CENACOLO DEI COGITANTI |
COGITAZIONe |
Peripezie di un viaggiatore
interregionale
(o del federalismo
ferroviario)
Luciano Giuliani Cogitante
(30-3-2009)
Capita che chi scrive sia residente in Toscana
(Piombino, sulla costa) e domiciliato a Roma, e svolga regolarmente le proprie
attività professionali in entrambi i luoghi.
Capita quindi che si sposti tra le due regioni, con
frequenza settimanale.
La stazione di partenza (e di arrivo) in Toscana è
Campiglia Marittima: qui gli Intercity fermano in modo alternato (in pratica,
uno sì e uno no), quindi già per questo occorre avere particolare cura nella
programmazione degli orari (ad esempio, occhio a non lasciare l’auto a
Campiglia e arrivare, che so, a Follonica o a Cecina).
La linea è coperta anche da treni interregionali e
regionali che, pur impiegando, ovviamente, di più, possono costituire
un’alternativa, in funzione degli orari in cui il sottoscritto riesce a
liberarsi.
Convinto che nel più stia il meno, il nostro eroico
viaggiatore che cosa fa?
Con (ammirevole?) sprezzo delle proprie finanze, e
spinto da (mal riposto) impeto solidaristico verso FS, Trenitalia ecc., al
momento della partenza da Campiglia acquista per il ritorno da Roma il
biglietto Intercity, prenotando un orario di partenza nel tardo pomeriggio.
Ma gli impegni di lavoro, dato che sono testardi e
non vogliono sentire ragioni ferroviarie, decidono insindacabilmente - quanto
immancabilmente - di concludersi prima o dopo rispetto al previsto: a quel
punto, si prende il regionale che parte prima o dopo rispetto all’orario
dell’Intercity inutilmente prenotato, salutando gli euro altrettanto
inutilmente spesi in più.
E qui viene il bello.
Perché l’attento e giustamente zelante controllore
fa notare che quel biglietto (tariffa Intercity), sul treno regionale non è
valido.
Il nostro sente vacillare le proprie certezze,
osserva quel pezzo di cartoncino improvvisamente orbo di ogni valore ed osa
chiedere: “Perché?”
A quel punto il controllore, comprendendo di avere
finalmente trovato l’occasione per sfogare il suo buon senso fin lì represso,
assicuratosi di avere nel compartimento un pubblico abbastanza numeroso e
attento, si lancia infilando una spiegazione dietro l’altra, non senza essersi
garantito il preventivo appoggio di un suo collega di RFI che, pur essendo,
appunto, un collega, non è un collega perché appartiene alla Società che cura
la rete, e non c’entra niente con i passeggeri: e spiega che i soldi del
biglietto intercity vanno in un’altra cassa rispetto a quella del biglietto
regionale, perché il regionale dipende dalla Divisione Regionale, mentre
l’Intercity è di competenza della Divisione Passeggeri; che sempre Trenitalia
sono, ma che sui regionali Trenitalia conta quanto il due di picche quando
brisca è fiori; che le tariffe dei regionali sono quelle della Regione (lo dice
la parola stessa), ma che su quel regionale (di competenza della Toscana) la
tariffa non è quella toscana, né quella laziale, ma una media tra le due; che
lui appartiene alla Divisione Regionale, e quindi non è dato trovarlo sugli
Intercity, e viceversa il personale che è sugli Intercity non viaggia sui
regionali; nel frattempo, il collega-non-collega RFI ridacchia approvando, lui
ormai estraneo (superiore?) a quelle diatribe.
Infine, magnanimo e comprensivo, il controllore in
servizio conclude dicendo che però in genere ci si passa sopra, e non mi farà
pagare gli otto euro supplementare per l’inadeguatezza del biglietto, e tanto
meno i venticinque euro per la mancanza del biglietto (ma, se il treno fosse
stato di competenza della Regione Lazio, sarebbero stati cinque).
Sfinito, il nostro viaggiatore ascolta ormai inerme
l’ultima informazione fornita, a mo’ di colpo di grazia, dal bravo controllore,
e cioè che con la carta Metrebus si può viaggiare gratis in treno da Roma
Termini a Roma Aurelia: egli, infatti, possessore di carta Metrebus in ragione
del suo domicilio romano, trema all’idea di inserire anche quella variabile di
fronte ad un addetto alla biglietteria (di Roma Termini? di Campiglia?),
temendo di non essere in grado di reggerne le inevitabili precisazioni, e vi
rinuncia sul nascere.