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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il: 9-7-2016 |
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La PignattA n°
107 Nascita e declino del sistema
bancario italiano privato. Senza neanche poter vantare un mese
di corretta grandezza. Di Mauro Novelli 9-7-2016 Fino al 1990, il sistema creditizio
italiano era praticamente in mano al Ministero del Tesoro. Unica eccezione,
la Banca Nazionale dell’Agricoltura del conte Auletta Armenise. La legge (Amato-Carli)
del 30.7.1990 n. 218, e il d.lg. 20.11.1990 n. 356,
hanno determinato una profonda trasformazione nel sistema: la proprietà e la
gestione bancaria non fu più affidata a
enti pubblici con capitale detenuto totalmente, o a maggioranza, dallo
Stato, ma a società per azioni di diritto privato, favorendo la concentrazione
degli istituti bancari in gruppi polifunzionali. Il processo si concluse (se non
ricordo male) nel 1995, con la trasformazione del Monte dei Paschi in spa. 1995-2006. LE VACCHE GRASSE. Proprio nella seconda metà degli anni
’90, cominciava il saccheggio dei risparmi delle famiglie italiane,
attraverso la sostituzione dei titoli di stato (“Prima o poi verranno
congelati…”) con obbligazioni bancarie e soprattutto di aziende che avrebbero
avuto una fine ben triste (per le finanze delle famiglie italiane):
Bipop-Carire, Bond Argentina, Bond Cirio, My Way - For You,
Giacomelli, Parmalat, Finmatica, Finmek, Cerruti Finance, Olcese, La Veggia Finance,
Fin.Part, Lehman. Per continuare con MPS, Pop. Vicenza, le 4 magnifiche banche
4 (Carichieti, Cariferrara,
B. Etruria e B. Marche) ecc. Con campagne mediatiche ben mirate,
si procedette – riuscendoci - a far
passare il sistema bancario come un
qualsivoglia settore industriale privato: prima ancora che le esigenze dei
clienti (aziende produttive e famiglie), occorreva garantire con ogni mezzo
il soddisfacimento delle urgenze degli ”azionisti”, con i conti trimestrali
sempre obbligatoriamente in miglioramento ecc. Veniva in tal modo rottamato
l’art. 47 della Costituzione col quale i padri costituenti avevano inteso
dare rilevanza costituzionale all’attività creditizia : Art. 47- “La
Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;
disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso
del risparmio popolare alla
proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta
coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi
produttivi del Paese. Fin qui tutto bene per bilanci
delle banche e per gli “stipendi” dei banchieri: banche privatizzate, lucri
privati. A danno del risparmio delle nostre famiglie. 2007-2016 LE VACCHE MAGRE. Ma nel 2007 cominciano i problemi:
mutui subprime e peste finanziaria diffusa dagli
untori dei potentati planetari. Per le nostre banche comincia un
periodo di guadagni declinanti. La qual cosa non si ripercuote sugli stipendi
di managers e banchieri. Nel giro di meno di dieci anni, si
moltiplicano sofferenze e crediti deteriorati. Al punto che le povere banche
nostrane non ce la fanno più. E’ noto che, in molti casi,
l’andamento delle sofferenze è lievitato per azioni intempestive da parte
delle banche, con l’imposizione di rientro dagli affidamenti in termini
temporali strettissimi, anche ad aziende il cui andamento economico e
finanziario (pur non brillantissimo)
non avrebbe giustificato quel “ritirare gli ombrelli” da parte delle
banche, azione di cui i direttori di agenzia informavano i loro affidati
ancora in buona salute: “Ma che non sa che le banche stanno tirando i remi in
barca?”. A queste – definiamole –
intempestività, occorre aggiungere affidamenti allegri a parenti, amici e
benefattori pur nella consapevolezza che quei capitali non sarebbero
rientrati. Il povero settore creditizio
nostrano supera il livello di 300 miliardi di crediti deteriorati. Con le
sofferenze a 200 miliardi quando si tratta di mostrare il volto emaciato, o a
80 miliardi se si tratta di solidità. Di fatto, è ormai passato il
messaggio che “le banche non ce la fanno più”; che i cattivi tedeschi hanno,
con lungimiranza, ricapitalizzato le loro (specie landesbank)
con 241 miliardi, quando era ancora possibile farlo con aiutini
di stato ecc. 2016: BANCHE IN PERDITA? SI TORNI A RENDERLE PUBBLICHE. On recommence!
Non penserete mica che con
l’economia nello stato attuale e con la gestione mascalzonesca di banchieri incapaci di correttezze (ma
capacissimi nel saccheggio), le
perdite se le possa cuccare l’azionista! Occorrono interventi massicci di
denaro pubblico! Finché non torna il periodo di nuove mandrie grasse. Una volta risanati i bilanci, si
tornerà a privatizzare di nuovo il settore creditizio. And so on! Conosco le critiche a queste
considerazioni: non si può fare di
tutte le banche un fascio; ce ne sono di ben gestite; l’andamento economico
del paese ha esaltato i difetti di gestione e ha fatto saltare i gracili presidi di corretta conduzione;
che i problemi li hanno anche banche di paesi di ben altra solidità; che in
tutto il mondo occidentale i governi, da anni, corrono in soccorso delle
banche. Ecc. Verissimo! Ma non possiamo che considerare
tutti gli istituti di credito nel mucchio, senza distinzioni, finché le
banche che si considerano corrette e ben amministrate non pretenderanno: - che le autorità di controllo
mantengano “pulito” il settore e loro stesse, - che le mele marce accomodatesi
nei settori manageriali alti vengano “gittate in mondezzaro”;
- che ai cittadini/correntisti
vengano fornite trimestralmente le informazioni sui risultati di bilancio e
vengano pubblicizzate le graduatorie di solidità. |
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