HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documentazione Inserito
il 25-7-2007 |
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Audizione
della Consob (Avv. Maccarone e Dott. Salini) presso
la Commissione Finanze del Senato sui
problemi della Mifid (24-7-2007) CAMERA DEI DEPUTATI Atto
del governo sottoposto a parere parlamentare Schema di decreto legislativo recante: «Recepimento della direttiva
2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le
direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio e che
abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio» AUDIZIONE
dell’Avv.
Michele MACCARONE della
CONSOB Roma,
24 luglio 2007 1. La disciplina
comunitaria: la MiFID e le relative misure di esecuzione. 1.1 Le fonti comunitarie ed i limiti al gold plating. La
direttiva n. 2004/39/CE, relativa ai “Mercati degli strumenti finanziari”,
c.d. MiFID (Markets in Financial Instruments Directive), ha disegnato
una nuova cornice di riferimento per la disciplina: a) degli intermediari che prestano servizi e
attività di investimento e b)
dei mercati regolamentati e delle ulteriori sedi di esecuzione delle
operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari. Secondo
il processo elaborato dal Comitato dei saggi (c.d. comitato Lamfalussy) in
materia di regolamentazione dei mercati dei valori mobiliari, la disciplina
comunitaria recata dalla MiFID (c.d. 1° livello) stabilisce i principi
generali della regolamentazione. Tali
principi generali sono stati successivamente (settembre 2006) dettagliati
dalle relative “misure di esecuzione” (c.d. 2° livello) elaborate
dalla Commissione Europea con due ulteriori e distinti provvedimenti: ¾ il
regolamento n. 1287/2006, concernente in generale la disciplina dei mercati,
ed in specie la regolamentazione in tema di “pre-trade e post-trade
transparency” delle operazioni; ¾ la
direttiva n. 2006/73/CE, che detta le disposizioni di dettaglio nell’area
delle regole di condotta (informazione; adeguatezza/appropriatezza; best
execution; incentivi…) e di organizzazione degli intermediari che
prestano servizi o attività di investimento. Il
nuovo, complessivo, set di regole comunitarie è risultato assai
più ampio, articolato e dettagliato della precedente disciplina
europea di riferimento, costituita dalla direttiva n. 93/22/CEE, che si era
limitata a dettare in argomento regole generali di armonizzazione minima
delle legislazioni dei singoli Stati membri. L’obiettivo era, allora, di
creare le condizioni per l’attuazione del passaporto europeo; non avendo
però realizzato una effettiva armonizzazione delle regole di
funzionamento dei mercati è stato mancato l’obiettivo della creazione
di un mercato europeo integrato. L’evoluzione
registrata con l’emanazione della MiFID, e delle relative misure di
esecuzione, segna il passaggio verso una disciplina comunitaria di armonizzazione
se non sempre massima certamente assai ampia, individuata come
strumento per realizzare effettivamente un mercato finanziario europeo
integrato ed unico. Anche
quando la disciplina comunitaria ha assunto la forma della direttiva (dir. n.
2004/39/CE; dir. n. 2006/73/CE) e non del regolamento (direttamente
applicabile negli ordinamenti nazionali), la stessa è risultata
estremamente analitica e dettagliata, limitando ulteriormente, ed in via
espressa, la possibilità per gli Stati membri, in sede di recepimento,
di introdurre eventuali “regole aggiuntive” (il c.d. gold plating). In
particolare, la direttiva di 2° livello precisa che per l’applicazione
uniforme dei “requisiti armonizzati” stabiliti a livello europeo, “gli
Stati membri e le autorità competenti non devono aggiungere regole
vincolanti supplementari all’atto del recepimento e dell’applicazione delle
disposizioni contenute nella presente direttiva, salvo qualora quest’ultima
lo preveda espressamente” (7° Considerando). L’elemento centrale di tale
eccezionale possibilità è individuato nell’esistenza di rischi
nazionali specifici, i quali devono essere di particolare importanza per la
struttura del mercato e possono comprendere il comportamento delle imprese e
dei consumatori in tale mercato. Tali rischi, se non adeguatamente affrontati
dalla disciplina europea, possono rendere necessario il mantenimento o
l’introduzione di obblighi nazionali aggiuntivi, giustificati e proporzionati
rispetto ad essi. Emerge
con evidenza un approccio fortemente restrittivo rispetto alla
possibilità degli Stati membri di “integrare” la disciplina comunitaria. Le
eccezionali regole nazionali “aggiuntive”, inoltre, non troverebbero comunque
applicazione con riguardo agli intermediari comunitari operanti in regime di
libera prestazione di servizi, che continuerebbero ad essere sottoposti alla
disciplina ed alla vigilanza del proprio Paese di origine. L’effetto
determinato dall’introduzione di significative “regole aggiuntive” potrebbe
allora essere quello di porre gli intermediari nazionali in una posizione di
sfavore concorrenziale, senza peraltro garantire effettivamente un più
elevato livello di protezione degli investitori o un migliore funzionamento
del mercato, posto che nello stesso concorrerebbero imprese (comunitarie
senza succursale in Italia) alle quali quelle regole aggiuntive non verrebbero
applicate. Per
effetto della regola del gold plating le norme di recepimento, sia
primarie che secondarie, appaiono quindi vincolate nei loro contenuti. Il
loro impatto sull’impianto complessivo del nostro sistema normativo e
sull’organizzazione dei mercati e degli intermediari sarà comunque di
grande rilievo. 1.2 Le principali innovazioni. Come
anticipato, la MiFID, e le relative misure di esecuzione, si occupano di “intermediari”
che prestano servizi di investimento (negoziazione, raccolta ordini,
gestione, collocamento, consulenza) e di mercati. Peraltro,
come rilevato dalla Commissione UE in sede di prima proposta (novembre 2002)
della nuova disciplina comunitaria, “la dicotomia istituzionale [intermediari/mercati]
consentiva di distinguere chiaramente tra le norme di tutela degli
investitori - che solo gli intermediari erano chiamati a rispettare - e le
norme di disciplina dei mercati miranti a garantire il funzionamento trasparente
ed efficiente dei mercati - che si applicavano principalmente alle borse.
Dall’epoca dell’adozione della ISD [dir. n. 93/22/CEE, Investment
Services Directive], il mercato finanziario dell’UE è diventato
più complesso e il confine tra mercati e intermediari si è
fatto meno preciso”. Così,
accanto ai servizi di investimento tradizionalmente intesi (ed in particolare
accanto a quelli di negoziazione o di raccolta ordini), da un lato, e ai
“mercati regolamentati”, dall’altro, sono sorti sistemi alternativi di
esecuzione delle transazioni, i cosiddetti Alternative Trading Systems
(ATS), o, per usare una categoria nota al Testo Unico della Finanza, Sistemi
di Scambi Organizzati (SSO). Sulle
“linee di confine” (ormai, per larghi tratti, impercettibili) fra
“intermediari” e “mercati” è intervenuta la MiFID, con scelte che
costituiscono il principale contenuto innovatore dell’iniziativa comunitaria.
Infatti, come ricordato dalla Commissione UE, “oggi, la concorrenza tra
diversi modi di negoziazione (borse [mercati regolamentati], nuovi
sistemi di negoziazione [ATS; SSO], internalizzazione dell’esecuzione
degli ordini da parte delle imprese di investimento) costituisce la
principale sfida sotto il profilo della regolamentazione per le
autorità europee di vigilanza sui valori mobiliari”. Obiettivo
(dichiarato) della nuova direttiva è quello di disegnare un quadro
normativo che garantisca concorrenza tra i diversi meccanismi di
esecuzione degli ordini, senza determinare una frammentazione dei mercati e
garantendo un elevato standard di tutela degli investitori. Le
linee lungo le quali si muove la fonte comunitaria per il raggiungimento
dell’indicato obiettivo sono essenzialmente:
il
venir meno della facoltà per gli Stati membri di imporre la
concentrazione degli scambi, aventi ad oggetto titoli quotati, nei mercati
regolamentati;
la
conseguente apertura (anche relativamente agli strumenti finanziari negoziati
nei mercati regolamentati) alla c.d. “internalizzazione degli ordini”,
cioè alla negoziazione “in casa” da parte dell’intermediario, in
contropartita diretta con il cliente. I titoli, anche se quotati, potranno
altresì essere scambiati sui mercati organizzati ma non regolamentati;
alla
lista dei servizi (e delle attività) di investimento già noti
si aggiunge, infatti, la “gestione di sistemi multilaterali di
negoziazione” (Multilateral trading facilities; MTF)1.
Si tratta di un nuovo servizio di investimento, il cui esercizio è
come tale riservato alle imprese di investimento e alle banche, ma consentito
anche (a rimarcarne la natura di “ponte” fra la realtà degli
intermediari e quella dei mercati) ai gestori di mercati regolamentati; 1 Per “sistema
multilaterale di negoziazione” si intende, ai sensi dell’art. 4, par. 1,
n. 15, della MiFID, un “sistema multilaterale… che consente l’incontro al
suo interno ed in base a regole non discrezionali di interessi multipli di
acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da
dare luogo a contratti…”.
per
gli “internalizzatori sistematici”, per i gestori di sistemi multilaterali di
negoziazione, oltre che per i gestori di mercati regolamentati, sono previste
diverse regole di pre-trade e post-trade transparency, anche al
fine di evitare o contenere gli effetti di una eventuale “frammentazione”
delle sedi di esecuzione;
la
pluralità di modelli e di sedi di esecuzione degli ordini della
clientela attribuisce nuova rilevanza al dovere per l’intermediario di
garantire all’investitore la best execution dei suoi ordini; per la sua
realizzazione l’operatore si deve dotare degli opportuni accorgimenti
procedurali al fine di selezionare le sedi di esecuzione più
convenienti per il proprio cliente. 2. Il recepimento nazionale. La trasposizione della MiFID (e delle relative misure di
esecuzione) implica la necessità di significative modifiche alla
normativa primaria e secondaria nazionale. Il recepimento riguarda in particolare le disposizioni di cui
alle due direttive sopra menzionate (dir. n. 2004/39/CE - MiFID e dir. n.
2006/73/CE), posto che il regolamento n. 1287/2006/CE, come tale, è
immediatamente efficace (con decorrenza, in genere, 1° novembre 2007) negli
ordinamenti dei singoli Stati membri. Le due direttive prevedevano che ciascuno Stato membro avrebbe
dovuto adottare le norme di trasposizione entro il gennaio 2007, ferma
restando l’applicazione della nuova disciplina dal 1° novembre 20072.
Il Consiglio dei Ministri lo scorso 6 luglio ha approvato lo
schema del decreto legislativo modificativo del Testo Unico della Finanza. Il testo in questione, nel confermare l'approccio di parziale
delegificazione già fatto proprio fin dal 1998 dal Testo Unico, detta
principi generali in recepimento delle fonti comunitarie, rimettendo, in tale
cornice, alle Autorità di vigilanza (Banca d’Italia e Consob) il
compito di dettare la regolamentazione di dettaglio necessaria per garantire
il pieno adeguamento alla nuova disciplina europea. La distribuzione dei compiti di vigilanza regolamentare delle
Autorità è peraltro innovata dallo schema di d. lgs. in quanto,
fermo restando il principio della ripartizione delle competenze sulla base
delle “finalità” perseguite, viene ora previsto che i poteri di
dettare la disciplina secondaria siano esercitati attraverso l'emanazione di
regolamenti da parte di ciascuna Autorità (come già in passato)
nonché, per talune 2 L’art. 10 della legge 6 febbraio 2007, n. 13,
modificando la legge 18 aprile 2005, n. 62, ha specificato principi e criteri
direttivi per l’esercizio della delega di recepimento della MiFID conferita
al Governo; il termine per l'esercizio della delega, inizialmente fissato al
31 gennaio 2007, è stato prorogato al 30 settembre con legge 20 giugno
2007, n. 77. materie (organizzazione e procedure interne; conflitti di
interessi; esternalizzazione di funzioni o servizi…), attraverso un
regolamento congiuntamente emanato. La Consob e la Banca d’Italia hanno fin dall’inizio
partecipato ai lavori di predisposizione della normativa delegata che si sono
giovati di contatti e approfondimenti svolti con gli operatori interessati e
di una consultazione finale del mercato. Pertanto la Consob non ha
osservazioni e proposte da sottoporre in questa sede in vista del prescritto
parere parlamentare. Sebbene il processo di modifica del Testo Unico connesso con
il recepimento della MiFID non sia concluso, la Consob nell’approssimarsi
della scadenza del 1° novembre 2007 ha ritenuto di avviare nei giorni scorsi
la consultazione del mercato sullo schema dei propri regolamenti
“intermediari” e “mercati”3, fermo restando il massimo impegno,
condiviso con Banca d’Italia, a sottoporre ad analoga consultazione quanto
prima anche la bozza dell’ulteriore regolamento da emanarsi
congiuntamente. E’ assolutamente prioritario, infatti, il rispetto della
scadenza del 1° novembre 2007, anche al fine di evitare ostacoli alla libera
prestazione, da parte delle imprese nazionali, dei propri servizi in altri
Paesi dell’UE. Nello stesso tempo, il rispetto di tale scadenza va garantito
assicurando che la disciplina secondaria sia opportunamente confrontata con
le istanze, compatibili con la cornice comunitaria di riferimento, dei
risparmiatori e degli operatori. 3. La disciplina degli intermediari. 3.1 Le innovazioni di maggior rilievo introdotte
dalla MiFID. Le
innovazioni introdotte dalla MiFID e dalle relative misure di esecuzione
nella disciplina degli intermediari possono cogliersi nelle seguenti linee
generali:
allargamento
delle aree sottoposte a riserva (e a mutuo riconoscimento delle
autorizzazioni) attraverso, da un lato, l’estensione della nozione di “strumenti
finanziari” (in cui viene inclusa una più articolata lista di
strumenti finanziari derivati) e, dall’altro, mediante il riferimento a nuovi
“servizi di investimento”, quali la “consulenza in materia di
investimenti”, oltre alla già menzionata gestione di MTF;
previsione
di una più articolata classificazione dei clienti attraverso
l’introduzione, accanto alle già note categorie dei “clienti al
dettaglio” e dei “professionali”, di quella delle “controparti qualificate”,
nei cui confronti gli intermediari non sono tenuti al rispetto delle regole
di condotta; 3 I documenti di consultazione sono stati pubblicati
in data 20 luglio 2007 e le Associazioni dei consumatori, quelle degli
operatori ed ogni interessato potranno fornire le proprie osservazioni entro
il 15 settembre 2007.
una
più accentuata “modularità”, in termini di contenuto (e di
valore aggiunto per il cliente), dei servizi di investimento che gli
intermediari prestano, che si concretizza anche in un differenziato assetto
delle regole di conoscenza del cliente (know your customer) e di
valutazione circa l’adeguatezza (suitability) delle sue disposizioni.
Tali regole, ad oggi applicabili in modo comune ad ogni servizio di
investimento, si articolano nel sistema della MiFID e delle relative misure
di esecuzione in modo differente, in relazione ai diversi servizi di
investimento: a tutto tondo, “adeguatezza”, per i servizi di gestione
individuale e consulenza, in modo più limitato, “appropriatezza”,
per gli altri servizi, fino a disapplicarsi del tutto nel caso dei servizi di
negoziazione e di ricezione ordini prestati in modalità “execution
only”;
disciplina
dei doveri di informazione dell’intermediario nei confronti del cliente, in
generale pensati con riguardo alla tipologia di strumento finanziario
interessato, più che al singolo strumento finanziario trattato;
previsione
di una disciplina di dettaglio in tema di organizzazione interna degli
intermediari ispirata al “principio di proporzionalità” (così
che la stessa possa adattarsi alle specificità dimensionali ed
operative dell’impresa), anche prevedendo la possibilità di un ampio
ricorso all’esternalizzazione delle funzioni (outsourcing);
limitazioni
alla possibilità per le banche e per le imprese di investimento di
ricevere pagamenti o “utilità” (inducements) da soggetti
diversi dal cliente a cui si presta il servizio. Si tratta della disciplina
che pone sotto specifiche e stringenti condizioni la possibilità per
le reti di vendita di essere remunerate dagli emittenti (ad es. SGR) di cui
collocano i prodotti. 3.2 Il nuovo “regolamento intermediari” della Consob. La bozza di nuovo “regolamento intermediari” diffusa
nei giorni scorsi per la consultazione si propone di tracciare il percorso di
trasposizione di significative parti della normativa comunitaria:
dall'autorizzazione delle società di intermediazione mobiliare alle
regole di condotta che occorre rispettare da parte di banche e imprese di
investimento nella prestazione di servizi e attività di investimento (best
execution; informativa; valutazione di adeguatezza/appropriatezza;
condizioni per l’execution only; condizioni per la percezione o il
pagamento di inducements/incentivi;..). Il
proposto recepimento avviene secondo modalità volte ad evitare forme
di gold plating rispetto all’assetto disegnato dalla disciplina
comunitaria, tenuto conto degli stessi indirizzi formulati dalla legge delega
(in particolare in tema di informazioni da fornire agli investitori che
devono orientarsi alla “tipologia” dello strumento finanziario considerato,
piuttosto che allo specifico strumento finanziario trattato) e di quanto
previsto dallo schema di d. lgs. di modifica del Testo Unico della Finanza. In linea con le fonti comunitarie in recepimento, il nuovo
regolamento intermediari si muove nella direzione di un’ulteriore
enfatizzazione della centralità dell’interesse del cliente quale
destinatario del servizio prestato dall’intermediario, anche nel caso di
servizi connessi con la “distribuzione” di strumenti finanziari al pubblico.
Da tale centralità discende, tra l’altro, la necessaria
contrattualizzazione del rapporto “di servizio” intercorrente tra l’intermediario
(anche se “mero” collocatore) e il cliente retail, al fine di porre lo
stesso cliente nelle condizioni di assumere piena consapevolezza del quadro
dei diritti e degli obblighi derivanti dalla prestazione dei servizi di
investimento. Seguendo la linea riformatrice, già avviata dal
legislatore con la legge sul risparmio ed ulteriormente sviluppata con gli
interventi regolamentari realizzati dalla Consob e già in vigore, il
nuovo regolamento intermediari disegna una disciplina unitaria e organica,
con riguardo non solo alla prestazione dei servizi di investimento ed alla
gestione collettiva ma anche alla distribuzione di prodotti finanziari emessi
da banche e da compagnie di assicurazione, realizzando quel level playing
field che da tempo si era auspicato e che pone, oggi, la regolamentazione
nazionale in una posizione avanzata rispetto all’esperienza di altri Paesi
comunitari. Il livellamento del campo di gioco avviene con l’estensione
(salvo ovviamente l’adattamento alle specifiche circostanze), oltre che alla
gestione collettiva, alla distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi
e bancari dei principi stabiliti per la prestazione dei servizi di
investimento. L’impegno regolamentare non esaurisce lo spazio dell’agire
della Consob per una concreta ed efficace implementazione dei precetti
normativi comunitari e nazionali. Un ulteriore passaggio sarà infatti costituito
dall’impegno di formazione su diversi attori coinvolti (intermediari e
investitori), che implicherà anche il primario coinvolgimento delle
Associazioni rappresentative degli stessi, al fine di consentire una
transizione consapevole al nuovo regime.
Ulteriormente, su talune aree disciplinate a livello di
principi nella regolamentazione sarà utile, con l’opportuno confronto
con gli attori del mercato, individuare linee interpretative capaci di
fornire certezza operativa, garantendo ad un tempo assoluta fedeltà
alla cornice comunitaria e flessibilità di approccio. 3.3 I principali impatti sul sistema finanziario
nazionale. Le
nuove norme realizzano un’armonizzazione ampia fra le legislazioni dei
diversi Stati membri ed innovano, in maniera talvolta sostanziale, la
situazione vigente. L’implementazione della
disciplina europea contribuirà, in ambito comunitario, alla
realizzazione di un mercato dei capitali non solo di maggiori dimensioni,
più competitivo, più efficiente e più liquido, ma,
soprattutto, effettivamente integrato ed unico in ambito europeo. La
disciplina uniforme comporterà la riduzione dei costi che le imprese
del settore sostengono per l’operatività transfrontaliera, grazie sia
alla omogeneizzazione delle regole di condotta da rispettare per lo
svolgimento di attività in Paesi diversi, sia all’ampliamento della
copertura del passaporto europeo; quest’ultimo includerà infatti nuove
attività e servizi di investimento o accessori nonché
l’operatività su un novero di prodotti derivati molto più ampio
in termini di attività sottostanti (ad es. merci, energia, crediti,
variabili meteorologiche…). Opportunità
di business si apriranno così per quegli operatori che,
ponendosi realmente in un’ottica di mercato unico, potranno adottare
strategie commerciali unitarie, con la possibilità di generare
correlati maggiori ricavi e di raggiungere dimensioni operative coerenti con
lo sviluppo di economie di scala e di scopo.
Ulteriori
opzioni di tipo strutturale e strategico discenderanno dal nuovo
inquadramento del rapporto “intermediario-cliente” operato dalla disciplina
comunitaria, che potrà indurre effetti di evoluzione per quanto
attiene, in specie, al segmento della distribuzione di servizi e prodotti
finanziari, di centrale rilevanza per il mercato nazionale. La
nuova direttiva - come già ricordato - differenzia in modo più
netto il diverso “valore aggiunto” ascrivibile ai servizi di investimento e
distingue, di conseguenza, il connesso grado di tutela offerto al
cliente. E’
imposto di fare chiarezza sulla tipologia di impegni che l’intermediario
“distributore” assume nei confronti del cliente: se (anche) consulente
sarà tenuto a conoscere in modo approfondito il proprio cliente e a
valutare l’adeguatezza degli investimenti individuati o compiuti per suo
conto; se negoziatore, raccoglitore di ordini o collocatore, potrà
limitare la conoscenza del proprio cliente ai profili di “conoscenza ed
esperienza in materia finanziaria” e su tale base formulare un giudizio
di “appropriatezza” degli investimenti; se (alle condizioni in cui è
consentito) executor only potrà non conoscere affatto il
proprio cliente e non effettuare alcun giudizio di adeguatezza e di
appropriatezza. C’è
una ben distinta graduazione di impegni (e di valore aggiunto per
l’investitore), una modularità nel contatto con il cliente, a seconda
delle differenti tipologie di attività che l’intermediario decide di
fornire. Correlativamente differenziati sono i costi delle diverse
prestazioni. Ciò
condurrà ad una segmentazione dell’offerta. Sarà possibile per
gli intermediari assumere uno specifico posizionamento competitivo a seguito
di scelte strategiche sul segmento di clientela che si decide di servire,
differenziando in modo più netto il diverso “valore aggiunto”
ascrivibile alle modalità di prestazione, anche congiunta, dei servizi
di investimento ed il connesso grado di tutela offerto al cliente. Così,
operatori preminentemente dotati dal punto di vista tecnologico potranno
attrarre i clienti interessati principalmente alla economicità del
servizio ed alla rapidità di esecuzione degli ordini, prestando un
servizio con la modalità dell’execution only, che fondi il
proprio vantaggio competitivo su sistemi informatici e processi operativi
particolarmente efficienti. Per
converso, operatori a maggior valore aggiunto si distingueranno per la
capacità di prestare consulenza, il che consentirà loro di
intercettare la clientela maggiormente bisognosa di assistenza, disposta a
remunerare i consigli forniti al fine di ridurre le proprie asimmetrie
informative. La
rilevanza sottesa alla nuova disciplina del valore aggiunto fornito al
cliente dall’intermediario (massimo nella consulenza, minimo nell’execution
only) è destinata a produrre effetti anche nei servizi (quale
quello di collocamento) tradizionalmente integrati nella disciplina del
prodotto (e del produttore), facendo assumere autonoma valenza all’interesse
del risparmiatore. Nella
catena “società/prodotto-distributore–cliente” l’intermediario
sarà tenuto ad enfatizzare la propria relazione di “servizio al
cliente” piuttosto che la mera logica di integrazione (a volte, ma non
soltanto, di gruppo) con il produttore.
Da
un modello basato sull’interesse integrato (fra società/prodotto e
distributore) alla vendita, occorre evolversi verso un sistema basato
sull’esame dei bisogni di investimento del cliente. Il
senso del nuovo è reso evidente anche dalla disciplina comunitaria
degli inducements, ossia degli incentivi pagati o ricevuti da soggetti
terzi diversi dai clienti a cui il servizio è prestato. Essi per
essere ammissibili non solo devono essere resi trasparenti al cliente prima
della prestazione del servizio, ma devono essere volti ad accrescere la
qualità del servizio fornito e non devono ostacolare l’adempimento
dell’obbligo di servire al meglio gli interessi del cliente. Si impone pertanto
una maggiore responsabilizzazione del “distributore”, sempre più
legato da una specifica relazione di servizio con l’investitore. I
corollari sono costituiti da una spinta verso la creazione di architetture
distributive aperte, nelle quali il distributore, che spesso si fa anche
consulente, è in condizione di valutare le esigenze specifiche del
proprio cliente e di orientarlo ai prodotti più convenienti in grado
di soddisfarne i bisogni. L’industria italiana del risparmio gestito -
tuttora legata alle scelte e ai canali distributivi del gruppo di
appartenenza - potrà beneficiare di maggiori spazi di autonomia
operativa e di maggiori incentivi alla innovazione produttiva. Lo scenario è
profondamente mutato e richiede un modo diverso di porsi sul mercato. I problemi
da affrontare sono di grande rilevanza per l’industria dell’intermediazione
italiana, sul piano sia dell’interpretazione e dell’applicazione delle nuove
norme che dell’adeguamento delle strutture e delle risorse. I ritardi nel
recepimento delle nuove disposizioni rispetto alla scadenza imposta dalla
direttiva (31 gennaio 2007) non hanno certo giovato in tale passaggio. Su
questi temi - credo - si intratterranno diffusamente nelle successive
audizioni i rappresentanti delle categorie. Per
quanto riguarda la Consob è in programma un complesso piano di azione
che, con iniziative di vario tipo, accompagnerà il processo di
adeguamento del sistema e faciliterà, nel nuovo quadro normativo, il
raggiungimento di livelli di efficienza nel rispetto degli interessi dei
risparmiatori. 4. La disciplina dei mercati. 4.1 Le novità di maggior rilievo nella
disciplina dei mercati. Come già segnalato, la MiFID risulta
profondamente innovativa rispetto alla direttiva 93/22/CE. Con specifico
riferimento all’area “mercati”, la nuova disciplina:
definisce
un regime organico per l’esecuzione delle operazioni su strumenti finanziari,
indipendentemente dai metodi di negoziazione utilizzati dagli investitori,
col fine di garantire un’elevata qualità nell’esecuzione delle
operazioni nonché l’integrità dei mercati;
si
caratterizza per il maggior dettaglio non solo nelle materie già a suo
tempo affrontate dalla direttiva 93/22/CE ma anche nelle aree soggette per la
prima volta a regolamentazione comunitaria. Tale maggiore complessità
e dettaglio delle disposizioni appare evidente dal dettato della direttiva
stessa e dalle misure di esecuzione (livello 2 della procedura Lamfalussy)
che, con particolare riguardo alla disciplina dei mercati, hanno assunto la
forma di un regolamento della Commissione Europea (n. 1287/2006),
direttamente applicabile negli Stati membri e concernente gli aspetti
essenziali della materia (transaction reporting, regime di trasparenza
pre e post-negoziazione e ammissione degli strumenti finanziari alle
negoziazioni nei mercati regolamentati);
in
luogo di una visione nazionalistica e di armonizzazione minima, la MiFID si
connota per un approccio europeo e di armonizzazione massima. La concorrenza fra diverse piattaforme di
negoziazione è vista quale elemento capace di apportare sostanziali
benefici al funzionamento dei mercati finanziari. Tale obiettivo viene
perseguito dalla MiFID attraverso un regime nel quale: - viene
espressamente preso atto che un mercato frammentato ha bisogno di regole diverse
da quelle predisposte in presenza di mercati concentrati affinché venga
assicurata l’adeguata tutela dell’investitore e l’efficienza del mercato; - gli elementi di diversità fra le trading
venues vengono riconosciuti attraverso la predisposizione di regimi
regolamentari diversi senza portare ad una sottovalutazione dei rischi di
arbitraggi regolamentari e di disomogeneità di trattamento. Proprio in ragione della maggiore
complessità e dettaglio della direttiva in parola e delle relative disposizioni
di attuazione, il nuovo articolato del TUF vede, nell’ambito della disciplina
dei mercati, un rinvio ai regolamenti della Consob. Il nuovo regolamento in
materia di mercati diffuso per la consultazione non si discosta da quanto
previsto dalle norme comunitarie e in esso confluiscono, oltre alle norme
necessarie per il recepimento delle direttive, le disposizioni di attuazione
del TUF in materie non interessate
dalla normativa comunitaria. 4.1.1 L’abbandono della “regola di concentrazione”.
La direttiva 93/22/CE ha consentito alle
Autorità nazionali di prescrivere che gli ordini degli investitori
venissero eseguiti esclusivamente sui mercati regolamentati (la cosiddetta
“regola di concentrazione”) e fuori da tali mercati solo al rispetto di determinate
condizioni. Tale opzione non è stata esercitata da tutti i Paesi
membri determinando una diversificazione dei metodi di esecuzione degli
ordini dei clienti. Proprio la volontà di creare le basi per
un’infrastruttura di negoziazione integrata e competitiva ha determinato il
mancato rinnovo della facoltà di applicare la regola di concentrazione
degli scambi, creando le condizioni per il libero esplicarsi della
concorrenza fra infrastrutture di mercato e, quindi, per la libera scelta
degli intermediari e degli investitori in merito al “luogo” di esecuzione
degli ordini. Tale aspetto trova espressione nel nuovo articolato
del TUF che prevede una modifica dell’articolo 25 e, in particolare,
l’eliminazione dei commi 2 e 34. 4.1.2 I sistemi multilaterali di negoziazione e gli
internalizzatori sistematici. La MiFID prende atto dell’emergere, accanto alla
figura dei mercati regolamentati (già previsti dalla precedente
direttiva 93/22/CE), di nuovi sistemi di negoziazione organizzati, gestiti
non solo da società di gestione (di mercati regolamentati) ma anche da
imprese di investimento. Trattasi della nuova attività di
investimento, che consiste nella gestione di sistemi multilaterali di
negoziazione (“multilateral trading facilities”). A ciò si
aggiunge l’esplicita considerazione, in presenza di determinate condizioni,
delle imprese di investimento quali piattaforme di negoziazione e, in quanto
tali, destinatarie di una disciplina specifica che attiene principalmente
alla trasparenza e alla gestione degli ordini dei clienti. Trattasi, in
particolare, degli internalizzatori sistematici (“systematic internaliser”).
4 Come noto, il comma 2
dell’articolo 25 stabilisce che “La Consob può disciplinare con regolamento
le ipotesi in cui la negoziazione degli strumenti finanziari trattati nei
mercati regolamentati italiani deve essere eseguita nei mercati
regolamentati; in tale eventualità, conformemente alla normativa
comunitaria, stabilisce le condizioni in presenza delle quali l'obbligo non
sussiste”. Il comma 3 dello stesso articolo indica che il comma 2 non si
applica alle negoziazioni aventi a oggetto titoli di Stato o garantiti dallo
Stato. In tale ottica, il nuovo art. 1 del TUF vede,
quindi, l’introduzione delle definizioni di “mercato regolamentato” e di
“sistema multilaterale di negoziazione” (quest’ultima compresa fra le
attività di investimento) e viene prevista la possibilità per
le società di gestione di svolgere la nuova attività di
gestione di un sistema multilaterale di negoziazione. Viene, inoltre,
introdotta la definizione di “internalizzatore sistematico” quale impresa di
investimento che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per
conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato
regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione. In
considerazione del dettaglio fornito dalla direttiva in merito ai requisiti
di natura organizzativa e di funzionamento delle diverse trading venues,
il TUF rinvia ai regolamenti della Consob per il recepimento delle rilevanti
disposizioni comunitarie in materia. 4.1.3 La trasparenza
delle negoziazioni e il consolidamento delle informazioni. La MiFID innova profondamente anche con riguardo
all’organizzazione e al funzionamento delle sedi di negoziazione (mercati
regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione ed internalizzatori
sistematici). Fra le questioni di particolare rilievo ed assoluta
novità, vi è la materia della trasparenza delle negoziazioni e
del consolidamento delle informazioni. Gli obiettivi di tutela
dell’investitore e di garanzia dell’ordinato svolgimento delle negoziazioni
assumono carattere prioritario: l’investitore ed il partecipante al mercato
devono essere messi in grado di poter valutare in qualunque momento le
condizioni disponibili in merito ad una determinata operazione e di poter
verificare a posteriori le condizioni alle quali tale operazione è
stata conclusa. In tal modo, dovrebbe essere raggiunto l’obiettivo di
effettiva integrazione dei mercati, rafforzato il processo di formazione dei
prezzi e favorito il rispetto dell’obbligo di esecuzione alle condizioni
migliori. La MiFID ridisegna le regole di trasparenza sugli
scambi azionari con riferimento ad un concetto integrato di mercato, dato
dall’insieme di borse, MTF e internalizzatori, seguendo un approccio
funzionale. Inoltre, in materia di consolidamento delle
informazioni - in linea con quanto previsto dal Considerando 34 della
direttiva - il nuovo art. 79-ter prevede che la Consob, sentita la Banca
d’Italia, individui con regolamento le misure volte ad eliminare gli ostacoli
che possono impedire il consolidamento delle informazioni e la loro
pubblicazione, al fine di garantire che i partecipanti al mercato e gli
investitori possano raffrontare i prezzi che le diverse sedi di negoziazione
sono tenute a rendere pubblici. Il regime di trasparenza previsto dalla MiFID trova
applicazione al solo mondo delle azioni ammesse a negoziazione nei mercati
regolamentati. La direttiva (Considerando 46) consente tuttavia agli Stati
membri di prevedere un regime di trasparenza pre e post-negoziazione per
strumenti finanziari diversi dalle azioni. Il nuovo art. 79-bis, comma 2 del
TUF affida infatti alla Consob il compito di estendere in tutto o in parte il
regime di trasparenza alle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari
diversi dalle azioni ammesse a negoziazione nei mercati regolamentati, quando
ciò si renda necessario per assicurare l’ordinato svolgimento delle
negoziazioni e la tutela dell’investitore. La questione riveste particolare rilevanza
soprattutto in considerazione dell’impatto che può avere l’adozione
isolata da parte dell’Italia (non perseguita anche da altri Stati membri) di
un regime di trasparenza, ad esempio, per le obbligazioni. Pur tuttavia, la
mancata previsione di un regime di trasparenza per strumenti finanziari
diversi dalle azioni comporterebbe nei fatti una diminuzione sostanziale dei
livelli di trasparenza attualmente presenti in Italia. Lo sviluppo che ha avuto il mercato obbligazionario
negli ultimi anni e le criticità che sono emerse sollecitano peraltro
alcune riflessioni in merito alle specifiche caratteristiche che tale mercato
sta assumendo. La questione ha ricevuto specifica e tempestiva attenzione da parte
della Commissione Europea che, al riguardo, ha provveduto ad effettuate una
consultazione (“call for evidence”) nel mese di settembre 2006 e ha
assegnato al CESR il compito di approfondire la materia. In attesa che sull’argomento si pervenga ad un approccio
europeo, il nuovo schema di regolamento diffuso per la consultazione - per
non vanificare l’attuale livello di informazione sugli scambi di strumenti
finanziari diversi dalle azioni - rimette ai mercati regolamentati, ai
sistemi multilaterali di negoziazione e ai soggetti che intendono
intraprendere l’attività di internalizzazione sistematica l’obbligo di
individuare adeguati requisiti pre e post-negoziazione (tenendo conto delle
caratteristiche strutturali del mercato, del tipo di strumento finanziario
negoziato e del tipo di operatori, con particolare riguardo alla quota di
partecipazione al mercato degli investitori al dettaglio). 4.1.4 Il regime di transaction reporting. La MiFiD prevede che gli Stati membri mettano in atto
tutte le misure necessarie per consentire alle Autorità competenti di
controllare l’operatività delle imprese di investimento al fine di
assicurarsi che esse operino in modo onesto, equo e professionale e in
maniera da rafforzare l’integrità del mercato. Trattasi del principio
sottostante al nuovo regime di transaction reporting, che prevede un
obbligo di comunicazione a carico delle imprese di investimento,
all’Autorità del Paese d’origine di queste ultime, delle transazioni
concluse su strumenti finanziari ammessi alla negoziazione nei mercati
regolamentati. Anche in tale area, la MiFID concede margini di
flessibilità agli Stati membri per l’eventuale estensione del regime
di transaction reporting a strumenti finanziari non ammessi a
negoziazione nei mercati regolamentati. Il nuovo testo
dell’art. 65 del TUF prevede un rinvio al regolamento Consob: a)
per la definizione dei contenuti, dei termini e delle modalità di
comunicazione alla Consob da parte dei soggetti abilitati delle operazioni
concluse su strumenti finanziari ammessi alla negoziazione nei mercati
regolamentati; b) per l’eventuale estensione degli obblighi di
comunicazione di cui alla precedente lettera a) anche a strumenti finanziari
non ammessi a negoziazione nei mercati regolamentati, quando ciò si
renda necessario per assicurare la tutela degli investitori. Gli obblighi di segnalazione delle operazioni
concluse non rappresentano una novità assoluta nel panorama normativo
comunitario. La MiFID, tuttavia, estende la portata degli obblighi che
trovano applicazione, salvo ulteriori estensioni da parte dei singoli Stati
membri, agli strumenti finanziari ammessi a negoziazione nei mercati
regolamentati dell’Unione Europea5. 4.1.5 Mercati di strumenti finanziari derivati
sull’energia elettrica ed il gas. Il nuovo art. 66-bis disciplina i mercati di
strumenti finanziari derivati sull’energia elettrica ed il gas, richiamando
in via generale le norme contenute nel TUF relative ai mercati regolamentati.
Tuttavia, in considerazione della peculiarità del mercato del
sottostante, è stata ravvisata, in alcune specifiche aree, la
necessità di un coordinamento fra le Autorità coinvolte. In
particolare: -i provvedimenti di autorizzazione all’esercizio dei mercati
regolamentati, di riconoscimento di mercati nonché di approvazione delle
modifiche al regolamento del mercato sono adottati dalla Consob, d’intesa con
l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas; -i provvedimenti di richiesta di sospensione ed esclusione di
strumenti finanziari ed operatori dalle negoziazioni sono adottati dalla
Consob, sentita l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas. L’approccio seguito vede nella sostanza il ruolo
della Consob laddove prevalgano gli obiettivi di trasparenza, ordinato
svolgimento delle negoziazioni e tutela degli investitori ed una competenza
dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas in funzione delle
generali esigenze di stabilità, economicità e
concorrenzialità dei mercati dell’energia elettrica e del gas, nonché
di sicurezza e efficiente funzionamento delle reti nazionali di trasporto
dell’energia elettrica e del gas6. 5 Merita inoltre sottolineare l’eliminazione di trattamenti
“disomogenei” fra intermediari nazionali ed intermediari esteri. Il nuovo regime
prevede, infatti, che la Consob riceva informazioni: (i) da parte delle
imprese di investimento italiane in merito all’operatività delle
stesse quando essa ha ad oggetto transazioni, ovunque effettuate, su
strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato
europeo; (ii) da parte delle competenti
Autorità estere in merito all’operatività delle imprese
d’investimento estere quando essa ha ad oggetto transazioni su strumenti
finanziari (ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato europeo)
per i quali un mercato regolamentato italiano rappresenta “il mercato
più pertinente in termini di liquidità”. 6 Il medesimo articolo 66-bis precisa, inoltre, che
nell’esercizio delle funzioni previste la Consob e l’Autorità per
l’energia elettrica e il gas si prestano reciproca assistenza e collaborano
tra loro anche mediante scambio di informazioni, senza che sia opponibile il
segreto d’ufficio. 4.2 Gli
effetti per il mercato e gli investitori: prime valutazioni. La MiFID mira a favorire la creazione di mercati
integrati ed efficienti, prevedendo al contempo misure per prevenire gli
“eccessi del mercato” e tutelare gli investitori. La maggiore concorrenza fra
trading venues e la frammentazione delle informazioni possono produrre
una serie di effetti che, sebbene sia prematuro quantificare, meritano
attenzione. a) La MiFID apre alla competizione regolamentare
fra Paesi e, all’interno di ogni Paese, fra diversi modelli di organizzazione
dell’attività di negoziazione (MR, IS e MTF). Mercati ed intermediari
entrano in competizione fra loro. La diversità dei meccanismi di
negoziazione esistenti riconosce esplicitamente che un assetto regolamentare
che favorisca una determinata sede di negoziazione rispetto ad altre non
è in grado di soddisfare la molteplicità degli interessi e
delle strategie di negoziazione che costituiscono la base di un mercato
competitivo; b) La MiFID fornisce una disciplina adeguata
dell'accesso remoto e allarga la partecipazione ai mercati a soggetti anche
diversi dagli intermediari. Due trend assumono particolare rilevanza: da un
lato, un inevitabile processo di concentrazione degli intermediari e,
dall’altro, le accresciute possibilità di accedere direttamente al
mercato con il conseguente aumento degli operatori attivi. Tali tendenze,
unitamente al venir meno del loro ruolo centrale (in misura peraltro da
verificare almeno per quanto riguarda il mercato azionario), rendono
certamente più gravoso il compito di assicurare l’integrità di
mercato e la tutela dell’investitore. Particolare attenzione va quindi
prestata al rischio che, in ragione della maggiore sostituibilità fra trading
venues, si riduca l’interesse degli intermediari a preservare
l’integrità del mercato; c) Il nuovo
assetto concorrenziale e la frammentazione richiedono uno sforzo verso
l’offerta di una maggiore quantità di informazioni sulle intenzioni
negoziali e sulle negoziazioni concluse. Un efficace regime di trasparenza
può consentire di raccogliere i benefici della concorrenza fra sedi di
negoziazione, limitando al contempo l’impatto negativo sull’efficienza del
mercato. La frammentazione del mercato potrebbe minare la
rappresentatività dei prezzi di borsa (che hanno tradizionalmente
rappresentato un punto di riferimento per l’esecuzione alle condizioni
migliori). La qualità dell’informazione diviene allora un elemento
imprescindibile e strettamente legato agli sviluppi in materia di
consolidamento delle informazioni; d) In un
mercato centralizzato come quello finora esistente, vi è un unico set
di meccanismi e di regole di trasparenza cosicché il patrimonio informativo
tende ad essere strutturalmente integrato e omogeneo. Allorché nuove
piattaforme di negoziazione emergono, la situazione cambia. Il consolidamento
delle informazioni appare necessario e la MiFID esplicitamente riconosce, ai
fini di una concorrenza leale e di mercati efficienti e trasparenti,
l’esigenza dei partecipanti al mercato e degli investitori di raffrontare i
prezzi che le diverse sedi di negoziazione sono tenute a rendere pubblici. La
MiFID peraltro, pur ribadendo l’importanza di un efficace sistema di
consolidamento delle informazioni, lascia la sua implementazione alle
autonome forze del mercato. La questione è di tutto rilievo
considerato che dalla trasparenza e dal consolidamento delle informazioni
dipendono le effettive possibilità, per l’intermediario, di ricercare
le migliori condizioni per cliente e, per l’investitore, di verificare il
“buon trattamento” ricevuto dall’intermediario. I nuovi scenari rendono tali
verifiche maggiormente difficoltose anche in ragione della difficile
comparabilità dei costi di esecuzione delle transazioni. 4.3 I costi e le opportunità per gli
intermediari: prime valutazioni. L’attenuarsi della dicotomia istituzionale fra intermediari
e mercati offre agli intermediari nuove opportunità: essa consente a
sistemi diversi dalle borse di replicare le attività delle borse e a
queste ultime di reinventarsi come operatori di mercato competitivi. La possibilità per le imprese di investimento
di gestire sistemi multilaterali di negoziazione ovvero qualificarsi quali
internalizzatori sistematici rappresenta il riconoscimento dell’importanza
dell’attività svolta da tali soggetti nella fornitura di servizi di
negoziazione equiparabili - seppure con i necessari distinguo - a quelli
sinora svolti dai mercati regolamentati. La dispersione delle negoziazioni fra varie sedi
determina un rischio di frammentazione degli interessi di acquisto e vendita
in rivoli di liquidità superficiali ed isolati. Ciò ha
richiesto interventi di natura regolamentare volti a far sì che i
benefici sopra menzionati non andassero a detrimento degli obiettivi di
efficienza dei mercati e di tutela degli investitori. A fronte di tali nuove opportunità e
scenari, la MiFID ha richiesto l’implementazione di una serie di misure
regolamentari e di vigilanza volte a minimizzare i potenziali effetti
negativi derivanti dalla maggiore concorrenza e frammentazione delle
negoziazioni. In
tale quadro si è voluto assicurare: a) la presenza di un set adeguato di
informazioni sulle negoziazioni e, quindi, l’efficienza del mercato:
ciò è stato perseguito attraverso l’introduzione di nuove e
più dettagliate norme relative alla trasparenza pre e
post-negoziazione sulle azioni; b)
un’adeguata tutela degli investitori: ciò ha richiesto la
predisposizione di norme aggiornate al nuovo contesto di riferimento e
relative agli obblighi di best execution e gestione degli ordini dei
clienti; c) la disponibilità per le Autorità di
vigilanza di un set informativo adeguato sulle operazioni concluse su
strumenti finanziari al fine di rendere possibile lo svolgimento dei compiti
di vigilanza: in tale contesto si colloca il nuovo regime di transaction
reporting. |