PRIVILEGIA NE IRROGANTO

Documento inserito il:  10-9-2015

 

Home

Il PuntO

Il ConsigliO

ictus

Documentazione

Biblioteca

Indice dei DOSSIER

DOCUMENTI CORRELATI

 

 

 

 

La PignattA  99

Bad bank all’italiana. Piccolo dossier.

A cura di Mauro Novelli 10-9-2015

 

A luglio 2015, le sofferenze  bancarie lorde ammontavano a 197,095 miliardi di euro di cui 140,968 imputabili alle società non finanziarie; 35,976 alle famiglie consumatrici; 15,914 alle famiglie produttrici. Entità raggiunta non solo a causa della crisi nata nel 2007, ma anche della pessima abitudine bancaria di concedere prestiti a clienti immeritevoli di credito, ma finanziati per meriti speciali (le famose pratiche stella – anni ’70 - del Banco di Roma), o per irragionevoli e intempestivi ordini di rientro imposti a clienti  pur se non in crisi (“Sa, le banche stanno tirando i remi in barca…”). Ne è conseguita una crescita esponenziale dei crediti deteriorati.

Sempre a luglio, al valore di realizzo (sofferenze meno fondi rettificativi già accantonati) le sofferenze nette ammontavano a 84,788 miliardi di euro.

Le banche potrebbero benissimo costituire una bad bank di sistema senza chiedere l’aiuto di nessuno, ma il valore dei crediti cartolarizzati dipenderebbe esclusivamente dalla “qualità” dei crediti ceduti.  Se invece – ecco il colpaccio – ci fosse la garanzia di qualche entità, magari statale…… ecco, appunto, della Cassa Depositi e Prestiti (alle condizioni di mercato?), quelle cartolarizzazioni potrebbero godere di rating tale da poter esser scontate dalla BCE.

Per inciso ricordiamo che CDP aggrega la raccolta tramite i libretti e i buoni fruttiferi collocati dagli sportelli di Poste, il cui ammontare 2014 è di 325,286 miliardi di euro con aumento di 33,347 miliardi (+11,4%)  rispetto al 2013

 

 

La UE è molto perplessa: la Commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, ha detto di essere fiduciosa in una soluzione ma ha anche ribadito che "la bad bank può essere realizzata con o senza aiuti di Stato. Spetta all' Italia scegliere le modalità". "Nel momento in cui viene istituita una bad bank che darà vantaggi a determinate banche occorre imporre la condizione della ristrutturazione".

Vedremo.

 


Sommario

http://www.mauronovelli.it/PignattA%2099%20Bad%20bank%20all'Italiana%2010-9-2015.htm

·        Reuters Italia  16:17  10-9-2015  Bad Bank, Vestager non indica tempi per soluzione con Italia

·         Da Milano Finanza   Monito Ue per bad bank: se ci sono aiuti di Stato le banche vanno ristrutturate.  10-9-2015  di Francesca Gerosa

·        Da Formiche.  Mps, Banco Popolare e Bcc. Chi si affretta a mollare le sofferenze bancarie   2

·         (Teleborsa) Torna in campo CDP

·        Da Phastidio.net   La bad bank pubblica ed il mercato finto   Sep 8, 2015  Di Mario Seminerio

·        Da Milano Finanza.  Accelera il progetto bad bank, Mps e Banco le maggiori beneficiarie. 8-9-2015  di Francesca Gerosa  6

·         Da Formiche.  Il mercato degli Npl rischia lo sboom... 8  01 - 09 – 2015   Michele Arnese e Gianluca Zapponini

·        Da Il Sole – 24 Ore L’Italia stringe sulla bad bank, Padoan a Bruxelles col piano   11. Laura Serafini   Mercoledí 15 Luglio 2015

·        Dal Corriere della sera 8-6-2015. Tutti i no alla nostra bad bank. 14. I vincoli sui possibili aiuti di stato. E il prezzo dei titoli potrebbe divenire determinante Penalizzati dalla mancanza di un mercato dei crediti deteriorati. I problemi per i piccoli  14. di Francesca Basso   14

·        Da Panorama.  Bad bank, perché è una "banca buona" per le imprese. 16. Di Massimo Morici   4  giugno 2015   16

 


 

Reuters Italia  10-9-201516:17

Bad Bank, Vestager non indica tempi per soluzione con Italia

 

ROMA (Reuters) - La Commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager non ha indicato quanto tempo possa servire ancora per concludere il confronto con l' Italia sulla cosiddetta bad bank, pur avendo detto di essere fiduciosa che una soluzione verrà trovata. Al termine dell' incontro con il ministro del' Economia Pier Carlo Padoan, la Commissaria ha detto ai giornalisti di non poter fornire una deadline per la conclusione del confronto con Italia sul provvedimento da tempo allo studio. "Non posso" fornire indicare una data, ha detto la Vestager dopo aver incontrato il ministro. Il governo vuole creare un veicolo societario munito di garanzia pubblica che compri dalle banche i crediti deteriorati. Stamani in una audizione al Parlamento, la Vestager ha detto di essere fiduciosa in una soluzione ma ha anche ribadito che "la bad bank può essere realizzata con o senza aiuti di Stato. Spetta all' Italia scegliere le modalità". "Nel momento in cui viene istituita una bad bank che darà vantaggi a determinate banche occorre imporre la condizione della ristrutturazione". La variabile chiave su cui si concentra il confronto è il prezzo al quale il veicolo comprerebbe i crediti deteriorati. Questo prezzo deve essere costruito in modo tale da replicare un meccanismo di mercato per evitare che l' operazione possa configurarsi come un aiuto di Stato. (Giuseppe Fonte) Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italianoLe top news anche su www.twitter.com/reuters_italia.


Da Milano Finanza   Monito Ue per bad bank:

se ci sono aiuti di Stato le banche vanno ristrutturate

 Francesca Gerosa


 

Ogni Stato membro, inclusa l'Italia, deve decidere se vuole realizzare una bad bank con o senza aiuti di Stato, ma la condizione per istituire una bad bank con l'erogazione di aiuto di Stato è che gli istituti che vi ricorrono devono poi ristrutturare. E' quanto ha chiarito oggi il commissario europeo alla Concorrenza, Margret Vestager, dinanzi alle commissioni riunite di Camera e Senato.

"La bad bank può essere creata con o senza aiuti di Stato", ha detto Vestager, "spetta all'Italia scegliere le modalità per la creazione di una bad bank, noi facciamo del nostro meglio per dare input, consigli e scambiare informazioni con le autorità italiane", ma nel momento in cui viene istituita una bad bank, "che magari darà vantaggi a determinate banche, occorre imporre la condizione della ristrutturazione perché stanno utilizzando i soldi dei contribuenti".

Riguardo alle difficoltà legate al fatto che non esiste ancora un mercato dei prestiti deteriorati, Vestager ha sottolineato che c'è una notazione positiva, ovvero uno sviluppo lento ma sicuro di un mercato per i prestiti incagliati. Le banche più grandi iniziano a comprare questi prestiti incagliati, quindi si fissa gradualmente un prezzo di mercato per questi prestiti incagliati e in qualche maniera si ripristina un'economia di mercato.

Il governo Renzi vuole creare un veicolo societario munito di garanzia pubblica che compri dalle banche i crediti deteriorati. La Commissione Ue ha giudicato finora il progetto italiano di bad bank un aiuto di Stato in grado di far scattare il bail-in, ossia una perdita per azionisti e detentori dei bond della banca beneficiata. Il commissario Ue alla Concorrenza ritiene comunque che si riuscirà a negoziare con il governo italiano una soluzione sulla bad bank. "Sono fiduciosa che una soluzione possa essere trovata", ha detto.

Più in generale per il commissario europeo l'Italia ha fatto e sta facendo importanti riforme strutturali che rafforzeranno il potenziale di crescita dell'economia del Paese. "L'Italia, ha osservato, "sta facendo importanti progressi sul fronte delle riforme strutturali, dal mercato del lavoro alla scuola, al pubblico impiego al settore bancario. Sono riforme che rafforzeranno il potenziale di crescita dell'economia italiana". 

Promosso anche il provvedimento concorrenza all'esame del Parlamento "che innesca un meccanismo positivo e ridurrà le barriere. Non è una iniziativa una tantum", ha aggiunto, "ma si continuerà anno dopo anno con un'impostazione coerente che promuove la trasparenza e la sinergia tra autorità della concorrenza e il Parlamento, che ha la possibilità di dare l'impulso politico per attuare le riforme". 

Vestager è molto ottimista anche per quanto riguarda i cambiamenti proposti dal sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, per la riorganizzazione degli aiuti di Stato. "Si tratta di una prospettiva molto promettente che ci consentirà di avanzare rapidamente in maniera coerente e organica", ha precisato, annunciando poi che la Commissione europea concluderà "a breve" gli accertamenti sulla cosiddetta competizione fiscale, ovvero la fuga di alcune imprese che si trasferiscono in Paesi dove i regimi fiscali sono più favorevoli.

D'altra parte, anche se in Italia e in altri Paesi europei si percepiscono segnali incoraggianti di ripresa economica, questo "non basta". Va migliorato il potenziale competitivo, va dato nuovo slancio all'economia, anche grazie al rafforzamento della concorrenza. "L'Italia è un grande Paese e i dossier sono molto grandi, ma una cosa a cui aspiriamo è affrontare con l'Italia questi dossier", ha concluso Vestager.

 


 

Da Formiche.  Mps, Banco Popolare e Bcc. Chi si affretta a mollare le sofferenze bancarie

08 - 09 – 2015   Fernando Pineda

Notizie, numeri, ricostruzioni e indiscrezioni sui progetti delle singoli istituti ma anche sui piani del Tesoro su una sorta di bad bank...

Il governo presenterà nel week end il progetto bad bank che dovrebbe prevedere la costituzione di un veicolo partecipato dallo Stato e da privati. Nei prossimi due giorni si terranno a Bruxelles delle riunioni decisive. E’ quello che trapela da ambienti politici e finanziari. L’obiettivo è quello di trovare una soluzione sistemica, da utilizzare ad hoc per alcune banche, per smobilizzare lo stock di Npl nei portafogli di alcune banche in cui lo stock costituisce una vera zavorra per l’attività creditizia. La questione dei crediti non performing (Npl) pesa per circa 320 miliardi di euro sul sistema bancario italiano. Una montagna cresciuta di quattro volte in 7 anni, perché la recessione ha fatto fallire migliaia di imprese e impedito a milioni di persone di rimborsare i crediti, ha scritto oggi Repubblica.

 

GLI OBIETTIVI DEL MEF

Il Tesoro punta a ottenere un nulla osta per fornire garanzie alle banche che venderanno i crediti problematici; le istituzioni europee dovrebbero dire sì, imponendo però che le garanzie siano retribuite con tassi di mercato, in questo modo si evita che si possa parlare di aiuti di Stato.

 

LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA

A quel che si apprende – scrive oggi la Repubblica – il Tesoro otterrà un nulla osta a fornire garanzie alla società che rivenderà i crediti morosi, a patto che per tali garanzie riceva un pagamento con tassi “di mercato””. Del tema si parlerà ai massimi livelli – aggiunge Repubblica – anche giovedì, quando la responsabile dell’antitrust Ue, Margarethe Vestager, parteciperà a un’audizione alle Commissioni industria ed Europa di Camera e Senato e incontrerà il sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, la ministra dello sviluppo economico Federica Guidi, il ministro Padoan, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il suo vicedirettore generale Fabio Panetta. La Commissione, ha detto il portavoce della commissaria danese, «è in contatto stretto e costruttivo con le autorità italiane» sulle riforme pianificate del settore bancario“.

 

 

COME FUNZIONERA’

Una volta ottenuto il via libera dall’Europa, l’attenzione si sposterà sul sistema di assegnazione di un prezzo ai singoli crediti morosi messi in vendita. “Per le banche venditrici – scrive Mf – complessivamente solide e con una buona dotazione in termini di patrimonio, potrebbe essere vantaggioso sbarazzarsi dei non performing loan, anche a costo di sopportare alcune perdite. Per alcune banche popolari ci sono anche le plusvalenze in arrivo dalla cessione di attivi, questi guadagni straordinari bilancerebbero parzialmente eventuali perdite da cessione sofferenze”.

 

L’ANALISI DI GRECO

Scrive oggi Andrea Greco di Repubblica: “Lo schema sembra semplice e lineare: «le garanzie devono avere una remunerazione di mercato – racconta un banchiere – e l’Italia dovrà inserire nel dossier bad bank prezzature simili offerte in transazioni tra soggetti privati». Senza le garanzie statali, tra l’altro, i titoli della bad bank non possono essere scontati presso la Bce in cambio di denaro sonante (e anche questo è un possibile aiuto di Stato: perché dopo la cartolarizzazione sarebbero equiparati, a Francoforte, a titoli europei in bonis con ratingelevato). A spanne, il costo di mercato di simili garanzie dovrebbe aggirarsi su uno 0,4- 0,5% annuo, il differenziale tra il tasso di rifinanziamento Bce e un’emissione tripla A”.

 

AIUTI DI STATO?

Quello degli aiuti di Stato è un concetto – aggiunge Greco – “che la Commissione ha ampliato a dismisura; spesso a danno dell’Italia. Sui dossier bancari – il prestito pubblico a Mps, i progetti di bad bank e di intervento del Fondo tutela depositi nelle dissestate Banca delle Marche, Bpel, CariFerrara – lo spauracchio degli “aiuti” è stato brandito negli ultimi mesi, con una severità che è parsa dimenticare le centinaia di miliardi irrorate dai governi di Germania, Spagna, Irlanda, Gran Bretagna per rilanciare i loro sistemi bancari e riavviare le economie patrie”.

 

IL COMMENTO DI EQUITA

“Il closing del progetto, insieme con il consolidamento, è un catalyst per un ulteriore re-rating del settore bancario italiano che tratta a un multiplo prezzo/tangible equity di 0,95 volte anche se restano da verificare eventuali limiti legati all’impatto sul CET1 (12%, ndr) di cessioni di portafogli”, hanno commentato stamattina gli analisti di Equita.

I MAGGIORI BENEFICIARI

Naturalmente le banche che beneficerebbero maggiormente di un progetto di bad-bank sono quelle con un’esposizione più elevata alle sofferenze garantite, quindi Banca Monte dei Paschi di Siena e il Banco Popolare che dovrebbero, secondo gli analisti di Equita, avere un beneficio due volte superiore alla media del sistema.

 

LE CLASSI

Tra l’altro, le banche italiane sarebbero uscite nel complesso bene dal test sul capitale. La Bce avrebbe in media leggermente alzato il livello di capitale richiesto. La maggior parte delle quindici banche sarebbe in classe 3 (la scala va da 1, ottimo, a 5, corrispondente a failing or likely to fail), livello medio dove si colloca gran parte delle banche europee e sufficiente a evitare nuove ricapitalizzazioni. “Da quanto si apprende – scrive Mf Intesa Sanpaolo sarebbe in classe 2. Tre-quattro banche sarebbero in classe 4, tra cui la Popolare di Vicenza e Veneto Banca che però hanno già annunciato piani di ricapitalizzazione. Le altre, una/due che sono in classe 4, sono sotto stretta sorveglianza, ma hanno appena chiuso la ricapitalizzazione e non dovrebbero essere soggette a nuove operazioni”.

 

CHE SUCCEDE A SIENA

Mps sta mettendo in cantiere una nuova iniziativa per tamponare il problema dei crediti deteriorati. Infatti la banca senese guidata da Fabrizio Viola, scrive MF, avrebbe messo in vendita un portafoglio di prestiti non-performing a piccole e medie imprese per un valore nominale da circa 1,8 miliardi. Il Progetto Eva, di cui ieri ha parlato l’agenzia Bloomberg mentre la Rocca ha preferito non commentare le indiscrezioni, dovrebbe interessare portafogli garantiti e non e sarebbe gia’ finito nel radar di una ventina di operatori specializzati. Le trattative sarebbero partite nelle scorse settimane con l’obiettivo di arrivare al closing entro la fine dell’anno. Se l’operazione andasse in porto, per il Monte si tratterebbe di una notizia positiva visto che la banca senese ha oggi in pancia circa 24 miliardi di crediti deteriorati. L’obiettivo del management e’ quello di cederne 5,5 miliardi tra il 2015 e il 2018, cosi’ come previsto dall’aggiornamento del piano industriale.

 

DOSSIER BCC

In movimento sugli Npl anche le banche di credito cooperativo: tre gruppi specializzati nella gestione di crediti deteriorati hanno messo nel mirino il mondo delle bcc. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, Primus Partners, Fortress e Fbs potrebbero presto entrare in due diligence per un importante pacchetto di npl messo sul mercato da Iccrea. A valore nominale si tratta di uno stock da circa 500 milioni di euro, composto da portafogli sia chirografari che ipotecari, anche se questi ultimi dovrebbero fare la parte del leone. L’operazione, la prima di questo genere messa in piedi dal gruppo Iccrea presieduto da Giulio Magagni, dovrebbe coinvolgere 49 banche di varie dimensioni e completarsi entro l’autunno.

 


 

(Teleborsa) - A qualche mese dalle ultime sollecitazioni di Bankitalia, la ”bad bank” torna al centro dell'attenzione del Governo. 
Parlando a margine del Workshop Ambrosetti, il Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato che l'ipotesi di creare un organismo in cui far confluire i crediti deteriorati delle banche (la “bad bank”, appunto) non è stata accantonata, ricordando che comunque l'Esecutivo ha già varato misure che accelerano la cessione di suddetti crediti deteriorati. In una intervista a La Stampa, invece, Andrea Guerra, consigliere economico del Premier, ha dichiarato che Cassa Depositi e Prestiti, recentemente riorganizzata, “può servire per l'internazionalizzazione delle imprese, per le infrastrutture e magari anche per la bad bank”.

 


 

Da Phastidio.net   La bad bank pubblica ed il mercato finto

Sep 8, 2015  Di Mario Seminerio

Domani sarà a Roma la commissaria Ue alla concorrenza, Margrethe Vestager, per colloqui con Tesoro, Banca d’Italia ed Antitrust, finalizzati a capire di più sulla struttura della bad bank pubblica che il nostro governo insiste a voler mettere in piedi per liberare i bilanci delle banche dai crediti in sofferenza. Come segnala oggi il Corriere, la proposta italiana per vincere le resistenze Ue è piuttosto ingegnosa ma non meno rischiosa per i contribuenti.

Si ipotizza, in pratica, di creare un “mercato artificiale” per le sofferenze bancarie, cioè di calcolare il loro prezzo “teorico” in assenza di scambi effettivi. Per fare ciò, si è ingaggiata la società di consulenza Boston Consulting Group (BCG), che dovrà elaborare un algoritmo di pricingper le sofferenze bancarie, in particolare per quelle secured, cioè con garanzia sottostante.

In tal modo, se si riuscisse a fare ottenere a questo algoritmo il crisma di “prezzo di mercato”, pur in assenza di scambi effettivi, dovrebbe essere possibile evitare di incappare nei veti Ue per aiuti di stato. Il problema è che questo escamotage non è nuovo, nel settore finanziario, e poggia su premesse che sono del tutto teoriche, proprio per assenza di un effettivo processo di scambio tra due parti contraenti.

Poiché non si inventa nulla, è utile sapere che le banche già utilizzavano qualcosa del genere, per valorizzare attivi complessi e non scambiati sul mercato. Si chiamano Level 3 asset, ed erano in voga prima del crack del 2007, quando le banche prezzavano prodotti finanziari complessi, come le cartolarizzazioni su mutui, in assenza di prezzi di mercato. Il crack mise a nudo la finzione di questo sistema di prezzi, affossato da una drammatica illiquidità. Ora, di fatto, il Tesoro italiano vorrebbe riesumare il Level 3 per creare la bad bank, e far credere a Ue e mercati che i crediti in sofferenza non sarebbero acquistati a prezzi di favore per le banche, mandando poi in capo ai contribuenti la differenza sul prezzo di effettivo realizzo e recupero del credito.

E come funzionerebbe, allora, questa bad bank a garanzia pubblica? Come indica l’articolo del Corriere,

«Tecnicamente la struttura ipotizzata prevederebbe un veicolo che si finanzia sul mercato per comprare gli attivi deteriorati con proventi di bond i quali sarebbero garantiti dallo Stato in caso di perdita»

Detta così, però, la costruzione manca di un dettaglio. Visto che per aversi veicolo societario serve un attivo ed un passivo, e che il veicolo emetterebbe passività garantite dallo stato, chi metterebbe i mezzi propri, cioè il capitale sociale? Forse i privati, che in tal modo finirebbero per andare a leva sulle passività del veicolo, cioè incassare utili mentre le perdite sarebbero assorbite dal contribuente, in caso il prezzo “sintetico” fissato dall’algoritmo fosse sbagliato? Non è dato sapere.

Soprattutto, ribadiamo il concetto: perché usare una struttura di garanzie pubbliche quando la price discoverypuò e deve essere lasciata al mercato? Sappiamo che il tesoro ipotizza un misterioso “fallimento del mercato”, intendendo con questa espressione-jolly che i prezzi non riescono a formarsi o, più verosimilmente, che esiste un ampio differenziale tra offerte dei compratori e desiderata dei venditori. I quali, in alcuni casi, potrebbero aver accantonato a rettifiche di perdite su crediti importi troppo bassi rispetto al prezzo di mercato, ed al momento della vendita realizzerebbero forti perdite, con conseguente necessità di aumentare il capitale sociale. C’è qualcosa, nell’algoritmo Tesoro-BCG, che fa pensare che tali prezzi non sarebbero comunque penalizzanti per i venditori? Escludendo interpretazioni maliziose, ovviamente. Il tutto senza contare che i crediti sofferenti unsecured, cioè senza garanzie sottostanti, spesso nascondono valore di recupero prossimo allo zero. E lì non c’è bad bank pubblica che tenga.

Il governo italiano crede che sia soprattutto un problema di illiquidità, e ciò giustificherebbe una bad bank a garanzia pubblica. La realtà potrebbe trovarsi altrove, però. E soprattutto, questo sforzo governativo giunge proprio nel momento in cui il mercato dei crediti deteriorati sta riprendendo vita, con numerose operazioni annunciate. Una riguarda persino le Bcc, banche di credito cooperativo, con una iniziativa di Iccrea, l’istituto centrale di categoria, su crediti chirografari ed ipotecari per mezzo miliardo di euro, che si svilupperà nelle prossime settimane dopo la due diligence da parte di tre specialisti internazionali di bad loans. Si chiama mercato, quello vero. Ma l’iperattivismo del governo italiano, in questa materia, appare degno di miglior causa.

 


Da Milano Finanza.  Accelera il progetto bad bank, Mps e Banco le maggiori beneficiarie

8-9-2015   di Francesca Gerosa


Il governo presenterà nel week end il progetto bad bank che dovrebbe prevedere la costituzione di un veicolo partecipato dallo Stato e da privati. Nei prossimi due giorni sono in calendario a Bruxelles riunioni decisive. Il Tesoro punta a ottenere un nulla osta per fornire garanzie alle banche che venderanno i crediti problematici; le istituzioni europee dovrebbero dire sì, imponendo però che le garanzie siano retribuite con tassi di mercato. In questo modo si evita di incappare nel rischio di aiuti di Stato.

Una volta ottenuto il via libera dall'Europa, l'attenzione si sposterà sul sistema di assegnazione di un prezzo ai singoli crediti morosi messi in vendita. Per le banche venditrici, complessivamente solide e con una buona dotazione in termini di patrimonio, potrebbe essere vantaggioso sbarazzarsi dei non performing loan, anche a costo di sopportare alcune perdite. Per alcune banche popolari ci sono anche le plusvalenze in arrivo dalla cessione di attivi, che bilancerebbero parzialmente eventuali perdite dalla cessione sofferenze.

A differenza di quanto ipotizzato in precedenza la soluzione sarebbe realizzata a livello di settore e non di singola banca con il rilascio, caso per caso, di garanzie a fronte di cartolarizzazioni. Il veicolo acquisterebbe le sofferenze garantite a una valutazione determinata da un algoritmo che terrebbe conto di vari parametri, risultando in un prezzo superiore a quelli di mercato (10-15% del nominale) ma non tale da determinare il rischio di aiuti di Stato. 

Il funding avverrebbe sul mercato e gli asset potrebbero essere rifinanziabili in Bce. "Il closing del progetto, insieme con il consolidamento, è un catalyst per un ulteriore re-rating del settore bancario italiano che tratta a un multiplo prezzo/tangible equity di 0,95 volte anche se restano da verificare eventuali limiti legati all'impatto sul CET1 (12%, ndr) di cessioni di portafogli", commentano stamani gli analisti di Equita.

La sensibilità del rote (7-8% nel 2016-2017) è di circa 1 punto per ogni 10bps di minor costo del rischio con un impatto positivo sulla valutazione di ogni banca di circa l'8-9%: nel migliore dei casi possibili una riduzione fino a 15-20bps (82-75bps nel 2016-2017).

Naturalmente le banche che beneficerebbero maggiormente di un progetto di bad bank sono quelle con un'esposizione più elevata alle sofferenze garantite, quindi 
Monte dei Paschi http://static.milanofinanza.it/img/mercati/tooltip.pngdi Siena (+3,42% a 1,877 euro stamani in borsa) e Banco Popolare http://static.milanofinanza.it/img/mercati/tooltip.png (+3% a 15,45 euro) che dovrebbero, secondo gli analisti di Equita, avere un beneficio due volte superiore alla media del sistema.

Tra l'altro, le banche italiane sarebbero uscite nel complesso bene dal test sul capitale. La Bce avrebbe in media leggermente alzato il livello di capitale richiesto. La maggior parte delle quindici banche sarebbe in classe 3 (la scala va da 1, ottimo, a 5, corrispondente a failing or likely to fail), livello medio dove si colloca gran parte delle banche europee e sufficiente a evitare nuove ricapitalizzazioni.

Da quanto si apprende Intesa Sanpaolo http://static.milanofinanza.it/img/mercati/tooltip.png (+2,36% a 3,214 euro) sarebbe in classe 2. Tre-quattro banche sarebbero in classe 4, tra cui la Popolare di Vicenza e Veneto Banca che però hanno già annunciato piani di ricapitalizzazione.

 


 

 

Da Formiche.  Il mercato degli Npl rischia lo sboom

 

01 - 09 – 2015   Michele Arnese e Gianluca Zapponini

 

Nonostante il decreto del governo sulle sofferenze bancarie e il progetto dell'Istituto di via Nazionale per dare il via libera a una bad bank, le fibrillazioni borsistiche innescate dai tremolii della Cina possono indurre i fondi americani e anglosassoni a ritrarsi dall'acquisti dei non performing loans. Ecco numeri, ricostruzioni e indiscrezioni

Sono uno dei simboli della crisi globale. I non performing loans, letteralmente i prestiti bancari non più performanti. In altre parole tutti quei crediti deteriorati per i quali la riscossione da parte delle banche è divenuta incerta sia in termini di scadenza che di ammontare. E questo perchè famiglie e imprese troppo spesso non riescono a fronteggiare le rate dei rimborsi. Con la recessione, poi, la massa di npl nei conti delle banche è notevolmente aumentata, zavorrandone nel tempo i bilanci.

 

LO STOCK BANCARIO

Secondo i dati più recenti, a fine 2014 i crediti deteriorati in pancia alle principali banche italiane ammontavano a 133 miliardi di euro (29,7 dei quali scoperti da qualunque garanzia), il 5,5% in più sul 2013. Di questi 51 stanno in pancia a Unicredit e circa 27 a Intesa SanPaolo. Una cifra monstre rispetto ai 42 miliardi complessivi contabilizzati all’inizio della crisi, nel 2008 e che col protrarsi degli anni ha avuto effetti nefasti sulla concessione del credito: le banche, spaventate da una tale massa di crediti non riscossi, talvolta hanno chiuso sempre di più i rubinetti del credito, provocando il famoso credit crunch.

 

IL CONCERTO ISTITUZIONALE

Banche e governo non sono rimasti a guardare e per invertire la rotta gli istituti hanno deciso la dismissione dei portafogli più critici in favore di quegli investitori esteri che hanno mostrato un certo appetito per i npl e che già hanno discusso con molte banche della vendita degli stessi. L’esecutivo ha poi varato un decreto per facilitare il recupero dei crediti e favorire la creazione di un mercato comunitario degli npl. Il decreto ad hoc mira a facilitare il recupero o la cessione dei crediti deteriorati, accorciandone i tempi, aprendo al contempo una sorta di mercato internazionale dei portafogli bancari più problematici.

 

LE MOSSE DELLE BANCHE

Mentre il governo lavorava al decreto per incentivare le vendite di npl, gli istituti varavano una serie di cessioni per pulire i bilanci che hanno di fatto risvegliato il mercato dei npl. Un’operazione di lungo respiro se si considera che in caso di fusioni bancarie o di ingresso di nuovi azionisti, è sempre meglio presentarsi con i bilanci puliti e scarichi di sofferenze. Secondo alcuni dati riportati dal Sole 24 Ore lo scorso luglio, nei primi sei mesi del 2015 le banche italiane hanno dismesso 5 miliardi di euro di npl, contro i 2,5 ceduti nel primo semestre 2014. Nell’ultimo anno e mezzo ammontano a quasi 12 miliardi i crediti deteriorati venduti dalle banche a fondi di investimento o altri operatori finanziari. Tra gli istituti che hanno ceduto consistenti stock di crediti deteriorati negli scorsi mesi c’è Unicredit, che ha ceduto 625 milioni di euro di npl all’americana Pra Group e Banca Ifis che al contrario comprato tre portafogli di crediti deteriorati per circa 900 milioni di euro. Anche Montepaschi ha fatto la sua parte, liberandosi a fine giugno di 1,3 miliardi di crediti problematici nel suo bilancio, il 50% dei quali ceduti alla Cerberus Capital. E per la fine del 2015 la banca senese punta a dismettere un altro miliardo.

 

I DUBBI DI MEDIOBANCA

Sull’effettiva ripresa delle cessioni dei crediti deteriorati qualcuno ha però espresso dubbi. Tra questi ci sono gli analisti di Mediobanca che in un recente report dedicato proprio al Monte dei Paschi ha sottolineato come “lo stock di crediti deteriorati lordi su base trimestrale è stabile a 46 miliardi di euro, ma lo stock include la cessione di non performing loans per 1,3 miliardi a fine giugno. Senza considerare questa vendita, i crediti deteriorati sarebbero aumentati del 2,5% su base trimestrale, il che vuol dire che sui non performing loan non siamo a un punto di svolta”. In altre parole, al netto dell’operazione straordinaria di fine giugno, i crediti difficili sarebbero aumentati ancora. La strada per alleggerire i bilanci bancari dal peso dei crediti deteriorati, nonostante il susseguirsi delle operazioni di dismissione, è insomma ancora lunga e le banche devono fare molto di più.

 

LE PREVISIONI DI PRICE

Dubbi a parte, con i primi germogli di ripresa del mercato e l’interesse sempre maggiore dei fondi esteri nel 2016 potrebbe aversi un autentico boom delle cessioni di portafogli critici. Secondo un report di Pricewaterhousecoopers, l’Italia è infatti un Paese molto appetibile per tutti quei fondi esteri (molti dei quali britannici o statunitensi) interessati ad acquisire grossi stock di crediti. Gli esperti di Pwc calcolano come gli investitori abbiano ad oggi più di 60 miliardi diequity da investire nei prossimi mesi non solo nei mercati più attivi negli ultimi 3 anni (Uk, Spagna, Germania e Irlanda), ma anche in nuovi mercati come l’Italia.

 

LE DIFFICOLTA’ DI MERCATO

Inoltre, sottolinea un operatore di mercato che preferisce l’anonimato, “le vendite di sofferenze di cui si sta parlando sono quasi tutte di credito al consumo che non ha collateral. Questo conferma che è proprio la difficoltà di valutare le garanzie reali a bloccare il mercato delle sofferenze su mutui residenziali per via della lunghezza dei tempi di recupero, nonostante le buone intenzioni del provvedimento approvato di recente dall’esecutivo”.

 

LA CINA GUASTA LA FESTA?

C’è però un ombra sul futuro del mercato dei npl. Ed è quella della Cina. Lo sboom cinese di mezzo mondo rischia infatti di compromettere l’esito felice delle cessioni, a causa di un possibile disinteresse degli investitori internazionali verso i crediti deteriorati. Secondo alcune indiscrezioni raccolte da Formiche.net in ambienti finanziari, la frenata della crescita cinese che sta mettendo a dura prova le borse mondiali sta facendo in questi giorni perdere miliardi ai molti fondi e investitori, soprattutto inglesi e statunitensi. Tutti possibili acquirenti, ma che ora starebbero cercando in tutti i modi di rassicurare i risparmiatori in fuga, arginando le vendite sui listini. Di conseguenza l’operazione di compravendita degli npl potrebbe non essere più così prioritaria, come prima perché le menti dei fondi è tutta concentrata sulla sforzo per spegnere l’incendio cinese. Uno scenario che, se confermato, potrebbe rivedere la tempistica del processo di dismissione, che non verrebbe bloccato, ma di certo ostacolato. Le banche, da parte loro, pur di non tenersi in pancia i miliardi di crediti deteriorati, potrebbero aumentare l’offerta, mettendo sul mercato stock ancora più consistenti di npl. Basterà a riavere l’attenzione dei grossi player finanziari internazionali? C’è chi pensa di sì, dice un operatore: Bad bank e decreto sofferenze del governo serviranno proprio ad aumentare il valore dei collateral sottostanti agli NPL al fine di agevolarne la vendita”. Sarà così?

 


Da Il Sole – 24 Ore L’Italia stringe sulla bad bank, Padoan a Bruxelles col piano

 

Il governo italiano continua a tessere la tela, diplomatica e tecnica, per riuscire a varare una “bad bank” senza incorrere negli strali della Commissione europea. Il ministro per l’Economia, Pier Carlo Padoan, ha avuto a questo scopo ieri a Bruxelles un incontro allargato con i tre commissari europei interessati: Margrethe Vestager (concorrenza), Jonathan Hill (affari finanziari) e Valdis Dombrovskis (euro).

Il ministro ha fatto il punto sulle iniziative sin qui adottate dal governo italiano per rilanciare il mercato del credito, ma anche per creare le condizioni di stabilità del sistema bancario e per allineare regole e assetti a quelli degli altri paesi europei. Secondo quanto riferito da fonti del ministero, Padoan ha informato i commissari sulla strategia italiana per creare le condizioni tecniche ed economiche per una gestione dei crediti in sofferenza attraverso «una bad bank non necessariamente interamente pubblica» nel rispetto delle regole sugli aiuti di Stato.

La creazione di un simile veicolo per smaltire i bad loans potrà avvenire probabilmente solo a valle di un percorso di riforma del sistema bancario italiano che l’esecutivo italiano si è impegnato a portare a termine - i famosi compiti a casa - con Bruxelles ma anche con la Banca centrale europea.

Da questo punto di vista, il ministro per l’Economia ha ricordato quanto fatto sinora: la riforma delle banche popolari, l’autoriforma della fondazioni bancarie, il decreto approvato nei giorni scorsi che non consente più di spalmare su 5 anni, ma la concentra nell’anno in cui è maturata, la deducibilità dei crediti svalutati dalle banche. All’appello manca ancora l’autoriforma delle banche di credito cooperativo: Federcasse ha ultimato la stesura del progetto, che mitiga la bozza presentata a inizio anno dal governo (la quota di controllo della spa aggregante, ad esempio, sarà in mano alle Bcc) ma ne segue l’impostazione. A settembre è atteso il decreto che dovrebbe inglobare l’autoriforma in un contenitore legislativo.

I tre commissari europei «hanno apprezzato la strategia seguita dal governo da gennaio in poi per rafforzare e modernizzare il sistema bancario italiano», hanno spiegato le fonti del Mef. E questa buona risposta italiana nell’esecuzione dei compiti a casa potrebbe essere la leva per ottenere dopo l’estate il via libera su una forma di bad bank.

Nel frattempo l’outlook pubblicato ieri dall’Abi mostra che le sofferenze in Italia continuano a crescere. «Le sofferenze lorde mostrano un ulteriore peggioramento - spiega il rapporto - anche se con una dinamica di decelerazione: a maggio esse hanno superato i 193,7 miliardi(25,1 miliardi in più rispetto ad un anno prima pari a +14,9 su base annua; percentuale in diminuzione rispetto a +24,2% di maggio 2014). Le sofferenze nette sono a quota 83,4 miliardi (+9,3% la variazione annua, in decelerazione rispetto al +11,5% di maggio 2014). In rapporto al totale degli impieghi le sofferenze lorde risultano pari al 10,1 per cento, in crescita dall’8,9% di un anno prima». E ancora: «a marzo 2015 il numero complessivo degli affidati in sofferenza era pari a 1.199.107 (in prevalenza imprese e famiglie)».

Il trend dei prestiti a famiglie e imprese per la prima volta a giugno è stato nei fatti stazionario, riducendo l’andamento calante registrato negli ultimi tre anni.

«A giugno 2015 il totale dei finanziamenti in essere delle banche italiane a famiglie e imprese -continua il rapporto- ha rappresentato una variazione prossima allo zero (-0,1%) rispetto al giugno 2014, dopo un calo dello 0,6% il mese precedente, e migliore rispetto al picco negativo di -4,5% di novembre 2013. Questo di giugno 2015 per i prestiti bancari a famiglie e imprese è il miglior risultato da aprile 2012. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, a oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 miliardi a 1.833 miliardi, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.415,5 miliardi di euro».

I tassi di interesse sui prestiti si sono posizionati in Italia su livelli ancora più bassi: il tasso medio sul totale dei prestiti ha aggiornato il minimo storico portandosi al 3,42%, dopo il 3,43% di maggio (6,18% a fine 2007).

La raccolta continua a segnare il passo. «L’andamento della raccolta complessiva (depositi da clientela residente più obbligazioni) registra a giugno 2015 una diminuzione di circa 23,4 miliardi di euro rispetto ad un anno prima, manifestando una variazione su base annua di -1,4% (-1,7% il mese precedente), risentendo della dinamica negativa della raccolta a medio e lungo termine» prosegue l’outlook.

«Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, ad oggi la raccolta da clientela è passata da 1.513 a 1.686,5 miliardi di euro, segnando un aumento - in valore assoluto - di quasi 174 miliardi».

 


 

Dal Corriere della sera 8-6-2015. Tutti i no alla nostra bad bank

INTANTO LA MASSA DELLE SOMME INESIGIBILI CONTINUA AD AUMENTARE. E BLOCCA L’ECONOMIA

I vincoli sui possibili aiuti di stato. E il prezzo dei titoli potrebbe divenire determinante Penalizzati dalla mancanza di un mercato dei crediti deteriorati. I problemi per i piccoli

 

di Francesca Basso

CLICCA SULLE FRECCE A DESTRA PER INGRANDIMENTO GRAFICO

Un invito in perfetta linea con le intenzioni del governo. Da tempo il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia stanno ragionando a questa soluzione. Il punto di partenza è che l’Italia non potrà lasciarsi alle spalle la crisi fino a quando non sarà risolto il problema dei crediti deteriorati accumulati dalle banche negli anni della recessione. E se i big come Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno già provveduto a farsi la loro «bad bank», il problema rimane per gli istituti più piccoli. Le sofferenze – come ha ricordato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nelle Considerazioni finali – richiedono accantonamenti e dunque finiscono per immobilizzare buona parte dell’attivo delle banche e frenare l’erogazione del credito all’economia. C’è però un problema: in Italia non c’è mercato per i crediti deteriorati, servirebbe appunto una garanzia pubblica o un intervento dello Stato per far partire il meccanismo. Dunque soluzione trovata? Per niente. Perché qui il rischio è che la Ue intraveda aiuti di Stato. Quella stessa Commissione che ha riconosciuto la mancanza in Italia di un mercato dei crediti deteriorati.

 
Elementi condivisi

 

La posizione ufficiale è dialogante: «Siamo in stretto e costruttivo contatto con le autorità italiane», spiega Ricardo Cardoso, portavoce della commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, che ha in mano il dossier. «Abbiamo condiviso con le autorità italiane – prosegue – gli elementi tecnici che bisogna considerare quando si costruisce una bad bank in linea con le regole europee così come quelli per creare meccanismi a supporto di prestiti alle piccole e medie imprese». «Non abbiamo ricevuto la comunicazione formale – conclude –. La Commissione non ha fatto un esame formale della compatibilità con le regole Ue sugli aiuti di Stato». Finché non viene trovata la formula che ci permette di evitare di incorre nel veto dell’Europa, ovviamente l’Italia non procede all’ufficialità.

Quali sono gli elementi tecnici? Non esiste una formula standard perché una «bad bank» che presuppone l’intervento di uno Stato non venga sanzionata come aiuto di Stato. Però nella «Comunicazione della Commissione sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel settore bancario comunitario», che risale al 2009, sono elencate le «questioni» che gli Stati membri devono affrontare al momento di prendere di considerazione misure a sostegno delle attività deteriorate: salvaguardia della stabilità finanziaria; sostegno all’erogazione di prestiti bancari; considerazioni di lungo periodo sulla redditività del settore bancario e sulla sostenibilità di bilancio; necessità di un approccio comunitario comune e coordinato per garantire parità di condizioni. In generale, la Commissione definisce aiuti di Stato «le misure pubbliche di sostegno a fronte di attività deteriorate, in quanto esonerano la banca beneficiaria dalla necessità di registrare una perdita o una riserva per un’eventuale perdita sulle sue attività deteriorate e/o liberano capitale obbligatorio per altri usi».

 
I nodi

E questo si accentua qualora «le attività deteriorate venissero acquistate o assicurate a un valore superiore al prezzo di mercato o laddove il prezzo della garanzia non compensasse lo Stato per la sua possibile passività massima a titolo di garanzia».

Il prezzo è uno dei problemi attorno cui ruotano possibili obiezioni della Ue alla nostra «bad bank». Ma era stato proprio l’esecutivo europeo a riconoscere poche settimane fa che in Italia il mercato dei crediti deteriorati non è sufficiente. Come sarà possibile far spostare l’ago della bilancia europeo? Molto dipende da come sarà considerata la situazione di partenza dell’Italia e se ci viene riconosciuto il motivo macroeconomico: una «bad bank» per riattivare l’economia attraverso la ripresa del credito bancario, tenuto conto che nel nostro Paese le Pmi si finanziano quasi totalmente attraverso il sistema tradizionale degli istituti di credito.

8 giugno 2015 | 15:11

 

 


 

Da Panorama.  Bad bank, perché è una "banca buona" per le imprese

Gli istituti schiacciati da 190 miliardi di crediti a rischio faticano a riaprire i rubinetti: i finanziamenti sono crollati del 30% in otto anni

Di

 

Che occorra liberare le banche dalla montagna di crediti in sofferenza affinché tornino a riaprire i rubinetti per infondere linfa vitale alle imprese di casa nostra, ne è convinta anche l’Ocse che, nelle ultime previsioni economiche datate al 3 giugno, raccomanda l'introduzione di una bad bank   (banca cattiva, letteralmente in inglese) e cioè di un veicolo creato su misura per raccogliere i crediti la cui riscossione non è certa. 
Un problema, come sottolineato di recente
 Fitch, soprattutto per le banche più piccole, dove le sofferenze hanno totalizzato 81 miliardi a fine 2014. Nei piccoli sportelli di provincia, secondo l'agenzia di rating, "l'accesso al credito può rivelarsi modesto e costoso" ed è proprio qui che bisognerebbe "ripulire i portafogli prestiti" per incentivare i flussi di credito verso il settore delle pmi, spina dorsale del made in Italy.
Di crediti dubbi l’Abi
, l’associazione delle banche italiane, del resto ne ha contati per 190 miliardi di euro a fine marzo in tutto il sistema bancario (si arriva a 300 miliardi considerando tutti i crediti deteriorati), una cifra che ha fatto schizzare il rapporto tra sofferenze e prestiti al 9,8% (era all'8,6% un anno prima). 
Una percentuale che sale appunto al 16,6% per i piccoli operatori economici, quelli che hanno sentito più degli altri gli effetti della crisi: in questo caso il rapporto è più del doppio rispetto al dato registrato a fine 2007 (7,1%), l’anno prima del crollo dei mercati finanziari provocato dallo scoppio della bolla dei subprime negli Stati Uniti d’America.

 

Ripulire i portafogli prestiti degli istituti più piccoli potrebbe incentivare i flussi di credito verso le pmi.  Fitch

 

 

Canali alternativi ancora deboli
Ma perché è necessario liberare le banche da questa zavorra? Perché il sistema di finanziamento alle imprese da noi è ancora banco - centrico: circa il 70% dei crediti finanziari erogati in Italia alle imprese è di provenienza bancaria rispetto al 30% degli Usa, dove le aziende ricorrono anche ad altri canali, come il mercato delle obbligazioni societarie e del private equity.

Una strada che si vorrebbe percorrere anche in Italia con i mini – bond, obbligazioni emesse da società non quotate di piccola e media dimensione, un mercato che però non ha superato gli 8 miliardi di euro nel biennio 2013 – 2014 e che necessita la presenza di importanti investitori istituzionali, quali i fondi pensione, che però sono ancora poco sviluppati nel nostro paese. 

Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, durante il suo discorso al consueto incontro annuale con il mercato finanziario, che quest’anno si è tenuto all’Expo di Milano, ha ricordato quale dimensione abbiano raggiunto i prestiti bancari nel sistema Italia: a fine 2013 pesavano per il 52% del nostro Pil contro il 4% negli Usa e una media europea del 45%.

Una percentuale che evidenzia un’anomalia tutta italiana (ed europea), frutto della "convinzione che il sistema bancario europeo fosse sostanzialmente più solido e in grado, da solo, di assicurare lo sviluppo dell’economia".

 

Il sistema bancario non è più in grado da solo di assicurare lo sviluppo dell'economia. 

Giuseppe Vegas, Consob

 

Si parte a settembre
E, dunque, accanto all’attivazione per le imprese medio – piccole di canali di finanziamento alternativi, occorre ripartire dalle banche, visto che gli investimenti privati sono crollati del 30% dal 2007.

Le imprese, infatti, restano (e resteranno) legate a doppio filo con il sistema bancario, che, nonostante il QE avviato da Draghi, continuano a mantenere i rubinetti chiusi: i finanziamenti alle imprese a marzo sono calati del 2,2% rispetto a 12 mesi prima (dato di Bankitalia), anche se la contrazione è in miglioramento rispetto a quella di febbraio.

Motivo? Ulteriori spinte ad aumentare la capitalizzazione delle banche potrebbero deprimere l'offerta di credito, come sottolineato da Bankitalia. Del resto, anche la domanda potrebbe subire una contrazione visto che i tassi di interesse applicati dagli istituti alle imprese risultano ancora alti rispetto alla media Ue, proprio per i rischi connessi all'aumento dei crediti deteriorati in bilancio: +3,09% a marzo per importi fino a 1 milione e +1,77% per importi superiori. Prendere un prestito in Italia, insomma, è sempre meno conveniente.

La nuova sede di Unicredit a Milano 

Il peso sulle tasche dei cittadini
Ma come sarà la bad bank italiana? Al di là delle iniziative già avviate dalle prime due banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, che hanno già deciso di gestire i dossier da sé per evitare le perdite correlate alle svalutazioni, Padoan ha già preannunciato che verrà adottata una soluzione "light", che preveda un intervento privato con garanzia pubblica.

Del resto, l’esperienza europea insegna che operazioni di questo tipo si rivelano estremamente onerose per le casse dello Stato, e quindi per i contribuenti: nel Regno Unito la Ukar, creata nel 2010 per gestire i mutui arretrati di Northern Rock e Bradford&Bingley travolte dalla crisi dei subprime, è costata ai britannici 165 miliardi di euro, quella tedesca ben 250 miliardi di euro dal 2007 al 2013.

Conto meno salato per la Spagna, dove la Sareb (bad bank spagnola), che doveva gestire attivi per circa 53 miliardi di euro, ha potuto fare affidamento nel giugno 2012 su 41 miliardi di Bruxelles grazie all'intervento dell'Esm, il meccanismo europeo di stabilità.

C'è anche una data per l'avvio della bad bank tricolore: Filippo Taddei, che è il responsabile economia e lavoro del Pd e ha dato manforte ai piani del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per la creazione di una bad bank italiana, ha indicato in settembre una scadenza accettabile per l'attivazione del progetto.

Forse però raccogliere i crediti in sofferenza in un veicolo potrebbe non bastare: l'Ocse ha ricordato che all'Italia, per uscire dalla morsa del credit crunch, occorre anche una seria riforma del diritto fallimentare, con un più ampio utilizzo di tribunali specializzati e il ricorso a soluzioni extra - giudiziali.

Ma qui si apre un altro capitolo con tempistiche, considerando l'iter parlamentare necessario, davvero più lunghe.