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Documento inserito il: 30-10-2016

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    Il PuntO n° 344 Referendum. Giovani e vecchi che votano No. 13-11-2016

 

 

 

 

Il PuntO n° 340

Referendum: perché SI’

di Mauro Novelli 30-10-2016

 


Documentazione: Camera dei Deputati. Testo della Legge costituzionale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n°88 del 15 aprile 2016


 

 

1)  La ns. Costituzione, nata dopo il fascismo, recepisce meravigliosamente – nei Principi fondamentali e nella Prima parte -  le istanze antropologiche universali di libertà, dignità della persona, correttezza nei rapporti (politici, economici, etico sociali) tra i cittadini al fine di evitare che si potesse indulgere in quelle pulsioni sociali del primo dopoguerra che ci portarono alla dittatura. La modifica non tocca la prima parte.

 

2)  Ma la Seconda parte (Ordinamento della Repubblica) esaspera la preoccupazione dei costituenti – giustificata nell’immediato dopoguerra - ed ha imposto per 68 anni (con modifiche aggravanti) poteri e contropoteri, bilanciamenti e controbilanciamenti, pesi e contrappesi che hanno di fatto bloccato l’azione dei tre poteri: dal 18-4-1948 (1^ Legislatura) si sono avvicendati 60 governi. A parte il periodo degasperiano, a nessun cittadino è stata più permessa la possibilità di giudicare l’azione degli esecutivi che si sono avvicendati: la loro breve durata non ha reso possibile annettere, da parte della pubblica opinione, circostanziati giudizi di responsabilità circa il loro operato.

   Ecco l’iter che ha portato alla stesura ed all’approvazione delle legge di modifica:  

                                           Il 18 gennaio 2014 Renzi stipulò il cosiddetto Patto del Nazareno con Silvio Berlusconi, che              

                                           aveva partecipato al governo Letta. 

 

 

[MEMO. Governo Letta:

-       Partito Democratico (PD): presidente del Consiglio, 8 ministri, 5 viceministri e 12 sot-tosegretari;

-       Il Popolo della Libertà (PdL)  (dal 16/11/2013 Nuovo Centrodestra NCD): vicpresi-dente del Consiglio, 4 ministri, 1 viceministro e 8 sottosegretari;

-       Scelta Civica (SC): 1 ministro, 1 viceministro e 1 sottosegretario;

-       Popolari per l'Italia (PpI): 1 ministro e 1 sottosegretario;

-       Unione di Centro (UdC): 1 ministro senza portafoglio e 1 sottosegretario;

-       Radicali Italiani (RI): 1 ministro;

-       Indipendenti: 3 ministri, 2 viceministri e 5 sottosegretari.

Partecipazione all'esecutivo senza rappresentanza in Consiglio dei ministri:

-       Forza Italia (FI): 1 sottosegretario tecnico.]

 

 

 

Col Patto del Nazareno, Renzi e Berlusconi trovarono un accordo sui contenuti della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale da proporre al Parlamento. Dopo poco più di un mese, il 22 febbraio 2014 Renzi divenne Presidente del Consiglio. Il nuovo Governo Renzi presentò quindi l'8 aprile 2014 un disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa. Il testo fu approvato con modifiche dal Senato l'8 agosto dello stesso anno, mentre il 10 marzo 2015, con modifiche, arrivò l'approvazione della Camera, ma nel frattempo venne meno il sostegno alla legge del partito guidato da Silvio Berlusconi , dopo gli attriti con il PD nati in occasione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dal mese di luglio fu quindi ridiscusso al Senato, che l'approvò con nuove modifiche il 13 ottobre 2015. La Camera approvò il nuovo testo trasmesso dal Senato l'11 gennaio 2016; il 20 gennaio il Senato l'approvò in seconda deliberazione con 180 favorevoli, 112 contrari e 1 astenuto (293 votanti). Il 12 aprile 2016 la Camera diede il via libera definitivo, ri-approvandolo con 361 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astenuti per un totale di 368 votanti; le opposizioni preferirono infatti abbandonare l'aula al momento del voto in segno di dissenso. (Da Wikipedia)

 

Complessivamente la legge costituzionale ha richiesto 5.600 votazioni.

 

3)  Le applicazioni dei dettami della Carta (ad esempio, la Corte Costituzionale è operativa solo dal 1956, le Regioni dal 1970) e le riforme costituzionali che si sono avvicendate, hanno di fatto aggravato la situazione: con la riforma del Titolo V (di D’Alema, approvata dal governo Amato nel 2001) si sono bloccati – tra gli altri danni -  innumerevoli iter legislativi nelle materie che quella riforma annetteva alle regioni intasando la Consulta di ricorsi.

 [Si veda: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/08/29/stato-regioni-la-mappa-dei-ricorsi-alla-consulta/].

Dal 2002 al 2015, la Consulta è stata impegnata da 1597 ricorsi (regioni contro stato e viceversa) ed ha dovuto emettere1899 sentenze. Il riannettere molte materie agli appannaggi legislativi dello stato elimina gran parte del problema. Forse riusciremo ad eliminare anche le molte “ambasciate regionali” sparse nel pianeta. Motivate dalla necessità di promozione turistica della regione, sono diventati luoghi di spesa abnorme e di destinazione consolatoria degli amici degli amici, trombati e non.

 

4)  Il bicameralismo perfetto tranquillizzava contro pericoli dittatoriali: per ottenere, in materia,  un risultato “certo”, i costituenti dettero cadenze diverse alla vita di Camera e Senato. Inizialmente, il Senato era eletto per sei anni, la Camera per cinque. Questa sfasatura costituiva, quindi, una ulteriore garanzia: una vittoria di un partito “dittatoriale” alla Camera, aveva un bilanciamento nel Senato (e viceversa), in carica per periodi non coincidenti. Peccato però che, poi, le due valenze furono portate a cinque anni (1963) per entrambi i rami del Parlamento. In occasione delle due precedenti elezioni per la Camera dei Deputati (1953 e 1958), il Senato fu sciolto anticipatamente. In occasione della modifica del 1963, stravolgente – quella sì -  lo spirito della norma imposta dai padri costituenti, nessuno pensò ad un attentato alla più bella Costituzione del mondo. Il timore di un pericolo di mutazioni dittatoriali era superato.

Con la modifica approvata del Parlamento, potrebbe tornare la non coincidenza circa la vita naturale di Camera e Senato.  Art. 57 (modificato):

[….] La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio.

 

Comunque, si può realmente e concretamente pensare ad ipotesi di derive dittatoriali vista la collocazione dell’Italia nell’ambito dell’Occidente e alla luce del fatto che  la normativa che regola la nostra vita è all’80 % viene data dal diritto della UE? Oltretutto, la forza politica che riuscisse a far fuoriuscire il paese dall’Unione, andrebbe incontro a situazioni finanziarie ed economiche talmente devastanti da esserne travolta, insieme al paese.

 

5)    Attentato alla sovranità dei cittadini è l’accusa che si fa alla abolizione del bicameralismo perfetto. Al di là delle procedure legislative si grida allo scandalo per la mancata elezione diretta dei Senatori, rimandata ad una legge ordinaria. Come se fosse un equivalente attentato il fatto che il nostro Presidente della Repubblica non è eletto a suffragio universale. Come se si potesse tacciare la Gr. Bretagna di paese antidemocratico per il fatto della non elezione dei membri della Camera alta, o gli USA perché il loro presidente è eletto da organi (grandi elettori) al di sopra del corpo sociale elettorale, o la Spagna dove il Senado è eletto direttamente dalle province e indirettamente dalle comunità autonome, o la Germania dove i membri del Bundesrat non sono eletti a suffragio universale ma sono esponenti dei governi dei vari Länder.

 

6)  L’eliminazione delle province va a sanare un vulnus politico seminascosto e accuratamente trascurato dal No. Dopo Mani pulite, il finanziamento dei partiti fu reso molto più difficile. Per il prosciugarsi dei finanziamenti in nero, i funzionari di partito, fino ad allora a carico dei bilanci delle formazioni politiche, non potevano più essere “mantenuti”. La “politica”, con mossa astuta, decise di annetterne i costi dei loro apparati alla P.A. (anche per evitare l’intervento della magistratura sui finanziamenti illeciti) rendendo tutto “legale”. I cacicchi locali sarebbero stati inseriti tra gli eletti ai consigli soprattutto provinciali; parenti e amici negli uffici amministrativi.

Ma le poco più di 90 province creavano sbocchi insufficienti per i mestieranti procacciatori di voti e di finanziamenti. Dal 1992, si dette il via alla creazione di 15 nuove province: Prato (Toscana); Crotone, Vibo V. (Calabria); Rimini, Cesena accorpata a Forlì (Emilia Romagna); Lecco, Lodi, Monza-Brianza (Lombardia); Biella, Verbano-Cusio-Ossola (Piemonte); Fermo (Marche); Barletta-Andria-Trani (Puglia); Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, Olbia-Tempio (Sardegna).

Eclatante il caso della Sardegna: 1.660.000 abitanti: dalle tre province di un tempo (più Oristano creata nel 1974), si passa alle otto attuali: un a provincia ogni 207 mila abitanti.

Con conseguente proliferazione, per le 15 province di più recente creazione, di molti uffici amministrativi.

E’ evidente che l’abbattimento di 200 “posti” al Senato e l’eliminazione per i cacicchi locali della possibilità di essere piazzati nei Consigli provinciali, riduce fortemente la libertà di manovra nell’assegnare premi per meriti speciali. I grandi elettori del No si guardano bene dall’illustrare queste conseguenze ai semplici cittadini votanti. Molto più semplice e passante la considerazione contro Renzi degli scarsissimi risparmi dalla eliminazione della elezione dei Consigli provinciali.

 

Le Province ci costano 16 miliardi di euro, le Regioni 145. Sarebbe stato più logico eliminare le seconde. Ma non ci si sarebbe riusciti. Se vincerà il Sì, non è detto che non ci si metta mano, costituendo macroregioni attraverso l’accorpamenti di molte delle attuali. Questa è un’altra delle paure dei conservatori.

 

7)  I fautori del No tendono a non parlare dell’introduzione del referendum propositivo

Art. 71 [….] Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione.

 

dell’obbligo per il Parlamento di discutere e votare le leggi di iniziativa popolare, per le quali le firme necessarie passano da 50mila a 150mila. Dal 1979 al 2014, solo tre (tre) istanze di iniziativa popolare sono state accolte dal legislatore, nel 1983, nel 1992, l’ultima nel 2000 e tutte inserite in testi unici. Per motivare quell’aumento (bilanciato dall’obbligo parlamentare di presa in carico), non mi dilungo sulla potenzialità degli attuali strumenti di comunicazione rispetto a quelli a disposizione dei cittadini nel secondo dopoguerra: volantini, comizi, qualche giornale, sezioni di partito.

 

8)  Alcune critiche sono incentrate sul fatto che col Senato delle Regioni, l’immunità parlamentare sarebbe estesa. Dovrebbero bastare due conticini: se eleggo 100 cittadini invece di 300, il numero degli “immuni” aumenta o diminuisce? Risoluzione: resta immutato il numero dei vitalizi oggi in essere, ma diminuirà di 200 almeno per ogni legislatura l’aumento dovuto ai nuovi aventi diritto. Eppure si tratta di una argomentazione portata avanti da molti esponenti del No con adeguato seguito. Dov’è la furbata dei politici e la riduzione a untori dei cittadini inconsapevoli che li seguono: si sostiene che l’immunità opererà anche nei confronti dell’attività dei neosenatori come amministratori (regionali e sindaci). Questa considerazione rientra nell’ azione, ormai smaccata e martellante, mirante ad ampliare la garanzia di Deputati e Senatori ad ogni attività della loro vita, dall’offesa alla badante alla violenza verbale, e non solo, nei confronti di normali cittadini che reagiscono a manifesti soprusi. L’immunità interviene a proteggere esclusivamente la sfera della loro attività politica. Gli scaltri politici ci stanno riuscendo, anche grazie a quei cittadini che – in buona fede – diffondono quelle considerazioni senza rendersi conto che stanno mortificando i loro diritti.

 

9)  Un Parlamento illegittimo modifica la Costituzione: usurpazione del potere politico, fermiamo il colpo di Stato! Secondo il No, l’illegittimità deriverebbe dall’aver la Consulta giudicato incostituzionale il Porcellum e quindi l’attuale Parlamento è viziato da un peccato originale non perdonabile. Riporto un commento alla sentenza della Consulta circa l’attività di questo Parlamento:

Sulla sentenza della Consulta.

Da OSSERVATORIO COSTITUZIONALE Fasc. 1/2016 26 aprile 2016 Democrazia rappresentativa e illegittimità costituzionale delle leggi elettorali· di Francesco Felicetti – Presidente di Sezione a riposo della Corte di Cassazione

 

“Sotto il primo profilo la Corte ha richiamato la regola secondo la quale gli effetti delle sentenze di declaratoria dell'illegittimità costituzionale risalgono fino al momento dell'entrata in vigore della norma annullata “soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida”. Facendo applicazione di tale principio ha affermato che le dichiarazioni d'incostituzionalità pronunciate produrranno i loro effetti “esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale”, non incidendo sugli atti posti in essere durante il vigore delle norme annullate compresi gli esiti delle elezioni svolte, costituendo queste “un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti”. Con la conseguenza che dette dichiarazioni d'incostituzionalità non incideranno neppure sugli “atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali”, da effettuarsi “o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore...ovvero secondo la nuova normativa eventualmente adottata dalle Camere”.

Sotto il secondo profilo la Corte ha tratto conferma a tali affermazioni dal principio di continuità degli organi costituzionali, ricavabile specificamente riguardo al Parlamento dalla previsione costituzionale della prorogatio dei poteri delle Camere precedenti sino alla riunione nelle nuove (art. 61 Cost.) e dalla sopravvivenza al loro scioglimento del potere di convertire i decreti legge adottati dal governo (art. 77 Cost.). Essendo le Camere “organi costituzionalmente necessari e indefettibili” – ha affermato la Corte costituzionale – esse non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare.

 

Senza considerare il fatto che i sei passaggi in Camera e Senato non sono stati positivi per il solo apporto del PD. L’articolato è stato discusso e approvato anche da altre forze politiche. Le quali adesso ci ripensano e smentiscono loro stesse votando No, come parte della “minoranza” del PD. 

In ogni modo, i parlamentari che considerano illegittima la “loro” XVII legislatura, farebbero bene a dimettersi. Ma siamo uomini di mondo e comprendiamo benissimo chi tiene famiglia.

 

10)     Il referendum non riguarda la legge elettorale. L’invito a votare No perché l’Italicum (normalissima legge, senza i vincoli di approvazione di una legge di modifica costituzionale) commisto alle nuove norme costituzionali, sarebbe un attentato alla democrazia, è indice di malafede e di preoccupazione per la gracilità degli argomenti a favore del No circa la legge oggetto di referendum. Oltretutto la versione dell’Italicum in circolazione fino al 5 novembre, non sarà quella definitiva e verrà rivista.

 

[Continua]

 

Fateci caso: le critiche dei fautori della conservazione dello stato attuale, sono in genere portate attraverso previsioni di un futuro più o meno apocalittico: le criticità si aggraveranno, le soluzioni proposte non risulteranno valide, la Camera avrà il ruolo di cassa di risonanza per le iniziative del presidente del Consiglio, il Senato intaserà l’attività della Camera; aumenterà il contenzioso stato-regione; i mascalzoni regionali e i sindaci (tutti corrotti) vedranno la protezione dell’immunità parlamentare estesa alle loro malefatte locali. L’unica cosa certa – secondo il No - è la privazione della sovranità popolare per l’elezione del Senato: la modifica costituzionale lascia ad una futura legge elettorale specifica, le modalità di elezione dei Senatori da parte dei Consigli regionali e comunali.

 

Domanda: in che modo la più bella Costituzione del mondo dovrebbe risultare devastata?

 

Altra cosa è la scelta per il No dovuta alla antipatia che può suggerire l’atteggiamento di Renzi, i suoi modi e la sua persona.

Ma qui entriamo nel campo politico proprio del Bar Sport, e lasciamo la parola agli statisti avventori e ai cittadini intellettualmente pigri, coloro cioè che motivano la loro opposizione perché proposta dal famoso ragazzotto fiorentino, bugiardo e fanfarone, e/o con un “la modifica proposta è talmente malfatta dal contafrottole toscano che non ci si capisce nulla”. Di fatto, si limitano a ripetere – con minuziosità talebana – decaloghi dei pensatori del No. In questi casi, il problema è loro.

 

Ed il No di famosi giuristi? Non dimentichiamo che anche la Costituzione del 1948 ebbe blasonatissimi critici: Da Il Giornale del 14/04/2010: “Quando i padri della patria volevano stracciare la Carta”. Di Giuseppe Bedeschi:

[….]   Questa ispirazione non individualistica (liberale), bensì collettivistica e solidaristica (comune sia a Togliatti che a Dossetti), della nostra Carta costituzionale, fu colta assai bene e duramente criticata da Luigi Sturzo, il quale rilevò che la prima parte della Costituzione, quella che trattava dei diritti e dei doveri, pur contenendo disposizioni felici, era soverchiata da altre disposizioni, di segno diverso, che invocavano lintervento dello Stato ad ogni pié sospinto. «Purtroppo - diceva Sturzo - di statalismo lattuale schema di Costituzione puzza cento miglia lontano. Lingerenza dello Stato (burocrazia, partiti, deputati, commissari del popolo e chi più ne ha più ne metta) sarà tale che il cittadino dovrà cominciare a pensare come difendersi dallo Stato che si va creando». La posizione sturziana è la prova migliore (se pure fosse necessaria) che quella Carta non è certo il Moloch intoccabile che per tanto tempo è stato accreditato dai costituzionalisti e dai giuristi della sinistra: nata in una precisa temperie storico-politica, tanto lontana dal tempo in cui viviamo, essa ne porta i segni evidenti.

Del resto, può essere utile ricordare che alcuni esponenti di grande rilievo dellantifascismo non comunista ebbero un atteggiamento tuttaltro che reverente verso i lavori dell'Assemblea Costituente. Particolarmente impietoso Gaetano Salvemini, che nelle sue Lettere dallAmerica scrisse: «Ho letto il progetto della nuova Costituzione. È una vera alluvione di scempiaggine. I soli articoli che meriterebbero di essere approvati sono quelli che rendono possibile emendare o prima o poi quel mostro di bestialità». E ancora: «I comitati centrali dei tre famosi partiti di massa (PCI, PSI, DC) si erano proposti solamente di avere nella Costituente dei servitori e non dei collaboratori»; «una congregazione cieca e passiva, disciplinata da una mezza dozzina di camorristi sedenti a Roma, come sono ormai i tre partiti così detti di massa». E in una lettera a Ernesto Rossi del 16 maggio 1947, Salvemini rincarava la dose: «Mi meraviglio che tu trovi strano che io prenda gusto a leggere le scempiaggini dei Costituenti. Da quelle scempiaggini sta per uscire la costituzione più scema che sia mai stata prodotta dai cretini di tutta la storia dellumanità. Ti par poco farsi unidea di quellHimalaya di somaraggini? () Bisogna far tesoro di tutte le bestialità commesse in questultimo anno per mettere in guardia gli italiani perché non le commettano unaltra volta». Ma se il linguaggio di Salvemini era particolarmente salace e colorito, gravi riserve venivano espresse anche da altre personalità dello schieramento antifascista: da Mario Paggi, per il quale la Costituzione era «vecchia prima di nascere», a Piero Calamandrei, che vi ravvisava «una totale mancanza di coraggio e di fantasia», poiché i Costituenti avevano «preferito orientarsi sui modelli costituzionali di cento anni fa, piuttosto che sulla realtà politica dellEuropa e dellItalia di oggi».

Giudizi severi, come si vede, sinceri e spregiudicati, in radicale contrasto col conformismo che sarebbe venuto dopo.