A luglio 2015, le sofferenze bancarie lorde ammontavano a 197,095
miliardi di euro di cui 140,968 imputabili alle società non finanziarie;
35,976 alle famiglie consumatrici; 15,914 alle famiglie produttrici. Entità
raggiunta non solo a causa della crisi nata nel 2007, ma anche della pessima
abitudine bancaria di concedere prestiti a clienti immeritevoli di credito,
ma finanziati per meriti speciali (le famose pratiche stella – anni ’70 - del
Banco di Roma), o per irragionevoli e intempestivi ordini di rientro imposti
a clientipur se non in crisi (“Sa, le
banche stanno tirando i remi in barca…”). Ne è conseguita una crescita
esponenziale dei crediti deteriorati.
Sempre a luglio, al valore di realizzo
(sofferenze meno fondi rettificativi già accantonati) le sofferenze nette
ammontavano a 84,788 miliardi di euro.
Le banche potrebbero benissimo
costituire una badbank
di sistema senza chiedere l’aiuto di nessuno, ma il valore dei crediti
cartolarizzati dipenderebbe esclusivamente dalla “qualità” dei crediti ceduti.Se invece – ecco il colpaccio – ci fosse la
garanzia di qualche entità, magari statale…… ecco, appunto, della Cassa
Depositi e Prestiti (alle condizioni di mercato?), quelle cartolarizzazioni
potrebbero godere di rating tale da poter esser scontate dalla BCE.
Per inciso ricordiamo che CDP aggrega la
raccolta tramite i libretti e i buoni fruttiferi collocati dagli sportelli di
Poste, il cui ammontare 2014 è di 325,286 miliardi di euro con aumento di
33,347 miliardi (+11,4%)rispetto al
2013
La UE è molto perplessa: la Commissaria
europea alla concorrenza, MargretheVestager, ha detto di essere fiduciosa in una soluzione
ma ha anche ribadito che "la badbank può essere realizzata con o senza aiuti di Stato.
Spetta all' Italia scegliere le modalità". "Nel momento in cui viene
istituita una badbank
che darà vantaggi a determinate banche occorre imporre la condizione della
ristrutturazione".
BadBank, Vestager non indica tempi per soluzione con Italia
ROMA (Reuters) - La Commissaria europea
alla concorrenza MargretheVestager
non ha indicato quanto tempo possa servire ancora per concludere il confronto
con l' Italia sulla cosiddetta badbank, pur avendo detto di essere fiduciosa che una
soluzione verrà trovata. Al termine dell' incontro con il ministro del'
Economia Pier Carlo Padoan, la Commissaria ha detto
ai giornalisti di non poter fornire una deadline
per la conclusione del confronto con Italia sul provvedimento da tempo allo
studio. "Non posso" fornire indicare una data, ha detto la Vestager dopo aver incontrato il ministro. Il governo
vuole creare un veicolo societario munito di garanzia pubblica che compri
dalle banche i crediti deteriorati. Stamani in una audizione al Parlamento,
la Vestager ha detto di essere fiduciosa in una
soluzione ma ha anche ribadito che "la badbank può essere realizzata con o senza aiuti di Stato.
Spetta all' Italia scegliere le modalità". "Nel momento in cui viene
istituita una badbank
che darà vantaggi a determinate banche occorre imporre la condizione della
ristrutturazione". La variabile chiave su cui si concentra il confronto
è il prezzo al quale il veicolo comprerebbe i crediti deteriorati. Questo
prezzo deve essere costruito in modo tale da replicare un meccanismo di
mercato per evitare che l' operazione possa configurarsi come un aiuto di
Stato. (Giuseppe Fonte) Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italianoLe top news anche su www.twitter.com/reuters_italia.
Da
Milano FinanzaMonito Ue per badbank:
se ci sono aiuti di Stato le banche vanno
ristrutturate
10-9-2015diFrancesca Gerosa
Da Formiche.Mps, Banco
Popolare e Bcc. Chi si affretta a mollare le sofferenze bancarie
Notizie, numeri,
ricostruzioni e indiscrezioni sui progetti delle singoli istituti ma anche
sui piani del Tesoro su una sorta di badbank...
Il governo presenterà nel week end il
progetto badbank che dovrebbe
prevedere la costituzione di un veicolo partecipato dallo Stato e da privati.
Nei prossimi due giorni si terranno a Bruxelles delle riunioni decisive. E’
quello che trapela da ambienti politici e finanziari. L’obiettivo è quello di
trovare una soluzione sistemica, da utilizzare ad hoc per alcune banche, per
smobilizzare lo stock di Npl nei portafogli di
alcune banche in cui lo stock costituisce una vera zavorra per l’attività
creditizia. La questione dei crediti non performing
(Npl) pesa per circa 320 miliardi di euro sul
sistema bancario italiano. Una montagna cresciuta di quattro volte in 7 anni,
perché la recessione ha fatto fallire migliaia di imprese e impedito a
milioni di persone di rimborsare i crediti, ha scritto oggi Repubblica.
GLI OBIETTIVI DEL MEF
Il Tesoro punta a ottenere un nulla osta
per fornire garanzie alle banche che venderanno i crediti problematici; le
istituzioni europee dovrebbero dire sì, imponendo però che le garanzie siano
retribuite con tassi di mercato, in questo modo si evita che si possa parlare
di aiuti di Stato.
LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA
“A quel che si apprende –
scrive oggi la Repubblica – il Tesoro otterrà
un nulla osta a fornire garanzie alla società che rivenderà i crediti morosi,
a patto che per tali garanzie riceva un pagamento con tassi “di mercato””.
Del tema si parlerà ai massimi livelli – aggiunge Repubblica – anche giovedì,
quando la responsabile dell’antitrust Ue, MargaretheVestager, parteciperà a un’audizione alle
Commissioni industria ed Europa di Camera e Senato e incontrerà il
sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi,
la ministra dello sviluppo economico Federica Guidi, il ministro Padoan, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco
e il suo vicedirettore generale Fabio Panetta. La
Commissione, ha detto il portavoce della commissaria danese, «è in contatto
stretto e costruttivo con le autorità italiane» sulle riforme pianificate del
settore bancario“.
COME FUNZIONERA’
Una volta ottenuto il via libera
dall’Europa, l’attenzione si sposterà sul sistema di assegnazione di un
prezzo ai singoli crediti morosi messi in vendita. “Per le banche venditrici
– scriveMf – complessivamente solide e con
una buona dotazione in termini di patrimonio, potrebbe essere vantaggioso
sbarazzarsi dei non performingloan,
anche a costo di sopportare alcune perdite. Per alcune banche popolari ci
sono anche le plusvalenze in arrivo dalla cessione di attivi, questi guadagni
straordinari bilancerebbero parzialmente eventuali perdite da cessione
sofferenze”.
L’ANALISI DI GRECO
Scrive oggi Andrea Greco di Repubblica:
“Lo schema sembra semplice e lineare: «le garanzie devono avere una
remunerazione di mercato – racconta un banchiere – e l’Italia dovrà
inserire nel dossier badbank
prezzature simili offerte in transazioni tra soggetti privati». Senza le
garanzie statali, tra l’altro, i titoli della badbank non possono essere scontati presso la Bce in cambio
di denaro sonante (e anche questo è un possibile aiuto di Stato: perché dopo
la cartolarizzazione sarebbero equiparati, a Francoforte, a titoli europei in
bonis con ratingelevato).
A spanne, il costo di mercato di simili garanzie dovrebbe aggirarsi su uno
0,4- 0,5% annuo, il differenziale tra il tasso di rifinanziamento Bce e
un’emissione tripla A”.
AIUTI DI STATO?
Quello degli aiuti di Stato è un
concetto – aggiunge Greco – “che la Commissione ha ampliato a dismisura;
spesso a danno dell’Italia. Sui dossier bancari – il prestito pubblico a Mps, i progetti di badbank e di intervento del Fondo tutela depositi nelle
dissestate Banca delle Marche, Bpel, CariFerrara – lo spauracchio degli “aiuti” è stato
brandito negli ultimi mesi, con una severità che è parsa dimenticare le
centinaia di miliardi irrorate dai governi di Germania, Spagna, Irlanda, Gran
Bretagna per rilanciare i loro sistemi bancari e riavviare le economie patrie”.
IL COMMENTO DI EQUITA
“Il closing
del progetto, insieme con il consolidamento, è un catalyst
per un ulteriore re-rating del settore bancario italiano che tratta a un
multiplo prezzo/tangibleequity
di 0,95 volte anche se restano da verificare eventuali limiti legati
all’impatto sul CET1 (12%, ndr) di cessioni di
portafogli”, hanno commentato stamattina gli analisti di Equita.
I MAGGIORI BENEFICIARI
Naturalmente le banche che
beneficerebbero maggiormente di un progetto di bad-bank
sono quelle con un’esposizione più elevata alle sofferenze garantite, quindi
Banca Monte dei Paschi di Siena e
il Banco Popolare che
dovrebbero, secondo gli analisti di Equita, avere
un beneficio due volte superiore alla media del sistema.
LE CLASSI
Tra l’altro, le banche italiane
sarebbero uscite nel complesso bene dal test sul capitale. La Bce avrebbe in
media leggermente alzato il livello di capitale richiesto. La maggior parte
delle quindici banche sarebbe in classe 3 (la scala va da 1, ottimo, a 5, corrispondente
a failing or likely to fail), livello medio dove si colloca gran parte delle
banche europee e sufficiente a evitare nuove ricapitalizzazioni. “Da quanto
si apprende – scrive Mf- Intesa Sanpaolo sarebbe
in classe 2. Tre-quattro banche sarebbero in classe 4, tra cui la Popolare di
Vicenza e Veneto Banca che però hanno già annunciato piani di
ricapitalizzazione. Le altre, una/due che sono in classe 4, sono sotto
stretta sorveglianza, ma hanno appena chiuso la ricapitalizzazione e non
dovrebbero essere soggette a nuove operazioni”.
CHE SUCCEDE A SIENA
Mps sta mettendo in cantiere una nuova
iniziativa per tamponare il problema dei crediti deteriorati. Infatti la
banca senese guidata da Fabrizio
Viola,scriveMF, avrebbe messo in vendita un
portafoglio di prestiti non-performing a piccole e
medie imprese per un valore nominale da circa 1,8 miliardi. Il Progetto Eva, di
cui ieri ha parlato l’agenzia Bloomberg mentre la Rocca ha preferito non
commentare le indiscrezioni, dovrebbe interessare portafogli garantiti e non
e sarebbe gia’ finito nel radar di una ventina di
operatori specializzati. Le trattative sarebbero partite nelle scorse
settimane con l’obiettivo di arrivare al closing
entro la fine dell’anno. Se l’operazione andasse in porto, per il Monte si
tratterebbe di una notizia positiva visto che la banca senese ha oggi in
pancia circa 24 miliardi di crediti deteriorati. L’obiettivo del management e’ quello di cederne 5,5 miliardi tra il 2015 e il 2018, cosi’ come previsto dall’aggiornamento del piano
industriale.
DOSSIER BCC
In movimento sugli Npl
anche le banche di credito cooperativo: tre gruppi specializzati nella
gestione di crediti deteriorati hanno messo nel mirino il mondo delle bcc. Secondo quanto risulta a MF-Milano
Finanza, PrimusPartners,
Fortress e Fbs potrebbero
presto entrare in due diligence per un importante
pacchetto di npl messo sul mercato da Iccrea. A valore nominale si tratta di uno stock da circa
500 milioni di euro, composto da portafogli sia chirografari che ipotecari,
anche se questi ultimi dovrebbero fare la parte del leone. L’operazione, la
prima di questo genere messa in piedi dal gruppo Iccrea
presieduto da Giulio Magagni,
dovrebbe coinvolgere 49 banche di varie dimensioni e completarsi entro
l’autunno.
(Teleborsa) - A qualche mese dalle ultime sollecitazioni di Bankitalia, la ”badbank” torna al centro dell'attenzione del Governo. Parlando
a margine del Workshop Ambrosetti, il Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato che l'ipotesi di creare un organismo
in cui far confluire i crediti deteriorati delle banche (la “badbank”, appunto) non è stata
accantonata, ricordando che comunque l'Esecutivo ha già varato misure che accelerano
la cessione di suddetti crediti deteriorati. In una intervista a La Stampa,
invece, Andrea Guerra, consigliere economico del Premier, ha dichiarato che
Cassa Depositi e Prestiti, recentemente riorganizzata, “può servire per
l'internazionalizzazione delle imprese, per le infrastrutture e magari anche
per la badbank”.
Da Phastidio.netLa badbank pubblica ed il mercato finto
Sep 8, 2015Di Mario Seminerio
Domani sarà a Roma la
commissaria Ue alla concorrenza,MargretheVestager, per colloqui con Tesoro, Banca
d’Italia ed Antitrust, finalizzati a capire di più sulla struttura della badbank pubblica che il nostro
governo insiste a voler mettere in piedi per liberare i bilanci delle banche
dai crediti in sofferenza. Come segnala oggi ilCorriere, la proposta italiana per vincere
le resistenze Ue è piuttosto ingegnosa ma non meno rischiosa per i
contribuenti.
Si ipotizza, in pratica, di
creare un “mercato artificiale” per le sofferenze bancarie, cioè di calcolare
il loro prezzo “teorico” in assenza di scambi effettivi.Per fare ciò, si è ingaggiata la
società di consulenza Boston Consulting Group
(BCG), che dovrà elaborare un algoritmo dipricingper le sofferenze bancarie, in
particolare per quellesecured, cioè con garanzia sottostante.
In tal modo, se si riuscisse a fare ottenere a questo algoritmo il
crisma di “prezzo di mercato”, pur in assenza di scambi effettivi, dovrebbe
essere possibile evitare di incappare nei veti Ue per aiuti di stato.Il problema è che questoescamotagenon è nuovo, nel settore
finanziario, e poggia su premesse che sono del tutto teoriche, proprio per
assenza di un effettivo processo di scambio tra due parti contraenti.
Poiché non si inventa nulla, è utile sapere che le banche già
utilizzavano qualcosa del genere, per valorizzare attivi complessi e non
scambiati sul mercato.Si chiamanoLevel 3
asset, ed erano in voga prima del crack
del 2007, quando le banche prezzavano prodotti finanziari complessi, come le cartolarizzazioni
su mutui, in assenza di prezzi di mercato. Il crack mise a nudo la finzione
di questo sistema di prezzi, affossato da una drammatica illiquidità. Ora, di
fatto, il Tesoro italiano vorrebbe riesumare il Level 3 per creare la badbank, e far credere a Ue e
mercati che i crediti in sofferenza non sarebbero acquistati a prezzi di
favore per le banche, mandando poi in capo ai contribuenti la differenza
sul prezzo di effettivo realizzo e recupero del credito.
E come funzionerebbe, allora, questa badbank a garanzia pubblica?Come indica l’articolo del
Corriere,
«Tecnicamente la struttura
ipotizzata prevederebbe un veicolo che si finanzia
sul mercato per comprare gli attivi deteriorati con proventi di bond i quali
sarebbero garantiti dallo Stato in caso di perdita»
Detta così, però, la costruzione manca di un dettaglio.Visto che per aversi veicolo
societario serve un attivo ed un passivo, e che il veicolo emetterebbe
passività garantite dallo stato, chi metterebbe i mezzi propri, cioè il
capitale sociale? Forse i privati, che in tal modo finirebbero per andare a
leva sulle passività del veicolo, cioè incassare utili mentre le perdite
sarebbero assorbite dal contribuente, in caso il prezzo “sintetico” fissato
dall’algoritmo fosse sbagliato? Non è dato sapere.
Soprattutto, ribadiamo il concetto: perché usare una struttura di
garanzie pubbliche quando lapricediscoverypuò e deve essere lasciata al mercato?Sappiamo che il tesoro ipotizza un
misterioso “fallimento del mercato”, intendendo con questa espressione-jolly
che i prezzi non riescono a formarsi o, più verosimilmente, che esiste un
ampio differenziale tra offerte dei compratori edesideratadei venditori. I quali, in alcuni
casi, potrebbero aver accantonato a rettifiche di perdite su crediti importi
troppo bassi rispetto al prezzo di mercato, ed al momento della vendita
realizzerebbero forti perdite, con conseguente necessità di aumentare il
capitale sociale. C’è qualcosa, nell’algoritmo Tesoro-BCG, che fa pensare che
tali prezzi non sarebbero comunque penalizzanti per i venditori? Escludendo
interpretazioni maliziose, ovviamente. Il tutto senza contare che i crediti
sofferentiunsecured, cioè senza garanzie sottostanti,
spesso nascondono valore di recupero prossimo allo zero. E lì non c’è badbank pubblica che tenga.
Il governo italiano crede che sia soprattutto un problema di
illiquidità, e ciò giustificherebbe una badbank a garanzia pubblica. La realtà potrebbe trovarsi
altrove, però. E
soprattutto, questo sforzo governativo giunge proprio nel momento in cui il
mercato dei crediti deteriorati sta riprendendo vita, con numerose operazioni
annunciate. Una riguarda persino le Bcc, banche di
credito cooperativo, con una iniziativa di Iccrea,
l’istituto centrale di categoria, su crediti chirografari ed ipotecari per
mezzo miliardo di euro, che si svilupperà nelle prossime settimane dopo ladue diligenceda parte di tre specialisti
internazionali di badloans.
Si chiama mercato, quello vero. Ma l’iperattivismo del governo italiano, in
questa materia, appare degno di miglior causa.
Da Milano Finanza.Accelera il progetto badbank, Mps e Banco le
maggiori beneficiarie
8-9-2015di Francesca Gerosa
Il governo presenterà nel week end il progetto badbank che dovrebbe prevedere la costituzione di un
veicolo partecipato dallo Stato e da privati. Nei prossimi due giorni sono in
calendario a Bruxelles riunioni decisive. Il Tesoro punta a ottenere un nulla
osta per fornire garanzie alle banche che venderanno i crediti problematici;
le istituzioni europee dovrebbero dire sì, imponendo però che le garanzie
siano retribuite con tassi di mercato. In questo modo si evita di incappare
nel rischio di aiuti di Stato.
Una volta ottenuto il via libera dall'Europa, l'attenzione si sposterà sul
sistema di assegnazione di un prezzo ai singoli crediti morosi messi in
vendita. Per le banche venditrici, complessivamente solide e con una buona
dotazione in termini di patrimonio, potrebbe essere vantaggioso sbarazzarsi
dei non performingloan,
anche a costo di sopportare alcune perdite. Per alcune banche popolari ci
sono anche le plusvalenze in arrivo dalla cessione di attivi, che
bilancerebbero parzialmente eventuali perdite dalla cessione sofferenze.
A differenza di quanto ipotizzato in precedenza la soluzione sarebbe
realizzata a livello di settore e non di singola banca con il rilascio, caso
per caso, di garanzie a fronte di cartolarizzazioni. Il veicolo acquisterebbe
le sofferenze garantite a una valutazione determinata da un algoritmo che
terrebbe conto di vari parametri, risultando in un prezzo superiore a quelli
di mercato (10-15% del nominale) ma non tale da determinare il rischio di
aiuti di Stato.
Il funding avverrebbe sul mercato e gli asset potrebbero essere rifinanziabili in Bce. "Il closing del progetto, insieme con il consolidamento, è un
catalyst per un ulteriore re-rating del settore
bancario italiano che tratta a un multiplo prezzo/tangibleequity di 0,95 volte anche se restano da verificare
eventuali limiti legati all'impatto sul CET1 (12%, ndr)
di cessioni di portafogli", commentano stamani gli analisti di Equita.
La sensibilità del rote (7-8% nel 2016-2017) è di circa 1 punto per ogni
10bps di minor costo del rischio con un impatto positivo sulla valutazione di
ogni banca di circa l'8-9%: nel migliore dei casi possibili una riduzione
fino a 15-20bps (82-75bps nel 2016-2017).
Naturalmente le banche che beneficerebbero maggiormente di un progetto di badbank sono quelle con
un'esposizione più elevata alle sofferenze garantite, quindiMonte dei Paschidi Siena
(+3,42% a 1,877 euro stamani in borsa) eBanco Popolare(+3% a 15,45 euro) che
dovrebbero, secondo gli analisti di Equita, avere
un beneficio due volte superiore alla media del sistema.
Tra l'altro, le banche italiane sarebbero uscite
nel complesso bene dal test sul capitale. La Bce avrebbe in media leggermente
alzato il livello di capitale richiesto. La maggior parte delle quindici
banche sarebbe in classe 3 (la scala va da 1, ottimo, a 5, corrispondente a failing or likely to fail), livello medio dove si colloca gran parte delle
banche europee e sufficiente a evitare nuove ricapitalizzazioni.
Da quanto si apprendeIntesa Sanpaolo(+2,36% a 3,214 euro) sarebbe in classe 2. Tre-quattro banche
sarebbero in classe 4, tra cui la Popolare di Vicenza e Veneto Banca che però
hanno già annunciato piani di ricapitalizzazione.
Nonostante il decreto
del governo sulle sofferenze bancarie e il progetto dell'Istituto di via
Nazionale per dare il via libera a una badbank, le fibrillazioni borsistiche innescate dai tremolii
della Cina possono indurre i fondi americani e anglosassoni a ritrarsi dall'acquisti
dei non performingloans.
Ecco numeri, ricostruzioni e indiscrezioni
Sono uno dei simboli della crisi
globale. I non performingloans,
letteralmente i prestiti bancari non più performanti. In altre parole tutti
quei crediti deteriorati per i quali la riscossione da parte delle banche è
divenuta incerta sia in termini di scadenza che di ammontare. E questo perchè famiglie e imprese troppo spesso non riescono a
fronteggiare le rate dei rimborsi. Con la recessione, poi, la massa di npl nei conti delle banche è notevolmente aumentata,
zavorrandone nel tempo i bilanci.
LO STOCK BANCARIO
Secondo i dati più recenti, a fine 2014
i crediti deteriorati in pancia alle principali banche italiane ammontavano a
133 miliardi di euro (29,7 dei quali scoperti da qualunque garanzia), il 5,5%
in più sul 2013. Di questi 51 stanno in pancia a Unicredit e circa 27 a
Intesa SanPaolo. Una cifra monstre rispetto ai 42
miliardi complessivi contabilizzati all’inizio della crisi, nel 2008 e che
col protrarsi degli anni ha avuto effetti nefasti sulla concessione del
credito: le banche, spaventate da una tale massa di crediti non riscossi,
talvolta hanno chiuso sempre di più i rubinetti del credito, provocando il
famoso credit crunch.
IL CONCERTO ISTITUZIONALE
Banche e governo non sono rimasti a
guardare e per invertire la rotta gli istituti hanno deciso la dismissione
dei portafogli più critici in favore di quegli investitori esteri che hanno
mostrato un certo appetito per i npl e che già
hanno discusso con molte banche della vendita degli stessi. L’esecutivo ha
poi varato un decreto per facilitare il recupero dei crediti e favorire la
creazione di un mercato comunitario degli npl. Il
decreto ad hoc mira a facilitare il recupero o la cessione dei crediti
deteriorati, accorciandone i tempi, aprendo al contempo una sorta di mercato
internazionale dei portafogli bancari più problematici.
LE MOSSE DELLE BANCHE
Mentre il governo lavorava al decreto
per incentivare le vendite di npl, gli istituti
varavano una serie di cessioni per pulire i bilanci che hanno di fatto
risvegliato il mercato dei npl. Un’operazione di
lungo respiro se si considera che in caso di fusioni bancarie o di ingresso
di nuovi azionisti, è sempre meglio presentarsi con i bilanci puliti e
scarichi di sofferenze. Secondo alcuni dati riportati dal Sole 24 Ore lo scorso
luglio, nei primi sei mesi del 2015 le banche italiane hanno dismesso 5
miliardi di euro di npl, contro i 2,5 ceduti nel
primo semestre 2014. Nell’ultimo anno e mezzo ammontano a quasi 12 miliardi i
crediti deteriorati venduti dalle banche a fondi di investimento o altri
operatori finanziari. Tra gli istituti che hanno ceduto consistenti stock di
crediti deteriorati negli scorsi mesi c’è Unicredit, che ha ceduto 625
milioni di euro di npl all’americana Pra Group e Banca Ifis che al
contrario comprato tre portafogli di crediti deteriorati per circa 900
milioni di euro. Anche Montepaschi ha fatto la sua parte, liberandosi a fine
giugno di 1,3 miliardi di crediti problematici nel suo bilancio, il 50% dei
quali ceduti alla Cerberus Capital. E per la fine
del 2015 la banca senese punta a dismettere un altro miliardo.
I DUBBI DI MEDIOBANCA
Sull’effettiva ripresa delle cessioni
dei crediti deteriorati qualcuno ha però espresso dubbi. Tra questi ci sono
gli analisti di Mediobanca che in un recente report dedicato proprio al Monte
dei Paschi ha sottolineato come “lo stock di crediti deteriorati lordi su
base trimestrale è stabile a 46 miliardi di euro, ma lo stock include la
cessione di non performingloans
per 1,3 miliardi a fine giugno. Senza considerare questa vendita, i crediti
deteriorati sarebbero aumentati del 2,5% su base trimestrale, il che vuol
dire che sui non performingloan
non siamo a un punto di svolta”. In altre parole, al netto dell’operazione
straordinaria di fine giugno, i crediti difficili sarebbero aumentati ancora.
La strada per alleggerire i bilanci bancari dal peso dei crediti deteriorati,
nonostante il susseguirsi delle operazioni di dismissione, è insomma ancora
lunga e le banche devono fare molto di più.
LE PREVISIONI DI PRICE
Dubbi a parte, con i primi germogli di
ripresa del mercato e l’interesse sempre maggiore dei fondi esteri nel 2016
potrebbe aversi un autentico boom delle cessioni di portafogli critici.
Secondo un report di Pricewaterhousecoopers,
l’Italia è infatti un Paese molto appetibile per tutti quei fondi esteri
(molti dei quali britannici o statunitensi) interessati ad acquisire grossi
stock di crediti. Gli esperti di Pwc calcolano come
gli investitori abbiano ad oggi più di 60 miliardi diequity
da investire nei prossimi mesi non solo nei mercati più attivi negli ultimi 3
anni (Uk, Spagna, Germania e Irlanda), ma anche in
nuovi mercati come l’Italia.
LE DIFFICOLTA’ DI MERCATO
Inoltre, sottolinea un operatore di mercato
che preferisce l’anonimato, “le vendite di sofferenze di cui si sta parlando
sono quasi tutte di credito al consumo che non ha collateral. Questo conferma che è proprio la difficoltà
di valutare le garanzie reali a bloccare il mercato delle sofferenze su mutui
residenziali per via della lunghezza dei tempi di recupero, nonostante le
buone intenzioni del provvedimento approvato di recente dall’esecutivo”.
LA CINA GUASTA LA FESTA?
C’è però un ombra sul futuro del mercato
dei npl. Ed è quella della Cina. Lo sboom cinese di
mezzo mondo rischia infatti di compromettere l’esito felice delle cessioni, a
causa di un possibile disinteresse degli investitori internazionali verso i
crediti deteriorati. Secondo alcune indiscrezioni raccolte da Formiche.net in
ambienti finanziari, la frenata della crescita cinese che sta mettendo a dura
prova le borse mondiali sta facendo in questi giorni perdere miliardi ai
molti fondi e investitori, soprattutto inglesi e statunitensi. Tutti
possibili acquirenti, ma che ora starebbero cercando in tutti i modi di
rassicurare i risparmiatori in fuga, arginando le vendite sui listini. Di
conseguenza l’operazione di compravendita degli npl
potrebbe non essere più così prioritaria, come prima perché le menti dei
fondi è tutta concentrata sulla sforzo per spegnere l’incendio cinese. Uno
scenario che, se confermato, potrebbe rivedere la tempistica del processo di
dismissione, che non verrebbe bloccato, ma di certo ostacolato. Le banche, da
parte loro, pur di non tenersi in pancia i miliardi di crediti deteriorati,
potrebbero aumentare l’offerta, mettendo sul mercato stock ancora più
consistenti di npl. Basterà a riavere l’attenzione
dei grossi player finanziari internazionali? C’è chi pensa di sì, dice un
operatore: Badbank
e decreto sofferenze del governo serviranno proprio ad aumentare il valore
dei collateral sottostanti agli NPL
al fine di agevolarne la vendita”. Sarà così?
Il governo italiano continua a
tessere la tela, diplomatica e tecnica, per riuscire a varare una “badbank” senza incorrere negli
strali della Commissione europea. Il ministro per l’Economia, Pier Carlo Padoan, ha avuto a questo scopo ieri a Bruxelles un
incontro allargato con i tre commissari europei interessati: MargretheVestager
(concorrenza), Jonathan Hill (affari finanziari) e ValdisDombrovskis (euro).
Il ministro ha fatto il punto sulle
iniziative sin qui adottate dal governo italiano per rilanciare il mercato
del credito, ma anche per creare le condizioni di stabilità del sistema
bancario e per allineare regole e assetti a quelli degli altri paesi europei.
Secondo quanto riferito da fonti del ministero, Padoan
ha informato i commissari sulla strategia italiana per creare le condizioni
tecniche ed economiche per una gestione dei crediti in sofferenza attraverso
«una badbank non
necessariamente interamente pubblica» nel rispetto delle regole sugli aiuti di
Stato.
La creazione di un simile veicolo
per smaltire i badloans
potrà avvenire probabilmente solo a valle di un percorso di riforma del
sistema bancario italiano che l’esecutivo italiano si è impegnato a portare a
termine - i famosi compiti a casa - con Bruxelles ma anche con la Banca
centrale europea.
Da questo punto di vista, il
ministro per l’Economia ha ricordato quanto fatto sinora: la riforma delle
banche popolari, l’autoriforma della fondazioni bancarie, il decreto
approvato nei giorni scorsi che non consente più di spalmare su 5 anni, ma la
concentra nell’anno in cui è maturata, la deducibilità dei crediti svalutati
dalle banche. All’appello manca ancora l’autoriforma delle banche di credito
cooperativo: Federcasse ha ultimato la stesura del
progetto, che mitiga la bozza presentata a inizio anno dal governo (la quota
di controllo della spa aggregante, ad esempio, sarà in mano alle Bcc) ma ne segue l’impostazione. A settembre è atteso il
decreto che dovrebbe inglobare l’autoriforma in un contenitore legislativo.
I tre commissari europei «hanno
apprezzato la strategia seguita dal governo da gennaio in poi per rafforzare
e modernizzare il sistema bancario italiano», hanno spiegato le fonti del Mef. E questa buona risposta italiana nell’esecuzione dei
compiti a casa potrebbe essere la leva per ottenere dopo l’estate il via
libera su una forma di badbank.
Nel frattempo l’outlook
pubblicato ieri dall’Abi mostra che le sofferenze
in Italia continuano a crescere. «Le sofferenze lorde mostrano un ulteriore peggioramento
- spiega il rapporto - anche se con una dinamica di decelerazione: a maggio
esse hanno superato i 193,7 miliardi(25,1 miliardi in più rispetto ad un anno
prima pari a +14,9 su base annua; percentuale in diminuzione rispetto a
+24,2% di maggio 2014). Le sofferenze nette sono a quota 83,4 miliardi (+9,3%
la variazione annua, in decelerazione rispetto al +11,5% di maggio 2014). In
rapporto al totale degli impieghi le sofferenze lorde risultano pari al 10,1
per cento, in crescita dall’8,9% di un anno prima». E ancora: «a marzo 2015
il numero complessivo degli affidati in sofferenza era pari a 1.199.107 (in
prevalenza imprese e famiglie)».
Il trend dei prestiti a famiglie e
imprese per la prima volta a giugno è stato nei fatti stazionario, riducendo
l’andamento calante registrato negli ultimi tre anni.
«A giugno 2015 il totale dei
finanziamenti in essere delle banche italiane a famiglie e imprese -continua
il rapporto- ha rappresentato una variazione prossima allo zero (-0,1%)
rispetto al giugno 2014, dopo un calo dello 0,6% il mese precedente, e
migliore rispetto al picco negativo di -4,5% di novembre 2013. Questo di
giugno 2015 per i prestiti bancari a famiglie e imprese è il miglior
risultato da aprile 2012. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi,
a oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 miliardi a 1.833
miliardi, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.415,5 miliardi di euro».
I tassi di interesse sui prestiti
si sono posizionati in Italia su livelli ancora più bassi: il tasso medio sul
totale dei prestiti ha aggiornato il minimo storico portandosi al 3,42%, dopo
il 3,43% di maggio (6,18% a fine 2007).
La raccolta continua a segnare il
passo. «L’andamento della raccolta complessiva (depositi da clientela
residente più obbligazioni) registra a giugno 2015 una diminuzione di circa
23,4 miliardi di euro rispetto ad un anno prima, manifestando una variazione
su base annua di -1,4% (-1,7% il mese precedente), risentendo della dinamica
negativa della raccolta a medio e lungo termine» prosegue l’outlook.
«Dalla fine del 2007, prima
dell’inizio della crisi, ad oggi la raccolta da clientela è passata da 1.513
a 1.686,5 miliardi di euro, segnando un aumento - in valore assoluto - di
quasi 174 miliardi».
Un invito
in perfetta linea con le intenzioni del governo. Da tempo il ministero
dell’Economia e la Banca d’Italia stanno ragionando a questa soluzione. Il
punto di partenza è che l’Italia non potrà lasciarsi alle spalle la crisi
fino a quando non sarà risolto il problema dei crediti deteriorati accumulati
dalle banche negli anni della recessione. E se i big come Unicredit e Intesa
Sanpaolo hanno già provveduto a farsi la loro «badbank», il problema rimane per gli istituti più piccoli.
Le sofferenze – come ha ricordato il governatore di Bankitalia
Ignazio Visco nelle Considerazioni finali – richiedono accantonamenti e
dunque finiscono per immobilizzare buona parte dell’attivo delle banche e
frenare l’erogazione del credito all’economia. C’è però un problema: in
Italia non c’è mercato per i crediti deteriorati, servirebbe appunto una
garanzia pubblica o un intervento dello Stato per far partire il meccanismo.
Dunque soluzione trovata? Per niente. Perché qui il rischio è che la Ue
intraveda aiuti di Stato. Quella stessa Commissione che ha riconosciuto la
mancanza in Italia di un mercato dei crediti deteriorati.
Elementi condivisi
La
posizione ufficiale è dialogante: «Siamo in stretto e costruttivo contatto con
le autorità italiane», spiega Ricardo Cardoso, portavoce della commissaria
alla Concorrenza MargretheVestager,
che ha in mano il dossier. «Abbiamo condiviso con le autorità italiane –
prosegue – gli elementi tecnici che bisogna considerare quando si costruisce
una badbank in linea con
le regole europee così come quelli per creare meccanismi a supporto di
prestiti alle piccole e medie imprese». «Non abbiamo ricevuto la
comunicazione formale – conclude –. La Commissione non ha fatto un esame
formale della compatibilità con le regole Ue sugli aiuti di Stato». Finché
non viene trovata la formula che ci permette di evitare di incorre nel veto
dell’Europa, ovviamente l’Italia non procede all’ufficialità.
Quali sono gli elementi tecnici?
Non esiste una formula standard perché una «badbank» che presuppone l’intervento di uno Stato non venga
sanzionata come aiuto di Stato. Però nella «Comunicazione della Commissione
sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel
settore bancario comunitario», che risale al 2009, sono elencate le
«questioni» che gli Stati membri devono affrontare al momento di prendere di
considerazione misure a sostegno delle attività deteriorate: salvaguardia
della stabilità finanziaria; sostegno all’erogazione di prestiti bancari;
considerazioni di lungo periodo sulla redditività del settore bancario e
sulla sostenibilità di bilancio; necessità di un approccio comunitario comune
e coordinato per garantire parità di condizioni. In generale, la Commissione
definisce aiuti di Stato «le misure pubbliche di sostegno a fronte di
attività deteriorate, in quanto esonerano la banca beneficiaria dalla
necessità di registrare una perdita o una riserva per un’eventuale perdita
sulle sue attività deteriorate e/o liberano capitale obbligatorio per altri
usi».
I nodi
E questo si accentua qualora «le
attività deteriorate venissero acquistate o assicurate a un valore superiore
al prezzo di mercato o laddove il prezzo della garanzia non compensasse lo Stato
per la sua possibile passività massima a titolo di garanzia».
Il prezzo è uno dei problemi
attorno cui ruotano possibili obiezioni della Ue alla nostra «badbank». Ma era stato proprio
l’esecutivo europeo a riconoscere poche settimane fa che in Italia il mercato
dei crediti deteriorati non è sufficiente. Come sarà possibile far spostare
l’ago della bilancia europeo? Molto dipende da come sarà considerata la
situazione di partenza dell’Italia e se ci viene riconosciuto il motivo
macroeconomico: una «badbank»
per riattivare l’economia attraverso la ripresa del credito bancario, tenuto
conto che nel nostro Paese le Pmi si finanziano
quasi totalmente attraverso il sistema tradizionale degli istituti di
credito.
8 giugno 2015 | 15:11
Da Panorama.Badbank, perché è una
"banca buona" per le imprese
Che occorra liberare le banche dalla montagna di crediti in sofferenzaaffinché tornino a riaprire i
rubinetti per infondere linfa vitale alle imprese di casa nostra, ne è
convinta anche l’Ocseche, nelle ultime previsioni
economiche datate al 3 giugno, raccomanda l'introduzione di una badbank(banca cattiva, letteralmente in inglese) e cioè
di un veicolo creato su misura per raccogliere i crediti la cui riscossione
non è certa.
Un problema, come sottolineato di recenteFitch,soprattutto per le banche più
piccole, dove le sofferenze hanno totalizzato 81 miliardi a fine 2014. Nei
piccoli sportelli di provincia, secondo l'agenzia di rating, "l'accesso
al credito può rivelarsi modesto e costoso" ed è proprio qui che
bisognerebbe "ripulire i portafogli prestiti" per incentivare i
flussi di credito verso il settore dellepmi,
spina dorsale del made in Italy.
Di crediti dubbi l’Abi,l’associazione delle banche
italiane, del resto ne ha contati per 190 miliardi di euro a fine marzo in
tutto il sistema bancario (si arriva a 300 miliardi considerando tutti i
crediti deteriorati), una cifra che ha fatto schizzare il rapporto tra
sofferenze e prestiti al 9,8% (era all'8,6% un anno prima).
Una percentuale che sale appunto al 16,6% per i piccoli operatori economici, quelli
che hanno sentito più degli altri gli effetti della crisi: in questo caso il
rapporto è più del doppio rispetto al dato registrato a fine 2007 (7,1%),
l’anno prima del crollo dei mercati finanziari provocato dallo scoppio della
bolla dei subprime negli Stati Uniti d’America.
Canali alternativi
ancora deboli Ma perché è necessario liberare le banche da questa zavorra? Perché il
sistema di finanziamento alle imprese da noi è ancora banco - centrico: circa
il 70% dei crediti finanziari erogati in Italia alle imprese è di provenienza
bancaria rispetto al 30% degli Usa, dove le aziende ricorrono
anche ad altri canali, come il mercato delle obbligazioni societarie e del
private equity.
Una strada che si vorrebbe percorrere anche in Italia con
imini –
bond, obbligazioni emesse da società non quotate di piccola e media
dimensione, un mercato che però non ha superato gli8 miliardi di euronel biennio 2013 – 2014 e
che necessita la presenza di importanti investitori istituzionali, quali i
fondi pensione, che però sono ancora poco sviluppati nel nostro paese.
Il presidente della Consob,Giuseppe
Vegas, durante il suo discorso al consueto incontro annuale con il mercato
finanziario, che quest’anno si è tenuto all’Expo di Milano, ha ricordato
quale dimensione abbiano raggiunto i prestiti bancari nel sistema Italia: a
fine 2013 pesavano per il 52% del nostro Pil contro
il 4% negli Usa e una media europea del 45%.
Una
percentuale che evidenzia un’anomalia tutta italiana (ed europea), frutto
della "convinzione che il sistema bancario europeo fosse sostanzialmente
più solido e in grado, da solo, di assicurare lo sviluppo
dell’economia".
Il
sistema bancario non è più in grado da solo di assicurare lo sviluppo
dell'economia.
Giuseppe Vegas, Consob
Si parte a settembre E, dunque, accanto
all’attivazione per le imprese medio – piccole di canali di finanziamento
alternativi, occorre ripartire dalle banche, visto che gli investimenti
privati sono crollati del 30% dal 2007.
Le
imprese, infatti, restano (e resteranno) legate a doppio filo con il sistema
bancario, che, nonostante ilQE avviato da Draghi, continuano a
mantenere i rubinetti chiusi: i finanziamenti alle imprese a marzo sono
calati del 2,2% rispetto a 12 mesi prima (dato di Bankitalia),
anche se la contrazione è in miglioramento rispetto a quella di febbraio.
Motivo? Ulteriori spinte ad aumentare la capitalizzazione delle banche potrebbero
deprimere l'offerta di credito, come sottolineato da Bankitalia.
Del resto, anche la domanda potrebbe subire una contrazione visto che i tassi
di interesse applicati dagli istituti alle imprese risultano ancora alti
rispetto alla media Ue, proprio per i rischi connessi all'aumento dei crediti
deteriorati in bilancio: +3,09% a marzo per importi fino a 1 milione e +1,77%
per importi superiori. Prendere un prestito in Italia, insomma, è sempre meno
conveniente.
Il peso sulle tasche dei cittadini Ma come sarà la badbank
italiana? Al di là delle iniziative già avviate dalle prime due banche
italiane,Intesa
Sanpaoloe
Unicredit,che
hanno già deciso di gestire i dossier da sé per evitare le perdite correlate
alle svalutazioni, Padoan ha già preannunciato che
verrà adottata una soluzione "light", che preveda un intervento
privato con garanzia pubblica.
Del resto, l’esperienza europea insegna che operazioni di
questo tipo si rivelano estremamente onerose per le casse dello Stato, e
quindi per i contribuenti: nelRegno Unitola Ukar,
creata nel 2010 per gestire i mutui arretrati di Northern
Rock e Bradford&Bingley travolte dalla crisi
dei subprime, è costata ai britannici 165 miliardi
di euro, quella tedesca ben 250 miliardi di euro dal 2007 al 2013.
Conto meno salato per laSpagna, dove la Sareb (badbank
spagnola), che doveva gestire attivi per circa 53 miliardi di euro, ha potuto
fare affidamento nel giugno 2012 su 41 miliardi di Bruxelles grazie
all'intervento dell'Esm, il meccanismo europeo di
stabilità.
C'è anche una data per l'avvio della badbank tricolore:Filippo Taddei,
che è il responsabile economia e lavoro del Pd e ha dato manforte ai piani
del ministro dell'EconomiaPier
Carlo Padoan per la creazione di una badbank italiana, ha indicato
in settembre una scadenza accettabile per l'attivazione del progetto.
Forse però raccogliere i crediti in sofferenza in un
veicolo potrebbe non bastare: l'Ocse ha ricordato che all'Italia, per uscire
dalla morsa del credit crunch, occorre anche una
seria riforma del diritto fallimentare, con un più ampio utilizzo di
tribunali specializzati e il ricorso a soluzioni extra - giudiziali.