CENACOLO DEI COGITANTI |
DOCUMENTO DEL 15-3-2009 |
COGITAZIONe |
Da pescatori di anime a giudici
nervosetti.
La scomunica per aborto della
bambina brasiliana
Mauro Novelli Cogitante 15-3-2009
L’avvilente
vicenda della bimba brasiliana resa incinta dal patrigno, fatta abortire e
scomunicata da vescovi brasiliani nervosetti, mi riporta a considerazioni di un
paio d’anni fa. Riflettevo allora sul fatto che
essendo la religione cristiana una religione rivelata, non ha necessità di
interpreti, mediatori, gestori dei canoni di volgarizzazione. Insomma, nn ha
bisogno della mediazione di teologi saggi e sapienti; anzi, è proprio il povero
di spirito ad avere una chiave di accesso privilegiata.
Non a caso, Cristo, detentore di un quoziente di intelligenza
divino, ha dato indicazione di gestire il sacro tramite perdono e salvezza. Non
ha fornito elenchi di cose da fare (con i corrispondenti premi) e cose da non
fare (con le sanzioni conseguenti).
Abbassatosi il livello di intelligenza, e fatto sfumare il senso e
l’esigenza del sacro – troppo pericoloso per chi crede nella rilevazione e
nella assoluta mancanza di necessità di mediatori- ci si è
affannati attorno agli elenchi di peccati e di santità, riuscendo ad
imporre diritti di prelazione sulla loro redazione.
E’ chiaro che, abbandonata la sfera della sacralità per la più
agevole e descrittiva santità è facile scadere dal trascendente al secolare.
Oggi non si può più tornare indietro: se a suo tempo la Chiesa,
eletta da Cristo a gestire le sue cose in terra, ha definito un elenco di
peccati, oggi non può sconfessare quello stesso elenco. Se duemila o mille anni
fa, assecondando – a suo dire - divine disposizioni, è stato inserito in elenco
il peccato di dispersione del seme (salvo che non ci si trovi in ambito
matrimoniale e con la precisa intenzione di procreare), oggi non si può
tornare indietro: perché pretendere che la Chiesa dia indicazioni
permissive nell’uso del preservativo? Dovremmo contestualizzare la disposizione
di Dio: una contraddizione in termini. Così come ha impostato il suo
ruolo nella vita dell’uomo, sarebbe un disastro. Insomma se alle origini si
decise che chi avesse commesso un particolare peccato sarebbe andato – in
mancanza di pentimento - all’inferno, oggi non si può decidere di mandarlo in
paradiso.
Quegli elenchi, spacciati per divini, sono condannati semmai a
crescere, non potendosi rivedere né ridurre alla luce delle vicende umane.
Ecco quindi che occorre ricorrere a forzature cui sottoporre il
gestore del civile: poiché non è possibile cambiare gli elenchi, si cerca di
imporre una impossibile sclerosi dei costumi, perché la discrasia tra registro
dei peccati e comportamenti non giunga al limite della rottura.
Per questo, oggi, il tentativo del Papa (atemporale) di correggere
commi e alinea, di invadere il campo di Cesare, non solo è comprensibile ma è
addirittura cosa per lui ineludibile, obbligata per la di lui piccola salvezza.
Per il Vaticano, quindi, in assenza di figure autorevoli, si
impone un recupero di autorità attraverso la iniziale via – tanto semplice
quanto efficace - dell’imposizione dei nuovi segni.
Certo, il rischio di trasformare il senso del sacro (ed i
suoi dubbi) in rispetto del catechismo (e delle sue certezze) è quello di
suggerire/sopportare fanatismi e fondamentalismi. Ma in questo momento le
gerarchie ritengono più congeniali le poche ma ferrate certezze anche se
sterili, rispetto ai dubbi ed agli interrogativi, anche se vivificanti. Chi ha
detto insomma che atteggiamenti simili non possano risultare di supporto agli
sforzi per il superamento della attuale congiuntura?
In conclusione: se azione di recupero deve essere, che sia
drastica ed efficace. Caduti e feriti si raccoglieranno in seguito. Su un punto
il Vaticano non vuole – ancora - calcare la mano: la scomunica. Essere
scomunicati, vuol dire essere estromessi dalla comunità dei cristiani. La
conseguenza è gravissima. Si ricordino le vicende storiche conseguenti alle
scomuniche dichiarate dai Papi nell’ultimo millennio. Ma la cosa è stata ad
arte confusa e mistificata per renderla meno “seria”: l’essere scomunicati,
cioè non essere più membri del popolo di Dio) è stato relegato al
personalissimo “non poter prendere la comunione”, cioè non poter fare la fila
davanti al prete per prendere l’ostia. Il Vaticano ricorda che i divorziati non
possono “prendere la comunione”. Diciamolo chiaramente: i divorziati sono
“scomunicati” cioè sono fuori dalla comunione dei Cristiani. Insomma, un
eventuale “coccolone” mortale li spedirebbe dritti all’inferno.
Per
questi motivi, i gestori del sacro brasiliani hanno mostrato più di qualche
sfumatura di nervosismo nello scomunicare la piccola, sua madre e, ricordo, non
il patrigno. Il quale con una veloce confessione/pentimento/penitenza
mantiene il posto che gli compete nella
comunità cristiana. Comunque, mentre questo ha collaborato per la creazione di
una vita, quelle hanno commesso un assassinio.
Da queste esigenze discende la parallela e necessaria produzione
di elaborazioni teologiche che si distinguano dalle rispostine della catechesi
adottate per il volgo e creino una cesura tra chi ha gli strumenti dottrinari
per gestire il sacro (i teologi) e chi è gestito (i catechizzati). Come
sostenere altrimenti la barricata che protegge la stessa trappola in cui si è
cacciato il Vaticano? Occorre far passare il messaggio che solo l’apparato ha
la capacità/possibilità di gestione dell’affare, in quanto unico in grado di
usare gli strumenti teologici.
A questo punto cominciano i guai: un tale comportamento –
ripetiamo ormai obbligato – si scontra con la definizione del cristianesimo
come religione rivelata. Occorre impostare elaborazioni e comportamenti
che rispondano all’obbiettivo di rendere sempre meno “rivelata”, cioè “per
tutti”, una religione nata per essere degli “ultimi”, per ricondurla a
naturale appannaggio di dotti teologi, gli unici in grado di dettare
comportamenti anche al povero Cesare, e per il suo stesso bene.
Che
fine hanno fatto il trascendente, il sacro, il perdono, la salvezza
lasciati intuire con ineffabilità – a tutti - da Cristo?