratto.
Con la riduzione, si cessa il pagamento dei premi, la compagnia continua a
gestire nel suo fondo, fino al termine della polizza, il capitale maturato dall?assicurato e lo destinerà? come da indicazioni
del cliente.
Il "riscatto" del contratto.
Con il riscatto, il servizio si interrompe e la compagnia calcola il valore da
rimborsare al cliente ("valore di riscatto". Se i caricamenti
applicati sono alti, il calcolo del valore di riscatto e? particolarmente
penalizzante: se non si e? prossimi almeno alla meta? del periodo di
validità? della polizza, al cliente verrà riconosciuto un importo
abbondantemente al di sotto della somma dei premi pagati.
ACCORTEZZE - CONSIGLI
SUI TASSI IPOTIZZATI
Gli agenti di assicurazione, utilizzando programmi software forniti dalle
compagnie, prospettano piani pensionistici attribuendo valori
"ipotetici" ai rendimenti del fondo per l?intero periodo di durata
della polizza, Pertanto, i risultati finali in termini di capitale o di rendita
vitalizia sono solo ipotizzati e assolutamente non assicurati al cliente.
Oggi l?ISVAP impone "proiezioni" di rendimenti del 4 e 5 per cento.
SUI PREMI RIVALUTABILI
La quasi totalità? degli assicuratori spinge perché? si opti per
una polizza a premio rivalutabile, cioè? crescente anno per anno. La
"pressione" viene motivata con l?argomentazione del tipo: "E?
l?unico modo per garantirsi dall?inflazione e
mantenere un valore sempre attuale al proprio risparmio".
Certamente, il milione di premio del primo anno, per effetto dell?inflazione avrà? un valore superiore alla
stessa cifra pagata al ventesimo anno. Si sappia pero? che, optando per il
premio rivalutabile, la ventesima annualità? risulterà? ben
superiore alla prima. Occorre riflettere su questo impegno aggiuntivo.
SULLE POLIZZE MISTE
Per le polizze miste (che prevedono il pagamento di un capitale in caso di
decesso dell?assicurato prima del termine di scadenza
della polizza), occorre sapere che la compagnia non offre la copertura caso
morte se il decesso avviene entro sei mesi dalla data di sottoscrizione della
polizza (per evitare questo "periodo di carenza" occorre sottoporsi a
visita medica, a pagamento).
Il cliente deve rispondere ad un questionario circa il suo stato di salute e
circa pregressi ricorsi a cure mediche, analisi cliniche, ricoveri, ecc.
Attenzione: molti assicuratori, più? incoscienti che superficiali,
suggeriscono di rispondere "NO" a tutte le domande prospettate,
"per evitare - si dice - che la compagnia richieda essa stessa una sempre
noiosa e costosa visita medica in caso di evidenti problemi di salute dell?assicurando, prima di perfezionare il contratto".
Se le dichiarazioni sono false, in caso di premorienza dell?assicurato
risulterà? non difficile alla società? assicuratrice dimostrare,
attraverso la cartella clinica, la falsità? delle risposte ed il blocco
degli indennizzi.
In luogo delle polizze vita miste, suggeriamo, infine, di scindere le
soluzioni, destinando un capitale per la sola rendita e, se ritenuta
necessaria, accendendo a parte una polizza caso morte.
QUANTO DESTINARE ALLA PENSIONE INTEGRATIVA?
In conclusione, non e? pensabile ritenere di aver risolto il problema della
pensione integrativa destinando alla soluzione uno o due milioni l?anno per
dieci anni. Non saranno infatti sufficienti alcune centinaia di migliaia di
lire annue di rendita per garantirci un futuro sereno. D?altra parte,
più? si aumenta il premio oltre i 2,5 milioni e più? diminuisce
il vantaggio della minore Irpef pagata. Inoltre, finche? non sarà?
approvata la legge sulla trasparenza assicurativa, fatta presentare in
Parlamento, l?incognita dei caricamenti non dichiarati creerà?
incertezze, diffidenze e soprattutto concenti delusioni finali.
Per avere una pur vaga dimensione del fenomeno, possiamo affermare che, dal
punto di vista finanziario:
- dai 5 milioni e oltre di premio, per polizze con caricamenti oltre il 9 per
centro, risulta senz?altro più? conveniente il
"fai da te".
- lo stesso giudizio vale se un premio di 2,5 milioni subisce un caricamento
del 20 per cento.
In entrambi i casi i vantaggi fiscali non compensano le decurtazioni del premio
investito ed incamerate (per spese) dalle compagnie.
Per i principali gruppi assicurativi operanti in Italia, riportiamo la
percentuale relativa a "oneri di acquisizione, produzione e
organizzazione" sul totale dei premi introitati per il ramo
"vita".
Attenzione: Queste percentuali non corrispondono ai "caricamenti".
Siccome il ramo "vita" è attivo (i guadagni superano i costi),
è da presupporre che i caricamenti, che comunque sono definiti in
funzione della politica aziendale, siano in genere superiori a detti costi.
Occorre sempre chiedere.
RAMO ASSICURATIVO VITA
(LAVORO DIRETTO ITALIA ED ESTERO)
(Fonte IL MONDO n.42 del 25.10.1997)
GRUPPO ONERI (% sui premi)
GR. MEDIOANUM 15,6%
GR. INA 13,5%
GR. GENERALI 12,2%
GR. FIDEURAM 11,4%
GR. ALLIANZ RAS 10,9%
GR. FONDIARIA 10,0%
GR. ZURIGO 9,8%
GR. REALE MUTUA 9,6%
GR. SAI 9,5%
GR. AXA-UAP 9,3%
GR. FIAT TORO 8,6%
GR. UNIPOL 8,1%
GR. CATTOLICA 7,6%
GR.WINTERTHUR 5,4%
GR. MONTEPASCHI 3,4%
MEDIA ITALIA 11,2%
Di Mauro
Novelli (1998)
Considerazioni minime.
Specie nei
momenti di turbolenza dei mercati, il collocamento in titoli mobiliari del
pubblico risparmio riceve sollecitazioni propagandistiche
più adatte a promuovere la vendita di prodotti di largo consumo che
a chiarire ed informare correttamente sugli strumenti di investimento a
disposizione.
Le esigenze e gli
obbiettivi del risparmiatore sono presi in considerazione solo per conoscere le
consistenze precise del patrimonio coinvolgibile, da gestire in sua vece:
l'immagine che da anni sta passando è quella in base
alla quale i problemi inerenti all'investimento mobiliare dipendono
esclusivamente dall'entità del capitale che si intende
conferire. Anche riviste specializzate e che vantano gloriosi
blasoni riportano,
esaltandole, esclusive valutazioni dei seri e professionali
gestori di turno in base alle quali, oggi, " 50 milioni si possono
investire così...; se i milioni sono 100 allora
occorre procedere così....; se poi i milioni diventano
250 occorrerà provvedere così....".
Il massimo dell'accomodamento avviene modulando i livelli di
rischio: " se si vuole rischiare un po' di più si può
aumentare la percentuale di azioni....; se non
si vuole rischiare molto occorre
escluderle....". Per finire con le "confidenze":
"non conviene a questi titoli...., mentre hanno buone
prospettive questi altri.., purché tenuti almeno qualche
anno".
Questo puntare
sugli aspetti quantitativi del problema ha sempre fatto il gioco di chi
mira in via prioritaria ad acquisire la gestione
del patrimonio del cliente, magari lasciando intuire vantaggi
e rendimenti mirabolanti, senza curarne troppo i veri interessi e senza
aver chiari gli obbiettivi che il risparmiatore sperava di raggiungere con
l'investimento.
Oggi, molti
strumenti finanziari vantano altissimi ed
effettivi livelli di rendimento raggiunti nell'ultimo anno. Non
tutti fanno presente che tali rendimenti potrebbero non
ripetersi. In parallelo, si sottolinea che i titoli di Stato rendono
ormai poco o nulla, guardandosi bene dal procedere ad analoghe valutazioni sui
livelli di inflazione, nella speranza di fare il pieno di quanti abbandoneranno
BOT; BTP; CCT.
Si consideri
che per decidere come investire i nostri risparmi occorre prendere in
considerazione, prima ancora dei servizi di investimento, una serie di
parametri "personal" in grado di definire bene i propri obiettivi:
- IL TEMPO: Occorre fare il punto sulle
spese già programmate e di un certo impegno nel breve, medio e lungo
periodo: se devo acquistare una casa fra un anno non posso certo azzardare
investimenti sul mercato azionario o in fondi azionari. Quindi, più
tempo ho a disposizione più posso "rischiare".
- LA FORMAZIONE
DEL CAPITALE DA INVESTIRE: Chi ha ereditato 100 milioni ma è disoccupato
dovrà investire in modo diverso da chi riceve la stessa eredità e
guadagna 10 milioni al mese. Pertanto 30 anni di risparmi verranno collocati
diversamente da una vincita al totocalcio.
- LA CAPACITA' DI RISPARMIO: Se le finanze permettono accantonamenti
mensili, anche di ridotta entità, posso affrontare piani di
accumulazione (in fondi) senza dover attendere che la somma risparmiata
raggiunga certe dimensioni. Si ricordi, ad esempio, che il taglio minimo per
investire in titoli di Stato è, oggi, di 5 milioni di lire;
passerà a 1.000 Euro (circa 2 milioni) dal 1° gennaio 1999.
- LA PRESENZA E LA QUALITA' DI PRECEDENTI INVESTIMENTI: La diversificazione dei propri
investimenti è la chiave per affrontare con serenità e sicurezza
anche i momenti di turbolenza dei mercati.
- LA PERSONALE POSIZIONE PSICOLOGICA: Qualche
lira in più (magari neanche certa)
a fine anno non merita insonnie, patemi d'animo, ansie e preoccupazioni. Se invece siamo
più propensi a rischiare, sosterremo meglio un limitato azzardo.
Solo dopo
questa indagine, si può passare all'analisi dei servizi di investimento
per scegliere i più congeniali al raggiungimento dei nostri obiettivi.
Invece, il risparmiatore, bombardato da informazioni e
consigli a non "perdere l treno" (della Borsa, ad esempio), è
forzato sui prodotti e perde di vista gli obiettivi personali. Solo una
più attenta consapevolezza
può pertanto scongiurare il pericolo di essere promosso membro
(pagante) del "parco buoi".
ACCORTEZZE
Per avere le
dimensioni di raggiri e truffe,ricordiamo che, negli ultimi 14 anni, oltre 235.000
risparmiatori sono stati coinvolti in dissesti finanziari che hanno
mandato in fumo qualcosa come 5.877 miliardi di lire.
Ma da
cosa cominciare perchè il cittadino
utente non incappi in
situazioni spiacevoli?
Vi sono delle
regole di "minima accortezza" nell'investire, molto semplici da
rispettare, approntate dall'ADUSBEF, l'associazione che difende gli utenti dei
servizi bancari, finanziari, assicurativi e postali; vediamole:
1) Diffidare
SEMPRE delle offerte occasionalmente pubblicizzate sulla stampa o per
televisione, ricordando che é in vigore la legge sulle SIM. La
sollecitazione del pubblico risparmio deve essere effettuata nell'ambito di
regole di legge, a protezione dell'utente.
2) Non
lasciarsi MAI allettare dalle promesse di rendimenti molto più alti
rispetto a quelli di mercato.
3) Diffidare
SEMPRE delle "voci" o delle confidenze di amici, parenti o
conoscenti: la raccolta atipica del risparmio é stata canalizzata
usando come collettori proprio parenti, amici e conoscenti.
4) Non firmare
MAI un contratto se non si sono capite bene tutte le clausole
contrattuali, diffidando comunque di coloro che mettono fretta. In alcune
fattispecie, anche per la raccolta del risparmio, é valido il
" diritto di ripensamento ".
5) Diffidare
sempre delle società finanziarie poco conosciute, informandosi SEMPRE,
interpellando o la propria banca o un esperto finanziario di fiducia e di provata
onorabilità.
6) Ricordarsi
SEMPRE di avere, nei confronti dell'investimento finanziario, lo stesso
atteggiamento che si avrebbe nei confronti di qualsivoglia altra merce, bene o
servizio da acquistare.
7) In
caso di investimento "azionario", guardare bene il
"prospetto informativo" diffidando sempre di coloro che promettono
di raddoppiare in breve tempo il capitale o, comunque
alti profitti e facili guadagni.
8)
Ricordarsi SEMPRE di chiedere direttamente informazioni sulla
società che propone l'investimento: le società serie
sono ben liete di fornirle.
9) Esigere
SEMPRE copia della documentazione sottoscritta, conservandola con cura.
Non lasciare MAI (all' intermediario, alla banca, alla
fiduciaria o ad altri) moduli o documenti firmati in bianco che
altri riempirà "riempiti successivamente" in nostra assenza.
10) Non
investire MAI se la personale situazione finanziaria non lo permette. In
caso di investimento seguire, direttamente o aiutati da persona di esclusiva
fiducia, l'andamento della sottoscrizione.
11) Leggere
SEMPRE le periodiche informazioni inviate dalle società a cui sono
stati affidati i propri risparmi. In caso di difficoltà di
comprensione "convocare" chi ha proposto l'investimento o recarsi in
banca per i necessari chiarimenti.
12) In caso di
dubbio, non avere remore a chiedere informazioni alla CONSOB (Commissione
Nazionale per le Società e la Borsa- Via Isonzo, 19/D 00198 Roma),
oppure ad un'associazione di utenti e consumatori specializzata nel
settore finanziario.
Di Mauro
Novelli – settembre 1998
C E N N I S U L
S I S T E M
A B A N C A R I O
I T A L I A N O
A cura di A D U S B E F
Associazione Difesa
Utenti Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi, Postali
Via Farini, 62
- 00185 Roma
Tel:
064818632-3
Settembre 1998
IL SISTEMA
BANCARIO ITALIANO
I N D I C E
1)
INTRODUZIONE ( Le
funzioni del credito )
2) CENNI
STORICI
*** Dal 1893 al fallimento della
Banca di Sconto del 1921.
*** Provvedimenti del 1926.
*** Crisi del 1929.
*** Costituzione dell'IMI
(1931) e dell'IRI (1933).
*** Provvedimenti del 1936:
La legge bancaria.
*** Il sistema dal secondo dopoguerra ad
oggi.
3)
ORGANI DELIBERANTI, DI CONTROLLO, ESECUTIVI
1. Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio.
2. Banca d'Italia e l’Ufficio Italiano Cambi.
4) STRUTTURA
DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO
***
Classificazioni delle banche:
a. Istituti di credito a
breve termine
b. Istituti di credito a medio e lungo
termine
***
Organizzazione delle banche di credito ordinario
*** Localizzazione delle banche e
rapporti con l'ambiente
esterno
***
Operazioni e servizi offerti dalle banche: Schema.
*** La
legge Amato n° 218 del 1990: come muta il
sistema.
5) RAPPORTI
UTENZA-BANCHE: Storia di una conflittualità endemica
***
Situazione antecedente al 1988
- Cartello bancario dal 1932 al 1954
- Accordo interbancario per le condizioni (1954)
- Accordo interbancario per le condizioni (1970)
***
Autoregolamentazione ABI 1988 -
1992
***
Legge sulla trasparenza (154 del '92) e Testo unico dell’ 1.9.93
6) IN EUROPA
*** Primi passi per l'integrazione. La seconda direttiva CEE
*** L’Euro e le banche.
*** I problemi da risolvere
7) CONCLUSIONI
INTRODUZIONE
Le funzioni del
credito
Prima di
analizzare il sistema bancario italiano è interessante soffermarsi
brevemente su cosa s’intenda in generale per sistema bancario.
Per fare
ciò, è necessario individuare le quattro funzioni tipiche e
principali che si riconoscono alle aziende bancarie.
**** FUNZIONE DI INTERMEDIAZIONE
E' la funzione
originaria con la quale è iniziata l'attività della banca.
Attraverso il sistema bancario è possibile mettere in relazione
unità in surplus di denaro con unità in deficit. Sono, infatti,
sempre esistiti soggetti con disponibilità di risparmio, denaro
sottratto al consumo, plusvalore da investimenti e soggetti che
necessitano di finanziamenti esterni per poter svolgere la loro attività
produttiva. La difficoltà, allora presente, consisteva nel metterli in
contatto reciprocamente e fu proprio la banca il luogo comune di incontro.
Se però
l'attività della banca si fosse limitata ad una pura funzione di
intermediazione - raccogliere denaro dove c'era e redistribuirlo
dove richiesto - sarebbe stata molto limitata: occorreva, infatti, attendere
che due soggetti con esigenze contrapposte si presentassero, e solo se le
somme offerte e quelle domandate fossero state d'importo simile, sarebbe
stato possibile soddisfare le esigenze dei clienti.
Fu per
questa evidente limitazione che successivamente, ma in tempi abbastanza rapidi,
alla funzione di intermediazione si aggiunsero quella creditizia e quella
monetaria.
**** FUNZIONE
CREDITIZIA
L'originaria
funzione di intermediazione assunse poi dimensioni più vaste. Il sistema
bancario cominciò a concedere credito alla clientela grazie al risparmio
raccolto presso il pubblico su nuove basi: le somme depositate, una volta
entrate nel sistema, perdevano le tracce della loro provenienza, si perdevano
cioè le notizie di chi fossero i proprietari e la banca prestava denaro
a chiunque ne facesse richiesta, al di là di una diretta
corrispondenza tra colui che domandava e colui che offriva risparmio.
Anche la
funzione creditizia incontrò dei grossi limiti là dove si
basò solamente sulle somme di cui la banca realmente disponeva, in
rapporto cioè ai soli depositi raccolti.
Si
arrivò così a quella che possiamo definire funzione
esclusiva del solo sistema bancario: la funzione monetaria.
**** FUNZIONE
MONETARIA
La banca svolge
funzione monetaria in quanto consente la regolamentazione degli scambi presso
il pubblico non solo attraverso l'utilizzo di moneta legale, ma anche di moneta
bancaria o scritturale.
Ma che cosa
è la moneta bancaria? In che modo rende possibile la funzione monetaria?
La moneta
bancaria è il deposito del pubblico che costituisce per la banca un
debito nei suoi confronti.
L'assegno non
è moneta bancaria, ma è solo il mezzo attraverso il quale essa
circola: esso, infatti, non avrebbe alcun valore se a monte non esistesse un
deposito.
Nel momento in
cui il risparmiatore deposita in banca la somma di denaro sottratta al consumo,
questa avrà la possibilità di utilizzarne una grossa
parte per erogarla sotto forma di prestito. Parliamo di una grossa parte,
ma non di tutta; esistono infatti per gli istituti di credito vincoli interni
ed esterni che limitano la loro attività.
Tra i primi
molto importante è la riserva di numerario, infatti benché si sia
ormai consolidata la fiducia del pubblico nei confronti del sistema bancario ad
accettare l'assegno, quale mezzo di pagamento per la regolamentazione dei
propri scambi, è evidente che un sistema non può operare
esclusivamente con moneta scritturale, ma è necessaria una
percentuale di moneta legale, sia pur molto bassa, rispetto alla massa
amministrata.
Tra i
vincoli esterni il principale è rappresentato dalla riserva
obbligatoria, sulla quale la banca non può operare, in quanto è
vincolata per legge a tenere disponibile una percentuale dei depositi raccolti,
mediante un conto costituito presso la Banca d'Italia.
Ritornando al
deposito iniziale, la parte di questo concessa sotto forma di credito non verrà
interamente utilizzata, ma a sua volta ritornerà parzialmente
all'interno del sistema bancario sotto forma di deposito e così
via. Si viene in tal modo ad innescare un processo di moltiplicazione del
deposito iniziale, che consentirà alla banca di
svolgere una funzione creditizia più ampia rispetto a quella che avrebbe
potuto effettuare se non avesse potuto svolgere la funzione
monetaria. Le due funzioni sono in stretta dipendenza tra loro: non
potrebbe esistere funzione monetaria se non esistesse funzione creditizia;
d'altra parte la funzione creditizia avrebbe un aspetto molto limitato se non
esistesse la funzione monetaria.
Alle tre
funzioni tipiche ed originarie della banca se ne è infine aggiunta una
quarta, che possiamo definire oggi la più importante: la funzione
dei servizi.
**** FUNZIONE
DEI SERVIZI
Essa in
realtà è sempre stata presente all'interno della banca, ma aveva
peso secondario. Attualmente ha assunto un grande valore, in seguito
soprattutto al fenomeno della concorrenza che si è creato nel sistema
bancario.
Con la
liberalizzazione dei mercati (dicembre 1992), che permette l'ingresso nel
nostro Paese a banche straniere, l'efficienza del sistema bancario
italiano è elemento di importanza fondamentale per l'esistenza delle
aziende di credito stesse. L'offerta dei servizi bancari (cassette di
sicurezza, pagamento di bollette, servizio titoli, carte di credito,
bancomat ecc.) si è andata in tal modo sempre più diversificando:
si tende soprattutto ad offrire una gamma di servizi sempre
più ampia al fine di soddisfare in pieno le esigenze del
maggior numero di utenti.
Chiariti questi
concetti generali che regolano il funzionamento delle banche, inizieremo a
parlare di alcuni episodi storici che hanno profondamente segnato la vita
del nostro sistema bancario.
E' facile
intuire come la cattiva gestione da parte delle banche dei meccanismi, in
precedenza definiti, porti inevitabilmente al loro fallimento.
CENNI STORICI
SUL SISTEMA CREDITIZIO
(dal 1893 al
1998)
Analizzeremo
brevemente le vicende che hanno coinvolto il sistema bancario italiano
negli ultimi cento anni, considerando il 1936, anno di impostazione della
"legge bancaria" tuttora in vigore, come cerniera tra il
sistema creditizio fino al 1990 e quello precedente di fine '800 / inizi del
'900.
Vedremo
infine le mutazioni che la "legge Amato" n° 218 del 1990 ingenera nel mondo bancario e
l'incidenza dell'accoglimento della Seconda Direttiva CEE.
Il 1893
vide il fallimento di grandi istituti di credito, dalle due maggiori banche
italiane del periodo: la Banca Generale e il Credito Mobiliare, alla
Banca Romana. Queste avevano privilegiato pesantemente l'attività
finanziaria rispetto all'esercizio ordinario del credito. Le pesanti
interessenze acquisite nel settore produttivo (la Banca
Generale in quello siderurgico, il Credito Mobiliare in quello immobiliare)
avevano portato ad un quasi totale accentramento del rischio con una
conseguente politica protezionistica delle banche nei rispettivi settori
d'intervento e l' inevitabile emarginazione mercantile delle aziende protette.
Il crollo fu
ineluttabile, ma l'avvenimento fu considerato un incidente di percorso:
l'Italia si avviava ad impostare seriamente il processo di
industrializzazione e il sistema bancario , pur con qualche passo falso,
non poteva che accompagnare in parallelo la crescita economica della
nazione.
Il crollo di
quegli istituti non dette luogo a provvedimenti legislativi di
"risanamento" del settore. In altri termini, non si volle comprendere
la pericolosa inconciliabilità finanziaria tra operazioni passive di
breve termine e previsione di attività nel lungo periodo.
Ed infatti,
puntualmente, il problema si ripropose causando il fallimento della Banca di Sconto nel 1921. Questa,
fortemente impegnata nell'industria pesante, fu travolta dal fallimento dell' Ansaldo che non seppe
prontamente riconvertirsi al termine della prima guerra mondiale.
D'iniziativa
le banche limitarono drasticamente la loro espansione territoriale ma non
seppero affrontare il problema delle loro partecipazioni industriali.
Nel 1926, per
la prima volta , lo stato intervenne per disciplinare l'attività del
sistema creditizio: attribuì alla Banca d'Italia il controllo del
mercato monetario e finanziario e sottopose alla sua vigilanza
l'attività di tutte le banche. Queste, però rimasero legate, pur
se in misura meno evidente, alla grande industria e furono tanto
pesantemente coinvolte dalla crisi mondiale del ‘29, da sollecitare
l'aiuto dello stato.
L'intervento
costò all'erario oltre 16 miliardi di lire dell'epoca (circa
20.000 miliardi di oggi); esso fu progettato organicamente ma gli
obiettivi di medio periodo non furono centrati: le partecipazioni azionarie furono
rilevate e successivamente affidate all'I.M.I. (Istituto Mobiliare Italiano
-1931) per la sistemazione e all'I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione
Industriale -1933) per il finanziamento e lo smobilizzo; alle banche di
credito ordinario fu tassativamente proibito di compiere finanziamenti a medio
e lungo termine.
Gli scopi
per i quali i due istituti erano stati creati non furono raggiunti per vari motivi (scoppio della
guerra di Etiopia, guerra di Spagna, situazione economica, ecc.); anzi, l' IRI
si trovò a detenere anche la proprietà di tre
importanti banche di interesse nazionale: Banco di Roma, Credito Italiano,
Banca Commerciale Italiana.
Nel 1936
si decise, pertanto, di rivedere
sistematicamente la normativa riguardante l'attività creditizia e
finanziaria del sistema bancario nel suo complesso.
Strumento
giuridico dell'intervento fu il Regio Decreto legge n°
375 del 1936 ( convertito
faticosamente in legge nel 1938 col n°
141), alla base del sistema bancario italiano fino alla legge Amato - Carli del 1990, alla legge sulla trasparenza (n° 154/92) al Testo Unico delle Leggi in materia
creditizia in vigore dal 1° gennaio 1994.
Riportiamo
brevemente le innovazioni più incisive della legge del 1936:
- Il risparmio e la relativa raccolta sono
attività di interesse nazionale e possono essere effettuate solo
su autorizzazione del governo.
- Il credito a breve è
rigorosamente diviso da quello a medio e lungo termine, (fine della banca mista
di tipo tedesco e passaggio alla banca pura). Conseguente tassativo divieto
alle banche di credito ordinario di compiere operazioni di credito
industriale e mobiliare.
- Creazione di organi statali con funzioni
di regolazione e di controllo
dell'attività bancaria. La Banca d'Italia è dichiarata
Istituto di Diritto pubblico.
- Disciplina per la distribuzione, la
specializzazione e la concentrazione territoriale delle banche.
- Obblighi per tutte le aziende di credito
per un più efficace controllo della loro attività
(Iscrizione all'albo, autorizzazione all'esercizio, alla costituzione di
nuove banche, alla apertura di nuove
filiali, capitale minimo versato, fondo di riserva, rapporto tra
patrimonio netto e passività ecc.).
E'
interessante seguire il processo di concentrazione, spesso forzata ed
imposta dal regime fascista, che il sistema bancario ha subito fino al
termine della seconda guerra mondiale.
Riportiamo,
allo scopo, l'andamento del numero degli sportelli che il sistema creditizio
metteva a disposizione del mercato italiano:
ANNO |
NUMERO degli
SPORTELLI |
1927 |
11.837 |
1930 |
10.646 |
1933 |
8.655 |
1936 |
7.726 |
1939 |
7.061 |
1945 |
6.889 |
Ma il drastico
ridimensionamento del sistema non fu dovuto esclusivamente a motivi di mercato.
Il regime fascista ridusse seccamente il numero di quegli enti bancari di
cui non poteva controllare efficacemente l'operato.
Ad esempio le
Casse Rurali, nate spesso come impegno para-politico e sociale del movimento
cattolico, erano oltre 3.000
nel 1922; nel 1945 si erano
ridotte a 882. Contavano 1937 sportelli nel '32 e solo 916 al termine
della seconda guerra mondiale. E ancora, alle Casse di Risparmio e alle Banche
del Monte non operanti in capoluoghi di provincia furono imposte fusioni ed
incorporazioni.
Parallelamente,
per favorirne l'uscita " spontanea" dal mercato, furono innalzati
marcatamente i tassi di interesse praticati dallo Stato sui risparmi
postali.
L'andamento
dimensionale del sistema, nel periodo che stiamo considerando, è
chiaramente sintetizzato da uno studio di C. Conigliani
e G. Lanciotti che, concludendo una ricerca per
l'Ente Einaudi, individuavano:
" Un
primo periodo, precedente al 1926, che abbiamo fatto arbitrariamente partire
dal 1912, caratterizzato da una forte espansione numerica delle banche in
esercizio, conseguita in modo prevalente con accesso all'attività
bancaria di una
miriade di aziende unicellulari di dimensioni presumibilmente modeste".
" Un
secondo periodo, che va dal 1927 al 1942, di drammatica razionalizzazione del
sistema esistente, attraverso la quale si opera un drastico
ridimensionamento della consistenza numerica sia delle aziende in
esercizio, sia degli sportelli bancari, che però non comporta un
abbassamento del livello di intermediazione. Questo processo
avviene in modo prevalente attraverso l'espulsione dal mercato di un
considerevole numero di banche di piccole dimensioni".
" Un
terzo periodo, che parte dal 1943 e arriva ai giorni nostri, nel quale lo
sviluppo del sistema bancario italiano è caratterizzato da una
ulteriore seppur lenta diminuzione del numero delle banche in esercizio e, nel
contempo, da una forte espansione dei loro sportelli bancari."
Riportiamo, per
numero, la consistenza aziendale del sistema:
ANNO |
NUMERO AZIENDE
BANCARIE |
1938 |
1.849 |
1945 |
1.432 |
1948 |
1.294 |
1956 |
1.237 |
1966 |
1.280 |
1974 |
1.084 |
1990 |
1.064 |
1992 |
1.024 |
1996 |
937 |
1997 |
935 |
e il numero degli sportelli bancari:
ANNO |
NUMERO
SPORTELLI BANCARI |
1938 |
7.384 |
1945 |
6.889 |
1950 |
7.773 |
1960 |
9.211 |
1965 |
10.085 |
1970 |
10.807 |
1974 |
11.334 |
1990 |
17.721 |
1991 |
19.080 |
1992 |
20.786 |
1996 |
24.406 |
1997 |
25.250 |
Concordiamo con
le conclusioni di Conigliani e Lanciotti
circa il non abbassamento del livello complessivo di intermediazione
del sistema pur alla presenza del ridimensionamento evidenziato dalle
tabelle. Ci corre l'obbligo però di considerare che il
sistema stesso perdeva seccamente la capacità di servire capillarmente,
anche se con aziende unicellulari, quelle "piazze" che i grandi
istituti non avrebbero mai considerato interessanti e alle quali, pertanto,
sarebbe per sempre venuta meno la possibilità di utilizzare i servizi
strutturati dal sistema creditizio.
ORGANI
DELIBERANTI, DI CONTROLLO, ESECUTIVI.
IL C.I.C.R.,
COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL
CREDITO E IL RISPARMIO
Nel 1947 fu istituito
il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), organo
politico presieduto dal Ministro del Tesoro e al quale partecipano i
Ministri di: Lavori pubblici, Agricoltura e foreste, Industria e commercio,
Commercio Estero, Bilancio, Finanze e Programmazione Economica oltre al
Governatore della Banca d'Italia.
E' il massimo
organo deliberante e di controllo in merito alla tutela del risparmio,
all'esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria.
I compiti
principali del CICR possono essere così sintetizzati:
- Controlla quanto adottato dalla Banca
d'Italia per l'attuazione delle direttive da
esso stesso emanate.
- Approva gli statuti degli istituti di
credito.
- Delibera la chiusura di sedi e filiali.
- Disciplina l'emissione degli assegni
circolari.
- Stabilisce quali forme di impiego devono
avere la preventiva autorizzazione della
Banca d'Italia.
- In funzione dell'andamento dell'economia
nazionale, emana i provvedimenti idonei
ad indirizzare gli investimenti
verso determinati settori produttivi.
LA BANCA
D'ITALIA E L’UFFICIO ITALIANO
DEI CAMBI
E'
evidente il fondamentale ruolo nel nostro sistema della Banca d'Italia
(Banca centrale, organo ufficialmente esecutivo del CICR ma, nei fatti,
elemento propulsore circa l'individuazione dei campi d'intervento del CICR
stesso ).
Fu fondata nel
1893 quando, a fronte della crisi economica che aveva causato, come abbiamo
visto, il fallimento di molte banche, il legislatore impose la fusione della
Banca Nazionale del Regno d'Italia con la Banca Nazionale Toscana e la
Banca Toscana di Credito per il Commercio e l'Industria, dando vita, appunto,
alla Banca d'Italia. Divenne
l'unico Istituto di emissione nel 1926 e fu dichiarata Istituto di diritto
pubblico nel 1936.
Nel 1944 fu
delegata alla vigilanza sulle aziende di credito, sommando, pertanto, al ruolo
e al potere tipici di una Banca
centrale quelli di un organo amministrativo e di controllo. Al suo interno
è infatti operante un "Ufficio di Vigilanza " con compiti
ispettivi su tutti gli istituti di credito. Attraverso questo, la Banca d'Italia
effettua una serie di controlli ed impone vincoli all'attività bancaria
in funzione del raggiungimento di obiettivi definiti. In nessun altro settore
produttivo il controllo istituzionale è così ferreo e rigoroso
come in quello del credito, ritenuto strategicamente vitale per l'economia
nazionale.
La Banca
d'Italia funge, inoltre, da braccio operativo dell’ Ufficio Italiano dei
Cambi ( U.I.C.) costituito nel 1945.
L'U.I.C., prima
della liberalizzazione valutaria del 1990, accentrava il commercio delle
divise, tutte le operazioni in valuta e l'intero sistema di
pagamenti e riscossioni sull'estero; è sottoposto alla vigilanza del
Ministero del Tesoro ed è alle dipendenze del Ministero del Commercio con
l'Estero.
Dal 1894 la
Banca d'Italia svolge il servizio di Tesoreria Provinciale dello Stato: essa
accentra e custodisce i fondi pubblici, riscuote tutte le somme dovute allo
Stato a qualsiasi titolo, esegue disposizioni di pagamento delle
amministrazioni statali, riceve depositi in titoli e contanti per conto dello
Stato, provvede a rilasciare ed a pagare i titoli del debito pubblico e i
relativi interessi.
Collabora nella
raccolta di fondi per lo Stato, attraverso la collocazione di titoli sul
mercato tramite un sistema di aste, ha promosso la nascita del nuovo mercato
secondario "all'ingrosso" dei titoli di Stato con la costituzione del
Mercato Telematico.
Pertanto, la
Banca d'Italia riassume su di sé la duplice funzione di organo di vigilanza creditizia e di Banca Centrale
e quindi responsabile della politica monetaria e del cambio (gestione
della liquidità interna e delle riserve valutarie - massimamente
attraverso operazioni di "pronto contro termine -, definizione del tasso
ufficiale di sconto ( T.U.S.), imposizione del livello delle riserve
obbligatorie per le banche, funzione ora coordinata con la Banca Centrale
Europea). Possiamo far risalire
a questa somma di poteri la maggiore incisività che da sempre in Italia
caratterizza la politica monetaria nei confronti della politica
fiscale. Infatti, il ruolo svolto dal Governatore della Banca 'Italia e
dal Ministro del Tesoro nel settore del credito e nella gestione del debito pubblico
è notevolmente più efficiente ed incisivo (oltre che
più comodo e anonimo) rispetto a quello affidato alle manovre
fiscali operate da compagini governative di breve o brevissima durata e
"fiduciose" nell'opera di drenaggio continuo e progressivamente
in crescita del fiscal drag per merito dell'inflazione.
Con
l'introduzione dell'euro come unica moneta dell'Unione (gennaio 2002), queste
funzioni storiche della Banca subiranno un'evoluzione radicale, venendo ad
essere subordinate all'attività di coordinamento della Banca Centrale
Europea con sede a Francoforte. Dal gennaio 2002 esisterà un'unica
moneta europea con una comune indicazione dei prezzi e l'eliminazione delle
incertezze relative al cambio. Anche il mercato monetario e finanziario
sarà unico con l'annullamento delle differenze dei tassi di interesse
tra i diversi paesi.
LA STRUTTURA
DEL SISTEMA BANCARIO,
DALLA LEGGE
BANCARIA DEL 1936 FINO ALLA LEGGE n° 218/ 1990 (Amato - Carli)
In
sintesi, fino alla Legge " Amato - Carli
", la n° 218 del 30 luglio 1990 che, come vedremo, sta
mutando la natura giuridica di molti dei più grandi istituti
di credito, la struttura del
sistema bancario italiano era la seguente:
CICR COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO E IL RISPARMIO
BANCA
D'ITALIA - Ufficio di Vigilanza
UFFICIO
ITALIANO CAMBI
ISTITUTI DI CREDITO
A BREVE TERMINE
* Istituti di credito di diritto
pubblico
* Banche di interesse nazionale
* Aziende ordinarie di credito (S.p.A.)
* Casse di Risparmio e Monti di credito su pegno
* Banche popolari cooperative
* Casse rurali e artigiane
* Istituti centrali di categoria
ISTITUTI DI CREDITO A
MEDIO E LUNGO TERMINE
* Istituti di credito fondiario
* Istituti di credito edilizio
* Istituti di credito agrario
* Ist.
di credito industriale/ mobiliare
* Ist.
di credito per le opere pubbliche
UN
APPROFONDIMENTO
( A ) GLI
ISTITUTI DI CREDITO A BREVE TERMINE
** Istituti di
credito di diritto pubblico (fino al 1990)
Erano definite
di "diritto pubblico", per la loro particolare natura giuridica, 6
delle maggiori banche italiane:
1) Banco di Napoli fondato nel 1539
2) Istituto Bancario San Paolo di
Torino fondato nel 1563
3) Monte dei Paschi di Siena fondato nel 1622 ( ricollega le origini
al Monte Pio fondato nel 1472)
4) Banco di Sicilia fondato nel 1850 (ricollega le proprie
origini alle Tavole Pecuniarie Siciliane
fondate nel 1459)
5) Banca Nazionale del Lavoro fondata
nel 1913
6) Banco di Sardegna fondato nel 1953
Esse, pur
non differenziandosi quanto all'attività dagli istituti bancari privati,
erano di proprietà pubblica (assenza di azionisti) e il loro patrimonio
fu costituito o dallo Stato, o da altri enti pubblici, o da atti di
liberalità di privati.
Facevano capo
direttamente al Ministero del Tesoro.
Possiamo
così riassumerne le caratteristiche:
- Perseguivano
fini pubblici.
- Gli statuti
erano approvati dal Ministero del
Tesoro che nominava anche gli organi direttivi.
- Gli utili andavano
ad aumentare le riserve o venivano destinati a beneficenza.
- Potevano
esercitare il credito a medio-lungo termine
attraverso Sezioni Speciali ( di
credito agrario, fondiario, industriale
ecc.)
Gestivano circa
un quarto dei depositi che affluivano
al settore delle banche di credito ordinario.
** Banche di
Interesse Nazionale (fino al 1990).
Erano tre:
- Banco di
Roma fondato nel 1880
- Banca
Commerciale Italiana fondata nel
1894
- Credito
Italiano fondato nel 1895
Fino al
Nel 1946
avevano costituito la Mediobanca, istituto di credito finanziario di medio
termine, attraverso cui, dagli anni 50 agli anni 80, sono passate le più
raffinate e rilevanti operazioni finanziarie del capitalismo italiano.
Nel 1958
rilevarono il Credito Fondiario Sardo (oggi FONSPA)per poter operare nel medio
termine fondiario ed edilizio.
** Aziende
ordinarie di credito
La legge del
1936 imponeva una loro strutturazione in società per azioni, ma la
presenza di aziende sorte in precedenza non permette una generalizzazione
circa la forma giuridica societaria.
Si tratta di
aziende medie, alcune di dimensioni nazionali, e medio-piccole
ben radicate localmente e quindi attente alle esigenze della clientela.
Costituirono
l'Istituto Centrale di Banche e Banchieri che, per conto delle associate,
svolgeva una serie di attività anche prettamente bancaria come
l'emissione di Assegni Circolari ecc.
Le esistenti
fino al 1990 amministravano circa un quarto dei depositi complessivi affluenti
alle banche di credito ordinario.
** Casse di Risparmio
Non avevano
finalità di lucro essendo enti morali. Sono sorte con lo scopo di
diffondere il senso del risparmio.
Tramite Sezioni
Speciali potevano esercitare anche il credito fondiario (Cassa di Risparmio
delle Provincie Lombarde, Cassa di Risparmio di Bologna ecc.).
Costituirono l'
ICCRI (Istituto di Credito delle Casse di Risparmio Italiane) con compiti di
coordinamento e compensazione fra le singole Casse.
LE NOMINE
BANCARIE nell'ambito delle Casse di Risparmio:
Il
referendum del 18 aprile 1993 chiedeva di esprimersi in merito alla
abrogazione dell'art.2 del R.D.L. 24/2/1938 recante "Norme per
l'amministrazione delle Casse di Risparmio e dei Monti di pietà di prima
categoria, convertito dalla
legge 3/6/1938 n. 778".
Con
l'eliminazione della norma, si tolse la competenza del Ministro del Tesoro
nella nomina dei vertici (Presidente, Vice Presidente, Direttore Generale)
delle Casse di Risparmio per trasferirla agli Enti locali.
Tali nomine, e
quelle bancarie in generale, hanno costituito nella storia del dopoguerra, la
più scientifica delle occupazioni del potere economico da
parte dei partiti che hanno governato l'Italia, con ricadute
clientelari sul bisogno di credito dei ceti produttivi e dei cittadini,
poiché l'affidamento (il denaro prestato dalle banche ai
richiedenti) non è stato quasi mai erogato in base a oggettivi criteri
di capacità di restituzione e garanzie di solvibilità ed
onorabilità ma in base alle conoscenze politiche ed alle
raccomandazioni.
Né
i banchieri sono stati nominati su comprovati requisiti di
capacità preparazione specifica, approfondite conoscenze di tecnica
bancaria, ma in base all'obbedienza cieca, alla fedeltà assoluta, a
questo o a quel partito, a questo o a quel padrino
politico che, proprio nell'ambito di un quadro scientifico di spartizione
e lottizzazione, aveva in precedenza provveduto ad effettuare le
"nomine".]
** Monti di Credito su pegno
Nati per
combattere l'usura concedendo prestiti a basso interesse garantiti da oggetti
in pegno, erano divisi in due categorie: quelli di I^
categoria sono soggetti alle stesse disposizioni che disciplinano le Casse di
Risparmio, avendo una dimensione dei depositi amministrati tale da
far loro assumere funzioni di istituti bancari.
I minori
costituiscono la seconda categoria.
** Banche
Popolari Cooperative
Si
svilupparono con l'affermazione del movimento cooperativistico in Europa
( in Italia ad opera di Luzzatti, in Germania di Schulze ) e in origine concedevano prestiti solo ai soci in
funzione delle loro quote; successivamente, abbandonata la caratteristica
mutualistica, divennero vere e proprie banche. La diffusione in piazze
considerate poco interessanti dai grandi istituti fa loro svolgere una notevole
funzione sociale.
Costituirono
l'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane (ICBPI).
** Casse Rurali
e Artigiane
Insediate in
piazze considerate finanziariamente poco redditizie, sono in genere di piccole
e piccolissime dimensioni. Di norma, possono operare solo nell'ambito del
comune di insediamento. Oltre alle
normali operazioni di raccolta e di impiego, possono concedere anche mutui
ipotecari (non oltre i cinque anni di durata) ed effettuare operazioni di
credito agrario e artigiano per i soci.
Costituirono l'
ICCREA, Istituto Centrale delle Casse Rurali e Artigiane,
** Gli Istituti
Centrali di categoria
Abbiamo
visto: L'Istituto Centrale di banche e banchieri, l'Istituto di Credito
delle Casse di Risparmio Italiane, Istituto Centrale delle Banche
Popolari Italiane, l' Istituto Centrale delle Casse Rurali e Artigiane.
Oltre a
svolgere funzioni di coordinamento, di assistenza tecnico-operativa e di
compensazione per le banche associate, accentravano le loro
disponibilità liquide assumendo quindi ruoli di assistenza finanziaria e
di tesoreria.
( B ) ISTITUTI DI
CREDITO A MEDIO/LUNGO TERMINE
** Istituti di
Credito Fondiario
Concedono
prestiti per l'acquisto, l'ampliamento e il miglioramento delle
proprietà immobiliari dietro garanzia ipotecaria. Si finanziano con
l'emissione di Cartelle Fondiarie e possono effettuare anche operazioni di
credito edilizio.
** Istituti di
Credito agrario
Concedono
prestiti a proprietari, affittuari e coloni di fondi agricoli per integrare il
capitale di esercizio o per realizzare opere di miglioramento.
** Istituti di
Credito Industriale e Mobiliare
Sono in genere
a carattere pubblico (I.M.I., IRI, Mediobanca, Efibanca,
Centrobanca, MedioCredito,
ISVEIMER, Irfis, CIS). Hanno lo scopo di finanziare
le imprese per costruire, rinnovare, ampliare, migliorare beni e strutture
aziendali.
** Istituti di
Credito per le Opere Pubbliche
Concedono mutui
per permettere a enti locali, consorzi, ecc. l'esecuzione di opere di pubblica
utilità. Si finanziano attraverso l' emissione di
obbligazioni.
** Istituti
Centrali di risconto e altri Istituti finanziari.
Mediocredito
centrale: finanzia a medio banche o istituti che abbiano finanziato
piccole/medie industrie.
Artigiancassa: Finanzia a medio termine banche o
istituti che abbiano finanziato imprese artigiane.
LA LEGGE AMATO-CARLI N° 218 DEL 1990:
l’inizio
della mutazione del sistema creditizio.
A ragione il
1990 può considerarsi anno di snodo per il sistema creditizio italiano,
come il 1936.
Con esso,
infatti, si conclude l'opera di predisposizione del mutamento strutturale
iniziato negli anni precedenti e si realizza l'impostazione operativa di
tutto il sistema bancario italiano
nell'ottica di una ristrutturazione in senso europeo e comunitario.
Infatti, nella
prima metà dell'anno, si concretizzano due importanti liberalizzazioni:
quella circa l'apertura di nuovi sportelli bancari, in precedenza
vincolata nel merito e nel metodo alla preventiva autorizzazione della Banca
d'Italia, e quella valutaria, che elimina ogni divieto per i cittadini italiani
di detenere somme o aprire conti in valuta estera, anche oltre frontiera.
[ Si rifletta
sul fatto che l'eliminazione dei vincoli valutari sia stata realizzata per
decreto legge: in materia finanziaria il potere legislativo ha quasi
sempre preferito delegare quello esecutivo ].
Successivamente
entra in vigore la legge n° 218 del 30 luglio 1990, detta Amato-Carli.
Con essa e con il decreto n° 356 del 20
novembre dello stesso anno, si dispone
l'intelaiatura legislativa per la ristrutturazione degli istituti di credito di
diritto pubblico, si fondano le
regole per la trasformazione delle aziende bancarie e si disegna la
struttura del gruppo polifunzionale. Attraverso fusioni e incorporazioni di
istituti anche di diversa natura, con queste operazioni, che
daranno luogo a società per azioni, si cerca di raggiungere
l'obbiettivo di eliminare per tempo quei vincoli che possono creare disarmonie,
impedimenti e contrasti tra il sistema italiano e quello comunitario.
E' facile
intuire la profonda trasformazione a cui il nuovo schema legislativo ha
sottoposto le istituzioni creditizie. Circa 150 banche, riconducibili ad
aziende di natura pubblica, saranno, nei primi anni ’90, trasformate in SPA.
Resta intatta,
invece, la possibilità di controlli, ispezioni ecc. ad opera della Banca
d'Italia, Banca Centrale Europea a parte.
A dicembre 1997
la situazione era la seguente:
BANCHE SPA (con raccolta a breve termine) n° 176
BANCHE (con raccolta a medio-lungo termine) n° 33
BANCHE POPOLARI n°
80
B. DI
CREDITO COOPERATIVO n° 591
IST. CENTRALI DI
CATEGORIA E DI
RIFINANZ.TO n°
6
SUCCURSALI DI
BANCHE ESTERE n° 51
TOTALE BANCHE (AL 12.1997) n° 937
ORGANIZZAZIONE
DELLE BANCHE DI CREDITO ORDINARIO
Una
qualsiasi organizzazione aziendale consiste nell'ordinare, predisporre ed
armonizzare gli elementi a disposizione, affinché l'azienda possa
raggiungere il suo fine nel migliore dei modi.
Anche le banche
dunque sono organizzate con questo specifico scopo, ma sono tenute a seguire
quelle apposite normative di legge che ne disciplinano la costituzione, la
gestione e la liquidazione.
I principali
problemi di organizzazione di un'azienda di credito sono:
1) la forma
giuridica
2) le
dimensioni
3) la
localizzazione
4) i rapporti
con l'ambiente dove l'azienda vive
5)
l'entità del patrimonio
6) gli uffici
7) il personale
8) le
modalità di esecuzione delle diverse operazioni e il relativo controllo.
L'organizzazione
investe dunque tutti gli aspetti dell'attività
bancaria, nulla deve essere lasciato all'improvvisazione; tutto deve
essere predisposto, studiato e armonizzato ai fini di una sempre più
efficiente gestione.
Con riferimento
alle dimensioni, le banche sono generalmente divise in Direzione Centrale o
Generale e più Filiali. La prima esercita funzioni di organizzazione,
direzione e controllo, mentre le funzioni operative sono svolte
dalle Filiali. Queste ultime sono legate fra loro da una specie di
gerarchia secondo l'importanza del ruolo e delle operazioni che sono
autorizzate a svolgere e assumono denominazioni diverse: Sedi, Succursali,
Agenzie, Uffici, Recapiti, Rappresentanze.
Le Sedi di
Filiale, localizzate nei grandi
centri, possono svolgere qualsiasi tipo di operazione nell'ambito dei
limiti posti dalla Direzione centrale; di norma si ramificano nel territorio
per il tramite di Agenzie; le Succursali risiedono in centri meno
importanti e possono compiere quasi tutte le operazioni bancarie, ma
per alcune devono essere preventivamente autorizzate dalla Sede alla
quale appartengono o dalla Direzione Centrale; le Agenzie, istituite con
lo scopo di agevolare il pubblico nell'espletamento delle varie operazioni
bancarie, hanno raggio d'azione più limitato e quasi sempre
operano per conto delle Sedi o delle Succursali dalle quali
territorialmente dipendono; Uffici, Recapiti e Rappresentanze operano in
piccoli comuni e possono compiere solo determinate operazioni.
La
localizzazione della banca e il suo rapporto con l'ambiente esterno saranno
oggetto di trattazione del prossimo paragrafo.
L'entità
del patrimonio, gli uffici, il personale, le modalità di esecuzione
delle diverse operazioni e il relativo controllo sono tutti elementi essenziali
per una corretta gestione aziendale.
Se in passato
le banche operavano in regime di oligopolio, quasi non curanti delle esigenze
della clientela, oggi con l'armonizzazione dei mercati internazionali anche
il settore finanziario-creditizio verrà a
subire l'influenza della concorrenza estera; ecco dunque che le banche,
al pari di qualsiasi altra azienda con scopo di lucro, hanno
interesse a perfezionare la propria organizzazione interna nei minimi particolari,
offrendo servizi migliori a condizioni sempre più convenienti.
Nello stesso tempo però esse non hanno discrezionalità
assoluta, ma devono rispettare la normativa vigente in materia, che ha anche lo
scopo di tutelare l'utente del servizio bancario.
LOCALIZZAZIONE
DELLE BANCHE E RAPPORTI CON L'AMBIENTE ESTERNO
E'
interessante analizzare l'ubicazione e la diffusione territoriale delle
varie categorie di aziende di credito: il maggior numero di piazze sono servite
dalle ex Casse di Risparmio, alle quali fanno seguito le Banche Popolari,
le società per azioni di credito ordinario, gli Istituti di
credito di diritto pubblico (che in seguito alla Legge Amato del
1990 hanno assunto la forma di società per azioni), le ditte bancarie.
Caratteristico è
poi il fatto che le ex Casse di Risparmio, le Banche Popolari, le Casse
Rurali ed Artigiane presentano il maggior grado di autonomia di
ciascuna azienda nei confronti delle altre dello stesso gruppo, ovvero è
impercettibile il grado di coesistenza su ciascuna piazza di
più sportelli dello stesso gruppo. Le ex Banche di interesse
nazionale (compresa la Banca di Roma, nata dalla prima grande fusione
attuata con la Legge Amato del 1990) hanno i loro sportelli
in concorrenza con le altre categorie di aziende di credito; ciò
è evidente, in quanto questi sono ubicati in tutti i principali
centri nei quali operano anche le altre banche. Se quindi tra le varie
categorie di aziende di credito possono riscontrarsi delle differenze di
qualità della clientela attiva e passiva, ciò è
dovuto:
1) alle
caratteristiche gestionali e strutturali delle banche che operano una selezione
imposta o naturale della clientela nelle piazze servite in concorrenza;
2) alla
prevalenza dell'azione diretta delle aziende di credito operanti da sole in
comuni non capoluoghi di provincia.
OPERAZIONI E
SERVIZI OFFERTI DALLE BANCHE
L'attività
fondamentale di una banca di credito ordinario si manifesta attraverso una
serie di operazioni e di servizi offerti alla clientela. E' possibile
effettuare una classificazione che suddivida, in base a caratteristiche
comuni, le diverse operazioni bancarie, ma prima di fare ciò
occorre premettere che nell'unità dell'azienda esiste una stretta
interdipendenza, cosicché una qualsivoglia classificazione è da intendersi
in termini relativi.
Separiamo
innanzi tutto le operazioni principali da quelle accessorie. Le prime, a loro
volta, si suddividono in due grandi gruppi: le operazioni di provvista dei
fondi (operazioni passive), mediante le quali la banca si procura i mezzi
finanziari, ovvero raccoglie il risparmio presso il pubblico, ed in operazioni
d'impiego dei fondi (operazioni attive), mediante le quali la banca investe i
mezzi finanziari a disposizione.
Le
operazioni di provvista possono essere originarie: la banca raccoglie il
risparmio direttamente dalla clientela (depositi a risparmio
ordinario e in conto corrente, buoni fruttiferi, ecc.), oppure derivate: la
banca si procura i fondi ricorrendo al credito di banche maggiori
(risconti, anticipazioni passive, riporti passivi ecc.).
Anche le
operazioni d'impiego possono essere dirette e d'investimento. Le prime sono
quelle mediante le quali la banca concede credito direttamente alla clientela(sconti,
anticipazioni su titoli e su merci, riporti attivi ecc.); le seconde sono
quelle mediante le quali la banca compie, per proprio conto, operazioni di compravendita
di titoli, di divise ecc.
Le operazioni
accessorie consistono in particolari servizi che la banca offre alla clientela:
cassette di sicurezza, emissione di assegni circolari, pagamento di bollette,
servizio titoli, carte di credito, bancomat, ecc. L'offerta di tali
servizi si è andata sempre più perfezionando e diversificando
tanto che attualmente potrebbe sembrare poco corretto attribuire
alla funzione dei servizi importanza secondaria.
In conclusione
occorre fare un’ ultima precisazione: le operazioni d'impiego dei fondi
sono alimentate in prevalenza da operazioni di provvista dei fondi, ma
anche da capitale proprio della banca. La presenza di un capitale proprio
all'interno della banca è un
elemento molto importante, non solo per generare fiducia tra i depositanti, ma
anche per sanare eventuali, momentanei squilibri.
OPERAZIONI PRINCIPALI
Depositi a risparmio liberi
Depositi a risparmio vincolati
Certificati di deposito
Depositi in conto corrente
Conti correnti di corrispondenza
Conti Correnti gestiti
OPERAZIONI DI PROVVISTA DI FONDI
Operazioni “Pronti contro termine”
Risconto di portafoglio
Anticipazioni passive
OPERAZIONI DERIVATE
Sconto di portafoglio
Anticipazioni su titoli
Anticipazioni su merci
OPERAZIONI DIRETTE
Aperture di credito
Credito al consumo
OPERAZIONI
D'IMPIEGO DEI FONDI e
D’INVESTIMENTO
Compravendita di titoli
Compravendita di divise
OPERAZIONI ACCESSORIE
Emissione di assegni circolari - Servizio di cassette di
sicurezza
Servizio titoli - Pagamento di utenze - Bonifici - Ordini permanenti
Carte di credito
- Bancomat -
Piani di accumulazione di capitale
RAPPORTI UTENZA - BANCHE
( Storia di una
conflittualità endemica)
SITUAZIONE
ANTECEDENTE AL 1988:
*** Cartello
Bancario (1932) ***
Sin dal 1932,
le aziende bancarie, allo scopo di evitare una sleale concorrenza tra
loro, avevano sentito l'esigenza di accordarsi per regolare uniformemente
le condizioni da applicare alla clientela: tassi attivi e passivi, valute,
rimborso spese, provvigioni, ecc. Questo accordo nato spontaneamente, per
iniziativa stessa delle banche, in seguito alla riforma bancaria del 1936, fu
reso obbligatorio dal Comitato Interministeriale per il Credito e il
Risparmio, prendendo il nome di Cartello Bancario.
*** Accordo
interbancario per le condizioni (1954) ***
Dal primo
febbraio del
Anch'esso
stabilì le condizioni da applicare alla clientela. L'accordo
interbancario venne liberamente sottoscritto da quasi tutte le aziende di
credito italiane, aderenti all' Associazione Bancaria Italiana. Per quanto
attiene alla vigilanza, alla disciplina e al controllo sull'applicazione
dell'Accordo, è stato istituito il Comitato accordo interbancario,
alla Presidenza del quale risiede lo stesso Presidente dell'ABI. Il Comitato
stabilisce l'importo della penale da pagare in caso di infrazioni alle
norme contenute nell'Accordo Interbancario.
*** Accordo
interbancario per le condizioni (1970) ***
In
seguito alle nuove caratteristiche assunte dal mercato monetario e
finanziario il primo settembre del 1970 venne istituito un nuovo Accordo
interbancario per le condizioni, recante parecchie modifiche ed integrazioni al
precedente Accordo.
L'ACCORDO
INTERBANCARIO DEL 1988: L'autoregolamentazione ABI.
Con
l'ampliarsi della gamma dei servizi offerti dalle aziende di
credito agli utenti e il mutare della clientela da "elitaria"
a "di massa", si è
andata parallelamente ad affermare l'esigenza, o meglio la necessità,
da parte dell'utenza di vedersi garantire
una maggiore tutela riguardo alla trasparenza delle condizioni praticate
per le principali operazioni e per i più usati servizi bancari.
Fino ad allora
le banche operavano con completa discrezionalità, senza offrire al
cliente alcuna possibilità di controllo e di eventuale
contestazione sul loro operato.
Il 30 novembre
del 1988 venne stipulato, nella sede dell'Associazione Bancaria Italiana, il
nuovo "Accordo interbancario", il cui oggetto principale è costituito
dalla pubblicità sulle condizioni relative alle principali
operazioni bancarie. Tale Accordo è entrato in vigore:
*** il
1° dicembre del 1988 stabilendo per tutte le Sedi o le agenzie
degli Istituti di credito aderenti all'accordo, l'obbligo di
affiggere due cartelli recanti tutte le condizioni applicate alla
clientela.
*** il
1° gennaio 1989, dopo la precisa e vigorosa denuncia dell'ADUSBEF
(Associazione per la Difesa degli Utenti dei Servizi Bancari,
Finanziari, Assicurativi e Postali costituita nel maggio del 1987) in merito
all'abolizione del doppio divisore per il calcolo degli interessi
attivi e passivi, ponendo l'unico metodo di calcolo rapportato all'anno
solare di 365 giorni.
Sempre
dalla suddetta data, tutte le Banche aderenti al nuovo codice di
autodisciplina devono adottare i contenuti dell'estratto di conto corrente e
conto scalare, nel quale devono essere riportati tutti gli elementi utili per
il conteggio delle competenze, spese unitarie e relativo importo, spese di chiusura
e obbligatorietà di invio all'utenza con cadenza almeno
trimestrale. Nasce inoltre l'obbligo di comunicare ai correntisti
qualsiasi variazione intervenuta sui tassi attivi o passivi e della commissione
sul massimo scoperto, ed ai depositanti le variazioni intervenute sui
tassi alla prima presentazione del libretto, con il diritto di recesso del
cliente entro 15 giorni dalla data di esposizione del cartello aggiornato,
ottenendo, in sede di liquidazione del rapporto medesimo, le
condizioni precedentemente in essere.
*** il 1°
luglio 1989 per l'adozione di un modello standard di estratto conto e di conto
scalare, che evidenzi con chiarezza e in dettaglio tutti gli elementi utili per
il conteggio delle competenze e delle spese.
LEGGE SULLA
TRASPARENZA BANCARIA (N° 154 DEL 1992) E
L'OMBUDSMAN ABI.
IL TESTO UNICO
DELLE LEGGI IN MATERIA BANCARIA DELL’ 1.9.1994.
Nonostante
l'entrata in vigore del codice di autoregolamentazione e le dichiarazioni di
buona volontà, la maggior parte delle banche ha continuato ad
operare in maniera poco trasparente, dimostrando l'inefficacia dello
strumento di autoregolamentazione attrezzato solo per evitare, o quanto meno
allontanare, una normativa giuridicamente vincolante per tutti gli
operatori creditizi e finanziari e non solo per le banche.
Così, il
17 febbraio 1992 è entrata faticosamente in vigore la legge 154
contenente le norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e
finanziari. Il tormentato iter della legge, avversata strenuamente dalle
banche, è la dimostrazione migliore della sua utilità, in
quanto, in particolare, con tale normazione si
è finalmente data attuazione ai principi di correttezza e
buonafede, nell'esecuzione dei contratti bancari, affermati in modo
generale dal Codice civile.
La
suddetta legge ha, in particolare, stabilito obblighi per banche e
finanziarie circa la comunicazione agli utenti dei servizi delle condizioni
praticate (tassi, spese, commissioni ecc.); ha abolito la famigerata "fideiussione
omnibus" con l'obbligo, quindi, di stabilire i limiti economici
entro i quali il fideiussore deve garantire; ha imposto la consegna agli
utenti dei moduli e dei contratti sottoscritti.
Sempre
sulla scia dei provvedimenti volti ad una più penetrante
tutela degli utenti, inoltre, dal 15 aprile 1993 è stato istituito
dall'ABI il cosiddetto Ombudsman bancario. La finalità è quella
di risolvere, in sede non giudiziale ma avanti ad un organo privato, le
controversie, tra clienti e banche, per danni ipotizzati non superiori a
5.000.000 di lire.
L'iniziativa
è senz'altro positiva, ma è carente là
dove non è stata prevista dall'ABI la partecipazione
all'Ufficio dell'Ombudsman, quanto meno, di un rappresentante degli utenti. In
tal modo si correrà il pericolo di una tutela non proprio
imparziale degli utenti bancari, anche se la decisione dell'Ombudsman non
pregiudica la possibilità di rivolgersi all'autorità
giudiziaria. Riteniamo però che un pronunciamento negativo
potrà, quanto meno, influenzare il giudice.
La
possibilità di intervento dell’Ombudsman (una sorta di
“appello”) ha una serie di limitazioni:
Si interessa solo di rapporti tra banca e
consumatore (non professionista né persona fisica);
Non si interessa di fatti antecedenti al
1° gennaio 1993;
I danni lamentati (attenzione: non l’operazione
incriminata) devono essere inferiori ai cinque
milioni di lire;
Il fatto non deve essere già stato
portato davanti al giudice;
Occorre aver già interessato
l’Ispettorato reclami della banca .
Il 1°
gennaio 1994 è entrato in vigore il “Testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia”. Della legge
I N E U R O P A
Primi passi per
l'integrazione. La 2^ Direttiva CEE.
La
Direttiva CEE del 15 dicembre 1989 n° 646,
recepita dal nostro ordinamento nel dicembre 1992, fornisce lo schema
entro cui predisporre la realizzazione del mercato unico europeo per il settore del credito.
I
principi fondamentali da essa introdotti e miranti all'allineamento
complessivo della disciplina creditizia operante nei singoli paesi, riguardano:
il mutuo riconoscimento, la disciplina dei controlli, l'armonizzazione delle
condizioni di autorizzazione e di esercizio dell'attività creditizia, la
libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, la
rimozione di ogni obbligo di specializzazione sia temporale che di settore.
Quanto all'attività
di controllo, essa viene affidata alle istituzioni
del paese d'origine; l'esercizio dell'attività creditizia,
però, non potrà essere incompatibile con le disposizioni legali
di interesse generale
in
vigore nello stato membro ospitante. Si ritiene, pertanto, che i
controlli sulla liquidità, sul rischio di mercato e
sull'applicazione delle misure di politica monetaria coinvolgenti
l'operatività del sistema creditizio, siano ancora appannaggio
dello stato ospite.
L'Unione Monetaria e le ripercussioni sul sistema creditizio.
Con l’introduzione della moneta unica europea, il sistema bancario
dovrà affrontare due ordini
di problemi, entrambi (ritengono i responsabili del settore creditizio) con
costi non indifferenti:
1) La nuova moneta obbligherà ad ammodernamenti di attrezzature,
programmi informatici, corsi di aggiornamento del personale.
A questo proposito, ci corre l'obbligo di ricordare che i costi relativi alle
voci citate risultano "fisiologici" per il sistema. La revisione di
hardware e di software, i corsi di qualificazione per i dipendenti sono
ricorrenti: le banche sono costrette a necessari periodici aggiornamenti di
programmi e macchine obsolete. Si calcoli ad esempio, che i programmi oggi in
uso non sono in grado di "considerare" l'anno 2000 o i successivi:
quando si indica una data, le due cifre riservate all'anno ( 00 oppure 01,
ecc.) vengono riferite dal sistema al 1900, al 1901 ecc.. La revisione è
obbligata, ma l'euro non c'entra.
2) La moneta unica causerà l'eliminazione di alcuni tipi di
operazioni molto remunerative, come quelle in cambi tra valute europee.
Riteniamo che a fronte dei minori introiti per le operazioni in valuta,
si assisterà ad un notevole incremento dei sistemi di pagamento
alternativi al contante. Infatti, il notevole ampliamento del mercato e
l'eliminazione del rischio di cambio favorirà l'utilizzo massiccio della
moneta fiduciaria (assegni, bonifici, carta di credito, bancomat, minipay) notoriamente assoggettata a commissioni bancarie
anche superiori a quelle percepite per le operazioni in cambi.
In ogni modo, il sistema bancario dovrà sottoporsi ai seguenti
accomodamenti:
FASE "A" - ANNO 1998
** Occorrerà che le aziende di credito adattino i
servizi di tesoreria, gli uffici titoli e gli uffici cambi dal
momento che, col 1999, le nuove emissioni e i rapporti di cambio
avverranno in Euro.
** Nella seconda metà dell'anno dovranno essere sperimentate le
nuove procedure.
FASE "B" - DAL
GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001
** Le banche dovranno essere in grado di offrire il servizio di
contabilità per conti correnti espressi in euro, perché potranno
essere richiesti dagli utenti. L'azienda trasformerà in euro tutti i versamenti
e tutti i pagamenti in altra valuta (ad esempio, versamenti di assegni in lire
o emissione di assegni in lire).
** I trasferimenti di capitali tra banche europee e le relative
contabilizzazioni avverranno in tempo reale e non più (come avviene oggi)
a fine giornata tramite
compensazioni multilaterali. Il nuovo sistema denominato TARGET (Trans European Automated Real time Gross
Settlement Express Transfer) comporterà un collegamento
sovranazionale (definito "interlinking").
Questo nuovo sistema verrà utilizzato anche dai Paesi che non
parteciperanno alla prima fase dell' UME, per i quali l'Euro sarà
ancora una "valuta estera".
** Siccome le nuove emissioni di titoli pubblici saranno espresse in
Euro, le banche dovranno essere in grado di offrire servizi in Euro alla
clientela: dovranno essere convertiti i contratti di deposito; dovrà
procedere massicciamente la riconversione e la formazione del personale.
FASE "C" - DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002
** L'intero sistema del credito dovrà utilizzare l'Euro per ogni
forma di transazione, anche per contanti, e di servizio (dagli sportelli
automatici, alle casse, al software ecc.), essendo previsto il ritiro
delle monete nazionali e la loro totale sostituzione con la moneta europea.
I PROBLEMI DA
RISOLVERE
In
sintesi, possiamo così riassumere i problemi "tecnici",
interni e/o di sistema, che le banche italiane dovranno affrontare e
risolvere per misurarsi ed integrarsi senza contraccolpi nell'Europa
comunitaria:
Il livello
delle "riserve obbligatorie".
Per le banche
italiane, i costi derivanti dall'istituto della riserva obbligatoria ( quota
dei depositi da detenere presso la Banca d' Italia a garanzia,
parziale, della solvibilità
delle aziende di credito) risultano molto più elevati di quelli che
devono affrontare gli istituti dei principali paesi europei.
Fino al 5
febbraio 1993 il livello era pari al 22,5 % dei depositi raccolti ( in Francia
è in media dello 0,9 %, in Germania del 3,6 % [Fonte Banca d'Italia] ).
In quella data, un decreto del
Ministro del Tesoro abbassava al 17,5 % l'obbligo di riserva. La manovra
proseguiva nel marzo dello stesso anno con la riduzione al 10 % del
coefficiente di riserva per i Certificati di deposito con scadenza oltre
i 18 mesi.
Nel 1998, il
livello delle riserve obbligatorie è passato al 9 per cento, poi (luglio
1998)
ulteriormente ridotte al 6 per cento, liberando nel primo caso oltre
40.000 miliardi di lire.
L’ 8
luglio 1998, la Banca Centrale Europea ha deciso di applicare una percentuale
dell’ 1/2,5 per cento dei depositi. Il sistema italiano si
avvantaggerà recuperando margini finanziari da questa iniziativa.
Il livello e la
qualità delle partite " in
sofferenza ".
Nel dicembre
1992, su un totale impieghi (somme prestate dalle banche) pari a 629.797 miliardi di lire, l'entità
dei crediti "in sofferenza" e delle partite "incagliate" (
quasi, ma non ancora definitivamente, " in sofferenza " ) si
avvicinava al 16%
(circa 100.000 miliardi) ; superava però il 20% del totale se
consideriamo il complesso degli impieghi ( 448.025 miliardi di lire) indirizzati
verso il solo settore produttivo (considerando le imprese manifatturiere, le altre non finanziarie
e le famiglie produttrici) escludendo pertanto le somme che il
sistema bancario metteva a disposizione di: pubblica amministrazione, famiglie
consumatrici, assicurazioni, istituzioni creditizie.
[A conferma
dell'analisi e del giudizio espresso in merito alle nomine dei vertici delle
Casse di Risparmio, per queste il rapporto sofferenze / impieghi è
mediamente più alto che per gli altri istituti bancari.]
E' facile
intuire come questo fenomeno, causato dall'aver "trascurato" le
corrette e prudenziali procedure previste per la concessione del
credito e non certo dall'aver, in buona fede, sbagliato valutazione circa il
rischio presentato dalle operazioni, influisca pesantemente
sulla determinazione dei costi complessivi del sistema, a carico
dell'utenza attiva, e quindi sulla sua competitività.
Si consideri
che, cinque anni fa, in Francia il livello dei crediti in sofferenza superava
abbondantemente, in volume, quello italiano, ma esso derivava dall'aver
puntato negli anni passati sul settore immobiliare che per molto tempo ha
offerto rendimenti doppi, e a volte tripli, rispetto alla media dei tassi di
rendimento francesi. Pertanto, le banche di quel paese hanno lucrato
abbondantemente e per lungo tempo prima della crisi immobiliare.
In Italia,
invece, i crediti concessi per "conoscenza", per
"segnalazione" di amici o per "disobbligarsi" sono
causa di buona parte delle "sofferenze". Queste sono caratterizzate
da tassi anche inferiori al prime rate ( si vedano gli affidamenti ai partiti
politici). Con il tipo di attività appena descritto il settore del
credito non ha guadagnato nulla (in termini di conto economico delle singole
aziende), ci ha al contrario rimesso, rifacendosi in ogni modo sulle condizioni
offerte alla clientela depositante.
Le sofferenze
del dicembre 1996 ammontavano a 123.117 miliardi di lire.
Crollarono a
Riportiamo
l’elenco delle banche che hanno, per il 1997, oltre mille miliardi di
“sofferenze” (Fonte: Il Mondo).
SOFFERENZE
BANCARIE
ANNO 1997 (In miliardi di lire)
BANCA
SOFFERENZE
Banca di Roma 8.060
Banca Nazionale
del Lavoro 6.924
Banco di
Sicilia 4.823
I.B. San Paolo di TO 4.398
CARIPLO 3.450
Monte Paschi di
Siena 2.652
Credito
Fondiario FONSPA 2.394
Banca Popolare
di Novara 1.601
Banca
Commerciale Italiana 1.460
Banco Ambroveneto 1.419
Banca Nazionale
Agricoltura 1.217
Credito
Italiano 1.178
Centrobanca 1.041
Riportiamo il conto economico del sistema
creditizio (Fonte: Il Mondo) raffrontando 1996 e 1997, anno in cui il settore
presenta una netta decadenza.
CONTO ECONOMICO
DEL SISTEMA BANCARIO
1996
1997
VARIAZ. %
MARGINE
D’INTERESSE 48.494 46.218 -
4,69
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE 73.076 72.518 -
0,76
RISULTATO DI GESTIONE 19.258 17.142 -10,99
UTILE ORDINARIO 6.589 2.597 -
60,59
UTILE NETTO 2.665 - 531 -
119,92
Il basso grado di
internazionalizzazione delle nostre banche
Nonostante
l'apertura di numerose filiali sulle principali piazze finanziarie europee e
mondiali, le banche italiane svolgono un ruolo ancora secondario sui
mercati finanziari internazionali ed hanno una scarsa ed episodica
penetrazione sui mercati interni degli altri paesi europei. Tale posizione di
secondo piano va ricondotta sia allo scarso peso avuto in passato dall' Eurolira,
sia al ruolo ancora marginale svolto dalle banche italiane per quanto
riguarda i collocamenti di prestiti sugli euromercati.
All’assemblea
ordinaria dell ‘ABI, tenutasi il 24 giugno
1998, il Governatore Fazio ha ancora una volta stigmatizzato il basso livello
di efficienza del sistema creditizio e la ancor più bassa propensione ad
uscire oltre i rassicuranti confini nazionali.
Il basso
livello del rapporto fiduciario utenza - banche
Il sistema,
cresciuto in un ambiente mai sanamente concorrenziale, ha impostato il suo
rapporto con la clientela oscillando tra le concessioni paternalistiche
del buon feudatario e le imposizioni di chi esercita un potere superiore e,
comunque, istituzionalizzato. Pertanto, le banche hanno dell'utenza "di
massa" una concezione che ne mette in evidenza quasi esclusivamente
la capacità di essere "fonte di problemi", specie qualora non
accetti supinamente tempi e metodi del sistema;
parallelamente, gli utenti, nel rapporto la parte più debole,
considerano l'attività delle banche come complesso di operazioni
cui accedere col massimo della diffidenza, perché strutturate per
vantaggio esclusivo del sistema e dei clienti " che possono", non
della clientela comune.
Ne deriva un
clima di reciproca sospettosa "sopportazione", ben poco fertile e
socialmente dannoso, che certamente ha causato e causa uno sviluppo
anomalo e non solido del sistema
creditizio italiano, condannandolo, almeno fino ad oggi, ad una
evoluzione forzatamente adattata alle esigenze di mercato e deformata da
un'ottica ancora elitaria della clientela. Infatti, quando ad entrare in banca
erano solo i "Signori", gli obiettivi socioeconomici dei
banchieri e dei clienti coincidevano. Anche per questi motivi il settore
bancario italiano, misurato con la realtà europea, esprime ancora un
basso livello di competitività complessiva.
Emblematica, a
questo proposito e al fine di evitare interventi del legislatore, è la
forzatura concettuale mirante a definire come " Ombudsman" un
super ufficio reclami unificato, clonato in seno all'A.B.I., l’ Associazione
bancaria italiana. Si tratta, infatti, di un organo di parte creato
unilateralmente dai banchieri con il compito di dirimere controversie
nelle quali una delle parti in causa (la banca) dovrà giudicare se
stessa.
L'operazione,
neanche d'immagine ma più superficialmente di facciata, genera
certamente un disorientamento dei cittadini degli altri paesi dove
l'Ombudsman, organo realmente super partes, ha ben
altra genesi e dove gode, in campo amministrativo pubblico da
decenni, dell'assoluta fiducia delle parti coinvolte.
Le nuove
frontiere del settore creditizio.
La tecnologia
informatica e Tlc
sta rivoluzionando il settore. Con Internet finisce l’era
dell’intermediario classicamente inteso. Banche, assicurazioni,
giornalismo, distribuzione per punti di vendita così come li intendiamo
noi declineranno in pochi anni: sopravviverà
solo chi è in grado di fornire valori aggiunti. In mancanza di essi, non
ci sarà ragione di mantenere 330.000 bancari quando potrò
“fare banca” per telefono o per PC. E quando Tancredi Bianchi,
presidente dell’ABI, parla di 30.000 bancari di troppo, la sua visione
è limitata e “vecchia maniera”. Perché alla luce dei
progressi delle telecomunicazioni e dei personal computer, i bancari di troppo
(a parità di altre condizioni) sono 150.000: la standardizzazione delle
operazioni e la possibilità di “teleinoltrarle”
via filo (telefono o PC) senza la necessità di recarsi allo sportello,
permetterà ai correntisti di operare senza più andare in banca.
Ciò significa che l’utente potrà scegliere di entrare in
rapporto, indifferentemente, con la banca “sotto casa” o con quella
londinese: dipenderà da valutazioni di correttezza, affidabilità,
precisione, semplicità.
Viene
così a decadere, per le banche, la necessità di occupare
materialmente il territorio attraverso l’apertura di nuove agenzie.
Basterà aumentare i centralini.
C o n c l u s i
o n i
Il
marketing degli istituti di credito non è "rivolto
al mercato", cioè allo studio "interessato"
delle esigenze dei potenziali consumatori; ma esso limita i suoi
interventi in nominali promozioni d'immagine o, meglio, di facciata. In
questi termini, agli occhi dei cittadini le banche non hanno mai
acquisito il rispetto che si considera appannaggio di chi svolge ruoli
e compiti socialmente utili. Mentre
gli istituti di credito non hanno mai attribuito alla clientela le caratteristiche
di controparte indispensabile per la permanenza della loro
attività nel mercato del credito.
La verifica su
quanto affermato è offerta dagli atteggiamenti del
"banchiere" (ma anche del bancario) nei confronti delle due
grandi categorie di utenza: i depositanti e gli
affidati. Mentre nei confronti dei primi lo spirito dominante e
più comune è quello di "sopportazione" a volte
benevola e paternalistica, più spesso intollerante
(specie se vengono sollevati problemi), nei confronti dei secondi
l'atteggiamento più diffuso è quello di chi si aspetta una
personale riconoscenza dal "miracolato" di turno. In questo senso, il
ruolo di gestore del credito viene usato per acquisire personali meriti
"sociali".
Ma non
sono questi i comportamenti che generano stridori e risentimenti in
termini di valutazione etica: pur se medievali essi possono essere,
se generalizzati e conosciuti, ancora accettati o sopportati. Le
smagliature etiche sono altre, tutte riconducibili alla impostazione
seguente: chi gestisce il credito ritiene, a suo insindacabile giudizio,
di poter mettere in comune, con gli utenti che in qualche modo
ritiene interessanti, i "vantaggi" offerti dal dominio
esclusivo dello strumento, escludendo dai benefici gli altri
ai quali è delegato il ruolo di "portatori d'acqua".
Ciò vuol
dire, e torniamo alle analisi quantitative, che le norme di comportamento nella
gestione del credito non sono "obbiettivamente" individuate.
Risulta pertanto opaca e di
difficile individuazione l'etica che le sottende; applicata al
settore del credito, la morale (come del resto il diritto)
deve abbandonare ogni
caratteristica di certezza, di obbiettività e di applicazione generalizzabile:
la remunerazione di un conto corrente non dipende, sempre e per tutti,
dalla valutazione della giacenza media, da motivi di opportunità
professionale (legittimi) o da altri parametri individuati, ma,
troppo spesso, da giudizi personali su eventuali meriti "tribali" di appartenenza
(amicizia, interessi convergenti, segnalazioni di titoli e qualificazioni
particolari, ecc.); così, la concessione di un affidamento non dipende,
sempre e per tutti, dalla valutazione economico-finanziaria del richiedente,
effettuata con parametri oggettivi e conosciuti: essa è superata, come
nel caso precedente, dai "meriti speciali" che, se
sufficienti, fanno "sparire" l'influenza di ogni tipo di
analisi finanziaria e contabile.
Né
può essere giudicato fuori misura quanto affermato: è sotto
gli occhi di tutti il livello raggiunto dalle
"sofferenze" bancarie, ormai attorno ai 125 mila miliardi di
lire, per aver gestito il credito al di fuori di ogni norma etica,
conosciuta e riconosciuta, ritenendo di poter "usare" il denaro dei
depositanti come se fosse di proprietà; è di dominio comune
il livello dei "ringraziamenti" (decine di miliardi) per aver fatto
partecipare potentati economico-industriali ai vantaggi derivanti
dal controllo e dalla gestione per fini di parte (e non
sociali) dello strumento del credito; sono noti i vantaggi
(aziendali) delle operazioni in cambi effettuate, anche contro la
nostra moneta e in nome di sbandierate superiori leggi di mercato, durante
i momenti difficili per la lira sottoposta ad una speculazione
selvaggia che, visti i livelli raggiunti dalle riserve di
Bankitalia, conosceva perfettamente le caratteristiche da linea
Maginot delle difese antisvalutazione megafonate
per il volgo da Amato e Barucci. E ancora, per
accostarci a Tangentopoli, sono stati certamente bancari i canali
utilizzati per far defluire oltre frontiera le migliaia di miliardi
di lire frutto del malaffare politico-economico
istituzionalizzato, quando l'utente "normale", in nome delle
leggi valutarie in vigore fino al 1990, veniva denunciato se
scoperto a portare all'estero (per turismo, studio, cura) più di
due milioni di lire senza aver provveduto ad autodenunciarsi all'Ufficio
Italiano dei Cambi, ed aver ottenuto da esso la relativa
autorizzazione.
Ma se le cose
stanno così, se l'approccio etico degli operatori del settore
è quello delineato, se i rapporti sono riduttivamente
sclerotizzati ed incanalati su binari poco fertili e,
ciononostante gli utili aziendali e di settore sono sempre alti, che peso
possono avere i problemi sollevati dai cittadini utenti ?
In un
ambiente come quello appena delineato il maggiore
sforzo per ricondurre a correttezza i rapporti è richiesto
(come sempre) all'utente.
Prima di tutto
"conoscendo".
Di Mauro
Novelli 1998
I L C A M M
I N O D E L L' E U R O
Lo scenario
relativo alle fasi che i Paesi del continente dovranno affrontare
per pervenire all'Unione Monetaria è stato definito a Madrid nel 1995.
Dal gennaio 1999
al dicembre 2001 gli operatori potranno adottare l' euro, ma non saranno
obbligati a farlo. La decisione è libera perchè
vige la clausola "Nessun obbligo, nessun divieto" in base alla quale
ognuno può decidere l'adozione della nuova moneta, nessuno può
impedirglielo, nessuno lo può obbligare a farlo. Dal 1° gennaio
1999, infatti, l' euro circolerà come moneta scritturale o
fiduciaria, cioè potrà essere adottata nei sistemi di pagamento diversi dal
contante ( contabilità aziendale e conti correnti potranno essere
espressi in euro, come gli assegni,
la carta di credito, i bonifici, ecc.).
Vediamo intanto
le fasi e le cadenze fino al giugno 2002. Valuteremo, poi, le ripercussioni sul
sistema bancario, sulle imprese e
sulle famiglie.
LE FASI DELL'UNIONE MONETARIA EUROPEA
Ottobre 1997:
Rapporto della Commissione sui conti 1997 dei 15 Paesi.
FASE
"A" - ANNO 1998 (Varo della Unione Monetaria
Europea)
** Febbraio 1998:
i 15 Paesi comunicano i dati
ufficiali relativi al bilancio 1997.
** Maggio 1998:
Sulla base delle valutazioni della Commissione e dell' Istituto Monetario
Europeo, tenendo conto di ineludibili valutazioni politiche, si decide chi
farà parte dell'Unione Monetaria e, soprattutto si fissano
definitivamente i rapporti di cambio bilaterali tra valute europee. Da questo
momento saranno annullati i rischi di cambio nelle contrattazioni europee. (Tale
passaggio è stato anticipato con decisione del settembre 1997. Era
originariamente previsto per il gennaio 1999)
** Si definisce
l'organizzazione del SEBC ( Sistema
Banca Centrale Europea che avrà sede a Francoforte sul Meno).
** Si introduce
la specifica legislazione monetaria.
** Si realizza
una massiccia campagna di informazione.
** Si avvia la
produzione di banconote e monete.
FASE
"B" - DAL GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001 (Avvio della U.M.E.)
** Si definisce
il "tasso di conversione" di ogni singola moneta nazionale con
l'euro. Esso sarà irrevocabile.
** L'Euro
verrà utilizzato per gli interventi di politica monetaria adottata dalla
Banca Centrale Europea. Verrà adottato nel mercato interbancario e
finanziario, nel sistema dei pagamenti all'ingrosso, sui mercati valutari,
nella emissione di titoli di Stato.
** Sarà
possibile (e non obbligatorio) per i privati esprimere in Euro e non in valuta
nazionale le operazioni finanziarie, i conti correnti, l'aspetto finanziario i
contratti.
FASE
"C"
- DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO
2002 (Completamento dell'U.M.E.)
** Si
procederà al ritiro dalla
circolazione delle valute nazionali per sostituirle con banconote e monete in
euro. Dopo il 30 giugno 2002, occorrerà riconsegnare le vecchie valute
nazionali -ormai fuoricorso - e cambiarle in euro.
** L'Euro
avrà corso legale: sarà obbligatorio esprimere ogni transazione e
i prezzi di beni e servizi in Euro. Il mercato al dettaglio adotterà la
nuova moneta
** La
contabilità delle pubbliche amministrazioni verrà espressa in
Euro.
L' E U R O
E L E B A N C H E
L'UNIONE MONETARIA E LE RIPERCUSSIONI SUI SISTEMI
CREDITIZI
Il sistema
bancario dovrà affrontare
due ordini di problemi, entrambi (ritengono i responsabili del settore
creditizio) con costi non indifferenti:
- La nuova moneta
obbligherà ad aggiornamenti di attrezzature, programmi informatici,
corsi di aggiornamento del personale.
A questo
proposito, ci corre l'obbligo di ricordare che i costi relativi alle voci citate
risultano "fisiologici" per il sistema. La revisione di hardwere e di softwere, i corsi
di qualificazione per i dipendenti sono ricorrenti: le banche sono costrette a
necessari periodici aggiornamenti di programmi e macchine obsolete. Si calcoli
ad esempio, che i programmi oggi in uso non sono in grado di
"considerare" l'anno 2000 o i successivi: quando si indica una data,
le due cifre riservate all'anno ( 00 oppore 01, ecc.)
vengono riferite dal sistema al 1900, al 1901 ecc.. La revisione è
obbligata, ma l'euro non c'entra.
- La moneta unica
causerà l'eliminazione di alcuni tipi di operazioni molto remunerative,
come quelle in cambi tra valute europee.
Riteniamo che a
fronte dei minori introiti per le operazioni in valuta, si assisterà ad
un notevole incremento dei sistemi di pagamento alternativi al contante.
Infatti il notevole ampliamento del mercato e l'eliminazione del rischio di
cambio favorirà l'utilizzo massiccio della moneta fiduciaria (assegni,
bonifici, carta di credito, bancomat, minipay)
notoriamente assoggettata a commissioni bancarie anche superiori a quelle
percepite per le operazioni in cambi.
Comunque, il
sistema bancario dovrà sottoporsi ai seguenti accomodamenti:
FASE
"A" - ANNO
1998
**
Occorrerà che le aziende di credito adattino i servizi
di tesoreria, gli uffici titoli e gli uffici cambi dal momento che, col
1999, le nuove emissioni e i rapporti di cambio avverranno in Euro.
** Nella seconda
metà dell'anno dovranno essere sperimentate le nuove procedure.
FASE
"B" - DAL GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001
** Le banche
dovranno essere in grado di offrire il servizio di contabilità per conti
correnti espressi in euro, perchè potranno
essere richiesti dagli utenti. L'azienda trasformerà in euro tutti i
versamenti e tutti i pagamenti in altra valuta (ad esempio, versamenti di
assegni in lire o emissione di assegni in lire).
** I
trasferimenti di capitali tra banche europee e le relative contabilizzazioni
avverranno in tempo reale e non più (come avviene oggi) a fine giornata tramite compensazioni
multilaterali. Il nuovo sistema denominato TARGET (Trans European Automated Real time Gross
Settlement Express Transfer) comporterà un collegamento
sovranazionale (definito "interlinking").
Questo nuovo
sistema verrà utilizzato anche dai Paesi che non parteciperanno
alla prima fase dell' UME, per i quali l'Euro sarà ancora una
"valuta estera".
** Siccome le
nuove emissioni di titoli pubblici saranno espresse in Euro, le banche dovranno
essere in grado di offrire servizi in Euro alla clientela: dovranno essere
convertiti i contratti di deposito; dovrà procedere massicciamente la
riconversione e la formazione del personale.
FASE
"C" - DAL GENNAIO
2002 AL GIUGNO 2002
** L'intero
sistema del credito dovrà utilizzare l'Euro per ogni forma di
transazione e di servizio (dagli sportelli automatici, alle casse, al
software ecc.), essendo previsto il ritiro delle monete nazionali.
L' E U R O E L E I M P R E S E
L'UNIONE MONETARIA E LA SUA RIPERCUSSIONE SULLE IMPRESE
Le imprese
dovranno predisporre per tempo tutte le modifiche che il passaggio alla moneta
unica comporterà: dai registratori di cassa, alle etichettatrici
(magari già con doppio prezzo), dai terminali per i pagamenti
elettronici, ai computers, dalla contabilità
agli strumenti di pianificazione finanziaria.
Ricordiamo che il
settore al dettaglio potrà continuare ad esprimersi in lire fino al 31 dicembre 2001: questo potrebbe
indurre molte aziende che hanno rapporti con i soli privati a ritardare
aggiornamenti ed innovazioni, con conseguente accumulazione di spese e
ristrutturazioni verso la fine della "fase B". Quanti invece
provvederanno per tempo, potranno approfittare prima di altri dell'accesso ai
servizi finanziari in euro e migliorare in termini di concorrenza.
FASE
"A" - ANNO 1988
** Nelle
politiche di indebitamento le aziende dovranno tenere conto della convergenza
dei tassi italiani verso la media
europea.
** Per le imprese
che accedono, o intendono accedere, ai mercati finaziari
sarà opportuno attrezzarsi in tempo per operare in Euro.
FASE
"B" -
DAL GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001
** Per
le imprese che ricorrono a finanziamenti diretti sul mercato
sarà necessario gestire in euro la tesoreria, le emissioni
obbligazionarie ed azionarie. Occorrerebbe, altrimenti, una doppia
contabilità.
** Per le imprese
di import-export occorrerà valutare la convenienza di gestire i
pagamenti in Euro.
**
Occorrerà attrezzarsi all'uso delle nuove banconote.
FASE
"C" -
DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002
** Tutta
l'organizzazione aziendale dovrà essere predisposta per
l'euro, essendo abbandonate le valute nazionali.
L' E U R O E I C I T T
A D I N I
L'UNIONE MONETARIA E LA SUA RIPERCUSSIONE SULLE FAMIGLIE
Sui consumatori,
l'impatto dell'Unione Monetaria sarà, quanto agli effetti visibili,
leggermente ritardato. Per tutta la Fase A il privato non
avvertirà cambiamenti. Questi cominceranno ad essere avvertibili col
1999.
Tranne,
quindi, i casi di scelta a favore
della nuova moneta, nelle fasi "A" e
"B", nulla cambierà per i consumatori: si
acquisterà pagando in lire, stipendi e pensioni verranno corrisposti in
lire, anche le tasse, probabilmente, verranno pagate in lire.
In molti casi,
specie nelle zone di confine, i prezzi di merci e servizi potranno essere indicati in
lire ed in euro: occorrerà valutare bene gli eventuali
"arrotondamenti" apportati dagli esercenti.
Ma chi
vorrà investire i propri risparmi in titoli di Stato dovrà
familiarizzare con l'euro, perchè in euro
saranno espresse le nuove emissioni. In merito agli interessi, nulla
cambierà.
FASE
"A" - ANNO
1988
** Prezzi e tassi dovrebbero convergere verso la
media europea. I Paesi i cui tassi sono al di sopra (com
il nostro) assisteranno ad una loro ridimensionamento verso valori più
bassi. Questo fenomeno dovrà essere tenuto in considerazione quando si
tratterà di investire i risparmi.
** Il proprio
conto corrente è ancora espresso in valuta nazionale.
** Dal maggio, si
possono effettuare investimenti nel resto d' Europa senza correre
rischi di cambio. (Solo una gravissima crisi valutaria mondiale potrà
dar luogo ad una revisione delle parità definite dalle autorità
monetarie.
** Cambiando
valuta nazionale con altre valute dell'U.E. si otterrà sempre lo stesso
controvalore.
FASE "B"
- DAL GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001
** E' possibile
effettuare alcuni pagamenti in Euro, adottando sistemi diversi dal contante:
assegni, bonifici, carte di credito, bancomat ecc.
** Le banche
hanno in vetrina alcuni servizi in
Euro. Il correntista potrà scegliere di esprimere in euro il suo conto;
sarà la banca a provvedere alle necessarie trasformazioni valutarie
(ormai sempre allo stesso rapporto di cambio con l'euro): accrediti in lire o
ordini di pagamento in lire verranno prima trasformati nella nuova moneta e poi
contabilizzati sul conto "euro".
** I titoli di
Stato vengono emessi in Euro.
FASE
"C" -
DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002
**
Occorrerà familiarizzare con le nuove banconote. Le monete
nazionali vengono ritirate: dopo il 30 giugno 2002, è necessario
riconsegnarle per la conversione, visto che risulteranno fuoricorso.
** L'uso dell'Euro diviene obbligatorio in
tutta Europa. La nuova moneta circolerà liberamente (tranne che nei
paesi esclusi fin dall'inizio dalla Unione Monetaria).
Dal 1° luglio
2002, le vecchie monete dei paesi
partecipanti all'U.M.E. avranno valore solo nel
mercato numismatico. L' euro si affiancherà a dollaro e yen nel
commercio internazionale e dovrà essere stabile, tanto da farlo
apprezzare come "moneta di riserva" alternativa alla moneta
americana. La sua "area" comprenderà inizialmente tre dei sei
paesi più industrializzati del mondo (Germania, Francia, Italia),
quattro con il successivo ingresso
della Gran Bretagna. A
"regime" il mercato che adotterà la nuova moneta sarà
di 370 milioni di persone.
Dalla
Transizione alla moneta unica europea
I
precedenti inserti sull’Euro sono stati dedicati alla conoscenza dei
cambiamenti derivanti dall’introduzione della nuova moneta europea.
L’ultimo numero sarà dedicato ad alcuni aspetti particolari che
più direttamente interesseranno i cittadini e come ognuno potrà
avere l’informazione necessaria per non giungere impreparato
all’avvento dell’EURO. L’introduzione della moneta unica
avrà sul cittadino delle ripercussioni psicologiche fortissime. Basta
pensare che tutti gli italiani con meno di cinquant’anni, non hanno mai
adoperato i centesimi, che i vantaggi dell’Euro non saranno visibili,
almeno inizialmente, da tutti (ad esempio chi non va all’estero il
vantaggio di non pagare più le commissioni di cambio non
l’avvertirà mai) e più in generale la lira, come qualsiasi
altra moneta, ha un valore affettivo. Esempi semplici che, però,
dimostrano appieno la necessità di dare ai cittadini un livello di
formazione/informazione e un periodo di adattamento utili per comprendere fino
in fondo il “nuovo che avanza”.
Un altro tema è quello dell’impatto
sociologico.
Un primo rischio, derivante
dall’adozione dell’Euro, paventato dai sociologi è
un’ondata di consumismo strisciante dovuto al fatto che le cifre
basse e i centesimi inducono a spendere senza molta attenzione.
Una seconda problematica, più
grave, è l’alto grado di descolarizzazione, particolarmente nel
mezzogiorno e il fatto che in Italia circa il 30 per cento della popolazione
soffre del cosiddetto “analfabetismo di ritorno”, per cui ha
difficoltà di intendere le istruzioni scritte.
Situazioni, entrambe, che impongono un
approfondimento e un problema educativo, per il “cambiamento dello schema
mentale” che l’Euro produrrà sulle singole persone.
Una terza tematica è quella
degli effetti inflazionistici a “livello micro” ovvero su valori
molto bassi. Infatti, se è vero che la maggiore concorrenza e
trasparenza dei mercati, nel tempo, faranno abbassare i prezzi, tuttavia
è prevedibile che, almeno nel periodo iniziale, possa esserci un loro
incremento sia per far fronte ai costi di conversione, sia per il possibile
sfruttamento, da parte dei soggetti meno corretti, della naturale confusione di
ogni momento di avvio, sia per la possibile corsa all’accaparramento
delle merci, per timore di un loro aumento, innescando in tal modo un meccanismo
perverso difficilmente controllabile.
Inoltre, una ricerca ha posto in
rilievo, su un campione di beni di consumo, le differenze di prezzo oggi poco
evidenti, derivanti dalle varie valute esistenti, che diverranno eclatanti con
l’adozione dell’Euro.
Pochi esempi, rendono meglio il
concetto. Un barattolo di Nutella, ai prezzi attuali, costerebbe 1,51 Euro in
Germania,
Importante, infine, il problema degli
arrotondamenti per una micromoneta quale la lira. Un
esempio dell’importanza degli arrotondamenti, rende più semplice
la comprensione. Un Kilowattora, che misura l’utilizzo dell’energia
elettrica, attualmente costa 98,80 lire. Un centesimo di Euro è pari a
circa 20 lire. L’arrotondamento possibile sarà a 4 o 5 centesimi
di Euro, pari a 80 o 100 lire, “ovviamente” il nuovo costo
sarà di 5 centesimi di Euro con un aumento percentuale del costo
dell’1,20 per cento.
Per tale ultima situazione, la
soluzione trovata è quella di arrotondare solo la cifra finale, quella
effettivamente da corrispondere, mentre le cifre intermedie potranno essere
espresse con più di due decimali.
I tre argomenti sopra riportati, sono
solo alcune delle problematiche che dal 1° gennaio 1999 ognuno dovrà
essere in grado di affrontare con piena cognizione di causa.
Le azioni da svolgere sono tante e
complesse, quindi è necessario che i soggetti “comunicatori”
siano diversi secondo la “categoria” che deve essere interessata.
Per i cittadini-utenti-consumatori
l’attività vede coinvolti tre diversi soggetti: le istituzioni
comunitarie, le istituzioni nazionali, le rappresentanze di
“categoria”.
Le istituzioni europee sono
state le prime ad attivarsi per fornire una conoscenza ampia e approfondita del
cambiamento (changeover).
L’attività è basata
su due aspetti, la partecipazione economica ai programmi nazionali e più
iniziative informative.
La più importante è
quella denominata “Cittadini d’Europa” che vuole far
conoscere l’attività svolta attraverso campagne di stampa, accesso
del pubblico ai documenti di lavoro delle Istituzioni comunitarie, la
trasmissione dei principali avvenimenti comunitari (programma Europe on line), l’attivazione di numeri verdi (T.
167.876166), fax (0032.2.5480499) siti INTERNET (sito principale: http://europe.eu.int e
molti altri siti specifici). Il programma
“cittadini d’Europa” ha concluso la propria prima fase ed
è in via definizione una seconda, per il periodo 1999-2002.
La Commissione Europea ha posto poi su un
sito INTERNET (http://europe.eu.int/euro/),
ma sarà disponibile anche su CD ROM, floppy disk e carta, una banca dati
denominata QUEST. La banca dati contiene un’ampia informazione
sull’Euro con oltre 100 domande e risposte, continuamente aggiornate.
La Dg XXIV
della Commissione, quella specifica dei consumatori, ha avviato vari programmi
e tra l’altro ha proposto la costituzione, nel 1998, di
“osservatori locali per il passaggio all’Euro” in cui
dovrebbero essere presenti, in maniera paritetica, funzionari del settore
pubblico, di quello privato e rappresentanti dei consumatori.
Compito degli osservatori dovrebbero
essere l’indagine dei prezzi a livello locale e la loro pubblicizzazione,
offrire la massima informazione possibile, facilitare la soluzione del
contenzioso, ricorrendo ad un conciliatore.
Il livello istituzionale nazionale,
vede come momento di proposta, di coordinamento e di comunicazione, il Comitato
Strategico per l’Euro (c/o Ministero del Tesoro Via XX Settembre 00184
Roma).
Il Comitato è suddiviso in tre
sottogruppi (finanza, imprese e pubblica amministrazione), affiancati da
giuristi (con particolare riguardo ai settori civile e tributario) e da esperti
informatici (per la modifica dei programmi). Per la rilevanza del settore
è stato anche creato un gruppo di lavoro trasversale che
interesserà tutte e tre i sottogruppi formali citati.
Ulteriori gruppi di lavoro sono stati
creati per la “comunicazione” e per la “formazione”, in
particolare quello per la “Formazione nella Pubblica
amministrazione” che dovrà individuare le metodologie utili per la
formazione dei funzionari pubblici in vista dell’Euro.
Sul piano informativo è stato
costituto l’Eurodesk
che è la struttura operativa del Comitato. L’Eurodesk affianca i gruppi di
lavoro costituti nell’ambito del Comitato ed è responsabile
dell’informazione sulla moneta europea verso tutta la
collettività.
Prima di vedere come il Comitato Euro
sta lavorando per il changeover,
è utile conoscere come il “paese Italia” si sta preparando
al cambiamento.
Le linee guida e molte decisioni per
l’adesione dell’Italia all’Unione Monetaria Europea sono
già state assunte, con una direttiva (3 giugno 1997) della Presidenza
del Consiglio. La direttiva prende l’avvio dal presupposto che nel changeover la Pubblica Amministrazione non deve creare disagi alla
collettività, deve presentare un comportamento omogeneo di tutte le
proprie strutture, deve offrire la possibilità, a cittadini e imprese,
di comunicare, di effettuare e di richiedere versamenti e pagamenti, nella
forma scritturale, nella valuta europea.
Le PP.AA.,
secondo la direttiva, effettueranno la contabilità di bilancio in lire
fino alla scadenza del periodo transitorio, anche per consentire a varie
categorie di cittadini (ad esempio pensionati) e di imprese (ad esempio piccole
imprese) di avere a disposizione un periodo più lungo di adeguamento.
Il 1° gennaio 2002,
contemporaneamente, tutte le pubbliche amministrazioni, passeranno alla
scritturazione in Euro. Nel periodo transitorio, le pubbliche amministrazioni
utilizzeranno per la contabilità di bilancio e per le altre scritture
contabili esclusivamente la lira.
Il capo secondo della direttiva
contempla che, nel processo di cambiamento, la P.A. abbia funzioni propulsive e
unitarie.
Le scelte delle singole amministrazioni
saranno verificate e rese compatibili, nel principio
dell’uniformità di comportamento, dal Comitato Strategico per
l’Euro che, fino a sei mesi dopo la cessazione del corso legale della
lira, avrà la funzione di valutare periodicamente i piani di attuazione
e di verificarne il coordinamento.
In particolare, l’attività
che sarà svolta per preparare la Pubblica Amministrazione al changeover discende, prevalentemente da
atti pubblici (leggi, normative, regolamenti). Si può aggiungere che la
Pubblica Amministrazione sarà la prima struttura a doversi adeguare
all’Euro, dovendo fin dal 1° gennaio 1999 essere in grado di operare
in lire e in Euro per soddisfare le richieste dei cittadini in quanto, da un
lato potrà scegliere la valuta in cui effettuare i pagamenti,
dall’altro, non potendo rifiutare pagamenti in Euro, nel caso degli
introiti dovrà sottostare alla scelta effettuata dal debitore.
E’ stato già stabilito che
potrà effettuare i pagamenti in Euro, a fronte di richiesta del
creditore, se effettuati mediante emissione di vaglia cambiario della Banca
d’Italia o con accreditamento in conto corrente. Sugli stipendi e sulle
pensioni, nel periodo transitorio, saranno riportati, a titolo
informativo, gli importi convertiti
in euro. L’eventuale conversione sarà effettuata dalla banca del
dipendente. Uguale scelta ha effettuato l’INPS,
Infine, in 2/5 anni, a partire dal
1° gennaio 1999, dovrà essere effettuata una revisione completa
delle leggi (secondo il Comitato Euro 8.000), degli atti e dei documenti
ufficiali, degli articoli del codice civile, dei sistemi di pagamento
automatizzati.
Il terzo capo della direttiva segna la
costituzione del Comitati Provinciali Euro (CEP) cui parteciperanno le
amministrazioni periferiche dello Stato maggiormente interessate,
rappresentanti delle Camere di Commercio, della Banca d’Italia, dei
comuni con più di 15.000 abitanti, degli uffici di tesoreria del comune
capoluogo di provincia, delle forze sociali.
Funzione dei CEP, coordinata con il
Comitato Strategico per l’Euro, è: a) il raccordo tra le
amministrazioni statali e gli enti locali, con particolare riguardo
all’informazione; b) la vigilanza a livello territoriale sui procedimenti
legati all’introduzione dell’Euro; c) la verifica di eventuali
problematiche.
I CEP avranno un compito fondamentale
“creare fiducia” verso l’Euro.
L’atto successivo è stata
l’emanazione, il 10 dicembre 1997 (G.U. 20 dicembre 1997 n. 295) della
legge delega (n. 433) al Governo per l’introduzione dell’Euro,
basata sul regolamento relativo all’introduzione dell’Euro
approvato dall’ECOFIN, che consentirà di emanare, entro sei mesi
(probabilmente entro maggio 1998), i decreti legislativi per attuare il
passaggio alla moneta europea.
I decreti delegati, saranno basati su
alcuni criteri guida già fissati: a) Continuità degli strumenti e
dei rapporti giuridici. b) Neutralità del passaggio all’Euro. c)
Informativa sulle regole per la transizione. d) Previsione dei periodi di
adattamento per il passaggio graduale all’Euro. e) Delegificazione di
alcune materie. f) Rispetto della disciplina comunitaria.
Tra le altre previsioni della direttiva
si può ricordare che nella
conversione all’Euro dovrà essere perseguita l’irrilevanza
del risultato salvaguardando gli effetti giuridici, nel caso di modifica
del risultato della conversione.
I decreti delegati concerneranno anche
la ridenominazione del debito degli strumenti finanziari privati (azioni,
obbligazioni ecc.) prevedendo il contenimento dei costi a carico degli
emittenti, disciplineranno i criteri e le modalità di utilizzo
dell’Euro, quale unità di conto nel periodo transitorio; quelle di
rilevazione dei bilanci delle imprese e delle operazioni influenzate dalla
fissazione irrevocabile dei cambi; regolamenteranno la dematerializzazione
degli strumenti finanziari pubblici e privati facilitandone la ridenominazione
e la circolazione (nella tutela degli emittenti e dei possessori) assicurando
il regolare svolgimento delle operazioni di compensazione, liquidazione,
garanzia e pagamento.
La normativa delegata
disciplinerà le modalità e i tempi di presentazione di
dichiarazioni, attestazioni e altri documenti con importi in Euro da presentare
obbligatoriamente all’amministrazione tributaria e alle altre.
I documenti contabili espressi in Euro,
se particolarmente significativi, dovranno riportare l’indicazione in
lire e in Euro anche per la redazione dei conti consolidati in Euro della
Pubblica Amministrazione.
Sarà previsto infine, che i
crediti e i debiti non in contanti potranno essere regolati in Euro.
Il 18 dicembre 1997 è stato
infine presentato lo Schema Nazionale di Piazza che regolerà tutta
l’attività di preparazione all’Euro, verificando le
interconnessioni, le priorità e la coerenza degli interventi.
§
Le attività principali del
Comitato Euro Nazionale e dei Comitati Provinciali per l’Euro saranno
l’informazione sulle varie fasi di attuative, l’analisi,
l’elaborazione il confronto di intese operative, affrontare i problemi,
coordinare le formazione del personale degli enti locali particolarmente di
quelli minori.
A livello generale, per offrire una
comunicazione adatta alle famiglie, alle imprese e agli altri comparti, dopo
una prima fase di conoscenza di tutte le problematiche, è stato
pubblicato, nel giugno 1997, un libro bianco sull’EURO (Dalla lira
all’Euro). Successivamente, per il periodo 1998-2001, è stato
previsto un programma di comunicazione e di promozione mirato alla
“alfabetizzazione dell’Euro” e dal 2002 per le specifiche
indicazioni operative. A partire dalla fine del 1997 è stata prevista
l’edizione un mensile da distribuire nelle edicole, sui treni e sugli
aerei.
Ulteriore materiale informativo
consisterà in convertitori portatili lira/Euro, manuali per insegnanti,
videocassette, ecc.
L’Eurodesk ha posto in essere già un’ampia serie di interventi
formativi ed informativi. Il primo è stato l’opuscolo
sull’Euro, seguito dal dischetto dell’Europa 1997, il gioco
sull’Euro 1997, la mostra sull’Euro, i calendario euro e le tappe
fondamentali dell’Euro, Ansa news letter, eurolinks, eurofaq domande e
risposte sull’euro, calendario radio televisivo sull’Euro.
Per un’informazione più
diretta sono stati attivati numeri telefonici dedicati (06.47613451 e
06.4761436) fax (06.4827098) siti INTERNET (http://WWW.tesoro.it),
servizio di posta elettronica (E.mail: @tesoro.it).
Con l’inizio del 1998 è
iniziata una massiccia campagna di informazione indirizzata a specifiche
categorie, famiglie, giovani, imprese ecc.). Le modalità di
comunicazione sono delle specie più diverse per tentare di raggiungere
tutti: pubblicazioni, depliant, spot radiotelevisivi, programmi per le scuole,
ecc..
In particolare, nell’ambito di
una convenzione stipulata con la Rai, per informare soprattutto sulla fase di
transizione, saranno realizzati 96 inserti in programmi televisivi, 100
programmi radiofonici, 200 “pillole” informative televisive e 800
radiofoniche. Inoltre sono stati previsti spot
pubblicitari per radio e televisioni private.
Tra le ultime proposte il sondaggio
televisivo per decidere il lato nazionale delle monete in euro, che oltre a
quella di un Euro deciso dal Ministro del Tesoro, che rappresenterà
l’ “uomo vitruviano” di Leonardo da Vinci, ha visto gli italiani
decidere per l’effigie del Colosseo per la moneta da cinque centesimi, la
Venere di Botticelli per quella da 50 centesimi e quella di Dante Alighieri per
la moneta di due Euro. Per le altre monete il sondaggio ancora è in
corso su INTERNET.
Tra le azione, l’ultima
conosciuta è quella denominata Eurolandia. La proposta è un sito INTERNET (www.tin.it.eurolandia) per
portare nelle scuole (oltre 3.000) la tematica dell’Euro.
Altre iniziative sono poste in essere
da vari enti e istituzioni pubbliche e private. Per tutte si possono ricordare,
in quanto più coinvolte nel cambiamento, quelle del sistema creditizio
sia a livello generale sia di singola banca e quelle dell’Ente Poste, che
prevedono un duplice livello uno formativo interno per i dipendenti e uno
informativo esterno per la clientela.
Ultimo anello della catena sono le
associazioni consumeristiche. La loro attività
sarà fondamentale in quanto consumatori e gli utenti singolarmente,
avrebbero scarsa possibilità di essere ascoltati e difesi, e per questo
stanno attivando tutte le possibili iniziative per giungere al cambiamento
nella maniera più completa.
Sono già molte, infatti, le
Associazioni di difesa dei consumatori che hanno avviato
un’attività prima di comprensione e poi di informazione verso il
“grande pubblico” del significato, a livello individuale, del
cambiamento che coinvolgere tutti dal 1° gennaio 1999.
E’ giusto segnalare che in tale
incombenza, un notevole supporto è fornito dalla Commissione Europea,
particolarmente dalla Direzione Generale che si occupa dei consumatori, guidata
da un italiano e dal Comitato Strategico per l’Euro che vede la presenza
di rappresentanti dei consumatori sia a livello centrale che nei comitati
periferici.
Alcune Associazioni hanno già
predisposto un proprio piano d’azione, che va dall’essersi dotate
di esperti in materia all’essere parte attiva e propositiva nelle sedi
nazionali e comunitarie, dallo svolgimento di campagne di informazione, fisse
ed itineranti, all’utilizzo dei media,
dall’attivazione di numeri telefonici e di fax dedicate, alla
costituzione di una specifica biblioteca a disposizione di chi vuole conoscere
meglio il proprio futuro di cittadino d’Europa.
Una delle “battaglie”
più importante per questi soggetti sociali, verte sulla richiesta a
tutti i soggetti pubblici e privati, di predisporre al più presto una
metodologia di comportamento a favore del consumatore, prima di tutto dando,
fin dall’avvio della fase transitoria, indicazione dei prezzi sia nella
valuta nazionale sia in Euro, al fine di non far trovare la collettività
impreparata all’atto del passaggio di definitivo alla moneta unica
europea.
Il Gruppo Euro del Comitato consumatori
ha avanzato varie richieste per eliminare, o almeno ridurre, i rischi legati
alla transizione.
Fondamentali sono il processo di
informazione ed educazione dei cittadini, la trasparenza di comportamento,
l’introduzione di sanzioni per gli arrotondamenti non dovuti, la
costituzione di Eurosservatori sul territorio come
organismi di controllo e garanzia, l’obbligo di indicazione del doppio
prezzo dal 1° gennaio 2002, l’attivazione con imprese e istituzioni
di un label
per incentivare l’utilizzo dell’Euro, forme di vetrofania per i
commercianti.
Per poter accedere ai servizi offerti
dalla associazioni consumeristiche si riportano di
seguito i recapiti.
Federconsumatori V. San Veniero 8 - 00192 Roma Tel 06.39736084 Fax 06.39736105
Adiconsum: Via Lancisi 25 00161 Roma Tel. 06.4417021 - fax 06.44170230 -
Sito Internet www.adiconsum.it
ADOC: Via Lucullo 6 00187 Roma - 06.4753239 Fax 06.4819028
Adusbef: Via Farini
62 - 00185 Roma - Tel 06.4818632
Fax 4818632 Sito
Internet
www.rpilo.it/adusbef
Lega Consumatori ACLI: Via delle
Orchidee 4 - 20147 Milano - Tel. 0248303659 Fax 02.48302611
Unione Nazionali Consumatori: Via
Andrea Doria 48 00192 Roma Tel. 06.3729551 - Fax 39733329
LA STORIA DELLA LIRA ED IL RITORNO AI CENTESIMI
In origine, la "libra" era una semplice
unità di conto indicante un certo quantitativo di oro o di
argento. La libra diventa "lira" e moneta reale
solo nella seconda metà del 1400: lira veneta (1472), lira
milanese (1474), lira di Genova
(1498), lira toscana (1539), lira di Savoia (1561),
lira di Modena (1611), lira di Bologna (1655).
Nel periodo
napoleonico, la lira italiana venne divisa in 100 centesimi
(1806). Successivamente furono coniate lire del Regno di Sardegna,
lire dello Stato Pontificio, lire del Granducato di
Toscana.
Con
l'unificazione, la lira italiana, la cui parità venne fissata a
Il sistema
affrontò allora anche i
problemi derivati dall'adozione del
bimetallismo: le monete, coniate in
oro e in argento, avevano rapporto
di valore fisso in termini nominali, ma variabile in termini di
valore intrinseco di mercato dei due metalli. Gli inconvenienti del
bimetallismo, sistema già adottato da Francia, Svizzera e Spagna,
convinse quei paesi e l'Italia alla costituzione della Lega latina, primo
tentativo europeo di coordinamento
monetario sovranazionale.
La lira italiana
affrontò i problemi generati
dal corso forzoso imposto nel maggio 1886 (obbligo di accogliere in pagamento cartamoneta
non più convertibile in oro)
e mantenne una limitata possibilità di conversione fino
allo scoppio della guerra
'15-'18.
La lira fu
frazionata in centesimi fino alla fine della seconda guerra
mondiale. Da allora, a seguito della drastica perdita di valore, fu
utilizzata solo attraverso suoi multipli e non più divisa in
frazioni.
La sua
sostituzione con l'Euro comporterà la reintroduzione dei
centesimi: gli ultracinquantacinquenni
dovranno riabituarsi ai frazionamenti imparati da bambini; i
più giovani a trattare con i valori frazionari della moneta unica.
LE ISTITUZIONI EUROPEE
PARLAMENTO
EUROPEO: Eletto a suffragio universale diretto, svolge funzioni analoghe
a quelle di ogni altro parlamento: approva le leggi e controlla il potere esecutivo.
Indirizzo: Segretariato
generale del Parlamento europeo
L-2929 Lussemburgo
Telefono:
00352.43001
Ufficio per
l'Italia: Indirizzo: Via IV Novembre, 149
00187 Roma
Telefono: 06.699501 Fax: 69952200
CONSIGLIO DELL'UNIONE: Non ha equivalenti nel
mondo. In questa sede, gli Stati membri
definiscono gli obbiettivi
politici dell'Unione
europea, coordinano le politiche nazionali, compongono divergenze, legiferano.
Indirizzo: Rue de la Loi, 175
B-1048 Bruxelles
Telefono:
0032.2.2856111 Fax:
0032.2.2857397 / 2857381
COMMISSIONE
EUROPEA: Composta da 20 Commissari, è il vero e proprio cuore delle istituzioni europee.
Consiglio e Parlamento devono attendere una proposta della Commissione
prima di poter emanare qualsiasi atto legislativo.
Indirizzo: Rue de la
Loi, 200
B-1049 Bruxelles
Telefono: 0032.2.2991111
Uffici italiani:
Roma, Via Poli 29
(Tel: 06.699991 Fax:06.6791658 /
6793652)
Milano, Corso
Magenta, 59 (Tel.02.48012505 Fax:02.4818543)
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE C.E.: Ha il compito di fornire le
necessarie garanzie giurisdizionali al fine di assicurare il rispetto del diritto nell'interpretaziuone
e nell'applicazione dei tratta
ti, nonchè nel complesso delle attività della Comunita.
Indirizzo:
L-2925 Lussemburgo
Telefono:
00352.4303.1 Fax: 00352.4303.2600
CORTE DEI CONTI
EUROPEA: E' la "coscienza finanziaria" dell'Unione. Rappresenta il
contribuente ed esercita una funzione di controllo delle spese dell'Unione
Indirizzo: Rue
Alcide De Gasperi, 12
L-1615 Lussemburgo
Telefono:
00352.4398.1 Fax:
00352.439342
BANCA EUROPEA PER
GLI INVESTIMENTI: E' l'istituzione finanziaria dell'Unione. Accorda
finanziamenti a lungo termine per investimenti volti a
promuovere lo sviluppo
economico equilibrato dell'Unione.
Indirizzo:
Boulevard Konrad Adenauer, 100
L-2950 Lussemburgo
Telefono:
00352.4379.1 Fax:
00352.437704
COMITATO
ECONOMICO E SOCIALE: E' un organo esclusivamente consultivo e formula dei
pareri espressi dai rappresentanti delle varie categorie produttive
dell'Unione.
Indirizzo: Rue Ravenstein, 2
B-1000 Bruxelles
Telefono:
0032.2.5469011 Fax:
0032.2.5134893
COMITATO DELLE
REGIONI: E' l'istituzione più giovane. Riflette la volontà di rispettare le
identità e le prerogative
degli enti regionali e locali. E' stato introdotto pertanto l'obbligo
giuri
dico di chiedere
il parere dei rappresentanti delle
collettività locali e
regionali sulle questioni che le riguardano direttamente.
Indirizzo: Rue Belliard, 79
B-1040 Bruxelles
Telefono:
0032.2.2822211 Fax:
0032.2.2822896
INFO-POINT
EUROPE:
Indirizzo: Piazza
Amendola, 5 I-84100 Salerno
Telefono:
089.253424 Fax: 089.253638
Di Mauro
Novelli (1996)