PRIVILEGIA NE IRROGANTO      di Mauro Novelli


 

 

IL PUNTO

 

Di Mauro Novelli

 

mauronovelli@adusbef.it 

 

Raccolta dal 1   al 27  (1996 – 2003)

 

 

INDICE

 

Il PuntO n° 27. Energia e fonti di energia: alcuni dati quantitativi                                                                 

Il PuntO n° 26. Il Punto n  26 . Dazi e non solo: la creativita’ dei postliberisti  Di Mauro Novelli  - 22.08.2003                                        

Il PuntO n° 25. “Libero da canone”                                                                                                   

Il PuntO n° 24. Un chiarimento sul tasso d’inflazione.                                                                                  

Il punto n° 23. “Tirare la cinghia” e “impennata dei consumi” mal si conciliano se non ipotizziamo “prezzi in forte crescita”.         

Il punto n° 22. Economia e mercati: certezze ?  Meglio qualche vantaggio.                                                           

Il punto n° 21. Gazzella o leone, comincia a correre.                                                                                  

Il punto n° 20. Il Punto n  20 . Uno, cento, mille Antitrust.                                                                            

Il punto n° 19. L’ euro: una cura (finalmente) non palliativa.                                                                        

Il punto n° 18. Autorità monetarie.i controlli:  non vogliamo, non possiamo, non sappiamo.                                      

Il punto n° 17. Marketing d’immagine e illegalità.                                                                               

Il punto n° 16. Borsini: investimenti e "consigli per gli acquisti": le banche indagheranno.                                          

Il punto n° 15. Gli inviti a consumare                                                                                                

Il punto n° 14. Unione europea: per fortuna ci sono i PIGS.                                                                 

Il punto n° 13. Euro: ancora soli, ad arrangiarci. Ed a pagare.                                                                       

Il punto n° 12. Operazioni con Pagobancomat: si pagano? No! Si! Veramente...........                                                       

Il punto n° 11. Titoli, investimenti, congelamenti di mezza estate e mercato                                                           

Il punto n° 10. Euro e bottegai. Il cattivo esempio delle scaltre Autorita’ monetarie e il perche’ delle preoccupazioni di Adusbef

Il punto n° 9. L’Italia, la guerra e le rogatorie. Ancora problemi di schieramento?                

Il punto n° 8. La BCE striglia il sistema bancario italiano sugli assegni. C’e’ un giudice a Francoforte !                                    

Il punto n° 7. Il sistema bancario nel Lazio.                                                                                        

Il punto n° 6. Mutui fondiari                                                                                                    

Il punto n° 5. La polizza vita rendita                                                                                        

Il punto n° 4. Per investire i nostri risparmi e’ bene sapere che……                                                                

Il punto n° 3. Cenni sul sistema bancario italiano.                                                                               

Il punto n° 2. Il cammino dell’euro                                                                                                    

Il punto n° 1. Dizionario dei termini bancari e finanziari (Guida all'uso della banca - Editori Riuniti)                                                                                


 

 


 


 

 

 

Il PuntO 27. Energia e fonti di energia: alcuni dati quantitativi

 

Di Mauro Novelli (2.10.2003)

 

 

 

Tre quarti del consumo mondiale di energia è appannaggio di Nord America, Estremo Oriente ed Europa Occidentale. Le stesse aree geopolitiche hanno, invece, solo il 13,5 per cento delle riserve mondiali conosciute di petrolio, il 15,5 delle riserve di gas naturale, il 67 per cento delle riserve di carbone.

Circa l’energia utilizzata, è da notare la posizione assolutamente marginale dell’America del Sud e, soprattutto, dell’Africa.

 

 

 

IL CONSUMO DI ENERGIA NEL MONDO

DATI 1999 -  Fonte: http://eia.doe.gov.2001

 

America del Nord

30,9 %

Estremo Oriente

25,5 %

Europa occidentale

18,3 %

Europa orientale

12,7 %

America del Sud

5,3 %

Medio Oriente

4,2 %

Africa

3,1 %

 

 

 

 

RISERVE MONDIALI DI COMBUSTIBILI

Fonte: Bp Amoco

 

 

PE

(miliardi di barili)

GAS

(migliaia di mld di m. cubi)

CARBONE

(miliardi di tonnellate)

Nord America

63,7

7,3

256,5

Asia Pacifico

44,0

10,3

292,3

Europa

20,6

5,1

122,1

Medio Oriente + Africa

---

---

61,6

Medio Oriente

675,7

49,5

--

Africa

74,9

11,2

--

Ex Urss

65,4

56,7

230,2

Centro e Sud America

89,5

6,3

21,6

 

Per quanto riguarda il consumo di petrolio, va rimarcata la necessità degli USA di importare giornalmente oltre dieci milioni di barili al giorno per far fronte al differenziale produzione-consumo nazionale.

 

 

 

PRODUZIONE E CONSUMO DI PETROLIO NEL MONDO

Fonte: Il mondo in cifre – The Economist  2001 – migliaia di barili/giorno

 

MAGGIORI PRODUTTORI

MAGGIORI CONSUMATORI

Arabia Saudita

9.230

Stati Uniti

17.810

Stati Uniti

7.995

Giappone

  5.850

Russia

6.170

Cina

  4.110

Iran

3.800

Germania

  2.915

Messico

3.500

Russia

  2.455

Venezuela

3.335

Corea del Sud

  2.020

Norvegia

3.215

Francia

  2.010

Cina

3.205

Italia

  1.975

Regno Unito

2.800

India

  1.820

Emirati Arabi Uniti

2.710

Canada

  1.815

Canada

2.670

Brasile

  1.800

Kuwait

2.180

Messico

  1.780

Iraq (pre 2^ guerra)

2.165

Regno Unito

  1.735

Nigeria

2.155

Spagna

  1.380

Indonesia

1.525

Iran

  1.200

Totale Paesi considerati

56.655

Totale Paesi considerati

50.675

 

PRINCIPALI GRUPPI PETROLIFERI

Fonte: Il Sole-24 Ore – 1999 – Vendite di milioni di barili/giorno

 

Exxon – Mobil

USA

8,80

Royal Dutch/Shell

GB – Olanda

6,50

BP-Amoco

GB – USA

4,50

Saudi-Aramco

Arabia Saudita

2,80

Texaco

USA

2,60

PDVSA

Venezuela

2,50

Total-Petrofina

Francia-Belgio

2,20

Chevron

USA

2,10

Petrobras

Brasile

1,60

Pemex

Messico

1,55

KPC

Kuwait

1,23

Partamna

Indonesia

1,20

NIOC

Iran

1,06

ENI

Italia

0,98

ELF

Francia

0,86

Inoc

Iraq (pre 2^ guerra)

0,63

Sonatrach

Algeria

0,62

Arco

USA

0,55

Cnpc

Cina

0,36

 

 

L’immaginario collettivo suggerisce la centrale ad olio combustibile come la soluzione più seguita per produrre elettricità. Non è così.

Circa la generazione di energia elettrica in Europa, infatti, meraviglia proprio il dato relativo all’uso del petrolio: solo il 6,2 per cento della elettricità complessiva europea  è prodotta utilizzando olio combustibile, mentre oltre 1/3 viene prodotta utilizzando il nucleare, più di ¼ bruciando carbone e torba; il 17 per cento utilizzando gas, il 12 per cento è di origine idroelettrica.

Fa inoltre riflettere il dato relativo all’Italia: metà dell’energia europea prodotta tramite petrolio è  di origine italiana. Siamo invece praticamente gli unici a poter utilizzare la forza geotermica.

 

 

 

GENERAZIONE ELETTRICA LORDA NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA

TWh (miliardi di kW/ora)  Anno 2000

 

 

Nucleare

Carbone e torba

Gas

Idro

Petrolio

Biomasse e rifiuti

Solare ed eolico

Geo-termica

Totale

Austria

0,0

6,7

7,8

42,0

2,0

1,7

0,1

0,0

60,3

Belgio

48,1

16,0

16,0

0,5

0,8

1,2

0,0

0,0

82,7

Danimarca

0,0

16,7

8,8

0,0

4,4

1,8

4,5

0,0

36,2

Finlandia

22,5

13,2

10,1

14,6

0,6

8,9

0,1

0,0

70,0

Francia

415,2

31,1

11,3

67,0

7,5

3,2

0,5

0,0

535,8

Germania

169,6

298,9

52,7

21,5

4,5

10,2

9,6

0,0

567,1

Grecia

0,0

34,4

5,9

3,7

8,9

0,2

0,4

0,0

53,4

Irlanda

0,0

8,6

9,3

0,9

4,6

0,1

0,2

0,0

23,7

Italia

0,0

30,5

101,4

44,3

85,9

1,9

1,3

4,6

269,9

Lussemburgo

0,0

0,0

0,2

0,1

0,0

0,1

0,0

0,0

0,4

Olanda

3,9

25,4

51,6

0,2

3,1

4,2

1,1

0,0

89,6

Portogallo

0,0

14,7

7,2

11,3

8,4

1,6

0,2

0,1

43,4

Spagna

62,3

80,7

20,2

28,4

22,6

2,9

4,7

0,0

221,7

Svezia

57,3

2,9

0,4

79,1

1,8

3,9

0,4

0,0

145,9

Regno Unito

85,2

124,1

146,5

5,2

5,6

4,5

1,1

0,0

372,2

Totale UE

864,2

703,8

449,3

318,8

160,8

46,3

24,3

4,7

2.572,3

Valori percentuali

 

33,6 %

 

27,4 %

 

17,5 %

 

12,4 %

 

6,2 %

 

1,8 %

 

0,9 %

 

0,2 %

 

100 %

 

Fonte: Energy Policies of AIE Countries.

 


 

 

Il Punto 26 . Dazi e non solo: la creativita’ dei postliberisti

Di Mauro Novelli  - 22.08.2003


I creativi hanno ragione: innovare non vuol solo dire creare cose nuove; vuole anche dire riattare vecchi strumenti ed utilizzarli per governare la realtà attuale.
Riteniamo far cosa utile elencando una serie di strumenti fiscali, alcuni vecchi di mille anni e più, in parte già abbandonati da secoli o da pochi decenni, molti ancora in essere. Potrebbero essere fertile materia di studio per i creativi. Tutti, infatti, furono il prodotto della umana - ed interessata - fantasia.
Quali strumenti per fare cassa, oltre al "DAZIO" (abolito in Italia nel 1930 e sostituito dalle Imposte comunali di consumo, abolite definitivamente nel 1973) ricordiamo:
- il PEDAGGIO: tassa per aver diritto di transito su terreni di proprietà altrui.
- il PONTATICO: tassa per ottenere il diritto ad attraver5sare un ponte.
- il PORTATICO: tassa per ottenere il diritto ad attraversare una porta di cinta, o per entrare in porto.
- il CAMPATICO: tassa sulla produzione agraria di un podere.
- l’ IMBOTTATO: tassa sulla produzione di vino.
- il FODRO: contribuzione obbligatoria in foraggio per gli animali al seguito di un esercito di passaggio.
- il RIPATICO: tassa per transitare sulla riva del fiume.
- il FIENATICO: tassa per ottenere il diritto di far fieno nei campi del feudatario.
- l’ ERBATICO: tassa per l’erba mangiata ai bordi della strada o in poderi da buoi trainanti carri
- il MOLINATICO: tassa per l’uso del molino.
- il FORNATICO: tassa per l’uso del forno.
- il ROTATICO: tassa per il danno arrecato al fondo stradale dal passaggio dei carri.
- il POLVERATICO: tassa per il danno arrecato dalla polvere sollevata dal passaggio di carri e carrozze.
- IUS PRIMÆ NOCTIS: tassa per ottenere il diritto di prender moglie, imposta al colono intenzionato a sposarsi
C’era, inoltre, una multa a carico del colono il cui figlio avesse deciso di andare in seminario togliendo braccia alla terra ed al feudatario (non ne ricordo il nome).
Il signore aveva, infine, la possibilità di scegliere il criterio di imposizione. Era definita "focatico" l’imposizione per nucleo familiare, per focolare; "testatico" se gravava sulla testa dei singoli.
Il "banno", cioè il diritto del feudatario ad imporre "corvè" (lavoro agricolo obbligatorio), "collette" (tasse straordinarie "una tantum") oltre ai balzelli ricordati, aveva una contropartita: in caso di pericolo, gli era fatto obbligo di difendere e accogliere all’interno del castello i coloni di sua "proprietà". Insomma, doveva mantenere in buono stato le sue "cose".
Una semplice questione di manutenzione, oggi superata.

 


 

 

Il PuntO 25 . “Libero da canone”

 

Di Mauro Novelli  ‘ 16.7.2003


Vista la secolare e costante mancanza di fiducia degli Italiani nelle classi dirigenti - avvicendatesi alla guida della loro ‘sorte’ - e alla luce dei problemi cui tutti andranno incontro invecchiando, si è inserito nel nostro dna il gene che spinge al risparmio: la prima lira, il primo centesimo messo da parte ‘per’ la famiglia, servirà per l’acquisto della casa.
Per noi italiani, è questa la forma archetipa della ‘pensione’ (cioè della base minima di protezione per la vecchiaia)
Nel 1991, le famiglie italiane erano 19.736.000. Il 25,3 per cento viveva in abitazioni prese in affitto; il 74,7 per cento in abitazioni di proprietà o con altro diritto (usufrutto ecc.).
Nel 2000, le famiglie hanno raggiunto il numero di 21.932.798; il 19,2 per cento viveva in affitto, mentre era in abitazioni di proprietà - o per altro diritto - l’ 80,8 per cento. La tendenza è costante.
Il risparmio si è quindi orientato verso il settore immobiliare, con un coinvolgimento familiare (morale e fisico) di lungo e lunghissimo periodo. Obbiettivo: avere un tetto per la vecchiaia, non gravare sulle finanze dei figli ed, anzi, lasciare loro un bene pregiato. Quanto prima ‘libero da canone’. Ancora oggi, è possibile trovare tale informazione scolpita in bella forma sulla facciata principale di molti immobili della Roma del ‘700 e ‘800. Tale obbiettivo è generalizzato: in Italia, la vita media dei mutui è di 11 anni; nel nord Europa di oltre 20, in Giappone di mezzo secolo (hanno mutui da 75 anni): la famiglia italiana vuole liberarsi velocemente delcanone’, perché il bene non sia soggetto né a volontà né a poteri esterni.
Questa è la psicologia di fondo delle famiglie italiane e, in momenti di difficoltà, tali convincimenti tendono ad irrobustirsi: proprio perché la nostra visione non è generazionale, ma ha un orizzonte familiare coinvolgente più generazioni, i progetti di risparmio/spesa/ investimento/consumo hanno un respiro che giunge almeno ai figli e, spesso, ai nipoti.
Non si comprende, quindi, come possa considerasi ricevibile il consiglio mirante a stravolgere quelle basi psicologiche: liquidare la casa per avere più soldi da spendere e per accettare, con migliore entusiasmo, gli aumenti imposti da chi oggi si lamenta per i consumi che languono.
Ricapitolando. Nella maggioranza dei casi, due sono le risorse familiari certe: la pensione dei vecchi e la loro casa di proprietà. Il futuro dei figli è certamente ‘elastico’, come il mercato del lavoro che si va impostando e, vista la loro situazione reddituale, le banche nostrane, con la loro cultura delle supergaranzie, non li finanzieranno neanche per l’acquisto di un frigorifero, figuriamoci per comprar casa.
Se questa è la situazione nuova (è irrilevante il giudizio che se ne dà) le proposte di ampliare mutui esistenti o di vendere la nuda proprietà risolveranno i problemi di chi è in una situazione familiare prefallimentare, di chi, cioè, ha l’acqua alla gola (sperando che la banca non si accorga delle difficoltà).
Tutti gli altri tireranno ulteriormente la cinghia, limando ancor di più la propensione al consumo.
Occorre ridare speranza, non ampliare mutui.
16.7.2003

Palio delle contrade creative
Concorso per assegnare l’esecuzione del drappellone.
Venuto a conoscenza della vittoria certa di Maria Antonietta (opera presentata: " Se manca il pane, passa alle brioches "), si è ritirato l’autore dell’estempore di finanza creativa " Enfia il mutuo, se il consumo è floscio !"


 

 

Il PuntO 24 . Un chiarimento sul tasso d’inflazione.

di Mauro Novelli  ‘ 15.7.2003


I titoli di molti articoli inerenti l’andamento dei prezzi, specie in occasione dei comunicati mensili dell’Istat, tendono a disinformare.
Se l’inflazione cresce allo stesso livello della rilevazione precedente si tende a titolare ‘Prezzi fermi: x,y % come nel mese passato’.
Titoli di tal fatta creano confusione e generano sfiducia e rancore: l’inflazione è una crescita e finché la sua dimensione è superiore allo zero, i prezzi medi sono in ascesa. Se resta al 2,6 o cala al 2,0 rispetto alla precedente rilevazione, vuol dire che i prezzi crescono a quelle velocità: nel primo caso crescono con pari velocità, nel secondo crescono con velocità più bassa. Ma risultano sempre in lievitazione.
Oggi, l’Istat ha comunicato l’andamento dell’inflazione a giugno, pari al 2,6 per cento su base annua, rispetto al 2,7 del maggio 2003.
Ecco alcuni titoli proposti da siti Internet:

Prezzi al palo. Inflazione al 2,6%

Prezzi in discesa: a giugno +2,6%

Prezzi in frenata: confermato il 2,6 per giugno

Mentre, dopo un titolo corretto: ‘ Inflazione: Istat conferma + 2,6 % a giugno’ si può leggere:
‘.. Prezzi dunque in calo, dal 2,7 al 2,6%, nonostante l’aumento su base mensile dello 0,5% registrato nei capitoli di spesa .’???????

Chi ha poca dimestichezza con le definizioni di termini economici, ma fa la spesa tutti i giorni, ha forse buone ragioni per imbufalirsi nel leggere quelle informazioni.
Meglio essere più precisi e/o meno inclini a captatio benevolentiae certamente controproducente.

 


 

Il PuntO 23 .  “Tirare la cinghia” e “impennata dei consumi” mal si conciliano se non ipotizziamo “prezzi in forte crescita”.


(di Mauro Novelli  - 30.6.2003)


Questi i dati macroeconomici del Paese:

Iva. - Il gettito dell’Iva gravante sugli utenti finali di beni e servizi è cresciuto fortemente nei primi mesi dell’anno. Ciò è la conseguenza esclusiva di un aumento di prezzi e tariffe pagate dai consumatori.

Istat. - Nel mese di aprile 2003 l’indice generale del valore delle vendite del commercio fisso al dettaglio, con base 2000=100, ottenuto dalla sintesi degli indici della grande distribuzione e delle imprese operanti su piccole superfici, è risultato pari a 107,5, segnando un aumento tendenziale del 5,7 per cento. Le vendite di prodotti alimentari hanno registrato una crescita del 9,0 per cento, mentre quelle di prodotti non alimentari hanno registrato una crescita del 3,3 per cento.

Istat. - Nel mese di maggio 2003 l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie dei lavoratori dipendenti, con base dicembre 2000=100, è risultato pari a 105,6 con una variazione nulla rispetto ad aprile 2003 e di più 1,7 per cento rispetto a maggio 2002. L’aumento registrato nel periodo gennaio-maggio 2003, rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente, è dell’1,9 per cento.

Isae. - Secondo l’inchiesta (3 e il 16 giugno), su un campione di 2.000 intervistati, il calo della fiducia dei consumatori riguarda soprattutto ‘le attese sulla propria situazione economica e le valutazioni sulla convenienza e possibilità del risparmio’. Restano stazionari i giudizi sul bilancio familiare, sulla situazione economica della famiglia e sulla convenienza all’acquisto di beni durevoli.
Riguardo a valutazione sull’andamento dei prezzi, resta stabile la percentuale di coloro che li ritengono ‘molto’ aumentati (49% come a maggio) e cresce la quota di coloro che li ritengono ‘abbastanza’ aumentati (40% in giugno, 38% in maggio).

Ricapitolando: cresce fortemente il gettito dell’Iva; in aprile, si impenna il ‘valore’ dei consumi (+5,7%); in maggio, l’indice annuale delle retribuzioni contrattuali è cresciuto solo dell’1,7 per cento (inflazione, su base annua: + 2,7 %); in giugno, la fiducia dei consumatori è in netto calo.
La contraddizione è evidente: cala la propensione al consumo; è minore la capacità di spesa; crescono consumi e gettito Iva.
C’è una sola giustificazione: non sono i consumi a crescere, ma solo il loro valore. In altri termini, e più semplicemente, la gente spende di più per consumare come prima.
Ma come la mettiamo con l’inflazione di giugno 2003 scesa al 2,6 per cento ‘ E’ evidente che ‘inflazione in calo’ non significa ‘prezzi in calo’, ma prezzi in aumento rallentato. Ma anche tale ‘aumento rallentato’ è difficile da giustificare.

 


 

 

Il PuntO 22 . Economia e mercati: certezze ?  Meglio qualche vantaggio.


 di Mauro Novelli 9.6.2003


La teoria economica liberista sostiene che per favorire lo sviluppo, occorre creare un ambiente tale da convincere ad investire nei settori più convenienti e produttivi; afferma che gli investitori decidono di impegnarsi solo in presenza di situazioni (politiche, economiche, fiscali e sociali) stabili, chiare e, nei limiti del possibile, certe, in grado cioè di permettere una adeguata valutazione del rischio. La stessa teoria ribadisce che l’imprenditore gioca la sua partita per lo sviluppo solo se operante in ambiente (politico economico, fiscale e sociale) sufficientemente definito, senza imprevisti oltre i normali livelli fisiologici, in grado di permettere la quantificazione di variabili da non lasciarle fuori controllo.
La stessa teoria approfondisce poco o nulla sulla componente psicologica della domanda e, quando lo fa, ne esplicita le implicazioni solo in via di risulta, non si impegna ad indagare le caratteristiche ambientali in grado di favorire la propensione al consumo dei cittadini, si limita a legare i consumi alle variabili di mercato (prezzi ecc.): gli approfondimenti analitici preponderanti sono svolti quasi esclusivamente sul versante dell’offerta. Fino ad arrivare alla teoria monetarista che, considerando come un qualsiasi altro prodotto la moneta (succedaneo perfetto di ogni bene in circolazione), ritiene di poter regolare il mercato attraverso la variazione della quantità denaro a disposizione degli operatori, e la sua velocità di circolazione; agendo sul suo prezzo (tasso di sconto), riducendolo in presenza di segni di stanchezza, o alzandolo in presenza di surriscaldamenti.
La ritualistica economica corrente ( versione deteriore della teoria liberista) ritiene che non le relative certezze "ambientali e mercantili" favoriscano investitori e produttori, ma l’introduzione a loro favore di situazioni di vantaggio; che tali azioni (in mancanza di altre vie) consistano nello svantaggiare le controparti, cioè il resto dei cittadini (concorrenti, lavoratori dipendenti, consumatori, utenti): via lacci e lacciuoli nel mondo del lavoro e suo "salutare" ritorno alla elasticità; diminuzione dell’imposizione fiscale e, conseguente, contrazione della spesa pubblica, in particolare sul fronte pensionistico; eliminazione tendenziale dell’azione dello Stato su ogni versante (non solo economico) ecc. Come se le società più avanzate non avessero goduto, negli ultimi 50 anni (con i vincoli che conosciamo), di uno sviluppo nettamente superiore di quello riscontrato nei due secoli precedenti (in ambiente praticamente brado).
In una situazione che trascura ogni attenzione nei confronti dei consumatori, che non sa imporre una vera concorrenza in settori primari di mercato, che ritiene il miglioramento di rendite di posizione o il vantaggio fiscale uniche molle per agitare l’attuale morta gora e tornare ad espandersi, non è difficile prevedere il decadere della propensione al consumo, una sua contrazione a favore di una più rassicurante propensione al risparmio (almeno quando il reddito lo permette). In ultima analisi, se non si comprende che una tendenziale riduzione dei consumi è indice di problemi di lungo periodo (una crisi di fiducia e di speranza, per sé e per i figli), assisteremo ad declino dell’economia di questo paese.
Per l’Italia c’è, infatti, un’aggravante: il sistema bancario fornisce capitali a chi già li ha e può, quindi, presentare garanzie reali. Si creeranno inevitabili strozzature. E’ sempre più frequente, ad esempio, che la richiesta di un mutuo avanzata da un giovane (dal reddito non brillante o dal lavoro non fisso) sia subordinata alla garanzia fornita dalla pensione del genitore, oggi unico reddito certo per molti nuclei familiari: possiamo chiedere a quel giovane speranza e fiducia nel futuro, se nessuno è disposto ad aver fiducia nel futuro insieme a lui ‘ Figuriamoci le difficoltà ad ottenere finanziamenti bancari per una iniziativa imprenditoriale, se chi osa richiederli non è poderosamente "presentato".
Sul versante della domanda, i cittadini hanno bisogno di parallele, trasparenti certezze e non di "buoni spesa pelosi ed occasionali", né di lacci e lacciuoli a loro favore: rapporti contrattuali non vessatori ed in buona fede, certezza del diritto e adeguate informazioni a base delle decisioni, mercato effettivamente concorrenziale e stabile, costante possibilità di scelta tra almeno due opzioni, contrasto di cartelli e monopoli, classe politica neutrale e capace di offrire azioni di buon governo, non obbligata a pagare cambiali ai vari potentati, composta non da uomini della provvidenza, ma da coscienziosi amministratori di condominio, neanche troppo zelanti, suggeriva Tocqueville.
Da qualche lustro, la vedo dura.

Ecco gli ultimi dati macroeconomici:
- Roma, 30 maggio - La "rigidità" dei prezzi dei servizi e dei prodotti industriali in Italia e’ "particolarmente preoccupante, in quanto contribuisce a mantenere l’inflazione nazionale al di sopra della media europea anche in assenza di spinte esogene". Lo scrive l’Isae (Istituto di Studi e Analisi Economica) nella nota mensile di maggio.
- Bruxelles, 02 giugno - Miglioramenti del superindice sono stati registrati in Portogallo (+0,5 punti), Regno Unito (+0,3) e Belgio (+0,1). Riduzioni in Danimarca (- 0,3), Germania, Spagna e Olanda (tutti e tre - 0,2) e Italia, Irlanda e Svezia (- 0,1). Invariato in Francia?????.La fiducia dei consumatori ha registrato una diminuzione di 1 punto.
- Buenos Aires, 03 giugno - Il calo dei prezzi per due mesi di fila in Germania indica "un elevato rischio" di deflazione per quel paese. Così Kenneth Rogoff, capo degli economisti del Fondo Monetario, che rimprovera alla Bce, alla Fed e alla Banca del Giappone (BoJ) di non aver fornito agli investitori segnali chiari a livello di politica di stabilità dei prezzi.
- Bruxelles, 04 giugno - Il volume del commercio al dettaglio nella zona euro a marzo, rispetto allo stesso mese del 2002, e’ diminuito dell’1,6% (-0,7% intera Ue). Lo rende noto Eurostat. A livello mensile si rileva una riduzione dell’1,2% in Eurolandia (-1% intera Ue).
In Italia la variazione annua è stata -1,6% mentre quella mensile -0,4%.

Francoforte, 07 giugno - Per la prima volta dopo anni, ricompaiono a Francoforte cartelli di "Affittasi ufficio"

 

 


 

 

 

Il Punto 21. Gazzella o leone, comincia a correre.


di Mauro Novelli  2.6.2003


Da qualche giorno, è iniziata la campagna (per il momento solo terroristica) sui pericoli della deflazione, cioè della diminuzione dei prezzi medi, delle cause e delle conseguenze del fenomeno. Stati Uniti e Germania sono già considerati a rischio.
Entrare in ambiente deflattivo è effettivamente un serio pericolo. Il meccanismo è perverso: il crollo dei consumi causa tagli ai prezzi, un ristagno della produzione, con conseguente diminuzione di redditi e capacità di spesa. Inoltre, sapere che col tempo i prezzi si abbasseranno, suggerisce ulteriori rinvii nei consumi. Il meccanismo deve essere assolutamente interrotto senza aspettare soluzioni "naturali", obbligate e drammatiche: l’ultimo grave periodo di deflazione (esploso con la crisi del ‘29) fu praticamente risolto dalla seconda guerra mondiale.
In effetti, in Italia si stanno creando alcuni focolai dal potenziale deflazionistico, di cui va scongiurata la congiuntura:
1) Il nostro partner commerciale più importante, la Germania, è entrato in recessione (da due trimestri il suo Pil è in calo). Oltre il 16 per cento delle nostre esportazioni si orienta verso quel paese. Esporteremo di meno Rispetto alla Germania, la nostra inflazione (ufficiale) è più che doppia: l’impossibilità di svalutazione (abbiamo ormai la stessa moneta) causa una decadenza della nostra competitività nei suoi confronti. Circa il 20 per cento delle nostre importazioni proviene da quel paese e la minor crescita dei loro prezzi tenderà a far aumentare la nostra richiesta Importeremo di più. Nel complesso, la produzione domestica potrà diminuire, la disoccupazione aumentare, i redditi contrarsi.
3) In contemporanea, i nostri consumi ristagnano per vari motivi:
3.a) Sul versante della produzione e dell’offerta di servizi, approfittando del passaggio all’euro, troppi "operatori" sono stati in grado di depredare parte della quota di reddito destinata ai consumi. In troppi casi, le mille lire sono state trasformate (quasi) in un euro: dai costi di molte prestazioni professionali, ai prezzi di prodotti di occasionale consumo e, quindi, di difficile comparazione per il consumatore ecc..
3.b) Si stanno aiutando alcuni settori produttivi in crisi. Si pensi alle provvidenze Fiat attraverso la "rottamazione". In questo caso due sono le implicazioni economiche con gravi ripercussioni negative sulla capacità di spesa delle famiglie: il reddito destinato all’acquisto di automobili supera mediamente i 10 mila euro, quindi "prenota" i risparmi familiari di più anni ed obbliga a minori consumi per lungo tempo; l’aiuto di Stato è andato per oltre il 50 per cento a costruttori stranieri, visto che la quota di mercato di quelli domestici non arriva alla metà del totale di vetture vendute. Buona parte dei capitali destinati alla rottamazione è quindi emigrato, affari dei concessionari a parte.
3.c) In presenza di reddito adeguato, la nostra propensione al consumo è sempre stata battuta dalla propensione al risparmio. Ma negli ultimi anni, il risparmio è stato massacrato (bond Argentina, bond Cirio, My Way-4You) ed i rendimenti dei titoli di Stato sono ai minimi. Tali serie rovesci finanziari o più bassi introiti da interessi suggeriscono una ulteriore contrazione dei consumi.
La nostra voglia di risparmiare risulta particolarmente evidente in momenti socio-economici di difficoltà. D’altra parte, da sempre, la nostra classe dirigente è risultata incapace di prospettare ai cittadini un futuro dagli orizzonti limpidi (ci riferiamo alle scoraggianti sconfitte per i diritti dei cittadini - non parliamo di interessi - conseguenza di iniziative governative a favore dei potentati (anatocismo-D’Alema-1998, mutui-Amato-2000, RC Auto-Berlusconi-2003). Ne è conseguita la forzata capacità degli italiani di autogovernarsi. Tale rassegnato autogoverno si realizza nella sfera diretta d’intervento, la famiglia, e si concretizza - in soldoni - nel ridurre i consumi e nel non fare figli. Oltre a previsioni fosche, il crollo della natalità denota una bassissima propensione al consumo nel lungo periodo e genera gravi ripercussioni sul sistema pensionistico. Il fenomeno ha avuto inizio circa 20 anni fa e va aggravandosi: per la prima volta nella nostra storia, molti genitori pensano che i figli avranno una vita più "tribolata" della loro. Non era mai successo.
Non basterà imporre la rottamazione di frigo e lavatrici, offrire qualche buono acquisto o un pugno di euro per un figlio in più; non serve ridurre le tasse alle fasce alte della popolazione, che non aumenterà consumi già alti. Se la speranza non ridipinge l’orizzonte, le cose non potranno che peggiorare. E la speranza non può essere imposta per decreto.
Ci arrangeremo. Ci distingueva una buona dose di umanità. Ma, oggi è imperativo scendere in competizione (e vincere), guardare ai risultati, battere gli avversari, anzi, i nemici, essere performanti.
Nei corsi di vendita si offre questo orrendo suggerimento: nella giungla ogni mattina la gazzella si sveglia e deve preoccuparsi di mangiare e di non essere mangiata; nella giungla ogni mattina il leone si sveglia e deve preoccuparsi di mangiare per non morire di fame. Ogni mattina, sia tu gazzella o leone, appena sveglio comincia a correre: sei nella giungla.
L’italico umanesimo deve lasciare il posto alle pagelle (tipico strumento di chi ha complessi di inferiorità). Ma le bocciature o le promozioni della vita sono senza appello.
Finalmente un po’ d’igiene ! Basta con i deboli ed i malati !

 

 


 

 

Il Punto 20 . Uno, cento, mille Antitrust.

(di Mauro Novelli) 31.5.2003



La legge 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) istituisce l’Antitrust perché vigili sulla corretta applicazione delle leggi di mercato e contrasti ogni stortura indotta nel normale funzionamento dei meccanismi mercantili (posizioni dominanti, cartelli, accordi, pubblicità ingannevole ecc.).
Tredici anni fa, tale legge ci riallineava ai paesi più avanzati.
Ma non per tutti i settori. L’estro italico ebbe l’ennesimo lampo di genio. Le aziende di credito imposero al legislatore la "mansalva" per il settore bancario: l’Antitrust si sarebbe interessato di ogni ambito produttivo/mercantile, tranne che di quello creditizio (art.20). Li, la "vigilanza" sarebbe stata ancora appannaggio incontrastato della Banca d’Italia. Se richiesto, l’Antitrust avrebbe espresso un semplice parere.
Non solo. Con crudeltà, la lobby di riferimento impose al legislatore di entrare in contraddizione con se stesso, dettandogli il punto 5 dell’art. 20, che lasciava a Banca d’Italia la possibilità di autorizzare intese tra banche "per esigenze di stabilità del sistema monetario".
Il legislatore subì. Ma con uno scatto d’orgoglio raddrizzò la schiena ed inserì una limitazione. Nel punto 5, autorizza, è vero, le intese, ma ha aggiunto: "per un tempo limitato". Forse voleva intendere "per un tempo determinato", ma le discopatie, si sa, obnubilano anche la mente più limpida.
Un referendum ? Maggioranza ed opposizione si tranquillizzino: stiamo scherzando !
E’ doverosa, invece, un po’ di comprensione per la lobby delle assicurazioni che non riuscì a bottinare con altrettanto successo. Ma il legislatore è comprensivo e di manica larga: un decreto "salvacompagnie" non si nega a nessuno.

 

LEGGE 287 DEL 10.10.1990


[..omissis’]

CAPO IV

Disposizioni speciali



20. Aziende ed istituti di credito, imprese assicurative e dei settori della radiodiffusione e dell’editoria.

[1. - abrogato - Nei confronti delle imprese ope-ranti nei settori della radiodiffusione e dell’edito-ria l’applicazione degli artt. 2, 3, 4 e 6 spetta al-l’autorità garante prevista dalla legislazione vigen-te per i settori della radiodiffusione e dell’edito-ria] (1).
2. Nei confronti delle aziende ed istituti di credito l’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 spet-ta alla competente autorità di vigilanza. [ndr. Banca d’Italia]
3. I provvedimenti delle autorità di vigilanza [ndr. Banca d’Italia] di cui ai commi 1 e 2, in applicazione degli artt. 2, 3, 4 e 6, sono adottati sentito il parere dell’Auto-rità garante della concorrenza e del mercato di cui all’art. 10 [ndr Antitrust], che si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fonda-mento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine l’autorità di vigilanza [ndr. Banca d’Italia] può adottare il provvedimento di sua competenza.
4. Nel caso di operazioni che coinvolgano im-prese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità di cui all’art. 10 [ndr Antitrust] sono adottati sentito il parere del-l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni pri-vate e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Au-torità di cui all’art. 10 [ndr Antitrust] può adottare il provvedi-mento di sua competenza.
5. L’autorità di vigilanza sulle aziende ed isti-tuti di credito [ndr. Banca d’Italia] può altresì autorizzare, per un tem-po limitato, intese in deroga al divieto dell’art. 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, te-nendo conto dei criteri di cui all’art. 4, comma 1. Detta autorizzazione è adottata d’intesa con l’Au-torità di cui all’art. 10 che valuta se l’intesa com-porti o meno l’eliminazione della concorrenza.
6. L’Autorità di cui all’art. 10 [ndr Antitrust] può segnalare alle autorità di vigilanza di cui ai commi 1 e 2 [ndr. Banca d’Italia] la sussistenza di ipotesi di violazione degli artt. 2 e 3.
7. Fatto salvo quanto disposto nei comuni pre-cedenti, allorché l’intesa, l’abuso di posizione dominante o la concentrazione riguardano imprese operanti in settori sottoposti alla vigilanza di più autorità, ciascuna di esse può adottare i provvedi-menti di propria competenza.
8. Le autorità di vigilanza di cui al presente articolo [ndr. Banca d’Italia e Isvap] operano secondo le procedure previste per l’autorità di cui all’art. 10. [ndr Antitrust]
9. Le disposizioni della presente legge in ma-teria di concentrazione non costituiscono deroga alle norme vigenti nei settori bancario, assicurati-vo, della radiodiffusione e dell’editoria.

(1) Comma abrogato ex art. 1, I. 31-7-1997, n. 249.

 

 


 

Il Punto 19. L’ euro: una cura (finalmente) non palliativa.

(di Mauro Novelli  15.5.2003)


L’avvento dell’euro ha eliminato dalla cassetta degli strumenti a disposizione dei governanti dei paesi di Eurolandia, le possibilità di accomodamento degli squilibri tramite l’azione sul cambio: in caso di perdita di competitività, la svalutazione della moneta nazionale ricostituiva alcuni margini di competizione, anche se artificialmente e senza stimolare ristrutturazioni operative, aggiornamenti tecnologici, riorganizzazioni ecc.
Almeno fino ai primi anni ‘90, più volte, le autorità governative e monetarie italiane hanno usato quella leva come clava: si svalutava la lira per ridare fiato (finanziariamente) al settore produttivo, almeno quello operante sul versante delle esportazioni. La maggiore onerosità delle importazioni (prodotti petroliferi, elettronici, tecnologici ecc.) sarebbe stata poi riversata sulle spalle dei cittadini, consumatori finali. Ogni strumento diverso dal cambio e mirante a ricostituire margini di competitività, sarebbe stato meno ‘economico’. Per decenni, le nostre aziende più importanti hanno rinviato quelle ristrutturazioni produttive che avrebbero permesso loro di stare al passo dei competitori internazionali, impigrendosi e puntando sulla benevolenza delle autorità. L’ambiente politico-socio-economico non le ha assolutamente stimolate verso una maggiore efficienza. Abbiamo visto i risultati sulla Olivetti, ma anche sulla Fiat, sulle banche, sulle assicurazioni: gli ‘aiutini’ periodici hanno fatto di alcuni settori una vera e propria palla al piede del sistema Italia.
Con l’euro, tali manovre non sono più realizzabili e occorre confrontarsi con realtà produttive ben più avanzate.
Gli imprenditori più accorti ed intelligenti hanno intuito per tempo questa novità e, dal 1999, si sono timidamente riaffacciati sul versante della ricerca aziendale, per una migliore allocazione delle risorse produttive, umane, finanziarie.
Ma il neonato processo è gracilissimo. C’è solo da augurarsi che non si reintroducano ‘aiutini’, magari mutanti, a favore di settori amici e ‘disaiutini’ contro settori non amici: sarebbe il ritorno alla peggiore economia di stato, adottata in Italia negli anni ‘70 ‘ ‘80.
Il nostro settore produttivo ha bisogno di una cosa: una effettiva concorrenza. Ma ci rendiamo conto che non fa comodo quasi a nessuno. In Italia, la legge di mercato n°1 risulterebbe eversiva anzi, rivoluzionaria.

 

 


 

Il PuntO 18. Autorità monetarie.

I controlli:  Non vogliamo, non possiamo, non sappiamo.

di Mauro Novelli  24.4.2003


1) Firmo un contratto di conto corrente con la banca X ed effettuo dei depositi. Nel rapporto io risulto il creditore, la banca è il debitore.. Quindi, io ho scelto il mio debitore.
Dopo qualche tempo, detta banca vende l’agenzia dove è radicato il mio conto ad altro istituto di credito. La clientela non è stata avvertita e si ritrova con un debitore diverso da quello scelto originariamente.
In altri termini il cliente-creditore si trova ad avere come controparte una banca-debitore le cui caratteristiche possono essere completamente diverse da quelle del debitore iniziale: scelsi la prima banca perché la mia attività aveva bisogno di servizi con valenze internazionali, mi ritrovo ad avere rapporti con la banca rurale e artigiana di Collelungo, simpatica, ma del tutto inadeguata per la mia attività.
Giustificazione: " Banca d’Italia ha approvato l’operazione di vendita e tutto è stato fatto secondo i suoi dettami".
C’è o non c’è violazione dell’art. 1406 del codice civile ? Il codice regola la cessione dei crediti, non certo dei debiti.
Se poi si scopre che la prima banca-debitore ha incassato dall’istituto acquirente una percentuale sul mio deposito-credito, è possibile pensare ad un illecito arricchimento?

2) Il mio contratto di conto corrente è regolato da particolari condizioni (tasso, spese, commissioni, ecc.) So che la banca può variarle a sua discrezione limitandosi ad inserire un annuncio commerciale sulla Gazzetta Ufficiale (non diciamolo in giro per Bruxelles, altrimenti ci cacciano dall’Europa).
Ma chi ha fornito alle banche la licenza (aggiuntiva rispetto a quella richiamata) di far decorrere con valenza retroattiva gli effetti di dette variazioni?
E’, infatti, ormai generalizzata la seguente struttura degli annunci commerciali inseriti in Gazzetta dalle banche: in data 20 del mese si comunica che, a far tempo dal 1° dello stesso mese, intervengono le seguenti variazioni sulle condizioni.’..
Tale retroattività è anche di mesi.

3) Mi rubano un blocchetto d’assegni. Faccio la mia denuncia in Commissariato e blocco la numerazione presso la mia banca: quegli assegni non verranno mai pagati. Tutto a posto.
Dopo qualche tempo scopro di essere stato protestato. Mi informo. Risposta: "Uno degli assegni rubati è stato presentato all’incasso. Non è stato pagato, ma abbiamo protestato il titolare del conto".
Se il titolare fosse un commerciante, sarebbe rovinato.


 

 

Il PuntO 17. Marketing d’immagine e illegalità.

(di Mauro Novelli ) 17.4.2003


I cultori del marketing d’immagine sanno benissimo quanto sia importante evitare - fino alla maniacalità - che il pubblico (utenti, consumatori, votanti, acquirenti che siano) abbini il loro nome o la loro immagine a situazioni, eventi o fatti negativi, ansiogeni o semplicemente scostanti.
A conferma della validità di questa regola basti notare come, prima e durante la seconda guerra del Golfo, molti dei nostri governanti abbiano accuratamente evitato di esprimersi sulle vicende belliche per scongiurare qualsiasi loro presenza mediatica che accomunasse la loro immagine ed il loro nome ai bombardamenti: i talk show sull’Iraq avevano quasi esclusivamente esponenti della sinistra, esperti a parte. Insomma, meglio sentirsi accusare di latitanza dalla metà dei votanti (l’altra metà apprezza la scaltrezza)piuttosto che offrire viso e dichiarazioni contaminate da immagini di soldati che sparano, case che saltano in aria e morti in terra.
Certamente nulla di scandaloso, visto che anche la pubblicità della propria immagine anima il commercio.
È di gran lunga più preoccupante, invece, la pessima abitudine, invalsa in banca, di rifuggire - altrettanto maniacalmente - l’abbinamento dell’immagine dell’istituto a gravi reati commessi da impiegati infedeli. Anche a costo di non denunciarli: troppo spesso, invece di chiamare in tribunale quei dipendenti, si fa loro sottoscrivere la lettera di dimissioni e si allontanano. L’immagine della banca è salva, ma tale costume, oltre a danneggiare la società civile, crea danni agli azionisti dell’istituto di credito.
E torniamo all’articolo 7 del Testo unico delle leggi in materia bancaria.

 


 

Il PuntO 16. Borsini: investimenti e "consigli per gli acquisti": le banche indagheranno.

(di Mauro Novelli  -15.4.2003)


Le banche hanno scoperto la scarsa professionalità dei loro addetti al servizio titoli e verificheranno la correttezza dei ‘consigli per gli acquisti’ che gli impiegati forniranno agli investitori.
A lamentare una scarsa attenzione degli operatori nei riguardi dei titoli suggeriti agli investitori, sono stati Fazio, Desario e Spaventa. Poiché il loro è un mestiere che, evidentemente, si impara ‘in progress’, abbiamo dovuto attendere la messa a frutto professionale dei disastri cui i risparmiatori sono andati incontro nell’ultimo lustro.
Messa così, la vicenda dei bond argentini, dei bond Cirio, di My Way - 4 You, di Viatel, delle polizze linked ecc. sembrerebbe generata da estemporanee quanto improvvide iniziative di poco preparati borsinisti o di rapaci promotori finanziari e non, invece, da specifiche e ineludibili indicazioni di politica aziendale, imposte dalla dirigenza ai suoi dipendenti. Infatti, i ‘consigli per gli acquisti’ non sono altro che la conseguenza obbligata di ferrei budget (con annessi benefit per i bravi venditori e ‘punizioni’ per i recalcitranti) relativi a titoli che devono essere spalmati sulla clientela (in barba ad ogni normativa, all’etica professionale, al buonsenso) perché divenuti ‘spazzatura’, o perché è interesse della banca fornire un aiutino a qualche amico, o perché fornitori di buone provvigioni (come i prodotti assicurativi).
Con eccellente tempismo (ma anche questo è un mestiere che si impara in progress) S.Paolo-IMI verificherà l’attività di promozione degli investimenti operata dai suoi dipendenti. Ci auguriamo che vada e ripescare le indicazioni (più o meno formalizzate) fornite dai loro dirigenti agli sportelli circa l’’opportunità’ di vendere Argentina, Cirio ecc., per sanzionarne gli autori iniziali.
In altra sede, abbiamo suggerito agli utenti bancari di farsi accompagnare da testimoni, qualora venissero invitati dalla banca all’acquisto di titoli per l’affare del secolo. Abbiamo suggerito altresì, in caso di visita del promotore finanziario, di porre in bella evidenza sul tavolo un registratore in grado di fissare quanto detto nell’incontro.
Suggeriamo, oggi, ai borsinisti ed agli addetti al servizio titoli delle banche, di consigliare la clientela con accortezza, prudenza e (per quanto possibile) professionalità circa la collocazione del risparmio. Per chi ( succube di un insuperabile timore reverenziale) non si sente di rispettare se stesso, la propria dignità e la legge - prima ancora delle scaltre indicazioni aziendali - consigliamo comunque di conservare ogni documento/testimonianza riguardante i suggerimenti che la dirigenza somministra ‘ loro tramite - agli investitori.

 


 

 

Il PuntO n°15. Gli inviti a consumare

(di Mauro Novelli    25/09/2002)


Nei momenti di acute crisi socio-economiche, gli italiani hanno sempre cercato di proteggersi con iniziative individuali o familiari. Non avendo mai avuto gran fiducia nella classe dirigente, hanno sempre provveduto ad incidere in ciò che è di loro stretta pertinenza: livello dei consumi (soluzione anche di brevissimo periodo), numero di figli (soluzione di lungo periodo). [ Per inciso, il vecchio triangolo industriale presenta il più basso livello di natalità. Nel mondo.]
E’ in linea con questo atteggiamento è il dato relativo agli immobili di proprietà: solo il 21 per cento degli italiani abita case in affitto; il 79 per cento ne è proprietario o risulta in altre posizioni (usufrutto, riscatto ecc.). Occorre ‘pensare alla vecchiaia’ e la prima lira o il primo centesimo di euro risparmiati è per l’acquisto della casa. Per gli Italiani, è così da sempre.
Non cade in terreno fertile, quindi, l’esortazione a ‘consumare’. Anzi, potrebbe ottenere l’effetto contrario: che cosa nasconde quell’invito? E giù, altri pensieri preoccupati, con l’orizzonte che, invece di rischiararsi, da fosco diventa plumbeo.
A conferma di quanto affermato, elaboriamo i dati sulle attività e sulle passività delle famiglie italiane fornite dalle relazioni del Governatore Fazio: calano le attività (col risparmio massacrato dagli affari mobiliari suggeriti da banche, Sim e Sgr) e crescono le passività.
Si potrebbe ipotizzare un crollo del risparmio finanziario delle famiglie italiane. In tutto il mondo l’andamento del risparmio sarebbe in declino. In Italia? Sorpresa ! Il risparmio delle famiglie italiane cresce: dai 71 miliardi di euro risparmiati nel 1999, si passa ai 104 del 2001. Calano le disponibilità, aumentano gli impegni, ma la parola d’ordine è ‘stringere ulteriormente - ed in anticipo - la cinghia’: con questi scenari???.



 

Il PuntO 14 . Unione Europea: per fortuna ci sono i PIGS.

(di Mauro Novelli  30/07/2002)


I prudenti, saggi e valenti governanti dei paesi del Nord salutarono con soddisfazione - anni fa - alcuni cancelletti finanziari per l’accesso all’euro: i paesi non in grado di rispettare quei parametri sarebbero stati duramente puniti. Ne andava del buon nome della nascente moneta unica.
L’obbiettivo dei saggi governanti era quello di ricondurre gli sregolati paesi del sud Europa a miglior consiglio.
Tra gli altri parametri, il deficit non avrebbe dovuto superare il 3 per cento del prodotto interno lordo.
I "PIGS" - [dalle iniziali di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, "maiali", in inglese] come i nordici chiamano i paesi del sud - erano avvisati: "Scantonate da quel parametro e sarete fuori da Eurolandia".
Nel 2002, la Commissione europea ha fornito valutazioni sul rapporto deficit/pil dei dodici di Eurolandia: dei PIGS, la Grecia non ha deficit; l’Italia è a 1,2 per cento (come nel 2001); la Spagna è a 0,2; il Portogallo è all’ 1,6 per cento (era al 2 nel 2001).
Molti Paesi non PIGS stanno peggio. Soprattutto la Germania (2,7) si avvicina pericolosamente al quel 3 per cento che l’avvia verso la Vergine di Norimberga.

Morale: Chi guarda troppi film anglossassoni, dove i mascalzoni hanno - in genere - nomi latini, mentre i bravi/buoni/giusti godono di nomi - tassativamente - nordici, rischia di farsi un’idea falsa della realtà.
Se si devono sostenere esami periodici, non conviene lasciarsi influenzare dall’immaginario collettivo.

 


 

Il PuntO 13. Euro: ancora soli, ad arrangiarci. Ed a pagare

Di Mauro Novelli  12/01/2002


Changeover in teoria: il primo dicembre 2001, monete e banconote in euro alla grande distribuzione. Il 15 dicembre agli esercizi normali. Lo stesso giorno, monete ai cittadini consumatori.
Forse la grande distribuzione si è approvvigionata, ma la maggior parte dei dettaglianti no: su 3 milioni di sacchetti predisposti, neanche un decimo era stato ritirato a fine dicembre.
Due le motivazioni:
1) la penalizzazione di oltre 50 milioni di lire per quegli esercenti che avessero smarrito banconote in euro o che ne avessero subito il furto.
2) gli atteggiamenti di molti direttori di agenzie bancarie miranti a scoraggiare (se non ad impedire) il ritiro delle nuove banconote: "‘e’ troppo rischioso per voi e comunque nessuno toccherà il pacco-euro di sua spettanza’ sta qui, è suo,’’.. quando decide’’".
Con la prima, il burocrate ha salvaguardato i suoi obbiettivi (non avere noie dal changeover) scaricando sui negozianti l’abnorme penalità in caso di problemi. Con la seconda le banche hanno limitato fortemente la diffusione di euro i primi giorni di doppia circolazione: i cittadini sono dovuti ricorrere ai loro servizi, non certo gratuiti. Infatti, chi ha voluto avere a disposizione la nuova moneta, non ottenendola quale resto dei loro pagamenti, si è arrangiato in vari modi.
Changeover in pratica: poiché sono risultate impraticabili le "naturali" fonti gratuite di approvvigionamento, le banconote in euro sono state immesse nel circuito nazionale dai cittadini-consumatori-correntisti, col ricorso obbligato al Bancomat (al costo di una riga di estratto conto), spesso di altri istituti (al costo aggiuntivo della commissione per aver utilizzato ATM di altre banche). [ Chi scrive ha verificato che nelle due agenzie della propria banca vicino casa, lo sportello Bancomat non ha funzionato dal 23 dicembre al 2 gennaio. Compresi.]
Non a caso si sono avute impennate sia nel prelievo di contante, che nell’uso del PagoBancomat.
[A fine trimestre i correntisti faranno i conti dei costi affrontati].
Ma le banche ringraziano anche l’insipiente decisione della BCE di non permettere la consegna di banconote ai cittadini di Eurolandia prima del 1° gennaio 2002 (la Commissione ha premuto fino alla fine per cercare di far rivedere tale infantile decisione). "Per evitare ai falsari di avere, con quindici giorni d’anticipo, la possibilità di entrare in possesso di originali…” si è sostenuto dai banchieri di Francoforte. Come se la criminalità organizzata avesse bisogno della banconota consegnata al cittadino Rossi il 15 dicembre per avere un pezzo da 5 euro da copiare; come se la totalità delle unità di grande distribuzione europea fosse immune da contatti/pressioni/controlli della mala; come se già dal primo dicembre i falsari non stessero analizzando il "materiale".
Poi, le pagelle: "I cittadini italiani utilizzano l’euro molto meno degli altri....anche la Grecia ci ha sorpassato nelle transazioni con la nuova moneta… !!!" E giù a mettere fretta ed a stilare quelle liste, tanto care a chi soffre di complessi di inferiorità ed ha bisogno di veder ribadita, sbandierandola, la sua alta posizione in graduatoria.
Risultato: l’euro sta rimpiazzando la lira a costi non indifferenti per i cittadini; le banconote da 5 euro (che potevano essere, in numero adeguato, consegnate ai consumatori fin dal 15 dicembre) scarseggiano; le banche rifiutano di cambiare i sacchetti di lire portati da clienti e non, ma il direttore di un ufficio postale di Messina ha pagato anche cinque chili di pensione ai titolari in fila.
Ci siamo arrangiati, ma abbiamo il dovere di fare i conti di quanto ci è costato, di chi ci ha guadagnato (lecitamente o meno) e quanto.
Per i "mercanti" l’euro, evento storico ed epocale, è una occasione di arraffo-business come altre. Compatiamoli.

 


 

Il PuntO 12. Operazioni con PagoBancomat: si pagano? no! si! veramente...........


(di Mauro Novelli  14/12/2001)


Ogni prodotto bancario ha, generalmente, due voci di costo: la prima, inerente al servizio in sé; la seconda relativa alla registrazione contabile sul conto corrente, evidenziata dalle righe dell’estratto conto. C’è poi una terza voce di costo, applicata quando possibile: i giorni di valuta, per l’individuazione del giorno effettivo dal quale cominciano a decorrere gli interessi (operazioni attive per il cliente), o da quando cessano gli interessi (operazioni passive, di addebito).
La prima voce di costo è sempre indicata, specie se gratuita; la seconda quasi mai, limitandosi gli istituti di credito ad indicare il costo per singola operazione nei tabelloni sintetici relativi o nei fogli analitici relativi al servizio di C/corrente.
Ad esempio: il versamento sul conto (di contanti, di assegni, ecc.) non costa come servizio in sé, ma verrà computato (a fine periodo, cioè alla "chiusura dei conti") come "una" operazione (una riga dell’estratto/conto): costo medio per singola operazione lire 3.500/3600, cioè 1,81/1,86 euro. La domiciliazione delle bollette non costa come servizio in sé, ma alla chiusura dei conti, le operazioni verranno pagate, e come ! Per le tre utenze classiche (telefono, gas, elettricità) si pagheranno 18 operazioni l’anno.
In occasione dell’introduzione dell’euro, si è scatenato un battage senza precedenti, mirante a convincere i correntisti che, se non vogliono avere problemi di conversione, mancanza di spiccioli, resti, ecc. la soluzione più economica per il pagamento è offerta dall’uso del PagoBancomat.
Si afferma infatti (ABI, Banche ecc.) che pagare col PagoBancomat non costerà assolutamente nulla (costo annuo della tessera a parte). Sappiamo però che la registrazione -ad esempio- del prelievo di contante da sportelli automatici costa sempre una operazione, sia che si prelevi da ATM della nostra banca, che da ATM di altre banche (in questo secondo caso, il servizio non è gratuito e si pagano subito altre 3.500 lire, in media).
Chiariamo: sedevo pagare 87,12 euro al supermercato, mi vedrò addebitare, saldando col PagoBancomat, esattamente quell’importo sul conto corrente. Quindi il servizio in sé è effettivamente gratuito. Ma, alla chiusura dei conti (ogni trimestre, in genere) quella registrazione verrà computata come una operazione e pagata come da indicazioni esposte in agenzia per il costo della singola riga di estratto conto. O no ?
La cosa non è chiara: una personale indagine ha dato luogo ad una risposta affermativa da parte di un dipendente di una primaria banca romana (.."ogni registrazione si paga...."). Una veloce indagine su Internet, porta nei siti più corretti, ad una indicazione del tipo:
TRATTAMENTO ECONOMICO
A fronte dei vantaggi legati all’uso del PagoBancomat il cliente deve sostenere solo i seguenti costi:
- commissioni di prelievo Bancomat da sportelli di altre banche;
- quota associativa annua;
- costo registrazione dell’addebito sul c/c .
Poiché l’ABI ha minacciato sfracelli contro chi oserà affermare che l’uso del PagoBancomat non è gratuito, riteniamo opportuno consigliare i correntisti - intenzionati ad usare quel sistema nel periodo di doppia circolazione - a richiedere alla propria banca (è sempre buona regola farsi accompagnare da un testimone) se per gratuità si intenda l’effettivo azzeramento dei due tipi di costo: quello del servizio in sé e quello della singola operazione. Chiarimento opportuno, soprattutto prima di fare un uso massiccio del PagoBancomat. Non si dimentichi, infine, di chiedere conferma se l’addebito ha valuta il giorno del pagamento o se la banca applica giorni di valuta, retrodatandolo.
Sarebbe stato molto più semplice ed economico un chiaro comunicato delle banche interessate (tutte), anche attraverso la loro associazione di categoria (ABI), ma (non è cattiveria) non sanno da dove iniziare per fare un po’ di chiarezza su spese, commissioni e giorni di valuta applicati ai loro servizi: parlare di costo per singola operazione farebbe drizzare molte orecchie, oggi sonnolenti.
Meglio minacciare sfracelli.

 


 

Il PuntO 11. Titoli, investimenti, congelamenti di mezza estate e mercato

(di Mauro Novelli  19-10-2001)


Ricordate ? Negli anni ‘ 80, da più parti si accusava il Tesoro (divenuto il più grande banchiere di questo paese per la dimensione raggiunta dalla massa dei titoli del debito pubblico) di tenere imprigionati centinaia di migliaia di miliardi che avrebbero potuto essere investiti in capitale di rischio piuttosto che alimentare pigramente le aste di BOT, BTP, CCT. "Il Tesoro sottrae linfa vitale al settore produttivo del Paese...!"
Ricordate? Agli inizi degli anni ‘90, alcuni addetti ai lavori senza scrupoli, insinuavano subdoli e minacciosi messaggi miranti a convincere il popolo dei BOT ad abbandonare i tranquilli titoli di Stato per investimenti alternativi (fondi, obbligazioni, gestioni ecc.): "Lo Stato non ce la fa più - sussurravano - prima o poi congelerà i titoli del debito pubblico!"
Ricordate? Tre o quattro anni fa le lusinghe degli stessi addetti ai lavori miranti a mostrare gli abbacinanti rendimenti degli investimenti in borsa a fronte delle misere rendite dei titoli di Stato: " I titoli di Stato non rendono più, “venghino” a fare l’affare con noi. Offriamo ricchi premi, fondi, obbligazioni, azioni, gestioni ! Ancora con i miseri BTP ? Svegliatevi ! Fate gestire a noi i vostri risparmi... Per i vostri obbiettivi abbiamo 10 mila scenari, 20 mila scenari...."
Decine di migliaia di miliardi di lire hanno abbandonato i tranquilli lidi dei titoli di Stato per approdare alle obbligazioni bancarie (ad aprile 2001, pari ad oltre 570 mila miliardi di lire), ai Fondi di investimento (a dicembre 2000, circa 870 mila miliardi), alle Gestioni patrimoniali (a dicembre 2000, circa 776 mila miliardi). Al lordo delle svalutazioni di quest’ultimo periodo.
Risultati:
· Molti risparmiatori italiani, mal consigliati e ben pressati, hanno abbandonato i titoli di Stato che, per il 41,2 per cento, sono ormai in mano ad investitori non residenti.
· La propensione ad investire in capitale di rischio del sistema Italia è aumentata. A fine 2000, oltre il 20 per cento delle attività delle famiglie era investito in titoli azionari italiani; il 4,2 per cento in azioni e partecipazioni estere; il 16, 1 per cento in quote di fondi comuni.
· Il risparmio delle famiglie, vanto e salvaguardia finanziaria di questo paese, è stato saccheggiato. Il nostro "monte risparmi" nazionale si è fortemente svalutato. Altro che congelamento !
· Le autorità monetarie e di controllo (si scelga) non vogliono / non possono / non sanno / non devono controllare un settore costituzionalmente rilevante.
Salta su il pierino: "Ma queste sono le leggi del mercato! Volete dare la colpa al mercato? Osate mortificare il mercato? "
Già, il mercato. Ma le regole - concorrenza, buona fede, domanda/offerta ecc.- sembrano valere sempre e solo per gli altri. Si scopre, infatti, che i primi a violarne i fondamenti sono proprio gli addetti ai lavori, "quelli che venghino.".

19/10/2001

 


 

Il PuntO 10. Euro e bottegai:

Il cattivo esempio delle scaltre Autorita’ monetarie
e il perche’ delle preoccupazioni di Adusbef


(di Mauro Novelli ) 11.10.2001


L’ultima puntuale analisi Adusbef su prezzi e tariffe, effettuata alla luce della prossima adozione dell’euro, ha causato la reazione stizzita del signor Venturi, preoccupato rappresentante degli esercenti. Lo studio in questione evidenzia un aggravio di 250.000 lire a famiglia causato da rincari già attuati o previsti a partire dal 1° gennaio 2002, ma non si comprende il fastidio degli addetti ai lavori nei confronti di chi invita i cittadini a vigilare perché i loro diritti vengano rispettati, o perché i furbi abbiano -quanto meno- una vita complicata. Non basta la lunga coda di paglia dei corifei, interessati difensori d’ufficio ("stiamo lavorando con il Governo, non disturbate !") per garantire i consumatori da rincari annunciati o sottaciuti, consumati col pretesto dell’introduzione della moneta unica. Adusbef sta scoprendo, infatti, una serie di "Euro-profittatori" di professione! A cominciare dallo Stato !
A fine 1998, il valore dei titoli del debito pubblico italiano fu tradotto da lire in euro. Si definì il meccanismo di trasformazione e, fatti i calcoli, lo Stato italiano vide diminuire di oltre 3 miliardi di lire il suo debito, a danno della generalità dei sottoscrittori.
Vediamo perché.

1) PROCEDIMENTO ADOTTATO:
Il procedimento che fu adottato per ridenominare in euro i titoli di Stato in portafoglio fu il seguente:
Si decise di frazionare il monte titoli di Stato in lotti di 5 milioni di lire. Si è proceduto quindi a calcolare il valore in euro (arrotondato) del lotto di 5 milioni:
Valore del taglio minimo di lire 5.000.000 diviso 1936,27 = euro 2.582,284
arrotondato a euro 2.582,28
Per tradurre in Euro il valore del portafoglio titoli di un qualsiasi sottoscrittore, si è seguito il seguente procedimento:
Valore del portafoglio in lire diviso taglio minimo di 5.000.000 = Numero di tagli minimi in Lire.
Numero dei tagli minimi in Lire moltiplicato euro 2.582,28 = Valore del portafoglio espresso in euro.

Esempio: Portafoglio titoli di Lire 200.000.000 in BTP:
lire 200.000.000 diviso 5.000.000 = 40 lotti minimi
40 lotti moltiplicato euro 2.582,28 (lotto in euro) = euro 103.291,20 (Valore del portafoglio di 200 milioni espresso in Euro).
Se si procede in senso inverso, per tornare al valore in lire, otterremo un importo inferiore di 349 lire rispetto ai 200 milioni, precisamente 199.999.651 lire (euro 103.291,20 x 1936,27), con un ammanco di 8,725 Lire per ogni lotto.
I sottoscrittori si son visti quindi diminuire di 8, 725 lire il valore di ciascun lotto di 5 milioni.

2) UN PROCEDIMENTO PIÙ CORRETTO (MA NON ADOTTATO):
Poiché chi acquista più prodotti dallo stesso negoziante ha il diritto di vedersi effettuare un unico arrotondamento alla fine della lista e non per singolo prodotto, avremmo gradito lo stesso procedimento da parte delle nostre Autorità monetarie: invece di frazionare in lotti da 5 milioni il monte titoli, o il portafoglio dei singoli sottoscrittori, si poteva procedere alla espressione diretta in euro e ad arrotondare il risultato una sola volta, invece che per ogni lotto minimo da 5 milioni di lire.
Valore del portafoglio in Lire diviso 1936,27 = Valore del portafoglio in Euro con unico arrotondamento finale.

Per tornare all’esempio precedente:
Lire 200.000.000 diviso 1936,27 = euro 103.291, 379
arrotondato a 103.291,38 Euro
Il procedendo in senso inverso, per ritornare alle lire, darebbe luogo al valore di 200.000.000,40 Lire.
Il titolare avrebbe lucrato in totale 40 centesimi di lira su 200 milioni di titoli di Stato

3) IL DANNO PER I SOTTOSCRITTORI:
A fine 1998, circolavano titoli di Stato per un ammontare complessivo di oltre 1.700.000 miliardi (dati Bankitalia dell’agosto 1998), frazionabili in oltre 340.570.000 lotti minimi di 5.000.000. Adusbef ha calcolato (per difetto) in 3.065.135.000 lire il danno ricevuto dai risparmiatori per la ridenominazione in Euro dei titoli del debito pubblico, attuata col meccanismo richiamato al punto 1).

4) FIGURACCE
Il Governo di allora, ben consigliato da scaltre e meritorie Autorità monetarie, ha colto la palla al balzo per dimostrare la sua sciatteria: si è qualificato come cattivo maestro per tutti gli operatori economici che dovranno gli arrotondamenti da apportare ai loro prezzi in euro e, al tempo stesso, non si è minimamente preoccupato di seguire le raccomandazioni della Commissione europea circa i meccanismi di traduzione in euro dei prezzi in lire, miranti ad evitare arrotondamenti intermedie parziali, a favore di un unico arrotondamento finale.
La Francia adottò un meccanismo "neutro" perché né lo Stato né i suoi finanziatori dovessero rimetterci. Ma l’Italia è altra cosa.

11/10/2001

 


 

Il PuntO 9. L’Italia, la guerra e le rogatorie.

Ancora problemi di schieramento?

(di Mauro Novelli  -27/09/2001)



L’Italia è famosa nel mondo per cominciare le guerre con un alleato e terminarle combattendo a fianco del vecchio nemico ed avendo per nemico il primitivo alleato.
Oggi il mondo occidentale, colpito dai fatti dell’11 settembre, sta - finalmente ! - cercando di individuare ed essiccare i flussi finanziari che, in un modo o nell’altro, alimentano gli apparati terroristici: la nuova guerra si combatte soprattutto così. Tale azione è, per le società più avanzate (ad economia di mercato libero), particolarmente "penosa" dal momento che tende a far chiarezza ed a creare controlli sulle procedure che la finanza mondiale pone a base delle sue operazioni e che, a detta degli interessati, dovrebbero invece avere il minor numero possibile di ostacoli, cancelletti, controlli, riscontri, evidenze, sguardi indiscreti. Si vedano i paradisi fiscali, le azioni al portatore, le "fiduciarie" ecc.
Bush sta cercando di far emergere (limitando fortemente anche i livelli di libertà annessi alle sue concezioni di liberista superconvinto) i luoghi e le forme di alimentazione finanziaria del terrorismo mondiale. Luoghi e forme tutte occidentali, visto che i capitali non nascono sulle montagne dell’Afghanistan o intorno ai pozzi petroliferi, ma si formano attraverso i consumi delle nazioni ricche. A questa azione di trasparenza, il presidente americano, chiama ogni operatore bancario e finanziario del mondo libero desideroso di continuare ad avere rapporti economici con gli Stati Uniti.
A fronte di questa iniziativa tendente a dissolvere le nebbie che avvolgono il settore, in Italia si stanno invece ponendo nuove fumosità e nuovi ostacoli (solo formali, per carità !) che ne mortificheranno ulteriormente la trasparenza. Le recenti iniziative legislative sulle rogatorie internazionali, infatti, vengono definite dai proponenti come "miranti all’introduzione di più precise garanzie per gli imputati". Speriamo che non ne approfittino i terroristi ! Né l’Italia può offrire un sistema bancario particolarmente efficace nella individuazione e nella denuncia di operazioni di dubbia provenienza e/o destinazione.
Siamo proprio certi di andare nella stessa direzione dei nostri alleati ?

 


 

 

Il PuntO 8. La BCE striglia il sistema bancario italiano sugli assegni

C’E’ UN GIUDICE A FRANCOFORTE !

(di Mauro Novelli  – 30/8/2001)


Per il riconoscimento di valuta e disponibilità sui versamenti di assegni, il servizio di pagamento imposto dal sistema bancario italiano impiega mediamente 7- 8 GIORNI LAVORATIVI. " Tempi troppo lunghi ! " sostiene la BCE. La critica alle banche italiane è inserita nel capitolo "italiano" dell’ultimo Rapporto sui sistemi di pagamento, dove si legge:
" Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni (sic), il tempo che le banche impiegano per accreditare gli assegni versati ai propri clienti resta significativamente maggiore rispetto a quanto sarebbe possibile fare grazie alla riforma del sistema interbancario dei pagamenti intervenuta nell’ultimo decennio. Il notevole numero di giorni per garantire la disponibilità dei fondi ai correntisti è mediamente di 7- 8 giorni lavorativi, con punte anche di 10 giorni".
A Francoforte, sede della Banca Centrale Europea, i tecnici dell’Istituto si dicono "seriamente preoccupati".
Non sappiamo se le stesse preoccupazioni serpeggino in Bankitalia, diligente e premurosa nel compiacere i governanti di turno (che s’ha da fa’ pe’ continua’ a campa’ ! ) piuttosto che nel sorvegliare un settore di rilevanza costituzionale come quello del credito/risparmio. Prendiamo comunque atto con sollievo della dimensione europea raggiunta (anche per merito di Adusbef) dai problemi bancari del sesto Paese di questo pianeta e del ruolo di controllo acquisito nei fatti dalla BCE, vista la compiacente latitanza della distratta Banca d’Italia. Vorremmo solo chiedere alla Banca Centrale Europea chi abbia fornito le informazioni in base alle quali sostiene che negli ultimi anni si sono avuti miglioramenti nel settore italiano. Ci corre l’obbligo di ricordare, infatti che, circa quattro anni fa, il sistema bancario si accordò per allungare i giorni di valuta degli assegni su piazza equiparandoli al superiore numero di giorni imposti per i versamenti di titoli fuori piazza.
Negli ultimi dieci anni, quindi, per il sistema di pagamento degli assegni, le cose sono peggiorate, non migliorate: i giorni di valuta e disponibilità sono mediamente più alti oggi rispetto a quelli riscontrabili nella prima metà degli anni ‘90.
E’ opportuno che il giudice di Francoforte valuti bene gli informatori.

 


 

Il PuntO 7 Il sistema bancario nel Lazio

Di Mauro Novelli (2000)

 

IL   S I S T E M A

B A N C A R I O

NEL   L A Z I O

 

Fonti:  BANCA D'ITALIA  -  ISTAT  -   ABI - IL LIBRO DEI FATTI ADN-KRONOS 2000

 

Elaborazioni: maggio 2001

 

 

Il sistema bancario nel Lazio

I N D I C E

 

INDICE  DELLE  TABELLE                                                      21

PRESENTAZIONE                                                                  21

P A R T E     P R I M A                                                          23

L'AMBIENTE ECONOMICO REGIONALE                                    23

REGIONE LAZIO:  DATI  GENERALI                                         24

PRODUTTIVITA' REGIONALE  (PRODUZIONE REGIONALE / POPOLAZIONE REGIONALE)                                                    26

O C C U P A Z I O N E                                                            30

DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE                                      32

P A R T E     S E C O N D A                                                    33

IL SETTORE BANCARIO                                                         33

DATI SUL SISTEMA BANCARIO DEL LAZIO                              34

I TASSI BANCARI                                                                    35

IMPIEGHI E DEPOSITI BANCARI REGIONALI                             38

I DATI DELLA CENTRALE RISCHI                                            42

SOFFERENZE                                                                        42

CONCENTRAZIONE DEL RISCHIO                                              43

P A R T E     T E R Z A                                                          44

IMPIEGHI E DEPOSITI DELLE PROVINCIE E DEI PRINCIPALI COMUNI                                                                               44

PROVINCIA DI  F R O S I N O N E                                            45

PROVINCIA DI  L A T I N A                                                    46

PROVINCIA DI  R I E T I                                                         47

PROVINCIA  DI   R O M A                                                       48

PROVINCIA  DI   V I T E R B O                                                49


INDICE  DELLE  TABELLE

 

 

PARTE PRIMA: L'ambiente economico.

TAB.  1 * Produttività regionale - dati 1990 - Andamento POPOLAZIONE / PRODUZIONE

TAB.  2 * Produttività regionale - dati 1994 - Andamento POPOLAZIONE / PRODUZIONE

TAB.  3 * Produttività regionale - dati 1995 - Andamento POPOLAZIONE / PRODUZIONE

TAB:  4 * Anno 1991: Occupati per settore economico - Disoccupati su forze di lavoro

TAB:  5 * Anno 1996: Occupati per settore economico - Disoccupati su forze di lavoro

TAB:  6 * Anno 1998: Occupati per settore economico - Disoccupati su forze di lavoro

TAB:  7 * Distribuzione della popolazioni per classi di età

TAB:  8 * Popolazione residente nei capoluoghi di prov.  e nei comuni non capoluogo di prov.

 

PARTE SECONDA: Il settore bancario

TAB.  9 * Numero dei comuni per provincia e numero dei comuni serviti da banche

TAB. 10 * Aziende di credito con sede centrale nel Lazio

TAB. 11 * Numero di sportelli : disaggregazione

TAB. 12 * Tassi medi applicati a Impieghi e Depositi

TAB. 13 * Tassi attivi sui finanziamenti per cassa. Per attività economica

TAB. 14 * Tassi attivi sui finanziamenti per cassa. Per classi di grandezza

TAB. 15 * Tassi passivi sui depositi. Per attività economica

TAB. 16 * Tassi passivi sui conti correnti. Per classi di grandezza

TAB. 17 * Impieghi per localizzazione degli sportelli

TAB. 18 * Depositi per localizzazione degli sportelli

TAB. 19 * Impieghi per settori di attività economica

TAB. 20 * Depositi per settori di attività economica

TAB. 21 * Finanziamenti "non agevolati"

TAB. 22 * Finanziamenti "agevolati"

TAB. 23 * Posizioni di rischio per cassa

TAB. 24 * Concentrazione dei rischi per cassa sui primi 20/50 clienti

TAB. 25 * Numero di affidati e pluriaffidamenti

 

PARTE TERZA: Approfondimenti per provincia

TAB. 26 * FROSINONE : Depositi e Impieghi dei principali comuni 

TAB. 27 * LATINA: Depositi e Impieghi dei principali comuni

TAB. 28 * RIETI: Depositi e Impieghi dei principali comuni 

TAB. 29 * ROMA: Depositi e Impieghi dei principali comuni

TAB. 30 * VITERBO: Depositi e Impieghi dei principali comuni

 

 

 

 

PRESENTAZIONE DELL'EDIZIONE "2000"

 

 

Come per le passate edizioni dello studio,  l'aggiornamento 2000 mantiene l'obbiettivo di favorire la comparazione, per il settore bancario laziale, con i dati nazionali, fornendo gli ambiti quantitativi del fenomeno regionale.

 

 

Dal punto di vista  metodologico, la ricerca è ancora suddivisa in tre parti al fine di offrire  una semplicità  e,  al tempo stesso, una completezza di  analisi  nei settori oggetto dell'indagine. Ma cominciano a scarseggiare i dati disaggregati per provincia. Ad esempio, la Banca d'Italia non fornisce più (sul Bollettino Statistico) i dati provinciali di depositi ed impieghi per attività economica. Pur mantenendo il massimo delle informazioni sul sistema bancario per provincia, abbiamo perciò inserito nuove elaborazioni

 

1) L'ambiente economico.

 

 

Abbiamo ulteriormente ampliato i dati di geopolitica e vengono forniti i dati generali relativi alla popolazione del Lazio, con valutazioni sul bilancio demografico, immigrazione compresa.

Siamo riusciti a reperire dati Istat 1995. Ci permettono di mettere a confronto la produttività delle 20 regioni con gli indici più recenti a disposizione. Abbiamo deciso di lasciare comunque le comparazioni riportate nella precedente edizione dello studio (1990 e 1994): per le 20 regioni italiane, si mettono poi a confronto i dati re­lativi al peso demografico e al peso produttivo       (Prodotto inter­no  regionale). Il raffronto individua la produttività delle varie regioni (produzione  regionale  diviso popolazione  regionale).

L'aggiornamento dei  dati sull'occupazione permettono poi di valutare la  situazione della nostra regione rispetto al resto d'Italia, anche in termini di addetti per settore economico (agricoltura, industria, terziario).

Si è deciso di mantenere, accanto all'aggiornamento 1998, le tabelle 1991 e 1996.

Nella tabella relativa alla distribuzione per classi di età, abbiamo riportato i dati 1999 lasciando quelli 1998. La comparazione evidenzia l'aggravarsi del fenomeno dell'invecchiamento della popolazione: negli anni '90, per la prima volta nella storia del nostro Paese, una generazione più giovane è meno numerosa di quella più anziana che la precede. Nel 1999, il fenomeno si è addirittura aggravato.

L'ultima tabella di questa prima parte disaggrega la  popolazione per  residenza ( nel capoluogo e nel resto dei comuni della  pro­vincia), permettendoci di ricavare il peso  de­mografico  per i capoluoghi e per  ognuna delle cinque  province, evidenziando  la  dimensione del macroscopico  sbilanciamento in termini di popolazione del comune di Roma.

 

2) Il settore bancario.      

 

 

Come in precedenza, la seconda parte dello studio inizia dalla rilevazione dei comuni del  Lazio "serviti da banche" sul totale dei  comuni  regionali. 

Approfondendo  l'indagine, si passa a rilevare l'andamento  degli sportelli  bancari e si disaggrega per dimensione di istituti  di credito la presenza di banche e di casse di risparmio.

La presente edizione "2000" affronta il problema dei tassi bancari applicati a depositi e finanziamenti.

Spicca la scarsa "attenzione" della Pubblica Amministrazione del Lazio che, pur avendo una dimensione "finanziaria" inferiore solo alla regione Lombardia ed alla regione Campania, spunta tassi peggiori alla media sui finanziamenti e non ottiene tassi migliori sui depositi.

Si aggiornano quindi i valori provinciali e regionali di depositi e impieghi distinguendoli per "residenza degli sportelli", per  " residenza  della clientela" e, successivamente, per  "settori  di attività economica" e per destinazione del finanziamento (fondia­rio,  opere pubbliche, ecc.) evidenziando e pesando la  quota  di credito agevolato sul totale.

Seguono i dati della Centrale dei Rischi della Banca d'Italia relativi alle sofferenze ed agli affidamenti.

L'analisi  della concentrazione degli affidamenti sui primi 20  e sui  primi 50 clienti conferma  la situazione  del  tutto peculiare del Lazio rispetto al dato nazionale: i primi 20 clien­ti  del sistema creditizio laziale assorbono quasi la  metà  del monte  affidamenti; i primi 50 si avvicinano al 60 per  cento. Per entrambi siamo oltre il triplo del dato nazionale.

 

3) Il settore bancario: un approfondimento per provincia.

L' ggiornamento "2000" comprende solo l'andamento  di impieghi  e  depositi dei principali comuni.

Alcune serie di dati, infatti, forniti in precedenza dai Bollettini statistici della Banca d'Italia, non compaiono nelle ultime edizioni. Ci riferiamo alla disaggregazione per provincia di Depositi e Impieghi per categoria.

 

Tutte le elaborazioni sono comunque state effettuate sui dati più recenti di Banca d'Ita­lia, ISTAT ecc.

 

 

Roma, maggio 2000

 

 

 

 

 

IL SISTEMA BANCARIO NEL LAZIO

 

 

P A R T E     P R I M A

 

 

L'AMBIENTE ECONOMICO REGIONALE

 

 


 

REGIONE LAZIO:  DATI  GENERALI

 

 (Annuario Stat. Italiano 2000- Libro dei fatti ADN Kronos 2001- ISTAT - Compendio statistico 1999)

 

* SUPERFICIE: 17.207 Kmq, pari al 5,71 per cento del dato nazionale (301.341 Kmq).

                            Il 32 per cento (5.506 Kmq) appartengono alla provincia di Roma.

 

* SUPERFICIE AGRARIA E FORESTALE: 14.688 Kmq ( 85,26 % del totale).

 

* SUPERFICIE AGRARIA UTILIZZATA: 7.997 Kmq. (46,42 % del totale)

 

* AZIENDE AGRICOLE OPERANTI (1998) : 178.690 pari al 7,76 per cento del totale 

                                                                  nazionale di 2.300.410 aziende agricole.

 

* NUMERO DI COMUNI: 377  pari al 4,65 per cento del totale nazionale di 8.100 comuni.

 

* ABITANTI: 5.264.077 (al 1°.1.2000), pari al 9,12 % del totale nazionale di 57.679.895.

 

* DENSITÀ:  305,9 abitanti per Kmq.  711 per la provincia di Roma.

 

* MEDIA COMPONENTI PER FAMIGLIA: 2,59 . Madia nazionale di 2,69.

 

* NUMERO DELLE FAMIGLIE (1999): 2.029.000, pari al 9,47 % del totale nazionale di  

                                                           21.420.000 di famiglie.

 

* NUMERO MEDIO DEI FIGLI PER DONNA (1996) : 1,12.    Dato nazionale: 1,2

 

* SALDO TRA NATI VIVI E MORTI (1998): - 3.108 (Nati vivi= 46.246;  morti= 49.354).

                                         Saldo nazionale: - 44.068 (Nati vivi= 532.843; morti= 576.911)

 

* MOVIMENTO. MIGRATORIO (1998): Saldo tra iscritti e cancellati: + 15.427. Saldo nazionale:  + 93.329

 

* CITTADINI STRANIERI (1998): Lazio: 241.243 ( il 19,3 per cento di 1.250.214, dato naz.).

 

* ALFABETIZZAZIONE (dati 1996)

 

               Senza titolo di studio o Licenza elementare                                                                 31,2 %

               [di cui Analfabeti 1,4 %  (dato nazionale: 2,9 %)]

               Media inferiore                                     31,5 %

               Media superiore                                     29,3 %                                                    

               Diploma universitario                                 0,4 %

               Laurea/Dottorato                                                        7,6 %

 

* LAUREATI NELLE UNIVERSITA’ STATALI (ANNO 1996):

 

                Università della TUSCIA (VT):        198                                                            (+   52,3 % rispetto al 1995)

                Università TOR VERGATA (RM)       865                                                            (+   20,3 %                       )

                Università ROMA TRE (RM)            1.550                                                         (+ 239,2 %                       )

                Università LA SAPIENZA (RM)        12.040                                                   (+   34,6 %                       )

                Università di CASSINO (FR)           15.162           (+   41,8 %                       )

 

 

 

* AUTOVETTURE CIRC.TI (1999): 3.241.655, pari al 10,15 % del totale nazionale di 

                                                       31.953.247. Autovetture per 100 abitanti: 61,6.

 

* MOTOCICLI CIRC.TI (1997) : 262.136, pari all'8,83 % del totale nazionale di 2.967.906.

                                               Motocicli per 100 abitanti: 4,98.         

 

* RETE STRADALE (1995): Km. 19.036 pari al 6,2 % del totale nazionale di Km. 307.711

             di cui Autostrade: Km. 478 pari al  7,4 % del totale nazionale di Km. 6.473

 

* INCIDENTI STRADALI (1998): 24.572 pari al  12 % del totale nazionale di 204.615.

         - Persone infortunate morte: 625 pari al  10,7 % del totale nazionale di 5.857.

         - Persone infortunate ferite:  34.442 pari all’ 11,7 % del totale nazionale di 293.842.

 

* TRASPORTO MERCI (per origine o destinazione):

- Su strada: 105.780.970 Tonn. Pari al 72,6 % del totale nazionale di 145.646.679 Tonn.

- Su ferrovia:       59.400 Tonn.       Pari al 2,6 % del totale nazionale di 2.281.200 Tonn.

 

* UNITA' DI LAVORO (Media annua 1996):

         DIPENDENTI:    1.499.800 unità,  il 9,8 %  di 15.288.800, dato nazionale

         INDIPENDENTI:    583.600 unità,   l'8,4 %  di 6.951.100, dato nazionale.

 

* NUMERO DI PENSIONI EROGATE (dati 1999): 1.753.906,  l' 8,13 % del totale nazionale

                                                                             di 21.567.996

 

* IMPORTO DELLE PENSIONI EROGATE (dati 1999):  Lit. 30.465,203 miliardi, il 9,51 %  

                                                                  del totale nazionale di 320.035,749 miliardi di lire

 

* IMPORT (dati 1999): 33.081 miliardi di lire, il 8,4 per cento dell'import totale

                                      nazionale di 394.149 miliardi di lire.

 

* EXPORT (dati 1999): 18.555 miliardi di lire, il 4,43 per cento dell'export totale     

                                      nazionale di 418.750.

 

* BILANCIA COMMERCIALE REGIONALE (import meno export 1999): deficit regionale di

                                                             - 14.526  miliardi di lire, contro un dato nazionale 

                                                                 di + 24.601 miliardi di  lire di surplus.

 

* PRODOTTO INTERNO LORDO (1995): 177.427 miliardi di lire (Prezzi correnti)

 

* CONSUMI FINALI (1995): 128.032,9  miliardi di lire, pari al 9,24 del totale nazionale di     

                                         1.397.088 miliardi di lire.

         FAMIGLIE: 102.134,9 MLD di lire. Il 9,2 % del dato nazionale di 1.108.165 MLD.

         PUBBLICA AMM: 25.511 MLD di lire. L'8,96 % del dato nazionale di 284.633 MLD.

         IST. SOCIALI PRIV.: 387 MLD di lire. Il 9,02 % del dasto nazionale di 4.290 MLD.  

 

* SPESA MEDIA MENSILE PER FAMIGLIA (1998): 4.180.000 lire (Media nazionale di 4.043.140)

 

* RETRIBUZIONI LORDE COMPLESSIVE (1995): 58.450,5 MLD di lire. L'11,47 % del dato nazionale di 509.752  MLD di lire.

 

* INVESTIMENTI: 32.433,7  miliardi di lire (dati 1995), pari al 13,15 del totale nazionale di 

                              246.659 miliardi di lire. (Valori a Prezzi 1990).

 

*CONSUMO DI ENERGIA ELETTRICA: 18,94 MILIARDI DI kWh, pari al 7,08 % del totale

                                                          nazionale di 267,284 miliardi di kWh.

 

* ISCRITTI AL COLLOCAMENTO: 1995: 415.595   1996: 456.775   1997: 486.454

 

* ESERCIZI COMMERCIALI AL DETTAGLIO (1999):  55.840 pari all’ 8,95 % del totale 

                                                                           nazionale di 623.984 esercizi commerciali

 

* SUPERMERCATI+GRANDI MAGAZZINI+IPERMERCATI (1999): 597, pari all’ 8,4  % del

                                                                            totale nazionale di 7.114.

 

* FALLIMENTI  (1999): 2.098, il 16,8 % del totale nazionale di 12.486

 

* TITOLI PROTESTATI (1998): 411.002, il 13,3 % per cento dei 3.097.068 protesti naz.li

 

* DELITTI E PERSONE DENUNCIATE (1999):

                                     DELITTI:     182.932   – Il 7,7 % del totale nazionale di 2.373.966

                                     PERSONE:     77.194   – Il  9,7 % del totale nazionale di   797.488

 

 

 

 

 

 

PRODUTTIVITA' REGIONALE

(PRODUZIONE REGIONALE / POPOLAZIONE REGIONALE)

 

 

Per la produzione regionale, manteniamo i dati del  1990, del 1994 ed inseriamo quelli del 1995 (ultimo anno reso noto dall'ISTAT con la pubblicazione "I numeri del Lazio - 1999).

Nelle Tabelle 1, 2 e 3 abbiamo riportato in parentesi la classifica regionale.

Nel raffronto, si nota un recupero nella produttività del  Piemonte (era passato dal 5° all'8° posto, nel 1994, sopravanzato anche da Veneto e Liguria).

Il  balzo in avanti più eclatante è quello della Val d'Aosta  che dal centro classifica passa al primo posto nel 1994, sopravanzando la Lombardia, e lo mantiene nel 1995.

I lombardi migliorano comunque il livello di produttività rispetto al 1994.

Il Veneto incrementa notevolmente il valore.

Il Lazio, secondo per valore assoluto del prodotto interno regionale,  sceso dall'8° al 9° posto per  produttività nel 1994, è appesantito dall


 

TAB. 1 * (1991)

ANDAMENTO REGIONALE POPOLAZIONE (dati '91) / PRODUZIONE (dati '91)

Fonte Istat- Conoscere l'Italia-1995 (classifiche in parentesi)

 

              | % POPOLAZIONE||          |                ||PRODUTTIVITA'| 

              |  REGIONALE   ||PRODUZIONE| % SUL PRODOTTO ||  rapporto   |

              |  SU TOTALE   ||COMPLESS. | INTERNO NAZION.||% Produzione/|

              |   ITALIA     ||(MLD lire)|                ||% Popolazione|

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

              |    - A -     ||          |      - B -     ||    B / A    |

R E G I O N E |     peso     ||          |       peso     ||             |

              | demografico  ||          |    produttivo  ||produttività |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

PIEMONTE      | 7,530   ( 6°)|| 117.236  |     8,9  ( 3°) || 1,182 ( 5°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

VAL D'AOSTA   | 0,200   (20°)||   3.244  |     0,2  (20°) || 1,000 (11°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

LOMBARDIA     |15,480   ( 1°)|| 261.888  |    20,0  ( 1°) || 1,292 ( 1°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

LIGURIA       | 2,977   (11°)||  44.178  |     3,4  (10°) || 1,142 ( 7°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

TRENTINO A.A. | 1,543   (16°)||  24.436  |     1,9  (17°) || 1,231 ( 3°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

VENETO        | 7,616   ( 5°)|| 114.199  |     8,7  ( 4°) || 1,142 ( 6°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

FRIULI V.G.   | 2,079   (15°)||  32.339  |     2,5  (12°) || 1,202 ( 4°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

EMILIA ROM.   | 6,803   ( 8°)|| 110.105  |     8,4  ( 5°) || 1,235 ( 2°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

TOSCANA       | 6,169   ( 9°)||  86.096  |     6,6  ( 7°) || 1,070 ( 9°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

MARCHE        | 2,486   (13°)||  34.124  |     2,6  (11°) || 1,046 (10°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

UMBRIA        | 1,424   (17°)||  17.291  |     1,3  (15°) || 0,913 (12°) |

**************|**************||**********|****************||*************|

              |              ||          |                ||             |

   L A Z I O  | 8,990   ( 4°)||  133.735 |    10,2  ( 2°) || 1,134 ( 8°) |

              |              ||          |                ||             |

**************|**************||**********|****************||*************|

ABRUZZO       | 2,203   (14°)||  25.329  |     1,9  (16°) || 0,862 (13°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

MOLISE        | 0,582   (19°)||   5.504  |     0,4  (19°) || 0,687 (17°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

CAMPANIA      |10,137   ( 2°)||  92.497  |     7,0  ( 6°) || 0,691 (16°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

PUGLIA        | 7,068   ( 7°)||  67.637  |     5,2  ( 9°) || 0,735 (14°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

BASILICATA    | 1,081   (18°)||   8.523  |     0,6  (18°) || 0,555 (20°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

CALABRIA      | 3,729   (10°)||  27.214  |     2,1  (14°) || 0,563 (19°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

SICILIA       | 8,999   ( 3°)||  78.592  |     6,0  ( 8°) || 0,666 (18°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

SARDEGNA      | 2,882   (12°)||  27.899  |     2,1  (13°) || 0,729 (15°) |

==============|==============||==========|================||=============|

TAB. 2 * (1994)

ANDAMENTO REGIONALE POPOLAZIONE (dati '94) / PRODUZIONE (dati '94)

Fonte Istat- Conoscere l'Italia-1997 (classifiche in parentesi)

 

              |              ||  PRODOTTO INTERNO REGIONALE  (dati '94)  |

              | % POPOLAZIONE||          |                ||PRODUTTIVITA'| 

              |  REGIONALE   ||PRODUZIONE| % SUL PRODOTTO ||  rapporto   |

              |  SU TOTALE   ||COMPLESS. | INTERNO NAZION.||% Produzione/|

              |   ITALIA     ||(MLD lire)|                ||% Popolazione|

              |--------------||----------|----------------||-------------|                 

              |    - A -     ||          |      - B -     ||    B / A    |

R E G I O N E |     peso     ||          |       peso     ||             |

              | demografico  ||          |    produttivo  ||produttività |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

PIEMONTE      | 7,504   ( 6°)|| 140.032  |     8,5  ( 5°) || 1,133 ( 8°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

VAL D'AOSTA   | 0,207   (20°)||   4.377  |     0,3  (20°) || 1,449 ( 1°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

LOMBARDIA     |15,560   ( 1°)|| 326.950  |    20,0  ( 1°) || 1,285 ( 2°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

LIGURIA       | 2,905   (11°)||  55.494  |     3,4  (10°) || 1,170 ( 7°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

TRENTINO A.A. | 1,586   (16°)||  32.462  |     2,0  (15°) || 1,261 ( 4°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

VENETO        | 7,722   ( 5°)|| 149.990  |     9,2  ( 3°) || 1,191 ( 6°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

FRIULI V.G.   | 2,080   (15°)||  40.939  |     2,5  (12°) || 1,202 ( 5°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

EMILIA ROM.   | 6,849   ( 8°)|| 142.650  |     8,7  ( 4°) || 1,270 ( 3°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

TOSCANA       | 6,157   ( 9°)|| 108.041  |     6,6  ( 7°) || 1,072 (10°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

MARCHE        | 2,516   (13°)||  42.282  |     2,6  (11°) || 1,033 (11°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

UMBRIA        | 1,436   (17°)||  22.473  |     1,4  (17°) || 0,975 (12°) |

**************|**************||**********|****************||*************|

              |              ||          |                ||             |

  L A Z I O   | 9,068   ( 3°)||  166.229 |    10,1  ( 2°) || 1,114 ( 9°) |

              |              ||          |                ||             |

**************|**************||**********|****************||*************|

ABRUZZO       | 2,214   (14°)||  32.027  |     2,0  (16°) || 0,903 (13°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

MOLISE        | 0,579   (19°)||   7.108  |     0,4  (19°) || 0,690 (15°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

CAMPANIA      |10,033   ( 2°)|| 108.522  |     6,6  ( 6°) || 0,658 (18°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

PUGLIA        | 7,117   ( 7°)||  80.855  |     4,9  ( 9°) || 0,688 (16°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

BASILICATA    | 1,066   (18°)||  11.081  |     0,7  (18°) || 0,656 (19°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

CALABRIA      | 3,625   (10°)||  34.827  |     2,1  (14°) || 0,579 (20°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

SICILIA       | 8,875   ( 4°)||  96.189  |     5,9  ( 8°) || 0,664 (17°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

SARDEGNA      | 2,897   (12°)||  35.970  |     2,2  (13°) || 0,759 (14°) |

==============|==============||==========|================||=============|

TAB. 3 * (1995)

ANDAMENTO REGIONALE POPOLAZIONE (dati 31.12.'95) / PRODUZIONE (dati '95)

Fonte Istat- Conoscere l'Italia-1997 - L'economia delle regioni 1999

(classifiche in parentesi)

              |              ||  PRODOTTO INTERNO REGIONALE  (dati '94)  |

              | % POPOLAZIONE||          |                ||PRODUTTIVITA'| 

              |  REGIONALE   ||PRODUZIONE| % SUL PRODOTTO ||  rapporto   |

              |  SU TOTALE   ||COMPLESS. | INTERNO NAZION.||% Produzione/|

              |   ITALIA     ||(MLD lire)|                ||% Popolazione|

              |--------------||----------|----------------||-------------|                 

              |    - A -     ||          |      - B -     ||    B / A    |

R E G I O N E |     peso     ||          |       peso     ||             |

              | demografico  ||          |    produttivo  ||PRODUTTIVITÀ |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

PIEMONTE      | 7,480   ( 6°)|| 152.316,4|     8,6  ( 5°) || 1,149 ( 8°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

VAL D'AOSTA   | 0,207   (20°)||   4.766,7|     0,3  (20°) || 1,449 ( 1°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

LOMBARDIA     |15,566   ( 1°)|| 356.084,7|    20,1  ( 1°) || 1,291 ( 2°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

LIGURIA       | 2,892   (11°)||  59.930,7|     3,4  (10°) || 1,175 ( 7°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

TRENTINO A.A. | 1,592   (16°)||  35.214,0|     2,0  (15°) || 1,256 ( 4°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

VENETO        | 7,732   ( 5°)|| 165.093,5|     9,3  ( 3°) || 1,202 ( 6°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

FRIULI V.G.   | 2,073   (15°)||  45.321,4|     2,6  (12°) || 1,254 ( 5°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

EMILIA ROM.   | 6,845   ( 8°)|| 156.323,6|     8,8  ( 4°) || 1,285 ( 3°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

TOSCANA       | 6,145   ( 9°)|| 116.996,8|     6,6  ( 6°) || 1,074 (10°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

MARCHE        | 2,517   (13°)||  46.071,1|     2,6  (11°) || 1,033 (11°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

UMBRIA        | 1,440   (17°)||  24.494,2|     1,4  (17°) || 0,972 (12°) |

**************|**************||**********|****************||*************|

              |              ||          |                ||             |

  L A Z I O   | 9,073   ( 3°)|| 177.145, |    10,0  ( 2°) || 1,102 ( 9°) |

              |              ||          |                ||             |

**************|**************||**********|****************||*************|

ABRUZZO       | 2,216   (14°)||  34.664,1|     2,0  (16°) || 0,902 (13°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

MOLISE        | 0,578   (19°)||   7.590,6|     0,4  (19°) || 0,692 (15°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

CAMPANIA      |10,050   ( 2°)|| 114.256,7|     6,4  ( 7°) || 0,636 (19°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

PUGLIA        | 7,121   ( 7°)||  86.532,6|     4,9  ( 9°) || 0,688 (16°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

BASILICATA    | 1,062   (18°)||  12.201,5|     0,7  (18°) || 0,659 (17°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

CALABRIA      | 3,620   (10°)||  37.577,7|     2,1  (14°) || 0,580 (20°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

SICILIA       | 8,886   ( 4°)|| 102.074,9|     5,8  ( 8°) || 0,652 (18°) |

--------------|--------------||----------|----------------||------------ |

SARDEGNA      | 2,896   (12°)||  37.596,9|     2,1  (13°) || 0,725 (14°) |

==============|==============||==========|================||=============|

 

 

 

 

 

 

 

 

O C C U P A Z I O N E

 

 

Un raffronto tra i dati del 1991, quelli del 1996 e quelli del 1998 (successive tre tabelle) evidenzia come, a causa della presenza massiccia delle attività legate all'amministrazione dello Stato, la regione Lazio si collochi al di fuori dell'andamento nazionale in termini di occupati per settore di attività. Infatti, nel 1991, il dato relativo al terziario (76,8 per cento) supera di quasi 16 punti percentuali la media nazionale (61,2 %). Quello relativo all'occupazione nell'industria colloca la regione al di sotto della media non solo nazionale, ma dello  stesso Mezzogiorno. L'occupazione in agricoltura è poco più della metà rispetto ai livelli nazionali.

Il dato relativo alla disoccupazione mostrava, per il 1991, una dimensione superiore a quello nazionale ( 11,4 % contro il 10,9 del Paese).

 

 

TAB. 4 *

ANNO 1991 - OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA

SUL TOTALE OCCUPATI e DISOCCUPATI SULLE FORZE DI LAVORO

(Fonte ISTAT  -  Dati 1991) Valori percentuali

 

                   |          OCCUPATI PER SETTORE        ||  IN CERCA DI   |        

                   |            |            |  ALTRE     ||  OCCUPAZIONE   |

                   |AGRICOLTURA | INDUSTRIA  | ATTIVITA'  ||SU FORZE LAVORO |

-------------------|------------|------------|------------||--------------|

L A Z I O          |     4,6    |      20,2  |      75,2  ||      11,4      |

-------------------|------------|------------|----------- ||--------------|

ITALIA NORD-CENTRO |     5,8    |      35,7  |      58,5  ||       6,5      |

-------------------|------------|------------|----------- ||--------------|

ITALIA MEZZOGIORNO |    14,6    |      23,6  |      61,8  ||      19,9      |

-------------------|------------|------------|----------- ||--------------|

                   |            |            |            ||                | 

ITALIA             |     8,4    |      32,0  |      59,6  ||      10,9      |

-------------------|------------|------------|----------- ||---------------

 

 

Nella successiva tabella 5,  riportiamo, per confrontarli con la  precedente, i dati relativi al 1996.

Come per la rilevazione precedente, nel 1996 il Lazio sopportava un livello di disoccupazione superiore rispetto a quello nazionale (12,8 %  contro  il 12,1 %), avendo una percentuale quasi doppia rispetto  a  quella del dato Centro-Nord.

In  termini nazionali, è da rilevare la diminuzione degli  occupati  in agricoltura, passati dall'8,4 al 7,0 per cento in cinque anni.

 


 

TAB. 5 *

ANNO 1996-OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA

SUL TOTALE OCCUPATI e DISOCCUPATI SULLE FORZE DI LAVORO

(Fonte ISTAT  -  Dati 1996) Valori percentuali

 

                   |         OCCUPATI PER SETTORE        ||  IN CERCA DI       

                   |            |          |   ALTRE     ||  OCCUPAZIONE  

                   |AGRICOLTURA |INDUSTRIA |   ATTIVITA' ||SU FORZE LAVORO

-------------------|------------|----------|-------------||-------------

L A Z I O          |     4,5    |     20,1 |      75,5   ||      12,8      

-------------------|------------|----------|-------------||-------------

ITALIA NORD-CENTRO |     4,9    |     35,7 |      9,41   ||       6,6     

-------------------|------------|----------|-------------||-------------

ITALIA MEZZOGIORNO |    12,3    |     23,5 |      64,2   ||      20,1      

-------------------|------------|----------|-------------||-------------

                   |            |          |             ||          

ITALIA             |     7,0    |     32,2 |      60,8   ||      12,1     

-------------------|------------|----------|-------------||-------------

 

 

Nel il 1998, le forze di lavoro regionali risultano pari a 2.114.000, gli occupati raggiungono 1.865.000 unità, i disoccupati 249.000. Assistiamo ad una inversione di tendenza: la percentuale dei cittadini laziali in cerca di occupazione, per la prima volta dopo anni, non è superiore al valore nazionale (11,8 %), ma coincide con esso.

Continua invece la discesa degli occupati nei settori Agricoltura ed Industria, mentre cresce il Terziario: l'andamento regionale è pertanto in linea con quello nazionale.

 

 

TAB. 6 *

DICEMBRE 1998-OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA

SUL TOTALE OCCUPATI e DISOCCUPATI SULLE FORZE DI LAVORO

(Fonte ISTAT  -  Dati 31.12.1998) Valori percentuali in grassetto

 

                   |         OCCUPATI PER SETTORE           ||  IN CERCA DI       

                   |            |            |     ALTRE    ||  OCCUPAZIONE  

                   |AGRICOLTURA | INDUSTRIA  |    ATTIVITA' ||SU FORZE LAVORO

-------------------|------------|------------|--------------||--------------

                   |   59.000   |    372.000 |    1.433.000 ||     249.000        

L A Z I O          |     3,1    |      19,9  |      76,8    ||      11,8      

-------------------|------------|------------|------------- ||--------------

                   |   594.000  |  5.337.000 |    8.688.000 ||    1.110.000      

ITALIA NORD-CENTRO |     4,1    |      36,5  |      59,4    ||       7,1

-------------------|------------|------------|------------- ||--------------

                   |  607.000   | 1.393.000  |   3.816.000  ||   1.634.000

ITALIA MEZZOGIORNO |    10,4    |      23,9  |      65,6    ||      21,9     

-------------------|------------|------------|------------- ||--------------

                   |  1.201.000 | 6.730.000  |  12.504.000  ||   2.745.000

ITALIA             |     5,9    |      32,9  |      61,2    ||      11,8     

-------------------|------------|------------|------------- ||--------------

 


DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE

Per il Lazio l'invecchiamento cui sta andando incontro la popolazione, già evidente con i dati '98, si è fatto più marcato nel 1999: la generazione dai 5 ai 24 anni contava, nel 1998, 482.000 persone in meno di quella di 25-44 anni; nel 1999, la minore consistenza della generazione più giovane è passata ad oltre 515.000. A livello nazionale, il differenziale  risultava di 4.413.000 nel 1998, passato a meno  4.838.460 nel 1999.

Quanto al "movimento naturale" della popolazione, nel 1998, esso è stato negativo. Per il Lazio: 46.246 nati vivi contro 49.354 decessi (bilancio: - 3.108); per l'Italia: 532.843 nati vivi, contro 576.911 di morti (bilancio: - 44.068). Il leggero aumento di popolazione nazionale complessiva è assicurato dalla sola immigrazione.

Questo andamento demografico incide fortemente in alcuni settori: dal sistema pensionistico (nel 1998, erano 21.606.000  le pensioni pagate dal sistema, di importo medio unitario pari a 14.158.000 [12.980.000 lire, nel 1996] per un totale di oltre 308.898 miliardi di lire) a quello del mercato delle case.

 

TAB. 7 *

POPOLAZIONE RESIDENTE PER CLASSI D'ETA' (Fonte ISTAT 1.1.1999)

 

               | DA 5 A 24 ANNI |  DA 25 A 44 ANNI   |    DA 45 A 64 ANNI  |

---------------|----------------|--------------------|---------------------|

LAZIO (1.1998) |  1.165.000     |      1.647.000     |          1.331.000  |

LAZIO (1.1999) |  1.136.642     |      1.652.785     |          1.350.341  |

---------------|----------------|--------------------|---------------------|

ITALIA (1.1998)|  13.087.000    |      17.500.000    |          14.275.000 |

ITALIA (1.1999)|  12.786.098    |      17.624.558    |          14.353.275 |   

---------------|----------------|--------------------|---------------------|

 

La successiva tabella 8 mostra la distribuzione della popolazione regionale del Lazio.

Spicca il dato del Comune di Roma dove risiede il 50,32 per  cento degli abitanti del Lazio, comunque in calo rispetto al 1990, quando  superava il 53 per cento.

In  termini nazionali, nel Lazio risiede il 9,11 della popolazione  italiana; nella provincia di Roma il 6,60; nel solo  comune di Roma il 4,58  per cento del totale nazionale.

 

TAB. 8 *

POPOLAZIONE RESIDENTE NEI CAPOLUOGHI DI PROVINCIA E NEI COMUNI DELLA PROVINCIA DIVERSI DAL CAPOLUOGO  [ dati ISTAT al 4.1998]

                                                                                             

          | CAPOLUOGHI |ALTRI COMUNI| | POPOLAZIONE|

          |     DI     |DIVERSI DAL | |TOTALE DELLA|

          | PROVINCIA  | CAPOLUOGO  | |  PROVINCIA |

-----------|------------|------------| |------------|

FROSINONE  |     47.725 |    446.829 | |    494.554 |

-----------|------------|------------| |------------|

LATINA     |    113.239 |    394.755 | |    507.994 |

-----------|------------|------------| |------------|

RIETI      |     45.971 |    104.641 | |    150.612 |

-----------|------------|------------| |------------|

ROMA       |  2.640.454 |  1.161.495 | |  3.801.949 |

-----------|------------|------------| |------------|

VITERBO    |     60.235 |    231.777 | |    291.277 |

-----------|------------|------------| |------------|

LAZIO      |  2.907.624 | 2.339.4970 | |  5.247.121 |

-----------|------------|------------| |------------|

ITALIA     |    //////  |   ///////  | | 57.563.354 |

 

 

IL SISTEMA BANCARIO NEL LAZIO

 

P A R T E     S E C O N D A

 

IL SETTORE BANCARIO

DATI SUL SISTEMA BANCARIO DEL LAZIO

 

 

 

La tabella 9 mostra i dati relativi al rapporto tra il numero dei comuni e quello dei comuni serviti da banche.  Il dato regionale medio è appena inferiore a quello nazionale ( 71,35 per cento contro il 73,37 dell'Italia). Tra i dati provinciali sui comuni "bancati" spic­cano,  in positivo, quelli di Viterbo (95 per cento) e di Latina  (oltre il 90); in negativo ancora quello di Rieti con solo il 46,57 per cento dei comuni servito da banche.

 

TAB. 9 *

NUMERO DI COMUNI PER PROVINCIA E

NUMERO DI COMUNI SERVITI DA BANCHE

[ Fonti: ISTAT (1.1.1998) e Bankitalia Bollettino statistico n°1-2000 ]

 

             | COMUNI DELLA PROVINCIA| |COMUNI SERVITI DA BANCHE| | % Comuni |

             |-----------------------| |------------------------| |serviti su|

             | Numero| % su  |  % su | | Comuni| % su  |  % su  | |tot.comuni|

             | comuni| LAZIO | ITALIA| |serviti| LAZIO | ITALIA | |della prov.

-------------|-------|-------|-------| |-------|-------|--------| |----------|

FROSINONE    |    91 |  24,20|  1,12 | |   64  |  23,79|   1,14 | |   70,30  |

-------------|-------|-------|-------| |-------|-------|--------| |----------|

LATINA       |    33 |   8,77|  0,40 | |   30  |  11,15|   0,50 | |   90,91  |

-------------|-------|-------|-------| |-------|-------|--------| |----------|

RIETI        |    73 |  19,41|  0,90 | |   34  |  12,63|   0,57 | |   46,57  |

-------------|-------|-------|-------| |-------|-------|--------| |----------|

ROMA         |   120 |  31,65|  1,47 | |   84  |  31,22|   1,41 | |   70,00  |                                   

-------------|-------|-------|-------| |-------|-------|--------| |----------|

VITERBO      |    60 |  15,95|  0,74 | |   57  |  21,19|   0,96 | |   95,00  |

=============|=======|=======|=======| |=======|=======|========| |==========|                                

LAZIO        |   377 | ///// |  4,64 | |   269 | ///// |   4,52 | |   71,35  |

-------------|-------|-------|-------| |-------|-------|--------| |----------|                                

ITALIA       | 8.100 | ///// | ///// | | 5.943 |  //// |  ///// | |   73,37  |

------------------------------------------------------------------------------

 

 

Le 2 tabelle che seguono (10 e 11) forniscono la distribuzione di banche con  sede nel  Lazio e la distribuzione degli sportelli relativi. Per  entrambe  è fortemente dominante la Capitale.

 

TAB. 10 *

AZIENDE DI CREDITO CON SEDE CENTRALE NEL LAZIO

Fonte Bankitalia - Bollettino statistico 1-2000

 

                               | TOTALE | % SU | %  SU|

                               | BANCHE |LAZIO |ITALIA|

------------ |--------|------|------|

FROSINONE    |     6  |  8,2 | 0,64 |

-------------|--------|------|------|

LATINA       |     4  |  5,5 | 0,42 |

-------------|--------|------|------|

RIETI        |     2  |  5,5 | 0,53 |

-------------|--------|------|------|

ROMA         |    47  | 68,5 | 5,00 |

-------------|--------|------|------|

VITERBO      |     8  | 12,3 | 1,06 |

-------------|--------|------|------|

LAZIO        |    67  | //// | 7,63 |

-------------|--------|------|------|

ITALIA       |   877  |  ////| //// |

 

TAB. 11 *

AZIENDE DI CREDITO

NUMERO DI SPORTELLI NEL LAZIO - Disaggregazione

(Fonte Bankitalia- Bollettino statistico 1-2000)

 

             |  BANCHE   |  BANCHE   |  BANCHE   |  BANCHE   | IST.CENTR.| | 

             |MEDIO/LUNGO|  S.P.A.   |  POPOLARI |CRED.COOP. |DI CATEGORIA |                

             |NUM. | % SU| NUM.| % SU|NUM. | % SU|NUM. | % SU|NUM. | % SU| | TOTALE | % SU |  %  SU |

             |SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO|SPORT|LAZIO| | SPORTELLI| LAZIO | ITALIA |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|                  

FROSINONE    |   0 |   0 |  111|  6,7|  29 | 11,9|   14|  9,8|   0 |    0| |     154  |   7,5 |    0,6 |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|                  

LATINA       |   0 |   0 |  104|  6,3|  29 | 11,9|    8|  5,6|   0 |    0| |     141  |   6,8 |    0,5 |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|                  

RIETI        |   0 |   0 |   57|  3,4|  10 |  4,1|    8|  5,6|   0 |    0| |      75  |   3,6 |    0,3 |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|                  

ROMA         |  14 | 100 |1.251| 75,5| 166 | 68,0|   86| 60,1|   4 |  100| |   1.523  |  73,8 |    5,6 |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|                  

VITERBO      |   0 |   0 |  134|  8,4|  10 |  4,1|   27| 18,9|   0 |    0| |     171  |   8,3 |    0,6 |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|                  

 

LAZIO        |  14 | 13,9|1.657| 8,30| 244 |  5,8|  143|  5,0|   4 | 13,3| |   2.064  |  //// |    7,6 |

-------------|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----|-----| |----------|-------|--------|

ITALIA       | 108 | // |19.947| //  |4.205|  // |2.862|  // |  30 |  // | |  27.132  |  //// |  ////  |

-------------------------------------------------------------------------| |----------|-------|--------|

 

 

 

 

 

 

I TASSI BANCARI

 

La tabella 12 riporta i tassi medi applicati dal sistema bancario agli impieghi ed ai depositi.

Il Lazio sopporta un maggior onere per i livelli di tasso sugli affidamenti (quasi il 2 per cento in più rispetto al dato nazionale) e migliora leggermente il dato sulla remunerazione dei depositi (più 0,4 per cento).

 

 

TAB. 12*

TASSI DI INTERESSE MEDI APPLICATI AL DICEMBRE 1999

(Fonte Bankitalia-Bollettino Stat. 1/2000)

 

                          |TASSI SU IMPIEGHI    TASSI SU DEPOSITI 

                               passivi per         attivi per    

                               il cliente       |     il cliente

-------------|------------------|--------------------|

LAZIO          12,44   %             1,84 %

-------------|------------------|--------------------|

ITALIA          10,48   %             1,45 %

-------------|------------------|--------------------|

 

 

La tabella successiva  evidenzia lo scarso peso contrattuale degli operatori economici laziali (famiglie comprese)  rispetto ai livelli nazionali. I tassi applicati sono sempre superiori alla media.

Perfino la Pubblica amministrazione, che ha nel Lazio, un peso preponderante rispetto al resto del Paese (inferiore solo a Lombardia e Campanioa), non ha la forza o non sembra interessata a spuntare tassi adeguati (6 per cento contro il 5,3 del dato nazionale.

 

 

 

 

 

 

TAB. 13 *

TASSI A BREVE ATTIVI (PER LE BANCHE)

SU FINANZIAMENTI PER CASSA - PER ATTIVITA' ECONOMICA

(Fonte Bankitalia-Bollettino Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)

 

 

                                    LAZIO                ITALIA

----------------------|------------------|--------------------|

         PUBBLICA AMM.NE            6,01  %              5,30  %

----------------------|------------------|--------------------|

         SOCIETA' FINANZIARIE       4,60  %              4,61  %

----------------------|------------------|--------------------|

         INDUSTRIA                  5,46  %              5,13  %

----------------------|------------------|--------------------|

         EDILIZIA                   7,37  %              7,08  %   

----------------------|------------------|--------------------|

         SERVIZI                    6,72  %              5,99  %

----------------------|------------------|--------------------|

         FAMIGLIE PRODUTTRICI       9,62  %              8,16  %

----------------------|------------------|--------------------|

         FAMIGLIE CONSUMATRICI      8,50  %              6,79  %

----------------------|------------------|--------------------|

 

 

La tabella 14 conferma quanto evidenziato in precedenza: gli operatori del Lazio sono gravati da tassi superiori (da 1 a 2 punti percentuali) rispetto ai "concorrenti" di altre regioni.

 

 

TAB. 14 *

TASSI A BREVE ATTIVI (PER LE BANCHE)

SU FINANZIAMENTI PER CASSA - PER CLASSI DI GRANDEZZA

(Fonte Bankitalia-Bollettino Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)

 

 

                                    LAZIO                ITALIA

----------------------|------------------|--------------------|

         FINO A 250 MLN             12,44  %             10,48  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 250 MLN A 500 MLN       10,85  %              8,99  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 500 MLN A 1 MLD          9,70  %              7,78  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 1 MLD A 2 MLD            8,81  %              6,86  %  

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 2 MLD A 5 MLD            7,93  %              6,03  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 5 MLD A 10 MLD           6,79  %              5,38  %

----------------------|------------------|--------------------|

         OLTRE 10 MLD                5,76  %              4,89  %

----------------------|------------------|--------------------|

 

 

Nella tabella 15 riportiamo i tassi di remunerazione dei depositi (passivi per la banca).

Il Lazio recupera su tutte le voci di attività economica tranne che per i depositi della Pubblica amministrazione, il cui tasso coincide con quello nazionale (2,55 per cento).

 

 

TAB. 15 *

TASSI NOMINALI PASSIVI (PER LE BANCHE)

SUI DEPOSITI - PER ATTIVITA' ECONOMICA

(Fonte Bankitalia-Bollettino Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)

 

 

                                    LAZIO                ITALIA

----------------------|------------------|--------------------|

         PUBBLICA AMM.NE            2,55  %              2,55  %

----------------------|------------------|--------------------|

         SOCIETA' FINANZIARIE       3,08  %              2,53  %

----------------------|------------------|--------------------|

         INDUSTRIA                  1,72  %              1,63  %

----------------------|------------------|--------------------|

         EDILIZIA                   1,50  %              1,36  %   

----------------------|------------------|--------------------|

         SERVIZI                    1,80  %              1,64  %

----------------------|------------------|--------------------|

         FAMIGLIE PRODUTTRICI       1,46  %              1,32  %

----------------------|------------------|--------------------|

         FAMIGLIE CONSUMATRICI      1,61  %              1,69  %

----------------------|------------------|--------------------|

 

 

La successiva tabella 16 evidenzia il recupero, in termini di remunerazione del conto, dei correntisti laziali su quelli nazionali. Notevole il dato relativo ai depositi superiori al miliardo: i depositanti laziali spuntano una remunerazione del 2,60 per cento, contro il 2,25 nazionale.

 

 

TAB. 16 *

TASSI NOMINALI PASSIVI (PER LE BANCHE)

SUI DEPOSITI IN CONTO CORRENTE - PER CLASSI DI GRANDEZZA

(Fonte Bankitalia-Bollettino Stat. 1/2000 - Dati 12.1999)

 

 

                                    LAZIO                ITALIA

----------------------|------------------|--------------------|

         FINO A 50 MLN              0,96  %              0,86  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 50 MLN A 100 MLN        1,10  %              0,98  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 100 MLN A 250 MLN       1,25  %              1,12  %

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 250 A 500 MLN           1,37  %              1,27  %  

----------------------|------------------|--------------------|

         DA 500 MLN  A 1 MLD        1,46  %              1,42  %

----------------------|------------------|--------------------|

         OLTRE 1 MLD                2,60  %              2,25  %

----------------------|------------------|--------------------|


 

 

 

IMPIEGHI E DEPOSITI BANCARI REGIONALI

(Fonte Bankitalia - Bollettino Statistico 1/2000 - dati al 12.1999)

 

 

Le tabelle relative ad Impieghi e Depositi (Tabb. 13 e 14) evidenzia­no  la posizione della provincia di Roma con l'aggregazione di oltre  il 93 per cento della voce "impieghi" (era dell' 82 per cento nel '98) e di oltre l' 88 per cento dei depositi (era dell' 86 per cento).

Evidenziano altresì il calo  percentuale degli impieghi regionali su quelli nazionali (16,12 per cento contro il 17,35 del 1998). Ciò dimostra che il Lazio ancora non riesce ad approfittare della ripresa in via di realizzazione. Leggermente in crescita il peso dei depositi (11,86 per cento contro l'11,15 del 1998).

Le successive specifiche tabelle (  15 e 16) per settore di  at­tività  economica permettono di rilevare la evidente maggiore  incidenza della Pubblica  amministrazione su Impieghi e Depositi della regione  rispetto al dato nazionale.

Diminuisce rispetto al 1998 il peso degli "impieghi" (63,28 per cento, contro il 66,88 del 1998) della Pubblica Amministrazione, ma aumenta il corrispondente valore dei "depositi" ( 45,9 per cento, contro il 42,48 del 1998).

Continua  la posizione di "disinteresse" mostrato dalle banche  operanti nella Capitale nei confronti dei problemi del territo­rio, della scarsa attenzione e di un ancora minore supporto  verso  gli operatori economici e produttivi della zona di influenza, tessuto pro­duttivo e della piccola utenza, essendo più redditizio e meno impegnati­vo dedicare attenzione e cura ai grandi enti statali e parastatali, per altro in via di ridimensionamento (privatizzazioni, eliminazioni ecc.).

 

TAB. 17 *

I M P I E G H I     B A N C A R I

 in miliardi di lire

(Fonte Bankitalia Boll. Statistico 1-2000  -dati dicembre 1999)

PER LOCALIZZAZIONE DEGLI SPORTELLI (provincia)

 

                       | %  su |  % su |

          |   TOTALE   | LAZIO |ITALIA |

----------|------------|-------|-------|

FROSINONE |      4.689 |  1,85 |  0,30 |

----------|------------|-------|-------|

LATINA    |      6.383 |  2,51 |  0,40 |

----------|------------|-------|-------|

RIETI     |      1.171 |  0,46 |  0,07 |

----------|------------|-------|-------|

ROMA      |    237.404 | 93,64 | 15,13 |

----------|------------|-------|-------|

VITERBO   |      3.873 |  1,53 |  0,25 |

----------|------------|-------|-------|

LAZIO     |    253.520 | ///// | 16,12 |

----------|------------|-------|-------|

ITALIA     |  1.572.495                 |

 


 

TAB. 18 *

D E P O S I T I   B A N C A R I

(in miliardi di lire)

(Fonte Bankitalia Boll.no statistico 1-2000 - dati dicembre 1999)

PER LOCALIZZAZIONE DEGLI SPORTELLI (provincia)

          |            | %  su |  % su |

          |    TOTALE  | LAZIO |ITALIA |

----------|------------|-------|-------|

FROSINONE |      4.374 |  3,67 |  0,43 |

----------|------------|-------|-------|

LATINA    |      5.001 |  4,20 |  0,50 |

----------|------------|-------|-------|

RIETI     |      1.452 |  1,22 |  0,14 |

----------|------------|-------|-------|

ROMA      |    104.833 | 88,07 | 10,45 |

----------|------------|-------|-------|

VITERBO   |      3.370 |  2,83 |  0,34 |

----------|------------|-------|-------|

LAZIO     |    119.030 | ///// | 11,86 |

----------|------------|-------|-------|

ITALIA       1.003.228                 |

----------------------------------------

 

 

Nelle  due tabelle che seguono, riportiamo impieghi e depositi  di­saggregati  per settori di attività economica. La  "pubblica amministrazione" conferma  i due terzi del totale  degli  im­pieghi nazionali di settore (anche se in calo), ed  il 40 per cento dei depositi. La somma delle relative colonne non coincide con il TOTALE riportato perché questo è comprensivo di "Dati non ripartibili".

 

TAB. 19 *

IMPIEGHI

PER SETTORI DI ATTIVITA' ECONOMICA

(Fonte Bankitalia - Boll.no statistico 1-2000)

(Dati al 12.1999 - in miliardi di lire)

 

SETTORE ECONOM. |            |             | % LAZIO SU |

                |    LAZIO   |    ITALIA   |   ITALIA   |

================|============|=============|============|

AMMINISTRAZIONI |            |             |            |

PUBBLICHE       |     75.749 |     119.695 |    63.28   |

----------------|------------|-------------|------------|

IMPRESE e IST.NI|            |             |            |

SOCIALI PRIVATE |    123.210 |   1.026.135 |    12,01   |

----------------|------------|-------------|------------|

FAMIGLIE        |            |             |            |

PRODUTTRICI     |      6.675 |     112.248 |     5,94   |

----------------|------------|-------------|------------|

FAMIGLIE        |            |             |            |

CONSUMATRICI+ALTRI    38.963 |     314.406 |    12.39   |
================|============|=============|============|

                |            |             |            |

TOTALE          |    244.596 |   1.572.495 |    15,55   |

----------------|------------|-------------|------------|

 

 

TAB. 20 *

DEPOSITI

PER SETTORI DI ATTIVITA' ECONOMICA

(per localizzazione degli sportelli)

(DATI al 12.1999- in miliardi di lire)

 

SETTORE ECONOM. |            |             | % LAZIO SU |

                |    LAZIO   |    ITALIA   |   ITALIA   |

================|============|=============|============|

AMMINISTRAZIONI |            |             |            |

PUBBLICHE       |     16.586 |      36.130 |    45,9    |

----------------|------------|-------------|------------|

IMPRESE e IST.NI|            |             |            |

SOCIALI PRIVATE |     32.720 |     234.919 |    13,93   |

----------------|------------|-------------|------------|

FAMIGLIE        |            |             |            |

PRODUTTRICI     |      3.790 |      53.170 |     7,13   |

----------------|------------|-------------|------------|

FAMIGLIE        |            |             |            |

CONSUMATRICI+ALTRI    70.806 |     678.947 |    10,43   |

================|============|=============|============|

                |            |             |            |

TOTALE          |    123.914 |    1.003.228|    12,35   |

----------------|------------|-------------|------------|

 

 

Le  due tabelle che seguono, forniscono i dati (dicembre  1999) relativi ai  fi­nanziamenti non di breve termine.

 

 

Per il Lazio, essi ammontano ad  oltre 134mila  miliardi di lire, di cui circa 130 "non agevolati" e  4 mila "agevolati". Va notato il calo generale dei finanziamenti "agevolati" (meno 4 mila miliardi circa a livello nazionale, e meno 758 per il Lazio). Il dato regionale risulta pari  al 5,95 per cento (in calo rispetto al 1998: 6,6 )  dei finanziamenti "agevolati" nazionali, che superano i 74 mila  miliardi  di lire.  

Il dato nazionale dei finanziamenti "agevolati" è pari  al 10 per cento (in calo rispetto al  13,7 del 1998) del totale finanziamenti, che ammontano a 741.810 miliardi.

La  regione Lazio acquisisce quindi agevolazioni ben al di  sotto  della media nazionale (circa il 6  per cento, contro il 10).

Fa riflettere, ancor di più  il dato regionale relativo ai finanziamenti agevolati per l'acquisto di immobili, pari all' 1,45 per cento del valore nazionale, addirittura in calo rispetto all' 1,92 del 1998.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TAB. 21 *

FINANZIAMENTI  N O N   A G E V O L A T I -

OLTRE IL BREVE TERMINE - PER DESTINAZIONE

(Fonte Bankitalia - Dati dicembre 1999 - in miliardi di lire)

 

               |    LAZIO      |      ITALIA      |   PERCENTUALE   |

               |               |                  |   LAZIO/ITALIA  |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

COSTRUZIONI    |      26.356   |        127.745   |      20,63 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

ATTREZZATURE   |      25.392   |        123.261   |      20,60 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

ACQ. IMMOBILI  |      20.751   |        167.886   |      12,36 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

ALTRE DESTINAZ.|      57.037   |        248.801   |      22,92 %    |             

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

TOTALE         |     129.536   |        667.693   |      19,40 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

 

 

 

 

 

TAB. 22 *

FINANZIAMENTI   A G E V O L A T I

OLTRE IL BREVE TERMINE - PER DESTINAZIONE

(Fonte Bankitalia - Dati dicembre 1999- in miliardi di lire)

 

 

               |    LAZIO      |      ITALIA      |   PERCENTUALE   |

               |               |                  |   LAZIO/ITALIA  |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

COSTRUZIONI    |       1.388   |         22.133   |       6,27 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

ATTREZZATURE   |       2.292   |         32.926   |       6,96 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

ACQ. IMMOBILI  |          83   |          5.722   |       1,45 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

ALTRE DESTINAZ.|         647   |         13.336   |       4,85 %    |             

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

TOTALE         |       4.410   |         74.117   |       5,95 %    |

---------------|---------------|------------------|-----------------|  

 

 

 

 

 

 

 

 


I DATI DELLA CENTRALE RISCHI

 

(Fonte Bankitalia: Bollettini statistici - Dati  dicembre 1999)

 

 

Affidamenti, sofferenze bancarie, concentrazione del rischio.

La  tabella  che segue riporta la situazione disaggregata del  Lazio  in termini  di affidamenti.

Si può notare come la regione continui a cedere rispetto  al dato  nazionale per gli affidamenti tra i 500 milioni ed i 50  miliardi, fascia tipica di utilizzo del settore industriale, mentre recupera al di sotto ed al di sopra di quei limiti.

 

TAB. 23 *

CENTRALE DEI RISCHI

DISTRIBUZIONE PER CLASSI DI GRANDEZZA

DELLE POSIZIONI GLOBALI DI RISCHIO PER CASSA

(Numeri in unità - Consistenze in miliardi di lire - Dati 12.1999)

 

              |       NUMERO  DI      |    FIDI ACCORDATI     |   FIDI UTILIZZATI

              |        AFFIDATI       |      consistenze      |     consistenze

              |-----------------------|-----------------------|-----------------------

 CLASSI DI    |       |       |% LAZIO|       |       |% LAZIO|       |       |% LAZIO

AFFIDAMENTO   | LAZIO | ITALIA|SU ITAL| LAZIO | ITALIA|SU ITAL| LAZIO | ITALIA|SU ITAL

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------  

DA 150 MIL.   |                       |                       |                       

A  250 MIL.   | 34.287|387.952|  8,80 |  6.328| 71.822|  8,81 |  5.652| 60.017|  9,41

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

DA 250 MIL.   |                       |                       |                      

A  500 MIL.   | 15.735|214.309|  7,34 |  5.274| 72.945|  7,23 |  4.299| 55.652|  7,72

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

DA 500 MIL.   |                       |                       |                        

A  999 MIL.   |  7.742|127.193|  6,08 |  5.271| 87.707|  6,01 |  4.029| 61.666|  6,53

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

DA 1   MLD    |                       |                       |                       

A  5   MLD    |  7.638|130.849|  5,83 | 15.701|269.924|  5,82 | 12.121|182.534|  6,64

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

DA 5   MLD    |                       |                       |

A  9,9 MLD    |  1.176| 18.674|  6,30 |  8.094|128.632|  6,29 |  6.269| 83.904|  7,47

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

DA 10  MLD    |                       |                       |

A  50  MLD    |  1.081| 114.583  7,41 | 20.399|289.702|  7,05 | 15.620|177.579|  8,80

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

DA 50  MLD    |                       |                       | 

E OLTRE       |    319|  3.082| 10.35 |178.997|851.622| 21,01 |136.255|552.768| 24,65

--------------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------|-------

 

SOFFERENZE

I dati al dicembre 1999 della Banca d'Italia  indicano in 114.292 miliardi di lire le sofferenze "rettificate" del sistema bancario. Di questi, 98.686 miliardi sono appannaggio delle banche  a breve termine, mentre 15.556 ad istituti a medio-lungo termine. 27.935 miliardi sono assistiti da garanzie reali.

Non siamo riusciti a reperire dati disaggregati sulla consistenza delle sofferenze laziali.

Il Bollettino statistico della Banca d'Italia riporta, per regione, grandezze relative ai flussi:

in Italia,  nell'ultimo trimestre 1999, si sono avuti 3.998 miliardi di nuove sofferenze, mentre sono ne cessate per 5.365. Nel Lazio i dati si attestano su 1.255 miliardi di nuove, e su 2.645 miliardi di cessate. Nello stesso periodo, sono 4.415 i nuovi clienti in sofferenza; 12.666 hanno invece cessato di esserlo.

CONCENTRAZIONE DEL RISCHIO

Anche per il 1999, la tabella successiva mette in evidenza un aspetto peculiare delle  banche operanti nella nostra regione per quanto riguarda la concentrazione  degli affidamenti sui primi 20 o 50 clienti.

Il confronto con il dato naziona­le  è illuminante: i grandi enti statali e parastatali, primari clienti delle  banche operanti nella capitale, accentrano oltre la metà  del monte fidi accordato ed utilizzato. Gli stessi dati, per l'Italia,  non superano il 18 per cento.

Scrivevamo nello "Studio sul sistema bancario nel Lazio" di due anno fa: "Questo dato fornisce ulteriori elementi probanti al giudizio che da  più parti viene  espresso circa la scarsa attenzione del  sistema  bancario particolarmente  nel Lazio) nei confronti del tessuto economico e  pro­duttivo della "zona di influenza": Quando i primi 50 affidati della  re­gione Lazio accentrano quasi il 60 per cento delle somme accordate in  affida­mento, perché spendere energie (in studi, supporti finanziari, consulen­ze, cure) per gli oltre 75.000 affidati rimanenti?"

 

TAB. 24 *

 CONCENTRAZIONE DEI FINANZIAMENTI CASSA

CLASSIFICATI SECONDO IL RISCHIO GLOBALE

(Localizzazione dell'affidato- Miliardi di lire)

(Fonte Bankitalia- Dati: Dicembre 1999)

 

           |         MONTE-FIDI ACCORDATO        | |         MONTE-FIDI UTILIZZATO       |

-----------|-----------------||------------------| |-----------------||------------------|

           | REGIONE | % SU  ||          | %  SU | | REGIONE | % SU  ||          | % SU  |    

           |  LAZIO  |TOTALE || ITALIA(*)| TOTALE| |  LAZIO  | TOTALE|| ITALIA(*)| TOTALE|   

-----------|---------|-------||----------|-------| |---------|-------||----------|-------|

PRIMI 20   |         |       ||          |       | |         |       ||          |       |

AFFIDATI   | 120.618 | 50,10 ||  203.603 | 11,43 | |  96.548 | 51,50 ||  157.244 | 13,20 |

-----------|---------|-------||----------|-------| |---------|-------||----------|-------|

PRIMI 50   |         |       ||          |       | |         |       ||          |       |

AFFIDATI   | 142.271 | 59,11 ||  288.839 | 16,21 | | 109.581 | 58,40 ||  218.969 | 18,38 |

-----------|---------|-------||----------|-------| |---------|-------||----------|-------|

TOTALE     |         |       ||          |       | |         |       ||          |       |

AFFIDATI   | 240.798 |  ///  ||1.780.917 |  ///  | | 187.553 |  ///  ||1.191.459 |  ///  |

-----------|---------|-------||----------|-------| |---------|-------||----------|-------|

 

(*) Comprende anche i rischi segnalati dalle filiali estere di enti creditizi italiani.

 

 

La tabella che segue mette  in  evidenza come decadano velocemente i rapporti di fido con più banche: i monoaffi­dati  laziali  sono l' 8,45 per cento rispetto al  totale nazionale, mentre coloro che sono affidati con più di quattro banche si  collocano al di sotto del 4.

Il pluriaffidamento è infatti tipico del tessuto industriale, non pesantissimo nella regione.

 

TAB. 25 *

PLURIAFFIDAMENTO - NUMERO DI AFFIDATI

(Fonte Bankitalia - Dati  Dicembre 1999)

                   

                |    LAZIO  |    ITALIA   | LAZIO SU ITALIA |                 

----------------|-----------|-------------|-----------------|

MONOAFFIDATI    |   67.251  |   795.425   |      8,45 %     |                

----------------|-----------|-------------|-----------------|

2 AFFIDAMENTI   |    8.728  |   134.804   |      6,47 %     |

----------------|-----------|-------------|-----------------|

3/4  AFFID.     |    4.392  |    84.599   |      5,19 %     |

----------------|-----------|-------------|-----------------|

OLTRE 4 AFFID.  |    1.950  |    50.241   |      3,88 %     |

----------------|-----------|-------------|-----------------|

TOTALE AFFIDATI |   82.321  | 1.065.069   |      7,73 %     |

 

 

 

IL SISTEMA BANCARIO NEL LAZIO

 

P A R T E     T E R Z A

 

IMPIEGHI E DEPOSITI DELLE PROVINCIE

E DEI PRINCIPALI COMUNI 


 

 

PROVINCIA DI  F R O S I N O N E

 

 

TAB. 26 *

PROVINCIA DI FROSINONE

DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI

(Fonte Bankitalia - Bollettino statistico 1/2000 Dati 12.1999)

 (In miliardi di lire)

 

          |          IMPIEGHI            |  |           DEPOSITI           |

 COMUNE   |            | %  su   |  % su |  |            |   %  su | %  su |

          |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |  |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

FROSINONE |      2.141 |  45,6   |  0,84 |  |      1.127 |   25,76 |  0,95 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ALATRI    |        148 |   3,15  |  0,06 |  |        153 |    3,50 |  0,13 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ANAGNI    |        280 |   5,97  |  0,11 |  |        240 |    5,48 |  0,20 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ATINA     |         28 |   0,60  |  0,01 |  |        120 |    2,74 |  0,10 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

CASSINO   |        673 |  14,35  |  0,27 |  |        500 |   11,43 |  0,42 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

FIUGGI    |        (*) |         |       |  |        (*) |         |       |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

PONTECORVO|         68 |   1,45  |  0,03 |  |        131 |    2,99 |  0,11 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

SORA      |        374 |   7,98  |  0,16 |  |        383 |    8,76 |  0,32 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

                                  

PROVINCIA |      4.689 |  ////   |  1,85 |  |      4.374 |   ///// |  3,67 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

LAZIO     |    253.520 |  ////   |  //// |  |    119.030 |   ///// |  //// |

---------------------------------------------------------------------------|

 

(*) Per il comune di Fiuggi, fino al Dicembre 1995 i dati sono stati coperti da vinco­lo  di riservatezza.

Dal Bollettino Statistico 1/1999 la  voce relativa al comune di Fiuggi non esiste più.

 


 

 

 

PROVINCIA DI  L A T I N A

 

 

 

 

 

 

TAB. 27 *

DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI

(Fonte Bankitalia -Bollettino Stat.1/2000 Dati Dicembre 1999)

(in miliardi di lire)

 

          |          IMPIEGHI            |  |           DEPOSITI           |

 COMUNE   |            | %  su   |  % su |  |            |   %  su | %  su |

          |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |  |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

LATINA    |      3.263 |  51,12  |  1,28 |  |      1.501 |   30,01 |  1,26 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

APRILIA   |        679 |  10,63  |  0,27 |  |        594 |   11,88 |  0,50 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

CISTERNA  |        339 |   5,31  |  0,13 |  |        253 |    5,06 |  0,21 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

FORMIA    |        337 |   5,28  |  0,13 |  |        402 |    8,04 |  0,34 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

GAETA     |        172 |   2,70  |  0,06 |  |        224 |    4,48 |  0,19 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

TERRACINA |        477 |   7,47  |  0,19 |  |        393 |    7,86 |  0,33 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

 

PROVINCIA |      6.383 |  ////   |  2,51 |  |      5.001 |   ///// |  4,20 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

LAZIO     |    253.520 |  ////   |  //// |  |    119.030 |   ///// |  //// |

---------------------------------------------------------------------------|

 

 

 

 

 

 


 

 

 

PROVINCIA DI  R I E T I

 

 


 TAB. 28 *

DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI

(Fonte Bankitalia -Bollettino Stat. 1/2000 - Dati dicembre 1999)

(in miliardi di lire)

 

           |          IMPIEGHI            |  |           DEPOSITI           |

 COMUNE    |            | %  su   |  % su |  |            |   %  su | %  su |

           |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |  |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |

-----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

RIETI      |        825 |  70,45  |  0,33 |  |        734 |   50,55 |  0,61 |

-----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

CITTADUCALE|         30 |   2,56  |  0,01 |  |         72 |    4,96 |  0,06 |

-----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

P.MIRTETO  |         77 |   6,58  |  0,03 |  |        106 |    7,30 |  0,09 |

-----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

 

PROVINCIA  |      1.171 |  ////   |  0,46 |  |      1.452 |   ///// |  1,22 |

-----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

LAZIO      |    253.520 |  ////   |  //// |  |    119.030 |   ///// |  //// |

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PROVINCIA  DI   R O M A

 

 

TAB. 29 *

DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI

 (Fonte Bankitalia -Bollettino Stat. 1/2000 Dati dicembre 1999)

(in miliardi di lire)

 

          |          IMPIEGHI            |  |           DEPOSITI           |

 COMUNE   |            | %  su   |  % su |  |            |   %  su | %  su |

          |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |  |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ROMA      |    226.526 |  95,41  | 89,35 |  |     94.223 |   89,88 | 79,16 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ALBANO L. |      1.144 |   0,48  |  0,45 |  |        421 |    0,40 |  0,35 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ANZIO     |        302 |   0,13  |  0,12 |  |        303 |    0,29 |  0,25 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ARICCIA   |        237 |   0,10  |  0,09 |  |        163 |    0,16 |  0,14 |       

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

CERVETERI |        137 |   0,05  |  0,04 |  |        182 |    0,17 |  0,15 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

CIAMPINO  |        338 |   0,14  |  0,13 |  |        444 |    0,42 |  0,37 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

C.VECCHIA |        843 |   0,36  |  0,33 |  |        568 |    0,54 |  0,48 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

FIUMICIN0 |        354 |   0,15  |  0,14 |  |        469 |    0,45 |  0,39 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

FRASCATI  |        695 |   0,29  |  0,27 |  |        451 |    0,43 |  0,38 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

GENZANO   |        220 |   0,09  |  0,08 |  |        283 |    0,27 |  0,24 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

GUIDONIA M|        564 |   0,24  |  0,22 |  |        575 |    0,55 |  0,48 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

LADISPOLI |        284 |   0,12  |  0,11 |  |        186 |    0,18 |  0,16 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

MARINO    |        273 |   0,11  |  0,10 |  |        411 |    0,39 |  0,35 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------| M.ROTONDO |        310 |   0,13  |  0,12 |  |        302 |    0,29 |  0,25 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

NETTUNO   |        238 |   0,10  |  0,09 |  |        376 |    0,36 |  0,32 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

POMEZIA   |      1.241 |   0,52  |  0,49 |  |        790 |    0,75 |  0,66 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

TIVOLI    |        439 |   0,18  |  0,17 |  |        491 |    0,47 |  0,41 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

VELLETRI  |        597 |   0,25  |  0,24 |  |        568 |    0,54 |  0,48 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

 

PROVINCIA |    237.404 |  ////   | 93,64 |  |    104.833 |   ///// | 88,07 |

----------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

 

LAZIO     |    253.529 |  ////   |  //// |  |    119.030 |   ///// |  //// |

 

 

 

 

 

 


 

 

 

PROVINCIA  DI   V I T E R B O

 

 

TAB. 30 *

DEPOSITI E IMPIEGHI DEI PRINCIPALI COMUNI

(Fonte Bankitalia - Bollettino Stat. 1/2000 - Dati dicembre 1999)

(in miliardi di lire)

 

            |          IMPIEGHI            |  |           DEPOSITI           |

 COMUNE     |            | %  su   |  % su |  |            |   %  su | %  su |

            |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |  |    TOTALE  |PROVINCIA| LAZIO |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

VITERBO     |      1.764 |  45,55  |  0,70 |  |       1.013|   30,05 |  0,85 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

ACQUAPENDENTE        134 |   3,46  |  0,05 |  |        102 |    3,03 |  0,09 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

C.CASTELLANA|        311 |   8,03  |  0,12 |  |        202 |    6,00 |  0,17 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

MONTALTO d.C|         78 |   2,03  |  0,03 |  |         68 |    2,02 |  0,06 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

M.FIASCONE  |        148 |   3,82  |  0,06 |  |        164 |    4,87 |  0,14 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

TARQUINIA   |        252 |   6,51  |  0,10 |  |        192 |    5,70 |  0,16 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

TUSCANIA    |         90 |   2,32  |  0,04 |  |         71 |    2,11 |  0,06 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

VETRALLA    |        103 |   2,66  |  0,04 |  |        108 |    3,20 |  0,09 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

 

PROVINCIA   |      3.873 |  ////   |  1,53 |  |      3.370 |   ///// |  2,83 |

------------|------------|---------|-------|  |------------|---------|-------|

LAZIO       |    253.520 |  ////   |  //// |  |    119.030 |   ///// |  //// |

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Il PuntO 6 Mutui fondiari

Di Mauro Novelli (1998)



A. CARATTERISTICHE
Con il mutuo fondiario una banca concede al cliente un prestito per l’acquisto di un immobile sul quale accendera’ una ipoteca a garanzia del rimborso di quanto dovuto secondo il contratto di mutuo sottoscritto.
I tassi di interesse che le banche richiedono per finanziare l?acquisto di una casa tramite l’accensione di un mutuo sono attualmente, in media, del 5,75 / 7 per cento sia per tassi variabili che fissi.
La durata di un mutuo varia, in Italia, dai 5 ai 20 anni, con una media di 11 anni.Nei paesi del nord Europa la media si aggira attorno ai 25 anni). Una curiosità: in Giappone la vita media di un mutuo è di circa 35 anni; esistono mutui di 75 anni.

(B) SPESE DA AFFRONTARE
Oltre al tasso di interesse l’acquirente deve affrontare altre spese:
1) Spese di istruttoria ( cioè per dare inizio alla pratica) oggi in media tra le 400.000 e le 600.000 lire;
2) Spese di perizia effettuata dalla banca per valutare il valore, costo attorno alle 400.000 lire; 3) Pagamento del notaio, in media del 2 / 2,5 per cento del valore del mutuo;
4) Imposta sostitutiva dello 0,25 per cento del valore dichiarato dell’immobile;
5) Imposte a carico dell?acquirente (IVA ecc.).
Si ricordi che, se si tratta dell?acquisto della prima casa, una parte degli interessi pagati possono essere detratti dal reddito imponibile e pagare meno IRPEF. Il futuro proprietario dovra’ pagare al comune di appartenenza l’Imposta Comunale sugli Immobili ( ICI ).
(C) SI DEVE SAPERE CHE......
Prima di sottoscrivere il "compromesso" con il venditore, l’acquirente deve sapere:
- che per ottenere il finanziamento possono passare anche due mesi (salvo imprevisti), perciò non è opportuno indicare tempi troppo stretti per il saldo della quota da pagare al venditore tramite l’accensione del mutuo;
- che chi ha in corso di rimborso precedenti protesti difficilmente verrà finanziato
- che alcune banche respingono la domanda di mutuo se l’immobile interessato:
a) è pervenuto al proprietario attuale o ai precedenti (fino a 20 anni prima) tramite "donazione" perchè potrebbero sempre sorgere problemi di impugnazione della donazione stessa.
b) ha subito ristrutturazioni per le quali la domanda di condono edilizio (per interventi in variazione del progetto costruttivo iniziale) non ha ancora una risposta affermativa dal Comune.
(D) DECISIONI DA PRENDERE. IL TIPO DI TASSO:FISSO O VARIABILE?
Occorre decidere l?importo da richiedere, sapendo (ad esempio in Italia) che :

a) il finanziamento di norma non va oltre il 75/85 per cento del valore stimato da un perito della banca ( può superarlo per l’acquisto della prima casa).
b) le banche, in genere, non concedono mutui se l?importo annuo delle rate è superiore al 30 per cento del reddito annuo netto del richiedente.
c) occorre decidere il tipo di tasso, considerando che non esiste una valutazione "a priori" che ci permetta di decidere se è più conveniente il fisso o quello variabile.
Si tenga comunque presente che optando per un tasso fisso si avrà un vantaggio qualora il mercato sospinga i saggi di interesse oltre il limite fissato dal nostro mutuo, mentre si pagherà di più della media qualora i suddetti saggi discendano sotto quel livello. Tutto ciò non accade con un tasso indicizzato: in nessun caso ci si troverà "fuori mercato" (né in positivo, né in negativo). Dal punto di vista psicologico invece, con il tasso fisso si conosce a priori l?entità anche dell’ultima rata da pagare, mentre con quello variabile questa informazione non è concepibile ed inoltre occorre "ferrarsi" sul criterio di indicizzazione, cioè su i parametri che causano le variazioni, per poterne quanto meno comprenderne il meccanismo. L?introduzione dell’euro dovrebbe veder diminuire i tassi vigenti in Italia, fino al raggiungimento della media europea.
In caso di opzione per il tasso variabile, quale accortezze occorre usare ?
Anzitutto occorre cercare di comprendere gli elementi che concorrono alla indicizzazione del tasso (obbligatoriamente indicati nel contratto di mutuo) ed escludere tassativamente quegli istituti o enti finanziari che non indicano con precisione le variabili da prendere in considerazione. In alcuni casi, non molti e comunque da cancellare dall?elenco delle opzioni, vengono infatti indicati indefiniti criteri che verrebbero adottati in apposite sedute di appositi "comitati" che comunicheranno le variazioni di tasso; in altri, con vessazione vera e propria, il tasso viene definito come variabile, ma la banca impone un limite minimo sotto il quale il tasso non potrà mai scendere. E? bene ricordare che alcuni istituti di credito offrono mutui fondiari con particolari tipologie di ammortamento come, ad esempio, quelli a rate crescenti (indicati per le giovani coppie che, si presume, hanno una ridotta capacità di rimborso all?inizio della vita coniugale) con rate iniziali più basse e rate finali più alte. A questo proposito è opportuno informarsi.
Si sappia che:
a) con il tasso fisso l?entità della rata non varia per l?intero periodo di rimborso: l?ultima sarà uguale alla prima;
b) con il tasso variabile la rata muta seguendo, grosso modo, l?andamento delle variabili del mercato finanziario.
c) con l?introduzione dell?Euro, i tassi europei dovrebbero essere mediati. Siccome quelli italiani sono, in genere, più alti, essi dovrebbero tendere verso il basso.

(F) I DOCUMENTI DA PRESENTARE
La domanda di mutuo (il modulo e? fornito dalla banca) prevede la presentazione di una serie di documenti:
-"Compromesso" e copia del precedente atto di acquisto
-Dichiarazione dei redditi del richiedente
- Certificato di residenza
-Certificato di matrimonio con le annotazioni a margine
- Certificati catastali tipici
- Certificato di abitabilità
- Certificato "Storico ventennale" per verificare la presenza di passaggi di proprietà per "donazione".
(G) ACCORTEZZE
Si consiglia:
-di richiedere il testo del contratto di mutuo, qualche giorno prima della stipula, per poterne prendere attentamente visione;
- di non sottoscrivere contratti che prevedano tassi liberi di crescere ma bloccati verso il basso ( non diminuiranno sotto un limite prefissato dalla banca);
- di non sottoscrivere mutui a tasso variabile se non è indicato in base a quali meccanismi questo varia: in loro assenza, la variazione è lasciata alla completa discrezione della banca;
- di interessarsi periodicamente in banca dell? andamento della pratica di mutuo, verificando che le caratteristiche siano quelle richieste ( tipo di tasso, durata, periodicità delle rate ecc.) per non avere spiacevoli sorprese all?atto della firma.
(H) L? ITER BUROCRATICO DELLA PRATICA
a) Acquirente e venditore formalizzano l?incontro delle due rispettive volontà sottoscrivendo un atto preliminare (compromesso) dove si individuano: l?immobile, il prezzo, le modalità di pagamento, l?importo versato come anticipo, le eventuali penalità a carico di chi recede.
b) L?acquirente inoltra alla banca la domanda di mutuo, definendo la somma richiesta, il tipo di finanziamento (se in lire o in valuta), il tipo di tasso di interesse (se fisso o variabile), la durata del piano di ammortamento (minimo 5 anni), la cadenza delle rate (mensili, trimestrali o semestrali) [ la valutazione delle varie tipologie verrà svolta a parte]. Al modulo di domanda verrà allegato il "compromesso" e, meglio anticipare la richiesta, tutta la documentazione da cui si possa definire la "capacità di rimborso " del futuro mutuatario (modello 740 con le relative quietanze di versamento ILOR/Irpef, cedolino dello stipendio ecc.) e i principali documenti catastali relativi all?immobile.
c) L?ente erogante inizia l?istruttoria della pratica: valuterà la congruità della somma richiesta con il reddito del mutuatario e con il valore dell?immobile, definito da suoi periti o con valutazioni "a tavolino", o tramite sopralluogo tecnico. Valuterà altresì la presenza di eventuali "elementi" potenzialmente ostativi: abusivismo, acquisizioni per "donazione", mancanza di abitabilità ecc.
Durante questa fase è opportuno definire con puntigliosità e pignoleria l?elenco dei documenti necessari per il buon fine del finanziamento: una delle cause di allungamento dei tempi di erogazione deriva proprio dallo "stillicidio" circa i documenti che, ad ogni visita o telefonata per conoscere lo stato della pratica, vengono immancabilmente domandati dall?ufficio che sta istruendo la pratica. Al limite, suggeriamo noi eventuali certificati che, pur se in un primo momento non vengono richiesti, potrebbero risultare indispensabili nel corso dell?istruttoria (abitabilità, eventuale domanda di condono, storico ventennale ecc.). Non si dimentichi che i termini temporali di erogazione indicati dalle banche decorrono dalla presentazione dell?ultimo documento richiesto, non dalla data della domanda.
d) Valutata positivamente la pratica ed esaurite le formalità necessarie, l?ente mutuante prima di procedere all?erogazione chiede, alla parte venditrice l?autorizzazione ad iscrivere ipoteca sull?immobile. Questa richiesta (del tutto non giustificata)causa spesso una forte perplessit& nel venditore, il quale si domanda perchè mai, sull?immobile ancora di sua proprietà e senza avere definitive certezze sul risultato finale della trattativa, dovrebbe permettere l?inserimento del pesante vincolo ipotecario. Ad esso puo opporsi. Va detto comunque che se la banca richiede quella autorizzazione al venditore vuol dire che la domanda di mutuo è praticamente accolta e l?accensione dell?ipoteca prima dell?atto di compravendita e? il tentativo di acquisire un eccesso di garanzia, derivando esclusivamente dalla necessità di far trascorrere alcuni giorni (undici) perchè il vincolo sia operativo. La decisione di finanziare l?acquirente egrave;, infatti, già stata presa e l?iscrizione del vincolo la renderà operativa.
e) A volte i due atti (di compravendita e di concessione del mutuo) sono contemporanei ed effettuati nella stessa seduta che vede presenti, oltre alle due parti direttamente & interessate, la banca e il notaio. Dopo la lettura e le sottoscrizioni d?obbligo, il funzionario, tramite il notaio, consegna l?assegno al venditore; in genere l?acquirente non è formalmente coinvolto nell?atto che conclude l?erogazione dell?importo mutuato, la somma cioè non è consegnata a lui.
La sottoscrizione da parte dell?acquirente dell?atto d?acquisto può risultare, al di là del passo che si sta per compiere, momento delicatissimo: può accadere, infatti, che ci si trovi di fronte a variazioni non contrattate nelle caratteristiche del mutuo stesso, ad esempio, circa la durata, il tasso, il tipo di ammortamento; o addirittura si possono scoprire" clausole non ben puntualizzate in precedenza.
Scoprire queste "novità" all?ultimo momento, cioè di;fronte;al notaio che legge in fretta, alla banca che non vuole ripensamenti, al venditore che vuole concludere ed incassare, vuol dire dover valutare, in situazione psicologica di difficoltà e in pochi secondi, le conseguenze delle variazioni scoperte e decidere se rinunciare all?acquisto o meno.
(I) QUANDO CONVIENE "ESTINGUERE IL VECCHIO E RIACCENDERNE UNO NUOVO?
La diminuzione dei tassi di interesse è costante e coinvolge anche i mutui fondiari, oggi offerti al 5,75 / 7 per cento. Abbiamo calcolato che, ai livelli attuali, "risulterebbe" conveniente estinguere e sostituire vecchi mutui a tasso fisso, purché il differenziale di tasso sia superiore ai 3,5 punti percentuali, la vita del mutuo non abbia superato la metà del periodo e la "penale" per la rescissione anticipata non superi il 3 per cento del capitale residuo.
Abbiamo usato il condizionale perché chi estingue un vecchio mutuo - per il quale, in termini di tassazione, defalca parte degli interessi dal reddito imponibile - e lo sostituisce con uno nuovo a tassi più bassi, non potrà ancora approfittare del vantaggio fiscale (la norma è inserita nell?ambito della "Finanziaria 1999" in attesa di Governo e di approvazione), a meno che il nuovo non sia stipulato con la stessa banca e per un importo pari al capitale residuo del vecchio (eventualmente maggiorato dalle rate impagate).
(L) DAL GENNAIO 1999, L?EURO.
La possibilità (se agevole e non resa artificialmente complessa) di accedere ai servizi degli istituti di credito di altri paesi europei, causerà una mediazione dei tassi oggi in vigore nelle singole nazioni.
E? evidente che l?introduzione dell?euro permetterà una comparazione immediata e senza problemi di valutazione circa il rischio di cambio, oggi necessariamente presenti nei calcoli dei cittadini europei.

 

 


 

 

Il PuntO 5. LA POLIZZA VITA RENDITA

Di Mauro Novelli – 1998


E? un prodotto assicurativo cosi? strutturato: la compagnia di assicurazione investe in un fondo apposito i premi pagati periodicamente (mese/anno) o in unica soluzione (premio unico), dai sottoscrittori di polizze "vita-rendita". Una percentuale del rendimento annuo di quel fondo viene riconosciuta alla posizione del cliente. Al termine del periodo contrattato in polizza (10/25 anni ed oltre), la compagnia riconosce all?assicurato o l?intero capitale nel frattempo maturato, o una rendita rivalutabile finche? esso e? in vita.
Il cliente può? scegliere tra polizze a premio fisso, definito per tutto il periodo, oppure a premio crescente. Inoltre le polizze pensionistiche possono prevedere anche il rimborso di un capitale, quale indennizzo per il beneficiario indicato dal cliente, in caso di morte dell?assicurato durante il periodo di pagamento dei premi. Sono le polizze cosiddette "miste".
E? evidente che, nel caso di polizze miste, il risultato finanziario finale sarà? inferiore a quello che avrebbe avuto una polizza che non avesse dovuto assicurare la ulteriore prestazione in caso di premorienza: questa copertura viene garantita tramite acquisizione di una parte del premio.
IL RISULTATO FINANZIARIO DI UNA POLIZZA VITA
Il risultato finanziario della polizza dipende da tre variabili, le prime due conosciute, la terza accuratamente tenuta nascosta da quasi tutte le compagnie di assicurazione.
Prima variabile: Rendimento del fondo per la compagnia. Viene reso noto alla clientela annualmente tramite comunicati e articoli di stampa.
Seconda variabile: Quota percentuale del rendimento (voce 1) retrocessa al cliente. Infatti gli interessi maturati non vengono integralmente girati sulla posizione dell?assicurato. La parte riconosciuta e? indicata in polizza e si aggira attorno al 75/90 per cento (nel caso di convenzioni con grandi enti arriva anche al 95 per cento). Il restante 10/25 per cento del rendimento viene trattenuto dalla compagnia.
La variabile nascosta: Non e? a tutti noto che il premio versato annualmente dall?assicurato non viene investito interamente, ma una parte e? trattenuta dalla compagnia per "spese". Questa quota, definita "caricamento", va da un 5 per cento ad oltre il 20 per cento del premio versato e viene, in genere, percepita subito, attraverso l?incameramento dei premi iniziali (o frazioni di essi) fino al raggiungimento dell?importo complessivo della voce.
Solo poche compagnie lo indicano spontaneamente. L?ISVAP (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni Private - Via V. Colonna n.39 - 00193 Roma) impone che, qualora il cliente lo richieda (e solo in questo caso), le compagnie forniscano il valore dei caricamenti.
Sarebbe opportuno, invece, che le autorità? di controllo imponessero alle compagnie assicuratrici di comunicare al cliente (sempre e comunque) la specifica minuziosa di come viene destinato il premio pagato:
- percentuale incamerata per "oneri di acquisizione"
- percentuale incamerata per "spese generali"
- percentuale destinata a coperture assicurative collaterali (ad esempio, il "caso morte" nelle polizze miste);
- percentuale destinata all?investimento finanziario.
Le polizze vita vendute in banca hanno "caricamenti" più? bassi di quelle vendute sul mercato assicurativo, per via dei minori costi di acquisizione.
ALTRE CARATTERISTICHE DELLA POLIZZA VITA
Accesso a prestiti.
L?assicurato in regola con il pagamento dei premi può? chiedere un prestito alla propria compagnia. L?entità? dipende dal capitale maturato fino a quel momento dal cliente (in genere e? pari al valore di riscatto della polizza - vedi oltre); il tasso e le modalità? di rimborso verranno indicate nell?atto di concessione del prestito.
Vantaggi fiscali.
Per chi ha sottoscritto una polizza pensionistica, e? possibile defalcare dal reddito imponibile, all?aliquota del 19 per cento, l?importo dei premi annui limitatamente ai primi 2,5 milioni di lire.
Le compagnie inviano un attestato di pagamento da allegare alla dichiarazione dei redditi.
Se si intende approfittare di questo vantaggio fiscale occorre sottoscrivere una clausola in base alla quale ci si impegna a non richiedere prestiti alla compagnia nei primi 5 anni di vita della polizza. Se, nonostante la sottoscrizione della clausola, il cliente ricorresse a finanziamenti, l?erario pretenderà? il ricalcolo delle imposte senza l?abbattimento del reddito imponibile, recupererà? cioè? le somme relativa al "vantaggio fiscale" del 19 per cento premi primi 2,5 milioni di premio.
Opzione capitale o rendita.
Il cliente deve decidere se richiedere l?intero capitale maturato o se optare per la rendita vitalizia.
Le due opzioni hanno un trattamento fiscale diverso:
a) Opzione "capitale": In questo caso, sulla differenza tra capitale finale maturato e totale dei premi versati si applica una aliquota del 12,5 per cento, se la polizza era di durata decennale. Detta aliquota diminuisce dello 0,25 per cento per ogni anno di durata oltre il decimo.
b) Opzione "rendita": In questo caso, il 60 per cento della rendita entra a far parte del reddito imponibile e quindi tassata cumulandosi con gli altri redditi dell?assicurato.
E? POSSIBILE CESSARE I PAGAMENTI?
Sottoscritto il contratto, e? obbligatorio pagare la prima annualità? di premio (anche se frazionato).
Se si cessano i pagamenti prima del saldo di due /tre annualità? (verificare caso per caso) la compagnia risolve il contratto e incamera i premi pagati (e? questa una della clausole chiaramente vessatorie).Se si sono pagate più? di due/tre annualità? e? possibile richiedere:
La "riduzione" del contratto.
Con la riduzione, si cessa il pagamento dei premi, la compagnia continua a gestire nel suo fondo, fino al termine della polizza, il capitale maturato dall?assicurato e lo destinerà? come da indicazioni del cliente.
Il "riscatto" del contratto.
Con il riscatto, il servizio si interrompe e la compagnia calcola il valore da rimborsare al cliente ("valore di riscatto". Se i caricamenti applicati sono alti, il calcolo del valore di riscatto e? particolarmente penalizzante: se non si e? prossimi almeno alla meta? del periodo di validità? della polizza, al cliente verrà riconosciuto un importo abbondantemente al di sotto della somma dei premi pagati.
ACCORTEZZE - CONSIGLI
SUI TASSI IPOTIZZATI
Gli agenti di assicurazione, utilizzando programmi software forniti dalle compagnie, prospettano piani pensionistici attribuendo valori "ipotetici" ai rendimenti del fondo per l?intero periodo di durata della polizza, Pertanto, i risultati finali in termini di capitale o di rendita vitalizia sono solo ipotizzati e assolutamente non assicurati al cliente.
Oggi l?ISVAP impone "proiezioni" di rendimenti del 4 e 5 per cento.
SUI PREMI RIVALUTABILI
La quasi totalità? degli assicuratori spinge perché? si opti per una polizza a premio rivalutabile, cioè? crescente anno per anno. La "pressione" viene motivata con l?argomentazione del tipo: "E? l?unico modo per garantirsi dall?inflazione e mantenere un valore sempre attuale al proprio risparmio".
Certamente, il milione di premio del primo anno, per effetto dell?inflazione avrà? un valore superiore alla stessa cifra pagata al ventesimo anno. Si sappia pero? che, optando per il premio rivalutabile, la ventesima annualità? risulterà? ben superiore alla prima. Occorre riflettere su questo impegno aggiuntivo.
SULLE POLIZZE MISTE
Per le polizze miste (che prevedono il pagamento di un capitale in caso di decesso dell?assicurato prima del termine di scadenza della polizza), occorre sapere che la compagnia non offre la copertura caso morte se il decesso avviene entro sei mesi dalla data di sottoscrizione della polizza (per evitare questo "periodo di carenza" occorre sottoporsi a visita medica, a pagamento).
Il cliente deve rispondere ad un questionario circa il suo stato di salute e circa pregressi ricorsi a cure mediche, analisi cliniche, ricoveri, ecc. Attenzione: molti assicuratori, più? incoscienti che superficiali, suggeriscono di rispondere "NO" a tutte le domande prospettate, "per evitare - si dice - che la compagnia richieda essa stessa una sempre noiosa e costosa visita medica in caso di evidenti problemi di salute dell?assicurando, prima di perfezionare il contratto". Se le dichiarazioni sono false, in caso di premorienza dell?assicurato risulterà? non difficile alla società? assicuratrice dimostrare, attraverso la cartella clinica, la falsità? delle risposte ed il blocco degli indennizzi.
In luogo delle polizze vita miste, suggeriamo, infine, di scindere le soluzioni, destinando un capitale per la sola rendita e, se ritenuta necessaria, accendendo a parte una polizza caso morte.
QUANTO DESTINARE ALLA PENSIONE INTEGRATIVA?
In conclusione, non e? pensabile ritenere di aver risolto il problema della pensione integrativa destinando alla soluzione uno o due milioni l?anno per dieci anni. Non saranno infatti sufficienti alcune centinaia di migliaia di lire annue di rendita per garantirci un futuro sereno. D?altra parte, più? si aumenta il premio oltre i 2,5 milioni e più? diminuisce il vantaggio della minore Irpef pagata. Inoltre, finche? non sarà? approvata la legge sulla trasparenza assicurativa, fatta presentare in Parlamento, l?incognita dei caricamenti non dichiarati creerà? incertezze, diffidenze e soprattutto concenti delusioni finali.
Per avere una pur vaga dimensione del fenomeno, possiamo affermare che, dal punto di vista finanziario:
- dai 5 milioni e oltre di premio, per polizze con caricamenti oltre il 9 per centro, risulta senz?altro più? conveniente il "fai da te".
- lo stesso giudizio vale se un premio di 2,5 milioni subisce un caricamento del 20 per cento.
In entrambi i casi i vantaggi fiscali non compensano le decurtazioni del premio investito ed incamerate (per spese) dalle compagnie.

Per i principali gruppi assicurativi operanti in Italia, riportiamo la percentuale relativa a "oneri di acquisizione, produzione e organizzazione" sul totale dei premi introitati per il ramo "vita".
Attenzione: Queste percentuali non corrispondono ai "caricamenti". Siccome il ramo "vita" è attivo (i guadagni superano i costi), è da presupporre che i caricamenti, che comunque sono definiti in funzione della politica aziendale, siano in genere superiori a detti costi.
Occorre sempre chiedere.

RAMO ASSICURATIVO VITA
(LAVORO DIRETTO ITALIA ED ESTERO)
(Fonte IL MONDO n.42 del 25.10.1997)
GRUPPO ONERI (% sui premi)
GR. MEDIOANUM 15,6%
GR. INA 13,5%
GR. GENERALI 12,2%
GR. FIDEURAM 11,4%
GR. ALLIANZ RAS 10,9%
GR. FONDIARIA 10,0%
GR. ZURIGO 9,8%
GR. REALE MUTUA 9,6%
GR. SAI 9,5%
GR. AXA-UAP 9,3%
GR. FIAT TORO 8,6%
GR. UNIPOL 8,1%
GR. CATTOLICA 7,6%
GR.WINTERTHUR 5,4%
GR. MONTEPASCHI 3,4%
MEDIA ITALIA 11,2%

 

 

 


 

 

Il PuntO 4 . PER INVESTIRE I NOSTRI RISPARMI E’ BENE SAPERE CHE………………..

 

Di Mauro Novelli  (1998)

 

Considerazioni minime.

Specie nei momenti di turbolenza dei mercati, il collocamento in titoli mobiliari del  pubblico risparmio riceve sollecitazioni  propagandistiche più adatte a promuovere la vendita di prodotti di largo  consumo che a chiarire ed informare correttamente sugli strumenti di investimento a disposizione.

     Le esigenze e gli obbiettivi del risparmiatore sono presi in considerazione solo per conoscere le consistenze precise del patrimonio  coinvolgibile, da gestire in sua vece:  l'immagine che da anni sta  passando è quella  in base alla quale i problemi  inerenti  all'investimento mobiliare dipendono esclusivamente dall'entità del capitale  che si  intende conferire. Anche riviste specializzate e che vantano gloriosi  blasoni  riportano, esaltandole, esclusive  valutazioni dei  seri  e professionali gestori di turno in base  alle  quali, oggi,   " 50 milioni si possono investire così...; se  i  milioni sono 100  allora occorre procedere così....; se  poi  i  milioni diventano   250  occorrerà  provvedere così....".   Il massimo dell'accomodamento  avviene modulando i livelli di rischio: "  se si vuole rischiare un po' di più si può aumentare la  percentuale di   azioni....;  se  non  si  vuole  rischiare molto   occorre escluderle....".  Per finire con le "confidenze":  "non  conviene a questi titoli...., mentre hanno buone  prospettive questi altri.., purché tenuti almeno qualche anno".

     Questo  puntare sugli aspetti quantitativi del problema  ha sempre fatto il gioco di chi mira  in via  prioritaria  ad  acquisire la gestione  del  patrimonio  del cliente, magari lasciando intuire vantaggi e rendimenti mirabolanti,  senza curarne troppo i veri interessi e senza aver chiari gli obbiettivi che il risparmiatore sperava di raggiungere con l'investimento.

     Oggi,  molti  strumenti  finanziari  vantano  altissimi   ed effettivi  livelli di rendimento raggiunti nell'ultimo anno.  Non tutti  fanno  presente che tali rendimenti  potrebbero non ripetersi.  In parallelo, si sottolinea che i titoli di Stato rendono ormai poco o nulla, guardandosi bene dal procedere ad analoghe valutazioni sui livelli di inflazione, nella speranza di fare il pieno di quanti abbandoneranno BOT; BTP; CCT.

Si consideri che per decidere come investire i nostri risparmi occorre prendere in considerazione, prima ancora dei servizi di investimento, una serie di parametri "personal" in grado di definire bene i propri obiettivi:

-  IL TEMPO: Occorre fare il punto sulle spese già programmate e di un certo impegno nel breve, medio e lungo periodo: se devo acquistare una casa fra un anno non posso certo azzardare investimenti sul mercato azionario o in fondi azionari. Quindi, più tempo ho a disposizione più posso "rischiare".

- LA FORMAZIONE DEL CAPITALE DA INVESTIRE: Chi ha ereditato 100 milioni ma è disoccupato dovrà investire in modo diverso da chi riceve la stessa eredità e guadagna 10 milioni al mese. Pertanto 30 anni di risparmi verranno collocati diversamente da una vincita al totocalcio.

- LA CAPACITA' DI RISPARMIO: Se le finanze permettono accantonamenti mensili, anche di ridotta entità, posso affrontare piani di accumulazione (in fondi) senza dover attendere che la somma risparmiata raggiunga certe dimensioni. Si ricordi, ad esempio, che il taglio minimo per investire in titoli di Stato è, oggi, di 5 milioni di lire; passerà a 1.000 Euro (circa 2 milioni) dal 1° gennaio 1999.

-  LA PRESENZA E LA QUALITA' DI PRECEDENTI INVESTIMENTI: La diversificazione dei propri investimenti è la chiave per affrontare con serenità e sicurezza anche i momenti di turbolenza dei mercati.

- LA  PERSONALE POSIZIONE PSICOLOGICA: Qualche lira in più (magari neanche certa)  a fine anno non merita insonnie, patemi d'animo, ansie  e preoccupazioni. Se invece siamo più propensi a rischiare, sosterremo meglio un limitato azzardo.

Solo dopo questa indagine, si può passare all'analisi dei servizi di investimento per scegliere i più congeniali al raggiungimento dei nostri obiettivi. Invece, il risparmiatore, bombardato  da informazioni  e consigli a non "perdere l treno" (della Borsa, ad esempio), è forzato sui prodotti e perde di vista gli obiettivi personali. Solo una più attenta consapevolezza  può pertanto scongiurare il pericolo di essere promosso membro (pagante) del "parco buoi".      

ACCORTEZZE

Per avere le dimensioni di raggiri e truffe,ricordiamo che,  negli ultimi 14 anni, oltre 235.000 risparmiatori sono stati coinvolti  in dissesti finanziari che hanno mandato in fumo qualcosa come 5.877 miliardi di lire.

 

Ma  da cosa cominciare perchè il cittadino utente  non incappi  in situazioni  spiacevoli?

Vi sono delle regole di "minima accortezza" nell'investire, molto semplici da rispettare, approntate dall'ADUSBEF, l'associazione che difende gli utenti dei servizi bancari, finanziari, assicurativi e postali; vediamole:

1) Diffidare SEMPRE delle offerte occasionalmente pubblicizzate sulla stampa o per televisione, ricordando che é in vigore  la legge sulle SIM. La sollecitazione del pubblico risparmio deve essere effettuata nell'ambito di regole di legge, a protezione dell'utente.

2) Non lasciarsi MAI allettare dalle promesse di rendimenti molto più alti rispetto a quelli di mercato.

3) Diffidare SEMPRE delle "voci" o delle confidenze di  amici, parenti o conoscenti: la raccolta atipica del risparmio é  stata canalizzata usando come collettori proprio parenti, amici e conoscenti.

4) Non firmare MAI un contratto se non si sono  capite  bene tutte le clausole contrattuali, diffidando comunque di coloro che mettono fretta. In alcune fattispecie, anche per la raccolta  del risparmio, é valido il " diritto di ripensamento ".

5) Diffidare sempre delle società finanziarie poco conosciute, informandosi SEMPRE, interpellando o la propria banca o un esperto finanziario di fiducia e di provata onorabilità.

6) Ricordarsi SEMPRE di avere, nei confronti dell'investimento finanziario, lo stesso atteggiamento che si avrebbe nei confronti di qualsivoglia altra merce, bene o servizio da acquistare.

7)  In caso di investimento "azionario",  guardare  bene  il "prospetto informativo" diffidando sempre di coloro che promettono  di  raddoppiare in breve tempo il capitale o,  comunque  alti profitti  e facili guadagni.

8)  Ricordarsi SEMPRE di chiedere  direttamente  informazioni sulla  società che propone l'investimento: le società serie  sono ben liete di fornirle.

9) Esigere SEMPRE copia della documentazione sottoscritta, conservandola  con cura. Non lasciare MAI (all' intermediario,  alla  banca, alla  fiduciaria  o ad altri) moduli o documenti firmati in bianco che altri riempirà "riempiti successivamente" in nostra assenza.

10) Non investire MAI se la personale situazione  finanziaria non lo permette. In caso di investimento seguire, direttamente o aiutati da persona di esclusiva fiducia, l'andamento della sottoscrizione.

11) Leggere SEMPRE le periodiche informazioni  inviate dalle società a cui sono stati affidati i propri risparmi. In caso  di difficoltà di comprensione "convocare" chi ha proposto l'investimento o recarsi in banca per i necessari chiarimenti.

12) In caso di dubbio, non avere remore a chiedere informazioni alla CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa- Via Isonzo, 19/D 00198 Roma), oppure ad un'associazione di utenti  e  consumatori specializzata nel settore finanziario.

 

 


 

 

PuntO 3. Cenni sul sistema bancario italiano.

 

Di Mauro Novelli – settembre 1998

              

 


C E N N I   S U L

S I S T E M A   B A N C A R I O

I T A L I A N O

 

A cura di   A D U S B E F

Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi, Postali

Via Farini, 62  -  00185 Roma

Tel: 064818632-3

Settembre 1998


IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO

 

 

I N D I C E

 

1)       INTRODUZIONE   ( Le funzioni del credito )                   

 

2)       CENNI STORICI      

  ***   Dal 1893 al  fallimento della Banca di Sconto del 1921.

           ***  Provvedimenti del 1926.

        ***  Crisi del 1929.

        ***  Costituzione dell'IMI (1931)  e dell'IRI (1933).

        ***  Provvedimenti del 1936: La legge bancaria.

        ***  Il sistema dal secondo dopoguerra ad oggi.

 

3)        ORGANI DELIBERANTI, DI CONTROLLO, ESECUTIVI   

 

           1. Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio.

           2.  Banca d'Italia  e l’Ufficio Italiano Cambi.

 

4)       STRUTTURA DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO

 

       *** Classificazioni delle banche:

                  a.  Istituti di credito a breve termine

      b.  Istituti di credito a medio e lungo termine

       *** Organizzazione delle banche di credito ordinario

       *** Localizzazione delle banche e rapporti con  l'ambiente  esterno 

       *** Operazioni e servizi offerti dalle banche: Schema.

       *** La legge Amato 218 del 1990: come muta il sistema.

 

5)       RAPPORTI UTENZA-BANCHE: Storia di una conflittualità endemica    

 

        *** Situazione antecedente al 1988

                 - Cartello bancario dal 1932 al 1954

                 - Accordo interbancario per le condizioni (1954)

                 - Accordo interbancario per le condizioni (1970)

        *** Autoregolamentazione ABI  1988 - 1992

        *** Legge sulla trasparenza (154 del '92) e Testo unico dell’ 1.9.93

 

6)      IN EUROPA   

 

         *** Primi passi per l'integrazione. La seconda direttiva CEE                

         *** L’Euro e le banche.

         *** I problemi da risolvere

 

7)      CONCLUSIONI        


INTRODUZIONE

 

Le funzioni del credito

 

Prima  di analizzare il sistema bancario italiano è interessante soffermarsi brevemente  su cosa s’intenda in generale per sistema bancario.

Per  fare ciò, è necessario individuare le quattro funzioni tipiche e principali che si riconoscono alle aziende bancarie.

 

**** FUNZIONE DI INTERMEDIAZIONE

E' la funzione originaria con la quale è iniziata l'attività della banca. Attraverso il sistema bancario è possibile  mettere in relazione unità in surplus di denaro con unità in deficit. Sono, infatti, sempre esistiti soggetti con disponibilità di risparmio, denaro sottratto al consumo, plusvalore da investimenti  e soggetti che necessitano di finanziamenti esterni per poter svolgere la loro attività produttiva. La difficoltà, allora presente, consisteva nel metterli in contatto reciprocamente e fu proprio la banca il luogo comune di incontro.

Se però l'attività della banca si fosse limitata ad una pura funzione di intermediazione - raccogliere denaro dove c'era e redistribuirlo dove richiesto - sarebbe stata molto limitata: occorreva, infatti, attendere che  due soggetti con esigenze contrapposte si presentassero, e solo se le somme offerte e quelle domandate fossero sta­te d'importo simile, sarebbe stato possibile soddisfare le esigenze dei clienti.

Fu  per questa evidente limitazione che successivamente, ma in tempi abbastanza rapidi, alla funzione  di intermediazione si aggiunsero quella creditizia e quella monetaria.

 

**** FUNZIONE CREDITIZIA

L'originaria funzione di intermediazione assunse poi dimensioni più vaste. Il sistema bancario cominciò a concedere credito alla clientela grazie al risparmio raccolto presso il pubblico su nuove basi: le somme depo­sitate, una volta entrate nel sistema, perdevano le tracce della loro provenienza, si perdevano cioè le notizie di chi fossero i proprietari e la banca prestava denaro a chiunque ne facesse richiesta, al di là di una diret­ta corrispondenza tra colui che domandava e colui che offriva risparmio.

Anche  la funzione creditizia incontrò dei grossi limiti là dove si basò solamente sulle somme di cui  la banca realmente disponeva, in rapporto cioè ai soli depositi raccolti.

Si  arrivò così a quella che possiamo definire funzione esclusiva del solo sistema bancario: la funzione monetaria.

 

**** FUNZIONE MONETARIA

La banca svolge funzione monetaria in quanto consente la regolamentazione degli scambi presso il pubblico non solo attraverso l'utilizzo di moneta legale, ma anche di moneta bancaria o scritturale.

Ma che cosa è la moneta bancaria? In che modo rende possibile la funzione monetaria?

La  moneta bancaria è il deposito del pubblico che costituisce per la banca un debito nei suoi confronti.

L'assegno non è moneta bancaria, ma è solo il mezzo attraverso il quale essa circola: esso, infatti, non avrebbe alcun valore se a monte non esistesse un deposito.

Nel momento in cui il risparmiatore deposita in banca la somma di denaro sottratta al consumo, questa avrà la  possibilità  di utilizzarne una grossa parte per erogarla sotto forma di prestito. Parliamo di  una grossa parte, ma non di tutta; esistono infatti per gli istituti di credito vincoli interni ed esterni che limitano la loro attività.

Tra i primi molto importante è la riserva di numerario, infatti benché si sia ormai consolidata la fiducia del pubblico nei confronti del sistema bancario ad accettare l'assegno, quale mezzo di pagamento per la regolamentazione dei propri scambi, è evidente che un sistema non può operare esclusivamente con moneta  scritturale, ma è necessaria una percentuale di moneta legale, sia pur molto bassa, rispetto alla massa amministrata.

Tra  i vincoli esterni il principale è rappresentato dalla riserva obbligatoria, sulla quale la banca non può operare, in quanto è vincolata per legge a tenere disponibile una percentuale dei depositi raccolti,  me­diante un conto costituito presso la Banca d'Italia.

Ritornando al deposito iniziale, la parte di questo concessa sotto forma di credito non verrà interamente utilizzata,  ma a sua volta ritornerà parzialmente all'interno del sistema bancario sotto forma di deposito  e così  via. Si viene in tal modo ad innescare un processo di moltiplicazione del deposito iniziale, che  consen­tirà  alla banca di svolgere una funzione creditizia più ampia rispetto a quella che avrebbe potuto  effettuare se  non avesse potuto svolgere la funzione monetaria. Le due funzioni sono in stretta dipendenza tra loro:  non potrebbe esistere funzione monetaria se non esistesse funzione creditizia; d'altra parte la funzione creditizia avrebbe un aspetto molto limitato se non esistesse la  funzione monetaria.

Alle tre funzioni tipiche ed originarie della banca se ne è infine aggiunta una quarta, che possiamo defi­nire oggi la più importante: la funzione dei servizi.

 

**** FUNZIONE DEI SERVIZI

Essa  in realtà è sempre stata presente all'interno della banca, ma aveva peso secondario. Attualmente ha assunto un grande valore, in seguito soprattutto al fenomeno della concorrenza che si è creato nel sistema ban­cario.

Con  la  liberalizzazione dei mercati (dicembre 1992), che permette l'ingresso nel nostro Paese  a banche straniere, l'efficienza  del sistema bancario italiano è elemento di importanza fondamentale per l'esistenza delle  aziende di credito stesse. L'offerta dei servizi bancari (cassette di sicurezza, pagamento di  bollette, servizio titoli, carte di credito, bancomat ecc.) si è andata in tal modo sempre più diversificando: si tende soprattutto  ad  offrire una gamma di servizi sempre più ampia al fine di soddisfare in pieno le  esigenze  del maggior numero di  utenti.

Chiariti questi concetti generali che regolano il funzionamento delle banche, inizieremo a parlare di al­cuni episodi storici che hanno profondamente segnato la vita del nostro sistema bancario.

E'  facile intuire come la cattiva gestione da parte delle banche dei meccanismi, in precedenza definiti, porti inevitabilmente al loro fallimento.

 

 


 

CENNI STORICI SUL SISTEMA CREDITIZIO

 

(dal 1893 al 1998)

 

Analizzeremo  brevemente le vicende che hanno coinvolto il sistema bancario italiano negli  ultimi cento anni, considerando il 1936, anno di impostazione della "legge bancaria" tuttora in vigore, come  cerniera tra il sistema creditizio fino al 1990 e quello precedente di fine '800 / inizi del '900.

Vedremo  infine  le  mutazioni che la "legge Amato" 218 del 1990 ingenera nel mondo bancario e l'incidenza dell'accoglimento della Seconda Direttiva CEE.

 

Il  1893 vide il fallimento di grandi istituti di credito, dalle due maggiori banche italiane del periodo: la Banca  Generale e il Credito Mobiliare, alla Banca Romana. Queste avevano privilegiato pesantemente l'attività finanziaria  rispetto all'esercizio ordinario del credito. Le pesanti interessenze acquisite nel settore  pro­duttivo  (la Banca Generale in quello siderurgico, il Credito Mobiliare in quello immobiliare) avevano  portato ad un quasi totale accentramento del rischio con una conseguente politica protezionistica delle banche nei ri­spettivi settori d'intervento e l' inevitabile emarginazione mercantile delle aziende protette.

Il crollo fu ineluttabile, ma l'avvenimento fu considerato un incidente di percorso: l'Italia si avviava ad im­postare seriamente il processo di industrializzazione e il sistema bancario , pur con qualche passo falso,  non poteva che accompagnare in parallelo la crescita economica della nazione.

Il crollo di quegli istituti non dette luogo a provvedimenti legislativi di "risanamento" del settore. In altri termini, non si volle comprendere la pericolosa inconciliabilità finanziaria tra operazioni passive di breve ter­mine e previsione di attività nel lungo periodo.

Ed infatti, puntualmente, il problema si ripropose causando il fallimento  della Banca di Sconto nel 1921. Que­sta, fortemente impegnata nell'industria pesante, fu travolta dal fallimento  dell' Ansaldo che non seppe  prontamente riconvertirsi al termine della prima guerra mondiale.

D'iniziativa  le banche limitarono drasticamente la loro espansione territoriale ma non seppero affrontare  il problema delle loro partecipazioni industriali.

Nel 1926, per la prima volta , lo stato intervenne per disciplinare l'attività del sistema creditizio: attribuì alla Banca d'Italia il controllo del mercato monetario e finanziario e sottopose alla sua vigilanza l'attività di tutte le banche. Queste, però rimasero legate, pur se in misura meno evidente, alla grande industria e fu­rono tanto pesantemente coinvolte dalla crisi mondiale del ‘29, da sollecitare l'aiuto dello stato.

L'intervento  costò  all'erario oltre 16 miliardi di lire dell'epoca (circa 20.000 miliardi di oggi);  esso fu progettato organicamente ma gli obiettivi di medio periodo non furono centrati: le partecipazioni azionarie fu­rono rilevate e successivamente affidate all'I.M.I. (Istituto Mobiliare Italiano -1931) per la sistemazione e all'I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale -1933) per il finanziamento e lo smobilizzo; alle  banche di credito ordinario fu tassativamente proibito di compiere finanziamenti a medio e lungo termine.

Gli  scopi per i quali i due istituti erano stati creati non furono raggiunti  per vari motivi  (scoppio della guerra di Etiopia, guerra di Spagna, situazione economica, ecc.); anzi, l' IRI si trovò a detenere anche  la proprietà  di tre importanti banche di interesse nazionale: Banco di Roma, Credito Italiano, Banca Commerciale Italiana.

Nel  1936 si decise, pertanto, di  rivedere sistematicamente la normativa riguardante l'attività creditizia e finanziaria del sistema bancario nel suo complesso.

Strumento  giuridico dell'intervento fu il Regio Decreto legge 375  del 1936 ( convertito faticosamente  in legge nel 1938 col 141), alla base del sistema bancario italiano fino alla legge Amato - Carli del 1990, alla legge sulla trasparenza ( 154/92) al Testo Unico delle Leggi in materia creditizia in vigore dal 1° gennaio 1994.

 

Riportiamo brevemente le innovazioni più incisive della legge del 1936:

 

-  Il risparmio e la relativa raccolta sono attività di interesse nazionale e possono essere effettuate solo  su autorizzazione del governo.

-  Il  credito a breve è rigorosamente diviso da quello a medio e lungo termine, (fine della banca mista di tipo tedesco e passaggio alla banca pura). Conseguente tassativo divieto alle banche di credito ordinario di compie­re operazioni di credito industriale e mobiliare.

-  Creazione di organi statali con funzioni di  regolazione e di controllo dell'attività bancaria. La Banca  d'Italia è dichiarata Istituto di Diritto pubblico.

-  Disciplina per la distribuzione, la specializzazione e la concentrazione territoriale delle banche.

-  Obblighi per tutte le aziende di credito per un più efficace controllo della loro  attività  (Iscrizione all'albo, autorizzazione all'esercizio, alla costituzione di nuove banche, alla apertura di nuove  filiali, ca­pitale minimo versato, fondo di riserva, rapporto tra patrimonio netto e passività ecc.).

 

E'  interessante seguire il processo di concentrazione, spesso forzata ed imposta dal regime fascista,  che il sistema bancario ha subito fino al termine della seconda guerra mondiale.

Riportiamo, allo scopo, l'andamento del numero degli sportelli che il sistema creditizio metteva a disposizione del mercato italiano:

 

  ANNO

NUMERO degli SPORTELLI

1927

11.837

1930

10.646

1933

8.655

1936

7.726

1939

7.061

1945

6.889

 

Ma il drastico ridimensionamento del sistema non fu dovuto esclusivamente a motivi di mercato. Il regime fasci­sta ridusse seccamente il numero di quegli enti bancari di cui non poteva controllare efficacemente  l'operato.

Ad esempio le Casse Rurali, nate spesso come impegno para-politico e sociale del movimento cattolico, erano ol­tre  3.000  nel 1922; nel  1945 si erano ridotte a 882. Contavano 1937 sportelli nel '32 e solo 916 al  termine della seconda guerra mondiale. E ancora, alle Casse di Risparmio e alle Banche del Monte non operanti in capoluoghi di provincia furono imposte fusioni ed incorporazioni.

Parallelamente, per favorirne l'uscita " spontanea" dal mercato, furono innalzati marcatamente i tassi di inte­resse praticati dallo Stato sui risparmi postali.  

L'andamento  dimensionale del sistema, nel periodo che stiamo considerando, è chiaramente sintetizzato da  uno studio di C. Conigliani e G. Lanciotti che, concludendo una ricerca per l'Ente Einaudi, individuavano:

 

"  Un primo periodo, precedente al 1926, che abbiamo fatto arbitrariamente partire dal 1912, caratterizzato  da una forte espansione numerica delle banche in esercizio, conseguita in modo prevalente con accesso all'attività

bancaria di una miriade di aziende unicellulari di dimensioni presumibilmente modeste".

 

" Un secondo periodo, che va dal 1927 al 1942, di drammatica razionalizzazione del sistema esistente, attraver­so  la quale si opera un drastico ridimensionamento della consistenza numerica sia delle aziende in  esercizio, sia degli sportelli bancari, che però non comporta un abbassamento del livello di intermediazione. Questo  pro­cesso  avviene in modo prevalente attraverso l'espulsione dal mercato di un considerevole numero di  banche  di piccole dimensioni".

 

"  Un terzo periodo, che parte dal 1943 e arriva ai giorni nostri, nel quale lo sviluppo del  sistema bancario italiano è caratterizzato da una ulteriore seppur lenta diminuzione del numero delle banche in esercizio e, nel contempo, da una forte espansione dei loro sportelli bancari."

Riportiamo, per numero, la consistenza aziendale del sistema:

 

ANNO

NUMERO AZIENDE BANCARIE

1938

1.849

1945

1.432

1948

1.294

1956

1.237

1966

1.280

1974

1.084

1990

1.064

1992

1.024

1996

937

1997

935

 

 

 e il numero degli sportelli bancari:

 

 

ANNO         

NUMERO SPORTELLI  BANCARI

1938

7.384

1945

6.889

1950

7.773

1960

9.211

1965

10.085

1970

10.807

1974

11.334

1990

17.721

1991

19.080

1992

20.786

1996

24.406

 

1997

25.250

        

 

Concordiamo con le conclusioni di Conigliani e Lanciotti circa il non abbassamento del livello complessivo  di intermediazione  del sistema pur alla presenza del ridimensionamento evidenziato dalle tabelle. Ci corre  l'ob­bligo però di considerare che il sistema stesso perdeva seccamente la capacità di servire capillarmente,  anche se con aziende unicellulari, quelle "piazze" che i grandi istituti non avrebbero mai considerato interessanti e alle quali, pertanto, sarebbe per sempre venuta meno la possibilità di utilizzare i servizi strutturati dal si­stema creditizio.

 

 

 

ORGANI DELIBERANTI, DI CONTROLLO, ESECUTIVI.

 

IL C.I.C.R., COMITATO  INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO E IL RISPARMIO

 

Nel 1947 fu istituito il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), organo politico pre­sieduto dal Ministro del Tesoro e al quale partecipano i Ministri di: Lavori pubblici, Agricoltura e foreste, Industria e commercio, Commercio Estero, Bilancio, Finanze e Programmazione Economica oltre al Governatore del­la Banca d'Italia.

E' il massimo organo deliberante e di controllo in merito alla tutela del risparmio, all'esercizio della fun­zione creditizia e in materia valutaria.

I compiti principali del CICR possono essere così sintetizzati:

 

-  Controlla quanto adottato dalla Banca d'Italia per l'attuazione delle direttive da

   esso stesso emanate.

-  Approva gli statuti degli istituti di credito.

-  Delibera la chiusura di sedi e filiali.

-  Disciplina l'emissione degli assegni circolari.

-  Stabilisce quali forme di impiego devono avere la preventiva autorizzazione della

   Banca d'Italia.

-  In funzione dell'andamento dell'economia nazionale, emana i provvedimenti idonei

   ad indirizzare gli investimenti verso determinati settori produttivi.

 

 

LA BANCA D'ITALIA  E L’UFFICIO ITALIANO DEI CAMBI

 

E'  evidente il fondamentale ruolo nel nostro sistema della Banca d'Italia (Banca centrale, organo ufficial­mente esecutivo del CICR ma, nei fatti, elemento propulsore circa l'individuazione dei campi d'intervento del CICR stesso ).

Fu fondata nel 1893 quando, a fronte della crisi economica che aveva causato, come abbiamo visto, il fallimento di molte banche, il legislatore impose la fusione della Banca Nazionale del Regno d'Italia con la Banca  Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito per il Commercio e l'Industria, dando vita, appunto, alla Banca d'I­talia.  Divenne l'unico Istituto di emissione nel 1926 e fu dichiarata Istituto di diritto pubblico nel  1936.

Nel 1944 fu delegata alla vigilanza sulle aziende di credito, sommando, pertanto, al ruolo e al potere  tipici di una Banca centrale quelli di un organo amministrativo e di controllo. Al suo interno è infatti operante un "Ufficio di Vigilanza " con compiti ispettivi su tutti gli istituti di credito. Attraverso questo, la Banca d'I­talia effettua una serie di controlli ed impone vincoli all'attività bancaria in funzione del raggiungimento di obiettivi definiti. In nessun altro settore produttivo il controllo istituzionale è così ferreo e rigoroso come in quello del credito, ritenuto strategicamente vitale per l'economia nazionale.

La  Banca d'Italia funge, inoltre, da braccio operativo dell’ Ufficio Italiano dei Cambi ( U.I.C.) costituito nel 1945.

L'U.I.C., prima della liberalizzazione valutaria del 1990, accentrava il commercio delle divise, tutte le ope­razioni  in valuta e l'intero sistema di pagamenti e riscossioni sull'estero; è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Tesoro ed è alle dipendenze  del Ministero del Commercio con l'Estero.

Dal 1894 la Banca d'Italia svolge il servizio di Tesoreria Provinciale dello Stato: essa accentra e custodisce i fondi pubblici, riscuote tutte le somme dovute allo Stato a qualsiasi titolo, esegue disposizioni di pagamento delle amministrazioni statali, riceve depositi in titoli e contanti per conto dello Stato, provvede a rilasciare ed a pagare i titoli del debito pubblico e i relativi interessi.

Collabora nella raccolta di fondi per lo Stato, attraverso la collocazione di titoli sul mercato tramite un sistema di aste, ha promosso la nascita del nuovo mercato secondario "all'ingrosso" dei titoli di Stato con la costituzione del Mercato Telematico.

 

Pertanto, la Banca d'Italia riassume su di sé la duplice funzione di organo di  vigilanza creditizia e di Banca Centrale e quindi responsabile della politica  monetaria e del cambio (gestione della liquidità interna e delle riserve valutarie - massimamente attraverso operazioni di "pronto contro termine -, definizione del tasso ufficiale di sconto ( T.U.S.),  imposizione del livello delle riserve obbligatorie per le banche, funzione ora coordinata con la Banca Centrale Europea).  Possiamo  far risalire a questa somma di poteri la maggiore incisività che da sempre in Italia caratterizza  la politica  monetaria nei confronti della politica fiscale. Infatti, il ruolo svolto dal Governatore della  Banca 'Italia e dal Ministro del Tesoro nel settore del credito e nella gestione del debito pubblico è notevolmente più  efficiente ed incisivo (oltre che più comodo e anonimo) rispetto a quello affidato alle  manovre  fiscali operate da compagini governative di breve o brevissima durata e "fiduciose" nell'opera di drenaggio  continuo e progressivamente in crescita del fiscal drag per merito dell'inflazione.

Con l'introduzione dell'euro come unica moneta dell'Unione (gennaio 2002), queste funzioni storiche della Banca subiranno un'evoluzione radicale, venendo ad essere subordinate all'attività di coordinamento della Banca Centrale Europea con sede a Francoforte. Dal gennaio 2002 esisterà un'unica moneta europea con una comune indicazione dei prezzi e l'eliminazione delle incertezze relative al cambio. Anche il mercato monetario e finanziario sarà unico con l'annullamento delle differenze dei tassi di interesse tra i diversi paesi.

 

 

 

 

LA STRUTTURA DEL SISTEMA BANCARIO,

DALLA LEGGE BANCARIA DEL 1936  FINO ALLA LEGGE 218/ 1990 (Amato - Carli)

 

In  sintesi, fino alla Legge " Amato - Carli ", la 218 del  30 luglio 1990 che, come vedremo, sta mutando  la natura  giuridica di molti dei più grandi istituti di credito, la struttura  del sistema bancario italiano  era la seguente:

 

 

CICR   COMITATO INTERMINISTERIALE  PER IL CREDITO E IL RISPARMIO

 

BANCA D'ITALIA  -  Ufficio di Vigilanza

 

UFFICIO ITALIANO CAMBI

   

ISTITUTI DI CREDITO  A  BREVE TERMINE   

 

  * Istituti di credito di diritto pubblico

  * Banche di interesse nazionale

  * Aziende ordinarie di credito (S.p.A.)

  * Casse di Risparmio e  Monti di credito su pegno   

  * Banche popolari cooperative 

  * Casse rurali e artigiane

  * Istituti centrali di categoria   

 

 

ISTITUTI DI CREDITO A   MEDIO E LUNGO TERMINE  

     

   * Istituti di credito fondiario

   * Istituti di credito edilizio

   * Istituti di credito agrario

   * Ist. di credito industriale/ mobiliare

   * Ist. di credito per le opere pubbliche

 

 

 

UN APPROFONDIMENTO

 

( A )  GLI  ISTITUTI DI CREDITO A BREVE TERMINE

 

** Istituti di credito di diritto pubblico (fino al 1990)

Erano definite di "diritto pubblico", per la loro particolare natura giuridica, 6 delle maggiori banche italia­ne:

 

1)   Banco di Napoli  fondato nel 1539

2)   Istituto Bancario San Paolo di Torino  fondato nel 1563

3)   Monte dei Paschi di Siena  fondato nel 1622 ( ricollega le origini al Monte Pio fondato nel 1472) 

4)  Banco di Sicilia  fondato nel 1850 (ricollega le proprie origini alle Tavole Pecuniarie Siciliane  fondate nel 1459)

5)   Banca Nazionale del Lavoro fondata nel 1913

6)   Banco di Sardegna  fondato nel 1953

 

Esse,  pur non differenziandosi quanto all'attività dagli istituti bancari privati, erano di proprietà pubblica (assenza di azionisti) e il loro patrimonio fu costituito  o  dallo Stato, o da altri enti pubblici, o da atti di liberalità di privati.

Facevano capo direttamente al Ministero del Tesoro.

Possiamo così riassumerne le caratteristiche:

- Perseguivano fini pubblici.

- Gli statuti erano approvati dal Ministero del  Tesoro che nominava anche gli organi direttivi.   

- Gli utili andavano ad aumentare le riserve o venivano destinati a  beneficenza.

- Potevano esercitare il credito a medio-lungo termine attraverso Sezioni Speciali  ( di credito agrario, fondiario, industriale  ecc.)

Gestivano circa un quarto dei depositi  che affluivano al settore delle banche di credito ordinario.

 

** Banche di Interesse Nazionale (fino al 1990).

    Erano tre:

- Banco di Roma  fondato nel 1880

- Banca Commerciale Italiana  fondata nel 1894

- Credito Italiano  fondato nel 1895

 

Fino al 1990 l' IRI deteneva il pacchetto di maggioranza delle 3 Società per Azioni.

Nel  1946 avevano costituito la Mediobanca, istituto di credito finanziario di medio termine, attraverso cui, dagli anni 50 agli anni 80, sono passate le più raffinate e rilevanti operazioni finanziarie del capitalismo italiano.

Nel 1958 rilevarono il Credito Fondiario Sardo (oggi FONSPA)per poter operare nel medio termine fondiario  ed edilizio.

 

** Aziende ordinarie di credito

La legge del 1936 imponeva una loro strutturazione in società per azioni, ma la presenza di aziende sorte in pre­cedenza non permette una generalizzazione circa la forma giuridica societaria.

Si tratta di aziende medie, alcune di dimensioni nazionali, e medio-piccole ben radicate localmente e quindi attente alle esigenze della clientela.

Costituirono l'Istituto Centrale di Banche e Banchieri che, per conto delle associate, svolgeva una serie di attività anche prettamente bancaria come l'emissione di  Assegni Circolari ecc.

Le esistenti fino al 1990 amministravano circa un quarto dei depositi complessivi affluenti alle banche di cre­dito ordinario.

 

 ** Casse di Risparmio

Non avevano finalità di lucro essendo enti morali. Sono sorte con lo scopo di diffondere il senso del risparmio.

Tramite Sezioni Speciali potevano esercitare anche il credito fondiario (Cassa di Risparmio delle Provincie Lom­barde, Cassa di Risparmio di Bologna ecc.).

Costituirono l' ICCRI (Istituto di Credito delle Casse di Risparmio Italiane) con compiti di coordinamento e compensazione fra le singole Casse.

 

 

LE NOMINE BANCARIE nell'ambito delle Casse di Risparmio:

 

Il  referendum del 18 aprile 1993 chiedeva di esprimersi in merito alla abrogazione dell'art.2 del R.D.L. 24/2/1938  recante "Norme per l'amministrazione delle Casse di Risparmio e dei Monti di pietà di prima catego­ria, convertito  dalla legge 3/6/1938 n. 778".

Con l'eliminazione della norma, si tolse la competenza del Ministro del Tesoro nella nomina dei vertici (Presidente, Vice Presidente, Direttore Generale) delle Casse di Risparmio per trasferirla agli Enti locali.

Tali nomine, e quelle bancarie in generale, hanno costituito nella storia del dopoguerra, la più scienti­fica delle  occupazioni del potere economico da parte dei partiti che hanno governato l'Italia,  con  ricadute clientelari sul bisogno di credito dei ceti produttivi e dei cittadini, poiché l'affidamento (il denaro presta­to dalle banche ai richiedenti) non è stato quasi mai erogato in base a oggettivi criteri di capacità di resti­tuzione e garanzie di solvibilità ed onorabilità ma in base alle conoscenze politiche ed alle raccomandazioni.

Né  i banchieri sono stati nominati su comprovati requisiti di capacità preparazione specifica, approfondite conoscenze di tecnica bancaria, ma in base all'obbedienza cieca, alla fedeltà assoluta, a questo o a quel  par­tito,  a  questo o a quel padrino politico che, proprio nell'ambito di un quadro scientifico di  spartizione  e lottizzazione, aveva in precedenza provveduto ad effettuare le "nomine".]

 

** Monti  di Credito su pegno

Nati per combattere l'usura concedendo prestiti a basso interesse garantiti da oggetti in pegno, erano divisi in due  categorie: quelli di I^ categoria sono soggetti alle stesse disposizioni che disciplinano le Casse di  Ri­sparmio, avendo una dimensione dei depositi amministrati tale da far loro assumere funzioni di istituti  banca­ri.

I minori costituiscono la seconda categoria.

 

** Banche Popolari Cooperative

Si  svilupparono con l'affermazione del movimento cooperativistico in Europa ( in Italia ad opera di Luzzatti, in Germania di Schulze ) e in origine concedevano prestiti solo ai soci in funzione delle loro quote; successi­vamente, abbandonata la caratteristica mutualistica, divennero vere e proprie banche. La diffusione in  piazze considerate poco interessanti dai grandi istituti fa loro svolgere una notevole funzione sociale.

Costituirono l'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane (ICBPI).

 

** Casse Rurali e Artigiane

Insediate in piazze considerate finanziariamente poco redditizie, sono in genere di piccole e piccolissime di­mensioni. Di norma, possono operare solo nell'ambito del comune di insediamento.  Oltre alle normali operazioni di raccolta e di impiego, possono concedere anche mutui ipotecari (non oltre i cinque anni di durata) ed effet­tuare operazioni di credito agrario e artigiano per i soci.

Costituirono l' ICCREA, Istituto Centrale delle Casse Rurali e Artigiane,

                                                                                                                                                                                       

** Gli Istituti Centrali di categoria

Abbiamo  visto: L'Istituto Centrale di banche e banchieri, l'Istituto di Credito delle Casse di Risparmio Ita­liane,  Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane, l' Istituto Centrale delle Casse Rurali e Artigiane.

Oltre  a svolgere funzioni di coordinamento, di assistenza tecnico-operativa e di compensazione per  le banche associate, accentravano le loro disponibilità liquide assumendo quindi ruoli di assistenza finanziaria e di tesoreria.

 

 

( B )  ISTITUTI DI CREDITO A MEDIO/LUNGO TERMINE

 

** Istituti di Credito Fondiario

Concedono prestiti per l'acquisto, l'ampliamento e il miglioramento delle proprietà immobiliari dietro garanzia ipotecaria. Si finanziano con l'emissione di Cartelle Fondiarie e possono effettuare anche operazioni di credito edilizio.

** Istituti di Credito agrario

Concedono prestiti a proprietari, affittuari e coloni di fondi agricoli per integrare il capitale di  esercizio o per realizzare opere di miglioramento.

** Istituti di Credito Industriale e Mobiliare

Sono in genere a carattere pubblico (I.M.I., IRI, Mediobanca, Efibanca, Centrobanca, MedioCredito, ISVEIMER, Irfis, CIS). Hanno lo scopo di finanziare le imprese per costruire, rinnovare, ampliare, migliorare beni e strutture aziendali.

** Istituti di Credito per le Opere Pubbliche

Concedono mutui per permettere a enti locali, consorzi, ecc. l'esecuzione di opere di pubblica utilità. Si fi­nanziano attraverso l' emissione di obbligazioni.

** Istituti Centrali di risconto e altri Istituti finanziari.

Mediocredito centrale: finanzia a medio banche o istituti che abbiano finanziato piccole/medie  indu­strie.

Artigiancassa: Finanzia a medio termine banche o istituti che abbiano finanziato imprese artigiane.

 


LA LEGGE AMATO-CARLI 218 DEL 1990:

l’inizio della mutazione del sistema creditizio.

 

A ragione il 1990 può considerarsi anno di snodo per il sistema creditizio italiano, come il 1936.

Con esso, infatti, si conclude l'opera di predisposizione del mutamento strutturale iniziato negli anni prece­denti e si realizza l'impostazione operativa di tutto il sistema bancario  italiano nell'ottica di una ristrut­turazione in senso europeo e comunitario.

Infatti, nella prima metà dell'anno, si concretizzano due importanti liberalizzazioni: quella circa l'apertura di  nuovi  sportelli bancari, in precedenza vincolata nel merito e nel metodo alla preventiva autorizzazione della Banca d'Italia, e quella valutaria, che elimina ogni divieto per i cittadini italiani di detenere somme o aprire conti in valuta estera, anche oltre frontiera.

[ Si rifletta sul fatto che l'eliminazione dei vincoli valutari sia stata realizzata per decreto legge: in ma­teria finanziaria il potere legislativo ha quasi sempre preferito delegare quello esecutivo ].

Successivamente  entra in vigore la legge  218 del 30 luglio 1990, detta Amato-Carli. Con essa e con il de­creto 356 del 20 novembre dello stesso anno, si  dispone l'intelaiatura legislativa per la ristrutturazione degli istituti di credito di diritto pubblico, si fondano  le regole per la trasformazione delle aziende banca­rie e si disegna la struttura del gruppo polifunzionale. Attraverso fusioni e incorporazioni di istituti  anche di  diversa natura, con queste operazioni, che daranno luogo a società per azioni, si cerca di  raggiungere l'obbiettivo di eliminare per tempo quei vincoli che possono creare disarmonie, impedimenti e contrasti tra  il sistema italiano e quello comunitario.

E' facile intuire la profonda trasformazione a cui il nuovo schema legislativo ha sottoposto le istituzioni credi­tizie. Circa 150 banche, riconducibili ad aziende di natura pubblica, saranno, nei primi anni ’90, trasformate in SPA.

Resta intatta, invece, la possibilità di controlli, ispezioni ecc. ad opera della Banca d'Italia, Banca Centrale Europea a parte.

A dicembre 1997 la situazione era la seguente:

 


   BANCHE  SPA (con raccolta a breve termine)                    176

   BANCHE (con raccolta a medio-lungo termine)                   33

   BANCHE POPOLARI                                                                   80                                            

   B. DI CREDITO COOPERATIVO                                          591

   IST. CENTRALI DI CATEGORIA  E DI RIFINANZ.TO                  6

   SUCCURSALI DI BANCHE ESTERE                                                51

 

   TOTALE BANCHE  (AL 12.1997)                                        937

 

 

ORGANIZZAZIONE DELLE BANCHE DI CREDITO ORDINARIO

 

Una  qualsiasi organizzazione aziendale consiste nell'ordinare, predisporre ed armonizzare gli elementi  a disposizione, affinché l'azienda possa raggiungere il suo fine nel migliore dei modi.

Anche le banche dunque sono organizzate con questo specifico scopo, ma sono tenute a seguire quelle appo­site normative di legge che ne disciplinano la costituzione, la gestione e la liquidazione.

I principali problemi di organizzazione di un'azienda di credito sono:

1) la forma giuridica

2) le dimensioni

3) la localizzazione

4) i rapporti con l'ambiente dove l'azienda vive

5) l'entità del patrimonio

6) gli uffici

7) il personale

8) le modalità di esecuzione delle diverse operazioni e il relativo controllo.

 

L'organizzazione  investe  dunque  tutti gli aspetti dell'attività bancaria, nulla  deve essere lasciato all'improvvisazione; tutto deve essere predisposto, studiato e armonizzato ai fini di una sempre più efficiente gestione.

Con riferimento alle dimensioni, le banche sono generalmente divise in Direzione Centrale o Generale e più Filiali. La prima esercita funzioni di organizzazione, direzione e controllo, mentre le funzioni operative so­no  svolte dalle Filiali. Queste ultime sono legate fra loro da una specie di gerarchia  secondo l'importanza  del ruolo e delle operazioni che sono autorizzate a svolgere e assumono denominazioni diverse: Sedi,  Succursa­li, Agenzie, Uffici, Recapiti, Rappresentanze.

Le Sedi di Filiale, localizzate  nei grandi centri, possono svolgere qualsiasi tipo di operazione nell'am­bito dei limiti posti dalla Direzione centrale; di norma si ramificano nel territorio per il tramite di  Agen­zie; le Succursali risiedono in centri meno importanti e possono compiere quasi tutte le operazioni  bancarie, ma  per alcune devono essere preventivamente autorizzate dalla Sede alla quale appartengono o  dalla Direzione Centrale; le Agenzie, istituite con lo scopo di agevolare il pubblico nell'espletamento delle varie operazioni bancarie,  hanno  raggio d'azione più limitato e quasi sempre operano per conto delle Sedi o delle  Succursali dalle  quali territorialmente dipendono; Uffici, Recapiti e Rappresentanze operano in piccoli comuni e possono compiere solo determinate operazioni.

La localizzazione della banca e il suo rapporto con l'ambiente esterno saranno oggetto di trattazione del prossimo paragrafo.

L'entità del patrimonio, gli uffici, il personale, le modalità di esecuzione delle diverse operazioni e il relativo controllo sono tutti elementi essenziali per una corretta gestione aziendale.  

Se in passato le banche operavano in regime di oligopolio, quasi non curanti delle esigenze della cliente­la, oggi con l'armonizzazione dei mercati internazionali anche il settore finanziario-creditizio verrà a subire l'influenza  della concorrenza estera; ecco dunque che le banche, al pari di qualsiasi altra azienda con scopo di  lucro,  hanno interesse a perfezionare la propria organizzazione interna nei minimi  particolari, offrendo servizi  migliori a condizioni sempre più convenienti. Nello stesso tempo però esse non  hanno discrezionalità assoluta, ma devono rispettare la normativa vigente in materia, che ha anche lo scopo di tutelare l'utente  del servizio bancario.   

 

LOCALIZZAZIONE DELLE BANCHE  E  RAPPORTI CON L'AMBIENTE ESTERNO

 

E'  interessante analizzare l'ubicazione e la diffusione territoriale delle varie categorie di aziende di credito: il maggior numero di piazze sono servite dalle ex Casse di Risparmio, alle quali fanno seguito le Banche Popolari,  le società per azioni di credito ordinario, gli Istituti di credito di diritto pubblico (che in  se­guito alla Legge Amato del 1990 hanno assunto la forma di società per azioni), le ditte bancarie. Caratteristi­co  è  poi il fatto che le ex Casse di Risparmio, le Banche Popolari, le Casse Rurali ed Artigiane presentano  il maggior  grado di autonomia di ciascuna azienda nei confronti delle altre dello stesso gruppo, ovvero è  imper­cettibile  il grado di coesistenza su ciascuna piazza di più sportelli dello stesso gruppo. Le ex Banche di inte­resse nazionale  (compresa la Banca di Roma, nata dalla prima grande fusione attuata con la  Legge Amato  del 1990)  hanno i loro sportelli in concorrenza con le altre categorie di aziende di credito; ciò è  evidente, in quanto questi sono ubicati in tutti i principali centri nei quali operano anche le altre banche. Se quindi  tra le varie categorie di aziende di credito possono riscontrarsi delle differenze di qualità della clientela atti­va e passiva, ciò è dovuto:

1) alle caratteristiche gestionali e strutturali delle banche che operano una selezione imposta o naturale del­la clientela nelle piazze servite in concorrenza;

2)  alla prevalenza dell'azione diretta delle aziende di credito operanti da sole in comuni non  capoluoghi  di provincia.

 

OPERAZIONI E SERVIZI OFFERTI DALLE BANCHE

 

L'attività fondamentale di una banca di credito ordinario si manifesta attraverso una serie di operazioni e  di servizi offerti alla clientela. E' possibile effettuare una classificazione che suddivida, in base a  ca­ratteristiche  comuni, le diverse operazioni bancarie, ma prima di fare ciò occorre premettere  che nell'unità dell'azienda esiste una stretta interdipendenza, cosicché una qualsivoglia  classificazione è da intendersi in termini relativi.

Separiamo innanzi tutto le operazioni principali da quelle accessorie. Le prime, a loro volta, si suddivi­dono in due grandi gruppi: le operazioni di provvista dei fondi (operazioni passive), mediante le quali la ban­ca si procura i mezzi finanziari, ovvero raccoglie il risparmio presso il pubblico, ed in operazioni d'impiego dei fondi (operazioni attive), mediante le quali la banca investe i mezzi finanziari a disposizione.  

Le  operazioni di provvista possono essere originarie: la banca raccoglie il risparmio direttamente dalla clientela  (depositi  a risparmio ordinario e in conto corrente, buoni fruttiferi, ecc.), oppure derivate: la banca si procura i fondi ricorrendo al credito di banche maggiori (risconti, anticipazioni passive,  riporti passivi ecc.).

Anche  le operazioni d'impiego possono essere dirette e d'investimento. Le prime sono quelle mediante le quali la banca concede credito direttamente alla clientela(sconti, anticipazioni su titoli e su merci, riporti attivi  ecc.); le seconde sono quelle mediante le quali la banca compie, per proprio conto, operazioni di com­pravendita di titoli, di divise ecc.

Le operazioni accessorie consistono in particolari servizi che la banca offre alla clientela: cassette di sicurezza, emissione di assegni circolari, pagamento di bollette, servizio titoli, carte di credito, bancomat, ecc. L'offerta di tali servizi si è andata sempre più perfezionando e diversificando tanto  che  attualmente potrebbe sembrare poco corretto attribuire alla funzione dei servizi importanza secondaria.

 

In conclusione occorre fare un’ ultima precisazione: le operazioni d'impiego dei fondi sono alimentate in prevalenza  da operazioni di provvista dei fondi, ma anche da capitale proprio della banca. La presenza di un capitale proprio all'interno della  banca è un elemento molto importante, non solo per generare  fiducia tra  i depositanti, ma anche per sanare eventuali, momentanei squilibri.


OPERAZIONI   PRINCIPALI

            Depositi a risparmio liberi  

            Depositi a risparmio vincolati  

            Certificati di deposito

            Depositi in conto corrente  

            Conti correnti di corrispondenza

            Conti Correnti gestiti

 

OPERAZIONI DI PROVVISTA DI FONDI

            Operazioni “Pronti contro termine”  

            Risconto di portafoglio

            Anticipazioni passive  

 

OPERAZIONI  DERIVATE 

           Sconto di portafoglio

           Anticipazioni su titoli

           Anticipazioni su merci

 

OPERAZIONI  DIRETTE  

           Aperture di credito

           Credito al consumo

 

OPERAZIONI D'IMPIEGO DEI FONDI  e D’INVESTIMENTO

           Compravendita di titoli

 Compravendita di divise

     

OPERAZIONI   ACCESSORIE

           Emissione di assegni circolari     -    Servizio di cassette di sicurezza

           Servizio titoli  -  Pagamento di utenze  -   Bonifici  - Ordini permanenti

           Carte di credito   -    Bancomat - Piani di accumulazione di capitale   

 

 

 

 

 

RAPPORTI    UTENZA - BANCHE

( Storia di una conflittualità endemica)

 

 

 

SITUAZIONE ANTECEDENTE AL 1988:

 

*** Cartello Bancario (1932) ***

Sin dal 1932, le  aziende bancarie, allo scopo di evitare una sleale concorrenza tra loro, avevano sentito l'esigenza  di accordarsi per regolare uniformemente le condizioni da applicare alla clientela: tassi attivi e passivi, valute, rimborso spese, provvigioni, ecc. Questo accordo nato spontaneamente, per iniziativa stessa delle banche, in seguito alla riforma bancaria del 1936, fu reso obbligatorio dal  Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, prendendo il nome di Cartello Bancario.   

 

*** Accordo interbancario per le condizioni (1954) ***

Dal  primo  febbraio  del 1954 l'Accordo interbancario per le condizioni  sostituì  il vecchio Cartello.

Anch'esso  stabilì le condizioni da applicare alla clientela. L'accordo interbancario venne liberamente sotto­scritto da quasi tutte le aziende di credito italiane, aderenti all' Associazione Bancaria Italiana. Per quanto attiene alla vigilanza, alla disciplina e al controllo sull'applicazione dell'Accordo, è stato istituito il Co­mitato accordo interbancario, alla Presidenza del quale risiede lo stesso Presidente dell'ABI. Il Comitato sta­bilisce l'importo della penale da pagare in caso di infrazioni alle norme contenute nell'Accordo Interbancario.

 

*** Accordo interbancario per le condizioni (1970) ***

In  seguito alle nuove caratteristiche assunte dal mercato monetario e finanziario il primo settembre del 1970 venne istituito un nuovo Accordo interbancario per le condizioni, recante parecchie modifiche ed integrazioni al precedente Accordo.

 

L'ACCORDO INTERBANCARIO DEL 1988: L'autoregolamentazione ABI.

 

Con  l'ampliarsi  della gamma dei servizi offerti dalle aziende di credito agli utenti e il mutare della clientela  da "elitaria" a  "di massa", si è andata parallelamente ad affermare l'esigenza, o meglio la  neces­sità, da parte dell'utenza di vedersi garantire  una maggiore tutela riguardo alla trasparenza delle condizioni praticate per le principali operazioni e per i più usati servizi bancari.

Fino ad allora le banche operavano con completa discrezionalità, senza offrire al cliente alcuna possibi­lità di controllo e di eventuale contestazione sul loro operato.

Il 30 novembre del 1988 venne stipulato, nella sede dell'Associazione Bancaria Italiana, il nuovo "Accordo interbancario", il cui oggetto principale è costituito dalla pubblicità sulle condizioni relative alle princi­pali operazioni bancarie. Tale Accordo è entrato in vigore:

 

***  il  1°  dicembre del 1988 stabilendo per tutte le Sedi o le agenzie degli  Istituti di credito  aderenti all'accordo, l'obbligo di affiggere due cartelli recanti tutte le condizioni applicate alla clientela.  

 

***  il 1° gennaio 1989, dopo la precisa e vigorosa denuncia dell'ADUSBEF (Associazione per la Difesa degli  U­tenti dei Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi e Postali costituita nel maggio del 1987) in merito  all'abo­lizione del doppio divisore per il calcolo degli interessi attivi e passivi, ponendo l'unico metodo di  calcolo rapportato all'anno solare di 365 giorni.

Sempre  dalla suddetta data, tutte le Banche aderenti al nuovo codice di autodisciplina devono adottare i contenuti dell'estratto di conto corrente e conto scalare, nel quale devono essere riportati tutti gli elementi utili per il conteggio delle competenze, spese unitarie e relativo importo, spese di chiusura e obbli­gatorietà di invio all'utenza con cadenza almeno trimestrale. Nasce inoltre l'obbligo di comunicare ai  corren­tisti qualsiasi variazione intervenuta sui tassi attivi o passivi e della commissione sul massimo scoperto,  ed ai depositanti le variazioni intervenute sui tassi alla prima presentazione del libretto, con il diritto di re­cesso del cliente entro 15 giorni dalla data di esposizione del cartello aggiornato, ottenendo, in sede di  li­quidazione del rapporto medesimo, le condizioni precedentemente in essere.

 

*** il 1° luglio 1989 per l'adozione di un modello standard di estratto conto e di conto scalare, che evidenzi con chiarezza e in dettaglio tutti gli elementi utili per il conteggio delle competenze e delle spese.

 

 

LEGGE SULLA TRASPARENZA BANCARIA ( 154 DEL 1992) E L'OMBUDSMAN  ABI.

IL TESTO UNICO DELLE LEGGI IN MATERIA BANCARIA DELL’  1.9.1994.

 

Nonostante l'entrata in vigore del codice di autoregolamentazione e le dichiarazioni di buona volontà, la mag­gior parte delle banche ha continuato ad operare in maniera poco trasparente, dimostrando l'inefficacia  dello strumento di autoregolamentazione attrezzato solo per evitare, o quanto meno allontanare, una normativa giuri­dicamente vincolante per tutti gli operatori creditizi e finanziari e non solo per le banche. 

Così, il 17 febbraio 1992 è entrata faticosamente in vigore la legge 154 contenente le norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Il tormentato iter della legge, avversata strenuamente dal­le  banche, è la dimostrazione migliore della sua utilità, in quanto, in particolare, con tale normazione  si  è finalmente  data attuazione ai principi di correttezza e buonafede, nell'esecuzione dei contratti bancari,  af­fermati in modo generale dal Codice civile.

La  suddetta legge ha, in particolare, stabilito obblighi per banche e finanziarie circa la comunicazione agli utenti dei servizi delle condizioni praticate (tassi, spese, commissioni ecc.); ha abolito la famigerata "fi­deiussione  omnibus" con l'obbligo, quindi, di stabilire i limiti economici entro i quali il  fideiussore deve garantire; ha imposto la consegna agli utenti dei moduli e dei contratti sottoscritti.

Sempre  sulla  scia dei provvedimenti volti ad una più penetrante tutela degli utenti, inoltre, dal 15 aprile 1993  è stato istituito dall'ABI il cosiddetto Ombudsman bancario. La finalità è quella di risolvere, in  sede non giudiziale ma avanti ad un organo privato, le controversie, tra clienti e banche, per danni ipotizzati  non superiori a 5.000.000 di lire. 

L'iniziativa  è senz'altro  positiva, ma è carente là dove non è stata  prevista  dall'ABI la partecipazione all'Ufficio dell'Ombudsman, quanto meno, di un rappresentante degli utenti. In tal modo si correrà il pericolo di  una tutela non proprio imparziale degli utenti bancari, anche se la decisione dell'Ombudsman non  pregiudica la possibilità di rivolgersi all'autorità giudiziaria. Riteniamo però che un pronunciamento  negativo  potrà, quanto meno, influenzare il giudice. 

La possibilità di intervento dell’Ombudsman (una sorta di “appello”) ha una serie di limitazioni:

 Si interessa solo di rapporti tra banca e consumatore (non professionista né persona fisica);

 Non si interessa di fatti antecedenti al 1° gennaio 1993;

 I danni  lamentati  (attenzione: non l’operazione incriminata) devono essere inferiori ai cinque                                  

 milioni di lire;

 Il fatto non deve essere già stato portato davanti al giudice;

 Occorre  aver già interessato l’Ispettorato reclami della banca .

 

Il 1° gennaio 1994 è entrato in vigore il “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”. Della legge 154 ha assorbito tutti gli articoli tranne il decimo (Sulle fideiussioni), rimasto pertanto l’unico articolo in vigore della vecchia legge sulla “trasparenza”.

 

 

 

I N    E U R O P A

 

Primi passi per l'integrazione. La 2^ Direttiva CEE.

 

La  Direttiva CEE del 15 dicembre 1989 646, recepita dal nostro ordinamento nel dicembre 1992, fornisce  lo schema entro cui predisporre la realizzazione del mercato unico europeo per il  settore del credito.

I  principi fondamentali da essa introdotti e miranti all'allineamento complessivo della disciplina creditizia operante nei singoli paesi, riguardano: il mutuo riconoscimento, la disciplina dei controlli, l'armonizzazione delle condizioni di autorizzazione e di esercizio dell'attività creditizia, la libertà di stabilimento e la li­bera prestazione dei servizi, la rimozione di ogni obbligo di specializzazione sia temporale  che di settore.

Quanto all'attività di controllo,  essa viene affidata alle istituzioni del paese d'origine; l'esercizio dell'attività creditizia, però, non potrà essere incompatibile con le disposizioni legali di interesse generale                                         in  vigore nello stato membro ospitante. Si ritiene, pertanto, che i controlli sulla liquidità, sul rischio  di mercato e sull'applicazione delle misure di politica monetaria coinvolgenti l'operatività del sistema crediti­zio, siano ancora appannaggio dello stato ospite.

 

 

L'Unione Monetaria e le ripercussioni sul  sistema creditizio.

 

Con l’introduzione della moneta unica europea, il sistema bancario dovrà affrontare  due ordini di problemi, entrambi (ritengono i responsabili del settore creditizio) con costi non indifferenti:

1) La nuova moneta obbligherà ad ammodernamenti di attrezzature, programmi informatici, corsi di aggiornamento del personale.

A questo proposito, ci corre l'obbligo di ricordare che i costi relativi alle voci citate risultano "fisiologici" per il sistema. La revisione di hardware e di software, i corsi di qualificazione per i dipendenti sono ricorrenti: le banche sono costrette a necessari periodici aggiornamenti di programmi e macchine obsolete. Si calcoli ad esempio, che i programmi oggi in uso non sono in grado di "considerare" l'anno 2000 o i successivi: quando si indica una data, le due cifre riservate all'anno ( 00 oppure 01, ecc.) vengono riferite dal sistema al 1900, al 1901 ecc.. La revisione è obbligata, ma l'euro non c'entra. 

2) La moneta unica causerà l'eliminazione di alcuni tipi di operazioni molto remunerative, come quelle in cambi tra valute europee.

Riteniamo che a fronte dei minori introiti per le operazioni in valuta, si assisterà ad un notevole incremento dei sistemi di pagamento alternativi al contante. Infatti, il notevole ampliamento del mercato e l'eliminazione del rischio di cambio favorirà l'utilizzo massiccio della moneta fiduciaria (assegni, bonifici, carta di credito, bancomat, minipay) notoriamente assoggettata a commissioni bancarie anche superiori a quelle percepite per le operazioni in cambi.

 

In ogni modo, il sistema bancario dovrà sottoporsi ai seguenti accomodamenti:

 

FASE  "A"   - ANNO 1998

 

**  Occorrerà che le aziende di credito adattino i  servizi  di tesoreria, gli uffici titoli e gli uffici cambi dal momento che, col  1999, le nuove emissioni e i rapporti di cambio avverranno in Euro.

** Nella seconda metà dell'anno dovranno essere sperimentate le nuove procedure.

 

FASE  "B" -  DAL  GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001

 

** Le banche dovranno essere in grado di offrire il servizio di contabilità per conti correnti espressi in euro, perché potranno essere richiesti dagli utenti. L'azienda trasformerà in euro tutti i versamenti e tutti i pagamenti in altra valuta (ad esempio, versamenti di assegni in lire o emissione di assegni in lire).

** I trasferimenti di capitali tra banche europee e le relative contabilizzazioni avverranno in tempo reale e non più (come avviene oggi) a fine giornata  tramite compensazioni  multilaterali. Il nuovo sistema denominato TARGET (Trans European Automated Real time Gross Settlement Express Transfer)  comporterà un collegamento sovranazionale  (definito "interlinking").

Questo nuovo sistema verrà utilizzato anche dai Paesi che non parteciperanno  alla prima fase dell' UME, per i quali l'Euro sarà ancora una "valuta estera".

** Siccome le nuove emissioni di titoli pubblici saranno espresse in Euro, le banche dovranno essere in grado di offrire servizi in Euro alla clientela: dovranno essere convertiti i contratti di deposito; dovrà procedere massicciamente la riconversione e la formazione del personale.

 

 

FASE  "C"  - DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002

 

** L'intero sistema del credito dovrà utilizzare l'Euro per ogni forma  di transazione, anche per contanti, e di servizio (dagli sportelli  automatici, alle casse, al software ecc.), essendo previsto il ritiro delle monete nazionali e la loro totale sostituzione con la moneta europea.

 

 

I PROBLEMI DA RISOLVERE

 

In  sintesi, possiamo così riassumere i problemi "tecnici", interni e/o di sistema, che le banche italiane do­vranno affrontare e risolvere per misurarsi ed integrarsi senza contraccolpi nell'Europa comunitaria:

 

Il livello delle "riserve obbligatorie".

 

Per le banche italiane, i costi derivanti dall'istituto della riserva obbligatoria ( quota dei depositi da de­tenere  presso la Banca d' Italia a garanzia, parziale,  della solvibilità delle aziende di credito) risultano molto più elevati di quelli che devono affrontare gli istituti dei principali paesi europei.

Fino al 5 febbraio 1993 il livello era pari al 22,5 % dei depositi raccolti ( in Francia è in media dello 0,9 %, in Germania del 3,6 % [Fonte Banca d'Italia] ). In quella data,  un decreto del Ministro del Tesoro abbassava al 17,5 % l'obbligo di riserva. La manovra proseguiva nel marzo dello stesso anno con la riduzione al 10 % del coefficiente  di riserva per i Certificati di deposito con scadenza oltre i 18 mesi.                                                                                       

Nel 1998, il livello delle riserve obbligatorie è passato al 9 per cento, poi (luglio 1998)      ulteriormente ridotte al 6 per cento, liberando nel primo caso oltre 40.000 miliardi di lire.

L’ 8 luglio 1998, la Banca Centrale Europea ha deciso di applicare una percentuale dell’ 1/2,5 per cento dei depositi. Il sistema italiano si avvantaggerà recuperando margini finanziari da questa iniziativa.

 

Il livello e la qualità delle partite " in  sofferenza ".

 

Nel dicembre 1992, su un totale impieghi (somme prestate dalle banche) pari a  629.797 miliardi di lire,  l'en­tità dei crediti "in sofferenza" e delle partite "incagliate" ( quasi, ma non ancora definitivamente, " in sof­ferenza " )  si  avvicinava al 16%   (circa 100.000 miliardi) ; superava però il 20% del totale se consideriamo il complesso  degli impieghi ( 448.025   miliardi di lire) indirizzati verso il solo settore produttivo  (considerando  le imprese  manifatturiere, le altre non finanziarie e le famiglie produttrici) escludendo  per­tanto le somme che il sistema bancario metteva a disposizione di: pubblica amministrazione, famiglie consuma­trici, assicurazioni, istituzioni creditizie.

[A conferma dell'analisi e del giudizio espresso in merito alle nomine dei vertici delle Casse di Risparmio, per queste il rapporto sofferenze / impieghi è mediamente più alto che per gli altri istituti bancari.]

E' facile intuire come questo fenomeno, causato dall'aver "trascurato" le corrette e prudenziali procedure pre­viste  per la concessione del credito e non certo dall'aver, in buona fede, sbagliato valutazione circa il  ri­schio  presentato dalle operazioni, influisca pesantemente sulla determinazione dei costi complessivi del si­stema, a carico dell'utenza attiva, e quindi sulla sua competitività.

Si consideri che, cinque anni fa, in Francia il livello dei crediti in sofferenza superava abbondantemente, in volume, quello ita­liano, ma esso derivava dall'aver puntato negli anni passati sul settore immobiliare che per molto tempo ha  of­ferto rendimenti doppi, e a volte tripli,  rispetto alla media dei tassi di rendimento francesi. Pertanto,  le banche di quel paese hanno lucrato abbondantemente e per lungo tempo prima della crisi  immo­biliare.

In Italia, invece, i crediti concessi per "conoscenza", per "segnalazione" di amici o per "disobbligarsi" so­no causa di buona parte delle "sofferenze". Queste sono caratterizzate da tassi anche inferiori al prime rate ( si vedano gli affidamenti ai partiti politici). Con il tipo di attività appena descritto il settore del credito non ha guadagnato nulla (in termini di conto economico delle singole aziende), ci ha al contrario rimesso, rifacendosi in ogni modo sulle condizioni offerte alla clientela depositante.

Le sofferenze del dicembre 1996 ammontavano a 123.117 miliardi di lire.

Crollarono a 114.776 a seguito dell’operazione di salvataggio del Banco di Napoli, con l’assorbimento di 12.000 miliardi di crediti in sofferenza da parte della “bad bank”, operazione imposta dal Tesoro. Ma nel marzo 1998, erano tornate al livello di due anni prima, raggiungendo i 121.697 miliardi  di lire.

 

Riportiamo l’elenco delle banche che hanno, per il 1997, oltre mille miliardi di “sofferenze” (Fonte: Il Mondo).

 

 

 

 

SOFFERENZE BANCARIE 

ANNO   1997 (In miliardi di lire)

 

 

       

BANCA                                          SOFFERENZE

 


Banca di Roma                                   8.060

Banca Nazionale del Lavoro                 6.924

Banco di Sicilia                                  4.823

I.B. San Paolo di TO                            4.398

CARIPLO                                            3.450

Monte Paschi di Siena                         2.652

Credito Fondiario FONSPA                   2.394

Banca Popolare di Novara          1.601

Banca Commerciale Italiana                 1.460

Banco Ambroveneto                           1.419

Banca Nazionale Agricoltura       1.217

Credito Italiano                                  1.178

Centrobanca                             1.041

 

 

 


Riportiamo  il conto economico del sistema creditizio (Fonte: Il Mondo) raffrontando 1996 e 1997, anno in cui il settore presenta una netta decadenza.

 

CONTO ECONOMICO DEL SISTEMA BANCARIO

 

 

                                               1996               1997        VARIAZ. %

                     

MARGINE D’INTERESSE     48.494          46.218                   - 4,69

MARGINE DI INTERMEDIAZIONE    73.076          72.518                      - 0,76

RISULTATO DI GESTIONE   19.258          17.142                   -10,99

UTILE ORDINARIO   6.589  2.597           - 60,59

UTILE NETTO         2.665  - 531  - 119,92

 


 


Il basso grado di internazionalizzazione delle nostre banche 

 

Nonostante l'apertura di numerose filiali sulle principali piazze finanziarie europee e mondiali, le banche i­taliane svolgono un ruolo ancora secondario sui mercati finanziari internazionali ed hanno una scarsa ed episo­dica penetrazione sui mercati interni degli altri paesi europei. Tale posizione di secondo piano va ricondotta sia allo scarso peso avuto in passato  dall' Eurolira, sia al ruolo ancora marginale svolto dalle banche italiane per quanto  riguarda i collocamenti di prestiti sugli euromercati. 

All’assemblea ordinaria dell ‘ABI, tenutasi il 24 giugno 1998, il Governatore Fazio ha ancora una volta stigmatizzato il basso livello di efficienza del sistema creditizio e la ancor più bassa propensione ad uscire oltre i rassicuranti confini nazionali.

 

Il basso livello del rapporto fiduciario utenza - banche

 

Il sistema, cresciuto in un ambiente mai sanamente concorrenziale, ha impostato il suo rapporto con la cliente­la oscillando tra le concessioni paternalistiche del buon feudatario e le imposizioni di chi esercita un potere superiore e, comunque, istituzionalizzato. Pertanto, le banche hanno dell'utenza "di massa" una concezione che ne  mette in evidenza quasi esclusivamente la capacità di essere "fonte di problemi", specie qualora non  ac­cetti supinamente  tempi e metodi del sistema; parallelamente, gli utenti, nel rapporto la parte più debole, considerano  l'attività delle banche come complesso di operazioni cui accedere col massimo  della diffidenza, perché strutturate per vantaggio esclusivo del sistema e dei clienti " che possono", non della clientela comu­ne.

Ne deriva un clima di reciproca sospettosa "sopportazione", ben poco fertile e socialmente dannoso, che certa­mente ha causato e causa uno sviluppo anomalo e  non solido del sistema creditizio italiano, condannandolo, al­meno  fino ad oggi, ad una evoluzione forzatamente adattata alle esigenze di mercato e deformata  da un'ottica ancora elitaria della clientela. Infatti, quando ad entrare in banca erano solo i "Signori", gli obiettivi  so­cioeconomici dei banchieri e dei clienti coincidevano. Anche per questi motivi il settore bancario italiano, misurato con la realtà europea, esprime ancora un basso livello di competitività complessiva. 

Emblematica, a questo proposito e al fine di evitare interventi del legislatore, è la forzatura concettuale mi­rante  a definire   come " Ombudsman" un super ufficio reclami unificato, clonato in seno all'A.B.I., l’ Asso­ciazione  bancaria italiana. Si tratta, infatti, di un organo di parte creato unilateralmente dai banchieri  con il compito di dirimere controversie nelle quali una delle parti in causa (la banca) dovrà giudicare se stessa.

L'operazione,  neanche d'immagine ma più superficialmente di facciata, genera certamente un disorientamento dei  cittadini degli altri paesi dove l'Ombudsman, organo realmente super partes, ha ben altra genesi  e  dove gode, in campo amministrativo pubblico da decenni, dell'assoluta fiducia delle parti coinvolte.

 

Le nuove frontiere del settore creditizio.

 

La tecnologia informatica  e Tlc sta rivoluzionando il settore. Con Internet finisce l’era dell’intermediario classicamente inteso. Banche, assicurazioni, giornalismo, distribuzione per punti di vendita così come li intendiamo noi declineranno in pochi anni: sopravviverà solo chi è in grado di fornire valori aggiunti. In mancanza di essi, non ci sarà ragione di mantenere 330.000 bancari quando potrò “fare banca” per telefono o per PC. E quando Tancredi Bianchi, presidente dell’ABI, parla di 30.000 bancari di troppo, la sua visione è limitata e “vecchia maniera”. Perché alla luce dei progressi delle telecomunicazioni e dei personal computer, i bancari di troppo (a parità di altre condizioni) sono 150.000: la standardizzazione delle operazioni e la possibilità di “teleinoltrarle” via filo (telefono o PC) senza la necessità di recarsi allo sportello, permetterà ai correntisti di operare senza più andare in banca. Ciò significa che l’utente potrà scegliere di entrare in rapporto, indifferentemente, con la banca “sotto casa” o con quella londinese: dipenderà da valutazioni di correttezza, affidabilità, precisione, semplicità.

Viene così a decadere, per le banche, la necessità di occupare materialmente il territorio attraverso l’apertura di nuove agenzie. Basterà aumentare i centralini.

 

C o n c l u s i o n i

 

Il  marketing degli istituti di credito non è  "rivolto  al mercato",  cioè allo studio "interessato" delle esigenze dei  po­tenziali consumatori; ma esso limita i suoi interventi in nomina­li promozioni d'immagine o, meglio, di facciata. In  questi termini, agli occhi dei cittadini le banche  non hanno mai acquisito il rispetto che si considera appannaggio  di chi svolge ruoli e  compiti socialmente utili. Mentre gli istitu­ti di credito non hanno mai attribuito alla clientela le caratte­ristiche  di controparte indispensabile per la permanenza  della loro attività nel mercato del credito.

La verifica su quanto affermato è offerta dagli atteggiamenti  del "banchiere" (ma anche del bancario) nei confronti  delle due  grandi  categorie di utenza: i depositanti e  gli  affidati. Mentre nei confronti dei primi lo spirito dominante e più  comune è quello di "sopportazione" a volte benevola  e  paternalistica, più  spesso intollerante (specie se vengono  sollevati problemi), nei confronti dei secondi l'atteggiamento più diffuso è quello di chi si aspetta una personale riconoscenza dal "miracolato" di turno. In questo senso, il ruolo di gestore del credi­to viene usato per acquisire personali meriti "sociali".

Ma  non sono questi i comportamenti che generano stridori  e risentimenti  in termini di valutazione etica: pur  se  medievali essi possono essere, se generalizzati e conosciuti, ancora accet­tati o sopportati. Le smagliature etiche sono altre, tutte riconducibili  alla impostazione seguente: chi gestisce il credito ritiene, a suo in­sindacabile giudizio, di poter mettere in comune, con gli  utenti che  in qualche modo ritiene interessanti, i "vantaggi"  offerti dal  dominio esclusivo dello strumento, escludendo  dai  benefici gli  altri ai quali è delegato il ruolo di "portatori  d'acqua".

Ciò vuol dire, e torniamo alle analisi quantitative, che le norme di comportamento nella gestione del credito non sono  "obbietti­vamente" individuate. Risulta pertanto  opaca e di difficile  in­dividuazione l'etica che le sottende; applicata al  settore  del credito,  la morale (come del resto il diritto) deve abbandonare  ogni caratteristica di certezza, di obbiettività e di applicazio­ne generalizzabile: la remunerazione di un conto corrente non dipende,  sempre e per tutti, dalla valutazione della giacenza me­dia, da motivi di opportunità professionale (legittimi) o da  al­tri parametri individuati, ma, troppo spesso, da giudizi persona­li su eventuali meriti  "tribali" di appartenenza (amicizia, in­teressi convergenti, segnalazioni di titoli e qualificazioni particolari, ecc.); così, la concessione di un affidamento non dipen­de, sempre e per tutti, dalla valutazione economico-finanziaria del richiedente, effettuata con parametri oggettivi e conosciuti: essa è superata, come nel caso precedente, dai "meriti  speciali" che, se  sufficienti, fanno "sparire" l'influenza di ogni tipo di analisi finanziaria e  con­tabile.  

Né può essere giudicato fuori misura quanto affermato: è sot­to  gli  occhi di tutti il livello raggiunto dalle "sofferenze" bancarie,  ormai attorno ai 125 mila miliardi di lire,  per  aver gestito il credito al di fuori di ogni norma etica, conosciuta e riconosciuta, ritenendo di poter "usare" il denaro dei depositan­ti come se fosse di proprietà; è di dominio comune il livello dei "ringraziamenti" (decine di miliardi) per aver fatto partecipare potentati  economico-industriali ai vantaggi derivanti  dal  con­trollo  e dalla gestione per fini di parte (e non sociali)  dello strumento  del credito; sono noti i vantaggi  (aziendali)  delle operazioni in cambi effettuate, anche contro la nostra moneta  e in nome di sbandierate superiori leggi di mercato, durante i mo­menti  difficili per la lira sottoposta ad una speculazione  sel­vaggia  che, visti i livelli raggiunti dalle riserve di  Bankita­lia, conosceva perfettamente le caratteristiche da linea  Maginot delle difese antisvalutazione megafonate per il volgo da Amato  e Barucci. E ancora, per accostarci a Tangentopoli, sono stati cer­tamente bancari i canali utilizzati per far defluire  oltre fron­tiera le migliaia di miliardi di lire frutto del malaffare  poli­tico-economico istituzionalizzato, quando l'utente "normale",  in nome delle leggi valutarie in vigore fino al 1990,  ve­niva  denunciato se scoperto a portare all'estero  (per turismo, studio, cura) più di due milioni di lire senza aver  provveduto ad autodenunciarsi all'Ufficio Italiano dei Cambi, ed aver otte­nuto da esso la relativa autorizzazione. 

Ma se le cose stanno così, se l'approccio etico degli opera­tori del settore è quello delineato, se i rapporti sono  riduttivamente  sclerotizzati  ed incanalati su binari poco fertili  e, ciononostante gli utili aziendali e di settore sono sempre  alti, che peso possono avere i problemi sollevati dai cittadini  utenti ?

In  un  ambiente come quello appena  delineato  il  maggiore sforzo per ricondurre a correttezza i    rapporti è richiesto (come sempre) all'utente.

Prima di tutto "conoscendo".

 


 

 

Il PuntO 2. Il cammino dell’euro

Di Mauro Novelli 1998

 

I L    C A M M I N O    D E L L' E U R O

                

                                      

Lo  scenario relativo alle fasi che i  Paesi  del continente dovranno affrontare per pervenire all'Unione Monetaria è stato definito a Madrid nel 1995.

Dal gennaio 1999 al dicembre 2001 gli operatori potranno adottare l' euro, ma non saranno obbligati a farlo. La decisione è libera perchè vige la clausola "Nessun obbligo, nessun divieto" in base alla quale ognuno può decidere l'adozione della nuova moneta, nessuno può impedirglielo, nessuno lo può obbligare a farlo. Dal 1° gennaio 1999, infatti, l' euro circolerà come moneta scritturale  o  fiduciaria, cioè potrà essere  adottata  nei sistemi di pagamento diversi dal contante ( contabilità aziendale e conti correnti potranno essere espressi in euro, come gli  assegni, la carta di credito, i bonifici, ecc.).

Vediamo intanto le fasi e le cadenze fino al giugno 2002. Valuteremo, poi, le ripercussioni sul sistema bancario, sulle imprese  e sulle famiglie.

 

 

 

 

LE FASI DELL'UNIONE MONETARIA EUROPEA

 

Ottobre 1997: Rapporto della Commissione sui conti 1997 dei 15 Paesi.

 

FASE  "A"  -  ANNO 1998   (Varo della Unione Monetaria Europea)

 

** Febbraio 1998: i 15  Paesi comunicano i dati ufficiali relativi al bilancio 1997.

** Maggio 1998: Sulla base delle valutazioni della Commissione e dell' Istituto Monetario Europeo, tenendo conto di ineludibili valutazioni politiche, si decide chi farà parte dell'Unione Monetaria e, soprattutto si fissano definitivamente i rapporti di cambio bilaterali tra valute europee. Da questo momento saranno annullati i rischi di cambio nelle contrattazioni europee. (Tale passaggio è stato anticipato con decisione del settembre 1997. Era originariamente previsto per il gennaio 1999)

** Si definisce l'organizzazione del SEBC ( Sistema  Banca Centrale Europea che avrà sede a Francoforte sul Meno).

** Si introduce la specifica legislazione monetaria.

** Si realizza una massiccia campagna di informazione.

** Si avvia la produzione di banconote e monete.

 

FASE  "B"  - DAL  GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001  (Avvio della U.M.E.)

 

** Si definisce il "tasso di conversione" di ogni singola moneta nazionale con l'euro. Esso sarà irrevocabile.

** L'Euro verrà utilizzato per gli interventi di politica monetaria adottata dalla Banca Centrale Europea. Verrà adottato nel mercato interbancario e finanziario, nel sistema dei pagamenti all'ingrosso, sui mercati valutari, nella  emissione di titoli di Stato.

** Sarà possibile (e non obbligatorio) per i privati esprimere in Euro e non in valuta nazionale le operazioni finanziarie, i conti correnti, l'aspetto finanziario i contratti.

 

FASE  "C"    -  DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002 (Completamento dell'U.M.E.)

 

** Si procederà al  ritiro dalla circolazione delle valute nazionali per sostituirle con banconote e monete in euro. Dopo il 30 giugno 2002, occorrerà riconsegnare le vecchie valute nazionali -ormai fuoricorso - e cambiarle in euro.

** L'Euro avrà corso legale: sarà obbligatorio esprimere ogni transazione e i prezzi di beni e servizi in Euro. Il mercato al dettaglio adotterà la nuova moneta

** La contabilità delle pubbliche amministrazioni verrà espressa in Euro.

 

 

                                         L' E U R O    E   L E   B A N C H E

 

L'UNIONE MONETARIA E LE RIPERCUSSIONI SUI SISTEMI CREDITIZI

 

Il sistema bancario dovrà affrontare  due ordini di problemi, entrambi (ritengono i responsabili del settore creditizio) con costi non indifferenti:

- La nuova moneta obbligherà ad aggiornamenti di attrezzature, programmi informatici, corsi di aggiornamento del personale.

A questo proposito, ci corre l'obbligo di ricordare che i costi relativi alle voci citate risultano "fisiologici" per il sistema. La revisione di hardwere e di softwere, i corsi di qualificazione per i dipendenti sono ricorrenti: le banche sono costrette a necessari periodici aggiornamenti di programmi e macchine obsolete. Si calcoli ad esempio, che i programmi oggi in uso non sono in grado di "considerare" l'anno 2000 o i successivi: quando si indica una data, le due cifre riservate all'anno ( 00 oppore 01, ecc.) vengono riferite dal sistema al 1900, al 1901 ecc.. La revisione è obbligata, ma l'euro non c'entra. 

- La moneta unica causerà l'eliminazione di alcuni tipi di operazioni molto remunerative, come quelle in cambi tra valute europee.

Riteniamo che a fronte dei minori introiti per le operazioni in valuta, si assisterà ad un notevole incremento dei sistemi di pagamento alternativi al contante. Infatti il notevole ampliamento del mercato e l'eliminazione del rischio di cambio favorirà l'utilizzo massiccio della moneta fiduciaria (assegni, bonifici, carta di credito, bancomat, minipay) notoriamente assoggettata a commissioni bancarie anche superiori a quelle percepite per le operazioni in cambi.

 

Comunque, il sistema bancario dovrà sottoporsi ai seguenti accomodamenti:

 

FASE  "A"   - ANNO 1998

 

**  Occorrerà che le aziende di credito adattino i  servizi  di tesoreria, gli uffici titoli e gli uffici cambi dal momento che, col  1999, le nuove emissioni e i rapporti di cambio avverranno in Euro.

** Nella seconda metà dell'anno dovranno essere sperimentate le nuove procedure.

 

FASE  "B" -  DAL  GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001

 

** Le banche dovranno essere in grado di offrire il servizio di contabilità per conti correnti espressi in euro, perchè potranno essere richiesti dagli utenti. L'azienda trasformerà in euro tutti i versamenti e tutti i pagamenti in altra valuta (ad esempio, versamenti di assegni in lire o emissione di assegni in lire).

** I trasferimenti di capitali tra banche europee e le relative contabilizzazioni avverranno in tempo reale e non più (come avviene oggi) a fine giornata  tramite compensazioni  multilaterali. Il nuovo sistema denominato TARGET (Trans European Automated Real time Gross Settlement Express Transfer)  comporterà un collegamento sovranazionale  (definito "interlinking").

Questo nuovo sistema verrà utilizzato anche dai Paesi che non parteciperanno  alla prima fase dell' UME, per i quali l'Euro sarà ancora una "valuta estera".

** Siccome le nuove emissioni di titoli pubblici saranno espresse in Euro, le banche dovranno essere in grado di offrire servizi in Euro alla clientela: dovranno essere convertiti i contratti di deposito; dovrà procedere massicciamente la riconversione e la formazione del personale.

 

 

FASE  "C"  - DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002

 

** L'intero sistema del credito dovrà utilizzare l'Euro per ogni forma  di transazione e di servizio (dagli sportelli  automatici, alle casse, al software ecc.), essendo previsto il ritiro delle monete nazionali.

 

                                        

 

L' E U R O    E    L E    I M P R E S E

 

L'UNIONE MONETARIA E  LA SUA RIPERCUSSIONE SULLE IMPRESE

 

 

Le imprese dovranno predisporre per tempo tutte le modifiche che il passaggio alla moneta unica comporterà: dai  registratori di cassa, alle etichettatrici (magari già con doppio prezzo), dai terminali per i pagamenti elettronici, ai computers, dalla contabilità agli strumenti di pianificazione finanziaria.

Ricordiamo che il settore al dettaglio potrà continuare ad esprimersi in lire fino al  31 dicembre 2001: questo potrebbe indurre molte aziende che hanno rapporti con i soli privati a ritardare aggiornamenti ed innovazioni, con conseguente accumulazione di spese e ristrutturazioni verso la fine della "fase B". Quanti invece provvederanno per tempo, potranno approfittare prima di altri dell'accesso ai servizi finanziari in euro e migliorare in termini di concorrenza.

 

 

FASE  "A"  -  ANNO 1988

 

** Nelle politiche di indebitamento le aziende dovranno tenere conto della convergenza dei tassi italiani  verso la media europea.

** Per le imprese che accedono, o intendono accedere, ai mercati finaziari sarà opportuno attrezzarsi in tempo per operare in Euro.

 

 

FASE  "B"   - DAL  GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001

 

**  Per  le imprese che ricorrono a finanziamenti  diretti  sul mercato  sarà necessario gestire in euro la tesoreria, le emissioni obbligazionarie ed azionarie. Occorrerebbe, altrimenti, una doppia contabilità.

** Per le imprese di import-export occorrerà valutare la convenienza di gestire i pagamenti in Euro.

** Occorrerà attrezzarsi all'uso delle nuove banconote.

 

 

FASE  "C"    - DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002

 

**  Tutta l'organizzazione aziendale dovrà  essere  predisposta per l'euro, essendo abbandonate le valute nazionali.

 

 

L' E U R O   E   I   C I T T A D I N I

 

L'UNIONE MONETARIA E LA SUA RIPERCUSSIONE SULLE FAMIGLIE

 

Sui consumatori, l'impatto dell'Unione Monetaria sarà, quanto agli effetti visibili, leggermente ritardato. Per tutta la  Fase A  il privato non avvertirà cambiamenti. Questi cominceranno ad essere avvertibili col 1999.  

Tranne, quindi,  i casi di scelta a favore della nuova moneta, nelle fasi "A"  e  "B", nulla cambierà per i consumatori: si acquisterà pagando in lire, stipendi e pensioni verranno corrisposti in lire, anche le tasse, probabilmente, verranno pagate in lire.

In molti casi, specie nelle zone di confine, i prezzi di merci  e servizi potranno essere indicati in lire ed in euro: occorrerà valutare bene gli eventuali "arrotondamenti" apportati dagli esercenti.

Ma chi vorrà investire i propri risparmi in titoli di Stato dovrà familiarizzare con l'euro, perchè in euro saranno espresse le nuove emissioni. In merito agli interessi, nulla cambierà.

 

FASE  "A"   - ANNO 1988

 

** Prezzi e  tassi dovrebbero convergere verso la media europea. I Paesi i cui tassi sono al di sopra (com il nostro) assisteranno ad una loro ridimensionamento verso valori più bassi. Questo fenomeno dovrà essere tenuto in considerazione quando si tratterà di investire i risparmi.

** Il proprio conto corrente è ancora espresso in valuta nazionale.

** Dal maggio, si  possono effettuare investimenti nel resto d' Europa senza correre rischi di cambio. (Solo una gravissima crisi valutaria mondiale potrà dar luogo ad una revisione delle parità definite dalle autorità monetarie.

** Cambiando valuta nazionale con altre valute dell'U.E. si otterrà sempre lo stesso controvalore.

 

FASE "B"  -  DAL  GENNAIO 1999 AL DICEMBRE 2001

 

** E' possibile effettuare alcuni pagamenti in Euro, adottando sistemi diversi dal contante: assegni, bonifici, carte di credito, bancomat ecc.

** Le banche hanno in vetrina alcuni servizi  in Euro. Il correntista potrà scegliere di esprimere in euro il suo conto; sarà la banca a provvedere alle necessarie trasformazioni valutarie (ormai sempre allo stesso rapporto di cambio con l'euro): accrediti in lire o ordini di pagamento in lire verranno prima trasformati nella nuova moneta e poi contabilizzati sul conto "euro".

** I titoli di Stato vengono emessi in Euro.

 

FASE  "C"    - DAL GENNAIO 2002 AL GIUGNO 2002

 

**  Occorrerà familiarizzare con le nuove banconote. Le monete nazionali  vengono ritirate: dopo il 30 giugno 2002, è necessario riconsegnarle per  la conversione, visto che risulteranno fuoricorso.

**  L'uso dell'Euro diviene obbligatorio in tutta Europa. La nuova moneta circolerà liberamente (tranne che nei paesi esclusi fin dall'inizio dalla Unione Monetaria).

 

 

 

Dal 1° luglio 2002,  le vecchie monete dei paesi partecipanti all'U.M.E. avranno valore solo nel mercato numismatico. L' euro si affiancherà a dollaro e yen nel commercio internazionale e dovrà essere stabile, tanto da farlo apprezzare come "moneta di riserva" alternativa alla moneta americana. La sua "area" comprenderà inizialmente tre dei sei paesi più industrializzati del mondo (Germania, Francia, Italia), quattro con il  successivo ingresso della Gran Bretagna.  A "regime" il mercato che adotterà la nuova moneta sarà di 370 milioni di persone.

 

 

 

 

Euro e consumatori

Dalla Transizione alla moneta unica europea

 

I precedenti inserti sull’Euro sono stati dedicati alla conoscenza dei cambiamenti derivanti dall’introduzione della nuova moneta europea. L’ultimo numero sarà dedicato ad alcuni aspetti particolari che più direttamente interesseranno i cittadini e come ognuno potrà avere l’informazione necessaria per non giungere impreparato all’avvento dell’EURO. L’introduzione della moneta unica avrà sul cittadino delle ripercussioni psicologiche fortissime. Basta pensare che tutti gli italiani con meno di cinquant’anni, non hanno mai adoperato i centesimi, che i vantaggi dell’Euro non saranno visibili, almeno inizialmente, da tutti (ad esempio chi non va all’estero il vantaggio di non pagare più le commissioni di cambio non l’avvertirà mai) e più in generale la lira, come qualsiasi altra moneta, ha un valore affettivo. Esempi semplici che, però, dimostrano appieno la necessità di dare ai cittadini un livello di formazione/informazione e un periodo di adattamento utili per comprendere fino in fondo il “nuovo che avanza”.

Un altro tema è quello dell’impatto sociologico.

Un primo rischio, derivante dall’adozione dell’Euro, paventato dai sociologi è un’ondata di consumismo strisciante dovuto al fatto che le cifre basse e i centesimi inducono a spendere senza molta attenzione.

Una seconda problematica, più grave, è l’alto grado di descolarizzazione, particolarmente nel mezzogiorno e il fatto che in Italia circa il 30 per cento della popolazione soffre del cosiddetto “analfabetismo di ritorno”, per cui ha difficoltà di intendere le istruzioni scritte.

Situazioni, entrambe, che impongono un approfondimento e un problema educativo, per il “cambiamento dello schema mentale” che l’Euro produrrà sulle singole persone.

Una terza tematica è quella degli effetti inflazionistici a “livello micro” ovvero su valori molto bassi. Infatti, se è vero che la maggiore concorrenza e trasparenza dei mercati, nel tempo, faranno abbassare i prezzi, tuttavia è prevedibile che, almeno nel periodo iniziale, possa esserci un loro incremento sia per far fronte ai costi di conversione, sia per il possibile sfruttamento, da parte dei soggetti meno corretti, della naturale confusione di ogni momento di avvio, sia per la possibile corsa all’accaparramento delle merci, per timore di un loro aumento, innescando in tal modo un meccanismo perverso difficilmente controllabile.

Inoltre, una ricerca ha posto in rilievo, su un campione di beni di consumo, le differenze di prezzo oggi poco evidenti, derivanti dalle varie valute esistenti, che diverranno eclatanti con l’adozione dell’Euro.

Pochi esempi, rendono meglio il concetto. Un barattolo di Nutella, ai prezzi attuali, costerebbe 1,51 Euro in Germania, 1,58 in Italia, 2,19 in Grecia, 3,50 in Danimarca. Una crema Nivea costerebbe 2,77 Euro in Francia 3,77 in Italia, 7,12 in Belgio. La conseguenza dell’adozione di un’unica moneta sarà l’avvicinamento verso un valore medio europeo dei prezzi, per cui nei paesi attualmente sotto la media si avrà un aumento dei prezzi.

Importante, infine, il problema degli arrotondamenti per una micromoneta quale la lira. Un esempio dell’importanza degli arrotondamenti, rende più semplice la comprensione. Un Kilowattora, che misura l’utilizzo dell’energia elettrica, attualmente costa 98,80 lire. Un centesimo di Euro è pari a circa 20 lire. L’arrotondamento possibile sarà a 4 o 5 centesimi di Euro, pari a 80 o 100 lire, “ovviamente” il nuovo costo sarà di 5 centesimi di Euro con un aumento percentuale del costo dell’1,20 per cento.

Per tale ultima situazione, la soluzione trovata è quella di arrotondare solo la cifra finale, quella effettivamente da corrispondere, mentre le cifre intermedie potranno essere espresse con più di due decimali.

I tre argomenti sopra riportati, sono solo alcune delle problematiche che dal 1° gennaio 1999 ognuno dovrà essere in grado di affrontare con piena cognizione di causa.

Le azioni da svolgere sono tante e complesse, quindi è necessario che i soggetti “comunicatori” siano diversi secondo la “categoria” che deve essere interessata.

Per i cittadini-utenti-consumatori l’attività vede coinvolti tre diversi soggetti: le istituzioni comunitarie, le istituzioni nazionali, le rappresentanze di “categoria”.

Le istituzioni europee sono state le prime ad attivarsi per fornire una conoscenza ampia e approfondita del cambiamento (changeover).

L’attività è basata su due aspetti, la partecipazione economica ai programmi nazionali e più iniziative informative.

La più importante è quella denominata “Cittadini d’Europa” che vuole far conoscere l’attività svolta attraverso campagne di stampa, accesso del pubblico ai documenti di lavoro delle Istituzioni comunitarie, la trasmissione dei principali avvenimenti comunitari (programma Europe on line), l’attivazione di numeri verdi (T. 167.876166), fax (0032.2.5480499) siti INTERNET (sito principale: http://europe.eu.int e molti altri siti specifici). Il programma “cittadini d’Europa” ha concluso la propria prima fase ed è in via definizione una seconda, per il periodo 1999-2002.

La Commissione Europea ha posto poi su un sito INTERNET (http://europe.eu.int/euro/), ma sarà disponibile anche su CD ROM,  floppy disk e carta, una banca dati denominata QUEST. La banca dati contiene un’ampia informazione sull’Euro con oltre 100 domande e risposte, continuamente aggiornate.

La Dg XXIV della Commissione, quella specifica dei consumatori, ha avviato vari programmi e tra l’altro ha proposto la costituzione, nel 1998, di “osservatori locali per il passaggio all’Euro” in cui dovrebbero essere presenti, in maniera paritetica, funzionari del settore pubblico, di quello privato e rappresentanti dei consumatori.

Compito degli osservatori dovrebbero essere l’indagine dei prezzi a livello locale e la loro pubblicizzazione, offrire la massima informazione possibile, facilitare la soluzione del contenzioso, ricorrendo ad un conciliatore.

Il livello istituzionale nazionale, vede come momento di proposta, di coordinamento e di comunicazione, il Comitato Strategico per l’Euro (c/o Ministero del Tesoro Via XX Settembre 00184 Roma).

Il Comitato è suddiviso in tre sottogruppi (finanza, imprese e pubblica amministrazione), affiancati da giuristi (con particolare riguardo ai settori civile e tributario) e da esperti informatici (per la modifica dei programmi). Per la rilevanza del settore è stato anche creato un gruppo di lavoro trasversale che interesserà tutte e tre i sottogruppi formali citati.

Ulteriori gruppi di lavoro sono stati creati per la “comunicazione” e per la “formazione”, in particolare quello per la “Formazione nella Pubblica amministrazione” che dovrà individuare le metodologie utili per la formazione dei funzionari pubblici in vista dell’Euro.

Sul piano informativo è stato costituto l’Eurodesk che è la struttura operativa del Comitato. L’Eurodesk affianca i gruppi di lavoro costituti nell’ambito del Comitato ed è responsabile dell’informazione sulla moneta europea verso tutta la collettività.

Prima di vedere come il Comitato Euro sta lavorando per il changeover, è utile conoscere come il “paese Italia” si sta preparando al cambiamento.

Le linee guida e molte decisioni per l’adesione dell’Italia all’Unione Monetaria Europea sono già state assunte, con una direttiva (3 giugno 1997) della Presidenza del Consiglio. La direttiva prende l’avvio dal presupposto che nel changeover la Pubblica Amministrazione non deve creare disagi alla collettività, deve presentare un comportamento omogeneo di tutte le proprie strutture, deve offrire la possibilità, a cittadini e imprese, di comunicare, di effettuare e di richiedere versamenti e pagamenti, nella forma scritturale, nella valuta europea.

Le PP.AA., secondo la direttiva, effettueranno la contabilità di bilancio in lire fino alla scadenza del periodo transitorio, anche per consentire a varie categorie di cittadini (ad esempio pensionati) e di imprese (ad esempio piccole imprese) di avere a disposizione un periodo più lungo di adeguamento.

Il 1° gennaio 2002, contemporaneamente, tutte le pubbliche amministrazioni, passeranno alla scritturazione in Euro. Nel periodo transitorio, le pubbliche amministrazioni utilizzeranno per la contabilità di bilancio e per le altre scritture contabili esclusivamente la lira.

Il capo secondo della direttiva contempla che, nel processo di cambiamento, la P.A. abbia funzioni propulsive e unitarie.

Le scelte delle singole amministrazioni saranno verificate e rese compatibili, nel principio dell’uniformità di comportamento, dal Comitato Strategico per l’Euro che, fino a sei mesi dopo la cessazione del corso legale della lira, avrà la funzione di valutare periodicamente i piani di attuazione e di verificarne il coordinamento.

In particolare, l’attività che sarà svolta per preparare la Pubblica Amministrazione al changeover discende, prevalentemente da atti pubblici (leggi, normative, regolamenti). Si può aggiungere che la Pubblica Amministrazione sarà la prima struttura a doversi adeguare all’Euro, dovendo fin dal 1° gennaio 1999 essere in grado di operare in lire e in Euro per soddisfare le richieste dei cittadini in quanto, da un lato potrà scegliere la valuta in cui effettuare i pagamenti, dall’altro, non potendo rifiutare pagamenti in Euro, nel caso degli introiti dovrà sottostare alla scelta effettuata dal debitore.

E’ stato già stabilito che potrà effettuare i pagamenti in Euro, a fronte di richiesta del creditore, se effettuati mediante emissione di vaglia cambiario della Banca d’Italia o con accreditamento in conto corrente. Sugli stipendi e sulle pensioni, nel periodo transitorio, saranno riportati, a titolo informativo,  gli importi convertiti in euro. L’eventuale conversione sarà effettuata dalla banca del dipendente. Uguale scelta ha effettuato l’INPS,

Infine, in 2/5 anni, a partire dal 1° gennaio 1999, dovrà essere effettuata una revisione completa delle leggi (secondo il Comitato Euro 8.000), degli atti e dei documenti ufficiali, degli articoli del codice civile, dei sistemi di pagamento automatizzati.

Il terzo capo della direttiva segna la costituzione del Comitati Provinciali Euro (CEP) cui parteciperanno le amministrazioni periferiche dello Stato maggiormente interessate, rappresentanti delle Camere di Commercio, della Banca d’Italia, dei comuni con più di 15.000 abitanti, degli uffici di tesoreria del comune capoluogo di provincia, delle forze sociali.

Funzione dei CEP, coordinata con il Comitato Strategico per l’Euro, è: a) il raccordo tra le amministrazioni statali e gli enti locali, con particolare riguardo all’informazione; b) la vigilanza a livello territoriale sui procedimenti legati all’introduzione dell’Euro; c) la verifica di eventuali problematiche.

I CEP avranno un compito fondamentale “creare fiducia” verso l’Euro.

L’atto successivo è stata l’emanazione, il 10 dicembre 1997 (G.U. 20 dicembre 1997 n. 295) della legge delega (n. 433) al Governo per l’introduzione dell’Euro, basata sul regolamento relativo all’introduzione dell’Euro approvato dall’ECOFIN, che consentirà di emanare, entro sei mesi (probabilmente entro maggio 1998), i decreti legislativi per attuare il passaggio alla moneta europea.

I decreti delegati, saranno basati su alcuni criteri guida già fissati: a) Continuità degli strumenti e dei rapporti giuridici. b) Neutralità del passaggio all’Euro. c) Informativa sulle regole per la transizione. d) Previsione dei periodi di adattamento per il passaggio graduale all’Euro. e) Delegificazione di alcune materie. f) Rispetto della disciplina comunitaria.

Tra le altre previsioni della direttiva si può ricordare che nella conversione all’Euro dovrà essere perseguita l’irrilevanza del risultato salvaguardando gli effetti giuridici, nel caso di modifica del risultato della conversione.

I decreti delegati concerneranno anche la ridenominazione del debito degli strumenti finanziari privati (azioni, obbligazioni ecc.) prevedendo il contenimento dei costi a carico degli emittenti, disciplineranno i criteri e le modalità di utilizzo dell’Euro, quale unità di conto nel periodo transitorio; quelle di rilevazione dei bilanci delle imprese e delle operazioni influenzate dalla fissazione irrevocabile dei cambi; regolamenteranno la dematerializzazione degli strumenti finanziari pubblici e privati facilitandone la ridenominazione e la circolazione (nella tutela degli emittenti e dei possessori) assicurando il regolare svolgimento delle operazioni di compensazione, liquidazione, garanzia e pagamento.

La normativa delegata disciplinerà le modalità e i tempi di presentazione di dichiarazioni, attestazioni e altri documenti con importi in Euro da presentare obbligatoriamente all’amministrazione tributaria e alle altre.

I documenti contabili espressi in Euro, se particolarmente significativi, dovranno riportare l’indicazione in lire e in Euro anche per la redazione dei conti consolidati in Euro della Pubblica Amministrazione.

Sarà previsto infine, che i crediti e i debiti non in contanti potranno essere regolati in Euro.

Il 18 dicembre 1997 è stato infine presentato lo Schema Nazionale di Piazza che regolerà tutta l’attività di preparazione all’Euro, verificando le interconnessioni, le priorità e la coerenza degli interventi.   

§

Le attività principali del Comitato Euro Nazionale e dei Comitati Provinciali per l’Euro saranno l’informazione sulle varie fasi di attuative, l’analisi, l’elaborazione il confronto di intese operative, affrontare i problemi, coordinare le formazione del personale degli enti locali particolarmente di quelli minori.

A livello generale, per offrire una comunicazione adatta alle famiglie, alle imprese e agli altri comparti, dopo una prima fase di conoscenza di tutte le problematiche, è stato pubblicato, nel giugno 1997, un libro bianco sull’EURO (Dalla lira all’Euro). Successivamente, per il periodo 1998-2001, è stato previsto un programma di comunicazione e di promozione mirato alla “alfabetizzazione dell’Euro” e dal 2002 per le specifiche indicazioni operative. A partire dalla fine del 1997 è stata prevista l’edizione un mensile da distribuire nelle edicole, sui treni e sugli aerei.

Ulteriore materiale informativo consisterà in convertitori portatili lira/Euro, manuali per insegnanti, videocassette, ecc.

L’Eurodesk ha posto in essere già un’ampia serie di interventi formativi ed informativi. Il primo è stato l’opuscolo sull’Euro, seguito dal dischetto dell’Europa 1997, il gioco sull’Euro 1997, la mostra sull’Euro, i calendario euro e le tappe fondamentali dell’Euro, Ansa news letter, eurolinks, eurofaq domande e risposte sull’euro, calendario radio televisivo sull’Euro.

Per un’informazione più diretta sono stati attivati numeri telefonici dedicati (06.47613451 e 06.4761436) fax (06.4827098) siti INTERNET (http://WWW.tesoro.it), servizio di posta elettronica (E.mail: @tesoro.it).

Con l’inizio del 1998 è iniziata una massiccia campagna di informazione indirizzata a specifiche categorie, famiglie, giovani, imprese ecc.). Le modalità di comunicazione sono delle specie più diverse per tentare di raggiungere tutti: pubblicazioni, depliant, spot radiotelevisivi, programmi per le scuole, ecc..

In particolare, nell’ambito di una convenzione stipulata con la Rai, per informare soprattutto sulla fase di transizione, saranno realizzati 96 inserti in programmi televisivi, 100 programmi radiofonici, 200 “pillole” informative televisive e 800 radiofoniche. Inoltre sono stati previsti spot pubblicitari per radio e televisioni private.

Tra le ultime proposte il sondaggio televisivo per decidere il lato nazionale delle monete in euro, che oltre a quella di un Euro deciso dal Ministro del Tesoro, che rappresenterà l’ “uomo vitruviano” di Leonardo da Vinci, ha visto gli italiani decidere per l’effigie del Colosseo per la moneta da cinque centesimi, la Venere di Botticelli per quella da 50 centesimi e quella di Dante Alighieri per la moneta di due Euro. Per le altre monete il sondaggio ancora è in corso su INTERNET.

Tra le azione, l’ultima conosciuta è quella denominata Eurolandia.  La proposta è un sito INTERNET (www.tin.it.eurolandia) per portare nelle scuole (oltre 3.000) la tematica dell’Euro.

Altre iniziative sono poste in essere da vari enti e istituzioni pubbliche e private. Per tutte si possono ricordare, in quanto più coinvolte nel cambiamento, quelle del sistema creditizio sia a livello generale sia di singola banca e quelle dell’Ente Poste, che prevedono un duplice livello uno formativo interno per i dipendenti e uno informativo esterno per la clientela.

Ultimo anello della catena sono le associazioni consumeristiche. La loro attività sarà fondamentale in quanto consumatori e gli utenti singolarmente, avrebbero scarsa possibilità di essere ascoltati e difesi, e per questo stanno attivando tutte le possibili iniziative per giungere al cambiamento nella maniera più completa.

Sono già molte, infatti, le Associazioni di difesa dei consumatori che hanno avviato un’attività prima di comprensione e poi di informazione verso il “grande pubblico” del significato, a livello individuale, del cambiamento che coinvolgere tutti dal 1° gennaio 1999.

E’ giusto segnalare che in tale incombenza, un notevole supporto è fornito dalla Commissione Europea, particolarmente dalla Direzione Generale che si occupa dei consumatori, guidata da un italiano e dal Comitato Strategico per l’Euro che vede la presenza di rappresentanti dei consumatori sia a livello centrale che nei comitati periferici. 

Alcune Associazioni hanno già predisposto un proprio piano d’azione, che va dall’essersi dotate di esperti in materia all’essere parte attiva e propositiva nelle sedi nazionali e comunitarie, dallo svolgimento di campagne di informazione, fisse ed itineranti, all’utilizzo dei media, dall’attivazione di numeri telefonici e di fax dedicate, alla costituzione di una specifica biblioteca a disposizione di chi vuole conoscere meglio il proprio futuro di cittadino d’Europa.

Una delle “battaglie” più importante per questi soggetti sociali, verte sulla richiesta a tutti i soggetti pubblici e privati, di predisporre al più presto una metodologia di comportamento a favore del consumatore, prima di tutto dando, fin dall’avvio della fase transitoria, indicazione dei prezzi sia nella valuta nazionale sia in Euro, al fine di non far trovare la collettività impreparata all’atto del passaggio di definitivo alla moneta unica europea.

Il Gruppo Euro del Comitato consumatori ha avanzato varie richieste per eliminare, o almeno ridurre, i rischi legati alla transizione.

Fondamentali sono il processo di informazione ed educazione dei cittadini, la trasparenza di comportamento, l’introduzione di sanzioni per gli arrotondamenti non dovuti, la costituzione di Eurosservatori sul territorio come organismi di controllo e garanzia, l’obbligo di indicazione del doppio prezzo dal 1° gennaio 2002, l’attivazione con imprese e istituzioni di un label per incentivare l’utilizzo dell’Euro, forme di vetrofania per i commercianti.

 

 

 

Finestra

Per poter accedere ai servizi offerti dalla associazioni consumeristiche si riportano di seguito i recapiti.

Federconsumatori V. San Veniero 8 - 00192 Roma Tel 06.39736084 Fax 06.39736105

Adiconsum: Via Lancisi 25 00161 Roma Tel. 06.4417021 - fax 06.44170230 - Sito Internet www.adiconsum.it

ADOC: Via Lucullo 6 00187 Roma - 06.4753239 Fax 06.4819028

Adusbef: Via Farini 62 - 00185 Roma - Tel 06.4818632  Fax 4818632  Sito Internet     www.rpilo.it/adusbef

Lega Consumatori ACLI: Via delle Orchidee 4 - 20147 Milano - Tel. 0248303659 Fax 02.48302611

Unione Nazionali Consumatori: Via Andrea Doria 48 00192 Roma Tel. 06.3729551 - Fax 39733329

 

 

LA STORIA DELLA LIRA ED IL RITORNO AI CENTESIMI

 

In  origine, la "libra" era una semplice unità di conto indicante  un certo quantitativo di oro o di argento. La  libra  diventa "lira" e moneta reale solo nella seconda metà del 1400: lira  veneta (1472), lira milanese (1474), lira di Genova  (1498),  lira  toscana (1539), lira di Savoia (1561), lira di Modena (1611), lira di Bologna (1655).

Nel  periodo napoleonico, la lira italiana venne divisa  in  100 centesimi  (1806). Successivamente furono coniate lire del  Regno di Sardegna, lire dello Stato Pontificio, lire del Granducato  di  Toscana.

Con l'unificazione, la lira italiana, la cui parità venne fissata a 0,2903225 grammi d'oro e circa 5 grammi d'argento,  divenne la  moneta unica del nuovo regno. 135 anni fa quindi, i nostri trisavoli affrontarono, con  l'unità  del paese, anche i problemi relativi all'unificazione  monetaria, simili a quelli che stiamo affrontando noi oggi e  certamente aggravati da un analfabetismo che coinvolgeva 17 dei 23 milioni contati dal primo censimento del 1861. Sette  sistemi monetari, sette banche centrali, sette monete  nazionali scomparvero per far posto alla "lira italiana",  stampata per tutti da sei istituti di emissione.

Il sistema affrontò allora anche  i problemi derivati dall'adozione  del bimetallismo:  le monete, coniate in oro e in argento, avevano rapporto  di valore fisso in termini nominali, ma variabile in termini di  valore intrinseco di mercato dei due metalli. Gli inconvenienti del bimetallismo, sistema già adottato da Francia, Svizzera e Spagna, convinse quei paesi e l'Italia alla costituzione della Lega latina, primo tentativo europeo di coordinamento  monetario sovranazionale.

La lira italiana affrontò i  problemi generati  dal corso forzoso imposto nel maggio 1886  (obbligo  di accogliere in pagamento cartamoneta non più convertibile in oro)  e mantenne una limitata possibilità di conversione fino  allo scoppio della guerra  '15-'18.

La lira fu  frazionata in centesimi fino alla fine della seconda  guerra mondiale. Da allora, a seguito della drastica perdita di  valore, fu  utilizzata solo attraverso suoi multipli e non più divisa  in  frazioni.

La sua sostituzione con l'Euro comporterà la reintroduzione  dei  centesimi:  gli ultracinquantacinquenni dovranno  riabituarsi  ai frazionamenti imparati da bambini; i più giovani a trattare con i valori frazionari della moneta unica.

 

 

LE ISTITUZIONI EUROPEE

 

PARLAMENTO EUROPEO: Eletto a suffragio universale diretto, svolge funzioni  analoghe a quelle di ogni altro parlamento: approva  le  leggi e controlla il potere esecutivo.

Indirizzo: Segretariato generale del Parlamento europeo

              L-2929 Lussemburgo

Telefono: 00352.43001

Ufficio per l'Italia: Indirizzo: Via IV Novembre, 149  00187  Roma

                         Telefono: 06.699501  Fax: 69952200

 

CONSIGLIO  DELL'UNIONE: Non ha equivalenti nel mondo.  In  questa  sede,  gli  Stati  membri definiscono  gli  obbiettivi  politici  dell'Unione europea, coordinano le politiche nazionali, compongono divergenze, legiferano.

Indirizzo: Rue de la Loi, 175

              B-1048 Bruxelles

Telefono: 0032.2.2856111   Fax: 0032.2.2857397 / 2857381

 

COMMISSIONE EUROPEA: Composta da 20 Commissari, è il vero e  proprio cuore delle istituzioni europee. Consiglio e Parlamento  devono attendere una proposta della Commissione prima di poter emanare qualsiasi atto legislativo.

Indirizzo: Rue de la  Loi, 200

              B-1049 Bruxelles

Telefono: 0032.2.2991111

Uffici italiani:

Roma, Via Poli 29 (Tel: 06.699991  Fax:06.6791658 / 6793652)

Milano, Corso Magenta, 59 (Tel.02.48012505  Fax:02.4818543)

 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE C.E.: Ha il compito di fornire le necessarie garanzie giurisdizionali al fine di assicurare il  rispetto  del diritto nell'interpretaziuone e nell'applicazione dei tratta

ti, nonchè nel complesso delle attività della Comunita.

Indirizzo: L-2925  Lussemburgo

Telefono: 00352.4303.1  Fax: 00352.4303.2600

 

CORTE DEI CONTI EUROPEA: E' la "coscienza finanziaria" dell'Unione. Rappresenta il contribuente ed esercita una funzione di controllo delle spese dell'Unione

Indirizzo: Rue Alcide De Gasperi, 12

              L-1615 Lussemburgo

Telefono: 00352.4398.1   Fax: 00352.439342

 

BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI: E' l'istituzione  finanziaria dell'Unione.  Accorda finanziamenti a lungo termine per  investimenti  volti  a  promuovere  lo  sviluppo  economico  equilibrato  dell'Unione.

Indirizzo: Boulevard Konrad Adenauer, 100

              L-2950 Lussemburgo

Telefono: 00352.4379.1   Fax: 00352.437704

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE: E' un organo esclusivamente consultivo e formula dei pareri espressi dai rappresentanti delle varie categorie produttive dell'Unione.

Indirizzo: Rue Ravenstein, 2

              B-1000 Bruxelles

Telefono: 0032.2.5469011   Fax: 0032.2.5134893

 

COMITATO DELLE REGIONI: E' l'istituzione più giovane. Riflette la  volontà  di rispettare le identità e le  prerogative  degli  enti regionali e locali. E' stato introdotto pertanto l'obbligo giuri

dico di chiedere il parere dei rappresentanti delle  collettività  locali e regionali sulle questioni che le riguardano  direttamente.

Indirizzo: Rue Belliard, 79

              B-1040  Bruxelles

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Il PuntO 1. Dizionario dei termini bancari e finanziari

 

Di Mauro Novelli (1996)

 

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