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Documentazione   Documento inserito il 14-2-2009


 

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PATTI CHIARI. MA NON TANTO

 

di Marco Bigelli e Stefano Mengoli 16.12.2008

 

 

Alcuni bond Lehman Brothers sono rimasti nell'elenco di quelli definiti a basso rischio da Patti Chiari anche quando la società era già fallita. Come è potuto accadere? E, soprattutto, come evitare che si ripeta in futuro? Finora, i tittoli sono stati inseriti nell'elenco dei sicuri sulla base di indicatori del rischio di mancato rimborso e di perdita di valore del titolo. Un sistema inadeguato per vari motivi. In particolare perché fondato su serie storiche e soggetto a conflitti di interesse. Meglio sarebbe ricorrere agli spread dei credit default swaps.

Nassim Taleb, uno dei massimi esperti in tema di eventi rari nel risk management, utilizza un esempio per far comprendere i rischi derivanti da un errato utilizzo della statistica in finanza. Provate a immaginare un tacchino acculturato, talmente acculturato da aver letto anche un manuale di statistica. Ogni giorno, affronta quotidianamente un terribile quesito esistenziale, che consiste nel verificare se la razza umana sia interessata o meno al suo benessere. Dopo 100, 500, persino 1000 giorni, a ogni tramonto del sole, non fa che rafforzarsi in lui l’idea che il suo padrone gli sia affezionato: non manca infatti mai di nutrirlo e accudirlo. Sennonché al milleunesimo giorno, e per di più in un giorno di festa,Thanksgiving, il tacchino è destinato a scoprire una per lui tristissima verità.

PATTI CHIARI CON LEHMAN BROTHERS

L'esempio consente di proporre alcune osservazioni sull’attuale crisi finanziaria e sul mancato funzionamento di Patti Chiari nell’indicare quali obbligazioni siano sicure per i risparmiatori. Alcuni bond di Lehman Brothers sono infatti rimasti nell’elenco di quelli definiti a “basso rischio” da Patti Chiari quando ormai era già stata ampiamente diffusa la notizia del fallimento della società.
Come può essere accaduto tutto ciò e, soprattutto, come si può evitare che accada di nuovo in futuro?
I titoli sono inseriti nell'elenco sulla base della rispondenza a due requisiti apparentemente ragionevoli: rischio di mancato rimborso e rischio di perdita di valore del titolo devono essere inferiori a determinati livelli di sicurezza. Il primo rischio è misurato dal rating, che non deve essere inferiore ad “A-“. Il secondo rischio è misurato dal Var (Value at Risk) e vengono inclusi solamente i titoli che hanno un valore inferiore all'1 per cento.
È evidente che i sistemi di valutazione del rischio non hanno funzionato e la causa principale risiede nello stesso errore commesso dal tacchino di Taleb. Il Var si basa infatti su dati storici e lo stesso si può bene o male affermare anche per il rating. Anche se per quest'ultimo le criticità sono maggiori: storicità e veridicità dei dati; conflitto di interessi e impossibilità ad abbassare il rating quando questo evento comporterebbe l’automatico fallimento della società. Il problema dei dati storici è una delle cause per cui i titoli garantiti da mutui sono stati ritenuti erroneamente sicuri. Basandosi su serie storiche di tassi di solvibilità riferiti a periodi in cui i mutui venivano riconosciuti unicamente a clienti con standing creditizio elevato, la cultura della “casa per tutti” e la strutturazione di piani di incentivazione che spingevano il broker verso la chiusura di contratti “a ogni costo”, hanno trasformato il cliente marginale in un richiedente sempre meno affidabile. Ovviamente, questo aspetto difficilmente era rinvenibile da modelli basati unicamente su dati storici.
La veridicità dei dati stessi rappresenta il secondo aspetto critico allorquando i rating siano basati su poste di bilancio dal valore incerto per non dire del tutto inattendibile, vedi Parmalat o toxic assets.
Il terzo annoso problema, ossia quello dei conflitti di interesse, è ormai piuttosto dibattuto: chi deve essere giudicato seleziona e paga colui che è chiamato a giudicare. Ma il vero elemento di novità è stato comprendere come le agenzie di rating possano difficilmente abbassare il giudizio proprio quando le società o le banche sono vicine al fallimento. L’ex ceo di Aig, Greenberg, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, ricordava come nonostante la presenza di un buco di circa 80 miliardi le agenzie non potevano abbassare il rating, se non volevano firmare l'automatica condanna al fallimento della società assicurativa, costringendola a fornire ulteriore collaterale per la sua posizione di controparte in molti contratti. L’abbassamento repentino del rating infatti rappresenta una vera è propria bomba deflagrante specie per un’istituzione finanziaria.(1)

UNO SPREAD DA CONSIDERARE

Ma allora come possiamo migliorare l’attendibilità dell’elenco e proteggere al tempo stesso i risparmiatori, oltreché le banche da probabili cause? Un metodo semplice sembrerebbe esistere: lo spread dei credit default swaps che rappresenta il costo per coprirsi dal rischio di insolvenza di una determinata società. Al contrario del Var, la misura ha l’importante caratteristica di “guardare avanti”: dipende più dalle aspettative sul futuro piuttosto che dal passato. Negli Stati Uniti si dà oggi particolare enfasi a questi strumenti. Si pensa ad esempio di creare una borsa apposita ove far confluire gli scambi in presenza di una clearing house la cui utilità sarebbe quella di eliminare il rischio controparte. Con il salvataggio di Aig, si è infatti palesato come i Cds possano costituire un pericolo se uno dei principali assicuratori di rischio viene improvvisamente meno.
Nel caso Lehman, il costo per coprirsi dal rischio di insolvenza misurato dai Cds era aumentato da appena una ventina di punti base (0,20 per cento) di fine dicembre 2006 a circa 150 punti base (1,5 per cento) all’inizio del 2008 per arrivare a circa 800 punti base (8 per cento) prima della dichiarazione del default. Questi valori suggeriscono che difficilmente i bond Lehmansarebbero stati classificati “a basso rischio”, così come tanti altri bond ancora nella lista. Per ottenere una metodologia efficiente, in grado di identificare bond “sicuri”, basterebbe quindi verificare meccanicamente se, ad esempio, gli spread delle emissioni più rilevanti si situano sotto un limite eventualmente determinato a priori. In alternativa, si potrebbe pensare di ordinare tutte le emissioni e di far rientrare nell’elenco solamente la percentuale degli emittenti con migliori spread, riducendo così l’influenza dei cicli economici di sistema.
Così com’è, Patti Chari non funziona e infatti è stata annunciatala sua sospensione. Resta però la necessità di aiutare in qualche modo i risparmiatori italiani, che da sempre non sono particolarmente brillanti in materie finanziarie, come evidenziato dal punteggio medio dell’indice di cultura finanziaria, calcolato dalla stessa Patti Chiari: 3,5 nell’intervallo 0-10. L’utilizzo degli spread sui Cds può essere la risposta giusta. Solo così si potrebbe ripristinare un’amicizia duratura tra banche e risparmiatori basata su veri “patti chiari”.
A proposito: come si risolveva il problema del tacchino? Come ogni problema statistico per pervenire alla corretta soluzione occorre porsi la corretta domanda: che fine hanno fatto mamma e papà?

 

(1) Thomas Friedman affermava nel 1996 “There are two superpowers in the world today in my opinion. There’s the United States and there’s Moody’s Bond Rating Service. The United States can destroy you by dropping bombs, and Moody’s can destroy you by downgrading your bonds. And believe me; it's not clear sometimes who's more powerful”.