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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il: 30-10-2016 Con aggiornamenti |
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DOCUMENTI CORRELATI |
Il
PuntO n° 344 Referendum. Giovani e vecchi che
votano No. 13-11-2016 |
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Il PuntO n° 340 Referendum: perché
SI’ di Mauro Novelli 30-10-2016 Documentazione: Camera dei Deputati. Testo
della Legge costituzionale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n°88 del 15
aprile 2016
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[MEMO. Governo Letta: - Partito Democratico (PD): presidente del Consiglio, 8
ministri, 5 viceministri e 12 sot-tosegretari; - Il Popolo della Libertà (PdL) (dal 16/11/2013 Nuovo Centrodestra NCD): vicpresi-dente
del Consiglio, 4 ministri, 1 viceministro e 8 sottosegretari; - Scelta
Civica (SC): 1 ministro, 1 viceministro e 1 sottosegretario; - Popolari per l'Italia (PpI):
1 ministro e 1 sottosegretario; - Unione di Centro (UdC):
1 ministro senza portafoglio e 1 sottosegretario; - Radicali Italiani (RI): 1 ministro; - Indipendenti: 3 ministri, 2 viceministri e 5
sottosegretari. Partecipazione
all'esecutivo senza rappresentanza in Consiglio dei ministri: -
Forza Italia (FI): 1 sottosegretario
tecnico.] |
Col Patto del Nazareno, Renzi e Berlusconi trovarono un accordo sui contenuti della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale da proporre al Parlamento. Dopo poco più di un mese, il 22 febbraio 2014 Renzi divenne Presidente del Consiglio. Il nuovo Governo Renzi presentò quindi l'8 aprile 2014 un disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa. Il testo fu approvato con modifiche dal Senato l'8 agosto dello stesso anno, mentre il 10 marzo 2015, con modifiche, arrivò l'approvazione della Camera, ma nel frattempo venne meno il sostegno alla legge del partito guidato da Silvio Berlusconi , dopo gli attriti con il PD nati in occasione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dal mese di luglio fu quindi ridiscusso al Senato, che l'approvò con nuove modifiche il 13 ottobre 2015. La Camera approvò il nuovo testo trasmesso dal Senato l'11 gennaio 2016; il 20 gennaio il Senato l'approvò in seconda deliberazione con 180 favorevoli, 112 contrari e 1 astenuto (293 votanti). Il 12 aprile 2016 la Camera diede il via libera definitivo, ri-approvandolo con 361 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astenuti per un totale di 368 votanti; le opposizioni preferirono infatti abbandonare l'aula al momento del voto in segno di dissenso. (Da Wikipedia)
Complessivamente la legge
costituzionale ha richiesto 5.600 votazioni.
3) Le applicazioni dei dettami della
Carta (ad esempio, la Corte Costituzionale è operativa solo dal 1956, le
Regioni dal 1970) e le riforme costituzionali che si sono avvicendate, hanno
di fatto aggravato la situazione: con la riforma del Titolo V (di D’Alema,
approvata dal governo Amato nel 2001) si sono bloccati – tra gli altri danni
- innumerevoli iter legislativi nelle
materie che quella riforma annetteva alle regioni intasando la Consulta di
ricorsi.
[Si veda: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/08/29/stato-regioni-la-mappa-dei-ricorsi-alla-consulta/].
Dal 2002 al 2015, la Consulta è
stata impegnata da 1597 ricorsi (regioni contro stato e viceversa) ed ha dovuto
emettere1899 sentenze. Il riannettere molte materie agli appannaggi
legislativi dello stato elimina gran parte del problema. Forse riusciremo ad
eliminare anche le molte “ambasciate regionali” sparse nel pianeta. Motivate
dalla necessità di promozione turistica della regione, sono diventati luoghi
di spesa abnorme e di destinazione consolatoria degli amici degli amici,
trombati e non.
4) Il bicameralismo perfetto
tranquillizzava contro pericoli dittatoriali: per ottenere, in materia, un risultato
“certo”, i costituenti dettero cadenze diverse alla vita di Camera e Senato.
Inizialmente, il Senato era eletto per sei anni, la Camera per cinque. Questa
sfasatura costituiva, quindi, una ulteriore garanzia: una vittoria di un
partito “dittatoriale” alla Camera, aveva un bilanciamento nel Senato (e
viceversa), in carica per periodi non coincidenti. Peccato però che, poi, le
due valenze furono portate a cinque anni (1963) per entrambi i rami del
Parlamento. In occasione delle due precedenti elezioni per la Camera dei
Deputati (1953 e 1958), il Senato fu sciolto anticipatamente. In occasione
della modifica del 1963, stravolgente – quella sì - lo spirito della norma imposta dai padri
costituenti, nessuno pensò ad un attentato alla più bella Costituzione del
mondo. Il timore di un pericolo di mutazioni dittatoriali era superato.
Con la modifica approvata del
Parlamento, potrebbe tornare la non coincidenza circa la vita naturale di
Camera e Senato. Art. 57 (modificato):
[….]
La durata del
mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni
territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse
dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei
medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto
comma. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di
attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica
tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in
caso di cessazione dalla carica elettiva. I seggi sono attribuiti in ragione
dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio.
Comunque, si può realmente e
concretamente pensare ad ipotesi di derive dittatoriali vista la collocazione
dell’Italia nell’ambito dell’Occidente e alla luce del fatto che la normativa che regola la nostra vita è
all’80 % viene data dal diritto della UE? Oltretutto, la forza politica che
riuscisse a far fuoriuscire il paese dall’Unione, andrebbe incontro a situazioni
finanziarie ed economiche talmente devastanti da esserne travolta, insieme al
paese.
5) Attentato alla sovranità dei cittadini è l’accusa che si fa alla abolizione del bicameralismo perfetto. Al di là delle procedure legislative si grida allo scandalo per la mancata elezione diretta dei Senatori, rimandata ad una legge ordinaria. Come se fosse un equivalente attentato il fatto che il nostro Presidente della Repubblica non è eletto a suffragio universale. Come se si potesse tacciare la Gr. Bretagna di paese antidemocratico per il fatto della non elezione dei membri della Camera alta, o gli USA perché il loro presidente è eletto da organi (grandi elettori) al di sopra del corpo sociale elettorale, o la Spagna dove il Senado è eletto direttamente dalle province e indirettamente dalle comunità autonome, o la Germania dove i membri del Bundesrat non sono eletti a suffragio universale ma sono esponenti dei governi dei vari Länder.
6) L’eliminazione delle province va a
sanare un vulnus politico seminascosto e accuratamente trascurato dal No.
Dopo Mani pulite, il finanziamento dei partiti fu reso molto più difficile.
Per il prosciugarsi dei finanziamenti in nero, i funzionari di partito, fino
ad allora a carico dei bilanci delle formazioni politiche, non potevano più
essere “mantenuti”. La “politica”, con mossa astuta, decise di annetterne i
costi dei loro apparati alla P.A. (anche per evitare l’intervento della
magistratura sui finanziamenti illeciti) rendendo tutto “legale”. I cacicchi
locali sarebbero stati inseriti tra gli eletti ai consigli soprattutto
provinciali; parenti e amici negli uffici amministrativi.
Ma le poco più di 90 province
creavano sbocchi insufficienti per i mestieranti procacciatori di voti e di
finanziamenti. Dal 1992, si dette il via alla creazione di 15 nuove province:
Prato (Toscana); Crotone, Vibo V. (Calabria); Rimini, Cesena accorpata a
Forlì (Emilia Romagna); Lecco, Lodi, Monza-Brianza (Lombardia); Biella,
Verbano-Cusio-Ossola (Piemonte); Fermo (Marche); Barletta-Andria-Trani (Puglia);
Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, Olbia-Tempio (Sardegna).
Eclatante il caso della Sardegna:
1.660.000 abitanti: dalle tre province di un tempo (più Oristano creata nel
1974), si passa alle otto attuali: un a provincia ogni 207 mila abitanti.
Con conseguente proliferazione, per
le 15 province di più recente creazione, di molti uffici amministrativi.
E’ evidente che l’abbattimento di
200 “posti” al Senato e l’eliminazione per i cacicchi locali della
possibilità di essere piazzati nei Consigli provinciali, riduce fortemente la
libertà di manovra nell’assegnare premi per meriti speciali. I grandi
elettori del No si guardano bene dall’illustrare queste conseguenze ai
semplici cittadini votanti. Molto più semplice e passante la considerazione contro
Renzi degli scarsissimi risparmi dalla eliminazione della elezione dei
Consigli provinciali.
Le Province ci costano 16 miliardi
di euro, le Regioni 145. Sarebbe stato più logico eliminare le seconde. Ma
non ci si sarebbe riusciti. Se vincerà il Sì, non è detto che non ci si metta
mano, costituendo macroregioni attraverso l’accorpamenti di molte delle
attuali. Questa è un’altra delle paure dei conservatori.
7) I fautori del No tendono a non
parlare dell’introduzione del referendum propositivo
Art. 71 [….] Al fine di
favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche
pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e
d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle
formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte
le modalità di attuazione.
né dell’obbligo per il Parlamento di
discutere e votare le leggi di iniziativa popolare, per le quali le firme
necessarie passano da 50mila a 150mila. Dal 1979 al 2014, solo tre (tre)
istanze di iniziativa popolare sono state accolte dal legislatore, nel 1983, nel 1992, l’ultima nel 2000 e tutte inserite in testi
unici. Per motivare quell’aumento (bilanciato dall’obbligo
parlamentare di presa in carico), non mi dilungo sulla potenzialità degli
attuali strumenti di comunicazione rispetto a quelli a disposizione dei
cittadini nel secondo dopoguerra: volantini, comizi, qualche giornale,
sezioni di partito.
8) Alcune critiche sono incentrate sul
fatto che col Senato delle Regioni, l’immunità parlamentare sarebbe estesa.
Dovrebbero bastare due conticini: se eleggo 100 cittadini invece di 300, il
numero degli “immuni” aumenta o diminuisce? Risoluzione: resta immutato il
numero dei vitalizi oggi in essere, ma diminuirà di 200 almeno per ogni
legislatura l’aumento dovuto ai nuovi aventi diritto. Eppure si tratta di una
argomentazione portata avanti da molti esponenti del No con adeguato seguito.
Dov’è la furbata dei politici e la riduzione a untori dei cittadini
inconsapevoli che li seguono: si sostiene che l’immunità opererà anche nei
confronti dell’attività dei neosenatori come amministratori (regionali e
sindaci). Questa considerazione rientra nell’ azione, ormai smaccata e
martellante, mirante ad ampliare la garanzia di Deputati e Senatori ad ogni
attività della loro vita, dall’offesa alla badante alla violenza verbale, e
non solo, nei confronti di normali cittadini che reagiscono a manifesti
soprusi. L’immunità interviene a proteggere esclusivamente la sfera della
loro attività politica. Gli scaltri politici ci stanno riuscendo, anche grazie
a quei cittadini che – in buona fede – diffondono quelle considerazioni senza
rendersi conto che stanno mortificando i loro diritti.
9) Un Parlamento illegittimo modifica
la Costituzione: usurpazione del potere politico, fermiamo il colpo di Stato!
Secondo il No, l’illegittimità deriverebbe dall’aver la Consulta giudicato
incostituzionale il Porcellum e quindi l’attuale
Parlamento è viziato da un peccato originale non perdonabile. Riporto un
commento alla sentenza della Consulta circa l’attività di questo Parlamento:
Sulla sentenza della Consulta.
“Sotto
il primo profilo la Corte ha richiamato la regola secondo la quale gli
effetti delle sentenze di declaratoria dell'illegittimità costituzionale
risalgono fino al momento dell'entrata in vigore della norma annullata
“soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di
quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida”.
Facendo applicazione di tale principio ha affermato che le dichiarazioni
d'incostituzionalità pronunciate produrranno i loro effetti “esclusivamente
in occasione di una nuova consultazione elettorale”, non incidendo sugli atti
posti in essere durante il vigore delle norme annullate compresi gli esiti
delle elezioni svolte, costituendo queste “un fatto concluso, posto che il
processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli
eletti”. Con la conseguenza che dette dichiarazioni d'incostituzionalità non
incideranno neppure sugli “atti che le Camere adotteranno prima che si
svolgano nuove consultazioni elettorali”, da effettuarsi “o secondo le regole
contenute nella normativa che resta in vigore...ovvero secondo la nuova
normativa eventualmente adottata dalle Camere”.
Sotto il secondo profilo
la Corte ha tratto conferma a tali affermazioni dal principio di continuità
degli organi costituzionali, ricavabile specificamente riguardo al Parlamento
dalla previsione costituzionale della prorogatio
dei poteri delle Camere precedenti sino alla riunione nelle nuove (art. 61 Cost.) e dalla sopravvivenza al loro scioglimento del
potere di convertire i decreti legge adottati dal governo (art. 77 Cost.). Essendo le Camere “organi costituzionalmente
necessari e indefettibili” – ha affermato la Corte costituzionale – esse non
possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di
deliberare.
Senza considerare il fatto che i
sei passaggi in Camera e Senato non sono stati positivi per il solo apporto
del PD. L’articolato è stato discusso e approvato anche da altre forze
politiche. Le quali adesso ci ripensano e smentiscono loro stesse votando No,
come parte della “minoranza” del PD.
In ogni modo, i parlamentari che considerano
illegittima la “loro” XVII legislatura, farebbero bene a dimettersi. Ma siamo
uomini di mondo e comprendiamo benissimo chi tiene famiglia.
10) Il referendum non riguarda la legge
elettorale. L’invito a votare No perché l’Italicum
(normalissima legge, senza i vincoli di approvazione di una legge di modifica
costituzionale) commisto alle nuove norme costituzionali, sarebbe un
attentato alla democrazia, è indice di malafede e di preoccupazione per la
gracilità degli argomenti a favore del No circa la legge oggetto di
referendum. Oltretutto la versione dell’Italicum in
circolazione fino al 5 novembre, non sarà quella definitiva e verrà rivista.
[Continua]
Fateci caso: le critiche dei
fautori della conservazione dello stato attuale, sono in genere portate
attraverso previsioni di un futuro più o meno apocalittico: le criticità si
aggraveranno, le soluzioni proposte non risulteranno valide, la Camera avrà
il ruolo di cassa di risonanza per le iniziative del presidente del
Consiglio, il Senato intaserà l’attività della Camera; aumenterà il
contenzioso stato-regione; i mascalzoni regionali e i sindaci (tutti
corrotti) vedranno la protezione dell’immunità parlamentare estesa alle loro
malefatte locali. L’unica cosa certa – secondo il No - è la privazione della
sovranità popolare per l’elezione del Senato: la modifica costituzionale
lascia ad una futura legge elettorale specifica, le modalità di elezione dei
Senatori da parte dei Consigli regionali e comunali.
Domanda: in che modo la più bella
Costituzione del mondo dovrebbe risultare devastata?
Altra cosa è la scelta per il No
dovuta alla antipatia che può suggerire l’atteggiamento di Renzi, i suoi modi
e la sua persona.
Ma qui entriamo nel campo politico
proprio del Bar Sport, e lasciamo la parola agli statisti avventori e ai
cittadini intellettualmente pigri, coloro cioè che motivano la loro
opposizione perché proposta dal famoso ragazzotto fiorentino, bugiardo e
fanfarone, e/o con un “la modifica proposta è talmente malfatta dal
contafrottole toscano che non ci si capisce nulla”. Di fatto, si limitano a
ripetere – con minuziosità talebana – decaloghi dei pensatori del No. In
questi casi, il problema è loro.
Ed il No di famosi giuristi? Non
dimentichiamo che anche la Costituzione del 1948 ebbe blasonatissimi critici:
Da
Il Giornale del 14/04/2010: “Quando i padri della patria volevano stracciare
la Carta”. Di Giuseppe Bedeschi:
[….] Questa ispirazione non individualistica (liberale), bensì collettivistica e solidaristica (comune sia a Togliatti che a Dossetti), della nostra Carta costituzionale, fu colta assai bene e duramente criticata da Luigi Sturzo, il quale rilevò che la prima parte della Costituzione, quella che trattava dei diritti e dei doveri, pur contenendo disposizioni felici, era soverchiata da altre disposizioni, di segno diverso, che invocavano l’intervento dello Stato ad ogni pié sospinto. «Purtroppo - diceva Sturzo - di statalismo l’attuale schema di Costituzione puzza cento miglia lontano. L’ingerenza dello Stato (burocrazia, partiti, deputati, commissari del popolo e chi più ne ha più ne metta) sarà tale che il cittadino dovrà cominciare a pensare come difendersi dallo Stato che si va creando». La posizione sturziana è la prova migliore (se pure fosse necessaria) che quella Carta non è certo il Moloch intoccabile che per tanto tempo è stato accreditato dai costituzionalisti e dai giuristi della sinistra: nata in una precisa temperie storico-politica, tanto lontana dal tempo in cui viviamo, essa ne porta i segni evidenti.
Del resto, può essere
utile ricordare che alcuni esponenti di grande rilievo dell’antifascismo non comunista
ebbero un atteggiamento tutt’altro che reverente verso i lavori
dell'Assemblea Costituente. Particolarmente impietoso Gaetano Salvemini, che nelle sue Lettere dall’America scrisse: «Ho letto
il progetto della nuova Costituzione. È una vera alluvione di scempiaggine. I
soli articoli che meriterebbero di essere approvati sono quelli che rendono
possibile emendare o prima o poi quel mostro di bestialità». E ancora: «I
comitati centrali dei tre famosi partiti di massa (PCI, PSI, DC) si erano
proposti solamente di avere nella Costituente dei servitori e non dei
collaboratori»; «una congregazione cieca e passiva, disciplinata da una mezza
dozzina di camorristi sedenti a Roma, come sono ormai i tre partiti così
detti “di massa”». E in una lettera a
Ernesto Rossi del 16 maggio 1947, Salvemini rincarava la dose: «Mi meraviglio
che tu trovi strano che io prenda gusto a leggere le scempiaggini dei
Costituenti. Da quelle scempiaggini sta per uscire la costituzione più scema
che sia mai stata prodotta dai cretini di tutta la storia dell’umanità. Ti par poco farsi
un’idea di quell’Himalaya di somaraggini? (…) Bisogna far tesoro di
tutte le bestialità commesse in quest’ultimo anno per mettere in
guardia gli italiani perché non le commettano un’altra volta». Ma se il
linguaggio di Salvemini era particolarmente salace e colorito, gravi riserve
venivano espresse anche da altre personalità dello schieramento antifascista:
da Mario Paggi, per il quale la
Costituzione era «vecchia prima di nascere», a Piero Calamandrei, che vi ravvisava «una totale mancanza di
coraggio e di fantasia», poiché i Costituenti avevano «preferito orientarsi
sui modelli costituzionali di cento anni fa, piuttosto che sulla realtà
politica dell’Europa e dell’Italia di oggi».
Giudizi severi, come si vede, sinceri e spregiudicati, in radicale contrasto col conformismo che sarebbe venuto dopo.