PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Data inserimento: 25-11-2006
CORRELAZIONI AL PRESENTE DOCUMENTO |
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Il PuntO n° 86.
Class action: inizia il fuoco di
sbarramento.
Di Mauro Novelli 25-11-2006
Riportiamo alcune critiche/preoccupazioni generate dall’ipotesi di
introduzione della class action nell’ordinamento italiano. Vedremo che partono
tutte da alcuni concetti pigramente insiti nel nostro costume e sono il pezzo
forte delle argomentazioni di giornalisti e di legislatori preoccupati di
perdere il rapporto di protezione biunivoco con i potentati – asfittici, ma
ancora in grado di far danni - operanti in questo Paese (banche, assicurazioni,
mega aziende falsamente privatizzate ecc.).
Mi riferisco:
- alla concezione secondo la quale, poiché è naturale e
funzionale la durata geologica dei nostri giudizi, il ricorso
all’autorità giudiziaria deve essere fatto per le cose “serie” (non per
violazioni di legge coinvolgenti magari diritti diffusi e/o poche centinaia di
euro); deve essere a titolo fortemente oneroso e non a basso prezzo; deve
essere riservato a chi ha capacità di reggere anche decenni il peso di
azioni giudiziarie e la vociante plebe deve esserne tenuta fuori.
- al considerare l’accesso alla giustizia non come strada
obbligata per proteggere diritti non riconosciuti da controparti, ma
appannaggio elitario di chi può permettersi – per lustri – i costi
economici e psicologici di un giudizio, anche al solo scopo di conquistare i
termini di prescrizione.
- al considerare troppo oneroso per i giudici ferrarsi su materie
inerenti fattispecie in grado di coinvolgere, non il singolo cittadino, ma centinaia o migliaia, cioè a trattare
situazioni di dimensioni elettoralmente rilevanti.
- al considerare i cittadini italiani come bramosi di accedere
alla giustizia perché costa poco, e non perché vogliono eliminare
prevaricazioni e violenze non rimovibili altrimenti e subite a danno dei loro diritti. Meglio
continuare a tenere le masse in stato di astinenza giuridica: non è
opportuno inflazionare il “servizio-giustizia”, riserviamolo ai “pari”.
- al considerare tutti gli imprenditori come normalmente in stato
di delinquenza, mutuando per generali le mascalzonate di alcuni potenti
settori, di monopolisti di fatto, di rentiers di posizione: oggi, con i costi,
i metodi ed i tempi di giudizio possono tranquillamente travalicare la
legalità nei loro rapporti con il versante della domanda; con la class
action dovranno stare più attenti. Questo porterà a maggiori
costi d’impresa e, di conseguenza, ad una diminuzione della
competitività. Non è il caso di gravare ulteriormente sul nostro
sistema produttivo. Le nostre aziende sono già così poco
competitive…
- al considerare un rischio il fatto che potrebbero crearsi i
professionisti della class action (le associazioni abilitate). Dopo aver
tribolato a costituire il monopolio dei professionisti dell’azione unica,
individuale, e costosa (gli avvocati), questo sasso rompe un po’ le uova nel
paniere.
- allo sminuire la valenza della class action made in USA, dove –
sostengono i potentomani – è ormai soggetta a forti critiche.
- al considerare l’art. 24 della nostra Costituzione in netto
contrasto con i principi ispiratori della class action. Ne riportiamo il testo
per una valutazione diretta:
“Art. 24 Cost. – Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in
ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con
appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni
giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione
degli errori giudiziari.”
Come se agire in giudizio tramite class action non fosse azione
personale ed individuale. E’ maldestro il tentativo di confondere in tal modo
il diritto di decidere di ciascun cittadino con i procedimenti ed risultati
dell’azione giudiziaria con valenza collettiva.
Ecco alcuni passi di un articolo del Sole 24 Ore del 23 novembre
….” L’esplosione ed il ripetersi senza fine di migliaia di
controversie che annullerebbero i benefici di economia giudiziaria……. La difficoltà del giudice italiano di
approfondire valutazioni di analisi economica (questa non l’ho capita - ndr); la
frustrazione dell’allargamento dell’accesso alla giustizia dovuta
all’obbiettivo collettivo di provvedimenti puramente inibitori mentre per il
risarcimento dei danni l’onere di agire in proprio resta al singolo.” …….
Il pezzo riporta alcune valutazioni di tre politici (Benvenuto,
Vietti, Capezzone). Ne estrapoliamo un paio. Dimostrano un munizionamento
uniforme, fornito da uno stesso fabbricante:
”..….A patto che la legge non acuisca la litigiosità
e non scordi tre avvertenze: 1) l’Italia è fatta di piccole e medie
imprese che non possono reggere l’impatto della class action che si applica per
le grandi imprese. Occorre fare in modo di non porre altri vincoli alla
crescita dimensionale delle imprese; 2) la class action va conciliata con
l’art. 24 della Costituzione che prevede il diritto individuale ad agire in
giudizio a difesa dei propri interessi; 3) va evitata la contraddizione per cui
ci si può avvalere dei benefici della class action non solo se la
sentenza ha esito positivo ma non si è vincolati nel caso di esito
negativo.
Preferisco la promozione individuale a quella collettiva
sia per coerenza con la Costituzione sia per evitare la proliferazione di
“professionisti” della class action che potrebbero fare un uso economicamente e
politicamente distorto dei nuovi strumenti di difesa dei consumatori”….. (Michele Vietti - UDC).
….”…. E’ importante trovare un punto di equilibrio che eviti
gli estremi e dica no sia ai
professionisti della class action sia a todos caballeros. Occorre fare della
class action uno strumento di civiltà e di difesa dei consumatori, senza
ledere la competitività delle imprese.”…… (Daniele Capezzone - RnP).
In conclusione, non c’è da riservare grande fiducia
nell’azione combinata giornalisti-legislatore- avvocati: idee non di governo,
ma di mantenimento di privilegi, di lacci e laccioli per i cittadini, di uso
non civile della giustizia.
Perdere le commesse dei potentati non è situazione comoda.
Oltretutto, proprio gli avvocati hanno già dovuto cedere le armi nei confronti dei
grandi committenti (banche, assicurazioni ecc): l’eliminazione dei minimi
tariffari (decreto Bersani) ha travolto l’unica loro arma nella definizione
delle parcelle richieste per le pratiche appaltate (i minimi definiti
dall’ordine). Perdere anche i pollastri singoli sarebbe troppo.
Vedremo come andrà a finire.