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Il PuntO  Documento inserito il 21-4-2008


 

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Il PuntO 131

 

Rispettare le leggi?

In Italia chi lo pretende si connota negativamente: è un giustizialista.

I motivi storici di un atteggiamento adottato, oggi, dai furbi.

 

Di Mauro Novelli  21-4-2008

 

 

 

In soldoni.

Dominazioni straniere hanno imposto per secoli alle popolazioni autoctone del nostro paese un apparato normativo vessatorio ed estraneo. Inutile ricordare le dominazioni dal Sacro Romano Impero alla normanna, alla sveva, alla angioina. Si pensi al periodo di dominio spagnolo (dal 1559) dell’Italia non solo meridionale con la sostituzione del dominio francese nel nord Italia.

I cittadini che a quelle leggi si appellavano, o erano membri della casta dei dominanti o  erano dominati ai quali convenivano atteggiamenti collaborazionisti. Agli occhi dei cittadini normali quella collusione appariva come deprecabile e comunque foriera di ulteriori vessazioni.

Le cose non sono migliorate con l’unità d’Italia: ampie fasce di popolazione meridionale accolsero di buon grado i suggerimenti del Cardinale Rufo che spingeva i veri cristiani ad opporsi all’apparato imposto dai piemontesi.

Più in generale, il Papa tenne lontani i cattolici da una attiva vita politica nazionale, imponendo loro di considerarsi estranei ai processi di unificazione che avevano visto il vicario di Cristo ridursi a dominare il territorio racchiuso entro le mura paoline. Il veto ad una compiuta cittadinanza dei cattolici fu rimosso solo nel 1913 (Patto Gentiloni).

Dopo neanche un decennio da quella data, la dittatura fascista impose una legislazione totalitarista, rifiutata da una parte della popolazione, almeno come atteggiamento intellettuale e di contrasto all’assolutismo del ventennio.

Dopo la liberazione, passato  il momento costituente di enorme forza unificante, una parte della popolazione (la sinistra) non ebbe un completo atteggiamento di adesione alla nuova struttura giuridico istituzionale della Repubblica. Atteggiamento perdurato almeno fino al discorso di Berlinguer col quale si annunciava che “.. non si governa il Paese col 51 per cento dei voti…”.

Da quel momento, a mio avviso, è iniziato un faticoso processo di adesione alle istituzioni di questo  paese. Ma le disarticolazioni operate per secoli hanno portato a storture difficili da raddrizzare: dagli atteggiamenti della Lega, a quelli di Berlusconi sul pagamento delle tasse, a quelle del Subcomandante Fausto che opponeva allo Sceriffo Cofferati il fatto che “…la legalità non è mai stata un valore della sinistra marxista…”.

In conclusione: il proverbio “fatta la legge, trovato l’inganno” non nasconde una rassegnazione di fondo, ma esplicita un modus operandi “legittimo”.

Oggi il legalismo è trapassato in giustizialismo, con connotati fortemente negativi alimentati dai furbi per mettere in difficoltà i cittadini che, ligi, “pretenderebbero” il rispetto delle leggi. Quei furbi che hanno fatto un business del mancato rispetto delle norme e della non piena adesione alle istituzioni.

E chi si ribella a questo atteggiamento eversivo? Beh, sono dei poveracci. D’altra parte, che cosa pretendete dai giustizialisti? I quali se sono in grado di farsi sentire dal corpo sociale, diventano addirittura forcaioli.