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Documento inserito: 3-10-2021 Il PuntO n° 437 Italiche iatture. Breve storia di una alleanza perversa. E dei danni da essa causati. Di
Mauro Novelli 3-10-2021 50 anni fa la sinistra era gestita da uomini capaci e degni,
in grado di motivare e organizzare simpatizzanti ed attivisti. L’ipotesi che
la “destra” potesse vincere non era presa neanche in considerazione. Da circa
trent’anni la sinistra non è più gestita da persone capaci. La promozione
della classe dirigente ha cambiato criteri di valutazione: non serve
scegliere i “migliori” (in grado di superare e rimpiazzare nel tempo i
responsabili della struttura, migliorandola) ma è sufficiente che i cacicchi
scelgano coadiuvanti “fedeli”, i quali
di norma sono anche un po’ “coglioni” e non saranno in grado di scalzare nessuno,
se non per vie naturali. A questo stato di cose si somma il fatto che, dopo
la sbornia di partecipazione degli anni ‘’60 e ’70, negli anni ’80 i ceti più
colti e benestanti si sono ritirati (come si diceva) nel privato. E ai cacicchi non è sembrato vero
di poter approfittare del fatto che i cittadini rinunciavano al loro ruolo di
controllori di ultima istanza e cominciarono ad abusare di questa mansalva offerta loro su un piatto d’argento. In queste condizioni
socio-politiche, la qualità della struttura dei partiti di sinistra non poteva che declinare. Il “Sol dell’avvenir”
aveva imboccato il viale del tramonto senza neanche essere sorto. Oggi, l’ipotesi che la destra possa vincere è ormai
più di una ipotesi, e da possibile sta diventando
molto probabile. Non certo in occasione di queste amministrative del 3-4
ottobre 2021, dove o la destra vince al
primo giro o ai ballottaggi eventuali perde su tutti i fronti - almeno nelle grandi città - ma alle prossime
politiche, per la elezione di
parlamento e governo. Lo hanno capito sia i partiti che le alte istituzioni nostrane. Lo dimostra il
loro tentativo – riuscito - di
allontanare in tutti i modi l’espressione di voto dei cittadini. Comunque, quella temperie permise alla stabilità e alla
credibilità della sinistra il consolidamento di una magistratura orientata politicamente
e attenta agli obiettivi di quei referenti
politici. L’infornata di magistrati di sinistra negli anni ’70 aveva trovato
una classe politica di riferimento solida e affidabile. Si erano così
cominciate a creare vicinanze, alleanze serie, convergenze ( altro che parallele!),
non eticamente corrette, ma comunque utili ai due attori. E, visto il
successo, si assistette ad una veloce,
ragionata e scaltra azione di avvicinamento alla combine da parte di giornalisti,
embedded volontari, in grado di promuovere
mediaticamente quanto posto in essere da magistrati e politici coinvolti. Con Mani Pulite gli eredi di Berlinguer, poco toccati dallo
tsunami, avevano capito che il sistema del finanziamento dei partiti, così come
perseguito fino ad allora, risultava troppo pericoloso e subì una drastica
revisione. Mentre in precedenza l’attività (ad esempio) dei cosiddetti
funzionari di partito gravava sui bilanci delle formazioni politiche di
riferimento, si procedette ad una massiccia immissione di quegli attivisti a
carico della pubblica amministrazione: si crearono ex nihilo nuove ed inutili
province (la Sardegna passò da tre a otto) con assemblee elettive, uffici
collaterali e duplicazione di organi istituzionali locali necessari; si moltiplicarono tanto
inutili quanto costose aziende partecipate da enti locali, fornitrici di
consigli di amministrazione da occupare, di consenso e di fondi, pronte ad accogliere
quei funzionari di partito orfani dei pericolosi finanziamenti privati. Visto che la cosa funzionava, si è andati oltre, con la
creazione e l’affermazione del “sistema Palamara”, con una magistratura
imbrigliata razionalmente da lacci e lacciuoli endogeni che, se accettati,
permettevano di fare carriera ai magistrati del giro i quali, tra l’altro,
potevano contare su reciproche “aperture
di fascicoli” e sentenze benevolmente orientate. Il congegno era
talmente ben progettato che alcuni responsabili della sinistra parlavano della
concreta possibilità di una probabile estromissione e sostituzione per via
giudiziaria del governo giallo-verde, ostile dopo quelli presieduta da Renzi e
Gentiloni. Con la decadenza della sinistra, garante politico del
meccanismo, la magistratura ha cominciato a considerare il sistema Palamara ormai non più inattaccabile
e ha ritenuto opportuno tirarsi lentamente indietro, tanto da depotenziarlo fino alla sua eliminazione quasi totale. Molte sentenze
hanno cominciato a risultare meno allineate al progetto di alleanza. Oggi scopriamo che – vigente il sistema Palamara - si sono “aperti fascicoli” su ipotesi
campate in aria o su fatti che non costituiscono reato, come il megafonato inciucio stato-mafia; parallelamente assistiamo a sentenze
non più così univocamente orientate, come quella recente su Berlusconi,
quella di Mimmo Lucano, o come per la vicenda delle tangenti dell’ENI, dove
procuratori sembra abbiano nascosto prove a discarico dell’imputato. Sono solo
esempi di mala magistratura, recenti ma nati vigente il sistema Palamara. Vedremo
che accadrà al processo Salvini (progettato e promosso dalla procura di Agrigento, non
particolarmente lungimirante), a quello
per i fatti Bibbiano che si è cercato di evitare, ormai senza successo: il sistema Palamara era
diventato addirittura controproducente. Oggi, molti magistrati intendono rifarsi una verginità
attraverso un veloce recupero di professionalità, sottoponendo a revisione il potente strumento a loro disposizione: le
sentenze. Ma per i settori della
magistratura con marcata ed indefessa quotazione a sinistra, non è possibile
togliersi di dosso l’immagine acquisita in anni di comodo e conveniente esercizio
del metodo palamaresco. E, non essendo più in grado di procedere ad analizzare
correttamente gli ambiti giudiziari dei fenomeni sociali che li coinvolgono, i
partecipanti all’alleanza finiscono per assumere incoerentemente ed in
maniera un po’ pasticciata posizioni ed atteggiamenti da loro stessi sempre
condannati. Ne è un esempio illuminante la presa di posizione di
Magistratura Democratica sulla sentenza di condanna di Mimmo Lucano, assolto
dall’accusa di concussione e di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina, ma condannato per peculato commesso in associazione per
delinquere (10 anni e 4 mesi) e per truffa aggravata (2 anni e 10 mesi).
Sostiene Magistratura Democratica: “La richiesta di interventi dell’Anm
a tutela” [della sentenza emessa e dei giudici dal tribunale di Locri] “accresce la
percezione pubblica di una magistratura chiusa, auto-percepita come casta
sacerdotale che tutela i suoi riti e le sue pronunce, non si interroga sugli
inevitabili effetti sociali dei suoi provvedimenti e, perciò, non ne tollera
la critica, sollevando l’alibi del tecnicismo”. Capito bene? Vista la malparata soprattutto futura, per cui la
magistratura non sarà più ingabbiata e legata a doppio filo con la sinistra, occorre cominciare a
condannare quei magistrati che si ritengono sacerdoti di una casta, che non si interrogano “…. sugli inevitabili effetti sociali dei loro provvedimenti…”. Detto da chi ha, per decenni, fatto passare il messaggio
che le sentenze non si discutono, ma si applicano perché oracolari, che i
giudici non si discutono ma si accettano in quanto officianti, è un vero e
proprio testacoda: non solo le sentenze si possono discutere, ma è necessario
farlo, e – vista la futura malparata di cui sopra - occorre cominciare ad imporre nuovi criteri
di valutazione delle sentenze stesse: occorre valutarne gli inevitabili effetti sociali. Non stanno certo messi bene. Ma i magistrati seri e la parte più consapevole del popolo italiano tirano un sospiro di
sollievo. E’ comunque importante che i cittadini non si distraggano più,
come avvenne negli anni ’80 dei governi Spadolini, Goria, Craxi ecc. Quella generalizzata
e troppo lunga distrazione distrazione ci è costata oltre 40 anni di vicissitudini
polico-giudiziarie ed economico-sociali, ancora non
superate, e di guai in cui ancora
siamo costretti a sguazzare. |
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