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inserito: 5-6-2020 Il PuntO n° 403 Etica e morale. Principi e valori. Domanda e
offerta. Di Mauro Novelli 5-6-2020 Quando si
parla di etica, è’ un mio chiodo fisso chiarire che “Etica” e “Morale” non sono
sinonimi, anche se ormai vengono usati alternativamente. Così come non sono
sinonimi i termini “principi” e “valori”, anch’essi
usati indifferentemente. Chiariamo.
I
“principi” costituiscono la sorgente intellettuale delle mie azioni. Io non
rubo per principio. I
“valori” costituiscono la traduzione da personale a sociale dei principi. Se
i membri di una società hanno principi simili (non rubano per principio)
tenderanno a valorizzare questa caratteristica comune, ne faranno dei valori
e cercheranno di proteggerli sanzionando chi li viola. Dalla
distinzione tra questi due termini discende quella tra etica e morale. L’”etica”
(da “ethos”) è l’abitudine, il modo d’essere e di fare personale, è la fonte
intellettuale delle azioni di un individuo, organizza i suoi principi. Il
concetto è tipicamente greco e (quindi) personale, tanto che traduce anche il
termine “carattere”. La
“morale” (da “mos”) è la traduzione da personale a
sociale dei principi etici individuali: organizza i “valori” riconosciuti e
protetti dalla società di cui si è parte. E’
concetto tipicamente romano. Ed infatti, in latino il termine “etica” non
veniva tradotto con “moralitas” ma con un giro di
parole: “Disciplina virtutis, officii
et bene vivendi”. Perché,
oggi, dobbiamo continuamente richiamare – quasi con nostalgia – il fatto che,
in ogni branca sociale, non esistono più né etica né morale? Come è stato
possibile un cambiamento tanto drastico nei “principi” trasmessi e una
trasformazione tale da indebolire la
protezione dei “valori” che costituiscono l’innesto nel sociale di quei
principi? La faccio
semplice: perché non sono stati più curati gli strumenti ed i metodi di
trasmissione dei principi e di valorizzazione di questi. A cominciare dai due
strumenti classici di trasmissione intergenerazionale della cultura e dei saperi: la scuola (la più importante invenzione
dell’uomo) e la famiglia. Qualche decennio fa si suggeriva ai giovani, con
uno slogan “eversivo”: “Fotti il sistema: studia!”. Da quando si è frantumata
l’alleanza tra scuola e famiglia (a far tempo dalla prima metà degli anni ’70
del secolo scorso) i principi trasmessi hanno perso di chiarezza, si sono
offuscati. Ne consegue che anche la protezione sociale dei valori si è
allentata pericolosamente. Negli ultimi lustri si è assistito addirittura ad
una contrapposizione scuola-famiglia: la trasmissione di “principi” e di
“valori” non è più integrata, ma quasi conflittuale. Ormai,
nei rapporti umani, etica e moralità vengono trascurati perché risultano
spesso d’impaccio. Nel giro
di un trentennio, questa nuova moralità e la fine delle ideologie ha permesso
a gruppi di potere, portatori di principi completamente diversi da quelli
intergenerazionali trasmessi in precedenza, di imporre e proteggere valori
altrettanto diversi. Si veda
l’elaborazione della Trilateral in merito alla
“democrazia” del 1975. Soprattutto la parte dedicata all’Europa. Attraverso
un lavoro (per ora vincente) si mira a dimostrare che i principi del sistema
neoliberista – imposto al pianeta -
non solo sono i principi del sistema migliore, ma – dopo la caduta del
muro di Berlino - che questo è addirittura il sistema “naturale”. Da ciò
discende che i valori, che da quei principi derivano, vanno protetti –
secondo i loro portatori - da ogni critica; che ogni forma mirante a rivedere
le caratteristiche di quei valori e dei principi sottostanti, va combattuta
come innaturale tentativo di parte, addirittura contro natura e di
retroguardia. Va pertanto repressa con ogni mezzo. Dal 1400
con gli Umanisti, fino agli anni ’80 del secolo scorso, si è cercato
costantemente di porre (o di porre di nuovo) l’Uomo al centro delle
attenzioni generali, anche e soprattutto politiche ed economiche. Da circa 30
anni, in ambiente finanziario, dove il fenomeno è particolarmente evidente,
gruppi di potere, sono riusciti a scalzare l’”Uomo” e porre al centro
l’”Azionista”, promuovendo l’attività economico-finanziaria (soprattutto
finanziaria) quale nerbo dell’agire intellettuale della società. Ma quali
erano le caratteristiche del rapporto Domanda/Offerta 150 anni fa, subito
dopo l’affermazione ed il consolidamento della prima rivoluzione industriale
(fine ‘700 inizi ‘800) e poi della seconda (fine ‘800)? Riporto
un passo, illuminante, tratto dal lavoro in 5 volumi sulla Economia pubblica,
di Marco Minghetti, due volte primo ministro, nel
1863 e nel 1873; più volte ministro del Regno d’Italia, con Cavour, Ricasoli
e Menabrea ed esponente della destra storica
(sottolineo: destra storica). Ecco le caratteristiche del rapporto domanda
/offerta a metà ‘800: Nella
seconda metà del secolo scorso, con la terza rivoluzione industriale, si
afferma al contrario esclusivamente l’offerta caratterizzata da aggressività
di mercato inizialmente, e poi pervasiva di tutti gli ambiti sociali. E’
questo il danno maggiore che ne è conseguito: quello cioè di aver imposto
come agire normale, anzi naturale, quello di una offerta tanto prepotente da essere
in grado di crearsi ex nihilo la “sua” domanda. Con ogni mezzo. Nota di
cronaca. Qualche anno fa, sono arrivati a sostenere, tramite l’allora
Commissario UE al Bilancio, Oettinger, che sarebbe
stato il mercato ad insegnare agli Italiani a votare. Poiché
sono riusciti a far generalmente considerare questo processo del tutto
naturale, ogni forma (umana, politica, culturale, legislativa, militare) di
opposizione ad esso è azione contro natura. Questa
disarticolazione di principi e valori ha dato luogo ad una reazione di
autoprotezione dei cittadini, attraverso l’affermazione e la difesa ad
oltranza di una sola faccia della medaglia, quella dei “diritti”, talmente
arroccata da trascurare completamente ed offuscare l’altra faccia, quella dei
“doveri”. [Barbano, ex direttore de Il Mattino definisce il fenomeno col
termine “dirittismo”]. Si sono create in tal modo
distorsioni e devianze nei rapporti umani: ciascuno si considera portatore di
soli diritti e vede negli altri coloro che hanno come obiettivo quello di offendere
quei diritti, negandoli, per poter affermare i propri. Nessuno ha più doveri
da rispettare. Ma quei
processi impositivi grossolani e necessariamente estensivi sono oggi, con la
quarta rivoluzione in fasce, addirittura superati. Il processo si avvale
infatti della possibilità da parte della produzione e della distribuzione di
utilizzare i nuovi strumenti informatici (anche social) per porre in essere
interventi intensivi, molto più raffinati. I “suggerimenti” al consumo sono
mirati e intensivi: sono rivolti a fasce di consumatori di cui sono
conosciute (quasi sempre attraverso forzature informatiche, anche illegali)
esigenze ancora in nuce, “desideri” in fase
nascente. Attraverso l’uso di strumenti catalizzatori, gli interventi
dell’offerta sono in grado di far maturare e rendere compiute quelle esigenze
ancora informi per trasformarle in volontà e quindi in decisione di
consumare. Neanche
Marx osò ipotizzare una evoluzione simile nel rapporto domanda/offerta e, in
generale, nei rapporti di classe: non fu in grado di ipotizzare una
evoluzione dal primato della “domanda” di metà ‘800, alla pre-potenza
dell’”offerta” di fine ‘900-2000. |
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