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PATTI CHIARI. MA NON TANTO
di Marco
Bigelli e Stefano Mengoli 16.12.2008
Alcuni bond Lehman Brothers sono rimasti nell'elenco di quelli definiti a
basso rischio da Patti Chiari anche quando la società era già
fallita. Come è potuto accadere? E, soprattutto, come evitare che si
ripeta in futuro? Finora, i tittoli sono stati
inseriti nell'elenco dei sicuri sulla base di indicatori del rischio di
mancato rimborso e di perdita di valore del titolo. Un sistema inadeguato per
vari motivi. In particolare perché fondato su serie storiche e soggetto a
conflitti di interesse. Meglio sarebbe ricorrere agli spread dei credit default swaps.
Nassim Taleb,
uno dei massimi esperti in tema di eventi rari nel risk
management, utilizza un esempio per far comprendere i rischi derivanti da un
errato utilizzo della statistica in finanza. Provate a immaginare un tacchino
acculturato, talmente acculturato da aver letto anche un manuale di
statistica. Ogni giorno, affronta quotidianamente un terribile quesito
esistenziale, che consiste nel verificare se la razza umana sia interessata o meno al suo benessere. Dopo 100, 500, persino 1000
giorni, a ogni tramonto del sole, non fa che rafforzarsi in lui l’idea che il
suo padrone gli sia affezionato: non manca infatti
mai di nutrirlo e accudirlo. Sennonché al milleunesimo
giorno, e per di più in un giorno di festa,Thanksgiving, il tacchino è destinato a scoprire
una per lui tristissima verità.
PATTI CHIARI CON LEHMAN BROTHERS
L'esempio consente di proporre alcune osservazioni
sull’attuale crisi finanziaria e sul mancato funzionamento di Patti Chiari
nell’indicare quali obbligazioni siano sicure per i risparmiatori. Alcuni
bond di Lehman Brothers
sono infatti rimasti nell’elenco di quelli definiti
a “basso rischio” da Patti Chiari quando ormai era già stata
ampiamente diffusa la notizia del fallimento della società.
Come può essere accaduto tutto ciò e, soprattutto, come si
può evitare che accada di nuovo in futuro?
I titoli sono inseriti nell'elenco sulla base della rispondenza a due
requisiti apparentemente ragionevoli: rischio di mancato rimborso e rischio
di perdita di valore del titolo devono essere inferiori a determinati livelli
di sicurezza. Il primo rischio è misurato dal rating,
che non deve essere inferiore ad “A-“. Il secondo rischio è misurato
dal Var (Value
at Risk) e vengono inclusi solamente i titoli che
hanno un valore inferiore all'1 per cento.
È evidente che i sistemi di valutazione del rischio non hanno
funzionato e la causa principale risiede nello stesso errore commesso dal
tacchino di Taleb. Il Var
si basa infatti su dati storici e lo
stesso si può bene o male affermare anche per il rating. Anche se per
quest'ultimo le criticità sono maggiori: storicità e
veridicità dei dati; conflitto di interessi e impossibilità ad
abbassare il rating quando questo evento comporterebbe l’automatico
fallimento della società. Il problema dei dati storici è una
delle cause per cui i titoli garantiti da mutui sono stati ritenuti
erroneamente sicuri. Basandosi su serie storiche di tassi di
solvibilità riferiti a periodi in cui i mutui venivano riconosciuti
unicamente a clienti con standing creditizio elevato, la cultura della “casa
per tutti” e la strutturazione di piani di incentivazione che spingevano il
broker verso la chiusura di contratti “a ogni costo”, hanno trasformato il
cliente marginale in un richiedente sempre meno affidabile. Ovviamente,
questo aspetto difficilmente era rinvenibile da modelli basati unicamente su
dati storici.
La veridicità
dei dati stessi rappresenta il secondo aspetto critico allorquando i rating
siano basati su poste di bilancio dal valore incerto per non dire del tutto
inattendibile, vedi Parmalat o toxic assets.
Il terzo annoso problema, ossia quello dei conflitti di interesse,
è ormai piuttosto dibattuto: chi deve essere giudicato seleziona e
paga colui che è chiamato a giudicare. Ma il vero elemento di
novità è stato comprendere come le agenzie di rating possano
difficilmente abbassare il giudizio proprio quando le società o le
banche sono vicine al fallimento. L’ex ceo di Aig, Greenberg, in
un’intervista rilasciata alla Cnbc, ricordava come
nonostante la presenza di un buco di circa 80 miliardi le agenzie non
potevano abbassare il rating, se non volevano firmare l'automatica condanna
al fallimento della società assicurativa, costringendola a fornire
ulteriore collaterale per la sua posizione di controparte in molti contratti.
L’abbassamento repentino del rating infatti
rappresenta una vera è propria bomba deflagrante specie per
un’istituzione finanziaria.(1)
UNO SPREAD DA CONSIDERARE
Ma allora come possiamo migliorare l’attendibilità
dell’elenco e proteggere al tempo stesso i risparmiatori, oltreché le banche
da probabili cause? Un metodo semplice sembrerebbe esistere: lo spread
dei credit default swaps
che rappresenta il costo per coprirsi dal rischio di insolvenza di una
determinata società. Al contrario del Var,
la misura ha l’importante caratteristica di “guardare avanti”: dipende
più dalle aspettative sul futuro piuttosto che dal passato. Negli
Stati Uniti si dà oggi particolare enfasi a
questi strumenti. Si pensa ad esempio di creare una borsa apposita ove far
confluire gli scambi in presenza di una clearing house la cui utilità
sarebbe quella di eliminare il rischio controparte. Con il salvataggio di Aig, si è infatti
palesato come i Cds possano costituire un pericolo
se uno dei principali assicuratori di rischio viene improvvisamente meno.
Nel caso Lehman, il costo per
coprirsi dal rischio di insolvenza misurato dai Cds
era aumentato da appena una ventina di punti base (0,20 per cento) di fine
dicembre 2006 a
circa 150 punti base (1,5 per cento) all’inizio del 2008 per arrivare a circa
800 punti base (8 per cento) prima della dichiarazione del default.
Questi valori suggeriscono che difficilmente i bond Lehmansarebbero
stati classificati “a basso rischio”, così come tanti altri bond ancora
nella lista. Per ottenere una metodologia efficiente, in grado di
identificare bond “sicuri”, basterebbe quindi verificare meccanicamente se,
ad esempio, gli spread delle emissioni più rilevanti si situano sotto
un limite eventualmente determinato a priori. In alternativa, si potrebbe
pensare di ordinare tutte le emissioni e di far rientrare nell’elenco
solamente la percentuale degli emittenti con migliori spread,
riducendo così l’influenza dei cicli economici di sistema.
Così com’è, Patti Chari non funziona e infatti è stata annunciatala sua sospensione.
Resta però la necessità di aiutare in qualche modo i
risparmiatori italiani, che da sempre non sono particolarmente brillanti in
materie finanziarie, come evidenziato dal punteggio medio dell’indice di
cultura finanziaria, calcolato dalla stessa Patti Chiari: 3,5
nell’intervallo 0-10. L’utilizzo degli spread sui Cds
può essere la risposta giusta. Solo così si potrebbe
ripristinare un’amicizia duratura tra banche e risparmiatori basata su veri
“patti chiari”.
A proposito: come si risolveva il problema del tacchino? Come ogni problema
statistico per pervenire alla corretta soluzione occorre porsi la corretta
domanda: che fine hanno fatto mamma e papà?
(1) Thomas Friedman affermava nel 1996 “There are
two superpowers in the world today in my opinion. There’s the United States
and there’s Moody’s Bond Rating Service. The United States can destroy you by
dropping bombs, and Moody’s can destroy you by downgrading your bonds. And
believe me; it's not clear sometimes who's more powerful”.
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